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FABRIZIO DAL PASSO Storia del concetto di assistenza

STORIA DEL CONCETTO DI ASSISTENZA (Fabrizio Dal Passo) TITOLO I: LASSISTENZA DALLET ANTICA ALLET MODERNA 1. Le prime forme di aiuto e di assistenza: let antica Nellet antica le prime forme di assistenza consistevano in aiuti agli indigenti elargite da privati ricchi e potenti come forma di magnanimit1; in Egitto, in Grecia ed a Roma alcune leggi prevedevano inoltre che, in situazioni di emergenza, lo stato erogasse generi di prima necessit per prevenire lo scoppio di sommosse e garantire l'ordine pubblico. Fu per con la diffusione del Cristianesimo e la sua concezione di carit che si diffuse labitudine a prestare interventi assistenziali2; ogni cristiano era tenuto alla solidariet sociale nei confronti del prossimo bisognoso, ma soprattutto ai pi abbienti spettava dividere il superfluo con gli altri. Nel secolo IV S. Basilio costru una citt assistenziale non molto distante da Cesarea di Cappadocia, dove gi si delineavano mirate e differenziate attivit assistenziali, cos organizzate: xenodochium, per l'assistenza ai forestieri e agli stranieri; nosocomium che dava assistenza ai malati; ptocheion che assisteva ai poveri; orfanotrophium che accoglieva gli orfani; brefotrophium che assisteva i bambini abbandonati; gerontocomium per la cura e l'assistenza dei vecchi. Tale modello approd in parte anche a Roma che fu organizzata dai pontefici in diaconie per provvedere ai bisognosi e ai malati3. Queste strutture furono di fatto i primi enti morali con compiti di assistenza religiosa e finalit sociale. Ben presto il Cristianesimo individu nella povert il settore privilegiato di intervento assistenziale. Nella pietas cristiana la forte identificazione tra il povero e Cristo trova compiuta espressione nelle Confraternite di carit apostolica (associazioni di cittadini che mettevano in comune i propri beni per soccorrere i bisognosi), nelle istituzioni costruite attorno alle pievi e alle diaconie cio i luoghi nei quali i diaconi amministravano la carit. Alle forme iniziali di carit spontanea da parte dei privati si pass gradualmente a una organizzazione strutturata. 2. La carit organizzata: il Medioevo A partire dal Medio Evo, epoca di povert e di grandi calamit, i vescovi assunsero ruoli di tutela dei poveri, delle vedove, degli orfani, dei prigionieri; forte impulso assunse inoltre la funzione di ospitalit ai pellegrini che si recavano nei luoghi santi. E proprio lospitalit un aspetto fondamentale della carit medioevale. Non a caso quindi le istituzioni monastiche, i santuari e i conventi sorgevano spesso proprio lungo le vie dei pellegrinaggi4. Sino al 1200, le istituzioni monacali gestirono l'area della povert e della malattia con molteplici istituzioni ospedaliere. Gli Ospizi, dal termine latino hospes, aprono le loro porte ai viandanti, ai poveri, ai vecchi, ai bambini abbandonati e ai malati cronici. Chi poteva, ottenuta

Cfr. BURACCHIO D., TIBERIO A., Societ e servizio sociale, F. Angeli, Milano, 2001. II Concilio di Nicea, nel 325 d.C., stabil che ogni Vescovato e Monastero dovesse istituire in ogni citt ospizi per pellegrini, poveri, malati. Ebbe cosi inizio, soprattutto nellOriente Cristiano, la diffusione di questi luoghi ospitali che divenne sempre pi ampia grazie anche alla protezione degli Imperatori Costantino, Teodosio e della Imperatrice Facilla. II tipo di assistenza svolta in questi luoghi chiamati Xenodochi era estremamente generica ed indistinta per tutti gli ospiti; in alcuni di essi, per, le valenze sanitarie furono maggiormente accentuate tanto che quelli di Cesarea, Antiochia ed Alessandria ebbero fama di veri e propri centri sanitari. Ed, in effetti, col passare del tempo, and affermandosi la tendenza a distinguere gli xenodochi in rapporto al tipo di assistenza fornita; il Codice Giustiniano del 534 d.C. elenca tutta una serie di istituzioni ognuna delle quali ha proprie finalit: il brefotrofio, Iorfanotrofio, il gerontocomio, il nosocomio... Se lOriente cristiano era stato il pi celere a muoversi nel creare generiche strutture assistenziali, lOccidente gli stette per a ruota (S. Girolamo attribuisce a Fabiola la creazione del primo nosocomio in Roma sul finire del IV secolo) interessandosi soprattutto di assistenza ai malati. La regola di S. Benedetto,Infirmorum cura ante omnia et super omnia adhibenda est, fu costantemente applicata in tutte le abbazie benedettine, ed esemplari furono quelle di Montecassino e Salerno, in cui accanto alla infermeria dei frati era previsto lo hospitale pauperum et pelegrinorum per gli esterni. 3 BURACCHIO D., TIBERIO A., op. cit., p.112. 4 cfr. le fonti bibliografiche ed archivistiche in BORDINI C., DAL PASSO F., FERRI P., La via Cassia-Francigena a lAlto Lazio nella Seconda met del XVIII secolo, Semestrale di studi e ricerche di Geografia, Abilgraf, Roma 2000.
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lospitalit, lasciava unofferta che garantiva la sopravvivenza dellente5. Restavano esclusi i malati di morbi contagiosi, tanto che durante le pestilenze del Trecento le Diaconie vennero chiuse e attraversarono un periodo di lunga crisi. Il sostegno della Chiesa attraverso la fondazione di nuovi edifici di culto, con donazioni a favore di istituzioni ecclesiali, o attraverso lelemosina, costituiva uno strumento per la redenzione dei peccati, ma anche una sorta di dovere per i ricchi e i potenti. I monasteri, oltre a offrire ospitalit, distribuivano pertanto lelemosina con sistematicit. Dopo il 1200 il concetto di servizio di assistenza tese ad assumere forme associative e previdenziali attraverso la nascita di ordini e confraternite che sorsero localmente, per iniziativa di privati, e che in un certo senso sono le progenitrici del volontariato. Le finalit erano diversificate: di culto e formative, caritative, ospedaliere6, di assistenza generica, di perfezionamento individuale. Solidariet e vicinanza furono i concetti ispiratori delle confraternite, che si svilupparono soprattutto con la nascita dei Comuni e lo sviluppo delle citt. Gli ordini mendicanti (o terzi ordini), composti da laici totalmente dediti alla carit, organizzarono una diretta e capillare opera sociale a vantaggio dei poveri. Unaltra forma progenitrice delle casse previdenziali e assistenziali furono le Corporazioni, con compiti sindacali e professionali che prevedevano, tra le varie finalit anche quella assistenziale ed educativa. Attraverso lautotassazione si provvedeva allassistenza degli artigiani malati o invalidi ed alle loro famiglie; i figli dei consociati venivano avviati al mestiere da un maestro stipendiato dalle stesse corporazioni. La diffusa e crescente povert che caratterizz lAlto Medio Evo, spinse ad operare una sostanziale differenziazione tra poveri idonei al lavoro e poveri inabili, che si affin con il contributo del pensiero teologico nel 1300 portando a distinguere tra due generi di povert: 1) i poveri con Pietro; 2) i poveri con Lazzaro7. Ai primi apparteneva il clero cui la povert rappresentava un valore spirituale. Il secondo gruppo si riferiva alla povert materiale tipica dei laici. I mendicanti venivano quindi distinti in onesti, a cui bisognava sempre dare aiuto, e disonesti, che erano quelli che, pur essendo in grado di lavorare, chiedevano lelemosina. Unulteriore distinzione suddivideva i poveri in: poveri principali, che includeva pazzi, disabili e anziani; poveri segreti, che erano coloro che avevano vissuto agiatamente prima di cadere in povert; poveri vergognosi, che erano quelli che non erano in grado di garantire a loro stessi ed alla propria famiglia la continuit di un tenore di vita elevato o di assicurare lo stile di vita richiesto dalla propria posizione sociale8.
5 Scrive Ronzani a proposito dellospedale medioevale: Le infermerie di solito erano allocate in locali umidi e scarsamente illuminati, sprovvisti di locali annessi di servizio, salvo qualche primitiva latrina. Solo talvolta si trovava una sala separata per aggravati. I ricoverati che erano dordinario dei poveri diseredati, poich le famiglie provviste di mezzi solevano curare in casa i loro malati, erano degenti a due, quattro per letto. I letti erano costituiti da enormi pagliericci, montati su cavalletti od altri sostegni, spesso chiusi da padiglioni o baldacchini, o anche in alcove. In tali sale erano accolti promiscuamente malati di forme mediche, chirurgiche ed infettive. Molti entrati per infermit leggere, vi contraevano gravi infezioni, e la mortalit, specialmente tra le puerpere ed i feriti era altissima. Tutti i servizi, dai pi intimi e delicati ai pi malsani, si svolgevano in sala. I cadaveri non di rado restavano a lungo vicino al malato prima di essere rimossi. I teli si lavavano nel vicino corso dacqua dove talvolta sfociavano i rifiuti. Il servizio assistenziale di cura fino a tutto il XVI secolo veniva disimpegnato dai religiosi che coltivavano le piante medicinali negli orti dei semplici ed erano aiutati nella pratica chirurgica da flebotomi e barbieri. Ma poich Ecclesia aborrit sanguinem il concilio di Tours del 1163 vieta ai religiosi la pratica chirurgica; nei fatti, per, la cosa fu tollerata almeno sino al 1376 allorquando Gregorio XI ne impose rigidamente il rispetto. Cfr. RONZANI E. Trattato di igiene e tecnica ospedaliera, Garzanti, Milano 1942. 6 Gli ospedali iniziarono cosi a moltiplicarsi ed accanto a quelli nati in seno ai Monasteri, altri sorsero per volont di alcuni ordini religiosi (Taranto, Asti, Lucca, Bologna, ecc.) ed altri con caratteristiche invece pi laiche come il S. Spirito in Roma (715), voluto da Ina, Re della Sassonia orientale, per assistere i suoi sudditi in viaggio in Italia. Fuori di Italia ricordiamo degni di nota: lHotel Dieu di Lione (542), lHotel Dieu di Parigi (700), lOspedale del Cairo (707), lOspedale dei Cavalieri di Malta a Gerusalemme (intorno all800), lOspedale di Cordova (800), lOspedale di Burgos (1214). In parallelo al moltiplicarsi di queste strutture ospitali il sapere medico andava lentamente sviluppandosi lungo il percorso tracciato da Galeno e la trasmissione di questo sapere, in attesa che si formalizzassero delle vere proprie scuole (Montecassino, Salerno, Baghdad, Bisanzio, Toledo, Montpellier, Bologna, Padova, ecc.), avveniva seguendo lattivit pratica e didattica dei Maestri; questultima si sostanziava nella lettura e commento dei testi classici. Sar Federico II, re di Sicilia ed imperatore di Germania ad uniformare nel 1241 con un apposito decreto la formazione del medico: statuimus quod nullus studeat in medicinali scientia nisi prius studeat ad minus triennis in scientia logicali...post triennium ad studium medicinae procedat in quo per quinquennium studeat. Il decreto preciser in seguito che anche la chirurgia va appresa perch chirurgia est pars medicinae. Ma Federico II poco poteva fare per rivoluzionare i contenuti del sapere medico ancora fortemente legato allumoralismo ippocratico cos come riletto da Galeno. La medicina veniva cos esercitata in maniera teorico-filosofica dal medico che dissertava de pulsibus et de orinis ed in modo concreto, interventistico, da esecutori di vario rango: chirurghi, litotomisti, flebotomi e barbieri; ad essi si affiancavano ciarlatani e saltimbanchi che mescolando insieme abili manualit e spigliata chiacchiera godevano di una loro numerosa clientela. Una realt dunque composita ma comune nellintera Europa per la netta separazione tra chi pensava e chi faceva anche se le reciproche invasioni di campo erano tuttaltro che infrequenti. I medici phisici costituivano comunque una lite che difendeva allinterno dei propri collegi la supremazia del sapere ed esercitava un autonomo forte controllo sia al suo interno nel concedere le licenze, sia sullesercizio dei praticanti di rango inferiore. 7 Cfr. MOLLAT M., I poveri nel Medioevo, Laterza, Bari, 1987 8 Cfr. GEREMEK B., La piet e la forca, Laterza, Bari, 1988

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Nella pratica caritativa dell'Italia del XIV secolo, un posto privilegiato, nel ricevere l'assistenza, fu infatti riservato ai poveri vergognosi9. Era l'evidenza della vergogna ad attribuire ad essi il titolo particolare per essere assistiti: i buoni natali impedivano a questi poveri di mendicare e garantivano sulle loro virt morali (...). Pertanto, il termine povert racchiudeva una vasta gamma di significati: dalla precariet all'estrema miseria, comprese le povert fisiche ed intellettuali. La folla dei diseredati, indicati con il termine poveri, raccoglieva i miserabili e gli afflitti da indigenza, da malattia, da indebolimento per et e da abbandono, da deficienza mentale, da condizione abietta e da esclusione dai quadri sociali10. Inoltre, intorno alla met del XIV secolo, la nomenclatura confuse le categorie di miserabili e le classi considerate socialmente pericolose. Assimilati ai poveri erano, quindi, gli accattoni, i bricconi, i soldati sbandati, i pezzenti, gli zingari. Le loro attitudini erano quelle dell'inutilit, dell'indegnit, della colpevolezza; la societ ignorava il povero e il suo isolamento e lo perseguitava anche dopo la morte. Il suo cadavere, infatti, non trovava posto tra gli altri cristiani poich, nei cimiteri, la fossa dei poveri era generalmente in disparte11. Unulteriore distinzione tra i mendicanti, che sopraggiunse verso la fine del Medio Evo, fu quella tra i locali e quelli appartenenti ad una popolazione itinerante di vagabondi12, che sancisce il principio di domicilio come condizione essenziale di accesso allassistenza. Il riferimento territoriale nel corso dellAlto Medio Evo era costituito dalle parrocchie e dalle altre articolazioni della Chiesa, in sede locale, attraverso conventi e istituzioni gestiti dagli ordini religiosi secolari, che fornivano l'assistenza ai poveri, agli infermi, agli invalidi, agli ammalati, agli emarginati di ogni tipo, ecc. che fossero senza mezzi di sostentamento, o senza famiglia in caso di minori. A tali compiti provvedevano con elargizioni e lasciti dei fedeli e con il ricavato di apposite imposte locali. Il comportamento nei confronti dei vagabondi oscillava tra un atteggiamento assistenziale (il povero come pauper Christi) e uno repressivo (il povero come pericolo per lordine sociale e la salute pubblica). La legge civile moltiplic i provvedimenti punitivi e repressivi nei confronti dei mendicanti volontari che venivano fustigati, impiegati in lavori pesanti per un certo periodo dando loro in cambio solo pane e acqua. Alcune leggi condannavano i falsi poveri e i vagabondi ad avere le orecchie tagliate e ad essere addirittura condannati a morte. Questa legislazione detta draconiana perch eccessivamente rigida, si registr anche in Inghilterra13 (Ordinance of Labourers del 1349); c'era in essa il divieto di fare elemosina a un mendicante sano pena la prigione; alcuni recidivi venivano marchiati sulla fronte con la lettera F ad indicare forse fallito oppure schedato o fuggiasco14. 3. Lassistenza ai malati ed ai bisognosi dal Rinascimento alla Riforma protestante Nellet del Rinascimento lassistenza ospedaliera cominciava ad essere considerata non pi una semplice espressione della piet cristiana e quindi un esclusivo monopolio della Chiesa, ma anche un segno dellimpegno sociale del Re, del Principe, del signore insomma, che vedeva, tra laltro, nella edificazione di opere anche artisticamente pregevoli, un momento dellesaltazione del suo governo. In Inghilterra, in particolare, la riforma condotta da Enrico VIII port alla chiusura dei monasteri. Lassistenza ai poveri ed ai malati divenne un impegno del sovrano: tocc ad esempio ad Edoardo VIII, aprire a Londra sul finire del 500 lospedale di San Bartolomeo affidandone ai laici la gestione e la responsabilit organizzativa.

9 Ancora oggi nelle denominazioni (O.P. Poveri vergognosi di Bologna) e soprattutto negli Statuti delle IPAB ritroviamo questa eredit. 10 BURACCHIO T., 2001, op. cit., p.49. 11 Cfr. BORTOLI B., Teoria e storia del Servizio Sociale, NIS, Roma, 1997. 12 In alcuni Piani Socio Assistenziali comunali si ritrovano servizi specifici offerti a questa fascia atipica di popolazione. 13 The King to the sheriff of Kent, greeting. Because a great part of the people, and especially of workmen and servants, late died of the pestilence, many seeing the necessity of masters, and great scarcity of servants, will not serve unless they may receive excessive wages, and some rather willing to beg in idleness, than by labor to get their living; we, considering the grievous incommodities, which of the lack especially of ploughmen and such laborers may hereafter come, have upon deliberation and treaty with the prelates and the nobles, and learned men assisting us, of their mutual counsel ordained () Ordinance of Labourers del 1349, da WHITE A.B. e WALLACE N., eds. Source Problems in English History, New York: Harper and Brothers Publishers, 1915. 14 BURACCHIO T. 2001, op. cit., p.116.

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FIGURA 1: LONDRA IN UNA STAMPA DI NORDEN DEL 1593

Nel resto dEuropa, per, il carattere religioso avrebbe permeato ancora per lungo tempo lorganizzazione ospedaliera, ma linteresse laico per la sanit era ormai un dato di fatto; ed era un interesse che sul finire del 1300, con linizio della catastrofe demografica provocata dalla epidemia di peste, divent per i governanti di tutta Europa un interesse obbligato. LItalia fu uno dei paesi che pi pat tale flagello ma fu anche quello che in quei drammatici secoli si conquist, in sanit, un indiscusso primato sia nella formazione dei medici (la scuola di Padova era la pi rinomata dEuropa) che, soprattutto, nella organizzazione ospedaliera. Esempi paradigmatici di questa realt furono per un verso, quello della linnovazione architettonica,la realizzazione dellospedale Ca Granda, diventato poi Maggiore, di Milano, iniziata nel 1456 e per un altro, quello della riorganizzazione assistenziale, lopera di reformatione ospedaliera attuata dallArcivescovo di Milano, Enrico Rampini, con il decreto del 9 Marzo 1448 pro hospitalibus et pauperis alogiandis. La Ca Granda progettata da Filarete andava a costituirsi come un edificio che avrebbe superato in dimensioni il Duomo, il castello ed il Palazzo del Duca; un investimento senza precedenti a testimonianza di una vocazione europea e civile di una grande citt15. La visione eminentemente cristiana delle infermerie a croce e ancora tradizionale cos come la costruzione dei cortili che ripete quella classica dei conventi, ma il merito e la novit del Filarete sta nellaver riempito quelle forme classiche e tradizionali di contenuti fortemente innovatori. Le infermerie vennero progettate, infatti, nelle loro superfici e cubature, tenendo presente lobiettivo di garantire, ad un determinato numero di degenti, un idoneo cubo daria, un sufficiente spazio vitale, una corretta ventilazione ed illuminazione. Che poi certi obiettivi non fossero stati completamente raggiunti, poco importa: quello che conta laver evidenziato, per la prima volta, una serie di fondamentali esigenze di igiene ospedaliera ed aver avanzato soluzioni logiche anche se non del tutto soddisfacenti. Senzaltro geniale fu poi il sistema adottato per limpianto delle latrine16.
15 Antonio Averulino, detto il Filarete, fu larchitetto chiamato a realizzare lidea del Duca Francesco Sforza, signore della citt ambrosiana che vedeva, nella costruzione dellospedale, una occasione da non perdere per ingraziarsi il favore popolare. Lesperienza del Filarete, architectus, fabricator, director et ingenierus, era limitata alIedilizia militare, non essendosi mai cimentato in costruzioni ospedaliere. II Filarete accett lincarico ma ritenne, concordemente col Duca, che fosse quanto mai opportuno aggiornarsi sullargomento prima di intraprendere unopera senzaltro stimolante ma nuova per le sue conoscenze. Part allora per Firenze e Siena (lalleanza tra lo Sforza e Cosimo de Medici andava sempre pi arricchendosi di preziose collaborazioni) per studiare lospedale di S. Maria Nuova e di S. Maria della Scala realizzati rispettivamente nel 1288 e nel 1440 e che per lepoca venivano considerati come i pi interessanti modelli di strutture ospedaliere. Lo stage toscano si dimostr utilissimo. Rientrato a Milano il Filarete elabor in brevissimo tempo unidea progettuale eccezionalmente moderna sia per lapproccio al problema, attraverso una chiara analisi delle specifiche attivit che in un edificio ospedaliero avrebbero dovuto trovare svolgimento, che per le originali soluzioni di ingegneria sanitaria che il Filarete propose come razionale risposta alle molteplici e differenziate esigenze della vita ospedaliera. II progetto prevedeva due grandi quadrati divisi da un cortile rettangolare con la Chiesa al centro. Ogni quadrilatero racchiudeva quattro infermerie a crociera che, a loro volta, delimitavano tra le braccia della croce, allesterno, quattro cortili minori sui quali si aprivano officine ed abitazioni di pertinenza dellospedale. Grandi porticati contornavano sia il quadrilatero che i cortili minori. 16 Ai lati di ciascuna infermeria egli fece edificare un corridoio che comunicava con linterno delle sale in ogni interspazio tra i due letti. In questo corridoio furono collocati i destri (le latrine) dal fondo dei quali partiva un collettore in rame che terminava in un sottostante canale, in cui veniva fatto scorrere un costante flusso dacqua: l acqua, prelevata dal fosso che circondava parte dellospedale, scorreva a gran velocit grazie alla inclinazione che al canale era stata data, in modo da ben lavare e nettare i destri ed ogni altra bruttura che per esso luogo si facesse. Le acque effluvie dei destri raggiungevano, attraverso un condotto che passava al di sotto del fosso, i campi vicini e venivano utilizzate per lirrigazione. La pulizia dei destri veniva attuata anche attraverso canali pluviali che, aperti in alto nel tetto per raccogliere lacqua piovana, scorrevano nei muri per immettersi poi nei destri fornendo, in tal modo, anche una sufficiente ventilazione. II lavoro svolto dal Filarete fu veramente pregevole, e non soltanto per la lucida visione progettuale delledificio ma

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Ma larchitettura per quanto geniale ed innovatrice non basta da sola a fare un grande ospedale; lorganizzazione che lo anima che lo pu qualificare in tal senso. E lorganizzazione del Ca Granda discese dalle scelte strategiche dellArcivescovo Enrico Rampini. Con le sue disposizioni lospedale termina di essere generico luogo di ospitalit per pauperes et infirmi ed assume una configurazione del tutto nuova. Lordinamento rampiniano scrive Cosmacini, importante sotto tre aspetti: sotto laspetto giuridico-amministrativo, in quanto detta una serie di norme che regolamentano compiti, funzioni e comportamenti degli amministratori ospedalieri cambiando, in pratica, i criteri di gestione degli ospedali; sotto laspetto etico-economico, in quanto pone le premesse di una riforma sostanziale dellassistenza, trasformata da religiosa a laica, nel segno di una morale diversa, meno formale e pi realistica, dove non trova pi spazio la manipolazione dellassunto caritativo da parte di ministri o di frati poco o punto caritatevoli e dove trova invece spazio una nuova interpretazione dellassistenza in termini di pratica produttiva, almeno nelle intenzioni, di salute ed idoneit fisica; sotto laspetto sanitario e sociale in quanto procede alla riorganizzazione delle strutture assistenziali, creando un nuovo sistema erogatore di assistenza che culmina nella edificazione della Ca Granda17.

FIGURA 2: LA CA GRANDA DI MILANO IN UNA STAMPA SETTECENTESCA.

La reformatione ospedaliera lombarda fu quindi veramente innovativa in tutti i suoi aspetti ma il suo influsso fu limitato esclusivamente agli Stati dellItalia settentrionale. A Roma, infatti, la riorganizzazione del S. Spirito (ristrutturato nel 1204 da Innocenzo III sulla stessa area del vecchio xenodochio sassone18) voluta da Sisto IV, tradiva ancora una concezione assistenziale di vecchio stampo caritativo: lospedale era destinato alla cura pauperum languentium e doveva anche provvedere, come sua finalit istituzionale, allassistenza ed ospitalit delle truppe crociate e di quanti venivano a Roma per arruolarsi. La regula XLII dellospedale, infatti precisava che i poveri comuni che volessero farsi ospitare nella casa di S.Spirito fossero accolti volentieri e trattati caritevolmente19. Da un punto di vista strutturale, poi, linteresse fu concentrato soprattutto nellaspetto esteriore e nellabbellimento artistico piuttosto che in interventi di ingegneria sanitaria ma, a dar retta a Martin Lutero, il livello assistenziale era di primo ordine. II duro sassone cos scriveva: Vi si mangia e beve bene e vi si serviti con sollecitudine; i medici sono abili, i letti e le mobilia puliti e ben tenuti. Quando un malato vi condotto, gli si tolgono gli abiti in presenza di un pubblico notaio che li registra; poi si mettono da parte con cura ed il malato viene ricoperto da una veste bianca e deposto in un letto ben preparato. La pulizia ammirevole20.
soprattutto - come detto - per la sensibilit dimostrata ai molteplici problemi di igiene ospedaliera, per molti dei quali propose soluzioni tecniche davanguardia. 17 COSMACINI G., Storia della medicina e sanit in Italia, Laterza editore Milano 1987, pag 54-55. 18 Il toponimo Saxia (Sassia) indica un luogo situato nella citt Leonina, il cui nome deriva da una schola Saxonum che si trovava dove attualmente ci sono la chiesa e lospedale di S. Spirito, vd. GNOLI, Topografia e toponomastica, pp. 290-291 e ACCAME LANZILLOTTA, Contributi, p. 74 n. 2. 19 Liber Regulae S. Spiritus Santus Spirito, Testo e commento LA CAVA A.F., Hoepli, Milano 1947, pag.164-165. 20 Questo passo citato in COSMACINI G., Storia della medicina cit.,pag. 188 riportato da CELLI, Malaria e colonizzazione dellagro romano, Vellecchi, Firenze 1925, pag. 231.

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Certo la descrizione di Martin Lutero, sopra riportata, doveva riferirsi probabilmente ad una sua fortunata esperienza perch, in effetti, di segno opposto era lopinione dello stesso governatore dellospedale che, quarantanni dopo la visita di Lutero, cos si esprimeva: Qual vomita, qual grida, qual tira il fiato, qual esala lanima, qual farnetica che bisogna legarlo, qual duole e si lamenta... II servizio pessimo e abominevole... Andr uno di quelli poltroni a dare il pasto a un infermo, trover il meschino afflitto e svogliato, prostrato e debole che appena il letto sostiene et il dir: manda gi, che ti possi strangolare21. C una bella differenza, come si vede, tra il quadro idilliaco offerto dal Lutero e quello invece fosco e drammatico dipinto dal Cirillo, governatore intorno al 1550, del S. Spirito. Ma a parte queste tinte di colore un elemento nuovo prende corpo: linteresse per la specificit dellospedale, una specificit che deve essere salvaguardata di fronte al rischio di un ritorno al passato, di una ritrasformazione cio dellospedale in ospizio. Va allora mantenuta una costante vigilanza per impedire che lospedale serva per attivit improprie o che comunque venga gravato di unutenza che non gli compete. A tal proposito sono davvero illuminanti nella loro essenzialit le considerazioni di Gian Giacomo Cilino, priore dellospedale Maggiore di Milano, che nel 1508 scriveva: Essendo le malattie o croniche o de qualit che presto son terminate vel con salute, vel con morte, queste de presta terminatione son designate allHospitale Grande dove, come e predicto, i malati o moreno o, facti sani, vanno con la benedictione a fare li facti soi. Le altre egritudini croniche o mali de altra qualit, quali vogliono tempo avranno altra destinazione22. Lospedale, in altre parole, ha una funzione specifica che va tutelata ed ecco allora il fondamentale ruolo del medico che oggi definiremmo di accettazione: Ne alcuno di essi malati si pu ricevere se prima la qualit del male suo e intesa da li phisici o chirurghi del hospitale et epsi non riferiscono prima el parere suo sopra el loco dove li pare se habbiano a raccogliere23. La modernit di queste riflessioni espresse dal Cilino nella sua Relazione ai deputati dellOspedale Grande sullandamento sanitario del nosocomio, cos la commenta Cosmacini: Medico, malato, ospedale: elementi interdipendenti di una triade. Ogni mutazione delluno implica di necessit una mutazione degli altri. Linserzione attiva del medico ospedaliero nella pratica riformatrice implicita nella ridefinizione del ruolo dellospedale e della fisionomia del soggetto spedalizzato. Tale ridefinizione si rif a due principi: il principio dellesclusione dagli ospedali dei pauperes communes e il principio dellaccettazione ospedaliera ai soli infirmi, distinti in acuti o curabili,destinatari del sapere medico applicato, e in cronici o incurabili, destinatari del semplice ricovero24. 4. povert e Stato nellEt Moderna Nel corso del 500 nel tentativo di risolvere il problema dei poveri e della povert, si fa strada un grande sforzo di controllo e di organizzazione, volto a diminuire le tensioni sociali con il soccorrere metodicamente gli inabili e con lobbligare al lavoro tutti gli altri25. Unimpostazione questa profondamente diversa da quella medioevale e in bilico tra protezione, assistenza e cura dei soggetti deboli, ed emarginazione coercitiva e custodia degli stessi. Sul piano assistenziale si impose una distinzione ulteriormente restrittiva tra i poveri che meritavano aiuto e quelli che non ne erano degni; la pena del carcere fu introdotta per reati come il vagabondaggio e il mendicare. I teorizzatori dello Stato moderno posero il problema del mantenimento dell'ordine pubblico di fronte alle masse dei pitocchi (come venivano chiamati i poveri). Inizi una repressione sul piano politico-sociale che si attu attraverso pene corporali e capitali e la pratica della rieducazione del povero e del suo avviamento forzato al lavoro. Il fenomeno della migrazione dalle campagne alle citt inaspr le difficolt materiali; cos i mendicanti e i vagabondi aumentarono anche in seguito alleliminazione delle terre comuni di propriet delle parrocchie che mise profondamente in crisi la manodopera contadina. Guerre, pestilenze e carestie fecero il resto. Lassistenza continu ad essere praticata e implementata dal movimento riformatore cattolico, attraverso listituzione di nuovi ordini e enti di beneficenza, che proliferarono nel corso del Seicento prodigandosi in una efficace opera di assistenza e carit. Nuovi Ordini e Enti (Oratori, Consorzi, Ospedali26, Opere Pie, Pii Luoghi elemosinieri, Monti di Piet27, ecc.), favoriti dalle autorit religiose e da quelle politiche furono governati per tutta lEt
COSMACINI G., Storia della medicina cit., pag. 189. Ivi, pag. 59 23 Ivi, pag. 59 24 Ivi, pag. 59 25 BRESSAN E., Lhospitale e i poveri, Ned, Milano 1981. 26 in particolare i S. Giovanni di Dio, attuali Fatebenefratelli. 27 Dalla riflessione di Barnaba da Terni, Fortunato Coppoli da Perugia e Michele Carcano nasce lidea di istituire, con il nome di Monti di Piet, istituti che, sulla base di un capitale frutto di donazioni pubbliche e private e in cambio di un pegno, eroghino
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Moderna da organi di amministrazione autonomi, indipendenti da entrambe, composti per lo pi da rappresentanti delllite cittadina. Tra gli Ordini si distinsero: i Somaschi, dediti alla giovent abbandonata, che veniva accolta negli orfanotrofi, dove si curava la formazione spirituale e l'avviamento al lavoro dei giovani; i Gesuiti che diedero notevole impulso alle opere di insegnamento e di assistenza; San Vincenzo De Paoli i cui principi assistenziali sono ancora oggi validi: egli organizz la carit stimolando l'iniziativa privata volta a realizzare l'assistenza attraverso il lavoro, l'ospitalit notturna, le mense popolari e la visita ai carcerati. Tese anche a ricercare idonee soluzioni a gravissimi mali sociali quali: l'infanzia abbandonata, l'ignoranza della giovent povera, la miseria dei forzati, dei profughi, degli alluvionati, l'isolamento dei vecchi e l'emarginazione degli alienati.

FIGURA 3: IL MONTE DI PIET DI ROMA IN UNA STAMPA DI PAOLO V. VASI DEL 1748

Nel 600 la cultura europea si laicizz, la scienza e il razionalismo si allontanarono dalla cultura filosofico-religiosa dei secoli precedenti, e inizi a svilupparsi la teoria dello Stato. Cambi latteggiamento socio-culturale: la rilevanza che veniva sempre pi attribuita al lavoro poneva i destinatari dellassistenza sotto una luce sempre pi negativa e inizi un processo inesorabile che pass attraverso un susseguirsi di azioni/sanzioni che andavano dalla proibizione della mendicit, allespulsione dei vagabondi senza lavoro, alla fondazione di grandi complessi ospedalieri dove internare i mendicanti, fino allobbligo al lavoro per quanti non fossero assolutamente inabili. Fenomeni come il pauperismo e il vagabondaggio interferivano col mantenimento dell'ordine pubblico e lo Stato inizi a mettere in atto provvedimenti che tendevano alla segregazione dei poveri in istituzioni nate dalla trasformazione di ospizi e alberghi generali pubblici, al domicilio coatto e alla segregazione degli ammalati negli ospedali generali (in Francia i famosi Hotel-Dieu). Dalla segregazione si pass poi alla rieducazione del povero ed al suo avviamento al lavoro; permane il supporto e il fondamentale ruolo delliniziativa ecclesiastica in campo assistenziale, ma inizia il processo di secolarizzazione28. La prima legge statale di assistenza sociale fu emanata in Gran Bretagna, sotto il regno di Elisabetta, la Poor Law (legge sui poveri) del 1601 che fissava alcuni interventi assistenziali ed era basata su un sistema di tasse settimanali obbligatorie imposte in ogni parrocchia e una legge sul domicilio che imponeva alle parrocchie di tenersi ciascuna i propri poveri, costringendoli a non cambiare domicilio.

prestiti di limitata entit (in genere da due a non pi di venti fiorini). Il problema che si pone subito (e che lacerer lo stesso mondo ecclesiastico) quello delleventuale tasso di interesse. Alcuni temevano la ricaduta nel peccato di usura, altri (e fra questi anche un fiero nemico degli usurai come Bernardino da Feltre) erano favorevoli al prestito ad interesse. Alla fine, la Chiesa acconsente a che anche i Monti di Piet pratichino un tasso di interesse, purch modesto, in genere fra il 6 e il 10%. I primi Monti ad essere fondati sono quelli di Perugia (1462) e di Gubbio (1463), ma ben presto ne vengono aperti un po dappertutto. 28 Passaggio dalla giurisdizione ecclesiastica allo stato laicale.

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FIGURA 3: DETTAGLIO DELLA POOR LAW DEL 1601.

Le finalit assistenziali erano le seguenti: soccorrere i poveri invalidi e vecchi, avviare i ragazzi indigenti ad un mestiere, procurare lavoro ai poveri abili. Questa legge trovava il favore dellaristocrazia che voleva salvaguardare l'ordine rurale tradizionale, ma non della nascente borghesia industriale che era invece interessata alla mobilit della forza lavoro. 5. le strutture ospedaliere in Et moderna Il fulgore rinascimentale sarebbe ben presto passato ed unepoca di stasi avrebbe contraddistinto il periodo immediatamente successivo ma, ormai, i contenuti della reformatione ospedaliera costituivano un patrimonio culturale da cui non si sarebbe pi potuto prescindere e con cui i secoli a venire si sarebbero dovuti confrontare. Fu soprattutto il momento universitario, la ricerca scientifica che caratterizz in tutta Europa la Sanit del 600 e dell700. Lospedale viveva, in pratica, di riflesso quelle che erano le novit del mondo accademico in una posizione, per, abbastanza privilegiata favorendo, per certi versi, il sanarsi della storica frattura tra le due culture, da sempre separate, della scienza medica: quella umoralista del medico doctus expertus e quella anatomica del cerusicus considerato al massimo un abile artigiano. Sar lospedale a fornire al Morgagni i cadaveri dei malati su cui andare a ricercare le lesioni anatomiche ritenute dallo scienziato la causa delle diverse malattie. Le basi della futura clinica erano oramai gettate e se ancora bisogner attendere qualche secolo per lincontro definitivo tra clinica e anatomia, i primi passi erano stati fatti e lospedale si poneva come condizione realizzante la nascita della medicina moderna. Dal punto di vista architettonico era il modello filaretiano a fare ancora scuola, mentre negli aspetti istituzionali ed organizzativi la realt ospedaliera si presentava con un quadro abbastanza eterogeneo cos come composito era ancora lassetto del sapere medico e della sua pratica. Se vero che nel 500 e nel 600 con Vesalio ed Harvey la medicina comincia ad allontanarsi dai dogmatismi di Galeno per altrettanto vero che ingenuit e presunzioni sono costantemente presenti29. Riguardo allassistenza ospedaliera, di notevole interesse il regolamento dellospedale di BicBictre a Parigi. Da un atto datato 25 ottobre 1679 lufficio di direzione dellospedale specifica che: le persone di grande corporatura potranno disporsi sui pagliericci in numero di tre, quelle di corporatura media in un numero di quattro e quelle di taglia pi piccola dovranno disporsi al letto in numero di 6 o al minimo 5...30 Stava per sviluppandosi luso di utilizzare anche dei posti ad un letto ma liniziativa fu inizialmente contrastata con appositi decreti e, poi lidea fu scaltramente utilizzata prevedendo con apposito decreto del 1790 che lammissione in ospedale dava solo il diritto ad un letto comune per
La summa di quella medicina seicentesca e di quei medici arroganti nella loro ignoranza c la offre Molire. Nel suo il malato immaginario con un insuperato sarcasmo al vetriolo, tutti i topos negativi della medicina, sempre drammaticamente attuali, sono messi in evidenza. Uno per tutti, con la presentazione del prof. Fecis (o Purgon a seconda delle traduzioni): un uomo tutto medicina, dalla testa fino ai piedi; il medico che crede ai propri principi pi che a qualsiasi dimostrazione matematica, e che giudicherebbe criminoso perfino i solo pensiero di verificarli; che non vede nella medicina niente di oscuro, niente di difficile, e che sotto la spinta di un ottimismo cieco, preconcetto, cocciuto, grossolano, dissennato, firma e controfirma ricette di purghe e salassi, e non ha un attimo di perplessit. Vd. MOLIERE, Il malato immaginario, trad di C. Garbali, Giulio Einaudi editore, Torino 1976, pag 45. 30 DELAMARE J., DELAMARE T.D. Le grand refermement, Ed. Maloine, Parigi 1990, pag. 38.
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quattro persone, o in certi casi per tre o due, ma chi desiderava un letto singolo poteva ottenerlo al prezzo di cinquanta scudi31. Per i pazienti sifilitici era poi prescritto, per ordine espresso dellamministrazione, prima di entrare nel luogo di asilo ed alluscirne, di subire la frusta32. Un letto per pi malati cominciava a non piacere e non solo per ragioni di elementare decenza e di rispetto della persona ma perch, come ancora nel 1759 osserver Cicognini, causa di problemi perch se per un verso era luno infermo inzuppato del sudore critico morboso dellaltro compagno, per altro verso era difficile per il medico osservare con esattezza lanalogia del male e il grado in ambedue gli infermi onde evitare inconvenienti nella distribuzione dei medicamenti e del vitto33. Il Cicognini allora consiglia di superare lantico criterio di suddividere i ricoverati nelle due categorie degli affetti da febbri (malati di ordine medico) e degli affetti da ferite (malati di ordine chirurgico)34. Le esigenze di un ospedale che fosse veramente una struttura organizzata per la cura a cui i malati potevano rivolgersi senza paura, era ormai diffusa in tutta Europa. La salute non era ancora considerata un diritto della gente e la sua tutela un dovere dei governanti ma la rivoluzione francese era alle porte e con essa tutte le istanze sociali. In quegli anni prende forma e si sviluppa lidea di ospedale come oggi lintendiamo in termini di funzioni, struttura ed organizzazione. Loccasione che provoc la spinta finale verso un dibattito rivoluzionario fu lennesimo incendio dellHotel Dieu di Parigi: fatto in s di relativa importanza considerando gli innumerevoli incendi che colpivano le citt del XVIII secolo ma che, come vedremo, assume la forza di fatto storico perch i tempi erano oramai maturi per attaccare definitivamente le assurdit dellistituzione ospedaliera. Sono gli anni in cui, scrive Foucault, quantitativamente ci fu la moltiplicazione dei medici, la fondazione di nuovi ospedali, lapertura di dispensari, ed con una espressione pi generale un aumentato consumo di cure riguardante tutte le classi sociali. Da un punto di vista qualitativo il periodo della formazione pi standardizzata dei medici, un legame pi stretto tra la loro pratica e gli sviluppi delle conoscenze, c una maggior fiducia che viene accordata al loro sapere ed alla efficacia dei loro interventi; c dunque un certo allontanarsi dai praticanti tradizionali. Il medico si distacca in maniera pi netta dagli altri prestatori di cure; ed inizia ad occupare nel corpo sociale un posto pi ampio esteso e pi valorizzato35. La salute, sosterr il legislatore dellanno III repubblicano, un bene primario delluomo ma anche un diritto dovere del cittadino e pertanto la sua tutela non pu essere lasciata al sapere medico di vecchio regime quale quello promosso dalle Facults de medecine ma saranno le Ecoles de Sant a formare i nuovi medici in una prospettiva che allarga gli orizzonti della salute da medico scientifici a politico sociali. In questo contesto lospedale appare fuori ritmo; la sua architettura pu anche essere solenne ma un luogo di segregazione di uomini e malattie, un frammento di spazio chiuso in s stesso, lontano dai cambiamenti in atto che vorrebbero una societ sana e libera in cui la cura dovrebbe essere erogata a domicilio con indubbi vantaggi economici per la societ, per il paziente assistito dai suoi cari e lontano dai pericoli dellospedale; si propugna in quel clima rivoluzionario la territorializzazione degli interventi, la creazione di dispensari ed ospizi. Il desiderio o il progetto giacobino di far scomparire listituzione ospedaliera rimarr una utopia e con grande realismo anche i pi esagitati pensatori riconobbero che valeva la pena impegnarsi nel migliorare lospedale piuttosto che a decretarne la fine. E lospedale nella Francia post rivoluzionaria svolger un ruolo essenziale per i progressi della medicina. E in quella sede che, come scrive ancora Foucault, nasce la clinica36.
31 Ai dipendenti dellospedale era per concesso il privilegio di poter utilizzare gratuitamente un letto singolo nel caso dovessero avere bisogno delle cure dellospedale, cos come questo privilegio era talvolta offerto anche agli epilettici ed ai minorati mentali. Chi non era titolare di questi privilegi subiva un organizzazione ferrea che prevedeva che in ogni letto si coricavano quattro persone, ed a riprese, dappoich met di esse doveano riposarsi dalle otto di sera sino alluna dopo mezzanotte, e laltra met da questora sino alle otto di mattina. BOUCHARDAT A., Nuovo formulario magistrale, trad. ital. di Reyes S., Palermo 1857, stampato presso fratelli Pedone Lauriel, pag 45. 32 BOUCHARDAT A., Nuovo formulario cit., pag 45. 33 Passo tratto da CICOGNINI G., Riflessioni sopra il regolamento che riguarda gli infermi dello Spedale maggiore di Milano, Milano 1759, riportato da VERGA A. Lospedale maggiore di Milano nel secolo XVIII, Rechiedei, Milano 1871, pag 135. 34 Bisognerebbe scrive Cicognini, dividere i ragazzi dagli adulti, i febbricitanti semplici dai febbricitanti acuti, i cronici semplici dai contagiosi, separando nelle donne anche quelle che sono di parto. Per la chirurgia poi opportuno sarebbe dividere gli infermi di semplici malattie da quelli che hanno affezioni complicate assegnando luoghi particolari a quelli che esigono speciali e grandi operazioni. VERGA A. Lospedale maggiore di Milano cit., Rechiedei, Milano 1871, pag. 133. 35 FOUCAULT M. e altri, Les machines a guerir, P.Mardaga editeur, Bruxelles 1979, pag. 7. Cfr, anche COSMACINI G. Dizionario di storia della salute. Einaudi 1996, pag. 116. 36 Commenta Cosmacini riferendosi al saggio di Foucald: Qui (negli ospedali parigini) losservazione dei segni di malattia (semeiotica) nei corpi dei malati, appartenente da sempre allosservativismo proprio dellarte medica, acquisisce strumenti che consentono a questa come prima non mai di procedere a una analisi selettiva di tali segni, Lobservation et analyse dei medici parigini si avvale della descrizione della casistica (attraverso le cartelle cliniche), dello studio tipologico, della rilevazione statistica, della semeiologia plessica e stetoacustica (percussione e auscultazione), della comparazione anatomica (autoptica). Cfr. TENON, Memoires sur les hopitaux, Paris 1788.

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La lezione di Bichat, di Laennec va vista e interpretata nella cornice del sensismo di quella idelogie ispirata allermpirismo anglo scozzese, che faceva dei medici parigini un troupeau des philosophes orientati verso un sapere analitico perfezionato al letto del malato: la clinica. Diventava indispensabile a questo punto per questa nuova medicina uno spazio specifico in cui losservazione ed analisi unitamente alla cura si potesse realizzare in modo compiuto. Lospedale non pu pi essere allora un generico squallido contenitore della pi disparata umanit sofferente; deve specializzarsi ed organizzarsi deve diventare una machine gurir, una sorta di congegno finalizzato allo studio, alla classificazione, alla cura delle malattie e allinsegnamento per gli studenti. LEncyclopedie definir la macchina come qualcosa che serve ad aumentare e regolare le forze in movimento, come una sorta di strumento destinato a produrre movimento risparmiando o tempo nellesecuzione di questo effetto o la forza necessaria nel generarlo. Ma ripercorriamo la cronistoria degli eventi tornando a quel 1772; lepoca in cui i lumi della ragione stanno per accendere i fuochi della rivoluzione... e prima che questi divampassero con tutto ci che poi ne deriv, un ennesimo incendio di struggeva quasi del tutto lHotel Dieu di Parigi. Molti ne furono contenti: quel caravanserraglio della disgrazia a questo punto o finiva per sempre o andava ricostruito e prima ancora ripensato nelle sue funzioni. Il dibattito sullassistenza pubblica e su quella ospedaliera era da tempo allattenzione del Re. Il 17 agosto 1777 un apposito decreto sollecitava tutti coloro che si ritenessero portatori di idee nuove ed interessanti a sottoporle al parere di una commissione di esperti; oltre cento cinquanta progetti furono presentati ma nessuno fu reso pubblico e le conclusioni furono quelle che lHotel Dieu rimanesse dove stava ampliandone le dimensioni. Nel 1784, per, il nuovo Segretario di Stato, Breteuil, si rivolse alla Accademia delle Scienze invitandola a costituire un gruppo di esperti per riesaminare la questione Hotel Dieu. I lavori di quella commissione avranno un inequivocabile valore storico; per la competenza ed autorevolezza delle personalit coinvolte, per il metodo adottato, per le analisi condotte e le conclusioni a cui si giunse, si pu affermare che la Accademia delle Scienze di Parigi fu la levatrice dellospedale moderno37. Ma il questionario non basta, ad esso si aggiungono le ispezioni. E qui scoppia il conflitto: gli amministratori dellHotel Dieu non solo non forniscono alcun dato ma rifiutano laccesso ai membri della commissione ed allora toccher a Tenon recuperare i suoi antichi studi sullospedale dove aveva lavorato in precedenza richiamando alla memoria le sue dirette esperienze. Il quadro che ne venne fuori fu semplicemente sconfortante: poca o nulla ventilazione, area mefitica, sale sovraffollate allinverosimile, tre quattro pazienti in media per letto, in una totale drammatica confusione di patologie. Le conclusioni della Commisione a questo punto erano scontate ma esse andarono al di l della semplice proposta per la ricostruzione dellHotel Dieu. Questultimo andava chiuso ed al suo posto si sarebbero realizzati quattro nuovi ospedali ma la grande novit stava proprio nella formulazione, in maniera chiara e motivata, dei criteri progettuali su cui basare la nuova edilizia ospedaliera; criteri che rispecchiavano la seriet e professionalit dei componenti la commissione. Ne deriv cos un progetto ideale, in cui ogni scelta che riguardava cubature, superfici, percorsi, servizi, venne analiticamente giustificata alla luce delle esigenze igieniche e funzionali. In sintesi: limitazione dei posti letto per ogni complesso ospedaliero ad un massimo di 1200-1500.; scelta edilizia del sistema a padiglioni separati con una distanza minima tra gli edifici doppia rispetto allaltezza dei piani; reparti distinti per uomini e donne garantendo ad ogni malato il proprio letto; disposizione dei letti, nelle corsie, su due file, con un numero massimo di 36 malati per stanza;
Lasson, Daubenton, Tenon, Bailly, Lavoisier,La Place, Coulomb, DArcet e Condorcet erano gli eminenti scienziati (chimici, fisici, medici, matematici) a cui tocc il compito di riflettere a tutto campo sulla sanit parigina. Tenon, chirurgo alla Salpetrire, che coordinava i lavori e ne stese i verbali si pose subito la domanda su quale metodo adottare, quali criteri seguire, considerando, come lui stesso scrive che gli ospedali sono degli strumenti o se si preferisce delle macchine per trattare i malati in gran numero ed in economia. Mai larte della cura si era interessata della loro forma e distribuzione. Se mai da qualche parte uomini abili e attenti si erano preoccupati di questa specie di case, le regole della loro distribuzione non erano ancora state n definite, n codificate, n diffuse.... Io credo, continua Tenon, di dover far presiedere alle mie osservazioni le conoscenze anatomiche e patologiche. Si tratta delluomo, e delluomo malato: la sua stessa regola la lunghezza del letto, la larghezza delle sale; il suo passo meno disteso meno libero di quello delluomo sano, d laltezza degli scalini, come la lunghezza delle barelle, sulle quali viene trasportato, determina la larghezza delle scale degli ospedali. Daltra parte, consumando pi o meno aria in un determinato tempo, a seconda che le sue malattie lo obblighino a delle ispirazioni pi o meno frequenti e pi o meno ampie, sono richieste delle sale di differenti dimensioni; aggiungete poich i suoi occhi, sensibili alle impressioni della luce durante le infiammazioni della dura madre e le violente oftalmie , esigono delle attenzioni, relativamente sia alla posizione dei letti che alla dislocazione delle crociate. Lumilt dellapproccio pari alla forza del metodo orientato alla valorizzazione della condizione salute, alla quantificazione dei bisogni sanitari, al ruolo della popolazione come luogo e oggetto dellinteresse della medicina. Un metodo che si sviluppa attraverso due momenti preliminari: lanalisi ,con lo strumento dellinchiesta e le visite di ospedali allestero per una sorta di bench marcking ante litteram. Linchiesta si avvale di un questionario inviato ai vari ospedali per consentire di rilevare tutta una serie di dati strutturali e statistici: superficie generale, cubatura, distribuzione, numero dei letti, superficie e cubatura delle stanze, funzioni delle stesse, casistiche delle patologie ricoverate, indici di mortalit, costo delle cure erogate, numero degli addetti, tipo di organizzazione in atto, sistemi anti incendio, modalit di selezione del personale. Cfr. Demande relative aux hopitaux avec la rponse donne par lhopital de Bordeaux, Papiers de Tenon, Paris, Bibliothque Nationale, dpartement des manuscript, nouvelles acquisitions, 22.742.
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presenza in ogni infermeria di autonomi servizi (latrine, lavatoi, cucinette, locali per le suore e le infermerie); finestre delle infermerie estese fino al soffitto; scale aperte e ventilate dallesterno. Ad onor del vero va ricordato che la proposta dei padiglioni avanzata dalla Commissione dellAccademia delle Scienze non era, invero, originale. Gi nel 1754, a Londra, era stato costruito proprio con quei criteri lOspedale di Stonehouse. Lispiratore di questa novit era stato linglese John Howard che per primo aveva ipotizzato un ospedale costituito da edifici tra loro separati; le esperienze inglesi rimasero pero episodi isolati, mentre ben pi ampia risonanza ebbero le conclusioni dellAccademia di Parigi grazie al crisma di ufficialit scientifica che le caratterizzava. LEuropa intera, tranne qualche eccezione, recep le novit parigine e la tendenza generale fu quella di costruire nuovi ospedali, ispirati ai moderni criteri, piuttosto che ristrutturare quelli esistenti. Un altro aspetto non trascurabile che attiene soprattutto allorganizzazione assistenziale deve essere ricordato. La commissione Tenon volle infatti indagare su come medici e personale di assistenza garantissero una sorveglianza continua del malato. In effetti dal 1760 in avanti vi era stata una fioritura di regolamenti ospedalieri che prevedevano, allinterno di una gerarchia estremamente articolata, una disciplina inflessibile. Tale approccio discendeva dal riferimento al modello militare che prevedeva una precisa responsabilit dei superiori sui subordinati come osserva gi nel 1776 Coqueau: Lamministrazione interna di un ospedale si articola naturalmente in pi dipartimenti principali. Questi a loro volta si suddividono in dipartimenti secondari; questi ultimi in altri ancora pi piccoli e cos di seguito sino alle unit semplici. Questa suddivisione offerta dalla stessa natura delle cose si presta per se stessa allidea di una gerarchia propria da realizzare tutta insieme, con la ripartizione pi precisa dei compiti e con graduati livelli di subordinazione38. In questo inquadramento disciplinare i medici erano obbligati ad una presenza regolare ed assidua e cos anche le altre figure assistenziali. Dal regolamento generale dei medici operanti presso lHotel Dieu datato 18 novembre 1771 allarticolo 2 si legge che toccher alla direzione dellospedale scegliere tra i medici ...uno che dovr essere residente allinterno dellHotel Dieu, dedicandosi completamente, e che oltre alla sua attivit normale dovr assistere i malati sia di giorno che di notte, negli intervalli in cui mancano gli altri medici.... In questo contesto si inseriscono inoltre le infermiere e le infermiere maggiori obbligate a seguire fedelmente le indicazioni dei medici. 6. Illuminismo e Rivoluzione francese: dalla carit al diritto allassistenza Con lIlluminismo si comp in modo definitivo la frattura fra visione medievale dellassistenza come carit e visione moderna di assistenza e beneficenza, attraverso lintroduzione del concetto di diritto allassistenza: la carit veniva spogliata del suo valore religioso per diventare un dovere sociale dello Stato e ad essa si voleva sostituire la filantropia che, nella sua formulazione moderna, affermava l'uguaglianza dei diritti dell'uomo. Sul ruolo dello Stato in campo assistenziale si svilupp una significativa pubblicistica in quel periodo. Hobbes prima e Rousseau poi, vedevano la disuguaglianza sociale come prodotto prevalentemente storico e politico e contribuirono ad affermare, insieme ad altri riformatori, l'idea del diritto del cittadino, e non pi della supplica del povero, a ricevere, se invalido e indigente, assistenza e cure mediche da parte dell'organizzazione politica centrale della nazione. Lideologia illuminista contest la massiccia istituzionalizzazione degli emarginati, dei malati poveri proclamando l'obbligo della societ verso il povero, le cui sorti non potevano essere affidate alle cure dei privati, ma a unassistenza e cure mediche a carico dello Stato (ed erogate il pi possibile a domicilio).

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COQUEAU C.P., Essai sur letablisement des hopitaux dans les grandes villes, 1787, pag. 5.

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FIGURA 4: LHOTEL DIEU DI PARIGI IN UNA STAMPA DEL 1500 .

Nacque cos un concetto innovativo: quello della prevenzione della povert. Montesquieu asseriva che un uomo non povero perch non possiede niente, ma povero perch non lavora39. La cultura ecclesiastica, sia cattolica che protestante, si trov sostanzialmente impreparata di fronte al movimento illuministico, la diversit di pensiero divenne presto reciproca ostilit. E con la Rivoluzione francese e con i concetti di libert-uguaglianza-fraternit, che anche il povero diviene, in quanto cittadino, soggetto di diritto40. Con l'affermazione dei diritti dell'uomo, circola una Dichiarazione specifica riguardante l'assistenza. Tale Dichiarazione afferma: 1. Poich l'assistenza al povero un debito nazionale, gli ospedali, le fondazioni e le istituzioni per i poveri, dovranno essere vendute a profitto della nazione; 2. La societ deve provvedere al mantenimento dei cittadini indigenti nel luogo di loro residenza o mediante occupazione o assicurando gli inabili al lavoro i mezzi di sostentamento; 3. La cura medica per la popolazione sar assicurata da un medico con licenza, al servizio di ogni distretto cantonale; 4. I genitori che sono finanziariamente inabili a sostenere i loro figli riceveranno un aiuto pubblico dalla nazione. Questa dichiarazione, fatta in un periodo storico fortemente caratterizzato da scontri sanguinosi, non poteva trovare applicazione. Tuttavia poneva in discussione il trattamento degli individui meno abbienti e si cercava in qualche modo di mettere in discussione i luoghi di internamento in cui andavano a finire tutti coloro i quali conducevano delle vite fortemente disagiate. La prima legge assistenziale francese datata 15 marzo 1793 e riguarda L'organizzazione dei soccorsi pubblici Con essa si stabilisce innanzitutto che le municipalit debbano contribuire per un quarto della somma necessaria e debbano incaricarsi della distribuzione dei soccorsi per i poveri invalidi, i loro figli, i vecchi e gli ammalati, nonch all'assegnazione del lavoro per gli indigenti validi; ad essa spetta, inoltre, la nomina dei medici, dei chirurgi e delle levatrici per il servizio gratuito degli iscritti nell'elenco dei poveri. Tale elenco definito con la legge dell'11 maggio 1794. Con la legge del 28 maggio 1793 viene assegnato un sussidio alla famiglia del lavoratore deceduto o divenuto infermo e viene disposto che i fanciulli abbandonati, fino all'et di 12 anni, debbano rimanere negli ospizi nazionali per essere poi avviati ad una casa di apprendistato. Queste leggi, nel corso degli avvenimenti politici ed economici francesi, subiranno delle profonde modifiche, non sempre a reale vantaggio dei disagiati; comunque a monte di tutto c' la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789,
39 MONTESQUIEU, De lesprit des lois, 2 tt., introduction, chronologie, bibliographie, relev de variantes et notes par R. Derath, Paris, Garnier, 1973, Chapitre XXIX: Des hpitaux. Un homme n'est pas pauvre parce qu'il n'a rien, mais parce qu'il ne travaille pas. Celui qui n'a aucun bien et qui travaille, est aussi son aise que celui qui a cent cus de revenu sans travailler. Celui qui n'a rien, et qui a un mtier, n'est pas plus pauvre que celui qui a dix arpents de terre en propre, et qui doit les travailler pour subsister. L'ouvrier qui a donn ses enfants son art pour hritage, leur a laiss un bien qui s'est multipli proportion de leur nombre. Il n'en est pas de mme de celui qui a dix arpents de fonds pour vivre, et qui les partage ses enfants. 40 Il Cercle Sociale, con i periodici condiretti da Nicols de Bonneville tra cui La bouche de fer, La bocca di ferro e l'eloquenza prestigiosa del prete Fouchet, che diventer poi vescovo costituzionale, certamente rappresenta un nucleo di agitazione politica che non semplicemente democratica ma che per un momento almeno, attorno al 1791, ha preso chiaramente di mira il problema della povert, della miseria, e con esso si occupato anche di questioni come l'istruzione popolare e l'emancipazione femminile.

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quindi la base storica per una discussione sui diritti umani fondamentali stata posta una volte per tutte. L'assistenza viene assunta come compito dello Stato laico attraverso le istituzioni pubbliche e conseguentemente inizia la soppressione delle istituzioni private di beneficenza, degli enti religiosi e delle confraternite. I loro beni venivano alienati e trasferiti direttamente ai Comuni (istituzione in ogni Comune della Congregazione di Carit) o posti in vendita per realizzare, con le entrate ricavate, altri istituti socialmente utili (scuole, ospedali, enti di beneficenza). In verit, la limitata possibilit di spesa dello Stato non permise di attuare il totale passaggio dell'assistenza al settore pubblico; quella privata continu ad esistere, ma fu sottoposta al pubblico controllo41 . Lo scopo era quello di ridurre gli sprechi e far quadrare i bilanci mediante il controllo statale. Nasceva lidea di Stato sociale, ma giuridicamente, per vederne lattuazione, bisogner aspettare la seconda met dellOttocento. La situazione italiana alla fine del XVIII secolo era, invece, estremamente problematica: la povert, la malattia, la mancanza di lavoro, il disordine pubblico aveva portato all'indomani della costituzione della Repubblica Italiana, gennaio 1802, a seguito della consulta di Lione, alla legge del 20 agosto 1802 in cui si stabiliva di sottoporre a stretta sorveglianza gli oziosi, i vagabondi, ogni mendicante abile al lavoro; di fondare in ogni dipartimento case di lavoro volontario e di ampliare quelle per il lavoro forzato. Gli anni seguenti vedranno un inasprimento delle pene nei confronti degli indigenti; sorgeranno poi un po' ovunque case di soccorso, tuttavia permarr ancora per lungo tempo un atteggiamento forte che vedr nell'individuo in difficolt non un uomo da aiutare, ma una persona da eliminare. L'Italia dal punto di vista legislativo risente molto della sua divisione geopolitica e come altre nazioni vedr sviluppare poi da un parte l'assistenza sociale e dall'altra la prevenzione sociale. 7. La nascita del Welfare State e del sistema previdenziale Fu la Germania che si trov ad essere all'avanguardia nella legislazione sociale europea, per merito del Cancelliere Otto von Bismarck che concretizz la funzione sociale dello Stato attraverso un sistema di assicurazioni sociali obbligatorie per i lavoratori dellindustria. Questo sistema di assicurazioni, contro gli infortuni sul lavoro (1884), le malattie (1883), l'invalidit, la vecchiaia e persino la disoccupazione (1889), viene considerato lorigine del concetto di Welfare State. Alla gestione ed al finanziamento di tale sistema di sicurezza sociale venivano chiamati a partecipare i datori di lavoro e lo stesso Stato. Lesempio tedesco fu imitato da altri Stati europei tanto che all'inizio del 1900 quasi tutti i Paesi dell'Europa occidentale disponevano di un programma assicurativo per i lavoratori. Le assicurazioni erano articolate fondamentalmente in quattro settori: malattia e maternit, infortuni sul lavoro, invalidit e vecchiaia, disoccupazione42. Questultima venne per lo pi esclusa dalla legislazione previdenziale; ci che non veniva da questa riconosciuto ricadeva sulle strutture assistenziali, le quali, di tradizione religiosa o municipale, costituivano un universo ancora molto frammentato e privo di criteri univoci. 8. Lindustrializzazione e le rivendicazioni dei diritti del movimento socialista Fu per il processo di industrializzazione, in piena espansione tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, e la conseguente diffusione del movimento socialista, a dare ulteriore slancio allassistenza: la difesa del diritto al lavoro e alla protezione sociale di tutti i lavoratori, affermava al contempo il riconoscimento giuridico dei diritti sociali dei poveri e dei bisognosi43. In Gran Bretagna, diversamente dalla Germania, la funzione sociale dello Stato fu assunta solo a seguito di rivendicazioni e campagne di sensibilizzazione da parte della popolazione. A causa dellindustrializzazione e dellinurbamento, il numero degli emarginati aumentava a dismisura e lo Stato, non riuscendo pi a sostenere i provvedimenti di carit legale fino a quel momento praticati, pass ad azioni limitative e coercitive: vennero aboliti i sussidi alle persone autosufficienti e impedito l'accesso alle Workhouses44 agli individui in grado di lavorare. Inoltre la legge di assistenza ai poveri del 1834 (New Poor Law) inaugur una forma severa e punitiva di internamento, in base alla quale nel

DI FLUMERI F., Fondamenti del servizio sociale, EISS, Roma, 1991, p. 26. CATALDI E., La Previdenza sociale nelle legislazioni straniere, Giuffr, Milano, 1953, p. 236. 43 DI FLUMERI F., 1991, op. cit., p. 27. 44 Le Workhouses erano istituzioni attive in Inghilterra, che fornivano sostentamento e assistenza ai poveri, ai malati e alle persone anziane non abbienti. Si trattava, all'origine, di ricoveri di mendicit, sorti all'epoca di Elisabetta I con finanziamenti privati e pubblici, organizzati sulla base della rete delle parrocchie. Alla fine del XIX secolo le prime realizzazioni del moderno stato sociale (pensioni, assicurazioni, sussidi di disoccupazione e di malattia) portarono alla loro scomparsa.
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momento in cui una persona entrava nei ricoveri di mendicit veniva limitata nei diritti civili ed era sottoposta a un regime severo, di tipo carcerario. Si svilupparono cos le Trade Unions (gi sorte nel XVIII secolo come associazioni di artigiani e operai allo scopo di difendere il proprio lavoro minacciato dallo sviluppo del sistema di fabbrica), unioni sindacali dei lavoratori nate da esigenze di tipo assistenziale, che avanzavano rivendicazioni di carattere salariale e normativo. Accanto a queste anche altre societ di mutua assistenza e soccorso ispirate al concetto di solidariet agivano in difesa e a tutela della classe lavoratrice. Queste organizzazioni riuscirono ad ottenere riconoscimenti giuridici sul piano della previdenza sociale e della legislazione del lavoro. 9. I sistemi di Welfare State Per una estensione dei diritti dei lavoratori a tutti i cittadini bisogner aspettare la seconda met degli anni '30, con laffermazione dei moderni sistemi di Welfare State (Stato Sociale). Il sistema assicurativo/previdenziale venne integrato da una serie di interventi statali per garantire a tutti i cittadini una soglia minima di sicurezza sociale: istituzione dei servizi sanitari nazionali; attribuzione universalizzata degli assegni familiari; una politica che mirasse alla piena occupazione; riassetto dell'assistenza sociale. La prestazione previdenziale infatti legata allesistenza di un lavoro e al versamento dei contributi da parte dei lavoratori e dei datori di lavoro. La prestazione assistenziale legata allesistenza di un bisogno che pu essere di qualunque cittadino, a prescindere che lavori o meno: bambini, invalidi, anziani, ecc. Nel Welfare State le prestazioni assistenziali vengono finanziate dallo Stato o dagli organi istituzionali decentrati attraverso il prelievo fiscale. Si cerca di perseguire un equilibrio tra la logica del libero mercato e lesistenza di un sistema di servizi sociali gratuiti rivolti indistintamente a tutti i cittadini. La realizzazione emblematica del Welfare stata negli Stati Uniti, tra le due guerre, con il compromesso keynesiano tra economia di mercato e intervento correttivo dello stato. I sistemi di welfare negli ultimi decenni sono spesso entrati in crisi, dando origine a nuovi orientamenti nelle politiche sociali. Prima di entrare nel merito di queste tematiche, utile analizzare pi in particolare la storia dellassistenza in Italia ed in altri paesi dellEuropa occidentale.

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TITOLO II LASSISTENZA IN ITALIA DALLOTTOCENTO AL NOVECENTO 1. La legge Rattazzi All'inizio del XIX secolo l'Italia era divisa in piccoli Stati tutti ordinati a monarchia assolutistica. L'Austria era la grande potenza egemone della penisola. In Lombardia la politica degli Asburgo, soprattutto quella di Maria Teresa dAustria e di Giuseppe II, aveva operato una pianificazione degli interventi assistenziali con soppressioni e accorpamenti di enti e ordini religiosi e confisca dei relativi beni, per assicurare uniformit agli interventi, renderli pi efficienti e finanziariamente solidi, facilitarne il controllo tramite visite e ispezioni. Inoltre era stata messa al bando la mendicit e istituite varie strutture ospedaliere e assistenziali che garantivano al povero di ricevere assistenza e cure gratuite dall'organizzazione statale. La carit cristiana continuava dunque ad essere espletata nelle sole parrocchie. Ci fu di conseguenza un notevole irrigidimento nei rapporti con la Chiesa e si innesc quindi una sorta di conflittualit tra lo stato asburgico da una parte e gli erogatori dellassistenza spontanea (laici e religiosi) dallaltra. Giuseppe II si trov in seguito a dover rinunciare a un disegno cos radicale e difficile da concretizzare, anche perch, in conseguenza alla presa di posizione dello Stato, erano diminuiti i lasciti e le donazioni che da sempre avevano costituito la base di sussistenza delle Opere Pie. I cittadini e la Chiesa volevano aver parte nella gestione dellassistenza e questo diritto non poteva essere espropriato dallautorit statale. Si cerc in seguito un compromesso tra autonomia delle istituzioni e tutela governativa. Lassistenza spontanea (filantropia/beneficenza) venne cos stimolata a una sorta di rinascita caritativa. Con l'unit, il giovane Stato italiano si trov ad affrontare numerosi problemi: la miseria, l'analfabetismo, l'incremento demografico, l'immaturit sociale, l'impreparazione all'autogoverno, la mancanza di senso civico, la questione meridionale. Si espandevano il brigantaggio e l'emigrazione. In materia assistenziale venne trasferita al nuovo Stato nazionale la legislazione piemontese, ma mancava una cultura assistenziale e previdenziale comune che non era decollata anche per il ritardo con cui era iniziato il processo di industrializzazione. Le condizioni di vita e la cultura sociale variavano molto da regione a regione. La prima legge in campo assistenziale fu la legge Rattazzi45 del 1862 sull'amministrazione delle Opere Pie che non recava modifiche sostanziali ai vari ordinamenti preesistenti. La legge fu detta anche della carit sociale in quanto non riconosceva il bisognoso come soggetto di diritto. Lassistenza veniva affidata, sotto il controllo dello Stato (Ministero degli Interni e Prefetti), alla rete degli enti privati e volontaristici esistenti, un universo eterogeneo di istituzioni di beneficenza, Opere Pie, ricoveri ed orfanotrofi46. Le Opere Pie venivano cos definite: sono Opere Pie gli istituti di carit e beneficenza e qualsiasi ente morale avente in tutto o in parte per fine di soccorrere le classi meno agiate, tanto in stato di sanit che di malattia, di prestare loro assistenza, educarle, istituirle ed avviarle a qualche professione, arte o mestiere47. La legge istitu poi nei Comuni le Congregazioni di Carit, con lo scopo di gestire e amministrare lassistenza, che nel 1937 si trasformeranno in ECA. Il rapporto tra le iniziative caritatevoli spontanee e i Comuni non sar sempre armonico, ma la dialettica tra filantropia/beneficenza e potere pubblico contribuir a determinare un processo di umanizzazione e socializzazione dellassistenza. Nel 1863 venne promulgata una legge che perseguiva il vagabondaggio con pene che potevano arrivare fino ad un anno di reclusione. 2. La legge Crispi La legislazione cavouriana in materia di assistenza viene sostituita dalla Legge 17 luglio 1890 n. 6972 la ben nota legge Crispi48.

Dal 1860 al 1876 salirono al governo uomini della Destra storica: Ricasoli, Minghetti, Rattazzi, Sella, Lanza che operarono svariate riforme volte a riorganizzare in maniera unitaria lo Stato. 46 Non venne mai realizzata una vera e propria riorganizzazione del complicatissimo panorama di strutture assistenziali - private o semipubbliche - che continuarono a convivere l'una accanto all'altra, spesso accavallandosi e sovrapponendosi. 47 Art.1, Legge 3 agosto 1862, n. 753. 48 Dal 1876 al 1896 l'Italia fu governata dalla Sinistra storica, formata da ex mazziniani ed ex garibaldini tra i quali emersero figure come Depretis, Cairoli e Crispi.
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Animata da visione centralistica sottopone le istituzioni e gli enti a vigilanza, affidata alla Giunta Provinciale Amministrativa, e concernente lamministrazione, la contabilit, lesercizio della tutela, la verifica dei fini e dei patrimoni. Le Opere Pie e gli Enti Morali vengono trasformati in Istituzioni Pubbliche di Beneficenza (anche gli Enti e le Istituzioni ecclesiastiche con fini assistenziali, ma prive di personalit giuridica). Viene comunque lasciata a ciascun Ente una certa libert organizzativa e amministrativa. La contemporanea natura pubblica e privata attribuita innescher controversie sul piano normativo che perdureranno fino ai nostri giorni. Questa legge, pur preservando il principio dellautonomia delle istituzioni di beneficenza accentu lingerenza dello Stato. La legge prevedeva infatti: la parziale laicizzazione delle opere di beneficenza attraverso, tra l'altro, la nomina pubblica dei consigli di amministrazione di tali enti; l'introduzione di controlli statali dei bilanci preventivi e consuntivi; l'obbligo di investire i patrimoni in titoli di Stato o in immobili49. La legge Crispi sostitu il termine opera pia con quello di istituzione di beneficenza. Ma poich non vennero precisati i caratteri che avrebbero dovuto distinguere le Opere Pie dalle altre istituzioni e poich l'articolo 1 della legge Crispi ripeteva in sostanza la formula usata dalla Legge n. 753 del 1862, i termini 'Opera Pia' ed 'Istituzione di beneficenza' divennero nella pratica sinonimi50. Sotto la comune sigla IPB51 (Istituzioni Pubbliche di Beneficenza) venivano cos a raggrupparsi Ospedali, Asili, Orfanotrofi ed Istituti vari. Le Opere Pie e gli ospedali erano obbligati ad assistere i poveri attraverso il domicilio di soccorso. Con questo termine si intendeva lo speciale domicilio in base al quale i Comuni, le Province e le istituzioni di beneficenza in genere, dovevano farsi carico rispettivamente delle spese obbligatorie inerenti all'assistenza, al soccorso ed alle cure, comprese quelle ospedaliere, prestate ai poveri. Il domicilio era determinato dal Comune nel quale il cittadino, bisognoso di assistenza, dimorava da almeno 5 anni52 . All'inizio del nuovo secolo, il quadro della beneficenza legale era cos rappresentato: in prima istanza le istituzioni di beneficenza provvedevano ai ricoveri in base alle loro risorse finanziarie; in caso di loro assenza o di impossibilit economica intervenivano le Congregazioni di carit, istituite in ogni Comune; se le prime due condizioni non si verificavano, subentrava il Comune competente per domicilio di soccorso; qualora anche il Comune competente per domicilio di soccorso fosse stato impossibilitato a far fronte alle necessit dei propri cittadini, interveniva direttamente lo Stato 53. Il tentativo dello Stato, attraverso la legge Crispi, di controllare tutta la gestione dell'assistenza non incontr, naturalmente, l'approvazione del clero. Le due critiche fondamentali della Chiesa consistevano nel giudizio che si trattava di una espropriazione di beni senza corrispettivo economico e che lo Stato aveva mutato il fine originario delle Opere Pie. Di fatto i limiti della legge furono riferiti all'intervento dello Stato che appariva interessato principalmente ad una funzione di salvaguardia dellordine pubblico consistente nellemarginazione sociale e fisica degli indigenti e inabili. Lassistenza sul campo veniva genericamente delegata invece alle Istituzioni Pubbliche di Beneficenza. La questione sociale italiana Verso la fine del XIX secolo, con il consolidamento del processo di industrializzazione, anche in Italia si diffuse la questione sociale. La situazione dal punto di vista della previdenza e della legislazione del lavoro era molto arretrata: non era regolato il lavoro delle donne, l'et minima per l'ammissione dei fanciulli nelle fabbriche era di nove anni, il lavoro notturno era solo parzialmente regolato, ecc. Vi furono vaste agitazioni politiche ed economiche che ebbero come esito conquiste salariali per i lavoratori e un inizio di sviluppo della legislazione sociale: limitazioni all'orario di lavoro e diritto al riposo festivo. Parallelamente al rafforzamento delle organizzazioni politiche e sindacali, si ebbe un migliore funzionamento delle mutue.
BURACCHIO, T., 2001, op. cit., p.136. Il Regio Decreto 30 dicembre 1923 n. 2841, modific nuovamente la denominazione delle categorie di opere soggette alla disciplina giuridica sulla pubblica beneficenza includendovi le istituzioni di assistenza: opere miranti a scopi generali di conservazione, di tranquillit, di benessere e di miglioramento economico e morale della societ. Opera pia rimase comunque sinonimo di istituto di beneficenza, ovvero opera puramente caritativa, rivolta a soddisfare i bisogni dei singoli. Solo nel 1977, il d.P.R. n. 616 tenter, anche se in modo incompleto e con un parziale insuccesso, di ridefinire l'intera materia. 51 Il Regio Decreto Legge 30 dicembre 1923 n. 2841 sostituisce alle Istituzioni Pubbliche di Beneficenza (I.P.B.) le Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (I.P.A.B.). 52 Il periodo necessario a creare un domicilio di soccorso venne ridotto a solo due anni nel 1954, con Legge 29 aprile 1954 n. 251. 53 MASINI R., SANICOLA L., Avviamento al servizio sociale, NIS, Roma, 1988.
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Con la Legge 8 luglio 1883 n. 1473 venne istituita la Cassa nazionale di assicurazione contro gli infortuni; si trattava per di un'assicurazione facoltativa che serviva a coprire dagli incidenti sul lavoro solo la manodopera impiegata nel settore industriale. Il Testo Unico n. 51 del 1904 obblig invece il datore di lavoro ad assicurare i propri dipendenti presso la Cassa nazionale infortuni od un ente appositamente autorizzato oppure ad una cassa mutua privata a carattere aziendale. Nello stesso periodo vennero anche emanate delle norme per cercare di regolare il lavoro minorile e femminile anche se spesso venivano disattese o ne veniva ritardata lattuazione. Dal 1917 in poi ci fu una grande fioritura di enti: si svilupparono i primi prototipi degli enti assistenziali nazionali (che tendevano cos a sostituire il modello rappresentato dalle Opere Pie). Tra questi, ricordiamo l'Opera Nazionale per gli Invalidi di guerra (1917) e l'Opera Nazionale Combattenti (1918). Dopo la Prima Guerra Mondiale, nel 1919 vennero stanziati cento milioni per sussidi di disoccupazione e nello stesso anno si pass dalla forma assistenziale alla forma assicurativa con vere e proprie misure previdenziali a base contributiva. Nello stesso anno iniziava l'assicurazione contro l'invalidit e la vecchiaia54.

3. Lassistenza durante il Fascismo La concezione del Welfare State, che si diffuse negli Stati Uniti e in Europa tra le due guerre, ebbe, se pur indirettamente, la sua influenza anche in Italia durante il fascismo. Nacque l'IRI, sorsero istituzioni come l'attuale INPS e l'Opera di assistenza maternit e infanzia, fu codificata la settimana lavorativa di 48 ore e, attraverso istituzioni politicizzate quali l'Opera Balilla, si praticarono molti interventi sociali. In materia di assistenzialismo in senso lato e di previdenza, il primo atto del fascismo fu rappresentato dalla Carta del lavoro (1927). Tra laltro venne stabilito che: ... la determinazione del salario sottratta a qualsiasi norma generale e affidata all'accordo delle parti nei contratti collettivi... (articolo XII). ... i datori di lavoro hanno l'obbligo di assumere prestatoti d'opera pel tramite di detti uffici (di collocamento, NdA). Ad essi data la facolt di scelta nell'ambito degli iscritti negli elenchi con preferenza a coloro che appartengono al Partito ed ai Sindacati fascisti, secondo l'anzianit di iscrizione... (articolo XXIII) la previdenza un'altra manifestazione del principio di collaborazione. Il datore d'opera ed il prestatore d'opera devono concorrere proporzionalmente agli oneri di essa. Lo Stato, mediante organi corporativi e le associazioni professionali, procurer di coordinare e di unificare, quanto pi possibile, il sistema degli istituti di previdenza... (articolo XXVI). La finalit, quindi, fu quella di accentrare tutte le attivit assistenziali e previdenziali in apparati burocratici statali. Con la legge del 3 giugno 1937 n. 843 vennero istituiti gli ECA (Enti Comunali di Assistenza) e soppresse le benemerite Congregazioni di Carit55 di cui furono incamerati i beni. Agli E.C.A. (Ente Comunale di Assistenza) spettava la semplice assistenza generica: soccorrere i poveri, gli orfani, i minori abbandonati, i ciechi e sordomuti poveri. Questo provvedimento, per, port con s un'importante innovazione: venne infatti prevista un'addizionale da applicare sulla maggior parte dei tributi statali, provinciali e comunali che rappresent il primo obbligo, stabilito per legge, in base al quale ogni cittadino doveva contribuire in misura dei propri averi al soccorso dei poveri 56. L'assistenza specifica si attu invece per categorie di assistiti, attraverso numerosi Enti Nazionali centrali e locali: Tra questi ricordiamo: lUIC (Unione Italiani Ciechi) del 1923; la FNIC (Federazione Nazionale degli Istituti per Ciechi) del 1934; lENLC (Ente Nazionale di Lavoro per Ciechi) del 1934; lOpera Nazionale per l'assistenza agli Orfani di Guerra Anormali Psichici (ONAOGAP) del 1921;

CONTI L., L'assistenza e la previdenza sociale, Feltrinelli, Milano, 1958. A loro volta istituite con la Legge del 1862. La loro soppressione cre conflittualit con la Chiesa. 56 BURACCHIO T., 2001, op. cit., p.148.
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IONMd'I (Opera Nazionale Mezzogiorno d'Italia) che si occupava degli orfani di guerra dell'Italia meridionale e insulare; lONMI (Opera Nazionale Maternit e Infanzia) del 1925. Questo ente, una delle istituzioni pi rilevanti del periodo fascista, rester in funzione fino al 1975. Raccoglieva tutte le competenze nel settore dell'infanzia: da quelle di ordine sanitario a quelle di ordine sociale, dalla prevenzione al controllo e al coordinamento; Erogava interventi di protezione ed assistenza alle seguenti categorie di cittadini: gestanti e madri bisognose od abbandonate; bambini (fino all'et di cinque anni) appartenenti a famiglie non in grado di assisterli adeguatamente; bambini di qualsiasi et appartenenti a famiglie non abbienti; minorenni portatori di handicap fisici o psichici; minorenni in stato di abbandono; minorenni riconosciuti colpevoli di un reato. L'ONMI gestiva inoltre: consultori ostetrici e materni per l'assistenza a gestanti ed a madri nubili e bisognose; consultori pediatrici per la tutela sanitaria dellinfanzia, centri medico-psicopedagogici per la cura di minorenni anormali, asili nido per i bambini fino a tre anni. Ma lONMI non esaur le competenze del settore infantile: nel 1927 vennero creati, con Regio decreto, gli IPIM (Istituti Provinciali Infanzia e Maternit) che gravitavano sotto il controllo dell'ONMI ma che erano gestiti dalle Province. Si predispose, cos, uno specifico tipo di assistenza per un ulteriore categoria di utenti: tutte le madri nubili ed i fanciulli illegittimi abbandonati o riconosciuti dalla sola madre. I compiti dell'IPIM erano i seguenti: provvedere, a seconda delle esigenze, per un collocamento a baliatico; erogazione di sussidi a quelle donne che oggi chiameremmo ragazze madri, purch allattassero ed allevassero i propri figli; ricovero e mantenimento dei bimbi illegittimi nei brefotrofi od in altri istituti. Nel 1937 fu la volta dellONOG (Opera Nazionale degli Orfani di Guerra)57 mentre nel 1941 sorse l'Ente per l'assistenza degli orfani di lavoratori morti per infortunio sul lavoro58 che nel 1948 diverr ENAOLI (Ente Nazionale per l'assistenza degli Orfani dei Lavoratori Italiani)59. Nell'ambito della legislazione minorile, venne istituito con legge 20 luglio 1934, il Tribunale per i Minorenni con competenze penali, amministrative e civili60. Esistevano inoltre per altre categorie: l'ENAL ente nazionale assistenza ai lavoratori, l'ENAM ente nazionale assistenza insegnanti elementari, l'ENLRP ente nazionale di rimpatriati e profughi e l'ONIG opera nazionale invalidi di guerra. Per gli invalidi, gli orfani e gli anziani, lo strumento principale di intervento era l'internamento coatto in istituzioni assistenziali. Nel 1930, allo scopo di reprimere le mutue volontarie, divennero obbligatorie le attivit assistenziali e previdenziali e nacque il sistema mutualistico statale. Questo processo si realizz accentrando l'erogazione dell'assistenza attraverso tre grandi istituti: INAM (Istituto Nazionale per l'assicurazione contro le Malattie); INAIL (Istituto Nazionale per l'assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro); INPS (Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale). In particolare, il Fascismo attraverso l'assicurazione contro la disoccupazione gestita dall'INPS cerc di alleggerire la pressione dei senza lavoro sul mercato. Negli anni compresi tra il 1935 ed il 1939 venne emanata una nuova normativa di riordino del sistema previdenziale che conteneva, tra l'altro, l'istituzione delle pensioni di reversibilit per le vedove e gli orfani degli assicurati, la riduzione dei limiti di et per l'obbligo assicurativo ed il diritto alla pensione stabilito a 60 anni per gli uomini ed a 55 per le donne. Nel periodo fascista vennero soppresse tutte le mutue volontarie e le corporazioni aventi finalit sanitarie. Si diede ai soli sindacati fascisti la facolt di stipulare contratti di lavoro.61

4. Lassistenza nel Secondo Dopoguerra

Legge 26 luglio 1937. Legge 27 giugno 1941, n. 987. 59 Attraverso il Decreto legislativo 23 marzo 1948, n. 327. 60 Dopo il d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 resteranno ai TM le competenze penali in quanto le civili e le amministrative passeranno all'ente locale: adozione, affidamento al Servizio sociale e inserimento negli istituti rieducativi nei casi di irregolarit di condotta e di carattere dei minori. 61 BURACCHIO T., 2001, op. cit., p. 152.
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Nella Costituzione repubblicana vengono affermati numerosi diritti sul piano socio assistenziale. Si pensa ad un sistema caratterizzato dallobbligatoriet degli interventi in cui al cittadino in condizione di necessit viene riconosciuto il diritto allassistenza sociale. Il diritto insito nel riconoscimento della dignit della persona e della sua realizzazione e non pi legato allappartenenza a una categoria specifica. Questa nuova concezione espressa negli articoli 2 e 3 della Costituzione, con i quali viene esaltato il ruolo del cittadino nella collettivit organizzata e viene sancito il fondamentale principio di uguaglianza. Alla rimozione degli ostacoli alluguaglianza sono poi dedicati numerosi altri articoli della Costituzione (4, 24, 30, 31, 32, 34, 35, 36, 37, e 38), mentre larticolo 53 si occupa del reperimento delle risorse finanziarie per la realizzazione dello stato sociale62. Purtroppo il limite alla realizzazione dato dalle limitazioni imposte dalla politica di spesa. Larticolo 38 sostanziale: Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e allassistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano provveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidit e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto alleducazione ed allavviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. Lassistenza privata libera. Negli anni compresi tra il 1945 e il 1950, il sistema mutualistico-previdenziale rimase la struttura portante dell'intero assetto organizzativo della protezione sociale, mentre l'assistenza pubblica, limitata solo a condizioni di povert ed emarginazione, mantenne un carattere di residualit63. In questo impianto, lo Stato si appoggiava ai servizi e alle reti di solidariet esistenti cercando di integrare le carenze, ma al di l dei sussidi in denaro erogati dagli ECA, le uniche prestazioni assistenziali erano quelle degli istituti, degli ospizi, dei manicomi, delle case di rieducazione, degli ospedali. Nel 1947 si nomin una commissione per la riforma della previdenza sociale che voleva passare a un modello universalistico, volto a garantire tutti i cittadini, a prescindere dal versamento dei contributi previdenziali. Tuttavia, le proposte della Commissione non riuscirono a concretizzarsi e fino alla fine degli anni 60 continu a prevalere un sistema di assistenza categoriale e particolaristico. Un salto di qualit si ebbe con lintroduzione del concetto di servizi aperti a tutti i cittadini di cui lo Stato assunse la gestione. 5. Gli Anni 70 e 80: Trasformazioni istituzionali e riorganizzazione dei servizi Con gli anni '70 inizia un processo di: riaggregazione delle competenze assistenziali nell'ambito degli enti territoriali; soppressione di molti enti sorti durante il ventennio fascista; decentramento politico e amministrativo con conseguente trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni. La frantumazione di compiti tra molti enti diversi rendeva impossibile una programmazione organica e coordinata, ma soprattutto ben rapportata alle esigenze di ciascun territorio. In campo sanitario lassistenza era erogata sostanzialmente ai lavoratori, attraverso diversi istituti mutualistici. Listituzione delle Regioni a statuto ordinario, nel 1970, segna l'avvio di una graduale e profonda trasformazione istituzionale e organizzativa. Le riforme pi significative saranno in campo sanitario ed in misura minore in quello assistenziale. E soprattutto il D.P.R. n.616 del 1977 a portare sostanziali innovazioni in materia assistenziale. Larticolo 22 fornisce una nuova e moderna definizione della beneficenza pubblica: tutte le attivit che attengono, nel quadro della sicurezza sociale, alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti o a pagamento, o di prestazioni economiche, sia in denaro che in natura, a favore di singoli, o di gruppi, qualunque sia il titolo in base al quale sono individuati i destinatari, anche quando si tratti di forme di assistenza a categorie determinate. Il successivo articolo 25 stabilisce, al comma 1, lesclusiva competenza comunale in ordine allorganizzazione ed allerogazione dei servizi di assistenza e beneficenza. Gli Enti Locali vengono riconosciuti titolari della politica dei servizi entro le linee di orientamento generale attribuite dallo Stato e gli indirizzi di pianificazione e coordinamento riconosciuti dalle Regioni. Queste ultime costituiscono un organico punto di riferimento programmatorio e di coordinamento che permette di superare la frammentazione del sistema assistenziale costituito da una miriade di enti nazionali e locali.
SICONOLFI P., Lassistenza tra Stato e Regioni, Maggioli, Rimini, 1989, p.29 e s. COLOZZI I., L'evoluzione del sistema italiano di welfare state. Problemi e alternative, a cura di Rossi G. e Donati P.P., Franco Angeli, Milano 1982.
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Si prevede la soppressione degli enti che sino ad allora avevano svolto analoghe funzioni, ossia gli Enti comunali di assistenza (ECA) e le IPAB; la soppressione di queste ultime sar bloccata dallintervento della Corte costituzionale. Laver voluto porre al centro del sistema di servizi i Comuni risponde a diverse esigenze: creare una relazione diretta tra i servizi di base e il territorio di appartenenza; dare la possibilit di governare in modo organico e integrato tutti i fattori coinvolti nelle politiche sociali, quindi anche settori come istruzione, casa, trasporti, assetto del territorio; creare, a livello politico, un meccanismo diretto di rinnovo e controllo da parte della cittadinanza sui propri organi di governo. Un limite allaffidamento del sistema di servizi ai Comuni sta per nellelevato numero di Comuni di piccole dimensioni che caratterizza la situazione italiana. Stante limpossibilit e linutilit di attivare tutti i servizi in tutti i Comuni ne consegue la necessit di realizzare aggregazioni di dimensione adeguata a livello territoriale; la costituzione di queste ultime per quanto stimolata anche da successive normative, fatica a tuttoggi a realizzarsi a causa delle rigidit campanilistiche che caratterizzano molti contesti italiani e del naturale bisogno di consenso politico e di presidio integrale sulle proprie risorse da parte degli organi di governo degli Enti Locali. A questo proposito la Legge 616/77, allarticolo 25, prevede che le Regioni determinino gli ambiti territoriali adeguati alla gestione dei servizi sociali e sanitari, promuovendo forme associative dei Comuni. Anche sul piano sanitario diventa necessario superare la frammentariet dellintervento per categorie, e creare unintegrazione tra i servizi sanitari e quelli socio assistenziali per affrontare problemi che richiedono interventi congiunti (soprattutto per le aree dellhandicap e degli anziani). La riforma sanitaria, Legge 833 del 1978, estende a tutti i cittadini laccesso al Servizio Sanitario Nazionale, lo rende gratuito64 (finanziamento con il Fondo Sanitario Nazionale attraverso il prelievo fiscale) e introduce la territorializzazione dei servizi con le Unit Sanitarie Locali (USL), con titolariet delle competenze sanitarie in capo ai Comuni. Si introduce il Fondo Sanitario Nazionale e la ripartizione dei compiti programmatori tra Stato, Regione e USL. Il personale dipendente dalle USL fa riferimento a un unico contratto nazionale di lavoro. Le Regioni possono promuovere un governo unitario dei servizi sanitari e socio-assistenziali scegliendo di attribuire alle USL anche lesercizio delle funzioni socio-assistenziali dei singoli Comuni. Gli anni 80 sono caratterizzati dallassunzione di ruolo da parte delle Regioni nella riorganizzazione e programmazione del sistema dei servizi socio assistenziali. In particolare alcune leggi regionali65 sviluppano lofferta di servizi cercando al contempo di perseguire lomogeneizzazione delle prestazioni. Si Disegna un sistema organico di offerta di servizi alla persona, puntando alla creazione di una rete capillare ricca e articolata e allo sviluppo delle prestazioni domiciliari. Vengono definiti i soggetti che concorrono alla realizzazione del sistema, i destinatari degli interventi, i diritti degli utenti, le condizioni ed i requisiti per laccesso alle prestazioni, le tipologie di servizi. Vengono inoltre stabiliti i criteri per ottenere l'autorizzazione al funzionamento e l'idoneit al convenzionamento (standard strutturali e gestionali) dei servizi, nonch i tempi e le modalit per l'adeguamento da parte di quei servizi gi operativi, ma non in regola. Sono inoltre sviluppate le politiche formative regionali e attivati meccanismi di verifica per il raggiungimento degli obiettivi. 6. Gli anni 90: la crisi del welfare Gli anni 90 sono connotati sul piano sociale dallaumento della popolazione anziana non autosufficiente, dal diffondersi di nuove forme di emarginazione e povert, dalla multiproblematicit nei nuclei familiari, dallaumento delle forme di disagio, e dallaumento dellimmigrazione extracomunitaria. Emergono quindi nuovi bisogni, che portano a una complessiva revisione dellorganizzazione del welfare innescata s da necessit di riequilibrio economico, ma anche da processi di trasformazione della domanda. Culturalmente sembra aver prevalso un approccio condiviso di razionalizzazione economica nel quale hanno assunto diritto di cittadinanza forme articolate di privatizzazione, riduzione dell'impegno pubblico, revisione degli entitlement e nuova enfasi sul carattere limitato delle risorse disponibili e sul conseguente processo di responsabilizzazione individuale66

Successivamente verranno introdotti i ticket. Vedi, ad esempio, la Legge Regionale n.1/1986 della Regione Lombardia. 66 CENSIS, 34 Rapporto sulla situazione sociale del paese, Franco Angeli, Roma, 1999, p.242.
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Inoltre vengono introdotti strumenti di selezione nelle modalit di accesso alle prestazioni di welfare ed a quelle sanitarie, come l'Indicatore di situazione economica (Ise) e l'Ise sanitario, comunemente detti riccometro e sanitometro. Per quanto riguarda il settore amministrativo le leggi degli anni 90 hanno dato forte impulso al processo di decentramento, rispondendo alla domanda di autonomia delle istituzioni e hanno introdotto concetti di trasparenza e responsabilizzazione nella gestione. La Legge 142/1990, sullordinamento delle autonomie locali, allarticolo 2, stabilisce che: lEnte Locale ha il compito di interpretare le esigenze della popolazione e di programmare gli interventi ed i servizi pi opportuni, ed interesse degli enti locali sostenere la crescita e lazione delle formazioni sociali che possono autonomamente dare risposta ai bisogni sociali della comunit locale. Allarticolo 9 specifica che ai Comuni spetta la titolarit delle funzioni amministrative in materia di servizi socio-assistenziali e allarticolo 25 propone forme associative tra comuni (consorzi) e/o province e prevede inoltre, allarticolo 27 luso dello strumento dellAccordo di programma. Aumentano le possibilit di innovazione nella gestione dei servizi da parte degli Enti Locali: questa pu, ad esempio, essere attuata in forma diretta, in concessione a terzi, a mezzo di aziende speciali, ecc., e si diffonde una cultura pi attenta agli aspetti manageriali. La Legge 241/90, sulla trasparenza amministrativa introduce forme di tutela del cittadino e dei suoi diritti di conoscenza nei confronti della Pubblica Amministrazione: la legge facilita laccesso ai servizi e alle informazioni, prevede la separazione della gestione politica da quella amministrativa, introduce principi di responsabilizzazione e valutazione allinterno delle amministrazioni locali e statali (efficacia-efficienza, costi-benefici, ecc.). Le successive integrazioni normative in materia amministrativa sviluppano sempre pi una attenzione alla cultura della qualit dei servizi e della centralit dellutenza. Sul piano sanitario, viene introdotta (con successive revisioni/integrazioni della Legge di Riforma) lapertura ai privati e la sollecitazione di una competitivit tra pubblico e privato. Le USL sono trasformate in aziende (ASL), a loro volta suddivise in Aziende Ospedaliere e servizi territoriali, con personalit giuridica pubblica, autonomia, responsabilit organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica e vengono di fatto svincolate dal rapporto coi Comuni. Si introducono criteri di efficacia e efficienza, qualit del servizio e si valutano sistemi e criteri di accreditamento e finanziamento. Inoltre viene prevista per le aziende sanitarie, la possibilit di gestione di attivit e servizi socio-assistenziali su delega degli Enti Locali con oneri a carico degli stessi. Oltre alle innovazioni normative nellambito amministrativo e sanitario, gli anni 90 sono caratterizzati anche da un particolare interesse attribuito alle politiche per la famiglia. Viene riconosciuta la funzione sociale strategica della famiglia e conseguentemente vengono previste nuove forme di supporto, soprattutto per le famiglie pi disagiate. Prima di continuare il nostro excursus storico con la presentazione della Legge Quadro di riforma dellassistenza, Legge 328/2000, ci pare interessante e importante condividere lanalisi proposta nel 33 Rapporto del Censis riguardo alla situazione e ai rischi del sistema di protezione sociale ante 328. Il quadro che si delinea quello di un sistema di protezione sociale complesso, in cui vecchio e nuovo convivono nonostante le trasformazioni in corso, e che chiamato a far fronte a forme inedite e originali di disagio ed esclusione sociale che richiedono una capacit supplementare di immaginare strumenti di tutela adeguata. La crescente diffusione delle malattie cronico-invalidanti, ad esempio, viene oggi affrontata prevalentemente dalle famiglie che internalizzano i costi diretti e indiretti dell'assistenza sociosanitaria. Lo sviluppo del lavoro atipico riduce la capacit dei soggetti di costruire una posizione contributiva solida, indebolendoli di fronte ai rischi della vecchiaia o dell'invalidit. I fenomeni migratori sfidano i meccanismi di inclusione legati alla cittadinanza, alimentando forme inedite e cumulative di esclusione sociale in cui le stesse soluzioni legislative attuali possono avere effetti controintenzionali. I giovani di oggi si trovano spiazzati rispetto ad un sistema di ridistribuzione diacronico delle risorse, in quanto sicuramente non potranno godere, in termini di protezione sociale, dei medesimi benefici che oggi loro finanziano alle generazioni precedenti. Alla luce della complessit dei fenomeni sociali implicati dalla gestione delle politiche di welfare appare evidente l'inadeguatezza di scorciatoie o soluzioni semplificate. N il ritorno ad una logica piramidale vecchio stile, n una fuga in avanti troppo piegata sulla spinta individualizzante del corpo sociale possono dare vita, oggi, ad un modello adeguato di protezione sociale (). In tale contesto, diviene fondamentale il passaggio da un welfare riparatore delle povert e/o semplice garante dai grandi rischi ad uno che sia di promozione delle opportunit. Vale a dire un nuovo modello di politiche sociali che: 21

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investa nelle capacit individuali consentendo ad ogni individuo (anche accrescendo la dotazione personale di risorse) di partecipare al gioco della competizione rispettandone le regole; crei comunque una rete di protezione rispetto al rischio che l'uscita, sia pure temporanea dal mercato del lavoro, possa condurre al circolo vizioso ed autoalimentantesi dell'esclusione e della marginalizzazione; eviti il rischio, sempre incombente in un modello innovato in cui diventa centrale il principio della partecipazione attiva al sistema economico e sociale, che i soggetti deboli tradizionali (disabili, anziani ecc..) diventino oggetto di forme di tutela residuale (ad esempio, diventando un problema totalmente internalizzato della famiglia oppure ambito di intervento esclusivo del volontariato). Sotto questo profilo essenziale proporre modelli di assistenza che non siano ghettizzanti o stigmatizzanti per i soggetti che non possono partecipare per ragioni oggettive alla competizione; affermi, in relazione al modello di intervento, il principio della prossimit, attribuendo alle autonomie locali un ruolo di primo piano e garantendo il coinvolgimento della pluralit di soggetti pubblici e privati, profit e no profit - che operano su un dato territorio nel campo del sociale. La dimensione micro, infatti, costituisce una garanzia di maggiore aderenza delle strutture di offerta alle esigenze diversificate della domanda, permette la sperimentazione di modelli condivisi di decisione, programmazione e controllo, sicuramente pi affine a qualunque processo di responsabilizzazione individuale o di gruppo; riesca, comunque, a predisporre tutti i necessari correttivi ai problemi della territorializzazione imperfetta, cio a quelle situazioni in cui, come si rileva in modo particolarmente evidente nel caso dell'assistenza, si registrano livelli di risposta fortemente differenziati tra regione e regione e addirittura tra i diversi comuni a parit di bisogni e di caratteristiche dell'utenza; infine, si ponga il problema della possibile ambiguit ricreata da alcuni interventi del welfare innovato che apparentemente riconoscono e includono le trasformazioni del mercato del lavoro e delle strutture familiari, ma finiscono, di fatto, per affermare indirettamente un modello tradizionale di funzionamento della famiglia come rete di solidariet che garantisce, soprattutto grazie all'impegno delle donne, la tutela dei membri deboli ed il sostegno in ogni situazione di difficolt.67

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CENSIS, op. cit., p.246-248.

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TITOLO III I SISTEMI PREVIDENZIALI IN ITALIA ED IN EUROPA

1. Nascita del sistema previdenziale Alla fine del XIX secolo, i parlamentari dei paesi europei si resero conto del fatto che solo attraverso lo strumento legislativo si poteva offrire alle persone anziane un minimo di protezione per evitare che venissero a trovarsi in situazioni di dipendenza al momento dellentrata in quiescenza. Nella maggior parte dei paesi industrializzati si possono peraltro distinguere tre fasi di evoluzione della politica previdenziale. Una prima fase consiste nella carit privata e nellintervento dei pubblici poteri a favore dei poveri costretti a vivere in condizioni spesso dure e perfino umilianti. Si ha quindi la fase dellassicurazione sociale: oltre alle societ di mutuo soccorso e ai regimi di pensione per i lavoratori del settore pubblico e di certi impieghi privati, vengono istituiti dei regimi obbligatori pi estesi alle categorie professionali. Nella terza fase la politica previdenziale fa propri i principi di universalit e cerca di elargire condizioni favorevoli ai propri iscritti. Queste tre fasi non sono nettamente separate ed in taluni Paesi possono trovarsi contemporaneamente presenti. A quanto gi esposto va aggiunta la considerazione che, anche se pu sembrare paradossale, le prime iniziative di previdenza ed assistenza dei lavoratori, vennero poste in essere da Stati fortemente autarchici. Questo intervento si spiega col fatto che uno Stato autoritario dispone di una componente fortemente paternalistica, volta a richiedere la legittimazione del potere, e di una pretesa di tipo utilitaristico consistente nel pi completo utilizzo e sfruttamento del capitale umano. Non ci dovr quindi meravigliare se gli Stati pi liberali interverranno nella materia pensionistica con un certo ritardo e solo dietro la spinta della classe lavoratrice e delle unioni sindacali. Emblematici atteggiamenti degli Stati ad impostazione liberista saranno quelli consistenti nellinterferire il meno possibile in materia pensionistica con istituti di diritto pubblico, lasciando notevole spazio alle iniziative autonome. Queste condizioni determinate dallevoluzione storica dei vari Paesi fanno ancora oggi trapelare la genesi di certi istituti previdenziali. Da parte loro alcuni imprenditori gi accordavano un aiuto ai salariati che avevano molti figli a carico. In seguito verr versata una pensione ai dipendenti che risulteranno inabili al lavoro. A questi vantaggi si sono man mano aggiunti altri tipi di prestazioni volontarie, considerati come un modo di adempiere ad un obbligo morale verso i lavoratori che andavano in pensione dopo molti anni di servizio, e come elemento che invitasse le giovani leve ed i lavoratori abili a restare nellimpresa. La discriminante che ha sempre distinto in tutti i Paesi le prestazioni offerte dagli imprenditori da quelle offerte dal sistema delle pensioni pubbliche stato il carattere delladesione volontaria. Sullaltro fronte il sistema previdenziale pubblico sulla scia delle iniziative bismarkiane e del mutato indirizzo politico dei partiti della sinistra comincia a svilupparsi in Europa con un successo notevole nel trentennio 1883-1914. Alle iniziative tedesche per linvalidit e la vecchiaia e per la pensione ai superstiti faranno seguito quelle della Danimarca e, a decorrere dal 1907, la loro diffusione raggiunger quasi tutti i Paesi europei, tra cui Norvegia, Gran Bretagna, Irlanda, Ungheria, Olanda e Svezia. opportuno precisare che i benefici delle leggi del Cancelliere Bismarck si applicavano soltanto ai lavoratori dellindustria e ai dipendenti pubblici. Il finanziamento della Cassa previdenziale avveniva tramite contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro con un meccanismo assicurativomutualistico, per cui ciascuno pagava un contributo di eguale importo. La retribuzione ai partecipanti avveniva in modo da tutelare quelli che non disponevano di mezzi sufficienti. Questo atteggiamento del legislatore, da una parte fugava linsorgere di tensioni sociali, dallaltra costituiva il riconoscimento un po tardivo della necessit di tutelare il futuro dei lavoratori. La previdenza pubblica si caratterizzava per il fatto di cercare di assicurare una protezione minima ai lavoratori pensionati, mentre i sistemi delle imprese tendevano a ricompensare il lavoro svolto dai dipendenti al loro servizio in funzione dellanzianit e del livello di retribuzione. Nel periodo successivo alla Prima Guerra Mondiale, lo Stato dimostra un rinnovato interesse nei riguardi della politica previdenziale obbligatoria. In questa fase, in quasi tutti i Paesi, si impone la dottrina secondo la quale deve essere lo Stato ad intervenire in materia economica. In seguito a ci si pu rilevare che la copertura universale offerta dai programmi pubblici e nazionali garantisce ai lavoratori il trasferimento dei diritti acquisiti per contribuzione gi avvenuta nel caso di cambio di posto di lavoro. I guadagni percepiti da ciascun lavoratore nei diversi impieghi da lui occupati vengono automaticamente raggruppati e ne viene tenuto conto allatto della liquidazione delle prestazioni pensionistiche. I regimi pensionistici pubblici di quel periodo offrono un ulteriore vantaggio consistente nel fatto che il finanziamento a carico dellintera economia e non di una sola impresa o di un solo settore industriale. 23

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inoltre da rilevare che i regimi di assicurazione obbligatoria sono stati spesso preceduti da regimi collettivi di pensione, presenti sotto forma di societ di mutuo soccorso, o di regimi di impresa, oppure di casse padronali di pensione, costituite ad iniziativa di certi imprenditori preoccupati principalmente di mantenere fedele il proprio personale. Il regime privato di pensione a livello di impresa sorge nel 1875 negli Stati Uniti; il fenomeno sar presente anche in Europa. Di conseguenza, i regimi legali, sviluppatisi man mano nei Paesi industrializzati, sono stati spesso il frutto della istituzionalizzazione e della stabilizzazione dei regimi privati preesistenti. Pertanto il provvedimento Bismarck considerato tradizionalmente uno dei fondatori dellassicurazione sociale obbligatoria posta in essere dallo Stato non ha fatto altro che realizzare una felice sintesi tra mutualismo privato (cassa pensioni) e tecnica di assicurazione privata (assicurazione vita). Grazie a questi due ingredienti ha preso corpo la politica dellassicurazione pensionistica obbligatoria sviluppatasi a cavallo del secolo nei Paesi europei ed in alcuni Stati extracontinentali. In definitiva lavvio, oltre che lestensione dei regimi obbligatori, ha frenato lo sviluppo delle iniziative contrattuali e private nellambito della pensione, pur senza interromperlo. Questo valga soprattutto per le categorie professionali beneficiarie di salari elevati e pertanto escluse, in molti Paesi, dal regime obbligatorio. La carenza di protezione del regime obbligatorio si evidenzia per il fatto che essendo il plafond di versamento e quello di prestazione relativamente bassi risultano penalizzate le retribuzioni pi elevate per le quali lerogazione della pensione non corrisponder agli introiti della propria attivit lavorativa. Daltra parte, in alcune realt, come quella della Gran Bretagna e dei Paesi nordici, i regimi di base garantiscono in una prima fase prestazioni a tasso uniforme di importo modesto. Altrove, come in Francia, la percentuale di pensione, essendo dipendente dal reddito assicurato, rimasta per molto tempo piuttosto debole. La logica che stava alla base dei regimi obbligatori di quasi tutti i Paesi allinizio del secolo era di fatto impostata sul principio gi menzionato, che concepiva lintervento pensionistico come mezzo per combattere la povert. Questo spiega il motivo per cui le prime prestazione dei regimi obbligatori saranno uniformi. Il periodo tra le due guerre mondiali malgrado i limiti insiti nei sistemi obbligatori di quasi tutti i Paesi vede lo Stato intervenire nelle varie realt previdenziali nazionali. Prende corpo la prospettiva di un finanziamento pensionistico tripartito, vale a dire a carico degli imprenditori, dei dipendenti e dello Stato. Gli studi fatti in materia di contribuzione tripartita evidenziano tuttavia che risulterebbe difficile determinare le proporzioni affinch le contribuzioni avvengano con criteri razionali. In definitiva il principio non viene universalmente accettato. Il sopraggiungere della crisi economica degli anni 30, accentuando latteggiamento interventista dello Stato, lo rende promotore di operazioni di politica monetaria e fiscale volte a generare e permettere fenomeni di redistribuzione dei redditi. Nella realt statunitense, con limporsi delle teorie del New Deal, maturano sempre pi i presupposti che condurranno alla firma del Social Security Act da parte del presidente Roosvelt in data 14 agosto 1935. Questa legge, introducendo un sistema pensionistico obbligatorio, copriva dal punto di vista previdenziale la quasi totalit dei lavoratori degli Stati Uniti. Sul piano dellassistenza va invece sviluppandosi sin dagli inizi del XX secolo, partendo dal Regno Unito, il cosiddetto Non-contributory benefit scheme fondato sul principio che lassistenza nei riguardi dei bisognosi non contribuenti debba essere a carico dello Stato o delle comunit locali. In Francia, intanto, dietro la spinta di forti lotte sociali, il 23 luglio 1920 il Governo costituisce una commissione interparlamentare incaricata di studiare un progetto di previdenza sociale. Ne segue il progetto di legge del 22 marzo 1921. Tuttavia le lungaggini della Camera dei Deputati e le discussioni del Senato faranno s che si arrivi al 30 aprile 1930 per avere una legge completa in materia. Sono obbligatoriamente affiliati alla Assurance sociale i salariati dellindustria e del commercio. Questo regime rester in vigore fino al 1945 e prevede versamenti paritari (50%) da parte dei datori di lavoro e dei dipendenti. In Germania, pressato dalla diffusione della Betriebliche Altersversorgung (la previdenza integrativa aziendale), il sistema previdenziale pubblico, nellarco di tempo che va dal 1923 al 1934, subisce una serie di riforme volte al miglioramento ed al riordino dellIstituto. A tal proposito nel 1923 viene tutelata con legge dello Stato la categoria dei minatori, quindi levoluzione del sistema negli anni successivi tende a realizzare una copertura assicurativa a categorie sociali sempre pi numerose. Il sistema pensionistico pubblico tedesco viene organizzato in funzione dellappartenenza dei prestatori dopera alle diverse categorie. Si hanno pertanto la Bundesversicherungsanstalt der Angestellten, la Landesversicherung sanstalt der Lohnempfnger ed i Solderanstalten. pertanto in funzione di questi regimi di base che il trattamento pensionistico si articola a favore dei vari soggetti. Un vero e proprio intervento dello Stato in materia pensionistica pubblica si avr in Germania nel 1934 con il riordinamento dellassicurazione vecchiaia ed invalidit. Malgrado la legge del 1934, tuttavia, il rialzo costante dei prezzi ed il sviluppo del reddito degli attivi sincrono con il progresso economico, nonch il livello di vita della maggior parte dei pensionati 24

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tendente a diminuire considerevolmente rispetto a quello degli attivi, hanno fatto emergere grandi lacune nel sistema previdenziale. Nel 1957 si opera, quindi, una riforma che introduce lindicizzazione delle pensioni, assicurando ai beneficiari un adeguamento sistematico in funzione dellaumento generale del reddito calcolato in parte sullo sviluppo economico, in parte sul tasso di inflazione. Pertanto, con la riforma del 1957, le pensioni del regime generale tedesco sono adeguate ogni anno per via legale. Questo aggiustamento sistematico delle pensioni ha impedito che le lacune della pensione pubblica assumessero unampiezza smisurata. Le ben note difficolt finanziarie dei regimi di sicurezza sociale europei non avendo risparmiato neanche la Germania Federale sono state la causa di un necessario abbassamento del tasso di interesse di adeguamento per via legale. In tutte le ipotesi bisogna ricordare che il regime generale tedesco federale, in previsione di eventuali sbilanci finanziari, ha costituito una Schwankungsreserve (riserva di fluttuazione), frutto della cooperazione tra Angestelltenversicherung e Lohnempfngerversicherung, vale a dire tra listituto di assicurazione degli impiegati e quello degli operai. In generale, in altri paesi dEuropa era andata imponendosi dal 1925 la tesi in base alla quale dovessero sussistere in tutti i sistemi pensionistici pubblici tre fonti di finanziamento, e precisamente: quella imprenditoriale, quella dei lavoratori e quella pubblica. Un fatto che determina un nuovo dispositivo consiste nel Beveridge Report del 1942. Il promotore di questa nuova legislazione appunto Lord William Beveridge, Presidente della Commissione interministeriale per le assicurazioni sociali in un rapporto redatto nel 1941, parte da unanalisi critica del sistema inglese conseguente al National Insurance Act del 1911. Sir Beveridge trae la conclusione che non ha significato tentare di migliorare o di riformare la legge esistente; pertanto propone di instaurare unassicurazione nazionale totalmente nuova, fondata sui seguenti principi: - lintera popolazione, attiva e non, deve essere coperta; - si deve coprire linsieme dei rischi, ivi compresa la disoccupazione; - le prestazioni devono essere uniformi; - la gestione deve essere unica per tutti i rischi; - a prestazioni uniformi devono corrispondere contributi uniformi; - questa assicurazione nazionale parte di un sistema pi vasto. Le vicende degli anni successivi alla riforma Beveridge dimostreranno che il piano previsto da Lord William ha mancato lobiettivo nei Paesi ai quali era destinato, dato che non si riuscito a mantenere lequilibrio finanziario tra i due termini della fragile equazione: contributi-benefici. Malgrado ci, il Regno Unito spende per la sicurezza sociale una cifra doppia a quella destinata alla difesa. Lo squilibrio sempre pi grave del regime generale inglese ha maturato i presupposti che stanno alla base del provvedimento del 1959, definito State Graduated Pension Scheme, che sarebbe un primo passo verso labbandono delluniformit di trattamento, risultata, malgrado tutto, deficitaria. I sintomi della debolezza risultano pi evidenti con la promulgazione nel 1975 del Social Security Pension Act da parte del parlamento britannico. Un paragone con la Germania risulta quanto mai utile al fine di comprendere il principio che sta alla base dellistituto assicurativo di diritto pubblico in due Paesi precursori della previdenza sociale. Contrariamente al sistema di protezione sociale nel quale gli assicurati sono beneficiari passivi di prestazioni dello Stato finanziate prevalentemente tramite imposte, Bismarck ha voluto mettere in piedi un sistema fondato sullautogestione. Paragonando il Sistema Beveridge (protezione universale) al Sistema Bismarck (sistema di assicurazione) si deduce che lattuale sistema assicurazione vecchiaia-superstiti della Germania in sintesi riproduttore del sistema Bismarck. 2. Il sistema previdenziale in Italia In Italia il primo intervento legislativo in materia di previdenza sociale si ha con la legge n. 80 del 17 marzo 1898 contro gli infortuni sul lavoro nellindustria. Quindi con la legge n. 350 del 17 luglio 1898 si costituiva la Cassa nazionale di previdenza per linvalidit e la vecchiaia degli operai, poi divenuta Istituto Nazionale Di Previdenza Sociale. Di fatto detta legge istituiva un assicurazione facoltativa per linvalidit e la vecchiaia, che prevedeva un contributo da parte dello Stato. Soltanto nel 1919, in considerazione degli scarsi risultati ottenuti dal regime facoltativo, veniva istituita con decreto legge n. 603 del 21 aprile 1919 lassicurazione generale obbligatoria per linvalidit e la vecchiaia. Contemporaneamente, in concomitanza di una grave crisi occupazionale di quel periodo, nasceva lassicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, mentre nel 1927 si dava vira allassicurazione obbligatoria contro la tubercolosi. Intanto le prestazioni regolate con legge del 1919 con il passare degli anni risultavano sempre meno adeguate alle sopravvenute necessit del Paese; malgrado ci soltanto dopo 20 anni, con il decreto legge n. 636 del 14 aprile 1939, si dava vita ad una riforma che prevedeva listituzione della pensione di reversibilit a favore delle vedove e degli 25

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orfani degli assicurati, la riduzione dei limiti di et sia per lobbligo assicurativo che per il diritto alla pensione da 65 a 60 anni per gli uomini e da 60 a 55 anni per le donne, nonch listituzione dellassicurazione obbligatoria per la nuzialit e la natalit, laumento dei contributi e dellimporto delle prestazioni con modifica del sistema di calcolo delle pensioni. Nel periodo seguente la Seconda Guerra Mondiale il rapporto tra prestazioni previdenziali e costo della vita, a causa degli squilibri economici e finanziari prodotti dallevento bellico, divenne sempre pi sfavorevole. Il problema fondamentale consisteva nel fatto che linflazione aveva ridimensionato il valore accumulato tramite il meccanismo della capitalizzazione, consistente in originarie riserve di liquidit di cui disponevano gli istituti pensionistici. Laspetto del fenomeno era divenuto di una tale gravit da rendere inadeguate ai bisogni pi elementari di sussistenza le prestazioni che lente era in grado di erogare. A nulla valsero i provvedimenti di emergenza degli anni 40 di fronte al dilagante depauperamento del potere di acquisto della moneta. Nel 1952, con la legge n. 218, tramite la fissazione dei minimi di pensione ed il ripristino di una certa proporzionalit tra prestazione e contribuzione, si cerca di determinare un certo assetto nella materia. Detta legge costituisce, inoltre, un primo passo nei riguardi di quella che sar poi la scelta necessaria di tutti gli Stati nellimmediato periodo postbellico, consistente nellintegrazione con il sistema tecnico-finanziario della ripartizione, posto a carico del Fondo per ladeguamento delle pensioni. In definitiva la pensione rester fino al 1969 costituita da due quote: una quota base a cura dellassicurazione invalidit, vecchiaia e superstiti, fondata sulloriginario sistema a capitalizzazione, ed una quota integrativa a carico del Fondo per ladeguamento delle pensioni, retto appunto dal sistema a ripartizione. Risulta a questo punto necessario chiarire le differenze che intercorrono tra i due sistemi tecnico-finanziari della previdenza: la capitalizzazione e la ripartizione. Nel sistema a capitalizzazione lammontare delle prestazioni dipende esclusivamente da quello dei contributi versati, i quali vengono accantonati allo scopo di costituire i capitali necessari a permettere lerogazione delle prestazioni a decorrere da una data futura. Il trasferimento di ricchezza non si realizza immediatamente, ma necessita di un certo periodo di tempo per laccumulazione delle quote necessarie. Di contro il sistema a ripartizione, eliminando il rapporto individuale della contribuzione, si fonda su un rapporto collettivo e su una redistribuzione di tipo solidaristico tra i vari soggetti nellambito di un patto generazionale. In definitiva, non necessitando il sistema a ripartizione di unaccumulazione di capitale, i contributi raccolti presso gli assicurati in un determinato anno finanziario durante il medesimo esercizio, pagano le prestazioni pensionistiche alla popolazione in quiescenza. Si tratta di un puro trasferimento di risorse da una categoria di cittadini (lavoratori) ad unaltra (pensionati). Questo meccanismo non genera pertanto alcun accantonamento di riserva, ma soltanto un saldo di gestione, positivo o negativo nel caso in cui i prelievi contributivi eccedano o meno le prestazioni pensionistiche. Negli anni successivi alla legge n. 218/1952, vengono operati cambiamenti nellintervento assistenziale con lentrata in vigore delle seguenti leggi: legge n. 1407/1957, per lestensione dellassicurazione per invalidit e vecchiaia ai coltivatori diretti, mezzadri e coloni; legge n. 463/1959 per lestensione dellassicurazione obbligatoria per linvalidit, la vecchiaia ed i superstiti agli artigiani e ai loro familiari; legge n. 613/1966 sullestensione dellassicurazione obbligatoria agli esercenti attivit commerciali e sul coordinamento degli ordinamenti pensionistici per i lavoratori autonomi. Queste tre leggi troveranno una ben precisa collocazione sotto forma di Gestioni Speciali dellIstituto Nazionale di Previdenza Sociale. Il 12 marzo 1968, con legge n. 238, viene introdotto il principio della proporzionalit della pensione allanzianit contributiva e alla retribuzione raggiunta allentrata in quiescenza (sistema retributivo): le pensioni saranno commisurate non solo ai contributi corrisposti, ma soprattutto al numero di anni di contribuzione ed alla media degli ultimi tre anni pi favorevoli dellultimo decennio di retribuzione. Particolare riguardo merita la legge 30 aprile 1969, n. 153, concernente: revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale. Allart. 1 della stessa legge si legge: A decorrere dal 1 gennaio 1976 lo Stato assume a suo completo carico lonere della pensione sociale di cui allart. 1 della legge n. 903/1965, e di quella istituita con lart. 26 della presente legge. Lart. 26 a sua volta recita: Pensioni ai cittadini ultrasessantacinquenni sprovvisti di reddito, Ai cittadini italiani residenti nel territorio nazionale, che abbiano compiuto let di 65 anni, che non risultino iscritti nei ruoli dellimposta di ricchezza mobile... Va inoltre preso in considerazione che la stessa legge, allart. 29, provvedendo alla fusione dellassicurazione generale obbligatoria per linvalidit, la vecchiaia ed i superstiti con il Fondo per ladeguamento delle pensioni, il quale a sua volta assume la denominazione di Fondo pensione dei lavoratori dipendenti, elimina definitivamente dal sistema pensionistico pubblico italiano il criterio 26

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tecnico-finanziario della capitalizzazione. Lonere contributivo, per quanto riguarda la pensione sociale, a decorrere dal 1 gennaio 1976 sar quindi a carico dello Stato. Nel medesimo testo di legge viene introdotta lelevazione della pensione massima percepibile nell80% dellultimo salario, la perequazione annuale automatica sulla base della variazione media dellindice del costo della vita per la determinazione della scala mobile. Purtroppo nel momento in cui la favorevole congiuntura economica autorizzava il legislatore ad emanare le suddette leggi, che avrebbero comportato ulteriori oneri a carico dellente pubblico negli anni successivi, linflazione della prima met degli anni 70 sconvolge i piani previdenziali, pur rendendo necessari ulteriori interventi a carico dellINPS. La necessit di elevare il trattamento pensionistico minimo render inevitabile lentrata in vigore della legge n. 160/1975, che opera un aggancio delle pensioni del FPLD alla dinamica salariale. Ladeguamento del limite minimo pensionistico con il crescere dellinflazione si render sempre pi frequente per raggiungere punte trimestrali. Questo stato di cose, richiedendo al regime pubblico e allo Stato livelli sempre pi onerosi di copertura della previdenza sociale, non ha fatto altro che accelerare la discussione relativa alla differenziazione tra spesa previdenziale e spesa assistenziale. Per una serie di circostanze di non facile individuazione, in sostanza, lIstituto della Previdenza Sociale andato sempre pi assumendo il ruolo di valvola di compensazione di squilibri bellici e postbellici, di carenze istituzionali, di recessioni economiche, ecc., rese quanto pi drammatiche dallesistenza nel nostro Paese di un unico Istituto di Previdenza Pubblica. Visto sotto laspetto istituzionale, il problema chiama in causa lart. 38 della Costituzione, che al 1 comma recita: Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e allassistenza sociale, pi che sufficiente per giustificare lintervento del legislatore relativamente alla pensione sociale (legge 153). Di contro, lo stesso art. 38 Cost., al 2 comma, recita: I lavoratori hanno diritto a che siano preveduti ed assicurati mezza adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidit e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Si tratta pertanto di mantenere separati gli interventi che la Costituzione prevede, onde individuare di volta in volta a carico di chi sia da attribuire lassistenza rispetto allonere previdenziale, questo ultimo senzaltro imputabile allINPS. A tal proposito non sorgono dubbi sul fatto che lassistenza, essendo dipendente da situazioni croniche alla cui base ci sono carenze di protezione o svantaggi di genesi diversa, che vanno in ogni caso protetti e rimossi in uno stato sociale, debba essere finanziata dallo Stato, facendo ricorso al prelievo fiscale. Per quanto riguarda la previdenza, fondata sulla previsione di un rischio o di una cessazione di erogazioni in vista di eventuali o ben definiti eventi futuri, non ci sono dubbi sulla sua autonomia finanziaria, dato che essa si fonda sul principio contributivo. Nel 1978 le risorse contributive risultano inferiori agli oneri assunti dal Fondo. Per questo motivo, a partire dallo stesso anno, gli interventi in materia previdenziale dipenderanno sempre dalla legge finanziaria. La conseguenza logica di questo processo implica un automatico aumento dellonere a carico dello Stato e comincia a delineare in assenza di separazione degli oneri assistenziali da quelli previdenziali le dimensioni preoccupanti del deficit dellINPS. Il sintomo assume aspetti allarmanti se si pensa che, in linea di principio, lINPS dovrebbe tendere a garantire lequilibrio fra prestazioni e contributi e ci indipendentemente dal meccanismo della ripartizione o della capitalizzazione. Lassistenza sociale, invece, offre prestazioni a prescindere dai contributi, essendo essa finanziata dallimposizione fiscale. La causa principale e preoccupante del progressivo disavanzo del sistema previdenziale italiano consiste, appunto, nella sovrapposizione di previdenza ed assistenza sociale nella medesima struttura organizzativa, con conseguente elargizioni di prestazioni sociali in assenza del necessario equilibrio con la contribuzione. Lespansione subita dalle pensioni in Italia nellarco di tempo tra il 1971 ed il 1983 stata del 28%. Questo stato di cose facilita lulteriore approfondimento del dibattito relativo alla separazione dellassistenza dalla previdenza e pone laccento sui limiti dellINPS quale unico erogatore di pensioni. Ci si comprende meglio considerando che la previdenza sociale venuta man mano a tutelare quasi tutte le categorie di cittadini, senza che sussistessero le possibilit di finanziamento per far fronte alle nuove prestazioni. Anche il Fondo pensioni lavoratori dipendenti, che fino al 1977 copriva la quasi totalit delle prestazioni, accusa disavanzi sempre pi ingenti. A partire dal 1976 si registra una serie di leggi e decreti legge volti insieme alle leggi finanziarie a risolvere linsorgere del peggioramento subito dal bilancio INPS. Il nodo cruciale degli sforzi prodotti in questo senso consister nel non riuscire a trovare un accordo concreto tra le forze sociali del paese per poter pervenire ad una unificazione del sistema pensionistico obbligatorio, tale da autorizzare laccesso del massimo numero di categorie nellistituto. Il progetto consisterebbe nelladeguare altri regimi pensionistici non ultimo quello del pubblico impiego ai parametri dellIstituto Nazionale della Previdenza Sociale. Con la legge n. 833 del 1978 si attuata la cosiddetta riforma sanitaria estendendo a tutti i cittadini la tutela della salute cos come previsto dallart. 32 della Costituzione. Tale legge, dando vita 27

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al Servizio Sanitario Nazionale, fondato su principi direttamente ispirati alluguaglianza dei cittadini tra loro, ha automaticamente fatto decadere gli enti mutualistici che fino al entrata in vigore di essa avevano erogato le prestazioni previste dallassicurazione obbligatoria contro le malattie. Bisogna precisare che lassicurazione contro le malattie, oltre alla prestazione sanitaria, prevede lerogazione del mancato guadagno causato dallassenza per malattia. Con la riforma sanitaria questa ultima funzione diventa di competenza esclusiva dellINPS. Il regime pensionistico dellINPS, per ci che riguarda la retribuzione dellassicurazione generale obbligatoria, si attiene ad un importo determinato dal cosiddetto tetto pensionistico, che viene aggiornato annualmente in relazione agli scatti di scala mobile sulle pensioni. La legge n. 297 del 1982 stabilisce che la retribuzione pensionabile annua si desume dalle ultime 260 settimane di contribuzione effettiva, antecedenti alla decorrenza della pensione. Il problema del tetto pensionabile assume un particolare aspetto se si tiene conto che lo spirito della legge sarebbe quello di garantire al lavoratore entrato in quiescenza un introito che possa discostarsi il meno possibile dallultimo stipendio percepito. Come gi detto, la pensione, in caso di piena contribuzione, deve essere commisurata al guadagno della fase lavorativa affinch lentrata in quiescenza non determini una sospensione traumatica del reddito. Questo problema non si pone tanto per i salari e gli stipendi medio bassi, ma assume aspetti preoccupanti per i quadri di un certo livello e per certe categorie di dirigenti; in tal senso nel 1988 si provveduto al cosiddetto sfondamento del tetto pensionistico. Inoltre la pensionabilit viene rivista con lentrata in vigore della legge n. 222 del 1984, in base alla quale il concetto di invalidit viene considerato non in funzione della capacit di guadagno, bens della capacit di lavoro, essendo questultima direttamente dipendente dalle condizioni di salute. Si tratta, in tal caso, di un provvedimento finalizzato a contenere e razionalizzare la spesa previdenziale. La legge n. 638 del 1983, attraverso un inasprimento delle sanzioni per mancato versamento dei contributi, ha posto i presupposti per arginare levasione, perseguendola penalmente. Seguendo questo orientamento il legislatore non solo ha inteso potenziare lapparato contributivo, di fondo gi insufficiente ad erogare prestazioni adeguate senza incidere ulteriormente sul deficit del bilancio dellINPS, ha attuato altres un deterrente valido nei riguardi degli evasori, sanzionandone le omissioni ed i ritardi in materia contributiva. Ci non significa che il problema della contribuzione del regime ordinario dellINPS sia stato risolto, in ogni caso latteggiamento del legislatore in merito alle sanzioni una dimostrazione della volont politica di riorganizzare listituto. Risulta comunque evidente che lannoso problema del bilancio INPS debba essere risolto con misure definitive, non necessariamente dipendenti dalla legge finanziaria. Con lentrata in vigore della legge di Ristrutturazione dellIstituto nazionale della Previdenza Sociale e dellINAIL del 9 marzo 1989, n. 88, si definitivamente risolta la schizofrenia derivante dallunione contabile della componente previdenziale con quella assistenziale del regime obbligatori delle pensioni. Risulta anche pienamente giustificato dal punto di vista istituzionale il fatto che si sia definitivamente trasferito a carico dello Stato lonere di certe spese assistenziali come il prepensionamento, la cassa integrazione guadagni, le pensioni sociali, ecc. Uno Stato sociale come quello italiano, forte di un regime obbligatorio di previdenza privilegiato rispetto a quello di altri Paesi, doveva prima o poi ridare un assetto funzionale al proprio organo erogatore, rendendolo in grado di possedere le prerogative tipiche di un istituto moderno ed aperto alle esigenze derivanti dalla incombenza di interessi comunitari di imminente scadenza. Questo principio affermato dallart. 1 della legge 88, che al 2 comma ribadisce il concetto di economicit ed imprenditorialit che dovr caratterizzare listituto. Particolarmente interessante risulta anche il fatto che non si sia trascurato di precisare, al 3 e 4 comma dello stesso articolo, di estendere la competenza dellINPS alla previdenza integrativa. Inoltre, la legge 88 del 1989 identifica, nei suoi vari articoli, cinque diversi livelli di gestione, cos elencati: gestione dei lavoratori dipendenti; gestione dei contributi e delle prestazioni dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni; gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani; gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attivit commerciali; gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali. Relativamente a questo ultimo livello di gestione, tramite lart. 37 della legge, definibile come norma chiave della ristrutturazione dellINPS, si precisa che: il finanziamento della gestione assunto dallo Stato. Con questa puntualizzazione viene definitivamente chiarita la separazione tra interventi previdenziali ed interventi assistenziali, dando giustizia al bilancio dei contributi pagati dai lavoratori iscritti allistituto. Negli anni successivi si assistito ad un progressivo riassetto del sistema previdenziale con lo scopo di fronteggiare le difficolt finanziarie del sistema e di armonizzare i diversi regimi

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previdenziali; in questottica, dalla met degli anni novanta si assistito ad una profonda riforma del sistema pensionistico italiano. La legge n. 335 del 8 agosto 1995 di Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare la cosiddetta Riforma Dini introduce alcune novit per quel che riguarda lelevazione dei requisiti anagrafici e contributivi per laccesso alle pensioni di anzianit, lincentivazione di una previdenza complementare da associare a quella obbligatoria, lestensione di alcune discipline vigenti nel regime generale INPS ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche ed un nuovo metodo per il calcolo delle pensioni. In particolare sono stati previsti tre distinti sistemi per la determinazione delle pensioni: il sistema contributivo, in base al quale la prestazione pensionistica legata a quanto effettivamente versato negli anni, con il risultato di collegare lentit della prestazione ai versamenti effettuati nel corso della vita lavorativa; il sistema retributivo, che rapporta la rendita pensionistica allultima retribuzione; il sistema misto. necessario, tuttavia, tener presente che con il passaggio da sistema retributivo a contributivo non viene affatto cambiato il sistema di finanziamento delle pensioni, che rimane a ripartizione. Facendosi pi pressanti le esigenze di rispettare i parametri di Maastricht, il legislatore intervenuto nuovamente nel 1997 al fine di stabilizzare la finanza pubblica: con la legge n. 449, provvedimento collegato alla finanziaria per lanno 1998, furono modificati alcuni punti della Riforma Dini e vennero gettate le basi per la riforma complessiva dello Stato sociale. Le pi importanti novit introdotte dalle legge 449/97 sono le seguenti: Accelerazione della fase transitoria che porta gradualmente, per i lavoratori dipendenti, al conseguimento della pensione di anzianit al possesso di 35 anni di contribuzione, con unet di almeno 57 anni, ovvero al possesso di 40 anni di contribuzione indipendentemente dallet posseduta. Non pagamento, per il 1998, dellaumento della pensione per perequazione automatica per le pensioni di importo superiore a cinque volte il trattamento minimo INPS. Possibilit di cumulare i trattamenti pensionistici di anzianit con i redditi da lavoro autonomo. Per tutte le forme pensionistiche obbligatorie, fissazione di un tetto massimo di cinque anni allaumento dei periodi di servizio computabili ai fini pensionistici. Per i dipendenti pubblici, destinazione a provvidenza complementare di una quota della vigente aliquota contributiva relativa allindennit di fine servizio. Pi di recente, il reddito degli anziani stato soggetto di particolare attenzione da parte del Governo italiano mediante laumento delle pensioni minime, e delle pensioni ed assegni sociali. Come accennato in precedenza, il sistema sanitario italiano un sistema di tipo universale in quanto laccesso ai servizi sanitari subordinato solamente alla necessit dassistenza sanitaria (universalit dellaccesso). Non esistono barriere geografiche o economiche, la programmazione dei servizi territoriale ed il consumo gratuito (eguaglianza nellaccessibilit ad un ampio spettro di servizi uniformemente distribuiti). La capacit contributiva lelemento di riferimento per il finanziamento del sistema, in tal modo si rende indipendente dal rischio di malattia e dai servizi ricevuti il contributo individuale (condivisione del rischio finanziario). Alla fine degli anni novanta, il sistema sanitario stato oggetto di una profonda riforma la cosiddetta riforma-ter attraverso il decreto legislativo n. 229 del 1999. La riforma ha avuto come obiettivo una maggiore tutela del cittadino, posto al centro del sistema, il potenziamento dei servizi della sanit pubblica sul territorio, la completa gestione del budget da parte delle Regioni, lintegrazione tra sistema pubblico, privato e privato sociale. Per quanto riguarda la disoccupazione, in Italia, listituzione preposta alla tutela dai rischi di perdita del posto di lavoro il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, anche se la raccolta dei contributi e lerogazione dei benefici stata trasferita ad un istituto specifico allinterno dellINPS. Gli schemi di protezione si dividono in due gruppi, per coloro i quali sono totalmente o parzialmente disoccupati. Inoltre, negli ultimi anni, sono state introdotte alcune novit che hanno contribuito a cambiare lapproccio al primo impiego, soprattutto per mezzo della legge n. 196 del 1997, il cosiddetto Pacchetto Treu. Tra le pi importanti vi certamente lintroduzione del lavoro interinale, con il quale viene data ad unagenzia la possibilit di assumere un lavoratore e cedere lo stesso in affitto ad unazienda che richiede una prestazione temporanea. Anche per i contratti che abbinano il lavoro alla formazione, in particolare per lapprendistato, i contratti di formazione al lavoro, i tirocini e gli stage formativi, sono state introdotte alcune novit. Per lapprendistato, in particolare, con il Pacchetto Treu stato ampliato il campo di applicazione, tutelando maggiormente lapprendista e consentendo al datore di lavoro di avere maggiori vantaggi contributivi. Anche per ci che concerne gli aiuti alle famiglie ed il sostegno in caso di maternit, lorgano preposto alla supervisione il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, mentre la gestione degli schemi assicurativi, la raccolta dei contributi e lerogazione delle prestazioni spettano allINPS. Esiste, 29

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inoltre, una serie di benefici gestiti dal Ministero dellInterno e dalle autorit regionali e comunali che non sono legati al versamento di contributi e mirano a garantire un reddito minimo. Tra i pi importanti ricordiamo: il reddito minimo di inserimento, lassegno sociale, la pensione per invalidi civili, la pensione per ciechi civili, la pensione per sordomuti, lassegno mensile per invalidi civili minori, lindennit di accompagnamento. Altre misure sono poi state adottate al fine di incrementare il reddito disponibile per le famiglie. Si tratta di misure fiscali dirette, come le detrazioni per i figli a carico o labbassamento delle aliquote IRPEF, ma anche di provvedimenti che, in qualche modo, hanno agevolato al vita delle famiglie italiane. Tra queste ricordiamo le detrazioni per le spese di ristrutturazione, labolizione dei ticket sanitari, le nuove norme sui congedi dal lavoro di madri e padri, lincremento delle pensioni pi basse e la nuova legge sullassistenza, che introduce un criterio unificato di valutazione delle condizioni economiche dei cittadini che richiedono prestazioni sociali agevolate (lIndicatore della situazione economica equivalente ISEE, il cosiddetto riccometro) e offre lo spazio allintervento dei privati e del settore no-profit. Per ci che riguarda il reddito familiare, due sono le novit pi importanti: 1) nel 1998 stato introdotto un assegno speciale per le famiglie con tre o pi figli minori e ridotte risorse economiche, che viene erogato mensilmente e pu essere richiesto al Comune di residenza; 2) tra il 1997 ed il 1998 stata introdotta la sperimentazione in 39 comuni italiani del Reddito minimo di inserimento che mira ad integrare il reddito di coloro che vivono con scarse risorse economiche e rischiano la marginalit sociale. 3. Il sistema previdenziale nel Regno Unito Storicamente si fa risalire la nascita del Welfare State in Europa, ma soprattutto nel Regno Unito, al Rapporto Beveridge del 1942. Il documento prevedeva la totale copertura dei bisogni di sussistenza dei cittadini attraverso un sistema assicurativo in cui lo Stato fornisce, gratuitamente o a costi minimi, i servizi sociali elementari (servizio sanitario, pensioni ed assistenza). In realt, i primi schemi pensionistici britannici possono essere fatti risalire alla fine dellOttocento. Il primo schema non contributivo a tutela dei dipendenti pubblici del 1859, mentre il primo istituto pensionistico pubblico a tutela degli ultrasettantenni fu introdotto nel 1908 (Lloyd Gorge Pension). Il sistema inglese ha sempre considerato, fin dalle proprie origini, la protezione sociale come un diritto necessario al completamento della cittadinanza di un individuo e, quindi, per gli utenti, svincolato da oneri diretti, caratterizzandosi come un sistema universalistico, ma finanziato anche da contributi. Nel 1911 stato introdotto il National Insurance Act, unassicurazione obbligatoria per i lavoratori dipendenti che tutelava dai rischi di malattia, invalidit, maternit e disoccupazione. Il modello che ne deriv stato, almeno fino agli anni 90, un sistema di protezione caratterizzato da elementi tipici dello stato sociale nordeuropeo, vale a dire: universalit - servizi rivolti a tutti i cittadini; adeguatezza delle prestazioni - uguaglianza di accesso e di prestazioni; gratuit - prestazioni non finanziate con prezzi o tariffe a carico del consumatore; efficienza - capacit di controllo della spesa correlata al raggiungimento di risultati; progresso - miglioramento delle condizioni socio-sanitarie della popolazione. Tuttavia, negli ultimi tempi, il forte orientamento al mercato stato messo in discussione soprattutto in ambito sanitario attraverso il cosiddetto Integrated Care, che pone al centro della propria attenzione un maggiore soddisfacimento dei bisogni del paziente e, quindi, una migliore qualit dei servizi offerti, in questa ottica si inquadra la serie di misure introdotta con il Welfare Reform and Pension Act del 1999. Per quel che riguarda lassistenza sociale, significativi sono gli interventi a sostegno del reddito, come lIncome Support, per i soggetti con pi di 16 anni possessori di un reddito basso ed il MIG Minimum Income Garantee, misura introdotta nel 1998, che rappresenta un reddito minimo specifico per le persone con pi di 60 anni e con un basso reddito. Organizzazione del sistema di protezione sociale Lo schema attuale di sicurezza sociale viene amministrato dallo Stato e prevede la copertura della popolazione attraverso uno schema obbligatorio contributivo a completamento del quale esistono altre misure non contributive. Le prestazioni sono pagate dal National Insurance Fund, finanziato da contributi calcolati sulla base del reddito corrente dei lavoratori. Tra i benefici previdenziali ed assistenziali pi rilevanti ricordiamo: la pensione di vecchiaia (Retirement Pension), la pensione per i superstiti (Widows Pension), lassegno di invalidit 30

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(Incapacity Benefit), lassegno di maternit e lassegno per coloro che sono in cerca di lavoro (Jobseekers Allowance). La maggior parte delle prestazioni calcolata a tasso fisso, anche se vi una componente legata al guadagno (ad esempio per quel che riguarda la Retirement Pension). I benefici non contributivi, finanziati dalla fiscalit generale, sono disponibili sia sulla base di contingenti, come i benefici per disabili e quelli per i figli, sia sul livello delle risorse disponibili. A tal proposito, infatti, esiste unampia rete di sicurezza sociale che prevede benefici correlati al reddito, tra i quali i benefici per la casa ed il sostegno al reddito delle persone senza lavoro. Le decisioni circa la politica, le priorit e gli obiettivi sono assunte, con laiuto di uno staff di dirigenti, dal Secretary of State e dai ministri degli altri Dipartimenti coinvolti, mentre loperato di questi soggetti sottoposto al controllo del Parlamento. Il Ministero responsabile per lo sviluppo del programma di sicurezza sociale il Dipartimento per la Sicurezza Sociale (DSS Departement of Social Security) che opera per mezzo di una rete locale e regionale di agenzie esecutive preposte allimplementazione e responsabili nei confronti del Secretary of State. La Benefit Agency si occupa dellerogazione della maggior parte delle prestazioni in forma liquida (cash benefits); la Inland Revenue responsabile della raccolta e della registrazione dei contributi (NICs National Insurance Contributions); la Child Support Agency provvede ai pagamenti e allamministrazione degli interventi a favore dei figli. Il Dipartimento dellIstruzione e dellOccupazione (Departement of Education and Employment), attraverso la propria agenzia di Employement Service, e la Benefit Agency, sono entrambi responsabili dellamministrazione del sussidio di disoccupazione (Jobseekers Allowance). La sola agenzia di Employement Servicem si occupa invece degli interventi di politica occupazionale (Employement Service and Advise). Le autorit locali amministrano lassistenza per gli alloggi (Housing Benefit) ed il Council Tax Benefit. Gli imprenditori sono responsabili del pagamento del contributo obbligatorio di malattia (SSP Statutory Sick Pay) e di maternit (SMP - Statutory Maternity Pay). Il servizio sanitario universale amministrato dal Departement of Health ed offerto dal National Health Service, che finanziato dalla tassazione generale e dal National Insurance Fund, ma laccesso alle cure non dipende dalla base contributiva. Sistema di finanziamento Il sistema inglese di protezione sociale finanziato principalmente su base contributiva; fanno eccezione gli aiuti familiari e le prestazioni per gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali che sono finanziati tramite la fiscalit generale ed il sostegno del governo. Il contributi vengono pagati al National Insurance Fund dai lavoratori, dai datori di lavoro e dallo Stato. In particolare, il governo sostiene il costo totale delle assicurazioni di invalidit e vecchiaia (Attendance Allowance, Disability Living Allowance, Non-Contributory Retirement Pension, Severe Disablement Allowance) e partecipa al 92 per cento del costo del contributo obbligatorio di maternit (Statutory Maternity Pay), mentre il restante 8 per cento a carico degli imprendiroti. Questi ultimi finanziano completamente anche il contributo obbligatorio di malattia (Statutory Sick Pay), salvo i casi di assenza dal lavoro per malattia grave, per i quali previsto lintervento governativo. I contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro sono suddivisi in sei classi (1, 1, 1B, 2, 3 e 4) secondo il livello di reddito. Nella Class 1 rientrano i lavoratori dipendenti (employed earners) che hanno unet compresa tra i 16 ed i 65 anni per gli uomini e tra i 16 ed i 60 anni per le donne e ricevono un compenso minimo (conosciuto come Employees Earnings Threshold) di 76 settimanali o 329 mensili. I contributi della Class 1 si dividono in due parti: 1. Primary National Insurance Contributions (a carico dei lavoratori); 2. Secondary National Insurance Contributions (a carico dei datori di lavoro). I lavoratori autonomi, e coloro che guadagnano oltre un certo limite, rientrano nelle classi contributive 2 e 4, a meno che il proprio reddito non sia inferiore ad un limite definito (small earnings exception) di 3.825. I versamenti volontari allo schema pensionistico di base (BSP Basic State Retirement Pension), effettuati nei casi di disoccupazione, di esenzione dalle contribuzioni per i lavoratori dipendenti e degli autonomi (classi 1 e 2) e nei casi di residenza allestero, ricadono nella Class 3 e sono calcolati a somma fissa. Il sistema pensionistico Limpianto pensionistico attuale del Regno Unito caratterizzato da un sistema pubblico di base (BSP Basic State Retirement Pension), istituito con il Social Security Act del 1975, da una pensione pubblica integrativa (State Second Pension o Additional Pension), secondo lo schema SERPS 31

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(State Earnings Related Pension Scheme), e da una serie di schemi pensionistici occupazionali privati o personali, ai quali possibile accedere attraverso una contrattazione (contract-out). Il sistema BSP basato sul numero di anni di contribuzione, rivolto a tutti i lavoratori dipendenti ed autonomi e fornisce un reddito minimo. Per ricevere una pensione completa necessario aver raggiunto unanzianit contributiva pari al 90 per cento della vita lavorativa. Dato che let minima per iniziare a lavorare di 16 anni e let pensionabile posta, per luomo, a 65 anni e, per la donna, a 60 anni, rispettivamente la vita lavorativa di 49 anni (uomo) e 47 anni (donna). Di conseguenza per ottenere limporto massimo della pensione di base necessario aver versato i contributi per almeno 44 anni nel caso degli uomini e 39 nel caso delle donne. Lo schema SERPS si differenzia dal precedente perch le pensioni erogate vengono calcolate secondo il metodo retributivo. I lavoratori, sia pubblici che privati, bench vengano affiliati automaticamente al SERPS, possono svincolarsi (contract-out) o meno (contract-in) dal sistema. Il contract-out dallAdditional State Pension possibile nel caso in cui si memri di un Occupational Pension Scheme o si ha un Personal Pension Plan che soddisfi determinate condizioni previste dalla legge. Le Occupational pensions, dette anche work pensions, sono pensioni che i dipendenti possono ottenere dai propri datori di lavoro. Alcune di esse sono correlate al salario, il che significa che la somma ottenuta al momento del pensionamento dipende dal numero di anni di lavoro e dallentit della retribuzione percepita. Altre occupational pensions sono determinate mediante uno schema di acquisto del denaro secondo il quale i contributi vengono investiti e, quindi, utilizzati per acquistare una pensione una volta terminata lattivit lavorativa. Inoltre, chi titolare di una occupational pension non perde leventuale diritto a percepire la State pension. I Personal Pension Plans costituiscono una via per ottenere un risparmio sicuro nel momento dellentrata in quiescenza. E possibile percepire questo tipo di pensione rivolgendosi a banche o compagnie di assicurazione, incaricate dellinvestimento dei fondi. Nel caso delle Stakeholder Pensions, il datore di lavoro a dover fornire accesso ad un Personal Plan ai propri dipendenti. I fondi accumulati verranno utilizzati per lacquisto di una rendita pensionistica, chiamata annuality. In determinate circostante possibile ricevere parte del fondo pensione sotto forma di tax-free lump sum. La Stakeholder Pension una nuova tipologia di pensione che comporta, per chi intende riceverla, costi molto bassi. E possibile acquisto di una Stakeholder Pension presso aziende di servizi finanziari, come banche, compagnie di assicurazione o societ di credito immobiliare. Le pensioni in questione devono per soddisfare un numero minimo di standard governativi: uno schema di Stakeholder Pension non deve comportare un addebito maggiore delluno per cento del valore del fondo di ciascun iscritto; gli iscritti hanno la facolt aderire al fondo, uscirne o smettere temporaneamente di effettuare pagamenti, senza che questo comporti alcun costo aggiuntivo; gli schemi di questo tipo richiedono contributi di 20 o pi, anche se alcuni possono accettare pagamenti inferiori. Sistema sanitario Il sistema sanitario inglese trae origine dal National Health Service Act del 1946 che istituisce il primo servizio sanitario nazionale (NHS) destinato a fornire assistenza sanitaria gratuita a tutti i cittadini. Recentemente, durante gli anni ottanta, con il governo Thatcher e, dalla fine degli anni novanta, con il governo Blair, numerosi cambiamenti sono stati introdotti al fine riorientare il funzionamento del NHS: nel primo caso, al mercato (Internal Market), nel secondo caso, alla cooperazione (lIntegrated care). Il responsabile a garantire lofferta di servizi sanitari (ospedalieri e specialistici) il Ministro della Sanit, il quale, prima delle recenti riforme, svolgeva da solo il ruolo di programmazione, con deboli capacit di coordinamento. Con lIntegrated care stato introdotto, a livello locale, listituto del Health Improvement Program con lobiettivo di coinvolgere tutti i soggetti interessati nella pianificazione e fornitura dei servizi sanitari. Le prestazioni offerte dal NHS sono varie e coprono i rischi di chi malato o invalido, e di coloro che si dedicano personalmente alle cure di qualcuno. Per quel che riguarda gli incidenti sul lavoro (accidents) e le malattie professionali (disease) viene erogato settimanalmente un particolare beneficio (Industrial Injuries Disablement Benefit) in funzione della percentuale di invalidit e, nel caso degli accidents, dellet del soggetto. Disoccupazione

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Diversi sono nel Regno Unito gli interventi a copertura dei rischi derivanti dalla disoccupazione, o meglio di coloro che sono in cerca di lavoro (jobseeker): alcuni hanno origine da una base contributiva di riferimento, altri sono legati al reddito o a situazioni particolari. Il pi importante di questi sussidi il Jobseekers Allowance(JSA) che ha carattere sia di beneficio contributivo (contribution-based Jobseekers Allowance), sia di sostegno ai redditi pi bassi (income-based Jobseekers Allowance). Per poter richiedere il JSA necessario: essere nella condizione di poter lavorare; essere attivamente alla ricerca di lavoro; avere meno di 65 anni, per gli uomini, di 60 anni, per le donne; non lavorare o lavorare mediamente meno di 16 ore settimanali. Esistono, inoltre, degli schemi per il rientro al lavoro (Starting work scheme) che prevedono due bonus (Back to Work bonus e Child Maintenance bonus) e due forme di sostegno allo start up di una nuova occupazione (Employement on Trial e Business Start Up). I primi due bonus consistono in un pagamento determinato in relazione al fatto che si sta intraprendendo unattivit lavorativa; in pi, per il Child Maintenance Bonus, necessario che si abbia a carico un figlio, si stia passando ad un numero di ore lavorative settimanali superiore a 16, oppure si stia uscendo dalla tutela del Jobseekers Allowance. Se si sta intraprendendo un nuovo lavoro, ma non si ha la certezza che questo duri nel tempo, viene erogato l Employement on Trial, beneficiari del bonus sono coloro i quali nelle precedenti 13 settimane non hanno svolto alcun lavoro remunerato al di sopra delle 16 ore settimanali. Diverso il Business Start Up, in quanto si riferisce ad una serie di schemi, offerti da differenti soggetti, per coloro che decidono di avviare un lavoro in proprio. Aiuti familiari Il National Assistance Act del 1948 la prima legge sullassistenza sociale nel Regno Unito che stabilisce il pagamento delle prestazioni sociali in relazione al reddito dellassistito. Da alloro sono state introdotte numerose misure di assistenza alle famiglie e di sostegno ai reddito pi bassi. Tra le prestazioni a sostegno del reddito, la pi significativa lIncome Support (IS), rivolto a quei soggetti, maggiori di 16 anni, che hanno un reddito nullo o inferiore a $ 8.000 annue ($ 16.000 se ricoverati in una casa di cura). LIS corrisposto settimanalmente dipende dallet e possono beneficiarne anche i nuclei familiari. Dal 1998 le persone oltre i 60 anni, che non necessariamente sono alla ricerca di unoccupazione e che hanno un reddito basso, possono beneficiare del Minimum Income Guarantee (MIG). A completamento del sistema di protezione sociale britannico esiste 7una serie di interventi di aiuto alle famiglie che tendono alla copertura dei rischi della maternit (SMP - Statutory Maternity Pay), e alla tutela dei figli (Child Benefit e Guardians Allowance). Nel secondo caso si tratta di prestazioni svincolate dal reddito che vengono erogate in favore di chi sta crescendo uno o pi bambini.

4. La protezione sociale in Germania Il sistema tedesco di protezione sociale ricade sotto la tipologia del modello assicurativo, analogamente al sistema vigente in Francia. I primi significativi interventi normativi volti ad assicurare maggiori garanzie per i lavoratori, si hanno a partire dalla seconda met del 1800: nel 1883 e nel 1884 viene introdotta la normativa per lassicurazione sanitaria e la normativa per gli incidenti sul lavoro, nel 1889 si ha lemanazione della legge di assistenza agli invalidi e lintroduzione dei primi schemi previdenziali di carattere pubblico. Nel corso degli anni si susseguono una serie di integrazioni e di modifiche fino a quando, durante gli anni 70 e 80, si riuniscono in un testo unico le leggi in ambito sociale. Da questo, nel 1989, scaturisce il Codice Sociale (Sozialgesetzbuch), che rappresenta la base per lintera struttura assicurativa del sistema tedesco di protezione sociale. Allinterno del sistema esiste una serie di interventi rivolti ad assicurare il sostegno a coloro per i quali i benefici erogati dalle assicurazioni o da altri enti non sono sufficienti. Fra le maggiori forme di assistenza si trova la Sozialhilfe (assistenza sociale in senso stretto), che riguarda il mantenimento dei soggetti svantaggiati, attraverso un assegno mensile di aiuto al soddisfacimento dei bisogni quotidiani degli individui che non sono in grado di provvedervi personalmente. 33

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Gli istituti che caratterizzano il sistema tedesco di protezione sociale sono: a. Assicurazioni sociali b. Assistenza sociale c. Sistema per alcuni funzionari pubblici a) Assicurazioni sociali Le assicurazioni sociali possono avere carattere obbligatorio, con prestazioni rivolte alla maggioranza dei lavoratori tedeschi, o carattere non obbligatorio, con prestazioni che si rivolgono a particolari categorie di lavoratori autonomi (agricoltori, minatori, artisti) e ai possessori di redditi superiori a quelli previsti per la contribuzione obbligatoria. Nellambito dellassicurazione sociale obbligatoria esistono cinque diversi schemi: 1. Assicurazione Pensionistica Obbligatoria (Rentenversicherung) 2. Assicurazione Sanitaria Obbligatoria (Krankenversicherung) 3. Assicurazione Obbligatoria contro le Malattie Croniche o di Lungo Periodo (Pflegeversicherung) 4. Assicurazione Obbligatoria contro gli Infortuni sul lavoro (Unfallversicherung) 5. Assicurazione di Disoccupazione (Arbeitslosenversicherung) Il Ministero Federale del Lavoro e degli Affari Sociali (Bundesministerium fr Arbeit und Sozialordung) svolge il ruolo di supervisore ed responsabile degli schemi assicurativi pensionistici, dellassistenza sanitaria di lungo periodo, degli infortuni e della disoccupazione; per lassistenza sanitaria obbligatoria responsabile il Ministero Federale della Sanit (Bundesministerium frGesundheit). Assicurazione Pensionistica Obbligatoria (Rentenversicherung). Si rivolge alla maggioranza dei lavoratori tedeschi, assicurando lassistenza nei settori: pensionistico; sanitario; delle malattie croniche; in caso di disoccupazione; in caso di infortuni sul lavoro. Le organizzazioni competenti dei fondi assicurativi sono: Ente Assicurativo per gli impiegati (Bundesversicherungsanstalt fr Angestellte), Enti assicurativi dei Lnder per i lavoratori dipendenti e i commercianti (Landesversicherunganstalten), lEnte Assicurativo delle Ferrovie per gli operai delle ferrovie tedesche (Bahnversicherunganstalt), il Fondo dei Marinai (Seekasse) e lEnte Assicurativo Federale per i Minatori (Bundesknappschaft). 1. Assicurazione Sanitaria Obbligatoria (Krankenversicherung) La gestione affidata a circa 800 fondi assicurativi, alcuni dei quali operano a livello regionale (fondi locali) ed altri a livello nazionale. Chiunque pu aderire a questi fondi, indipendentemente dal tipo di occupazione, ad eccezione del Seekrankenkasse, riservato ai marinai, il Landwirtschaftliche Krankenkassen per gli agricoltori e il Bundesknappschaft per i minatori. 2. Assicurazione Obbligatoria contro le Malattie Croniche o di Lungo Periodo (Pflegeversicherung) Nel 1995 viene introdotta lassicurazione obbligatoria per le cure di lungo periodo, al fine di coprire il rischio di malattie croniche; ogni fondo assicurativo sanitario obbligatorio, quindi, ha istituito un proprio fondo assicurativo con lo scopo di erogare delle somme di denaro a coloro che necessitano di tali cure. Ne consegue che chi aderisce ad un fondo assicurativo sanitario obbligatorio, riceve anche la copertura per il rischio di malattie croniche. Le persone che scelgono unassicurazione sanitaria privata hanno lobbligo di sottoscrivere un contratto riguardante le cure di lungo periodo. 3. Assicurazione Obbligatoria contro gli Infortuni sul Lavoro (Unfallversicherung) Tra le molte organizzazioni, alcune gestiscono i fondi assicurativi federali e regionali per gli impiegati pubblici e privati ed i fondi per le organizzazioni professionali (Berufsgenossenschaften). 4. Assicurazione di Disoccupazione (Arbeitslosenversicherung) La gestione affidata allEnte Federale del Lavoro. Tutti i lavoratori dipendenti beneficiano di questa copertura assicurativa. Assistenza sociale Lassistenza sociale in rapporto di complementariet con il sistema di assicurazione sociale. Le prestazioni erogate hanno ad oggetto: la famiglia; 34

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lassistenza giovanile; il sussidio di mantenimento; il sussidio per situazioni particolari; il contributo per la locazione di abitazione; il sostegno allo studio.

b) Sistema per alcuni funzionari pubblici Per alcune categorie di dipendenti pubblici dello Stato Federale, dei Lnder, dei Comuni e di altri enti territoriali lassicurazione e lassistenza sociale vengo erogate direttamente dagli enti datori di lavoro. Il sistema pensionistico Il sistema pensionistico pubblico inizia a strutturarsi nel 1891 con listituzione delle prestazioni previdenziali per i salariati. Nel 1911 viene stabilita lestensione delle prestazioni agli impiegati e ai familiari degli assicurati deceduti. Una prima definizione normativa del sistema si ha con lemanazione di due Leggi riguardanti gli impiegati e i salariati. Nel 1923 trovano tutela in tal senso anche i minatori, nel 1938 gli artigiani e nel 1957 gli agricoltori. Negli anni successivi vi lestensione della copertura assicurativa, in forma obbligatoria o volontaria, a categorie sociali sempre pi numerose. Il sistema pensionistico pubblico tedesco suddiviso in diversi regimi in base allappartenenza dei lavorati alle diverse categorie. La riforma del sistema pensionistico del 1992, resasi necessaria dopo lunificazione delle due Germanie, ha introdotto diverse novit, tra cui landamento dei contributi legato al trend di natura economico-demografica e la graduale eliminazione degli incentivi al pensionamento anticipato al di sotto dei 65 anni. Il funzionamento del sistema si basa sulla logica della solidariet tra generazioni, sul meccanismo definito a ripartizione, in cui i contributi versati dagli assicurati e dai datori di lavoro finanziano le pensioni degli aventi diritto. Il sistema pensionistico degli operai e degli impiegati prevede due regimi: quello per gli individui assicurati obbligatoriamente e quello per i soggetti che richiedono volontariamente di aderire al sistema. Nella prima categoria, oltre agli impiegati e agli operai, rientrano anche i portatori di handicap, coloro che prestano servizi di volontariato sociale e coloro che ricevono sussidi di disoccupazione. Tra le diverse categorie di lavoratori autonomi, alcune sono membri obbligatori di questi schemi, altre possono assumere la qualifica di assicurato in via obbligatoria dietro richiesta (farmacisti, medici, commercianti, avvocati). Inoltre offerta la possibilit di partecipare in modo facoltativo al sistema a chiunque non sia obbligatoriamente tutelato. I versamenti degli assicurati e dei loro datori di lavoro rappresentano la principale fonte di finanziamento del sistema, di cui il Governo federale funge da garante. Il Governo interviene con i propri mezzi nel momento in cui i versamenti contributivi uniti alle altre entrate, come i proventi generati dagli investimenti effettuati, non dovessero coprire le uscite previste per le erogazioni dellanno successivo. Un accordo di cooperazione lega il regime pensionistico degli operai e degli impiegati; in base a tale accordo ciascuno dei due sistemi si impegna a fornire un sostegno finanziario qualora laltro manifesti difficolt nel coprire le uscite derivanti dalle prestazioni. In tale ottica stata costituita, dalle due istituzioni, una riserva (Schwankungreserve) da cui poter attingere in caso di necessit. In Germania esistono tre categorie di pensioni: Pensioni di vecchiaia, cui si pu accedere dopo il raggiungimento di una determinata et e dopo aver pagato i contributi per un periodo minimo. Rientrano in questa categoria: pensione standard di vecchiaia; pensione di lungo servizio; pensione di invalidit o disabilit grave e di occupazione; pensione di vecchiaia dopo la disoccupazione o il pensionamento anticipato; pensione di vecchiaia per le donne; pensioni per i minatori di lungo servizio. Pensioni che calcolano la riduzione della capacit di guadagno in seguito a particolari circostanze (ad esempio incidenti sul lavoro). Anche in questo caso bisogner soddisfare alcuni requisiti. Rientrano in questa categoria: pensione di invalidit di occupazione per cause di lavoro; pensione di invalidit; pensione di invalidit per persone disabili; 35

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pensione dei minatori. Pensioni per i sopravvissuti, che compensano i superstiti degli assicurati per la perdita della fonte di reddito. Rientrano in questa categoria: pensione del vedovo o della vedova; pensione degli orfani; pensione per la crescita dei bambini. Accanto al sistema pensionistico pubblico, le cui prestazioni rappresentano una forma di tutela di base per le persone, in Germania svolgono un ruolo importante i regimi previdenziali aziendali. Oltre alla normativa di riferimento (Betriebsrentengesentz, 1974), trovano spazio diverse forme di previdenza aziendale. Il fine quello di fornire un complemento al trattamento pensionistico offerto dalla sicurezza sociale, in modo da consentire al lavoratore di mantenere il proprio tenore di vita anche dopo il pensionamento. Il sistema di pensionamento pubblico garantisce, mediamente, una pensione pari al 50% della retribuzione percepita al momento del pensionamento. Il problema avvertito maggiormente dagli appartenenti alle fasce di reddito pi elevate (a causa del meccanismo del plafond contributivo della sicurezza sociale), che di conseguenza aderiscono in modo massiccio ai pianipensione aziendali. Sono quattro le principali tipologie di piani-pensione aziendali: 1) Promessa diretta (Dimektzusagen) 2) Fondi di assistenza (Untersttzungskassen) 3) Fondi pensione (Pensionskassen) 4) Assicurazione diretta (Direktversicherung) Il sistema sanitario In Germania il sistema sanitario si basa su uno schema mutualistico-assicurativo di responsabilit divisa tra centro e periferia. Ognuno dei tre livelli di governo ha la responsabilit di un determinato aspetto: al Bund (governo federale) compete la politica generale, gli interventi legislativi ed il controllo dellintero sistema; i Lnder (governi locali) hanno la responsabilit dellapprovazione della legislazione federale, la supervisione a livello locale di fondi malattia e delle associazioni dei medici, la gestione/pianificazione/controllo degli ospedali, oltre alla regolazione degli standard universitari delle facolt di medicina; i Gemeinden (governi locali) hanno la responsabilit dei servizi sanitari pubblici, la gestione e parte degli investimenti negli ospedali locali. 5. La protezione sociale in Francia Il sistema francese di protezione sociale di tipo assicurativo, come quello tedesco. Negli anni 30 i primi tentativi volti alla creazione di un sistema di protezione sociale integrato si concretizzano con le leggi del 5 e 30 aprile 1930. Nel secondo dopoguerra il legislatore interviene con il decreto del 29 dicembre 1945 e con il Code de la Scurit Sociale, finalizzati allinnalzamento del livello delle prestazioni e della copertura dei rischi sociali. Dagli anni 90 in poi una serie di interventi legislativi provvedono al riordino di alcune aree di particolare interesse (sanit, aiuti alle famiglie, vecchiaia). Il sistema di protezione sociale notevolmente impattato dalla riforma (Piano Jupp) del sistema sanitario francese introdotta nel 1996. Una delle principali innovazioni lintroduzione della Copertura sanitaria universale CMU (Couverture maladie universelle), ossia unassicurazione che copre lintera popolazione e che consente, dallinizio del 2000, a tutti i cittadini francesi di beneficiare della Scurit sociale nel campo sanitario. Anche in campo previdenziale ci sono iniziative che apportano importanti novit, come lo sviluppo della pensione parziale, che ha lo scopo principale di ridurre i pensionamenti anticipati e i costi che da questi scaturiscono, come anche il numero di lavoratori anziani, ancora contribuenti sociali. I primi interventi in tale direzione (trattenere i lavatori anziani) si hanno nel 1985, quando viene permesso agli imprenditori di impiegare part time lavoratori con unet di 55 anni, con un salario ridotto, ma coperto di unindennit del 20-30% del salario precedente, con lobbligo di assumere altri nuovi lavoratori part time. Da una relazione della Commissione Europea del 1997 emerge che questa misura ha comportato un innalzamento del 20% delle persone che hanno fatto richiesta di graduale pensionamento, superando cos il numero di coloro che hanno invece richiesto un pieno pensionamento anticipato. Storicamente, i primi tentativi di instaurare un regime generale, 36

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risalgono ai primi anni del 900, in cui si perseguono soprattutto finalit di tipo assistenziale. Dagli anni 30 in poi (vedi sopra) inizia a strutturarsi un sistema previdenziale con caratteristiche moderne; nello stesso periodo c anche il fiorire di numerosi regimi pensionistici professionali. Nel periodo antecedente la Prima Guerra Mondiale, la maggior parte dei problemi previdenziali sono gestiti attraverso meccanismi individuali di accumulazione, poich solo una minoranza della popolazione attiva inserita in un sistema previdenziale. Ne consegue un massiccio ricorso alle compagnie di assicurazione. Il Ministero dellOccupazione e della Solidariet (Ministre de lEmploi et de la Solidarit) ha la responsabilit dellorganizzazione del sistema francese di protezione sociale, esercitando i suoi poteri in diversi campi tra cui: famiglia, infanzia, persone anziane, difesa e promozione delloccupazione, diritti delle donne, invalidi, immigrati. Il Ministero in questione, insieme a quello della Sanit, coordina anche le attivit inerenti al sistema sanitario nazionale. Il sistema di protezione sociale si divide in 4 schemi: Schema generale (Rgime gnral). Copre la maggior parte dei lavoratori occupati nellindustria o commercio cos come altre categorie di persone (per esempio studenti e persone disabili). La supervisione di competenza del Ministero dellOccupazione e della Solidariet. Schemi speciali. Sono definiti speciali in quanto includono solo particolari soggetti. Alcuni di questi schemi coprono tutti i rischi, altri escludono i rischi delle persone anziane che sono coperti unicamente dal Rgime gnral. Anche in questo caso la supervisione di competenza del Ministero dellOccupazione e della Solidariet. Schema agricolo. Questo schema copre due corpi amministrativi differenti per i lavoratori dipendenti agricoli ed i lavoratori autonomi nel settore primario. La supervisione del Ministero dellAgricoltura e della Pesca. Schema per i lavoratori autonomi del settore non agricolo. Lassicurazione pensionistica amministrata da tre regimi autonomi, ognuno dei quali include un fondo nazionale per gli artigiani, i commercianti e i liberi professionisti, mentre lo schema per lassicurazione sanitaria unico. Ritorna anche in questo caso la supervisione del Ministero dellOccupazione e della Solidariet. Il Rgime gnral rappresenta la parte pi consistente del finanziamento del sistema di protezione sociale per lelevato numero dei beneficiari oltre che lammontare del finanziamento totale (la quasi totalit). Lorgano che, a livello nazionale, posto al centro del Rgime gnral lAgence centrale des organismes de scurit sociale (ACOSS). Le aree coperte dal Rgime gnral sono: vecchiaia; incidenti sul lavoro e malattie professionali; malattia, maternit, invalidit, morte; aiuti familiari. A capo di ogni area c una cassa nazionale, che svolge funzioni di controllo; a livello periferico operano diversi organismi locali o regionali. Sistema pensionistico Il sistema pensionistico francese articolato in diversi livelli in cui operano una molteplicit di organismi ed istituzioni, che hanno in comune ladozione di un sistema a ripartizione. I livelli in questione sono: Schema generale. Tutti i lavoratori in attivit aderiscono ad uno schema legale di base, di cui il pi importante il regime generale di sicurezza sociale (a questo aderisce circa il 60% della popolazione attiva). Schemi complementari. Sono molte le istituzioni che operano allinterno di questo schema, coordinate in associazioni e riconducibili alle diverse categorie professionali. Schemi supplementari. A questo schema appartengono diversi piani a cui le persone possono aderire in modo volontario, per provvedere a una ulteriore integrazione del trattamento pensionistico. Risparmio contrattuale. Consiste in nuove forme di risparmio ai fini pensionistici. Il sistema pensionistico francese si basa essenzialmente su tre principi: a) i diritti acquisiti scaturiscono da una precedente attivit professionale, b) il finanziamento deriva prevalentemente dai contributi versati, c) coesistenza degli schemi obbligatori e degli schemi complementari. La maggior parte dei lavoratori dipendenti del settore privato assicurato obbligatoriamente alla CNAV (Caisse Nationale dAssurance Vieillesse), mentre i dipendenti del settore agricolo hanno un proprio fondo gestito dalla MSA (Mutualit Sociale Agricole). La gestione degli schemi complementari di assicurazione sulla vecchiaia affidata a due organismi: ARRCO (Association des Rgimes de Retraite Complmentaire), opera nel settore privato; 37

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AGIRC (Association Gnral des Institutions de Retraire des Cadres), gestisce gli schemi pensionistici dei dirigenti dimpresa. Struttura del sistema pensionistico francese68 Lavoratori dipendenti Operai ed impiegati in agricoltura Dirigenti in agricoltura Schemi di base MSA MSA Schemi complementari ARRCO ARRCO + SIRC

Operai ed impiegati dellindustria, REGIME GENERAL del commercio e dei servizi CNAV, CAV, CSS Dirigenti dellindustria, commercio e dei servizi Agenti non titolari dello Stato del REGIME GENERAL CNAV, CAV, CSS REGIME GENERAL CNAV, CAV, CSS

ARRCO

ARRCO + AIRC IRCANTEC CASSE DIVERSE

Dipendenti di imprese a statuto REGIME GENERAL speciale CNAV, CAV, CSS

Funzionari e dipendenti del Regime speciale di sicurezza sociale settore pubblico e parapubblico

Lavoratori autonomi Coltivatori dimpresa Artigiani Commercianti e industriali Liberi professionisti agricoli e capi

Schemi di base MSA CANCAVA ORGANIC CNAVPL, CNBF

Schemi complementari CANCAVA CNAVPL, CNBF

Il sistema sanitario Il sistema sanitario francese trae origine, come il sistema di previdenza sociale, dal Code de la Scurit Sociale del 1945. La copertura dellassicurazione sanitaria del Rgime gnral rivolta principalmente ai lavoratori dipendenti dellindustria, dei servizi e del commercio; il resto della popolazione coperto da altri schemi. Lassicurazione sanitaria dei lavoratori agricoli, la Mutualit Sociale Agricole (MSA), (costituita tra il 1961 e il 1966) comprende anche la maternit e linvalidit; il fine di tutelare i lavoratori dagli infortuni sul lavoro e dalle malattie professionali. Nel 1966 stata istituita lassicurazione sanitaria per i lavoratori autonomi appartenenti a settori non agricoli, che

Lista delle abbreviazioni AGIRC = Association Gnral des Institutions de Retraire des Cadres ARCCO = Association des Rgimes de Retraite Complmentaire CGSS = Caisse Gnrale de Scurit Sociale CNAV = Caisse Nationale dAssurance Vieillesse CNAVPL = Caisse Nationale dAssurance Vieillesse des Professions Librales CNBF = Caisse Nationale dAssurance Vieillesse des Avocats CANCAVA = Caisse Nationale AVA CRAV = Caisse Rgionale dAssurance Vieillesse IRCANTEC = Institution de Retraite Complmentaire des Agents Non Titulaires des lEtat et des Collectives publiques ORGANIC = Organisation Autonome Nationale dAssurance Vieillesse de lIndustrie et du Commerce
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sono: artigiani, liberi professionisti e commercianti; la gestione affidata alla Caisse Nationale dAssurance Maladie des Professions Indpendantes (CANAM)

Life expectancy, Males and Fem at birth (Years) ales www.irdes.fr/ecosante/OCDE/111000.html 1960 Australia Austria Belgium Canada Czech Republic Denmark Finland France Germany Greece Hungary Iceland Ireland Italy Japan Korea Luxembourg Mexico Netherlands New Zealand Norway Poland Portugal Slovak Republic Spain Sweden Switzerland Turkey United Kingdom United States Copyright OECD HEA DATA LTH 2004 1st edition 1970 1980 1990

Fem at birth Males at birth Fem at birth Males at birth Fem at birth Males at birth Fem at birth Males at birth ales ales ales ales 73,9 67,9 74,2 67,4 78,1 71 80,1 73,9 71,9 65,4 73,4 66,5 76,1 69 78,8 72,2 73,5 67,7 74,2 67,8 76,8 70 79,4 72,7 78,9 71,7 80,8 74,4 73,4 67,9 73 66,1 73,9 66,8 75,4 67,6 74,4 70,4 75,9 70,7 77,3 71,2 77,7 72 72,5 65,5 75 66,5 77,6 69,2 78,9 70,9 73,6 67 75,9 68,4 78,4 70,2 80,9 72,8 72,4 66,9 73,6 67,2 76,1 69,6 78,4 72 72,4 67,3 73,8 70,1 76,8 72,2 79,5 74,6 70,1 65,9 72,1 66,3 72,7 65,5 73,7 65,1 75 70,7 77,3 71,2 79,7 73,7 80,5 75,4 71,9 68,1 73,5 68,8 75,6 70,1 77,6 72,1 77,4 70,6 80,1 73,6 70,2 65,3 74,7 69,3 78,8 73,4 81,9 75,9 53,7 51,1 72,2 66,5 73,4 67,1 75,9 69,1 78,5 72,3 59,2 55,8 63,2 58,5 70,2 64,1 74,1 68,3 75,4 71,5 76,5 70,8 79,2 72,5 80,9 73,8 73,9 68,7 74,6 68,3 76,3 70 78,3 72,4 75,8 71,3 77,3 71 79,2 72,3 79,8 73,4 70,6 64,9 73,3 66,6 74,4 66 76,3 66,7 66,8 61,2 70,8 64,2 75,2 67,7 77,4 70,4 72,7 68,4 72,9 66,7 74,3 66,8 75,4 66,6 72,2 67,4 74,8 69,2 78,6 72,5 80,3 73,3 74,9 71,2 77,1 72,2 78,8 72,8 80,4 74,8 74,5 68,7 76,9 70,7 79,6 72,8 80,7 74 50,3 46,3 56,3 52 60,3 55,8 68,7 64,2 73,7 67,9 75 68,7 76,2 70,2 78,5 72,9 73,1 66,6 74,7 67,1 77,4 70 78,8 71,8

TAVOLA 1: LASPETTATIVA DI VITA NELLAREA OCSE

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TAVOLA 2: SPESA PER LO STATO SOCIALE IN PERCENTUALE SUL P.I.L. NEL PERIODO 1950-1985 (FONTE OCSE)

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TITOLO IV LA RIFORMA DELLASSISTE NZA IN ITALIA: LA LEGGE N. 328/2000 1. La legge quadro di riforma dellassistenza (Legge 328/2000) Per una chiara e completa comprensione della portata dei contenuti della legge quadro di riforma dellassistenza si riporta integralmente uno schema riassuntivo dei punti chiave e dei contenuti degli articoli, inerenti il cambiamento del ruolo e delle funzioni dei diversi attori (Stato, Regione, Provincia, Comune) conseguente alla entrata in vigore della Legge 328/2000. CAPO I - Principi generali del sistema integrato di interventi e servizi sociali PRINCIPI E FINALIT: Articolo 1 La legge vuole ridefinire il profilo complessivo delle politiche sociali, modificando il concetto su cui si basa il sistema delle prestazioni socio-assistenziali per arrivare a superare il tradizionale concetto passivo e puramente risarcitorio dellassistenza e muovere verso un sistema di protezione sociale attiva, capace di offrire effettive possibilit di autonomia e sviluppo ai cittadini che si vengono a trovare in condizioni di bisogno. La legge finalizzata alla costruzione di un sistema integrato di servizi e prestazioni, che veda coinvolti soggetti istituzionali e della solidariet, e caratterizzato da livelli essenziali di prestazioni, accessibili a tutti. DIRITTO ALLE PRESTAZIONI: Articolo 2 Destinatari delle prestazioni e dei servizi sono i cittadini italiani, i cittadini di Stati appartenenti allUnione europea e i rispettivi familiari, nel rispetto degli accordi internazionali e secondo le modalit definite dalle leggi regionali. Destinatari sono anche gli extracomunitari e gli stranieri con regolare permesso di soggiorno. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali previsto dalla legge ha carattere di universalit, essendo rivolto a tutti gli individui menzionati sopra, e assegna priorit di intervento a situazioni di povert, reddito limitato o incapacit totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze per problemi fisici o psichici. SISTEMA INTEGRATO DEGLI INTERVENTI : Articolo 3 Per la realizzazione dellintegrazione degli interventi dei servizi sociali viene adottato il metodo della programmazione, delloperativit per progetti, della verifica dei risultati in termini di qualit ed efficacia. Gli Enti locali, le Regioni e lo Stato, devono provvedere, secondo le loro competenze, alla programmazione degli interventi secondo i principi di coordinamento ed integrazione, concertazione e cooperazione. Devono inoltre promuovere azioni per favorire la pluralit di offerta dei servizi. FINANZIAMENTO DELLE POLITICHE SOCIALI : Articolo 4 Al finanziamento del sistema integrato di servizi e interventi sociali concorrono Comuni, Regioni e Stato. Lo Stato definisce e ripartisce il Fondo Nazionale per le politiche sociali istituito dalla Legge 449/97, eroga la spesa per le prestazioni economiche a carico del settore assistenziale e per il Reddito minimo di inserimento. Le Regioni ripartiscono i finanziamenti assegnati dallo Stato e co-finanziano specifici interventi sociali. I Comuni, eventualmente anche in modo associato, erogano la spesa per i servizi sociali. TERZO SETTORE: Articolo 5 Viene riconosciuto un ruolo fondamentale ai soggetti del Terzo settore da sostenere anche attraverso politiche formative e misure di accesso agevolato al credito e ai fondi UE. Gli enti pubblici sono tenuti a favorire la trasparenza e la semplificazione amministrativa in modo tale da agevolare laffidamento dei servizi ai soggetti operanti nel Terzo settore. CAPO II - Assetto istituzionale e organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali COMUNI: Articolo 6 Al centro del sistema di protezione sociale si trovano i Comuni, responsabili del governo dei servizi sociali. Alle municipalit vengono riconosciute funzioni amministrative a livello locale; concorrono, inoltre, alla programmazione regionale. Tali funzioni verranno esercitate adottando gli assetti pi funzionali alla gestione, alla spesa e al rapporto con i cittadini. Sono previsti incentivi per lassociazionismo tra comuni. PROVINCE: Articolo 7 Le Province concorrono alla programmazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, per i compiti previsti dallarticolo 15 e dallarticolo 132, rispettivamente della Legge 142/90 e del Decreto legislativo.112/98, secondo modalit definite dalle regioni; nel complesso, molte delle competenze provinciali passano ai Comuni.

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REGIONI: Articolo 8 Alle Regioni spettano compiti di programmazione, coordinamento degli interventi sociali e verifica della loro attuazione, disciplinando, inoltre, lintegrazione degli interventi stessi e promuovendo collaborazioni con gli enti locali. STATO: Articolo 9 Allo Stato spetta lesercizio delle funzioni, secondo larticolo 129 del Decreto legislativo.112/98. Si occupa, inoltre, dei compiti di indirizzo e di coordinamento relativamente a: determinazione dei principi e degli obiettivi della politica sociale; individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei requisiti minimi per lautorizzazione allesercizio dei servizi, nonch determinazione dei requisiti e dei profili professionali in materia di professioni sociali; esercizio di poteri sostitutivi in caso di inadempienza delle Regioni; ripartizione del Fondo Nazionale per le politiche sociali. IPAB: Articolo 10 Il governo delegato a emanare un decreto che disciplini la situazione delle IPAB, con lobiettivo di giungere a una regolazione chiara e definita della materia. La legge illustra i criteri a cui tale decreto dovr attenersi, a partire dallinserimento delle IPAB nella rete locale dei servizi e dalla valorizzazione della loro autonomia. AUTORIZZAZIONE E ACCREDITAMENTO: Articolo 11 I Comuni provvedono allautorizzazione, basata su requisiti regionali integrati da esigenze locali, di servizi, strutture a ciclo residenziale e semi-residenziale a gestione pubblica e del Terzo settore. Nei casi di nuove strutture e servizi, vengono immediatamente applicati i requisiti minimi nazionali mentre nei casi di strutture preesistenti, vengono concesse autorizzazioni provvisorie. I Comuni provvedono, inoltre, allaccreditamento delle strutture e riconoscono a queste determinate tariffe per le prestazioni erogate. PROFESSIONI SOCIALI: Articolo 12 La legge prevede la formazione continua degli operatori, per la quale sono previsti criteri di omogeneit rispetto alle linee di programmazione e di intervento nazionale, e riconosce un ruolo chiave alla professione di assistente sociale. I requisiti per la determinazione delle nuove professioni sociali e dei profili professionali degli operatori sociali verranno fissati entro un anno dallentrata in vigore della legge. CARTA DEI SERVIZI: Articolo 13 Leffettiva esigibilit del diritto a ricevere servizi sociali, e il grado di equit garantito nella loro erogazione, dipendono crucialmente dalle opportunit di informazione e partecipazione che vengono fornite ai cittadini. Al fine di fornire uno strumento concreto a questo proposito, la legge prevede che ciascun ente erogatore di servizi adotti una Carta dei servizi sociali, dandone adeguata pubblicit agli utenti. Tale carta, requisito necessario per laccreditamento, definisce i criteri per laccesso ai servizi, e le loro modalit di funzionamento, le condizioni per facilitarne la valutazione da parte degli utenti e le procedure che assicurano la tutela di questi ultimi. CAPO III Disposizioni per la realizzazione di particolari interventi di integrazione e sostegno sociale PROGETTI PER I DISABILI: Articolo 14 I Comuni, dintesa con le Asl, predispongono su richiesta degli interessati, progetti individuali di integrazione e formazione. ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI: Articolo 15 Le norme sulla destinazione annuale di risorse del fondo sociale per la realizzazione di servizi di assistenza agli anziani non autosufficienti sono legate al potenziamento dellofferta di servizi alla persona. In particolare, ferme restando le competenze del Ssn, il Ministro per la Solidariet sociale determina ogni anno una quota di tale fondo da riservare ai servizi che hanno la finalit di favorire lautonomia degli anziani non autosufficienti e di sostenere la famiglia nellassistenza domiciliare. FAMIGLIA: Articolo 16 Lo sviluppo delle politiche familiari, tese a promuovere e a sostenere la condivisione delle responsabilit di cura, prevede, innanzitutto, la valorizzazione del ruolo delle famiglie nella formazione di proposte e di progetti per lofferta dei servizi, nonch nella loro valutazione; vengono, inoltre, favorite la cooperazione, il mutuo aiuto e lassociazionismo tra le famiglie. ACQUISTO DI SERVIZI: Articolo 17 I Comuni, mantenendo livelli essenziali di prestazioni, possono prevedere la concessione, su richiesta dellinteressato, di buoni servizio per lacquisto di servizi sociali da soggetti accreditati. I criteri e le modalit per tale concessione sono disciplinati dalle Regioni. CAPO IV Strumenti per favorire il riordino del sistema integrato di interventi e servizi sociali

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PIANO NAZIONALE: Artt.18 e 19 Il Governo predispone il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, tenendo conto delle risorse finanziarie disponibili. Le Regioni, entro 120 giorni dalladozione del Piano nazionale, adottano attraverso forme di intesa con i Comuni interessati, il Piano regionale, provvedendo in particolare allintegrazione sociosanitaria in coerenza con il Psr. I comuni definiscono il Piano di zona di intesa con le Asl. SPESA ASSISTENZIALE: Artt.20 e 26 Lo Stato ripartisce le risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui alla legge 449/97. La definizione dei livelli essenziali dei servizi effettuata contestualmente a quella delle risorse da assegnare al Fondo sociale, tenuto conto delle risorse ordinarie destinate alla spesa sociale dalle Regioni e dagli enti locali, nel rispetto delle compatibilit fissate nel Dpef. SISTEMA INFORMATIVO DEI SERVIZI SOCIALI: Articolo 21 Lo Stato, le Regioni e i Comuni devono istituire un sistema informativo dei servizi sociali che garantisca la conoscenza di bisogni e che permetta di disporre in tempo reale delle informazioni necessarie alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali. CAPO V Interventi, servizi ed emolumenti economici INTEGRAZIONE SOCIOSANITARIA: Articolo 22 La legge assimila quanto stabilito nel decreto legislativo di riforma ter del Ssn. Si conferma, quindi, che le prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria siano a carico del Fsn; con un successivo decreto del Ministro degli Affari sociali verranno individuate le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria da porre a carico dei Comuni. REDDITO MINIMO DI INSERIMENTO: Articolo 22 Il Rmi destinato a persone in difficolt economica ed esposte a rischio di marginalit sociale, per le quali si vuole ottenere, attraverso trasferimenti monetari e programmi personalizzati, il ripristino di condizioni di integrazione sociale ed economica. RIORDINO DEGLI EMOLUMENTI: Articolo 24 Il Governo viene delegato a emanare un decreto legislativo per il riordino degli assegni e delle indennit, in base a determinati criteri e principi direttivi. REDDITOMETRO: Articolo 25 Laccesso ai servizi disciplinati dalla legge regolato dallIsee (Indicatore della situazione economica equivalente). Lo strumento consente di omogeneizzare la base informativa necessaria a definire i criteri di selettivit e/o grado di compartecipazione nellaccesso alle prestazioni agevolate, consentendo un miglior utilizzo delle risorse pubbliche. CAPO VI Disposizioni finali COMMISSIONE DI INDAGINE SULLESCLUSIONE SOCIALE: Articolo 27 Viene istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, la Commissione di indagine sulla esclusione sociale, con il compito di effettuare, anche in collegamento con analoghe iniziative nellambito dellUnione europea, indagini sulla povert e sullemarginazione in Italia. La Commissione dovr predisporre per il Governo rapporti e relazioni ed annualmente una relazione nella quale vengono illustrate le indagini svolte, le conclusioni raggiunte e le proposte formulate. EMARGINAZIONE E POVERT: Articolo 28 Allo scopo di potenziare gli interventi volti ad assicurare i servizi destinati alle persone che versano in situazioni di povert estrema e ai senza fissa dimora, il Fondo nazionale per le politiche sociali incrementato di una somma pari a lire venti miliardi per ciascuno degli anni 2001 e 2002.

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FIGURA 5: TASSO DI POVERT ED OCCUPAZIONE NELLAREA OCSE (1999)

2. Nuovi e vecchi protagonisti dellassistenza Se le funzioni della componente istituzionale pubblica sono state dettagliatamente riepilogate negli schemi necessitano di essere compresi e valorizzati appieno tutti gli altri protagonisti dellassistenza, vecchi e nuovi in quanto gi presenti e attivi nel corso della storia come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, ma che trovano un nuovo riconoscimento attraverso il rilancio, da parte della Legge 328/2000, dei principi di welfare mix e sussidiariet. Il Terzo settore Il terzo settore il campo dei soggetti di volontariato, associativi e della cooperazione sociale che interpretano l'impegno della cittadinanza organizzata in diversi ambiti, e che per perseguire queste finalit scelgono di agire nella societ civile in forma stabile e regolata69. Secondo il Censis innanzi tutto una pulsione ideale che spinge verso la pratica del volontariato: sono molti gli italiani che si dichiarano disponibili ad iscriversi ad un soggetto di mediazione soprattutto in base alla necessit di corrispondere ad un bisogno consistente di idealit: chi si appresta ad entrare in una associazione lo fa innanzitutto perch spinto da una forte carica ideale: tra quanti infatti hanno dichiarato che si iscriveranno al pi presto a qualche associazione o lo faranno a certe condizioni, la maggioranza (48,2%) alla ricerca di un gruppo con cui condividere interessi prima ancora che un'agenzia per la tutela degli interessi (44,6%)70 Alla voglia di solidarismo si aggiunge sicuramente un bisogno di autorappresentazione che ha origine dalla diffusa perdita di fiducia nelle forme di delega. La diffusione del non profit e il ruolo fondamentale che sta acquisendo nella societ civile ha avviato un processo di riordino e regolamentazione legislativa. Dal punto di vista fiscale sono state individuate le organizzazioni non lucrative di utilit sociale (ONLUS), dal punto di vista giuridico vigono le norme del codice civile e, per alcune organizzazioni, leggi specifiche. Le ONLUS Con il termine ONLUS vengono raggruppate, una parte delle organizzazioni non profit. Le ONLUS (organizzazioni non lucrative di utilit sociale) sono esclusivamente una categoria fiscale, cui viene concesso, in virt delle finalit sociali perseguite, un regime fiscale favorevole e comprendono varie figure giuridiche che operano allinterno di settori prestabiliti (assistenza sociale, socio-sanitaria e sanitaria, beneficenza, istruzione, formazione, tutela dei diritti civili, ecc.) e che rivolgono la loro attivit a persone svantaggiate e/o componenti di collettivit estere per aiuti umanitari.

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dal Manifesto del "Forum del terzo settore" del 1995. CENSIS, op. cit, p.200.

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Le ONLUS hanno obblighi in merito al contenuto dello statuto, alla modalit di tenuta dei documenti fiscali e il divieto alla distribuzione degli utili. Sono automaticamente ONLUS le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali (di cui allarticolo 6 della Legge 266/1991), le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della Legge 49/1987 e le cooperative sociali di cui alla Legge 381/1991. Sono invece escluse le fondazioni bancarie, i partiti politici, le organizzazioni sindacali, ecc. Organizzazioni di volontariato Lattivit di volontariato definita dallarticolo 2 della Legge 266/91 come quella prestata da organismi liberamente costituiti al fine di svolgere lattivit di volontariato, che si avvalgono in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti, e che rendono la loro attivit in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, anche indiretto, ed esclusivamente per fini di solidariet. E obbligatoria lassenza di fini di lucro nellatto costitutivo e nello statuto. Restano quindi escluse le societ, le cooperative comprese quelle sociali, le societ di mutuo soccorso o self-help, le fondazioni, i comitati. Le risorse economiche per lo svolgimento delle attivit possono essere reperite tramite contributi degli aderenti (sostanzialmente le quote associative) e contributi di privati (donazioni), contributi dello Stato o di enti e istituzioni pubbliche finalizzate al sostegno di specifiche finalit, attivit commerciali e produttive marginali, ecc. Sono iscritte in apposito registro. Cooperative sociali Sono state istituite con la Legge 381/1991. Sono in pratica imprese sociali che svolgendo attivit di notevole rilevanza sociale perseguono al contempo il vantaggio dei soci. Esercitano due tipi di attivit: la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi (cooperative sociali di tipo a); lo svolgimento di attivit finalizzate allinserimento lavorativo di persone svantaggiate (cooperative sociali di tipo b). Sono previste tre categorie di soci: i soci prestatori, che svolgono una normale attivit retribuita; i soci volontari, che prestano la loro attivit in modo spontaneo e gratuito; i soci fruitori, ovvero le persone svantaggiate (disabili, tossicodipendenti, ecc.) dei quali la legge promuove linserimento lavorativo. Sono iscritte in apposito registro, condizione necessaria per accedere al convenzionamento con le amministrazioni pubbliche e godere dei previsti benefici di ordine economico. Fondazioni, Fondazioni bancarie, Associazioni, Comitati, Enti ecclesiastici, Societ di mutuo soccorso Nel Codice civile sono disciplinate come persone giuridiche gli enti morali, ossia enti che perseguono finalit morali in contrapposizione alle societ commerciali e sono citate le associazioni e fondazioni riconosciute e quelle prive di riconoscimento. Queste ultime sono diventate nel tempo il modello pi seguito da quelle componenti della societ civile che perseguono uno scopo ideale71. Recentemente la disciplina delle persone giuridiche riconosciute stata oggetto di rivisitazione sul piano legislativo, ma non ancora stata prodotta una legge organica. Lelemento caratteristico delle Fondazioni lesistenza di un patrimonio finalizzato al perseguimento di uno scopo. Le Fondazioni bancarie sono persone giuridiche private, senza fini di lucro, con piena autonomia statutaria e gestionale, che perseguono esclusivamente scopi di utilit sociale e di promozione dello sviluppo economico. Sono regolamentate dalla Legge 218/1990, Decreto legislativo 356/1990, Legge 461/1998 e Decreto legislativo 153/1999. Una disposizione della Legge 266/1991 prevede che le Fondazioni bancarie finanzino, presso le Regioni, i Centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato. Le Associazioni sono gruppi di persone che si organizzano volontariamente in una associazione, non a scopo di lucro e si danno delle regole comuni al fine di perseguire lo stesso scopo. E prevalente la componente di volontariato attivo, in una logica mutualistica tra i componenti dellassociazione, ma anche rivolta a soggetti esterni. La copertura dei costi garantita attraverso quote associative, liberalit interne o esterne, forme di autoproduzione. I comitati hanno carattere provvisorio e si costituiscono su una finalit precisa. Gli Enti ecclesiastici sono enti non profit con finalit di religione e di culto e storicamente hanno svolto un ruolo di rilievo nellassistenza ai bisognosi.

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CORR D., I servizi socio-asistenziali dei Comuni, Maggioli Editore, San Marino, luglio 2000.

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Le Societ di mutuo soccorso sono disciplinate dalla Legge 3818/1886 e sono caratterizzate da una mutualit accentuata. Le IPAB La Legge n. 753 del 1862 (legge Rattazzi) definiva cos le Opere Pie: sono Opere Pie gli istituti di carit e beneficenza e qualsiasi ente morale avente in tutto o in parte per fine di soccorrere le classi meno agiate, tanto in stato di sanit che di malattia, di prestare loro assistenza, educarle, istituirle ed avviarle a qualche professione, arte o mestiere72. La Legge 17 luglio 1890 n. 6972 (legge Crispi) trasformava le Opere Pie e gli Enti Morali in Istituzioni Pubbliche di Beneficenza: IPB73 (Istituzioni Pubbliche di Beneficenza). Il R.D.Legge 30 dicembre 1923 n. 2841 sostituiva poi alle Istituzioni Pubbliche di Beneficenza le Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB). Parlare di IPAB parlare delle origini del sistema assistenziale in Italia e di una parte importante del suo sviluppo; nel 1880 in Italia le Opere Pie erano 11.495, di cui quasi la met controllate da congregazioni religiose, nel 1900 erano salite a 23.272, nel 1967 erano 7.633 (pi della met scuole per la primissima infanzia), nel 1998 si stimano 4.266 Istituzioni74. Le IPAB nascono da atti di liberalit dei fondatori e hanno come fine linteresse della collettivit, sono enti autonomi, in grado di autodeterminare la propria organizzazione amministrativa, disciplinati dallo Statuto e da Regolamenti. Spesso hanno un significativo radicamento col territorio. Lambiguit normativa che ha teso a sovrapporre la natura pubblica e privata delle IPAB ha originato una lunga vicenda giudiziaria che si complicata ulteriormente con il processo di decentramento amministrativo: il D.P.R. n.9 del 1972 trasferiva le funzioni in materia di IPAB dallo Stato alle Regioni; la sentenza 6-24 luglio 1972, n.139 della Corte costituzionale separava i concetti di assistenza e beneficenza pubblica: la beneficenza pubblica caratterizzata dalla discrezionalit delle prestazioni, mentre lassistenza sociale di cui allarticolo 38 della Costituzione fondata sullobbligatoriet dellintervento pubblico; il D.P.R. n.616 del 1977, completando il trasferimento delle funzioni dallo Stato alle regioni arrivava a sopprimere le IPAB. Larticolo 22 del D.P.R. 616/77 forniva una nuova e moderna definizione della beneficenza pubblica: tutte le attivit che attengono, nel quadro della sicurezza sociale, alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti o a pagamento, o di prestazioni economiche, sia in denaro che in natura, a favore di singoli, o di gruppi, qualunque sia il titolo in base al quale sono individuati i destinatari, anche quando si tratti di forme di assistenza a categorie determinate; con la sentenza 17-30 luglio 1981, n.174 della Corte costituzionale veniva sancita lillegittimit costituzionale dellarticolo 25 del D.P.R. 616/77 nella parte in cui veniva determinata la soppressione delle IPAB ed il conseguente trasferimento di beni, personale e funzioni ai comuni di riferimento. La sentenza inoltre, poneva le basi (unitamente alla Decisione della Corte 30 luglio 1981 n.173) per il successivo riconoscimento, ad opera della stessa Corte (sentenza 24 marzo-7aprile 1988, n.396), del diritto delle IPAB di essere ricondotte alloriginaria natura giuridica privata; con la sentenza 16 maggio 1985 n.189 del Consiglio di Stato si stabiliva che il regime pubblicistico imposto dalla Legge 6972/1890 era finalizzato al controllo degli enti assistenziali, ma non a sottrarli per intero allautonomia privata loro connaturale. Con la stessa decisione il Consiglio di Stato giunge allimportante conclusione che lordinamento vigente non vieta la costituzione di persone giuridiche di diritto privato con finalit socio-assistenziali; con la sentenza 21 maggio 1987 n.195 emerge che la caratteristica del regime giuridico delle IPAB lintrecciarsi di una intensa disciplina pubblicistica con una notevole permanenza di elementi privatistici, il che conferisce ad esse una impronta assai peculiare rispetto ad altre istituzioni pubbliche; con la sentenza 24 marzo-7aprile 1988, n.396: la Corte costituzionale pone definitivamente fine allobbligatoria veste giuridica pubblicistica delle IPAB regionali ed infraregionali dichiarando lincostituzionalit dellarticolo 1 della Legge 6972 del 1980 nella parte in cui non consente che le stesse possano continuare a sussistere assumendo la personalit giuridica di diritto privato; il D.P.C.M. 16 febbraio 1990 individuava i criteri per consentire alle IPAB interessate la richiesta di privatizzazione in via amministrativa.

Art.1, Legge del 3 agosto 1862, n. 753. Il Regio Decreto Legge 30 dicembre 1923 n. 2841 sostituisce alle Istituzioni Pubbliche di Beneficenza le Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza. 74 BERTAZZONI A.M., IPAB: una svolta epocale, IPAB Oggi n.3/2001, p.7.
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La Legge 328/2000, legge quadro di riforma del settore, nella consapevolezza della necessit di un intervento legislativo organico introduce, per le IPAB, la possibilit di riconoscersi nel diritto pubblico o nel diritto privato a seconda dei casi (natura, dimensioni, ispirazione). Di fatto oggi le IPAB esistenti che erogano servizi a corrispettivo (retta) non possono non relazionarsi con il sistema integrato in quanto necessitano, per continuare a operare, dei contributi pubblici (in conto retta e in conto capitale). I patrimoni originari si sono infatti assottigliati nel tempo e quelli residui (salvo rare eccezioni) non sono in grado di garantire il funzionamento con le sole rendite (al limite il contenimento delle rette). Riassumiamo di seguito i principali cambiamenti introdotti dalla legge di riforma riguardo alle IPAB: viene abrogata la disciplina relativa alle IPAB prevista dalla legge 17 luglio 1890, n. 6972; gli enti riordinati entrano a far parte, a pieno titolo, della rete integrata dei servizi, divenendone soggetti attivi e responsabili; viene affidato alle Regioni il compito di individuare le modalit di concertazione e di cooperazione dei diversi livelli istituzionali con le IPAB riordinate (si rinvia alla programmazione sanitaria per quegli enti che operano prevalentemente nel campo socio sanitario); viene prevista la trasformazione della forma giuridica delle IPAB assicurando lautonomia statutaria, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica o in aziende pubbliche di servizi alla persona (anche con incentivi allaccorpamento e alla fusione in base a linee di indirizzo prestabilite) o in associazioni o fondazioni di diritto privato; spetta alle regioni specificare: i casi in cui il mantenimento della personalit di diritto pubblico dovr essere escluso; i casi in cui sar possibile adottare piani di risanamento o modifica delle finalit per mantenere la personalit giuridica di diritto pubblico; i casi in cui sar possibile sciogliere le IPAB che risultino essere inattive da almeno due anni o abbiano esaurite le finalit previste dagli statuti. Nel caso di scioglimento verr salvaguardata la destinazione dei patrimoni a favore di altre IPAB o dei Comuni, allo scopo di promuovere il sistema integrato di interventi e servizi sociali; vengono disciplinate le trasformazioni, l'autonomia, il governo, la gestione, i controlli, il personale, il patrimonio, la contabilit delle aziende; viene prevista, per le istituzioni che operano prevalentemente nel settore scolastico (che costituiscono, numericamente, la seconda grande tipologia in cui si articolano le istituzioni), lapplicazione delle disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 febbraio 1990 (depubblicizzazione per via amministrativa); tutti quegli enti, di origine e natura religiosa, che l'articolo 91 della legge del 1890 aveva equiparato alle IPAB, vengono liberati definitivamente dalla imposizione della personalit giuridica di diritto pubblico, senza alcuna verifica di requisiti; viene previsto, per le IPAB che svolgono esclusivamente attivit di amministrazione del proprio patrimonio, ladeguamento degli statuti a principi di efficienza/efficacia/trasparenza; viene prevista la possibilit di separare la gestione dei servizi da quella dei patrimoni; vengono applicati un regime giuridico del personale di tipo privatistico e forme contrattuali coerenti con lautonomia. Considerazioni sulla legge 328/2000 Ripercorrere, seppur ad ampi e rapidi passi, il cammino che ha portato alla tanto attesa approvazione della legge quadro di riforma dell'assistenza, consente, in primo luogo, di contestualizzare da un punto di vista legislativo/normativo la situazione dell'offerta di servizi sociali comunali, oggetto della ricerca; in secondo luogo, consente anche di individuare i corsi e ricorsi che la storia degli approcci assistenziali e delle politiche e normative sociali ha avuto nei secoli. Corsi e ricorsi da cui molto si pu imparare e che ci aiuteranno certamente a comprendere meglio la complessa situazione del servizi sociali che abbiamo avuto modo di rilevare nel corso della ricerca, i cui dati si riferiscono alla situazione immediatamente precedente l'approvazione della legge quadro di riforma dell'assistenza. Questa fortunata collocazione temporale dei dati e delle informazioni raccolte, fa s che la ricerca possa diventare un'importante elemento di confronto nel monitoraggio dello stato di applicazione della Legge 328/2000, un prima che consentir di individuare con maggior facilit il percorso intrapreso dal dopo, dal nuovo sistema di 'Welfare plurale' delineato dalla riforma, ma anche un prima che contiene gi molti elementi e orientamenti previsti dalla nuova legislazione, come avremo modo di vedere in seguito. L'esigenza di muoversi e orientarsi nella corposa legislazione in materia socio-sanitariaassistenziale, che negli ultimi anni si ulteriormente sviluppata con il varo di numerosi provvedimenti e iniziative dei Governi a favore delle fasce pi deboli di popolazione, ci ha indotto a completare questo capitolo con un elenco, certamente incompleto, delle principali normative attualmente in vigore.

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FIGURA 6: TASSO DI POVERT E DI IMPIEGO NEI PAESI DELLAREA OCSE (FONTI OCSE 1999)

3. La riforma del Titolo V della Costituzione ed il Welfare State Lassetto istituzionale e organizzativo del welfare socio-assistenziale italiano stato al centro di un processo di rinnovamento che ha interessato non soltanto lorganizzazione e il riparto delle competenze amministrative tra i diversi livelli di governo, ma anche le stesse modalit di intervento dellente pubblico nella societ civile. Semplificando, si pu dire che due sono gli aspetti pi innovativi e rilevanti introdotti nella legislazione sui servizi socio-assistenziali a partire dai primi anni 90 sino ad oggi : 1) la progressiva affermazione del principio di sussidiariet nel campo delle politiche sociali ; 2) pi recentemente, il riconoscimento di una nuova autonomia legislativa delle regioni in materia di assistenza sociale. Nelle pagine seguenti, pertanto, si proceder ad illustrare brevemente i contenuti dei processi suddetti, cercando di individuare le caratteristiche del modello di welfare socio-assistenziale che verr tendenzialmente ad affermarsi in futuro. La progressiva affermazione del principio di sussidiariet nelle politiche socio-assistenziali Il principio di sussidiariet tende ad affermarsi nella legislazione statale sui servizi socioassistenziali a partire dalla seconda met degli anni 90 nelle due accezioni in cui declinabile, ovvero sia sotto il profilo c.d. verticale, che in quello orizzontale. Si cos progressivamente affermato un modello organizzativo istituzionale che da un lato privilegia i comuni quali titolari delle funzioni amministrative relative ai servizi sociali organizzati a livello locale, e che dallaltro, porta ad una valorizzazione senza precedenti della collaborazione tra pubblici poteri e soggetti privati, in particolare del Terzo settore, nellerogazione dei servizi e delle prestazioni sociali. Levoluzione normativa ed organizzativa dei servizi socio-assistenziali offre quindi un valido esempio di come il principio di sussidiariet rappresenti un criterio ispiratore comune della riforma sia del regionalismo che dello Stato sociale italiano (A. Ferrara, 1997). Dal welfare statale al welfare municipale nei servizi socio-assistenziali La concreta attuazione del sistema assistenziale delineato dagli artt. 38 e 117 Cost.75 ha preso lavvio nella seconda met degli anni settanta, cio a partire dalla costituzione delle regioni a statuto ordinario e dal trasferimento ad esse delle funzioni amministrative in materia assistenziale. Le regioni per ricevettero una serie di competenze frantumate derivanti dai disciolti enti assistenziali fascisti, mentre manc a livello statale lapprovazione di una legge quadro di riforma della materia capace di riordinare organicamente il settore. Ne derivato un ruolo di supplenza svolto dalla legislazione regionale che, in mancanza di una cornice generale di norme statali che individuassero standard minimi di prestazioni e servizi, obiettivi e criteri di programmazione, principi generali per la ripartizione delle risorse finanziarie, ha proceduto allorganizzazione del proprio sistema socioassistenziale in modo autonomo, spesso disordinato e sicuramente disomogeneo (C. Saraceno, 1997).
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Mentre lart. 38 Cost. riconosce il diritto allassistenza sociale ad ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere, lart. 117 Cost. - prima della recente revisione avvenuta con la l. cost. n. 3/2001- attribuiva alla potest legislativa concorrente delle regioni la materia della beneficenza pubblica.

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Una delle poche indicazioni statali relative allassetto organizzativo regionale dellassistenza sociale si rinviene nel d.P.R. n. 616/1977, il quale stabiliva che ai comuni, singoli od associati, era attribuita la competenza amministrativa in materia di organizzazione ed erogazione delle prestazioni inerenti i servizi socio-assistenziali del proprio territorio. Poich tuttavia la legge istitutiva del servizio sanitario nazionale, approvata lanno successivo a quello del d.P.R. citato, evidenziava la necessit di un coordinamento e di unintegrazione organizzativa ed istituzionale dei servizi socio-assistenziali con quelli sanitari, le competenze comunali in materia di assistenza sociale vennero nella legislazione regionale definite anche attraverso la regolamentazione del rapporto di collaborazione, sotto varie forme, dellente locale con le unit sanitarie locali, definite nella legge n. 833/1978 come la struttura operativa dei comuni singoli od associati76 nellambito sanitario. In particolare, le regioni elaborarono differenti modelli di sistemi relazionali tra comuni ed uu.ss.ll. nellambito dellorganizzazione delle prestazioni socio-assistenziali. Lesame della legislazione regionale di questo periodo, infatti, consente, pur con inevitabili semplificazioni, di evidenziare tre differenti tendenze : alcune regioni, quali Piemonte, Toscana, Basilicata, Campania, Val dAosta, Abruzzo, affidarono la gestione associata dei servizi socio-assistenziali dei comuni alle uu.ss.ll.77. Tale scelta venne giustificata sulla base della necessit di assicurare un unico polo organizzativo ai servizi sociali ed a quelli sanitari, rappresentato appunto dalle unit locali suddette. Altre regioni, come per esempio Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e Veneto, affidarono la gestione di alcuni servizi direttamente alle associazioni di comuni ed a comuni singoli78. Infine, Calabria, Sicilia, Lazio, Marche e Sardegna prevedevano una netta separazione gestionale dei servizi sanitari, in capo alle uu.ss.ll. e di quelli socio-assistenziali, in capo ai comuni79. Come si vede, la tendenza dominante tra le regioni fu quella di organizzare un sistema di servizi socio-assistenziali orientato prevalentemente verso una forma di gestione comunale associata tramite le Uu.ss.ll. (P. Cavaleri, 1984), dove la titolarit comunale delle funzioni amministrative in materia socio-assistenziale predisposta dal legislatore statale divenne nei fatti pi fittizia che reale a causa del ruolo preponderante attribuito alla gestione dei servizi attraverso lorganizzazione delle uu.ss.ll. Tale scelta fu in parte motivata dal fatto che veniva a semplificare il processo di decentramento delle funzioni amministrative socio-assistenziali che, in assenza di una riforma generale dellassistenza, si rilev complesso in quanto costituito dal passaggio allente comunale di tante funzioni separate e non organizzate organicamente. Agli inizi degli anni novanta, quindi, il sistema socio-assistenziale vigente in Italia si basava sulle prestazioni ed i servizi forniti dalle unit sanitarie locali in base a delega comunale e, pi raramente, direttamente dagli enti locali, nel contesto un po disordinato di una legislazione regionale sostitutiva del vuoto legislativo nazionale. Lassenza di un intervento organico di riordino dellassistenza sociale da parte del governo centrale e la predominanza della gestione affidata alle uu.ss.ll. rispetto alle funzioni esercitate dai comuni, per, impediva di dare dignit piena a prestazioni finora residuali, occasionali e frantumate, direttamente dipendenti dalliniziativa e dalla disponibilit di risorse di qualche ente locale (G. Cazzola, 1994), determinando anche forti disuguaglianze tra le regioni nella risposta delle istituzioni ai bisogni sociali dei cittadini (V. Fargion, 1997). E in questo contesto che si inserisce il pi recente processo di decentramento amministrativo attuato a partire dalla legge n. 59/1997 (Bassanini I) che ha determinato il trasferimento definitivo a regioni ed enti locali delle funzioni amministrative relative allintera materia socio-assistenziale, introducendo per la prima volta espressamente il riferimento alla sussidiariet quale criterio di riparto delle competenze in questione80. Ci ha determinato una rinata attenzione per il ruolo svolto nellambito dei servizi sociali dal comune in quanto, in virt del principio di sussidiariet, le decisioni vanno assunte al livello territoriale di governo pi vicino ai diretti interessati che anche il solo capace di interpretare al meglio i bisogni sociali e di valorizzare le risorse delle collettivit locale. Nella prospettiva indicata da tale provvedimento, infine, si muove anche la legge n. 328/2000, legge quadro sul sistema dei servizi e degli interventi sociali, la quale, dopo unattesa pi che ventennale, stata finalmente approvata verso la fine del 2000. Tale provvedimento conferma la competenza amministrativa di carattere generale in capo ai comuni, i quali sono titolari, oltre che delle attivit di assistenza gi di competenza delle province, di una serie di funzioni di programmazione e
Legge n. 833/1978, art. 15. L. R. Basilicata 4.12.1980, n. 50, art. 16 il quale prevedeva che: In attesa della legge di riforma sullassistenza pubblica, in attuazione dellart. 25 comma 2 del D.P.R. 24.7.1977, n. 616 e degli artt. 11 e 15 della legge 23.12.1978, n. 833 le funzioni relative ai servizi socio assistenziali attribuite dalla normativa vigente ai Comuni vengono esercitate in forma associata dalle UU.SS.LL.. 78 L. R. Lombardia, 7 gennaio 1986, n. 1, art 14. 79 L. R. Sardegna 25 gennaio 1988, n. 4, art. 11 il quale precisa che: Allinterno di ciascuno degli ambiti territoriali delimitati ai sensi del precedente art. 10, le funzioni socio-assistenziali sono esercitate dai comuni singoli, dai Consorzi volontari e dalle Associazioni di Comuni.... 80 Legge n. 59/1997, art. 4, II c., lett. a); d. lgs. n. 112/1998, artt. 128 ss.
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progettazione degli interventi a livello locale - attuate attraverso il c.d. piano di zona81 - nellambito di quello che viene definito il sistema dei servizi sociali a rete82, costituito, sia a livello di programmazione che di erogazione delle prestazioni, attraverso la collaborazione dei soggetti pubblici con quelli privati profit e non profit operanti nel settore.. Su tutti i soggetti partecipanti al sistema delle prestazioni sociali suddette il comune esercita anche una funzione di vigilanza/controllo. Ne deriva un modello di welfare socio-assistenziale che vorremmo chiamare municipale in quanto ai Comuni, in virt della capacit propria dei governi locali di mobilitare attorno alla costruzione del sistema di protezione sociale le risorse della collettivit, (che) viene attribuito un ruolo di governo o meglio di regia, anche per il tramite della ricomposizione in capo ad essi di tutte le competenze in materia83. A questo proposito, giova inoltre sottolineare che il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2001-2003 adottato il 3.4.2001 in attuazione dellart. 18 della legge n. 328/2000, precisa che Al Comune, ente territoriale pi vicino alle persone, affidata la regia delle azioni dei diversi attori, in unottica di condivisione degli obiettivi e di verifica dei risultati e ancora che ... risulta confermata la scelta che privilegia i comuni quali titolari delle funzioni relative ai servizi sociali offerti a livello locale ..., con alcune specificazioni connesse al concetto di rete, sottolineando cos il ruolo di governo della rete dei servizi assegnato al comune. In questo studio, pertanto, laccezione welfare municipale viene usata in riferimento a questa specifica attribuzione del comune che di fatto rende tale ente locale, pur allinterno della programmazione e lattivit di indirizzo regionale, il regista appunto del sistema dei servizi e delle prestazioni. Infine, il processo di progressiva concentrazione nellente comunale delle funzioni amministrative relative al sistema locale dei servizi sociali trova oggi garanzia anche a livello costituzionale, posto che in base alla recente revisione del Titolo V Cost. il comune viene riconosciuto come cuore amministrativo della repubblica (G. DAuria, 2001)84. Il processo di decentramento del welfare ha determinato anche una progressiva riforma delle modalit strutturali dellintervento pubblico nelle politiche sociali. Le istituzioni pubbliche, infatti, in presenza di una forte riduzione dei trasferimenti finanziari statali, sono state in un certo senso naturalmente spinte verso una valorizzazione delle prestazioni provenienti dal settore privato e dalle organizzazioni non lucrative, innovando i modelli tradizionali di intervento del potere pubblico, in particolare di quello locale, nelle politiche sociali. Non a caso vi chi ha ben sottolineato che la seconda met degli anni Ottanta, ed ancor pi gli anni Novanta, saranno ricordati in Italia come il periodo nel quale ha assunto una dimensione sempre pi significativa il partito della privatizzazione in economia, cos come nellambito delle politiche sociali (U. Ascoli, 1995). Nellambito della riflessione dottrinale e scientifica, tuttavia, la sottolineatura del rilievo dellimpegno del settore privato nel campo delle prestazioni inerenti i diritti sociali non si risolta in un auspicio di apertura al mercato dei servizi sociali, quanto piuttosto nella valorizzazione del ruolo delle formazioni sociali nella costruzione di dinamiche solidaristiche e distributive, cui si accompagnata una nuova riflessione sul rapporto pubblico/privato nelle prestazioni inerenti i diritti sociali delineato nella Costituzione. In particolare, in riferimento allassistenza sociale si giustamente osservato che lart. 38 Cost., l dove dispone che lassistenza privata libera85 combina lintervento pubblico e lattivit privata, consentendo perci il superamento del principio di pubblicizzazione generalizzata86 del sistema dei servizi e delle prestazioni di welfare. Le riflessioni suddette sono state accompagnate dalla riscoperta del principio di sussidiariet orizzontale di cui numerosi contributi hanno mostrato lutilit come chiave di lettura della problematica attinente alla portata dellintervento pubblico nella tutela dei diritti sociali (V. Baldini, 1999). Il dibattito sopra descritto non ha tardato a produrre effetti concreti anche nellambito della produzione normativa attraverso lapprovazione, nel campo delle politiche sociali, della legge quadro n. 328/2000, in cui si pu dire, a ragione, che il principio di sussidiariet orizzontale immanente al sistema stesso di interventi e servizi sociali ivi progettato (F. M. Lazzaro, 2002), e in tempi pi recenti, nella revisione costituzione del Titolo V Cost. il cui art. 118, IV comma, contiene una formulazione esplicita del principio in questione87. Si evidenzia quindi con chiarezza come il processo sopra descritto abbia determinato il passaggio da un modello di politiche socio-assistenziali incentrate sulla prevalenza della presenza
Legge n. 328/2000, art. 19. Art. 6, II comma, lett. a) della Legge n. 328/2000. 83 Relazione parlamentare dellonorevole E. Signorino, di accompagnamento alla Legge n. 328/2000. 84 Si veda infatti il nuovo testo dellart. 118, I comma, Cost. nel quale si prevede che : Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni, salvo che per assicurarne lesercizio unitario, siano conferite a Province, Citt metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principio di sussidiariet, differenziazione ed adeguatezza. 85 Cost., art. 38, V comma. 86 Corte cost., sent. n. 396/1988, in Reg., 1998, 1331 ss. 87 Lart. 118, IV comma, Cost. prevede infatti che: Stato, Regioni, Citt metropolitane, Province e Comuni favoriscono lautonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attivit di interesse generale, sulla base del principio di sussidiariet.
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pubblica nella rete dei servizi e delle prestazioni sociali, ad un modello in cui alle istituzioni pubbliche spetta piuttosto la regolazione dellintero sistema composto da soggetti pubblici e privati che collaborano alla predisposizione della rete dei servizi alla persona. Ne deriva un modello di welfare comunitario e collaborativo (una welfare community) basato sullidea che la titolarit delle funzioni pubbliche non impone n la gestione delle stesse in capo ai pubblici poteri, n il monopolio da parte di questi ultimi della programmazione degli interventi da attuare sul territorio. Da qui la metafora del passaggio dal welfare state alla welfare society utilizzata felicemente da alcuni autori (G. Cazzola, 1991 ; L. Antonini, 2000). Regioni e servizi sociali dopo la revisione del Titolo V della Costituzione La legge n. 328/2000 riconosce anche alle regioni un ruolo di primaria importanza nella realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Se al comune viene affidata la regia degli interventi a livello locale, allente regionale tale provvedimento attribuisce rilevantissimi compiti di programmazione, coordinamento ed indirizzo generale delle politiche sociali regionali (Commissione Di Indagine Sullesclusione Sociale, 2002). In particolare, alle regioni viene affidato il compito di elaborare il Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali, principale strumento di programmazione delle politiche sociali regionali nel quale sono contenute scelte importanti in ordine agli obiettivi strategici prioritari, alla valorizzazione di specifiche tipologie di prestazioni, alle sperimentazioni, alla ripartizione dei finanziamenti in ambito locale, agli incentivi per la gestione associata delle funzioni. Inoltre, alle regioni compete anche la regolamentazione dei requisiti per lautorizzazione/accreditamento delle strutture assistenziali residenziali e semi residenziali, nonch quella relativa alle procedure di affidamento dei servizi al Terzo settore, sulla base di requisiti e principi generali indicati dallo Stato. Si tratta, come si vede, di competenze importanti, idonee a caratterizzare alcune delle componenti fondamentali delle politiche sociali quali per esempio il rapporto pubblico/privato nellerogazione delle prestazioni. Ora, la recente revisione del Titolo V della Costituzione sembra muoversi nella direzione di potenziare ulteriormente la capacit regionale di incidere sulla politiche socio-assistenziali del proprio territorio, aprendo la via verso unulteriore differenziazione delle politiche sociali regionali. Con le modifiche apportate al titolo V Cost., infatti, il legislatore costituzionale ha attribuito alle regioni una nuova autonomia legislativa in materia di assistenza sociale. In base al nuovo testo dellart. 117 Cost., infatti, le regioni non saranno pi tenute, come in passato, ad osservare i principi generali stabiliti dalle leggi statali, ma potranno legiferare sulla materia esclusivamente attenendosi al rispetto della Costituzione e dei livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali definiti dallo Stato (R. BalduzziG. Di Gaspare, 2002). Questultima competenza statale tende a scongiurare leventualit che la nuova autonomia regionale in materia si traduca in un grado deteriore di tutela del diritto costituzionale allassistenza dovuto unicamente al luogo di residenza, ma al di fuori dei livelli essenziali suddetti, che dovranno essere garantiti su tutto il territorio, le regioni potranno compiere scelte sempre pi autonome in materia di politiche sociali. Ne consegue che le regioni ordinarie potranno intervenire a disciplinare pi autonomamente i principi della programmazione regionale e locale, le norme per lautorizzazione e laccreditamento delle strutture private operanti nel settore, i sistemi di affidamento dei servizi alla persona agli enti lucrativi e non lucrativi. Si tratta di aspetti importanti, talora anche problematici e discussi nellambito della programmazione dei servizi socio-assistenziali, capaci di caratterizzare le politiche sociali delle singole regioni e di differenziare i modelli di intervento dei governi regionali nelle prestazioni del welfare socio-assistenziale. Ma le novit introdotte dalla revisione costituzionale non attengono soltanto al profilo delle competenze legislative regionali. In base al nuovo testo dellart. 119 Cost., infatti, le regioni e gli enti locali devono provvedere a finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite con tributi ed entrate proprie e compartecipazione al gettito di tributi erariali. Lo Stato istituisce un fondo perequativo per i territori con minore capacit fiscale per abitante e destina a regioni ed enti locali risorse aggiuntive ed interventi speciali per favorire leffettivo esercizio dei diritti della persona. Al di l di questi strumenti finanziari di intervento perequativo, aggiuntivo e speciale dello Stato, si deve notare che con questa modifica del titolo V Cost. arriva a compimento un processo gi da tempo in atto nellordinamento e consistente non soltanto in un trasferimento di competenze dallo Stato centrale alle autonomie territoriali, quanto piuttosto in una completa trasformazione del modo di intendere il welfare state, le cui responsabilit gestionali e finanziarie, a beneficio dei conti economici nazionali, vengono in buona parte trasferite verso il sistema locale. Si inaugura cos una fase delicata per lo sviluppo del Welfare socio-assistenziale del nostro ordinamento, nella quale le regioni e gli enti locali dovranno dimostrare di essere in grado di gestire in modo pi autonomo non solo lorganizzazione e la programmazione del sistema dei servizi socioassistenziali del proprio territorio, ma anche il finanziamento delle proprie politiche sociali. Sembra per assai probabile che ci potr determinare unulteriore diversificazione del grado di efficienza ed efficacia dei servizi sociali offerti nei diversi territori, posto che nei comuni pi ricchi, unelevata pressione fiscale consentir di finanziare, tra gli altri, anche la rete dei servizi socio51

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assistenziali, mentre le aree economicamente e socialmente pi depresse difficilmente riusciranno, in virt dellautonomia finanziaria, a migliorare le prestazioni sociali offerte ai cittadini. Gli strumenti perequativi che il nuovo testo costituzionale predispone rappresentano sicuramente una garanzia contro leccessiva differenziazione della tutela dei diritti sociali nei diversi territori, ma realisticamente sembra difficile che essi si rivelino in grado di attutire differenze di carattere economico, sociale, culturale, organizzativo che il precedente regionalismo non era riuscito attenuare. Limpressione che si ricava da una valutazione complessiva delle nuove disposizioni costituzionali sotto il profilo delle politiche sociali dunque quella di uno Stato che, pur garantendo strumenti di perequazione ed uniformit essenziali, si ritira dal campo delle politiche socioassistenziali che diventano, oggi pi che mai, ambito di autonoma programmazione e finanziamento regionale e municipale. Verso la differenziazione dei modelli regionali di welfare socio-assistenziale Con la nuova competenza legislativa delle regioni in materia giunge per cos dire a compimento il processo di progressivo decentramento delle competenze legislative ed amministrative in materia di assistenza sociale, le prime ormai trasferite in base al nuovo testo dellart. 117 Cost alla potest legislativa esclusiva delle regioni, le seconde di competenza degli enti comunali, salvo che esigenze di unitario esercizio non ne giustifichino lattribuzione ai livelli di governo superiori. Tra i fattori che hanno spinto verso il decentramento delle competenze socio-assistenziali vi sicuramente la crisi del welfare italiano, tradottasi dapprima nel c.d. federalismo amministrativo attuato nel 1997, e successivamente nella riforma del Titolo V della Costituzione. Dinanzi alla crisi dello stato sociale, in altre parole, si fa strada lesigenza di rinvenire nuovi moduli organizzativi che, proprio attraverso la valorizzazione delle realt locali, attivino un circuito virtuoso che favorisca la crescita endogena( L. Chieffi, 2001). E tuttavia stato anche ben evidenziato che la novit di questo processo che, analogamente a quanto sta accadendo o gi accaduto in altri paesi europei, la riforma consiste non soltanto in un trasferimento di competenze dallo stato centrale alle autonomie territoriali o nella loro modernizzazione, quanto piuttosto in una completa trasformazione del modo di intendere il welfare state, le cui responsabilit gestionali e finanziarie, a beneficio del risanamento dei conti economici nazionali, sono state in buona parte trasferite verso il sistema locale (P. Carrozza, 1998). Si quindi in presenza di un processo di progressiva localizzazione del welfare socioassistenziale le cui responsabilit politico-amministrative tendono a concentrarsi prevalentemente su due livelli di governo : la regione ed il comune. La prima acquista nel settore socio-assistenziale maggiore autonomia legislativa, mentre continua a svolgere sul piano amministrativo un ruolo fondamentale di programmazione, coordinamento ed indirizzo. Per esigenze di programmazione unitaria e di coordinamento generale, spetta infatti al governo regionale la ripartizione delle risorse finanziarie, la programmazione generale delle politiche sociali, la definizione degli ambiti territoriali di gestione, lindividuazione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi in conformit con quelli indicati dallo Stato, degli standard organizzativi ed operativi delle strutture, delle regole generali per i sistemi di affidamento dei servizi socio-assistenziali a soggetti privati. E evidente, pertanto, quale importanza possa assumere la funzione legislativa regionale nellambito del generale funzionamento del sistema dei servizi e quale possa essere lincidenza del suo ruolo di impulso, programmazione e coordinamento. In questambito si possono, infatti, aprire per le regioni scelte politico-organizzative assai diversificate per esempio in materia di esternalizzazione dei servizi, di limitazione del ricorso alla gestione delle aziende sanitarie, di incentivi allesercizio associato delle funzioni tra i comuni e via dicendo. Del resto, anche il processo di evoluzione verso un modello di stato sociale basato sulla sussidiariet, che si illustrato nelle pagine precedenti, porta con s un inevitabile componente di territorializzazione/differenziazione dei sistemi socio-assistenziali regionali. Infatti, ci che caratterizza il principio di sussidiariet il fatto che lo stesso possiede un contenuto per cos dire dinamico e relativo (A. DAloia, 1999), nel senso che non determina unattribuzione di competenze per materia rigidamente prestabilita, ma ripartisce le funzioni in relazione alla dimensione dellinteresse di volta in volta in considerazione, alladeguatezza delle dimensioni organizzative, finanziarie, ecc.. dellente, alla salvaguardia delle esigenze di carattere unitario, al grado di vitalit della societ civile. Ci significa che, a seconda delle caratteristiche sociali, economiche, culturali, politiche di ciascun territorio, lapplicazione del principio in questione potrebbe determinare esiti diversi, dando vita a differenti modalit di intervento degli enti locali nellorganizzazione dei servizi sociali e ad un diverso grado di collaborazione tra pubblico/privato nella gestione degli stessi. In base alle considerazioni suddette, sembra corretto ipotizzare che in futuro le differenze tra le varie regioni in materia di organizzazione e gestione dei servizi sociali, potrebbero tendere ad accentuarsi. In particolare, ci sembra che le differenziazioni maggiori tra regioni potranno concentrarsi proprio sulle modalit con cui verr data attuazione nei diversi ordinamenti regionali al modello di welfare municipale, da un lato, e di welfare society dallaltro. E ci perch il funzionamento di tali modelli dipende, oltre che da scelte di natura squisitamente politica, anche dallesistenza di un sistema 52

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di autonomie locali ben integrato ed efficiente e da un sostrato demografico, economico e socioculturale attivo, elementi questi che, se da un lato si rinvengono sicuramente in alcune aree del paese, sono del tutto assenti in altre. In questa prospettiva si evidenzia quindi come il processo normativo di evoluzione del welfare nel campo socio-assistenziale tenda piuttosto alla creazione di tanti modelli regionali distinti, caratterizzati, oltre che da scelte politico-organizzative differenti, anche da un grado differente di coinvolgimento degli attori sociali nell'organizzazione dei servizi e da un diverso ruolo svolto dal soggetto pubblico titolare delle competenze amministrative in materia. 4. il Libro Bianco ed il Piano di Azione Nazionale contro la povert e lesclusione sociale (2003-2005) Le priorit fissate dallattuale Governo in tema di politiche sociali sono state espresse nel corso del 2003 nel Libro Bianco sul Welfare. In tale contesto sono state enunciate da un lato, una robusta rivisitazione del sistema di Welfare e dall'altro, le nuove priorit su cui fondare il quadro operativo delle politiche future: transizione demografica e la famiglia. Il Libro Bianco sul Welfare, costituisce la base del confronto con le Regioni, le Province, i Comuni, le Parti Sociali e le associazioni del Terzo Settore, al fine di determinare la nuova agenda sociale italiana. Tracciando una linea di continuit con la Strategia Europea per loccupazione (SEO), il Libro Bianco sul Welfare, tenta di stabilire una politica a favore dellinclusione sociale fondata su un'offerta differenziata di prestazioni e servizi che non faccia risultare in contrapposizione i criteri dell'universalit degli interventi e di selettivit nella messa in opera degli stessi. Alcune delle tematiche affrontate dal Libro Bianco sul Welfare vengono riprese dal Piano di Azione Nazionale contro la povert e l'esclusione sociale 2003-2005, tra cui la centralit della famiglia, l'applicazione di servizi universali mediante una nuova solidariet, le misure a carattere orizzontale. Il Piano di Azione Nazionale d seguito alle principali questioni aperte con la definizione di una serie di aree d'intervento quali: Lingresso nella vita e nel mondo del lavoro; Il diritto ai servizi universali mediante una nuova solidariet; Linclusione sociale; Lautonomia psico-fisica; La coesione sociale; Misure di carattere orizzontale (sistema di istruzione e lifelong learning, promozione di politiche attive del lavoro e di flessibilizzazione del mercato, attivazione di processi di regolarizzazione del lavoro sommerso e implementazione dei sistemi di monitoraggio delle politiche sociali e formative); 5. Conclusioni L'avvenire del nostro modello sociale e l'efficacia delle politiche pubbliche devono oggi fronteggiare domande sempre pi numerose e differenziate da parte dei cittadini. Esse non si limitano pi alle povert tradizionali (per esempio l'assenza di reddito e la marginalit estrema connessa a patologie fisiche e mentali) con interventi a posteriori, ma tentano di prevenire e rimuovere sia le vecchie che le nuove forme di discriminazione ed esclusione sociale. Ci in modo da fornire risposte innovative ai bisogni di individui e famiglie alla ricerca di protezione da handicaps di varia natura (economici, di genere, pari opportunit, collocazione geografica, posizione lavorativa, ecc.), promuovendo reti di relazioni tra individui e comunit. Allo stato attuale occorre governare imponenti processi di trasformazione che implicano una riforma dell'intero sistema di welfare, anche alla luce del nuovo problema della scarsa crescita demografica: una questione resa ancora pi complessa dal fatto che qualsiasi intervento anche se avviato immediatamente produrr i primi risultati soltanto nel medio-lungo periodo. L'evoluzione della struttura demografica di certo non viene in aiuto delle gi difficili condizioni in cui versa il sistema previdenziale, assistenziale e sanitario, che rappresentano i capitoli di spesa pi grevi dello Stato sociale. In assenza di variazioni nel trend demografico attuale e di flussi migratori positivi, entro trent'anni la Repubblica Italiana organizzer un popolo di vecchi con pochissimi giovani. facile capire come il sistema pensionistico e sanitario sia destinato al tracollo, a meno di aumentare l'et pensionabile e di ridurre le prestazioni. Il modello tradizionale di Welfare State ha prodotto sviluppo economico e coesione sociale all'interno di mercati aperti caratterizzati per da forte controllo nazionale. Ma questo modello in crisi irreversibile soprattutto a causa della spesa sociale fuori controllo e della sempre pi spinta mondializzazione dei mercati. In Europa queste spinte centrifughe sono state accentuate dal fatto che 53

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se da un lato cresciuta la cosiddetta integrazione negativa dei mercati (abbattimento delle barriere doganali e libert di concorrenza), dall'altro non cresciuta in eguale misura l'integrazione positiva (regolazione comunitaria dell'economia e della politica sociale). Una situazione che richiede dunque una profonda innovazione del welfare. Da una concezione statica dell'uguaglianza sociale bisogna passare ad una concezione di tipo dinamico basata su una scommessa sul futuro pi che sulla pura e semplice difesa del presente. Le politiche sociali sono chiamate a svolgere un ruolo cruciale per tenere unita la societ intorno ai suoi valori fondanti, collegati alla vita democratica ed al diritto di tutti al benessere. Non si tratta per soltanto di accrescere le risorse destinate agli interventi in campo sociale, nell'ottica quantitativa per cui a finanziamenti maggiori corrispondono sempre misure pi virtuose. Infatti, sia in considerazione della delicata situazione economica sia delle recenti modifiche ordinamentali introdotte con la riforma del titolo V della Costituzione, alle politiche sociali viene assegnato un ruolo inedito, che implica mutamenti nell'impostazione generale e nelle capacit di implementazione delle misure.

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Indice

TITOLO I: LASSISTENZA DALLET ANTICA ALLET MODERNA 1. Le prime forma di aiuto e di assistenza: let antica 2. La carit organizzata: il Medioevo 3. Lassistenza ai malati ed ai bisognosi: dal Rinascimento alla Riforma protestante 4. Povert e Stato nellet moderna 5. Le strutture ospedaliere in et moderna 6. Illuminismo e Rivoluzione francese: dalla carit al diritto allassistenza 7. La nascita del Welfare State e del sistema previdenziale 8. Lindustrializzazione e le rivendicazioni dei diritti del movimento socialista 9. I sistemi di Welfare State TITOLO II: LASSISTENZA IN ITALIA DALLOTTOCENTO AL NOVECENTO 1. La legge Rattazzi 2. La legge Crispi 3. Lassistenza durante il Fascismo 4. Lassistenza nel Secondo Dopoguerra 5. Gli Anni 70 e 80: trasformazioni istituzionali e riorganizzazione dei servizi 6. Gli Anni 90: la crisi del Welfare TITOLO III: I SISTEMI PREVIDENZIALI IN ITALIA ED IN EUROPA 1. Nascita del sistema previdenziale 2. Il sistema previdenziale in Italia 3. Il sistema previdenziale nel Regno Unito 4. La protezione sociale in Germania 5. La protezione sociale in Francia TITOLO IV: LA RIFORMA DELLASSISTENZA IN ITALIA. LA LEGGE N. 328/2000 1. La legge quadro di riforma dellassistenza (legge 328/2000) 2. Nuovi e vecchi protagonisti dellassistenza 3. La riforma del Titolo V della Costituzione ed il Welfare State 4. Il Libro Bianco ed il Piano dazione nazionale contro la povert e lesclusione sociale 5. Conclusioni Bibliografia Indice

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