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21/01/13

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Giorgio Agamben: Piero Guccione, il tenue


Converr innanzitutto, per la pittura di Guccione, verificare e, eventualmente, correggere, alcune evidenze e alcuni luoghi comuni. Guccione, si detto, pittore di contrasti e di sintesi, di dissidi estremi e di altrettanto estreme ricomposizioni: innanzitutto fra luce e ombra (un poeta della luce ossessivamente occupato a tessere un elogio dellombra - di unombra, scriveva Tassi, che , per, soltanto unattenuarsi della luce); ma anche linea e colore (un osservazione intransigente delle linee del mare che si estenua in una inaudita dilatazione del colore); interno ed esterno (una ricerca dellemozione che si intensifica a tal punto da rovesciarsi in pura, ariosa esteriorit); vita e arte ( un indagine sulle radici e sulla sicilianit anzi sulla sciclitanit- che approda a un paese smemorato e ideale, dove non lha portato il grembo di nessuna madre). Nel poema di Lucrezio, laggettivo tenuis, tenue, ha unimportanza speciale. E, il suo, un poema della volutt, ma anche e innazitutto della tenuit. A patto di restituire allaggettivo tenue il suo significato proprio, che non debole, fioco, ma, conformemente alla sua etimologia (da tendo), teso e sottile, assottigliato a furia di essere teso. Per questo tenui, in Lucrezio, sono innanzitutto i simulacri, le immagini, ma anche gli atomi; tenue , sorprendentemente, anche la natura divina (5, 148: tenuis enim natura deorum). Tenue: non debole, ma sottile e impalpabile, come appunto il simulacro, membrana lievissima, che tende incessantemente a staccarsi, quasi a esalare dalla superficie dei corpi per colpire i nostri sensi. E tenue, in qualche modo, anche il clinamen, che Lucrezio non si stanca di definire come una piccola, anzi minima declinazione e tensione degli atomi (exiguum clinamen principiorum...-2,292; paulum inclinare necesse est, nec plus quam minimum 2,221 sq.).. Limmenso spazio vuoto pieni di minuscoli, svolazzanti (i simulacri volitant), tenuissimi e tesissimi corpi. E tenue anche la mente (tenuis enim mens est, IV.748). E solo se si comprende questo senso lucreziano dellaggettivo tenue che si pu anche intendere il modo in cui la pittura di Guccione riesce a risolvere i contrasti, prima di tutto quelli fra luce e ombra e fra linea e colore. Non di composizione propriamente si tratta, Guccione non opera una sintesi degli opposti, non ha nulla da conciliare n da riconciliare: egli lavora, piuttosto, sulla soglia in cui la luce si estenua in ombra -e viceversa- e la linea, tendendosi e assottigliandosi, si attenua e si fa colore -e viceversa. Ci che tenue ha subito un processo non di diminuzione n di conciliazione, ma di intensificazione ed estremizzazione. E solo se li spingi al limite che il dentro si fa fuori e la profondit piattezza . Quando Guccione afferma adoro la piattezza, a questa zona di indifferenza (o di tenuit) che occorre pensare, a una piattezza che d le vertigini, come le sue marine.
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Uno dei problemi pi dibattuti fra i filosofi medievali quello delle grandezze intensive. Questi logici inesorabili sinteressano alle grandezze e alle cose soltanto nel punto in cui esse sono suscettibili di intensificarsi, questi teologi feroci considerano lessere soltanto nella misura in cui pu aumentare o diminuire, tendersi o attenuarsi. Fino a che punto si chiedono- una forma per esempio quella di una mosca o di un fiore- pu intensificarsi, accrescersi o diminuirsi, senza mutarsi in altro da s? Il laboratorio di Guccione il luogo di un esperimento, che concerne appunto la trasformazione che qualcosa subisce quando viene intensificata (estenuata o attenuata nel senso che si visto), la soglia in cui unessere o una forma sillimitano, ma non sono ancora transustanziati in altro. E in questa zona dindifferenza (o di tenuit) fra il dentro e il fuori, fra il profondo e il piatto, fra la luce e lombra, fra la linea e il colore che abita questo grande pittore epicureo, erede, forse consapevole, degli ultimi giardini siciliani, di cui non ci sono pervenute notizie. Luogo privilegiato di questo esperimento sono le marine ( il mare e le sue linee di correnti che ho tante volte dipinto ). Forse, per questa trama fittissima di segni, che incessantemente si scancella e ritesse, nessuna immagine pi giusta di quella del respiro (dipingere come uno respira una delle formule in cui Guccione ha compendiato la sua poetica). Che cos il respiro, se non un campo di tensioni in cui un unico movimento impercettibilmente sinverte e trapassa nel suo opposto? Guccione lsi situa sul punto d inversione (Atemwende, inversione del respiro il titolo di una raccolta di Paul Celan), in cui lispirazione si fa espirazione. Dove la luce alita e le linee sembrano trattenere il fiato. E noto che Leibniz giunse al suo concetto delle petites perceptions osservando le onde del mare. Come gli innumerabili, tenuissimi, impercettibili movimenti dellacqua si compongono a formare la visione di unonda , cos noi abbiamo delle piccole percezioni di cui non ci accorgiamo e le percezioni consapevoli vengono per gradi da quelle che sono troppo piccole per essere notate. Guccione sta sulla spiaggia ocra di Sampieri come possiamo immaginare Leibniz su una spiaggia del mare del Nord: locchio e la mano ostinatamente occupati a trascrivere proprio quell impercettibile che Leibniz cercava di cogliere col pensiero. Le linee stremate, i colori esalati di Guccione sono lequivalente delle petites perceptions , che non ci accorgiamo di vedere.E se Leibniz avesse potuto vedere le marine di Guccione, avrebbe forse concesso che locchio aveva, in quel caso, sorpassato il pensiero. Un analogo esperimento ha luogo col tempo: Non immaginavo scrive Guccione quanto la questione tempo la sua inverosimile dilatazione- sarebbe diventata primaria nel mio lavoro. Che cosa avviene al tempo se lo si dilata fino allinverosimile? Diventa, da una parte, stagione, estate (quellestate che qui in Sicilia, si pu ascoltare meglio e che , per lui, inscindibile dallarte moderna) e, insieme, esso trascina nella sua dilatazione il tempo storico (Epicuro: del tempo non la parte pi lunga, ma quella pi dolce). La pratica
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del daprs va vista in questa prospettiva. Ancora una volta, il campo di forze del daprs (poich di un campo si tratta, in cui in ogni punto le opposte tensioni si coniugano) definito da una duplice polarit, che non pi soltanto quella di luce e ombra, di linea e colore: passato/presente da una parte e stile/maniera dallaltra. Benjamin ha scritto una volta che ogni immagine del passato contiene un indice storico che la rimanda allistante in cui essa diventa conoscibile nel presente (l ora della sua leggibilit). Ogni ora (Jetzt,adesso) lora di una determinata conoscibilit. In esso la verit carica di tempo fino ad andare in frantumiNon che il passato getti la sua luce sul presente o il presente la sua luce sul passato, ma limmagine ci in cui quel che stato si unisce fulmineamente con lora in una costellazione. Si pensi allo straordinario Viaggio intorno a Caspar David Friedrich esposto a Roma nel marzo del 1984 o alle ripetute, perentorie letture della Decollazione di S. Giovanni Battista di Caravaggio o dellAllegoria della vittoria di Le Nain : qui il tempo della storia si fermato , ma non nelleternit, bens nella tesa costellazione e nel bilico che il daprs stabilisce fra due momenti e due immagini. In questa costellazione, carica di tempo fin quasi a scoppiare, passato e presente entrano in una zona di indiscernibilit. Conseguentemente, anche il kairs della pittura sindetermina, quasi che il pittore volesse ricordarci che un quadro non pu mai aver luogo soltanto in un punto della cronologia , ma sempre e necessariamemte in una costellazione fra passato e presente, memoria e presagio, scrittura e lettura. Lo stesso vale per i pastelli (non bozzetti!) per la Norma, per il Tristano, per Senso, per la Cavalleria rusticana, ogni volta, insomma, che il motivo non presente allo sguardo, ma separato e arretrato nel tempo. La sproporzionata quantit di tempo che la pittura esige di cui parla Guccione in una conversazione del 1998- non soltanto il tempo che occorre per dipingere, ma anche e innanzitutto il tempo in cui, nel firmamento della pittura, passato e presente formano una costellazione. Lo sguardo, che aveva saputo afferrare le tenui, quasi invisibili linee del mare, a suo agio nel tremito degli istanti che spezzano e continuamente ritessono la trama della storia. Laltra polarit che tende il campo del daprs quella fra stile e maniera. Converr qui mettere risolutamente da parte la consueta relazione gerarchica che la critica ha stabilito fra questi due termini. Stile e maniera nominano due realt irriducibili, ma necessariamente correlate: se lo stile segna, per lartista, il tratto pi proprio, la maniera registra un inverso processo di disappropriazione e di inappartenenza. Ma solo nella loro reciproca relazione stile e maniera acquistano il loro vero senso. Essi sono i due poli, nella cui tensione vive il libero gesto dellartista: lo stile unappropriazione disappropriante (una negligenza sublime, un dimenticarsi nel gesto pi proprio), la maniera una disappropriazione appropriante, un presentirsi o un ricordar s nellimproprio. E in ogni grande artista, in ogni vero scrittore vi sempre una maniera che prende le distanze dallo stile e, insieme, lo spinge allestremo,
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uno stile che si disappropria e si estenua in maniera. Come le marine sono il luogo privilegiato in cui la linea e quel che Wlfflin chiamava das Malerische, il pittorico, sfumano luna nellaltro, cos il daprs il laboratorio in cui stile e maniera entrano in una soglia di indifferenza. Se vero che ogni maestria tende alla maniera, linteresse poetico del daprs che, grazie ad esso, Guccione pu tematizzare proprio questa tensione, provare a ritrovarsi in unimmagine che non gli appartiene e che, tuttavia, gli si fa propria nella misura stessa in cui egli si disappropria di s. E, in questo gesto, nella soglia estenuata fra stile e maniera, il pittore lascia apparire fra di essi un terzo, che definisce il suo irrevocabile ductus. Di questo termine, che oggi sopravvive soprattutto nel vocabolario tecnico della paleografia per designare il movimento della mano nel gesto della scrittura, esiste unantica definizione, che ne esalta la pregnanza: il ductus tenor sub aliqua figura servatus, una tensione conservata sotto una certa forma o figura. Come la mano, tesa nel gesto della scrittura, guidata da qualcosa che si segna nella forma dei caratteri che traccia sulla carta, inconfondibilmente suoi per quanto estranei e comuni, cos questi pastelli, nellindeterminarsi delle luci e delle ombre, delle linee e dei colori, lasciano apparire, al di l dello stile e della maniera, del proprio e dellimproprio, il tremito incomparabile e quasi immobile del ductus di Piero Guccione. ragusanews.com - 31/10/2011
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