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Leonardo Magini Mario Negri Erika Notti

OmerO Il cielo e il mare

A RCIPELAGO EDIZIONI EDIZIONI A RCIPELAGO

Quaderni di Scienze del Linguaggio


UniverSit iULM

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Libera Universit di Lingue e Comunicazione

Quaderni di Scienze del Linguaggio Collana diretta da Mario Negri Comitato scientifico: Michael Crawford (School of Advanced Study, University of London) Jos Luis Garca Ramn (Universitt zu Kln) Giuliana Garzone (Universit degli Studi di Milano) Nunzio La Fauci (Universitt Zrich) Diego Poli (Universit degli Studi di Macerata) Michele Prandi (Universit degli Studi di Genova) Edgar Radtke (Universitt Heidelberg) Giovanna Rocca (Universit IULM, Milano) Francesca Santulli (Universit IULM, Milano) Segreteria: Manuela Anelli manuela.anelli@iulm.it La collana, originariamente destinata ad accogliere contributi maturati allinterno dellIstituto di Scienze del Linguaggio dellUniversit IULM, nel corso del tempo ha assunto una nuova fisionomia parallelamente allevoluzione delle strutture didattiche e di ricerca dellAteneo, aprendosi a contributi di studiosi provenienti da sedi diverse e diversificando altres i temi e gli obiettivi dei volumi. Le questioni affrontate coinvolgono, come poli privilegiati, da una parte le scienze del linguaggio, nella loro complessit, dallaltra quelle dellantichit, pur viste dalla prospettiva muovente dalla centralit della lingua. Esse rispecchiano lintento di dare spazio tanto alla ricerca storica quanto allanalisi sincronica, con contributi ora specialistici ora pi decisamente divulgativi, per rispondere da un lato ai bisogni della didattica e dallaltro allesigenza di sviluppare e diffondere la riflessione critica che impegna ormai da anni diverse generazioni di ricercatori. I volumi pubblicati nella collana sono sottoposti a un processo di peer review che ne attesta la validit scientifica.

Leonardo Magini Mario negri erika notti

oMero iL CieLo e iL Mare

Milano 2012

2012 Arcipelago Edizioni Via Pergolesi, 12 20090 Trezzano sul Naviglio (Milano) info@arcipelagoedizioni.com www.arcipelagoedizioni.com

Prima edizione: luglio 2012

ISBN 978-88-7695-472-6 Tutti i diritti riservati

Ristampe: 7 6 2018 2017

5 2016

4 2015

3 2014

2 2013

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vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

INDICE

Introduzione Audentes fortuna iuvat di Erika Notti . . . . . .

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Capitolo 1 OMERO E IL CIELO. Astronomia e geometria dei tempi eroici di Leonardo Magini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo 2 OMERO E IL MARE di Mario Negri ed Erika Notti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo 3 LE LORO NAVI di Erika Notti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Erika Notti

INtRODuzIONE

Audentes fortuna1 iuvat Vi sono esistenze i cui successi si susseguono in maniera cos straordinaria da rendere cauta la penna dellosservatore retroQuesto titolo ha unorigine aneddotica. Quando ci si appresta ad affrontare lo studio delle Civilt Egee si soliti chiedere agli studenti se essi dispongano gi di qualche conoscenza sulla materia. Si osserva allora che laggettivo fortunato viene in genere preferito per descrivere, in una parola sola, la vita e loperato di Heinrich Schliemann. Del resto lepiteto ricorre frequentemente nelle pagine della manualistica. Mi piace allora ricordare che il padre della disciplina, come molte altre straordinarie personalit che si sono elevate al di sopra delle altre nella storia del progresso scientifico, era mosso da corde profonde. Ricorda Wieland Schmied [pp. X-XI] che la grande ammirazione di Schliemann per gli Eroi e il mondo pervaso di profonda umanit descritto da Omero, con i suoi trionfi, i dolori e le sofferenze, era con ogni evidenza di natura morale: niente sprona pi allo studio della miseria e la certezza di liberarsene col lavoro intenso [p. 13] ... Le difficolt non fanno che accrescere il mio desiderio di raggiungere finalmente dopo tante delusioni lo scopo che mi prefiggo e di dimostrare che lIliade fondata su fatti reali e che alla grande nazione greca non si deve togliere la corona della sua gloria ... non risparmier n fatiche n spese per arrivarci [p. 100] ...Dalle cinque del mattino fino alle undici di sera ero tanto occupato che non mi restava un minuto libero per studiare. Per di pi dimenticavo rapidamente il poco che avevo imparato da bambino ma non perdevo lamore per la scienza non lo perdetti mai cos non potr dimenticare, finch vivo, quella sera che entr nel negozio un mugnaio ubriaco, Hermann Niederhffer. Era figlio di un pastore protestante di Rbel (Mecklemburgo) e aveva appena compiuto gli studi al ginnasio di Neuruppin quando fu espulso dalla scuola per cattiva condotta. Il padre lo affid come apprendista al mugnaio Dettmann di Gstrow; restato qui per due
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spettivo, che teme di cadere in eccessi letterari cominciando a usare fin da principio quei superlativi che divengono in seguito sempre pi necessari. Eppure ci sono esistenze che si svolgono superlativamente: e una di queste fu quella di Heinrich Schliemann, una delle figure pi straordinarie che siano mai esistite, non solo fra gli archeologi, ma fra tutti gli uomini che si votarono a una scienza.2 Molto inchiostro stato versato per descrivere le luci e le ombre di una personalit complessa3 e i prodigi e le meraviglie che delineano un quadro (auto-)biografico4 dagli accenti certamente leggendari. Primo narratore, e indagatore, di se stesso, Heinrich Schliemann ha consegnato al mondo intero la cronaca appassionata delle proprie scoperte, tracciando lucidamente, sebbene con toni talvolta romantici e ingenui, talaltra egocentrici e pomposi, le coordinate euristiche del proprio lascito spirituale. perci facile comprendere limbarazzo e lemozione con cui mi appresto ora a raccoglierle e

anni, egli andava poi girando come garzone mugnaio. Scontento della sua sorte, purtroppo il giovane si era dato presto al bere, ma non aveva dimenticato il suo Omero; e quella sera ci recit non meno di cento versi di questo poeta, scandendoli con pieno pathos. Sebbene non capissi una parola, quella lingua melodiosa mi fece unimpressione profonda e mi fece versare calde lacrime per la mia sorte infelice. tre volte egli dovette ripetermi i versi divini, e io lo ricompensai con tre bicchieri di acquavite che pagai volentieri con i pochi pfennige che costituivano tutto il mio avere. Da quel momento non cessai di pregare Dio perch nella sua grazia mi accordasse la fortuna di imparare il greco [p. 10]. Cito da H. Schliemann, Kein Troja ohne Homer, Glock und Lutz Verlag, Nrnberg, 1960; trad. it., La scoperta di Troia (a c. di Wieland Schmied), torino, Einaudi, 2005. 2 C. W. Ceram, Civilt sepolte: il romanzo dellarcheologia, torino, Einaudi, 2005, pp. 31, 43. 3 G. Cervetti-L. Godart, Loro di Troia: la vera storia del tesoro scoperto da Schliemann, torino, Einaudi, 1996. 4 H. Schliemann, Selbstbiographie, Leipzig, Brockhaus, 1939.

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a delinearle, attraverso le brevi note5 che introducono le linee di ricerca di questo volume. Le vicende favolose che consacrano Heinrich Schliemann padre dellarcheologia micenea6 sono note. Allet di sette anni riceve in dono dal padre la Storia universale per i ragazzi di Georg Ludwig Jerrer in cui ritratta troia in fiamme, con le sue mura immense, le Porte Scee, Enea in fuga con il padre Anchise sulle spalle e il piccolo Ascanio per mano: pap dissi allora, se mura simili sono esistite, non possono essere state distrutte del tutto, ma saranno certamente nascoste dalla polvere e dai detriti dei secoli. Quarantanni pi tardi Schliemann in turchia, determinato a dimostrare lesistenza di troia. Da umile garzone di bottega a ricco uomo daffari, Schliemann intraprende una prodigiosa7 carriera. Nel 1858 dispone ormai di un immenso patrimonio e decide di ritirarsi dagli affari per concretizzare lidea, a lungo vagheggiata, di
Ne dico diffusamente ne Il lascito euristico di Heinrich Schliemann in DO-SO-MO 6 (2005), pp. 98-105. 6 Father of Mycenaean Archeology lepiteto usato da Michael Ventris e John Chadwick in Documents in Mycenaean Greek, Cambridge 1965 (2a ed., a c. di J. Ch., Cambridge 1973). 7 Lesperienza di apprendistato nella piccola drogheria di Ernst Ludwig Holtz segna lingresso di Heinrich Schliemann nellattivit commerciale. Da quel momento faticher strenuamente per vedere migliorata la propria condizione, senza mai abbandonare lo studio. Grazie a un personalissimo metodo di apprendimento delle lingue arriver a conoscerne quindici. Nel 1844 viene assunto ad Amsterdam come corrispondente e contabile nella ditta B.H. Schrder & Co. Due anni pi tardi gli affari lo conducono a Pietroburgo, dove si specializza nella vendita dellindaco e ottiene liscrizione come mercante indipendente nella corporazione dei grandi commercianti russi. Durante la guerra di Crimea un terribile incendio divampa a Memel. I suoi magazzini sono i soli a scampare miracolosamente al disastro. Le ingenti somme di denaro ricavate in tali circostanze gli consentono di raddoppiare il capitale (H. Schliemann 2005, p. 13, 19).
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ricercare i luoghi omerici, non prima, per, di aver acquisito le conoscenze necessarie. Si accosta cos allo studio dellarcheologia a Parigi, legge con scrupolo i classici e visita i pi importanti musei dEuropa. Si imbarca verso le Isole Ionie e una tarda sera, nel luglio del 1868, approda a Itaca nel piccolo porto di San Spiridone, sul lato meridionale del monte Aeto. Qui intraprende i suoi primi scavi che tuttavia hanno scarso esito.8 Nonostante ci, a Itaca dedica forse le pagine pi intense ed emozionanti della sua produzione.9 A seguito del modesto
8 Lidentificazione di Itaca costituisce, come noto, uno dei quesiti aperti della geografia omerica (ne diremo in seguito). Schliemann concentra le sue ricerche nei luoghi che la tradizione locale associa a Odisseo, soffermandosi in particolare nella regione meridionale dellisola. Discorre con gli abitanti, si compiace nel riscontrare quanto sia viva la memoria di Omero e li intrattiene, come un moderno aedo, recitando nel dialetto locale le imprese del nobile antenato della stirpe itacense. Ottiene di farsi indicare la grotta delle ninfe sulle pendici del monte Neion, al cui interno rinviene i resti di gradini tagliati nella roccia e di un altare fortemente mutilato. Sale in cima al monte Aeto e osserva le tracce di antiche strade, le rovine di due torri e di mura ciclopiche. Raggiunge la fonte Aretusa ai piedi della roccia chiamata Korax (corvo). La romantica ricerca dellulivo da cui, come narra Omero, Odisseo aveva ricavato il letto nuziale resta senza successo. Giunge al campo di Laerte presso il villaggio di San Giovanni, risale il monte Sella e raggiunge unaltra antica strada scavata nella roccia. un sarcofago di legno e un idolo fenicio sono le ultime vestigia che Schliemann osserva nel regno di Odisseo. 9 Le pagine che Schliemann dedica a Itaca sono ricche di particolari aneddotici. Straordinario, al di l della discutibile verisimiglianza, il ricordo dellaggressione dei cani, che testimonia la fede assoluta riposta nei testi omerici: ogni volta che mi avvicinavo a queste abitazioni isolate fra i campi, per comprare uva o per bere acqua, ero assalito dai cani. Fino a quel giorno mi era sempre riuscito di tenerli a rispettosa distanza gettando loro sassi o fingendo di farlo. Ma quel giorno, quando volli entrare in un casolare nel sud dellisola, quattro cani mi si scagliarono addosso furiosamente e non si lasciarono intimorire n dai sassi n dalle minacce. Chiamai forte aiuto; ma la mia guida era rimasta indietro e sembrava che in casa non ci

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rinvenimento del corredo funebre di un piccolo cimitero di famiglia esclama rammaricato che avrebbe dato cinque anni della sua vita per trovare uniscrizione ma purtroppo non ve nerano.10 tuttavia la straordinaria fama di Schliemann sarebbe di l a poco derivata dalla scoperta delloro. I tesori di troia e Micene lavrebbero reso uno dei pi leggendari cercatori, quali la storia recente non ne aveva pi visti sin dal tempo dei conquistadores.11

fosse nessuno. In quella situazione terribile mi venne in mente, per fortuna, quello che in un pericolo simile aveva fatto Odisseo: Appena i cani latranti videro Odisseo, con grandi urli gli corsero addosso, ma Odisseo prudentemente si mise a sedere per terra e gett via il bastone. Seguii dunque lesempio del saggio re, mettendomi a sedere tranquillamente per terra e tenendomi quieto. Subito i cani, che un momento prima mi volevano divorare, mi chiusero in cerchio e continuarono ad abbaiare, ma senza toccarmi. Al minimo movimento mi avrebbero azzannato. Ma la mia umilt addolc la loro ferocia. Quando Schliemann lascia lisola vivamente commosso: Avevo gi perduto di vista lisola da molto tempo quando continuavo a rivolgere lo sguardo da quella parte. In vita mia non dimenticher mai i nove giorni felici passati fra quella gente onesta, simpatica e virtuosa (H. Schliemann 2005, p. 45, 51 cfr. Od., XIV, 29-31). 10 Sar pi tardi nella regione di troia che Schliemann potr rinvenire dei materiali epigrafici: due fusi forse recanti due sequenze di cinque segni della lineare A, che pubblicher nel suo Atlas trojanischer Alterthmer. Photographische Abbildungen zu dem Berichte ber die Ausgrabungen in Troja, Leipzig, Brockhaus, 1874 (e cinque segni dubbi incisi su di un blocco di pietra sulla riva sinistra del Mendere presso il villaggio di Burnabaschi); si veda M. Negri 2005, p. 3-5 e la bibliografia l citata. Linteresse di Schliemann per la scrittura altres testimoniato dallattenzione rivolta alle masons marks di Cnosso (D. J. I. Begg, An Interpretation of Masons Marks at Knossos, in BSA, 12, (2004), pp. 1-25. A proposito di questa peculiare classe di segni: Erika Notti, Note di Commento. Masons Marks festie in E. Fiandra-E. Notti, I libretti di Luigi Pernier. Scavo del Palazzo di Fests (19001902), Edizioni CIRAAS, Roma-Bagnasco di Montafia (Asti), 2011, pp. 1334). 11 C. W. Ceram 2005, p. 31.

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Prestando fede allIliade, come al Vangelo,12 giunge in turchia e individua lubicazione di troia sul colle di Hissarlik, a circa 5 chilometri dal mare, a nord del villaggio di Burnabaschi, cui allora volgeva lattenzione la maggior parte degli eruditi. lagosto del 1872 quando riporta alla luce le antiche mura dellacropoli, che immediatamente identifica con la Pergamo di troia. Circa nove mesi pi tardi rinviene il tesoro di Priamo, alla profondit di otto-nove metri, su di uno strato di ceneri lasciato da un incendio: vi sono reperti in oro, argento, rame, ambra e bronzo, splendidi diademi, collane, orecchini, anelli, braccialetti, armi e recipienti.13 Ai rinvenimenti di troia

12 Mi pareva che il modo migliore di raggiungere il mio scopo fosse di seguire lo stesso percorso sul quale Achille ed Ettore, secondo Omero, fecero di corsa tre giri attorno alla citt Dopo unora di cammino molto faticoso arrivai sul lato sud-est del colle sul quale si crede di avere ritrovato Pergamo, a un ripido scoscendimento alto circa 150 metri che i due eroi avrebbero dovuto discendere per arrivare allo Scamandro e fare il giro intorno alla citt. Lasciai la guida e il cavallo sullaltura e scesi nel burrone, che cade allinizio con una pendenza di circa 45 gradi e poi di 65 gradi, tanto che mi vidi costretto a scivolare carponi allindietro. Mi occorse quasi un quarto dora per arrivare in fondo e mi convinsi cos che nessun essere vivente, neppure una capra, pu discendere di corsa su una pendenza di 65 gradi, e che Omero, cos preciso nella sua descrizione del luogo, non ha affatto pensato che Ettore e Achille nel loro giro attorno alla citt avessero disceso di corsa per tre volte questa scarpata, che sarebbe assolutamente impossibile; H. Schliemann 2005, p. 85, pp. 67-68. 13 Lavvenimento fu drammatico; e ancora oggi, quando se ne legge il racconto si rimane col fiato sospeso. Era una calda mattinata e Schliemann sorvegliava [con la seconda moglie, la greca Sophia, che laveva affiancato e sostenuto durante le sue ricerche] gli ultimi scavi, sempre con molta attenzione ... Avevano raggiunto 28 piedi di profondit lungo la muraglia che egli attribuiva al palazzo di Priamo. Lo sguardo di Schliemann fu subitamente attratto da qualcosa che colp la sua fantasia e lo spinse a prendere subito dei provvedimenti. E chiss mai che cosa avrebbero fatto i suoi disonesti operai se avessero visto per primi ci di cui egli si accorse. Schlie-

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seguono le scoperte dellArgolide. Prestando fede alle notizie riportate da Pausania, Schliemann scava presso il muro di cinta dellacropoli, subito oltre la Porta dei Leoni, in cerca delle tombe regali. Nellagosto del 1876 scopre cinque tombe a fossa al cui interno ritrova quindici corpi. Rinviene un ricchissimo corredo funerario composto da braccialetti, orecchini, diademi, spille, gemme preziose, sigilli raffiguranti animali e scene di vita quotidiana e le famose maschere auree. Il tesoro della poluxru/soio Mukh/nhj, la citt ricca doro cui i versi omerici hanno conferito una fama immortale, la conferma definitiva della bont delle sue intuizioni. Con un telegramma al re di Grecia rende noti i rinvenimenti augurandosi che possano bastare ad allestire un grande museo nella patria degli eroi. Con estrema gioia annuncio a Sua Maest che ho scoperto le tombe che la tradizione, di cui Pausania si fa portavoce, indicava come le sepolture di Agamennone, di Cassandra, di Eurimedonte e dei loro compagni, tutti uccisi durante il pasto offerto da Clitennestra e dal suo amante Egisto. Erano circondate da un doppio cerchio parallelo di lastre che pu solo essere stato eretto in onore dei suddetti personaggi. Ho trovato nelle sepolture tesori immensi fatti di oggetti arcaici in oro puro. Questi tesori bastano da soli a riempire un grande museo che sar il pi bello del mondo e che, durante i secoli a venire, porter in Grecia migliaia di stranieri provenienti da tutti i paesi del mondo. Poich lavoro per puro amore della scienza, non ho naturalmente alcuna pretesa riguardo a questi tesori che do con vivo entusiasmo alla Grecia. Voglia Iddio che diventino la pietra angolare di unimmensa ricchezza nazionale. Attraverso
mann afferr la moglie per un braccio e le bisbigli: Oro ... congeda presto gli operai! ... Prendi il tuo scialle rosso! ... commosso ... adorna la giovane moglie ... la guarda e bisbiglia Elena! C. W. Ceram 2005, pp. 42-3.

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gli scavi intrapresi nella patria degli Eroi, Schliemann consegue cos il fine della propria ricerca, persuadendo lopinione pubblica dellattendibilit storica delle vicende narrate da Omero. Possa questa indagine col piccone e la pala dimostrare sempre meglio che gli eventi narrati nei divini poemi omerici non sono racconti mitologici, ma si fondano su fatti reali, e possa quindi mediante questa dimostrazione diffondere e intensificare in tutti lamore per il nobile studio degli splendidi classici greci e soprattutto di Omero, il sole radioso di tutte le letterature.14 Larcheologo dilettante aveva convinto il mondo intero della storicit del mondo narrato da Omero,15 respingendo i dogmatismi della scienza ufficiale, che a lungo aveva sdegnosamente ignorato il valore documentario del mito. Con un atto di fede filologica, Schliemann aveva inaugurato una nuova prospettiva di indagine, volta a riscoprire, attraverso la dimostrazione empirica dei fatti, le remote verit serbate dalla tradizione. Accanto ai beni materiali, gli inestimabili te-

H. Schliemann 2005, p. 196. Le imprese di Heinrich Schliemann diedero uno straordinario impulso alla ricerca archeologica. In breve tempo (fra il 1900 e il 1939) i palazzi di Minosse e Nestore furono scavati e le tavolette in lineare A e B scoperte. Poco importa, dunque, se i progressi conseguiti in campo archeologico negli anni successivi alla morte del dilettante entusiasta hanno reso necessaria una ricalibratura delle sue scoperte. Nonostante i tesori di troia e Micene siano considerevolmente pi antichi del tempo degli Eroi del ciclo troiano, leredit euristica di Schliemann ha mantenuto intatta la sua validit. Scrive L. Godart: la brillante intelligenza di Schliemann aveva intuito una cosa che le ricerche moderne hanno pienamente confermato: le vecchie leggende affondano le loro radici nella Storia ed certo che alla base di qualunque mito narrato dagli Antichi vi una verit storica che la critica moderna deve tentare di ritrovare e di spiegare. L. Godart, Linvenzione della Scrittura, torino, Einaudi, 2001, p. XV.
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sori scavati a troia e a Micene, la comunit scientifica doveva cos raccogliere una sfida: il recupero del passato non poteva pi prescindere dallanalisi degli elementi di coincidenza fra mito e storia. Nonostante si frapponga ormai un abisso16 fra loperato di Schliemann e gli studi contemporanei, e in questo lungo lasso di tempo le conoscenze, le tecniche e le metodologie di indagine siano notevolmente progredite, leredit euristica di Heinrich Schliemann ha seguitato a ispirare le ricerche successive. I miti del primo millennio possono serbare il ricordo non trascurabile di elementi storico-culturali riconducibili al II millennio a.C. Come emerso con ogni evidenza attraverso il progressivo superamento della prima fase ingenua schliemanniana nelle acquisizioni che si sono susseguite in questo ambito di studi, lincommensurabilit dei sistemi di mito e storia rende tuttavia ardue e complesse le operazioni ermeneutiche volte a investigare la relazione fra questi due domini, luno legato a un modo di raccontare principalmente fondato su cate16 La tecnica di scavo impetuosa e non ortodossa di Heinrich Schliemann stata duramente criticata. Conviene tuttavia considerare i limiti scientifici di Schliemann, pur innegabili, alla luce delle conoscenze archeologiche dellepoca. Schliemann fu di fatto il pioniere dello scavo stratigrafico. A Hissarlik si trov dinanzi a un sito caratterizzato dalla presenza di molti livelli di occupazione (tell). Identific erroneamente la troia II con quella omerica e solo pi tardi, negli anni Cinquanta, fu lamericano Carl Blegen ad approfondire lo studio degli strati identificando la troia VIIa. Imputare tuttavia allarcheologo dilettante linadeguatezza dei mezzi utilizzati sarebbe come rimproverare Pasteur, incaricato dal governo francese di scoprire la causa della pebrina che seminava strage fra i bachi da seta, poich in tal modo era giunto ad aprire una nuova era nelleziologia delle malattie infettive (sullinadeguatezza dei giudizi espressi a posteriori: Emilio Peruzzi, Greci e Latini nel Lazio Antico (Atti del Convegno della S.I.S.A.C., Roma 26 marzo 1981), Roma, Edizioni dellAteneo, 1982, pp. 9-26 , v. in particolare p. 11).

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gorie di carattere formulare, simbolico e metaforico, che in parte sfuggono alla logica razionale, laltro volto invece alla narrazione ordinata, razionale e sistematica dei fatti. Depositario privilegiato del patrimonio sociale, ideologico e morale delle comunit che lo hanno trasmesso, il mito concepibile come una sfera, al cui interno possibile ravvisare un nucleo di storicit. Nella periferia, tuttavia, esso pu costituirsi di elementi fantastici e iperbolici, che non intrattengono necessariamente una relazione con la realt storica. Lontologia del mito rende pertanto difficile il compito di sezionare la sfera lungo traiettorie scientificamente definite, al fine di investigarne i molteplici aspetti. Le contraddizioni interne, le incongruenze e gli elementi di discontinuit fra mito e storia sono dunque ontologicamente attesi. Conviene altres ricordare che i miti greci devono essere interpretati alla luce della loro applicabilit al tempo e al luogo in cui hanno raggiunto la fissazione definitiva,17 spesso modernizzati e adattati per rispondere a precise esigenze storiche. Con le doverose cautele che lontologia del mito impone, gli autori del presente volume desiderano pertanto raccogliere la sfida, investigando il mare e il cielo omerico, al fine di svelare le eventuali coincidenze, e le implicazioni, specialmente storiche, geografiche e astronomiche,18 che possono celarsi fra i piani intersecantisi della sfera.
Sulle problematiche ermeneutiche sollevate dallepos omerico e specialmente attinenti allOdissea vd. le note introduttive di Alfred Heubeck e lampio commento di Stephanie West al vol. I delled. Valla (X ed. luglio 2007), pp. IX-XXXVI, LXIX-LXXXVII (e le bibliografia l citata). A proposito di mito e storia: Erika Notti, Atlantide, Milano, Arcipelago, 2009 e la bibliografia l citata; Facchetti-Negri-Notti Atlantis. Platos Memories of the Aegean Culture, in S. Papamarinopoulos, The Atlantis Hypothesis Searching for a Lost Land, Athens, Heliotopos, 2005, pp. 259-266. 18 Alle possibili implicazioni astronomiche espressamente dedicato il capitolo di Leonardo Magini.
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Mario Negri Erika Notti

OMERO E il MARE

1. Di giORNO E Di NOttE Nel mondo omerico il sole a cadenzare la maggior parte delle attivit umane (e, per riflesso antropomorfico, anche divine). Allalba i protagonisti dei o eroi si alzano, si spostano, mangiano, combattono. Al tramonto inizia il tempo del riposo, anche se, com del resto naturale, in modo meno netto di quanto non avvenga simmetricamente allalba (Il., i, 475 ss., 601 ss.; Od., ii, 1 ss., iV, 306 ss. ecc.). il tramonto segna il momento in cui conviene levarsi da tavola, libare agli dei, e poi prepararsi alla notte. Ma ancora c tempo per banchettare (Od., iii, 385 ss.). Soprattutto, ammesso ascoltare anche di notte canti e racconti:1
Questa una notte assai lunga, indicibile: non ancora tempo per dormire nella gran sala. tu dimmi le imprese meravigliose.
Per pura elezione estetica degli autori le citazioni sono tratte dalle traduzioni di Aurelio Privitera (Odissea) e Rosa Calzecchi Onesti (Iliade).
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Anche fino allaurora divina starei, se volessi nella sala narrarmi le tue sventure (Od., Xi, 373-6; cfr. XV, 392 ss., ecc.).

Ma alla notte sono riservate naturalmente le attivit furtive: la spedizione notturna di Odisseo e Diomede, e quella simmetrica di Dolone (Il., X, 272 ss.: ma tutto il canto decimo notturno, a partire dalla veglia di Agamennone, 3 ss., e di Menelao, 25 ss.); il Sogno che irretisce Agamennone allinizio del canto secondo; la strage dei troiani compiuta dagli Eroi usciti dal cavallo (Aen. ii, 250 ss.).2 Naturalmente, per, anche lamore legittimo appartiene alla notte: perch la coniugalit tanto attesa di Odisseo e Penelope non ne ecceda i confini, Atena ferma laurora, non le lascia aggiogare i cavalli (Od., XXiii, 240 ss.). Elena reagisce con sdegno al laido suggerimento di Afrodite, di andare a letto di giorno con Paride, ingloriosamente scampato al duello con Menelao (Il., iii, 390 ss., in particolare 4102). Diurno cos lamplesso ingannatore di Era con Zeus in Il., XiV, 159 ss. (con finti problemi di pudicizia legati al tempo e al luogo: 330 ss.). Pericolosamente diurni, e cos scorti dal Sole, quelli di Ares e Afrodite (Od., Viii, 266 ss.). Ma soprattutto il giorno il tempo per combattere: s che, quando Zeus, in Il., XVii, 645-7, oscura il campo di battaglia con una tetra caligine, Aiace gli chiede di morire s, ma nella luce, in un passo giustamente citato come specimen di sublimit dallo Pseudo-longino.3 Fa eccezione, per, e vistosamente, rispetto a questo quadro coerente e peraltro del tutto realistico e atteso, il regime che ca-

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E vd. anche le riflessioni astronomiche di Servio (ad locum). iX, 10.

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denza i viaggi per mare. in questa specifica attivit ovviamente rappresentata soprattutto nellOdissea infatti non sembra, almeno a nostro giudizio, possibile cogliere delle significative coerenze fra i contesti in cui viene scelta la navigazione notturna rispetto a quella diurna (fatti salvi i casi di partenze furtive: per tutti, quella di telemaco per Pilo in Od., ii, 388 ss.). in tutta lOdissea lunico luogo in cui si nega lopportunit di navigare di notte in Xii, 279 ss.: ma chi lo afferma il peggiore dei compagni di Odisseo, lo sciagurato Euriloco. Non abbiamo, sempre a nostro vedere, a disposizione una buona spiegazione di questo fatto, anche se, come ognuno che, realizzando laugurio di Nikos Kazantzakis, abbia navigato per lEgeo ben sa, i venti etesii in estate e cio nel tempo allora per navigare, vd. oltre sogliono cedere al tramonto, e rinfrescare al mattino (ovviamente, queste sono le caratteristiche della meteorologia di oggi). Comunque sia per da spiegarsi il fatto, resta che la possibilit di navigare di notte nel mondo omerico non in dubbio. il che apre il tema del problema dellorientamento. 2. ORiENtAMENti i diversi tipi di navigazione (ai tempi di Omero non meno che ai nostri, quanto almeno ai problemi posti) danno per la loro natura luogo a soluzioni diverse. Per la navigazione a vista (o costiera) diurna, lorientamento fatto soprattutto sulla base dellosservazione di punti cospicui sulla costa: ne d lesempio migliore la navigazione lungo la costa occidentale del Peloponneso, nel viaggio che riporta telemaco da Pilo a itaca (Od., XV, 282 ss.):

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superarono il Cruni e il Calcide dalla bella corrente ...

Anche se non da credere che, vista dal mare, e mancando di ogni documentazione nautica, la costa sia sempre facilmente leggibile, evidente che questo tipo di navigazione diurna si fonda sulla conoscenza, anche tradizionale, di riferimenti costieri (la citazione di fiumi fa anche pensare a luoghi atti al rifornimento dacqua dolce). Se la notte serena e non illune (Od., iX, 142 ss.), non impossibile discernervi, anche in questo tempo, la linea costiera. in effetti la navigazione di telemaco verso nord procede anche dopo il tramonto del Sole verso itaca:
il Sole cal, e tutte le strade sombravano. Sospinta dal vento di Zeus, la nave punt verso Fea e lungo lElide chiara, dove hanno potere gli Epei ... (Od., XV, 296-8) 4

Ma in parte la navigazione costiera notturna, e comunque a maggior ragione quella daltura, impongono la capacit di orientarsi sul mare senza riferimenti da terra: in altre parole, di individuare i punti cardinali e la rotta rispetto a quelli da un lato, dallaltro di conoscere, anche approssimativamente, la propria posizione (il punto). Questo secondo problema che, com noto, stato il pi arduo a risolversi nella storia della navigazione fino, si pu dire, alla prima met del XiX secolo,5 ovviamente eccedeva le risorse di un marinaio dellEt del Bronzo. il primo, invece, non doveva essergli almeno in votis estraneo.
Si noter che realisticamente manca ogni riferimento alla costa nel viaggio di andata, che tutto notturno (Od., ii, 408-34, iii, 1-5).
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tutti sanno che il sole percorre il suo cammino nel cielo sorgendo a levante (per il punto di osservazione di un greco, questo il significato di Anatolia), calando a ponente, e culminando a mezzogiorno. Crediamo ragionevole supporre che Omero ben sapesse che il mezzod lora in cui lombra di un palo infisso in terra pi breve,6 e che andando verso la sera le ombre si allungano: maioresque cadunt umbrae ... Ed altres verisimile che altrettanto ben gi fosse noto allora che, andando verso lestate, quellombra di mezzod sempre pi breve, fino a giungere al suo punto minimo, quando il Sole raggiunge il suo punto pi alto nel corso dellanno (che il tempo che noi chiamiamo solstizio destate, e che oggi cade il 21 giugno). E forse ancora non troppo audace pensare che anche si sapesse che la direzione di quellombra, giunta nel momento di minor lunghezza, indica il nord,7 e che il Sole sorge esattamente
la scoperta della retta altezza che consente di determinare contestualmente latitudine e longitudine stata fatta dal capitano della Marina statunitense th. H. Summer, che ne pubblic la notizia nel 1843. Solo per nel 1874 fu scoperto il sistema a tuttoggi in uso da parte del comandante M. Saint-Hilaire. Mentre la determinazione della latitudine con meridiana di Sole e con osservazione di Polare (vd. oltre) in effetti un metodo assolutamente affidabile, la longitudine anche dopo la costruzione di cronometri marini affidabili determinata con losservazione della meridiana di Sole poneva comunque problemi (tanto vero che in molti manuali di navigazione astronomica non viene neppur presa in esame). Sulla materia pu essere consultato il Manuale dellUfficiale di Rotta dellistituto idrografico della Marina, genova 2006, o lottimo Manuale di navigazione astronomica semplificata di F. Di Franco (Milano, Mursia, 1997). Sul problema della longitudine si segnala D. Sobel, Longitudine, Milano, BUR, 19992006 (ed. it. di D. S., Longitudine, Walker Publishing Company inc., U.S.A., 1995). 6 luso dellombra per misurare altezze di oggetti attribuito a talete. 7 Va ricordato il sistema indiano per tracciare la congiunzione EstOvest grazie allosservazione delle ombre di due paletti infissi sul tracciato di una conferenza: vd. al cap. 1, pp. 47-8.
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a Est e tramonta esattamente a Ovest solo in due momenti dellanno, e precisamente agli equinozi. in ogni altro giorno dellanno laurora e il tramonto sono spostati rispetto ai due punti cardinali, e questo spostamento (che tecnicamente si chiama amplitudine) aumenta via via avvicinandosi la data dei due solstizi.8 Ora, poich il solstizio destate era, gi ai tempi di Esiodo,9 al centro del periodo considerato propizio per la navigazione, lorientamento Est-Ovest per un marinaio greco non doveva coincidere con i punti in cui vedeva sorgere e tramontare il Sole, ma se ne scostava anche sensibilmente: per esempio, alla latitudine di itaca (38 30 N circa) il Sole al solstizio destate del 2011 sorto ca. a 60 (rispetto allEst che si trova a 90), e tramontato ca. a 300 (rispetto ai 270 dellOvest).10 Questa considerazione pu forse corroborare lidea, gi di Strabone, che lo , indicato da Odisseo come la direzione verso cui si trova itaca, in uno dei passi pi difficili dal punto di vista geografico proposto dallOdissea

Sul tema: M. Negri, Navigare senza navigatore, Milano, Arcipelago, 2011. Questa oscillazione, che alla latitudine della grecia copre un arco di ca. 60, potrebbe essere alla base delle diverse assialit dei templi greci. 9 Sul calendario astronomico di Esiodo vd. g. Schiaparelli, Scritti sulla storia della astronomia antica, Milano, Mimesis, 1998, ii, pp. 245-6; A. Aveni, Gli imperi del tempo, Bari, Dedalo, 1993; M. l. West, Hesiod Works and Days, Oxford, Clarendon Press, 1978, p. 381; P. Janni, Il mare degli Antichi, Bari, Dedalo, 1996, pp. 107-22 (e vd. anche al cap. 1, p. 63). di grande interesse ritrovare in miceneo il nome po-ro-wi-to-jo Plowistoio di un mese, evidentemente dunque definito della Navigazione (:, ; e cfr. lantroponimo Euplowos (PY tn 316.1: F. Aura Jorro, DMic ii, pp. 150-1). 10 infatti la formula per ricavare lamplitudine, sia di alba, sia di tramonto, : sin amplitudine = sin declinazione/cos latitudine. Vd. Negri 2011 pp. 24-5, 73-7.
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7 4 ! , $ 3 3 , (iX, 25-6)11 non sia il ponente, dove invece si trova, rispetto a quella, Cefalonia (fig. 22), secondo ogni verisimiglianza la omerica, bens il luogo del cielo oscuro: dunque, visto da terra, quel punto a mezzo fra Ovest e Nord in cui, destate, appunto tramontava il Sole. Che lorientamento diurno fosse fatto sul Sole non naturalmente dubbio: tanto che, quando Odisseo con la sola nave superstite della sua piccola flotta giunge allisola Eea, per significare di aver perso ogni riferimento dice
o amici, non sappiamo dov loccidente e laurora, dove va sotto terra il sole che d luce ai mortali, e dove risorge ... (Od., X 190-92)12

Anche i venti, per, possono dare indicazioni sullorientamento (bench alla loro volta ne dipendano). Nel mondo ome-

11 A. Privitera traduce: Bassa nel mare essa giace, ultima / verso occidente - le altre a parte, verso laurora e il sole. Su questo tormentatissimo passo vd., oltre al commento nelled. Valla, a. l., M. Negri, Sul mare color del vino, Milano, Arcipelago, 2008, pp. 60-3. Non impossibile che laggettivo cqamalV stia alla base dellepiteto virgiliano humilis detto della costa laziale (Aen. iii, 522-3). Onde Dante (Inf., i, 106). Ma i tre epiteti, ancorch correlati tanto dalletimologia, quanto dallimitazione poetica, hanno valori completamente diversi. 12 Echi in Orazio: O fortes peioraque passi / mecum saepe viri ... (Odi, i, 7, 31-2)? Un altro interessante riferimento ai moti del Sole in Od., XV, 404, dove lisola Siria collocata O r, 3: vd. anche al cap. 1, p. 41.

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rico (e anche pi tardi) i venti principali si disponevano nel modo seguente:13


BOREA ZEFIRO (Ovest) NOTO (Sud)

(Nord)
EURO (Est)

Ma non va dimenticato che, almeno nella meteorologia attuale del Mediterraneo, i venti dominanti tendono a provenire piuttosto da direzioni intermedie rispetto ai punti cardinali, dando cos luogo alla partizione di otto venti delle rose pi antiche: cos il grecale soffia da NE, lo Scirocco da SE, il libeccio da SW e il Maestrale da NW. Soprattutto i venti dei quadranti settentrionali vengono fortemente influenzati dallandamento della costa (compresi i canali fra le isole), e assumono direzioni e nomi specifici delle diverse zone marine in cui spirano (mistral nel golfo del leone, bora a trieste, meltemi nellEgeo).14 Non pensiamo dunque di scostarci molto dal vero coniugando
13

Cfr. Ov. Met., 61-6:


Eurus ad Auroram Nabataeaque regna recessit Persidaque et radiis iuga subdita matutinis; vesper et occiduo quae litora sole tepescunt, proxima sunt Zephyro; Scythiam septemque triones horrifer invasit Boreas; contraria tellus nubibus adsiduis pluviaque madescit ab Austro.

la provenienza trace di Zefiro e Borea in Il. iX, 5, perfettamente compatibile con la troade come punto di osservazione. 14 Sulla materia vd. p. es. R. Ritossa, Meteorologia del Mediterraneo per i naviganti, Verona, il Frangente, 2008 (ed. it. di Mediterranean Weather Handbook for Sailors, St ives, imray laurie Norie & Wilson ltd, s.d.). Sulle rose dei venti nellantichit S. Medas, De Rebus Nauticis. Larte della navigazione nel mondo antico, Roma, lErma, 2004, pp. 48-62.

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lesame dei passi odisseici interessati a una non sporadica esperienza in vivo ritenendo che sotto il nome omerico di si celi quello che noi oggi chiamiamo con il nome turco che ha sostituito il classico meltemi (figg. 23,24). Questo vento, che ruota da NE a NW a seconda della direzione dei canali in cui precipita, impetuoso, spesso raggiungendo forza di burrasca, destate dunque nel tempo della navigazione antica e cos perde le navi (non quelle di oggi, naturalmente, ancorch possa anche ostacolare la navigazione dei grandi traghetti) nel Mediterraneo meridionale, verso Creta e oltre, quando queste perdono la protezione del Capo Malea, e cio del Peloponneso (Od., iii, 286 ss., iV, 514 ss., iX, 67 ss. ecc.). Ma questi venti, che di norma non sollevano molto il mare, e tendono a calare la sera, erano anche il grande motore eolico delle circolazioni commerciali fra le sponde del Mediterraneo orientale: ne qui memoria nella navigazione da Creta allEgitto (Od., XiV, 252 ss.), e dalla Fenicia alla libia (cio allAfrica: XiV, 290 ss.). E, se non ancora una volta il nostro soggiacere al genius loci che spira dallOdissea, vorremmo solo rilevare che lo Zefiro che solo Eolo fa spirare per ricondurre Odisseo in patria dallisola Eolia il vento che, provenendo da ponente, lesperienza marinara poteva conoscere come quello propizio per tornare a itaca e alle isole ionie per quella nave che lavesse lasciate a levante (Od., X, 25). Quanto al suo regime, nonostante Petrarca
Zefiro torna e l bel tempo rimena15
15 Canzoniere, 310, 1. Cfr. p. es. Par. Xii, 46-8; lucr., Nat., V, 736. NellEneide Zefiro ricordato tre volte: in i, 131 e ii, 417, come vento impetuoso e burrascoso; in iii, 120, invece come benigno. Col nome di Favonius in Orazio segna la fine dellinverno e linizio del tempo navigabile (Odi i, 4; e il Noto in i, 7, vv. 15-7, porta il sereno).

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in cui riecheggia una vastissima ma anche ambigua tradizione classica, in Omero anche capace di portare pioggia e brutto tempo (Il. iX, 4-7; Od., XiV, 457 ss: la brutta notte passata da Eumeo alladdiaccio accanto ai porci). Ancora, ma sono solo exempla e forse suggestioni, Euro e Noto, soffiando per un intero mese sulla trinachia, impediscono a Odisseo di salpare (Od., Xii, 325-26): uno Scirocco dellet del Bronzo? Ma sullorientamento notturno, allinterno di una navigazione di grande altura, che Omero ci dona le indicazioni pi preziose. Salpando da Ogigia, infatti
dov lombelico del mare (Od., i, 50)

Odisseo, seguendo le istruzioni di Calipso, tiene la rotta verso levante, osservando le costellazioni e, in particolare, lOrsa:
guardando le Pleiadi, Boote che tardi tramonta, e lOrsa che chiamano anche col nome di Carro, che ruota in un punto e spia Orione: la sola esclusa dai lavacri di Oceano16 gli aveva ingiunto Calipso, chiara fra le dee, di far rotta avendola a manca (Od., V, 272-7)17

Alla latitudine della grecia Boote non circumpolare (condizione che raggiunge per un osservatore che si trovi a una latitudine superiore ai 50 N). 17 Sul passo dellOdissea si pu leggere lampio commento di J. B. Hainsworth, alle pp. 169-72 delled. Valla, vol. ii, 1987 (e la bibliografia l citata: cui per adde Janni 1996, in particolare pp. 67-9; g. Chiarini, I cieli del mito, Reggio Emilia, Diabasis, 2005, in particolare pp. 42-5). Continuiamo a pensare che, oltre che da Ovidio, anche di qui abbia tratta ispirazione il dAnnunzio per il bellissimo notturno che chiude Loleandro:
16

impallidisce sotto il pianto il coro delle Pleiadi e luna delle occulta, luna che seppe la felicit. Orione si slaccia larmatura,

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Questo celebre passo odisseico in buona parte parallelo della descrizione del cielo stellato in Il., XViii, 486-9, ma ne diverge su due punti, a nostro giudizio non senza rilievo: nel cielo iliadico, infatti, stanno anche le iadi, e Orione citato espressamente in praesentia;
le Pleiadi, liadi e la forza dOrione e lOrsa, che chiamano col nome di Carro: ella gira sopra se stessa e guarda Orione, e sola non ha parte dei lavacri dOceano

mentre, come sopra si legge, nel notturno dellOdissea mancano le iadi, compagne nel cielo delle Pleiadi, Orione citato solo in relazione allOrsa e, soprattutto, appare Boote, la cui stella pi luminosa, Arturo, riveste grande rilievo nei calendari antichi.18 Ma cosa guardava esattamente Odisseo? Probabilmente non la Polare, come facciamo noi (che al suo tempo19 era meno vicina al Nord di quanto non lo sia ora, ancorch la tradizione voglia che talete esortasse i naviganti a utilizzare per orientarsi la stella fenicia, cio appunto la Polare), ma almeno ci sembra, nonostante Janni,20 lipotesi migliore un polo Nord cee Boote si volge, e Cinosura vacilla; e lOrsa anche impallidir Oblia la Notte tutte le sue stelle (vv. 469-75).

Vd. Schiaparelli 1997, pp. 245-6. Janni 1996, pp. 107-22. il possessivo , di necessit, ambiguo: sui due tempi di Omero vd. M. Negri, i grandi classici greci e latini del Corriere della Sera: i volume: lIliade a c. di giovanni Cerri, in Polifemo i, (2009), p. 315-8. 20 N i greci n i Romani ebbero mai il concetto di stella polare, sebbene Ursae Minoris fosse ben visibile per loro come per noi... Al massimo i Fenici, pi attenti dei greci, si valsero della costellazione dellOrsa minore, meno cospicua ma pi precisa come indicatore del nord (p. 68). E, poco sopra: Ulisse bada semplicemente ad avere lOrsa Maggiore a si18 19

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leste, situato fra le due Orse e attorno al quale esse ruotavano, che, per una navigazione per parallelo21 approssimanistra, ci che gli assicura una rotta molto approssimativamente per est (p. 67). 21 Ai tempi di Omero (vd. ad n. (19)) la Polare distava circa 4 dal Polo settentrionale (rispetto alla posizione attuale, che a poco meno di 1), e cos competeva con thuban ( Draconis) per il ruolo di astro indicatore del settentrione (Ov., Met. ii, 173). lidea del ruotare delle Orse attorno a un punto cio il Nord torna, dopo Omero, in Arato, Phaen., 26-7. Ovidio (Met. Xiii, 292-4) riprende la descrizione del cielo nella versione iliadica:
Oceanum et terras cumque alto sidera caelo Pleiadasque Hyadasque inmunemque aequoris Arcton diversosque orbes nitidumque Orionis ensem.

SullOrsa e Boote vd. ancora Ov. Met. X, 446-7. Sul contrasto a scopo astronomico fra le due Orse Arato, Phaen., 37 per lOrsa Maggiore 42 per la Minore, e il suo uso presso i Fenici; Strab. i, 1.6 Una descrizione di grande interesse della tecnica di navigazione per parallelo in lucano, Phars., Viii, 167-84:
signifero quaecumque fluunt labentia caelo, numquam stante polo miseros fallentia nautas, sidera non sequimur, sed, qui non mergitur undis axis inocciduus gemina clarissimus Arcto, ille regit puppes. hic cum mihi semper in altum surget et instabit summis minor Vrsa ceruchis, Bosporon et Scythiae curuantem litora Pontum spectamus. quidquid descendet ab arbore summa Arctophylax propiorque mari Cynosura feretur, in Syriae portus tendit ratis. inde Canopos excipit, Australi caelo contenta uagari stella, timens Borean: illa quoque perge sinistra trans Pharon, in medio tanget ratis aequore Syrtim.

(Sul nome Cynosura dellOrsa Minore (cio Coda del Cane di Boote) cfr. anche Ov., Fasti, iii, 107 ss.). in questo straordinario dal punto di vista della storia della navigazione, beninteso passo di lucano lOrsa Minore prevale gi nettamente sulla Maggiore come punto di orientamento: si noti limplicita affermazione secondo cui la latitudine dellosservatore corrisponde, a un dipresso, allaltezza osservata dellOrsa Minore (dal no-

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tiva come allora non poteva che essere, avrebbe fornite indicazioni attendibili durante il corso della notte, nellattesa, naturalmente, del Sole. 2. ROttE Un senso di sventura imminente incalza gli Eroi, ne ottunde il giudizio. i due Atridi capeggiano le avverse fazioni, Agamennone vuole trattenersi ancora a troia, per placare lo sdegno di Atena con sacrifici, Menelao spinge per un immediato ritorno. Dopo una notte di conflitti, parte degli Achei segue Menelao, facendo rotta su tenedo (nunc, per i turchi, Bozcaada)22 dove sacrificano (fig. 25). Di l Odisseo si stacca con alcune navi,23 e torna sulla costa della troade, per compiacere Agamennone. gli altri, fra cui Nestore (dal quale siamo informati, insieme a
stro punto di vista, naturalmente, meglio quella della Polare): dunque, tanto pi alta lOrsa, tanto pi la nave naviga lungo un parallelo settentrionale e, seguendolo, giunge (tenenendola, come Odisseo, sulla sinistra) in un punto del Mediterraneo orientale situato sulla sua stessa latitudine. questa, appunto, la navigazione astronomica per parallelo che, in un mare chiuso come il Mediterraneo, consente comunque di arrivare nel punto prescelto (ovviamente, con tanta pi approssimazione, quanto pi approssimata la stima della latitudine dellosservatore). Dal punto di vista della storia della navigazione astronomica, si noter che questa strategia di orientamento prescinde dalla determinazione della longitudine (accettando ovviamente di non stimare la distanza da percorrere) e, di conseguenza, pu essere svolta con piena affidabilit sulla base dellosservazione dellaltezza del Sole al mezzod locale (tecnica nota gi dalla fine del XV s. d.C.) e, ovviamente, della Polare. Sulla materia rinviamo al cap. 1, pp. 54, 56. 22 Su tenedo vd. J. Angls-M. Magni, Guida ai mari di Grecia e Turchia, Bologna, Zanichelli, 1993, pp. 235-6. 23 Secondo il Catalogo (ii, 637), Odisseo conduce a troia dodici navi: ma la sua piccola flotta si riduce nel corso del ritorno doloroso, e lEroe giunge solo, e portato dai Feaci, a itaca.

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telemaco, di questi movimenti: Od., iii, 130 ss.), Diomede e Menelao si ritrovano una trentina di miglia pi a Sud, a lesbo, donde, dopo un consulto, e avuto lassenso del dio, decidono di tagliare il mare per geresto, in Eubea, invece di costeggiare tenendo Chio sulla dritta: scelta che si rivela felice per Nestore e (almeno nella tradizione omerica) anche per Diomede;24 non per Menelao, che al Sunio si separa da Nestore per la pietas verso il suo pilota, Fronti, ucciso da Apollo,25 e, ripartito, viene colto da una terribile tempesta al fatale Capo Malea (fig. 26), e sospinto prima a Creta, e poi gi fino allEgitto (Od., iii, 276300: il racconto delle sue avventure in questo estremo sud del mondo omerico in Od., iV, 351 ss.). Dunque, i tre Eroi avevano scelta la rotta pi diretta per traversare dalla troade fino al Peloponneso, quella che da lesbo, in meno di cento miglia, conduce allEubea. Diversa idea doveva invece aver avuta Odisseo, che ritroviamo prima a troia poi a ismaro (Od., iX, 39-40), (fig. 27), nel paese dei Ciconi, gi noti nellIliade come alleati dei troiani, e che Erodoto (Vii, 59) localizza presso lEbro (dunque vicino allodierna Alexandroupoli), e Pindaro conosce come traci.
24 Una conferma, ma solo indiretta, del buon rientro di Diomede a tirinto, dalla fedele (in questa versione) moglie Egialea, pu essere tratta dalla sua assenza nella nekyia di Od., Xi, 23 ss. Diversamente Pausania riferisce una versione del di Diomede secondo cui, forse neppure entrato in citt, ma sbarcato a trezene, dove avrebbe consacrato un tempio ad Apollo Epibaterio, lEroe sarebbe stato scacciato dallamante della moglie, e si sarebbe recato prima in Etolia e poi in italia traversando lAdriatico. in Daunia avrebbe sposata Evippe, figlia del re apulo Dauno. la sua tomba sarebbe nelle tremiti, e i suoi compagni, trasformati in uccelli marini, riempiono il cielo con strida di dolore, piangendo lEroe. Questa versione di un infelice ne attribuisce la causa alla sua colpa di aver ferita Afrodite (Il., V, 330 ss.). 25 Cio morto ex improviso, senza cause.

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Cosa ha spinto lEroe tanto a Nord? Non dovrebbe esserne stata causa il vento, nonostante la suggestione della forma passiva con cui egli stesso descrive il suo giungervi portato dal vento,26 perch lavventura ciconia ha tutta laria di una scorreria gi programmata e finita male. Daltro canto, quella, lungo la Chersoneso trace, la rotta seguita secoli dopo dalla flotta di Serse (Hdt. Vii, 22, 59, 108-23). Sconfitti dai Ciconi dellinterno, venuti in aiuto ai loro vicini, i superstiti riprendono il mare e, dopo un avvio difficile, in diversi modi ostacolato da Zeus, onde, venti e correnti trascinano le navi oltre il Capo Malea. Di l Odisseo si perde nellignoto (Od., iX, 39 ss.) Se osserviamo una carta della grecia e dellEgeo, vedremo subito che per tornare ed il grande tema dei dalla troade al Peloponneso (fig. 28) sono possibili due rotte principali (con varianti al loro interno): a) costeggiare, superando la bocca dei Dardanelli, e seguendo la costa che sinarca risalendo verso Nord e poi piegando sempre pi marcatamente prima a NW, poi a W, infine a SW, fino a giungere allEubea, che sar possibile costeggiare tanto scendendo dallArtemisio lungo la costa di levante, quanto percorrendo lo stretto braccio di mare interno, che la separa dallAttica,27 lungo la sua costa di ponente (fig. 29). Questa rotta, necessariamente con la pi grande approssimazione, comporta una percorrenza di almeno 400 mg (che aumenterebbero sensibilmente ove si seguissero i capi e le rientranze della linea costiera), e, almeno allo stato meteorologico attuale, non par26 Sulla capacit di una nave dellEt del Bronzo di risalire il vento vd. appresso. 27 il luogo evocato in un celebre passo dei Sepolcri:

... il navigante che veleggi quel mar sotto lEubea ... (201-2).

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ticolarmente esposta in estate almeno al meltemi. tuttavia in prossimit della penisola nunc Akti, su cui sinnalza lAthos, e cio il primo dito partendo da Est della Calcidica, ora come allora attorno al monte Athos [occorre] fare particolare attenzione alle raffiche di vento che possono creare un mare molto agitato.28 Se torniamo alla rotta con cui Odisseo inaugura il suo doloroso, e se ha ragione Erodoto (Vii, 59) a collocarvi i Ciconi presso lEbro (dunque in prossimit allodierna Alexandroupoli, dove ai tempi dello storico si trovava la citt di Dorisco), non c dubbio che lEroe doveva trovarsi non lontano dallAthos, quando
Contro le navi Zeus che addensa le nubi suscit borea con tremendo uragano, e con le nubi ravvolse e terra e mare: dal cielo era sorta la notte. Di traverso esse furono spinte, la forza del vento squarci loro le vele in tre e quattro lembi. Paventando la fine, le tirammo gi nelle navi, e spingemmo queste a forza di remi alla riva. (Od., iX, 67-73)

Secoli dopo, lAthos conserva la sua fama: Erodoto (Vi, 44, 95) ricorda il disastro della flotta di Mardonio nella i guerra persiana, e come lanno dopo quella rotta pericolosa sia stata evitata, e d notizia (Vii, 22, 37, 122) del canale fatto scavare da Serse per evitare di doppiare quella punta pericolosa (anche se lappuntamento con Borea solo rinviato: Vii, 189-92 sul
R. Heikell, Grecia, Roma, Atlantis, 1992, p. 250; corto e ripido , crediamo pi realisticamente (ma non abbiamo esperienza personale del luogo), definito il mare da J. Angls-M. Magni, Guida ai mari di Grecia, Bologna, Zanichelli, 1992, p. 293. Da notare che, alla base della penisola Akti, ancora riconoscibile il tracciato del canale di Serse, mentre un nuovo canale stato scavato alla base della penisola Kassandra (la prima a ponente: canale di Portas).
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disastro presso il Capo Sepia, sopra lEubea).29 Dunque questa rotta, solo apparentemente pi sicura perch tutta in vista di terra, presentava per due aspetti critici: la sua lunghezza e la difficolt di doppiare il promontorio dellAthos. E infatti, per quanto sappiamo, il solo Odisseo forse spinto per da avidit e desiderio di saccheggio a spese dei Ciconi a tentarla. tutti gli altri Eroi, infatti, scelgono la rotta alternativa, che taglia in mezzo lEgeo. b) Nestore in persona illustra a telemaco il percorso scelto, anche in base a un suggerimento del dio, per tornare in patria (Od., iii, 153-83)
Noi, allalba, tirammo le navi nel mare lucente, imbarcammo gli averi e le donne dallalta cintura. Met dellesercito, invece, rimase ad attendere l con lAtride Agamennone pastore di genti: met, imbarcatici, andammo. le navi correvano molto veloci: un dio spian il mare dai grandi abissi. Arrivati a tenedo facemmo sacrifici agli dei, bramosi di giungere a casa: ma Zeus non pensava al ritorno, spietato! che di nuovo suscit una maligna contesa. Alcuni, voltate le navi veloci a virare, tornarono col valente astuto Odisseo signore dallAtride Agamennone, per fargli piacere; invece io, con le navi che mi seguivano in frotta, fuggii, perch comprendevo che il dio pensava sventure. Fugg il figlio bellicoso di tideo, e incitava i compagni. tardi, dopo di noi, si mosse il biondo Menelao, e ci trov a lesbo, che studiavamo il lungo viaggio, se far rotta sopra Chio dirupata

tuttavia in Vii, 24, Erodoto suggerisce che la grande opera sia stata compiuta da Serse pi per dare un segno della sua grandezza che per una reale utilit, poich le navi avrebbero potuto essere traghettate con facilit oltre listmo.
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verso lisola Psiria,30 avendola a manca, o sotto Chio vicino al Mimante ventoso. Chiedemmo che il dio ci mostrasse un prodigio: e lui lo mostr, e ci spinse a tagliare la distesa a met per lEubea, per sfuggire il pi presto al pericolo. Si mise a soffiare uno stridulo vento: le navi correvano molto veloci sulle rotte pescose, e approdammo di notte a geresto. Offrimmo a Posidone molti cosci di tori, per aver superato il gran mare. Era il quarto giorno quando i compagni del tidide Diomede che doma i cavalli arrestarono le navi librate ad Argo: invece io le tenni su Pilo, n mai si spense il vento ...

Come chiaramente ci dice Omero, la contesa fra gli Eroi non concerneva dunque la via del ritorno che doveva essere pacificamente questa seconda ,31 bens i tempi e le ritualit delle partenze. Oggi nessuno, con una carta nautica in mano, potrebbe esitare fra le due opzioni: la rotta che taglia direttamente da lesbo allEubea considerevolmente pi breve di quella che costeggia allinterno Chio (ca. 90 mg contro 140), e, peraltro, si percorre con il meltemi che, soffiando in quella zona almeno oggi dellEgeo prevalentemente da N (NE/W), asseconda della stagione, incide sulle vele con un angolo pi che favorevole (per noi oggi, e in parte anche per una nave di

Nunc Psara. Delle vicende del ritorno di Agamennone siamo informati da Od., iV, 512 ss., in cui si riferisce che, protetto da Era, Agamennone giunge al Capo Malea (non meno dellAthos luogo pericoloso e funesto) e di l una tempesta lo strascina 1gro 2p 2scati dove un tempo abitava tieste, e dopo di lui, come per ironia della sorte, Egisto. Per lidentificazione del quale vd. il commento della West nelled. Valla, a. l.
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allora).32 inoltre, circa a met della traversata e la cosa era evidentemente nota alla marineria del tempo sincontra lisola Psiria, che sulla costa Sud ha un buon ridosso per il meltemi (in realt, il viaggio avrebbe potuto essere diviso in due facendo scalo proprio a Psiria). Per contro Chio troppo a Sud, uscendone per il mare aperto dalla sua sponda meridionale, per profittare utilmente di questo riparo (anche se, va detto, nel suo canale i venti, pur non frequentemente forti, spingerebbero ottimamente una nave predisposta come comunque erano quelle del tempo alle andature portanti verso il mezzogiorno). tuttavia, crediamo non dubbio che la scelta, poi risolta nel modo migliore, che agitava gli Eroi non fosse che il riflesso della diffidenza profonda che provavano i marinai egei nei confronti del mare aperto, e del loro istintivo desiderio di tenersi, per quanto possibile, sottocosta.33 Ed lungo la costa che, non a caso, si svolgono tutte le altre rotte storiche dellOdissea (in particolare i rientri di Diomede, Agamennone e Nestore34 verso il Peloponneso, e il viaggio di telemaco da itaca a Pilo, e ritorno). Anche per questo doppiare felicemente il Capo Malea significava navigare, di l in avanti, in franchia, protetti dal vasto ridosso del Peloponneso. Ed era l che, per, il vento del nord (h per Omero, meltemi oggi per noi) poteva trascinare una nave verso il mare aperto, fino a Creta e, oltre, gi
32 Sulla possibilit di una nave egea di stringere il vento concordiamo con quanto scrive i. Ruffoni nellAppendice a M. Negri 2008, pp. 117. Ne fa cenno anche Janni 1996, pp.97-8, 409 ss. 33 A torto Janni 1996, pp. 98-9, ritiene che la scelta di non costeggiare Chio sullinterno discenda dal timore di trovarsi con una costa sottovento, cio quella anatolica. Nel canale di Chio i venti sono prevalentemente settentrionali, e lisola costituisce un sicuro ridosso rispetto a un eventuale e poco probabile insorgere di un vento da ponente. Peraltro, Od., iX, 6773 ben d conto del comportamento di un equipaggio egeo in circostanze pericolose in prossimit della costa.

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fino ai confini meridionali del Mediterraneo, in Egitto: come accadde a Menelao. 3. tEMPi E PERCORSi (fig. 30) tre passi dellOdissea ci danno informazioni sui tempi di percorrenza di tratti di mare di cui possiamo determinare lampiezza: a) il viaggio di telemaco da itaca a Pilo (fig. 31). Atteso che oggi, crediamo, nessuno pi ragionevolmente dubiti che la Pilo omerica sia da identificarsi con il palazzo di Epano Englians in Messenia e che, con ogni verisimiglianza, sia la baia di Voidochili il luogo in cui approda, dopo il suo viaggio notturno, telemaco,35 possiamo calcolare in ca. 89 mg la distanza coperta partendo da itaca al tramonto (Od., ii, 388) e giungendo allalba a Pilo (iii, 1-5). Resta per naturalmente da chiederci quanto sia stata lunga quella notte. Ben consci della pericolosit del cammino in cui ci inoltriamo, ma altrettanto convinti della liceit di percorrerlo, si potrebbe azzardare, ovviamente senza superare in alcun modo il rango della semplice ipotesi di lavoro, che il viaggio potrebbe essersi svolto verso la fine di ottobre: questo infatti il tempo che meglio concilia a) il dato indubbio che la scena principale dellOdissea non pare alludere a unamAnche teucro, fratellastro per parte di padre di Aiace, come lui figlio di telamone, ritorna in patria, a Salamina (per incidens, ora confermata come terra micenea, e omerica secondo il Catalogo, da un grande palazzo affacciantesi sul mare dal suo lato sud): ma ne scacciato dal padre e, in esilio, giunge a Cipro, dove fonda una nuova Salamina: ne resta una magnifica memoria poetica in Orazio (Odi i, 7, vv. 21-32). 35 Su questa identificazione M. Negri, Strabone e la geografia del Peloponneso miceneo, ora in , Alessandria 2010, pp. 211-45 (in partic. p. 237).
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bientazione estiva (p. es. vd. la scena della brutta notte passata da Eumeo in Od., XiV, 457 ss., gi esaminata, o luso comune di coprirsi la notte, e non solo, con mantelli di lana: p. es. Od., XX, 95) b) il fatto che le Pleiadi, Boote e Orione ai tempi di Omero erano visibili contemporaneamente dalla met di agosto alla fine di ottobre c) la necessit, per rendere, se non verisimile, almeno per non impossibile la descrizione del viaggio stesso, di disporre di un tempo notturno il pi lungo possibile. Per esempio alla latitudine di 40 (itaca come gi si visto, intorno ai 38 30 N) nel 2011 il Sole tramontato alle ore 17.23 ed sorto alle 06.09 intorno alla met di quel mese36 (quindi si sono avute ca. 12 ore e mezza di buio), mentre alla fine dello stesso ottobre il tramonto stato alle 16.58 e lalba alle 06.22. Nel primo caso, dunque, la velocit della nave di telemaco avrebbe dovuto essere di ca. 7,1 nodi, nel secondo di 6,8. b) la traversata da lesbo a geresto di Nestore, Diomede e Menelao. la distanza suppergi la stessa (ca. 86 mg, per la rotta pi breve scelta dagli Eroi), ma Omero qui non specifica lora della partenza. ipotizzando che si fossero, com del tutto coerente con le abitudini del tempo, vd. sopra (e, peraltro, con ogni buona prassi nautica, di fronte a una traversata che doveva essere avvertita come estremamente impegnativa), mossi allalba, larrivo di notte, ma non sappiamo quanto avanzata. Come gi aveva notato il Palmer,37 i due viaggi sono, per tempo impiegato e distanza coperta, sostanzialmente simmetrici (e, cos, testimoni di coerenza interna al racconto).
Ora solare al meridiano di greenwich, riferita alla latitudine di 40 N. Essendo itaca a 20 40 E, i tempi del tramonto e dellalba sono anticipati, rispetto allora Ut, di ca. 23. 37 l.R. Palmer, Minoici e Micenei, torino, 1969, pp. 9 ss.
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c) il viaggio di Diomede fino al golfo Argolico, su cui si affaccia tirinto (fig. 32). Nestore, riferendone, utilizza lespressione che, per la verit, potrebbe alludere tanto al tempo occorso a Diomede per raggiungere il golfo Argolico da geresto, quanto e ora crediamo pi verisimilmente 38 indicare lintera durata del suo dalla troade.39 i tempi sono assolutamente ragionevoli, anche perch non sappiamo quanto gli Eroi si siano trattenuti a geresto; comunque sia, questa dista da Nauplio ca. 100 mg, distanza ben percorribile in due giorni (senza, naturalmente, entrare nellinterno del golfo Saronico come invece certamente doveva aver fatto teucro). Simpone, per, a questo punto un caveat. Non stiamo regredendo a una fase schliemanniana ingenua di utilizzazione del testo omerico alla stregua di un resoconto di viaggi: semplicemente, abbiamo verificata la coerenza interna del racconto, e se quanto ne esce in qualche misura conciliabile con la realt e con la storia. il che ci sembra. Com ben noto, esiste un limite di velocit non superabile da parte di unimbarcazione immersa con la sua opera viva nellacqua, espressa dalla formula: V (in kn) = 2,5 lunghezza immersa (in m) Quindi unimbarcazione di 9 metri, indipendentemente dalla forza propulsiva degli apparati applicati, non potr comunque superare la velocit di 7,5 nodi.40
Rispetto a quanto sostenuto in M. Negri 2010, p. 238. Cos giustamente interpreta la West nel suo commento alled. Valla, vol. i, p. 232. 40 l. Casson, in Ships and Seamanship in the Ancient World, Princeton, NJ, 1971, p. 283, indica per le navi del tempo velocit oscillanti, in mare aperto, fra i 4,5 e i 6 nodi; vd. anche Medas, cit., pp. 40-8. Janni 1996, pp. 77-106, dedica un denso e dotto capitolo alla ricostruzione di una nave
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Come si vede, siamo largamente allinterno delle velocit richieste dai tempi dei tre viaggi sopra esaminati, giacch non c dubbio che le navi omeriche superassero, e di molto, questa lunghezza. E, come dice Strabone, forse ripensando alla Repubblica, lecito infatti al poeta anche inventarsi cose inesistenti ma quando sia possibile armonizzare i canti alla realt e salvare il racconto allora conviene che se ne astenga.

omerica (con condivisibili riflessioni sulla stratificazione cronologica, e culturale, che il termine sottende), giungendo a ipotizzare, sulla base del numero pi comune di rematori (/guerrieri), cio cinquanta, tratto dal Catalogo, una lunghezza fuori tutto di 30-32 metri, quindi enormemente eccedente, anche riducendo la parte immersa, la lunghezza richiesta per raggiungere velocit quali quelle sopra indicate (p. 86). Unimbarcazione del genere sostanzialmente, quindi, una galera certamente pi veloce quando spinta a remi piuttosto che a vela, ma, com ovvio, questo comporta un enorme dispendio di energia, n la vogata pu essere mantenuta (soprattutto da parte di un equipaggio non coatto, com stato poi nelle vere e proprie galere) per un tempo eccessivo. Onde, appena possibile, il ricorso alla vela. Sulle navi greche si veda anche di J. S. Morrison e R. t. Williams, Greek Oared Ships 900-322 BC, Cambridge, Cambridge University Press, 1968. Per le stime degli Antichi a partire da Erodoto (iV, 86) vd. M. Negri 2010, p. 238 (e la bibliografia l citata).

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Fig. 22 Itaca e Cefalonia

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Fig. 23 I venti nellEgeo

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Fig. 24 I venti nellEgeo (particolare)

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Fig. 25 Le rotte omeriche: dalla Troade a Tenedo

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Fig. 26 Le rotte omeriche: da Lesbo a Capo Malea

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Fig. 27 Le rotte omeriche: dalla Troade a Ismaro

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Fig. 28 Le rotte omeriche: da Lesbo a Geresto

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Fig. 29 Le rotte omeriche: dalla Troade a Geresto

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Fig. 30 Le rotte omeriche

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Fig. 31 Le rotte omeriche: da Itaca a Pilo

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Fig. 32 Le rotte omeriche: da Lesbo al Golfo Argolico

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