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STORIA

DEGLI

ANTICHI P O P O L I
ITALIANI
DI
G IU S E P P E M ICALI

T O M O II

FIRENZE
TIPOGRAFIA ALL' INSEGNA DI DANTE

STORIA
DEG

A N T IC H I P O P O L I IT A L IA N I

C A P O XVIII. Liguri. L e sorti delle nazioni e dei popoli che abi tarono lItalia meridionale, e che abbiamo fino ra descritte, sono talmente separate e distinte dagli eventi che successero nelle regioni setten trionali, che quasi direbbonsi spettare ad al tri secoli e ad altre genti. I grandi movimenti della fortuna che avvennero neJ primi si tro vano in certo modo collegati uno coll altro , e procedenti dalla forza o dallinflusso di stra nieri , con i quali i paesani ebbero gravi e continovate brighe, sia in pace, sia in guerra. Laddove nulla di somigliante per accertate, o almen probabili storie, 6 pu dire di coloro, eh e sotto il nome di Liguri e di Veneti occuparono quanta lItalia superiore, che giace tra il mare e le Alpi. Nulla pi incerto della razza cui appartenevano le numerose trib di Liguri, ii.

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itv m .

che si trovano gi in tempi antichissimi dira mate con proprio nome dalle bocche del Roda no insi no alla Tirrenia 1 . Djce di piScilace, che dall Iberia al Rodano, la popolazione della costa era una raesclanza dIberi e di Liguri : entrambi i quali poterono di fatto incontrarsi insieme sulla riva settentrionale del Mediter raneo. Ma, siccome da questa, chiara distin zione di due popoli diversi apparisce che i Li guri non erano Iberi, cos non furono n meno Celti , i quali per una via tutt opposta, e in tempi d assai posteriori, capitarono di pi oltre a que lidi medesimi, dove si ritrovano dominanti col nome distinto di Celto-liguri J . Una parte sola della Liguria, cominciando dal Varo, veniva posta in sulla spiaggia d Italia, con termini non ben precisi : tuttavia pu es sere , che non oltrepassassero mai stabilmente la foce dellArno 4, Disse ingenuamente Dio nisio 5 : abitano i Liguri molti luoghi dellIta lia e qualche parte delle Gallie: incerto qual sia delle due la patria loro , perch intorno a
i Scylax p . 4 . Strabo IV. p . i4oa Strabo II. p. 8 8 . 3 Strabo rv. p. io. 4 Scylax p. 4 . La correzione che Anno i critici di A ' v t io v in A "pv comunemente approvata : pure si vuol notare, che tutte volte lautor del Periplo nomina un fiu me , vi suole aggiungere la voce iwapit,

$ . io.

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questo nulla di sicuro puossi riferire. Da que sta verissima ignoranza dell origine mai non si ritrasse lantichit. N le controverse ipotesi deruditi moderni circa la provenienza tracia , celtica o iberica de Liguri, han potuto finora, meglio schiarire a qual stirpe dessi s appar tengano, o donde primieramente qua venissero. Si pu pertanto dir de Liguri, come di molti altri popoli mal conosciuti per difetto delle no stre istorie, piuttosto ci che non erano, di quel eh egli si fossero realmente. Nulladime1 10 sotto questa denominazione medesima di Liguri, distesasi lungo tratto dal mare insino alle pendici meridionali delle Alpi, si trova' no generalmente intitolati senzaltra distinzio ne non solo i pi antichi popolatori cogniti di una grandissima parte dell alta Italia, ma gli stessi loro discendenti, tra se divisi in molte differenti trib : tanto vero, che i nomi delle nazioni una volta posti a suo modo dalla voce pubblica, per qualunque accidente, sempre si mantengono. Cos dunque oltre la scoscesa riviera , propriamente detta Liguria, il nome gentilizio de Liguri sestese largamente nella pianura intorno al Po tra lAppennino e lAl pi. Levi-Liguri, gente antica, si rinvengono presso al Ticino 8 : alla sinistra del Po i Tau6 cD um

Antiquam gentem Laevos Ligures incolentes circa Ti am nera. Liv. V. 55.

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rini, insieme con i loro clienti 7, dimoravano per tutto il Piemonte sino allAlpi Cozie : e fra gli stessi popoli alpini restarono nel pi in* terno alcuni rami di Liguri, come gli Stoni, riposti nel Trentino, e veramente intitolati di quel nome nei Fasti trionfali 8. Ligure era la stirpe de' Libui alle radici delle Alpi : e pare che si possano probabilmente aver per Liguri anche gli Orobi, situati dentro a brevi termini tra il lago di Como e quel d Iseo, bench il Polistore, gran favolatore, desse loro nome, greco 9. Ne* quali luoghi s queste, che altre trib Liguri, stavano di fatto separatamente collocate e accomodate, come in pro pria terra, fino dai primi tempi istorici. Ma qualora poniamo mente alla natura del paese , eh elleno abitavano in comune , si rappresentano con molta verit i grandi osta coli e impedimenti, che le prime genti trova rono da per tutto nello scendere dai monti dintorno al piano : quasi maravigliamo degli ardui lavori che di mano in mano vi fecero per
7 S tra b .
IV .

p a g . i4 .

t* ixodat AiytifiM

xo biti Aiyvtf. Plin. ili. 1 7 . Antiqua Ugurum stirpe. 8 Liguribus Stoenis. g Corn. Alex. ap. Plin. ni. 1 7 : da *Opot monte e jSiot vita. Tuttavia Catone n di loro, n de Liguri in genere, non avea potuto rinvenire qual fosse l'origine. Monterobio, di l da Merate presso l'dda , serba nel suo nome un'orma degli Orobi.

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liberare il terreno dalle acque, e ridurlo a sanit, innanzi di porvi sicura e stabile abi~ tazione. La molta quantit di fiumi e di tor renti, che dair alte montagne che la cingono da tre parti cadono rovinosamente nella pianu ra , detta di Lombardia, la qual nella prima epoca ha dovuto essere assai pi depressa di quel che apparisce oggigiorno, ci mostrano quell' ampio territorio allagato per la gran dissima copia dell acque. E tal si fu veramente altra volta la sorte di questa regione, o piutto sto vasta palude , visibilmente formata dall inondamento di tutti i fiumi, che senza rite gno alcuno correano per la sua superficie, e le diedero naturalmente Tessere, sollevando sem pre il piano per continui sedimenti, e respin gendo il mare a levante. L elevazione del suolo di Lombardia dovette formarsi nel medesimo tempo che sandava distendendo la sua su perficie , massimamente allorch le montagne fornivano maggiore abbondanza di materiali ai fiumi : tanto che, per osservazioni fisico idrauliche , valenti matematici son d avviso, che il Po mettesse foce una volta cento e pi miglia addentro, verso l imboccatura del Taro, e di l fino all isole venete esistesse mare aperto, od Una vastissima laguna Comunque
*o V. Berta nolo, Del mtegno di Governalo ; Tremano*

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per questo si fosse in tempi per certo inac cessibili alla storia, l illustre Muratori " ha dato pienamente a conoscere con qual facilit ritornino paludosi i luoghi di quella provin cia , ovunque cessi la cura degli uomini per la difesa. Le osservazioni geo^rnostiche fatte nel modense han provato similmente , come quel suolo sospeso sopra dun profondo adunamento d acque sotterranee e correnti, si formato col giro di molti secoli pel successivo rialzamento desuoi piani verdeggianti -r lo che pu aversi per una conferma certissima delle fisiche rivoluzioni, cui and generalmente soggetta 1 *Italia superiore, per effetto ordi nario e costante dellazione naturale defiumi; Or dunque assai misera, contrastata, dura e faticosa , ha dovuto essere la vita de' primi po polatori della contrada. N quindi fa specie che Una medesima trib Cangiasse spsse volte di territorio e di nome, inilanzi di prendere una sede ferma. Vicissitudini delle quali ci d presso che sicuro indizio non solo lincerta loro stanza ora ne monti, ora nel piano, ma di pi la tanto mutabile, variata, e dubbia no
Dilla laguna di Venezia. Silvestri, Paludi Jttrne. cf. Cu t i fer, Dite, tur les repoi. da In surf, du Gioie jfa ai$< i l Rer. Itjil. script. T. u. p. 6 9 1 . Ant. Ital. diss. ai. ia Ramazzini, De fontium Mutin. Vallisnieri, Opuscp. 56.

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minazione delle genti, bench in genere to* prannomate Liguria Per rtto questa universale appellazione di Liguri non dobbiamo gi riconoscere un po polo (T un solo stm e, e molto nSfeto lunica o pura discendenza di cjue primi Liguri stra nieri , eh# dalle parti del moderno Delfinat e della Provenza passarono in Itlia. Perciocch se una porzione di costoro dalla riviera ligu stica pot facilmente transitare per lAppcmnin nella pianura del Po, non per questo d crederti, che le generazioni loro vi dessero da se nascimento ai popoli numerosissimi, che indi risedevano in quelle parti. Non erart certo cotesti luoghi per tutto disabitati a solitarj. Gente paesana v albergava j e gente prfe^ana' dovette probabilmente p<W \ fftah prima dogni1 altro al diseccamento e bonificamento del |irr-! prio terreno. Per modo che alT apparire* di Liguri, occupatoli nuovi, gliricoli stssi, nti trovando salute fuor che nella fuga o nella sommissione, si pu credere, che in gran dissimo numero si congiungessero'con quelli,' pigliando tutti insieme uno stesso nazional so prannome. Cos di fatto air epoca della gran de invasione etnisca, non trovarono i conqui statori p1queste regioni altro che Liguri. Abbiamo per avanti narrato in che. forma gli Etruschi sinoltrarono armati di l dellp-

c a p o xvm. 8 pennino, e come vi fondarono una nuova Etraria t3. Pare nondimeno che la loro conquista non s'estendesse oltre il Ticino, dove i LeviLiguri trovarono difesa nellacque copiose di quel fiume repente, e nelle paludi : cos pure allato allAppennino settentrionale rimasero frmi i Briniati situati nell odierna vai di Prin o , che si prolunga fino alla Trebbia : neJ quali luoghi e sop rattutto nel parmigiano, modenese e bolognese, dove molti fiumi mettono in Po, abbondavano tali e tanti luoghi paludosi, e antichi stag-ni, che non vi poterono esser sec cati prima eh Emilio Scauro vi facesse ripa ri * *: n questo bast, perch nel medio evo tornarono ad essere, come per l innanzi, a natura di palude lS* Or da questo puossi pi maggiormente comprendere quanto ardua e perseverante fosse stata 1' opera degli Etruschi per bonificare e migliorare il conquistato ter ritorio 1 6; doide poi furono essi stessi discacciati per la preponderante forza dei Galli. Dalla parte bens di ponente TEtruria propria contiou ad aver per confine la Liguria con limiti

i3 Vedi p. i n , {. Strabo . p. i5o. i5 Tra gli altri luoghi Pattile; ampia palude, che dalla porta di Parma si stendeva tino al Po. Aff, Storia di Parma. T. t. l . 3. i$ Vedi p. t i 4 .

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poco certi : per la qual cosa LLiguri, feroci per naturo, non si stettero mai da questa ban da in pace, ed ora in un tempo, ora nellal tro rompevano, secondo fortuna, nel terri torio etrusco , con animo di recuperare il perduto 17. molto verisimile che gli Etruschi fondassero quivi Luni non meno a fronteggia re co Liguri, che a mantenersi senza impe dimento il possesso del golfo della Spezia, principalissimo porto : sicch mai sempre il breve spazio tra questo golfo e lArno fu cam po di frequenti aspre contese, per le quali T acque della Magra vedeansi tinte del sangue dei guerreggianti Liguri e Toschi. Se pure all ire antiche non & aggiungea anco gelosia di mestiere, per concorrenza di navigazioni e di prede in sullo stesso mare Tirreno : mas simamente dappoich i lidi della Corsica si trovarono 'Occupati in parte da generazioni di Liguri, e in parte dagli Etruschi. L uso della lingua etnisca s estendeva non pertanto da questo lato ne monti all occident del gol fo 18, il che prova non dubbiamente che il
7 Secondo Licofrone. ( i35G ) , pbe teneva i Tirreni per L id j, Pisa sarebbe stata in suojo ligure. I confini furono sempre incerti d a questo lato anche p$* geografi ( Mela il ); ma poetissava Euripide ponendo l'isola di Circe, a il Capo Circello, nella Liguria. Tromd. 1 8 Vedi p. 1 ^8 ,

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r vr n.

dominio etrusco vi sovrastava a quella de Li guri stessi. Etruschi e Liguri tennero del pari alternatamente, per vicende guerrire, la fer tile pianura del lucchese con ladiacenti colli ne fino alla marina '9 : anzi > come suona la voce, il fiume Serchio, chiamato Jfuser, che mettea in Arno sotto Pisa, ebbe dapprima no me tosco Il luc di Feronia, posto alla bocca dArno aI, ci mostra quivi coltivata ima deit tutelare della riva etnisca o del confine : nell istesso modo dal suo loco e tempio presso al Soratte **' vigilava la dea sopra il Tevere , estremo termine dell Etruria col Lazio. Ne mici a Liguri marittimi furono in oltre dallal tro lato della Liguria a ponente i Greci di Marsilia, venuti col da Focea dell lollia cii^ca 1 anno 153 "di Roma: poich mirando essi ad allargare intorno il dominio , ed insieme loro traffici, si presero in progresso di tempo di qua dal Varo quel tratto di riviera, dove eressero le due colonie di Nizza e Monaco, co n altri luoghi tra esse * 3. N da quelTora in poi
19 De Ligure captus in ager erat : Etruscorum ante , quam Ligurum fuerat. Liv. x l i . i3. 3 0 Da Aesar Dio ( Sveton. Aug. 9 7 . ) : alla quale no minazione divina poteva aver dato cagine il mirabil fe nomeno delle sue acque, Aort. de Mirab. p. 1 1 58. Stra bo v. p. i54- Rutil. t. 56 sqq. ai Plin. h i . 5. aa Strabo V; pi 1S6 . a3 Strabo 111. p. n 4 - rv. p. i4o. Plin. lii. 5.

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Liguri e Marsiliesi mai cessarono di vessarsi per mar vicendevolmente fon atti dJoltraggio e di ostilit , quanto almeno Etruschi e Li guri si nimicavano con ugual rancore lun contro 1 *altro per l ' opposta marina. Riserrati di tal modo i Liguri da ogni parte, tra i gioghi dell'Appennino e il mare, venne a ristringersi la Liguria propria m quella circon ferenza, che di poi ritenne invariabilmente sino al tempo dAugusto. Chiosa entro questi termi ni, ebbe la Liguria per suo confine a settentrio ne il Pado o Po, chiamato dai paesani Podinco * : a ponente le Alpi e il Varo:all"oriente lArno : a mezzogiorno il mare. La catena d$i monti Appennini, seguendo il natmral suo cors da ponente a levante, divide tutta questa re- gione in due parti, 'una mediterranea, l'altra marittima: la prima tra il Po egli Appennini: la seconda tra questi monti e il mare. Adun que , stando a questa naturai divisione, i pri mi popoli che s incontrano nella marittima erano i Rfontaneechi, i Capillari, gl Inttmeh i, gli Epanterii, i Sabazi j i Genoati, eoa altri minri popoli collocati nlle montagne * 6^
l ( Liv. XI. vti .>5 Sccptius a$()Pljn. ni, jGscjuod syjnificen* fondo cafentem. Potyb. 11. 1 6 . a6 Langarx , O diati, Dtcttiniti ec., i cui nomi* s leg g o nella Uvola di fcroaa, ctajamMKOtercioe pt .sotto-

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xvm .

Di qua da Genova v erano i Tegulii e gli Apuani ) ed in mezzo a questi gli Ercati, i Garuli, i Lapicini, e forse i .Friniati, Nella Liguria mediterranea, cominciando, dalle Al pi , stavano per la valle di Stura i Veneni ed i Vagienni; seguivano appresso gli Statiellati tra il Tanaro e l'Orba; indi per siti meno co gniti i Vbelli, i Magelli, gli Eburiati, i Casmonati, i Briniati, i Cerdiciati, i Cellelati, gl Ilvati ; finalmente per la valle della Scrivia i Libarnesi, e confinanti con questi i Veleiati, la cui certa sede s trova nel piacentino presso di Macinesso, dove son le mine di Veleja. Tutti questi popoli, bench divisi in tante separate trib, quante erano le valli principali, e spesso nemici infra loro, continuarono nondimeno ad appellarsi in genere del nome di Liguri : e come tali per unit di sangue, di religione e di costume, fecero sempre insieme un solo cor po di nazione altamente valorosa e franca. Ma la qualit d un paese s fattamente montuoso, ingratissimo, e in gran parte co perto di boscaglia, ebbe veramente grandis~ sima forza a stabilire la maniera del vive re , e dei costumi : perocch natura privan do per l entro i Liguri di comodi e di beni, di loro in compenso robustezza, intrepidez za e coraggio * 7. Fra tatti i Liguri mn27 Ligure* montani duri atque erutta. Docuit ager

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tanari i_Capillati o Chiomati * furono non che i pi fieri, ma li pi tenaci dell antiche costumanze : e quest uso loro di portare tut tavia lunga chioma nell4et di Augusto, era stato parimente consueto a tutti i Liguri nella prima salvatichezza. Niente meno rustici, in colti e materiali, han dovuto gli Etruschi tro vare quelle generazioni di Liguri, che abita vano per avanti sul P o , e eheglino ridussero in buona parte vita pi civile, se pi tosto Uon gli aggregarono per concordia e unione alla propria nazione dominante A1 pari feroci si mostrarono i Vagienni, per la mas sima parte situati nelle Alpi marittime, e per le sottoposte sassose valli3 0 : ma pi di tutti indomiti erano gli Apuani con altri fieri po poli di loro stirpe, che abitavano in comune per le Alpi di San Pellegrino, i cui smmi gio ghi salzano 484 piedi sul livello del mare, e nel territorio attorno sino alla Magra. Per entro a luoghi di tanto aspri ed infecondi dovea il sentimento della libert operare con
ipse, nihil ferendo, frisi multa cultura et magno labore quaesitum. Cicer. Agrr. il. 35. a8 Capillati et Cornati. Plin. in . io. Dio Cass, inr. p. 754 . ag Vedi p. 1 3 7 . i38. 3o Tarn pernii Ligur, et sparsi per saxa Vagienni. Sii. vili. 6 0 7 .

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grandissima efficacia in animi per natura ga gliardi, addurati alle fatiche, e pieni dardi-, mento e di cuore. Sicch a ragione la voce unanime degli antichi celebrava con laudi lin nata franchezza, il valore, e la mirabil forza de Liguri. Valenti cacciatori per la qualit del luogo boscoso, eran dessi bravi e destri tiratori con la fionda31} ma la pastorizia specialmente facea nell universale lordinario esercizio della gente montana, con abiti di durissima vita cam pestre 3 \ Quanto fosse malagevole in ogni tempo lo stato de Liguri si apprende ancora da un documento, che quasi diremmo nazionale : cio dalla tavola o decreto del sanato romano dell anno 63? sopra le controversie dei Genoati co Vituri loro vicini. Certi popoli del1 Appennino avean quivi soltanto abbondanza di pasture e di macchie: tenean pascoli a comu ne , dove non raccoglievano altro che fieno e legna da fabbrica e da fuoco: sebbene altri meno malagiati per le valli, come i Langansi, vi coltivassero grano e vino 3 3 . Ma poche e scarse biade poteano aversi dalla cultura domestica} e che questo sia vero, lo fan vedere le monta gne della Liguria, dove al presente pi che
3i Auct. de Mirab. p, n58. 3a Strabo rv. p. i3g. Diodor. v. 3g. 33 Vedi il citato monumento illustrato dal eh: sig. G ' rolamo Serra.

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88075 quadrati toscani di superfcie, misura agraria decimale, son retti con sostegni fattivi di muro a secco 3i. Le femmine, che pe no stri costumi, sono di poco o niun sollievo alla societ, non erano nulla meno degli uomini, laboriose, e com' essi vivevano per le ville scassando e zappando il terreno petroso: anzi tagliando duri macigni, dice Posidonio 3 8 . Di tal maniera essendo essi molti, e povero il paese e scarso, facea pur mestiere che i Li guri si sforzassero a procacciarsi modo di vi vere con difficile e pertinace lavoro 3 8: n potendo tampoco superare con la fatica e con larte la sterilit del suolo, uomini e donne s allogavano fuori paese per faccende rustiche, in quel modo che molti Genovesi delle mon tagne fanno anche oggid * 7 . E chiunque va passando col oltre nemonti liguri vi vede il villano agile e spedito portare in capo enormi
34 3oooo hectarts. Chabrol, Statisi, du depart. de Montenotte. T. i. p. 35 1 . 35 Ap. Strabo v. p. i 5 i . 3G Assuetumque malo Ligurem. Virgil. eorg. n. 1 G7 , Diodor. iv. ao. v. 3g. 37 La delicatezza greca ebbe per cosa miracolosa, che nna donna ligure, c sopravvennero i dolori del parto tro vandosi a salario d' un marsiliese, si scostasse alquanto di l dove lavorava, ed Avendo partorito tornasse all'opra, Auct. de mirab. p. n 5 8 . Posidon. ap. Strab. in, p. 1 r4 Diodor. iv. ao.

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fardelli di gran peso per picciolo salario. Perci maravigliando i molli greci dicean per dettato -, che le donne liguri aveano in se la gagliardia del 6esso virile, e questo la forza delle fiere 3i. Tanti naturali incitamenti a vita guerriera renderono i Liguri in qualunque tempo auda ci , precipitosi, e quasi che invincibili nell ' armi 9. Gi per le prime ostinate oppugna zioni co* loro vicini ebbero nome di gente pi bellicosa dei Tirreni 4 . Valentissimi della guerra alpigiana per la natura del terreno difendevole, vinti e si mettevano in difesa tra boscaglie e balze inaccessibili ad ogni altro: vincitori inondavano come torrente impetuoso le valli, e furiosamente cacciavano il nemico di casa. In questa forma terribili sempre, ma disuniti per mancanza dun centro di gover no , e di stabile concordia, pugnarono essi 1 un dopo l'altro quaranta anni contra Roma, gi trionfante della Macedonia, della Grecia e dell'Asia: nessun grande sacrifizio, nessuna pena, parea lor bastevole per la conservazio ne della domestica libert: il perch i Romani
38 Diodor. v. 3^:"altro proverbio Gracile ligure vale pi che fortissimo gallo. 3g Ligure, dunun in armis genus, Liv. xxvii. 8 . Xxxn i. 4 Koi yip Tup'pnvv vTntyfa. Strabo . p. <54.

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non vedendo mezzo a domare totalmente le schiatte liguri adoprarono il crudele spediente o destirpare i pi feroci, o di trasportarli violentemente dal luogo natio in pi lontani paesi. Queste barbare traslazioni di popoli sommessi 4, de' quali il vincitore non si fida va, le appresero i Romani dai dispoti dellA sia , che molto frequentemente le usarono : e tal fu la dura sorte degli Apuani, messi fuori in numero di quarantamila uomini con le mo gli e figliolanza , e di l trasportati senza commiserazione alcuna in Sannio nella regione degl Irpini. Non ebbero miglior sorte gl?Ingauni, abitanti la riviera di ponente, aquali fu mutato sino a trenta volte il terreno 4*j cosi come i mandriani tramutano di luogo in luogo le mandrie loro. Nella pompa di tanti ripetuti trionfi sopra i Liguri domati era molto discaro ai Romani non aver mai oro, n argento predato da mostrare, forte appetito da loro nella guerra, ma soltanto grandissima copia darmi 4 \ E se ben nell ebbrezza dell orgoglio eglino chia massero trionfi castellani coteste sanguinose vittorie 44, pure certo, che ancorch sogget tata la Liguria non cessava il senato (T invi
a i Anastases.
4.3

Ingaunis Liguribus agro tricics dato. Plin. Hi. 5, 43 Liv. x l . 38.

44 Cicer. Brut. 7 3 ,

li.

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gilare con cautissime difese al governo di quella indocile provincia. Abitavano generalmente i Liguri per vil laggi **, ed i luoghi loro principali s della montagna, come delle due riviere, erano pi tosto castella, che vere citt. Con tale appel lativo son chiamate nel mentovato decreto di Roma Taliano, Veturio, Langasco e Maniceno 4 fl. Cemelio, i cui avanzi si veggono a Cimez, tre miglia discosto da Nizza, si vuol che avesse suo principio da una mano di pre datori fuggitivi i7. Bens con titolo di capitale citt troviamo qualificata Genova, e ben le Competeva qual emporio de Liguri e piazza comune di mercato 4 \ Comech inculta ap parisca grandemente la natura propria dei Liguri, e povero il loro stato, non per que sto si meritarono essi giammai quelle brutture di ladroneggi, di menzogne e di frodi, in che si dicevano allevati * 9 . Illetterato per certo
45 Strabo v. p. i 5 i . Castellani Talianus, Vituriorum, Langansiurn, Manicelium. 4 7 Diodor, in fragra. Vat. T. il. p. 7 3 . 48 Strabo v. p. 1 4 6 . 4 9 Sed ipsi unde oriundi sunt exacta memoria illiterat i , mendacesque sunt, et vera minus meminere. Calo in Org. ap. Serv. xi. 7 1 5 : n diversamente dicea di loro Nigidio Figulo: nam Ligures qui Appenninum tenuerunt latrones insidiosi, fallaces, mendaces. e t Virgil. xi. 7 1 5 .
4 .6

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era un popolo, che con tante pene reggeva sua vita : vuol aversi anche per cosa di momento, che nessuna scrittura antica siasi trovata finora nel paese proprio deLiguri ; ma pure non senza romano rancore venian chiamati ladroni : nota di dispregio, che i vincitori superbi posero del pari ai Sanniti, perch presso a pi vec chi non avea quel vocabolo altro vero signi ficato se non che duomini di guerra insidiosi e astuti negli aguati 5 0: ed espertissimi in queste maestrie, che suppliscono con la sagacit al difetto della forza, si mostrarono pur sempre i Liguri per arte consueta di guerreg giare nelle montagne. Le leggi sacre ognora costumate dai Liguri #I al modo degli altri ita lici , dan mezzo a conoscere, eh essi vivevano ugualmente sotto l impero d un reggimento sacerdotale : riconoscevano e rispettavano il dritto Feciale, poich denunziavano la guerra col ministerio di nunzi 5 *: e le stesse loro re-, ligioni antichissime non. differivano n meno da quelle che si trovano propagate per altre giogaie, dove gli alpigiani sotto il nome di Penino, trasformato poscia in Giove, adoravano, il nume sovrano. Natura, costume! e religione, mantenean di tal modo fermi i Liguri nel rozzo.
50 Quoti latent ad insidias faciendas. Varr 51 Liv. xxxvi. 38. 5a Diodor, in fragni. Val. T. u. p. 7 9 ,
l

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stato , e non curanti di que' progressi, che danno nuovtf tempre allo spirito umano con affrettare I operosa cultura dei popoli. N valsero tampoco le consuete navigazioni dei Liguri marittimi per aliene contrade a di rozzarli con migliori discipline. Fenomeno in vero notahile, che soprattenne con pi lungo indugio il corso della loro educazione morale; mentre che gli altri italiani aveano qual pi, qual meno, ingentilita la maniera del vivere, e raddolciti gli animi con temperati costumi. Non possediamo alcun monumento Originale della lingua, o del dialetto particolare de'Liguri, il qual possa schiarire alquanto pi listoria : ma il citato decreto di Rma ne porge tutta via buon numero di nomi affatto locali, che, sebbene abbiano inflessioni e ortografia latina, ne lasciali chiaramente vedere la forma e de sinenza prinlitiva : nomi tanto pi certamente nazionali, in quanto che quella parte della Liguria , dove stanno i luoghi e popoli ivi stesso mentovati, non fu in nessun tempo oc cupata da stranieri, n mai soggetta alle muta zioni di sorte, che prov la regione ligure intor no al Po. Nell elenco che diamo qui sotto di questi nomi si voglion notare due titoli di fami glie, liguri entrambi: dov' da considerarsi specialmente, come la sola diversit duna vocale distingua il nome paterno da quello del

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x v iir.

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figlio M: propriet di lingua che sJ osserva alle volte anche ne titoli delle famiglie etni sche , atteso T indole sintetica dell idioma. Ma quale correlazione potesse realmente aver 1 etrusco coll* estinto ligure questa cosa impossibile a dire. Cingono Italia di verso settentrione le Alpi per una continovata giogaia, la quale dalle marittime sino all Istria si stende sopra uno spazio irregolare di circa i o5 o miglia. La sua larghezza media pu avre 120 miglia; e questo gran riparo, che gli antichi chiama vano muro inespugnabile 54, divide al tutto la nostra penisola dall'Europa occidentale. Non altra avverata, n pi antica memoria porge l istoria del passaggio di popoli transalpini, fuorch Tinondazione gallica regnando in Ro ma Tarquinio prisco; anzi qualvolta conside riamo la insuperabile difficolt, che opponeva nella sua salvatichezza cotesto serraglio d'a sprissimi gioghi, dove pochi sono i luoghi
53 Fluviu* Neviasda ; Veragjasca ; Tuletasca j Perr.obera { la Polcevera ) ; Edus; Lemuri* Rivns Eniseca; Coraberana; \ indupale ; Venelaera Mons Lernurinus} Procavus j Tuledon; Berigiema j Prenicus; Boblo; Claxelus; Ioventio Convallis Caeptiemaj Blustiemelus Lebrientulas foni. * Moco Miticanio Meticoni F. Moco Me^ ticanio ( figlio ) di Meticoni. Plancus P elioni Pelioni FPian co Peliani ( figlio ) di Pelioni. Ambedue Legati dei Genoati e Yituri. 54 Inespugnabili munimenlo. Plin. ni. 5.

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che dieno un adito, e sicura ltiscita, non fa maraviglia che i transalpini, sempre che si cimentavano al varco, o fossero ributtati da invincibili ostacoli, o solo in quellepoca di Tarquinio riuscissero nell impresa' di sforzare un vallo, quasi a studio fortificato dalla na tura 5 S . N si dica, che le stesse chiuse o impedimenti uguali trovarono i primi Liguri, poich venendo essi lungo marina dalia Pro venza, poca o lieve opposizione per via facean loro le ripe alpestri della riviera di ponente. La massima parte delle Alpi fu sconosciuta ai Greci antichi, salvo (die una porzione delle Marittime e deile Pennine, pi note per la vicinanza di Nizza e Monaco ai Marsigliesi, i quali favolosamente le dicean valicate dal loro Ercole 5 6 . I Romani stessi non conobbero a pieno questi passi e monti, se non dopo ohe Annibaie gli ebbe superati per venire ad as saltarli in casa propria : onde s dagli uni, co me dagli altri, poche accurate notizie possono aversi intorno a? primitivi abitanti di questa montuosa regione. Catone, grande indagatore dantichit, o non pot procacciarsi buone informazioni, o errava egli stesso pigliando, i Salassi, che abitavano la vai dAosta e il
55 Alpibus Italiani inumerai ante natura, non sine aliquo divino numine. Cicer. de prot>. consul. 56 Nisi de Hercule fabulis credere libet. Liv. . 33.

*3 xvra. Canavese, per Taurisci Norici * 7: tanto era incerta sin da quel tempo l ' origine, non men che le attenenze di questi popoli alpini, quasi che totalmente segregati dal corpo dell' Italia. Polibio 8 , bench meglio conoscesse i luoghi, non d pi sodisfacenti relazioni de popoli. Pure abbiamo veduto di sopra che gli Stoni, situati ne monti del Tirolo presso a Trento, s intitolavano del nome di Liguri : ed altre genti duguale stirpe, o almeno dugual co gnome , abitarono al pari non dubbiamente per quella porzione delle basse Alpi, che guardano Italia dal Piemonte insino al lago di Garda. Pi addentro nel cuore delle Alpi di moravano numero di nazioni feroci, per la massima parte dorigine ignota, bench ta lune di loro si possan credere assai giusta mente di razza celtica: famiglia come ognun & a di specie differentissima. Ma qui dobbiamo tra lasciare indagini aliene al nostro proposito, per ritornare alle cose pi propriamente italiche.

capo

5 ; Plin. m. so. 58 ii . i5.

*4

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Euganei e Veneti. X je pi antiche tradizioni storiche ci mo strano gli Euganei collocati fra lAlpiReziee il mare r : laddove nei tempi posteriori, e se guentemente sino ad Augusto, li ritroviamo con propria e stabil sede posati tra l'Adige e il lago di Como, Per tal guisa pare accertata la narrazione, che eglino fossero discacciati ol tre lAdige dal prepotente popolo, che indi port il nome di Veneti. Sino a tanto che du rarono i modi della vita pastorale, e quando un popolo accompagnato dalle sue gregge po teva facilmente trasportarsi da un luogo allal tro , simili emigrazioni erano non sol coerenti al costume, ma comandate anche dal genio altero d* un et*, incapace affatto di piegar si all'avvilimento della dipendenza. E sicco me la semplicit del vivere produce sempre un eccesso di popolazione, che in difettodelT arti meccaniche impiega naturalmente nella guerra ogni sua attivit e gagliardia, cos le trib pi valorose spesso s invaghivano di luoghi pi fortunati, e ne discacciavano con
Inter mare alpesque inrolebant. Liv. i. i.

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facili t i padroni hon ancora cinti di miira. La prima stona italica pina di sifltte vi cende occasionate dalla forza o dal bisogno altrui : n diversamente le contrade pi feconde della Grecia andaron soggette in pari circo stanze a perpetue mutazioni di abitatori * : essendo vero, che le medesime cause han ge nerato sempre e in ogni luogo i medesimi effetti. Vanamente per vorremmo rintracciare lorigine degli Euganei. I Greci stessi , dai quali siamo pur sempre in necessit dedur la storia primitiva, non la conobbero : per inodo che essi stessi, non sapendo che sostituire di meglio, usarono cotesto soprannome dJ Euga nei Come la voce sgona > qual sinonimo di valenti o gloriosi : n dobbiamo maravigliarci tampoco, cifre od re chiamato Eneto fsse re putato diti Novellatori meno antichi autore del la nazione 3. Convien dichiarare francamente, che di tuty: le Contrade deir Italia y quella che i Greci conbbero il meno fu sicuramente la regione superiore* che vedevan in oscura lontananza,:E tutto ci, che scrissero di quella, o manifesta l|i loro ignoranza del paese e. de-. gU uomini , o #olUnto U ;pjoetica *vena dellu* sa^o ingegno.
a Thucyd. i. a. 3 Serv. . 4-

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La pianura posta fra lAlpi e il mare un ampio terreno d alluvione, il quale fa prima una grandissima palude, o un profondo stagno ingombro dal sedimento di tutti i fiumi, che irrigano quanta lItalia superiore intra gli Appennini e lAlpi, ed hanno quivi uh centro per metter foce in mare. Che gli Euganei abi tassero prima dogni altro per questi luoghi, si conferma in certo modo Col nome stesso che perpetualmente portano all oriente delle'la gune i colli Euganei, gruppo isolato e consirderabile di monti, che han natura visibilmente vulcanica. Ma chi fosse il popolo che sotto li nome di Eneti o Veneti, secondo l'usata pr* nunzia italica, discacci gli Euganei dal suo territorio, ancora problemtico, se non piut tosto del tutto ignoto. Erodoto, pi antico scrittore che faccia menzione dgli Eneti, li colloca fra gl* Illirj 4 : per dal tenore del suo discorso ben si vede eh' ei riferiva ci per bocca aitimi: e di pi non sapendo, dovette contentarsi alle relazioni dei navigatoti foce dell Ionia, che prima di tutti i ^ r e c i, come narra egli stsso, scuoprirono I* Adria e l Tirrenia *. itf qbel tempo Gfeti non cono scevano se non molto imperfettamente linter^
4 Herodot. t. 1 9 6 . 5 Herodot. 1. i 63.

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no dellAdriatico, cui davano ima estensione oltremodo vasta e ideale. Per questo Scilace, il qual non fa motto dell origine , pone gli Eneti in sulla costa orientale *. E fino al tem po di Timostene e di Eratostene, famosi geo grafi della scuola alessandrina, continuarono i Greci ad esser poco o male informati del lidi dellAdriatico 7, atteso le rare navigazioni loro per quel mare naufragoso, e massimamente temuto per le scorrerie de pirati Illirici e Libtimi. Era in fatti la Venezia divisa sol tanto dai Libtirni per mezzo della pensola degl5 Istri, che Scimno Ghio chiama Traci. Ma del racconto che ud Erodoto nota jptt farsi caso vruno: e ne scema di pi la credenza il Veder che Polibio, il quale conosceva ottima mente gl Ulirj, e potea distinguere l idioma loro, afferma bens ch i Veneti, aVtean tngila diversa dai Clti, ma non dice gichella te nesse qualcosa dell* illirica N mai in verila altro scrittore *0 greco o. romano , conoscente gl Illirj, si trova che questi avessero agna zione coi Veneti. Allopposto i Greci, poste riori ad Erodoto, e forse Timeo alla loro te
6 Scylax ,p. (J. 7 Strabo 1. p. 64. 8 Polyjp p. 1 7 . Plifiuidistingue parjippnte la. /lingua deVeneti dalla celtica: Halua autem * quam G a $ .*icvocant, Veneti coloneam.

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sta, trovarono nel nome degli Eneti materia per accomodarvi fatti-e leggende narrate dai Ciclici ; come la trasmigrazione del profugo Antenore co*suoi troiani, ed una moltitudine di quegli Eneti di Paflagqnia, che perduto il re Pipamene vollero seguire la sorte del duce troiano, il quale, venutosene in Tracia, pass di col in Italia a fondar l impero nel fondo dell'Adriatico . Dice Polibio1 0 che molte cose narravano i tragici favoleggiando intorno ai Veneti. Sofocle, nella presa di Troia ", raccon tava tutto il fatto di Antenore : n certo egli era il solo, poich la venuta del fuggitivo troiano vien narrata molto diversamente dagli scrit tori Altre favole ponean Diomede regna tore d una parte della Venezia : e il nome dell eroe convien che fosse grandemente caro ai paesani , perocch non solo vayea tempio in sylTimavo e onori divini, ma di pivolean che presso di loro unicamente terminasse sua vita mortale, e conseguisse col l apoteosi
9 Meandrius aj>.. Strati, i n . p. 374- 38o. Scymn. Ch. 358. Serv. i. a43 : non IUirtcm , non Liburniam sed Venetam tenuit.

10 il. 17.

liow Xufft;. ap. Strab. m i, pag. 4 1 8 . i a Virgil. 1. a^a sqq. Serv. ibid. Schol. ver, I. 3 ^ 7 . Eusthat. ad Perieg. 3 7 8 . i3 Auct. de Mirab. p. n 56. Strabo . p. i/f8 . 1 ^9 - vi, p. 1 9 6 .
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ap

Tuttavia quando i cronisti romafni comincia rono a dettare la loro istoria, divulgando ori gini troiane, nn tennero nessun -conto delle maravigliose sorti del figlio di Tideo, ma per lo contrario accettarono e ampliarono la gra ziosa novella della passata di Antenore e degli Eneti paflagoni nel seno Adriatico, dove, vinti gli Euganei, presero in comune il nome di Veneti. Cos Catone, seguitando la leggenda greca, diceva essere i Veneti di stirpe troiana u : e lo ripeteva con altri Livio **, che nato nella citt dAntenore riproduce per adulazione iste rica questa vana pompa cittadinesca. Plinio pe r, n Quinto Curzio,6 non si mostrano persuasi di tale racconto ; e Strabone nera s poco con vinto che in dovendo scerre tra le due opinio ni , am meglio credere i Veneti originati dalla Gallia Celtica, o sia dai Veneti dellArmorica alle rive dell Oceano . C09 dunque non sapea affatto istoricamnt 1 antichit chi fos sero nel vero i Veneti, n donde qua venis sero. Secondo che l ingegno spira si van pre supponendo i Vneti dai ricercatori moderni
>4 Ap. Plin. Hi. ig. i5 Li*. i. i add. Corn. Nep. ap. Plin. vi. a Justin. XX. i. iG Plin. vi. a. Q. Curt. in. i.

T O C O T U VT f(X 9 { .

17 S tr a b o iv . p . i3 - v . p . i4 6 : p e r soggiunge 1' a v v e d u to geografo: U yu t ' ox (a^u^((ofi(vc. puli jif ntpt tu

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Slavi, Venedi, Traci-Illirici, Celati, ed anche Greci. Pure, senz andare s lupgi, si pu avere per molto accettevole supposto, che alcuna trib dei montanari stessi delle Alpi si calas sero di su dalteCarniche nel piano tra quei monti e il mare , e dico l respingessero inden tro verso ponente gli Euganei primi occupanti. Fatto nazionale ha dovuto essere la cacciata degli Euganei dalle loro sedi per la violenza dun popolo straniero venuto di fuori, lungo tempo innanzi alla fondazione di Roma. Dione Crisostomo, nella orazione intitolata V Ilia ca 18, dice fra 1 *altre cose, che i Veneti di moravano in Italia molto prima della favolosa venuta dAntenore. Cheglino fossero antichis
18 Orat. xt. p. 1 8 9 . 11 Sig. Raoul-Rochette mi ram~ pogna a questo proposito, e replicalamente due volte, di aver cita ter Dione : il est fcheux pour notre autrur d'etre reduit inaoquer le tamoignagt de cette harangue d'un ta chiste moderne ( t. i. p. ia 8 ): voleva direN del primo se colo della nostra era: bench egli stesso, contraddiente a m e, si faccia frte dell autore del p e c o r o n e : ecrvain du quiniUme siecle de nStre tr ( novelliere incerto del tre cento ), qui decrit l etablissement d'Antenor, q u ii pretend avoir et accompagni de douze mille personnes ec. ( Hist. crit. des colon, grecques T. il. p. 364). Cos'di nuovo in que sta storia critica si trova citato e il Pecorone ( p. 3i5 ) e Giovanni Villani : celebre historien ftorentin du XV. sie d e ( mor per la peste del 1 348 ), qui dans sa cronique dit que Volterra, ville tris ancienne dItalie, avait et batic par les descendants d lta lu s , et Que, dans l'origine, elle aveit port U nom <TAntonia. T. i. p. 3i o

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3i

sima gente lo afferma espressamente Pojibio e con pari certezza dice Livio, che al tempo della invasione etnisca di gi tenevano in sua signoria tutto T angolo o spazio d intorno al seno Adriatico Quivi si rimasero i Veneti sicuri contro larmi deconquistatori, difesi dalle paludi, e dallacque copiose e sparse, tra le quali stava rinchiusa la regione dal lato di ponente e mezzogiorno. Ma qual fosse la ca pacit del luogo che abitavano l entro, par ve argomento di grave controversia agli eru diti. Non per tanto sembra certo, che i dub biosi confini della Venezia non oltrepassassero mai a ponente il fiume Chiesio, e suoi limiti naturali fossero a settentrione le Alpi; a le vante il Timavo ; al mezzogiorno le paludi ve ronesi ; indi il Po sino al mare. Gli Euganei, discacciati dalle piagge delY Adriatico, nondimeno serbarono 6otto quel nome lindipendenza e lo stato libero nei monti veronesi, trentini e bresciani, dove ancor rise devano qual gente alpina nel secolo d Augu sto Confinavano essi presso al lago di Co mo con gli Orobi, i quqJi avean Barra per terra principale, d onde Catone pare che ori
19 rfvo( nxv italcuv. 11. 17.

Liv. v. 33. Transpadani omnia loca excepto Venetarum ongulo , fu i sinum circumcolunt maria. ai Plin. ili. 30.
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ginasse Bergamo, Com, e altre comunit vicine situate per Je montagne Non sappia mo quel che 1 autor dlle Origini si pensasse circa il primo seme degli Eugaqei, ma bens egli noverava trentaquattro luoghi di ragione loro nelle basse A lpi, tra li quali i Trimupilini ed i Camuni, popoli abitanti lodierna vai di Trompia e vai Camonica, erano i maggiori di quel corpo *3 . Possedevano anche la Valtellina, traversata dall' Adda, sino al lago di Como. Per l'opposto i Veneti, il cui nome si trova spesso confuso, massime dai poeti, con quello degli Euganei, abitavano una delle pi fertili e deliziose regioni d Italia, dove si contavano, dice un geografo antico, cinquanta terre * 4. Padova, la maggiore di tutte, traeva gran vanit del suo fondatore Antenore * 5: ed anche oggid non vha uomo volgare padovano, il qual volesse dubitarne. Bench, suo vero e laudabil vanto si fosse il buon costume, la co pia de cittadini, e la ricchezza del comune, principalissimo frutto dell arti paesane, e no minatamente del lanificio od opera di drappeaa Cal ap. Plin. ni. 1 7 . a. Praestantes genere Euganei. Cato ap. Plin. nr. 2 0 . Triumpilini e Camuni si trovano ugualmente mentovati nel Trofeo di Augusto. a4 Scymn. 388.
?5 Tacit. xvi. a j.

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ria * 6. Per un antica memria si diceva che Padova avesse tolto il nome dalla palude Pa* Una presso la citt * 7, situata alla sinistra rira del Medoaco 0 9a la Brenta ; fiuncello me^ diante il quale trafficava Padova anche sul mare pel porto di Malamocco. Non addaci perci veruna maraviglia se*, (ino dalla pi remota et ebbero i Veneti al di fuori grido dJ illustre nazione, e se nel toro paese fngono i poeti le favole pi celebri dellEridano e di Fetonte. Mal sapevano gl inventori stssi del mito, o piuttosto i suoi promulgatoli, dve fosse quest-Elidano, atle cui sponde cercavano l'am bra gialla. Esiodo navea ragionato in un* opera ora perduta * 8j Ferecide divulg maggiormente la favola al suo tempo; e di inano in mano rabbellirono1Escliilo, Euripide * 9, Filosseno, Nicandro e Satiro 3 . Pure si vede che ignorava Erodoto del tutto, che al nostro Pado avessero appropriato i Greci il nome poetico d Elida no, eh ei cercava col misterioso elettro nel Baltico **. M a, non poco notabile si il racaG Strabo iti. p. 1 1 G. v. p. 14. 7 . Plin. 1. epist. i4- Mar ti^ . xi. ep. 1 7 . 3 7 Serv. 1. 3 4 G. a8 Hygin. Fab. i54: intitolata Phactpn Ihsiodi. ag In Phaeton; Hip pel. 7 3 5 . 30 Plin. xxxvi. a. 31 Herodot. 111. 1 15.

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conto che di lui abbiamo dun costume degli Eneti, se pure il fatto chegli ud narrare vero : cio 1 usanza che avrebbooo avuta co mune coi Babilonesi di far vendere dal bah' ditore ad una ad una le vergini nubili per ispose a chi pi le pagava, cominciando dalla pi bella : il che avea per fine prudente non la sciarne veruna senza marita; perche col dana ro ricavato dalle belle si maritavano le brutte e le difettose J*. Per Verit altre strane co stumanze ebbero i Vneti primi, siccme quella di fare spontaneamente alle cornacchie copiose offerte in tempo della sementa, onde liberarsi dalle rapine di questi arditi ladroni 33. Ben si conosce per che si fatti costumi antichi, e le fogge del loro vivere, s*andavano mitigando e dirozzando col commercio di popoli pi colti. N piccola parte han dovuto avervi s la vici nanza, come la scambievole comunicazion di cose tra i Veneti e le colonie etnische pi pros sime al loro paese. Di ci quasi certezza il nome di alcune comunit del distretto verone se, chiamatevi Arusnates H: nella qul voce si riconosce un titolo etrusco. Non poche iscri zioni ritrovate nel territorio veneto han pure
3 a H erodcf. I, 1 9 6 .

33 Lycus hheg. et Teopomp. ap. Aelian. piai. xvii. 34- Maflei, Ver, illuit. 1. p. 1 7 .

de Ani-

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caratteri e dialetto mollar simili all'etnisco *V Ed in conferma di qualche affinit o parentela antica delle genti si possono anche citare i se polcri etnischi deila famiglia de' Veneti Eneti, trovati non ha guari tempo nel- pera gmo Era la Venezia un paese di: mirabile fecondit, massimamente copioso di candide lajae a?, e di generose razze di cavalli 34, dei quali correva tal fama in Olimpia, che i ve neti puledri di grandissima lena e velocit vi prendevano il soprannome di portanti corona 3 * 1 .E questa medesima cura che ponevano i Ve neti. in allevare diligentemente braVi corsieri, parve appunto ai vanissimi greci buon argo mento a giudicarli discesi dagli Ebeti di Paflagonia, ne quali Omero laud consimile indu stria Opportunamente i Veneti si giovarono della comodit, del luogo e della fortuna io accrescimento della nazionale prosperit ; ina posti nel mezzo di paludi maremmane allestre mit dellAdriatico , non si vede che mai si
35 Maflei, Oss. letter. T. v. Lanzi , T. il. 3G J -f 9 Vermiglioli, della gente Veneta o neta. 3 j E t Euganea quantum vis mollior agna. JuvenaL vm, i5. Martial xn. ep. i55. Steph. v. 'A itpx. 38 Slraho v. p. 1 4 7 . Plin. XXXv. 43 9 Hesych. v.'Evfa^a; lUiloii. Euripid. HippoL a3o. 1i3a et Schol. ibk). 40 lliad. 11. 358-5g.

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travagliassero d cure d ambizione fuori della loro frontiera. La vicinanza de' Galli, chesottentrarono agli Etruschi sul Po, tenne per veri t svegliate le genti della terrestre Venezia bench le azioni loro, -tutte- domestiche _e lo cali , non si trovino in veran tempo collegate con i gloriosi fatti de7prodi difensori dell' ita lica libert. Se ci successe per troppo affetto alle sue salse laguri, o per slo amor di riposo, ne pagarono anche le pene: perch i Veneti, dopo la disfatta degl Insubri nella guerra ci salpina , vennero in comune senza contrasto, e senz onore alcuno, soggetti a Roma* Da cpiel tempo in pi, sotto il duro governo provin ciale, fece la Venezia una notabil parte della sommessa Gallia traspandana, n mai . pi ri maneggi l armi' a recuperare la perduta li bert. E se finalmente, per una conseguenza della guerra sociale, parteciparono i Veneti del dritto di citt, il doverono all' ambizione di Giulio Cesare , non al valore .
4 Polyb. ii. 1 8 . L ir. x. a. Sem per autern eo* in armis arwlae Galli hbebant. Cicer. Philip, v. 8 .

b CAPO XX.

Sicilia , Sardegna , e Corsica : marineria degli Etruschi e d!altri popoli italici, X Ja favola omerica dei Ciclopi era stala assai probabilmente imaginata, in sulle inaudite nar razioni, che gli antichi na vigatori per le terre oc cidentali andavano divulgando intorno aprimi selvaggi e inospitali abitanti della Sicilia, Ma concordetiente le storie riconoscono soltanto ne Sicara i pi vetusti popolatori dell1isoja. Tucidide ' , seguitato in cidaFilisto 1, e da parecchi altri scrittori , li teneva per Iberi scacciati dalla patria loro dai Liguri ; pure, non di poco dubbioso se i Liguri avesse* mai avuto sede oltre i Pirenei 3 : dove cercava invano dai geografi anche quel fiume Sicaoo, che si diceva aver dat<> il suo nome al popolo, originario: cosi meglio si Vede ch,e riferiva Tu cidide 6enz* altro esame una tradizione stra niera, piuttosto verosimile, che certa. Timeo4 allopposto redarguiva cotasta sentenza :ed accu sando' lignoranza di Filisto provava non dubI a 3 ( vi. a. p. Diodor. v. . Vedi sopra p. a. Ap. Diodor. v. 6 .

38

CAPO

XX.

blamente *,. e per documenti irrefragabili , che i Sicani furono anzi popolo indigeno, e li pi antichi abitatori o cultori dell*isola: alla quale opinione positivamente consente inche Diodoro *. E nel vero.i costumi stessi de* Sicani sparsi per campagne in buona paj-te in colte , infamati per ladroneggi, e senza stato fermo 7, ben manifestano un popolo nativo , mantenutosi lungo tempo nel primitivo essere di vita sociale. Niente pi civili han dovuto ritrovarsi i Sipani allora quando sopravvennero in Moltitudine i Siculi dall4Italia, ed occupa rono grandissima parte de' luoghi che tenevano i Sicani, respingendo indietro coki la forza del numero. costoro al lato occidentale e meri-; dionaie dell isola. Importantissimo evento y gi narrato di sopra distesamente , per cui si fbrmaron nnove correlazioni , parentele , e commerci tra Italia e Sicilia, cos appellata piindi innanzi col nome de' suoi pi potenti dominatori *. Non per tanto dimesticatisi in progresso di tempo Sicani e Siculi, si ristrin sero ambedue quasi come se fossero un popol solo : e giustamente son dessi quei barbari si ciliani abitanti linterno dell* isola , non pure
5 aptfiAf ronzivi.
6 8

v.

.
67.

7 Diqdar.

t. 6Vedi Tom. l. p.

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XX.

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parlanti un dialetto spedale, ma in ogni et distinti, per la razza loro diverta^ s dai coloni fenici e cartaginesi, come dai greci. Senza parlare degli Eliminile si reputavano per solito vanto troiani qua venuti in fuggendo gli Acui vi , e dimoranti in Erice, Egsta ed Entella. Molti secoli avanti la fondazione di Carta gine i Fenici di Tiro frequentavano nelle spiag ge dellAffrica, dove aveano stazioni e commerci dai confini della gran Sirti e di Cirene insino alle colonne drcole, cio del massimo eroe Tirio. I cui molti viaggi accennano, sotto fi gura d* allegoria, le colonie condotte fuori da gli stessi navigatori fenici. Nqn diversamente approdarono essi in Sicilia : ed a comodo dei loro traffici si posero principalmente in sulla costa di fronte allAffrica tra occidnte e mez zogiorno , l intorno al capo di Lilibeo. Bench non siavi certezza alcuna intorno Y epoca delle prime colonie fenicie nell* isola, si. pu ragio nevolmente credere, die elle fossero edificate nei tmpi pi floridi della citt di T iro, circa un secolo dopo la guerra troiana. Tennero ugualmente da quel lato le isole minori di Malta} Gozo e Cossura, scale opportunissime
9 Gwvdeseh chiamata oggid dai paesani. ( Vassalli, Less. mali. p. 3a3 ). Quivi son notabili molto te rovine d'nrt va sto edilizio chiamatovi dai paesani la torre dei Giganti ; okk

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alle loro navigazioni nel mediterraneo occiden tale , e phe portano ancora nel nome un sicuro vestigio della dominazione fenicia In sulle tracce deila metropoli fu cos agevoL cosa ai Cartaginesi il passare essi stessi in Sicilia, do ve ereditarono delle possessioni c delle colonie maggiori fondatevi dai Fenici, tra le quali Motia, Solocete Panormo, mandandovi gente nuova ovunque elle erano decadute. D allora in poi il dominio punico, fattosi ognor pi pre potente, non cess, -d aver parte grandissima negli affari pubblici, fino- a tanto che la Sicilia non venne a stato di provincia romana. Ma pi che altro limmenso traffico che facevano in sieme Siciliani e Cartaginesi, permutando iti grande le loro cose venali, era stato di moltis simo guadagno ad ambedue: ed pur vero, che di Sicilia s esportavano in gran copia per lAffrica, e con largo profitto deglisolani, vini generosi, olj, e altre derrate tt. Maggior fortuna e splendore ebbero tutta via le colonie greche che passarono in Sicilia
numento di straordinaria frm a, bench di rozea fabbri cazione , probabilmente lavoro dejla colonia fenicia. Ve di la descrizione e il disegno del monumento stesso fatto sul luogo dal capitano Smith: Archeologia, or misceli, tracts rcltin'g to antiquity. voi. xxn. p. aq4 10 Hamalcer, Miscellanea Pfwcnicia. p. 46* , 4a- *46. 11 Diodor. xin.

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dpo i Fenici , e vi tennero un pi durevole e florido impero. Primi di /tutti si frirono i Calcidesi d Eubea, fondatori-di Nasso dicias stte Strini innanzi 1 *ei a rmana L anno ap presso A,rchi corintio edific. Siracusa : e ad esempio loro altre generazioni di Dorj e lonj vi'posero 1 n'dopo l altro sue colonie, che occuparono grande spazi delle nurrine al lintorno dei tre promontori-, pequali portava l isola in bocca dei Greci il nome di Trinacria. D i'tal modo divenne presto l Sicilia quasi che tutta grecare fu tale e tnta P in fluenza dlia civilt e della lingua ellenica, che vi rest preponderante per secoli f pure, tut toch l idioma greco fosse il pi usitato nel civil commercio, non per questo vi si spense del tutto il proprio dialetto siculo, n tampoco il punico 1 3j- ond che i ^Siciliani in genere sono pure chiamati trilingui La Sardegna e la Corsica, situate ambedue quasi nel cntro del Mediterraneo, non pote vamo non essere visitate ugualmente nella pi remota et dai primi navigatri. Soprattutto la Sardegna di tanto pi grande, pi frtile, e di facile accesso per la comodit de suoi porti,
ia 0 |. Xf. i. A. c. 7 3 6 . Ephof. ap. Strati, vi. p. Diodor; X i v . 55. Thucyd. vi. a . Scyinru 2 7 1 . sqq. 13 Vedi, Tom. 1. p. 6 9 . 14 Siculi trilingues. Apul. Mei. xi.
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e di numerose Cale,, s molto acconce ai ma rinari , che andavano cercando alla ventnra bramate sorgnti di ricchezze, ha dovuto in vogliare per tempo animosi stranieri a posar quivi sue dimore. V approdarono dapprima i fenici 5 e, Come in Sicilia , avvedutamente s stanziarono nel lato Meridionale di contro ak* lAffrica, che di sua natura anche quasi per tutto arabile e piano, e.circuito d una spiag gia meglio accessibile alle navi. Ivi intrno allentrata del maggior golfo 6tava Nota col suo porto : Carati, o Cagliari,occupava'il fondo del golfo stesso : ed ugualmente l presso sul lido di mezzogirno trovavasl Sutci, porto e , citt nulla m^no antica , n manco ragguardvole dell altre due. Le quali terre, senzalcun dub bio di stat fenicio-cartaginese , furono pur abitate ed accresciute di roano in mano dai Cartaginesi stessi, la cui repubblica, al prin cipio dell impero persiano -, gi teneva in suo potere parte grandissima della Sardegna con certa e stabile signoria. Il possesso di' unisola s tanto fera.ce, copiosa di miniere, ed il cui regno vegetabile porge a, un tempo e le piante dell Europa temperata, e quelle dell Affrica settentrionale, era al certo di moltissima impor tanza per Cartagine, se non altro per potervi cambiare a s u q total profitto le proprie derrate contro legname, pece , ferro , e altre mate

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rie grgg abbohdevoji m Sardegna, e di cui pi maggiormnte bisognava il comune carta ginese per le sue fabbricazioni navali. Onde non fa specie alcuna se non bastando la for za, adoperassero i Cartaginesi ogni pi, estre mo spediente a soggettare e domare il feroce animo d'Sardi. Con tal fine si vuol che usas sero il crudel ripiego, di disfare tutto ci , che trovarem di coho nell isola ; d estirparvi le piante*, e d pi vietare sotto pena cptade agi indigeni U lavorazione dei terreni mez zo acerbissimo per cui tendevano i dominatori a mantenere paesani s u q vassalli in continuo bisogno dellalimento, perch fossero miseri, poveri e deboli. N sicuramente pi mite, o men confacente al sospettoso tirannico impera di mercatanti, sarebbe stato il loro dritto delle genti se, come dice Eratostene statuirono per legge, che si sommergessero in mare le navi e le.genti forestiere colte a trafficare nell isola. Con tutto questo i. Sardi pi animosi, gi ri paratisi tra le balze di scoscesi monti, doVe tenean vivo il nome dIliensi, Corsi e Baia*5 Aucl de M nb. p. 1159. 16 Ap. Strab. xvu. p. 55a. E fu quoto appwnlo uno degli odisi prelesti, che allegava Catone, per muovere-il woato ad occupare la Sardegna : negotialores sp o iiabali*, et ut acet lateret, roergebatj* in mare. Calo ap. Appiao. BU. i W p. 85. ed. TolL

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n .

r i, mai non cessarono nella, lor satvatichezza di contrastare ferocemente aH'argii puniche. E par di cello che i primi-fossero anche i pi antichi e indigeni isolani, somiglianti , cosi dice Pausania, in sembiante e costume ai Libj Erano i secondi una mano di nativi Corsi, discacciati per sedizioni domestiche dalle case loro, donde passarono d abitare i diru pati monti che fronteggiano il lato settentrio nale della Sardegna : laddove- i Balari, d'ori gine iberica, si tien che fossero una gene razione di stipendiar] dei Cartaginesi, che. malcontenti si rifuggirono anchessi nelle mon tagne : e narra Pausania, che ivi 6tesso t Corsi posero loro, lappellativo di Balari, che in suo dialetto valea quanto dir fuggitivi : se pure non eran coloro, siccom suona il nome, una banda di quefamosi arcieri delle Baleari, occupate per linnanzi dai Fenici che aveano Gadira, Tartesso, e altri luoghi dlia Spagna ,a. Bench dai geografi sieno mentovate non poche altr popo lazini sarde d'oscuro norrie, Iliensi Coi-si e Balari, furono sempre le maggiori e le pi te mute ,B . Ma di gran tempo stanziati tra monti
17 Pausai*. x . 17. 18 Strabo ni. p. 116. 19 Plin. n i. 7. Mela h. 7. Strabo v. p. 5S. Ptolem. 111. 7. Ad alcuni di coloro han dovuto appartenere le figu rine in bronzo di varie fogge, al tutto deformi e nz'arte,

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inaccessibili vivevano essi senza cultura in pvero stata: abitavano per entro tugurj 6 caverne; vestivano pelli di capre o di muflo ne , razza tuttora natia della Sardegna : si nu trivano di soli latticini e di carne ; e sempre armati -portavaRa seco targa e pugnale Cos fuggenti lo studio e te fatiche dell'agricoltura, non attendevano essi che a vagante vita pa storale ; dalleloroal ture non finivano d infe stare e-depredare intorno i luoghi colti sotto posti : tanto che ognor molestevoli allo stra niero , n la dura severit cartaginese, n la forza bellica -de Romani, furon mai sufficien ti a domare la loro inflessibile natura, od a mutare i costumi selvaggi Che gi tutto non era invettiva in Cicerone, se al-suo tempo ei chiamava ancora per nota' di spregio i Sardi mastrucati ladroncelli. 1/ opinione che teneva principalmente per
rhe si sono trovate nell isola. Vedi W lnkelm ann, il r. 4*. Caytas. T. in. tav. 1 7 . Barthelemy, Mem. des Inscript. T. lxvm . p. 5 9 5 . M ster , Under einge uxrdiicke idole. P.ao Nymphodor. ap. Aelian. de Animai, xvi. 34- Strabo v: p. i56. Diodor. v. iS. -ai Liv. x li. 6 . aa Mastrucatos latruncolos.: in Orai, de pron. cous. 7 . Cos detti da Mttruga, vocabolo sardo: vestiario di pelle usato oche I presente dai montanari. De la Mormora, Vojrage en Sardaigne. i 8 a6 *

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Punici i Sardi pi inciviliti, era altres quella del romano oratore *3 . E di vero il sangue af~ fiicano non ha. mai cessato di scorrere nelle vene del sardo. Perocch i Cartaginesi mi schiatevi le razze non solo renderono al tutto punica la miglior porzione dell isola, dove signoreggiavano, ma per mezzo delle colonie v* introdussero arti e cultore sue proprie. N forse ad altro popolo sono <da attribuirsi i codi detti N uraghi, che in molto numero si ritro vano ancora per la Sardegna. Son quelli: certi edifizj , o sien torri pi propriamente, di trenta a quaranta piedi d altezza, costruite di pietre calcaree del paese non collegate da cemento, e di tal forma che gradatamente si ristrigne in cono alla sommit; una porta abbasso serve d unico ingresso,. e al di dentro han d ordi nario due o tre camere arcuate sop^appbste 1 una all altra, dve si sale per una scaletta piccola, o per una cordonata, la quat traversa spiralmente la grossezza dei muri. Alcuni Nu raghi si trovano circondati da larghi terrapie ni, fortificati intorno da muraglie alte circa venti piedi ; altri sonp di pi fiancheggiati da coni minori o torri laterali; e il muro , che di dentro le racchiude, qualche volta attra versato nella sua tftal lunghezza da un tragitto,
3 Cicer. pr Scauro 4a- ed- Peyr.

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il qual conduce duno in tm altro cono, e molto corrispnde all uso delle nostre casa matte. In queste straordinarie ma rozze mo li, fabbricate con sassi irregolari e mal tagliati, non si vede per certo molt art d edificare, ancorch stabili E in ritrovarle qua e l per lo pi innalzate or sulla cima dell colli ne, o per le falde dei monti, si pu- anche presumere, che tali fabbriche di solida strut tura servissero generalmente ad uso del pub blico. Consimili edifizi s osservano nelle isole Baleari, e quivi, come in Sardegna , han dovuto esservi costrutti da un medesimo po polo dominatore . N, questi pu crdersi mai r etrusco, i| qodle non occupava se non che i luoghi littOrali. Il notine stesso antico e pae sano, che serbano mai sempre di Nuraghi, non lieve indizio dei loro veri fabbricatori. Perch, ebbene una tradizione.genealogica attribuisca ai Norace , capo d una colonia di Iberi * 5, la fondazione di Nora, o Nura, ella fu pi- verisimilmente opera dei Cartaginesi * *: ed anche oggid m ontedctfa Narra chiamasi
34 Vedi l'alzato e la pianta del Nuraghe d Isili. U t .
lx . 4-

a5 Pausn.

1.

17.

aG N ufoii, Narag Naraggara sono tanti nomi di citt e fiumi dellffrica, di radice fenicia. Vedi Hamaker, Misceli. Phoenicia. p. aGo. 3 6 9 .

A P O X . dai Sardi la grande giogaia,che si distende al settentrione dellisola verso occidente, dove forma una delle cinque-catene, che a aliano irregolarmente in sulla sua superficie. A ir op posto nellisoletta di S. Antioco., detta anti camente Ensi^.prossima a Sulci, certi wima colonia cartaginese * 7, si veggono scavate per entro il monte centinaia di tombe, che al pr~ sente servono di casal al popolo: come sembra vero erasi questa la necropoli stessa di Sulci, in cui, poco innanzi, sono stali ritrovati sopra coipi morti alcuni peazi di notabili armature di bronzo * B. Non diversamente nell isola di G oz Q , mootovta di sopra, si trovano in molto numero altre consimili grotte sepolcrali, se coudoche portava limmutabile costume e rito fenicio-cartaginese , al pari - dell etrusco r in vigor del quale i sepolti non avqno m o p menti allo scoprto, naa tombe ertam ente celate sotterra, Il che avverto, qui espressamente onde mostrare, con tutta la maggiore probabilit, che i Nuraghi sardi non han potuto essere con propriet sepolcri 8.
48
C 37 Strabo v. p. iS 5. Mela u. 7. Steph., v. Siimi1 . Claudian. Bell. Gild. sub fin. a8 Mem. dell Accd. delle scienze di Torio. T- xxv. cl. delle scienze morali, p. 107. p, 119. 39 Espongo i miei dbbi, senza contrastare all' opi nione altrui. IN trovo tampoco ragioni si^fficientt a ere-

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Ancora che Stfabone non avesse dett af fermativamente die gli Etruschi abitarono in Sardegna'30^ lo avrebbe persuaso s la vicinanza delle cpste tirrene, come le possessioni loro nella Corsjca, e il genio marittima della gente; Ma nulla sappiamo di pi del modo per cui vebbe ro per un terhpo irt qoelle manne emporio, com mercio e padronanza. Pure nel nome degli Aesaronesi *', popolo sardo , abbiamo un vocabolo di Certa origine etrasca j e l citt medesima di I^eronia 3 * posta sul mare dirim petto al lido tirreno, y era sicuramente inti tolata dd nome d' una, divinit tutrice dei Toschi. I Greci dell ionia, regnando Giro,
dere i Nuraghi favoro d i cdon etnischi, e mlto meno di greci. Se, ootae para probabile, l'autore dei racconti ma ravigli osi ( p. u 5 g ) , ebbe in mira colesti monumenti, dor narra dei .Thoi (Saoi) edifizj costrutti all antica maniera grecai ; questo solo basterebbe a provare che gli Ellcni non udirono altro che rd aso ai fantastiche d i viaggitori : quindi V accomodarono alla loro maniera la fa vola , che lolao ne fosse l ' edificatore-. Forse ^il mirabile racconto veniva da Timo, che scrsse a un modo stra nissime cose della Corsica, e ne fu ripreso da Polibio agratQnte. j
30 Ka awoixqvau ro if tv vjjaov fapfipii . Tpptiv i ira y. vctpov 3 i tcivu u f tacTtirprreav o t x K a^nJvoc. S tra b o

v. p. i55. 31 AifftywynvfflM. Ptolem. ili. 7 : Aeswoncnsi derivativo di Aesar. 3a toipmfo niht : tra Olbia e H fiume Cedrio.. Ptolera. 1. c.

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gi conoscevano per racconti di Navigatori la Sardegna qiial isola grande e copm di tutto ci a eh* al vivere necessario 1 3: per il che in rischiosi, frangenti eglino trattarono anche pih volte secq insieme di trasferirsi quivi a salvezza della conmoe libert S V Pausania 3 , relatore di tutto quel che si diceva intorno la Sardegnaparla d ui)a colonia pretesa greca condottavi da Aristeo : ,d un altra colonia Tespiadi sotto la scorta dIolaoj e finalmente di profughi Troiani, che ayrebbpnod^to Tes sere, e il nome agli lolai, o altrimenti Iliensi. Ma queste novelle di mitologi e di genealogi sti, gi pienamente rililltat dai critici 3 , non abbisognano d'ulterire confutazione : bench sia dubbioso non poco) se, pi anticamente dei Balari, ltri Iberi si fermassero nell isola : non essendo , poi tanto iriverisimife, che una qualche generazione di Baschi vi giungesse per mare, e vi dimorasse alcun tempo, sic come avvenne nella propinqua Corsica *\ Quest'isola situata al settentrione della Sai 33 Herodot. I. 1 7 0 . v. 1 0 7 . vi. a. P a n n o . ,iv. >3. 34 Herodot. v. ia4- ia5. 35 x. 1 7 . A4 diredi lui la Sardegna 0 % pochissimo nota ai Greci, tonf. Voss, Veltkunde p. X. 1 . 36 Clovfv Sari. aut. p. 484- Bochart, Geogr. Sacn p. 63o. 3 7 ' Vedi Haniboldt, Prfang er. o ?ia Esame delle ri cerche su i primi abitanti della Spagna, p. 1 6 7 .

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degna, di cui $egu$ la direzione verso mezzo giorno , darebbe a credere per la sua costitu zione geologica, che una volta si fosse distac c a t a dalla maggiore, divisa sojtanto per u b o stretto braccio di mare j quantunque da se la Corsica per ogni parte montuosa, inculta, e piena di foreste , nulla produca che paragonare si possa alle copiose messi della Sardegna. In tempi sconosciuti vi navigarono Iberi e Ligu ri 3 8 : ma gii Etruschi, per la maggiore vici nanza , aveano apche pia facile e sictro tra gitto nell ipola, Quivi infatti, allora ^he pi signoreggiavano i mari, vi fondarono Nicea4 , colonia del sangue lgro, la/ quale proteggeva non. meno i traffdi, che il dominio della ma dre patria. Poich buona .parte dgP isolani soggettati, e fatti tributari agli Etruschi, da vano loro annualmente certa quantit di ragia, cera , e ,miele : soli prodotti di che soprab
38 Senec ad Helv* 8. ballast. fragni.. hist. i l p. aSg. ed. fiip. 3g T igv iti Nunou tmircn Tv/Spirmi 3lanroxfaTvtK. DiOdor. v. i 3 - K vpvtmu t s o t i h chiamati dai Greci, i coloni della Corsica, come 'ItoXu&tou , Xiu)utii , i coloni dell Italia e di Sicilia. Senza ragione gl interpelri han dato a quella voce il senso di Kupvta S n , Cyrnium maium : motto del quale Erasmo adduce una ideale spiegazione. Adag. ni. 7- 9*o Diodor. v. i3. Similmente i Romani prendevano il tributo dai Corsi in tapta cera ( Liv. x t n . 7 ) , propria mente chiamata Corsica cera, Plin. m . 4 .

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bondassero} anzi di tal natura, che fan ma nifestai 1 *imperizia della sementa, la .povert dei paesani, ed i costumi matriali. Quindi che gli scrittori antichi, e massimamente T i meo 41, esagerarono di tanto la ' salvatichezza de luoghi che y al loro dire, uomini d ani mali v erano a un modo indomabili. Ma i reci antichi conosceano si poco questi mari di ponente, e la mappa stessa dell Italia, che la Corsica si trova chiamata da Ecateo un sola dell Iapigia * : e vuol di pi perdonarsi a Sneca la. di lui esagerazione rettoriea, per riguardo all' infelice esilio a . Erano certo gli indigeni Corsi razza feroce u , piuttosto ina sprita , che mitigata dal timore deH armi fo restiere. Datisi per natura alla vita sciolta pa storale si cibavano'unicamente di latte, miele e carni delle loro greggi i tuttavia , sog giunge Diodro, vivean tr se non senza giu stizia ed umanit : n scarso guadagno dveano essi trarre anche dai loro boschi, folti dal beri d alto fusto, e molto acconci alle costru zioni navali 4 . Non furono dunque i nativi
4

i Ap. Polyb. 'relit|. Xij. 3. 4-

4a Ap. Steph. v. Kpvov. 43 Sener. a d Help. 6 . 8 . 9 .

44 Strabo v, p. i55. 45 Diodor. V. 1 4 . Lyo. Rheg. ap. Athen. fi. 7 . 46 Theophr. Hist. plani, v. g. Dionys. Peritg. v. 46oEusthat. ad h. 1.

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Gom, dimoranti aeUiaterno affetto prLyi di beni naturali: e quanto abbondantemente vi cre scessero,' copiosi di nmero j ne fanno certa testimonianza i geografi * 7 , Allora quando i Focesi dellIonia, sottraen dosi alla dura servit dei Persiani, serano condotti in Corsica, dove fondarono Aleria*8, di gi gli Etrusehi tenevano qualche parte dellsola conistabile signorja. Perloch colle gatisi con i Cartaginesi, padroni della Sarde gna, si mossero entrambi per gelosia di do minio, contro ,gli Ionj, che interamente disfatti navigarono appresso con gli avanzi dlia loro gente, pe lidi dell Italia meridionale. Circa ottant aaqi dopo stava la Corsica ncora sog getta agli Etruschi magli emuli Cartaginesi preso ardire per la declinazione marittima e ter restre della potenza etrnsca, duramente .angu stiata in quel tempo, dai Siracusani e Romani, ruppero gli antichi patti di concordia, e occupa rono essi stessi sovranamente la Corsica, cac ciandone i coloni toscani : ingiuria la qual diede cagione alle acerbe nimicizie, che sempre
4 7 Plin. ni. G. Mela 11. 7 . Pioterei, i u . G: tuttavia un fallo evidente nel'test di Plinio il dare alla Conica, xxxm terre,o citt, mentre la Sardegna, di.tanto maggiore, ne contata solo u t . 48 Herodot. 1, iG5. Anlioc.-Syrac. ap.-Strati, y i. p. 1 7 4 * Diodor v . i3. * Ol. i v i . a . . di R. a4> 4 9 Dodor. xi. 8 8 Ol. lx x x i, 4- di A- 3oo.

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duravano per mare tra t M ppoli ostili intorno alla met del quinto selo di Roma. Di tal maniera la Corsica divenne del ' tatto cartaginese al pari della Sardegna: ed1ambedue gi erano in potest di Cartagine, quando sog gettate a Roma perla vittoria decise la (orza, se dovea dirsi la fede punica o la' romana. La dominazione degli Etruschi era stata men grave ai Corsi, che non quella dei Carta ginesi nella Sardegna : e sempre che si potesse avere buona cognizione del dialetlp proprio dei montanari Corsi, non sarebbe impossibi le ritrovarvi'addentr gitine' radici affitti alle antiche lingue italiche * : Possedevano ugual mente gli Etruschi Pisola dell'E lba, si ab bondante di miniere , con tutte le .isolette attorno dell' arcipelago toscano : Gorgna , Capraia, Giglio, Pianosa, Mnte Cristo, Cia nuro e alcune altre : le quali poste Onle in mezzo tra il lido tirreno, e la Corsica e Sar degna, erano tante sicure scale ai primi na viganti, E noi abbiamo per fermo che questa grande comodit eh* ebbero i Toscani antichi abitanti la riviera, ,di provarsi senza timore ne gli esercizi marinareschi, fu anche U cagione
5o Nel dialetto corso , uno dei meno alterati, sadbpetft pomuriemente I* U per O t propriet dei primi linguag gi italici: quindi dicono i nativi dove , tna>ata, biancu tpecchiu ec.

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principile per cui, prima degli altri italici, eglin attesero indefessamente hlFartfe nautica, per ess salirono in maggiore potnza **. Ve ro che tl vanto dintrepidi navigatori attri buito anticamente e concrdemente ai Tir reni , vuoisi da alcuni moderni eruditi trasfe-*rire ai misteriosi Pelasghi : ma qui replico, che Dionisio ben distingue a proposito gli uni dapali altri, l dove dice si positivamente, aver R Pelasghi durante la lro dimora in Tirrenia imparato dai Tirreni l marineria *'. Furono ai certo i nostri Etruschi o Tirreni antichissi mo popolo, e tale in somma, che dessi facean via alle sue fortune per terr e per mare qua nell occidente aH' epca della guerra'troiana. 11 nome lro gi sonava glorioso ili quella s remota et degli eroi, et di forza e di vio lenze. Di quanto si fossero terribili ni naviga tori gli audaci corsali tirreni , ne son piene le memorie antiche. E sicuramente mediante il frequente corseggiare s nel mare. Tirreno e Si ciliano , come nell* Ionio e nell* Egeo, donde praticavano per le coste asiatiche, si renderono alfine esperti marinari quanto i Cartaginesi : ed all* esempio lro, da che il commercio ces s di congiungersi con l pirateria) di corsali
5i Vedi Toni. t. p. 1 0 9 . u . 5a Dionys. 1. a5. Vedi T. 1. p. 8 G. n. ia.

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indomiti si fcero nauti disciplinati e nercatanti . f ino dai tempi che immediataiiieiite pre cedettero la monarchia persiana, i navigatori etruschi s inoltravano arditi per latte le ve del mare interr, sede principale della fta** vigaziorie antica. AU> epoca .della presa di Mileto, la quale s! arrese ai Persia^ 1 an no 494 innanzi l era volgare, navi da cricq tirrene .trafficavano in y que mari dJ Oriente , e per le coste di Fenicia e d* Egitto , a com petenza dei Cartaginesi **, Te neano egual mente gli Etruschi ift.quell et navigli arma ti,.galere, e legni cottili; se pure ..una .citt loro principale Agilla, hoii a tea fornito ella sola le sessanta triremi, clle quali furono com battuti i Focesi nel mare di Sardegna. Or que sti grandi ap p aiti navali, quest'arte di comibattere in ordine di battaglia, e questi studi di manneria, s ardui nella pratica, erano in-* dubitatamenteper gli Etruschi non che il,frutto del valor de maggiori, ma continovate fati che di secoli : quindi, pi maggiormente si con

53 Naro e barbaris qjrideip ipsis nnl|i,erant ante mari timi , praeter Etruscos et Poenos, alteri mercandi ausa, latrocitiaqdi alteri. CicW. deRep. n .'.-Non vuol prenderai a rigore lantitesi che fa qui Cicerone: prche anche^ Fe nici e Cartaginesi furono ugualmente per natura di cose prima pirati, postia trafficanti. 54 Herodot. vi. 17.

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5,

ferma d quanto pitica,. c o n s ta t fruttuosa, .fosse per-esjo loro larte; del natigli*. N seqza verit, gi nel vigore della confederazione ^trusea, i loro popoli marittimi eraijo. saliti in tal possanza , che per numero e forza di navilio qttenaero anche il ipme glorioso di domi natori del mare , Q uantasi fospe in allora l audacia dei naviganti etruschi be$ si cpmjjreodc dal tentativo ehessi fecero di,condurre una colonia de' snoi ad un'isola grande,-fino a quel tempo incognita del mare Atlantico, che pu credersi una delle Canarie, poco.avanti di scoperta dai Cartaginesi , iyi arrivati per fpr*tuna di vei)t0 9 8 per i nocchieri toschi, <?ir mentatisi a ritentare quel sntiei*o, ne furono iimpediti dagli .emuli, mar smpre attenti a elare altrui le vie de traffici oltremarini ohe gh si erano aperte *7 . Vero che il gius coqvenr zionale tra Etruschi e Cartaginesi 5a dovea de7 terminare i diritti respettivi (felle loro navigar zioni, limitarle, e assicurarle : poich ciascuno imperavasaio ne suoi mari. E se con tal dritto i Cartaginesi vietarono la navigazione fuori dell?
55 Navriiaif Jvvf/artV irgiacnttq , **i 7r)lv< xpttvt Sot terra Kfxricarrtf Diodori . 4 Str*bo v. p. 1 53. Ltv. li a. 56 Forse Lancerta o Fuente-V entora, le pi prossime al continente. V. Gosseto, Rechi sur. la geogr. syslem. de* ani. T. i. p. 1^ 5 . 57 Diodor. v. 19. ao. 56 Aristt. de Rep. 111. 6 .

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'Stretto di Gdfra agli Etruschi, sirendepUre ragine perch dessi Btessi ; padroni assoluti del Tirreno, v eserctasat-o anche la- guerra piratica contro chiunque non avesse sco loro patti e convenzini lgittrpe* Erano di fatto gli Etruschi non sol padr ni del lido tirreno con piti -citt potenti, ma si gnori altres delle spigge di Campania ne1pritm secoli diRoma *. Per l qual csa postisi a far1 assedio di CumaVi sostennero quella stinatisSima infelice 'pugna navale, che gran demente abbass il loro imperio marittimo h memria di s tanto vituprio vive eterna per i Vrsi di Pindar 1 1; m, non pr questo eglino ^astennero dalt* usare la prepotenza tolta innanzi d ii loro antichi nll acque del ^ledHerraneo occidentale. N cessarono tam pco d infestare qiie mari per arte piratica, ordinario mestiere d'anihnosi navigailti. Qute di Lipari , antichi coloni di Gbido *, dominatori deHisole Eolie , ed esercitanti Ugualmente la pirateria *, contendevano di lungp tempo cogli Etruschi 4* , d ebbero anche fa sorte , pas;5g Vedi Tom. i. p. laa. Qo Diodor, xi. S i . e t Zuvoywy* imput* ad OL ix iy i. 3, di ilL *7 9 . 6 i Pyib. od. i. 139. et Scbol. -ad h. 1. 6 a Antioc. Syrac. ap. Pausai), x. 11. Thucyd. jii. 8S. 63 Liv. v. a8. 64 Diodor. v. 9. Strabo vi. .p. igo. Pat che la di loro

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sando dalle rivKta4Ieveridette, di rompere la loro armata in un feroce coiwbattkneato na vale: successo si gloriosa ai Liparoti, che quel comune dedic al dio. di Delfo tante statue, qudnte furono le nti predate \ Csi Rodi mostrava, per trionfale monumento della sua vittoria, i ferrati rostri tolti ai corsali tirreni M . Ed Anassila, signre di Reggio* do*ett< egli stesso fortificare 1* istmo Scilleo , onde cautelarsi d quella banda, e gastigane il te merario ardire dei pirati 6 7 . Corseggiavano essi, com credibile m o l t o a proprio e priL vato rischio e profitt dei padroni}/ in qul modo -che! ntaffiiade di gente a piede, secndo il costume A militarci , facean la guerra a conto del condottierepersolomstier 6 B : Ma di. con siglio pubblico degli Etruschi nrt so qtal citt nemica ai Siracusani, nellimprsa degli Ate niesi contro Siracusa, vea dato per aiuto tr navi di cinquanta rem i6 9y e -di; pi le sue gnti d* armi combatterono a tqrra molto valorsa^ mente in quella rotta dolorosa 7 \ Non tftverinhniczia com inciassedopo Ol. condo colo di Roma. ; circa la fine del fe

65 Paasan. X. il. *6 . 66 Aristid. Orai. Rhod. T. f . p. 54o. ed Iebb. 67 Strabo vi.p. 177: in tra Patino 260 e i68 ( Ol. LXXVI. 1.) in cui Anassila manc di Vita. 68 Liy. iv. 53. vi. 6. 69 Thucyd, ti. 88. io3. o 470 Tbucyd. vn. 5;. OL xci. 4- di & 341.

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sancente, ciroa uu secolodopo regnando Agatocle, per uguale nimist contro agli odiati Cartaginesi, diciottQ triremi etnische, unite a diciassette,siracusane disfecero larmata punca 7 1: Vittoria che di nuovamente l' impero del mare siciliano, bench ella sia lultima &tt isterico del Valre nivale dell' Etruria, gi prossima a soggiacere tutta insieme alla signoria romana ?*. Cess coli la perduta libert gni suo dominio .marittimo: vennero meno i prti, gli arsenali,le navi, i marinari e gli usati studi marinareschi : laonde di taQta scaduta sua frza di marineria non altro, restava jill EtrUria in poi finire della seconda guerra piM fticaj' fuorch quella s abbondante, ina inutil copia d'armi, d attrezzi, e di strumenti nautici, che alcune citt trassero fuojri delle sue. vecchie armere, per provvedere e munire la celebre armata di Scipionis 7* . Cos dunque gli Etruschi, fino dai tempi mitici, eran stati prodi e valenti naviganti.
Dtodor. xx. 7 1 . Ol. cxvi. a. di R. 44 j, An. 7 3 - 4 7 3 . 7 3 Liv. xxix. 36. Papuloniesi offersero il ferro : Tarquiniesi telerie per le vele : Aretini 3o mila scudi,.e al trettante celate T pili e gesi : aste lunghe di ciascuna sorte sino a 5o mila : scuri, asce, falci, rasi da serbare acqua, macinette ed altri strum enti, quanti ne bisognavano a for nire 5a navi lunghe. Chiusini, Perugini e Rosellani, die* dero gli afoti.
71 73

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Nell et propriiamente isterica navigavano'essi e mercavano per le terre dellAsia occiden tale , e per r Egitto: frequentavano a un mo do nelP Eliade propria', nellisole dellJEgeo e nelle. Sporadi ; e solcando altre acque del mare interno orientale, del Tirreno e dellA driatico, potea diesi che' praticassero di fuori ed osassero, con quasi tutti i popoli dvilidel mondo antico. La qual csa sena altro baste rebbe da se a confermare per quanti mezzi validi potessero di folto gli Etruschi avanzarsi ih civilt , recando a casa tutto quanto rico glievano altrove a conlodo e pr della loro vita politica: s he giustamente non si maraviglia il filosofo , se buon numero di ordini, di religio ni , d'usanze e di dottrine forestiere * massime egizie, fenicie, siri e greche, si ritrovino intro dotte nel costume pubblico degli Etruschi : es sendo vro ,che migliore ammaestramnto non soccorre a un popol industr ed operoso, quat to il commercio morale d'uomini pi coki. Pure, non soltanto le genti del nome etrusco attesero alla marineria, n furono le sole che per facolt d industria partecipassero in qualche forma dei vantaggi d una professione s utile all' univer sale. Principalmente Liguri, Ruttili, Volsci e Campani, posti su lidi suoi, esercitavano eoo pi ardita competenza V arti navali. Dalle loro riviere soleano i primi far vela perla Corsica,

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la Sardegna lAffnc, sopra, piccole navicelle 9trnita di rzzibrredi ?4: nemmeno sicuri scor revano i ausiliari Campani ( progenie degli Amalfitani ) gli stessi mari, con una specie par-r litolare di barche lunghe e veloci J\C o n pari franchezza i Ruttili d'Ardea andavano visitando iU h*confratelli nelidi orientali della Spagna Ma iVoIsci dAnzio e di Terracina, forniti di migliori navi , furono anche li pi te n u ti, come audacissimi nellarte marinaresca .Valenta che insieme coi Gampani doverono principale mente all antica fratellanza cogU Etruschi 77< Con tutto ci navigando essi con legni fragili in un solo eircuito del Mediterraneo*occidentale, eper paesi poco in allora civili, aon aveano n por modo di bastantemente vantaggiarsi me diante limitati com m ercionde vennero poco in istato : dove che al contrario gli Etruschi si gnori di tante m arine,,e potentissimi naviga to ri, aventi in casa propria il materiale pi bisognevole alla ^ostruzione , all arredo, e all armamento dei navigli, furono. altresi di tutti i popoli italiani li pi valorosi nelle im prese , ed insime i pi inciviliti per costume e per aumentate ricchezze.
7$ 76 77

Diodor. t . 3 9 . Notjus, xiii. 7 , Acro ad H orat.m . od; a. Vedi Tom. 1. p. a. Vedi Tom . 1. p. aSS-aS7 .

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G * P,p

Hi

Quaptfcttajnente patur* bb* pellooatalt*,}ja, svi agevolare. e m a ^ n cre vivi e floridi i guoi commerci oltremarini per tutto Meditei*rajmg e quanto potente insieme ?iq stato in ogpi tem po i| gert) de suoi per la nautica, lo maairfestano alm op^o le rinate navigazioni nellet di mezzo per, ola Yuct dei QO^ri medesimi popoli italiani. Ed invero e cosa mirabile p d ire, che quel modo che gli Etruschi gi na rigavano e trafficavano per le coste,dell'Asia minore , e fors* anco pi addentro nel Bosforo Tracio * cosi pure i navigatori PUafli dagli ste$gi lidi.tirreni dlriz^arppo le prde non so lamente allOccidente e allAffrica, ma inverso la Sori, lAnatolia, e il Ppnto Eusino. Mal avveduto sarebbe 1 * irtorico, il quale vlesse far paragoni e agguaglio dell antica navigazione italica colla moderna^ Per se Pisa sola gi nel decimo secolo poteva metter in mare trecen to navi tra galee, dromoni, cocche, e le gni minori, certo si pu presumere che Lun i, signora del magnifico golfo della Spezia, Populonia, P irgo, con gli altri porti e terre marine lungo la riviera occidentale dell' E truria , tutte insieme tenessero un navilio pi numeroso, atto non meno alla guerra, che alla mercatura. I dominatori Etruschi sullAdria tico frequentavano ugualmente nelle contra de di levante ? n frse al tempo Antico essi

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tifaro no njen operosi trafficiirti dei modrni veneziani. Il Valore marittimo dei Catapani test mentovati si rinnov coll istessa 'ventura ilei prodi Amalfitanix ma soprattutto lau dacia dei Liguri, franchi prezztori dei pe ricoli di mare, ben' presagiva qual sarebbe stata un giorno la fortuna navale -del valente popolo .genovese. Tratter alquanto distesamente al suo lupgo del fondo e >de( materiale di questi contino vati traffichi italiani ?8. Qui non curo ripetermi : l ' incivilimento maggiore, le dovizie, larti migliori, tutto fu opra an ticamente del. commercio marittimo, e delle relazini vicendevoli con pi coltivate nazioni.
7& Vedi appresso c#p. xxvm.

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Instittczionepolitica , governo , e leg g i civili degV Ita li antichi.

A . chiunque ricerca nrile instituzioni civiii la natura delle cause che le hanno prodotte, e lo spirito delle nazioni che le approvarono, si fa ognor pi manifesta l ' esistenza duna costitu zione'teocratica primitiva, la qua.1 porge ne* suoi ordini fondamentali il principio il pi largo della giurisprudenza dei popoli italiani. L era legislativa sacerdotale succede in fatti all era patriarcale, e precede ovunque lepoca civile in tutta 1 antichit. Perch la legge teocratica veramente la prima della pperienze politiche messe in opra a mansuefare uomini fieri e ma teriali ,' ed 3 condurli quietamente a vita ordi nata. i r dominio del sacerdozio si mostra dun que di per tutto fino dalla pi vetusta istituzione italica, ? con radici profnde s\ ritrova pi o meno internato cosi nella credenza pubblica, come nel governo e nel costume d'ogni popolo nostrale: dove ugualmente una medesima legge divina era unica norma e fondamento d stato civile. Ben vorrebbe listerico poter studiare addentro nei monumenti stessi di questa filo sofia pratica delle nazioni , poich le verit

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morali prendono, tanta maggior forza quanto pi elle muovono da lontano, e sono state o cognite a popoli diversi, 0 insegnate da mag gior numero di savi. Ma se la troppa scarsit del le memorie fa ostacolo insuperabile a portare s oltre l investigazione delle cose j pure, quivi in Italia, apparisce ion dubbiamente lazio ne costante e vigorosa del gverno teocratico, qual possente macchina di tutto il movimento delta societ. Talch il dritto sacro, il pubbli co e il privato, strettamente congiunti tra di loro, formavano insieme un solo e unico incommutabil si$temadi legislazione, la cui ten denza si era doperare fortissimamente con comandamenti prescritti sull' animo arrendevole delle genti, onde elleno potessero pi facil mente e sicuramente essere infrenate e guidate da suoi rettori. E in vero s .grande in ogni cosa, ed a~un modo s efficace fu tra noi il vigore della teocrazia per lunghissima et, che col sussidio della sola religione si reggevano nel popolo paziente gli abiti dell ubbidienza, la fede ne magistrati, il coraggio pubblico, la costanza nelle avversit, i sacrifzj pi neces sari : in somma tali virt civili, che per esse s avea pronta a ogni bisogno la forza difensiva e conservatrice della citt. Niun fatto pi notabile adduce listoria della umanit quanto lesistenza dUn ordine sacer-

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dqtale, dominante gli altri, nel corso e ricorso di quei secoli, in cui la religione si rappresenta come il grande agente di tutti gli affari della vita umana. Indiani, Babilonesi, Egizj, Etru schi, Celti} in fine tutti i popoli del mondo antico yeiiti fra loro alcuna scambievole co municazione d idee ; ponevano del pari in cielo le radici dogni dritto , e la ragion suprema , o divina* piuttosto, di quel corpo di primati insegnatari e custodi d ogni buona disciplina, i quali dopo essere stati benefattori della specie umana per averla incivilita, finirono per es serne i tiranni, adoperandosi per tutte poaniere a porre impedimenti al naturale progresso della ragione , ed a stato migliore. Certamente non si pu dubitare che per tutta Italia la prima istituzione jjolitica, non derivasse da una lgge conforme religiosa propagatasi da un luogo alT altro : ne son prova certissima i nostri pro pri miti., e la successiva diramazione di tante colonie sacr^, che han dato civile cominciamento a numerosissimi popoli con modi e forme dirittamente imposte da comandamenti sacer dotali ' . Cos dunque tosto che dalle Alpi al mare siciliano le trib paesane vi formarono tante distinte societ civilmente congregate, il principio religioso, base della citt, predominava
1

Vedi Tom. 1. p. a3-a5.

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dovunque nella giurisprudenza pubblica delle italiane genti, qualunque ne fosse la forza, lo stat e il nome. Si che di fatto il principale od unico legarne della necessaria, comech debole concordia loro, stava nel culto religioso, inse parabile sussidio del dritto delle genti. Le fe rie solenni ihstituite fin dall origine presso a ciascun popolo confederato T e alle quali per debito dufficio intervenivano i magistrati delle citt o terre collegate, avevano pr certo, sotto il velo della religione, lo scopo salutare di fermair l amist e T Unione dei comjpagni, in vitandoli a riguardarsi 1 un laltro come fra telli , ed a sacrificare coiicordemente agl iddi della patria siccome usavano insieme Sabiui e Latini per le feste di Feronia *j i prischi Latini tra di loro 3} Etruschi e Umbri *, ed altres Lucani *. Questo sacro e fraterno vin colo tendeva cos palesemente a fortificare il patto della lega sott obbligo stabile di reli gione . E per lo stesso principio di governo tutti gli altri popoli, che si reggevano del pari a stato confederativo, Convocavano solennemente, e con religiose osservanze, i pubblici loro par lamenti sia ne casi urgenti, sia in stagioni e
3 Dionys. in. ,3a. 3 Vedi Tom. i. p.
4 Tom. 1. p. 78.
3 33.

5 Tom. 1. p, 33o.

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tornate prefisse. Di tl modo solean congregarsi gli Etruschi nel tempio di Voltumna 8, i L a tini nel sacro luco di Aricia. o in quel di F e rentino , ed i Sabini a Cure : siccome spesse volte istericameqte si fa uguale menzione dei concilj degli E qui, Ernici, VolsCi, Sanniti, Lucani e Liguri. Il fine primario di queste adunanze nazionali, legalmente composte dei primati o principi del governo,7 , si era il grande affare dlia gurra o della pace, l'ammissione di nunzj, la ragion delle concordie, e ogni altra faccenda che riguardasse alla sicurezza della unione^ Ma se i dritti di .sovranit pertinenti alla difesa scambievole s appartenevano di ra gione al consiglio comune dei membri confe derati , non recava poco turbamento alla con cordia che questi medesimi dritti fossero di.poi praticati separatamente da ciascun popolo senz'altro freno , in tutto quel che concerneva a* suoi particolari e privati negozi. Cosi vuojsi che alcuni , popoli sabini, Ceninesi Crustumini e Antennati, senz attendere gli aiuti, s op ponessero da per se alle prime ingiurie di Rot
C Cos nel medio evo era consuetudine tra di noi che i consigli ed i magistrati convenissero per le chiese * prim a che in un Palagio. 7 . Principimi Etruriae conrilium : Principes populorum. ljiv. 11. 441 6 . Nepesiiiorum priijceps. Liv. vi. i o . Cos pure nella Sabina. Liv. 11. iG.

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ma. Parecchie citt dell Etruria sostennero peP secoli guerre parziali, siccome tra gli Emici quei dA nagnicontro al voto della lega 8 . Nell istesso modo Tuscolo si dipart spontanea dall unione latina 9 : Sutrio da quella dei To scani '% senza che i compagni potessero^ im pedirlo fuorch colla forza dellarmi. Ed ecco in .qual guisa ciascuna confederazione delle ita liche genti portava in se fino dall origine il germe della sua propria debolezza : poich trop po tarde nel movimento , e troppo fievole il vincolo che univa in un solo e medesimo corpo i diversi fnembri della lega, le citt djsciolt dal legame comune cadevano sotto l influen za di particolari ambizioni, le quali non man cavano di partorire sovente e disunioni e di scordie. L antica potenza de Sabini, de Volsci , de Sanniti, e principalmente degli Etruschi , era stata nondimeno il frutto di buone istituzioni e di leggi. Ma n di queste, n dei savi uo mini, ch sadoprarono per la prosperit delle loro patrie " , non abbiamo se nou tronche e
8 L iv. h . 3. g Liv. v i . 3?. 10 Liv. vi. 3. 1 1 S singulos numereinns in singulos, quanta jam reperiatur Virorum esculentium multiludo? Q u a l si aut Ita lia Latium , aut ejasdem Sabinam aul Vulscam gentem t

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scarse memorie, dacch la romana domina zione spense con la fortuna ancor la fama di qudl genti, e cancell quasi ogni traccia dei vetusti ordini civili. Tanto che appena del go vrno medesimo degli Etruschi, che trasmessero a Roma religioni e leggi, si pu trar nrma certa dai soli Gennf che si ritrovano sparsi qua e l in superfcie per la letteratura classica. Gi dicemmo come 1 ' Etruria per ori ginale instituto stava divisa m dodici corpi ci vili insieme uniti 11. ! supremi magistrati di ciascun ppolo, che i latini scrittori compli mentavano con titolo regio, erano elettivi d* an no in arino 13, e si chiamavano con proprio vocabolo Lucumoni : carica che di fatto im portava la piena potest e gli onori del regio governo, fondato in una giusta obbedienza, ed esercitato con moderazione, piuttosto che con frza e terrore. Rendeva ragione il Icneu mone .a suoi ogni nono giorno ,5; o sia quel d che seguiva il periodo settimanale chiamato le None. Uno di essi, generalissimo in guerra e capo della unine, veniva eletto in comune
si Sauinium , 6i tlru ria m , si magnani ~illam Grariani collustrire animos Tolueriimis. Cirer. de Rep. m . 3. la Vedi J o in ; I. p. i46. 13 Liv. v. I. 1 4 Censorin. 4- Serv. n. 9 7 8 . Vedi Tom. I. p. t i . 15 Tusci nono quoque di<t regem luum salutabant, et de propriis negatiis consulehant. Marrob. Sut. 1. i5.

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dai dodici popoli coiifederat, ciascuno de quali per mostra duguale dominio forniva un lit tore ,e. La veste di porpora la dipinta ,u n a corona d or, lo scettro adorna alla cima di un'aquila, la sella curule, i fasci e le scuri '% erano i tremendi simboli, non men che le di vise della di lui alta autorit,. e del poter sa premo che usar potea liberamente in nome e vantaggio della repubblica. La condotta della guerra dava soprattutto gran, moto alle ambi zioni di cotesti primi ufi^iali della nazione, che in promuovere 1 util della patria arrecavano a se stabile nominanza. La qual cos avvenne non tanto a Porsena lucumone di Chiusi, ed a quellArimno, di cui Pasania vide un do nativo in Olimpia 18, quanto ancora a Celio Vibenna, altro lucumne o capitano soltanto di guerra, il cui fedele compagno Mastarna, secondock riferivano le storie etnische, tolse appresso il nome di Servio Tulio , e tenne il
1 6 Ex duodcim populis comrriuniter creato r e g e / singulo singuli populi lictore6 dederint. Liv. i. &. Lu cu mo rics in tta Tuscia duodeni no fuisse manift-stum est: ex quibus unus omnibus imperavit. Serv. viu. 4 7 S. X. aoa. 1 7 Liv. 1. 8 . Diunjs. iti. 6 1 . Ga. Strabo v pag. i5 a . Diodor. v. 4 .0 . Plin. ix. 3g. Macrob. Sai. 1. 6 . J . Lyd. De magist. p. a3. Queste insegne toscane, usate dai re di;.IVqma, rimasero ai .copsoti dopo ti cacciamento di quelli ; eccetto W toga piet adoprata dai soli trionfanti.

18 Pausan. v. sa.

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regno di Roqia 9 . Con tutto questo V autorit loro nella citt era talmente limitata dalla predominante aristocrazia, che non senza ,grave rischio avrebbero potuto abusare delle regie prerogativa, a in qualunque altro.modo ecce dere i termini d un potere rigorosamente pre-, scritto. Quando Mezenzio, ritratto d'nimo s empio , usurp* la, signoria di Cere , vergiamo il suo popolo precipitarlo tosto dal soglio, senza valutar nulla i.dritti d un figlio infelice e virtuoso. Sdegnati anzi pi maggiormente i Ceriti perch Mezenzio ha trova,t. asilo fra L Ruttili, richiedono laiutodeji confederati. Tutta Etruria in arme per tor via quel tiranno dalle mani desuoi difensori, e per condurlo al supplizio : furre ugualmente approvato e dalle leggi e dagliddi 1 0 Bench, per avventura, altra vera colpa non avesse dinanzi i suoi l'au dace lucumone di Cere;, fuorch^ aver tentato cangiare in monarchia il governo aristocratico. Sorte poco diversa successe a quel Metabo, padre dlia fiera Cammilla, cacciato da Pn-> verno neVolscipel suo feroce comandare ed animo superbo *. Ugualmente pr odio del
>g Claud. Caesar. in orai. ap. Gruter. p. Dii.
Ergo omnis. furiis, lurre^it Etruria justis ; Regem ad supplici um praesenti M arte' rposcunt. V irgil vui. 4g4.,
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ai Virgil. xi. 535. Calo ad. Serv. ad, b. I. (Questi

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potere assolato furono abbndonati dalla lega intera i Vejenti , che in rischioso frangente s aveano eletto un capo investito di non ordi naria potest La dottrina stessa simbolica degli aruspici dava per presagio funestissimo di governo regio la caduta di certi flmini rn> libera citt *\ Ed a meglio manifestare quanto inveterate e propagate si fossero ancor tra i vicini dintorno queste credenze etnische vaglia il racconto, che taluue rovin di edifizj le quali, dice Dionisio, si resero visibili per grande sic cit nel fondo del lago Albano, con fermarono nel popolo la tradizione antica, eh elle fossero il palazzo sprofondato dun empio re punito dai cieli *4 . Di tal modo religione, - leggi e costu me , salvarono 1 Etruria dalla tirannide d'un solo ; ma non pertanto nulla meno esorbitante, bench coperta dal dritto sacro, durava l au torit dell aristocrazia potente. L istituzione del governo mezzo indispen sabile rendere efficace la legge fondamentale della citt. La quale, per la condizione dei
Casi, che trasse Virgilio dalle memorie p r i s c h e , possono francamente ammettersi uella storia. Il cortigiano d'A uguslo non avrebbe mi dato posto nel suo poem a a tali episodj, qualora non fossero stati confermali con divolgale narrazioni, aa Liv. v. t. a3 Caecinna ap. Senec Quaest. nat. il. fa. a i Diofijs. *. 7 1 .

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tempi che qui consideriamo, era unicamente appoggiata al principio teocratico, convertito in domma irrefragabile di dritto, e di isp e t tivo dovere pubblico e privato/Onde tutte le leggi, e ordini e costumi, a quello, come ad un sl centr d* azione, si riferivano. Con tal fam a ritroviamo presso a3pi antichi e civili popoli italiani 1 autorit primaria posta gi nelle mani di quella poderosa aristocrzia sa cerdotale fondata nel giure divino, e nell' an tichit della^famiglia, e'che di fatto ra ovun que per conformit d institutcf il nervo della nazione politica e la propriet territoriale. I membri di quest ordine, massimamente pri vilegiati del dritto di tirar gli auspicj, erano di pi i soli maestri di tutte le cose divine e umane} con tal grado di primati **, d insegnatori, e di custodi'deJ misteri, certissimo che componevano insieme per dritto eredita rio T ordine regnante dello stato, e il solo eligibile a qualunque siasi dignit. Che per il patriziato provenisse originalmente in Etru ria da una stirpe di conquistatori, e che il popolo quivi soggetto a permanente servit feudale vivesse inonorato e pri,vo di libert, con ordini diverti a quelli che reggevano i Volsci od i Sanniti^ non pu al certo sostea5 Primores Etruriae. Claud. Caesar. p. T k Il Xi. i5.

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nersi con ragionevoli fondamenti : perciocch nuli altro che una bella, ipotesi di penne mo derne si il supposto, che gli Etruschi stessi divisi in tante caste, al modo degli asiatici, avesser neLucumoni e Larti, o propriamente signori, una trib dominante sopra laltre tri- b vassalle, ognora tenute in bassa condizione servile 8- N sussiste tampoco il fatto allegar lo * 7di colossali ediGzj dei dominatori etruschi, s che non potessero esser costruiti di tanta mole fuorch per Le fatiche de loro propri schiavi : laddove al contrario., forza ripetere n questo luogo, esser cotali opere, quali si hanno dayanti; agli occhi, niente altro che or dinarie, comech maestrevoli fabbricazioni * B . Sicuro bene chela nazione intera degli Etri*schi non ebbe mai ne suoi tempi istorici un
sG Vedi Niebuhr.T. n .p . Creuier, Sym tol. y. a. a. Di pi Malte Brini ( Prtcis de la geogr. T-. vi. p. 1 0 G ) vuol la nazione intera divisa a suo modo nelle ca ste dei Larti o signori ; dei prti ; dei guerrieri e del po pola 'L*: vocfe etnisca OOlW > Larte* , bench derivativa da l,u r , non stata m ai, nell uso civile, un titolo di pre minente qualit significante principe o signore ; era bens lui 'mero pronome yJrilt, o nome ihdividale usitatiss.imt, le taill volte ripetalo nelle iscrnoni inortuaK, come quel lo di A runte, Atto , Aulo er. L a ftia di donna. P er tutV altro sistema filologico di gi Swinton teneva che L a r valesse quanto suntmus in lingua fenicia. 3 7 Niebuhr T . 1. p. i33. 2 8 Vqdi jTom. 1. p. i,35.

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essere politico si mal confacente i costarne generale italiano : ma pi tosto la forza reale dellEtruria, come quella dogni altro popolo nostrale, e di Roma stessa, stava posta nel libe ro stato plebeo temperato dal solo padronato. Non abbiamo nessuna informazione certa del primo seme di queste generazioni maggiori, in cui, ad sclusione d ogni altro, loriginale cittadinanza trVavasi congiunta colla qualit ereditaria di nobile'. Ma se ricordiamo i tempi e il modo per cui i principali antichissimi po poli dell Italia tolsero stabilmente forme civili mediante reggimento teocratico, e la successiva fondazione di vere colonie sacre, ne parr pure probabilissimo, e al tutto conforme alla qualit del secolo, che gli originali membri di queste comunit medesime, tenuti per uo mini consacrati ed eletti vi divenissero al trettanti capi di una stirpe, intorno alla quale si ristringessero, con vincoli di religione comune glincolijstessi del territorio aggregato, che a loro sunirono per difesa e protezione sotto tali scambievoli obblighi, che indi appresso tolsero lessere duna legittima clientela, In qualunque citt nuova per accessine ai fonda tori di cotal gente raccoltavi del contado formavasi una plebe: ed il padronato, o sia il
a<j Vedi Tom. i. p. a4- a5.

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patto giurato di s) fatta unione, vera egli stesso una cosa santa data in guardia agli dei. Potette questo modo nascere e mantenersi senza con trasto, n tumulto^ perch chi era del governo e reggeva il comune, non pure teneva in freno gli uomini aggiuntisi con loro, ma non gli ado perava in cosa dove potessero prendere auto rit. Per certo mai non poteva capir nell'animo dei cittadini primitivi di qualunque terra, uo mini quasi divini, e veri eponimi dei lro ca sati, l'ammettere altro sangue alla partecipa zione di privilegi ben acquistati, e di dritti che inalterati passavano nei discendenti. N solamente gli Etruschi sino dalla prima loro istituzione, civile insieme e sacerdotale, avevano di cotali schiatte politiche ( Gentes ) , che so prastavano eminentemente agli altri, ma Sabini, Volsci e Sanniti, vantavano al pari famiglie ciliare per anzianit, e nulla meno privilegiate, nelle cui mani stavasi ristretta la potest del lo stato intero,. Cos da. per tutto le ragioni dellaristocrazia, fortificate colla maest dei sacerdozj , erano consolidate da un lungo e non conteso possesso. Per tutto ugualmente era la clientela, onorevole di sua natura, uno de co stumi pi antichi degli stati d'Italia : e sen?a fallo esisteva appresso gli Etruschi 3 %Sabini3 > ,
30 Liv. IX 36. XXin. 3. Diunys ix. 5. 31 Liv. li. iG. Dionys. X. i4-

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Latini prischi, Vlsci e Sanniti. Di ittodo tale che questi medesimi .popolani,tolti gi in pro tezione da'pi potenti sotto lobbligo ili mu tui comodi e benefizj, comportavano di fatto una specie di coperto vassallaggio, che obbli gandoli Con debito < Ji coscienza ad aiutare e onorare l ottimate protettore , inceppava e li mitava molto nella citt le ragioni della plebe ; da che in somma nessun cliente era libero di dar voto contro al patrono *\ Per le costituzioni medesime degli Etruschi, consacrate he loro prpri Rituali 3 3 , veniva prescritta la distribu zione importantissima di tutto il popolo in trib curie e centurie, ordine fondamentale di libera citt. E pare cosa indubitata che i savi di Roma non altronde prendessero la norma della cittadinanza novella che vi ferm lo stato: il nome stesso delle prime trib romane era etru sco, al dir di Volunnio autore tosco 3t. Uguale distinzione civile avevano stabilita gli Etruschi in Mantova 3 *, se non ancora in tutte 1 ' altre
3a Che il padronato , quale veniva attribuito a Romolo dalla tradizione romana, fosse un costume italico d assai pi antico , s ri coglie in oltre da Dionisio manifestamente, n 9 . io. 33 Festus v. Rituales. 34 Varr L. l. iv. io. 35 Quia M antua ( Tusro de sanguine vires) tres habuit populi tribus, quae in quaterna^ curia; dividebafitur. S^rv. x. aoi. Vedi Tom. i. p. i38.

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colonie loro, del pari fondate con materna legge. Medesimamente losarono gli Um^ri di tanto conformi nel costarne agli Etruschi3 '. N soltanto in Tarquinia 3 7 e in Arezzo ,, siccome narrano Dionisio e Livio, con auto rit di vetusti scrittori, erano uomini plebei e assemblee popolari, m a, vuol ragione , che ordini consimili fossero a un modo statuiti nell altre citt maggiori dell'Etruria centrale. Dove, a che sarebbe servito, come in Vejo 39, l'aver di dentro un Foro senza adunanza d plebe e senza.sufiragj? Ben di pi dimostra aperto il fatto medesimo di Vejo ; toccato di sopra, che in coteste adunanze il popolo con vocato dava il suo voto per lelezione annuale del magistratoio : bnch non possa dirsi pre ciso in qual forma le trib divise vi deliberas sero, o vi praticassero il dritto di far la scelta. Seiiz alcun dubbio la prescrizione di certe
36 Fatto manifesto per le tavole' eugubine, in cui si fa menzione frequente di trib , curie e centurie.
3 7 riitaa; <? yiv oc ri Tapjtuvifiiv Joipixi;, xa i di ixcvu in i

r ni inkniiat Dionys. v. 3. 38 Habe auctores. .- seditionibus tantum Aretinorutn compositis et'L icinio genere cum plebe in gratiam reducto. Liv. X. 5. ARRET. PLEBS e VfcTULONENSIUM PLEBS u r b a n a , sono di pi rammentale in una stessa lapide. Gruter. p m x x ix . 7 . Murator. T . 11. p. ig43 9 Propert. rv. 1 0 . M ostra di pi in sul posto la topo grafia , che il Foro antico occupava una buona parte del sito, dove di poi fu piantata la nuova Vejo. 40 Liv. V. 1.

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osservanze relative agli auspicj tie comixj di Roma, che conferivano agli auguri una specie di veto , si fondavano sopra un principio di opposizione alla plebe, cavatp dalla dottrina fulgurale degli Etruschi Lq spesse conten zioni fra patrizj e plebei., come quella dei prepotenti Lticinj in Arezzo V, o dei popo-*lani dArdea neRntuii , aveanoper eterna cagione l abuso che ora luno, ora l altro faceva desuoi propri diritti nella citta. Talch in Somma non punto dubbioso che il corpo intero deplebei, il quale contava da per tutto uomini apprezzati e facoltosi, non rappresen tasse nella costituzione un ordine popolare le gato colla gente patrizia \ ancorch sia impos sibile giudicare, salvo ch pr analogia agli ordini romani, qual isi fosse la debita corre lazione di quella con i .privilegi dell aristo crazia, regolatrice e rettrice di tutte le biso gne Non per- di meno .generalmente in

4i, Itaqne in nostris cqmmentariis scriptum habe'mus : jovk tonante , fulguhante', comitia populi habere nefas. Gicer. de'Diy. il. Jove Tonante cum popute agi ijon esse fa* qui* ignorat ? Idem Ifhilip. v, x $. 4a Liciniucp geiiw praepotens..Liv. x. 3. Nelle iscri zioni il gentilizio Liirdus ; v - * tinesia. 43 Liv. ili. 71. Dionys. X I. Sa. 44 IV feggons tutte le ' genti cT ie ri sona intorno pr gli ottimati;' n la . plebe^ in alcuna citt egualmente deile cose, con essi partecipa. Di tal m odo 1 annali11

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Etruria l ' azione interna del comune plebeo vi crebbe a misura che andaya declinando l autorit patrizia sacerdotale battuta per molti lati} laonde, sotto la dominazione stessa roma na rt tanto altamente si mani festavapo nemUnicipj le pretensioni, legittime della plebe che, malgrado la preminenza ereditaria delle ono revoli prosapie, non, potevano i nobili mantenervisi in maggioranza senza ricorso jlla protezione esterna o tacita%o palese^ Formava in oltre la plebe il nrvo e la yita della milizia*. .Tanto che , se ben raggnardiamo ai fatti pi certi narrati nelle storie romane, l ostinata perseverane nella difesa delle fan terie coscritte d ogni classe, e glincessanti sforzi che a mantenimento del vivere liber fecero per secoli letrusche citt guerreggianti, scollegate insieme o divise, si sostenevano O g n i dovie per la vigili di comuni dritti e do? veri operanti con forza in sulle masse popo lari. Il governo di ciascuna, dlie dodici citt sovrane dellEtruria. si componeva adunque d un Lucumone, supremo capo : dun senato, avente tutta la maggioranza e l- consulta nelle deliberazioni del pubblico : di pi un
s ia , da cui Dionisio (-vi/Oa ) trassa il discorso rfie pone in bocca d Appio Claudio, (accvasi una giustissima idea dell* antico stalo delle cose.

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oomtMie di plebei. Ma qualunque siasi dignit politica < e sacerdotale, o altrimenti la somma del potere covrano, si ritrovava soltanto' nel popolo dei patrizj, originali e legittimi cit tadini ., perch dessi soli avevano gli auspicj dell^ citt. Ogni altro sacerdozio, cos in Etruria come altrove , era ugualmente' un prescritto c , speciale privilegi delle schiatte nobili. Sicch per la natura medesima di colai reggimento dell* E truria, misto delementi s diversi , ben si jtywisa, al nostro giudizio, come mitigatasi in progresso di tempo, e ad dolcita dall uso T istituzione teocratica primi tiva , figlia dell* Oriente,, la stessa sapienza politica si fosse all ultimo concordata col ge nio pi mite dell5Occidente. Nelle famiglie patrizie sacerdotali, di nmero e di nome im mutabile , veggi amo in fatti la stabilit orien tale, e in crto modo il costume delle nazioni asiatiche^ Bve per lo contrario nella condzion del comune ilei plebei, partecipi della cittadinanzaj manifestamente si rinviene una tal qual franchezza di potere individuale, e il grande principio di, mobilit, essenzial carat tere della civilit progressiva in Occidente-1 Greci dii lato loro , gi innanzi al te mpo di
45 Di tal .moH A. Cecina di sangue etrusco, e di chia rissimo nome , jfreva'im parato quelle dottrine dal padre. Ccct. Foia. vi. 6 .

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XXL

Omero, saveari levato affatto dal collo il giogo sacerdotale, indirizzandl umanit a tottal tro sistema di civile governo. Gli Etruschi non progredirono tatit* oltre y ma conservarono pi tenacemente l essenza'del governo tocratico in moltissimi statuti e nel costume : ed il la ro spirito, come si vede, penetr molto in dentro anche nelle prime costituzioni d R ma. Qua e l ugualmnte mirava 1*aristocra zia a infrenare per tutte vie e maniere la moltitudine : mai nessun movimento a pr della democrazia non s*appales in EtrUria troppo frtemente contenuta dal sacerdozio : n tampoco vavrebbe potuto profittare a fronte delle astute sue arti divinatorie : onde francamente pu dirsi che la nazione ubbidiente s d'osservante, ma impedita ne*suoi civili progressi, non aveva mezzi propri d avan zarsi libera a qul grado di ffza 0 di supe riorit in cui poteva salire. Ci non ostante la lunga prosperit dellEtruria intera, la fa cile esecuzine delle leggi, l obbedienza ai magistrati, la quite interna, son pruve ma nifeste, che il governo non v* era tirannica mente usato. L potente Capua, dapprima etrusca, ndi sannite o campana fino dall ann 33 1 , era retta ugualmente da un sommo magistrato, un senato, e una plebe. E s questa, come i pa-

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X II,

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t/ixj., a distinzione de due ordini^ aveano nella citt separato Foro civile per trattarvi le cause di pubblico 49. Nola, Galazia, Atella ed ogni altra citt libera della Campania, si -governa^ vano, nell istessa forma durante ancora la secooda guerra punica. Presso di loro il supre mo capo elettivo si chiamava M eddix Tucus\ titolo di magistratura propriamente osco< 7 . N con ordirne diverso si reggevano e Volsci -e Sanniti insieme colle potenti nazioni della stirpe sabella, gi diramatasi per tutta l Italia me ridionale Perci i {Lucani duno stesso san gue, nulla meno gelosi di libert, si veggono guardati e difsi da un superiore, che Stra ttone chiama r e , il qual di pieno diritto ai sovrani ufficj del governo civile univa il co mando militare ,a. qual capitano generale delibarmi desso iotitolavasi in gtena Embratury o sia imperatore 4 . Cos di tratto in tratto, sotto il notile improprio di regi, si trov^ fatta
'46 Valer* Max. ix. 5. 4- est. 4 .7 Meddix apud Oscos nomen magistrati est. Liv. xxix. g. Festus s. V. Tuticus addiettivo valeva quanto magnus: onde in parecchie iscrizioni osche abbiamo yf t f HMi MeddL \ magistrato del comune: e Meddix-Tuticus, sommo magistrato. Vedi tav. ex*. 3-1- 2.
4.8 Tv pi ouv i/Xov xpiiov, t<?>)fi0xpaT0uvT0 iv J i Tele ?roll-

fittl, fpiiT Bo)?t)icu( , vir t6 vtpqpfvwv' ip/f. Strabo v. p. 1 7 5 . cf. Liv. x. *8 . Vedi i monum. dell' Italia ec. tav. fcvm. 8 . g.

86

CAPO

XXI.

fnenzidn nelle storie d altri capi le vettori dei Pucezi, Dijni 59, e Messapi 51, i q u ajisi governavano come tutte V altre genti a stato franco. Tal era Turno, principe dei Rotali d Ardea. Tra i prischi- Latini ciascuna citt eleggeva annualmente il suo proprio, dittatore o il pretore 6 *: e ordinariamente ancora un <fi loro in ufizio, come Q primario lucumon tra gii Etruschi, vegliava sopra tutto il corpo del Lazio 5 3: ministerio che nellet pi-vetusta fu commesso in occasione solenne al dittatore Egerie tuscuhmo Laonde, per fatto certo r anzich imperip erditevole in una prsa pia nobile, come tennero molti stati della Qrecia, mai non ebbe Italia se non che- legittimi ed elettivi magistrati, la cui autorit deputata alla direzione dei pubblici ppteri, eomech
5 q^ Strabo vr. p. iq 4. Si Tbucyd. vii. 33. Pausan. i . i l , 5a Per gli antichi ordirli un Dittatore era ij somma ma gistrato d'A lba, Tuscolo, l^amrvio, Ariria , Lainio ec. L a qual dignit, quanto, al. nome, mantenutasi in r i gore nel Lazio fin o a giorni di Cicerone (p r Mijon. i a ) , i riscontra spesse volte nelle lapidi m unicipali. M a rin i, Frat. Arvati p. aa4- *58. 4753 Cine. ap. Fesi. v. Praetor. Il Dittatore .chiamava anche P reto re, e talvolta Pretore m assim o. Tali orano Lucio Annio da Santino e Lucio Num iiio da -Circeo, ambedue pretri in Carica nel 4 i 5 , per cura de* quali fu adunato in grave frangente il concilio latino. Liv. vm. 3.

54 Vedi Tom.

1.

p.. a33.

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*7

suprema f l t e , fu sempre dntro a limitati termini ristretta. In ciascuna citt, per giuda divisione distribuzine d'ufficj, altri magistrati minori, legali custodi della libert e sicurezza di cit tadino, vi avvan tutta T amministrazione del comune: fra i quali il prefetto, gli edili3 i questri, mentovati anche in monumenti degli Osci 5\ Il fatto principale di Papio Brutnlo sannite * dimostra che il pretore, giudice del diritto deir equit , vi pronunziava le dciskmi supreme della4legge nelle materie non pure dordineprivato, ma pubblico. Magistrati municipali ora in funzione, ed ora sedenti per tribunale, si veggono di pi rappresentati con mostra di lro seguito, qual era il costume, ili monumenti degli * 7; Davano materia O Etruschi / ogni dov alla ragione civile le consuetudini, gli Ordini, e gli statuti interni della citt, pru dentemente custoditi da ciascun popolose fer mamente mantenuti in vigore da quelli stto il dominiq stesso di Roma colla legalit del -gius italico. Principalmente quanto riguardava alla propriet ed ai suoi efftti, ai dritto dei genitri, al matrimonio, alla successione, alla tutela, a dritti de' creditori, e in breve a qua55 Vedi Tom. 1. p. 3i3. n/ 70.' 56 Liv. vili. 3g. 5p Vedi * . cxii. 1 . a.

$8

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biaque altro titolo-di ragione. Sopra tutto l'inestimabile dritto di propriet Si ritrova molto efficacemente protetto cou forti difese, dappoich la pi umana e discreta vita civile di tanti popoli, per natura villeschi^ e coltiydtori, era stata dapprima ordinata mediante una .Ugge agraria originale , la qual muniva di ragioni e titoli incommutabili la propriet del fondo 8 . In' rigore appunto di quel dom ina teocratico primitivo , che concepivi la signoria del terreno qual supremo diniriio dIddio sopra tutte le cse trasferibile nesuoi prediletti. Ed avvisatamente i legislatori etru schi adoperando all' upo la giurisprii(|eiiza prima, o simbolica, secopdoch richiedevano i costumi ed i tempi, renderono sacra questa fondamentale disposizione in facendo pubbli care dagli aruspici esser questa terra dei numi: j* che Giove appropriata ,si fosse 1 Etruria 5 ed a frenare la cupidigia umana avesse m ordinato che i campi vi fossero seggati dai loro termini y , quali non si potessero .mai jj rimuovere senza cadere nella indignaziov ne divina ' #. Stabilitasi cos 1 azione del
58 T etrae ciilturae causa attributo olim parUcuUtim hominibus Ut in Etruria Tuscis, in Samniutn Sabellis. Varr, in Agraodoap. Philarg. Georg. li. 1 6 7 .

5g Scias mare ex aetbere remotum. Cum autem Ioppiter terram Hetruriae sibi vindicavit etc. Fragni. ex lib.

C A P O XXI.

gg

coqfqe, fu il territorio' diviso per rne2lo di. limiti invariabili e certi , i quali, come co6a sacra, davano alproprietario dritto im permutabile di reclamare cntro dellusurpa tore. Da questo provido regolamento nacque al certo il dio Termine custode della propriet, si altamente santo per gl .Italiani fll, e che Varrone dice originato dalle prime istituzioni toscane e> , le quali pur santamente prescrive vano nella collocazione dei termini agrarj pre ghiere, vittime , sacrifizj, libazioni ed offerte 6 1 . Per ampliare, in oltre 1 , efficacia di qusto immutabile e permanente dritto di propriet, la ragion civile dava di pi a gni uomo in genuo facolt di poter liberamente disporre delle sue sostarne : come, in frsa dello stati^Q
"Vegoja ap. Rei agir.' auct. legsque variae. p. ?B&. 6d. Goesio. 6 0 Nata quaedam pars Thuseia Hmitibus et nptninibus ab Etr'uscorujn .Aruspicum doctt-ina^.vel buncupationa designati*-. Frantile ap. Rei agr. A uct pag. 1 1 7 . Gt T u populos, urbesque, et regna ingentia pois: Omriis erit srae telhigiosuj ager. Ovid. Fast. li. B C 6. 6 a Lim itum prim a origo, sicut Varr deacripsit, ad disciplinam Aruspicum i^acitur pert^ier^ Fragm. ap. Rei agr. auct. p. ai5. Hygin. de Lim itib..p. i5o. Virgilio, ot tim o conoscitore del- costume antico,' mostra Tqfrto che preso'da furore scaglia contro Enea uno di qu^i sassi smi* curati, x i i . 8 9 7 . Sexuna antiquurn, in gens campo quod forte jacebtt, Limes agro positus, tites ut discerneret arvi, G3 Sic. Flacc. ap. Rei agr. u c t p. 5.

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di Tarquinia, si vuol che facesse Demarato per volont testamentaria w: talmeAtech gi gran tempo Usavano gli Etruschi di quel medesimo diritto del padre di famiglia costituiti) per la legge delle dodici tavole **. Con tutta ragione un nostro grande scrittoreM vide in 'quelle tavole stesse un verace monumento del dritto naturale, dei costumi, e delle consuetudini in vi gore presso le antiche genti italiche. N meno Acutamente il Vico stesso, seguitato oggiroai da sommi legisti e istorici, mostr insussi stente il fatto della legazione romana in Grecia per cgliervi il iiore delle leggi attiche, ed ivi erudirsi nei buorji ordini civili*: quandoch al contrario le dodici tavole, s repugnnti ui tutto al costume greco, nacquero propria mente nel Lazio sotto linflusso della> dominalite aristocrazia, quasi come un digesto di ci che teneasi il meglio delle leggi cpnsuetudinrie o scritte de popoli circonvicini, E certissimamente figlie dellantica sapienza e religione loro si erano e il dritto di connubio fra genti duno stesso sangue, e le leggi stespe coniugali, ten denti specialmente a rndere consacrate le noz ze cou necessarie formalit: ancorch queste,
64 Dionys. ih. 4 7 * G5 Pater ^f o i p iK n uti ,legas*i( super pecnia tutelare suae rei, jtaius epto. 6G Vico, Scienza nuova. 1. ga.

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per intenzione delta prima legge, adoperate dai soli cittadini patrizj con ispcial privilegio della stirpe, avessero principalmente per iscopo abi litare i figli a prendere i magistrati , di debito collegati con 1 osservanza di certe uficiature sacerdotali rivelate soltanto ai loro casati 7 . Onde nn dice male Giovanni Lido *, che ugualmente in Roma i magistrati della repub blica furono dapprima tanti p re ti. Cos, pure la legge attribuita a Ntima la qual statuiva a dodici anni 1 et legale atta a contrar ma trimonio , ha dovuto essere un costume antico d'Italia, per cui il legislatore, mglio che alla robustezza della prole , tendeva moralmente a rendere non pure i corpi ; ma gli animi delle spose pi che mai puri ed incorrotti. E poi ch di fatto la religione, norma dogni dritto, partecipava mai sempre o direttamente, o in direttamente , tanto nella dottrina delle leggi, quanto ne]! azione del civii governo, fuor
Qood nuptiarum initi antiqui rtgcf ac sublime* in Etruria iti conjanctione nuptiali, nova nupta t no* u s m a rita i primuna porcarri imipolaL Prisci quoque L a tin i. et tiam Greeci in Italia idem factitasic identur. Varr, m. IV. IL 4- L a porca iam ficata negli Sponsali chiaro simbolo d* addomaqdata fecondit. Rito ugualmen te simbolico era la con fktrazione, allusiva al prim o cibo dei padri. Plin. xvu 3. Dionys. ji. i . 6 8 De Magjstr. pop. rom. proem. p. i. 6 g Plutarch. in parai. Nunv. et Lycurg. T i i Tufiww tu S a a m it *< vutripat p. 3 io ed. Reiske.
67 T iri

9*

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di dubbio che nell istesso modo fortificava, o suppliva con grandissima efficacia e in ragione ed in pratica tutta la legislazione. Il qual vero si far pi maggiorai ente manifesto per molti esempi nel capitolo appresso, in cui trattere mo {dia distesa delle cose sacre.. La moderata natura del dritto civile degli Etruschi si palesa chiaramente nella leggecontro al debitore insolvente, la quale, anzi che trattarlo come un colpeyole , e d obbligare anche il corpo, siccome nelle dodici tavole non jlava altrazione al creditore fuorch poter esporre l obbligato a ignomnia pubblica: il che insisteva in rappresentarlo dinanzi al po polo seguitato da una frotta di ragazzi, che portando in aria una borsa vuota significavano esser, quel tale rifinito pr dbito, e in istato di decozione 7 . Esempio dimostrante come, a pro posito, certe leggi di morale intendimento par lavano per Via di simboli massimamente ai sensi ; efficacissimo linguaggio compreso anche dagl idioti. Con principio nulla men lodevole e morale qualunque presto fatto a un uomo notoriamente scostumato, veniva punitopresso ai severi Lucani con la perdita del capitale 7.
7 0 *Orav i ti; ftiUtv juptfo; p i - m iiiit, itapcau>\*v$wiv i mii&tt , tc xrnd* 3\Aoiov ii( / u n i x i n : Heracl.-Pont. , d* Po Ut. pag. ai3.

7 1 ' Exv t i Tt ff&IT tsuVCC^ JJpiot - f t t < ?plTC U utiu

Nicol. D a tiu . H tor. p.

373,

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XXI.

43

Ammnda di cose, propriamente chiamata mul ta con voce sabina 7*, era quanto alle offese ai danni nocenti alla propriet o a dritti al trai , 1. ordinaria pena statuita dalla legge 5 massime tra i popoli di stirpe sabella, originai* mente pastori. Conferma certissima che non poche usanze paesane, e leggi di discreta pe nalit, nacquero semplici e piene di fiduciale temperanza: cio conformi a costumi buoni, e alle integre consuetudini della vita pastorale ed agricola. I legislatori degli Etruschi tutto compresero ne libri sacri, dove ogni pubblico provvedi mento visi porgevaal popolo collistesso grado dautorit divina. Ovunque i costumi sono forti, i principj fermi, e inflessibile la leggeranno i testi una vce di maest potente, autentica, popolare. E tutto quanto spettava al ben della citt trovavasi contenuto in quei prudentissimi codici, che si chiamavano Rituali. Per comandamenti e pre cetti inviolabili era in essi prescritta l edifica zione delle citt e dei tempj , la consacrazione delle mura e delle porte , l distribuzione ci7 > M ulta, Tocahulum non Latinum sed Sabinum tsse) idque ^d suaijQ memOriam njanslsse.in lngua Samnitium. V arr, rer. hum. ap. Gel. i l . i. M ultam , Osci dici putant poet\am quandarn. Feslus. S. v. {R-HVW t si lgge infatti nella grande iscrizione c di Abetia : ' vocabolo ripetuto nello stesso significaC di pena anche nella tavola ucana di Banxia.

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vile de! popolo, gli ordini della milizia^ in fine tutto ci che riguardava alla salute sicurezza e difesa del comjin, o in pace, o in guerra ,s. E, buono interpetratore della legge Vairo ne , ove dice fatte sacre le m ura, perch i cittadini combattalo, pi coraggiosamente, fi~ do a sacrificare la. vita per ultima difesa di qulle 7 *. Allo stesso modo il dritto Feriale, che avea per fine toglier via le; cagioni della guerra , era stato per la sapienza degl itali legislatori fortemente congiunto colla religione. Legge santissima ed universale di tutti po poli italiani , e sicuramente trasmessa per al cun di loro ai primi re di Roma 7 *. Le con cordie e {e paci, similmente corrette dal dritto Feciale col ministero del Padre Patrato, capo di quel sacerdozio, era upo che fossero mai sempre santificate con religiose osservanze, e
\

Rituale nortnoantur Etruscoram libri inquibus p tecriptum e s t , quo ritu condantur urbes, ar?e, aedes sacrentur., qua san ditate m u ri, quo iure portae, quo modo iribus, eoriae, centuria* dlstriboantur, exerdtos constituantur QTdieattxr, ceteraque ejasmodi ad belluin , ac pacera pertinenza. Festas v, Rituale*. 7 Varr ap. Plutarch. Q uaut. Rom. 3 7 . con/. Cicer. de N at. De or. in. o. in fin. 7 5 Chi nomina i Falisci dell E tru ria ; chi.gli Ardeat ne Rullili ; chi gli Equi coli : nella qual sentenza concorda Cicerone ( de Rep. u. 1 7 ). Al dire d Valerio Massimo gli Equicoli: recitant Sertorem R esium , qui prirxjui jus Feciale iustituit. .

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9S

di pi. giurate sul corpo. df una vittima con i-ito speciale 7 *. Il dritto dasilo, il q&al ve gliava ad assicurare agl' infelici gli effetti della compassione, era,pure dalla ragion delle genti approvate per tutti coloro, che -hanno un cuore innocente, ma che la fortuna perseguita. Una incalcolabile forza tuttavia derivava alla repub blica per cotest uhiversai riverenza della leg ge, e nel serbare inviolata la lede del giura mnto 7 *. Vincolo talmente sacro n/illa opinio ne di popoli sopra mod religiosi e leali, ctie per motivo principalmente dell'iniqua violazio ne che della giurata promessa fecero i Romani nella dedizione di Capua , e nel fatto delle Forche caudine, ebbe pi vital nutrimento lo sdegno immortale dei Sanniti* Se per fatalit periti non fossero irrepara bilmente i libri dAristotile 7 8 e diTeofrast 7 9 sul governo civile degli Etruschi, potremmo senza dubbio dimostrare pi completamente i
7 6 ' Ctal rito bene dichiarata da Yarron, R. "F. n. 4i- da Cicerone, de nyttit> 11. 3 o t ed a Virgilio, tiii. &3g; si Tede tal quale figurato nelle tnedaglie osche e sannitiche, per occasione di concordie. Vedi tav. c iv . i5 . 1 9 . Livio d la formula pontificale d tm preriione t ut cbm ita Iupitefr fe ria!, quaemadmodum a Tecialibu* porcus feria tur. IX . 5. 7 7 INulUra enim vinculutn ad astrinflrodam fider jure (tirando majarcp.ariptiiis Mie ToluevuoU Ciecr. de. Offic. iti. 3 1

78 -A^cfprK ( vapufUH. A then.l. 19. 79 T v ^ n , libro di Teofrasto , citato dalli scoliaste di

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eri principi della lor politica societ, o al meno giudicare con miglior senno degli ordini intdrni, e di molte usanze cittadinesche, il cui copo principale si era di reggere la repub blica con statuti e leggi certe, sempre, van taggiose alla felicit umana, anche nella loro frma meno perfetta. Che massimamente la grand opera del maestro dei dtti, in cui trat ta rs i governi doltre cento cinquanta cit ta contenesse importantissimi ragguagli e considerati giudizi, s delle costituzini e leg g i, come d 1ogni altro instituto de nostri poipoli maggiori, ed in particolare degii Etruschi, fie Tanno fedeii cenni cH egli diede d?un loro singolare costume j per cui solean temperare e misurar col suono de flauti le fatiche e il gasrtigo dei servi 8l. Costituivano glischiavi nella citt 'una classe spaata. e distinta dai cittadini* ssi non erano persone j ma cose. Ineguaglianza distato, tanto aniversdlneirantiehit, quanto deplorabile, che risultava dal la sola legge o dal dritto propriamente detto. Tuttavia fino che' si mantenne abituale negli
P indaro. in Pyth. li. jt. 5o6. 'ed.-Heynfe.- conf. Cicr. de Finito, v-, %. So di trattato, 0 *p noXrrtiiv, d E raride 1 e w compen dio, o pi di tolto nn ^sfratto* deHopera d Aristotile perduta-. 8 1 AriStot.i ap. Plluc, iV. 56. et ?p. Plutreb. De taJuinda tra. T . h- p. 4^o.

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avi nostri semplice e laboriosa la vita, Ila rendeva meno dura la servii condizione : i servi, per lo pi italiani tolti in guerra, o non rano in gran numero, o gli hietti costumi, pi che il rigor delle leggi, bastavano a cautelare della lro fedelt : perciocch convivendo, faticando, cibandosi i servi stessi insieme co* padroni, era d uopo che .questi avessero per ess loro indulgenza ed equit. Tal era m principio la famiglia, tipo della societ : di che si conservava indelebile traccia nei Saturnali. Ma cangiatosi per altri tempi e modi di vivere il costume, massime*nella opulenta Etruria, troviamo che qui,vi pi universalmente, gi ne primi secoli di Roma , gli schiavi domestici sadopravano dogni maniera per tutti gli ufizi e mestieri : tflle volte anche in guerra, come fecero con fidanza i Vejenti *: soventemente quali esperti ministri delle pompe e volutt di facoltosi pa droni 8*. Con ragionato giudizio anteponeva Cicerone, per bocca: di Crasso, la prudenza civile dei nostri' a- quella degli altri savi, e de* Gre ci massimamente Tanto che, al dir di lui,
a Dionys. ix. 5. 83 Diodor. v. o. Liv. v, i.
8

84 Dfe qoo molta soleo in sermonibus quotidtnis dicere , cum homintnn nostrorum prlidentiam caeteris homi nibus, et maxime Graecis antepono. De Qrat. l. 44*

gg

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il sapientissimo Ninna avea di gi insegnato e posto in pratica ottime leggi, avanti chei Greci pur s avvedessero che Roma fosse nata ,s. Ma la sapienza alta e verace attribuita a Noma sabino altro non era che italica sapienza se nile w : o sia quell ordine politico fondamen tale sacro insieme e civile , che costituiva e reggeva nell universale 1 italica societ con forme sue proprie, forti e originali. Secondo la mente dei legislatori la morale pubblica, ed i virtuosi costumi, sostegno della citt, dovevano essere 1 effetto di buone istituzioni locali , anzi che di leggi promulgale e scritte. In di fetto di migliori documenti possono i matri moni sanniti dare una bella idea del vigor mo rale di quegli ordini interiori della patria, che destavano il cuore a emulazione , e che per abito virtuoso , meglio che per severit di magistrati, mantenevano i cittadini ognor disposti a ben fare. Cnstumavasi in qualche ter ra del Sannio, ed il costume s'addice bene pi regolato vivere antico, che i suoi rettori in certe feste annuali ponessero alla presenza
85 Quo edam niajor fir habendus est, cum illain sapientiam constituendaa civitatis duobus prope saeculis ante cognovit, quam eam Graeci natam esse senserunt. De
Orai. li. 47*

86 Quanti iste est hominum ! ac tamen facile patior non esse no* transmarinis, nec importati artibus erudilns, sed genuinis domestirisque virtutibus. Cicer. de Rep. il. i 5.

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del popolo le azioni de'giovani od esame, e quindi eleggessero dieci de* meglio costumati con altrettante ben allevate donzelle. Colui che reputato era il migliore sceglievasi in isposa tra le giovani elette quella che pi gli aggra diva: chi otteneva in secondo luogo i suffragi sceglieva dopo il primo; e cos l'un dopo,lal tro i .meritevoli. Di tal modo essi ricevevano dolile mani stesse del magistrato e del giudice le loro dotine 8 7: la virt civile era rimeritata degnamente, in ciascun individuo : n mai, al giudizio dun acuto politico^ fu imaginata mer cede pi grande pi nobile , meno gravosa a un piccolo stato, e pi accncia a influire possentemente sopra ambo i sessi8 \ L educa zione severa dei Sabini , Sanniti e Lucani y era parimente Y effetto d rigidi istituti, che avrem mo oggid per duro seme di virt', quantun que cotesti valorosissimi popoli non ad altro prezzo si meritassero i chiari elogi, che han perpetuato la fama de loro laudati costumi. Altre genti sabelle per l integrit dlia vita e per drittura nella giustizia , s* acquistarono le stesse lodi. Laddove appresso gli Etruschi, degenerati per vita scorretta, sarebbe da com
87

Strabo v. p.

173.

Nic. Damasr. ap. Stob. serm. lx ii.


1 G.

P<
88

M ohlesquieu. Espr. dea loia;. Vii.

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mendarsi quel provvedimento per cui il co-' mune (se ndie non intrpetriamo il dire da antico per verit maligno ) toglieva il carico d allevare i figliuoli di prole incerta 8 9: della qual cura pubblica poteva esser ragione che costoro, fattisi adulti, solean spesso turbare la pace nelle repubbliche Aristocratiche: n poten do star quieti in casa, come i Partenj a Spar ta , necessitava mandarli altrove. Per tutto questo si comprende che i nostri savi sentivano bene, come la migliore legisla zione 6ta quella dove le leggi sono pi confor mi a costumi del popolo, e pei* conseguenza pi durevoli. N diversamente un antico ora colo avvisava doversi colle leggi primieramente cercare , che ben si comandi da una parte, ben subbidisca dall'altra. La dritta ragione concorreva per ci ad Inculcare in ogni classe losservanza degli ordini stabiliti, su cui ri posava il gran disegno della pubblica quiete, e della conservazione del comune. Niuna per sona inutile poteva- aver parte nella cittadi nanza. U istituzione cauta dei collegi delle arti, che distribuiva i cittadini con debiti ri guardi per professioni e mestieri, qual^fu in
89 Tpftiv i i TOv; Tuppi)Ou{ irvTd r i yivptva iraiSia. oux iJraj otou nxrpt t<riv ixac^-o. Theopom p. L. 43 . hist. ap. Athen. X11. 3 . p. 517.

CAPO

XXI.

T OI;

trodotta in Roma da Numa, ha dovuto essere' un antiquato costume dei Sabini, se non an cora d* altri italici, ugualmente indefessi nelle fatiche, e pazientissimi sempre dei . legittimi comandamenti de magistrati. Gol proceder del tmpo lo stato morale e civile de nostri po poli cangi nondimeno ogni dove, per dar luogo a maniere e fogge di vita pi accomo dale al bisogno delle generazioni seguenti : per ciocch altri Secoli portaron seco nuove idee, nuove voglie j e nuove leggi ed usanze: Cos, per lo spettacolo d' una vita < lussureggiante sontuosa e molle, quale vivevano gli Etruschi gi tralignati totalmente dalla loro virtuosastirpe , taluni storici dell antichit esagerarono fino all' eccesso la licenza tirrena, come fece di' sicuro il mordace Teopompo 9(r, dando ad intendere , per certo suo disonesto talento di mal dire, che la legge tollerante presso loro sfacciate lussurie metteva le femmine a comu ne : accusa per se stessa iniqua, ingiuriosa , assurda ^ e solennemente smentita dalle nume rose iscrizioni funerali, in cui si fa espressa menzione del padre e della madre, e si riscon tra per molte generazioni la successione certa delle famiglie. Non fu pi cauto Timeo 9 1 at99
91

Ap. Athert. xn. 3. Ap. Atlien. 1. c. et Diodor, fragni, vili. p. 33.

102

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tribuendo alla nazione intera certa vita intem perante , che poteva esser vizio di privati : e la narrativa stessa che fa Posidonie *' di tante domestiche superfluit, e di delizie toscane, pu essere verace quando asuoi giorni era pi mag giormente viziato dalla soggezione pubblica il costume degli Etruschi, non mai del tem po antico, in cui essi attendevano faticosa mente alla libert e alla gloria. Or seguitando innanzi a porgere nel presente volume il pr* spetto dello stato morale e civile degl Itali antichi, qual pu trarsi dalla somma (felle no tizie che abbiamo, e dai monumenti, fo pre go al lettore di por mente tanto a questa in dispensabile distinzione dei tempi, quanto allordine nuovo degli eventi che interruppero, o cangiarono del tutto 1 essere primo delle nazioni, che Roma andava soggettando a se con prepotente imperio. 99 Ap. Diodor. *. io, et Albe.
IV.

ra.

io3 C A PO X X II.

Religione : suoi ammaestramenti divini : differenze e m utazioni nel culto .

P e t le amplissime vie di rivolgimenti e di progresso della vita civile, il mutamento d uno stato di societ in un altro pu sser rintrac ciato ne sistemi di favola religiosa, o di mi tologia , che si ritrovano ordinati presso di ogni antica nazione. Sistemi che furon opera di prudenza, e la sacra eredit di generazioni o pco note per grande vetust, o innominate nelle storie. Cosi per mezzo soltanto della mU tologia possiamo noi Messi risalire , quanto possibile, inverso i primi periodi dell'et bar barica deNstri propri padri, allora che pri vi d rivelazione, senza scienza tradizionale, deboli e imperiti ,, non avean che una religione di solo instinto, materiale e incomposta quanto la sciolta vita. Per l ' indomito sabino, mon tanaro nonade e guerriero, un asta ftta in terra rappresentava grossamente il dio dellar me 1, Quel dio che non poteva placarsi se non col sangue umano. Tanto generalmente prei Vedi Tom . i. p. 218. Nam et ab origine rerum , pr dii* immortali!)us veterei hastas coluere. Justin, x liii. 3.

,o 4

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XXII.

dominavano in qpsti secoli di feroce barbarie superstizioni insane e crudeli, di cui non dubbia mente ritrovansi altri segnali ne duri costumi de padri sofferenti ogni violenza che facesse loro la divinit* Moderatasi non per di meno la natia salvatichezza delle trib indigene, e infrenate di leggi, successero appresso nuove fogge di vita meglio ordinata. E fu questa ve ramente per 1 J universale un epoca di rigene razione, in cui non solo per comandamenti pi benigni di savi insegna tori e correggitori del popolo cessarono quivi gli umani olocausti , ma s* introdussero di luogp in luogo riti pi assennati, e legittimi istituti di vita migliore. I quali se molto efficacemente cooperarono, co me abbiamo dimostrato innanzi 1, a dare stato civile e fermo alle nostre popolazioni, niente meno influirono sopra la religione di quelle, temperandola di umanit, da che tutto questo pare certamente che fosse opera di sacerdo tale governo. La pi antica mitologia italica popolare, tal quale si mostra ne' suoi vestigi, uno specchio fedele della credenza semplice delle, genti, fondata nella realt delle, cose , piut tosto che in astruse dottrine. Ma siccooie in quest* ordine nuovo di costumi e di leggi pi
a Vedi Tom. i. p. a 3-a 5.

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xm.

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che altra cesa gli abiti dellagricoltura, madre di pacifica popolare obbedienza, diedero mano a stabilire e propagare i beni deir unione ci vile , cos la prima religione attamente ordi nata si ritrova di per tutto posta in perpetua correlazione con le faccende ed i bisogni della vi ta campestre. Furono i numi quali poteva com prendere la semplice fantasia di ruvidi agricoltori pastori.Onde la religione quasi tutta in pri ma villereccia, e insignita di moltissime deit abitatrici delle selve, delle montagne, decampi, de fiumi e, de.fonti, aveacos principalmente per fine di rendere gradita agli uomini la viU rustica, e faj amare insieme i faticosi lavori della cultura. Per benignit degliddii questa antica terra, di legittimo dominio loro, era stata data in ,pos$e$so aglincoli sotto l'obbligo d'osseryare l legge, e di spirituale omaggio3. Insegnatoti di queste dottrine, e propagatri a un tempo dell agricoltura, non solo i preti riferivano a .quella i fenomeni contemplati dalle loro divinazioni ; ma coordinarono altres la r dine stesso dell' anno, e le feste religiose colT opre della sementa, della messe, e di tuttaltre bisogne della coltivazione. E fu concetto dellavvedutezza eh? i miti nazionali consacrati
3 Da ci 1 Jtalia era (fetta mitologicamente Saturnia; e 1 E truria la trra degli dii. Vedi Tom. lp. i 3. $ 3, e di
sopra p. 88.

166

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perpetuassero in oltre la memoria di coloro , che posero alle nostre genti insieme colle arti agrarie il freno d'ima vita regolata, operosa e civile. Di che son allegorie semplicissime la bella et dell oro, Saturno agricoltore, e Giano insegnator di buone opere rusticane 4 , posti entrambi in fronte allitalica mitologia, la quale di tal modo si manifesta nella sua orgine espressiva, evidente, ingenua e schietta, quanto sol richiedeva la prisca condizione vii' fesca. Ed questo un fatto rilevantissimo e tfi gran momento alla storia j perch da se oj riporta alU prima vera e semplice mitologia de nostri vecchi teologi e poeti, divisata me ramente sopra un sistema intelligibile di alle goria i ordinario linguaggio della sapienza an tica, o piuttosto il solo che possa bene com prendersi in religione dal popolo. Laddove quei molto complicati e misteriosi simboli coquali vennero indi appresso rivestiti ! nostri propri numi da pi scienziati sacerdoti imbevati di dottrine forestiere, viaggiarono tutti qua doltremare, e massime del divino Oriente e d Egitto, paesi de misteri. Di tal frma il padre Giano datore di vita civile, di leggi e darti agli Aborigeni, si** gnore egli Stesso del suo popolo e nume indi
4 Macrob. Sat. I. 7.

c a p o

x &m

gena r rimeritata con pari sacrifizi quale fu ideato senza bella poesia dai primi autori della favola si ritrova nella ricomposta mitologia, arricchita e ornata di copiosa scienza simbolica, come il dio massimo} 1 *unico e giustissimo padre.; il dio degli dei; il primo invocato nelle preghiere ; e in tu tto , per moltitudine di attributi suoi propri, simboleggiante nulla men. che Gnesa indiano a , Osiride egizio e B^cc greco', il principio di tutte le cose, o l universa! potere generativo della natura. Secondo altri interpetri era il sole iiel oup corso annuale Cttimo creatore 8 : il cu stode dli* universo 9 : larbitro della pace e della guerra : in somma tal dio potentissimo, che ad esso lui la dottrina teologica riferisce ad una ad una le qualit e propriet degli dei superni. Perci, canta Ovidio, n pure la poe tica e inventrice Grecia non avea nume che lo potesse in tutto pareggiare **. Nell'istesso modo lantichissimo Saturno, coltivato principalmente nellOccidente, come dice Cicerone " , e rap5
V e f t ' X o m . i. p . i a .

6 W . Ione, A natick rttearch&s T . L p. a a i. sqq. 7 L atativs ap. J. Lyd. de Men*. p. ed. Roeth. Arnob. in. p, 117. 8 Cerai marna (Yoeft di forma italica) sia Creator borni, in carm. saliar. ap. Fest. . Matrem M atutam. 9 O rid. Fati. i. 177. 10 Nam libi par nullum Gtaecia numen habeL Fast. 1. 9 0 . 11 Quem vulgo m axim i ad Occidentali colun t. Cicer,

\ presentato dapprima sotto, forma semplice e puramente allegorica colla falce nella destra, (jual ponitore della vite e custode dogni opra campestre " , si rinviene poscia tramutato e ritratto ancor esso siccome il dio sufficiente a ae medesimo; i) principio universale vivificante; il do- grande, che diede origine e cominciajnento al tempo: e , per dir breve, rassomi gliato in tutto al Baal Hamman dei Fenici, o al Crono dei Greci j onde senza pi gli fu-f rono dati per iscienza di sacerdoti e voce di poeti gli attributi universali di quelli. N oc corre il dire che a intrecciare s differenti mi tologie, ed a compiere la favola, bisogn an che inventare che G iana e Saturno, entrambi stranieri, fossero qua venuti di lontano, per quei casi strni e mirabili che sono a tutti palesil3. Cos^ tralasciando d addure altri simili esempi, non havvi forse un solo iddio naziona le e paterno di questa nostra terra, sqttalcuna.allegoria o naturale o locale, il qual non si ri trovi ugualmente trasformato e cangiato dal pri mo senso mitologico, in senso al tutto simbolico^
de nat. Deor. HI. 17. Saturni* . e vocabolo sabino e latino
ugualmente ( Varr L. 1.
tv .

io8

c a p o

xxn.

I ta lia da Sator , che i pi vecchi

io ) : pu essere in tutta pronunziavano Satu o

Satur.
13 Arnob. ili. p. 117. vi. p. ,.197. aog.

|3 Ovid. fa st. 1. a 38. sqq.

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XXII.

109

cio trasferito dai semplice al composto', dal particolare al generale ^naturalissimo processo dell um^Qa mente: s che appena possono rav visarsi pochi e pretti lineamenti della primitiva forma nelle italiche favole divine. Ma bastano almeno a confermare,* eh' elle nacquer di sen timento religioso tra. noi Conformi a'costumi, e confacenti in ogni cosar allo stato morale del popolo : tanto veramente che per invec chiate consaetndini le garantie stesse legittime del diritto della conservazione sia della pro priet, sia dell unine civile e coniugale, sia della citt , ptgliavansi in tutto con simboli espressivi e con santit di formole evidente mente tratte dal costume della vita agricola e pastorale **. E pu credersi anche fermamente, che la moltitudine delle genti si mantenesse stabile cos nella credenza, come nelle trad- zioni semplici de1padri; mentrech al contrasrio per progressivi studi di teologi le dome-* stiche religioni togliendo lega d' arcano s'an davano vie pi alterando d et in .et, me scolandosi a talento deglinterpetri con elaborate teoriche di cosmogonie e teogonie straniere.
i4 Vedi sopra p. g 3. e Tom. I. p. lo& iog. Argomenta verissimo, sebbene troppo largamente applicato da un autore alemanno al gius civile romano. Dom Seiften , Vestigio vitae nomadicae in morii,, quam legib. riman, couspicua. Tra^ ject. ad Rh. 1819.

no

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XXII.

Il religioso sistema degli Etruschi '* costruito con arte e solidit grande <fc un ordine ben disciplinato di sacerdoti, primati della nazione, meglio che qualunque altro s era di lunga roano accostato e conformato al disegno della teologia orientale. Comunicazioni di dottrine arcane da tempio a tempio ; istituzione d uguali misteri ; spesse occorrenze di navigare per mercatura alle coste, dell* Asia occidentale e dell Egitto ; senno di prudenti ; davano cer tamente agli Etruschi Y opportunit di poter conoscerle trasmettere a casa dottrine religiose e scienza di popoli, gi molto superiori in quell et agli abitanti dell Italia, e della Grecia stessa, per qualsivoglia cultura intellettuale. Sia che cotesti ammaestramenti provenissero qua direttamente, come pare probabile, dal pi prossimo Egitto ; sia pi lontanamente dall Asia interna per mezzo dell' isola di Sa motracia , dove s erano raccolti i santi miste ri , sicurissimo che l Etruria si fece total mente alunna di quelle scuole. La qual cosa, meglio che con disputabili argomenti, oggid si manifesta chiaramente per grandissima copia di monumenti della nazione venuti a luce, e in cui vediamo effigiati ogni maniera di siini5 Gens itaque ante omnfit alias eo magis dedita religionibus, quod exeetlerel a r to colendi eas. Liv. v. i. iG Vedi Tom , i. p. i 3g.

C i p o xxn.

ii

bob egizj ed orientali, prescritto velame di certi arcani religiosi, massimamente quanto alla dottrina fondamentale del dualismo, e allo stato delle anime dopo morte 7. Poche altre nozioni certe abbiano noi dei dorami segreti che formavano la dottrina esoterica degli E tni schi, straniera alla moltitudine del popolo, e riservata soltanto agli iniziati , siccome insegnamento pi degno dell1uomo i e pi conforme al suo nobil destino. Ben si com prende per, che l idea principale dominante tutta la teologia e la cosmogonia degli Etru schi stava nel domina primario d* un supremo ente, il qnal teneasi per 1 anima del mondo ; la causa delle cause ; quindi il principio che produc e mantiene tutte cose; la provvidenza; il fato : e per sua infinita potenza 1 unico ar tefice , il conservatore e U rettore dell univer so ,s. Nel concetto dei misteri erasi questo il Demiurgo; la massima delle forze; il genera tore dei numi; quel dio grandissimo, il cui nome non era lecito sapere in modo veruno Tanto che il mondo, cio tutto lente, / era
7 V edi 4 Monumenti t i r . xiv. cqq. 8 Sebec. Qwutt. not. n . a. 19 Detrai demogorgona euiu* nomen id re non licci...... pri nei peni et maximum Deum i caeterarum numinum or dinatoteli). Placid. LuU t. ex Tage. seboi ad 9 cat. Theb. iv. 5i6.

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di; e le vane parti del mondo, o tutte t cose che sono e si Comprendono , altrettanti dei, modificazioni d'una sola e medesima so stanza. Questo s famoso sistema emanativo di un solo e unico principio divino, proprio della; tmiversal mitologia orientale, si rappresenta intero nel panteismo degli Etruschi, n lascia in dubbio 1 origin sua. Prima emanazione del Demiurgo ; il massimo fra gli dei maggiori; il sovrano signore della regione superiore ed in ferire, era T ina *, o Give, dotato de* pi nobili e pi possenti attributi del sue princi pio. Dodici grandi iddii, per met maschi e femmine, componevano insieme lalta gerar chia celeste , associati con Gve nel governo delluniverso quasi come suoi ministri : venian dessi chiamati con generico vocabolo Consenti e Complici ; come a dire consapevoli e consen zienti : perciocch jl loro nome proprio di senso pi arcano e misterioso era ignoto *\ La na tura divina ed immortale essenzialmente divisa in due sessi, come ogni altra natura creata, mostra con evidenza che- il dualismo era il'
aO f i M 'i t Tina: cosi nelle iscrizini delle patere. ai Hos Consente* et Complices Elrusci aunt, et nomi* nant, quod una oriantur, et occidnt nna ; sex mares ; et totidem foemina* potninibus ignoti, et miserationis parciraimae : sed os stimmi Jovis consiHarios, ac principe existimari. Varr ap. Arnob. m . p. i a 3.

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sommo princpio dtlla mitologia *\ Cos pure Babilonesi avevano un certo numero di divi nit Sttpcfiri,- che chiamavano-iddii: consiglie ri : 1 Egitto e la Fenicia i suoi XDabiri : e , come di otto vedremo, anche i Sabini ebbero per loro dei maggiori i Novenli. Presedeva Giove, principe.di tutti, il concilio generale di cotesti iddii ugualmente grandi potenti valnti v*, socj suoi e compagni 5: per sola concessione di lui competeva loro poter sca gliare di pieno arbitrio il fulmine in terra : ma suprema legge del Fato per Giove istesso easi il convocare in certi casi di maggior mo mento 'qui humi scienti a consigliare il mi gliore *7. Ed ecco esempio con che sagace av* vedutezza la prudeiiza dei sacerdoti etruschi, cautamente mischiando i concetti arcani dell ' Oriente alla loro propria e privata dottrina fulgurle , aveva creato un sistema palese di mitologia primaria piena d autorit morale e
a r Im m ortala Ulam, praotantissiibam ntrarn 4 ivinm esse pr sfexus, et esse partem unam m area, paniem esse alterarli foeminaa. Arnob. n i. p. io 3. TU. p. 1(0. a3 ^ovWof Okoc. Diodor. a 4 Dij majores, -Dij valentia, Dij potente*. aS Caecinna ap. Senec. Qaaest. Nat. 11. 4 1* 36 Diw novem Jupiter potestatem jacendi Sui fulminis permisi!. Arnob. mi. 38. p. i u . Plin. u. Sa. Senr. 1. (3. ex Hetruscis Ubris e Fulguratura. 37 Caecinna ap. Senec. Quacst Nat. li. 4 r- 43.

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civile, in cai ritrovane nuibero di convocati, forme di consiglio, e principj d! cwwJhh beho accordati con la costituzione del nazionale go verno *\ A esar in lingua etnisca e ri un ap pellazione generica diddio stsso 9 ; foctacctme santo. Ciascuna delle grandi, divinit aveva due caratteri ben distinti : 1 uno generale di primo principio * secondo il concetto <mistico; l altro pi speciale, che le veniva dalle fun zioni , cui 1 aveva appropriata il sistema dei politeismo. Or fra le dodici maggiori deit C onsentiche giusta la mitologia avean sotto lor custodia questo mondo fisico e morale , dob biamo in primo luogo, nominare Cupra^o Giu none , 3 q, che, armata di folgore ultrice 3 1 era pi altamente riverita ip Perugia 3 , Vejo 33, e nelle due Cupre picene 3 *. Non le cedeva in possanza M eiierva 3 5 , sapientissima dea del consiglio, vigilante colla sua forza celeste alla conservaziooe della repubblica: per il che nesa8 Dodici d ei, dodici citt condilo <ti prim ati ec. ag Aesar etroaca lingua deus vocaretur. Sveton. Aug. 97. Dio Cass. xxvi. p. 589. 30 Tr,v Hpav Tvpfnvo Ktrpa xo3<riv. Strabo V, p. 16G. 31 Scrv. 1, 4 a. ex libris Etruscorum. 3 a Appiaii. Cieil. V. p. m 3 . 33 Juno regina. Liv. v. aa. Quod hactc omnia torrestria regie Varr l . l . rv. io. 3 ' . Strabo I. c. Sii. vili. 43- conf. Gruter. p. B ivi. a. 35 fl ^ a MilM i Meturoa.

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suna etnisca citt si reputava come legittima dai prdenti. se questa dea salvatinee f al pari di Giove e di Giunone, non vavesse avuto di dentro porta consacrata e tempio 36. Per lo contrario, fuori dei recinto delle mura doveva-no aver tempio lo spirito del fuoco Vulcano 37} Marte , Venere e Cerere: prudentissima di sposizione del rituale sacro, che sotto simbo lico prectto insegnava tener lontano dalla citt gl incendi ; rimuovere larmi civili ; tor via gli appetiti libidinosi y e mantenervi in tutto la purit e l illibatezza della vita 38. M anta o altrimenti Plutone % spirito infernale, chiamato anche V ediu 40, cio malo dio, come perso nificazione della morte e dell abisso, sopra stava qual dio principe ai lijoghi tenebrosi. Da esso lui prendeva origine e principio una delle quattro specie di Penati dellEtruria 4. Col gra do deglaltri dei potenti della regione di sopra, aveva V ediu per moglie e per sua compagna
3G Quoniam prudentes Etruscae dsciplinae ajunt, apud rondi tores Etruscaruio urbium non putatas justas urbes fuisse, in quibus non tres portae essent dedicatae et votiv ae, et tot tempia Jovis , Junonis, Minervae. Serv. i. l+ii. 37 I H f W O l l , Sctklans. 38 Vitruv. r. 7. 39 M antum , Etrusca lingua Ditem patrem appellanl. Serv. x. 190. ' 40 Vedium ( malus divus) sicut suadebat Etruria. M artiao. Capelk II. 7. a. 41 Nigidius in libro sexto exponit et decimo, discipli-

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sotterra non so qual dea innominata' **; e di l gi ili inferno altri spiriti inferiori mini stravano per lui il suo crudele ufficio * 3 . Per, fra tanti e s variati numi dell Etruria esposti all adorazione del.popolo, ninno si mostrava pi enimmatico di quell'unico Giano quadrifron te 4 4 venerato in Faleria, e di quivi trasportato in Roma 4 S . Eravi un altro Giano bifronte : in questi gli Etruschi riconoscevano lautore del cielo, e il dio preside di tutte le azioni uma ne 48, forse lo stesso cui da vasi, alta maniera degli Egizj y per sorella e moglie Camesena, o otto simbolo la terra natia V. Ma d ii pu dire quali si fossero i pi veri e celati pensieri della loro antica teosofia ; quale la sacra triade etnisca nata dell' ente universale, e concetto primo delle religioni Cabiriche, bench in
nas Etrusc.as sequens-, genera esse Penatium quatuor, et esse Jovis ex his alios, alios N eptuni, inferorum tertios, mortalium hominum quartos. Amt>b. m . n 3 . 4 a Martian. Capell. 11. 7. a. 43 Februum inferum esse Thiiscoruin lingua. Angrius ap. J . Lvd. de Mens. p. 1 7 0 . 44 Quasi universa climata majestate cotnplexum. Gavius Bassus, in libro de Diis ap. Macrob. Sai. 1. 9. 45 Macrob. I. c. Serv. v i i . 607. 46 Varr in Xiv. rer. divin. ap. J . LyH. dr M tn s . p. 146. Immagine che vedesi figurata nlle medaglie di Volterra. 47 lan u s. . . ctnn Camese atque indigena lerram hanc ita participata potenti possidebant. Protarch. T rall. ap. Macrob. Sat. 1. 7. Varr L. L. iv. 10. Demophil. ap. JLyd. de Mens. p. i 5o-

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bassi tem pi, per sola similitudine di poteri generativi, si dicesse esser Cerere , Pale e a Fortuna * B? Tutto qiieHo che Spiega oggid, a senao degli interpetri, la critica simblica moderna insufficiente : anzi, a parlar sincero, i arte loro'di si pieghevole natura, come palesa con evidenza un opera grande di simile argomento, che nelle mani degli spositori il modo interpetrativo si conf bene ad ogni misura qualunque e ad ogni formasse pi presto-una spiegazione congetturale non sta in pronto ciascuno per ogni proposta o contro versia che siasi, o-per qualsivoglia quistine i8 \ Con tutto questo un solo vero traluce nel considerato esame della mitologia etrusca, quale apparisce ancora ne*libri, o nei monu menti ; egli la perpetua mescolanza di dot trine egizie ed orientali con dottrine nate in casa, e per tutte maniere e vie concordate alle mire occulte di una forte costituzione teocratica. La tradizione antica narrava che due Cabiri passarono esuli qua in Etruria j che faqean professione di mercanti ; e che seco recando la mistica bista \* introdussero con religiose ceri
48 Tusci penates Cererem et Palem , et Fortunam ilirunt. Serr. 11. 3 a 5. 4 8 * Intendo mentovare col dovuto onore l opera m a gistrale del Pr* Creuzer , Symholik unii M y filologie : insuf ficiente per quanto alla mitologia italica in genere.

CAP

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monie il culto -di Bacco e de*suoi misteri, celali sotto la figura medesima del Fallo * 9. Or questa tradizione ben fondata nel fatto di quel le religioni orientali , insinuanti il domina duna vita futura , manifesta non solo chiaramente quanto elle fossero gi coltivate in Etruria nellet vetusta, ma di pi conferma, che vi fu rono introdotte per frequentazione di genti fra 1*Asia occidentale e la Tirrenia. Anzi cre dibile molto che qua venissero direttamente recale o dalla Fenicia, o di Samotracia coi ministerio di sacerdoti, chiamati anch' essi da prima Cabiri, insegnatori agli uomini di cose sante. Se adunque gli Etmschi posero con patria voce al Dionisio Cabiric, o Bacco, il nome di Tinta 50, dobbiamo altres riconosce re in questi uno de' pi antichi e fn princi pali numi della nazione. Perocch nei mo numnti vetusti il ritroviamo frequentemente figurato sotto variatissime forme : or Bieornigero 9 1j ora qual Bacco toro s*; ora barbato
E'v, ji t tou Atsvyrsu itoov catixtvn. Clem. Alek. Protrcp. p. i3. i 4 . I Cabiri-qui m entovati, anzich mercanti di preziose m erci, rame porta., il racconto., potevano es sere dessi stssi sacerdoti, o sivvero iniziati : noto che Cabir, forte, potente ec.j, fu da prim a un titolo proprio dei preti orientali ; indi applicato alle maggiori divinit dell E g itto, della Fenicia e della Samotracia, 60 I H I f , Tinia : Figlio di Giove Tina. 5 i Vedi tav. x li. i-S. 5 a Vedi tav. lv h . 8. 9.

Alla foggia antica egizia ora con l ' aspetto giovenile d lacco S4j ora dj due sessi s5$ ed ora q u a ld ie delle regioni infernali. Da ci si comprende manifestamente come i vecchi Etruschi davano al loro Tinia fattezze attributi e qualit somiglianti a quelle del Bacco pri migenie) 56} e s ancora di Bacco cognominato Zagreo e Sabazio -, noto pe' misteri orfici /figlio di Giove e di Proserpina *7 : dove che nei soli monumenti d una, et pi recente, a sia nelle patere, in cui tutto rimodernato e foggiato alla greca, Bacco vi si trova effigiato, secondo il mito tebano, figlio di Give e di Semele quantunque tal volta, per sola propriet di dottrine etnische, ei vJ apparisca anche scettrato e armato , di folgore nella sinistra Questi per, come Cicerne fa dire allo stoico Balbo , non era gi quel Padre Libero, che gli antichi coltivavano, e la cui essenza non poteva com prendersi fuorch pe' soli misteri . Or dunque
53 Cataftogon. Diodor. ili. 61. v. 6. Vedi tav. l x x x i . s q q . Vedi tv. xcifc. 1. 55 Myss. Orph. Hymn. i. Vedi tav. x l . 4 . 5 . 56 Diodor. ili. Ga. iv. 5 . 57 Diodor. 111. G3. iv. 4- V. 75. Cicer. de naL Deor. ili.

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59 Cos nella notissima patera rappresentante la nascita di Bacco ; ed in parecchie altre ancora. 5q Vefli De:npster. Etru'r. reg. T. j. tav. 111. 60 Non eum quem nostri majores auguste sancteque L iberutn cu in Cerere et Libera consecrarerunt : quod quale

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sembra certo che sotto qtjei differenti spetti gli Etruschi facessero primieramente di Tinia una forma particolare della suprema iatelligenza demiurgica, e Un simbolo primario delle universali forze generative, e dei poteri di na tura, quasi come si concepiva- Osiride stesse nella mitologia degli Egizj flI. Ma pi che altro nei nostri monumenti , per la massima parte di specie sepolcrali, siam dJ avviso che Tinia, o Bacco, siavi comunemente identificato col dio malo, signore dell'emisfero inferiore, o altri menti Plutone e Orco, uno dei tanti epiteti che ottimamente si convenivano a quel dio gran dissimo e moltiforme, anco per etrusca fede *. Poich non, tanto ei generava e distruggeva a-un tempo la vita, come principio di potenza attiva e passiva, ma per eccellenza di virt col dar morte recava 1 uomo a vita novella. Enigmatico concetto di quella sublime forza che nella imprescrutabile economia della na tura , che la produsse , altro non se non se decomposizione e composizione perpetua di ci, che ha esistenza attuale. E panni riconos it, ex raysteriis iirtelligi potest. de oat. Deor. ni. a. Secondo Vairone Liier Pater, era lo spirilo fecondatore propizio alla generazione dei maschi : Libera delle fem mine. Ap. August. de cn>. dei. vi. 9. 1. Ci Diodor. l i3, iv. 1 . 63 Geli. v. <a. M artian. Cape 11. 11. 7. 9.

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scere non dubbiamente le simboliche sembian ze del nume spietato io quelle teste, gorgoniche sannute di mostruoso aspetto,. che ,si veggono in moltissimi monumenti, e massi mamente nel copioso vasellame, o negli arredi che pi servivano a riti e alle cerimonie funebri Che gi ognuno , come di meglio ei potesse, tendeva a placare con la religion del sepolcro quell inesorabile distrtiggitor dei viventi. Altre stranissime immagini o di dei, 0 di Penati, o di L a ri/ che poniamo in ino* stra sia di foggia asiatica, sia d'egizia, ma-t Difettano apertamente quanto lo spirito di quel* le religioni straniere & ' internasse di buon'ora nelle divozioni nostrali, e come il popolo si fosse gi universalmente famigliari zzato a certi simboli pi volgari, in cui ravvisava o pre cetti religiosi, o buone speranze di vita futura. N pu essere dubbioso, che le religioni egi zie sopra, tutte laltre predominassero quanto al rito sepolcrale T massimo di tutti, attesi che pi drittamente dava all uomo fidanza di gire a miglior porto. Vasi cinerarj a forma di Canopo , statuette,, amuleti, scarabei, e mol tissimi altri capi d- egzie superstizioni ritrovati nei sepolcri, soli pruova indubitata del grande studio che ponevano gli Etruschi ad imitare
63 V oli U t. X1UY-XXXVI.

ali

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nelle tombe loro gentilizie le fogge medesime dell Egitto **, dove di lungo tempo essi avean per certo commerci e frequentazioni di loro gente. Ed invero non da maravigliarsi affatto se tante cose nostrali dell et prisca, s reli giose , come civili, si ritrovano per autorit d fatti cotanto rassomiglianti all egizie, da poi che in allora uno stess ordine d idee reggeva tra i popoli civili 1 ammaestramento umano. Quindi la mitologia etnisca accessibile alT universale, e ognora parlante con discreti comandamenti ai sensi, era nel suo tutto un sistema di enti celestiali, o piuttsto un sacro principato* che univa fra loro gradatamente gli dei supremi aglinferiori, e la divinit col luomo. Vaveano per tanto, in oltre alle grandi intelligenze nate del primo motore, iddii spe ciali e particolari di luoghi, di citt, di raz ze , di persone, non che altri spiriti mezzani tra quelli. Ma principalmente ciascun popolo tneva ili altissimo onore i suoi iddii tutelari e protettori. Cos Nurzia, o sia la Fortuna, ar bitra del tempo e delle sorti umane, aveva tolto in sua custodia i Volsiniesi 6 S . Presso a quali il moltiforme Vertunno nato in E truria, e da
64 Vedi tav. xiv. xv. xn ri. r.i. r.xviii. a. 65 Ciitc. Alini. ap. Liv. vii. 3. Tertull. in ,/ipol. ?4M artian. Capell. i. 1 8 . 9 . VeU schol. Juvenal. x. 74-

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1* 3-

toschi genitori prodotto M; interprete del- fu turo; professre egli stesso di lutti i mestieri j teneasi quasi per un compendio portentoso delle feconde e rinnovanti forze di natura 6 >: bench molto probabilmente, e secondo il con cetto primitivo, egli non fosse stio per gli Etruschi altro che un dio campestre. Ancaria proteggeva Fiesole B ; e Voltumna, buona tutric della concordia, nel cui tempio saduna vano i concilj, cautelava 1 unione di tutta la confeder^ione degli Etruschi Altri nomi propri di deit nazionali, cotn' elleno erano in vocate nel quinto o ssto secolo di Roma, por gono le patere JO , arredi dell1esequie, che han servito a offerire libamenti ne' sacrifizi funerei: n fa caso il vedervi istoriati miti ellenici; per ch in quell et gli Etruschi gi molto sentian del greco, e comunemente appropriavano per conciliazione di simboli alle greche divinit nomi patrj e famigliar^ Tanto somma era la
G6 Tuscus ego Tuscis on'or. Propert. iv. eltg. 4( . f e r tu mhd doveva pronunziare un etrusco, atteso la mancanu
della vocale 0.

67 Ovid. Met, Xjv. Varr l . l . iv. 8. A$con. in Verr.i 111. S9. G8 Faeulanorura Ancoria. TertulL Apoi. a4 - oonf. Gori, Inserpt. ont. Etrur, T. fi. p. 77. 6g Liv. iv. a3 . a5 . i. 7 T halnat H A O V t : Turan : flK flO Than a ' i Hi C I V f Tarmai f |0 3 Ethit-, l \ Q% Eri* ec.

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c a p o

x.x n.

riverenza che ognora serbava il popolo dei titoli sacri de* suoi iddii, dacch per fede teneansi non pure distituzione santa* ma pieni di virt divina, e niente pieghevoli ad essere voltati in altra lingua. Per l indole grave e austera che pi qualificava non meno i religiosi Etruschi, che gl'itali tutti, si mostra di per se chiaramente nella universa! mitologia. I loro iddii, in cambio dessere come quei dell Olim po nutriti di nettare e dambrosia, ma impla cabili nello sdegno, macchiati di colpe, viziosi e osceni, appariscono anzi di lor natura prov videnti e benigni all' uman genere, di cui son tutori e padri. Invigilavano essi all1opre deir lagricoltura alla custodia della propriet^ alla concordia coniugale ; a tutte le sante leggi della veracit, della giustizia, deUonore: in fine 60U0 mille nomi e mille forme, erano a un modo promotori e dispensatori di beni, cos al pubblico, come a un privato. Dionisio stesso d Alicarnasso costretto a riconoscere questa rilevantissima differenza che passa tra T antica mitologia italica e la greca : se bene, per in terpretazione cortese a suoi, egli ne adduca ragione tanto scipita, quanto falsa 7\ E di vero nessun lavoro d' arte propriamente toscanico si pu citare, il qual finora ne abbia posto da
71 Diony 11. 181 19.

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XXlI;

vanti agli occhi alcuna di quelle sensuali figurazioni mitologiche, che diedero liberamente ai Greci, promulgatoli ingegnosi delle divine fralezze, s licenzioso tema alle opre de toro artisti ed alla fantasia de poeti con certo danno del buon costume: essendo vano lo sperare che un popolo sia miglior desuoi iddi. Ma il fondamentale principio della religione etnisca* e per cui differiva essenzialmente dalla grecarsi la dottrina di due contrarie poteiiz nell Universo, contrastanti 1' una coll altra, cos nell ordine fisico, come nel morale. Am bedue emanazioni necessarie del supremo dio generatore, e suoi agenti di somma virt in mantenere l ordine e 1 armonia della costitu zione mondiale . Nel sistema egizio tutto il bene procede d a c Osiride*, il male da Tifone. I Persiani hanno il loro Ormuzde Akriman: gl indiani due nature di spiriti cos gli & truschi buoni e cattivi demoni: n fa bisogno il dire che questa filosofale dottrina del dua lismo derivava per tutti loro da un solo e unico domma della scienza divina, qoeldella causa attiva e passiva della natura, propagatoci da una in altra scuola sacerdotale. E rasi questo, com' noto a tutti, uno dei grandi misteri
fi Cio i Drjotas o Surs ; ed i Dajuti o Assut.i. W . W a rd , Account o f th IntUos ec. Seranipora i i i.

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XXII.

'della dottrina occulta, il qual-tendeva a spiegare 1 origine d el. naie nel mondo : problema che naturalmente dovette rappresentarsi allo spirito n in o in tutti i sistemi di religiosa credenza, che non abbandonano al cieco caso la creazione e conservazione dell universo - Ma nella pro pria mitologia degli Etruschi cotesto concetto filosofico, proporzionatasi all intelligenza delle menti volgari, si poneva innanzi soltanto come w a vera e pretta demonologia: cio a dire qual credenza popolare che attribuisce sia al1Jazione, sia allinfluenza di pi generazioni d'enti frapposti tra la divinit e lu o m o ,i casi felici od infausti, che tanto ragguardano all universale, quanto alle private persone. Quindi dal punto della Vita alla morte ciascun individuo vivente teneva con se due spiriti genj invisibili, ma ognora presenti, col mini stro de quali potevano aversi per la via se gnata dal destino o tutti i beni, o tutti i mali del vivere umano : vigilante Y uno con solleci tudine ed ampre alla beatitudine dell anima che gli d a t in custodia: laltro, malvagio spirito, nocente alluman sme e minacciante danni . Entrambi partecipi nelle buone o rie venture dei mortali, e dopo morte ancora a> venti ufficio di conduttori delle anime. Quanto profondamente fosse radicata in Etruria s fatta dottrina de buoni e mali demoni ; con quali

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simboli rappresentata , e cme 'lungamente vi 3i mantenesse popolare, lo dimostrano i .nostri nazionali monumenti;di tutte le t .* 11. gemo allegorico, solo predominante nei tempi Vetusti, si palesa aperto nella figurazione deV opere di arte pi maggiormente antiche. D overi veg* gono istoriate quasi infinite zaffe e crudelis sime mischie intra animali di differente natura, contrastanti fra loro stinga posa : immagini alle volte mostruose e in apparenza stravaganti,ma ragionevoli nelsen 6p loronascoso, poich sim boleggiavano >lopposizione-e 1 oppugnazione perpetua de due contrari princtpj n. Moltissi me altre rappresentazioni di -figur a doppia natura foggiate al mdo degli orientali o' degli egizj, e che tiiltto d si rinvengono in suolo etrusco, aveano parimente-correlazine alcuna e quasi medesimit clla demonologia', pofeta cos da per tutto con immagini sotto il visivo senso degli uomini. E bisogna bene che coteste forme chimeriche facessero gran forza negli animi della moltitudine, dappoich si ritrovano effigiate in ogni qualit di monumenti nostrali: n solamente in sculture, pitture, e vasellami ad uso di sepolcri, ma s ancora nelle sup pellettili sacre e domestiche, ed m molto nu73 V edi tav. x x v m . xxxi. x lv . a. m ix . xcvili. i, Moltissimi altri esempi si hanno in tulli i libri di antichit figurata etrusca.

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tuer di cose che ri portavano. addosso, oome anelli, fibul e carabei, quasi ehe il lor fignramento avesse virt medicatrice .de* ma li . Anzi, siccome avviene pur sempre delle opinioni pi popolari e tenaci , questa fede sei demoni Al l'ultima a perdersi. Tanto che, sebbene in process di tempo si fosse alterata la credente pubblica, e per altre sorti civi li annullato affatto il potere sacerdotale, pur non. ostante vediamo continuata in Etruria la demonologia sino al secondo o terzo secolo dellera volgare. Ne fan pruova certissima non poche drae sepolcrali volterrane, che paiono di quella bassa'et, e in cui ravvisiamo figu rata la dottrina stessa dei buoni e cattivi deani : ma sotto forme fc sembianze differen tissime Perch diversamente procedendo gli artefici etruschi, da die introdussero nuovo atile nell' arte per buona imitazione di maniere greche, hon pi davano alla figurazione dei simboli aerte fazioni mostruose e strane, co me portava lantico costume, ma s bene ef figie e fattezze umane . -Laonde sopra ogni monumento storiato di secoli posteriori, in cui si faccia allusione alcuna alla dottrina dei de moni , veggonsi posti in iscena consimili genj di fiero o di benigno sembiante. Gli uni insti74 'edi tav. xlvi. cxvn.

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gatori del sebsp che inette in sommossa le passionagli altri aiutatori de* pericolanti mor tali , e in atto dassistere o dirgere a ogni rischioso cimento le loro imprese g5. Ed a mo strare con pagi evidenza qual fosse 1 ultimo ministerio dovuto, effigiati ambedue frequentissimamente conducenti lanime nelle regioni Stigie 7 > . N per eraosi cancellate del tutto le pi antiche tradizioni. Perciocch mlti di quei genj o vi sono alati e con occhi alle ali, manifesto simbolo di celeriti nell azione e di previdenza, o v appaiono talvolta di sesso femineo: dottrina del dualismo, che divide ogni parte della natura u de sessi e due pr sone. Or da eotesta universal credenza pei de moni., per mzzo de quali si versavano! beni e i mali nel mondo, nacque altres un culto speciale peXari. La casa paterna, il podere, la nazione, la stirpe, la famiglia, gl indivi dui avevano in quelli i loro particolari protet tori e custodi beneficenti : sii che a ragione erano dessi rimeritati del buon servigio con feste sue proprie e con qualificati onori. Numero gran* dissimo didoletti di' varie fogge che ogni d si ritrovano per tutta Etruria 3 e massime nei
75 Vedi tav. cv. evi: di pi i montim. dell Italia ec. tav. xxxit. xxxiii. x li. x lv . ec. 76 Vedi tav. LiX. LX. l i t . etv ; ed i m onuei. dell Italia ec. tav. xxvi.

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sepolcri, furono probabilmente altrettanti Lari della magione, o Genj e Giunoni individua li . Il titolo stesso1di L ar sadoperava oltre a ci dagli Etruschi qual pronome benagnrato 7 . Le religioni proprie dei Sabigi y degli Um bri e degli Osci, antichissimi popoli, erano quanto al fondamento loro molto conformi al1 etnisca, perch ugualmente instituite con legge sacerdotale. Novella prova, e sopra tutte 1*altre convincentissima , che una medesima costituzione teocratica reggeva civilmente nella prima et tutte le nostre 'genti . Per virt di quella cess tra i Sabini lassurdo feticismo : cessarono gli orridi sacrifizi, che tramutando in rimedio la colpa, macchiavano gli altari di sangue umano y e per tal modo non dubbia mente venne loro nuova religione e costume pi civile. Il mito di Sabo, fondatore del la gente sabina , poi tramutato in GioVe; e quel di Sanco di lui figlio* al pari divinizza to 19} celavano senza dubbio la prima, memoria della loro civile areligisa istituzione. La quale di poi, mediante 1 ordinato culto degl iddii Novensili % tolse un sistema propriamente teo77 78 79 80 apinl Vedi tav. x xxiv-xxxvi. V li $opra p. 76. n. aG. Satiri qui deus Fidius vocatur. Feslus . P ratdia. ISovensilti* Piso deps esse credit n o v e in , in Sabini* Trebam constilutos. Amolj. ili. p. i a j .

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lo g ic o e nulla meno arcano d quel che ap pare nella vecchia religione degli Etruschi, Ugualmente grandi e potenti on questi dei Novensili, intelligenze motrici y e ministri as sistenti all* ordine dell universo . Ma il culto palese d i Giove Lucezio fra i Sabini stessi e gli Osci 8l, mastra bene che molto riferivano alla venerazione degli astri, tenendo in petto quella propria scienza sacerdotale r che faceva della luce increata il principio di tutte le cose. Onde Varr ne * * %e insieme Dionisio d Alicar* nasso 8 % credevano seni altro che adorassero il sole e la luna. La mitologia di Sabini con tava bens nn numero grandissimo di dei su periori ed inferiori : n senza ragine quel po polo era tenuto in concetto di religiosissimo fra le genti prische. Onoravano un Giove Cacuno, o vogliam dire adorato sopra le cime supreme dei monti 84 : .culto bene appropriato alfo stato del montanaro, che nei, luoghi subli mi pu a tutt ore contemplare la maestosa grandezza della natura. forse nella prima
8 ( Sane lingua osca Lucetius est Juppiter dirtus, a lucequam praestare dicitur hominibus. Serv. ix. S70. J . Lyd. de Mens. p. a 5o8a L. L. IV. 18. 83 11. 5o. 8'f Jovs Cacunus : mentovato pi particolarmente qual dio tbcale in un grosso macigno trovato sul'm onte di Pietra btmene: il pi alto giogo della Sabina.

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semplicit sabina colti vavasi quel sommo iddio cos senza immagine, e senza tmpio, a cielo aperto. Giunone Curiti, cio a dire astata, Minerva, titolo che Vairone vuole sabino ricevevano amendue sovrani onori'. Per anti chit di religione, e per copia di poteri divini, non cedeva a nessun altro Vaouna M , dea pri maria o pantea, il cui tempio, per la molta vecchiezza, chiama putrido Orazio 8 7 ; ma fra tanti epiteti sati che le (fatino gli spsitori pare che saddica con maggior propriet alla dea qul di Vittoria # B ; Feronia divinit indigena, larga dispensatrice di beni, propizia all*agri coltore , avea religione sacro luco e tempio non pure tra i Sabini ed i Volsci, ma in Etruria ancora V Cosi Matuta la madre, qualunque si fosse la vera sua significanza di simbolo
85 Minerva a Sabinds. Varr L. i . iv. 10. 86 Vacuna apud Sabinos plarim um coUtar. VeL otrp. Horat 1. ep. 10. 49* Ovid. Fast. vi. 307. sqq, 87 Fanum putre Vacunae. 1 . c. Plinio ( 111. 1a. ) pone il sito della sacra selva e del tempio pretto a R ieti: ed ivi (tesso si rinviene a Rocca Giovane in m etto d una valle. 88 Sbtto questo nome romano fu in (atti restaurato il suoi tempio cadente da Vespasiano. 8g Varr l . i . iv. io. Idem ap. Serv. vni. S64. Strabo - p. i 56. Nelle glosse d* Isidoro detta pure Dea agrorum. Vedi Tom. 1. p. a6i90 M atrem M atutam antiqui ob bonitatem appellabant. Paul, in epit. Festi. M atuta quae significat auroram. Priscifn. u. p. 5g i, Putsch.

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teneva ialtari in Sdbiiia ed 'a Satrieo oe Vol ici *\ Rendevasi aguale riverenza e divoeione a Larqnda **, il etti solo nome d^ bstautemente a conoscere quanto isi fosse propagata ancor tra i Sabini la religine dei L a ri. Pa|tda era Ce rere, altra simile dea chi potrebbe paiticolanzzare le, divinit tolte e coltivate e vtetierat&in Sabini dondebuoo numero diqueU le pattaroqo ift Rotea coll rstessa oficiatora sabina? Dmmt s tanto speciali, e nostrali , che Dinis doV concedere eue* .troppo ina* lagevole trspwtare i qoan ;loro Individuali in lingua greca i-P i . universale bens non aolq tra Sabini, ma presso popoli di pari stirpe' sabota / era ilcult<ycfi M amers, o M utev tresModq iddio della gerra , dui divasi per moglie e per compagna Nertte j o sia la-fotta-^. Ma-con scaso >pt; assai miste* r to S baonan^ Sorano#7, di pndr, era er eallk>il signor delle regioni inferiori, ono rato al1pari di Giove : e ministro della coorte
ga Varr L. L. ir. io . iti fin. ,9$ V arrp p. (e% x y i. aa,

g4 K a X X o n 5ni( w w jjaX nrn- inumivi

jW rTii t*

nfifm*. . g 5 V arr l . l . rv. io Festus v. Mamers. Qvid. Fast. in . 85. sqq. 96 Gelf. u u . a i M artian. Capell. 1. 3. 97 S err. xi. 785.

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Februu-, reo api rito delle tenebre, a placare il quale poneva in opea al debito tempo
ogni sorta di purificazione e d* espiazione *a. L a religione di B a c c o , ed i suoi misteri , e ra no altres propagati nella Sabina col senso m istico , e col popolare . P e r em blem a della fecondit della terra, della potenza vegetativa, e in tutto della forza riproduttiva della natura, il Fallo vi si vede sculto qua e l sopra vetuste muraglie L 9. C ome dio del vino non altri era che S a b o , prim o coltivato!' della vite B ene adunque s'intende per questi pi notabili e se m pi in che m o d o , salvo il significato arcano, uno stesso sistema di perp etu a allegoria rassomigliava e quasi identificava in tra loro le differenti m i tologie , che i p r e t i , quanto pi acconciamente p otevano, avean fabbricate sopra la credulit delle genti per ciascun popolo italiano. Non altrim enti si rinvengono tra gli U m b ri divinit maggiori e minori siccome in E t n i r i a e in Sabina. L e tavole Eugubine , singolare monumento della religion lo r o , porgono non dubbiam ente i nomi propri di alcune di qu e llrj
98 V arr L. L. v. 3 . J . LVtl. d i Meri}, 'ji: 'tV a /O W d . F ast. ir. 19. aqq. Censorin. a. 99 G u a lta n i, M onum. Sabini. Cos p u re ' toh* *Umbri. Veili tav. xn i. 100 . . . P a te rq u e Sabinus V iiis a to r , curvaiii servati *ub irhagfne falcarti. Virgil. vii. 178.

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specificno i particolari sacrifizi con cui possono ptegftm ; le vittime gradite a ciascun dio; i-n fine ogni maniera di formule, parti necessaradsime e di gran momento in queste religioni Bla. poco pi lascia intndere loscurit di quei bronzi. I nomi di Giove e di Marte vi sono tuttavia principalmente invocati con quello di Fidio , cognominato Fise Sai, o figlio di Giove ,0'r cio quel medesimo Sanco della re ligione sabina loJ: n fa specie quivi ritrovarla come dio nazionale degli Umbri, perch tanto essi, quanto i Sabini s'attenevano Tun lat tiro pftr affinit originaria, attesa la discenden za connine dagli Osci Per la prosperit del le, campagne , per llibert delle ricolte, per la tutela. de* confini, vigilavano a un modo deit propriamente agresti * oS, e ciascun p polo aveva le sue May come i Sabini venera vano uq Giove Gacuno, cos gli Umbri abi tatori di contrada montuosa e silvestra, colti vavano un Giove Appennino, il cui tempio rovinato si vede l su per le cime disco101 Vedi le. tavole Dempsleriane ; e Lfcezi , Saggi. Tom. li. p.- 6S7. iqq.' ioa Iti RI. 3 H8 : FilioSai. Tav. rv. I. 1o l Fitovie. S<msie. Fiso. Sansie. Filio (J o v is ) Sanco. Tav. vi. 1 . 3. 9. i< > 4 Vedi Tom. i. p. 70. aoa. o 5 Come Rupinie nella tav. iv eugubina, interpetrato

R e& ifi

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sto tre miglia da Ghiascerna: lantico Glavernio delle tavole eugubine > o S . questo culto antichissimo di Penino od Appennino,. comun que voglia dirsi, si trova ampliato bob tanto per le giogaie del nostro grande Appennino, quanto per le sommit delle Alpi 7, quasi egli fosse il nume sovrano che signoreggiava la sottoposta Italia da* pi alti e scoscesi suoi gioghi. Tanta semplicit primitiva nella creden za popolare cessava per dovunque a fronte di pi studiate religioni. Onde non solo nell Um bria, m a, per dir tutto in poco, ne Volaci, E m ici, Peligni, Sanniti, e ogni altra gente nostrale, dove la scienza era di pochi, pi maggiomente si riverivano gran numero di deit sante patrie e locali, la cui natura o celestiale , od eroica, propizia al luogo natio < * s, poteva meglio comprendersi da intendimento volgare. Per gli Umbri un Visidiano proteg geva Narni : Valenzia Otricoli ,0*. I Volsci aveano Delvenzio a difensore di Gassino 114 :
106 Clevemiur. tar. ut. in caratteri latini. Le tavole stes sev i Gobbio furono trovate nel i 444 qua p re n o ia Scheggia, non lungi al tem pio di Giove Appennino. 107 L iv. Xxl. 38. .108 Dii enini to p ici, id est locale* , ad alias rq;ion& numquarb transennt. Serv. vu. ^7. iog Tertull. Apolog. >4 . : 110 Idem. Sono questi gli dei che lo stesso fervido Pa dre chiama per dispregio: Deos decurione* cnjusque m im i-.

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M arica, tenu ta col presso al Liri in grandis sima re lig io n e , guardava e servava M in tu rna Cos la dea Pelina ne F ren ta n i M j V olturno iddio 1,3, ricordano altri numi lo cali benevolenti : n vogliamo tacere di due eroi divinizzati entram bi indigeni E pidio Nuncionio entro Nuceria A lfaterna " 4, e V irbio in A ric ia , trasformato da stranie favole nel casto Ippolito P i recondite religioni celava nondimeno il culto di Giove cognomi nato A n x u r , dal nome volsco di T erracin a posta in sua c u sto d ia } sia che sotto le sue a p parenti fattezze giovanili ei rappresentasse G io ve fanciullo, sia una divinit pi misteriosa avente buona e mala natura " 6. N M a r te , s universalmente riverito , era soltanto il dio ausiliatorc delle b a tta g lie , ma s ancora , se condo la sposizione mistica, iddio ordinatore della n a tu ra ; conservatore di tu tte le cose j
ci pii, quitius honor intra inuros suos determinatur. Tertull. II. ad nationes. 111 S fra ta v. p. 1G1. Serv. vii. 7. Deit parimente dei Piceni , venerata nel Luco sacro dei Pesaresi. i i a Muratori, lnscript. cl. i. p. 4-4 - ct- v - P- 3Gj-S. Pe. lino oggid il granfie protettore di quella contrada. n 3 V arr i. r.. vi. 3. n 4 Vedi Tom. i. p. 3o 8. n 5 Ovid. Met. X v . 54a. sqq. Virgil. v i i . 761 sqqPausan. 11. 27. f i h p i , Virbius-, come | -"J ( ^ , Vibius. 116 Jupitcr Am.urus. Serv. v i i . 799. Vet, int. Horat, sat. v. 1. Ovid. Fast. ili. 437-

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fecondatore della terra "% * e come ta le, sotto durerai titoli, santi, in tutte le preci invocato; ne carmi sai), negli arvali, e nelle pi volte mentovate liturgie eugubine. L e teorie cosmogoniche che stanno in fronte a ciascuna m ito lo g ia e ne compongono la parte filosofica e insieme telogicb., non han mai/potuto discendere sil basso, onde' formare con qualche latitudine la sostanza della reli gione popolare. Semplici, comuni, e congiunte sempre colle necessit della Vita ordinaria sona ^cagionevoli nozioni della moltitudine dei mortali :>onde, ^bench il popolo frequentasse; tteitenpj, assistesse alle sacre cerimonie , n oorreM asntfi numi, e impetrasse anche bene* dimoiti d quelli, pure, poco, o neode inten^ dova-della scienza divina* ne troppo ' ebrnte di' liuterie teologali, egli badava :okanio a > qiy ohe pi gradiva *lla sua fantasia, meglio si confaceva alla sua limitata intelligenza. Ab biateli toccato cfi Sopra a grado a grado per qii^.fofnw, 1? pi ,vpcchie religioni,, semplici come il tostuMe de padri, :s?andarono di luogo iit log ampKno^rivestirdosi di misteriosa scienza simbolica qua venuta.d* altronde. Ma scienza orasi questa di sacerdoti e di -oli ini ziati. I l ppolo credente perseverava ne Suoi,
117 Calo r . n. 83.

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abiti religiosi Tnelle >suei ditalloni' pbtewre : in queste sole qi poneva fede ia speralimi O r cos fatta natura di cose sr palesa vgiialtnenfe* n principali miti de priscbi ljatini, cbe indi passarono in grandissima parte n^> calt i**r mano. Vedmrao innanzi < a quante trlasfonii*-' noni si pieg 11 itiito; dK Grana : tafaterkfro* iddio degli dei ne, carniL8aUari,'P*dptU) aiteW Consivio, qnal propagatore dell tato* r Saturno iliopropizio -alla ciihmfcirie per la- jnoltitudide popolare, e datre dt<(tutti i Leni terreniy fc avCTa nel linguaggio-) fte rtu steri ;pr> la !(suprma inteUigenz ordftiafH<ie,' e il padre daUauaturai fecopd^Uftita fcfin'O^si ild io & J d a ^ i idaie fwifccipj concepiate Dper Catti g|i ,aht ipeno sdnti lki era'la sondDa e. mglie ]*k> lui*, 0 sokm ented terrai *\Vib>cbntra*(e, econldoi ij1 mitoptfettatVy SaituTrib^picboine dil-/lodatoredill* naimne latina!, i ny&friab &o<popolo capo ^tina'd i^ Bstia, dii nomiieiiggi> dei 'fyazioi antico J siinamenteloiiginati! ci'^uelram o tjdtes4e)',*^f favolososistmbi di; igejaraaiolne: q>dh dpgtbMl molto pi comprensibile alle menti volgari, che non quello di emana&oijf proprio* p i seli
118 Deotum deus. Marrob. &>Aii.ig^ 119 Gorktivim, AjUu*b. Ibid

n o Maciwb. M
la i Virgil.

iugut> Ift tjp.itki: vjjv y


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misteri , iF|ino dall* origine l anione latina si componeva <fi molte1 citt o popoli, l Udo dallaltro distinto7 '.coaaech ristretti insieme per affinit i di stirpte e vincoli di religione > a> . In guisa che* ltre a^saoiiddii potenti, e al pari custodi dell a lega v come Giove Laziale ado* rato sul ? vertice del monte Albano , o vero Giove Imperatore venerato a Frenesie eiascun comune da perse coltivava &riveriva in^ca~ sa numi,difensori della patria. Majo, tra qtesti, nel pfcciol cantorie di Tuscolosavea per .si* mile ^ Give 4: ogni altra terra venerava, Come * Riteneste i isnoi dei indigeti^ ed aveva particolari :sacrdtaj, ctrimoaie saiite , e propri aafirizi '** Moltissdti altri dei latini,'miasimamente campestri, precedevamo in-cimane alle oosfi yilleschy o <jusi la tti i loro^imboli teodeva^o a quelk; > B spcie.. Fallita, maggiorudi tutti,Silvano, PaLedeadeUapastorizia, Aito Prenqa madre' idi :edoadit f ied .inua , qMxndi tratibfsnato per^io^igiianteijutiira sii- vestra -riftU' arcadica B a u * * ft. Nsolatoente la fautasip di) <pie :iboni fatatoti e,lavoratori rapi'Ma-'Vtl'TVimi'i. |),'rJ.
ia 3 Liv. vi, ag. ia 4 Macrob. Sat. i. 'i ia 5 Ibi erant Pontifices et d i i tndigtes* cut et ra Romae. Serv- vii. 678^ Ideiti, dd Georg. t. 4^ * ia6 Serv. vi. 775. Arnob. ili., p: i> 3.-

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presentava loro i boschi, i monti, i campi frequentati da genj selvaggi, o Fauni o Sil vani che fossero " 7, ma non eravi luco e fonte perenne che nell opinine di loro non fosse sacro, e ivi stesso tenuto in custodia da qual che benefica intelligenza " B . Dee, ninfe^ naiadi, divinatrici, muse ttt insieme,' dicono gli espo sitori. Se non anche qualunque siasi Semon, come Glitunno signor dell acque di questo no me nellUmbria, i cui oracoli sn dileggiati con gentile ironia da Plinio il giovine Ile. Scarso pregio dell opera sarebbe qui mentovare di stintamente questa plebe di numi, cos chia mata da Ovidio 130, non che il ramerare altri miti pi o meno allegorici e simbolici, ancor ch sempre correlativi nel: concetto comune o alleordinarie abitudini del popolo, o al suo na tivo costume, od ai bisogni locali. Drittamente adunque, quivi nel Lazio, come per tutt al trove , si ha di pi nella mitologia una mani festazione visibile del genio altamente armigero delle genti italiane. Astata e ricoperta d una pelle caprigna accoglieva le preci de suoi
127 Vet. auct. de limitib. p. 3 7 ed> Goes. ia Nullus lucus sine fonte, qollus fon* non sacer , propier attributo illis deos , qui iontibiu praeesse dicuntur. Serv. vii. 84129 vili, epist. 8. 130 Ovid. iq Iin. v. 81. Arnob. ni, p. 102. Plebs num inum, sunt deorum ^nnumerae gentilittes.

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djvoti Giunone Lanuvina salvatrice3. Del pari attta appariva in Sabina limmagine di Gi* nOne Curiti , e in lEtrurta a F aleria3j belli gero atteggiamento ebe diede motivo di .porle <fira il soprannome di Attiva 1 3 1 per la sua somiglianza all idlo venerato in Argo. N que sta gran dea era seno santamente venerata a Gabio tH y A rid a,. Laurento, Tivoli e Preneste ebe BeRutuli vicini 1 3 6 Minerva prese deva di suo piot diritto alla guerra. Cos Mart, vigilante jnah tenitore di tutti, ebbe ap presso i Latini un inese intero a lui consa crato r?\ Pu tuttavia; destare maraviglia che il nome di Apollo, quel grande iddio tutelare dei Gre ci , non si ritrovi mai mentovato nella pi an tica mitologia nostrale. I Pontificali stessi di
| 3 i J tn p aospita . . . . cum pelle caprina, cum batta, cura scutulo, cum cakeolis repandis. Cicer. de riat. Deor. i. ag. Vedine l ' immagine vera tav. l u x . 8. t 3a Tertullian. Apohg. a 4- conf. Cluver. p. 544* Gruter. p. ccptfiH. i. 133 Cato ap. Plin. m . 5. O rid . Fast. vi. 49 sqq134 Virgili vii. 68*. Sii. xii. 537. 135 Cine. Aliai, ap. Macrob. Sat. 1. 13 Ovid. Fast. vi. 5g sqq. Juno Curutis tuo curro clypeoqu tuere meo curiae vernulas sane. Serr. 1. 17. T al eri un pezzo di pre ghiera del rituale libertino alla dea. i 3G Virgil. vii. 4 >9* Plin. xxxv. io137 M artium mensem a M arte nom inatim i, quod geo* Latina bellicosa. V arr ap. Censorin. a3. Ovid. Fast. iti. 85 sqq.

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Num tacevano di lui 1> a: e nelle tavole eugu bine , priocipat monumento delle nostre reli gioni , non v' tampoco nessuna volta nomi- nato in tra tanti dei paterni. vero che alcune papere di bassa et porgono figurato e no minato quel dio ; ma soltanto eoo voce gre cizzata A p i l i , anzich con titolo proprio e sacerdotale, come son tutti gli altri, Giove, Bacco, Vulcano, Minerva, o qualunque siasi deit rappresentatavi del greto Olimpo. Argor mento, come parmi, molto valente contro all opinione, che direttamente dai Pelasghi del lantica Eliade vorrebbe, dapprima qua recate in Italia le sacre dottrine: Qui torna bene dire schiettameute che a malgrado di tante stitiche e stiracchiate etimologie poste in mezzo da gl' interpelli qual documento deUorgine, i ti toli divini degli Etruschi finora cgniti non sono quelli de Greci vetusti l3#. E noi stessi moi 38 Arnob. u. p. 95. Non altro tempio aveva Apollo in Rma, che quello divisato da Asconio fuori della porta C arm enule: ea enim sola tum demum Rnmae A polli ni 9 aedes ( in Tog. candid. ) : il qual tempio gli fa promesso per voto l anno 3 ao; t due anni dopodedicalo. Liv. iv. a5. 39. >39 Non ignoriamo gik per quali apocope, sincopi pro tesi, aferesi e m etatesi, quelle voci si vaa riducendo da gli spositeli a tema greco; di che pochi si appagano. Bene diceva Cicerone a questo proposito; nullum e n t nomen quod non possis una litera explicare. de n a t. Dtor

>44 c a p o xxn. streremo pi sotto che tardi bene i miti el lenici ebbero accoglienza e grido tra noi, e unicamebte per la forza di quelle inevitabili mutazioni, cui van soggette tutte le cose sotto poste all impero dell opinione. Ma comunque ci si fosse in principio, quel corpo di religiose tradizioni, toccate di sopra, che comprendia mo sotto il nome generale di mitologa , era stato per certo di secolo in seclo accresciuto, ampliato e nobilitato, per la sapienza d'un sa cerdozio unito dintenzioni, e fortemente costi tuito. In guisa che rivestite le cose tutte dei sim boli della divinit ne nacque una Vera teologia scientifica, la qual si propagava con mistero per tradizione orale, prima che la scrittura, nata ella stessa nel tempio , concedesse di cautamente ser varla nelle sacre carte. Studio bens fa questo di lunga et, d1indefesse cure, di santo zelo, e di continovate scaltrite arti. Perciocch gl interpetri, fhe avean soli la scienza della natura, e insieme della divinit, a vie meglio mante nere il sacerdotale domini sadoperavano per tutte maniere a muovere od a ridestare negli animi i naturali affetti di speranza e di timore. Nessun altra regione pi che 1 Italia dava forse materia e cagioni deccitare negli abitatori e tremore e terrore per la molta frquenza di grandi tremuoti, daprimeli li della terra, d'incendj, e daltri fenomeni maggiori di paese in

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grandissima parte vulcanico. N poco stavano desti i sacerdoti, e avvisati a valersi d ogni qualunque portentoso accidente naturale, che suscitasse l idea dun occulto potere sopru mano, e porgesse a un tempo la necessit di impetrarne per mezzo loro grazie e mercede. Di tal maniera i responsi degli oracoli, gli augurj, i vaticinj, le sorti, in somma l ' arti innumerabili della divinazione, trovarono un saldo fondamento nella natura umana, e tutte insieme composero la dominante superstizione del paganesimo in un col principale artifizio de' sacri interpetri. Tanto ferma nell'universale erasi la credenza che quel dio che ti poteva predire il tuo futuro bene, o il tuo futuro ma le , te lo potesse ancora concedere* Moltissimi luoghi apparentemente mirabili, o sia mofete, lagoni, bulicami, come quelli dAnsanto 140, del Soratte, di Sinuessa e di Pozzuoli * 4' , cre duti tanti averni o baratri infernali, porgeva no per ogni dove fantastiche spiegazioni alla pia frode dell interpetre. N diversamente certi fuochi naturali , o terreni ardenti per causale accendimento dei gaz idrogeno car bonato, quali tu tto ra si veggono a Velieja,
io Vedi Tom . i. p. a85. i 4 i Pfio. 11. 93. Serv. xi. 785. coiif. V ano ap. Plim x u . a. Senec. Quaest. nat. vi. aB.

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Pietramala e Barigazza, davano ivi stesso ai piromanti buona opportunit di far valere le loro fraudi Cos pure il volgo, sotto dolce inganno, tenea per divinizzate le fumanti e medicinali fonti dAbano, dove un genio ce lestiale dava le sorti col mezzo di dadi gettati dal divoto in quell* onde * 4 3 . Due citt etnische Cere '** c Faleria ,<5, avevano in casa altri di spensatovi di sorti , genere di divinazione de sideratissimo ; ma pi assai bramate, ed anti chissime , eransi quelle che compartiva ai La tini la Fortuna detta Primitiva a Preneste , avente Giove e Giunone bambini in sili grem bo 1 B . Tanti piccoli bastoncelli di querce segnati con misteriosi caratteri o figure , indi mi schiati da un giovanetto, e tratti dal suppli cante, porgevano queste famose sorti prenextine. E s tinto le cose umane parean dipen dere appieno dl mobile arbitrio di quella dea possente, che per la cecit de m ortali, diceva
i^a Tali erano certamente quelle fiamme che per le feste rii Vulcano uscivano di sotterra in un luogo del mo denese ( Plin. ir. 107. ) : n diverso doveva essere il pro digio d Kgnazia ne' Sallenlini ( Horat 1. sat. 5. 97 sqq. Plin. I. c. ). Le belle sperienze di Volta mostrano quanto facilmente s' ottenessero siffatti miracoli. i 3 Sveton. Tiber. ^ . Lucan. vii, 193. i 44 Liv. xxi. 62. i 5 Liv. x x i i . 1, Pluf.arch. F ai. 14G Cicer. de Uiv. 11. 3 i. Propert. 11. 3 a. 3.

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tiu miscredente antico 147, non aver mai veduto al mondo luogo nessuno dove la Fortuna s fosse pi fortunata. N si vuol tacere dei pre sagi che ugualmente dalla Fortuna prendeva no i Volsci iu Anzio, dove due sacri automa ti 149, avverso l uno, 1' altro propizio, annun ziavano con cenni artificiati buone o rie venture. In quel modo che la Giunone di Vejo, altra immagine fabbricata con meccanico artifizio, n tocca mai se non da certa stirpe sacerdota le * 49, dava col capo i responsi, secondo che importava alle mire de suoi custodi ,,i>. Albunea era la Sibilla di Tivoli 1,1, ministra dei custoditi oracoli : guardiana ella stessa del bo sco e del lago sulfureo , dove Fauno anti camente profetava allitale genti * 5 *, mentre iche Fauna o Fatua, .moglie di lui, predi ceva all* altro sesso le cose future 1 5 3: quella
*4-7 Clitomachus ex Carnead. ap. Cicer. I. c. ii8 Sorores. Martial v. ep. i. Horat. i. od 35. et Vet. interp. ad h. I. Macrob. Sat. i. 23. >4.9 Quod id signum , more etrusco, nisi certa e gentis sarerdos, adtrectare non esset soliti. Liv. v. 33. 150 In pari modo nel tempio maggiore d Ierapoli le statue degli iddi vi sudavano, si movevano da se stesse, e vi davano oracoli : il pi maravigliosn era 1 * automata di Apollo. Lucian. de Dea Syr. 15 1 Lactant. Div. inst. 1. G. cum not. i 5a Virgil. v ii. 81 sqq. Dionjs. 1. 3 i. Arnob. v. 7. Vedi Tom. 1. p. a34/i 53 Varr l . l . vi. 3. Justin. X lih. 1. Marlian. Capcll. 11. 9. 4. Serv, vii. 47-

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stessa misteriosa diva che la favola identificava con Bona Dea 154, e della quale gli uomini non potevano 6apere n pure il celato nome. Due altre potenze divinatrici Porrima e Posverta avean contraria virt : luna di svelare il passato ; V altra il futuro lM : ambedue genj feminei di buona e mala natura. Mito pari a quello delle Fortune sorelle in Anzio , dove si vede ugualmente adombrato il domina de due principj 7 non tanto proprio degli Etruschi , ma propagatosi ne Latini, rie Sabini, ne Vol eri, e pi lontano ancora. Fino dalla remota et degli Aborigeni Marte porgeva nella Sabina divini oracoli per mezzo d un picchio ,M. Cos la selva Albunea era per Fauno quasi la Delfo dei popoli italiani. Nessun di loro tutta volta non aveva oracoli parlanti come in Grecia, n individui inspirati-, a' quali si rivelasse direttamente la divinit : ogni qualunque nostrale maniera di predizio ne , e di responsi d oracoli o significati per segni e figure, o in altra forma pronunziati, si manifestavano al popolo per sola esposizione dinterpetri. Eransi queste arti d'interpetrazio ne il mezzo pi avveduto, e pi universale, posto
154 Coro. Labeo et C. Bassus ap. Macrob. Sat. I. la . et Laclant. I. aa. 155 Ovid. Fast 1. 633 . Cieli, xvt. iG. i 5G Varr ap. Dionjs. i. 14-, Plin. x. 18.

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in opera dai sacerdoti onde tenere la moltitu dine degli uomini sempre obbediente ai voleri del cielo: sommessa cio alla stabilita legge. Ma se per tali instituti ne vennero dapprima all'umanit imperita molti beni, grandemente infausti le sortirono dipoi gli abusi inevita bili di quell ordine medesimo di governo teo cratico , il qual tendeva per gli aguati del la superstizione a opprimere le facolt del1 animo, o , come dice pi aperto Cicerone, occuparlo d im becillitdi fallacie e d* erro ri ,s?. Un solo spirito guidava qualunque ge nerazione di preti a un medesimo fine. Ma per le fraudi e le supertiziose favole seminate, o che si andavan seminando per molti falsi pro feti e maestri bugiardi, la massima parte degli ordini sacerdotali tralignarono s fattamente dal loro instituto originario e santo, che alla scienza divina subentrava pi sovente o la ciurmeria, o limpostura. Cosi gl1Irp i, proge nie sacerdotale ,3S l sull isolato monte Soratte, soleano andare dinanzi al popolo maravigliante a nudo pi sopra carboni ardenti, mentre che ricorreva l annuo sacrifizio al dio posto
157 U t vere loquamut, superstitio fusa per gentes., op pressi t omnium fere anim os, atque homi\min imbecillitalem occupavit. de Div. il158 Hirpias Familias.

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sotto lor custodia ,5s. I sacerdoti Marsi con vertirono in male arti le loro gi salutari in cantazioni ,e. Chi prometteva prestigiose ap parizioni di morti * 6 : chi fausti auspicj o per nitrito di cavalli * 8 , o per la voce dell' aqui la, principe de volatili ,63 : chi rimedi, carmi e cantilene, contra ogni male ed ogni danno ,6<. Aruspici rusticani 165, ed altri venditori doro scopi e di predizioni, sene andavano qua e l vagando per le campagne larghi dispensatori di merce rea ,6B . Ond che penetrate ne gli animi semplici s molte pestilenze tutta Italia si ritrov all ultimo soprammodo infet tata di vanissime illusioni, di sortilegi, incan
159 Plin. vii. a. Strabo v. p. i 5G Virgil. zi. 785 sqq. Varrone spiegava bene il miracolo : Ambili aturi per ignem , medicamento plantas tingunt. Serv. xi. 787. Le sacerdo tesse di Diana Perasia nella Cappadocia operavano ugua le portento. Strabo xn. p. 370. 160 L u d i, et Pompon, ap. Non. ni. 69. vii. n 3. Plin. x w m . 2. Ovid. A rt. amari. 11. 183. de mtdicam. fa c ili. 39. Vedi Tom. 1. p. 371. 373. 1C1 Clem. Alex. Cohort. ad gent. T . II. p. 11. 163 In libris etrusris invenimur etiara equos bona auspicia ilare. Serv. 111. 537. iG3 Porphir. de Abstinen. 111. 4164 Sabella carmina: Morsa noenia etc. sono mentovate spesse volle; oggid, per travolto dettato, si dice ancora dai nostri il mago Sabino. iG5 Vicanos Haruspices. Enn. fragm. p. aaG. iGG Quae genera vana superstilione rudeis animos ad iinpeiiMS, ac deinceps ad flagilia oinpellunl. Cato R n. aa. Columell. 1. 8, xu. 1.

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tesimi, formule imprecative , parole e frodi magiche, che da ciascuno appropiavansi con divota credulit ai presentimenti de futuri casi, alle divinazioni de' sogni, ed a qualun que altro umano prestigio : tanto naturalmente ciascuna tema genera ne petti mortali la sua superstizione. E nondimeno lodevoli, salutari , severi, e pieni di religiosa riverenza furono in principio gli ordini legittimi del sacerdozio istituiti in un senso utile ai costumi: basti ram mentare per tutti la sacra compagnia dei Salj, e quella degli Arvali, entrambi anteriori a Roma, e parimente validi a mantenere non meno la sicurezza della citt, che la prosperit delle campagne. Ma nessun altro instituto sacro pareggiava in virt ed efficacia quel degli Aruspici : titolo consacrato in Etruria ai maestri della divina zione . La dottrina loro misteriosa era 1 arte somma dell* aristocrazia sacerdotale : arte nata in casa di grande accorgimento di prudenza, e fin dall origine temperata di scienza natu rale e divina. L indigeno Tagete , uscito fuori di questa terra, fu il sacro rivelatore di quel la ,6?. Nulla scrisse lui stesso, come Boiiddhar.
i67~Cicer. de Dio. II. a 3. 38. Festus . Tages. Censorin. 4.. Ovid. "Afe/. xv. 533 sqq. Irtdigenae clixere Tageu: qui priraus Etri*cam Edocuit gentem rasos aperire future.

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per le sue rivelazioni furono raccolte e scritte da chi le ud l68: indi esposte dalla ninfa Bigoe, o Bacchete che sia e come pare in ver si ,7' j che tal era la veste d ogni ammaestra mento pi antico. Sciente di tutte le cose, mi rabile indovino , insegnava Tagete non solo la scienza degli augurj, i riti sacri, le cerimonie dell ara, e ogni altro precetto di divina os servanza, ma s ancora le pi misteriose dot trine del Fato, della natura dell'anim e, e del loro stato futuro dopo 1 inevitabil corso delle debite prove e purificazioni. Questi maravigliosi tesori di sapienza, dono degl' iddii > 7 > , si racchiudevano nel testo sacro commentato, spie gato , e dilucidato in quei libri prudenti, che gli Etruschi chiamavano Rituali, Aruspicini, Fulgurali, Fatali, Acherontici ,7: i cui ori
168 Cicer. et Censorin. L c. Gio. Lido p. io. nomina un Tarrontc: il cui nome mitologico, e insieme eroico, si r i trova in tutte le antiquate tradizioni etruscbe. Vedi Tom. i. p. 11G. 1G9 Serv. vi. y3. Fulgent. Piane. 4* conf. Lutatius ad Stal. Theb. iv. 5 i 6 . 170 Stxoic TayiiToc. I Lyd. de Osi. p. igo. ed. Hase. 171 Veterem ab ipsis Diis im m ortalibus, ut hominum lam a est, Etruriae datam disciplinam . C icer. do Harusp. resp. 1o. - Gravemente Tacito la chiama : vetustissima Ita* liae disciplina, xi. *5 . 173 Cicer. de Dio. i. 33. Censorin. n , i. 17. Festus. v. Rituale*. Arnob. 11, p. 87. Serv. ni. 537. vili. 398. Ammian. Marc. xvn. 10.

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ginali erano scritti da destra a sinistra, secondoch portava la maniera etrusca $ e in cotal forma leggevansi anche nell et di Lucrezio '7\ Libri s tanto studiati, che gi furono o vol tati, o esposti in latino da valentissimi interpetri ,Ji: indi commentati da Cornelio Labeone, savio legista, in quindici volumi ,?s. E pare cosa non dubbiosa , considerato il senso dalcuni frammenti , che questi dotti ampliassero le loro sposizioni con appropriate sentenze e ra gioni tratte massimamente dalle scuole dei Pitagorici. Quanto abbiamo da Cecina ,7# pi distintamente sopra le folgori basta a far com prendere in qual modo per le infinite divi sioni e suddivisioni, chiose, interpetrazioni, commenti e nomi tecnici, che posero i glossa tori alla legge scritta, ne venne una scienza vasta, che abbracciava la religione, 1 etica, e la fisica intera di quell* et. Perciocch molto saviamente gHstitutorideiraruspicinaavean vo
173 Lurret. vi, 38o. giustissima osservazione dovuta al1* acutezza di Niebuhr. T . I. not. 3{ i. 174 Tarquinio, Capitone, Fontejo, L . Apulejo, Vicellio, Nigidio F ig lilo , Umbricio, Aquila ec. V. Ammian. M ar celi. XJtv. a. Macrob. Sat. 11. iG. ili. 17 init. Lyd. de O st p. 8. 12. Plinio L . 1. nell* elenco degli scrittori ; e le glos se d'lidoro. vili. in fin. 175 Fulgent. Piane. 4 - Lyd- de O st p. la. U n fram mento del commentario di Labeone sopra le folgori si ha nel libro stesso di Gio. Lido p. iG4 sqq. 176 Ap. Senec. Quaest. nat. 11.

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luto, che ancorch immutabile nesuoi principj potesse la scienza di mano in mano arricchirsi per nuovi studi, e di sempre nuove osserva zioni * 77. La sapienza divinatrice consisteva in tre parti principali : il presagio per le in teriora delle vittime, o per altri segnali:, l interpetrazione dei fulmini ; e 1 esplicazione dei p o r t e n t i S ardui studi onde poter penetrare dalla terra al cielo i decreti della provvi denza, o del Fato, son certo pei- noi incomprensibil arte : ma pure, se ben si considera, l dove la credenza pubblica era ordinata s compitamente in sistema, dessi avevano inten dimento d utilit grandissimo . Non tanto a causa che il volgo rimirava in quelle cose il potere soprannaturale della religione, quanto perch in realt elleno tendevano, come supplimento della legge civile, al buon governo della repubblica. Cos di fatto, sott ombra di auspicj, per attenta ispezione delle interiora nelle sacre vittime, sapevano gli aruspici dedur buone osservazioni fisiologiche, tutte volte che nell edificazione d una terra importava esplorare la salubrit de'luoghi 179. Molti cauti
177 Eam ( Haruspicinam ) postea rrevisse rebus novis cognoscendis, et ad eadem illa principia referendis. -Cicer. de Div. 11. a 3. 178 Exta, fulgura, et ostenta. Cicer. de Di. il. 18. aa. 179 Vitruv. 1. 4 *

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insegnamenti concernenti alle cose civili prescrivevano i Rituali, come dicemmo avan ti ,8 : n con osservanze diverse dal rito etru sco, asserisce Varrone ,8' , si fondavano nel Lazio le ben augurate citta. Roma stessa ebbe primieramente stato civile per s fatte norme, ed auspicj etruschi, che tanto le valsero ad ingrandimento e stabilit di potenza. Il nome stesso occulto, che in oltre al nome civile ponevano i sacerdoti a ciascuna citt consa crata al suo dio, avea per iscopo di dar fi danza salutare al popolo, e rendere cos pi valide le difese ,B \ Ma pi che altro i libri del destino celavano una mira profonda desa* vi etruschi dirizzata a conservare salva e sicura la citt, sottraendola, quanto possibil si fosse, alle mutazioni interne. Poich a rimuovere le cause di civil discordia, od a provvedere al rimedio in rischiosi frangenti e por freno ai rigogli dell ambizione, gli aruspici conforta vano e ammonivano il popolo ben potersi sospendere per dieci, o forse trent1anni, gli eventi prescritti dallo stesso incommutabile Fato ,83. N meno provido era il fine delle loro
180 Vedi sopra p. g 3181 Varr L . l . i v . 3 a. i8 a Sammnn. in v. rer. recondit. ap. MacroL Sat. ili. 9. Plin. 111. 5. XAviit. a. Serv. ad Georg. 1. 498. addLyd. de Mens. p. a 3o. i 83 Serv. vili. 3g 8 ; ex Aruspicinae lib. et sacra Acho-

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divinazioni pe* fenomeni eterei, guardati dagli antichi con religioso orrore : dottrina talmente propria degli Etruschi, e s arcana, che quasi poneva in lor bala la potenza stessa di Gio ve. Insegnavano gli aruspici fulguratori essere la celeste folgore il primo dei presagi, ed il solo irrevocabile, atteso la sua essenzial virt d annullare tutti gli altri augurj contrari ,8*. Preminenza non male fondata negli effetti na turali di que portentosi segni d'eterno fuoco, che a drittura venian qua interra vibrati dalle mani stesse depi potenti iddii ,es. E buon presagio davano quelli che cadean gi alla sinistra dell* esploratore ,ba : perch chiunque ricercasse auspicj gli aspettava in un determi nato spazio del cielo 7 . Gli Etruschi, a tal
rontia. V arr, ex libris Fatalibus etruscorum. ap. Censo rin. 14. Questa dottrina etrusra bene indirata da Virgi lio per bocca di Giunone e di Vulcano. Vii. 3 i 3. vili. 397. Quindi gli aruspici dell' E tru ria , consultati per ocrasion della congiura di C atilina, risposero : essere la repubblica m inacciata della rovina, se gli dei placati non avessero quasi piegato i Fati. Cicer. Catil. in. 8. 184 Caecina ap. Seoec. Quaest nat. 11. 34* 185 Vedi sopra p. u 3. M anubia , con voce tosca, dicevasi il fulmine e lo stesso saettare. Serv. 1. 4 a , ex li bris etruscorum. Festus v. Manubiae. 186 Da ci le immagini degli dei maggiori impugnano il fulmine colla sinistra; altri colla destra. Vedi Derapster. T . l. tav . m , ed i nostri monum. tav. XXX. 3. xxxil. 4* 187 Fatando apud Hetruscos significai coelum. Festus x . Fal.

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rispetto, dividevano la sfera celeste in sedici parti o regioni ,a8j in ciascuna di quelle sezioni del loro tempio augurale vi davano anche pro prio domicilio e presidenza agli iddi '*9 , nella guisa che legizie divinit occupavano sessanta distinte e determinate regioni del cielo j dot trina manifesta per tutti i rituali funerarj e liturgici dei papiri. Mostreremo appresso co me ad ogni bisogno larte fulgurale etnisca ministrasse per via simbolica attiva coopera zione al governo civile, independentemente dalla parte scientifica o fisica, che le porgeva materia d'utili indagini e dincremento. S che per vera cosa, quest amplissimo sacerdozio degli auguratori, anzi che spregevole super stizione, era in effetto uno degl istituti pi principali dello stato. Strabone 9 , filosofando da stoico del dritto uso della scienza divina trice de* greci e de barbari, pone gli aruspici etruschi alla pari de pi sagaci e pi famosi maestri del mondo antico. Fino da primi se coli della repubblica sei giovanetti di nobili schiatte si mandavano ogni anno per legge da
188 Cicer. de Dio. n. 18. Plin. 11. 5 4 , ex libri* Thuscnrum : e per gli estratti di Gin. Lido propriamente dette : templi augurali regione*, de Ost. p. 176. 18} Dottrina divisata da Marziano Capella nella sua divisione del cielo. 1. i 5. p. 57 sqq. igo x ti, p. 5j 4-

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Roma in Etrurid, acciocch vi fossero ammae strati delle cose divine nelle scuole dei sacer doti 9'. E siccome questi soltanto possedean convenevolmente la scienza dellinterpetrazione, ben si comprende qual possente motivo avesse laristocrazia di mantenere la sua politica pre minenza mediante l arcano ministerio delle faccende sacre. La sagacia degli Etruschi pass cos tutta intera con le divinazioni e religioni loro nella citt eterna : ed ecco perch la scienza degli auspicj rivelata ai patrizj, cos in Rom a, come in E truria, era mezzo efficacis simo a dominare e contenere la plebe. Fosse pur 1 arte tin assurdo : a ben usare 1 ufficio di magistrato bisognava saper usare quello di prete: e fu gran senno dellaristocrazia, e forza d instituzione, se di concordia Etruschi e Romani s' attnnero in ogni tempo alle pa terne divinazioni, come ad un ancora nelle procelle. Per tal modo che il credito de pi vetusti famosi oracoli del mondo, e massime quello di Giove Ammone Ifl%and di per tutto declinando fra le genti , dacch il romano mostrava nelluniversale tener pi in conto le indovinazioni degli Etruschi, ed i versi si billini > 9 3 . Anzi ne desta tutt ora grandissima
191 Cicer. de Dit>. .i. deLeg. u. g. Valer. Max- i. i. iicji Amon-ra Cnouphis. j g 3 Strallo xvii. p. 55g.

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meraviglia come quel popolo sovrano cotanto riputato per la gravit, il buon senso, e la ragione, si piegasse cos universalmente e som messamente all arti toscane '9 *. Gh gi non i soli volgari, ma dottori e maestri erano macchiati della medesima pece *9\ Nel secolo miscredente di Cicerone poteasi in vero quistionare da liberi investigatori, se gli arcani della divinazione avessero per fondamento al cuna virt particolare, o se inventati fossero per utilit del pubblico 196: m a, quantunque il libro del grande oratore, inchinevole tanto egli stesso allo scetticismo, e gli argomenti irreligiosi portati da Lucrezio, avessero pienaig 4 Si examen apud liidis scenam venisset, Haruspices acciendos ex E truria putarenius. Cicer. de Harusp. resp. la. A questo segno erano sommessi gi gran tempo i si gnori del mondo ! g5 Senec. Quaest. nat. 11. 3a. Plin. 11. 53 : Im perari natu rae, audacis est credere : nec minus hebetis, beneficiis abrogare vires : quando in fulgurum quoque interpretatione eo profecit scientia, ut ventura alia finito die praerin at; et an peremptura int fatim i, a ut apertura potius alia fata quae latea n t, innumerabilibus in utrosque publicis privatisque experimentis. Pi buon credente an cora era Nigidio Figulo, l amico di Cicerone. Fragm . ap. J. Lyd. de Ost. p. 100. 196 Cos disputarono contrariamente Marcello e Appio F ulcro, auguri ambedue. Cicer. de Leg. 11. x3. M a lo stesso Cicerone, derisore dell a rte , & pubblica protesta: quam ( harusp. ) ego reipublicae causa , com munisque religioni colendam censeo. de Div. 11. 11.

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mente dimostrata la vanit dell arte, pure il senno dei filosofi poco allora, come oggid, valeva a sanare la moltitudine dei credenti da inveterate superstizioni. Onde listessa aruspicina, quasi fosse bisogno di tutte le classi della societ, si mantenne rigogliosa per se coli, e lungamente sopravvisse al nome de gli Etruschi , poich 1 arte manc soltanto con la totale caduta del paganesimo : tuttavia il superstizioso Giuliano facevasi seguitare nelle sue imprese militari da toscani aruspici interpetri delle cose prodigiose Fino dalla prima civile istituzione delle no stre genti le paterne religioni si videro cos frammischiate da per tutto ugualmente con ogni genere d* affari, come se miglior scher mo non potesse avere la citt. In E truria, neSabini, neYolsci, in Sannio, e nella Li guria stessa, che quasi direbbesi separata da quelli per altre genti e costumi, ritroviamo a un modo prescritta una legge sacra antichis sima , la quale non pure avea massima forza a far coscrivere in qualunque soprastante pe ricolo i cittadini nell armi per andare sopra i nemici, ma con riti astrusi e tremendi imporjj7 Ammian. Marc. x x m . 5. xxv. a. conf. Cod. TheoJos. l . xvi. T it. x. 1 . i. de Pagan. Sacrif. cura c o m a Gutofred.

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neva loro sotto giuramento morire, pi ppe sto che lasciarsi vincere in campo 1 |> s. Mediante questa legge sacra, gagliardissima sopra tutte laltre, cosa manifesta, che i sacerdoti mi ravano a correggere col loro ministerio il principale difetto della costituzione politica iderale, priva di forti legami, inforzando l'universale.d adempiere per tema di religione i doveri comuni del patto civile ad ogni grave rischio della patria. Gos in tutte l altre cose pubbliche i ministri del culto organi della voce divina, e in un della politica umana, validamente servivano alle mire dell' ordine dominante, di cui essi stessi erano membri : n altri responsi davano per certo se non quelli che meglio si convenivano al bisogno del momento, allutile proprio, ed alle oc correnze del comune l". N solamente eglino usavano all uopo artificiose parole, ma sadoperavano ancora a tempo e luogo attiva mente con la persona, siccome fecero quei sacerdoti tarquiniefi, eccitatori di guerra, che nel 399 si posero alla testa delle milizie, lan ciando contro a nemici spaventevoli fiamme sotto divisa di spiriti infernali > 0 : stratagemma
148 Lege sacrata quae maxima vis cogendae militiae erat. Liv. tv. aG. 199 Ci sopra tutto manifesto per la scaltra orazione di Cicerone de 11aruspicum responsis. aoo Liv. vii. 17. Fior. 1. 12. Fronti. Strat. 11. 4-. *8.

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ch oltre a questo fa intendere aver dessi avu to il segreto dalcuna composizione artefatta di Cuoco offensivo, messo in opra , per altro frangente di guerra anche dai Fidenati . Laonde s tanto operarono nella citt, e tanto potevano realmente i preti sopra limmaginazione e il cuore dei popoli, non da mara vigliarsi che avessero altres possanza di raffre narli e guidarli a loro talento, con autorit poco meno che illimitata. Grande sussidio al sacerdozio si furono an cora le solennit e pompe di religione, accom pagnate sempre con ricchi doni, grassi sacri fizi , e preci divote. Di tanto coll andare del tempo erano esse deviate , come tutte l altre co6e di culto pubblico, dalla prima semplicit de costumi religiosi, allora che. gli dei s'a p pagavano di qualche umile e povera offerta **. Con solo scialacquo di latticini, e col giuoco boschereccio V altalena, chea causa del nome dicevasi preso dagli Osci, si celebravano le antichissime ferie latine sul monte Albano *\ che poscia divennero la somma e precipua solennit del Lazio * 4 . N meno ingenue erano
aoi Liv. iv. 33. Fnjnlin. 11. 4aoa Ara dabit fumos herfs contenta Sabinis. Ovid. Fast, i. 343. ao3 Cornificius ap. Fest. v. Oscillum. Philarg. ad V ir gil. Georg, ii. 389. ao4 Dionys. iv. 49-

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state primieramente le feste Palilie, di gran tempo anteriori a Roma **, o quelle dei. cam pestri Lupercali, a un modo confacenti al costume semplice dei pastri. Laddove se coli appresso tutto era ne'sacrifizi mostra pomposa di magnificenza. Dimostrano le tavole eugubine con quale e quanto apparato sap prestassero queste cerimonie. Canti, prieghi, formule speciali, accompagnano le oblazioni del servo degli dei. X e vittime si svenano tre; a tre , numero misterioso e di gran momento nelle vetuste religioni. Agli dei soffrono vittime maschili, e femminili alle dee: rito bene appro priato alla doppia natura che davasi per dottrine sacerdotali agliddi maggiori '7 . Alcuni sacrifi zi per copia di offerte equivalgono a un ecatom be *8. Ogni liturgia era corredata di musica, di canto e di danze, da che per precetto di quelle festive religioni l buone divinit dovevano gua dagnarsi , dice Labeon, con servigi gustosi e graditi, o siagiuochi danze e conviti *9. E lar go in questo ogni popolo tendeva a superare per sontuosit di sagre o di feste pubbliche, il suo
ao 5 aoG 307 aoS Plutarch. Jinmul. Tibull. 11. el. 5. Ovid. Fast, iv, yai sqq. Vedi sopra p. u . Vedi le tavole Dempsteriatie ; e jLanzi T. il. pari.

IH.
*09 Labeo ap. August. de civ. dei n. 11.

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vicino. Gli spettacoli, sotto nome di religione , comprendevano singolarmente in Etruria corse, ludi> mnsiche, saltazioni; in somma, a dir pi breve, tatto ci, che poteva pi forte mente cattivare gli animi con grandi solennit esteriori. Non pochi monumenti etruschi del l'arte antica ci pongono figurale sotto gli occhi sacre funzioni ugualmente accompagnate con musiche e danze f di che diam alcun saggio per esempio *t0. In pari modo i Salj e gli Arvali anivano le danze alle preci, accordate' col suono delle sacre trombe; e percotendo con moti figurati: la terra ballando e tripudiando, ripetevano tre, volte i loro cantici Le ce rimonie funerali,' e le feste medesime di puri ficazione e despiazione dell* nime , s ac compagnavano pure con meste armonie di flauti."3 : il che appare anche per monumenti di pi il; mese pi breve detto Februump quindi il rito dt purgazione consacrato agli iddii in fernali, s appellavano entrambi con voce sa bina altri dicono etnisca 1,6. Ogni citt,
a io Vedi tav. L. 3. liv . lv . LVllf. a. a n Marini, Fratelli Arvali. p. a8. a ia Feralia ) Parentalia. a i 3 Cantabatmoestis tibia funeribas. Ovid. Fast. vi. 660. ai 4 Vedi tav. l v j . i . l v i i . a. xcvi. i. a *5 Varr l . l . v . 3. Censorin. a. Ovid. Fast:' r i. 19 Mjq. Lyd. de Mcns. p. 173. aiti Anysius de M tns. ap. Lyd. p. 170. idem p. i 34.

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gai terra aveva in (dire fesle proprie ddica te a suoi nomi, protettoli, od a? suoi Lari e Peoati, cui davano ugualmente omaggio e pub blici onori : tali erano i quhquatri deJ Tusoobili, i decimetri de.Falisci11^ e moltissime altre ferie provinciali dogni dove poich l Italia divisa iii.tanti stati non osserv mai in gfenere di fasti sacri un rito comune : ogni popolo celebrava il suo. E come si vede pe frammenti di parecchi calendari latini e si ancora dai Fasti d Ovidio, k fste religiose soleano rego larsi , secondo il costume antico 7sopra un anno di dieci mesi. Ad accrscere bens la magni ficenza di colali feste a nazionali, o provinciali, o locali, molto contribuirono i progressi dell 'arti del disegno, col presentare all adoramento numi visibili in ,s i l'altare., e troppi altri materiali oggetti di culla: nquesti non pi formati in legaci o in terra ctta, che pnr erano nell.et prisca il spio e unico adornamento dei tempj > > 9j ipa effigiati u-mrmo , m bronce e in preziosi m etalli, sotto iali sembianze, che potessero pi vivamente percuotere i sensi degfc
a i 7 Varr L. L. v. 3. Festus v. Quinquatrus. a i8 Ap. Graev. Thei. aut. rom. T . vili. Fasti Praenestini cum comm. Foggi ni. 319 Calo ap. Liv. xxxiv. Plin. s u . i. z x ilv . 7. J u venal. X. u 5. Rebus Latiis aurem praettare sotabat FicliKs, et nullo violatili* Jupiler auro.

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adoratori ; chdi Jkjco altro s appagava Vkfolatria, non chiederle mai al su divoto nessun sentimento di cuore ; S' che 1 innumerabile quantit d idoJetti cfomestici, che sotto mijle e mille forme onosi Htrvaiti in ogni tempo qua nell Etruria centrale, e si veggono sparsi per tutta Europa , meglio che Ogni altro fatto confermano quanta a ragione Arnobio la chia masse genitrice e madre di uperitizione 1,0. Dalia sola citt di fiolsena tollero i Romani due mila simulacri *". E; se Rom >inondata .dimmagini di iattura* toscanit contava, al dir di Vainone/, trentamila dei T chi pu dire quanti me dvesse lEtruria intera di tanto pi invecchiata < e tenaoe in ogni maniera di religioni ? Per farci Un, idea' pif giusta deh sacerdozio etrusco sarebbe .baiooo jtrtire dal pi basso grado de^laccala ieratica? per indi salire al pi eminente JMa< nell inferiore troviamo soltanto rammentati i Cannili ^ od i pi giovani, assi stenti ai sacrifizi rrteUa pi alta dignit il Ponte fice nominato pf' suffragi dei dodici popoli * 3} fienza che sia noto per qupl graduale mipisterio
aao t u . p. a 3a. 32 i PJin. xxxiv. fj. aa2 Ingenia tuscorum fingendis sim ulacro Urbem ifiundaverat. Terlull. Apolog. aS. aa 3 Liv. v. i.

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la legge costituitiva del caler etrusco concedesse d arrivare agli altri ordini mezzani, della ge rarchia . Una speciale educazione era quindi indispensabile per essere ministro dell altare : anzi erasi questo il massimo privilegio di certe famiglie e prosapie nobili, che di padre in figlio serhayano ne loro casati i misteri rive lati, di cui soli si teneano proprietari, capi, ed nterpetri nati. I soli abili in breve , per cotal monopolio spirituale, a produr legale effetto in qualunque atto d uficio civile col mezzo degli auspicj, Se pi tosto essi stessi non erano la legittima discendenza di quegli uomini con sacrati , che avean dato 1 essere alle nostre colonie sacre, pi volte innanzi rammentate Questo gran corpo del sacerdozio satteneva cos nello stato a due onlkii di cose essenzial mente .distinte, e non di meno congiunte: cio al etilto pubblico, per riguardo al carattere sacro dei suoi membri j ed alla costituzione civile e gindiciaria del paese, come guardiani e interpetratori' della legge. Di tal forma in Etruria 1 aristocrazia vi custodiva il total-segreto delle cose divine * e 1 autorit delle umane : cos pure in Sannio le gentili schiatte * rt. Non disaa 4 Vedi spprap. 77. aa 5 Claud. Caes. ap. Tacit. xi. iS, Cicer. a d Fwfiiliur. vi. 6. aaC Liv. x. 38-

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simili privilegi e sacerdozj affissi a un casato sussistevano, al pari in Oriente e in Grecia-nel tempo antico : la stessa eredit nelle funzioni sacerdotali era un costume egizio. N quindi troppo superbamente per tanta maggiorit di grado al mondo andavano i sacerdoti dicendo, aver gl iddii immortali concessa loro uguale supremazia che ai regnanti " 7. Ma non mai in E truria, n altrove in Italia, la qualit di prete e di guerriere furono tra e distinte e divise con 1 odioso sistema delle caste : tqtt' al contrario il servizio dell' ara non era punto in compatibile cogli ufzi militari e civili : uno stfipso individuo vi maneggiava alla volta il lituo e la spada * * 8 . Il capo degli aruspici por tava il titolo di supremo o primario di quel li o r d i n e . Ed ogni citt principale dell'Etruria, siccome teneva ordinate scuole sacerdotali, cos aveva il suo proprio collegio di' aruspici} tra i quali in pi alto seggio Stavan coloro che
t 227 P. ( eu ct anonim. ) ip coinmenlalione de Baccho dixerit regbus et sacerdotibus justis aequales esse honores atqtie appellationes ab IpSis Diis iramortalibtis impertilos. Lyd. de M enj. p. 376. a28 Coa Virgilio, pittor d e costum i, descrive Asila, uno deduci toscani, colla doppia qualit d aruspice e di guer riero ( X. 175 sqq. ) : ed ugualmente Umbro ne sacerdote marso, e Rannete augure dei Rutuli. v i i . 750. PC. 327. ' 229 Summus Haruspex. Cicer. Do. 11. In lapidi romane si trova pi volte chiamato primo aruspice, ed anche Aruspex primus de IX . Gruter. p. ccciv. 6- 7- 8-

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pigliavano grado e uotne di Fulguratori a causa delle lpro pi , ardue divinazioni ,3n. Per isti tuto delle sue domestiche religioni, e prima ancora che fosse Roma, ciascun'altra citt le gittima , come Preneste , aveva similmente uji collegio di pontefici ,3 : talvolta la qualit di aruspice e di pontefice s utiiva in una soU l persona 3 \ Tivoli e Tuscolo ordinatilo a un modo i loro preti Salj molto innanzi a Rom^a33: n fa di hisgio ricorrere ai Cureti o ai Dattili per trovare s lungi una norma delle lorb danze armate, tanto naturalmente poste da religioni che coltivavano, come le nostrali, divinit guerriere 3 4: e pare di p i , seconda una vec chia tradizione, che i Salj fossero dapprima preti d rcole * 3 5j che vuol dire, per glitali antichi, del nostro Sanco 136. In ogni modo per il sacerdozio dei Salj, e l'altro tanto af fine degli Arvali, erano per noi antichissime compagnie di fratelli, che avevano assai cose comuni ; il numero de collegiali, la nobilt
* 3o Vedi le glosse dHsidoro ; e livieri, Marmor. Pi'rmr. p. 5G sqq. > i 3i 1Inveraci Pontificia, sic ut etaqi lloniae- Serv, vii. 678. a3a Haruspicum Pontifici* Albani- Gruter. p. ccciv. 5a 33 Serv. vili. a 85. a34 Vedi sopra p. i \ i . i^a. a 35 Serv. 'I. c. Altri diceva' introdotto quel'sacerdozio medesimo da uno di Vejo. a36 Vedi Tom., ir pt, 317.

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della nscita, F antichit 1' oscurit idei car mi * J?. Tra gli Umbri tien posto principale una compagnia di fratelli Ateriati ministri di altri riti -6 . "N meno antico, o men saviamente instituito- presso a ciascun popolo italico era il collegio dei Feciali, che avea per capo il Patre Pattato : e di quanto bene fosse cagione alla citt -questo santissimo sacerdzio 1,9, s nel regolare il modo di denunziar la guerra ad altro popolo, s nel santificare i patti giurati, abbiam toccato innanzi. Per tali e tanti ausiliatori , e aiuti e con forti di religione, ben si comprende quanto gagliardamente operasse in Sogli nimi lo sta tuito governo. La teocrazia in fatti la pi durevole costituzione' che conoschiarao . Ella sussiste tutt ra nell Indie come al tempo' an tico : in Egitto non pot estirparla n pure il dominio forestiero : e di qual permanente vi gore -sia coiai legge 1 attesta uu modo listom "del popolo ebreo. Ma severa 5 rigorosa, immutabile ne suoi comandamenti altres per natura ogni potest fondata nella teocrazia. E tale fu anche il reggimento dell* aristocra zia sacerdotale in Italia. Dove la legge sacra
3^7 M arini, Frat. Areali, p 97 sqq. * 3* Q V l d l : Q3 1-ftO J 9 f r a ter Allieriur. Tav. m . Dempsler. a 3g Aequitas sanctissime Fetiali jure. Ciceri d Offic. 1. n

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inesorabile non pure gueteiva l animo a so stenere ogni pi ardua fatica, ma senza rispetti umani, esigeva da ciascuno anche il sacrifizio della vita tutte vohe che il bisogno lo richiedesise. I terribili apparati di religioni r e l ' ese crande formule d'imprecazione, che in rischiosi frangenti ponean dinanzi al popolo i ministri del culto, ora in Etruria, ora in Sannio * 4 % per la fiducia di ritrovare un valore antico in un'antica istituzione, danno maravigliosamente a conoscere di qual tempera fosse stata in ori gine la legge. Tanto che se gli Agillesi, o Ceriti, per espiare il reato degl insepolti colpi dei Focesi mandarono circa 1 anno 22e mes saggi a Delfo * * ; ed era quello il tempo del maggior credito della Pizia 5 poteva esserne stata cagione pi che altro 1 eccessiva severit delle religioni paterne, s rigorose nel sacro rito dei mani, e fors anco insufficienti alla purgazin della colpa: poco essendo credibile che altrimenti i Ceriti s'avvisassero di ricer care s lontano da compiacente oracolo unri* medio , che potevano con agio procacciarsi in casa. Questootitnovato immutabil rigore della prima legge teocratica doveva tuttavia indebo lirne la possa, e stancare al fine gli animi di
ao Liv. passim. Vedi Tom 1. p. 280. ai Herodot. 1. 166.

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un popolo occidentale, mobile , instabile e vario per natura : and* che inevitabilmente scemato lo zelo, and grado grado mancando anche il buon volere e la credenza nel popo lo , soprattutto dacch ei tolse a conoscere e venerare le religioni pi liete, facili, tem perate e indulgentissime dei G reci. Appresso a quali gi di gran tempo il potere e 1 auto rit del sacerdozio erano venute meno con la istituzione del governo monarchico, e di Unte repubbliche bene ordinate. Gli Etruschi stan ziati nella Campania han dovuto essere i pri mi , fino dall ottavo secol innanzi T era vol gare, a sentire l 'influsso del grecismo per iscam bievoli commerci con diverse generazioni di Greci *4 : e fors'anco i primi a trasportare nelle loro metropoli lingua, numi, eroi, co* turni, poemi ed arti elleniche. N havvi dub bio alcuno che gi nel terzo e quarto secolo di Homa le citt marittime dell Etruria non avessero con,i coloni della Magna Grecia, e coll Eliade stessa, frequentazioni di mercatura negozi civili, mediante i quali sandava ognora pi insinuandosi fra noi la civilit .elleni^. Il et potente vigore non sol feriva ogni d pi maggiormente il credito lautorit dell or dine sacerdotale, ma infievoliva la fede , e
*4 Vedi Tom. i. p. 3 io.

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scalzava a un tempo le fondamenta d ogni credenza antica. Gi il potere del sacerdozio aveva perduto ogni -sua forza per tutta Italia al quinto secolo: n dopo le conquiste roma ne mai pi non ebbe mezzi di levare il capo. L esempio medesimo che il popolo dominante dava in quel tempo egli stesso,non poteva se non accrescere in tutti gli ordini di cittadini l indifferenza religiosa per vieti costumi. Una educazione pi liberale^ e quasi che tutta gre** c a , sostituita nelle grandi case a una educa zione etrnsca1* 3, assai prestamente aveva in franto in Roma il giogo della suprstiziope*, e sparso anche di'ridicolo l'alto sacerdozio. Il satirico Lucilio, familiare di Lelio e di Scipione, gi poteva impunemente rappresentare gli dei maggiori sedenti in concilio deridendo la dabbenaggine de* timorati che dan loro il titolo di padri j Cos per altri frammenti di Lucilio d Ennio e di Pacuvio, vediamo pa rimente scherniti con dure e pungenti parole non tanto auguri, aruspici e indovini, quanto i superstiziosi. In teatroni facevano grasse risa pbblicamente degli medesimi iddii che sado ravano nei tempj. E senz altro soggiugnere
243 Liv. ix. 36. Per tale educazione grechesca Scipione veniva $opr^lloMo i nculpato d ' aver guasta IW virt roma na. Cato ap. Liv. xxix. 19 . Tacit. i]. 59. Velie]. H. 1 a 14 Lucil. ap. Lactant. D io. inst tv. idem. 1. aa.

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basta il solo dtto di Catone, augure gli stesso < e censre a mostrare qual si fosse univerr salmente il secolo che allev Cesare e Cice rone. Di tal mabiera gli Etruschi* che sopra tutti gli altri avean disposto gli animi de Romani alla piet, ed a qul profondo sentimento re ligioso, che, al dir di Polibio, aveva mantenuta in fire la repubblica **, cedevano essi stessi in tutte cose s allefficacia dellesempio, s al natu rai fervore per cui la virt deir intelletto tanto fortemente il sospinge ad abbracciare Opinioni novelle Altri costumi religiosi s'introdusserocos pi generalmente per tutta Italia in sulle tracce della ridente mitologia dei Greci. N lo spi rito moderato di politeism .sopponeva alr ammissione di nuovi iddii e nuovi riti : anzi la tolleranza demaestri in divinit era s grande, che in cambio d ccitar quistioni, usavano all uopo ogni studio a conciliare insieme o teogonie, o culti opposti, con dolce indiffe renza. La religione pagana essendo cos, real mente un trovato umano, e un istrumento della politica, ella doveva incrrere per neces sit in frequenti mutazioni, e cangiare con la
24.5 M irari se , ajebat, quod non rderet bar aspe*, haruspirem cura vidisset. Cicer. de Dtp 11. a4 - de nat. Deor.
1. 2 6 .

2+G Polyb. vi. 3.

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politica stessa. Di qui che l italica mitologia prese un aspetto al tutto differente dall anti co : e quasi ogni favola ed ogni iddio, senza mutar essenza, si rivest allultimo dallegorie pi liete, o di simboli e nomi diversi. Il no stro Fauno, Inno, Silvano, rustiche deit del Lazio, si trovarono convertite in Panisci r in Satiri, o in Sileni aggregati al coro di Bacco. Matuta e Prtunno in Leucotea e Palenone "4 ?\ sia Ino e Melicerta de Fenici Bona Dea, <jhe le favole italiche dan per moglie di Fauno incomparabilmente pudica, videsi tramutata per variate spiegazioni di favola in Ecate, in Semele e in Ginecea 4 9: Libitina, che invi gilava suriti funebri, in Prqserpina, o diversa mente in Venere regina de'morti * S o . Che pi ? con poetica licenza lantichissimo Giano dicevasi di Tessaglia : Sanco o Fidio de Sa bini si. nominava Ercole alla greca 5 : le trusco Tagete, davano i Greci per Mercurio
i^7 Ovid. Fast. vi. 545 sqq- Met. iv. 5 ai. Cicer. de nat. Deor. ili. ig . a48. Melkarth. Haraalcer , M ise. Phoen. p. i 4 >. a^g Marrob. Sat. i. u . Lactant. I. a a. a 5o Plularfch. Numa, et Quaest. rom. a 3. a 5r Plutarch. Quaest. rom. aa. a5 a Varr L. l . iv. i o . Festus v. Propier. Quindi in luogo dell antico giuramento me Dius Fdius, dire vasi gre cizzando me Hercle.

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infernale tW: n con ahro modo teologanti , commentatori, poeti, andavano accordando in un medesimo ente mitologie diverse, come pi distintamnt si vede in Ovidio. S che per questa vittoriosa influenza de1 miti ellenici e dell arti r che prestavano s copiosamente a tutte le cose sante fogge pellegrine, ne venne altres la facile, e in un speciosa credenza, che i nostri maggiori fino da prischi tempi avessero comuni con la Grecia i loro numi pi venerati % 9 K Quel grande impero che la mitologia 'elle nica, tal quale lavevano ampliata, arricchita e ornata i poeti epici , teneva in general sopra gli animi e la letteratura de G reci, sestese cos largamente aijche per l Italia intera, gi piena di Greci di qualunque stato e professio ne , dappoich i romani trionfi renderono per mille modi pi agevole la via alle comunicazio ni ed a commerci de nstrali coi Gici dIta lia e con quelli <F oltrmare. Ma , come si ve de per la formula di consecrazione che pone Livio in bocca di Decio, il rituale romano ser bava ancora al principi del quinto secolo itaa 53 J . Lyd. de Ost. p. io. a 54 Quale $i fosse la miserabil logica d un Isogono, e d' altri teologastri, onde assomigliare e concordare il gre o politeismo coll italico, vedasi per quel che ne dice Dio nisio circa Feronia la dea. it. 4g.

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lica forma, n alcun dio d altra origine vi stava associato con qulli della patria * 5 5 . Non per di mQ0 gii nel crso del secolo antece dente erano passate privatamente ntlla citt nuove maniere di religioni e culti alieni * M: per tal modo che al tempo della seconda guer ra punica, dice Livio * non pi ricevasi n in segreto, n in pubblico, aleno prego o sacri fizio al modo antico, ma solamente aUustpza forestiera Similmente in Etruria sembra ohfe non prima degli ultimi periodi della gesta la religione prisca vt si nuitass&daUossar s b a llo scoperto, piegando auch ella pii o ipeno alle attrattive dell* epopea. Di che mmo certissima pruova le patere/gi di sopra mentovate pi vol te, scritte e istoriate, che possono credersi lut-r tal pi lavoro del test scqoIo. Per esse abbiamo meglio che p#r altri orumenti rappresentate buon numerp di eit e di miti propriamen te greci ^ dova gli artefici, teendo dietro alr uso, e fon' anco al precetto, apposero i nomi degl iddi medesimi dell Etruria : ou*d e , tutq vpl&e (he figuravano XAthene gre ca , scr&ew Mmervp : Tina per Giove :
a 55 J a n e , Ju p ile r, Mars pater, Quirine, Bellona, Larcs, DK novnsiles. S ii indigefes etc. Liv. vhi. 9. a56 Dionys. x. 53. Liv. ix, 3o. a57 Liv. xxv. 1.

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Sethlans per Vulcano * * 8. Il che pare non voglia inferire altro, se 'non che gli Etruschi religio sissimi, seguitando i Greci nella mitologia , ne presero la superfcie, amiche la sostanza. E se ben si mira anche questi numi adottivi spirano un certo sembiante della domestica religione, 'e scrupolosa osservanza del costume sacro. Apollo e Bacco vi compariscono insigniti di certe decorazioni tutte proprie dell Etruria: il Giove omerico vi tien lo scettro quale si da va per insegna sovrana ai Ltcumoni, o vi strin ge fulmini alati, capo speciale di superstizione tosca * * *: cos Minerva e Giunone, con altre deit maggiori, hanno l ali al dosso. Tanto veramente la dottrina antica lasciava dietro a se, come tutte lopinioni che si ritirano, trac ce profonde della sua esistenza in quelle me desime credenze che la superavano, e che in di in avanti ottennero pi popolar favore. Ma pi che altro intorno a questi tempi de generarono in Etruria dai primo instituto il culto ed i misteri di Bacco. Era questi sotto nome di Tinia uno de* grandi e pi poten ti iddii ,8. I suoi misteri ordinati da prima cpn santit religiosa, eran non solo sacrosanti
58 Vedi Tav. x lv ii - l.
a59 Sii. vili. 478* 260 Vedi sopra p. 118.

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'XXII.

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agli iniziati io questa vita t e r r e n a , ma promet titori dinfiniti beni nella futura. Le feste e ce rimnie esterne, colle quali, sJ onorava lacco in Etruria, di poco differivano da quelle che Melampo trasport dall Egitto in Grecia * ii'. Una particolare specie di monumenti vetusti recen temente venuti in luce, e al tutto nostrali, ci mostrano qual era tra noi lapparato di tali feste e delle saere processioni giusta il rito an tico. GV iniziati vi portano rami d alberi} vi recano il cantaro^, il cratere , ed altri vasi da vino ; v offrono al dio le primizie de frutti, corone bende sacre , e moltissimi altri simboli tutti ugualmente dicevoli al culto primitivo di Bacco ed a* suoi arcani * 6 *. E in cotal forma mistica par che si mantenessero lungo tempo incontaminati fino a tanto che, nel modo che narra Livio lM, per opera di un certo greco sacerdote, e d5Una donna sacerdotessa da Capua ,64, fogge inusitate e licenziose di bacca nali passarono celatamente in Etruria, bench
^a6i Herodol. 11. aGa Vedi tav, x v in - xx. a63 Liv. xxxix. 8 sqq. aC4 Paula Minia : dessa pervert tutto 1 ordine de nitstfcri-canavUcandali.tra uoinini e donne; indi portando a cinque*per mese .quelle adunanze notturne : dove che per l innanzi v erano tre giorni statuiti tre volte l anno, >n cui facevasi liniziazione di giorno, e dalle donne sol tanto.

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il tantpp preciso resti oscuro, e di quivi nel Lazio, introducendovi con altre disordinate superstizioni e lussurie di baccanti occulti sa crifizi notturni pieni di cose disoneste. Che qua in Etruria la nuova scuola di quei depravati misteri) del Fallo vi gettale profonde radici, si confettila principalmente per la qualit di certi vasi dipinti trovati nei sepolcri medesimi di molti iniziati ; e pi che altrove in quelli di Vulci y dove sotto le pi laide figurazioni vedesi acclamata il sozzo culto da persone ben nate; e tra quste uomini nobili, donne si milmente , atteso ebe tali monumenti, singoiar circostanza, quasi tutti si tiran fuori delle tom be di soli facoltosi. La qual cosa, ancorach s turpe, non pertanto corrispondente alla condizione del secolo che correva, gi prepa rato a apportare ogni aorte di corruttela: per ciocch spenta in quei tempo la libert y tolto ai patrie} il potere civile^ ai preti scemato lo spirituale ; e tuttavia lEtruria trovandosi an cora pina d* agi e fiorente dell'antiche dovizie per indulgenza della fortuna y quegli stessi umori che innanzi eran volti in casa o al pri mato cittadinesco, o alle cure ppbblitihe, o alle iccende interne 4 ornarono sfogo in ogni maniera di cose nuove, dandosi gli sfaccendati, uomini liberi ed ingenui, quasi che con furore, a queste misteriose sensualit dei baccanali.

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Dove la'viziosa-concupiscenza s'aseondeva sotto il velame della religione, a causa del doppio simbolo per cui in quelle orgie s'onorava Bac co e come autore della forza generativa, e co me spirito infernale $ 6 S . N quindi: esagerava Varvone narrando le oscene pompe con che si celebravano a Lavinio le feste di Bacco, du rante le quali la figura stessa del Fallo, portata attorno per le pubbliche vite sopra Un Carretto, n' incoronava dalla pi casta matrona della cit t i6e. S fatto micidiale fanatismo di vitupereVoli sacrifizi propagatosi rapidissitfiamente, per una contagione di pestilnza, dur forse a cin quanta anni. Bench ognora pi contaminata lonest di sfrenate libidini, e malamente in fettati i domestici costumi, crebbe a tanto nelle occulte tenebre la malvagia licenza dei bacca nali , e l moltitudine prava dei baccanti , nel corso degli ultimi venti anni, che il ro mano senato, a fine di provvedere alla pub blica e privata salute, li proscrisse alla volta in Rma e per tutta Italia nel 568 . Che gi,
Concoa* ancora qualche ampliGcasione nel racconto < H Livio certissimo , che i moirnienti allegali, a chi Ir rade, mostrano, evidente ogni laid i sorte di libidine e di sconvenevolezza ne' turpi baccanali. 366 Varr ap. August. De ti. Dei. v i i . ai. 367 MultUudinem iogentem, alterum j i m propepopulum esse. Liv. L c.

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a dir vero, in molte citt o municipj italiani sacrifizi baccanali, secondo il costume de fore stieri, non pi della ptria, v erano alligasti buono spazio di tempo, prima che in Roma * 68. Per da quel supremo custode della religione non furono vietati se non i' pi segreti e peri colosi : gli altri, d antico istituto, seguitarono a esser permessi e continovati colle cautele prescritte, nel famoso decreto dei baccanali Non di meno risorsero indi a poco i Puglia i liti impediti, ma v furon tosto compressi > 7 \ Ed un fatto degno ip questo, proposito di particolare considerazione, che la massima parte del vasi dipinti che vengono di Puglia in molto numero, sien giusto rappresentativi odi sacrifi zi , o di libamenti, o daltre cose figurate al lusive in tutto ai baccanali. Diciamo lo stesso dei vasi con pitture di simili storie, che da pi d* un secolo si traggono fuori dei sepolcri della Campania , fonte donde si sparsero nell Ita lia centrale i non leciti misteri * 7. Cos pure in E truria, dov pi radicati, han dovuto asa68 Liv. I. c. F ra capi dei baccanali in Roma , o massimi sacerdoti, Livio nohina un Aulo Falisco : cer tamente un etrusco da Fai erra. 369 V. Matteo Egizio nella sua illustrazione del S. C. 370 Liv'. x l . 19. 371 Due capuani figli di Parula M inia, o sia Minio ed Erennio Cerrinfo, si ritrovarono fabbricatori e ministri di si fatti sconci sacrifisi anche in Roma. Liv. I. c.

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sai lungamente durare cotesti riti, vi fossero o no sinceramente riformati : poich non tanto luniversale superstizione del oilto bacchico ai rappresenta sotto differentissimi emblemi in pit ture infinite di vasi, nelle patere, iti intagli di scarabei, ed in altre copiose suppellettili, ma in certe urne non molto antiche, ritrovate a Tarquinia, vi si vede effigiato il defunto con vestimento e attribuii di baccante *. credibile assai che una stessa sorte pro vassero gli altri popoli italiani trascinati daLl esempio e dalla inclinazione universal. Ben ch , per mancanza d'informazioni storiche e di monumenti loro propri e nazionali , poco o nulla pu dirsi intorno a* cambiamenti che successero nel culto. Le tavole eugubine mo strano bens che le religioni degli Umbri con servavano in ogni cosa il rito de padri e l'an tica liturgia. In Sabina meno che altrove can giarono i costumi religiosi* da che quel popolo, giustamente rinomato per le sue osservanze, si mostrava ancor dopo il secolo d'Augusto ben allevato nelle prische virt. Lo stesso pu accertarsi dei Sanniti e Lucani ?3, se non pure
373 Vedi tav. lix. i. a. Ricomparve in effetto il colto di Bacco apertam ente, ed ebbe numerosi seguaci sotto gl im peratori. Tertullian. Aptlog. 7. cf: Fabret. inscript.' pag. 439. 273 Vedi le Avole di Bam ia? e Tom. 1. p. a53. 3Jo.

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di tutta insieme la montanesca razza sabella. Ma in Pompja gi troviamo introdotto. il culto dIside : e non' era la sola citt di Campa nili che vi coltivasse allo scoperto deit egizia ne * 7 \ Altra specie di religioni insolite che rapidamente 6 sparsero per Italia, non che den tro Roma, fino dal quinto e sesto secolo. Iyi stesso venuti oltremodo a grado della molti* tudine quei culti isiaci celebrati secondo i riti egizj, del tutto dissimili a* nostrali per inusi tate e strabe cerimonie, quei culti dico si ra dicarono con si tnace proponimento negli ani mi de superstiziosi, che invano il senato pi volte per mno de eonsoli fece prova di ster parli a forza dalla citt ,,a. Del pari nei mu nicipj e nelle colonie, le rifiutate religioni
74 Vedi tat. r.xx. 3. 4 178 In Cuoia ' manifesto : molti capi di superstizioni egitie yi -furono trovati nei 1819 entro il sepolcro d una femmina: tulli lavori di bassa antichit. Vedi Monumenti inediti tav. 3 . Napoli 1830. Altri segnali certi di riti egizj porgono alcune pittore d Stabia. 2716, A. 354 * e nuovo nel G96. Varr ap. Tettullian. ad Nat. 1. 10. in Apolog. 6. Valer, Max. 1. 3 . 3 . Ci non ostante la indocilit de* superstiziosi rinnovava per vim il culto vietato non pure privatamente, m a in pubblico altres : onde fu d uopo venire a nuove risoluzioni de* consoli nel 701. 794. 706: tempi infelici, in cy le guerre civili da vano a ciascuna anima di ardir tutto { Dion. X.L. 47 - u i i . 46 ). Perita la repubblica furono bens ristabiliti dai trium viri icidtf egizj, quantunque di fuori del pomerio (Dion.

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d'Iside e di Serpide col lor seguito mostruoso seguitarono ad esservi coltivate in pubblico e in privato da suoi divoti con la medesima osti nazione. Forse ancora certi doletti ritrovati in suolo etrusco, di stile egizio imitativo , s appartenevano essi stessi a queste stranief divozioni ripullulanti, poste in credito da coloro cui dan guadagno gli animi de mortali presi tanto pi fortemente da superstizione, quanto pi generale la depravzion del costume. Si di vero la nostra debole natura, tralasciate a suo grado le cose consuete, anela sempre alle vie* tate.
x lv ii. i 5. l u i . a. Liv. G. ) All'opposto T iberio, con som* mi rigori, diede 1 ultimo tracolla alla religione d 'Irid e a R om a, ,la cui immagine vi fere getlarf nel Tevere ( T a ci^ n. Sveton. Tib. 36. Ios. Flav. ' xvm. 3. ). non di meno indi risone da capo pi trionfale per la superstiitone d altri Cesari-divoti al medesimo culto ( Svetta. Olfion. a. Lamprid. Commi p. 49- Spartin. Corneali, p. 89. ). Che bisognava di piii perch a giorni di Domi ziano i misteri isiaci fossero gi quelli detta dissolutezza? Juven. vi. 468. Schol. vet. ad h. I. 277 Vedi i monumenti-tav, xxxiv. 8. 11. ec.

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Filosofa politica divina naturale degli Etruschi*

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bbiam mostrato innanzi per quali mezzi uomini, di potente ingegno diedero opera a migliorare la vita civile comunicando al popolo idee, ordini e arti usuali, di cui egli potesse pi evidentemente sentire lutilit vera, pronta, grande ed efficace. I beni dellagricoltura cre scente ,* leggi pi umane ; religioni pi man suete e immuni da sangue*, tolsero via le rozze o prave consuetudini <f una vita in c u lta in troducendo nella societ dritti stabili e vicen devoli doveri. L educazion religiosa e morale delle genti si ritrovava di tal modo convene volmente accordata col costume, Ma educate soltanto a udire comandamenti prudenti, ed a venerare tutta la legge, Tistituzione politica deir et consentiva loro poco pi che uno stato ingenuo , ed una vita sicura e protetta, vln tutto il resto soggette all' ordine dominante sacerdotale, teneasi questi in mano il total governo dlie cose umane e divine. Regolatori dellimportantissimo ufficio dammae&trare l u manit , i soli membri di quell' ordine detta vano alle genti maravigliate gli oracoli del-

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l esperienza, e di grande accortezza di senrfo. Essi governavano le nazioni quasi conte l anima governa il corpo: n v'ha dubbio alcuno che per la sapienza loro non progredisse il popolo a sana civilt, molto tempo innanzi che i maestri non s' abusassero, sott ombra di religione, del loro sacro ministerio. Questo gran corpo di primati, custodi dapprima dogni dottrina, 61 rinviene ugualmente, come dicem mo % per conformit d istituzione tra India ni , Caldei, E gizj, ed altri popoli numerosi, qual unico e fermo fondamento di civilit nel mondo1antico. Per comunicazione d idee mo rali , e per cure -di sapienti, certissimo che questo medesimo instkuto penetr del pari in Italia, e mssimamente in Etruria, fino dalla sua prima, costituzione politicarvi si mantenne lungo tempo pieno di vigre qual ordine vitale dello stato : n vi cessava alla fine se non per intera mutazione di cose e di governo. Il qual fatto., s fecndo di conseguente isteriche , vuoisi ora da me tanto pi fermamente so stenere , quanto pi dubbiamente , bench in un punto di felice ispirazione, io posi avanti la prima volta questa medesima opinione dellesistenza permanente d'un ordine sacerdo tale etrusco, molto conforme al sistema sta*
1 Vedi sopra p. 66. 67.

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bilito in Oriente ed in Egitto * : opinione oramai consentita, e ^tataramente abbracciata dai maestri odierni della crtica istorica. N sieno di poco sussidio a questo vero anco i monumenti nazionali, che di, nljovo porgo in mostra al lettore, quale argomento e testimo nio certo dei costumi \ Il grande scopo d ogni civile o religiosa corporazione il potere : ed un potere stabil mente fondato in sulla umana credulit trae seco ogni altra sorte di dominio. Insegnatoti del popolo i membri dell ordine primario ebbero costantemente in mira due importantissimi og getti : luno dampliare e conservare in pr lctre le cognizioni scientifiche dell' et: laltro di usar destramente la scienza per reggere, giusta uri prescritto fine, 1 universai societ. Depositar) insieme della legge, della religione e del sapere, adoperavano essi cautamente lantico linguaggio allegorico, propriet d'ogni popolare insegna* mento : avevano per se una dottrina segreta : e quali interpetri nati del voler divin potean soli svolgere e dichiarare i testi sacri, in cui itavansi riposte tutte le promesse celesti rive late dogli stessi dei. I preti si tenea che com
3 Vi L'Italia avanti il dom. dei Romani. T . n . c. 38. pi 83 sqq. ed. 181 o.

3 Vedi tav. xrr. sqq.

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prendessero ci , ch era iniutelligibile al po polo: le loro parole sacre eraao incompren&ibili a un intelletto volgare : e in quella guisa che il sacerdozio dispendeva di padre in figlio, e stava afisso ad |in casato, cos pure le teorie scientifiche, e T esercizio di talune arti, pas savano per dritto ereditario d una in altra generazione, senza- che mai la profana gente fosse bile a penetrarne il celato rtifizio. Cos fermamente in Etruria certe salutevoli arti per rim a n a specie, e erti arcani, e appartene vano ad alcune distinte prosapie 4: cos la Medicina tra i Mara era uno special ministerio de sacerdoti 5. 6 non dubbiamente per tuttaltrove ogni qualunque segreto di scienze od arti profane trovavasi ugualmente conceduto a bebefieio daltre schiatte, i cui antenati si diceva aver avuto m a qualche ascosa comuni catone od attenenza colle nature divine. In allora i preti farooo anche i primi filosofi perche la conoscenza della natura e della di vinit stavano ira e divise : opinando que savi, ed insegnando alln geuti, trovarsi la ragione imnadittU d ip g u fenomeno fisico 0 morale nella Argomeato potentissimo delia mente por vi^or del quale, non distin guendosi pi>i.confini tra le cose divine e le
4. Ve<li sopra p. 83 . n. 45 . 5 V edi Tom. i. p. a^a.

igo

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umane, tutto lo scibile per linea ascendente divenne teologia , poich Sopra fondamenti divini parve onninamente appoggiarsi. L umana generazione, vaga di, sapere, prova molto naturalmente il bisogno d investigare gli arcani della sua propria origine , della creazione del mondo, dell ordine cosmico , de'poteri di natura; in somma, ella vorrebbe conoscere la, scienza intera dell universo. E questa universale ansiet di penetrare si ardui problemi si mostra evidnte per le teore co smogoniche che stanno in fronte ad ogni pi vetusta mitologia : perciocch in prima tutta l'antichit rivestiva a un modo la scienza sotto figura di favole. cosa indubitabile che in Etruria cotali teorie si conformavano assai coll orientale, ma pi specialmente eoliegi zia teosofia. N ci poteva non manifestarsi altrimenti: dacch i sacerdoti etruschi con pari sagacit avevano ristretto in un solo si stema filosofico tutto-quel c h e , appresero di tempo in tempo ne santuari, e nelle scuole straniere, dove frequentavano i savi. O r dun que i loro maestri in divinit ponevano qual prima causa un sommo ente innominabile dinfi nita potenza, principe e massimo- iddio, sovra no creatore, custode rettore delluniverso 6.
6 Vedi sopra p. m .

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E rasi questa per esso toro la suprema in* telligenza demiurgica, il principio attivo, da cui emanava la materia primordiale , o il principio passivo : entrambi anima universale del mndo. Quindi che i sacerdoti dicean convenirsi ugualmente a questa prima causa lesslre di fato, di provvidenza, di natura e di mondo : concetto filosoficamente compen diato in quella loro sentenza, che tutto ci si vede fosse iddio,,disseminato intero nell sue parti, a se medesimo sufficiente, e atto a sostenersi per la sua propria forza 7. Questo primo domina duna sola e unica Sostanza in finitamente modificata neH' universo ; o altri menti, che il mondo era dio; si trova alla volta non, pure insegnato per le dottrine degli Indiani8 , ma s ancora nelle altre scuole orien tali ed egizie. Quivi, dovebbe Origine, presso che universalmente soprastava ad ogni altro il famso sistema emanativo $ vero panteismo per cui tanto il mondo sensibile & materiale, quanto il mondo degli spiriti, han Tessere da uno stesso principio divino. Uguali argomenti della metafisica speculativa furono comuni a mol tissime sette di filosofanti : trasportati in OcL

7 lpse enim est, quod ride*, tot.ua suis parti bus inditu s , et se sustinens vi sua. Senec. Quos*t. nat. n. 45. 8 V. Bhagavata G ita, id est, 6im M > Mt)o;. eap. B. xi. ed. Schlegel.

ig

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adente, per comunicazione di scienza tra i sapienti,, posero radice anche in E triiria ,.e v ebbero comune il seggio : n fa maraviglia di certo se la dottrina etrusca, come dicono gli storici della filosofia, addice in alcuni particolari colla pitagorica, mentre vergiamo la dottrina stessa dei Brammi conformarsi mol tissimo con qulla degli stoici9. 11 principio emanativo cohduceva r qual naturalissima con seguenza , alla dottrina deldaalismo, tendente a spiegare l introduzione del male fisico e del arnie morale nel mondo : la cui espressione simbolica, toccata di sopra,.formava un punto di gran rilievo nella religione degli.Etruschi, molto acconciamente appropriato dai preti alla mitologia; e quindi all interpretazione del modp col quale gli dei, mediante il mi nisteri de' buoni e mali genj, rggevano il mondo '. Cosi pure 1 posizione simbolica d^na cosmogonia religiosa rendeva ragione della genesi del mondo, della aU durata, e della Ua fine. Un etrusco scrittore anonimo, citato da Suida *%di\lolgava avere il Demiur go , od il sovrano fattore, impiegato sei mila
Robertson, Disquis. on ancicntIndia, appind. p. 336. T iedem ana , SyUwi d tr stoiscA fckiktoph. part. 11. p. >887. 10 Vedi sopra p. ia6. 11 v. Tvppnvia.

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anni nella creazione di tutte le cose mondiali: nel primo millenario il cielo e la terfa : nel secondo il firmamento: nel terzo il mare e l acque: a d quinto gli animali volatili, ter restri d acquatici : nel sesto l uomo : le quali cose avea il creatore ordinate in altrettanti spa zi chiamati case Altri sei mila anni dovea comprendere et destinata alla durata del genere amano: in guisa.tale che dodici mil lenari interi occupavano il corso prefisso alle create cose. Questa cosmogonia degli Etruschi^ s evidentemente formata sopra pure tradizio ni orientali, si ritrova a un di presso anche nella credenza degl' Indiani e degliantichi Persiani : il cui Boundhesch , compendio di cosmogonia tratto da scritture pi antiche , porta in fatti, che il mondo debbefiniredopo dodici mila anni trascorsi ,p. P er, non una sola volta devean generarsi dal supremo e n te ,. unico creatore, le cose universali- e luomo, ma rinnovarci pi volte in certi determinati periodi. Niuna opinione ebbe forse maggior grido nell' antichit, quanto il concetto della totale sovversione e del risorgimento della raz za umana. Le scuole dell Asia, dell Egitto
za Per la dottrina degl indiani Crichna , il supremo ente, cre il mondo in Unte K alpa ; cio Formazioni delle cose. Bhagavad Gita. cap. i*. i 3 Ancjuelil, Zcndavetta . T. il. .p. 354< il. i3

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e della Grecia stessa ripetevano in milje guise la .dottrini maravigliosa delle peridiche rinnovellazioni del mondo. Lo stesso domina, che qui abbreviamo, pass dei pari in E truria, e vi divenne uno depi gravi argomenti della scienza teologica divinatrice. Poich dicevano gli aruspici doversi rinnovare otto generazioni d uomini di vita e di costumi diversi : che ciascuna mutazione ra stata decretata da dio in uno spazio di tempo definito secondo il cir colo dell anno magno: in fine che il passaggio d una in altra et novella si manifestava al1 universale con 'segni, presagi, e miracoli grandissimi, nanzianti total rivoluzione di stato di costumi u. Qoal si fosse il ciclo dell an no magno- toscano stato pi volte investigato dagli eruditi con pi di zelo e dottrina, che buon frutto ,s. forse i sacerdoti contemplavano il periodo astronomico del ritorno - di tutti i pianeti al medesimo pnto del zo diaco ,6 : piuttosto essi stessi non s' allonta< i4 Espone Plutarco, per occasione cT un prodigio suc cesso al tempo di S iila , questa dottrina degli E tn isc h i, secondo c i , che ne dicevanogli ariupici stecsi dell* Etru ria. E similmente Dioo Cassio ( in excarpt. Vat. T . ir. p. 548 ) , copiato da S u id a v . ZXXac. I rituali etruschi facevano pure menzione di miracoli indicanti nuove et. Censorin. 17. 5 Brurkero, Freret, Canovai, L m predi, O rioli, e non pochi' altri. iG Cicerone nell Ortensio esponeva: forse la dottrina

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navano xnoko dall ipotesi del ciclo canicolare egizio , dett pupe anno magno, o aano di vi a , riputato ugualmente ira epoca di lieta ristauraiooe e d-abbondanza. In ogtti modo per la scienza positiva veramente si eoneilavaatiche in questq colie mistiche specola* zionidei teologanti > 7 . Il pi1forte viucoloche possano avere insietfie religione e morale, si per certo l idea d* an stat: futuro di premio o di pena. qtiesto dhjm* fondartiental* si riferivano le dottrine etrliscilo contemplata n' libri che-*ronfici sacik) testo il quale conteneva noi tanto L a liturgia funebre, quantoi fati deHaniJma , il aio mistico viaggio per le dimore te nebrose, ogni altro conforto alla vita allo tato dUquetk dop morte; Questi giudizi degi*' inorai, necessariamente collegati con la credenza unmfrsale ckellq. immortalit ddl'anim a , erano faftnente presenti al pensiero, che
etnisca, dicendfov ritornare V anno magno clla medesima posrturi del tielo-e .delle stette ogni ia g 54 anni. A uet.de cauttis cprr. elot^'iG. Serv. i.a6tj.,Cicer. in Somn. Scip. 15 . 17 M arsham , Caa. ckrwi. Aegypt. p. 3og. Larcher , mm. sur le Phoenix ec, Hist. et Mena, de l'Institut. T. 1. p. 370 - 387 : e pi drffusamente nella seconda parte. Ma dice bene quest ultimo : 1 anno magno come l intendevano i teologi egizj, etruschi ec. non ha mai avuto lu ogo, n I avr se non forse alla consumazione dei secoli. 18 Sacra Acherontla. Serv. Y111. 3cj8. Arnob. u. p. 87.

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per tutto il corsi di questa vita terrena non cessavano d* occupare la mente dei mortaii. Ed in qual modo i savi accordassero la filo sofo teologica e psicologica colla favola circa uno stato futuro, si conosce apertamente per mltissimi monumenti sepolcrali etruschi di tut te l et, e sempre allusivi a questa credenza stessa di preni e di castighi eterni. In questi monumenti si veggono molto variamente figu* rate le anime degl estinti, ora (otto la forma di certi uccelli, come tra gli Egiaj '% ora sotto fattezze umane, guidate.-qella regione inferiore dal genio buono e dal malo 1 0: se pure dessi Don Assistevano anche allestremo giudizio che l gi si faceva dinanzi al trono de giudici in fernali i si che per giusta ponderazione delle azioni dovessero le anime trascorrere lo stabi lito crso di loro purgazione, seoondpch in segnava la dottrina egizia dellAmenti, Seguita in grandissima parte dai sacerdoti dEtruri*. E se quei genj stessi, conduttori delle anime, appaiono effigiati u monumenti etruschi ora di sesso maschile , ora femineo , ci si vede ugualmente negli egizj *' : simbolica espres19 Vedi tav. lvh ./ 1. ao Vedi tav. lxv . civ. a i De Hammer, Mirtea de / OrUni. Tom. IV. B elton i, tav. 3. e p. a 4o. a45. 386. 388^ 3g 4> traduz. frwicne.

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sione in tut del cornane, dualismo **. I j evo cazione dell ombre, ovvero immagini delle anime, faceva parte della mistica psicologia etnisca 1 3 : per gli scaltri sacerdoti, maestri in negromanzia, che dimoravano col presto lverno nella Campania, erano, a quel che p are, una stirpe greca, anzich tirrenica La pici studiata parte bens delle filosofie sa cerdotali stivasi riposta nella dottrina occulta, e ne misteri : elleno non erano accessibili fuori* che agli iniziati : ma di queste ardane dottrine pi vetuste i preti Stessi perderono indi ap presso la chiave , o le cangiarono e sfiguraro no pi tosto con nuove ed arbitrarie interpetrazioni. Non tutti i ministri del sacerdozio, erano istruiti ugualmente dei domini segreti. I pi dgni per la 6tirpe, o per la lro intel ligenza, custodivano in s la scienza pi mi steriosa. Al contrario i preti di grido minore non ne conoscevano che la sola superficie, o poco pi che la parte simbolica e mitologica per
aa Vedi sopra p. ij,g. Cori nella mitologia d egl'in diani fi h^nno diverte generaWoni di Devota : demoni ma scolini p feminej. W a r d , Account o f th Jim W . W il^dn,

Sanscrt dictitrary. a 3 Kc TujipflM iv i/txvo/tanriai tnurrp wapafiJSu. Clem* Alex. Cohort. ad geni, T . li. p. i r . a4 Cicer. Tusciti, i. 16. Diodor. iv . n . M axim. Tyr. diss, aG. conf. Plularch. De his qui sero a mim. pun. T. 11.
p.

56o.

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riguardo alla religione popolare. Tal era lo r dine egizio *?:. tale listituto de*'Pitagorici 9 grandi imitatri di qualnque usanze misteriose della sapienza antica*, e non divello si pu ragionevolmente presumere anche il costume etrusco. Non altro che collegi di sacerdoti do* vean essere le scuole di Falena e di C ere, mentovate da Livio 16, cmodo di patrizia educazione: . simili scuole, domandava pri mieramente ad erudirsi lingenua giovent ro mana , tenevano laltre pi principali citt, dellEtruria per conformit d istituti. Ma, s per le dure sorti della nazione , s per il cangiato costume, la dottrina etrusca primitiva non era pi la stessa gi nel quinto o sesto secolo; anzi, attesa massimamente la decadenza del sacerdo zio^ di mano in mano ella s andava alterando, quanto almeno per le medesime cagioni si tra sformava o cangiava, cotne vedemmo di sopra, la mitologia. Rara in prima era la scrittura : il sapere di pochi : quindi che per mostrare al popolo imperit il compiuto corso dellanno civile, soleva il magistrato configgete il chiodo annate nelle pareti del tempio dlia dea Norzia in Volsinio *7; o sia la Fortuna arbitra ela 5 Clem. Alex. Strom&. 7. p. 670. Diodor. 1. 88. a L ir. v. 37. rX. 36. Altrove sono ricordate altre scuole in Tuscolo. t i . a 5 . a7 Cincius Alim. ap. L iv.
v ii,

3. Clavum^ quia rarae

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xxra.

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la stessa del tempo. Il qual uso Volgare d'ado perare i chiodi per segni numerali serbavasi di consuetudine fra .la gente di contado nel primi secoli di Roma ,B O r, quantunque non possa studiarsi la pri ma filosofia degli Etruschi che in pochi o alte rati'documenti, pure ottimamente si conosce, che in tutto la scienza loro speculativa ebbe un senso grave, morale, filosofico, div inatorio e simbolico ,0. N con manco forza gli studi in sieme della natura fsica davano bun fonda-, mento alla loro venerata sapienza 3 *. Siccome gli Egizj tenean tutto il corpo della loro filo sofia, e delle sacre dottrine, nei quarantadue, libri d* Ermete, del lor Tkoth 31, cos gli Etruschi le comprendevano tutte negli inse gnamenti dettati da Tagete. Maraytglioso fon-, ciullo, dotato di sapienza senile, ei reca seco dalle viscere della terra, unitamente col dono
per ex tmpnra lUerae erant, notam numeri annorum fuissc ferunt, F ia li , v. Clavus annali*. a8 Pelron. Satyr. i 35. pg Idque allegoriis lege sacrorupi velaluqa, fuit: nequc enim dilurtde rerum divinarum disciplina propter profa no, sed modo abuiis, modo parabolis, involuta tradii ur, J. Lydiis de Ostenti*, p. i 3.

30

r ^ u fta r T ( u t fv a m h rfie n irt iu iX a y ia v

t ir i

it k t t v , n o i xk t r t f riii M pm jm trxiniae* iZttpy&ocnz.

n vT M i uSpitnt*

Diodor. v. 4o. 3 1 Clem. Alex. Stremai, y i. p. 633.

200

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xxm .

dlia divinazione, tutto quanto, a dir breve, rivelavano di divino e d um&jio le scuole sa cerdotali deirE tm ria3 *. Era desso lintelligenza personificata : ed i suoi orali precetti, indi tra sportati nella scrittura, mai non cessarono da vere in qualunque tempo per, la nazione intera la divina autorit delle sacre carte 33. Quanta fosse in fatti 1 utilit loro al buon governo, e quanta la prudenza de savi, si palesa mani festamente a vedere in nome del soyrano mae stro Tagete profondamente inculcati, per dereto immutabile del F ato, i pi sani precetti dlia morale col retto adempimento de doveri Umani Non altrimenti 1 aruspicina era per accortissimo magistero regolatrice di tutte le oneste opinioni 3 S: poich, secondo i principj religiosi dell* etica, qualunque grande avver sit annunziava una colpa, e portava sec la Aecessit dell espiazione. La dottrina fulgurale
3 a Vedi sopra p. i 5i. i 5 a. 33 Tagattica praecepia sono venerati quantogli orfici ed i trismegistici. Conf. Placid. Lutai, ad Stat. Thek. jv. 5i6. Arnob. il p. ga. 3^ Est enim in libro qui inserbitpr Terra* ruri* Etryriae scriptum oribus Tagae: eum, qui genus a perjuriis ducerei, fato extorrem et profugum esse debve. Jferr. i , a. 35 Eccone d i i esempio: habent E truirl libri rarta nofaina : Deteriore*, Repultos hos appellant, quorum et men te*, et res sunt perditae, lortgeque a communi salate disjunetae. Cicer. de Harusp. rctp. a5.

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aopra tutto non sol conteneva sotto gli arcani delia divinazione la scienza fisica dell1et, ma pi apertamente tndeva nella pratica alla sa lute pubblica. Siffatta dottrina era cosa tutta italiana : pi specialmente propria degli inse gnatoti etruschi rivelata loro da Tagete 30. Notarono gi gli antichi quanto la costituzione fsica dell'Italia, posta fra due mari, la renda convenevolissima alla generazione de fulmini, t quanto di fatto Vi 6eno pi che altrove fre quenti 3 .11 portentoso ripetuto balenare delle folgori, meglio che altro fenomeno alcuno, dovette porgere all u o q io l idea d una potenza superiore, occupante la vasta estensione dei cieli , e la cui voce era il tuono. Ma gliE truschi pi sagacemente, riducendo questa teorica divina in 'un arte pratica, crearono per lungo studio la scienza fulgurale, avente tutt insieme scopo religioso politico e m orale. Tanto di rettamente per vigor di quella glino miravano a tener viva l idea dun ente supremo giusto e imparziale discernitore degli atti Umani,
36. Arnob, ir. p. 93
37. In Italia quam creberriroa. De Fulgurali disciplina vet. comm. ap. Lyd. de Ostenti*, p. 1G8. In Toscana, per lacere d altri esem pi, oltre a un gran numero di fulmi ni caduti nel 8 a3 - i 8a 4 opr edifizj,, *' ebbe notizia che in poco pi d un m&e perderemo la vita colpiti da saette dieci individui della specie um ana, e molti animali bruti. V . Antologia, T . xv. p. i 4g.

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pronto a sostenere linnocenza ed a reprubere la colpa mediante un celeste gastigo, da cui i pi potenti non avessero mai facolt di sot trarsi , n di reclamar . Quindi la sapienza divinatrice discerneva i proliostici tratti dai fulmini in pubblici e in privati : distingueva e separava in moltissime specie tutte le saette: dava loro nomi tecnici di senso per lo pi sim bolico, come fulmini regali, consiglieri, dauto rit, di stato: e in ogni cosa l arte, ora sotto faccia teologica, ora scientifica o fisica, si mostrava mai sempre concorde col costume 3 0. Investigazione delle folgori ; interpetrazione j espiazione ^formavano tutta la scienza. La pri ma parte concerneva alla forma j, cio alla na tura stessa del fulmine, e allo studio degli effetti che potean Condurre alla fisica e vera cognizione di quello : riguardava la seconda; alla divinazione: la terza alla propiziazione, o al pacificamento degli dei. N abbisogna d altro a ben comprendere quale immensa latitudin e qtal possanza civile avesse larte nelle maDi de suoi propri maestri, dogni tem po moderatori del popolo. E dove, i dir di loro, certi fulmini, chimatLdautorit, minac38' Senet. Quaest. naf. il. a. 3g Senec. - itmf. 33 - 5 : dov cali' autorit di Cecina j
scrittore- tosco, p on e per intero la teologia fig u r a le . Conf. Plin. it . Sa.

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ciavano il vivere libero, altri presagi favore voli, lo difendevano n mai Giove stesso-vi*? brava di colass fulmini distruttori se non col parere degli altri grandi iddii. Sublime con cetto, il qual tendeva ad insegnare ai regi mor derare la suprema autorit 5 a, implorare, il consiglio desayi \ ed a ben imprimere e scolpire nell animo, che lo Messo nume sovrano non ha da per se intendimento bastante onde per cuotere mortalmente Altre qualit di fili** mini secondoch saettavano luogo consacrato o pubblico, le mura, le statue divine, o pur quelle di benemeriti cittadini, annunziavano alla repubblica civili procelle, rie ambizioni, soprastanti pericoli 4*: mali tutti che i libri Fatali insegnavano potersi, all uopo rimuovere dalla citt, o dalle case! de privati, in un certo spazio di tempo definito dal destino Un diario del tuono, compilato dai sacerdoti
40 Tarquitius, ex ostent. .Tusco a p . , JUacrojb. Sat. ili. 7. 4 1 DUcant hoc ij quio.umque magnarn potentiam inter
honrines adepti sunt, sine cqbsIo Dee fui men quieter m itti: advocent, considerent nuiltorum sententias, pjacita teinperenl, et hoc sibi proponant, ubi aliqaid percuti debel, ne Jo.vi quidern luUm satis esse consilium. Senec. ibid. 43 . , v. Manubiat. Gracchila ap. eumd. v, Pcrcmptalia. 4a J . Lyd. de Ostenti, p. 17Gi- 186. 4.3 Prorogatila-fulmina -davano il presagio: quelli con
cernenti $1 pubblico npn estendevano il loro effetto oltre a trent anni: gli a ltr i, concernenti agl* individui'' d ie anni. Vedi sopra p. i 55.

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sotto il nome di T agete, in cui erano antive duti prefiso che universalmente i casi naturali, civili, domestici, famigliali, che potevano di fatto fisicamente o fortuitamente accadere nel corso dell1anno, dava tatti i possibili protio stici di beni e di m ali44: mentre che ad ac crescere e vie pi confermare l autorit di si tanti presagi, gravemente riferiva la stona al cuni granai avvenimenti che sonori trovati conformi alle predizioni degli anispici Cos nell animo de timorosi pi maggiormente si fortificava il domina non poter derivare alluo mo beue veruno , n lume di sapienza , fuor^ che dall investigaci profondo della sola divi nit 48. In secoli ancora pieni di religione questo gran domma etrusco eca la voce dei savi ; ma di troppa ne abusava la classe insegnatrice e dominante: perciocch in volgendo a suo senno i timori della moltitudine, quasi rinascenti capi dell idra, ella tirava pur sem pre a reprimere, anche per distorte v ie, la
44 Diarium Tonitruale ( particolare di Rom } juxta lurtam, secundum P. INigkJiwn'Figulum, scriptis Ta getis. ap. L yd . p . 100 - iS',.. Tonitruale, ex scriptis Fon tei i. Fragni, idem p. i 5G sqq. Altri prooostici davano i terremoti. idem p. 1 8 6 -a o o ex Vicellio e Tagae carminibus. 45 L iv. x x v . 16. Sallust. Iu g . 63. Tacit. H iat. I. 37. Svet. Coti. 81 G ali. 19. Dio. x l i v . 18. 46 N aia cum omnia ad Deum refer*nt, in ea sunt op i nione tamquam non quia (cta sunt significent, sed quia signiGcatura sunt, fiant. Sente. Q uatti, noi. il. ^ 5 .

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libert dello spirita , sorgente dogni ragione vole e generoso.sentimento. I prti etruschi, cme i pontefici romani r simili* ip questo ai preti egizj w, e ad ogni altro collegio sacerdotale dell antica e t , da vamo grande) attenzione ai fenomeni pi nota bili che apparivano ne* cieli o in- terra, ed erano anche obbligati per proprio ufficio te nerne registro ne loro annali, e. trasmetterne la memoria. Quest* uso, qualunque ne fosse la prima intenzione, doveva all'ultimo formare nn corpo assai copioso di notizie positive. N potvasi di certo fare alla lunga una tal serie dosser vazioni fisiche senza paragonarle in tra loro, u. snza avvertire tampoco quale fenomeno si fosse pi o meo frequente e corrispondente ad un altro: mzzi per cui, anche a difetto di teoriche, s otteneva>U'uopo una considerata e vera conoscenza del corso della natura. Di tal maniera i libri etruschi, siccome narra Cice rone , venivano ampliati e accresciuti di con tinuo per giornaliere osservazioni riguardanti alU fsica generale e particolare 4 \ Nel con7 P la t i Tim. p. jp 43- Strabo xvh, p. 5 3. 8 Etruria aut^m de cado tacta .scientissime animadvertit . qotxlque propter aeris prassitudinera de caelo apud eoa multa fieha^t., et quod ob aandeip causam multa inusitati; partirne c a d o , alia ex terra priebantur, quaedam etiam ex hominum pecudumve cooceptu et saiu , osteotoruia exercitatissimi interprete extiteruot. J)e Diwn.

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siderare alle meteore, ed agli effetti de feno meni atmosferici per rispetto all'economia vivente della natura, badavano diligentemente i maestri tanto al corso del sie-, che alle lunazioni Abbiamo una efemeride annuale compilata da Claudio Tosc secondo i libri sacri degli Etruschi in cui si Veggono notate la levata e il tramonto delle stelle, con op portune indicazioni di meterlogia per tatto T anno: srta di diario locale che i preti con mescolanza di scienza d indovi nam entodistendevano ad uso del popolo * , se piuttosto qtie diarj stessi non s espnevano in vista per maggiore pubblicit nei tempj. dosi nel por mente agli enfetfi della elettricit atmosferica conobbero bene gli scienziati qual differenza passi tra i fenomeni dell' elettricit ascendente discendente, potete dalle lor investigazioni venne la giusta sentenza, he i fulmini si ge nerassero non tanto nelle nubi, quanto, in tert-o* e quindi si sospingessero di basso in alto **. Il
l 4 i. 4 -b. Di libri toscani. pertinenti a rote naturati (a menzione Plinio. 11. 83. J- Lyd. de Ostenti*, p. 90. i 64- 174.' 176. 5o Diariiim totius anni , sivw notalio ortus atque occasum sidtrum coelestium, scriptis O audii Tusci : e sacris' Etruscorum. ap. Lyd. ibid. p. aoa-a 56. Il qual Diario si riconosce compilato di diversi calendari come quello che abbiamo in Columella Hb. XI ; se pure non vngno ambedue dalla medesima fonte. 5i' Caecinna ap. Senec. Qutust. n a t.u .fo . Min. fi 5a.

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cangiamento,dei colori prodotto dal fulniiue ne corpi per esso colpiti * , dimostra jMire quanto fossero attenti in considerare le propriet del fluido elettrico : sd che non a tua raviglia, che i divinatori & attribiissero anche la facolt di poter Jar discendere a voglia loro le folgori daLcielo. Negli anftali etruschi, det tati vero dai sacerdoti, si narrava , bench con mistura-di favola, entrai ci praticato fe licemente , e per beo pubblico,. dai VoUiie* si s,\ Ma questo vanto tendeva evidentemente a saperstizione, nach a scienza fisica , E la leggenda stessa, eh Ninna avesse imparato da Fauno, o da Pico, lt>congiurazioni ncessarie onde costringere Giove a manifesUre il modo di tirare in terra le folgori, ha domito essere una favola d?origine etnisca 5 *. Non ostante tnf. vuoisi tenere qualche conto d una opinione si wtivrsalmente radicata nell' anti chit , mantenutasi viva per tanti secoli fino ai bassi tempi, ; d e? Goti : essendo vero che durante il primo assedio di Roma j PottoSa Caecinna *ibid. 4 <- U ,,a satta fece cangiar' colre alle Aftoli-J un ritratto d Probo- in p ra to rt; cfHlikU> da' suoi discendenti gli aruspici annunziarono che ci era presagio di ftturi onori : non ' aehzft <buoa m e m d t agli indovini, cnm* di ragione. Vopise. P rrf, p. i j i 53 Plin il. 53 : ex L. Piso gravis author. 54 Plularch. Numa. Varr l . l '. v . <). Ovid. t , h i . 3a7 sqq. Plin. il, 53. 55 An. 4o8 dell era wlfcafe.

5o 8

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pejano \ preftto della citt , presupponeva egli fetesso che i divinatori etruschi avrebbono potuto trar per forza le saette dalle nuvole * e vibrare contro il campo de barbari quelle celesti fiamme M. La medicina considerata qual cosa sacra data ali uomo pei* rivelazione, e affidata nella pratica ai soli preti, era parimente uno dei grandi arcani del sacerdozio. Anzi un poten tissimo sussidio del governo teocratico. Percioc ch tuttaT arte apparentertiente stava nemezxi fi placare gliddi col minterio de suoi pre diletti. Usavano gli Etruschi necasi pi gravi di fieri malori una sorte di ludi scenici s?, singolanente accetti alle loro deit salutari ; le'quali, per precetto, volean guadagnarsi, con secvigj graditi 5a. I sacerdti Marsi si va* levano di carmi e pprote magiche, parte essensualissima della medicina curativa : sanavano le ferite conj cauti; sonniferi ed erbe de loro m n t i n diversamen|ej itrischiando la teurgia coll empirismo, solean tutti i medicanti cu rare le malattie volgari,6o. Per non senza circospetta oeservazionedefatti cercavano i pi
5G Zombi, t . p. 355. VtfontMmii : clnanpa i)*el pagano i
libri etruschi fcjlgur*(i.

57 Li*.

v ii .

a.

58 Vedi sopra p. 163. 5g Vedi Tom. 1. p. 371.


Go Calo a.
r,

160. Plin- u v m

a.

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sagaci sacerdoti il miglioramento progressivo dell arte salutare. Per istudio della natura nella vita vegetabile seppero gli Etruschi at tamente conoscere la virt curativa di molte piante del loro suolo, e manipolarne quefar machi eletti , per la cui efficacia essi furono tanto celebrati al mondo 6, Abbonda la To scana d acque virtuose : n di queste conob bero meno i nostri antichi le propriet medi cinali , presidio di sanit. buon argomento della mlta cura eh ei si davano per la sco perta e 1 uso delle fonti, si 1 ufficio, sacro dell aquileg toscano, che le raccoglieva per utilit dei pubblico 6 *. Massimamente poi mediante U frequente tagliare degli anima li , e le pefrptuH* osservazioni che faceano gli aruspici delle jnteriora, dovevano puranpo volgersi allo studio del] anatomia. E che di
6 i Theophrast. Hist. plani, i l . i 5 : dove egli cita il seguente verso-d un poema elegiaco d Eschilo.
Tuppnvwv yiv tv

fxpfaxximtaii ! 9vo;.

Martian. Cpeii, v i. Etruria regio . . . remediorum origine celebrata ti Aquilx. Tuscus : L ab eo, in libri* de etrusra disci p lin a, ap Fulg. Piane. 4- Varr ap. Nonium. n. 8. Pesi, v. Aquaelicium et M analis. L ufficio primitivo degli aquiUces ( qui aquam eliciunt ) degener di poi in una vera ciurmerla : continuatasi fino a nostri giorni col magico nome di bacchetta divinatoria ; o pi eruditamente elettri cit minerale. il. i4

aio

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fatto gli Etruschi fossero in quella molto bene ammaestrati si vede manifesto pe lavori , toscanici dell arte del disegno, dove apparisce s grande sfarzadi parti anatomiche; massime nelle figure dogni qualit animali 63. Dice Plinio in oltre che ne- libri dell etnisca di sciplina vedevansi dipinte certe specie d uc celli pur allora incognite a tutt a ltri6i : fdrsetfa questa una ornitologia sacra: animali simbolici, pi che naturali. L'astronomia de* Caldei e degli Egizj era ben lungi dalle teoriche duna scienza perfe zionata , come si creduto, specialmente per le ipotesi di romanzo d alcuni moderni scrit tori. Ella mostrava piuttosto, dice il migliore istorico, una scienza in culla 6I. La levata o il tramontare degli astri ; poche altre disgiunte osservazioni dei corsi stellari } e la cono scenza di que soli periodi che dovunque il frutto di lunghe e ordinarie inspezioni del cielo, -componevano tutta lastronomia deprimi tempi. I Greci stessi, al tempo dOmero, pochissimo conoscevano 1 astronomia : i no mi di alquante stelle eh essi sapevano unica mente non denotano scienza. Esiodo non sa
63 Vedi tav. x lii. 64 Sunt praeterea complura genera depicta in Etrusca disciplina, sed ulli non visa- X. i 5. 65 Delambre. Hist. de l Astronom. ancienne. T . 1. p. i 3.

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an

nulla del zodiaco. Il che solo basterebbe a dimostrare quanto/Vanamente si ricerchi per taluni la ragione della loro prima mitologia simbolica in un sistema teorico dastronomia. L' anno accomodato al corso lunare era gene ralmente noto agl* Itali pi antichi : lusarono gli Ernici, gli E qui, i Latini prischi 66: ed i primi Romani l1adottarono coir ordine mede simo delle stagioni, e co nomi stessi de mesi per avanti usati nel Laeio 6;. Tuttavia gli Etruschi, in comtinicaziope diretta eoa popoli pi civili, ebbero di buon* ora lanno solare: e vorremmo quasi affermare per cosa certa, che il bell ordine dellanno solare, colle sue intercalazioni attribuito a Num , insegnatore sacerdotale, sia stato lordine stesso usitato in Etruria. Secondo quel sistema dellJ anno, e delle sue proprie divisioni, ciascun mese por tava un nome distinto 6 8: idi chiamavano essi, con vocabolo tosco, il giorno che parte in due
6G Censorin. ao. aa. conf. Fasti Praenestini, cum comm. Foggini. 67 Varr ap. Censorin.. aa, 68 N el vocabolario^ P a p ia , grammatico deli* xi secolo, si hanno i n n i 4 i parecchi masi etruschi, bench tra vestiti con tuttaltr* orlograta : Amphlles ( m aggio), Aclus ( gjagno Trttnm* ( t i g l io ) , Ermius ( agosto ) Caeiius ( settemJxe Xff& e { ottobre) ( a r iQ ): questultima voce la sola che serbi sua radice propriamente etrusca. V*di T opi, > p, a57- iw jCy-

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ciascun mese 8 : ogni d seguente il periodo settimanale chiamuvasi le none 7 6 : e il giorno civile v'incominciava dallora sesta, cio a dire dal mezzod, dove che i Romani lo princi piavano^ mezzanotte 7 1 : qso propriamente etrusco, che pass tail quale agli Umbri 7 '. L anno itagno toscano, comech non possa dirsi qual fosse il duo periodo numerico, fa bens conoscere , che lastronomia degli Etru schi 6 uniformava molto alle ipotesi degli E gizj. A ir opposto i preti Marti davano alle co stellazioni ordine e nomi diverti a quelli della sfera egizia 7\ I numeri erano per gli E tru schi cosa di gran rilievo s nellordine religioso, s nel civile : il numero settenario $ applicava per esso loro alla durata della vita umana 7 4: dodici pare che fosse il numero mistico dfcl1 Etruria dieci, numero perfetto , il fata69 Varr h. l . v. 4. Macrob. Sat. 1. i 5 . Uso a n c h e d e i Sabini. 70 Macrob. I. c. 71 Varr ap. Macrob. 1. 3 . e t Geli. ni. a . Plin. il. 77. Censorin. ? 3 . 72 Serv. vi. 535. 73 Ophjuchus: decimae tertiae partis Capricorni facit Marsos. Jul. Firmic. in Sphaera Barbarie, viti. ' i 5 . Il Dragone non era cognito, n mentovato nell* astronortiia degli E gitj. Achil. Tatius ad Phaenotn. Arati P. ult. 74 Varr ex libris Fatlibus ap. Censorin. i 4 . Q * numerus rerum omnium fere nodus est. Cicer. t Somn. Sci/>. ap. Macrob. 6. 75 Dodici citt ; dodici dei : dodici millenri ec. Vedi sopra p. u . 193.

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le 7 6 : quello stesso^ dei secoli promessi alla durata del popolo. Tal parimente, la progres sione numerica delle loro cifre, che veggonsi scolpite ne monumenti nazionali, massimamente per segnare gli anni della vita 7 7 . E noi stessi, senza saperlo , adoperiamo tuttod le medesime cifre etnische sotto il nome volgare di numeri romani. I gravi studi erano temperati dalle facolt <}ll imaginativa, e dalla cultura d arti pi dilettevoli e pi liete. Il gusto dell armonia, s naturale all* uomo, produsse fra tutti i po poli 1 espressivo linguaggio della poesia. Versi sacri., eroici, pastorali, furono i primi tenta tivi della fantasia, la quale provava le sue forze per mezzo di vivaci e liberi improvvisi. Tali a quel che sembra, possono dirsi tra noi gli antichissimi canni deFuni de Vati $ le cantilene osche} e l1aspro o incolto saturnio, specie d iambico irregolare, senz altra legge che un certo numero sonoro adattato al can76 Dieci : treni anni. Vedi sopra pag. iS 5. Dicean teo logi che il D u m t o . dieci , duplicato del drjqufe numero ordinativo, era l ' immagine della causa eterna che regge 1 * universo. Plutarch. de inscript ei. T . 11. p. 389. 77 1. 11. i h . 1111. a- x. 4-. c. Vedi tav. cv. Il numero x : desen . TESEN : come dicono le tavole di Gobbio la tine , era comune per tutta Italia : lo abbiamo replicato nelle medaglie etrusche , nelle um bre, nelle samtiche, ed in moltissimi altri monumenti.

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lo ,B . Questa prima maniera di verseggiare, o ritmica poesia, inspirata dall entusiasmo della passione, invigorita da forti e ardite figure, si conservava lungo tempo ne'carmi divoti, e ne rustici e guerrieri 79; se bene larte, ordi nando quei vaganti numeri cou armonico me tro , desse norma a pi maestrevole poesia. Il canto alterno fescennino, cos detto da Fescennia etrusca citt 80, avea modi e concetti fe stevoli, quanto liberi 8 > . Propizie deit agl itali vati erano le ninfe Camene 8>, molto pri ma che la moda del grecismo l ' avesse trasfor mate nelle muse, figlie di Giove e di Mnemosine. Esse soltanto inspiravano nella prisca et quelle laudi o canzoni colle quali s esal tava la bont degli d ei, seccitava il coraggio de valenti colla menzione de prodi, e si per petuavano i gloriosi fatti della patria. Catone nelle Origini, rapportando il costume antico fattosi romano, dava contezza di quei carmi,
78 Hermann , Eltm . doctr. metr. p. 3g 5. 79 V en i aturnj erano quelli de'carmi Arvali e de'Salj ;

le iccrizioni de'm onum enti trionfali ; degli epitaffi ec. Ascon. comm. ined. in orat. pr Archia p. Ga. ed. Maio, cf. M a rin i , Frat. tvaU. p. 37.
80 Serv. t u . 6g 5. 81 Horat. ir.' ep. 1. i 3g sqq. et vet. in terp . ad h. 1 .

Liv. vii. a. 8 a Olim Casmenae : m usae, quod canunt antiquorum Uudes. Fest. s. v.

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che a celebrare la fama dei benemeriti cit tadini si cantavano stando a mnsa ne solen ni eonviti 8 3 . Varrone fa menzione di tragedie tosche dun tale Volunnio 8 4: elle han dovuto essere composizioni dell et in cui s'era di gi introdotto il costume greco nel romane teatro ; e lo persuade ancora la qualit di certe figurine sceniche trovate in Etruria, del tutto simili all uso latino M . Per lo con trario le favole atellane danno una pi giusta idea delle prime composizioni teatrali degli Osci usate nella Campania 88. Questo genere di farse burlesche, dove i costumi e gli affetti veggonsi esposti con quella caricatura e natu ralezza che son presso al popolo , abbondava per certo di scherzi, equivoci, e motti arguti, in cui lo spirito ha pur sempre il piacere di indovinare 7 : usava modi e personaggi pro83 Carmina, quae m^iltis saeculis ante suam aetatem in epulis esse cantitata a singulis dopviviis declaroruin viro* rum laudibus in Originibus scriptum reliquia Catti. Cicer. Brut, 19. Tuscui. iv. a. I^onios il. 70. A sta voce. 84 Volumnius qui tragoedias tuscas scripait. Varr L. L. vi. 9. L a Volunnia famiglia isterica frequentemente no minata in lapidi perugine : perci non quadra la corre ttone in Vobo , che adduce Niebuhr. T . 1. not. 4 i 5. 85 Vedi tav. cxix. a. 86 Fabularum Lalinarum , quae a ci vitate Oscorum A tella, in qua prim um coepta, Atellanae dicUe su n t; argumentis dictisque jocularibus tmiles atyricis fabulis Graccis. Diomed. gran. inst. ili. 1 87 O scura, quae Atellaope more captent Quiotil. Vi. 3.

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priainente oschi: -cio' il faoeto Macco e Bucco: e s per festevole intrecci, s per concetti satirici , esanche per acute o liberali parole, d ogtii tempo le scene stellane serbarono il nativo sapore. Tanto che non fa specie se, gu state e gradite molto dal popolo,; furono ac cettissime in Roma ancor dopo lintroduzione di migliori drammi 6B : prima recitate in fa vlla sca j indi scritte alla latina 9. La mtfsifca, di cui lefficacia fu s grande nella prima-civile istituzione delle genti, ten ne parimente in- Etrilria forra grandissima sili cuore e sulla ragione. Come arte ausiliaria della religione interveniva. in tutte ,le festtj, i giuochi i e gli spettacoli a onor degl iddi ce lesti : qual moderatrice de costumi susava nel le base deprivati : e in guerra si animavano per ' esa i valorosi al conflitto. Diverse qua lit. istrumenti da fiato diconsi. vera invenzione degli Etruschi : -nominatamente, il corno, Ritor to, e le tibi^ o 1trombe dette con propriet
88 Cicer. Fom. Tir. i. Strabo v. p. 161. Tacit. iv. 4 . Svet. Tib. 45 . Cai. 37. Galb. i 3 . Spariian. A dr. i 3 . ec; Il dispotismo solo potette frenare ed estinguere la libert delle stellane. Caligola, per non so quale allusione, fece bruciare vivo uno degli attori. 8g Quiridi i titoli -burleschi : Mocci gemiti : Maccus se qustri* : uctonem adoptatam : Maccus miies etc. Q ue st'ultimo sflg^tto pare acconciamente rappresentato in una pittura scenica trovata a Pompeja, in cui-singolarissimo i H vestiario del protagonista Macco. Vedi tav. cxix. 1.

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a i7

tirrene 90. Queste in fatti si ritrovano sculte in moltitudine di monumenti nazionali : varia* tissime di numero, di specie e di forma, elle erano fatte di metallo B > , di bosso **, d avo rio 9 3: i trombettieri si chiamavano -SnM# con voce tosca : e la perizia loro nella musica sa cra o liturgica * era s grande^ che gli stessi Romani si valevano ognora di quelli. Sudiva il flauto nei tempj, ne giuochi, ne* corniti 98, e ne* suffragi a defunti97, acciocch si tenes se ciascuno con raccoglimento nei termini del la piet dUa moderazione: per non soltanto i dolci suoni de' flauti generavano o meste o suavi armoniej le cetre, le lire, si veggono pure spesse volte figurate n monumenti dellarte *} ed in certe pitture di Tarquinia si
90 TvjJjnjv'l i i f i v ivprpa tifarci
ti

Kit a&.Triyyt;- Athen.

iv, a 5 p. 184 Polluc. iv. .70-85.


91 Vedi
u t

cxm . 7. 8.

92 Plin. sv i. 36. g 3 "Virgil. Georg, n . 1 9 g4 Varr,!.. C. vi. 3 . Feti. V, Subulo. V edi.i monum. tav. xxxv 11. i a. g 5 Moitixt) Smi Jnfiovia. Straba v. p. i 5 s. 96 ( A derunt) in conviviis pueri m odesti, ut captareat cardiina an tiq u a, in quibus laudes erant m ajprum , a s u voce, et cum tibcirte. Nonius. 11. 70. 97 Cantabat fanis, cantabat tibia ludis : Cantabat moestis tibia funerilTus. Ovid. Fast. vi. 659.
Vedi i mouum. u v .
l iv

. a . L V i.

1.

l v iii.

a. xcvi. 1.

98 Vedi i monum. tav. l v . 3. c v i i : di pi i monum. defl Italia ec. tav. 18. 19. 34 - 35 .

C A P O . XXHI.

ritrova altres,effigiato un istrumento musicale a due corde, molto simile al colascione 9 9: figura frequentissimamente ripetuta, qual or dinario segno geroglifico, in ogni maniera di monumenti egizj ,ou. Abbiamo per linanzi ricordate pi volte le storie etnische, che si leggevano ancora al tempo di Varrone, dettate nell ottavo secolo dell era toscana Questi secoli, co quali segnavansi T epoche maggiori, non erano gi secoli civili, ma naturali, scondoch prescri vevano i libri sacri IO *: cio, a dire, che si mi suravano con la vita del cittadino che pi viveva. Da ci si comprende che i sacerdoti tenevano ne loro tempi un esatto registro di tutti i nuovi nati : tutti i morti s iscrivevano in quello di Libitina, .o d alcun altra deit sacra agli estinti. I libri sacerdotali pi anti chi erano scritti in tela di lino l0i: volumi guardati con grau cura in ogni tempio quali documenti di religione, non solo in Etruria,
99 Idem tav. LXi. u .e d i z . seconda i8 a i. 100 Massime nel grande obelisco Compensisi o di Campo M arzio, che porta il nome del Faraone Psamtk (Psamtnelico), come spiega Champollion. Precis du syst. hurogl. p. 194. e lav. 7. d . i a i . 101 Vedi Tom* i. p. 3 t. n o . io a Censorin. ex Ritualibus Etruscorum libris. 17. i o 3 Lintei libri. Varr ap. Plin. XJH. u. L ir. X. 38*

CAPO

XXm.

aig

in Sannio e negli Ernici I*, ma dovunque. Non possiamo dire di qual sorta fossero i libri che Pompeo, padre del grande, aveva tolto per se nelle spoglie d Ascoli al tempo della guerra sociale , di che renne accusato in giu dizio ,oS. Pure libri siffatti o religiosi, o storici che si fossero, dovan ritrovarsi a un modo per tutt altre citt italiane ; n di certo Catone pu aver tratto i materiali delle sue celebrate Origini 1 0 6 fuorch da scritture nazionali: mas sime in quel tempa che l antiche lingue erano vive, ed i popoli, ancorach sommessi, erano pur sempre di costume Etruschi, Volsci e Sanniti. L Etruria ebbe cosi certamente una lette ratura sua propria anteriore a quella di Roma. O piuttosto', come ripete Cicerone, 1* Italia aveva uso inveterato di lettere e discipline in nanzi che fosse Romolo,0?. Filosofia, nel senso greco della parola, o sia libera speculazione intorno 1 uomo , la natura e la provvidenza, era sconosciuta affatto in EtrUria. Dove, al
104 Liv. 1 . c. Fronton. O p. p. 100. 105 Plularch. Pomp. ioG U nd e quaeque civita* orta sit Italica. Corn. INep. Cato. 3. Cicer. de Senect. n . i7 Ramali aatem etatem , jam inveteratis lineria atque dottrini*..... fuisse cerni ai a. Cica-, de Rep. n. i o Idem ap. AugusL. de a . Dei. x v m . non rudibas et iadact temporibus, N d jam eroditi* et expolit.

CAPO

XXIII.

contrario, lo spirito inceppato dal domina sacerdotale non poteva franco avanzarsi alla pienezza dell umana ragione. Ma tal era, e non altra, la condizione universale della uma nit nel vecchio mondo. Gl' Italiani da se non facevano che una parte della grande famiglia civile, ma camminavano insieme cogli- altri verso uno stesso fine . Egli era per propagare e conservare agli uomini certi beni sociali , certi imprescrittibili diritti, certe libert acqui state, certe altre sicurezze, certe virt, che quest ordine medesimo di cose ci fu proprio e domestico. Anzi la patria nostra contribu non poco ella stessa ad aggiungere qualcosa di suo fondo ,o8 alla massa comune del tesoro umano . Sicuramente lEtruria fu la sorgen te delle migliori istituzioni politiche e reli giose di Roma. Tutt ora, nel quinto secolo, la nobile giovent romana s* ammaestrava uni camente nelle lettere etnische, come di poi costumava erudirsi nelle greche 103. E quando alla fine tutta la letteratura latina prese faccia ellenica, n pure cessarono le discipline etni sche d essere coltivate e prezzate dai savi. Col nome di etruschi filosofi troviamo rammentati
108 Gens ac terra domestico nativoque sensu, dice Ci cerone. De Harusp. respons. 9. 109 Ha beo a uctore*, vulgo tum romano pueros, sicut nunc graecis, itaetruscis lineria erudiri solitos. L iv. ix. 3fi.

CAPO

XXIII.

Tdtilio, quila, Musonio, Umbricio , Cecina, Cornelio Tosco 1 J istorico, ed altri moltissi mi 1,0 : i quali serbarono e mantennero lungo tempo in onore Cantica, bench poco pi cu rata sapienza. Cos ancora Seneca, a malgrado del secolo s guasto, rende egli stesso grato encomio ad ttalo, sud maestro, perch ei sapeva mischiare col ragionamento sottile dei Greci la solida scienza degli Etruschi 1,1.
n o Vedi 1 ' elenco degli1scrittori dato da Plinio nel L, i. ii i Attalus noster egregi us yir, qui Etmscorum disciplinam Graeca subbili tate mise nerat. Senec, Quaest. nat.
li.

5o .

ni CAPO XXIV.

Costumi f e vita domestica.

d o n o i costumi il pi potente aiuto della leg ge. Per essi l azione idei governo si fa pi fa cile , pi universale, pi spedita, pi mite. E con tutta ragione gli antichi institutori di civilt, che penetrarono si addentro nella na tura umana, ne fecero dovunque il principal snssidio della cultura morale , considerando quanto in ciascun popolo i suoi costumi sieno pi valevoli delle leggi stesse. Quivi in Italia da per tutto vedemmo religione e leggi accor darsi mirabilmente con le pratiche usuali di una vita fattasi gi mansueta e ferma: proteg gere con grandissima forza e sostenere le con suetudini tutte del primitivo stato: indirizzare a bene gli abiti della frugalit e della tempe ranza : volgere in fine a imo scopo di costuma tezza pubblica, o di comune utilit, qualunque fogge e maniere paesane : s che potesse ve nirne alla nazione intera sofferenza nelle fati che , domestica quiete, 1 amore della patria, del giusto, e ogni altro vantaggio del vivere moderato. E ne fu tanto efficace, e tanto uni versale leffetto, che in ogni et Sabini, San niti , E qui, Lucani, e pi generalmente tutti

CAPO

XIV.

as3

i popoli delle montagne, serbarono quasi che inviolata ne loro propri focolari la prisca vir t. Cos durante i secoli della romana depra vazione de costumi potevasi ancora mirare in tatta la frugalit rusticale de Marsi, e la rozza e schietta semplicit sabina. Le donne loro, s giustamente vantate per la santit de coniu gali e materni costumi, menavano una vita sobria ed esemplare, tutta intenta a opre vii lesche, ed a cure famigliari 1: filare e tessere panni laxii non si disdiceva neppure alle fem mine di grande stato *. Gi rie tempi vetusti o per consuetudine, o per legge, era stato vie tato alle donne luso del vino 3. La naturale temperanza degl'itali, i cui figliuoli erano assue fatti a non bere altro che acqua, ed a conten tarsi di poche pere e noci *, si riconosceva ognora nelle parche cene sabelle 5 : n diversa
i Horat. epod. od. il. 4 i- Ovid. de medie, faciei. n . sqq. Juvenal. vi. i 63. Martial. I. cp. 63. a Ovid. 1 . c. Juvenal. v t ,286-290. L a rocca e il fuso di Tanaquilla JIU 'V flH flO , tosca d origine, e c o g lie di Tarquinio prisco, si mostravano nel tempio di Sanco. Varr ap. Plin., v m . 48* 3 Alcim. Sicul. ap. Athan. x. 11. p. 44j - Secondo la m itologia, F atu a, moglie di Fauno, era slata battuta a morte per aver bevuto vino: manifesta allegoria del co stume pi antico. Lactant. Inst. 1. aa. 4 Naev. in fab. Ariolo ap. Macrob. Sai. n. 4- Posidon. Hist. ap. Athen. vi. a6. 5 Mensa Sabella. Juvenal. n i. 169. Fe&t. v. Scensa o Scesna : voce de Sabini per coena.

ai4

CAPO

XXIV.

era in prima la sobriet 'delle mense ospitali convenienti a rozza onest, ed a benigno co stume. Quanto fossero i corpi duri e soffernti lo manifesta l uso de padri nostri di portare i figli pargoletti afiumi, indurando eon lacqua fredda e col gelo le loro membra: daddestrarli poscia nella fanciullezza per le selve in tutte larti di cacciare, saettare e cavalcare : nellet giovanile finalmente nutrirli intra laratr l'ar mi 6. Naturati in loro cotali abiti daspra vita campestre guerriera, comprende Ognuno per ch adulti andavano i lavoratori alt5 opre sempre armati e in qual modo, sotto i patemi tetti, si formassero fra di noi uomini gagliardi, di fiera virt forniti, figli in somma generosi della repubblica e buoni soldati. Tal era il costume pi generale dei popoli delle montagne, quasi come impresso e stam pato in loro dalla natura fisica. Assai diverso erasi quello degli abitatori di luoghi pi do mestici, e delle piagge poste alle marine. Sin golare, se non unico destiho del bel paese chJ Appennin parte, il riunire in non molto spazio tanti costumi, dialetti, e fisionomie di popoli jxa se notabilmente distinti. Nelle
6 Virgil. IX . Go3-Gi3. Ca<o in Orig. et Varr in gente pop. rom. ap. Serv. ad h. 1. conf. Jastio, x x n . i. 7 A rm ati terram exercent, dice Virgilio degli Equi. vii . 748. *

CAPO

XXIV.

pianure uniformi dell Italia superiore e della Puglia tu trovi maggiore uguaglianza di caratte re e di costume : in Toscana l 'indole grave del** l ' antica famiglia etrusca: la rozza Sabina, lin culto- Sanoio, nel centrale Appennino : il Li gure povero e miseFO come i suoi antenati, perch H suol ingrato pu appena sostentarlo. Le forme stesse di queste razze appaiono molto diverse : gli occhi espressivi, i lineamenti fio ri e fortemente pronunziati del calabrese o del sannite montanaro, non son quelli del l'etrusco, civile v n del campano molle : e in tu tto , se bene avvisiamo i si riconoscevo stesso potentissimo influsso s della natra fisica i co me del governo civile. Di qui che i costumi degli Etruschi, posti a buon ora in commer cio con popoli stranieri d* oltremare , si mo strano non solo pi trattabili e umani, che non quelli dei Sabelli, ma in moltissime fog ge della vita ora p i , ora meno conformi alle usanze di fuori. Bench, a dir vero, questi costumi etruschi, che andiamo qui considerane do insieme, s introducessero nel popol in et differenti, e non tutti ugualmente bene si con vengano al primo periodo delle gente. An tichissimo nondimeno era per esso loro il co stume ospitale dammettere ai casalinghi con viti i forestieri, e festevolmente trattarli 8 : di
8 Heraclid. Pont. p. 2i3. li. i5

CAPO

XXIV.

che poscia eglino facevano anzi pompa, che un sacro dovere. Pi propria di loro l'usan za di dar posto nel oonvito alle femmine te nendole sedute in sul medesimo letto tnchnario insieme cogli nomini 9 : costume specialissimo, che sena altro dimostra quanto la civilt etni sca s allontanasse dalle maniere orientali e greche in questo particolare importante della vita domestica. Erano le cene degli Etruschi abbondanti : imbandite due volte al giorno : Vi spiccavano lo sfarzo^ delle Vesti cenatone, il numero dei servi, la copia degli argenti lo che rton disdice alle molte dovizie loro. Ma di troppo e la gola, e la lussuria, e l intem peranza dei Toschi, chiamati pingui pei* friz zante concetto " , furono esagerate dagli scrit tori : e non senza malignit Timeo ad infamare i Sibariti diceva, eh ei si davano Vanto dimi tare a casa nel vivere voluttuoso i Tirreni e gli Ionj- 'superando cos in ogni genere di delizia non solo ftltti i Greci insieme, ma tutti i Bar bari Pure Virgilio , qiwsi con voce d isto9 rislot. ap.1 - Attimi, i. ic). Htaraci. 1. c. Vedi i -monu menti tav. xm . io. Lvm. i . cxvnr. . cvn. 10 Posidon. ap. Athen. iv. u . Dtodor. v . fa . n Obesus Etruscus. Catull. 3 j . a , Pinguis Tyrrhenus. Virgil. Georg. li. 193. ( 1 Diotlnr. vili, fragni, p. 33. ed Bpont.A then. 111. 3 . ex Timaeo.

CAPO

XXIV.

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rico, conferma la divolgata fama delle invete*rate licenze toscane II. P e r c h di vero e c ce s sivo nella m a g g io r fortuna era stato il l u s so , e il viver lauto d ella g e n t e etrusca , s nella c i t t , c h e in c a m p o sotto l arme L a qual cosa tanto m a g g io r m e n te n o t a b ile , quanto c h e nella m edesim a e t , ed a fronte di coteste m o ll e z z e nostrali, altri p op oli indurati d o r m i va n o sul saccone 15, e provvedevano al parco cibo con sole civaie. P e r costumi s tanto trascorrenti nelle v o l u t t vuoisi c h e le fem m ine in E t r u r i a , belle di f o r m a , non vi lasser troppo caste ,6. Clic per u n antica rispettosa religione di famiglia
3 Al non in V enercm segnes, norl.11rn.1quc bella, A u t , ulti curva i lioros iiulixit tibia Uacrl , K xsperlare d a p e s , et plcnae po n ila mensae. Virpil. xi. 735. ronf. T h co p o m p . ap. Allieti, xn. 3 .
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xix. i.
iG Ko r i i o'put irvu xaL;. T heop o m p . ap. A lhen. xll, 3. C he non fossero in 6oncetto di pudiche lo dice Orazio, ili. od. x. i i . Non te Penelopcn difficilem proris T y rrh e n u s genuit parens. M a pi asp ra m en te Plauto. Gstell. a . 3 . so. non enim hic , ubi ex T usco modo T u t tibi indigne dotem cjuaeras rorpore.

CAPO

%XJV.

elle vi godessero di prerogative onorevoli, e di matronale rispetto, non pu n meno dubi tarsi. Il nome materno , che per vetusta usan za si trova costantemente espresso nella no menclatura de figli 1 7; uso anche degli E gizj 1 6 ; mostra, questa deferenza del costume al sesso donnesco. Una specie di berretta in forma di cono, o sia il tutulo , s usava dalle sole matrone quale acconciatura del capo dignitosa; e con lo stesso tutulo italico d antica foggia veggiamo pure adorne le immagini di. certe deiti femminili '9. Coesisteva dapprima il ve stiario muliebre in una stretta e lunga tunica prolungata sino ai calcagni, con manto alle volte sovrapposto, e con calzari a punta ri levata 1 0 : indi, per crescente lusso, si veg gono, usate pi leggiadre forme di tuniche, vistose palle, zone, e calceamenti impudichi. Inniimerabili sopra tutto sono le suppellettili di oro di fino lavoro, monili, diademi, armille,
17 Nelle iscrizioni ipoi-tuali si vede sempre dichiarata la filiazione m aterna. 18 Champollion , Precis da syst. hierogl. p. 109 sqq. 19 Adornam ento frequentissimo in statuette m uliebri etrusche: tale quote si vede in capo a molte deit. Vedi tav. xxix 1 - 4 . x x x i i . 2. x x x iii. x x x iv . 3. 4 - Usato ancora dalle donne rorpane. Varr l . l . v i . 3 . 20 Calceolos rtpandos.: <oin era c a lz a ta la G iunone d i L anuvio, cos veggonsi molte statuette etrusche di stile antico.Vedi U t . X X i X . X X X ll. 3. X X X I I I . X X X v . la : X X X v l l . 1.

C A P O XXIV.

4*9

orecchini , fibule , anelli, e mille altre pom pose bagattelle, che tuttod si rinvengono en tro i sepolcri delle donne ^ quali sono figurate per adornamento nelle loro immagini stesse Costumavano gl' Itali primi lunga chioma e barba non rasa , siccome veggonsi effigiati in antichissime sculture dEtruria e de Volsci tanto per fratellanza si1 trovano le Usanze loro esser conformi . Non altramente Virgilio, il qaale ritrasse i costumi con la fedelt d'un istorico, e con la vaghezza dun poeta, rappre senta il toscano Mezenzio con barba luttga distesa lj. Per uguale usanza sono chiamati in tonsi da Tiballo e da Orazio i Romani antichi. N forse prima' del quinto secolo s introdusse generalmente in Italia 1 arte di radersi D' allora in poi nell' Etruria i molli ed eflfyminati si lisciavano diligentemente i volti coh la pece j per lo che v erano officine di destri artefici, coine di barbieri in Grecia Il ve stiario rusticano consisteva in una succinta e
a i Vedi tav. ^x l v i , l X. cv. Cvi. aa Vedi taV; l i . d i bassi rilievi volsci tav. i. a 3 Propexam barbam. X. 838- T ito Taziri Sabino, RoioIo e INu rn a , hanno ugualmente lunga barba he* loro ritra tti ideali* V isconti, Iconogr. rm. i . a. 3. a> An. 4^ 4 1 in cui P. Ticinio M ena condusse dalla S i cilia barbieri in R oina.'V arro ap. Plm . vii. 5g. Geli. kti. 4 a 5 T heupom p. ap. Alhen. x u . 3 . p- 5 i 8 l Aclian. de nat. anim. X iu . a7.

a3o

C F O-j XXIV.

rojzza veste con cappccio di color verdastro, di che in Roma stessa s onoravano e Fabricj e Curj ,8: 1*urbano si componeva df tunica e di pallio : tanto che civilmente m toga s1anda va al tempio, si sacrificava, sJ entrava nella curia , si compariva agli spettacoli e dovun que. La toga pretesta listata di porpora fu per certo u n ,antico vestimento toscano di nobil condizione, introdottosi per tempo nel costu me dei Romani * * : i quali tolsero anche dal1- Etruria e la bolla.d oro, fregio de4fanciulli bendati * 8.> e molte altre cose onorevoli duso privato e pubblico **. Una specie di soprav veste o di manto vergato agli orli di be colo bi 3 * spettava ugualmente al vestiario etrusco .degl ingenui : dove che talune figurine, che porgiamo sotto gli occhi del lettore, danno la .forma delie povere vesti dei lavoratori, ar tigiani , ed altri volgari, che per essere pi spediti o cingevano una lascia stretta in 1 i
36 Contentus Uic veneto duroque cuculio. Juvenal. 111. 170.' Sagii cucullis era il consueto vestimento del <x>ntado, adoperato anche dai viandanti. Columell. p. il i . 8. li. i. Ctipitol. Vero. 4 < 37. Pretextae apud Etruscos originerei invenere. Plin. viu. 48. IX. 3g. Fior. 1. G. Macrob. Sai. 1. 6 . a8 Hetruscum aurum . Juvenal. v. 164.' Plin. XXXUI. 1. V edi tav. x l i i i . x u v . 1. x l v i . n . 99 Fior. 1. 5. 3o Vedi ta v . l x x

CAPO

XXIV.

fianchi, o un- giubbone serrato alla vita fino a mezza1coscia 3l. La dignit de grandi citta dini spiccala bens nelle venti intessute d or nella toga ricamata o dipinta di fognila se*^ irtcircolar : diversa in questo, come nota Dio nisio, darli, foggia de L id j, che usavano toga quadrata * * . Ed a maggiore dimostrazione dell ufficio , o -della pretnin/ita-della schiatta , cotesti grandi usavano anche l'andare in coc chio v o in lettiga, accompagnati da clienti e da servi prnti a ogni bisogno.. Fregio loro speciale crtaix t sandali detti tirreni : nobile alzamento di color res^eggiftnrte , e di suolo mlto allo, cn cintoli 4 oro: lo stesso che s appropriarono i senatori in Roma 3 *\ e di cni Fidta non seppe1rinvenire il pitrdegno per adornarne la sita famosa Minerva Vivevano i nostri antihi, come replicatamente facemmo conoscere nell' altro vo4mfte, per casali, borghi, villaggi < e terre grosse:
3 i Vedi la . ^cxXvii. 8 - n . 3a Dibnys. m . G. Bene VirgJIitj descrive-'l VSte di
L a uso qturte sictonV enh a g io v M ed l notile Italo : . t lUn^a), moli ijn a terq nana p e r t? |t|u w ;X, 8 Cos nelle sculture delle urne i vestimenti si veggono spesso dipinti e screziati di pi Colori con fregi indorati. 33 Vvpfmixi atwtiaAac: P o llili eii Gratino v ii.'86. 9?. 93. Clero. Alex. P*daggus. T . 11. p: 11. Hesycfi. s. v. 34 Lepiits 'in^lferade sacerdtlbs ap. h j . de MagUtt. p. rom . pi 37. Vrrgif. vm . 4^8, Serv. ad i, 35 Polluc. 1 . c. :

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XX'IVv

costume affatto .confacente alU viUi rustie^ e campestre. QutL che abita Vanofin , terre. mu rate , vere citt munite, o $ia! U/popolo ;dei primitivi cittadjQi i, ;vi merwwwovtfa U mQhiu nobili e dagiati, citta:|iqo, &'anpgi;andi: per parlare di quelle1 deUVEtrurif :wlt#nfco Fiesole, Rosolie *. Ppulwiia !e Cossa,, ni sussistano in bu o n ap arte Ie ratich e mura , hanno alquanto n% e^K >di duemigUa p circuito ; Volterra ,quattro ;iyigiia, Qj.crpflj 36.. Vejp maggiore .di tutte,, (R iebbe Laj^oi inorflo, a fitfi miglia 4 i gi^ :ei crediain<? ,a Dioojpio \ S itiate. in luoghi' montuosi e ; ftrti er^eo le citt di natura; Wo irrpgcjdsi ;p,coscese nelir interno ; l;strdasti:e(tte tontuosee disage voli, come appa^pe a^orji ;p Cortona poeta entro il suo .pqirofl tirchio ; e. salvo i tempj,, alLufiO toscaniw upfi m <>ltoi gwmdi. il F o ro , la Qatria, J# ?m *m 4 , *Jtrj pwbWw ; edifaj < < . pwa dobbiamo %*irarcil< h,$l|,eay^eft^quaftt? al materiale, un aspetto bello, n ornamenti jpiojtL Le case ,tujttavia,dovevano/ess'eryi co mode e bene distribuite; p o ic h ^ oltre agli appartamenti degli uomini e1delle1donne, i
3Q Vedi la, pfant^t ^1; Voljprr^ aulica e m oderna tav. i.
37 Diony. 14; 54. \;ed inTopi. jl, p, ,n. i 33- E per i^agpnre iUfjsJraxonq U pianta |ppagr*%? d i Veij m isu rata e descritta dal Sigi W . Geli, ty)equ/ dell la st, di archeolog. tav. 1. p. 3 sqq.

CAPO

XXiV.

a33

giovani ed anche i servi , occupavano quar tieri separati e distinti , e tutti ugualmente acconci ?8 $ per non sapremmo dire se le case de* maggiori cittadini avessero tutte a un modo cortili ?9 portici ^ , di che ebbero lode d'in ventori gli-architetti d Adria. In Tuseolo bens le case de'privati vi compariscono piccole e semplici: togei filtro edilzio di costnuone sothtj anzich bella : fl certo queste citt latine, o de Volse?, o del -Sanniti, dove si mirava solo allutilitqdet cornanepotevano avene laipet* to vago p le. ornala fabbriche d> unn Pompeja, laddove la ciyilt > greca e romana avevano da lungo tempo ih ita)dtto g jt ubi ed' i epfttumi d'una vita delicata. Per tutta Italia V gtuoHr e gli spettacoli pbbbljiqi , e^aressiofie - de costumi . hafcior&li \ vi farono istituiti come'atti solenni di < religio-1 ne. Ma pi che altrove in t)truria , l , dove maggiormente tendevusi ad esaltarq il colto divino mediante afficj gradai , v erano cele- brati foh grandc s^kpdjidelJBt' tiii pocnpa. I giuochi del Circo> tdaggiori dihitti,fao*im o essi:stessi<p9rte> delle feste ^eligibsel^iviai
38 Diodof. V. 4 o.

3g Vitruv. vi. 3.
1*0

Didot-.' I.

c.

t al.

4 i Tertull. de Spect. 5 . 4 a V arr ap. August. de V. D e i Vr. 6.

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C A P O XXIV.

portavano con pomposa mostra le immagini divine riccamente abbigliate, e vaveanluogo in onore di q u e lle ludi principali. Tarquioio il vecchio introdusse bene avvedutamente questi medesimi giuochi circensi annuali dallEtraria in Roma? d col vennero i cavalli per la corsa ed i pugili 43. Ciascuna citt onorava del pari i suoi iddii grandi e protettori con siffatti giuochi giudici insieme ed equestri : li praticavano con uguale apparato Yejenti<4 <e G eriti4 1 : n solamente la corsa delle quadrighe e il pugilato, dati da Tarquinio in spettacolo a suoi, ma. mostrauo di pi le pitture?stess dei sepolcri di Tarquinia e d Chiusi> non Ita guari tempo .discoperte, che vi si costumavano altres gli esercizi tutti della ginnastica nobi litata 4 S . Questi giuochi, primi priqcpj, dell'a rte militare, e semi di valore, non erano solo de Greci : gli Usavano E gizj, ite*cui mo numenti pi antichi si veggono figurate <qoh~ simili scene di ludi ginnastici,.. e similmente l'i davanoperaaltri popoli civili, qual proprio istituto delia giovanile educazione T perch in afforzando il corpo cooducelKano pre al mas^
43 L udicrum f u i t , e q u i, puglesque ex Etrunin m a xime acci ti. L iv. 1. 35. 44 Plin. vili. 4a. Feit. . Rohunena. JPKiUroh. Public. 45 Herodot. I. 167. 46 Vedi tav ;|Oxiii.

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XXIV.

i35

simo incremento della forza morale; Per co stume etrusco, dice Eratostene 4 ysolean trat tarsi quelle pugne al suono di tibie o di flaur ti. Lo confermano le mentovate pitture, ed altri monumenti, in cui tutte volte intervengono come ministri delle feste i subuli o trombet tieri 4 8 : cos pure coll armonia deflauti.sac compagnavano certi ludi scnici senza parole, usitati in Etraria per uopo di religione4 1: foggia dazioni mimiche rappresentate con gran ceri-r monia daglistrioni che taler il nome etrusco degli attori Erano costoro persone servili al pari de gicolatori, salta tari, acrobati, che spesso ritroviamo effigiati in monumenti, no strali giocolando in sulle corde tese-, 0 in ter ra 5 : all opposto 1 educazione degli ' atleti, uomini ingenui , era tutta liberale^ e eoi solo fine d'onorare degnamente negli estinti la virt deprodi, solevano i funerali dei benvoluti com piersi spesso con taligitochi giocatici e belle valente. Cosi fatto costume ne d ragine seivr z altro del motivo per coi, s nelle pitture .di sepolcri, come in quelle < 11 moltissimi vasi ivi
4/ Libro primo Olympionic. ap. Athen. iv . i 3. p. i 5448 Vedi tav. l i v . a. L v u i . a. l x v i i . l x v i i i . l x x . 4g Liv. v i i . a. Valer. Max. ir. 4- 4*
50 Quia bisler tusco verbo ludio vocabatur, nomen hi* elrionibut inditum. L iv. f* c. 5 1 Vedi i mppuai. dell Italia ec. tav. 5G.

a36

CAPO

XXIV.

entro riposti, si veggono rappresentati tutti gli esercizi della nobil arte ginnastica , premi -non pure di virt agenerosi e valenti in que sta vita, ma simbolo ancora di quelli che sad dicevano loro nella futura : sicch per cotesti imboli stessi miravano i parenti e gli amici a rimunerare nell' ultim' ora del loro buon volere i mani de lagrimati congiunti. Tal era infatti, e non altro, lo scopo pietoso per cui ebbero principio i giuochi degli atleti: instituzione divina di .Bacco tesso primigenio o Zagreo, il dio infernale 5 > . Ben dunque questo sdoro antichissimo costume deludi atletici nei iti funerei dava compimento intero a misteri, il cui primitivo concetto s1era perduto, o mutato affatto .in processo di tempo : onci' che per total degenerazione del costume antico indi nacquero tra di noi le mortali zuffe dei gladiatori. Si vuole eh' elle prendessero origi n e , 'e principio nella Campania tra Etruschi e Sanniti 53: dove in fatti l'a rte , non che l usoi de ; combattimenti: g^diator}, vi si col tivava in ogni et coti passione sfrenata 14.
Sa Notili. Dionys. XXXvu. ir. io 4 sqq. Me. Dainasc. ap. Atfien. fv. i3. Vedi Tom . i. pag. 3 i,i. 3 ia. ( 54 T'ad. xiv. 17. Esistono ancora^ le rotine dei ma gnifico anfiteatro di C apua, di quello di Pomper e di Pozzuoli. Il noto sepolcro di Scauro in Pompe)a rappre-

53

CAPO

XXIV,

i3 7

Capita era la grande scuola;degli accoltellan ti : per rispetto di religione Diana, dea tute-, lare del luog, yavea la presidenza de loro, giuochi 5 5 : e di col s introdussero in Rma intorno la fine del quinto seoolo 5 8* ? poscia per tutta Italia. Di tal modo che per inclinazione danimr forti e guerrieri questi ludi stessi dell* anfiteatro, che Cicerone chiama eccitatori del coraggio 57, vi divennero alfine quasi ia ogni citt lieto e universale spettacolo. Forse anco i Volaci non molto s iscostavano dal co stume antico degli Etruschi : poich usavano con pari studio in casa loro pubbliche corse di giovani armati e di cocchi S 8 . Uno de'grandi prm eipjdUmanit, e in sieme uno de costumi pi patenti, e pi gene ralmente rispettati, si era la religione de sepol cri, che per riti sacri, e per misjteri, perpetuava la memoria de padri e la piet nelle famiglie. Questa pietosa sollecita' cura che prestava cia scuno alle spoglie mortali desuoi, predestinate a
senta come veri ludi funerali quei combattimenti stessi di
gladiatori.

55 Tertull. de Specac. 56 An. ^90 : con siffatti giuochi Deci e Giunto Bt-uto
intesero a onorare la memoria del defunto padre. Liv. epit. x v i. Valer. Max. u. 4- 7* 57 Tuscul. II. 17. 58 V tdi i monum.tav. l ? i . Becchetti, Bassi rilievi volici. tav. ni. iv.

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XXIV.

viva immortalit occupava lanimo dell nomo tanto pi fortemente, quanto egli era pi ubbi diente e arrendevole a religione. La considera zione del suo bel passaggio era il massimo pen siero del vivente in questa vita terrena. Da ci quel grande studio che poneva ogni uno a pre parare sua sedia : dimora eterna di giustizia e di verit, dicono gli E gizj5 # . Non havViparte dell antico suolo dell Etruria dove non si rin vengano in grandissimo numero sepolcri ; ma questi stessi monumenti orasemplici, ora sontuo> si, e soprattutto^ variatissimi in fra loro di qualit, di materia, di forma, danno principalmente al filosofo una netta idea, cos dlia grande ine guaglianza delle fortune, come del progresso dellarti paesane. Sono dessi per lo pi sca vati in fila nelle rupi, e sempre al di fuori del labitato: una o pi stanze fatte a volta ora piana, ora a botte, formano V oscuro e cavo sepolcro : talvolta hudr affatto (fogni ornamento, talvolta fregiati non senza molta cura allesterno di prospetti architettonici, e nell' interno di scul ture o di pitture allegoriche distese in silile pareti j e tali in somma che per artificio molto rassomigliano ai sepolcri egizj 60. Altri ipogei
5g. Cos nelle taro stele, e nelle tavole o scene del giu dizio in moltissimi papiri. 60 Vedi tav. l Xii - lxx . Orioli, dei sepolcrali edifiti deli Etruria media.

CAPO

XXIV.

di pi regolare architettura sono edificati di grandi pietre spianate e pulite all',esterno, come.il bel monumento , detto di S. Manno, nel perugino 61, ed altri di minor mole 8 : bench superiore a tutti e in grandezza c in fabbricazione siasi la nobil tomba di Vulci, per linnanzi ricordata63. La maniera pi volgafS per della sepoltura consisteva nel porre i corpi morti sotterra circondandoli di lastre di pietra, o di grandi tegoli, sui quali ucrivvasi coi) un ferro il nome del defunto. Ed ivi antro a tutti questi avelli * conforme al Mero rito funereo, racchiudevano i congiunti, econdo facolt, tutto ci che di pi caro, o di pi pregiato, servir poteva ad onorare le* stinto al momento di staccarsi da quello, e dargli un eterno a dio 6;. Se pure talune sup pellettili di casa non ai collocavano ancora nel monumento pel solo amoroso pensiero, che ci era stata pi adoprato, o pi prezzato in vita, doveva aversi 6eco nella mor^e ^ L uso pi antico era di seppellire il corpo: indi si introdusse il rito pi onorifico dabbruciarlo, e custodirne le ceperi in urne o vasi di mille fogge: sopra d ogni recipiente segnavasi con
Ci

M u s.

E tr.

t . ih

. ta v . 5.

6a Vedi ta v . LXXI. 3. 63 Vedi tav. Ljir. i. Tom i. p. i 5G .. 64 Aeternum vale.

a^o

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XXlV.

brevi epigrafi il prenome e cognome de! de funto, e gli anni che visse 85. Il rito della com bustione aveVasi per pi gradito al dio infer nale , perch instituito da Bacco istesso 6 S . Pure alle volte in una stessa sepoltura comune gentilizia si poneva senza distinzione, bench con riverenza pari di sacrifizio, tanto il corpo, quanto il cenere di coloro che partecipavano al culto privato della famiglia: consuetudine o statuto di religione cbe si ritrova ugualmente prescritto nella legge romana dei funerali87. Molto pi notabile * atteso la singolarit del costume, il rito egizio che si vede adoprato in talune sepolture degli Etruschi : sia che ci fosse una speciale religione della casa, o piuttosto, come par probabile assai, una strania e molto accetta supei'stizione rinnovatasi in secoli non troppo antichi 8. Quale e quanto si fosse nell universale il dovuto ufficio con cui s assistevano per reli gione t- moribondi nll ultim ora , e quanto solenne la funebre pompa colla quale s ac compagnava alla sepoltura il defunto di nobile stato, e l si deponeva con preghi, donativi, riti sacri all ombre, l appalesano a tutti
G5 66 67 68 Vedi t a v . l i x . 5. l x . c v . Nono. Dionys, xxxvu. v. io 4 sqq. Cicer. de Leg. 11. aa. Vedi t a v . x l v i . c i . i - 5. c i v i l i . 3.

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XXIV.

*4,

eoa, significanti ipimagini i nostri monumenti funerei .Qui tu Vedi giacente in letto una matrona languente: i parenti e nn fanciullo 4e sono allato in atteggiamento di cordoglio : altri uomini attorno e donne famigliari danno segni di mestizia dolorosa, e di lutto al flebile suono d flauti: tre assistenti infine, che,pos sono credersi sacerdoti, tengono nella desti bastone augurale, simbolo di benigna propi ziazione 6 9.Altrove un mesto figlio compie l ultimo misericordioso rito inverso il vecchio padre ^chiudendo id i lui occhi in quell estre mo punto ctemoribondi *V Per altri monu menti veggldmo il trasporto del defunto alla sepoltura .disteso sopra d un feretro, o cafro funebre , accompagnatovi -da suoi parenti e dagli amici, e convolato insieme dalle prefh-che, donne prezzolate, che in lode dellestin to vi cantavano al suono de flauti il lugubri canto delle nenie 7 : costume antico introdot tosi anche nel funereo cerimoniale romano 7 \ Secondo la fortuna o il grado dell estinto si abbigliava il corpo morto di ricche vesti : si
6 9 V edi tav. t,vi : e p ef confronto il cip p o perugino gi edito p i volte.* M u S . Etr. tav. 2 0 .' a i . aa. 3 .

70 Vedi tav. u x .

4*

71 V edi tav . i v a . 1. a. x c v i. 1.

72 Honoratorum virorum laudes .... etiam cantu ad tibicinem prosequuntor : cui nojnen o^niae. Cicer. Leg11. a411. 6

>4*

CAPO

XXIV.

decorava e sabbelliva alla volta di nobili ar redi , e di. suppellettili d ero , d argento, o dTambra acconciamente lavorate ad oso dei mortori : e tale quale ponevasi colle neces sarie formalit ' il defunto nella sepoltura suf fragato con preci, offerte ,libam enti, odriferi profumi, e ogni altro .miglior rimedio che si addiceva al rito dei mani. Tr i suflrqg} del1 nima ocporreya spesso nche il convito fu nebre , qual simbolo sensuale de godimenti riserbati nell' altra vita : e tutto ci che arvea servito.alla mensa consacrata, piattelli , vasi, coppe, anfore, fiale, tazze da bere, pare si lasciasse pei- religione nella totba, allato del morto, a giudicante almeno dalla quantit di tali stoviglie di terra dipinte o non dipinte , nobili e volgari, che tuttod si ritrovano ab+ bondantissime per entro i sepolcri . Grande era la cura il pensiero di custodirli inviolati sotterra : il tremend dio infernale vi sr mo strava come gardian del luogo sotto forme mostruose e terribili,J: n v appariva meno, a talento d chi ordinava il sepolcro, qualun que altro simbolo figurato che per valido ri paro avesse convenienza alcuna con la terribile
73 V li tav. xi,v. 3 , X ivi. '74. Vedi tav, */xvm. u cvn. 75 Vedi tav. cu. Lix. a. 3 .

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XXIV.

*43

Nemesi. Tutti grandi spauracchi al malvagio violatre con i quali studiava ciascuno salvare sue reliquie da empia profanazione ie. Se Preto ria dun popolo tuttavolta si debbe ricercare, come insegna Tucidide, anco ne suoi sepolcri, sr vuol qui rico gliere che a malgrado di tante solennit nell eseqaie non scrge mai che gli Etruschi, seria e malinconica nazione, si per temperamento, s per forza deducazione, mostrino apparentemente per alcuna iscrizione sepolcrale sebsibilit di dolore, n tampoco nessuna di quelle tenere espressioni di ram marico, che fan sacro il cordoglio : formule lamentabili s tanto comuni-nelle leggende inortuali greche e romane. Cos pure nelle coppe, o in altri vasi per uso di bere, quelle gentili maniere greche di acclamazione e di saluto, che si rinvengono frequenti sopra i Vasellami dipinti 7 7 , non si sono mai vedute fin ora in monumenti propri degli Etruschi. La stessa religione del sepolcro si ritrova coli pari ossequio verso i mani, e con pari os servanze coltivata per tutta Italia. Ciascun popolo si conformava in questo al costume
76 F requente era la violazione <la per tutto: pochi sono i s e p o k r i della Mftcropol di Vulci che non si trovino fru gati e derubati, d&i m alaodritii antichi. 77 Xalpt ai: Xaipt a* irtii: -*Mc voig; tri maifu xmpurruc: e simili. Vedi tov. lx x v tj a. "sevu. 3.

*44

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universale : nel resto aveva per lo pi usanze, maniere, e consuetudini sue proprie . Tal era quel giudizio di dio, o altrimenti duello ap presso gli U m bri, in vigor del quale i duel lanti , combattendo armati come in guerra, stimavano aver buona ragione colui, che di sua mano uccideva l avversario 7 8: costume fiero che dimostra quando durasse tra df loro gran tempo il barbarico dritto della forza. Pi specialmente gli Etruschi, che guardavano in ogni cosa al 1^ formalit, costumavano in'casa lare impastare il pane, e battere i loto- schia vi coii misurati colp a tempo di flauto.9. Uso italico delle donne era il salutare i parenti abbracciandoli K.Ma chi potrebbe dire quali si fossero in generale quei singolari modi ed abiti degli Etruschi, che ifecerb sentenziare a Dio nisio 8 1 non esser dessi somiglianti a nessun altro nel costume ? Tutto riferiva quel popolo a religione . Or certe formule costanti, e certe voci etnische d ignoto significato,' come Phleres , T ece , T urcey ,Cleri, T inm cuil, Tkftt7 8 0'fij9j9wc ora Trpf V/7jiou{ ^e^riv p jt(j| 5iiririv, xfrir>iff3 tvTi( <t v m tlip w
X III.

fi^ovxat . xa yxaai ixaoTtpu

0i Tc evavrou; nojfi^xvxtf. Nic. Damasc. ap. Stob. serra. 79 A ristot. ap. Pollile. iV ,:5 G ap. P latarch. de cohbenda ira. T . n. p. 4Go. Alcimus ap. A thn. mi. 3 . 80 Plutarch. <Quaest. Rem . 6. 81 Dionys. 1. 3o.

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thina e simili , che spesso ripetute si legga no in statue votive., e in molti belli arnesi, mostrano ess stesse don, evidenza la singola rit , e specialit di tenace costume nazionale sia sacro, sia civile. Perciocch tali voci si risolvono tutte in quelle formule colle quali si accompagnavano i sacrifizi, i voti, le offerte,*gli atti in somma pim eiitorj della religione. Ad durremo altri esempi nel'capitolo seguente tratti dalle arti del disegno i N per certo vha luogo di maravigliarsi se usanze e fogge di vita s fatta-1 mente nostrali appaiono di Unto radicate nel costume popolare, aaeo per monumenti dellet meno antica.
8a Voci replicate n monumenti tav. xxxv. 9. xxxvui. 1. xt,. 1. Xbi(. 4- XLiir. x liv . Vedi Lanzii Sggo T . u. p. 4-77 6qq. L e in ter pe trazioni allegate posuit, dedit, e simili, sono tutte congetturali.

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A n i d el disegno : monumenti prin cipali degli Etruschi.

X j arte ha il suo proprio linguaggio^ e giu stamente la storia delle sue vicende debbessere dimostrata mediante le sue opere stesse. Or, senza por mente a dettare una storia generale delle arti dal disegno appresso, gli Etruschi, toccheremo soltanto quelle parti che possono dar meglio a comprendere da quali principi elle mossero, come progredirono, e per qiiaH vie e mezzi andarono di mano in inao avan zandosi maggiormente col sussidio di nuovi e pi venusti esemplari. Il che baster pure a manifestare insieme qual fosse tutto quan to il progresso morale che sort alla nazione italica per questa nQbile facolt dell uma no ingegno . Pittori dei paterni cstumi e semplici naturalisti nell arte, gli antichi ma estri attendevano meno a produrre il bello imitativo, che a percuotere fortemente i sensi con immagini significative di miti e di simboli della domestica religione, parlante quasi in ogni lavoro di stile vetusto. Ristretta Y arte dap prima alla sola espressione d'un determinato ordine d idee , trovavasi anch ella necessaria-

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mente posta-sotto l influsso dlia sacerdotale politica: anzi dirizzando rintelletto a gravi pensieri molto potentemente concorreva allo scopo principale di rappresentare eoa figurato artificio, e vie meglio .scolpire nell animo, ogni maniera di simbolico insegnamento, che tendesse a confermare la stabilita istituzione religiosa e pivile. Forse ancora Certe, arti pri me del disegno, come il fare in terra e la 'scul tura^ s appartenevano in principio ad alcuni casati di stirpe sacerdotale, che soli ne pos sedevano le teorie e la pratica; giusto qual era lantichissima stirpe dei Dedali ; n per altra.cagione ne venne all' arte antica quel tale stile eonveiizionaje, mantenutosi inalterato gran tem po, che a difetto di miglior denomina zione diciamo sacro , o vero-ieratico. Cosi pur religione insieme e politica volgevano tutte le altre arti, dette liberali, a uno scopo'. Non senza riti consacrati edificarono gli Etruschi le mura fortissime delle loro citt primarie con smisurate pietre rettangolari disposte per piani orizzontali murati a secco : in che ado perarono essi, come si vede 1, tal perizia e pratica cT a rte , che n\ ebbero lode d inven tori *. Questa forte e stabile maniera di fab-'
i Vedi monum. tav. ix-xn. a Vedi Tom. i. p. i 35.

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bricazione si ritrova in tiV Lti ii grandi edifizj costrutti fuor d ogni dubbio da capo maestri toscani, cos in Etruria, come in Rpma sotto il governo dei re. Tra i quali basti nominare cloaca massimaconservatasi per tanti se coli nella sua prima saldezza e integrit 3, la sponda, del Tevere, ed i grandi muramenti inferiori persostegno del Campidoglio. V9lte arcuate con tre ordini, di pietre s ossrvano tanto nella cloaca massima, che in diverse fab briche pi notabili dell Etruria centrale1ad uso di sepolcri *. Nella bella porta di Volterra or nata d itte teste colossali incastrate di prospet to, si hanno archi perfetti circolari di pietre ben tagliate.5 } e quanto ella serba ancora dellantica fabbricazione etnisca ne mostra evi dentemente , che nell architettura pubblica i maestri dell arte sapevano accordare molto a proposito i convenienti' termini della solidit, del semplice e del grande, principali bellezze. Nessun vestigio abbiamo dei tempj d'ordine proprio toscano, il pi sdo e semplice di
3 D ugnale co struirne etrusca un avanzo di altra grande cloaca, che. vedesi a pi del coll^ dove sieda. 1 an tica Tarquinia. Il pi grande con etrusca iscrizione trovasi presso Pe rugia. Vedi Mus. Etr. T . in. tav. 5. ed i nostri monu* menti tav. l X X i . 3. 5 Vedi tav. vii. vili.

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tu tti. P er ci che dice .Vitruvi 6 delle, distri buzioni e proporzioni generali di siffatti tenipj, dessi erano di forma quadrilunga non molto grandi, con tre celle, una maggiora nel ^nezzo e due laterali : nello spazio dell1antitempio avanti le celle stavano eoa ordinata simmetria distribuite le colonne j e sopra la fabbrica del fregio posava il tamburo co suoi frontespizj, i quali solevano ornarsi di sculture di creta e di bronzo indorato 7 . : mirabili, dice Plinio, per intagli ed arte 6. Tal era il tempio di Giove .Capitolino fabbricato da etruschi art fici 9, non pure alluso toscanico, ma col rito 'stesso dell Etruria , siccome palesano chiara mente triplicati santuari di Giove, di Giuno ne e di Minerva, posti sotto uno stesso tetto. Tale ancora, bench pi ingegnosamente con dotto, era il. tempio di Diana cacciatrice in Aricia , per 1 * aggiunta di altre colonne a destra ed a sinistra dell antitempio IO. AlG iv. 7. Vedi K le n te , Saggio di ricostruzione del tempio

toscano : nelle memorie dellaccad. di Monaco T. Vili, parte

filolog. 7 Ornantqne sigoisfictilibus, au laereisjn au rall earu m que fasligia Tuscanico more. Vilr. in. a. 8 Fasligia quidem templorum etiam in Urbe crebra, et M tioicipiis, .mira ca eia tu ra, et arte aevique firm jttte sanctiora auro. XXXV. 13. 9 Intenti perficiendo tempio, fabris undique ex Etraria adeitis. Liv. 1. 56 1 0 Vitruv. iv. 7 .

CAPO

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tri tem pj, ordinati bens con simmetrie to scane, partecipavamo delle distribuzioni di qual che altra specie , soggiugne pure Vitruvio. Bench ugualmente in tu tti, per principale precetto, s avesse sempre in mira stazione, usanza, natura. Una idea qualunque di tali fabbriche simmetrie pu ritrarsi dalla forma di alcuni tempietti figurati in creta, che diamo a luce per saggio u , dove appdnto si Vede beu distinta la parte superiore di legno col corrispon dente asinelio , puntoni e assi per modo che lo scolo del tetto vi sta pendente a due acque : foggia consueta di moltissime urne sepolcrali etrusche non dubbiamente rappresentative d i' veri tempietti, edicole, o simili ediftzj sacri facenti manifesta allusione al sacro riposo delle anime. In tutte le sue parti V ordine toscano , qual si comprende robusto e semplice pi di ogni altro, per legge forse meglio di giudizio che d* arte, ottimamente si confaceva per la sua sodezza all' indole grave e gente. Ma prima assai che s'introducesse nelT arte imitazione alcuna dlie maniere greche, non pu essere dubbioso, che l architettura pubblica etrusca non tirasse molto allegizio. Le fa tia te architettoniche di tanti sepolcri di
i i Vdi tav. LXXii. a. 3 . lv ii. 3' 4 l a Vitruv. IV. j .

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5t

Tarquinia e di Vulci 1 3j quelle ancor pi nu merse dei sepokri di Castel dAsso e di Norchia nel viterbese u \ e principalmente le porte rastremate delle mentovate tombe danno una qualche idea di quel far primitivo egizio-toscanico : poich, se bene molti di cotesti mo numenti qui mentovati non sieno, al nostro giudizio, di fabbricazione troppo antica, pure apertamente si vede che i costruttori seguivano pei' religine di sepoltura una maniera consa crata dall uso, che forse non era lecito alte-* rare. Una forma singolare di capitello ritro vato a Tuscolo, e intagliato in pietra deipaese, forbisce al pali un altro esempio di singolare imitazione egizia ,s : e come usarono gli Egizj, csi gli Etruschi solean colorire alle volte i loro monumenti d ?architettura ricoprendoli di fino stucco. Per un* altra foggia di capitello, teste trovato dentro a Tarquinia segnato di let tere etrusche , abbiamo an saggio dell ordine toscano rimodernato *% da poi che -il vecchio stile architettonico sandava di mano in mano migliorando, rassomigliandosi pi direttamen te al dorico. Nulla sappiamo dellinterno ador namento dej tem pj, se non che tutto v era
1 3 Vedi U v . l x i l i o . i 3. l x v i i . 5. l x j x . 14 Vedi Orioli, dei sepolcrali edifizi dell' Etruria media. 15 Vedi t?v. cXX. j. iG Vedi tav. CXX. i.

5a

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XXV.'

Ugualmente toscanico : cos quelle porte di ra me tolte via da Cammllo nel sacco di Vejo , e gi di ragione dei soggiogati, dovevano es~ ser quivi 1$ stesse del tempio principale di Giunone regina 11. L architettura civile degli Etruschi npa tendeva meno all utilit, che al comodo della vita privata. Le case loro signorili erano pi tosto spaziose, e bene distribuite per quar tieri ,s. Vittimo parla di cortili alzati alla ma niera toscana 1 9; e per avviso concorde di scrittori la. fabbricazione del portico, parte nobilissima delle, case grandi, dovrebbe <li pi attribuirsi ai Toschi stessi, o pi tosto .agli architetti d Adria, come ne suona, il nome Aveano le case degli Etruschi una sola porta: di quella forma a due imposte che si vede ri tratta in monumenti : e giusta ogni apparenza saprivano per di dentro, so non pure delle Case italiche, ma romane. Che etnische fa vole abbiano esagerata, oltre a ogoi ragion dall' arte- e della statica, la struttura pirami dale della regai tomba di Porsgna > situata a
17 Plin. xxxix. 3. Plutarch. Camil. i 9 Diodor. v. o. Vedi sopra p. a 3 a. a 33. 19 vi. 3. Varr, 1. L v . 33. Tuscanicuti dictum ( implu vium ) a Tuscia, posteaquaxn illorum cavum aedium simu lare coepemnt. ' ao Atrium appellatum ab Atriatibua Tusci. Varr L. 1. v. 33. Diodor. v. 4o. Fest. v. Atrium.

C A P O XXV.

353

Chiusi, il fa manifesto la descrizione medesima del monumento riferita da Plinio, secondo oifr che ne diceva Vairone* . Ma non per questo vorremmo tenere s fatto difizio Musino per favoloso del tatto. I narratori tschi ampliarono enz alcun dubbio, per dir cosa mirabile, s le proporzioni, s le parti integrali del monu mento in gilisa talmente ideale, che invano finora si cercato per molti sagaci eruditi di trar da quel racconto una possibile ristaurazione dell*edifizio che-appaghi L a dascrizione recata da Vairone sicuramente un composto di fantasia, ma tuttavolta dal primo dicitore ideato non senza forme corrispondepti ad altre fabbriche del paese e del suo tempo. Niente meno esagerata j bnch fondata nel vero , si pure la forma descritta del fahioso sepolcro d Osimandia in Egitto * s. L uno e 1 altro erario stati pei'" avventura architettati con qual che particolare concetto simbolico. Apparisce in oltre evidentissima nella mentovata descri? zione dei sepolcro di, Porsena limitazione di far egizio: il qu ale, singtlar osa, si ri cono sde pi maggiormente ne vetusti lavoridelAp. Ptin, X X X V I. i3. G raves , de Bfosses , (Joriiiiovis r - e , p a r tacer d altri, il pi recente di tutti Quatremere d Qujnry Restitut. dii iorneau da Porsenna ep.
31

ai

a3 Diodor. i. 4-7-

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F arte ritrovati nella regione medesima diChiusi * 4. Il grande monumento sepolcrale di Vulci * 5 ne dimostra altres quanto gli Etru schi mirassero allo straordinario in questo ge nere di edifizi, in cui il fasto umano non si disdiceva alla religione pietosa. S che in lutto cotesto celebrato liberiate di Porseria poteva di fatto essere una. fabbrica.cingolarisiroa, e se vuoisi ancora Capricciosa, comandata da fastoso principe per. far mostra di suo potere, e , come dice Varrone^ per'superare la va nit d estranei regnanti * 6 . ' Ncllinfanzu delle arti adopera Ciascuno se condo ch porta la semplice materiale imitazio nedegli oggetti sensibili. Questa legge dell'u mano intelletto guida per tutto egualmente la mano rozza s, ma obbediente delTonk. Gli ordini politici, i progressi della vita civile, la situazione, il dima stesso v accelerarono presso alcuni popoli lavaozaoiento $ ritardato al con-r trarr presso d* altri posti^n >mfio favorevoli circostanze. Non pochi lavori dell arte tosca nit mostrano in fatti una tal rozzezza ed in fantile semplicit, che sembro ci trasportino all origine stessa dellarte imitativa. Statuette
Vedi tav.' Xiv. sqq. a 5 VH tav. lx ii. a6 Varr ap. Plin. xxxvi. i 3- Quem fecrt. . . simili ut exlernorum regum vanitas quoque ab Itali* supcrelur.

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di contorni rettilinei, senza mossa, con piedi chiusi e uniti, occhi schiacciati, bocca obli-* q ua, mento rilevato, estremit di membri soverchiamente allungatevvestimento stretto serrato ai corpo , tali quali si^veggono di fatUlta antica mostrano bene qusta maniera primitiva della scultura etrnsca, innanzi che ella tendesse a migliorare sue forme con pi studiata imitazione della natura. Durante que* sto primo periodo dell* arte si limitavano gli artisti a porgere soltanto i principali linea menti del corpo ornano, sen2a dare alle figure n l idea della forza, n dellagilit. Il che, se bene avvisiamo, lungi dall essere una de gradazione ^ era piuttosto una maniera propri dell arte fanciulla i, che ha<potuto durare luogamerite pnr&a di farsi adulta, e passare, com esuole, dal semplice al manierato. Tracce evidenti doll'arte e de simboli egizj fanno tut tavia prova certissima, che lEgitto ebbe grande influenza In questa prima maniera degli Etrn*schi, i quali, come si vede per molte- fluita zioni , gi conoscevano ogni figurato artificio dellet dei Faraoni. Per sla norma di classifieazioBe, anzich per epoca determinata o certa ; a cotesto primo stile egizio-toscanico possono riferirsi generalmente i lavori che sen tono maggiore antichit nell arte , o pi pre sto ordinaria imitazione del far vetusto. Fra

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questi debbono avere il primo luogo molte opere affatto nostrali, come certe scultura in pietra 17, i bronzi che posson pretendere allet pi lontana ,s , .e s ancora il vasellame istoriato a stampa con figurine ed' ogni ma niera di simboli di varie nature * . Quei figu-. rati mostri mille volte replicati y. qui tnti animali 7 quelle atroci, zuffe e ferine battaglie, espressioni tutte simboliche d un medesimo sistema d insegnamento sacerdotale, s-appar tengono non dubbiamente all'istesflo ordine di ideermorali: e sebbene i monumentiche po niamo per saggio "davanti agli occhi non sieno tutti del medesimo tempo, n d>uguale arti ficio , non pertanto certo, che riproducono a un modo le stesse;figurate rappresentanze che il far di terra, di pietra, di bronzo effigiava nella remota et dell arte. Tutto spira nazio nalit e propriet di costume in questi lavori: le. figure collocate di profilo han quella durezza e secchezza di forrae che porge la natura imi tata non ancora ben diretta dall* arte.} i volti sono esagerati \ i capelli ora increspati, ora lunghi e proliss^alle spalle; le vesti non hanno pieghe, o minute e rettilinei nel vqpti*rio fenaminile j non v* ha gruppo alcunp, n variet
37 Vedi tav. li aS Vedi tav. x x v u i sqq.

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di sembianze : e non di meno questi stessi lavori s materiali piacciono per mirabil sem plicit e naturalezza despressione. I bassi ri lievi volsci in terra cotta dipinti a vari colo ri , che tal era il costume della plastice antico, possono di pi allegarsi come sinceri esem plari di questa vetusta maniera dell' arte ita lica , prima che progredisse a uno stile pi me todico 3 *. N in questo fatto la scuola etrusca proced diversamente dalla greca ; dove s nella composizione, si nella rigidezza delle figure ritrovasi primieramente uno stesso tipo conven zionale privo affatto di venust e leggiadria. L epoca dell* arte etrusca pi degna di considerazione si quella che diede principio e progresso a un nuovo stile, propriamente chiamato toscanico3*. In questo stile tutto me todico si ritrova pur sempre una qualche trac cia del tipo egizio: cio una maniera dura , secca e tesav quale la ravvisava Quintiliano 3 *, .e quale apparisce ancora in opere dell arte 3 3 . Tanta che bene e veracemente dice Strabone, il quale viaggi cos in Etruriai, come in Egit30 Vedi Becchetti, Bassi rilievi volsci: ed i nostri monum. tav. lxi. 3 1 Tuscanicas: onde trattandosi d opere d arte diceva! con propriet signa et opera tuscanica. 3a D im o ra, et Tuscanicis proxirna Callon , atque Hegesias fecere. xil. io . 33 Vedi tav. xxxvm . xxxix. e pi altre.

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to , rassomigliarsi le scultore to&aniche allegizie e greche antiche 34. Se avessimo statue grandi, come quelle d1Egina, potremmo pi adequata mente comparare 1 uno e laltro stile vetusto} ma non crediamo troppo dilungarci dal vero presupponendo, che il far della scuola eginetica rigido, secco e diligente, ma non senza grandezza , si rassomigliasse mlto al far etrusco. In ambedue sono quei pregi e difet ti , che caratterizzano la scultura greca, pri ma che Fidia avesse dato per legge d* arte alle sue immagini quel bello, eh ei trasse mi rabilmente dai concetti d Omero. Se non che qualvolta gli artefici con tal sistema pura mente metodico intendevano di produrre ener gia dazione, volendo esprimere la forza, da>vano alle figure uno straordinaria movimento di membra, e atti rigidi o forzati, come se larte volgesse a trar le norme della bellezza dalla sola notmia. Azione soverchia nelle mos se, robustezza di forme, muscoli rilevati e pronunziati con violenza pi che naturale, sono le qualit pi ostensibili di questo etrusco stile scientifico, che molto si confaceva al genio e senso universale della nazione. Q ua, per vigor dell* antica istituzione, tutto tendeva a man tenere nel costume pubblico gravit, seriet
34 Strabo Xvil. p. 554-

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e dignit di natura : la bellezza e la grazia , sorgente di quell ideale che d vita al con cetto per elette forme, quivi non ebbero ve nerazione, n onore alcuno idolatro come in Grecia : ed pur cosa notabilissima a dirsi di nuovo, che nessuna delle originali opere darte toscamca, che finra conoschiamo, non- rappre senti soggetti impudichi. Perlo contrario in cotesti monumenti nostrali, dove non apparisce mai cosa che manifestamente alluda alle favole greehe, tutto si riferisce a materie domestiche sacre o divine. Le fisonomie vi sono nazionali, e quasi diremmo perlopi locali o provinciali : di quel tipo in somma che immutabile si conservato in natura, e s riproduce ancora al nostro tempo La staturia, ben dice Plinio, era certa mente un* arte antichissima e familiare allIta lia 3*. Il suo avanzamento e progresso in Etru* ria si rende manifesto per alcuni lavori princi pali condotti da maestri paesani^ di quello stile che diciamo toscanico, o pi s approssima a quello. Questo stile che di mano in mano andava raffinando larte prisca, che tenca tanto dellJ egizio, ha dovuto introdursi molto per tempo nella scuola etrusca. Le statue pi an35 Vedi tav. Xv, xvi.
3G Fuisse autem sUtuariam artem familiarecn llaliae eie. Plin. xxxiv. 7.

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tiche che si conservavano in Roma ai girni dello storico naturalista erano fattura dJ etru schi artefici ,,o di quella scula. Tal era, per tacer daltre, 1 immagine di Giove Capitolino, modellata in terra da un Turtano da Freghi le 3 7 : cos pure il simulacro di Sanco, o drco le :i8 , e le quadrighe situate sul fastigio del tem pio di Giove l9, dov era la statua di Summano 4 . Le molte statue onorifiche poste in Roma per decreto pubblico ne primi secoli 41, han do* vuto essere aneh'elle opera di artefici etruschi: n dubbiamente gli adornamenti tutti dei tempj v erano, come dice Vairone, a un modo toscanici 4a, innanzi che l arte greca venisse ad abbellire col suo 'magistero.gli edilzi sacri della citt. In quell et adoperava la creta come materia principale dfcgli statuari 43. I Vejenti avean lode di abili formatori 4 4; ed i moltissimi lavori in terra cotta di vetusta ma niera ritrovati in suolo etrusco, evidntemente confermano quanto l arte vi fosse coltivata per
37 Varr ap. Plin.,XXXv. ia. 38 Hercules fittili* . Plin, L c. N artial. xiv. ep. 178. 3t) Varr 1 . c. 40 Cicer. de DU>. r. n . 41 Plin. XXXIV. XXXy. Liv. passim. 4a Tuscanica omnia iti aedibus fuisse. Varr ap. Plin. I. c. 43 Praeterea elaborataci hanc arlem Italiae, et maxime Etruriae. Varr ap. Plin. I. c. / 44 Festus v. Ratumena.

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tutto. I dubbi per noi promossi altra volta 4 * rea iin racconto di Plinio, che attribuisce 1 insegnamento della.plastice ad Euchira ed Engramtno venuti qua da Corinto con Demarato 46, han trovato conferma e autorit nel valente autore dell istoria romana 4 7 : son co loro uh allegoria di certa tradizione tarquinieSe, pi tosto che persone (Storiche ; e noi stessi toccheremo di ci pi sotto ragionando dei vasi dipinti ritrovati a Tarquinia e nella prossima Vulci. Dalla plastice, madre della statuaria, venne il gittar d bronz: nella qual arte furono di fatto s eccellenti gli statuari etruschi, che ne riportarono, per amplifica zione di cose, fama d'inventori * 8. Le cave di rame del paese, e specialmente di Montieri nel volterrano, teste ritrovate, fornivano lro in grande abbondanza il materiale : talch si comprende bene come il talento degli artefici, anzi che adoperarsi nellalabastro, nel pepe rino, nel tufo, o in altre pietre tenere del paese poco atte alla statuaria 49, 6 rivolgesse
45 L Italia av il dominio dei rom. T . u. p. ifii. ed. 1 8 1 0 . 46 Plin. xxxv. la. 4.7 . Niebuhr. T. 1. 8 Has (statuas) primum Thusci in Italia invenlsse rereferunt. Cassiod. Vr. vii. i5. 4.9 L e cavedi L u n i o sia de marmi di C arrara, non furono aperte prima dei tempi di Augusto. Plin. XXXVI. 4*

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pi animsamente alle opere di metallo fuso, in cui abbiamo innumerabile numero di sup pellettili, ed i pi nobili lavori dell arte. In fronte a tutti poniamo la lupa del Cam pidoglio 5 # : unico lavoro per mirabil espres sione , per verit di proporzioni, e per mae strevole artificio *\ In questo monumento raro veggiarao con gli occhi propri qual era lo stile toscanico intorno alla met del quinto secolo. Della medesima maniera iian dovuto essere pa rimente la statua di Giove sopra una quadri ga , e quei sogliami di bronzo e vasi dargento in Campidoglio, fatti fare tutti insieme con la mentovata lupa da Gneo e Quinto Qgulnj edili curuli nel 45 7 o 4^8 * N altri, per certo, se non gli artisti dell' Etruria erano abili io quel tempo a porre in opera il disegno maestoso di Carvilio, che a perpetuare la memoria del suo trionfo sopra i Sanniti, con le armature di bronzo tolte loro fece gittare non pure il colosso di Giove, eh ei dedic ha.Campido glio , ma con la limatura di quello la sua pro pria statua a pi del nume 53. Di tal modo pur vero, che contenti i vecchi Romani a ren50 Xilxca im plora iralaii; ipy*aa(. Dionys. 1.

51 Vedi tav. XLli. i. Ss Liv. X. a3. 53 Plin. xxxiv. 7 : amplitudo tanta est, ut conspiciatur Latiario Jo v e: che vuol dire e pi m iglia discosto da Ruma.

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dere tributarie le nazioni d intorno a loro, e non curanti daltra gloria, lasciavano solo ai vinti T esercizio delle arti migliori : quasi a conforto e-sollievo della servit, dice con pa trizia superbia Cicerone 5 4 . Bens nel porre ad effetto queste grandi opere, comandate dai pre potenti vincitori, trovavano gli artisti opportu ni e acconci mezzi di migliorare o nobilitare F arte. Un saggio di stile lodatissimo, bench sistematico aachesso, misto dantico e di pi moderno, porge la .Chimera della Galleria di Firenze . Statua, per usar le parole di Lanzi, in cui van di pari la correzion del disegno, la simmetria, lespressione del furore, corrispon dente alle ferite che ha sul tergo, e su la testa di capra.gi moribonda. Ritiene dell antico stile i velli, forse imitati da un originale ve tusto , e ripetuti anche in altre immagini della Chimera 5 0 . Generalmente gli Etruschi pone vano grande studio nel figurare ogni qualit animali , e in aggrupparli insieme battaglian do con atroci, ma veri atteggiamenti ferini "7 . E quanto bene avessero esperienza e cogni zione gli artefici dell anatomia appare massi54 U t haberent haec oblectamenta et solatia servitati*. Cicer G. V cit. 60. 55 Vedi tav. x u i . a. 5G Vedi per un esempio tav. xxvf. a. XXTHI. 3^ 5 7 Vedi U t . X u y . a. xlix . xcvm . 1.

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inamente per queste figure stesse d'anim ali, in cui d ordinario si trova giustissima ragione de muscoli e membri posti in movimento : di che fa principale sussidio 1 aruspicina, col frequente tagliare delle sacre vittime. La sim bolica etrusca dava in oltre occasione d* effi giare spesse volte certe qualit' di mostruosi animali, come alate sfingi, grifi, ippocampi , uomini a coda di pesce , e moltissime altre figure di fantasia M: immagini tutte, di senso misterioso, che la nazione ricevette da suoi primi insegnatoci, e riprodusse mai sempre sculte e dipinte in ogni qualit di monumenti ed in arredi, sotto forme pi o meno abbellite dalla mano del facitore. Gi fino dalla met del quarto secolo fioriva 1 arte in Etruria per la maestria di sperti operatori in formare fine mente leggiadri arnesi in bronzo e in metalli pre ziosi cesellati con figure, sia per servizio della religione, sia per usi domestici: manifatture che i mercatanti trasportavano oltre m are, e si spandevano q\ial bramata merce per molte contrade. In un passo di Ferecpate ateniese poeta della vecchia commedia , il quale visse a giorni di Pericle , per commendare il la voro dun candelabro, si dice esser tirrenico:
58 Vedi tav. x x v iu. sqq. XUi. . 5g Ap. Athen. xv. i8. Co Protagora questionando con Socrate parla di una fa-

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crasi quello adunque un secolo di buon gusto per gli Etruschi , poich in Atene , centro dello spirito e delle arti liberali dellAttica, le opere toscane s aveano in pregio, e vi si lodavano anche per belle in teatro dinanzi al popolo. Intorno la stessa et troviamo ram mentate da Orizia ?' tazze doro toscaniche ce sellate , qual suppellettile prezisa delle case nobili} e se finalmente ricordiamo che Fidia , quel maraviglioso ingegno posto alla testa della scuola greca, adorn la sua famosa Minerva di sandali tirreni6*, dovremo pur confessare, che l1arti e l* opere italiche non erano gi ignote, n discare alla Grecia, quanto vorrebbesi dar a credere comunemente. Anzi i Greci stessi posero ai Toscani il ' gentil sopran nme d Uomini studiosi nell arti belle K 3 . L copie fedeli che porgiamo di alcuni eleganti candelabri ed altri lavori nostrali , che certa mente non sono de pi perfetti a*, ben con fermano quanto a ragione lantichit riconovola di Frecrate ( 'Ay/not ) rappresentata nell anno quarto della Olimp. LXXXIX. an. di n. 333. Plat. Prolagor. 3ay. D. G In Eleg. ap. Athen. I, .aa. Crzia figliuolo di Calliacro fu capo dei trenta tiranni nellOlitnp. x cn 7 . an, din. 35o. 6 a Polloc. v i i . g a . Fidia fece la Minerva nell Olimp. LXXXvft. an. di n. 3 aa. Aristoph. Srhol. ad Eipiivnv. 63 IIoixAat yip rivx* c irotp ro; Tui]v<( ifiyM iai, 5pl*>Tijnw vtnv tfi* Tvppnvfiv. Athen. Xv. 18. 64 Vedi tav, x l . cxiir. i 4

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sceva negli Etruschi singolare perizia nell ar te 65. Piaceva forse quella quasi infinita variet di forme ne vasi, negli arredi Y e in ogni sorta suppellettili di nobil disegno : piacevano quei leggiadrissimi intagli con animali, arabeschi, e figurine di basso rilievo : gradiva la molta diligenza in tutte quelle parti, ove il mecca nismo dellarte p meglio venire alla per fezione : n allettavano meno certi lavori di scultura policroma formati di varie materie, de quali diamo un saggio condotto da mano espertissima nella teoreutic < w . Di tal qualit Scultura pare, che possa probabilmente cre dersi , la sedia reale che Arimno, uno dei no stri re o lucumoni, aveva dedicato a Giove Olimpico * 7 . N forse Plinio esagerava dicen do , che i lavori toscanici erano gi gran tem po diffusi per il mondo 8 # . Tutta Italia, non che Roma sola, trovavasi inondata di simu lacri di mario d'artefici toschi8#. In Etruria per certo non eravi citt, la quale non avesse opere pregiate al pari di Bolsena , entro alle cui mu*
G5 Tjpia< Herad. de Polit. pag. a i 3. G6 Vedi tav. x l t . 67 tyvoc ifv 4pcpvov to ^OTiltffavret tv Tuponvalf. Si irp&rof P&pPkp& > v va5j)fiaTc T in iv Olfiirl* Aia iitp^axro. Pau sali. v. ta. 68 Signa Tuscanica per terra* dispersa, quae in Etru ria faclilata non est dubium. Plin. xxxrv. 7. 69 Ingenia TuscorUm fingendis simulacris Urbem inundaverant. Tertul. Apolog. a 5.

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ra si rinvennero due mila statue 7 . Ch, dove tutto facevasi in nome del comune del popolo, il genio avea sempre larghissimo campo dado perarsi producendo, a onor della religione, o della patria, o de valorosi cittadini, nobili frutti dell' umano ingegno. Gi di buon ora lo spirito greco penetrava nel magistero dell arti del disegno. Noi siamo d'avviso che i nostri Etruschi usando sino dal primo .secolo di Roma con i Cumani ed altri greci , o Samj, o Rodj dimoranti nell Opicia 7' , cio , nella Campania felice, togliessero principalmente da esso loro i semi di molte cose greche. Essendo fatto innegabile .t^a due popoli vicini la frequentazione, e un vicende vole scambio di comodi, d'arti e d idee. Or per tal forma dovette propagarsi assai per tempore pi largamente che altrove nellE tru ria di mezzo, la notizia de miti ellenici, e delle storie di Tebe e d 'ilio : le quali pur vero che. riempievano il mondo del loro gri do. Cuma, prima fra le citt calcidiche della Campania, era gi molto nobilitata di tem pj e di profani edifci adorni di statue nel 25 o di Roma 7 \ Ma larti greche erano pur
70 Plin. XXXiv, 7. ex Metrodoro Scepsio: Prepter duo m ilia statuarum Volsinios expugnatos. 71 Strabo xiv. p. [ fio . Steph. V. B x /tS iv m . V. (Io u to i Vedi Tom. 1. p. 3oi. 3oa. 73 Diony. vii. 3.

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allora di poco avanzate nel patrio suolo, e se meglio fiorivano nelle colonie asiatiche , e s ancora italiche, abbiamo nelle medaglie pi antiche di Sibajri, di Posidonia, Crotone e Caulonia, un saggio dello stile secco e duro che ivi correva nel secondo secolo, molto so migliante all eginetico ed all*etrusco antico: perciocch, se bene consideriamo , in questi primi esercizi dellarte tenne ciascuno da per se una stessa via. I naviganti etruschi frequenta vano ancora in altre parti della Magna Grecia e in Sicilia. I. loro corsali gi infestavano il Faro siciliano nel 260 7 \ E per altre memorie istoriche siamo fatti certi, che gli Etruschi se guitarono a navigare in que* mari di mezzo giorno fino alla met del quinto secolo * 4 . Pi largamente navigavano essi e mereavano nelle parti orientali e nell Ioha 7 \ Tarquinia avea commerci pi diretti con Corinto: e da ci appunto originava la mentovata tradizione, che poneVa con Demarato a stanza in questi luoghi delle nostre maremme artisti corintj o sicioni, formatori ih terra e pittori. Certo chi ha veduto una rara qualit di vasi dipinti di stile molto antico ritrovati nei sepolcri di Tarquinia e di
73 Strabo vi. p. 177. 74 Vedi sopra p. 5g. 60. 75 Vedi p. SS. 61.

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Vaici, e di cui diamo alcun saggio **, rico nosce in queste pitture s squisitamente con dotte un far del tutto speciale, Vestimenti, fi sionomie , simboli, particolarit, che palesa no una scuola aliena, ed uno stile arcaico d i ligentissimo.! Ma cotesti lavori darte venivano qua di fuori : certamente piacevano, ed uno stile conforme pare indubitabil cosa, che avesse cultori anche in E tfuria, poich non pochi dei bronzi, e delle sculture toscaniche. anti che, van molto appresso a quella maniera di disegno. Per opere siffatte cominciarono gli artefici etruschi a mostrarsi in certo modo emuli aGreci : mancando loro un'istoria eroica nazionale tolsero a esercitarsi in soggetti di greca favola : e come prima per le leggi di Fidia e di Zeusi venne 1' arte a maggior per fezione, i capi d opera della scuola ellenica divennero anche per gli Etruschi norma di studio e d'esempio imitativo,.il cui buon' ef fetto si fu rimuovere affatto la staturia. da qualunque far egizio, e dalla imitazione gretta della natura locale. Ecco il nuovo e pi lungo periodo dli arte etrusca : periodo secondario, in cui gli artefici partitisi dalla prima .maniera da van operaaprodur lavori di pi facile spac cio , fatti su le massime e lo stile dell arte
76 Vedi tav.
lxxv - l x x v iii .

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greca. Per V opulenza pubblica, gi venuta al suo colmo, erano gli Etruschi non solo vo gliosi di cose belle, e buoni operatri essi stessi, ma di pi mercanti; i quali, come suol usare chi.cerca attorno compratori, secondavano la moda, adoperandosi in ci, che meglio piaceva al secolo. Il perch non s tosto allignarono le fogge greche in Etruria tutto vi spirava gre cismo \ massime dappoich Roma , trasandato il magistero degli etruschi maestri, diede sta bile ospizio alle arti greche, e singolarmente dopo la presa di Siracusa 1 1: allora quando si divulgava appunto per tutta Italia ton la nuova letteratura ogni maniera dellenismo. E s fat tamente riusc l intento, che in ogni specie di lavori di quest epoca secondaria tanto s'al lontanarono gli artefici etruschi daloro anti chi, fino a parer tutt altri. Disegnare con ve rit, aggruppare con simmetria, mosse natura li , belle proporzioni, buoni panneggiamenti, e per fino una certa premura dell ideale os servabile in alcuni monumenti, sono i carat teri distintivi di questa nuova scuola, che pi gareggia col greco stile. Scuola che massimamente fioriva tra il quinto e settimo secolo di Roma, e che seguendo suo naturai corso du
77 Geterum inde prim um initium mirandi Graecarum artium opera. L t- X X y . 4- Plularch. Marceli.

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rava pure in decadenza neprimi secoli delKera nostra. I pi perfetti esemplari dique6to stile si hanno parimente in opere di bronzo. La statua dell'arringatore, tanto vicina alla greca eleganza 76, il putto del Vaticano 73, e il grazioso fanciullo che diamo fedelmente a luce 80, porgono una sufficiente idea, del genio del bello introdottosi nell arte , e de progressi di quella. Di questo nobile stile ha dovuto essere il colosso toscanico d Apollo, collocato nella libreria del tempio dAugnato 8l. Del pari le gemme pi finemente intagliate in forma di scarabeo, simbolo tanto familiare agli Egizj, come agli Etruschi8*, si possono tenere 1 rispetto al di segno e alla diligente esecuzione , per; altret tanti lavori della medesima epoca, se non ancora per veri esemplari di quelle figurine toscanichc s pregiate in Roma nell aureo se78 Vedi tav. X uv. a. 79 Idem n. i. 80 Vedi tav. x liii . 81 Videmus certe tuscanicurt ApolHoem in bibliothec templi Angusti qtrinquagiota pedum a pollice, dubium aere nobiliorem ac pulcriludine. Plin. XXXiv. 7. 8a L a figura di quest insetto, emblema egjzio notissi m o , era certamente un capo d etrusca superstizione : ognuno voleva averne e in vita e in morte : perci tanti se ne trovano d prexzo v ile , con forme globose ed infor m i ; meccanismo tenuto dai poco avveduti per uno ckprim i passi dell' arte.

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c d , come dice il. vate di Venosa 8\ Sono or nici noti a tutti li due bellissimi intagli di Tideo curvato e in atto di trarsi un giavellotto dalla gamba, entrambi desimio lavoro 8 4: n meno eccellenti per insuperabil verit d espressione, e per finezza d'intaglio, vogliono stimarsi alcuni altri scarabei inediti, che ora pubbli-* chiamo a maggior dimostraaza della mirabil cura degli artisti in queste sculture d incavo, dove pur si richiedono uguali prihqipj di buon idisegiio per far bene in piccolo, come in grande 6 S . Per la desinenza tosca che hanno tutte, volte in queste gemme i nomi greci de gli eroi manife&o che tali quali vivevano coleste, voci nella.bocca del popolo; ma non sempie in monumenti istoriati a greca mito logia appaiono le divolgate favole conformi a poetili greci : correVano anzi per 1 Etruria particolari tradizini differenti dalle storie omeriche : tal era quella, che Ulisse fosse sonncchioso 8?.
83 TyTrhena sigilla. Horat- il. ep. a. v. 180. S i Vedi i monum. dell'Italia ec. tav. itv . i-W in rk e lm ann, Mon. incd. iqG. 85 Vedi tav./caev*. cxvii. 86. T ute , PeU , A thele , T h ts t , Hercle fc : consueta terminazione in retto di mascolini. 87 Plutarch. de audiendis poetis. T . il. p. 37. Nanu, cio vagabondo in suo linguaggio, chiamavano essi leroe. Jsacius in Tzetz. ad Lycophr. i a 44-

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A quest epoca secondaria dell4 arte &addi cono al nostro parere, anche le pitture dei sepolcri di Tarquinia e di Chiusi. Era senza dubbio antichissima la pittura in Italia : ne facean fede i dipinti d Ardea e di C ere, che al dir di Plinio aveansi per anteriori alla fon-* dazione stessa di Roma 88. Pi pregevoli per il. colorito, che non per disegno, tenean forse del far di Qiotto o di Simone da Siena. Ma per argomentar meglio da fatti e cose certe, ab biamo nelle pitture stese soprale pareti dei men tovati ipogei non ispregevoli saggi dell arte etrusca. Tali pitture, bench tutte insieme me diocri e per composizione e per disegno, pure fan conoscere appieno, che i maestri adope ravano con buona pratica del modo di co lorire , e cou franchezza pittoresca. Quivi si ravvisano conviti funebri , bighe o qua drighe , ludi ,ginnastici, zuffe di gladiatori, buoni e mali genj, figure danzanti e sonanti , animali mostruosi, ed altre finzioni simboli che , tali quali si veggono figurate in opere d rilievo: cose tutte correlative ai misteri, e alla dottrina etrusca su la vita e lo stato delle ani me dopo morte 9 . Lo stile generale di queste pitture piuttosto semplice, che manierato;: tra il far de' moderni e il prisco : gli animali,
88 Plin. xxxv. 3. 8n Vedi tav. lX y-lxx. n. 18

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e massime i cavalli, vi sono ritraiti pi svelti e ben formati, che non le figure umane : le facce di per tutta vi sono prese in profilo : nel colorito, per lo pi capriccioso a talento del colorista 4 si cercava un certo effetto dar monia pi che verit e bellezza : per nel to tale vi si trovano motivi e mosse che additano opere migliori. N gi queste pitture tarquiniesi vogliono aversi tampoco per esemplari di buono stile : si facevano in fretta per ador namento di sepolcri, e , come pare, da me diocri artefici provinciali: tale almeno lidea che pu formarsene giustamente chi le vede sul luogo, e voglia giudicarne enza parziali t , n passione. Di tutti i monumenti dell antichit figurata etrusca i pi copiosi e variati sono le sculture in pietra del paese. M a, salvo pochi fram menti di stil vetusto 90, la massima parte di tali sculture sappartengono al tempo in cui maggiormente primeggiava in Italia il nuovo stile. La scuola volterrana soprattutto, a cagion degli alabastri nativi de suoi contorni, ha prodotto il maggior numero di s fatte sculture in urne sepolcrali, talvolta assai belle, di gusto greco o romano *'. Maniera di figu90 Vedi tav. l u . lvui . 91 Vedi tav. LIX. 5 . 6. LX. r.iv-cviii: ed i monumenti d ell'Italia ec. u t xxx-xxxvii.

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rare che si trova continuata io monumenti con epigrafi etnische e latine , che paiono del set timo o dellottavo secolo, e che certamente si praticava anche pi tardi al tempo degli Antonini : indi pi goffamente, come si ved per scultura deformi, fino alla total declina to n e dell arte. A V olterra, a Chiusi, a P e rugia ed altrove, tali urne si lavoravano senza troppo studio nelle officine degli scultori per esporle in vendita, lasciandone abbozzate le teste, che dovevano esser dipoi ritratti. Mor tori occorrevano spesso, e ciascuno sceglieva o commetteva a suo genio quel figurato arti ficio che pi gli aggradiva. Or queste urne mostrano un4 arte dimitazione al tutto pro vinciale ; la qual se non basta veramente a porne sotto gli occhi lo stile migliore, giova per moltissimo a confermare e illustrare i costumi nazionali. Poich, se bene presso eh e tutte le sculture di cui ragioniamo sieno rap presentative di miti greci, molte cose ritratte non di meno sono pur sempre vera immagine di credenze antiche, e dusanze paesane. Di tal modo vi si ritrovano frequentissimamente effigiati i buoni e mali genj, bench sotto forme dissimili a quelle che concepiva in pri ma il dualismo9*. Di gi era arbitrio darti
93 Vedi sopra p. 137. 138.

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sta, non che costume nell-arte, il frammet tere alla rappresentanza demiti ellenici ogni forma di cose nazionali, quali saven dinanzi agli occhi: come a dire arredi sacri, armi, vesti menti,' edifizi : di. che, per ogni pi certa prova, ne basti allgare il basso' rilievo gi per noi pubblicato di un urna volterrana significante la morte di Gapaneo : dove, in luogo della porta Elettride, 1 artefice ha soulto la porta antica di Volterra, tal quale si vede tu tto ra in piede 3. Nulla meno numerosi, e non troppo antichi, sono certi lavori di metallo fatti a graffito. questo una specie dintaglio lineare a buli no , in cui le figure sono segnate con puri tratti senza lumi e senz ombre, quasi come nlle pitture de vasi. Pi comunemente questa sorte d incisione si trova adoperata sopra le patere sacre, le ciste, ed altri arnesi del cul to: lavori tutti niente pi antichi di sesto se colo di Roma^ per tanto pi notabili, in quanto che danno iscritti.i titoli etruschi di molte deit nazionali, gi identificatesi per correla zione di simboli con quelle dell Olimpo 94, La notabile conformit, o medesimezza piuttosto del lavoro nell etrusche patere, non lascia punto dubitare, chelle non sieno d et assai
f)3 Vedi tav. v i i tav. cvm. Vedi sopra p. ia 3. 177.

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vicina l una dall' ahra: come arredi spettanti all esequie ben V addicono loro quei miti reli giosi ed eroici : nella pi parte appare visi bilmente alcun simbolo di Bacco ; e le ciste medesime delle orgie, entro,cui si trovano fre quentemente poste le patere , son pruova cer tissima , che cotesti *arredi si. riferivano alle sacre teletee, o pi generalmente ai misteri e riti dionisiaci. Laonde non crediamo mal giudicare appropriando tali lavori allepoca, in cui sera mdggioriente dilatalo in Etruria, e'nfeir Italia tutta, il gran, fanatismo per Bac co: periodo che pu ordir, come dicemmo altrove, da principi del sesto secolo, o poco acanti D assai maggiore importanza per l istoria della religione, de costumi e dell' arte , sono i vasi di terra figurati, e dipinti, che in varia tissime forme, e di quantit pressoch infini ta , si traggon fuori dei sepolcri per tutta Ita lia. Dovendo noi ragionare pi distesamente di quelli che si trovano tutto giorno in suolo etrusco, cominceremo a considerare i pi ve tusti dartificio, indi li meno antichi, e final mente il genere pi qualificato per fregi darte. Spettano alla prima classe il copioso vasellame
95
XLVII-L.

Vedi sopra p. 181

ed i monumenti tav. xxxvi. 3.

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di terra nera di color naturale non clti, ma prosciugati con tal maniera, che dava loro so lidit bastante a farne uso, ed a ricevere alla superficie una certa lucentezza che tira al piom bo. I pi notabili hanno comunemente im prontati o nel corpo, o nei manichi e nel piede, opere di disegno fattevi colla stampa di bas sissimo rilievo, la cui rappresentanza simbo lica si riferisce soltanto a religione, e mssiirtamente alla dottrina dell rebo. Offerte ai numi che fanno ufficio di guidici infernali; genj alati, gi custodi della vita, che '*intro mettono in que giudizj ; processioni diniziati ; simboli d'iniziazione e di consacrazione ; ludi e sacre cerimonie ; in fine tutte altre cose non dubbiamente allusive ai misteri ed alla vita futura 9". Il gran dio delle anime, o altri menti Bacco } ci T inia secondo F etrusca mitologia} vi si trova molto spesso effigiato come spirito infernale, o M anin 97, sotto for ma gorgonica sannuta, colla lingua tirata fuori, orrido in vista, quanto spaurevole B . Imma gine mostruosa che tiene un posto primario nei monumenti funerei dellE truria, e gran demente atta a spaventare il sacrilego violatore dei sepolcri. Moltissime altre figure o di ani96 Vedi tav. Xvil-XXU. 97 Vedi sopra p. n 5. 98 "Vedi tav. X X ii. c u .

a.

3. 5-8-

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mali, o di mostri capriccisi , o di enti a doppia natura, quali si veggono figurati sopra i vasi di tale specie, sono pur dessi tanti em blemi e simboli del culto stesso di Bacco in fernale , e del misterioso dualismo, apparente tutte volte sotto strane forme. Laonde abbiamo per cosa verissima , che tutto questo vasellame antico in terra nera non cotta, quindi si poco sufficiente agli usi domestici, servisse unica mente qual suppellettile universale dei riti se polcrali , massime delle libazioni e del convito funebre : ufficio pietoso significativo del godi mento che allanime beate, partite dai corpi, era dovuto nell'altra vita.Non solamente, co me credono taluni, si ritrovano s fatte figuline nel territorio di Chiusi, ode'suoi contorni,ma in grandissimo numero in quel di Vulci, di Tarquinia e di Cere, ugualmente figurate con i medesimi simboli e segni d iniziazione nei misteri di Bacco 99. La prima semplicit re ligiosa delle feste o processioni Dionisie si ri conosce di fatto in queste figurine a stampa, ornamento consueto di vasi. I ministri del dio, o gl iniziati, vi recano, giusta il rito primi*
99 U na quantit innumerabile di questi vasi volgari, e di forme speciali, tratti dai recenti scavi della Badia e di C anino, ho veduto ammassati sul posto, e non curati dai possessori. Nei sepolcri donde si levano cotali vasi a stampa raramente si rinvengono vasi dipinti.- Vedi per sag gio tav. xxvii. 3- i 3.

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tivo, il cratere, rami sacri, animali graditi', bende, ghirlande d onore, e pi altre cose allegoriche : non mai il Fallo, che non era per ancora introdotto pubblicamente nelle festivit dei baccanali consacrate in Etruria. 1 0 . N ci soltanto buon indizio di molta antichit, ma lo conferma lo stile medesimo di coleste piccole immaginette, i cui artefici non ebbero per certo niuno ellenismo: anzi di maniera somigliantissi ma in tutto al far degli Egizj,e tale, adir breve, che quasi in ogni particolare accenna i primi passi dellarte. Di uguale specie sono altres quei vasi cinerarj in forma di Canopi con teste umane d ambo i sessi, che si ritrovano negli stessi antichi sepolcri, ora con le braccia e mani tese in atto di supplicazione, ora con giunte sul petto l#I. Tanto che in somma sia per la forma medesima dei vasi, sia per tutto il figurato, non trppo largomentare da ci, quale si fosse in prima non che larte, ma 1 *instituzione religiosa degli Etruschi, e da quali popoli civili 1 avessero essi tolta. Nulla meno antichi, n meno alieni al si stema dei miti propriamente ellenici, sono da stimarsi i vasi in terra cotta di color rossigno con pitture vetuste, rappresentanti quasi uni camente certe generazioni animali quadrupedi
100 Vedi sopra p. 179. 101 Vedi tav. xiv-xv.

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*8 !

e volatili, mescolate con immagini mostruose di sfingi aligere ed ltre figure simboliche di doppia natura. Per s fatti simboli questi vasi sono chiamati volgarmente, bench con impro priet grande, egizj. Si ritrovano in sepl cri molto antichi la pi parte son venuti fuori di quelli di Vulci, di Tarquinia, e di Chiusi : ancora che non solamente in Etruria, ma piire in Campania, e giusto nelle tombe che possono pretendere a maggiore antichit, si rinvengono di frequente vasi consimili. Hanno per lo pi unra forma speciale di balsamari tal volta di straordinaria grandezzaIO *j ri si pu dubitare tampoco, che questa sorte vasellame non abbia servito anch essa unicamente alla religione della sepoltura. Ivi sono effigiate le stess simboliche figurzioni d origine orien tale ed. egizia, quali si-veggono nelle figuline di terra nera soprammentovate, e ne.bronzi etruschi pi vetusti. Vi comparisce Bacco, ora trasformato come Osiride nel dio sotterraneo, ora nel genio buono, avversevole inimico e domator de mali del suo contrario principio * 3: quasi sotto le sembianze medesime, in cui n*ci lindri orientali appare IzecL alato e in costu me babilonese, in atto di premere con ciascuna
io a
io

Vedi tav. Vedi tav.

lx x iv . lx x iii.

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mano il collo d uno struzzo, uccello dA hriman . Quste notabili, e vie pi manifeste ras somiglianze di dottrine arcane, e di costume religioso , mostrano assai. chiaramente donde veniva la sorgente di tali insegnamenti, dira matasi qua per 1' Etruria, che fino da tempi lontanissimi avea commerci nelle parti orien tali. E ci spiega ancora perch il pi antico Bacco dell' orient si trovi ne monumenti no strali figurato con tanta moltitudine di forme e sembianze diverse : mentre, secondo teosofia, questo dio grandissimo moltiforme 1 0 4 simbo leggiava soprattutto le trasformazioni moltiplici, che il principio universale pativa in passando per tutte le sostanze del mondo. vero che uguali simboli ed edablerai si ritrovano effigiati anche iu vasi e lavori greci \ ma di qual luogo passarono negli Elleni s fatte cose misteriose se non dalla medesima unica fonte ? Or dunque, per virt di dottrine conformi, una medesima serie didee morali reggeva da prima e guidava a un tempo non meno il costume, che larte dei popoli civili. Era bens naturalissima cosa, e non tanto conforme al progresso di migliorato incivili mento, quanta alia tendenza dellumana mente, che dalle immagini simboliche di creature o
io 4 Myriomorphos.

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mostruose, o irrazionali, o in apparenza de formi , di che s appagava in prima una rozza fantasia, si passasse gradatamente alle rappre sentazioni figurate duna nuova mitologia poe tica , la quale di sua natura, introduceva alla volta nelle arti del disegno il desiato genio del bello. Di tal maniera anche le dipinte figuline) al pari dogni altr opera figurata, comincia rono a rappresentare storie religiose ed roiche della gi divolgata mitologia ellenica. Ma, come generalmente Tos de' vasi, onore pri-? mario di sepolcri, avea tolto origine dal culto e dai misteri, di Bacco infernale, detto pure Zagreo, a causa che tira a se l anime, cos il servigio loro principale fu sempre quello di arredi indispensabili al sacro rito deimort Noto bene per Aristofane, che gli Ateniesi stessi facean dipingere crta forma di va6 ,0 < pesoli funerali. Con tutto questo insostenibile si l'opinione di alcuni eruditi che tutti quanti vasi, e tutte le pitture di quelli, abbiano sem pre correlazione, per figurato allegorico, ai -mi steri : essendo al contrario certissimo che buon numero di tali stoviglie, sia per la forma loro speciale, sia per opera di disegno, servivano onninamente ad usi civili e domestici ir6. E se
io 5 AqxuS-e;: gutto o balsamario. 10G Circa la forma e la nominazione greca di tali vasi

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questi ancora si trovano , come tutti gli altri, per ntro i sepolcri, V erano riposti come do nativi di parnti e d amici, o come suppel lettile? gradita'al defunto mentr era in vita. I vasi -pi propriamente adoperati'nell esequie, che 'avean servito o alla cena funebre , od a spandere sul corpo morto liquori, unguenti e profumi ,*quali tui^urj e contrassegni di bea titudine nell altra vita , si riconoscono assai facilmente per la qualit e significanza degli argomenti ' istoriati. Tirtto vi si riferisce a miti religiosi ed eroici. Con questi i donatori, per allegoria gentile di laudato imprese, quasi complimentandol amido od il congiunto estin to , gli rendevano atto di riverenza e d osseqstio:, augurando al benvoluto le sedie ripiene di vita eterna degli eroi : con gli altri miti pura mente divini, dove bene spesso stanno con gregate insieme deit tutelari !o deHa famiglia, o di htogo, soddimandava di l pace alla nima e riposo nel soggiorno dei beati. Cos pure i mlti vasi, in cui si veggono figurati ludi ginnastici d equestri, anzich reali offerte di premio agli atleti, alludevano similmente sia al costume antico funerale dei giuochi,
usitali , vedi la recente opera del dotto Sig. Panofka, Recherches sur les veritbles noms des vases grecs ec. Paris 1829.

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sia alla cura posta in vita nella virt e nel valore dell* animo, sia ancora ai misteri : il te ma religioso eroico e ginnastico si trova alle volte unito sopra un solo vaso ,07: bench non contrastiamo al fatto certo, che numero di tali stoviglie dipinte potessero, secondo costu me, esser date in guiderdone di gare atleti che : anzi lo conferma 1 aver trovato nei se polcri stessi di Vulci pesi di piombo, dischi, ed altri strumenti della ginnastica IoS . La massima parte delle pitture e degli emblemi devasi, giusta la prima intenzione religiosa, si riferi scono non pertanto pi direttamente a Bacco ed asuoi misteri. Orasotto figura divina, ora sim bolica, quel potentissimo iddio e la sua compa gna immortale vi sono istoriati come dettano i miti principali, e in tutte le forme dellallego ria . Bambino nelle fasce, adulto in giovami bellezza, det matura vecchio barbato, vi si mostra ognora insignito dello splendore divino, o corteggiato in brigata da suoi lascivi e pe tulanti seguaci. Spessissimo v appare simboli camente come preside benigno della genera zione, o qual nume spietato della morte. N diversa significanza , per nostro avviso, ha quel simbolo s frequente ne vasi degli occhioni
107 Gli esempi sono frequenti. Vedi tav. xcv. 108 Vedi tav. cxm . 5. 6.

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s tanto spaventevoli e smisurati : vero gerogli fico col quale si rappresentava senza pi il tremendo ingoiatore delle anime ,09. Sovente ancora, secondo la pi antica mitologia, Bacco si vede in unione con Apollo ; non tanto a cau sa della facolt divinatrice, degli studi confor mi, e del culto comune che tennero ambedue in sul monte Parnaso 0, quanto perch i mi steri del sole vivificante si ripresentavano in quelli di Bacco 111. Frequentemente ritratte vi sono del pari le idroforie, e altre scene non dubbiose delle sacre iniziazioni e lustrazioni mascherate dionisie ; sacrifizi al nume del suo animale diletto ; esplorazioni di vittime : s che in conclusione, questo sovrano culto di Bacco non solo il tema principale e santo, ma si curamente il pi^replicato mille volte sopra i vasi dipinti, che da s lungo tempo si vanno ritrovando nel nostro suolo. Intendo dire di quel Bacco primigenio dei misteri, del quale si narrava aver recato agli uomini in E gitto, in Grecia, nella terra intera, l agricoltura, larti, i benefizi tutti della prima civilit.
109 Vedi tav. u s x i v - 3. xc.ix. a. 5. G. 9. i 5. 16. 17. 110 Pausati. X. 19. conf. V andale , de OracuL p. 179.

S71.
111 Plutarrli. de inscript. E i. T . 11. p. 388. 389. Macrob. Sat. 1. 18. Arnob. IIL p. 119. Cuin L iberum , A p o llin e m , Solem, unum esse contendili numen.

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Le mirabili scoperte fattesi in questi ultimi anni nel territorio dell etrusca Vulci di gran* dissima copia di siffatti vasi , han ridestato l importante questione per l 'innanzi agitata, se debbano aversi per manifattura del paese, o vero della Grecia. Pari alla forza dell inge gno la nobilt dello scop nei contendenti. Ma r amore stesso della patria, passione bella se moderata, dee lasciar luogo al vero. Or, dopo il considerato esame da me fatto in sul pe$to di qualche migliala di tali vasi, mi debbe esser lecito esporre la mia propria opinione senza studio di parte. A saziare le brame dell avido ricercatore^ un giorno, un ora sola, basta talvolta a metter fuori dei sepolcri buon numero di vasellame, che v era stato per a vanti sepolto nel corso di secoli . Quindi che i molti vasi recati a luce in confuso, e principalmente nella necropoli di V ulci, dove si trovano pi interi, pi conservati, e pi belli per singolarit di pitture, dimostrano con evidenti contrassegni che tutti non sono della medesima et : ma piuttosto vi si conosce va riet grandissima di fatture, tanto per opera di vasaio, che di pittore, e tale in tutto, che manifestamente accenna diversit notabile di tempi, di scuole e d* arte. Che nel numero dei vasi fttili, quivi ritrovati, molti sieno veris6mamente greci, non si pu dubitare affatto:

s .8 8

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che una gran parte..di quelli sieno etruschi, o d artificio del paese, ugualmente certis simo : perciocch gli artisti qua, come altrove, conducevno il lavoro delle argille coji i me todi stessi, e giusta u ordine stabilito didee. Tanto copioso numero di vasi che tutto d oc correvano pe mortori, e che si van ritrovando per tutta Etruria in etruschi sepolcri, che han titoli e nomi di orrevoli famiglie paesane *, non possono di certo esser venuti di fuori uni camente. Cresciuta la pompa dei funerali, .se condo che portava la dignit, la ricchezza, e il numero degli attenenti dell estinto ; am pliatosi il lusso delle libazioni, dei donativi, e de* conviti funebri a tal segno, che in uno stesso sepolcro si rinvengono alle volte siero a venti, o pi vasi differenti} vagheggiavano i facoltosi con naturalissima bramosia le pi bel le stoviglie forestiere delle fabbriche di Corin to e della Sicilia, o pure dell industria nolana e attica , che superavano in venust tutte le altre : ecco perch jdi fatto vasi di queste scuole aliene si ritrovano mescolati cn altri molti vasi indubitatamente nostrali, e di ma nifatture locali. Il paragone, e la molta espei i s Tali sono nella sola Vulci con leggende elrusche la M inuticl, lAnnia, 1 Aruntia o Aruntilia, la Velia ec: gentilitj che si ritrovano tutti in altre iscrizioni d e ll'F " centrale. ^

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rinza decidono di queste differenze di fazione maglio che il ragionamento.. Alcune copie accu rate, che pongo bella posta sotto gli occhi del lettore, agevoleranno tuttavia a ben giudicare . Primi per antichit, e per ispejpiale artifcio di disegno,-sono senza dubbio certi vasi di stile vetusto rigido e secc*, dove le figure stan collocate ritte I una dopo 1 altra con simmetria uniforme, bench non prive tal volta di vivacit-e di movenza nellazione ,,J. Singolarissima soprattutto si la foggia qua drata dei vestimenti all orientale riccamen te fregiati, non meno che la qualit propria delle armature portanti divise a tutto rilievo : il che forse vuol indicare lavori di: toreu tica. Ma pi che altro siffatti vasi di stile ar caico mostrano eertb, nella fazione loro mec canica e pittorica, una scuola dassai anteriore ai monumenti lavorali su le massime fattesi universali nell arte greca dopo Fidia e Zeusi. Per il che sembra ver6mile molto che questo stile medesimo, s proprio de pittori greci pi antichi, derivasse originalmente dalla Grecia asiatica y la prima florida tFarti j indi passasse nella scuola di Corinto, e di quivi anche in Etruria. Grandi erano due o tre se coli dopo la guerra di Troja le frequentazioni
n 3 Vedi tav.

ir.

Lxxv-Lxxvnr.
9

% go

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tra l industriosa e commerciante Corinto , che Orpero chiama riccay con le coste dell'Asia minore '**. Di qua dove gl Ionj, beilavventu rati eredi dell antica civilt asiatica; avevano aperto scuole a tutte larti e le scienze^ non solo passarono i primi filosofi e artefici nella Grecia europea, ma le venivano altres i pi preziosi arredi,aduso delle nobili famiglie " 5 : di maniera che non punto incredibile, come opina lin giudizioso critico, che 1 * arca stessa di Cipselo fosse un mobile lavorato in Asia, anzich fatto in quell et da un artefice co rin tio 116. Vero nondimeno che Corinto e Sicioije, se non inventarono 1*arte, del far di terra e di dipingere, come favolosamente fu detto 1,7, pur diedero ad ambedue quelle arti notabile accrescimento , e vi si mantennero floride gran tempo appressa. Gi nel primo secolo di Roma frequenti erano le relazioni vicendevoli e i traffici in fra lEtruria e Co* rinto, siccome, lo prova il fatto medsimo di Demarato, trafficante egli stesso, venuto a
Ili due porti di Corintq il Cenereo serviva a suni traffici coll siaj il Lecheo alla mercatura coll Italia. Strabo viti. p. a 6 a. n 5 Tali per es. quei triclini che M irane, tiranno di Sicione, aveva offerto in Olimpia circa lOlimp. 33. Pausan. Vi. 1 9 . 1 >6 M einers, Storia delle sciente ec. T . i. p. aG8 . not. 5. 1 1 7 Plin. XXXV. 3.

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ripararci presso gli ospiti suoi di Tarquinia Cdrinto passata dal mite reggimento de- Bacchiadi in quello de' Gipselidi, trovavasi in al lora piena di ricchezze e di splendore: atten deva con istudio all* esercizio dell' arti nobili, tra cui la plastice e la pittura singolarmente ,I8: ji i vasi fittili dipinti ad aso de'm ortori, gi ritrovati in molta abbondanza nesuoi antichi sepolcri, echeStrabone chiama con propriet necrcorintj 1,0 , non erano nulla meno una delle sue ordinarie manifatture, da cui trae vano i facitori utile copioso Moltissimi
118 S f & o v f ttoVAo; x iyct3 ojf Tvpnvv, J ii r{ imi^tt{ sjrtjiiJiaf,' paltjTX cv Ta/>xvvoic. Dionys. III. 4^* n g MWttz jp x< ivraC^a, xa 'iv 2(xuvc ypaftx T M r Idi sfartixt, *J</. >rd*,- 5uirn) infiuvpyin: Strabo Vili. p. a{> 3. n o Ot t pnVia eie. I nuovi abitanti di Corinto {colo nia dr Ati;uslo) in' scalzando quelle rovine e scavandone i sepolcri, vi trovarono molti vasi di terra cotta e di bronzo lavorati in rilievo ( ro/srufuruv ). Per 1 ammirata bellezza di tali opere dessi non lasciarono nessun sepolcro senza vuotarlo, di modo ch raccogliendo gran copia di coteSti vasi e vendendoli carissimo, riempierono TVoma di Necrocoriithia: questo era il nome che datasi a coteste opere tratte fuori dei sepolcri , massimamente a quelle di terra ctta. Furono in prima molto stimate , e avute in pregio quanto i bronzi di Conato : indi si cess dal ricercarle, non tanto perch vennero m en o , quanto perch la pi parte delle figuline che ne Testavano non valevano le prime . Strabo vili. p. a63. l a i Un esemplare di coteste figuline corintie s ha nel not vaso pubblicato da Dodwell, Classical tour trough Greece. T. n. p. i^G.

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per ci di questi vasi si trasportavano dai mer catanti nei porti dell Etruria, massime iu quel di Tarquinia,'e in altre navali stagioni delle no stre ricche maremme : tanto che appresso, in secoli meno antichi, pot foggiarsi senza inverisimrglianza il divolgato racconto della ve nuta col di formatori e pittri corinti o licioni, condottivi da Demarato 3. bens vana cosa il credere istoricamente che per opera di Demarato avesse Tarquinia sua civilt e sue arti. Quel Bacchiade ancorch rieoo, e di nobilissi ma stirpe, era fuori affatto del governo in Tarquinia : quindi privo di potere e d influen za : n tampoco suo figlio, o Lucio Tarquinio nato di madre tarquiniese , potette egli stesso aver parte nessuna agli onori della ma gistratura nella repubblica: s molto cauta mente laristocrazia etrusco, forte dinstituziope,
ia a Vedi T o m . i. p. i 5 o. i 54-i a 3 P a rr un fatto singolare che il nome d Euchira appaia in una coppa rarissim a del P rin c ip e .d i C a n in o . Dessa di finissima terra, senza p ittu ra esterna , e di form a con sueta (tav. c. a): nell'in tern o dentro a un circolo v ' di pinta la C him era d i stile arcaico , rappresentatavi della solita forma m ista di leone, di capra e di serpente. Ai di fuori ha per leggenda da un I4I0 ev+epos : eiioiesen ; dal laltro hopaotim ohvihvS (sic). N on vorrei gi affermare che questi fosse lo stesso E u ch ira m entovato da Plinio; bens notabilissima cosa il ritrovare in un v a sa io , e preiisam ente sopra un vaso rinvenutosi a V ulci, il di lui omonimo.

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teneva- chiusa la via allo straniere . Or dunque, se iti al non m appngo, T artifcio pia antico di buon numero dei vasi vlehti, vuol dedursi dalla scuola medesima di Corinto, o di Sicione 5 . Ed questa una particolarit degna di considerazione, che i numi pi anti chi e li maggiori di Sicione, Apollo, Diana, Ercole e Minerva 1,6, sien giusto le divinit, che si riscontrano pi di frequente effigiate nelle stoviglie di terra ritrovatesi a Vulci. Cotesti vasellami corintj vera merce, e materia ordinaria di traffici, atteso massimamente il loro principiti uso sepolcrale, non solo si tra sportavano qua in Etruria, ma per tutt altrove: ed ecco senza pi la ragione per cui tante idrie corintie ed altri vasi dipinti della stes sa maniera arcaica, e con i medesimi nomi d' artefici, si vanno ritrovando di luogo in luogo tanto nei sepolcri di Vulci , come in
i a 4 A'naijtijitvaf Si nnzayt^tv, iv i t<3 imxwpuuv, w u^
i v t o irpitzcii pi$fioifitvo{, XV o i3 i v r o t ( v la p tt Iftpt T T jv. rijiln. Dionys. in . 47*. u 5 Bench il dialetto delle iscroni sia comunemente ionico, non mancano esempi di leggende che hanno forma dorica: il digamma ; ancora che r a r o , vi si vede qualche volta; e s ancora nomi dorici, come lfupora, titolo, pro prio d una Siren? : non vi sono tralasciati n pure gli eroi della r a n a dorica t a l e Glenot figliuolo, d Ercole, in un vaso del P. di Canino. 1 3 6 Plin. xxxvi 4. 5m u{

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quelli di Sicilia e di pi luoghi. della Ma gna Grecia ,tJ. Forse a trenta nomi tra va sai 1,8 e pittori " 9, si leggono finora , sopra i vosi della pi nobile specie tratti fuori della necropoli di Vulci l3: sono essi, a quel che pare, artefici valenti per la maggior parte di una. medesima e unica scuola ^ s tanto uni forme 1 artificio loro nella fazione pittorica e nel meccanismo della ruota; altri , sicco me i pittori de vasi a figure rosse in campo nero, appaiono non pure artisti di un' et po steriore, ma di un arte pi'raffinata l3. Sic ch pu aversi per cosa certa, che tra i vasi volcenti, quelli che in molto numero si pos sono dir greci veramente, e venuti di fuori, appartengono ad epoche diverse , e frs anco a fguli dellAttica o d'altre scuole. Dal primo al terzo secolo di Roma la pompa a il lusso dei funerali s erano fatti eccessivi nelP Etruiay Tal il vaso siculo col nome di Talide ( Lanzi, de.' vosi ani. p. if y , tav. m ) ; 1 * altro col nome di Ni> coitene trovato in Agrigento ( Mus. Blactu tav. il), e quello ancora col nome di Archicle tratto dagli cavi di Cam pania ( Mus. Blacat tav. xvi ) : tutti artefici che si ritro vano nominati in vasi volcenti d* arte e fattura identica.

ia8 'E ffo 'tq fftv .


1 3 9 E/sayffiv.

130 V. Muteum Etrusque da L . Qonaparte p.- 5 - 1 0 . Bisogna aggiungervi altri nomi noti : XenocUs, Archiclet, Sosias ec. 13 1 Vedi per confronto le lav. xc. XCiv.

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ria: anzi nel Lazio stesso , dacch la legge delle dodici tavole provvide a moderarne l'abu so. Erasi queHa altres 1 epoca della maggiore opulenza degli Etruschi delle tirrene deli-r zie. Il danaro tira a se da per tutto le cttse pi bramate e pellegrine. I cittadini volcenti erano ricchi : il comune potente : per mezzo di Goss , Colonia loro, avfean traffici oltrema rini j n di certo pu far meraviglia se a suo uopo i facoltosi , come dissi poco anzi, ado peravano s fatte stoviglie forestiere , che i mercatanti dovan pur essere solleciti recar lo ro di fuori per trame guadagno. Cos lo stesso vasellame si spandeva per altre citta opulenti delP Etruria : ne aveva Tarquinia, Cere, Chiu si ,s*, Volterra | n v5 ebbe forse iu quella et' sepolcro veruno gentilizio, dove per reli gione, e per onor di famiglia, non s adoperas sero consimili vasi. Mille, due mila, dieci mila vasi di tal specie raccolti insieme fanno stupi re ; ma che son eglino a petto a bisogni duna popolazione intera osservante il costume nel corso di secoli ? Sopra tutto se riguardiamo all uso loro pi specialmente sepolcrale, con fermato anche dal fatto, gi per altri avvertito,
i3a Sopra un frammento di vasoquivi trovato, ho Ietto I nome d Ierone : lo. stesso replicato pi Volte in vasi di Vulci. V. Museum Etrusquc. N. a. 48. 64-

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che queste stoviglie per la maggior parte si trovano verniciate freschissime all estrno., e senza vernice alcuna nella superfcie intrna, ci che osta all' uso di porvi olio, vino, o qua lunque altro liquido bisognevole alla vita co mune. Che Vulci in fine, dalla cui necropoli si traggono ogpi d monumenti di tanto pre gio , fosse una terra molto copiosa di popolo, e gagliarda di stato, lo dichiara seri? altro il fatto rilevantissimo eh ella sola, unitamente con Volsinio, ebbe animo, mezzi td armi, di resistere a Roma vittoriosa dopo ancora la fatai rotta del Vadimone. Fu debellata anch' essa vero nel 4 7 3 , come mostrano i Fa sti trionfali ; ma se perde in allora lo stato politico, le rimase bens in sua integrit e pie nezza il municipale, sotto cui Vulci, pari a ogni altra citt dell E truria, continuava a reggerai con propria amministrazione e col governo di se stessa , secondo che portava la nuova sua condizione di municipio : stato politico pino di oziosit cittadinesca, che alimntava d ogni maniera la mollezza della vita privata ,13. Molto usitata, quanto antica, era. quest'ar te del vasellaio non solamente in Etruria e in Campania, ma per tutta Italia 134. Che il
133 Vedi Tom. 1. p , iGG.
134 Plin. u v . 12, Marziale ( x u . ep. ioa. i i 4 - Xui.

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vasellame di terra anohe usuale vi fosse venuto a molta perfezione si vede chiaramente per la quasi incredibile variet delle forme, unita a leggiadria di contorni e di proporzioni. Gli artefici etruschi con uguale maestria formava no e dipingevano quei vasi stessi, che pi pro priamente hanno un carattere dichiarato di stile etrusco, qual-si ritrova nebronzi e in altri lavo ri vetusti: stile di cui,ho ragionato poco anzi. Moltissimi tra i vasi volcenti si riconoscono di questo fare etrusco manifestissimo. Vuoisi por mente soprattutto a quel simbolo s particolare degli occhioni, di che favello altrove ,35, ripetu to le mille volte, e unicamente proprio di questi Vasi : i quali, ancorch non fossero tutti a un modo di pennello etrusco, sono bens foggiati secondo le idee, e le divolgate credenze nazio nali. Certissimamente di mano d un etrusco
u p ) loda le tzoe cumane e le sorrentine: quest ultime sono pi specialmente encomiate da Macedonio, autor greco dellAntologia. Brunck , Analect T . III. 33. p. u o . i35 L o stesso simbolo degli occhioni ho veduto pi volte in v asi consimili trovati a Chiusi ; e ne conservo presso me il disegno. All opposto non a mia notizia che si rinven ga frequente cotesto emblema fuori del suolo etnisco. Due o tre cppe soltanto con occhioni corrispondenti si veg gono nel Museo copioso Borbonico di Napoli : diconsi di Nola : per non molta fede vuol darsi alla proveniema di tali vasi spacciata dagli antiquarj mercanti : molti e molti sono chiamati tuttod o di G recia, o di N ola, che m ai Aon videro quelle beate contrade.

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artefice la tazza dov figurato un convoglio funebre : scena del tutto locale : parimente etruschi sono que'molti vasi , in cui si trova isto riata eotto differentissime forme la dottrina dei buoni e de' mali genj, non che tuttaltre cose pi specialmente proprie della fede popolare. Cotest arte fiorente si mantenne qua in E tru ria per non interrotta successione dartefici ino al sesto secolo : e ne fan prva manifesta quei vasi, dov* rappresentata al vero l insen sata ebriet delle feste Dionisie, e di quelle veglie dissolute : dipinture che non possono essere anteriori alla introduzione del nuovo li cenzioso culto di Bacco ,37. E se talune di queste figurazioni oscene hanno lettere greche, e voci strane, son queste altrettante actlamazioni e invocazioni di foggia ditirambica a Li bero Padre , che i baccanti gridavano con cla more nelle orgie, senza n pure comprenderne in quella et il senso ascoso * 3 8 . Dopo labolizio ne di cotesti riti nefandi dovette gradatamente scemare 1 uso di riporre entro i sepolcri vasi allusivi a Bacco ed a suoi mistri : vi contribu non poco anche il costume fattosi pi generale dell abbruciamento de corpi : perch da indi
136 Vedi tav. xcvr. 137 Vedi sopra p. 179. 180. 38 Vedi tav. cxviu. 4- 5.

CAPO

XXV.

agg

innanzi le ceneri si ponevano in piccole, urne di pietra, fregiate aochesse d* immagini : e quantunque lo stile di queste opere di disegno nuli' abbia che fare con quel de vasi- dipinti , pure vi si ravvisano per continovata tradizione popolare genj contrari, enti a dppia natura, mostri capricciosi, ed altre figure di imbolo , che tuttavia ^riflettevano languidamente simu late le credenze antiche. .Cosi dunque dal primo al terzo secolo di Roma fu non meno copioso che apprezzato l'uso dei vasi fittili dipinti, di cui ragiono : mi glior l arte nel corso del quarto secolo no tabilmente : durava in Etruria nel quinto e se sto di quell era : decadde col vietato culto dei baccanali } e d1 allora in poi vi cess forsanchc totalmente. S che a ragione al tempo di Giu lio Cesare e dAugusto parvero vetustissimit3 i vasi di tal genere, che si trovarono casual mente usepolcri di Capua 1 < 0 e di Corinto in gran numero X {1 , come appunto oggid av viene a noi in quelli di Vulci. Per, da che in sul finire della repubblica romana s intro dussero per tutta Italia superstizioni stranie, e massimamente egizie M *, avvenne che ritori 3< j i 4o i i 1&2 Antiqui operis. Sveton. Ctus. 81. Strabo viii. p. a 63. Vedi sopra p. i 84-

CAPO

XXV.

n , come suole, quel eh* era in disuso : onde chi seguiva nella sepoltura il rito egizio volea vasi, immaginette, e utensili di quella foggia misteriosa : e tali son que molti vaselli e bronzi d imitazione- egizia, che sovente si ri trovano nelle tombe ; ma di fattura e pittura s grossolana e materiale, che al solo vederli ne riconosce ognuno la sconcia imitazione. - Per riguardo ali importanza della materia mi Vorr perdonare il lettore s lunga, bench forse non superflua digressione, atta a schiarire la gran de questione motivata dalle scoperte mirabili di Vulci : rapportandomi bens nelle cose pi particolari all esposizione medesima dei mo numenti che ho posto in. luce.

3oi
C A P O X X V I .

A gricoltura.

D a t a opera fin qui a considerare lo stato politico e morale dei nostri popoli, dobbiamo adesso por mente alla loro qualit civile di agricoltori, soldati, e navigatori. Tosto che comincia a farsi pi certa listoria, tutti gl Italiani posti in sulla scena del mondo civile avan sicuramente gi corso let barbarica, e raggiunto l priodo duna sana civilt ordi nata per costumi, religioni e leggi, confacenti in tutto alle abitudini della vita agricola o campstre. Mal potrebbesi determinare il tem po, in cui un popolo nomade lasciava da se la verga pastorale per darsi all' aratro. Ma certo che la civilt prima delle genti italiane debbesr al) arte salutare della sementa, qua recata in doiip, come dicevasi, da numi be nevoli. Per solo vigore dell antica istituzione lo stato politico s appoggiava a un sistema normale di leggi agrarie, prime fra le civili: e per virt di quella il popolare insegnamento avea ugualmente per iscopo principale il pro gresso e 1' amore dli agricoltura : paterno retaggio di pacifica Uguaglianza civile,' di li bert e di giustizia. Soprattutto la religione

3oi

CAPO

XXVI.

soccorreva con la sua potente forza a questi beni della vita uraarta, ne cautelava insieme il godimento e la dorata : ora santificando le fatiche dell1agricola j ora festeggiandole con feste campestri e provinciali ; ed ora impri mendo un terrore valevole a chi ardisse dan neggiare o il confin, o il campo, o la messe del vicino. h* antichissima instituzione degli ArvaLi, collegio di sacerdoti riputatissimir avea parimente per fine tantoT invigilare alle cose agrarie, che impetrare con preci dagliddi, lar gitori d'ogni frutto, la fecondit delle Campagne. Talch di pari concordia religione, leggi e costume, miravano con grandissima efficacia a raccomandare tra tutte le cose migliori lo st dio dliagricoltura, comm mettendone le utili opre a mani libere e laboriose. Insegnatone propagatori dell agricoltura erano stati per noi gli stessi dei buoni e beni volenti. Questantica terra coltivabile era di loro dominio : essi stessi furono alla volta la voratori e maestri dogni lodevole industria agraria : godevano soggiornare o per le selve, o per li colti dec^mpi in mezzo aIorO dilet ti: n mai cessavano di spandere intorno laiuto della grazia divida, e copia di beni i meri tevoli. Questi religiosi documenti, simboleg giati di tante maniere nella mitologia italica *,
i Vedi sopra p. io 5. io.

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XXVI.

3o3

dimostrano con evidenza che l agricoltura, arte primaria, era stata ammaestramento di savi precettori dell ordine sacerdotale. E e veramente, come dicesi, la triade degli Etru schi , od i loro P enati, rappresentavano per figura Cerere, Pale e la Fortuna *, avremmo in ci una bella: allegoriadella preminenza che nellordine delle cose conservatrici del comu ne davasi alla seminagione ed alla pastorizia^ I numi stessi protettori dell Etruria avean dettato i precetti migliori della coltivatura 3: 1 arte di. dimesticar gli alberi,: di potare, letaminare e agguagliar la terra 4, tenessi dai padri nostri per un trovato di Giano , agrieoi# tare egli stesso: onde ben drittamente verace lode di qualunque buon cittadino si era il chiamarlo, come dice Catone, industre agricol tore *. I cittadini primitivi, indi il comune dei plebei, esercitando essi stessi le professioni e T arti di che avean pi bisogno, non erano di fatto altro che lavoratori. Cos fu in Roma nella sua prima et. In guisa che gli abitanti delle terre e del contado , adoperando con so lerzia la loro fatica, potevano a un modo con
a Set-v. ih 3a 5. Vdi sopra p. 117. Terrae ruris Etruriac : tal era, c o m e dicemmo innanzi, il titolo d un libro sacro. Serr. j. a. 4 Macrob. Sat. 1. 7. 5 De n. h. init. Plin. xvin. 3. 6.
3

3o4

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XXVI.

poca quantit di terreno provvedere al nu trimento loro, al comodo, alla contentzza rurale : n meno di frequente 1 aratro redeasi guidato dalle fnni stesse del gran cittadino trasferito dall armi alla faticosa quiete. Per la prima legge agraria il dominio civile dei fondi era del popolo dei patrizj: al comune de'clienti o della plebe si concesse soltanto il bonitario o naturale possesso dei campi assegnati, sotto 1 obbligo di . censo annuale o di tributo. E dove i servi sadoperavano nelle opere villesche ben. dessi potean chiamarsi grecamente pene isti , come fa Dionisio 6 : ma per la qualit dei costumi predominanti, fattasi mite la servii condizione, eglino non potevano essere a petto ai liberi n di troppo numerosi, n vilmente oppressi 7. La geografica posizione e la struttura fisica dell Italia; monti di tutte T altezze, ampie guarnire, fiumi, e mari che la cingono intorno ; il clima variabile, che le fa sentire dorante il corso dell anno differentissime gradazioni di temperatura; danno alla nostra penisola tal variet di siti, di cielo e d esposizione, da renderla per natura atta a coltivare i frutti dell Europa, dell Asia e dell Alinea, insieme.
6 ix. 5 . 7 Vedi sopra p. 97.

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XXVI.

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La dovizia di vegetabili indigeni, e di piante rare ,. che congiungono la Flora nostra con la Flora della Sicilia, della Grecia e della Li bia , manifesta per gli studi dei botanici1 . N pochi sono gli alberi fruttiferi e gli animali di patria asiatica od aifricafa qua trasportati o per la cura degli mommi, o per cause acci dentali , i quali non v abbiano prso, per dir cosnaturalit indigena. Certo non fu caso , come dice acutamente Niebuhr, che nel latino e nel greco sien nominati con le stesse parale campo, aratro, bove, pecora, porco, in bre ve tutti gli .oggetti principali appartenenti al* l ' agricoltura,, ed alla pacifica vita. Poich se verissimo che quest'arte proficua tenne re cala di fuori, e da precettori alieoi, cos in Italia, come in Grecia., nella prima -et civile, doveano pure uguali nomi seguitare le cose. Sotto questo clima pu bene il lavoratore at tendere a qualunque ramo dell economia cam pestre, diversificare a suo grado nella col tivazione , e commettere al terreno variate semente, il che costituisce una delle qualit principali della buona agricoltura. Ma inutil mente stto forma didascalica vorremmo poter distinguere la gorgica propria degli Etruschi
8 Plautae rariore, qas in Itinere per ora* Jonii ad Adriatici m aris, et per regiones Samnii ac Aprutii ; collegit J . (ussone. Neap. 182G.

Il*

20

3o6

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Sabini o Sanniti da quella dei Romani antichi, imitatori accorti dogni loro esperienza e in dustria rurale. L aratro pi usitato consisteva in un sol trnco d lmo ricurvo 9: quel degli Etruschi avea la stiva traversata da una ca viglia , dov si potevano apporre le due ma ni ; il bure duno stesso pezzo col timone IO ; il vomere di ferro acuto alquanto lungo 1 1: bench aratori etruschi e sabini adoperassero ancora vomere di rame '*. Poniamo sotto gli occhi la forma di alcuni strumenti di rame ad uso agrario 1 3: il ferro* ancor pi dro serviva all1uopo stesso, n fuorich a quest uso dei lavori dell agrcola permise Porsena 1*adope rarlo ai Romani debellati < 4 . Grandissima era la quantit delle biade che si raccoglievano massimamente in E truria, ne Volsci, nel Pi cno , nella Campania e in Puglia. In qualche luogo il terreno vi rendeva dieci per uno; in alcun altro quindici, come in Etruria 15. Ab bondava sopra tutto la spelta '% che Ovidio
9 Virgil. Georg. I.
10

170-173.

Vedi tav. cxiv. 1 1 Vedi tav. cxiv. 4- 5. 1 2 Carminili* de Italia j ex Tageticis librfsap. Macrob. Sia/, v. 1 9 . 13 Vedi t*r. cxiv. i-4. 14 Plin. xxxiv. i{. 15 U t in Hetruria , et loci* aliquot in Ita lia . Varr

n. r. 1. 44 *
16

Triticum spelta.

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XXVI.

3o 7

chiama sementa tosca e il farro nutrimento ancor pi comune del popolo 1 8: fra le biade minute il panico il miglio, rimedio dice Strabone Contro alla fame 19, veniva in mag gior copia nelle pianure umide dell alta Ita lia *. E qui torna bene avvertire per cosa notabile, che le generazioni delle biade tutte hanno nomi speciali non greci. Con la stessa cura si governavano nei colti rap e, porri, navoni, e altre qualit radici cibarie ed or taggi , per essere dovunque di pi facile e sicura raccolta Cresceva in abbondanza la vite nelle sassose colline della Toscana : anti chissima e sacra erane la cultura peSabini 1 1: pi assai propagata con ceppi tenuti i)assi per lItalia meridionale, che i grammatici vogliono per ci appellata la terra del vino * 3 . In Si cilia gi veniva la vite prosperamente al tempo d'O m ero, e sapevasi farne vino *. Cos la
17 Tuscum semen. Ovid. mico Eritiippo ( ap. Alhen. da Bacco agli uomini dice recava l alica e le costole di
nal irtvp fltta.

de r/udic. facU i v. G5. 1 1 co I. a i. ) noverando i doni fatti ironicamente, che dall'Italia bove : E* 3 ' iu 'J r a l t a t

18 Plin. X v i i i . 8 * Varr h. L . IV . aa. Valer. Max. il. 5. S. ig Strabo v. p. i 5 i. ao Polyb. n . 16. Plin. Xvm. io. s i Plin. xvm . i 3. xix. 5. Columell. x. i 3&. sqq. as Virgil. vii. 178' Vedi copra p. i 34a 3 0 enotria. Vedi Tom. 1. p. 57. a Odyss. IX. i t o - u t .

3o8

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cultura dliulivo, albero indigeno di certe parti dell Oriente, sera di molto dilatata tra noi. Davasi accorto studio anche al governo delle ap i, qtia pascolanti sopra piante gratis sime **: quindi abbondavasi di buon miele e di cera. Ch, gi non trascurava il diligente cultore gni qualunque opportuna e utile in dustria. Una delle pi estese e pi importanti cure delle nostre popolazini erasi tuttavia la pa storizia. A questa gli abitanti delle pianure intorno al P o , gli Appuli, i Sanniti, i L u cani, e generalmente tutte le nazioni montane della bassa Italia, Studiosissime nella educa zione del bestiame, le dovevano in comune la loro vantata opulenza. Lodatissime ' erano le lane della Venezia e depingui paschi lungo il Po candide e molli *: buoni animali lanuti avea la Toscana neJ suoi pascoli di marem ma * 7 : bens tutte superava in morbidezza e bianchezza il vello delle pecore di Puglia, per
a5 Principalmente il thpnus oulgaris molto copioso nei rolli marittim i della Toscana: la aydtritis romana , ed .altre molte. 36 Strabo v. p. iS i. Plin. vili. 48 Coltimeli, vii. a. Horat. in. od. 16. 35. Juvenal. vili. i 5. Mardal. xiv. ep. i 55. 37 Lycophr. 11(1. Lne toscane adopravano nesecoli antichi le donne latine: et veliere Thusco vexatae, durae que man us. Juvenal vi. a8g.

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XXVI.

309

l' assidua diligenza che poneva il pastore nell ovile * . Di tal modo greggi copiose avviatesi dalla Puglia e dalla Calabria, ove stanziavano linvern, passavano in Sannip e in Lucania per ivi pascolar l estate ne freddi monti di quelle regioni * . Per uguali studi y e per cauti governi-, prosperavano del pari le specie dei grossi animali domestici. Tra le doti pi par ticolari dellItalia, Plinio novera la bellezza e gagliardia dei tori nostrali3 \ I buoi aratori, compagni dell' uomo alle fatiche campestri, erano ogni dove allevati cn molta industria a causa ideila robustezza grandezza, e bont loro 3l. Non si faltiplicavno meno in ogni luogo acconcio per natura anche le razze di buoni cavalli : massime ne Veneti, nella Pu glia , nella Calabria a*, in Sannio 33, e s anicora in Toscana3 4 . Numerosissima era la copia dei porci nudriti per le selve deli* Italia supea8 Strabo vi p. igG. Horat. i. od. 3i. 5. in. od. i 5. ,i3. Juvenal vi. 101. Plin. Coltimeli. Martlal. 1 . c. ag Varr n. b . il. i , Horat Epad. n 37-08^ et vef, nterp. ad h. I. 30 T ot opima tauris colla., Plin. m. 5. xxvii. extrero. 31 Varr n . h . ii. 5- Columall. yi, 1. Virgil. Georg. 11.

i4G.

3a Strabo v, p.t i ^ j . vi. p. ig(>. P(in- XXV. .flxtr. Virgil. Georg. 11. j 45* 33 Juvenal. viit. M artial. ut. ep. 63. 34 Oppian. de venat. 1 170.

4- XXXYH.

3io

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riore, dell Etruria e di Lucania 35, quale or dinario alimento del popolo e delle milizie S tante boscaglie di qua e di l dell1Appen nino , protette dovunque da leggi sacre con servative , n mi date alla 6cure senza motivo di ben pubblico, erano esse stesse di grandis simo guadagn col taglio dogni sorta legname atto alle costruzioni civili militari e navali: principalmente querce, istie, famie, abfeti, larici, pini, faggi, ed altre specie di piante alpine d'alto fusto, domestiche al nostro clima. Per troppo illimitato diboscamento ne' luoghi montuosi con danno grande de' piani e delle valli, le generazioni moderne hanno perduto buona parte di' questi befci, e resi certamente pi costosi incerti i mezzi di reggere l cam pestre economia. Per da quel poco che abbiamo toccato hn ora pu accertarsi ognuno quali e quante delle migliori coltivazioni odier ne sieno dovute ai padri nostri, e per quanti studi rurali eglino sapessero procacciarsi copia d ogni qualit di derrate. Non per altro mezzo erano essi cresciuti
35 Polyb. li. 17. xn. 1. Strabo v. p. i 5i. 3G 1 padri nostri tenevano il pfco per nutrimento tal
mente sano e fortificante , che lo davano per pasto ai 81 *diatori. L a sairiccia lucamca prse il nome dai Lurani : cosi dai Falisci dell Etruria il fo lisco , altra specie di carne battuta messa nel ventre del porco. Varr t . l . iv. a. SUL Sylo. iv. g. 35. M ardal. iv. p. 46.

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XXVI.

in

alle virt che diedero loro forza e potenza 3 7 . Le vestigie dUna prima vita tutta pastorale ed agrcola si conservarono mai sempre nella religione, nei costumi, e negli abiti popolari. Le feste Palilie e le Lupercali, per tacer dal tre , mantenevano viva la rimembranza e gli usi d'Una e\ di molto anteriore ai principj. di Roma a*. Solennit entrambi propiziatorie alle greggi ed ai pastori, nelle quali a onor della dea s accendevano fuochi di festeggiamento. N solamente quest uso contadinesco si con servato durevole nelle nostre campagne, ma si ancora, quasi coll'istessa perpetuit, mol tissime altre consuetudini e superstizioni ttisti&ane. T ale, per esempio, il costume tosco di por sul confine certi segnali creduti atti a toglier via-le rie venture dei campi Fra le pi strane superstizini villesche eravi pur quella di credere, che per via di maligni carmi e dincanti si potessero tradurre le biade al trui alla 6Ua terra: opinione s forte radicata neir animo 'dei rustici, che di motivo al di vieto che di tali incantesimi fecero le dodici
37 Hanc ulim veteres cotuere Sabini : Hanc Remus et frater. : sic fortis E truria crcvit. Virg. Georg, li. 53a. 38 Vedi sopra p. i6a. i 63. 39 Columeli. X. 348 sqq. cio un teschio d asinelio: usanza praticata tutt'o ra in qualche parte delle nostre ma remme.

3ia

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XXVL

tavole. Vanamente per : giadch' ne durava la credenza 'nell: et idi Virgilio *. La quali cosa non maravglia a chi sa , che da per tutte s. fatte ubbe volgari sona le ultime a per dersi. Tanti terteni tolti allasalvaticheajea, disno dati , e coltivati, avanzavano o^t d mgigiorni ente 1agricoltura dilatando i mezzi della produzione* Gran anraero di luoghi paludosi ed infermi'mutarono ir tenreHeeonde p e rle fatiche incessanti degliavi: ojam assirial rti in dare awlo allei acquesopr^boodanti per mezzo di catwli e di emissarj, - di pi; at tcstata dai mirabili lavori idraulici condotti dagl* Etruschi ' nell Italia superilo#*, diptfhe abbiamo ragionato; altrove prsigpUe bonificazioni delta campagne* per 1# grande facilit del nutrimento, a per la ..semplicit 4 e' costumi ,, troppe en^no le cuad fisiche c mirali che! qua concorrevano m i foraa alla moltiplicaaione dalla, specie. N> potrebbe? tampocopotirein dubbio, oke l'Italia irtfler* non fosse anticamente assai, piupopolata ohe non oggigiorno. La legislazione non ave uopo rimunerare il matrimonio, perocch ciascuno trovava intorno a ,sq fapilit^.di far sussistere
4o Alijue sa{as vidi traducere piesag. Eglog., viu, 4.1 Vedi Tom i. p. n 4- 254-

CAPO

XXVI.

3i3

1 * individuo coi dava il giorno, n y* era sol lecitato pjr altro impulso se noo che della natura e del piacete. Merito della sobriet congiunta col lavoro era altres una prospera vecchiezza munita di belle figliolanze *\ Pre mio e gaudio tanto pi valevole in allo ri, quanto minore et, la cura di risparmiare nell opere dellagricoltura o dell arti manuali le forze vive, ed i propri sudori.
4a Plin. Vii. 43* PHlegon Trall. de Longevi*. Nel censo fattosi sotto i due Vespasiani, nella sola regione tra gli Appena jnl e il P si ritrovarono ag5 individui che aveano vissuto oltre a canto igniti. .Nella sola Velleja si contarono 6 persone d n o anni; 4- di tao ; una di i4o.

3.4

CAPO

XXVII.

A rie della Guerra.

I duri esercizi, e gli abiti della vita campe stre formatio di loro natura la miglior prepa razione alla guerra. Sotto i tetti rstici crebbero alla patria generazioni d' uomini pronti alle fatiche e fortissimi alle battaglie. Perciocch il bisogne, non che lobbligo di difendere e di conservare col. viver libero quanto di pi caro, o pi in pregio s abbia 1 umanit, fece de gl Italiani un popolo di soldati. Tutti ugual mente stavano presti all armi, perch tutti non obbedienti ad altro imperio che deJ suoi medesimi, avevano un solo ed unico scopo : quello cio di confermare i civili diritti, e mantenere la pubblica indipendenza. La pro fessione dell armi era non tanto un dovere prescritto dalle leggi, quanto la speranza dei valorosi che aspiravano a dignit d ufficio o d' azione : s che non fa maraviglia se i nostri popoli attesero di buon ora a ridurre in arte gli esercizi della guerra, e se furono anche veri trovatori di non pochi ordini di milizia, che* passarono nella disciplina romana, formatasi in grandissima parte coi modi stessi dell' ita lica. S veramente i Romani traendo a se tutte

CAPO

X X V It

3 15

volte lezioni norme dagli stessi nmici, sa pevano cori somma avvedutezza giovarsi di tutte le cose migliori 1. Gli Etruschi lunga mente sotto 1 armi innanzi la fondazione di Roma, furono anche i pi disciplinati e valenti nelle cose militari. I loro fanti superavano tutti gli altri nell3 arte principale di starsene uniti e serrati in battaglia,- combattendo a pi fer mo nelle prime schiere * : e quivi , immobili nelle sue file, non curavano morire onorati bisognando. La qual virt di ben ordinata milizia pedestre giustamente chiama uno scrit tore bene instrutto muro inespugnabile $ anzi muro vivente, muro ferreo, e non atto solo alla difesa d una citt, ma della repubblica intera 4. Quanto studi ponessero i Romani in quest'arte, e quanto ne approfittassero lo dice Livio*. Cos pure ad esempio de'fanti
t Majores nostri.. <. arm a atque tela m ilitarla a Samnitibus sumpserunt : postremo quod ubique apud socios aut hostes idoneum 'videbatur , curii sommo studio do m i etxsequebantur. Caesar ap. S allust. Catti. Si. Nicias Nicen. ap. Athen. t i , a i. Arrian. A rs Tactica pag. 75.
3 'tiapov

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AroYTuv. Nicias Nicen. a p . Athen. vi. 3 1 . 3 Firm ini ( an F ron tin i?) etrusci ri te instructutn peditatum vocat m urum inexpugnabilein, m urum vivntem, m uram am bulantem , m urum mente praeditum , murum ferreum , m urum qui non unam urbem , sed universali remp. protegit. Petr. M ag istri, de scientia polit. fragni, in (cript. vet. coll. Vat. T . 11. p. 593. 4 Qua pugnandi arte (in aciem) Romanis exceUant.JU. a.

3i6

CAP

3XVII.

etruschi delk prime classi cambiarono essi la pesante forma degli scudi sabini, adoperati nella prima et 3, sostituendovi quei di rame rotondi molto pi leggieri e maneggvoli6 : n diversamente dai militi etruschi alla leggiera tolsero i Romani una particolare specie d aste volanti ad uso dei Veliti 7 : arme s molesta che in iscagliandota piegavasi al primo colpo, n potevano i nemici rimandarla 8 . Per diversi monumenti singolari di opera toscanica che porgiamo in esempio, pu il let tole iarsi una veca e giusta idea cos della grave armatura etrusca, come della leggiera 9 . Con sisteva la prima d* una- corazza o. corsaletto in dosso, scudo, elmo, e gambiere; il tutto di ram e. I faoti deUe prime file adoperavano il formidabile pilo ,e , altre aste armate con acwta punta di ferro , ehe lanciavano di pi fer mo innanzi di venire alle spade. A meglio vi brare il colpo queste erari brevi, grosse, ed a due tagli a punta, appese al fianco sinistro per mezzo d un balteo Amplio e rotondo lo scudo imbracciayasi nella pugna vo media n5 Plutanch. Romul. 6 Diodor. fragra, XXUi-Eiicprpt in oolL Vat. T., U. p. 48 7 H aitw velitares. Ptn. t u 5& lud or. O f ( g ,. w u h 57. 8 Polyb. t i . a i g Vedi tav. xsxvur. XiXiX. xxxvn. i3. i4io Questa voce dorigine etrusca. Varr Ant. ver. bum. ap. Charis. r. p. 59. Putsch.

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XXVII.

317

te uh manubrio s impugnava soltanto " . Gli Schinieri solevano essere molto alti, qual difesa delle gambe intere dal malleolo sino alia parte superiore del ginocchio . Assai pi variate nella forma erano le armature del capo, diver samente guernite o di visiere, o di nasali, di pezzi che difendevano le gote5 e , come si vede per copia di monumenti, in sulla cima degli elmi s adattavano alte creste e pennac chiere , s che i fanti apparissero in pi nobile aspetto. Pi propria dei veliti era la casside etrusca , celat# di metallo liscia disadorna senza cono, la qual pass col nme Stesso ai Romani ,3. Poco diversa era larmatura delle fanteria d altri popoli nulla meno disciplinati nelle cse belliche. Sabini * 4 , Volsci .,5 e San ti Di tal foggia sono due grandi scudi della circonferenxa di dodici palmi romani, tutti ornati- a fasce circolari, in cui si veggono figurate a stampa non interrotte file di figurine e d animali. Furono trovati a Corneto nel i 8a 3 entro il sepolcro d un guerriero tutto armato giacente'so pra d* un letto: teneva appresso al corpo una corta spada, aste e giavellotti. Vedi Annali di corrisp. Archeolog. T. i. p. 96. tav. B. Altri consimili scudi di metallo con ma nubrio, bench di minora circonferenza, mi occorso ve dere pi volte, i a Vedi tav. cxm . 10. 13 F est v. Cassilam. Isidor. xvm . i 4. Vedi tav. cxm . 9. 14 Curis est Sabine basta. Festus. Ovid. Fasi, iv, 477. Macrob. Sat. I. 9. Serv. 1. aga. 15 Volscosque verulos. Virg. Georg. 11: 168.

3>8

CAPO

XXVII.

n iti,e, adoperavano al pari armi inastate din fallibile colpo, fatte di duro frassino, di mirto e di corniolo 17. Tatti con fasto uguale, an corach s semplici nella vita ordinaria, ama vano a un modo lo sfarzo e la belt nelle armi : nondimeno senza la precisa descrizione fattane da Livio nessuno crederebbe possibile che i Sanniti, dopo tante perdite dolorose, comparissero di nuovo in campo nel 444 ar~ mati di tutto punto con scudi, guerniti doro e d argento, e con pettorali di maglia, vi stosi elmi, e vesti a pi colori 1 8: tanto am bivano essi parer sontuosi in questi arnesi di guerra. Cos vediamo i Clefti dell Epiro, e gli altri, valorosi di quelle mootagne, porsi a bat taglia forniti di ricche armi e di belli .arredi **. Ch tali generalmente per le nostre guerriere popolazioni erano le armille d oro, le collan
Pila manu saevosque gerunt io blla dulonesi E t tereti pugnant mucrone , veruque Sabello. Virg* vii. 664- Festus v. Samnitcs. 17 t myrtus > validis hastilibus, et bona bello Comus. Virg. Georg, n . 447- Aen. ix. 698- Et fraxinus utilis haslis. Ovid. Met. x. g 3. 18 Liv. IX. 4o. Duo exercitus eranU acuta alterius auro, alterius argento caelayerunt: forma erat scuti : summurn latius, qua pects atque humeri teguntur, fastigio aequali: ad imum cuneatior, mobilitatis causa, spongia pectori tegumentuin; et sinistrum crus ocrea tectum : galeae cristatae, quae speciem magnitudini corporum adderent: tunicae auratis militibus versicolore*, argeqtatis lintae candidae. ig Fauriel. Chants pop. de fa Grece.

te

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XXVII.

3tg

ne, gli anelli, tutti segni di qualificate ono ranze e premi al valore. All' opposto i popoli del pi centrale Appennino valevano princi palmente come feritori alla leggiera. Per la natura del paese montuoso , e de luoghi ma lagevoli, erano essi spediti, repentini^ gagliardi: franchi tiratori di mano, chi adoperava la fionda, chi la balestra, chi il verretto, o altra qualit di saettarne: combattendo in battaglia sparsa fuori delle prime file si destinavano assai propriamen te a investire da pi parti il nemico istancando lo colle armi da tiro. Ed ottimi feritori per la forza del saettamento, non meno che per celerit di azione, erano massimamente i Vestini, Peligni e Marni 10. Con pari destrezza pugnavano le squadre de fonditori Ernici, ora vibrando insieme due dardi, ora scagliando ghiande di piombo . Quest arme limitatissima atta ugual mente per la sua forma a ferire ed uccidere, lanciavasi da lontano con la fromba, ordigno for mato di striscie di cuoio, o di piccole corde, qua le si vede adoperato tutt ora con bravura dai pastori di questi ltioghi, 6a per richiamare alao Enn. Fragra, pag. i 5o. Sisenna ap. Macrb. Sai. n . 4- Horat. il. od XX, 17. Silius vm , 5i 3-S i 4< M ap9&* oct fvXL Dionys. Perieg. 376. Eustalh. ad h. 1 . 2 1 ................ ... pars maxuroa glandes Liventis pi umbi spargit; pars spicula gestat Bina manu. Virg. vu. 686. Dionys. vm . 65.

capo

xxvn.

larmento gli animali che ne deviano, sia per colpire gK uccelli e ferii cadere a terra. Spesso ancora il saettarne di piombo portava? iscrit to o il numero della legioite, il nome stesso del popolo>che lo scagliava, quasi invettiva o provocazione marziale * * : n gi per esserdessi di razza pelasga, come sognava Igino 13, tenevano gli Ernici nuda la gamba sinistra, e la destra coperta d un calzare di cuoio *, ma solo perch in battaglia la sinistra veni va difesa dallo scudo, di che d ragione V egezio *. Altre genti della medesima stirpe osca adopravano tonde e ferrate maeze, che vibravan lontano con una stringa-, laddove da vi cino coperti di breve scudo ferivano con spa de ritorte Usavano del pari i Lucani scndi di vimini ricoperti di cuoio: quelli deMarsi da imo a somio erano molto grandi : i Bruzzi all* incontro impugnavano piccolo scudo
aa Vedi tav. CXiu. 11. la a 3 Ap. Macrob. Sat. v. 18.. a4 vesti gi nuda sinistri lnstituere pedis | crudug tegit altera pero. Virgil. v n . 689; aS >e re m ilit. 1. 'ao. 26 . > . . Tfirttes sn n f aclydes illis T ela: sed haec lento mas est p u r flagello. LaeVas caetra tegit 1 ficcati rommns *nies. Virg. vii. f i * . Serv, ad h. 1 . 37 F estus. v. A lb a ta scuta.

C A P O XXVlI.

3ai

rotondo ,8$ ed i Liguri scadi brevi e leggieri di rame, detti latinamente con propriet Kgtretini 9: di tanto questarme<}feosiva appariva va riata, cos nella materia, come nella forma e* negli emblemi , secondo che s' addiceva alla fortuna pi. 0 menoavanzata del popolo. Ar sai diversa perci dall4 armatura rusticana dei tiratori Equi e degli Ernici > , aventi celate fat te J i scorze di suveri, o di pelli dorsor e di lnpo * , era quella dei sagittrj etruschi ar mati alle palle di tu rcassid i frecc e ri ar co 3t. Nella m i leggiere, facili a procacciarsi con lieve spesa, stava Aon per tanto la forza principale dei montanari Liguri s temuti e fieri 5 >: anzi di tutti i popoli di' scarso stato. Non altrimenti armati andavano pure a cam po r militi latini nell et prisca 33. Qualunque volta l imperatore, capo suprejfl F ts tu s , v. BruLtuiae parmae. Tale foggia di stuilo si vede scolpita nelle lro monete. 19 Strabo iv. p. t^o. Diniiir. v. 3g. Scalo ligurtino. Liv. i l i v . 35. 30 Tegmina quis capitum raptus de subere cortei. Virg. viu 743. Idem G68. Sjl. iv. 56i. Si ... . quis tela, sagiUae, Corytque leves bum eris, et letifer arcus. VirgiL X. iG8. Vedi tav. X X X . *. 31 Hostis l^vls, el veltfx, t repentinus. Liv. xxxix. i. 33 VirgT VII.'6aq sqq. Propert. iv.-el. i. a8: miscebant usta praelia nuda sude.

il.

si

3aa

Q A P O XXVII.

ino dell1 *armi 14, chiamava a combattere, U legge stabiliva il modo di. fare la scelta e di compor T esercito: la religione ne rendeva in violabili le obbligazioni col mezzo dfcl giura mento 3 5 . La lgione divisa per coorti., ordine proprio deglitali antichi., componeva in starne di fanteria grave difanti leggieri, eoo i loro uomini di suppli mento y musici e arte fici : pi tutta la salmeria e la bagaglio II serviaio militare, al pari dell imposti, si regolava secondo la facolt o il censo : ciascuno passava nell arme he gli si competeva*,di diritto, ed i militi delle prime schiere erano anche, ob bligati corredarsi a 6iie -proprie. spese. Lo stes so accadeva per la cavalleria composta della parte pi signorile della nazione : poich tutti' coloro che in virt del censo possedeva so quanto basta* a mantener^ un cavallo avea/i obbligo di farlo in guerra legalmente. Tali sono le mi lizie che per deliberazione pubblica si coscri vevano nelle ordinarie fazioni di guerra: in quelle stava il nerbo di un esercito ordinato
34 Vedi sopra p. 85- n. 4g- La'partenza-di un capitano di guerra per l'esercito in abito m ilitare, preceduto da due litto ri, si vede bene figurata in un' cippo di pitetra con etrusra iscrizione ap. Dempster. tav. [fi.< 35 Prirnum militiae vioculum est religio, et signorum afnor, ei deserendi nefas ; tunc deinde facile cetpra exigunlur mandaturque jusjurandum adaclis. Senec. ep. < } 5-

CAPO

XXVII.

3*3

alla difesa o alla conquista : per esse pendeva quasi unicamente la sorte o l onor delle bat taglie. E non di meno per istraordinario biso gno , e massimamente in Vigore della legge sacra, era pure comandamento dei magistrati, che i pi scelti e valorosi, formassero da per se uq corpo di guerrieri eletti : indi ciascun di loro, chiamasse sotto larmi un aiuto, di cui ri spondesse : e cos di persona iapersopa ognuno dei nominati scegliesse un altro fino al numro totale voluto dalla legge 3 fi. Quest' pso fu non solamente degli Etruschi 3 7 , ma de' Saimiti ancora 3 S : il che vuol dire che venne loro in origine dai padri Sabini. N minor forza tenea dovunque la legge sacra pr gli altri popoli di ra?zaosca, e pe Liguri tutti, negrandi fran genti di guerra 39. In oltre a queste giubate milizie guerreggiavano ancora bande di volontarj sciolti, capitanati da buoni condottieri, che facean la guerra per solo , mestiere : simili per avveutui'4 alle masnade che tanto trava gliarono Itali# dopo il mille. S fatto costume.
36 U t vir vim m legeret. 37 Liv. IX. 3g. L iv. ix. o. X. 383g -Vedi Tom. i. p. a8o, e d sopra p. 19. 4o Vpluntarios dicereot militare ufei vellent ( Liv. vi. 6): ed altrove parlando dei Volsci : non publico constlio capessentibus arm a , voJup,Urii$ tnerrede secutis mjlitiam,
iv. 55.

3*4

CAPO

XXVll.

di militare stipendiati o per l'uno, o per lal tro , era molto antico : si dice che un condot tiero etrusco prestasse soccorso a Rmol4 1 ; ma tal era sicuramente quel Cele Yibenna chia mato da Tarquinio a Roma 4 *, e i l suo fido compagno Mastarna, che simile a uno Sforza indi pot acquistarsi la corona sotto il npme di Servio Tulio. Cos ancora un Oppio tusculano, e 'Levo Cispio dAnagni avrebbono, se condo Varrone, presidiato Roma per Tulio Ostilio 43. Le consuete fazioni di guerra si ri volgevano per lo pi in scorrerie improvvise e danneggiamenti sul territorio nemico : brevi erano le campagne , perch limitate ai soli intervalli, in cui poteva il soldato agricola con fidare alla natura il frutto della ricolta. Di tal modo le guerre rotte secondo legge. Feciale per giuste vie , corte e spedite, riuscir non p-* tevano n molto distruttive , n crudeli : in fatti non altra era la natura propria del com battere pella forma antica 44. Comunemente la battaglia soleasi vincere per bene assalire nel primo scontro : quindi s di frequente tro vasi fatta menzione di guerre aperte, eh eb bero fine nel corso di pochi giorni. Pqri mae4.1 Dionys. 11. 37. Propert. iv. el. 2. S i. 4 2 T acil. iv. 65 .

43 Varr ap. Fesl. v. Septimontium. 44 Dionys. 111. 34- Cicer. de O fjic. 1. 11.

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XXVII.

3x5

stri di guerra ponevano grande attenzione nella scelta dei posti, e in ben fortificare gli allog giamnti. Nel modo che usavano i Romani an tichi innanzi la guerra di Pirro, ciascun corpo dimilizia posto qua e l appartatamente secpndo sue ai mi alzava dintorno a se le trincee, fa cendo un zappatore dogni soldato4 5 : n mai gli ..Etruschi per solita cautela lasciavano indietro lalloggiamento senza prima abbruciarlo e di struggerlo * 6. L prdine pi usitato e maestre vole di ben disporre un esercito grosso al combattimento si era lo schierare le fanterie in tre corpi principali : destra, sinistra, e -cen tro : i cavalli squadronati di costa alle ali, o altrimenti disposti alle riscosse 47. I cavalieri portavano. lmo, aste ferrate a punta acuta,, e piccolo scudo tondo, o sia la pafcma * 8. Le battaglie davansi in ordine paradello, pi pro prio, di su natura all'urto tutto materiale dei corpi : raro era l-or<flne obliquo., migliore per la combinazione e movimento delle forze. Dove
4.5 Castra anliquilus R om ani, r.eteraequagentes passim per forpora Cohorlium velut n>apalia constitnere solili erant, quum solos urbium inuros nosset anliquitas. Fronlir. Strat. iv. r. 14. 4-(i Dionys. v. 3447 Tal Inondine delle pi principali battaglie narrate roti notabile precisione dagli annalisti, che arevano dinanzi Livio e Dionisio.
48 Vedi tav. mi i. l x u . 3 .

36

capo

xxyn.

pi valevano i nostri si era nelle imboscate e in altre maestrie della guerra alpigiana basti rammentare il gran fatto delle Frche caudine } ancorach non i soli Sanniti addurati nell arme 49, ma tutti i feroci abitatori del lAppennino, quasi che invincibili tra le na tive montagne, erano a uri pari espertissimi in quelle arti di guerreggiare, che sovvengono all uopo per accorti strattagemmi i difetto della forza. Pieno il guerriere d ardire e d baldanza s'avanzava con misurati passi alla volta del l'inim ico, cantando bellici canni , o le geste degli eroi *\ Nobile trovato dei Tirreni si fu la tuba metallica j perci detta propriamente tirrena, che metteva fuori un suono eccessi vamente fragoroso e penetrante 1 1 . Alla ton nata degli Eraclidi, ottanta anni in circa dopo la caduta di Troja, 1 uso di questo importante strumento guerriero pasb, come dicesi, dalla
4g Miyt Ti xa jjcOirm iSvo{. Appian. B elL P un. in praef. 50 Ibant aequati numero regemqtie canebant.
Virg. v ii . 698. Silio ( vnr. {80 ) dice lo stesso dei Sabini. Dionisio parla pi specialmente delle canzoni m ilitari dei Volaci. vili. 86. i , 5 1 Plin. TU. 56. Diodoro V. 4-0. Pausali. II. * i. Polluc. iv. 85'. 86. Athen. iv. a 5. Clem. Alex. Strom. i. 16. T a ti an. Orati ad Grate, a. Darrasi per inventore della tuli* Meleo, imperatore di Tirreni. Plac. L utat. ad Theb.vi. Il suo fragore ben espresso con armonia im itativa da E n nio; at tuba terribili sonitu taratant&ra dixit. Fragni, p. 5o.

C A FO

XXVII.

3*7

Tirrenia in Grecia 5 ? : ma-, comunque il fatto avvenisse, crto, almeno che nostri Etru schi adoperavano in guerra come arnesi1 na zionali tanto la tuba ricurva, che aKre trom be toscane 53, cpn la buccina, il crno ritorto, ed altri strumenti militari d fiato romoreggianti 5 4 . Vuoisi oltr a ci giustamente lodare il saggio intendimento, per cui gli Etruschi a tanti studi di milizia sapean riunire tutto quanto pu la forza e 1 *energia morale. Di qui che facevano onore ai prodi e valenti di corone doro, fra le quali era pi riputata l corona specialmente chiamata etrusca 55, fregio una volta dei Lucumrti sa, e che veniva sostenuta per maggiore orrevolezz sopra il cap di chi trionfava. Se diamo fede a Floro anche il trion fare in cocchiodorato a quattro cavalli fu co stumato in Rma secndo 1 usanza toscana
5a Schol. Sophcl. A jax. 17. cqm sch<ll. Euripid. PAoiu/iT. 1^79. i 38G. Suid. V. ffc&jri? si trov a *e*npre cliiamata dai tragici. Sophocl. 1 . c. Euripid. Phocniis. 1 . c, Rhes. 988. Heralid. 83a 53 Plluc. Vi. 70. sqq. 5i Che fossero questi bellici Strumenti insegna Vegeiio: tubicines, cornicine et bucrinatores, qui tuba velaere cur v o . vel buccina coinmittere praelium solent. 11. 17. Vedi tav, c x iii . 7, ed i monumen. dell Italia ec. tav. xxxiv.
XXXV.

55 Plin. XXXfU. 1. Tertull. de corona mil. i 3 : hoc est coronarum gemmis et foliis ex auro quercini*. 56 Dionys. 111. G. 62.

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CAPO

XXVII.

con magnifica pompa 5 7 : per, conforme al costume pi antico, il trionfatore a piede por tava egli stesso il trofeo 50. S tanta era la bravura l intelligenza pier cui generalmente i mostri popoli disponevano a loro fini, secondo lordine della ragione, le cose della guerra. Ed per certo notabilissimo fatto, allegato ancora dai filologbi, che l'armi stesse per esso loro adoperate, sia per batter da lungi il nemico^ sia da vicino,, sia per so stenerle* ed aprirlo, abbiano tutte jiouii pro pri, italici d origine etrusca,sanniticaosabina. Cos V innato valore fortificato, e dall' educa zione e dalle leggi era portato a tal sublime grado che, in mirando alla patria soltanto, non curavano i difensori del sacrifizio della per sona, Quel sentimento profondo di virt na zionale, che presso agli Um bri, antichissimo e vero popolo italico, rendeva indispensabile il vincere o il morire combattendo, dice un antico 5 % non era nulla meno vivace in petto dei Sanniti, de Marsi r de Lucahi, e d tanti altri prodi. Ben Io sperimentaron mille volto
57 Fior 1. 5. conf Appian. Punc. p. 58. 5g. 58 In questo modo vedevansi figurate le iipmagini slesse di Romolo. Plutarch. Romul.
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iyowvtat irmjWvai f> 5 , iV vayzaov n Damasc. p. Stob. Serm. x.

, t dtTro^vio xei. Nic.

CAPO

k x v il.

329

i Greci stanziati nell Italia inferire : n senza verit diceva Alessandro Molosso qua ssersi affrontato a suo danno con uomini, dove che suo nipote, il Magno, s'era in Asia riscon trato solo con femmine . In tempi s fatta mente gloriosi di libert e d vittoria era non pure sopportabile , ma onorando a ciascuno il servizio militare : la costanza dell animo, la frugalit, il lavoro, riparavano prontamente ai danni della fortuna nemica \ Quindi tante repubbliche di poco stat potevano ad ogni occorrenza levare in casa nuovi eserciti, e com mettere alle proprie spade la rischievole sor te. Che oltse? nessuno ignora qual resistenza facesse Italia per cinque secoli interi alla pro dezza di Roma: se non pi tosto questultima, accortamente rivestendosi delle forze e 'dei talepti, che le porgeva 1 unione italica, non do vette al suo raccolto, vigore la conquista del mondo romano G *. Pi volte abbiamo fatta menzione della molta
CoA-ul. Geli. ^vu. ai. Quinto C unio pone in Locca di Clilo le slesse parole: verum est quod #Tuneulum luum in Italia dixisse constat, ipsum in virum incidisse, te in fpeminas. vm . 1. Ci Veteres illi Sabini . .quamquam inter ferrum et ignea hosticisque incursionibus vastatae fruges, largius tamen condidere, quam nos. Columel. n. n. praef. 6a Sii romana potens Itala virtute propago. Virgil. XII. 837.

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perizia degli Etruschi nel munite le loio prin cipali citt. Consistevano le loro fortificazioni in. alte fortissime mura costrutte di grandi pietre paralellepipedi disposte per piani oriz zontali, e fiancheggiate da to rri, distanti le une dalle altre quanto comportava il tiro dellarmi da lanciare. Per il che adoperavano nella fabbricatone sassi di mole grandissima murati a secco, ma connessi insieme con. tale artifizio, che mediante 1 piani e gli angoli in essi lasciati venivano a ben combaciarsi l ' Uno all altro, ritenuti solidamente in sito dalla stessa loro mole e dall enorme peso sene altro legamento 63. Per buon accorgiknento dei co struttori si collocavano a posta i pezzi pi mas sicci vicino a terra, ed 'a quell altezza dove soglioiio pi duramente percuotere le mcchi ne murali r affinch limpressione del colpo si diffondesse meno per tutta la linea, n mai venisse a scollegare il mura assalito. Poco va leva agli oppugnatri anche lo spediente di minare le mura per rovinarle : poich il mae stro ingegnere tenendo dietro alle sinusit na turali del monte soleva fondar, come si vede, le muraglie in sul vivo del sassq e al capo dei precipizj:6 4 : n ci tanto per sola sicurezza delle
63 V li. tav. ix-xn. G4 Vedi massimamente la pianta di Volterra tav. i.

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3LXVII.

33.

munizioni, quanto perch il nemico entrando in qu golfi vi rimanesse oppresso dalle armi de sagittarj e lanciatori. Che tal era il modo principale della difesa : tener lontano con ogni sorta saettamenti, e ferire di ianco gli assa litori. Le- porte delia terra doppie per mag gior difesa j e piantate in obliquo, erano di pi afforzate con le saracinesche, come son quelle di Volterra e di Cossa65. Torri si veg gono ^soltanto interne ed esterne nelle fortificaziojni di Cossa : quelle di. fuori hanno i due fianchi retti r e la faccia convessa inverso' la campagna. Oltre a ci ciascuna citt teneva entro al suo prprio Cerchio la rocca nel luogo pi eminente: ella era negli stremi casi 1' ul tim a difesa. Or tutto questo sistema di fortifi cazione fa palese il militar Senno, e lo studio grande, che a fermezza del loro impro posero in ogni tempo gli Etruschi nel munire ga gliardamente le citt maggiori quasi con eterne difese . N per ci incredibil fatto il narrato lungo assedio di Vejo, o quello di Volsinio: pi certa tuttavolta 1 ostinata resistenza che valorosamente fece Volterra nella guerra di Siila. DallJ Etruria in fuori assai diverso era il
65 Vedi t a v , iv. T U . U na prta con due ingressi si vede soltanto nelle m ura di Cortona tav. vi. 5.

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XXVII.

modo, dell' architettura militare . Murate chia ma Virgilio Laurenty, Antenna,e Arda nei Rutuli, prima che fosse Roma6 fl: per rap portandoci alle storie medesime di Livio si conosce apertamente l debolezza di coteste munizioni, dacch qualunque terra del vec chio Lazio, o degli Equi, o dei Volsci , rara mente potea resistere all impeto d'un grosso e violento assalto, quando, circondata a un tratto la piazza a guisa di corona, riusciva ap poggiar le scale e salire in sulla muraglia 6?. Con tutto ci miglioratasi in tra questi med simi popoli ]a forma della difeasiane per pi avanzata civilt anche 1 arte di fortificarsi si ritrovava in buono e gagliardo state, xrome si vede per gli avanzi di non poche citt situate per le montagne, cominciando da Preneste in silo ad Alba nel pae&e dei MarsL Dove, da per tutto si rinviene la stessa costruzione di mura glie con smisurate pietre tagliate a poligoni irregolari di cinque sei e stte lati, connesse fortemente insieme senza calce o cemento al cuno . Uguale '.edifica/iene di mura hanno le citt del Sannio, e d altre limitrofe regioni nel centrale Appennino: per lo che discorrendo
(>G Tuirigerai lire Antenna il |>ocla : love rliios Servio bene muratae. v i i . 6 3 i . 0 |ipilumque rorttrt circumdatuna , sralis captuin. Liv. iv. 4;. et alibi.

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XXVII

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altrove a proposito intorno a ci ho gi mani festato essere coteSta maniera di fabbriczione, al mio parere, unanticaopera italica nsata nei tem pivetusti, e seguitata pur anco senza interruzio ne per lungo cors di tempo nei secoli romani 99. Tal senz' altro quella costruzione che vuol chiamarsi ciclopicaj e per fola di romanzo attribuirsi conseguentemente alla maestria dei Pelasghi, l dove veri Pelasghi non furono stanziati giammi fl .
G 8 Vedi Tom . 1. p. so8< sqq. Vedi. Tom . 1, p. 3 4 8 .

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c
a

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xxvm .

N avigazione , vfffici, moneta.

U n grande circuito di coste, che trapassa due mila cinque cento miglia., incominciando dal fiume Varo in tttl.maret d i sotto fino al fondo d elf Adriatod, disponeva {fioltQ natu ralmente lanimo e il talento degl Italiani posti su lidi suoi ad esercitarsi nell arte ma rinaresca. Gi vedemmo per liqnanzi Liguri, Volsci, Campani, e principalmente Etruschi, darsi per usalo mestiere alla navigazione, e trar da questa un sussidio grande a bene e a stato di ciascuna nazione. Poich la via dell onde essendo pur quella di tutti i conti nenti poterono essi di tal mdo porsi in com mercio con popoli pi civili , accrescere i prodotti delVarti paesane, introdurre nuove in dustrie, e moltiplicare a un tempo la somma dei contratti. Mezzi per cui la mercatura veramente vincolo universale delle genti, e veicolo insieme della civilt. Ma i navigatori prim i, uomini animosi e gagliardi, anzich m ercatanti, non altro furono lungo tempo se non corsali o rubatori di mare. Tali si mo stravano i Fenici per lisole e le coste della Grecia fino dai tempi d Omero : tali appari-

capo

xxvm.

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scono i Greci stessi m arinim i, ed i nostri na vigatori nell'et pi vetusta. N solamente corseggiavano i Tirreni nelle parti occidentali di Mediterraneo, m a, se crediamo a Dionisio, innanzi ]a guerra di Troja erano essi terrbili per arte, piratica anconelidi orientali '.Q uan tunque il nome di Tirreni sia alle volte nelle scritture antiche , trasferito, ai P e la g h i, . nes suno vorrebbe imputare da senno al critico d Alicarnasso di non avre distinto in questo luogo s notabile delle sue antichit la raaza od il cognome pelasgo da quello pi speciale degli Etruschi tanto Jestie parole sono pre cise } aver li T irren i, o sia i n o stra liq u iv i ammaestrato i Pelasghi avventizi nella mari neria * Quanto i navigatori Tirreni fossero gran tempo formidabili, e temuti per l ionio e lEge ne fanno fedfe le memorie antiche :, sotto figura d'allegoria lo ricordano pi. volte le favole dei .tempi eroici 3 : non cessavano i Greci d infamarli cal nome, di pirati-, e o ar vean giusta ragione : perciocch no soler cru delmente dessi infestavano i loro m ari, m a, com era costume, solan togliere m corso le robe e gli uomini per farne commercio neconi Dionvs. /

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3 Possi* Magnes. ap. Athen. vii. ia . Palephat. ai-

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aneti mercati 4 .D i che senza pi .manifesta allegoria il notissimo mito di Bacco rapito dai T irreni, onde venderlo poscia per ischiavo 5 . Cessava non di meno questa s grande acerbit di costumi a misura cheil commercio m arittimo, separandosi dalla pirateria, andava acquistando pe trafficanti maggiore sicurezza ed importanza mediante scambievoli e rego lari baratti. Periodo propriamente istorico, il quale divisiamo soltanta di considerare in que sto luogo per rispetto al pi esteso incivili mento , ed alla forza e ricchezza progressiva, che indi ne vennero alle nostre pi operose nazioni. Abbiamo gi mostrato altrove, ne fa di bi sogno ripeterlo, per quali e quaot cure in cessanti attendevano io v casa loro gli Etruschi alle faccende navali 6.. Grandi e poderosi per imperio terrestre prima che nasiesse R om a, essi non erano niente mento potenti per domi nio marittimo. Tante che a telo riguard della loro prevalente signoria nel tempo antico, i due mari inferiore e superiore che circondano Italia, tolsero il nome di mare Tirreno e di
4 D a'ci ne venne agli im pauriti greci il prbverbio Tuppuoi (Jirpot. C rn f. Meurs. Creta. III. 5 Apollodor. in. 5- 3. INonn, X l v . io 5-i 68. Ovid. Met. ili. 576. sqq. 6 Vedi Tom. 1. p. i 5g;, e di sopra p. 54- sqq.

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33;

Adriatico. Prima compagni dei Cartaginesi in vigor di trattati j indi emuli alfa potenza pu nica navale nel second e terzo secolo, gi gli Etruschi marittimi, con ardentissima com petenza di navigazioni, sinoltravano arditi con legni armali per tutte le vie del mediterraneo sino alle spiagge dellAsia occidentale 7. Le colonie che tenevano in Corsica e in Sardegna porgevano agli Etruschi una stazione media opportunissima alle loro consuete navigazioni, lanto per la Spagna, che per il lido affricano e lEgitto : e sicuramente in quest epoca di forza e di valore nautico miravano essi davan zarsi ancjie per lAtlantico in. sulle tracce dei Cartaginesi , siccome racconta Diodoro 8. S che per queste conti novate rivalit di com merci Cartagine ebbe negli Etruschi non so lamente dei competitori audaci , ma altres dei nemici aperti fino al quinto secolo, come mostra il tenore delle storie. Parecchie inven zioni notabilissime attribuite, agli Etruschi- se gnalarono di.pi l arditezza e la scienza loro nellarti marine : tra le quali vuoisi commen* dare in primo luogo 1 acuto sprone ^aggiunto alle navi di guerra, che per la forza dei re matori e la maestria de piloti era sempre il
7 Herodol vi. 17. 8 V. 19. so. Vedi, sopra p. Sj.
11 33

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XXVIII.

principale istrumento della vittoria 9. E fu s grande l importanza di quel ritrovatnento, che quindi innanzi la tattica navale si trov ordi nata per evoluzioni e manovre uniformi: in guisa che, al segnale della pugna, unarmata di galere avanzandosi a voga forzata in forma di mezzo cerchio, o in altr ordine di batta glia , sforzavasi far passare i suoi ferrei sproni ne fianchi dei navigli opposti, tentando anche venire per tal modo allabbordaggio, e al combattimento de militi navali dall alto dei ponti. L ancora bidentata parimente , che spesse volte si vede figurata qual simbolo della navigazione in sulle monete dalcune citt, e ih altri monumenti nazionali, save per un trovato degli Etruschi 1 0, i quali per certo non cedevano a verun altro nella pratica dei migliori metodi, che usavano i marinari a ben indirizzare la via secondo alcuna stlla, non che a giovarsi delle correnti del vento, tutte volte che -dal bisogno erano forzati a mettersi in alto mare. Quindi che cpiose di navi da carico, di legni sottili e di galee " , ben po9 Rostra addidit Pisaeu* Xyrrhenus. Plin. v i i . 50. o Plin. I. c. Ch$ i Greci non adoperassero anticam ente n 1*ancora bidentata, n il rostro, lo deducono i filoioghi daL silenzio d O m ero, che tnttavia descrisse qualunque altre cose navali. Vedi tav. ex. cxi, cxv. 8. ii E rro in che modo Filostrato ( Icrt <39 ) descrve la galea piratica tirrena che inseguiva Bacco : a reva sporto

GPO

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33g

terono le citt maggiori della costa occidentale, sopra tutte le altre d Italia fortunatissime , mantenere lungo tmpo con pi o meno d ventura quella superiorit navale, che gi pro cacciava i loro maggiori il vant di assoluti dominatori del proprio mar tirrenico Il commrcio marittimo estendeva pure d- ogni banda pcfr tatti i paesi < Kintoma i Mediterraneo : principalmente nelle parti d'oc cidente , nell' isole, 0 Del circuito deirAdriatieo. La materidi questi lucro traffici ita liani consisteva in prodtti' del proprio suo lo, e in qualunque lavori di arte; Esporta vamo gli Etruschi dlie loro fertili maremme grande abbondanza di frtii?irit>, e di altre sorta biade: le k#d:selve atjl lido tirreno,do ve vegeta ottimamente la'querce a una stra ordinaria attezz gfoeaz, dvan il mi gliore e il pi ricercato legname atto alle costruzioni navali che veniva preferito per
in fuori da l> * una e l' altra parte della prora certi leg n ia guisa dorecchie atti a ferire : era arm ata di rostro : avea inani e uncini di ferr i' cp 'q d ali saSftrirvano i navigli i faci accese ofella notte ec. Non diversamente era terribile a vedersi, dice Palefato, la nave tirrenica e piratica Scilla, da coi vennq- il m it. De mesi hit. feiL Quale fosse la pi usata specie delle navi tirrena vedasi p*H le figure tv. cui. a. 3.
1 3 E<ftupe*on9 a i ; p ita ite A io I * Italifiji t w i . DiarfiyS. l i .

Ifi

a'T'jffma SaAnrr HfnatiOvki(i t)io d o h . V.

14 Thueyd. vi. 90. Strabo v. p. i 54- Theaphr. Hist.

34

CAPO

XXVUI.

mggior durezza a quello tagliato di verso lAdriatico : se pure di qua, o pi a dirit tura dalla Corsica, Tiro medesima non traeva il durissimo bosso > o altro legno bisognevole alle sue navi '6. Il ferro dell'Elba, che si tra sportava greggio a Populonia 1 7 per esservi ridotto malleabile, secotdoh tutt ora si co stuma , forniva anch* ewo .-un materiale assai copioso di traffico : ne men lucrative erano per gli Etruschi le abbonenti miniere di ra me nei volterrano e nel senese, donde trae vano quella s grande quantit di metallo, che adoperavasi per ogni sorte di armature e di arnesi, e per oso ancora della moneta. La cera, il miele e la pece, che ricoglievano in casa, o traevano per tributa daglisolani della Corsica, fkcean pure un fondo .non ispregevole di baratti. Ma soprattutto i navigatori e mercatanti .portavano fuori, copia-di lavori toscanic di bronzo, idoletti, arredi delle case, e altre suppellettili, che vendevano assai ca ramente ai popoli inesperti. con i quali.mercavano. Per l opposto tiravano essi in cambio
plant. v . 9. Leonide, in libro db Italia ap. Teetz. ad Lycophr. y5o< Plin. i t i . i. i 5 Plin. xvi. 3g. V itrnr. 11. 10. iG Ezech. v j. 6. c f Bochart, Geogr. p. 180. 17 Auct. de H irab. p. n 58. Strabo v. p- i 55. Varr ap. Serv. *. 174*

CAPO

XXVIII.

341

l avorio della Nigrzia o dirttamente col mezzo dei Cartaginesi, o pi da vicino comperandolo ne* loro emporj della Sardegna. Cos pure lambra, materia ricercatissima quanto lavo rio e ^he tisavasi tanto per adornamento del vestiario femminile, quanto per opere da rti, e per magnificenza dei grandi nella sepoltu ra Itt, veniva porlata in Etruria dai mercati stranieri, anoreh nessuna comunicazione di retta avessero i nostri col Baltico, b coti altre parti del Settentrione. Questi negzj d cam bio facevansi con uguale facilit sia dai na vigatori oltrmar, sia in casa propria negli ordinari mercati : per il che le principali citt, bench dentro trra, avevano comodi porti, arsenali, e piazze di mercatura sul mare : tal era Pirgo frequentatissimo prto d Cere} e per tacer d altri luoghi Populonia, centro del commercio di tutte l isole del nstro Arcipe lago. Nel tempo antico la mercatura dava pro fitto grande, e onore insieme a chi la praticava : la sorte principale, o sia il fondo che pnevasi in su i traffici, era dei facoltosi,' e di loro anche il merito o lusura del capitale : onde largo ne veniva il guadagno : n solo i ricchi e po tenti , ma, insieme 9 loro ministri, i nocchieri, i patroni di nave, i comiti, i sottocomiti, i
18 Vedi tav. cxvm , a.

34a

CAPO

XXVIU.

marinati, avean cos fortissimi motivi non me no di cautelare, che di proteggere s fatti com merci , fonte duniversale ricchezza, adope randovi all1uopo, la forza stessa del comune. Molte deit marine che ricorda la mitologia, e che in parte Vggiamo s stranamente fog giate nei monumenti toscanici, prestavano aiu to soccorso e fiducia ai naviganti. Vertunno bens, dio moltiforme , era per gli Etruschi il vro tutore protettore e custode della merca tura * 9. Se per gli Etruschi di tanto pi potenti soprastavano agli altri italici in forza maritti ma e in valore di commerci, non per questo Bululi, Volsci, Liguri e Campani, cedevano loro in ardire , n in virt di marineria. Na vigavano .essi pi che altrove per le, coste del Mediterraneo occidentale e per l isole : e come oggid i, marinari d Ischia, di Torre' e di Sorrento; sopra piccoli battelletti e senza bussola, s ingolfano in alto mare pei: andare a pescar coralli in sulle, spiagge barbaresche, cos i loro progenitori Campani veleggiavano per gli stessi mari con barche leggieri > 0 . I Volsci marittimi, ed i Liguri, navigavano a un pari colle loro scafe sicuri arditi per le co19 Varr l . l . iv. 8. Propert. iv. a. 4g - So. Ascod. ili V err. 5q. ao Phaaelus, navigium campantiBi. Noniu xcu. 7.

c a p o

xxvm

343

ste dell'Affrica, della Gatlia e di Spagna *', dove i Rullili dArdea dalla foce del Numicio aveano condotta una colonia de suoi nel tempo antico E di quanta importanza si fosse per esso loro la navigazione e il traffico marittimo gi nel secondo secolo, ben lo palesa il primo trattato conchiuso Tanno medesimo della fuga dei re tra Cartagine e Roma, in forza di cui questa stipulava per i socj di Laurento, Ardea, Anzio e Terracina, che potessero come per avanti navigare e trafficare sicuri sotto certe condizio ni nemari diSardegna, della Sicilia e dellAffri ca senza impedimento 3 . S fatti accordi tra po polo popolo navigatore formavano quel gius convenzionale marittimo, che determinava il dritto del commercio,-e nel medesimo tempo lo limitava e l ' assicurava, prescrivendo modo di definire con prestezza le cause sulle ragioni e sugli averi : ogni qualunque violazione del patto veniva impedita con la forza qual navigamento e mercatura illegittima ne* mari altrui . Per consueti negozj cambiavano i Liguri quantit di legnane delle sue proprie boscaglie di straor dinaria grossezza, sughi resinosi, cera, mile e pellami, che avanzavano aior bisogni, contro ei
a i Diodor. v. 3g. aa Vedi Tom . 1. p. a4 >a 3 Polyb- 111- aa.

a4 Vedi Tom. 1. p. a 3 : e di sopra p. 7. SS.

344

t p

xxvm .

biade, vino, olio, e iutt altre grasce di etri mancavano T 5 , tenendo a tal uopo mercati co muni a Genova 16. Quali lavori, di loro mano, altro non aveano per nlercare fuorch tuniche e saionl di grossa lana, detti ligustici : cos dopo il mille le telara genovesi fornivano cap potti e berrette ai marinari non pure cT Italia, ma dogni altra gente . Ed pur fatto singo larissimo e certo, che in quella medesima et lesportazione de panni lani, del ferro, pece e legnami, fosse a un pari la pi ricca vena della mercatura delle repubbliche marittime italiane. Dava in fatti 1 arte del lanifcio ab bondantissima materia di prmute anco ai Ve neti , a Sanniti, ai Puglisi **, e ad altri po poli industri dellItalia inferiore, che allevavano molto numero di animali lanuti : ed i Frentani unitamente con altri comuni del Saanio, me diante i porti di Aterno e d ' Ortona in sullA driatico, facean pure regolati traffichi coll'Illiria e l ' Epiro . Allopposto i Bruzzi traevano gran dissimo guadagno per lo spaccio dell ottima pece e del catrame, che manipolavano nella ampia selva Sila 1 9; materia di abbondante
a 5 Strabo IT . p i 4o. aG Strabo v. p. i 4^37 AiywTmf Tt^tTvif * crf01. Strabo I. c. 28 Strabo t . p. t { j . i 5 i . L i r . v ili. ( 6 . M ar d a l. XIV. ep. i 43. i 5a; 29 Strabo vi. p. i8o. Dionys. Epit. XX. S- 6. PUn. Iv i. il.

capo

xxvur.

345

consumo, Ja quale usavasi pi maggiormente ad imbrattare le navi. Di tal maniera il commercio pi lucrativo si comunicava dovunque dalle spiagge al cen tro , e da questo al mare. V erano strade ad uso pubblico che facilitavano queste comuni cazioni tra un luogo e 1 altro : strade selciate e solide, come si vede tutt ora in molte parti interne. I montanari stessi pi riposti parteci pavano anch'essi di questi benefizi del com mercio marittimo. Tanto che i Sabini per la via detta. Salaria, che traversava 1 alto Appenuino, venivano a prendere il sale alla ma rina cfei Pretuzj cambiandolo con derrate. Altri, come gli U m bri, cavavano il sale abbondan temente dal residuo delle cenri di canne e di giunchi bollite nell9acqua 30. In tempi di cosi grande immunit e franchigia di commercio assai limitate erano le gravezz imposte alla mercanzia, perch pochi e scarsi i bisogni del pubblico erario : il dritto e pedaggio d'entrata o d uscita nei porti, e al passo de fiumi e de pontis>, comprendeva limposizione unica che gravava la merce : n gi i Romani inven tarono questa sorta di dazio, ma ben lo tro varono stabilito per antico, e lo mantennero
30 TheophrasU ap. Plin. 3. p. 558. 31 Portorium.
XXXI.

7. Ajistot. M etec.rol, il

346

CAPO

x x v in .

presso i socj latini e italici quale ordinario tri buto . La moderazione delle .imposte s avea massimamente per una delle principali condi zioni del bupn governo. Anzi, per provido ammonimento della dottrina etrusca fulpurale vigile a tutte cose, uno dei segnali pi certi che manifestava alle genti T ira divina era giusto 1 acerbit delle gabelle 3 \ La moneta, invenzione asiatica , s introdusse di buon'ora fra i nostri popoli trafficanti. E quanto ne fosse antico luso ben la comprova tanto il ni ito nostrale che ne attribuiva il ri trovato a Giano 33, quanto la forma materiale, il peso e }a rozzezza dei cos detti assi gravi. Bench $ abbiano segnati con tipi diversi pezzi quadrilateri di metallo, che pur servivano ad uso di dauarq 3 * ^ vera moneta crrente, o rappresentanza universale dell altre valute, era la rotonda metallica stabilita in sull unit del peso librale. Asse volea dir quanto libbra di dodici onpe : divisione che probabilmente
3i Omnium utem gravissimum erit vectigalium pubbUcorum acerba exctio. . . . om qi modo tiuminis ira ruanifestabitur., De fulgurpli discip. vet. comm. ap. Lyd. de Ostent. p. i 85. 33 Macroi). Sat. r. 7. Drac Corcyr. ap. Athen. Xv. 3. M inot. Fel. aa. 34 Questi s ammontavano nelle stanze ( Varr l . t . v. 3G. ), e al bisogno si trasportavano col carro alla camera del pubblico. L ir. IV. Go.

capo

xxvm.

347

adattatasi, -come nqll uso romano, adajtre misure di quantit. L asse effettivo cn le sue parti corrispndenti fino^all oncia era una mo neta non battuta, ma gettata di rame, avente per impronta animali domestici, o qualunque altro simbolo correlativo alle qualit fisiche del paese, alla religione, ai costini.Si vuole ch Servio introducesse la prima . volta l asse in Roma improntato di un bove 3Sj non per di meno s fatta moneta era gi gran .tempo pi antica presso le genti italiane di buona parte della penisola, singolarmente in E truria, nellUmbria e nel Piceno.,Bench, a dir vero, gli assi italici di tal sorte che vanno attorno non sieno di quella et inarrivabile che si tiene per alcuni. Noi siamo al contrario davviso, che dessi non abbiano maggior^ antichit del -terzo o quarto secolo : ce n accertano bene gli assi dAdria picena, che hanno per impronta un pegaso volante 3 6 : contrassegno e simbolo della sua recente affinit e concordia con Siracusa, da poi che Dionisio il vecchio avea posto in quella citt una colonia di Siculi 37, non tanto
35 Plin. xxxiir. 3 . 3G Eriche}, Doct, num. vel T . 1. p> 9 9 . Zelada* D num. aer. uncial. 37 E ty m . rqagn. v . 'kSp(at t o nttyot. T ie ti. d Lyeophr. 63o. Dionisio mor l anno pigino della 01. CHI. *ndi R. 386.

348

CAPO

XXVIII.

p er rndere pi franca la navigazione de' suoi in sull* Adriatico, quanto per reprim ere di tal modo e raffrenare quella mano di coraggiosi siracusani, che in fuggendo la sua dura ti rannide s erano riparati in ' Ancona w . Alla moneta di rame fusa indi successe la coniata. L ebbero al pari Etruschi, U m bri, e altri popoli della entrale e meridionale Italia ; n mancava tampoco ai primi la specie d argen to e d' o ro , coin si conferma per le stess loro medaglie, fregio della numismtica a . Si avean miniere d* argento fruttifere A Montieri nel senese 40: buona quantit d or davano quelle della Val d* Aosta e del Vercellese 4 1: ancora che tutta Italia dal monte Rosa insino alle Calabrie abbia ricche vne d ogni sorta minrali di consideraci prodotto e valore, le quali si lavoravano cn pi o meno di gua dagno dalle popolazioni dell interno **. Sol tanto la gelosia di Roma impedi ai nostrali, poco avanti la guerra marsica, qustarte pae sana di cavar metalli 41: quindi cess affatto
38 Strabo v. p. 166.
3g Vedi tav. cxv. i-i3: a l i monumenti dell' Italia ec. tav. lix . 4o Targioni, Viaggi della Toscana. T. iv. p. 4-7j( i Strabo iv. pag. i4 i. v. p. iS i. Plin. XXXUI. 44a Metallis auri, argenti, eris, ferri quamdiu libuit xeirere, nullis cssit. Plin. XXXVif, extr. Strabo Vi. p. 1 9 7 . Virgil. Georg. 11. I65. 43 Plin. 111. 2 0 . xxxin. 4 . ltaliae parctum est vetere

capo

xxvm.

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al tempo dA ugisto} perciocch in allora molto maggiore profitto facevano i mercanti traendo di fuori i metalli pi prezzati, massime delle G allie e di Spagna 44.
interdicto patrum , a lioq aia nulla fecundior melaliorum quoque erat tellas. 44 Strabo rV. p. i 4 i. v. p. 1S1. Plin. 1 . c.

35o

CAPO

XXIX.

D lia lingua etrusco e o sca , e suoi dialetti.

J h a grande famiglia di lingue si trova cer tamente propagata dajl Asia interiore sino a tutta la parte occidentale dell antico con tinente , o sia dell Europa latina : onde, iu alcuna di queste lingue saranno sempre da cer carsi con ragionevoli fondamenti le radici degli antichi idiomi italici. Allopinione di colora^ che fermi a mezzo il corso non veggono nessuna altra affinit fuoreh .tra l Italia e la Grecia, e vorrebbono ristretta tutta la scienza etimo logica nelle greche e nelle latine radici, h,a dato un qualche peso la conformit dei carat teri etruschi co greci pi antichi, ed alcuna rara voce di tema ellenico :s che ne venne fuori quasi con abbagliamento quella tesi mo derna, che r antica favella italica altro non era se non che un idioma guasto <del greco. Tuttavia le prove tentate fin ora dai dotti alunni di questa scuola non sono valevoli per certo a far punto invanire chi le ha fatte, perch della lingua etrusca ci lasciano quasi come prima all'oscuro: ed pur fatto doloro so , ma vero, che le pi importanti iscrizioni etrusche nebronzi e ne* marmi sono ancra per

CAPOXilfc.

35*

noi un tesoro privo d- Utilit , come non ha gdari tempo ripeteva n sommo filologo mo derno '. L timologife le pi arrischiate, dic egli, non possono trovare nell* etrusco nes suna analogia' n con il greco, n con l parte del latino che h maggiore affinit con quello *: noi dicevamo lo stesso venti pi annir addie tro : n di buon . volere ' potremmo ricrederci oggid, da che a malgrado di tanti nuvi ci menti dei segnaci di Lanzi neppure una solai voce etnisca ha fin qui ricevuto per loro o nuova, o> certa, o valevole interpetrazione. LJ assertiva si tanto precisa di Dionisio, ch gli Etruschi aveano lingua sua propria, ed ai nessun altra somigliante *, basterebbe senza altro ad accertarne, eh ella non aveva affinit diretta eoi gfco : poich a suoi giorni letru sco era di fatto una lingua viva ,e tale si con serv grati tempo di 'poi in bocca al popolo. Pi lortanamtite assai per altre correlazioni di genti e parentle d idiomi sono da cercarsi
i Niebuhr T . i. p. i i a . not. 3o i . Al -dire di lui la scienza, daH' etrutco tfvebke ristretta alla intrpetraotM certa di due |e parole ; aV il n t t ,. t sti anno* : e di ^ue?te voci Ldnzi medesimo ( t Jl- p. 3ia ) non sapeva dedurre buona etimologia.1 1 1 ' a Ci /wtoftn per avWdui diniMtvaiue anche ;Mul* ler, dU Etrusfufr. T . u ., p. 39* sq $ ,

p y a v T f n m u } ( t

thof ) tal miiti x m finti

C ofioyX*>99ov t rfrV dfiofixtrov 'tpintrtcu I.

3o.

35

CAP/O

XI1X .

le tracce di derivazione radicale. , di filiazione e di raisdhiaoza, che. palesano le antiche. lin gue italiche, in questo conformi alle tradi zioni storiche, che fino dapi vetusti tempi ci, mostrano la nostra penisola ora occupata, ora cprsa pert alcun t^mpo da razze aliene ve nute di pi Ristantij regioni d.Oriente in Oc cidente , prima ancora dellepoca d^ cui han no principio :le nostfc istoriej narrale ; il che qppza dbbio mescolava gl idiomi, del pari che il sangue. T ralasciti U|ia ; volta i vani , e befl anche maliziosi sofismi ,de.Ua controversia, a^vEguri^mo ohe i,l}enayventurati studi de filoioghi odierni partoriscano jl buon effetto di vie maglio avverare ; le relazioni (fi, parentela gi notate, in molt voci .delle lingue semitiche e, gjfip^tjc^e fra se, congiunte, e fischiatesi ; per pppoli e,nazioni. d^Ue rive de^ Indo sino al\] ultima Islanda. Forse ancona la desiderata ?0pjta di nuovi monumenti etrju^chi , magiara ^iliqguf ,, potr spandere un ,giorno qpalche luce in sulla erudizione grammaticale, e gui<^rne con pi sicura scorta, tya ; a conoscer meglio \ temi compagni o derivati * sita a- in tnde i*e pi giiistmnte'l voci dlie lapidi. Certissimo tbika vlta che fino d. Remoti tempi, possedevate gli.Etruschi ai-pari delle civili nazioni dell OrieWte y u ii Sistema grafico usuale. Nata nel tmpio , e qui recata tra noi

CAPO

XXIX.

353

per ministerio dei sacerdoti, primi insegnatori d*ogni arte, v' era la scrittura tenuta in conto di cosa sacra : quindi pochissimo nota, fuorch ai ministri dell ara, ed a coloro che pi da presso s'attenevano alle famiglie sa cerdotali. Gi ne primi secoli di Roma rara per tutto era 1 arte dello scrivere 4. Che ci fosse anche in Etruria il fa manifeste^ la. grande scarsezza discrizioni di forma vetusta : io tanti sepolcri aperti nell ampia necropoli di Videi non si sono ritrovati che alcuni pochi titoli di famiglie etrusche ; e questi d una maniera di caratteri che non accenna troppa antichit : ugual cosa si .riscontra nelle iscrizioni pi note di Tarquinia, di Vejo, Chiusi e Volterra. Bench in tutte parimente si . vegga seguitato l ordine primitivo della scrittura da dritta a sinistra: la medesima ortografia, pari ridondanza delle consonanti, e omissione delle vocali brevi o quiescenti : in fine tutt altro segno scrittu rale della lingua parlata, essenzialmente sin tetica^ Sono notabilissime certe sillabe radicali di definito significato, d onde si traggono gran numero di derivatis : sono di rilievo certe leg gi fsse nelle inflessioni e terminazioni delle voci: con tutto questo signora, e giova il
4 Cine. Alimeli, ap, Liv. vu. 3 5 Vedi Tom. i. p. 1S7.
11. a3

354

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XXIX.

dirlo a tentar nuove vie d* investigazione , il fondo grammaticale della lingua etrusca. Quella lingua stessa era non di metio gi foriliata di lungo tempo, e parlavasi da tutto luniversa le , innanzi che lEtruria avesse avuto alcuna comunicazione certa con la Grecia d oltre mare, o con le sue colonie. Voci aliene v in trodussero ' fuor d ogni dubbio le navigazioni frequenti e i traffici per lontani paesi ; anzi per lEliade stessa; poich l idioma di qualsivo glia popolo abbia nautica, mestieri, arti e commercio, prende aumento coll uso di nuove parole, segni di cose novelle. L etrusco era non solo lingua propria dei Toschi, ma qual simbolo e sovrano vincolo di nazionale identit diramavasi ancora per al tri popoli e paesi dintorno. L idioma umbro si riscontra nelle tavole eugubine quasi in tutto conforme all etrusco : ed uniforme n'era pure la pronunzia e la scrittura. dicono i .gramma tici 6. Alquante iscrizioni ritrovate nell Ita lia superiore confermano, che tanto la lingua, quanto il dominio degli Etruschi, vi signoreg giavano con la medesima autorit: dicasi la
G O aliquot (taliae civitates, ta te P linto, ^ libello de Gram m atica) non habebaot, sed loco ejas ponebant V, et maxime Umbri et Tusci. Priscian. I. p. 553. Certissi ma conferma ne danno i monumenti scrtti d E truria e rt' Umbria.

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XXIX.

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stesso di qualche parte della Liguria 7. Cos ancora oltre il Tevere s estendeva con la si gnora del popolo anche l idioma etrusco: ma pi generalmente dalla Sabina insino allestre mit delle Calabrie si favellava osco, volgare antichissimo, e in alcuni particolari affine con letrusco. In entrambi 1 uso della scrittura da destra a sinistra si mantenne gran tempo lo stesso : voci comuni, dice Varrone, usava no Etruschi e Sabini8 : laddove il dialetto dei Marsi, totalmente osco, tenea maggiore iden tit con quello deSabini e degli Ernici stessi9, per naturale medesimezza di sangue e di par lari. Similmente i Sanniti e altri Sabelli, i Cam pani , Sidicini, Appuli, Lucani e Bruzzi, erano a un pari di lingua osca, come apparisce con tutta certezza per 1 autorit dei grammatici, per le storie ed i monumenti. Grande altera zione in queste lingue, comech derivate di una stessa madre, veniva bens dalla pronunzia aspra e forte dell aspirazione, la quale di sua natura per deviazioni frequenti vien creando a pco insieme particolari dialetti. Oramai, al parer nostro, radici e analogie pi dirette o primitive dovreb bonsi cercare nell antico
7 Vedi Tom. i. p. ia8. 8 Varr l . l . v . Eidus ab eo quod Tusci Itiis, vel potius quod Sabini Eidus dicunt. 9 Festus v. Hemic. Serv. vir. 684-

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illirico, tutt altro che la lingua stava, e di cui par vero che l idioma degli Shippetars conservi ancora temi originali o derivati *: es sendo fatto indubitato e certo, che ora stto il nome generico di Pelasghi, ora d Illirj e di Liburni, razze straniere giuntevi di pi lontano passarono dall altra sponda dellAdria tico in sul continente italico, dandovi cagione a quei movimenti e scorrimenti di popoli, che abbiamo per avanti considerato qual massimo evento delle nostre istorie . L demento principale della lingua osca si rinviene assai chiaramente nel prisco latino. Voci e locuzioni drittamente osche porgono i frammenti Ennio cos nel vecchio latino, come nel dialetto osco, usavasi uguale tron camento ruvido nelle parole j e non senza ra gione, secondo che dicono Quintiliano e Gel ilo , si sdegnavano i dotti romani di tante dure finali frequentissime nei verbi e nomi latini: trista eredit dell4osso primitivo gi incorpo ratosi nel sermone antico ,s. Suoni barbarici eraosi questi alle purgate orecchie dei Gre
to Vedi Tom . i. p. 191. n. 64. 11 Tom. 1. p. 181. a Colunui. in vit. Ennii p. 7. sqq. i 3 Osci* verbis osi sunt veteres. M acrob. Sat. vi. Nella tavola di B anda ridondante di voci osche si ha p r v m p i d ( lin. a 5. ): cio pruphpfur o p m fcr in osco: si noti r a f finiti del snono colla nostra voce profferire.

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ci * 4 j e Aon di meno snoni o pronunzie s tanto usuali alle genti latine, che in Roma stessa s intendevano da tutti le popolari commedie osche. Adducono in oltre i grammatici non pochi vocaboli sabini ed etruschi, i quali o sono senz alterazione nella lingua latina, o fa cilmente si riducono a quella * *: buon numro provenivano direttamente, dalletrusco, s per ch la nazione dei Toschi s estendeva insino al Tevere, s perch ella diede ai Romni usi religiosi e civili, e perci i vocaboli corre lativi : senza che dice apertamente Agrezio', quanto 1 etrusco influisse dapprima nella lati nit , sia negli accenti, sia in altre tali specia lit dell idioma . Or noi poniamo per certo che dagli antichi dialetti italici cominciasse a pullulare la lingua dei conquistatori romani, come tutte le favelle nascenti rozza, indisci plinata , mutabile ed incerta : n avvenire po teva altrimenti, dacch Roma, citt novella senza propria stirpe , fu in principio un ag gregato di Latini, Etruschi e Sabini, cui po scia sunirono altri uomini paesani e forestieri.
4 Vedi Tom. 1. p. 198. 15 Varr l . l . iv. io. t i . 3. et al. 16 Apod Lattoni unde Latinitas erta est, major popo li et magia egregiis artibus poHens Tosci fueruiit , qui quidem natura lingnae suae S. litteram raro exprimunt: hatc res farit habere liquidano, pag. aafig ed. Putsch.

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C A P O - XXIX.

Mediante l' unione di tante famiglie differnti, parlanti ciascuna suo dialett, formossi una favella rusticana necessariamente mista, mate riale , incolta e variabile 5 indi mondata della dura corteccia del pedal suo, venne a non lieve splendore a giorni d Ennio, che diede all1idioma consolare ampiezza e nobilt, tra ducendo in quello la greca armonia. Similmente Livio Andronico, Nevio, e in generale tutti i primi poeti e prosatori, che attendevano a ingentilire la favella, liberissimament^ produs sero formule e parole elleniche, che, dime sticate e fattesi proprie della latinit, furono abbracciate dai susseguenti scrittori, e determi narono all ultimo il genio della lingua illustre c letterata del Lazio . Certamente il linguag gio romano perd cos di mano in mano la sua forma primitiva, e tolse in cambio una faccia eolica ; ma chi pu dire qual differenza tuttavia passasse in fra la lingua scritta e- il volgare popolaresco, che pur si mantenne s lungamente in uso nel contado ? Ben scriveva senza esi tazione il dotto liberto di Tullio aver gli an tichi Romani lungo tempo ignorato il greco * 7 : dove che i grammatici di leggieri scienza, i
17 Veteres Romani Graecap literas nesciverunt, et rudes Graeca lingua fuerant. Tiroo. ap. Geli. xi|i. g. Ugual mente i Romani del v, vi. secolo storpiavano qualunque nome ellenico: nec dum adsuttisgraecae linguat dice Pesto.

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XXIX.

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tjuali, come Tirannione, volevano senza pi la latina figlia singolare della greca lU, giudi cavano della lingua di Roma qual era in fiore a tempi loro per lungo studiosi lettere, an zich ne suoi principj, nata fra genti rozze, imperite e guerriere. Roma vittoriosa e potente in dare la legge ai vinti diede loro ugualmente una lingua do minante. Sa ognuno che per avveduta politica non ministravano ragione i Romani se non che nella propria lingua, e d* uopo era parlare com essi a chi voleva trattar con loro. Di tal modo T antico idioma se n andava poco a po co declinando, e quasi cessava nei municipj con la libert dell Italia , ancora che 1 abito e la forza del costume ne conservassero 1 uso volgare*, essendo per natura la lingua- uno dei pi tenaci vincoli che stringa alla patria. Ab biamo per le storie, che in Etruria e nel Sannio si parlavano comunemente ambedue quelle lingue nel quinto secolo 1 9: di pi confermano i monumenti che, nella guerra sociale, i con federati Sabelli 1 usarono come lingua propria nelle iscrizioni della loro moneta : in Ercolano e in Pompeja certo ugualmente che durava la lingua osca al momento della niserabil ca-?
8 Suid. v. Tvfavvt'u. 19 Liv. pattini.

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CAPO

XXIX.

tastrofe L etrusco fu parimeute uno degli ultimi a perdersi, essendo cosa manifesta per moltissime iscrizioni funebri accompagnate di sculture dell* ultimo periodo dell' arte , che quell idioma si manteneva nella sua forma an tica , e coll istesso metodo di scrittura , anche nei secoli degli imperatori. Potente motivo a studiare e conservare la lingua poteva essere la religione : quantunque i libri sacri mento vati dagli scrittori del quarto, quinto e sesto secolo della nostra era, fossero per pi facile intelligenza voltati d etrusco in latino La mutazione duna nell altra lingua parlata non avrebbe potuto farsi tuttavolta in forma s piena, qualora 1 etrusca fosse stata d indole sua radicale diversa in tutto alla latina. Vero che ci s*effettuava di grado in grado, e per sola necessit. Tanto almeno dimostrano le tavole eugubine scritte alla latina, in cui si ri scontra quasi una intera parafrasi di quelle in lingua etrusca, molto pi antiche. Simil cosa pu dirsi dell editto di Glavernio e di Gasilo concernente alle feste decuriali j della nQta la mina volsca ; e della tavola stessa di Banzia, le quali visibilmente danno a conoscere una favella mista. Alcune rare iscrizioni bilingui,
io R otini,!)!, isagtyicae te. Vedi Uv. cxx. 3. 4 - g. io. a i Ammian. Marc. u n i . 5. Zosim. t . p. 355. plurina p . J , Lyd. de Ostenti>.

G A P O XXIX.

3i

che hanno scrittura etrusca e latina, o scrit tura etrusca arrovesciata da sinistra a destra, contro al costume antico, sono forse gli ultimi accenti dell idioma, poscia obliterato a tal se gno che in Roma, al dire di Gellio, s strano parea letrusco quanto il gallico Se riguardiamo ai fati d una nazione da tanti secoli abolita, e con la quale perdemmo affatto ogni traccia d affinit, avremo per buo na ventura il poterne ancora ricogliere alquante spoglie tra gli squallidi avanzi dei sepolcri. Non tanto nei tempi antichi le fiere vicende di guerra, quanto ne* moderni incuria ed igno ranza, furono cagione della perdita d innume rabili monumenti : sopra tutto da poi che nes suno attendeva a raccorre e serbar lapidi di s ardua interpetrazione \ non pensando un sol uomo quanto elle, importassero alla reputa zione dei passati e al piacere dei posteri. Le tavole di Gubbio , la lapide perugina, e la grande iscrizione scopertasi soltanto nel 1822 con quarantacinque linee di ftta scrittura % sono bens monumenti spettanti a religione ed a faccende civili, che ne darebbero importanti ragguagli, quando avessimo la sorte di poterli ben dicifrare. Le iscrizioni funebri assai nuaa Geli- Xi. 7. a 3 Vedi Uv. CXX. 8.

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XXIX.

inerose, e le sole che non resistono a buona interpetrazione, ne porgono tuttavia numero di prenomi nomi e cognomi, per mezzo dei quali si suppliscono non senza gloria i fasti della nazione. Per essi pu la Toscana sola van tarsi di tessere un catalogo di famiglie il pi an tico, il pi copioso, il pi autentico che sabbia al mondo, scritto in lingua materna*. In questar chivio di memorie domestiche vi compariscono casati chiari nella storia, come i Gilnii, che avean dato alla patria regi o lucumoni i Licinj, stirpe potentissima dArezzo; i Cecini grandi in Volterra; i Vettii in Chiusi; i Pomponj, i P a p j, i Coponj, ed altri assai, che ricorrono ugualmente in Roma. Di tal forma 1 Etruria rivendica col primo stipite uua nobil serie di antenati prima etruschi, dipoi latini. Ed ecco il perch a giorni di Perseo potevano le gentili schiatte vantarsi di cominciare il loro albero genealogico dalla Toscana *5 . Cos pu re molti antioomi etruschi d origine si ri scontrano nel Lazio: bench il costume pi antico non ammettesse che un solo e unico nome **. Per questa immutabile successione di nomi affissi a un sangue, ed a una sola pro ai Tyrrhena reguni progenie*. a 5 Stemmate quod Thusco ramum millesime ducis. ni. a8. 36 Varr ap. Valer. Max. X. i n i t . Ci si conferma in E truria mediante l ' epigrafi pi antiche. Vedi tav. l . i.

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XXIX.

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genie, si conferma pi maggiormente la pre minenza della dominante aristocrazia : per essa alla gloria dello stato s'accoppiava quella delle grandi famiglie : all eroismo della stirpe me glio corrispondevano le virt della patria. S fattamente in vigore della prima instituzione i costumi tutti concorrevano a mantenere stabile e ferma nell universale, per condizione di sano governo, quella debita osservanza dufficj senza la quale non hanno riposo gl individui, n grandezza le nazioni. Importantissimo scopo cui tendeva il savio legislatore, e che abbiamo veduto fortificato per tutte vie dalla civile pru denza nel corso dell opera presente.

Fine del Tonio Secondo.

TAVOLA SINOTTICA
DECLI

ANTICHI POPOLI ITALIANI. Aborigeni (indigeni) nome generico dei primitivi abitatori e cultori dItalia.
ITA LIA CENTRALE

. Siculi. Li pi antichi mentovati nelle storie attenenti alla razza dei padri Aurunci e Osci: distesi in molte parti della penisola: scacciati per irruzione di altre genti in Sicilia, cui danno il proprio nome. . Umbri. Antichissimo popolo di stirpe osc. Incalzati e respinti dagli stranieri, occupatoli delle marine dellAdriatico, si distendono lungo tratto, a*danni deSiculi principalmen te, sin oltre il Tevere e l'A rno. Di quivi domati e respinti dai . Ra-seni, altro popolo indigeno: chiamati dai Greci Tirseni o Tirreni j dai Romani Etruschi o Tusci. Stabiliscono fermo imperio tra F A/no e il Tevere sulle rovine degli UmbrirDi qua distendono la loro signoria per grandissima parte della penisola: vi fon dano due nuovi stati.

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a. Etruria nuova con dodici citta nellIta lia superiore. Buona parte di loro si rifugge nella Rezia per l'invasione gallica nelTan. 153 di Roma, o circa, a. g. 600. b. Etruria meridionale con altre dodici citt nella Opicia, poi detta Campania felice. 4. Osci, Opici, Aurunci, tronco principale del grande stipite italiano primitivo: chia mati dai Greci Ausoni : nome generico degli indigeni stanziati sino all'estrema punta della penisola. Genti straniere ferocissime Illirici, Liburni, Pelasghi-Tessali, passano dallaltra riva del lAdriatico alle coste italiche : vincalzano da pi partii paesani, e vi danno cagione alle venture di guerra, che indi cangiarono le sedi, il nome e lessere di molti popoli no strali. Del sangue degli Osci provengono i 5 . Sabini ; dai quali i 6. Piceni e 7. Pretuzj. Indi i 8. Casci o prischi Latini. 9. Ruttili. 10. Ernici. 11. Equi. 12. Vulsci o Volsci. 13 . Aurunci.

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ITALIA INFERIORE.

Della medesima razza indigena degli Osci. 1. Vestini. 2. Marrucini. 3 . Peligni. 4 - Marsi. 5 . Campani. 6. Sidicini. 7. Sanniti, o altrimenti Sabelli, colonia dei Sabini. Del cui sangue Irpini. Caudini. Pentii. Caraceni o Sajiceni. ;
F rentani.

8. Enotri e Coni : anteriori ai g. Lucani, colonia dei Sanniti: del cui tronco i 1o. Bruzzi, staccatisi da quelli nell' an. 3 g 8 di Roma. a. c. 355 . 11. Dauni. / altrimenti Appuli. 12. Peucezi. > rr / o ti , l detti Laiabri. 14. Sallentini. I poscia r Colonie cretesi, calcidesi, achee e doriche, poste lungo le spiagge e pianure a mare, componenti insieme la Magna Grecia.
ITALIA SUPERIORE.

13. Ia p ig i-M essa p i.

, ...

, .

1. Liguri, divisi e distinti in molte trib

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per lalta Italia, dal mare ligustico insino alle radici delle Alpi, a. Euganei, primi abitatori dello spazio intor no al golfo Adriatico: dipoi occupato dagli 3 . Eneti o Veneti, possessori della Venezia. 4 * Orobi, situati tra il lago di Como e lIseo.
SICILIA.

Sicani, primi abitatori e cultori dellisola, oc cupata in grandissima parte dai Siculi-italici. Vi si stabiliscono su* lidi suoi generazioni di Iberi. Fenici. Cartaginesi. Greci di stirpe Calcidesi, Dorici, Ionj ec.
8 A f t B E G K A.

Sardi indigeni. Iliensi Corsi | nell interno. Balari ] Alle marine colonie di Iberi. Fenici. Cartaginesi. Etruschi.
COMICA

Corsi indigeni. Sopra il libare colonie di Iberi. Etruschi. Cartaginesi.

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