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1. INTRODUZIONE ALLA DINAMICA....................................................................... 36 2. LA SECONDA LEGGE DELLA DINAMICA........................................................... 36 3. LA MASSA INERZIALE............................................................................................. 38 4. LA LEGGE DI NEWTON E LO SPAZIO DELLE FASI......................................... 40 5. TEOREMA DELLIMPULSO .................................................................................... 42 6. IL TERZO PRINCIPIO DELLA DINAMICA (AZIONE E REAZIONE) ............. 44 7. IL PRIMO PRINCIPIO DELLA DINAMICA (LEGGE DINERZIA)................... 45 8. CAMPI DI FORZE ....................................................................................................... 46 9. LENERGIA POTENZIALE ....................................................................................... 48 10. IL LAVORO COMPIUTO DA UN CAMPO DI FORZE ....................................... 49 11. ESEMPIO DI FORZA CONSERVATIVA: LA FORZA ELASTICA................... 51 12. ESEMPIO DI FORZA DISSIPATIVA: ATTRITO................................................. 52 13. TEOREMA DELLENERGIA CINETICA ............................................................. 53 14. TEOREMA DI CONSERVAZIONE DELLENERGIA TOTALE MECCANICA ............................................................................................................................................. 53 15. LENERGIA DI UN MOTO AD ACCELERAZIONE COSTANTE..................... 54 16. LENERGIA DI UN MOTO ARMONICO .............................................................. 56 17. LENERGIA DI UN CAMPO GRAVITAZIONALE.............................................. 58 18. CAMPI DI FORZA CENTRALI............................................................................... 60 19. PATTINATORE SUL GHIACCIO E MOMENTO ANGOLARE ........................ 62 20. IL GIROSCOPIO........................................................................................................ 63 21. I CAMPI CENTRALI DI FORZA ELASTICA ....................................................... 63 22. IL CAMPO DI FORZA GRAVITAZIONALE ........................................................ 66 23. IL TEOREMA DI GAUSS ......................................................................................... 67 24. IL CAMPO GRAVITAZIONALE ALLINTERNO DI UNA MASSA SFERICA UNIFORME ...................................................................................................................... 69 25. IL CAMPO DI FORZA GRAVITAZIONALE GENERATO DA UNA MASSA SFERICA UNIFORME .................................................................................................... 70
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26. LA FORZA DI GRAVIT TERRESTRE................................................................ 72 27. IL PENDOLO SEMPLICE (LE PICCOLE OSCILLAZIONI) ............................. 74 28. IL PROBLEMA DI KEPLERO................................................................................. 76 29. IL TEOREMA DEL VIRIALE PER LA PARTICELLA SINGOLA.................... 78 30. OLTRE LUNIVERSO MECCANICO DI NEWTON............................................ 81
La serie di Balmer.........................................................................................................................82 Latomo idrogenoide.....................................................................................................................84 Il modello di Bohr.........................................................................................................................85 Descrizione ondulatoria. ...............................................................................................................86 Lequazione di Schroedinger ........................................................................................................87 I polinomi di Hermite e loscillatore armonico quantistico. .........................................................87 Il principio di corrispondenza e loscillatore quantistico..............................................................89
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r Tale legge definisce una relazione analitica tra la causa (la forza F ) e r l'effetto (l'accelerazione a ) del moto di un corpo. La costante m rappresenta una propriet del corpo che si chiama massa inerziale, che dipende soltanto dalla quantit di materia che compone il corpo. Il nome inerziale deriva dal fatto che tale grandezza rappresenta qualche cosa che in un certo modo si oppone al moto. Infatti dallequazione (1) a parit di forza applicata al corpo, tanto maggiore la massa, tanto minore leffetto del moto (accelerazione). Nel caso limite di un corpo con massa infinita non si ha nessun movimento qualunque sia la forza che agisce sul corpo. In altri termini si puo dire che la massa inerziale di un corpo la propriet che fa s che il corpo resista alle variazioni della propria velocit. Nella descrizione di Newton tale massa costante, mentre noto che nella teoria della Relativit Ristretta di Einstein la massa dipende dalla velocita. Tale dipendenza diventa rilevante soltanto quando il corpo si muove con velocit prossime a quella della luce (300.000 Km/s). Per i processi di moto a velocita piu basse (ad esempio i pianeti che si muovono attorno al sole con velocit di circa 5-30 Km/s) lapprossimazione newtoniana accettabile. importante osservare che l'equazione fondamentale della dinamica non una equazione algebrica ma differenziale del second'ordine il cui r integrale generale la posizione r : r r d 2 r (t ) 2. F = m dt 2 r dove cio l'incognita la funzione r (t ) del tempo t e la soluzione esplicita del moto (integrale particolare dell'eq.(2)) dipende ovviamente da due parametri arbitrari che chiamiamo condizioni iniziali r r r (t = 0) = r 0 3. r r v (t = 0 ) = v 0 r r dove r 0 posizione iniziale e v 0 velocit iniziale permettono di definire i due parametri arbitrari da cui dipende l'integrale generale dell'eq.(2) . Naturalmente questa legge non ha senso se non si definiscono gli osservatori (sistemi di riferimento) rispetto ai quali essa vale. La risposta a questa domanda sar data dal primo principio della dinamica. Lequazione (2) si pu anche scrivere: r r dv 4. F = m dt e dunque una forza causa una variazione di velocit. Quindi tutte le volte che si verifica su di un corpo un cambiamento di velocit ci vuol dire che su tale corpo ha agito una forza. Esempio 1: Una palla di bigliardo colpita dalla stecca di un giocatore si mette in moto sul tavolo. Ci significa che il giocatore ha applicato una forza 37
r r 1. F = m a
sulla palla mediante la stecca. Con la legge di Newton siamo in grado di calcolare la forza F impressa dal giocatore sulla biglia: v m F=m = v t t essendo v la velocit assunta dalla biglia e t lintervallo di tempo durante il quale la stecca stata a contatto con la biglia. Supponendo che il tempo di contatto sia sempre lo stesso, si pu concludere che la velocit della biglia proporzionale alla forza impiegata. La grandezza Ft si chiama anche impulso della forza, e in tal caso la forza una forza impulsiva. Esempio 2: Una palla di bigliardo in moto con velocit costante v urta contro una sponda del tavolo da bigliardo. La palla rimbalza, cio cambia almeno la direzione se non il modulo della sua velocit. Allora si pu dire che la sponda del tavolo da bigliardo ha applicato una forza sulla biglia:
Figure 1
ed essendo langolo di incidenza uguale allangolo di riflessione, ne consegue che la forza F diretta perpendicolarmente alla sponda del bigliardo.
stato di moto, ad esempio starebbe fermo, qualunque fosse la forza che su di esso agisce. Ricordiamoci che Newton assunse la seguente forma per la forza gravitazionale: r r M g mg r 5. F = G r2 r dove G una costante che si chiama costante di gravitazione universale, Mg ed mg sono le masse gravitazionali del sole e del pianeta rispettivamente ed r il vettore posizione del pianeta rispetto al sole. In linea di principio massa inerziale m e gravitazionale mg possono rappresentare due propriet diverse della materia. Mettendo assieme questultima equazione (5) con la (1) si ottiene: GM g m g a = 2 r m e siccome la prima parentesi non dipende dal corpo, laccelerazione a dipende soltanto dal rapporto tra massa gravitazionale e massa inerziale. Siccome per laccelerazione di gravit uguale tra tutti i corpi (g sulla terra) allora il rapporto: mg = 1 10 11 m non pu dipendere dal corpo, le due masse devono perci essere tra loro proporzionali per lo stesso corpo. Gli esperimenti confermano che queste due grandezze sono proporzionali tra di loro. Quindi pur di scegliere opportunamente le unit di misura tali masse si possono far coincidere. Gli esperimenti sino ad oggi hanno dimostrato che tale coincidenza verificata entro un fattore 10-11. Qualche considerazione si deve anche fare per chiarire cosa intendiamo per quantit di materia di cui composto il corpo. Intanto osserviamo che nell'universo esistono fenomeni immateriali, cio a massa nulla. Basti ricordare i fenomeni elettromagnetici in cui si manifestano i fotoni che sono particelle senza massa dotate soltanto di energia. Oggi noi sappiamo che la materia essenzialmente concentrata nei nuclei degli atomi, che sono composti da protoni e neutroni. Queste particelle si chiamano anche barioni, possiamo quindi dire che la massa inerziale di un corpo essenzialmente proporzionale dunque al numero di barioni che lo costituiscono. Il problema della materia barionica di grande attualit per almeno due aspetti di grande rilevanza: la stabilit della materia e la chiusura dell'universo. Le pi recenti teorie cos dette di grande unificazione prevedono la possibilit che il protone non sia stabile, cio che la materia barionica possa decadere trasformandosi in energia. Questo processo naturalmente deve essere molto raro per il fatto stesso che noi vediamo l'universo esistere ancora dopo 13 miliardi di anni di vita. Infatti i pi attuali limiti sul tempo di decadimento del protone (vita media) forniscono 1032 anni. La quantit di materia totale contenuta nell'universo direttamente collegata con la possibilit o meno che l'universo stesso, attualmente in una 39
fase espansiva dopo il big bang, possa ad un certo momento cominciare una nuova fase compressiva per effetto delle dominanti forze gravitazionali. Le misure attualmente valide danno come risultato che la quantit di materia barionica contenuta nell'universo non sarebbe sufficiente per giustificare una tale compressione, portando quindi alla descrizione di un universo in espansione indefinita. da questa osservazione che, per esempio si ipotizza la presenza di un altro tipo di materia non barionica, cio non composta da protoni e neutroni, che per il fatto di non essere visibile ha preso il nome di materia oscura. Recentissime misure fatte sui satelliti hanno inoltre mostrato che nellUniverso deve esistere anche una forma di energia, fino ad ora sconosciuta: chiamata per questo motivo energia oscura.
40
Figure 2
Figure 3
x = 1 K t 2 2 v = K t x vx = 2 K x
Figure 4
41
a=R b = R
5.TEOREMA DELLIMPULSO
L'equazione fondamentale della dinamica pu essere usata per ricavare una importante legge che governa il moto dei corpi. Si definisce la seguente grandezza fisica
r 6. IF (t ) =
r F (r,T)dT
(3.4)
che chiamiamo Impulso della forza. Riferendoci alla fig.5 riscriviamo r l'impulso della forza F applicata al punto P di massa m tra l'istante t A e l'istante t B , ricordando che l'equazione (3.1) pu anche scriversi
r r d v (t ) F=m dt
42
F ( P, t )
P, t
B, tB
v ( tA) A, tA
fig.9
Figure 5
r IF =
tB
r r F P ,t dt
tA tB
=m
r dv dt dt
tA
tB
=m
tA
r dv
r r = m v B mv A
r r r r 7. IF = q B q A = q
43
Si noti che l'impulso di una forza dipende soltanto dallo stato iniziale e da quello finale . In figura mostrato un esempio di forze impulsive. Larea tratteggiata rappresenta limpulso della forza.
Figure 6
Calcoliamo l'impulso di una forza costante , ad esempio della m forza peso P = mg dove g = 9.8 2 l'accelerazione di gravit s
t
Esempio :
I=
mgdt = mg t
quindi
q = mg t v =g t
ritroviamo cio che il punto si muove con accelerazione g costante .
44
(F A + FB)dt = 0
r r
0
cio
t
r F A dt +
r r F B dt = 0
ed introducendo gli impulsi delle forze si ottiene r r r IA + IB = 0 . Applicando quindi il teorema dell'impulso r r IA = q A
r r IB = q B
dove
r r r q A = m A v' A m A v A r r r q B = m B v 'B m B v B
essendo v' A,B e v A,B rispettivamente le velocit dei corpi A,B dopo e prima dell'urto, si ottiene, sommando membro a membro, la seguente formulazione del principio dell'azione e reazione applicato all'urto tra due particelle r r r r 8. m A v ' A + m B v' B = m A v A + m B v B che rappresenta il Teorema di Conservazione della Quantit di Moto totale del sistema di particelle interagenti.
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Questo enunciato asserisce essenzialmente che la legge di Newton valida nei sistemi di riferimento inerziali. Cio le Forze Vere sono solo quelle che appaiono nella legge di Newton riferita ai sistemi inerziali. Questo principio di fatto una definizione dei sistemi di riferimento inerziali, cio degli osservatori privilegiati rispetto ai quali nella legge di Newton appaiono le forze vere che agiscono sul corpo. Ma come definire operativamente i sistemi inerziali ? La relativit galileiana asserisce che tutti gli osservatori in moto rettilineo uniforme tra loro misurano su un punto in moto la stessa accelerazione e dunque la legge di Newton invariante cio valida per tutti questi osservatori. Allora basterebbe definire un solo osservatore inerziale per riconoscere tutti i sistemi di riferimento inerziali. Un buon sistema di riferimento inerziale per descrivere i fenomeni che avvengono nellambito del sistema solare costituito dalle stelle cos dette fisse. Per tale classe di fenomeni tutti gli osservatori fermi o in moto rettilineo uniforme rispetto alle stelle fisse sono inerziali. Ma se vogliamo ad esempio descrivere il moto delle stelle allinterno della nostra galassia? In tal caso non possiamo pi considerare fisse le stelle e dunque dobbiamo cercare un altro riferimento inerziale. Il trucco consiste nel cercare un osservatore molto lontano rispetto al fenomeno di cui vogliamo studiare il moto. Nel caso delle stelle nella nostra galassia possiamo assumere come osservatore inerziale il sistema delle galassie lontane dalla nostra. Ma se vogliamo descrivere il moto delle galassie nel nostro universo ? Come si vede la scelta operativa dei sistemi di riferimento inerziali in qualche modo soggetta a delle approssimazioni.
8.CAMPI DI FORZE
r Si definisce Campo di Forze un insieme di forze F definite in ogni punto P di un determinato volume V dello spazio r r F = F(P ) , P V.
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V
F( r ) P
r O
X
fig.10
r r F Si definisce Intensit del Campo f = nel punto P la forza che agisce su m una massa unitaria m collocata nel punto P. Si definiscono Linee di Forza o Linee del Campo le curve nello spazio
dx dy dz = = F x Fy Fz
Figure 7
oppure
F x dy = F y dx F y dz = Fz dy F z dx = F x dz
Esempio Le linee di forza di un campo uniforme sono rette parallele alla r direzione del campo . Infatti scriviamo il campo uniforme F = (0,0,k ) diretto come l'asse z.
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Z
F = (o,o,k)
O
X0
Y0
X fig.11
Figure 8
k dx = 0 k dy = 0
ed integrando
k (x x0 )= 0 k (y y 0 ) = 0
cio
x = x 0 y = y 0
dove x 0 e y 0 sono costanti di integrazione e z arbitrario. equazioni rappresentano tutte le rette parallele all'asse z . Queste
9.LENERGIA POTENZIALE
r Riferendosi ad un sistema cartesiano si dice che un campo di forze F (x,y,z ) ammette energia potenziale V se esiste la funzione scalare V(x,y,z) tale che
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V Fx = x V 9. F y = y F z = V z
Introducendo l'operatore scalare differenziale gradiente
r r r r i+ j+ k gr a d = x y z
possiamo scrivere
r r 10. F = gr a d (V )
Se il potenziale regolare in modo che valga per esso il teorema di inversione delle derivate parziali , allora dalla eq. (9) si deduce
Fx Fz = z x Fy F x 11. = x y Fz = F y z y
Introducendo l'operatore vettoriale differenziale rotore
r r F y Fx r r r Fz F y i + Fx Fz j + k rot F = z z x y y x r si ha che un campo di forze F che ammette potenziale ed ha la regolarit (11) irrotazionale cio r r r 12. r o t F = 0
()
()
14. L =
F xdx + Fy dy + F z dz .
Z B
A P
ds
O X
fig.12
Figure 9
Nota Bene : in generale il lavoro dipende dal cammino di integrazione . Se il campo irrotazionale allora il lavoro non dipende pi da ma solo dai punti iniziale A e finale B. Infatti l'eq.(11) che conduce all'eq.(12) la condizione necessaria e sufficiente affinch l'espressione
F xdx + F y dy + F z dz = dU (x,y,z )
dU =
da cui si deduce che
U U U dx + dy + dz x y z
U Fx = x U F y = y F = U z z
e dunque
V = U
allora l'eq.(13) diventa 15. dL = dV 50
Integrando si deduce la forma assai notevole 16. L = (VB VA ) valida per i campi irrotazionali. In particolare si deduce dall'eq.(16) che il lavoro compiuto da un campo irrotazionale, lungo una qualsiasi linea chiusa, nullo 17.
r r Fd s = 0
Si usa questa propriet come definizione di campo conservativo. Nota bene : a) se esiste almeno una linea chiusa per la quale non valga l'eq.(17) allora il campo non conservativo b) viceversa se il campo conservativo allora il lavoro compiuto dalle forze del campo dipende soltanto dalla posizione iniziale A e da quella finale B (eq.(16)) e non dalla particolare traiettoria. c) In ogni punto di un campo conservativo le linee di forza e le superfici equipotenziali sono sempre tra loro perpendicolari. Infatti se lo spostamento r d s avviene su una superfice equipotenziale dU=0 ne deriva dall'eq.(15) che dL=0 e dunque F ds cos( ) = 0 da cui cos ( ) = 0 .
[] ]
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k v = v m ln v = k t+c m
k t e m
2k t 1 2 c = mv0 1 e m <0 2
e tale integrale sempre negativo e diverso da zero. Essendo la circuitazione il lavoro compiuto dalle forze del campo, ne consegue che chi compie lavoro dunque il corpo che si muove per opporsi al campo di forza. Questo lavoro viene compiuto a spese dellenergia cinetica del corpo ed dissipato in continuazione (in generale sotto forma di calore) nel senso che il corpo non recuperer pi tale energia. Dallultima formula si conclude che il corpo dissipa in continuazione la sua energia cinetica che dunque varia nel tempo secondo la legge: 2k T = t T m infatti integrando tale equazione si ottiene:
2k t m
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1 dL = d mv 2 2
Se definiamo energia cinetica di un corpo di massa m e velocit v 18. E cin = si ottiene in conclusione 19. dL = dE cin Il lavoro elementare compiuto dalle forze di un campo che agiscono su un corpo pari alla variazione dell'energia cinetica subita dal corpo stesso.
1 m v2 2
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23. E tot = costan te Nota 1 : Se il campo di forze non conservativo bisogna tenere conto anche di un termine dissipativo additivo che dovuto al lavoro compiuto dalle forze non conservative (ad esempio l'energia dissipata per effetto delle forze di attrito sotto forma di calore). In questo caso si ha
d (Etot L diss )= 0
dove L diss il lavoro compiuto dalle forze non conservative. Essendo il lavoro una forma di energia si pu anche enunciare la legge (23) nel seguente modo Il contenuto totale di energia in un processo isolato si conserva , cio l'energia in un processo isolato pu soltanto trasformarsi da una forma ad un'altra senza essere creata o distrutta. Nota 2 : Di fatto l'energia cinetica definita nel teorema dell'energia cinetica come un indice di stato fisico , nel senso che tale teorema resta valido anche se definiamo l'energia cinetica in modo pi generale
E cin = 1 mv 2 + costan te 2
evidente che assumere non nulla tale costante additiva equivale ad assegnare una energia non nulla al corpo quando esso in quiete. La teoria della relativit ristretta assume questa costante pari a
m0 c
2
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Figure 10
Se il grave si trova nel punto z = 0 al tempo t = 0 ed ha in tale istante velocit nulla, allora esso tende a cadere lungo la direzione dellasse z con accelerazione costante z = g, con velocit z = gt e con una posizione che dipende quadraticamente dal tempo z = 1/2 g t2. Essendo lenergia potenziale:
F = mg =
dU dz
si ricava U = mgz + U 0 essendo U0 lenergia potenziale nel punto iniziale z = 0. lenergia cinetica del grave:
Calcoliamo
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Figure 11
In figura sono mostrati gli andamenti dellenergia potenziale U (decrescente) e dellenergia cinetica T (crescente) in funzione della quota z.
cio + x k x=0 m
avendo assunto essere nulla l'energia potenziale per x=0, mentre l'energia cinetica : 2 1 1 1 dx T = m = m A 2 2 sen 2 ( t + ) = m A 2 2 1 cos2 ( t + ) = 2 2 2 dt
Etot = m 2 A 2 che si verifica essere ovviamente costante (per il teorema della conservazione dell'energia totale). interessante notare che lenergia totale di un oscillatore armonico proporzionale al quadrato della frequenza ed al quadrato dellampiezza A. Possiamo allora rappresentare graficamente l'andamento dell'energia cinetica e dell'energia potenziale (fig. 12) in funzione di x.
E
Etot = 1/2 kA
-A
Figure 12
Si noti che l'energia potenziale massima dove l'energia cinetica minima e viceversa.
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F = G dU = G
Mm r2 Mm
= dr
dU dr
r2 Mm U = G r
Supponendo per semplicit che la velocit sia soltanto radiale si calcola lenergia totale della massa m, che costante.
e dunque:
(costante)
2GM r0
v0 r0 rmax
Etot=0
r
Si presentano allora 2 casi: Il primo caso per E tot < 0 Per descrivere il moto, consideriamo lo spazio delle fasi (r,v) come in figura. Supponiamo per semplicit che la velocit iniziale sia positiva (v0 > 0) cio la massa m si muova inizialmente verso lesterno del campo. La traiettoria nello 58
spazio delle fasi sar allora del tipo mostrato in figura. La traiettoria quella disegnata in rosso, il punto si allontana inizialmente per raggiungere una distanza massima rmax e poi ricade verso la massa M. questo il caso di un moto confinato. Si calcola la massima distanza:
rmax =
GMm E tot
In generale vale il principio che il moto confinato quando lenergia totale negativa. Il secondo caso per E tot 0 .
v v0
O
v0
Etot=0
r0 rmax r
In tal caso le traiettorie nello spazio delle fasi sono mostrate nella figura, sia per il caso di v0
m si allontana da M allora essa si allontaner indefinitivamente. questo il caso di moto non confinato. Se invece m inizialmente si muove verso M, allora essa cadr sulla massa M.
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Figure 13
Se f positiva allora il campo repulsivo, altrimenti attrattivo. Dimostriamo che un campo centrale conservativo. Infatti
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r r r ed essendo dr = d s si ottiene r
r r r r r ds dL = F d s = f(r ) r
dL = f(r )dr
il campo ammette cio energia potenziale U(r), essendo dL=-dU:
dU = f (r ) dr
e quindi conservativo. Le superfici equipotenziali di un campo centrale sono sfere con centro nel centro del campo, infatti dU=0 implica dr = 0, dovendo in generale essere f0. Ma il luogo dei punti in cui non varia r una sfera:
r = cos tan te
Come conseguenza le linee di forza sono rette uscenti dal centro del campo dovendo essere perpendicolari r alle superfici equipotenziali. Definiamo Momento della forza F rispetto al centro del campo il seguente prodotto vettoriale r r r 26. M = r F se il campo di forza centrale si ha
r r r r rr =0 27. M = f (r ) r
e dunque il momento di un campo centrale rispetto al suo centro sempre nullo. Definiamo Momento Angolare oppure Momento della Quantit di Moto di un r corpo di massa m e velocit v il seguente prodotto vettoriale: r r r 28. L = r m v derivando il momento angolare rispetto al tempo si ottiene r dL r r r r = v mv+ r ma dt il primo prodotto vettore del secondo membro nullo e dunque r r dL 29. =M dt Tale equazione valida in generale per tutti i campi in un sistema di riferimento inerziale (abbiamo usato lequazione di Newton). In particolare per i campi centrali diventa r r L = c ost
61
che rappresenta il Teorema di Conservazione del Momento Angolare per il r r moto nei campi di forze centrali. Inoltre poich per definizione r e v sono r sempre perpendicolari a L ne consegue che il moto avviene in un piano perpendicolare al momento angolare e passante per il centro del campo (moto
e il piano
definito da r e da v
z L
r o y
x
piano).
Figure 14
P r
L=mrv=costante Da cui si ricava
v B
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v=L/mr. Cio la velocit di rotazione inversamente proporzionale allestensione r del braccio. Quindi per aumentare la velocit di rotazione il pattinatore deve diminuire lestensione del suo braccio e viceversa.
20.IL GIROSCOPIO
Il giroscopio un attrezzo costituito da una ruota, che gira rapidamente attorno al suo asse, alla quale consentito disporsi in una qualsiasi giacitura nello spazio. Il momento angolare diretto come il suo asse di rotazione e si conserva, cio non cambia fintanto che dura la rotazione.
Se dunque si sposta lasse di rotazione in una direzione diversa da quella di partenza, la ruota tende a ritornare nella giacitura originale. Le applicazioni sono molteplici soprattutto nel campo della navigazione.
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che un sistema di tre equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti del second'ordine . Equazioni di questo tipo si chiamano armoniche. r L'integrale generale fornisce la posizione r (x, y, z ) come funzione oscillante del tempo
k la pulsazione, A x,y,z sono le ampiezze del moto oscillante m rispetto agli assi cartesiani, x,y,z sono le costanti di fase e ( t + ) detta la
dove = fase del moto. Calcoliamo ora l'equazione del piano sul quale avviene il moto. Abbiamo dimostrato che le equazioni (32) descrivonor un moto che si sviluppa su un rispetto al centro del piano che normale al momento angolare L calcolato r r L campo. Per comodit introduciamo il vettore l che ha la stessa direzione m del momento angolare e per la definizione di prodotto vettore si ha
(
(
) (
cio
64
( (
) )
Si noti che il momento angolare ovviamente costante cio r non dipende r dal tempo. Essendo dunque sempre r perpendicolare a l si deduce l'equazione del piano su cui avviene il moto (condizione di perpendicolarit) r r 34. r l = xlx + y ly + z l x = 0 Vogliamo ora calcolare l'equazione della traiettoria. Scegliamo una qualsiasi coppia di assi cartesiani ( , ) sul piano del moto definito dall'equazione (34). Proiettando le equazioni (31) su questi due nuovi assi otteniamo
" + 2 = 0 2 " + = 0
= H cos( t + ) = K cos t +
Si noti che il caso in cui le costanti di fase sono uguali = un caso degenere nel senso che il moto si riduce ad una oscillazione su di una retta K con coefficiente angolare pari a . H
36. H
cos
sen sen = cos t sen ( ) H K infine quadrando e sommando le equazioni (36) e (37) si ha
65
38.
cos 1 2 1 2 + 2 = sen 2 2 2 H K HK
a 11a 22 a 122
si presentano i seguenti casi a) > 0 la conica un ellisse b) = 0 la conica una parabola c) < 0 la conica un'iperbole e dall'equazione (3.34) si ottiene
= 1 2 2 1 cos H K
2
)]> 0.
Si noti che = 0 solo nel caso degenere = , che corrisponde, come abbiamo gi visto, ad una oscillazione lungo una retta. In conclusione Le forze elastiche centrali causano un moto piano la cui traiettoria una ellisse oppure provocano nel caso degenere, un moto oscillante lungo una retta. Nota : se le condizioni iniziali sono tali per cui H=K e = allora 2 l'ellisse si riduce ad una circonferenza di raggio H.
F=k
dV m m' 2 = dr r
V = k
m m' r
n P m' r F d
d N m
Figure 15
d =
d cos( ) r2
essendo d cos() l'areola proiettata sul piano perpendicolare alla r direzione r . Sulla massa m agir allora una forza gravitazionale: r r m m' r F = G 2 r r r Definiamo il flusso infinitesimo d del campo F attraverso la superficie d nel seguente modo
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r r d = F n d = F cos( )d
quindi si ottiene
d = G
da cui
r Calcoliamo ora il flusso totale di F attraverso una superficie chiusa :
4 Gmm ' N interno a = 2 Gmm ' N su 0 N esterno a che rappresenta il teorema di Gauss.
= - G m m' d
massa m vede la superficie chiusa che la circonda (N interno a ), vede la superficie chiusa quando e posta su di essa (N posto su ),
N N N
essendo 2 langolo con cui la massa m essendo uguali gli angoli solidi con cui
68
r m
Figure 16
()
69
r r r F = F n d = F (r ) d
()
dove F(r) e' la componente radiale del campo, ed essendo = r2 si ha d = 2 r dr e quindi r F = 2 F (r ) r dr.
()
In conclusione si deve avere : 3 8 G m' 3 r F (r )r dr = 3 ma ricordando che df (r ) dr = f (r ) dr in conclusione deve essere F = 8 G m' r F = cost r 2 F (r ) r dr =
(4 )2 G m' r 3
che una forza di tipo elastico. In conclusione una massa m posta nel campo gravitazionale allinterno di una distribuzione sferica omogenea di densit si muove di moto armonico.
Possiamo dunque rappresentare graficamente l'accelerazione di gravit g = |F| / m in funzione della distanza dal centro della sfera omogenea nella seguente figura.
70
Figure 17
Nota 1: La massa m si muove all'interno della sfera (r<R) di moto oscillante con pulsazione GM = R3 cio con periodo 4 2 V dove V = R 3 = 3 GM Nel caso della terra si ha: m3 G = 6.65 10 11 Kg sec
M = 5.98 10
6 24
(Kg )
M V
3 costan te G Si pu calcolare l'energia potenziale associata, avendo imposto la continuit nel punto r = R:
, rR
, r<R
71
Figure 18
72
g3 g2
g1
fig.13a
Figure 19
e dipende generalmente dalla posizione ( diminuisce allontanadosi dalla superfice terrestre perch aumenta la distanza e diminuisce avvicinandosi al centro della terra perch diminuisce la massa attrattiva tra il corpo ed il centro della terra fig.20) . Se ci si pone al livello del mare si pu dire che l'accelerazione di gravit sostanzialmente costante. Per effetto della rotazione della terra attorno al suo asse passante per i poli, in qualsiasi punto della superficie terrestre agisce anche una accelerazione centrifuga gc = Rp2 diretta perpendicolarmente all'asse di rotazione come mostrato dalla figura seguente ( la velocit angolare di rotazione della terra).
N Rp g O gR P gc
S fig.12 h
Figure 20
73
L'accelerazione risultante gR non pi diretta verso il centro della terra. L'entit di questo effetto piccola, alcuni valori dell'accelerazione di gravit sono qui di seguito mostrati.
g equatore g o 45 latitudine g polo cm s2 cm = 980.6 2 s cm = 983.2 2 s = 978.0
Nota 0 : La massima intensit del campo si ha sulla superficie esterna della distribuzione di massa. Nota 1 : Si noti che la forza di attrazione per un punto che si muova all' interno della Terra in un tunnel come in fig. del tipo:
74
O l A
PL
PT
P fig.14
Figure 21
P = mg
allora la massa libera di muoversi lungo un arco di circonferenza con centro in O. Consideriamo la componente tangenziale della forza peso rispetto alla traiettoria circolare
P T = mg sen
dove il segno negativo dovuto al fatto che P T agisce nel nenso degli s angoli decrescenti. Nell'ipotesi delle piccole oscillazioni = << 1 si ha l
P T = mg = mg s l
essendo s il tratto di circonferenza percorso idurante l'oscillazione. Applicando l'equazione fondamentale della dinamica si ottiene
P T = ms "
cio
g s" + s = 0 l
= 2
g l
e periodo
75
e dunque nei quali la forza inversamente proporzionale a r 2 . In tali condizioni sappiamo che il moto avviene su di un piano (fig.15)
vr
r
v
O
Y fig.15
Figure 22
calcoliamo dunque l'energia cinetica E c di una massa m sottoposta ad un tale campo r r 1 r F=k 2 r r r Scomponendo la velocit v nelle componenti v r radiale e v trasversale
v r = r' v = r '
da cui
Ec = 1 1 1 mv 2 = m v r 2 + v 2 = m r' 2 + v 2 . 2 2 2
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E = E c + V (r ) =
1 m r' 2 + v 2 + V (r ). 2
Calcoliamo il momento angolare rispetto al centro del campo r r r M =m r v che sappiamo essere costante nel tempo ed ovviamente perpendicolare al piano del moto, cio diretto come l'asse z. Il suo modulo
M = M z = mrv sen = mrv
= costan te
da cui ricaviamo
v = M mr
Questa equazione mostra che la parte radiale del moto , quella cio che dipende soltanto dalla distanza r si pu considerare come un moto lineare (dipendente cio soltanto dalla posizione e non dalla direzione ) pur di interpretare il campo come un campo dotato di energia potenziale efficace 40. V eff = V (r ) +
M2 M2 = + 2mr 2 r 2mr 2
dove E c =
Centrifuga. In conclusione il moto di un corpo di massa m in un campo di forze centrali che 1 v come 2 ( ad esempio le forze gravitazionali oppure quelle elettriche di Coulomb), r si pu considerare come un moto lineare ( che dipende cio da una sola variabile : la distanza dal centro del campo) di una massa m con energia potenziale definita dall'eq.(40) il cui andamento mostrato nella fig.24.
1 mr ' 2 . 2
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Ue f f r0 O r
2 m
2 M2
fig.16
Figure 23
rappresenta la distanza dall'origine del campo alla quale cambia il segno della derivata dell'energia potenziale e dunque cambia il senso della direzione della forza del campo. Dunque il campo attrattivo per r > r 0 il campo repulsivo per r < r 0 ed importante osservare che la presenza dell'energia centrifuga rende il campo repulsivo alle piccole distanze.
dA r r = F r + 2E c dt
Osservando il punto materiale nel suo moto durante un certo intervallo di tempo , possiamo calcolare il valore medio dell'equazione (41) utilizzando il teorema della media per una grandezza f (t ) 78
<f>=
()
0
f t dt
< 1
e integrando
Imponiamo la condizione che il primo membro dell'equazione (42) sia limitato , cio a) la posizione e la velocit della particella sono limitate (caso della particella confinata in un volume chiuso) oppure b) la posizione non limitata (moto non confinato) , ma deve comunque essere
r
42.
A A0
r r lim v r = k (finito )
cio
k r > >1 r
che rappresenta il Teorema del Viriale per la particella singola. r Se il campo di forza F ammette energia potenziale V e considerando per semplicit il caso monodimensionale riscriviamo l'eq.(43)
< Ec > =
ed assumendo l'energia potenziale
V
1 dV <x > 2 dx
K xn
79
K dV V = n n +1 = n x dx x
si ottiene in conclusione 44. < Ec > =
n <V > 2
80
Figure 24
in cui si distinguono delle righe: luminose (emissione degli atomi del sole) e scure (assorbimento da parte degli atomi dellatmosfera terrestre). Lo spettro di luce mostra la variazione dintensit della radiazione alle differenti lunghezze donda (colori). Oggetti con temperature e composizione differenti mostrano spettri diversi. Attraverso losservazione dello spettro di una stella gli astronomi sono dunque in grado di determinarne la temperatura, la composizione e le condizioni fisiche. Valgono le seguenti leggi di Kirchhoff: un solido, un liquido o un gas ad alta pressione producono uno spettro luminoso continuo.
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Un gas ad alta temperatura e a bassa pressione produce uno spettro discreto di emissione (linee luminose). Quando un gas freddo a grande pressione si interpone tra una sorgente con spettro continuo e losservatore, allora si producono nello spettro osservato delle linee discrete nere di assorbimento. La lunghezza donda delle linee discrete di emissione o di assorbimento dipende dal tipo di molecole che le producono.
Figure 25
La serie di Balmer.
In questo campo il maggior contributo dato da Balmer risente maggiormente del suo fiuto matematico che del suo senso fisico. Infatti egli trov una formula matematica che riproduceva la serie di linee spettrali prodotte dallidrogeno, senza fornirne una spiegazione fisica.
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m,n = hm2/(m2-n2).
Mettendo n = 2 e h = 3654.6 10-8 cm, le lunghezze donda della formula che si ottengono ponendo m = 3, 4, 5, 6 riproducevano i dati sperimentali con notevole precisione. A dimostrazione che una buona teoria in grado non solo di spiegare i dati sperimentali, ma anche in grado di prevedere cose non ancora misurate, la formula di Balmer prevedeva una linea anche per m=7. Poco tempo dopo, un suo collega dellUniversit di Basilea conferm sperimentalmente lesistenza di tale linea. Nessuno per era in grado di spiegare il perch tale formula, si doveva aspettare lintuito di Niels Bohr nel 1913. Pi tardi nel 1890 Rydberg formul una generalizzazione della formula di Balmer per latomo didrogeno: 1/L = RH (1/n2 - 1/m2) dove RH = 10972160 m-1 una costante che prese il suo nome. Non cera allepoca alcuna spiegazione fisica di queste formule. Losservazione principale consiste nel fatto che assieme alla presenza di uno spettro continuo esiste uno spettro discreto. Ci dimostra che i processi microscopici di emissione e di assorbimento delle onde elettromagnetiche da parte degli atomi avvengono per quantit discrete di energia. Poich negli atomi i responsabili di questi scambi di energia con lesterno sono gli elettroni, ne consegue che gli elettroni stessi devono avere stati dinamici discreti nel loro moto attorno ai nuclei. La dinamica di Newton non sapeva prevedere nulla del genere e dunque si doveva cercare una nuova dinamica valida per tali processi microscopici. La nuova dinamica descritta dalla teoria quantistica.
83
Figure 26
Latomo idrogenoide.
Il primo e pi importante passo stato fatto da N.Bohr nel 1913 . Egli infatti per spiegare la cratteristica discreta dello spettro della luce emessa o assorbita dagli atomi, ipotizz che, per i fenomeni atomici, le energie possibili per gli elettroni legati al nucleo fossero discrete e dunque che le orbite possibili per gli elettroni attorno al nucleo fossero quantizzate, vale a dire che solo alcune orbite erano permesse e non altre. Era questo linizio della meccanica quantistica, che poi si svilupp al punto da descrivere completamente i fenomeni atomici.
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Figure 27
In figura 27 mostrato schematicamente il meccanismo dellassorbimento e dellemissione di fotoni (particelle della radiazione elettromagnetica) da parte di un atomo. Gli elettroni possono saltare da unorbita allaltra emettendo o assorbendo energia. I quanti di energia (fotoni) devono corrispondere alle linee dello spettro della luce.
Il modello di Bohr
Nel 1913 N.Bohr, nel tentativo di spiegare lo spettro discreto della luce emessa e assorbita dagli atomi di idrogeno, mise a punto un modello dellatomo (atomo idrogenoide) che prevedeva gli elettroni (cariche elettriche negative) ruotanti attorno ad un nucleo (solo protoni con carica elettrica positiva, perch i neutroni sarebbero stati scoperti soltanto nel 1932 da Chadwick) per effetto della forza elettrostatica di Coulomb. De Broglie aveva appena ipotizzato che le particelle, quali gli elettroni, potevano essere considerate non solo corpuscoli, ma anche onde di materia. In tale schema le orbite potevano essere stabili soltanto se la lunghezza della circonferenza era un multiplo intero della lunghezza donda associata allelettrone (ipotesi di onda stazionaria). La sorprendente conseguenza era che solo certi valori discreti del raggio della traiettoria erano compatibili con unonda stazionaria. Si era trovato dunque il meccanismo teorico che spiegava la discretizzazione misurata nelle linee spettrali di emissione e di assorbimento. Naturalmente si era trovato il limite di validit della meccanica classica di Newton. Sorgeva inoltre un altro problema: secondo lelettrodinamica classica una carica, che si muove lungo una traiettoria curva, avrebbe dovuto perdere energia sotto forma dirraggiamento (luce di sincrotrone). Lelettrone quindi doveva muoversi attorno al nucleo atomico lungo una spirale di raggio decrescente fino a cadere rapidamente sul nucleo. Il modello di Bohr superava questo problema, perch nella nuova teoria lelettrone raggiunge uno stato stabile quando si allinea su una traiettoria con il giusto raggio permesso dalla sua lunghezza donda di De Broglie. Per, un elettrone che non sia nello stato pi basso (stato fondamentale con n=1) pu spontaneamente compiere una 85
transizione verso uno stato di pi bassa energia e simultaneamente perdere tanta energia, quanto la differenza tra i due livelli, sotto forma di radiazione elettromagnetica (particelle di luce, cio fotoni). Il calcolo delle lunghezze donda di tali fotoni dava esattamente conto della formula di BalmerRydberg. Il modello di Bohr si era ispirato anche allidea di quantizzazione discreta dellenergia formulata da M.Planck. Fu questa una rivoluzione altrettanto importante della rivoluzione Newtoniana per i moti nel campo gravitazionale. Dalla grande scala (sistema planetario) si era passati alla piccola scala (sistema atomico).
Descrizione ondulatoria.
Un passo importante per la meccanica quantistica fu dunque fatto da De Broglie, che ha, nella sua tesi di laurea, aveva ipotizzato lassociazione di una lunghezza donda allelettrone orbitante attorno al nucleo (onde di materia). La traiettoria dellelettrone, per non avere effetti dinterferenza che avrebbero compromesso la stabilit dellorbita, doveva essere un multiplo intero di tale lunghezza donda. Tale lunghezza donda dipendeva dallenergia dellelettrone, come aveva ipotizzato Plank: hc E= .
2 3 1 4
2 n=5 secondo il modello di de Broglie in quest'orbita stazionaria ci sono 5 lunghezze d'onda
5
n=2 secondo il modello di de Broglie in quest'orbita stazionaria ci sono 2 lunghezze d'onda
Figure 28
Sono cio possibili soltanto quelle orbite con una lunghezza pari ad un multiplo intero della lunghezza donda associata allelettrone. De Broglie aveva capito un aspetto fondamentale della natura delle particelle elementari: laspetto ondulatorio. Ma la realt era ancora un p diversa, infatti
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non ci sono onde di materia che si propagano nello spazio, ma onde di probabilit. Si deve introdurre un nuovo concetto astratto: la funzione donda, che rappresenta in qualche modo la probabilit di trovare la particella elementare in un determinato punto dello spazio ad un dato istante di tempo. Si doveva aspettare Schroedinger per avere la prima formulazione della dinamica quantistica mediante una equazione del moto, che ha preso il suo nome.
Lequazione di Schroedinger
Lequazione di Schrdinger lequazione fondamentale della fisica nella descrizione quanto-meccanica del moto. Si chiama anche equazione delle onde. Essa unequazione differenziale alle derivate parziali che descrive il modo in cui la probabilit (altrimenti chiamata funzione donda associata alla particella microscopica) di trovare un elettrone in una certa posizione ad un certo tempo, in altri termini rappresenta levoluzione temporale di un sistema quanto-meccanico. giusto notare che esiste anche unaltra rappresentazione dovuta ad Heisenberg. Lequazione monodimensionale di Schrdinger ha la seguente forma:
45. dove i lunit immaginaria, la funzione donda dipendente dal tempo, h la costante di Planck, V(x) il potenziale del campo in cui la particella si muove, e H loperatore Hamiltoniano. Questa equazione si pu separare nella sua parte spaziale e temporale, usando il metodo della separazione delle variabili. Si cercano le soluzioni del tipo: e sostituendo si ottiene:
Essendo lenergia totale E, si ottiene: che lequazione di Schrdinger indipendente dal tempo.
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Figure 29
Sulla sinistra della figura 30 sono plottate le soluzioni dellequazione di Schrdinger del moto armonico, per i primi 4 stati dellenergia in funzione della posizione (x). La probabilit di trovare la particella nella posizione x il quadrato della funzione donda, come rappresentato in figura 30 sulla destra. Si noti che le soluzioni che si ottengono per valori pi grandi di n presentano numeri crescenti di picchi, ed essendo soluzioni che corrispondono a lunghezze donda decrescenti, rappresentano stati delloscillatore con valori crescenti di momento e di energia. Il valore di x pi probabile, secondo la meccanica quantistica, per lo stato di energia pi bassa (n=0), nellorigine. Ci lopposto di quanto avviene per loscillatore della meccanica classica, per il quale il maggior tempo speso agli estremi (dove la velocit tende a zero). Si noti per che al crescere dellenergia la probabilit quantistica tende ad avere una distribuzione pi piccata agli estremi in accordo con la teoria classica. Bohr chiam principio di corrispondenza il limite in cui teoria quantistica e classica tendono a fornire gli stessi risultati.
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Figure 30
Esaminiamo in maggior dettaglio lo stato fondamentale (n=0) delloscillatore quantistico (figura 31) e confrontiamolo con lo stato previsto dalloscillatore classico. Sono luno lopposto dellaltro. Quantisticamente loscillatore passa il maggior tempo vicino allorigine, mentre loscillatore classico passa il suo tempo soprattutto agli estremi. Si noti inoltre che mentre per loscillatore classico esiste un limite invalicabile che rappresentato dalle due linee verticali della figura 31, invece loscillatore quantistico pu allontanarsi dallorigine anche allinfinito, pur con una probabilit che decresce esponenzialmente.
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Figure 31
Gli stati quantistici ad energie crescenti sono caratterizzati da un addensarsi di picchi di probabilit (figura 31) che approssimano sempre pi il comportamento aspettato dalla teoria classica (linea tratteggiata della figura 32). Inoltre la coda quantistica al di fuori della regione strettamente permessa alloscillatore classico, tende a diminuire rendendo la descrizione classica e quantistica sempre pi simili. Beiser, calcolando la frequenza quantistica di radiazione di un atomo per n=10,000, mostra che la differenza tra meccanica-quantistica e meccanica classica in tal caso trascurabile (dellordine di 0.01%).
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