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Donatello Santarone

CONTRAPPUNTO
Materiali per una didattica interculturale della letteratura

Aracne

I DIRITTI DAUTORE SONO RISERVATI

Copyright MMII, ARACNE EDITRICE S.R.L. Editore: dott. Gioacchino Onorati 00173 Roma, via R. Garofalo, 133 tel. (06) 72672222 telefax 72672233 www.aracne-editrice.it info@aracne-editrice.it ISBN 8879993593

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. I edizione: luglio 2002

A mia madre

Indice
1. 2.

3. 4. 5.

Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Dante e lIslam . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La rappresentazione dellAltro nella Gerusalemme Liberata di Tasso . . . . . . . . . . . . . La Cina di Fortini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Educazione interculturale e cultura delle interdipendenze: KenSaroWiwa e la lotta degli Ogoni (Nigeria) . . . . . . . . . . . . . . Anche questa Nigeria: un poema pedagogico di KenSaroWiwa . . . Appendice: schede interculturali . . . . . . . . . . . . . Bibliograa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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E tu concili litalo e lo slavo, a tarda notte, lungo il tuo bigliardo.


Umberto Saba, Caff Tergeste.

Gli scritti raccolti nel presente volume nascono da esperienze didattiche e sollecitazioni teoriche relative al vasto campo di quella disciplina di frontiera che la pedagogia interculturale. Una frontiera attraversata da molteplici saperi che concorrono a denire uninterculturalit pedagogica forte (storia, sociologia, economia, antropologia, letteratura, ecc.), e, insieme, una frontiera che chiama in causa persone provenienti da tante parti del mondo che sempre di pi abitano il nostro Paese. La pedagogia interculturale che forse, oggi, dovremmo considerare lasse pedagogico fondamentale dellagire educativo si preoccupa fondamentalmente, da una parte, dellinserimento degli allievi stranieri nella scuola (e in generale dei soggetti stranieri, anche adulti, nei sistemi formativi) e, dallaltra, si interroga criticamente sui saperi trasmessi dalle istituzioni educative, nel tentativo di rileggere in chiave interculturale alcuni momenti signicativi di quei saperi. Poich la pedagogia interculturale nasce, in Italia e in Europa, strettamente connessa ai fenomeni migratori, essa come prima cosa si propone di tematizzare e di tradurre sul versante educativo le molteplici implicazioni scaturite dalla presenza di migliaia di persone provenienti dal Sud del mondo e dallEst europeo: rapporti tra autoctoni e stranieri portatori di differenti culture e conseguente conoscenza dei soggetti portatori di quelle culture, tentativi pi o meno riusciti di convivenza (dallassimilazione al meticciato), caratteri della globalizzazione capitalistica in atto e suoi effetti sulle migrazioni internazionali, dimensione mondiale delleducazione e necessit di ripensare il proprio canone culturale anche con gli occhi degli altri. In questa prospettiva leducazione letteraria a scuola rappresenta un potente veicolo per decolonizzare un immaginario ancora fortemente italocentrico, incapace, cio, di conoscere e di sentire laltro anche laltro interno alle proprie tradizioni culturali non come una minaccia, ma come occasione di nuovi e spesso imprevedibili scambi.
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Premessa

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Premessa

Il titolo del presente volume richiama luso che della categoria di contrappunto fa il critico palestinese-statunitense Edward Said in un suo libro del 1993 1. Nella tradizione musicale dellOccidente il contrappunto larte di sovrapporre pi linee melodiche e nasce nel Medioevo con la musica polifonica. Prima di cedere il campo denitivamente, il contrappunto ebbe ancora in Bach un artece sommo che seppe conciliare magistralmente le esigenze della verticalit (armonia) e dellorizzontalit (contrappunto) 2. Se rileggiamo la storia della cultura in una prospettiva contrappuntistica sostiene Said ci accorgiamo di quanti intrecci, prestiti, incroci fatta la letteratura. Anche nei momenti pi feroci del colonialismo e dellimperialismo la rappresentazione dellAltro che gli autori occidentali venivano costruendo non poteva non tener conto, essendone pure inuenzata, della cultura dei dominati. I quali a loro volta, come lormai noto Calibano di Shakespeare, si appropriavano anchessi di lacerti della cultura dominante per trasformarla e rivitalizzarla. Abbiamo a che fare con la formazione di identit culturali intese non come essenze date (nonostante parte del loro perdurante fascino che esse sembrino e siano considerate tali), ma come insiemi contrappuntistici, poich si d il caso che nessuna identit potr mai esistere per se stessa e senza una serie di opposti, negazioni e opposizioni: i greci hanno sempre avuto bisogno dei barbari, come gli europei degli africani, degli orientali e cos via 3. in questa prospettiva che proponiamo quelli che, nel sottotitolo del volume, abbiamo denito materiali per una didattica interculturale della letteratura. Si tratta di spunti metodologici, prime campionature per provare a rintracciare i nessi che legano noi e gli altri (T. Todorov), per mettere a fuoco la rappresentazione che alcuni autori della nostra letteratura Dante, Tasso, Fortini hanno dato della diversit (geograca, religiosa, politica). Una rappresentazione che
E. Said, Cultura e imperialismo. Letteratura e consenso nel progetto coloniale dellOccidente, Gamberetti, Roma 1998 (ed. orig. 1993). 2 G. Manzoni, Voce Contrappunto, in Enciclopedia Europea, Garzanti, Milano 1977, vol. III, p.719. 3 E. Said, Cultura e imperialismo. Letteratura e consenso nel progetto coloniale dellOccidente, Gamberetti, Roma 1998 (ed. orig. 1993), p.77.
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contribuisce anchessa alla creazione di un senso comune degli italiani verso lalterit autoctona e straniera. Tale prospettiva si fonda sullidea che leducazione interculturale si rivolga in primo luogo agli italiani e che, perci, sia utile indagare i modi letterari della costruzione ideologica attraverso cui stata ltrata limmagine dellAltro nellopera di alcuni autori della letteratura italiana. Ma la presenza di allievi stranieri nella scuola e le esperienze di didattica interculturale della letteratura impongono pure di considerare lo studio della letteratura in unottica mondiale, accogliendo, in una sorta di curricolo internazionalista, le letterature di altri paesi del mondo. Questo spiega i due contributi dedicati allo scrittore nigeriano Ken SaroWiwa, emblema di quella cultura di un mondo delle interdipendenze 4 al centro della riessione interculturale. Un ringraziamento, inne, a Francesco Susi, pedagogista umanista dai molteplici interessi, gura rara oggi, in tempi in cui sembrano trionfare ovunque i logotecnocrati della formazione. In questi anni di sodalizio intellettuale e umano, egli mi ha aperto prospettive di ricerca e ipotesi interpretative nuove, in particolare per le continue sollecitazioni a rileggere la nostra storia nazionale in chiave interculturale: un invito a studiare anzitutto noi stessi come antidoto alle sirene dellesotismo e alla retorica dellaltro bello.

F. Susi, Linterculturalit possibile, Anicia, Roma 1995, p. 27.

Per tutto il Medioevo il rapporto dellEuropa con il mondo araboislamico stato sostanzialmente un rapporto tra pari. Potremmo anzi dire che nei secoli dellAlto Medioevo il mondo arabo espresse una decisa superiorit in termini di progresso civile, scientico e culturale. Nessuno dei due campi, in ogni caso, riusc militarmente e politicamente a sottomettere laltro e pure negli anni di pi intenso conitto, quando lOccidente cristiano decise di intraprendere le crociate, lequilibrio delle forze rimase invariato. Lesperienza della dominazione araba in Sicilia nei secoli IXXI emblematica in questa prospettiva per comprendere il lo rosso che ha storicamente legato lOriente islamico allOccidente cristiano. Essa ha rappresentato il transito della grande civilt araba nei pi diversi campi: astronomia, geometria, algebra, matematica, losoa, letteratura, religione in Occidente ed ha prodotto, tra le altre cose, una orente scuola poetica che anticipa la nascita della lirica siciliana della corte di Federico II. Come dimenticare ha scritto il politologo Umberto Cerroni in un volume dedicato alla ricostruzione dei caratteri dellidentit italiana lo straordinario apporto della cultura araba alle arti della Sicilia e del Sud, alla riscoperta di Aristotele e dellaverroismo che in Italia costitu una delle matrici culturali del pensiero laico di Dante, Cavalcanti e Pomponazzi? Come dimenticare che un importante atto politico dello Stato di Federico II fu la pacica convivenza tra cristiani, arabi ed ebrei? Non fu in questo clima intellettuale che Dante pot concepire, molto prima di altri, una humana civilitas pi ampia della Christianitas? 1.
U. Cerroni, Lidentit civile degli italiani, Piero Manni, Lecce 1997, p. 96. 15

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Nel 1987 larabista Francesca Maria Corrao cur unantologia di poeti arabi di Sicilia tradotti da poeti italiani del Novecento 2. Si tratt di unoperazione doppiamente interculturale: per la conoscenza dellambiente arabosiciliano, ponte tra due culture, araba e romanza, e per il tipo di traduzione, afdata a poeti italiani contemporanei che recuperano, allinterno delle loro differenti sensibilit, temi e linguaggi di quellantica poesia. In questa opera di traduzione, che in realt spesso rifacimento, parafrasi, versione nel suo senso pi ampio, poeti come Luzi, Fortini 3, Sanguineti o Zanzotto compiono unoperazione che , probabilmente, tra le pi caratterizzate in senso interculturale, costituendo un ponte tra testi di diversa provenienza culturale, un ponte che permette il transito di parole e di esperienze. proprio in questo tipo di traduzione, nella traduzione dautore, che il losofo Hans Georg Gadamer denisce uninterpretazione enfatizzante, quando cio poeti e scrittori traducono da lingue diverse e talvolta lontane, che si determina quel corto circuito linguistico e culturale che, spesso, modica pure la scrittura di chi traduce. Si pensi, in questa prospettiva, a quanto incisero nel gusto letterario italiano degli anni Quaranta le traduzioni dei Lirici greci di Quasimodo, che trasform il frammentismo elegiaco dei poeti greci nel linguaggio attonito e atemporale dellermetismo. O alle traduzioni antisimboliste del Brecht di Franco Fortini, che introdussero nellItalia degli anni Cinquanta e Sessanta una sensibilit lirica contrassegnata dallallegoria, dalla parabola morale e politica esemplare,
F. M. Corrao (a cura di), Poeti arabi di Sicilia, Intr. di L. Anceschi, Mondadori, Milano 1987. 3 Fortini probabilmente non avrebbe sottoscritto queste nostre affermazioni. Riportiamo una sua breve nota inedita, depositata presso lArchivio Franco Fortini dellUniversit degli Studi di Siena: Vorrei prendere un esempio singolare di quel che non si dovrebbe mai fare: stato edito nel 1987 un volume di poeti arabi di Sicilia (fra il Decimo e lUndecimo secolo). I poeti convenuti sono stati diciannove (fra cui, per una debolezza che non si perdona, chi vi parla). Nessuno, credo, di questi diciannove o era in condizione di leggere gli originali. Il testo a fronte quindi destinato ai pochi conoscitori dellarabo classico. Quale stato il risultato? Quello di venti esempi di compromesso fra i temperamenti soggettivi e le traduzioni interlineari. Ci sono due o tre esiti ottimi che, naturalmente, nulla hanno verisimilmente a che fare con gli originali e non aiutano il lettore a farsi unidea di quella remota e ardua cultura. Se ci si contenta di un vago esotismo
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dal ragionamento didascalico. Gli esempi potrebbero continuare Landol e Gogol, Pivano e Kerouac, Sereni e W.C.Williams, Lussu e Hikmet ma crediamo sia sufciente quanto detto per segnalare limportanza decisiva e ancora non indagata a fondo della traduzione in unottica interculturale. Vogliamo ora offrire alcuni stralci della densa introduzione della Corrao allantologia dei poeti arabi di Sicilia, per documentare la ricchezza di un momento storico in cui tra il mondo arabomusulmano e il mondo europeocristianogiudaico avevano spazio, insieme a quelli del conitto, anche i valori della convivenza civile e della tolleranza religiosa. I poeti arabi di Sicilia vissero negli anni mille ed oltre, tra giardini di cui ora ci giunge il vago ricordo. [] Attorno al principe si raccoglieva una rafnata corte di intellettuali ed artisti. Il lontano fragore delle battaglie giungeva ltrato dai versi ritmati del poeta. Ogni gioioso o addolorato fremito veniva armoniosamente assorbito dalle rime. Negli allegri simposi notturni, ministri, segretari e gli stessi principi si improvvisavano verseggiatori e in gara con i poeti animavano le silenziose notti siciliane. Questo e altro afora dalle poesie della scuola araba siciliana, degna erede della grande tradizione letteraria mediorientale. [] Tra i conquistatori di Spagna e di Sicilia non vi erano soltanto i fautori di eventi sanguinosi ma anche i latori dello straordinario patrimonio di una grande civilt. [] La poesia araboandalusa, accoglie e rielabora, in un primo tempo con scarsi tratti di innovazione e successivamente con proprie forme autonome, il patrimonio della lingua araba classica inaugurando quellintenso periodo di vita culturale che durer sette secoli in Andalusia e quasi tre secoli in Sicilia. Il momento pi fecondo per la produzione poetica siciliana approssimativamente databile a partire dalla met del X secolo e coincide con la presa del governo da parte degli emiri kalbiti (9471053), emissari degli scismatici calif fatimiti dEgitto. Da allora, e sicuramente quale risultato della grande autonomia politicoamministrativa goduta dai principi siciliani, si ebbe una singolare oritura di poeti e rimatori, che raggiunse lapogeo allepoca di Yusuf Thiqat adDawlah (990998). Pi di un secolo era passato da quando un insigne giureconsulto di Qairawn, Sinan Asad Ibn alFurat, aveva guidato la sistematica conquista della Sicilia (827). []

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Per rintracciare alcune delle ragioni che favorirono la pacica convivenza tra gli immigrati, i neoconvertiti, gli ebrei e i cristiani, bisogna guardare oltre le battaglie e le scorrerie per soffermarsi sui vantaggi nellincremento urbanistico, commerciale, e nel migliorato assetto agricolo delle campagne. Nel crescente benessere economico la coesistenza e la collaborazione, sul piano sociale e amministrativo, tra cristiani e musulmani fu garantita dallassenza nellIslam di qualsiasi forma di proselitismo programmato e dalla consuetudine acquisita dai musulmani a vivere a contatto di genti di razze e religioni diverse. [] Gli scambi culturali tra gli intellettuali siciliani e il resto del mondo arabo, nel periodo che va dal X allXI secolo, erano favoriti dai pellegrinaggi verso i luoghi santi dellIslam. Molti letterati si recavano alla Mecca e tornavano nella Palermo emirale ricchi delle esperienze acquisite durante il soggiorno in Oriente. [] noto quanto sia vasta la produzione di ispirazione araboislamica in Occidente, ma non potendo qui elencare tutti i nomi e i dati mi limiter a ricordarne alcuni. Sono degni di menzione i non pochi versi di ispirazione araba che si trovano nel Westostlicher Divan [Divano occidentaleorientale, ndr] di Goethe e una sua frammentaria versione di una poesia preislamica, le Orientales di Victor Hugo, e le imitazioni di alMutanabbi del polacco Mickiewicz. E per nire le reminescenze del mondo poetico islamico che aforano nella lirica di Poe e nei racconti di Borges. Lidea di fare tradurre le poesie arabe di Sicilia nata come atto di omaggio verso autori che hanno contribuito, anche se indirettamente, allevoluzione della nostra cultura. [] Per dare unidea di quanto fosse diffusa e sentita larte del comporre versi nella Sicilia araba basta ricordare che nelle citate antologie gurano i rappresentanti di tutte le categorie sociali: gli stessi principi mecenati, capi militari, giudici, lessicogra, grammatici, vizir e funzionari dellamministrazione. 4 Parlando poi della dominazione normanna in Sicilia, la Corrao sottolinea il carattere tollerante di due grandi sovrani, Ruggero II (10951154) e Federico II (11941250), che riuscirono a far convivere le diverse culture presenti nellisola. Ruggero II, il re che usava fregiarsi del titolo arabo, alMutazz
F. M. Corrao (a cura di), Poeti arabi di Sicilia , cit., pp. XXV, XXIX, XXXIXXXII, XXXIVXXXV.
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billah (il possente per grazia di Dio), era un uomo di straordinaria cultura, sensibile e tollerante. Nel suo palazzo riecheggiava il canto del muezzn, per i paggi del seguito e per le donne del suo harem. Ruggero, come i suoi successori, si serviva del cerimoniale e della cancelleria araba. Sul piano culturale la convergenza dellIslam e del Cristianesimo visse il suo momento pi esaltante con larrivo a Palermo del geografo arabo alIdrisi (11001165). Autore del Libro di Ruggero, che da considerare il pi insigne risultato della fusione delle conoscenze geograche raggiunte dagli arabi nella met del XII secolo. Questa opera, realizzata con la collaborazione di una commissione di esperti, al di l del valore intrinseco, signicativa per il risultato che ha conseguito: il superamento, in nome della scienza, di ogni irrigidimento confessionale. [] Nella Palermo degli eredi di Ruggero la comunit araba continuava a prosperare. [] Alla corte di Guglielmo II [1153 ca.1189, ndr], alMustaizz billah (chi cerca potenza in Dio), risuonavano ancora le rime arabe, e pare che il poeta di Alessandria, Ibn Qalaqis, gli dedic dei versi encomiastici. Guglielmo parlava la lingua del Corano e amava circondarsi di eruditi di ogni paese. Un accreditato esponente della triplice cultura di corte, greca, araba e latina, fu lammiraglio Eugenio che dallarabo revision una versione greca del Kalilah wa Dimnah (famosa raccolta di apologhi indiani). Sempre in quel periodo fu tradotta dallarabo in latino lOttica di Tolomeo. Ma il momento di massimo splendore per la scuola di traduzione della corte siciliana si ebbe allepoca di Federico II. Il sovrano che fu iniziato da un dotto musulmano alla conoscenza della cultura islamica. Mecenate e cultore di scienze, rivide personalmente la traduzione di un trattato arabo di falconeria, che consult per il suo De arte venandi. Sotto il suo regno famosi traduttori di Toledo, come lastrologo e losofo Michele Scoto (11751236), realizzarono versioni delle opere di Avicenna e Averro. Allimperatore, che anche in politica si avvalse delle sue conoscenze islamiche, va riconosciuto il merito di essere riuscito a conquistare la corona di Gerusalemme per vie diplomatiche. Le curiosit intellettuali di Federico erano soprattutto note in Oriente, dove il sultano dEgitto alMalik al Kamil (12181238) lo accolse con un seguito di dotti. In questa occasione, e altrove inviando missive, ebbe modo di porre questioni di ottica, cosmologia, metasica e losoa. In particolare, il losofo mistico, Ibn Sabin (morto nel

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1271), per rispondere ad alcuni quesiti sollevati da Federico, stese un trattato sulla natura e sullimmortalit dellanima. Dalle testimonianze delle fonti arabe apprendiamo che Federico conosceva larabo. Sappiamo che dalla sua cancelleria, molto probabilmente per mano di Teodoro dAntiochia, partivano missive inorate di versi di alMutanabbi, di cui lecito supporre che anche il sovrano conoscesse lopera. A corte larabo era praticato con la stessa frequenza del greco e del latino. In questo ambiente, che qui abbiamo rapidamente tratteggiato, nasce la scuola poetica siciliana. Alla corte di Federico afuiscono i Provenzali e Ciullo dAlcamo compone i primi versi in lingua volgare 5. Ma il portato storico dellinuenza della cultura araba in Occidente particolarmente visibile anche nellopera di Dante Alighieri (12651321), un autore che la tradizione critica ci ha sempre presentato come il campione indiscusso di una incontaminata superiorit occidentale: europea, italiana, romana, cristiana e grecolatina. In realt, come innumerevoli studi critici hanno documentato 6, limpianto losoco e teologico della Commedia e lintera produzione dellAlighieri sarebbero incomprensibili senza considerare, ad esempio, il contributo dei loso arabi Ibn Sina (Avicenna, 9801037) e Ibn Rushd (Averro, 11261198), che storicamente mediarono ed arricchirono in maniera originale la grande tradizione losoca greca, rappresentando un ponte culturale fondamentale tra Oriente e OcciF. M. Corrao (a cura di), Poeti arabi di Sicilia, cit., pp. XLXLII. Oltre allopera fondamentale dellarabista spagnolo Miguel Asn Palacios, Dante e lIslam, Pratiche Editrice, Parma 1994, di cui parleremo in seguito, ricordiamo i seguenti lavori: B. Nardi, Dante e la cultura medievale, Laterza, RomaBari 1983 (Prima ed. 1942); F. Gabrieli, Nuova luce su Dante e lIslam, in Dal mondo dellIslam. Nuovi saggi di storia e civilt musulmana, Ricciardi, MilanoNapoli 1954; E. Cerulli, Nuove ricerche sul Libro della Scala e la conoscenza dellIslam in Occidente, Citt del Vaticano 1972; A. Bausani, La tradizione araboislamica nella cultura europea, in I quaderni di Ulisse, giugno 1977; A. Roncaglia, Gli Arabi e le origini della lirica neolatina, in I quaderni di Ulisse, giugno 1977; C. Segre, Viaggi e visioni doltremondo sino alla Commedia di Dante, in Fuori del mondo, Einaudi, Torino 1990; M. Corti, La felicit mentale. Nuove prospettive per Cavalcanti e Dante, Einaudi, Torino 1983; M. Corti, La favola di Ulisse: invenzione dantesca?, in Percorsi dellinvenzione. Il linguaggio poetico e Dante, Einaudi, Torino 1993; A. Gagliardi, Ulisse e Sigieri di Brabante. Ricerche su Dante, Pullano, Catanzaro 1992.
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dente; o linusso del losofo ammingo Sigiri di Brabante (ca 12351282), commentatore insigne di Aristotele e rappresentante di quellaverroismo latino che propugnava una netta separazione tra scienza e fede e che, per questa ragione, fu condannato per eresia; o, ancora in ambito averroistico, le suggestioni provenienti dai due Guido, Cavalcanti e Guinizzelli, e pi in generale dal circolo intellettuale stilnovista che tant contarono per Dante nei suoi giovanili anni orentini. Come altres larchitettura del poema dantesco presenta pi di un punto di contatto con i modelli musulmani della leggenda dellascensione di Muhmmad 7 (570632) in Cielo, pi nota, dopo il ritrovamento di due manoscritti in latino e in francese nel 1949, come Il Libro della Scala. Pochi temi, come quello relativo allinusso della cultura islamica nella Divina Commedia, hanno conosciuto un ostracismo cos radicale in Italia per tutto il Novecento. Quando nel 1919 fu pubblicato lo studio dellorientalista spagnolo Miguel Asn Palacios, un sacerdote cattolico professore di arabo alluniversit di Madrid, sui rapporti tra Dante e lIslam, dal titolo Lescatologia musulmana nella Divina Commedia, lostilit dei dantisti e dei romanisti italiani fu pressoch totale 8. Si era alla vigilia delle commemorazioni per il sesto centenario della morte di Dante (13211921) e lammissione di uninuenza della tradizione araboislamica nella composizione della Commedia suonava come unaccusa di lesa italianit. La guida che risolve i dubbi al pellegrino, la natura allegorica dellascensione in Cielo come puricazione dellanima, la cosmograa e tanti altri innumerevoli dettagli che lorientalista spagnolo rintraccia come matrici islamiche del poema dantesco sembravano inquinare un presunto carattere autoctono dellopera di Dante. Non era pensabile che unescatologia musulmana come recita il titolo dellopera di Palacios , cio una concezione losocateologica concernente il destino ultimo delluomo e del mondo, potesse avere qualcosa a che vedere con la Divina ComPreferiamo utilizzare il nome arabo del profeta Maometto, a meno che non compaia cos in citazione. Il nome Maometto da Malcometto, commetto il male fu impiegato nel medioevo per denigrare il profeta dellIslam, considerato un eretico. 8 Il testo di Palacios stato tradotto in italiano nel 1994, 75 anni dopo la sua pubblicazione in spagnolo. In Gran Bretagna esso venne tradotto nel 1926.
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media. Una consolidata tradizione nazionalistica oggi diremmo eurocentrica o italocentrica aveva studiato con rigore e profondit le radici classiche, giudaicocristiane e romanze del poema, ma non si era mai sufcientemente occupata di quelle araboislamiche, ad eccezione degli studi di Bruno Nardi sulle inuenze averroistiche nella losoa dantesca. Eppure per tutto il Medioevo la presenza degli arabi nel Mediterraneo, principalmente in Spagna e in Sicilia, era un dato storicamente inconfutabile. La nazione dove pi forti e durature furono le inuenze araboislamiche senzaltro la Spagna. Durante la dominazione araba, che in forme diverse abbracci i secoli VIIIXIII (ma Granada fu espugnata solo nel 1492, durante il regno di Ferdinando dAragona e Isabella di Castiglia), la Spagna conobbe un periodo di intenso sviluppo civile e culturale, i cui emblemi restano le splendide architetture di Cordova, Granada e Siviglia. Ma anche nel periodo della reconquista ad opera dei nuovi stati cristiani di Navarra, Lon, Castiglia e Aragona, in particolare a partire dallXI secolo, leredit araba ebbe modo di manifestarsi in diversi campi. Si pensi, ad esempio, alla stagione politica e culturale inaugurata dal sovrano Alfonso X di Castiglia detto il Saggio (12211284), mecenate coltissimo e animatore di una corte cosmopolita frequentata da intellettuali ebrei, musulmani e cristiani. Fu proprio il sovrano iberico a commissionare ad un medico ebreo, Abraham Alfaquim, la versione spagnola, dallarabo, del racconto del miraj, cio dellascensione di Muhmmad in Cielo, un importante testo ritrovato in due codici a Oxford e a Parigi nel 1949, conosciuto con il titolo Il Libro della Scala di Maometto e considerato una delle possibili fonti alle quali Dante attinse per la composizione della Commedia e che probabilmente lesse nella traduzione latina del notaio Bonaventura da Siena, un intellettuale che lavorava presso la corte di Alfonso X. Lo studioso Carlo Saccone ha opportunamente ricordato che la versione latina [] deve la sua conservazione anche al fatto che una copia inserita in un altro codice (il Vaticano Latino 4072) contenente la famosa Collectio Toledana, ossia la raccolta di quei testi scientici e losoci arabi fatti tradurre in Toledo a partire dal XII sec. per iniziativa di Pietro il Venerabile, e che fu, com noto, alla base di quellim-

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menso travaso di conoscenze tra mondo islamico e mondo cristiano che costituisce uno dei momenti pi alti della storia intellettuale del Medioevo 9. Toledo aggiunge Miguel Asn Palacios era gi stata, durante il secolo XII, il punto focale di una profonda assimilazione delle scienze e delle lettere arabe al retroterra cristiano. Nella prima met di tale secolo, appena strappata la citt dalle mani dei musulmani, larcivescovo Raimondo comincia a patrocinare la traduzione delle opere pi celebri della scienza araba: libri di matematica, astronomia, medicina, alchimia, storia naturale, metasica, psicologia, logica, morale e politica; tutta lopera di Aristotele, glossata o compendiata dai loso dellIslam, da AlKindi, AlFarabi, AlGazali e Averro; le opere fondamentali dei matematici, astronomi e medici della Grecia, Euclide, Tolomeo, Galeno, Ippocrate, commentate e ampliate da sapienti musulmani, AlHwarizmi, AlBattani, Avicenna, Averro, ArRazi, AlBitrugi, furono tradotte a Toledo dallarabo, tramite interpreti mudejares [musulmani convertiti, ndr] ed ebrei, che mettevano in castigliano ci che poi veniva tradotto in latino dai dotti cristiani, non solo spagnoli ma anche stranieri, che afuivano alla corte toledana dai pi remoti paesi dellEuropa. [] Alfonso il Saggio, educato n dalla fanciulezza in tale ambiente di cultura semitica, prende nelle proprie mani, salendo al trono, la direzione suprema di quei lavori di traduzione, per renderli pi fecondi e sistematici mediante il patrocinio ufciale. Poliglotta e appassionato della letteratura musulmana, prende parte lui stesso agli studi che promuove. Con una tolleranza che il fedele riesso della psicologia sociale della sua epoca, il re riunisce nella sua corte sapienti delle tre religioni per cooperare allimpresa. Senza abbandonare lorientamento colto ed erudito della scuola dei traduttori toledani, lo rafforza, facendo tradurre nuove opere di sica e di astronomia, accanto ad altre di carattere pi popolare e meno tecnico, appartenenti alla letteratura di evasione, morale, storica e religiosa. Inoltre ricorda ancora Asn Palacios in tale clima di tolleranza e di convivenza il re castigliano decise di dare forma ufciale alla conuenza delle due culture, lislamica e la cristiana, attraverso la
C. Saccone, Il miraj di Maometto: una leggenda tra Oriente e Occidente, in Il Libro della Scala di Maometto, trad. di R. Rossi Testa, note al testo e postfazione di C. Saccone, Mondadori, Milano 1999 (Prima ed. 1991), p.190.
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fondazione in Siviglia di uno Studio e Scuola generale di latino e di arabo, in cui, al anco dei professori cristiani, cerano musulmani che insegnavano la medicina e le scienze. Tale Universit interconfessionale un emblema della stretta relazione che i due popoli avevano stretto nella prima met del secolo XIII 10. Se confrontato con questo clima di civile convivenza, la cacciata degli ebrei e dei musulmani dalla Spagna a partire dal 1492 ad opera dei re cattolicissimi si rivela un evento tragico e foriero di future disgrazie. Le teorizzazioni e le discussioni sulla limpieza de sangre, per decidere chi fosse autenticamente cristiano e castigliano, per mettere al bando quanti fossero stati in qualche modo contaminati dal sangue impuro di ebrei e moriscos, altro non sono che le premesse delle moderne teorie razziste del colonialismo, del fascismo e del nazismo. Linvenzione iberica del sangue puro pu essere considerata come il primo tipo di protorazzismo occidentale. [] Il criterio della purezza del sangue diventa pi importante di quello della purezza della fede. [] Il mito del sangue puro costituisce il nucleo ideologico [] che funziona al servizio degli interessi della classe dirigente, che mira a preservare i suoi privilegi in una societ cattolicomonarchica. [] Si pu dunque formulare lipotesi che si tratti qui della prima attestazione storica di un antisemitismo razziale, politicamente funzionale, o di un prerazzismo antiebraico distinto dallantigiudaismo cristiano tradizionale, ereditato dai Padri della Chiesa 11. Non senza signicato che il 1492 data della scopertaconquista del Nuovo Mondo, con il conseguente genocidio delle popolazioni indigene coincida anche con lepulsione delle diversit dallEuropa: i nascenti stati nazionali si dovevano costituire come omogenei per razza, lingua, cultura e religione. La modernit, che sancisce linizio del predominio europeo sul mondo, nasce con un atto di feroce intolleranza verso lAltro. Da allora si innalza una barriera tra mondo arabo e mondo occidentale, ancora oggi causa di pregiudizi e incomprensioni. Una moderna forma della limpieza de sangre abbiamo detto essere la teoria razzista del fascismo italiano. Le leggi razziali contro
M. Asn Palacios, Dante e lIslam, Pratiche Editrice, Parma 1994, pp. 362364. 11 P.A. Taguieff, Il razzismo, Cortina, Milano 1999, pp.3032.
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gli ebrei, promulgate dal regime nel 1938, ne sono un eloquente esempio. interessante, tra le altre cose, lossessione storica sulla purezza della razza, la necessit di ribadire lestraneit nei confronti dei popoli semiti del Mediterraneo, in una lettura della storia in cui lidea di Europa risulta essere quella di un continente chiuso, autoreferente, impermeabile alle migrazioni e al mescolamento delle genti. Eppure, nonostante la grossolana rozzezza argomentativa, tali tesi, scritte da docenti di universit italiane, ebbero leffetto pratico di portare nelle camere a gas naziste 8000 ebrei italiani e di determinare nel paese un clima di passiva indifferenza verso le sorti di chi era considerato il capro espiatorio del momento. Riportiamo alcune parti del documento sulla difesa della razza pubblicato nellomonimo quindicinale nellagosto del 1938: La popolazione dellItalia attuale di origine ariana e la sua civilt ariana Questa popolazione a civilt ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco rimasto della civilt delle genti preariane. [] una leggenda lapporto di masse ingenti di uomini in tempi storici Dopo linvasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di inuenzare la sionomia razziale della nazione. Da ci deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale variata notevolmente in tempi anche moderni, per lItalia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi la stessa di quella che era mille anni fa; i quarantaquattro milioni dItaliani di oggi rimontano quindi nellassoluta maggioranza a famiglie che abitano lItalia da un millennio. [] necessario fare una netta distinzione tra i mediterranei dEuropa (occidentali) da una parte, e gli orientali e gli africani dallaltra Sono perci da considerarsi pericolose le teorie che sostengono lorigine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale rimasto. Anche loccupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato allinfuori del ricordo di qualche nome, e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano lunica popolazione che non si mai assi-

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milata in Italia perch essa costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani 12. Ritornando ai nostri ragionamenti sui rapporti tra Dante e lIslam, risulta evidente quanto possa aver pesato la chiusura ideologica nei confronti di una lettura del capolavoro dantesco cos fortemente innovativa come quella proposta da Asn Palacios. Una chiusura che pes anche nel secondo dopoguerra, in et repubblicana, se si considera come si gi detto che lo studio dellarabista spagnolo stato tradotto in italiano solo nel 1994. Eppure le tesi dello studioso spagnolo il quale peraltro, non va dimenticato, era un sacerdote cattolico non mettevano affatto in forse lappartenenza di Dante al campo cristiano, n offuscavano la potente e originale immaginazione artistica del poeta orentino. Esse richiamavano, per, alcuni dei modelli letterari, losoci e religiosi che la tradizione arabomusulmana offriva a Dante. Il quale proprio per la sua spiccata propensione ad accogliere i pi diversi materiali culturali classici, biblici, romanzi utilizz anche quelli di matrice musulmana, pervenendo a quelloriginale sintesi tra culture che la Commedia rappresenta, al di l, quindi, di chiusure territoriali e nazionalistiche, storicamente improponibili nel XIII secolo ed estranee al cosmopolitismo intellettuale dellAlighieri. Studiando scrive Asn Palacios nel suo trattato De vulgari eloquentia la variet delle lingue parlate nel mondo, Dante, bench nato a Firenze e latino di razza e di lingua, non si fa trasportare dallamore di patria n dal diffusissimo pregiudizio etnico a esaltare il proprio idioma e a preferirlo a quelli stranieri; innanzitutto [] si dichiara cittadino del mondo, e afferma che vi sono molte regioni e citt pi nobili e pi deliziose che la Toscana e Firenze, di cui son nativo e cittadino e che vi sono molte stirpi e popoli che usano una lingua pi piacevole e pi utile che gli Italiani. superuo notare che tale simpatia verso il mondo semita non implica, anche se non esclude, uninclinazione verso la fede musulmana: la sincerit dei suoi sentimenti religiosi, la profonda convinzione della sua fede cristiana, al di fuori di ogni
La difesa della razza. Scienza documentazione e polemica, Anno I, Numero 1, 5 agosto 1938 XVI, in D. Santarone, Multiculturalismo, Palumbo, Palermo 2001, p. 93.
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discussione. Si tratta soltanto di una seduzione letteraria e scientica, di un affetto nei confronti della cultura di popoli la cui religione si abomina. Tale mentalit [] si rivela in due passaggi caratteristici della Divina Commedia : Dante pone nel limbo due saggi musulmani, Avicenna e Averro e colloca nellinferno il fondatore della religione che costoro professarono, cio Maometto. Ma anche questultimo, il profeta dellIslam, non condannato come tale, come reo di apostasia, come fondatore di una vera religione o di una nuova eresia, ma semplicemente come seminatore di scismi o discordie, insieme ad altri fautori di insignicanti scissioni religiose o civili. [] Questa leggerezza e indulgenza nel castigo del fondatore dellIslam un sintomo rivelatore di quella stessa simpatia verso la cultura del popolo musulmano: per Dante Maometto non tanto il negatore della Trinit e della Incarnazione, quanto il conquistatore che infranse con la violenza i legami di fratellanza fra gli uomini. certo che un ritratto tanto benevolo assai distante dalla realt storica di Maometto, che fu qualcosa di pi di un conquistatore; ma, se la rappresentazione di Dante parziale e insufciente, non invece inquinata dalle favole assurde che quasi tutti gli storici cristiani del suo secolo tesserono intorno alla gura storica del fondatore dellIslam, attribuendogli insistentemente le qualit pi stravaganti e contraddittorie. [] La gigantesca gura dellispirato artista orentino non pu perdere perci neppure un millimetro della sublime grandiosit che per le sue opere raggiunse agli occhi dei suoi compatrioti e degli uomini tutti, innamorati della bellezza della sua arte squisita. Lomaggio pi degno per i geni non lammirazione cieca e irrazionale. N un culto alla memoria, ispirato a un meschino principio di razza o di patria, potrebbe soddisfare quel grande uomo, la cui immensa cultura abbracci tutto quanto la scienza e larte del suo secolo serbava di tradizionale e di nuovo, da qualsiasi parte provenisse, e che seppe sempre collocare molto al di sopra dei suoi affetti particolaristici verso lItalia e i popoli latini gli altri ideali dellumanit e della religione, chiamandosi con orgoglio cittadino del mondo, proclamando la fratellanza umana quale primo principio della vita politica e riuscendo a introdurre, nelle meravigliose terzine del suo poema, uno spirito universale ed eterno di moralit e di misticismo che uiva spontaneo dal profondo del suo cuore sinceramente cristiano. Questa religione divina, il Cristianesimo, fonte perenne di poesia e di spiritualit, quella che in denitiva ci porge la chiave per spiega-

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re la genesi del poema dantesco e dei suoi precursori, sia cristiani che musulmani. Perch lIslam, diciamolo per lultima volta, non altro che un glio bastardo della Legge Mosaica e del Vangelo, i cui dogmi sulla vita futura assimil bench solo in parte, e che, allontanandosi dalla sua primitiva origine per convivere con tutte le religioni e i popoli dellOriente, mancandogli il freno discreto dellinfallibile magistero di un pontece che ponesse limiti alla fertile fantasia dei fedeli nellinterpretazione di quei dogmi, audacemente adorn con ogni elemento immaginativo dellescatologie orientali, cristiane ed extracristiane, interpretato inoltre secondo linvettiva personale, il quadro semplice, ma solenne e severo, che il Vangelo nelle sue pagine tratteggia della vita ultraterrena. E Dante, utilizzando per il proprio poema quegli elementi artistici che lIslam gli offriva, e che in nulla alteravano il nucleo essenziale e immutabile dei dogmi evangelici sulloltretomba, in denitiva non fece altro che devolvere al tesoro della cultura cristiana occidentale, e rivendicare al suo patrimonio quei beni durevoli che, ignorati da essa, si trovavano nelle letterature religiose dei popoli orientali, e che lIslam veniva a restituire, dopo averli arricchiti e amplicati con lo sforzo della sua geniale fantasia 13. Daltra parte sarebbe singolare che un intellettuale curioso e aperto ai diversi apporti del sapere come Dante potesse ignorare lapporto che la cultura araboislamica continuava ad offrire alla civilizzazione del Mediterraneo. Scrittori, viaggiatori, monaci, pellegrini, mercanti, nobili cavalieri e semplici soldati, dotti traduttori, principi mecenati conoscevano direttamente lOriente e permettevano la circolazione di idee, di mode, di prodotti culturali e non nellOccidente cristiano. Senza dimenticare lenorme prestigio che nella vicina Spagna della reconquista continuava ad avere la cultura araba. Uno tra i maggiori maestri di Dante, il poligrafo e retore Brunetto Latini, ammirato e riverito nel canto XV dellInferno, autore di due componimenti enciclopedici, il Tesoro e il Tesoretto, il primo dei quali conteneva pure una biograa di Muhmmad, era stato nel 1260 ambasciatore dei guel orentini presso la corte di Alfonso X il Saggio. Un particolare decisivo, per la trasmissione delle fonti arabe a Dante, che Asn Palacios sottolinea con particolare enfasi.
M. Asn Palacios, Dante e lIslam, Pratiche Editrice, Parma 1994, pp. 381382; 409410.
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Brunetto scrive lorientalista spagnolo pot acquisire quella cultura araba e islamica non come altri, di seconda mano, mediante libri studiati lontano dal principale centro in cui venivano trasmessi nelle lingue europee, ma convivendo con gli stessi traduttori toledani, conoscendo e frequentando personalmente re Alfonso il Saggio, mecenate e direttore di quella brillante scuola di corte. In effetti risulta che Brunetto Latini fu inviato dal partito guelfo di Firenze come ambasciatore alla corte di Alfonso il Saggio, per invocare da questi, che era stato eletto imperatore di Germania, il suo aiuto contro i ghibellini, difesi da Manfredi, re di Sicilia. Tale ambasciata ebbe luogo nel 1260. Cinque anni prima della venuta al mondo del poeta orentino; e per quanto non si conoscano i particolari del viaggio di Brunetto, n della sua residenza in Spagna, il fatto stesso basta per suggerirci la profonda impressione che dovettero produrre, nello spirito colto e curiosissimo di quel letterato erudito e appassionato di ogni branca dellumano sapere, lo spettacolo brillante della corte toledana, satura di cultura islamica, la frequentazione con i consiglieri e i ministri di quel re, sapiente come nessun altro dellEuropa medievale, e la visione diretta di quellibrida societ in cui le tradizioni della scienza classica e cristiana vivevano in simbiosi con il nuovo bagaglio delle lettere semitiche. Chi potrebbe dire che i negoziati della sua ambasceria non gli lasciassero tempo libero sufciente per occuparsi dei suoi interessi letterari e per soddisfare le sue curiosit di erudito, avendo davanti agli occhi ogni giorno, a Toledo e a Siviglia, sede della corte in quel periodo, lesempio vivente dei traduttori e dei maestri cristiani e musulmani, che nella scuola toledana e nelluniversit interconfessionale di Siviglia redigevano incessantemente le loro opere scientiche e letterarie, e che quattro anni prima avevano nito la traduzione in volgare dellHistoria arabum dellarcivescovo Don Rodrigo, opera che contiene la leggenda del mirrag? Il fatto che, al suo ritorno dalla Spagna, non potendo rientrare a Firenze, dove i suoi nemici ghibellini in quel momento avevano il sopravvento, si trattenne in Francia per qualche tempo; e l, quasi subito, redasse i suoi due principali libri enciclopedici, il Tesoretto e il Tesoro. In questo, come abbiamo visto, non mancano tracce delle fonti arabe che pot utilizzare, a Toledo e a Siviglia, pi che in ogni altro luogo. C persino chi suppone che Brunetto dedicasse ad Alfonso il Saggio il suo poema allegorico didascalico Tesoretto, il cui prologo un entusiastico elogio del re di Castiglia.

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Tutto dunque tende a suggerirci che non fu superciale limpronta impressa nello spirito di Brunetto dalla corte letteraria di Castiglia e che non una congettura astrusa immaginare che il maestro di Dante potesse essere il veicolo che trasmise al suo discepolo alcuni degli elementi islamici, se non tutti, che nel nostro studio abbiamo scoperto trovarsi nella Divina Commedia 14. La feconda prospettiva comparativistica e pluridisciplinare di Miguel Asn Palacios ha aperto piste di ricerca che nel corso del Novecento hanno avuto conferme sostanziali da parte della comunit scientica internazionale 15. Nonostante talune riserve e critiche, ormai unanimamente accettato linusso della componente araboislamica nel processo compositivo della Commedia dantesca, ed anche in Italia, dopo un lungo periodo di ostracismo, oggi autorevoli studiosi come Cesare Segre e Maria Corti si dichiarano sostanzialmente favorevoli alle tesi dellorientalista spagnolo. Resta per ancora molto da fare sul piano della divulgazione scolastica dei risulati a cui pervenuta la ricerca, essendo ancora pochi i commenti della Commedia che mettano nalmente nel giusto rilievo i caratteri di un poema che va letto non solo come poema sacro del mondo cristiano ma anche come compendio, per dir cos, che sintetizza una intera epoca della cultura mediterranea. Tale prospettiva mediterranea risulta preziosa per impostare un percorso di educazione interculturale partendo dalla Commedia. Esso permetterebbe di rivalutare la tradizione araboislamica non proponendola come un esotico ed estraneo mondo culturale, ma come un elemento costitutivo della nostra storia, come un fattore in qualche misura interno al nostro patrimonio culturale. Tutto ci tanto pi importante oggi di fronte alla presenza in Italia di oltre mezzo milione di cittadini stranieri di religione musulmana 16. Per la prima volta nella storia dItalia, dai tempi della conquiM. Asn Palacios, Dante e lIslam, Pratiche Editrice, Parma 1994, pp. 375377. 15 Vedi sopra nota 1. 16 Secondo il Dossier statistico 2000 sullimmigrazione, redatto dalla Caritas (Anterem, Roma 2000, pp. 227228), tra i gruppi religiosi i musulmani costituiscono un terzo del totale (36,5), per un totale di 544.000 unit. Essi provengono per i due terzi dalla fascia del Nord Africa e per il resto da alcuni paesi del Subcontinente indiano (Pakistan, Bangladesh) e dellEst europeo (Albania, exJugoslavia).
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sta araba della Sicilia, un nucleo consistente di musulmani (non solo arabi, ma anche persone provenienti dallAfrica nera e dallAsia) si insediato in Italia. Naturalmente tra di loro vi sono differenze sociali, nazionali, culturali che sarebbe superciale pensare del tutto ricomposte dalla comune appartenenza religiosa allIslam. Sarebbe riduttivo, in altre parole, attribuire unidentit comune a persone che in occidente vivono una pratica religiosa diversa da quella dei paesi di appartenenza, che sono orientate politicamente anche in modo opposto, che presentano come ogni gruppo sociale diversit di classe, di genere, di appartenenza nazionale. Ma daltra parte la comune matrice religiosa si traduce in forme diverse anche nei paesi in cui lIslam religione dominante e spesso dietro la bandiera dellIslam o di altre religioni si nascondo progetti politici, interessi economici, conitti sociali. Pensiamo allAlgeria del fondamentalismo, alla Libia e alla Palestina con il loro laicismo, allIran in cui, in nome degli stessi principi islamici si contrappongono reazionari e moderati, allAfghanistan governata per un periodo dai talebani. Resta il fatto che lIslam, con tutto ci che ha rappresentato nel passato e con tutto ci che oggi rappresenta, con i suoi 14 secoli di storia, con il suo costituire la terza pi importante religione monoteistica insieme allebraismo e al cristianesimo, lIslam, si diceva, comunque un fattore che concorre a determinare lidentit di migliaia di nuovi concittadini e diviene indispensabile, di conseguenza, conoscerne le caratteristiche principali e la storia in maniera meno superciale di quanto oggi non avvenga. Nella scuola, in particolare, tutto ci quantomai necessario non come discorso da delegare allo specialista in intercultura o al mediatore culturale arabo, ma come prassi didattica quotidiana di docenti che nalmente siano formati avendo nel loro curricolo universitario un pezzo di cultura araboislamica. Comprendendo in questo curricolo anche lepoca preislamica della civilt araba, quella che i musulmani chiamano jahiliya, et dellignoranza, ma che anchessa ricca di suggestioni religiose incarnate sui valori del naturalismo e del paganesimo antichi. Riteniamo, infatti, che sul piano pedagogico sia molto pi efcace affrontare tali questioni nella normale didattica del mattino, nello

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studio dei classici, nel vivo della cultura occidentale, nalmente riletta e reinterpretata in unottica mondiale. Daltronde oriente e occidente hanno conosciuto, nel Mediterraneo, due destini incrociati, che si sono venuti separando e contrapponendo a partire dal XVI secolo e, con pi forza, con il colonialismo del XIX secolo che ha spezzato, o quantomeno reso assai esili, i milli li che legavano i due mondi. La normalit pedagogica dovrebbe consistere, quindi, in una parziale modica del canone, dallinterno, per dir cos, del canone stesso, modica che faccia tesoro della straordinaria oritura critica, di quella letteratura scientica che da almeno trentanni ha rimesso in questione le rigide appartenenze nazionali delle culture e dei loro rappresentanti. Lodierna percezione dellIslam continua, tuttavia, ad essere di tipo ansiogeno. Il mondo araboislamico visto in Occidente come minaccia e barbarie. La guerra santa, il velo, il fanatismo, la sottomissione delle donne, il terrorismo sembrerebbero gli unici eventi attraverso cui ltrato quel mondo. La diversit musulmana vista e vissuta come una diversit astorica, dai caratteri atemporali, come un dato quasi di tipo antropologico, come se si trattasse di qualcosa assolutamente estraneo e inconoscibile. Evidentemente ha scritto lo storico Franco Cardini siamo di fronte ad una diversit che in gran parte frutto di unincomprensione storica non antica, bens recentissima. Nel mondo medievale i musulmani e i cristiani ogni tanto si combattevano e se le davano di santa ragione, ma si comprendevano benissimo. LOccidente non sarebbe nato senza Avicenna, Averro, le traduzioni arabe di Aristotele; lIslam una delle levatrici, talvolta violente, che stava al capezzale dellEuropa quando questa ha partorito lOccidente. Lincomprensione venuta dopo a seguito dellatteggiamento bifronte colonialismo da una parte, esotismo e orientalismo dallaltra che ha trascurato di comprendere lIslam, ritenendo che fosse una dottrina di colonizzati in via di estinzione; cosicch ha dimenticato di leggerlo e di studiarlo 17.
F. Cardini, I musulmani, in L. Cavazzoli (a cura di), La diversit in et moderna e contemporanea, Name, Genova 2001, p. 242.
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