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LOZONO E I SUOI

EFFETTI SULLE SPECIE VEGETALI

Progetto a cura della Regione Piemonte Realizzazione a cura di I.P.L.A. S.p.A. Testi: Federica Spaziani, Anna Maria Ferrara, Francesco Tagliaferro Fotografie: Federica Spaziani:foto 1, 2, 4, 5, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32. Anna Maria Ferrara: foto 10, 11, 12, 13, 16, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63, 64. Elena Viotto: foto 14, 15. Renzo Lencia: foto copertina Simone Lonati: foto 3. La foto 6 stata tratta dal sito: http://www.7springsfarm.com/fl.tabacco.lg.jpg La foto 7 stata tratta dal sito: http://www.univ.trieste.it/~biologia/ricappl/inquaria/muschi.htm La foto 8 stata tratta dal sito: http://space.comune.re.it/cea/scuola/pagine/ipertesti/licheni/cap2_indicatori/indicatori.htm La foto 9 stata tratta dal sito: http://www.univ.trieste.it/~biologia/ricappl/inquaria/bioacc.htm La foto 17 stata tratta dal sito http://www.webddc.com/ culinaria/frutta.jpg La foto 18 stata tratta dal sito: http://turisme.paeria.es/imatges/44-1-verdura.jpg La foto 19 stata tratta dal sito: http://www.baulevolante.it/immagini/girasole.jpg La foto 20 stata tratta dal sito: http://www.raiffeisen.de/presse/Bildarchiv/mais-1.jpg La foto 21 stata tratta dal sito: http://www.sistemanews.it/foto/pictures/pesce.gif La foto 22 stata tratta dal sito: http://www.coquinaria.it/archivio/farine/immagini/crusca.jpg Arpa Piemonte: foto 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71, 72. La fig. 1 stata tratta dal sito: http://www.ozonoterapia.com/cosa.htm . La fig. 2 stata tratta dal sito: http://www.itis-molinari.mi.it. La fig. 3 stata tratta dal sito: http://digilander.libero.it/smviapascoli/3A2003/clima.it, a cura di Balsamo Pasquale, Caldironi Eva, Foschi Sara. Le figure 4, 5, 6 e 7 sono scansioni di figure tratte rispettivamente dai libri Strasburger, Mirov e Cappelletti. La fig. 8 stata tratta da un articolo di internet. http://www.emc.maricopa.edu/faculty/farabee/BIOBK/BioBookRESPSYS.html Le figure 9, 10 e 11 sono state realizzate dallArpa Piemonte. Revisione a cura di: Regione Piemonte. Assessorato allo Sviluppo della montagna e foreste, lavori pubblici, difesa del suolo Direzione Economia Montana e Foreste - Settore Politiche Forestali. Dirigente: Franco Licini. Funzionario incaricato: Franca De Ferrari. Ringraziamenti Bona Griselli e collaboratori (ARPA Piemonte) per aver fornito i dati dei rilievi del monitoraggio effettuato nel 2003 e 2004. Francesco Lollobrigida e collaboratori (ARPA Piemonte) per aver fornito i dati relativi al sistema di modellistica. Elena Paoletti e collaboratori (IPP CNR di Firenze) per aver fornito i dati relativi agli studi degli effetti dellozono in condizioni controllate.

COPYRIGHT Riproducibile con obbligo di citazione

INDICE

PREMESSA INTRODUZIONE PARTE I LOZONO ED I SUOI EFFETTI CAPITOLO 1 Che cos lozono e come si rileva 1.1. La molecola di ozono 1.2. Lozono nella stratosfera 1.3. Lozono nella troposfera 1.4. Come si rileva la sua presenza 1.4.1. Campionatori passivi 1.4.2. Campionatori attivi 1.4.3. Biomonitoraggio mediante organismi vegetali sensibili CAPITOLO 2 Principali danni dellozono 2.1. Principali danni sui vegetali 2.1.1. La struttura fogliare delle piante 2.1.2. Penetrazione dellozono 2.1.3. Principali specie sensibili 2.1.4. Sintomi 2.1.4.1. Alterazioni visibili o macroscopiche 2.1.4.2. Alterazioni invisibili o microscopiche 2.2. Effetti sulla salute umana PARTE II STUDI IN PIEMONTE CAPITOLO 3 Il primo progetto Interreg ed i lavori precedenti 3.1. I lavori precedenti 3.2. Il primo progetto Interreg 3.2.1. Raccolta dei dati 3.2.2. Studi e controlli di laboratorio 3.2.3. Elaborazione dei dati 3.2.4. Risultati CAPITOLO 4 Il secondo progetto Interreg 4.1. Finalit 4.2. Attivit svolte in Italia 4.3. Monitoraggio 4.3.1. Raccolta dei dati 4.3.2. Controlli in laboratorio 4.3.3.Risultati 4.4. Fumigazioni 4.5. Modellistica CAPITOLO 5 Conclusioni ALLEGATO 1 Glossario ALLEGATO 2 Specie sensibili allozono ALLEGATO 3 Documentazione fotografica A) Sintomi ozone-like B) Sintomi non ozone-like BIBLIOGRAFIA

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PREMESSA
I problemi legati allinquinamento atmosferico sono noti da decenni e trattati ampiamente dagli organi dinformazione, ma la consapevolezza dellesistenza di un problema deve essere accompagnata da studi e ricerche che permettano di comprenderne i meccanismi e gli effetti nella maniera pi puntuale possibile. Solo con solide basi possibile mettere in campo politiche adeguate per affrontare e possibilmente risolvere problematiche complesse e, come in questo caso, multidisciplinari.

La Regione Piemonte Direzione Economia Montana e Foreste, sensibile al problema inquinamento ed ai suoi effetti anche sulla componente vegetale, ha incaricato lI.P.L.A. S.p.a. di Torino (Istituto per le Piante da Legno e lAmbiente) di effettuare un piano di monitoraggio, che si concretizzato in una prima fase in uno studio decennale sul deperimento delle foreste e sulla caratterizzazione delle ricadute inquinanti sul territorio forestale e in un secondo tempo nello studio dellimpatto dellozono sulla vegetazione con due progetti finanziati dai Programmi di Iniziativa Comunitaria Interreg condotti nellarco di tre anni ciascuno. Il primo progetto (1999-2001) ha coinvolto lItalia, in particolare lI.P.L.A. S.p.A. come esecutrice del lavoro, e la Francia nelle figure del GIEFS (Group International dEtudes des Fort Subalpines) e di Qualitair 06 come esecutori del lavoro. Il secondo progetto (2002-2004) ha invece coinvolto tre Paesi: lItalia con il Settore Politiche Forestali della Regione Piemonte, capofila, che si avvalsa delle competenze tecniche di I.P.L.A. S.p.A., ARPA-Piemonte con gli allora dipartimenti di Ivrea e di Grugliasco e IPP-CNR di Firenze; la Francia con il Parc National du Mercantour, con il contributo del GIEFS, dellUniversit de Jussieux, del WSL Birsmendorf (Svizzera) e dellONF; la Spagna con la Generalitat Valenciana ed il CEAM (Centro de Estudios Ambientales del Mediterraneo) di Valencia.

Il presente testo fornisce un contributo approfondito alla conoscenza degli effetti dellozono sugli organismi vegetali. Il suo taglio divulgativo utile per sensibilizzare ulteriormente il pubblico sul delicato tema dellinquinamento atmosferico in generale e su quello da ozono in particolare. LAssessore allo Sviluppo della Montagna e Foreste

INTRODUZIONE
Laria un bene indispensabile per la vita di animali e piante, e la sua qualit un requisito fondamentale per la salute e il benessere. I processi industriali, il traffico veicolare, il riscaldamento degli edifici sono le principali attivit responsabili dell'inquinamento atmosferico, cio di tutte quelle modificazioni della composizione dell'aria le cui conseguenze si manifestano come danni alla salute umana, ai manufatti, alla vegetazione ed agli ecosistemi naturali in genere, ed anche come variazioni del clima.

Gli effetti nocivi provocati dagli inquinanti atmosferici sui vegetali sono uno dei principali impatti delle attivit umane sullambiente. A partire dalla fine degli anni Settanta si cominciato a constatare che le foreste dellarco alpino settentrionale e del Centro Europa presentavano sintomi di deperimento manifestantisi con defogliazione prematura, diffusa clorosi (ingiallimento della chioma o decolorazione), presenza di anomalie nella crescita e scomparsa della dominanza apicale. Le specie coinvolte inizialmente erano labete bianco (Abies alba) e labete rosso (Picea abies), successivamente anche il pino silvestre (Pinus sylvestris), il faggio (Fagus sylvatica) e altre specie, sia conifere che di latifoglie. Il monitoraggio coordinato e promosso dallUnione Europea per il controllo dello stato di salute delle foreste ha messo in evidenza che le cause del fenomeno non erano di natura biotica (fungina, batterica o entomologica), bens abiotica o quanto meno sconosciuta ed in alcuni casi direttamente collegabile allinquinamento atmosferico, o comunque dovuta a sintomi di stress multifattoriale. La maggior parte dei ricercatori ritiene che questo, quando diventa cronico, sia responsabile dellinduzione nella pianta di condizioni di stress, cui seguono manifestazioni patologiche per cause secondarie, quali eventi climatici, attacchi di insetti, funghi, batteri, virus, che riescono ad espletare la loro massima virulenza su questi soggetti indeboliti.

I danni causati dallinquinamento da ozono sulla vegetazione sono ritenuti talmente ingenti che questo gas viene considerato, assieme al biossido di zolfo, una delle principali cause del declino delle foreste; come gli ossidanti fotochimici in genere, provoca una riduzione nella crescita delle piante e, a concentrazioni maggiori, fenomeni di clorosi e necrosi delle foglie. Il primo effetto visibile si manifesta sui cloroplasti che assumono una colorazione verde chiara giacch si rompono con facilit, disperdendo la clorofilla nel citoplasma cellulare. Lozono determina, a livello cellulare, una serie di modificazioni che interferiscono con il bilancio ionico, gli amminoacidi, il metabolismo proteico, la composizione in acidi grassi insaturi; inoltre reagisce con i residui solfidrici, provoca un crollo immediato (originato quasi certamente dallo sbilanciamento ionico)del livello di un composto essenziale per fornire lenergia necessaria alle reazioni metaboliche, lAdenosintrifosfato o ATP; infine, inibisce la fissazione della CO2, riducendo la fotosintesi.

Sulla vegetazione stata ampiamente descritta la sintomatologia del danno cosiddetto ozone-like; resta tuttavia oggetto di approfondito e continuativo studio il differente tipo di risposta sintomatica in funzione della specie vegetale, della concentrazione del gas e del tempo di esposizione.

Globalmente i danni provocati dallozono sono di entit talmente grave da essere stati oggetto di una Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio, la direttiva 2002/3/CE del 12 febbraio 2002, che prevede in modo specifico ladeguamento della legislazione vigente in materia di inquinanti atmosferici. importante garantire unefficace protezione della popolazione dagli effetti dellesposizione allozono nocivi alla salute umana. opportuno ridurre, per quanto possibile, gli effetti nocivi dellozono sulla vegetazione, sugli ecosistemi e sullambiente nel suo complesso. (Direttiva 2002/3/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio). Le finalit di tale Direttiva sono: a) fissare obiettivi a lungo termine, valori bersaglio, una soglia di allarme e una soglia di informazione relativi alle concentrazioni di ozono nellaria della Comunit, al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla salute umana e sullambiente nel suo complesso; b) garantire che in tutti gli Stati membri siano utilizzati metodi e criteri uniformi per la valutazione delle concentrazioni di ozono e, ove opportuno, dei precursori dellozono (ossidi di azoto e composti organici volatili) nellaria; c) ottenere adeguate informazioni sui livelli di ozono nellaria e metterle a disposizione della popolazione; d) garantire che, per quanto riguarda lozono, la qualit dellaria sia salvaguardata laddove accettabile e sia migliorata negli altri casi; e) promuovere una maggiore cooperazione tra gli Stati membri per quanto riguarda la riduzione dei livelli dozono, e luso delle potenzialit delle misure transfrontaliere e laccordo su tali misure. La direttiva fissa valori bersaglio, obiettivi a lungo termine, soglia di allarme e soglia di informazione per i livelli di ozono, ed stata recepita dal Governo italiano con il D.L. 21 maggio 2004, n. 183 che fissa i valori limite per le concentrazioni di ozono per la salute umana e per i vegetali. Per valore bersaglio si intende il livello fissato al fine di evitare a lungo termine effetti nocivi sulla salute umana e/o sullambiente nel suo complesso, da conseguirsi per quanto possibile entro un dato periodo di tempo. Per obiettivo a lungo termine si intende la concentrazione di ozono nellaria al di sotto della quale si ritengono improbabili, in base alle conoscenze scientifiche attuali, effetti nocivi diretti sulla salute umana e/o sullambiente nel suo complesso. Tale obiettivo deve essere conseguito, salvo quando ci non sia realizzabile tramite misure proporzionate, nel lungo periodo al fine di fornire unefficace protezione della salute umana e dellambiente.

Per soglia dallarme si intende il livello oltre il quale vi un rischio per la salute umana di esposizione di breve durata della popolazione in generale, e raggiunto il quale gli stati membri devono immediatamente intervenire a norma degli articoli 6 e 7. Per soglia di informazione si intende il livello oltre il quale vi un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata per alcuni gruppi particolarmente sensibili della popolazione e raggiunto il quale sono necessarie informazioni aggiornate. In particolare: Ozono: valori bersaglio Parametro Valore bersaglio per il 2010 Per la protezione della Media massima giornaliera su 8 120 g/m3 da non superare per salute umana ore pi di 25 giorni per anno civile come media su 3 anni Per la protezione della AOT40, calcolato sulla base dei 18000 g/m3 * h come media su 5 vegetazione valori orari da maggio a luglio anni

Ozono: obiettivi a lungo termine Per la protezione della salute umana Per la protezione della vegetazione

Parametro

Obiettivo a lungo termine

Media massima giornaliera su 8 120 g/m3 ore nellarco di un anno civile AOT40, calcolato sulla base dei 6000 g/m3 * h valori orari da maggio a luglio

Per AOT40 (espresso in g/m3 h) si intende la somma della differenza tra le concentrazioni orarie superiori a 80 g/m3 (= 40 parti per miliardo) e 80 g/m3 in un dato periodo di tempo, utilizzando solo i valori orari rilevati ogni giorno tra le 8:00 e le 19:00, ora dellEuropa centrale.

Ozono: soglie di informazione e di allarme Soglia di informazione Soglia di allarme

Parametro Media di 1 ora Media di 1 ora

Valore bersaglio per il 2010 180 g/m3 240 g/m3

Da Gazzetta Ufficiale delle Comunit Europee, n L 067 del 9/3/2002 (Direttiva 2002/3/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio).

Partendo dalle precedenti osservazioni sul problema ozono e sul suo recepimento a livello normativo, il testo presenta nella prima parte un excursus sullozono (cosa , come si misura e cosa succede quando entra in contatto con organismi viventi, soprattutto vegetali) e nella seconda parte i risultati di due studi condotti sul tema anche in Piemonte.

PARTE I LOZONO ED I SUOI EFFETTI

CAPITOLO 1. Che cos lozono

1.1 La molecola di ozono


L'ozono una forma allotropica triatomica dell'ossigeno, la sua molecola costituita da tre atomi di ossigeno (O3) ed ha un peso molecolare di 48,00 dalton. A temperatura ambiente un gas incolore con un caratteristico odore acre e pungente da cui deriva il nome (dal greco ozo = emano odore), il cui limite di percezione olfattiva di circa 10 ppb.
FIG. 1 - Molecola di ozono prodotta in laboratorio per la prima volta da De la Rive (1845)

I legami tra gli atomi sono deboli e rendono perci questo gas fortemente instabile e particolarmente reattivo con altre molecole chimiche. La sua velocit di decomposizione dipende dalla temperatura.

In virt del suo grande potenziale ossidoriduttivo, l'ozono un forte agente ossidante, capace di reagire con sostanze organiche dotate di doppi legami (insature); esso agisce a livello del doppio legame formando un ozonide primario che, essendo fortemente instabile, si degrada con facilit.

1.2 Lozono nella stratosfera


In natura lozono un componente gassoso dell'atmosfera ed presente nei vari strati in concentrazioni diverse. Negli strati pi elevati rappresenta un vero e proprio schermo nei confronti delle pericolose radiazioni ultraviolette (hv) emesse dal sole. Si forma a circa 20 Km di altezza nella stratosfera mediante il cosiddetto Effetto Chapman in seguito all'azione dei raggi ultravioletti
Fig. 2 Il pianeta Terra e gli strati di atmosfera che lo circondano.

sull'ossigeno:

O2 + hv -> O + O O + O2 -> O3 O3 + hv -> O2 + O O + O3 -> O2 + O2

I raggi ultravioletti inducono la dissociazione delle molecole di O2 con formazione di atomi liberi di ossigeno (O) Gli atomi di ossigeno liberi si combinano con le molecole di ossigeno (O2) e danno origine allozono Lozono a sua volta assorbe la radiazione ultravioletta e visibile e si decompone Se lozono si combina con un atomo libero di ossigeno si forma una molecola di ossigeno ed il meccanismo di formazione e decomposizione dellozono si interrompe.

Le reazioni di formazione e decomposizione dellozono, essendo cicliche, assicurano la presenza naturale dellozono nella stratosfera; lultima reazione normalmente assai pi lenta delle precedenti, tuttavia pu essere accelerata da alcune sostanze chimiche (quali i CFC; clorofluorocarburi) immesse nellatmosfera dalluomo. Tale accelerazione provoca un

assottigliamento dello strato di ozono stratosferico.

Ogni anno, durante la primavera dellemisfero australe, la concentrazione dellozono stratosferico nellarea situata in prossimit del Polo Sud diminuisce a causa di variazioni naturali. Per, a causa degli inquinanti rilasciati in atmosfera, sin dalla met degli anni settanta questa periodica diminuzione diventata sempre pi grande, tanto da indurre a parlare del fenomeno come del buco dellozono. Recentemente si comunque individuato un assottigliamento della fascia di ozono anche in una piccola zona al polo Nord, sopra il Mare Artico, fatto che potrebbe preludere alla formazione di un altro buco dalla parte opposta. Le sostanze maggiormente implicate nella formazione del buco dellozono e pi in generale nella riduzione dellozono stratosferico sono i Clorofluorocarburi (CFC). I CFC sono composti costituiti da Cloro, Fluoro e Carbonio, comunemente utilizzati come refrigeranti, solventi ed agenti propellenti nelle confezioni spray. I pi comuni CFC sono i CFC-11, CFC-12, CFC-113, CFC-114 e il CFC-115. I CFC non subiscono alcun cambiamento prima di arrivare nella stratosfera, dove vengono distrutti dai raggi UV liberando cloro, che a sua volta reagisce con lozono causandone la distruzione:

CL + O3 = CLO + O2 CLO + O = CL + O2 il cloro che si libera torna disponibile per un altro ciclo di reazioni con lozono La produzione dei CFC stata negli ultimi anni vietata in base ad accordi internazionali. Anche gli HCFC (Idroclorofluorocarburi) sono implicati nel fenomeno di assottigliamento della fascia di ozono. Essi sono una classe di composti chimici che vengono utilizzati temporaneamente per rimpiazzare i CFC. Contengono cloro e per questo sono in grado di deteriorare la fascia di

ozono nella stratosfera, ma con intensit molto inferiore rispetto ai CFC; dal 2020 tuttavia sar vietata anche la loro produzione. Altri composti coinvolti nel fenomeno sono i gas halon, anche conosciuti come Bromofluorocarburi, composti costituiti da bromo, fluoro e carbonio. Gli halon sono utilizzati come agenti estinguenti del fuoco sia in sistemi fissi che in estintori portatili. Causano la riduzione della fascia di ozono perch contengono il bromo (che molte volte pi attivo nella distruzione della fascia di ozono di quanto lo sia il cloro). Il problema estremamente importante in quanto una riduzione delleffetto schermante dellozono stratosferico comporta un conseguente aumento dei raggi UV che giungono sulla superficie della Terra. Nelluomo leccessiva esposizione a questi raggi correlata ad un aumento del rischio di cancro della pelle, generato a seguito delle mutazioni indotte nel DNA delle cellule epiteliali. I raggi ultravioletti possono causare inoltre una inibizione parziale della fotosintesi delle piante, inducendo un rallentamento della crescita e, nel caso si tratti di piante coltivate, una diminuzione dei raccolti.

1.3. Lozono nella troposfera Mentre la presenza dellozono nella stratosfera svolge unimportante funzione eco-protettiva, nello strato basso dellatmosfera che arriva sino a 10-15 Km di altezza (troposfera), le alte concentrazioni di ozono risultano nocive per la salute degli esseri viventi, tanto che lUnione Europea ha definito un limite di 0,3 mg/m3 oltre il quale la concentrazione di ozono nell'aria respirata considerata dannosa.

Fig. 3 Strati dellatmosfera e loro distanza dalla crosta terrestre.

L'ozono troposferico ha origini diverse da quello stratosferico. Si origina per cause naturali (come ad esempio intrusione dalla stratosfera ed effetto dei fulmini) oppure antropiche. Pertanto, quando presente in concentrazioni superiori a quelle di fondo, ovvero prodotte unicamente da processi 10

naturali, considerato, un inquinante cosiddetto secondario. Esso infatti non viene emesso direttamente da una o pi sorgenti, ma si genera a seguito dellazione fotolitica della radiazione solare UV su altri inquinanti primari (detti precursori, quali gli ossidi d'azoto NOx e i composti organici volatili VOC), prodotti in larga parte dai motori a combustione (ovvero dal traffico veicolare) e dall'uso di solventi organici. Lazione fotolitica porta alla formazione di ossigeno atomico che reagisce con lossigeno molecolare dando origine allozono. Dal momento che queste reazioni avvengono in presenza di luce solare, ne deriva che lozono avr valori massimi durante il giorno e minimi durante la notte e avr valori superiori durante la stagione calda (soprattutto in periodi di alta pressione e stabilit atmosferica) e nelle zone caratterizzate da elevata insolazione (bacino del Mediterraneo e aree di quota elevata). Lozono reagisce a sua volta con altri inquinanti presenti nellaria, e fra questi soprattutto con quelli riducenti, fra cui primeggia il monossido di Azoto (NO); nelle ore notturne, in assenza della luce solare che funge da catalizzatore nella reazione che porta alla sua formazione, e con minor produzione dei suoi precursori, la sua molecola si riduce nuovamente ad ossigeno biatomico ossidando composti ridotti come NO, molto frequente nelle aree urbane. Per effetto delle correnti aeree tuttavia il gas viene trasportato anche in zone remote, dove stranamente, almeno in apparenza, si registrano i valori pi elevati, soprattutto nellarco delle ventiquattro ore. I composti riducenti quali NO sono pi comuni in ambienti inquinati: quindi nelle aree urbane le concentrazioni di ozono presentano picchi diurni e minimi notturni, mentre nelle zone limitrofe, in quota o nelle aree rurali anche remote, dove laria pi pulita, lozono persiste maggiormente senza che la sua concentrazione diminuisca nelle ore notturne.

1.4 - Come si rileva la sua presenza


La presenza della concentrazione di O3 si rileva tramite: campionatori passivi campionatori attivi (analizzatori fisico - chimici di ozono) biomonitoraggio mediante organismi vegetali sensibili

1.4.1. Campionatori passivi Il campionatore passivo costituito da un piccolo tubo, alla cui sommit situato un tappo, contenente un filtro impregnato di una soluzione specifica per assorbire o reagire con linquinante che deve essere misurato. Il gas entra nel tubo attraverso il lato aperto secondo i processi della diffusione molecolare.

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Foto 1 - Esempio di campionatore passivo: la parte inferiore blu rappresenta il tappo di chiusura, quella bianca supporta la griglia attraverso cui penetra laria.

Foto 2 Campionatore passivo scomposto nelle sue parti costitutive: a sinistra la griglia attraverso cui penetra laria, in centro il filtro di assorbimento dellinquinante, a destra il tappo di chiusura.

Alla base del funzionamento dei campionatori passivi vi il principio della diffusione passiva di un gas in un mezzo adsorbente secondo la prima legge di Fick. Essa enuncia che: la diffusione dellinquinante direttamente proporzionale alla sua concentrazione nellambiente, al tempo di esposizione, al coefficiente di diffusione nellaria dellinquinante in questione e alla sezione trasversale del tubo. Possono inoltre influire, oltre certe soglie, fattori ambientali quali la velocit del vento e la temperatura. Nei campionatori passivi destinati alla misurazione delle concentrazioni di ozono, i filtri (dischetti di cellulosa) vengono impregnati di un reagente specifico che costituisce il "sensore". La reazione scatenata dall'ozono porta alla rottura della molecola del reagente che, a seguito di estrazione con etanolo, possibile quantificare per via fotometrica. Il rapporto tra ozono adsorbito e concentrazioni in aria di tipo lineare, e permette quindi il calcolo della quantit presente. I campionatori vengono posizionati nelle stazioni di monitoraggio, sotto appositi supporti atti a proteggerli dalle intemperie, e vengono sostituiti periodicamente (ogni settimana, ogni 15 giorni oppure ogni mese) a seconda dei tempi di esposizione caratteristici del campionatore stesso e delle esigenze richieste dallo studio. Le misure della concentrazione di O3 ottenute dai campionatori sono tanto pi precise quanto minore il tempo di esposizione; per, poich la manodopera per la sostituzione e lo spostamento se si opera in zone remote e distanti luna dallaltra costosa, generalmente si opta per quelli con tempo di esposizione mensile. In questo caso, per, la perdita del dato, causata da vandali che rovinano o asportano il campionatore dalla sua sede, un danno rilevante per le successive elaborazioni statistiche

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Foto 3 - Stazione della Sacra di S. Michele (Valle di Susa, TO): sostituzione del campionatore passivo fissato tramite nastro biadesivo al supporto metallico.

1.4.2. Campionatori attivi. Sono gli analizzatori fisico-chimici di ozono e ne esistono molti modelli, tutti per basati sui medesimi principi di funzionamento. Lanalizzatore opera la misura dell O3 basandosi sullassorbimento della luce UV, in particolare della banda di 254 nanometri, valore che corrisponde alla linea principale di emissione del mercurio. Uno dei componenti dellanalizzatore una lampada a mercurio che emette luce ad una lunghezza donda di 254 nm. La luce della lampada illumina un tubo di vetro cavo il quale alternativamente riempito con il gas campione e con un gas standard (noto). Il rapporto tra lintensit della luce passante attraverso il gas standard e quella del gas campione, indicato come I/I0 , alla base del calcolo della concentrazione di ozono. Il ciclo di misura il seguente: passaggio del gas attraverso un filtro selettivo per O3; misura del gas campione; passaggio del gas nella cella di misura; misura del gas standard.

Lanalizzatore dotato di un software di elaborazione dei dati che viene installato su un personal computer che, tramite modem, si collega allanalizzatore per visualizzare e scaricare i dati di concentrazione registrati. Oltre ai dati di concentrazione di ozono (calcolati in ppb), esso rileva altri parametri, quali la temperatura e lumidit dellaria, la velocit e la direzione del vento e la temperatura interna allo strumento. Essendo uno strumento molto delicato che va incontro a problemi di registrazione con temperature esterne elevate, lanalizzatore viene inserito in una struttura isolante al fine di evitare variazioni di temperatura, ovvero collocato in ambiente condizionato.

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I pregi di questo strumento sono le misure puntuali dei differenti parametri, misure che possono essere orarie, giornaliere o mensili, a seconda di come si imposta il software. I limiti sono rappresentati dal costo elevato e dalla necessit di disporre di energia elettrica.

Foto 4 e 5 Esempio di analizzatore di ozono: a sinistra la struttura isolante entro cui viene collocato se esposto ad agenti esterni; a destra la centralina nelle sue componenti (lanalizzatore di ozono, la parte bianca superiore; il computer e il sistema di scaricamento e trasmissione dati, la parte grigia inferiore).

1.3.3. Biomonitoraggio mediante organismi vegetali sensibili Il biomonitoraggio consiste nel controllo continuo delle caratteristiche di un determinato ambiente attraverso parametri biologici in quanto qualunque fattore (fisico, chimico o microbiologico) induce delle variazioni ecologiche sullecosistema. Quindi una sostanza tossica viene rilevata dagli esseri viventi, i quali, a soglie diverse di sensibilit, sono in grado di indicarne la presenza e, in prima approssimazione, la quantit presente nellambiente. Le variazioni ecologiche indotte si manifestano tramite alterazioni degli organismi utilizzati quali indicatori, che mostrano sintomi differenti secondo le caratteristiche dellinquinante. I principali sintomi che si possono riscontrare sono: a) accumulo degli inquinanti nellorganismo; b) modificazioni morfologiche o strutturali dellorganismo; c) variazioni della vitalit (modificazioni fisiologiche); d) danni genetici; e) modificazioni nella composizione delle comunit animali e vegetali.

Le tecniche di biomonitoraggio seguono due principali strategie: - bioindicazione, quando si correla il disturbo ambientale a variazioni morfologiche o a dati di biodiversit; - bioaccumulo, quando si sfrutta la capacit di certi organismi di assorbire ed accumulare le sostanze indagate.

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Viene definito "bioindicatore" un organismo che risponde con variazioni identificabili del suo stato a determinati livelli di sostanze inquinanti o pi in generale a determinate soglie di disturbo; vengono perci selezionati organismi che soddisfano i seguenti requisiti principali: accertata sensibilit allagente indagato; ampia distribuzione nell'area di studio o comunque facilit di trasporto ed esposizione artificiale allinterno dellarea; scarsa mobilit; lungo ciclo vitale; uniformit genetica.

Un organismo viene definito "bioaccumulatore" quando viene invece usato per misurare la concentrazione di una sostanza, ottenendo risposte quantitative oltre che qualitative.

Le principali categorie di organismi viventi utilizzati come bioindicatori o bioaccumulatori sono:

1. le piante vascolari: in particolare per il biomonitoraggio dellozono troposferico vengono utilizzate piante di tabacco

(Nicotiana tabacum variet Bel W3), molto sensibile allinquinante in questione. Per testare gli effetti, vengono allestite

coltivazioni di tabacco alle quali vengono somministrati dellinquinante successivamente quantitativi e sulle noti quali gli

vengono

studiati

effetti sintomatologici. Per quanto riguarda il tabacco, nelle variet sensibili, esso manifesta evidenti sintomi quando la concentrazione di ozono supera soglie di 40-50 ppb per esposizioni della durata di Foto 6: pianta di tabacco fiorita. 4-5 ore. Attualmente si stanno studiando anche altre specie vegetali, incluse quelle spontanee in molti ambienti, per facilitare le campagne di biomonitoraggio.

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2. i muschi: utilizzati per monitorare soprattutto la presenza di radioattivit e di metalli pesanti grazie alla grande capacit di scambio che queste briofite hanno con lambiente;

Foto 7: Hypnum cupressiforme

3. i licheni: simbiosi tra unalga e un fungo, sono sia bioindicatori che bioaccumulatori e vengono utilizzati per rilevare la

presenza di metalli pesanti assorbiti nei talli; alcuni inoltre sono particolarmente sensibili allanidride solforosa o ad altri inquinanti, per cui unanalisi delle loro comunit pu permettere di trarre preziose informazioni ad esempio anche
Foto 8: Licheni.

sulleutrofizzazione ambientale;

4. i funghi: non sono ancora diffusamente utilizzati, nonostante abbiano dimostrato sensibilit

allanidride solforosa, allozono e alle deposizioni acide, oltre a possedere capacit di

assorbimento soprattutto di metalli pesanti.

Foto 9: Amanita muscaria

L'utilizzo di organismi quali indicatori biologici di inquinamento presenta notevoli vantaggi: si avvale di metodiche la cui efficacia e predittivit comprovata da una ricchissima letteratura a livello internazionale; le indagini richiedono bassi costi e tempi ridotti e possono venir effettuate utilizzando tecniche diverse, in grado di evidenziare tipi di inquinanti diversi. Il biomonitoraggio non da considerarsi come un'alternativa nei confronti dell'uso di centraline di rilevamento, costose ma in grado di fornire dati molto pi precisi e numerosi, bens come un prezioso complemento, poich, individuando le zone a rischio presenti sul territorio, costituisce lo 16

studio di base per un posizionamento ottimale delle centraline stesse; pu inoltre consentire di verificare la presenza dei fenomeni in zone remote dove risulta impossibile il posizionamento di strumentazione sofisticata, ed particolarmente utile per azioni dimostrative grazie

allimmediatezza visiva.

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CAPITOLO 2. Principali danni dellozono


2.1 Principali danni sui vegetali 2.1.1 La struttura fogliare delle piante
A livello microscopico la struttura fogliare molto variabile a seconda della specie di appartenenza. La maggior parte delle latifoglie decidue tuttavia presenta una simmetria detta dorso-ventrale (la met superiore differente da quella inferiore) costituita, partendo dalla pagina superiore, da: epidermide superiore: formata da uno strato di cellule con una cuticola spessa sulla parete esterna; mesofillo o parenchima a palizzata: costituito da cellule cilindriche, le cellule a palizzata, allungate nel senso perpendicolare alla superficie del lembo, che conferiscono laspetto di una palizzata. Esse sono ricche di cloroplasti e sono sede di intensa attivit fotosintetica; mesofillo o parenchima lacunoso o spugnoso: formato da cellule irregolari (pi o meno tondeggianti o poliedriche) di diverse dimensioni, riunite in modo cos irregolare da lasciare fra di loro ampi spazi (lacune) che favoriscono lo scambio dei gas tra lesterno e linterno essendo direttamente a contatto con gli stomi presenti sulla pagina inferiore. Le cellule del lacunoso, essendo pi povere di cloroplasti, determinano il colore verde pi chiaro della pagina inferiore; epidermide inferiore: anchessa costituita da un unico strato di cellule con cuticola ispessita, intervallate dagli stomi.

Fig. 4 Sezione trasversale di una foglia di faggio (Stransburger)

18

Le conifere invece, hanno foglie con unepidermide costituita da uno strato di cellule con parete fortemente ispessita al di sotto della quale si trovano alcuni strati di cellule che con parete formano

lignificata

lipoderma. Sotto lipoderma si trova il mesofillo in cui sono immersi i canali resiniferi. Gli stomi sono infossati.

Fig. 5 Sezione trasversale di una foglia di pino strobo (Mirov)

Gli stomi sono strutture particolari, presenti in numero maggiore sulla pagina inferiore nelle inquinante, costituiti da due cellule (cellule stomatiche o di chiusura), diverse per forma e grandezza, che assolvono allimportante compito di mettere in comunicazione lambiente esterno (atmosfera) con i tessuti interni (camera sottostomatica o respiratoria) tramite levapotraspirazione. Le cellule stomatiche sono reniformi e questo fa s che, unendosi per la parte concava, lascino fra loro unapertura detta ostiolo.

Fig. 6 Stomi sullepidermide inferiore di foglia di elleboro (Strasburger)

Fig. 7 Sezione trasversale di stoma. Superiormente la cuticola forma due piccoli cornetti (in nero). (da Cappelletti)

19

2.1.2. Penetrazione dellozono


Lozono penetra allinterno della foglia attraverso gli stomi della lamina inferiore, provocando inizialmente danni alle sole cellule del parenchima a palizzata, che gradualmente perdono la clorofilla e collassano, senza interessare immediatamente lepidermide inferiore e il mesofillo lacunoso, ma solo in una fase pi avanzata. Il collasso delle cellule del palizzata si nota al microscopio ottico dal cambiamento di colorazione delle cellule che da verdi diventano rosso o brunastre a seconda di quali pigmenti vengono accumulati (antociani o tannini).

Foto 10 - Sezione fogliare. Il sintomo di tipo ozone- like chiaramente visibile nel mesofillo a palizzata dove si verificano la lisi della clorofilla e il collasso delle pareti cellulari. Sono privi di fenomeni alterativi gli strati epidermici e il mesofillo lacunoso

2.1.3 - Principali specie sensibili


Da vari studi effettuati in anni differenti e da istituti diversi, emerso che alcune specie sono pi sensibili di altre ai danni ozone-like. Nellallegato 2 vi una tabella che riporta, in ordine alfabetico, lelenco delle specie sperimentalmente accertate come sensibili allozono (alberi, arbusti ed erbacee), tratta dal sito ufficiale dellICP-Forests (www.icp-forests.org), ed il frutto dei 20 anni di studi e ricerche che 38 stati europei, pi USA e Canada, hanno effettuato. Le specie cui fa riferimento la tabella sono per la maggior parte specie autoctone europee (segnalate col carattere italic) e in minima parte alloctone (segnalate col carattere normale).

2.1.4 - Sintomi
La sintomatologia dei danni che lozono provoca alle specie vegetali studiata da circa una ventina di anni e si presenta diversificata in funzione delle specie vegetali. I primi studi sono stati condotti dallICP Forests, nato nel 1985 sotto la convenzione Long-Range Transboundary Air Pollution della Commissione economica delle Nazioni Unite per Europa (UNECE - United Nations Economic Commission for Europe) e istituito per la sempre pi crescente consapevolezza pubblica sui possibili effetti negativi dellinquinamento atmosferico sulle foreste. 20

LICP Forests monitora le foreste europee utilizzando due livelli di controllo differenti in intensit, in cooperazione con lUnione Europea. La prima griglia, denominata Level I, stata stabilita nel 1986. Da allora le chiome delle piante vengono annualmente monitorate attraverso una griglia sistematica trans-nazionale in tutta Europa di 16 x 16 Km. Tra il 1992 e il 1996 sono stati valutati anche le condizioni del suolo e delle foglie. Dallapprofondimento delle conoscenze sulla suscettibilit allozono durante lontogenesi, si notato come le foglie giovani siano pi resistenti diventando sensibili, ad iniziare dalle parti distali, quando si espandono. Il danno tuttavia correlato ai tempi di esposizione, e quindi la foglia vecchia quella che rimasta esposta allazione del gas pi a lungo e ne risente maggiormente gli effetti. Solitamente la lamina fogliare inferiore asintomatica mentre leffetto dellozono visibile sulla pagina superiore, con una maggiore intensit, nel caso di esposizione alla luce. Solo nel caso di sintomi acuti si sono osservate, a volte, alterazioni della lamina fogliare inferiore. I danni da esso prodotti possono essere divisi in due grandi gruppi: visibili o macroscopici invisibili o microscopici

2.1.4.1. Alterazioni visibili o macroscopiche. Le sintomatologie macroscopiche sono quelle che si osservano a occhio nudo quando si analizzano le foglie in campo. Esse possono essere confuse o con danni causati da altri agenti abiotici (inquinanti di varia natura), o con danni causati da agenti biotici (funghi e insetti). Le principali sono la riduzione di biomassa, la comparsa di una clorosi pi o meno diffusa e la presenza di puntinature necrotiche.

La riduzione di biomassa si manifesta in un calo di accrescimento della pianta e in una forma di microfillia fogliare, per cui le foglie sono pi piccole del normale. Questa riduzione pu presentarsi anche a carico dellapparato radicale. La clorosi si palesa con un ingiallimento generalizzato della foglia che pu essere confuso con un danno abiotico non

necessariamente causato dallozono, oppure con un semplice danno da carenza idrica. In caso il sintomo sia ozone-like la clorosi inizialmente presente sulla sola pagina superiore. Le aree clorotiche risultano
Foto 11 Clorosi generalizzata su foglie di ailanto

solitamente localizzate nelle parti internervali e spesso si sviluppano a partire dal margine (Ailanthus altissima) apicale della foglia, mentre le nervature fogliari conservano il colore verde intenso. 21

Le puntinature necrotiche o necrosi sono chiazze di aspetto puntiforme oppure di macchia con forma poligonale pi o meno irregolare che, in caso di danno acuto, incrementano

lestensione sino a confluire formando ununica macchia. Anche il colore delle necrosi cambia in funzione dellintensit del sintomo: si passa dal giallo (lisi della clorofilla nelle cellule del
Foto 12 Necrosi su pagina superiore di lantana antociani nelle cellule del mesofillo a palizzata), (Viburnum lantana)

mesofillo a palizzata), al rosso (accumuli di

sino al marrone scuro quasi nero per la presenza di accumuli di tannini ed il collasso delle pareti cellulari a livello del mesofillo a palizzata. Le necrosi possono essere confuse ad una prima analisi con danni da agenti biotici. In questo caso per il sintomo si rileverebbe anche sulla pagina inferiore e sulle nervature, mentre quando il danno solo causato dallozono le necrosi si manifestano solo sulla pagina superiore e tra le nervature della foglia. Uno degli effetti che permette di capire a livello macroscopico se le necrosi sono dovute a danni ozone-like leffetto ombra: gli arrossamenti o gli imbrunimenti si presentano solo sulla

porzione di foglia esposta alla luce, mentre quella in ombra, nascosta ad esempio da unaltra foglia, rimane di colore inalterata.

Foto 13 Effetto ombra su pagina superiore di Cotoneaster sp.: la porzione di foglia esposta al sole risente degli effetti dellozono manifestando un arrossamento, mentre la porzione nascosta da unaltra foglia mantiene il colore inalterato.

22

2.1.4.2. Alterazioni invisibili o microscopiche. Sono rappresentate dai sintomi riscontrabili solo con lanalisi microscopica. Il primo microscopio utilizzato lo stereomicroscopio di osservare che il

permette

campione fogliare intero e di visualizzare la presenza di insetti o fruttificazioni fungine.

Foto 14 Stereomicroscopio collegato al monitor da cui si possono eseguire foto e stampe di ci che si analizza.

Si

passa

poi

allosservazione

delle

sezioni fogliari al microscopio ottico, il quale permette di capire con maggior certezza se il sintomo ozone-like. Infatti, nel caso in cui il danno sia causato dallozono, si noter unalterazione a livello del mesofillo a palizzata

consistente in una decolorazione delle cellule per svuotamento delle stesse e in un accumulo di pigmenti di varia natura che coloreranno le cellule di rosso in caso di antociani e di bruno-nerastro in caso di
Foto 15 Microscopio ottico da cui si possono esaminare i tannini. Lepidermide superiore rimane campioni sotto forma di sezione.

inalterata;

in

caso

contrario

sono

sicuramente intervenuti altri agenti di danno (ad esempio eccessi di luce).

Foto 16 Sezione al microscopio ottico di frassino maggiore (Fraxinus excelsior): le epidermidi sono intatte, cos come il mesofillo lacunoso che mantiene la colorazione verde data dai cloroplasti, mentre il mesofillo a palizzata mostra svuotamento delle cellule dalla clorofilla (cellule ingiallite, imbrunite) e accumulo di pigmenti.

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Queste alterazioni non visibili ad occhio nudo portano scompensi a livello biochimico riscontrabili in alterazioni della fotosintesi e quindi nella riduzione degli scambi gassosi. Lozono, difatti, pu determinare limitazioni di natura stomatica e/o mesofillica allassorbimento dellanidride carbonica (CO2). Altri problemi si riscontrano a livello di fissazione di CO2 causati dallalterazione strutturale dellenzima deputato al processo di fissazione (la ribulosio-difosfato carbossilasi-ossidasi, RubiscCO). Gli effetti negativi a carico della fotosintesi comprendono anche lesioni alle membrane tilacoidali e altre alterazioni strutturali dei cloroplasti, nonch la citata distruzione dei pigmenti clorofilliani, con conseguente collasso delle cellule, svuotamento delle stesse dalla clorofilla e quindi decolorazione.

2.2 Effetti sulla salute umana


I principali effetti dell'O3 si evidenziano a carico delle vie respiratorie dove si ha l'induzione di una risposta infiammatoria ed alterazioni della permeabilit sia degli epiteli di rivestimento che degli endoteli vascolari. L'insieme di queste alterazioni determina una riduzione della funzione polmonare, la comparsa di iper-reattivit bronchiale fino alla
Fig. 8 Polmone umano

possibile

insorgenza

di

edema

polmonare.

Altri effetti possono essere linsorgenza di cefalee, di insonnia, di patologie epiteliari come eczemi, o addirittura forme tumorali. L'induzione di una risposta infiammatoria a carico delle vie respiratorie in seguito ad esposizione ad O3 indicata da vari studi sperimentali. In particolare, si ritiene che tale gas inquinante induca una risposta flogistica attraverso i tre seguenti meccanismi: a) modificazione della permeabilit cellulare per fenomeni di perossidazione dei lipidi di membrana; b) alterazioni della permeabilit delle vie respiratorie per azione distruttiva diretta sui componenti citoscheletrici cellulari; c) rilascio da parte delle cellule epiteliali ed endoteliali del microcircolo alveolare di vari mediatori pro-infiammatori. Alcuni Autori, tuttavia, ritengono che le concentrazioni di ozono che si raggiungono, dopo inalazione, a livello delle vie aeree inferiori non siano sufficienti per indurre di per se stesse un danno diretto sulle mucose respiratorie. In tal caso stato ipotizzato che a basse concentrazioni l'ozono potrebbe modificare, per fenomeni di ossidazione, i componenti molecolari del sottile strato 24

di muco che riveste le vie respiratorie con conseguenti alterazioni della sua viscosit (modificazioni qualitative delle glicoproteine del muco, fenomeni di ipersecrezione delle muco-proteine, ipertrofia ed iperplasia delle cellule e delle ghiandole mucipare) e formazione di composti tossici secondari dotati di attivit pro-infiammatoria.

Fra i vari accorgimenti che si possono prendere per evitare danni, c in primo luogo la riduzione allesposizione allozono, soprattutto per le categorie pi a rischio (anziani, bambini, soggetti asmatici o con patologie polmonari o cardiologiche) e nelle ore pi calde della giornata in cui sono pi elevate le concentrazioni di ozono. Inoltre si possono adottare alcuni accorgimenti di natura dietetica. Infatti l'esposizione allozono riduce le concentrazioni di sostanze antiossidanti sia a livello del muco delle vie respiratorie che a livello plasmatici; quindi la presenza di antiossidanti rappresenta uno dei principali meccanismi di difesa del nostro organismo nei confronti dell'azione lesiva di sostanze ossidanti come l'ozono. Pertanto, potrebbe essere utile integrare la dieta, soprattutto nei mesi estivi, con alimenti ricchi di sostanze dalle propriet riducenti, come: - acido ascorbico o vitamina C, presente in agrumi, ribes, fragole, frutta in genere, pomodori, peperoni, varie verdure fresche, patate;
Foto 17: Frutta. Foto 18: Verdura.

- vitamina E o tocoferolo, che costituisce la prima linea di difesa contro la perossidazione dei lipidi di membrana, presente in germogli di grano, semi di girasole, olio di soia o di mais crudi, olio di fegato di merluzzo;

Foto 19: Girasole

Foto 20: Pannocchie di mais

Selenio,

componente

integrale

dell'attivit

dell'enzima glutatione perossidasi coinvolto nella riduzione dell'acqua ossigenata ad acqua, oltre a rappresentare una seconda linea di difesa contro la formazione di perossidi prima che questi danneggino le membrane cellulari,
Foto 22: Crusca

favorisce l'assorbimento intestinale di vitamina Foto 21: Pesce E. Questo oligoelemento contenuto soprattutto nel pesce e nella crusca.

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PARTE II STUDI IN PIEMONTE

CAPITOLO 3. Il primo progetto Interreg ed i lavori precedenti


3.1 - I lavori precedenti
Alla fine degli anni 70 in vaste aree dellEuropa centrale e del Nord America hanno iniziato a manifestarsi deperimenti della vegetazione forestale con sintomi diversi da quanto sino ad allora conosciuto. I sintomi pi ricorrenti erano: riduzioni dellaccrescimento, decolorazione e riduzione di superficie fogliare, senescenza precoce, diminuzione della biomassa radicale, arresto dello sviluppo diametrico, disseccamento di parti della chioma; anomalie dellaccrescimento: caduta di foglie verdi, emissione di rami avventizi, eccessive fioritura e fruttificazione. La novit stata che nessuno dei fattori di stress classico (biotico o abiotico) poteva per lo meno da solo essere individuato come responsabile.

I primi studi in Italia sono stati eseguiti in Toscana (abetine di Vallombrosa), in Valle dAosta, in Trentino e in Friuli Venezia Giulia. In Piemonte, le prime indagini sono state compiute nelle Valli Ossolane alla fine degli anni 80. Allepoca si osservarono danni su abeti rosso e bianco (Picea abies e Abies alba), pino silvestre (Pinus sylvestris) e faggio (Fagus sylvatica). Tra i progetti promossi dalla Regione Piemonte e cofinanziati dallUnione Europea e dal Ministero per le Politiche Agricole emergono: Caratterizzazione ecologica di stazioni forestali in via di deperimento Piemonte (19891991) Caratterizzazione ecologica e monitoraggio dei boschi (1992-97)

I progetti sono stati coordinati dalla Regione Piemonte Assessorato Economia Montana e Foreste, Settore Politiche Forestali, che ne ha affidato lesecuzione allI.P.L.A. S.p.A..

Tra i siti di studio scelti nelle principali aree forestali della Regione, uno stato localizzato sulla Collina torinese, nella Localit Millerose ai piedi della Collina di Superga, dove i danni erano riscontrati soprattutto a carico della robinia (Robinia pseudoacacia).

Le attivit previste consistevano in: 1. Misurazione della qualit delle deposizioni atmosferiche: raccolta delle deposizioni atmosferiche umide e secche mediante campionatori appositi (denominati Wet and dry);

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misurazione dei principali parametri: pH, conducibilit elettrica, presenza di metalli, cationi, anioni, carbonati e bicarbonati, ossidrili.

2. Caratterizzazione patologica, fitosociologica e pedologica: apertura di una buca pedologica e lettura del profilo; prelievo di campioni di suolo, loro analisi e descrizione; descrizione del popolamento forestale (trattamento, turno, valenza, interventi e avversit pregresse); controllo delle fitopatie presenti.

3. Lettura delle chiome: eseguita mediante la metodica definita e consigliata dallU.E. su 100 piante della medesima specie per ciascuna stazione, si basa sullattribuzione di una classe di danno (determinata da grado di defogliazione e di scoloramento) tra le seguenti: Classe 0: pianta sana Classe 1: pianta leggermente danneggiata (sintomi compresi entro margini di oscillazione fisiologici e reversibili) Classe 2: pianta con danno medio, normalmente non recuperabile nellarco di una stagione vegetativa Classe 3: pianta con danno grave, non pi in grado di recuperare fino alla classe zero Classe 4: pianta morta Per ogni singola pianta viene annotata la presunta origine del danno (cause ignote, note o combinazione delle due). 4. Analisi dendrologica: misurazione degli incrementi su 20 piante campione per stazione sperimentale mediante carote radiali; elaborazioni degli accrescimenti al fine di correlare la crescita delle piante e la loro reazione agli stress subiti. 5. Analisi fogliari: prelievo di campioni fogliari nella stagione estiva effettuato secondo la metodologia dellICP-Forests; le piante campionate (4 per stazione) dovevano presentare condizioni di deperimento medie rispetto alla situazione della stazione.

Le conifere in generale sono risultate in buone condizioni. La specie pi danneggiata era la robinia nella stazione di Torino (maggior frequenza di piante in classe 3); seguiva la rovere, sempre a Torino. I principali sintomi di deperimento osservati sulla Collina Torinese sono stati: microfillia soprattutto apicale, mentre i ricacci avventizi parzialmente ombreggiati possono presentare notevole vigore; mancata schiusura delle gemme apicali; 27

clorosi internervali anche molto marcate; cascola foglie gialle a partire da giugno, indipendentemente dalla piovosit; diradamento della chioma e progressivo die-back (morte a ritroso, iniziando dal cimale); alla morte della pianta, nel caso della robinia, mancata emissione dei tipici polloni radicali (di solito abbondantissimi e molto vigorosi).

Le cause contribuenti a questi fenomeni sono state individuate in: stress idrico stagionale (piovosit media annua: circa 900 mm; minimo di 720 mm riscontrato nellanno 1997 primavera siccitosa); precipitazioni acide (pH tra 4,7 e 5,4): lordine di grandezza simile a quello riscontrato nel sud della Scandinavia e nel Nord Est degli USA (primi effetti dellacidificazione!); scarsa capacit del suolo della stazione di tamponare lacidit delle deposizioni, per lo meno a lungo termine; presenza massiccia di due funghi ad attivit parassitica, del genere Armillaria (A. gallica e A. mellea) sugli apparati radicali; altre cause non del tutto note, quali lO3, abbondante sulla Collina Torinese per la vicinanza alla citt. Questultimo composto, lozono, con concentrazioni in aumento nel corso degli ultimi anni, ha suscitato linteresse dei ricercatori, avendone verificato lamplissima distribuzione anche lontano dalle sorgenti di emissione, nonch la sua attivit tossica sui vegetali.

3.2 - Il primo progetto Interreg


Essendo il deperimento delle foreste un problema transfrontaliero, come daltronde la causa supposta, legata allinquinamento, si cercata la collaborazione internazionale per poter meglio comprendere le dimensioni del fenomeno, la sua estensione territoriale e le possibili variazioni dovute a differenti condizioni ambientali, ampliando anche in tal modo il ventaglio delle specie osservate. Il lavoro in quipe presenta inoltre un innegabile vantaggio per il fatto che largomento degli studi era decisamente innovativo e quindi scarsa lesperienza in merito, con conseguenti maggiori difficolt dinterpretazione dei fenomeni osservati.

Gli obiettivi del progetto Studio dellimpatto e della concentrazione di ozono su differenti specie vegetali presenti nelle regioni mediterranee (Interreg II Italia-Francia) erano: lindividuazione delle specie sensibili allozono in Piemonte; lindividuazione in campo di sintomi ozonosimili, detti ozone-like; la messa a punto di un protocollo di analisi di laboratorio: linformazione e la sensibilizzazione del pubblico.

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Si trattato di un progetto cui hanno partecipato Italia e Francia, iniziato nella primavera del 1999 e ultimato nellautunno 2001, con partner lI.P.L.A. S.p.a. (Istituto per le Piante da Legno e lAmbiente), il G.I.E.F.S. (Groupe International dEtudes des Forts Subalpines) e QUALITAIR 06.

Le attivit svolte sono state: raccolta dei dati di concentrazione dozono, presenza danni e lettura delle chiome; verifiche di laboratorio; elaborazione dei dati; comunicazione dei risultati.

3.2.1 Raccolta dei dati Da entrambi i lati della frontiera si sono svolte azioni simili; pi specificamente in Piemonte si sono articolate nelle seguenti fasi:

Preparazione e scelta dei siti.

La selezione dei siti di monitoraggio per il posizionamento dei campionatori passivi, avvenuta sulla base dei seguenti elementi, collegialmente individuati tra i partner del progetto: rappresentativit delle parcelle scelte rispetto ai principali tipi forestali presenti sul territorio; inclusione di specie forestali segnalate come sensibili ai danni da ozono (abete bianco, pino silvestre, robinia); quote ed esposizioni diverse tra siti; esclusione delle stazioni troppo aride, essendo la disponibilit idrica un fattore essenziale per il manifestarsi dei sintomi.

In totale sono state scelte 24 stazioni differenti cos ripartite nelle varie localit: 9 in Valle Stura, di cui 4 forestali; 10 in Valle Susa, di cui 6 forestali; 5 sulla Collina torinese, di cui 2 forestali.

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La tabella che segue elenca le stazioni di monitoraggio con le caratteristiche di tipologia (forestale o no), codice identificativo, comune, localit, altitudine, esposizione, giacitura e posizione della stazione stessa.
Cod. Comune Localit Quota m Esp. Giacitura / Posizionamento

VALLE STURA DI DEMONTE ST01 ST02 ST03 ST04 ST05 ST06 ST07 ST08 ST09 Demonte Valdieri Demonte Pietraporzio Pietraporzio Pietraporzio Pietraporzio Pietraporzio Argentera Strada per Colle dellOrtica Madonna del Colletto Demonte Tra Pietraporzio Sambuco Bosco Balour Piano Balour Castello Bersezio Colle della Maddalena 1280 1304 770 e 1565 1465 1800 1554 1650 1993 S SW N NE N-NE NE SW N NE Medio versante / Margini di bosco di faggio Colle / Radura in bosco di faggio Fondovalle / Prato pascolo montano Fondovalle / Medio versante Medio versante / Bosco di abete bianco Cresta laterale / Bosco di abete bianco Medio versante / Bosco di pino silvestre Fondovalle / Prato pascolo alpino Colle / Prato pascolo alpino

VALLE DI SUSA SU01 SU02 SU03 SU04 SU05 SU06 Casellette SantAmbrogio Avigliana Meana di Susa Meana di Susa Mompantero incrocio SS n 24 e strada per Milanere Ai piedi della cava del M. Pirchiriano Sacra S. Michele str. per Colle delle Finestre Colle delle Finestre bivio str. per il rifugio Ca dAsti e Forte Pampal bivio str. per il rifugio Ca dAsti e Forte Pampal fuori bosco Rif. La Riposa Susa Moncenisio SS, 4 Km prima del colle 340 360 894 1114 2177 1558 W N E N S S Fondovalle / Margini di bosco di robinia Fondovalle / Margine di bosco di robinia Colle / Bosco di faggio e robinia Medio versante / Bosco di pino silvestre Colle / Prato pascolo alpino Medio versante / Bosco di pino silvestre Medio versante / Radura nel bosco di pino silvestre Colle / Prato pascolo alpino Fondovalle / Prato pascolo Cresta laterale / Margini del bosco di pino silvestre

SU07

Mompantero

1520

SU08 SU09 SU10

Mompantero Susa Moncenisio

2155 500 1450

SE N W

COLLINA DI TORINO CL01 CL02 CL03 CL04 CL05 Torino Torino Torino Pino torinese Chieri Azienda Agricola Millerose (stalla) Azienda Agricola Millerose (analizzatore) Basilica di Superga Osservatorio Astronomico Cascina Grondana 289 245 660 610 327 NW NW NW _ NW Medio versante / Bosco di robinia Medio versante / Prato pascolo collinare Crinale / Bosco di robinia Crinale / Bosco misto Medio versante

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Nella seguente cartina possibile osservare le aree oggetto di studio in cui sono stati posizionati i campionatori passivi durante il lavoro.

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1. Misura della concentrazione di ozono. Le misure delle concentrazione di ozono sono state effettuate con i dati ottenuti dai campionatori passivi di ozono collocati nelle 24 stazioni sopra elencate, con le misure dellanalizzatore di ozono dellI.P.L.A. S.p.A. posizionato nellestate del 2000 presso la frazione Ferrere di Argentera in Valle Stura di Demonte, spostato poi dallautunno del 2000 presso la stazione di rilievo di Millerose. I controlli con i campionatori passivi sono stati effettuati per cinque mesi consecutivi, da maggio a settembre, negli anni 2000 e 2001. I campionatori passivi, posizionati nelle stazioni di monitoraggio, sono stati sostituiti mensilmente e, una volta ritirati, spediti al laboratorio per lestrapolazione del dato relativo alla concentrazione di ozono. Dallanalizzatore di ozono si sono ricavati dati di concentrazione di ozono su base oraria nei due anni di monitoraggio (2000 e 2001). 2. Monitoraggio dei danni e dei sintomi Sono stati eseguiti rilievi mensili dei sintomi sulla vegetazione spontanea nelle stazioni di controllo. I rilievi per il controllo dei sintomi sulla vegetazione spontanea sono iniziati con il mese di maggio, in concomitanza col posizionamento dei campionatori passivi per lozono, intensificandosi nei mesi di agosto e settembre. Le parti di piante recanti sintomi ozone-like sono state prelevate per il controllo in laboratorio. Inoltre nelle stazioni forestali sono state scelte 20 piante arboree, tra quelle dominanti o codominanti, per la lettura delle chiome secondo i parametri utilizzati per linventario dei danni alle foreste previsti dalla normativa UE. La lettura delle chiome consiste nella valutazione della defogliazione e dello scoloramento sulla parte di chioma in luce, assegnando valori percentuali (secondo classi che vanno di 5 in 5) a seconda della gravit del danno. Sono stati infine indicati i tipi di danno, se conosciuti (danno da insetto, fungo o da agenti sconosciuti), la lesione presente e la sua sintomatologia (arresto crescita apicale, irregolarit delle ramificazioni etc.). 3.2.2. Studi e controlli di laboratorio I campioni recanti sintomi sospetti, raccolti durante i sopralluoghi in campo, sono stati analizzati in laboratorio dove sono stati descritti, fotografati e inseriti nella banca dati. Le analisi di laboratorio hanno comportato lapplicazione di tecniche diagnostiche specialistiche. Le osservazioni dei sintomi visibili, sono state eseguite mediante lutilizzo dello stereomicroscopio munito di illuminazione a luce trasmessa in campo chiaro, illuminatore a fibre ottiche e fotocamera digitale. La diagnosi della sintomatologia ozone-like stata effettuata a seguito dellindividuazione di alcune alterazioni patogenetiche della lamina fogliare superiore: clorosi localizzata e/o generalizzata, presenza di punteggiature di colore bianco, bruno o rosso, formazioni di aree necrotiche di colore metallico e marrone, imbrunimenti internervali. I campioni fogliari sono stati 32

successivamente sottoposti ad analisi morfologica strutturale, mediante lallestimento di sezioni di tessuto fogliare al fine di osservare le eventuali degenerazioni del tessuto a palizzata. 3.2.3. Elaborazione dei dati Le indagini di campo, come pure le analisi di laboratorio, hanno permesso di identificare danni di tipo ozone-like su alcune specie vegetali presenti nelle diverse stazioni di studio. Sulla base dellanalisi dei dati raccolti, stata verificata lesistenza di una possibile correlazione tra i riscontri patologici e le concentrazioni di ozono registrate durante i cinque mesi di monitoraggio. 3.2.4. Risultati Dal confronto fra i dati raccolti dai campionatori passivi e dagli analizzatori di ozono e i campioni vegetali raccolti in campo e analizzati in laboratorio sono emerse alcune considerazioni: - nella zona della Collina di Torino, area che subisce fortemente linfluenza degli inquinanti provenienti dalla citt, i valori pi elevati sono stati registrati a Superga (CL03); - in Valle di Susa, le stazioni con maggiori concentrazioni di ozono e con specie presentanti maggiori sintomi sono risultate la Sacra di San Michele (SU03) (che subisce anchessa linfluenza dellinquinamento urbano) e stazioni di alta montagna come la stazione di Moncenisio (SU10); - in Valle Stura di Demonte le stazioni con maggiori sintomi e concentrazioni sono risultate stazioni di alta montagna come quella del Colle della Maddalena (ST09) e della Madonna del Colletto (ST02).

Dallo studio si sono ottenute due importanti conferme: la presenza di ozono a livelli significativi di potenziale danno alla vegetazione anche in aree remote la presenza di effettivi danni ozone-like sulla vegetazione, su molte specie gi segnalate o meno per la loro sensibilit a questo gas. La difficolt di individuare i sintomi dovuti allozono in campo (soprattutto per piante di notevole altezza) dovuta alla loro somiglianza con altri sintomi magari contemporaneamente presenti, rappresenta un notevole ostacolo allampliamento delle conoscenze sulleffettiva portata del possibile impatto dellozono sui vegetali. Il danno si manifesta infatti prevalentemente sulle parti di chioma in luce, e per gli alberi di notevole sviluppo losservazione difficile; manca inoltre sinora la possibilit di individuare stress da ozono nelle prime fasi, ed anche in fasi pi avanzate la loro identificazione certa non facile in quanto il gas non lascia tracce univoche nellelemento danneggiato. Sul lato francese, dove le osservazioni sono state condotte su un numero maggiore di punti di osservazione, stata osservata una correlazione fra il grado di deperimento delle specie

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osservate ed i tenori in ozono (soprattutto per pino silvestre e pino cembro, mentre la terza specie, il pino dAleppo, era presente su poche stazioni per poter fare elaborazioni statistiche). Lapprofondimento delle osservazioni diagnostiche, dei rilievi in localit remote abbinati ad elaborazioni modellistiche, rappresentano due passi obbligati per meglio circoscrivere il fenomeno. A questo proposito lo studio di possibili marcatori di stress specifici, ma anche lapprofondimento della comprensione del meccanismo di azione del gas e della risposta metabolica del vegetale, possono risultare particolarmente importanti. Come ultima considerazione, si deve citare la risonanza internazionale avuta dallo studio, che ha permesso di stringere rapporti fattivi con i principali centri europei impegnati sullargomento, ponendo le basi per lo sviluppo di azioni tracciate in un quadro ben pi ampio e sinergico, nellambito di uno spirito di piena collaborazione.

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CAPITOLO 4. Il secondo progetto Interreg


Il risalto avuto dal primo progetto Interreg, e la rete di contatti formatasi, ha permesso di formulare una proposta pi ampia, per approfondire le linee di studio individuate, ampliando anche territorialmente il campo delle osservazioni, grazie al coinvolgimento, oltre ai precedenti attori, di uno dei pi prestigiosi Istituti europei che si occupano dellargomento, il CEAM (Centro de Estudios Ambientales del Mediterraneo) di Valencia, ma anche del Parco Nazionale del Mercantour in Francia, dellARPA Piemonte e del Centro Nazionale delle Ricerche Istituto di Protezione delle Piante di Firenze. La presentazione della proposta ed il successivo coordinamento del progetto For.Med.Ozone (Interreg III B Medocc) sono stati svolti dalla Regione Piemonte, Direzione Economia Montana e Foreste, Settore Politiche Forestali.

4.1 - Finalit
Gli obiettivi del progetto erano: il miglioramento della conoscenza della diffusione dellozono sul territorio, soprattutto rurale; lindividuazione di sintomi ozone-like sulle specie spontanee (e non) presenti sul territorio; il miglioramento dei sistemi di modellizzazione che permettono la previsione della distribuzione del gas sul territorio regionale, e quindi la previsione dei rischi attesi; linformazione e la sensibilizzazione del pubblico.

Si trattato di un progetto in cui hanno lavorato tre Paesi, Italia, Francia e Spagna, iniziato nella primavera del 2002 e ultimato nellautunno 2004. Per quanto concerne la parte italiana, il lavoro stato svolto dallI.P.L.A. S.p.a. (Istituto per le Piante da Legno e lAmbiente), dallArpa Piemonte (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) con gli allora dipartimenti di Grugliasco e di Ivrea e dallIPP (Istituto per la Protezione delle Piante) del CNR di Firenze. Il gruppo internazionale ha permesso, come gi in precedenza, di raccogliere maggiori esperienze ma anche si sfruttare conoscenze specifiche o pi approfondite che da un partner sono state trasmesse agli altri. Egualmente la dotazione di alcuni dei partecipanti in strumentazioni ed apparecchiature specifiche, ha permesso di svolgere studi e prove pi approfonditi a vantaggio di tutti (ad esempio prove di fumigazione condotte dal CEAM, oppure trattamenti in camere ad atmosfera controllata condotte dallIPP-CNR, verifiche di sensibilit di provenienze diverse di una stessa specie forestale, etc.).

4.2 Attivit svolte in Italia


Le attivit in Italia hanno riguardato 3 ambiti principali: monitoraggio (raccolta dei dati di concentrazione dozono, presenza danni e lettura delle chiome, verifiche di laboratorio ed elaborazione dei dati);

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fumigazioni in atmosfera controllata di esemplari di Fraxinus excelsior e di Fraxinus ornus di provenienze piemontesi e toscane;

modellistica delle concentrazioni attese

4.3. Monitoraggio
4.3.1. Raccolta dei dati In Piemonte lattivit stata svolta dallI.P.L.A. S.p.A. di Torino e dallArpa Piemonte e sostanzialmente si articolata nelle seguenti fasi: 1 Preparazione e scelta dei siti.

La selezione dei siti di monitoraggio per il posizionamento dei campionatori passivi, avvenuta nuovamente sulla base dei criteri del precedente lavoro, ampliando tuttavia la gamma delle specie arboree sensibili in osservazione specifica, includendo il frassino maggiore, specie di notevole importanza forestale ma anche decisamente sensibile allozono. Come accennato in precedenza anche gli areali di osservazione si sono ampliati, e delle osservazioni ad hoc sono state eseguite anche su stazioni di rilievo da un punto di vista forestale, ovvero dove erano stati individuati dei popolamenti da seme dinteresse regionale o nelle loro vicinanze.

In totale sono state scelte 28 stazioni differenti cos ripartite nelle varie localit: 1 in Valle Pesio (forestale) nel 2003, sostituita da 1 in Valle Varaita nel 2004; 6 in Valle Stura, di cui 4 forestali; 6 in Valle Susa, di cui 4 forestali, nel 2003 portate a 7 nel 2004; 1 in Valle Curone e Borbera (forestale) solo nel 2003; 1 alle Lame del Sesia, Arborio (forestale); 5 sulla Collina torinese, di cui 2 forestali ; 5 in Valle Orco; 3 in Valle Soana.

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La tabella sottostante riporta le stazioni con la loro localizzazione e le loro caratteristiche salienti.
Cod. Comune Localit Quota m Esp. VALLE STURA ST01 Demonte Colle dellOrtica 1773 0364094E/49 13031N 0370234E/49 04885N 0342593E/49 11939N 0342353E/49 11407N 0343118E/49 12973N Prateria subalpina acidofila Caricetea curvulae Faggeta mesotrofica (Fagion) Abetina eutrofica (Fagion) Abetina eutrofica (Fagion) Pineta endalpica mesoxerofila di pino silvestre (OnonidoPinion) Prateria subalpina basifica (ElynoSeslerietea) Coordinate UTM Vegetazione Bosco da seme

ST02 ST03 ST04 ST05

Valdieri Pietraporzio Pietraporzio Pietraporzio

Madonna del Colletto Bosco Balour Piano Balour Castello

1304 1465 1800 1554

SW NNE NE SW

X X

ST06

Argentera

Colle della Maddalena

1993

NE

0332775E/49 21129N

VALLE SUSA SU01 SU02 SU03 Caselette SantAmbrogio Meana Susa Meana Susa incrocio SS n 24 e strada per Milanese Sacra S. Michele di str. per Colle delle Finestre di Colle delle Finestre 340 894 1114 _ E N 0378868E/49 94775N 0369636E/49 95107N 0347699E/49 97100N 0346853E/49 92984N 0346419E/50 03466N 0349369E/50 04882N Robinieto Faggeta oligotrofica (Luzulo-Fagion) Pineta mesalpica basifila di pino silvestre (EricoPinion) Prateria subalpina basifica (ElynoSeslerietea) Pineta mesalpica basifila di pino silvestre (EricoPinion) Prateria subalpina basifica (ElynoSeslerietea)

SU04

2177

SU05

Mompantero

bivio str. per il rifugio Ca dAsti e Forte Pampal Rif. Ca dAsti

1558

SU06

Mompantero

2155

SE

COLLINA DI TORINO CL01 Torino Azienda Agricola 289 Millerose (stalla) Azienda Agricola 245 Millerose (analizzatore) Osservatorio 610 Astronomico NW 0401151E/49 93317N 0401114E/49 93746N 0402613E/49 88385N Prato-pascoli del piano basale (Arrhenatheretalia) Robinieto Querceto di rovere a Physospermum cornubiense dei rilievi collinari interni variante con castagno (Carpinion - Quercion pubescentipetraeae) Associazioni di piante nitrofile annuali degli ambienti antropizzati (Secalinetea Chenopodietea) Associazioni di piante nitrofile annuali degli ambienti antropizzati (Secalinetea Chenopodietea)

CL02 CL03

Torino Pino torinese

NW _

CL04

Chieri

Cascina Grondana

327

NW

0408306E/49 88343N

CL05

Chieri

periferia SE Strada Valle (casa privata)

295 Pasano

0407475E/49 86002N

VALLE PESIO PE01 Chiusa Pesio Pian delle Gorre 990 _ 0392942E/48 Acero-tiglio-frassineto di X

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96905N LAME DEL SESIA SE01 Arborio 184 _ 0452893E/50 39028N

forra (Tilio-Acerion)

Querco-carpineto della bassa pianura variante con frassino (Carpinion Alno-Ulmion)

VALLE VARAITA VALLE BORBERA BO01 Mongiardino ligure 609 W 0504922E/49 43202N Querceto mesoxerofilo di roverella dei rilievi collinari interni e dellAppennino (Cytiso sessilifolii-Quercion pubescentis)

VALLE SOANA SO01 Ronco C.se Piamprato 1560 SO02 SO03 Ronco C.se Ronco C.se Chiesale Forzo 1175 VALLE ORCO O01 O02 O03 Locana Locana Noasca Piantonetto Fornolosa Noasca 955 O04 O05 Ceresole Ceresole Ceresole Colle del Nivolet 1605 2490 1165 815 0374329/503 5043 0373160/503 2274 0369869/503 3877 0361638/503 2843 0355406/503 7630 Boscaglia pioniera di invasione Prato per la fienagione a margini di bosco Margini boscaglia vicino a un prato per la fienagione Margini di bosco presso la strada principale Conca di un piccolo rio 1190 0388698/504 5989 0386760/504 2770 0381946/504 1297 Margine di prato-pascolo in prossimit di Frassino maggiore Margine di bosco msito Margine di prato-pascolo in prossimit di Frassino maggiore

Foto 23 Colle della Maddalena, una delle stazioni Foto 24 Pietraporzio, localit Castello, una delle di monitoraggio in Valle Stura di Demonte (CN) stazioni di monitoraggio in Valle Stura di Demonte (CN)

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Nella cartina sottostante sono riportate le aree oggetto di studio in cui sono stati posizionati i campionatori passivi durante il lavoro.

Misura della concentrazione di ozono.

Le misure delle concentrazione di ozono sono state effettuate con i dati ottenuti dai campionatori passivi di ozono collocati nelle 28 stazioni sopra elencate, con le misure dellanalizzatore di ozono dellI.P.L.A. posizionato presso una delle stazioni della collina di Torino ed i 28 analizzatori della rete regionale dellARPA Piemonte.

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Foto 25 Stazione di Pietraporzio localit Castello Foto 26 Stazione della Collina di Torino dove (Valle Stura di Demonte, CN), uno dei siti di stato posizionato lanalizzatore di ozono. monitoraggio.

I controlli con i campionatori passivi sono stati effettuati per cinque mesi consecutivi, da maggio a settembre, negli anni 2003 e 2004. I campionatori passivi, posizionati nelle stazioni di monitoraggio, sono stati sostituiti mensilmente e, una volta ritirati, inviati al laboratorio per lestrapolazione del dato sulla concentrazione di ozono. Dallanalizzatore di ozono si sono ricavati dati di concentrazione di ozono con registrazione oraria per tutti i mesi nei tre anni di monitoraggio (2002, 2003, 2004).

Foto 27 Colle del Lys, una delle stazioni di Foto 28 Strada per il Colle delle Finestre, una delle monitoraggio in Valle di Susa (TO) stazioni di monitoraggio in Valle di Susa (TO)

40

Foto 29 - Strada per il Rocciamelone, una delle Foto 30 Osservatorio Astronomico di Pino Torinese, una delle stazioni di monitoraggio sulla stazioni di monitoraggio in Valle di Susa (TO). collina di Torino.

Monitoraggio dei danni e dei sintomi

I danni da ozono sono stati identificati sulla base delle indicazioni fornite dal manuale dellUE-ICP Forests, le osservazioni in campo sono state eseguite secondo la metodologia comune adottata dai partecipanti: lungo transetti di 200 m di lunghezza, localizzati nelle immediate vicinanze del campionatore passivo, durante i mesi di agosto e settembre, si effettuato il monitoraggio dei sintomi e dei danni da ozono sulla vegetazione. Le parti di piante recanti sintomi ozone-like sono state prelevate per lanalisi di laboratorio.

Foto 31 Transetto in una delle stazioni di Foto 32 Foglia di Bidens frondosa con arrossamenti dovuti ad alterazioni di tipo ozone-like. monitoraggio (Valle Pesio, CN).

Inoltre nelle 20 stazioni forestali prescelte sono state nuovamente scelte 20 piante arboree, tra quelle dominanti o codominanti, per la lettura delle chiome secondo i parametri utilizzati per linventario dei danni alle foreste previsti dalla normativa UE. La lettura delle chiome stata eseguita nelle stazioni di seguito elencate.

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Cod. ST02 ST03 ST04

Localizzazione stazione Valdieri - Madonna del Colletto Pietraporzio Bosco Balour Pietraporzio Piano Balour

ST05 SU01

Pietraporzio - Castello Caselette - incrocio SS n 24 e strada per Milanese SantAmbroio Sacra S. Michele

SU02

Lettura chiome (20 piante arboree) Bosco di faggio 100 m a valle del campionatore a margini strada che porta a Valdieri Bosco di abete bianco sul versante a monte rispetto al posizionamento del campionatore Bosco di abete bianco 50 m a valle del campionatore al margine della strada di accesso al piano Balour Bosco di pino silvestre 500 m a monte del campionatore Bosco di robinie a margine della strada per Milanere 100 m in direzione NW dal campionatore (0378859E/4995125N) Al margine della faggeta lungo il viale pedonale che congiunge la Sacra di S. Michele e il piazzale

SU03

Meana di Susa strada per Colle delle Finestre

SU05 CL02

CL05

Nella pineta di pino silvestre sul lato orientale della strada (Colle delle Finestre-Meana di Susa) in corrispondenza del tornante su cui posizionato il campionatore Mompantero bivio strada per il rifugio Ca dAsti Nelle immediate vicinanze del campionatore sul e Forte Pampal lato orientale Torino Azienda Agricole Millerose (analizzatore) Nel bosco di robinia presente a NE della strada poderale poco a monte della casa coord (0401321E/4993494N) Chieri periferia SE strada Valle Pasano Bosco misto di latifoglie VALLE PESIO

PE01

Chiusa Pesio Pian delle Gorre

Bosco di frassino maggiore a partire dal campionatore a monte di esso LAME DEL SESIA Allinterno del bosco di frassino e farnia presente al margine orientale della radura VALLE SOANA Margine di prato-pascolo in prossimit di Frassino maggiore Margine di bosco msito Margine di prato-pascolo in prossimit di Frassino maggiore VALLE ORCO Boscaglia pioniera di invasione Prato per la fienagione a margini di bosco Margini boscaglia vicino a un prato per la fienagione Margini di bosco presso la strada principale

SE01

Arborio

SO01 SO02 SO03

Ronco Canavese - Piamprato Ronco Canavese - Chiesale Ronco Canavese Forzo

O01 O02 O03 O04

Locana Piantonetto Locana Fornolosa Nasca Ceresole

In Toscana, durante lestate 2003 e 2004, in due successive occasioni (fine giugno e fine agostoprimi di settembre), LIPP-CNR ha effettuato rilevamenti dei sintomi fogliari ozone-like sulla vegetazione spontanea prossima a 3 centraline di misura dellozono poste in siti rurali: Carignano (LU), Gabbro (LI), Settignano (FI). I tre siti sono risultati ben distinti per i livelli medi di O3, con valori maggiori a Settignano, intermedi a Gabbro e minori a Carignano. Le differenze tra i siti riguardano anche le condizioni ecologiche complessive, con una situazione di elevata xericit a Gabbro e - in misura relativamente minore - a Settignano, e complessiva 42

mesofilia a Carignano. Di conseguenza, la vegetazione presente nei tre siti vede specie tipiche ben diverse, con elevata frequenza di sclerofille sempreverdi a Gabbro e specie quercine a Carignano. Il rilevamento dei sintomi ha riguardato due campionamenti per sito: unarea dellestensione di 1ha, dedicata alla quantificazione dei sintomi sulla vegetazione presente, senza distinzione di presunta sensibilit; unarea dellestensione di 4ha, dedicata al rilevamento qualitativo sulle specie sensibili eventualmente presenti. 4.3.2. Controlli in laboratorio I campioni recanti sintomi sospetti, raccolti durante i sopralluoghi in campo, sono stati portati presso il laboratorio dellI.P.L.A. S.p.A. o dellARPA Piemonte dove sono stati descritti, fotografati e inseriti nella banca dati. Le analisi, quindi, sono state non il mezzo per individuare lagente di danno, bens lulteriore conferma della validit diagnostica delle osservazioni effettuate in campo.

Nello specifico, in laboratorio si sono condotte osservazioni sia macroscopiche che microscopiche relative ai fenomeni alterativi presenti a livello di lamina fogliare superiore ed inferiore. Lutilizzo dello stereomicroscopio ha permesso di visualizzare leventuale presenza di attacchi da insetti e di fruttificazioni fungine. Nel caso di presenza di attacchi, stato individuato lagente patogeno e, per certi campioni, sono state allestite camere di incubazione al fine di favorire la comparsa delle fruttificazioni dei miceti per la loro successiva identificazione tassonomica. In assenza di visibili esuvie di insetti e di residui miceliari fungini, stata esaminata levoluzione del danno, osservando entrambe le lamine fogliari: nel caso di sintomi ozone-like, infatti, le superfici internervali della pagina superiore presentano necrosi pi o meno puntiformi e confluenti, mentre la lamina inferiore deve presentarsi fondamentalmente asintomatica. Levoluzione della sintomatologia riscontrata sui campioni, ossia la localizzazione dellorigine del danno (a partire dalla parte apicale della foglia e/o dal margine fogliare e ancora a livello delle parti fogliari pi esposte alla luce) e la tipologia della necrosi sono state documentate fotograficamente allo stereomicroscopio. Successivamente, ogni campione fogliare stato preparato per lanalisi microscopica. Le osservazioni di tipo istologico sono risultate di fondamentale importanza ai fini della diagnostica dei sintomi ozone-like. In particolare sono state esaminate le alterazioni delle cellule costituenti gli strati epidermici e mesofillari della foglia.

Nellallegato 3 dedicato alla documentazione fotografica sono riportate foto di foglie o loro particolari con sintomi ozone-like, appartenenti a specie arboree, arbustive e erbacee, con loro relativa foto della sezione al microscopio. Inoltre, per rendere pi chiare le differenze con i danni non causati da ozono, sono presenti anche alcuni esempi di foglie che presentano sintomi ozone-like rivelatisi non tali al microscopio. 43

4.3.3. Risultati Anche in queste campagne si sono potute notare delle interazioni fra presenza di sintomi e concentrazioni misurate. Le variabilit fra le condizioni stazionali e dellandamento climatico negli anni, costituisce tuttavia un notevole limite alla verifica di correlazioni, come apparso ad esempio nelle osservazioni condotte in Toscana. Per quanto concerne il lavoro svolto in Piemonte, dal confronto fra i dati raccolti dai campionatori passivi e dagli analizzatori di ozono e i campioni vegetali raccolti in campo e analizzati in laboratorio sono emerse interessanti considerazioni.

44

Nella carta del Piemonte sottostante sono raffigurate le stazioni di monitoraggio con indicazione delle fasce di concentrazione di ozono relative ai valori medi di 5 mesi (maggio-settembre 2003). Come si pu notare nel 2003 la stazione con valori pi bassi risultata essere quella della Valle Pesio (PE01), mentre i valori pi elevati sono stati registrati in Valle Soana (SO01, SO02, SO03), in Valle Orco (O01 e O05) e Valle Stura (ST01, ST02, ST03, ST04, ST05 e ST06).

I
< 30 ppb

II

III

IV

VI
> 90 ppb

> 30 - < 45 ppb > 45 - < 60 ppb > 60 - < 75 ppb > 75 - < 90 ppb

Classi di concentrazione dellozono (ICP-Forest level II Network) Fig 9 Valori medi concentrazione ozono maggio-settembre 2003.

45

Nella carta del Piemonte sottostante sono raffigurate le stazioni di monitoraggio con indicazione delle fasce di concentrazione di ozono relative ai valori medi di 5 mesi (maggio-settembre 2004).

I
< 30 ppb

II

III

IV

VI
> 90

> 30 - < 45 ppb > 45 - < 60 ppb > 60 - < 75 ppb > 75 - < 90 ppb

ppb

Classi di concentrazione dellozono (ICP-Forest level II Network) Fig 10 - Valori medi concentrazione ozono maggio-settembre 2004.

Come si pu notare dal confronto delle due carte, nel 2004 si sono registrati valori di concentrazione di ozono inferiori rispetto al 2003, connessi ad un andamento climatico differente (minori temperature ed insolazione). Sono state confermate alcune delle osservazioni fatte nel corso del precedente progetto: nella zona della Collina di Torino, area che subisce fortemente linfluenza degli inquinanti derivati dalla 46

citt, i valori pi elevati si sono riscontrati presso la tenuta Millerose (CL01 e CL02), stazione dove sono stati rilevati numerosi campioni con sintomatologia ozone-like. Anche in Valle di Susa, le stazioni con maggiori concentrazioni di ozono e con specie presentanti maggiori sintomi sono risultate la Sacra di San Michele (SU02) (che subisce linfluenza dellinquinamento urbano) e stazioni di alta montagna come la stazione del Rocciamelone rifugio La Riposa (2155 m) (SU06) e la stazione del Colle delle Finestre (2170 m) (SU04). In Valle Stura di Demonte le stazioni con maggiori sintomi e concentrazioni sono risultate stazioni di alta montagna come quella del Colle della Maddalena (1993 m) (ST06) e del Colle dellOrtica (1773 m) (ST01). In valle Orco e Soana la stazione con concentrazioni di ozono pi elevate stata quella del Colle del Nivolet (2490 m) (O05). Lesame di questi dati lascia intravedere un possibile incremento della sintomatologia derivata dallozono quando questi, nellarco di cinque mesi, raggiunge mediamente concentrazioni superiori ai 40 pbb. Attualmente tali esiti sono preliminari poich la raccolta del materiale vegetale stata effettuata nel corso dei monitoraggi mensili in funzione della presenza puntuale dei sintomi attribuibili allozono. La variabilit ambientale (es: la siccit pi marcata in alcune stazioni che non in altre), e la composizione floristica (specie a diversa sensibilit) non permettono di effettuare rilievi statistici su un numero congruo di specie per ogni stazione. Pur fatte salve queste premesse, permane interessante la constatazione della frequenza con cui sono stati riscontrati sintomi ozonelike ove maggiori erano le concentrazioni del gas. La registrazione di elevate concentrazioni del gas in zone remote di alta montagna spiegabile col fatto che lozono si trova allo stato libero e non si lega, come succede negli ambienti urbani soprattutto nelle ore notturne, ad altri composti che lo riducono nuovamente ad ossigeno biatomico. Negli ambienti forestali lozono interagisce con le chiome degli alberi, venendo parzialmente ridotto dal contatto con le superfici fogliari, ma soprattutto viene assorbito attraverso gli stomi e modificando quindi il metabolismo della pianta; la concentrazione di ozono normalmente superiore alla superficie esterna delle chiome, nelle radure o ai margini dei boschi per via della maggior circolazione ed arrivo di masse daria inquinate rispetto allinterno delle formazioni. Per quanto riguarda il lavoro dellIPP-CNR di Firenze, nelle aree dedicate al rilevamento qualitativo del danno su specie sensibili allozono, sintomi riconducibili ad ozono sono stati rilevati nei siti di Settignano (concentrazioni pi elevate) e Carignano (concentrazioni pi basse,), mentre non sono stati rilevati a Gabbro (concentrazioni intermedie) per quanto riguarda il 2003. Nelle aree dedicate al rilevamento quantitativo del danno, sempre nel 2003, i sintomi sono stati rilevati solo a Carignano, anche se con una densit bassa mentre sono stati rilevati in tutti e tre i siti nel 2004, maggiormente a Gabbro ed in misura minore a Carignano. La scarsa presenza dei sintomi nel 2003, pur in presenza di concentrazioni elevate di ozono, e la diversa quantit e

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distribuzione degli stessi sintomi nel 2004 probabilmente da ricondursi ad una serie di motivi, tra cui la condizione ecologica dei vari siti ed il diverso decorso stagionale delle estati 2003 e 2004

Il confronto invece dei dati di concentrazione raccolti tramite campionatori e tramite lanalizzatore, ha messo in evidenza che i primi forniscono dati sottostimati, come messo in evidenza dal grafico sottostante.
Confronto tra campionatori passivi e rilevatori automatici
80 70 60 50 40 30 20 10 0
CL03 05/03 CL03 06/03 CL03 07/03 CL03 08/03 CL03 09/03 TO01 05/04 TO01 06/04 TO01 07/04 TO01 08/04 TO0 09/04

ozono ppb

CL03 05/04

CL03 06/04

Rilevatori automatici

Campionatori passivi

Fig 11 Grafico rappresentante il confronto tra dati campionatori passivi e analizzatore

Le specie vegetali sulle quali sono stati riscontrati danni tipo ozone-like durante gli anni di monitoraggio sono ricordate nella tabella che segue, nella quale viene riportato il nome scientifico della specie, quello comune, lhabitat in cui la specie vive e la sua presenza nella lista ufficiale delle specie sensibili a cura dellICP-Forests.
Nome scientifico Acer campestre Acer pseudoplatanus Nome comune Acero campestre Acero di monte Habitat Specie arborea autoctona presente in pianura, collina e nel piano montano inferiore Specie arborea autoctona presente dalla pianura, alla collina, sino alla fascia pedemontana Specie coltivata Specie arborea ornamentale presente dalla pianura alla collina Specie arborea esotica naturalizzata presente dalla pianura alla media montagna Specie erbacea autoctona presente nei pratipascoli montani e subalpini Specie arborea autoctona tipica di ambienti montani e alpini, su terreni umidi Specie rampicante esotica tipica di ambienti di pianura Specie erbacea autoctona che vive dalla pianura alla collina, in ambienti umidi Specie erbacea autoctona tipica del piano montano e subalpino Presente x x

Actinidia sinensis Aesculus hippocastanum Ailanthus altissima Alchemilla spp. Alnus incana Ampelopsis quinquefolia Bidens frondosa Centaurea sp.

Kiwi Ippocastano Ailanto Alchemilla Ontano bianco Vite del Canada Forbicina peduncolata Fiordaliso

CL03 07/04

x x

48

Nome scientifico Clematis vitalba Cornus sanguinea Corylus avellana Cotoneaster sp. Cynara cardunculus Dryas octopetala Duchesnea indica Epilobium montanum Euphorbia dulcis Fagus sylvatica Fraxinus excelsior Fraxinus ornus Galium sp. Geum urbanum Helianthemum nummularium Grandiflorum Hibiscus syriacus

Nome comune Vitalba Sanguinello Nocciolo

Habitat Specie rampicante autoctona tipica di boschi caducifogli Specie arbustiva autoctona diffusa in pianura, sui rilievi collinari e nella fascia basale montana Specie arbustiva autoctona presente dalla pianura, al piano collinare a quello montano Specie arbustiva autoctona presente dal piano collinare a quello montano Specie coltivata Specie erbacea autoctona presente nei piani montano e alpino Specie erbacea autoctona presente dalla pianura alla collina, nelle boscaglie umide Specie erbacea autoctona presente dalla pianura alla montagna Specie erbacea autoctona presente in pianura, collina e nei prati-pascoli montani Specie arborea autoctona presente dalla collina al piano montano, raro in pianura Specie arborea autoctona presente dalla pianura al piano montano Specie arborea autoctona tipica di ambienti collinari e montani in stazioni submediterranee Specie erbacea autoctona presente dalla pianura al piano montano Specie erbacea autoctona presente dalla pianura al piano montano Specie erbacea autoctona che vive dalla pianura al piano alpino Specie arbustiva ornamentale presente pianura alla collina Specie erbacea ornamentale presente pianura alla collina Specie arbustiva autoctona che vive brughiere subalpine e alpine Specie erbacea autoctona presente pianura al piano alpino dalla dalla nelle dalla

Presente x x x

Carciofo Camedrio alpino Fragola matta Garofanino di montagna Euforbia bitorzoluta Faggio Frassino maggiore Orniello Caglio Cariofillata comune Eliantemo maggiore Ibisco cinese Ortensia Ginepro nano Vedovella campestre, ambretta comune Maggiociondolo Albero dei tulipani Caprifoglio peloso

x x x x

spp.

Hydrangea macrophylla Juniperus nana Knautia arvensis

Laburnum anagyroides Liriodendron tulipifera Lonicera xylosteum

Mahonia aquifolium Parietaria officinalis Picea abies

Mania Vetriola comune, paritaria, muraiola Abete rosso

Pinus cembra Pinus strobus Pinus uncinata Prenanthes purpurea

Pino cembro Pino strombo Pino uncinato Lattuga montana

Specie arborea autoctona tipica di ambienti collinari sino al piano montano Specie arborea ornamentale presente in pianura e collina Specie rampicante autoctona presente in pianura, collina e piano montano nei boschi di latifoglie Specie erbacea ornamentale presente in pianura e collina Specie erbacea autoctona presente in pianura, collina e piano montano Specie arborea autoctona tipica di ambienti montani e subalpini, anche se piantata come ornamentale in collina e pianura Specie arborea autoctona tipica di ambienti montani, subalpini e alpini Specie arborea alloctona piantato come ornamentale dalla pianura al piano montano Specie arborea autoctona tipica di ambienti subalpini e alpini Specie erbacea autoctona tipica dei boschi

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montani Nome scientifico Prunus spinosa Robinia pseudoacacia Rubus gr. fruticosus Rubus idaeus Sambucis nigra Nome comune Prugnolo Robinia Rovo Lampone Sambuco nero Habitat Specie arbustiva autoctona diffusa dalla pianura sino alle prime pendici montane Specie arborea alloctona naturalizzata presente dalla pianura al piano montano Specie erbacea autoctona presente dalla pianura al piano montano Specie erbacea autoctona presente dalla pianura al piano montano Specie arbustiva autoctona presente in prevalenza in pianura e in collina, pur salendo sino alla montagna Specie arbustiva autoctona presente in prevalenza in pianura e in collina, pur salendo sino alla montagna Specie coltivata Specie coltivata Specie arbustiva ornamentale presente in pianura e collina Specie erbacea autoctona presente dalla pianura alla montagna nei prati-pascoli aridi Specie arborea autoctona tipica del piano alpino e pedemontano, raro in collina e pianura Specie erbacea autoctona presente dalla pianura al piano alpino nei prati-pascoli e incolti Specie arborea autoctona presente dalla pianura al piano submontano Specie arbustiva autoctona presente dal piano montano a quello alpino (pi raro) Specie erbacea autoctona che vive dal piano collinare a quello montano in boschi di latifoglie Specie arbustiva autoctona presente in pianura, collina sino al piano montano Presente x x x x x

Sambucus ebulus

Sambuco ebbio

Solanum lycopersicum Solanum tuberosum Spiraea arguta Stachys officinalis Tilia cordata Trifolium pratense Ulmus minor Vaccinium myrtillus Veronica urticifolia Viburnum lantana

Pomodoro Patata Spirea Erba betonica Tiglio selvatico Trifoglio Olmo campestre Mirtillo Veronica foglie dortica Lantana, lentaggine

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Per quanto riguarda la lettura delle chiome, sulle dodici stazioni forestali osservate nelle Valli Stura e Susa e sulla Collina torinese, i dati raccolti nellanno 2003 sono sinteticamente i seguenti:
Stazione ST 02 ST 03 ST 04 ST 05 SU 01 SU 02 SU 03 SU 05 CL 01-02 PE 01 SE 01 BO 01 Localit Valle Stura - Valdieri Valle Stura - Pietraporzio Valle Stura - Pietraporzio Valle Stura - Pietraporzio Valle Susa - Caselette Valle Susa SantAmbrogio Valle Susa Meana di Susa Valle Susa - Mompantero Collina di Torino Az. Agr. Millerose Valle Pesio Chiusa Pesio Lame del Sesia Arboreo Val Borbera Mongiardino Ligure Specie faggio abete bianco abete bianco pino silvestre robinia faggio pino silvestre pino silvestre robinia frassino maggiore frassino maggiore orniello % danno assente o % danno moderato lieve, classi 0 e 1 o grave, classi 2 e 3 90 10 70 30 60 40 100 0 80 20 80 20 75 25 35 65 0 100 60 80 80 40 20 20

La distribuzione dei danni vede una situazione gravissima sulla robinia della collina, dove in realt il deperimento era iniziato ormai da molti anni addietro, per cui si assiste ad un progressivo

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decadimento della formazione. Anche le altre specie tuttavia, in alcune stazioni presentano percentuali preoccupanti di piante sensibilmente danneggiate. Lo scopo della lettura delle chiome tuttavia quello di monitorare nel tempo la salute del popolamento forestale, e i dati relativi a uno/due anni sono poco significativi, in quanto rappresentano la fotografia di uno stato di fatto condizionato dai fattori precedenti, mentre il dato base il loro andamento nel corso di periodi pluriennali. Nel presente lavoro rappresentano perci essenzialmente la fotografia di uno stato di fatto, che potr essere confrontata nel futuro se si ripeteranno i rilievi negli stessi luoghi (le piante erano state individuate con numerazione apposita). Un commento dovuto allesperienza globale condotta sino dagli anni ottanta ad oggi, anche in altre Regioni, permette comunque di segnalare una preoccupante tendenza al peggioramento delle condizioni di vitalit di molti complessi boscati, in cui sicuramente gioca un ruolo importante la siccit estiva unitamente alla alte temperature, fenomeni ormai ricorrenti e, si ritiene, influenzati dallinquinamento. A questi stress si sommano poi altri fattori quali le pullulazioni di parassiti favoriti sia dal clima che dallindebolimento delle piante, e lazione dellozono, nonch gli squilibri nutrizionali sulle stazioni ecologicamente pi fragili, per via dellalterato apporto atmosferico di sostanze alloctone. 4.4 Fumigazioni. L IPP-CNR di Firenze ha effettuato osservazioni sui sintomi fogliari ozone-like presenti su piante di frassino maggiore (Fraxinus excelsior) e orniello (Fraxinus ornus) (due differenti specie con differenti caratteristiche ecologiche) di provenienza piemontese e toscana comparsi in seguito a fumigazioni di ozono in atmosfera controllata. Lobiettivo era definire i danni macroscopici, microscopici e funzionali causati dallozono in queste specie, ma anche di verificare lesistenza di differenti capacit di resistenza indotta dai livelli di ozono a cui le piante sono normalmente sottoposte in campo, oppure comunque legata alla variabilit genetica di popolazioni provenienti da differenti aree geografiche. Le piante in vaso sono state sottoposte a fumigazioni di ozono in camere chiuse, esposte a 150 ppb/h di ozono, per otto ore al giorno, per un periodo di 49 giorni. Ogni due-tre giorni le piante venivano controllate per rilevare la presenza di sintomi ozone-like. Ogni sette giorni venivano effettuate a livello fogliare alcune misure per la determinazione dei parametri degli scambi gassosi fotosintetici (fotosintesi netta, conduttanza stomatica, evapotraspirazione e concentrazione interna di anidride carbonica), del contenuto relativo di clorofilla e del tenore idrico fogliare, potendo cos monitorare degli indici di vigoria ed attivit fotosintetica delle piante. Questi indici di efficienza indicavano perci il maggiore o minore grado di stress cui erano soggette le piante anche in assenza di danno visibile. stato riscontrato che in condizioni artificiali, le foglie e le foglioline pi esposte alla luce sono quelle che manifestano la maggiore quantit di danni visibili. In entrambe le specie di frassino le

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foglie dei palchi pi alti, ovvero quelle maggiormente esposte alla luce, mostrano sintomi maggiori di quelle sottostanti Il F. excelsior (specie mesofila) ha mostrato pi danni da ozono e pi precocemente del F. ornus (specie xerotollerante). Il 91% dei F. excelsior fumigati ha espresso i sintomi, contro il 25% dei F. ornus. Nella prima specie il danno visibile si espresso come piccole punteggiature (<1mm) internervali, bruno rossastra, mentre nella seconda specie grigia. In entrambe le specie, le provenienze piemontesi hanno manifestato pi sintomi e pi precocemente delle provenienze toscane. Questo risultato sorprendente perch il metro comunemente adottato per valutare la sensibilit allozono di una pianta la sua capacit di assorbire lozono stesso, cio la conduttanza stomatica. Il livello costitutivo di conduttanza stomatica era viceversa pi elevato in F. ornus che in F. excelsior e nelle provenienze meridionali che in quelle settentrionali. In pratica, in presenza di ozono gli stomi si chiudevano pi efficacemente in F. ornus e nelle provenienze toscane, cos che i danni visibili si esplicitavano pi precocemente e pi gravemente in F. excelsior e nelle provenienze piemontesi. La maggiore reattivit degli stomi quindi la responsabile della minore espressione dei danni visibili. Sembra plausibile ipotizzare che questa maggiore reattivit stomatica sia un adattamento allo stress idrico, dato che stata osservata nella specie (F. ornus) e nelle provenienze meridionali, che negli areali di origine soffrono pi frequentemente condizioni di siccit. E anche possibile che la maggiore conduttanza stomatica iniziale in F. ornus e nelle provenienze meridionali sia una risposta alle condizioni sperimentali di perfetta irrigazione, il che sottolinea la complessit di un disegno sperimentale realistico quando si studia la sensibilit allozono inter e intra specifica, e conferma le difficolt di traslare alle condizioni di campo i risultati sperimentali ottenuti in condizioni controllate. Sempre in relazione ai fattori che condizionano lespressione dei sintomi fogliari da ozono, si dimostrato che la densit stomatica non rappresenta un fattore determinante in questo processo, in quanto non ne sono state osservate variazioni significative in funzione della presenza/assenza del danno. Tuttavia potrebbe essere un fattore contribuente, in quanto il numero di stomi delle porzioni fogliari sintomatiche era sempre inferiore, sia pure in modo non significativo, a quello delle porzioni senza sintomi. Questa osservazione supporta lipotesi secondo la quale zone di lamina fogliare con minore densit stomatica assumono pi ozono per singolo stoma, a parit di scambi gassosi e di concentrazione atmosferica di ozono, rispetto a zone con maggiore densit stomatica. Infine, fra i marker di danno da ozono investigati, i danni alla struttura superficiale degli stomi si sono confermati i migliori bioindicatori del danno da ozono nelle latifoglie arboree e arbustive, in analogia a quanto gi riportato per le conifere. 4.5 Modellistica La messa a punto di un sistema di modellizzazione che permetta di prevedere la distribuzione dellozono sul territorio regionale e quindi dei rischi attesi stata curata dallARPA Piemonte.

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Il contributo fornito da questa simulazione complementare alle informazioni ottenute dal monitoraggio in campo ed stato indirizzato a: mettere a punto una metodologia coerente con le indicazioni previste dalla normativa vigente in tema di valutazione della qualit dellaria e con le Linee Guida nazionale; fornire indicazioni sulle concentrazioni di ozono in aree remote, non coperte cio dalle stazioni di monitoraggio in continuo (analizzatore); fornire indicazioni sullandamento temporale di dettaglio dellinquinante nelle aree monitorate con i campionatori passivi. Il lavoro stato complesso e si articolato nella messa a punto della catena modellistica su un episodio test relativo allestate del 1999, nella raccolta e analisi dati del progetto di monitoraggio del 2003, nella realizzazione delle simulazioni relative allestate 2003, nella validazione ed elaborazione dei risultati ottenuti. La catena modellistica adottata costituita da: un modulo di gestione dei dati di input geografico (topografia e uso del suolo); un modello meteorologico mass-consistent di tipo diagnostico, chiamato MINERVE, in grado di ricostruire campi di vento e di temperatura a partire da informazioni sulla topografia; un processore meteorologico, SURFPRO, per la ricostruzione di campi di turbolenza; un processore per la gestione dei dati relativi alle sorgenti di emissione presenti nel dominio di calcolo, chiamato EMMA; moduli per la dispersione delle condizioni iniziali; un modello di dispersione, chiamato FARM, in grado di tenere conto del trasporto, della trasformazione chimica e della deposizione di inquinanti atmosferici. Lanalisi effettuata ha mostrato che a livello metodologico il sistema modellistico adatto allo studio dellinquinamento fotochimico in un territorio come quello piemontese ed coerente con i dettami della normativa in termini di obiettivo di qualit per la modellizzazione. Risulta quindi possibile integrare le misura in campo con valutazioni modellistiche che permettono di calcolare valori di concentrazione dellinquinante con un dettaglio temporale orario anche nelle zone del territorio non coperte da stazioni di monitoraggio. A titolo di esempio di come si lavora con la modellistica si riporta il grafico del Piemonte in cui sono riportati i valori di AOT40 calcolati come differenza tra i valori conteggiati dal modello e la soglia stabilita dalla normativa, sommato sul periodo aprile-settembre. Questa elaborazione permette di prevedere dove, sul territorio piemontese, anche in assenza di misurazioni puntuali, sono da attendersi con maggior probabilit fenomeni di stress e potenziali danni da ozono sulla vegetazione. Elaborazioni di altri parametri possono invece rappresentare la maggiore o minore probabilit che vengano superati i parametri di allerta per la salute umana, ad esempio.

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Chi desiderasse approfondire i temi trattati dal progetto For.Med.Ozone, trova al seguente indirizzo: http://www.regione.piemonte.it/montagna/foreste/pian_gest/for_med_ozone.htm

le relazioni conclusive curate dalle Istituzioni coinvolte.

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CAPITOLO 5. Conclusioni
Il lavoro svolto nei diversi anni ed in particolare nel corso dellultimo progetto Interreg, nel suo insieme ha permesso di ottenere conferme e nuove indicazioni anche a livello sperimentale; molto importanti sono stati a questo riguardo i contatti intrattenuti con diversi laboratori anche non facenti parte direttamente del progetto. Dal monitoraggio esteso su tre vallate alpine e sulla collina torinese si avuta conferma della diffusione dellozono in aree remote e della sua preferenziale concentrazione massima in prossimit di creste e valichi, per lo meno nelle situazioni orografiche e meteorologiche piemontesi. Questosservazione stata confermata dai partner francesi ed anche i colleghi spagnoli, pur in una diversa condizione orografica, concordano sulla caratteristica. La presenza di forti concentrazioni medie orarie non dipende dalla vicinanza ai centri di inquinamento, n dalla quota; queste connotazioni della diffusione dellozono lo rendono perci particolarmente pericoloso per la vegetazione, sia spontanea che coltivata. Riguardo agli impatti sulla vegetazione coltivata, bene rimarcare che durante il lavoro si sono potuti osservare sintomi sia su specie forestali, presenti in natura o in piantagioni a fini di produzione legnosa, sia su alberi ed arbusti ornamentali, indigeni o esotici, ma anche su piante erbacee ortive, confermando le segnalazioni (pur ancor rade) bibliografiche e le informazioni avute verbalmente dal CEAM; su almeno due variet, di patata (Dsire) e di pomodoro (Cuore di bue) i danni si sono tradotti in unevidente scarsit di produzione e sviluppo limitato della pianta (estate 2003 stazione di Torino presso lazienda Millerose). Un intralcio talora importante ai rilievi stata la frequenza degli atti vandalici, pi volte ripetutisi su alcune stazioni; da notare, purtroppo che tali atti sono stati molto pi frequenti in Italia che non negli altri Paesi coinvolti. Nellultima stagione inoltre alcuni campionatori passivi hanno presentato problemi intrinseci, aprendosi o registrando dati anomali (concentrazioni elevate o nulle). Gli esami istologici sulla vegetazione condotti hanno permesso di meglio focalizzare levoluzione del danno e le sue caratteristiche differenziali rispetto a fenomeni analoghi; soprattutto nel caso di scottature e danni da fotolisi. Le confusioni, soprattutto ad un primo esame superficiale, erano molto comuni. Interesse rivestono anche ovviamente le tecniche studiate ad esempio presso il WSL di Birmensdorf, che ricerca elementi distintivi del danno da ozono a livello cellulare, quali possibili neoformazioni precoci indicanti stress da ozono. A livello di microscopia elettronica si conferma invece limportanza dellosservazione degli stomi, che essendo il punto di entrata del gas nella foglia sono immediatamente soggetti alla sua aggressione. Linizio degli studi sulla sensibilit differenziale fra distinte popolazioni di specie forestali (frassino maggiore e orniello nella fattispecie) ha fornito alcune indicazioni interessanti, dettagliate nel rapporto del CNR-IPP di Firenze, riguardo la maggior sensibilit delle provenienze del Nord Italia rispetto a quelle del Centro-Sud, collegandola a possibili adattamenti dovuti in origine al clima maggiormente arido e caldo dei luoghi di origine. Questi dati ovviamente sono preliminari e da

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indagarsi ulteriormente, tuttavia aprono una finestra verso approfondimenti che possono rivelarsi importanti. Uno degli aspetti che complica gli studi applicativi a livello forestale ad esempio il tempo di germinazione dei semi di alcune specie, per cui sicuramente i tempi di approfondimento sono lunghi; inoltre pare che le stesse giovani piante varino la risposta alle fumigazioni con let, per cui sarebbe interessante cercare di verificare se leffetto dovuto allacquisizione di resistenza per via dellesposizione o ai cambiamenti di metabolismo dovuti allet. In bosco ovviamente anche le caratteristiche stazionali giocano un ruolo fondamentale, e daltronde gli stessi studi del CEAM indicano che nellambito di una stessa specie i singoli individui, in condizioni controllate, rispondono a soglie ben differenti di fumigazione. Interessanti tuttavia sono alcuni studi che hanno iniziato a porre in correlazione il deperimento osservato in bosco con gli accrescimenti minori negli ultimi decenni e con la presenza di sintomi ozone-like sulle piante stesse, in confronto con gruppi di piante sane della stessa specie. Sotto laspetto puramente forestale la verifica delle diverse soglie di sensibilit fra specie ed anche allinterno di una stessa specie, apre varie prospettive: prove in ambienti ad atmosfera controllata su semenzali delle diverse provenienze da boschi da seme per verificarne la resistenza, estendendo la sperimentazione ad altre specie; comprensione dei meccanismi di maggior tolleranza (indotta dallet o dallesposizione al gas?). Indizi su questinterrogativo potrebbero giungere da nuove indagini in campo sugli accrescimenti/sensibilit allozono di diverse specie forestali, tuttavia occorre dire che nelle nostre condizioni climatiche il manifestarsi di sintomi fogliari chiari in campo non cos comune n cos agevole da osservarsi, per cui sarebbe molto complicato correlare una condizione di deperimento con la sensibilit allozono senza clonare le piante e allevarle in ambiente controllato; prove di adattabilit in campo delle provenienze non indigene (le provenienze meridionali di frassino paiono maggiormente tolleranti allozono, ma occorrerebbe anche testarne ladattamento alle condizioni climatiche); a livello cellulare sarebbe interessante inoltre riuscire a giungere ad identificare uno o pi marcatori di stress tipico da ozono nelle fasi asintomatiche; questo sarebbe estremamente utile per individuare i casi di sofferenza cronica, che paiono essere diffusi e talora gravi (collasso in campo di una variet di melone zuccherino in Spagna, riferito dai colleghi del CEAM e verificato in coltivazione in ambiente controllato).

Per gli aspetti meno scientifici ma altrettanto importanti, ovvero la divulgazione, la presa di coscienza e le azioni per contenere il fenomeno, nella fase finale, il progetto entrato nel vivo, con la produzione del CD e la messa in cantiere della pubblicazione a lato delle azioni ufficiali previste. La pubblicazione dei risultati su pagine web, considerando la natura dei beneficiari del progetto, enti pubblici i cui siti sono giornalmente consultati da molti utenti, il lavoro di sensibilizzazione pare garantito. 56

Il problema del contenimento del fenomeno per contro di natura politica ed economica, poich la riduzione dellemissione dei precursori dellozono in atmosfera influenza direttamente e profondamente le nostre abitudini e lo stesso sistema produttivo per via dellinevitabile riduzione necessaria del trasporto su ruote ed in generale delluso di combustibili fossili, per cui il presente lavoro non poteva influire direttamente sulle decisioni indispensabili ad agire in tal senso, ma solo evidenziare limportanza del problema alle Amministrazioni.

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ALLEGATO 1 - GLOSSARIO
Albero codominante Albero con chioma di forma naturale, ma non completamente sviluppata, ristretta, spesso con qualche sintomo degenerativo (apici marginali secchi, rami angolosi). Albero dominante Alberi con chioma normalmente sviluppata; costituiscono la maggior parte del soprassuolo principale e quindi sono il termine di riferimento per le altri classi. Dal punto di vista dendrometrico, albero con il diametro pi grande del popolamento. Aghifoglia Albero caratterizzato dallavere le foglie a forma di ago (ad esempio il pino, labete, il cedro). Alloctona Non autoctona, ovvero specie non appartenente alla flora o fauna locali. Allotropico Relativo allallotropia che in chimica il complesso delle modificazioni che un elemento o un composto pu subire in conseguenza della diversa disposizione degli atomi o della diversa grandezza molecolare, alle quali corrispondono propriet fisiche e chimiche diverse. Antiossidante Sostanza capace di rallentare o impedire lossidazione di prodotti ad essa soggetti e quindi alterabili. Antociano Pigmento azzurro, rosso o violetto che si trova nelle cellule dei fiori, dei frutti e di altre parti della pianta. Chimicamente gli antociani sono dei glicosidi. AOT40 Espresso in g/m3 h, si intende la somma della differenza tra le concentrazioni orarie superiori a 80 g/m3 (= 40 parti per miliardo o ppb) e 80 g/m3 in un dato periodo di tempo, utilizzando solo i valori orari rilevati ogni giorno tra le 8:00 e le 19:00. Autoctona Specie ritenuta originaria (indigena) delle terre dove vive. Biosfera Involucro esterno alla superficie terrestre nel quale avvengono tutti i processi vitali, sia vegetali, sia animali. Biodegradabile Sostanza o materiale che pu essere decomposto (trasformato) da organismi viventi, normalmente batteri o funghi. Caducifoglia Specie a foglie caduche, cio che si rinnovano ogni anno, cadendo generalmente in autunno. Camera sottostomatica Grande spazio intercellulare a diretto contatto con il canale di aria che collega linterno della cellula con lesterno. Cascola fogliare Caduta precoce e anomala delle foglie, dovuta a cause diverse. 58

Catalizzatore Sostanza in grado di facilitare lo svolgimento di una reazione chimica diminuendo lenergia richiesta per farla iniziare. Il catalizzatore non partecipa alla reazione, non venendo consumato nel processo e potendo quindi essere riutilizzato. Cellula Unit elementare della materia vivente, costituita essenzialmente da un nucleo, dal citoplasma e da altre strutture racchiusi allinterno della membrana cellulare Cellule epiteliali Cellule dellepitelio, tessuto che riveste la superficie esterna e le cavit interne degli organismi animali e di vegetali pluricellulari. Cellule endoteliali Cellule dellendotelio, tessuto formato da uno strato compatto di cellule appiattite che riveste internamente i vasi sanguigni e linfatici e il cuore Cellule stomatiche Coppie di cellule che circosrivono unapertura (ostiolo). Ostiolo e cellule stomatiche costituiscono lo stoma, che aprendosi o chiudendosi permette gli scambi gassosi fra atmosfera ed interno della foglia. Cloroplasto Plastidio contenente clorofilla, per lo pi di forma lenticolare, presente nel citoplasma delle cellule vegetali esposte al sole. Clorosi Ingiallimento delle parti verdi di una pianta per la graduale scomparsa della clorofilla. Componenti citoscheletrici (citoscheltro) Insieme delle strutture proteiche che sostengono la cellula Concentrazione Quantit relativa di una sostanza contenuta in una miscela omogenea o eterogenea. Conduttanza stomatica E un parametro misurabile tramite specifici strumenti che permette di valutare la funzionalit fogliare. Crescita apicale Crescita dellapice (punta) della pianta. Cuticola Strato di grasso e/o di cera che riveste lepidermide del fusto, delle foglie e dei frutti 8non quella della radice) che serve per ridurre le perdite di acqua da parte dellorganismo. Dalton Unit di misura della massa atomica pari a 1/16 della massa dellatomo di ossigeno. Deciduo Destinato a cadere una volta esaurita la propria funzione. Ecosistema Sistema complesso costituito da piante, animali, funghi e microrganismi, dallambiente in cui vivono e dalle loro mutue interazioni. Gli ecosistemi non hanno confini ben definiti. A seconda del tipo di analisi da effettuare si possono considerare ecosistemi un singolo lago, un bacino acquifero, unintera regione, ecc. 59

Effetto serra Favorito da alcuni gas, si manifesta perch le radiazioni provenienti dal sole attraversano latmosfera ed invece ostacolato il passaggio verso lo spazio esterno di parte delle radiazioni infrarosse provenienti dalla superficie terrestre e dalla bassa atmosfera. Questo processo sempre avvenuto naturalmente e fa s che la temperatura della terra sia circa 33C pi calda di quanto lo sarebbe senza la presenza dei gas serra. La vita come la conosciamo adesso non sarebbe possibile senza il naturale effetto serra, che tuttavia viene esasperato dalle emissioni di alcuni gas, causando un aumento anomalo della temperatura al suolo. Emissione Il rilascio di una sostanza in atmosfera. Etanolo Alcol alifatico primario, liquido, incolore, ottenuto specialmente dalla fermentazione di sostanze zuccherine e usato nella preparazione di liquori, come combustibile, come solvente e come antisettico. Eutrofizzazione In un ambiente acquatico, larricchirsi di sostanze nutritive Evapotraspirazione Insieme di evaporazione e traspirazione. Levaporazione il passaggio di un liquido allo stato di vapore che si verifica alla superficie e a qualsiasi temperatura. La traspirazione leliminazione di umori, sotto forma di liquido o di vapore, attraverso i pori del tegumento esterno. Glicoproteine Proteine coniugate contenenti glicidi (carboidrati) o sostanze derivate da essi. Inquinamento Degrado dell'ambiente causato dall'immissione, da parte dell'uomo, di sostanze che ne alterano le caratteristiche chimico-fisiche naturali. Inquinante Agente che produce inquinamento. Latifoglie Albero caratterizzato dallavere le foglie con lamina pi o meno ampia (ad esempio il tiglio o lacero). Mesofillo Complesso dei tessuti della foglia, racchiusi dallepidermide. Mesofila Specie che necessita di medie quantit di acqua e freschezza stazionale. Metalli pesanti Metalli con densit maggiore di 5. Fra questi, alcuni (piombo, cadmio, mercurio, antimonio, selenio, nichel, vanadio e altri) sono immessi nell'ambiente, sotto forma di ossidi o di solfuri, attraverso la combustione di olio combustibile, di carbone o rifiuti (che ne contengono tracce), oppure nel corso di processi industriali. Questi composti, dopo una certa permanenza in aria possono entrare nella catena alimentare, dando luogo a pericolosi fenomeni di bioaccumulo negli organismi viventi . Microcircolo alveolare Circolo allinterno dellalveolo, unit costitutiva del polmone situata allestremit dei dotti alveolari e sede degli scambi gassosi tra aria e sangue Microfillia 60

Sviluppo parziale delle foglie che non raggiungono le dimensioni tipiche della specie. Molecola Combinazione chimica di due o pi atomi di uno stesso elemento (come in O2) o di elementi diversi (come in H2O), che rappresenta la pi piccola particella in cui si pu dividere una sostanza conservandone le stesse propriet. Monitoraggio ambientale Misurazione od osservazione continua e ripetuta di sostanze presenti nell'ambiente o di fenomeni correlati alla loro concentrazione per valutarne l'entit ed i possibili impatti attraverso un raffronto con appropriati valori di riferimento basati sulla conoscenza delle possibili relazioni fra esposizione ed effetti. Mucosa Membrana che tappezza la faccia interna di alcuni organi (ad esempio lintestino o il naso) continuamente mantenuta umida dalla secrezione di alcune ghiandole. Nanometro (nm) Unit di misura della lunghezza equivalente a un miliardesimo di metro. Necrosi Complesso di alterazioni strutturali irreversibili che comportano la perdita di gruppi cellulari, zone di tessuto, porzioni di organo. Nervatura Complesso dei fasci vascolari di un organo vegetale con struttura ramificata o a raggiera. Ontogenesi Serie di stadi evolutivi di un individuo o di un processo. Ossidante Elemento, composto o radicale capace di acquistare elettroni. Ossidazione Reazione mediante la quale un elemento o un composto cede elettroni. Ossidi Composti formati da due elementi dei quali uno sempre l'ossigeno. Alcuni ossidi sono tra le principali sostanze inquinanti dell'atmosfera. Ossidoriduzione o redox. Reazione in cui si ha il trasferimento di elettroni da una sostanza riducente a una ossidante, in modo che la sostanza riducente ossidata perdendo elettroni e la sostanza ossidante ridotta acquistando elettroni. Ostiolo Piccola apertura dei tessuti, soprattutto epidermici. Parenchima Tessuto costituito da cellule vive, con membrana sottile, non lignificata. Perossidazione E il processo di formazione dei perossidi. Perossido Nome generico di composti ossigenati contenenti almeno due atomi di ossigeno che scambiano tra loro una valenza. Sono per lo pi instabili, liberano ossigeno e sono usati come ossidanti, sbiancanti e disinfettanti (es. lacqua ossigenata, H2O2). 61

Plastidio Corpuscolo circondato da doppia membrana, incluso nel citoplasma di molte cellule vegetali; coinvolto nella sintesi di composti nutritivi (mediante fotosintesi cloroplasto) o nellaccumulo delle riserve nutritive (amido aminoplasto). Pollone Ramo giovane che nasce sulle piante legnose da una gemma avventizia, specialmente intorno ai cercini di cicatrizzazione di un precedente taglio. Ppb (parts per billion, parti per miliardo) Parti di un composto chimico presenti in un miliardo di parti di un determinato gas, liquido o miscuglio. Ppm (parts per million, parti per milione) Parti di un composto chimico presenti in un milione di parti di un determinato gas, liquido o miscuglio. Potenziale ossidoriduttivo Potenziale assunto da un elettrodo indifferente o inattaccabile (ad es. il platino) posto in una soluzione contenente ioni della stessa specie chimica ma in diversi stati di ossidazione (valenza). Precursore Sostanza dalla quale se ne forma unaltra solitamente pi attiva biologicamente. Precursori dellozono Composti chimici, come il monossido di carbonio, il metano, idrocarburi vari e ossidi di azoto, che in presenza della radiazione solare reagiscono fra di loro per formare ozono, per lo pi nella troposfera. Reagente Ogni sostanza che prende parte a una reazione chimica. Risposta flogistica Risposta infiammatoria (da flogosi = infiammazione) Sistematica Disciplina delle scienze naturali che studia la classificazione e la nomenclatura degli esseri viventi e dei fossili. Stoma Complesso di due cellule delle parti aeree delle piante, che volgono la faccia concava luna verso laltra lasciando unapertura attraverso la quale avvengono i processi di respirazione e traspirazione. Stratosfera Zona dellatmosfera che ha inizio a circa 15 km daltitudine e termina a circa 50-60 km, caratterizzata da un aumento costante della temperatura con laltezza e dalla presenza dellozonosfera. Tallo Corpo delle piante quando non presenta la caratteristica differenziazione, tipica delle superiori, in radici, caule o fusto e foglie.

piante

Tannino Classe di composti chimici contenuti in diverse piante, con propriet simili allacido tannico, dotati di propriet coloranti e concianti. 62

Tassonomia Parte delle scienze naturali che, mediante un metodo induttivo, si occupa di identificare gli esemplari, distinguere le differenze tra le specie e nominare i taxa, per fornire alla sistematica le informazioni necessarie alla classificazione. Tilacoide Struttura a forma di sacco del cloroplasto, formata da due membrane in cui sono presenti clorofille, carotenoidi e proteine, in cui si svolgono le reazioni della fotosintesi. Tipo forestale Costituisce lunit fondamentale per la classificazione dei boschi risultando omogeneo sotto gli aspetti ecologico, dinamico-evolutivo e gestionale. Nellambito del Tipo vi possono essere ulteriori suddivisioni con sottotipi, per evidenziare differenze di substarto (acidofilo, calcificlo), stazionali, (superiore, inferiore) o di evoluzione (pioniero, dinvasione), o varianti nel caso di variazioni della composizione dello strato arboreo ove una specie normalmente accessoria costituisce almeno il 25% di copertura. Tocoferolo Composto organico presente nei cereali, nei legumi verdi, nel latte e nel burro, cui dovuta lazione della vitamina E, ed al quale attribuita unimportante funzione in diverse trasformazioni biologiche enzimatiche di alcuni processi metabolici. Transetto Linea ideale tracciata attraverso unarea geografica lungo la quale si effettuano campionamenti di organismi animali e vegetali al fine di studiarne la distribuzione. Troposfera Regione dellatmosfera compresa fra la superficie terrestre e i 15 km di altezza (in realt lo spessore varia in funzione della latitudine). In essa vi una diminuzione costante della temperatura, della pressione e della densit dellaria con laumentare dellaltezza. In questa zona si verifica la maggior parte dei fenomeni meteorologici dovuti al moto turbolento delle masse daria. UV Radiazione ultravioletta, una porzione dello spettro elettromagnetico caratterizzato da lunghezze d'onda pi corte di quelle della luce visibile. Il sole produce gli UV, che vengono comunemente suddivisi in tre bande: UVA, UVB e UVC. Di questi: gli UVA non sono assorbiti dall'ozono; gli UVB lo sono per la maggior parte (anche se alcuni raggiungono la superficie terrestre), mentre gli UVC sono completamente assorbiti dall'ozono e dal comune ossigeno. Xerofila Specie che vegeta in ambienti secchi.

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ALLEGATO 2 SPECIE SENSIBILI ALLOZONO


La tabella sottostante riporta, in ordine alfabetico, lelenco delle specie sensibili allozono, (alberi, arbusti ed erbacee perenni incluse nella Flora Europea). Essa si trova sul sito ufficiale dellICPForests (www.icp-forests.org), ed il frutto dei 20 anni di studi e ricerche in Europa. Le specie autoctone sono segnate in italics; le specie alloctone in carattere normale Piante arboree
Nome scientifico Abies cephalonica Acer campestre Acer granatense Acer platanoides Acer pseudoplatanus Acer saccharinum Ailanthus altissima Alnus glutinosa Alnus incana Betula pendula Carpinus betulus Fagus sylvatica Fraxinus angustifolia Fraxinus excelsior Fraxinus ornus Fraxinus pennsylvanica Fraxinus spp. Juglans nigra Juglans regia Laburnum alpinum Larix decidua Liriodrendron tulipifera Morus alba Morus nigra Ostrya carpinifolia Picea abies Picea glauca Pinus banksiana Pinus cembra Pinus contorta v. latifolia Pinus halepensis Pinus nigra Pinus pinaster Pinus pinea Nome comune Abete greco Acero camprestre Acero di Granada Acero riccio Acero di monte acero saccarino,a. bianco, a. argentato Ailanto Ontano nero Ontano bianco Betulla Carpino bianco Faggio Frassino ossifillo Frassino maggiore Orniello Frassini spp. Noce nero Noce bianco Maggiociondolo alpino Larice Albero dei tulipani Gelso bianco Gelso nero Carpino nero Abete rosso Peccio bianco Pino di Banks Pino cembro Pino contorto Pino dAleppo Pino nero Pino marittimo Pino domestico, pino da pinoli Nome scientifico Pinus ponderosa Pinus strobus Pinus sylvestris Populus alba Populus nigra Populus tremula Prunus armeniaca Prunus avium Prunus dulcis Prunus persica Prunus virginiana Pseudotsuga menziesii Pyrus malus subspp. malus Quercus robur Ricinus communis Robinia pseudoacacia Salix alba Salix caprea Salix daphnoides Salix glabra Salix pentandra Sorbus aria Sequoiadendron giganteum Sorbus aucuparia Sorbus chamaemespilus Sorbus domestica Sorbus mugeotii Taxus baccata Tilia cordata Tilia platyphyllos Tsuga canadensis Tsuga heterophylla Ulmus glabra Ulmus minor Nome comune Pino giallo Pino strobo Pino silvestre Pioppo bianco Pioppo nero Pioppo tremolo Albicocco Ciliegio Mandorlo Pesco pseudotsuga, douglasia, abete di Douglas verde Melo Farnia Ricino Robinia Salice bianco Salicone Salice dafnoide Salice glabro Salice ododroso Sorbo montano Sequoia gigante Sorbo degli uccellatori Sorbo alpino Sorbo comune Sorbo di Mougeot Tasso, albero della morte Tiglio selvatico Tiglio a grandi foglie Abete del Canada Olmo montano Olmo campestre

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Piante arbustive
Nome scientifico Alnus viridis Arbutus unedo Asclepias syriaca Buxus sempervirens Cistus salviifolius Clematis flammula Nome comune Ontano verde, ontano alpino Corbezzolo Albero della seta Bosso Cisto femmina Vitalba fiammella, Clematide fiammola, viticcio Clematide Vitalba Cisto femmina Vesicaria Corniolo tartaro Corniolo Sanguinello Nocciolo Biancospino selvatico Biancospino biancospino dei boschi, biancospino selvatico Frangola Olivello spinoso Nome scientifico Myrtus communis Parthenocissus quinquefolia Pistacia lentiscus Pistacia terebinthus Prunus serotina Prunus spinosa Rhamnus alaternus Rhamnus catharticus Ribes alpinum Rosa canina Rubia peregrina Rubus ulmifolius Rudbeckia lacinata Salix purpurea Salix viminalis Sambucus ebulus Sambucus nigra Sambucus racemosa Solanum sodomaeum Nome comune Mirto Vite del Canada, vite vergine Lentisco Terebinto Prugnolo tardivo, pruno autunnale Pruno selvatico, prugnolo, strangolacane, susino di macchia Alaterno, ranno lanterno, purrolo, ilatro Spino cervino Ribes alpino Rosa canina Robbia selvatica Rovo comune Rudbekia comune Salice rosso Salice da vimini Sambuco ebbio Sambuco nero Sambuco rosso Morella di Sodoma, Pomo di Sodoma, Pomodoro selvaggio, Solano spinoso Sinforicarpo bianco Lill Vite europea Lantana, lentiggine Pallon di maggio Viburno tino Viburno bodnatense

Clematis spp. Clematis vitalba Cistus salviifolius Colutea arborescens Cornus alba Cornus mas Cornus sanquinea Corylus avellana Crataegus laevigata Crataegus monogyna Crataegus oxyacantha Frangula alnus Hippophae rhamnoides Ligustrum ovalifolium Ligustrum vulgare Lonicera caprifolium Lonicera etrusca Lonicera implexa Lonicera nigra Lonicera xylosteum

Ligustro a foglie ovali Ligustro Caprifoglio Caprifoglio etrusco Caprifoglio mediterraneo Caprifoglio nero Caprifoglio peloso

Symphoricarpos albus Syringa vulgaris Vitis vinifera Viburnum lantana Viburnum opulus Viburnum tinus Viburnum x bodnantese

Piante erbacee
Nome scientifico Agrimonia eupatoria Nome comune Acrimonia comune, eupatoria, eupatorio dei greci, erba di S. Guglielmo, erba del taglio, erba vettonica Alchemilla giallo-verde vulneraria Aquilegia comune Assenzio di campo Assenzio selvatico Nome scientifico Lapsana communis Nome comune Lassana

Alchemilla xanthochlora Anthyllis cytisoides Aquilegia vulgaris Artemisia campestris Artemisia vulgaris

Mycelis muralis Oenothera biennis Oenothera rosea Onobrychis viciifolia Plantago lanceolata

Lattuga dei boschi Enotera Enotera rosea Lupinella piantaggine minore, piantaggine femmina, lanciola, petacciola, centonervi, cinquenervi, lingua di cane, Pio quinto, erba di S.Antonio, erba pitocchina, scontamano, piantana, orecchie di gatto, orecchie dasino

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Nome scientifico Aruncus dioicus

Nome comune Asparago selvatico, barba di capra Astranzia maggiore

Nome scientifico Plantago major

Astrantia major

Polygonum bistorta

Atropa bella-donna Berberis vulgaris Calamintha grandiflora Calystegia sepium Centaurea nigra Centaurea nigrescens Centaurea paniculata Convolvulus arvensis Dittrichia viscosa Epilobium angustifolium Epilobium collium Epilobium hirsutum Euonymus europaeus Euphorbia dulcis

Belladonna Crespino Mentuccia montana Vilucchio bianco, Campanelle bianche Fiordaliso spinoso Fiordaliso nerastro Fiordaliso pennacchiuto Vilucchio Garofanino di bosco

Reseda odorata Reynoutria japonica Rubus fruticosus Rubus idaeus Rubus spectabilis Rumex obtusifolius Rumex pulcher Senecio nemorensis Senecio ovatus Solidago canadensis Stachys officinalis Succisa pratensis Thalictrum minus Trifolium pratense Vaccinium myrtillus

Nome comune Cinquenervi, Lingua di cane, Piantaggine maggiore Bistorta, Erba serpentina, Biavetta, Amarella, Serpentaria Reseda odorosa Poligono del Giappone Rovo Lampone

Filipendula ulmaria

Geranium sylvaticum Helleborus niger Heracleum sphondylium juranum Impatiens parviflora Ipomoea indica Lamiastrum galeobdolon

Garofanino dacqua, viola di palude Fusaggine,berretta del prete, evonimo europeo Euforbia bitorzoluta Regina dei prati, spirea, ulmaria, olmaria palustre, barba di capra o caprina, filipendola, erba dellidromele Geranio selvatico, geranio dei prati Rosa di Natale, Elleboro nero, Erba rocca Panace, sedano dei prati, panace dei prati. Balsamina minore Campanella Ortica gialla

Romice Romice cavolaccio Senecio silvano Senecio ovato Verga doro del Canada, pioggia doro Betonica comune Morso del diavolo Pigamo minore Trifoglio Mirtillo nero

Vaccinium uligunosum gaultherioides Valeriana montana Verbascum sinuatum Veronica urticifolia Vinca difformis

Mirtillo falso Valeriana mantana Verbasco sinuoso Veronica foglie dortica, veronica delle faggete Pervinca ovata

Generi che comprendono specie sensibili: Agrostis Aquilegia Betula Calystegia Campanula Carya Cirsium Cystisus Forsythia Hieracium Lamium Myosotis Populus (clones) Ribes Rosa sp. Rubus Salix sp. Sambucus Spiraea Trifolium

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ALLEGATO 3 DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

A) Sintomi ozone-like

Foto 33 Acer pseudoplatanus: arrossamenti Foto 34 - Acer pseudoplatanus: sezione di foglia con internervali sulla pagina superiore della foglia. Nel sintomi ozone-like, alterazioni degenerative del riquadro a sinistra in basso particolare di clorosi e mesofillo a palizzata. necrosi delle zone internervali. Le parti di lamina vicine alle nervature mantengono il colore verde pi scuro.

Foto 35 - Fraxinus excelsior: macchie necrotiche Foto 36 - Fraxinus excelsior: sezione di fogliola con sulla pagina superiore, tra le nervature e a partire dal danni di tipo ozone-like. Le alterazioni interessano solo le cellule del palizzata che appaiono svuotate margine fogliare. della clorofilla. Le epidermidi superiore e inferiore e il mesofillo lacunoso sono asintomatici.

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Foto 37 - Ailanthus altissima: lamina fogliare Foto 38 - Ailanthus altissima: sezione di fogliola di superiore che evidenzia una diffusa clorosi a cui fa ailanto con sintomi di tipo ozone-like. Svuotamento e collasso delle cellule del mesofillo a palizzata. seguito la comparsa piccole necrosi puntiformi.

Foto 39 - Mahonia aquifolium: arrossamenti della Foto 40 - Mahonia aquifolium: sezione di foglia con lamina fogliare per accumulo di antociani a livello del arrossamenti fogliari di tipo ozone-like. Le macchiettature rosseggianti si tramutano, nella mesofillo a palizzata. sezione istologica vegetale, in evidenti accumuli di antociani localizzati nelle cellule del mesofillo a palizzata.

Foto 41 Hibiscus spp.: macchie internervali che degenerano in necrosi.

clorotiche Foto 42 Hibiscus spp.: sezione di foglia con sintomi ozone-like. Il mesofillo a palizzata clorotico a seguito della lisi dei cloroplasti. Gli strati epidermici e il mesofillo lacunoso sono privi di alterazioni.

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Foto 43 - Pinus strobus: macchie clorotiche a Foto 44 - Pinus strobus: sezione fogliare che contorni irregolari attribuibili alla sintomatologia di evidenzia una lisi della clorofilla del mesofillo a tipo ozone-like. palizzata.

Foto 45 Robinia pseudoacacia: lamina fogliare superiore con fenomeni clorotici delle parti internervali. Segue la formazione di necrosi puntiformi che confluiscono a formare macchie necrotizzanti pi ampie.

Foto 46 Robinia pseudoacacia: sezione di fogliola con sintomi ozone-like. Le cellule del mesofillo a palizzata sono interessate da fenomeni di lisi dei cloroplasti e da successivi processi degenerativi. Non si osservano anomalie istologiche a livello delle cellule costituenti il mesofillo lacunoso e i due strati epidermici.

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Foto 47 Cornus sanguinea: danni di tipo ozone-like sulla lamina superiore; clorosi generalizzata cui fa seguito la formazione, a partire dalla nervatura principale, di aree imbrunite e/o rosseggianti localizzate in posizione internervale.

Foto 48 Cornus sanguinea: sezione di foglia che evidenzia i danni a livello del solo mesofillo a palizzata (lisi della clorofilla, collasso delle cellule ed accumuli di antociani).

Foto 49 - Bidens frondosa: comparsa di aree Foto 50 - Bidens frondosa: sezione di foglia con clorotiche e successiva formazione di macchie fenomeni di lisi della clorofilla a livello del mesofillo a palizzata. necrotiche.

Foto 51 Knautia arvensis: macchiettature clorotiche e necrotizzanti sulla lamina superiore che si ingrandiscono conferendo alla foglia un aspetto rosseggiante.

Foto 52 Knautia arvensis: sezione di foglia con sintomi ozone-like, alterazioni del mesofillo a palizzata con degenerazione della clorofilla e accumuli di pigmenti antocianici.

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Foto 53 Duchesnea indica: lamina fogliare superiore che manifesta una clorosi generalizzata cui fa seguito la comparsa di piccole necrosi puntiformi di colore marrone rossiccio che, unificandosi, determinano delle bande internervali con effetto di bronzatura.

Foto 54 Duchesnea indica: Sezione di foglia. A livello delle cellule che costituiscono il mesofillo a palizzata si evidenzia sia il collasso della clorofilla (clorosi) che laccumulo di antociani. Il mesofillo lacunoso vitale come pure le i due strati epidermici della foglia.

Foto 55 Geum urbanum: fenomeni necrotici sulla pagina superiore fogliare. Limmagine evidenzia la localizzazione internervale delle alterazioni e il loro colore marron- rossiccio.

Foto 56 Geum urbanum: sezione di foglia che conferma lipotesi del danno di tipo ozone-like. Lepidermide superiore intatta mentre si evidenziano fenomeni di lisi della clorofilla e liberazioni vacuolari di antociani a livello delle cellule del mesofillo a palizzata.

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Foto 57 Viburnum lantana: le alterazioni di tipo ozone-like si manifestano, macroscopicamente, come vistosi arrossamenti della lamina fogliare superiore a partire dal margine verso la nervatura centrale.

Foto 58 Viburnum lantana: sezione fogliare che conferma la diagnosi di sintomatologia ozone-like. Solo il mesofillo a palizzata presenta lisi della clorofilla, collasso cellulare ed accumulo di pigmenti antocianici.

Foto 59 Cotoneaster sp.: sulla lamina fogliare superiore sono evidenti arrossamenti che interessano la parte di superficie pi esposta alla luce. La sintomatologia di tipo ozone-like comporta anche una clorosi e la presenza di aree necrotiche.

Foto 60 Cotoneaster sp.: sezione fogliare che conferma la diagnosi di danno di tipo ozone-like. Gli strati epidermici sono inalterati mentre le cellule del mesofillo a palizzata sono caratterizzate da lisi della clorofilla e da vistosi accumuli di antociani.

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Foto 61 Fraxinus ornus: arrossamenti internervali Foto 62 Fraxinus ornus: sezione fogliare che della lamina fogliare superiore a partire dal margine. evidenzia come i fenomeni alterativi interessino solo il mesofillo a palizzata (lisi clorofilla e accumulo antociani), mentre lepidermide superiore inalterata.

Foto 63 Vaccinium myrtillus: la lamina fogliare Foto 64 Vaccinum myrtillus: la sezione fogliare superiore presenta clorosi diffusa e vistosi mostra un ipotetico danno di tipo ozone-like; infatti i processi degenerativi come gli accumuli di antociani arrossamenti. sono visibili nelle cellule costituenti il mesofillo a palizzata.

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C) Sintomi non ozone-like

Foto 65 Lapsana communis: la pagina superiore presenta una clorosi evidente, cui seguono macchie necrotiche e aree internervali brunastre. Le nervature rimangono verdi.

Foto 66 Lapsana communis il mesofillo a palizzata non presenta lisi della clorofilla. Alcune cellule dellepidermide superiore presentano collasso delle pareti e accumulo di antociani.

Foto 67 Fraxinus excelsior: la pagina superiore Foto 68 Fraxinus excelsior: Le alterazioni cominciano dalla pagina superiore e poi interessano mostra una clorosi generale con necrosi poligonali. il mesofillo a palizzata.

Foto 69 Fagus sylvatica: la pagina superiore Foto 70 Fagus sylvatica: le alterazioni sono presenta macchie necrotiche che formano isole presenti sulla pagina inferiore e in alcune aree anche brunastre internervali. su quella superiore.

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Foto 71 Rubus idaeus: la lamina fogliare superiore Foto 72 Rubus idaeus: le alterazioni cominciano dalla pagina superiore e in un secondo tempo presenta macchie bronzate internervali. interessano il mesofillo a palizzata. Si tratta di un danno da calore.

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BIBLIOGRAFIA
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