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Prof.

Giulio Fabricatore






ELEMENTI DI

ELETTROMAGNETISMO


PARTE PRIMA












Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
2

1.1. QUALCHE CONSIDERAZIONE PRELIMINARE

1.1.1. Classificazione di un mezzo
I fenomeni oggetto di studio da parte della fisica hanno luogo in mezzi materiali diversi, quali
il vuoto, laria, il terreno, il ferro, una molteplicit di materiali organici di sintesi, vetro, porcellana,
ecc., per citare solo alcuni di quelli pi significativi per le applicazioni tecniche.
A prescindere da altre pi specifiche peculiarit individuali, rilevanti di volta in volta per le
diverse categorie di fenomeni, importante iniziare definendo alcune fondamentali propriet del
mezzo, che, pertanto, si dir:
a. omogeneo se le sue caratteristiche non variano da punto a punto (almeno macroscopica-
mente); diversamente si dice disomogeneo.
b. isotropo se le sue caratteristiche non variano qualunque sia la direzione nella quale ci si
sposti (o si sviluppi il campo considerato); altrimenti si dice anisotropo
c. lineare se le relazioni fra le grandezze significative non dipendono dal valore di queste
grandezze; diversamente si dice non lineare.

A PROPOSITO DI LINEARIT

Si consideri un sistema S caratterizzato da un ingresso e una uscita.






Indichiamo con I
i
il generico ingresso, al quale corrisponda luscita U
i
.
Si dir che il sistema caratterizzato dalla propriet di omogeneit se
i i i i
kU kI U I
Il sistema , inoltre, caratterizzato dalla propriet di additivit se
1 1
U I

2 2
U I

i i
U I

] ... [ ] ... [
2 1 2 1 n n
U U U I I I + + + + + +

n n
U I

La linearit consiste nellinsieme di omogeneit e additivit.

La propriet di linearit di particolare importanza in quanto offre il notevole vantaggio di
consentire, spesso in via anche solo concettuale, la valutazione di un qualunque effetto a un in-
sieme di cause applicando il principio di sovrapposizione degli effetti: il risultato complessivo viene
determinato valutando separatamente e poi sommando i contributi forniti da ciascuna delle cause
allorigine del fenomeno studiato.

Quanto alla omogeneit, la fisica ci informa che qualunque sostanza materiale presenta una
intrinseca discontinuit strutturale con la presenza di fenomeni caratterizzati, inoltre, da una discon-
tinuit temporale.
INGRESSO
USCITA
S
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Nella teoria dei campi si studia la materia sulla base di una sorta di media sia spaziale che
temporale, adottando, cos, un punto di vista "macroscopico", secondo il quale i mezzi sono sostan-
zialmente continui ed omogenei, quasi una sorta di perfetta gelatina spazio-temporale.

In quel che segue, e salvo avviso contrario, supporremo che i fenomeni dei quali ci occupe-
remo abbiano luogo in mezzi lineari, isotropi ed omogenei.


1.1.2. Sistemi di unit
Il sistema di misura oggi universalmente in uso quello indicato come SI (Sistema Internaziona-
le, adottato definitivamente nel 1960) fondato sulle sei grandezze di base, di seguito descritte:
- tre grandezze meccaniche (lunghezza, massa, intervallo temporale)
- una grandezza elettrica (lintensit di corrente)
- una grandezza fotometrica (lintensit luminosa)
Le unit adottate per le grandezze fondamentali furono:
- il metro, cos come era stato adottato nel 1889, riferito al prototipo internazionale di pla-
tino - iridio di Svres (Parigi)
- il kilogrammo, [kg], ancora una volta riferito al prototipo (del 1889) di platino iridio di
Svres
- il secondo, [s] definito come nel 1889, ovvero come (1/86400)
mo
della durata del giorno
solare medio
- lampre, [A] , unit di misura della corrente elettrica (v. seg.) ,definito sulla base di in-
terazioni elettrodinamiche, che sanno precisate in seguito.
- La candela, [cd], unit di misura fotometrica dellintensit lunimosa, definita come nel
1948, con riferimento alla radiazione emessa dal cosiddetto corpo nero alla temperatura di fu-
sione del platino

Lunit di forza nel sistema SI, come in qualunque sistema di misura metro kilogrammo,
definita come prodotto di [massa accelerazione], ha le dimensioni di [kilogram me-
tro/secondo
2
] ed indicata come newton [N]:
2
1 1

= s m kg N

Lunit di energia (prodotto di forzadistanza, sinonimo anche di lavoro) denominata
joule [J] ed espressa dal prodotto:
m N J =
Lunit di potenza (energia sviluppata nellunit di tempo) il watt [W]:
s J W / =

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1.1.3. Campi scalari e campi vettoriali

Le grandezze scalari e quelle vettoriali (delle quali si d per scontata la definizione) possono
risultare dipendenti:

da una specifica posizione puntuale - nello spazio: le relazioni descrittive della grandez-
za contengono, in forma esplicita o implicita, un legame funzionale dalle coordinate spa-
ziali e/o dalle derivate, di vario ordine, ordinarie o parziali, rispetto a queste; le relazioni
descrittive, inoltre, possono essere espresse in un particolare sistema di coordinate (carte-
siane, cilindriche, sferiche, per citare solo le pi comuni); ad esempio:
x
f
K V z y x V
x

= = = , ) , , ( (P) V V

dal tempo: le leggi descrittive dello specifico fenomeno contengono il legame funzionale
dalla variabile t e/o le derivate di vario ordine, ordinarie o parziali, rispetto al tempo; ad
esempio.
dt
v d
a K
dt
df
K
dt
f d
K S t S S = + + = = , , ) (
3 2
2
2
1
,

dallo spazio e dal tempo:
t
w
z
w
y
w
x
w
t z y x F
t y t z k t x t y k t z t x k t P H

=
+ + =
) , , , (
, ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) , (
3
3
2
2
2
1

Senza ulteriori approfondimenti, ci si limita qui a precisare che il concetto di campo ri-
conducibile ad una associazione fra i valori di una grandezza, scalare o vettoriale, e i punti dello
spazio in cui questi valori si verificano.

Se la dipendenza si manifesta rispetto a solo due coordinate spaziali (ad esempio le coordinate
x e y, in un riferimento cartesiano), mantenendosi indipendente dalla terza (z) il campo si dir piano
(o cilindrico): il campo effettivo e la sua descrizione, analitica o grafica, si ripropongono identiche
in tutti i piani ortogonali allasse della coordinata rispetto alla il campo risulta indipendente.
Se una grandezza (scalare o vettoriale) non dipende dal punto in cui viene valutata, il corri-
spondente campo si dir uniforme.
Se un campo (vettoriale o scalare) non dipende dal tempo, si dir stazionario (saranno nulle le
sue derivate rispetto al tempo): altrimenti si dir variabile col tempo.
Rivestono notevole importanza pratica alcuni campi ad andamento periodico che variano nel
tempo piuttosto lentamente: ad esempio 50 60 Hz, definita frequenza industriale o anche fre-
quenza di rete. Questi campi vengono anche definiti quasi stazionari, in confronto a campi pe-
riodici, egualmente molto diffusi, caratterizzati per da frequenze estremamente pi elevate,
dellordine dei MHz o dei GHz.
I campi quasi stazionari presentano derivate rispetto al tempo che, pur essendo non nulle, pos-
sono, tuttavia, essere considerate trascurabili.




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1.1.4. QUALCHE RICHIAMO SUGLI OPERATORI VETTORIALI



1.1.4.1. Il Gradiente


In coordinate cartesiane il gradiente di un campo scalare V un vettore definito da:
.
z
V
z
y
V
y
x
V
x G

= (1.1.)
Il vettore gradiente risulta normale ad ogni superficie equipotenziale del campo scalare V ed
pari alla massima variazione di V:
n
V
G

= . (1. 2.)
Utilizzando loperatore nabla
z
z
y
y
x
x

(1. 3.)
il gradiente di V pu essere indicato secondo la scrittura formale pi sintetica:
. grad V V G = = (1. 4.)

1.1.4.2 La Divergenza


Si consideri, per un punto P in un campo vettoriale V, la generica
superficie chiusa che lo includa e il volume da essa racchiuso.
La divergenza di u generico campo vettoriale V una funzione sola-
re di punto definita come il limite del rapporto fra il flusso del vettore
attraverso la superficie chiusa e il volume al tendere di questo a zero:
. lim div
0

=

d
d
V (1. 5.)
In coordinate cartesiane:
z
V
y
V
x
V
V V
z
y
x

= = div (1. 6.)


1.1.4.3. Teorema della divergenza (di Gauss Ostrogradskij)

Dato un campo vettoriale V definito in ogni punto di una regione limitata da una superficie
chiusa (o, nel caso di un dominio pluriconnesso, da un insieme di superfici chiuse
1
,
n
), se in
ogni punto di definibile la divergenza di V, risulta:



= dS n V d V div (1. 7.)

P

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Nel caso di campi solenoidali, conservativi per il flusso, per larbitrariet della superficie ,
tale propriet potr essere espressa in forma locale:
. 0 div = V (1. 8.)


1.1.4.4. Il Rotore

Avendo scelto una generica areola S centrata nel
punto P e orlata dal contorno orientato , si definisce
rotore del campo vettoriale V in P il vettore, indicato con
rot V, tale che:
- il modulo coincide con il limite (se esiste) del rap-
porto fra la circuitazione di V lungo il contorno e
lareola S al tendere di questa a zero, nella
direzione in cui tale rapporto registra il suo
massimo:
S
dl t V
V
S

lim rot
0
(1. 9.)
- la direzione coincide con quella della normale allareola nella condizione in cui il modulo
assume il valore massimo
- il verso quello di avanzamento di una vite destrorsa che ruoti nel verso concorde con quel-
lo di orientazione di .
In coordinate cartesiane ortogonali il rotore presenta le componenti
[ ]
[ ]
[ ]
y
Vx
x
V
V
x
V
z
Vx
V
z
V
y
V
V
y
z
z
y
y
z
x

=
rot
, rot
, rot
(1. 10.)
Si pu, perci, adottare la notazione sintetica:
. rot V V = (1. 11.)


1.1.4.5. Teorema di STOKES

Sia il campo vettoriale V definito in una regione spaziale e sia una qualunque linea chiusa
contenuta in ; detta S una qualunque superficie aperta che abbia come orlo, se in tutti i punti
di definibile il rotore del campo vettoriale, si ha

=
S
dS n V ds t V ) (rot

(1. 12.)
ovvero: la circuitazione del vettore lungo la linea coincide col flusso del rotore del campo
attraverso una qualunque superficie orlata da .

S
P

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1.2. CAMPO ELETTRICO



1.2.1. FORZE FRA CARICHE


Si d per primario (= scontato) il concetto di carica e del suo segno, assunto come una sorta di propriet
intrinseca delle cariche elettriche: la pi nota e tipica delle cariche negative certamente lelettrone, al punto
che si pu qualificare positiva una carica che abbia segno opposto rispetto allelettrone. Al segno della carica
non associabile alcuna qualit o virt particolare.
Data una carica di segno noto (ad esempio, un insieme di elettroni), il segno di una carica qualunque pu
essere verificato controllando lazione di attrazione o repulsione subita rispetto alla carica nota, secondo quan-
to stabilito dalle legge di Coulomb di seguito descritta.


Quale punto di partenza dellelettrostatica si assume la legge sperimentale nota come legge di
Coulomb (1785), che fornisce la forza fra due cariche elettriche in un mezzo illimitato lineare, o-
mogeneo e isotropo. La legge di Coulomb afferma che:

a) cariche simili (per segno) si respingono, cariche opposte si attraggono
b) la forza, di attrazione o di repulsione, proporzionale al prodotto delle due cariche
c) la forza inversamente proporzionale al quadrato della distanza fra le due cariche
d) la forza dipende dal mezzo nel quale le cariche sono immerse
e) la forza agisce lungo la congiungente fra le cariche

In sintesi:
2
2 1
r
q q
k F

= (1. 13.)
ove
F lintensit della forza
q
1
e q
2
sono le due cariche
r la distanza fra le cariche
un parametro dipendente dal mezzo, generalmente indicato come
permettivit o come costante dielettrica del mezzo
k una costante di proporzionalit che possibile specificare solo
quando si sia definito il sistema di misura

La forza in questione, dotata di un valore (modulo) di una direzione e un verso e, perci, una
grandezza vettoriale. La relazione (1.13.) potr, perci, essere riscritta in maniera pi appropriata, in
notazione vettoriale:
2 12
2
2 1
1
F r
r
q q
k F =

= (1. 14.)
ove si indicato con
12
r il versore
1
della forza orientato dalla carica 2 a quella 1,
1
F la forza esercitata sulla carica 1
2
F la forza esercitata sulla carica 2, , ovviamente,uguale ed opposta alla
1
F

1
Per versore si intende un vettore avente direzione e verso di un dato vettore ma modulo unitario, di modo che si possa
far riferimento ad esso prescindendo dalla sua grandezza (modulo)
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Per la carica elettrica che compare nella legge di Coulomb si sceglie, come unit pratica, il
coulomb; il fattore dimensionale k che compare nella stessa legge viene scelto pari a 1/4 o pari a 1:
il sistema di unit conseguente si dir, rispettivamente, razionalizzato o non razionalizzato.
I vantaggi derivanti da ognuna di queste scelte potranno essere apprezzati solo avendo una vi-
sone pi generale del modello complessivo dellelettromagnetismo.
Nella letteratura tecnica e scientifica si prevalentemente orientati verso il sistema razionaliz-
zato, al quale, infatti, si far riferimento per quel che segue; la costante k risulta, pertanto, assunta
pari a 1/4 e lequazione della forza in forma razionalizzata sar, perci

2 12
2
2 1
1

4
F r
r
q q
F =

= [ ] [ ] N F = (1. 15.)
Le dimensioni della costante dielettrica saranno, allora:
[ ]
[ ] [ ]

=
metro
farad
metro joule
coulomb
metro newton
coulomb
] [
] [
2
2
2

avendo introdotto lunit
1 2
] [ ] [ ] [

= joule colulomb farad ; lunit farad si indica col simbolo F.

Quando il mezzo materiale entro il quale si considera il campo elettrostatico il vuoto, la
costante dielettrica viene indicata con il simbolo
0
.

La permettivit del vuoto vale
m
nF
m
F
m
pF

=

36
1
36
10
85419 , 8
9
0


Per i diversi mezzi (o materiali) la permettivit pu essere espressa con riferimento a quella
del vuoto, introducendo, cos, la permettivit relativa
r
:
0

=
r
(1. 16.)
Le tavole pratiche che, in trattati e manuali descrivono sinteticamente le propriet fisiche
dei dielettrici, fanno riferimento quasi sempre proprio al valore della rispettiva permettivit relativa,
indicata semplicemente come la costante dielettrica del dato materiale.


1.2.2. INTENSIT DEL CAMPO ELETTRICO

La legge di Coulomb consente di valutare la forza fra due generiche cariche elettriche punti-
formi.
Nel caso pi generale, per, occorrer considerare un sistema complesso costituito da una
molteplicit di cariche fisse che potranno essere considerate le sorgenti di un campo di forza che
chiameremo campo elettrostatico, inteso come funzione di punto nel senso sopra definito:
) z , y , x ( F ) P ( F F = = .
Una generica carica di prova subir una forza dipendente dallinsieme di tutte le cariche, attraver-
so la loro grandezza e la loro distanza dalla carica di prova.
Se il mezzo nel quale sono immerse le cariche sorgenti lineare, la determinazione della
forza su una generica carica di prova potr essere ottenuta semplicemente abbinando la legge di
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9
Coulomb al principio di sovrapposizione degli effetti, per valutare, individualmente e separatamen-
te, il contributo di ciascuna carica e sommandolo agli altri colle normali regole della composizione
vettoriale.
In buona sostanza si pu affermare che a questo si riduce lintera elettrostatica.

Se nella (3) poniamo la carica q
1
coincidente con la carica elementare di prova q e poniamo
q
2
=Q, il campo elettrostatico E (inteso come forza elettrostatica specifica, normalizzata rispetto
alla carica su cui agisce), pu essere definito come il limite del rapporto fra la forza colombiana sul-
la carica di prova q e la carica stessa a tendere a zero di questa:
r
r
Q
q
F
E
q

4
1
lim
2
0
0

=

=

(1. 17.)
ove si semplificata la scrittura eliminando i pedici relativi alla forza e al versore.

=
m
V
m
volt
m C
m N
m m
C
C
N
E
1 1
) 4 (
] [
0

Lanalisi dimensionale del campo elettrico ha evidenziato lintroduzione della nuova unit
chiamata volt [V], il cui ruolo sar subito chiaro nel seguito


= =
F
C
C
m N
V volt ] [ ] [ [ ]

=
V
C
F









In figura viene indicato un esempio grafico di valutazione della forza esercitata sulla carica di
prova da due cariche di segno opposto e di uguale modulo pari a Q: a tale scopo si applicato il
principio di sovrapposizione degli effetti.

Anche il campo elettrico , ovviamente, un campo vettoriale: lequazione vettoriale (1.17.)
comporta, pertanto, la scrittura di 3 equazioni, per la definizione descrizione delle componenti del
vettore secondo 3 coordinate. In un sistema cartesiano ortogonale (x, y, z), indicando con x,y,z le
coordinate del punto generico, la componente del campo ) z , y , x ( E ) P ( E = , ad esempio, secon-
do x si scriver:
[ ]
2 / 3
2 2 2
2
) ' ( ) ' ( ) ' (
'
4
'
4
) , , (
z z y y x x
x x Q
r
x x Q
z y x E
x
+ +

= ; (1. 18.)
relazioni analoghe si potranno scrivere per le altre componenti, secondo gli assi y e z rispettivamen-
te; indicando, come dabitudine, con x , y e z i versori dei tre assi x, y, z, il campo totale si ottiene
dalla somma dei tre componenti
z E y E x E E
z y x
+ + = .
+ Q - Q
q
F
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Nel caso di N cariche sorgenti (Q
1
, Q
2
, , Q
N
), il campo elettrico (inteso sempre agente sulla
generica carica di prova) si otterr mediante la semplice sommatoria:
i
i
i
N
i
r
r
Q
E
4
1
2
1

=

= (1. 19.)



1.2.3. IL POTENZIALE DEL CAMPO ELETTROSTATICO

Per un dato campo vettoriale K, si definisce tensione T
AB
del campo fra due punti A e B collegati
dal percorso orientato lintegrale di linea

=
B
A
AB
ds t K T


ove t

il versore della tangente alla curva che costituisce il percorso orientato in corrispondenza
del tratto elementare ds.
La tensione di un campo vettoriale , in generale, dipendente dal percorso .

Si ricorda che il lavoro elementare dL compiuto dalla forza F che agisce sulla carica elettri-
ca puntiforme ' Q posta in un campo elettrostatico E pari a:

cos ' cos

Eds Q Fds ds t F dL = = =
ove langolo fra il vettore forza e il versore dello spostamento
elementare.
Il lavoro totale L compiuto per lo spostamento finito della carica Q
dal punto n al punto m del campo dato dallintegrale di linea:

= =
m
n
m
n
nm
Eds Q ds t E Q L




. cos '

' (1. 20.)


Tale lavoro pu essere anche definito come la tensione elettrica fra i due punti n ed m.

Se il campo elettrostatico generato da una carica puntiforme +Q, si ha:

=
2 1
1 1
4
'
r r
QQ
L

(1. 21.)
dove r
1
ed r
2
sono le distanze dei punti n ed m dalla carica sorgente Q ed
0
la costante dielettrica
del vuoto.

Il lavoro delle forze elettriche di repulsione delle cariche di uguale segno
o positivo per il loro allontanamento
o negativo per il loro avvicinamento
Il lavoro delle forze elettriche di attrazione per cariche di segno opposto
o positivo per il loro avvicinamento
o negativo per il loro allontanamento.

Il lavoro compiuto per lo spostamento di una carica Q nel campo generato da una carica Q
non dipende dalla particolare forma del percorso compiuto, ma unicamente dalle posizioni iniziale e
finale della carica Q: questa importantissima propriet si sintetizza dicendo che le forze elettrosta-
tiche sono espresse da un campo a potenziale, ovvero che ammettono un potenziale.

F
Q
ds t

m
n
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La nozione di potenziale venne introdotta in Meccanica in stretta connessione al concetto di lavoro e, quindi, a
quello di energia. Il lavoro L compiuto da un campo di forza su un punto che percorra un tratto OP di una linea di-
pende, di regola, in modo essenziale dalla forma della linea.
In casi particolari, per, tale lavoro dipende solo dai punti e non dalla particolare linea che li congiunge. Quando
ci accade, una volta fissato, ad esempio, il punto O, il lavoro risulta essere una funzione delle sole coordinate del
punto P(x,y,z): tale funzione , appunto, il potenziale V del campo.
La nozione di potenziale cruciale in unampia gamma di problemi della meccanica (sia classica sia quantistica)
ed proficuamente utilizzata per semplificare la descrizione e riassumere speciali propriet di campi di vettori, in
particolare di campi di forze, quale quello elettrostatico.
Il potenziale per antonomasia quello che si associa al campo gravitazionale, sostanzialmente simile a quello
delle forze elettrostatiche coulombiane (entrambi di tipo centrale, caratterizzati, cio, da linee di forza ad andamen-
to radiale).



Il lavoro L compiuto dalle forze elettrostatiche del campo per lo spostamento di una carica
positiva unitaria lungo una qualsiasi traiettoria chiusa valutato attraverso lintegrale:

ds t E L


detto anche circuitazione del campo lungo il percorso chiuso .
La circuitazione del campo elettrostatico lungo un contorno chiusa nulla qualunque sia il
percorso chiuso scelto

= =

ds t E L (1. 22.)
Questa propriet del campo elettrostatico si esprime in forma locale con lannullamento del
suo rotore (v. ):
0 rot = E .

Il lavoro compiuto dalle forze del campo per lo spostamento della solita carica Q nel campo
generato dalla carica Q coincide col decremento dellenergia potenziale posseduta dalla carica Q:
2 1 P P P
W W W L = =
ove W
P1
e W
P2
sono i valori dellenergia potenziale della carica nei punti iniziale e finale della sua
traiettoria.
Per lo spostamento di una carica Q in un campo elettrostatico generato da un sistema generi-
co di cariche (Q
1
, , Q
n
) le forze elettrostatiche compiono un lavoro che si pu esprimere/ottenere
come somma algebrica dei lavori compiuti dalle singole forze con le quali le cariche Qi agiscono su
Q [sovrapposizione degli effetti linearit].
La variazione dellenergia potenziale W
P
della carica Q per il suo spostamento dal punto 1
al punto 2 nel campo prodotto da un sistema di cariche puntiformi Q
i
data da:

=
n
i i
i
i
i
P
r
Q
r
Q
Q W
1 2 1
4
1
'

(1. 23.)
ove r
i1
e r
i2
sono le distanze iniziale e finale fra le cariche Q
i
e Q; la sommatoria estesa a tutte le n
cariche sorgenti.

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Se si assume nulla lenergia associata alla carica Q posta allinfinito [W
P
()0], lenergia
potenziale di una carica elettrica Q in un dato punto del campo elettrostatico che dista r dalla carica
sorgente Q pari a:
4
' QQ
W
P
= . (1. 24.)
Lenergia potenziale
di repulsione di cariche dello stesso segno positiva e cresce al diminuire della loro di-
stanza,
quella di attrazione di cariche di segno opposto negativa e cresce anche essa al diminui-
re della loro distanza

La caratteristica energetica del campo elettrostatico il suo potenziale: tale grandezza
scalare, numericamente uguale allenergia potenziale di una carica positiva unitaria posta in un dato
punto del campo, viene definita semplicemente potenziale del campo in questo punto:
r
Q
q
W
V P V
P
4
) ( = = = (1. 25.)
Il lavoro compiuto dalle forze di un campo elettrostatico per lo spostamento di una carica elet-
trica puntiforme q pari al prodotto di questa carica per la differenza di potenziale fra i punti inizia-
le 1 e finale 2 del percorso:
) (
2 1 2 1
V V q W W L
P P
= = (1. 26.)
Per il campo elettrostatico, dunque (cos come per tutti i campi centrali), la tensione fra
due punti coincide con la differenza fra i valori del potenziale associato ai due punti.

Se il punto 2 si trova allinfinito si ha W
P2
= W
P
= 0 e si ammette che sia V
2
= 0.
Il lavoro L

per lo spostamento della carica Q dal punto 1 allinfinito sar allora:


1 1
qV W L
P
= =

; (1. 27.)
per cui si avr: q L V /

= .

Il potenziale del campo elettrostatico numericamente uguale al lavoro compiuto dalle forze
del campo per lo spostamento di una carica unitaria positiva da un dato punto P del campo
allinfinito. Esso coincide anche col lavoro compiuto dalle forze esterne (contro le forze del cam-
po elettrico) per spostare una carica positiva unitaria dallinfinito al dato punto P del campo.

Come si potuto vedere, un campo elettrico generico tipicamente tridimensionale.
Considerando la sua sezione secondo il piano del disegno, se ne pu desumere landamento
complessivo tracciando un buon numero di linee di campo (linee che hanno la propriet di essere
sempre tangenti al vettore campo, in ogni punto). Ci fatto si pu passare a disegnare la traccia sul
piano del disegno con le superfici che risultano sempre ortogonali alle linee di campo: tali superfici
si dicono superfici equipotenziali mentre le loro tracce sul piano del disegno si chiamano linee e-
quipotenziali.


A scopo esemplificativo si riporta la cosiddetta mappa di campo per il caso di due cariche
puntiformi di segno opposto. Per landamento spaziale completo baster ricordare che presenta una
simmetria di rivoluzione intorno alla retta passante per le due cariche.
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1.2.4. CONVENZIONI SULLA TENSIONE ELETTRICA

Si visto che la tensione elettrica ha un segno che dipende dallordine col quale si scelgono
gli estremi di integrazione nellintegrale curvilineo che la definisce.
La tensione , perci, una grandezza scalare, di tipo integrale, che non consente, di per s, di
risalire alle scelte che ne hanno determinato valore e segno.
sulla base di queste considerazioni che si ravvisa la necessit di far riferimento alla tensione
con laggiunta di alcune indispensabili aggiunte formali che rendano linformazione fornita del
tutto priva di equivoci.
Il simbolo V della tensione viene completato, come si visto, di opportune indicazioni in pe-
dice che fanno riferimento ai due punti rispetto ai quali si intende fornire il valore della tensione (ad
es. i soliti A e B): V
AB
(= - V
BA
): lordine col quale vengono scritte le due lettere in pedice rispec-
chia lordine di limite inferiore e superiore nellintegrale che definisce la tensione.
Quando manchino i pedici o quando si faccia riferimento a due punti indicati graficamente, si
costretti ad assumere una qualche forma di convenzione che eviti di richiamare esplicitamente
lintegrale di definizione.
Con riferimento alla schematica figura riportata sotto, convenzione, quasi universalmente
adottata, indicare con un idoneo contrassegno (un segno +, un pallino nero , un colore opportuno,
ad esempio, il rosso, la punta di una freccia) il punto scelto quale primo estremo di integrazione.


V
AB



Lassenza di questa convenzione grafica lascerebbe linformazione sul valore della tensione V
carente quanto al segno.


B V A B V A
+
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14
1.2.5. IL CAMPO ELETTRICO COME GRADIENTE DEL POTENZIALE

Abbiamo ricavato il potenziale a partire dal concetto di campo.
Si pu anche procedere viceversa, ricavando il campo dal potenziale.

La definizione del gradiente di una funzione scalare di punto f(P):
z
z
f
y
y
f
x
x
f
f f grad

= =
evidenzia che f un vettore che descrive come varia la funzione f nellintorno di un punto.
La sua componente lungo x , ad esempio, la derivata parziale di f rispetto a x e fornisce, per-
ci, una misura della rapidit con cui varia f quando ci si muove lungo lasse x.
La direzione del vettore f in un punto qualsiasi coincide con quella lungo la quale ci si deve
muovere, partendo da quel punto, per trovare il pi rapido incremento della funzione da quel punto.

facile vedere come la relazione che lega la funzione scalare f alla funzione vettoriale f la
stessa, a parte il segno meno, che lega il potenziale V al campo E .
Consideriamo il valore di V in due punti vicini, di coordinate (x, y, z) e (x+dx, y+dy, z+dz): la
variazione di V, passando dalluno allaltro punto :
dz
z
V
dy
y
V
dx
x
V
dV

= (1. 28.)

Daltra parte, basandosi sulla definizione di V, questa variazione si pu anche esprimere con:
ds t E dV

= (1. 29.)
Il vettore spostamento infinitesimo ds t

esattamente uguale a dz z dy y dx x + + e quindi,


se si identifica il campo con il gradiente di V, le equazioni (1.28.) e (1.29.) risultano identiche. Il
campo elettrico perci uguale al gradiente del potenziale cambiato di segno:
V E = (1. 30.)
Il segno meno dovuto al fatto ce il campo elettrico va da una regione a potenziale maggiore
verso una regione a potenziale minore, mentre il vettore gradiente V definito in modo che il suo
verso coincide con quello delle V crescenti.




1.2.6. INDUZIONE ELETTRICA SU CONDUTTORI

Sotto linfluenza di un campo elettrostatico esterno, le cariche libere di un buon conduttore
metallico (gli elettroni di conduzione) si ridistribuiscono in modo tale che il campo risultante in o-
gni punto interno del conduttore sia nullo ( 0 = E ). In ogni punto della superficie del conduttore si
ha 0 =
n
E E e 0 =
t
E , ove
n
E ed
t
E sono, rispettivamente, il componente normale e quello tan-
genziale del vettore campo elettrico E : sulla superficie di un buon conduttore il campo presenta e-
sclusivamente componenti normali e le linee di campo incidono, perci, ortogonalmente sulla su-
perficie esterna.
Tutto il volume interno equipotenziale: in ogni punto interno del conduttore il potenziale ha
uno stesso valore. Anche la superficie del conduttore risulta equipotenziale.
Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
15
Leffetto di induzione elettrostatica si manifesta su un corpo conduttore come una separa-
zione delle cariche libere: la presenza del corpo carico induttore attraequelle di segno opposto. Il
risultato una ridistribuzione delle cariche complessive: il corpo metallico continua, ovviamente,
ad essere complessivamente neutro, ma presenta una distribuzione delle sue cariche del genere de-
scritto nella figura sotto riportata.












La rimozione della causa di induzione, attraverso lallontanamento del corpo carico, determi-
na la cessazione del fenomeno e il rimescolamento delle cariche allinterno del materiale condutto-
re; in un buon conduttore sia la separazione che il rimescolamento delle cariche avvengono in
tempi brevissimi, ben definibili istantanei se confrontati con i tempi tipici della umana percezio-
ne.


1.2.7. INDUZIONE ELETTRICA NEI DIELETTRICI

Si intende comunemente per dielettrico una sostanza (chimicamente pura o composta) che,
sottoposta a un campo elettrico, non risulti sede di flusso di cariche elettriche se non in maniera
assolutamente marginale o, addirittura, trascurabile.
La ragione di questo comportamento risiede, evidentemente, nelle caratteristiche strutturali
microscopiche del dielettrico, che non contiene cosiddette cariche libere che, in un conduttore
rendono possibile la conduzione elettrica.
Nella terminologia comune i termini materiale dielettrico e materiale elettrico isolante
sono spesso trattati come equivalenti o sinonimi. Vale la pena di sottolineare, tuttavia, che il ter-
mine dielettrico andrebbe riservato ai materiali entro i quali pu sussistere un campo elettrico e tali
da poter essere polarizzati.
I materiali isolanti sono, invece, definiti come quei dielettrici impiegati in dispositivi elettrici
per prevenire la perdita (o la circolazione) di cariche elettriche.
Il termine dielettrico , quindi, pi ampio di isolante.
Per descrivere anche solo sommariamente il comportamento dei dielettrici in campo elettrico,
vale la pena ricordare che questi, in relazione alla loro struttura molecolare, possono essere suddivi-
si in due grosse categorie: molecole polari e molecole non polari.
Le due categorie differiscono per le loro propriet macroscopiche.
Per discutere brevemente di queste differenze necessario prima ricordare che cosa si intende
per dipolo elettrico.
Un dipolo elettrico costituito da due cariche puntiformi di segno opposto separate dalla di-
stanza L. Il dipolo viene caratterizzato attraverso il suo momento dipolare, un vettore che ha
modulo pari al prodotto della carica Q per la loro distanza L
direzione della retta che passa per le due cariche
Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
16
verso convenzionalmente assunto dalla carica negativa a quella
positiva.
Un materiale dielettrico viene visto come composto di aggregati di
cariche che sono, di norma, vincolate alle rispettive posizioni di equili-
brio entro la materia da forze ioniche o molecolari. Questi aggregati di cariche possono suddividersi
in subaggregati di molecole o atomi che si comportano come unit complessive.
Se, in assenza di campo elettrico esterno, le cariche (positiva e negativa) sono separate da una
distanza L 0 il dielettrico si dice polare; altrimenti, se L = 0, il dielettrico si dir non polare
Nelle molecole dei dielettrici non polari
(H
2
, N
2
, idrocarburi, ecc.) i centri di gravit del-
le distribuzioni di carica interne positive e nega-
tive, in assenza di campo esterno, coincidono e
il momento di dipolo della singola molecola
nullo. In presenza di campo elettrico esterno la
molecola subisce, allora, una certa deforma-
zione (generalmente di tipo elastico) ed ac-
quisisce un momento elettrico di dipolo indotto
proporzionale al campo esterno
E p
e
=
0

ove si indicato con il cosiddetto coefficiente di polarizzabilit (o, pi brevemente, polarizzabili-
t) di una molecola del dato dielettrico.
Senza entrare nel merito dallo specifico meccanismo del fenomeno, baster, infatti, prendere
atto che sotto lazione di un campo elettrico, le cariche dei due segni
verranno attratte in direzioni opposte: i baricentri dei due tipi di cari-
che, prima coincidenti, risulteranno ora spostati. Questa nuova distri-
buzione delle cariche potr essere assimilata a un piccolo dipolo, di
entit che, come si diceva, in prima approssimazione, possiamo ritene-
re proporzionale allintensit del campo elettrico esterno.
Nelle molecole polari si registra,invece, lo spostamento permanente dei baricentri delle cari-
che: tali molecole si comportano, perci, come un dipolo. Il dielettrico risulta, perci, composto da
una molteplicit di dipoli che, per effetto dellagitazione termica, sono distribuiti in maniera disor-
dinata (casuale).
Lapplicazione di un campo elettrico esterno esercita su ciascuno dei dipoli una coppia che
porta ad allineare secondo la direzione del campo un numero di molecole/dipoli proporzionale
allintensit del campo.
Leliminazione del campo esterno riporta le molecole/dipoli a una condizione di disordine
analoga a quella precedente.
Vale, per, la pena di ricordare, anche solo fugacemente, lesistenza di alcuni materiali nei
quali, anche dopo la rimozione del campo esterno, le molecole conservano, in percentuale apprez-
zabile, il loro orientamento. Tali materiali sono indicati come elettreti e possono essere considerati
corrispondenti ai magneti: il fenomeno anche detto isteresi dielettrica (o ferroelettricit).



1.2.7.2. RIGIDIT DIELETTRICA

Il processo di polarizzazione (inteso come uno spostamento del nucleo dalla sua posizione di
equilibrio rispetto la nube elettronica che lo circonda) viene normalmente considerato un fenomeno
elastico, destinato a cessare al venir meno del campo elettrico che laveva provocato.
+
+
E
+ Q - Q
L Q p =
+Q - Q
L
Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
17
Per valori abbastanza elevati del campo, possono intervenire, tuttavia, cambiamenti irreversi-
bili nel dielettrico consistenti in un fenomeno di spostamento effettivo di cariche entro la massa del
dielettrico: una volta innescato, il fenomeno assume un andamento a valanga e produce effetti
energeticamente rilevanti (acustici ma, soprattutto, termici), che conducono a una vera e propria
scarica elettrica e che finiscono per modificare/danneggiare permanentemente il dielettrico.
Il valore limite del campo oltre il quale tali fenomeni disruptivi si innescano rappresenta la
cosiddetta rigidit dielettrica, che assume valori tipici per i vari materiali, dipendenti dalla tempera-
ture e, nel caso dei dielettrici gassosi, anche dalla pressione.
La scarica inizia, molto spesso, a seguito di un movimento di elettroni allinterno del dielettri-
co, strappati alle loro orbite da un campo elettrico esterno abbastanza intenso. Se questo fornisce a-
gli elettroni energia sufficiente, maggiore di quella perduta per le prevedibili collisioni entro il ma-
teriale, pu formarsi una serie di coppie ione-elettrone che, propagandosi lungo una direzione impo-
sta dal campo, costituisce il cosiddetto canale di scarica.
In un dielettrico solido con inclusioni gassose (ad es. aria) il processo di scarica inizia proprio
con scariche parziali entro le bolle gassose, caratterizzate da una rigidit dielettrica inferiore rispetto
a quella della fase solida. Il bombardamento ionico al quale questultima viene sottoposta pu pro-
vocarne il deterioramento fino allinnesco di una scarica totale.

La tabella riporta, per alcuni materiali significativi, i valori della costante dielettrica relativa e
quelli della rigidit dielettrica, espressa come campo critico di rottura.

MATERIALI

r

E
c
(kV/cm)
Aria 1.00 20 50
Bachelite C 5 7 100 - 280
Bachelite stampata 2 6 100 - 200
Carta 1.5 - 4 150
Mica 5 6 600 - 1800
Olio per trasformatori 2.24 150 - 250
Paraffina 2.1 2.5 300
Polistirene 2.7 200
Porcellana 4.5 6.5 200 - 400
Quarzo 3.7 4.10 300
Vetro 4.5 - 10 100 - 400



1.2.8. MISURA DELLA TENSIONE: IL VOLTMETRO IDEALE

La differenza di potenziale fra due punti si misura con uno strumento detto voltmetro, gra-
ficamente schematizzato come nella figura di seguito riportata:











ove sono messi in evidenza i punti A e B (detti anche morsetti) del voltmetro. Si fa notare esplici-
tamente che, affinch la misura abbia un segno univoco, i morsetti dello strumento devono essere
V
A
B
+
TERMINALI
MORSETTI
Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
18
ordinati o contrassegnati, in modo da renderne univoco e riconoscibile lordine: loperazione
convenzione corrisponde, daltra parte, allordinamento degli estremi di integrazione nellintegrale
curvilineo che definisce la tensione.
Vale la pena di sottolineare esplicitamente come lunivocit della misura della tensione tra
due punti dati sia intrinsecamente legata alla propriet conservativa del campo elettrico: solo gra-
zie ad essa che la misura prescinde dalla posizione e dalla lunghezza dei terminali (costituiti da fili
metallici) del voltmetro.

Per le ragioni che saranno esposte e chiarite nel seguito, il voltmetro qui decritto viene chia-
mato anche voltmetro ideale, per distinguerlo dai voltmetri reali o concreti, caratterizzati da
principi di funzionamento, peculiarit ed errori propr degli oggetti della vita effettiva.
Sembra opportuno precisare che nel seguito sar continuamente e fedelmente conferma-
ta la prassi di indicare/battezzare come ideale un oggetto che, prescindendo dalle sue ca-
ratteristiche reali, diverse e variegate, venga descritto solo attraverso una definizione assoluta
ed astratta.
Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
19
1.2.9. CAPACIT


A) Il potenziale V di un conduttore carico isolato, sul quale non agiscono altri campi esterni,
proporzionale alla sua carica Q secondo un coefficiente:
C / Q V =
V
Q
C = (1. 31.)
Al coefficiente di proporzionalit fra potenziale e carica si d il nome di capacit elettrica (o,
semplicemente, capacit) del conduttore isolato; la capacit si indica generalmente con la lettera C
e, come ovvio, si misura in farad [F].
La capacit C pu essere considerata numericamente coincidente con la carica elettrica capace
di modificare il potenziale elettrico di una unit (1 volt).
La capacit di un conduttore dipende dalla sua forma e dalle sue dimensioni.
Conduttori geometricamente simili hanno capacit direttamente proporzionali alle loro di-
mensioni lineari.
La capacit di un conduttore non dipende dal materiale di cui fatto n dal suo stato di aggre-
gazione, ma direttamente proporzionale alla costante dielettrica relativa del mezzo nel quale il
conduttore immerso.

Con riferimento allespressione (1.25.) del potenziale relativo a una carica concentrata, la ca-
pacit di una sfera isolata di raggio R data da:
R R C
r
= = 4 4
0
(1. 32.)
ove, come sopra definito, , come al solito, la costante dielettrica del mezzo.
B) Si chiama capacit mutua fra due conduttori una grandezza numericamente uguale alla ca-
rica Q che necessario trasferire da un conduttore allaltro per avere una variazione unitaria della
differenza di potenziale V
1
V
2
. fra loro esistente. Nella accezione pi comune, quando i conduttori
sono solo due, la capacit mutua viene indicata semplicemente come capacit
Anche se i due conduttori possono, ovviamente, avere forma qualsiasi, assumono, per, parti-
colare rilievo pratico alcune configurazioni ricorrenti con maggiore frequenza: ci si riferisce, ad e-
sempio, a conduttori piani paralleli (a), a conduttori cilindrici coassiali (b) o, infine, a due o pi
conduttori cilindrici paralleli (c).






- a - - b - - c -



1.2.9.1. Condensatori

Con il termine condensatore si intende una opportuna configurazione di conduttori (di forme
varie e molteplici), indicati come armature del condensatore, destinata ad accogliere una certa cari-
ca elettrica Q (uguale, in valore assoluto, ma di segno opposto su ciascuna delle due armature) sotto
Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
20
una certa tensione V. Il parametro che caratterizza sinteticamente il condensatore , perci la sua
capacit mutua C, indicata, pi semplicemente come capacit tout court.

Il tipo pi semplice di condensatore certamente quello ad armature piane e parallele, caratte-
rizzate da una superficie di area S, separate da un dielettrico di spessore d e costante dielettrica :
A) Per il condensatore piano la capacit assume una espressione molto semplice









d
S
C
r
=
0
(1. 33.)
Si vede come lobiettivo di ottenere valori elevati di capacit pu essere conseguito
aumentando la superficie delle armature, almeno entro limiti praticabili
diminuendo la distanza delle armature, almeno nei limiti consentiti dalla tensione che si
prevede di applicare alle armature (per prevenire il rischio di scarica)
usando un dielettrico di permettivit adeguata

B) Nel caso del condensatore a cilindri coassiali, di lunghezza L e raggi R
i
ed R
e
, interno ed
esterno rispettivamente, con dielettrico di permettivit relativa
r
, la capacit assume lespressione:
.
ln
2
0


=
i
e
r
R
R
L
C (1. 34.)
Questa configurazione si riscontra nel caso
dei cosiddetti cavi coassiali, quali quelli co-
munemente usati per il collegamento ad antenne
sia riceventi che trasmittenti: si pensi ai familiari
cavi coassiali che collegano il televisore di casa alla rispettiva antenna.
Per questa configurazione si fa comunemente riferimento alla capacit mutua (o, pi breve-
mente, capacit) della lunghezza unitaria, espressa, perci, in pF/m o pF/km, ad esempio.


C) Nel caso del condensatore a due conduttori cilindrici paralleli di lunghezza L, raggio R, in-
terasse d e immersi in un dielettrico di permettivit
r
, la capacit mutua data da:
R
d
L
C
r
ln
0

= (1. 35.)
questa la configurazione alla quale
si fa riferimento nel caso dei conduttori che
costituiscono le cosiddette linee per la trasmissione dellenergia elettrica.
R
i

R
e

L
L
d
2R
+ + + + + + + + + + + + + +
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

r

d
S
V
S
d

r

Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
21
Nel caso pi semplice si tratta di una coppia di conduttori separati dal dielettrico aria (linea
aerea a conduttori nudi) o da un opportuno dielettrico/isolante, quale il ben noto PVC (linea in
cavo). Anche in questo caso si fa comunemente riferimento alla capacit per unit di lunghezza.
La formula fornita andr ripetutamente applicata per la determinazione delle capacit mutue
C
ik
relativa alle varie coppie individuabili in una linea elettrica a 3 o pi conduttori



1.2.10. ENERGIA ELETTROSTATICA

1.2.10.1. Energia associata a un sistema di cariche: sfera uniformemente carica

Si visto che per portare due cariche Q
1
e Q
2
in due punti separati dalla distanza r
12
occorre
aver compiuto il lavoro necessario per avvicinare le due cariche a partire da una distanza conven-
zionalmente infinita. Questo lavoro vale
12
2 1
4 r
Q Q


Per il principio di sovrapposizione degli effetti, la forza totale agente su ciascuna delle cariche
di un sistema elettrostatico complesso, costituito da molte cariche, data dalla somma delle forze
esercitate dalle altre cariche.
La conseguenza che lenergia totale dellinsieme delle cariche la somma dei termini relati-
vi alla interazione reciproca tra le cariche considerate una coppia per volta.
Indicando con Q
i
e Q
k
la generica coppia e con r
ik
la distanza fra loro, lenergia associata a
questa specifica coppia vale, ovviamente:
ik
k i
r
Q Q
4
.
Lenergia elettrostatica totale pu essere ottenuta semplicemente effettuando la sommatoria

=
coppie le
su tutte
4
ik
k i
r
Q Q
U

(1. 36.)
A titolo di esempio, per una geometria particolarmente
semplice, calcoliamo lenergia occorrente per costituire una sfera
di carica di raggio R e avente densit di carica
2
uniforme.
Si supponga di costituire la sfera per applicazione succes-
siva di gusci sottilissimi di spessore infinitesimo dr, fino a rag-
giungere il raggio R. A ogni strato corrisponde un incremento
elementare dellenergia: una volta valutata lespressione di que-
sto incremento in funzione del raggio corrente r, baster effet-
tuarne lintegrale da 0 a R per ottenere lenergia totale richiesta.
Sia Q
r
la carica totale posseduta dalla sfera quando ha rag-
giunto il raggio r; incrementando la carica complessivo con

2
A seconda della specifica distribuzione, la densit di carica pu essere riferita a una linea, a una superficie o a un vo-
lume. La densit di carica lineare viene definita come il limite del rapporto fra la carica Q e la lunghezza L del seg-
mento sul quale la carica distribuita, al tendere a zero della lunghezza del segmento (=dQ/dL) ; analogamente si de-
finisce densit di carica superficiale il limite del rapporto fra la carica Q e larea S della superficie sulla quale la cari-
ca distribuita, al tendere a zero dellarea (=dQ/dS); la densit di carica di volume , infine, pari al limite del rap-
porto fra la carica Q e il volume V in cui la carica distribuita al tendere del volume a zero ( =dQ/dV). La densit di
carica, in una distribuzione non uniforme, funzione del punto.
r
dr
R
Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
22
quella dQ contenuta nel guscio sferico di spessore dR si compie il lavoro:
r
dQ Q
dU
r
4
= .
Indicando con la densit di carica della sfera, la carica Q
r
nella sfera di raggio r pari a:
3
3
4
r Q
r
= (1. 37.)
mentre quella dQ del guscio vale
dr r dQ
2
4 =
Lespressione dellincremento di energia diventa, allora:
dr
r
dU

3
4
4 2
=
Lenergia totale richiesta viene ottenuta, infine, integrando:

15
4
3
4
5 2
0
4 2
0
R
dr
r
dU U
R R
= = =

;
esprimendo il risultato appena ottenuto in funzione della carica totale della sfera
3
3
4
) ( R R Q =
si ha:
R
Q
U
4 5
3
2
= (1. 38.)
Lenergia totale , dunque, proporzionale al quadrato della carica totale e inversamente pro-
porzionale al raggio della sfera.




1.2.10.2. Energia di un condensatore

Ragionando in maniera analoga si pu valutare lenergia elettrostatica posseduta da un con-
densatore di capacit C dotato di carica Q quando tra le sue armature sussista la differenza di poten-
ziale V=Q/C.
Il lavoro necessario per trasferire sul condensatore la carica elementare dQ , infatti:
dQ
C
Q
VdQ dU = =
Lenergia necessaria si ottiene integrando, banalmente, lespressione trovata da zero al valore
finale della carica Q:
2
2
0 0
2
1
2
1
CV
C
Q
dQ
C
Q
dU U
Q Q
= = = =

[ ] J (1. 39.)




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23
1.2.11. CAMPO INDUZIONE ELETTRICA (O DENSIT DI FLUSSO ELETTRICO)

Si visto come lintensit del campo elettrico dipende dal mezzo entro il quale sono immerse
le cariche sorgenti del campo.
Introduciamo ora un campo indipendente dal mezzo, supposto di estensione illimitata e con
propriet dielettriche lineari, isotrope ed omogenee:
E D = (1. 40.)
Per una carica puntiforme si ha
r
r
q
E D
4
2

= = . (1. 41.)
Il vettore D , perci, in ogni punto funzione solo della carica e della posizione ed chiama-
to densit di flusso elettrico. Questa denominazione e lutilit di questo nuovo vettore vengono pi
agevolmente comprese dagli sviluppi seguenti.
Si pu gi anticipare, comunque, che il nome legato al fatto che ogni carica elettrica pu es-
sere considerata some sorgente di flusso e punto di partenza di linee di flusso nel mezzo; ognuna
delle cariche sorgente contribuisce ad una aliquota di questo flusso.
Se, ad esempio, si considera una superficie sferica di raggio R, avente centro coincidente con
la generica carica Q, immaginata concentrata puntiforme, la (1.41.) mostra che in ogni punto della
superficie di questa sfera le linee di campo del vettore che abbiamo chiamato densit di flusso han-
no andamento radiale, sono dirette dal centro della sfera verso lesterno (o viceversa), e il campo ha
un valore pari a
2
4 / R Q .
Moltiplicando per la superficie della sfera,
2
4 R S = , otteniamo il flusso elettrico totale che
passa attraverso la superficie e che risulta esattamente uguale alla carica Q, indipendente dal rag-
gio della sfera scelta per la valutazione nel caso specifico.














Si dimostra che questo risultato pu essere esteso a qualunque superficie chiusa che racchiu-
da la carica, indipendente dalla sua forma (legge di Gauss).



R
D
Q
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24

1.3. CAMPO DI CORRENTE

1.3.1. IL CAMPO DENSIT DI CORRENTE

Si indica come corrente elettrica il moto ordinato di cariche elettriche secondo un modalit
che consenta di individuare una sorta di deriva o flusso collettivi.
In quello che si dir si prescinde del tutto dalla natura della corrente, che pu essere estrema-
mente diversificata; quella cosiddetta di conduzione (che si verifica nei buoni conduttori) , tuttavia
lunica della quale ci occuperemo per la sua assoluta preminenza ai fini delle applicazioni tecniche.
Supponendo costante la densit volumetrica di carica , la carica che attraversa la piccola su-
perficie S nellintervallo di tempo elementare dt coincide con quella compresa nel volume rac-
chiuso dal parallelepipedo rettangolo avente basi pari a ( ) n v S n v S S
p
cos = = (ovvero alla
proiezione di S su un piano ortogonale a v ) e lunghezza pari a vdt :
. Sdt n v dq = =
La corrente elettrica che passa attraverso S sar:
S n v
dt
dq
I = = (1. 42.))
[I]=[Qs
-1
]= [ampre]=[A]
e coincide, quindi, con il flusso, attraverso la superficie S del vettore
v J = (1. 43.)
[J]=[Qs
-1
m
-2
]=[A/m
2
]
La corrente che passa attraverso una generica superficie finita S si ottiene valutando il flusso
totale di J attraverso S, effettuando, cio, lintegrale di superficie (doppio) di J attraverso S:

=
S
dS n J I . (1. 44.)
La corrente elettrica consiste, come si detto, in un flusso netto di cariche elettriche. Per la
conservazione della carica, la corrente relativa ad un generico volume , delimitato da una superfi-
cie chiusa , dovr essere accompagnata da una variazione della carica racchiusa dalla superficie
S
v
v
v
(A) (B)
S
p

vt
v

nS
^
S
Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
25
nel volume. Indicando con (P,t) la densit di carica volumetrica entro , supposta variabile col
punto e col tempo, la carica totale ivi racchiusa in un certo istante vale



= = = d t z y x d t P t Q Q ) , , , ( ) , ( ) (
e si potr, cos, scrivere la relazione


= d t P
t
t z y x Q
t
dS n J ) , ( ) , , , ( (1. 45.)
che esprime in maniera sintetica la conservazione della carica: la corrente uscente (o entrante) dal
volume non potr verificarsi che a spese della carica, che dovr subire una variazione di segno op-
posto a quello della corrente; una corrente uscente positiva comporta, infatti un depauperamento
della quantit di carica totale inizialmente racchiusa nel volume, e viceversa.
Nel caso stazionario, che esclude variazioni temporali della carica, la relazione precedente di-
venta:

= 0 dS n J (1.45.1.)
che descrive, in forma integrale, il carattere cosiddetto solenoidale del campo densit di corrente
stazionario.



1.3.2. PRIMA RELAZIONE COSTITUTIVA
(LEGGE DI OHM ALLE GRANDEZZE SPECIFICHE)


Fra il campo elettrico e il campo densit di corrente sussiste la relazione:
J E = (1. 46.)
Il coefficiente , denominato resistivit, assume valori che dipendono dallo specifico materia-
le entro il quale circola la corrente.
[ ] [ ] [ ] m m ohm m
A
V
A
m
m
V
J
E
= =

=
2

Le dimensioni della resistivit sono state definite introducendo la nuova unit ohm [],
chiamata resistenza elettrica, il cui significato sar chiarito tra breve.
La (33) pu anche essere scritta nella forma reciproca:
E J = (1. 47.)
ove il coefficiente , reciproco della resistivit,
[ ] [ ] [ ] [ ] [ ]
1 1 1 1 1
= = = = m S m mho m ohm
viene detto conducibilit del materiale, espresso in unit di misura che viene detta mho (non mol-
to comune) ovvero (molto pi comunemente) siemens/metro [S/m].
Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
26
1.3.3. LEGGE DI JOULE ALLE GRANDEZZE SPECIFICHE

Assume particolare importanza il prodotto
2 2
E J J E p = = = (1. 48.)
Dallanalisi dimensionale
[ ]

=
3 3 3 2
1 1 1
m
watt
m
s
J
m
s
m N
s m
Q
m C
Nm
J E
si vede, infatti, che esso esprime una potenza specifica [watt/m
3
] che rappresenta la potenza che ri-
scalda lunit di volume del mezzo entro il quale si manifesta il campo densit di corrente.




1.3.4. GENERATORE DI FORZA ELETTROMOTRICE (F.E.M.)

Si consideri il caso di una corrente stazionaria I entro un semplice circuito costituito da un
conduttore, come descritto dalla figura sotto: le cariche elettriche vi circolano in maniera continua e
permanente.









Come stato appena evidenziato, la presenza di un campo densit di corrente entro un mezzo
materiale sempre associata allo sviluppo di calore dissipato.
Questi fenomeni dissipativi non sono per compatibili con il carattere conservativo del campo
elettrico quale stato definito prima.
Il mantenimento di un campo densit di corrente stazionario postula allora che, almeno
una zona del circuito sia sede di fenomeni capaci di generare un campo elettromotore, capace,
cio, di esercitare una forza sulle cariche alla stessa stregua del campo elettrico ma, a differenza di
questo, non conservativo.
Lenergia dissipata (in calore) nel circuito potr, allora, essere imputata al campo
elettromotore non conservativo responsabile del movimento delle cariche.
Il campo elettromotore non sempre localizzato in una zona specifica e limitata del circuito:
si esaminer nel seguito almeno un caso in cui la sorgente di campo elettromotore distribuita entro
lintero volume del circuito.
Per comodit di studio si immaginer, comunque, la sorgente di campo elettromotore
concentrata in una zona ben precisa e delimitata: a tale zona si d il nome di generatore, indicato, in
figura con la lettera G.
Il campo eletromotore pu avere origini piuttosto diversificate, implicanti sempre una qualche
forma di conversione energetica che caratterizzer i vari tipi di generatore, che, ad esempio, sar
di tipo

J
Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
27
chimico: trasforma lenergia chimica ottenuta da reazioni chimiche fra opportuni
componenti (ad esempio: piombo, ossido di piombo in una soluzione diluita di acido
solforico)
fotovoltaico: pannelli di semiconduttori convertono lenergia luminosa
elettrodinamico: converte lenergia derivante dalle interazioni elettrodinamiche fra
correnti o fra campo magnetico e correnti










Supponendo il generatore confinato in un volume del circuito delimitato dalle due superfici
equipotenziali A e B, lazione del campo elettromotore al suo interno pu essere supposta consi-
stente nellaccumulare cariche di segno opposto sulle due superfici equipotenziali attraverso le quali
risulta accessibile allesterno.
Fin dal primo momento in cui comincia questo processo di accumulo di cariche elettriche op-
poste, si stabilisce un campo elettrostatico (quindi conservativo) in tutto lo spazio (dentro e fuori il
generatore): il processo di accumulo termina quando il campo elettromotore interno fa equilibrio
(essendo uguale e opposto) a quello elettrostatico dovuto alle cariche accumulate.
Il valore della tensione ai morsetti del generatore in questa condizione di equilibrio viene in-
dicata come forza elettromotrice E del generatore ed ha un valore caratteristico per ogni tipo di ge-
neratore.













Il generatore viene anche rappresentato come un dispositivo bipolare
3
secondo la grafica della
figura sotto riportata:







3
V. seguito per la definizione di bipolo

J
G
A
B
G
A
B
E
E

G
A
B
+ + + + + + + +
- - - - - - - - - - - -
E
E
Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
28
Quando il generatore viene collegato, attraverso le due superfici destremit A e B, al condut-
tore che chiude il circuito nel quale pu circolare la corrente, le cariche di segno opposto che
stazionavano possono finalmente muoversi per neutralizzarsi. La circolazione di corrente fa, per-
ci, diminuire la quantit di carica depositata sulle due superfici A e B, il campo elettrostatico si
abbassa e la carica mancante pu venire, cos, rimpiazzata da una ulteriore quantit di carica da par-
te del solito campo elettromotore: rispetto al caso di circuito aperto ( a vuoto, ovvero a corrente
I=0) la circolazione di corrente fa registrare una tensione ai morsetti AB del generatore V pi bassa.
Si usa dire, perci, che la forza elettromotrice E del generatore coincide con la sua tensione a
vuoto:
AB AB
I
AB
V E V V V E = = =
=

0
0 0

ove il pedice 0 rappresenta una abbreviazione della condizione sopra precisata I=0.



1.3.5. RESISTENZA ELETTRICA

Si consideri un generico tratto di conduttore di resistivit , immerso in un mezzo isolante
perfetto e delimitato dalle due superfici equipotenziali S
A
e S
B
.
Se immaginiamo di applicare, mediante un apposito generatore, una differenza di potenziale alle
due facce A e B alle estremit del conduttore, sotto lazione del campo elettrico che ne deriva, si
stabilir allinterno del conduttore un campo densit di corrente, in generale non uniforme. Il campo
elettrico allesterno del generatore (quindi, anche nel conduttore) di tipo conservativo e consente,
perci, di scrivere:
AB
B
A
B A
V V V ds t E = =


Lintegrale valutato lungo qualunque percorso orientato cha abbia gli estremi su A e B rispettiva-
mente. Dal momento che il conduttore pu essere assunto quale tubo di flusso per il campo densit
di corrente, la corrente conserva lo stesso valore in corrispondenza di qualunque sezione S
i
(inter-
media fra A e B) venga valutata.











Sui punti della sezione S
i
di un generico tubo di flusso elementare si pu ritenere che siano
uniformi sia il campo elettrico che il campo densit di corrente. Se S
i
ortogonale alla linea me-
diana del tubo di flusso elementare e, perci, anche alla ascissa curvilinea s, la corrente I
i
relativa al
tubo di flusso elementare pu essere valutata riducendo il prodotto scalare che definisce il lusso a
prodotto algebrico ordinario:
i i
S J S n J I = = ,
A
B
S
A

S
B

i
S n
J
E

Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
29
ove n il versore (scelto con orientazione arbitraria) della normale alla superficie S
i
, coincidente,
a arte, eventualmente, il verso, con il versore della tangente alla linea mediana del tubo elementare.
La differenza di potenziale V
AB
pu, allora, essere espressa in funzione della corrente:
ds
S
I
ds t J ds t E V
B
A
B
A
B
A
i
i
AB

= = =

.
Nei conduttori di uso pi comune (come il rame, lalluminio e alcune leghe significative) la
resistivit pu essere assunta costante (almeno a livello macroscopico) e indipendente dalla corrente
(almeno fino a certi livelli di temperatura); la corrente I
i
costante, a sua volta, in quanto relativa un
tubo di flusso. Si potr, dunque, scrivere:


=
B
A
i
i AB
S
ds
I V
Definiamo resistenza del tubo di flusso i
mo
il rapporto fra la differenza di potenziale ai suoi e-
stremi e la corrente che lo attraversa:


=
B
A
i
i
S
dl
R ; [ ] [ ] = R (1. 49.)
la relazione fra tensione e corrente pu, cos, venire scritta nella forma ben nota come legge di
Ohm:
i i AB
I R V =
Le considerazioni appena svolte per il generico tubo di flusso elementare possono essere ripe-
tute per tutti i tubi di flusso elementari di cui si pu immaginare costituito lintero conduttore; la
corrente complessiva che attraversa lintera sezione S
i
data dalla somma delle correnti relative alle
singole sezioni S
i
:
AB
AB
i
i
AB
i
i
AB
i
i
R
V
R
V
R
V
I I
1 1
= = = =

.
Lespressione della resistenza complessiva del conduttore di estremi A e B

=
i
i AB
R R
1 1

consente, infine, la scrittura nella forma finita della legge di Ohm per lintero conduttore:
I R V
AB AB
= .
Nel caso di un conduttore di forma ci-
lindrica, di resistivit , lunghezza L e se-
zione retta di area S la resistenza vale:
S
L
R = . (1. 50.)


Il reciproco della resistenza viene indicato come G e chiamato conduttanza; la sua unit di
misura il siemens [S].

L
S

Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
30
Si vede, cos, che la resistivit (conducibilit ) di un certo materiale rappresenta la resi-
stenza (conduttanza) di un conduttore cilindrico del dato materiale avente lunghezza e sezione uni-
tarie.

Entro un certo campo di valori (dipendente dal materiale e dalla sa temperatura di fusione) la
resistivit dei conduttori aumenta con la temperatura secondo la legge
( ) [ ]
0 0 0
1 T T + = (1. 51.)
ove
0
il valore della resistivit alla temperatura di riferimento T
0
e
0
il cosiddetto coefficiente
di temperatura, sempre alla temperatura di riferimento: ogni conduttore ha un proprio valore caratte-
ristico del coefficiente di temperatura.
Laumento della resistivit generalmente piuttosto contenuto, quasi sempre ininfluente per
le applicazioni pratiche pi comuni.
Nel caso di forti aumenti di temperatura (come nel caso del filo di tungsteno di cui sono fatte
le lampade ad incandescenza, ove il salto termico supera i 2000C) la variazione di resistivit pu
assumere valori decisamente importanti.
Del pari sono importanti le variazioni termiche di resistivit nel caso il conduttore sia impie-
gato in apparecchiature (come gli strumenti di misura) che richiedono costanza e stabilit dei propri
componenti pressoch assolute.

Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
31
1.3.6. CLASSIFICAZIONE DEI MATERIALI IN BASE ALLA RESISTIVIT
VALORI CARATTERISTICI PER MATERIALI SIGNIFICATIVI

Si fa notare che i valori riportati in tabella sono riferiti alla temperatura standard di 20C.

MATERIALI
20
[m]
20
10
3

CONDUTTORI
Alluminio 0,028 0,030 4
Argento 0,016 0,017 3,8
Ferro 0,09 0,15 4,5
Mercurio 0,96 0,89
Nichel 0,072 0,078 6
Oro (puro) 0,024 3,4
Piombo 0,022 3,9
Platino 0,10 3,6
Rame 0,0173 0,0179 3,9
Stagno 0,11 0,12 4,3
Tungsteno 0,055 4,5
Zinco 0,060 3,7
LEGHE
Costantana (55% Cu + 45% Ni) 0,50 0,020
Manganina (84% Cu + 4% Ni + 12% Mn) 0,45 0,015
Nikrothal (Ni + Cr oppure Cr + Fe) 1
Kanthal (Fe + Cr + Al + Co) 1
Aldrey (99% Al + 0,6% Si + 0,4% Mg) 0,032 3,6
Ferro S9ilicio (Fe + 1 4 % Si) 0,25 0,45 4
Acciaio 0,18 3
Bronzo 0,018 0,02 4
Ghisa 0,8 7,5
Ottone 0,085 1
ISOLANTI
Acqua distillata 1 25 10
10

Mica 410
7
- 210
9

Olio per trasformatori 5010
16

Porcellana 4(10
15
- 10
19
)
Terreno 10
7
10
9

Vetro 210
17
- 810
19


Il rame e lalluminio sono di gran lunga i conduttori pi largamente impiegati per la costru-
zione di cavi elettrici; in particolare, pur penalizzato da una resistivit leggermente maggiore,
lalluminio viene preferito soprattutto nei casi in cui la sua minore densit relativa (2,71 contro 9,93
del rame!) diventa un fattore di scelta decisivo al fine di limitare i peso dei conduttori. Un esempio
rilevante costituito dai cavi per le linee di trasmissione, ad alta tensione, dellenergia elettrica: la
necessit di ridurre le sollecitazioni statiche dei sostegni (tralicci o altro) rende la scelta
dellalluminio praticamente obbligatoria ed esclusiva.
Per prevenire le cosiddette coppie galvaniche (f.e.m. locali da contatto bimetallico), che po-
trebbero insorgere, con effetti corrosivi, nei punti di giunzione fra conduttore (cavo) di alluminio e
accessori di collegamento (di metallo o lega diversi), si usa la lega denominata Aldrey, ottenuta ag-
giungendo allalluminio puro una piccolissima percentuale di silicio (0,6%) e di magnesio (0,4%).
Le leghe presentano una resistivit generalmente pi alta dei corrispondenti componenti puri,
con una pi spiccata dipendenza dalla temperatura.
Le leghe come la manganina e la costantana sono intese, esplicitamente, a fornire un condut-
tore a bassissimo coefficiente di temperatura (elevata costanza termica); la resistivit piuttosto ele-
vata molto utile per la realizzazione di resistori in fili caratterizzati da una resistenza apprezzabile
Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
32
ma di lunghezza relativamente contenuta: a parit di resistenza e di sezione, un filo di due queste
leghe presenta una lunghezza pari a circa un trentesimo di quella richiesta per un filo in rame. Una
tipica applicazione la realizzazione di resistori destinati a essere impiegati negli strumenti di misu-
ra.
La lega Ferro-Silicio viene impiegata essenzialmente come materiale di elezione per la co-
struzione dei nuclei ferromagnetici nellambito delle costruzioni elettromagnetiche (essenzialmente
le macchine elettriche).
Le due leghe indicate col nome commerciale di Nikrothal e Kanthal condividono la stessa
importante prerogativa di un punto di fusione piuttosto elevato, superiore a 1000C: vengono, per-
ci, impiegate in tutte le applicazioni che richiedono temperature elevate. Tipica la loro utilizza-
zione in forni elettrici, stufe, ferri da stiro, asciugacapelli e nei diffusissimi accendisigari per auto-
vetture. Il Kanthal, a cagione di una temperatura di fusione apprezzabilmente superiore a quella del
Nikrothal, viene impiegato anche per la realizzazione di piccoli crogioli per la fusione dello stesso
acciaio, oltre che per la fusione e la lavorazione di metalli nobili, nel campo dei laboratori artigiani
di oreficeria e argenteria.
Entrambe le leghe richiedono di evitare accuratamente qualunque contatto con lo zolfo, capa-
ce di provocarne un rapido deterioramento a causo di una aggressione chimica nota come green
rot (carie verde). Si ricordi, a questo proposito, che lo zolfo contenuto nella benzina gi capace di
provocare la citata aggressione a queste leghe e quindi occorre evitarne il contatto, sia accidentale
che a scopi di pulizia.
Come chiaramente dichiarano le eloquenti cifre riportate, i buoni isolanti presentano valori di
resistivit che sono decine di ordini di grandezza superiori a quella dei buoni conduttori. La notevo-
le variabilit con la quale viene, a volte, fornita la loro resistivit dipende dalla composizione effet-
tiva dello specifico materiale oltre che, molto spesso, dalle condizioni ambientali, soprattutto con
riferimento a umidit e temperatura.



Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
33
1.3.7. IL MODELLO FILIFORME

Si osserva che nella quasi totalit delle applicazioni pratiche di rilievo la corrente circola in
conduttori di forma cilindrica (a sezione circolare o rettangolare) che presentano una dimensione (la
lunghezza) assolutamente prevalente rispetto alle altre due: si tratta dei fili o cavi utilizzati per la
trasmissione dellenergia elettrica, spesso lunghi anche centinaia di chilometri.
Pur caratterizzati da una sezione finita (spesso di qualche centinaio di mm
2
), i fili elettrici
possono essere ben considerati come dei conduttori filiformi, approssimabili, cio, con un model-
lo ideale a sezione nulla (=trascurabile).
Il modello filiforme offre lapprezzabile vantaggio di consentire lanalisi della conduzione e-
lettrica al suo interno prescindendo da considerazioni relative al campo densit di corrente, che pu
essere assunto (quasi sempre con ottima approssimazione) uniforme allinterno del conduttore.
Affrancati, in tal modo, dalla necessit di ricorrere a descrizioni in termini di grandezze di
campo, la conduzione entro un conduttore filiforme viene allora completamente caratterizzata da
grandezze integrali (non pi funzioni di punto), quali la tensione V applicata i suoi estremi e la
corrente I che in esso circola.

Nel caso specifico di un conduttore di re-
sistivit , lunghezza L e sezione S, lecito ri-
durre il suo comportamento elettrico alla rela-
zione esistente fra tensione ai suoi estremi e la
corrente che in esso circola, come descritto dal-
la ben nota legge di Ohm in forma integrale:
I R V =
ove si fatto riferimento ai moduli di tensione e corrente per ragioni che saranno chiarite tra breve.
Si pu descrivere, allora, il conduttore come nella figura riportata sotto, ove si prescinde defi-
nitivamente da propriet geometriche, relative alle dimensioni, e specifiche, relative alle propriet
del materiale.

Si fa esplicitamente notare che, per la corretta valutazione/interpretazione dei valori di tensio-
ne e corrente, il conduttore deve essere comunque dotato di indicazioni (frecce) che rendano chiaro
rispetto a quali orientazioni si intenda valutare (o fornire il valore) di tensione e corrente.

Il conduttore fin qui considerato, spazialmente
esteso per la sua lunghezza, viene quindi, ridotto
alla sola sua resistenza R. Nellipotesi di regime
stazionario (o quasi - stazionario) il conduttore pu
essere supposto anche concentrato, ovvero ricondot-
to ad occupare uno spazio teoricamente trascurabile
per essere rappresentato come semplice bipolo, in-
tendendo per tale un oggetto che sia elettricamen-
te accessibile attraverso una coppia di terminali
terminati da una coppia di morsetti, come nella fi-
gura riportata.
L
S

A B
R
I
V
R
I
V
B A
TERMINALE
MORSETTO
BIPOLO
I
V
Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 1
34
Si ribadisce che, affinch le due grandezze elettriche caratteristiche del bipolo, tensione e cor-
rente, risultino univocamente individuate, il bipolo, non diversamente dal conduttore filiforme dal
quale abbiamo preso le mosse, deve essere completato con le indicazioni grafiche (frecce o altro)
che rendano chiara, esplicita ed univoca la scelta delle orientazioni rispetto alle quali tensione e cor-
rente sono date o valutate.

In perfetta analogia al caso del conduttore, tutti gli oggetti elettrici (quelli, cio, caratteriz-
zabili per una relazione tensione corrente) in regime stazionario possono essere rappresentati co-
me bipoli, individuati da un parametro che esprime proprio la specifica relazione tensione corren-
te che ciascuno stabilisce. Ogni bipolo sar, poi, associato ad uno specifico simbolo, come stabilito
da un apposita normativa
4
.


1.3.8. LA MISURA DELLA CORRENTE: LAMPEROMETRO IDEALE


Il modello filiforme rende possibile ipotizzare la misura
della corrente con un apposito strumento, detto amperometro ide-
ale, schematizzato come in figura. Ovviamente anche
lamperometro ha i morsetti dotati di contrassegni identificativi
che corrispondono alla loro orientazione.


Lutilizzazione dellamperometro prevede
che venga collegato secondo lo schema di
principio riportato nel cosiddetto circuito
semplice di figura, ove la corrente misurata
dallamperometro fisicamente la stessa che
percorre il generatore e il bipolo.















4
In Italia la simbologia deve risultare conforme a qanto stabilito dal Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI)
A
+
A
+
E
I
1






Prof. Giulio Fabricatore






ELEMENTI DI

ELETTROMAGNETISMO


PARTE SECONDA













Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 2

2

2. IL CAMPO MAGNETICO


2.1. PRIME EVIDENZE SPERIMENTALI

Si abbia un filo (che, per semplicit, supponiamo rettilineo indefinito) nel quale possa cir-
colare una generica corrente stazionaria I.
Sia q una carica elettrica che si muova
lungo una certa traiettoria con velocit v.
a) In assenza di corrente nel filo, il moto della
carica q regolato esclusivamente dalle forze
meccaniche e da quelle del campo elettrico
eventulmente presente.
b) In presenza di corrente, il moto della carica
deviato per effetto dellazione di una forza
che dipende da un campo che chiameremo
(per ragioni storiche che saranno pi chiare
nel seguito) campo di induzione magnetica e
che si indica con B. Tale forza, detta anche
forza di Lorentz (dal nome del fisico Hendrik
Lorentz) data dalla relazione vettoriale:
B v q F
v
=
e risulta, perci, proporzionale alla carica, alla sua velocit e al vettore campo di induzione
magnetica. Si contraddistinta la forza di Lorentz con il pedice v per ricordare come essa sia
avvertita dalle sole cariche in movimento: la forza di Lorentz si configura, perci, come un caso
di campo elettromotore di natura elettrodinamica (v. seg.).
Ci dedicheremo ora a conoscere caratteristiche e propriet del nuovo campo vettoriale
induzione magnetica.


2.2. LEGGI FONDAMENTALI DELLA MAGNETOSTATICA

Lesperienza concettuale prima descritta mette in evidenza che:
la corrente elettrica la sorgente del campo induzione magnetica
il campo di induzione magnetica di una corrente stazionario stazionario.

Per ragioni di semplicit si presentano direttamente le leggi fondamentali che descrivono le
propriet del campo B.

1. Il campo di induzione magnetica prodotto da una qualunque distrbuzione di correnti nel
vuoto solenoidale, ovvero nullo il suo flusso uscente da (o entrante in) una qualunque
superficie chiusa (come quella di fig. (a)) (prima legge della magnetostatica):

= 0 dS n B (2.1.)
la propriet, per il teorema della divergenza e dovendo valere per qualsiasi superficie, pu essere
espressa in forma locale:
0 div = B (2.2.)
v

B

v
F
q
I
Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 2

3
Diversamente dal caso del campo
elettrico (per il quale il teorema di
Gauss stabiliva la proporzionalit fra il
flusso di E attraverso una superficie
chiusa e le cariche contenute nel vo-
lume racchiuso da ), la propriet di so-
lenoidalit di B esclude la presenza di
cariche magnetiche isolate dalle quali
possano partire o alle quali possano ar-
rivare linee di campo di B.
Si consideri ora la figura (b), nella
quale la superficie viene divisa da una
generica linea in due diversi gusci co-
stituiti dalle superfici curve S
A
e S
B
aventi in comune ovvero, come si usa dire, orlate entrambe
da .
Avendo lasciato la stessa orientazione della normale alle due superfici parziali (ad esempio
quella verso lesterno) gi assunta per , la richiamata propriet di solenoidalit consente di scrive-
re:
) , ( 0
B
S S S
A
S
S S dS n B dS n B dS n B dS n B dS n B
A A B B

= = =
ci consente di parlare di un flusso di induzione ma-
gnetica concatenato con la data linea , del tutto in-
dipendente dalla specifica superficie attraverso la qua-
le si valuta il flusso, purch orlata da .











2. Diversamente dal campo elettrico, il campo di induzio-
ne magnetica rotazionale: con riferimento a una ge-
nerica curva chiusa nel vuoto:


= = NI dl t B I dl t B
0 0

ovvero

(2.3.)
(legge di Ampre ovvero seconda legge della magnetostatica)
ove
0
un coefficiente di proporzionalit (dimensionale) detto
permeabilit magnetica del vuoto; nei mezzi materiali si parler di una permeabilit magnetica
tipica per diverse categorie di materiali.
Nella formulazione di destra si tiene conto del numero di concatenamenti con la corrente
sorgente.

dS n

dS n
S
A

S
B


(a)
(b)
I
B

dS n
B

Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 2

4

Per il teorema di Stokes:
( ) ( ) dS n B dS n B dl t B
S S
rot

= =

(2.4.)
avendo designato con S una qualunque superficie aperta inclusa nel dominio di definizione del cam-
po induzione magnetica e orlata dal contorno .
Ricordando che la corrente sorgente I pu essere espressa come il flusso attraverso S di un
vettore densit di corrente J, si pu scrivere:
( ) . rot
0 0
= =
S S
dS n J I dS n B (2.5.)
Data larbitrariet della linea e della superficie, luguaglianza fra gli integrali comporta la re-
lazione
J B
0
rot = (2.6.)
che esprime la seconda legge della magnetostatica in forma locale.


2.2.1. CAMPI MAGNETICI PRODOTTI DA SEMPLICI DISTRIBUZIONI DI CORRENTE

2.2.1.A. Filo rettilineo indefinito

Il campo non pu essere ad andamento radiale, perch in tal caso non sarebbe solenoidale ed
inoltre avrebbe circuitazione nulla, come il campo elettrico.
Il campo non pu neanche essere uniforme e, ad esem-
pio, parallelo al conduttore: in tal caso, infatti, non si annulle-
rebbe allinfinito nelle direzioni ortogonali al filo,
Il campo deve, perci, avere un andamento tale da esse-
re in ogni punto tangente alla circonferenza che, con centro
sul filo, passa per quel punto. Un tale campo di tipo cilindrico; le sue linee di campo sono, dun-
que, linee chiuse costituite da circonferenze concentriche che soddisfano sia la condizione di sole-
noidalit che quella di circuitazione non nulla.
In particolare, la relazione

= I dl t B
0


pu essere valutata scegliendo come percorso di integrazione una qualunque circonferenza col cen-
tro sul filo. In tal caso il versore della tangente alla circonferenza nel punto P coincide con la linea
di forza del campo nello stesso punto e, perci:
B t B t B =

//
Essendo B indipendente da :

= =
2
0
2

rB Brd dl t B ,
e, quindi, dalla legge di Ampre:
r
I
B

=
2
0
(2.7.)
Il campo di induzione magnetica varia, cos, con
legge iperbolica rispetto alla distanza dal filo in cui circola la corrente sorgente I.


I
P
P
O

n
t


B
r
Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 2

5

2.2.1.B. Conduttore rettilineo indefinito a sezione finita

Sia ancora I la corrente che circola nel
conduttore massiccio a sezione circolare di
raggio R; in esso la conduzione sia caratterizzata
da una densit di corrente J uniforme, costante,
cio, con il raggio r.
Per evidenti ragioni di simmetria, in un
punto fuori dal conduttore (r >R) il campo
induzione magnetica avr lo stesso andamento
(iperbolico) del conduttore filiforme del caso
prima studiato.
Per la determinazione del campo
allinterno si pu osservare che la corrente che
attraversa il cerchio di raggio r una aliquota i
della corrente totale I:
I
R
r
i
2
2
= ;
considerando che, in un sistema di assi cartesiani, la dipendenza dalla variabile x del tutto analoga
a quella dalla y, il campo B
i
nei punti interni compresi nella corona circolare fra r ed R vale
( ) R x x
R
I
x
i
B
i

=
2 2
| |
2
0 0
(2.8.)
Nei punti entro il conduttore il campo si presenta, dunque, ad andamento lineare, per prose-
guire, poi, di nuovo ad andamento iperbolico dalla superficie esterna in poi.
Nella formulazione si assunto il valore assoluto delle correnti per poter prescindere dal sen-
so del campo, dipendente dal valore effettivo (con segno) della corrente.

2.2.1.C. Solenoide toroidale

Un solenoide toroidle costituito da N spire
avvolte in maniera fittamente serrata su un supporto
di forma toroidale.
Semplici considerazioni di simmetria portano
a concludere che:
le linee del campo di induzione magnetica
sono costituite da circonferenze concentriche
contenute in piani ortogonali allasse z
il campo nullo allesterno del solenoide:
una eventuale linea di campo esterna al sole-
noide non concatenerebbe, infatti, alcuna cor-
rente.
Il campo entro la cavit del solenoide pu es-
sere valutato a partire dalla legge di Ampre:
NI r B dl t B
0
2

= =


avendo indicato con r il raggio della circonferenza
R
r
R
x
B
x
y
r
I
N
r

S
z
x
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6
lungo la quale si valutata la circuitazione di B, N il numero di spire e I la corrente circolante nel
solenoide e, perci, in ciascuna delle N spire, disposte tutte in serie.
Si ottiene, pertanto:
.
2
0
r
NI
B

= (2.9.)
Allinterno dellavvolgimento toroidale il campo non dipende dalla forma della sezione del
toroide ma solo dalla corrente totale NI e dalla distanza dallasse (coincidente con lasse z): il cam-
po coincide, dunque, con quello prodotto da una corrente circolante in un conduttore filiforme posto
sullasse z e di intensit pari proprio a NI.

2.2.1.d. Solenoide rettilineo indefinito

Costituito da numerosissime spire fittamente avvolte su un supporto cilindrico (di sezione
qualsiasi), pu essere considerato derivante dal solenoide toroidale al tendere allinfinito del suo
diametro.









Sulla base dei risultati ottenuti prima si pu dire che il campo di induzione magnetica
confinato entro il solenoide, essendo nullo fuori
risulta uniforme diretto lungo lasse del solenoide, con verso coerente con la solita regola del
cavatappi
presenta il valore
(

= = lunghezza) di unit per (spire


0
l
N
n nI B (2.10.)


2.3. COEFFICIENTI DI AUTO E MUTUA INDUZIONE

La corrente I
A
che percorre il circuito
orientato A sorgente di un campo di indu-
zione magnetica; definiamo autoconcatenato
il flusso di induzione relativo al vettore indu-
zione magnetica generato da I
A
e concatenato
con lo stesso circuito nel quale circola la cor-
rente sorgente: come sappiamo, il flusso au-
toconcatenato dipende solo dalla geometria
del circuito ed indipendente dalla superficie
(qualsiasi, purch orlata dal circuito considerato) attraverso la quale si valuta il flusso di induzione.
Se i riferimenti per la corrente e quello per il versore della normale alla superficie sono coe-
renti (ad esempio, secondo la solita regola del cavatappi), ad una corrente positiva corrisponde un
flusso autoconcatenato positivo.
Si definisce coefficiente di autoinduzione (ovvero autoinduttanza o, ancora pi brevemente,
induttanza) del circuito A, e si indica con L
A
, il rapporto

y

y

y

y

y
I
A

I
B

A
n
B
n
A
B
A
B
A
B
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7
A
A
A
I
L

= (2.11.)
Per come stata definita, linduttanza intrinsecamente positiva.


2.3.1. ACCOPPIAMENTO MUTUO

Si consideri ora la presenza di un secondo circuito orientato (che indicheremo con B): si di-
r che i due circuiti A e B sono mutamente accoppiati se, avendo alimentato il primo circuito con la
solita corrente I
A,
diverso da zero il flusso di induzione concatenato con il secondo circuito, valu-
tato, come al solito, attraverso una qualunque superficie orlata dal circuito.
In perfetta analogia con la definizione di coefficiente di autoinduzione, si definisce coefficien-
te di mutua induzione (o mutua induttanza) su B da parte di A, e si indica con M
BA
, il rapporto fra il
flusso del vettore induzione generato da I
A
e concatenato con B:

A
BA
BA
I
M

= (2.12.)

In maniera del tutto reciproca si definisce la mutua induttanza M
AB
su A da parte di B:
B
AB
AB
I
M

= (2.13.)
Per ragioni di simmetria i due coefficienti cos definiti coincidono, sicch si pu far riferimen-
to ad un unico valore di mutua induttanza per due circuiti mutuamente accoppiati:
M M M
BA AB
= = . (2. 14.)
Data lassoluta indipendenza delle orientazioni dei due circuiti, la mutua induttanza, a diffe-
renza della autoinduttanza, pu avere segno sia positivo che negativo: per i due circuiti riportati in
figura, ad esempio, facile verificare che la loro mutua induttanza, a prescindere dal valore, presen-
ta segno negativo.


2.3.2. Autoinduttanza del solenoide lungo
Attesa limpossibilit di ottenere un solenoide rettilineo indefinito, si definir lungo un so-
lenoide che presenti lunghezza molto
maggiore della dimensione trasversale ti-
pica.
Se si prescinde da quanto accade al-
le estremit del solenoide e lo si immagi-
na costituito da N spire fittamente serrate
e uniformemente distribuite, si pu ritene-
re che il campo al suo interno, con buona approssimazione e in zone non troppo prossime alle e-
stremit, abbia il valore gi trovato per il solenoide rettilineo indefinito:
(

= = lunghezza) di unit per (spire


0
l
N
n nI B (2. 15.)
Linduttanza andrebbe determinata valutando il flusso del vettore di induzione prodotto da
una corrente circolante nelle N spire del solenoide attraverso una superficie che abbia il solenoide
come bordo: unoperazione che si intuisce subito decisamente complessa.
B
I N
l
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8
A patto che il solenoide sia davvero lungo, non si commette, per, un errore apprezzabile se si
considera il flusso
N
totale pari a N volte il flusso unitario
u
, concatenato, cio, con ciascuna del-
le N spire:
u N
N =
Essendo il campo di induzione uniforme in qualunque punto della sezione retta S del solenoi-
de e diretto secondo lasse del solenoide, i flussi possono essere valutati semplicemente:
IS
l
N
nIS BS
u 0 0
= = = IS
l
N
N
u N
2
0
= =
Si ricava, pertanto:
S
l
N
I
L
N
2
0
=

= (2. 16.)

2.4. INDUZIONE ELETTROMAGNETICA
Un qualsiasi percorso orientato tridimensionale C concatenato con un flusso di induzione va-
riabile nel tempo
C
(t) diventa sede di una f.e.m. distribuita sullintera lunghezza di C e dipendente
dalla derivata del flusso (legge di Faraday):
dt
d
dS n B
dt
d
dl t E t e
C
S C
i i

=
(

= =

) ( (2. 17.)
Come al solito, S una qualsiasi superficie che ha il percorso C come contorno,.
La legge appena esposta afferma che una variazione temporale del campo di induzione ma-
gnetica determina/induce un campo elettrico E
i
(in realt si tratta di un campo elettromotore) pre-
sente in tutto lo spazio, indipendentemente dal fatto che in questo spazio esista o meno un circuito
materiale, costituito, cio, da un filo conduttore. Nel caso in cui sia presente un circuito materiale
chiuso, la f.e.m. indotta determina la circolazione di una corrente indotta.
In presenza di un circuito elettrico chiuso, concatenato con un flusso di induzione variabile
nel tempo, la legge appena enunciata comporta che esso diventi sede di una f.e.m. distribuita di se-
gno tale che la corrente indotta che essa fa circolare tende a neutralizzare la causa che lha genera-
ta (cio la variazione di flusso) (legge di Lenz), che pu essere scritta in una forma che, come al so-
lito, dipende dalla convenzione fatta sul circuito:
dt
d
e
C
i

= (convenzione del generatore) (2. 18.)
dt
d
v
C
i

= (convenzione dellutilizzatore) (2. 19.)
Alla grandezza e
i
si d il nome di forza elettromotrice indotta mentre v
i
viene indicata
come tensione indotta.
fondamentale sottolineare che il fenomeno dellinduzione del tutto indipendente dalle molte-
plici, ed, eventualmente, concomitanti, cause che sono allorigine della variazione temporale del flusso.
Si pu, ad esempio, ottenere un flusso variabile:
facendo circolare in un circuito sorgente del campo una corrente variabile nel tempo oppure
facendo circolare nel circuito sorgente una corrente stazionaria e muovendo lintero circuito nello
spazio
modificando la geometria del circuito.
In ogni caso nel circuito considerato si registrer il fenomeno dellinduzione, senza, peraltro, poter di-
scriminare a quale origine sia precisamente riferibile.
Si consideri un circuito orientato C,
magneticamente isolato (sottratto, cio, allinfluenza di campi di induzione estranei),
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percorso da una corrente variabile nel tempo i(t) e
caratterizzato da una induttanza L.

Il flusso di induzione
C
autoconcatenato con C, anchesso variabile nel tempo, sar ancora legato
alla corrente attraverso linduttanza L:
C
= Li(t).
La variabilit del flusso autoconcatenato determina la comparsa di una f.e.m. autoindotta, che, nel
caso di L costante (in relazione ad una costanza della geometria del circuito) pu essere espressa
come:
( )
dt
di
L
dt
Li d
dt
d
e
C
i
= =

= (convenzione del generatore) (2. 20.)


( )
dt
di
L
dt
Li d
dt
d
v
C
i
= =

= (convenzione dellutilizzatore) (2. 21.)




2.5. UNIT DI MISURA

Sulla base di quanto detto finora si ricava:
| | | | | | | | Wb Weber Vs = = =

| | | | | | | | | | T Tesla m Wb m B = = = =
2 2


| | | | | | | | | | | | H Henry s A Vs I L = = = = =
1 1


| | | | | | | | | |
1 1 1 1 1
= = = = m H m s A m Vs I m B
Nel Sistema Internazionale la permeabilit del vuoto vale
-1 7
0
Hm 10 4

=


2.6. F.E.M. DOVUTA A MOVIMENTO

Si consideri il circuito piano di figura, nel quale viene
evidenziato il tratto elementare orientato tdl libero di scorrere
su due guide con una traslazione ortogonale a velocit v, in
modo da percorrere nel tempuscolo dt il tratto ds = vdt ortogo-
nalmente.
Il circuito sia immerso in un campo di induzione magne-
tica diretto verso il piano del foglio e supposto, per semplicit,
uniforme.
A seguito dello spostamento del lato mobile si avr una
variazione della geometria del circuito e, perci, del flusso di
induzione con esso concatenato:
dS n B d = ,
ove il vettore relativo alla superficie elementare orientata dS dato dal prodotto vettoriale:
dl t dt v dS n

= .
dS dl t


dt v


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10
La variazione di flusso concatenato con lintero circuito diventa:
dl t dt v B d

= .
Dividendo per dt e applicando le regole del prodotto misto di tre vettori, si ottiene
lespressione della f.e.m. indotta sul circuito per effetto della variazione di flusso concatenato:
dl t B v dl t v B dl t v B
dt
d
de

= = =

= (2. 22.)
La scrittura ottenuta tiene conto dellangolo formato dalle linee di B con il piano contenente il
circuito; nel caso di ortogonalit, il modulo della f.e.m. assume lespressione semplice
vBdl de = .
Coerentemente con la cosiddetta rappresentazione di Faraday del campo di induzione, il ri-
sultato ottenuto pu essere enunciato in maniera espressiva dicendo che la f.e.m. indotta corrispon-
de al numero di linee di flusso di induzione tagliate nellunit di tempo. Questo giustifica
lespressione piuttosto comune secondo la quale si dice che la f.e.m. legata al flusso tagliato.


2.7. CAMPO ELETTROMOTORE DOVUTO A CARICA IN MOVIMENTO

Come si gi visto, una carica q in movimento con velocit v in un campo di induzione ma-
gnetica B soggetta alla cosiddetta forza di Lorentz
B v q F
v
= (2.23.)
Il campo elettrico di Lorentz si ottiene dividendo, come al solito, la forza per la carica:
B v E
v
= . (2. 24.)
Se a muoversi nel campo di induzione un conduttore, la
forza di Lorentz agir sulle cariche libere (di conduzione) in esso
contenute determinandone la separazione: le due cariche dei due
segni si allontaneranno addensandosi ciascun tipo ad una delle
due estremit.
In seguito a ci si stabilir un campo elettrico il cui valore
tale da fare equilibrio al campo elettromotore dovuto alla forza
di Lorentz.


2.8. EFFETTI MECCANICI DEL CAMPO MAGNETICO

2.8.1. FORZA ELEMENTARE

Una importante propriet del campo di induzione ma-
gnetica la sua capacit di interagire meccanicamente con un
corrente elettrica.
Un campo di induzione magnetica esercita, infatti, su un
elemento di corrente Idl la forza elementare
B t Idl F d =

(2. 25.)
Gli effetti meccanici del campo sono indipendenti dalla
natura specifica della corrente e dallorigine del campo stesso.
La corrente pu essere costituita, per esempio, da un semplice
fascio di elettroni destinati a colpire i fosfori di uno schermo
televisivo; il campo, a sua volta, pu essere stato generato da una macrocorrente in un condut-
tore, da microcorrenti in un materiale magnetizzato o da un flusso di elettroni in un tubo termoio-
-
-
-
-
+
+
+
+
v
B
v
F
I
F d
t

B
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11
nico a vuoto. Linterazione campo corrente si manifesta, inoltre, per campo sia stazionario sia
tempo variante.
Limitando la nostra attenzione al caso pi comune, costituito dalla corrente in un condutto-
re, intuitivo dedurre che lazione sui portatori di carica finisce per trasmettersi al conduttore
stesso, in quanto sede supporto materiale delle cariche. Linterazione descritta comporta, quin-
di, un effetto ponderomotore sui conduttori: le forze in cui questo effetto si concretizza vengono
dette forze elettrodinamiche.
Nel caso, piuttosto generalizzato, in cui i conduttori sede di corrente siano bloccati nella lo-
ro posizione o resi comunque rigidi da opportuni vincoli, tali forze sono destinate ad essere bilan-
ciate , almeno nella maggior parte dei casi, da una adeguata reazione vincolare: linterazione
campo corrente si limita, allora, ad un cosiddetto sforzo elettrodinamico che, per correnti e
campi di elevato valore, pu comportare il cedimento almeno parziale dei vincoli, con i conse-
guenti prevedibili gravi danni sulla funzionalit impiantistica generale.


2.8.2. INTERAZIONI FRA FILI PARALLELI PERCORSI DA CORRENTI

agevole riconoscere che due conduttori interessati da correnti controverse (nella figura di
sinistra) sono soggetti a forze repulsive mentre due correnti equiverse (a destra nella figura)
determinano forze attrattive.



Un conduttore massiccio, sede di un campo di cor-
rente, indipendentemente dalla forma della sezione, pu
essere immaginato come linsieme di correnti elementari
equiverse: linterazione fra queste correnti produce una
forza di attrazione che si trasforma in uno sforzo di stri-
zione del conduttore, sottoposto, perci, ad una sorta di
pressione elettrodinamica. Tale pressione del tutto
priva di effetti pratici nei conduttori ordinari ma pu avere
conseguenze di rilievo nel caso di conduttori particolari
(come il mercurio, liquido alla ordinaria temperatura am-
bientale) caratterizzati da forze di coesione strutturale re-
lativamente labili.





2.8.3. AZIONE SU UNA SPIRA LIBERA DI RUOTARE INTORNO A UN ASSE

I
A
I
B

BA
F
AB
F
B
B
A
B

I
A

I
B

BA
F
AB
F
B
B
A
B
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12

Si consideri una spira piana
- costituita da un conduttore filiforme percorso dalla corrente I:
- tale da individuare sul piano di appoggio la superficie S delimitata dal contorno orientato

Definiamo momento magnetico della spira il vettore avente
- modulo m pari al prodotto della superficie S per la corrente (m = SI).
- direzione ortogonale al piano della spira
- verso coerente con la cosiddetta regola del cavatappi (o della vite destrorsa) rispetto alla o-
rientazione della spira, come, daltronde, evidenziato dalla figura di sinistra.
La figura di destra riporta una sezione della spira ortogonale al piano di appoggio; si noti che,
per ovvie ragioni di disegnabilit il conduttore della spira stato supposto a sezione finita e, nel
caso specifico, circolare, in modo da poter indicare lorientazione della spira con la solita conven-
zione, evidenziata da una per la coda e da un punto pieno per la punta della freccia.
Si sono disegnate alcune plausibili linee del campo di induzione coerentemente con la regola
della vite destrorsa.

Si supponga ora di aver posto in un campo di induzione magnetica (per semplicit, uniforme)
una spira piana rettangolare, di lati b ed h, percorsa dalla corrente I; se la spira vincolata ad un as-
se di rotazione, le forze elettrodinamiche derivanti dalla interazione fra corrente e campo di indu-
zione magnetica produrranno una coppia motrice C che fa ruotare la spira; tale coppia data dal
prodotto vettoriale:
B m C = . (2. 26.)
La coppia raggiunge il valore massimo quando la direzione del momento magnetico della spi-
ra ortogonale a quella del campo di induzione:
S

SI n
I
B
B F
F
h
b
I
I


B
m
F
F
I
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13
BIS BIbh C
M
= = .
Lazione meccanica illustrata alla base del funzionamento di un gran numero di dispositivi,
fra i quali un tipico esempio sono gli strumenti magnetoelettrici o il cosiddetto motore a corrente
continua.


2.9. ENERGIA DI MAGNETIZZAZIONE

Siano N circuiti fissi nelo spazio
- alimentati da N generatori v
i

- percorsi da correnti i
i

- dotati di resistenza R
i

- concatenati ciascuno con un flusso di induzione

i


Se i flussi sono variabili nel tempo, ogni circuito
sar sede di una f.e.m. e
i
il cui valore fornito dalla legge di Lenz; la Legge di Kirchhoff delle
tensioni applicata a ciascun circuito assume la forma:
i i
i
i i i
i R
dt
d
v e v =

= + (2. 27.)
Moltiplicando per i
i
dt otteniamo il bilancio di energie nellintervallo di tempo elementare dt:
j m g i i i i i i
dW dW dW dt i R d i dt i v + = + =
2
(2. 28.)
ovvero: lenergia erogata dal generatore dW
g
consta della somma di una energia dW
j
dissipata per
effetto joule nella resistenza di ciascun circuito e di una energia dW
m
assorbita sotto altra forma dal
sistema; per linsieme degli N circuiti si ottiene il valore di questa energia effettuando semplice-
mente la sommatoria:

=
N
i i mTOT
d i dW
1
(2. 29.)
Supponendo che i l generico flusso in ciascuno degli N circuiti vari da 0 al valore finale
i
, il
sistema assorbe lenergia:

=
N
i i m
i
d i W
1
0
(2. 30.)
che viene indicata come energia di magnetizzazione.

Nel caso di un solo circuito, per il quale pu porsi = Li, nellipotesi di coefficiente di au-
toinduzione costante, lenergia di magnetizzazione pu esprimersi in funzione del livello di corren-
te:
.
2
1
) (
2
0 0 0
LI idi L Li id id W
I I
m
= = = =

(2. 31.)

v
i
i
i
R
i
V
k

i
k
R
k
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14
2.10. CAMPO MAGNETICO E MEZZI MATERIALI


2.10.1. IL CAMPO MAGNETICO H

Le propriet magnetiche della materia possono essere riferite al momento magnetico elemen-
tare delle orbite elettroniche, del genere postulato nel semplice modello di Bohr dellatomo di idro-
geno, costituito da un nucleo intorno al quale ruota, in una propria orbita, un elettrone. Immagi-
nando, per semplicit, lorbita piana e sempre identica, caratterizzata da un periodo T, la rotazione
dellelettrone, di carica e, pu essere assimilata ad una corrente elementare i = e/T.
Ad ogni atomo e alla corrente elementare pu, perci, essere associato un momento magneti-
co elementare m del tutto analogo a quello sopra definito.
In condizioni normali i vari momenti magnetici presenti in un volume finito di un dato mate-
riale si trovano orientati secondo direzioni del tutto casuali, senza alcuna conseguenza sulle proprie-
t magnetiche in senso macroscopico.
In alcuni materiali (quelli che si diranno, poi, ferromagnetici) possibile orientare, in di-
verso grado, i momenti magnetici elementari che, colla somma dei loro contributi resi pi coerenti,
possono alterare in misura anche notevole le propriet complessive del materiale: un comportamen-
to che viene indicato come polarizzazione magnetica, o magnetizzazione, e che ricorda, per pi ver-
si, la polarizzazione elettrica dei dielettrici alla quale si fatto cenno a proposito del campo elettri-
co.
Si pu ricondurre il fenomeno globale della magnetizzazione a un grandezza vettoriale speci-
fica introducendo la cosiddetta intensit di magnetizzazione nel generico punto P (momento magne-
tico per unit di volume)

=

m
M
0
lim (2. 32.)
come limite del rapporto fra il momento magnetico elementare e il volumetto considerato del mate-
riale, al tendere a zero di tale volumetto.
Indicando con
m
(
il valore medio del momento magnetico elementare
N il numero di atomi per unit di volume
si ha
m N M
(
= (2. 33.)
Si consideri ora la generica area elementare S entro il materiale considerato; come si gi
fatto per la ordinaria corrente di conduzione, indichiamo stavolta con I
m
(corrente molecolare) la
corrente microscopica netta attraverso S, ovvero la somma algebrica di tutte le correnti microsco-
piche che attraversano la superficie S. Si pu, allora, definire una densit di corrente molecolare
(di modulo J
m
) nel mezzo materiale:
| |
S
I
n J J
m
S
m n m

= =
0
lim (2. 34.)
avendo indicato, come al solito, con n il versore della normale alla superficie S.
La seconda legge della magnetostatica dovr quindi essere modificata per includere il contri-
buto della corrente molecolare; indicando con I
c
la corrente di conduzione si scriver:
( )

+ =


m c
I I dl t B
0

; (2. 35.)
indicando con J
c
la densit di corrente di conduzione, si avr lespressione in forma locale
( ); rot
0 m c
J J B + = (2. 36.)
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15
m c
J J
B
+ =

0
rot

m c
J
B
J

=
0
rot
. (2. 37.)
Associando il rotore del vettore magnetizzazione alla densit di corrente molecolare
[
m
J M rot = ] si ha:
. rot
0
c
J M
B
=
|
|
.
|

\
|

(2. 38.)
Introducendo il vettore intensit di campo magnetico
M
B
H

=
0
(2. 39.)
si potr scrivere la seconda legge della magnetostatica
c
J H = rot in forma locale (2. 40.)

=
c
I dl t H

in forma integrale (2. 41.)


Le dimensioni del nuovo campo saranno: [H]=[A/m].
Il vantaggio del nuovo vettore che esso consente una descrizione dei fenomeni di tipo ma-
gnetico legata esclusivamente alle correnti totale esterne, diverse, cio, da quelle interne che
abbiamo anche definito molecolari.
Pur confermandosi il carattere fondamentale del campo induzione magnetica, il campo ma-
gnetico H finisce per essere usato come riferimento per la magnetostatica, legato com alle corren-
ti, sulle quali possiamo esercitare un controllo semplice ed immediato.

Dalla prima legge della magnetostatica
0 div = B ( ) | | 0 div
0
= + M H M H div div = . (2. 42.)

In presenza di mezzi materiali, dunque,
il campo B rimane solenoidale
i campi M ed H in genere non lo sono.


2.10.2. ENERGIA DI MAGNETIZZAZIONE SPECIFICA

Si vuole ora mostrare come dellenergia magnetica evidenziata in 2.9. si possa dare
unespressione riferita alle cosiddette grandezze specifiche B ed H.
Si indichi con dB la variazione elementare dellinduzione magnetica che si verifica in tutti i
punti dello spazio quando i flussi concatenati varino di d
i
; se si considera lelemento d di volu-
me elementare del generico tubo i flusso del vettore induzione magnetica, la quantit
d B d H (2. 43.)
appare omogenea con una variazione elementare di energia nel volume elementare d.
Integrata prima sullintero tubo di flusso e sommando, poi, i contributi di tutti i tubi su tutto lo
spazio, si ottiene, in base al teorema di circuitazione applicata agli N circuiti di 2.9.:
i
N
i
d i d B d H =

1
) ( (2. 44.)
Si pu concludere, dunque, che per produrre punto per punto una variazione dB
dellinduzione magnetica in un campo di intensit H si deve impegnare lenergia specifica:
( ) = d B d H dW
m
(2. 45.)
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16
per lunit di volume la variazione di energia specifica:
B d H dw
m
= (2. 46.)
e, per un processo di magnetizzazione che porta il campo di induzione da 0 a B:

=
B
m
B d H w
0
(2. 47.)
si ottiene, cos la energia di magnetizzazione specifica totale per unit di volume.


2.10.3. CARATTERIZZAZIONE MAGNETICA DEI DIVERSI MEZZI

Relativamente al loro comportamento quando siano investiti da un campo di induzione ma-
gnetica, i diversi materiali possono essere classificati in tre grandi gruppi
a. diamagnetici sono quelli che reagiscono con una magnetizzazione piuttosto debole di se-
gno opposto a quella del campo esterno (ad es.:Cu, Ag, Bi, Au, C, Cd, Hg, Pb, Si)
b. paramagnetici sono quelli che presentano una magnetizzazione debole concorde con
quella del campo esterno (ad es.: Pt, Mg, Al, Cr, Mn, Sn, V, W)
c. ferromagnetici (Fe, Ni, Co) sono quelli che subiscono una magnetizzazione intensa (o,
anche, molto intensa) concorde col campo esterno e che, inoltre, presentano i fenomeni pe-
culiari del magnetismo residuo e dellisteresi, dei quali si parler nel seguito.

Allo scopo di pervenire ad una relazione costitutiva fra B ed H, si osservi che, per la mag-
gior parte dei materiali non ferromagnetici la magnetizzazione proporzionale e parallela al campo
magnetico H:
H M
m
= (2. 48.)
ove la costante dimensionale
m
, chiamata suscettivit magnetica del materiale, una misura della
di come il dato materiale sia suscettibile ad essere magneticamente polarizzato da un campo ester-
no:

m
< 0 per i materiali diamagnetici

m
> 0 per i materiali paramagnetici

Una relazione analoga alla (2.48) pu essere scritta anche per un materiale ferromagnetico,
tenendo presente, per, che per questi
m
funzione di H e della sua precedente vicenda magneti-
ca, come si chiarir tra breve.
Se sostituiamo la (2.48) nella (2.39), otteniamo:
( ) 1
0
H H B
m
= + = (2. 49.)
Il coefficiente
) 1 (
0 m
+ (2. 50.)
viene definito permeabilit magnetica del materiale considerato; di norma esso viene determinato
per via sperimentale.
Per materiali diamagnetici e paramagnetici la permeabilit magnetica differisce da quella
del vuoto
0
di un ammontare che, per le applicazioni pratiche, risulta assolutamente trascurabile: il
bismuto, ad esempio, per il quale la propriet diamagnetica si presenta pi intensa, presenta un va-
lore =0,99983
0
mentre per lalluminio si ha =1,00002
0
.
Facendo riferimento alla permeabilit magnetica del vuoto, si definisce la permeabilit ma-
gnetica relativa:
r
= /
0
.
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17
Per i materiali ferromagnetici molto pi grande di
0
(
r
1), anche di oltre 10
5
volte. Una
caratteristica assolutamente peculiare di questi materiali la mancanza di un valore univoco della
permeabilit magnetica a causa della loro spiccata non linearit.
La scelta di un dato materiale ferromagnetico, in vista di fini specifici, pu essere ragione-
volmente effettuata solo attraverso la conoscenza della sua cosiddetta caratteristica magnetica, ov-
vero il grafico che si ottiene misurando B e riportando il risultato dei rilievi in un diagramma sul
piano (H, B).


2.10.4. LA CURVA (H-B)

Si immagini di sottoporre un campione (di
forma anulare) del materiale allazione del campo
magnetico prodotto dalle N spire di un solenoide to-
roidale strettamente e fittamente avvolte intorno.
La sezione retta del toroide abbia forma circo-
lare di raggio r
S
e sia r il raggio medio del toroide,
supposto molto maggiore di r
S
in modo che la lun-
ghezza di qualunque circonferenza entro il toroide
possa essere assunta pari a 2r.
Come si gi visto in 2.2.1.C, le linee del vet-
tore H, per ragioni di simmetria sono circolari e co-
assiali; lintensit di H, a distanza r dal centro del
toroide vale:
r
NI
H

=
2

Se, allinizio dellanalisi che si sta per descrivere il campione si trovava in uno stato non magnetiz-
zato, la caratteristica magnetica (detta anche caratteristica di prima magnetizzazione) parte dal
punto O, origine degli assi, per proseguire nella forma tipica riportata in figura.
Sono da evidenziare i tratti
fondamentali:
OP detto piede della curva
PL tratto approssimativamente lineare
LC detto ginocchio
GA tratto asintotico o di saturazione

Come si vede, la perdita di linea-
rit diventa particolarmente marcata
verso i valori elevati dellinduzione; la
spiegazione semplice che oltre certi
valori dellinduzione si esaurisce il
contributo dei cosiddetti domini ma-
gnetici interni del materiale: una volta
che si sono orientati tutti secondo la
direzione del campo esterno, un ulteriore incremento delle amperspire NI magnetizzanti comporta
un aumento di B non diverso da quello che si avrebbe nel vuoto. Il tratto di saturazione della curva
tende, infatti, asintoticamente verso una retta dotta di una pendenza pari proprio alla permeabilit
magnetica del vuoto
0
.
Si fa notare esplicitamente che, per ragioni di evidenza grafica, nel diagramma illustrativo ri-
portato si vistosamente esagerata la pendenza dellasintoto di saturazione.

I
r
2r
S

2r
B
H
(NI)
P
L
G
O
A
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18
Per i materiali ferromagnetici
non possibile fornire un valore uni-
voco della permeabilit magnetica,
intesa come rapporto fra induzione e
campo magnetico. Si definisce soli-
tamente quale permeabilit magneti-
ca di questi materiali quella che cor-
risponde ai punti della curva luogo
dei vertici dei cicli di isteresi simme-
trici; tale permeabilit varia con il
campo magnetico, secondo
landamento tipico tratteggiato nella
figura a lato.

Di particolare importanza applicativa sono alcune speciali leghe dotate di elevata o elevatis-
sima permeabilit magnetica massima, descritte nella tabella seguente.

LEGA
r max

As/cm
corrispondenti
PERMALLOY (78,5% Ni + 21,5% Fe) ~ 90.000 ~ 0,05
PERMALLOY B (48% Ni + 52% Fe) ~ 20.000 ~ 0,20
PERMALLOY C (78,5% Ni + 18% Fe + 3% Mo + 0,5% Mo) ~ 50.000 ~ 0,07
HIPERNICK (50% Ni + 50% Fe( ~ 60.000 ~ 0,04
MUMETAL (78% Ni + 17% Fe + 5% Cu + 2% Cr) ~ 45.000 ~ 0,07
MEGAPERM 4510 (45% Ni + 45% Fe + 10% Mn) ~ 55.000 ~ 0,08
MEGAPERM 6510 (65% Ni + 25% Fe + 10% Mn) ~ 25.000 ~ 0,08



2.10.5. ISTERESI. PERDITE PER ISTERESI

Si supponga di aver magnetizzato il toroide ferromagnetico, prima considerato per la
caratteristica magnetica, fino al valore di induzione B
M
; se ora si fa decrescere la corrente di
eccitazione circolante nellavvolgimento fino a ridurla a 0, la caratteristica magnetica non ripercorre
la caratteristica di prima magnetizzazione ma si sviluppa secondo un diverso percorso, che si
conclude nel punto (0, B
r
): il mteriale presenta, cos un valore
di induzione residua che lo rende un magnete permanente.
Esaminiamo ora il fenomeno da un punta di vista
energetico, tenendo presente che le aree nel piano (H, B)
rappresentano energie per unit di volume. Nel passare da 0 a
B
M
viene impiegata una energia di magnetizzazione
rappresentata dallarea compresa fra la curva di prima
magnetizzazione e lasse delle ordinate (somma delle due aree
evidenziate, con tratteggio orizzontale e quadrettato,
rispettivamente); quando linduzione diminuisce fino a B
r
viene
restituita dal sistema lenergia corrispondente alla sola area
con tratteggio quadrettato: larea pi scura corrisponde, perci,
allenergia immagazzinata nel volume unitario del materiale sottoposto alla prova.
Lesperienza mostra che, se si vuole annullare il magnetismo residuo, occorre proseguire nella
curva invertendo il senso della corrente fino ad ottenere un valore di campo pari ad H=-H
c
(detto
forza coercitiva).
B
B
M

B
r

H
c

H

H
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19
Il comportamento illustrato viene indicato con il nome di isteresi magnetica (dal greco
= ritardo), in relazione al fatto che il campo di induzione non si annulla insieme a quello
magnetico ma con ritardo rispetto
a questo.
Se dal punto (H
M
, B
M
) si spo-
sta il cosiddetto punto di lavoro
fino al simmetrico (-H
M
,-B
M
) per poi
tornare di nuovo al punto (H
M
, B
M
),
si descrive un percorso chiuso che
viene chiamato ciclo di isteresi.
Larea racchiusa dal ciclo di isteresi,
evidenziata con tratteggio, rappre-
senta lenergia perduta in calore nel
volume unitario del materiale per i-
steresi magnetica.
Se varia fra estremi di uguale
valore assoluto il ciclo di isteresi sa-
r simmetrico, diversamente sar a-
simmetrico. Al variare dei valori e-
stremi si hanno differenti cicli di i-
steresi: tutti avranno, per, gli e-
stremi sulla curva di prima magnetizzazione.
Laspetto e lampiezza del ciclo di isteresi sono largamente variabili e sono strettamente legati
alla temperatura (un aumento di temperatura fa diminuire i valori di B) e dal tipo di materiale. Una
classificazione molto comune dei materiali ferromagnetici fa riferimento proprio a questa peculiari-
t, indicando come
- magneticamente duri i materiali i materiali che presentano valori relativamente elevati di
magnetismo residuo e di forza coercitiva insieme ad unarea piuttosto ampia del ciclo di iste-
resi. Si tratta, evidentemente, di materiali particolarmente adatti alla formazione di magneti
permanenti. Caratteristiche simili sono quelle richieste tipicamente dalle polveri di ossidi di
ferro impiegate nella costruzione di nastri o supporti magnetici per la registrazione (analogica
o digitale di dati e/o musica): un valore elevato della forza coercitiva garantisce scarsa sensi-
bilit ai campi esterni meno intensi e (perci) buona stabilit nel tempo dellinformazione re-
gistrata;
- magneticamente morbidi i materiali che, al contrario, presentano bassa forza coercitiva,
modesto magnetismo residuo e piccola area del ciclo di isteresi.














B
B
H
H
B
M

- B
M
H
M

- H
M

H
B
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20
Una categoria meritevole di speciale menzione per la sua assoluta pecu-
liarit quella delle cosiddette ferriti, prodotte in varie forme (barrette, gusci,
toroidi, ecc,) e dimensioni mediante sinterizzazione
1
di un ossido doppio di fer-
ro e di un metallo bivalente. Nelle ferriti le caratteristiche tipiche di un materia-
le ceramico si accompagnano a un ciclo di isteresi piuttosto squadrato e di
area estremamente modesta: le ferriti, perci, si magnetizzano e smagnetizzano
molto facilmente; la loro magnetizzazione periodica comporta dissipazioni e-
nergetiche, e riscaldamenti, molto limitati.
Nelle costruzioni elettromeccaniche di primario interesse la conoscenza
della caratteristica di prima magnetizzazione del materiale da impiegare: in
mancanza di relazioni precise in forma chiusa, infatti, solo cos si pu deter-
minare la f.m.m. (le amperspire) necessaria a mantenere un richiesto flusso di
induzione magnetica in un tronco di tubo di flusso nel dato materiale.

Un materiale ferromagnetico sottoposto a magnetizzazione periodica alternativa si riscalda
per effetto dellenergia perduta per isteresi in ogni ciclo: le perdite per isteresi dipendono, dunque,
dalla frequenza della corrente di eccitazione e, in maniera meno evidente ed immediata, dal valore
massimo dellinduzione.
Le perdite per isteresi, intese come energia W
i
perduta nel volume unitario del materiale in
questione per ogni ciclo completo, possono essere valutate secondo una delle due formule empiri-
che approssimate che si ripropongono di seguito:
Formula di Steinmetz
M
n
i
B W = (2. 51.)
Formula di Richter
M
M i
B B W
2
+ = (2. 52.)
Tutti coefficienti delle due formule sono di natura empirica. Per i materiali pi diffusi
lesponente n della formula di Steinmetz pu essere assunto pari a circa 2.

Le perdite per isteresi assumono una importanza particolare:
a. quando la frequenza di magnetizzazione molto elevata, come nelle applicazioni del-
le telecomunicazioni (radiofonia, televisione, ecc.), ove si raggiungono valori di cen-
tinaia di MHz;
b. quando, pur essendo relativamente bassa la frequenza (limitata, ad esempio, a quella
cosiddetta industriale o di rete, a 50 Hz) le perdite per isteresi si presentano molto e-
levate per le notevoli dimensioni dei nuclei magnetici impiegati

Nel caso delle alte frequenze di lavoro si utilizzano le ferriti in maniera praticamente esclusi-
va: un esempio tipico costituito dallantenna ricevente per la sezione AM
2
di un apparecchio ra-
dio, realizzata avvolgendo un certo numero di spire intorno ad una barretta di ferrite.
Per le grosse masse delle macchine elettriche pi importanti (come i grandi trasformatori) la
riduzione delle perdite per isteresi si consegue mediante limpiego di speciali leghe o particolari la-
vorazioni meccaniche.




1
Trattamento termico o meccanico al quale vengono sottoposti agglomerati di polveri o granuli metallici allo scopo di
provocare la saldatura e migliorarne la resistenza meccanica. Si ricordi che: i prodotti di sinterizzazione sono general-
mente molto duri ma piuttosto ragili.
2
AM sta per Amplitude Modulation (Modulazione di Ampiezza), una tecnica di modulazione della portante (v. seguito)
tipica della banda radiofonica cosiddetta ad onde medie (da circa 500 kHz e circa 1600 kHz)
B
H
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21
2.11. RILUTTANZA

Si consideri un tubo di flusso di induzione concatenato con NI amperspire e si supponga il
campo di induzione costante su qualunque sezione S del tubo. Indicando con dl il tratto elementare
della linea mediana del tubo di flusso, lapplicazione della seconda legge della magnetostatica in
forma integrale consente di scrivere:
NI dl
S
=

1

ovvero, tenendo conto che il flusso , per definizione, costante in ogni sezione del tubo di flusso:

NI dl
S
1
.
La relazione appena scritta consente di definire la riluttanza magnetica come rapporto fra amperspi-
re e flusso di induzione:

= dl
S
1
. (2. 53.)
Si tratta di una definizione del tutto analoga a quella in precedenza introdotta per la resistenza
di un conduttore (tubo di flusso per il campo densit di corrente).
Si pu, quindi, definire la riluttanza di un tratto di tubo di flusso di estremit A e B:


=
B
A
AB
dl
S
1
(2. 54.)
Nel caso di un tratto lungo L e di sezione costante S la riluttanza assume la semplice espressione:
S
L

=
1
(2. 55.)

La riluttanza magnetica ha le dimensioni: [] = [amperspire/flusso] = [A/Vs] = [H]
-1
.

Il concetto di riluttanza appena introdotto consente di scrivere la relazione flusso amperspire
relativamente a un tratto di tubo di flusso:
= NI (2. 56.)
perfettamente analoga alla legge di Ohm per i conduttori, quando si faccia riferimento alla corri-
spondenza
f.m.m. f.e.m.
corrente flusso di induzione
resistenza riluttanza


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22
2.12. CIRCUITI E RETI MAGNETICI. LEGGI DI HOPKINSON

Le applicazioni tecniche annoverano un gran numero di dispositivi elettromeccanici (i pi im-
portanti dei quali sono, senzaltro, le macchine elettriche), sostanzialmente costituiti da un nucleo di
materiale ferromagnetico, variamente configurato, sul quale si sistemano uno o pi avvolgimenti
destinati ad essere percorsi da correnti elettriche.
Come si evince con facilit dalla (2.56.), lutilizzo di un nucleo ferromagnetico (pesante, co-
stoso e, oltre tutto, non lineare) si giustifica con lelevato valore della sua permeabilit magneti-
ca, che consente di ottenere valori elevati di flusso (ovvero di induzione) con correnti notevolmente
pi piccole di quelle che sarebbero necessarie per un identico avvolgimento in aria o su un qua-
lunque altro supporto non ferromagnetico: va considerato, infatti, che la quantit di calore associata
ad elevati valori di corrente comporterebbe condizioni termiche assolutamente inaccettabili per la
sopravvivenza degli isolanti, generalmente di tipo organico (polimeri).

La struttura pi semplice di nucleo ferromagnetica del tipo al
quale si gi fatto riferimento a proposito del rilievo della carat-
teristica magnetica, il cosiddetto circuito magnetico semplice,
che si riporta di nuovo in forma stilizzata. Allavvolgimento di N
spire, percorse dalla corrente I, si d anche il nome di amperspire
di eccitazione magnetica.

Configurazioni pi articolate danno luogo a vere e proprie reti magnetiche, caratterizzate (come
quelle elettriche) da lati, nodi (evidenziati da circoletti tratteggiati) e maglie.


















Le leggi fondamentali della magnetostatica consentono di stabilire per le reti magnetiche rela-
zioni del tutto analoghe alle leggi di Kirchhoff per le reti elettriche.
In particolare, il carattere solenoidale del campo di induzione impone che per ogni nodo di
una rete magnetica si conservi il flusso (prima legge di Hopkinson):
0 ) 1 ( =

i
i
(2.57.)
Il teorema di circuitazione, applicato ad un qualunque percorso chiuso relativo ad una generica ma-
glia della rete magnetica conduce alla relazione (seconda legge di Hopkinson):
i
i
i i
i
i
I N =

) 1 (
Fe
NI
N
1
I
1

N
2
I
2
N
3
I
3

N
4
I
4

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23
Si fa esplicitamente notare che, non diversamente dalle leggi di Kirchhoff, le leggi di Hopkin-
son forniscono solo il complesso dei vincoli ai quali le grandezze interessate devono sottostare: la
non linearit delle reti magnetiche con nucleo ferromagnetico rende, per, impossibile una soluzio-
ne diretta del sistema di equazioni offerte dal modello matematico che ne deriva; lanalisi delle reti
magnetiche su ferro viene, perci, effettuata (in generale) con (tediosi) metodi di tipo grafico.

2.12.1. UN TIPICO CIRCUITO MAGNETICO: LELETTROMAGNETE

Il circuito magnetico dellesempio riportato
poco sopra presenta un fondamentale inconveniente:
il campo di induzione prodotto dallavvolgimento di
eccitazione rimane confinato allinterno e, perci,
non utilizzabile al suo esterno.
Quando, per gli scopi pi diversi (ai quali si
accenner tra breve), si voglia utilizzare il campo di
induzione prodotto, occorre creare una discontinuit
nel nucleo ferromagnetico, chiamato traferro (o
interferro): al circuito magnetico costituito da un
nucleo ferromagnetico con traferro, magnetizzato
dalla forza magnetomotrice fornita da un apposito
avvolgimento, si d il nome di elettromagnete.
Lo studio dellelettromagnete pu svilupparsi
secondo uno dei due possibili approcci:
determinare le amperspire NI che vengono richieste per ottenere un richiesto valore del
campo di induzione al traferro B
0
(problema diretto): il problema viene affrontato e risolto
direttamente per via grafica dalla conoscenza della caratteristica di prima magnetizzazione
del materiale e delle dimensioni geometriche del nucleo dellelettromagnete;
determinare il valore del campo al traferro B
0
a partire dalla conoscenza delle NI amperspire
di eccitazione (problema inverso): a causa della non linearit del mezzo, il problema non am-
mette una soluzione diretta ma viene risolto a rovescio risolvendo un certo numero di volte
il problema diretto e costruendo, cos, per punti, un diagramma (NI B
0
) dal quale si ricava la
richiesta riposta.
Gli elettromagneti vengono impiegati in una grandissima variet di applicazioni, in relazione
alle quali si presentano con caratteristiche e dimensioni estremamente differenziate.
Un esempio tipico costituito dai cosiddetti rel:
un elettromagnete, eccitato da una opportuna corrente,
esercita unazione attrattiva su un piccolo elemento fer-
romagnetico mobile (detto ancoretta A) tenuto in po-
sizione da una molla; se la forza di attrazione supera la
forza di richiamo F
R
offerta dalla molla, lancoretta pu
spostarsi azionando, ad esempio, un interruttore identi-
ficato in un contatto C.
Nelle figure di seguito riportate sono illustrate al-
cune forme tipiche dei rel.






t
NI
NI
F
R
A
C
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24
Per molti degli elettromagneti le dimensioni sono piuttosto modeste, in qualche caso limitate a
pochi centimetri cubici.
Sono, per, di grande importanza applicativa anche i giganteschi elettromagneti di solleva-
mento: sostenuti dal braccio di una gru, sono destinati a sollevare materiali ferromagnetici di varia
natura, dai rottami ferrosi fino alle grandi lamiere, che ben difficilmente si potrebbe prelevare in
maniera diversa.
evidente che, ad evitare il rischio di rilascio intempestivo del carico per mancanza di ali-
mentazione, gli apparecchi di sollevamento elettromagnetico devono sempre essere dotati di un af-
fidabile un sistema di sicurezza che garantisca sempre e comunque la continuit dellalimentazione.



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25

2.13. LE EQUAZIONI DI MAXWELL



Come si gi anticipato quando si presentata la legge della induzione magnetica (legge di
Faraday), si suppone ora di rimuovere definitivamente lipotesi di stazionariet ( = costanza nel
tempo) dei fenomeni.
La fenomenologia evidenzia che le leggi fin qui trovate, sia per il campo elettrico che per
quello magnetico, vanno integrate con alcuni termini espressi da derivate rispetto al tempo, nulle
nellipotesi di stazionariet.



2.13.1 LEGGE DI FARADAY

In particolare, ricordando esplicitamente la (2.17.)
(

=

S C
i
dS n B
dt
d
dl t E


e applicando il teorema di Stokes al secondo membro si ottiene la legge di Faraday in forma loca-
le.:
t
B
E

= (2. 58.)
Sostituendo lespressione esplicita del rotore la relazione diventa:
z
t
B
y
t
B
x
t
B
z
y
E
x
E
y
x
E
z
E
x
z
E
y
E
z
y
x
x
y
z x
y
z

=
=
|
|
.
|

\
|

+
|
.
|

\
|

+
|
|
.
|

\
|

(2.59.)
Eguagliando le componenti si ricavano le tre equazioni:
t
B
y
E
x
E
t
B
x
E
z
E
t
B
z
E
y
E
z x
y
y
z x
x
y
z

(2. 60.)

La forma locale (o puntuale) indica che a un campo magnetico variabile nel tempo asso-
ciato il rotore del campo elettrico.


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26
2.13.2 LEGGE DI AMPRE



La legge di Faraday mostra che un campo ma-
gnetico variabile nel tempo pu generare (indurre) un
campo elettrico. La legge di Ampre mostra che tale
propriet del tutto simmetrica, ovvero: un campo
elettrico variabile nel tempo pu generare (indurre) un
campo magnetico.
La legge di Ampre, espressa in forma integrale
completa :

(

+ =

S C S
c
dS n D
dt
d
dS n J dl t H

(2. 61.)
ove:
il primo termine del secondo membro rappresenta la corrente di conduzione che attraversa la
superficie S orlata dal percorso C

=
S
c c
dS n J I [A] (2. 62.)
il secondo termine a destra, derivata del flusso del vettore induzione elettrico D (avente di-
mensioni di C/m
2
), viene detto anche corrente di spostamento
(

=

S
d
dS n D
dt
d
I [A] (2. 63.)
Continuando a indicare come forza magnetomotrice (f.m.m.) lintegrale circuitale del campo
magnetico H, la legge di Ampre pu assumere la forma integrale:
d c
I I m m f + = . . . [A]
La legge di Ampre indica che, si pu generare produrre un campo magnetico H
con un flusso netto di cariche libere
con un flusso di induzione elettrica D(t) variabile nel tempo
Applicando il teorema di Stokes alla (2.61.) si ottiene lespressione completa della legge di
Ampre in forma locale:
t
D
J H
c

+ = (2. 64.)
Come abbiamo gi fatto per la legge di Faraday, sostituiamo lespressione esplicita del rotore
ed eguagliamo le componenti per ottenere le tre equazioni alle componenti:

t
D
J
y
H
x
H
t
D
J
x
H
z
H
t
D
J
z
H
y
H
z
z
x
y
y
y
z x
x
x
y
z

+ =

+ =

+ =

(2. 65.)
C
n
D
J
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27
2.13.2.1. Unesperienza illustrativa


Si consideri un condensatore piano del quale si sono
evidenziate le due armature, separate da un dielettrico di
costante dielettrica .
Si colleghi il condensatore ad un generatore di f.e.m.
E attraverso un conduttore dotato di resistivit finita; chiu-
dendo un interruttore ad un certo istante, la carica del con-
densatore non avverr istantaneamente, ma si svilupper
secondo un transitorio temporale, con legge esponenziale,
fino a che, dopo un tempo teoricamente infinito, la d.d.p. sulle armature del condensatore eguaglier
quella ai morsetti del generatore.
Se si escludono fenomeni di scarica nel dielettrico, la corrente di conduzione pu essere pre-
sente solo allinterno del conduttore per annullarsi nella zone ove presente il dielettrico. perci
evidente che la sola corrente di conduzione non pu bastare a spiegare la presenza della corrente nel
circuito. Considerando la superficie chiusa , disegnata, come in figura, in modo da tagliare sia il
conduttore che il dielettrico, semplici valutazioni di bilancio portano a considerare
la superficie S (aliquota di corrispondente alla sezione del conduttore) interessata alla cor-
rente di conduzione
la superficie rimanente di area ( S) non pu essere attraversata da linee del vettore densi-
t di corrente di conduzione J
c
ma interessata esclusivamente alla corrente di spostamento.
Il fenomeno pu essere sinteticamente descritto affermando che, in regime variabile, la cor-
rente di spostamento chiude il circuito l dove cessa di esistere la corrente di conduzione.

In condizioni non stazionarie la carica di un condensatore (supposto di capacit C tempo - in-
variante) varia nel tempo:
) ( ) ( t Cv t q q = =
facendo cos variare anche la tensione fra le sue armature; alla carica variabile si pu associare, per-
ci, la corrente di conduzione:
dt
dv
C
dt
dq
t i = = ) ( (2. 66.)
La (2.66) rappresenta la relazione costitutiva per un condensatore in termini di relazione ten-
sione corrente, avendo assunto la convenzione dellutilizzatore.
Si ricorda che, analogamente alla (2.66), si era gi definita con la (2.21) la relazione costituti-
va tensione corrente per un induttore di induttanza L.

2.13.3. LEGGE DI GAUSS

La legge di Gauss per il campo elettrico data, in forma integrale, da:
=


d dS n D
v
(2. 67.)
ove
v
la densit volumetrica di carica entro il volume di integrazione delimitato dalla superficie
. Applicando il teorema della divergenza alla (2.67.) si ottiene la forma puntuale della legge di
Gauss:
v
D = (2. 68.)
La legge di Gauss applicata al campo di induzione magnetica assume lespressione (2.2.) gi
considerata:
0 = B
i
E

S
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28
2.13.4. CONSERVAZIONE DELLA CARICA

Il fatto che le cariche elettriche non possano essere n create n distrutte comporta la relazione
gi considerata nel Capitolo I e che qui si ripropone:
(

=


d
dt
d
dS n J
v

e che pu essere espressa con lovvia considerazione che se un corrente lascia una superficie
chiusa dovr verificarsi una contestuale rarefazione della quantit di carica nel volume da essa
racchiusa, a spese, cio, della densit di carica volumetrica
v
.
Applicando il teorema della divergenza, si ha lespressione puntuale della propriet di conser-
vazione della carica
t
J
v


= (2. 69.)


2.13.5. EQUAZIONI DI MAXWELL

Linsieme della legge di Faraday, (2.58.), della legge di Ampre, (2.64.), della legge di Gauss,
(2.67.) e (2.2), e della conservazione della carica, (2.68.) costituiscono le cosiddette EQUAZIONI
DI MAXWELL, che, per comodit di sintesi si riportano qui di seguito:

t
B
E

= (2. 70.)
t
D
J H

+ = (2. 71.)
v
D = (2. 72.)
0 = B (2. 73.)
t
J
v


= (2. 74.)

Tra le cinque grandezze alle quali fanno riferimento le equazioni di Maxwell sussistono le se-
guenti relazioni costitutive, peraltro gi progressivamente presentate nel corso della trattazione fin
qui svolta:
E D = (2. 75.)
H B = (2. 76.)
E J
c
= (2. 77.)
Nel caso di mezzo lineare, omogeneo ed isotropo le leggi di Faraday e di Ampre, tenendo
conto delle relazioni costitutive, assumono la forma, rispettivamente:
t
H
E

= (2. 78.)
s
J
t
E
E H +

+ = (2. 79.)
Prof. G. Fabricatore: ELEMENTI DI ELETTROMAGNETISMO - 2

29
Nella (2.78.) si aggiunto anche il contributo J
s
di eventuali sorgenti di correnti impresse.

In un riferimento cartesiano ortogonale, le (2.77.) e (2.78.) si traducono in sei equazioni nelle
sei componenti di E ed H. Una volta ricavate tali componenti, le relazioni costitutive consentono di
ricavare D, B e J.

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