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UNIVERSIT

`
A CATTOLICA DEL SACRO CUORE
Facolt`a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
ANALISI MATEMATICA
II parte
Prof. Marco Degiovanni
Anno Accademico 2013/2014
Indice
1 Spazi unitari, spazi normati e spazi metrici 5
1 Alcuni richiami di algebra lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2 Spazi unitari e spazi normati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
3 Spazi metrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
4 Limiti e continuit`a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
5 Successioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
6 Spazi metrici completi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66
7 Serie negli spazi normati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
8 Spazi metrici compatti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
9 Spazi metrici connessi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84
10 Spazi normati ed unitari di dimensione nita . . . . . . . . . . . . . . . . 86
2 Calcolo dierenziale 99
1 Derivata e dierenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
2 Calcolo dierenziale negli spazi di dimensione nita . . . . . . . . . . . . . 120
3 Derivate seconde e di ordine superiore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 130
4 La formula di Taylor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141
5 Forme quadratiche e punti critici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 144
6 I teoremi di inversione locale e delle funzioni implicite . . . . . . . . . . . 147
7 Sottovariet`a e punti critici vincolati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151
8 Applicazioni lineari e simmetriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155
3 Equazioni dierenziali ordinarie lineari 162
1 Equazioni del primo ordine vettoriali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162
2 Equazioni di ordine n scalari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168
3 Il caso a coecienti costanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174
3
4 INDICE
4 Teoria della misura 177
1 La misura di Hausdor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177
2 Misure esterne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182
3 Funzioni misurabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190
4 Funzioni integrabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 198
5 Il teorema di Fubini-Tonelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212
6 La formula dellarea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 214
7 Integrali dipendenti da un parametro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 218
8 I teoremi della divergenza e di Stokes . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222
5 Forme dierenziali lineari e campi di vettori 226
1 Primitive e potenziali scalari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 226
2 Forme chiuse e campi irrotazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233
3 Campi solenoidali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 238
Elenco dei simboli 241
Indice analitico 243
Capitolo 1
Spazi unitari, spazi normati e
spazi metrici
1 Alcuni richiami di algebra lineare
Nel seguito denoteremo con K il campo R dei numeri reali o il campo C dei numeri
complessi.
(1.1) Denizione Uno spazio vettoriale su K `e una terna (X, s, p), in cui X `e un
insieme non vuoto e
s : X X X
(x, y) x +y
e
p : KX X
(, x) x
sono due applicazioni tali che:
x, y, z X : (x +y) +z = x + (y +z) ,
x, y X : x +y = y +x,
x X, y X : x +y = y
(lelemento x, di cui alla propriet`a precedente, `e unico e viene denotato col simbolo 0),
, K, x X : ( +)x = x +x,
K, x, y X : (x +y) = x +y ,
, K, x X : ()x = (x) ,
x X : 0x = 0 e 1x = x.
5
6 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Quando non vi sia rischio di confusione, si usa denotare lo spazio vettoriale col solo
simbolo X dellinsieme, anziche con (X, s, p).
Si verica facilmente che per ogni x X e K si ha
x + (1)x = 0 ,
0 = 0 ,
x = 0 =
_
= 0 o x = 0
_
.
Si usa porre
x := (1)x,
x y := x + (1)y .
Poiche R C, ogni spazio vettoriale su C ha anche una naturale struttura di spazio
vettoriale su R.
(1.2) Esempio Linsieme K, munito delle usuali operazioni di somma e prodotto, `e
uno spazio vettoriale su K.
(1.3) Esempio Siano X
1
, . . . , X
n
degli spazi vettoriali su K e sia
X =
n

j=1
X
j
.
Per ogni x = (x
(1)
, . . . , x
(n)
), y = (y
(1)
, . . . , y
(n)
) X e per ogni K deniamo x +y
e x in X ponendo
x +y := (x
(1)
+y
(1)
, . . . , x
(n)
+y
(n)
) ,
x := (x
(1)
, . . . , x
(n)
) .
Munito di tali operazioni, X `e uno spazio vettoriale su K. Lelemento 0 di X `e costituito
da (0, . . . , 0).
In particolare, K
n
`e in questo modo uno spazio vettoriale su K. Poniamo per
denizione K
0
:= 0.
(1.4) Esempio Siano X un insieme non vuoto e Y uno spazio vettoriale su K. Per
ogni f, g Y
X
e per ogni K deniamo f +g e f in Y
X
ponendo
x X : (f +g)(x) := f(x) +g(x) ,
x X : (f)(x) := f(x) .
1. ALCUNI RICHIAMI DI ALGEBRA LINEARE 7
Munito di tali operazioni, Y
X
`e uno spazio vettoriale su K. Lelemento 0 di Y
X
`e
costituito dallapplicazione che ha per valore costante 0 Y .
In particolare, se m e n sono due interi maggiori o uguali a 1, poniamo /
m,n
:= K
X
con X = 1, . . . , m 1, . . . , n. Gli elementi di /
m,n
si chiamano matrici m n a
coecienti in K. Per ogni A /
m,n
denotiamo con A
hk
il valore di A in (h, k).
Denotiamo inoltre con la matrice n n denita da

hk
:=
_
1 se h = k ,
0 se h ,= k .
(1.5) Denizione Siano X uno spazio vettoriale su K e Y un sottoinsieme di X.
Diciamo che Y `e un sottospazio vettoriale di X, se per ogni x, y Y e per ogni K
si ha x +y Y e x Y .
(1.6) Denizione Siano X e Y due spazi vettoriali su K. Unapplicazione L : X Y
si dice lineare, se per ogni x
1
, x
2
, x X e per ogni K si ha
L(x
1
+x
2
) = L(x
1
) +L(x
2
) ,
L(x) = L(x) .
Scriveremo di regola Lx, invece di L(x) e, occasionalmente, parleremo di applicazione
Klineare, per mettere in evidenza la dipendenza da K.
Nel caso particolare Y = K, si usa parlare di forma lineare o funzionale lineare,
piuttosto che di applicazione lineare. Poniamo
!(L) := L(X) ,
A (L) := L
1
(0) .
Linsieme A (L) si chiama nucleo di L.
Denotiamo con Hom(X; Y ) linsieme delle applicazioni lineari da X in Y . Si veri-
ca facilmente che Hom(X; Y ) `e un sottospazio vettoriale di Y
X
. In particolare, poniamo
X

:= Hom(X; K). Lo spazio vettoriale X

si chiama duale algebrico di X.


(1.7) Teorema Siano X
1
, X
2
e X
3
tre spazi vettoriali su K e siano L, L
1
: X
1
X
2
e L
2
: X
2
X
3
delle applicazioni lineari.
Valgono allora i seguenti fatti:
(a) A (L) `e un sottospazio vettoriale di X
1
e !(L) `e un sottospazio vettoriale di X
2
;
8 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(b) L `e iniettiva se e solo se A (L) = 0;
(c) L
2
L
1
: X
1
X
3
`e lineare;
(d) se L `e biiettiva, L
1
: X
2
X
1
`e lineare.
(1.8) Denizione Siano X, X
1
, X
2
e Y degli spazi vettoriali su K.
Unapplicazione f : X
1
X
2
Y si dice bilineare, se f `e separatamente lineare in
ciascuna delle sue due variabili.
Unapplicazione bilineare f : X X Y si dice simmetrica, se
f(x
(2)
, x
(1)
) = f(x
(1)
, x
(2)
)
per ogni (x
(1)
, x
(2)
) X X.
(1.9) Denizione Siano X, X
1
, . . . , X
n
, Y degli spazi vettoriali su K.
Unapplicazione f : X
1
X
n
Y si dice nlineare, se f `e separatamente
lineare in ciascuna delle sue n variabili.
Unapplicazione nlineare f : X X Y si dice simmetrica, se f `e separa-
tamente simmetrica in ciascuna coppia di variabili.
Al solito, quando Y = K si usa parlare di forma bilineare, forma bilineare e
simmetrica, etc.
(1.10) Denizione Siano X uno spazio vettoriale su K e X
1
, X
2
due sottospazi vetto-
riali di X. Diciamo che X `e somma diretta di X
1
e X
2
e scriviamo X = X
1
X
2
, se per
ogni x X esiste una ed una sola coppia (x
(1)
, x
(2)
) X
1
X
2
tale che x = x
(1)
+x
(2)
.
Se X = X
1
X
2
, si verica facilmente che X
1
X
2
= 0 e che le applicazioni
x x
(1)
e x x
(2)
sono lineari.
(1.11) Denizione Sia X uno spazio vettoriale su K e siano x
1
, . . . , x
n
X. Dicia-
mo che x
1
, . . . , x
n
`e un insieme di vettori linearmente indipendenti, se lapplicazione
lineare da K
n
in X
_
_
_
(
(1)
, . . . ,
(n)
)
n

j=1

(j)
x
j
_
_
_
`e iniettiva. Altrimenti diciamo che x
1
, . . . , x
n
`e un insieme di vettori linearmente
dipendenti.
1. ALCUNI RICHIAMI DI ALGEBRA LINEARE 9
Diciamo che x
1
, . . . , x
n
`e una base in X, se lapplicazione lineare da K
n
in X
_
_
_
(
(1)
, . . . ,
(n)
)
n

j=1

(j)
x
j
_
_
_
`e biiettiva.
(1.12) Denizione Per ogni spazio vettoriale X su K poniamo
dimX := sup n N : esiste L : K
n
X lineare ed iniettiva .
Diciamo che X ha dimensione nita, se dimX < +. In tal caso il numero naturale
dimX si chiama dimensione di X.
(1.13) Teorema Sia X uno spazio vettoriale su K di dimensione nita n. Valgono
allora i seguenti fatti:
(a) esiste unapplicazione L : K
n
X lineare e biiettiva;
(b) esiste una base in X e qualunque base in X consta di n elementi;
(c) se x
1
, . . . , x
m
`e un insieme di vettori linearmente indipendenti in X, esistono
x
m+1
, . . . , x
n
X tali che x
1
, . . . , x
n
sia una base in X;
(d) per ogni sottospazio vettoriale X
1
di X esiste un sottospazio vettoriale X
2
di X tale
che X = X
1
X
2
;
(e) se x
1
, . . . , x
n
`e una base in X, Y `e uno spazio vettoriale su K e y
1
, . . . , y
n
Y ,
esiste una ed una sola applicazione lineare L : X Y tale che Lx
j
= y
j
per ogni
j = 1, . . . , n;
(f) se Y `e un sottospazio vettoriale di X e x X Y , esiste X

tale che = 0 su
Y e (x) = 1.
Dimostrazione. Le prime cinque propriet`a sono ben note. Dimostriamo la (f). Poiche
Y ha dimensione nita, esiste una base x
1
, . . . , x
m
in Y . Dal momento che x , Y ,
linsieme x
1
, . . . , x
m
, x `e costituito da vettori linearmente indipendenti in X. Esiste
quindi una base in X del tipo x
1
, . . . , x
m
, x, x
m+2
, . . . , x
n
. Allora lelemento X

tale che (x) = 1 e (x


j
) = 0 per j = 1, . . . , m, m+ 2, . . . , n ha le propriet`a richieste.
10 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Naturalmente K
n
ha dimensione nita n. Inoltre i vettori
e
1
= (1, 0, . . . , 0)
.
.
.
e
n
= (0, . . . , 0, 1)
costituiscono una base in K
n
, detta base canonica.
(1.14) Teorema Sia X uno spazio vettoriale su K di dimensione nita e sia
e
1
, . . . , e
n

una base in X.
Allora gli elementi e
1
, . . . , e
n
di X

, deniti da
e
h
(e
k
) =
_
1 se h = k ,
0 se h ,= k ,
costituiscono una base in X

. In particolare X

ha dimensione nita e dimX

= dimX.
Inoltre per ogni x X e X

risulta
x =
n

j=1
e
j
(x)e
j
,
=
n

j=1
(e
j
)e
j
.
La base e
1
, . . . , e
n
di X

, introdotta nel teorema precedente, si chiama base duale


della base e
1
, . . . , e
n
di X. Se X = K
n
e e
1
, . . . , e
n
`e la base canonica di K
n
,
la corrispondente base duale di (K
n
)

viene usualmente denotata con dx


1
, . . . , dx
n
,
anziche con e
1
, . . . , e
n
.
(1.15) Denizione Sia X uno spazio vettoriale su K. Poniamo X

:= (X

. Lo
spazio vettoriale X

si chiama bi-duale algebrico di X. Per ogni x X deniamo


Jx X

ponendo
X

: (Jx)() := (x) .
(1.16) Teorema Sia X uno spazio vettoriale su K di dimensione nita. Allora lap-
plicazione J : X X

`e lineare e biiettiva.
1. ALCUNI RICHIAMI DI ALGEBRA LINEARE 11
Dimostrazione. La linearit`a di J pu`o essere dimostrata per esercizio. Se x X 0,
esiste per il Teorema (1.13) X

tale che (Jx)() = (x) = 1. Ne segue Jx ,= 0, per


cui J `e iniettiva. Poiche dimX = dimX

< +, J `e anche suriettiva.


(1.17) Denizione Sia n 1 e sia A una matrice nn a coecienti in K. Poniamo
tr A :=
n

h=1
A
hh
,
det A :=

S
n
()A
1(1)
A
n(n)
,
dove S
n
`e linsieme delle permutazioni su 1, . . . , n e () denota la segnatura di .
Il numero tr A si chiama traccia di A, mentre det A si chiama determinante di A.
(1.18) Denizione Siano A una matrice m n e B una matrice n p. Deniamo
una matrice BA mp ponendo
(BA)
hk
=
n

j=1
B
hj
A
jk
.
Diciamo che BA `e la matrice prodotto righe per colonne di A e B.
(1.19) Teorema Se A e B sono due matrici n n, si ha det(BA) = (det B)(det A).
(1.20) Teorema Siano X, Y e Z tre spazi vettoriali su K di dimensione nita e siano
a
1
, . . . , a
n
, b
1
, . . . , b
m
e c
1
, . . . , c
p
tre basi in X, Y e Z, rispettivamente.
Valgono allora i seguenti fatti:
(a) per ogni L Hom(X; Y ) esiste una ed una sola matrice A m n a coecienti in
K tale che
x X, h = 1, . . . , m : (Lx)
(h)
=
n

k=1
A
hk
x
(k)
,
ossia
x X : Lx =
m

h=1
_
n

k=1
A
hk
x
(k)
_
b
h
,
dove x =
n

k=1
x
(k)
a
k
e Lx =
m

h=1
(Lx)
(h)
b
h
;
(b) lapplicazione L A da Hom(X; Y ) a /
m,n
`e lineare e biiettiva;
(c) L `e biiettiva se e solo se m = n e det A ,= 0;
12 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(d) se L Hom(X; Y ), M Hom(Y ; Z) ed A /
m,n
, B /
n,p
sono le matrici
corrispondenti, si ha che la matrice BA corrisponde a M L.
(1.21) Teorema Siano X uno spazio vettoriale su K di dimensione nita, e
1
, . . . , e
n

e e
1
, . . . , e
n
due basi in X e L : X X unapplicazione lineare. Siano A la matrice
n n che rappresenta L rispetto alla prima base (considerata sia nel dominio che nel
codominio) ed

A la matrice n n che rappresenta L rispetto alla seconda base.
Allora esistono due matrici n n B e C tali che
n

j=1
C
hj
B
jk
=
hk
,
n

j=1
B
hj
C
jk
=
hk
,

A
hk
=
n

i=1
n

j=1
C
hi
A
ij
B
jk
.
(1.22) Teorema Siano X uno spazio vettoriale su K di dimensione nita e L : X X
unapplicazione lineare. Siano e
1
, . . . , e
n
e e
1
, . . . , e
n
due basi in X e siano A ed

A
le matrici n n che rappresentano L rispetto a tali basi.
Allora si ha tr A = tr

A e det A = det

A.
Dimostrazione. Siano B e C due matrici nn conformi al teorema precedente. Risulta
tr

A =
n

h=1

A
hh
=
n

h=1
n

i=1
n

j=1
C
hi
A
ij
B
jh
=
=
n

i=1
n

j=1
A
ij
_
n

h=1
B
jh
C
hi
_
=
n

i=1
n

j=1
A
ij

ji
=
=
n

i=1
A
ii
= tr A.
Inoltre si ha (det C)(det B) = 1 e det

A = (det C)(det A)(det B), da cui det

A = det A.
(1.23) Denizione Sia X uno spazio vettoriale su K di dimensione nita. Per ogni
applicazione lineare L : X X deniamo la traccia ed il determinante di L, ponendo
tr L := tr A,
1. ALCUNI RICHIAMI DI ALGEBRA LINEARE 13
det L := det A,
dove A `e la matrice che rappresenta L rispetto ad una qualunque base in X. Per il
teorema precedente, la denizione `e consistente.
(1.24) Denizione Siano X uno spazio vettoriale su K e L : X X unapplicazione
lineare. Diciamo che K `e un autovalore di L, se esiste x X0 tale che Lx = x.
Gli x X 0 tali che Lx = x si chiamano autovettori relativi allautovalore .
(1.25) Denizione Siano X uno spazio vettoriale su K ed E X. Diciamo che E `e
stellato, se esiste x
0
E tale che
x E, t ]0, 1[: (1 t)x
0
+tx E .
(1.26) Denizione Siano X uno spazio vettoriale su K ed E X. Diciamo che E `e
convesso, se
x
0
, x
1
E, t ]0, 1[: (1 t)x
0
+tx
1
E .
Evidentemente ogni sottoinsieme convesso `e anche stellato.
(1.27) Denizione Siano X uno spazio vettoriale su K e f : X R una funzione.
Diciamo che f `e convessa, se
x
0
, x
1
X, t ]0, 1[: f ((1 t)x
0
+tx
1
) (1 t)f(x
0
) +tf(x
1
) .
(1.28) Denizione Siano X ed Y due spazi vettoriali su K, f : X 0 Y
unapplicazione ed R. Diciamo che f `e positivamente omogenea di grado , se
t > 0, x X 0 : f(tx) = t

f(x) .
Concludiamo la sezione dimostrando alcuni risultati un po particolari che ci servi-
ranno in seguito.
(1.29) Teorema Sia L : R
2
R
2
unapplicazione lineare e sia

L : C C lapplica-
zione corrispondente.
Allora

L `e Clineare se e solo se la matrice 2 2 associata a L `e della forma
_


_
.
14 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Dimostrazione. Se

L `e Clineare, si ha

Lz = z con C. Posto = + i e
z = x + iy con , , x, y R, risulta L(x, y) = (x y, x + y), per cui la matrice
associata a L `e del tipo prescritto.
Viceversa, se la matrice associata a L ha la forma indicata nella tesi, si verica
facilmente che

Lz = z, dove = +i.
(1.30) Teorema Siano X ed Y due spazi vettoriali su K e L : X Y unapplicazione
lineare. Supponiamo che si abbia X = X
1
X
2
e che L
|X
2
: X
2
Y sia biiettiva.
Allora lapplicazione lineare
X X
1
Y
x (x
(1)
, Lx)
`e biiettiva.
Dimostrazione. Se (x
(1)
, Lx) = (0, 0), si ha Lx
(2)
= L(x
(1)
+ x
(2)
) = Lx = 0. Poiche
L
|X
2
`e iniettiva, ne segue x
(2)
= 0, quindi x = x
(1)
+x
(2)
= 0.
Per ogni (u, y) X
1
Y esiste v X
2
tale che Lv = y Lu. Posto x = u + v,
risulta quindi x
(1)
= u e Lx = Lu + (y Lu) = y.
(1.31) Teorema Siano X e Y due spazi vettoriali su K, sia L : X Y unapplicazione
lineare e suriettiva e sia V un sottospazio vettoriale di X tale che X = A (L) V .
Allora lapplicazione L
|V
: V Y `e biiettiva.
Dimostrazione. Se x V e Lx = 0, si ha x A (L) V , da cui x = 0. Pertanto L
|V
`e
iniettiva. Per ogni y Y esiste x X tale che Lx = y. Sia x = u + v con u A (L) e
v V . Allora si ha y = L(u +v) = Lv, per cui L
|V
`e anche suriettiva.
(1.32) Teorema Sia X uno spazio vettoriale su K e siano ,
1
, . . . ,
n
X

. Allora
sono fatti equivalenti:
(a) esistono
(1)
, . . . ,
(n)
K tali che
=
n

j=1

(j)

j
;
1. ALCUNI RICHIAMI DI ALGEBRA LINEARE 15
(b)
n

j=1
A (
j
) A () .
Dimostrazione.
(a) = (b) Ovvio.
(b) = (a) Consideriamo lapplicazione lineare
L : X K
n+1
(
1
, . . . ,
n
, )
.
Poiche per ipotesi (0, . . . , 0, 1) , !(L), esiste per il Teorema (1.13) una forma lineare
su K
n+1
che `e nulla su !(L) e vale 1 su (0, . . . , 0, 1). Sar`a
=
(1)
dx
1
+ +
(n)
dx
n
+dx
n+1
con
(1)
, . . . ,
(n)
, K. Ne segue
X :
n

j=1

(j)

j
+ = 0 ,
= 1 ,
da cui la tesi.
Esercizi
1. Sia x
1
, . . . , x
n
un insieme di vettori linearmente indipendenti in uno spazio
vettoriale X su K e sia x
n+1
X. Si dimostri che sono fatti equivalenti:
(a) x
1
, . . . , x
n+1
`e un insieme di vettori linearmente indipendenti in X;
(b) per ogni
(1)
, . . . ,
(n)
K si ha
n

j=1

(j)
x
j
,= x
n+1
.
2. Siano X e Y due spazi vettoriali su K di dimensione nita con dimX = dimY
e sia L : X Y unapplicazione lineare. Si dimostri che L `e iniettiva se e solo se L `e
suriettiva.
16 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
2 Spazi unitari e spazi normati
(2.1) Denizione Sia X uno spazio vettoriale su K. Diciamo che una funzione
T : X X K
`e un prodotto scalare su X, se per ogni x, y, z in X e per ogni in K si ha:
(a) T(x +y, z) = T(x, z) +T(y, z);
(b) T(y, x) = T(x, y) (in particolare T(x, x) R);
(c) T(x, x) 0;
(d) T(x, x) = 0 x = 0.
Dalla (a) e dalla (b) si deduce facilmente che per ogni x, y, z in X e per ogni in K
si ha
T(x, y +z) = T(x, y) +T(x, z) .
(2.2) Denizione Uno spazio unitario su K `e una coppia (X, T) dove X `e uno spazio
vettoriale su K e T `e un prodotto scalare su X.
Si usa denotare il prodotto scalare T(x, z) fra x e z con uno dei simboli seguenti
(x[z) , (x, z) , x, z , x z .
Lultima notazione `e pi` u comune quando X ha dimensione nita.
Quando non vi sia rischio di confusione, si usa anche denotare lo spazio unitario col
solo simbolo X dello spazio vettoriale, anziche con (X, T), (X, ( [ )), etc.
In R (inteso come spazio vettoriale su R)
x y := xy
`e un prodotto scalare.
In C (inteso come spazio vettoriale su C)
x y := xy
`e un prodotto scalare.
2. SPAZI UNITARI E SPAZI NORMATI 17
Nel seguito K sar`a sempre munito della struttura di spazio unitario su K ora
introdotta.
(2.3) Teorema Siano (X
1
, ( [ )
1
) , . . . , (X
n
, ( [ )
n
) degli spazi unitari su K e sia
X =
n

j=1
X
j
che, come `e noto, ha una naturale struttura di spazio vettoriale su K.
Allora
(x[y) :=
n

j=1
(x
(j)
[y
(j)
)
j
`e un prodotto scalare su X.
Dimostrazione. La semplice verica pu`o essere svolta per esercizio.
Nel seguito K
n
sar`a sempre munito della struttura di spazio unitario su K ora
introdotta. Esplicitamente si ha
x y =
n

j=1
x
(j)
y
(j)
in R
n
;
x y =
n

j=1
x
(j)
y
(j)
in C
n
.
(2.4) Teorema Sia (X, ( [ )) uno spazio unitario su K e sia Y un sottospazio vettoriale
di X.
Allora la restrizione
( [ )
|Y Y
: Y Y K
`e un prodotto scalare su Y (prodotto scalare subordinato).
Dimostrazione. La semplice verica pu`o essere svolta per esercizio.
(2.5) Teorema (Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz) Sia (X, ( [ )) uno spazio
unitario su K.
Allora per ogni x, y in X si ha
[(x[y)[
_
(x[x)
_
(y[y) .
Inoltre risulta
[(x[y)[ =
_
(x[x)
_
(y[y) .
18 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
se e solo se x e y sono linearmente dipendenti.
Dimostrazione. Osserviamo anzitutto che le radici quadrate sono ben denite a causa
dellassioma (c) del prodotto scalare.
Se (x[y) = 0, la disuguaglianza `e ovviamente vera. Supponiamo allora (x[y) ,= 0,
quindi x ,= 0 a causa dellassioma (a) del prodotto scalare. Sempre per lassioma (c)
risulta
K : (x +y[x +y) 0 .
Tenendo conto degli assiomi (a) e (b), si deduce che
0 (x +y[x +y) = [[
2
(x[x) +(x[y) +(y[x) + (y[y) =
= [[
2
(x[x) +(x[y) +(x[y) + (y[y) .
In particolare, considerando i della forma
=
(x[y)
[(x[y)[
con R, si ottiene
R : (x[x)
2
+ 2[(x[y)[ + (y[y) 0 .
Poiche per lassioma (d) risulta (x[x) > 0, deve essere
[(x[y)[
2
(x[x)(y[y) 0 ,
da cui si deduce facilmente la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz.
Supponiamo ora che valga luguaglianza. Se (x[y) = 0, si ha x = 0 oppure y = 0,
per cui x e y sono linearmente dipendenti. Se invece (x[y) ,= 0, si ha (x[x) > 0. Sia il
numero reale tale che
(x[x)
2
+ 2[(x[y)[ + (y[y) = 0
e sia
=
(x[y)
[(x[y)[
.
Allora si ha
(x +y[x +y) = 0 ,
da cui x +y = 0 per lassioma (d). Pertanto x e y sono linearmente dipendenti.
2. SPAZI UNITARI E SPAZI NORMATI 19
Supponiamo ora che x e y siano linearmente dipendenti. Se x = 0, `e evidente che
vale luguaglianza. Se invece x ,= 0, sar`a y = x con K. Si ha quindi
[(x[y)[ = [(x[x)[ = [(x[x)[ = [[(x[x) =
_
[[
2
(x[x)
2
=
=
_
(x[x)
_
(x[x) =
_
(x[x)
_
(x[x) =
_
(x[x)
_
(y[y) ,
per cui vale luguaglianza.
(2.6) Corollario Siano (x
(1)
, . . . , x
(n)
) e (y
(1)
, . . . , y
(n)
) due nuple di numeri reali.
Allora si ha

j=1
x
(j)
y
(j)

_
_
n

j=1
(x
(j)
)
2
_
_
1
2
_
_
n

j=1
(y
(j)
)
2
_
_
1
2
.
Dimostrazione. Si tratta della disuguaglianza di Cauchy-Schwarz in R
n
munito del
prodotto scalare canonico.
(2.7) Denizione Sia X uno spazio vettoriale su K. Diciamo che una funzione
A : X R
`e una norma su X, se per ogni x, y in X e per ogni in K si ha:
(a) A(x) 0;
(b) A(x) = 0 x = 0;
(c) A(x) = [[A(x);
(d) A(x +y) A(x) +A(y) (disuguaglianza triangolare della norma).
(2.8) Denizione Uno spazio normato su K `e una coppia (X, A) dove X `e uno spazio
vettoriale su K e A `e una norma su X.
Si usa denotare la norma A(x) di x con uno dei simboli seguenti
|x| , [x[ .
Quando non vi sia rischio di confusione, si usa anche denotare lo spazio normato col solo
simbolo X dello spazio vettoriale, anziche con (X, A), (X, | |) o (X, [ [).
20 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(2.9) Teorema Sia (X, ( [ )) uno spazio unitario su K. Allora
|x| :=
_
(x[x)
`e una norma su X.
Dimostrazione. Gli assiomi (a) e (b) di norma sono evidentemente vericati. Se x X
e K, si ha
|x| =
_
(x[x) =
_
(x[x) =
_
[[
2
(x[x) = [[
_
(x[x) = [[|x| .
Se inne x, y X, si ha
|x +y|
2
= (x +y[x +y) = (x[x) + (x[y) + (y[x) + (y[y) =
= (x[x) + (x[y) + (x[y) + (y[y) = (x[x) + 2Re (x[y) + (y[y)
(x[x) + 2[(x[y)[ + (y[y) .
Tenendo conto della disuguaglianza di Cauchy-Schwarz, si deduce che
|x +y|
2
(x[x) + 2
_
(x[x)
_
(y[y) + (y[y) =
=
_
_
(x[x) +
_
(y[y)
_
2
= (|x| +|y|)
2
,
da cui segue facilmente la disuguaglianza triangolare della norma.
Nel seguito ogni spazio unitario su K verr`a automaticamente munito della struttura
di spazio normato su K ora introdotta. In particolare, la disuguaglianza di Cauchy-
Schwarz pu`o essere cos` riformulata:
x, y X : [(x[y)[ |x||y| .
Nel caso di K
n
si ha esplicitamente
[x[ =
_
_
n

j=1
(x
(j)
)
2
_
_
1
2
in R
n
;
[x[ =
_
_
n

j=1
[x
(j)
[
2
_
_
1
2
in C
n
.
2. SPAZI UNITARI E SPAZI NORMATI 21
(2.10) Teorema Siano (X
1
, | |
1
) , . . . , (X
n
, | |
n
) degli spazi normati su K e sia
X =
n

j=1
X
j
.
Allora
|x| :=
_
_
n

j=1
|x
(j)
|
2
j
_
_
1
2
`e una norma su X (norma prodotto).
Dimostrazione. Gli assiomi (a), (b) e (c) di norma sono evidentemente vericati. Se
x, y X, si ha
|x +y|
2
=
n

j=1
|x
(j)
+y
(j)
|
2
j

n

j=1
_
|x
(j)
|
j
+|y
(j)
|
j
_
2
=
=
n

j=1
|x
(j)
|
2
j
+ 2
n

j=1
|x
(j)
|
j
|y
(j)
|
j
+
n

j=1
|y
(j)
|
2
j
.
Tenendo conto del Corollario (2.6), si ottiene
|x +y|
2

j=1
|x
(j)
|
2
j
+ 2
_
_
n

j=1
|x
(j)
|
2
j
_
_
1
2
_
_
n

j=1
|y
(j)
|
2
j
_
_
1
2
+
n

j=1
|y
(j)
|
2
j
=
= |x|
2
+ 2|x||y| +|y|
2
= (|x| +|y|)
2
,
da cui segue facilmente la disuguaglianza triangolare.
(2.11) Osservazione Siano (X
1
, ( [ )
1
) , . . . , (X
n
, ( [ )
n
) degli spazi unitari su K e sia
X =
n

j=1
X
j
.
Per quanto si `e visto nora, vi sono due modi canonici di introdurre una norma su X.
Un primo modo consiste nellintrodurre prima il prodotto scalare
(x[y) =
n

j=1
(x
(j)
[y
(j)
)
j
su X e poi la norma |x|

=
_
(x[x) su X.
22 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Un secondo modo consiste nellintrodurre prima le norme |x
(j)
|
j
=
_
(x
(j)
[x
(j)
)
j
nei vari X
j
e poi la norma
|x|

=
_
_
n

j=1
|x
(j)
|
2
j
_
_
1
2
su X.
Si verica per`o facilmente che |x|

= |x|

, per cui la norma canonica su X `e


univocamente determinata.
In particolare, non vi `e ambiguit`a su quale sia la norma canonica in K
n
.
(2.12) Teorema Sia (X, | |) uno spazio normato su K e sia Y un sottospazio vettoriale
di X.
Allora la restrizione
| |
|Y
: Y R
`e una norma su Y (norma subordinata).
Dimostrazione. La semplice verica pu`o essere svolta per esercizio.
(2.13) Teorema Sia (X, | |) uno spazio normato su K. Allora per ogni x, y in X si
ha

|x| |y|

|x y| .
Dimostrazione. Dalla disuguaglianza triangolare si deduce che
|x| = |(x y) +y| |x y| +|y| ,
da cui
|x| |y| |x y| .
Scambiando x con y, si ottiene
|y| |x| |y x| = |(1)(x y)| = |x y| ,
quindi
|x y| |x| |y| |x y| ,
da cui segue la tesi.
2. SPAZI UNITARI E SPAZI NORMATI 23
Esercizi
1. Sia (X, ( [ )) uno spazio unitario su R e siano x, y X tali che
(x[y) = |x||y| .
Si dimostri che esistono 0 e 0 tali che (, ) ,= (0, 0) e x = y.
2. Sia (X, ( [ )) uno spazio unitario su R e siano x, y X tali che
|x +y| = |x| +|y| .
Si dimostri che esistono 0 e 0 tali che (, ) ,= (0, 0) e x = y.
3. Sia (X, ( [ )) uno spazio unitario su K. Si dimostri la cosiddetta legge del
parallelogramma:
x, y X : |x +y|
2
+|x y|
2
= 2|x|
2
+ 2|y|
2
.
4. In R
2
si ponga
[x[
1
= [x
(1)
[ +[x
(2)
[ .
Si dimostri che [ [
1
`e una norma su R
2
e che non esiste nessun prodotto scalare su R
2
che induca [ [
1
.
5. Sia (X, | |) uno spazio normato su K. Si supponga che valga la legge del
parallelogramma, ossia che
x, y X : |x +y|
2
+|x y|
2
= 2|x|
2
+ 2|y|
2
.
Si dimostri che esiste uno ed un solo prodotto scalare ( [ ) su X che induce la norma | |.
(Suggerimento: si ponga
(x[y) =
1
4
_
|x +y|
2
|x y|
2
_
se K = R,
(x[y) =
1
4
_
|x +y|
2
|x y|
2
_
+
i
4
_
|x +iy|
2
|x iy|
2
_
24 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
se K = C).
6. Siano X
1
, X
2
due spazi unitari su K e sia L : X
1
X
2
unapplicazione tale che
x, y X
1
: (L(x)[L(y))
2
= (x[y)
1
.
Si dimostri che L `e lineare.
(Suggerimento: si sviluppi |L(x +y) L(x) L(y)|
2
2
).
7. Siano X
1
, X
2
due spazi unitari su R e sia L : X
1
X
2
unapplicazione tale che
x, y X
1
: |L(x) L(y)|
2
= |x y|
1
,
L(0) = 0 .
Si dimostri che L `e lineare e soddisfa
x, y X
1
: (L(x)[L(y))
2
= (x[y)
1
.
8. Sia f : C C la funzione coniugato, f(z) = z. Si osservi che f(0) = 0 e che
[f(z) f(w)[ = [z w[, anche se f non `e Clineare.
9. Sia X uno spazio unitario su K e sia L : X X unapplicazione tale che
x, y X : (x y[L(x) L(y)) = 0 ,
L(0) = 0 .
Si dimostri che L soddisfa
x, y X : L(x +y) = L(x) +L(y) ,
K, x X : L(x) = L(x) ,
x, y X : (x[L(y)) = (y[L(x)) .
3. SPAZI METRICI 25
3 Spazi metrici
(3.1) Denizione Sia X un insieme. Diciamo che una funzione
d : X X R
`e una metrica o distanza su X, se per ogni x, y, z in X si ha
(a) d(x, y) 0;
(b) d(x, y) = 0 x = y;
(c) d(y, x) = d(x, y);
(d) d(x, z) d(x, y) +d(y, z) (disuguaglianza triangolare della metrica).
(3.2) Denizione Uno spazio metrico `e una coppia (X, d) dove X `e un insieme e d `e
una metrica su X.
Quando non vi sia rischio di confusione, si usa anche denotare lo spazio metrico col
solo simbolo X dellinsieme, anziche con (X, d).
(3.3) Denizione Siano (X
1
, d
1
) e (X
2
, d
2
) due spazi metrici.
Diciamo che unapplicazione f : X
1
X
2
`e unisometria, se per ogni x, y in X
1
si
ha
d
2
(f(x), f(y)) = d
1
(x, y) .
Diciamo che (X
1
, d
1
) e (X
2
, d
2
) sono isometrici, se esiste unapplicazione biiettiva
f : X
1
X
2
tale che f ed f
1
siano delle isometrie.
Si verica facilmente che, se f : X
1
X
2
`e unisometria suriettiva, allora f `e
biiettiva e f
1
`e unisometria.
(3.4) Teorema Sia (X, | |) uno spazio normato su K. Allora
d(x, y) := |x y|
`e una metrica su X.
Dimostrazione. Gli assiomi (a) e (b) di metrica sono evidentemente vericati. Se
x, y X, si ha
d(y, x) = |y x| = |(1)(x y)| = [ 1[|x y| = d(x, y) .
26 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Se inne x, y, z X, risulta
d(x, z) = |x z| = |(x y) + (y z)|
|x y| +|y z| = d(x, y) +d(y, z) ,
per cui anche la disuguaglianza triangolare della metrica `e vericata.
Nel seguito ogni spazio normato su K verr`a automaticamente munito della struttura
di spazio metrico ora introdotta. In particolare, ogni spazio unitario su K verr`a munito
della struttura di spazio metrico.
Nel caso di K
n
si ha esplicitamente
d(x, y) =
_
_
n

j=1
(x
(j)
y
(j)
)
2
_
_
1
2
in R
n
;
d(x, y) =
_
_
n

j=1
[x
(j)
y
(j)
[
2
_
_
1
2
in C
n
.
(3.5) Teorema Siano (X
1
, d
1
) , . . . , (X
n
, d
n
) degli spazi metrici e sia
X =
n

j=1
X
j
.
Allora
d(x, y) :=
_
_
n

j=1
_
d
j
(x
(j)
, y
(j)
)
_
2
_
_
1
2
`e una metrica su X (metrica prodotto).
Dimostrazione. Gli assiomi (a), (b) e (c) di metrica sono evidentemente vericati. Se
x, y, z X, si ha
(d(x, z))
2
=
n

j=1
_
d
j
(x
(j)
, z
(j)
)
_
2

j=1
_
d
j
(x
(j)
, y
(j)
) +d
j
(y
(j)
, z
(j)
)
_
2
=
=
n

j=1
_
d
j
(x
(j)
, y
(j)
)
_
2
+ 2
n

j=1
d
j
(x
(j)
, y
(j)
)d
j
(y
(j)
, z
(j)
) +
n

j=1
_
d
j
(y
(j)
, z
(j)
)
_
2
.
Tenendo conto del Corollario (2.6), si deduce che
(d(x, z))
2

j=1
_
d
j
(x
(j)
, y
(j)
)
_
2
+
3. SPAZI METRICI 27
+2
_
_
n

j=1
_
d
j
(x
(j)
, y
(j)
)
_
2
_
_
1
2
_
_
n

j=1
_
d
j
(y
(j)
, z
(j)
)
_
2
_
_
1
2
+
n

j=1
_
d
j
(y
(j)
, z
(j)
)
_
2
=
= (d(x, y))
2
+ 2d(x, y)d(y, z) + (d(y, z))
2
= (d(x, y) +d(y, z))
2
,
da cui segue facilmente la disuguaglianza triangolare della metrica.
(3.6) Osservazione Siano (X
1
, | |
1
) , . . . , (X
n
, | |
n
) degli spazi normati su K e sia
X =
n

j=1
X
j
.
Per quanto abbiamo visto nora, ci sono due modi canonici di introdurre una metrica
su X.
Un primo modo consiste nellintrodurre anzitutto la norma prodotto su X e poi la
metrica indotta su X.
Un secondo modo consiste invece nellintrodurre prima le metriche indotte nei vari
X
j
e poi la metrica prodotto su X.
Si constata per`o facilmente che si ottiene sempre la stessa metrica su X, per cui
non vi sono ambiguit`a su quale sia la metrica canonica su X.
(3.7) Osservazione Siano (X
1
, ( [ )
1
) , . . . , (X
n
, ( [ )
n
) degli spazi unitari su K e sia
X =
n

j=1
X
j
.
Per quanto abbiamo visto nora, ci sono tre modi canonici di introdurre una metrica su
X (si trovino per esercizio).
Tuttavia si verica facilmente che essi danno per risultato sempre la stessa metrica
su X, per cui non vi sono ambiguit`a su quale sia la metrica canonica su X.
(3.8) Proposizione Siano (X
1
, d
1
) , . . . , (X
n+1
, d
n+1
) degli spazi metrici. Allora lap-
plicazione
n+1

j=1
X
j

_
n

j=1
X
j
_
X
n+1
(x
(1)
, . . . , x
(n+1)
) ((x
(1)
, . . . , x
(n)
), x
(n+1)
)
`e unisometria suriettiva.
Dimostrazione. La semplice verica pu`o essere svolta per esercizio.
28 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(3.9) Proposizione Lapplicazione
R
2n
C
n
(x
(1)
, y
(1)
, . . . , x
(n)
, y
(n)
) (x
(1)
+iy
(1)
, . . . , x
(n)
+iy
(n)
)
`e unisometria suriettiva.
Dimostrazione. La semplice verica pu`o essere svolta per esercizio.
(3.10) Teorema Sia X uno spazio metrico e sia Y un sottoinsieme di X. Allora la
restrizione
d
|Y Y
: Y Y R
`e una metrica su Y (metrica subordinata).
Dimostrazione. La semplice verica pu`o essere svolta per esercizio.
(3.11) Proposizione Nellinsieme R = R , + la funzione denita da
d(x, y) = [ arctan x arctan y[
(con le convenzioni arctan() = /2, arctan(+) = /2) `e una metrica.
Dimostrazione. La semplice verica pu`o essere svolta per esercizio.
Nel seguito R verr`a considerato come uno spazio metrico munito della metrica ora
introdotta. Occorre porre attenzione al fatto che tale metrica, subordinata a R, non
coincide aatto con la metrica d(x, y) = [x y[.
(3.12) Denizione Sia X uno spazio metrico. Si chiama diametro di X il numero
reale esteso
diam(X) :=
_
_
_
sup
XX
d se X ,= ,
0 se X = .
(3.13) Denizione Uno spazio metrico X si dice limitato, se diam(X) < +.
Se X `e uno spazio metrico e Y X, si intende per diametro di Y il diametro di Y
munito della metrica subordinata da X.
Similmente, Y si dice limitato, se lo `e rispetto alla metrica subordinata da X.
3. SPAZI METRICI 29
(3.14) Teorema Sia X uno spazio metrico e siano Y
1
Y
2
X.
Allora diam(Y
1
) diam(Y
2
). In particolare, se Y
2
`e limitato, anche Y
1
`e limitato.
Dimostrazione. La semplice verica pu`o essere svolta per esercizio.
(3.15) Denizione Siano X un insieme e Y uno spazio metrico. Unapplicazione
f : X Y si dice limitata, se limmagine f(X) `e limitata in Y .
(3.16) Denizione Siano X uno spazio metrico, x X e r > 0. Poniamo
B(x, r) := X : d(, x) < r .
Linsieme B(x, r) si chiama palla o intorno sferico di centro x e raggio r.
(3.17) Teorema Siano X uno spazio metrico, x X e r > 0. Allora
diam(B(x, r)) 2r .
Dimostrazione. Se y, z B(x, r), si ha
d(y, z) d(y, x) +d(x, z) = d(y, x) +d(z, x) < 2r ,
da cui la tesi.
(3.18) Denizione Siano X uno spazio metrico, U X e x X. Diciamo che U `e
un intorno di x, se esiste r > 0 tale che B(x, r) U.
Naturalmente per ogni x X e per ogni r > 0, la palla B(x, r) `e un intorno di x.
(3.19) Teorema Sia X uno spazio metrico. Valgono allora i seguenti fatti:
(a) se U `e un intorno di x ed U V X, allora V `e un intorno di x;
(b) se U
j
: 1 j n `e una famiglia nita di intorni di x, allora lintersezione
n

j=1
U
j
`e un intorno di x;
(c) se U `e un intorno di x, esiste un intorno V di x tale che U `e intorno di ogni punto
di V ;
30 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(d) se x
1
,= x
2
, allora esistono un intorno U
1
di x
1
ed un intorno U
2
di x
2
tali che
U
1
U
2
= .
Dimostrazione. La propriet`a (a) `e evidente.
(b) Se U
1
ed U
2
sono due intorni di x, esistono r
1
, r
2
> 0 tali che B(x, r
1
) U
1
e
B(x, r
2
) U
2
. Posto r = minr
1
, r
2
, risulta B(x, r) U
1
U
2
, per cui U
1
U
2
`e un
intorno di x.
Poiche
n+1

j=1
U
j
=
_
_
n

j=1
U
j
_
_
U
n+1
,
il caso generale pu`o essere dimostrato per induzione su n.
(c) Sia r > 0 tale che B(x, r) U. Dimostriamo che U `e intorno di ogni y B(x, r).
Anzitutto vale linclusione
(3.20) y B(x, r) : B(y, r d(y, x)) B(x, r) .
Infatti, se z B(y, r d(y, x)), si ha
d(z, x) d(z, y) +d(y, x) < (r d(y, x)) +d(y, x) = r .
Ne segue B(y, r d(y, x)) U, per cui U `e un intorno di y.
(d) Sia r =
1
2
d(x
1
, x
2
) e siano U
1
= B(x
1
, r), U
2
= B(x
2
, r). Se si avesse U
1
U
2
, ne
seguirebbe
d(x
1
, x
2
) d(x
1
, ) +d(, x
2
) < 2r = d(x
1
, x
2
) ,
il che `e assurdo. Pertanto U
1
U
2
= .
(3.21) Teorema Siano X
1
, . . . , X
n
degli spazi metrici, sia
X =
n

j=1
X
j
,
sia U X e sia x X.
Allora U `e un intorno di x se e solo se esistono degli intorni U
1
di x
(1)
, . . . ,U
n
di
x
(n)
tali che
n

j=1
U
j
U .
3. SPAZI METRICI 31
Dimostrazione. Supponiamo che U sia un intorno di x. Sia r > 0 tale che B(x, r) U
e sia, per j = 1, . . . , n, U
j
= B
_
x
(j)
, r/

n
_
. Se

n

j=1
U
j
,
si ha d
j
(
(j)
, x
(j)
) < r/

n per ogni j, quindi


d(, x) =
_
_
n

j=1
_
d
j
(
(j)
, x
(j)
)
_
2
_
_
1
2
<
_
n
r
2
n
_
1
2
= r ,
da cui segue B(x, r) U. Pertanto
n

j=1
U
j
U .
Proviamo ora il viceversa. Siano U
j
degli intorni di x
(j)
in X
j
tali che
n

j=1
U
j
U .
Sia r
j
> 0 tale che B
_
x
(j)
, r
j
_
U
j
e sia r = min r
j
: 1 j n. Se B(x, r), si ha
d
j
(
(j)
, x
(j)
)
_
n

h=1
_
d
h
(
(h)
, x
(h)
)
_
2
_1
2
= d(, x) < r r
j
,
per cui
B(x, r)
n

j=1
B
_
x
(j)
, r
j
_

j=1
U
j
U .
Pertanto U `e un intorno di x.
(3.22) Teorema Siano X uno spazio metrico, Y X, U Y e y Y .
Allora U `e un intorno di y in Y se e solo se esiste un intorno V di y in X tale che
U = V Y .
Dimostrazione. Supponiamo che U sia un intorno di y in Y . Sia r > 0 tale che
B(y, r) Y = Y : d(, y) < r U .
Posto V = B(y, r) U, si ha che V `e un intorno di y in X e U = V Y .
32 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Viceversa, supponiamo U = V Y con V intorno di y in X. Sia r > 0 tale che
B(y, r) V . Allora
Y : d(, y) < r = B(y, r) Y U ,
per cui U `e un intorno di y in Y .
(3.23) Teorema Sia U R. Valgono allora i seguenti fatti:
(a) U `e un intorno di x R se e solo se esiste r > 0 tale che ]x r, x +r[ U;
(b) U `e un intorno di se e solo se esiste M R tale che [, M[ U;
(c) U `e un intorno di + se e solo se esiste M R tale che ]M, +] U.
Dimostrazione.
(a) Supponiamo che U sia un intorno di x R. Per denizione di intorno esiste > 0
tale che B(x, ) U, ossia
R : [ arctan arctan x[ < = U .
Per la continuit`a della funzione arcotangente, esiste r > 0 tale che
R : [ x[ < r = [ arctan arctan x[ < .
Ne segue ]x r, x +r[ U.
Viceversa supponiamo che esista r > 0 tale che ]x r, x +r[ U. Per la continuit`a
della funzione tangente esiste > 0 tale che
R : [ arctan arctan x[ < = [ x[ < r .
Ne segue B(x, ) U, per cui U `e un intorno di x.
(b) Supponiamo che U sia un intorno di . Per denizione di intorno esiste > 0 tale
che
R :

arctan +

2

< = U .
Poiche larcotangente tende a /2 a , esiste M R tale che
R : < M = arctan <

2
+ .
Ne segue [, M[ U.
3. SPAZI METRICI 33
Viceversa supponiamo che esista M R tale che [, M[ U. Poiche la tangente
tende a a (/2)
+
, esiste > 0 tale che
R : arctan <

2
+ = < M .
Ne segue B(, ) U, per cui U `e un intorno di .
La propriet`a (c) pu`o essere dimostrata in modo simile.
(3.24) Corollario Siano U R e x R. Allora U `e un intorno di x rispetto alla
metrica subordinata da R se e solo se U `e un intorno di x rispetto alla metrica canonica
di R.
Dimostrazione.
`
E suciente combinare il teorema precedente con la denizione di
intorno.
(3.25) Denizione Siano X uno spazio metrico, E X e x X. Diciamo che x `e
aderente ad E, se per ogni intorno U di x si ha U E ,= . Poniamo
E := x X : x `e aderente ad E .
Linsieme E si chiama chiusura di E.
Evidentemente per ogni E X si ha E E.
(3.26) Denizione Siano X uno spazio metrico, E X e x X. Diciamo che x `e
interno ad E, se E `e un intorno di x. Poniamo
int (E) := x X : x `e interno ad E .
Linsieme int (E) (talvolta denotato anche col simbolo

E
) si chiama parte interna di E.
Evidentemente per ogni E X si ha int (E) E.
(3.27) Denizione Sia X uno spazio metrico e sia A un sottoinsieme di X. Diciamo
che A `e aperto in X, se A `e intorno di ogni suo punto, ossia se int (A) = A.
(3.28) Teorema Siano X uno spazio metrico, x X e r > 0. Allora la palla B(x, r)
`e aperta in X.
34 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Dimostrazione. Sia y B(x, r). Come abbiamo gi`a osservato nella (3.20), vale linclu-
sione
B(y, r d(y, x)) B(x, r) .
Ne segue che B(x, r) `e un intorno di y, quindi aperto.
(3.29) Teorema Sia X uno spazio metrico. Valgono allora i seguenti fatti:
(a) e X sono aperti in X;
(b) se A
j
: j J `e una famiglia di sottoinsiemi aperti in X, allora lunione
_
jJ
A
j
`e aperta in X;
(c) se A
j
: 1 j n `e una famiglia nita di sottoinsiemi aperti in X, allora linter-
sezione
n

j=1
A
j
`e aperta in X.
Dimostrazione. La (a) `e evidentemente vera.
(b) Se x

jJ
A
j
, sar`a x A
j
0
per qualche j
0
J. Per ipotesi A
j
0
`e un intorno di x. A
maggior ragione

jJ
A
j
A
j
0
`e un intorno di x.
(c) Se x
n

j=1
A
j
, sappiamo per ipotesi che A
1
, . . . , A
n
sono intorni di x. Ne segue che
n

j=1
A
j
`e un intorno di x.
(3.30) Teorema Siano X
1
, . . . , X
n
degli spazi metrici, sia
X =
n

j=1
X
j
e siano A
j
degli aperti in X
j
(j = 1, . . . , n).
Allora
n

j=1
A
j
3. SPAZI METRICI 35
`e aperto in X.
Dimostrazione. Si tratta di unovvia conseguenza del Teorema (3.21).
(3.31) Denizione Sia X uno spazio metrico e sia C un sottoinsieme di X. Diciamo
che C `e chiuso in X, se C contiene tutti i suoi punti aderenti, ossia se C = C.
(3.32) Teorema Siano X uno spazio metrico e C X. Allora C `e chiuso in X se e
solo se il complementare X C `e aperto in X.
Dimostrazione. Supponiamo che C sia chiuso in X. Per ogni x XC si ha x , C = C.
Esiste quindi un intorno U di x tale che U C = , ossia U XC. Ne segue che XC
`e un intorno di x. Pertanto X C `e aperto in X.
Viceversa supponiamo che X C sia aperto in X e consideriamo x C. Per ogni
intorno U di x si ha U C ,= . Poiche (XC) C = , linsieme XC non `e un intorno
di x, ossia x , int (X C) = X C. Ne segue x C, per cui C `e chiuso in X.
(3.33) Teorema Sia X uno spazio metrico. Valgono allora i seguenti fatti:
(a) e X sono chiusi in X;
(b) se C
j
: j J `e una famiglia di sottoinsiemi chiusi in X, allora lintersezione

jJ
C
j
`e chiusa in X;
(c) se C
j
: 1 j n `e una famiglia nita di sottoinsiemi chiusi in X, allora lunione
n
_
j=1
C
j
`e chiusa in X;
(d) per ogni x in X linsieme x `e chiuso in X.
Dimostrazione. Tenuto conto del Teorema (3.32), le propriet`a (a), (b) e (c) si deducono
facilmente a partire dalle corrispondenti propriet`a degli aperti.
(d) Dato x X, dimostriamo che X x `e aperto in X. In eetti, se y X x, si
ha d(x, y) > 0 e B(y, d(x, y)) X x.
36 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(3.34) Teorema Siano X
1
, . . . , X
n
degli spazi metrici, sia
X =
n

j=1
X
j
e siano C
j
dei chiusi in X
j
(j = 1, . . . , n).
Allora
n

j=1
C
j
`e chiuso in X.
Dimostrazione. Per ogni j = 1, . . . , n si ha
X (X
1
X
j1
C
j
X
j+1
X
n
) =
= X
1
X
j1
(X
j
C
j
) X
j+1
X
n
,
che `e aperto in X per il Teorema (3.30). Pertanto
X
1
X
j1
C
j
X
j+1
X
n
`e chiuso in X.
Allora `e chiuso in X
n

j=1
C
j
=
n

j=1
(X
1
X
j1
C
j
X
j+1
X
n
) ,
in quanto intersezione di chiusi.
(3.35) Teorema Sia X uno spazio metrico e siano E, E
1
ed E
2
dei sottoinsiemi di
X. Allora
(a) E `e chiuso in X, ossia E = E;
(b) E
1
E
2
= E
1
E
2
;
(c) E
1
E
2
= E
1
E
2
;
(d) se X

`e un altro spazio metrico ed E

, si ha E E

= E E

.
3. SPAZI METRICI 37
Dimostrazione.
(a) Sia x E. Per ogni intorno U di x esiste un intorno V di x tale che U `e intorno di
ogni punto di V . Sia y V E. Poiche U `e un intorno di y, si ha U E ,= . Ne segue
x E.
(b) Evidente.
(c) Dalla propriet`a precedente si deduce che E
1
E
1
E
2
ed E
2
E
1
E
2
, da cui
E
1
E
2
E
1
E
2
. Daltronde E
1
E
2
`e un chiuso, per cui
E
1
E
2
E
1
E
2
= E
1
E
2
.
(d) Dal momento che E E

`e chiuso in X X

, si ha
E E

E E

= E E

.
Sia (x, x

) EE

e sia U un intorno di (x, x

). Siano V un intorno di x e V

un intorno
di x

tali che V V

U. Risulta
(V V

) (E E

) = (V E) (V

) ,= ,
per cui U (E E

) ,= . Pertanto (x, x

) E E

.
(3.36) Teorema Sia X uno spazio metrico e siano E, E
1
ed E
2
dei sottoinsiemi di
X. Allora
(a) int (E) `e aperto in X, ossia int (int (E)) = int (E);
(b) E
1
E
2
= int (E
1
) int (E
2
);
(c) int (E
1
E
2
) = int (E
1
) int (E
2
);
(d) se X

`e un altro spazio metrico ed E

, si ha int (E E

) = int (E) int (E

).
Dimostrazione.
(a) Sia x int (E). Esiste un intorno V di x tale che E sia intorno di ogni punto di V ,
ossia tale che V int (E). Ne segue che int (E) `e un intorno di x, ossia x int (int (E)).
(b) Evidente.
(c)
`
E suciente adattare la dimostrazione della (c) del teorema precedente.
(d) Dal momento che int (E) int (E

) `e aperto in X X

, si ha
int (E) int
_
E

_
= int
_
int (E) int
_
E

__
int
_
E E

_
.
38 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Sia (x, x

) int (E E

) e siano V un intorno di x e V

un intorno di x

tali che
V V

E E

. Essendo V e V

entrambi non vuoti, ne segue V E e V

.
Pertanto si ha x int (E) e x

int (E

), ossia (x, x

) int (E) int (E

).
(3.37) Teorema Siano X uno spazio metrico, Y X ed E Y . Allora E `e aperto
in Y se e solo se esiste un aperto A in X tale che E = A Y .
Dimostrazione. Sia E aperto in Y . Per il Teorema (3.22) per ogni y E esiste un
intorno V
y
di y in X tale che E = V
y
Y . Sia A =

yE
int (V
y
). Allora A `e aperto in
X ed A Y = E.
Il viceversa `e unovvia conseguenza del Teorema (3.22).
(3.38) Teorema Siano X uno spazio metrico, Y X ed E Y . Allora E `e chiuso
in Y se e solo se esiste un chiuso C in X tale che E = C Y .
Dimostrazione. La dimostrazione pu`o essere svolta per esercizio, combinando il teorema
precedente col Teorema (3.32).
(3.39) Denizione Siano X uno spazio metrico, E X e x X. Diciamo che x `e
un punto di accumulazione per E, se x `e aderente ad E x.
(3.40) Denizione Siano X uno spazio metrico ed E F X. Diciamo che E `e
denso in F, se F E.
(3.41) Denizione Siano X uno spazio metrico ed E X. Poniamo
E := X (int (E) int (X E)) .
Linsieme E si chiama frontiera di E.
Esercizi
3. SPAZI METRICI 39
1. Sia E R, E ,= . Si dimostri che diam(E) = sup E inf E. Se ne deduca che
E `e limitato rispetto alla metrica canonica di R se e solo se inf E > e sup E < +.
2. Siano X uno spazio normato su K ed E X. Si dimostri che E `e limitato se e
solo se esiste R > 0 tale che E B(0, R).
3. Siano X uno spazio normato su K, x X e r > 0. Si dimostri che gli insiemi
B(x, r) e X : | x| r sono convessi.
4. Si dia una classicazione degli intervalli che sono sottoinsiemi aperti o sottoin-
siemi chiusi di R e di R.
5. Sia Y un sottoinsieme aperto in uno spazio metrico X e sia E Y . Si dimostri
che E `e aperto in Y se e solo se E `e aperto in X.
6. Sia Y un sottoinsieme chiuso in uno spazio metrico X e sia E Y . Si dimostri
che E `e chiuso in Y se e solo se E `e chiuso in X.
7. Siano X uno spazio metrico, Y X ed E Y . Si dimostri che
E
Y
= E
X
Y ,
dove E
Y
e E
X
denotano la chiusura di E in Y ed in X, rispettivamente.
8. Siano X uno spazio metrico, U X e x X. Si dimostri che U `e un intorno di
x se e solo se esiste un aperto A in X tale che x A ed A U.
9. Dato un insieme X, si ponga per ogni x, y in X
d(x, y) =
_
0 se x = y ,
1 se x ,= y .
Si dimostri che:
(a) d `e una metrica su X;
(b) se x X e r ]0, 1], si ha B(x, r) = x e diam(B(x, r)) = 0;
(c) ogni sottoinsieme di X `e aperto e chiuso.
40 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
4 Limiti e continuit`a
(4.1) Denizione Siano X
1
e X
2
due spazi metrici, E X
1
, f : E X
2
unapplica-
zione, x E e X
2
.
Diciamo che `e limite di f in x, se per ogni intorno V di in X
2
esiste un intorno
U di x in X
1
tale che f(U E) V .
1
(4.2) Proposizione (Unicit`a del limite) Siano X
1
e X
2
due spazi metrici, E X
1
,
f : E X
2
unapplicazione, x E e

X
2
. Supponiamo che

siano limiti di
f in x.
Allora

.
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo

,=

. Per il Teorema (3.19) esistono un


intorno V

di

ed un intorno V

di

tali che V

= . Siano U

ed U

due intorni
di x tali che f(U

E) V

e f(U

E) V

. Per il Teorema (3.19) U

`e un
intorno di x. Essendo x aderente ad E, esiste (U

)E. Ne segue f() V

,
quindi V

,= , il che `e assurdo.
Se f ammette limite in x, poniamo
lim
x
f() =
e diciamo che f() tende a per tendente a x (in simboli, f() per x).
(4.3) Osservazione Se
lim
x
f() = ,
valgono i seguenti fatti:
(a) `e aderente a f(E);
(b) se x E, si ha necessariamente = f(x).
Dimostrazione.
1
Nella denizione tradizionale, adottata dalla maggioranza degli autori, si richiede linclusione
f((U E) \ {x}) V invece di f(U E) V . In tal caso x va supposto di accumulazione per E,
anche sussista lunicit` a del limite. Anche lenunciato del Teorema (4.12) di composizione richiede una
modica che lo rende meno naturale.
La denizione che qui preferiamo `e tratta da E. De Giorgi, Corso di analisi per chimici, De Salvio,
Ferrara, 1969 e L. Schwartz, Analyse. Deuxi`eme partie: Topologie generale et analyse fonctionnelle,
Collection Enseignement des Sciences, 11, Hermann, Paris, 1970.
4. LIMITI E CONTINUIT
`
A 41
(a) Per ogni intorno V di , esiste un intorno U di x tale che f(U E) V . Essendo x
aderente ad E, esiste U E. Ne segue f() V f(E), da cui V f(E) ,= .
(b) Se per assurdo fosse ,= f(x), esisterebbe per il Teorema (3.19) un intorno V di
tale che f(x) , V . Daltra parte esiste un intorno U di x tale che f(U E) V , in
particolare f(x) V : una contraddizione.
(4.4) Osservazione Se X
2
= R, `e indierente considerare su X
2
la metrica canonica
d(x, y) = [x y[ o la metrica d(x, y) = [ arctan x arctan y[ subordinata da R.
Dimostrazione.
`
E suciente notare che, per il Corollario (3.24), gli intorni di in R
sono gli stessi.
(4.5) Denizione Siano X
1
e X
2
due spazi metrici, f : X
1
X
2
unapplicazione e
x X
1
.
Diciamo che f `e continua in x, se per ogni intorno V di f(x) esiste un intorno U
di x tale che f(U) V . Una formulazione equivalente `e: per ogni intorno V di f(x) la
controimmagine f
1
(V ) `e un intorno di x.
Diciamo che f `e continua, se f `e continua in ogni x X
1
.
(4.6) Proposizione Siano (X
1
, d
1
) e (X
2
, d
2
) due spazi metrici, E X
1
, f : E X
2
unapplicazione, x E e X
2
.
Allora sono fatti equivalenti:
(a) lim
x
f() = ;
(b) per ogni > 0 esiste > 0 tale che
E : d
1
(, x) < = d
2
(f(), ) < ;
(c) lim
x
d
2
(f(), ) = 0.
Dimostrazione.
(a) = (b) Per ogni > 0, B(, ) `e un intorno di . Sia U un intorno di x tale che
f(UE) B(, ). Sia > 0 tale che B(x, ) U. Allora si ha f(B(x, )E) B(, ),
ossia
E : d
1
(, x) < = d
2
(f(), ) < .
42 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(b) = (a) Dato un intorno V di , esiste > 0 tale che B(, ) V . Sia > 0 tale che
E : d
1
(, x) < = d
2
(f(), ) < ,
ossia f(B(x, ) E) B(, ). Allora B(x, ) `e un intorno di x e f(B(x, ) E) V .
(a) (c) Avendo gi`a dimostrato che (a) (b), `e suciente osservare che le
condizioni d
2
(f(), ) < e [d
2
(f(), ) 0[ < si equivalgono.
(4.7) Corollario Siano (X
1
, d
1
) e (X
2
, d
2
) due spazi metrici, f : X
1
X
2
unapplica-
zione e x X
1
.
Allora sono fatti equivalenti:
(a) f `e continua in x;
(b) lim
x
f() = f(x);
(c) per ogni > 0 esiste > 0 tale che
X
1
: d
1
(, x) < = d
2
(f(), f(x)) < ;
(d) lim
x
d
2
(f(), f(x)) = 0.
Dimostrazione. Lequivalenza fra (a) e (b) `e evidente. Lequivalenza fra (b), (c) e (d) `e
un caso particolare della proposizione precedente.
(4.8) Proposizione Siano X
1
e X
2
due spazi metrici e f : X
1
X
2
unapplicazione.
Allora sono fatti equivalenti:
(a) f `e continua;
(b) f
1
(A) `e aperto in X
1
per ogni aperto A in X
2
;
(c) f
1
(C) `e chiuso in X
1
per ogni chiuso C in X
2
.
Dimostrazione.
(a) = (b) Sia A un aperto in X
2
e sia x f
1
(A). Poiche f(x) A, risulta che A `e
un intorno di f(x). Ne segue che f
1
(A) `e un intorno di x. Pertanto f
1
(A) `e aperto
in X
1
.
4. LIMITI E CONTINUIT
`
A 43
(b) = (a) Sia x X
1
e sia V un intorno di f(x). Poiche f(x) int (V ), risulta
x f
1
(int (V )). Daltronde f
1
(int (V )) `e aperto in X
1
, quindi `e un intorno di x. A
maggior ragione f
1
(V ) `e un intorno di x. Pertanto f `e continua in x.
Lequivalenza fra (b) e (c) pu`o essere dimostrata per esercizio.
(4.9) Teorema (di locale limitatezza) Siano X
1
e X
2
due spazi metrici, E X
1
,
f : E X
2
unapplicazione, x E e X
2
. Supponiamo che
lim
x
f() = .
Allora esiste un intorno U di x in X
1
tale che f(U E) `e limitato in X
2
.
Dimostrazione. Sia U un intorno di x tale che f(U E) B(, 1). Risulta
diam(f(U E)) diam(B(, 1)) 2 ,
da cui la tesi.
(4.10) Teorema (di permanenza del segno) Siano X uno spazio metrico, E X,
f : E R una funzione, x E e R 0. Supponiamo che
lim
x
f() = .
Allora esiste un intorno U di x tale che
U E : f() > 0 .
Dimostrazione. Supponiamo ad esempio > 0. Linsieme ]0, +] `e evidentemente un
intorno di . Esiste quindi un intorno U di x tale che f(U E) ]0, +], da cui la tesi.
Il caso < 0 `e simile e pu`o essere trattato per esercizio.
(4.11) Teorema (del confronto) Siano X uno spazio metrico, E X, , f, : E R
tre funzioni, x E e R. Supponiamo che si abbia
E : () f() () ,
lim
x
() = lim
x
() = .
44 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Allora risulta
lim
x
f() = .
Dimostrazione. Per ogni intorno W di esiste un intervallo V W tale che V sia un
intorno di . Siano U

ed U

due intorni di x tali che (U

E) V e (U

E) V .
Allora U = U

`e un intorno di x per il Teorema (3.19). Inoltre per ogni U E


si ha () V e () V , quindi f() V , perche V `e un intervallo. Pertanto
f(U E) V W.
(4.12) Teorema (di composizione) Siano X
1
, X
2
e X
3
tre spazi metrici, E
1
X
1
,
E
2
X
2
, f
1
: E
1
X
2
e f
2
: E
2
X
3
due applicazioni con f
1
(E
1
) E
2
, x
1
E
1
,
x
2
E
2
e X
3
. Supponiamo che si abbia
lim
x
1
f
1
() = x
2
, lim
x
2
f
2
() = .
Allora risulta
lim
x
1
(f
2
f
1
)() = .
Dimostrazione. Per ogni intorno W di in X
3
, esiste un intorno V di x
2
in X
2
tale che
f
2
(V E
2
) W. Sia U un intorno di x
1
tale che f
1
(U E
1
) V . Allora si ha
(f
2
f
1
)(U E
1
) = f
2
(f
1
(U E
1
)) f
2
(V E
2
) W ,
da cui la tesi.
(4.13) Corollario Siano X
1
, X
2
e X
3
tre spazi metrici e f
1
: X
1
X
2
e f
2
: X
2
X
3
due applicazioni.
Valgono i fatti seguenti:
(a) se x X
1
, f
1
`e continua in x e f
2
`e continua in f
1
(x), allora f
2
f
1
`e continua in
x;
(b) se f
1
e f
2
sono continue, allora f
2
f
1
`e continua.
Dimostrazione. La (a) `e una conseguenza immediata del teorema precedente. La (b) `e
una conseguenza della a).
4. LIMITI E CONTINUIT
`
A 45
(4.14) Denizione Siano X
1
e X
2
due spazi metrici.
Diciamo che unapplicazione f : X
1
X
2
`e un omeomorsmo, se f `e biiettiva e f
e f
1
sono entrambe continue.
Diciamo che X
1
e X
2
sono omeomor, se esiste un omeomorsmo f : X
1
X
2
.
(4.15) Teorema Sia f : X
1
X
2
un omeomorsmo fra due spazi metrici X
1
e X
2
e
siano E X
1
e x X
1
. Allora valgono i fatti seguenti:
(a) E `e un intorno di x in X
1
se e solo se f(E) `e un intorno di f(x) in X
2
;
(b) f(E) = f(E);
(c) int (f(E)) = f(int (E));
(d) E `e aperto in X
1
se e solo se f(E) `e aperto in X
2
;
(e) E `e chiuso in X
1
se e solo se f(E) `e chiuso in X
2
.
Dimostrazione. La (a) `e una conseguenza immediata della denizione di continuit`a. Le
altre propriet`a sono una conseguenza della (a).
(4.16) Denizione Sia f : X
1
X
2
unapplicazione fra due spazi metrici (X
1
, d
1
) e
(X
2
, d
2
). Diciamo che f `e lipschitziana, se esiste c [0, +[ tale che
x, y X
1
: d
2
(f(y), f(x)) cd
1
(x, y) .
(4.17) Proposizione Sia f : X
1
X
2
unapplicazione fra due spazi metrici X
1
e X
2
.
Consideriamo le seguenti condizioni:
(a) f `e unisometria;
(b) f `e lipschitziana;
(c) f `e continua.
Allora si ha (a) = (b) = (c).
Dimostrazione.
(a) = (b) Evidentemente unisometria `e lipschitziana con c = 1.
46 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(b) = (c) Sia x X
1
e sia > 0. Se f `e lipschitziana di costante c, sia > 0 tale che
c . Allora per ogni X
1
con d
1
(, x) < si ha
d
2
(f(), f(x)) cd
1
(, x) < ,
da cui la tesi.
(4.18) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi metrici e sia f : X
1
X
2
unapplicazione
costante. Allora f `e lipschitziana, quindi continua.
Dimostrazione. Evidentemente f `e lipschitziana con c = 0.
(4.19) Teorema Siano X
1
, . . . , X
n
degli spazi metrici e per 1 j n sia
p
j
:
n

h=1
X
h
X
j
la proiezione canonica sul jesimo fattore.
Allora p
j
`e lipschitziana, quindi continua.
Dimostrazione. Poiche
d
j
(p
j
(x), p
j
(y)) = d
j
(x
(j)
, y
(j)
)
_
n

h=1
_
d
h
(x
(h)
, y
(h)
)
_
2
_1
2
= d(x, y) ,
risulta che p
j
`e lipschitziana con c = 1.
(4.20) Teorema Siano X, Y
1
, . . . , Y
n
degli spazi metrici, E X, f : E
n

j=1
Y
j
unapplicazione, x E e
n

j=1
Y
j
.
Allora sono fatti equivalenti:
(a) lim
x
f() = ;
(b) per ogni j = 1, . . . , n si ha
lim
x
f
(j)
() =
(j)
.
4. LIMITI E CONTINUIT
`
A 47
Dimostrazione.
(a) = (b) Tenuto conto che f
(j)
= p
j
f e
(j)
= p
j
(), si tratta di una conseguenza
del teorema precedente e del teorema di composizione.
(b) = (a) Sia V un intorno di in
n

j=1
Y
j
e siano V
1
, . . . , V
n
degli intorni di
(1)
, . . . ,
(n)
tali che
n

j=1
V
j
V .
Siano U
1
, . . . , U
n
degli intorni di x tali che f
(j)
(U
j
E) V
j
per ogni j = 1, . . . , n.
Allora U =
n

j=1
U
j
`e un intorno di x e f
(j)
(U E) V
j
. Ne segue
f(U E)
n

j=1
V
j
V ,
da cui la tesi.
(4.21) Corollario Siano X, Y
1
, . . . , Y
n
degli spazi metrici, f : X
n

j=1
Y
j
unapplica-
zione e x X.
Allora f `e continua in x se e solo se tutte le componenti f
(j)
sono continue in x.
In particolare, f `e continua se e solo se tutte le componenti f
(j)
sono continue.
Dimostrazione. Si tratta di una conseguenza del teorema precedente.
(4.22) Teorema Sia X uno spazio metrico e sia Y un sottoinsieme di X. Allora
lapplicazione di inclusione i : Y X `e unisometria, quindi continua (si intende che Y
`e munito della metrica subordinata).
Dimostrazione. La semplice verica pu`o essere svolta per esercizio.
(4.23) Denizione Siano X
1
e X
2
due spazi metrici, E X
1
e f : E X
2
unapplicazione. Sia R E e sia x R.
Allora per denotare
lim
x
f
|R
()
si usa spesso la scrittura
lim
x
R
f() .
48 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Nel caso particolare R = E x si pu`o anche usare la notazione
lim
x
=x
f() .
Evidentemente il limite sulla restrizione R = E x ha senso quando x `e aderente ad
E x, ossia quando x `e di accumulazione per E.
(4.24) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi metrici, R E X
1
, f : E X
2
unapplicazione, x R e X
2
. Supponiamo che
lim
x
f() = .
Allora si ha
lim
x
R
f() = .
Dimostrazione. Per ogni intorno V di in X
2
esiste un intorno U di x in X
1
tale che
f(U E) V . A maggior ragione si ha f(U R) V , da cui la tesi.
(4.25) Corollario Siano X
1
e X
2
due spazi metrici, f : X
1
X
2
unapplicazione,
Y X
1
e x Y . Supponiamo che f sia continua in x.
Allora f
|Y
`e continua in x (si intende che Y `e munito della metrica subordinata).
In particolare, se f `e continua, anche f
|Y
`e continua.
Dimostrazione. Si tratta di una conseguenza del teorema precedente.
(4.26) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi metrici, E X
1
, f : E X
2
unapplica-
zione, x E e X
2
. Sia R
j
: 1 j n una famiglia nita di sottoinsiemi di E
tale che E =
n

j=1
R
j
e tale che
lim
x
R
j
f() =
ogniqualvolta x `e aderente a R
j
.
Allora si ha
lim
x
f() = .
Dimostrazione. Sia V un intorno di . Se x `e aderente a R
j
, esiste un intorno U
j
di x
tale che f(U
j
R
j
) V . Se invece x non `e aderente a R
j
, esiste un intorno U
j
di x
4. LIMITI E CONTINUIT
`
A 49
tale che U
j
R
j
= , quindi a maggior ragione f(U
j
R
j
) V . Allora U =
n

j=1
U
j
`e un
intorno di x e si ha
f(U E) = f
_
_
U
n
_
j=1
R
j
_
_
=
n
_
j=1
f(U R
j
)
n
_
j=1
f(U
j
R
j
) V ,
da cui la tesi.
(4.27) Corollario Siano X
1
e X
2
due spazi metrici e f : X
1
X
2
unapplicazione.
Sia C
j
: 1 j n una famiglia nita di chiusi in X
1
tale che X
1
=
n

j=1
C
j
e tale che
f
|C
j
sia continua per ogni j = 1, . . . , n.
Allora f `e continua.
Dimostrazione. Sia x X
1
. Se x , C
j
, risulta che x non `e aderente a C
j
. Se invece
x C
j
, si ha per ipotesi
lim
x
C
j
f() = f(x) .
La tesi discende allora dal teorema precedente.
(4.28) Teorema Sia X uno spazio metrico. Allora la metrica
d : X X R
`e lipschitziana, quindi continua.
Dimostrazione. Se (x
(1)
, x
(2)
), (y
(1)
, y
(2)
) X X si ha
d
_
x
(1)
, x
(2)
_
d
_
x
(1)
, y
(1)
_
+d
_
y
(1)
, y
(2)
_
+d
_
y
(2)
, x
(2)
_
=
d
_
x
(1)
, y
(1)
_
+d
_
y
(1)
, y
(2)
_
+d
_
x
(2)
, y
(2)
_
.
Ne segue
d
_
x
(1)
, x
(2)
_
d
_
y
(1)
, y
(2)
_
d
_
x
(1)
, y
(1)
_
+d
_
x
(2)
, y
(2)
_
.
Poiche si pu`o scambiare x
(1)
con y
(1)
e x
(2)
con y
(2)
, si ha

d
_
x
(1)
, x
(2)
_
d
_
y
(1)
, y
(2)
_

d
_
x
(1)
, y
(1)
_
+d
_
x
(2)
, y
(2)
_

2
_
d
_
x
(1)
, y
(1)
_
2
+d
_
x
(2)
, y
(2)
_
2
_1
2
.
50 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Quindi d `e lipschitziana con c =

2.
(4.29) Denizione Sia X uno spazio metrico e sia E un sottoinsieme non vuoto di
X. Per ogni x in X poniamo
d(x, E) := inf d(x, y) : y E .
Il numero reale d(x, E) si chiama distanza di x da E.
(4.30) Teorema Sia X uno spazio metrico e sia E un sottoinsieme non vuoto di X.
Allora la funzione
X R
x d(x, E)
`e lipschitziana, quindi continua.
Dimostrazione. Dati x, y X, si ha
z E : d(x, E) d(x, z) d(x, y) +d(y, z) ,
quindi
z E : d(x, E) d(x, y) d(y, z) .
Ne segue
d(x, E) d(x, y) d(y, E) ,
ossia
d(x, E) d(y, E) d(x, y) .
Potendo scambiare x con y, si deduce che
[d(x, E) d(y, E)[ d(x, y) ,
da cui la lipschitzianit`a con c = 1.
(4.31) Teorema Sia X uno spazio metrico e sia E un sottoinsieme non vuoto di X.
Allora si ha
E = x X : d(x, E) = 0 .
Dimostrazione. Essendo la funzione x d(x, E) continua, linsieme
x X : d(x, E) = 0
4. LIMITI E CONTINUIT
`
A 51
`e un chiuso contenente E. Pertanto
E x X : d(x, E) = 0 .
Daltra parte, se x , E, esiste r > 0 tale che B(x, r) X E. Allora d(x, E) r > 0.
(4.32) Teorema Siano (X
1
, | |
1
) e (X
2
, | |
2
) due spazi normati su K e L : X
1
X
2
unapplicazione Rlineare.
Allora sono fatti equivalenti:
(a) L `e lipschitziana;
(b) L `e continua;
(c) L `e continua in 0;
(d) esiste c [0, +[ tale che
x X
1
: |Lx|
2
c|x|
1
.
Dimostrazione. Evidentemente (a) = (b) = (c).
(c) = (d) Sia > 0 tale che
x X
1
: |x|
1
< = |Lx|
2
< 1
e sia c = 2/. Se x X
1
0, si ha
_
_
_
_

2|x|
1
x
_
_
_
_
1
< ,
quindi

2|x|
1
|Lx|
2
=
_
_
_
_
L
_

2|x|
1
x
__
_
_
_
2
< 1 ,
da cui si deduce
|Lx|
2

2

|x|
1
= c|x|
1
.
Poiche tale disuguaglianza `e palesemente vera anche per x = 0, la (d) `e dimostrata.
(d) = (a) Se x, y X
1
, si ha
|Lx Ly|
2
= |L(x y)|
2
c|x y|
1
,
per cui L `e lipschitziana.
52 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(4.33) Teorema Siano (X
1
, | |
1
), (X
2
, | |
2
) e (X
3
, | |
3
) tre spazi normati su K e sia
B : X
1
X
2
X
3
unapplicazione Rbilineare.
Allora sono fatti equivalenti:
(a) B `e continua;
(b) B `e continua in (0, 0);
(c) esiste c [0, +[ tale che
x
(1)
X
1
, x
(2)
X
2
: |B(x
(1)
, x
(2)
)|
3
c|x
(1)
|
1
|x
(2)
|
2
.
Dimostrazione. Evidentemente (a) implica (b).
(b) = (c) Sia > 0 tale che
x
(1)
X
1
, x
(2)
X
2
: |x
(1)
|
2
1
+|x
(2)
|
2
2
<
2
= |B(x
(1)
, x
(2)
)|
3
< 1 .
Posto c = 4/(
2
), si ha per ogni x
(1)
X
1
0 e x
(2)
X
2
0
_
_
_
_

2|x
(1)
|
1
x
(1)
_
_
_
_
2
+
_
_
_
_

2|x
(2)
|
2
x
(2)
_
_
_
_
2
<
2
,
quindi

2|x
(1)
|
1

2|x
(2)
|
2
|B(x
(1)
, x
(2)
)|
3
=
_
_
_
_
B
_

2|x
(1)
|
1
x
(1)
,

2|x
(2)
|
2
x
(2)
__
_
_
_
3
< 1 ,
da cui si deduce
|B(x
(1)
, x
(2)
)|
3

4

2
|x
(1)
|
1
|x
(2)
|
2
= c|x
(1)
|
1
|x
(2)
|
2
.
Poiche tale disuguaglianza `e ovviamente vera se x
(1)
= 0 o x
(2)
= 0, la (c) `e dimostrata.
(c) = (a) Sia (x
(1)
, x
(2)
) X
1
X
2
e sia > 0. Se (
(1)
,
(2)
) X
1
X
2
, si ha
|B(
(1)
,
(2)
) B(x
(1)
, x
(2)
)|
3
= |B(
(1)
,
(2)
x
(2)
) +B(
(1)
x
(1)
, x
(2)
)|
3

|B(
(1)
,
(2)
x
(2)
)|
3
+|B(
(1)
x
(1)
, x
(2)
)|
3

c|
(1)
|
1
|
(2)
x
(2)
|
2
+c|
(1)
x
(1)
|
1
|x
(2)
|
2
.
Poniamo
= min
_

2c|x
(2)
|
2
+
,

2c|x
(1)
|
1
+ 2c +
_
.
4. LIMITI E CONTINUIT
`
A 53
Se |
(1)
x
(1)
|
2
1
+|
(2)
x
(2)
|
2
2
<
2
, si ha anzitutto
|
(1)
|
1
|x
(1)
|
1
+|
(1)
x
(1)
|
1
|x
(1)
|
1
+ 1 .
Ne segue
|B(
(1)
,
(2)
) B(x
(1)
, x
(2)
)|
3

c|
(1)
|
1
|
(2)
x
(2)
|
2
+c|
(1)
x
(1)
|
1
|x
(2)
|
2
<
< c
_
|x
(1)
|
1
+ 1
_
+c|x
(2)
|
2
<

2
+

2
= .
Pertanto B `e continua in (x
(1)
, x
(2)
).
(4.34) Corollario Sia X uno spazio normato su K. Allora le applicazioni somma
X X X
(x, y) x +y
,
prodotto per scalare
KX X
(, x) x
e norma
X R
x |x|
sono continue.
Pi` u precisamente, la somma e la norma sono lipschitziane.
Dimostrazione. Lapplicazione somma `e evidentemente Klineare, quindi Rlineare.
Inoltre
|x +y| |x| +|y|

2
_
|x|
2
+|y|
2
_1
2
.
La lipschitzianit`a della somma segue allora dal Teorema (4.32).
Lapplicazione prodotto per scalare `e evidentemente Kbilineare, quindi Rbili-
neare. Inoltre
|x| = [[|x| .
La continuit`a del prodotto per scalare discende allora dal Teorema (4.33).
Per il Teorema (2.13) lapplicazione norma `e lipschitziana con c = 1.
54 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(4.35) Corollario Le applicazioni somma
R R R
(x, y) x +y
,
C C C
(x, y) x +y
e prodotto
R R R
(x, y) xy
,
C C C
(x, y) xy
sono continue.
Dimostrazione. Si tratta di un caso particolare del corollario precedente.
(4.36) Corollario Sia X uno spazio unitario su K. Allora lapplicazione prodotto
scalare
X X K
(x, y) (x[y)
`e continua.
Dimostrazione. Lapplicazione prodotto scalare `e Rbilineare (e solo Rbilineare, anche
quando K = C). Inoltre per la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz si ha
[(x[y)[ |x||y| .
La continuit`a del prodotto scalare segue allora dal Teorema (4.33).
(4.37) Corollario Siano X uno spazio metrico, Y uno spazio normato su K, E X,
f, g : E Y e : E K delle applicazioni e x E. Supponiamo che f, g e
ammettano limite in x.
Allora le applicazioni f +g, f e |f| ammettono limite in x e si ha
lim
x
(f() +g()) =
_
lim
x
f()
_
+
_
lim
x
g()
_
;
lim
x
(()f()) =
_
lim
x
()
__
lim
x
f()
_
;
lim
x
|f()| =
_
_
_
_
lim
x
f()
_
_
_
_
.
Inoltre, se Y `e uno spazio unitario su K, (f[g) ammette limite in x e
lim
x
(f()[g()) = (lim
x
f()[ lim
x
g()) .
4. LIMITI E CONTINUIT
`
A 55
Dimostrazione. Lapplicazione f +g `e il risultato della composizione dellapplicazione
E Y Y
(f(), g())
con lapplicazione
Y Y Y
(u, v) u +v
.
Per il Teorema (4.20) la prima applicazione ha limite
_
lim
x
f(), lim
x
g()
_
in x. Per la continuit`a della somma, si deduce per composizione che
lim
x
(f() +g()) =
_
lim
x
f()
_
+
_
lim
x
g()
_
.
Analogamente lapplicazione f `e il risultato della composizione dellapplicazione
E KY
((), f())
con lapplicazione
KY Y
(, u) u
.
Lapplicazione |f| si ottiene componendo lapplicazione f con lapplicazione norma.
Inne, lapplicazione (f[g) `e il risultato della composizione dellapplicazione
E Y Y
(f(), g())
con lapplicazione
Y Y Y
(u, v) (u[v)
.
Il ragionamento `e quindi analogo.
(4.38) Teorema Le applicazioni massimo
R R R
(x, y) maxx, y
e minimo
R R R
(x, y) minx, y
56 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
sono lipschitziane, quindi continue.
Dimostrazione. Osserviamo anzitutto che
maxx, y =
1
2
(x +y +[x y[) ,
minx, y =
1
2
(x +y [x y[) .
Se (x
(1)
, x
(2)
), (y
(1)
, y
(2)
) R R, si ha
[ maxx
(1)
, x
(2)
maxy
(1)
, y
(2)
[

1
2
[x
(1)
y
(1)
[ +
1
2
[x
(2)
y
(2)
[ +
1
2

[x
(1)
x
(2)
[ [y
(1)
y
(2)
[

1
2
[x
(1)
y
(1)
[ +
1
2
[x
(2)
y
(2)
[ +
1
2
[x
(1)
y
(1)
+y
(2)
x
(2)
[
[x
(1)
y
(1)
[ +[x
(2)
y
(2)
[

2
_
[x
(1)
y
(1)
[
2
+[x
(2)
y
(2)
[
2
_1
2
.
Quindi lapplicazione massimo `e lipschitziana con c =

2.
Similmente si prova che lapplicazione minimo `e lipschitziana con c =

2.
(4.39) Denizione Siano X uno spazio metrico, E X, f : E R e x E. Diciamo
che M R `e un maggiorante denitivo per f in x, se esiste un intorno U di x tale che
M `e un maggiorante per f(U E).
Diciamo che m R `e un minorante denitivo per f in x, se esiste un intorno U di
x tale che m `e un minorante per f(U E).
Evidentemente + `e sempre un maggiorante denitivo e `e sempre un mino-
rante denitivo.
(4.40) Denizione Siano X uno spazio metrico, E X, f : E R e x E.
Poniamo
limsup
x
f() := inf
_
M R : M `e un maggiorante denitivo per f in x
_
,
liminf
x
f() := sup
_
m R : m `e un minorante denitivo per f in x
_
.
La prima quantit`a si chiama massimo limite di f in x e si denota anche con i simboli
max lim
x
f() , lim
x
f() .
4. LIMITI E CONTINUIT
`
A 57
La seconda quantit`a si chiama minimo limite di f in x e si denota anche con i simboli
min lim
x
f() , lim
x
f() .
(4.41) Teorema Siano X uno spazio metrico, E X, f : E R e x E. Allora si
ha
liminf
x
f() limsup
x
f() .
Inoltre luguaglianza sussiste se e solo se f ammette limite in x, nel qual caso risulta
lim
x
f() = liminf
x
f() = limsup
x
f() .
Dimostrazione. Siano m un minorante denitivo e M un maggiorante denitivo per f
in x. Siano U

e U

due intorni di x tali che m `e un minorante per f(U

E) e M
`e un maggiorante per f(U

E). Dal momento che U

`e un intorno di x, esiste
(U

) E. Ne segue m f() M, in particolare m M.


Esiste quindi z R tale che m z M per ogni minorante denitivo m e per ogni
maggiorante denitivo M. Ne segue
liminf
x
f() z limsup
x
f() .
Supponiamo ora che
lim
x
f() = .
Dimostriamo anzitutto che
limsup
x
f() .
Se = +, laermazione `e vera. Altrimenti sia M > . Dal momento che [, M[ `e
un intorno di , esiste un intorno U di x tale che f(U E) [, M[. Ne segue che M
`e un maggiorante denitivo per f in x, per cui M limsup
x
f(). Per larbitrariet`a
di M si deduce che
limsup
x
f() .
In modo simile si prova che liminf
x
f(). Ne segue
liminf
x
f() limsup
x
f() lim
x
f() liminf
x
f() ,
il che `e possibile solo se tutte le disuguaglianze sono uguaglianze.
58 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Viceversa supponiamo che
liminf
x
f() = limsup
x
f() .
Denotiamo con il comune valore di massimo e minimo limite. Consideriamo prima il
caso R. Per ogni intorno V di esiste > 0 tale che ]2, +2[ V . Dal momento
che + > limsup
x
f(), risulta che + `e un maggiorante denitivo per f in x. Sia
U

un intorno di x tale che f(U

E) [, +]. In modo simile si trova un intorno


U

di x tale che f(U

E) [ , +]. Allora U = U

`e un intorno di x e
f(U E) [ , +] ] 2, + 2[ V .
Consideriamo ora il caso = . Per ogni intorno V di esiste M R tale che
[, M + 1[ V . Poiche M > limsup
x
f(), si trova come prima un intorno U di x
tale che f(U E) [, M]. In conclusione, si ha
f(U E) [, M] [, M + 1[ V .
Il caso = + `e simile e pu`o essere trattato per esercizio.
(4.42) Teorema Siano X uno spazio metrico, E X, f, g : E R e x E.
Supponiamo che f() g() per ogni E. Allora si ha
limsup
x
f() limsup
x
g() ,
liminf
x
f() liminf
x
g() .
Dimostrazione. Evidentemente ogni maggiorante denitivo per g in x `e anche un
maggiorante denitivo per f in x, ossia si ha
_
M R : M `e un maggiorante denitivo per f in x
_

_
M R : M `e un maggiorante denitivo per g in x
_
.
Passando allestremo inferiore membro a membro, si deduce la prima disuguaglianza.
La seconda disuguaglianza pu` o essere dimostrata per esercizio in maniera simile.
(4.43) Corollario Siano X uno spazio metrico, E X, f, g : E R e x E.
Supponiamo che f() g() per ogni E e che f e g ammettano limite in x.
4. LIMITI E CONTINUIT
`
A 59
Allora si ha
lim
x
f() lim
x
g() .
Dimostrazione. Si tratta di una conseguenza dei due teoremi precedenti.
Esercizi
1. Sia E un sottoinsieme di uno spazio metrico X. Si dimostri che
diam
_
E
_
= diam(E) .
2. Siano X
1
e X
2
due spazi metrici, sia x un punto di accumulazione di X
1
e sia
f : (X
1
x) X
2
unapplicazione. Si supponga che esista X
2
tale che
lim
x
f() =
e si denisca F : X
1
X
2
ponendo
F() =
_
f() se X
1
x ,
se = x.
Si dimostri che F `e continua in x.
3. Siano X
1
e X
2
due spazi metrici, f, g : X
1
X
2
due applicazioni continue ed E
un sottoinsieme denso in X
1
. Si supponga che f(x) = g(x) per ogni x in E. Si dimostri
che f(x) = g(x) per ogni x in X
1
.
4. Siano C
0
e C
1
due chiusi non vuoti e disgiunti in uno spazio metrico X. Si
dimostri che esiste una funzione continua : X [0, 1] tale che (x) = 0 per ogni x in
C
0
e (x) = 1 per ogni x in C
1
.
_
Suggerimento: si ponga (x) =
d(x, C
0
)
d(x, C
0
) +d(x, C
1
)
_
.
5. Sia X uno spazio normato su K con X ,= 0 e siano x X e r > 0. Si dimostri
che x `e di accumulazione per B(x, r) e che valgono le seguenti relazioni:
diam(B(x, r)) = 2r ,
60 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
B(x, r) = X : | x| r ,
int ( X : | x| r) = B(x, r) ,
B(x, r) = X : | x| r = X : | x| = r .
6. Siano X
1
, X
2
e X
3
tre spazi metrici e f
1
: X
1
X
2
e f
2
: X
2
X
3
due
applicazioni lipschitziane. Si dimostri che f
2
f
1
: X
1
X
3
`e lipschitziana.
7. Siano X, Y
1
, . . . , Y
n
degli spazi metrici e sia
f : X
n

j=1
Y
j
unapplicazione. Si dimostri che f `e lipschitziana se e solo se tutte le componenti f
(j)
sono lipschitziane.
8. Siano X uno spazio metrico e f, g : X R due applicazioni lipschitziane e
limitate. Si dimostri che il prodotto fg : X R `e lipschitziano.
9. Siano X uno spazio metrico, E un sottoinsieme non vuoto di X e f : E R
unapplicazione lipschitziana di costante c.
Si dimostri che esiste unapplicazione F : X R lipschitziana della stessa costante
c tale che F
|E
= f.
(Suggerimento: si ponga F(x) = inff(y) +cd(x, y) : y E).
10. Siano X uno spazio metrico, E un sottoinsieme non vuoto di X e f : E R
n
unapplicazione lipschitziana. Si dimostri che:
(a) esiste unapplicazione F : X R
n
lipschitziana tale che F
|E
= f;
(b) esiste una ed una sola applicazione

f : E R
n
lipschitziana tale che

f
|E
= f.
11. Si denoti con C([0, 1]; R) linsieme delle funzioni continue da [0, 1] a valori in
R, munito della naturale struttura di spazio vettoriale su R. Per ogni f, g in C([0, 1]; R)
si ponga
(f[g) =
_
1
0
f(t)g(t) dt .
Si dimostri che ( [ ) `e un prodotto scalare su C([0, 1]; R).
5. SUCCESSIONI 61
Si denisca inoltre una forma lineare
: C([0, 1]; R) R
ponendo (f) = f(1). Si calcoli |f| e (f) nel caso f(t) = t
h
e se ne deduca che non
`e continua.
12. Siano X
1
, X
2
e X
3
tre spazi normati su K e sia B : X
1
X
2
X
3
unapplica-
zione Rbilineare e lipschitziana. Si dimostri che B `e identicamente nulla.
13. Si dimostri che la somma
_
(x, y) R R : x +y `e denita
_
R
(x, y) x +y
ed il prodotto
_
(x, y) R R : xy `e denito
_
R
(x, y) xy
sono applicazioni continue.
5 Successioni
(5.1) Denizione Sia X un insieme. Si chiama successione in X ogni applicazione
x : N X.
Si usa denotare con x
h
il valore x(h) e si usa denotare col simbolo (x
h
) o col simbolo
x
h
la successione x.
(5.2) Denizione Sia (x
h
) una successione in uno spazio metrico X e sia X.
Poiche + `e aderente a N in R, `e chiaro il signicato della scrittura
lim
h+
x
h
= .
Poiche per le successioni `e interessante solo il limite a + (si veda lesercizio 1), si usa
anche la notazione abbreviata
lim
h
x
h
= .
Le successioni che ammettono limite in X si dicono convergenti in X.
2
2
Purtroppo questa nomenclatura non `e consistente con quella usuale nel caso X = R. Ricordiamo
infatti che le successioni in R che tendono a o + si dicono rispettivamente negativamente divergenti
e positivamente divergenti. Occorre quindi prestare attenzione al senso in cui il termine convergente `e
usato.
62 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(5.3) Proposizione Sia (x
h
) una successione in uno spazio metrico X e sia X.
Allora sono fatti equivalenti:
(a) lim
h
x
h
= ;
(b) per ogni intorno V di in X esiste h in N tale che
h N : h h = x
h
V ;
(c) per ogni > 0 esiste h in N tale che
h N : h h = d(x
h
, ) < ;
(d) lim
h
d(x
h
, ) = 0.
Dimostrazione. Tenendo conto della (c) del Teorema (3.23), la verica pu`o essere svolta
per esercizio.
Molte nozioni che abbiamo introdotto negli spazi metrici possono essere caratteriz-
zate per mezzo delle successioni, come ora vedremo.
(5.4) Teorema Siano X uno spazio metrico, E X e x X. Allora sono fatti
equivalenti:
(a) x `e aderente ad E;
(b) esiste una successione (
h
) a valori in E tale che
lim
h

h
= x.
Dimostrazione.
(a) = (b) Per ogni h N sia
h
B(x, 1/(h + 1)) E. Poiche d(
h
, x) < 1/(h + 1),
per la proposizione precedente si ha
lim
h

h
= x.
(b) = (a) Per ogni intorno U di x, esiste h N tale che
h
U per ogni h h. Per
tali h risulta quindi
h
U E, per cui U E ,= .
(5.5) Corollario Siano X uno spazio metrico ed E X. Allora sono fatti equivalenti:
5. SUCCESSIONI 63
(a) E `e chiuso in X;
(b) per ogni successione (
h
) a valori in E convergente a x in X, si ha x E.
Dimostrazione.
(a) = (b) Per il teorema precedente x `e aderente ad E. Ne segue x E.
(b) = (a) Per ogni x E esiste una successione (
h
) a valori in E convergente a x.
Poiche vale la (b), ne segue x E. Si ha quindi E = E, ossia E `e chiuso in X.
(5.6) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi metrici, E X
1
, f : E X
2
unapplicazione,
x E e X
2
. Allora sono fatti equivalenti:
(a) lim
x
f() = ;
(b) per ogni successione (
h
) a valori in E convergente a x, si ha
lim
h
f(
h
) = .
Dimostrazione.
(a) = (b) Si tratta di una conseguenza del teorema di composizione.
(b) = (a) Supponiamo per assurdo che la (a) sia falsa. Sia V un intorno di tale che
non si abbia f(U E) V per nessun intorno U di x. Questo signica che non si ha
UE f
1
(V ), ossia che risulta U(Ef
1
(V )) ,= per ogni intorno U di x. Pertanto
x `e aderente ad E f
1
(V ). Sia (
h
) una successione in E f
1
(V ) convergente a x.
Poiche f(
h
) , V , non si pu`o avere
lim
h
f(
h
) =
e questo `e in contraddizione con la (b).
(5.7) Corollario Siano X
1
e X
2
due spazi metrici, f : X
1
X
2
unapplicazione e
x X
1
. Allora sono fatti equivalenti:
(a) f `e continua in x;
(b) per ogni successione (
h
) in X
1
convergente a x, si ha
lim
h
f(
h
) = f(x) .
64 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Dimostrazione. Si tratta di unevidente conseguenza del teorema precedente.
(5.8) Denizione Una successione (x
h
) in uno spazio metrico X si dice di Cauchy,
se per ogni > 0 esiste h N tale che
h, k N : h, k h = d(x
h
, x
k
) < .
(5.9) Proposizione Sia (x
h
) una successione convergente in uno spazio metrico X.
Allora (x
h
) `e una successione di Cauchy.
Dimostrazione. Sia il limite della successione (x
h
). Per ogni > 0 esiste h N tale
che d(x
h
, ) < /2 per ogni h h. Allora per ogni h, k h risulta
d(x
h
, x
k
) d(x
h
, ) +d(, x
k
) = d(x
h
, ) +d(x
k
, ) < ,
per cui (x
h
) `e di Cauchy.
(5.10) Proposizione Sia (x
h
) una successione di Cauchy in uno spazio metrico X.
Allora (x
h
) `e limitata.
Dimostrazione. Sia h N tale che
h, k N : h, k h = d(x
h
, x
k
) < 1 .
Poiche, per ogni h, k N,
d(x
h
, x
k
) d(x
h
, x
h
) +d(x
k
, x
h
) 2 sup
_
d(x
j
, x
h
) : j N
_
,
risulta
diam(x
h
: h N) max
_
2d(x
0
, x
h
), . . . , 2d(x
0
, x
h1
), 2
_
,
per cui la successione (x
h
) `e limitata.
(5.11) Denizione Siano (x
h
) e (y
h
) due successioni in un insieme X. Diciamo
che (y
h
) `e una sottosuccessione di (x
h
), se esiste una funzione strettamente crescente
: N N tale che y
h
= x
(h)
per ogni h in N.
5. SUCCESSIONI 65
(5.12) Proposizione Sia (x
h
) una successione in uno spazio metrico X, sia X e
sia (y
h
) una sottosuccessione di (x
h
). Supponiamo che
lim
h
x
h
= .
Allora
lim
h
y
h
= .
Dimostrazione. Sia : N N una funzione strettamente crescente tale che y
h
= x
(h)
.
Si verica facilmente per induzione su h che (h) h, per cui
lim
h
(h) = +.
La tesi discende allora dal teorema di composizione.
(5.13) Teorema Sia (x
h
) una successione di Cauchy in uno spazio metrico X, sia (y
h
)
una sottosuccessione di (x
h
) e sia X. Supponiamo che
lim
h
y
h
= .
Allora
lim
h
x
h
= .
Dimostrazione. Per ogni > 0 esiste h N tale che d(x
h
, x
k
) < /2 per ogni h, k h.
Sia : N N una funzione strettamente crescente tale che y
h
= x
(h)
e sia k N tale
che (k) h e d(x
(k)
, ) < /2. Allora per ogni h h si ha
d(x
h
, ) d(x
h
, x
(k)
) +d(x
(k)
, ) <

2
+

2
= .
Pertanto (x
h
) `e convergente a .
Esercizi
1. Sia (x
h
) una successione in uno spazio metrico X. Si dimostri che lapplicazione
x : N X `e continua.
2. Sia (x
h
) una successione in uno spazio metrico X e sia X. Si dimostri che i
fatti seguenti sono equivalenti:
66 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(a) lim
h
x
h
= ;
(b) ogni sottosuccessione (x
h
k
) di (x
h
) ammette una ulteriore sottosuccessione (x
h
k
j
)
convergente a .
3. Siano X uno spazio metrico, E X, f : E R, x E e R. Si supponga che
si abbia liminf
x
f() = oppure limsup
x
f() = . Si dimostri che esiste una successione
(
h
) in E tale che lim
h

h
= x e lim
h
f(
h
) = .
4. Siano X uno spazio metrico, E X, f : E R e x E. Si dimostri che
liminf
x
f() = inf
_
liminf
h
f(
h
) : (
h
) o
_
,
limsup
x
f() = sup
_
limsup
h
f(
h
) : (
h
) o
_
,
dove o `e linsieme delle successioni in E tendenti a x.
6 Spazi metrici completi
(6.1) Denizione Uno spazio metrico X si dice completo, se ogni successione di
Cauchy in X `e convergente in X.
Come `e noto, R munito della sua metrica canonica `e uno spazio completo per il
criterio di convergenza di Cauchy.
(6.2) Proposizione Siano X
1
e X
2
due spazi metrici isometrici. Allora X
1
`e completo
se e solo se X
2
`e completo.
Dimostrazione. La semplice verica pu`o essere svolta per esercizio.
(6.3) Denizione Sia X uno spazio normato su K. Diciamo che X `e uno spazio di
Banach su K, se X `e completo rispetto alla metrica indotta.
(6.4) Denizione Sia X uno spazio unitario su K. Diciamo che X `e uno spazio di
Hilbert su K, se X `e completo rispetto alla metrica indotta.
Evidentemente ogni spazio di Hilbert su K ha una naturale struttura di spazio di
Banach su K.
6. SPAZI METRICI COMPLETI 67
(6.5) Teorema Siano X
1
, . . . , X
n
degli spazi metrici completi. Allora il prodotto
cartesiano
X =
n

j=1
X
j
munito della metrica canonica `e completo.
Dimostrazione. Se (x
h
) `e una successione di Cauchy in X, si ha
d
j
_
(x
h
)
(j)
, (x
k
)
(j)
_
d(x
h
, x
k
) ,
per cui la successione
_
(x
h
)
(j)
_
`e di Cauchy in X
j
per ogni j = 1, . . . , n. Sia
(j)
X
j
il
limite di
_
(x
h
)
(j)
_
e sia = (
(1)
, . . . ,
(n)
). Dal Teorema (4.20) si deduce che `e il limite
di (x
h
).
(6.6) Corollario Per ogni n 1, K
n
`e uno spazio di Hilbert su K.
Dimostrazione. Essendo R completo, R
n
`e completo per il teorema precedente. Essendo
isometrico a R
2n
, anche C
n
`e completo.
(6.7) Teorema Sia X uno spazio metrico e sia Y un sottoinsieme di X. Valgono
allora i seguenti fatti:
(a) se Y `e completo, allora Y `e chiuso in X;
(b) se X `e completo e Y `e chiuso in X, allora Y `e completo.
(Si intende che Y `e munito della metrica subordinata).
Dimostrazione.
(a) Sia (x
h
) una successione a valori in Y convergente a in X. Per la Proposizione (5.9)
(x
h
) `e una successione di Cauchy in X, quindi anche in Y . Sia

Y il limite di (x
h
)
in Y . Allora si ha anche
lim
h
x
h
=

in X e quindi

= per lunicit`a del limite. Pertanto Y e la tesi segue dal


Corollario (5.5).
(b) Sia (x
h
) una successione di Cauchy in Y . Evidentemente (x
h
) `e di Cauchy anche in
X ed ammette quindi limite in X. Poiche Y `e chiuso in X, per il Corollario (5.5) si
ha Y . Ne segue
lim
h
x
h
=
68 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
anche in Y .
(6.8) Teorema (delle contrazioni) Sia X uno spazio metrico completo con X ,= e
sia f : X X unapplicazione lipschitziana di costante c [0, 1[.
Allora esiste uno ed un solo in X tale che f() = .
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
Oltre agli spazi K
n
, esistono altri esempi notevoli di spazi metrici completi, come
ora vedremo.
(6.9) Teorema Sia X un insieme non vuoto e sia (Y, d) uno spazio metrico. Deno-
tiamo con B(X; Y ) linsieme delle applicazioni limitate da X a valori in Y .
Allora
d

(f, g) := sup d(f(x), g(x)) : x X


`e una metrica su B(X; Y ). Inoltre, se (Y, d) `e completo, risulta che anche (B(X; Y ), d

)
`e completo.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(6.10) Teorema Sia X un insieme non vuoto e sia (Y, | |) uno spazio normato su K.
Allora B(X; Y ) `e un sottospazio vettoriale di Y
X
e
|f|

:= sup |f(x)| : x X
`e una norma su B(X; Y ) che induce la metrica d

. Se poi (Y, | |) `e uno spazio di


Banach su K, allora anche (B(X; Y ), | |

) `e uno spazio di Banach su K.


Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(6.11) Teorema Siano X un insieme non vuoto e Y uno spazio metrico. Allora per
ogni x in X lapplicazione
B(X; Y ) Y
f f(x)
`e lipschitziana.
Dimostrazione. Per ogni x X si ha
d(f(x), g(x)) d

(f, g) ,
6. SPAZI METRICI COMPLETI 69
da cui la lipschitzianit`a con c = 1.
(6.12) Denizione Siano X un insieme non vuoto, Y uno spazio metrico, (f
h
) una
successione in Y
X
e f Y
X
. Diciamo che (f
h
) converge a f puntualmente, se per ogni
x X si ha
lim
h
f
h
(x) = f(x)
in Y .
Se poi f
h
B(X; Y ), f B(X; Y ) e
lim
h
f
h
= f
in (B(X; Y ), d

), diciamo che la successione (f


h
) converge a f uniformemente.
Per il teorema precedente, la convergenza uniforme implica la convergenza puntuale.
(6.13) Teorema Siano X e Y due spazi metrici con X ,= . Denotiamo con C
b
(X; Y )
linsieme delle applicazioni continue e limitate da X a valori in Y .
Valgono allora i seguenti fatti:
(a) C
b
(X; Y ) `e chiuso in B(X; Y );
(b) se Y `e completo, anche (C
b
(X; Y ), d

) `e completo;
(c) se Y `e uno spazio normato su K, C
b
(X; Y ) `e un sottospazio vettoriale chiuso di
B(X; Y );
(d) se Y `e uno spazio di Banach su K, anche (C
b
(X; Y ), | |

) `e uno spazio di Banach


su K.
Dimostrazione.
(a) Sia (f
h
) una successione in C
b
(X; Y ) convergente a f in B(X; Y ). Se x X ed > 0,
esiste h N tale che
d

(f
h
, f) <

3
per ogni h h. Sia > 0 tale che
d
_
f
h
(), f
h
(x)
_
<

3
per ogni X con d(, x) < .
70 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Allora per ogni X tale che d(, x) < si ha
d(f(), f(x)) d
_
f(), f
h
()
_
+d
_
f
h
(), f
h
(x)
_
+d
_
f
h
(x), f(x)
_
< .
Pertanto f `e continua e C
b
(X; Y ) `e chiuso in B(X; Y ) per il Corollario (5.5).
(b) Se Y `e completo, allora C
b
(X; Y ) `e completo, in quanto chiuso nello spazio completo
B(X; Y ).
(c) Se f, g C
b
(X; Y ) e K, le applicazioni f + g e f sono continue per il
Corollario (4.37). Pertanto C
b
(X; Y ) `e un sottospazio vettoriale chiuso di B(X; Y ).
(d) Si tratta di una conseguenza della (b) e della (c).
(6.14) Osservazione Se X e Y sono due spazi metrici con X ,= , denotiamo con
C(X; Y ) linsieme delle applicazioni continue da X a valori in Y . Nel caso Y = R si
usa scrivere semplicemente C(X).
Evidentemente si ha C
b
(X; Y ) C(X; Y ). Esistono tuttavia dei casi notevoli in cui
C
b
(X; Y ) = C(X; Y ), per cui lo spazio C(X; Y ) pu`o essere munito della metrica d

:
un esempio si ha quando X = [a, b] (a, b R) e Y = R. Situazioni pi` u generali saranno
considerate nel Corollario (8.12) .
(6.15) Teorema Siano (X
1
, | |
1
) e (X
2
, | |
2
) due spazi normati su K. Denotiamo
con /(X
1
; X
2
) linsieme delle applicazioni lineari e continue da X
1
a valori in X
2
. Per
ogni L in /(X
1
; X
2
) poniamo
|L| := sup |Lx|
2
: x X
1
, |x|
1
1 .
Valgono allora i seguenti fatti:
(a) | | `e una norma su /(X
1
; X
2
);
(b) per ogni L in /(X
1
; X
2
) e per ogni x in X
1
si ha
|Lx|
2
|L||x|
1
;
(c) se (X
2
, | |
2
) `e uno spazio di Banach su K, anche (/(X
1
; X
2
), | |) `e uno spazio di
Banach su K.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
6. SPAZI METRICI COMPLETI 71
(6.16) Denizione Sia X uno spazio normato su K. Si chiama duale topologico di X
linsieme X

:= /(X; K), che ha una naturale struttura di spazio di Banach su K. Per


ogni X

e per ogni x X si pone


, x := (x) .
(6.17) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati su K. Allora lapplicazione
/(X
1
; X
2
) X
1
X
2
(L, x) Lx
`e bilineare e continua.
Dimostrazione. Lapplicazione in questione `e evidentemente Kbilineare, quindi Rbi-
lineare. Inoltre si ha
|Lx|
2
|L||x|
1
.
La continuit`a discende allora dal Teorema (4.33).
(6.18) Teorema Siano X
1
, X
2
e X
3
tre spazi normati su K. Allora per ogni L
1
in
/(X
1
; X
2
) e per ogni L
2
in /(X
2
; X
3
) si ha
|L
2
L
1
| |L
2
||L
1
|
e lapplicazione
/(X
1
; X
2
) /(X
2
; X
3
) /(X
1
; X
3
)
(L
1
, L
2
) L
2
L
1
`e bilineare e continua.
Dimostrazione. Per ogni x X
1
con |x|
1
1 si ha
|(L
2
L
1
)x|
3
= |L
2
(L
1
x)|
3
|L
2
||L
1
x|
2

|L
2
||L
1
||x|
1
|L
2
||L
1
| ,
da cui segue
|L
2
L
1
| |L
2
||L
1
| .
Lapplicazione
/(X
1
; X
2
) /(X
2
; X
3
) /(X
1
; X
3
)
(L
1
, L
2
) L
2
L
1
72 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
`e evidentemente Kbilineare, quindi Rbilineare. Poiche
|L
2
L
1
| |L
2
||L
1
| ,
la continuit`a discende dal Teorema (4.33).
(6.19) Denizione Siano X e Y due spazi normati su K. Per ogni y Y e per ogni
X

deniamo y /(X; Y ) ponendo


x X : (y )(x) := , xy .
Nel caso particolare Y = K, si verica facilmente che y = y.
(6.20) Teorema Siano X e Y due spazi normati su K. Allora per ogni y Y e per
ogni X

si ha
|y | = |y|||
e lapplicazione
Y X

/(X; Y )
(y, ) y
`e bilineare e continua.
Dimostrazione. La bilinearit`a `e evidente. Risulta
|y | = sup [, x[|y| : x X, |x| 1 =
= |y| sup [, x[ : x X, |x| 1 = |y||| ,
da cui segue anche la continuit`a.
Esercizi
1. In C([0, 1]; R) si considerino la successione di funzioni (f
h
) e la funzione f denite
da
f
h
(t) = ht exp(ht) ,
f(t) = 0 .
7. SERIE NEGLI SPAZI NORMATI 73
Si dimostri che (f
h
) converge a f puntualmente ma non uniformemente.
2. Siano a, b R (a < b). Si dimostri che lapplicazione
C([a, b]; R) R
u
_
b
a
u(t) dt
`e lineare e continua (si intende che C([a, b]; R) `e munito della norma | |

).
3. Sia X uno spazio metrico completo con X ,= e sia f : X X unapplicazione.
Si supponga che esista un intero m 1 tale che f
m
sia lipschitziana di costante c [0, 1[,
dove f
m
= f f mvolte. Si dimostri che esiste uno ed un solo in X tale che
f() = .
4. Siano X un insieme non vuoto, Y uno spazio metrico, (f
h
) una successione in
B(X; Y ) e f B(X; Y ).
Si dimostri che (f
h
) converge a f uniformemente se e solo se per ogni successione
(x
h
) in X si ha
lim
h
d (f
h
(x
h
), f(x
h
)) = 0 .
5. Sia X uno spazio metrico e sia x
0
X. Per ogni x in X sia (x) C
b
(X; R)
denito da
y X : ((x))(y) = d(x, y) d(x
0
, y) .
Si dimostri che lapplicazione
: X C
b
(X; R)
`e unisometria. Se ne deduca che ogni spazio metrico `e isometrico ad un sottoinsieme di
uno spazio di Banach.
7 Serie negli spazi normati
(7.1) Denizione Sia (x
h
) una successione in uno spazio normato X e sia
s
k
=
k

h=0
x
h
.
74 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Diciamo che la serie

h=0
x
h
`e convergente, se la successione delle somme parziali (s
k
) `e convergente in X. In tal
caso poniamo

h=0
x
h
:= lim
k
_
k

h=0
x
h
_
.
(7.2) Teorema Sia

h=0
x
h
una serie convergente in uno spazio normato X.
Allora si ha
lim
h
x
h
= 0 .
Dimostrazione. Basta passare al limite per h + nella relazione
x
h
=
h

j=0
x
j

h1

j=0
x
j
,
tenendo conto del Corollario (4.37).
(7.3) Denizione Sia (x
h
) una successione in uno spazio normato X. Diciamo che
la serie

h=0
x
h
`e normalmente convergente, se la serie

h=0
|x
h
|
`e convergente in R.
(7.4) Teorema In uno spazio di Banach, ogni serie normalmente convergente `e con-
vergente.
Dimostrazione. Sia

h=0
x
h
7. SERIE NEGLI SPAZI NORMATI 75
una serie normalmente convergente in uno spazio di Banach X. Dato > 0, sia h N
tale che

h=h
|x
h
| < .
Se h, k h e, per esempio, k > h, si ha k = h +j e
|s
k
s
h
| = |s
h+j
s
h
| =
_
_
_
_
_
h+j

m=h+1
x
m
_
_
_
_
_

h+j

m=h+1
|x
m
|

m=h
|x
m
| < .
Ne segue che la successione delle somme parziali (s
k
) `e di Cauchy, quindi convergente in
X.
(7.5) Osservazione Nei casi particolari degli spazi R e C si usa parlare di convergenza
assoluta, anziche di convergenza normale.
Nel caso particolare dello spazio (B(X; K), | |

) si usa parlare di convergenza


totale, anziche di convergenza normale.
(7.6) Corollario Sia X uno spazio metrico e sia

h=0
f
h
una serie totalmente convergente in C
b
(X; K). Allora la successione delle somme parziali
k

h=0
f
h
converge uniformemente ad una funzione f C
b
(X; K).
Dimostrazione.
`
E suciente combinare il Teorema (7.4) col Teorema (6.13).
(7.7) Osservazione Se X `e un insieme e (f
h
) `e una successione in B(X; K), `e possibile
considerare per la serie

h=0
f
h
almeno quattro tipi di convergenza:
(a) la convergenza totale (cio`e la convergenza normale in (B(X; K), | |

));
(b) la convergenza uniforme (cio`e la convergenza in (B(X; K), | |

));
76 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(c) la convergenza puntuale assoluta (cio`e per ogni x in X la convergenza assoluta della
serie

h=0
f
h
(x)
in K);
(d) la convergenza puntuale (cio`e per ogni x in X la convergenza della serie

h=0
f
h
(x)
in K).
Si verica facilmente che sussistono le implicazioni
(a) = (b) = (d)
e
(a) = (c) = (d) .
Esercizi
1. In C([0, 1]; R) si consideri la successione (f
h
) di funzioni costanti denita da
f
h
(t) = (1)
h
1
h + 1
.
Si dimostri che la serie

h=0
f
h
converge uniformemente, ma non puntualmente assolutamente.
2. In C([0, 1]; R) si consideri la successione (f
h
) denita da
f
h
(t) = (h + 1)t exp((h + 1)t) ht exp(ht) .
Si dimostri che la serie

h=0
f
h
converge puntualmente assolutamente, ma non uniformemente.
3. Sia

h=0
x
h
una serie in uno spazio di Banach X.
8. SPAZI METRICI COMPATTI 77
Si dimostri che la serie `e convergente se e solo se, per ogni > 0, esiste k N tale
che
k k, j N :
_
_
_
_
_
k+j

h=k
x
h
_
_
_
_
_
< .
4. Sia X uno spazio normato. Si supponga che ogni serie normalmente convergente
in X sia convergente.
Si dimostri che X `e di Banach.
8 Spazi metrici compatti
(8.1) Denizione Uno spazio metrico X si dice (sequenzialmente) compatto, se ogni
successione in X ammette una sottosuccessione convergente in X.
Come `e noto, un esempio notevole di spazio metrico compatto `e costituito dallo
spazio R.
(8.2) Proposizione Siano X
1
e X
2
due spazi metrici omeomor. Allora X
1
`e compatto
se e solo se X
2
`e compatto.
Dimostrazione. La semplice verica pu`o essere svolta per esercizio.
(8.3) Teorema Siano X
1
, . . . , X
n
degli spazi metrici compatti. Allora il prodotto
cartesiano
X =
n

j=1
X
j
munito della metrica canonica `e compatto.
Dimostrazione. Ragioniamo per induzione su n. Siano X
1
e X
2
due spazi metrici com-
patti e sia (x
h
) una successione in X = X
1
X
2
. Essendo X
1
sequenzialmente compatto,
la successione
_
(x
h
)
(1)
_
ammette una sottosuccessione
_
(x
(h)
)
(1)
_
convergente in X
1
.
Poiche anche X
2
`e sequenzialmente compatto, la successione
_
(x
(h)
)
(2)
_
ammette una
sottosuccessione
_
(x
(h)
)
(2)
_
convergente in X
2
. Allora
_
x
(h)
_
`e una sottosuccessione
di (x
h
) con entrambe le componenti convergenti, quindi convergente in X.
78 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Supponiamo ora che la tesi sia vera per un certo n 2 e trattiamo il caso di n + 1
spazi. Poiche
n

j=1
X
j
`e compatto, anche
n+1

j=1
X
j
`e compatto, in quanto isometrico a
_
_
n

j=1
X
j
_
_
X
n+1
,
che `e compatto per il passo precedente.
(8.4) Teorema Sia X uno spazio metrico compatto. Allora X `e completo e limitato.
Dimostrazione. Sia (x
h
) una successione di Cauchy in X e sia (x
(h)
) una sottosucces-
sione convergente. Per il Teorema (5.13) (x
h
) `e convergente, per cui X `e completo.
Supponiamo per assurdo che X non sia limitato. Anzitutto risulta X ,= , per cui
possiamo scegliere x
0
X. Inoltre per ogni h 1 esiste x
h
X B(x
0
, h). Sia (x
(h)
)
una sottosuccessione convergente a X. Allora risulta
d(, x
0
) = lim
h
d
_
x
(h)
, x
0
_
lim
h
(h) = +,
il che `e assurdo.
(8.5) Teorema Sia X uno spazio metrico e sia Y un sottoinsieme di X. Valgono
allora i seguenti fatti:
(a) se Y `e compatto, allora Y `e chiuso in X;
(b) se X `e compatto e Y `e chiuso in X, allora Y `e compatto.
(Si intende che Y `e munito della metrica subordinata).
Dimostrazione.
(a) Per il teorema precedente Y `e completo, quindi chiuso in X per il Teorema (6.7).
(b) Sia (x
h
) una successione in Y . Essendo X sequenzialmente compatto, esiste una
sottosuccessione (x
(h)
) convergente a in X. Poiche Y `e chiuso in X, dal Corollario (5.5)
si deduce che Y . Allora (x
(h)
) `e convergente a anche in Y .
(8.6) Teorema Ogni successione limitata in K
n
ammette una sottosuccessione con-
vergente.
8. SPAZI METRICI COMPATTI 79
Dimostrazione. Consideriamo anzitutto una successione (x
h
) limitata in R
n
. In parti-
colare, (x
h
) `e una successione in (R)
n
, che `e compatto per il Teorema (8.3). Sia (x
(h)
)
una sottosuccessione tendente a in (R)
n
. Poiche
h, k N, j = 1, . . . , n : [(x
h
)
(j)
(x
k
)
(j)
[ [x
h
x
k
[ ,
ogni componente
_
(x
h
)
(j)
_
`e limitata in R. Ne segue
(1)
, . . . ,
(n)
R, per cui ogni
((x
(h)
)
(j)
) `e convergente a
(j)
in R. Pertanto
_
x
(h)
_
`e convergente a in R
n
.
Essendo C
n
isometrico a R
2n
, il caso K
n
= C
n
`e riconducibile al caso precedente.
(8.7) Teorema Sia Y un sottoinsieme di K
n
. Allora Y `e compatto se e solo se Y `e
chiuso in K
n
e limitato.
Dimostrazione. Se Y `e compatto, allora Y `e limitato e chiuso in K
n
per i Teoremi (8.4)
e (8.5).
Viceversa, sia Y limitato e chiuso in K
n
e sia (y
h
) una successione in Y . Per il
Teorema (8.6) esiste una sottosuccessione
_
y
(h)
_
convergente a in K
n
. Poiche Y `e
chiuso in K
n
, ne segue Y , per cui
_
y
(h)
_
`e convergente a anche in Y .
(8.8) Teorema Siano X
1
uno spazio metrico compatto, X
2
uno spazio metrico e
f : X
1
X
2
unapplicazione continua.
Allora f(X
1
) `e compatto.
Dimostrazione. Sia (y
h
) una successione in f(X
1
). Sar`a y
h
= f(x
h
) con x
h
X
1
. Sia
_
x
(h)
_
una sottosuccessione convergente a x in X
1
. Per la continuit`a di f, ne segue che
_
y
(h)
_
`e convergente a f(x) in X
2
, quindi anche in f(X
1
).
(8.9) Corollario (Teorema di Weierstrass) Sia X uno spazio metrico compatto e
non vuoto e sia f : X R una funzione continua.
Allora f ammette massimo e minimo, cio`e esistono x
1
e x
2
in X tali che
x X : f(x
1
) f(x) f(x
2
) .
Dimostrazione. Siano m = inf f(X) e M = sup f(X). Per il teorema precedente f(X)
`e compatto, quindi chiuso in R. Ne segue m, M f(X), da cui la tesi.
80 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(8.10) Corollario Siano X uno spazio metrico, K un sottoinsieme compatto e non
vuoto in X e x X. Allora esiste y in K tale che d(x, y) = d(x, K).
Dimostrazione. Lapplicazione
K R
z d(x, z)
`e continua per il Teorema (4.28). Per il teorema di Weierstrass esiste y K tale che
d(x, y) = infd(x, z) : z K = d(x, K).
(8.11) Corollario Sia X uno spazio metrico e siano K un compatto non vuoto e C
un chiuso non vuoto in X tali che K C = .
Allora esiste > 0 tale che
x K, y C : d(x, y) .
Dimostrazione. Lapplicazione
K R
x d(x, C)
`e continua per il Teorema (4.30). Per il teorema di Weierstrass esiste x K tale che
x K : d(x, C) d(x, C) .
Poiche x , C, si deduce dal Teorema (4.31) che := d(x, C) > 0. Ne segue
x K, y C : d(x, y) d(x, C) > 0 ,
da cui la tesi.
(8.12) Corollario Siano X uno spazio metrico compatto e non vuoto ed Y uno spazio
metrico.
Allora C
b
(X; Y ) = C(X; Y ). Di conseguenza, se Y `e completo, anche
(C(X; Y ), d

)
`e completo. Se poi Y `e di Banach su K, anche (C(X; Y ), | |

) `e uno spazio di Banach


su K.
8. SPAZI METRICI COMPATTI 81
Dimostrazione. Sia f C(X; Y ). Per il Teorema (8.8) f(X) `e compatto, quindi limitato
per il Teorema (8.4).
(8.13) Denizione Siano (X
1
, d
1
) e (X
2
, d
2
) due spazi metrici.
Unapplicazione f : X
1
X
2
si dice uniformemente continua, se per ogni > 0
esiste > 0 tale che
x, y X
1
: d
1
(x, y) < = d
2
(f(x), f(y)) < .
(8.14) Proposizione Siano X
1
e X
2
due spazi metrici e f : X
1
X
2
unapplicazione.
Consideriamo le seguenti propriet`a:
(a) f `e lipschitziana;
(b) f `e uniformemente continua;
(c) f `e continua.
Allora si ha (a) = (b) = (c).
Dimostrazione.
(a) = (b) Sia f lipschitziana di costante c. Dato > 0, sia > 0 tale che c .
Allora per ogni x, y X
1
con d
1
(x, y) < si ha
d
2
(f(x), f(y)) cd
1
(x, y) < .
(b) = (c) Si tratta di unovvia conseguenza del Corollario (4.7).
(8.15) Teorema Siano X
1
uno spazio metrico compatto, X
2
uno spazio metrico e
f : X
1
X
2
unapplicazione continua.
Allora f `e uniformemente continua.
Dimostrazione. Ragioniamo per assurdo, supponendo che esista > 0 tale che per ogni
> 0 si abbia
x, y X
1
: d
1
(x, y) < e d
2
(f(x), f(y)) .
In particolare, per ogni h N esistono x
h
, y
h
X
1
tali che
d
1
(x
h
, y
h
) <
1
h + 1
, d
2
(f(x
h
), f(y
h
)) .
82 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Sia
_
x
(h)
_
convergente a x X
1
. Poiche
d
1
(y
(h)
, x) d
1
(y
(h)
, x
(h)
) +d
1
(x
(h)
, x) <
1
(h) + 1
+d
1
(x
(h)
, x) ,
anche
_
y
(h)
_
`e convergente a x.
Per la continuit`a di f e della metrica si ottiene
0 = d
2
(f(x), f(x)) = lim
h
d
2
_
f(x
(h)
), f(y
(h)
)
_
,
il che `e assurdo.
(8.16) Proposizione Siano X
1
e X
2
due spazi metrici, f : X
1
X
2
unapplicazione
uniformemente continua e (x
h
) una successione di Cauchy in X
1
.
Allora (f(x
h
)) `e una successione di Cauchy in X
2
.
Dimostrazione. Dato > 0, sia > 0 tale che
x, y X
1
: d
1
(x, y) < = d
2
(f(x), f(y)) < .
Sia h N tale che d
1
(x
h
, x
k
) < per ogni h, k h. Allora per ogni h, k h si ha pure
d
2
(f(x
h
), f(x
k
)) < .
(8.17) Proposizione Siano X
1
e X
2
due spazi metrici e f : X
1
X
2
unapplicazione
lipschitziana di costante c > 0.
Allora risulta
diam(f(X
1
)) c diam(X
1
) .
In particolare, se X
1
`e limitato, anche f(X
1
) `e limitato.
Dimostrazione. Per ogni x, y X
1
si ha
d
2
(f(x), f(y)) c d
1
(x, y) c diam(X
1
) ,
da cui la tesi.
Esercizi
8. SPAZI METRICI COMPATTI 83
1. Si consideri N = N + R. Si dimostri che N `e compatto.
2. Sia (x
h
) una successione in uno spazio metrico X convergente a X. Si
dimostri che x
h
: h N `e compatto.
3. Siano X e Y due spazi metrici e f : X Y unapplicazione. Si dimostri che f
`e continua se e solo se per ogni compatto K X la restrizione f
|K
`e continua.
4. Siano X uno spazio metrico compatto, Y uno spazio metrico e f : X Y
unapplicazione continua e biiettiva. Si dimostri che f
1
: Y X `e continua.
5. Sia Q linsieme dei numeri razionali e sia E R
2
il graco della funzione di
Dirichlet, cio`e
E = ((R Q) 0) (Q1) .
Sia inne p
1
: R
2
R la proiezione canonica sul primo fattore e sia f = p
1|E
. Si dimostri
che f `e continua e biiettiva, ma f
1
: R E non `e continua in nessun punto.
6. Siano X uno spazio metrico, Y uno spazio metrico compatto e f : X Y
unapplicazione. Si dimostri che f `e continua se e solo se il graco di f `e chiuso in
X Y .
7. Siano
C
1
= (x
(1)
, x
(2)
) R
2
: x
(2)
= 0 ,
C
2
= (x
(1)
, x
(2)
) R
2
: x
(1)
x
(2)
= 1 .
Si dimostri che C
1
e C
2
sono due chiusi non vuoti e disgiunti in R
2
tali che
inf [x y[ : x C
1
, y C
2
= 0 .
8. Siano X uno spazio metrico compatto, Y uno spazio metrico, (f
h
) una successione
in C(X; Y ) e f C(X; Y ). Si dimostri che (f
h
) converge a f uniformemente se e solo
se per ogni x X e per ogni successione (
h
) in X convergente a x si ha
lim
h
f
h
(
h
) = f(x) .
84 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
9. Sia X uno spazio metrico compatto e sia (f
h
) una successione in C(X; R) costi-
tuita da funzioni positive. Si supponga che la serie

h=0
f
h
(x)
converga puntualmente ad una funzione f C(X; R). Si dimostri che la serie

h=0
f
h
(x)
converge a f uniformemente.
10. Siano X uno spazio metrico, E un sottoinsieme denso in X, Y uno spazio
metrico completo e f : E Y unapplicazione uniformemente continua. Si dimostri
che esiste una ed una sola applicazione F : X Y uniformemente continua tale che
F
|E
= f.
11. Siano X uno spazio metrico e ! una relazione di equivalenza in X. Si supponga
che le classi di equivalenza siano tutte compatte e si denoti con : X X/! la
proiezione canonica sul quoziente. Si dimostri che
d(y
1
, y
2
) := min
_
d(x
1
, x
2
) : x
1

1
(y
1
), x
2

1
(y
2
)
_
`e una metrica su X/! e che valgono i seguenti fatti:
(a) lapplicazione `e lipschitziana;
(b) se V X/! e y X/!, si ha che V `e un intorno di y se e solo se
1
(V ) `e un
intorno di x per ogni x
1
(y).
9 Spazi metrici connessi
(9.1) Denizione Uno spazio metrico X si dice connesso, se e X sono gli unici
sottoinsiemi di X contemporaneamente aperti e chiusi.
(9.2) Teorema Sia Y un sottoinsieme stellato di uno spazio normato X. Allora Y
(munito della metrica subordinata) `e connesso.
9. SPAZI METRICI CONNESSI 85
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che esista un sottoinsieme E aperto e chiuso
in Y tale che E ,= ed E ,= Y . Poiche anche Y E `e chiuso in Y , la funzione f : Y R,
denita da
f(x) =
_
1 se x E ,
1 se x Y E ,
`e continua per il Corollario (4.27).
Sia x
0
Y tale che
x Y, t ]0, 1[: (1 t)x
0
+tx Y .
Scelto x E, la funzione g : [0, 1] R denita da g(t) = f((1 t)x
0
+tx) `e continua e
non si annulla mai. Dal momento che g(1) = 1, si ha f(x
0
) = g(0) < 0 per il Teorema
di esistenza degli zeri.
Se si sceglie invece x Y E, si deduce con analogo ragionamento che f(x
0
) > 0:
assurdo.
(9.3) Teorema Sia Y un sottoinsieme di R. Allora Y `e connesso se e solo se Y `e un
intervallo.
Dimostrazione. Se Y `e un intervallo, allora Y `e stellato, quindi connesso per il teorema
precedente.
Viceversa, se Y = , `e ovvio che Y `e un intervallo. Se Y ,= , siano = inf Y e
= sup Y . Se < y < , deve essere y Y , altrimenti
E =] , y[Y =] , y] Y
sarebbe un sottoinsieme aperto e chiuso in Y tale che E ,= ed E ,= Y . Ne segue
], [ Y [, ], per cui Y `e necessariamente uno dei quattro intervalli di estremi
e .
(9.4) Teorema Siano X
1
uno spazio metrico connesso, X
2
uno spazio metrico e
f : X
1
X
2
unapplicazione continua.
Allora f(X
1
) `e connesso.
Dimostrazione. Evidentemente lapplicazione f `e continua anche se considerata a valori
in f(X
1
) munito della metrica subordinata. Sia E un sottoinsieme aperto e chiuso
86 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
in f(X
1
). Per la Proposizione (4.8), f
1
(E) `e aperto e chiuso in X
1
, per cui si ha
f
1
(E) = oppure f
1
(E) = X
1
. Nel primo caso risulta E = , mentre nel secondo si
ha E = f(X
1
).
(9.5) Corollario (Teorema dei valori intermedi) Siano X uno spazio metrico
connesso e f : X R unapplicazione continua.
Allora f(X) `e un intervallo.
Dimostrazione. Per il teorema precedente f(X) `e connesso, quindi un intervallo per il
Teorema (9.3).
Esercizi
1. Si consideri il sottoinsieme di R
3
S =
_
x R
3
: [x[ = 1
_
.
Si dimostri che S `e connesso.
2. Sia Y R. Si dimostri che Y `e connesso se e solo se Y `e un intervallo.
3. Sia X uno spazio metrico. Si supponga che per ogni x
0
, x
1
X esista unappli-
cazione continua : [0, 1] X tale che (0) = x
0
e (1) = x
1
. Si dimostri che X `e
connesso.
(Suggerimento: si imiti la dimostrazione del Teorema (9.2)).
4. Sia A un aperto connesso in uno spazio normato X su K. Si dimostri che per
ogni x
0
e x
1
in A esiste unapplicazione continua : [0, 1] A tale che (0) = x
0
e
(1) = x
1
.
10 Spazi normati ed unitari di dimensione nita
(10.1) Denizione Siano | |
1
e | |
2
due norme su un medesimo spazio vettoriale X
su K.
10. SPAZI NORMATI ED UNITARI DI DIMENSIONE FINITA 87
Diciamo che | |
1
e | |
2
sono equivalenti, se esistono c
1
, c
2
]0, +[ tali che per
ogni x X si abbia
|x|
2
c
1
|x|
1
, |x|
1
c
2
|x|
2
.
Se in uno spazio normato (X, | |) la norma | | viene sostituita da unaltra norma
| |

equivalente a | |, non cambiano tutte quelle nozioni che sono riconducibili alla
norma, quali le nozioni di aperto, chiuso, limite, continuit`a, compattezza, connessione,
completezza, limitatezza.
(10.2) Teorema Ogni norma | | su K
n
`e equivalente alla norma canonica [ [.
Dimostrazione. Sia e
1
, . . . , e
n
la base canonica in K
n
. Per ogni x K
n
risulta
|x| =
_
_
_
_
_
_
n

j=1
x
(j)
e
j
_
_
_
_
_
_

j=1
[x
j
[|e
j
|
_
_
n

j=1
|e
j
|
2
_
_
1
2
[x[ .
In particolare, si ha

|x| |y|

|x y|
_
_
n

j=1
|e
j
|
2
_
_
1
2
[x y[ ,
per cui la funzione | | `e lipschitziana rispetto alla norma canonica di K
n
.
Linsieme S = x K
n
: [x[ = 1 `e chiuso e limitato in K
n
, quindi compatto per il
Teorema (8.7). Per il Teorema di Weierstrass esiste x
0
S tale che |x
0
| |x| per ogni
x S. Inoltre |x
0
| > 0. Per ogni x K
n
0 si ha allora
|x
0
|
_
_
_
_
x
[x[
_
_
_
_
,
da cui
[x[
1
|x
0
|
|x| .
Poiche tale disuguaglianza `e vera anche per x = 0, ne segue la tesi.
(10.3) Teorema Sia L : X
1
X
2
unapplicazione lineare fra due spazi normati X
1
e
X
2
su K. Supponiamo che X
1
abbia dimensione nita.
Allora L `e continua.
Dimostrazione. Consideriamo anzitutto il caso X
1
= K
n
. Se e
1
, . . . , e
n
`e la base
canonica in K
n
, si ha per ogni x K
n
Lx =
n

j=1
x
(j)
Le
j
,
88 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
per cui la continuit`a di L discende dalla continuit`a delle operazioni di spazio vettoriale
e delle proiezioni canoniche p
j
: K
n
K.
Consideriamo ora il caso generale. Sia n la dimensione di X
1
e sia : K
n
X
1
unapplicazione lineare e biiettiva. Se poniamo
x K
n
: |x| = |x|
1
,
si verica facilmente che | | `e una norma su K
n
.
Lapplicazione lineare
1
`e unisometria da (X
1
, | |
1
) a (K
n
, | |) ed `e quindi
continua da (X
1
, | |
1
) a (K
n
, [ [) per il teorema precedente.
Daltronde la continuit`a di L da (K
n
, [ [) a (X
2
, | |
2
) discende dal caso particolare
che abbiamo gi`a trattato. Per composizione L = (L )
1
`e continua.
(10.4) Teorema Siano X
1
, X
2
e X
3
tre spazi normati su K e sia B : X
1
X
2
X
3
unapplicazione bilineare. Supponiamo che X
1
e X
2
abbiano dimensione nita.
Allora B `e continua.
Dimostrazione. Per ogni x
(1)
X
1
lapplicazione
_
x
(2)
B(x
(1)
, x
(2)
)
_
`e lineare e
continua, perche X
2
ha dimensione nita. Risulta cos` denita unapplicazione
L : X
1
/(X
2
; X
3
)
tale che
x
(1)
X
1
, x
(2)
X
2
: (Lx
(1)
)x
(2)
= B(x
(1)
, x
(2)
) .
Si verica facilmente che L `e lineare e quindi continua, perche X
1
ha dimensione nita.
Allora B `e continua, perche risultato della composizione fra lapplicazione
X
1
X
2
/(X
2
; X
3
) X
2
(x
(1)
, x
(2)
) (Lx
(1)
, x
(2)
)
,
che `e continua perche continue sono le sue componenti, e lapplicazione
/(X
2
; X
3
) X
2
X
3
(, x
(2)
) x
(2)
che `e continua per il Teorema (6.17).
(10.5) Teorema Sia X uno spazio vettoriale su K di dimensione nita. Valgono allora
i seguenti fatti:
10. SPAZI NORMATI ED UNITARI DI DIMENSIONE FINITA 89
(a) esiste un prodotto scalare su X;
(b) se | |
1
e | |
2
sono due norme su X, allora | |
1
e | |
2
sono equivalenti.
Dimostrazione.
(a) Sia : X K
n
unapplicazione lineare e biiettiva. Si verica facilmente che
x y := (x) (y)
`e un prodotto scalare su X.
(b) Per il Teorema (10.3) le applicazioni
Id : (X, | |
1
) (X, | |
2
)
e
Id : (X, | |
2
) (X, | |
1
)
sono continue. La tesi discende allora dal Teorema (4.32).
(10.6) Teorema Sia X uno spazio normato su K di dimensione nita. Valgono allora
i seguenti fatti:
(a) X `e uno spazio di Banach su K;
(b) un sottoinsieme E di X `e compatto se e solo se `e chiuso in X e limitato;
(c) ogni successione limitata in X ammette una sottosuccessione convergente in X.
Dimostrazione. Sia : X K
n
unapplicazione lineare e biiettiva. Si verica facilmente
che
|x|

= [x[
`e una norma su X e che (X, | |

) `e isometrico a (K
n
, [ [).
Allora, rispetto alla norma | |

, `e evidente che X `e completo, E X `e compatto se e


solo se `e chiuso e limitato ed ogni successione limitata in X ammette una sottosuccessione
convergente.
Daltra parte le norme | | e | |

sono equivalenti per il Teorema (10.5), per cui la


tesi sussiste anche rispetto alla norma | |.
90 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(10.7) Teorema Sia X uno spazio normato su K e sia Y un sottospazio vettoriale di
X di dimensione nita.
Allora Y `e chiuso in X.
Dimostrazione. Per il teorema precedente Y `e completo, quindi chiuso in X per il
Teorema (6.7).
(10.8) Teorema Sia X uno spazio normato su K. Supponiamo che ogni successione
limitata in X ammetta una sottosuccessione convergente in X.
Allora X ha dimensione nita.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(10.9) Teorema Siano X e Y due spazi normati su K di dimensione nita. Denotiamo
con /1(X; Y ) linsieme delle applicazioni L : X Y lineari e biiettive.
Allora /1(X; Y ) `e aperto in /(X; Y ) e lapplicazione
/1(X; Y ) /(Y ; X)
L L
1
`e continua.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(10.10) Teorema Sia X uno spazio normato su K di dimensione nita e siano x, yX.
Supponiamo che per ogni X

si abbia
, x = , y .
Allora x = y.
Dimostrazione. Consideriamo un qualunque prodotto scalare su X e deniamo X

ponendo , z = z (x y). Risulta


x (x y) = y (x y) ,
da cui (x y) (x y) = 0, quindi x = y.
Il teorema precedente continua a valere anche se lo spazio normato X non ha
dimensione nita. La dimostrazione in questo caso `e per`o assai pi` u complessa.
10. SPAZI NORMATI ED UNITARI DI DIMENSIONE FINITA 91
Passiamo ora a considerare alcune propriet`a degli spazi unitari di dimensione nita.
(10.11) Teorema Sia X uno spazio unitario su K di dimensione nita. Allora X `e
uno spazio di Hilbert su K.
Dimostrazione. Si tratta di una conseguenza del Teorema (10.6).
(10.12) Denizione Sia X uno spazio unitario su K e siano x
1
, . . . , x
n
X. Diciamo
che x
1
, . . . , x
n
`e un insieme ortonormale, se per ogni h, k = 1, . . . , n si ha
|x
h
| = 1 ,
h ,= k = (x
h
[x
k
) = 0 .
Si verica facilmente che ogni insieme ortonormale `e costituito da vettori linearmente
indipendenti.
(10.13) Teorema Sia X uno spazio unitario su K di dimensione nita.
Allora esiste una base ortonormale in X. Inoltre ogni insieme ortonormale in X
pu`o essere completato in modo da ottenere una base ortonormale in X.
Dimostrazione. Per il Teorema (1.13), ogni sistema ortonormale a
1
, . . . , a
k
pu`o esse-
re completato in modo da ottenere una base a
1
, . . . , a
n
in X. Basta allora denire
ricorsivamente
e
1
=
a
1
|a
1
|
,
e
h
=
a
h

h1

j=1
(a
h
e
j
)e
j
_
_
_
_
_
a
h

h1

j=1
(a
h
e
j
)e
j
_
_
_
_
_
per 2 h n.
(10.14) Teorema Sia X uno spazio unitario su K di dimensione nita. Allora per
ogni in X

esiste uno ed un solo y in X tale che


x X : , x = x y .
Risulta inoltre |y| = ||.
92 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Dimostrazione. Sia e
1
, . . . , e
n
una base ortonormale in X e sia
y =
n

j=1
, e
j
e
j
.
Per ogni x X risulta x =
n

j=1
x
(j)
e
j
, da cui
x y =
n

j=1
x
(j)
, e
j
= ,
n

j=1
x
(j)
e
j
= , x .
Se poi y

X avesse la stessa propriet`a, si otterrebbe


(y y

) y = , y y

= (y y

) y

da cui (y y

) (y y

) = 0, ossia y = y

.
Poiche |y|
2
= , y |||y|, si ha |y| ||. Daltronde dalla disuguaglianza
di Cauchy-Schwarz si deduce che [, x[ |x||y|, per cui || |y|.
(10.15) Proposizione Siano X ed Y due spazi unitari su K di dimensione nita.
Allora per ogni L /(X; Y ) esiste una ed una sola M /(Y ; X) tale che
x X, y Y : (Lx) y = x (My) .
Dimostrazione. Per ogni y Y , `e evidente che x (Lx) y `e una forma lineare su
X. Per il Teorema (10.14) esiste uno ed un solo My X tale che
x X : (Lx) y = x (My) .
Rimane cos` denita unapplicazione M : Y X. Si verica facilmente che M `e lineare.
Inoltre M `e unica, essendo univocamente determinato il suo valore in ogni y Y .
(10.16) Denizione Siano X ed Y due spazi unitari su K di dimensione nita e sia
L /(X; Y ).
Se K = R, denotiamo con L
t
lelemento di /(Y ; X) individuato dalla proposizione
precedente. Diciamo che L
t
`e la trasposta di L.
Se K = C, denotiamo con L

lelemento di /(Y ; X) individuato dalla proposizione


precedente. Diciamo che L

`e laggiunta di L.
10. SPAZI NORMATI ED UNITARI DI DIMENSIONE FINITA 93
Se e
1
, . . . , e
n
ed e
1
, . . . , e
m
sono due basi ortonormali in X ed Y , rispettiva-
mente, e se A /
m,n
`e la matrice che rappresenta L rispetto a tali basi, allora L
t
`e
rappresentata dalla matrice B /
n,m
tale che B
hk
= A
kh
, mentre L

`e rappresentata
dalla matrice B /
n,m
tale che B
hk
= A
kh
.
(10.17) Denizione Sia X uno spazio unitario su R (risp. su C) di dimensione nita.
Unapplicazione lineare L : X X si dice simmetrica (risp. autoaggiunta), se
x, y X : (Lx) y = x (Ly) ,
ossia se L
t
= L (risp. L

= L).
(10.18) Teorema Sia X uno spazio unitario su R di dimensione nita.
Allora per ogni forma bilineare : XX R esiste una ed una sola L in /(X; X)
tale che
x, y X : (x, y) = (Lx) y .
Se poi `e simmetrica, allora anche L `e simmetrica.
Dimostrazione. Per ogni x X lapplicazione y (x, y) `e lineare. Per il Teore-
ma (10.14) esiste uno ed un solo Lx X tale che
y X : (Lx) y = (x, y) .
Si verica facilmente che lapplicazione L : X X cos` denita `e lineare ed `e unica
perche per ogni x il suo valore Lx `e univocamente determinato.
Se `e simmetrica, si ha
(Lx) y = (x, y) = (y, x) = (Ly) x = x (Ly) ,
per cui anche L `e simmetrica.
(10.19) Denizione Sia X uno spazio unitario su R di dimensione tre. Diciamo che
unapplicazione
T : X X X
`e un prodotto vettoriale su X, se per ogni x, y, z in X e per ogni in R si ha:
(a) T(x +y, z) = T(x, z) +T(y, z);
(b) T(y, x) = T(x, y);
94 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(c) T(x, y) z = T(y, z) x = T(z, x) y;
(d) [T(x, y) z[ = 1 ogniqualvolta x, y, z `e una base ortonormale in X.
Il prodotto vettoriale fra x e y viene usualmente denotato col simbolo xy, anziche
T(x, y).
(10.20) Teorema Sia X uno spazio unitario su R di dimensione tre munito di prodotto
vettoriale.
Valgono allora i seguenti fatti:
(a) lapplicazione (x, y) x y `e bilineare e continua;
(b) per ogni x, y in X si ha
x x = 0 ,
(x y) x = (x y) y = 0 ;
(c) se x, y `e un insieme ortonormale in X e z = x y, risulta che x, y, z `e
ortonormale e x = y z, y = z x.
Dimostrazione.
(a) Dagli assiomi (a) e (b) di prodotto vettoriale si deduce facilmente che il prodotto
vettoriale `e lineare anche nel secondo argomento. La continuit`a discende dal Teore-
ma (10.4).
(b) Risulta xx = (xx), da cui xx = 0. Tenuto conto dellassioma (c) del prodotto
vettoriale, ne segue
(x y) x = (x x) y = 0 ,
(x y) y = (y y) x = 0 .
(c) Se w `e un qualunque vettore unitario ortogonale sia a x che a y, si ha [z w[ = 1 per
lassioma (d) del prodotto vettoriale, quindi z ,= 0. Posto w = z/|z|, ne segue |z| = 1,
per cui x, y, z `e ortonormale.
Analogamente si ha |y z| = 1 e
(10.21) (y z) x = (x y) z = z z = 1 .
Tenuto conto della Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz, si deduce che y z e x sono
linearmente dipendenti. Sempre dalla (10.21) segue che y z = x. In modo simile si
prova che z x = y.
10. SPAZI NORMATI ED UNITARI DI DIMENSIONE FINITA 95
(10.22) Teorema Sia X uno spazio unitario su R di dimensione tre. Allora esistono
esattamente due prodotti vettoriali su X e sono luno lopposto dellaltro.
Dimostrazione. Sia e
1
, e
2
, e
3
una base ortonormale in X e sia un qualunque prodotto
vettoriale su X. Per la (c) del teorema precedente, deve essere e
1
e
2
= e
3
con [[ = 1.
Inoltre risulta e
2
(e
3
) = e
1
e (e
3
) e
1
= e
2
, da cui e
2
e
3
= e
1
e e
3
e
1
= e
2
.
Se x =

3
j=1
x
(j)
e
j
e y =

3
j=1
y
(j)
e
j
, si ha
x y =
_
_
3

j=1
x
(j)
e
j
_
_

_
_
3

j=1
y
(j)
e
j
_
_
=
= (x
(2)
y
(3)
x
(3)
y
(2)
)(e
2
e
3
) + (x
(3)
y
(1)
x
(1)
y
(3)
)(e
3
e
1
) +
+(x
(1)
y
(2)
x
(2)
y
(1)
)(e
1
e
2
) =
=
_
(x
(2)
y
(3)
x
(3)
y
(2)
)e
1
+ (x
(3)
y
(1)
x
(1)
y
(3)
)e
2
+ (x
(1)
y
(2)
x
(2)
y
(1)
)e
3
_
.
Pertanto esistono al pi` u due prodotti vettoriali su X.
Daltronde si verica facilmente che
_
(x, y) (x
(2)
y
(3)
x
(3)
y
(2)
)e
1
+ (x
(3)
y
(1)
x
(1)
y
(3)
)e
2
+ (x
(1)
y
(2)
x
(2)
y
(1)
)e
3
_
e
_
(x, y) (x
(2)
y
(3)
x
(3)
y
(2)
)e
1
(x
(3)
y
(1)
x
(1)
y
(3)
)e
2
(x
(1)
y
(2)
x
(2)
y
(1)
)e
3
_
sono due prodotti vettoriali su X e sono distinti, perche nel primo caso e
1
e
2
= e
3
,
mentre nel secondo e
1
e
2
= e
3
.
(10.23) Denizione Uno spazio unitario su R di dimensione tre orientato `e una terna
(X, , ), dove (X, ) `e uno spazio unitario su R di dimensione tre e `e un prodotto
vettoriale su X.
Per il teorema precedente, ogni spazio unitario su R di dimensione tre ammette
esattamente due orientamenti.
In R
3
munito del prodotto scalare canonico
x y :=
_
x
(2)
y
(3)
x
(3)
y
(2)
, x
(3)
y
(1)
x
(1)
y
(3)
, x
(1)
y
(2)
x
(2)
y
(1)
_
`e un prodotto vettoriale. Nel seguito R
3
sar`a sempre munito di tale prodotto vettoriale
canonico.
96 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
Per esprimere il prodotto vettoriale in componenti in modo pi` u compatto, `e utile
denire, per ogni i, j, k 1, 2, 3,

ijk
=
_

_
1 se (i, j, k) = (1, 2, 3), (2, 3, 1), (3, 1, 2) ,
1 se (i, j, k) = (3, 2, 1), (2, 1, 3), (1, 3, 2) ,
0 altrimenti .
(10.24) Osservazione Se X `e uno spazio unitario su R di dimensione tre orientato
ed e
1
, e
2
, e
3
`e una base ortonormale in X con e
3
= e
1
e
2
, allora per ogni x, y X si
ha
(x y)
(i)
=
3

j,k=1

ijk
x
(j)
y
(k)
,
dove x y =
3

j=1
(x y)
(j)
e
j
, x =
3

j=1
x
(j)
e
j
e y =
3

j=1
y
(j)
e
j
.
In particolare, in R
3
munito dei prodotti scalare e vettoriale canonici, risulta
x, y R
3
: (x y)
(i)
=
3

j,k=1

ijk
x
(j)
y
(k)
.
Dimostrazione. La semplice verica pu`o essere svolta per esercizio.
(10.25) Proposizione Sussistono le seguenti identit`a:
i, j, k 1, 2, 3 :
ijk
=
jki
=
kij
,
i, j, k 1, 2, 3 :
ijk
=
ikj
,
j, k, m, n 1, 2, 3 :
3

i=1

ijk

imn
=
jm

kn

jn

km
.
Dimostrazione. La semplice verica pu`o essere svolta per esercizio.
Esercizi
10. SPAZI NORMATI ED UNITARI DI DIMENSIONE FINITA 97
1. Sia X uno spazio normato su K, sia Y un sottospazio vettoriale di X di dimen-
sione nita e sia C un chiuso non vuoto contenuto in Y . Si dimostri che per ogni x in
X esiste un y in C tale che |x y| = d(x, C).
2. Sia X uno spazio unitario su K, sia Y un sottospazio vettoriale di X di dimensione
nita e sia C un sottoinsieme convesso chiuso non vuoto di Y . Si dimostri che per ogni
x in X esiste uno ed un solo y in C tale che |x y| = d(x, C).
3. Siano X uno spazio unitario su K di dimensione nita, X 0, b K e
C = x X : x = b. Si dimostri che per ogni x in X esiste uno ed un solo y in C
tale che |x y| = d(x, C) e che y `e dato dalla formula
y = x +
b x
||
2
.
Se ne deduca che
d(x, C) =
[x b[
||
.
4. Siano X uno spazio normato su R di dimensione nita, > 0 e
f : (X 0) R
una funzione continua e positivamente omogenea di grado .
Si dimostri che
lim
x0
f(x) = 0 .
5. Sia X uno spazio normato su K. Posto
S =
_
(x, t) X R : |x|
2
+t
2
= 1
_
,
si denisca unapplicazione : X S ponendo
(x) =
_

_
_
2
|x|
2
+ 1
x,
|x|
2
1
|x|
2
+ 1
_
se x X ,
(0, 1) se x = .
Per ogni x, y in X si ponga

d(x, y) = d((x), (y)), dove d `e la metrica canonica
su X R, e si dimostri che:
98 CAPITOLO 1. SPAZI UNITARI, SPAZI NORMATI E SPAZI METRICI
(a) lapplicazione `e biiettiva;
(b)

d `e una metrica su X e (X ,

d) `e isometrico a (S, d);
(c) X `e aperto in X e la metrica subordinata da (X ,

d) su X `e topologi-
camente equivalente a quella canonica;
(d) se E X, si ha che `e aderente ad E se e solo se E non `e limitato in (X, | |);
(e) U X `e un intorno di se e solo se esiste R > 0 tale che
x X : |x| > R U ;
(f) (X ,

d) `e connesso;
(g) se (X, | |) `e uno spazio di Banach su K, (X ,

d) `e completo;
(h) se X ha dimensione nita, (X ,

d) `e compatto.
6. Sia X uno spazio unitario su R di dimensione tre orientato. Si dimostri che per
ogni x, y, z X si ha
(x y) z = (x z)y (y z)x,
|x y|
2
+ (x y)
2
= |x|
2
|y|
2
.
Capitolo 2
Calcolo dierenziale
1 Derivata e dierenziale
(1.1) Denizione Siano (X
1
, | |
1
) e (X
2
, | |
2
) due spazi normati su K, A un aperto
in X
1
, f : A X
2
unapplicazione, x A ed y X
1
.
Diciamo che f `e derivabile in x rispetto a y, se esiste
lim
0
(K)
f(x +y) f(x)

.
Se f `e derivabile in x rispetto a y, il valore di tale limite si chiama derivata (direzionale)
di f in x rispetto a y e si denota con uno dei simboli seguenti:
f

(x)(y) ,
f
y
(x) .
(1.2) Osservazione Essendo A aperto in X
1
, linsieme K : x +y A `e un
aperto in K contenente 0 ed il rapporto
f(x +y) f(x)

`e denito su K : x +y A 0, insieme al quale 0 `e aderente. La denizione


`e quindi ben posta.
Osserviamo anche che nulla cambia, se le norme | |
1
e | |
2
sono sostituite da due
norme | |

1
e | |

2
rispettivamente equivalenti alle precedenti.
Se poi A = X
1
, risulta che la nozione di derivata non dipende aatto da | |
1
.
(1.3) Osservazione Per ogni x A la funzione f `e sempre derivabile in x rispetto a
0 e si ha
f

(x)(0) = 0 .
99
100 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Inoltre, se f `e derivabile in x A rispetto ad un certo y X
1
, si ha che f `e derivabile
in x rispetto ad ogni y con K e risulta
f

(x)(y) = f

(x)(y) .
(1.4) Osservazione Consideriamo il caso particolare in cui K = R, X
2
= R e poniamo
() = f(x +y) .
Allora f `e derivabile in x rispetto a y se e solo se `e derivabile in 0, nel qual caso
f

(x)(y) =

(0) .
(1.5) Denizione Se X
1
= R
n
ed e
1
, . . . , e
n
`e la base canonica in R
n
, si usa porre
D
x
(j) f(x) = D
j
f(x) =
f
x
(j)
(x) :=
f
e
j
(x) .
La derivata di f rispetto ad e
j
si chiama anche derivata parziale di f rispetto a x
(j)
.
(1.6) Osservazione Consideriamo lapplicazione f : R
2
R denita da
f(x
(1)
, x
(2)
) =
_

_
_
(x
(1)
)
2
x
(2)
(x
(1)
)
4
+ (x
(2)
)
2
_
2
se (x
(1)
, x
(2)
) ,= (0, 0) ,
0 se (x
(1)
, x
(2)
) = (0, 0) .
Si verica facilmente che f `e derivabile in ogni x R
2
rispetto a qualunque y R
2
.
Sia ora : R R
2
lapplicazione denita da (t) = (t, t
2
). Anche `e derivabile in
ogni t R rispetto a qualunque s R. Inoltre `e continua, perche continue sono le sue
componenti.
Risulta
(f )(t) =
_
1
4
se t ,= 0 ,
0 se t = 0 .
Poiche f non `e continua in 0, anche f non pu`o essere continua in (0, 0). Quindi la
derivabilit`a nel senso della Denizione (1.1) non implica la continuit`a.
Inoltre f non `e derivabile in 0 rispetto a nessun s ,= 0. Pertanto tale nozione di
derivabilit`a non `e stabile per composizione.
Introduciamo ora la nozione di dierenziabilit`a che, come vedremo, risulta sotto
questi punti di vista pi` u soddisfacente.
1. DERIVATA E DIFFERENZIALE 101
(1.7) Denizione Siano (X
1
, | |
1
) e (X
2
, | |
2
) due spazi normati su K, A un aperto
in X
1
, f : A X
2
unapplicazione e x A.
Diciamo che f `e dierenziabile (secondo Frechet) in x, se esiste L /(X
1
; X
2
) tale
che
(1.8) lim
x
f() f(x) L( x)
| x|
1
= 0 ,
ovvero
lim
y0
f(x +y) f(x) Ly
|y|
1
= 0 .
Diciamo che f `e dierenziabile, se f `e dierenziabile in ogni x A.
(1.9) Osservazione Il rapporto
f() f(x) L( x)
| x|
1
`e denito su A x, insieme al quale x `e aderente, perche A `e aperto. La denizione `e
quindi ben posta.
Anche in questo caso nulla cambia, se le norme | |
1
e | |
2
sono sostituite da due
norme | |

1
e | |

2
rispettivamente equivalenti alle precedenti.
(1.10) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati su K, A un aperto in X
1
, f : A X
2
unapplicazione e x A. Supponiamo che f sia dierenziabile in x e sia L /(X
1
; X
2
)
unapplicazione soddisfacente la (1.8).
Allora f `e derivabile in x rispetto ad ogni y X
1
e si ha
y X
1
: f

(x)(y) = Ly .
Dimostrazione. Se y = 0, la tesi `e evidente. Se invece y ,= 0, risulta per composizione
lim
0
f(x +y) f(x) L(y)
[[|y|
1
= 0 ,
ovvero
lim
0
_
_
_
_
f(x +y) f(x) Ly

_
_
_
_
2
= 0 ,
da cui si deduce
lim
0
_
_
_
_
f(x +y) f(x)

Ly
_
_
_
_
2
= 0 .
Si ha quindi
lim
0
f(x +y) f(x)

= Ly ,
102 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
da cui la tesi.
(1.11) Corollario Siano X
1
e X
2
due spazi normati su K, A un aperto in X
1
,
f : A X
2
unapplicazione ed x A. Supponiamo che f sia dierenziabile in x e
siano L
1
, L
2
/(X
1
; X
2
) due applicazioni vericanti la (1.8).
Allora L
1
= L
2
.
Dimostrazione. Per il teorema precedente si ha
y X
1
: L
1
y = f

(x)(y) = L
2
y ,
da cui la tesi.
(1.12) Denizione Se f `e dierenziabile in x, denotiamo con df(x) lunica L in
/(X
1
; X
2
) vericante la (1.8). Tale applicazione lineare si chiama dierenziale di f in
x.
Se poi f `e dierenziabile in ogni x A, lapplicazione
df : A /(X
1
; X
2
)
x df(x)
si chiama dierenziale di f.
(1.13) Corollario Siano (X
1
, | |
1
) e (X
2
, | |
2
) due spazi normati su K, A un aperto
in X
1
, f : A X
2
unapplicazione e x A.
Allora f `e dierenziabile in x se e solo se le seguenti tre condizioni sono vericate:
(a) f `e derivabile in x rispetto ad ogni y X
1
;
(b) lapplicazione y f

(x)(y) da X
1
a valori in X
2
`e lineare e continua;
(c) si ha
lim
y0
f(x +y) f(x) f

(x)(y)
|y|
1
= 0 .
Qualora queste condizioni sussistano, si ha poi df(x)y = f

(x)(y) per ogni y X


1
.
Dimostrazione. Se f `e dierenziabile in x, le propriet`a (a), (b) e (c) discendono dal
Teorema (1.10).
Se viceversa le (a), (b) e (c) sussistono, posto Ly = f

(x)(y), risulta che f `e


dierenziabile in x.
1. DERIVATA E DIFFERENZIALE 103
(1.14) Osservazione Data f dierenziabile in x, poniamo
() =
_

_
f() f(x) df(x)( x)
| x|
1
se A x ,
0 se = x.
Allora : A X
2
`e unapplicazione continua in x con (x) = 0 e si ha
A : f() = f(x) +df(x)( x) +| x|
1
() .
(1.15) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati su K, A un aperto in X
1
, f : A X
2
unapplicazione e x A.
Se f `e dierenziabile in x, allora f `e continua in x.
Dimostrazione. Se `e denita come nellOsservazione (1.14), si ha
lim
x
df(x)( x) = 0
e
lim
x
| x|
1
() = 0 ,
perche le applicazioni df(x) ed sono continue in 0 e x, rispettivamente. Risulta quindi
lim
x
f() = lim
x
(f(x) +df(x)( x) +| x|
1
()) = f(x) ,
da cui la tesi.
(1.16) Teorema Siano X
1
, X
2
e X
3
tre spazi normati su K, A
1
un aperto in X
1
, A
2
un aperto in X
2
, f
1
: A
1
X
2
e f
2
: A
2
X
3
due applicazioni con f
1
(A
1
) A
2
ed
x A
1
. Supponiamo che f
1
sia dierenziabile in x e che f
2
sia dierenziabile in f
1
(x).
Allora f
2
f
1
`e dierenziabile in x e si ha
d(f
2
f
1
)(x) = df
2
(f
1
(x)) df
1
(x) .
Dimostrazione. Anzitutto `e evidente che lapplicazione
df
2
(f
1
(x)) df
1
(x) : X
1
X
3
`e lineare e continua.
104 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Conformemente allOsservazione (1.14), sia
A
1
: f
1
() = f
1
(x) +df
1
(x)( x) +| x|
1

1
() ,
A
2
: f
2
() = f
2
(f
1
(x)) +df
2
(f
1
(x))( f
1
(x)) +| f
1
(x)|
2

2
() .
Allora risulta
(f
2
f
1
)() (f
2
f
1
)(x) =
= df
2
(f
1
(x)) (f
1
() f
1
(x)) +|f
1
() f
1
(x)|
2

2
(f
1
()) =
= df
2
(f
1
(x)) (df
1
(x)( x)) +| x|
1
df
2
(f
1
(x))(
1
())+
+|df
1
(x)( x) +| x|
1

1
()|
2

2
(f
1
()) .
Ne segue
_
_
_
_
(f
2
f
1
)() (f
2
f
1
)(x) (df
2
(f
1
(x)) df
1
(x)) ( x)
| x|
1
_
_
_
_
3

|df
2
(f
1
(x))(
1
())|
3
+
+
|df
1
(x)( x)|
2
| x|
1
|
2
(f
1
())|
3
+|
1
()|
2
|
2
(f
1
())|
3

|df
2
(f
1
(x))(
1
())|
3
+
+|df
1
(x)| |
2
(f
1
())|
3
+|
1
()|
2
|
2
(f
1
())|
3
.
Essendo dierenziabile in x, f
1
`e continua in x per il Teorema (1.15). Allora si ha
lim
x

1
() = 0 ,
lim
x

2
(f
1
()) = 0 ,
lim
x
df
2
(f
1
(x))(
1
()) = 0 ,
da cui la tesi.
(1.17) Denizione Siano X uno spazio normato su K, A un aperto in K, f : A X
unapplicazione e A.
Diciamo che f `e derivabile in , se f `e derivabile in rispetto a 1 K. In tal caso
poniamo
f

() := f

()(1)
e diciamo che f

() `e la derivata di f in .
1. DERIVATA E DIFFERENZIALE 105
Evidentemente si ha
f

() = lim
0
f( +) f()

= lim

f() f()

.
(1.18) Proposizione Siano X uno spazio normato su K, A un aperto in K, f : A X
unapplicazione e A.
Allora sono fatti equivalenti:
(a) f `e dierenziabile in ;
(b) f `e derivabile in rispetto ad ogni K;
(c) f `e derivabile in .
Inoltre, se valgono tali condizioni, si ha
K : df() = f

()
e
|df()| = |f

()| .
Dimostrazione. Limplicazione (a) = (b) `e contenuta nel Teorema (1.10). Limplica-
zione (b) = (c) `e evidente.
Dimostriamo che (c) = (a). Lapplicazione
K X
f

()
`e evidentemente lineare e continua. Poiche
lim
0
f( +) f()

= f

() ,
si ha
lim
0
f( +) f() f

()

= 0 ,
quindi anche
lim
0
_
_
_
_
f( +) f() f

()
[[
_
_
_
_
= 0 .
Allora f `e dierenziabile in e df() = f

(). Poiche
|df()| = sup
_
[[|f

()| : [[ 1
_
,
106 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
risulta inne |df()| = |f

()|.
(1.19) Corollario Siano X
1
e X
2
due spazi normati su K, A un aperto in K, B un
aperto in X
1
, : A X
1
e f : B X
2
due applicazioni con (A) B e A.
Supponiamo che sia derivabile in e che f sia dierenziabile in ().
Allora f `e derivabile in e si ha
(f )

() = df(())(

()) .
Dimostrazione. Combinando la Proposizione (1.18) col Teorema (1.16), si deduce che
f `e derivabile in e che
(f )

() = d(f )()1 = df(()) (d()1) = df(())(

()) ,
da cui la tesi.
(1.20) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati su K, A un aperto in X
1
e
f : A X
2
unapplicazione costante.
Allora f `e dierenziabile e si ha
x A : df(x) = 0 .
Dimostrazione. Si tratta di unevidente conseguenza della denizione di dierenziabilit`a.
(1.21) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati su K e L : X
1
X
2
unapplicazione
lineare e continua.
Allora L `e dierenziabile e si ha
x X
1
: dL(x) = L.
Dimostrazione. Per ogni x, X
1
con ,= x si ha
L() L(x) L( x)
| x|
1
= 0 ,
da cui la tesi.
1. DERIVATA E DIFFERENZIALE 107
(1.22) Teorema Siano X
1
, X
2
e X
3
tre spazi normati su K e B : X
1
X
2
X
3
unapplicazione bilineare e continua.
Allora B `e dierenziabile e si ha
dB(x
1
, x
2
)(y
1
, y
2
) = B(x
1
, y
2
) +B(y
1
, x
2
) .
per ogni (x
1
, x
2
) X
1
X
2
e (y
1
, y
2
) X
1
X
2
.
Dimostrazione. Anzitutto `e evidente che lapplicazione
X
1
X
2
X
3
(y
1
, y
2
) B(x
1
, y
2
) +B(y
1
, x
2
)
`e lineare e continua.
Inoltre, tenuto conto del Teorema (1.4.33), si ha
_
_
_
_
B(x
1
+y
1
, x
2
+y
2
) B(x
1
, x
2
) B(x
1
, y
2
) B(y
1
, x
2
)
|(y
1
, y
2
)|
_
_
_
_
3
=
=
1
|(y
1
, y
2
)|
|B(y
1
, y
2
)|
3

1
|(y
1
, y
2
)|
c|y
1
|
1
|y
2
|
2

1
|(y
1
, y
2
)|
c
2
_
|y
1
|
2
1
+|y
2
|
2
2
_
=
c
2
|(y
1
, y
2
)| ,
da cui la tesi.
(1.23) Teorema Siano X, Y
1
, . . . , Y
n
degli spazi normati su K, A un aperto in X,
f : A
n

j=1
Y
j
unapplicazione e x A.
Allora f `e dierenziabile in x se e solo se tutte le componenti f
(j)
sono dierenziabili
in x ed in tal caso si ha
y X : df(x)y =
_
df
(1)
(x)y, . . . , df
(n)
(x)y
_
.
Dimostrazione. Essendo lineari e continue, le proiezioni canoniche p
j
sono dierenziabili
per il Teorema (1.21). Se f `e dierenziabile in x, si ha quindi che f
(j)
= p
j
f `e
dierenziabile in x per il Teorema (1.16) e
y X : df
(j)
(x)y = dp
j
(f(x)) (df(x)y) = p
j
(df(x)y) ,
108 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
ossia
y X : df(x)y =
_
df
(1)
(x)y, . . . , df
(n)
(x)y
_
.
Viceversa supponiamo che le componenti f
(j)
siano tutte dierenziabili in x. Lap-
plicazione
_
y
_
df
(1)
(x)y, . . . , df
(n)
(x)y
__
`e evidentemente lineare e continua perche continue sono le sue componenti. Inoltre si ha
p
j
_
1
|y|
_
f(x +y) f(x)
_
df
(1)
(x)y, . . . , df
(n)
(x)y
__
_
=
=
1
|y|
_
f
(j)
(x +y) f
(j)
(x) df
(j)
(x)y
_
,
per cui
lim
y0
p
j
_
1
|y|
_
f(x +y) f(x)
_
df
(1)
(x)y, . . . , df
(n)
(x)y
__
_
= 0 .
Ne segue
lim
y0
1
|y|
_
f(x +y) f(x)
_
df
(1)
(x)y, . . . , df
(n)
(x)y
__
= 0
per il Teorema (1.4.20), da cui la tesi.
(1.24) Teorema Siano X, Y
1
, . . . , Y
n
degli spazi normati su K, A un aperto in X,
f : A
n

j=1
Y
j
unapplicazione, x A e y X.
Allora f `e derivabile in x rispetto a y se e solo se tutte le componenti f
(j)
sono
derivabili in x rispetto a y ed in tal caso si ha
f

(x)(y) =
_
f
(1)

(x)(y), . . . , f
(n)

(x)(y)
_
.
Dimostrazione. Poiche
p
j
_
f(x +y) f(x)

_
=
f
(j)
(x +y) f
(j)
(x)

,
si tratta di unovvia conseguenza del Teorema (1.4.20).
1. DERIVATA E DIFFERENZIALE 109
(1.25) Teorema Sia X uno spazio normato su K. Allora le applicazioni somma
o : X X X
e prodotto per scalare
T : KX X
sono dierenziabili e si ha
do(x
1
, x
2
)(y
1
, y
2
) = y
1
+y
2
,
dT(, x)(, y) = y +x.
Dimostrazione. Si tratta di una conseguenza dei Teoremi (1.21) e (1.22).
(1.26) Corollario Siano X
1
e X
2
due spazi normati su K, A un aperto in X
1
,
f, g : A X
2
e : A K delle applicazioni e x A. Supponiamo che f, g e
siano dierenziabili in x.
Allora (f +g) e (f) sono dierenziabili in x e si ha
d(f +g)(x) = df(x) +dg(x) ,
d(f)(x) = (x)df(x) +f(x) d(x) .
Dimostrazione. Dai Teoremi (1.16), (1.23) e (1.25) si deduce che f + g e f sono
dierenziabili in x e che
d(f +g)(x)y = df(x)y +dg(x)y ,
d(f)(x)y = (x) (df(x)y) + (d(x)y) f(x) ,
da cui la tesi.
(1.27) Teorema Sia (X, ( [ )) uno spazio unitario su R. Allora le applicazioni prodotto
scalare
T : X X R
e norma al quadrato
A
2
: X R
110 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
sono dierenziabili e si ha
dT(x
1
, x
2
)(y
1
, y
2
) = (x
1
[y
2
) + (y
1
[x
2
) ,
d(A
2
)(x)y = 2(x[y) .
Dimostrazione. La dierenziabilit`a del prodotto scalare discende dal Teorema (1.22).
Per i Teoremi (1.16) e (1.23) si ha
d(A
2
)(x)y = (x[y) + (y[x) = 2(x[y) ,
per cui la dimostrazione `e completa.
(1.28) Corollario Siano X uno spazio normato su R, (Y, ( [ )) uno spazio unitario su
R, A un aperto in X, f, g : A Y due applicazioni e x A. Supponiamo che f e g
siano dierenziabili in x.
Allora le applicazioni (f[g) e |f|
2
sono dierenziabili in x e si ha
d(f[g)(x)y = (f(x)[dg(x)y) + (df(x)y[g(x)) ,
d(|f|
2
)(x)y = 2(f(x)[df(x)y) .
Dimostrazione. Basta combinare i Teoremi (1.16), (1.23) e (1.27).
La prossima denizione tiene conto del fatto che ogni spazio normato su C ha una
naturale struttura di spazio normato su R.
(1.29) Denizione Siano (X
1
, | |
1
) e (X
2
, | |
2
) due spazi normati su C, A un aperto
in X
1
, f : A X
2
unapplicazione e x A.
Diciamo che f `e dierenziabile in x in senso reale, se f `e dierenziabile in x allorche
X
1
e X
2
vengono considerati come spazi normati su R. In tal caso, denotiamo con d
R
f(x)
il dierenziale di f in x in senso reale.
Per contrapposizione, quando vi sia rischio di confusione, si usa lespressione die-
renziabile in senso complesso.
(1.30) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati su C, A un aperto in X
1
, f : A X
2
unapplicazione e x A.
Allora sono fatti equivalenti:
1. DERIVATA E DIFFERENZIALE 111
(a) f `e dierenziabile in x;
(b) f `e dierenziabile in x in senso reale e lapplicazione d
R
f(x) : X
1
X
2
`e Clineare.
Inoltre, se valgono tali condizioni, si ha df(x) = d
R
f(x).
Dimostrazione.
(a) = (b) Se df(x) `e il dierenziale di f in x, evidentemente df(x) : X
1
X
2
`e anche
Rlineare, continuo e verica la (1.8). Pertanto f `e dierenziabile in x in senso reale e
d
R
f(x) = df(x).
(b) = (a) Lapplicazione d
R
f(x) : X
1
X
2
`e Clineare, continua e verica la (1.8).
Pertanto f `e dierenziabile in x e df(x) = d
R
f(x).
(1.31) Esempio Lapplicazione prodotto scalare (z, w) zw non `e dierenziabile
in nessun punto di C C, pur essendo dierenziabile in ogni punto di C C in senso
reale. Lo stesso fenomeno si verica considerando lapplicazione coniugato z z da
C a valori in C.
Da ora in poi, salvo avviso esplicito contrario, verranno sempre presi in considera-
zione spazi unitari e spazi normati su R.
Per applicazioni a valori in uno spazio normato, i teoremi di Lagrange e Cauchy non
sono pi` u validi (si veda lesercizio 2). Tuttavia alcune propriet`a, che in R discendono
facilmente dai teoremi di Lagrange e Cauchy, continuano a valere a valori vettoriali,
come ad esempio il risultato seguente.
(1.32) Teorema Siano X uno spazio normato, a, b R, : [a, b] X e : [a, b] R
due applicazioni continue. Supponiamo che e siano derivabili su ]a, b[ e che si abbia

(t) > 0 per ogni t ]a, b[.


Allora esiste t ]a, b[ tale che
|(b) (a)|
(b) (a)

|

(t)|

(t)
.
Dimostrazione. Consideriamo la funzione : [a, b] R denita da
(t) = ((b) (a))|(t) (a)| ((t) (a))|(b) (a)| .
Evidentemente `e continua e
(a) = (b) = 0 .
112 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Esiste quindi un punto di massimo o di minimo t ]a, b[ per . Se t `e un punto di
minimo, per ogni s > t risulta
((b) (a))|(t) (a)| ((t) (a))|(b) (a)|
((b) (a))|(s) (a)| ((s) (a))|(b) (a)| ,
da cui
((s) (t))|(b) (a)| ((b) (a)) (|(s) (a)| |(t) (a)|)
((b) (a))|(s) (t)| .
Ne segue
(s) (t)
s t
|(b) (a)| ((b) (a))
_
_
_
_
(s) (t)
s t
_
_
_
_
,
da cui, passando al limite per s t
+
, si ottiene la tesi.
Se invece t `e un punto di massimo, per ogni s < t si ha
((b) (a))|(s) (a)| ((s) (a))|(b) (a)|
((b) (a))|(t) (a)| ((t) (a))|(b) (a)| ,
da cui
(t) (s)
t s
|(b) (a)| ((b) (a))
_
_
_
_
(t) (s)
t s
_
_
_
_
,
ossia
(s) (t)
s t
|(b) (a)| ((b) (a))
_
_
_
_
(s) (t)
s t
_
_
_
_
.
Passando al limite per s t

, si ottiene la tesi anche in questo caso.


(1.33) Corollario (Disuguaglianza di Lagrange) Siano X uno spazio normato,
a, b R e : [a, b] X unapplicazione continua. Supponiamo che sia derivabile su
]a, b[.
Allora esiste t ]a, b[ tale che
|(b) (a)| (b a)|

(t)| .
Dimostrazione. Si applichi il teorema precedente con (t) = t.
1. DERIVATA E DIFFERENZIALE 113
(1.34) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto connesso in X
1
e
f : A X
2
unapplicazione dierenziabile tale che df(x) = 0 per ogni x A.
Allora f `e costante.
Dimostrazione. Scelto un x
0
A, poniamo E = x A : f(x) = f(x
0
). Evidentemen-
te E `e non vuoto e chiuso in A per la continuit`a di f. Dimostriamo che E `e aperto in A.
Se x E, esiste > 0 tale che B(x, ) A. Per ogni B(x, ) possiamo considerare
lapplicazione : [0, 1] X
2
denita da (t) = f(x + t( x)). Si verica facilmente
che `e continua su [0,1], derivabile su ]0, 1[ e che
t ]0, 1[:

(t) = df(x +t( x))( x) = 0 .


Per la disuguaglianza di Lagrange ne segue (1) = (0), ossia f() = f(x) = f(x
0
), per
cui E. Risulta quindi B(x, ) E, per cui E `e aperto.
Essendo A connesso, si ha E = A, da cui la tesi.
(1.35) Teorema (di Eulero) Siano X
1
e X
2
due spazi normati, R e
f : X
1
0 X
2
unapplicazione dierenziabile.
Allora f `e positivamente omogenea di grado se e solo se
x X
1
0 : df(x)x = f(x) .
Dimostrazione. Supponiamo che f sia positivamente omogenea di grado . Fissato
x X
1
0, lapplicazione t f(tx) `e derivabile su ]0, +[ con derivata uguale a
df(tx)x. Ne segue
t > 0 : df(tx)x = t
1
f(x) ,
da cui la tesi, scegliendo t = 1.
Supponiamo viceversa che
x X
1
0 : df(x)x = f(x) .
Fissato x X
1
0, lapplicazione t t

f(tx) `e derivabile su ]0, +[ con derivata


uguale a
t

df(tx)x t
1
f(tx) =
114 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
= t
1
(df(tx)(tx) f(tx)) = 0 .
Dal Teorema (1.34) si deduce che
t > 0 : t

f(tx) = f(x) ,
da cui la tesi.
(1.36) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto convesso in X
1
e
f : A X
2
unapplicazione dierenziabile. Supponiamo che esista c [0, +[ tale che
x A : |df(x)| c .
Allora f `e lipschitziana di costante c.
Dimostrazione. Siano x, y A e sia : [0, 1] X
2
lapplicazione denita da
(t) = f(x +t(y x)) .
Lapplicazione `e continua su [0,1], derivabile su ]0, 1[ e

(t) = df(x +t(y x))(y x) .


Ne segue
|

(t)|
2
|df(x +t(y x))||y x|
1
c|y x|
1
.
Dalla disuguaglianza di Lagrange si deduce che
|f(y) f(x)|
2
= |(1) (0)|
2
c|y x|
1
,
da cui la tesi.
(1.37) Denizione Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
e f : A X
2
unapplicazione. Diciamo che f `e di classe C
1
, se f `e dierenziabile e lapplicazione
df : A /(X
1
; X
2
) `e continua.
Denotiamo con C
1
(A; X
2
) linsieme delle applicazioni f : A X
2
di classe C
1
.
Poniamo anche C
1
(A) := C
1
(A; R).
(1.38) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
e f : A X
2
unapplicazione costante.
1. DERIVATA E DIFFERENZIALE 115
Allora f `e di classe C
1
.
Dimostrazione. Per il Teorema (1.20), f `e dierenziabile e lapplicazione df `e costante-
mente nulla, quindi continua.
(1.39) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati e L : X
1
X
2
unapplicazione
lineare e continua.
Allora L `e di classe C
1
.
Dimostrazione. Per il Teorema (1.21), L `e dierenziabile e lapplicazione dL `e costante,
quindi continua.
(1.40) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
e f : A X
2
unapplicazione di classe C
1
.
Allora per ogni y X
1
lapplicazione
f
y
: A X
2
`e continua.
Dimostrazione. Per ogni y X
1
lapplicazione
f
y
`e la composizione dellapplicazione
df con lapplicazione
/(X
1
; X
2
) X
2
L Ly
,
che `e lineare e continua per il Teorema (1.6.17). Ne segue che
f
y
`e continua.
(1.41) Teorema Siano X, Y
1
, . . . , Y
n
degli spazi normati, A un aperto in X e
f : A
n

j=1
Y
j
unapplicazione.
Allora f `e di classe C
1
se e solo se tutte le componenti f
(j)
sono di classe C
1
.
Dimostrazione. Per il Teorema (1.23) f `e dierenziabile se e solo se tutte le componenti
sono dierenziabili. Inoltre vale la formula
df(x)y =
_
df
(1)
(x)y, . . . , df
(n)
(x)y
_
.
Pertanto per ogni , x A e per ogni y X con |y| 1 si ha
_
_
_
_
df
(j)
() df
(j)
(x)
_
y
_
_
_ |(df() df(x)) y| |df() df(x)| ,
116 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
|(df() df(x)) y| =
_
_
n

j=1
_
_
_
_
df
(j)
() df
(j)
(x)
_
y
_
_
_
2
_
_
1
2

_
_
n

j=1
_
_
_df
(j)
() df
(j)
(x)
_
_
_
2
_
_
1
2
.
Ne segue
_
_
_df
(j)
() df
(j)
(x)
_
_
_ |df() df(x)|

_
_
n

j=1
_
_
_df
(j)
() df
(j)
(x)
_
_
_
2
_
_
1
2
.
Allora df `e continuo se e solo se le applicazioni df
(1)
, . . . , df
(n)
sono tutte continue.
(1.42) Teorema Siano X
1
, X
2
e X
3
tre spazi normati, A
1
un aperto in X
1
, A
2
un
aperto in X
2
e f
1
: A
1
X
2
e f
2
: A
2
X
3
due applicazioni di classe C
1
con
f
1
(A
1
) A
2
.
Allora f
2
f
1
`e di classe C
1
.
Dimostrazione. Per composizione f
2
f
1
`e dierenziabile e
d(f
2
f
1
)(x) = df
2
(f
1
(x)) df
1
(x) .
Ne segue che f
2
f
1
`e di classe C
1
.
(1.43) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
, f, g : A X
2
e : A R delle applicazioni di classe C
1
.
Allora (f +g) e (f) sono di classe C
1
.
Dimostrazione. Sappiamo gi`a che f +g e f sono dierenziabili e che
d(f +g)(x) = df(x) +dg(x) ,
d(f)(x) = (x)df(x) +f(x) d(x) .
Ne segue che f +g e f sono di classe C
1
.
1. DERIVATA E DIFFERENZIALE 117
(1.44) Denizione Siano X
1
e X
2
due spazi normati ed A un aperto in X
1
. Poniamo
C
1
b
(A; X
2
) =
_
f C
1
(A; X
2
) C
b
(A; X
2
) : df C
b
(A; /(X
1
; X
2
))
_
.
Si verica facilmente che C
1
b
(A; X
2
) `e un sottospazio vettoriale di C
b
(A; X
2
).
(1.45) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
e (f
h
) una suc-
cessione in C
1
b
(A; X
2
). Supponiamo che esistano f C
b
(A; X
2
) e F C
b
(A; /(X
1
; X
2
))
tali che
lim
h
|f
h
f|

= 0 , lim
h
|df
h
F|

= 0 .
Allora f C
1
b
(A; X
2
) e df = F.
Dimostrazione. Sia x A e sia r > 0 tale che B(x, r) A. Dato y B(0, r),
consideriamo lapplicazione
[0, 1] X
2
t f
h
(x +ty) tdf
h
(x)y
.
Per la Disuguaglianza di Lagrange, esiste t ]0, 1[ tale che
|f
h
(x +y) f
h
(x) df
h
(x)y| |df
h
(x +ty)y df
h
(x)y| .
Ne segue
|f
h
(x +y) f
h
(x) df
h
(x)y| |df
h
(x +ty) df
h
(x)| |y|
(|df
h
(x +ty) F(x +ty)| +|F(x +ty) F(x)| +|F(x) df
h
(x)|) |y|
(2|df
h
F|

+ sup |F() F(x)| : | x| |y|) |y| .


Passando al limite per h , si ottiene
|f(x +y) f(x) F(x)y| sup |F() F(x)| : | x| |y| |y| ,
da cui
_
_
_
_
f(x +y) f(x) F(x)y
|y|
_
_
_
_
sup |F() F(x)| : | x| |y|
per ogni y B(0, r) con y ,= 0. Per la continuit`a di F ne segue
lim
y0
f(x +y) f(x) F(x)y
|y|
= 0 ,
per cui f `e dierenziabile in x e df(x) = F(x). In particolare f C
1
b
(A; X
2
).
118 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Esercizi
1. Si consideri lapplicazione f : R
2
R denita da
f(x
(1)
, x
(2)
) =
_

_
(x
(1)
)
2
x
(2)
(x
(1)
)
4
+ (x
(2)
)
2
se (x
(1)
, x
(2)
) ,= (0, 0) ,
0 se (x
(1)
, x
(2)
) = (0, 0) .
Si dimostri che f `e derivabile in ogni x R
2
rispetto ad ogni y R
2
e che
f

(0, 0)(y
(1)
, y
(2)
) =
_

_
(y
(1)
)
2
y
(2)
se y
(2)
,= 0 ,
0 se y
(2)
= 0 .
Se ne deduca che lapplicazione
_
(y
(1)
, y
(2)
) f

(0, 0)(y
(1)
, y
(2)
)
_
non `e lineare.
2. Si consideri lapplicazione : R R
3
denita da
(t) = (cos t, sin t, t) .
Si dimostri che non esiste nessun t ]0, 2[ tale che
|(2) (0)| = 2|

(t)| .
Si dimostri anche che per ogni t ]0, 2[ i vettori ((2) (0)) e

(t) sono linearmente


indipendenti.
3. Siano X
1
, X
2
e X
3
tre spazi normati e B : X
1
X
2
X
3
unapplicazione
bilineare e continua. Si dimostri che B `e di classe C
1
.
4. Siano a, b R (a < b), X uno spazio normato e :]a, b[ X unapplicazione
derivabile in t ]a, b[. Si dimostri che
lim
(,)(0,0)
0,0
(t +) (t )
+
=

(t) .
5. Siano X uno spazio normato, : [a, b] X unapplicazione continua ed > 0.
Si supponga che sia derivabile su ]a, b[ e che
s, t ]a, b[: |

(s)

(t)| .
1. DERIVATA E DIFFERENZIALE 119
Si dimostri che
t ]a, b[:
_
_
_
_
(b) (a)
b a

(t)
_
_
_
_
.
6. Siano X
1
, X
2
due spazi normati, A un aperto convesso in X
1
e f : A X
2
unapplicazione dierenziabile.
Si dimostri che per ogni , x A esiste t ]0, 1[ tale che
|f() f(x) df(x)( x)|
2
|df(x +t( x)) df(x)| | x|
1
.
7. Siano X
1
uno spazio normato, X
2
uno spazio di Banach ed A un aperto in X
1
.
Denotiamo con C
1
b
(A; X
2
) linsieme delle applicazioni f : A X
2
di classe C
1
tali che
f : A X
2
e df : A /(X
1
; X
2
) siano limitate. Per ogni f C
1
b
(A; X
2
) poniamo
|f| := max |f|

, |df|

.
Si dimostri che
_
C
1
b
(A; X
2
), | |
_
`e uno spazio di Banach.
8. Siano X
1
uno spazio normato di dimensione nita, X
2
uno spazio di Banach ed A
un aperto limitato in X
1
. Denotiamo con C
1
(A; X
2
) linsieme delle applicazioni continue
f : A X
2
tali che f
|A
`e di classe C
1
e df : A /(X
1
; X
2
) ammette un prolungamento
continuo a tutto A. Per ogni f C
1
(A; X
2
) poniamo
|f| := max |f|

, |df|

.
Si dimostri che
_
C
1
(A; X
2
), | |
_
`e uno spazio di Banach.
9. Sia
A =
_
(x
(1)
, x
(2)
) R
2
: 1 < (x
(1)
)
2
+ (x
(2)
)
2
< 4
_
(0] 2, 1[)
e sia f : A R denita da
f(x
(1)
, x
(2)
) =
_

_
arctan(x
(2)
/x
(1)
) se x
(1)
> 0 ,
/2 se x
(1)
= 0 ,
+ arctan(x
(2)
/x
(1)
) se x
(1)
< 0 .
120 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Si dimostri che f `e dierenziabile e |df(x
(1)
, x
(2)
)| 1, ma che f non `e lipschitziana.
10. Sia X uno spazio metrico compatto e sia g : R R una funzione di classe C
1
.
Si dimostri che lapplicazione
( : C(X; R) C(X; R)
u g u
`e di classe C
1
e che
d((u)v = (g

u)v
(si intende che lo spazio C(X; R) `e munito della norma | |

).
11. Siano a, b R (a < b) e sia g : R R una funzione di classe C
1
. Si dimostri
che lapplicazione
: C([a, b]; R) R
u
_
b
a
g(u(t)) dt
`e di classe C
1
e che
d(u)v =
_
b
a
g

(u(t))v(t) dt .
2 Calcolo dierenziale negli spazi di dimensione nita
(2.1) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati di dimensione nita, A un aperto
in X
1
, x A e f : A X
2
unapplicazione dierenziabile in x. Siano e
1
, . . . , e
n
e
a
1
, . . . , a
m
due basi in X
1
ed in X
2
, rispettivamente, e siano f
(1)
, . . . , f
(m)
le compo-
nenti di f rispetto alla base a
1
, . . . , a
m
.
Allora si ha
y X
1
: df(x)y =
m

i=1
_
_
n

j=1
f
(i)
e
j
(x)y
(j)
_
_
a
i
,
dove y
(1)
, . . . , y
(n)
sono le componenti di y rispetto alla base e
1
, . . . , e
n
. Pertanto
_

_
f
(1)
e
1
(x)
f
(1)
e
n
(x)
.
.
.
.
.
.
.
.
.
f
(m)
e
1
(x)
f
(m)
e
n
(x)
_

_
2. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI DI DIMENSIONE FINITA 121
`e la matrice m n che rappresenta lapplicazione lineare df(x) : X
1
X
2
rispetto alle
basi e
1
, . . . , e
n
e a
1
, . . . , a
m
.
Dimostrazione. Poiche f
(i)
= a
i
f, risulta che f
(i)
`e dierenziabile in x per i Teore-
mi (1.16) e (1.21) e si ha df
(i)
(x) = a
i
(df(x)), ossia
y X
1
: df(x)y =
m

i=1
_
df
(i)
(x)y
_
a
i
.
Daltronde per il Teorema (1.10) f
(i)
`e derivabile in x rispetto ad e
j
e si ha
f
(i)
e
j
(x) = df
(i)
(x)e
j
.
Allora, se
y =
n

j=1
y
(j)
e
j
,
risulta
df(x)y =
m

i=1
_
df
(i)
(x)y
_
a
i
=
m

i=1
df
(i)
(x)
_
_
n

j=1
y
(j)
e
j
_
_
a
i
=
=
m

i=1
n

j=1
y
(j)
_
df
(i)
(x)e
j
_
a
i
=
m

i=1
n

j=1
_
f
(i)
e
j
(x)y
(j)
_
a
i
,
da cui la tesi.
(2.2) Denizione La matrice m n introdotta nel teorema precedente si chiama
matrice jacobiana di f in x.
(2.3) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati di dimensione nita, A
1
un aper-
to in X
1
, A
2
un aperto in X
2
, x A
1
, f : A
1
X
2
unapplicazione dierenziabi-
le in x tale che f(A
1
) A
2
e g : A
2
R unapplicazione dierenziabile in f(x).
Siano e
1
, . . . , e
n
e a
1
, . . . , a
m
due basi in X
1
ed in X
2
, rispettivamente, e siano
f
(1)
, . . . , f
(m)
le componenti di f rispetto alla base a
1
, . . . , a
m
.
Allora si ha

e
j
(g f)(x) =
m

i=1
g
a
i
(f(x))
f
(i)
e
j
(x) .
Dimostrazione. Poiche la composizione di applicazioni lineari corrisponde al prodotto
righe per colonne fra matrici, si deduce dal Teorema (2.1) che lapplicazione lineare
d(g f)(x) `e rappresentata dalla matrice 1 n
_
m

i=1
g
a
i
(f(x))
f
(i)
e
1
(x), . . . ,
m

i=1
g
a
i
(f(x))
f
(i)
e
n
(x)
_
.
122 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Ne segue

e
j
(g f)(x) = d(g f)(x)e
j
=
m

i=1
g
a
i
(f(x))
f
(i)
e
j
(x) ,
da cui la tesi.
(2.4) Teorema Siano A un aperto in C, f : A C unapplicazione e x A.
Allora f `e dierenziabile in x (in senso complesso) se e solo se la corrispondente
applicazione

f da un aperto di R
2
a valori in R
2
`e dierenziabile in x (in senso reale) e
(2.5)


f
(1)
x
(1)
(x) =


f
(2)
x
(2)
(x) ,


f
(1)
x
(2)
(x) =


f
(2)
x
(1)
(x) .
Dimostrazione. Per il Teorema (1.30) si tratta di vericare che d
R
f(x) `e Clineare. Per
il Teorema (1.1.29), questo avviene se e solo se la matrice jacobiana
_


f
(1)
x
(1)
(x)


f
(1)
x
(2)
(x)


f
(2)
x
(1)
(x)


f
(2)
x
(2)
(x)
_

_
`e della forma
_


_
.
Ne segue la tesi.
(2.6) Denizione Le relazioni (2.5) introdotte nel precedente teorema si chiamano
condizioni di monogeneit`a o condizioni di Cauchy-Riemann.
(2.7) Teorema (del dierenziale totale) Siano X
1
uno spazio normato di dimen-
sione nita, X
2
uno spazio normato, A un aperto in X
1
, f : A X
2
unapplicazione,
x A e sia e
1
, . . . , e
n
una base in X
1
. Supponiamo che f sia derivabile in ogni A
rispetto ad ogni e
j
e che per ogni j = 1, . . . , n lapplicazione
f
e
j
: A X
2
sia continua in x.
Allora f `e dierenziabile in x e si ha
df(x) =
n

j=1
f
e
j
(x) e
j
.
2. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI DI DIMENSIONE FINITA 123
Dimostrazione. Per semplicit`a faremo la dimostrazione nel caso n = 2. Lestensione al
caso generale pu`o essere svolta per esercizio.
Trattiamo anzitutto il caso particolare in cui
f
e
j
(x) = 0 per j = 1, 2. Essendo A
aperto, esiste > 0 tale che
x +se
1
+te
2
: [s[ < , [t[ < A.
Sia y = y
(1)
e
1
+y
(2)
e
2
. Se y `e sucientemente vicino a 0, si ha [y
(1)
[ < e [y
(2)
[ < .
Lapplicazione
_
s f
_
x +sy
(1)
e
1
__
`e continua su [0, 1] e derivabile su ]0, 1[ con derivata uguale a
y
(1)
f
e
1
_
x +sy
(1)
e
1
_
.
Per la disuguaglianza di Lagrange esiste s(y) ]0, 1[ tale che
_
_
_f
_
x +y
(1)
e
1
_
f(x)
_
_
_
2
[y
(1)
[
1
(y) ,
dove si `e posto

1
(y) =
_
_
_
_
f
e
1
_
x +s(y)y
(1)
e
1
_
_
_
_
_
2
.
Analogamente lapplicazione
_
t f
_
x +y
(1)
e
1
+ty
(2)
e
2
__
`e continua su [0, 1] e derivabile su ]0, 1[ con derivata uguale a
y
(2)
f
e
2
_
x +y
(1)
e
1
+ty
(2)
e
2
_
.
Esiste quindi t(y) ]0, 1[ tale che
_
_
_f
_
x +y
(1)
e
1
+y
(2)
e
2
_
f
_
x +y
(1)
e
1
__
_
_
2
[y
(2)
[
2
(y) ,
dove si `e posto

2
(y) =
_
_
_
_
f
e
2
_
x +y
(1)
e
1
+t(y)y
(2)
e
2
_
_
_
_
_
2
.
Si verica facilmente che lapplicazione
_
y
_
(y
(1)
)
2
+ (y
(2)
)
2
_1
2
_
`e una norma su X
1
. Avendo X
1
dimensione nita, per il Teorema (1.10.5) esiste c > 0
tale che
y X
1
:
_
(y
(1)
)
2
+ (y
(2)
)
2
_1
2
c|y|
1
.
124 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Allora si ha
|f(x +y) f(x)|
2

_
_
_f(x +y) f
_
x +y
(1)
e
1
__
_
_
2
+
_
_
_f
_
x +y
(1)
e
1
_
f(x)
_
_
_
2

[y
(1)
[
1
(y) +[y
(2)
[
2
(y)
_

1
(y)
2
+
2
(y)
2
_1
2
_
(y
(1)
)
2
+ (y
(2)
)
2
_1
2

1
(y)
2
+
2
(y)
2
_1
2
c |y|
1
.
Poiche
f
e
1
e
f
e
2
sono continue in x, risulta
lim
y0
_

1
(y)
2
+
2
(y)
2
_
= 0 ,
per cui f `e dierenziabile in x con df(x) = 0.
Nel caso generale, osserviamo che lapplicazione che a y X
1
associa
y
(1)
f
e
1
(x) +y
(2)
f
e
2
(x) = e
1
(y)
f
e
1
(x) +e
2
(y)
f
e
2
(x)
`e lineare e continua. Se deniamo g : A X
2
ponendo
g() = f() e
1
()
f
e
1
(x) e
2
()
f
e
2
(x) ,
si verica facilmente che anche g soddisfa le ipotesi del teorema ed inoltre
g
e
j
(x) = 0
per j = 1, 2. Dal passo precedente si deduce che g `e dierenziabile in x con dg(x) = 0.
Poiche
f() = g() +e
1
()
f
e
1
(x) +e
2
()
f
e
2
(x) ,
la tesi segue dal Corollario (1.26).
Se X
1
= R
n
, la formula del teorema del dierenziale totale si pu`o anche scrivere
nel modo seguente:
df(x) =
n

j=1
f
x
(j)
(x) dx
j
.
Se poi X
2
= R, il tutto si riduce a
df(x) =
n

j=1
f
x
(j)
(x)dx
j
.
(2.8) Denizione Siano A un aperto in uno spazio normato X di dimensione nita,
x A e f : A X unapplicazione dierenziabile in x.
2. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI DI DIMENSIONE FINITA 125
Denotiamo con (div f)(x) (divergenza di f in x) la traccia dellapplicazione lineare
df(x) : X X .
La divergenza di f in x viene anche denotata col simbolo ( f)(x).
Se e
1
, . . . , e
n
`e una base in X e f
(1)
, . . . , f
(n)
sono le componenti di f rispetto a
tale base, si deduce dal Teorema (2.1) che
(div f)(x) =
n

j=1
f
(j)
e
j
(x) .
In particolare, in X = R
n
si ha
(div f)(x) =
n

j=1
f
(j)
x
(j)
(x) .
(2.9) Teorema Siano X
1
uno spazio normato di dimensione nita, X
2
uno spazio
normato, A un aperto in X
1
, f : A X
2
unapplicazione e e
1
, . . . , e
n
una base in X
1
.
Allora sono fatti equivalenti:
(a) f `e di classe C
1
;
(b) f `e derivabile in ogni x A rispetto ad ogni e
j
e per ogni j = 1, . . . , n lapplicazione
f
e
j
: A X
2
`e continua.
Dimostrazione.
(a) = (b) Si tratta di un caso particolare del Teorema (1.40).
(b) = (a) Per il teorema del dierenziale totale, f `e dierenziabile e
df(x) =
n

j=1
f
e
j
(x) e
j
.
Ne segue che df `e continuo.
(2.10) Denizione Siano A un aperto in uno spazio unitario X di dimensione nita,
x A e f : A R una funzione dierenziabile in x.
126 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Denotiamo con f(x) (gradiente di f in x) lelemento di X tale che
y X : f(x) y = df(x), y ,
conformemente al Teorema (1.10.14).
Evidentemente si ha |f(x)| = |df(x)|.
(2.11) Osservazione Se e
1
, . . . , e
n
`e una base ortonormale in X, si ha
f(x) =
n

j=1
f
e
j
(x)e
j
.
In particolare, in X = R
n
munito del prodotto scalare canonico, si ha
f(x) =
_
f
x
(1)
(x), . . . ,
f
x
(n)
(x)
_
.
Dimostrazione. Se
y =
n

j=1
y
(j)
e
j
,
si ha
_
_
n

j=1
f
e
j
(x)e
j
_
_
y =
n

j=1
y
(j)
f
e
j
(x) = df(x),
n

j=1
y
(j)
e
j
= df(x), y ,
da cui la tesi.
(2.12) Osservazione Occorre tenere presente che il gradiente non gode delle stesse
propriet`a di invarianza del dierenziale: se il prodotto scalare di X viene sostituito da
un altro prodotto scalare (che indurr`a ovviamente una norma equivalente), il gradiente
di f cambia, in generale.
Se A `e un aperto in uno spazio unitario X di dimensione tre orientato, x A e
f : A X `e unapplicazione dierenziabile in x, si verica facilmente che per ogni y X
lapplicazione
f() y
`e dierenziabile in x. Inoltre la funzione
y (div (f y)) (x)
`e lineare. Il Teorema (1.10.14) consente allora di formulare la seguente
2. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI DI DIMENSIONE FINITA 127
(2.13) Denizione Siano A un aperto in uno spazio unitario X di dimensione tre
orientato, x A e f : A X unapplicazione dierenziabile in x.
Denotiamo con (curl f)(x) (rotore di f in x) lelemento di X tale che
y X : ((curl f)(x)) y = (div (f y)) (x) .
Il rotore di f in x viene anche denotato con i simboli (rot f)(x), (f)(x).
(2.14) Osservazione Se e
1
, e
2
, e
3
`e una base ortonormale in X tale che e
3
= e
1
e
2
e se f
(j)
, (curl f)
(j)
sono le componenti di f e curl f rispetto a tale base, si ha
(curl f)(x) =
_
f
(3)
e
2
(x)
f
(2)
e
3
(x)
_
e
1
+
_
f
(1)
e
3
(x)
f
(3)
e
1
(x)
_
e
2
+
+
_
f
(2)
e
1
(x)
f
(1)
e
2
(x)
_
e
3
,
ossia
(curl f)
(i)
(x) =
3

j,k=1

ijk
f
(k)
e
j
(x) .
In particolare, in X = R
3
munito dei prodotti scalare e vettoriale canonici risulta
(curl f)(x) =
_
f
(3)
x
(2)
(x)
f
(2)
x
(3)
(x) ,
f
(1)
x
(3)
(x)
f
(3)
x
(1)
(x) ,
f
(2)
x
(1)
(x)
f
(1)
x
(2)
(x)
_
,
ossia
(curl f)
(i)
(x) =
3

j,k=1

ijk
f
(k)
x
(j)
(x) .
Dimostrazione. La verica pu`o essere svolta per esercizio.
(2.15) Teorema Siano A un aperto in uno spazio unitario X di dimensione tre
orientato, x A e f, g : A X due applicazioni dierenziabili in x.
Allora si ha
curl (f g)(x) = df(x)g(x) dg(x)f(x) + (div g)(x)f(x) (div f)(x)g(x) .
128 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Dimostrazione. Sia e
1
, e
2
, e
3
una base ortonormale in X con e
3
= e
1
e
2
. Utilizzando
le componenti rispetto a tale base e tenendo conto della Proposizione (1.10.25), si ha
(curl (f g))
(i)
(x) =
3

j,k=1

ijk
(f g)
(k)
e
j
(x) =
=
3

j,k=1
3

m,n=1

ijk

kmn

e
j
_
f
(m)
g
(n)
_
(x) =
=
3

j,k=1
3

m,n=1

kij

kmn
_
g
(n)
(x)
f
(m)
e
j
(x) +f
(m)
(x)
g
(n)
e
j
(x)
_
=
=
3

j,m,n=1
(
im

jn

in

jm
)
_
g
(n)
(x)
f
(m)
e
j
(x)+f
(m)
(x)
g
(n)
e
j
(x)
_
=
=
3

j=1
_
f
(i)
e
j
(x) g
(j)
(x)
_
+f
(i)
(x)
3

j=1
g
(j)
e
j
(x) +
g
(i)
(x)
3

j=1
f
(j)
e
j
(x)
3

j=1
_
g
(i)
e
j
(x) f
(j)
(x)
_
=
= (df(x)g(x))
(i)
+ (div g)(x)f
(i)
(x) +
(div f)(x)g
(i)
(x) (dg(x)f(x))
(i)
,
da cui la tesi.
Esercizi
1. Siano X
1
e X
2
due spazi normati di dimensione nita, A un aperto in X
1
, x A
e f : A X
2
unapplicazione dierenziabile in x. Siano e
1
, . . . , e
n
e a
1
, . . . , a
m
due
basi in X
1
ed in X
2
, rispettivamente, e siano f
(1)
, . . . , f
(m)
le componenti di f rispetto
alla base a
1
, . . . , a
m
.
Si dimostri che
df(x) =
m

i=1
n

j=1
f
(i)
e
j
(x)(a
i
e
j
) .
2. Sia P : C C unapplicazione polinomiale:
P(z) =
n

h=0
c
h
z
h
.
2. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI DI DIMENSIONE FINITA 129
Si dimostri che P `e dierenziabile (in senso complesso) e che
z C : P

(z) =
n1

h=0
(h + 1)c
h+1
z
h
.
3. Sia exp : C C lesponenziale complesso. Ricordando che
x, y R : exp(x +iy) = e
x
(cos y +i sin y) ,
si dimostri che lapplicazione exp `e dierenziabile (in senso complesso) e che
z C : (exp)

(z) = exp z .
4. Siano A un aperto in uno spazio normato X di dimensione nita, x A e
: A R e f : A X due applicazioni dierenziabili in x. Si dimostri che
(div f)(x) = (x)(div f)(x) +d(x)f(x) .
Se poi X `e munito di prodotto scalare, risulta anche
(div f)(x) = (x)(div f)(x) +f(x) (x) .
5. Siano A un aperto in uno spazio unitario X di dimensione nita, x A e
, : A R e f, g : A X delle applicazioni dierenziabili in x. Si dimostri che
()(x) = (x)(x) +(x)(x) ,
(f g)(x) = dg(x)
t
f(x) +df(x)
t
g(x) .
Se poi X ha dimensione tre ed `e orientato, risulta anche
(f g)(x) = f(x) (curl g)(x) +g(x) (curl f)(x) +dg(x)f(x) +df(x)g(x) .
6. Siano A un aperto in uno spazio unitario X di dimensione tre orientato, x A
e : A R e f, g : A X delle applicazioni dierenziabili in x. Si dimostri che
div (f g)(x) = g(x) (curl f)(x) f(x) (curl g)(x) ,
130 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
curl (f)(x) = (x)(curl f)(x) f(x) (x) .
7. Siano A un aperto in uno spazio unitario X di dimensione nita, x A e
f : A R una funzione dierenziabile in x. Si dimostri che
y X : |y| = |f(x)| = f

(x)(y) f

(x)(f(x)) .
3 Derivate seconde e di ordine superiore
(3.1) Denizione Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
, f : A X
2
unapplicazione, x A e y
1
, y
2
X
1
.
Diciamo che f `e derivabile due volte in x rispetto a y
1
e y
2
(nellordine), se valgono
i seguenti fatti:
(a) f `e derivabile in ogni A rispetto a y
1
;
(b) lapplicazione
f
y
1
: A X
2
`e derivabile in x rispetto a y
2
.
Poniamo
f

(x)(y
1
, y
2
) =

2
f
y
2
y
1
(x) :=

y
2
_
f
y
1
_
(x)
e chiamiamo tale elemento di X
2
derivata (direzionale) seconda di f in x rispetto a y
1
e y
2
.
(3.2) Denizione Se X
1
= R
n
e e
1
, . . . , e
n
`e la base canonica in R
n
, si pone
D
2
x
(i)
x
(j)
f(x) =

2
f
x
(j)
x
(i)
(x) :=

2
f
e
j
e
i
(x) .
(3.3) Teorema (di Schwarz) Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
,
f : A X
2
unapplicazione, x A e y
1
, y
2
X
1
. Supponiamo che f sia derivabile due
volte in ogni A rispetto a y
1
e y
2
ed anche rispetto a y
2
e y
1
. Supponiamo inoltre
che le applicazioni

2
f
y
2
y
1
,

2
f
y
1
y
2
: A X
2
3. DERIVATE SECONDE E DI ORDINE SUPERIORE 131
siano entrambe continue in x.
Allora si ha

2
f
y
2
y
1
(x) =

2
f
y
1
y
2
(x) .
Dimostrazione. Proviamo anzitutto che
(3.4) lim
t0
+
f(x +ty
1
+ty
2
) f(x +ty
1
) f(x +ty
2
) +f(x)
t
2
=

2
f
y
2
y
1
(x) .
Essendo A aperto, esiste > 0 tale che
x +sy
1
+ty
2
: [s[ < , [t[ < A.
Trattiamo prima il caso particolare in cui

2
f
y
2
y
1
(x) = 0. Fissato t ]0, [, lapplicazione
s f(x +sy
1
+ty
2
) f(x +sy
1
)
`e continua su [0, t] e derivabile su ]0, t[ con derivata uguale a
f
y
1
(x +sy
1
+ty
2
)
f
y
1
(x +sy
1
) .
Per la disuguaglianza di Lagrange esiste (t) ]0, t[ tale che
|f(x +ty
1
+ty
2
) f(x +ty
1
) f(x +ty
2
) +f(x)|
2

t
_
_
_
_
f
y
1
(x +(t)y
1
+ty
2
)
f
y
1
(x +(t)y
1
)
_
_
_
_
2
.
Anche lapplicazione
_

f
y
1
(x +(t)y
1
+y
2
)
_
`e continua su [0, t] e derivabile su ]0, t[ con derivata uguale a

2
f
y
2
y
1
(x +(t)y
1
+y
2
) .
Applicando nuovamente la disuguaglianza di Lagrange, si deduce che esiste (t) ]0, t[
tale che
_
_
_
_
f
y
1
(x +(t)y
1
+ty
2
)
f
y
1
(x +(t)y
1
)
_
_
_
_
2
t
_
_
_
_

2
f
y
2
y
1
(x +(t)y
1
+(t)y
2
)
_
_
_
_
2
.
Pertanto risulta
|f(x +ty
1
+ty
2
) f(x +ty
1
) f(x +ty
2
) +f(x)|
2
t
2

_
_
_
_

2
f
y
2
y
1
(x +(t)y
1
+(t)y
2
)
_
_
_
_
2
.
132 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Passando al limite per t 0
+
e tenendo conto della continuit`a di

2
f
y
2
y
1
in x, si ottiene
la (3.4) nel caso particolare.
Nel caso generale, deniamo g :] , [
2
X
2
ponendo
g(s, t) = f(x +sy
1
+ty
2
) st

2
f
y
2
y
1
(x) .
Si verica facilmente che g soddisfa le ipotesi del lemma, con x, y
1
e y
2
sostituiti da 0,
e
1
ed e
2
. Inoltre

2
g
e
2
e
1
(0) = 0. Dal passo precedente si deduce che
lim
t0
+
g(t, t) g(t, 0) g(0, t) +g(0, 0)
t
2
= 0 .
Poiche
f(x +sy
1
+ty
2
) = g(s, t) +st

2
f
y
2
y
1
(x) ,
ne segue la (3.4) anche nel caso generale.
Essendo le ipotesi simmetriche in y
1
e y
2
, si ha anche
lim
t0
+
f(x +ty
2
+ty
1
) f(x +ty
2
) f(x +ty
1
) +f(x)
t
2
=

2
f
y
1
y
2
(x) .
Tenuto conto che il primo membro `e in realt`a sempre lo stesso, si ottiene la tesi.
(3.5) Denizione Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
e f : A X
2
unapplicazione.
Diciamo che f `e di classe C
2
, se f `e di classe C
1
e lapplicazione
df : A /(X
1
; X
2
)
`e di classe C
1
.
(3.6) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
e f : A X
2
unapplicazione di classe C
2
.
Allora f `e derivabile due volte in ogni x A rispetto ad ogni y
1
, y
2
X
1
e per ogni
y
1
, y
2
X
1
lapplicazione

2
f
y
2
y
1
: A X
2
`e continua.
Inoltre per ogni x A lapplicazione
X
1
X
1
X
2
(y
1
, y
2
) f

(x)(y
1
, y
2
)
3. DERIVATE SECONDE E DI ORDINE SUPERIORE 133
`e bilineare e simmetrica.
Dimostrazione. Per ogni y
1
X
1
lapplicazione
f
y
1
`e la composizione dellapplicazione
df con lapplicazione lineare e continua
/(X
1
; X
2
) X
2
L Ly
1
.
Pertanto
f
y
1
`e di classe C
1
. Per il Teorema (1.40) per ogni y
2
X
1
lapplicazione

2
f
y
2
y
1
`e continua.
Per ogni x A lapplicazione
_
(y
1
, y
2
) f

(x)(y
1
, y
2
)
_
`e simmetrica per il Teorema di Schwarz. Inoltre si ha
f

(x)(y
1
, y
2
) =

y
2
_
f
y
1
_
(x) = d
_
f
y
1
_
(x)y
2
,
per cui lapplicazione
_
(y
1
, y
2
) f

(x)(y
1
, y
2
)
_
`e lineare nel secondo argomento. La linearit`a nel primo argomento discende allora dalla
simmetria.
(3.7) Teorema Siano X
1
uno spazio normato di dimensione nita, X
2
uno spazio
normato, A un aperto in X
1
, f : A X
2
unapplicazione e e
1
, . . . , e
n
una base in X
1
.
Allora sono fatti equivalenti:
(a) f `e di classe C
2
;
(b) f `e derivabile due volte in ogni x A rispetto ad ogni e
i
, e
j
(i, j = 1, . . . , n) e per
ogni i, j = 1, . . . , n lapplicazione

2
f
e
j
e
i
: A X
2
`e continua.
Dimostrazione.
(a) = (b) Si tratta di un caso particolare del teorema precedente.
134 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
(b) = (a) Per il Teorema (2.9) si ha che
f
e
i
`e di classe C
1
, quindi continua. Sempre
per il Teorema (2.9) risulta allora che f `e di classe C
1
e si ha
df(x) =
n

i=1
f
e
i
(x) e
i
.
Tenuto conto che lapplicazione
X
2
/(X
1
; X
2
)
z z e
i
`e lineare e continua, quindi di classe C
1
, si conclude che anche df `e di classe C
1
.
(3.8) Denizione Siano A un aperto in uno spazio unitario X di dimensione nita e
f : A R una funzione di classe C
2
.
Per ogni x A denotiamo con
2
f(x) (hessiano di f in x)
1
lapplicazione lineare e
simmetrica
2
f(x) : X X tale che
y
1
, y
2
X :
_

2
f(x)y
1
_
y
2
= f

(x)(y
1
, y
2
) ,
conformemente al Teorema (1.10.18).
(3.9) Osservazione Se e
1
, . . . , e
n
`e una base ortonormale in X, la matrice simme-
trica n n che rappresenta
2
f(x) rispetto alla base e
1
, . . . , e
n
`e
_

2
f
e
1
e
1
(x)

2
f
e
n
e
1
(x)
.
.
.
.
.
.
.
.
.

2
f
e
1
e
n
(x)

2
f
e
n
e
n
(x)
_

_
.
Essa viene detta matrice hessiana di f in x. In particolare, se X = R
n
, la matrice
simmetrica n n che rappresenta
2
f(x) rispetto alla base canonica `e
_

2
f
x
(1)
x
(1)
(x)

2
f
x
(n)
x
(1)
(x)
.
.
.
.
.
.
.
.
.

2
f
x
(1)
x
(n)
(x)

2
f
x
(n)
x
(n)
(x)
_

_
.
1
In diversi testi il simbolo
2
f viene invece utilizzato per denotare il laplaciano di f, che noi deniamo
a pag. 222.
3. DERIVATE SECONDE E DI ORDINE SUPERIORE 135
(3.10) Osservazione Occorre tenere presente che, similmente a quanto avviene per
la nozione di gradiente, se il prodotto scalare di X viene sostituito da un altro prodotto
scalare (che indurr`a ovviamente una norma equivalente), lhessiano di f cambia, in
generale.
(3.11) Teorema Siano A un aperto in uno spazio unitario X di dimensione tre orien-
tato, f : A R una funzione di classe C
2
e g : A X unapplicazione di classe C
1
con
curl g di classe C
1
.
Allora si ha
curl (f) = 0 , div (curl g) = 0 .
Dimostrazione. Sia e
1
, e
2
, e
3
una base ortonormale in X con e
3
= e
1
e
2
. Tenuto
conto del Teorema di Schwarz, si ha
(curl (f))
(i)
(x) =
3

j,k=1

ijk

e
j
_
f
e
k
_
(x) =
3

j,k=1

ijk

2
f
e
j
e
k
(x) =
=
3

j,k=1

ijk

2
f
e
k
e
j
(x) =
3

j,k=1

ikj

2
f
e
j
e
k
(x) =
=
3

j,k=1

ijk

2
f
e
j
e
k
(x) = (curl (f))
(i)
(x) ,
per cui (curl (f))
(i)
(x) = 0.
Per quel che riguarda g, trattiamo solo il caso particolare in cui g `e di classe C
2
.
Allora risulta
(div (curl g))(x) =
3

i,j,k=1

e
i
_

ijk
g
(k)
e
j
_
(x) =
3

i,j,k=1

ijk

2
g
(k)
e
i
e
j
(x) =
=
3

i,j,k=1

ijk

2
g
(k)
e
j
e
i
(x) =
3

i,j,k=1

jik

2
g
(k)
e
i
e
j
(x) =
=
3

i,j,k=1

ijk

2
g
(k)
e
i
e
j
(x) = (div (curl g))(x) ,
per cui (div (curl g))(x) = 0.
La nozione di derivata seconda si estende allordine superiore con un procedimento
di tipo ricorsivo.
(3.12) Denizione Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
, f : A X
2
unapplicazione, k 2, x A e y
1
, . . . , y
k
X
1
.
136 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Diciamo che f `e derivabile k volte in x rispetto a y
1
, . . . , y
k
(nellordine), se valgono
i seguenti fatti:
(a) f `e derivabile in ogni A rispetto a y
1
;
(b) lapplicazione
f
y
1
: A X
2
`e derivabile (k 1) volte in x rispetto a y
2
, . . . , y
k
.
Poniamo
f
(k)
(x)(y
1
, . . . , y
k
) =

k
f
y
k
y
1
(x) :=
_

k1
y
k
y
2
_
f
y
1
(x)
e chiamiamo tale elemento di X
2
derivata (direzionale) kesima di f in x rispetto a
y
1
, . . . , y
k
.
Poniamo anche
f
(k)
(x)(y)
k
=

k
f
y
k
(x) := f
(k)
(x)(y, . . . , y) ,
f
(0)
(x)(y)
0
:= f(x) ,
f
(1)
(x)(y)
1
:= f

(x)(y)
e, nel caso X
1
= R,
f
(k)
(x) := f
(k)
(x)(1)
k
.
(3.13) Denizione Se X
1
= R
n
e e
1
, . . . , e
n
`e la base canonica in R
n
, si pone
D
k
x
(j
1
)
x
(j
k
)
f(x) =

k
f
x
(j
k
)
x
(j
1
)
(x) :=

k
f
e
j
k
e
j
1
(x) .
(3.14) Denizione Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
, f : A X
2
unapplicazione e k 2.
Diciamo che f `e di classe C
k
, se f `e di classe C
1
e lapplicazione
df : A /(X
1
; X
2
)
`e di classe C
k1
.
Per convenzione, diciamo che f `e di classe C
0
, se f `e continua. Se f `e di classe
C
k
per ogni k 0, diciamo che f `e di classe C

. Per ogni k = 0, . . . , denotiamo


3. DERIVATE SECONDE E DI ORDINE SUPERIORE 137
con C
k
(A; X
2
) linsieme delle applicazioni f : A X
2
di classe C
k
. Evidentemente
C
0
(A; X
2
) = C(A; X
2
). Poniamo anche C
k
(A) := C
k
(A; R).
(3.15) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
e f : A X
2
unapplicazione costante.
Allora f `e di classe C

.
Dimostrazione. La semplice verica pu`o essere svolta per esercizio.
(3.16) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati e L : X
1
X
2
unapplicazione
lineare e continua.
Allora L `e di classe C

.
Dimostrazione. La semplice verica pu`o essere svolta per esercizio.
(3.17) Teorema Siano X, Y
1
, . . . , Y
n
degli spazi normati, A un aperto in X,
f : A
n

j=1
Y
j
unapplicazione e k N.
Allora f `e di classe C
k
se e solo se tutte le componenti f
(j)
sono di classe C
k
.
Dimostrazione. La dimostrazione pu`o essere svolta per esercizio, ragionando per indu-
zione su k.
(3.18) Teorema Siano X
1
, X
2
e X
3
tre spazi normati, A
1
un aperto in X
1
, A
2
un
aperto in X
2
, k N e f
1
: A
1
X
2
e f
2
: A
2
X
3
due applicazioni di classe C
k
con
f
1
(A
1
) A
2
.
Allora f
2
f
1
`e di classe C
k
.
Dimostrazione. La dimostrazione pu`o essere svolta per esercizio, ragionando per indu-
zione su k.
(3.19) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
, k N e
f, g : A X
2
e : A R delle applicazioni di classe C
k
.
138 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Allora (f +g) e (f) sono di classe C
k
.
Dimostrazione. La dimostrazione pu`o essere svolta per esercizio, ragionando per indu-
zione su k.
(3.20) Teorema Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
, 2 k < e
f : A X
2
unapplicazione di classe C
k
.
Allora f `e derivabile k volte in ogni x A rispetto ad ogni y
1
, . . . , y
k
X
1
e per
ogni y
1
, . . . , y
k
X
1
lapplicazione

k
f
y
k
y
1
: A X
2
`e continua.
Inoltre per ogni x A lapplicazione
X
1
X
1
X
2
(y
1
, . . . , y
k
) f
(k)
(x)(y
1
, . . . , y
k
)
`e klineare e simmetrica.
Dimostrazione. Ragioniamo per induzione su k. Se k = 2, la tesi `e gi`a stata dimostrata
nel Teorema (3.6). Consideriamo ora k 3 e supponiamo che la tesi sia vera per k 1.
Per ogni y
1
X
1
lapplicazione
f
y
1
`e la composizione dellapplicazione df con
lapplicazione lineare e continua
/(X
1
; X
2
) X
2
L Ly
1
.
Pertanto
f
y
1
`e di classe C
k1
. Per lipotesi induttiva
f
y
1
`e derivabile (k 1) volte in
ogni x A rispetto ad ogni y
2
, . . . y
k
X
1
e lapplicazione

k
f
y
k
y
1
`e continua.
Sempre per lipotesi induttiva, per ogni x A lapplicazione
_
(y
2
, . . . , y
k
) f
(k)
(x)(y
1
, y
2
, . . . , y
k
)
_
`e (k 1)lineare e simmetrica.
Essendo f di classe C
2
, si ha
f
(2)
(x)(y
1
, y
2
) = f
(2)
(x)(y
2
, y
1
)
3. DERIVATE SECONDE E DI ORDINE SUPERIORE 139
per il Teorema di Schwarz, per cui
f
(k)
(x)(y
1
, y
2
, . . . , y
k
) = f
(k)
(x)(y
2
, y
1
, . . . , y
k
) .
Ne segue la linearit`a anche in y
1
e la simmetria nel complesso di tutte le variabili
y
1
, . . . , y
k
.
(3.21) Teorema Siano X
1
uno spazio normato di dimensione nita, X
2
uno spazio
normato, A un aperto in X
1
, f : A X
2
unapplicazione, 1 k < e e
1
, . . . , e
n

una base in X
1
.
Allora sono fatti equivalenti:
(a) f `e di classe C
k
;
(b) per ogni j
1
, . . . , j
k
1, . . . , n lapplicazione f `e derivabile k volte in ogni x A
rispetto ad e
j
1
, . . . , e
j
k
e lapplicazione

k
f
e
j
k
e
j
1
: A X
2
`e continua.
Dimostrazione.
(a) = (b) Si tratta di un caso particolare del teorema precedente.
(b) = (a) Ragioniamo per induzione su k. Se k = 1, 2 la tesi `e gi`a stata dimostrata
nei Teoremi (2.9) e (3.7). Consideriamo ora k 3 e supponiamo che la tesi sia vera per
k 1. Per lipotesi induttiva si ha che per ogni i = 1, . . . , n lapplicazione
f
e
i
`e di classe
C
k1
, quindi continua. Per il Teorema (2.9) risulta allora che f `e di classe C
1
e si ha
df(x) =
n

i=1
f
e
i
(x) e
i
.
Tenuto conto che lapplicazione
X
2
/(X
1
; X
2
)
z z e
i
`e lineare e continua, quindi di classe C

, si conclude che df `e di classe C


k1
.
140 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Esercizi
1. Data la funzione f : R
2
R denita da
f(x
(1)
, x
(2)
) =
_

_
x
(1)
x
(2)
(x
(1)
)
2
(x
(2)
)
2
(x
(1)
)
2
+ (x
(2)
)
2
se (x
(1)
, x
(2)
) ,= (0, 0) ,
0 se (x
(1)
, x
(2)
) = (0, 0) ,
si calcolino D
2
x
(1)
x
(2)
f(0, 0) e D
2
x
(2)
x
(1)
f(0, 0).
2. Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
, x A, y
1
, y
2
X
1
e
f : A X
2
una funzione derivabile in ogni A sia rispetto ad y
1
che ad y
2
. Si
supponga che le funzioni
f
y
1
e
f
y
2
siano entrambe dierenziabili in x. Si dimostri che

2
f
y
2
y
1
(x) =

2
f
y
1
y
2
(x) .
3. Siano X
1
, X
2
e X
3
tre spazi normati e B : X
1
X
2
X
3
unapplicazione
bilineare e continua. Si dimostri che B `e di classe C

.
4. Siano A un aperto in uno spazio unitario X di dimensione nita e f : A R
una funzione di classe C
2
. Si dimostri che lapplicazione
f : A X
`e di classe C
1
e che
x A : d(f)(x) =
2
f(x) .
5. Sia X uno spazio normato e sia f : X R una funzione derivabile due volte in
ogni x X rispetto ad ogni y X. Si dimostri che f `e convessa se e solo se
x, y X : f

(x)(y)
2
0 .
4. LA FORMULA DI TAYLOR 141
4 La formula di Taylor
(4.1) Teorema (Formula di Taylor col resto di Lagrange) Siano X uno spazio
normato, A un aperto in X, k N, f : A R una funzione di classe C
k+1
e x A.
Sia inoltre r > 0 tale che B(x, r) A.
Allora per ogni B(x, r) esiste t ]0, 1[ tale che
f() =
k

h=0
1
h!
f
(h)
(x)( x)
h
+
1
(k + 1)!
f
(k+1)
(x +t( x))( x)
k+1
.
Dimostrazione. Sia B(x, r). Se = x, la tesi `e evidente. Altrimenti, sia
:
_

r
| x|
,
r
| x|
_
R
la funzione denita da (t) = f(x + t( x)). Si verica facilmente che `e di classe
C
k+1
. Inoltre per ogni h = 0, . . . , k + 1 si ha

(h)
(t) = f
(h)
(x +t( x))( x)
h
.
Dalla formula di Taylor in una variabile si deduce che esiste t ]0, 1[ tale che
(1) =
k

h=0
1
h!

(h)
(0) +
1
(k + 1)!

(k+1)
(t) .
Ne segue la tesi.
(4.2) Corollario (Teorema di Lagrange) Siano X uno spazio normato, A un aperto
in X, f : A R una funzione di classe C
1
e x A. Sia inoltre r > 0 tale che
B(x, r) A.
Allora per ogni B(x, r) esiste t ]0, 1[ tale che
f() = f(x) +f

(x +t( x))( x) .
Dimostrazione. Si tratta del caso particolare k = 0.
Anche la formula di Taylor col resto di Peano pu`o essere estesa agli spazi normati.
Per semplicit`a noi considereremo solo il caso k = 2.
(4.3) Teorema (Formula di Taylor col resto di Peano) Siano X uno spazio
normato, A un aperto in X, f : A R una funzione di classe C
2
e x A.
142 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Allora si ha
lim
x
f() f(x) f

(x)( x)
1
2
f

(x)( x)
2
| x|
2
= 0 .
Di conseguenza, posto

2
() =
_

_
f() f(x) f

(x)( x)
1
2
f

(x)( x)
2
| x|
2
se A x ,
0 se = x,
si ha che
2
: A R `e continua in x con
2
(x) = 0 e
A : f() = f(x) +f

(x)( x) +
1
2
f

(x)( x)
2
+| x|
2

2
() .
Dimostrazione. Sia L = d(df)(x) : X X

e sia
1
: A X

tale che
df() = df(x) +L( x) +| x|
1
() .
Poiche
f

()(y
1
) = df(), y
1
,
si verica facilmente che
f

(x)(y
1
, y
2
) = Ly
2
, y
1
.
In particolare, per ogni y X si ha
f

()(y) = f

(x)(y) +f

(x)(y, x) +| x|
1
(), y .
Applicando il Teorema di Cauchy alle funzioni
_
t f(x +t( x)) tf

(x)( x)
_
e
_
t t
2
_
, si deduce che esiste t ]0, 1[ tale che
f() f(x) f

(x)( x) =
f

(x +t( x))( x) f

(x)( x)
2t
=
=
f

(x)( x, t( x)) +|t( x)|


1
(x +t( x)), x
2t
=
=
1
2
f

(x)( x)
2
+
1
2
| x|
1
(x +t( x)), x .
Poiche
[
1
(x +t( x)), x[ |
1
(x +t( x))| | x| ,
4. LA FORMULA DI TAYLOR 143
ne segue

f() f(x) f

(x)( x)
1
2
f

(x)( x)
2
| x|
2

1
2
|
1
(x +t( x))| ,
da cui la tesi.
Esercizi
1. Sia :

,
1
2
_
R
2
lapplicazione denita da
(x) =
_
1
1 x
,
1
1 2x
_
e siano k N e x

,
1
2
_
0. Si dimostri che non esiste nessun t ]0, 1[ tale che
(x) =
k

h=0
1
h!
x
h

(h)
(0) +
1
(k + 1)!
x
k+1

(k+1)
(tx) .
2. Siano X
1
, X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
, k N, f : A X
2
unapplicazione di classe C
k+1
e x A. Sia inoltre r > 0 tale che B(x, r) A.
Si dimostri che per ogni B(x, r) esiste t ]0, 1[ tale che
_
_
_
_
_
f()
k

h=0
1
h!
f
(h)
(x)( x)
h
_
_
_
_
_
2

1
(k + 1)!
_
_
_f
(k+1)
(x +t( x))( x)
k+1
_
_
_
2
.
3. Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A un aperto in X
1
, f : A X
2
una funzione
di classe C
2
e x A.
Si dimostri che vale ancora la formula di Taylor col resto di Peano.
4. Siano X uno spazio normato e f : X R una funzione di classe C
2
tale che
x, y X : f

(x)(y)
2
|y|
2
.
Si dimostri che esistono a, b [0, +[ tali che
x X : f(x)
1
2
|x|
2
a|x| b .
144 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
5 Forme quadratiche e punti critici
(5.1) Denizione Sia X uno spazio normato. Diciamo forma quadratica ogni funzione
Q : X R del tipo
Q(y) = (y, y)
con : X X R bilineare e simmetrica.
(5.2) Teorema Siano X uno spazio normato, A un aperto in X e f : A R una
funzione di classe C
2
.
Allora per ogni x A la funzione y f

(x)(y)
2
`e una forma quadratica.
Dimostrazione. Si tratta di unovvia conseguenza del Teorema (3.6).
(5.3) Denizione Sia X uno spazio normato. Una forma quadratica Q : X R si
dice:
denita positiva, se esiste > 0 tale che
y X : Q(y) |y|
2
;
semidenita positiva, se
y X : Q(y) 0 ;
denita negativa, se esiste > 0 tale che
y X : Q(y) |y|
2
;
semidenita negativa, se
y X : Q(y) 0 ;
indenita, se esistono y
1
, y
2
X tali che
Q(y
1
) < 0 < Q(y
2
) .
(5.4) Denizione Siano X uno spazio metrico, f : X R una funzione e x X.
Diciamo che x `e
5. FORME QUADRATICHE E PUNTI CRITICI 145
un punto di minimo locale (o relativo) per f, se esiste un intorno U di x tale che
U : f() f(x) ;
un punto di massimo locale (o relativo) per f, se esiste un intorno U di x tale che
U : f() f(x) .
(5.5) Denizione Siano X uno spazio normato, A un aperto in X, x A e f : A R
una funzione dierenziabile in x.
Diciamo che x `e un punto critico (o stazionario) per f, se df(x) = 0.
(5.6) Teorema Siano X uno spazio normato, A un aperto in X, x A e f : A R
una funzione dierenziabile in x. Supponiamo che x sia un punto di minimo locale
oppure di massimo locale per f.
Allora x `e un punto critico per f.
Dimostrazione. Sia U A un intorno di x conforme alla Denizione (5.4). Per ogni
y X esiste > 0 tale che (x + ty) U per ogni t ] , [. Deniamo :] , [ R
ponendo (t) = f(x + ty). Evidentemente `e derivabile in 0 con

(0) = df(x)y e 0 `e
un punto di minimo o di massimo (assoluto) per .
Allora si ha

(0) = 0, ossia df(x)y = 0 per ogni y X, da cui la tesi.


(5.7) Teorema Siano X uno spazio normato, A un aperto in X, f : A R una
funzione di classe C
2
e x A.
Allora
se x `e un punto di minimo locale per f, la forma quadratica
_
y f

(x)(y)
2
_
`e
semidenita positiva;
se x `e un punto di massimo locale per f, la forma quadratica
_
y f

(x)(y)
2
_
`e
semidenita negativa.
Dimostrazione. Supponiamo che x sia un punto di minimo locale per f e consideriamo
un intorno U di x in A conforme alla Denizione (5.4). Per ogni y X sia :] , [R
denita come in precedenza. Allora `e di classe C
2
con

(0) = f

(x)(y)
2
ed ha in 0
un punto di minimo (assoluto). Ne segue f

(x)(y)
2
0 per ogni y X.
146 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Se x `e un punto di massimo locale, il ragionamento `e simile.
(5.8) Teorema Siano X uno spazio normato, A un aperto in X, f : A R una
funzione di classe C
2
e x A un punto critico per f.
Allora
se la forma quadratica
_
y f

(x)(y)
2
_
`e denita positiva, x `e un punto di minimo
locale per f;
se la forma quadratica
_
y f

(x)(y)
2
_
`e denita negativa, x `e un punto di massimo
locale per f.
Dimostrazione. Consideriamo il caso in cui la forma quadratica
_
y f

(x)(y)
2
_
`e
denita positiva. Sia > 0 tale che
y X : f

(x)(y)
2
|y|
2
.
Tenuto conto che x `e un punto critico per f, dalla formula di Taylor col resto di Peano
si deduce che
A : f() = f(x) +
1
2
f

(x)( x)
2
+| x|
2

2
()
con
2
: A R continua in x ed
2
(x) = 0.
Sia U un intorno di x tale che
U : [
2
()[

4
.
Allora per ogni U si ha
f() f(x) +
1
2
f

(x)( x)
2
| x|
2
[
2
()[
f(x) +

2
| x|
2


4
| x|
2
= f(x) +

4
| x|
2
f(x) .
Se la forma quadratica `e denita negativa, il ragionamento `e simile.
Esercizi
6. I TEOREMI DI INVERSIONE LOCALE E DELLE FUNZIONI IMPLICITE 147
1. Sia f : R
2
R la funzione denita da
f(x
(1)
, x
(2)
) = (x
(2)
(x
(1)
)
2
)(x
(2)
2(x
(1)
)
2
) .
Si dimostri che (0, 0) non `e ne un punto di minimo locale ne un punto di massimo locale
per f, anche se per ogni (y
(1)
, y
(2)
) R
2
la funzione (t) = f(ty
(1)
, ty
(2)
) ha un minimo
locale in 0.
2. Sia X uno spazio normato e sia f : X R una funzione convessa e dierenziabile
in ogni x X. Si dimostri che ogni punto critico per f `e un punto di minimo (assoluto)
per f.
3. Si dimostri che, fra tutti i triangoli di assegnato perimetro, quello equilatero ha
area massima.
4. Siano X uno spazio normato di dimensione nita e Q : X R una funzione.
Si dimostri che Q `e una forma quadratica se e solo se Q `e di classe C
2
e positivamente
omogenea di grado due.
5. Siano X uno spazio normato di dimensione nita e Q : X R una forma
quadratica. Si dimostri che
Q `e denita positiva se e solo se
y X 0 : Q(y) > 0 ;
Q `e denita negativa se e solo se
y X 0 : Q(y) < 0 .
6 I teoremi di inversione locale e delle funzioni implicite
(6.1) Denizione Siano X
1
e X
2
due spazi normati, A
1
un aperto in X
1
, A
2
un aperto
in X
2
e f : A
1
A
2
unapplicazione.
Diciamo che f `e un dieomorsmo, se f `e biiettiva e f e f
1
sono entrambe di
classe C
1
.
148 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
(6.2) Osservazione Se f : A
1
A
2
`e un dieomorsmo, allora le applicazioni
df(x) : X
1
X
2
e d(f
1
)(y) : X
2
X
1
sono biiettive per ogni x A
1
e per ogni
y A
2
.
Dimostrazione. Dalle identit`a (f
1
f)(x) = x e (ff
1
)(y) = y si deduce, dierenziando
membro a membro,
x A
1
: d(f
1
)(f(x)) df(x) = Id ,
y A
2
: df(f
1
(y)) d(f
1
)(y) = Id .
Ne segue la tesi.
(6.3) Teorema (di inversione locale) Siano X
1
e X
2
due spazi normati di dimen-
sione nita, A un aperto in X
1
, f : A X
2
unapplicazione di classe C
1
e x
0
A.
Supponiamo che lapplicazione lineare
df(x
0
) : X
1
X
2
sia biiettiva.
Allora esiste un intorno aperto U di x
0
in A tale che f(U) `e aperto in X
2
e
f
|U
: U f(U)
`e un dieomorsmo.
Inoltre per ogni y f(U) si ha
d(f
1
)(y) =
_
df(f
1
(y))
_
1
.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(6.4) Teorema (delle funzioni implicite o di Dini) Siano X, Y e Z tre spazi
normati di dimensione nita, A un aperto in X Y , f : A Z unapplicazione di
classe C
1
e (x, y) A. Supponiamo che f(x, y) = 0 e che lapplicazione lineare
Y Z
w df(x, y)(0, w)
sia biiettiva.
6. I TEOREMI DI INVERSIONE LOCALE E DELLE FUNZIONI IMPLICITE 149
Allora esistono un intorno aperto V di x in X, un intorno aperto W di y in Y ed
unapplicazione : V Y di classe C
1
tale che (V ) W, (x) = y e
V, W : f (, ) = 0 = () .
Inoltre si ha per ogni V e per ogni v X
df (, ()) (0, d()(v)) = df (, ()) (v, 0) .
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(6.5) Osservazione Nel caso in cui A sia un aperto in R
m
R
n
, f : A R
n
unapplicazione di classe C
1
e (x, y) A, lipotesi che lapplicazione lineare
R
n
R
n
w df(x, y)(0, w)
sia biiettiva equivale a richiedere che il minore n n
_

_
f
(1)
y
(1)
(x, y)
f
(1)
y
(n)
(x, y)
.
.
.
.
.
.
.
.
.
f
(n)
y
(1)
(x, y)
f
(n)
y
(n)
(x, y)
_

_
della matrice jacobiana di f in (x, y)
_

_
f
(1)
x
(1)
(x, y)
f
(1)
x
(m)
(x, y)
f
(1)
y
(1)
(x, y)
f
(1)
y
(n)
(x, y)
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
f
(n)
x
(1)
(x, y)
f
(n)
x
(m)
(x, y)
f
(n)
y
(1)
(x, y)
f
(n)
y
(n)
(x, y)
_

_
abbia determinante non nullo.
Esercizi
1. Si consideri lapplicazione f : R
2
R
2
denita da
f(x, y) = (e
x
cos y, e
x
sin y) .
150 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Si verichi che f `e di classe C
1
e che df(x, y) `e biiettivo per ogni (x, y) R
2
, ma che f
non `e iniettiva.
2. Siano X
1
e X
2
due spazi normati di dimensione nita, A
1
un aperto in X
1
con-
tenente 0 e f : A
1
X
2
unapplicazione di classe C
1
tale che f(0) = 0 e df(0) sia
iniettivo. Si dimostri che esiste un aperto A
2
in X
2
contenente df(0)(A
1
) ed unappli-
cazione : A
2
X
2
di classe C
1
tale che (0) = 0, d(0) = Id e f = df(0).
3. Siano X
1
e X
2
due spazi normati di dimensione nita, A un aperto in X
1
, x A
e f : A X
2
unapplicazione di classe C
1
tale che f(x) = 0 e df(x) sia suriettivo.
Si dimostri che esiste unapplicazione : A X
1
di classe C
1
tale che (x) = 0,
d(x) = Id e f = df(x) .
4. Siano X
1
e X
2
due spazi normati di dimensione nita, A un aperto in X
1
e
f : A X
2
unapplicazione di classe C
1
tale che df(x) sia suriettivo per ogni x A. Si
dimostri che per ogni aperto A limmagine f() `e aperta in X
2
.
5. Siano X
1
e X
2
due spazi normati di dimensione nita, A
1
un aperto in X
1
, A
2
un aperto in X
2
, : A
1
A
2
un dieomorsmo, x A
1
e f : A
2
R una funzione
dierenziabile in (x). Si dimostri che x `e un punto critico per f se e solo se (x) `e
un punto critico per f.
6. Siano A un aperto in uno spazio normato X di dimensione nita, f : A R una
funzione di classe C
2
e x A un punto critico per f. Si supponga che
d(df)(x) : X X

sia biiettivo. Si dimostri che esiste un intorno U di x tale che x `e lunico punto critico
di f in U.
7. Siano X
1
e X
2
due spazi normati di dimensione nita, A
1
un aperto in X
1
, A
2
un aperto in X
2
e : A
1
A
2
un dieomorsmo. Si supponga che sia di classe C
k
con 2 k . Si dimostri che
1
`e di classe C
k
.
7. SOTTOVARIET
`
A E PUNTI CRITICI VINCOLATI 151
7 Sottovariet`a e punti critici vincolati
(7.1) Denizione Siano X uno spazio normato di dimensione nita, M un sottoin-
sieme di X e 1 k .
Diciamo che M `e una sottovariet`a (senza bordo) in X di classe C
k
, se per ogni
x M esistono un intorno aperto U di x in X, m 0 ed unapplicazione g : U R
m
di classe C
k
tali che
(a) risulti
M U = U : g() = 0 ;
(b) per ogni M U lapplicazione lineare
dg() : X R
m
sia suriettiva.
(7.2) Denizione Siano X uno spazio normato di dimensione nita e M una sotto-
variet`a in X di classe C
1
.
Per ogni x M denotiamo con T
x
M linsieme degli y X tali che esiste > 0 ed
unapplicazione :] , [ X di classe C
1
tale che
t ] , [: (t) M ;
(0) = x,

(0) = y .
Il sottoinsieme T
x
M di X si chiama sottospazio tangente a M in x.
Il teorema che ora dimostriamo ci consente di caratterizzare il sottospazio tangente
in termini dellapplicazione g che compare nella denizione di sottovariet`a.
(7.3) Teorema Siano X uno spazio normato di dimensione nita, M una sottovariet`a
in X di classe C
1
e x M. Siano U un intorno aperto di x e g : U R
m
unapplicazione
di classe C
1
conforme alla Denizione (7.1).
Allora si ha
T
x
M = A (dg(x)) .
In particolare, T
x
M `e un sottospazio vettoriale di X.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
152 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
(7.4) Denizione Siano X uno spazio normato di dimensione nita e M una sotto-
variet`a in X di classe C
1
. Se la dimensione di T
x
M non dipende da x M, chiamiamo
dimensione di M la comune dimensione dei vari sottospazi tangenti a M.
In tal caso, se g : U R
m
`e conforme alla Denizione (7.1), si ha necessariamente
m = dimX dimM.
(7.5) Denizione Siano X uno spazio normato di dimensione nita, M una sotto-
variet`a in X di classe C
1
, A un aperto in X contenente M, x M e f : A R una
funzione dierenziabile in x.
Diciamo che x `e un punto critico (o stazionario) vincolato per f su M, se
T
x
M A (df(x)) .
Anche per questa nozione siamo interessati ad una caratterizzazione in termini
dellapplicazione g che compare nella denizione di sottovariet`a.
(7.6) Teorema Siano X uno spazio normato di dimensione nita, M una sottovariet`a
in X di classe C
1
, A un aperto in X contenente M, x M e f : A R una funzione
dierenziabile in x. Siano U un intorno aperto di x e g : U R
m
unapplicazione di
classe C
1
conformi alla Denizione (7.1).
Allora x `e un punto critico vincolato per f su M se e solo se esistono
1
, . . . ,
m
R
tali che
df(x) =
m

j=1

j
dg
(j)
(x) ,
dove g
(1)
, . . . , g
(m)
sono le componenti di g.
Pertanto, se X `e munito di un prodotto scalare, risulta che x `e un punto critico
vincolato per f su M se e solo se esistono
1
, . . . ,
m
R tali che
f(x) =
m

j=1

j
g
(j)
(x) .
Dimostrazione. Per il Teorema (7.3), x `e un punto critico vincolato per f su M se e solo
se
n

j=1
A
_
dg
(j)
(x)
_
= A (dg(x)) = T
x
M A (df(x)) .
La tesi segue allora dal Teorema (1.1.32).
7. SOTTOVARIET
`
A E PUNTI CRITICI VINCOLATI 153
(7.7) Teorema Siano X uno spazio normato di dimensione nita, M una sottovariet`a
in X di classe C
1
, A un aperto in X contenente M, x M e f : A R una funzione
dierenziabile in x. Supponiamo che x sia un minimo locale o un massimo locale per f
ristretta a M.
Allora x `e un punto critico vincolato per f su M.
Dimostrazione. Sia y T
x
M e sia :] , [ X conforme alla Denizione (7.2). Allora
f `e denita in un intorno di 0, derivabile in 0 e 0 `e un minimo o un massimo locale
per f . Pertanto si ha
df(x)y = df((0))(

(0)) = (f )

(0) = 0 ,
da cui la tesi.
(7.8) Corollario (Teorema dei moltiplicatori di Lagrange) Siano X uno spazio
normato di dimensione nita, M una sottovariet`a in X di classe C
1
, A un aperto in
X contenente M, x M e f : A R una funzione dierenziabile in x. Siano inoltre
U un intorno aperto di x e g : U R
m
unapplicazione di classe C
1
conformi alla
Denizione (7.1). Supponiamo che x sia un minimo locale o un massimo locale per f
ristretta a M.
Allora esistono
1
, . . . ,
m
R tali che
df(x) =
m

j=1

j
dg
(j)
(x) ,
dove g
(1)
, . . . , g
(m)
sono le componenti di g.
Inoltre, se X `e munito di un prodotto scalare, tale relazione equivale a
f(x) =
m

j=1

j
g
(j)
(x) .
Dimostrazione. Si tratta di combinare i Teoremi (7.6) e (7.7).
Esercizi
154 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
1. Sia M un sottoinsieme di uno spazio normato X di dimensione nita. Si dimostri
che M `e una sottovariet`a in X di classe C
k
se e solo se per ogni x M esistono un
intorno aperto U di x in X, n 0, un aperto in R
n
ed unapplicazione : X di
classe C
k
tali che () = M U, : M U `e un omeomorsmo e
u : d(u) `e iniettivo .
Inoltre, se (u) = x, si ha T
x
M = !(d(u)).
2. Si consideri lapplicazione : R R
2
denita da
(u) =
_
u
u
2
+ 1
,
u(u
2
1)
u
4
+ 1
_
.
Si dimostri che `e di classe C
1
, iniettiva, con

(u) ,= 0 per ogni u R, ma che (R)


non `e una sottovariet`a in R
2
.
3. Sia M una sottovariet`a connessa di classe C
1
in uno spazio normato X di di-
mensione nita. Si dimostri che la dimensione di T
x
M `e indipendente da x M.
4. Siano M una sottovariet`a di classe C
1
e dimensione n1 in uno spazio unitario
X di dimensione nita n, x M e g : U R una funzione di classe C
1
conforme alla
Denizione (7.1). Si dimostri che
y T
x
M : g(x) y = 0 .
5. Sia M una sottovariet`a di classe C
k
(2 k ) in uno spazio normato X di
dimensione nita. Si ponga
TM := (x, y) X X : x M, y T
x
M
(linsieme TM si chiama brato tangente di M).
Si dimostri che TM `e una sottovariet`a in X X di classe C
k1
. Si dimostri inoltre
che, se M ha dimensione n, allora TM ha dimensione 2n.
8. APPLICAZIONI LINEARI E SIMMETRICHE 155
8 Applicazioni lineari e simmetriche
(8.1) Teorema Siano X uno spazio unitario su R di dimensione nita con X ,= 0
e L : X X unapplicazione lineare e simmetrica.
Allora linsieme degli autovalori di L `e non vuoto, ammette minimo uguale a
min (Lx) x : x X, |x| = 1
e massimo uguale a
max (Lx) x : x X, |x| = 1 .
Dimostrazione. La funzione Q : X R denita da
Q(x) = (Lx) x
`e dierenziabile e
dQ(x)y = (Lx) y + (Ly) x = (Lx) y +y (Lx) = (2Lx) y ,
per cui Q `e di classe C
1
e Q(x) = 2Lx.
Essendo lapplicazione identica lineare e simmetrica, anche la funzione g : X R
denita da g(x) = |x|
2
1 `e di classe C
1
e g(x) = 2x. Inoltre lapplicazione lineare
dg(x) : X R
non `e identicamente nulla, quindi suriettiva per ogni x X 0. Allora
S = x X : |x| = 1 = x X : g(x) = 0
`e una sottovariet`a in X di classe C
1
. Inoltre S `e compatta, perche chiusa e limitata in
X, che ha dimensione nita.
Per il Teorema di Weierstrass, Q
|S
ammette minimo. Sia x
1
S un punto di minimo
(assoluto) per Q
|S
. Per il Teorema dei moltiplcatori di Lagrange esiste
1
R tale che
2Lx
1
= 2
1
x
1
,
ossia
Lx
1
=
1
x
1
.
Inoltre
Q(x
1
) = (Lx
1
) x
1
= (
1
x
1
) x
1
=
1
|x
1
|
2
=
1
.
156 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Pertanto
min (Lx) x : x X, |x| = 1 =
1
`e un autovalore di L.
Daltronde, se `e un autovalore di L e x ,= 0 `e un autovettore di L relativo a , si
ha
L
_
x
|x|
_
=
x
|x|
,

1
Q
_
x
|x|
_
=
_
L
_
x
|x|
__

x
|x|
=
_

x
|x|
_

x
|x|
= ,
per cui
1
`e il pi` u piccolo autovalore di L.
Il ragionamento per il massimo `e simile.
(8.2) Corollario Siano X uno spazio unitario su R di dimensione nita e L : X X
unapplicazione lineare e simmetrica. Deniamo una forma quadratica Q su X, ponendo
Q(x) = (Lx) x.
Valgono allora i seguenti fatti:
(a) Q `e denita positiva se e solo se tutti gli autovalori di L sono strettamente positivi;
(b) Q `e semidenita positiva se e solo se tutti gli autovalori di L sono maggiori o eguali
a zero;
(c) Q `e denita negativa se e solo se tutti gli autovalori di L sono strettamente negativi;
(d) Q `e semidenita negativa se e solo se tutti gli autovalori di L sono minori o eguali
a zero;
(e) Q `e indenita se e solo se L ammette un autovalore strettamente negativo ed un
autovalore strettamente positivo.
Dimostrazione. Sia S come nella dimostrazione del teorema precedente.
Se Q `e denita positiva, `e ovvio che il minimo
1
di Q
|S
`e strettamente positivo.
Per il teorema precedente tutti gli autovalori di L sono strettamente positivi.
Viceversa, se tutti gli autovalori di L sono strettamente positivi, si deduce dal
teorema precedente che il minimo
1
di Q
|S
`e strettamente positivo. Allora per ogni
x X 0 si ha
Q
_
x
|x|
_

1
,
8. APPLICAZIONI LINEARI E SIMMETRICHE 157
ossia
Q(x)
1
|x|
2
.
Poiche tale disuguaglianza `e vera anche per x = 0, la forma quadratica Q `e denita
positiva.
Le caratterizzazioni (b), (c) e (d) si possono dimostrare in maniera analoga.
Daltronde Q `e indenita se e solo se Q non `e ne semidenita positiva ne semide-
nita negativa. Per le propriet`a (b) e (d), questo equivale allesistenza di un autovalore
strettamente negativo ed uno strettamente positivo per L.
(8.3) Corollario Siano X uno spazio unitario su R di dimensione nita, A un aperto
in X, f : A R una funzione di classe C
2
e x A. Consideriamo la forma quadratica
Q denita ponendo Q(y) = f

(x)(y)
2
.
Valgono allora i seguenti fatti:
(a) Q `e denita positiva se e solo se tutti gli autovalori dellhessiano
2
f(x) sono
strettamente positivi;
(b) Q `e semidenita positiva se e solo se tutti gli autovalori dellhessiano
2
f(x) sono
maggiori o eguali a zero;
(c) Q `e denita negativa se e solo se tutti gli autovalori dellhessiano
2
f(x) sono
strettamente negativi;
(d) Q `e semidenita negativa se e solo se tutti gli autovalori dellhessiano
2
f(x) sono
minori o eguali a zero;
(e) Q `e indenita se e solo se lhessiano
2
f(x) ammette un autovalore strettamente
negativo ed un autovalore strettamente positivo.
Dimostrazione. Si tratta di un caso particolare del corollario precedente.
(8.4) Teorema Siano X uno spazio unitario su R di dimensione nita e L : X X
unapplicazione lineare e simmetrica.
Allora esiste una base ortonormale in X costituita da autovettori di L.
158 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
Dimostrazione. Ragioniamo per induzione sulla dimensione di X. Se dimX = 1, il
risultato `e ovvio. Consideriamo ora X con dimX = n 2 e supponiamo che la tesi sia
vera per gli spazi di dimensione n 1.
Siano Q e S come nella dimostrazione del Teorema (8.1). Sia e
1
un punto di minimo
di Q
|S
e sia
1
R tale che Le
1
=
1
e
1
. Evidentemente e
1
`e un autovettore di L ed
|e
1
| = 1.
Sia X
1
= te
1
: t R. Se poniamo X
2
= x X : x e
1
= 0, risulta che
X = X
1
X
2
,
per cui X
2
ha dimensione n 1. Inoltre per ogni x X
2
si ha
(Lx) e
1
= x (Le
1
) = x (
1
e
1
) =
1
(x e
1
) = 0 ,
per cui L(X
2
) X
2
. Per lipotesi induttiva applicata a
L
|X
2
: X
2
X
2
,
esiste una base ortonormale e
2
, . . . , e
n
in X
2
costituita da autovettori di L.
Allora e
1
, . . . , e
n
`e una base ortonormale in X costituita da autovettori di L.
(8.5) Corollario Sia A una matrice n n simmetrica a coecienti reali.
Allora esiste una matrice U n n ortogonale tale che la matrice
U
t
AU
sia diagonale.
Dimostrazione. La matrice A induce unapplicazione lineare e simmetrica da R
n
a valori
in R
n
, se R
n
`e munito del prodotto scalare canonico.
Per il teorema precedente esiste una base ortonormale a
1
, . . . , a
n
in R
n
costituita
da autovettori di A. Sia U la matrice ortogonale avente per colonne i vettori a
1
, . . . , a
n
.
Siano
1
, . . . ,
n
gli autovalori di A corrispondenti ad a
1
, . . . , a
n
e sia e
1
, . . . , e
n

la base canonica in R
n
. Allora si ha
U
t
AUe
j
= U
t
Aa
j
= U
t
(
j
a
j
) =
j
U
1
a
j
=
j
e
j
per ogni j = 1, . . . , n. Questo signica che la matrice U
t
AU `e diagonale.
8. APPLICAZIONI LINEARI E SIMMETRICHE 159
(8.6) Corollario Sia A una matrice mn a coecienti reali con m n.
Allora esistono una matrice U
1
n n ortogonale, una matrice D n n diagonale
con autovalori positivi ed una matrice U
2
mn con U
t
2
U
2
= Id tali che
A = U
2
DU
1
.
Dimostrazione. La matrice nn A
t
A `e evidentemente simmetrica. Per il Teorema (8.4)
esiste una base ortonormale a
1
, . . . , a
n
in R
n
costituita da autovettori di A
t
A. Siano

1
, . . . ,
n
gli autovalori corrispondenti.
A meno di riordinare gli indici, si pu`o supporre che esista h tale che Aa
j
,= 0 per
1 j h ed Aa
j
= 0 per h + 1 j n. Osserviamo che per i ,= j si ha
(Aa
i
) (Aa
j
) = a
i

_
A
t
Aa
j
_
= a
i
(
j
a
j
) =
j
(a
i
a
j
) = 0 ,
per cui
_
Aa
1
|Aa
1
|
, . . . ,
Aa
h
|Aa
h
|
_
`e un sistema ortonormale in R
m
. Esso pu`o essere completato in modo da ottenere una
base ortonormale
_
Aa
1
|Aa
1
|
, . . . ,
Aa
h
|Aa
h
|
,
h+1
, . . . ,
m
_
in R
m
.
Sia U
1
la matrice n n ortogonale che ha per righe i vettori a
1
, . . . , a
n
, ossia tale
che
U
1
a
j
= e
j
1 j n,
sia D la matrice n n diagonale tale che
De
j
= |Aa
j
|e
j
1 j n
e sia U
2
la matrice mn che ha per colonne i vettori
Aa
1
|Aa
1
|
, . . . ,
Aa
h
|Aa
h
|
,
h+1
, . . . ,
n
,
ossia tale che
_

_
U
2
e
j
=
Aa
j
|Aa
j
|
1 j h,
U
2
e
j
=
j
h + 1 j n.
Allora si verica facilmente che U
t
2
U
2
= Id e che
A = U
2
DU
1
,
160 CAPITOLO 2. CALCOLO DIFFERENZIALE
da cui la tesi.
(8.7) Corollario Sia A una matrice m n a coecienti reali con m n. Allora
lapplicazione lineare corrispondente R
n
R
m
`e iniettiva se e solo se det(A
t
A) ,= 0.
Dimostrazione. Sia A = U
2
DU
1
con U
1
, D ed U
2
come nel corollario precedente. Essendo
ortogonale, U
1
induce unapplicazione biiettiva. Poiche per ogni x R
n
si ha
[U
2
x[
2
= x
t
U
t
2
U
2
x = x
t
x = [x[
2
,
U
2
induce unapplicazione iniettiva. Pertanto A induce unapplicazione iniettiva se e
solo se det D ,= 0.
Risulta
det(A
t
A) = det
_
U
t
1
DU
t
2
U
2
DU
1
_
= det
_
U
t
1
DDU
1
_
= (det D)
2
,
da cui la tesi.
Esercizi
1. Siano X uno spazio unitario di dimensione nita e L : X X unapplicazione
lineare e simmetrica. Si dimostri che
|L| = max [[ : `e un autovalore di L .
2. Sia A una matrice mn a coecienti reali con m n. Si dimostri che esistono
una matrice U
1
m n con U
1
U
t
1
= Id, una matrice D m m diagonale con autovalori
positivi ed una matrice U
2
mm ortogonale tali che
A = U
2
DU
1
.
8. APPLICAZIONI LINEARI E SIMMETRICHE 161
3. Sia A una matrice m n a coecienti reali con m n. Si dimostri che lap-
plicazione lineare corrispondente R
n
R
m
`e suriettiva se e solo se det(AA
t
) ,= 0.
4. Sia A una matrice nn a coecienti reali. Si dimostri che esistono una matrice
n n ortogonale U e due matrici n n simmetriche e semidenite positive S
1
e S
2
tali
che
A = S
1
U = US
2
.
5. Siano X uno spazio unitario di dimensione nita e L : X X unapplicazione li-
neare e simmetrica. Sia e
1
, . . . , e
n
una base ortonormale in X costituita da autovettori
di L e siano
1
, . . . ,
n
gli autovalori corrispondenti.
Per ogni funzione f :
1
, . . . ,
n
R sia f(L) : X X lapplicazione lineare e
simmetrica tale che
j = 1, . . . n : (f(L))e
j
= f(
j
)e
j
.
Si dimostri che
(a) la denizione di f(L) non dipende dalla scelta della base e
1
, . . . , e
n
;
(b) se f, g :
1
, . . . ,
n
R sono due funzioni, si ha
(f +g)(L) = f(L) +g(L) ,
(fg)(L) = f(L) g(L) ;
(c) se f(x) = 0 e g(x) = 1 per ogni x
1
, . . . ,
n
, si ha
f(L) = 0 ,
f(L) = Id ;
(d) se f(x) = x per ogni x
1
, . . . ,
n
, si ha
f(L) = L.
Capitolo 3
Equazioni dierenziali ordinarie
lineari
1 Equazioni del primo ordine vettoriali
(1.1) Denizione Siano E R, u : E K
n
una funzione e x E un punto di
accumulazione per E.
Diciamo che u `e derivabile in x, se ogni componente u
(1)
, . . . , u
(n)
`e derivabile in x.
In tal caso poniamo
u

(x) :=
_
u
(1)
(x), . . . , u
(n)
(x)
_
.
(1.2) Denizione Siano J un intervallo non vuoto in R ed A : J /(K
n
; K
n
),
B : J K
n
due applicazioni continue.
Diciamo che u : J K
n
`e una soluzione dellequazione dierenziale
u

= A(t)u +B(t) ,
se u `e derivabile e soddisfa u

(t) = A(t)u(t) +B(t) per ogni t J.


Se poi (t
0
, u
0
) J K
n
, diciamo che u `e una soluzione del problema di Cauchy
_
u

= A(t)u +B(t)
u(t
0
) = u
0
se si ha anche u(t
0
) = u
0
.
Le equazioni dierenziali del tipo
u

= A(t)u +B(t)
si dicono lineari del primo ordine. Se B = 0, lequazione dierenziale si dice omogenea.
162
1. EQUAZIONI DEL PRIMO ORDINE VETTORIALI 163
Nel seguito di questa sezione, supporremo che siano dati un intervallo non vuoto J
in R e due applicazioni continue A : J /(K
n
; K
n
) e B : J K
n
.
(1.3) Teorema Per ogni (t
0
, u
0
) J K
n
esiste una ed una sola soluzione u : J K
n
del problema di Cauchy
_
u

= A(t)u +B(t) ,
u(t
0
) = u
0
.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(1.4) Teorema Linsieme delle soluzioni u : J K
n
dellequazione dierenziale
omogenea
(1.5) u

= A(t)u
costituisce uno spazio vettoriale su K di dimensione n.
Pertanto, se u
1
, . . . , u
n
`e una base in tale spazio, ogni soluzione u : J K
n
della (1.5) `e data dalla formula
u(t) =
n

j=1

(j)
u
j
(t)
con
(1)
, . . . ,
(n)
K.
Dimostrazione. Sia o linsieme delle soluzioni u : J K
n
della (1.5). Se u, v o,
(u +v) `e derivabile e si ha
(u +v)

= A(t)u +A(t)v = A(t)(u +v) ,


per cui (u + v) o. In maniera simile si prova che, se K e u o, allora u o.
Pertanto o `e uno spazio vettoriale su K.
Fissato t
0
J, deniamo unapplicazione : o K
n
ponendo (u) = u(t
0
).
Evidentemente `e lineare. Inoltre, il fatto che per ogni u
0
K
n
il problema di Cauchy
_
u

= A(t)u
u(t
0
) = u
0
abbia una ed una sola soluzione u : J K
n
si traduce nel fatto che `e biiettiva.
Pertanto o ha la stessa dimensione di K
n
.
164 CAPITOLO 3. EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE LINEARI
(1.6) Denizione Siano u
1
, . . . , u
n
: J K
n
delle applicazioni e sia t J. Denotia-
mo con W(t) la matrice n n che ha per colonne u
1
(t), . . . , u
n
(t). Diciamo che W(t) `e
la matrice wronskiana, associata ad u
1
, . . . , u
n
.
(1.7) Teorema Siano u
1
, . . . , u
n
: J K
n
delle soluzioni dellequazione dierenziale
omogenea
u

= A(t)u.
Allora sono fatti equivalenti:
(a) per ogni t J la matrice wronskiana W(t) `e invertibile;
(b) esiste t
0
J tale che la matrice wronskiana W(t
0
) sia invertibile;
(c) le applicazioni u
1
, . . . , u
n
sono linearmente indipendenti.
Dimostrazione.
(a) = (b) Ovvio.
(b) = (c) Siano
(1)
, . . . ,
(n)
K tali che
t J :
n

j=1

(j)
u
j
(t) = 0 .
In particolare si ha
0 =
n

j=1

(j)
u
j
(t
0
) = W(t
0
)
_
_
n

j=1

(j)
e
j
_
_
.
Essendo W(t
0
) invertibile, risulta
(1)
= =
(n)
= 0.
(c) = (a) Fissato t
0
J, `e suciente dimostrare che W(t
0
) `e iniettivo. Siano

(1)
, . . . ,
(n)
K
tali che
W(t
0
)
_
_
n

j=1

(j)
e
j
_
_
=
n

j=1

(j)
u
j
(t
0
) = 0 .
Se poniamo
v =
n

j=1

(j)
u
j
,
si ha che v `e una soluzione del problema di Cauchy
_
v

= A(t)v ,
v(t
0
) = 0 .
1. EQUAZIONI DEL PRIMO ORDINE VETTORIALI 165
Per lunicit`a della soluzione, deve essere v = 0, ossia
n

j=1

(j)
u
j
= 0 .
Essendo u
1
, . . . , u
n
linearmente indipendenti, ne segue
(1)
= =
(n)
= 0.
(1.8) Teorema Sia v : J K
n
una soluzione dellequazione dierenziale
u

= A(t)u +B(t)
e sia u
1
, . . . , u
n
una base nellinsieme delle soluzioni dellequazione dierenziale omo-
genea associata
u

= A(t)u.
Allora ogni soluzione u : J K
n
dellequazione dierenziale
u

= A(t)u +B(t)
`e data dalla formula
u(t) = v(t) +
n

j=1

(j)
u
j
(t)
con
(1)
, . . . ,
(n)
K.
Dimostrazione. Se
u = v +
n

j=1

(j)
u
j
,
si ha
u

= v

+
n

j=1

(j)
u

j
=
= A(t)v +B(t) +
n

j=1

(j)
A(t)u
j
=
= A(t)
_
_
v +
n

j=1

(j)
u
j
_
_
+B(t) = A(t)u +B(t) .
Se viceversa u : J K
n
`e una soluzione dellequazione dierenziale
u

= A(t)u +B(t) ,
si ha
(u v)

= A(t)u +B(t) A(t)v B(t) = A(t)(u v) ,


166 CAPITOLO 3. EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE LINEARI
per cui (u v) risolve lequazione dierenziale omogenea associata. Conformemente al
Teorema (1.4), esistono
(1)
, . . . ,
(n)
K tali che
u(t) v(t) =
n

j=1

(j)
u
j
(t) ,
da cui la tesi.
(1.9) Teorema (Metodo della variazione delle costanti) Sia u
1
, . . . , u
n
una
base nellinsieme delle soluzioni dellequazione dierenziale omogenea
u

= A(t)u
e sia W la matrice wronskiana.
Allora ogni soluzione u : J K
n
dellequazione dierenziale
u

= A(t)u +B(t)
`e data dalla formula
u(t) =
n

j=1
c
(j)
(t)u
j
(t) ,
con c : J K
n
derivabile tale che
t J : W(t)c

(t) = B(t) .
Dimostrazione. Sia c : J K
n
derivabile tale che W(t)c

(t) = B(t) e sia


u(t) =
n

j=1
c
(j)
(t)u
j
(t) .
Allora
u

=
n

j=1
c
(j)
u

j
+
n

j=1
(c
(j)
)

u
j
=
= A(t)
_
_
n

j=1
c
(j)
u
j
_
_
+W(t)
_
_
n

j=1
(c
(j)
)

e
j
_
_
=
= A(t)u +B(t) .
Viceversa, sia u una soluzione dellequazione dierenziale
u

= A(t)u +B(t) .
1. EQUAZIONI DEL PRIMO ORDINE VETTORIALI 167
Per il Teorema (1.7) esiste unapplicazione derivabile c : J K
n
tale che
W(t) c

(t) = B(t) .
Per il ragionamento precedente lapplicazione
n

j=1
c
(j)
(t)u
j
(t)
risolve lequazione
u

= A(t)u +B(t) .
Allora per il Teorema (1.8) esistono
(1)
, . . . ,
(n)
K tali che
u(t) =
n

j=1
_
c
(j)
(t) +
(j)
_
u
j
(t) .
Evidentemente c
(j)
(t) = c
(j)
(t) +
(j)
`e derivabile e risolve W(t)c

(t) = B(t).
Esercizi
1. Siano A, B : J K due funzioni continue e sia t
0
J. Si dimostri che ogni
soluzione u : J K dellequazione dierenziale
u

= A(t)u +B(t)
`e data dalla formula
u(t) = exp(/(t)) + exp(/(t))
_
t
t
0
exp(/()) B() d ( K)
dove / : J K `e una primitiva di A.
2. Siano A, B : R K due funzioni continue e periodiche di periodo T > 0. Si
supponga che
_
T
0
A(t) dt ,= 0. Si dimostri che lequazione dierenziale
u

= A(t)u +B(t)
ammette una ed una sola soluzione u : R K periodica di periodo T.
168 CAPITOLO 3. EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE LINEARI
2 Equazioni di ordine n scalari
In questa sezione consideriamo equazioni dierenziali della forma
D
n
u =
n1

j=0
a
j
(t)D
j
u +b(t) .
Supponiamo che J sia un intervallo in R e che a
0
, . . . , a
n1
, b : J K siano delle funzioni
continue. Lincognita `e la funzione u : J K derivabile n volte.
(2.1) Proposizione Poniamo
A(t) =
_

_
0 1 0 0


0 0 1
a
0
(t) a
n1
(t)
_

_
,
B(t) =
_

_
0

0
b(t)
_

_
.
Valgono allora i seguenti fatti:
(a) le applicazioni A : J /(K
n
; K
n
) e B : J K
n
sono continue;
(b) se u : J K `e una soluzione dellequazione dierenziale
D
n
u =
n1

j=0
a
j
(t)D
j
u +b(t) ,
allora lapplicazione v : J K
n
denita da
v(t) =
_

_
u(t)
Du(t)

D
n1
u(t)
_

_
risolve lequazione dierenziale
v

= A(t)v +B(t) ;
2. EQUAZIONI DI ORDINE N SCALARI 169
(c) se v : J K
n
`e una soluzione dellequazione dierenziale
v

= A(t)v +B(t) ,
allora la prima componente v
(1)
risolve lequazione dierenziale
D
n
u =
n1

j=0
a
j
(t)D
j
u +b(t) ;
(d) se u
1
, . . . , u
n
: J K sono delle funzioni derivabili (n1) volte, si ha che u
1
, . . . , u
n
sono linearmente indipendenti se e solo se le applicazioni a valori in K
n
_

_
u
1
(t)
Du
1
(t)

D
n1
u
1
(t)
_

_
, . . . ,
_

_
u
n
(t)
Du
n
(t)

D
n1
u
n
(t)
_

_
sono linearmente indipendenti.
Dimostrazione.
(a) Ovvio.
(b) Lapplicazione v `e derivabile, perche tutte le componenti sono derivabili. Si verica
poi facilmente che
v

= A(t)v +B(t) .
(c) Si ha
_

_
(v
(1)
)

= v
(2)
(v
(2)
)

= v
(3)

(v
(n1)
)

= v
(n)
(v
(n)
)

=
n1

j=0
a
j
(t)v
(j+1)
+b(t)
Allora v
(n1)
`e derivabile due volte, v
(n2)
`e derivabile tre volte e cos` via. Alla ne v
(1)
`e derivabile n volte, D
j
v
(1)
= v
(j+1)
per 0 j n1 e D
n
v
(1)
= (v
(n)
)

. Tenendo conto
dellultima equazione del sistema, si deduce che
D
n
v
(1)
=
n1

j=0
a
j
(t)D
j
v
(1)
+b(t) .
170 CAPITOLO 3. EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE LINEARI
(d) Supponiamo che u
1
, . . . , u
n
siano linearmente indipendenti e consideriamo

(1)
, . . . ,
(n)
K
tali che
n

j=1

(j)
_

_
u
j
(t)
Du
j
(t)

D
n1
u
j
(t)
_

_
=
_

_
0
0

0
_

_
.
Allora si ha in particolare
n

j=1

(j)
u
j
= 0 ,
per cui
(1)
= =
(n)
= 0.
Viceversa, supponiamo che
_

_
u
1
(t)
Du
1
(t)

D
n1
u
1
(t)
_

_
, . . . ,
_

_
u
n
(t)
Du
n
(t)

D
n1
u
n
(t)
_

_
siano linearmente indipendenti e consideriamo
(1)
, . . . ,
(n)
K tali che
n

j=1

(j)
u
j
= 0 .
Allora, derivando ripetutamente, si ottiene
n

j=1

(j)
Du
j
= 0

n

j=1

(j)
D
n1
u
j
= 0
ossia
n

j=1

(j)
_

_
u
j
(t)
Du
j
(t)

D
n1
u
j
(t)
_

_
=
_

_
0
0

0
_

_
.
2. EQUAZIONI DI ORDINE N SCALARI 171
Ne segue che
(1)
= =
(n)
= 0.
(2.2) Teorema Per ogni t
0
J e per ogni
_
u
0
, u
(1)
0
, . . . , u
(n1)
0
_
K
n
esiste una ed
una sola u : J K che risolve il problema di Cauchy
_

_
D
n
u =
n1

j=0
a
j
(t)D
j
u +b(t)
u(t
0
) = u
0
Du(t
0
) = u
(1)
0

D
n1
u(t
0
) = u
(n1)
0
Dimostrazione. Si tratta di combinare la Proposizione (2.1) col Teorema (1.3).
(2.3) Teorema Linsieme delle soluzioni u : J K dellequazione dierenziale omo-
genea
(2.4) D
n
u =
n1

j=0
a
j
(t)D
j
u
costituisce uno spazio vettoriale su K di dimensione n.
Pertanto, se u
1
, . . . , u
n
`e una base in tale spazio, ogni soluzione u : J K
della (2.4) `e data dalla formula
u(t) =
n

j=1

(j)
u
j
(t)
con
(1)
, . . . ,
(n)
K.
Dimostrazione. Si tratta di combinare la Proposizione (2.1) col Teorema (1.4).
(2.5) Denizione Siano u
1
, . . . , u
n
: J K delle funzioni derivabili (n 1) volte e
sia t J. Si chiama matrice wronskiana la matrice n n
W(t) =
_

_
u
1
(t) u
n
(t)
Du
1
(t) Du
n
(t)


D
n1
u
1
(t) D
n1
u
n
(t)
_

_
172 CAPITOLO 3. EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE LINEARI
(2.6) Teorema Siano u
1
, . . . , u
n
: J K delle soluzioni dellequazione dierenziale
omogenea
D
n
u =
n1

j=0
a
j
(t)D
j
u.
Allora sono fatti equivalenti:
(a) per ogni t J la matrice wronskiana W(t) `e invertibile;
(b) esiste t
0
J tale che la matrice wronskiana W(t
0
) sia invertibile;
(c) le funzioni u
1
, . . . , u
n
sono linearmente indipendenti.
Dimostrazione. Si tratta di combinare la Proposizione (2.1) col Teorema (1.7).
(2.7) Teorema Sia v : J K una soluzione dellequazione dierenziale
D
n
u =
n1

j=0
a
j
(t)D
j
u +b(t)
e sia u
1
, . . . , u
n
una base nellinsieme delle soluzioni dellequazione dierenziale omo-
genea associata
D
n
u =
n1

j=0
a
j
(t)D
j
u.
Allora ogni soluzione u : J K dellequazione dierenziale
D
n
u =
n1

j=0
a
j
(t)D
j
u +b(t)
`e data dalla formula
u(t) = v(t) +
n

j=1

(j)
u
j
(t)
con
(1)
, . . . ,
(n)
K.
Dimostrazione. Si tratta di combinare la Proposizione (2.1) col Teorema (1.8).
(2.8) Teorema (Metodo della variazione delle costanti) Sia u
1
, . . . , u
n
una
base nellinsieme delle soluzioni dellequazione dierenziale omogenea
D
n
u =
n1

j=0
a
j
(t)D
j
u.
2. EQUAZIONI DI ORDINE N SCALARI 173
Allora ogni soluzione u dellequazione dierenziale
D
n
u =
n1

j=0
a
j
(t)D
j
u +b(t)
`e data dalla formula
u(t) =
n

j=1
c
(j)
(t)u
j
(t) ,
con c : J K
n
derivabile tale che
t J :
_

_
u
1
(t) u
n
(t)
Du
1
(t) Du
n
(t)


D
n1
u
1
(t) D
n1
u
n
(t)
_

_
_

_
_
c
(1)
_

(t)

_
c
(n)
_

(t)
_

_
=
_

_
0

0
b(t)
_

_
Dimostrazione. Si tratta di combinare la Proposizione (2.1) col Teorema (1.9).
Esercizi
1. Siano a
0
, a
1
: [, ] K due funzioni continue. Si dimostri che uno ed uno solo
dei fatti seguenti `e vericato:
(a) il problema
_

_
u

= a
0
(t)u +a
1
(t)u

u() = 0
u() = 0
ammette una soluzione u : [, ] K non identicamente nulla;
(b) per ogni funzione continua b : [, ] K il problema
_

_
u

= a
0
(t)u +a
1
(t)u

+b(t)
u() = 0
u() = 0
ammette una ed una sola soluzione u : [, ] K.
174 CAPITOLO 3. EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE LINEARI
2. Siano a
0
, a
1
: R K due funzioni continue. Si dimostri che per ogni R esiste
> 0 tale che, se < +, il problema
_

_
u

= a
0
(t)u +a
1
(t)u

u() = 0
u() = 0
ammette solo la soluzione identicamente nulla.
3 Il caso a coecienti costanti
In questa sezione consideriamo equazioni lineari di ordine n a coecienti costanti, ossia
del tipo
D
n
u =
n1

j=0
a
j
D
j
u +b(t) ,
dove a
0
, . . . , a
n1
K e b : J K `e una funzione continua.
Come vedremo, in questo caso `e possibile descrivere un procedimento algebrico per
determinare una base nellinsieme delle soluzioni u : R K dellequazione omogenea
associata
D
n
u =
n1

j=0
a
j
D
j
u.
(3.1) Teorema Siano a
0
, . . . , a
n1
C e sia
z
n

n1

j=0
a
j
z
j
= (z
1
)
m
1
(z
k
)
m
k
con
1
, . . . ,
k
C distinti e m
1
, . . . , m
k
1.
Allora una base nellinsieme delle soluzioni u : R C dellequazione dierenziale
omogenea
D
n
u =
n1

j=0
a
j
D
j
u
`e costituita dalle funzioni
exp(
1
t), . . . , t
m
1
1
exp(
1
t), . . . , exp(
k
t), . . . , t
m
k
1
exp(
k
t) .
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
3. IL CASO A COEFFICIENTI COSTANTI 175
(3.2) Corollario Siano a
0
, . . . , a
n1
R e sia
z
n

n1

j=0
a
j
z
j
=
= (z
1
)
m
1
(z
h
)
m
h
(z
h+1
i
h+1
)
m
h+1
(z
h+1
+i
h+1
)
m
h+1
(z
k
i
k
)
m
k
(z
k
+i
k
)
m
k
con

1
, . . . ,
h
,
h+1
+i
h+1
,
h+1
i
h+1
, ,
k
+i
k
,
k
i
k
C
distinti (
j
,
j
,
j
R) e m
1
, . . . , m
k
1.
Allora una base nellinsieme delle soluzioni u : R K dellequazione dierenziale
omogenea
D
n
u =
n1

j=0
a
j
D
j
u
`e costituita dalle funzioni
exp(
1
t), . . . , t
m
1
1
exp(
1
t), . . . , exp(
h
t), . . . , t
m
h
1
exp(
h
t),
exp(
h+1
t) cos(
h+1
t), exp(
h+1
t) sin(
h+1
t), , t
m
h+1
1
exp(
h+1
t) cos(
h+1
t),
t
m
h+1
1
exp(
h+1
t) sin(
h+1
t), , exp(
k
t) cos(
k
t),
exp(
k
t) sin(
k
t), , t
m
k
1
exp(
k
t) cos(
k
t), t
m
k
1
exp(
k
t) sin(
k
t) .
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
Esercizi
1. Siano a
0
R 0, a
1
R e b : R R una funzione continua e periodica di
periodo T > 0. Si supponga che a
0
> 0 o che a
1
,= 0.
Si dimostri che lequazione dierenziale
u

= a
0
u +a
1
u

+b(t)
176 CAPITOLO 3. EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE LINEARI
ammette una ed una sola soluzione u : R R periodica di periodo T.
2. Si dimostri che lequazione dierenziale
u

= u + sin t
non ammette soluzioni periodiche.
3. Sia a
1
R. Si dimostri che lequazione dierenziale
u

= a
1
u

+ 1 + sin t
non ammette soluzioni periodiche.
4. Si dica per quali R il problema
_

_
u

= u
u(0) = 0
u() = 0
ammette soluzioni u : [0, ] R non identicamente nulle.
Capitolo 4
Teoria della misura
1 La misura di Hausdor
Nel corso di questo capitolo faremo largo uso dellinsieme R = R , +.
Se (x
h
) `e una successione in R, si verica facilmente che
limsup
h
x
h
= inf
kN
_
sup
hk
x
h
_
,
liminf
h
x
h
= sup
kN
_
inf
hk
x
h
_
.
Conformemente alla teoria dei limiti, ricordiamo che
x ] , +] : x + (+) = (+) +x = +,
x [, +[: x + () = () +x = ,
x ]0, +] : x (+) = (+) x = +,
x [, 0[: x (+) = (+) x = ,
x ]0, +] : x () = () x = ,
x [, 0[: x () = () x = +,
[ [ = [ +[ = +.
Nella teoria della misura `e conveniente porre anche
(+) 0 = 0 (+) = 0 ,
() 0 = 0 () = 0 ,
mentre non vengono denite le espressioni (+) + () e () + (+).
177
178 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
Si verica facilmente che le propriet`a associativa e commutativa di somma e prodotto
e la propriet`a distributiva del prodotto rispetto alla somma continuano a valere dopo
tali estensioni.
(1.1) Proposizione Per ogni n 1 si ha
0 < sup
>0
_
inf
_

h=0
(diam(E
h
))
n
: [0, 1]
n
=

_
h=0
E
h
, diam(E
h
) <
__
< +.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(1.2) Denizione Per ogni m 1 e per ogni sottoinsieme E di R
n
poniamo
1
m
(E) :=
m
sup
>0
_
inf
_

h=0
(diam(E
h
))
m
: E =

_
h=0
E
h
, diam(E
h
) <
__
,
dove

m
:=
_
sup
>0
_
inf
_

h=0
(diam(E
h
))
m
: [0, 1]
m
=

_
h=0
E
h
, diam(E
h
) <
___
1
.
La funzione 1
m
: P(R
n
) [0, +] si chiama misura esterna di Hausdor mdimen-
sionale.
Per ogni > 0, poniamo anche
1
m

(E) :=
m
inf
_

h=0
(diam(E
h
))
m
: E =

_
h=0
E
h
, diam(E
h
) <
_
.
Essendo la funzione 1
m

(E) decrescente, si ha
1
m
(E) = sup
>0
1
m

(E) = lim
0
1
m

(E) .
(1.3) Teorema Per ogni m 1 valgono i seguenti fatti:
(a) 1
m
() = 0;
(b) se E F R
n
, si ha 1
m
(E) 1
m
(F);
(c) se (E
h
) `e una successione di sottoinsiemi di R
n
, si ha
1
m
_

_
h=0
E
h
_

h=0
1
m
(E
h
) .
1. LA MISURA DI HAUSDORFF 179
Dimostrazione. Evidentemente 1
m
() = 0. Sia ora E F R
n
. Dato > 0, sia
F =

h=0
F
h
con diam(F
h
) < . Posto E
h
= F
h
E, risulta E =

h=0
E
h
con diam(E
h
) <
ed E
h
F
h
. Ne segue
1
m

(E)
m

h=0
(diam(E
h
))
m

m

h=0
(diam(F
h
))
m
,
da cui 1
m

(E) 1
m

(F), quindi 1
m
(E) 1
m
(F).
Sia inne (E
h
) una successione di sottoinsiemi di R
n
. Consideriamo , > 0. Per
ogni h N esiste una successione (F
h,j
) di insiemi tali che E
h
=

j=0
F
h,j
, diam(F
h,j
) <
e

j=0
(diam(F
h,j
))
m
1
m

(E
h
) +2
h1
1
m
(E
h
) +2
h1
.
Allora

_
h=0
E
h
=

_
h=0

_
j=0
F
h,j
e
1
m

_

_
h=0
E
h
_

m

h=0

j=0
(diam(F
h,j
))
m

h=0
_
1
m
(E
h
) +2
h1
_
=

h=0
1
m
(E
h
) + .
Per larbitrariet`a di , si ha
1
m

_

_
h=0
E
h
_

h=0
1
m
(E
h
)
da cui la tesi.
(1.4) Teorema Per ogni m 1 valgono i seguenti fatti:
(a) se E e F sono due sottoinsiemi non vuoti di R
n
tali che
inf[x y[ : x E, y F > 0 ,
risulta 1
m
(E F) = 1
m
(E) +1
m
(F);
(b) per ogni E R
n
esiste una successione (A
h
) di aperti in R
n
tale che E

hN
A
h
e
1
m
(E) = 1
m
_

hN
A
h
_
.
180 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
Dimostrazione.
(a) Per il teorema precedente `e suciente dimostrare che
1
m
(E F) 1
m
(E) +1
m
(F) .
Sia
= inf[x y[ : x E, y F
e sia 0 < . Dato > 0, esiste una successione (E
h
) di insiemi tali che
E F =

_
h=0
E
h
,
diam(E
h
) < e

h=0
(diam(E
h
))
m
1
m

(E F) + .
Se poniamo E

h
= E
h
E ed E

h
= E
h
F, per ogni h N si ha E

h
= oppure E

h
= .
Ne segue

h=0
(diam
_
E

h
_
)
m
+

h=0
(diam
_
E

h
_
)
m
=

h=0
(diam(E
h
))
m
.
Inoltre E =

h=0
E

h
, F =

h=0
E

h
, diam(E

h
) < e diam(E

h
) < , per cui
1
m

(E) +1
m

(F)
m

h=0
(diam
_
E

h
_
)
m
+
m

h=0
(diam
_
E

h
_
)
m
=
=
m

h=0
(diam(E
h
))
m
1
m

(E F) + .
Per larbitrariet`a di si ottiene 1
m

(E) +1
m

(F) 1
m

(E F), quindi la (a), passando


al limite per 0.
(b) Omettiamo la dimostrazione.
(1.5) Teorema Per ogni m 1 valgono i seguenti fatti:
(a) se E R
k
e f : E R
n
`e unapplicazione lipschitziana di costante c, si ha
1
m
(f(E)) c
m
1
m
(E) ;
(b) se E R
k
e f : E R
n
`e unisometria, si ha
1
m
(f(E)) = 1
m
(E) ;
1. LA MISURA DI HAUSDORFF 181
(c) se f : R
n
R
n
`e del tipo f(x) = x con R, si ha
E R
n
: 1
m
(f(E)) = [[
m
1
m
(E) ;
(d) se m > n, si ha
1
m
(R
n
) = 0 .
Dimostrazione.
(a) Se c = 0, f `e costante, per cui 1
m
(f(E)) = 0. Supponiamo quindi c > 0.
Siano , > 0 e sia E =

h=0
E
h
con diam(E
h
) < /c e

h=0
(diam(E
h
))
m
1
m
/c
(E) + 1
m
(E) + .
Allora f(E) =

h=0
f(E
h
), diam(f(E
h
)) < e
1
m

(f(E))
m

h=0
(diam(f(E
h
)))
m
c
m

h=0
(diam(E
h
))
m

c
m
1
m
(E) +c
m
.
Per larbitrariet`a di si ha 1
m

(f(E)) c
m
1
m
(E), da cui la tesi.
(b) Essendo f lipschitziana di costante 1, si ha
1
m
(f(E)) 1
m
(E) .
Daltra parte anche f
1
: f(E) E `e lipschitziana di costante 1, per cui
1
m
(E) = 1
m
(f
1
(f(E))) 1
m
(f(E)) .
(c) Essendo f lipschitziana di costante [[, si ha
1
m
(f(E)) [[
m
1
m
(E) .
Se = 0, vale necessariamente luguaglianza. Altrimenti f
1
`e lipschitziana di costante
[[
1
, per cui
1
m
(E) = 1
m
(f
1
(f(E))) [[
m
1
m
(f(E)) .
(d) Consideriamo [h, h]
n
con h N. Suddividiamo ogni lato [h, h] in k parti uguali,
ottenendo [h, h]
n
=
k
n

j=1
I
j
con diam(I
j
) = 2h

n/k. Dato > 0, sia k tale che


2h

n/k < . Allora si ha


1
m

([h, h]
n
)
m
k
n

j=1
_
2h

n
k
_
m
=
m
(2h

n)
m
k
mn
.
182 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
Passando al limite per k , segue 1
m

([h, h]
n
) = 0, quindi 1
m
([h, h]
n
) = 0.
Risulta inne
1
m
(R
n
)

h=0
1
m
([h, h]
n
) = 0 ,
per cui anche la (d) `e dimostrata.
(1.6) Denizione Per ogni sottoinsieme E di R
n
poniamo /
n
(E) := 1
n
(E). La
funzione /
n
: P(R
n
) [0, +] si chiama misura esterna di Lebesgue (e coincide, per
denizione, con la misura esterna di Hausdor ndimensionale).
Esercizi
1. Sia E uno dei seguenti sottoinsiemi di R
3
:
_
(x, y, z) : x
2
+y
2
+z
2
= 1
_
,
_
(x, y, z) : z = x
2
+y
2
, z < M
_
(M > 0) ,
_
(x, y, z) : x
2
+y
2
= z
2
+ 1, [z[ < M
_
(M > 0) ,
_
(x, y, z) : x
2
+y
2
= z
2
1, [z[ < M
_
(M > 0) .
Si dimostri che in ciascun caso 1
2
(E) < +.
2. Sia E un sottoinsieme di R
n
e siano 1 k < m. Supponiamo che E =

hN
E
h
e
che 1
k
(E
h
) < + per ogni h N. Si dimostri che 1
m
(E) = 0.
2 Misure esterne
(2.1) Denizione Diciamo che una funzione : P(R
n
) [0, +] `e una misura
esterna su R
n
, se valgono i seguenti fatti:
(a) () = 0;
(b) se E F R
n
, si ha (E) (F);
2. MISURE ESTERNE 183
(c) se (E
h
) `e una successione di sottoinsiemi di R
n
, si ha

_

_
h=0
E
h
_

h=0
(E
h
) .
Combinando la (a) e la (c), si deduce che per ogni famiglia nita E
h
: 0 h k
di sottoinsiemi di R
n
si ha

_
k
_
h=0
E
h
_

h=0
(E
h
) .
Per il Teorema (1.3), 1
m
`e una misura esterna su R
n
per ogni m 1. In particolare,
/
n
`e una misura esterna su R
n
.
(2.2) Denizione Sia una misura esterna su R
n
. Un sottoinsieme E di R
n
si dice
misurabile, se taglia bene, ossia se per ogni sottoinsieme F di R
n
si ha
(F) = (F E) +(F E) .
Un sottoinsieme E di R
n
si dice trascurabile, se (E) = 0.
Un sottoinsieme E di R
n
si dice misurabile (risp. trascurabile), se `e /
n
misurabile
(risp. /
n
trascurabile).
Evidentemente E `e misurabile se e solo se
(F) (F E) +(F E)
per ogni sottoinsieme F di R
n
con (F) < +. Inoltre ogni sottoinsieme trascurabile
`e misurabile.
(2.3) Teorema Sia una misura esterna su R
n
. Valgono allora i seguenti fatti:
(a) e R
n
sono misurabili;
(b) se E
1
ed E
2
sono due sottoinsiemi misurabili di R
n
, la dierenza E
2
E
1
`e
misurabile;
(c) se (E
h
) `e una successione di sottoinsiemi misurabili di R
n
, lunione

hN
E
h
e
lintersezione

hN
E
h
sono misurabili;
(d) se (E
h
) `e una successione di sottoinsiemi misurabili di R
n
a due a due disgiunti,
si ha

_

_
h=0
E
h
_
=

h=0
(E
h
) .
184 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
Dimostrazione. Evidentemente linsieme vuoto `e trascurabile, quindi misurabile.
Poiche
(F (R
n
E)) +(F (R
n
E)) = (F E) +(F E) ,
la misurabilit`a di E `e equivalente alla misurabilit`a di R
n
E. In particolare R
n
`e
misurabile.
Se E
1
ed E
2
sono misurabili, per ogni F R
n
si ha
(F) = (F E
1
) +(F E
1
) =
= (F E
1
) +((F E
1
) E
2
) +((F E
1
) E
2
) .
Poiche
(F E
1
) ((F E
1
) E
2
) = F (E
1
E
2
) ,
(F E
1
) E
2
= F (E
1
E
2
) ,
risulta
(F) = (F E
1
) +((F E
1
) E
2
) +((F E
1
) E
2
)
(F (E
1
E
2
)) +(F (E
1
E
2
)) ,
per cui E
1
E
2
`e misurabile.
Poiche E
2
E
1
= R
n
((R
n
E
2
) E
1
), la dierenza E
2
E
1
`e misurabile,
ogniqualvolta E
1
ed E
2
sono misurabili.
Dalla formula
E
0
E
k+1
= (E
0
E
k
) E
k+1
si deduce per induzione su k che ununione nita di sottoinsiemi misurabili `e mi-
surabile.
Sia ora (E
h
) una successione di sottoinsiemi misurabili a due a due disgiunti. Se
si pone G
k
= E
0
E
k
, per ogni F R
n
si ha
(F G
k
) = ((F G
k
) E
k
) +((F G
k
) E
k
) =
= (F E
k
) +(F G
k1
) .
Ragionando per induzione su k, si deduce che
(F G
k
) =
k

h=0
(F E
h
) .
2. MISURE ESTERNE 185
Daltronde G
k
`e misurabile, per cui
(F) = (F G
k
) +(F G
k
)
k

h=0
(F E
h
) +
_
F

_
h=0
E
h
_
.
Passando al limite per k +, si ottiene
(F)

h=0
(F E
h
) +
_
F

_
h=0
E
h
_


_
F

_
h=0
E
h
_
+
_
F

_
h=0
E
h
_
,
per cui

h=0
E
h
`e misurabile. Inoltre, scegliendo F =

h=0
E
h
, si deduce che

_

_
h=0
E
h
_
=

h=0
(E
h
) .
Sia inne (E
h
) una successione qualunque di sottoinsiemi misurabili. Se poniamo
A
0
= E
0
h 1 : A
h
= E
h
(E
0
E
h1
) ,
risulta che gli A
h
sono misurabili ed a due a due disgiunti. Poiche

_
h=0
E
h
=

_
h=0
A
h
,
ne segue la misurabilit`a di

h=0
E
h
.
Inoltre si ha
R
n

h=0
E
h
_
=

_
h=0
(R
n
E
h
) ,
per cui anche

h=0
E
h
`e misurabile.
(2.4) Teorema Sia una misura esterna su R
n
. Valgono allora i seguenti fatti:
(a) se E
1
ed E
2
sono due sottoinsiemi misurabili di R
n
, E
1
E
2
e (E
1
) < +, si
ha
(E
2
E
1
) = (E
2
) (E
1
) ;
186 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
(b) se (E
h
) `e una successione crescente di sottoinsiemi misurabili di R
n
, si ha

_

_
h=0
E
h
_
= lim
h
(E
h
) ;
(c) se (E
h
) `e una successione decrescente di sottoinsiemi misurabili di R
n
con
lim
h
(E
h
) < +,
si ha

h=0
E
h
_
= lim
h
(E
h
) .
Dimostrazione.
(a) La propriet`a discende dalla formula
(E
1
) +(E
2
E
1
) = (E
2
) .
(b) Se si pone
A
0
= E
0
,
h 1 : A
h
= E
h
E
h1
,
si ha che gli A
h
sono misurabili ed a due a due disgiunti con

_
h=0
A
h
=

_
h=0
E
h
,
(E
k
) =
k

h=0
(A
h
) .
Ne segue

_

_
h=0
E
h
_
=
_

_
h=0
A
h
_
=

h=0
(A
h
) =
= lim
k
_
k

h=0
(A
h
)
_
= lim
k
(E
k
) .
(c) Sia k N tale che (E
k
) < +. Se si pone A
h
= E
k
E
h
, si ha

_

_
h=0
A
h
_
= lim
h
(A
h
) .
Daltronde risulta
h k : E
h
= E
k
A
h
,
2. MISURE ESTERNE 187

h=0
E
h
= E
k

_

_
h=0
A
h
_
.
Ne segue

h=0
E
h
_
= (E
k
)
_

_
h=0
A
h
_
=
= (E
k
) lim
h
(A
h
) = lim
h
(E
h
) ,
da cui la tesi.
(2.5) Teorema Sia una misura esterna su R
n
. Supponiamo che per ogni coppia
E, F di sottoinsiemi non vuoti di R
n
con
inf [x y[ : x E, y F > 0
si abbia (E F) = (E) +(F).
Allora ogni aperto ed ogni chiuso di R
n
`e misurabile.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(2.6) Corollario Per ogni m 1 gli aperti ed i chiusi di R
n
sono 1
m
misurabili.
Dimostrazione. Si tratta di combinare il teorema precedente col Teorema (1.4).
(2.7) Teorema Sia una misura esterna su R
n
. Supponiamo che:
(i) ogni aperto di R
n
sia misurabile;
(ii) ogni sottoinsieme E di R
n
sia contenuto in unintersezione numerabile di aperti

hN
A
h
tale che
(E) =
_

hN
A
h
_
;
(iii) si abbia (K) < + per ogni compatto K di R
n
.
Allora per ogni sottoinsieme misurabile E di R
n
valgono i seguenti fatti:
(a) per ogni > 0 esiste un aperto A in R
n
tale che E A e (A E) < ;
(b) per ogni > 0 esiste un chiuso C in R
n
tale che C E e (E C) < ;
188 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
(c) esistono una successione decrescente (A
h
) di aperti in R
n
ed un sottoinsieme E
0
trascurabile in R
n
tali che
E E
0
=

hN
A
h
,
lim
h
(A
h
) = (E) ;
(d) esistono una successione crescente (K
h
) di compatti in R
n
ed un sottoinsieme E
0
trascurabile in R
n
tali che
E =
_
_
hN
K
h
_
E
0
.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(2.8) Corollario Per ogni sottoinsieme /
n
misurabile E di R
n
valgono i seguenti
fatti:
(a) per ogni > 0 esiste un aperto A in R
n
tale che E A e /
n
(A E) < ;
(b) per ogni > 0 esiste un chiuso C in R
n
tale che C E e /
n
(E C) < ;
(c) esistono una successione decrescente (A
h
) di aperti in R
n
ed un sottoinsieme E
0
/
n
trascurabile in R
n
tali che
E E
0
=

hN
A
h
,
lim
h
/
n
(A
h
) = /
n
(E) ;
(d) esistono una successione crescente (K
h
) di compatti in R
n
ed un sottoinsieme E
0
/
n
trascurabile in R
n
tali che
E =
_
_
hN
K
h
_
E
0
.
(e) se E `e compatto, si ha /
n
(E) < +.
Dimostrazione. Osserviamo anzitutto che /
n
([0, 2h]
n
) = (2h)
n
. Infatti, considerata
lomotetia f(x) = 2hx, risulta [0, 2h]
n
= f([0, 1]
n
). Ne segue /
n
([h, h]
n
) = (2h)
n
,
essendo [h, h]
n
isometrico a [0, 2h]
n
.
2. MISURE ESTERNE 189
Se ora E `e compatto in R
n
, si ha E [h, h]
n
per un opportuno h N. Ne segue
/
n
(E) (2h)
n
< +, da cui la (e).
Le rimanenti propriet`a seguono dal teorema precedente, dal Teorema (1.4) e dal
Corollario (2.6).
Esercizi
1. Per ogni h N sia E
h
=]h, +[. Si dimostri che (E
h
) `e una successione decre-
scente di insiemi misurabili in R, che /
1
(E
h
) = +per ogni h, ma che /
1
_

h=0
E
h
_
= 0.
2. Si dimostri che Q `e /
1
trascurabile.
3. Sia K linsieme degli x [0, 1] che ammettono uno sviluppo in base 3 non
contenente il numero 1. Si dimostri che K `e un compatto /
1
trascurabile che pu`o
essere posto in corrispondenza biunivoca con linsieme [0, 1].
4. Sia (q
h
) una successione avente per immagine Q [0, 1], sia
A =

_
h=1
]q
h
4
h
, q
h
+ 4
h
[
e sia K = [0, 1] A. Si dimostri che K `e un compatto con parte interna vuota tale che
/
1
(K) > 0.
5. Sia E un sottoinsieme 1
m
misurabile di R
n
e sia a R
n
. Si dimostri che
linsieme
F = x R
n
: x a E
`e 1
m
misurabile e che 1
m
(F) = 1
m
(E).
6. In [0, 1[ si introduca la relazione di equivalenza
!(x, y) (x y) Q.
190 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
Sia E un sottoinsieme di [0, 1[ contenente esattamente un elemento per ogni classe di
equivalenza (un siatto insieme esiste per lassioma della scelta). Si dimostri che E non
`e /
1
misurabile.
7. Siano una misura esterna su R
n
ed E R
n
. Si supponga che per ogni > 0
esista un insieme misurabile F in R
n
tale che
((E F) (F E)) < .
Si dimostri che E `e misurabile.
8. Sia
X =
_
(x, y, z) R
3
: z = x
2
+y
2
_
e sia (E) = 1
2
(E X) per ogni E R
n
. Si dimostri che `e una misura esterna su
R
n
vericante le ipotesi del Teorema (2.7).
9. Sia una misura esterna su R
n
. Si supponga che tutti gli aperti di R
n
siano
misurabili.
Si dimostri che per ogni coppia E, F di sottoinsiemi non vuoti di R
n
con
inf [x y[ : x E, y F > 0
si ha (E F) = (E) +(F).
10. Sia x R
n
. Per ogni E R
n
si ponga

x
(E) =
_
1 se x E ,
0 se x / E .
Si dimostri che
x
`e una misura esterna su R
n
e che tutti i sottoinsiemi di R
n
sono

x
misurabili.
3 Funzioni misurabili
(3.1) Denizione Sia una misura esterna su R
n
. Una funzione f : R
n
R si dice
misurabile, se per ogni c R linsieme f
1
(]c, +]) `e misurabile.
Una funzione f : R
n
R si dice misurabile, se `e /
n
misurabile.
(3.2) Proposizione Siano una misura esterna su R
n
e f : R
n
R una funzione.
Allora sono fatti equivalenti:
3. FUNZIONI MISURABILI 191
(a) la funzione f `e misurabile;
(b) per ogni c R linsieme f
1
([c, +]) `e misurabile;
(c) per ogni c R linsieme f
1
([, c[) `e misurabile;
(d) per ogni c R linsieme f
1
([, c]) `e misurabile.
Dimostrazione.
(a) = (b) Si ha
[c, +] =

h=1
_
c
1
h
, +
_
,
per cui
f
1
([c, +]) =

h=1
f
1
__
c
1
h
, +
__
`e misurabile.
(b) = (c) Si ha
f
1
([, c[) = R
n
f
1
([c, +]) .
(c) = (d) Si ha
[, c] =

h=1
_
, c +
1
h
_
,
per cui
f
1
([, c]) =

h=1
f
1
__
, c +
1
h
__
`e misurabile.
(d) = (a) Si ha
f
1
(]c, +]) = R
n
f
1
([, c]) ,
da cui la tesi.
(3.3) Corollario Siano una misura esterna su R
n
e f : R
n
R una funzione
misurabile.
Allora per ogni a, b R gli insiemi f
1
(]a, b[), f
1
([a, b]), f
1
(]a, b]) e f
1
([a, b[)
sono misurabili.
Dimostrazione. Tenuto conto che
f
1
() =

h=1
f
1
([, h]) , f
1
(+) =

h=1
f
1
([h, +]) ,
192 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
f
1
(] , +]) = R
n
f
1
() , f
1
([, +[) = R
n
f
1
(+)
e che R
n
e sono certamente misurabili, si ha che per c = gli insiemi
f
1
(]c, +]), f
1
([c, +]), f
1
([, c[), f
1
([, c])
sono misurabili. Combinando questo fatto col teorema precedente, si deduce che per
ogni a, b R gli insiemi
f
1
(]a, b[) = f
1
(]a, +]) f
1
([, b[) ,
f
1
([a, b]) = f
1
([a, +]) f
1
([, b]) ,
f
1
(]a, b]) = f
1
(]a, +]) f
1
([, b]) ,
f
1
([a, b[) = f
1
([a, +]) f
1
([, b[)
sono tutti misurabili.
(3.4) Corollario Siano una misura esterna su R
n
, f : R
n
R una funzione
misurabile e g : R R una funzione monotona.
Allora (g f) `e misurabile.
Dimostrazione. Supponiamo che g sia ad esempio crescente. Dato c R, poniamo
I = g
1
(]c, +]). Si verica facilmente che si pu`o avere solo I =]d, +] o I = [d, +]
per qualche d R. In ogni caso
(g f)
1
(]c, +]) = f
1
(I)
`e misurabile, per cui (g f) `e misurabile.
Se g `e decrescente, il ragionamento `e simile.
(3.5) Teorema Siano una misura esterna su R
n
e f : R
n
R una funzione costante.
Allora f `e misurabile.
Dimostrazione. Per ogni c R linsieme f
1
(]c, +]) pu`o essere solo o R
n
. In ogni
caso f
1
(]c, +]) `e misurabile.
(3.6) Teorema Sia f : R
n
R una funzione continua. Allora f `e 1
m
misurabile
per ogni m 1.
3. FUNZIONI MISURABILI 193
Dimostrazione. Per ogni c R linsieme f
1
(]c, +]) `e aperto in R
n
per la Proposizio-
ne (1.4.8), quindi 1
m
misurabile per il Corollario (2.6).
(3.7) Denizione Siano X un insieme e (f
h
) una successione di funzioni da X in R.
Deniamo le funzioni sup
h
f
h
, inf
h
f
h
, limsup
h
f
h
, liminf
h
f
h
da X in R ponendo per ogni
x X:
_
sup
h
f
h
_
(x) := sup
h
f
h
(x) ,
_
inf
h
f
h
_
(x) := inf
h
f
h
(x) ,
_
limsup
h
f
h
_
(x) := limsup
h
f
h
(x) ,
_
liminf
h
f
h
_
(x) := liminf
h
f
h
(x) .
(3.8) Teorema Siano una misura esterna su R
n
e (f
h
) una successione di funzioni
misurabili da R
n
in R.
Allora le funzioni sup
h
f
h
, inf
h
f
h
, limsup
h
f
h
e liminf
h
f
h
sono misurabili.
Dimostrazione. Per ogni c R linsieme
_
sup
h
f
h
_
1
([, c]) =

hN
f
1
h
([, c])
`e misurabile. Dalla Proposizione (3.2) si deduce che sup
h
f
h
`e misurabile.
In maniera simile si prova che inf
h
f
h
`e misurabile. Di conseguenza anche le
funzioni
liminf
h
f
h
= sup
k
_
inf
hk
f
h
_
e
limsup
h
f
h
= inf
k
_
sup
hk
f
h
_
sono misurabili.
(3.9) Corollario Siano una misura esterna su R
n
e (f
h
) una successione di funzioni
misurabili da R
n
in R. Supponiamo che la successione (f
h
) converga puntualmente
ad una funzione f : R
n
R.
Allora f `e misurabile.
194 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
Dimostrazione. Dal momento che f = liminf
h
f
h
, si tratta di un caso particolare del
teorema precedente.
(3.10) Teorema Siano una misura esterna su R
n
e f, g : R
n
R due funzioni
misurabili.
Allora valgono i seguenti fatti:
(a) le funzioni maxf, g e minf, g sono misurabili;
(b) esiste una funzione misurabile s : R
n
R tale che
s(x) = f(x) +g(x)
in ogni x R
n
in cui la somma f(x) +g(x) `e denita;
(c) la funzione fg `e misurabile;
(d) le funzioni f
+
:= maxf, 0 e f

:= maxf, 0 sono misurabili;


(e) la funzione [f[ `e misurabile.
Dimostrazione.
(a) Se poniamo f
0
= f e f
h
= g per h 1, la misurabilit`a di maxf, g discende dal
Teorema (3.8).
In maniera simile si dimostra che minf, g `e misurabile.
(b) Consideriamo prima il caso f, g : R
n
R. Se f(x) +g(x) > c, ossia f(x) > c g(x),
esiste q Q tale che
f(x) > q > c g(x) .
Pertanto per ogni c R si ha
(f +g)
1
(]c, +]) =
_
qQ
_
f
1
(]q, +]) g
1
(]c q, +])
_
.
Tenuto conto della numerabilit`a di Q, ne segue la misurabilit`a di (f +g)
1
(]c, +]),
quindi la misurabilit`a di (f +g).
Nel caso generale, poniamo
s(x) =
_
f(x) +g(x) se f(x) +g(x) `e denita ,
0 altrimenti .
3. FUNZIONI MISURABILI 195
f
h
= minmaxf, h, h ,
g
h
= minmaxg, h, h .
Le funzioni f
h
, g
h
: R
n
R sono misurabili per il Teorema (3.5) e la (a). Per il passo
precedente anche (f
h
+g
h
) `e misurabile. Poiche
x R
n
: lim
h
(f
h
(x) +g
h
(x)) = s(x) ,
la misurabilit`a di s discende dal Corollario (3.9).
(c) Anche qui trattiamo prima il caso f, g : R
n
R. Anzitutto per ogni c R si ha
_
x R
n
: f
2
(x) > c
_
=
=
_
R
n
se c ] , 0[ ,
x R
n
: f(x) <

c x R
n
: f(x) >

c se c [0, +[ .
In ogni caso si ottiene un insieme misurabile, per cui la funzione f
2
`e misurabile.
In modo simile si prova che per ogni R la funzione f
2
`e misurabile. Tenuto
conto della (b), `e allora misurabile anche la funzione
fg =
1
2
(f +g)
2
+
_

1
2
f
2
_
+
_

1
2
g
2
_
.
Nel caso generale, deniamo f
h
e g
h
come nel punto precedente. Allora risulta
x R
n
: lim
h
(f
h
(x)g
h
(x)) = f(x)g(x) ,
da cui la misurabilit`a di fg.
(d) Si tratta di una conseguenza del Teorema (3.5), della (a) e della (c).
(e) Risulta [f[ = f
+
+f

. La misurabilit`a di [f[ discende quindi dalla (b) e dalla (d).


(3.11) Denizione Sia E un sottoinsieme di un insieme X. Si chiama funzione
caratteristica di E la funzione
E
: X R denita da

E
(x) =
_
1 se x E ,
0 se x X E .
(3.12) Proposizione Siano una misura esterna su R
n
ed E R
n
. Allora la funzione

E
`e misurabile se e solo se linsieme E `e misurabile.
196 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
Dimostrazione. Se
E
`e misurabile,
E =
1
E
(]0, +])
`e misurabile.
Viceversa, se E `e misurabile e c R, linsieme
1
E
(]c, +]) pu`o essere solo R
n
,
E o . In ogni caso
1
E
(]c, +]) `e misurabile, per cui
E
`e misurabile.
(3.13) Denizione Sia una misura esterna su R
n
. Una funzione f : R
n
R si dice
semplice, se f `e misurabile e limmagine f(R
n
) `e un insieme nito.
(3.14) Teorema Sia una misura esterna su R
n
. Valgono allora i seguenti fatti:
(a) se f, g : R
n
R sono semplici, f +g e fg sono semplici;
(b) se f : R
n
R `e costante, f `e semplice;
(c) se E R
n
`e misurabile,
E
`e semplice;
(d) se f : R
n
R `e semplice, esistono t
0
, . . . , t
k
f(R
n
) ed E
0
, . . . , E
k
misurabili
in R
n
tali che
f =
k

h=0
t
h

E
h
.
Dimostrazione. Le propriet`a (a), (b) e (c) sono evidenti. Per provare la (d), sia f una
funzione semplice, sia f(R
n
) = t
0
, . . . , t
k
e sia
E
h
= f
1
(t
h
) .
Allora E
h
`e misurabile e si ha
f =
k

h=0
t
h

E
h
,
da cui la tesi.
(3.15) Teorema Siano una misura esterna su R
n
e f : R
n
[0, +] una funzione
misurabile.
3. FUNZIONI MISURABILI 197
Allora esistono una successione (t
h
) in [0, +[ ed una successione (E
h
) di sottoin-
siemi misurabili di R
n
tali che

h=0
t
h
= sup f ,
x R
n
: f(x) =

h=0
t
h

E
h
(x) .
In particolare,
_
k

h=0
t
h

E
h
_
`e una successione crescente di funzioni semplici positive convergente puntualmente
a f.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(3.16) Teorema (di Lusin) Sia f : R
n
R una funzione /
n
misurabile.
Allora per ogni > 0 esiste una funzione continua g : R
n
R tale che
/
n
(x R
n
: f(x) ,= g(x)) < .
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
Esercizi
1. Siano una misura esterna su R
n
e f, g : R
n
R due funzioni misurabili.
Si dimostri che gli insiemi
x R
n
: f(x) < g(x) ,
x R
n
: f(x) = g(x)
sono misurabili.
2. Siano una misura esterna su R
n
, f : R
n
R una funzione misurabile e
g : R R una funzione continua.
Si dimostri che g f `e misurabile.
3. Sia f : R
n
R una funzione. Si dimostri che linsieme dei punti in cui f ammette
limite `e 1
m
misurabile per ogni m 1.
198 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
4 Funzioni integrabili
(4.1) Denizione Siano una misura esterna su R
n
e f : R
n
[0, +[ una funzione
semplice. Se f(R
n
) = t
0
, . . . , t
k
, poniamo
_
f(x) d(x) =
_
f d :=
k

h=0
t
h

_
f
1
(t
h
)
_
(si tenga presente la convenzione 0 (+) = 0).
(4.2) Esempio Se E R
n
`e misurabile, la funzione
E
`e semplice e si ha quindi
_

E
d = (E) .
(4.3) Teorema Siano una misura esterna su R
n
e f, g : R
n
[0, +[ due funzioni
semplici.
Allora valgono i seguenti fatti:
(a) si ha
_
(f +g) d =
_
f d +
_
g d;
(b) per ogni [0, +[ si ha
_
(f) d =
_
f d;
(c) se f g, si ha
_
f d
_
g d;
(d) risulta
_
f d = sup
__
d : `e semplice e 0 f
_
.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(4.4) Denizione Siano una misura esterna su R
n
e f : R
n
[0, +] una funzione
misurabile. Poniamo
_
f(x) d(x) =
_
f d := sup
__
d : `e semplice e 0 f
_
.
A causa della (d) del teorema precedente, questa denizione `e consistente con la Deni-
zione (4.1).
4. FUNZIONI INTEGRABILI 199
Evidentemente si ha
_
f d [0, +].
(4.5) Teorema Siano una misura esterna su R
n
e f, g : R
n
[0, +] due funzioni
misurabili tali che f g.
Allora si ha
_
f d
_
g d.
Dimostrazione. Evidentemente linsieme
__
d : `e semplice e 0 f
_
`e contenuto nellinsieme
__
d : `e semplice e 0 g
_
.
Passando allestremo superiore membro a membro, si ottiene la tesi.
(4.6) Teorema (della convergenza monotona o di Beppo Levi) Siano una
misura esterna su R
n
e (f
h
) una successione di funzioni misurabili da R
n
in [0, +].
Supponiamo che si abbia f
h
f
h+1
per ogni h N e denotiamo con f : R
n
[0, +]
il limite puntuale della successione (f
h
).
Allora f `e misurabile e si ha
_
f d = lim
h
_
f
h
d.
Dimostrazione. Per il Corollario (3.9) f `e misurabile. Poiche
_
f
h
d
_
f d,
`e evidente che
lim
h
_
f
h
d
_
f d.
Per provare la disuguaglianza opposta, consideriamo una funzione semplice
tale che 0 f e ]0, 1[. Poniamo
E
h
= x R
n
: f
h
(x) (x) 0 .
Allora (E
h
) `e una successione crescente di insiemi misurabili la cui unione `e tutto R
n
.
Siano t
0
, . . . , t
k
[0, +[ e F
0
, . . . , F
k
misurabili tali che
=
k

j=0
t
j

F
j
.
200 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
Allora si ha
_
f
h
d
_
f
h

E
h
d
_

E
h
d =
=
_

k

j=0
t
j

F
j

E
h
d =
k

j=0
t
j
_

F
j
E
h
d =
=
k

j=0
t
j
(F
j
E
h
) .
Passando al limite per h + e tenendo presente il Teorema (2.4), si ottiene
lim
h
_
f
h
d
k

j=0
t
j
(F
j
) =
_
d.
Passando al limite per 1

, si deduce che
lim
h
_
f
h
d
_
d.
Ne segue
lim
h
_
f
h
d
_
f d,
da cui la tesi.
(4.7) Teorema Siano una misura esterna su R
n
e f, g : R
n
[0, +] due funzioni
misurabili. Allora valgono i seguenti fatti:
(a) si ha
_
(f +g) d =
_
f d +
_
g d;
(b) per ogni [0, +] si ha
_
(f) d =
_
f d.
Dimostrazione.
(a) Per il Teorema (3.15) esistono due successioni crescenti (f
h
) e (g
h
) di funzioni sem-
plici positive convergenti puntualmente a f e g, rispettivamente. Allora (f
h
+g
h
) `e una
successione crescente di funzioni semplici positive convergente puntualmente a f +g.
Per il Teorema (4.3) si ha
_
(f
h
+g
h
) d =
_
f
h
d +
_
g
h
d.
4. FUNZIONI INTEGRABILI 201
Passando al limite per h + ed applicando il Teorema della convergenza monotona,
si ottiene la tesi.
(b) Se = 0, la tesi `e evidente. Se 0 < < + e `e una funzione semplice tale che
0 f, risulta che `e una funzione semplice tale che 0 f. Ne segue
_
d =
1

_
() d
1

_
(f) d,
quindi
_
f d
1

_
(f) d,
ossia

_
f d
_
(f) d.
Allora si ha anche
1

_
(f) d
_ _
1

(f)
_
d =
_
f d,
da cui la tesi.
Se, inne, = +, si ha per il passo precedente
_
(hf) d = h
_
f d.
Passando al limite per h + ed applicando il Teorema della convergenza monotona,
si ottiene la tesi anche in questo caso.
(4.8) Corollario Siano una misura esterna su R
n
, (f
h
) una successione di funzioni
misurabili da R
n
in [0, +] e f : R
n
[0, +] la funzione denita ponendo per ogni
x R
n
f(x) =

h=0
f
h
(x) .
Allora f `e misurabile e si ha
_
f d =

h=0
_
f
h
d.
Dimostrazione. Ragionando per induzione su k, si deduce facilmente dal teorema pre-
cedente che
_
_
k

h=0
f
h
_
d =
k

h=0
_
f
h
d.
La tesi discende allora dal teorema della convergenza monotona.
202 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
(4.9) Teorema (Lemma di Fatou) Siano una misura esterna su R
n
e (f
h
) una
successione di funzioni misurabili da R
n
in [0, +].
Allora si ha
_ _
liminf
h
f
h
_
d liminf
h
_
f
h
d.
Dimostrazione. Posto
g
k
= inf
hk
f
h
,
si ha che g
k
`e misurabile per il Teorema (3.8) e che g
k
f
k
, per cui
_
g
k
d
_
f
k
d.
Daltronde (g
k
) `e una successione crescente di funzioni misurabili positive convergen-
te puntualmente alla funzione liminf
h
f
h
. Dal Teorema della convergenza monotona si
deduce che
_ _
liminf
h
f
h
_
d = lim
h
_
g
h
d =
= liminf
h
_
g
h
d liminf
h
_
f
h
d,
da cui la tesi.
(4.10) Denizione Sia una misura esterna su R
n
. Una funzione f : R
n
R si dice
integrabile, se f `e misurabile ed uno almeno degli integrali
_
f
+
d e
_
f

d `e
nito.
Se f `e integrabile, si pone
_
f(x) d(x) =
_
f d :=
_
f
+
d
_
f

d.
Lelemento
_
f d di R si chiama integrale (di Lebesgue) di f rispetto alla misura
esterna .
La funzione f si dice integrabile, se `e /
n
integrabile. In tal caso si usa spesso la
notazione abbreviata
_
f(x) dx,
invece di
_
f(x) d/
n
(x).
(4.11) Denizione Sia una misura esterna su R
n
. Una funzione f : R
n
R si dice
sommabile, se f `e integrabile e
_
f d `e nito.
4. FUNZIONI INTEGRABILI 203
La funzione f si dice sommabile, se `e /
n
sommabile.
(4.12) Proposizione Siano una misura esterna su R
n
e f : R
n
R una funzione.
Allora f `e sommabile se e solo se f `e misurabile e
_
[f[ d < +.
Dimostrazione. Se f `e sommabile, evidentemente f `e misurabile. Daltronde
[f[ = f
+
+f

, per cui
_
[f[ d =
_
f
+
d +
_
f

d < +.
Viceversa, se f `e misurabile e
_
[f[ d < +, si ha 0 f
+
[f[ e 0 f

[f[.
Ne segue
_
f
+
d
_
[f[ d < +,
_
f

d
_
[f[ d < +,
da cui la tesi.
(4.13) Teorema Sia una misura esterna su R
n
. Valgono allora i seguenti fatti:
(a) se f : R
n
R `e integrabile e g : R
n
R `e sommabile, allora (f + g) `e
integrabile e
_
(f +g) d =
_
f d +
_
g d;
(b) se R e f : R
n
R `e integrabile, allora f `e integrabile e
_
(f) d =
_
f d;
(c) se f, g : R
n
R sono integrabili e f g, si ha
_
f d
_
g d;
(d) se f, g : R
n
R sono integrabili, le funzioni minf, g e maxf, g sono in-
tegrabili;
(e) se f : R
n
R `e integrabile, si ha

_
f d

_
[f[ d.
204 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
Dimostrazione.
(a) Si ha (f +g)
+
f
+
+g
+
e (f +g)

+g

. Pertanto dai Teoremi (4.5) e (4.7)


si deduce che
_
(f +g)
+
d
_
f
+
d +
_
g
+
d,
_
(f +g)

d
_
f

d +
_
g

d.
Ne segue che (f +g) `e integrabile. Poiche
(f +g)
+
(f +g)

=
_
f
+
f

_
+
_
g
+
g

_
,
si ha
(f +g)
+
+f

+g

= f
+
+g
+
+ (f +g)

,
quindi, per il Teorema (4.7),
_
(f +g)
+
d +
_
f

d +
_
g

d =
=
_
f
+
d +
_
g
+
d +
_
(f +g)

d.
Si conclude che
_
(f +g) d =
_
(f +g)
+
d
_
(f +g)

d =
=
__
f
+
d
_
f

d
_
+
__
g
+
d
_
g

d
_
=
=
_
f d +
_
g d.
(b) Se 0, si ha (f)
+
= f
+
e (f)

= f

, per cui f `e integrabile e


_
(f) d =
_
(f
+
) d
_
(f

) d =
=
__
f
+
d
_
f

d
_
=
_
f d.
Se invece 0, si ha (f)
+
= ()f

e (f)

= ()f
+
, per cui f `e integrabile e
_
(f) d =
_
()f

d
_
()f
+
d =
=
__
f

d
_
f
+
d
_
=
_
f d.
(c) Si ha f
+
g
+
e f

, per cui
_
f d =
_
f
+
d
_
f

d
4. FUNZIONI INTEGRABILI 205

_
g
+
d
_
g

d =
_
g d.
(d) Poiche
(minf, g)
+
f
+
, (minf, g)
+
g
+
,
se
_
f
+
d < + oppure
_
g
+
d < +, si ha
_
(minf, g)
+
d < +.
Se invece
_
f
+
d =
_
g
+
d = +, deve essere
_
f

d < +e
_
g

d < +. Poiche
(minf, g)

+g

,
si ha
_
(minf, g)

d
_
f

d +
_
g

d < +.
In maniera simile si prova che maxf, g `e integrabile.
(e) Risulta
[f[ f [f[ ,
quindi

_
[f[ d
_
f d
_
[f[ d,
da cui la tesi.
(4.14) Teorema Sia una misura esterna su R
n
. Valgono allora i seguenti fatti:
(a) se f, g : R
n
R sono sommabili, (f +g) `e sommabile e si ha
_
(f +g) d =
_
f d +
_
g d;
(b) se R e f : R
n
R `e sommabile, f `e sommabile e si ha
_
(f) d =
_
f d;
(c) se f, g : R
n
R sono sommabili, le funzioni minf, g e maxf, g sono som-
mabili;
(d) se f : R
n
R `e misurabile, g : R
n
R `e sommabile e [f[ g, allora f `e
sommabile.
206 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
Dimostrazione. Le propriet`a (a) e (b) sono evidenti conseguenze del teorema precedente.
(c) Poiche
(minf, g)
+
f
+
,
(minf, g)

+g

,
la funzione minf, g `e sommabile.
In maniera simile si prova che maxf, g `e sommabile.
(d) Evidentemente f assume solo valori niti e
_
[f[ d
_
g d < +.
Per la Proposizione (4.12) f `e sommabile.
(4.15) Teorema (della convergenza dominata o di Lebesgue) Siano una mi-
sura esterna su R
n
e (f
h
) una successione di funzioni sommabili da R
n
in R. Sup-
poniamo che (f
h
) converga puntualmente ad una funzione f : R
n
R e che esista una
funzione sommabile g : R
n
R tale che [f
h
[ g per ogni h N.
Allora f `e sommabile e si ha
lim
h
_
[f
h
f[ d = 0 ,
lim
h
_
f
h
d =
_
f d.
Dimostrazione. La funzione f `e misurabile per il Corollario (3.9) e [f[ g. Per il
teorema precedente f `e sommabile.
Poiche
2g [f
h
f[ 0 ,
si deduce dal Lemma di Fatou che
_
2g d liminf
h
_
(2g [f
h
f[) d =
=
_
2g d limsup
h
_
[f
h
f[ d,
quindi
limsup
h
_
[f
h
f[ d 0 ,
ossia
lim
h
_
[f
h
f[ d = 0 .
4. FUNZIONI INTEGRABILI 207
Poiche

_
f
h
d
_
f d

_
(f
h
f) d

_
[f
h
f[ d,
si ha anche
lim
h
_
f
h
d =
_
f d
e la dimostrazione `e completa.
(4.16) Denizione Siano una misura esterna su R
n
, E R
n
e T(x) una frase
aperta. Diciamo che si ha T(x) quasi ovunque (q.o.) in E o per quasi ogni
(q.o.) x E, se linsieme
x E : nonT(x)
`e trascurabile.
(4.17) Teorema Siano una misura esterna su R
n
e f, g : R
n
R due funzioni tali
che f(x) = g(x) per q.o. x R
n
.
Valgono allora i seguenti fatti:
(a) f `e misurabile se e solo se g `e misurabile;
(b) f `e integrabile se e solo se g `e integrabile, nel qual caso si ha
_
f d =
_
g d.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(4.18) Teorema Siano una misura esterna su R
n
e f : R
n
[0, +] una funzione
misurabile tale che
_
f d < +.
Allora f(x) < + per q.o. x R
n
.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(4.19) Teorema Siano una misura esterna su R
n
e f : R
n
[0, +] una funzione
misurabile tale che
_
f d = 0 .
208 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
Allora f(x) = 0 per q.o. x R
n
.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(4.20) Denizione Siano una misura esterna su R
n
, E un sottoinsieme di R
n
e
f : E R una funzione.
Diciamo che f `e misurabile, se la funzione f

: R
n
R, denita da
f

(x) =
_
f(x) se x E ,
0 se x R
n
E ,
`e misurabile.
Similmente, f si dice integrabile (risp. sommabile), se f

`e integrabile
(risp. sommabile), nel qual caso si pone
_
E
f(x) d(x) =
_
E
f d :=
_
f

d.
Se (R
n
E) = 0, si omette spesso lindicazione dellinsieme E.
Se a, b R ed a b, si usa la notazione
_
b
a
f(x) dx
per indicare uno qualunque degli integrali
_
[a,b]
f(x) dx,
_
]a,b]
f(x) dx,
_
[a,b[
f(x) dx,
_
]a,b[
f(x) dx.
Poiche gli insiemi a e b sono entrambi /
1
trascurabili, la notazione non `e ambigua.
Se poi b < a, si pone
_
b
a
f(x) dx :=
_
a
b
f(x) dx.
Si verica facilmente che per ogni a, b, c R si ha
_
b
a
f(x) dx =
_
c
a
f(x) dx +
_
b
c
f(x) dx.
(4.21) Teorema Siano m 1, E un sottoinsieme 1
m
misurabile di R
n
e f : E R
una funzione continua.
Allora f `e 1
m
misurabile.
4. FUNZIONI INTEGRABILI 209
Dimostrazione. Se c R, f
1
(]c, +]) `e aperto in E. Per il Teorema (1.3.37) esiste un
aperto in R
n
tale che f
1
(]c, +]) = E. Allora risulta
(f

)
1
(]c, +]) =
_
( E) (R
n
E) se c < 0 ,
( E) se c 0 .
per cui (f

)
1
(]c, +]) `e 1
m
misurabile. Ne segue che f

`e 1
m
misurabile.
(4.22) Teorema Sia K un compatto in R
n
e sia f : K R una funzione continua.
Allora f `e /
n
sommabile.
Dimostrazione. Per il teorema precedente f `e /
n
misurabile. Inoltre esiste M R tale
che [f(x)[ M per ogni x K. Allora si ha
_
[f

(x)[ dx
_
M
K
(x) dx = M/
n
(K) < +
e la tesi discende dalla Proposizione (4.12).
(4.23) Teorema Sia f : [a, b] R una funzione continua. Allora lintegrale di f
secondo Lebesgue coincide con lintegrale di f secondo Riemann.
Dimostrazione. Denotiamo con !
_
b
a
f(x) dx lintegrale di f secondo Riemann. Se
poniamo
x [a, b] : F(x) = !
_
x
a
f(t) dt ,
risulta dal teorema fondamentale del calcolo integrale che F : [a, b] R `e una primitiva
di f.
Daltronde, se poniamo
x [a, b] : G(x) =
_
x
a
f(t) dt ,
si verica con analoga dimostrazione che anche G : [a, b] R `e una primitiva di f.
Poiche F(a) = G(a) = 0, ne segue F(b) = G(b), da cui la tesi.
(4.24) Denizione Siano un aperto in R
n
e f : R
n
R
m
unapplicazione. Diciamo
che f `e continua a supporto compatto in , se f `e continua e linsieme
x R
n
: f(x) ,= 0
210 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
`e contenuto in un compatto contenuto in .
Denotiamo con C
c
(; R
m
) linsieme di tali applicazioni. Poniamo anche
C
c
() := C
c
(; R) .
Evidentemente C
c
(; R
m
) `e un sottospazio vettoriale di C(R
n
; R
m
). Inoltre, per il
Teorema (4.22), ogni f C
c
(R
n
) `e /
n
sommabile.
(4.25) Teorema Sia f : R
n
R una funzione /
n
sommabile. Allora per ogni > 0
esiste g C
c
(R
n
) tale che
_
[f(x) g(x)[ dx < .
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
Esercizi
1. Siano f, g : R R denite da f =
],0[
e g =
]0,+[
. Si dimostri che f e g
sono /
1
integrabili, ma che (f +g) non `e /
1
integrabile.
2. Sia f =
]0,1[

]1,0[
. Si dimostri che f `e /
1
sommabile, ma che (+)f non
`e /
1
integrabile.
3. Sia f : [1, +[ R denita da f(x) =
sin x
x
. Si dimostri che f non `e /
1
inte-
grabile, anche se `e integrabile secondo Riemann in senso improprio.
4. Sia f
h
: R R denita da f
h
=
]h,+[
. Si dimostri che la successione (f
h
)
converge puntualmente crescendo alla funzione nulla, ma che
_
f
h
(x) dx =
per ogni h N.
5. Siano una misura esterna su R
n
e (f
h
) una successione di funzioni integrabili
da R
n
in R tale che f
h
f
h+1
per ogni h N. Si denoti con f : R
n
R il limite puntuale
di (f
h
) e si supponga che
_
f
0
d > .
4. FUNZIONI INTEGRABILI 211
Si dimostri che f `e integrabile e che
_
f d = lim
h
_
f
h
d.
6. Sia f
h
: R R denita da f
h
=
]h,h+1[
. Si dimostri che (f
h
) converge
puntualmente alla funzione nulla, ma che
_
f
h
(x) dx = 1
per ogni h N.
7. Siano una misura esterna su R
n
, (f
h
) una successione di funzioni integrabili
da R
n
in R e g : R
n
R una funzione sommabile tale che g f
h
per ogni h N. Si
dimostri che liminf
h
f
h
`e integrabile e che
_ _
liminf
h
f
h
_
d liminf
h
_
f
h
d.
8. Siano una misura esterna su R
n
, (f
h
) una successione di funzioni integrabili
da R
n
in R, f : R
n
R una funzione e g : R
n
R una funzione integrabile con
integrale nito tale che per ogni h N si abbia [f
h
(x)[ g(x) q.o. in R
n
. Si supponga
che si abbia
lim
h
f
h
(x) = f(x) q.o. in R
n
.
Si dimostri che f `e integrabile con integrale nito e che
_
f d = lim
h
_
f
h
d.
9. Siano una misura esterna su R
n
, f : R
n
R una funzione integrabile
ed (E
h
) una successione crescente di insiemi misurabili tale che R
n

h=0
E
h
sia
trascurabile. Si dimostri che
_
f d = lim
h
_
E
h
f d.
212 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
10. Sia f : R
n
R una funzione /
n
sommabile ed uniformemente continua. Si
dimostri che
lim
x
f(x) = 0 .
11. Sia f : [a, b] R una funzione limitata ed integrabile secondo Riemann. Si
dimostri che f `e /
1
sommabile e che il suo integrale coincide con lintegrale secondo
Riemann.
12. Sia f : [a, +[ R una funzione assolutamente integrabile secondo Riemann
in senso improprio. Si dimostri che f `e /
1
sommabile e che il suo integrale coincide con
lintegrale secondo Riemann in senso improrio.
5 Il teorema di Fubini-Tonelli
(5.1) Denizione Se E `e un sottoinsieme di R
m
R
n
, poniamo
x R
m
: E
x
:= y R
n
: (x, y) E ,
y R
n
: E
y
:= x R
m
: (x, y) E .
(5.2) Teorema Sia E un sottoinsieme /
m+n
trascurabile di R
m
R
n
.
Allora si ha
/
n
(E
x
) = 0 per /
m
q.o. x R
m
,
/
m
(E
y
) = 0 per /
n
q.o. y R
n
.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(5.3) Teorema Sia E un sottoinsieme /
m+n
misurabile di R
m
R
n
.
Valgono allora i seguenti fatti:
(a) per /
m
q.o. x R
m
linsieme E
x
`e /
n
misurabile e per /
n
q.o. y R
n
linsieme
E
y
`e /
m
misurabile;
5. IL TEOREMA DI FUBINI-TONELLI 213
(b) la funzione x /
n
(E
x
) `e /
m
misurabile e la funzione y /
m
(E
y
) `e /
n
mi-
surabile;
(c) si ha
/
m+n
(E) =
_
/
n
(E
x
) d/
m
(x) =
_
/
m
(E
y
) d/
n
(y) .
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(5.4) Teorema Siano E un sottoinsieme /
m
misurabile di R
m
e F un sottoinsieme
/
n
misurabile di R
n
.
Allora (E F) `e /
m+n
misurabile e
/
m+n
(E F) = /
m
(E) /
n
(F) .
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(5.5) Denizione Un sottoinsieme I di R
n
si chiama nintervallo, se I `e il prodotto
cartesiano di n intervalli di R.
Se I =
n

j=1
I
(j)
`e un nintervallo limitato e non vuoto in R
n
, poniamo
m
n
(I) :=
n

j=1
_
sup I
(j)
inf I
(j)
_
.
Poniamo anche m
n
() := 0.
(5.6) Corollario Sia I un nintervallo limitato in R
n
. Allora /
n
(I) = m
n
(I).
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(5.7) Teorema (di Fubini-Tonelli) Sia f : R
m
R
n
R una funzione /
m+n
inte-
grabile.
Valgono allora i seguenti fatti:
(a) per /
m
q.o. x R
m
la funzione f(x, ) `e /
n
integrabile e per /
n
q.o. y R
n
la
funzione f(, y) `e /
m
integrabile;
214 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
(b) la funzione
_
x
_
f(x, y) d/
n
(y)
_
`e /
m
integrabile e la funzione
_
y
_
f(x, y) d/
m
(x)
_
`e /
n
integrabile;
(c) si ha
_
f(x, y) d/
m+n
(x, y) =
=
_ __
f(x, y) d/
n
(y)
_
d/
m
(x) =
_ __
f(x, y) d/
m
(x)
_
d/
n
(y) .
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
Esercizi
1. Sia E un sottoinsieme di [0, 1] non /
1
misurabile e sia
F = (E 0) (0 E) .
Si studi la misurabilit`a di F, F
x
e F
y
.
2. Sia f : R
2
R denita da
f(x, y) =
_

_
(x
2
+y
2
+ 1)
1
se

3
3
x < y <

3 x o

3 x < y <

3
3
,
(x
2
+y
2
+ 1)
1
se

3
3
x < y <

3 x o

3 x < y <

3
3
,
0 altrimenti .
Si studi lintegrabilit`a di f, f(x, ) e f(, y).
6 La formula dellarea
(6.1) Teorema (Formula dellarea) Siano un aperto in R
m
e : R
n
unapplicazione iniettiva e di classe C
1
con m n.
Valgono allora i seguenti fatti:
6. LA FORMULA DELLAREA 215
(a) se E , risulta che (E) `e 1
m
misurabile se e solo se la funzione
E R
x
_
det (d(x)
t
d(x))
`e /
m
misurabile, nel qual caso
1
m
((E)) =
_
E
_
det (d(x)
t
d(x)) d/
m
(x) ;
(b) se f : () R `e una funzione, risulta che f `e 1
m
misurabile se e solo se la
funzione
R
x f((x))
_
det (d(x)
t
d(x))
`e /
m
misurabile;
(c) se f : () R `e una funzione, risulta che f `e 1
m
integrabile se e solo se la
funzione
R
x f((x))
_
det (d(x)
t
d(x))
`e /
m
integrabile, nel qual caso si ha
_
()
f(y) d1
m
(y) =
_

f((x))
_
det (d(x)
t
d(x)) d/
m
(x) .
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(6.2) Corollario Sia :]a, b[ R
n
unapplicazione iniettiva e di classe C
1
e sia
f : (]a, b[) R una funzione.
Allora f `e 1
1
integrabile se e solo se la funzione
]a, b[R
t f((t))[

(t)[
`e /
1
integrabile, nel qual caso si ha
_
(]a,b[)
f() d1
1
() =
_
b
a
f((t))[

(t)[ d/
1
(t) .
Dimostrazione. Si verica facilmente che
t ]a, b[:
_
det (d(t)
t
d(t)) = [

(t)[ .
216 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
La tesi discende allora dalla Formula dellarea.
(6.3) Corollario Siano un aperto in R
2
, : R
3
unapplicazione iniettiva e di
classe C
1
e f : () R una funzione.
Allora f `e 1
2
integrabile se e solo se la funzione
R
x f((x)) [D
x
(1) (x) D
x
(2) (x)[
`e /
2
integrabile, nel qual caso si ha
_
()
f(y) d1
2
(y) =
_

f((x)) [D
x
(1) (x) D
x
(2) (x)[ d/
2
(x) .
Dimostrazione. Si verica facilmente che
x :
_
det (d(x)
t
d(x)) = [D
x
(1) (x) D
x
(2) (x)[ .
La tesi discende allora dalla Formula dellarea.
(6.4) Corollario (Teorema di cambiamento di variabile) Siano un aperto in
R
n
, : R
n
unapplicazione iniettiva e di classe C
1
e f : () R una funzione.
Allora la funzione f `e /
n
integrabile se e solo se la funzione
R
x f((x))[ det(d(x))[
`e /
n
integrabile, nel qual caso si ha
_
()
f(y) d/
n
(y) =
_

f((x))[ det(d(x))[ d/
n
(x) .
Dimostrazione. Per ogni x si ha
_
det (d(x)
t
d(x)) =
_
(det(d(x)))
2
= [ det(d(x))[ .
La tesi discende allora dalla Formula dellarea.
Esercizi
6. LA FORMULA DELLAREA 217
1. Si dimostri che
_
exp(x
2
y
2
) d/
2
(x, y) =
e se ne deduca che
_
exp(t
2
) d/
1
(t) =

.
2. Siano B = B(0, 1) e C = R
n
B(0, 1). Si dimostri che
_
B
1
[x[

d/
n
(x) < + < n,
_
C
1
[x[

d/
n
(x) < + > n.
3. Si dimostri che per ogni v, w R
3
si ha
1
2
(sv +tw : s, t ]0, 1[) = [v w[ .
4. Si dimostri che per ogni u, v, w R
3
si ha
/
3
(ru +sv +tw : r, s, t ]0, 1[) = [u (v w)[ .
5. Dato r > 0, si dimostri che
1
1
((x, y, z) R
3
: x
2
+y
2
= r
2
, z = 0) = 2r .
6. Dato r > 0, si dimostri che
1
2
((x, y, z) R
3
: x
2
+y
2
+z
2
= r
2
) = 4r
2
.
218 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
7 Integrali dipendenti da un parametro
(7.1) Teorema Siano X uno spazio metrico, una misura esterna su R
n
,
f : X R
n
R
una funzione e x
0
X. Supponiamo che
(a) per ogni x X la funzione f(x, ) sia sommabile;
(b) per ogni y R
n
la funzione f(, y) sia continua in x
0
;
(c) esista una funzione sommabile g : R
n
R tale che
(x, y) X R
n
: [f(x, y)[ g(y) .
Allora, posto
F(x) =
_
f(x, y) d(y) ,
si ha che la funzione F : X R `e continua in x
0
.
Dimostrazione. Sia (
h
) una successione in X convergente a x
0
. Dal Teorema della
convergenza dominata si deduce che
lim
h
F(
h
) = lim
h
_
f(
h
, y) d(y) =
_
f(x
0
, y) d(y) = F(x
0
) .
La tesi segue allora dal Corollario (1.5.7).
(7.2) Teorema (di derivazione sotto il segno di integrale) Siano A un aperto
in R, una misura esterna su R
n
e
f : AR
n
R
una funzione. Supponiamo che
(a) per ogni x A la funzione f(x, ) sia sommabile;
(b) per ogni y R
n
la funzione f(, y) sia derivabile;
(c) esista una funzione sommabile g : R
n
R tale che
(x, y) AR
n
: [D
x
f(x, y)[ g(y) .
7. INTEGRALI DIPENDENTI DA UN PARAMETRO 219
Allora la funzione D
x
f(x, ) `e sommabile per ogni x A e, posto
F(x) =
_
f(x, y) d(y) ,
si ha che la funzione F : A R `e derivabile e
x A : F

(x) =
_
D
x
f(x, y) d(y) .
Dimostrazione. Sia x A e sia (
h
) una successione convergente a x. Per ogni y R
n
si ha
lim
h
f(
h
, y) f(x, y)

h
x
= D
x
f(x, y)
e, per il teorema di Lagrange,

f(
h
, y) f(x, y)

h
x

= [D
x
f(x +
h
(
h
x), y)[ g(y)
con 0 <
h
< 1. Dal Teorema della convergenza dominata si deduce che D
x
f(x, ) `e
sommabile e
lim
h
F(
h
) F(x)

h
x
= lim
h
_
f(
h
, y) f(x, y)

h
x
d(y) =
=
_
D
x
f(x, y) d(y) .
La tesi segue allora dal Teorema (1.5.6).
(7.3) Corollario Siano A un aperto in uno spazio normato X su R di dimensione
nita, e
1
, . . . , e
m
una base in X, una misura esterna su R
n
e
f : AR
n
R
una funzione. Supponiamo che
(a) per ogni x A la funzione f(x, ) sia sommabile;
(b) per ogni y R
n
la funzione f(, y) sia di classe C
1
;
(c) esista una funzione sommabile g : R
n
R tale che
j = 1, . . . , m, (x, y) AR
n
:

f
e
j
(x, y)

g(y) .
220 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
Allora per ogni x A e v X la funzione
f
v
(x, ) `e sommabile e, posto
F(x) =
_
f(x, y) d(y) ,
si ha che la funzione F : A R `e di classe C
1
e
x A, v X :
F
v
(x) =
_
f
v
(x, y) d(y) .
Dimostrazione. Sia x A e sia > 0 tale che x + te
j
A per ogni j = 1, . . . , m e
t [, ]. Deniamo

f :] , [R
n
R ponendo

f(t, y) = f(x + te
j
, y).
`
E evidente
che per ogni t ] , [ la funzione

f(t, ) `e -sommabile. Inoltre si dimostra facilmente
che per ogni y R
n
la funzione

f(, y) `e derivabile in ] , [ e
(t, y) ] , [R
n
: D
t

f(t, y) =
f
e
j
(x +te
j
, y) .
Ne segue
(t, y) ] , [R
n
:

D
t

f(t, y)

g(y) .
Dal teorema precedente si deduce che la funzione D
t

f(t, ) `e -sommabile per ogni
t ] , [ e, posto

F(t) =
_

f(t, y) d(y) ,
si ha che

F `e derivabile e
t ] , [:

F

(t) =
_
D
t

f(t, y) d(y) .
In particolare, scegliendo t = 0 si deduce che la funzione D
t

f(0, ) =
f
e
j
(x, ) `e -
sommabile, che la funzione

F `e derivabile in 0, ovvero che F `e derivabile in x rispetto
ad e
j
, e che risulta
F
e
j
(x) =
_
f
e
j
(x, y) d(y) .
Daltra parte per ogni y R
n
la funzione
f
e
j
(, y) `e continua. Dal Teorema (7.1) si
deduce che
F
e
j
`e continua in x. Tenuto conto dellarbitrariet`a di x, F `e di classe C
1
per
il Teorema (2.2.9).
Siano inne x A e v X. Se v =
m

j=1
v
(j)
e
j
, si ha
f
v
(x, y) =
m

j=1
v
(j)
f
e
j
(x, y) ,
7. INTEGRALI DIPENDENTI DA UN PARAMETRO 221
Ne segue che
f
v
(x, ) `e sommabile e risulta
x A, v X :
F
v
(x) =
_
f
v
(x, y) d(y) ,
da cui la tesi.
Esercizi
1. Sia f : R
2
R una funzione continua. Si supponga che f sia derivabile rispetto
alla prima variabile in ogni punto di R
2
e che la funzione
(x, y) D
x
f(x, y)
sia continua su R
2
.
Si dimostri che la funzione G : R
3
R denita da
G(u, v, x) =
_
v
u
f(x, y) d/
1
(y)
`e di classe C
1
e si calcolino le derivate parziali prime di G.
2. Sia f : R
2
R una funzione continua, siano , :]a, b[ R due funzioni
derivabili e sia F :]a, b[R denita da
F(x) =
_
(x)
(x)
f(x, y) d/
1
(y) .
Si supponga che f sia derivabile rispetto alla prima variabile in ogni punto di R
2
e che
la funzione
(x, y) D
x
f(x, y)
sia continua su R
2
.
Si dimostri che F `e derivabile e che
F

(x) = f(x, (x))

(x) f(x, (x))

(x) +
_
(x)
(x)
D
x
f(x, y) d/
1
(y) .
3. Siano K un compatto in R
3
con 1
1
(K) < + e q : K R una funzione
continua. Si denisca V : R
3
K R ponendo
V (x) =
_
K
1
4[x y[
q(y) d1
1
(y) .
222 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
Si dimostri che V `e di classe C
2
e che
x R
3
K : V (x) =
_
K
q(y)
x y
4[x y[
3
d1
1
(y) ,
x R
3
K : V (x) = 0 ,
dove V := div (V ).
(La funzione V si chiama laplaciano
1
di V .)
8 I teoremi della divergenza e di Stokes
(8.1) Denizione Sia un aperto in R
n
. Per ogni k N poniamo
C
k
c
(; R
m
) := C
k
(; R
m
) C
c
(; R
m
) .
Evidentemente C
k
c
(; R
m
) `e un sottospazio vettoriale di C
k
(; R
m
). Poniamo anche
C
k
c
() := C
k
c
(; R).
(8.2) Teorema (Formula di Gauss-Green I) Siano un aperto in R
n
, f C
1
()
e g C
1
c
().
Allora per ogni j = 1, . . . , n si ha
_

D
j
f(x) g(x) d/
n
(x) =
_

f(x) D
j
g(x) d/
n
(x) .
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(8.3) Corollario (Teorema della divergenza I) Siano un aperto in R
n
, f C
1
()
e g C
1
c
(; R
n
).
Allora si ha
_

f(x) g(x) d/
n
(x) =
_

f(x) div g(x) d/


n
(x) .
Dimostrazione. Per ogni j = 1, . . . , n si ha
_

D
j
f(x) g
(j)
(x) d/
n
(x) =
_

f(x) D
j
g
(j)
(x) d/
n
(x) .
1
In diversi testi il laplaciano viene invece denotato col simbolo
2
V , anche se una notazione del tipo
||
2
V o ( )V sembrerebbe pi` u consistente. Ricordiamo che noi denotiamo con
2
V lhessiano di V
(vedi pag. 134).
8. I TEOREMI DELLA DIVERGENZA E DI STOKES 223
Sommando membro a membro per 1 j n, si ottiene la tesi.
(8.4) Denizione Siano un aperto in R
n
e x . Diciamo che R
n
`e un
versore normale esterno ad in x, se [[ = 1 e
lim
r0
/
n
( B(x, r) : ( x) > 0)
r
n
= 0 ,
lim
r0
/
n
( B(x, r) : ( x) < 0)
r
n
= 0 .
(8.5) Proposizione Siano un aperto in R
n
, x e
1
,
2
due versori normali
esterni ad in x.
Allora
1
=
2
.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(8.6) Denizione Sia un aperto in R
n
. Per ogni x denotiamo con (x) il ver-
sore normale esterno ad in x, se esiste, altrimenti poniamo (x) = 0. Lapplicazione
: R
n
cos` denita si chiama normale esterna ad .
(8.7) Teorema Siano ed U due aperti in R
n
, g : U R una funzione di classe C
1
tale che
U = U : g() < 0
e sia x U tale che g(x) ,= 0.
Allora g(x) = 0 e
g(x)
[g(x)[
`e il versore normale esterno ad in x.
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(8.8) Teorema (Formula di Gauss-Green II) Siano un aperto limitato in R
n
tale che 1
n1
() < + e f, g : R due funzioni lipschitziane. Supponiamo che f
e g siano di classe C
1
in e sia : R
n
la normale esterna ad .
Allora valgono i seguenti fatti:
224 CAPITOLO 4. TEORIA DELLA MISURA
(a) ogni
(j)
`e 1
n1
misurabile e limitata, dove
(j)
denota la jesima componente
di ;
(b) per ogni j = 1, . . . , n si ha
_

D
j
f(x) g(x) d/
n
(x) =
=
_

f(s) g(s)
(j)
(s) d1
n1
(s)
_

f(x) D
j
g(x) d/
n
(x) .
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
(8.9) Corollario (Teorema della divergenza II) Siano un aperto limitato in R
n
tale che 1
n1
() < + e f : R e g : R
n
due applicazioni lipschitziane.
Supponiamo che f e g siano di classe C
1
in e sia : R
n
la normale esterna
ad .
Allora si ha
_

f(x) g(x) d/
n
(x) =
=
_

f(s) (g(s) (s)) d1


n1
(s)
_

f(x) div g(x) d/


n
(x) .
Dimostrazione. Per ogni j = 1, . . . , n si ha
_

D
j
f(x) g
(j)
(x) d/
n
(x) =
_

f(s) g
(j)
(s)
(j)
(s) d1
n1
(s)
_

f(x) D
j
g
(j)
(x) d/
n
(x) .
Sommando membro a membro per 1 j n, si ottiene la tesi.
(8.10) Teorema (di Stokes) Siano A un aperto in R
2
, B un aperto in R
3
, : A R
3
unapplicazione iniettiva e di classe C
1
con (A) B e f : B R
3
unapplicazione di
classe C
1
. Sia un aperto limitato tale che A e 1
1
() < + e sia : R
2
la normale esterna ad .
Poniamo, per ogni y () con y = (x),
(y) =
d(x)(
(2)
(x),
(1)
(x))
[d(x)(
(2)
(x),
(1)
(x))[
se d(x)(
(2)
(x),
(1)
(x)) ,= 0 ,
(y) = 0 se d(x)(
(2)
(x),
(1)
(x)) = 0 ,
8. I TEOREMI DELLA DIVERGENZA E DI STOKES 225
e, per ogni y () con y = (x),
(y) =
D
x
(1) (x) D
x
(2) (x)
[D
x
(1) (x) D
x
(2) (x)[
se D
x
(1) (x) D
x
(2) (x) ,= 0 ,
(y) = 0 se D
x
(1) (x) D
x
(2) (x) = 0 .
Allora ogni
(j)
: () R `e 1
1
misurabile e limitata, ogni
(j)
: () R `e
1
2
misurabile e limitata e si ha
_
()
f(s) (s) d1
1
(s) =
_
()
(curl f(y)) (y) d1
2
(y) .
Dimostrazione. Omettiamo la dimostrazione.
Esercizi
1. Sia f C
2
c
(R
3
). Si dimostri che per ogni a R
3
si ha
_
f(x)
4[x a[
d/
3
(x) = f(a) .
2. Sia un aperto limitato in R
n
con 1
n1
() < +, sia f C
2
() tale che f
e f siano lipschitziane su e sia F : R
n
lestensione lipschitziana di f a (si
tenga conto dellesercizio 1.4.10). Si supponga che
_
f = 0 in ,
F = 0 su .
Si dimostri che F = 0 su .
Capitolo 5
Forme dierenziali lineari e campi
di vettori
1 Primitive e potenziali scalari
(1.1) Denizione Sia A un aperto in uno spazio normato X su K di dimensione nita.
Chiamiamo forma dierenziale lineare o 1forma ogni applicazione : A X

.
(1.2) Esempio Se f : A K `e una funzione dierenziabile, lapplicazione df : A X

`e una 1forma.
(1.3) Denizione Sia A un aperto in uno spazio normato X su K di dimensione
nita. Una 1forma : A X

si dice esatta, se esiste una funzione dierenziabile


f : A K tale che df = . In tal caso diciamo che la funzione f `e una primitiva della
1forma .
(1.4) Teorema Siano A un aperto connesso in uno spazio normato X su K di di-
mensione nita, : A X

una 1forma esatta e f, g : A K due primitive


di .
Allora la funzione (f g) `e costante.
Dimostrazione. La funzione (f g) : A K `e dierenziabile e per ogni x A si ha
d(f g)(x) = df(x) dg(x) = (x) (x) = 0 .
Dal Teorema (2.1.34) si deduce che (f g) `e costante.
226
1. PRIMITIVE E POTENZIALI SCALARI 227
(1.5) Denizione Sia Y uno spazio metrico. Chiamiamo curva in Y ogni applicazione
continua : I Y , dove I `e un intervallo in R. Diciamo che la curva `e chiusa, se I
`e della forma [a, b] e (a) = (b).
(1.6) Denizione Siano X uno spazio normato, a, b R e : [a, b] X unapplica-
zione.
Diciamo che `e una curva di classe C
1
a tratti, se `e continua ed esiste una
suddivisione a = t
0
< < t
h
= b di [a, b] tale che per ogni j = 1, . . . , h si abbia che
(a)
|]t
j1
,t
j
[
`e di classe C
1
;
(b)
_

|]t
j1
,t
j
[
_

`e prolungabile con continuit`a a tutto [t


j1
, t
j
].
(1.7) Teorema Sia A un aperto connesso in uno spazio normato X. Allora per ogni
x
0
e x
1
in A esiste una curva : [0, 1] X di classe C
1
a tratti tale che ([0, 1]) A,
(0) = x
0
e (1) = x
1
.
Dimostrazione. Dato x
0
A, denotiamo con E linsieme degli x A tali che esiste una
curva : [0, 1] X di classe C
1
a tratti con ([0, 1]) A, (0) = x
0
e (1) = x.
Evidentemente x
0
E (basta considerare costantemente uguale a x
0
). Proviamo
che E `e aperto in A. Se x E, sia una curva C
1
a tratti in A congiungente x
0
con x
e sia > 0 tale che B(x, ) A. Allora per ogni B(x, )
(t) =
_
(2t) se 0 t
1
2
,
x + (2t 1)( x) se
1
2
t 1
`e una curva C
1
a tratti in A tale che (0) = x
0
e (1) = . Risulta quindi E, ossia
B(x, ) E. Pertanto E `e aperto in A.
Dimostriamo ora che E `e chiuso in A. Sia x A aderente ad E e sia > 0 tale che
B(x, ) A. Sia B(x, ) E e sia una curva C
1
a tratti in A congiungente x
0
con
. Allora
(t) =
_
(2t) se 0 t
1
2
,
+ (2t 1)(x ) se
1
2
t 1
`e una curva C
1
a tratti in A tale che (0) = x
0
e (1) = x. Risulta quindi x E, per
cui E `e chiuso in A.
Essendo A connesso, si deduce che E = A, da cui la tesi.
228 CAPITOLO 5. FORME DIFFERENZIALI LINEARI E CAMPI DI VETTORI
(1.8) Proposizione Siano A un aperto in uno spazio normato X su K di dimensione
nita, : A X

una 1forma continua e : [a, b] X una curva di classe C


1
a
tratti tale che ([a, b]) A.
Allora la funzione t ((t)),

(t) (denita a piacere dove non `e derivabile)


`e sommabile.
Dimostrazione. Sia a = t
0
< < t
k
= b una suddivisione di [a, b] tale che sia di
classe C
1
su ogni ]t
j1
, t
j
[. Le funzioni
_
t ((t)),

(t)
]t
j1
,t
j
[
(t)
_
(1 j k)
sono sommabili, per cui lo `e anche
((t)),

(t) =
k

j=1
((t)),

(t)
]t
j1
,t
j
[
(t) q.o. in [a, b] .
Ne segue la tesi.
(1.9) Denizione Siano A un aperto in uno spazio normato X su K di dimensione
nita, : A X

una 1forma continua e : [a, b] X una curva C


1
a tratti con
([a, b]) A.
Deniamo lintegrale di lungo , ponendo
_

:=
_
b
a
((t)),

(t) dt .
(1.10) Teorema Siano A un aperto in uno spazio normato X su K di dimensione
nita, : A X

una 1forma continua ed esatta, f : A K una primitiva di e


: [a, b] X una curva di classe C
1
a tratti tale che ([a, b]) A.
Allora si ha
_

= f((b)) f((a)) .
Dimostrazione. Sia a = t
0
< < t
k
= b una suddivisione di [a, b] tale che sia di
classe C
1
su ogni ]t
j1
, t
j
[. Allora si ha
_

=
_
b
a
df((t)),

(t) dt =
k

j=1
_
t
j
t
j1
df((t)),

(t) dt =
=
k

j=1
(f((t
j
)) f((t
j1
))) = f((b)) f((a)) ,
1. PRIMITIVE E POTENZIALI SCALARI 229
da cui la tesi.
(1.11) Teorema Siano A un aperto connesso in uno spazio normato X su K di
dimensione nita ed : A X

una 1forma continua.


Allora sono fatti equivalenti:
(a) la 1forma `e esatta;
(b) per ogni curva chiusa C
1
a tratti : [a, b] A si ha
_

= 0 ;
(c) se : [a, b] A e : [c, d] A sono due curve di classe C
1
a tratti tali che
(a) = (c) e (b) = (d), si ha
_

=
_

.
Dimostrazione.
(a) = (b) Se f `e una primitiva di , si ha
_

= f((b)) f((a)) = 0 .
(b) = (c) Sia : [a, b +d c] A la curva C
1
a tratti denita da
(t) =
_
(t) se a t b ,
(b +d t) se b t b +d c .
Essendo la curva chiusa, si ha
0 =
_

=
_
b
a
((t)),

(t) dt +
_
b+dc
b
((t)),

(t) dt =
=
_
b
a
((t)),

(t) dt
_
d
c
((t)),

(t) dt ,
quindi
_

=
_

.
(c) = (a) Consideriamo solo il caso K = R. Fissiamo x
0
A. Per il Teorema (1.7),
per ogni x A esiste una curva : [a, b] A di classe C
1
a tratti tale che (a) = x
0
e
(b) = x. Poniamo
f(x) =
_

.
230 CAPITOLO 5. FORME DIFFERENZIALI LINEARI E CAMPI DI VETTORI
Una tale curva non `e univocamente determinata da x
0
e x, ma la denizione di f `e
ugualmente ben posta, a causa dellipotesi (c).
Sia e
1
, . . . , e
n
una base in X. Per ogni s > 0 sucientemente piccolo
(t) =
_
(t) se a t b
x + (t b)e
j
se b t b +s
`e una curva C
1
a tratti in A congiungente x
0
con x +se
j
. Allora si ha
f(x +se
j
) f(x)
s
=
1
s
__

_
=
=
1
s
__
b
a
((t)),

(t) dt+
+
_
b+s
b
(x + (t b)e
j
), e
j
dt
_
b
a
((t)),

(t) dt
_
=
=
1
s
_
s
0
(x +te
j
), e
j
dt.
Dal Teorema fondamentale del calcolo integrale si deduce che
lim
s0
+
f(x +se
j
) f(x)
s
= (x), e
j
.
Il limite da sinistra pu`o essere trattato in modo simile, per cui
lim
s0
f(x +se
j
) f(x)
s
= (x), e
j
.
Allora f `e dierenziabile per il Teorema del dierenziale totale e
df(x), e
j
=
f
e
j
(x) = (x), e
j
,
ossia df(x) = (x).
(1.12) Denizione Sia A un aperto in uno spazio unitario X su R di dimensione
nita. Chiamiamo campo di vettori ogni applicazione F : A X.
Un campo di vettori F si dice conservativo, se esiste una funzione f : A R
dierenziabile tale che f = F. In tal caso diciamo che f `e un potenziale per F.
(1.13) Proposizione Siano A un aperto in uno spazio unitario X su R di dimensione
nita, F : A X un campo di vettori ed : A X

la 1forma denita da
x A, v X : (x), v = F(x) v .
Valgono allora i seguenti fatti:
1. PRIMITIVE E POTENZIALI SCALARI 231
(a) una funzione dierenziabile f : A R `e un potenziale per F se e solo se f `e una
primitiva di ;
(b) il campo di vettori F `e conservativo se e solo se la 1forma `e esatta.
Dimostrazione. Se f : A R `e una funzione dierenziabile, si ha
x A, v X : df(x), v = f(x) v .
Ne segue che df(x) = (x) se e solo se f(x) = F(x). La (b) `e unovvia conseguenza
della (a).
(1.14) Denizione Siano A un aperto in uno spazio unitario X su R di dimensione
nita, F : A X un campo di vettori continuo e : [a, b] X una curva C
1
a tratti
con ([a, b]) A.
Si chiama lavoro di F lungo il numero reale
_
b
a
F((t))

(t) dt .
(1.15) Teorema Siano A un aperto in uno spazio unitario X su R di dimensione
nita, F : A X un campo di vettori continuo e conservativo, f : A R un potenziale
per F e : [a, b] X una curva di classe C
1
a tratti tale che ([a, b]) A.
Allora il lavoro di F lungo coincide con f((b)) f((a)).
Dimostrazione. Sia : A X

la 1forma denita da
x A, v X : (x), v = F(x) v .
Si verica facilmente che il lavoro di F lungo coincide con lintegrale di lungo . Si
tratta allora di combinare il Teorema (1.10) con la Proposizione (1.13).
(1.16) Teorema Siano A un aperto connesso in uno spazio unitario X su R di
dimensione nita e F : A X un campo di vettori continuo.
Allora sono fatti equivalenti:
(a) F `e conservativo;
232 CAPITOLO 5. FORME DIFFERENZIALI LINEARI E CAMPI DI VETTORI
(b) per ogni curva chiusa C
1
a tratti : [a, b] A si ha che il lavoro di F lungo `e
nullo;
(c) se : [a, b] A e : [c, d] A sono due curve di classe C
1
a tratti tali che
(a) = (c) e (b) = (d), si ha che il lavoro di F lungo coincide con quello di
F lungo .
Dimostrazione. Sia di nuovo : A X

la 1forma denita da
x A, v X : (x), v = F(x) v .
Questa volta si tratta di combinare il Teorema (1.11) con la Proposizione (1.13).
(1.17) Osservazione Se consideriamo due prodotti scalari su uno spazio vettoriale X
di dimensione nita (che indurranno, ovviamente, due norme equivalenti), pu`o accadere
che un campo di vettori F sia conservativo rispetto ad un prodotto scalare e non rispetto
allaltro.
Esercizi
1. Sia A un aperto in R
2
, sia F : A R
2
un campo di vettori continuo e conser-
vativo con F
2
(t, x) ,= 0 per ogni (t, x) A e sia f : A R un potenziale per F. Si
dimostri che u : I R risolve lequazione dierenziale
u

=
F
1
(t, u)
F
2
(t, u)
se e solo se u `e derivabile e la funzione t f(t, u(t)) `e costante.
2. Siano F
1
: J R e F
2
:], [ R due funzioni continue con F
2
(x) ,= 0 per
ogni x ], [ e siano f
1
e f
2
due primitive di F
1
e F
2
, rispettivamente. Si dimostri che
u : I R risolve lequazione dierenziale
u

=
F
1
(t)
F
2
(u)
se e solo se u `e derivabile e la funzione t f
2
(u(t)) f
1
(t) `e costante.
2. FORME CHIUSE E CAMPI IRROTAZIONALI 233
2 Forme chiuse e campi irrotazionali
(2.1) Denizione Sia A un aperto in uno spazio normato X su K di dimensione
nita. Una 1forma : A X

di classe C
1
si dice chiusa, se per ogni x A ed ogni
v, w X si ha
d(x)v, w = d(x)w, v .
(2.2) Proposizione Siano A un aperto in uno spazio normato X su K di dimensione
nita, : A X

una 1forma di classe C


1
ed e
1
, . . . , e
n
una base in X.
Allora sono fatti equivalenti:
(a) la 1forma `e chiusa;
(b) se
1
, . . . ,
n
sono le componenti di rispetto alla base duale
_
e
1
, . . . , e
n
_
, si ha
x A, j, k = 1, . . . , n :

j
e
k
(x) =

k
e
j
(x) .
Dimostrazione.
(a) = (b) Per ogni j, k = 1, . . . , n risulta
j
(x) = (x), e
j
, quindi

j
e
k
(x) = d(x)e
k
, e
j
.
Ne segue la tesi.
(b) = (a) Risulta
d(x)e
k
, e
j
=

j
e
k
(x) =

k
e
j
(x) = d(x)e
j
, e
k
.
Per linearit`a ne segue
v, w X : d(x)v, w = d(x)w, v ,
da cui la tesi.
(2.3) Osservazione Nel caso X = R
n
, la base duale della base canonica viene spesso
denotata con dx
1
, . . . , dx
n
. In tal caso ogni 1forma : A (R
n
)

si pu` o esprimere
come
=
n

j=1

j
dx
j
234 CAPITOLO 5. FORME DIFFERENZIALI LINEARI E CAMPI DI VETTORI
con
j
: A R e la condizione (b) diventa

j
x
(k)
(x) =

k
x
(j)
(x) .
(2.4) Teorema Sia A un aperto in uno spazio normato X su K di dimensione nita
e sia : A X

una 1forma di classe C


1
ed esatta.
Allora `e chiusa.
Dimostrazione. Consideriamo solo il caso K = R. Sia e
1
, . . . , e
n
una base in X e sia
f una primitiva per . Evidentemente f `e di classe C
2
. Inoltre risulta
f
e
j
(x) = df(x), e
j
= (x), e
j
=
j
(x) ,
quindi

2
f
e
k
e
j
(x) =

j
e
k
(x) .
La tesi discende allora dal Teorema di Schwarz.
(2.5) Teorema Siano A un aperto stellato in uno spazio normato X su K di dimen-
sione nita ed : A X

una 1forma di classe C


1
e chiusa.
Allora `e esatta.
Dimostrazione. Consideriamo solo il caso K = R. Supponiamo che A sia stellato rispetto
a x
0
A. Deniamo f : A R ponendo
f(x) =
_
1
0
((1 t)x
0
+tx), x x
0
dt .
Per il Corollario (4.7.3), si ha che f `e di classe C
1
e per ogni x A ed ogni v X risulta
df(x), v =
_
1
0
td((1 t)x
0
+tx)v, x x
0
dt +
_
1
0
((1 t)x
0
+tx), v dt =
=
_
1
0
td((1 t)x
0
+tx)(x x
0
), v dt +
_
1
0
((1 t)x
0
+tx), v dt .
Poiche
d
dt
(((1 t)x
0
+tx), v) = d((1 t)x
0
+tx)(x x
0
), v ,
si ha, integrando per parti,
df(x), v = (x), v
_
1
0
((1 t)x
0
+tx), v dt +
+
_
1
0
((1 t)x
0
+tx), v dt = (x), v .
2. FORME CHIUSE E CAMPI IRROTAZIONALI 235
Pertanto df(x) = (x).
(2.6) Esempio Si consideri la 1forma : R
2
0 (R
2
)

denita da
(x
(1)
, x
(2)
) =
x
(2)
(x
(1)
)
2
+ (x
(2)
)
2
dx
1
+
x
(1)
(x
(1)
)
2
+ (x
(2)
)
2
dx
2
.
Si verica facilmente che `e di classe C
1
e chiusa. Daltra parte, se
: [0, 2] R
2
0
`e la curva chiusa denita da
(t) = (cos t, sin t) ,
si ha
_

= 2 .
Pertanto la 1forma non `e esatta.
(2.7) Denizione Sia A un aperto in uno spazio unitario X su R di dimensione nita.
Un campo di vettori F : A X di classe C
1
si dice irrotazionale, se per ogni x A ed
ogni v, w X si ha
(dF(x)v) w = (dF(x)w) v .
(2.8) Proposizione Sia A un aperto in uno spazio unitario X su R di dimensione
nita, sia F : A X un campo di vettori di classe C
1
e sia : A X

la 1forma
denita da
x A, v X : (x), v = F(x) v .
Allora `e chiusa se e solo se F `e irrotazionale.
Dimostrazione. Risulta
d(x)w, v = (dF(x)w) v ,
da cui la tesi.
(2.9) Proposizione Siano A un aperto in uno spazio unitario X su R di dimensione
nita, F : A X un campo di vettori di classe C
1
ed e
1
, . . . , e
n
una base ortonormale
in X.
Allora sono fatti equivalenti:
236 CAPITOLO 5. FORME DIFFERENZIALI LINEARI E CAMPI DI VETTORI
(a) F `e irrotazionale;
(b) se F
(1)
, . . . , F
(n)
sono le componenti di F rispetto alla base e
1
, . . . , e
n
, si ha
x A, j, k = 1, . . . , n :
F
(j)
e
k
(x) =
F
(k)
e
j
(x) .
Dimostrazione. Se : A X

`e la 1forma denita da
x A, v X : (x), v = F(x) v ,
ed
1
, . . . ,
n
sono le componenti di rispetto alla base duale
_
e
1
, . . . , e
n
_
, risulta

j
(x) = (x), e
j
= F(x) e
j
= F
(j)
(x) .
La tesi discende allora dalle Proposizioni (2.8) e (2.2).
(2.10) Corollario Siano A un aperto in uno spazio unitario X su R di dimensione
tre orientato e F : A X un campo di vettori di classe C
1
.
Allora sono fatti equivalenti:
(a) F `e irrotazionale;
(b) curl F(x) = 0 per ogni x A.
Dimostrazione. Si tratta di unovvia conseguenza della proposizione precedente.
(2.11) Teorema Sia A un aperto in uno spazio unitario X su R di dimensione nita
e sia F : A X un campo di vettori di classe C
1
e conservativo.
Allora F `e irrotazionale.
Dimostrazione. Si tratta di una riformulazione del Teorema (2.4).
(2.12) Teorema Siano A un aperto stellato in uno spazio unitario X su R di dimen-
sione nita e F : A X un campo di vettori di classe C
1
ed irrotazionale.
Allora F `e conservativo.
Dimostrazione. Si tratta di una riformulazione del Teorema (2.5).
2. FORME CHIUSE E CAMPI IRROTAZIONALI 237
(2.13) Esempio Sia
F :
_
R
3

_
x R
3
: x
(1)
= x
(2)
= 0
__
R
3
il campo di vettori denito da
F(x) =
_

x
(2)
(x
(1)
)
2
+ (x
(2)
)
2
,
x
(1)
(x
(1)
)
2
+ (x
(2)
)
2
, 0
_
.
Si verica facilmente che F `e di classe C
1
ed irrotazionale. Tuttavia il lavoro di F
lungo la curva chiusa
(t) = (cos t, sin t, 0), 0 t 2
non `e nullo, per cui F non `e conservativo.
Esercizi
1. Sia :], [R

una 1forma continua. Si dimostri che `e esatta.


2. Sia : C C

la 1forma denita da
(z), w = zw.
Si dimostri che `e continua e che non `e chiusa.
3. Sia A un aperto in C e sia : A C

una 1forma dierenziabile (in senso


complesso) con d continuo. Si dimostri che `e chiusa.
4. Sia un aperto limitato e convesso in R
3
con 1
2
() <+ e sia F : R
3
un campo di vettori lipschitziano e di classe C
1
su . Si supponga che
_

_
curl F = 0 in ,
div F = 0 in ,
F = 0 su .
Si dimostri che F = 0 su .
5. Sia laperto di R
3
ottenuto ruotando il cerchio
_
x R
3
: (x
(1)
2)
2
+ (x
(3)
)
2
< 1, x
(2)
= 0
_
238 CAPITOLO 5. FORME DIFFERENZIALI LINEARI E CAMPI DI VETTORI
attorno allasse x
(3)
e sia F : R
3
denito da
F(x) =
_

x
(2)
(x
(1)
)
2
+ (x
(2)
)
2
,
x
(1)
(x
(1)
)
2
+ (x
(2)
)
2
, 0
_
.
Si dimostri che
_

_
curl F = 0 in ,
div F = 0 in ,
F = 0 su ,
anche se F non `e identicamente nullo.
3 Campi solenoidali
Nel corso di questa sezione, X denoter`a uno spazio unitario su R di dimensione tre
orientato.
(3.1) Denizione Sia A un aperto in X. Un campo di vettori F : A X di classe
C
1
si dice solenoidale, se (div F)(x) = 0 per ogni x A.
(3.2) Denizione Sia A un aperto in X e siano F, G : A X due campi di vettori.
Diciamo che G `e un potenziale vettore per F, se G `e dierenziabile e curl G = F.
(3.3) Teorema Sia A un aperto in X e sia F : A X un campo di vettori di classe
C
1
che ammetta un potenziale vettore G : A X di classe C
1
.
Allora F `e solenoidale.
Dimostrazione. Dal Teorema (2.3.11) si deduce che
div F = div (curl G) = 0 ,
da cui la tesi.
(3.4) Teorema Siano A un aperto stellato in X e F : A X un campo di vettori di
classe C
1
e solenoidale.
Allora F ammette un potenziale vettore G : A X di classe C
1
.
Dimostrazione. Supponiamo che A sia stellato rispetto a x
0
A. Deniamo G : A X
ponendo
G(x) =
_
1
0
t F((1 t)x
0
+tx) (x x
0
) dt .
3. CAMPI SOLENOIDALI 239
Dal Corollario (4.7.3) si deduce facilmente che G `e di classe C
1
e, tenuto anche conto
del Teorema (4.2.15), risulta
(curl G)(x) =
_
1
0
t
2
dF((1 t)x
0
+tx)(x x
0
) dt
_
1
0
t F((1 t)x
0
+tx) dt +
+3
_
1
0
t F((1 t)x
0
+tx) dt
_
1
0
t
2
(div F)((1 t)x
0
+tx) (x x
0
) dt .
Poiche F `e solenoidale e
d
dt
(F((1 t)x
0
+tx)) = dF((1 t)x
0
+tx)(x x
0
) ,
integrando per parti, si ottiene
(curl G)(x) = F(x) 2
_
1
0
t F((1 t)x
0
+tx) dt +

_
1
0
t F((1 t)x
0
+tx) dt + 3
_
1
0
t F((1 t)x
0
+tx) dt =
= F(x) .
Ne segue la tesi.
(3.5) Esempio Si consideri il campo di vettori F : R
3
0 R
3
denito da
F(x) =
x
[x[
3
.
Si verica facilmente che F `e di classe C
1
e solenoidale.
Tuttavia F non ammette nessun potenziale vettore di classe C
1
. Supponiamo infatti
per assurdo che G : R
3
0 R
3
sia un potenziale vettore di classe C
1
per F. Poniamo
=
_
z R
2
: [z[ < 1
_
e deniamo
1
,
2
: R
2
R
3
ponendo

1
(z
(1)
, z
(2)
) =
_
z
(1)
, z
(2)
, 1 (z
(1)
)
2
(z
(2)
)
2
_
,

2
(z
(1)
, z
(2)
) =
_
z
(1)
, z
(2)
, (z
(1)
)
2
+ (z
(2)
)
2
1
_
.
Dal Teorema di Stokes si deduce che
_

1
()
G(s)
1
(s) d1
1
(s) =
_

1
()
F(x)
1
(x) d1
2
(x) ,
_

2
()
G(s)
2
(s) d1
1
(s) =
_

2
()
F(x)
2
(x) d1
2
(x) ,
240 CAPITOLO 5. FORME DIFFERENZIALI LINEARI E CAMPI DI VETTORI
dove
x
1
() =
2
() :
1
(x
(1)
, x
(2)
, x
(3)
) =
2
(x
(1)
, x
(2)
, x
(3)
) =
_
x
(2)
, x
(1)
, 0
_
,
x
1
() :
1
(x
(1)
, x
(2)
, x
(3)
) =
1
_
4(x
(1)
)
2
+ 4(x
(2)
)
2
+ 1
_
2x
(1)
, 2x
(2)
, 1
_
,
x
2
() :
2
(x
(1)
, x
(2)
, x
(3)
) =
1
_
4(x
(1)
)
2
+ 4(x
(2)
)
2
+ 1
_
2x
(1)
, 2x
(2)
, 1
_
.
Ne segue
_

1
()
F(x)
1
(x) d1
2
(x) =
_

2
()
F(x)
2
(x) d1
2
(x) ,
il che `e assurdo, perche F(x)
1
(x) > 0 per ogni x
1
(), mentre F(x)
2
(x) < 0 per
ogni x
2
().
Elenco dei simboli
K 5
/
m,n
7

hk
7
!(L) 7
A (L) 7
Hom(X; Y ) 7
X

7
X
1
X
2
8
dimX 9
e
j
10
dx
j
10
X

10
Jx 10
tr A 11, 12
det A 11, 13
(x[y) 16
x y 16
|x| 19
[x[ 19
d(x, y) 25
diam(X) 28
B(x, r) 29
E 33
int (E) 33
E 38
lim
x
f() = 40
f() per x 40
lim
x
R
f() 47
d(x, E) 50
limsup
x
f() 56
liminf
x
f() 56
lim
h
x
h
61
B(X; Y ) 68
d

(f, g) 68
|f|

68
C
b
(X; Y ) 69
C(X; Y ) 70
C(X) 70
/(X; Y ) 70
|L| 70
X

71
, x 71
y 72

h=0
x
h
74
L
t
92
L

92
x y 94

ijk
96
f

(x)(y) 99
241
242 ELENCO DEI SIMBOLI
f
y
(x) 99
D
x
(j) f(x) 100
D
j
f(x) 100
f
x
(j)
(x) 100
df(x) 102
f

() 104
d
R
f(x) 110
C
1
(A; X
2
) 114
C
1
(A) 114
C
1
b
(A; X
2
) 117
div f 125
f 125
f 126
curl f 127
rot f 127
f 127
f

(x)(y
1
, y
2
) 130

2
f
y
2
y
1
(x) 130
D
2
x
(i)
x
(j)
f(x) 130

2
f
x
(j)
x
(i)
(x) 130

2
f 134
f
(k)
(x)(y
1
, . . . , y
k
) 136

k
f
y
k
y
1
(x) 136
f
(k)
(x)(y)
k
136

k
f
y
k
(x) 136
f
(k)
(x) 136
D
k
x
(j
1
)
x
(j
k
)
f(x) 136

k
f
x
(j
k
)
x
(j
1
)
(x) 136
C
k
(A; X
2
) 137
C
k
(A) 137
T
x
M 151
W(t) 164, 171
1
m
(E) 178
1
m

(E) 178
/
n
(E) 182
sup
h
f
h
193
inf
h
f
h
193
limsup
h
f
h
193
liminf
h
f
h
193

E
195
_
f(x) d(x) 198, 198, 202
_
f d 198, 198, 202
_
f(x) dx 202
q.o. 207
_
E
f(x) d(x) 208
_
E
f d 208
_
b
a
f(x) dx 208
C
c
(; R
m
) 210
C
c
() 210
E
x
212
E
y
212
m
n
(I) 213
V 222
C
k
c
(; R
m
) 222
C
k
c
() 222
_

228
Indice analitico
applicazione
bilineare 8
simmetrica 8
continua 41
a supporto compatto 209
derivabile 99, 104
due volte 130
k volte 136
di classe C
1
114
di classe C
2
132
di classe C
k
136
dierenziabile 101
in senso complesso 110
in senso reale 110
limitata 29
lineare 7
aggiunta 92
autoaggiunta 93
simmetrica 93
trasposta 92
nlineare 8
simmetrica 8
lipschitziana 45
positivamente omogenea 13
uniformemente continua 81
autovalore 13
autovettore 13
base 9
canonica 10
duale 10
bi-duale algebrico 10
campo di vettori 230
conservativo 230
irrotazionale 235
solenoidale 238
chiusura 33
condizioni
di Cauchy-Riemann 122
di monogeneit`a 122
convergenza
puntuale 69
uniforme 69
curva 227
chiusa 227
di classe C
1
a tratti 227
derivata 99, 104
kesima 136
parziale 100
seconda 130
determinante 11, 12
diametro 28
dieomorsmo 147
dierenziale 102
dimensione
di una sottovariet`a 152
243
244 INDICE ANALITICO
di uno spazio vettoriale 9
distanza 25, 50
divergenza 125
duale
algebrico 7
topologico 71
equazione dierenziale
lineare
a coecienti costanti 174
del primo ordine 162
omogenea 162
equivalenti (norme) 87
brato tangente 154
forma
bilineare 8
simmetrica 8
dierenziale lineare 226
lineare 7
quadratica 144
denita negativa 144
denita positiva 144
indenita 144
semidenita negativa 144
semidenita positiva 144
1forma 226
chiusa 233
esatta 226
frontiera 38
funzione
caratteristica 195
convessa 13
integrabile 202, 208
misurabile 190, 208
semplice 196
sommabile 202, 208
gradiente 126
hessiano 134
integrale 202,
di una 1forma 228
nintervallo 213
intorno 29
sferico 29
isometria 25
isometrici (spazi metrici) 25
laplaciano 222
lavoro di un campo di vettori 231
limite 40
maggiorante denitivo 56
massimo limite 56
matrice 7
hessiana 134
jacobiana 121
wronskiana 164, 171
metrica 25
minimo limite 57
minorante denitivo 56
misura esterna 182
di Hausdor 178
di Lebesgue 182
norma 19
normale esterna 223
nucleo 7
omeomor (spazi metrici) 45
INDICE ANALITICO 245
omeomorsmo 45
ortonormale (insieme) 91
palla 29
parte interna 33
potenziale 230
vettore 238
primitiva (di una 1forma) 226
prodotto
righe per colonne 11
scalare 16
vettoriale 93
punto
aderente 33
critico 145
vincolato 152
di accumulazione 38
di massimo locale 145
di minimo locale 145
interno 33
rotore 127
serie
assolutamente convergente 75
convergente 74
normalmente convergente 74
totalmente convergente 75
soluzione (di unequazione dierenziale) 162
somma diretta 8
sottoinsieme
aperto 33
chiuso 35
convesso 13
denso 38
misurabile 183
stellato 13
trascurabile 183
sottospazio
tangente 151
vettoriale 7
sottosuccessione 64
sottovariet`a 151
spazio
di Banach 66
di Hilbert 66
metrico 25
completo 66
connesso 84
limitato 28
(sequenzialmente) compatto 77
normato 19
unitario 16
orientato 95
vettoriale 5
di dimensione nita 9
successione 61
convergente 61
di Cauchy 64
traccia 11, 12
versore normale esterno 223
vettori linearmente
dipendenti 8
indipendenti 8

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