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a Venerd 24 Gennaio 2014 14:51

Spine e possibilit della lotta alla corruzione


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Contributo di Raffaele Sciortino sul dibattito aperto da Commonware.

Come il tema religione troppo importante per lasciarlo ai preti, cos il tema corruzione si sta rivelando troppo pervasivo per lasciarlo ai moralizzatori, a questi preti della politica, e volgersi alle contraddizioni reali. Bene fa dunque Commonware a richiamare una discussione meno rapsodica e non ideologica sul tema. Nonostante lincedere della crisi globale, anche la pi articolata delle critiche ai limiti tangibili della lotta alla corruzione non riesce a dissolvere da s il suo oggetto, il rinvio dai casi singoli di corruzione alla corruzione sistemica non elimina lillusione diffusissima che eliminando le mele marce in particolare oggi: la casta dei politici il resto pu tornare nei binari del normale funzionamento. opportuno dunque, come primo passo, provare a cogliere la differenza specifica che connota oggi la lotta alla corruzione come uno dei tratti fin qui persistenti dei movimenti e degli umori sociali in Occidente. Col beneficio dinventario di analisi pi specifiche su singoli contesti e movimenti, qui si abbozzer qualche ipotesi generale di lettura per mettere a fuoco quella differenza specifica in prospettiva storica dando per assodato lassunto materialista che in qualche modo n nitido n risolutivo la lotta alla corruzione e la coscienza populista che la contiene sono espressione della lotta tra classi, o almeno anche di questa. Se prendiamo le fasi alte e di massa del populismo storico tra fine Ottocento/inizio Novecento fino alle espressioni nazional-popolari del New Deal non riducibili alla mera critica della

corruzione politico-finanziaria, va da s, n tra di loro omogenee rinveniamo alcune caratteristiche comuni forse utili per il nostro confronto (anche a rischio di generalizzare un po troppo). L avevamo: la contrapposizione tra la finanza e corruzione politica da un lato e il lavoro dallaltro, un lavoro in gran parte manuale e spesso ancora contadino; un discorso classista con punte socialiste (per composizione e obiettivi) che ricopriva per un interclassismo di fondo nella prospettiva politica; movimenti (e organizzazioni) effettivamente puliti, non ancora inseriti cio nei gangli della mediazione politico-sociale capitalistica; la prospettiva della popolarizzazione del potere statale per gestire e nazionalizzare, in varia misura, leconomia reale (in analogia, del resto, con il programma borghese di controllare e gestire il capitalismo che andava allora sostituendosi al laissez-faire). In ogni caso, questi tratti si inserivano in una fase ascendente del movimento di classe, il quale non a caso nel mentre se ne demarcava teoricamente e politicamente (v. Lenin) ne poteva in parte riassorbire la spinta interclassista nei momenti pi alti dellantagonismo al capitale, tra rivoluzione russa e primi anni Venti prima che la spinta anticapitalista andasse a esaurirsi. Qualunque sia il giudizio politico e storico che ne diamo oggi, quella complessa fase ascendente fatta di vittorie e sconfitte andata a costituire nel conflitto quello che con una formula potremmo definire il passaggio capitalistico dalla sussunzione formale alla sussunzione reale. Passaggio di cui New Deal, stalinismo e fascismo sono varianti assai differenti e anche opposte quanto a connotazioni di classe ma pur sempre varianti. (Il che spiega talaltro perch lesito bastardo della rivoluzione russa, lo stalinismo, abbia riciclato molti tratti del precedente populismo. Per lAmerica Latina il discorso pi complesso). Insomma, lanima populista della lotta di classe si dapprima variamente rifusa nellanticapitalismo per poi cristallizzarsi come residuo/rimosso negli strati profondi delle diverse forme di compromesso conflittuale tra proletariato e borghesia alluscita dal secondo conflitto mondiale che hanno fatto da base ai trenta gloriosi: silente ma non del tutto irriconoscibile nelle battaglie del movimento operaio ufficiale (almeno in Europa occidentale) contro i monopoli e le presunte tendenze stagnazioniste del capitalismo reazionario, a favore della propriet cooperativa, nelle espressioni culturali nazionalpopolari, ecc. la fase che apre alla lotta di classe democratica, allacquisizione del ceto medio occidentale alla democrazia welfaristica, alla prospettiva di uninclusione sociale e politica progressiva e sempre pi ampia delle masse popolari. Il farsi nazione del proletariato come premessa del suo ingresso nello stato Quel residuo populista (ovviamente assai mutato) e tanto pi la composizione di classe complessiva sono per usciti radicalmente trasformati dal nesso lotte/sviluppo capitalistico nel boom economico, dal lungo Sessantotto (unico vero momento di rottura con quel populismo latente) e dalla crisi degli anni Settanta. Il passaggio sussunzione formale/reale verso una compiuta societ del capitale si andato definitivamente realizzando con lestinzione di quei residui sociali non compiutamente capitalistici cui ancora aveva potuto riallacciarsi, ad esempio, la lettura polanyiana della reazione sociale al mercato. Facciamo un salto agli ultimi trentanni. La ristrutturazione della relazione classe/capitale, la globalizzazione e finanziarizzazione, ecc. hanno portato in Occidente alle estreme conseguenze quelle tendenze. Nella con/fusione che ne seguita tra lavoro-vita e impresa, nella trasformazione dello stato, nel venir meno dellalternativa socialista e di ogni riformismo e classismo, e altro ancora, un nuovo populismo riemerso, neanche tanto paradossalmente se vale quanto detto finora. Ma in un ambiente e con caratteristiche consone al capitalismo relazionale e informazionale, o come lo si vuol chiamare, allo strapotere della finanza e della comunicazione, allintreccio politica-denaro nella governance, ecc. Un populismo (se ancora si vuole usare questo termine a questo punto assai insoddisfacente) della piena sussunzione reale la fase del capitale come

comunit materiale anticipata dal Camatte degli anni Sessanta che inevitabilmente si incrocia con gli ambienti costitutivamente spuri delle nuove soggettivit in formazione (e delle vecchie in via di disfacimento). Nella fase ascendente della finanziarizzazione il tema corruzione ricomparso solo a sprazzi, in situazioni che parevano anomale (tangentopoli in Italia) in Occidente e da ricondurre nellalveo del buon corso neoliberista, anche ai margini o fuori. Faceva premio la prospettiva di ascesa legata e subordinata alla finanza e alle nuove tecnologie. Ma con la crisi globale quella speranza letteralmente esplosa. La lotta alla corruzione cos diventata il discorso comune delle mobilitazioni e reazioni alla crisi che non hanno potuto che partire dal terreno dato. In questo quadro, quali le criticit passibili di ulteriori sviluppi? Sul piano degli umori e delle reazioni sociali: linterclassismo dellattuale lotta alla corruzione non ha oggi il minimo richiamo soggettivo a un discorso classista e anticapitalista, ma al tempo stesso di fatto collocato in termini assai pi stringenti di un tempo dentro la sussunzione dellintera vita al capitale, ovviamente in forme differenziate a seconda dei contesti; come risvolto soggettivo, essa sconta per rispetto a fasi passate una debolezza fondamentale: la reazione immediata e di massa, quasi disperata, alla sensazione di non avere praticabili vie duscita dalla crisi, essendosi esaurito qualunque appiglio esterno al mercato, ma anche una reazione che non sa crescere verso la ricerca di una qualche alternativa sistemica perch si accompagna alla inconfessata percezione di questa stessa massa di essere come invischiata nei dispositivi finanziari cui ha collaborato e in cui ha riposto speranze di autonomia; di fronte ad essi si trova oggi come disarmata in un paradossale recupero di consapevolezza che risultato fin qui paralizzante piuttosto che liberatorio; in parallelo, insieme inevitabile e poco convinto il richiamo allo spodestato primato delleconomia reale e del lavoro, di cui la coscienza comune percepisce lintreccio inestricabile con la finanza. A livello di prospettive politiche: quanto sopra rende fragile se non inconsistente non solo una ripresa di qualsivoglia neokeynesismo di sinistra, ma anche ogni discorso neo-polanyista sui beni comuni che non sia (al limite) discorso per il commoning: per la ricostruzione di una cooperazione non mercantile che non pu far leva, almeno in Occidente, su alcun presupposto non mercificato, tra comunit di lotta in divenire che non possono far leva su alcuna soggettivit pulita; di qui le difficolt di risposta alla crisi, e non a caso i movimenti che dalla lotta alla corruzione (dei politici, della rappresentanza, ecc.) sono partiti per porre il nodo della democrazia reale hanno dovuto scontare, tra i diversi limiti fondati nella materialit della situazione attuale, proprio la presupposizione spontanea di piattaforme sociali gi date e utili a democratizzare la societ e lo stato, il che ha contribuito a lasciare sullo sfondo, quando non a rimuovere, la necessit di un proprio discorso sul potere, sul modo di produrre, sulla societ da costruire. In definitiva si pu forse dire che la generalizzazione della lotta alla corruzione un po la spia e la summa di questo insieme di difficolt che non sono esterne ma interne alle nuove composizioni sociali. Ci rende questo terreno al tempo stesso vischioso, persistente e per aperto a possibili

smottamenti. Non oggi ancora il segno dellegemonia stabile di un discorso complessivo forte (di stampo nazionalista?) con cui il capitalismo possa rivitalizzarsi recuperando i movimenti sociali e le reazioni alla crisi; n un terreno di per s linearmente favorevole allanticapitalismo. piuttosto il segno della rottura dei precedenti equilibri, aperto a diversi esiti possibili. La prima fase dei movimenti contro la crisi si conclusa, le varie forme di lotta alla corruzione ovviamente non esaustive delle molteplici istanze presenti ne sono state i cahiers de dolance e il vettore di amplificazione del messaggio presso le pi ampie masse con effetto di delegittimazione degli assetti costituiti. La prossima fase, anche alla luce di un auspicabile bilancio di quanto fin qui messo in campo, potrebbe approssimare di pi il problema del potere e del modo di produrre. Finora abbiamo provato a sporcarci le mani, tra poco potrebbe non pi bastare. Una discussione ampia sui nodi di programma, e non solo sulla tattica, che emergono dalla dinamica delle varie resistenze, anche le pi spurie, si rende pi urgente.

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