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Giorgio Benvenuto Antonio Maglie

IL DIVORZIO
DI SAN VALENTINO
Come la Scala Mobile divise lItalia

I Edizione: dicembre 2013


copyright 2013
Fondazione Bruno Buozzi
via Sistina, 57 - 00187 Roma
tel. 066798547 fax 066798845
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e-mail: fbb@fondazionebrunobuozzi.it
per contattare gli autori:
giorgio.benvenuto@yahoo.it
anto.maglie@gmail.com
twitter: @giorgiobenvenut
twitter: @FondBrunoBuozzi
copertina: Marco Zeppieri
editing e impaginazione: Marco Zeppieri
finito di stampare nel dicembre 2013
dalla Tipolitografia Empograph
Villa Adriana (Roma)

Questo libro
N

el 1935, Fernando Pessoa scrisse una ironica e divertente poesia


anti-salazarista (il dittatore la prese a male e ne imped la
pubblicazione), significativamente intitolata "libert". Diceva: "Ma
che piacere/ non compiere un dovere/ avere un libro da studiare/ e
lasciarlo aspettare". Il libro che proponiamo all'attenzione di chi
vorr dedicargli una parte del proprio tempo libero, non va studiato e
pertanto, con il permesso del grande poeta portoghese, confidiamo che
non venga lasciato ad "aspettare". Il tema, la scala mobile, lo scontro
sul decreto che esattamente trent'anni fa, Bettino Craxi, Presidente
del Consiglio, adott per limitare gli effetti inflazionistici del
meccanismo automatico di aggiornamento dei salari al costo della vita,
non rientra certo tra quelli "leggeri". E non ha i sublimi caratteri
lirici di un componimento dell'autore a cui si appassion un altro
scrittore eccezionale, Antonio Tabucchi. Ma abbiamo provato a guardare
quella storia (o quella somma di storie) attraverso un'altra
prospettiva. In queste pagine non troverete un elenco di date (quello,
semmai, potrete leggerlo proprio a conclusione del libro); per
troverete le donne, gli uomini, i protagonisti che "interpretarono"
quella vicenda animandola, sublimandola con "pensieri e parole". E
scelte, normalmente meditate, a volte impulsive, pi spesso sofferte.
Abbiamo provato, insomma, a raccontare il momento pi alto dello
scontro a sinistra degli anni Ottanta con un linguaggio originale,
quindi n in "politichese" n in "sindacalese". Volendo in "umanese",
pessimo neologismo per dire che abbiamo cercato dentro le "divise" dei
leader, i connotati degli uomini. Ovviamente, senza dimenticare il fatto.

Questo libro prende le mosse da un avvenimento, San Valentino, la

rottura sindacale, l'epilogo della Federazione Unitaria Cgil-Cisl-Uil che

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

si port dietro anche l'epilogo della Flm, la Federazione Lavoratori


Metalmeccanici, forse l'unico vero esempio di unit sindacale del
dopoguerra. Ma quel fatto ebbe un prima e un dopo. Ecco perch
abbiamo deciso di andare oltre l'evento in s, di abbracciare un
periodo storico: dieci anni, dall'accordo sul Punto Unico di
contingenza (considerato uno dei detonatori dell'avvitamento
inflazionistico che funest l'economia italiana dalla crisi
petrolifera, dal '73, sino alla soglia degli anni Novanta) al
referendum del 1985 che conferm, piuttosto a sorpresa, la validit
dellaccordo di San Valentino. Ma quella della Scala Mobile fu una storia
infinita tanto vero che il sipario cal solo sette anni dopo la verifica
referendaria, nel 1992.

Dal punto di vista temporale, una parentesi quasi ventennale,

punteggiata da vicende rimaste nella storia del Paese: l'accordo sul


Punto Unico, la vertenza Fiat con la finale Marcia dei Quarantamila, i
tentativi di mediazione di Giovanni Spadolini, primo Presidente del
Consiglio laico dopo Ferruccio Parri, il Protocollo Scotti, infine il
decreto di San Valentino, il referendum e l'intesa che nel '92 di
fatto abol la Scala Mobile. Insomma, una folla di avvenimenti e di
volti. Perch, come diceva Pietro Nenni, le idee camminano sulle
gambe degli uomini e anche le vicende politico-sindacali hanno degli
arti che le accompagnano sulle pagine dei giornali, nelle cronache
televisive e, infine, nei libri di storia. Degli arti, delle
intelligenze e delle anime. Ecco perch abbiamo ritenuto necessario
creare un racconto molto articolato: venticinque capitoli (pi una
premessa), una met dedicata ai Fatti, l'altra met ai Personaggi
che quei fatti hanno promosso e interpretato, provando a legare la
lettura delle cose oggettive alle motivazioni politiche e ai
tormenti personali. Ci siamo avvalsi delle cronache e dei commenti
giornalistici dell'epoca (apparsi su settimanali come Espresso,
Panorama, "L'Europeo" e "Il Mondo"; su quotidiani di partito come
"l'Unit", "Avanti!", "La Voce Repubblicana", "L'Umanit", "Il
Popolo"; su quotidiani indipendenti come la Repubblica, Corriere
della Sera, La Stampa, "il Giornale", La Nazione, il Giorno,
4

QUESTO LIBRO

il Resto del Carlino, La Gazzetta del Mezzogiorno, "Gazzetta del


Sud", "Il Gazzettino", "Il Mattino", "il Manifesto", Sole 24ore, Il
Foglio, El Pais, Il Globo, Il Fiorino; su riviste ideologiche come
Rinascita, Mondoperaio, Critica Sociale, Socialismo Oggi,
Terza Fase; su organi sindacali come "Lavoro Italiano", "Rassegna
Sindacale", "Conquiste del Lavoro", I Consigli), delle analisi degli
storici, delle testimonianze dei protagonisti. Soprattutto di queste
ultime. Abbiamo cercato di limitare al minimo la mediazione
interpretativa proponendo ampi stralci di dichiarazioni, interviste,
discorsi,interventi. Abbiamo costruito i capitoli in maniera autonoma l'uno
dall'altro, come racconti finiti, quindi leggibili anche astraendoli
dal contesto generale. L'augurio che lo sforzo sia stato coronato da
successo. Almeno parziale.
Gli Autori

INDICE

PREMESSA
Ma non fu un addio ..........................................................................................................pag.

11

IL PUNTO UNICO
Quel peccato originale ....................................................................................................pag.

31

GIANNI AGNELLI
LItalia della Fiat ................................................................................................................pag.

47

LA SVOLTA DELLEUR
Austeri al governo .............................................................................................................pag.

63

LUCIANO LAMA
Tra unit e fedelt ..............................................................................................................pag.

83

LA PRIMA ROTTURA
Quarantamila in marcia ..................................................................................................pag.

99

ENRICO BERLINGUER
Elogio della diversit .......................................................................................................pag.

123

INCOGNITE E DEBOLEZZE
Il sindacato al bivio ..........................................................................................................pag.

143

GIORGIO BENVENUTO
La fatica dellunit ............................................................................................................pag.

159

GLI ANNI LAICI


Laccordo mancato............................................................................................................pag.

177

GIOVANNI SPADOLINI
Dalla speranza alla delusione .....................................................................................pag.

189

TRA ROTTURA E INTESA


Quel giorno che Scotti... ...............................................................................................pag.

199

PIERRE CARNITI
Intransigenza di un cane sciolto...........................................................................pag.

213

SAN VALENTINO
Lautunno del sindacato ................................................................................................pag.

227
7

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

BETTINO CRAXI
Evoluzione e involuzione. ............................................................................................pag.

247

IL PCI VA ALLA GUERRA


Niet, cortei e sconfitte ...............................................................................................pag.

265

MIGLIORISTI IN ATTESA
Iotti, Napolitano e gli altri ............................................................................................pag.

287

IL PSI DEL CAPO


Un partito al governo.......................................................................................................pag.

299

TORMENTI SOCIALISTI
Convinti, perplessi, preoccupati ................................................................................pag.

319

METAMORFOSI DC
Irrompe De Mita, lanti-Craxi ....................................................................................pag.

331

SANDRO PERTINI
Il presidente nuovo ......................................................................................................pag.

351

RICORDANDO BRUNO
Insieme, se non si vince si perde meno...

...........................................................pag.

365

IDEE A CONFRONTO
Nel cuore della crisi di identit ..................................................................................pag.

381

LA RESA DEI CONTI


Un referendum sorprendente.......................................................................................pag.

395

MERLONI E LUCCHINI
Per qualche decimale in pi

.......................................................................................pag.

419

LULTIMO ACCORDO
Orfani di passato e futuro..............................................................................................pag.

439

LE DATE DEL DECENNIO LUNGO (1975 - 1985) ...........................pag.

451

BREVI BIOGRAFIE
(Politici, Sindacalisti, Imprenditori, Professori, Giornalisti) ....................pag.
GLOSSARIO .......................................................................................................................pag.
BIBLIOGRAFIA ...............................................................................................................pag.
INDICE DEI NOMI.........................................................................................................pag.

475
499
505
515

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO


Come la Scala Mobile divise lItalia

Sono con te a Rockland


dove ci sono venticinquemila compagni rabbiosi
che cantano tutti assieme
le strofe finali dell'Internazionale
Allen Ginsberg (Urlo, 1956)

A sinistra chi crede che sia


possibile cambiare il mondo; la destra
quella che non crede che sia
possibile cambiare il mondo o che
ne valga la pena. Noi siamo socialisti
perch crediamo possibile cambiare il mondo
Riccardo Lombardi (Torino, 1967)

Il passato deve essere come


una pietra. Non una pietra
da reggere sulle spalle, bens una
su cui mettersi in piedi
Anneli Schinkel (Figlia della seta, 2009)

PREMESSA
Ma non fu un addio

Il pesce grosso (Craxi) mangia i piccoli (Berlinguer, Lama


e infine loperaio) ma poi li pesca tutti Agnelli

PREMESSA

Il 14 febbraio 1984 il governo presieduto dal segretario del Psi, Bettino Craxi, var un decreto che port al taglio di quattro punti di contingenza.
Lobiettivo era quello di riportare sotto controllo uninflazione che in Italia
aveva raggiunto livelli quasi sudamericani, sfondando, qualche anno prima,
addirittura la soglia psicologica (ma anche economica) del venti per cento.
Quel decreto scaten una vera e propria guerra a sinistra. Da un lato i socialisti
al governo, dallaltro i comunisti allopposizione. In mezzo, il sindacato, la
Uil, la Cisl ma, soprattutto, la Cgil che pi degli altri si ritrovava nell'occhio
del ciclone per la posizione inflessibile assunta dal segretario generale del
Pci, Enrico Berlinguer. Cosa fu quel decreto? Per i critici (cio i comunisti)
un atto di imperio, il prodotto pi chiaro della deriva autoritaria del governo
Craxi, un intervento senza precedenti. Soprattutto per un motivo: per la prima
volta, una scelta di politica economica era stata adottata a prescindere dal
consenso (e dal dissenso) del Pci. Ma, soprattutto, i comunisti che sino a un
decennio prima avevano consegnato, essendo allopposizione dal 1947 ed
essendo vittime della "conventio ad excludendum" determinata dalla divisione del mondo in due blocchi e dalla Guerra Fredda, la delega alla Cgil a
trattare con lesecutivo queste materie, dopo essere entrati nella maggioranza
con i governi della non sfiducia e di solidariet nazionale, avevano deciso
che quella delega non poteva pi esistere.
Insomma, se prima non si poteva governare contro il Pci, adesso
non si poteva governare senza il Pci e quel "succedaneo" rappresentato
dalla Cgil non poteva bastare pi come ai tempi di Palmiro Togliati e Luigi
Longo. La vicenda cos sintetizzata sembra riguardare un piccolo pezzo
della storia dItalia. In realt tra la sua genesi e il suo epilogo intercorrono
la bellezza di dieci anni. Perch tutto comincia con il famoso accordo sul
punto unico di contingenza, cio con la creazione di un meccanismo che
affidava in misura crescente agli automatismi laumento dei salari finendo
per determinare un appiattimento e per non valorizzare adeguatamente le
13

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

professionalit. Era il 1975 e la soluzione prese, ingiustamente, il nome di


accordo Lama-Agnelli (ingiustamente perch Lama firm pur non condividendo appieno il meccanismo). Lepilogo si colloca precisamente nel
1985 quando un referendum convocato su iniziativa del Pci che raccolse le
firme, conferm, invece, il decreto dando torto agli organizzatori. Fu un
piccolo pezzo di storia dentro, per, una pi vasta vicenda economico-finanziaria. Perch, se come qualcuno disse, la scala mobile pretendeva di
curare il diabete (cio l'aumento dei prezzi) con massicce dosi di zucchero
(terapia evidentemente inappropriata), bisogna anche aggiungere che contro
quel meccanismo in parecchi tramarono, per ammissione degli stessi congiurati. Nino Andreatta, ad esempio. Ai governi di Bettino Craxi stata attribuita la responsabilit di aver fatto impennare il debito pubblico dal 58
per cento del Pil del 1980 al 124 per cento del 1994. Ma il colpo di acceleratore, in realt, lo diede nel 1981 il Ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta, che, con l'avallo del governatore della Banca d'Italia, Carlo Azeglio
Ciampi, decise di non acquistare i titoli di Stato rimasti invenduti. Pi tardi,
molto pi tardi, il ministro motiv la sua scelta anche con l'intenzione di lanciare un attacco decisivo al demenziale rafforzamento della scala mobile.
E stato forse il decennio pi controverso della recente storia dItalia
perch nulla in quel lasso di tempo stato risparmiato al Paese: gli Anni di
Piombo con il punto culminante del Caso Moro, lo stragismo di destra con
gli ottantacinque morti della stazione di Bologna; la scoperta della Loggia
P2; il rovinoso terremoto in Irpinia; politicamente si pass dai governi sostenuti da tutti i partiti di quello che allepoca veniva definito Arco Costituzionale (fuori restavano solo i nostalgici del Movimento Sociale
Italiano) al pentapartito a guida laica (Giovanni Spadolini) e socialista (Bettino Craxi); il primo Presidente della Repubblica interventista (Sandro
Pertini che intu come in una situazione politica che impediva l'alternativa,
la paralisi poteva essere limitata con l'alternanza); la crescita travolgente
dellinflazione e della spesa pubblica; un Pil stagnante mentre nel mondo
diventava sempre pi robusta la ripresa; a livello sindacale, la fallita svolta
dellEur, la Marcia dei Quarantamila e, infine, la rottura di San Valentino
e il referendum. Al di l delle polemiche (pi che altro pretestuose), quel
decreto fu lo strumento attuativo di un accordo sindacale a cui una parte
(lala comunista della Cgil) non ader. Ma incontestabile che il provvedi14

PREMESSA

mento sia stato il prodotto di un negoziato lungo, complesso, difficile, che


ha determinato una divisione con indubbie conseguenze sull'evoluzione dei
rapporti tra le Confederazioni. Tutta limpalcatura unitaria che era nata con
le lotte dellAutunno Caldo (dalla Federazione Lavoratori Metalmeccanici
alla Federazione Unitaria Cgil-Cisl-Uil) venne gi come un castello di
carta, investita dallo tsunami degli interessi di parte, soprattutto politici.
Sembrava una rottura irrimediabile. Invece, non fu un addio perch le Confederazioni, dopo aver celebrato un paio di feste del lavoro separatamente,
ritrovarono le ragioni (o almeno una parte) dell'unit d'azione nelle cose da
fare, negli interessi da difendere, nelle battaglie da combattere (ad esempio,
quella per un fisco giusto).
La vicenda stata in qualche maniera rimossa perch rappresenta per
tutti, per i sindacati e soprattutto i partiti di sinistra, un nervo scoperto. Ma lo
anche per la Confindustria che in quella vicenda us la stessa doppiezza
che di solito veniva contestata ai comunisti. A volte, daltro canto, gli estremi
si toccano. E, come dice la fisica, gli analoghi si respingono perch quel sanguinoso duello tra partiti che facevano idealmente riferimento ai lavoratori
quanto di pi incongruo la storia italiana potesse mettere in scena. In questi
anni, in realt, sullargomento molto stato detto e molto stato scritto. Ma
le varie testimonianze si sono disperse in mille rivoli senza mai trovare lalveo
di un fiume unitario di analisi. Ora che le passioni si sono placate, che molti
dei protagonisti non ci sono pi e che il panorama politico italiano non riconosce pi nessuno dei partiti dell'epoca, provare a meditare su quel che avvenne pu essere utile. Non tanto per uno sforzo mnemonico, quanto per
provare a fornire risposte a un futuro che appare oggi decisamente pi complesso di quanto non fosse allora. I problemi che diedero vita a quella sorta
di "guerra dei mondi" sono diventati elementi stabili di un lascito ereditario
che viene trasmesso da una generazione all'altra di italiani.
E come le ricchezze accumulandosi nel tempo diventano sempre
pi consistenti, allo stesso modo i nodi della nostra societ sono diventati
sempre pi intricati. I quesiti odierni sono cos complessi che lo scontro di
allora finisce per ispirare una certa tenerezza: per fronteggiare la tempesta
in un bicchiere d'acqua, abbiamo perso di vista la bufera perfetta che gi
montava fuori dalla nostra porta. Il passato non che ritorni: semplicemente
resiste e, diventando presente, si complica, attraversando decenni, vedendo
15

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

le menti migliori, come le avrebbe definite Allen Ginsberg, sfiorire. Ad


esempio, le contraddizioni della sinistra italiana. Sono le stesse di allora
(persino alcuni leader sono gli stessi di allora): mutano i nomi, mutano i
tempi, non muta la sostanza forse perch al posto di fare i conti con la storia
in Italia si preferisce aggirarla.
Questo libro non un esercitazione memorialistica. Certo, ci sono
le memorie anche perch uno dei due autori, Giorgio Benvenuto, stato di
quelle vicende uno dei principali protagonisti, le ha vissute dallinizio alla
fine. Non un libro di storia ma di ricostruzione storica nel senso che prova
a descrivere gli avvenimenti facendo parlare chi li ha vissuti (chi non c
pi ha lasciato libri, interviste, discorsi). Non possiamo garantire sulloggettivit. Possiamo, per, garantire sullonest intellettuale che un punto
di riferimento pi sicuro delloggettivit. Daltro canto, molti anni fa i massmediologi sostenevano che lobiettivit non esiste ma che esiste solo linterpretazione del fatto. Spesso si detto e scritto che la storia, alla fine, la
fanno i vincitori pertanto non pu che essere di parte. Ai vinti resta, invece,
come diceva Jorge Luis Borges (che in realt si riferiva ai colonizzatori e
ai colonizzati) la vendetta di civilizzare i vincitori. Vorremmo che questo sguardo retrospettivo venisse utilizzato per capire quel che siamo perch, in realt, non siamo cambiati, siamo sempre gli stessi, con le nostre
virt. Purtroppo anche con il nostro notevole carico di vizi. Gaetano Arf,
nel raccontare ai giovani cosa fu il Partito d'Azione, parlando di Ferruccio
Parri, ricordava: Con la malinconica e sottilmente amara ironia che gli
era propria mi disse una volta: "Io sono un conservatore disperato perch
non trovo molto che meriti di essere conservato". La "carenza" denunciata
da Parri nel tempo non stata colmata: da conservare c' sempre poco. In
compenso, per, c' molto da costruire, da cambiare, da modificare.
Poco meno di mezzo secolo fa, Riccardo Lombardi, celebrando il
1 maggio a Torino, diceva: Ricorderete il motto di Einaudi alla vigilia
della seconda guerra mondiale, quando identificava una forma di democrazia economica con la libert del consumatore: era il consumatore che
col suo acquisto giorno per giorno deponeva un bollettino di voto democratico La situazione oggi diversa. Sotto l'impulso di due elementi fondamentali che hanno caratterizzato la societ moderna nel secolo scorso e
soprattutto nel secolo in cui viviamo, vale a dire la democrazia politica e la
16

PREMESSA

forma sindacale, il vecchio capitalismo che tendeva esclusivamente all'accumulazione, si modificato, stato costretto dalla pressione dei sindacati,
che hanno contestato la riduzione dei salari, e dalla democrazia politica
che ha immesso nel corpo sociale la pratica ormai generalizzata delle spese
sociali, a lasciare la presa su una quota sempre pi rilevante di reddito destinata all'investimento e a trasferirla ai consumi. La situazione, mezzo
secolo dopo, ha provveduto a smentire il generoso ottimismo di Lombardi.
L'accumulazione dei suoi tempi, quella legata all'attivit industriale,
quella "produttivista" si bloccata venendo sostituita dall'accumulazione
finanziaria che ha prodotto effetti perversi a livello di occupazione e distribuzione della ricchezza per completare, poi, l'opera deflagrando nella crisi
pi grave che gli uomini di questo secolo e, probabilmente, anche del secolo
scorso, abbiano mai conosciuto. Impegnati a discutere su quattro punti di
contingenza, i partiti italiani non riuscirono a cogliere la trasformazione in
atto, una trasformazione che, come dice Luciano Gallino (e come conferma
Joseph Stiglitz), ha determinato inaridimento dei diritti e compressione dei
salari utilizzando due semplicissime leve: globalizzazione e delocalizzazione. In quel lontano 1984 si parlava di difesa del salario reale attraverso
la lotta all'inflazione. Adesso, invece, bisognerebbe parlare di recupero del
potere d'acquisto. Perch, di fatto, i salari sono fermi pi o meno da vent'anni e le lancette del potere d'acquisto per i lavoratori dipendenti nel nostro
Paese sono tornate indietro di un quarto di secolo. Dall'Unione Europea ci
dicono che la ripresa qui da noi debole perch si appoggia su una domanda interna a dir poco rachitica. Negli anni in cui i salari non crescevano,
con il credito alla famiglie (generosamente dispensato dalle banche) si "curava" in qualche maniera il nanismo. Ma era un palliativo, non una terapia,
era l'aspirina non l'ormone della crescita. Ora che il vaso di Pandora si
rotto, il problema davanti a tutti: con questi salari, la domanda interna
boccheggia. E non pu fare altro. Il fatto che tutto quello che sta accadendo non era imprevedibile.
Fra il 1976 (cio un anno dopo il famoso accordo sul punto unico)
e il 2006 (cio l'ultimo anno prima della bolla immobiliare esplosa nel 2007
e deflagrata in tutta la sua potenza nel 2008) nei paesi Ocse la quota di Pil
destinata ai salari crollata dal 67 al 57 per cento. In Italia crollata un po'
di pi: dal 68 al 53 per cento. In questa non invidiabile classifica siamo agli
17

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

ultimi posti, in compagnia di Giappone e Irlanda. A livello di lavoratori poveri non siamo sulle grandezze della Germania (20 per cento del totale degli
occupati) ma siamo sempre attestati su un poco sostenibile 17 per cento.
Abbiamo ormai circa quattro milioni di lavoratori precari che in media guadagnano il venti, trenta per cento in meno dei colleghi a tempo indeterminato che pure non nuotano nell'oro. Abbiamo quasi tre milioni e mezzo di
disoccupati e se a questo esercito aggiungiamo i connazionali che hanno
rinunciato a cercare lavoro arriviamo a sei milioni di persone costrette a
girarsi i pollici. Le stime dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro dicono che nei prossimi dieci anni se non vogliamo che il mondo esploda
sulla bomba sociale della disoccupazione, bisogner creare qualcosa come
un miliardo e duecento milioni di posti: dove crearli e come crearli un
rebus di complicatissima soluzione. Trent'anni fa il mondo (il nostro piccolo
mondo) sembrava ruotare intorno a quattro punti di contingenza, ai decimali
che la Confindustria non voleva pagare, al recupero del "taglio" che i comunisti (anche quelli della Cgil) reclamavano a gran voce. Adesso, la que-

Questa vignetta di Altan apparve su Satyricon, supplemento


de la Repubblica, nel luglio del 1980: dopo oltre trentanni
mantiene una certa dolorosa ancorch sarcastica attualit
18

PREMESSA

stione decisamente pi ampia. Da un lato una disuguaglianza che non rappresenta soltanto una offesa alla dignit umana ma che finisce per essere
un morbo che pu uccidere la societ occidentale nella forma e nella dimensione in cui l'abbiamo conosciuta negli ultimi cinquanta, sessant'anni;
dall'altro una disoccupazione che chiede soluzioni ma finisce per scontrarsi
con una societ che non crea posti di lavoro ma distrugge lavori.
La sfida oggi pi alta e rischiosa. Anche affascinante. Ma occorre
uno sforzo di creativit notevole e una proposta politica che rifuggendo
dalla retorica riesca a offrire una "visione di Futuro", l'immagine di un
mondo se non nuovo, almeno rinnovato. L'inflazione era il Problema; in
trent'anni la realt si capovolta: oggi la deflazione uno dei problemi. La
decrescita pu essere anche "conviviale" o "felice" come ci dice Serge Latouche, nel frattempo si vedono in giro pochi disoccupati che brindano all'evento della mancanza di lavoro (e di sostentamento) stappando bottiglie
di Dom Perignon. La sintesi economica del nostro tempo l'ha fatta in un
documento l'Associazione Koin: Ci ritroviamo con una decrescita infelice e pi poveri. Con alcune significative peculiarit. Siamo sotto la media
europea: negli investimenti per la ricerca scientifica, nell'offerta di educazione (da quella di base a quella universitaria, da quella professionale a
quella continua), nell'efficienza della Pubblica Amministrazione, nelle infrastrutture immateriali collegate alla produzione e ai servizi. Nello stesso
tempo, siamo sopra la media europea: nella tassazione del lavoro e della
produzione, nella protezione delle rendite finanziarie, professionali e immobiliari, nelle tutele corporative e nei limiti alla concorrenza, nel peso
delle illegalit (compresa quella mafiosa) sul sistema economico. Siamo
il Paese con i salari netti pi bassi, la tassazione pi alta e gli orari di lavoro
pi lunghi (di trecento ore rispetto alla media europea, di quattrocento rispetto a quelli tedeschi).
Stiglitz spiega da tempo che il Pil non un misuratore affidabile
del benessere: se produci e vendi armi il Prodotto Interno Lordo aumenta,
ma pu considerarsi baciata dal benessere una societ che si regge sull'equilibrio del terrore o sui profitti delle guerre? E, comunque, il disagio accanto
alle conseguenze sul conto in banca (o sul rosso in banca), produce contraccolpi sui rapporti umani, sulle relazioni interpersonali, sui modelli di
vita. La sintesi di questa crisi pi ampia l'ha offerta Pierre Carniti: La so19

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

ciet del lavoro si trasformata nella societ del consumo, l'ordine dell'egoismo individuale ha avuto il sopravvento sull'ordine della solidariet.
Concetto che riecheggia in qualche misura un pezzo di quella teoria della
liquidit elaborata da Zygmunt Bauman: la nostra Polis non pi abitata
da cittadini responsabili ma da consumatori felici. Questi ultimi sono quelli
che appaiono nelle pubblicit di mulini pi o meno bianchi, sulle copertine
delle riviste patinate, negli studi televisivi; che hanno trasformato Internet
in un grande e freddo supermercato, consumo per il consumo senza nemmeno il fastidio del confronto interpersonale. Si finisce per esistere se si
oggetti del consumo o esempi di consumo, modelli di uno stile di vita
tanto accattivante quanto improbabile da raggiungere per chi pu contare
solo su un reddito fisso. Come dice il presidente delle Acli, Gianni Bottalico, nessuno parla pi delle persone normali. Conseguenza: nessuno
parla pi delle vite normali. Riecheggia come una profezia insoddisfatta
quel diversamente ricchi che tanti (ormai troppi) anni fa avanzava Riccardo Lombardi. Non l'uomo che ha cambiato l'ordine dei bisogni, ma i
bisogni che hanno precipitato l'uomo nel disordine e nella insoddisfazione.
San Valentino , nella sostanza, la foto ingiallita di un album di ricordi. Ma
pu sempre essere un momento concreto della nostra vita se si trasforma
nello stimolo per andare oltre le apparenze, per provare a recuperare quel
che si nasconde sotto la superficie. San Valentino pu essere utile alla sinistra italiana per riflettere su se stessa, sulla sua atipicit, sul rifiuto di aderire
(nella sua totalit) a quell'ideologia socialdemocratica che il riferimento
strutturale dei partiti progressisti in Europa. Con la conseguenza che ancora
oggi la sinistra in Italia non ha una identit di tipo "continentale" e non consente a chi ad essa fa riferimento, come disse negli ultimi anni della sua
vita Bruno Trentin, di poter morire socialisti. Perch non un'offesa esserlo, in fondo si in buona compagnia: Brandt, Schmidt, Mitterrand,
Palme, volendo persino Roosevelt.
Il sindacato italiano da quella storia usc cambiato nei suoi connotati.
Diviso e anche impaurito. Poteva essere l'occasione per costruire le regole di
una vera, consapevole duratura concertazione; al contrario abbiamo assistito
alla regressione di governi che l'hanno rifiutata alla radice per produrre, a livello economico, risultati disastrosi; abbiamo partiti, anche di recente conio,
che pensano che dei sindacati in una societ moderna si possa tranquillamente
20

PREMESSA

fare a meno, evocando da un lato forme (false) di democrazia diretta attraverso il web e dall'altro sistemi partecipativi sul modello tedesco che delle
organizzazioni dei lavoratori proprio non possono fare a meno. Eppure, in
una fase drammatica (una delle tante, si potrebbe dire) che questo Paese ha
attraversato, Carlo Azeglio Ciampi, da capo del Governo, ci ha spiegato che
se ci sono delle regole, la concertazione come strumento di condivisione delle
responsabilit e di ampliamento del consenso (non come consociativismo
che si esalta e si esaltato spesso in Italia nello scambio sottobanco), pu essere lo strumento pi efficace per raggiungere il traguardo.
Per quanto i sindacati abbiano giocato in difesa, qualcosa di buono,
per, da quella vicenda venuto fuori: un aggiornamento delle strategie
determinato dalla consapevolezza che il mondo del lavoro era cambiato,
che non ci si poteva pi attardare nell'esaltazione di un operaio-massa che
non c'era pi, che la classe aveva recinti pi ampi perch se per classe,
come dicono i sociologi, si intende una comunit di destino, ora il destino
comune a gran parte dei salariati e nella societ i bisogni di un professore
delle medie superiori non sono diversi da quelli di un operaio siderurgico
titolare di una busta-paga pi o meno analoga. L'elencazione delle richieste
semplice, molto pi complessa la loro soddisfazione: una societ capace
di redistribuire pi equamente il benessere, un fisco capace di chiedere a
tutti il dovuto per evitare che i costi del vivere insieme si scarichino sui soliti noti (producendo effetti letali proprio su quella distribuzione della ricchezza e dei benefici sottraendo "alimento" finanziario ai servizi collettivi,
sanit, istruzione, scuola, eccetera), una sicurezza sanitaria e sociale diffusa,
un accesso alla conoscenza garantito e capace di valorizzare le qualit e i
meriti. Giorgio Benvenuto trasform queste richieste in un'idea: il Sindacato dei Cittadini. Perch era diffusa la consapevolezza che non bastava
pi la fabbrica o l'ufficio a riaggregare gli interessi scomposti dei lavoratori.
Tutto era diventato pi ampio, i confini erano stati travolti. Diventava, perci, la societ il luogo in cui cercare una sintesi.
Un problema che si pone ancora oggi. Come si raggiunge il vasto
arcipelago dei non garantiti? Come si offre l'indicazione di un destino
comune a quel fiume impetuoso che si disperde nella societ in mille rivoli
fatto di precari, titolari tipologie contrattuali atipiche, di regolamentazioni
flessibili? Come si protegge questa sconfinata umanit giovanile che rischia di
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

essere stritolata dalle regole spietate e funeste di un liberismo trasformato nell'unica ideologia sovranazionale sopravvissuta al crollo di tutte le ideologie?
Resta, oggi come allora, la societ il luogo in cui cercare le risposte;
il cittadino che chiede tutele nelle sue diverse vesti, non solo in quelle di
lavoratore. Una riflessione che diventata patrimonio di tutto il sindacato
anche se forse non ha avuto adeguati sviluppi. Basterebbe rileggere quel
che scriveva Bruno Trentin, agli inizi del 1988, rievocando la figura di Giuseppe Di Vittorio in un breve saggio pubblicato su Rassegna Sindacale: Si
tratta di piantare qui la radice di un patto di solidariet, la ridefinizione
di nuovi diritti universali di cittadinanza come diritti al lavoro, all'informazione, alla formazione permanente, alle pari opportunit, alla sicurezza,
alla salute e alla tutela dell'ambiente. E si tratta di riconquistare dei diritti
universali che non possiamo definire come in passato; o riconsiderare solo
alla luce del fatto che intorno alla piccola impresa si sta creando un'area
dilagante di negazione dei diritti. Ha un senso, infatti, proporre oggi l'obiettivo dei lavoratori delle piccole imprese, ignorando il grandissimo problema di ripensare anche nella grande e media impresa i diritti di
cittadinanza effettivi dei giovani e delle donne? E' possibile ignorare che
nel momento in cui affrontiamo questi problemi si pone appunto l'esigenza
di una riunificazione complessiva intorno ad alcuni diritti universali nella
pubblica amministrazione, nel settore privato, nel settore dell'impresa minore? Mi domando, cio, se non siamo di fronte all'esigenza di ridefinire
una nuova carta dei diritti per tutti, che davvero identifichi nuovi diritti
universali indisponibili. Un discorso che, in qualche maniera, richiama
Piero Calamandrei e, attraverso la sua mediazione, Carlo Rosselli. Insomma, la cultura del Partito d'Azione declinata con concetti solo un po'
pi moderni. Certo, i diritti indisponibili sono tali nella misura in cui il loro
recinto ben definito, limitato. Perch quanto pi si ampliano i confini,
tanto pi si sviliscono i diritti.
Questo libro coltiva la speranza di poter fornire alcuni riferimenti
storici a una riflessione su quel che siamo e su quel che potremmo essere.
La scala mobile oggi non pi un totem, non pi nemmeno un trofeo. E'
solo il momento di una storia che coinvolge la sinistra e il sindacato, che
ha diviso, distribuito torti e ragioni, creato inimicizie o costruito nuove amicizie. Ma il fatto che gran parte dei temi economici di quella vertenza (come
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PREMESSA

vedremo nei prossimi capitoli) sia ancora di estrema attualit (fatta eccezione per l'inflazione), la conferma che l'Italia, pur attraversata da mille
tempeste, rimasta immobile. Anzi, si mossa ma con il passo del gambero, all'indietro. Oggi l'inflazione non pi un problema ma c' unaltra
percentuale che inquieta il Paese e rispetto alla quale le ricette sono state
solo quelle fasulle di una precariet spinta oltre il limite del tollerabile attraverso la proliferazione di forme contrattuali. Creativit al servizio del
nulla perch come dice un esperto di queste cose, Tiziano Treu, alla resa
dei conti sono sufficienti quattro tipologie: tempo indeterminato, tempo determinato, part time e apprendistato. E ancora: la flessibilit pu essere governata e controllata attraverso il negoziato tra le parti ma deve poter
contare su un paracadute. Bisogna, insomma, ripensare la flessibilit per
disboscare la giungla contrattuale e fornire certezze a quella che si candida
a essere la "generazione perduta"; bisogna rivedere il welfare perch da un
lato non accettabile che si spendano tanti soldi per non fare lavorare la
gente (meglio investirli per creare opportunit di impiego) e dall'altro intollerabile che chi pi degli altri esposto al rischio di temporanei periodi
di disoccupazione (e i precari lo sono) non possa al momento contare su
sostegni economici che attenuino il disagio. Se il liberismo sfrenato ha portato il suo attacco al cuore dello Stato sociale, il riformismo deve puntare
a rilanciare lo stato sociale rivendendone l'articolazione, adeguandolo a un
mondo produttivo che non pi quello di mezzo secolo fa fondato sull'industria, ripulendolo dalle incrostazioni burocratiche, rendendolo pi semplice e accessibile (per chi in difficolt), creando le condizioni per
l'eliminazione degli sprechi. Soprattutto facendo pagare chi pi ha e chi ha
pi lucrato in questi anni: se lo dice il sindaco di New York, Bill De Blasio,
perch non dobbiamo proporlo noi, nella vecchia Europa, cio nel Continente che a queste tematiche stato sempre pi attento provando ad addomesticare gli "spiriti animali" del capitalismo?
E poi bisogna smetterla di alimentare questa inutile, improponibile,
autodistruttiva guerra generazionale che viene giocata attaccando pensioni
e, soprattutto, pensionati, non per aiutare i giovani a trovare un futuro, ma
per realizzare una delle ossessioni (l'altra l'annientamento del servizio sanitario nazionale) dell'utraliberismo trionfante, cio l'abolizione di una vecchiaia dignitosa e al riparo dalle incertezze, per quanto possibile. Ossessioni
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

che non hanno motivazioni semplicemente ideologiche, fondandosi, al contrario, su interessi estremamente venali, economici, meglio ancora, finanziari: trasferire al privato il lauto affare della previdenza sociale, per lucrare
profitti pi che per garantire protezioni. Al di l delle distorsioni del sistema
che vanno individuate con seriet (non con demagogia e populismo) e curate, la stragrande maggioranza di chi va in pensione non si appropria indebitamente di un privilegio ma esercita legittimamente un diritto che non
solo ha conquistato con decenni di lavoro, ma anche acquistato versando
(e facendo versare ai datori di lavoro) congrui contributi. Siamo quasi un
mondo a parte. Perch se in diversi paesi dell'Unione Europea i pensionati
godono di condizioni fiscali di favore, in Italia vengono annichiliti da un
trattamento apertamente sfavorevole (come testimoniano le varie leggi finanziarie o di stabilit varate negli ultimi anni) che li porta a versare nelle
casse statali pi di quanto non versi un lavoratore in attivit. Un esempio
di vero e proprio "accanimento impositivo".
Eppure la tutela previdenziale un elemento fondamentale del modello sociale europeo, un pezzo del dna della sinistra di governo. Ma anche
della destra di governo visto che i primi esperimenti in materia risalgono addirittura a Otto von Bismarck e che il nuovo welfare britannico nacque da
una illuminazione di Winston Churchill e da un rapporto dell'economista
conservatore, William Beveridge: la coltivazione di un po' di sana memoria
storica non farebbe male nemmeno ai liberali del nostro Paese. Pensare che
si creino posti di lavoro perseguitando gli anziani, spingendoli sempre di
pi verso la soglia della povert, declassandoli a soggetti inutili, passivi e parassitari, alimentando risentimenti generazionali, sbagliato non solo per elementari motivi etici, ma anche per questioni prettamente pratiche: se la
mamma dei bischeri sempre incinta, di conseguenza bischeri si pu essere
a sessanta come a vent'anni, l'utilit sociale, insomma, non ha nulla a che vedere con i dati anagrafici indicati sulla carta di identit; se l'Italia ha attutito
gli effetti perversi della crisi il merito di un welfare familiare che consente
agli ultratrentenni senza "posto fisso" di poter usufruire di un tetto e di un
vitto garantito da mamma e pap (e questo discorso vale soprattutto per i precari che, al contrario, dallo Stato, lo stesso Stato che sembra avere in odio i
pensionati, sono abbandonati); se il disagio sociale non si trasformato in rivolta sociale la ragione va ricercata nel fatto che i licenziamenti di massa per
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PREMESSA

motivi economici (ben oltre quelli individuali prefigurati da Elsa Fornero)


sono stati, in diversi casi, rivestiti con l'abito pi elegante dei prepensionamenti volontari o delle dimissioni anticipate e agevolate con uno scivolo
economico in prossimit del raggiungimento dell'et pensionabile (gli uni e
le altre sollecitati pi dai datori di lavoro che dai lavoratori).
Perch le cose non stanno propriamente come dice Serge Latouche
per sostenere le sue tesi sulla "decrescita serena", mettendo insieme, a tratti
un po' caoticamente, ecologismo (che solleva, peraltro, questioni fondatissime), vizi del berlusconismo, religione del produttivismo, populismo,
spostamento delle classi medie dalla solidariet all'egoismo (cosa pure
avvenuta), il golpe contro Allende, Max Weber e Claude Lvy-Strauss: l'attacco al welfare precedente, non ha nulla a che vedere con la "crescita
per la crescita" ma, semmai, con la necessit di quell'uno per cento dell'umanit di piegare lo sviluppo al proprio tornaconto massimizzandone i
benefici economici (e, in buona misura, anche i danni ecologici: il caso Taranto, ad esempio), di regolare i conti con quelle categorie (i lavoratori soprattutto) che negli anni Sessanta e Settanta, prima ancora del reddito
avevano spostato poteri, diritti e garanzie e, infine, con una predicazione
politico-ideologica (amplificata dalla grancassa mediatica e dall'impegno
instancabile di potenti think tank sovranazionali) che ha consentito all'lite
privilegiata di guadagnare sia quando le vacche erano grasse per molti (ma
quasi mai per tutti), sia quando le vacche sono diventate magre per la stragrande maggioranza della popolazione di questo pianeta. Il che significa,
che se anche si decidesse di decrescere felicemente, ci sarebbe sempre qualcuno che, al contrario, ingrasserebbe trionfalmente.
Proprio le societ in crisi sottolineano la necessit e la conseguente
modernit del welfare, l'irrinunciabilit sociale non solo in quanto strumento di difesa nei confronti delle difficolt improvvise della vita ma soprattutto come mezzo per evitare che il baratro nella distribuzione del
reddito scavato negli ultimi trent'anni diventi sempre pi ampio e profondo.
Abbiamo bisogno di "salvagenti" perch manca la certezza dell'approdo,
di scialuppe di salvataggio perch il sistema nel suo complesso appare prossimo al naufragio. Una condizione che riguarda tanto i giovani quanto gli
anziani che hanno perci robusti motivi per sostituire quel deformante e
inconcludente scontro generazionale in una pi utile alleanza generazionale.
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Tutto si confonde e nulla si comprende. Illuminante da questo punto di vista


quel che ha scritto l'economista francese, Bernard Maris, nel suo "Antimanuale d'Economia": Per il salariato non c' la fine del lavoro, come sembrerebbe indicare la diminuzione tendenziale delle ore lavorate, ma
piuttosto il lavoro senza fine, la precariet, l'isolamento, lo stress, la paura
e la certezza di perdere rapidamente il lavoro.
La questione , allora, un' altra: come affrontare il problema di una
crescita che spinga effettivamente loccupazione in un Paese in cui i senza
lavoro hanno sfondato la soglia del 12 per cento, in una fase in cui le ristrutturazioni e la modernizzazione dei processi produttivi stanno determinando
non solo la perdita di posti ma la perdita di lavori. A questo punto potrebbe
essere utile ispirarsi a quel che disse Riccardo Lombardi in una lunga intervista raccolta dallo storico Carlo Vallauri nel 1976: Io pongo il problema
in termini provocatori: una societ deve arrivare al punto in cui deve stabilire che il lavoro la variabile indipendente. Oggi loccupazione, il salario, tutto viene giudicato ed organizzato in funzione della compatibilit con
alcuni elementi: la bilancia dei pagamenti, la moneta, il profitto. Bisogna
invertire i criteri, fare della piena occupazione la variabile indipendente;
saranno le altre variabili a doversi rendere compatibili con la piena occupazione. Lombardi non ha mai rinunciato nella sua vita allutopia e in
quelle parole, da lui stesso definite provocatorie, cera evidentemente tanta
utopia. In un mondo globale le variabili sono ormai innumerevoli e metterle
tutte al servizio di una sola appare complicato. Ma ci non toglie che questa
spinta utopistica possa essere il motore di una nuova politica, in cui la crescita si associ al lavoro, al reddito e non alla rendita.
A San Valentino il sindacato si divise anche se poi riusc a ritrovarsi;
oggi il sindacato deve porsi lobiettivo di riunificare il Paese che non pi diviso solo tra ricchi e meno ricchi, tra Nord e Sud, ma tra chi ha una prospettiva
di vita e chi non ce lha, tra chi spera e chi si dispera, tra chi ha lavoro e chi ha
perso il lavoro con la prospettiva di non trovarne un altro, tra chi cerca e chi
non cerca pi perch tanto inutile e trova altre strade che soprattutto al Sud
spesso coincidono con quelle delle organizzazioni criminali. Non esistono Uomini della Provvidenza n bacchette magiche. Le risposte ai problemi obbligano a un livello pi elevato di elaborazione e di organizzazione politica.
Anche perch il modello di societ che sta aumentando le disuguaglianze e
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PREMESSA

stritolando i pi deboli risponde a un semplice principio: redistribuire la ricchezza dal basso verso l'alto, dai meno abbienti ai pi ricchi.
E a muoversi a tutela di quegli interessi , probabilmente, un superpartito, come dice Luciano Gallino. Spiega il sociologo: Quello di Davos
non ovviamente un partito nel senso usuale del termine. Tuttavia i circa
tremila individui che si riuniscono ogni anno nella cittadina svizzera sotto
le insegne del Forum economico mondiale sono per vari aspetti un perfetto campione rappresentativo della classe che governa il mondo. Classe
formata da capi di governo, ministri, politici di rango, dirigenti al vertice
delle maggiori corporations, accademici, tra cui molti economisti e qualche
politologo, rappresentanti delle maggiori societ di ricerca e consulenza
industrial-finanziaria. E' stata denominata in vari modi: classe globale,
classe dominante globale, classe capitalistica transnazionale, iperclasse.
Poco importa il suo nome; molto di pi importano le risposte. Perch, come
canta Bob Dylan, quante volte un uomo pu voltare la testa fingendo di
non vedere? La risposta, amico, sta soffiando nel vento. Oggi, a trent'anni
di distanza dal decreto di San Valentino, quella risposta che soffia nel vento
ci sussurra che la societ (soprattutto quella politica) sembra avere un debito
con le classi lavoratrici che non ha ancora onorato.
Il Governo Craxi agganci la ripresa, rilanci la crescita che arriv
in quegli anni a sfondare anche la soglia del quattro per cento. Ma nulla
stato consolidato di quei successi, i sacrifici, parafrasando Bob Dylan, se li
portati il vento. Il sindacato stato sempre pi spinto in un angolo. Certo,
anche per colpe proprie, ma come pure ha recentemente detto Franco Marini, uno dei protagonisti di quelle trattative, il mestiere del sindacalista
adesso molto pi difficile. Allora esisteva ancora intorno alle organizzazioni dei lavoratori un consenso di massa, una attenzione che spaziava dal
terreno sociale a quello culturale, che coinvolgeva un'ampia fetta della societ, i partiti mostravano nei confronti dei sindacati una attenzione che derivava da una idea di societ in cui resistevano ancora alcuni elementi di
solidariet. Ora le Confederazioni sono messe all'angolo, attaccate non solo
dagli avversari tradizionali (le organizzazioni imprenditoriali, le controparti) ma anche dalle forze politiche che in quanto forze, alternativamente,
di governo dovrebbero avere un ruolo non di partes ma super partes,
quantomeno da un punto di vista formale. Trent'anni fa, i sindacati e i la27

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

voratori contribuirono a far uscire dall'angolo il Paese, pur accettando una


divisione che metteva a rischio la loro forza, il loro potere contrattuale;
trent'anni dopo quei sindacati e quei lavoratori andrebbero rimborsati per
quei sacrifici, ricostruendo una dinamica salariale che stata devastata nel
tempo, riconoscendo che senza un barlume di solidariet non esiste societ.
Ha scritto Gaetano Arf a proposito degli uomini del Partito d'Azione:
Andr ancora oltre dicendo che scrivo non gi nelle vesti di storico, ma
di chi stato partecipe, tra gli ultimi e i pi modesti, di una storia che ha
avuto i colori dell'epopea e l'andamento di una chanson de geste, la storia
di uomini che non trionfarono mai, ma che non furono mai vinti e che del
loro operare hanno lasciato un segno incancellato e incancellabile. E' un
fatto che mentre la seconda generazione, la mia, si viene anch'essa estinguendo, gruppi di giovani si vanno formando per i quali Giustizia e Libert
non una sigla depositata negli archivi, ma un motto che indica le ragioni
per le quali la vita degna di essere vissuta.
Non solo una questione di redistribuzione del reddito (dall'alto
verso il basso), una questione pi ampia: la ricostruzione delle ragioni
che consentono di stare assieme, che non riguardano gli aspetti geografici
(scellerata predicazione di partiti che hanno cercato per anni i consensi nella
pancia di una parte del Paese, mai nella mente), ma quella che uno storico
come Giovanni De Luna ha chiamato religione civile, cio l'insieme dei
princpi e dei valori che consentono a una societ, a uno stato di non essere,
come pure Klemens von Metternich diceva dell'Italia, una semplice espressione territoriale, ma una robusta manifestazione istituzionale e culturale.
E' difficile, per, che questo possa avvenire se in pochi stanno molto bene
(troppo bene) e in tanti stanno male (troppo male). Al termine della sua lettera aperta sull'affare Dreyfus, al termine del suo J'accuse, Emile Zola
diceva a Monsieur le President: L'atto che io compio non un mezzo
rivoluzionario per accelerare l'esplosione della verit e della giustizia. Ho
soltanto una passione, quella della luce in nome dell'umanit che ha tanto
sofferto e che ha diritto alla felicit. A quella felicit (collettiva), alla
sua ricerca fa riferimento anche la costituzione americana. Quella italiana,
poi, ha scelto addirittura il lavoro come suo fondamento essenziale. Ma
oggi questo fondamento democratico appare nel nostro Paese sempre pi
degradato, indebolito, assediato, dimenticato, derelitto. Insieme al modello
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PREMESSA

sociale all'interno del quale inserito. Nel 2012 la Fondazione Friedrich


Ebert (legata alla Spd) e la Fundacion Alternativas (significativa la sua ragione sociale: Centro di Riflessione, idee e proposte progressiste per un
mutamento politico economico sociale e culturale della societ) hanno redatto un rapporto (titolo: Lo stato dell'Unione Europea Il fallimento dell'austerit) in cui vi una proposta quasi rivoluzionaria di questi tempi.
Klaus Busch in un articolo dopo aver sottolineato che i salari reali in Italia
sono diminuiti dell'1,5 per cento nel 2011, dell'1,4 nel 2012 e dello 0,7 nel
2013 (in relazione a una media europea che ha fatto segnare un decremento
dello 0,1 nel 2012 e un incremento dello 0,3 nel 2013), dice che, dopo i
tanti obblighi che l'Europa ha imposto alle nazioni indisciplinate, non sarebbe male se adesso venisse inclusa una clausola di progresso sociale
nel trattato Ue, che a livello europeo sancisca la priorit dei diritti sociali
fondamentali rispetto al mercato.
Trent'anni dopo il problema quello posto da Zola: restituire a chi
ha pagato una parte di quella felicit perduta. Per questo riecheggiano amaramente nella mente i versi di una vecchia canzone di Woody Guthrie:
Nelle piazze della citt, all'ombra del campanile, all'ufficio di collocamento, ho visto la mia gente. Mentre stavano l affamati, io mi domandavo
se questo paese fosse fatto per te e per me. Era il 1940 quando il folk singer americano, poi inevitabilmente finito nelle liste nere del senatore Joseph
McCarthy, li compose: in Europa c'era la guerra e negli Usa gli ultimi spifferi della Grande Depressione. Oggi, probabilmente, la quantit di persone
che cercano lavoro non si misura pi attraverso le file agli uffici di collocamento. Ma ci non toglie che la crisi alimentata dalla finanziarizzazione
dell'economia ha prodotto migliaia, milioni di vittime innocenti, esattamente come accade in una guerra perduta. Ha scritto Gallino: E' evidente
che da tempo il capitalismo finanziarizzato non ha di fronte a s alcuna
forma di opposizione politica in grado di contrastare con efficacia il suo
dominio economico, politico e culturale.
Non solo (o non tanto) una questione di flebile opposizione politica perch a questa si aggiunge dell'altro che riguarda le regole fondamentali del nostro vivere insieme. Lo segnala lucidamente Luigi Ferrajoli
quando, a proposito del costituzionalismo garantista, afferma: E' in atto
una crisi profonda del paradigma costituzionale, che investe sia le forme
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

rappresentative che la sostanza costituzionale e sta compromettendo il


ruolo di governo della politica e le funzioni regolative e garantiste del diritto. Questa crisi si manifesta nello sviluppo, a livello statale ed extra - o
sovrastatale, di poteri economici e finanziari privi di limiti e controlli, nella
subordinazione ad essi delle funzioni politiche di governo e nell'aggressione - ad opera di una politica tanto impotente nei confronti del capitale
finanziario quanto onnipotente nei confronti dei ceti sociali pi deboli - all'insieme dei diritti sociali e del lavoro. Ma se di questo si tratta, allora
giunto il momento di uscire dalla narcosi e di provare a costruire una proposta di societ pi giusta, accogliente e coinvolgente.

Il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, con Bettino Craxi: il


4 agosto 1983 e al Quirinale giurano i ministri del primo governo
a guida socialista. Saranno in carica la sera del 14 febbraio 1984
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IL PUNTO UNICO
Quel peccato originale

I prezzi salgono e l'ironia non basta pi:


arriva l'accordo Lama-Agnelli

IL PUNTO UNICO

Le ombre della sera avevano ormai avvolto Roma, rendendo indistinguibili le cose e le persone. Erano le 19,30 quando Pierre Carniti, segretario generale della Cisl chiuse con poche, rituali ma significative parole
la riunione: La Segreteria Cgil, Cisl e Uil ritiene opportuno concludere i
lavori prendendo atto che sui criteri e sull'entit della manovra sul salario
non c' accordo. Era una fredda giornata di febbraio, anche un po' ventosa.
Ma, nonostante il riscaldamento fosse acceso, in quella sala il clima era
ancora pi gelido. E divenne addirittura polare quando alla frase di rito,
Pierre Carniti fece seguire un commento che aveva quasi il sapore di un
epitaffio: Attenzione, qui finita la Federazione unitaria, noi siamo cristiani, ma non offriamo l'altra guancia. Lo storico Eric Hobsbawm ha coniato la felice definizione di Secolo Breve per illustrare i tempi accelerati,
le trasformazioni repentine, l'alta concentrazione di eventi drammatici che
hanno caratterizzato il Novecento.
Quella sera di trent'anni fa (7 febbraio 1984) veniva scritta la pagina
non conclusiva ma decisiva di quello che, parafrasando il famoso storico,
potremmo definire il Decennio Lungo, cominciato nove anni prima, con la
firma dell'accordo interconfederale sul punto unico di contingenza e che si
sarebbe concluso, un anno dopo, con il referendum che avrebbe con voto
popolare ratificato quel provvedimento che va sotto il nome di decreto di
San Valentino, firmato dal presidente del Consiglio di allora, Bettino
Craxi, e dal ministro del lavoro, Gianni De Michelis, negoziato con tutti i
sindacati sino al momento finale, fino a quella sera del 7 febbraio del 1984,
alla certificazione di una rottura che nei sette giorni successivi si prov a
evitare ma che alla fine si realizz, epilogo ineluttabile di una vicenda che
non riguardava pi l'aspetto sindacale, il problema di una inflazione che
solo quattro anni prima, nel 1980, aveva fissato un vero e proprio record:
21,2 per cento. Quel confronto era diventato parte dello scontro tra Partito
Socialista al Governo e Partito Comunista all'opposizione; personalizzan33

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

dolo, tra Bettino Craxi, presidente del Consiglio, ed Enrico Berlinguer, leader del Pci. Secondo molti storici, il momento culminante di quello scontro,
la battaglia senza esclusione di colpi su un totem, su un simbolo. La storia
a volte si serve di sconosciuti sceneggiatori.
Quella riunione del direttivo unitario si svolse al Midas, lo stesso
albergo in cui Craxi, otto anni prima, aveva conquistato la segreteria del
Psi. Da quella sala sarebbe uscito vittorioso per la seconda volta, inconsapevolmente. Poteva essere un'occasione, quel febbraio dell'84; fu in buona
parte una occasione perduta, soprattutto a sinistra dove finirono per scontrarsi due idee difficilmente componibili, almeno a quei tempi: il socialismo
riformista craxiano che aveva saldamente fatto propri i fondamenti della
democrazia liberale; la Terza Via berlingueriana, una complicata e alquanto
immaginaria soluzione che si proponeva di superare il marxismo-leninismo
senza approdare alla socialdemocrazia; il pragmatismo del Psi che alla fine
degli anni Settanta accarezzava le ipotesi di un socialismo autogestionario
e l'ondeggiamento comunista, dopo l'addio ai governi di Solidariet Nazionale e l'accantonamento del Compromesso Storico, tra alternativa democratica e governi degli onesti. L'Italia rest paralizzata in questo scontro
uscendone, alla fine, con un referendum che ribalt i pronostici: i perdenti,
i sostenitori dell'accordo riversato in un decreto, cio la Uil, la Cisl e i socialisti della Cgil, divennero i vincenti; i vincenti, i comunisti della Cgil
guidati da un Luciano Lama che con grande sofferenza personale aveva accettato quell'epilogo (anzi, quei due epiloghi, il no all'accordo e il successivo referendum) come un amaro calice da bere in nome della lealt di
partito, diventati perdenti.
Uno scontro epico ma non epocale nel senso che, alla fine, dal rumore delle armi tutti vennero distratti con la conseguenza che gran parte
dei problemi di allora rendono ancora oggi difficile e complicata la vita italiana. Eppure, gli strumenti, le analisi per capire che qualcosa stava cambiando non semplicemente dentro i nostri provinciali confini, ma fuori in
un mondo gi molto ampio che stava diventando, a tappe forzate decisamente sconfinato. Vittime, insomma, di una lunga distrazione. Cominciata
una decina d'anni prima quel 7 febbraio. Sembrava una semplice crisi congiunturale, legata all'improvviso aumento dei prezzi petroliferi voluto dagli
sceicchi che in quel modo cominciarono ad accumulare nei propri forzieri
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IL PUNTO UNICO

liquidit. Percepimmo gli aspetti pi immediati: l'uso contingentato del riscaldamento condominiale, le domeniche senza auto, la riscoperta di mezzi
di trasporto silenziosi come la bicicletta o i pattini a rotelle, lo scalpiccio
dei cavalli che con i loro zoccoli evocavano rumori antichi, provenienti da
un'altra epoca, un'epoca ai pi giovani, quelli cresciuti nel Mito dell'Automobile di Massa, completamente sconosciuta. Ma quella crisi, pur legata a
un evento, portava con s scelte, decisioni che avrebbero cambiato il
mondo, che avrebbero prodotto fenomeni non originali in assoluto, ma profondamente diversi da come erano stati conosciuti nel passato, dalle generazioni che ci avevano preceduto. E pensare che gli strumenti per prendere
coscienza del mutamento in corso c'erano tutti. Certo, la comunicazione
non era celere come oggi, ma le analisi, seppur con qualche lentezza, saltavano da un continente a un altro. Lo stato dell'arte, ad esempio, non era
sfuggito a Paolo VI, un Papa che aveva dato un carattere profondamente
itinerante al suo Pontificato. Era il 1967 quando nell'enciclica, Populorum
Progressio, cominci a parlare dei problemi che si accompagnavano a
quella che lui chiamava Mondializzazione. Quella Mondializzazione che
pi tardi avremmo definito Globalizzazione, poteva solo trarre alimento
dalle nuove ideologie liberiste che teorizzavano la rottura dei lacci e lacciuoli, la completa libert fatta di confini abbattuti, di regole travolte, di
controlli ridotti al lumicino.
Quel che avvenne in quegli anni lo hanno raccontato con lucidit
Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini: Nel 1971 il presidente Richard
Nixon, per reagire alle richieste di svalutazione del dollaro rispetto all'oro,
si decise a una mossa drammatica. Come Napoleone a Monza, il dollaro
si mise in testa la sua corona e si sganci da ogni parit fissa con l'oro,
che venne relegato tra i fantasmi della storia. Con questa mossa il dollaro
divenne una moneta puramente fiduciaria, si pass a un regime di cambi
flessibili. Ma la storia non fin qui perch la seconda mossa fondamentale
fu attuata dagli Stati Uniti alla fine degli anni Settanta con lo scopo di riprendere in mano la leadership dell'economia mondiale e di sferrare l'attacco finale al comunismo sovietico. Quella mossa fu rappresentata dalla
decisione del ministro del Tesoro americano Paul Volcker di reagire all'inflazione causata dall'aumento dei prezzi petroliferi con un forte rialzo dei
tassi di interesse, che inevitabilmente trascin con s i tassi d'interesse
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

mondiali determinando una tendenza dei capitali a orientarsi verso la


sponda americana. Tutto questo fu accompagnato dal funerale degli accordi di Bretton Woods che avevano limitato sino a quel momento il trasferimento dei capitali da un paese all'altro. Chi aveva soldi, cominci a
farli girare alla ricerca della residenza pi conveniente. Gli sceicchi che
avevano accumulato grazie al petrolio quantit industriali di petrodollari
cominciarono a distinguersi in questo esercizio venendo, comunque, ben
presto imitati (e con un certo profitto) da coloro che avevano capito che
fare soldi con i soldi era molto pi facile, rapido e, soprattutto, meno faticoso che farlo con l'attivit di impresa che comporta sempre un certo rischio
e che non garantisce profitti a brevissimo termine. Il Decennio Lungo ha
finito per accorciare la nostra vista: mentre il mondo viaggiava alla velocit
di una navicella spaziale, noi eravamo immersi in una trincea che ci impediva di allungare lo sguardo verso l'orizzonte. I tempi delle nostre decisioni
stavano diventando (ma non lo sapevamo) incompatibili con i tempi delle
decisioni di tutti gli altri; la modernizzazione di cui parlava Bettino Craxi
(e di cui si parla oggi rispetto, ad esempio, al funzionamento del sistema
legislativo o della macchina dello Stato) era vissuta come un escamotage
eversivo, qualcosa che ci avrebbe allontanato dagli altri paesi dell'Occidente
democratico mentre, in realt, gli altri paesi dell'Occidente Democratico,
cio i nostri partner, si erano gi da soli messi in viaggio e si accingevano
ad allontanarsi da noi che pure, con una crescita strabiliante, tra la fine degli
anni Cinquanta e gli inizi degli anni Sessanta, avevamo fatto passi da gigante, colmando un gap che appariva solo alla fine della guerra (o poco
dopo) incolmabile.
Di quella crisi cominciammo, poi, a percepire anche gli effetti economici. Li percepimmo sotto forma di inflazione, di prezzi che cominciarono a salire come sulle montagne russe. Un fatto nuovo, nuovissimo per
il Paese. Perch dal 1955 al 1972 l'inflazione era stata tenuta sotto controllo.
Nel 1963 l'incremento pi robusto (7,5) con un anno, il 1959, che aveva
fatto segnare un andamento deflazionistico (-0,5). Poi, nel 1973 la prima
impennata, poco meno di un raddoppio rispetto all'anno precedente: 10,8,
in pratica il conto che i paesi produttori di petrolio stavano presentando a
una nazione che aveva scoperto le meraviglie dell'auto per tutti (la Seicento), il piacere del fine settimana, la rigenerante sensazione delle ferie al
36

Ecco il testo originale


dellaccordo che il 25
gennaio del 1975 istitu il
punto unico di contingenza;
nel foglio in basso, leggibili,
a sinistra la firma
di Gianni Agnelli
(Presidente di Confindustria),
e a destra quelle di
Bruno Storti (Segretario
Generale della Cisl),
Luciano Lama (Segretario
Generale della Cgil) e
Raffaele Vanni (Segretario
Generale della Uil)

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

mare d'estate e in montagna d'inverno. Quella curva non si sarebbe pi fermata: avrebbe scalato vette inimmaginabili, sino al 1980, la stagione del
"record". I lavoratori dipendenti, soprattutto gli operai dell'industria che attraverso l'Autunno Caldo e la contrattazione avevano recuperato in termini
anche (ma non solo) salariali quei benefici che il Miracolo Economico
aveva distribuito in maniera decisamente diseguale, si ritrovarono all'improvviso scoperti: l'inflazione mangiava spezzoni consistenti del potere
di acquisto e la contingenza consentiva un recupero al massimo della met
di quel che l'aumento dei prezzi confiscava. Il meccanismo era nato alla
fine della guerra, con l'accordo interconfederale del 6 dicembre 1945 che
lo introduceva nell'Italia del Nord; veniva modellato provincia per provincia
e gli importi differivano per qualifiche, per sesso e per et. Dopo essere
stato bloccato nel 1949, venne ripristinato il 21 marzo del 1951 acquisendo
una valenza nazionale. Il punto, sempre differenziato per qualifiche, sesso
ed et, aveva un valore nel Centro-Sud depotenziato (venti per cento in
meno rispetto al Nord).
Quell'intesa conteneva una clausola di revisione nel caso i prezzi
fossero aumentati pi del 25 per cento. La Confindustria chiese questa verifica e una commissione paritetica studi il problema e si arriv a un nuovo
accordo il 15 gennaio del 1957. Poi arriv l'Autunno Caldo e l'abbattimento
delle gabbie salariali, quarantuno punti su quarantasei di contingenza vennero conglobati in busta-paga. Il conteggio ripart dal 4 aprile del '69. Ma
davanti alla crisi petrolifera e al conseguente vertiginoso aumento dei prezzi
il meccanismo mostr i suoi limiti. Proteggeva poco i salari, soprattutto i
pi bassi, e, di conseguenza, alimentava una conflittualit diffusa. Nel 1975
gli scioperi bruciarono 190 milioni di ore di lavoro; cinque anni dopo,
nel periodo di vigenza dell'accordo sul punto unico, le ore di agitazioni scesero a 115,2 milioni. L'accordo, insomma, da un certo punto di vista funzion. E qualche anno dopo, l'Avvocato Gianni Agnelli, che lo aveva
firmato come presidente della Confindustria, lo sottoline in una intervista
concessa ad Arrigo Levi. Disse senza particolari giri di parole: Quegli accordi vanno giudicati tenendo conto del momento in cui vennero fatti. In
quel momento si pensava che una minore conflittualit fosse l'obiettivo da
raggiungere. Era chiaro che con l'aumento del costo della vita gli operai,
in un modo o nell'altro, avrebbero ottenuto degli adeguamenti; si pens
38

IL PUNTO UNICO

che se li ottenevano automaticamente sarebbe diminuita la conflittualit,


che ci aveva fatto perdere negli anni precedenti un'infinit di ore di lavoro.
Questo era stato fatto in Belgio, questo veniva negoziato anno per anno in
Svizzera. A distanza di tempo si pu dire, certamente, che in quell'accordo
ci furono errori tecnici, che produssero per esempio degli appiattimenti
nella scala dei salari. Ma secondo me l'errore fondamentale fu nel non
tener conto del fatto che i sindacati hanno bisogno di una certa dose di
conflittualit: se gli togli l'argomento salariale chiederanno dell'altro. Questo fu un errore da parte nostra, confindustriale; ma anche da parte loro,
dei sindacati. Forse in Svizzera non cos, ma in un Paese latino non puoi
togliere la conflittualit, perch togli al sindacato la presa sulla base. E la
base si dimentica presto della parte indicizzata del salario e chiede altre
cose.
Agnelli era cos convinto delle sue tesi che all'accordo ci arriv di
gran carriera. D'altro canto, non amava girare troppo intorno alle cose,
forse, come ha detto Cesare Romiti, a un certo punto si annoiava. Certo lo
annoiavano le lunghe riunioni inconcludenti. Il sindacato anche per quella
trattativa, all'inizio del 1975, si predispose per una lunga guerra di posizione. Invece, l'accordo del 25 gennaio vide la luce in pochissimo tempo,
fu, insomma, un parto semplice e, in quel momento almeno, totalmente indolore, l'Avvocato evit che sulla questione si sprecassero ore di sciopero,
conflittualit. L'accordo interconfederale per l'unificazione del punto di
contingenza venne firmato dall'Avvocato per la Confindustria e dai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Lama, Storti e Vanni. Ma a quel tavolo
c'erano tutti i protagonisti degli altri capitoli di questa storia: c'erano da una
parte Walter Mandelli e Felice Mortillaro; c'erano dall'altra parte Giorgio
Benvenuto, Pierre Carniti, Vincenzo Mattina, Bruno Trentin, Cesare Del
Piano, Raffaele Morese, Sergio Garavini, Rinaldo Scheda, Ruggero Ravenna, Silvano Veronese, Antonio Lettieri. Ognuno, poi, reciter una parte
in quel Decennio Lungo fatto di accordi sabotati, accordi sottoscritti, accordi contestati.
L'intesa era sintetizzata in appena cinque pagine dattiloscritte; otto
articoli in tutto. Nella premessa, le ragioni del protocollo: Ritenuto che il
meccanismo della scala mobile costituisce una efficacia salvaguardia delle
retribuzioni; considerato il notevole accentuarsi del movimento inflazioni39

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

stico e la prospettata esigenza di assicurare un miglior sostegno ai redditi


di lavoro pi bassi e pertanto pi esposti alle conseguenze dell'aumento
del costo della vita; rilevato che, con le modifiche concordate, il funzionamento del meccanismo della scala mobile risulta pi favorevole ai lavoratori, si conviene quanto segue Il seguito era costituito dal primo articolo
che fissava decorrenza e base dell'indice: A decorrere dal trimestre di rilevazione novembre 1974- gennaio 1975 l'indice nazionale del costo della
vita elaborato dall'Istituto Centrale di Statistica ai fini del sistema di scala
mobile secondo le norme di cui al protocollo 1 annesso all'accordo interconfederale del 15 gennaio 1957, verr calcolato assumendo come base
uguale a cento le spese della famiglia-tipo del trimestre agosto-ottobre
1974.

Quello che istitu il punto unico di contingenza passato alla


storia come laccordo Lama - Agnelli. In realt, lallora Segretario
Generale della Cgil avrebbe preferito una soluzione diversa
al pari di Bruno Trentin e di Antonio Lettieri
40

IL PUNTO UNICO

L'articolo due, invece, definiva il valore del punto: In correlazione


con la nuova base dell'indice specificata all'articolo 1 i valori del punto
fissati dall'accordo interconfederale 29 luglio 1963 verranno moltiplicati
per il coefficiente 2,52. L'articolo 3 prevedeva il conglobamento nel minimo salariale di 103 punti di contingenza; l'articolo 5 un aumento del 20
per cento degli assegni familiari. Infine, l'articolo 8, quello relativo alla durata, che torner di grande attualit negli anni successivi: Il presente accordo avr durata fino al 31 dicembre 1977 e potr essere disdetto da
ciascuna delle parti contraenti con un preavviso di sei mesi rispetto a tale
scadenza. Se non disdetto entro il termine indicato esso si intender prorogato di anno in anno fermo restando il termine del preavviso suddetto.
Pass alla storia, almeno in quella dei sintetici messaggi comunicazionali, come l'accordo Lama-Agnelli. In realt, Luciano Lama era perplesso come Antonio Lettieri e Bruno Trentin, a sua volta, piuttosto
contrario. Nello spirito di quell'accordo c' molta Cisl. Il tempo ha in qualche maniera mescolato le carte sul tavolo e anche chi lo accett come una
soluzione favorevole si rese conto che, come pure qualcuno disse, si era
deciso di curare il diabete con dosi massicce di zucchero. La metafora terapeutica spiega in maniera forse un po' generica o superficiale quel che in
effetti avvenne e che grandi problemi ha creato al sindacato. Perch quel
meccanismo automatico da un lato fin per allontanare i sindacati dalla ginnastica della contrattazione (e probabilmente era anche questo l'obiettivo
di Agnelli, era anche questo l'intento confindustriale) e dall'altro determin
un appiattimento dei salari che port le Confederazioni a parlare la lingua
di alcuni ma non pi di tutti.
Bruno Trentin i rischi di questa deriva egualitarista li sottoline cinque anni dopo l'accordo sul punto unico in una intervista a Bruno Ugolini.
Un discorso generale, che non riguardava in maniera particolare la storia
della contingenza, ma che investiva la filosofia sindacale in generale, il
modo in cui affrontare i temi del salario e del merito. E di fronte alla domanda se fosse ancora contrario a certe forme di egualitarismo, rispondeva
senza diplomatismi: S. Ricordo bene la polemica di quegli anni intorno
alla questione degli aumenti uguali per tutti. Allora sostenni, e con molta
convinzione, un'opinione contraria a quella proposta. Cos come ricordo
che, proprio a cavallo del 1969, prese corpo, particolarmente in una forza
41

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

come la Fim-Cisl e, bisogna riconoscerlo, in gran parte del movimento sindacale italiano, quella che si chiamata filosofia dell'egualitarismo...
Preferisco ancora adesso parlare di una politica sindacale che tende ad
affermare alcuni princpi di eguaglianza fra i lavoratori pi che di egualitarismo, con il contenuto etico e totalizzante che ha questo termine... C'era
una preoccupazione di fondo nella mia ostilit al semplicismo della rivendicazione degli aumenti uguali per tutti che, ad essere franchi, mi sembra
avere trovato delle conferme e non delle smentite con l'andare degli anni:
quella di favorire una divaricazione fra salario contrattuale e salario reale
in ragione di un appiattimento indifferenziato dei differenziali retributivi
dovuti alla professionalit e la mortificazione dei vecchi e dei nuovi fattori
di professionalit, sia individuale che collettiva.
Ma quella dell'egualitarismo era una linea a forte suggestione, soprattutto negli anni dell'Autunno Caldo e in quelle conquiste che sono state
in qualche misura la prosecuzione di quella stagione come, appunto, la
nuova contingenza del 1975. Trentin questa situazione la spiegava cos: I
lavoratori avvertivano la necessit di disporre di alcuni obiettivi unificanti,
nel corso di una lotta che esprimeva anch'essa, al fondo, un contenuto di
potere. Ed era forse inevitabile che questa battaglia per ridurre sperequazioni e diseguaglianze richiedesse immagini semplici, come sua prima
espressione. Gli aumenti uguali per tutti che ritornano ciclicamente come
parola d'ordine del movimento sindacale, sin dai suoi albori hanno probabilmente rappresentato questa immagine semplice, capace di riassumere
o, meglio, di simbolizzare una politica volta al superamento delle diseguaglianze, al controllo effettivo del salario di fatto, alla costruzione di un
nuovo rapporto di lavoro fondato sulle professionalit individuali e collettive effettivamente emergenti e sulla contrattazione collettiva della mobilit
professionale.
Ma quelli erano tempi in cui il sindacato, pur nella diversit delle
posizioni, riusciva a mantenere un alto livello di unit preservando un elevato tasso di autonomia rispetto ai partiti. La resistenza alla soluzione del
punto unico era forte nella stessa Flm, la Federazione dei Lavoratori Metalmeccanici. Ad esempio, sulle posizioni di Trentin era attestato anche Antonio Lettieri. La soluzione venne messa ai voti, pass a maggioranza e il
punto unico al tavolo delle trattative divenne la posizione di tutti. E come
42

IL PUNTO UNICO

posizione di tutti la sostenne Luciano Lama che con Agnelli intratteneva


un rapporto in qualche maniera privilegiato nel senso che tra i due c'era
una notevole sintonia legata al fatto che erano coetanei, che avevano la
stessa passione per il calcio e, addirittura la medesima simpatia calcistica
(la Juventus). Ma le perplessit di Lama erano abbastanza note. E un anno
dopo l'accordo trasparirono pubblicamente in una intervista a Massimo
Riva dove la difesa della nuova scala mobile si accompagnava, per, a una
sottolineatura dei problemi che il sindacato aveva a livello di dinamiche
salariali e di automatismi che finivano per essere troppo condizionanti.
Spiegava: I salari, cos come sono costruiti in Italia, pongono ben
altri aspetti strutturali da rivedere: mi riferisco, per esempio, ai meccanismi
automatici della retribuzione come gli scatti di anzianit e le indennit di
licenziamento che costituiscono una remora grave per qualunque politica
razionale del salario e perfino per la mobilit stessa dei lavoratori. Ormai
questi meccanismi automatici di aumento investono una tale porzione del
reddito da lavoro che le richieste contrattuali, indipendentemente dalle polemiche che fanno sorgere volta a volta, diventano una quota sempre meno
importante del controllo che il sindacato pu esercitare sulla dinamica retributiva reale. Era chiaro, insomma, il rischio di perdere il contatto con
le richieste e i bisogni, di finire per parlare linguaggi in qualche maniera
stranieri rispetto alla realt della fabbrica e dei posti di lavoro delegando
poi la soluzione di tutti i problemi del reddito allo scatto automatico, garantito ma proprio perch garantito senza l'anima di quel confronto umano
prima ancora che politico che l'essenza di ogni struttura democratica, rappresentativa, capace di stimolare partecipazione, dibattito, di spiegare le
scelte facendo convergere su di esse la maggioranza dei consensi.
Problemi con i quali il sindacato far poi i conti nel Decennio
Lungo, a volte sull'onda di grandi sconfitte. Giorgio Benvenuto che alla soluzione del punto unico non aveva fatto mancare il suo assenso, sei anni
pi tardi, aprendo i lavori del congresso della Uil a proposito di questa
"astrazione" del sindacato rispetto alla nuova realt sociale che si stava determinando in fabbrica (e anche nel Paese) dir che le Confederazioni alle
aspettative di crescita e promozione professionale non sempre erano riuscite
a fornire delle risposte proprio a causa di quell'appiattimento delle retribuzioni determinato dall'intreccio tra scala mobile, fiscal-drag e aumenti sa43

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

lariali uguali per tutti: La consapevolezza della gravit di questo effetto


distorsivo non di oggi Ma abbiamo dovuto veder sfilare quarantamila
tecnici e quadri per le vie di Torino per capire che il problema ha assunto
la proporzione di un fenomeno di massa. La figura evocata in quel congresso era quella di un Sindacato-Icaro: cos forte, cos vicino al sole da rischiare lo scioglimento delle ali del consenso. Il tempo ha in qualche
maniera dimostrato che il meccanismo, opportuno nelle intenzioni, difettava nella pratica perch, comunque, finiva per dare alimento al mostro dell'inflazione. Forse per questo in epoche recenti, Pierre Carniti, che da
segretario della Cisl sostenne a spada tratta il decreto di San Valentino e
che a met degli anni Settanta aveva ispirato la soluzione del punto unico,
ha affermato: Indietro non si torna ma il problema della tutela del potere
di acquisto dei lavoratori esiste. Ci possono essere mille strumenti, compreso un salario minimo indicizzato annualmente. L'importante che il sindacato sia capace di elaborare strategie e che non vada avanti con sussulti
di malcontento o giocando solo di rimessa.
In qualche maniera la stessa urgenza che avvertiva Lama un anno
dopo la firma di quello che oggi appare come il momento di avvio del Decennio Lungo. Un'urgenza che, come in un gioco di specchi, si manifestava
a immagine riflessa invertita perch se oggi, in una situazione profondamente mutata, il problema la difesa del potere di acquisto (non solo nei
confronti dell'aumento dei prezzi ma anche di una fiscalit la cui voracit
ha cominciato a manifestarsi proprio in quell'epoca che ci appare oggi cos
lontana), in quegli anni Settanta che cominciavano a declinare verso gli Ottanta il problema era un altro: come valorizzare le professionalit uscendo
dalla trappola di un appiattimento che con l'equit non c'entrava nulla perch, ancora a quei tempi, la distribuzione dei redditi non era ancora tanto
diseguale come lo in questi tempi. E Lama, dopo aver difeso un accordo
siglato per nome e per conto di tutti (alcuni automatismi non possono essere cancellati, ad esempio la scala mobile, che funziona da ammortizzatore
del costo della vita), aggiungeva: Se si pensa che per effetto degli scatti
di anzianit alla fine della carriera di un lavoratore si ha anche il raddoppio della retribuzione, risulta evidente non solo l'onere economico di
questo meccanismo ma anche il fatto che esso diventa un elemento di sclerosi del rapporto di lavoro Questi meccanismi hanno creato inoltre un
44

IL PUNTO UNICO

altro importante elemento di distorsione: non esiste una dinamica dei salari
che sia parallela alla dinamica dei bisogni. Ad esempio, io non credo che
un lavoratore di cinquant'anni abbia maggiori esigenze di un suo compagno di venticinque. La curva dei bisogni non ha una progressione costante
rispetto all'et.
Quell'accordo cre, pi tardi, dei problemi, ma nasceva da una esigenza reale, non era il frutto di una improvvisa quanto fatua folgorazione,
era il risultato di una situazione economica che peggiorando a livello mondiale, produceva a livello nazionale una forte tensione inflazionistica che
si scaricava sui lavoratori che, comunque si voglia vedere la cosa, erano i
pi esposti e, quindi, i pi indifesi. Il sindacato, insomma, si fece carico di
un problema. E lo spieg con grande obiettivit proprio Luciano Lama,
quello che da tutti considerato il firmatario principale dell'intesa insieme
ad Agnelli. Diceva parlando con Giampaolo Pansa, a molti anni di distanza
dal protocollo sul punto unico, addirittura diverso tempo dopo il referendum
sulla scala mobile, quando, insomma, le tossine della controversia politica
erano state riassorbite e le fedelt di bandiera diventate sostanzialmente
inutili, insomma quando il velo della storia che stempera le passioni aveva
portato via un bel po' di incomprensioni: Allora c'era una differenza molto
forte tra i valori di ogni un per cento di variazione del costo della vita e i
valori che ogni mese si aggiungevano al salario per effetto di questo tasso
di inflazione. Insomma, ogni volta che l'inflazione cresceva di un punto,
c'era un aumento dei salari molto diverso fra lavoratore e lavoratore. Ad
un certo momento la Cisl propose un valore uguale per tutti, cio il punto
unico di contingenza.
Il viaggio verso quel traguardo non fu ovviamente lineare e Lama
lo ricordava: Da noi esisteva la preoccupazione di dar vita a un meccanismo che avrebbe schiacciato troppo i salari uno sull'altro. Tanto vero che
la Cgil formul dapprima una proposta di tre valori (per gli operai, gli intermedi e gli impiegati) e poi di due valori (per gli operai e per gli impiegati). La Cisl insistette per il punto unico. L'avvocato Agnelli mi chiese:
Che facciamo? Le sembra possibile o no fare un accordo con punti differenziati? Io gli risposi: No, io questo accordo non lo faccio perch sarebbe
un colpo duro per l'unit sindacale. A me sembra pi giusto un valore diversificato del punto unico di contingenza ma accetto la posizione della
45

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Cisl per non rompere il fronte del sindacato. andata cos. Ma c'era anche
un'altra ragione che spingeva la Cgil ad accettare la linea della Cisl: il
punto unico che si applicava a tutti era il pi alto. Nessun lavoratore ci rimetteva. l'immagine di un sindacato che tiene, che ha su un argomento
decisivo che riguarda il salario posizioni diversificate ma che trova una sintesi unitaria. Nove anni dopo, per, le cose non sarebbero andate nella
stessa maniera.

Questa foto riapparsa sulla riva sinistra della Senna,


a Parigi, in una di quelle rivendite in cui possibile acquistare
libri usati. Ritrae Gianni Agnelli insieme a Giorgio Benvenuto e
Bruno Trentin freschi reduci dalla firma dellaccordo
sul punto unico di contingenza
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GIANNI AGNELLI
LItalia della Fiat

Licenziamenti alla Fiat: Forattini vede Agnelli


in versione struzzo (che ingoia la pipa di Lama)

GIANNI AGNELLI

Quel giorno utilizz un linguaggio decisamente orignale, cos


lontano da quella immagine di eleganza che lo circondava, che lo aveva
sempre circondato. Si festeggiavano a Torino i cento anni della Fiat e
prima che Cesare Romiti parlasse, si avvicin a Giorgio Benvenuto e sottovoce gli disse: Benvenuto, quante cazzate abbiamo fatto. L'ex segretario della Uil rispose in tono divertito: S, ma eravamo giovani. Chiss
se fra quelle cazzate aveva inserito anche l'accordo firmato ventiquattro
anni prima, il punto unico di contingenza che poi avrebbe scatenato quella
sorta di guerra dei dieci anni culminata con il referendum. Forse no
perch, in realt, dal suo punto di vista, che era quello di presidente della
Confindustria, l'intesa un obiettivo l'aveva raggiunto: il raffreddamento
della conflittualit legato all'improvvisa impennata del costo della vita
provocato dall'aumento del prezzo del petrolio. E, poi, una conseguenza
in quel momento non pianificata ma che nella storia delle vicende sindacali, delle relazioni industriali soprattutto alla Fiat, ma non solo alla Fiat,
avrebbe giocato un ruolo fondamentale: l'appiattimento salariale, la rottura in fabbrica tra lavoratori pi qualificati e lavoratori meno qualificati,
la difficolt a garantire attraverso la logica degli aumenti uguali per tutti
quel riconoscimento delle professionalit che elemento essenziale nei
rapporti di lavoro. Perch, come diceva il presidente della Confindustria
di allora, una cosa fatta bene pu essere fatta meglio.
La biografia di Gianni Agnelli la biografia della Fiat e la biografia della Fiat la biografia dell'Italia. Ancor di pi lo stata in quel
periodo in cui tutto apparso legato proprio alla figura di quello che gi
allora, pur giovane, era il Patriarca, anzi il Monarca di un Regno industriale, il pi importante regno industriale del Paese, quello che dava pi
lavoro, distribuiva pi salari, incideva di pi sulla vita della Penisola. Cesare Romiti che ha gestito l'azienda in quegli anni ha provato a smontare
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

questa idea, a ridimensionare la capacit di condizionamento dell'Avvocato nei confronti della politica: Gli piaceva farlo credere. Una volta,
credo fosse agli inizi degli anni Ottanta, fu formato un governo e si disse
che su una quindicina di ministri sette o otto erano di indicazione Fiat.
Non era vero, ma io dissi ai miei di assecondare la voce, cosa che avrebbe
accresciuto il nostro prestigio. Ci non toglie che la Fiat avesse avuto
una influenza particolare sulle scelte di politica economica compiute dai
governi dal dopoguerra in poi: la mobilit privata preferita a quella pubblica, il trasporto su gomma privilegiato a quello su rotaia. In quella
azienda in cui si parlava in torinese, l'avvento di Gianni Agnelli port oggettivamente il soffio della modernit, una sensibilit cosmopolita che
sino a quel momento era mancata, l'inglese pian piano sostitu il torinese,
sino alla radicale trasformazione dei giorni nostri con l'amministratore
delegato, Sergio Marchionne, che parla l'italiano con accento inglese e
il torinese, quando gli capitato, con accento misterioso.
In quegli anni difficili e anche violenti, era un simbolo: per alcuni positivo, per altri negativo. Le fasce pi estreme della sinistra urlavano ai cortei Agnelli, Pirelli ladri gemelli e nell'inno di Potere Operaio,
gruppo dichiaratamente rivoluzionario dal quale, poi, venne fuori l'Autonomia Operaia che negli anni Settanta predicava la guerriglia urbana,
nel finale erano presenti un paio di versi di straordinaria truculenza:
Agnelli, Pirelli, Restivo, Colombo, non pi parole ma piogge di
piombo. Una cosa certa: quel decennio stato fortemente caratterizzato
dalla figura di Gianni Agnelli. La genesi, tanto per cominciare: l'accordo
sul Punto Unico. Poi la vertenza del 1980 con la Marcia dei Quarantamila
che obblig le Confederazioni sindacali a rivedere la strategia e ad avviare
la riflessione sulla scala mobile, sui meccanismi di indicizzazione (non
solo quelli salariali) che determinavano un aumento dell'inflazione impedendo al Paese di agganciare la ripresa che nel mondo, dopo lo choc
petrolifero, aveva cominciato a manifestarsi.
Lama ha raccontato che quando venne proposta la soluzione del
punto unico, Agnelli rispose semplicemente: Se volete cos mi sta bene.
Una arrendevolezza che era in qualche maniera figlia delle idee nuove
che l'Avvocato aveva comunque portato all'interno della Confindustria e
che aveva illustrato, nel novembre del 1972, in una intervista pubblicata
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GIANNI AGNELLI

sull'Espresso e raccolta da Eugenio Scalfari. Diceva: Il profitto una


categoria economica, lo sappiamo tutti. la remunerazione del rischio
imprenditoriale. In un sistema capitalistico uno dei motori che manda
avanti la macchina. Naturalmente non il solo. Il Prodotto nazionale si
ripartisce in profitti e salari. Accanto ai profitti e ai salari ci sono le rendite. Queste distinzioni le abbiamo studiate a scuola. Purtroppo, strada
facendo ce le siamo scordate. Le rendite remunerano gruppi sociali improduttivi. Se l'area della rendita limitata, i danni non sono gravi. Ma
se si estende al di l di un certo limite, allora i danni possono essere gravi
e in certi casi gravissimi. La mia impressione che oggi in Italia l'area
delle rendite parassitarie, improduttive, sia estesa in modo patologico. E
poich il salario non comprimibile in una societ democratica, quello
che ne fa tutte le spese il profitto di impresa... Il mio pensiero questo:
oggi necessaria da parte nostra una svolta netta. Coi profitti a zero la
crisi non si risolve ma si incancrenisce e pu produrre il peggio. Noi abbiamo due sole prospettive: o uno scontro frontale per abbassare i salari
o una serie di iniziative coraggiose e di rottura per eliminare i fenomeni
pi intollerabili di spreco e di inefficienza. inutile dire che questa la
nostra scelta. Ma una scelta che comporta un colloquio franco con altri
interlocutori, cio la classe politica, il sindacato, la cultura.
Un discorso che pu valere anche oggi, basterebbe aggiungere al
sostantivo rendita anche l'aggettivo finanziaria. Quello di Agnelli non
era certo un programma progressista; era il programma di un conservatore illuminato, con grandi frequentazioni del mondo, che aveva avuto
una istitutrice inglese, miss Parker, che lo aveva tirato su come un erede
al trono (ricordatevi che siete Agnelli) e con uno spirito di avventura
che lo rendeva diverso dai padroni dell'epoca, che avevano costruito la
propria fortuna dal nulla, sfruttando l'onda alta e lunga del Miracolo Economico. Un personaggio in qualche maniera atipico in quel mondo imprenditoriale, una atipicit che avrebbe indotto Arrigo Levi a chiedergli
se, come presidente di Confindustria, non fosse stato guardato con sospetto. Probabilmente qualche sospetto c'era ma la sua risposta fu netta:
No. Anzi ritengo che fossero contenti di essere rappresentati da qualcuno che faceva il loro mestiere ma che poteva avere una forza contrattuale maggiore. Talvolta manifestavano una certa sorpresa per taluni
51

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

miei atteggiamenti, non cos duri come si aspettavano. Essendo, come


molti di loro erano, dei self made men, avevano forse maggiori durezze.
Ma nell'insieme penso che fossero contenti, soprattutto di vedere qualcuno che in prima persona, avendo in gioco una posta cos grossa, si
esponeva a nome di tutti. Mi sembra perci che fossero soddisfatti che io
li rappresentassi, nonostante qualche diffidenza, qualche timore che io
potessi forzare loro la mano in qualche soluzione pi avanzata di quanto
ritenessero naturale.
La differenza era soprattutto nel rapporto con il sindacato, nelle

Gianni Agnelli con Giorgio Benvenuto: il via libera


della Confindustria al decreto di San Valentino pass
con la maggioranza di un voto, quello dell'Avvocato
52

GIANNI AGNELLI

relazioni industriali che la Fiat, dopo anni in cui i carabinieri predisponevano rapporti sulle persone che presentavano domanda di assunzione
all'azienda o che gi lavoravano in azienda, il nuovo presidente della Confindustria intendeva instaurare. Da questo punto di vista, le testimonianze
sono tutte abbastanza concordi: con Agnelli e anche con Cesare Romiti
gli accordi si potevano fare. E nel 1980 l'allora amministratore delegato
della Fiat l'intesa l'aveva realizzata. Ma poi, il giorno successivo, le cose
cambiarono, arriv la Marcia dei Quarantamila e quel che era stato messo
nero su bianco non valeva pi. D'altro canto, a promuovere la manifestazione dei quadri non era stato Romiti anche se poi, recentemente, ha narrato quel giorno con un aneddoto: Mi arriv una telefonata, lui (Agnelli,
n.d.a.) era al Quirinale per un pranzo in onore della Regina Elisabetta e
si stava intrattenendo con Giuseppe Saragat. Credevo volesse congratularsi con me, invece si mise a raccontarmi la storia dell'ex presidente
della Repubblica. Saragat, in effetti, con il Mondo Fiat aveva ottimi rapporti e quando in maniera liquidatoria l'Avvocato aveva fatto fuori Vittorio Valletta (Professore, o me o lei), da presidente della Repubblica
provvide a nominare senatore a vita l'uomo che aveva dato la spinta decisiva alla motorizzazione di massa in Italia.
In realt, come ha raccontato lo stesso Luigi Arisio che quella
Marcia guid, il vero organizzatore fu Carlo Callieri che poi divenne
anche vice-presidente della Confindustria e, infine, candidato alla presidenza. E, probabilmente, proprio quelle elezioni perdute determinarono
un certo allontanamento di Agnelli dalle vicende e dai destini della Confindustria. Per anni la Fiat aveva in qualche maniera ispirato le soluzioni
presidenziali. Callieri era il candidato forte. Ma Silvio Berlusconi, ancora all'opposizione, si preparava a tornare al governo e riusc ad aggregare intorno ad Antonio D'Amato il consenso delle piccole e medie
imprese. Non da solo, comunque, ma con l'aiuto di Cesare Romiti che,
nel frattempo, aveva consumato il divorzio dalla Fiat. In quella imprevedibile contrapposizione ebbero un peso le vicende editoriali. Agnelli
amava il mondo della carta stampata. Spesso piombava nella redazione
della Stampa, a Torino o a Roma, e avviava lunghe conversazioni con i
direttori in quel momento in carica. Romiti ha provato a spiegare questa
passione: Avrebbe voluto fare due mestieri. Il diplomatico, e ci fu un pe53

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

riodo a met degli anni Settanta, quando i comunisti avanzarono alle elezioni amministrative, in cui Ugo La Malfa pens a lui come ambasciatore
a Washington per tenere buoni rapporti con gli Usa. E poi il giornalista,
visto che gli piaceva da matti seguire il mondo dei giornali e aveva
grande familiarit con molti giornalisti: ne ricordo due su tutti, Giulio
De Benedetti e Indro Montanelli.
Uscito dalla Fiat e diventato presidente e azionista della Rcs, Romiti pens bene di provvedere personalmente alla nomina del direttore
del Corriere della Sera. A distanza di tempo ha spiegato: Lo feci per salvaguardarlo, non certo per fargli un dispetto. Dissi che il direttore lo nominava il Consiglio di Amministrazione quale organo di rappresentanza
degli azionisti. Non poteva essere un diritto acquisito da parte di un solo
socio anche se si chiamava Agnelli. Forse non fu un dispetto ma l'impressione che dest in tanti fu esattamente quella. Il sodalizio con Romiti
ha caratterizzato il decennio in questione, una fase di rapporti difficili ma
anche di strategie aziendali e di scelte produttive, di modelli lanciati
sul mercato che ridiedero slancio a una azienda uscita in affanno dagli
anni Settanta. Il confronto di due personalit molto forti si conclude quasi
sempre in maniera traumatica. Ci non toglie che l'immagine alla fine rimasta quella di Romiti che segue in piedi la funzione funebre in onore
di Gianni Agnelli e quando un signore che gli era alle spalle si lament
perch non riusciva a veder nulla, rispose stizzito: Mi lasci in pace.
Il fatto che si era creato tra i due un equilibrio perfetto, sintetizzato da Romiti in poche battute: L'Avvocato aveva un grande fascino...
Era curioso e aveva una dote: leggeva immediatamente nella testa di chi
aveva di fronte... Il suo problema che non aveva alcuna voglia di occuparsi della gestione dell'azienda. Capiva subito i problemi ne individuava
le soluzioni ma ne restava fondamentalmente estraneo... Era un cinico
che si annoiava... Una volta, dovendo parlare a un convegno, si era fatto
scrivere un discorso. Mentre lo stava leggendo, arrivato a met disse
sconsolato: Ma quanto noioso quel che sto dicendo e continu parlando a braccio con grande abilit. Lontano, insomma, da quella gestione a cui si dedicava Romiti facendo delle scelte (l'accantonamento di
Ghidella, il padre della Uno, l'auto del rilancio, un certo eccesso di finanza) che poi gli verranno da molti contestate. Ci non toglie che anche
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GIANNI AGNELLI

nella Fiat del dopo-Marcia dei Quarantamila si cercasse, comunque, la


composizione dei conflitti attraverso l'accordo e in questo l'Amministratore Delegato che pure dopo quel 1980 era apparso animato da spirito
profondamente anti-sindacale, in realt era pienamente in linea con il presidente della Fiat, con Gianni Agnelli.
Proprio nei giorni del centenario dell'azienda, l'Avvocato in alcune
interviste ha ripetuto di aver avuto rapporti con i migliori sindacalisti che
il mondo del lavoro abbia mai prodotto in Italia. Bruno Trentin era molto
abile a prenderlo per il verso giusto. Lo incuriosivano le origini familiari
di Benvenuto: Ma proprio vero che figlio di un ammiraglio? domand una volta. Sempre in occasione di una manifestazione in Parlamento in onore dei cento anni della Fiat, salutando l'ex segretario della
Uil, disse: Ma lei era cos bravo al sindacato perch si dato alla politica? Aveva del sindacato un'idea da borghese illuminato e la spieg ad
Arrigo Levi significativamente alcuni anni dopo la Marcia dei Quarantamila: Il sindacato rappresenta l'operaio, e s in qualche modo lo riconcilia col suo lavoro; per lui il sindacato doveva essere forte. Ci sono le
strutture industriali; le strutture politiche; e al di fuori di queste l'organizzazione sindacale, che utile. S certamente utile avendo la funzione d'interpretare le necessit dei lavoratori nei loro problemi collettivi.
Questo sarebbe difficile da farsi attraverso i partiti politici; ed il ruolo
del sindacato. Se io sono un operaio, avr anche il mio partito operaistico; ma questo non esprime i miei problemi sul posto di lavoro; una
organizzazione utile anche ai datori di lavoro perch noi apparteniamo
alla stessa societ industriale e partecipiamo agli stessi tipi di problemi.
Era solido il legame con Luciano Lama. Cementato anche da questioni futili, come il calcio, la Juventus di cui Agnelli diceva: L'abbiamo
sempre avuta. Questa non un affare: una passione soggettiva, che
per condivisa da molta gente. La Juventus non come i cavalli da
corsa, anche se vincere un derby di Epsom immagino che possa essere
una soddisfazione. La Juventus una passione condivisa da molti altri.
Per questo, prima del ritorno alla vittoria della squadra bianconera, nello
stadio di Torino risuonavano nostalgici i cori dedicati all'Avvocato.
Quando agli inizi degli anni Novanta le cose calcistiche non andavano
bene e la rivoluzione modernista ispirata dal Milan berlusconiano non
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

aveva dato i suoi frutti, provvide a cambiare le carte in tavola. Piomb


nella vecchia sede di piazza Crimea, richiam al timone della societ
Giampiero Boniperti e in panchina Giovanni Trapattoni dicendo che
aveva deciso di concedersi una botta di giovinezza. E contemporaneamente salut Luca di Montezemolo che per un anno era stato l'amministratore delegato con semplici ma certo ruvide parole: Ora vedremo
cosa sapr fare da grande. Avviando con quella battuta la felice carriera
in Ferrari di quello che considerato uno dei suoi migliori allievi.
Come il nonno, come Valletta, anche lui diventato senatore a
vita. E per giunta si ritrovato a votare la fiducia al primo governo Berlusconi, nel 1994 proprio nelle ore in cui il Milan ad Atene vinceva la sua
quinta Coppa dei Campioni. E nonostante non fosse pienamente convinto
delle qualit politiche dell'uomo che per la prima volta metteva piede a
palazzo Chigi: Lo apprezzava di pi come imprenditore, soprattutto per
quel che aveva fatto nella tiv. Come politico pensava sarebbe durato
poco, ha raccontato Romiti. Una valutazione errata che bissava quella
fatta alcuni anni prima a proposito di Bettino Craxi. In occasione di un
workshop dello Studio Ambrosetti, disse: Craxi come me, gli interessa
il mondo, non gli interessa l'Italia, nel senso che guardava con maggiore
interesse alle questioni del Nicaragua che a quelle del proprio condominio. Poi, per, fu proprio Craxi ad adottare il decreto di San Valentino e
a frenare un'inflazione che stava devastando il Paese.
Eppure c' stato un momento in cui anche lui, come si sarebbe
detto pi tardi, ha avuto l'occasione di scendere in campo. Aveva fatto
l'accordo sul punto unico di contingenza e in un'Italia che dava segni di
vorticosi cambiamenti (il referendum aveva confermato la legge sul divorzio, il Pci era andato molto bene alle amministrative) l'area laica di
centro pensava a un uomo capace di unificare le diverse anime e di spingere elettoralmente partiti che facevano grande fatica. Che avesse simpatie repubblicane era noto. Era molto amico e grande estimatore di
Ugo La Malfa, una personalit che lo affascinava. Dopo La Malfa un suo
punto di riferimento politico fu Giovanni Spadolini, ha spiegato Romiti.
In quella met degli anni Settanta in tanti pensavano a lui come l'uomo
giusto per rappresentare un'Italia moderata ma laica, fuori dai vecchi recinti democristiani, capace di contendere la leadership culturale a un Par56

GIANNI AGNELLI

tito Comunista con il vento in poppa. Ma a quell'epoca a decidere erano


ancora i partiti e il progetto non piaceva proprio a La Malfa che poi
avrebbe raccontato quel suo veto: Feci un discorso semplice ad Agnelli:
Senta, io non posso prendere il presidente della Confindustria, chiunque
esso sia. Perch io difendo l'impresa in Parlamento come valore sociale,

Un giovane Agnelli accanto a Vittorio Valletta: nella Fiat,


l'Avvocato port unaria nuova, pi cosmopolita.
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

ma se ho vicino il presidente della Confindustria non mi posso pi alzare.


Allora mi metterei il bavaglio Lei Agnelli sar gradito come personalit internazionale ma, in quanto al resto, un partito quello che . Ci
stanno operai, imprenditori, intellettuali. Non siamo un partito di classe,
ma non possiamo essere un partito classista alla rovescia. Alla fine, alle
politiche del '76 si present Umberto Agnelli ma con la Dc, un partito
molto lontano dai gusti politici della famiglia. La cosa irrit non poco
l'Avvocato che non riusciva a inquadrare quella scelta nel solco di un processo di modernizzazione.
Ha raccontato Romiti: Aveva un grande ascendente sulle sorelle
e un rapporto difficile con il fratello. Umberto ne subiva autorit e fascino, ma aveva gli stessi risentimenti che spesso hanno i figli nei confronti dei padri. E devo dire, a sua giustificazione, che non facile vivere
quando per tutti, tranne che per tua moglie e i tuoi figli, sei solo il fratello
di... Un giudizio piuttosto ingeneroso probabilmente dettato anche dal
fatto che tra Romiti e Umberto Agnelli i rapporti non sono stati particolarmente fecondi. In Parlamento Umberto ci rimase solo per una legislatura, probabilmente anche deluso dalla compagnia che lo aveva
accompagnato durante il viaggio. Susanna Agnelli, invece, ci rimase
per due legislature, facendosi eleggere in un partito pi vicino ai gusti familiari, il Pri. Per evitare fraintendimenti, si present nel collegio di Como
e l'Avvocato autorizz la discesa in campo con poche ma chiarissime
parole: Noi siamo gli Agnelli, non possiamo fare brutte figure, hai fatto
bene i conti? Li aveva fatti bene. Sempre Romiti rivela il tono dei rapporti tra fratello e sorella: Tra i due c'era un legame profondo, ma Susanna cercava in tutti i modi di svincolarsi, di essere autonoma. Quando
si pens a lei come ministro degli Esteri per il Governo Dini, l'allora presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro telefon all'Avvocato per
chiedergli il benestare. Susanna si arrabbi molto, non sopportava che
la sua designazione dovesse ottenere l'imprimatur del fratello. Ma fu una
arrabbiatura estemporanea, tenuto conto dell'affetto che li univa. E alla
fine prevalse in lei la considerazione che l'ascesa a un ministero di rango
come la Farnesina ne faceva, dopo l'Avvocato, la persona pi importante
della famiglia.
La biografia della Fiat la biografia dell'Italia. O pi probabil58

GIANNI AGNELLI

mente lo stata. Perch l'azienda di oggi, quella guidata da Sergio Marchionne, non ha nulla a che vedere con quella di allora. Ricordare all'azienda attuale i benefici (alcune stime parlano di un centinaio di
miliardi in tutto) ottenuti dai diversi governi che si sono avvicendati alla
guida del Paese serve veramente a poco.
Questa non pi la Fiat dell'Avvocato che presentava la Bravo e
la Brava nel 1995 con queste parole: Noi fabbrichiamo automobili, le
fabbrichiamo in Italia e rappresentiamo Torino. In anni migliori, quando
gli stabilimenti erano ancora pieni di operai, disse: Nel 1945 avevamo
sessantacinquemila dipendenti, oggi duecentocinquantamila. E sono cinquant'anni che sento dire: Agnelli licenzia. Forse oggi, quella frase, non
potrebbe pi pronunciarla. Nei suoi sei stabilimenti italiani (compresa la
Sevel di Val di Sangro) lavorano poco pi di ventiquattromila operai.
Complessivamente il nuovo gruppo (compresa Chrysler) conta su poco
pi di 197 mila dipendenti, il 31,80 per cento lavora nella Penisola, il
68,20 all'estero. Gli anni ruggenti della motorizzazione di massa, delle
Seicento che rappresentavano il Miracolo Italiano ed erano il segno di un
benessere che cominciava a diffondersi, sono passati. Quando Agnelli arriv alla guida dell'azienda, la Fiat produceva un milione e mezzo di veicoli, aveva in Italia una quota di mercato pari all'ottanta per cento e in
Europa del 14 per cento; era nel Continente il secondo produttore di autovetture dopo la Volkswagen e il quinto mondiale dopo General Motors,
Ford, Chrysler e Volkswagen. Da allora molta acqua passata sotto i
ponti.
La quota di mercato italiana si progressivamente assottigliata
passando dal 55,6 per cento del 1970, al 23 per cento del 2010 e ritornando nel 2012 al 29,6 per cento perch contemporaneamente nel nostro
Paese c' stato il crollo delle immatricolazioni (-19,87 per cento). I ricavi
consolidati del gruppo nel 2012 sono stati di 84 miliardi di euro, l'utile
della gestione ordinaria di tre miliardi e 814 milioni, l'utile netto di un
miliardo e 411 milioni. La Volkswagen nel 1970 cominciava a boccheggiare, il suo modello di punta, il vecchio Maggiolino, manifestava sul
mercato scarsa sintonia con i gusti del pubblico. Ma oggi i numeri della
casa tedesca sono straordinari. Tanto per cominciare, Volkswagen nel
2012 attraverso i suoi otto marchi ha prodotto qualcosa come nove milioni
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

e trecentomila vetture; nei sei stabilimenti tedeschi (Wolfsburg, Braunschweig, Hannover, Salzgitter, Emdem e Kassel) impiega centotremila
operai.
L'azienda nel suo complesso ha realizzato un fatturato di 192,6
miliardi di euro e prodotto un utile di 21,7 miliardi; in premio di produzione (produktivitaetsbonus) ha distribuito 750 milioni di euro. Alcuni
anni fa Sergio Marchionne sottoline che l'andamento del mercato
avrebbe concentrato la produzione di automobili in poche mani, mani capaci di immatricolare almeno sei milioni di veicoli all'anno. La Fiat al
momento a un terzo del percorso e un quarto di quella produzione la
piazza in Italia, che ancora un suo mercato di riferimento. La situazione,
nel frattempo, peggiorata visto che la sovracapacit produttiva in Europa
stimata in venticinque milioni di pezzi e, come ha notato l'economista
Salvatore Bragantini, non ci sono segnali per ridurre in maniera coordinata questa sovracapacit perch la linea tedesca che prevalsa postula
che chi fa buone auto a prezzi competitivi le vende e ci guadagna. Nel
1986, un anno dopo il referendum, le Partecipazioni Statali consegnarono
l'Alfa Romeo alla Fiat. L'Alfa aveva una clientela molto affezionata e fortemente identitaria, un po' come quella che si associa, nelle due ruote, all'Harley Davidson o alla Ducati. Ma la Fiat cominci a produrre vetture
che con le icone del passato, la Duetto o la Giulia, avevano poco a che
spartire. Qualche anno fa, prima della presentazione della nuova Giulietta
(quella storica rappresent una vera e propria rivoluzione), Marchionne
annunci che se il marchio non avesse venduto almeno trecentomila auto,
probabilmente il Gruppo vi avrebbe rinunciato.
La scelta delle Partecipazioni Statali che nasceva dal desiderio di
sbarrare la strada alla Ford che voleva acquistare quell'azienda fu sbagliata: un concorrente sul mercato nazionale avrebbe aiutato la Fiat a migliorarsi dal punto di vista della qualit diventando competitiva anche a
livello europeo. Una posizione, questa, condivisa anche da Luca di Montezemolo. Sollecitata dalle pubbliche dichiarazioni di Marchionne, la Volkswagen aveva avanzato una proposta di acquisto alla quale il Gruppo
rispose con un prezzo: venti miliardi. Oggi, il marchio che si pensava di
dismettere diventato quello di punta visto che con l'ottavo piano (in
otto anni) Fiat ha annunciato di volersi dedicare all'alto di gamma, quello
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GIANNI AGNELLI

che garantisce pi utili, e non pi alle utilitarie che tanto piacevano all'Avvocato che in un certo momento nel suo garage personale aveva la
bellezza di ventidue Panda. Dice Bragantini in un articolo per
lavoce.info: vero in questo segmento si guadagna di pi ma ci richiede anni di grandi investimenti e una ossessiva coerenza nella cura
dell'immagine del marchio. Si veda il pluridecennale lavoro di Volkswagen sull'Audi che trenta o quaranta anni fa era un marchio debole e senza
identit. Solo con questo lavoro si possono ottenere risultati durevoli sui
segmenti alti, quelli che i nostri governi, premuti dalla Fiat, hanno tartassato con ogni mezzo. Ed appunto dai segmenti alti che arrivano i
profitti con i quali Volkswagen sussidia una politica di prezzi stracciati
sul basso di gamma che strozza i produttori di quelle auto come Fiat.
Insomma, serve continuit strategica e investimenti, cio soldi. Gianluigi
Gabetti, presidente onorario di Exor, dice: L'intelligenza, la cultura, l'internazionalit ma soprattutto l'Avvocato avrebbe apprezzato di Marchionne la capacit di vivere nel futuro. Probabilmente. Certo non
avrebbe mai immaginato di vedere il nome di uno dei suoi grandi successi
proprio nell'alto di gamma, la Thema, associato a un'auto che di italiano
ha solo lo scudetto e nemmeno la calandra ( stata cambiata anche quella
per renderla simile alla Chrysler). Pierre Carniti in un suo saggio racconta
un gustoso aneddoto che riguarda il direttore della Volkswagen in Brasile:
Con un certo autocompiacimento egli avrebbe sostenuto che la sua
azienda era riuscita a delocalizzare all'esterno, in varie parti del mondo,
la quantit maggiore della sua produzione. Riservandosi di realizzare
solo ci che sapeva fare meglio: collocare la sigla VW sul cofano dell'automobile. Ecco perch a questo punto riesce difficile pensare che le
biografie si incrocino ancora.
Dalla Confindustria Agnelli and via solo dopo due anni, nel
1976. Convinse Guido Carli, che si era dimesso nel 1975 da Governatore
della Banca dItalia, a sostituirlo alla guida degli imprenditori. Da quella
poltrona lo allontanarono quella noia di cui ha parlato Romiti, i problemi
della Fiat e le critiche che i colleghi non gli avevano risparmiato (le sue
aperture al sindacato erano considerate troppo generose). Lasci la Confederazione nella mani di quello che molti storici considerano ancora oggi
il miglior presidente che lorganizzazione imprenditoriale abbia mai
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

avuto. Ma su questo giudizio probabilmente non tutti gli industriali concordano perch in un sistema capitalistico nel migliore dei casi protetto
e nel peggiore assistito, Guido Carli, in un a fase in cui le aziende avanzavano richieste protezionistiche, indic la strada della competizione, cio
quasi una eresia per i tanti liberisti allamatriciana che densamente popolano la nostra Penisola.

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LA SVOLTA DELLEUR
Austeri al governo

Andreotti era alla guida del Governo quando


i sindacati vararono la Svolta dell'EUR

L A S V O LTA D E L L E U R

Quella mattina i telefoni delle segreterie generali a via Lucullo e


in via Po praticamente impazzirono. Il titolo, daltro canto, come si dice in
gergo, era piuttosto strillato: Lavoratori, stringete la cinghia. Un invito anche comprensibile se a rivolgerlo dalle colonne del quotidiano la
Repubblica fosse stato lallora presidente della Confindustria, Guido Carli.
Ma la realt era unaltra: i concetti e le parole erano di Luciano Lama, il
segretario generale della Cgil, che sino a quel momento aveva sentito parlare soprattutto di cinghie politiche come quelle di trasmissione tra sindacato e partito, non di cinghie intese come riferimento dietetico da un
punto di vista economico e, soprattutto, salariale. Eugenio Scalfari aveva
prodotto il suo scoop ma, pubblicando quella lunga chiacchierata, aveva
messo in difficolt lintero sindacato che si accingeva a una svolta in
qualche misura epocale dopo le spinte salariali che avevano accompagnato
lAutunno Caldo e il suo dopo. Quellintervista era il Manifesto Ideologico dellEur. Ma prima dellEur. Nel senso che lassemblea dei Consigli
Generali e dei delegati si sarebbe svolta solo una ventina di giorni dopo, il
13 e 14 febbraio del 1978, al Palazzo dei Congressi nel quartiere romano
del razionalismo mussoliniano, che avrebbe dovuto ospitare unEsposizione
Universale che poi non si svolse perch sopraggiunse la guerra e la conseguente caduta del fascismo.
Uno scrittore di romanzi direbbe: erano giorni bui e tempestosi.
LItalia annaspava nelle secche economiche di una crisi prodotta dallo choc
petrolifero che nel nostro Paese, strutturalmente debole e ancora piuttosto
arretrato, aveva avuto una coda velenosa; veniva risucchiato dal gorgo sanguinoso di un terrorismo che versava quasi quotidianamente sangue nelle
nostre strade; una situazione politica in movimento ma inafferrabile, con
un Pci premiato da una straordinaria avanzata elettorale (nel 75 alle amministrative, ancor di pi nelle politiche del 76) ma ancora bloccato sul
confine della Cortina di Ferro e della conventio ad excludendum, con
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

una alleanza di governo numericamente realizzabile (il centro-sinistra) ma


politicamente non perseguibile perch rifiutata da un Psi in aperta depressione elettorale, con una Dc che dopo aver temuto il sorpasso aveva in qualche maniera tirato un sospiro di sollievo e rialzato la testa uscendo dalle
urne addirittura con un timido rialzo delle sue quotazioni (+0,05).
AllEur venti giorni dopo quellintervista che aveva spiazzato un
po tutti per la tempistica pi che per i contenuti, la svolta fu approvata a
larghissima maggioranza: 1342 voti a favore, appena dodici contrari e 103
astenuti. La relazione introduttiva la tenne il segretario generale della Cisl,
Luigi Macario. Ma la politica, anche quella nella versione sindacale, non
matematica e si sposa poco con una scienza esatta. Insomma, al di l dei
numeri a quella nuova interpretazione del ruolo le Confederazioni si avvicinavano tra consensi (aperti e ben individuabili dal punto di vista della
posizione), alcune perplessit e parecchi distinguo. E sia chiaro questa
geografia sindacale non era la conseguenza della geografia politica, non
erano le personali scelte partitiche che orientavano la collocazione. Al fondo
cera proprio il rapporto tra sindacato e partiti, tra azione sociale e azione
politica; il dibattito era sui confini filosofici, ideologici e pratici dei rispettivi ambiti di autonomia. Non era una disquisizione banale; era un confronto
strategicamente centrale e decisivo. Senza particolari giri di parole: era presente nel sindacato la preoccupazione che la Svolta venisse vissuta solo
come unopportunit per facilitare lingresso del Pci nellarea di Governo.
Una preoccupazione o, meglio, un sospetto che Luciano Lama
aveva ben presente e che, sollecitato da Scalfari, nella famosa intervista,
aveva da un lato in qualche misura confermato e dallaltro provato a stemperare: Certamente la proposta dun governo socialmente e politicamente
rappresentativo faciliterebbe lapprovazione della nostra linea. Le ragioni
sono evidenti. Ma la nostra decisione prescinde completamente dal tipo di
formula di governo che finir per essere adottata. La Federazione sindacale ha preso le sue decisioni al buio rispetto alle soluzioni politiche ed
impegnata a portarle avanti quale che sia lo sbocco politico della crisi.
Qualche giorno prima, Giulio Andreotti si era dimesso decretando la fine
del governo delle astensioni o, come altri lo chiamavano, della non sfiducia, quasi un ossimoro. Nelle parole di Lama cera, sotterranea, se si vuole,
il senso del dibattito che in quei giorni attraversava il sindacato.
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L A S V O LTA D E L L E U R

Perch il problema era lAutonomia. Perch una cosa erano le intenzioni di Lama (comunque non del tutto al riparo dai condizionamenti),
altre quelle del Pci che tendeva a considerare le scelte del sindacato funzionali alla sua strategia e puntava a ripristinare, per quanto riguarda la rappresentanza sociale, il primato del Partito rispetto alle Confederazioni. Si
riproponeva, sotto forma diversa, il conflitto ideale che si era gi posto sul
concetto di unit. La Flm, la Federazione Lavoratori Metalmeccanici, era
stato lunico tentativo riuscito, realmente compiuto di unit dopo il Patto
di Roma e la successiva rottura della rinata Cgil dalle macerie della guerra.
Ma la Flm non era particolarmente amata allinterno del Pci: con la sua autonomia (concetto evidentemente indissolubile rispetto allunit) accentuata
finiva per proporsi come soggetto politico autonomo, per rivendicare un
protagonismo al di fuori e al di l delle tutele politiche, un ruolo distante
dai partiti e oltre i partiti. Significativa la critica violenta con cui lUnit
accolse laffiliazione della Flm allorganizzazione internazionale dei metalmeccanici (la Fism), un decennio prima delladesione della Cgil alla Cisl
internazionale avvenuta nel novembre del 1991. La Federazione Cgil, Cisl
e Uil era stata un compromesso al ribasso, pi vicina ai gusti del Pci che
vedeva al suo interno la riproposizione di determinate dinamiche partitiche.
Anche se poi a Botteghe Oscure non si facevano salti di gioia per la creazione di un apparato di vertice, la segreteria unitaria, in cui i comunisti
erano minoranza perch a ogni organizzazione erano assegnati paritariamente trenta posti ma nella Cgil cerano anche i socialisti cosa che riduceva
la rappresentanza dei comunisti. Era un sacrificio che Luciano Lama accettava poich animato da spirito realmente unitario ma che altri, ad esempio, Rinaldo Scheda, uomo di pi stretta ortodossia al pari di Sergio
Garavini, faticavano a digerire.
La Federazione Unitaria, poi, era un frutto che avrebbe avuto bisogno di un tempo pi lungo per la maturazione. Giorgio Benvenuto lo ha
sottolineato con grande chiarezza: Il patto federativo si stabilizzato durante il Compromesso Storico. Poi, quando entrato in crisi il Compromesso Storico, anche il patto federativo entrato in crisi. La Federazione
Unitaria paradossalmente andava bene ma avrebbe richiesto pi tempo
per consolidarsi. La crisi del Compromesso Storico forse avvenuta troppo
presto perch la Federazione Unitaria era una scelta che doveva convivere
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

con il Compromesso Storico per favorire il rapporto con il Psi. Lipotesi


era che doveva cadere la pregiudiziale nei confronti del Pci partendo dal
sociale: Lama nel 70 e nel 71 andava a Palazzo Chigi non solo perch
rappresentava la Cgil e la Federazione Unitaria, ma anche perch rappresentava il Pci. La crisi poi precipitata tanto rapidamente che ha consumato la Federazione Unitaria. Gi nel 74, 75, 76 la Federazione era
uno strumento inadeguato allevoluzione politica che si era determinata.
Levoluzione era nei numeri e nei fatti. Il Pci, dopo la grande affermazione alle amministrative del 75, aveva bissato il successo lanno dopo
ma il sorpasso (che sarebbe avvenuto nel 1984 alle Europee, sullonda
emotiva della morte di Enrico Berlinguer) non si era concretizzato: il Pci
si ferm al 34,7, con un incremento di oltre il sette per cento sulle politiche
precedenti; la Dc, per, si attest al 38,7; il risultato pi deludente fu quello
del Psi: 9,6. A quel punto i numeri in Parlamento dicevano che era possibile
solo una riedizione del centro-sinistra, ipotesi che il Psi non prendeva in
considerazione avendo fatto nelle urne il donatore di sangue a una formula
politica che si era esaurita. Dopo un incontro con Enrico Berlinguer, Giulio
Andreotti ottenne il benestare per il governo delle astensioni. La situazione, daltro canto, era drammatica. Linflazione viaggiava al 16,7 per
cento, ma ancor di pi viaggiavano i capitali che attraversavano molto agevolmente il confine per trovare riparo nelle banche svizzere (e non solo in
quelle svizzere), una fuga che induceva Andreotti a presentarsi in televisione e a pronunciare un durissimo discorso contro coloro che portavano i
soldi allestero preoccupati per il futuro e, soprattutto, per i cosacchi che
vedevano acquartierati ormai dalle parti di Monterotondo: Stanno pugnalando il Paese alle spalle.
Era forte la consapevolezza che il momento era drammatico, che
bisognava rimboccarsi le maniche, che il Paese rischiava, dopo aver raggiunto il fondo, di cominciare a scavare per andare ancora pi a fondo. Lintervista di Lama che preludeva allufficiale svolta dellEur, in realt non
era un fungo spuntato allimprovviso. Era la lettura della svolta che divideva il sindacato, non lanalisi della situazione. Cos come nessuno negava
che si era sulla soglia di una fase politica nuova. Giorgio Benventuo lo
aveva raccontato citando Pietro Nenni a proposito della legge sul divorzio
confermata dal voto popolare: Dopo la vittoria dei no mi disse che allora
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L A S V O LTA D E L L E U R

non potevamo immaginare che cosa significasse quella vittoria; era la


prima volta che la Chiesa italiana veniva sconfitta. E una analisi molto
articolata della nuova situazione politica ed economica, Benvenuto la fece
in occasione del congresso della Uil del giugno del 1977. Disse nella relazione di apertura: Un bipolarismo che esclude lalternanza esige un processo di appiattimento politico e culturale, da una parte, e di
centralizzazione dei processi decisionali, dallaltra che sono lesatto contrario della nostra visione della democrazia e del pluralismo. E ancora:
Non possiamo assistere passivamente a un progressivo depauperamento
della dialettica sociale e politica. Infine: Negli ultimi mesi il movimento
sindacale ha intrapreso con convinzione la politica dellausterit... Non
sono certamente regali che facciamo a qualcuno: abbiamo detto che queste
disponibilit debbono essere finalizzate a una politica di allargamento della
base produttiva e di un rilancio degli investimenti. La risposta che stata
data si muove, nei fatti, in senso opposto. In quelle parole c gi in nuce
il senso dei distinguo rispetto alla svolta dellEur che arriver solo un
anno pi tardi.
La Svolta si basava su uno scambio. E lo dice Lama: sacrifici in
cambio di una attivit di governo che mette al primo punto del suo programma la disoccupazione perch avere un milione e seicentomila disoccupati ormai angoscioso, tragico. I sacrifici riguardavano il salario
e i riferimenti allargomento contenuti nellintervista appaiono ancora pi
clamorosi perch provengono dalluomo che soltanto tre anni prima aveva
firmato con Gianni Agnelli laccordo sul punto unico di contingenza: Ci
siamo resi conto che un sistema economico non sopporta variabili indipendenti. I capitalisti sostengono che il profitto una variabile indipendente.
I lavoratori e il sindacato, quasi per ritorsione, hanno sostenuto in questi
anni che il salario una variabile indipendente. In parole semplici: si stabiliva un certo livello salariale e un certo livello di occupazione e poi si
chiedeva che le altre grandezze economiche fossero fissate in modo da rendere possibile quei livelli di salario e di occupazione. Ebbene dobbiamo
essere intellettualmente onesti: stata una sciocchezza perch in uneconomia aperta le variabili sono tutte dipendenti una dallaltra.
In realt, quellanalisi presentava dei difetti, probabilmente dettati
da un eccesso di generosit. LAutunno Caldo aveva spinto lacceleratore
69

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

sulle richieste salariali perch, sebbene il Miracolo Economico si fosse


spento, ancora se ne avvertivano i venti favorevoli. Lo choc petrolifero non
cera stato ancora e la redistribuzione dei benefici del Boom imponeva
dei recuperi dal punto di vista del reddito da parte delle categorie pi deboli.
Semmai, negli anni migliori del Miracolo erano stati i profitti che si erano
mossi in maniera e in misura decisamente indipendente rispetto a qualsiasi
altro indicatore, favorendo alcuni ma non in misura adeguata tanti altri,
provocando comunque distorsioni che il Paese avrebbe pagato e che ancora
sta pagando. Di fatto era il quadro che era cambiato, anche dal punto di
vista della dialettica e della polemica. Il salario come variabile indipendente
ai pi era sempre apparso una bestemmia, un concetto riservato a minoranze vivaci, rumorose ma relativamente incidenti sulle scelte: la presa
datto era solo diventata pi forte e chiara nel momento in cui le difficolt
economiche, la crescita bloccata, anzi la chiara recessione obbligavano a
rivedere le strategie sindacali, a cominciare da quelle rivendicative.
Ma il problema vero era un altro: chi era il garante di tutto questo?
Chi era il garante dello scambio? Nella sua ottica intrisa di logica egemonica, il Pci riteneva che questo ruolo gli spettasse di diritto, che era sufficiente la sua presenza al governo per garantire le fasce pi deboli, la classe
operaia, i salariati e, quindi, tacitare qualsiasi forma di protesta sociale. E
anche qualsiasi critica. Perch le critiche venivano viste come dirette a impedire laccesso al governo dei comunisti. Da questo punto di vista ci furono in quel periodo polemiche decisamente significative, anzi, esplicative.
Una contrappose Giorgio Benvenuto a Giorgio Napolitano. In una dichiarazione, Benvenuto aveva sollecitato un nervo scoperto del Pci: in grado
il Partito Comunista come partito di Governo di tollerare una effettiva autonomia del sindacato unitario... La cosiddetta politica di unit nazionale
si ridotta a una sommatoria algebrica il cui risultato zero. In un colpo
solo, centrava due obiettivi: la tendenza a considerare lUnit Nazionale
uno spazio chiuso in cui tutto si esauriva e nulla poteva esistere al suo
esterno (compresa una attivit autonoma del sindacato); il bilancio deludente dal punto di vista dei risultati.
Punto sul vivo, Napolitano replicava: Quando dice queste cose,
Benvenuto fa del qualunquismo, anche se dice di temere il qualunquismo
pi di ogni altra cosa. Ancora pi dura la controreplica: Lonorevole Na70

L A S V O LTA D E L L E U R

politano non ha esitato ad apostrofare rozzamente con discutibile senso


della dialettica le nostre posizioni critiche nei confronti dellazione di governo. Molti anni dopo, per, vestendo i panni dello storico, con il distacco
emotivo prodotto dal tempo (e dalle vicende) trascorso e un conseguente
spirito autocritico, lo stesso Napolitano spiegher quella polemica in forma
nuova: Il rapporto tra Pci e sindacati non era stato facile, fino a quel momento... Eravamo convinti che si tendesse, attraverso la polemica politica
e i comportamenti del governo Andreotti, di cui si svalutavano i risultati,
a colpire il Pci. Ci fu una spiacevole polemica tra me e Giorgio Benvenuto;
in certe reazioni critiche di noi comunisti qualcuno vedeva il segno di una
antica insofferenza verso lesprimersi di una effettiva autonomia sindacale
(e, diceva Benvenuto, verso liniziativa politico-culturale di un Partito Socialista liberatosi da ogni complesso di inferiorit nei confronti dellaltro
partito della sinistra)... Richiamo quel brusco confronto perch ne emerse
anche un tema di carattere pi generale: se fosse possibile lautonomia e
il ruolo obiettivamente politico del sindacato allinterno di una strategia
totalizzante come quella del Compromesso Storico.
Il nodo era proprio questo. Un nodo che in tanti non riuscivano a
sciogliere. E non fu mai sciolto. Il tema che aveva pubblicamente contrapposto Napolitano e Benvenuto, ritorner in un incontro privato tra Ugo La
Malfa e Pierre Carniti. La Malfa dopo la parentesi del governo delle astensioni, aveva imboccato la strada di una soluzione che eliminasse la pregiudiziale anti-comunista. Lanziano leader repubblicano diceva che bisognava
superare il regime delle astensioni realizzando un impegno paritario delle
forze democratiche (compreso il Pci) nel governo. Carniti ha rievocato in
un libro quellincontro e lo ha cos raccontato: Osservai che non era chiarissimo, almeno per me, se la sua proposta consisteva nel portare il Pci
nella maggioranza, o farlo entrare nel governo. In questo secondo caso,
immaginavo che ci fossero obiezioni e resistenze (forse insuperabili) da
parte degli altri partiti, essenziali per mettere in piedi un governo di unit
Nazionale. Aggiungevo che per la cosa pi importante dal punto di vista
del sindacato non era questa, ma come garantire, dopo lemergenza, il passaggio ad un sistema basato sullalternanza tra maggioranze e opposizioni
come richiesto dalla fisiologia di una democrazia politica. Aggiungevo che
comunque la Cisl non aveva alcuna pregiudiziale da sollevare verso un
71

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

maggiore coinvolgimento del Pci nel governo. Ferma restando la sua autonomia nel giudicare (ed eventualmente contrastare) le scelte di politica
economica e sociale messe in campo.
Esattamente il nervo scoperto di chi temeva che la Svolta dellEur
fosse un pretesto per riesumare antiche cinghie di trasmissione, semmai un
po logore ma, comunque, sempre riutilizzabili alla bisogna. Queste preoccupazioni erano espresse in maniera molto chiara dalla Uil; la Cisl, in cui
non si era ancora del tutto consolidata la leadership Macario-Carniti, era
un po pi prudente.

Dalla Solidariet Nazionale al Preambolo: i rimpianti


di Benigno Zaccagnini che irrora con
le sue lacrime un fiore con il volto di Enrico Berlinguer
72

L A S V O LTA D E L L E U R

La logica, insomma, la stessa che ha caratterizzato buona parte di


storia di quellarea politica che fa riferimento alla classe operaia o, pi in
generale, ai lavoratori: nessun nemico alla mia sinistra. Dove per sinistra
non sempre si intende una collocazione precisa ma uno scavalcamento, uno
scombussolamento improvviso di certezze radicate. Il Pci, ritenendosi depositario di una delega politica e sociale, sentendosi, quindi, garante della
realizzazione degli obiettivi delle sue classi (o categorie) di riferimento, riteneva che con la sua sola presenza nellarea di governo le proteste, le contestazioni, le insoddisfazioni determinate da una situazione economica (e
non solo economica) pi carica di ombre che di luci, dovessero come per
incanto scomparire, per cedere il passo alla marcia trionfale verso un futuro
considerato pi un atto di fede che un obiettivo concreto. Una convinzione
che ha prodotto errori, in alcuni casi con conseguenze tragiche. C una vicenda che si interseca con quelle di cui stiamo narrando e che trova il suo
palcoscenico nellUniversit di Roma, La Sapienza. Perch in un 17 febbraio del 1977 plumbeo, plumbeo come il clima generale che avvolgeva il
Paese in quel periodo, allombra della statua della Minerva si consum uno
degli eventi pi drammatici della storia politica e sindacale: alla cronaca
passato come la cacciata di Lama, una sorte che il leader della Cgil non
meritava e che non era nemmeno andato a cercare. I fatti si svolsero come
in un crescendo rossiniano.
Il piazzale era presidiato dai giovani del Movimento, soprattutto
dagli Indiani Metropolitani che avevano deciso di contestare Lama con la
loro arma preferita: lironia. E cos, accanto alla Minerva, stesero striscioni
di questo tenore: Pi lavoro, meno salario, Andreotti rosso, Fanfani
lo sar, ora ora miseria a chi lavora. Alle 10 inizi il comizio. Pur
tra qualche contestazione tutto sembrava tranquillo sino a quando dal carroccio in cui erano appostati gli Indiani Metropolitani part un secchio di
acqua e vernice. A quel punto il servizio dordine si avvent sul carroccio
e lo espugn. Di l in poi fu battaglia. Gli Indiani si riappropriarono del
carroccio e i giovani del Movimento, quelli pi vicini allAutonomia, si armarono di estintori, mazze e sassi. Il servizio dordine della Cgil venne
messo in fuga e alla fine il vecchio camion Om che aveva fatto da palco fu
distrutto. Lama venne costretto a lasciare precipitosamente lUniversit e
gli scontri continuarono sino al primo pomeriggio, faticosamente sedati da
73

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

uno schieramento massiccio di forze dellordine. Un fatto gravissimo. Che


forse poteva essere evitato perch tutti sapevano che lUniversit era un
calderone in ebollizione, che il movimento era in bilico tra legemonia
dellala dedita alla guerriglia urbana (e in alcuni settori al fiancheggiamento
del terrorismo, dalle Brigate Rosse a Prima Linea) e quella che ancora pensava di poter indirizzare la protesta su strade pi politiche se non proprio
pacifiche, pur armati di uno slogan nefasto come n con lo Stato n con le
Br. Quellepisodio segn gli equilibri. I guerriglieri conquistarono la
testa del movimento, i pi politici furono costretti a retrocedere sino a
scomparire quasi del tutto. Come andarono le cose lo si capito dopo
quando Bruno Vettraino, segretario della Camera del Lavoro romana, decise
di ricostruire la storia.
AllUniversit si stava lavorando per un accordo su un gruppo di
lavoratori precari e la manifestazione inizialmente doveva essere a sostegno
delle loro rivendicazioni. Poi, per, Vettraino venne convocato a Botteghe
Oscure, da Ugo Pecchioli, che era considerato il Ministro dellInterno del
Pci. Ecco il racconto: Ci spiegarono che ormai il partito doveva dare un
segnale e che il nostro comizio sindacale si sarebbe dovuto trasformare in
una manifestazione di pi ampio respiro. Io e gli altri provammo a esprimere qualche dubbio... Il 16 sera ci riunimmo alla Camera del Lavoro con
i rappresentanti del Movimento. Assieme a loro si decise che Lama avrebbe
parlato sulle scale del Rettorato e che dopo il suo intervento avrebbe preso
la parola anche un esponente degli studenti... Resto convinto che presentarsi in quel modo allUniversit fu un grave errore. In quella riunione a
Botteghe Oscure si decise anche chi avrebbe dovuto parlare. Inizialmente
si fecero i nomi di Pietro Ingrao e Alberto Asor Rosa, ma poi la scelta cadde
sul segretario della Cgil. Lama non parl sulle scale del Rettorato ma sul
camion, il rappresentante del Movimento non prese la parola. In quella riunione era stato concordato che dopo la manifestazione sarebbe stata tolta
loccupazione dellUniversit.
Invece, tutto precipit. Il Pci e la Cgil hanno avuto un ruolo fondamentale nella sconfitta del terrorismo ma quella vicenda forse si poteva
maneggiare con prudenza maggiore se non ci fosse stata proprio la voglia
di lanciare un segnale. La contestazione giovanile parte integrante della
dinamica sociale: pu prendere strade positive o strade negative, pacifiche
74

L A S V O LTA D E L L E U R

o violente, dipende dagli sbocchi che riesci a offrire ma se il problema


solo quello di dimostrare che unarea di protesta non esiste perch la situazione politica ha portato al governo chi quellarea ritiene aver sempre rappresentato, finisci per correre solo il rischio di produrre reazioni inconsulte
e ingestibili.
I sospetti e le perplessit allinterno del sindacato erano in qualche
maniera alimentate dalle assonanze tra i discorsi che facevano i leader comunisti della Cgil e le elaborazioni che in materia di politica economica
prevalevano allinterno del Pci. E se in quellintervista a Scalfari apparsa
alla fine di gennaio del 1978 (precisamente il 24), Lama parlava di cinte
da tirare per realizzare uno scambio che portasse sviluppo e occupazione,
esattamente un anno prima (il 15 gennaio del 1977), Enrico Berlinguer
aveva, con un discorso, teorizzato la linea dellAusterit. Lo pronunci
a conclusione di una assemblea di intellettuali, al Teatro Eliseo, a via Nazionale. Spesso i luoghi, i simboli sono rappresentativi dello spirito dei

E la mattina del 17 febbraio 1977, il Segretario Generale della Cgil,


Luciano Lama ha appena cominciato il suo comizio
allUniversit di Roma, La Sapienza, accanto alla statuta della
Minerva: sar una giornata di guerriglia urbana
75

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

tempi: il teatro proprio davanti alla sede centrale della Banca dItalia, laddove venivano gestiti in larga misura i destini di un Paese in grande difficolt. Perch gli interventi di quei mesi furono pesantissimi: abolizione e
accorpamento di alcune festivit, aumento del prezzo della benzina e di
altri prodotti petroliferi, delle tariffe postali e ferroviarie, pagamento a partire dal 30 settembre del 1976 per i diciotto mesi successivi dei punti di
scala mobile scattati sui salari superioti agli otto milioni con buoni ordinari
del tesoro (per gli stipendi tra i sei e gli otto milioni, la quota era stata abbassata della met), eliminazione della contingenza dal calcolo della liquidazione, pi tardi, nel settembre del 1978, ci sarebbe stato anche un accordo
tra sindacati e Confindustria per ridurre dal sei al tre per cento lincidenza
della scala mobile sullaumento delle pensioni, in pi il tasso di sconto aument dal 12 al 15 per cento, fu introdotta una imposta straordinaria sugli
acquisti in valuta estera e per chi esportava capitali lobbligo di un deposito
in valuta del cinquanta per cento.
Davanti a quella platea, Berlinguer spiegava il significato della sua
politica economica. Nellintervento ritornava ossessivamente una parola:
Austerit. Diceva il segretario comunista: LAusterit non oggi uno
strumento di politica economica cui si debba ricorrere per superare una
difficolt temporanea, congiunturale, per poter consentire la ripresa e il
ripristino di vecchi meccanismi economici e sociali... il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che entrato in una crisi strutturale e di fondo, non congiunturale. Di un sistema
i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, lesaltazione dei particolarismi e dellindividualismo sfrenati, del consumismo pi dissennato.
Lausterit significa rigore, efficienza, seriet e significa giustizia, cio il
contrario di tutto ci che abbiamo conosciuto e pagato finora, e che ci ha
portato alla crisi gravissima i cui guasti si accumulano da anni e che oggi
si manifesta in Italia in tutta la sua drammatica portata... LAusterit per
i comunisti la lotta effettiva contro il dato esistente, contro landamento
spontaneo delle cose, ed , al tempo stesso, premessa, condizione materiale
per avviare il cambiamento. Cos concepita lausterit diventa arma di
lotta moderna e aggiornata, sia contro i difensori dellordine economico e
sociale esistente, sia contro coloro che la considerano come lunica sistemazione possibile di una societ destinata organicamente a rimanere ar76

L A S V O LTA D E L L E U R

retrata, sottosviluppata e, per giunta, sempre pi squilibrata, sempre pi


carica di ingiustizie, di contraddizioni, di disuguaglianze... LAusterit pu
essere una scelta che ha un avanzato, concreto contenuto di classe, pu e
deve essere uno dei modi attraverso cui il movimento operaio si fa portatore
di un modo diverso del vivere sociale... LAusterit, a seconda dei contenuti
che ha e delle forze che ne governano lattuazione, pu essere adoperata
o come strumento di depressione economica, di repressione politica, di perpetuazione delle ingiustizie sociali, oppure come occasione per uno sviluppo economico e solidale nuovo, per un rigoroso risanamento dello Stato,
per una profonda trasformazione dellassetto della societ, per la difesa
ed espansione della democrazia: in una parola, come mezzo di giustizia e
di liberazione delluomo e di tutte le sue energie oggi mortificate, disperse,
sprecate.
Non si trattava, insomma, di una semplice opzione economica, era
una linea politica, anzi sotto molti aspetti filosofica che, per, se da un lato
faceva i conti con la crisi, dallaltro non si misurava con le trasformazioni
sotterraneamente (e nemmeno tanto sotterraneamente) in atto nella societ
italiana e che stavano portando, come spiegher qualche tempo pi tardi
Paolo Sylos Labini, a uno stravolgimento della composizione delle classi.
Rilette oggi, quelle parole, pur nobili nella loro essenza etica, sembrano
per provenire da un altro pianeta. LItalia che aveva conosciuto il boom
economico chiedeva un sistema pi giusto, pi equo ma nel segno dellespansione, delle pari opportunit (nelle condizioni di partenza, come direbbero i liberal statunitensi e non nei risultati come, al contrario,
sostengono i conservatori che tralasciano un dato: i risultati alla fine premiano sempre quelli che partono da posizioni privilegiate), dellavanzamento sociale.
Lausterit poteva essere uno strumento per ricreare le condizioni
dello sviluppo, non un concetto filosoficamente immanente e duraturo. Non
era lidea di un pauperismo dolce che veniva inseguita, ma quella di un benessere diffuso e regolato. Da questo punto di vista, a Berlinguer sfuggivano gli strumenti di analisi che gi in quei torbidi anni portavano il Censis
a parlare di unItalia comunque vitale sotto la cenere delle difficolt economiche, analisi che poi, in qualche maniera, ispireranno lazione di governo di Bettino Craxi favorendo quella fase di crescit che cominci a
77

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

manifestarsi a partire dalla met degli anni Ottanta.


Al di l delle assonanze, il sindacato declinava la strategia dellEur
in base alla propria visione della realt e alle esigenze che immaginava di
percepire nel dialogo con i lavoratori. Luigi Macario, come ricorda Sergio
Turone, nella sua relazione introduttiva allEur svilupp una proposta che
ruotava intorno a due temi (peraltro gi presenti lanno precedente nellintervento di Giorgio Benvenuto al congresso della Uil): moderazione salariale e rilancio degli investimenti per ridurre il tasso di disoccupazione.
Non diversa la ricetta che Lama aveva venti giorni prima illustrato a Scalfari: Nelle assemblee di base viene discusso il programma nel suo insieme.
Per dirla in breve esso riguarda linsieme delle risorse nazionali, finalizzato ad un obiettivo: quello di accrescere loccupazione e diminuire la disoccupazione. Le risorse vanno trovate rinunciando a qualcosa: La
politica salariale nei prossimi anni dovr essere molto contenuta, i miglioramenti che si potranno chiedere dovranno essere scaglionati nellarco dei

E il 9 maggio del 1978, in una Renault 4 rossa parcheggiata in


via Caetani a Roma, le Brigate Rosse fanno ritrovare il cadavere del
leader Dc Aldo Moro. E il momento pi drammatico degli anni di
piombo e del farneticante attacco al cuore dello Stato
78

L A S V O LTA D E L L E U R

tre anni di durata dei contratti collettivi, lintero meccanismo della cassa
integrazione dovr essere rivisto da cima a fondo. Noi non possiamo pi
obbligare le aziende a trattenere alle loro dipendenze un numero di lavoratori che esorbita le loro possibilit produttive, n possiamo continuare a
pretendere che la Cassa integrazione assista in via permanente i lavoratori
eccedenti.
Spiegher qualche anno pi tardi Bruno Trentin: Bisogna in primo
luogo riconoscere, guardando ai singoli obiettivi, che non ci troviamo di
fronte a una modifica radicale delle priorit rivendicative determinate dal
sindacato. Nel documento dellEur vengono infatti riaffermati degli obiettivi che, sia pure in modo meno sistematico di oggi, impegnano da anni il
movimento sindacale italiano e che sono stati al centro di lotte importanti
della classe operaia e dei lavoratori italiani. Allora dov stato lelemento
di svolta? Credo, per parte mia, che esso si esprima, innanzitutto, nella
maggiore organicit che nelle risoluzioni dellEur e nel dibattito che le ha
precedute, assume la proposta di politica economica del movimento sindacale unitario. Mi riferisco in modo particolare al rapporto prefigurato
fra le misure di rilancio delleconomia e le misure di riforma della struttura
industriale, delle strutture agricole e distributive. Il documento dellEur
quello che affronta nei termini pi conseguenti la connessione fra politica
di sviluppo e riforma di struttura. Ed quello in cui viene, forse per la
prima volta, esplicitata con chiarezza, la connessione esistente fra alcuni
indirizzi di politica economica e lobiettivo pi generale della riforma e
del rinnovamento dello Stato.
Tutto questo avr vita breve e qui tornano le perplessit, il legame
indissolubile che settori del sindacato avevano creato tra quella Svolta e la
strategia del Compromesso Storico. Un mese dopo lEur ci sar la strage
di via Fani e il rapimento di Aldo Moro; tre mesi dopo il corpo del leader
democristiano verr ritrovato in una Renault rossa in via Caetani, un ritrovamento avvolto ancora da una robusta coltre di mistero, una coltre che alcune rivelazioni abbastanza recenti (in realt, lauto e il corpo sarebbero
stati rinvenuti molto prima della pubblica comunicazione) hanno da un
certo punto di vista reso ancora pi spessa. Il Pci sarebbe entrato nella maggioranza, ma pi per far fronte allemergenza istituzionale prodotta dal gravissimo attacco terroristico che per convinzione perch era ormai chiaro
79

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

che gli obiettivi illustrati da Berlinguer allEliseo difficilmente sarebbero


stati raggiunti e che la collaborazione con la Dc aveva subto un profondo
logoramento, soprattutto allinterno dello stesso partito di maggioranza relativa dove avevano ripreso spazio e fiato i critici di quella linea degli equilibri pi avanzati che in Moro aveva trovato lideologo e il pi convinto
sostenitore. Cera in quella proposta strategica comunista, il Compromesso
Storico, nata sullonda del golpe cileno una ambiguit di fondo. Lha illustrata Pierre Carniti: Secondo il segretario del Pci, lerrore della sinistra
cilena stato quello di voler governare solo con una maggioranza ristretta... La lezione che se ne deve trarre per lItalia abbastanza semplice:
occorre una larga intesa di compromesso, un Compromesso Storico tra
sinistra e cattolici. Allepoca, a me sembrarono poco convincenti tanto la
proposta che le argomentazioni... Personalmente ritenevo che lEuropa
non era il Sud America, lItalia non era il Cile... Il ragionamento e soprattutto la proposta di Berlinguer mi erano sembrati francamente paradossali.
Infatti, mentre da un lato affermava che non si sarebbe potuto governare
con il 51 per cento dei voti, perch la Dc allopposizione avrebbe potuto
diventare il punto di riferimento di massa per un colpo di Stato, dallaltro
sosteneva che quella stessa Dc avrebbe potuto collaborare con il Pci, addirittura per avviare lItalia verso il socialismo.
La fine del governo di solidariet nazionale fece calare il sipario
anche su una svolta sindacale che se nella sostanza (soprattutto economica,
riferita al momento) aveva una sua ragion dessere, nella forma era stata
vista da molti come uno strumento per assecondare una soluzione politica
(e vissuta da altri, specularmente, come una forzatura per raggiungere
quellobiettivo). Una cosa certa: i lavoratori in quegli anni fecero enormi
sacrifici e vale la pena pesarli per valutare il cambio di atteggiamento
che caratterizz il Pci, qualche anno dopo, in occasione del decreto di San
Valentino. Soprattutto va valutato il rapporto tra costi e benefici. Il Cer (istituto di ricerca economica di orientamento riformista) nel 1983 spieg: Nei
sei mesi, fra lottobre del 1976 ed il marzo del 1977, furono disposti aumenti di imposte per 4.900 miliardi di lire ed aumenti di tariffe per 1.400
miliardi di lire, per un importo complessivo pari al 3,3 per cento del prodotto interno lordo del 1977. Laumento dei prezzi amministrati incise sul
reddito imponibile per altri 1.100 miliardi di lire, mentre gli aumenti deri80

L A S V O LTA D E L L E U R

vanti da indennit di contingenza dei redditi da lavoro pi alti furono parzialmente o interamente destinati ad investimento forzoso in speciali titoli
pubblici... I sindacati per parte loro accettarono labolizione delle scale
mobili anomale, e labolizione di un certo numero di festivit infrasettimanali; accolsero lesigenza di aumentare la produttivit, mutando il loro atteggiamento nei confronti dello straordinario e della mobilit interna;
accolsero solo in parte minore (sulle tariffe) la richiesta di attenuare il
meccanismo di scala mobile ma offrendo la de-indicizzazione delle indennit di fine rapporto, finirono per dare molto di pi di quanto richiesto.
LEur da un punto di vista pratico non garant i benefici che pure,
generosamente, i sindacati avevano inseguito. LItalia, insomma, rimase in
mezzo al guado di una crisi drammatizzata da un terrorismo che non dava
tregua e che in quegli anni appariva imbattibile tenendo sotto scacco lItalia
con la sua potenza di fuoco. Quelle vicende avrebbero pesato sul futuro
del sindacato. Lo ha spiegato qualche anno pi tardi, una volta abbandonata
la scrivania di Corso dItalia, proprio uno dei principali protagonisti, luomo
che con la famosa intervista aveva fatto sobbalzare molti suoi colleghi in
un mattino di gennaio, cio Luciano Lama. Replic allaccusa di aver voluto con quella strategia mettere la sordina alle rivendicazioni dei lavoratori
definendola ingenerosa. Disse: Io credevo davvero in quel che dicevo e
facevo. La mia linea non era strumentale. Era una linea giusta, o almeno
io la ritenevo giusta. E mi sono comportato di conseguenza. Prov a smentire anche la tesi della strumentalit di quella scelta rispetto alla strategia
del Compromesso Storico: Non ho fatto nessun calcolo, n mi sono inventato niente, Forse ho camminato un po pi avanti degli altri. Ma ci
vuole, no?, qualcuno che ogni tanto cammini un po pi avanti. E, comunque, io camminavo lungo la stessa strada del mio partito. Ammette che
in ogni caso lEur non spost di un millimetro le cose nel Paese: la linea
vince formalmente nel voto di quellassemblea. Non vince nella politica,
non si afferma in concreto. E io perdo, a conti fatti. Perch la nostra gente
pensa che quella linea sia sbagliata o da illusi, non laccetta come strategia
di cambiamento vero, capace di dar pi potere alle classi lavoratrici, di
affermare la loro forza e la loro autorevolezza nel Paese.
Ma Lama cap, in quel momento, che sarebbe cambiato il suo rapporto con il Pci come ponte verso il governo (e lo avrebbe verificato ama81

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

ramente pi tardi, negli ultimi sei anni della sua segreteria) e che era cambiato anche latteggiamento di buona parte dei suoi compagni della Cgil
nei confronti dellunit sindacale: Berlinguer non ci disse mai in modo
esplicito di non stabilire rapporti con il governo. No, cominci una politica
pi sottile ma anche molto decisa: quella di spingere il Pci ad intervenire
assai pi di prima sulle questioni economiche, sociali e di orientamento
sindacale. Questi interventi si rivelarono, via via sempre meno coincidenti
con le posizioni della Cgil, con le posizioni dei comunisti della Cgil e con
le mie posizioni. E fu allora che dentro la Cgil cominciarono i contrasti.
Contrasti sempre pi evidenti, pi aperti. E infine: il fallimento dellEur
forse incise anche sulla mia autorit. Ma soprattutto incise e molto sullunit sindacale. In quella fase, infatti, ripresero forza dei discorsi strani
sullunit del sindacato. Nel Pci molti si domandavano: questunit serve
o non serve? E qualcuno rispondeva: ci sono dei momenti in cui non serve,
meglio la divisione, meglio star soli avendo una linea, che ununit confusa, verticistica, dove i leader sindacali ricercano di continuo degli accordi fra di loro, a danno della democrazia sindacale. S, fu in quel periodo
che si cominci a parlare molto di democrazia nel sindacato, con accuse
precise, a noi del vertice, di essere, come si sarebbe detto in seguito,
degli oligarchi... In verit, alle spalle di questi discorsi cera un proposito
molto netto: affermare il principio che le scelte dei lavoratori comunisti
competono al partito, le fa il partito, poi i lavoratori diranno se il partito
ha torto o no. Il sindacato pu anche avere una posizione diversa, ma sia
chiaro che la sua, deve avere la firma della Cgil. A quel punto si vedr
come la pensa la gente. Se la gente la pensa come il Pci, ha vinto il Pci.
Berlinguer lo sosteneva con chiarezza, e continu a sostenerlo con sempre
maggiore chiarezza: poich il Pci ha molti iscritti tra i lavoratori, non pu
rinunciare a dire ai lavoratori come loro si dovrebbero comportare. Insomma, che ognuno facesse il suo gioco, il partito e il sindacato. cominciata allora la solitudine di un leader, una solitudine prodotta da due
qualit incontestabili: coerenza e lealt.

82

LUCIANO LAMA
Tra unit e fedelt

Lama veste Berlinguer da operaio in vista della


manifestazione romana del 24 marzo 1984

LUCIANO LAMA

Un giorno Gianni Agnelli disse: Un uomo che non piange non


potr mai fare grandi cose. Il 22 gennaio dell83 Luciano Lama pianse.
Davanti ai compagni di mille battaglie. Aveva siglato laccordo con Vincenzo Scotti, praticamente la premessa del decreto di San Valentino che sarebbe arrivato tredici mesi dopo, firmato da Bettino Craxi, mediato da
Gianni De Michelis, facilitato da Bruno Visentini. Certo, la tensione. Ma
anche quel magone che si accompagnava a una vicenda che stava finendo.
Lo aveva capito gi da tempo. I contrasti con Enrico Berlinguer erano diventati sempre pi frequenti, il Pci sempre pi lontano, arroccato su soluzioni che non venivano dal passato, cio dal Compromesso Storico, ma che
non avevano futuro. Segnate solo dal presente, dalle esigenze contingenti
della politica, dalle necessit di bottega. E lui che nella sua vita di sindacalista, prima alla Fiom e poi alla guida della Cgil, aveva fatto accordi senza
pensar troppo alla bottega dei partiti ma soltanto a quella del sindacato, avvertiva il disagio, quasi lisolamento. Lisolamento delleretico: lui, riformista, la stessa pasta di Giuseppe Di Vittorio e Bruno Buozzi, assediato
dagli ortodossi, dai duri e puri, da quelli che non transigono sulle posizioni
anche quando sono sbagliate perch il dogma non prevede eccezioni, il
dogma assoluto, la vita o la morte, il dogma non conosce fasi intermedie,
non accetta mediazioni, non tollera compromessi, non riconosce avversari
ma solo nemici. E lui era abituato addirittura a non essere nemico del
primo tra i padroni, Gianni Agnelli.
Che eresia!
Lo aveva pure detto pubblicamente, senza vergognarsene: Tra me
ed Agnelli non ha mai spirato aria di acredine, di cattiveria, di vendetta.
Eravamo avversari, questo s, ma schietti, leali, rispettosi luno delle responsabilit dellaltro: tra noi valeva la parola pi di ogni codicillo scritto.
Cercavamo di affrontare le cose in modo tale da non offenderci reciprocamente nella dignit e ci siamo riusciti.
85

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Se ne ricord, il primo dei Padroni, quando in un tiepido giorno di maggio


del 96 varc la soglia della casa romana del suo avversario morente. Gli
rimase accanto e poi and via, triste perch avvertiva tutto il peso di un
passato che non sarebbe pi tornato, errori compresi. No, i puri non lo
avrebbero accettato, impegnati comerano a epurare i meno puri e stando
attenti, come diceva Pietro Nenni, a non trovare qualcuno pi puro di loro
che li epurasse. In realt a epurarli ha provveduto la storia spiegando che
molti di quei dogmi erano fasulli e che laddove sostenevano di averli realizzati da un certo punto di vista (forse da pi di un punto di vista) se ne
erano allontanati, tragicamente.
Una tragedia che aveva avvertito anche Giuseppe Di Vittorio, il
padre sindacale di Lama, anche lui un eretico tra tanti dogmatici pronti
a costruire fal come quello che aveva arso Giordano Bruno perch non
c nulla di pi fastidioso di un pensiero libero. Di Vittorio se ne era reso
conto a sue spese. Altri tempi, certo, ma la stessa visione integralista della
realt. Era il 1956, precisamente il 23 ottobre quando cominciarono quelli
che alla storia sono passati sotto il titolo di fatti dUngheria. La prima
Primavera, quella di Imre Nagy che anticipava di dodici anni laltra, cecoslovacca, di Alexander Dubcek, finite ambedue nella medesima maniera:
stritolate sotto i cingoli dei carri armati dellArmata Rossa. Imre Nagy
venne processato e poi giustiziato, colpevole solo davanti ai suoi carnefici,
innocente per la storia. Un processo meno drammatico ma non per questo
meno ingiusto sub Di Vittorio che aveva fatto approvare il 26 ottobre dalla
segreteria della Cgil questo comunicato: Il progresso sociale e la costruzione di una societ nella quale il lavoro sia liberato dallo sfruttamento
capitalistico, sono possibili soltanto con il consenso e la partecipazione
attiva della classe operaia e delle masse popolari, garanzia della pi ampia
affermazione dei diritti di libert, di democrazia e di indipendenza nazionale... Ravvisa in questi luttuosi avvenimenti la condanna storica e definitiva di metodi anti-democratici di governo e di azione politica che
determinano il distacco fra dirigenti e masse popolari.
In meno di venti giorni i diritti di libert erano stati spenti, insieme
alla vita di 2.652 ungheresi, spingendo oltre i confini del paese 250 mila
persone che erano giunte alla conclusione che il progresso sociale e la democrazia in quel momento, a Budapest e dintorni non erano obiettivi com86

LUCIANO LAMA

patibili. Contro di lui si scaten lira dellInquisizione, a guidarla Giancarlo


Pajetta, Paolo Bufalini, Mario Alicata e Giorgio Amendola che, riformista
in patria, recuperava terreno presso i suoi compagni con un notevole zelo
ideologico nella valutazione dei fatti fuori dai confini. Poi arriv anche la
lettera di Palmiro Togliatti al Comitato Centrale del Pcus, il Partito Comunista dellUnione Sovietica. Vi si diceva che agenti al servizio del nemico si erano insinuati allinterno del Pci con lintento di portare Di
Vittorio alla guida del partito. Non era vero ma, come si suol dire, quando
scende la notte tutti i gatti sembrano neri. Lonore a Di Vittorio verr restituito dalla storia e anche dai suoi compagni della Cgil, diversi anni dopo.
Commemorandolo, disse Bruno Trentin: Fino a che punto la sinistra italiana ha realmente metabolizzato la crisi di una vecchia cultura politica e dei suoi frutti avvelenati come la fatale subalternit corporativa
delle lotte sociali, il primato del partito, limpossibilit del sindacato di
esprimersi come soggetto politico... Sono questi dogmi che hanno reso i
partiti sempre pi organizzazioni autoreferenziali, e che, attraverso la cosiddetta delega salariale, li hanno allontanati da una indagine viva e
profonda dei mutamenti della societ civile, indispensabile per ogni strategia politica... Per un rinnovamento democratico delle forze socialiste,
allora, occorre anche combattere questa mummificazione della figura di
Di Vittorio e, facendo tesoro della sua lezione, occorre contrastare con fermezza tutte quelle derive culturali che tendono a riproporre una separazione concettuale tra lotta sociale e sedicente vera politica. Questa
separazione ha avuto e ha tuttora delle implicazioni rilevanti per la stessa
autonomia sindacale, su cui ha pesato, qualche volta drammaticamente,
la gerarchia politica e culturale che i partiti hanno sempre teso a esercitare
sulle scelte e sulla condotta del sindacato.
Una trentina di anni dopo, quella gerarchia politica avrebbe nuovamente stabilito che cerano delle scale da rispettare, scale che nel gradino
superiore prevedevano, invariabilmente, la politica. E il processo con
anatema che sub Di Vittorio fin per essere celebrato, sotto altre forme, nei
confronti del suo allievo, Luciano Lama. La condanna fu la medesima: colpevole. Aveva firmato laccordo con Scotti, aveva accettato di sedere al tavolo con Craxi e De Michelis nonostante il partito fosse attestato su una
posizione diversa, nonostante il partito avesse deciso di revocare al sin87

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

dacato (al suo sindacato) la delega. Il Pci aveva deciso di fare in proprio
mentre Lama pensava di poter continuare come prima (prima del Compromesso Storico, dei governi di solidariet nazionale). Quel suo voler andare,
come avrebbe detto Fabrizio De Andr, in direzione ostinata e contraria
rispetto alle indicazioni del Pci e allidea che al di l di certi confini esistano
solo Nemici e non semplici Avversari, lo aveva comunque trasformato nel
tempo in una presenza rassicurante, anche per i suoi colleghi del sindacato.
Pierre Carniti, caratterialmente spigoloso, non aveva sempre avuto ottimi
rapporti con quel romagnolo espansivo, forse un po vanitoso ma coerente
e affidabile. Qualche tempo dopo, parlando con Giorgio Benvenuto a una
commemorazione del collega scomparso, disse senza infingimenti: stato
il migliore. E in una intervista ha sottolineato parlando di quel San Valentino: Lama era un riformista. Si pu forse dire che se avesse avuto pi
coraggio le cose sarebbero andate diversamente ma lui era una persona
molto leale, con un forte senso di appartenenza politica e sociale. Se ne
sarebbe dovuto andare dal Pci o dalla Cgil ma non se la sent. Quando la
direzione del partito decise il referendum lui si pronunci contro, quasi da
solo, eccetto qualche riserva espressa da Giorgio Napolitano e da Gerardo
Chiaromonte. And a firmare con lufficio-stampa del Pci che aveva organizzato la presenza dei fotografi. Lo vollero umiliare. Lumiliazione della
chiesa ad un proprio adepto con tendenze eretiche.
Parlando dei problemi che a partire dalla met degli anni Ottanta
assillano il sindacato, delle sue difficolt a ritrovare una logica unitaria solida e credibile, Giorgio Benvenuto ha detto in un libro: Lungi da me lintento di esprimere giudizi sulle persone. Le personalit sono figlie delle
fasi storiche e di determinate fasi storiche certe personalit sono quasi la
diretta conseguenza. Per al di l della scala mobile e delle divisioni che
ne seguirono, penso che gli addii alla segreteria della Cisl di Pierre Carniti
nel 1985 e di Luciano Lama a quella della Cgil nel 1986 abbiano accresciuto le difficolt. La crisi che si apr sulla scala mobile provoc nel sindacato unonda lunga che port anche al ricambio dei gruppi dirigenti.
La logica che nel confronto politico si avversari pi che nemici
trov una conferma proprio in quel congresso di addio, nel 1986 quando al
tavolo della presidenza, si manifest la figura fisicamente imponente di
Bettino Craxi. San Valentino era ormai lontano; il referendum si era risolto
88

LUCIANO LAMA

in una sconfitta per il Pci. Con svizzera puntualit, Craxi cominci a parlare
a mezzogiorno: non fu un mezzogiorno di fuoco perch la platea lo accolse
con imprevisto calore. Ma soprattutto rese lonore delle armi al vecchio avversario che andava via. E lo fece citando Fernando Santi, ricordandone la
fede che nutriva nella funzione riformista del sindacato. Alla platea lesse
questo brano: Vi una legge invisibile che presiede, lo vogliamo o no, allazione del sindacato: la legge della gradualit. Il sindacato non pu dare
appuntamenti con la storia; i partiti lo possono fare, e dentro certi limiti;
io credo nella sicura conquista di ogni giorno, credo nella necessit di trasferire nel costume, negli orientamenti, nelle leggi, le conquiste operaie,
perch siano salvaguardate e diventino patrimonio civile, di tutta la societ
civile e di tutta la societ nazionale. Era il testamento ideologico di
Santi e, probabilmente, il testamento ideologico di Luciano Lama; sicuramente i princpi a cui il segretario che stava per lasciare aveva uniformato
per sedici anni la sua azione di leader, vincendo e perdendo, scegliendo
nella maniera migliore e sbagliando. Craxi chiuse quel suo discorso facendo
a Lama gli auguri di buon lavoro per lazione di difesa degli interessi dei
lavoratori che egli continuer a svolgere.
Con il leader della Cgil, il presidente del consiglio di allora aveva
sempre avuto ottimi rapporti. Si stimavano, non si accettavano semplicemente e questa stima emerse quando Craxi, tornando temporaneamente,
eccezionalmente a vestire i panni del comune mortale, cio del comune
giornalista, vecchia professione di appartenenza, fece per lAvanti! una intervista a uno dei capi dei lavoratori. Craxi in quel momento, cio alla tribuna di quel congresso della Cgil, immaginava che Lama sarebbe rientrato
al partito (che aveva lasciato agli inizi degli anni Settanta rispettando le regole dellincompatibilit tra la carica parlamentare e il ruolo di sindacalista)
e avrebbe messo al servizio del Pci lesperienza accumulata in tanti anni di
attivit, di lotte, di confronti e di intese. Ma le cose non andarono esattamente cos o, meglio, andarono solo formalmente cos. Un po perch i sindacalisti faticano a sintonizzarsi con le logiche autoreferenziali di cui
parlava Trentin a proposito di Di Vittorio e un po perch la vicenda di San
Valentino (e quelle degli anni precedenti) continuarono a spingere ai margini lex leader della Cgil: lo guardavano con sospetto. Avrebbe potuto guidare il Pci verso un nuovo approdo riformista, forse la sinistra verso una
89

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Bad Godesberg italiana e verso la sua ricomposizione, ma quando si tratt


di scegliere il successore di Alessandro Natta, pochi sostenitori affezionati
indicarono il suo nome: il suo riformismo era ancora causa di divisione (ma
lui opt per una giustificazione in qualche maniera assolutoria: Io venivo
dalla Cgil, non conoscevo il partito, specialmente la macchina del partito.
Pure se poi ammetteva che quella ragione, i contrasti col segretario scomparso potevano aver influito: Anche se per lungo tempo le mie posizioni e
quelle di Berlinguer hanno coinciso).
Gli fu affidato il compito di dirigere un ufficio che doveva elaborare
programmi ma era una finzione perch non arriv di l nessun programma.
Arriv la caduta del Muro di Berlino e sotto quel Muro franarono antiche
certezze, con fatica e con grande ritardo il Pci si liber del vecchio nome:
avevano addirittura fatto prima quelli che ad Est avevano detenuto il potere
(con un tratto di penna cancellarono la qualifica comunista e la sostituirono con quella socialista). In quellufficio alle Botteghe Oscure, Lama
viveva un po ai margini, forse coltivando nostalgie per la vecchia vita.

Luciano Lama e Bettino Craxi: erano uniti da un rapporto di stima


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LUCIANO LAMA

E in qualche maniera raccont pure questa inquietudine: Nel sindacato


lavori a contatto con la gente, giorno per giorno. E ogni volta hai da affrontare dei problemi veri, che devi risolvere, e tu sei costretto a risolverli.
Certo puoi risolverli bene o male, ma questo si vede quasi subito, e quindi
sei giudicato sul campo, in modo immediato, molto di pi di quanto non
avvenga nel partito. Il partito questo riscontro quasi istantaneo non te lo
d. Il partito ha tempi pi lunghi... Nella Cgil ma anche nelle altre Confederazioni, hai un contatto quotidiano con gente politicizzata, sindacalizzata, che la pensa in modo molto preciso. Il tuo far politica nel sindacato
consiste anche nel misurarti con loro, tutti i giorni, nel prendere una posizione e confrontarla con quella degli altri, nello scontrarti, anche. S, nel
sindacato gli scontri sono frequentissimi, e ti consentono di verificare di
continuo se ci che stai pensando, realizzando e programmando, funziona
oppure no. Nel partito questo succede meno di frequente. C unaria pi
lenta... La sensazione di vivere sotto una campana di vetro, dove il rumore
della vita, dei contrasti, delle lotte, dei problemi della gente arriva pi attutito che nel sindacato... Al mio ultimo congresso da segretario della Cgil,
avevo detto a Carniti che se nera andato dalla Cisl lanno prima: guarda
che noi siamo gente diversa da chi ha lavorato per tanti anni in altri posti,
nei partiti per esempio. La nostra differenza ha aspetti non cancellabili.
Questo non impedisce che possiamo risultare utili anche altrove, ma altrove
non saremo mai gli stessi che siamo stati prima... Come faccio allora a non
sentirmi spaesato?
Lo spaesamento nasceva non solo dalla diversit delle condizioni
di lavoro oggettive, dal fatto che i tempi del sindacato e quelli dei partiti
fossero diversi, quasi inconciliabili, ma anche dal modo in cui Lama si era
posto davanti alle questioni, alcune drammatiche, di quegli anni. Aveva interpretato un copione e non potevano chiedergli di interpretarne un altro,
era stato luomo del rigore e dei sacrifici che avrebbero dovuto garantire
un nuovo sviluppo attraverso un controllo sindacale, non poteva ritirarsi,
mettersi da parte lasciando ad altri, al partito, la gestione di quella linea.
Aveva pensato che il Compromesso Storico che piaceva poco alla Uil (con
qualche eccezione, come, ad esempio, lex segretario generale, Raffaele
Vanni) e anche alla Cisl, avrebbe, con la presenza di un partito operaio,
reso pi agevole il raggiungimento di quegli obiettivi e si ritrovava, invece,
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

con una forza politica di riferimento che ondeggiava tra una imprecisata
alternativa democratica e un indefinito governo degli onesti.
A questo bizantino zigzagare avrebbe preferito una coerenza di idee,
di elaborazione, di proposta. Ecco perch con le lacrime agli occhi, davanti
a Giorgio Benvenuto e Agostino Marianetti (segretario generale aggiunto
della Cgil) firm laccordo con il ministro del lavoro, Vincenzo Scotti, cos
come qualche tempo prima aveva accettato la proposta del Fondo di Solidariet che avrebbe dovuto finanziare gli investimenti al Sud (e che fu boicottato e affondato dal Pci, con un durissimo e liquidatorio fondo sullUnit,
come ha raccontato lallora leader dei metalmeccanici della Uil, Enzo Mattina), ecco perch le scelte di San Valentino vennero accompagnate da mille
turbamenti. Voleva essere, allo stesso tempo, fedele allidea di unit sindacale che per decenni aveva coltivato e leale con le decisioni del suo partito
ma si rendeva conto che le due cose non si riuscivano a tenere insieme. Soprattutto nella Cgil dove cominciarono gli scontri che esplosero al momento
della sua successione. Da un lato Bruno Trentin e dallaltro Sergio Garavivini, luomo dellortodossia che dopo la rottura del Compromesso Storico,
e dopo le critiche (da sinistra) di Cisl e Uil, aveva detto ai dirigenti delle
altre due Confederazioni: E ora capirete cosa significa essere contestati
da sinistra, annunciando la paralisi che avrebbe caratterizzato la vita del
sindacato dopo la rottura della Federazione Unitaria. Tra i due, Luciano
Lama, che aveva inizialmente puntato su Lucio De Carlini, scelse Antonio
Pizzinato nella speranza di poter tenere unita lorganizzazione dopo la sua
uscita di scena. Per la verit il segretario aveva anche immaginato una soluzione decisamente innovativa: il socialista Agostino Marianetti, per il
quale stravedeva tanto vero che chiese a Giorgio Benvenuto di adoperarsi
per convincerlo a rimanere nel sindacato.
Lui, come si dice, la faccia ce lha sempre messa. Ad esempio, nel
periodo durissimo del terrorismo. Ha raccontato in un libro Giorgio Benvenuto: Per noi la cosa pi sorprendente era il fatto che esistesse un terrorismo di sinistra. Faticammo a capirlo, ci sembrava impossibile.
Allinizio si usava ancora laggettivo sedicenti. Poi prendemmo atto che
le Brigate Rosse non erano sedicenti, che le cose erano diverse da come
per un certo periodo ce leravamo raccontate. Con onest devo dire che il
Pci e la Cgil furono fermissimi, determinati.
92

LUCIANO LAMA

E Lama ne pag le conseguenze, sia a livello personale che politico.


La battaglia dellUniversit lo trasform nellobiettivo dei settori pi violenti del Movimento (le altre aree si limitavano alle ironie). In quello che
era successo aveva una responsabilit anche il Pci che dopo avrebbe voluto
uno sciopero generale (Benvenuto a Rinaldo Scheda che lo chiedeva a gran
voce, rispose: Non si sciopera contro gli studenti; Luigi Macario, invece,
replic: C una sinistra non comunista, ci sono molti giovani nelle stesse
file comuniste che non intendono rinunciare a pensare con la propria
testa). Ma che in fabbrica laria fosse pesante Lama lo aveva capito perfettamente e si comport di conseguenza.
C una pagina di un libro di Giorgio Bocca che illustra la condizione di vita del segretario della Cgil: Il pi blindato del sindacato blindato Luciano Lama, il segretario della Cgil: per il posto che occupa, per
il suo rigore incrollabile, perch la sua sortita alluniversit del 1978 (in
realt era il 1977, n.d.a.) gli ha certo creato dei nemici nelle file del terrorismo meno controllabile, quello che oscilla fra Autonomia e Prima Linea.
Lama ha dovuto cambiar casa, il partito comunista gli ha preparato un alloggio, ovviamente blindato, con vetri infrangibili, porte dacciaio, poco
distante dalla sede della Confederazione. I suoi biografi della sinistra
estrema scrivevano ironicamente che il buon ragazzo Luciano abitava ancora con la mamma; adesso potrebbero aggiungere che il terrorismo lo costringe a una coabitazione meno affettuosa e pi fastidiosa, con i poliziotti
che dormono nei pressi della porta. Ricordo di Lama la sua fermezza,
ha scritto Benvenuto. Quella mostrata in tante assemblee, ad esempio a Torino, dopo la gambizzazione di un dirigente. Diede solidariet alla vittima
e poi aggiunse che i quadri erano lavoratori, esattamente come tutti gli
altri. Dalla platea si sollevarono i fischi. Ma lui non arretr di un millimetro
e battendo i pugni sul tavolo replic il concetto per altre due volte, prima
venendo accolto dal gelo delluditorio poi da un applauso liberatorio. Sentiva che si stava giocando una partita dura, complicata per la democrazia
italiana, giovane quasi per definizione.
Quando insieme a Benvenuto e Carniti and a casa di Giuseppe Taliercio per esprimere alla moglie la solidariet dei lavoratori (il marito era
stato rapito e il suo corpo senza vita sarebbe stato trovato dopo quarantasei
giorni: una prigionia lunghissima nel corso della quale il dirigente della
93

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Montedison di Marghera venne torturato e picchiato), si ritrov davanti una


signora che rivolgendosi a lui disse con sguardo fermo: Guardi, Lama, lei
dice delle cose giuste, ma dovete fare una scelta , dovete pesare le frasi,
gli slogan, perch quando li enunciate voi sono solo parole ma quando arrivano a menti fragili, intellettualmente indifese si trasformano in proiettili. Qualche giorno prima del rapimento, alla Montedison era stato
distribuito un volantino durissimo contro il dirigente. Erano anni complessi
che fanno parte della biografia del sindacato e, quindi, della biografia di
Lama.
Sollecitato da Giorgio Bocca a proposito della scorta, Benvenuto
rispondeva: Se posso farne a meno, ne faccio volentieri a meno. Un sindacalista che non possa pi stare fra la gente, avere contatti diretti e non
previsti con i lavoratori e con i giovani, non pi un sindacalista... Sono
convinto che entreremo sempre di pi nel mirino del terrorismo. Ormai
chiaro, vogliono una cosa sola, arrivare alla guerra civile, alla militarizzazione del paese. Noi siamo lostacolo principale. Il sindacato, alla fine,
gioc la sua partita; la cominci con qualche contraddizione, con qualche
ritardo, ma la gioc, salvando il Paese, evitandogli una tragica e ancor pi
sanguinosa deriva. E Lama fin per essere il giocatore-simbolo. Pierre Carniti quel 4 marzo dell86, quando and via dalla Cgil, lo salut cos: Con
Lama esce di scena lultimo capo storico del sindacalismo italiano. Giorgio Benvenuto, commosso, parl di una lezione di stile, di farsi ombra
con la Cgil, di rinunciare a essere protagonista in una organizzazione in
cui protagonista non pi. Ottaviano Del Turco, segretario generale aggiunto della Cgil, sottoline la grande prova di umilt.
Ma laddio pi in linea con il suo carattere fatto di chiarezza e coerenza lo aveva dato un paio di settimane prima, nel corso del congresso
della Fiom guidata dal suo avversario, Sergio Garavini (si detestavano
vicendevolmente). A Napoli, davanti a novecento delegati, esord mettendo
subito i puntini sulle i: Non far a Garavini il torto di dichiarare che
condivido tutte le sue indicazioni. E di l la riconferma di tutte le sue idee.
Ad esempio, quella di un sindacato che non deve essere succube della politica: Quando ci battiamo per modificare la politica economica del governo, noi chiediamo un grosso cambiamento. Le formule di governo non
mi interessano. La necessit di un profondo rinnovamento: C del vero
94

LUCIANO LAMA

nellaffermazione che i confini dellindustria si stanno dilatando e tutto diventa fabbrica, perfino il ristorante, il fast-food. Mi preoccupa, per, che
dicendo che tutto fabbrica si finisce per affermare che nel sindacato dellindustria non c niente da cambiare: gli altri lavoratori verranno a noi.
Sarebbe bellissimo. Ma non cos. Perch quel cameriere del fast-food non
un Cipputi come gli altri. Non loperaio della catena di montaggio. Anzi
non sono nemmeno convinto che il vero operaio della catena di montaggio
sia lo stesso di anni fa. Il sindacato deve cambiare se vuole continuare a
essere lespressione della solidariet e dellunit fra i lavoratori.
Fu un duello a distanza con Garavini, luomo che pi di altri, in
quegli anni, gli aveva tagliato lerba sotto i piedi e che da quella tribuna
aveva accusato i dirigenti sindacali di essere ondivaghi, di dire delle cose
in assemblea e di cambiare poi la linea nelle interviste. E Lama gli disse:
Se nei miei quarantadue anni di militanza sindacale e nei sedici trascorsi
come segretario generale della Cgil avessi dovuto aspettare confronti e verifiche per ogni idea, bislacca o valida, che mi fosse venuta in mente, che
fine avrebbe fatto la creativit? Lapporto di idee?... Il rischio esige coraggio... la paura non virt... So chi siete, so cosa valete. Il nostro essere

Lama con Luigi Macario (Segretario Generale della Cisl) a una


manifestazione unitaria. Anni dopo, il 24 marzo del 1984, il leader
della Cgil a piazza San Giovanni con un discorso che deluse i
militanti comunisti, evit la definitiva rottura dellunit sindacale
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

avanguardia nei decenni passati non dipeso dalla forza del numero ma
dalla capacit di interpretare le esigenze profonde anche degli altri lavoratori... Non lasciatevi, dunque, tarpare le ali dalle difficolt. Abbiate il
coraggio di volare, come in passato, anche su territori sconosciuti.
La paura di volare ha bloccato il sindacato, lo ha costretto a giocare
in difesa, gli ha impedito di rendersi conto che il mondo del lavoro stava
cambiando, che il lavoro stesso stava cambiando, che le certezze del passato
non erano pi valide, che, come diceva Woody Allen, Dio morto, Marx
morto e anchio non mi sento troppo bene. Lama entr in un partito
senza Berlinguer ma in cui pesavano ancora gli scontri che lui aveva avuto
con Berlinguer. A lui, in altre situazioni, avrebbero potuto pensare come
un segretario proiettato verso il futuro, al contrario rimase nel suo ufficio
per un programma mai nato. Quando gli chiedevano quanto avesse pesato
quello scontro con il leader morto a Padova mentre pronunciava lultimo
discorso, rispondeva: Pu aver influito ma poi aggiungeva per sottolineare che le cose stavano cambiando: la parola riformista non ha pi il
connotato negativo di un tempo. S, una volta, qualsiasi iscritto al Pci si
sarebbe ribellato nel sentirsi definire riformista. Tuttal pi accettava
desser chiamato riformatore. Oggi i riformisti nel Pci ci sono. E spesso
sono dei riformisti veri, pi veri dei riformisti che stanno fuori dal Pci...
Ho un nipote di due anni e mezzo. Quando sar uomo avr dei problemi, i
problemi del suo tempo. Ecco, non vorrei lasciargli in eredit anche alcuni
problemi del mio tempo. Vorrei affrontarli io e vedere di risolverli. Questo
ci che io penso del compito di una forza progressista in Italia: fare delle
cose, non lasciar marcire le questioni, non nasconderle nellasse ereditario
destinato alle generazioni future.
La logica resta valida nonostante siano passati diversi decenni da
quando pronunci quelle parole: il nipote di due anni e mezzo ormai un
uomo e fa i conti con i problemi di un tempo veramente complesso, segnato
da crisi spaventose, da problemi che sono nati in quegli anni e che sono
stati proprio lasciati nellasse ereditario delle generazioni future. LItalia
diventata pi moderna negli aspetti esteriori ma non riuscita a modernizzare i suoi assetti profondi, la sua macchina burocratica, il suo sistema
fiscale; ha visto partire fabbriche, ha visto in qualche modo impoverirsi un
sistema industriale che non stato capace di consolidare. La parabola di
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LUCIANO LAMA

Lama rappresentativa di quel che avvenuto al Paese: unenergia dispersa, come le tante industrie che mantengono il nome ma vengono acquistate da imprenditori stranieri. Ha fatto il sindaco di una piccola citt
dellUmbria, Amelia. Ma non gli sono stati concessi appuntamenti con la
storia pi importanti.
Nel 92 faceva parte del gruppo di esponenti comunisti che partecip alle trattative per lelezione del Capo dello Stato. Alla fine fu scelto
Oscar Luigi Scalfaro. Ma per un giorno circol anche il suo nome. E lui
spiegava che si portava dietro un peccato originale: la tessera del Partito
Comunista che, ormai, non esisteva pi ma resisteva nei ricordi e, quindi,
nelle valutazioni. Diceva che ci sarebbero volute ancora delle generazioni
prima che quellevento si realizzasse. Ma, alla fine, c voluto meno tempo
di quel che lui immaginava, visto che quattordici anni dopo sarebbe stato
eletto Giorgio Napolitano che avrebbe anche per la prima volta nella storia
della Repubblica bissato lincarico. Una scelta che se fosse stato ancora
vivo avrebbe forse considerato come un filo rosso che si riannodava: tanti
decenni prima, nella gara per la segreteria lui aveva puntato pi su Napolitano che su Enrico Berlinguer. In quei giorni, in Parlamento, gli capitava
di incrociare Gianni Agnelli, il primo dei Padroni, lavversario non il
nemico. A chi gli chiedeva un nome sul futuro inquilino del Colle, rispondeva senza esitazione: Voterei Gianni Agnelli. Tra tutti quelli che sono qui
dentro, lui diverso. anche una questione di stile e lo stile conta. Veniva,
daltro canto, da un mondo diverso, diverso dallItalia sguaiata delle Olgettine, delle nipoti di Mubarak, dei pitoni che invece di essere accolti
nei rettilari strisciano tra i banchi di Montecitorio, delle trib degli Al Cafoni che usano il Crystal come colluttorio, perch, poi, bisogna avere stile
anche a fare i playboy e c una differenza tra Gigi Rizzi e il fotografo Corona. Gianni Agnelli, incrociandolo, gli diceva: Voterei lei ma ho cominciato con Spadolini e non posso cambiare. Questione di stile, appunto.
Nel decennio lungo Lama ha giocato un ruolo decisivo. Decisivo
e sofferente perch le cose non sono andate come lui avrebbe voluto che
andassero, perch a un certo punto il partito gli ha ritirato quella delega che
lui pensava di poter mantenere ancora, anche dopo larchiviazione del Compromesso Storico. Lo hanno indebolito dallesterno contestandogli ogni
iniziativa, impegnandolo prima in una trattativa con il Pci e poi con i vari
97

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

governi in carica; lo hanno logorato dallinterno gettando benzina sul fuoco


dellortodossia. Alla resa dei conti, nessuno ha guadagnato, tutti hanno
perso. Hanno perso i lavoratori che non si sono pi ritrovati al proprio
fianco un sindacato attento solo alle esigenze di chi ogni mattina si alza per
ingaggiare una lotta sempre pi strenue per una decente sopravvivenza;
hanno perso le Confederazioni paralizzate in una logica a loro sconosciuta
fatta di tatticismi e di immobilismi; ha perso la sinistra che ha bruciato
sullaltare delle divisioni buona parte di un futuro che ancora oggi continua
a cercare senza trovare, impantanata nelle stesse polemiche e negli stessi
schemi di tanti anni fa. Lunica novit rappresentata dalle sigle perch i
vecchi partiti sono morti e i nuovi non sono ancora nati.

L'arrivo a Palazzo Chigi di Luciano Lama per l'incontro


conclusivo con Bettino Craxi sulla vicenda della scala mobile
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LA PRIMA ROTTURA
Quarantamila in marcia

Accordo approvato alla Fiat,


secondo Giannelli per... alzata di mano. Sui sindacalisti

LA PRIMA ROTTURA

Uscirono in fila dal Teatro Nuovo. Ordinati e silenziosi. Camminavano tra la gente che sui marciapiedi li guardava, un po partecipi un po
incuriositi. E un po anche inveleniti perch l, tra chi guardava, cerano
anche membri del Consiglione di Mirafiori. Molti li applaudivano, altri li
insultavano. Man mano che sciamava per le vie del centro di Torino, il serpentone si ingrossava e, soprattutto, si allungava: quando la testa del corteo
era giunta gi a Piazza Castello, il Teatro Nuovo non si era ancora completamente svuotato, due chilometri e mezzo di corteo. Sembra che la pubblica
misurazione del tasso di partecipazione sia stato fatta da un giornalista
del Manifesto che sentenzi: sono quarantamila. In realt non lo erano e
sui numeri, in effetti, le polemiche non mancarono.
Ma non era quello laspetto sostanziale della cosa: il dettaglio aritmetico non poteva fare ombra sul significato politico. Dopo trentacinque
giorni, un pezzo di Fiat (e di Torino) diceva a un altro pezzo di Fiat (quello
che bloccava i cancelli della fabbrica, impediva lingresso e luscita delle
merci e, quindi, della produzione) che non era pi disposto a seguirlo su
quella strada. Ci sono momenti in cui il silenzio pu essere estremamente
rumoroso. Quel 14 ottobre il silenzio di quella manifestazione fu talmente
assordante che leco fin per rimbalzare a Roma, nelle sale insonorizzate di
un albergo di via Veneto. AllHotel Boston, intorno a un tavolo cerano
lAmministratore delegato della Fiat, Cesare Romiti, il capo della Fiat Auto,
Vittorio Ghidella, il capo delle relazioni industriali, Cesare Annibaldi, il capo
del personale, Carlo Callieri; cera anche lo stato maggiore del sindacato,
Luciano Lama, segretario della Cgil, Pierre Carniti, segretario della Cisl,
Giorgio Benvenuto, segretario della Uil, Pio Galli, segretario della Fiom,
Franco Bentivogli, segretario della Fim, Enzo Mattina, segretario della Uilm.
Non sempre la storia la fanno i grandi condottieri. Non sempre la
storia la fanno le avanguardie combattive. A volte il destino ha le sembianze
anonime e un po grige di una persona normalissima, di un signore baffuto
che poi, anche grazie alla fama acquistata quella mattina, sarebbe diventato
101

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

parlamentare del Partito Repubblicano. Un nome ignoto, al grande pubblico;


pi conosciuto nella galassia della Fiat torinese. Uno di quei nomi che se fossero scivolati sotto gli occhi di Don Abbondio, avrebbero indotto il personaggio manzoniano a scattare su dicendo: Arisio, chi era costui? A quel
punto tutti sapevano chi fosse. Un quadro della grande fabbrica, che insieme ad altri aveva deciso che, dopo trentacinque giorni di confronti, di scontri, di trattative, di strategie sindacali che non erano riuscite a cogliere il
cambiamento di clima che stava avvenendo nella citt (e non solo perch
lautunno stava scivolando, e nemmeno tanto lentamente, verso linverno ma
perch al fondo erano esplose contraddizioni e la mitologia dellunit sul
posto di lavoro era andata in frantumi), le cose non potevano pi continuare.
Oggi, sempre utilizzando Manzoni e ripensando a Luigi Arisio si
potrebbe dire: Fu vera gloria? Lardua sentenza dei posteri, in realt conta
poco, in quel momento fu vera gloria anche se, in effetti, gli venne attribuita
dalla pubblicistica una funzione catartica che in realt non ebbe, o almeno
non ebbe nella dimensione totalizzante del dopo pi immediato. Perch, in
realt, dietro Arisio non cera il vuoto. E lo ammise lui stesso: Io fui la
bandiera, ma il vero promotore fu il capo del personale, Carlo Callieri.
Che in quello stesso momento era nella sala dellHotel Boston e si alzava

I Quadri sfilano per le vie di Torino: quella Marcia condizion la


conclusione della vertenza dei Trentacinque giorni
102

LA PRIMA ROTTURA

in continuazione dal tavolo, sempre pi soddisfatto, trionfante e sorridente,


si sarebbe potuto dire che sembrava avere il sole in tasca. Non cerano i telefonini e per avere notizie su quel che accadeva a seicento chilometri di
distanza bisognava conquistare il primo telefono libero. Quel giorno, Carlo
Callieri scatt spesso, pi lesto e rapido di Pietro Mennea che un paio di
mesi prima aveva vinto loro nei duecento metri alle Olimpiadi di Mosca.
In realt quella Marcia era lepilogo di una strategia che, se non pianificata
nei minimi dettagli, era stata, comunque, organizzata dallazienda. Un
esempio? Il primo segnale della controffensiva venne lanciato il 5 ottobre
del 1980. Una pagina pubblicitaria su tutti i pi grandi quotidiani italiani
in cui si puntava da un lato a rompere la solidariet sociale che circondava
i lavoratori della Fiat, dallaltro ad accentuare le crepe allinterno della
fabbrica. Si leggeva: Chiariamo gli equivoci, la Fiat ha richiesto 3 mesi
di cassa integrazione per 22.884 lavoratori, per far fronte alle immediate
esigenze del calo di produzione. Questo provvedimento lascia il tempo per
una discussione costruttiva e non pregiudica le misure che si dovranno
adottare a partire dal gennaio 81. I lavoratori in cassa integrazione percepiranno il 90% della retribuzione. Ma soprattutto cassa integrazione non
significa licenziamento. Chi afferma il contrario dice il falso. Una Marcia,
dunque, figlia di una strategia.
Col tempo i veri promotori uscirono allo scoperto, rivendicando i
meriti di quel successo perch, come noto ampiamente, la vittoria sempre figlia di molte madri, contrariamente alla sconfitta che normalmente
esibisce paternit ignote. Anche recentemente, Cesare Romiti ha ribadito
che allepoca avrebbe volentieri accolto una manifestazione elogiativa nei
suoi confronti da parte dellAvvocato Gianni Agnelli: Allindomani della
marcia mi chiam lAvvocato. Non affront direttamente il tema, ma mi
disse che la sera prima cera stato un ricevimento al Quirinale in onore
della regina Elisabetta e che cera Giuseppe Saragat, lex presidente della
Repubblica, che mi ha preso per un braccio e mi ha portato davanti alla
televisione che trasmetteva un servizio sul corteo dei dipendenti Fiat. Il
commento di Saragat riferitomi da Agnelli era entusiasta. Disse: Ecco,
questi sono gli operai che io conosco, non quelli rassegnati che abbiamo
visto sino ad oggi. Ma invece di chiedermi comera effettivamente andata,
si mise a snocciolarmi tutta la storia dellex presidente. Solo alla fine mi
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

chiese che faccia aveva fatto Lama di fronte alla riuscita della marcia.
Cesare Annibaldi, non troppo tempo fa, ha tranquillamente confermato che quel che avvenne non fu frutto del caso e che Arisio pi che il
modellatore di un destino, ne fu lo strumento. In una intervista a La
Stampa, lallora capo delle relazioni industriali alla domanda: lavete organizzata voi?, rispose senza mezzi termini: S. La storia questa. Una
sera dopo un mese di blocco un gruppo di capi aveva tentato di entrare in
fabbrica a Rivalta ma erano stati buttati fuori. Cos Arisio e gli altri capi
presero liniziativa. Volevano trovarsi dentro il Teatro Nuovo. Noi suggerimmo: uscite in strada, fate vedere che siete tanti.
Evidentemente il contributo dellazienda non si limit a un suggerimento, ma la storia, a volte assume aspetti romanzeschi, addirittura leggendari e se poi le leggende sono metropolitane si finisce per smarrire il
senso della realt. Daltro canto, anche quel che avvenne a seicento chilometri di distanza, a Roma, in quel salone dellHotel Boston stato raccontato in maniere diverse. Le ricostruzioni di provenienza aziendale hanno
puntato a fornire l immagine di una resa senza condizioni: dateci una carta,
una carta qualsiasi, che la firmiamo. Non fu cos e, soprattutto, a tanti anni
di distanza, la soluzione finale appare non dissimile da quelle, che nel
tempo, sono state date a tante altre ristrutturazioni industriali. La Fiat vinse
ma non trionf, il sindacato perse ma non venendo obbligato al passaggio
sotto le forche caudine. Cesare Annibaldi nelle sue ricostruzioni ha provato
a confermare una versione dei fatti che piaceva molto a Cesare Romiti.
Sempre in quella intervista raccont: Fu Lama a dire a Romiti, dateci voi
il testo dellintesa. E noi a quel punto ci comportammo in maniera saggia.
Abbiamo tenuto il punto ma inserito una modifica essenziale... abbiamo
aggiunto la clausola dei rientri dopo due anni per i ventitremila cassaintegrati. Messa cos, sembra che quel 14 ottobre del 1980, un po fuori stagione, Babbo Natale abbia fatto irruzione allHotel Boston. Le cose non
andarono cos. E le testimonianze su questo concordano: non ci fu la delega in bianco a Romiti e Babbo Natale non port doni. Ha scritto tempo
dopo Giorgio Benvenuto in un libro: Nessuno disse a Romiti: Scriva lei
il testo. una caricatura. Anzi ricordo benissimo che avemmo un duro
scontro sul principio se la cassa integrazione si dovesse applicare a rotazione, ripartita cio su un numero maggiore di lavoratori, o solo sugli stessi
104

LA PRIMA ROTTURA

ventitremila come chiedeva la Fiat.


Su una lunghezza donda non diversa, la ricostruzione che di quella
giornata ha fornito Pierre Carniti: Nel giro di poche ore appare chiaro che
lazienda (anche con qualche rigidit in pi rispetto al giorno precedente)
disponibile a definire una soluzione. Lama convinto che, nelle condizioni
date, sia il meglio che si pu portare a casa (e consapevole dellallarme
che la manifestazione dei capi ha suscitato nel Pci piemontese ed in quello
nazionale) vorrebbe chiudere subito. Io sono di parere diverso. In una
pausa delle discussioni con lazienda gliene spiego le ragioni. Laccordo,
che pure condivido, prevede la mobilit esterna ed in compenso non prevede la cassa integrazione a rotazione, considerati due punti cruciali dalla
maggior parte dei sindacati torinesi e da molti delegati Fiat. quindi presumibile che la soluzione della vertenza sulle basi che sono state ipotizzate
provochi frustrazione e disappunto tra non pochi lavoratori. Per questa
ragione considero sbagliato chiudere nel giorno della marcia dei capi.
Perch questa coincidenza temporale avrebbe sicuramente enfatizzato un
sentimento di sconfitta, per quanto ingiustificato. Suggerisco perci di guadagnare tempo, due o tre giorni... Il mio tentativo di melina irrita Romiti
che non perde occasione per ricordare che a Torino si svolta una manifestazione di 40 mila persone a sostegno dellazienda e contro il sindacato. Alla terza volta che mi esibisce il suo trofeo, gli rispondo un po
seccamente che se tutto il problema si dovesse ridurre ad un confronto della
rispettiva capacit organizzativa il sindacato, per quanto acciaccato, era
pur sempre in grado di portarne in piazza cinquecentomila. Le ricostruzioni, in ogni caso, non spiegano tutto. Occorrono le analisi e se anche la
conclusione della vertenza da un punto di vista di tecnica sindacale non fu
una resa, il senso politico di quella vicenda si presenta oggi come il momento in cui i problemi delle Confederazioni, latenti e anche complessi,
deflagrano, assumendo il carattere della prima, dolorosa, in parte irrimediabile rottura. Era in atto una crisi ma il sindacato non ne aveva pienamente colto i segnali. Dopo la Marcia dei Quarantamila risulta chiaro che
la strategia non pu pi essere quella dellAutunno Caldo e degli anni successivi, e non pu essere nemmeno quella dellEur; il sindacato comincia
a rendersi conto che in fabbrica qualcosa sta cambiando, che lappiattimento salariale finisce per avvilire quei lavoratori che cercano gratificazioni
105

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

professionali ed economiche, che le Avanguardie sono diventate soggetti


mitologici perch alle spalle hanno una realt molto diversificata. Insomma,
sociologicamente finita lepoca delloperaio-massa; lItalia sta entrando
in una fase nuova. In maniera confusa, evidentemente, non sempre intellegibile, ma decisamente diversa rispetto al passato, anche a quello pi recente.
La storia rivela anche una scarsa prontezza di riflessi: il sindacato
avrebbe dovuto cogliere al volo il momento in cui lazienda era passata dai
licenziamenti alla cassa integrazione, il momento favorevole in cui la Fiat
era isolata (a livello di pubblica opinione e parlamentare) mentre i lavoratori
godevano di una generale solidariet. Ma invece di correggere la rotta,
come il comandante Schettino il sindacato decise di tirare dritto, verso gli
scogli del Giglio. Finendo per arenarsi. Pag le diverse percezioni, i diversi
atteggiamenti. Perch anche da questo punto di vista ci sono state rappresentazioni poco credibili. Il sindacato che seguiva quella vicenda non era
un monolite, non tutti condividevano quella lotta senza quartiere o, come
si direbbe oggi, senza se e senza ma. Gli accenti erano diversi, anche
molto diversi. Prova ne sia il fatto che in quelle settimane Ottaviano Del
Turco che era segretario generale aggiunto della Fiom, con la delega ai problemi dellauto, e la pensava diversamente, venne di fatto emarginato dalla
trattativa, dopo un vero e proprio processo in Flm perch considerato in
qualche maniera al servizio delle segreterie confederali.
A complicare le cose, poi, intervenne quel passaggio di Enrico Berlinguer davanti ai cancelli della Fiat. Un passaggio decisivo di quella vicenda. Una vicenda peraltro che non si esaurisce in quel 14 ottobre ma
comincia prima, molto prima, che profondamente segnata dal terrorismo,
dallassassinio di Guido Rossa a Genova. E qui utile, prima di riaddentrarci nella storia della vertenza Fiat, fare un passo indietro. E, allora, abbandoniamo per un po la strada dei quattordicimila licenziamenti e
torniamo al 1979 quando dalla Fiat di lettere con cui si annuncia la chiusura
del rapporto di lavoro ne partono soltanto sessantuno. il 9 ottobre quando
quelle missive arrivano agli operai. La Fiat motiva il licenziamento parlando di comportamenti non consoni ai principi della civile convivenza
nei luoghi di lavoro. Vengono recapitate a lavoratori degli stabilimenti di
Rivalta, Chivasso e Mirafiori ma poi le riceveranno anche alcuni colleghi
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LA PRIMA ROTTURA

della Magneti Marelli e dellAlfa Romeo. Laccusa non esplicita ma cosa


si intende dire chiaro a tutti: quegli operai hanno qualcosa a che spartire
con il terrorismo. Oggi, a oltre trentanni di distanza, comprendere il momento pu apparire difficile. Ai pi giovani sfugge quel che stato il biennio 1978-1979, cio lapice della violenza brigatista: la strage di via Fani,
luccisione di Moro e la lunga scia rossa dellanno successivo, forse il pi
sanguinoso di quel lungo inverno che avvolse lItalia in una cappa di
piombo e il riferimento al piombo tuttaltro che metaforico.
Quello fu anche lanno, per il sindacato, della perdita dellinnocenza. Il 24 gennaio, infatti, a Genova le Br avevano ucciso Guido Rossa,
operaio dellItalsider, sindacalista, uomo coraggioso. Qualche tempo prima
si era accorto che nei posti in cui passava un collega di lavoro spuntava la
risoluzione strategica delle Br. La cosa lo insospett e cominci a controllare
i movimenti delluomo sino a quando un giorno non si rese conto che le tasche della sua tuta erano troppo gonfie e che soprattutto i volantini con la
stella a cinque punte continuavano a fiorire, al suo passaggio, come funghi
dopo un temporale. Alla fine lo denunci, nellarmadietto gli trovarono le
risoluzioni strategiche elaborate dai brigatisti. Prov a fuggire ma venne
arrestato. Subito dopo, Francesco Berardi come imponeva il copione di quei
tempi si dichiar prigioniero politico. Giorgio Benvenuto in un recente
libro ha spiegato cosa signific quellagguato: Con lomicidio di Guido Rossa
capimmo che stavamo vincendo la battaglia. La morte di Rossa ha avuto lo
stesso effetto della morte di Moro. Rossa era un operaio molto apprezzato,
che faceva quello che il sindacato chiedeva di fare: denunciare, isolare i terroristi. Lomicidio di Rossa elimin le complicit, tolse lacqua ai pesci.
Il terrorismo era figlio di un album di famiglia e qualcuno quellalbun lo custodiva gelosamente negli armadietti degli spogliatoi, in fabbrica. La perdita dellinnocenza un processo lungo e faticoso, che si
accompagna a una fase in cui non facile distinguere e gli errori possono
essere fatali. Una cosa certa: alla Fiat, in quel 1979, laria era irrespirabile,
soprattutto per quadri e dirigenti. Episodi di violenza in fabbrica scanditi
da gambizzazioni fuori dalla fabbrica e, il 21 settembre, dalluccisione di
Carlo Ghiglieno, responsabile della pianificazione strategica. Ma prima di
lui erano stati feriti un sorvegliante, Giovanni Farina, un capo-officina, Giuliano Farina, e dopo di lui un caporeparto, Adriano Albertino, un altro sor107

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

vegliante, Michele Sacco, un responsabile dei rapporti sindacali, Cesare


Varetto. Il sindacato combin mobilitazione e prudenza: proclam contro i
licenziamenti immediatamente tre ore di sciopero ma le fece precedere da
un documento contro il terrorismo; la Flm mise a disposizione dei sessantuno il proprio ufficio legale ma a tutti fece sottoscrivere una dichiarazione
in cui si diceva: Atteso che il sottoscritto dichiara di accettare i valori
fondamentali ai quali il sindacato ispira la propria azione ed in particolare
la condanna senza sfumature del terrorismo ma anche di ogni pratica di
sopraffazione e di intimidazione, per la buona ragione che non appartengono alla scelta di valori, alle convinzioni, al patrimonio di lotta del sindacato stesso, consolidati da una lunga pratica di varie forme di lotta e di
difesa del diritto di sciopero, cos come risulta dal documento conclusivo
del coordinamento nazionale Fiat approvato allunanimit a Torino l11
ottobre 1979 dai membri del coordinamento stesso, delega a rappresentarlo
nel presente giudizio nonch nella procedura ordinaria, in ogni fase e
grado, compreso quello esecutivo.
Lo firmarono tutti ma dieci, poi, accusarono il sindacato di aver
compiuto un ricatto politico. In quel gruppo di licenziati cerano diversi
attivisti sindacali (una ventina), molti iscritti alla Cisl e parecchi non avevano chiaramente nulla a che fare con il terrorismo. Pasquale Salerno, uno
dei licenziati, molti anni dopo dichiar al quotidiano la Repubblica: Una
cosa ci colp: il fatto che tra i sessantuno non ci fosse nessuno di quegli
operai del Pci che pure partecipavano alle lotte, ai picchetti, ai cortei. Poi
venne fuori che un alto dirigente del partito, probabilmente Ugo Pecchioli,
era stato visto entrare in quei giorni nella palazzina degli uffici di Mirafiori.
Ma anche quello era un pour parler, una voce. Ora si saputo che i licenziamenti furono avallati o comunque concordati con Pecchioli e qualche
altro dirigente, tutto cambia in modo radicale. Il Pci, che ebbe punte di eccellenza nelle lotte dei lavoratori, durante la fase del terrorismo pens di
farsi Stato, non riconoscendo pi, pertanto, i diritti fondamentali delle persone. Ricordo che tra noi 61 licenziati e mai pi rientrati in Fiat, soltanto
uno poi venne collegato al terrorismo. Laccusa di Salerno faceva seguito
a una rivelazione che Giuliano Ferrara aveva fatto nel corso di una trasmissione di Porta a Porta. In sostanza, secondo il noto giornalista, ex dirigente del Pci mandato in quegli anni a Torino a farsi le ossa, le liste erano
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LA PRIMA ROTTURA

state concordate da Pecchioli e Umberto Agnelli. Umberto Agnelli, a sua


volta, aveva smentito seccamente: Non concordammo le liste con nessuno. Pi realisticamente vi fu, prima della partenza delle lettere, una comunicazione al Pci locale.
Ovviamente tutto questo non toglie che il clima fosse pesante. Cos
lo descrive Carlo Callieri: Alla fine di settembre Prima Linea aveva ucciso
Carlo Ghiglieno, dirigente della pianificazione strategica Fiat Auto. Era
chiaro che chi aveva compiuto lazione poteva contare su solide complicit
in fabbrica. Per questo decidemmo di agire. La lista? Al termine di una inchiesta interna la compilammo. Avevamo preparato da tempo un elenco di
persone contigue ai collettivi operai della Fiat. In una quindicina di casi
le indagini hanno poi dimostrato che avevamo visto giusto... Parlammo
con i sindacati. Per la Cgil contattai Bertinotti. Reagirono molto male. Ma
non era quella la reazione che ci interessava di pi. Era piuttosto quella
dei capi e degli operai che ci dissero:era ora, avete fatto bene. Cesare
Romiti ha proposto, ovviamente, la sua versione dei fatti: Le fabbriche
erano pi in mano alleversione che al sindacato. La lista doveva essere
pi lunga. Ne parlai con Lama, Carniti e Benvenuto che mi dissero: nelle
motivazioni dei licenziamenti ci metta delle cause plausibili. Ma non mi
dissero fermatevi. In realt che si fosse fatto di tutta lerba un fascio era
evidente. Talmente evidente che Lama, Carniti e Benvenuto andarono a
casa di Gianni Agnelli, a due passi dal Quirinale, per eliminare dalle liste i
nomi che pi chiaramente non avevano nulla a che vedere con leversione.
Fu una riunione drammatica e lAvvocato a un certo punto sembrava essersi
convinto. Ma intervenne Callieri che gli pose un aut aut: Avvocato, lei pu
anche rinunciare a quei licenziamenti ma se lo fa ce ne andiamo noi. E a
quel punto Agnelli si arrese. Tra i sindacalisti presenti qualcuno ebbe limpressione che si fosse trattato di un semplice gioco delle parti. Sicuramente
cera la voglia tra i vertici Fiat di rimettere le cose a posto, di tornare a
imporre politiche di controllo e governo diverse da quelle sino a quel punto
seguite. Quella logica avrebbe ispirato anche la vertenza dellanno successivo. Daltro canto, estremamente significativa unaltra testimonianza di
Romiti: Avevamo la precisa sensazione chel nel sindacato ci fossero infiltrazioni brigatiste. Soprattutto nel Consiglione di fabbrica... A Mirafiori si susseguivano strane riunioni. Sessanta nostri dipendenti furono
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

gambizzati e nelle case dei feriti continuavano ad arrivare telefonate di minacce dei brigatisti. Ammazzarono Carlo Casalegno, vice-direttore della
Stampa. Ammazzarono Carlo Ghiglieno, capo della pianificazione dellauto. Torino era unarea di guerra. Occorreva unazione decisa anche
nellinteresse della fabbrica. Ecco perch nellautunno del 1980 rifiutammo
la cassa integrazione a rotazione: cera da alleggerire lorganico, ma bisognava anche allontanare i tanti, troppi simpatizzanti di quellideologia.
Finiti gli anni bui andai da Lama e dissi: quando noi vi avvertimmo,
quando noi vi dicemmo... avevamo ragione. Non cercavamo particolari autorizzazioni. Ma il sindacato avrebbe dovuto agire diversamente.
In quel clima si inser un articolo che Giorgio Amendola consegn
alle colonne del settimanale ideologico del Pci, Rinascita. Una denuncia
severa ma che conteneva elementi di riflessione per tutto il sindacato, che
sarebbero potuti tornare utili anche lanno successivo. Diceva Amendola:
La sconfitta subita alla Fiat con il fallimento dello sciopero di protesta
contro il licenziamento dei sessantuno, impone a tutte le forze politiche e
sindacali uno sforzo autocritico pari almeno a quello compiuto nel 195556 e che dovrebbe giungere, a mio avviso a drastici mutamenti. A partire
dal 1969-70 si avuto in fabbrica uno sviluppo di nuove forme di democrazia, chiamate democrazia diretta... Non si mai riusciti a sapere quanti
Consigli di Fabbrica siano effettivamente operanti... In realt i nuovi organi, che possono avere avuto in un primo momento, una funzione innovatrice sostituendo le vecchie e sclerotiche commissioni interne hanno perso
in molte fabbriche il loro carattere e non sono riusciti ad assicurare la partecipazione e la rappresentanza dellintera massa degli operai, dei tecnici
e degli impiegati. Amendola sollevava la questione della crisi del Sindacato dei Consigli, un tema su cui anche Bruno Trentin si era misurato in
maniera schietta e la cui urgenza sarebbe stata toccata con mano lanno
dopo quando la vertenza Fiat avrebbe sottolineato la distanza tra le cosiddette avanguardie e il resto dei lavoratori, una distanza che pesava anche
sulle rivendicazioni contrattuali, che denunciava il problema di un appiattimento salariale che non era pi momento di unit ma di divisione con la
trasformazione del lavoro, la moltiplicazione delle professionalit, la presenza, nello stesso luogo, di operai maggiormente qualificati e di operai
meno qualificati. Amendola anticipava il dibattito che avrebbe fatto seguito
110

LA PRIMA ROTTURA

alla vertenza Fiat, accompagnato quello sugli accordi con Scotti e trovato
in qualche maniera un momento di sintesi nel decreto di San Valentino. Il
mondo del lavoro cambiava ma il sindacato non riusciva ad adeguarsi al
mutamento con la medesima velocit. Arrancava e restava bloccato su antiche e rassicuranti certezze, forse anche perch poco stimolato da un lato
da una classe dirigente politica che mostrava scarsa dimestichezza con i
linguaggi nuovi, e dallaltro da una classe imprenditoriale comunque
schiacciata sul proprio particolare e sostanzialmente poco sensibile a quella
funzione sociale di cui non che parlasse Carlo Marx ma un padre del
liberalismo come Adamo Smith.
Amendola sottolineava i limiti delle forme di rappresentanza scrivendo: Quale stata la partecipazione alle assemblee di reparto della
Fiat che hanno approvato la dichiarazione di sciopero delle due ore contro
i licenziamenti considerati arbitrari dei sessantuno? E ancora: Le rivendicazioni sono cresciute incontrollate, con un progressivo livellamento delle
retribuzioni, in un esasperato egualitarismo che contribuisce a mortificare,
assieme ai nuovi sistemi di organizzazione del lavoro, ogni orgoglio professionale e senza che laumento dei salari sia accompagnato da un crescente aumento della produttivit... Il sindacato ha commesso lerrore di
parlare un linguaggio ambiguo e cifrato, diplomatico e circospetto per
mantenere in equilibrio la precaria unit sindacale, senza affrontare apertamente la diversit delle posizioni, in un gioco di crescente demagogia e
di scavalcamento a sinistra... Non si mai detto che in Italia, in questi ultimi anni di crisi europea, magari esaltando questo risultato come prova
di forza contrattuale, i salari (delle categorie occupate) sono cresciuti in
assoluto pi dellaumento del costo della vita. Si voluto avvicinare il salario italiano al salario europeo, ci che obiettivo pienamente legittimo,
ma senza prendere liniziativa di una coerente politica di ristrutturazione
produttiva delleconomia italiana... Si proceduto ad una difesa rigida
della sopravvivenza di tutte le fabbriche, anche di quelle chiaramente dissestate e si dilapidato nel salvataggio di certe grandi imprese (Sir, Liquigas) e nellaccettazione di passivi impressionanti delle imprese pubbliche,
somme che non so calcolare (e chi lo potrebbe fare?) ma superiori certamente, nel loro complesso ai 10.000 o 20.000 miliardi di lire, sottratte agli
investimenti o imposte alle banche, impedendo loro di esercitare un credito
111

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

sano alle piccole e medie aziende.


Conteneva qualcosa di profetico quel jaccuse visto che alcuni di
quei temi sono ancora oggi al centro del dibattito. Ma conteneva anche una
chiara condanna per quel che avveniva nel 1979 in fabbrica: Oggi si rivelano apertamente fatti prima tenuti nascosti e che avrebbero dovuto essere
denunciati dal primo momento. Le intimidazioni, le minacce, il dileggio,
le macabre manifestazioni con le casse da morto e i capi-reparto trascinati
a calci in prima fila, ricordano troppo le violenze fasciste per non suscitare

Un anno prima della vertenza dei trentacinque giorni, la Fiat


licenzi sessantuno lavoratori accusandoli di comportamenti violenti
Giorgio Amendola denunci il clima pesante in fabbrica: per Forattini
la sveglia la suon con una tromba con il volto di Berlinguer
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LA PRIMA ROTTURA

uno sdegno ed un disgusto che invece non si manifestato... Chi pu negare


che vi sia un rapporto diretto tra la violenza di fabbrica ed il terrore? E
perch il sindacato, i comunisti non hanno parlato, denunciato in tempo
quello che oggi viene rivelato? Era il 9 novembre del 1979 quando Rinascita appariva in edicola e quellarticolo suscitava un dibattito infuocato.
Amendola sarebbe morto sette mesi dopo, non avrebbe assistito al secondo
atto di quella storia, la vertenza del 1980, quella che ancora oggi appare
come la prima rottura del decennio lungo. E a questo punto possiamo
tornare a quel settembre in cui comincia una battaglia durata trentacinque
giorni. L11 settembre (una data che ricorderemo in maniera ancora pi funesta: lattacco alle Torri Gemelle di New York) la Fiat apre le danze: la
fabbrica deve dimagrire pertanto vanno licenziati 14.469 lavoratori. Il
comportamento dellazienda, in realt non fu per nulla lineare.
Che lauto fosse in crisi era chiaro a tutti ma non ancora completamente alla Fiat che continu ad assumere (sette-ottomila lavoratori) per
tutta la seconda met del 79 e tutta la primavera dell80. Poi, il quadro
cambi. Lavvocato Gianni Agnelli nella lettera che accompagnava la semestrale, in primavera spiegava che vi erano difficolt. Poi intervenne Umberto Agnelli, allepoca amministratore delegato. Una lunga intervista
raccolta da Giuseppe Turani per la Repubblica. Sar un elemento di svolta
fondamentale. Perch in quellintervista, Umberto Agnelli chiese due cose:
licenziamenti (e fin qui nessuna novit) e svalutazione della lira (e questa
fu una novit perch sino a quel momento gli imprenditori in materia di
politiche monetarie avevavano mantenuto una linea di pubblica pudicizia:
si fa ma non si dice). Anzi, Agnelli attacc proprio sul fronte pi ostico
forse per alleggerire la parte relativa ai licenziamenti. Disse: Linflazione
in questi ultimi anni, che non si saputo combattere, ha eroso il valore
della nostra moneta, e in maniera grave. Non rimane a questo punto, che
prenderne atto. Non ci sono alternative. Agnelli sapeva bene di dire cose
scomode, cose che nei salotti buoni si sussurravano e non si urlavano (poi
le cose cambieranno) ma prefer continuare: Tutti pensano, a proposito
della nostra moneta, le cose che ho appena detto. Solo che tanti hanno
paura a parlarne perch il partito della svalutazione stato identificato
con il demonio. E ancora: I provvedimenti contro linflazione non possono
che essere sgradevoli, scomodi, contestati dai sindacati, e quindi si preferi113

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

sce non affrontare il problema... Si rischia di svalutare per non voler toccare
la scala mobile e tutti gli altri meccanismi automatici di indicizzazione.
Sistemata la lira, pass allargomento di maggiore interesse per la
Fiat: Abbiamo mano dopera in pi. Dobbiamo trovare il modo per ridurla, ma siamo pronti a discutere. Si possono riprendere i progetti sulle
agenzie regionali per coloro che restano senza lavoro. Si pu modificare
la legge di riconversione industriale 675. Si possono fare tante cose. Ma
dobbiamo essere onesti con noi e con il Paese: ci vuole meno gente nelle
fabbriche. Le aziende devono alleggerire i propri conti per poter tornare a
programmare lo sviluppo... Ci che abbiamo da offrire ai lavoratori appunto questo: un sacrificio subito, in cambio di una maggiore occupazione,
e distribuita meglio, fra qualche anno. Cos parl Umberto Agnelli il 21
giugno del 1980. Non sapeva, forse, che erano i suoi Ultimi Giorni di Pompei. Appena dieci giorni dopo, i vertici dellazienda, allAssemblea degli
Azionisti, annunciarono un taglio del trenta per cento della produzione.
Esattamente quaranta giorni dopo, Agnelli si dimise dalla carica consegnandola nelle mani di Cesare Romiti. Perch?
La storia non lo ha mai chiarito. E forse mai lo chiarir. Due le ipotesi. La prima: dovendo avviare una battaglia cos dura, la Famiglia abbandonava la prima linea, scivolava nelle retrovie e lasciava ai manager il
disbrigo delle pratiche pi sporche e complicate. La seconda: gli improvvisi
attacchi di orticaria prodoti da quellintervista e, in particolare, dalla richiesta
di svalutazione; insomma, il mondo politico avrebbe chiesto a Gianni Agnelli
la testa del fratello (che si spost allIfil), anche attraverso lintermediazione di Enrico Cuccia (quando ho un problema, penso a cosa farebbe
lui, diceva lAvvocato del presidente di Mediobanca con il quale aveva un
rapporto intenso) che nella vicenda avrebbe svolto un ruolo decisivo e, come
da personali abitudini, silenzioso, fedele al principio che i voti non si contano
ma si pesano e le pesature richiedono grande concentrazione.
La risposta allannuncio dell11 settembre furono sei ore di sciopero
ma nel giro di una settimana la produzione si ferm per il blocco dei cancelli. La linea del sindacato, in ogni caso, non era monolitica. Perch se a
livello di rappresentanze territoriali e aziendali la scelta di una forma di
lotta che lasciava pochissimi margini alla trattativa con il rischio di infilarsi
in un vicolo cieco era maggioritaria, a livello di Confederazioni nazionali
114

LA PRIMA ROTTURA

(e anche di Federazioni) latteggiamento era pi prudente. Da questo punto


di vista, vale quel che spesso diceva Bruno Trentin contrario alle lotte disperate. Racconta Giorgio Benvenuto: Diceva che bisognava lasciare
sempre alla controparte una via duscita, ripeteva che lui non voleva in
una vertenza giocarsi tutto perch faceva il sindacalista non il giocatore
dazzardo. Ma ai cancelli della Fiat si gioc proprio dazzardo ripetendo
lo schema dellanno precedente, dei sessantuno licenziamenti quando la
contrapposizione senza via di fuga aveva condotto il sindacato verso il
nulla. Della questione prov a interessarsi il governo e il ministro del lavoro, Franco Foschi, considerato dalla Fiat troppo vicino ai sindacati (veniva dalle fila di Forze Nuove, la corrente di Donat Cattin, sinistra sociale
della Dc) cerc di mediare formulando una proposta il 20 settembre.
Nel frattempo cominci a circolare una parola che creava non pochi
imbarazzi: Occupazione. Lo ricorda in un libro Pierre Carniti che riferisce
quel che diceva un vecchio sindacalista dei tessili, pratico di quelle forme
di lotta per averle utilizzate negli anni Sessanta: Quando si occupa una
fabbrica il problema non entrare, ma piuttosto come riuscire a uscire.
E aggiungeva lex leader della Cisl: Pi che una ipotesi da prendere in
considerazione, lidea di occupare la Fiat non altro che una pericolosa
velleit e perci una colossale stupidaggine. E della stessa idea erano, ovviamente, anche Luciano Lama e Giorgio Benvenuto. Ma poi accadde qualcosa di veramente imprevisto e che da imprevisto si trasform in
improvvido. La sera del 25 settembre arriv a Torino Enrico Berlinguer,
segretario del Pci. Pietro Fassino, che accompagnava il leader, ha raccontato
la vicenda in un libro. Berlinguer, il 26, davanti ai cancelli, stava per prendere la parola quando un delegato della Cisl, Liberato Norcia, pose una domanda diretta, che si inseriva nel clima e in quel tessuto di velleit di cui
parlava Carniti: Se i lavoratori decidessero di occupare la Fiat, il Pci che
farebbe? La risposta fu ambigua. Disse Berlinguer: importante che i
lavoratori non si dividano... Che le forme di lotta siano sempre decise insieme ai sindacati. Nelleventuale inasprimento delle lotte, comprese le
forme di occupazione, a decidere dovranno essere democraticamente i lavoratori ed i sindacati. E se si giunger a questo, il Pci metter a disposizione il suo impegno politico, organizzativo e di idee. Era un via libera
alloccupazione? Certo non fu uno stop.
115

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Ma su ci che disse Berlinguer si sviluppato un giallo che ancora,


a tanti anni di distanza, contrappone Fassino agli uomini che a quei tempi
alla Fiat gestivano la comunicazione. La storia, secondo quello che allepoca era un giovane dirigente comunista, sarebbe andata cos: La sera
prima Berlinguer arriv a Torino; lo mettemmo in guardia sul rischio di
unoccupazione a Mirafiori. E Berlinguer convenne con noi che andasse
assolutamente contrastata perch esposta a rischi di ogni tipo. Tanto vero
che la mattina successiva n a Rivalta, n a Chivasso, n a Lingotto fece
alcun riferimento in tal senso. A Mirafiori quando il delegato della Flm,
Liberato Norcia, gli fa quella domanda a bruciapelo, Berlinguer risponde
noi staremo sempre politicamente e organizzativamente dalla parte dei
lavoratori. Ma subito aggiunge che le forme di lotta bisogna deciderle
tutti insieme e col sindacato... Il pomeriggio, dopo che Enrico aveva parlato a Mirafiori, eravamo in tre, lui, Tat e io, nella hall dellhotel Sitea,
lalbergo dietro Piazza San Carlo. A un certo punto Tat va a controllare
le agenzie e torna con unAnsa: noi staremo sempre dalla parte dei lavoratori senza la restante parte della frase e con un titolo che accreditava
un via libera di Berlinguer alloccupazione. Ricordo che Enrico ebbe una
smorfia sconcertata e disse ma io non ho detto questo. In seguito soffr
molto per limmagine che gli venne cucita addosso... LAnsa, credo grazie
a un lavoro di condizionamento di Marco Benedetto, capo dellufficio
stampa Fiat, aveva evidenziato solo una parte delle parole di Enrico.
Marco Benedetto veniva dallAnsa e ha spesso contestato questa ricostruzione. Ecco la sua versione: Il 26 settembre, Berlinguer arriv a Torino (in realt era arrivato il giorno prima, il 25, n.d.a.)... Parl al mattino
davanti ai cancelli di Mirafiori. Non ricordo cosa disse perch non ebbi il
coraggio di andare sin l: cera un certo clima di paura, pochi giornalisti
sfidavano le foto segnaletiche che qualcuno della Flm faceva quando un
inviato si addentrava nel tram trasformato in sala-stampa messo a disposizione del sindacato dallazienda comunale; anche un inviato del Manifesto prefer venire a lavorare nella sala stampa che avevamo allestito al
secondo piano di Corso Marconi... Ricordo per bene quel che Berlinguer
disse la sera, in piazza San Carlo, al secondo comizio che tenne davanti
alla cittadinanza assortita. Cera tanta gente e cero anchio, con alcuni
amici, dal lato opposto al palco, davanti al caff San Carlo... Berlinguer
116

LA PRIMA ROTTURA

disse pi o meno queste parole: Se voi occuperete (Mirafiori o Fiat non


ricordo) noi saremo con voi... Certo che facemmo qualche telefonata in
giro: il lavoro di un ufficio stampa. Ma non si pu parlare di poderosa
macchina di propaganda.
Forse la macchina non sar stata poderosa ma certo non gioc nella
vicenda, a livello mediatico, un ruolo secondario o marginale. Quella visita
di Berlinguer ai cancelli della Fiat diventata il momento di svolta di tutta
la vicenda ma come spesso capita forse quelle parole del segretario comunista vennero troppo caricate, enfatizzate, il circo della comunicazione fin
per aggiungere caratteri che probabilmente, almeno nelle intenzioni di chi
le pronunci, non avevano. La smorfia di sconcerto di cui parla Fassino,
che era testimone oculare, c stata realmente. Giorgio Benvenuto lo ha
sottolineato di recente: quello ai cancelli della Fiat, fu un peccato veniale.
E lo ha spiegato cos: Bisogna calarsi nello spirito dellepoca. Nel 79 il
Pci era uscito dal governo; alle elezioni politiche successive a quella rottura aveva subto una clamorosa batosta perdendo quattro punti percentuali, era passato allopposizione ed era carico di risentimenti. La vita
politica era contrassegnata da polemiche forti mentre alla guida dellItalia
vi erano governi molto deboli, come quello presieduto da Cossiga. In quel
contesto si inser il caso Fiat. Noi volevamo fare laccordo e quando uso
la prima persona plurale mi riferisco a tutti i sindacalisti senza distinzione
di sigle. Berlinguer cavalc la vicenda, disse a Torino che bisognava fare
come a Danzica dove erano stati montati gli altoparlanti per consentire ai
lavoratori di seguire le trattative a Varsavia. Pensa, le nostre trattative si
svolgevano a Roma... Berlinguer and davanti ai cancelli della Fiat. Gli
posero una domanda: cosa avrebbe fatto il Pci se i lavoratori avessero occupato la fabbrica? Io penso che poi si sia pentito della risposta. Ma al di
l dei pentimenti possibili, l per l disse che il Pci sarebbe stato accanto
ai lavoratori se avessero preso autonomamente quella decisione. Considerando la cultura comunista, si trattava di una palese contraddizione: il Pci
che ha sempre rivendicato il ruolo di guida del movimento operaio, in quel
caso, invece, si faceva guidare dai lavoratori, dal sindacato.
E a proposito dello stato danimo con cui quelle parole vennero accolte da Lama, Carniti e Trentin, Benvenuto ricorda: Con grandissima
sofferenza. Rimasero profondamente colpiti dalla sortita di Berlinguer.
117

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Daltro canto, tutti noi stavamo lavorando non per occupare la fabbrica
ma per giungere a un accordo e dichiarare conseguentemente la conclusione dello sciopero. Volevamo lintesa perch sapevamo che continuando
su quella strada avremmo perso: eravamo allo stremo, i lavoratori erano
stanchi, non avevamo adeguate risorse economiche per resistere. Su quella
vicenda non ci furono divisioni tra di noi: avevamo la consapevolezza che
molti errori erano stati gi compiuti. Quella domanda e quella risposta
continueranno a essere il punto nevralgico (o il nervo scoperto) di una vicenda che diventata storia e che ha oggettivamente indebolito il sindacato.
Laltro protagonista di quella mattinata, il delegato della Cisl, Liberato Norcia, anni dopo ha raccontato: Io lo sapevo che Berlinguer non poteva rispondere in modo diverso, ma la mia domanda non era una provocazione
come qualcuno ha detto. Lidea di occupare la Fiat cera e il consenso del
Pci era importante. Quella domanda lho fatta a ragion veduta. Erano
daltro canto giorni di parole forti. Lo stesso Benvenuto alla porta numero
5 di Mirafiori aveva detto: O la Fiat molla o molla la Fiat. Ma io lo
dissi quando sapevo che avevamo in tasca laccordo, ha spiegato lallora
segretario della Uil.
Nelle ricostruzioni non ci si pu attardare nei processi alle intenzioni (tanto che finiscano con una condanna, quanto che si concludano con
una assoluzione), bisogna guardare ai fatti e, come avrebbe detto Leonardo
Sciascia, al contesto. Lo ha fatto un protagonista dei trentacinque giorni,
uno che ha sofferto sulla propria pelle lepilogo traumatico: Enzo Mattina,
segretario generale dei metalmeccanici della Uil. Ha provato ad andare alle
radici delle scelte di Berlinguer. Ha spiegato: lestate polacca a diffondere tensione e aspettativa... Torino come Danzica uno degli slogan
pi popolari. Ma leffetto Danzica pi un richiamo di atmosfera perch non ci vuole molto a capire che in Polonia si rivendicano diritti che
in Italia sono abbastanza garantiti... Il richiamo alla Polonia nasce da un
bisogno di protagonismo che il movimento operaio avverte, dopo che dal
1976 ha cominciato ad avvertire il ripiegamento... Il sindacato vive come
come una bruciante contraddizione quella sorta di congelamento della politica che il compromesso storico... In questa situazione si sedimentano
delusioni ed amarezze tanto pi spesse allorch il tentativo del sindacato
di inserirsi nel nuovo corso politico con una propria strategia autonoma,
118

LA PRIMA ROTTURA

la piattaforma dellEur, appare e di fatto poi diventa a tutti gli effetti pura
subordinazione a quel corso, cio allingresso del Pci nellarea di governo.
Continuava lucidamente Mattina: La svista storica di considerare attuale
il momento di un nuovo scontro epico viene orientata senza dubbio dal bisogno di protagonismo, nel quale fa leva, un secondo fattore: il mutamento
di linea del Pci... I connotati di questo mutamento di linea, alla luce delle
risultanze del comitato centrale dell8-10 gennaio 1981, che appare come
il momento di sintesi di un complesso processo di revisione avviato allindomani delle tornate elettorali del 1979 e del 1980, sembrano essere sostanzialmente tre: la proposta dellalternativa democratica alla Dc, la
liberalizzazione del dibattito interno, la ricostituzione di un rapporto con
la base operaia superando la mediazione affidata alla Cgil. Mattina ricordava che in quel periodo Marcelle Padovani sul Nouvel Observateur
parlava di sindrome Marchais del Pci italiano e altri, addirittura, di sindrome Cunhal, due punti di riferimento non propriamente confortanti riguardando i due partiti comunisti occidentali pi ortodossi e ossequiosi con
Mosca, quello francese e quello portoghese. E Mattina ricordava pure i duri
attacchi al fondo si solidariet, i cartelli inalberati in occasioone dello sciopero dei metalmeccanici del 17 luglio 1980 dai militanti di fede comunista:
Lama, Carniti, Benvenuto, con lo 0,50 ci avete venduto.
Ma il fondo di solidariet, come pretesto di scontro sociale era poca
cosa: La vertenza Fiat, con la posta in gioco un terreno ben pi idoneo.
Raccontava Mattina: Il segretario del Pci chiede esplicitamente che, come
a Danzica la trattativa si svolga a Torino, con altoparlanti che consentano
alla gente di seguire il confronto e di controllare i negoziatori. Quindi il
comizio torinese, quelle parole: Con questo avallo alle ipotesi di occupazione lo sforzo della Flm nazionale di modificare le forme di lotta viene
definitivamente sconfitto. Ma Berlinguer con quel suo intervento avrebbe
prodotto, secondo Mattina, anche unaltra conseguenza: Il secondo effetto
della spinta oltranzista... quello di determinare tra i dirigenti sindacali e
i militanti di fabbrica o di lega un clima di diffidenza che porter i secondi
a irrigidire sistematicamente le posizioni di trattativa con il risultato di
rendere il negoziato privo di ogni flessibilit.
Concludeva Mattina: Quanto questa utilizzazione impropria abbia
influito sulla vertenza della Fiat, lo si ricava dal rapporto che il Pci intrat119

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

tiene con gli altri partiti e con il governo nel corso dei 35 giorni dello scontro. Gli altri partiti dellarco costituzionale incontrano a pi riprese il sindacato, esprimendo espliciti consensi con le sue posizioni. Ci sarebbero
state le condizioni per una comune stretta nei confronti della Fiat che la
faccia recedere dalla intransigenza su cui attestata. Purtroppo non si riesce a mandare in porto neanche il pi circoscritto dei patti dazione, dato
il clima di rissa che avvelena i rapporti tra Pci, Dc e Psi. La Fiat utilizza
questa divisione per allontanare leventualit di una possibile azione di
forza nei suoi confronti da parte del governo.
Da quel comizio in poi la situazione ebbe una accelerazione improvvisa. Mentre ai picchetti gli operai diminuivano, aumentavano i lavoratori che sul marciapiede di fronte attendevano di entrare in fabbrica:
superare il blocco era diventato abbastanza facile. I picchetti venivano rafforzati dagli operai che arrivavano dalla Lombardia e che avrebbero indotto
Sergio Cofferati, capo dei chimici Cgil, a dire: Ancora una volta saranno
i riformisti lombardi a cavare le castagne dal fuoco ai massimalisti torinesi. Fino allintervento di Berlinguer, la solidariet sociale era stata tutta
per i lavoratori. Ma quel legame con lopinione pubblica con il passare
dei giorni era diventato sempre pi debole. La Fiat aveva respinto la proposta del ministro Foschi ritenendola troppo onerosa, poi era caduto anche
il governo Cossiga, un interlocutore troppo debole per poter realmente
avere voce in capitolo in una vicenda cos complicata e anche carica di tensioni. Nonostante tutti gli sforzi, i vertici nazionali faticavano a mutare il
segno della lotta, inascoltato era rimasto anche Bruno Trentin che aveva
proposto di passare a forme pi articolate. Le dimissioni del governo ispirarono alla Fiat una mossa a sorpresa che determin un mutamento negli
equilibri psicologici e nella percezione mediatica dei torti e delle ragioni: i
licenziamenti furono trasformati in cassa integrazione (ventitremila lavoratori a zero ore). Era una occasione da cogliere al volo, il momento giusto
per riaprire le trattative ma i metalmeccanici torinesi la respinsero.
Dir ancora Enzo Mattina: Il rifiuto a rivedere le modalit della
lotta non nacque dal caso e tanto meno da una tenuta costante di quella
tensione di massa cos avvertibile nei primi giorni dello scontro. Accadde
piuttosto che sul radicalismo sociale cos intrinseco alla connotazione culturale dei lavoratori Fiat si innestasse il particolare radicalismo politico
120

LA PRIMA ROTTURA

che ritroviamo cos frequentemente nella storia del movimento operaio torinese... Lavanguardia assume in molte occasioni un atteggiamento aristocratico di vera e propria indifferenza per gli orientamenti prevalenti tra i
lavoratori. Quella che conta lopinione dei lavoratori combattivi: quella
degli altri non fa testo. In alcuni momenti arriva a teorizzare che concludere
la vertenza solo con risultati di garanzia per il lavoro significherebbe sprecare un eccezionale potenziale di lotta. Resta convinta fino alla fine che il
problema non come coinvolgere nello scontro sindacale tutti i lavoratori
Fiat, ma come garantire che i combattivi possano rimanere in prima linea
per s e per gli altri. Parole amare che illustrano lo stato danimo di chi a
quella vertenza avrebbe voluto dare unaltra direzione di marcia.
La situazione da quel momento in poi precipit. A fine settembre, i
dirigenti sindacali nazionali fecero un altro tentativo per far togliere i blocchi ai cancelli. Il 30 settembre, mentre al Teatro Nuovo si teneva lassemblea dei delegati, la Fiat rendeva nota la lista dei ventitremila cassaintegrati
compiendo una scelta che modificava ulteriormente gli equilibri: gran parte
degli oltre quattordicimila licenziati erano stati recuperati e potevano tornare in fabbrica mentre molti delegati sindacali comparivano tra i cassaintegrati. Era la conferma che la motivazione econonica non esauriva tutti i
motivi della vertenza, che lobiettivo era esattamente quello spiegato da
Romiti: la ripulitura della fabbrica. E lo confermer anni dopo anche Cesare Annibaldi: Le cause del braccio di ferro sono da ricercarsi nel decennio precedente durante il quale si erano determinate condizioni con le
quali si rischiava di non poter pi governare la fabbrica. Ma la spaccatura
allinterno della Fiat chiara. Il 7 di ottobre i quadri uscirono allo scoperto
con un documento apertamente polemico con i sindacati accusati di disconoscere il loro ruolo pur arrogandosi arbitrariamente la tutela di
tutti. Poi arriv il tentativo di sfondamento della porta 31 di Mirafiori,
quindi la manifestazione davanti a Rivalta. Erano i segnali della tempesta
in arrivo: la Marcia dei Quarantamila. La sera prima, allHotel Boston la
trattativa era ripartita e si era giunti anche a un accordo. Ma la Fiat prefer
rinviare al giorno successivo la chiusura e il motivo del rinvio divenne evidente poche ore dopo. La Marcia determin una accelerazione del negoziato: alla chiusura si giunse alle 17 del 15 ottobre. Poi ci furono le
assemblee, i fischi al cinema Smeraldo e il tentativo di aggressione ai danni
121

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

di Carniti alle Meccaniche di Mirafiori (fu salvato da Giuliano Ferrara e


dal segretario della Fiom alle Meccaniche, Sabatini); racconter molto
tempo dopo con notevole ironia: Poich entrambi hanno una mole almeno
doppia della mia mi mettono al riparo dalle ombrellate e dalle bastonate
che mi vorrebbero raggiungere. Sindacalmente parlando, laccordo non
fu una resa: ritiro dei licenziamenti, dichiarazione di crisi aziendale, utilizzo
della cassa integrazione per ventitremila lavoratori con la garanzia del rientro a una data definita, prepensionamenti volontari, dimissioni incentivate,
corsi di riqualificazione professionale, mobilit esterna da posto a posto di
lavoro con criteri di equivalenza professionale, verifiche trimestrali. Dir
alcuni anni pi tardi Pio Galli, segretario della Fiom: Dal punto di vista
politico, l80 fu una sconfitta, ma non lo fu nei contenuti sindacali: io ritengo che quellaccordo fu un compromesso onorevole. E ricordiamoci che
la stessa Fiat non parl subito di vittoria: lAvvocato Agnelli la sera disse
che quellintesa gli andava stretta perch non rispondeva a tutti i problemi
della Fiat. E Trentin ha ricordato: Molti di noi nelle assemblee alla Fiat
sostennero con piena convinzione che laccordo non rappresentava una
resa dei sindacati e che offriva, invece, degli spazi per una gestione negoziata degli impegni che erano stati assunti. Non fu una resa e non fu un
trionfo. Fu un esercizio di riduzione del danno che fece emergere la crisi
del sindacato dei consigli, la necessit di nuove forme di verifica della rappresentanza e la necessit di una nuova strategia rivendicativa a livello salariale perch quelle utilizzate sino ad allora ormai producevano pi
divisioni che solidariet.

122

ENRICO BERLINGUER
Elogio della diversit

La versione di lotta del Pci berlingueriano

ENRICO BERLINGUER

Quella sera, a piazza dei Frutti davanti alla colonna romanica che
uno dei simboli della citt, la storia si fermata, insieme alla vita di un
uomo. Le parole faticavano a farsi suono, si impigliavano come i pesci in
una rete. Accesso al lavoro, alle professioni, alle carriere... Si tolse gli
occhiali mostrando un volto segnato dalla sofferenza; bevve un po dacqua.
E continu: Invito... Ancora una pausa, la folla che urlava il suo nome
capendo che qualcosa non andava. Gli chiesero di fermarsi: Basta, basta.
Antonio Tat prov a portarlo via. Ma lui continu: Impegnatevi tutti in
questi pochi giorni che ci separano dal voto, con lo slancio e la passione
che sempre i comunisti hanno dimostrato nei momenti cruciali della vita
politica... Unaltra interminabile, drammatica pausa. Lavorate tutti, casa
per casa, azienda per azienda, strada per strada, dialogando con i cittadini. Natalia Gizburg, poi, scrisse di una bella morte. E probabilmente
non aveva tutti i torti: tra la gente e con la gente, come si conviene a un
uomo politico, a un grande uomo politico. Perch si pu essere o meno
daccordo con le scelte di Enrico Berlinguer, con le spigolosit di questo
sardo riservato, quasi scolpito nel granito delle coste della Gallura, ma non
si pu certo dire che non abbia segnato unepoca, ingaggiato con Aldo
Moro, Bettino Craxi, Ugo La Malfa, Giovanni Spadolini e Ciriaco De Mita
confronti, rapporti, scontri che avevano il sapore della Grande Politica,
qualcosa a cui forse ci siamo disabituati. Probabilmente oggi Berlinguer
sarebbe in difficolt in un dibattito che si esalta nelle battute (e lui non era
certo un battutista n un campione dironia), che si modella sui tempi televisivi (e lui, invece, aveva bisogno di argomentare come quasi tutti i politici della sua epoca), che si alimenta di slogan dimenticando spesso i
contenuti (e lui, al di l delle valutazioni, era uno che andava a Mosca per
festeggiare il sessantesimo anniversario della Rivoluzione dOttobre e
spiegava, a una platea che aveva non poche difficolt ad assecondarlo, che
il soffio positivo di quegli accadimenti era andato ormai disperso). Quella
sera, in quella piazza dove ancora oggi si mercanteggia in frutta e verdura,
125

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

non si ferm solo la storia di un uomo, si ferm la storia di un partito, di


uno schieramento, di un Paese. Perch non sapremo mai cosa sarebbe accaduto dopo. Non sapremo mai, ad esempio, se sulla Scala Mobile sarebbe
andato dritto per la sua strada verso il referendum. Ne parleremo, pi avanti,
in questo libro. Ma forte limpressione che gli ultimi passaggi parlamentari, il provvedimento licenziato dalle Camere, avevano creato qualche
breccia. E lui che era un vero uomo politico, quelle brecce le avrebbe probabilmente allargate per evitare una prova di forza nelle urne che era pericolosa per tutti, anche per lui e per il Pci. Lui e lui solo aveva la pietra
filosofale, il filo di Arianna; lui e lui solo avrebbe potuto cambiare lultimo
capitolo del racconto, continuando a duellare con Bettino Craxi, alimentando una nemmeno tanto cordiale inimicizia, fondata su diversit che non
erano solo politiche ma anche caratteriali. Impersonavano mondi differenti,
avevano anche stazze differenti: Berlinguer minuto, tanto minuto da apparire indifeso; Craxi imponente, tanto imponente da apparire inarginabile.
Ha scritto in un libro Giorgio Benvenuto: La scomparsa di Berlinguer ha
complicato la situazione. Lui avrebbe trovato sicuramente un modo per
uscire da quella strettoia. Ma chi arriv dopo di lui (Alessandro Natta,
n.d.a.) non riusc a trovare il bandolo della matassa e s che ci furono incontri, contatti, tentativi.
Come sarebbe andata la storia non lo sapremo mai. Ma oggi, a tanti
anni di distanza, possiamo guardare a chi quella storia la scrisse con un atteggiamento pi distaccato. Le passioni di allora sono diventate ricordi; i
partiti di allora sono diventati immagini del nostro album di famiglia (delle
diverse famiglie); i protagonisti di allora (tranne uno, Ciriaco De Mita) parlano ormai attraverso scelte, comportamenti, prese di posizione che si sono
storicizzate. Insomma, ci sono tutte le condizioni per guardare gli uomini
e le cose rifuggendo da quello spirito da stadio che ci trasforma in ultr.
Perch, da questo punto di vista, forse aveva ragione un altro controverso
protagonista di quegli anni, Giulio Andreotti, quando diceva: N santi n
demni, Siamo tutti medi peccatori. La vicenda umana di Berlinguer finita in quella piazza, davanti a migliaia di persone che gli chiedevano, implorandolo, di chiudere quel discorso, di non trasformare quel palco nel suo
personalissimo Golgota. Perci non sappiamo quel che avrebbe fatto dopo
quel 7 giugno 1984. Sappiamo, per, che le condizioni cambiarono e nem126

ENRICO BERLINGUER

meno tanto lentamente. Sappiamo che il Muro di Berlino croll seppellendo


il socialismo reale, i partiti comunisti cos come si erano formati in quel
lungo tratto di Novecento. Lui che aveva colto linvoluzione, che aveva capito, pur non portando mai quella critica alle conseguenze finali, cio allapprodo alla socialdemocrazia vista come una malattia da evitare a tutti i
costi, cosa avrebbe fatto? Sarebbe stato pi lesto dei suoi successori a cambiare il nome della Ditta, semmai a modificarne anche la ragione sociale?
O sarebbe rimasto bloccato sul confine di una alternativa democratica che
considerava contaminante il rapporto con i socialisti e un governo degli
onesti che era pi levocazione di una speranza (che le troppe vicende di
malversazione della Seconda Repubblica hanno provveduto da un lato a irrobustire ma dallaltro a rendere pi inafferrabile dellaraba fenice) che una
strategia reale per il governo del Paese?
Si sarebbe ritrovato a fare i conti con un mondo nuovo, senza confini e, probabilmente pi inquieto (non un caso che tra i pochi che non
festeggiarono la frana berlinese ci fosse proprio Andreotti che considerava
quel Muro una sorta di rassicurante salvagente); una sinistra con qualche
(molte) ideologie in meno ma anche tanti bisogni in pi a cui dare risposte.
Con la fiducia per le battaglie che abbiamo fatto, per le proposte che presentiamo, per quello che siamo stati e siamo, possibile conquistare nuovi
e pi vasti consensi alle nostre liste, alla nostra causa, che la causa della
pace, della libert, del progresso della nostra civilt. Le ultime frasi di
quel comizio, pronunciate faticosamente, forse non del tutto comprese da
chi quella sera era in quella piazza e partecipava a un dramma che coinvolgeva lintero Paese, sono pi che il testamento politico, lepitaffio. In qualche misura sembrano, anche quelle parole, di unaltra epoca, sicuramente
di un altro secolo visto che abbiamo voltato pagina e siamo arrivati al 2000
mentre in quellanno ci si arrovellava sulle profezie di Orwell e del suo
1984.
Non cerano ancora i telefonini, i computer erano grandi quanto i
vecchi registratori di cassa e Usa e Urss facevano a gara a chi piazzava il
maggior numero di missili a testata nucleare. La minaccia di una guerra
globale ora non c pi ma linsicurezza (anche se non si sa sino a che punto
fondatamente) cresce e le Torri Gemelle ci hanno fatto fare la conoscenza
di unaltra guerra, quella combattuta dal terrorismo internazionale. Viviamo
127

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

in un mondo perennemente connesso ma ci ritroviamo a fare i conti con


una crisi che non sappiamo quanto durer, che avr bisogno di ventanni
per restituirci i posti di lavoro che avevamo prima del 2008 e che nel frattempo non ha semplicemente distrutto occupazione ma ha cancellato lavori
aumentando langoscia di chi disoccupato perch sa che non potr fare
pi quello che faceva prima e non perch non voglia farlo ma solo perch
non gli daranno pi lopportunit di farlo.
Ma quella sera ha spazzato via anche unaltra risposta: davanti alla
fine del Mondo diviso in blocchi, alla fine di unItalia di confine, davanti
alla possibilit di provare a ricomporre la sinistra cosa avrebbe fatto? E in
presenza di un ripensamento di Craxi, sempre per i medesimi motivi, e a
una conseguente apertura verso la ricerca di nuove strade politiche essendo
venuta meno lingessatura della Guerra Fredda, avrebbe provato a instaurare un rapporto diverso con il suo nemico? Certo, non sarebbe stato semplice anche perch, nelle sue orecchie, qualcuno, sussurrando, alimentava
quella sua istintiva diffidenza verso il leader del Psi. La vicenda di San Valentino, alla resa dei conti, peggior solo (e nemmeno di tanto) una situazione che gi esisteva.
Basta rileggere questa nota di Antonio Tat per capire. datata 18
luglio 1978, San Valentino sarebbe arrivato solo sei anni dopo. Scriveva
Tat: Carissimo Enrico, non avendo qui altra occupazione che quella di
pensare, leggere e non parlare, mi venuto di scriverti per impiegare un
po pi degnamente questa giornata di degenza in clinica, dopo aver guardato con attenzione le 27 pagine della rassegna stampa di oggi, che mi
sono fatto portare. La nota di Angius sul Popolo, le interviste e i discorsi
di Bisaglia, Romita, Craxi, i commenti al tuo discorso di Arezzo, le conversazioni dei nostri Segre e Adornato sui processi in Urss, la risposta (sia
pure di un quidam come Puletti) dalle colonne dellUmanit allarticolo
di Reichlin di domenica, larticolo della Voce Repubblicana e quello del
Popolo sul Pci e i processi sovietici... e mi fermo per non tediarti, danno
nuovi tocchi al panorama politico e alloperazione che si va delineando,
che si incentra, e collima, in gran parte nel disegno di Craxi. Su quale giudizio dare di costui, credo non ci siano disparit di vedute o dissensi nel
nostro attuale gruppo dirigente di partito. Tutti i compagni della Segretaria
convengono - a quattrocchi - che Craxi un avventuriero, anzi un avven128

ENRICO BERLINGUER

turista, uno spregiudicato calcolatore del proprio esclusivo tornaconto, un


abile maneggione e ricattatore, un figuro moralmente miserevole e squallido, del tutto estraneo alla classe operaia, ai lavoratori, ai loro profondi
e reali interessi, ideali e aspirazioni. Craxi un nemico dellunit operaia
e sindacale, un nemico nostro e della Cgil, della segreteria Zaccagniniana, della politica di La Malfa-Biasini, ed , invece, amico di Benvenuto
e di Mattina, di Bisaglia e di Fanfani, di Donat Cattin e di De Carolis, di
Umberto Agnelli e dei cento, dei Pannella e dei Guiso. Tralascio le sue
lucrose amicizie interne e, soprattutto, internazionali. Con Craxi appare
in Italia - in questa Italia fine anni 70 che sta nel pieno di una crisi massima - un personaggio quale ancora non si era visto in pi di 30 anni di
vita democratica, un bandito politico di alto livello. anchegli un portato
della decadenza della nostra vita pubblica, un segno dellinquinamento
esteso del nostro personale politico. Craxi anzi uno dei pi micidiali propagatori dei due morbi che stanno invadendo la sinistra italiana - lirrazionalismo e lopportunismo - e che il maggior partito della classe operaia
ha il dovere di combattere e di debellare. Ma non facile, perch il metodo
e lo stile di Craxi hanno sorpreso e sorprendono un po tutti, almeno fino
ad ora. Il suo comportamento sfrontato, provocatorio, temerario, fazioso,
violento, ma che proprio per questo pu sembrare forte, e quindi pu
intimidire partners e avversari, pu persino suscitare ammirazione, se non
approvazione: dileggio della correttezza verso le regole del gioco, prontezza nel violare ogni impegno di onore, camaleontismo, disinvoltura nel
passare dallinsulto volgare alladulazione pi untuosa verso lo stesso partito o la stessa persona nel giro di ventiquattrore, o nel passare dalla protervia dellaggressore al lamento di chi si fa vittima.
evidente che lanalisi politica sovrastata dalla valutazione, come
dire, epidermica. Laffresco della personalit di Craxi nelle ultime battute
(vittimismo, untuosit) appare molto lontano da quel che il segretario socialista effettivamente era, aveva molti altri difetti ma non quelli enumerati
in ultimo da Tat. Nella Cgil non tutti lo consideravano un nemico: Lama,
che era il capo, aveva con Craxi ottimi rapporti; larea socialista certo non
aveva relazioni conflittuali e alla resa dei conti la confederazione di cui
parla Tat quella rappresentata dagli ortodossi, cio dagli Scheda e dai
Garavini; la Uil di Giorgio Benvenuto era per idealit e valori laici pi pros129

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

sima alla Cgil che alla Cisl ed Enzo Mattina era addirittura considerato un
amico dei comunisti. Si ha quasi limpressione che una parte di quei contrasti, probabilmente non quella determinante, sia stata prodotta da atteggiamenti pregiudiziali, anzi da veri e propri pregiudizi. Quella drammatica
serata ha cancellato tutti i dubbi. Nella maniera peggiore, nel senso che non
ha dato alla storia una nuova chance, ha chiuso i conti e consegnato agli
archivi una inimicizia che diventata anche il problema della sinistra italiana, perennemente a met del guado, incerta su tutto, interessata alle alleanze ma non a una definizione strategica della sua identit, schiacciata
sul presente ma poco incline a definire un progetto di futuro, a proporre
una visione, a indicare un orizzonte.
Berlinguer era fatto per non intendersi con Craxi. Ed questo il dato
che rimasto. Eppure, se si rivedono le immagini del funerale di piazza
San Giovanni, mentre Nilde Iotti rivolge un ringraziamento al Capo dello
Stato (Voglio dire dal profondo del cuore, grazie Presidente Pertini per
quello che hai fatto in questi giorni tragici, per come sei voluto stare accanto a Enrico, alla sua famiglia, a tutti noi, per laffetto generoso che hai
testimoniato cogliendo i travagli cos profondi degli uomini e delle loro ragioni ideali), si vede un Craxi commosso, che sembra asciugarsi gli occhi.
Antonio Ghirelli che fu il capo-ufficio stampa di Craxi negli anni della presidenza del Consiglio, quindi anche in quel giugno del 1984, ha raccontato
la reazione del leader socialista alla notizia della morte, confermando quella
impressione. Erano a Madrid e alle 12,56 lAnsa diede la notizia. Ghirelli
prese il dispaccio dagenzia e, in albergo, lo diede a Craxi: Glielo consegnai in silenzio. Lo prese, lo lesse senza dire una parola. Poi lo vidi piangere. Uscii subito, dopo un suo gesto del tipo vai via, lasciami solo.
Anche io ero commosso. Eravamo l per un incontro bilaterale Italia-Spagna. Fu un momento molto particolare. Craxi aveva un carattere strano,
passionale, siciliano. E pensare che eravamo proprio nel pieno della questione scala mobile e i rapporti con il Pci erano molto, molto tesi. Erano
talmente tesi che quando domenica 10 giugno, prima di partire per la Spagna, Craxi, di ritorno da Londra, pass a trovare Berlinguer, in coma ormai
da molte ore, il fratello, Giovanni, and a parlare con i militanti che stazionavano davanti allospedale per invitarli a non contestarlo; la famiglia prefer non incrociarlo. In realt le contestazioni ci furono ugualmente.
130

ENRICO BERLINGUER

Massimo DAlema ha raccontato quella visita, soprattutto ha riportato quel


che disse il nemico: Mi spiace che tutto questo sia accaduto mentre tra
noi in corso un litigio. Conosco Enrico da trentanni, dai tempi della federazione giovanile. E la stima personale non mai venuta meno, al di l
delle battaglie politiche. Non posso accettare di parlare di lui come se non
ci fosse pi.
stato detto che Berlinguer era lesatto contrario di Craxi: il socialista campione della modernit, il comunista, invece, lespressione di un
mondo declinato al passato. Probabilmente sarebbe ingiusto considerarlo
arcaico; semmai rileggendo alcune sue dichiarazioni si nota una certa diffidenza rispetto al futuro, forse una scarsa dimestichezza con le nuove tec-

Forattini raffigura un Berlinguer incerto


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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

nologie, lidea che siano sempre asettiche e che la sostanza alla fine la diano
gli uomini. La realt ben diversa e la conoscono perfettamente proprio
quei lavoratori a cui il Pci faceva riferimento: la tecnologia appare asettica,
in realt non lo perch trasforma i lavori, le competenze, i rapporti; la tecnologia pu migliorare la qualit della vita ma pu anche peggiorare la qualit di molte vite perch toglie loro la possibilit di avere una occupazione.
Sembravano asettici anche i computer nelle redazioni ma poi una categoria,
quella dei poligrafici, stata cancellata e se non fosse stato quello lobiettivo Rupert Murdoch a Londra non avrebbe trasferito, nel giro di una notte,
la produzione dei suoi giornali da un posto a un altro. Le macchine non
hanno unanima ma chi le impiega unanima ce lha e anche un cervello,
un progetto, un obiettivo e pensare che tutto questo non incida pratica a
dir poco illusoria. Questa idea, volendo anche un po romantica, del rapporto con la tecnologia, emerge da una intervista rilasciata a Ferdinando
Adornato che allepoca lavorava allUnit.
Era il 1 dicembre 1983 e quasi tutti si stavano cimentando con Orwell. Anche Berlinguer. Diceva: Credo che latteggiamento pi corretto
di fronte a certe nuove rivoluzioni tecnologiche sia quello di considerarle
in partenza come neutrali... Io vedo oggi la possibilit di due processi
contemporanei: da una parte luso della microelettronica per rafforzare il
potere dei gruppi economici dominanti, il potere di quello che in una parola
viene chiamato complesso militare industriale. Dallaltra per vedo una
grande diffusione di nuove conoscenze che pu portare a un arricchimento
di tutta la civilt. Gli sfuggiva un aspetto: per usare le sue parole, il complesso finanziario che quello che dalle nuove tecnologie, dallinformatica
ha avuto il maggiore impulso perch si specula sul tempo e manovrando
capitali in base ai fusi orari si possono ottenere grandi guadagni. Ma questo
che oggi chiarissimo, a molti appariva evidente anche allora, con la Thatcher che parlava di una Gran Bretagna che doveva uscire dalla civilt industriale per abbracciare ottimisticamente e gioiosamente la nuova civilt
dei servizi (nel frattempo, lei provvedeva a stangare i minatori, mentre
Reagan negli Usa faceva la stessa cosa con i controllori di volo). Finanziari,
ovviamente.
Ma cera anche in quella intervista un passaggio in qualche maniera
profetico: Segnalerei il pericolo di nuove espressioni di fanatismo ideo132

ENRICO BERLINGUER

logico o religioso che possono, in qualche paese, prendere il sopravvento.


C una cosa che colpisce, rileggendo le interviste del segretario del Pci:
una lucidit di analisi, una capacit di precorrere i tempi che poi, per, in
qualche misura si arrestava nel momento in cui quellanalisi doveva trasformarsi in proposta politica. Insomma, pi filosofo (e lo aveva anche
detto in un pubblica confessione: era quello che sognava di fare da
grande) che uomo di governo. Risentiva, probabilmente, delle condizioni
del tempo, del fatto che quel Mondo diviso in blocchi impediva a una forza
come quella comunista di muoversi con maggiore libert, di rompere definitivamente con dogmi che lui stesso probabilmente avvertiva superati e
non pi accettabili o almeno non accettabili nelle forme in cui sino a quel
momento erano stati imposti. Ed era figlio del suo tempo, di una fiducia
nellideologia comunista che nella realt non aveva trovato le conferme
che un vecchio militante come lui si sarebbe atteso ma che, proprio da vecchio militante, continuava a inseguire confidando in una riforma (la Terza
via) pi che improbabile, fumosa.
Aveva, ad esempio, colto la trasformazione in atto delle classi sociali, una trasformazione che aveva inciso sulla classe operaia sia dal punto
di vista numerico che da quello strutturale. Diceva: Credo che dobbiamo
considerare come un dato ineluttabile la progressiva diminuzione del peso
specifico della classe operaia tradizionale. Le congiunture economiche
possono, di volta in volta, accelerare o decelerare questa tendenza. Con le
lotte sindacali e politiche si deve poi intervenire in questi processi, per evitare che essi assumano un carattere selvaggio e si risolvano in un danno
per i lavoratori. Ma la tendenza quella. Alcuni traggono da ci la conclusione che la classe operaia morta e che con essa muore anche la spinta
principale alla trasformazione. Secondo me non cos. A condizione che
si sappiano individuare e conquistare alla lotta per la trasformazione socialista altri strati della popolazione che assumono, anchessi, in forme
nuove la figura di lavoratori sfruttati come i lavoratori intellettuali, i tecnici, i ricercatori. Sono anchessi, come classe operaia, una forza di trasformazione. Aveva colto, pi di trentanni fa, che le classi non erano pi
quelle di qualche decennio prima, che lo stesso lessico non era pi adeguato: la classe operaia era a tutti gli effetti qualcosa, allo stesso tempo, di
diverso e di pi ampio, era classe lavoratrice, working class, ma la fedelt
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

al suo passato, anche dal punto di vista linguistico, lo portava a considerare


quella classe come la somma di tante classi che la classe operaia avrebbe
dovuto sintetizzare. In realt, quelle altre classi erano state, dal punto di
vista delle condizioni di vita e di reddito, gi conquistate, meglio, schiacciate su quella operaia, pur esprimendo culture, livelli di conoscenza e modi
di pensare differenti. La sua analisi, volendo, valida anche oggi, forse
oggi ancora pi valida, non diversa da quella sviluppata da Guy Standing
nel suo libro sui precari perch oggi, rispetto agli operai dellepoca doro
delle lotte in fabbrica, il precariato , sotto molti aspetti, una diversa declinazione del proletariato, un soggetto in cui si sommano condizioni di vita
difficili e situazioni contrattuali indefinite perch limitate nel tempo, prive
di tutele, di garanzie e di prospettive. Ma dato che a volte compaiono sulla
scena nuovi figli di Berlinguer che di Berlinguer hanno letto poco o nulla,
allora vale la pena recuperare un altro passaggio di quella lontana intervista:
La democrazia elettronica limitata ad alcuni aspetti della vita associata
delluomo pu anche essere presa in considerazione. Ma non si pu accettare che sostituisca tutte le forme della vita democratica. Anzi credo che
bisogna preoccuparsi di essere pronti ad affrontare questo pericolo anche
sul terreno legislativo. Ci vogliono limiti precisi sulluso dei computer come
alternativa alle assemblee elettive. Tra laltro non credo che si potr mai
capire cosa pensa davvero la gente se lunica forma di espressione democratica diventa quella di spingere un bottone. Ad ogni modo lo ripeto: io
credo che nessuno riuscir a reprimere la naturale tendenza delluomo a
discutere, a riunirsi, ad associarsi. Anche in questo caso facile notare
assonanze tra le sue analisi di allora e quelle pi vicine a noi, articolate,
semmai, da Zygmunt Bauman nella formula della liquidit (politica, economica, sociale). Berlinguer spiegava che la liquidit, a livello di partiti e
di partecipazione ai processi decisionali, non poteva essere il porto dapprodo, non poteva essere il traguardo di una societ democratica, al limite
solo il fantasma di un traguardo. Chiss se quei parlamentari del Pd che
hanno orientato le loro scelte, anche in momenti cruciali come lelezione
del presidente della Repubblica, in base ai tweet, hanno mai letto Berlinguer.
Probabilmente se lo avessero fatto avrebbero capito che dentro
unidea solida di politica non pu innestarsi una decisione che si basa su
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ENRICO BERLINGUER

un messaggio scarnificato, figlio semmai di un momento emotivo. Forse


ha ragione Massimo DAlema, uno di quei giovani che il segretario del Pci
lanci al vertice della politica prefigurando un ricambio generazionale,
quando afferma: Ci che rimane di Enrico Berlinguer di pi significativo
per loggi una certa idea della politica di cui fu portatore, una politica
intesa come testimonianza di idealit, di etica, ma anche come regola e disciplina, vissuta con dedizione, spirito di servizio, anche fatica burocratica
e un senso di responsabilit portato sulle spalle nel suo caso persino come
un peso, di certo come una scelta di vita. Ha scritto Guglielmo Epifani
che viene da un altro filone della sinistra: Se ci si chiede perch cos esteso
e profondo sia tuttora il senso della sua guida politica, anche al di l di
errori che furono commessi, la risposta va cercata nel fatto che molte di
quelle ispirazioni rispondevano a domande e sensibilit profonde, largamente presenti nel Paese, e che non affrontate adeguatamente si trascinano
fino ad oggi con il loro carico di rinnovamento e di tensione civile.
E che molti di quei problemi siano ancora oggi presenti un dato
di fatto. Sono presenti nel Paese e nel dibattito che percorre la sinistra. Ad
esempio, il rapporto tra lo Stato e la Chiesa, la laicit delle Istituzioni in un
paese che, appena al di l del Tevere, ospita il Vaticano. Una questione, ad
esempio, su cui non polemizz con Craxi: favor la riforma del Concordato
anche se poi quella firma si trasform in rigidit sulla questione della scala
mobile perch le due cose arrivarono contemporaneamente e non si potevano concedere al nemico due successi. La risposta di Berlinguer alla
questione cattolica non era quella degli atei devoti, era quella di un
laico. Un laico che, essendo comunista, quindi ateo, non poteva che suscitare preoccupazioni, perplessit, paure al di l del Tevere. Le manifest con
una lettera aperta pubblicata il 6 luglio del 1976 Monsignor Luigi Bettazzi,
Vescovo di Ivrea. Il Pci aveva trionfato alle elezioni, nelle sue liste aveva
presentato molti candidati dichiaratamente cattolici che erano stati puntualmente eletti. Una apertura che non poteva che destare allarme. E Monsignor
Bettazzi lo esprimeva sottolineando che quei cattolici che si erano candidati
con i comunisti lo avevano fatto nella speranza di un futuro migliore non
perch avessero abbracciato lateismo; che il Pci doveva sciogliere ancora
molti interrogativi perch laddove il comunismo si era affermato come sistema di governo, come struttura di Stato, aveva finito per comprimere le
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

libert religiose; che la presenza della Chiesa nel sociale, attraverso le strutture educative, non poteva essere messa in discussione o avocata tutta dallo
Stato. Erano nervi scoperti, anche per il segretario di un partito che aveva
accettato il governo Andreotti della non sfiducia e che di l a poco avrebbe
garantito il suo appoggio al governo di Solidariet Nazionale attuando in
maniera parziale il compromesso storico.
Berlinguer rispose un anno dopo, il 7 ottobre del 1977 con un articolo che venne pubblicato da Rinascita. E rispose laicamente. Sulla questione della presenza dei cattolici nelle liste comuniste sottoline che non
si trattava di un espediente tattico ma di una scelta che si inseriva nella ricerca dellunit di tutti i lavoratori, delle grandi correnti popolari e di tutte
le forze democratiche del nostro Paese e, quindi, in special modo, nel senso
dellapertura verso il mondo cattolico. E dopo aver riconosciuto che negli
stati comunisti la libert di culto era stata condizionata e spesso soppressa
(ma poi, aggiungeva, qualcosa anche l stava cambiando e, in effetti, poco
dopo sarebbero arrivati Lech Walesa e Giovanni Paolo II), ricordava a Mon-

Berlinguer alla manifestazione del 24 marzo 1984 contro il


decreto sulla Scala Mobile; accanto a lui Antonio Tat (primo a
sinistra) e Alessandro Natta; tra le mani la prima pagina
de lUnit dedicata al milione di manifestanti attesi a Roma
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ENRICO BERLINGUER

signor Bettazzi che nella libera Italia i rapporti tra Italia e Vaticano, erano
regolati da un concordato che prevedeva ancora una religione di Stato,
quindi una discriminazione nei confronti della altre religioni. E indicava il
traguardo finale del suo partito e di uno Stato laico e democratico, anchesso dunque non teista, non ateista, non anti-ateista. E, ancora: lo Stato
non pu non assumere in proprio fondamentali servizi civili e sociali per
il bene della comunit nazionale. Semplice la conclusione: Lo Stato democratico deve, in linea di principio, rispettare le iniziative autonome dei
privati sul terreno sociale, ma non pu, per malinteso rispetto del pluralismo, rinunciare alle proprie funzioni... Noi comunisti vogliamo una societ
organizzata sempre pi aperta e accogliente verso i valori cristiani; non
vogliamo, per, una societ cristiana o uno stato cristiano: e non gi
perch siamo anti-cristiani ma solo perch sarebbero anchessi una societ
e uno Stato integralisti, ideologici.
Quelle questioni aperte assillano ancora la sinistra. Basterebbe per
un momento soffermarsi sui travagli che attraversano un partito, il Pd, prudentissimo sui temi etici e che per quella prudenza ha su questioni altrove
risolte brillantemente da governi di ispirazione progressista, una posizione
di retroguardia: dallidea che il rapporto tra due persone di sesso diverso si
esaurisca nei confini del matrimonio, al fatto che non si voglia riconoscere
che quei rapporti possono riguardare persone di ugual genere; che una pessima sopravvivenza, in stato vegetativo, sia migliore e pi auspicabile di
una buona morte, consentendo, poi, che intorno a un caso come quello di
Eluana si imbastiscano volgari circhi mediatitici, confronti tra curve sud
fuori degli ospedali, e insopportabili duelli tra polli da combattimento
della politica; che lo Stato debba mettere sullo stesso piano le proprie scuole
(e, quindi, il sapere come diritto fondamentale, essenziale, civile) e quelle
private trasformando le proprie in veri e propri ruderi e garantendo a quelle
private una esistenza molto pi che decorosa, peraltro in aperta contraddizione con quel che prevede la Costituzione la quale non vieta nulla ai privati
ma vieta allo Stato di rimetterci dei soldi; o le tassazioni sugli immobili
che trattano in un modo il cittadino e in altro modo la Chiesa anche laddove
quegli edifici non sono riservati al culto. Forse ha ragione Pietro Folena
che in suo libro ha scritto: Il socialismo, nelle sue matrici cristiane, umanitarie e laiche, non ha niente da dire in questo pianeta, nel 2000, nella
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

globalizzazione? Sentivo, e sento ancora, Enrico Berlinguer pi che come


politico, come un interprete di questo bisogno. Comunista non in senso
ideologico o dogmatico, ma etico. Filosofo appunto.
Un senso etico che gli consent di vedere per primo la deriva che
stava imboccando il Paese, soprattutto la politica di questo Paese. Lo spieg
in una intervista ad Eugenio Scalfari. Era il 28 luglio del 1981 quando
quella chiacchierata apparve sulle pagine de la Repubblica. Diceva: I
partiti hanno degenerato e questa lorigine dei malanni dItalia... I partiti
oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata
conoscenza della vita e dei problemi della societ e della gente, idee, ideali,
programmi pochi e vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i pi disparati, i pi contraddittori, talvolta anche loschi, comunque
senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure
distorcendoli, senza perseguire il bene comune... I partiti hanno occupato
lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo, hanno occupato gli
enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti
culturali, gli ospedali, le universit, la Rai Tv, alcuni grandi giornali.
Forse fu proprio quellanalisi che lo convinse a battere la strada del referendum in occasione del decreto di San Valentino. Diceva: Molti italiani
si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro sotto
ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne pi. Vuole la conferma di quanto dico? Confronti il
voto che gli italiani hanno dato in occasione dei referendum e quello delle
normali elezioni politiche e amministrative. Il voto al referendum non comporta favori, non coinvolge rapporti clientelari, non mette in gioco e non
mobilita candidati e interessi privati o di un gruppo o di parte. un voto
assolutamente libero da questo genere di condizionamenti. Ebbene, sia nel
74 per il divorzio, sia ancor di pi nell81 per laborto, gli italiani hanno
fornito limmagine di un paese liberissimo e moderno.
La conferma di questa libert sarebbe arrivata, quattro anni dopo,
anche con la scala mobile: la nuova articolazione delle classi sociali, la
nuova conformazione della stessa classe operaia, divisa tra qualificati e non
qualificati, ormai poco incline allappiattimento salariale, avrebbe fatto
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ENRICO BERLINGUER

uscire indenne dalle urne il decreto. Per il resto, il voto di scambio ancora
oggi una piaga italiana e in particolare del Sud di questo Paese dove vere e
proprie famiglie politiche (che spesso si confondono o, peggio ancora,
si identificano con famiglie di tipo diverso, mafiose, ndranghetiste, camorriste) gestiscono pacchetti di voti e di carriere. Di fronte a questa situazione,
Berlinguer definiva la diversit del Pci organizzandola intorno a tre punti:
Noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono,
come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volont
politica della nazione, e ci possono farlo non occupando pezzi sempre pi
larghi dello Stato... noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri, gli emarginati, vadano difesi... che
certi bisogni sociali e umani ignorati vadano soddisfatti... che la professionalit e il merito vadano premiati... Noi pensiamo che il tipo di sviluppo
economico e sociale capitalistico sia una causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparit sociali, di enormi sprechi di ricchezza. Non vogliamo seguire i modelli di socialismo che si sono finora realizzati,
rifiutiamo una rigida e centralizzata pianificazione delleconomia, pensiamo che il mercato possa mantenere una funzione essenziale, che liniziativa individuale sia insostituibile, che limpresa privata abbia un suo
spazio e conservi un ruolo importante. Ma siamo convinti che tutte queste
realt, dentro le forme capitalistiche non funzionano pi e che quindi si
possa e si debba discutere in qual modo superare il capitalismo inteso come
un meccanismo, come sistema, giacch esso oggi sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati.
La Diversit si rivel alla fine una sorta di camicia di forza non
perch lItalia di allora (e di oggi) non ne abbia bisogno ma perch fin per
confondere aspetti etici e aspetti programmatici togliendo forza agli uni e
agli altri. La Diversit in se stessa non un programma politico soprattutto nel momento in cui viene proposta come regola di comportamento,
come valore, come principio etico: vale per tutti, o dovrebbe essere trasversale, riguardare tanto la destra quanto la sinistra, cos come ci rendiamo
conto che quel che denunciava Berlinguer riguarda tutti perch non esiste
un cromosoma della Diversit, qualcosa che rende onesti tutti quelli che
sono da una parte e disonesti tutti quelli che sono da unaltra parte, che il
contagio non conosce barriere e non esiste un vaccino per prevenirlo effi139

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

cacemente. La Diversit, in effetti, dovrebbe essere la normalit e tale


in democrazie evolute, che hanno conosciuto culture, anche religiose, diverse dalla nostra: ma evidente che se la poltrona, come simbolo delloccupazione dei posti di potere, diventa lessenza del far politica,
inevitabilmente risulta molto difficile staccarsene.
Guglielmo Epifani cos ha sintetizzato in un articolo sullUnit la
vicenda politica del segretario comunista: Berlinguer ebbe una duplice
capacit: quella dellinnovazione e quella della conservazione e trasmissione di valori permanenti. Ma insieme ai valori permanenti trasmise
anche delle rigidit che non hanno aiutato la sinistra a evolversi in senso
occidentale. Ha riconosciuto Pietro Folena: Alla fine di settembre (del
1979, n.d.a.) Craxi lancia sullAvanti lidea della Grande Riforma. Quella
forse fu per il gruppo dirigente del Pci, unoccasione mancata. Del resto
Berlinguer, qualche mese prima, rilanciando le ragioni dellunit tra Pci
e Psi, respingeva in modo sprezzante lidea di una terza forza laica-socialista (un partito di classe non pu essere una terza forza) dimostrando
lapproccio inadeguato a un Psi che gi da tempo non era un partito di
classe ma con il quale andava costruita una politica. Ha spiegato Piero
Fassino, un altro di quei giovani lanciati da Berlinguer: Berlinguer non
abbandon mai lidea che il comunismo europeo fosse riformabile, questo
il punto. Credeva nellinnesco del processo di riforma del comunismo.
Quindi non ti poni lobiettivo di far approdare definitivamente la tua evoluzione politica alla socialdemocrazia, perch pensi che ci sia ancora una
chance di qui, sul fronte del comunismo e del socialismo. Ma questa idea
si iscrive in una strategia di rapporti con la socialdemocrazia che il Pci
coltiv molto. Pensiamo al rapporto tra Pci e Spd, al rapporto personale
con Brandt, con Olof Palme, con Mitterrand. E in suo libro, Fassino, nellanalizzare lo scontro tra lallora presidente del Consiglio e Berlinguer, ha
affermato: Craxi interpreta la domanda di dinamicit di una societ che
cambia e chiede alla politica di stare al passo. Il Pci, invece, vede nei cambiamenti uninsidia anzich una opportunit. Politicamente, Berlinguer
si arenato sulla politica del Compromesso Storico considerandola una
scelta di lungo periodo non una soluzione di transizione, come, invece, la
riteneva, pi realisticamente, laltro grande protagonista di quella fase, Aldo
Moro. Lo ha spiegato con chiarezza DAlema: Moro aveva una visione
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ENRICO BERLINGUER

laica e pi occidentale: per lui la collaborazione tra Dc e Pci era la premessa per una alternanza senza traumi. In fondo, qualcosa del genere era
successa in Germania, con la Grosse Koalition. Berlinguer, invece, pensava al compromesso storico come un periodo prolungato di governo comune. Entrambi avevano in mente un cambiamento di fase, in netto anticipo
sulla storia, con la fine della conventio ad excludendum verso la sinistra.
Per rendere pi credibile tutto ci Berlinguer non solo accett il Patto
Atlantico ma anzi spieg che esso era la garanzia della realizzabilit di
questo disegno. Concetti, peraltro, che espresse con chiarezza il 15 giugno
del 1976 nel corso di una intervista concessa al Corriere della Sera e raccolta da Giampaolo Pansa: Io penso che, non appartenendo lItalia al
Patto di Varsavia, da questo punto di vista c lassoluta certezza che possiamo procedere lungo la via italiana al socialismo senza alcun condizionamento. Ma questo non vuol dire che nel blocco occidentale non esistano
problemi: tanto vero che noi ci vediamo costretti a rivendicare allinterno
del Patto Atlantico, patto che pure non mettiamo in discussione, il diritto
dellItalia di decidere in modo autonomo il proprio destino... Io voglio che
lItalia non esca dal Patto Atlantico... mi sento pi sicuro stando di qua
ma vedo che anche di qua ci sono seri tentativi per limitare la nostra autonomia. Quello che venne definito lo strappo si comp definitivamente
il 15 dicembre del 1981, durante una trasmissione di Tribuna Politica, registrata subito dopo la proclamazione in Polonia dello stato dassedio da
parte del generale Jaruzelski: Quello che mi pare si possa dire in linea generale, forse su questo tema potremo tornare, che ci che avvenuto in
Polonia ci induce a considerare che effettivamente la capacit propulsiva
di rinnovamento della societ o almeno di alcune societ che si sono create
nellest europeo, venuta esaurendosi. Parlo di una spinta propulsiva che
si manifestata in lunghi periodi, che ha la sua data dinizio nella rivoluzione socialista dottobre: il pi grande evento rivoluzionario della nostra
epoca e che ha dato luogo poi a una serie di eventi e di lotte per loccupazione, nonch una serie di conquiste. Oggi siamo giunti a un punto in cui
quella fase si chiude e per ottenere che anche il socialismo che si realizzato nei paesi dellest possa conoscere una nuova era di rinnovamento e
di sviluppo democratico, sono necessarie due cose fondamentali: prima di
tutto necessario che prosegua il processo di distensione... inoltre ne141

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

cessario che avanzi un nuovo socialismo nellovest dellEuropa, nellEuropa occidentale, il quale sia inscindibilmente legato e fondato sui valori
e sui principi di libert e di democrazia. Berlinguer era giunto al traguardo. Era, per, il traguardo di una tappa importante, non quello finale.
Perch lultimo passo, quello verso Bad Godesberg, nonostante i buoni rapporti con Brandt, non lo comp mai. Ci non toglie che sul fronte dellaccettazione dei principi liberaldemocratici avesse compiuto scelte
estremamente innovative. Quel Pci fu sottoposto a lunghi esami del sangue
per testarne laffidabilit democratica. E da questo punto di vista siamo veramente un paese singolare. Nel fuoco di tangentopoli, la politica italiana
provvide rapidamente a sdoganare forze politiche della destra nostalgica
che avevano le loro radici nellideologia dellunica dittatura che il nostro
Paese ha conosciuto nel Novecento; campioni di libert diventarono coloro
che solo qualche anno prima (ad esempio nel 1992 in occasione del settantesimo anniversario della marcia su Roma) salutando romanamente guidavano tetri cortei per le strade della Capitale; coloro che anche sulla soglia
del governo continuavano a ritenere Mussolini il pi grande statista italiano.
bizzarra la storia che si racconta con lanimo ultr.

Era stato il primo ad arrivare allospedale di Padova dopo il terribile


malore del leader comunista: ecco un commosso Pertini mentre rende
lultimo saluto a Berlinguer, ai suoi funerali, in piazza San Giovanni
142

INCOGNITE E DEBOLEZZE
Il sindacato al bivio

Cossiga presiedeva il governo che concord col sindacato il Fondo di


Solidariet dello 0,50% per il Mezzogiorno, "boicottato" dal Pci

INCOGNITE E DEBOLEZZE

Quella mattina, luned 4 di giugno 1979, Roma si svegli sotto un


caldo soffocante scandito da un bel temporalone estivo e da una situazione
politica totalmente cambiata. Perch se la vertenza Fiat con lepilogo della
Marcia dei Quarantamila si sarebbe svolta tutta allinterno del mondo sindacale e della galassia delle relazioni industriali, prefigurando nuove situazioni e imponendo altrettanto nuove urgenze, quello che era accaduto
soltanto un anno prima avrebbe prodotto conseguenze a catena, cambiando
il corso degli eventi italiani, per le stagioni immediatamente successive ma
anche per i decenni successivi visto che molte delle questioni sorte in quella
fase di passaggio non sono state ancora risolte finendo per creare le condizioni per quella lunga transizione che non solo non sembra avere fine, ma
non sembra nemmeno riuscire a individuare un chiaro obiettivo. Nelle urne,
domenica 3 giugno, era cambiato tutto. Quello che era stato interpretato
solo tre, quattro anni prima come un sommovimento elettorale epocale, foriero di trasformazioni che avrebbero mutato il volto della societ italiana,
era ormai una parentesi.
Ma lItalia il Paese di Giambattista Vico e della circolarit degli
eventi: le strade non hanno sviluppi rettilinei, incorniciano percorsi che nel
gergo delle competizioni motoristiche sarebbero definiti misti, curve,
controcurve, saliscendi. Il Pci che alle amministrative del 75 si era avvicinato ad appena due punti dalla Dc e che nel 76, pur essendo staccato di
quattro punti, era riuscito comunque a raggiungere la vetta del 34,4 per
cento, allimprovviso era precipitato al 30,4 per cento venendo distanziato
di quasi otto punti dalla Dc che grazie alla guida dell onesto Zaccagnini
(definizione molto diffusa nel gergo giornalistico a quei tempi) era rimasta
saldamente ancorata al 38,3 per cento perdendo meno di met punto (0,4
per la precisione). Il Psi, invece, non franava rispetto al 9,6 per cento di tre
anni prima ma non riusciva nemmeno a rialzarsi troppo rimanendo bloccato
al 9,8. Quei numeri erano il momento davvio di una fase nuova visto che,
combinandosi con altri fenomeni, avrebbero determinato delle reazioni a
145

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

catena: il Pci avrebbe definitivamente archiviato la strategia del compromesso storico, in particolare dopo il congresso democristiano che vide
trionfare il Preambolo cio laccordo delle correnti interne che avevano
accettato la linea della solidariet nazionale prima convinte dallabilit politica di Aldo Moro e poi dallemergenza terroristica determinata dalla
strage di via Fani e dal sequestro e dalluccisione del leader democristiano.
Il mutamento dc avrebbe determinato dei contraccolpi nel Psi dove lalleanza tra autonomisti guidati da Craxi e sinistra guidata da Claudio Signorile
sarebbe giunta a un drammatico chiarimento (in particolare, in un comitato
centrale in cui Gianni De Michelis avrebbe abbandonato la sinistra e alleandosi con il segretario avrebbe creato le condizioni per il rientro dei socialisti nellarea di governo). Contemporaneamente, la stabilizzazione
elettorale da un lato rendeva impossibile una democrazia dellalternativa,
ma dallaltro obbligava i partiti a trovare forme di alternanza alla guida del
governo che consentissero comunque di uscire da una situazione ingessata. Le conseguenze furono il nuovo protagonismo dei partiti laici e in
particolare del Pri che con Spadolini si ritrov per la prima volta alla guida
del governo (dopo aver sfiorato lobiettivo con Ugo La Malfa) e la definitiva ascesa della stella di Bettino Craxi che nel giro di pochi anni e di unaltra consultazione elettorale avrebbe conquistato Palazzo Chigi.
Quel cambio di rotta della Dc stato raccontato cos, diversi anni
dopo, da colui che in quel momento rivestiva la carica di segretario, Ciriaco
De Mita: Vien fatto di pensare che morto Moro, fosse venuto meno un elemento di garanzia, dentro e fuori la Democrazia Cristiana. Ricordo un episodio. Alla fine del 78 il governo Andreotti doveva disporre un programma
triennale per leconomia: ma la situazione politica si era alquanto logorata; e io anzi lo sottolineai in occasione di un convegno organizzato a
SantAngelo dei Lombardi, a cui partecipava anche lonorevole Macaluso.
Lui rispose di no, che il Pci era ancora orientato a giudicare il programma,
e a regolare su di esso la sua condotta politica. Tornai a Roma convinto
che questo sarebbe accaduto. Il dibattito si era tenuto il 4 gennaio del 1979,
il programma doveva essere pronto per l8 o il 9 gennaio. Invece, qualche
giorno prima, il Pci decise di rompere. La situazione si era indebolita per
la morte di Moro, ma anche perch le ragioni dellaccordo non erano le
stesse. Insomma, secondo quanto ha sostenuto De Mita, evidentemente
146

INCOGNITE E DEBOLEZZE

buon testimone, tra le due principali forze democratiche era andata in scena
una specie di commedia degli inganni, molti anni dopo, come abbiamo riportato nel precedente capitolo, segnalata anche da DAlema.
Sottolineava lallora segretario democristiano: Credo che sbagli
chi attribuisce a Moro lidea di lavorare per un governo con il Pci, come
prima aveva lavorato per il governo con il Psi. Allora lobiettivo cera,
aveva solo bisogno di tempo. Ora, viceversa, il suo scopo era di creare le
condizioni per uscire dalle difficolt: il dato nuovo che il Pci accett di
concorrere a uscire dalle difficolt. Forse anche perch pensava che alla
fine del percorso ci sarebbe stata una alleanza organica, una vera e propria
intesa di governo con tanto di ministri comunisti, una prospettiva che anni
prima era parsa chiarissima anche a Ugo La Malfa che ne aveva parlato in
una lunga intervista con Alberto Ronchey: Mi sono domandato pi volte
perch il partito comunista non tende allalternativa... a un certo momento
Paolo Bufalini ha offerto ai socialisti la fusione, qualche anno fa. Ne aveva
parlato anche Amendola, quando aveva detto ha sbagliato il Partito comunista, ha sbagliato la socialdemocrazia... Perch i comunisti insistono
sul Compromesso? E qui ci sono due teorie. Perch laccesso al potere, dicono alcuni, pi facile attraverso il Compromesso. Invece io ho limpressione che tendono al Compromesso perch lalternativa li esporrebbe di
pi verso lUnione Sovietica. La sola sinistra al governo potrebbe resistere
meno alle pressioni dellUrss.
Quale che sia la tesi giusta posto che ambedue appaiono plausibili,
quel 3 giugno la prospettiva cominci ad arenarsi. Con conseguenze su tutti
gli aspetti della vita italiana e, primo fra tutti, quello sindacale perch cominci il quel momento lincomunicabilit tra Luciano Lama ed Enrico
Berlinguer; lo scontro tra Berlinguer e Bettino Craxi si arricch progressivamente di capitoli nuovi; e lItalia che prima boccheggiava nella crisi poi
scopr una ripresa che forse fece nascere troppe illusioni perch, come diceva La Malfa tutto deve tenersi in modo coerente allinterno di una societ. Prendiamo la celebre Svezia. La sua evoluzione, che ci piaccia o no,
globale. Funziona in un certo modo il sistema economico, le forze di sinistra sanno spremere dal sistema economico quello che pu dare e si fermano quando il sistema non pu dare di pi. Ci sono state alcune riforme
e su quelle si sviluppata la societ. L i problemi nuovi, di sesso o di ge147

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

nerazione o di un certo tipo di scuola, si adattano a una visione coerente


dei problemi dello sviluppo. Ma la nostra societ si trova, in una condizione
speciale. A causa di errori di impostazione globale sul terreno delleconomia e dei fatti sociali, qui si cade piuttosto in un tipo di societ simile a
quelle sudamericane. Ma in che modo si collocano riforme di tipo scandinavo in una societ sudamericana? Come non si pu avere la tecnologia
americana in India (in realt poi in India ora producono pezzi di tecnologia
per brand americani in base al principio della delocalizzazione o vengono
organizzati call center per multinazionali che con quel paese non hanno
nulla a che spartire, n.d.a.), cos non si pu applicare le visioni di uno stadio
successivo dello sviluppo a quello anteriore, che per giunta regredisce.
Al di l della valutazione delle proposte, della loro qualit e della
loro praticabilit, il primo che si rese conto che la politica italiana era arrivata su un confine decisivo, fu Bettino Craxi che il 28 settembre del 1979
pubblic sullAvanti! un editoriale dal titolo semplice e allo stesso tempo
significativo: Ottava legislatura. E in quellarticolo poneva alle forze politiche una esigenza che il paese cominciava ad avvertire: la riforma delle
istituzioni, il loro adeguamento a un mondo in piena trasformazione, in cui
i tempi decisionali non erano pi quelli che caratterizzavano la societ italiana negli anni in cui i padri costituenti avevano varato la Legge Fondamentale. Craxi sottolineava i rischi di quella fase, il pericolo che in
assenza di nuove prospettive, in mancanza di un punto di riferimento tale
da suscitare nuove collaborazioni, convergenze e confronti, e quindi un ancoraggio stabile e aderente ai problemi attuali della societ e dello Stato,
questo filo (il rapporti tra i cittadini e le istituzioni, n.d.a.) rischia di spezzarsi in modo irrimediabile. Si aprir cos il varco verso una fase pi
oscura della crisi politica e della crisi del sistema; il fossato della sfiducia
che separa ed allontana i cittadini dalle Istituzioni si allargher ancor pi
pericolosamente... Quando tutto si riduce alle alchimie delle formule, alle
manovre attorno alle combinazioni, alla lotta per un potere in gran parte
corroso, paralizzato e male utilizzato siamo a un passo dal cretinismo parlamentare e a due passi dalla crisi delle Istituzioni. LItalia non attraversa
una crisi congiunturale, di emergenza... LItalia piuttosto a un bivio storico... Gli anni dellOttava Legislatura non possono perci essere vissuti
alla giornata, n del resto potrebbero esserlo, cos come non potranno es148

INCOGNITE E DEBOLEZZE

sere il teatro di nostalgiche involuzioni. Una legislatura gi nata sotto cattivi auspici, minata dal pericolo di un voto politico puramente distruttivo
vivr invece se diventer la legislatura di una Grande Riforma... che abbracci insieme lambito istituzionale, amministrativo, economico-sociale
e morale... Vi sono problemi che riguardano lesercizio del potere legislativo, la stabilit e lefficacia dellesecutivo, il riadeguamento di istituti e
di strutture amministrative alle nuove realt ed alle nuove esigenze funzionali. In questa materia il presidenzialismo pu essere considerato come
una superficiale fuga verso una ipotetica Provvidenza, ma limmobilismo
ormai diventato dannoso... Si tratta di aumentare linfluenza dei lavoratori nella vita produttiva per ricevere limpulso positivo di una partecipazione responsabile e non per aumentare il peso di controlli paralizzanti.
La proposta di Craxi, che pure anticipava di molti decenni la soluzione, anzi la mancata soluzione di problemi che hanno infilato piombo
nelle ali del Paese, nel contesto polemico di quegli anni, in quel momento
di passaggio in cui gli equilibri si stavano definendo ma non erano stati ancora completamente determinati e dal punto di vista delle alleanze erano
in campo un paio di opzioni, venne banalizzata e schiacciata solo sul versante del presidenzialismo e delle pulsioni del personaggio a candidarsi a
nuovo Uomo della Provvidenza. In realt quel che il segretario socialista
indicava era veramente una grande riforma ed essendo troppo grande non
venne realizzata anche perch Craxi stesso la perse di vista concentrandosi
forse un po troppo su quelle alchimie di formule che pure criticava. Limpianto era robusto e lobiettivo ambizioso: certo il presidenzialismo per
riducendo larco del mandato; ma anche il passaggio dal bicameralismo a
un singolo ramo parlamentare con funzioni legislative con il Senato trasformato nella Camera delle Regioni (allora la parola federalismo non era
molto utilizzata e le regioni erano considerate, dal punto di vista dello Stato
delle Autonomie, un grande e sicuro porto, anche perch non avevano ancora fornito i pessimi spettacoli che poi hanno spesso mandato in scena);
un esecutivo pi forte ma anche lintroduzione di quellistituto della sfiducia costruttiva che in Germania era (ed ) garanzia di avvicendamento democratico nella gestione del potere; diminuzione del numero dei
parlamentari (si parlava di dimezzamento) ma anche una legge elettorale
che riducesse la frammentazione dei partiti e allepoca ve ne erano sette,
149

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

otto (lidea era quella di una legge proporzionale con uno sbarramento piuttosto basso, al tre per cento). Norberto Bobbio, che pure pi avanti nel
tempo sar di Craxi un severo critico, dopo quellarticolo lo defin un precursore. Ma Craxi parlava anche di struttura economica e produttiva e
prefigurava qualcosa di non molto dissimile da quella compartecipazione
che in Germania proprio i socialdemocratici avevano rafforzato e ampliato.
Insomma, si sarebbe potuto discutere. Ma non si discusse perch
tutti vennero distratti dalle alchimie. Salvo scoprire, sette anni pi tardi,
che persino uno dei pi acerrimi nemici di Craxi, cio Ciriaco De Mita, in
fondo la pensava se non in maniera analoga abbastanza simile allavversario. Diceva ad Arrigo Levi: In Italia mancata una politica costituzionale,
che adeguasse la struttura alla tutela dei valori di libert in evoluzione.
Per un lungo periodo questo limite non stato avvertito. Ma quando il processo di trasformazione della societ si accelerato, allora entrato in
crisi anche il rapporto di fiducia fra il cittadino e i partiti a cui era stata
data oggettivamente una delega. Sono emersi i limiti di alcune ideologie,
si avuto il superamento di alcune culture... Linadeguatezza delle strutture, delle regole, delle procedure e delle istituzioni di garanzia democratica esplode perci in modo drammatico. C insomma una grande
contraddizione: perch la coscienza democratica nel nostro Paese cresciuta ed verissimo; la sensibilit del cittadino, come protagonista della
vicenda politica, a un livello altissimo. Ma le istituzioni, assai spesso,
non danno al cittadino la possibilit di concorrere alle proposte di governo
della comunit. In questa divaricazione nasce e si allarga la crisi del sistema politico nel nostro paese.
Cos come la politica era giunta su un confine in cui le scelte apparivano epocali, allo stesso modo il sindacato era chiamato a rivedere le sue
strategie. La Linea dellEur che molti avevano inteso come un corollario
del Compromesso Storico, uno strumento per accompagnare, agevolandolo,
lingresso del Pci nellarea di governo, aveva inevitabilmente perso smalto,
attualit, praticabilit. Lo sapeva benissimo Luciano Lama che pure quella
strategia aveva abbracciato con grande onest intellettuale. E la delusione
che manifest a Giampaolo Pansa il prodotto diretto di quella onest:
Avevo gi compreso che quella politica non aveva fiato, ed era sconfitta
non soltanto dal giudizio della gente, ma dalla pochezza dei risultati otte150

INCOGNITE E DEBOLEZZE

nuti, dalla loro inconsistenza. Quel che allora non mi piacque fu unaltra
cosa: il rovesciamento completo della linea del Pci e poi la fuga in avanti
dellalternativa. Parlo dellalternativa cone la vedemmo allora, a partire
dalla fine del 1980: il risultato di una scelta molto personale di Berlinguer,
non discussa prima e anche scelta senza molte possibilit di successo. Parlare di alternativa ha un senso se tu vai alla ricerca delle alleanze giuste,
le alleanze con le forze che possono aiutarti a realizzarla, questa alternativa. Ma se tu cominci a dire: questi no, per questa ragione, quelli nemmeno
per questaltra, insomma se tu tagli qui, tagli l, alla fine lalternativa diventa solo lalternativa tua!. Finita una politica, bruciato un patrimonio
notevole di capacit contrattuale alla Fiat prima con la storia dei sessantuno
licenziamenti e poi con la Marcia dei Quarantamila, il sindacato si ritrovava
a dover ripensare se stesso. Partendo dalla premessa che in qualche misura
aveva un riferimento in una vecchia analisi di Ugo La Malfa: Consideriamo la natura della crisi. Siamo tutti daccordo sulla necessit che i sindacati seguano una certa politica per salvare un minimo di economia
produttiva di tipo occidentale. Bisogna rivedere i costi del lavoro, necessaria unausterit di massa. Perch non basta dire che bisogna punire le
evasioni fiscali. Queste sono esigenze reali, ma la questione economica
non l. Leconomia di massa, quando in sviluppo espande i consumi di
massa, ma quando in crisi deve restringere i consumi di massa.
Parole del 1977. Il tempo ha cambiato le carte in tavola. La questione fiscale questione economica soprattutto quando allo Stato viene
sottratto un imponibile di 270 miliardi di euro e la pressione fiscale ha abbattuto il muro del suono del cinquanta per cento incidendo pesantemente
sul costo del lavoro, molto pi degli aumenti salariali che, per giunta, dal
fisco vengono spietatamente erosi. Cos come le politiche di contenimento
della domanda proprio in questultima crisi hanno mostrato la corda inducendo premi Nobel come Joseph Stiglitz ad affermare che la domanda va
sostenuta non depressa perch a furia di contenimenti si precipita nella recessione (cosa in effetti avvenuta).
La vertenza Fiat aveva evidenziato il tramonto delloperaio-massa.
Le avanguardie sindacalizzate facevano ancora riferimento a quella figura
mitologica finendo, per, per schiacciare il sindacato su battaglie che riguardavano una parte non il tutto, facendo, soprattutto, perdere di vista la
151

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

complessit delle stratificazioni che si erano venute a determinare nella fabbrica, nei posti di lavoro, nella societ. Eppure qualche strumento di analisi
lo aveva fornito Sylos Labini con il suo saggio sulle classi sociali, in particolare riprendendo una valutazione del politologo Giorgio Galli: Quella
che si viene consolidando, dunque, unalleanza non tra grande borghesia
industriale e ceti medi conservatori (come negli anni Sessanta), bens
unalleanza tra lalta borghesia speculativa e media borghesia burocratica,
luna e laltra non legate alle imprese ed alle professioni, ma alla speculazione ed alla rendita derivante dal controllo di posizioni chiave nellapparato amministrativo (alti burocrati), creditizio (alti funzionari delle
banche), delle imprese ed enti pubblici e nellapparato politico strettamente
connesso ai precedenti (lo strato superiore dei funzionari di partito), dei
politici professionisti. Accanto a questa rappresentazione della dinamica
sociale che ha ancora una certa attualit, Sylos Labini concentrava la sua
attenzione sulla strategia sindacale sino ad allora seguita, quella che veniva
normalmente definita come egualitarista. Diceva: Questo processo di
avvicinamento economico e sociale fra certi strati di operai e certi strati
di ceti medi sta provocando... una spaccatura nellambito degli stessi ceti
medi. In alcuni strati quellavvicinamento suscita orrore e d luogo a sforzi
per contrapporsi ad esso, anche attraverso una strategia corporativa
rivolta a ripristinare le distanze e possibilmente ad accrescerle; lorrore
per il comunismo e, pi in generale, per la sinistra, ha spesso una tale origine. Altri strati di ceti medi, invece, considerano positivamente questo processo, poich lalleanza organica con gli operai, se ha degli svantaggi
economici (da un punto di vista piccolo-borghese), ha diversi rilevanti vantaggi in termini di civilt e di forza politica.
In sostanza, Sylos Labini indicava una faglia sociale che poteva
provocare dei movimenti al di sotto del terreno calpestato dalle organizzazioni sindacali. Qualche tempo dopo analizzando le classi sociali negli anni
Ottanta riassumer in una tabella questo terremoto: la borghesia nel nostro paese nel 1951 rappresentava l1,9 per cento della popolazione, nel 71
il 2,5 per cento, nel 1983 il 3,3 per cento; le classi medie urbane erano cresciute dal 26,5 per cento al 46,4 per cento; contemporaneamente gli operai
dellindustria erano passati dal 22,1 per cento al 26,1 dopo, per, aver toccato un massimo del 31,1 per cento. La crescita delle classi medie combi152

INCOGNITE E DEBOLEZZE

nata con la riduzione degli operai obbligava il sindacato a ridiscutere le


proprie strategie. Soprattutto per quanto riguarda laspetto salariale. Il
grande problema aveva un nome molto chiaro: appiattimento. Ma non solo.
Il salario non poteva rispondere a tutte le esigenze, a tutte le necessit, soprattutto non poteva soddisfare le richieste molto variegate che crescevano
sui luoghi di lavoro e nella societ. Il sindacato, poi, si ritrovava a fare i
conti con una fase economica decisamente complicata: alta inflazione combinata con lalta disoccupazione. Proprio nel 1980, la crescita del costo
della vita stabil il suo record, rimasto fortunatamente imbattuto: 21, 2 per
cento. Ma altri indicatori possono essere utili per capire i problemi nuovi
con i quali le Confederazioni venivano chiamati a confrontarsi.
Nel 1984, ad esempio, la disoccupazione raggiunse un livello estremamente elevato: 10,4 e tra i giovani la media fu del 33,7 per cento (27,4
per gli uomini, 41 per le donne). Lanoressia contrattualistica del sindacato
veniva sottolineata dal fatto che mentre negli anni Sessanta i salari crescevano prevalentemente attraverso la contrattazione, dopo il 1975 aumentavano in virt dei meccanismi di indicizzazione. Nel 71 fatto cento il costo
del lavoro, il salario netto di un lavoratore dellindustria risultava pari al
59,4 per cento, nel 75 scendeva al 57,5, nell80 risaliva al 58,7. Fatto cento
il salario medio, nell83 il peso della scala mobile arrivava a toccare il 50,2
per cento. Contemporaneamente saliva il debito pubblico (57,7 nel 74,
67,0 nel 1980, 98,0 nel 1985) e la pressione fiscale (dal 29,2 del 1974 al
43,1 nel 1985). Le retribuzioni medie dei lavoratori dipendenti salivano da
3,6 milioni di lire del 75 a 9,1 milioni dell80; in dieci anni (dal 75 all85)
la retribuzione media si quintuplicava con gli aumenti maggiori che venivano realizzati nellagricoltura (460 per cento); le ore di sciopero calavano
da 190 milioni del 1975 a 115,2 nell80, addirittura a 73,7 nell81.
Il sindacato, insomma, era al pari del mondo politico a un bivio.
Doveva voltare pagina. Lo spieg con chiarezza Bruno Trentin: Il salarialismo, nelle sue varie versioni, uscito sconfitto dalla complessa esperienza di lotta degli anni Settanta... Ma queste tesi sono state nondimeno
una realt operante... Basti pensare alla tendenza organica del padronato
italiano a ridurre a salario tutte le rivendicazioni operaie e, per altro
verso, alla tradizione del sindacato, che andava nello stesso senso anche
perch lo scambio di quantit certe era molto pi consono alla logica
153

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

contrattuale conosciuta perch esso semplificava di molto il rapporto di


delega fra lavoratori e sindacato. Esiste infatti in ogni burocrazia sindacale... una sorta di forza inerziale conservatrice... la quale tende istintivamente a privilegiare la soluzione salariale di un conflitto sociale rispetto
ad altre possibili, anche se questo conflitto insorto o andato sviluppandosi su di un terreno sostanzialmente diverso. Occorre inoltre tenere in
conto la spinta ricorrente che promana dai nuovi strati di classe operaia a
realizzare in termini immediatamente e meramente retributivi i rapporti di
forza che via via si determinano allinterno del luogo di lavoro. Per il sindacato un risultato a perdere perch lo portava a rappresentare solo una
parte dei lavoratori e, soprattutto, a finire ai margini del governo delleconomia. Bisognava fare un salto di qualit, anche tenendo presente che le
retribuzioni andavano diversificate per gratificare anche quei ceti medi
che nascevano in fabbrica, non solo quadri ma anche lavoratori fortemente

Dopo la Marcia dei Quarantamila il sindacato prova a ricostruire


una linea unitaria nei congressi e nellassemblea di Montecatini;
la Scala Mobile al centro del dibattito
154

INCOGNITE E DEBOLEZZE

qualificati. La questione diventava fondamentale per tenere unito il sindacato, per fargli superare anche lo choc della vertenza Fiat. Il primo rilancio,
il sindacato lo tent nellassemblea dei quadri e dei delegati della Federazione Unitaria che si svolse al Kursaal di Montecatini tra il 4 e il 6 marzo
del 1981. Alla fine delle dibattito, fu avanzata una mozione in cui si diceva
che la scala mobile per ora non si tocca. Era un documento sostenuto
dai vertici sindacali, da Giorgio Benvenuto, ma anche da Pierre Carniti e
da Bruno Trentin. Ma un delegato propose un semplice emendamento:
labolizione del per ora. Qualche leader avrebbe dovuto difendere il testo
ma nessun lo fece. Giorgio Benvenuto ha manifestato anni fa in un libro il
suo pubblico pentimento. Ma ci fu anche dellaltro: una certa irritazione da
parte del segretario della Uil che si attendeva una presa di posizione pubblica da parte di Trentin. Che non ci fu pur essendo lautorevole esponente
della Cgil favorevole a quellimpostazione del problema, a quella apertura
verso una trattativa che era ineluttabile ma che il sindacato avrebbe voluto
governare pi che subire.
Una cosa certa: la questione delle indicizzazioni era da tempo presente nel dibattito del sindacato, da molto prima del decreto di San Valentino, cos come era aperto da tempo fra le Confederazioni il confronto su
come rilanciare produttivamente il Paese, su come organizzare le compatibilit, su come garantire ai lavoratori una partecipazione reale al governo
delleconomia. Daltro canto, la strategia dellEur era figlia di quella discussione. Il fatto che poi erano prevalsi gli interessi di bottega politica,
le strumentalizzazioni partitiche che approdavano nelle sedi confederali per
i canali contorti delle correnti sindacali. Latteggiamento delle Confederazioni nei confronti della vertenza Fiat, decisamente pi prudente, nasceva
anche dalla considerazione che le cose, da un punto di vista sociale, erano
in via di trasformazione. Solo che, nel frattempo, unaltra trasformazione
si era abbattuta sulla situazione italiana, cio la nuova fase politica attraversata peraltro da tensioni che trasformavano la vita quotidiana, quindi di
tutti i cittadini, nella navigazione in un mare in tempesta. I mesi a cavallo
tra il 79 (cio le elezioni e larchiviazione del Compromesso storico) e il
1980 furono veramente turbolenti, caratterizzati da eventi drammatici (il
terremoto dellIrpinia, le accuse condivise e rilanciate dal presidente della
Repubblica Pertini, sul ritardo dei soccorsi), da fenomeni di pubblico de155

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

grado (lo scandalo Eni-Petromin, il caso Calvi, il crack Ambrosiano, il caso


Italcasse, il fallimento di Gaetano Caltagirone che rimarr nella storia per
una improvvida frase consegnata ai giornali dallallora ministro della Marina Mercantile, Franco Evangelisti, braccio destro di Andreotti, che spiegando i rapporti opachi con il costruttore rifer che quando era in difficolt,
limprenditore gli rivolgeva una semplice domanda: A Fr, che te serve),
dai lutti provocati dal terrorismo (venne ucciso anche il giovane e brillante
inviato del Corriere della Sera, Walter Tobagi). E poi la situazione politica
tuttaltro che cristallina, con Pertini che prov per la prima volta a spedire a
Palazzo Chigi il segretario socialista, Bettino Craxi che, per, gett la spugna
spianando, alla fine, la strada a un governo debolissimo presieduto da quello
che poi avrebbe sostituito Pertini al Quirinale cio Francesco Cossiga. Fu
soprattutto il segretario della Dc, Benigno Zaccagnini, a mettersi di traverso,
usando parole di fuoco contro loriginale scelta inizialmente compiuta dal
Presidente della Repubblica.
La stessa presenza di governi claudicanti complicava la vita del
sindacato che veniva esposto da un lato alle turbolenze che caratterizzavano
i rapporti tra i partiti e dallaltro ai ripensamenti di esecutivi costantemente
alla merc del gioco di veti e controveti che segnavano la vita politica. Da
questo punto di vista, un esempio significativo rappresentato dalla vicenda
del Fondo di Solidariet. In sostanza, con un prelievo dello 0,50 per cento
sulle buste-paga dei lavoratori si pensava di finanziare la ripresa produttiva
e occupazionale nel Sud dellItalia. Lidea, in realt, non era nuovissima e
aveva fatto in qualche modo capolino anche negli anni della solidariet nazionale. La sosteneva con grande vigore Pierre Carniti che laveva messa
a punto insieme a Ezio Tarantelli, figura chiave anche nella vicenda di San
Valentino. Con quella proposta Carniti non voleva edificare steccati ma semmai abbatterli. Lapertura dellarea di governo ai comunisti non laveva certo
vissuta come un dramma, anzi. Era convinto che le condizioni per riannodare
quel filo interrotto si potessero pi utilmente creare nel campo sociale, che
questo terreno poteva essere molto pi fertile di quello dei partiti.
Carniti aveva una storia cristallina alle spalle, da vero cane sciolto
di sinistra, uno scomodo eterodosso: scomodo per la Cisl che aveva avuto
prima di lui e Macario nella Dc un solido riferimento, scomodo per tutte le
forze politiche, soprattutto per quelle di sinistra, non avendo tessere ed esi156

INCOGNITE E DEBOLEZZE

bendo orgogliosamente una straordinaria autonomia di pensiero. Non era


un caso che fosse il leader sindacale non comunista pi amato dai comunisti. Pensava di poter spendere questa sua storia, anche personale ma fin
per scontrarsi contro la nuova situazione che si era venuta a creare dopo
luscita del Pci dallarea di governo. La reazione comunista in qualche maniera deluse Carniti e quella delusione pu in parte spiegare la determinazione, la rigidit con la quale prima difese il decreto (e lintesa) di San
Valentino e poi la posizione anti-abrogazionista nel referendum.
Come andarono le cose, lex segretario della Cisl lo ha raccontato
in un libro. Appare utile riproporre la sua ricostruzione dei fatti. Diceva:
La discussione al nostro interno e le discussioni con gli economisti a cui
abbiamo chiesto consiglio mi convincono che i nodi da sciogliere sono soprattutto due. Primo: il problema dellaccumulazione. A questo riguardo
si poteva certamente insistere nel tantativo di difendere la distribuzione del
reddito che eravamo riusciti a realizzare, ma se si voleva anche rendere
credibile lobiettivo (come recitavano tutte le prese di posizione unitarie)
di uno sviluppo selettivo delleconomia, assumendo come vincolo loccupazione ed il Mezzogiorno, non si poteva eludere il problema di un trasferimento di risorse. Non dai salari ai profitti (come chiedeva il padronato),
ma dai consumi agli investimenti... Sul primo punto la discussione nella
Cisl porta a formulare lorientamento che la soluzione pi efficace consiste
nella costituzione di un fondo di solidariet, in cui fare confluire negozialmente, una parte degli incrementi salariali da destinare agli investimenti nel Mezzogiorno, della quale, i singoli lavoratori sarebbero rimasti
titolari pro-quota. Sottopongo questa nostra ipotesi a Lama e Benvenuto.
Entrambi la giudicano con interesse ed in ogni caso, meritevole di essere
approfondita... La segreteria della Uil condivide pienamente lipotesi. In
quella della Cgil, invece, raccoglie linteresse e la disponibilit di Lama,
ma affiora qualche riserva e qualche mal di pancia. Che personalmente
interpreto come sostanzialmente estranei al merito della proposta, ma riconducibili ai cambiamenti che erano intervenuti nella situazione politica.
Lultima osservazione , in effetti, quella che coglie nel segno e che porter
alla scomparsa del Fondo di Solidariet dalla scena delleconomia italiana,
nonostante fosse stato negoziato e concordato con il governo.
Infatti, nel luglio del 1980 lidea trova spazio in uno di quei decreti
157

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

onnivori che servivano per rimettere in linea di galleggiamento la barca del


Paese. Ma la firma di Lama viene smentita dal Pci che comincia a sparare
a palle incatenate contro il provvedimento. Cossiga, a causa della sua debolezza, prefer non forzare la mano: il Fondo di Solidariet trov collocazione in un disegno di legge che venne risucchiato dalle sabbie mobili delle
commissioni parlamentari e non ebbe mai lonore dellAula. Sempre Carniti
racconta di un suo scambio di opinioni con Gerardo Chiaromonte avvenuto
in quelle settimane: Non manifestava alcuna difficolt nel riconoscere che
il problema dellaccumulazione era reale. E, a differenza di diversi suoi
compagni di partito, si guardava bene dal considerare la soluzione che era
stata individuata e proposta come una impuntatura ideologica della Cisl.
Non mancava per di sottolineare che il problema andava affrontato, ed
eventualmente risolto, nel quadro di una politica di programmazione democratica. Che tradotto in volgare io interpretavo in questo modo: la soluzione pu essere ipotizzata con i comunisti al governo. Impraticabile,
quindi, con i comunisti fuori dal governo. Era lannuncio di quello che
sarebbe accaduto dopo, dallimprovvido intervento di Berlinguer ai cancelli
di Mirafiori sino allatteggiamento sul decreto di San Valentino. Peccato
veniale il primo, peccato mortale il secondo. Si era solo allinizio. E daltro
canto Garavini aveva avvertito: Vedrete cosa significa essere contestati
da sinistra

158

GIORGIO BENVENUTO
La fatica dellunit

Contestato dai militanti comunisti a Milano, durante un comizio in


piazza del Duomo, Benvenuto riceve la solidariet di Craxi

GIORGIO BENVENUTO

Quella serata Giorgio Benvenuto la ricorda nitidamente, ancora


oggi a trentanni di distanza. Daltro canto, ha segnato la storia del sindacato e la sua esperienza di leader. Un leader, peraltro, che aveva legato
il proprio nome alle grandi lotte unitarie, alla nascita della Flm. Tutto
quello per cui aveva lavorato quella sera sembrava andare in pezzi. Le
parole conclusive di Pierre Carniti. Pierre un uomo dotato di grande
ironia non disgiunta, per, da una certa severit di comportamenti e atteggiamenti. Lo ricordo nitidamente mentre scandiva quelle parole: noi
siamo cattolici ma non porgiamo laltra guancia. Con un volto grave e
una voce che non lasciava adito a dubbi. Le tensioni, con il tempo, sono
scomparse e Benvenuto racconta in tono anche un po divertito. Certo
che nella sua vicenda sindacale gli toccato in sorte di vivere i momenti
migliori ma anche quelli pi tragici. Lagguato mortale a Ezio Tarantelli,
uno dei padri della soluzione che poi venne adottata da Bettino Craxi nel
decreto di San Valentino. Dice di Tarantelli: Tarantelli collaborava con
la Cisl e aveva un ottimo rapporto con la Uil. In un suo libro Massimo
Mascini ricostruisce i lavori della riunione delle strutture sindacali che
si svolse a Montecatini nel marzo del 1981. Il tema della scala mobile
era gi caldo. Mascini racconta: Tutti lo sanno ma nessuno ha la forza
per porre il problema. Giorgio Benvenuto riesce a inserire nel documento
finale dellassemblea un accenno alla necessit di intervenire in qualche
maniera sul meccanismo della scala mobile, ma alla fine non se ne fa
niente, perch la platea decisamente contraria e il vertice del sindacato
contro di lui. Ma proprio perch si tratta di un passo ineluttabile, anche
nel sindacato germoglia lidea di muoversi in questa direzione. La prima
mossa di un ideologo della Cisl, un giovane, brillante economista, Ezio
Tarantelli, che pagher con la vita questa sua intuizione. Per il sindacato, per il Paese fu una grandissima perdita.
E prima di Tarantelli, Walter Tobagi, inviato del Corriere della
161

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Sera, acuto interprete di cose sindacali. Dalla sua penna sgorg limmagine del Metalmezzadro, intuizione nata durante una visita allIlva (allepoca si chiamava ancora Italsider) di Taranto dove i picchi di
assenteismo finivano normalmente per coincidere con le fasi produttive
dellagricoltura: la semina, il raccolto, la potatura, eccetera. Il centro siderurgico pi grande dEuropa circondato di agrumeti, da quelle parti
si coltiva un frutto particolare, con tanto di riconoscimento e protezione
ufficiale: il mandarino senza semi. Ma verso la fine dellautunno, quando
i frutti cominciavano a essere maturi, le campagne si riempivano e lItalsider si svuotava. Al mattino, daltro canto, in concomitanza con linizio
dei turni, gli autobus della Sud-Est vomitavano davanti ai cancelli della
fabbrica migliaia di operai-contadini che venivano dai paesi vicini, Palagiano, Palagianello, Mottola, Massafra. Tobagi cominci a descrivere

E il VII Congresso della Uil a Bologna (29 giugno - 3 luglio 1977),


il primo di Giorgio Benvenuto da Segretario Generale: eccolo con
Bettino Craxi come lui eletto lanno prima, al Midas, alla guida del Psi
162

GIORGIO BENVENUTO

questa situazione, questo strano assenteismo non da rifiuto del lavoro


ma da sovrapposizione di lavoro.
Ricorda Benvenuto: Ero a Madrid quando mi raggiunse la notizia della sua morte. Fu un dolore terribile. Tobagi era cattolico, legato a
Pierre Carniti ma aveva simpatia per la Uil che aveva conosciuto allinterno del Corriere della Sera. Qualche mese dopo la sua morte, usc un
suo libro sul sindacato. E proprio a conclusione di quelle 189 pagine formulava una tesi che riletta oggi ha un sapore quasi profetico, comunque
non ha perso nulla della sua attualit. Scriveva: Gli anni Ottanta si
aprono come una stagione difficile. Il sindacato ancora una volta in
campo aperto, non pu vivere sul passato. Non pu vivere sul potere della
rendita conquistata durante lAutunno Caldo. Non pu vivere con le vecchie ideologie, superate sia dal modo di produzione sia dal costume di
tanta gente della nuova classe operaia. La prospettiva pi grama sarebbe
quella di passare dal sindacato dellAutunno a un bigio autunno del sindacato. E Tobagi quel libro lo aveva scritto avendo conosciuto solo la
vicenda dei sessantuno licenziati alla Fiat. Il commando di assassini non
gli consent di seguire professionalmente la vertenza di Torino e poi tutte
le altre vicende che si sarebbero sviluppate sulla scala mobile, il referendum, luscita di scena prima del suo amico Carniti e poi di Lama.
Ma da cronista Tobagi aveva seguito larrivo al vertice della Uil
di Giorgio Benvenuto e aveva individuato le novit che quella segreteria
introduceva rispetto alla tranquilla gestione Vanni, apprezzata dai comunisti proprio per quella tranquillit che evitava disturbi ai manovratori. Racconta Benvenuto: Tobagi guardava con grande benevolenza
allesperienza della Uil, affascinato dalla visione laica che portavamo
allinterno del sindacato. Significativa la conclusione del capitolo in
cui parla della mia elezione alla Segreteria generale: Il problema di
Benvenuto non il passato, non la coerenza ideologica: la necessit
di dare pi forza alla sua organizzazione, se non vuole rischiare di trovarsi in minoranza anche quando sostiene idee giuste. Che il destino
della cultura laica in questo paese di controriforme e verit di massa.
Questa elasticit di movimento da un punto di vista politico, talvolta
irritava Pierre Carniti che, nei
momenti di maggiore polemica con Benvenuto, diceva: La Uil non un
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

sindacato, uno stato danimo. Ma le battute fanno parte della dialettica,


mentre le analisi servono a fornire una idea organica delle ragioni che
sono alla base di certe scelte.
Spiega Benvenuto: Quando rileggo quelle pagine, resto stupito
dalla straordinaria lucidit. Quando, ad esempio, Tobagi dice che fu il
castello di una nuova ideologia che indusse Benvenuto a riscoprire vecchi padri putativi, come Bruno Buozzi. E ancora: Rispetto ai due modelli classici - sindacato associazionistico oppure cinghia di trasmissione
del partito politico - si cerca una via alternativa: quella del sindacato
che sappia essere soggetto di programmazione... e non si arresta neppure
di fronte alla prospettiva di una qualche forma di cogestione... non
esclude che si possano gestire insieme, sindacato e padroni, certe forme
di risparmio contrattuale che si sono realizzate con la sterilizzazione
della contingenza nelle liquidazioni; infine: aiuta perfino i radicali a
raccogliere firme. Insomma, la prima fase del Benvenuto segretario della
Uil dominata dalla preoccupazione costante di muoversi, di conquistare
consenso sociale.
Forse proprio il movimento che faceva a volte fibrillare Carniti
ma che aveva sempre un intento unitario, comunque un punto di riferimento storico, ideale. La riscoperta di Bruno Buozzi nasce in buona misura da questo intento. E anche da un altro: sottolineare il carattere
riformista del sindacato, quel carattere che Buozzi avrebbe voluto dare
alla ricomposta Cgil. Il destino glielo imped. Mi sorprendeva il fatto
che uno dei padri storici del sindacalismo italiano fosse stato dimenticato, una amnesia che rispondeva in vasta misura agli eventi che hanno
segnato limmediato dopoguerra, il passaggio dei comunisti e dei socialisti allopposizione, la prova di forza imposta dal Pci nella Cgil rinata
con il Patto di Roma, la nuova rottura prima con la nascita della Cisl e
poi con quella della Uil, quel particolare statuto socialista che allepoca
impediva ai tesserati del partito di aderire a un sindacato diverso dalla
Cgil pena lespulsione.
intorno a quella figura identitaria che Benvenuto tiene insieme
le tre anime della Uil. Ribadendo, ad esempio, la rilevanza dellanima repubblicana nellelaborazione e nellazione del sindacato. Lo ha sottolineato anche di recente: Mazzini si conosce poco. Se rileggiamo i suoi
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GIORGIO BENVENUTO

scritti, ci rendiamo conto che la vita da esule, segnata da straordinari


sacrifici e quotidiane difficolt umane e, soprattutto, economiche, ha profondamente arricchito la sua personalit, la sua elaborazione intellettuale, ha aggiunto spessore al suo pensiero. una esperienza che in
qualche maniera ritroveremo poi negli esuli della Resistenza. Mazzini ha
avuto modo di conoscere una realt nuova, di costruirsi una sensibilit
cosmopolita che gran parte degli uomini del suo tempo non avevano.
Aveva una visione internazionale, era entrato in contatto con il mondo
industriale e con il mondo del lavoro che cresceva dentro lindustria, si
era formato unidea moderna dei processi produttivi. Sono stati tre i cardini della sua predicazione. In primo luogo lidea di Patria e questa idea
influenzer in misura notevolissima il sindacato che non ha mai fatto proprio uno slogan molto in voga negli anni della contestazione e che diceva
lo stato borghese si abbatte e non si cambia. Il gene del sindacato italiano riformista, lo alla nascita e lo alla rinascita con le idee di
Bruno Buozzi che saranno condivise da Giuseppe Di Vittorio e Achille
Grandi. La Patria del sindacato italiano una Patria mazziniana non
una patria antagonista... Mazzini vedeva il lavoro come una forza costituente di quella Patria, madre di tutti. La sua Italia era evidentemente
diversa da quella monarchica... Il secondo punto di riferimento , per
quanto singolare possa apparire, Dio. Mazzini avvertiva che bisognava
fare riferimento a una cultura condivisa... una questione che riemersa
in tempi recenti in occasione del dibattito sullinserimento nella costituzione europea del riferimento alle radici cristiane, ovviamente non a
quelle che hanno prodotto processi di colonizzazione, ma quelle che
hanno portato a encicliche innovative come la Rerum Novarum di Leone
XIII o la Mater et Magistra di Giovanni XXIII... Quello di Mazzini , in
qualche modo, un Dio repubblicano. Il terzo elemento la famiglia.
LItalia era una societ profondamente contadina e la famiglia era il
primo presidio di solidariet e, bisogna dire, in questi tempi difficili, lo
ancora, soprattutto per quei giovani che passano da un contratto a
tempo determinato a un altro contratto a tempo determinato senza riuscire a individuare una prospettiva di vita e una sicurezza economica.
Mazzini, insomma, immaginava un lavoratore capace di partecipare ai
destini del suo Paese; non un soggetto passivo, da sfruttare per finalit
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

economiche, ma un protagonista sociale e politico, con pari dignit, coinvolto nella vita collettiva, a conoscenza dei sistemi e dei modi di produzione.
Daltro canto, agli inizi del secolo scorso, cera una certa contiguit tra repubblicani e socialisti, soprattutto in regioni come la Romagna.
E per rendersene conto basta rileggere una cartolina di propaganda repubblicana degli inizi del Novecento: Gli uomini della Repubblica lavoreranno tutti, consacrando una piccola parte del giorno al lavoro
manuale e gran parte alle occupazioni intellettuali... Non vi saranno pi
oziosi, n grandi proprietari terrieri, n capitalisti parassiti di ogni genere, n mendicanti, n disoccupati... Le terre saranno di chi le coltiva,
indennizzati i vecchi proprietari merc un diritto elevato di successione.
Lindustria manifatturiera sar esercitata da cooperative. E molti anni
pi tardi, ma sviluppando concetti che in qualche maniera si ritroveranno
nella scelta del Sindacato dei cittadini, Ugo La Malfa dir: Per dare
una immagine plastica della condizione attuale, bisogna dire che la nostra societ si divide oggi in due vaste zone. Nelluna ci sono coloro che
hanno un patrimonio, un reddito, un lavoro, e che sembrano voler difendere con ogni mezzo e con energico spirito corporativo quello che hanno.
Alla porta di tale zona si affolla laltra, costituita da disoccupati, giovani
e adulti, da categorie debolissime, da abitanti di zone depresse. Se le
forze politiche e sociali continuano a occuparsi soltanto della prima
zona, secondo i propri interessi politici, di classe o di ceto, trascurando
la seconda, non usciremo dal problema.
Quelle idee di Ugo La Malfa espresse nella seconda met' degli
anni Settanta erano il prodotto di una antica elaborazione del Partito
d'Azione. Antica per il periodo in cui era stata sviluppata ma moderna
per i temi che sollevava. Esattamente tre decenni prima, infatti, il 25 ottobre del 1946, Riccardo Lombardi, in qualit di segretario del Pd'A aveva
scritto una lettera aperta alla Cgil nella quale sollecitava il sindacato a
guardare oltre i confini dei garantiti. I sindacati - diceva Lombardi furono sempre organizzati guardando al lavoratore provvisto di lavoro
pi o meno continuativo e non al disoccupato. Oggi la situazione profondamente mutata: lesperienza del ventennio tra le due guerre mondiali
ci avverte che le mutate condizioni economiche generali... rendono per166

GIORGIO BENVENUTO

manente in tutti i paesi un forte esercito di disoccupati... E questo un fenomeno del quale la politica confederale deve tenere il massimo conto
se non vuole errare profondamente nella impostazione della sua azione
sindacale. Insomma si dovr dare sempre maggiore considerazione
agli interessi dei disoccupati. Ma la modernit di Lombardi andava
anche oltre parlando della compartecipazione prima, molto prima che trovasse sistemazione giuridica in Germania. Affermava lallora segretario
del Partito dAzione: Ai lavoratori per si potranno chiedere dei sacrifici solo se ed in quanto essi abbiano il controllo - e con esso il modo di
influire - sulla gestione delle aziende e soprattutto - questa cosa essenziale - sul modo in cui vengono reinvestiti i profitti.
Al pari del nuovo Psi, la Uil di Benvenuto puntava ad arricchire
il suo bagaglio ideale, riscoprendo antiche radici ma anche cercando, nella
societ, nuovi punti di riferimento. Il cambio al vertice della Confedera-

Una pausa dei lavori congressuali bolognesi. Luciano Lama si rilassa


insieme a Giorgio Benvenuto facendosi avvolgere in una nuvola
di fumo. Riconoscibili Raffaele Vanni, alla destra del leader Cgil
e Gianni Salvarani alla sinistra del segretario della Uil
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

zione stato interpretato, un po' semplicisticamente, come il completamento craxiano della svolta del Midas. In realt in quel momento Craxi
era piuttosto disinteressato alle vicende del sindacato. A muovere le fila
dell'operazione politica fu la sinistra lombardiana, in particolare Claudio
Signorile che all'hotel Jolly, a due passi dalla sede della Cgil organizz
un convegno in cui furono gettate le basi della scalata alla segreteria
della Uil. A quel convegno partecip tutto lo stato maggiore della sinistra
lombardiana. C'era Fabrizio Cicchitto che aveva lavorato nel sindacato,
nella Cgil. C'era Michele Giannotta. E c'era la benedizione del leader,
Riccardo Lombardi che con il mondo sindacale aveva una intensa frequentazione. Aveva, ad esempio, buoni rapporti con Bruno Trentin, anche
lui di formazione azionista. Con Benvenuto, poi, il legame era nato nel
luglio del 1971 quando l'allora segretario della Uil, Raffeale Vanni, dopo
aver deferito il leader dei metalmeccanici ai probiviri per la sua eresia
unitaria, decise di metterlo fuori dall'organizzazione (un eufemismo perch lo statuto della Confederazione non prevedeva lespulsione) con un
voto a maggioranza (39 contro 32) del comitato centrale. Riccardo Lombardi aveva preso carta e penna e manifestato la sua indignazione con una
lettera violentissima allallora segretario del Psi, Giacomo Mancini (scriveva il 17 settembre 1971: Quello che importa avere la certezza che
il Partito sosterr la battaglia e i nostri Compagni impegnati in essa affrontando le prevedibili difficolt ma sapendo che la posta in gioco ne
vale la pena).
All'attivismo della sinistra lombardiana si aggiunse, poi, l'insofferenza socialdemocratica di cui si fece portavoce Giuseppe Saragat. L'ex
presidente della Repubblica non apprezzava gli estremismi in maniera
particolare e Benvenuto per via delle sue esperienze unitarie nei metalmeccanici, con la Flm, un po' estremista gli appariva. Ma temeva anche
il consolidamento del Compromesso Storico, cio l'ingessatura del quadro
politico in un bipolarismo Dc-Pci che avrebbe alla fine messo all'angolo
il polo laico-socialista. Fu lui a sollecitare l'interesse di Craxi per la questione sindacale. Gli telefon e gli disse che trovava singolare che alla
guida di una organizzazione dei lavoratori ci fosse un esponente che faceva riferimento a un partito, il Pri, che flirtava con gli imprenditori (in
quegli anni si parlava molto di un polo laico guidato da Gianni Agnelli)
168

GIORGIO BENVENUTO

e manifest la disponibilit dei socialdemocratici a sostenere la candidatura di Benvenuto alla segreteria, cio di quello stesso leader dei metalmeccanici la cui espulsione i sindacalisti del Psdi avevano sostenuto con
il loro voto al comitato centrale cinque anni prima. A quel punto, Craxi
cominci a interessarsi alla vicenda. Chiam Benvenuto e gli chiese se
c'erano le condizioni per conquistare la segreteria della Uil. La risposta
di quello che era ancora il leader dei metalmeccanici fu semplice: Le
condizioni si possono creare. E, in effetti, vennero create. Ma a lanciare
il segnale politico fu la sinistra lombardiana, non Craxi e a tessere la
tela fu Claudio Signorile, uomo estremamente abile nell'organizzazione.
Il bisogno di rompere i vecchi schemi che ingessavano il sindacato, la necessit di uscire dalle fabbriche per sintonizzarsi con la societ,
induceva Benvenuto a sottolineare che la con la Marcia dei Quarantamila
era apparso chiaro che pur lavorando nella stessa fabbrica, gli occupati
non avevano pi i medesimi interessi e, quindi, non esprimevano pi una
identica categoria di bisogni... che non cerano pi rivendicazioni in
grado di tenere unito un universo che si era frammentato... laumento
uguale per tutti poteva soddisfare alcuni, altri per inseguivano la gratificazione professionale. Gli aumenti in busta paga funzionavano quando
tutte le aziende andavano bene ma nelle realt in crisi le rivendicazioni
erano inevitabilmente diverse... Avevamo davanti un interrogativo a cui
dare una risposta: come ricomporre quella unit di classe che non si riusciva pi a costruire in fabbrica... Poi il lavoratore da cittadino si ritrovava a fare i conti con una societ inefficiente o iniqua o tutte e due le
cose contemporaneamente. Su quel versante lunit si poteva ricomporre.
Accanto allanima repubblicana, poi, nella Uil, cera quella socialdemocratica che aveva un diretto riferimento, a livello sindacale, in
quel che aveva detto Giuseppe Saragat in occasione della scissione di Palazzo Barberini: Diamo uno sguardo allEuropa e vediamo che in Inghilterra lenorme maggioranza dei lavoratori unita sotto la bandiera
del socialismo democratico. Lo stesso avviene in Norvegia, nella Svezia,
in Olanda, nel Belgio, nella Danimarca, in Svizzera. Idee, testimonianze
che inducono Benvenuto ad affermare: La Uil nasce con una forte connotazione laica, vive con disagio la divisione del mondo in blocchi,
169

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

est e ovest, una divisione che finisce per lacerare anche il mondo del lavoro. Vuole unificare, vuole proiettare in una dimensione occidentale la
rappresentanza sindacale, uscire dai recinti ristretti che un eccesso di
ideologia finisce inevitabilmente per creare. , se vogliamo, lanticipazione di quellidea che prender forma a Bad Godesberg, di un lavoratore
soggetto sociale, cittadino a tutti gli effetti, liberato dal peso delle ingiustizie ma anche della burocrazia. La Uil limpasto di tre matrici ideali:
quella socialista riformista che si richiama a Turati e Bruno Buozzi,
quella socialdemocratica di Saragat e quella repubblicana-mazziniana.
La vicenda che si concluse nella notte di San Valentino fu vissuta
da Benvenuto con una certa amarezza: da fondatore della Federazione
Lavoratori Metalmeccanici mai avrebbe immaginato di essere protagonista e testimone di un simile momento, pur avendo avvertito che il peggioramento delle condizioni politiche avrebbe prodotto lacerazioni. Ha
detto recentemente: La Flm stata lesperienza pi bella della mia vita.
La Flm stato lunico tentativo realmente riuscito di unit sindacale.
Quando penso a quellesperienza, mi vengono in mente certe immagini
del mondo del lavoro di fine Ottocento. Quando penso alla Flm davanti
ai miei occhi si materializza limmagine del Quarto Stato di Pellizza da
Violpedo: una moltitudine che si muove, in marcia verso il futuro, senza
simboli ma orgogliosa di s; davanti a tutti un uomo e una donna. La
donna con un bambino in braccio perch la famiglia era la vera grande
risorsa: in quel mondo contadino che aveva bisogno di braccia, i figli
erano ricchezza. Quellimmagine il simbolo della compattezza; quella
donna e quegli uomini non hanno paura perch sono consapevoli della
propria forza. In quel quadro poi si venne a produrre uno squarcio,
come nelle opere di Fontana. Ma non aveva nulla di artistico. Eppure la
solidariet che era nata tra i leader sindacali di quegli anni evit che le
diversit sulle scelte (indotte in larga misura dai condizionamenti dei partiti) determinasse anche una contrapposizione personale.
Ci sono episodi, aneddoti che possono spiegare meglio di mille
discorsi come le cose possono andare anche in momenti di grande tensione e come anche le grandi tensioni possono ricomporsi in un tessuto
di rapporti civili, soprattutto quando notevole lo spessore dei protagonisti. Il giorno prima della manifestazione degli autoconvocati contro
170

GIORGIO BENVENUTO

il decreto di San Valentino, quella del 24 marzo del 1984, nelle segreterie
delle Confederazioni serpeggiava un notevole allarme. Era annunciato a
Roma larrivo di un milione di manifestanti, moltissimi animati da uno
spirito poco amichevole nei confronti della Uil e della Cisl. Lipotesi
di una qualche forma di contestazione sotto le sedi di via Lucullo e di via
Po non era poi cos infondata nonostante Luciano Lama si fosse speso
per evitare che la manifestazione assumesse toni esacerbati, annullando
tutti gli spazi di uneventuale ricomposizione. Giorgio Benvenuto e Pierre
Carniti telefonarono a Lama per chiedere se fosse opportuno provvedere
a un presidio delle sedi. Il segretario della Cgil rassicur i colleghi. Ma
non si limit a quello. Infatti, dopo qualche minuto sulle scrivanie di Benvenuto e Carniti fu depositato il discorso che il leader della Cgil avrebbe
pronunciato il giorno dopo. Un intervento dai toni moderati che, probabilmente, deluse la piazza. Lama, per, con un gesto di straordinaria correttezza volle che i suoi colleghi, con i quali aveva s celebrato la rottura
della Federazione Unitaria ma sostenuto anche entusiasmanti momenti di
lotta, lo potessero leggere in anticipo e valutarne la portata. Del contenuto
di quel discorso, parleremo pi avanti, ma laneddoto serve a definire il
clima delle relazioni che intercorrevano tra i vertici sindacali, anche in
un momento di grande polemica, di acceso confronto politico, di divisione.
A volte i rapporti hanno avuto una illustrazione un po caricaturale. La Uil e la Cisl in qualche maniera al servizio di Bettino Craxi e la
Cgil subalterna al Pci. Il premier socialista nei panni del cattivo che
impediva il libero esercizio della dialettica sindacale; il leader comunista
che, al contrario, difendeva la parte pi debole. Le cose non stavano esattamente cos, non erano il riflesso automatico di un posizionamento tanto
manicheo. Anche nella rottura, alla resa dei conti, non prevalse la logica
della cinghia di trasmissione. Certo, la Cgil risent di una divisione ideologica che le imped di avere, dal 77 all85 una linea coerente, come daltro canto lo stesso Lama confermava nel momento in cui diceva di non
aver capito pi Berlinguer nel momento in cui, agli inizi degli anni Ottanta, aveva radicalmente cambiato la strategia del partito. Ma tutti quei
travagli sono proprio il segnale di un sindacato che non si arrende allidea
di rinunciare a una sua coerenza. Racconta Benvenuto: I partiti della
171

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Prima Repubblica avevano una notevole sensibilit nei confronti dei problemi del lavoro e i sindacati a loro volta esercitavano una robusta influenza sulle grandi forze politiche. Emanuele Macaluso ha ricordato che
una volta Togliatti disse che la cinghia di trasmissione in Italia non
poteva funzionare perch a volte erano i sindacati a fare da cinghia di
trasmissione verso i partiti ma spesso accadeva lesatto contrario. E a
proposito di condizionamenti aggiungeva: No, non mi sono mai sentito
condizionato. N dal Psi n tanto meno dal Pci. Poi la Uil e la Cisl erano
in una situazione favorevole: i dirigenti ce li sceglievamo noi. Nella Cgil,

Giorgio Benvenuto accoglie Pietro Ingrao, Presidente della


Camera dei Deputati, al suo arrivo al congresso bolognese
Sullo sfondo il segretario confederale Uil, Mauro Scarpellini
172

GIORGIO BENVENUTO

invece, gli imput arrivavano sia dal Pci che dal Psi. Certo, cera una sintonia con la linea di Craxi perch sentivo che avrebbe accentuato la nostra capacit di movimento.
Di come andarono le cose in quei primi mesi dell84 parleremo
pi avanti, ma vi sono aneddoti che posono meglio illustrare qual era latteggiamento di Craxi nei confronti delle diverse parti sociali. Considerava
la Confindustria un interlocutore da privilegiare? Racconta Benvenuto:
Nei giorni del referendum sulla scala mobile, andai a trovarlo a Palazzo
Chigi. Avevo un aereo in partenza per Milano e una certa fretta. Ma notavo che lui voleva a tutti i costi trattenermi ben sapendo che in anticamera cera qualcuno che attendeva di essere ricevuto. A un certo punto
mi fa: Ora ti faccio vedere una cosa. Mi accompagna alla porta, la
spalanca e l in attesa cera Gianni Agnelli. Gli va incontro e gli dice:
Mi spiace averla fatta aspettare, ma dovevo parlare con Benvenuto.
Non che volesse solo farlo attendere, voleva fargli capire che lattesa
era dovuta a un colloquio in corso con un suo avversario dal punto di
vista delle relazioni industriali. Considerava la Uil il suo sindacato di
fiducia? Benvenuto rivela: Le nostre posizioni spesso collimavano, non
per una adesione fideistica ma perch in realt concordavamo sulle terapie pi utili in quel momento. Ma spesso accadeva che non ci si intendesse. Come quella volta che stigmatizz la posizione della Uil con una
nota ufficiale della segreteria. Era in carica il governo presieduto da Giovanni Goria. LItalia era stata presa in ostaggio da azioni di lotta selvagge nei servizi pubblici che finivano per creare disagio agli utenti e
scarsissima simpatia per i lavoratori in lotta. Lanciai la proposta della
regolamentazione del diritto di sciopero nei pubblici servizi, un tema al
quale un sindacato che si definisce dei cittadini non poteva essere insensibile. Ma lui lesse quella nostra sortita come un favore a Goria e
tir fuori la nota. stato forse il momento di maggior tensione nei nostri
rapporti. Insomma, non cera un copione che in quegli anni alcuni interpretavano. Ricorda Benvenuto: I risultati del referendum sulla scala
mobile, Craxi li apprese in Portogallo. Io e Carniti avevamo deciso che
non avremmo dato alle nostre valutazioni un tono trionfalistico che, ci
saremmo limitati a dire che una parte aveva prevalso su un altra ma che
i lavoratori andavano rappresentati nella loro totalit. Craxi non ap173

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

prezz la nostra prudenza tanto vero che dichiar pubblicamente:


Strani, questi sindacati, hanno vinto e invece sembra che abbiano
perso.
Quegli anni Ottanta, segnati da eventi terribili, come la Strage
della Stazione di Bologna con ottantacinque vittime innocenti di un disegno criminale che non mai stato completamente svelato e che ha solo
tre rei riconosciuti, due dei quali, Fioravanti e Mambro, ormai in libert,
per il sindacato furono estremamente complessi perch uomini come Benvenuto abituati a una idea unitaria, finirono per ritrovarsi su posizioni a
volte contrapposte. Il motivo lo ha spiegato lex segretario generale della
Uil in un articolo apparso su Lavoro Italiano: Vanno attentamente esaminate e ricordate le ragioni della difficile condizione in cui il sindacato
si trova a operare dopo il compromesso storico, alla fine degli anni Settanta. Si tratta di una crisi grave - operativa e di immagine- dalla quale
il sindacato fa una gran fatica a venir fuori: debolezze, pregiudizi, impotenze non lo aiutano a scrollarsi di dosso un conformismo che resiste
alla sfida del nuovo. Fattori interni ed esterni di paralisi, variamente legati tra loro, fanno apparire indecifrabile e nebulosa la proposta della
Federazione Cgil-Cisl-Uil sui grandi temi economici e sociali. Il movimento sindacale perde smalto nellanalisi, nella prontezza di riflessi nellindicazione delle soluzioni. Il risultato che la Federazione Unitaria
Cgil-Cisl-Uil si trascina tra riunioni inconcludenti a Palazzo Chigi e continue riscoperte del valore catartico della lotta di classe. Questaltalena
di comportamenti che si accompagna a una situazione di conflittualit
endemica di basso profilo non aiuta il sindacato ad essere popolare. Anzi,
in quegli anni cresce un sentimento antipatizzante dellopinione pubblica
verso una serie di lotte e di agitazioni che non appaiono sufficientemente
motivate. Cos come cresce il fastidio verso il manifestazionismo che
rischia di diventare una sorta di riflesso condizionato e di far apparire il
sindacato come una realt sclerotica... Stanno qui, nella solitudine del
sindacato, buona parte delle sue difficolt: dalle insidie strumentali e
gravi che gli tende la Confindustria (con la minaccia ricorrente della disdetta della scala mobile) allespropriazione di questioni da parte del
Parlamento (come nel caso delle liquidazioni), alla scarsa eco che hanno
nellopinione pubblica gli sforzi spesso imponenti, di mobilitazione, al174

GIORGIO BENVENUTO

labitudine tornata frequente di parlare pi che delle proposte, delle divisioni, delle contestazioni... Il sindacato rimane intrappolato nel clima
di radicalizzazione politica che fece seguito allesaurimento della cosiddetta solidariet nazionale (nella quale era maturata la svolta dellEur). Allindomani della traumatica conclusione della vertenza Fiat,
invece di reagire con prontezza e con coraggio, prima di tutto aggiornando e modificando una strategia ormai velleitaria, si preferisce nella
Federazione Cgil-Cisl-Uil farsi condurre dalla logica del rinvio.
Eppure, Benvenuto prov a spingere, unitariamente, il movimento
sindacale verso un approdo nuovo. Tent il colpo a Montecatini, a marzo
del 1981, con quel documento che avrebbe potuto aprire una confronto
pi organico sulle scelte di politica economica: la scala mobile finiva di
essere un tab e la Federazione Unitaria abbracciava, dal punto di vista
delle soluzioni macroeconomiche, quel ruolo da protagonista che in
uno dei tanti momenti difficili che questo Paese ha attraversato, avrebbe
potuto rivelarsi risolutivo. A giugno lo sottoline, il segretario della Uil,
al congresso: Il sistema non uscito dalla condizione di democrazia
bloccata; manca lalternativa, domina linstabilit politica, la governabilit un miraggio; non nemmeno tollerabile questa particolare
forma di dimissione dalla politica che il rifugio nella cultura del puro
antagonismo; non pi tempo di sfiducia ma di speranze, non pi
tempo di antagonismo ma di protagonismo. Avverte che la societ sta
cambiando e in qualche maniera nelle sue parole ritornano alcune intuizioni di Ugo La Malfa e di Riccardo Lombardi: Chi dentro la Cittadella dei garantiti si sente sostanzialmente protetto e sicuro ma chi ne
fuori rischia di non entrarvi mai. Parole che hanno ancora oggi una certa
attualit, tra giovani precari, sottoccupati e disoccupati. Lautocritica
sullappiattimento salariale: nelle fabbriche si sono moltiplicate aspettative di crescita e di promozione a cui il sindacato non sempre ha risposto soprattutto a causa delleffetto appiattimento determinato
dallintreccio scala mobile-fiscal drag e aumenti salariali uguali per
tutti... La consapevolezza di questo effetto distorsivo non di oggi... ma
abbiamo dovuto veder sfilare 40 mila tecnici e quadri per le vie di Torino
per capire che il problema ha assunto le proporzioni di un fenomeno di
massa.
175

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Infine la scala mobile: ormai innegabile che nel processo inflazionistico un ruolo rilevante continua a essere svolto dalla proliferazione di meccanismi di indicizzazione... dunque a questo punto, un atto
di responsabilit e di esplicitazione di cultura di governo che ci porta a
sostenere oggi lesigenza di un patto contro linflazione... La nostra proposta dunque quella di impegnarci e di impegnare le controparti e il
governo a contrattare obiettivi annuali di rientro dallinflazione allinterno di un piano triennale. La condizione che questo piano triennale
abbia il contenuto riformatore necessario per dare consistenza e credibilit ad una ipotesi di sviluppo. Era il 10 giugno del 1981. La questione
della scala mobile non esplosa improvvisa, tre anni dopo. La miccia era
stata accesa da tempo.

176

GLI ANNI LAICI


Laccordo mancato

La scala mobile stende Spadolini

GLI ANNI LAICI

Provarono a convincerlo, in tutte le maniere perch la trattativa


a quel punto languiva e rischiava di non approdare a nulla (come in effetti accadde). Nonostante le condizioni per raggiungere unintesa ed
evitare lavvitamento della situazione ci fossero tutte. La Cisl e la Uil
erano pronte a rivedere la scala mobile; la Cgil tentennava, pressata da
un lato dallala comunista pi ortodossa dallaltro dai socialisti guidati
da Agostino Marianetti. Qualche passo in direzione di una soluzione Luciano Lama lo aveva fatto: non un intervento diretto sulla contingenza,
ma una sorta di predeterminazione di tutta la dinamica salariale, lavorando sui contratti e accompagnando la manovra con un provvedimento
sul drenaggio fiscale per impedire lappiattimento. Ma l si era fermato
con gli industriali che a giorni alterni facevano sapere che erano intenzionati a disdettare laccordo firmato da Gianni Agnelli, per giunta con
il benestare dellautore principale di quellintesa convertitosi con qualche anno di ritardo alle valutazioni del leader politico del Pri.
Perch laccordo sul punto unico Ugo La Malfa lo aveva bocciato
cos: Quando leconomia gi uscita da una condizione di competitivit, e si sopravvive logorando i capitali produttivi sia pubblici che privati, non si ha molto avvenire. Noi avevamo posto il problema della scala
mobile. Napolitano e gli altri no. Ma cos la scala mobile? Voler conservare un potere dacquisto, che non pu essere conservato nelle condizioni strutturali del Paese. Ogni volta qualcuno ha limpressione che
guadagnando tempo si apra una prospettiva. Lerrore questo. Ma noi
abbiamo avuto una serie di crisi, che ci hanno portato sempre a condizioni peggiori. A gennaio del 1975, Agnelli con laccordo sulla scala
mobile voleva guadagnare tempo, sperando forse che si sarebbero almeno attenuate le spinte contrattuali. Io fui contrario a quellaccordo e
pregai Agnelli di non farlo, ma pare che colleghi del governo abbiano
dato unindicazione opposta alla mia: almeno questa la giustificazione
179

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

di Agnelli... Gi il 22 agosto del 1975 mandavo una lettera al presidente


del consiglio Moro, richiamando la sua attenzione sul rinnovo dei contratti. E dicevo: se noi rinnoviamo i contratti pagando un certo prezzo,
inutile che diciamo di voler fare una politica di investimenti. Il fatto
che da troppo tempo, secondo una concezione radicata e tenace, si stabilito che ogni rinnovo contrattuale deve significare per forza un progresso della parte rappresentata dai sindacati Cgil-Cisl-Uil. Questo non
sta n in cielo n in terra: aumentare il costo del lavoro quando uneconomia in crisi di produttivit, significa aggravare la crisi.
Forse quel giorno, in quella stanza di Palazzo Chigi Ugo La
Malfa avrebbe dato una risposta diversa. E La Malfa era andato vicinissimo a quella stanza visto che il 22 febbraio del 1979, il presidente della
Repubblica, Sandro Pertini, aveva avuto una di quelle intuizioni che,
come si suol dire, sparigliano le carte: lincarico allesponente di un partito laico, trentaquattro anni dopo la caduta dellultimo esecutivo (10 dicembre del 1945) guidato da una personalit non espressa dalla Dc, per
uno di quei casi che danno alla storia i tratti di un libro che riesce sempre
a riannodare le fila del racconto, da Ferruccio Parri, il leader di quel Partito dAzione in cui La Malfa era cresciuto e si era formato. Limpresa
che non era riuscita a La Malfa, era, invece, riuscita a Giovanni Spadolini. Repubblicano anche lui ma con una storia diversa, la storia di un
intellettuale prestato alla politica, professore universitario, giornalista e
direttore di grandi giornali come il Corriere della Sera. E poi caratteri
diversi. Spigoloso il leader storico scomparso qualche mese dopo quellincarico; decisamente pi felpato luomo che il 28 giugno del 1981 era
diventato titolare della scrivania di Palazzo Chigi facendo leva sulla formula di governo che poi si trasformer nella costante di tutti gli anni Ottanta, il Pentapartito, nelle sue diverse versioni, soluzioni, tensioni. A
Giorgio Benvenuto e Pierre Carniti che gli chiedevano in quel luglio convulso del 1981, di prendere liniziativa, di buttare il cuore oltre lostacolo
mettendo la Cgil davanti a una scelta definitiva, probabilmente Ugo La
Malfa avrebbe dato una risposta positiva: le sfide, anche quelle pi pericolose, erano nel suo carattere, nonostante manifestasse pubblicamente
qualche diffidenza nei confronti di Cisl e Uil accusate dal leader repubblicano di scavalcare troppo spesso a sinistra la Cgil alla ricerca di con180

GLI ANNI LAICI

sensi nelle aree giovanili e pi votate alla protesta. Giovanni Spadolini


rispose diversamente. E anche piuttosto rudemente: Non romper mai
con la Cgil e voi non mi convincerete a farlo. Finiva sostanzialmente l
una trattativa che era cominciata il 28 giugno, poche ore dopo il giuramento del primo governo a guida laica dopo quello presieduto da Parri.
Certo, questione di numeri: difficile adottare scelte che avrebbero potuto
portare il governo allo scontro aperto con il sindacato con il maggior numero di iscritti. Ma poi cerano anche altre questioni. I repubblicani non
mostravano particolare simpatia per la Cisl; la presenza nella Uil di militanti che venivano dallarea alla sinistra del Pci, i cosiddetti gruppettari induceva Spadolini a una certa diffidenza. La scarsa simpatia
repubblicana nella Cisl era ampiamente ricambiata e non pochi socialisti,
a loro volta, erano scarsamente predisposti nei confronti del Pri. Spadolini, insomma, si sentiva, come dire, protetto dal consenso della Cgil e,
di converso, scoperto dal suo dissenso o dal suo non consenso.
Col tempo Spadolini si probabilmente pentito di non aver osato
o di aver osato troppo tardi quando ormai il suo governo era ai titoli di
coda, logorato da un trito tirare a campare. E forse se avesse osato si sarebbero evitati tre anni di dibattiti accesi su un totem, leconomia italiana avrebbe agganciato prima la ripresa internazionale, linflazione
sarebbe stata domata con qualche anno danticipo e non pochi vantaggi
per tutta la collettivit. Resisteva la paura di una svendita, di una rinuncia senza contropartite ma si trattava proprio di organizzare un negoziato che prevedesse un vero scambio: non pi semplicemente soldi
in busta-paga, che pure non sono una cosa disdicevole, ma la capacit
di incidere sulle scelte macro-economiche, sui temi della redistribuzione
del reddito e dellaccumulazione, sullorganizzazione della societ, sui
modi e i tempi di produzione.
Cerano tensioni tra i sindacati. Di fronte ai tentennamenti di Luciano Lama, un giorno Pierre Carniti rispose: C un modo brevettato
per svendere la scala mobile: lasciarla cos com. Fu probabilmente
il timore che queste tensioni deflagrassero in un vero e proprio scontro
sociale a indurre Spadolini a restare immobile, come avrebbe detto Ugo
La Malfa a guadagnare tempo. Ma il tempo guadagnato non gli bast
per condurre in porto la barca di unintesa che, comunque, non era im181

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

possibile. Non solo non era impossibile, ma era necessaria perch i termini del confronto tra sindacati e imprenditori stavano prendendo indirizzi sbagliati. Il clima, insomma, si stava incarognendo. E di tutto questo
Spadolini ebbe immediata consapevolezza.
Daltro canto, la Confindustria non impieg troppo tempo per fargli capire che gli imprenditori non avevano pi voglia di attendere. Parlando di lui, gli industriali a volte evocavano le Le allegri comari di
Windsor; protagoniste di quella commedia di William Shakespeare, in
cui cui sir John Falstaff viene lungamente menato per il naso e in conclusione gabbato. Vittorio Merloni lo mise subito di fronte a un fatto
quasi compiuto: la disdetta della scala mobile. A indirizzare il presidente
della Confindustria su questa posizione ultimativa era stata la Federmeccanica con una nota riservata: Occorre scendere in campo e lunico
modo la disdetta della scala mobile. Quando il 7 giugno Merloni
varc la soglia di Palazzo Chigi per essere ricevuto dal presidente incaricato impegnato in quel momento nelle consultazioni di rito, aveva un
solo messaggio da consegnare da parte dei suoi associati: cos stando le
cose, noi disdettiamo. Grazie alla mediazione di Arnaldo Forlani, marchigiano come Merloni, riusc a guadagnare un po di tempo promettendo
una grande trattativa sul costo del lavoro, scala mobile compresa. In quel
momento, Spadolini era convinto di godere anche del consenso del sindacato: cera gi stata lassemblea di Montecatini e il tema era emerso,
in maniera faticosa e in maniera altrettanto faticosa, come abbiamo raccontato, era stato temporaneamente sommerso. Qualche giorno dopo
quellincontro a Palazzo Chigi, il congresso della Uil aveva posto con
chiarezza la questione della scala mobile, andando anche oltre quella
mozione che Giorgio Benvenuto avrebbe voluto far approvare dai quadri
e dai delegati della Federazione Unitaria. La Cisl gi discuteva ampiamente intorno alla proposta messa a punto da Ezio Tarantelli, leconomista allievo di Federico Caff e di Franco Modigliani, che per su
questo tema avevano posizioni diverse. Insomma, il clima non era di
calma piatta. Certo, cerano le difficolt. Forse Spadolini confidava di
arrotondare anche gli spigoli del Pci con cui intratteneva un discreto rapporto. Daltro canto, fra i dossier che aveva fra le mani cera anche
quello relativo alla contingenza sulle liquidazioni che era stata tagliata
182

GLI ANNI LAICI

nel 1977 durante il governo della non sfiducia e che aveva avuto il via
libera anche dai comunisti.
Quellintervento aveva portato a un pesante ridimensionamento
del Tfr e Democrazia proletaria, insieme ad altri gruppi dellestrema sinistra, aveva avviato una raccolta di firme per ottenere la convocazione
di un referendum abrogativo. Il comitato organizzatore alla fine aveva
messo insieme ottocentomila adesioni, un numero pi che sufficiente per
portare gli italiani alle urne e per indurli a decidere sulla conferma o
meno di quella norma. Spadolini con il ministro del lavoro, il socialdemocratico Michele Di Giesi, si mise immediatamente al lavoro e riusc,
poco meno di un anno dopo il suo insediamento a Palzzo Chigi, a far approvare un provvedimento (29 maggio 1982) che evit il referendum.
Ma se quellintervento sul calcolo della contingenza nelle liquidazioni era stato accettato dal Pci quando era nellarea di governo, ora
che il partito guidato da Enrico Berlinguer era allopposizione tutto diventava pi difficile. In ogni caso, convinto da Forlani, Merloni decise
di non disdettare il 24 giugno la scala mobile e di attendere sino alla fine
del mese per dare modo a Spadolini nel pieno dei suoi poteri, di incontrare le parti sociali e di mettere a punto quella grande trattativa sul costo
del lavoro che la Confindustria in quel momento riteneva urgente. E alla
fine il 28 di giugno, a notte fonda come si conviene alle trattative sindacali, Spadolini usc con il Protocollo che doveva fare da base al negoziato e produrre laccordo finale. Il governo annunciava che avrebbe
fissato un tasso contrattato allinflazione. Alle parti sociali per combattere linflazione chiedeva di trovare unintesa su tre temi: la struttura del salario e del costo del lavoro nelle loro diverse componenti
(salario diretto, indiretto, differito e relativi oneri sociali) e i diversi momenti contrattuali; la dinamica del salario e del costo del lavoro, ivi
compresa la scala mobile; i mezzi per ridurre il divario crescente fra
il costo del lavoro a carico dellazienda e il reddito effettivo a favore dei
lavoratori. In sostanza, sono gi l, in quel Protocollo i temi che saranno
successivamente al centro dellAccordo Scotti e del Decreto di San Valentino.
Il problema non era solo quello di raffreddare i meccanismi di indicizzazione che producevano un effetto moltiplicatore sul costo della
183

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

vita, ma anche di intervenire su quelle rigidit che portavano il salario


lordo a crescere in misura robusta ma garantendo limitati effetti sul salario netto. Insomma, la questione fiscale, una questione che ancora oggi
parte del dibattito politico e sindacale visto che il lavoro (e anche lattivit di impresa) viene sottoposto a una tassazione decisamente punitiva
mentre le rendite (in particolare quelle finanziarie) che non producono
beni ma spesso sviluppo effimero attraverso le bolle, godono di un
trattamento di estremo favore. Allepoca, daltro canto, un punto di contingenza che formalmente valeva 2.389 lire, alle aziende costava 3.500
lire ma ai lavoratori garantiva in busta un beneficio di appena 1.900 lire.
Un confronto, comunque, che fatic a decollare, con lIntersind
che premeva comunque lacceleratore sulla disdetta, la Cgil che attraverso Luciano Lama proclamava lintangibilit del meccanismo, i socialisti della Confederazione che vivevano con disagio le posizioni
integraliste e ipotesi di mediazione come quella lanciata dal segretario
dei metalmeccanici della Uil, Enzo Mattina (non solo predeterminazione
ma inserimento in busta paga di una parte della contingenza sino a quel
momento maturata, tassazione dei punti con una aliquota fissa per differenziarne il valore netto, limitate riduzioni di orario con maggiore flessibilit per le imprese). Ma Spadolini non fu costretto solo a misurarsi
con la divisione che cominciava a emergere nel fronte sindacale, fu costretto anche a fare i conti con la spaccatura allinterno del suo governo
dove si confrontavano due anime: da un lato il presidente del consiglio,
Giorgio La Malfa, ministro del Bilancio, Rino Formica, ministro delle
Finanze, e Gianni De Michelis, ministro delle Partecipazioni Statali; dallaltro Nino Andreatta, ministro del Tesoro, e Giovanni Marcora, ministro dellIndustria. I primi concordavano con i sindacati che bisognasse
in qualche maniera operare anche sul fronte dei prezzi e delle tariffe
(qualcosa del genere, daltro canto, fece in Francia anche Franois Mitterrand), i secondi decisamente contrari e questa contrariet la manifestavano o disertando gli incontri o boicottandoli. Al fondo anche una
incomunicabilit caratteriale tra alcuni ministri, ad esempio tra Andreatta
e Formica che con quella che passata alla storia come la lite della comari determinarono la crisi di quello che fu chiamato governo fotocopia, cio il secondo esecutivo presieduto da Spadolini. E anche lultimo.
184

GLI ANNI LAICI

Quello, in ogni caso, fu un luglio di maratone negoziali. E di mediazioni sotterranee. Che avevano come protagonisti soprattutto Benvenuto e Carniti. E fu in uno di quegli incontri che Spadolini fece
chiaramente capire che lui non era disposto a forzare la mano con il rischio di perdere per strada la Cgil. Ma i segnali erano preoccupanti. E la
Confindustria provvedeva ad amplificarli facendo sapere che con una
inflazione programmata al 16 per cento nel 1982 alla fine per gli aumenti
contrattuali sarebbe stato disponibile un misero uno per cento. Tutto il
resto degli incrementi sarebbe stato distribuito attraverso i meccanismi
di indicizzazione. Spadolini avrebbe voluto chiudere laccordo entro il
30 settembre dell81, per presentarlo insieme alla legge finanziaria. Ma
le cose non andarono come lui aveva sperato. Anche perch, poi, sullo
sfondo cerano i congressi della Cisl (7-12 ottobre 1981) e della Cgil (621 novembre 1981) che annunciavano di essere decisivi ai fini della conclusione del negoziato. La vita sindacale in quei mesi e in quegli anni
era agitata da altri temi, ad esempio quello della democrazia in fabbrica:
lo sollev, tra gli altri con grande clamore, Benvenuto quando sottoline
che troppi delegati, il 90 per cento, erano operai, le altre figure professionali non erano adeguatamente rappresentate nei Consigli e che pochi
organismi, poi, accettavano di verificare ogni due anni, in libere elezioni,
il consenso alla propria azione.
Carniti approfitt del proprio congresso per lanciare ufficialmente
la proposta di predeterminazione degli scatti, senza toccare n il paniere, cio linsieme dei prezzi e dei servizi che definiva landamento
del costo della vita, n il valore degli scatti. Conclusione: Tutto tranne
che una manomissione della scala mobile. Il segretario della Cisl non
manc di usare toni polemici nei confronti di una Cgil che vedeva troppo
immobile e arroccata: Il problema sapere se il sindacato deve restare
impantanato ai piedi del muro con mansioni di semplice custodia e attesa, agitazione e propaganda, aspettando che la situazione politica
cambi o se, al contrario, la sua iniziativa sul proprio terreno specifico,
sui contenuti, non costituisca essa stessa elemento per dinamizzare la
situazione politica. In termini eleganti, Carniti sottolineava quel che
precedentemente abbiamo detto: la sua iniziativa non aveva un carattere
di rottura rispetto al Pci ma semmai nasceva sulla base del generoso in185

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

tento di creare sul versante sociale le condizioni che potessero riportare


i comunisti allinterno dellarea di governo. Erano giorni difficilissimi
da un punto di vista economico. E Spadolini il 31 ottobre illustr queste
difficolt in un intervento televisivo dai toni drammatici. La preoccupazione induceva Gerardo Chiaromonte a lanciare un cauto segnale di apertura a nome del Pci: allinflazione si poteva porre un tetto programmato
a patto che gli accordi fossero parziali e limitati. Nessun Patto Sociale,
troppo impegnativo, troppo indigesto. Ottenuto il via libera dalle Botteghe Oscure, la Cgil avanz la sua proposta: aumenti salariali entro il 16
per cento salvaguardati dal fiscal drag, cio dal rimborso del drenaggio
fiscale; fiscalizzazioni per le imprese con penalizzazioni nel caso i tetti
fossero stati sfondati. Al congresso, la proposta non ebbe vita facile e
lo scontro tra Lama e Bruno Trentin da una parte e lanima ortodossa
interpretata da Sergio Garavini, dallaltra emerse chiaramente. La soluzione avanzata, in ogni caso venne bocciata dalla Confindustria e subito
dopo da Spadolini poich scaricava sullo Stato costi eccessivi. Le limitate aperture, poi, al momento del voto vennero meno perch alla proposta messa a punto dalla segreteria venne aggiunta una postilla che di
fatto eliminava qualsiasi ipotesi di predeterminazione degli scatti. Insomma, un dialogo tra sordi, con gli imprenditori sempre pi nervosi e
un Agnelli che ricordando la Marcia dei Quarantamila invitava Spadolini
(che da senatore poi avrebbe votato in occasione delle elezioni presidenziali del 1992) a risolvere la questione a maggioranza perch nei momenti di crisi a suo parere non si poteva procedere con Patti Sociali
capaci di raccogliere il consenso di tutti. Insomma, lAvvocato chiedeva
al governo di cogliere le disponibilit di Cisl e Uil, e dei socialisti della
Cgil, la maggioranza appunto. Faticosamente, le Confederazioni riuscirono a mettere in piedi una proposta in dieci punti che di fatto venne immediatamente archiviata da Pierre Carniti: una foglia di fico contro
linflazione.
Il de profundis finale lo recit la Confindustria annunciando che
il tetto del 16 per cento non esisteva pi perch con quella proposta elaborata dal sindacato il costo del lavoro aumentava del cinquanta per
cento. A quel punto il negoziato non era pi una salita ma una vera e propria arrampicata, per giunta a mani nude. Spadolini riusc a disinnescare,
186

GLI ANNI LAICI

grazie allaiuto di una commissione guidata da Gino Giugni, il nodo del


referendum varando il 13 marzo del 1982 un decreto che divent legge
il 29 maggio. Ma la situazione era ormai precipitata. Allinterno del sindacato esplosero le tensioni e le contrapposizioni; Benvenuto ne fece le
spese a piazza San Giovanni dove i metalmeccanici della Cgil gli impedirono di concludere il discorso. Gli imprenditori decisero di spedire la
lettera di disdetta che Spadolini era riuscito a bloccare un anno prima: il
1 giugno part quella della Confindustria, a ruota quelle dellIntersind,
della Confcommercio e della Confedilizia. Troppo tardi Spadolini cerc
di uscire dallangolo annunciando in una intervista a il Giornale che
se le parti non avessero trovato laccordo lui sarebbe intervenuto di imperio. La replica di Lama fu decisamente seccata: Non pi un media-

Giovanni Spadolini stringe la mano a Bettino Craxi: con loro,


il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini,
realizz la politica dellalternanza a Palazzo Chigi
187

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

tore credibile. E per confermare platealmente la rottura, il giorno dopo


il segretario generale della Cgil si fece negare al telefono a uno Spadolini
che voleva provare a recuperare la situazione. Ditegli che sto parlando. In realt, per, il convegno a cui stava partecipando in quel momento aveva sospeso i lavori. Era la fine di ottobre del 1982.
Lesperienza di governo di Giovanni Spadolini era ormai allepilogo. Un
paio di settimane dopo si sarebbe dimesso, travolto dalla lite delle comari.

188

GIOVANNI SPADOLINI
Dalla speranza alla delusione

Il primo laico alla guida di un esecutivo dopo


la caduta del governo di Ferruccio Parri

GIOVANNI SPADOLINI

Era considerato un uomo fortunato. E con lironia di cui sono


normalmente dotate le persone intelligenti, un po sfruttava la nomea, quasi
come fanno quei personaggi ingiustamente accusati di portar male che alla
fine, con una certa ferocia, provano a trarre piccoli vantaggi. Il 1 giugno
del 1982 il portone di Palazzo Chigi venne varcato da una stranissima comitiva: volti giovani, eleganti, un po spaesati, tutti vestiti con la medesima
giacca bianca a righine bl. Davanti a tutti un signore con una pipa, quasi
un emulo di Sandro Pertini. Qualcuno, per strada, li riconobbe, si fece fare
un autografo, qualche turista addirittura una foto non sapendo che quello
scatto avrebbe assunto quasi i caratteri dellimmortalit. Enzo Bearzot, il
commissario tecnico della nazionale di calcio, li present: Dino Zoff, il pi
anziano, e poi Paolo Rossi, Gaetano Scirea, Bruno Conti, Giancarlo Antognoni, Ciccio Graziani, Spillo Altobelli, Beppe Bergomi, un ragazzotto
di diciotto anni che grazie ai baffi ne mostrava almeno venti in pi, Antonio
Cabrini, il bello della comitiva, Marco Tardelli che sarebbe passato alla
storia per un urlo meno artistico ma forse pi popolare (almeno in Italia)
di quello di Munch, Claudio Gentile, lo straniero essendo nato in Libia ed
essendo stato cacciato da l insieme agli altri italiani dal colonnello Gheddafi che nel frattempo un pezzo d Italia se lera comprata sotto forma di
quota azionaria della Fiat, e via enumerando. Sino a ventidue compresi
quelli, come Selvaggi, che in campo non ci andarono nemmeno per un minuto. A tutti strinse la mano.
Poi, abbandonandosi allironia, li salut in questo modo: Con la
mia stretta di mano spero di trasmettervi anche quel po di fortuna che ogni
tanto qualcuno mi rimprovera. E quando questo avviene io ricordo sempre
che Machiavelli equiparava la fortuna alla virt. Se vincerete i Mondiali
la memoria storica degli italiani del 1982 sar molto pi legata ai vostri
nomi che non ai nomi del mio governo. Giovanni Spadolini la fortuna effettivamente la trasmise. Quei ragazzoni vinsero il Mondiale battendo lAr191

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

gentina di Maradona e il Brasile di Zico e poi sbarazzandosi persino della


possente Germania (allora ancora solo Federale perch per la riunificazione
sarebbero stati necessari altri otto anni). Sandro Pertini li benediceva dalla
tribuna del Santiago Bernabeu, mantenendosi pericolosamente in equilibrio,
con il re Juan Carlos che lo tratteneva per la giacca e che poi avrebbe seraficamente ammesso di aver temuto per lincolumit di quel signore, decisamente arzillo ma anche un po avanti con gli anni per potersi concedere
esercizi acrobatici in uno stadio di pallone. Lui il dispensatore di fortuna
non era presente quella sera dell' 11 luglio essendo impegnato a Roma in
un complicato lavoro: prolungare il pi possibile la sopravvivenza della
sua esperienza governativa. Per, dopo aver ordinatamente riposto in qualche armadio labito austero di capo di governo, professore universitario e
direttore di quello che stato per anni un quotidiano-istituzione, il Corriere
della Sera, festeggi esibendo sul balcone di Palazzo Chigi il tricolore, sim-

Ricevendoli a Palazzo Chigi, Giovanni Spadolini trasmise ai calciatori


della Nazionale un po della sua fortuna: lItalia conquist il titolo
mondiale l11 luglio 82. Lurlo di Tardelli sintetizz il cambio di umore
di un Paese che provava a uscire dagli Anni di Piombo
192

GIOVANNI SPADOLINI

bolo di una Italia riunita e pacificata allinsegna di quella divinit che un


maestro di giornalismo sportivo, Gianni Brera, chiamava Eupalla.
Sembrava il segno del destino: lItalia che vinceva il Mondiale di
calcio dopo quarantaquattro anni, sotto un governo presieduto da un laico
dopo trentasei anni di egemonia democristiana. Una presenza che, quanto
meno da un punto di vista sportivo, qualche beneficio aveva prodotto. Quella
presidenza del Consiglio a cui, poco dopo far seguito quella di Bettino
Craxi, non era frutto del caso. Nonostante la tenuta elettorale con Benigno
Zaccagnini alla segreteria, dopo la morte di Aldo Moro la Dc era entrata in
crisi dal punto di vista della leadership e della classe dirigente. Il presidente
della Repubblica, Sandro Pertini, lo aveva capito perfettamente da tempo
tanto vero che aveva provato a spedire a Palazzo Chigi prima Ugo La
Malfa e poi Bettino Craxi, centrando il bersaglio al terzo tentativo.
Spiegava proprio Spadolini in una intervista a la Repubblica
pochi giorni dopo la chiacchierata di Enrico Berlinguer con Eugenio Scalfari sul tema della decadenza morale della politica: La presidenza laica,
arrivate le cose al punto in cui erano qualche mese fa, era una soluzione
obbligata. La Dc lha perfettamente capito e collabora lealmente alla riuscita di questo tentativo. Sullo sfondo cera sempre la prospettiva di un
recupero dei comunisti nellarea di governo e un laico al posto di un dc
avrebbe forse potuto fare evolvere la situazione in quella direzione. Le cose
non andarono come molti immaginavano, un po perch la personalit di
Bettino Craxi emerse con sempre maggiore forza, e un po perch la scomparsa di Enrico Berlinguer fece venir meno un interprete essenziale di
quella fase storico-politica. I laici erano in grado di esprimere classe dirigente, avevano avuto leader come Ugo La Malfa che non aveva mai avuto
paura a sostenere le proprie posizioni anche quando erano impopolari,
anche quando gli cucivano addosso il vestito della Cassandra italiana. E lo
stesso Spadolini dava di s una definizione forse impegnativa ma non infondata: Evangelista del nuovo vangelo laico e democratico, lEvangelista
della democrazia laica cio integrale. Daltro canto, Ugo La Malfa definiva il Partito Repubblicano in questa maniera: Uno degli argomenti della
mia polemica che i partiti di massa italiani presentano grande vischiosit
ideologica e non hanno adeguata iniziativa per superarla. Noi repubblicani
saremo una minoranza, ma abbiamo una composizione sociale interclas193

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

sista abbastanza simile a quella della Dc, del Pci, del Psi. La differenza
tra questi partiti di massa e noi sta nel fatto che abbiamo impiegato dieci
o quindici anni a educare i nostri iscritti e i nostri elettori a un pensiero rigoroso, in base a unanalisi seria dei problemi della nostra societ. I partiti
di massa hanno fatto molta ideologia, hanno sparso nelle masse convinzioni non rispondenti alla realt dei problemi che pone la nostra societ.
Da qui la crisi e da qui la difficolt dei partiti di massa a cambiare strada,
di far comprendere il loro pensiero alle masse. Per La Malfa non contavano i numeri ma i fatti e ad Alberto Ronchey che gli faceva notare che in
un piccolo partito di massa come il Pri tutto era pi facile, lallora leader
del Pri replicava: Se tu a un milione di elettori spieghi come stanno le
cose, lo puoi fare anche con pi milioni di persone. Spadolini si ispirava
allo stesso modello di La Malfa, un partito di una sinistra empirica, pragmatica, nata sul rifiuto delle ideologie pietrificate e pietrificanti ereditate
dal passato.
Non tutto, ovviamente, and come Spadolini immaginava o sperava
e pi tardi se ne sarebbe lamentato: Ci fu un disegno preciso, volto a logorare il tentativo laico attraverso una progressiva paralisi delle sue capacit decisionali. Da questo punto di vista la trattativa sul costo del
lavoro fu una sensibile cartina di tornasole. Spadolini, in realt, si logor
anche da solo, inseguendo un consenso diffuso che la situazione politica
gli negava quasi a priori. Lo aveva capito Luciano Lama anche se lo
avrebbe svelato solo successivamente, una volta lasciata la segreteria della
Cgil. Il Pci aveva ritirato la delega alla Confederazione: dopo lesperienza
di governo con il Compromesso Storico, il partito non aveva alcuna intenzione di ritornare al passato, ai tempi in cui consegnava alla Cgil il compito
di inteloquire con i governi e di raggiungere anche accordi. Nessuno sconto,
dunque, nemmeno a uno come Giovanni Spaodlini, cauto e felpato, un po
innamorato del culto della propria personalit, un difetto comunque comprensibile in un uomo abituato a essere sempre enfant prodige. Lo era stato,
daltro canto, alluniversit quando alla Cesare Alfieri di Firenze, affascinati
dai suoi studi, avevano deciso di costruirgli una cattedra su misura a scienze
politiche: storia contemporanea. Lo era stato da giornalista bruciando le
tappe e diventando direttore del Corriere della Sera al posto di Alfio Russo.
L, su quella poltrona, sono nati anche i suoi successi politici. Richiam a
194

GIOVANNI SPADOLINI

collaborare Gaetano Afeltra, storica firma che si era allontanato dal Corriere
della Sera in polemica con Alfio Russo. Afeltra, a sua volta, gli present
Ugo La Malfa che rimase affascinato da questo signore un po Ottocentesco. La Malfa gli offr una candidatura e lui, che nel frattempo aveva concluso un po precipitosamente la sua esperienza al Corriere della Sera,
accett, dopo due giorni di valutazioni. Non sapendo che poi avrebbe sostituito il suo mentore alla guida del Pri portando quel partito a un risultato
elettorale che rester unico nella sua storia: lo sfondamento del muro del
cinque per cento (esattamente 5,1) alle politiche dell83 (i repubblicani a
Milano divennero addirittura il secondo partito). La sua azione di governo
fu premiata dagli elettori. Anche se poi, sul fronte pi complicato, il costo
del lavoro, aveva incassato una sconfitta.
Formalmente le cose erano cominciate in maniera promettente ma
ben presto era subentrato un certo pessimismo. Traspare anche da quella
conversazione con Eugenio Scalfari avvenuta dopo la prima maratona negoziale, del luglio dell81. Allo scetticismo, Spadolini replicava: In quattro
giorni non si poteva fare di pi. E comunque se a settembre non ci sar accordo, il governo attuer misure unilaterali per combattere linflazione e
lequo canone riprender i suoi meccanismi.
Avrebbe voluto far coincidere accordo e legge finanziaria. Ma a settembre il negoziato non aveva prodotto nulla e Spadolini aveva deciso di
lasciar perdere quella minaccia illustrata a bassa voce nell intervista. La
rilancer pi tardi quando ormai i buoi avevano abbandonato le stalle e il
suo secondo esecutivo era ormai avviato sul viale del tramonto. Diceva: Io
non sto proponendo un patto sociale. Il mio un governo di emergenza.
Linflazione al 20 per cento un fenomeno di emergenza. Quello che io propongo un patto contro linflazione. Ma pi tardi Gianni Agnelli, un uomo
a lui politicamente molto vicino (tanto vero che si parl di una sua nomina
a ministro degli Esteri o ad ambasciatore negli Stati Uniti), gli rimproverer
proprio la ricerca di un patto sociale, di un consenso estremamente ampio,
totale, possibile, a parere dellAvvocato, nei momenti in cui si pu distribuire
ricchezza ma molto difficile da realizzare quando non ci sono ricchezze da
dividere e le soluzioni bisogna confezionarle a maggioranza.
Chiedeva tempo, Giovanni Spadolini: Solo un pazzo poteva supporre che la trattativa con i sindacati e la Confindustria avrebbe potuto
195

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

chiudersi alla fine di luglio dopo quattro giorni di discussione. Altri governi
si sono cimentati su quel tema per anni, e in alcuni casi nella maggioranza
parlamentare cera addirittura il Pci. In quattro giorni, andiamo, non si
viene a capo di problemi come il costo del lavoro, la scala mobile, la politica fiscale, i tagli alla spesa pubblica, le tariffe. Giusto, comunque, chiedere rapidit. Ecco i miei tempi. In quei quattro giorni di luglio abbiamo
impostato il tema. Abbiamo perfino redatto un documento comune con i
sindacati, ed era la prima volta che ci accadeva dopo molti anni. In settembre sindacati e Confindustria tratteranno da soli i problemi del costo
del lavoro. Nel frattempo il governo sta predisponendo il suo programma
di rientro dallinflazione. Presenteremo alle parti il programma e su di esso
apriremo la discussione. Ma far di tutto per ottenere il consenso dei sindacati, a cominciare dalla Cgil, che in apparenza la pi restia.
La presidenza laica fu un grande elemento di novit. In unItalia
politicamente molto vischiosa, con una Dc troppo forte, un Pci troppo arroccato e il Psi di Bettino Craxi che cominciava a essere un concorrente
proprio in quellarea laica sulla quale il Pri riteneva di vantare una sorta di
egemonia culturale. Spadolini, ad esempio, si ritrover a proporre riforme
istituzionali come il potere di revoca dei ministri e dei sottosegretari e interventi per ridurre i tempi delle decisioni che in qualche maniera facevano
gi parte della proposta di Grande Riforma lanciata proprio dal segretario
socialista subito dopo le elezioni del 79. Eppure quello fu uno dei terreni
di pi aspra polemica tra Psi e Pri, probabilmente anche per lidea di quello
sbarramento elettorale che veniva visto come un pretesto socialista per fagocitare quelli che allepoca venivano definiti partiti intermedi.
Eppure i concetti sviluppati da Craxi non erano molto diversi da
quelli che Spadolini consegn in un libro-intervista: Il riformismo dei riformatori significa interpretare lo spirito profondo delle istituzioni, quale
ci stato consegnato dai padri fondatori della Costituzione, e renderlo
esplicito nella storia del nostro tempo, al confronto con le esigenze nuove
della societ civile. Prov, Spadolini, a dare un segno di discontinuit con
il suo governo, a staccarlo dai partiti, troppo grandi e ingombranti, a cominciare dalla scelta dei ministri ma poi ammetteva che le rose di nomi
che aveva chiesto non erano state molto ampie sottolineando che ho io
stesso respinto due o tre candidature democristiane e alla guida della po196

GIOVANNI SPADOLINI

litica economica ho cercato un indipendente di grande prestigio e la Dc


era daccordo, se non ci sono riuscito perch lindipendente non ha accettato linvito. Il nome in questione era quello dellex governatore della
Banca dItalia, Paolo Baffi. Ha poi spiegato il senso di quel suo impegno:
Il Pri aveva gettato in campo tutto il proprio peso politico e ideale, nel momento forse peggiore, per mettere alla prova programmi mai prima di allora
tentati. Ha scritto Pietro Craveri: Quando divenne presidente del Consiglio dopo trentasei anni che quella carica era stata ricoperta da un democristiano, diede la misura che un laico poteva gestirla con un senso della
responsabilit istituzionale e uno stile superiore, pur restando inalterata la
continuit e la sostanza politica di quel modo di governare. Sapeva imprimere ai ruoli pubblici che assumeva unimpronta realistica, ma pi civile,
di unaltra Italia, quella che portava con s e che era rimasta di pochi.
La sua esperienza di capo del governo si conclusa pi per le imboscate politiche che per il fallimento della trattativa sul costo del lavoro.
Ma un successo su quellargomento avrebbe potuto consolidare, irrobustire
la sua posizione, moltiplicare il suo potere contrattuale nei confronti di quei
partiti che lo stavano lavorando ai fianchi. Poi, quello che lui non riusc a
fare, lo fece Craxi. E, bisogna dire, Spadolini sostenne il governo con lealt
nonostante allinterno del Pri ci fossero forti spinte anti-socialiste che si
coagulavano in particolare intorno a Giorgio La Malfa e che sarebbero venute esplicitamente e rumorosamente allo scoperto dopo il decreto di San
Valentino e poco prima della manifestazione degli autoconvocati quando a
Trieste si svolse, il 10 e l11 marzo dell'84, il convegno repubblicano sulla
politica dei redditi. La guerriglia parlamentare era gi cominciata con
lobiettivo di evitare il voto sul provvedimento prima della manifestazione
degli autoconvocati. In quel quadro di grande scontro, il Pri si propose come
mediatore, una scelta che creava pi di un problema a Craxi e che ringalluzziva le anime pi antisocialiste, finendo per creare qualche tensione
anche allinterno del sindacato e in particolare della Uil. Perch, poi, quella
veniva letta come una ghiotta occasione per riprendersi quella segretaria
perduta otto anni prima da Raffaele Vanni, una leadership fortemente sostenuta da Ugo La Malfa e che poteva contare su una certa simpatia del Pci
che a Giorgio Benvenuto, invece, non aveva perdonato lo scontro con Giulio Andreotti, nel pieno del Compromesso Storico e della politica dellau197

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

sterit. In quel vertice, il nuovo segretario della Uil aveva rotto una antica
consuetudine che assegnava al segretario della Cgil il compito di parlare
per primo (subito dopo il discorso del Capo del Governo). Ma Benvenuto
chiese di intervenire prima di tutti gli altri per dire quel che nessuno si attendeva: questa politica di austerit non mi sta bene perch prevede sacrifici
per i lavoratori ma non contropartite. Nei corridoi di quel convegno di Trieste, otto anni dopo il passaggio di consegne alla guida della Uil, Giorgio
La Malfa esclamava: Mica rimpiangeremo Benvenuto.
Spadolini, ancora scottato per quel suo negoziato terminato con un
nulla di fatto, prov a recuperare il centro della scena: La nostra lealt
verso il governo e verso le misure di urgenza che esso ha dovuto prendere,
anche per respingere pregiudiziali politiche, non in discussione... Abbiamo tutto il diritto come movimento politico e anche come movimento
dei lavoratori che si identifica con il pi antico filone del movimento operaio italiano, di dire la nostra parola nel travaglio inquietante che caratterizza lattuale fase di disgregazione, non tanto dellunit sindacale che
nei suoi aspetti liturgici noi respingiamo, ma nella consistenza e nella credibilit stessa del sindacato. Spadolini presentava la sua proposta (semestralizzazione della scala mobile, ristrutturazione del salario con una
riduzione della quota automatica) non come una scelta di contrapposizione
rispetto al governo presieduto da Craxi ma come un contributo di pi
ampio respiro al recupero di un minimo di efficienza e di operativit del
sindacato contro il pericolo di tensioni senza fine e senza sbocco... La nostra lealt al governo non pu farci dimenticare che ci sono problemi di
relazioni industriali che non si esauriscono nel varo di un decreto: cos
come non pu farci dimenticare che il decreto solo un primissimo passo
verso il risanamento generale e complessivo delleconomia, che ha altrettanto bisogno di un controllo e di una riduzione da cui siamo ancora lontani della spesa pubblica.
Una lealt, insomma, non incondizionata che d il senso di quelle
prudenze, di quei tentennamenti di cui parleremo pi avanti, che verranno
fuori non solo durante la fase del negoziato e dopo il varo del decreto di
San Valentino, ma anche prima, praticamente a ridosso di un referendum
che poi scompagin le carte in tavola.

198

TRA ROTTURA E INTESA


Quel giorno che Scotti...

Scotti mediatore tra sindacati e industriali

TRA ROTTURA E INTESA

Carlo Donat Cattin che di democristiani se ne intendeva, lo aveva


gratificato con un soprannome piuttosto velenoso: Tarzan. Questione di
liane invisibili e di capacit di saltare, grazie ad esse, da una scrivania a
unaltra, da un ministero a un altro e, a volte, anche da una corrente a unaltra. Eppure, quella notte pi che alla figura immaginaria di Tarzan, Enzo
Scotti fece riferimento a quella pi reale del Mago Houdini. Con molta pazienza e non poca furbizia, alla fine riusc a mettere daccordo tutti, a combinare il diavolo e lacqua santa e per lui, cattolico, era decisamente un
esercizio complicato. Qualche anno dopo, Giorgio Benvenuto fisser in
quel 22 gennaio del 1983, un sabato di inverno, come tanti altri, la data di
morte presunta della Federazione Unitaria. Il rischio del paradosso, in
questi casi, sempre concreto, ma lallora segretario della Uil cos argomentava: La vera fine della Federazione data 22 gennaio 83. La fine
segnata dal Protocollo Scotti, lultimo grande accordo che le confederazioni firmarono ancora assieme. Quella intesa, infatti, non fu ratificata
dalla Federazione Unitaria in quanto tale, ma in riunioni che Cgil, Cisl e
Uil fecero ognuna per conto proprio. Fu una rottura rispetto alla prassi
consolidata nei dieci anni precedenti, confermata anche dalle assemblee
nelle fabbriche che ne seguirono: non pi assemblee per approvare, ma
solo assemblee per informare, organizzate separatamente dai tre sindacati... Da anni ormai il livello delle polemiche fra le tre confederazioni saliva di giorno in giorno. I momenti di tensione pi acuta si erano avuti
dopo la vicenda della Fiat e, nel 1981, col Governo Forlani quando si cominci a parlare di predeterminazione della scala mobile. Ma nonostante
questo ci furono due elementi che giocarono a favore dellaccordo e che
ebbero il sopravvento sulle divisioni. Il primo: diventava sempre pi incombente, col passare del tempo, la disdetta della scala mobile data dalla
Confindustria ai primi di giugno. Il tempo passava e noi eravamo consapevoli di dover fare un nuovo accordo perch altrimenti non sapevamo cosa
201

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

sarebbe successo nelle buste-paga a partire dal febbraio 83. I nuovi contratti di lavoro non decollavano; quello pi importante dei metalmeccanici,
era ancora al palo di partenza. Il secondo elemento, forse pi decisivo,
anche se contingente, fu la contestazione clamorosa di cui fu vittima a Bologna, il numero due della Cgil, Agostino Marianetti. Questa contestazione
seguiva a ruota quella che poche settimane prima a Genova aveva colpito
me. Ma fu pi grave, pi drammatica, perch era la prima volta che veniva
fischiato da una base che non era certo tutta di Democrazia Proletaria, a
Bologna, la capitale dellEmilia rossa, un dirigente della Cgil. In piazza
cerano cartelli offensivi verso il Psi. Uno, in particolare, diceva: I socialisti sono tutti ladri. La reazione dei socialisti fu durissima. La Federazione per risposta a una situazione drammatica, oltre che complessa,
decise di indire per la prima volta manifestazioni mute. La gente, cio, fu
chiamata a manifestare, ma non ci fu nessun oratore. Io partecipai a Roma,
a piazza San Giovanni, assieme a Lama e Carniti a una manifestazione veramente imponente. Ci furono in tutta Italia manifestazioni di massa insieme grandiose e tristi. Ricordo di aver visto operai con la bocca chiusa
da mascherine con una scritta: Federazione Cgil, Cisl, Uil. Queste adunate per quanto silenziose, sortirono due risultati. Dettero una prova della
nostra compattezza agli imprenditori e costituirono una buona carta in
mano al ministro del Lavoro, Vincenzo Scotti per portare gli imprenditori
a sbloccare i contratti. Ma influirono anche sulla Cgil perch dettero a
Lama la forza per far prevalere la logica sindacale su quella politica anche
nei confronti del suo partito. Lama gioc la carta di una possibile spaccatura della Cgil nelle roventi riunione che ebbe a Botteghe Oscure con i dirigenti del Pci, con lo stesso Enrico Berlinguer. Cos alla fine, quando
seppe che la Cisl, la Uil e i socialisti della sua confederazione erano pronti
a firmare, anche lui firm.
Ma quella firma non fu n semplice n indolore e la lacrime che poi
Lama, tradito dalla tensione, vers davanti a Benvenuto e Marianetti furono
la testimonianza di una difficolt che in quel caso il sindacato riusc a superare unitariamente ma che un anno dopo, invece, avrebbe prodotto una
lacerazione profonda, una ferita che faticosamente venne rimarginata ma
non riusc mai a guarire completamente perch da quel momento il sindacato, impaurito e diviso, cominci a giocare quasi esclusivamente in difesa
202

TRA ROTTURA E INTESA

perdendo quella capacit propositiva, quel protagonismo sociale e politico


che aveva avuto nei momenti migliori. Come aveva scritto Walter Tobagi,
dal Sindacato dellAutunno, allAutunno del Sindacato. E tutto questo mentre negli Stati Uniti e in Gran Bretagna trionfavano le teorie liberiste che
portavano il loro attacco direttamente al cuore della redistribuzione del reddito, polarizzando la ricchezza, erodendo quel ceto medio che le Confederazioni avevano faticosamente scoperto.
I dati delleconomia italiana descrivevano un Paese in difficolt,
con una inflazione che nell82 aveva segnato una riduzione di due punti e
mezzo ma rimaneva sempre a due cifre, anomalia insopportabile allinterno
dellEuropa comunitaria e di un mondo che viaggiava a velocit supersonica verso la globalizzazione. E poi saliva vertiginosamente la spesa pubblica che nel biennio 1981-1982 era aumentata di sei punti sul Pil.
Drammatica la previsione sugli investimenti dati in picchiata nel 1983:
meno 5-7 per cento. I numeri insomma consigliavano il raggiungimento di
un accordo che aggredisse alcuni problemi strutturali del Paese, unintesa
che reimpostasse i termini della politica dei redditi attraverso un uso pi
accorto della leva fiscale. Il Governo Fanfani di cui Vincenzo Scotti era
ministro del lavoro, gioc tutte queste carte con abilit estrema, pur essendo
un esecutivo che stava accompagnando il Paese verso lennesima consultazione elettorale anticipata.
Amintore Fanfani faceva parte della scuderia pregiata della Dc, era
uno dei cavalli di razza. Spesso pure un cavallo di ritorno tanto vero che
sullUnit non mancavano di sottolineare i suoi rientri sulla scena con un
sarcastico Arieccolo. Il presidente del Consiglio decise di avere rispetto
alla trattativa un profilo basso, insomma prefer non apparire rompendo
con una consuetudine che si era consolidata con Andreotti, Spadolini e Cossiga e che prevedeva la convocazione dei capi sindacali quasi a giorni alterni a Palazzo Chigi. Scotti, poi, si impegn in una mediazione a
distanza: saltava, da vero Tarzan, da un tavolo allaltro, evitando cos di
far incontrare le parti, acquisendo consensi e impedendo quellaccumulo
di tensione che normalmente si accompagnava a riunioni densamente popolate. Lui, Scotti, in un convegno qualche anno dopo ha raccontato quella
esperienza che ha segnato in maniera decisiva la sua carriera: Nel novembre 1982 allatto della formazione del governo, il presidente Fanfani mi
203

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

chiese se me la sentivo da ministro del lavoro, di portare a conclusione


entro il 20 gennaio del 1983, la difficile trattativa triangolare, gi avviata
dal governo Spadolini, a seguito della disdetta della scala mobile da parte
della Confindustria. Al presidente Fanfani posi tre condizioni per potermi
impegnare con qualche speranza. Innanzitutto non doveva esserci una sede
dappello qualora al Ministero del Lavoro si fosse giunti alla rottura delle
trattative. Sarebbe stata necessaria la collaborazione dei ministri competenti per avere un unico tavolo di trattativa con la presenza dei ministri del
Bilancio, del Tesoro, delle Finanze e dellIndustria per affrontare contestualmente le questioni del cosiddetto fiscal drag, dellaumento delle tariffe
pubbliche e della politica economica e di bilancio per la ripresa dello sviluppo. Infine, di fronte a un eventuale fallimento della mediazione, si sarebbe dovuto procedere alladozione di un decreto legge da parte del
governo per ridurre il peso della scala mobile a cui doveva corrispondere
un ritiro della disdetta. Non volevo fare la fine di un profeta disarmato.
Fanfani si disse daccordo e alla prima riunione del Consiglio dei Ministri
propose lapprovazione di uno specifico mandato al ministro del lavoro,
dichiarando alle parti sociali che la presidenza del Consiglio non sarebbe
mai intervenuta.
La scelta di Fanfani di tenersi alla larga da quel tavolo, non fu, dunque, casuale ma rispondeva a una logica strategica: Palazzo Chigi, osservava, valutava ma si lasciava le mani libere nel caso le parti non fossero
giunte a unintesa. uno schema molto simile a quello che un anno dopo
adotter Bettino Craxi e anche lepilogo, messo in conto da Scotti come
arma letale e finale, cio il decreto, avrebbe fatto parte del negoziato che si
sarebbe sviluppato nei primi mesi del 1984.
In realt, lultimatum venne posticipato: lintesa non fu raggiunta
il 20 gennaio. Come Cristoforo Colombo quando cominci a vedere la costa
di quella che per lui erano le Indie, Scotti ferm le lancette dellorologio e
alla fine ebbe ragione perch si arriv alla firma ma non senza enormi, dolorosissimi mal di pancia. Soprattutto in casa Cgil. Massimo Mascini e
Maurizio Ricci hanno ricostruito quelle ultime, convulse ore. Ecco il loro
racconto: ormai tarda sera quando, al termine di una lunga e sofferta
riunione del vertice unitario, il sindacato comunica a Scotti che la sua posizione non inflessibile: in pratica che c uno spazio entro cui trattare.
204

TRA ROTTURA E INTESA

Al ministro non serve di pi. Mancano ancora pochi minuti alla mezzanotte
quando telefona a Fanfani e gli chiede il permesso, considerando la sostanziale novit, di portare avanti il negoziato per qualche ora. Scotti
ferma gli orologi alla mezzanotte del 20 gennaio. Il 21 sembra a tutti
una buona giornata. Nella mattinata si realizza tutta una serie di importanti
accordi, per le tariffe, la sanit, la previdenza, lassenteismo, la riforma
della cassa integrazione, la microconflittualit... Ormai il campo pronto
per la battaglia finale sulla scala mobile. Le posizioni erano rimaste fino
alla vigilia bloccate, con gli industriali che chiedevano un taglio del 30
per cento e il sindacato che ufficialmente restava al dieci e ufficiosamente
si dichiarava disponibile al quindici. Ma lultima tempesta doveva ancora
venire. Nel pomeriggio, mentre si svolge una riunione a Botteghe Oscure
tra i dirigenti del Pci e alcuni esponenti della componente comunista della
Cgil, unagenzia di stampa nellesporre alcuni calcoli sulle conseguenze
di un taglio del 15 per cento sulle buste paga fa quello che nessuno finora
aveva fatto: afferma candidamente che i comunisti sono disponibili ad accettare quel taglio alla scala mobile del 15 per cento. I comunisti si irrigidiscono... Tutto sembra precipitare. Lama avanza una proposta facendo
capire che qualcosa di pi di una semplice proposta: attendere una consultazione dei lavoratori prima di arrivare ad un accordo, perch non si
ha alcun mandato a firmare accordi del genere. Carniti e Benvenuto non
accettano. Sarebbe la fine del sindacato, affermano, senza lasciar tra le
righe laccusa a Lama di eseguire il mandato del Pci di boicottare lintesa.
Noi, aggiungono i leader della Cisl e della Uil, siamo in grado di andare
al di l del mandato ricevuto se si tratta di poche migliaia di lire allanno.
Lama tenta un ultimo colpo di coda quando nel corso della notte fa capire
a Scotti di essere pronto a negoziare la rinuncia alla riduzione dellorario
di lavoro con lassenso industriale ad una riduzione della scala mobile solo
del 10 per cento. Ma stavolta chi non ci sta Carniti. Messo alle strette,
Lama capisce che i conti li deve fare con Marianetti, schierato con Carniti
e Benvenuto, e con il Pci.
Il copione verr replicato con esiti diversi. Perch, in quel gennaio
del 1983, Lama riusc, con ardite manovre a evitare gli scogli degli ortodossi e a traghettare la Cgil al tavolo del ministero per la firma dellaccordo.
Ci riuscir con un documento che il direttivo della confederazione appro205

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

ver con 55 voti dopo aver, invece bocciato, una mozione presentata dai
socialisti. E cos quando alle 19,30 del 22 gennaio Scotti consegna il suo
Protocollo, le risposte arrivano a stretto giro di posta: prima la Uil, poi la
Cisl e infine, con un piccolo ritardo, la Cgil. Per diverso tempo il documento resta sul tavolo del presidente della Confindustria, Vittorio Merloni.
Il fatto che laccordo proposto dal ministro del lavoro prevedeva anche
una riduzione dellorario di lavoro, una pillola amarissima per gli industriali
che assediano il loro presidente chiedendogli di non firmare. Ma Merloni,
che ha condotto la trattativa insieme al suo vice, Walter Mandelli, non pu
imbarcarsi in un voltafaccia e annuncia che firmer il protocollo e poi si
dimetter. Una forzatura, evidentemente. Alla fine arriva anche lassenso
della Confindustria, alla mezzanotte del 22 gennaio, con quarantotto ore di
ritardo su quella che oggi tutti chiameremmo road map. Il protocollo un
testo ricco e articolato, composto da una premessa, sedici paragrafi e tre
allegati.
A quellepilogo si giungeva dopo un lavoro complesso che Scotti
ha cos raccontato: Chiesi subito a un gruppo di saggi, composto da
Gino Giugni, Domenico Valcavi, DHarmant e Stefania Lazzari, con la collaborazione di Ezio Tarantelli, allora allufficio studi della Banca dItalia,
di approfondire a livello tecnico, con le due parti, le possibilit di intese
specifiche sulle diverse materie oggetto del possibile accordo. Nel frattempo i ministri Goria (Tesoro, n.d.a), Bodrato (Bilancio, n.d.a.), Forte
(Finanze, n.d.a.) e Pandolfi (Industria, n.d.a.) avrebbero provveduto ad affrontare i temi del fisco, delle tariffe e della spesa pubblica costruendo in
tal modo dei singoli capitoli dellaccordo generale. Composite le posizioni sulla questione contingenza, almeno allinizio. Ricorda Scotti: Su
una riduzione degli scatti di scala mobile cera un accordo di principio,
mentre cerano forti divergenze sulle modalit per ottenerla. Da una parte
la Cisl e Carniti personalmente, su consiglio di Tarantelli, non erano contrari a una programmazione del numero degli scatti... La Uil, anche se con
minor consenso, concordava con quella modalit, mentre la Cgil era fortemente contraria a ogni misura di quel tipo. Sulla Cgil pesava linfluenza
del Partito Comunista che si manifest in tutta la sua forza nella fase finale
della trattativa quando Lama mi chiese una sospensione, manifestandomi
comunque la sua volont e il suo impegno per laccordo, per consentire di
206

TRA ROTTURA E INTESA

superare gli ostacoli che si manifestavano al suo interno, ma che avevano


origine nellatteggiamento della direzione del Partito Comunista.
Ma se i contrasti allinterno della Cgil erano acuti, non meno forti
erano le tensioni allinterno della Confindustria. Spiegava ancora lallora
ministro del lavoro: Nella Confindustria erano contrari alla firma non
solo Agnelli ma anche altri gruppi industriali. E poi cera il boicottaggio
politico degli alleati: insomma, il governo era vittima di fuoco amico.
Raccontava Scotti: De Mita e il gruppo dei suoi consiglieri si erano ripetutamente dichiarati contrari a ogni accordo preferendo andare alle elezioni con una dimostrazione di forza e una rottura sociale in linea con la
loro scelta lacrime e sangue... Non era un mistero che De Mita era interessato ad andare alle elezioni con una frattura sociale molto forte, proponendosi sulla scia di quanto stava avvenendo in altri paesi europei come
un risanatore thatcheriano, mentre io restavo convinto che la strada della
concertazione avrebbe favorito il superamento della fase acuta della crisi
economica, aprendo la possibilit a politiche pi espansive.
La linea concertativa coster cara a Scotti. De Mita gliela far pagare non riproponendolo come ministro del lavoro nel governo successivo,
quello presieduto da Bettino Craxi, e facendolo dirottare verso un dicastero
a dir poco impalpabile, almeno allepoca, cio la Protezione Civile. E l si
ruppe anche il rapporto tra Scotti e Giulio Andreotti, che non difese in maniera propriamente strenue un autorevole rappresentante della sua corrente.
Per il segretario democristiano quel Protocollo che aveva riportato la pace
tra soggetti sociali apertamente in guerra, era una medaglia sul petto di un
avversario che si vendic presentando la propria candidatura al vertice della
Dc nel successivo congresso. E con quella candidatura cre le condizioni
per fare di De Mita unanatra zoppa: infatti rieletto segretario, il politico di
Nusco si ritrov con un numero di voti personali decisamente inferiore ai
consensi che aveva riscosso la mozione che lo aveva riproposto al vertice.
Il Protocollo sembrava aprire le porte su un nuovo universo di relazioni politiche, sindacali industriali. Due giorni dopo la firma, la Uil in
una nota diceva: Si tratta di un accordo di importanza eccezionale che
sconfigge le opposte intransigenze e fa uscire il sindacato dal ghetto della
cultura del no nel quale, nella paralisi degli ultimi anni, aveva finito col
rifugiarsi. E con riferimento tanto al Pci quanto ai settori pi integralisti
207

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

della Confindustria, la confederazione guidata da Giorgio Benvenuto sottolineava: Cadono cos una serie di aspettative che potevano creare nel
paese un clima di radicalizzazione dello scontro sociale e di insanabile
divaricazione politica. Viene inoltre sconfitto il tentativo di portare a conseguenze estreme la situazione di endemica divisione nella quale si dibatte da anni la Federazione Unitaria, che ora deve essere
profondamente modificata ricontrattando con realismo il patto federativo
e definendo forme e regole certe di democrazia di base. Alla fine del
tunnel, la Uil individuava la nascita di un nuovo modello sindacale: Non
pi un sindacato eternamente impegnato in una politica di difesa e di rimessa, e perci incapace di incidere positivamente e costruttivamente
sulle scelte generali; ma un sindacato protagonista ed espressione, in
tempi di crisi strutturale, di cultura di governo. Luciano Lama parlava di un accordo senza precedenti e Pierre Carniti annunciava lintegrazione della cultura della rivendicazione con la cultura della
gestione. Prima della firma, Scotti, a sua volta, sottolineava: Abbiamo
visto che il Governo non pu limitarsi a registrare il consenso, ma deve
costruirlo, deve avanzare le sue proposte e rischiare anche un rifiuto se
le condizioni lo richiedono, perch questa la questione vera della governabilit in un sistema democratico. E il consenso allora va cercato
sapendo cosa le parti sono disposte a dare e forzando la mano se quelle
cose non sono sufficienti, anche rischiando politicamente, ma su una proposta precisa. una strada che si apre, questa, ma bisogna percorrerla
e non sar facile, perch nessuno pu illudersi che i problemi finiscano
qui, che il conflitto, connaturato con una societ industriale, possa terminare: si tratta di costruire delle regole allinterno delle quali il conflitto
possa svolgersi in maniera costruttiva, sia per la tutela degli interessi
coinvolti, sia soprattutto perch questi interessi non contrastino con quelli
pi generali di crescita e di stabilit del Paese.
In effetti il Protocollo era un documento piuttosto articolato e anche
molto impegnativo dal punto di vista dellattuazione, con zone dombra
che, come vedremo, si trascineranno anche in quel decreto di San Valentino
che attraverser come una tempesta la vita del sindacato. Nella premessa,
Governo, sindacati e imprenditori indicavano lobiettivo: i tassi di incremento dei prezzi al consumo dovevano muoversi nella misura media
208

TRA ROTTURA E INTESA

annua del 13 per cento nel 1983 ed entro una variazione al di sotto del
10% per il 1984. Di qui gli impegni per le parti e i provvedimenti che il
governo si impegnava ad adottare: un provvedimento urgente per la modifica dellimposta personale sui redditi delle persone fisiche... un provvedimento per listituzione di un assegno integrativo per i figli a carico di
et non superiore ai diciotto anni, da determinare in misura modulata in
relazione al livello del reddito familiare e del numero dei figli a carico...
entro un onere finanziario a carico del bilancio dello Stato di 650 miliardi
di lire per il 1983; un provvedimento per la fiscalizzazione degli oneri
sociali a carico delle imprese; limpegno che lincremento medio ponderato annuo delle tariffe, dei prezzi amministrati e dei prezzi sorvegliati
si mantenga nei limiti del 13 per cento nel 1983; misure di contenimento
degli oneri per i lavoratori per lacquisto di farmaci e per gli accertamenti
diagnostici, strumentali e di laboratorio; una revisione delle norme che
limitavano i diritti in materia di trattamenti malattia; limpegno di tutti a
mantenere lincremento annuo del costo del lavoro, nei settori pubblico e
privato, entro i limiti (si specificava che per determinare gli aumenti
dellindennit di contingenza si far riferimento alle differenze assolute al
netto delle frazioni di punto che lindice medio trimestrale del costo della
vita presenta rispetto allindice medio del trimestre precedente: saranno
chiamati decimali e finiranno per essere un pomo della discordia tra imprenditori e sindacati); si fissavano gli incrementi massimi salariali a cui i
rinnovi contrattuali si sarebbero dovuti uniformare nel triennio 1983-1985
(35 mila lire per i primi due anni, 40 mila per il terzo); venivano varati
provvedimenti per contrastare lassenteismo; al fine di realizzare regimi
di orario di lavoro pi corrispondenti alle esigenze produttive, le parti concorderanno, nei rinnovi di categoria, clausole che consentano un pi intenso utilizzo degli impianti, un recupero della prestazione effettiva rispetto
allorario contrattuale, nonch criteri per una maggiore flessibilit di orari
da porre in essere in sede aziendale... I rinnovi contrattuali definiranno
una riduzione di orario di lavoro di 20 ore in ragione danno nel corso del
secondo semestre 1984 e di ulteriori 20 ore in ragione danno nel corso
del primo semestre 1985; lapertura di un confronto tra sindacati e governo
per giungere alla costituzione di quel fondo di solidariet che il Pci aveva
affondato in occasione della trattativa con il governo Cossiga; la possibilit
209

La guerra dei decimali comincia con il Protocollo Scotti


Eppure in questa lettera il Ministro spiega che i decimali,
sommandosi, facevano scattare il punto

TRA ROTTURA E INTESA

per sindacati e aziende di prevedere procedure aziendali di definizione di


vertenze sullapplicazione dei contratti ed eventualmente di arbitrati collegati anche a pause di raffreddamento.
Il primo degli allegati, poi, conteneva laccordo raggiunto dai sindacati con il ministro delle Finanze, Francesco Forte, che prevedeva la definizione di nuove aliquote, una revisione dei carichi di famiglia, una nuova
struttura delle detrazioni per le spese di produzione del reddito a favore dei
salari pi bassi, infine una revisione degli assegni familiari con un finanziamento aggiuntivo di 350 miliardi da parte dello Stato.
Un accordo innovativo? In larga misura s. Anche se conteneva un
margine di ambiguit (peraltro non irrilevante): i famosi decimali. un
nodo che nelle ricostruzioni successive Scotti prover a sciogliere. Mantenendosi sempre in equilibrio. Il problema in fondo era semplice: che fine
dovevano fare le frazioni di punto? Per i sindacati dovevano sommarsi e
portare al pagamento di una somma finale, cio del punto; gli industriali,
invece, ritenevano che non dovessero essere in alcun modo recuperati. Ha
spiegato molti anni pi tardi Vincenzo Scotti parlando del decreto di San
Valentino: C un filo che lega i due accordi ed la questione dei decimali.
Con i saggi avevamo inserito nellaccordo una clausola sul calcolo dei
decimali che poteva avere una duplice interpretazione a seconda dellandamento dellinflazione. Infatti, nella verifica a fine anno, se linflazione
fosse cresciuta pi del previsto, si poteva interpretare cancellando i decimali; se, invece, linflazione fosse scesa, si poteva interpretare nel senso
opposto. La decisione era aperta a una trattativa successiva.
Eppure, appena cinque giorni dopo la firma del Protocollo, Vincenzo Scotti scriveva una lettera alle parti in cui precisava: il punto 6) lettera b) dellaccordo relativo al calcolo degli aumenti dellindennit di
contingenza va interpretato in modo che le frazioni di punto calcolate e
non utilizzate nel trimestre concorrano a determinare gli scatti dei punti
di contingenza nei trimestri successivi. In quella lettera, inoltre, il ministro
del lavoro invitava perentoriamente imprenditori e sindacati a riprendere i
negoziati contrattuali. Scriveva: Le parti sono invitate... ad avviare o riprendere quanto prima le trattative per i rinnovi dei contratti nazionali di
categoria con lo spirito di costruttivit che ha animato la trattativa appena
conclusa.
211

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Ma c un altro aspetto della questione che Scotti ha chiarito nel


tempo: il provvedimento che il governo aveva in animo di varare nel caso
il negoziato non avesse prodotto laccordo. Ha spiegato lex ministro: Noi
ci eravamo gi preparati, anche con lausilio di Tarantelli, alladozione di
un decreto legge per il taglio di alcuni punti di contingenza sulla base di
una previsione degli scatti in riferimento al tasso di inflazione programmato. In politica nulla nasce dal nulla e quella idea evidentemente ritorner
di attualit.

212

PIERRE CARNITI
Intransigenza di un cane sciolto

Un Carniti ridotto "in mutande" nella versione satirica di Forattini

PIERRE CARNITI

Quando l8 di luglio del 1985, in una Roma assolata e accaldata,


recise con una relazione appassionata il cordone ombelicale con la Cisl, in
tanti compresero che unepoca stava finendo. Giorgio Benvenuto lo ha detto
recentemente in un libro: le difficolt del sindacato sono in qualche maniera
legate alle uscite di scena di Pierre Carniti e Luciano Lama. Che, peraltro,
non che si amassero, anzi. Certo, il decreto di San Valentino aveva reso
incandescenti i rapporti tra il leader della Cisl e il collega della Cgil, ma la
scarsa sintonia risaliva a molto tempo prima. E non era estraneo, in qualche
maniera, Eugenio Scalfari, direttore de la Repubblica che quando sul suo
giornale parlava di sindacato faceva riferimento quasi esclusivamente alla
Cgil, scatenando lirritazione di Carniti che pure guidava allepoca una organizzazione con tre milioni di iscritti e rispetto alla confederazione socialcomunista non si sentiva figlio di un dio minore.
Quando, poi, proprio nei giorni pi roventi della polemica sul decreto e sulla rottura, Carniti fin al Policlinico Umberto I per un serio problema cardiaco, Luciano Lama decise di non fargli visita, al contrario di
Bettino Craxi che, invece, in quella stanza entr. Ma so che ha telefonato
spesso per chiedere mie notizie, diceva a Miriam Mafai nel corso di una
chiacchierata apparsa su la Repubblica il 3 maggio dell84. Brusco e
accattivante, lo definiva la grande giornalista. Aggettivi quantomai calzanti. Raccontava alla Mafai le sue pene in quei giorni di grandi polemiche,
le pene di un cane sciolto di sinistra guardato, per, con sospetto, con il
sospetto che di solito si riserva ai traditori del Popolo: La nostra democrazia gracile e noi non riusciamo a sopportarci a vicenda, a trovare un
comune terreno dintesa per andare avanti. Berlinguer antipatico a Craxi,
Craxi antipatico a Berlinguer. De Mita antipatico a Longo. Io sono antipatico a quasi tutti. Ma ti sembra serio? Ti sembra responsabile? Adesso
vengo accusato di essere amico di Craxi, come una volta venivo accusato
di essere amico dei gruppettari.
215

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Amico forse no, ma chiaro che un certo fascino tra i tanti ragazzi
di quegli anni che vedevano nel sindacato anche una forza di trasformazione politica del paese, al di l e, soprattutto, al di sopra dei partiti (e dei
loro radicati e non mondabili vizi), lui, il leader dellAutunno Caldo (subito
dopo Macario), che aveva trasformato la Cisl, vecchio sindacato di chiara
e stretta osservanza democristiana, in unagile navicella che solcava i mari
evitando abilmente gli scogli del conformismo e dellortodossia che induceva soprattutto la sinistra comunista a sentirsi depositaria di una verit assoluta, dogmatica, di contenuto diverso ma di portata analoga a quella degli
integralismi religiosi (cattolici compresi), un certo fascino lo esercitava.
Forse anche per una certa capacit affabulatoria, per quella robustezza culturale costruita con la passione di chi vuol conoscere e non con il fastidio
di chi si sente obbligato a conoscere. Chiudeva quellintervista con una battuta: Dicono che sono un po matto? Questo forse vero. Ma chi di noi
non lo , un po? Una follia fatta di irregolarit ma anche di una certa coerenza. Se nei confronti di Lama il suo rapporto (e il suo giudizio) nel tempo
cambiato, con Bruno Trentin, nonostante la frequentazione nella Flm, le
relazioni erano piuttosto fredde. Non aveva gradito, proprio nella fase del
decreto, il tenersi in disparte di quello che poi sarebbe diventato anni pi
tardi il segretario della Cgil e che, ironia della sorte, avrebbe firmato laccordo nel 92 per la tumulazione della scala mobile, dopo aver detto, in
quellormai lontano 84, che il Pci (e quindi la Cgil) non avrebbero firmato
mai lintesa, nemmeno se Craxi avesse inserito la corresponsione di un notevole quantitativo di mele doro su un vassoio dargento.
Dal sindacato si stacc spiegando per lultima volta lidea che aveva
ispirato la sua azione da segretario: Noi abbiamo appreso a considerare
le diversit una ricchezza, anzich un ostacolo, avendo lasciato indietro
lillusione che qualcuno o qualche ideologia possano monopolizzare la
rappresentanza del lavoro. E concetti non diversi aveva utilizzato, ad
esempio, Bruno Manghi in una intervento su il Manifesto di un anno
prima a proposito della rottura: Tra gli anni Cinquanta e Sessanta matura
concordemente tra i lavoratori attivi nel sindacato lidea che lobiettivo
principale, la condizione di ogni conquista successiva, lesser riconosciuti
come rappresentanti e interlocutori delle istituzioni. A dispetto delle profonde diversit di allora, si tratta di una idea strategica, di un punto di
216

PIERRE CARNITI

unione e di solidariet. Il semplice slogan Uniti si vince lega bene la


sensibilit di base con gli interessi delle varie organizzazioni. Anzi lesser
diversi sul piano politico, culturale e religioso d sale allimpasto: sperimentare la fine di un silenzio ostile fra diversi alimenta le speranze e sentimenti fraterni. Proprio perch tra diversi, i patti assumono un significato
forte. Invece, quando come oggi nella quotidianit ci si assomiglia tutti, la
competizione richiede dessere alimentata sottolineando le differenze.
Cercare una lettura capziosa delle sue scelte in occasione di San Valentino una operazione di dubbia onest intellettuale perch, al di l degli
aspetti tattici o degli irrigidimenti dovuti a situazioni contingenti, la scelta
fu conseguente alla sua idea di sindacato. Diceva in un dibattito pubblicato
su la Repubblica il 9 marzo del 1984: Lunit andata in crisi tutte le
volte che il sindacato ha manifestato in concreto la sua volont di essere
attivo soggetto politico. Questo soprattutto il Pci non lo tollera. Ricordo il
caso del Fondo di Solidariet, ricordo lintesa del 22 gennaio. Sempre,
quando il sindacato uscito dal suo recinto di pura contrattazione della
forza lavoro, lunit ha subito scossoni molto duri... Per un sindacato progressista e riformatore non esistono garanti, neppure a sinistra... Dentro
il sindacato sono anche le ragioni della debolezza dellunit. Nella sua incapacit a fare politica in proprio. il sindacato invece che deve essere in
prima persona forza di sinistra, progressista per natura e vocazione. Semmai la crisi del sindacato aggrava la conflittualit a sinistra... il sindacato che deve fare autonomamente politica, altrimenti subalterno o
corporativo. Qualche giorno prima, il 22 febbraio, sullAvanti!, in una
intervista a Giorgio Lauzi, aveva spiegato: Laccordo esalta il ruolo del
sindacato come soggetto politico nella misura in cui esprime una rivalutazione della politica come deve essere intesa in un sistema democratico pluralista. E poi si lamentava: La tendenza a delegittimare il sindacato
attraversa verticalmente la sinistra e la destra, dando luogo a una sorta di
cultura hegeliana che separa rigidamente i processi della dialettica sociale. Quella concezione hegeliana finiva per mandarlo in rotta di collisione un po con tutti. Ad esempio con Giorgio Amendola: Non lo amo,
diciamo che non sono tra i suoi pi grandi e postumi estimatori. Era un
dirigente che non ha mai riconosciuto, mai ammesso fino in fondo lautonomia dei movimenti, intendo lautonomia politica, il loro diritto e la loro
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

capacit di fare politica a pieno titolo. Anche Amendola soffriva di hegelismo, questa sacralizzazione delle istituzioni e dello Stato a scapito della
societ. E ovviamente nel suo mirino finivano molti altri perch di hegelismo soffrivano anche Berlinguer. E anche De Mita, in parte, almeno.
Ma De Mita poi si sforza di capire le ragioni dei movimenti. Ma Berlinguer
come Ceausescu. Grandi aperture sul piano internazionale, ma sul piano
interno.... Alcune sue analisi hanno retto al tempo che passa, ad esempio
quella sulle conseguenze della crisi della politica. Spiegava sempre a Lauzi:
Lalternativa alla politica il prevalere del mercato, inteso non come categoria economica, giacch come tale non forse mai esistito se non nella
mente di Adamo Smith, ma come regolatore esclusivo dei rapporti di forza.
La sua idea movimentista non poteva certo coniugarsi con la logica politica del Pci che non aveva colto il 68 mentre nel 77 si era preoccupato solo di assumere un atteggiamento in qualche misura repressivo
senza provare a vedere se in quel magma infuocato vi fosse qualcosa che

Pierre Carniti, con Giorgio Benvenuto, al Congresso di Bologna


della Uil nel 1977: due anni dopo, nel 1979, sar eletto segretario
generale della Cisl in sostituzione di Luigi Macario
218

PIERRE CARNITI

potesse essere se non recuperato, quanto meno indirizzato verso una civile
protesta. Da questo punto di vista, le parole che consegnava a Pasquale
Nonno, a marzo dell84 in occasione di una intervista allEuropeo forniscono il quadro esatto della sua difficolt a rapportarsi con le rigidit comuniste: La cultura prevalente nel Pci resta quella che fa riferimento alla
Terza Internazionale, malgrado qualche non fortunato contributo al suo
superamento. Il primato della politica viene fatto coincidere con il primato
del partito, di un partito. Non si riesce a concepire che in una societ pluralista moderna, i soggetti politici sono molteplici. E ancora pi duro: Il
Pci era convinto che le grandi decisioni che riguardano la sinistra e la societ italiana dovessero passare, esplicitamente o implicitamente, sul tavolo
o sotto il tavolo, attraverso la sua intermediazione. Il nodo che venuto al
pettine la pretesa del Pci di voler dimostrare che la forza egemone ed
esclusiva nella sinistra e a livello sociale. un errore di valutazione. Spero
che prima o poi venga il momento in cui si possa ragionare con il Pci. Ora
i comunisti sprecano molte forze per dimostrare questa egemonia. E le altre
forze progressiste, tra cui la Cisl, devono sprecarne altrettante per contrastarlo... La cultura dellautonomia per la Cisl un dato profondo, costitutivo. Siamo una realt anomala secondo i parametri correnti. Solo una
minoranza del gruppo dirigente aderisce esplicitamente a un partito. Di
alcuni colleghi con i quali lavoro non so nemmeno per chi votano.
Da un punto di vista elettorale, la sua tendenza a essere un cane
sciolto lo aveva, ad esempio, portato a votare per Riccardo Lombardi, personalit estremamente eterodossa, probabilmente per i suoi trascorsi nel
Partito dAzione, capace di affascinare chi sognava lAlternativa ma anche
di suscitare grande rispetto in chi non aveva una idea propriamente movimentista della politica come Ugo La Malfa (diceva il leader repubblicano
del vecchio compagno del PdA: Non basta avere gli economisti. Bisogna
avere anche chi interpreta politicamente gli economisti. Ora secondo me,
cera un solo uomo nel Psi che poteva impostare bene il problema delleconomia moderna in Italia, Riccardo Lombardi. E devo dire che quando
Nenni and per la prima volta al governo mi chiese di convincere proprio
Riccardo Lombardi a seguirlo. Nenni in questo aveva le idee chiare, per
lui sarebbe stato come il braccio secolare. Io andai da Lombardi per convincerlo e gli dissi: Voi socialisti mi avete mandato a fare la nazionaliz219

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

zazione elettrica, a un anno dalle elezioni del 63, e io sapevo benissimo


che il mio partito lavrebbe pagata. Se nella battaglia del centro-sinistra
io ho fatto i miei cento metri, adesso tocca a te). La sintesi del discorso
di Carniti relativamente al rapporto tra sindacati e forze politiche era semplice: La fonte di legittimazione del gruppo dirigente allesterno dei partiti; logico che i partiti impongano limiti, meccanismi di controllo, regimi
di autorizzazioni. Nonostante tutto, per molto tempo, allinterno del Pci
la stella dellirregolare Carniti aveva brillato alta e lucente. Poi, quanto
meno a Botteghe Oscure, cominciarono a preferirgli Franco Marini, il Segretario Generale Aggiunto che gli sarebbe subentrato: tessitore pi paziente, probabilmente meno fascinoso ma anche meno brusco.
Nella sua intervista, Paquale Nonno chiedeva a Carniti: In questi
giorni lei viene visto spesso come anticomunista, eppure pi di una volta
ha detto di preferire un governo di cui faccia parte il Pci. Perch? La risposta non era assolutamente sorprendente, anche alla luce di quel che stava
accadendo in quei giorni: Perch un Pci arroccato, che fa politica guardando al passato, un problema serio per questo paese. Moro diceva che
lItalia ha una democrazia bloccata che rischia di rimanere incompiuta.
un grosso rischio. Nei fatti al Pci non viene riconosciuta legittimit di forza
di governo. Esso stesso contribuisce molto alla sua esclusione. Io personalmente non ho capito chi dovrebbe comprendere questa alternativa democratica, n cosa sia. La sostanza che proprio con la sua libert di
manovra, Carniti aveva in pochi mesi sconvolto antiche certezze. Era considerato il miglior amico dei comunisti; si ritrovava a essere considerato il
miglior amico di Craxi. Conclusione: lamico del mio nemico anche mio
nemico secondo una logica decisamente in voga, ancora oggi, nella politica
italiana. Carniti si era sentito anche un po usato nel periodo del compromesso storico e lo faceva notare, indirettamente, nel corso di quel dibattito
pubblicato su la Repubblica quando ricordava a Lama che laccordo del
1977 sulle liquidazioni la Cisl lo avrebbe volentieri respinto. Insomma,
lunit val bene qualche boccone amaro che la Cgil, invece, non era stata
in grado, sette anni dopo la storia delle liquidazioni (quella del referendum
evitato da Spadolini), di ingurgitare.
Riusciva difficile a molti interpretare le sue scelte come la conseguenza del suo modo di intendere il sindacato come autonomo soggetto po220

PIERRE CARNITI

litico; pi facile considerarle (e rappresentarle) come una forma di tradimento, come manifestazione di intelligenza con il nemico. E, daltro
canto, Craxi andava al congresso della Cisl e lo ringraziava definendolo
uomo coerente, capace e generoso. Non un caso che dai leader di opinione, dai giornali pi prossimi a Berlinguer (o anche a De Mita) o a settori
della Confindustria che apprezzavano poco lidea dellaccordo, in quei mesi
sia stato scelto come il bersaglio preferito delle critiche, in pratica la causa
di tutti i mali. Su la Repubblica il primo a criticarlo severamente fu Fausto
De Luca, con un corsivo del 18 febbraio 1984. Diceva il famoso notista politico: Il protagonismo di Carniti allinterno del sistema sindacale surclassa quello di De Mita nel mondo dei partiti, tende anzi a sopravanzare
la Dc di fronte al mondo cattolico, a fare della Cisl lelemento di punta
avanzato di un popolarismo che comprende e raccoglie la sfida di Craxi,
le risponde andando ancora pi avanti nella rottura coi comunisti, con
lambizione di indicare una via duscita al partito tuttora anchilosato nelle
vecchie correnti, nelle stantie divisioni, nelle oligarchie immobili, quasi
sovietizzate... la sua presa di posizione pi politicamente schierata, pi
oltranzista si potrebbe dire, dal lato del governo, quasi proiezione di uno
schieramento politico allinterno del sindacato, per farsene elemento di
forza e di competitivit nei confronti delle altre organizzazioni, in primo
luogo la Cgil, naturalmente.
Oggettivamente, appare un po complicato considerarlo, anche oggi,
a tanti anni di distanza, come una sorta di avanguardista democristiano
lui che, al tempo stesso, veniva definito troppo amico dei socialisti e, comunque, troppo orientato a sinistra (tanto vero che per riequilibrare in
qualche modo lorganizzazione, Franco Marini, dichiaratamente democristiano, forzanovista, era il segretario generale aggiunto). Dopo De Luca, il
giornale di Scalfari schier un editorialista di primissimo piano, Massimo
Riva che lo indicava come il vero autore del decreto di San Valentino. Scriveva, alla fine di una articolata analisi sullesproprio, attuato attraverso laccordo, delle prerogative parlamentari in tema di politica economica: Sul
significato istituzionale di quanto verificatosi, c una conferma autentica
che viene dal regista dellintera operazione, il sindacalista Pierre Carniti.
Cosa si era verificato? Non una violazione costituzionale, come pure alcuni
allepoca sostenevano: Semmai pi fondato il dubbio che esso (il prov221

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

vedimento, n.d.a.) modifichi una prassi di non intervento governativo su


materia finora lasciata alla autonoma disponibilit delle parti. Dunque?
Cos come stato concepito e realizzato, esso configura un vigoroso colpo
inferto ai principi dello Stato liberale e un decisivo passo innanzi sul piano
inclinato della degenerazione corporativa. Come la premessa (violazione
di una prassi di non intervento governativo) possa conciliarsi con la conseguenza (violazione dei princpi dello stato liberale) piuttosto complicato da
capire. In sostanza, a parere di Riva, il Parlamento aveva approvato bilancio
e legge finanziaria ma le organizzazioni sindacali si sono recate a Palazzo
Chigi per rinegoziare daccapo, con il governo, i modi e i contenuti di quanto
il Parlamento aveva deciso. Era di salario, di meccanismi automatici di adeguamento che si era parlato a Palazzo Chigi, temi che erano stati sempre al
centro della contrattazione sindacale, anche nel momento in cui il governo
della non sfiducia, con il sostegno del Pci, aveva provveduto a modificare il
sistema di calcolo delle liquidazioni, lincidenza della scala mobile.
Evidentemente cera stato anche in quel caso una violazione dei
principi dello Stato liberale, ma nessuno laveva denunciata. Infine, il 18
marzo scendeva direttamente in campo Eugenio Scalfari per affermare che
il vero autore del decreto Pierre Carniti e in subordine Giorgio Benvenuto. Il direttore de la Repubblica svelava un disegno peraltro reale
anche se non nelle forme adombrate: La Cisl auspica un grande sindacato
libero che escluda dalle sue fila i comunisti.
In effetti, lidea circolava. Ma lultimo ad accarezzarla era proprio
Carniti. Luomo che si dedicava con maggiore passione a questo disegno
era Claudio Martelli. Immaginava, il delfino di Craxi, come veniva definito a quei tempi, un grande sindacato democratico che riunisse Cisl e
Uil. Unidea non nuovissima, che era stata adombrata anche alla fine degli
anni Quaranta e Cinquanta, dopo luscita dei comunisti e dei socialisti dal
governo, linevitabile rottura sindacale con conseguente frammentazione.
Ma era un guardare indietro e non avanti. Irrealizzabile per un paio di motivi. Tanto per cominciare i differenti valori a cui i due sindacati che avrebbero dovuto fondersi facevano riferimento. Per quanto la Cisl di quei tempi
avesse, come diceva Carniti, una quota minoritaria di dirigenti democristiani, restava, comunque, ancorata a valori decisamente diversi, una diversit che, se vogliamo, emersa anche in tempi recentissimi nella difficile
222

PIERRE CARNITI

coabitazione delle diverse anime del Pd nel momento in cui si passa a parlare di diritti civili. In secondo luogo, poi il mondo era in grande evoluzione,
si avvertivano cedimenti in quello che Reagan aveva ribattezzato lImpero
del Male, cinque anni dopo il comunismo sarebbe stato sotterrato dalla
Glasnost, dalla Perestrojka di Gorbaciov e, soprattutto, dalle macerie del
Muro di Berlino. Organizzare una operazione sindacale di stampo anticomunista sarebbe stato inizialmente inutile e, alla fine, a giochi internazionali
fatti, anche un po ridicola.
Certo, Martelli si adoper molto. Il 27 settembre del 1984 organizz
una riunione allhotel Jolly (quello a due passi dallufficio di Luciano Lama
in Corso dItalia a Roma) con i socialisti della Cgil, della Uil e della Cisl.
Ma liniziativa trov scarsi consensi. Due mesi dopo, Giorgio Benvenuto
riun i socialisti della Uil e afferm: Che cosa intende fare il Partito Socialista? Continuare un confronto con i sindacalisti socialisti o metterli in
secondo piano e privilegiare il rapporto e laccordo con la Cisl? A febbraio, Martelli a un convegno della Uil sul lavoro, dichiar di essere in disaccordo con la Uil e di concordare, invece, con la Cisl. Sempre nello stesso
mese, il 25 febbraio, Martelli in un convegno a Bologna sul riformismo afferm che gli interlocutori privilegiati del Psi nel sindacato sono i riformisti della Cgil e, soprattutto, la Cisl. La risposta pi netta a un progetto
che non decoll, Giorgio Benvenuto la diede, per, davanti a una platea di
socialisti e di dirigenti socialisti: il congresso che si svolse a Verona dall11
al 15 maggio (quello dellacclamazione di Craxi al vertice del partito, dei
fischi a Berlinguer e dellincauto commento del segretario: Se avessi saputo fischiare, avrei fischiato anche io). Disse il segretario della Uil: Non
ci piace il tentativo di far crescere sulle macerie della spaccatura una sorta
di bipolarismo sindacale: i comunisti di l, di qua tutti gli altri in attesa di
chiss quale altra egemonia. Non abbiamo avuto mai la vocazione al sindacato di partito figurarsi se abbiamo voglia di riunirci sotto le anacronistiche bandiere del sindacato anti-comunista. Queste discriminanti
appartengono a un passato politicamente remoto. E, comunque, non c
dubbio che lalternativa allunit il pluralismo.
Seduto al tavolo della presidenza, Martelli prendeva appunti mentre
il suo progetto scompariva allorizzonte. Poteva interessare a qualcuno quel
sindacato? Forse qualche attenzione laveva suscitata in Franco Marini o
223

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

in Mario Colombo, ma la realt che lallora vice-segretario del Psi non


faceva i conti con un mondo in movimento che se da un lato avrebbe creato
difficolt al sindacato (le stava gi creando), dallaltro avrebbe di fatto frullato in una sorta di tempesta i partiti e gli equilibri politici della Prima Repubblica. Claudio Martelli scambia la crisi del sindacato con la fine del
sindacato, diceva Giorgio Benvenuto.
Ma in questa babele, si confondevano anche le ragioni della diversit. Perch se vero che la Cisl e la Uil avevano dato il via libera al decreto
di San Valentino, anche vero che nelle strategie le due organizzazioni seguivano percorsi diversi perch se la Uil parlava la lingua della riforma del
salario e della scala mobile, dallaltra la Cisl puntava sulla riduzione di orario e sulla conseguente riduzione di salario. Martelli propendeva per la seconda ipotesi e Benvenuto commentava: Questa linea un atto di
subordinazione del Psi al solidarismo cattolico. A questo punto, per, occorre ricordare unaltra data drammatica, che segner lultimo biennio della
segreteria di Carniti: 27 marzo 1985. Quel che avvenne quel giorno lo ha
ricostruito il figlio della vittima, Luca: mercoled, una giornata di sole
caldo. trascorso un anno dalla scoperta dellarchivio delle Br in cui cera
il nome di mio padre. Poco dopo la lezione, verso le undici, lascia listituto
di Economia e Commercio di via Castro Laurenziano. Scende in ascensore
fino al parcheggio interno della facolt e sale a bordo della nostra macchina: la stessa Citroen Cx rossa targata Milano con cui andavamo e venivamo da Sabaudia. Gli si avvicina un giovane sui trentanni, armato di
mitra, che lo chiama: Professor Tarantelli! Mio padre si gira e vede
larma appoggiata al finestrino di sinistra, quello accanto al posto di guida.
Luomo svuota il caricatore contro di lui. Si accascia sul sedile di destra,
con diciassette pallottole nel torace. Aveva quarantatr anni... Prima di
fuggire via, lascia tra il parabrezza e il tergicristallo della macchina un
plico di settanta pagine. la risoluzione strategica n. 20"... I due uomini
corrono verso il retro, per saltare la rete della facolt. Dietro Economia e
Commercio c una zona abbandonata, di sterpaglie e capannoni, da cui
facilmente i brigatisti raggiungono viale delle Province, o forse direttamente la Tiburtina. Dir Craxi, quattro mesi dopo, al congresso di addio
di Carniti: Non mai esistito quellasse Craxi-Carniti-Confindustria di
cui farneticavano i visionari criminali estensori della risoluzione brigatista,
224

PIERRE CARNITI

bagnata nel sangue di uomini prodi e innocenti. Ezio Tarantelli era uno
di quegli uomini prodi, decisivo nella soluzione adottata per ottenere il raffreddamento dellinflazione cio la predeterminazione degli scatti. Ma da
un punto di vista ideologico il suo testamento un articolo che apparve su
la Repubblica il 5 giugno dell84. Il titolo era: Lavorare di meno per
occupare di pi. Scriveva: Occorre rendere pi flessibile luso della forza
e lorganizzazione del lavoro in fabbrica e in azienda. Ma occorre farlo lavorando meno per lavorare tutti, senza aumentare i costi per le imprese.
Vediamo come ci sia possibile prendendo a riferimento lo scenario stilizzato che ho appena accennato. Se la produttivit cresce al tre per cento, il
salario per ora lavorata pu anchesso crescere nella stessa misura. Ma
questo non deve significare un pari aumento del salario mensile per occupato se, contemporaneamente, diminuisce il numero delle ore che il lavoratore sceglie di non dedicare al lavoro ogni giorno, mese o anno. Al
contrario, la differenza fra il tasso di aumento della produttivit del lavoro
e laumento del salario mensile deve essere esattamente pari allaumento
del tempo libero per occupato.
In un saggio recentissimo e inedito, Pierre Carniti ha scritto: I fattori di insicurezza che derivano e si riflettono sulla situazione del lavoro
sono molteplici. Non ultimo pesa il fatto che la popolazione attiva mondiale
rapidamente aumentata. infatti passata da 1 miliardo e 200 milioni del
1950, ai circa 3,5 miliardi del 2010. Il risultato che nel mondo cresciuta
enormemente lofferta di lavoro, senza che di altrettanto si sviluppasse la
domanda... Stando cos le cose una domanda diventa spontanea: si pu
fare qualcosa per cambiare il corso degli avvenimenti? Per cercare di rispondere occorre tenere presente che la questione del lavoro si compone
di due aspetti, collegati ma nello stesso tempo sufficientemente distinti. Il
primo riguarda la dimensione quantitativa, il secondo quella qualitativa.
La risposta al primo aspetto dalle istituzioni pubbliche viene normalmente
affidata a riti propiziatori nei quali sono invocati: la crescita, la ripresa, il
rilancio delleconomia. Rituale al quale si dedicano (con maggiore o minore convinzione) tutte le istituzioni nazionali e internazionali. Ma a parte
la concreta realizzabilit, occorre sapere che queste ipotesi, per non dire
semplici auspici... non sono comunque in grado di risolvere n in termini
quantitativi e ancor meno qualitativi il problema. Siamo dunque ad una
225

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

stretta. In quanto ad una serissima difficolt congiunturale (le conseguenze


di una economia finanziartia di rapina) si aggiungono importanti cambiamenti strutturali. Troppo a lungo trascurati. Una delle ragioni che dovrebbe
spingere anche a mettere mano agli orari. In funzione di una diversa ripartizione del lavoro. Il motivo per adottare una strategia di questo tipo
dovrebbe risultare del tutto comprensibile. E comunque piuttosto semplice. Poich il lavoro disponibile non assolutamente sufficiente ad assorbire lofferta, occorre ridurre gli orari e redistribuire meglio il lavoro
che c tra tutti coloro che vogliono lavorare. Peraltro, a beneficio dei pi
timorosi, occorre ricordare che non si tratta affatto di una scelta sconvolgente, destabilizzante, rivoluzionaria. In quanto stata ampiamente seguita
(sia pure con alti e bassi) per oltre un secolo e mezzo.
Una soluzione che continua a non convincere Giorgio Benvenuto
che in un suo libro ha affermato: Dubito che una ricetta del genere possa
produrre risultati in presenza di una congiuntura sfavorevole, in una fase
fortemente recessiva. La proposta di Tarantelli (e di Carniti, n.d.a.) si legava
culturalmente alle scelte che erano state fatte negli anni Sessanta quando
si era in un momento di espansione e il sindacato riusciva a contrattare riduzioni dellorario di lavoro per favorire laumento delloccupazione. In
una economia in crescita e in un mondo che pu ancora innalzare barriere
doganali, la soluzione pu dare dei risultati. Ma nelle crisi e in un sistema
economico cos aperto e globalizzato non ottieni granch.

226

SAN VALENTINO
Lautunno del sindacato

De Michelis gest le trattative che portarono al


decreto di San Valentino

SAN VALENTINO

Nella tarda serata del 14 febbraio 1984, mentre i ristoranti del centro di Roma si popolavano per i tradizionali festeggiamenti di San Valentino, la festa degli innamorati, a Palazzo Chigi arrivavano due lettere
sostanzialmente uguali. I mittenti scrivevano: Caro Presidente, sulla base
del mandato ricevuto dal Comitato Centrale (dal Consiglio Generale, diceva la seconda, n.d.a.) Ti (Le, nella formulazione della seconda, n.d.a.)
comunico ladesione della Uil (della Cisl, n.d.a.) ai termini conclusivi del
negoziato relativi a: provvedimenti fiscali; governo delle tariffe, dei prezzi
e dellequo canone; programmazione della dinamica salariale; mercato
del lavoro e contratti di solidariet; nuovi strumenti di politica industriale
e interventi nei settori e nelle aree di crisi; istituzione del fondo di solidariet; programmi per loccupazione giovanile in particolare nel Mezzogiorno, misure per la sanit e indicizzazione degli assegni familiari;
provvedimenti per il pubblico impiego; convenuti nella giornata di marted
14 febbraio. In conseguenza di quanto sopra, la Uil (la Cisl) impegna il
Governo a prendere tutti i provvedimenti di legge e amministrativi necessari per attuare con urgenza e contestualmente le direttive politiche contenute nei testi richiamati. Cordiali saluti. Giorgio Benvenuto (Pierre
Carniti).
Alla lettera della Uil era accluso il documento del Comitato Centrale approvato allunanimit, 220 membri su 220. Chiara lidea della Confederazione guidata da Giorgio Benvenuto su quello che alla storia sarebbe
passato come il Decreto di San Valentino: Il Comitato Centrale della Uil
rileva perci che vi il necessario grado di coerenza fra limpostazione
della Uil, cos come emersa dalla sua conferenza di organizzazione, al centro della quale vi sono state la scelta della politica dei redditi ed un patto
per loccupazione e le indicazioni che fanno parte della ipotesi conclusiva
di accordo. Il Comitato Centrale della Uil rileva altres che tale ipotesi
corrisponde in notevole parte allimpostazione unitaria costruita nella Fe229

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

derazione Cgil-Cisl-Uil. Non basta, perch le questioni relative alla rappresentanza, alla democrazia sindacale erano esplose con grande fragore e
Benvenuto era stato il pi determinato a farsene portavoce. Nel documento
si leggeva: Il Comitato Centrale della Uil impegna la segreteria a definire
al pi presto regole e comportamenti che debbono presiedere ad un nuovo
progetto di democrazia sindacale affinch rapporto e verifiche con i lavoratori si svolgano secondo criteri certi e chiari. Non mancava una stoccata
alla Cgil che su quelle ipotesi a cui le due lettere facevano riferimento
aveva chiesto di consultare i lavoratori attraverso un referendum: Non
nemmeno utile esprimere un giudizio su coloro che fino ad oggi non hanno
politicamente consentito di fissare regole, procedure e garanzie per rendere
praticabile il ricorso al referendum. per da respingere ogni ipotesi rivolta
ad improvvisare le regole del gioco democratico. Il referendum pu morire
prima di nascere perch cos sarebbe se dovesse degenerare passando da
strumento di democrazia a veicolo di spaccatura tra i lavoratori.
Pi stringati i due comunicati del Consiglio Generale che Carniti
accludeva alla sua lettera. Nel primo si spiegava che i risultati conseguiti
erano idonei alla conclusione della trattativa; nel secondo chiedeva alla
Segreteria di convocare il Comitato Esecutivo per un aggiornamento dei
contenuti politici dellAssemblea organizzativa con lobiettivo di consolidare il rapporto democratico con linsieme dei lavoratori e - per ricostruire
nelle nuove condizioni e su nuove basi strategiche - una prospettiva unitaria. Bisogna, comunque, tenere presente che nel tentativo di evitare la divisione, la Cisl aveva preso in considerazione nel comitato esecutivo del 12
febbraio, dopo lincontro con il Governo a Palazzo Chigi, anche lipotesi di
utilizzare il referendum ma, come ha spiegato tempo dopo Carniti, lipotesi
fu accantonata perch, anche a prescindere dai problemi di ordine pratico
e di garanzie nella sua gestione, i tempi del referendum sarebbero risultati
incompatibili con i tempi dellentrata in vigore dellaccordo. Non bisogna
infatti dimenticare che la predeterminazione degli scatti di scala mobile era
stata concentrata (su iniziale richiesta della Cgil) nei primi due trimestri.
Esattamente due punti in meno nel primo e un punto in meno nel secondo.
Sul tavolo del presidente del Consiglio, Bettino Craxi, veniva depositata anche una terza lettera, firmata da Luciano Lama a nome della Cgil.
Il tenore era ovviamente diverso rispetto alle altre due. La Cgil non accet230

SAN VALENTINO

tava la proposta governativa. Nella missiva si dava conto che la minoranza


socialista della Confederazione non condivideva la posizione della maggioranza (la mozione comunista aveva ottenuto 76 voti, quella socialista
43). Lultimo incontro, il giorno di San Valentino a Palazzo Chigi, con un
tavolo affollatissimo (oltre al presidente del consiglio, Bettino Craxi, e
al ministro del lavoro, Gianni De Michelis, cerano i sindacalisti della Cgil,
Luciano Lama, Ottaviano Del Turco, Sergio Garavini e Bruno Trentin,
quelli della Uil, Giorgio Benvenuto, Pietro Larizza e Giorgio Liverani, e
quelli della Cisl, Pierre Carniti, Franco Marini ed Eraldo Crea) serv solo a
ufficializzare una grave crisi di incomunicabilit: due anime sindacali da
una parte (Uil, Cisl e socialisti della Cgil), unanima dallaltra (comunisti
della Cgil).
Lultima lettera ad arrivare sul tavolo di Bettino Craxi fu quella firmata da Vittorio Merloni. Un parto decisamente difficile e doloroso, che
aveva prodotto una spaccatura verticale allinterno di una Confederazione
in cui si riproponevano, ancorch in parte, le divisioni politiche esterne, tra

Il tavolo di Palazzo Chigi: si riconoscono Benvenuto e Carniti (di


spalle), Lama, accanto a Craxi, Del Turco, Marini, Trentin e De Michelis
231

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

filo-craxiani, filo-berlingueriani e filo-demitiani (in qualche caso i due ultimi filo si identificavano). Il provvedimento in via di elaborazione agli
imprenditori non piaceva granch e questa scarsa simpatia emergeva dal
tono e dal contenuto della lettera. Lo stesso Merloni aveva temuto la replica
del copione dellanno prima quando per far passare il Protocollo Scotti, inviso a buona parte della sua Confederazione, aveva dovuto forzare la mano
presentando le sue dimissioni (accompagnate da quelle di Mandelli), obbligando cos gli oppositori a uscire allo scoperto. In ogni caso, con un solo
voto di scarto, le soluzioni erano state accettate e Merloni dava il via libera
dellorganizzazione con queste poche righe: La Confindustria esprime
adesione al Protocollo dintesa presentato in data 14 febbraio 1984 ed
allallegato sui prezzi e tariffe. Invita il Governo a prendere i provvedimenti
conseguenti. Qui finiva il consenso e cominciavano le perplessit: la Confindustria insiste affinch si adottino strumenti pi flessibili per il mercato
del lavoro e in particolare che sia confermato il contratto con finalit formative introdotto con laccordo del 22 gennaio 1983 e che ha consentito
pi di 100.000 assunzioni senza costi per lo Stato. Raccomanda che la politica industriale e quella per il Mezzogiorno siano ispirate ai principi
delleconomia di mercato ed alleliminazione dellassistenzialismo. Raccomanda la rapida attuazione ed il miglioramento delle misure rivolte allo
sviluppo degli investimenti e dellinnovazione. Esprime preoccupazione
per lintroduzione di nuovi vincoli nel regime degli affitti.
Doveva esserci anche una quinta lettera, firmata da Ottaviano Del
Turco a nome dei socialisti della Cgil, ma Lama lo convinse che non poteva
adottare una iniziativa del genere in quanto rappresentante solo di una minoranza dellorganizzazione. La sera, quando i sindacalisti si ritrovarono a
Palazzo Chigi, Bevenuto e Carniti posarono sul tavolo le loro missive, Del
Turco, invece, annunci che la sua non ci sarebbe stata. Nella sala cal il
gelo. Carniti, tra lo stupore generale, prese la sua lettera, la infil in tasca
e fece per andarsene. Fu bloccato sulla soglia e a quel punto cominci una
faticosa opera di convincimento alla fine della quale il segretario della Cisl
consegn nuovamente la sua lettera.
In quella serata in cui si festeggiano i rapporti sentimentali, le Confederazioni, insomma, celebrarono il loro divorzio. Nulla sarebbe stato pi
come prima. Contemporaneamente venivano tagliati quattro punti di con232

SAN VALENTINO

tingenza e diciotto anni di accordi firmati unitariamente. Nasceva lo strumento della predeterminazione degli scatti di sacala mobile e moriva il Sindacato dei Consigli perch, alla prova del nove, aveva dimostrato di non
riuscire pi a essere realmente espressione di democrazia, a farsi portavoce
delle maggioranze ancorch silenziose (il termine bruttino ed evoca storie
non propriamente commendevoli, ma rende) e non pi solo delle minoranze
(o avanguardie) pi combattive e, soprattutto, politicamente schierate.
Quella data era, contemporaneamente, la fine di una storia, la trattativa sulla
scala mobile cominciata tre anni prima con il Governo Spaodolini e temporaneamente risolta con il Protocollo Scotti; e linizio di un altra storia,
due anni con il 1 maggio celebrato da separati in casa, le manifestazioni
dei cosiddetti autoconvocati con una caratterizzazione pi politica (anti-socialista) che economica, il referendum, soprattutto la fase pi acuta dello
scontro tra Berlinguer e Craxi (con linserimento di protagonisti a latere
come De Mita e Spadolini).
Furono giorni difficili che Pierre Carniti pag anche da un punto di
vista fisico. E quando Bettino Craxi and a trovarlo al Policlinico Umberto
I dove era ricoverato per quello che lui con una certa dose di ironia chiamer spesso nei suoi scritti un soggiorno imprevisto, spieg chiaramente
che le ipotesi di arretramenti tattici sulla soluzione data al problema della
scala mobile non potevano essere prese in considerazione (Io per questa
storia mi son preso un infarto, disse al presidente del Consiglio dichiarando la sua indisponibilit a valutare soluzioni alternative per favorire uno
smussamento degli angoli). Cosa fu quel decreto? Un atto autoritario di
un presidente del Consiglio decisionista? La conclusione di un negoziato
lungo e complesso? In qualche maniera, il provvedimento legato al nome
di Ezio Tarantelli visto che il meccanismo della predeterminazione degli
scatti era stato suggerito, ideato, costruito da lui e accettato dalla Cisl e poi
anche dalla Uil. A quasi trentanni dalla sua morte, il figlio Luca quel decreto lo descrive cos: Anche se alcune di quelle proposte somigliavano
ai 18 punti che mio padre aveva elaborato con la Cisl nel 1981, il decreto di San Valentino, come fu conosciuto, era tuttaltro che il risultato di
una concertazione sindacale come quella che auspicava lui. Craxi, infatti,
aveva risolto la questione della scala mobile di nuovo con laccetta attribuendosi poteri decisionali unilaterali in un ambito su cui fino ad allora
233

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

si era cercata una intesa tra tutte le parti interessate. Questa modalit era
in linea con lo stile personalistico di governo che impresse al partito, e che
lo port a ottenere un potere pi grande di quello che avesse mai avuto
nessun presidente del Consiglio prima di lui. La ricostruzione, in realt,
appare quantomeno parziale. Craxi intervenne solo alla fine: fra le parti le
trattative erano andate avanti per alcune centinaia di ore; la soluzione adottata, cio la predeterminazione degli scatti, era il frutto di unidea di Ezio
Tarantelli, fatta propria da Carniti e dalla Cisl, sostenuta da Benvenuto e
dalla Uil.
Laccetta, poi, non era cos affilata se dal momento delladozione
sino alla sua conversione in legge (il primo provvedimento decadde, il secondo riusc a passare lesame del Parlamento), il decreto sub degli aggiornamenti di non poco conto soprattutto sul versante della durata, sei mesi
invece di un anno. Una modifica che avrebbe in qualche maniera mutato
anche latteggiamento di Enrico Berlinguer. Massimo DAlema ha raccontato in un libro come il segretario comunista accolse la novit: Berlinguer
alla fine si mantenne prudente, sottoline che le questioni di principio rimanevano irrisolte anche con il nuovo decreto, ma accolse linvito a una
condotta pi moderata e a una rinuncia allostruzionismo. Ormai era
chiaro che egli non escludeva si potesse trovare, uscendo dal muro contro
muro, una convergenza con settori della maggioranza. Quale fosse il disegno del segretario comunista lo vedremo pi avanti (almeno nello
schizzo che ci stato offerto da Antonio Tat). Ad ogni modo non da
escludere che se sul palco di Padova non fosse intervenuto quel terribile
malore, probabilmente Berlinguer avrebbe trovato il bandolo della matassa
per impedire la celebrazione di un referendum che pure aveva voluto con
grande determinazione. Quel decreto fu il frutto di duecentoventi ore di
trattative, duecentoventi ore in cui Craxi entr in scena solo nella parte finale, replicando quel che aveva fatto un anno prima Amintore Fanfani con
Vincenzo Scotti. Gianni De Michelis che era il ministro del lavoro che condusse il negoziato, ha una idea diversa rispetto a quella di Luca Tarantelli:
Laccordo di San Valentino, il pi alto esempio di riformismo di marca
socialista europeo. Il decreto un nervo scoperto. il nervo scoperto di
chi allora, nel Partito Comunista, organizz una battaglia senza esclusione
di colpi, soprattutto a livello parlamentare (e anche nelle piazze), con espo234

SAN VALENTINO

nenti riformisti, come Napoleone Colajanni che a un certo punto, per allungare i tempi della discussione fecero saltare la luce in Commissione.
il nervo scoperto di chi ondeggi tra Scilla e Cariddi saltando,
come spesso capita in Italia, sul carro del vincitore al momento giusto. Ne
parleremo pi avanti, ma il comportamento confindustriale fu tuttaltro che
coerente (lintesa venne accettata dagli imprenditori con la maggioranza di
un voto: quello di Gianni Agnelli, catapultatosi appositamente a Roma da
Torino ma contro votarono Cesare Romiti e Carlo De Benedetti). E poi c
la figura di Craxi che crea imbarazzi. Perch ai pregiudizi di quegli anni si
sono sommate le vicende legali dei primi anni Novanta e la valutazione,
anche su fatti che nulla hanno a che vedere con le aule di tribunale, ha finito
per essere orientata da situazioni di altro tipo. San Valentino andrebbe riletto
per quello che stato. Forse, come dice Luca Tarantelli, il provvedimento
non conteneva in toto i 18 punti elaborati dal padre ma ne conteneva di-

Bettino Craxi presiede la riunione finale della trattativa


sulla scala mobile. In primo piano il Ministro
del Lavoro Gianni De Michelis, accanto a lui Bruno Trentin,
Franco Marini, Ottaviano Del Turco e Luciano Lama
235

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

versi perch, come capita in tutte le trattative sindacali, qualcosa si ottiene


e a qualcosa si rinuncia. Ma che si sia trattato di una intesa composita e
complessa testimoniato dal fatto che alla fine di duecentoventi ore di trattative vide la luce un documento ponderoso come un tomo filosofico diviso
in sette capitoli (fisco, prezzi e tariffe, politica industriale, Mezzogiorno,
sostegno alloccupazione, misure attinenti al riordino delle istituzioni sociali, fondo di solidariet) e due protocolli (iniziative specifiche e pubblico
impiego). Peraltro, il meccanismo della predeterminazione era diventato
da tempo quasi un patrimonio comune allinterno del dibattito politico-economico visto che il primo a lanciare lidea, in una intervento sul
Sole24ore era stato lex governatore della Banca dItalia ed ex presidente
della Confindustria, Guido Carli. E forse questa sua sortita in qualche maniera complic il confronto fra le organizzazioni sindacali, facendo aumentare la diffidenza della Cgil.
Nellaccordo si diceva che per lanno 1984 levoluzione delladeguamento automatico delle retribuzioni al costo della vita verr regolato
determinando fin dora, per ciascun trimestre, il numero di scatti massimo
di scala mobile nella misura di non pi di 2 per il mese di febbraio, non
pi di due nel mese di maggio, non pi di due nel mese di agosto e non pi
di tre nel mese di novembre; prevedendo, nel caso il tasso di inflazione
programmato fosse stato sfondato misure di garanzia da attuare nel 1985
a favore delle retribuzioni attraverso interventi fiscali e parafiscali. Sul
fisco veniva dichiarata per la prima volta guerra allevasione fiscale, introducendo anche metodi presuntivi di controllo e misure contro lelusione
per raccogliere diecimila miliardi di vecchie lire in pi allanno; veniva recuperato il cosiddetto fiscal drag: Per il 1985 si provveder a rettificare,
in relazione allinflazione che effettivamente si verificher per tale anno
ed in ogni caso entro il limite del tasso di inflazione programmato gli effetti
della progressivit dellimposizione. Bruno Visentini fu uno dei grandi
protagonisti di quellaccordo. Alla trattativa si era accostato con grande diffidenza. Rifiutava lidea che di questi temi si dovesse discutere con il sindacato: Il fisco non riguarda solo i lavoratori, ma tutto il Paese, diceva.
Per molti giorni la trattativa langu. Poi i leader sindacali si rivolsero a Craxi
segnalando le resistenze che stavano incontrando. Il presidente del Consiglio parl con Visentini e la situazione, come per incanto, si sblocc e da
236

SAN VALENTINO

quel momento il ministro delle finanze mut atteggiamento.


Con i sindacalisti cominci ad avere un rapporto produttivo, amichevole, di solidariet politica e anche umana. Raccontava nelle pause degli
incontri che lui preferiva sottovalutare le entrate e sopravvalutare le uscite
(sistema che se altri avessero seguito dopo di lui, forse oggi non saremmo
cos indebitati); spiegava cosera per lui il ministro delle finanze: come
il Milite Ignoto, rispettato, onorato ma sconosciuto. Illustrava il suo amore
per la Germania, di come, giovane studente negli anni Trenta in quel Paese
avesse avuto percezione del dramma che si sarebbe abbattuto sullEuropa:
Rimasi scioccato da un raduno nazista: tutti con le camicie brune e una
fiaccola tra le mani. Alla fine, Visentini fu decisivo non solo nella definizione di quellallegato ma anche nel dibattito parlamentare smussando le
resistenze di quellarea anti-socialista che allinterno del suo partito, il Pri,
non voleva consegnare a Craxi una vittoria politica.
Ma le dinamiche inflazionistiche non andavano controllate solo sul
fronte dellaggiornamento automatico del salario. Il governo, perci, dichiarava di voler mantenere la crescita del complesso delle tariffe e dei
prezzi amministrati e regolamentati al 10 per cento in media annua ivi compresi i trascinamenti dal 1983 individuando alcuni prezzi e tariffe, particolarmente rilevanti per i consumi delle famiglie, da tenere sensibilmente
al di sotto di tale limite. Anche per quanto riguarda i prezzi liberi, venivano promossi accordi di autodisciplina con lobiettivo del contenimento dei prezzi medi entro il tasso di inflazione programmato. In unItalia
con linflazione fuori controllo, diventava sempre pi complicato prendere
in fitto una casa a un costo accettabile. Laccordo metteva in moto lequo
canone perch laumento avvenuto nel 1983 ha provocato per questanno
un elevatissimo trascinamento (pari al 13 per cento) gi superiore al tasso
programmato per il 1984, e che il livello dei canoni di locazione delle abitazioni assume una rilevanza decisiva nella lotta antinflazionistica. Il Governo,
pertanto, dar corso ad un provvedimento legislativo volto a sospendere laggiornamento del canone di locazione per il 1984. E poi interventi a favore
dei settori in crisi, iniziative per creare nel Sud centomila posti di lavoro in
un triennio, la riforma delle Usl, la ristrutturazione del trattamento farmaceutico, il fondo di solidariet (accantonamento dello 0,50% dei salari a titolo
di prestito remunerato).
237

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Una cosa certa: quella trattativa non fu un fulmine a ciel sereno,


un accidente improvviso perch tutti sapevano che a un anno dal Protocollo
Scotti si sarebbe dovuta attuare una verifica. Quellintesa un primo risultato
lo aveva ottenuto: linflazione attestata al 16,5 nel 1982, era scesa al 14,7.
Ma non poteva bastare perch, come aveva spiegato Giorgio Benvenuto in
un articolo pubblicato sullAvanti! del 29 gennaio 1984, i dati elaborati
dalla Federazione unitaria, in modo unanime, parlano da s: con uninflazione che corresse nel 1984 al ritmo del 12 per cento avremmo un crollo
di potere di acquisto netto pari al 2,6 per cento a seguito delloperare del
fiscal drag... Gli effetti sulloccupazione sarebbero drammatici visto che
passeremmo dalla possibile conquista di circa 170.000 posti di lavoro ad
una perdita secca di pi di centomila posti di lavoro... Con uninflazione
al 10 per cento invece il nodo delloccupazione tornerebbe centrale, a
fronte di una pi contenuta perdita salariale ed a un effetto positivo sulla
finanza pubblica visto che ad ogni punto in meno del tasso di inflazione
corrisponde una minore spesa per interessi pari ad almeno 3000 miliardi.
Il 9 dicembre part la verifica e da quel momento la storia cominci ad assumere ritmi molto accelerati anche perch la situazione del Paese era complessa, la ripresa internazionale in corso e lItalia rischiava di non
agganciarla. Il 12 dicembre la Cisl riun il Consiglio Generale per rilanciare
la proposta della predeterminazione degli scatti. Un paio di giorni dopo la
Cgil rispose con la conferenza organizzativa proponendo il blocco di sei
mesi dei prezzi amministrati, delle tariffe e dellequo canone, contenimento
della crescita dei salari. Spiegava Bruno Trentin: Non escludiamo di poter
giungere a predeterminare un abbassamento del costo del lavoro se il governo risponder positivamente ad alcune nostre richieste.
Racconter anni dopo DAlema: In quei mesi drammatici di scontro sociale e politico, liniziativa dei comunisti cerc via via di valorizzare
le proposte alternative al decreto, a partire dallipotesi di moderazione salariale o - su impulso di Bruno Trentin - di parziale desensibilizzazione
della scala mobile. Noi non siamo quelli de la scala mobile non si
tocca, disse pi volte Alfredo Reichlin cui tocc il compito di coordinare
la battaglia. Era evidente la sua preoccupazione di non tradire quel profilo
di grande forza di governo impegnata nella lotta allinflazione che si era
affermata negli anni recenti della solidariet nazionale. Laccento veniva
238

SAN VALENTINO

posto sul metodo. Sullo strappo, operato per di pi via decreto, nelle relazioni con le parti sociali. Mentre sul piano della sostanza, si preferiva insistere sulliniquit di una proposta che non prevedeva una politica di
tutti i redditi, nel senso di una autentica lotta allevasione fiscale e di una
tassa patrimoniale sulle rendite finanziarie, come i sindacati e il Pci chiedevano allora con insistenza.
Le parole di DAlema tradiscono, comunque, la contraddizione con
cui il Pci era costretto a fare i conti: negli anni della solidariet nazionale
per via legislativa si era intervenuto sulla scala mobile (limitatamente alle
liquidazioni) e con il consenso comunista. Tra laltro, cerano alcuni aspetti
dellintervento proposto che avrebbero forse dovuto sollecitare altra attenzione se il confronto fosse stato sulle cose e non sulle pregiudiziali politiche. La predeterminazione degli scatti era un meccanismo che tendeva a
salvaguardare il salario: lobiettivo era quello di tenere inalterato il potere
dacquisto contenendo linflazione e riducendo gli effetti perversi del fiscal
drag. Alla perdita monetaria non avrebbe corrisposto una perdita reale. Lo
schema, comunque non era molto dissimile rispetto a un anno prima.
Lunica novit era costituita dal presidente del Consiglio, anzi dal partito
di appartenenza del presidente del Consiglio. Luciano Lama, probabilmente, allintesa sarebbe arrivato (in un paio di occasioni la sua firma apparve vicinissima; lo stesso Presidente di Confindustria, Vittorio Merloni,
aveva tratto la convinzione che il Segretario Generale della Cgil, alla fine
sarebbe stato della partita). Avrebbe avuto bisogno di un alleato forte, ad
esempio Bruno Trentin. Ma i metalmeccanici della Cgil erano fieramente
contrari a ogni ipotesi di soluzione e lui fin per restare bloccato sotto il
peso politico di quella che restava la sua categoria di riferimento.
Risultato, nella verifica del 22 gennaio le distanze cominciarono a
emergere nettamente anche perch la Cgil nellesecutivo del giorno prima
aveva detto chiaro e tondo che di non essere daccordo sulla predeterminazione. E cos si arriv al Direttivo della Federazione unitaria del 7 febbraio
che prese atto della divisione evitando di formalizzarla con un voto. In quellorganismo, i comunisti della Cgil erano in minoranza: se ci si fosse
espressi nellurna avrebbero perso tanto che si fosse votato per organizzazioni (due contro uno) tanto che si fosse votato per membri (in quel caso i
socialisti della Cgil avrebbero ampliato larea di maggioranza). Con il voto
239

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

sarebbe morta non solo lunit presente ma anche quella futura; senza voto,
restava il conflitto immediato ma non si bruciavano le prospettive.
La sofferenza che caratterizz la vita della Cgil in quei giorni, soprattutto a ridosso della riunione finale a Palazzo Chigi, emerge da un documento che Bruno Ugolini ha pubblicato su l'Unit e che proviene
dall'archivio storico della Confederazione. Si tratta del verbale del comitato
direttivo del 12-13 febbraio del 1984. A sintetizzare la situazione complessa
provvide il Segretario Confederale, Gianfranco Rastrelli che in apertura del
vertice diceva: ... In ogni modo noi alle due e mezza ci presenteremo con
queste due opinioni differenziate, di una componente e di un'altra componente, poi mi pare che anche il compagno Lettieri, per informazione, d'accordo con noi nel senso che non ci sono le condizioni per firmare
l'accordo.
Quella che si svilupp sul decreto di San Valentino non fu una semplice trattativa sindacale ma qualcosa di molto pi ampio: un conflitto aspro
politico-ideologico con in ballo non solo i quattro punti di scala mobile,
ma gli equilibri di governo, il logoramento di Craxi, il ribaltamento del suo
esecutivo. Nel suo libro DAlema, ad esempio, parla di un segretario comunista che a un certo punto della vicenda adombr la possibilit di un governo che ristabilisse le regole del gioco anche senza i socialisti.
Insomma, San Valentino fu, come ha sempre scritto DAlema, la guerra
civile della sinistra italiana la cui ricomposizione venne resa impossibile
dalla scomparsa di Berlinguer in quel momento e in quel modo. Furono
giorni di trattative e di scontri, dentro il governo e fuori dal governo, nel
Parlamento e fuori dal Parlamento. Un gioco pesante in cui si cercavano
Giuda e se ne proponeva lacquisto con i soliti trenta danari. Ha raccontato
Gianni De Michelis che quattro giorni prima della definizione del decreto
venne invitato a una cena alla quale incontrai Spadolini, Scalfari e Rognoni.
Credo che fosse presente anche De Benedetti. Per tutta la sera tentatorono di
convincermi a mollare tutto, assicurandomi, da un lato, che la Confindustria
avrebbe cambiato idea, dallaltro che Craxi stesso, alla fine, mi avrebbe lasciato solo. Ma non fu cos: Ricordo che ci fu una riunione a Palazzo Chigi
alla quale partecipai con Giorgio Benvenuto e Pierre Carniti nel corso della
quale minacciammo le dimissioni se fossero stati messi in discussione i termini
dellaccordo. In sostanza, il giorno in cui il decreto venne approvato, Craxi
240

SAN VALENTINO

prov a convincere Lama offrendo una diminuzione dei punti da tagliare ma


Berlinguer viet a Lama qualunque possibilit di accordo.
Craxi, che voleva portare tutti allintesa, spesso in quei giorni sbottava: Alla Cgil io non ne restituisco quattro di punti, ma trenta, quaranta.
Di fronte alla minaccia di dimissioni, per, tir dritto. Lama in quel momento aveva le mani sostanzialmente legate: rappresentava i lavoratori comunisti ma non il Partito Comunista. E in quella situazione si trovava da
tempo. Alcuni anni prima, durante la trattativa con il governo Cossiga sul
Fondo di Solidariet dello 0,50%, in una riunione ufficiale nella sede unitaria di via Sicilia, a cui partecipavano Benvenuto, Carniti, le delegazioni
sindacali e comunista al gran completo, Berlinguer lo apostrof con durezza: Luciano ma perch ti comporti sempre con questa superficialit?
Voi non potete pensare che il Pci faccia opposizione politica senza opposizione sociale. Da un punto di vista politico, era come muoversi in una
giungla. Spiega De Michelis: Contro quellaccordo... non si mossero solo
Berlinguer e il gruppo dirigente del Partito comunista, ma tutta una serie
di forze politico-economico-sociali che stavano allinterno della maggioranza, contrarie ai socialisti e a Craxi.
Una valutazione confermata da chi stava dallaltra parte, cio Antonio Tat che in un appunto a Berlinguer scriveva: La Dc pronta a muoversi, ma ha bisogno di essere rassicurata dal Pci... Io temo - mi ha detto
De Mita - che voi mi facciate uno scherzo, che al momento in cui la Dc
sfascia la maggioranza e il governo, il Pci si precipiti a proporre lalleanza
col Psi... Una simile scelta non vi servirebbe a nulla, n ai fini della formazione di un governo di alternativa, che oltre tutto non avrebbe i numeri,
n per la vostra immagine di partito della questione morale.
Il decreto, nella prima stesura, alla fine decadde per lostruzionismo
parlamentare del Pci che, come ha rivelato Gerardo Chiaromonte fu deciso
per guadagnare tempo e per prolungare la discussione al Senato fino al
giorno della manifestazione convocata a Roma dalla componente comunista della Cgil. Ricorremmo a tutti gli artifizi che il regolamento ci consentiva: compresa la proclamazione del dissenso da parte di un grandissimo
numero di senatori nei confronti della dichiarazione ufficiale di voto del
gruppo. La manifestazione a cui fa riferimento Chiaromonte quella dei
cosiddetti autoconvocati che si svolse il 24 marzo ma che era stata an241

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

ticipata da una serie di iniziative a livello locale e, nei trasporti pubblici,


anche un po selvagge.
Ma questo un altro capitolo e ne parleremo pi avanti. Il decreto
continu a essere oggetto di attenzioni e, soprattutto, di una seconda stesura.
E in quel lasso di tempo che intercorre tra le prime manovre ostruzionistiche
e lapprovazione del nuovo decreto che riduce a sei mesi la vigenza dellaccordo, tutti incontrarono tutti. E molti tramarono. Tanto per cominciare,
Benvenuto e Carniti cominciarono a sentire puzza di bruciato: temevano
che sulle loro teste si stesse cercando di confezionare una intesa politica
che, alla fine, li avrebbe spiazzati. Di questa preoccupazione, d conto Carniti: Durante il ricovero in ospedale ricevo diverse visite di dirigenti sindacali e politici che mi informano e mi coinvolgono su quello che bolle in
pentola. Limpressione che si stia cercando di pasticciare per rianimare
il consociativismo a cui laccordo del 14 febbraio (anche se non era il suo
scopo principale) ha di fatto dato un colpo. Scrivo perci una lettera a
Craxi per ribadire le ragioni e la logica dellaccordo di San Valentino.
Il senso di quelle agitate giornate lo si pu ritrovare negli appunti
di Tat che offrono un quadro chiaro di come contro il governo si sparasse
dalla trincea dellopposizione ma, quel che peggio, anche dalla trincea
teoricamente se non amica, alleata. Tat su incarico di Berlinguer aveva
partecipato a un incontro con Ciriaco De Mita nel corso del quale gli vennero presentate le proposte di modifica del decreto elaborate dalla Dc. Le
modifiche, peraltro, sarebbero state il frutto di un lungo colloquio tra Riccardo Misasi e Alfredo Reichlin. Allinterno delle proposte cera anche
quella relativa alla riduzione della vigenza, da un anno a sei mesi. Arnaldo
Forlani le propose a Craxi il quale, per, si irrigid rispondendo che avrebbe
riproposto il provvedimento nella versione originale con lunica modifica
relativa alla durata. Daltro canto, il dimezzamento della vigenza aveva ottenuto il via libera della Uil (il 4 aprile, alla vigilia di un incontro con il governo e molto prima di quello di Tat con De Mita, con una nota Benvenuto
aveva fatto sapere che per quanto riguarda il decreto la Uil sosterr lopportunit della sua approvazione in quanto parte dellintera manovra ed
disponibile ad esaminare la possibilit di una sua limitazione temporale;
mentre l11 aprile a conclusione di un convegno sul salario, il segretario
della Uil ribadiva che sullipotesi di un decreto di durata semestrale ri242

SAN VALENTINO

confermiamo il s gi espresso nellincontro con Craxi) e della Cisl (ha


spiegato Carniti: Poich mi sembrava evidente che il decreto non sarebbe
stato approvato entro la scadenza prescritta di sessanta giorni e si sarebbe
dovuto reiterarlo, tenuto conto delle pressioni che arrivavano da varie
parti, avevo fatto presente a Craxi che lunica variazione possibile era di
ridurne la durata da un anno a sei mesi).
Ma sono significative le parole di quellincontro del 15 aprile cos
come riportate da Tat. De Mita, infatti, avrebbe detto: Voi comunisti siete
riusciti a respingere ed a far decadere il decreto. Noi democristiani siamo
riusciti a cambiarlo cercando di venire incontro alle vostre esigenze. Ora
alle Camere maggioranza e opposizione possono confrontarsi sul nuovo
decreto, sostenere le proprie posizioni, ma senza pi battaglie allarma
bianca, senza il muro contro muro voluto da Craxi... Qualche altro miglioramento potrete ottenerlo ma non si pu bloccare ed irrigidire tutta la dialettica politica e parlamentare sugli emendamenti al decreto e dico
irrigidire perch anche noi democristiani e con noi i repubblicani, saremmo
costretti, obbligati alla solidariet di governo. In realt n la Dc era un
blocco compatto, n il Pri era granitico avendo allinterno dellesecutivo
un uomo forte e decisamente coerente come Bruno Visentini che, anche
giocando di sponda con Antonio Maccanico, segretario generale della Presidenza della Repubblica, lavorava per lapprovazione del provvedimento.
De Mita, secondo la ricostruzione di Tat, vede anche un Carniti
pi malleabile e facendo riferimento a una intervista rilasciata qualche
giorno prima a La Stampa dal segretario della Cisl, invita gli interlocutori
a non farsi fuorviare: Resiste, anche se resiste con minore intransigenza
sui noti punti. Di qui un invito: spedire Lama da Carniti per fargli un discorso politico, cio per prospettargli un quadro politico diverso, ovviamente con grande discrezione, soprattutto per non far arrivare sussurri
alle orecchie socialiste. Insomma, il problema far cadere Craxi ma non
dunque la questione del decreto il terreno sul quale disarticolare la maggioranza e permettere a sue componenti di aprire la crisi governativa.
Lambientino, insomma, non propriamente da educande e se anche
a Machiavelli si volessero attribuire solo valenze negative, in questo caso,
se le cose sono andate effettivamente cos, si pu dire che gli allievi siano
andati ben oltre il maestro. Lama in realt non incontr Carniti e Carniti,
243

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

a sua volta, ebbe qualche giorno dopo quello che si sarebbe svolto tra Tat
e De Mita, un incontro con Enrico Berlinguer. A favorirlo fu sempre Tat.
Dice lex segretario generale della Cisl: Lincontro dura un paio dore.
Berlinguer non si sofferma sul merito dei problemi che hanno costituito
loggetto dellaccordo... Mi intrattiene invece sugli aspetti politici. La sua
tesi di fondo che il governo Craxi pericoloso per la democrazia. Perch ha messo in causa la costituzione materiale. Gli obietto che non capisco bene cosa lui intenda per costituzione materiale. Gli faccio notare
che in fondo Craxi si limitato a trasferire in decreto le parti pi urgenti
di un accordo sottoscritto con le parti sociali. E che questo si era gi verificato in precedenza, uninfinit di volte, con altri governi, compresi quelli
con il Pci nella maggioranza. Lui replica che ora la cosa diversa perch
il Pci si schierato contro laccordo ed il Pci pur sempre il partito pi
rappresentativo del mondo del lavoro. Sono dispostissimo a riconoscerlo
- gli dico - a patto che tu riconosca che laccordo stato sottoscritto dalla
maggioranza del movimento sindacale. Sia per numero di iscritti che, almeno induttivamente, per numero complessivo di lavoratori rappresentati. un riconoscimento che non disposto a fare... Perch la mia
posizione risulti chiara gli dico che ci che lui chiama costituzione materiale io lo interpreto come consociativismo. Pratica che considero
uno dei guai pi seri del nostro sistema politico. Dalla quale, quindi, prima
si riesce a liberarci e meglio per tutti. Evidentemente non siamo fatti per
intenderci. Ed infatti non ci intendiamo... Lui pensa che si debba ripristinare la democrazia consociativa, io che si debba, al contrario, aprire
la strada alla democrazia dellalternanza.
Concetti non molto diversi da quelli che user Giorgio Benvenuto
intervenendo al congresso socialista di Verona: Noi vogliamo creare le
basi di una vera cultura di governo in cui i valori socialisti di equit e di
progresso si leghino a ci che di insuperato (e di insuperabile) c nella
grande tradizione liberaldemocratica... Se i nostalgici del regime consociativo ritengono che questa nostra scelta eversiva, ebbene questa eversione necessaria e possibile. E non abbiamo nessuna intenzione di
dolercene. Ma c di pi: la nostra critica allastensionismo decisionale, al
non-governo, la nostra convinzione che la democrazia forte quando una
maggioranza in grado di decidere e di governare vengono etichettate come
244

SAN VALENTINO

una forma neppure tanto strisciante di autoritarismo. Ci dobbiamo chiedere:


autoritarismo rifiutare la logica di una democrazia che pretende di funzionare con il sistema dei veti incrociati tra governo e opposizione? Ebbene,
allora bisogna rimettersi a discutere sul concetto stesso di democrazia!.
Quello fu il congresso dei fischi a Berlinguer. DAlema ha raccontato: Berlinguer fece mostra di non essersi offeso... In realt era maturata
in lui la convinzione di una frattura profonda e non rimediabile le cui ra-

La lettera con la quale Giorgio Benvenuto, a nome della Uil, ader


allaccordo di San Valentino dando il via libera alladozione
del conseguente decreto. Una missiva analoga anche nella forma
venne inviata da Pierre Carniti per conto della Cisl
245

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

gioni andavano ben al di l dei fischi. Gli eventi degli ultimi giorni furono
drammatici con Chiaromonte che in sede di dichiarazione finale annunci
lintenzione del Pci di promuovere il referendum, Berlinguer che il 7 giugno
ebbe il malore mortale a Padova e il Senato che l8 giugno approv definitivamente il decreto che aveva scatenato la guerra civile della sinistra.
Ha spiegato Gianni De Michelis: Nellaccordo tentammo di tenere
conto di tutte le richieste che Bruno Trentin ci faceva, ora dopo ora, cercando di dimostrare che le condizioni per arrivare a unintesa non
cerano... La differenza tra laccordo fatto da Vincenzo Scotti e quello che
facemmo noi, fu che, pur volendo coinvolgere tutto il sindacato, decidemmo
alla fine di non accettare le condizioni che venivano dal Pci e dalla Cgil,
contrari allintesa nella forma che noi ritenevamo potesse essere utile al
Paese. Non accettammo pi, in altre parole, la norma non scritta della Costituzione italiana secondo la quale, il Partito comunista aveva una sorta
di diritto di veto sulle decisioni di politica economica e che quindi senza il
consenso di questo partito intese come quella sulla scala mobile sarebbero
state impossibili. Fu una rottura gigantesca, che non pu essere sottaciuta. Alla fine Craxi tenne il punto. E pensare che il Presidente del Consiglio non era considerato particolarmente edotto in materia salariale. Tra i
sindacalisti circolava una battuta: Non conosce la differenza tra la scala
mobile e un paracarro.

246

BETTINO CRAXI
Evoluzione e involuzione

Craxi musicista: guid a lungo "lorchestra" da Palazzo Chigi

BETTINO CRAXI

San Valentino per loro stato una specie di derby calcistico, partite in cui non si risparmiano i colpi bassi. E, daltro canto, non poteva
essere diversamente, anche per una questione di predilezioni tifose. Enrico Berlinguer, come molti suoi concittadini sassaresi, timidamente tifava
per la Juventus (che poi era stata la squadra di Palmiro Togliatti ed era
quella di Luciano Lama); Bettino Craxi, al contrario, esibiva con una certa
dose di orgoglio la sua identit torinista. Come mettere insieme Valentino
Mazzola e Giampiero Boniperti? Impossibile. Alcuni dicono che una partita di pallone una pacifica simulazione della guerra. Se cos stanno le
cose, San Valentino stata laccesa trasposizione politica di una sfida decisiva per lo scudetto tra due squadre della stessa citt (pi o meno), una
di quelle sfide in cui giocatori come Beppe Furino e Aldo Agroppi se le
suonavano di santa ragione commentando alla fine: Molte ne ho prese,
ma tante ne ho date. I due, insomma, erano diversi in tutto.
Quando Berlinguer scomparve, i Modena City Ramblers gli dedicarono una canzone che diceva: Un popolo intero trattiene il respiro
e fissa la bara/ sotto al palco e alla fotografia/ La citt sembra un mare
di rosse bandiere/ e di fiori e di lacrime e di addii. Poco meno di una
decina di anni dopo San Valentino, Francesco De Gregori, cantautore romano noto, almeno allepoca, per le sue simpatie comuniste, dedicava,
invece, a Bettino Craxi questi versi: solo il capobanda ma sembra un
Faraone/ Ha gli occhi dello schiavo ma sembra un padrone/ Si atteggia
a Mitterrand ma peggio di Nerone. E pensare che per quel ragazzone
Craxi stravedeva. Musicalmente se ne era innamorato per caso. Lo ha raccontato il figlio, Bobo. Un giorno, nel salotto di casa Craxi cerano il futuro presidente del Consiglio e il suo delfino, Claudio Martelli. Sul
piatto un vinile e Bobo decide di farlo ascoltare. Parte una canzone che
segner la simbologia craxian-socialista: Viva lItalia. Il futuro presidente del Consiglio viene colpito dalle parole, le trova patriottiche e
249

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

per uno come lui che si esalta nel mito di Garibaldi la cosa non assolutamente fuori luogo. Quella canzone diventer la colonna sonora dei congressi del Psi, sostituendo di fatto lInternazionale e scatenando i mugugni
dei socialisti maggiormente inclini alla tradizione. Quelle parole entreranno cos profondamente nellanimo del futuro presidente del Consiglio,
che allatto della fiducia ritaglier nel suo discorso una citazione. Dir:
LItalia che soffre, che lavora, che resiste come dice una bella canzone.
Poi un giorno, Lucio Dalla, anche lui prossimo allepoca al Pci ma amico
di Craxi, decide di far incontrare nella sua casa romana a Trastevere i due,
il leader e il cantautore. Spunta una chitarra e De Gregori canta Viva
lItalia con Craxi che fa il coro. Nel 1992 esplode Tangentopoli e De
Gregori confezioner i versi inizialmente citati e li inserir in una canzone
dal titolo: La ballata delluomo ragno. Poi, per, sar anche uno tra i
primi a rivalutare la figura del leader socialista e agli inizi del novembre
del 2006 dir senza particolari giri di parole: Se ripenso a Craxi credo
che intellettualmente sia stato superiore a molti politici attuali. Bobo
Craxi, che nel frattempo era diventato suo amico, dir: Da fan sfegatato,
mio padre aveva vissuto la Ballata come una ferita.
Una ferita in una storia di ferite, quella di una sinistra che non ha
saputo far pace prima di tutto con se stessa e poi con quelli con cui
avrebbe dovuto creare delle alleanze. Perch, ad esempio, a rileggere oggi
il discorso pronunciato da Craxi il 9 agosto del 1983 a Montecitorio, in
occasione del dibattito sulla fiducia al suo governo, soprattutto nella parte
relativa alla prospettiva economico-sociale, c sinceramente da chiedersi
cosa centrassero quelle parole con, ad esempio, Arnaldo Forlani, suo alleato. O se invece non centrassero molto di pi con Enrico Berlinguer,
suo irriducibile avversario, anzi in questo caso forse sarebbe meglio usare
un altro termine: nemico.
Diceva Craxi: Leconomia italiana deve uscire dalla stretta inflattiva e recessiva, lo Stato italiano deve riportare sui binari il treno
della finanza pubblica che ha deragliato, il corpo sociale non pu sopportare lallargarsi delle ferite del mondo del lavoro disoccupato, il peso
di situazioni di privilegio, di inadempienza, di assenteismo... Linteresse
a sviluppare una correzione di rotta di tutti. Del mondo del lavoro e del
mondo della produzione, di chi allinterno del sistema produttivo e di
250

BETTINO CRAXI

chi chiede legittimamente di entrarvi... I governi precedenti avevano concordato con le forze sociali un obiettivo di lotta allinflazione che deve
essere confermato e perseguito con coerenza. Esso sta alla base dellimportante accordo del 22 gennaio di questanno tra Governo, sindacati e
Confindustria. Questo cammino deve essere ripreso, chiarendo ci che
nellaccordo deve essere chiarito attuando integralmente gli accordi stipulati, agendo con equilibrio in vista della conclusione di contratti che
sono ancora aperti, evitando il rischio di gravi conflittualit, definendo
in concreto e con urgenza il percorso che deve essere seguito per non ridurre la lotta allinflazione ad una mera campagna declamatoria priva
di effetti concreti... Il governo si propone di determinare le condizioni
perch prenda vita e sostanza una efficace politica dei redditi. Nelle condizioni attuali enunciare una politica dei redditi significa fissare un obiettivo e un punto di partenza. Una convincente e utile politica dei redditi
non pu riguardare solo una parte del corpo sociale e produttivo, non
pu riguardare solo i redditi del lavoro dipendente ed in particolare i
redditi di categorie di lavoratori sovente gi malpagati per un lavoro
duro e faticoso. Troppi gruppi sociali si sottraggono ad ogni controllo e
troppi cittadini vengono meno ai doveri fondamentali verso la collettivit
e lo Stato. Con i mezzi di cui dispone e proponendosi di rafforzarli, rammodernarli, renderli pi efficaci, lo Stato dovr agire per assicurare il
pi vasto concorso e la pi coerente estensione del controllo sulla dinamica dei redditi.
Non cera, dietro questa enunciazione, al di l dei risultati che potranno essere stati anche al di sotto delle attese (anche se poi non va dimenticato che nel 1983 linflazione era attestata al 14,7 e tre anni dopo
era crollata al 4,7, dieci punti in meno che dal punto di vista della spesa
per interessi rappresentavano un risparmio di 30 mila miliardi di lire),
una cultura riformistica a cui anche un partito comunista che aveva deciso
di navigare in mare aperto avendo ridotto al minimo i legami con Mosca,
avrebbe potuto riservare un minimo di attenzione? Non un caso che alla
fine, a fronte della durezza della posizione di Berlinguer, si manifestava
un atteggiamento ricco di disponibilit da parte di Luciano Lama. Il feeling tra Craxi e il segretario della Cgil stato sempre forte e probabilmente avrebbe retto anche in occasione di San Valentino se quel confronto
251

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

non si fosse trasformato in una partita che prevedeva un vincitore e un


vinto, un derby da finale della Coppa del Mondo. Anni dopo, passato al
Pci e ibernato in quel fumoso (pi che famoso) ufficio per il programma,
invitato da Giampaolo Pansa a fornire un giudizio su Craxi, lormai ex
segretario della Cgil dir: una personalit politica forte. E ha fatto
scelte di politica internazionale positive. Sono queste il suo merito principale, nei confronti del paese. Quello che in lui mi piace di meno lindifferenza per la strategia, per le grandi scelte politiche e, in generale,
per i contenuti della politica. Ho limpressione che per Craxi non faccia
gran differenza camminare lungo una strada piuttosto che unaltra.
fortissimo, e abile, nella utilizzazione dellimmagine, nella tattica, nel
giorno per giorno, nelle scelte immediate. Per non guarda lontano...
Pare che Craxi dia pi importanza al potere che ai risultati delluso del
potere, cio alle cose fatte, ai mutamenti positivi indotti nella societ italiana.
Un giudizio onesto nelle diverse sfaccettature. Un giudizio che
avrebbe indotto Lama a tenere un altro atteggiamento parlamentare nei
confronti del governo presieduto dal leader socialista: Mi sarei ricordato
di Togliatti e del centro-sinistra... Il Pci togliattiano aveva detto no al
centro-sinistra. Per era stato cos abile a tenere una posizione certo
meno conflittuale di quella tenuta dal Pci verso il governo Craxi. Con il
governo Craxi siamo stati sin dallinizio pi aspri.
Al di l dei giudizi sulluomo e al di l delle posizioni politiche,
innegabile che gli atti di Craxi, almeno sul versante sociale e, quindi,
del confronto con i sindacati, abbiano avuto un segno di tipo riformistico.
Prendiamo la storia dei decimali. Vincenzo Scotti ha sottolineato come
questo problema si sia trasformato nel filo conduttore delle due trattative
e dei due accordi. Eppure, se il ministro democristiano, un po pilatescamente, ha sostenuto (anche in epoche successive, come abbiamo precedentemente sottolineato) che era valida tanto linterpretazione sindacale
che chiedeva il pagamento di quei decimali nel momento in cui sommandosi avessero prodotto il risultato dello scatto di un punto, tanto quella
confindustriale che negava questa soluzione (a dir la verit, lex ministro
del lavoro in una intervista abbastanza recente ha candidamente rivelato
di aver fatto allepoca due diverse comunicazioni a imprenditori e sinda252

BETTINO CRAXI

cati, aggiungendo che se non avesse fatto cos lintesa non sarebbe stata
raggiunta), Craxi tanto rispetto allaccordo firmato da Scotti (e da Amintore Fanfani) quanto rispetto allintesa di San Valentino ha avuto ununica
posizione: i decimali dovevano essere pagati. E tra i piedi, la questione il
presidente del Consiglio se la trov subito perch la guerra dei decimali
era esplosa gi un paio di giorni dopo la firma dellaccordo Scotti quando
la Federazione Cgil-Cisl-Uil denunciava il tentativo della Confindustria
di sabotare i patti con i rifiuto di pagare i decimali. E davanti alla comunicazione ufficiale degli imprenditori arrivata il 29 ottobre successivo,
Craxi impiegava appena sei giorni per far partire una lettera in cui dichiarava legittima la posizione dei sindacati su quellargomento. Una presa
di posizione che avrebbe bissato il 15 marzo dell85 di fronte alla decisione degli industriali, annunciata il 15 novembre dell84 e confermata il
10 gennaio dellanno dopo, di non pagare i decimali.
Insomma, se la vicenda fosse stata trattata per quel che effettivamente era, cio il tentativo di mettere sotto controllo linflazione attraverso uno scambio che come corrispettivo dei sacrifici chiesti ai
lavoratori, garantisse miglioramenti tanto dal punto di vista della politica
dei redditi quanto dal punto di vista delle soluzioni occupazionali, probabilmente allItalia sarebbe stato evitato un conflitto lacerante e molti
problemi sarebbero stati risolti allora. Invece, ce li siamo trascinati e ancora stiamo provando a risolverli. Spiega Carniti: La conclusione, deplorevolmente non unitaria (la sede della Federazione Cgil-Cisl-Uil
venne chiusa il 2 ottobre dell84, n.d.a.) di quellaccordo, ha alimentato
leggende e interpretazioni fantasiose su cosa ci fosse dietro. Cos un
buon numero di fantasiosi interpreti delle dinamiche sociali e politiche
ci ha visto il deliberato disegno di Craxi di dividere il sindacato e mettere
nellangolo il Pci. Personalmente posso testimoniare il contrario. Craxi
fece tutto il possibile e limpossibile per consentire una conclusione unitaria. Giuliano Cazzola, un passato da sindacalista nella Cgil, ha ricordato che Bettino stimava Lama e Lama gli volle mandare un segnale di
attenzione accettando il suo invito a commemorare, in morte Pietro Nenni
(nacque anche un piccolo giallo: il leader del Psi ebbe limpressione
che quella commemorazione contenesse dei riferimenti negativi nei suoi
confronti; chiese conferma a Benvenuto che sment categoricamente,
253

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

n.d.a.) con toni e riconoscimenti esplicitamente autocritici nei confronti


dellostracismo che il Pci aveva riservato alle scelte del vecchio leader
socialista.
La vicenda ha trasmesso limmagine di un Craxi arrogante, intento
a disarticolare lunit sindacale, a conquistare sul campo vittorie che potessero consolidare la sua posizione di leader del Psi e, soprattutto, del
governo. Insomma, il nuovo Uomo della Provvidenza (e come tale accostato dai suoi avversari allOriginale). Ma in queste ricostruzioni c qualcosa che non quadra. Se il suo obiettivo era incassare una vittoria
clamorosa, appunto da finale di Coppa del Mondo, che senso avrebbe
avuto la ricerca di un successo dimezzato, con la Cgil allopposizione?
In realt, aveva tutto linteresse a portare unitariamente il sindacato allintesa, per rafforzare se stesso e per rafforzare lo scambio politico che
era alla base del decreto.
Ma era proprio quello scambio che il Pci
non poteva accettare: gi lo aveva ingoiato con grandi mal di pancia in
occasione dellaccordo Scotti, non poteva proprio accettarlo con il peggior nemico. Diverso tempo dopo, Massimo DAlema dir: In fondo
non sbagliava Craxi quando poneva lesigenza di una lotta allinflazione
che liberasse il campo da automatismi superati per lo stesso esercizio
della lotta contrattuale da parte del sindacato. E che qualche ripensamento col tempo ci sia stato lo dimostra il fatto che, due anni dopo San
Valentino, in occasione dellundicesimo congresso della Cgil, quello
delladdio di Luciano Lama (Lascia una eredit importante da conservare, rinnovare, ingrandire), la platea che qualche tempo prima lo
avrebbe ricoperto di insulti, gli riserv ben sette applausi scroscianti in
unora di intervento. Arriv nella sala esattamente a mezzogiorno. Era il
1 marzo del 1986, seconda giornata di lavori. E al contrario di quello
che era accaduto a San Giovanni soltanto due anni prima, raccolse solo
consensi. Facendo ammenda? Non proprio visto (Non voglio fare ingiuria alla sincerit) che rinfacci alla Cgil il fatto di aver ritenuto che il
risanamento economico, laumento della produttivit, il miglioramento
delle condizioni di vita possono essere conseguiti senza laiuto di regole
adeguate. E contest alla Confederazione anche il fatto di aver fatto leva
sullaiuto di forze improprie (cio il Msi) in occasione del referendum
per un ambiguo risultato di schieramento, riproducendo una divisione
254

BETTINO CRAXI

tra i lavoratori. Ma gran parte di quellora, il presidente del Consiglio


la utilizz per puntare il dito contro le imprese accusate di un eccesso di
voracit e per ringraziare i sindacati (Una grande collaborazione alla
vita produttiva e alla ripresa dello sviluppo). Anni dopo toccher a Walter Veltroni rivedere il giudizio: Interpret meglio di ogni altro uomo
politico come la societ italiana stava cambiando.
In questo senso, due testimonianze possono essere utili. La prima
dello storico Luciano Cafagna che in un convegno spiegava: Il rapporto tra Berlinguer e Craxi fu singolarissimo. I due personaggi non si
sono mai praticamente intesi. Vi era fra loro un gap di natura culturale

Un'immagine di Giuseppe Garibaldi campeggiava, a Palazzo Chigi,


alle spalle di Bettino Craxi: l'Eroe
dei due Mondi era parte dell'iconografia socialista
255

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

prima ancora che ideologico. E questo gap risalt nellincontro che i


due segretari ebbero alle Frattocchie con Craxi che alla fine defin il collega comunista fermo alla televisione in bianco e nero. Spiegava ancora
Cafagna: Reichlin mi ha raccontato che a un certo punto Craxi, disperato per landamento del colloquio con Berlinguer, prendendolo da parte,
gli disse: senti, ci verrebbe, secondo te, a Milano? Perch gli devo fare
vedere e capire certe cose, di come sta cambiando lItalia dei nostri
giorni. Lui la percezione del cambiamento laveva avuta proprio sfruttando quella grande capacit tattica che gli riconosceva Lama (che, peraltro, non sbagliava nemmeno quando parlava di una contenuta
sensibilit strategica). Lo ha spiegato il sociologo Giuseppe De Rita,
anima del Censis: Nel 1978 Craxi mi chiede di andargli a spiegare il
Rapporto Censis di quellanno in cui veniva esposta uninterpretazione
particolare del delitto Moro. La questione da cui partiva era questa: il
delitto pu essere visto o come attacco al cuore dello Stato, oppure come
conferma stessa del cuore dello Stato... La lettura che abbiamo dato nel
1978 di questo passaggio tragico della nostra storia, di tutto il sistema
che non era n accentrato, n decisionista, ma articolato e policentrico,
colp molto Craxi abituato invece a essere accentratore, verticalizzante
e decisionista... Lanno successivo mi chiede se potevo andargli a parlare
del nuovo Rapporto Censis, prima che venisse pubblicato. Nel testo
cerano una serie di riflessioni sul sommerso... basandoci sui fatti avevamo dimostrato che lItalia, nonostante tutto funzionava... tanto vero
che nel 1979 mi disse: Se lei ha ragione, significa che in Italia c
unonda lunga di sviluppo che viene dal basso, e se io mi convinco di
questo far politica su quellonda lunga... Berlinguer in quel momento
sosteneva che era necessario un cambiamento politico per operare un
cambiamento economico e sociale profondo, mentre per Craxi non cera
nulla da cambiare per cambiare il cambiamento, bisognava soltanto saperlo gestire. Questo fatto di potersi distinguere dalla cultura fondamentalista e pessimistica di Berlinguer, stato uno dei motivi principali che
lo ha spinto a seguire londa lunga dello sviluppo dal basso, del sommerso, della piccola impresa e del localismo... Noi del Censis, negli anni
Settanta, abbiamo analizzato questa onda dal basso, e quello che stato
importante, che lui, non solo lha cavalcata con le sue indicazioni, con
256

BETTINO CRAXI

le sue ragioni politiche ed economiche, da quella del made in Italy, a


quella del localismo, a quella del Mezzogiorno, ma in qualche modo vi
stato anche fedele, nella misura in cui un uomo politico pu essere fedele
a una linea culturale che non sua e che ha preso in carico. Io posso essere fedele alle mie idee perch non devo fare politica, lui, invece, dovendo fare politica, rimasto fedele a quel tipo di intuizione.
Erano probabilmente questi elementi di novit che rendevano
complicato il rapporto tra Craxi e Berlinguer, questa societ dinamica e
vitale che il leader socialista aveva conosciuto attraverso Giuseppe De
Rita e i rapporti del Censis e che avrebbe voluto mostrare al leader comunista in quella visita guidata a Milano che, per, non fu mai fatta. Vivevano sostanzialmente in due epoche storiche diverse, pur essendo
contemporanei. Craxi e il Psi usciti dal Midas avvertivano il vento del
nuovo. Lo avevano anche teorizzato nella conferenza programmatica di
Rimini che di quegli anni uno dei momenti di pi alta e vitale elaborazione politica; lo avevano espresso politicamente con quellidea che provava a mettere in sintonia meriti e bisogni. La vicenda della scala
mobile e del decreto di San Valentino hanno evidenziato questa incomunicabilit finendo per sottolineare pi laspetto ideologico che quello pratico, concreto. Rester senza risposta una domanda: la storia poteva
andare diversamente? Ha scritto Gennaro Acquaviva che di Craxi stato
il braccio destro: Bettino Craxi stato certamente un socialista antiunitario, se per unitario si intende frontista, o peggio ancora, compagno
di strada dei comunisti eppure, appena eletto segretario del Psi, il 10
agosto del 1976, cos si esprimeva nella solennit della Camera dei Deputati, nellannunciare il consenso dei socialisti al governo della non
sfiducia, un governo presieduto da Andreotti e rispetto al quale, per la
prima volta dopo il 1947, i voti comunisti tornarono a contare in una
maggioranza parlamentare. Disse allora Craxi: Consideriamo il partito
comunista per quello che e che ha saputo essere, un partito cio che
rappresenta una parte importante del popolo lavoratore. E lo giudichiamo anche secondo il suo contributo alla vita democratica del nostro
Paese. Siamo interessati a che il processo avviato si sviluppi coerentemente e riteniamo che se ci avverr si determineranno sempre maggiori
fattori di novit positiva, non solo in Italia, ma in molti paesi europei e
257

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

nellinsieme dellEuropa occidentale. Certo sono anchio del parere,


espresso anche recentemente dal compagno De Martino che occorrer
del tempo dopo che la revisione sar stata condotta alle conseguenze sul
piano dei princpi. E tuttavia, ragionando con mente aperta e critica di
fronte ai fatti della storia, giusto attenersi alla semplice verit, per la
quale la violenza genera la violenza e non la libert, e la democrazia
quando si radica negli animi e nel costume, genera democrazia. Abbiamo
fatto, per quel che ci riguarda, ci che ci era parso giusto, ci che ci era
sembrato essere nostro dovere verso la democrazia, con lo scopo di fare
cadere una discriminazione che caduta. Ora ciascun partito posto di
fronte in maniera chiara e con maggiore autonomia alle proprie responsabilit. Abbiamo combattuto e contrastiamo le chiusure tipiche di una
posizione egemone, non per aprire la strada ad unaltra egemonia; consideriamo importanti le convergenze unitarie, le possibilit attuali e future di obiettivi comuni tra le forze della sinistra, pur in presenza di
strategie non identiche. Ma, colleghi, sentiamo fortemente la necessit
dello sviluppo autonomo di una forza socialista che si atteggi in maniera
tuttaltro che rassegnata e subalterna nei confronti delleurocomunismo,
una forza che ricavi sempre pi la sua identit dai filoni pi attuali e pi
vivi della sua tradizione, da una scuola riformista che fece capo ad un
grande socialista lombardo, dalla critica che ai limiti e alle debolezze di
quellesperienze mossero le pi acute intelligenze del pensiero socialista
e democratico meridionalista, dalla sintesi preveggente del socialismo
liberale di Carlo Rosselli, dal rigore dei gruppi che concepirono la Resistenza come rivoluzione democratica, dalla coerenza dellAntifascismo
socialista, dallinsegnamento che si pu trarre dalle ricche e molteplici
esperienze del socialismo europeo occidentale, democratico e gradualista, in un confronto non limitativo e superficiale, ma critico e disponibile... Non vogliamo battere le strade del socialismo della miseria, n del
socialismo della burocrazia, quel neofeudalesimo burocratico di cui parla
il filosofo Lucks. La nostra strada vuol essere quella di un socialismo
moderno, che non volti le spalle al problema fondamentale della nostra
civilt, che quello di fare avanzare, a un tempo, la giustizia sociale, la
libert politica e lefficienza produttiva; di una forza socialista autonoma
che sia impegnata nella fondamentale ricerca di conciliazione tra i valori
258

BETTINO CRAXI

del cristianesimo e i valori umani e liberatori di cui si fatto portatore


nella sua storia il movimento socialista.
Personalit diverse, certo. Ma probabilmente tra Craxi e Berlinguer anche i tempi furono asincroni. Perch nel momento in cui il leader
socialista evocava il suo Pantheon, da Turati a Salvemini, i suoi riferimenti europei (Brandt e Mitterrand) e per dare una spolverata alla libreria della sinistra italiana rimetteva ideologicamente in gioco
Proudhom, il leader comunista era impegnato a risistemarsi in una opposizione inizialmente con i caratteri dellattesa, nel senso di capire chi, allinterno delle due maggiori forze, Dc e Psi, avrebbe vinto, in particolare
se alla fine sarebbe prevalsa la linea della riapertura della solidariet nazionale; e poi, quando il Psi si predisponeva a rientrare nellarea di governo per una riedizione aggiornata del centro-sinistra attraverso il
concetto dellalternanza alla guida dellesecutivo, il Pci si isolava in una
imprecisata alternativa democratica, una sorta di torre davorio in cui contavano pi gli esclusi che gli inclusi. Diversi anche nei rapporti con le
forze sociali. C il Berlinguer dei cancelli della Fiat e c il Berlinguer
del convegno confindustriale di Firenze su Lo Stato e i soldi degli Italiani; in quel novembre del 1982, mentre Vincenzo Scotti sta gi discutendo di scala mobile, se da un lato diceva che loccupazione dello Stato
e la spartizione degli enti pubblici da parte delle formazioni politiche governative, in primo luogo la Democrazia Cristiana... hanno emarginato
e mortificato competenze, professionalit e imprenditorialit, dissipando
cos energie preziose indispensabili alla ripresa economica e allo sviluppo; e hanno ridotto lo Stato e le istituzioni a un coacervo di feudi parassitari e di correnti di partito, permeabili allazione di centri di
corruzione, dallaltro provava a far dimenticare le vicende torinesi. Un
tentativo che irrit lallora amministratore delegato della Fiat, Cesare Romiti che intervenne per porre una semplice domanda: in che maniera un
discorso che sembrava affascinare gli imprenditori potesse concliarsi con
la benzina gettata sul fuoco delloccupazione possibile ai cancelli di
Mirafiori. In un momento di difficolt per il sindacato, Bettino Craxi, invece, faceva visita alle sedi della Confederazioni e consegnava un messaggio: Partiti e governo sono sensibili ai vostri problemi.
San Valentino resta uno dei momenti pi significativi, controversi
259

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

e simbolici di un periodo e di una esperienza di governo. Quasi un decennio dopo arrivata Tangentopoli e Craxi in qualche maniera rimasto
vittima della damnatio memoriae. Tutto quello che aveva fatto in precedenza (tanto nel bene, quanto nel male) stato sovrastato dal finale giudiziario, dalle monetine del Raphael, periodica forma di ordalia cos
caratteristica in un Paese che spesso pecca di disattenzione. Per molti
anni, nella valutazione di Craxi e della sua vicenda politica la damnatio
memoriae ha determinato la creazione di due tifoserie contrapposte, da
un lato chi per salvare un pezzo di storia finiva per salvare tutta la storia,
dallaltro chi per condannare un pezzo di vicenda, condannava tutta la vicenda. Le generalizzazioni, per, non aiutano a comprendere. Con il
tempo gli aspetti positivi della presidenza Craxi sono stati rivalutati anche
da chi lo aveva fieramente avversato. I ripensamenti di Francesco De Gregori sono forse quelli che dal punto di vista della popolarit (del personaggio) hanno maggiormente colpito. Emanuele Macaluso, ex dirigente
comunista, in un convegno ha detto: Ho riflettuto criticamente sulla posizione assunta, anche da me, nei confronti del governo Craxi che stato
uno dei migliori che lItalia ha avuto: basti pensare alla sua composizione. Per esempio, Scalfaro come ministro degli Interni nel governo
Craxi, fece delle cose di grande rilievo, fu lui che and a Palermo quando
fu massacrato, nella caserma della polizia, il giovane che era stato arrestato come presunto colpevole delluccisione di un commissario, fu lui
che and l a fare un discorso di condanna molto duro e molto forte.
Si spesso puntato il dito contro quellesecutivo per esprimere
una condanna definitiva su Craxi. In realt, i problemi sono nati dopo,
molto dopo. Quando in lui cominci a crescere una sorta di sindrome da
astinenza (di Palazzo Chigi); soprattutto quando, da un versante diverso
rispetto ai comunisti, non riusc a cogliere la novit della caduta del Muro:
aveva immaginato un progetto Mitterrandiano (semmai passando attraverso un riequilibrio elettorale dei rapporti di forze) ma non riusc a sfruttare loccasione che a quel punto gli veniva offerta dalla storia per provare
realmente a fare un partito socialdemocratico in Italia, per incalzare i comunisti (ormai eredi un po confusi di Berlinguer) che a quel punto non
dovevano semplicemente cambiare il nome alla ditta ma anche la ragione
sociale. Osservava il dibattito allinterno del Pci, si stupiva per il fatto
260

BETTINO CRAXI

che tra i tanti nomi nuovi a cui si pensava a via delle Botteghe Oscure
non ve ne fosse uno che prevedesse luso della parola lavoratori. Ma
anche la sua spinta propulsiva si era un esaurita. Avrebbe potuto, in
quel momento, offrire validamente al confronto a sinistra Proudhom e
Salvemini, Turati e Rosselli; avrebbe potuto provare a vincere con le idee
che aveva maturato con grande anticipo ma che aveva lasciato cadere (un
po come aveva fatto con la Grande Riforma). Invece, pens di inseguire
legemonia attraverso lesercizio del potere, loccupazione dei posti.
Perse di vista, insomma, il motto del suo mentore, Pietro Nenni: Politique
dabord.
Sempre in quel convegno, Macaluso sottolineava: La strategia
che lo aveva portato alla modifica dei rapporti politici fu efficace. Dopo
non ha pi strategia, non ce lha soprattutto nel 1989. Craxi non ha capito il 1989, non lo cap lui e non lo cap Occhetto, nonostante avesse
fatto la svolta della Bolognina. Fu una svolta che lasci il partito nel
limbo, dellessere e non essere, dato che non lo colloc con nettezza
nellarea in cui doveva essere collocato, cio nel socialismo europeo.
Una spiegazione dei difficili rapporti tra il Craxi presidente del
Consiglio e il Berlinguer capo dellopposizione, lha offerta un altro ex
dirigente del Pci, Claudio Petruccioli: La posizione di Togliatti allinizio
del centrosinistra si pu riassumere cos: si pu governare senza il Pci,
ma non si pu governare contro il Pci... Con Berlinguer questa posizione
cambia. Il rapporto fra Berlinguer e Craxi non pu giovarsi di questo
ammortizzatore. Perch? Perch il Pci, negli anni della solidariet nazionale era entrato nellarea di governo, aveva avuto una funzione essenziale per garantire lesistenza dei governi in quella fase, e ne aveva
condizionato lazione. Quellesperienza finisce nel modo traumatico che
conosciamo. A quel punto Berlinguer pensa e dice, ai democristiani innanzitutto, ma a tutti i soggetti presenti sulla scena politica italiana: questo Paese non si governa - come sempre il Pci aveva detto - contro i
comunisti. E aggiunge: non si governa neppure senza i comunisti. Eppure spazi per un rapporto, per unazione anche comune ce ne sarebbero
stati. Racconta Emanuele Macaluso: Berlinguer e Craxi si incontrarono
alla vigilia delle elezioni del 1983 e il comunicato conclusivo della riunione impressionante. Le cose che i due si dicono si inquadrano in una
261

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

prospettiva unitaria. E sono significative le cose che si leggono sulla giustizia: c una critica severa sul modo in cui la magistratura si muoveva,
per esempio, a Milano, gi nel 1982. Insomma, un comunicato che letto
ora, colpisce sia per ci che dice Craxi, sia per ci che dice, come prospettiva generale, Berlinguer. Una politica che poi sar smentita dai fatti.
La politica enunciata in quel comunicato finisce con il governo Craxi a
cui Berlinguer muove una dura opposizione.
Uno tra i migliori governi, dice Macaluso; Lama riconosce che
sul fronte della politica estera quellesecutivo si mosse bene. E la dura
opposizione di cui parla Macaluso andr in crisi proprio sulla politica
estera. Ad esempio, sulla vicenda di Sigonella. Storia intricata, cominciata
con il dirottamento della nave da crociera Achille Lauro e luccisione di
un cittadino americano, Leon Klinghoffer, terminata con il rilascio dei
due mediatori, tra i quali Abu Abbas, uomo dellOlp di Yasser Arafat. Nel
mezzo una notte in cui gli americani della Delta Force minacciarono di
sparare addosso ai militari italiani che avevano circondato laereo con a
bordo i terroristi e i mediatori. Craxi ne fece una questione di dignit nazionale, di inviolabilit del territorio italiano e, dopo i casi di Abu Omar
e di Ablyazov, bisogna anche dire che quello stato forse lultimo sussulto di un esecutivo italiano a difesa dei propri confini anche nel confronto con un potente alleato come gli Stati Uniti. Berlinguer non cera
pi ma in quel caso il suo successore, Alessandro Natta, non pot fare
altro che solidarizzare con la scelta di Craxi (mentre dallaltra parte, un
alleato, Spadolini, minacciava di aprire una crisi di governo). E in un periodo in cui lItalia sembra aver smarrito buona parte della sua forza ai
tavoli europei, soprattutto quando si tratta di discutere di questioni che
riguardano la nostra economia e i modi per rivitalizzarla, fa un certo effetto ricordare il modo in cui Craxi in un vertice si contrappose con fermezza a Margareth Thatcher decisamente contraria allingresso nella
comunit di Spagna e Portogallo. La stessa vicenda degli euromissili
alla fine fu gestita da Craxi, che aveva capito che il tempo era solo a favore dellOccidente, con astuzia (dovevano essere dislocati entro il 1988
ma a quel punto il sistema sovietico era gi in profonda crisi, ormai incapace, economicamente, di tallonare gli Stati Uniti sui programmi di
riarmo).
262

BETTINO CRAXI

Ma fu probabilmente un altro trattato che mise in una condizione


di estrema difficolt il Pci, soprattutto Berlinguer, e che probabilmente
ebbe delle conseguenze anche sul fronte della scala mobile e del decreto
di San Valentino. Del nuovo Concordato se ne parlava da tempo ma nessun governo (nemmeno quelli guidati dai democristiani) era riuscito a
portarlo in porto. Il 18 febbraio (quattro giorni dopo San Valentino), laccordo venne firmato. Su quel testo, che innovava quello precedente, il
Pci non poteva fare opposizione. Ma la sostanziale contemporaneit delle
due vicende probabilmente fin per accentuare lintransigenza di Berlinguer che a quel punto non poteva accettare un doppio successo che dava
a Craxi limmagine di un maturo uomo di governo. Ricordando Craxi e
San Valentino, anni dopo Gianni De Michelis esprimer un rammarico:
Se c unamarezza che mi resta rispetto a quella vicenda, che tutti, a
partire da Craxi, non cogliemmo quel momento favorevole per completare
loperazione sul terreno specifico di cui stavo occupandomi, quello della

Il referendum ha da un anno chiuso la vicenda del decreto di


San Valentino: Bettino Craxi interviene al congresso di addio
di Luciano Lama alla segreteria della Cgil
263

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

riforma delle pensioni. Fummo a un passo dal farla, il Consiglio dei ministri aveva dato il via libera, ma Craxi, di fronte alle incertezze della
Dc, condizionata dalla pressione comunista, esit e decise di fermarsi.
Sbagli, sbagliammo anche noi, forse, a non insistere e a non assumere
atteggiamenti pi decisi. Alla fine, la sintesi di questa complessa e conflittuale vicenda politica, lha offerta lo storico Luciano Cafagna: Lepisodio dei fischi a Berlinguer al congresso del Psi a Verona nel 1984 e
quello poi dei fischi a Craxi ai funerali di Berlinguer qualche mese dopo
possono essere considerati lo squallido simbolo di una insanabile incomprensione. I giovani successori di Berlinguer si limitarono a un cambio
di facciata (il nome del partito), continuando a inseguire la remota strategia del compromesso storico con i cattolici, invece di cogliere il naturale obbligo epocale della grande scelta socialdemocratica imposta
alle forze della sinistra europea, dalla caduta del muro di Berlino. Questa
mancata scelta ribadiva lottusa volont di continuare un duello a sinistra ormai anacronistico. In effetti, se la guerra dei decimali che ha
legato i due accordi anti-inflazionistici proseguita anche dopo San Valentino, anche dopo gli inviti di Craxi a pagarli, la guerra civile della sinistra non mai finita avendo solo acquisito contorni un po pi confusi
essendo cambiati i nomi e i protagonisti.

264

IL PCI VA ALLA GUERRA


Niet, cortei e sconfitte

Forattini interpreta cos i no a prescindere


del Pci dopo San Valentino

IL PCI VA ALLA GUERRA

Quel sabato Roma si svegli sotto un sole primaverile e con un


grande lutto nel mondo culturale: a settantanni si era spenta Lilla Brignone,
una delle attrici preferite di Giorgio Strehler. Una vicenda teatrale che terminava. Ma di l a poco, sotto quel sole tiepido, sarebbe terminata anche
unaltra vicenda, quella dellunit del sindacato cos come si era andata dipanando a partire dal 1966. Era il 24 di marzo e a ogni angolo di strada
campeggiava la prima pagina delledizione straordinaria dellUnit, con un
titolo a caratteri cubitali, su nove colonne. Una sola parola: Eccoci. La
esibiva, a piazza dellEsquilino, anche Enrico Berlinguer, quasi come un
trofeo. A beneficio dei giornalisti, come si fa con una coppa appena conquistata. Un sorriso accennato, accanto a lui, pi imponente per altezza,
Antonio Tat, il braccio destro, che poi, attraverso i suoi appunti, sveler
anche alcuni aspetti di quel conflitto che aveva solo formalmente caratteri
sindacali ma che aveva, in realt, preso altre strade, le strade pi impervie
e pericolose della politica, quello dello scontro senza quartiere tra Bettino
Craxi, il presidente del Consiglio decisionista, che aveva violato la legge
non scritta (la costituzione sostanziale, la chiamavano a Botteghe Oscure,
un concetto che verr espresso, ad esempio, con non poche forzature, in un
fondo di Emanuele Macaluso: Non far passare il decreto o eliminare quellarticolo 3 che stravolge rapporti politici, sindacali e sociali quali sono
delineati e voluti dalla Costituzione) che sulle questioni economiche postulava il consenso del Pci, e del segretario del pi grande partito dei lavoratori, lunico che poteva autorizzare scelte di un certo tipo.
Era un sabato e Roma si riemp di manifestanti. Duecentomila, disse
la Questura, normalmente un po tirata in queste valutazioni; un milione sostennero gli organizzatori; settecentomila dissero gli osservatori
pi obiettivi. Una contesa sui numeri abbastanza inutile perch un dato era
evidente: il grande sforzo organizzativo con la mobilitazione di cinquemila
pullman, trentasei treni speciali, quattro navi-traghetto, sessantotto radio
private impegnate nella diretta, un film per la regia di Nanni Loy, quattro
cortei. Undici giorni prima, Pierre Carniti, in una manifestazione della Cisl
267

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

laveva definita adunata islamica; a sua volta, Giorgio Benvenuto aveva


parlato di cortei medievali. Ha spiegato in un recente libro lallora segretario generale della Uil: Fu, in sostanza, la pi grande manifestazione
anti-socialista organizzata in Italia. Nessuna polemica con la Dc, i nemici da abbattere erano Craxi, i sindacalisti socialisti e il Psi. E una
conferma del clima la diede Giovanni Berlinguer, fratello di Enrico, allepoca segretario della federazione laziale del Pci. In una delle tante interviste-volanti raccolte durante il corteo, a chi gli chiedeva cosa avrebbero
fatto gli organizzatori se allimprovviso si fosse presentato il presidente del
Consiglio, rispose: Gli daremmo la parola, ma non so se riuscirebbe a

Ecco il percorso dei quattro cortei che il 24 marzo 1984


attraversarono Roma per concentrarsi a piazza San Giovanni
268

IL PCI VA ALLA GUERRA

parlare... Era stata avviata, seppur in via solo teorica, quella politica dei
fischi che per Luciano Cafagna sar il momento finale e sgradevole di
questa specie di film di cappa e spada. Quella manifestazione fu il momento
culminante, uno spartiacque, lo snodo in cui i comunisti, forse convinti che
avrebbero vinto, che avrebbero avuto alle spalle su quella battaglia una fetta
di Paese ben pi ampia dei propri elettori e dei propri iscritti, di fatto persero
andando a un referendum che travolse tutti, anche i sondaggisti, che sbagliavano pure allora in un paese in cui nessuno votava per la Dc che poi,
per, puntualmente vinceva le elezioni.
La scomparsa di Berlinguer ha modificato la sceneggiatura del film,
ma quella piazza piena (venne definita la pi imponente manifestazione del
dopoguerra: qualche vecchio militante comunista scomod addirittura il
funerale di Togliatti per dire che forse a Roma era calata pi gente di quanta
ne fosse arrivata per le esequie del Migliore) forse trasform, con ladditivo
delle emozioni, ipotesi in certezze, qualcosa che, in fondo, era accaduto
anche nel 48 quando i comizi dei comunisti e dei socialisti uniti nel Fronte
Popolare fornivano ai fotografi un colpo docchio che lasciava presagire
una adesione oceanica, maggioritaria nelle urne che, al contrario, non ci fu,
a tutto vantaggio della Dc. Insomma, la vecchia regola del mai confondere
le piazze con il consenso reale, quel giorno venne un po dimenticata. La
sicurezza di unItalia che a ranghi compatti si muoveva contro il decreto di
San Valentino, tolse lucidit di analisi, imped al Pci di cogliere la grande
occasione del nuovo decreto con il taglio della durata.
Ha detto poi Gerardo Chiaromonte: Questo fu forse il momento in
cui avremmo potuto rivedere la rigidit assoluta della nostra posizione;
ma non lo facemmo. Forse perch negli occhi e nella mente cerano ancora
le istantanee di quel giorno di sole in cui Mario Capanna spiegava ai giornalisti: Ora bisogna fare secco il governo alla Camera. E Lucio Magri
incalzava con ironia che si riveler decisamente fuori luogo: Ho sentito
un grande comico, Giorgio Benvenuto, dire che la maggioranza dei lavoratori a favore del decreto. Venga qui dove sta la maggioranza del popolo
italiano. Era stato, evidentemente, tradito da un effetto ottico e quel popolo italiano da lui evocato, poco pi di un anno dopo, nel segreto dellurna, gli spiegher che anche la prudenza strumento rivoluzionario, al
contrario dellestremismo che solo malattia infantile, una sorta di morbillo
269

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

di chi fa politica.
La manifestazione fu il momento culminante di una battaglia cominciata ventiquattro ore dopo la firma del famoso decreto. Si definivano
autoconvocati, in realt si trattava soprattutto dellala comunista della
Cgil su cui pigiavano lacceleratore Sergio Garavini e Rinaldo Scheda. Ma,
almeno allinizio, anche a causa della divisione fra le due anime della Confederazione, il simbolo ufficiale non fu usato. Ci non toglie che il 15 febbraio del 1984 il movimento degli autoconvocati organizz scioperi a
Milano, Roma, Porto Marghera e Sestri Levante. Quelli nel settore dei trasporti assunsero connotazioni selvagge come quelle delle sigle autonome.
Le agitazioni in compartimenti nevralgici come Milano, Firenze e Genova
mandarono in tilt tutto il sistema ferroviario scatenando le reazioni di Uil
e Cisl che invocarono il rispetto del codice di autoregolamentazione. Giorgio Benvenuto le bocci senza appello: Si tratta di azioni irresponsabili.
Il 22 febbraio a Roma alcuni Consigli di Fabbrica proclamarono lo sciopero
generale; per fermare limprovvisata locomotiva selvaggia, la Federazione trasporti di Cgil, Cisl e Uil fu costretta a intervenire per ripristinare
lapplicazione del codice di autoregolamentazione. Una escalation che
avrebbe potuto produrre danni seri a livello di rapporti sindacali, di ricostruzione di quella unit in quel momento in crisi. E cos, per rimettere un po
dordine nella situazione e recuperare la guida di un movimento che sembrava
poter travolgere tutto e tutti, la segreteria della Cgil, con il voto contrario dei
membri socialisti, decise di promuovere e organizzare la manifestazione del
24 marzo. Nel frattempo, il segretario metalmeccanico Angelo Airoldi, partecipando a una assemblea degli autoconvocati fece saltare la Flm.
La scelta della Cgil venne illustrata direttamente da Luciano Lama
alla direzione del Pci che si svolse prima della manifestazione. Ha raccontato Massimo DAlema: Spieg perch aveva preferito fare assumere direttamente alla Cgil la responsabilit di promuovere la giornata di protesta.
Voleva evitare che tra i consigli di fabbrica che avevano animato il movimento e gli altri sindacati si determinasse una situazione di rottura. Ma
non si ferm qui, il segretario della Cgil e sempre nel racconto di DAlema,
aggiunse: Dobbiamo evitare una spaccatura tipo luglio del 1948. Non
debbono esservi striscioni e parole dordine contro la Cisl e la Uil. Il partito
deve impegnarsi che ci avvenga... Sar una manifestazione grandiosa ma
270

IL PCI VA ALLA GUERRA

camminer su un sentiero stretto, con burroni da una parte e dallaltra. Io


vedo lo scontro di oggi come un passaggio obbligato e non evitabile, ma
per costruire lunit sindacale a livelli pi avanzati e con metodi nuovi.
Con questa impostazione, Luciano Lama fu coerente, conseguente. Rassicur Giorgio Benvenuto e Pierre Carniti che temevamo contestazioni sotto
le sedi della Uil e della Cisl ed erano orientati a farle presidiare (cosa che
comunque avvenne); sped ai colleghi il testo che avrebbe letto in piazza;
soprattutto fece un discorso decisamente moderato, che probabilmente non
piacque a gran parte dei manifestanti.
Carniti, in un dibattito a la Repubblica, qualche giorno prima lo
aveva accusato di aver fatto proprie le parole dordine di Capanna. Ma non
era cos e il segretario della Cgil lo dimostr nei fatti. Le sue parole restano
scolpite nella storia del sindacato ma forse vale la pena riproporle dopo
aver letto quel che scrisse un commentatore autorevole e obiettivo come
Giovanni Russo sul Corriere della Sera: Luciano Lama, che stato il

Contestazione in forma di satira: una rappresentazione messa in scena


dalle organizzazioni dell'ultra-sinistra. Le maschere rappresentano
(da sinistra a destra) Agnelli, Carniti, Lama e Benvenuto
271

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

protagonista e il regista della manifestazione non sembrava certo il condottiero di una massa che stava assaltando il palazzo dinverno, bens
appariva pi vicino al Lama che aveva tentato senza riuscirci (e oggi ne
sta forse egli stesso pagando le conseguenze) la famosa svolta dellEur...
Appariva subito un contrasto fra la composizione sociologica e, quindi, la
psicologia politica della massa e lintonazione del discorso di Lama...
Nella massa emergevano i cartelli contro il vero bersaglio, Craxi... Lama
che per cos dire, apparso a destra di Berlinguer e che, se non ci sbagliamo, non ha mai neppure una volta pronunziato il nome del bersaglio,
del decisionista Craxi. Il tono, insomma, era quello di un leader che
aveva conosciuto gli anni dellisolamento della Cgil e non voleva tornare
indietro; che aveva lavorato per lunit e laveva realizzata anche accettando dei sacrifici e questa sua anima, come scriveva Russo risaltava nel
richiamo a personaggi come Di Vittorio, Novella, il socialista riformatore Santi, risaltava il concetto dellesigenza dellunit dei lavoratori
in intesa con le forze riformatrici. Concludeva Russo: Certo conta mobilitare la piazza, settecentomila lavoratori. Ma conta molto di pi aver
capito e detto che questo un modo vecchio di fare le battaglie sindacali,
mentre ci che conta la partecipazione diretta di lavoratori che abbiano
una reale rappresentativit nel sindacato a tutti i livelli.
Quello di Lama fu, in effetti, un discorso a destra rispetto a Berlinguer, ma anche a destra rispetto a quei dirigenti comunisti che pure, anni
dopo, qualche ravvedimento sullargomento lo manifesteranno. Ma l per l
andarono avanti sulla strada tracciata, senza tentennamenti, o, almeno, senza
tentennamenti apprezzabili. Massimo Dalema, da questo punto di vista,
molto sincero quando in un suo libro parla di quel 24 marzo: Fu il giorno
dellorgoglio. Ceravamo tutti e, credo, ognuno conservi la propria foto di
quel corteo interminabile. La mia in mezzo a un gruppo di operai baresi.
Le sue parole sono sostanzialmente la smentita della tesi che poi i dirigenti
del Pci proveranno ad accreditare: una manifestazione, sopra le parti, che
coinvolgeva pi parti. Non era cos. Certo lo sforzo (propagandistico) in
questo senso cera stato, cos come non erano mancate le foglie di fico.
Ha scritto Carniti: Dal palco prendono la parola alcuni rappresentanti degli autoconvocati. Tra questi vengono inseriti due delegati
carneadi, presentati come appartenenti alla Cisl e alla Uil. Quello della
272

IL PCI VA ALLA GUERRA

Cisl era Lorenzo Paletti, delegato dellOm di Brescia. Si cercava, insomma,


di segnalare una frattura ma in realt, nonostante la pressione della macchina organizzativa della Cgil, la Cisl e la Uil ressero. Nella Cisl larea di
dissenso si raccolse tutta intorno a Piergiorgio Tiboni, segretario provinciale
milanese della Flm. Qualche giorno dopo, il 30 marzo, partecip al congresso del Pdup e raccolse delle vere e proprie ovazioni. Carniti prefer declinare linvito, Benvenuto mand un messaggio la cui lettura venne
accompagnata dai fischi, a conferma che questo era ormai diventato lo strumento di dissenso principale a sinistra. A quel congresso partecip Berlinguer riscuotendo un discreto successo. Regal alla platea anche qualche
timido sorriso ma quella sala segnalava la sostanza velleitaria della proposta
dellalternativa democratica. Con chi costruirla visto che le anime storiche
della sinistra erano assenti? Diceva Lucio Magri: Continuiamo a chiamarci comunisti e non riformisti, continuiamo a dirci rivoluzionari.
In quella sala si respirava una storia veramente molto antica nel
senso che quasi nessuno sembrava rendersi conto che il mondo globalizzato
stava scoprendo leconomia finanziaria, che il liberismo stava trionfando in
Gran Bretagna e negli Usa ma non per mancanza di rivoluzionari ma per
carenza di riformisti, che sotto i colpi di Solidarnosc stava cedendo il simulacro del breznevismo. Definirsi orgogliosamente rivoluzionari a cinque anni
dalla caduta del muro di Berlino (e con le crepe gi evidenti) poteva anche
essere un atto di grande coraggio, ma dal punto di vista politico totalmente
inconcludente. Con questi spezzoni minoritari di sinistra che non facevano
i conti con la storia e con il futuro si poteva costruire lalternativa? Era pi
rivoluzionario dichiararsi tali o inseguire politiche socialdemocratiche, rooseveltiane di distribuzione del reddito per attenuare le distanze tra le classi?
Evocare un improbabile paradiso in terra o costruire alleanze nella societ
per governare le istituzioni seguendo concetti economici e sociali il pi possibile lontani dalle Reaganomics? Rinunciare in maniera irriducibile alla
qualifica di riformista vissuta come una brutta malattia o provare a realizzare
quelle pari opportunit nelle condizioni che sono la bussola dei liberal
americani? Era meglio lassalto al Palazzo dInverno o la visione di un futuro
fatto di maggiore equit, di regole uguali per tutti, di prospettive di vita?
Il giorno dellorgoglio era stato annunciato da aspre polemiche
a mezzo stampa. Emanuele Macaluso esordiva con un corsivo sullUnit il
273

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

20 marzo. Nel mirino Claudio Martelli. Scriveva: Il Martelli... ha dichiarato che anche se il Pci a spese della Cgil portasse a Roma tutti i suoi
iscritti che sono assai pi di un milione, la prova di forza la vinceranno i
venti milioni di lavoratori e produttori italiani che sabato 24 marzo resteranno a casa fiduciosi di essere tutelati dalle loro organizzazioni e rappresentati dalla maggioranza democratica del Parlamento della
Repubblica... In tutti i tempi lontani e vicini, questi richiami alle mag-

Piazza Esedra: una giovane manifestante si "candida"


a sostituire Craxi a Palazzo Chigi
274

IL PCI VA ALLA GUERRA

gioranze silenziose hanno preannunciato intendimenti autoritari. Silenziosi e rumorosi... Il Martelli cerca di accreditare ancora una volta il concetto che chi verr a Roma il 24 marzo non potr che essere un comunista.
Ed anche questa storiella vecchia come il cucco. Su questo argomento il
giovane Martelli potrebbe rileggersi con profitto le cose scritte
sullAvanti! da Pietro Nenni e da Fernando Santi. Ma anche in altri
tempi abbiamo sentito affermare da uomini di parte diversa che il Pci dopo
la Liberazione accrebbe di gran lunga la sua forza grazie anche al fatto
che i fascisti avevano etichettato come comunisti tutti gli oppositori... Ma
il passaggio pi incredibile della dichiarazione di Martelli quello nel
quale si fa riferimento allinutilit di una grande manifestazione popolare...
Se le cose stanno effettivamente cos vuol dire che siamo arrivati ad una
concezione per cui la presidenza socialista, da un canto, parla, opera e
promette in modo da riscuotere gli applausi dellassemblea della Confindustria e, dallaltro, pretende di rappresentare tutte le istanze popolari, al
punto da considerare eccessiva lopposizione nel Parlamento e nel
Paese ad un decreto che taglia i salari e cancella fondamentali principi
sindacali e costituzionali... Insomma, Craxi vuole tutti: Agnelli e Merloni,
Lucchini e Pininfarina nonch le organizzazioni sindacali stretti in un bel
patto corporativo. I vertici della Cisl e della Uil ci stanno. Gli altri no.
Sono temi che Macaluso svilupper anche nelleditoriale che
lUnit pubblicher il giorno della manifestazione. Dir Macaluso: La
Cgil stata identificata col Pci e tutti gli oppositori al decreto ed i manifestanti di oggi sono stati etichettati come comunisti. Il Pci, a sua volta,
stato descritto come ferrovecchio di un arcaico operaismo superato dalla
societ post-industriale, post-moderna e da tanti altri post... La
Dc in un suo manifesto affisso a Roma definisce pericolosa la manifestazione dei lavoratori. Pericolosa per chi?... Un partito che per anni non
ha considerato pericolose la P2 e la mafia, lesportazione dei capitali e
levasione fiscale, non pu decentemente scoprire pericoli in una manifestazione come questa. Il dirigente comunista, sicuro della grande partecipazione e del fatto che lostruzionismo parlamentare avrebbe impedito la
conversione del provvedimento prima della manifestazione, affermava:
Questo decreto voluto solo per motivi politici al fine di consolidare il pentapartito a presidenza socialista al contrario ne ha messo in luce la debo275

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

lezza politica. E concludeva: La presenza in questa manifestazione di lavoratori di orientamento sindacale e politico diverso, di cittadini democratici, pu essere per i sindacati un nuovo stimolo a ritrovare liniziativa per
il superamento del punto del decreto sulla scala mobile ed una sollecitazione
alle forze democratiche presenti in Parlamento.
Infine, luned 26 marzo, interveniva sempre su lUnit Achille
Occhetto che deve avere un conto in sospeso con un aggettivo declinato al
femminile: gioiosa. Perch gioiosa, e quindi foriera di successi, era
stata la manifestazione di Piazza San Giovanni, gioiosa, esattamente dieci
anni dopo, sar la macchina da guerra elettorale che and a sbattere, invece, con gran rumore di ferraglia, contro la meno gioiosa ma decisamente
pi efficace macchina da guerra politico-televisiva berlusconiana. Leditoriale di uno degli allievi prediletti di Berlinguer spiega, a chi voglia
dare un senso compiuto alle parole, la ragione reale di quello scontro: pi
che il merito, il fatto che un governo avesse deciso di bypassare il consenso
comunista. Scriveva: Ora nessuno mette pi in dubbio la consistenza del
movimento imponente suscitato dal decreto. Nellanno di Orwell (il 1984)
si scopre che esistono una classe e un popolo che pure stando dentro il
mondo della macchine sanno portare in quel mondo un alto grado di democrazia e di partecipazione. Si tratta di unalternativa interna a questa
societ - interna alloccidente, impastata dei suoi valori e della sua modernit e che cresce tutta dentro le sue contraddizioni. Se non si capisce
questo non si capisce niente della societ italiana... Questa della diversit
orgogliosa, dellassoluta estraneit unimmagine di comodo con la quale
non si fa altro che confessare lincapacit di governare tutto il Paese e la
segreta e pericolosa speranza di poter comandare su una societ dimezzata.
Tragico errore questo. Chi vuole governare per davvero e decidere per davvero deve avere presente lItalia tutta intera.
Semplice la traduzione: senza il Pci le decisioni riguardano solo un
pezzo del Paese. Continuava Occhetto: Per fortuna la primaverile manifestazione di Roma ha sciolto al sole i gelidi fantasmi che erano stati evocati dai pi lontani abissi della guerra fredda: gli anni Cinquanta, il grande
ghetto di una opposizione settaria, larroccamento cunhaliano (Alvaro
Cunhal, leader di un partito portoghese ultra-ortodosso, al pari di quello
francese guidato da Geroges Marchais, n.d.a.) allitaliana. Quindi lap276

IL PCI VA ALLA GUERRA

pello al Psi: Sarebbe un grave errore, compagni socialisti, nascondere a


se stessi tutto questo! Ecco perch sentiamo con rammarico che c qualcosa di profondamente insano e persino di agghiacciante nel ragionamento
di chi dice: quello il popolo comunista, scorporiamolo dal resto del
Paese, e andiamo avanti. Cos non si va avanti. Ma non solo: cos si coltivano i germi dellautoritarismo e della prepotenza. Quel ragionamento
sbagliato... perch era grottesco pensare che si sarebbe trattato di una sorta
di ballo in maschera rievocativo delle manifestazioni degli anni Cinquanta.
Al Governo e a Craxi che inseguivano la governabilit, Occhetto mandava
a dire: Se non vogliono lasciare nel loro affresco un vuoto immenso devono
metterci dentro anche tutti i protagonisti del 24 marzo. Solo cos si pu governare lItalia. Un movimento, a parere del dirigente del Pci, moderno,
di libert, contrario al mero comando (quello perseguito da Craxi, n.d.a.),
alla prepotenza (di Craxi, n.d.a.) fine a se stessa, a una nozione, questa s
per davvero vecchia e superata della politica come decisione di piccole
avanguardie pronte a tutto. Solo cos si comprender che non ci si trova dinanzi a dei complotti, a delle pregiudiziali settarie ma a una coscienza profonda della democrazia, alla volont di costruire una nuova unit sindacale
che si fondi su uneffettiva autonomia, sulla partecipazione e sulla consultazione dei lavoratori.
La lettura era semplice: il settarismo era dalla parte di chi aveva
elaborato il decreto di San Valentino e dalla parte di quei sindacati che lo
avevano negoziato. Certo non nellatteggiamento di dirigenti sindacali che
solo pochi giorni prima della manifestazione, pur cogliendo la novit possibile di una riduzione della durata del provvedimento, ribadivano che, comunque, i quattro punti tagliati dovevano essere restituiti lanno successivo.
Una pregiudiziale che Giorgio Benvenuto aveva provveduto a smontare
con una lettera (del 15 febbraio del 1984) inviata ai vari organismi di fabbrica che avevano preso posizione sul decreto. Scriveva Benvenuto: Il negoziato non stato un regalo alla maggioranza di Governo e al
padronato. E proseguiva snocciolando i numeri: Se linflazione salisse
al 12% il valore reale dell'intera retribuzione si ridurrebbe (un salario di
900.000 lire mensili - includendo in essa gli scatti di scala mobile - varrebbe solo 783.000 lire reali) mentre se linflazione si mantenesse al 10%,
una retribuzione mensile inferiore (886.400 lire mensili - pari cio alle
277

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

900.00 meno due punti di contingenza non scattati) avrebbe un valore reale
superiore (797.760 lire) poich si svaluterebbe del 10% e non del 12%. E
poi aggiungeva: Sulla necessit di contenere linflazione al 10 per cento
e sullobiettivo di contenere entro il 10% la dinamica del salario si sono
trovate daccordo anche Cisl e Cgil, le divergenze sono sorte, invece sullipotesi di recuperare integralmente ed automaticamente nel 1985 i punti
di contingenza non corrisposti. Perch il dissidio? Perch il recupero
avrebbe vanificato la manovra. Scriveva Benvenuto: Tale recupero integrale ed automatico, a nostro parere, avrebbe avuto da una parte leffetto
di annullare lefficacia delle manovre contro linflazione attuate nel 1984,
in quanto causerebbe una nuova spinta inflazionistica effettiva, aumenterebbe il peso dellindicizzazione sulla struttura retributiva fino al punto da
non consentire la riapertura della contrattazione economica.
Nonostante le difficolt, nonostante le diversit, Lama in quella manifestazione cerc di limitare la profondit del baratro. Sapeva, lo aveva
detto ai membri della direzione del Pci, che quella sarebbe stata una manifestazione difficile. Aveva chiesto di non accentuare le divisioni con una
polemica troppo forte nei confronti dei socialisti. Ma per quanto ci avesse
provato, non era riuscito a tenere completamente sotto controllo la situazione, soprattutto sul versante degli slogan. DemoCraxia? No, grazie;
Craxi ora che te ne andaxi; su uno striscione si leggeva: Siamo venuti
da Siracusa, Bettino Craxi cosa fetusa; un altro recitava: Rex-DuxCraxi; un altro ancora conteneva un risvolto addirittura macabro: Craxi
i garofani li ha, costruiamogli la tomba. E poi alcuni manifestanti vestiti
da arabi per rispondere alladunata islamica evocata da Carniti accusato di
essersi ammalato di autonomia, al contrario di Benvenuto contagiato
dalla governite; limmancabile Cipputi che chiede: Ma i socialisti sono
ancora compagni? La risposta: Dipende dalle annate. E a Craxi: Abbiamo bisogno di statisti, non di caporali. In un contesto simile, a Lama
serviva una scorta e cos verso San Giovanni marci tra Gerardo Chiaromonte e Giorgio Napolitano, certamente non degli oltranzisti. E poi dal
palco, in trentacinque minuti spieg quel che intendeva fare e, soprattutto,
quello che non aveva alcuna intenzione di fare.
Tanto per cominciare, lo sciopero generale invocato da unampia
fetta della piazza e che da lui si attendeva proprio una parola in quella di278

IL PCI VA ALLA GUERRA

rezione. Ma lui li deluse perch non era un uomo buono per tutte le stagioni
e qualche anno prima aveva sostenuto, come sottolineato da Giovanni
Russo, la svolta dellEur: quel che aveva sostenuto allora non poteva essere dimenticato, anche perch la situazione del Paese non era cambiata. Ma
Lama non esit ad affermare che nelle condizioni date, lo sciopero generale,
cio una forma di lotta decisamente estrema, era da evitare. Anche perch
rischiava di scavare solchi pi profondi tra i lavoratori rendendo meno

Al presidente della Repubblica, Sandro Pertini, operaio in esilio durante


il fascismo, i militanti comunisti chiedono da che parte si collochi
279

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

produttiva, o ritardando la messa in opera di una nuova strategia unitaria.


Ma deluse la piazza anche con altri due dinieghi. Non diede sostegno alla linea di coloro che avrebbero voluto aprire vertenze aziendali per
recuperare in quella maniera i punti di contingenza perduta; non si accod
al carro di coloro che chiedevano al governo il ritiro del decreto. Il suo fu
un discorso tutto pervaso di cultura unitaria, anche nel momento in cui quellunit appariva una ipotesi irrealizzabile: Abbiamo conosciuto dolorose
scissioni e periodi felici di intesa e unit. Anche in presenza di questa grandiosa manifestazione non ci acceca lorgoglio, non nutriamo la pretesa boriosa di bastare a noi stessi e di rappresentare da soli lintero movimento
operaio. Lama non sbatteva la porta in faccia a nessuno, non escludeva
nessuno, non accettava di arroccarsi al contrario di quanto sembrava chiedergli il partito. Interpretava una linea non sua e Vincenzo Mattina, ex segretario dei metalmeccanici della Uil, lo sottoline in una intervista: Certo
il Lama di oggi non il Lama dellEur o quello di alcuni anni fa, un altro

Dalla "piazza" un avviso che ricorda quello che si


accompagna ai fili dell'elettricit
280

IL PCI VA ALLA GUERRA

Lama. E allora possibile che gli stessi uomini gestiscano tutte le stagioni
modificando la loro posizione con il passare degli anni? Io, per esempio,
ho fatto il sindacalista durante il periodo unitario, poi ho lasciato il sindacato ed ho scelto la politica. Ed naturale che anche la ricucitura in campo
sindacale passi attraverso un ricambio di uomini: la ricucitura sempre
auspicabile, ma la dovranno fare altri dirigenti.
Contro chi aveva pure parlato di una manifestazione eversiva, Lama
sottoline: Noi siamo qui a dimostrare civilmente, nel pieno rispetto delle
istituzioni... Questa piazza non si contrappone al Parlamento ma ne rispetta
e ne esalta i poteri. Noi chiediamo semplicemente al Parlamento che raccolga questa nostra volont di giustizia, gli chiediamo di ripristinare il potere contrattuale del sindacato. Ovviamente polemizz con Carniti e
Benvenuto, cio con coloro che avevano parlato di adunate islamiche e processioni medievali. Ma soprattutto contest ai colleghi di Uil e Cisl la dichiarazione di morte presunta del sindacato dei Consigli e il no al
referendum in fabbrica. Disse: Chi proclama oggi la fine dei Consigli o
rifiuta come eversivo o anti-unitario il ricorso al giudizio dei lavoratori in
caso di disaccordo dimostra in realt di essere contrario allunit. La Cgil
non rinuncia alla lotta, non rinuncia alla partecipazione dei lavoratori,
non rinuncia alla ricerca unitaria. Anni dopo, Luciano Lama spieg i motivi che lo avevano indotto a usare quei toni in piazza: Non mi sono mai
pentito di aver dato questo taglio al mio discorso perch in quella maniera
ho creato le condizioni per ricucire nei tempi pi rapidi possibili lo strappo
che in quel momento era profondo. E parlando della manifestazione aggiungeva: Vi fu una partecipazione imponente, forse mai vista prima in
una manifestazione sindacale in Italia. Ma quella folla, allo stesso tempo,
era sola, era isolata, era una sola parte.
Gongolava, ma da posizioni decisamente diverse, il segretario del
Pci, Enrico Berlinguer: Questa indimenticabile manifestazione della volont popolare contro il decreto governativo la prova pi eloquente che
possibile costruire sulla democrazia e sul consenso dei lavoratori unautentica autonomia dei sindacati dai governi e dai partiti, una nuova unit
sindacale. Ed anche possibile imprimere un nuovo corso alla vita politica
del Paese. Replicava seccamente il Psi con una nota sullAvanti!: Dopo
gli scioperi di partito si avuta unadunata di partito per la quale il patto
281

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

antinflazione apparso ormai un obiettivo marginale. Si manifestato contro il Governo, contro il sindacato non comunista, contro i socialisti e in
particolare contro Craxi.
Il baratro che Lama si era preoccupato di non allargare, in realt
venne ampliato dal tono complessivo della manifestazione. Lo sottolineava
immediatamente Benvenuto: stata la prima manifestazione non unitaria
in quattordici anni. La sigla Cgil stata presente solo nel nome perch a
sfilare sotto quegli striscioni stata soltanto la componente comunista.
Alla diretta televisiva della manifestazione avrebbe dovuto fare seguito uno
speciale con i rappresentanti di Uil e Cisl (Benvenuto e Franco Marini).
Ma le due Confederazioni declinarono linvito: Non volevamo essere soli,
senza la Cgil. Bastava la testimonianza drammatica di separazione che
stata data nelle strade. Ma Benvenuto sottolineava anche gli aspetti positivi dellintervento di Lama pur chiosandolo in maniera sarcastica: Il discorso risponde al criterio che prima di dire la verit occorre dire delle
bugie. E spiegava che il discorso comprendeva una prima parte tendente
a catturare la piazza e una seconda autocritica con la quale avrebbe
sconfessato lala massimalista. Ma in quel momento nessuno si nascondeva la realt di una strada unitaria decisamente in salita. Diceva Benvenuto: Nelle fabbriche c gente che piange, si sono rotte amicizie.
AllItalsider di Genova pu capitare che un nostro iscritto si senta chiamare
venduto ai padroni da compagni comunisti insieme ai quali ha fatto il
dossier contro il terrorismo.
Ed era questo il grande nervo scoperto, nei giorni della Grande Rottura. La democrazia in fabbrica, sui posti di lavoro, la partecipazione alle
scelte, la rappresentativit. Il sindacato dei Consigli aveva dimostrato di
non essere pi uno strumento efficace perch non riusciva pi a essere
lespressione di tutti i lavoratori ma solo di quelli che riuscivano a imporre
la propria egemonia politica; in crisi la chimica che teneva unite le sigle,
che cio teneva uniti uomini di opinioni diverse ma con comuni interessi
sul posto di lavoro, con battaglie da condividere non in virt delladesione
a un partito, ma sulla base di necessit reali, di urgenze concrete. Lo scavalcamento che in molti posti di lavoro era stato effettuato da alcuni membri
dei Consigli (volantini a favore della manifestazione del 24 marzo su cui
campeggiavano tutte e tre le sigle sindacali) per sostenere una battaglia che
282

IL PCI VA ALLA GUERRA

non tutti condividevano, i picchetti organizzati contro lavoratori con i


quali sino al giorno prima si era condiviso tutto mostravano il volto di una
crisi che non era semplicemente sindacale, n banalmente politica, ma concretamente umana. Anche per questo Benvenuto aveva accentuato la sua
critica nei confronti degli strumenti di democrazia sindacale. Una critica
che rilancer un paio di giorni dopo la manifestazione di Piazza San Giovanni. Luned 26 marzo, infatti, al Palalido di Milano diecimila delegati
dellItalia del Nord si riunirono per ascoltare direttamente dalla voce del
segretario le ragioni della scelta compiuta dalla Uil.
Fu quella, in realt, la vera risposta alla manifestazione romana. E
Benvenuto lo rilever dicendo che ad ascoltare Lama cerano migliaia di
persone sotto le bandiere di un partito e non del sindacato, mentre al Palalido le uniche bandiere sono quelle del sindacato. Riconobbe gli sforzi
di Lama: Ha detto sabato in piazza tre no molto importanti, no allo
sciopero generale, no allapertura indiscriminata di vertenze aziendali per
il recupero dei tre punti di contingenza, no allossessione per il ritiro del
decreto. Lama ha sconfessato gli autoconvocati. Certo i no non bastano.
Servono proposte, magari alternative al decreto, ma che abbiano lo stesso
effetto qualitativo e quantitativo. Se la maggioranza comunista della Cgil
ce le sottoporr le esamineremo con estremo interesse. Ma attenzione: indietro non si torna. Il 13 febbraio eravamo tutti daccordo sul toccare la
scala mobile. Dunque, s a nuove eventuali proposte ma non siamo noi ad
aver sbagliato, non siamo i pentiti, non ci rimangiamo le posizioni assunte. Ma era la situazione sui posti di lavoro che in quel momento preoccupava Benvenuto. Diceva: Le differenze e le polemiche al vertice sono
una cosa, alla base unaltra . Fra segretari confederali rimangono la stima
e il rispetto, ma insopportabile che nelle fabbriche compagni che hanno
lottato una vita contro il padronato e contro il terrorismo si sentano dare
del venduto. Tuteleremo i nostri delegati nei confronti dellintolleranza e
del settarismo di chi uccide i consigli di fabbrica mettendoli al servizio di
una sola corrente. Daltro canto, diciannove giorni prima la Uil aveva
ipotizzato lo scioglimento dei Consigli di Fabbrica, decidendo, poi, di
uscire da quelli dellAlfa Romeo e dellItalsider di Cornigliano e Campi e
costituendo delle proprie rappresentanze sindacali aziendali.
La Cgil prov a confezionare la proposta di mediazione ma non riu283

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

sc mai a trovare la quadratura del cerchio: troppo forti le pressioni del Pci
che in quel momento giocava (e lo vedremo nel prossimo capitolo) unaltra
partita, una partita che riguardava il governo e non il merito del provvedimento. Si adoper molto Ottaviano Del Turco alla ricerca di quella soluzione sollecitata da Benvenuto al Palalido. Un mese dopo la manifestazione
di piazza San Giovanni le due anime della Cgil, comunisti e socialisti, ritrovavano lunit su sei punti che illustrarono alla commissione Bilancio,
Lavoro e Industria della Camera. Il primo decreto era decaduto e il governo
ne aveva presentato un secondo che prevedeva una durata pi limitata, una
novit che induceva Luciano Lama ad affermare: Oggi tuttavia ci troviamo
in una situazione politica e di merito diversa. La Cgil chiedeva la garanzia
che i punti da tagliare fossero solo tre anche in presenza di un aumento
maggiore dellinflazione. In sostanza Lama proponeva di conteggiare tre
punti di contingenza e di tagliarne uno solo. Inoltre, un nuovo calcolo degli
assegni integrativi, per gli statali una copertura della scala mobile pari al
63 per cento del costo della vita cio al livello precedente al decreto antiinflazione, aumenti di prezzi e tariffe sotto il dieci per cento, inserimento
nel decreto del blocco dellequo canone e maggiori tutele fiscali sui redditi
pi bassi. Contestualmente lanciava qualche timido segnale anche il Pci
che attraverso Giorgio Napolitano manifestava una certa disponibilit al
confronto purch non sia condizionato e stravolto da atti di forza quali il
ricorso al voto di fiducia. La proposta della Cgil, per, non riusc a prendere quota. Daltro canto, Franco Marini, nella stessa riunione della commissione Bilancio, Lavoro e Industria aveva fatto sapere che la Cisl non
prendeva in considerazione n lipotesi della restituzione dei punti n quella
dellinserimento del blocco dellequo canone.
Il 1 maggio, poi, arriv la messa a punto di Giorgio Benvenuto: I
segnali che la Cgil ha mandato nellaudizione parlamentare a proposito
del decreto sono importanti: la Uil che ha sottolineato a suo tempo con un
apprezzamento sincero lintervento di Lama a Piazza San Giovanni, li registra con grande interesse, anche perch la posizione espressa davanti
alla Commissione un elemento di rottura inequivocabile con le posizioni
estremistiche cavalcate tuttora da ambienti politici e sindacali, un elemento di chiarezza perch conferma la rinuncia della Cgil al recupero automatico, un elemento dirimente rispetto a quella caricatura del decreto
284

IL PCI VA ALLA GUERRA

che era rappresentata dallaccusa ad esso fatta di costituire una spallata


al salario... Ma con altrettanta franchezza dobbiamo sottolineare che una
moderna riforma del salario e della scala mobile non si fa se il risultato
quello di riportare la copertura dell83. La riforma la si fa per ridare spazio
al salario contrattato, per ridare senso ai diversi livelli di contrattazione,
per ritrovare ununit contrattuale rispetto a tutti i soggetti presenti nei
luoghi di lavoro... Proprio per questo bisogna voltar pagina: la scala mobile oggi un fattore di disuguaglianza, non protegge pi vasti settori di
lavoratori, insidia il ruolo rivendicativo del sindacato, d spazio a politiche
di contrapposizione ideologica sterili sposate opportunisticamente da al-

La risposta alla manifestazione romana: il 26 marzo 1984 a Milano,


la Uil riunisce diecimila "quadri" al Palalido
285

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

cuni settori imprenditoriali. Il taglio della durata del provvedimento, insomma, non riusc a lenire completamente le ferite n a impedire la raccolta
di firme da parte del Pci per chiedere la convocazione del referendum abrogativo. Lanciato a piena velocit, il treno deragli, nonostante i frenatori.
E un anno dopo della gioiosa manifestazione del 24 marzo rimarr solo
uno sbiadito ricordo.

286

MIGLIORISTI IN ATTESA
Iotti, Napolitano e gli altri

Nilde Iotti "irrit" Berlinguer con la sua guida della Camera "troppo"
super partes durante il dibattito sul decreto di San Valentino

MIGLIORISTI IN ATTESA

Ventiquattro ore. Un tempo minimo nella storia degli uomini.


Un tempo, per, che a volte pu racchiudere lintero senso di una vicenda. Quella della scala mobile o, meglio, del momento di crisi pi alta
e aspra fra partiti della sinistra, tutto in ventiquattro ore: 7-8 giugno
del 1984. In quel lasso di tempo tante cose vennero decise. Non dagli
uomini ma da quello che pi comunemente chiamiamo Fato. Fu lui in
quelle ventiquattro ore a distribuire le carte, in maniera anche disordinata, tragica, scomposta. Il malore mortale di Enrico Berlinguer a Padova; lapprovazione definitiva a Roma del decreto-bis sulla scala
mobile, quella nuova versione che aveva fatto pensare alla ricomposizione di un quadro, dopo le asprezze delle settimane e dei mesi precedenti, la oceanica e tumultuosa manifestazione del 24 marzo, le risposte
di Benvenuto e Carniti, le impennate di Craxi, le aperture e le chiusure.
Cosa sarebbe accaduto se a Padova le cose non avessero avuto
quel risvolto tragico, non lo sapremo mai perch solo Berlinguer era il
depositario, per quanto riguardava il Pci, della linea, quindi della sua
verit politica. Due volte il Pci si era trovato schiacciato sotto il peso
dellautorevolezza del suo leader, il pi Amato, per differenziarlo da
Togliatti, il Migliore. La prima volta quando il segretario aveva deciso
di mettersi lelmetto e andare alla guerra contro la scala mobile, contro
un decreto adottato senza chiedere (o concordare) il consenso dellopposizione; una seconda quando, caduto sul lavoro su quel palco di Padova, aveva lasciato ai suoi successori politici una eredit troppo
pesante da gestire in assenza di carisma. E se il tradimento di un uomo
un atto sgradevole, il tradimento della memoria pu assumere caratteri
ripugnanti. Almeno nella politica di quegli anni, nella politica del Pci
fatta di fedelt alla linea, di decisioni discusse ma che poi valevano per
tutti una volta adottate a maggioranza, pratiche col tempo diventate de289

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

suete, lo abbiamo visto anche in tempi recentissimi e sotto alcuni aspetti


questo uno di quei casi in cui la presunta modernit non propriamente
al servizio del meglio o del bene. Una cosa certa: Berlinguer poteva cambiare, forse lo avrebbe fatto, sicuramente non lo ha fatto chi gli
subentrato. E anche chi, come Luciano Lama o come Giorgio Napolitano, aveva subto pi che condiviso le scelte del leader in quella occasione, dopo il tragico epilogo di Padova, decisero che no, non ci si poteva
proprio sostituire a Berlinguer. Daltro canto, appena dopo lelezione a
segretario, Alessandro Natta che aveva ricevuto una scomodissima poltrona, lo disse a chiare lettere, senza troppi giri di parole: Nessuno pu
chiedermi e nessuno mi ha chiesto di essere come Berlinguer. Nessuno
glielo aveva chiesto perch tutti pensavano, sostenitori e critici, che non
ci potesse (e non ci dovesse) essere un nuovo Berlinguer, uno che spesso
cambiava la linea attraverso unintervista o un discorso alla festa dellUnit. Ma lui era Berlinguer, un segretario criticabile ma indiscutibilmente carismatico, con una notevole creativit politica: poteva anche
non piacere ma qualcosa alla fine la produceva sempre. Natta, invece,
quelle doti non le aveva. N pretendeva di averle.
Peraltro, anche per una questione fisica, si sentiva ormai vicino
al pensionamento, voleva tornare allo studio, ai libri, a una vita pi tranquilla. Invece, si ritrov catapultato in una dimensione che sotto molti
aspetti non gli era nemmeno congeniale. Quando, quattro anni dopo, il
30 aprile 1988, a Gubbio, prima di un comizio sent il respiro che si bloccava, disse: La mia fortuna stata che non avevo cominciato a parlare.
Altrimenti sarei morto come Enrico Berlinguer.
Al malore fisico, poi, si aggiunsero malori di altro tipo. Perch
poco pi di un mese dopo, il 3 giugno del 1988, su lUnit compariva
una lunghissima intervista (una pagina intera) ad Achille Occhetto che
aveva il tono di una vera e propria auto-investitura. Poi intervenne Massimo DAlema: Il rinnovamento necessario. I cronisti politici dellepoca hanno in quel caso richiamato il patto del garage,
quellalleanza che Occhetto e DAlema, figli della generazione dei
quarantenni, avevano stretto nel sottosuolo del palazzone delle Botteghe Oscure: una sorta di patto che avrebbe dovuto portare uno di loro al
vertice. Natta lo seppe e rispose con le dimissioni. Torno umile frate
290

MIGLIORISTI IN ATTESA

annunci. Ma prima sped due lettere, una delle quali venne secretata.
Ma poi diventata pubblica (attraverso la biografia di DAlema scritta
da Giovanni Fasanella).
Parole di fuoco contro chi, mentre lui si riprendeva dallinfarto,
aveva deciso che il suo tempo era scaduto: Compagni, non vi siete comportati lealmente. C stato un tramestio davanti alla mia stanza di ospedale. Quello che avete fatto per me offensivo, perch erano cose non
necessarie. Si chiudeva cos il cerchio di un segretario che in quel posto
si era ritrovato quasi per caso, prodotto pi delle condizioni che di una
valutazione ragionata, approfondita. E daltro canto, in quel giugno
dell84, con la tempesta emotiva suscitata dalla morte di Berlinguer, con
Sandro Pertini che caricava la bara del leader comunista sul suo aereo,
con due milioni di persone che lo salutavano mentre Giancarlo Pajetta
pronunciava la commemorazione ufficiale, la scelta non poteva essere
molto meditata.
Cerano state le elezioni europee che avevano fatto del Pci il
primo partito italiano (cosa mai avvenuta) ed era ancora in piedi la vicenda della scala mobile con Gerardo Chiaromonte che proprio in chiusura di dibattito al Senato aveva annunciato la raccolta di firme per
ottenere la convocazione di un referendum abrogativo. Era una scelta di
Berlinguer che nella direzione del 15 maggio aveva detto chiaro e tondo
che lopposizione al decreto era solo un pezzo di una lotta pi generale,
volta ad arrestare le deformazioni e le tendenze in senso autoritario del
nostro sistema politico. Tradotto in soldoni: il pezzo di una manovra
pi ampia per far cadere Craxi, luomo che personificava quelle deformazioni. Quando si ritrovarono a scegliere il successore, i dirigenti comunisti cominciarono a sfogliare una margherita fatta di pochi petali. In
sostanza, tre, quattro: da un lato Alessandro Natta e Renato Zangheri,
dallaltra Luciano Lama e Giorgio Napolitano. A sostegno di Natta (e di
Zangheri) giocava la vicinanza al leader scomparso, il fatto che avrebbe
perci continuato a combattere la battaglia avviata, il segno della continuit perch, pensavano i berlingueriani che erano la maggioranza, non
si poteva affidare la guida del partito a un esponente che non la pensava
come il pi Amato. I sostenitori di Luciano Lama (e di Giorgio Napolitano) invece erano convinti che bisognasse cambiare linea nei confronti
291

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

del Psi, che il segretario della Cgil era sufficientemente popolare e autorevole per mettersi alla testa di un movimento riformistico capace di
far cambiare strategia ai socialisti.
Lama e Napolitano rappresentavano la minoranza e difficilmente
ce lavrebbero fatta. Sui due, poi, pesava proprio il ruolo svolto in occasione della battaglia sulla scala mobile. E non solo quello. Il segretario
della Cgil lo ha detto chiaramente: quando venne scelto Berlinguer, lui
si era espresso a favore di Napolitano. Napolitano, a sua volta, pur con
modi garbati e mai strillati, le sue eresie le aveva consumate sino in
fondo. In rotta di collisione con Berlinguer era entrato in occasione della
famosa intervista al segretario pubblicata su la Repubblica il 28 luglio
del 1981, quella sulla questione morale. Un dissenso che gli era costato
un vero e proprio processo nella direzione del 10 settembre successivo;
una eresia pagata con la scomunica: estromissione dalla segreteria
ed emarginazione alla presidenza del gruppo parlamentare alla Camera.
Poi era arrivato il biennio di fuoco, 83-84, con il duello tra
Craxi e Berlinguer giocato anche nelle aule parlamentari, anzi con le
aule parlamentari che dovevano essere messe al servizio del duello. Alla
fine dell83, Giorgio Napolitano, per, non solo non alza le barricate
contro la Legge Finanziaria, ma partecipa con la presidenza della Camera
dei Deputati, cio con Nilde Iotti, alla definizione del calendario dei lavori. In cambio ottiene pi soldi per gli enti locali (nervo particolarmente
sensibile con i tanti sindaci comunisti in attivit) e lincremento del
fondo investimenti. Berlinguer mostra segni di insofferenza definendo
questa scelta un increscioso episodio. Contro il presidente del gruppo,
per, si scatenano soprattutto Renato Zangheri e Alfredo Reichlin. Napolitano si difende con un articolo su lUnit che viene, per, interpretato da la Repubblica come un attacco a Berlinguer, una rottura con
il segretario. Napolitano per fare piazza pulita di quello che defin un
pettegolezzo riprese carta e penna e chiar di nuovo a mezzo stampa.
Ma poi cominci il balletto sulla scala mobile.
Berlinguer avrebbe voluto ben altro atteggiamento da parte soprattutto di Nilde Iotti, troppo sopra le parti nella gestione del dibattito.
Napolitano scese in campo a difesa della presidente della Camera pro292

MIGLIORISTI IN ATTESA

vando a spiegare che nel suo ruolo la Iotti doveva solo fare larbitro non
poteva fare il giocatore. Natta qualche tempo dopo rivel: Berlinguer
si sent un po tradito. Fatto sta che contest la cosa al capogruppo alla
Camera, manifestando duramente la sua posizione nella direzione del 22
maggio e dando appuntamento per un chiarimento definitivo, che evidentemente non avvenne mai, a dopo le Europee. Nel frattempo Napolitano in una lettera non solo aveva provveduto a spiegare le sue posizioni
ma aveva anche messo a disposizione il mandato.
Le differenze tra Berlinguer e il capogruppo alla Camera non
erano tanto sulla linea politica ma sulla sua interpretazione. Il compromesso storico, ad esempio, per Napolitano era una grande coalizione in
cui si ritrovavano partiti alternativi che dopo quella fase avrebbero percorso strade differenti, prefigurava, insomma, quello che era avvenuto
molto tempo prima in Germania quando il primo governo socialdemocratico era stato anticipato proprio dalla Grosse Koalition. Il segretario,
invece, attribuiva a quella linea un valore pi strategico, sembrava considerarla quasi una fase di passaggio verso il socialismo. Archiviato il
compromesso storico, la diversit si concentr sul governo Craxi. Napolitano in un articolo fece riferimento allatteggiamento di Togliatti nei
confronti del centro-sinistra quando invitava a saper scendere e muoversi sul terreno riformista evitando, al tempo stesso, vuote contrapposizioni verbali e invettive.
Nella medesima situazione si ritrovava anche Lama che lanno
prima aveva firmato un accordo con il governo Fanfani e il ministro
Scotti, che probabilmente sarebbe arrivato allaccordo anche con Craxi
e De Michelis e che sicuramente non aveva alcuna intenzione di andare
al referendum. Avrebbe spiegato qualche tempo dopo in un libro a proposito del decreto di San Valentino: Io dicevo: votiamo contro, ma non
arriviamo allestremo del referendum. Per due ragioni, entrambe molto
forti. Prima ragione: il referendum avrebbe sancito la frattura nel movimento sindacale gi emersa con laccordo separato, lavrebbe resa
permanente, e dunque estremamente pericolosa. Seconda ragione: il referendum avrebbe potuto minare, e in modo molto grave, lunit interna
della Cgil, fra noi e i socialisti. Questa posizione, Lama la sostenne in
direzione: Ma restai in minoranza. Spiegava ancora il segretario della
293

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Cgil: Cominci in Parlamento la battaglia giusta del Pci sul decreto.


La battaglia ebbe un parziale successo perch vennero attenuate le conseguenze del decreto. A quel punto si apr un dissenso fra me e altri compagni del Pci, e quindi anche con Berlinguer. La mia opinione era che
fosse necessario valorizzare ragionevolmente i risultati della battaglia
parlamentare sostenuta con un movimento cos imponente. Naturalmente
bisognava votare contro il decreto, poich il decreto restava in piedi, e
poi la sua natura maligna non consisteva tanto nellentit dei tagli sui
futuri aumenti contrattuali. Quella era roba da poco, in fondo seimila,
ottomila, undicimila lire. No, la perversit del decreto stava in un altro
fatto: che si introduceva un potere illegittimo, in questo caso il potere
del governo, in una trattativa sindacale, comera quella fra noi e la Confindustria sulla scala mobile. Ma, secondo Lama, dopo quel voto contrario il Pci si sarebbe dovuto fermare.
Le diversit di posizioni, in ogni caso, cerano anche nel Pci, nonostante il carisma di Berlinguer le tenesse a freno, dando allesterno
limmagine di un partito che unitariamente andava alla battaglia contro
il decreto voluto da Craxi. Non del tutto convinto della strategia adottata, ad esempio, era Giancarlo Pajetta che sullo scontro tra Pci e Psi diceva in una intervista apparsa su Panorama del 5 marzo 1984: Siamo
in una grande tempesta, che richiede prima di tutto nervi saldi. Ma non
siamo ancora a una crisi come quella del 48, anche se c chi di certo
si augura che questo stia per accadere. Il vecchio dirigente, noto soprattutto per la sua schiettezza e la sua libert di eloquio, a proposito
del presidente del Consiglio sosteneva: Secondo me Craxi in questo
momento agisce cos non perch sia passato dallaltra parte ma nella
convinzione di affermare la sua forza e di poter poi realizzare una politica di riforme. Tutto preso nel suo tentativo non si accorge che stanno
per legargli le mani e renderlo succube, anche se siede sulla poltrona
di Palazzo Chigi.
Insomma, lidea che Craxi fosse una quinta colonna del capitalismo trionfante, non affascinava troppo Pajetta: Personalmente mi
rifiuto di pronunciare termini famigerati come mutamento genetico
che avrebbe cambiato lessenza del Psi. Ho passato tanti anni della mia
vita a litigare con i socialisti e a indicarli come avversari che non voglio
294

MIGLIORISTI IN ATTESA

ricadere nei vecchi errori. Daltra parte tutta la storia del nostro rapporto con i socialisti dalla scissione di Livorno in poi, fatta di polemiche ai loro cedimenti. Polemiche a volte sacrosante, a volte eccessive e
anche francamente sbagliate... Io mi domando se anche in tempi pi recenti come quello del centro-sinistra certe nostre asprezze polemiche e
il rifiuto di una ricerca unitaria non abbiano contribuito a rendere infruttosa quella politica. E ricordava, a questo proposito, uno scontro
con Pietro Nenni di cui si era pentito: meglio essere chiamati compagni in una sezione che eccellenza a Palazzo Chigi, gli avevo detto in
un discorso alla Camera. LUnit nel resoconto aveva poi censurato
questa frase e anche Togliatti non laveva apprezzata per nulla. Persino
su Craxi, a livello umano, Pajetta non condivideva le asprezze del momento: I rapporti personali con Craxi? Sono buoni. Certo sarebbero
pi fruttuosi se non pretendesse che gli interlocutori condividano il suo
giudizio negativo sul Pci... un uomo intelligente ma dotato di una fiducia in se stesso eccessiva. E anche di una suscettibilit eccessiva. Non
credo che per sia un merito andare a irritare questa suscettibilit magari credendo che solo noi comunisti siamo autorizzati a essere drastici. E a proposito delle prospettive politiche evidenziava: Io non
dimentico che quando si ottenuto qualche risultato positivo lo si ottenuto assieme, comunisti e socialisti. Il fatto che spesso si confonde
lunit con lidentit. Lesperienza italiana ci ha ormai dimostrato che
da noi impossibile avere un solo partito della classe operaia... Ci non
toglie che anche oggi io credo nellunit coi socialisti come una cosa
necessaria e anche praticabile.
Pajetta, alla morte di Berlinguer, sembrava destinato a giocare un
ruolo nella transizione, quasi di padre nobile. Si era parlato per lui
della presidenza. Ma poi arrivarono i funerali del segretario e a Pajetta
venne attribuito il compito di pronunciare lorazione funebre. Essendo
lorazione ufficiale, del partito, il testo era stato letto dai membri della
direzione e autorizzato. Ma il vecchio dirigente, molto incline alla polemica contingente, ci inser un passaggio non concordato che riguardava
proprio la battaglia sulla scala mobile, in pratica fece riferimento al discorso di Ottaviano Del Turco parlando di un monito e unautocritica
per tutti. Quellaggiunta sembra sia costata a Pajetta la poltrona di pre295

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

sidente in una fase delicata, di transizione per il partito. In ogni caso, le


differenze di vedute che Berlinguer riusciva a sintetizzare, restarono sottotraccia anche dopo la sua scomparsa. Lama stesso, che pure si era battuto quasi in solitudine contro il referendum, si pieg alla prospettiva
ritenendo impossibile tradire un lascito testamentario. Ma il segretario
della Cgil fece anche di pi. Forse capendo di avere poche possibilit
nella corsa alla segreteria, si fece da parte sostenendo che le distanze tra
lui e Berlinguer erano tali che se fosse diventato segretario avrebbe o
scontentato i militanti seguendo una politica diversa, o scontentato se
stesso attuando una strategia che non condivideva pienamente.
Per scegliere il successore a cui tocc la patata bollente del
dopo-San Valentino, il Pci attu un vasto sondaggio tra i i dirigenti del
partito. Giorgio Rossi in una ricostruzione per la Repubblica parl di
244 consultati che avrebbero espresso circa duecento preferenze per
Natta, trenta per Lama, quindici per Occhetto e sei, sette per Napolitano.
Il 26 giugno del 1984, Natta, dopo appena un paio dore di dibattito,
venne eletto segretario dal comitato centrale e dalla commissione controllo con 227 voti a favore e 11 astenuti. Vinse perch rappresentava la
continuit e la continuit era considerata in quel momento un valore: se
abbiamo vinto alle Europee, si diceva a via delle Botteghe Oscure, allora
vuol dire che la linea quella giusta. Laspetto emotivo del risultato
venne sottovalutato mentre fu sopravvalutato quello politico.
Achille Occhetto che era stato uno degli interpreti pi ortodossi
della linea berlingueriana, soprattutto sulla scala mobile, uno dei pi convinti sostenitori del duello allarma bianca con Craxi e i socialisti, dopo
la scomparsa di Natta, spieg che in realt nemmeno il nuovo segretario
voleva quel referendum. E raccont un episodio: Mi dette un incarico:
vedere di capire se la Corte Costituzionale poteva dichiararlo inammissibile. Motivo di questo atteggiamento? Pensava che lo avremmo
perso. Non si ferma qui il racconto di Occhetto: Io credo che Berlinguer avrebbe creato le condizioni per non farlo svolgere, che lo teneva
in piedi in vista delle Europee per poi cogliere come un buon risultato
una mezza vittoria. Ma solo Berlinguer aveva lautorit morale di togliere dal campo il referendum che aveva proposto. Quando mor, Natta
rimase incatenato a quel destino. chiaro che nessuno poteva essere
296

MIGLIORISTI IN ATTESA

sicuro del successo in una battaglia cos delicata. Ma forse non bisogna
sottovalutare il fatto che allepoca i segnali sembravano tutti confortare
lottimismo di chi voleva andare allo scontro finale. Piero Fassino, sempre in quella prima fase dell84, aveva chiesto alla Telemark una indagine demoscopica sulla questione della scala mobile limitata a Torino:

Fra Giorgio Napolitano, allepoca capo del gruppo parlamentare


del Pci alla Camera ed Enrico Berlinguer non mancarono le diversit
di opinioni sulla vicenda di San Valentino, in particolare li divise la
conduzione dei lavori dellaula da parte della Presidente, Nilde Iotti
297

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

il risultato diceva che il cinquantun per cento degli abitanti della citt
dava ragione a Lama e torto al Psi. In ogni caso, probabilmente le cose
dopo le elezioni Europee sarebbero cambiate, le diversit forse sarebbero
emerse con maggiore chiarezza e Berlinguer avrebbe traghettato il Pci
verso un approdo diverso da quello garantito dal referendum. Ma sotterraneamente, il segretario giocava unaltra partita, quella della spallata
al governo confidando sullatteggiamento critico di esponenti della maggioranza come De Mita e Spadolini (e Giorgio La Malfa) nei confronti
della piega che gli eventi stavano prendendo. Anche su questo versante,
per, la scomparsa di Berlinguer mut profondamente la situazione.

298

IL PSI DEL CAPO


Un partito al governo

Nonostante l'unit del Psi, il rapporto tra Craxi


e Lombardi fu sempre difficile

I L P S I D E L C A P O

Era un pomeriggio di sole nella brutta sala ben lontana dallo


splendore architettonico del centro di Verona, dal salotto di Piazza Bra;
lattesa cresceva con il passare dei minuti. Nelle poltroncine attendevano
lEvento, i leader e gli immancabili Vip, molti dei quali prestati dallo
spettacolo alla politica che nel frattempo stava scivolando nello spettacolo. L, in quel congresso, sarebbe nata lAssemblea Nazionale, un pletorico organismo lustrini e paillettes destinato a sostituire il polveroso
Comitato Centrale e ad attirarsi la scattante ironia di Rino Formica che a
quellorganismo si ispirer quando far riferimento al degrado di nani e
ballerine. E le ballerine, obiettivamente, cerano, anche piuttosto piacenti, abbigliate come per un party sulla Croisette pi che per un severo
appuntamento di partito. Insomma, cera la leggerezza che col tempo
sconfiner in molti casi nella superficialit e nellarroganza e che far
dire a Giorgio Ruffolo, economista e socialista di lunga militanza: Attorno a Craxi si svilupp una corte che non definirei di craxiani (tra i
craxiani cerano tante persone degnissime) ma di craxini arroganti e scostumati, scarsi di meriti e ricchi di bisogni. Talvolta tollerati, talvolta
vezzeggiati, pi spesso disprezzati dal Capo. Quelli, soprattutto, diffusero
intorno al Partito Socialista un clima di antipatia e repulsione, che prima
ne contrast lascesa e poi gli divenne fatale.
Daltro canto, quelli erano gli anni ruggenti degli yuppies. Dagli
Stati Uniti arrivava un film di Oliver Stone dal titolo Wall Street (1987)
e il protagonista interpretato dal bravissimo attore Michael Douglas, cio
Gordon Gekko diceva: Avidit? Cosa c di male... dopotutto solo una
questione di soldi. E in Italia cominciavano a spopolare le pellicole dei
Fratelli Vanzina in cui gli eroi di una Italia fatua sostituivano gli eroi dellItalia furba dei film degli anni Sessanta e Settanta di Alberto Sordi. Giuseppe De Rita ha spiegato come Craxi scopr, attraverso i rapporti del
Censis della fine degli anni Settanta, quel magma informe che si agitava
301

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

al di sotto del sottile strato della societ italiana. Un fiume sotterraneo


ma che stava guadagnando la superficie. In tanti si sono chiesti se quellItalia un po nichilista sia stata anche il prodotto del Psi o se il Psi con
il suo messaggio modernizzatore labbia alla fine attirata, almeno in parte,
finendo per essere, come dice Ruffolo, identificato solo con quel pezzo
di realt sociale.
In quella giornata di met maggio (il calendario era fermo sul fogliettino che segnava 11, anno di grazia 1984) il Psi celebrava la sua ennesima nascita: un partito nuovo, orgogliosamente liberal-socialista, laico
e quindi capace di occupare territori diversi da quelli storici, radicato nel
governo attraverso il suo leader indiscusso e indiscutibile, Bettino Craxi.
E quando sal sul podio, alle 17,30 per leggere la relazione introduttiva
del 43 congresso, fece immediatamente capire che i punti di riferimento
ideologici erano cambiati, che il Psi nuovo aveva sciolto le sue vele, spiegato lo spinnaker alla ricerca di porti diversi rispetto a quelli frequentati
in quasi un secolo di storia, con bussole realizzate con materiale semmai
non moderno ma originale, mai utilizzato in quelle dimensioni sino a quel
momento. Disse, proprio nelle prime cartelle: Nella societ italiana, cos
varia, cos complessa, animata da una miriade di attivit produttive, di
espressioni locali, di autonomie, di individualit e di libero associazionismo, una prospettiva riformista deve essere perseguita da noi secondo
i princpi che Carlo Rosselli riassume efficacemente nel messaggio e
nellimmagine del socialismo liberale.
Da tempo, il segretario del Psi e presidente del Consiglio, andava
alla ricerca di un nuovo Pantheon ideale a cui ancorare il suo partito di
fine millennio. Aveva sollevato il caso con Proudhom; aveva fatto riferimento a Filippo Turati; aveva riscoperto un meridionalista come Gaetano
Salvemini; alla fine aveva trovato il fondamento ideologico che cercava:
un socialismo fortemente democratico, fortemente laico, fortemente ancorato ai principi liberali. Racconter Claudio Martelli anni dopo: Mi
capitato nel 1997 di seguire le elezioni in cui Blair venne eletto per la
prima volta. Andai alla Fabian Society per intervistare il giovane segretario e chiedergli qual era la ragione di tanto successo ed egli disse: Ma
proprio adesso lo chiede? Noi abbiamo imparato tante cose da voi. Solo
che voi italiani avevate due difetti: innanzitutto eravate troppo in anti302

I L P S I D E L C A P O

cipo, negli anni Ottanta, probabilmente nemmeno noi britannici saremmo


stati allora maturi per unevoluzione del socialismo europeo in direzione
di un socialismo liberale; in secondo luogo voi eravate italiani, quindi
confinati in una dimensione, in uno spazio culturale troppo ridotto per
poter influenzare linsieme del socialismo europeo. Ha spiegato Gianni
De Michelis: Per me chi stato luomo Craxi in tutto il suo percorso
chiarissimo. Craxi stato politicamente lerede di Saragat, ha corretto
a un certo punto lerrore di Nenni, ha scelto con chiarezza nel mondo di
allora, soprattutto nel mondo del momento in cui diventava segretario
del Partito Socialista, il campo in cui stare, ossia quello occidentale.
Il Psi che rinasceva a Verona, insomma, aveva soprattutto una
identit ideale e, quindi, ideologica originale. Spiegava nel suo intervento
Giorgio Benvenuto: Avete visto che ora sono tutti in pena per la nostra
identit. Berlinguer decide di volta in volta se tenerci dentro o fuori - a
seconda dei suoi umori - di quellarcaica e solitaria sinistra di cui egli
si considera ad un tempo sorvegliante e celebrante. De Mita, impegnato
a ridisegnare lalternativa di domani, ogni tanto cancella dalla geografia
politica le terze forze o i poli che non fanno quadrare bene i suoi conti.
E persino Spadolini nutre timori per noi e per la nostra laicit, dimenticando che gli steccati culturali sono da tempo caduti. Ai repubblicani, in
particolare, dobbiamo sforzarci di far comprendere che la cultura laica
con la grande tradizione riformista a fondamento della modernit socialista. E che un errore da parte loro rammaricarsene: la contiguit
elettorale non necessariamente portatrice di conflittualit politica. Ma
perch tanto discutere della nostra identit? Mi sono sforzato di trovare
tre ragioni elementari. la prima ragione: gli altri si preoccupano perch
unidentit ce labbiamo. La seconda ragione: capiscono che essa non
fondata su schemi ideologici ma su una capacit di rapporto autentico
con la societ civile. Quindi una identit senza vocazioni minoritarie.
La terza ragione: sanno che questa identit, interpretando il dinamismo
della societ civile e ci che di vitalmente innovativo c in essa, costringe al mutamento il sistema politico. Ce n abbastanza perch si cerchi di alimentare nel paese un antisocialismo di maniera. Ma anche
abbastanza perch noi si sappia contrastarlo ed isolarlo di fronte allopinione pubblica.
303

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Lanno successivo, quasi a mettere il sigillo al rinnovamento,


Craxi cambier anche il simbolo del partito: rester il garofano, scompariranno la falce, il martello e il libro. E dato che in politica sono i gesti
simbolici che alla fine lanciano il messaggio pi forte, quella trasformazione sottolineava in maniera chiara, netta la rottura col passato, poteva
essere gradita o sgradita ma di rottura definitiva si trattava. In soffitta andavano definitivamente Marx e un armamentario che aveva fatto da supporto a una Rivoluzione che aveva suscitato speranze e poi creato solo
sistemi autoritari e sanguinari. Il Psi, insomma, era altra cosa rispetto a
quello dei primordi ma anche rispetto a quello Frontista, reclamava un
suo spazio e significativamente lo faceva nel momento in cui il suo leader
era anche il capo del governo e, per giunta, nel congresso che faceva seguito al pi duro scontro a sinistra, quello sul decreto di San Valentino, e
che trover proprio in quelle assise la prosecuzione pi plateale.
Ma sul fatto che si trattasse di un soggetto politicamente nuovo,
correvano pochi dubbi. Lo ha scritto in maniera molto chiara lo storico
Massimo L. Salvadori: Allorch si prenda in considerazione il Partito

Claudio Signorile, Claudio Martelli e Vincenzo Mattina: esponenti di


spicco di un Psi sotto Craxi sempre dialettico ma non pi rissoso
304

I L P S I D E L C A P O

socialista italiano durante gli anni di Craxi, di molte cose si pu dubitare


ma non che esso non sia stato un partito nuovo. Fu nuovo nel senso che
oper in modo da segnare una netta svolta, che per molti aspetti assunse
il volto di una rottura, rispetto al passato. Nuovo per lidentikit politicoideologico, caratterizzato dal deciso abbandono del marxismo e del classismo. Nuovo per il modo in cui impost i suoi rapporti con i due
maggiori partiti che avevano sino ad allora dominato il sistema politico
italiano. Nuovo per il ruolo, a partire dal 1983, di guida del governo, che
non aveva precedenti nella storia del Psi e della Sinistra italiana. Nuovo
per il tipo di leader rappresentato da Bettino Craxi, il quale arriv a tenere nelle proprie mani il partito come nessuno prima di lui aveva fatto
nella storia del socialismo italiano. Per certi aspetti Craxi esercit una
leadership che, per il suo carattere indiscusso e incontrastato, aveva un
precedente e un punto di paragone possibile, nellambito della sinistra
italiana, soltanto in quella di Togliatti; la differenza che la leadership
craxiana giunse ad assumere aspetti, consapevolmente e attivamente perseguiti, di un forte personalismo plebiscitario, espressione di un clima
politico e psicologico lontano dai riti di legittimazione propri del partito
e del gruppo dirigente comunista. Quello, in effetti, fu anche il congresso della riconferma di Craxi per acclamazione.
Fu, insomma, un momento decisivo nella storia del Psi. Perch
decisivo era anche il momento storico, con il Pci che attraverso la Cgil
aveva portato in piazza, poco pi di un mese e mezzo prima, un milione
di persone per contestare ladozione del decreto sulla scala mobile, con
il provvedimento stesso in bilico perch il Parlamento non era ancora riuscito a convertirlo in legge, con il sindacato che si era diviso in due tronconi, di qui la Uil, la Cisl e i socialisti della Cgil, di l i comunisti della
Cgil. Era un momento decisivo per lo stesso Psi, come sottolinea Salvadori. Per la prima volta, dopo un tempo immemore, il Psi offriva limmagine di un partito fortemente unito, quasi granitico. La battaglia politica
interna si era da tempo conclusa; Craxi non aveva pi alcuna opposizione
con cui regolare i suoi conti. Poteva andare tranquillo per la sua strada.
Per una di quelle particolari maledizioni che caratterizzano la politica,
quel congresso, che pure stato uno snodo fondamentale nella vicenda
politica, economica e sindacale dellItalia degli anni Ottanta, passato
305

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

alla storia per un evento importante ma fuori dalla sostanza dei temi in
discussione; un evento che sicuramente illustra il momento ma finisce
per far passare in secondo piano questioni pi interessanti anche ai fini
delle valutazioni di quello che ancora oggi accade nel nostro Paese.
I fischi a Berlinguer arrivarono proprio il giorno dellapertura del
congresso e non furono sicuramente una bella testimonianza di tolleranza
da parte di un partito che si ispirava al socialismo liberale, cio una cultura politica non settaria. In quel caso il settarismo venne fuori e in maniera decisamente sonora. Nessuno si scus per laccaduto. Solo Giacomo
Mancini ci prov lanciando anche un monito: So che un discorso difficile compagni, perch lo scontro a sinistra duro e la campagna elettorale ardua, ma smettiamola con questo clima di guerriglia. Quando si
arriva a questi livelli, non ci sono n vinti n vincitori. Perdiamo tutti e
due. Il dovere di ospitalit avrebbe dovuto consigliare almeno delle
scuse, al contrario Craxi nella replica, il 15 maggio, rincar la dose: Mi
spiaciuto che il congresso sia venuto meno a un dovere di ospitalit.
Per se c stato un fatto grave, ci deve essere stata una ragione grave.
So bene che non ci si indirizzava a una persona ma a una politica che
questa persona interpreta con maggiore tenacia di altre e che non so fino
a che punto sia convincente per il suo stesso partito. Questi fischi sono
un segnale politico contro quella politica, non mi posso unire a quei fischi
solo perch non so fischiare. Non mi pare che il Pci tenda a una vera revisione. I ritardi si aggiungono ai ritardi. Ragionare, discutere va bene.
Ma sia ben chiaro che con noi, niente tattiche da Terza Internazionale.
Risponderemo colpo su colpo. Il Psi forza di grande vitalit. Il congresso stata una grande manifestazione di orgoglio della sua identit...
Il decreto sarebbe gi stato approvato se i deputati non avessero fatto
conferenze sulle aspirine. Prima o poi il Parlamento metter il timbro su
quel decreto. Un Parlamento che, dallinizio della legislatura, ha legiferato su pollame, lotto, molluschi, prosciutti di San Daniele, scuole di chitarra. E, invece, il Governo ha presentato quasi trecento disegni di legge
su casa, giustizia, trasporti, occupazione, lotta allinflazione. Nulla ancora approvato: la vadano a spiegare agli italiani, che devono votare tra
un mese (erano in programma le Europee, n.d.a.), la polemica contro il
decisionismo. Queste ultime battute avranno uno strascico immediato
306

I L P S I D E L C A P O

visto che nello stesso giorno si svolgeva la direzione del Pci e Berlinguer,
come abbiamo detto in un altro capitolo, lanci la sua offensiva contro
le deformazioni e le tendenze in senso autoritario del nostro sistema politico.
Ma ci fu anche unaltra polemica piuttosto dura. Dura e, in qualche misura sotterranea. Nella sua relazione di apertura, Bettino Craxi
aveva letto una missiva che Aldo Moro gli aveva mandato nel 1978 dalla
prigione del popolo. Diceva Moro: Caro Craxi, poich ho colto, pure
tra le notizie frammentarie che mi pervengono, una forte sensibilit umanitaria del tuo partito in questa dolorosa vicenda, sono qui a scongiurarti
di continuare ed anzi accentuare la tua importante iniziativa. da mettere
in chiaro che non si tratta di inviti rivolti agli altri a compiere atti di
umanit, inviti del tutto inutili, ma di dar luogo con la dovuta urgenza
ad una seria, equilibrata trattativa per lo scambio di prigionieri politici.
Ho limpressione che questo o non si sia capito o si abbia laria di non
capirlo. La realt per questa, urgente, con un respiro minimo. Ma io
ti scongiuro di fare in ogni sede opportuna tutto il possibile nellunica
direzione giusta se non quella della declamazione. Anche la Dc sembra
non capire. Ti sarei grato se glielo spiegassi anche tu con lurgenza che
si richiede. Credimi, non c un minuto da perdere. E io spero che al Raphael (lalbergo dove alloggiava a Roma Craxi, n.d.a.) o al partito questo mio scritto ti trovi. Mi pare tutto un po assurdo, ma quel che conta
non spiegare ma se si pu fare qualcosa, di farla.
Fin qui la pubblica lettura. Poi intervengono le segrete interpretazioni. E un contributo di chiarezza lo offre ancora una volta Antonio Tat.
Lepisodio lo cita Massimo DAlema in un suo libro. In una nota, Tat
dice di essere stato invitato al Quirinale da Antonio Maccanico, segretario
generale di Sandro Pertini, per un caff. Erano giorni turbolenti: cera
stato uno scontro tra il Quirinale e Palazzo Chigi sulla commissione di
indagine sulla P2. Era filtrato il nome di Pietro Longo, ex leader del Psdi
e membro del governo. Craxi, per difendere il suo esecutivo, aveva solidarizzato con Longo, Pertini non laveva presa bene e aveva ritenuto le
dichiarazioni del capo del governo lesive di un organo del Parlamento. A
quel punto arrivava la citazione della lettera di Moro. Tat nel suo appunto, cita le parole che avrebbe detto Maccanico: Un avvertimento po307

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

litico di tipo mafioso alla Dc perch non tiri troppo la corda nel senso di
una crisi di governo... Un vero e proprio ricatto volto a mettere la Dc in
difficolt sul piano umano ed etico un avvertimento che non viene dal
Craxi del 1978, segretario del Psi, ma dal Presidente del Consiglio che
ha il controllo dei servizi di sicurezza.
La metamorfosi del Psi stata studiata con grande attenzione da
Salvadori. A parere dello storico la questione dellunit del partito venne
affontata in maniera piuttosto semplice: Il segretario lo risolse per un
verso accettando le correnti stesse con le loro rispettive reti di influenza
locale, per laltro addomesticandole sempre pi efficacemente grazie al
successo conseguito nellaffermare una posizione di preminenza personale indiscussa nel partito, al ruolo centrale assunto dal partito allinterno del sistema politico e al formarsi di un consenso forte non tanto in
campo elettorale dove il Psi ottenne s una crescita ma inferiore alle
aspettative, quanto piuttosto presso strati assai influenti della societ.
A proposito del consenso elettorale interessante lanalisi di Claudio
Martelli: Il risultato del 1987 (cio quello figlio della presidenza del
consiglio socialista e del decreto sulla scala mobile) stato il 14,3 %, ed
vero che il record storico dei socialisti, ma era al di sotto non solo
delle aspettative diffuse ma delle convinzioni dello stesso Craxi... In quegli anni si era costruita attraverso Pertini, Spadolini e Craxi, una prospettiva... non solo socialista ma laico socialista, che era quella uscita
vittoriosa dai grandi referendum popolari sul divorzio e sullaborto...
Quella alleanza politica doveva essere sperimentata nelle elezioni del
1987. Lo fu in una parte molto modesta, soltanto in 12 collegi senatoriali
noi ci presentammo insieme, socialisti, radicali, socialdemocratici e un
pezzo dei verdi... Craxi si oppose per allidea di estenderla su scala generale. Ebbene in quei 12 collegi il Partito socialista con i suoi alleati
super il 20 per cento.
Lanalisi di Martelli su quellaspetto elettorale, si coniuga con la
trasformazione della forma partito come emerge dallanalisi di Salvadori: La riforma del partito venne condotta tra il Congresso di Palermo
del 1981 e il congresso di Verona del 1984. Nelluno fu decisa lelezione
diretta del segretario nazionale ad opera del congresso, nellaltro quella
dei segretari periferici dai congressi regionali e federali e la sostituzione
308

I L P S I D E L C A P O

del vecchio comitato centrale con la nuova Assemblea Nazionale... Importante completamento fu la formazione di clubs, suggestione francese,
destinati a costituire, secondo lo schema della raggiera, avente il suo
centro nellAssemblea Nazionale, uno schema in grado di attivare su
scala locale il consenso socialista, puntando non pi sulla vecchia base
formata prevalentemente da operai, funzionari e intellettuali di partito,
ma in primo luogo su un nuovo notabilato composto da esponenti della
politica, della cultura e del mondo delle professioni collocati negli strati
sociali medio-alti. Il modello era frutto della consapevolezza della crisi
oggettiva, sempre pi rapida e irreversibile, del partito basato sulle sezioni territoriali e sullideologia del primato del proletariato di fabbrica.
Esso era destinato a fare molta strada e a essere fatto proprio nelle linee
essenziali anche dal partito post-comunista, nella sostanza e nella forma,
in corrispondenza con il cedimento e il superamento del carattere classista dei partiti di sinistra. E in effetti nel 1987 il Psi mostrava una composizione sociale nettamente interclassista, con il 35 per cento di operai,
il 27 per cento di impiegati, il 17 per cento di commercianti e artigiani,
il 12 per cento di liberi professionisti e imprenditori, il 5 per cento di insegnanti e il 4 per cento di agricoltori. Ma interessante anche quel che
dice Salvadori a proposito della strategia del partito: Nei primi anni ottanta, Craxi port a compimento tre operazioni strettamente collegate.
La prima fu la messa in soffitta dellalternativa di sinistra alla DC, che
il Psi aveva abbracciato per rispondere al compromesso storico di Berlinguer ed esorcizzare lipotesi di un accordo tra Pci e Dc che lo emarginasse e la sua sostituzione con quella alternanza al governo di Psi e
Dc, rivolta a creare le condizioni per la presidenza del Consiglio socialista sulla base della solidariet dei partiti del polo laico e della costituzione di un patto con il Psdi. La seconda fu la rottura ideologica con
la residuale matrice marxista e la proclamazione del Psi quale partito
riformista. La terza fu la definitiva trasformazione del Psi in un partito
che, lasciandosi alle spalle vecchi moduli organizzativi, puntava su un
modello leaderistico e assembleare.
Una lettura di questo tipo porta a considerare il dialogo a sinistra
come una ipotesi accantonata a priori. La realt sembra, invece, pi complessa, pi articolata. Ricorda Rino Formica: C una finestra di rap309

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

porto buono tra socialisti e comunisti... Accadde nellincontro alle Frattocchie del febbraio del 1983, quando il Partito comunista firma un documento unitario con i socialisti e agevola la richiesta di Craxi di elezioni
anticipate. Ricordo che nel documento vi finanche rilevata... la questione delluso politico della giustizia da parte della magistratura. E
Claudio Signorile a sua volta spiega: Nel 1979 Craxi ebbe lincarico di
formare il governo dopo le elezioni con una maggioranza di solidariet
nazionale. Per testimonianza diretta posso dire di non aver avuto da parte
del Partito Comunista nessun ostacolo. Lo dico perch portavo avanti le
trattative come vice-segretario. Il vero problema venne da parte della Dc,
che pose soprattutto con De Mita un veto radicale. Molto determinato
nello sbarramento della strada fu pure Benigno Zaccagnini, allepoca segretario democristiano. E Carlo Tognoli a sua volta sottolinea: Craxi
non fu mai pregiudizialmente contrario ad aperture e accordi con il Pci...
A parte gli ottimi rapporti con Bufalini, Pajetta e Cervetti, un altro segno
del suo atteggiamento costruttivo fu lipotesi di una piattaforma comune
proposta a Occhetto per trattare con la Dc, non per lalternativa, ancora
immatura, ma per rafforzare la sinistra... Il sostegno al Pds per lingresso
nellInternazionale Socialista fu la conferma della sua volont di dialogo... La tesi secondo la quale Craxi, dando valore simbolico e politico
allunit socialista, mirasse a egemonizzareuna sinistra comprendente
il Pds non sta in piedi. Un realista come lui sapeva perfettamente, malgrado la crisi dopo la caduta del Muro, cosera il partito e lapparato
comunista, il sindacato, le cooperative. Impossibile larrembaggio a una
simile corazzata. Sicuramente pensava che fosse possibile stare sul ponte
di comando, in prospettiva, con i dirigenti del Pds, in un nuovo partito
socialdemocratico che avesse superato la divisione di Livorno e la diffidenza dei comunisti durata settantanni verso il socialismo democratico.
Al di l dei rapporti col Pci che hanno preceduto e seguito il
grande duello a sinistra, al di l delle intenzioni che poteva nutrire Craxi
e le interpretazioni di queste intenzioni che forniva il gruppo dirigente
del Psi, quel congresso di Verona alla fine passato alla storia soprattutto
per alcuni fatti di cronaca: i fischi a Berlinguer, la chiosa non certo elegante dellallora premier, lacclamazione del segretario, la nascita di
unAssemblea Nazionale pletorica e pertanto inutile. I dati di cronaca,
310

I L P S I D E L C A P O

per, hanno finito per oscurare quelli politici che pure cerano ed erano
presenti soprattutto nella relazione introduttiva di Craxi. A rileggerla ora,
alcune riflessioni vengono immediate. Tanto per cominciare, Craxi, che
pure era considerato soprattutto un grande tattico, poco incline alle impegnative costruzioni strategiche, attento al breve periodo ma poco a suo
agio sul medio e, ancor di pi, sul lungo, faceva una diagnosi dei problemi
italiani quanto mai acuta e, allo stesso tempo, indicava gli elementi essenziali della terapia e oggi, a tanti decenni di distanza, si pu dire che
quei problemi non essendo stati affrontati o essendo stati affrontati, successivamente, in maniera superficiale e frammentaria, hanno finito per
trasformarsi nella palla al piede del Paese, un peso da cui ancora oggi non
riusciamo a liberarci.
Poi emerge lenorme differenza culturale che divideva il segretario
socialista da Enrico Berlinguer, una diversit che spiega anche le difficolt che hanno segnato i loro rapporti, umani prima ancora che politici.
Craxi, con il suo istinto da animale politico riusciva a cogliere gli elementi della modernit, semmai ci si tuffava dentro con un entusiasmo
giovanilistico un po acritico che gli impediva di distinguere gli elementi
positivi da quelli negativi. Berlinguer, con i suoi austeri ragionamenti, se
da un lato coglieva con chiarezza il problema del degrado della vita pubblica italiana, dallaltro vedeva la modernit come un moloch da abbattere non come una realt da governare.
Diceva Craxi proprio nelle prime pagine di quella relazione:
Oggi siamo pi forti elettoralmente e politicamente, pi uniti e anche,
sulla base delle esperienze maturate, pi consapevoli delle difficolt,
delle carenze, degli ostacoli che ci si parano ora di fronte. E passando
dallanalisi generale alla sua autobiografia, aggiungeva orgogliosamente:
Credo che a pochi sia toccato lonore di una fiducia cos grande, di un
sostegno tanto fraterno. In quella fase di grande polemica, di scontro
sulla scala mobile, la novit di un Psi scarsamente litigioso era per lui un
dato confortante: Grazie per lunit. Essa rappresenta una grande conquista che da Palermo ad oggi si ulteriormente consolidata. I nostalgici
di un partito diviso e debilitato non mancano. E qui il riferimento alle
vicende successive al decreto di San Valentino diventava diretto: Io giudico straordinario che nella martoriata vicenda della riduzione dei punti
311

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

della scala mobile, di fronte a una campagna inaudita per le espressioni


usate, e diligentemente annotate sullAvanti! perch vadano nella storia
a fare buona compagnia a quelle che corsero contro i socialisti negli anni
bui del dogmatismo fanatico e del settarismo comunista, e di fronte ai
metodi di asprezza impiegati nellopposizione al governo, giudico straordinario che tra le fila socialiste non una sezione, non un nucleo aziendale, non un esponente sindacale, non un dirigente eletto nelle liste del
partito, sia venuto meno ad un dovere di reazione, di compattezza e di
solidariet. Una linea di condotta collettiva, basata non sulla disciplina
giacch non siamo come noto un partito molto disciplinato, ma sulla
libera convinzione, su di una scelta di principio e per un dovere di solidariet. Ad ascoltare quelle parole, tra gli ospiti, Enrico Berlinguer.
Erano, evidentemente, rivolte al suo partito (disciplinato per via del
centralismo democratico) e a lui (nel momento in cui veniva fatto riferimento al dogmatismo fanatico e al settarismo comunista).
Ma cera, poi, tutta una parte politica che riguardava i mali dellItalia, i problemi da affrontare in qualit di presidente del Consiglio, la
necessit di agganciare una ripresa anche attraverso il decreto di San Valentino. Spiegava dalla tribuna: C una realt in movimento nelleconomia mondiale. Le maggiori locomotive mondiali corrono gi ad un
ritmo che superiore alle previsioni. La ripresa produttiva e la levitazione del commercio mondiale si pongono a cavallo di processi di trasformazione degli apparati industriali ad alta ed ininterrotta velocit.
Fortunatamente anche il treno delleconomia italiana ha cominciato a
muoversi... Il nostro problema di far s che non si riduca a un fuoco di
paglia. In quella relazione Craxi individuava le trasformazioni che
avrebbero avuto conseguenze non secondarie sul mercato del lavoro, una
analisi che mantiene una sua attualit e questa attualit spiega il fiuto
politico che accompagnava il leader socialista. Diceva: Ci avvertono
gli esperti che nel settore manifatturiero del mondo occidentale si stima
una perdita da 40 a 100 mila posti alla settimana a causa della introduzione di processi produttivi automatizzati... Sappiamo che gi oggi solo
le professioni legate alla informatizzazione rappresentano il 30 per cento
della popolazione attiva non solo negli Usa, nel Canada, ma anche in
Svezia, in Germania, in Giappone.
312

I L P S I D E L C A P O

La sua ricetta, che se fosse stata attuata (ma da questo punto di


vista le responsabilit sono diffuse e comuni non risparmiando nessuno)
avrebbe probabilmente dato un sostegno sul fronte dellofferta di lavoro,
prevedeva: Una risposta deve venire dalla programmazione, per
lespansione del terziario avanzato, per qualificate nuove funzioni pubbliche. Una risposta deve venire dai nuovi investimenti nei settori strategici, dalla valorizzazione e dal sostegno del tessuto delle piccole e medie
imprese, industriali e artigiane e del settore cooperativo che rappresentano tanta parte delleconomia nazionale, dai settori in espansione che
lavorano per lesportazione e sono alla conquista di nuovi mercati, dalla
modernizzazione agricola e delle attivit produttive e commerciali connesse.
Cera lideologia dei cespugli ispirata evidentemente dalle analisi del Censis, il Made in Italy (le aziende a caccia di nuovi mercati
che allepoca erano prevalentemente quelle della moda), ma anche la sensibilit per quelle nuove frontiere industriali, a cominciare dallinformatica, che avrebbero nel tempo determinato il successo di alcuni sistemi
produttivi (la Svezia o la Norvegia, ad esempio) rispetto ad altri (e i telefonini ancora non erano diventati il simbolo della modernit). Ai problemi
che le trasformazioni avrebbero posto al mercato del lavoro, con quattordici anni di anticipo Craxi dava una risposta su cui senza successo (a parte
una crisi di governo) si sarebbe cimentato Fausto Bertinotti: Si porr
certamente il problema della riduzione dellorario di lavoro su scala concertata ed in funzione dellandamento della curva demografica nel medio,
lungo periodo. Bisogner favorire elementi di flessibilit. evidente
che lidea risente del condizionamento che in quel momento Carniti
esercitava soprattutto su Martelli.
Lobiettivo che si poneva Craxi era ambizioso in un Paese in cui
i governi avevano durate stagionali: Governare il cambiamento: forse
nulla pi difficile e tuttavia questo il problema della societ e della
democrazia italiana. Tutto ci richiede innanzitutto stabilit politica, ampiezza e positivit delle relazioni sociali nella valorizzazione del ruolo
del sindacato e del suo concorso responsabile. Craxi, insomma, provava
a fare piazza pulita dellimmagine che era stata fornita di lui dalle opposizioni: il decreto di San Valentino non era stato una imposizione ma era
313

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

il frutto di una trattativa, di relazioni sociali che puntavano alla valorizzazione del sindacato. E faceva partire laffondo: Confesso che pi
analizzo le pi recenti vicende del mondo sindacale e politico-sindacale
e pi rimango sbalordito per ci che successo e che ancora succede.
Come si sia potuto in poche ore buttare allaria una costruzione unitaria
come la Federazione sindacale costata il lavoro di anni e come si sia potuto gettare tanti semi di divisione e di polemica nel movimento sindacale
con tutto il danno che da ci deriva, oggi e in prospettiva al mondo del
lavoro, francamente incredibile. Un messaggio diretto evidentemente
al Pci e Craxi, per sottolinearlo ulteriormente, utilizzava lideologo di riferimento di quel partito: Qualcuno aveva del tutto dimenticato il monito
di Marx che a proposito del rapporto partiti-sindacati scriveva nel lontano 1869: Ma i sindacati devono essere collegati ad una associazione
politica, o trovarsi sotto la sua dipendenza, se essi vogliono svolgere la
loro funzione: il farlo sarebbe apportarvi un colpo mortale.
E dato che il Pci lo aveva accusato di aver colpito solo i redditi
da lavoro, Craxi incassava la critica, la faceva propria e rilanciava: Uno
degli elementi dellazione programmatica costituito dalla politica dei
redditi. Di tutte le critiche pregiudiziali, ingiustificate ed esagerate che
sono state scagliate contro il decreto della discordia, una sola mi ha colpito, mi convince, anzi mi trova consenziente. quando si afferma che
la politica dei redditi, allo stato delle cose, non agisce con medesima tempestivit ed efficacia in tutte le direzioni, a senso unico, cio rivolta
solo verso il lavoro dipendente. ci che noi vogliamo evitare predisponendo nuovi strumenti e perfezionando lorganizzazione della politica
dei redditi che deve diventare elemento permanente per un ordinato ed
equilibrato sviluppo della nostra societ. Un obiettivo riformistico, su
cui in Europa tutte le sinistre, allora come oggi, concordano. Poi nella
polemica con il Pci aggiungeva un altro elemento facendo riferimento a
un dirigente comunista scomparso qualche anno prima: Bisogna ridurre
il livello dellinflazione. Parlando allinterno di unottica di opposizione,
Giorgio Amendola scrisse una volta che maggioranza e opposizione dovrebbero ugualmente sentire la responsabilit della lotta allinflazione...
Il tasso di inflazione sta ora scendendo, la discesa lenta ma pur sempre discesa. Quindi inseriva una questione che ci assilla ancora oggi,
314

I L P S I D E L C A P O

anzi oggi ci assilla pi di ieri: Motivi di costante allerta e di preoccupazione tuttaltro che fugati, vengono dalla situazione della finanza pubblica. Come noto negli ultimi anni il buco del debito pubblico si
rapidamente allargato ed oggi pi che un buco un cratere. I disavanzi
che annualmente si sono formati nel settore pubblico sono stati superiori
al doppio di quelli medi europei... Lobiettivo che ci siamo posti di bloccare il corso del torrente in piena... Dal lato delle entrate lo scenario fiscale presenta ancora la pi grande, la pi vistosa e la pi inaccettabile
delle contraddizioni... Per questo necessario ristabilire equilibrio e soddisfacente giustizia sociale.
Avviandosi alla fine, poi, lanciava un appello allunit del sindacato: La divisione nel mondo del lavoro interviene nel momento peggiore, e tutto ci che pu essere fatto per ricreare condizioni di unit,
una visione matura e responsabile dellazione sindacale, e in una ritrovata autonomia, deve essere fatto. Quindi, diceva a Berlinguer che non
si sarebbe fermato: Al Paese che si interroga sulle proprie crisi, sulle
proprie difficolt, sul proprio avvenire, noi rinnoviamo il nostro messaggio di fiducia. Molto si decide in questi anni che saranno di transizione
e di trasformazione con tutto limpegno straordinario che questo comporta. Mi attirer ancora una volta laccusa malponderata di decisionismo, che del resto non mi disturba affatto, ma penso che si debba insistere
sulla necessit di affrontare i tempi delle decisioni che urgono, di non
accumulare ritardi nellazione del governo, del parlamento, nella sfera
degli operatori pubblici come in quella degli operatori privati. E sulle
note di De Gregori la nave di un Psi di governo unito dietro il proprio
leader prendeva il largo.
Ha scritto anni dopo Massimo L. Salvadori: Coadiuvato da un
gruppo dirigente composto da personalit di notevole livello, alcune delle
quali persino brillanti, tra cui spiccavano i suoi due giovani delfini, Claudio Martelli e Giuliano Amato, Craxi, accantonate definitivamente le velleit del socialismo autogestionario in nome del riformismo senza
aggettivi, mise in luce innegabili qualit gestionali e decisionali. Salito
al potere in una situazione economica ancora difficile, il suo governo
pot godere degli effetti positivi della ripresa interna sullonda di una favorevole congiuntura internazionale e conseguire risultati positivi nella
315

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

lotta allinflazione e allalto costo del lavoro. Ma la dilatazione della


spesa pubblica continu senza freni.
Per quanto il Psi potesse essere (o apparire) un partito unito, sicuramente non era un partito appiattito. E lo si cap poco pi di un mese
dopo il congresso di Verona. Cerano state le Europee e il Psi aveva rimediato una nuova delusione elettorale: 11,2 per cento, poco meno del
risultato conseguito un anno prima alle Politiche (11,5). Le perplessit
che attraversavano sotterraneamente alcuni settori del partito e che riguardavano la scala mobile e la sua pi diretta conseguenza politica, cio
il rapporto col Pci, vennero allo scoperto poco dopo lapertura delle urne,
quando allhotel Ergife si riun la sinistra socialista. Riccardo Lombardi
era malato, avvertiva che il soffio della vita lo stava abbandonando, ma
voleva lasciare un messaggio al partito e ai suoi eredi che in quel momento sentiva un po lontani da lui. In quella sala piena di fumo e di adoratori di quello straordinario signore carico di anni, di fascino, di
intelligenza e di storia, entr a fatica, sorretto dallaffetto e dalle braccia
di alcuni compagni. Era pi magro del solito, pi austero del solito, pi
severo del solito. Anche laspetto tradiva quella sua origine azionista, cos
lontana dalla politica politicante e perci indigesta a tanti anche allinterno della sinistra (a DAlema, ad esempio, ma anche a Pertini che ai reduci di quel partito incompiuto e incompreso guardava con un certo
sospetto). Si sedette e recit, con un filo di voce, il suo implacabile atto
daccusa. Contro Craxi. Ma anche contro i suoi eredi. Lo sfondamento
non riuscito, ora il partito isolato in Italia e allestero, per la rottura
col Pci, per la diffidenza paternalistica di alcuni alleati. Non aveva gradito le scelte di politica estera: Unico partito completamento impegnato
nel riarmo atomico rispetto a tutte le altre socialdemocrazie europee.
Attribuiva linsuccesso elettorale anche a quella scelta: Una punizione
meritata perch il Psi ha ignorato il movimento per la pace con tutte le
sue ambiguit; il partito si isolato in una sudditanza passiva con qualche risentimento effimero, tutto per contendere alla Dc, al Psdi e al Pri
il primato della simpatia statunitense. Temeva la rottura col Pci, il modo
in cui si stava sviluppando: Riprendere il dialogo a sinistra, dobbiamo
anche noi cambiare un po mentalit, immaginare soluzioni. Deve finire
questo perverso sentimento che prende molti socialisti quando i comunisti
316

I L P S I D E L C A P O

rallentano il cammino della loro evoluzione in senso occidentale, nel timore che ci danneggi il Psi. Dobbiamo invece aiutarli ad avere una proposta di governo.
Per lui la segreteria di Craxi ormai rispondeva alle logiche del Fuhrerprinzip e puntava il dito contro i suoi allievi che nei confronti di
questa deriva non avevano costruito gli opportuni argini: Siamo al livello
elettorale del Partito comunista francese e il Psi rischia di diventare un
partito che non ha pi ragione di vita. Non si allarga la base con operazioni di vertice, usando le istituzioni come trampolino di lancio. Questa
la politica della Dc non la nostra. Stiamo diventando il partito delle tavole rotonde ma siamo assenti dai drammi sociali. Non possiamo pi essere al di sopra dei drammi sociali. Se quellallarme fosse stato colto

Dallarchivio della memoria. Alcuni padri della Repubblica e della


sinistra: riconoscibilissimo per la sua altezza, Riccardo Lombardi;
alla sua destra, l'industriale socialista Fermo Solari e lo storico leader
repubblicano, Ugo La Malfa; alla sua sinistra, invece, Sandro Pertini
e Ferruccio Parri; il penultimo Luigi Longo, tra Raffaele Cadorna
ed Enrico Mattei, fondatore dell'Eni
317

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

(non si allarga la base con operazioni di vertice, usando le istituzioni


come trampolino di lancio, non si governa, insomma, occupando posti
ma risolvendo i problemi delle persone in carne e ossa), forse le cose sarebbero andate diversamente. Forse sarebbero andate diversamente se la
sua voce non si fosse spenta in una clinica romana il 18 settembre 1984,
tre mesi dopo quella sua ultima apparizione pubblica: aveva finito di battere quel suo cuore generoso e di respirare quel polmone che nella casa
del fascio le camicie nere cinquantaquattro anni prima, torturandolo, gli
avevano sfondato. Restava il suo insegnamento, quello che spesso diceva
nei convegni parlando della sinistra plurale: Il Pci non il partito dei
lavoratori ma uno dei partiti dei lavoratori. Qualche giorno dopo, alla
prima direzione senza di lui, Craxi gli dedic un ricordo commosso. Un
garofano sul tavolo nel posto normalmente occupato da Lombardi che
aveva labitudine di intervenire dopo la relazione del segretario. Mi mancher la tua mano alzata, disse Craxi. Poi quasi a segnalare unepoca
che finiva agit la campanella. Cosa che non faveva mai. Eredit la sua
stanza nella sede della direzione il giovane dirigente, Felice Borgoglio
che tappezz le pareti con le tessere di Lombardi, religiosamente incorniciate.

318

TORMENTI SOCIALISTI
Convinti, perplessi, preoccupati

La rottura tra Psi e Pci allarmava il


presidente Sandro Pertini

TORMENTI SOCIALISTI

Bettino Craxi lo aveva detto a Verona. Il Psi era unito sulla questione della scala mobile non perch disciplinato o organizzato attraverso
sistemi che producevano disciplina, ma per convinzione, per adesione a un
progetto, a un principio, a una idea: la modernit contro il passato, il dinamismo contro limmobilismo. Ma non deve trarre in inganno limmagine
di un partito monolitico, attestato acriticamente intorno al Capo. Cerano,
come abbiamo visto, le diversit di idee che contrapponevano, ad esempio,
Claudio Martelli a Giorgio Benvenuto e Ottaviano Del Turco relativamente
allipotesi di un sindacato democratico, quasi un fantasma dellimmediato
dopoguerra, della rottura politica che aveva portato allesclusione del Pci
e del Psi dal governo e alle inevitabili conseguenze sulla Cgil riunita dal
Patto di Roma ma poi di nuovo divisa in virt dei mutamenti intervenuti
nel quadro politico. E poi cerano le diversit rispetto alla frattura che sul
decreto in s si era venuta a determinare tra le Confederazioni sindacali.
Perch non tutti, su questo versante, la pensavano nella stessa maniera.
Certo non facevano salti di gioia i sindacalisti che sino al giorno
prima avevano lavorato gomito a gomito con i colleghi della Cgil: pur con
accenti diversi, quasi tutti confidavano nel superamento di quella fase di
crisi. E quasi tutti, alla fine, condividevano lidea di base che bisognasse
rinnovare i meccanismi di democrazia, le regole dello stare insieme, riformare le rappresentanze aziendali avendo il sindacato dei consigli fatto
il suo tempo. Ma che poi bisognasse stare insieme, tutti erano convinti. Perch quello slogan dellAutunno Caldo, Uniti si vince, sar stato anche
semplicistico, per dava il senso di una azione comune che poteva partorire
vantaggi collettivi. Quasi nessuno, insomma, si rassegnava tra i sindacalisti
socialisti allidea che quello slogan potesse essere sostituito da un divisi
si vince perch, al contrario, ci si rendeva conto che la divisione poteva
portare solo alla sconfitta. La stessa polemica sullautonomia nasceva proprio dal bisogno di evitare che il rapporto con i partiti diventasse tossico,
321

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

portasse alla riproposizione di quella cinghia di trasmissione che, se pure


come diceva Togliatti funzionava a sensi di marcia alternati, alla fine, comunque, poteva avere effetti debilitanti soprattutto sul sindacato, minandone la rappresentativit, il rapporto con i lavoratori che nellurna potevano
dividersi ma in fabbrica avevano, comunque, degli interessi unificanti.
E opinioni diverse attraversavano le menti dei vari leader. Perch se
dal fronte governativo impegnato in prima linea nel negoziato (il ministro
del lavoro, Gianni De Michelis, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giuliano Amato) non venivano manifestati cedimenti, altri come Rino
Formica qualche dubbio rispetto allevoluzione della situazione lo nutrivano.
Non era tanto il merito della questione a sollecitare le perplessit di uno tra i
protagonisti politici di quegli anni, quanto le conseguenze sul fronte sindacale. Anni pi tardi, Formica andr a dirigere proprio il ministero del lavoro
e con questa impostazione ideale sar piuttosto coerente. Guidava lui il dicastero quando, nel 1989, scoppi una controversia tra la Fiat e il sindacato su
problemi che riguardavano la salute. Contro lazienda erano state presentate
denunce per attivit anti-sindacale e comportamenti intimidatori. Formica
decise di mandare gli ispettori del ministero in tutti gli stabilimenti della Fiat
e convoc a Roma per chiarimenti Gianni Agneli e lamministratore delegato,
Cesare Romiti. Poi, chiamato dallallora pretore del lavoro, Raffaele Guariniello, si rec a Torino per rendere testimonianza sulla vicenda, anche alla
luce dei dati che aveva raccolto attraverso la sua inchiesta.
Formica nel governo che var il decreto non aveva un ruolo ma era
allinterno del partito uno dei personaggi pi autorevoli e uno dei consiglieri
pi fidati di Craxi. Pi fidati ma anche dotato di una notevole autonomia di
pensiero, di elaborazione politica tanto vero che non sempre le sue posizioni
erano lesatta fotocopia di quelle del Capo. E non sempre, anche nel momento
di maggior fulgore, ha condiviso tutte le scelte del leader. Uomo non solo
dalla mente libera ma anche dalla lingua estremamente sciolta. Fa fede una
intervista concessa a Claudio Sabelli Fioretti il 9 dicembre del 2008, una
chiacchierata senza peli sulla lingua in cui spiegava perch, finita la Prima
Repubblica, aveva deciso di tenersi alla larga dalla seconda: Persa la famiglia socialista non sentivo il bisogno di entrare in unaltra. Nel 1992 avevo
fatto un disperato tentativo convincendo Craxi a dare la segreteria a Benvenuto. Ma Benvenuto croll. Le pressioni furono forti. E invitato a parlare di
322

TORMENTI SOCIALISTI

queste pressioni, rispondeva sibillinamente: Dallesterno... Un mondo complesso. Invitato a spiegare, a dire, replicava: Non si pu dire... Insomma
quella fase andava chiusa con la liquidazione del Psi... Quando una piccola
potenza fa la politica di una grande potenza, nei momenti di difficolt dei
potenti pu trovare spazio. Ma quando il potente pu fartela pagare, te la fa
pagare. E il decreto sulla scala mobile fu un elemento di quella politica da
Grande Potenza perch rompeva equilibri consolidati, prassi ritenute pi che
scolpite nella pietra, scritte con inchiostro simpatico nella Costituzione (la
famosa distinzione tra formale e sostanziale che a giorni alterni, ad anni alterni e a Repubbliche alterne viene evocata per sollecitare soluzioni e comportamenti che poi, in realt, con la Costituzione hanno ben poco a che fare
e qualche esempio lo abbiamo avuto anche di recente).
Erano gli elementi di discontinuit rispetto a un passato considerato
incontestabile che attribuivano a quel decreto caratteri veramente eversivi. Ed indiscutibile che su di esso Craxi non solo abbia giocato diverse
carte del suo successo personale, ma abbia anche costruito una governabi-

Rino Formica insieme a Bettino Craxi in una immagine dei tempi


del Midas: il leader barese temeva la rottura sindacale e
si adoper per cercare una soluzione di compromesso in
occasione della vertenza sulla scala mobile
323

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

lit che, quanto meno dal punto di vista della durata di quellesecutivo, in
Italia non si era mai vista (e, durate a parte, non si vedr mai pi). Ci non
toglie che quellintervento inseriva allinterno del mondo sindacale elementi
di divisione che a Rino Formica non piacevano. Lui avrebbe (al pari di Craxi)
voluto costruire un accordo unitario. E durante il dibattito parlamentare si
comport di conseguenza provando a lanciare qualche proposta in grado di
superare la pregiudiziale opposizione del Pci. Ad esempio, indic la strada
di un ordine del giorno da approvare contemporaneamente al decreto in cui
si dava mandato al governo di elaborare, nel giro di un paio di anni, una legislazione organica in materia di equo canone e ladozione di strumenti fiscali
e parafiscali per consentire ai lavoratori di recuperare le perdite salariali determinate da una inflazione reale superiore a quella programmata.
Formica ha sempre ritenuto che certe questioni di carattere sociale
andassero affrontate con la condivisione piuttosto che con la divisione, nonostante un carattere che lo ha spesso portato in rotta di collisione con molti
suoi colleghi, soprattutto a livello verbale. Non un caso che a dicembre
del 2010 in una intervista a il Foglio analizzando le rotture di Marchionne, dicesse: Abbiamo alle spalle un secolo di esperienze terribili,
un secolo che ci ha detto: la ricomposizione vale molto di pi del conflitto.
Abbiamo visto le conclusioni positive della ricomposizione, hanno creato
soluzioni evolutive, mentre lesasperazione dello scontro ha prodotto ferite
difficilmente risanabili senza pagare prezzi molto alti. E a proposito delluscita della Fiat dalla Confindustria, aggiungeva: Pu darsi ci sia una
crescita della coscienza che riesca a far comportare da statisti, pur senza
essere nello stato, anche i rappresentanti dei lavoratori da un lato e del
padronato dallaltro. La sua idea del conflitto semplice: Si tratta di
calcolare i costi sociali di quel che avviene. Il problema chi pagher il
cambiamento. I conti si fanno dopo, non prima. Se i costi vengono trasferiti
sulla parte pi debole della societ, allora si crea una carica esplosiva.
Era esattamente questa carica esplosiva che Formica temeva allepoca della guerra sulla scala mobile. Temeva che il conflitto potesse
arrivare a un livello in cui la ricomposizione non sarebbe stata pi possibile.
E temeva anche gli effetti sul dialogo a sinistra perch, poi, lui faceva parte
di quel gruppo di dirigenti socialisti che non si rassegnava allidea di una
alleanza eterna con la Dc, pensava che per il Psi lepilogo politico pi logico
324

TORMENTI SOCIALISTI

fosse un altro. Tanto vero che prover a rilanciare quellidea, quasi sul finire della Prima Repubblica, cio a tempo sostanzialmente scaduto. Quelliniziativa stata ricordata da Giorgio Napolitano in un suo libro:
Unimportante iniziativa unitaria sarebbe stata tentata in extremis dopo
le elezioni del 1992, nellottobre di quellanno, con il manifesto per una
sinistra di governo, cui aderirono tutti gli esponenti dellarea riformista
del Pds e numerosi esponenti di primo piano del Psi, da Giorgio Benvenuto
a Rino Formica, da Enrico Manca a Giacomo Mancini, da Mario Raffaelli
a Claudio Signorile. Quella iniziativa non produrr alcun frutto anche perch nel frattempo Mani Pulite era esplosa e lagenda della politica veniva
dettata dai Palazzi di Giustizia. Insomma, non era pi il tempo di grandi discussioni sul futuro della sinistra italiana, sul suo nuovo assetto, sulla necessit non tanto di una riunificazione dei tronconi nati dallesplosione livornese,
ma di un veloce traghettamento verso una normalit europea fatta di adesione
ai principi della socialdemocrazia sostenuti dai Willy Brandt o dagli Olof
Palme (il leader che diceva che il capitalismo va tosato, non ammazzato).
Poteva essere quella una maniera per riannodare i fili di un discorso
che penzolavano senza trovare un rammendo dai tempi della battaglia sulla
scala mobile. Perch, poi, il problema era essenzialemente quello: come si
governa una societ industriale, di mercato, da sinistra? Se il problema non
abbattere ma redistribuire, come ci si pone di fronte a una inflazione che,
alla resa dei conti, non diffonde benefici ma solo lapparenza di privilegi?
Quellintervista di Rino Formica, rilasciata ventisei anni dopo San Valentino, in qualche misura significativa perch a proposito della situazione
esplosiva che si viene a creare nel momento in cui i costi sociali delle trasformazioni vengono scaraventati sulle spalle dei pi deboli, aggiungeva
pensando al presente ma confrontandosi con il passato: La politica non
ha pi strumenti per intervenire. Da ventanni ha praticato il laissez-faire,
aderendo allidea del mercato bello e accettando implicitamente il criterio del pi forte. Lo sforzo, a destra come a sinistra, stato di fingere di
accantonare le ideologie; perch esse non sono state sostituite da un empirismo equilibrato, bens dallideologia che il pi forte vince. In fondo il
principio basilare del mercato non che la selezione fa morire i pi deboli?
Ebbene, dalla critica a quella visione nato un movimento che ha portato
alla democrazia e a nuove conquiste sociali.
325

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Solo che adesso allorizzonte non si vedono movimenti nuovi: Pu


darsi che ci sia un esito virtuoso nella societ. Forse larga parte del paese
si accorger che distruggere la democrazia politica e la democrazia sociale
organizzata stato un atto autolesionistico per la parte pi fragile della
societ, fragile in termine di isolamento in una societ sempre pi inselvatichita. Adesso questa fragilit si allarga ai ceti medi e presto arriver
anche ai redditi alti. Come si risposto nel Novecento? Con un principio
di organizzazione che supera il limite corporativo: sindacato e Confindustria sono diventati generali. Ora, invece, tornano a essere corporativi,
come il quarto partito del quale parlava De Gasperi.
Analisi sviluppate oggi ma che erano anche alla base della prudenza
del dirigente socialista ai tempi di San Valentino. Daltro canto, noto che
non gli fosse piaciuto tutto quello che era accaduto in quel congresso di Verona, a cominciare dalla nascita dellAssemblea Nazionale definita un circo
di nani e ballerine (in anni pi recenti ha fatto parziale autocritica in una
intervista a LEspresso: Lassurdit era che allora i nomi erano Lina
Wertmuller, Umberto Veronesi, Vittorio Gassman. In realt volevo dire che
erano nani e ballerine, ma politicamente. Per esempio, oggi una di queste
escort magari un genio nel suo campo e scrive pure poesie, ma che diavolo
centra con la politica?). Pur non prendendo chiaramente le distanze dai
fischi a Berlinguer, aveva provato a stemperare: Calma, non precipitiamo.
Il congresso deve ancora chiudersi. Un atteggiamento diverso da quello
di Giuliano Amato che aveva fornito dellaccaduto una interpretazione quasi
sociologica: solo una conseguenza di un fenomeno che investe un po
tutti i partiti. Nel momento in cui la gente pare staccarsi dalla politica e
tende a sovrapporre tra loro tutti i simboli, chi milita in un partito accentua
il suo attaccamento alla bandiera. E reagisce duramente a chi lattacca.
Personaggi diversi, Formica e Amato. Il primo, daltro canto, in determinati momenti parso detestare il secondo. In una di queste fasi si inserisce la scoppiettante intervista a Sabelli Fioretti. Lex dirigente socialista
barese parlava dei vecchi compagni che erano approdati ad altri lidi: Non
ho mai criticato chi andato di qui o di l. Era un momento di sbandamento. Chi ha trovato casa, chi il capanno, chi una villa... benissimo. State
dove vi chiama il ventre o lintelligenza. Ma non manipolate la storia. Invitato a fare i nomi dei manipolatori, rispondeva senza esitazioni: Giuliano
326

TORMENTI SOCIALISTI

Amato... un manipolatore della storia... anche lunico socialista che


viene utilizzato ad intermittenza e a rate dal Pd. Sai perch? Perch tutti
sanno che nel Psi Amato contava meno del due di briscola. Ruggini, attriti
comunque storicizzati perch poi, proprio Rino Formica, insieme a Emanuele Macaluso, ha firmato nel 2013 un appello (su il Foglio) per lelezione di Amato alla presidenza della Repubblica. Scrivevano: LItalia ha
bisogno di un presidente esperto nella difficile navigazione politica interna,
sensibile per storia al dramma sociale in cui siamo immersi. In questo
schema non vediamo molte alternative. Amato ha storia ed esperienza per
assumere oggi il ruolo cui abbiamo accennato e pu esprimere al meglio
lunit nazionale da realizzare anche con il concorso di forze culturali con
le quali Giuliano ha intrecciato la sua vicenda politica... Giuliano ha sufficienti qualit per assolvere le funzioni di garante della Costituzione e
dellUnit Nazionale.
Anche questo leffetto di quel big bang che ha portato alla disintegrazione della Prima Repubblica e alla morte, in Italia, di un complesso
ideologico che resiste da ben oltre un secolo e che in tutta Europa si alterna
al governo, con i conservatori. Amato stato dentro quella storia e da sottosegretario alla presidenza del Consiglio partecip a Bologna, un anno
dopo ladozione del decreto di San Valentino a un convegno organizzato
dal Psi per rispondere a una domanda che nel tempo ha assunto i caratteri
del tormentone come certe canzoni estive che danno grande notoriet
persino a improbabili interpreti sud-coreani (che nel nome rievocano il partito di Craxi: Psi): Quale riformismo. Il suo intervento non manc di apparire provocatorio anche perch la platea era piena di sindacalisti. Disse,
infatti, che il potere sindacale nel mercato del lavoro pu inceppare la
vera uguaglianza alimentando i neo-corporativismi. E prima di esprimere
questa valutazione, aveva sistemato Norberto Bobbio, anche lui intervenuto al convegno: Nelle societ arretrate erano i moderni principi ad affidare ai filosofi i processi di trasformazione. Oggi i filosofi rimangono
nelle universit. Gli risposero Benvenuto (Sono sbalordito nel sentire la
facilit con cui fanno irruzione nel dibattito formule senescenti di sociologia politica... la prova della separatezza fra dibattito culturale e agire
politico. pericolosa per il Psi la tendenza a scambiare lattuale crisi del
sindacato con una sua definitiva scomparsa) e Gino Giugni (La deregu327

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

lation o il ridimensionamento dellintervento pubblico, specie nel campo


del lavoro non possono condurre alla pura logica del mercato, ma devono
giovarsi di forme di controllo sociale specie se consensuali).
Molti anni dopo quel passato (non le stesse polemiche) sarebbe ricomparso davanti ad Amato impedendogli di giungere allincarico pi alto
della sua vita, quello di Presidente della Repubblica. E dopo una battaglia
durissima, condita di insulti e diffamazioni, con una intervista al Corriere
della Sera decise di rispondere a Beppe Grillo che lo aveva accusato di essere
stato il tesoriere di Craxi: Io ero stato contro di lui. Lo accettai quando
il Psi si ridusse nella condizione in cui oggi il Pd: tot capita tot sententiae;
su mille questioni si hanno opinioni divergenti tra premier, sottosegretario
e magari vice-segretario del partito. Ritenni che, in quel discredito in cui
era caduto il Psi, Craxi fosse ci di cui avevamo bisogno per lautorevolezza
che sapeva esprimere. Ho sempre collaborato con lui in termini politici...
Ho collaborato con una stagione di riformismo, caduta progressivamente
in unalleanza di pura sopravvivenza. Rimane il fatto che Craxi ha finito
per rappresentare il male di una stagione politica che, come lui stesso disse,
aveva infettato molto pi largamente che non lui, ma non necessariamente
il suo intero partito. C infatti chi dice Craxi, c chi dice socialista. Ancora
oggi, rievocando uomini e donne che hanno rappresentato qualcosa di positivo per lItalia, si sente dire: Era una persona di qualit, nonostante
fosse socialista. Non lo possiamo pi fare, ma andrebbe chiesto a un uomo
del rigore di Luciano Cafagna i prezzi che ha pagato negli ultimi anni della
sua vita al suo essere e non aver mai cessato di definirsi socialista.
Quel Psi controverso in una storia controversa rappresentava, comunque, un centro di elaborazione di idee. Almeno sino a quando la gestione del potere e loccupazione dei posti non sono diventati linteresse
prevalente per la soddisfazione di quei craxini di cui parlava Ruffolo,
gente, cio, animata da grandi bisogni ma da scarso talento. La storia di
San Valentino, per, un pezzo di quella prima parte di cui parla Amato
quando il confronto era, allinterno del Partito Socialista sulle prospettive
e sul governo del cambiamento. Un dibattito che si accompagnava a paure
e perplessit. Formica temeva che la macchina organizzativa del Pci potesse
schiacciare Cisl e Uil (e piegare ai propri voleri la Cgil).
Eppure quella vicenda apr un confronto serio sul ruolo del sinda328

TORMENTI SOCIALISTI

cato, sul modo in cui si debba ricercare lautonomia. Lo scrisse Agostino


Marianetti, ex segretario generale aggiunto della Cgil, sullAvanti! del 4
marzo del 1984, appena una ventina di giorni dopo il decreto, contemporaneamente a una assemblea di sindacalisti socialisti: C al fondo un problema storico che essi (i sindacalisti comunisti, n.d.a.) non sembrano
intendere: una nuova unit per gli anni a venire comporta di mettere in archivio una buona parte del bagaglio degli anni passati. Spontaneismo, rivendicazionismo confuso, schemi arcaici, operaismo hanno convissuto nel
decennio passato con tentativi e linee tendenti a modernizzare, a far crescere in termini riformistici un ruolo sindacale efficace dentro la cultura e
la realt di un Paese come il nostro - s in crisi - ma non votato a essere
lunico terreno di sperimentazione di pratiche sindacali demagogico-rivoluzionarie o terze vie incomprensibili o governi diversi - tanto diversi che
non esistono. Che il Pci rivendichi la sua diversit legittimo, ma che a
tale diversit debbano uniformarsi lavoratori, sindacato e Paese questo
legittimo non oggi e non lo sarebbe nemmeno quando il Pci avesse la
maggioranza dei consensi elettorali.
Al di l dellunit del partito di cui parlava Craxi nella sua relazione
al congresso di Verona, non cera, comunque un pensiero unico. Daltro
canto, gran parte dei dirigenti sindacali socialisti della Cgil facevano riferimento a Riccardo Lombardi (fu uno dei motivi che imped a Claudio Signorile di assumere la guida del ministero del lavoro: Craxi temeva una
saldatura politico-organizzativa che avrebbe potuto favorire il suo alleatoavversario) ed erano abituati a ragionare da acomunisti non da anti-comunisti. In quellanno Lombardi si spense ma fece in tempo a rilasciare
una intervista a Simona Colarizi che gliela chiese per conto della rivista
Socialismo Oggi diretta da Claudio Signorile. Di quel conflitto storico a
sinistra, Lombardi diceva: Quanto pi si vicini, tanto pi, per evitare
confusioni, per non essere assorbiti e condizionati, si tende a marcare gli
elementi di diversit... Io ho sempre pensato che la divisione nella sinistra
sia un elemento positivo. Non dico lostilit permanente; ma la pluralit
di posizioni, la specificit delle singole vicende arricchiscono il patrimonio
della sinistra e finiscono col diventare una ricchezza comune ai due partiti... Le risposte che la sinistra offriva in passato appaiono oggi inadeguate
alle domande emergenti da una societ nuova, estremamente variegata e
329

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

parcellizzata. La scomposizione in atto nel sistema coinvolge le tradizionali


classificazioni sociali; nuove stratificazioni e nuove aggregazioni si sono
venute formando nel tessuto sempre pi complesso della societ. Bisogna
saperle riconoscere; bisogna soprattutto offrire soluzioni flessibili, decentrate e suscettibili al massimo di autogestione da parte degli interessati.
Concludeva, Lombardi con una definizione di socialismo che ricorda concetti che vengono da mondi progressisti diversi: Una societ socialista
quella nella quale a ciascun individuo sia data la massima possibilit di
influire sulla propria esistenza e sulla costruzione della propria vita. ,
al fondo, il principio delle pari opportunit nelle condizioni.
In quello che diceva Lombardi pi di trentanni fa c una attualit
su cui forse bisognerebbe riflettere. C un aneddoto che cita Gianni De Michelis, il ministro del lavoro che condusse quella trattativa: Quando Craxi
chiama Lama il luned mattina e gli propone di dimezzare il taglio dei punti,
pur di avere i comunisti, pur di avere la Cgil comunista dentro, Lama gli risponde: No, non voglio fare questo favore a Berlinguer, perch Berlinguer che ci porta in questa direzione sbagliata e io credo per il bene del Pci
che questa linea debba essere sconfitta. Manca la verifica dellaltro testimone oculare ma la domanda che questo aneddoto pone semplice: ma
quanto era lontano il dibattito su quei punti di scala mobile dalla ricerca di
soluzioni nuove, flessibili e decentrate auspicate da Lombardi?

Luciano Lama e Ottaviano Del Turco lasciano Palazzo Chigi dopo


l'ultimo incontro con Bettino Craxi, il 14 febbraio del 1984
330

METAMORFOSI DC
Irrompe De Mita, lanti-Craxi

Con la sconfitta nelle elezioni dell'83, Ciriaco De Mita


favor" la nascita del governo-Craxi

METAMORFOSI DC

Nel tentativo di trovare la battuta brillante, Gianni Agnelli alla


fine incorse in un errore. Intellettuale della Magna Grecia. Brillante
definizione, come sempre, ma solo nella forma perch nella sostanza non
quadrava in alcun modo. Dalle parti di Nusco la Magna Grecia non mai
passata e lui, De Mita Ciriaco, luomo che ha sempre avuto un conto in
sospeso con la pronuncia di alcune lettere dellalfabeto, non certo un
discendente di Pitagora o di Livio Andronico che per avvicinare i giovani
romani alle opere di Omero decise di tradurre lIliade e lOdissea in versi
saturni. Insomma, un errore. Non lunico e nemmeno il pi grave che gli
imprenditori italiani di cui lAvvocato era in quel momento lemblema,
commisero nella valutazione dellex leader democristiano e della sua capacit di incidere sulla vita di un partito (la Dc), di un governo (Craxi) e
di un Paese (lItalia). Ma la storia della classe imprenditoriale del nostro
paese ricca di errori di valutazione, di lucciole scambiate per lanterne,
di Uomini della Provvidenza che finiscono per essere tuttaltro che provvidenziali: avvenuto nel passato remoto, in quello prossimo e anche nel
tempo pi recente. Avverr, probabilmente, anche in futuro.
La vicenda della scala mobile, del decreto di San Valentino, non
pu essere letta semplicemente come lo scontro tra Craxi e Berlinguer,
tra il Psi e il Pci. Ci fu un altro scontro, pi sotterraneo (ma nemmeno
tanto). Mise di fronte il presidente del Consiglio e luomo che, alcuni anni
pi tardi, lo avrebbe sostituito a Palazzo Chigi non sapendo che quello
sarebbe stato il suo canto del cigno e linizio della fine di unepoca, di
un mondo, di una Repubblica, la Prima. Ha scritto il politologo Gianfranco Pasquino intorno alla met degli anni Novanta: Dal punto di vista
pi ampiamente politico, il pentapartito, ma in particolare il Caf sono
definitivamente azzoppati dal referendum sulla preferenza unica. Nonostante gli inviti di Craxi ad andare al mare, di Gava a starsene a casa, di
altri ad andare a spasso, il 62,5 per cento degli elettori italiani va alle
urne per indicare con una massiccia percentuale di s, parecchio supe333

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

riore al 90 per cento, che desiderano una riforma elettorale in senso maggioritario e in collegi uninominali. Il Caf finisce sostanzialmente cos.
Ma la conclusione della sua parabola politica apre il vaso di Pandora
della corruzione su grandissima scala, della corruzione sistemica di Tangentopoli.
A volte, per comprendere, bisogna cominciare dalla fine. La storia
della scala mobile, i primi anni del governo Craxi, rappresentarono un
tentativo di recupero di quella capacit programmatoria, di indirizzo
delleconomia italiana sul modello dei primi tempi del centro-sinistra.
Rappresentavano un tentativo evolutivo. A quellevoluzione, nel giro di
alcuni anni, fece seguito linvoluzione. Prodotta da un lato da scelte sbagliate, da un altro dalla tendenza a riposare sugli allori (cio a interpretare
il governo come semplice gestione del potere rinunciando alla capacit
propulsiva delle idee innovative), dallaltro ancora dal ritorno massiccio
in campo di dinamiche che, per un motivo o per un altro, si erano sentite
minacciate. La Dc di Ciriaco De Mita (considerando anche quella successiva di Andreotti-Forlani) un momento altamente rappresentativo di
quello che avvenuto prima, durante e dopo San Valentino.
Un dato, tanto per cominciare, emerge con chiarezza: De Mita
nella sua parabola al vertice democristiano riuscito a ottenere lesatto
contrario degli obiettivi che si poneva. Voleva logorare Craxi e semmai
farlo cadere sulla storia della scala mobile; ha, al contrario, consegnato
al suo avversario forse il successo pi significativo (almeno dal punto di
vista economico) di quegli anni di governo. Voleva costruire una democrazia dellalternativa fondata sullavvicendamento al governo di Dc e
Pci con la sostanziale subordinazione del Psi, ha finito per aprire la strada
al concetto dellalternanza e alla presidenza del consiglio socialista; immaginava una Dc senza correnti e ha prodotto un tale sussulto correntizio
da venir travolto da una classica congiura di palazzo; voleva consegnare
alla storia un partito nuovo, conservatore sul modello thatcheriano (modello in quegli anni prevalente e fascinoso) e ha di fatto lavorato per la
stabilizzazione del quadro politico, per il Caf, esperienza che non certo
passata alla storia come una fase di buon governo. Doveva essere
lUomo Nuovo, Ciriaco De Mita, il leader che avrebbe dovuto combattere
e sconfiggere il protagonismo craxiano. Al vertice del partito, daltro
334

METAMORFOSI DC

canto, ci era arrivato con uno slogan semplicissimo e allo stesso tempo
significativo: Demitizzare Craxi.
Per comprendere il ruolo giocato dalla Dc e dallallora segretario
nella vicenda della scala mobile, bisogna fare riferimento a quello che
era avvenuto negli anni precedenti, alla difficolt della Democrazia Cristiana a confrontarsi con lattivismo socialista che seppur ancora scarsamente premiato dalle urne, cominciava ad attirare linteresse di nuovi
ceti, ad avere un peso nellopinione pubblica superiore a quello elettorale. Dalle elezioni del 1979 la prospettiva del Compromesso Storico era
uscita sconfitta e la paura dei Cosacchi in piazza San Pietro era decisamente diminuita. Il terrorismo, che aveva conosciuto il suo momento
culminante con il rapimento di Aldo Moro, la sua uccisione e la strage
di via Fani, attraverso le dichiarazioni dei pentiti cominciava a perdere
la sua assurda guerra. Ha scritto Giorgio Galli: Le grandi famiglie dellimprenditoria italiana ritenevano a met degli anni Settanta che non
fosse possibile una stabilizzazione politica senza lassegnazione di un
nuovo ruolo al Pci. Dopo la stabilizzazione sociale del 1982 (sconfitta
della lotta armata a partire dal sequestro Dozier, ultimo grande sciopero
del gennaio 1983), lassegnazione di questo nuovo ruolo appare superfluo e si perfeziona il rapporto privilegiato con la Dc. Cartina di tornasole di questo nuovo umore nazionale era, come al solito, Gianni
Agnelli che subito dopo la lettura dei risultati elettorali parlava di sollievo, chiedeva alla Dc di far buon uso dei voti invitandola a non
governare con i comunisti. Articolava con schiettezza la sua analisi:
Ritengo che lemergenza obblighi tutte le parti in causa a dare prova
di realismo e quindi a rinunciare a certe pregiudiziali. Ai comunisti bisogna chiedere che rinuncino, nelle circostanze attuali, a fare parte del
governo; oggi come oggi questa partecipazione sarebbe impossibile per
ragioni di carattere interno e di carattere internazionale. E agli altri bisogna chiedere che discutano con i comunisti il piano di emergenza. Non
ci sono alternative.
Agnelli era un profondo conoscitore di quel che si muoveva negli
Stati Uniti e se nel 1976 Jimmy Carter aveva detto: Penso che non sarebbe una catastrofe se il Pci dovesse avere una parte di rilievo nellambito di un governo nazionale. Non sarebbe la mia preferenza ma non
335

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

costituirebbe una minaccia alla pace mondiale; due anni dopo lambasciatore Richard Gardner chiudeva di nuovo la porta statunitense: La
nostra posizione chiara, non siamo favorevoli alla partecipazione del
Pci. Che peraltro, era stato ampiamente logorato dai governi della non
sfiducia (e si preparava a esserlo ancora di pi appoggiando dallesterno
un esecutivo monocolore, senza neanche negoziare il programma). La situazione economica del Paese in quel momento era drammatica; la Fiat
si preparava a lanciare la sua campagna dautunno prima con i sessantuno licenziamenti e poi, lanno dopo, con la vertenza chiusa dalla Marcia
dei Quarantamila. Ma la Dc che grazie a Zaccagnini non aveva perso le
politiche del 79, era ancora orfana di Moro, non aveva un grande leader
di riferimento al contrario di quasi tutti gli altri concorrenti. Lo scalpo
di Zac da quello che pass alla storia come il Congresso del Preambolo
(doveva vincere la sinistra alleata con Andreotti; riuscirono a prevalere
le altre correnti che unirono le forze con un preambolo comune alle
mozioni finali in cui si escludeva qualsiasi accordo col Pci) venne immolato sullaltare della fine della solidariet nazionale. Anni dopo, in una
intervista ad Arrigo Levi, lo stesso Ciriaco De Mita dir: Probabilmente,
dopo i risultati elettorali del 79 (col Pci ridisceso dal 34,4 per cento del
1976 al 30,4 per cento e la Dc sempre sopra il 38), il partito aveva quasi
dimenticato le sue preoccupazioni: si era guardato alla sostituzione di
Zaccagnini quasi con indifferenza, come se il problema del rinnovamento
non avesse pi lurgenza di prima. Ma nell81 torniamo a livelli molto
bassi; subito dopo al Consiglio Nazionale emerse una proposta schematica, al confine tra la superficialit e lincoscienza, una proposta che attraversava tutti i gruppi e che consisteva nellillusione di risolvere il
problema sostituendo Piccoli. Io, in quella circostanza, convinsi Piccoli
a rimanere e rimase.
Ma era pi che evidente il fatto che nella Dc che doveva fronteggiare Bettino Craxi crescesse la necessit di avere un leader, sostanzialmente un front-man come verrebbe definito dai gruppi musicali rock, in
grado di interpretare quel nuovo che si agitava nella societ e che De Rita
e il Censis ogni anno illustravano. E a quel punto spunt Giovanni Marcora. Giorgio Galli riporta in un suo libro la testimonianza di Pietro Ottone contenuta in una intervista rilasciata a Panorama il 19 febbraio del
336

METAMORFOSI DC

1989. Lex direttore del Corriere della Sera raccontava quello che era
avvenuto agli inizi degli anni Ottanta e spiegava: Lantefatto risale allautunno 1981. Ero presente anchio quando Giovanni Marcora, alla
fine di un pranzo in una casa di Milano, espose il suo programma. Democristiano del Nord... capiva meglio dei colleghi romani quanto fosse
fallimentare la situazione politica... Occorreva un salto di qualit. Nella
casa di Milano erano riuniti alcuni grandi industriali e la diagnosi di
Marcora li trovava daccordo... Ma la novit della serata fu che Marcora
aveva o credeva di avere la ricetta buona; e quando la rivel i presenti
trasalirono. La soluzione della crisi passava attraverso il rinnovamento
della Dc, dichiar Marcora; lunico capace di rinnovarla, secondo lui,
era De Mita. De Mita non era molto noto al Nord; ma se ne sapeva abbastanza per diffidare di lui, per ritenere che fosse lultimo uomo al
mondo capace di rinnovare un partito... Era ministro dellIndustria e non
aveva lasciato un buon ricordo. Per di pi era di sinistra. vero che la
ricetta di Marcora si completava con la prospettiva che lui, lo stesso Marcora, si sarebbe raccordato con De Mita stando al governo; e gli industriali avevano fiducia in Marcora, un uomo risoluto e competente anche
se piuttosto verboso. Ma la prospettiva era presente in modo vago.
Il progetto non si arrest e divenne sempre pi operativo, ricevendo la benedizione di Agnelli, Eugenio Scalfari e Caracciolo. Il tutto
in una serata sempre raccontata da Ottone nella stessa intervista e sempre
riportata da Giorgio Galli: I pareri su De Mita cambiarono in fretta, e
le ragioni mi apparvero chiare in un secondo episodio, anchesso alla
fine di un pranzo, questa volta su una terrazza romana, allinizio dellestate del 1982. Cera De Mita, da poco tempo leader del partito (precisamente da maggio, in conclusione del quindicesimo congresso, n.d.a.);
cerano uomini politici e uomini daffari... Cera anche Giovanni Spadolini, allora presidente del Consiglio... Si parl della scala mobile e alcuni di noi insistevano nel dire che la riforma della scala mobile era
assolutamente necessaria; ma Spadolini tergiversava e spiegava che non
conveniva intervenire e imporre una modifica perch non voleva qualificare il governo, cos si esprimeva, come un governo di destra. De
Mita aveva ascoltato sino a quel momento con espressione arcigna... A
quella frase sbott: Se per salvare il Paese bisogna essere di destra, eb337

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

bene, dobbiamo essere pronti ad andare a destra. La presa di posizione


piacque perch indicava un modo diverso di fare politica.
Il sostegno degli industriali (e le sue ambiguit su San Valentino
furono probabilmente uneco delle ambiguit confindustriali di cui parleremo in un altro capitolo) fu decisivo per lascesa al potere di De Mita,
per la conquista della Dc. Anche se poi lui ha voluto dipingersi quasi
come un Cincinnato richiamato allattivit per il bene della collettivit,
strappato alla cura di zucchine, melanzane e idee contro la sua ferma volont. Ha raccontato cos quella sua elezione: Chiusa lAssemblea Nazionale la mattina dopo andai al partito - ero vicesegretario - e Piccoli
venne nel mio ufficio; mi disse che era contento per come si era svolta
lAssemblea, che riteneva di aver dato un contributo per trovare il modo
di guidare la crisi e di individuare una risposta, ma che era arrivato il
tempo di cambiare la segreteria; che ci aveva pensato, che ne aveva parlato con altri, e che la persona che a suo avviso poteva fare il segretario
ero io... Gli risposi che se cera il consenso necessario non avrei rifiutato,
ma che non avevo smanie per farlo, e lo invitai a rifletterci. Il fatto che
in quel momento mi ero predisposto a continuare a occuparmi di politica,
ma non pi in maniera attiva. Pensavo di non candidarmi alle elezioni
politiche successive; tanto che essendomi organizzato, soprattutto a livello psicologico, ma anche dal punto di vista dellamministrazione dei
pochi interessi che coltivavo, avevo constatato che la mia pensione parlamentare aveva ormai raggiunto il massimo, e che, non avendo voglia
di fare il ministro, non mi conveniva ripresentarmi candidato al Parlamento. Certo, si fatica un po a credere a questa ricostruzione personale
visto che una ventina di anni dopo quella compromettente confessione ad
Arrigo Levi, De Mita lascer un partito e se ne andr in un altro solo perch avevano deciso di non candidarlo.
I racconti di Pietro Ottone, il disegno strategico di questa rinnovata (almeno nelle intenzioni perch poi nella pratica le cose andarono
diversamente) Democrazia Cristiana, trovano in qualche misura una conferma nella relazione che De Mita lesse al Consiglio Nazionale dell11
febbraio del 1983. Era in carica il governo Fanfani che attraverso il ministro del lavoro, Vincenzo Scotti, aveva raggiunto la prima intesa sulla
scala mobile. Gran parte di quellintervento ruotava proprio intorno a
338

METAMORFOSI DC

quellaccordo, anzi laccordo legava come un filo rosso tutta lanalisi. E,


bisogna anche ammettere, pezzi di quellanalisi coincidono con le valutazioni fatte da Agnelli subito dopo la lettura dei risultati elettorali del
1979. Soprattutto, la relazione conteneva le ragioni del lungo dissidio che
per anni ha opposto De Mita a Craxi: la logica del bipolarismo, il ruolo
sostanzialmente secondario assegnato al Psi allinterno di una democrazia
dellalternativa, il rifiuto di un terzo polo laico-socialista. E ancora: lineluttabilit del pentapartito, limpossibilit di governi con il Pci, il monito
al Psi a non perseguire la politica dei due forni che pure in casa democriatiana aveva lideologo Principe (Andreotti), il coinvolgimento dellopposizione comunista nella riforma dello stato, una politica economica
ispirata a un rigore con eccessive venature di thatcherismo (negate formalmente, ma non per questo meno evidenti) che lisciava il gatto imprenditoriale nel verso del pelo.
Diceva, quasi in premessa, il segretario democristiano: In questa
legislatura, e per quanto ci riguarda anche nella prossima, non proponibile altra maggioranza politica e parlamentare diversa da quella basata
sullalleanza tra Democrazia Cristiana, Partito Socialista, Partita Socialista Democratico, Partito Repubblicano e Partito Liberale... Lanalisi
delle questioni aperte nella societ italiana e la condizione attuale dei
singoli partiti e dello schieramento politico nel suo complesso non offrono
criteri di operabilit diversi. la realt a suggerirci di non inseguire
altre ipotesi e ad impegnarci a rendere sempre meno precaria, e possibilmente estesa a tutti e cinque i partiti, questa solidariet. Il Governo
Fanfani (che sar oggettivamente un espediente, come si diveva allepoca,
balneare anche se la stagione non era propriamente quella delle vacanze
estive) veniva difeso dalle critiche del Pci che lo accusava di essere (peraltro non avendo tutti i torti) una soluzione un po dantan: La verit
nel contrario: perch se un clima da ancien rgime viene strumentalmente alimentato, questo trova origine nella incapacit del Partito Comunista di definire una propria linea coerente col suo pi recente passato,
con la sua ispirazione a presentarsi ma anche ad essere un partito di
governo oltre che di lotta. A qualificare il governo Fanfani non la confusione che il Pci ha cercato di provocare nei partiti, nei sindacati, nelle
fabbriche ed anche nelle piazze. Questo governo nato e si caratterizza
339

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

per un impegno serio tuttaltro che utilitaristico, inteso a centrare le questioni vere del degrado economico e produttivo, ed a fissare ed applicare
terapie risolutive, che sono sempre amare quando risultano davvero efficaci... In poco tempo il governo ha messo... in atto... una manovra tendente insieme a ridurre il disavanzo pubblico ed a contenere entro i tetti
programmati di inflazione, il costo del lavoro. Con lodevole solerzia il
governo ha messo a punto e presentato in Parlamento i relativi provvedimenti che, certo, possono essere come sempre criticabili ed emendabili
su questo o su quel punto; ma che nel loro insieme, vanno colti come lo
sforzo pi imponente finora attuato per recuperare risorse finanziarie ed
incidere sul disavanzo. E ancora nei confronti dellopposizione del Pci
a proposito dellaccordo Scotti: Si trattato e si tratta di un risultato
importante di una grande vittoria della ragione e del senso di responsabilit sui particolarismi e sulle conflittualit dure, acritiche, a volte strumentali e strumentalizzabili... Si infatti avviato un processo nuovo ed
importante: si sono affermati alcuni principi e si sono rotte vecchie rigidit e vecchi feticci, lungo una linea di tendenza che premia limpegno e
gli sforzi di un sindacalismo pi moderno e consapevole, realmente autonomo da pregiudiziali politiche e di una dirigenza imprenditoriale responsabile e attenta a ricreare le condizioni della competitivit e della
ripresa... La nostra proposta, su cui poi maturato laccordo, non nasceva dalla difesa di alcun interesse particolare. E neppure minacciava
un qualche interesse speciale. Non puntava a proteggere il capitale per
punire il lavoro, come da qualche parte irresponsabilmente si detto. Richiamava, piuttosto, alla realt tutte le forze produttive... La nostra proposta... stata costruita tenendo conto di indicazioni emerse nel
confronto con la dirigenza sindacale e pi in particolare con la dirigenza
della Cisl... La Cisl sta attraversando un momento felice di riflessione
sul ruolo in una societ democratica di un sindacato libero che vuole impedire che una crisi economica sbocchi tristemente nello smarrimento
delle conquiste di libert. Partecipa responsabilmente a un lavoro di revisione di antichi riferimenti non pi applicabili ad una societ trasformata anche rispetto ai traguardi elevatissimi raggiunti. Probabilmente
si fa anche carico degli orientamenti di una parte rilevante della sua base
operaia costituita di militanti democristiani, senza con questo deflettere
340

METAMORFOSI DC

minimamente dalla propria autonomia che noi rispettiamo, anzi valutiamo come un dato importante e che caratterizza la Cisl rispetto ad altre
organizzazioni sindacali le quali, tutto sommato, praticano forme di collateralismo con altri partiti che noi da molto tempo abbiamo abbandonato.

L'eccesso di "autonomia" della Cisl non piaceva a De Mita


341

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Un anno dopo, con Craxi a Palazzo Chigi e con un risultato elettorale decisamente deludente (anzi sconfortante) alle spalle, De Mita avr
un altro atteggiamento verso le proteste di piazza decisamente pi rumorose di quelle organizzate contro laccordo Scotti. Tanto vero che alla
vigilia della manifestazione del 24 marzo, quella promossa dalla Cgil e
dagli autoconvocati, il segretario democristiano evidenzier delle forzature nella linea tenuta dallesecutivo. In una nota apparsa sullAvanti!,
Craxi avrebbe replicato: Nel momento stesso in cui lopposizione comunista sviluppa il massimo del proprio potenziale offensivo... il segretario
della Dc non ha trovato di meglio che rivolgere alla condotta del governo
una serie di critiche tanto malevole quante ingiustificate. Per leggere
meglio quella polemica bisogna probabilmente fare riferimento a una nota
scritta da Antonio Tat dopo un colloquio avuto il 14 maggio 1984 con il
Segretario Generale della Presidenza della Repubblica Antonio Maccanico. Racconta Tat facendo riferimento a quanto gli aveva rivelato Maccanico: Gli stato riferito che De Mita punta allafflosciamento lento
di Craxi, ad un suo graduale sgonfiamento, lasciandogli commettere gli
errori che sta commettendo, fino al proprio esaurimento e autoaffondamento. Ha paura di vibrargli il colpo, perch ritiene che ci dia a Craxi
nuove armi di rivalsa e di accusa contro la infida e sleale Dc, che dia a
Craxi il destro di mietere pi copiosi voti nellelettorato democristiano.
Il proposito di De Mita, insomma, secondo Maccanico desunto da un suo
colloquio tra avellinesi, di fare la crisi sulla legge finanziaria e sul
bilancio dello Stato per il 1985, cio ad ottobre-novembre (secondo la
linea dellautosgonfiamento e autoaffondamento). Lanno prima, invece, sempre in quel Consiglio Nazionale il segretario democristiano
aveva detto: La disputa su monetarismo ed econometrismo, tra calcolatori passivi delle perversioni degli automatismi economici ed oltranzisti
difensori dei pi vieti luoghi comuni del veterosindacalismo, in una societ nazionale che radicalmente mutata nelle sue strutture, pu far
parte del gioco delle contrapposizioni propagandistiche, ma non ha pi
un senso reale... Cos le esercitazioni, messe in atto dalle opposizioni,
per etichettare secondo vecchi schemi la nostra proposta del rigore, sono
solo rivelatrici di persistente pigrizia mentale.
Il De Mita anti-craxiano, ben radicato nel cuore di alcuni poteri
342

METAMORFOSI DC

forti, era pronto a indossare qualche indumento della Lady di Ferro


(ma, come vedremo, quella scelta non convincer gli elettori liberisti e
metter in fuga quelli tradizionali, abituati ad un altra Dc). Spiegava: Le
critiche passive e pregiudiziali non possono fermare il nostro impegno di
rigore nelleconomia italiana per riportare il paese in una fase espansiva... un rigore che... significa una linea organica finalizzata al riordino
delleconomia e delle stesse istituzioni, un metodo di riorganizzazione
severa degli apparati statali, un recupero della moralit politica e di una
nuova coscienza collettiva del valore irrinunciabile dellinteresse comune
rispetto ai privilegi e alle tutele corporative... Se c qualcosa che abbiamo sempre considerato incompatibile con la nostra concezione della
vita associata e delle organizzazioni statuali, che si possa determinare
dallalto, nel chiuso dei laboratori di scienza economica o di ideologie
classiste ci che spetta agli uni e ci che compete agli altri. Se c qualcosa, invece, che ci proprio e che non abbiamo timore a rivendicare,
che i diritti dei singoli e dei gruppi, come il loro progresso, li consideriamo strettamente coordinati ai loro doveri e alle loro capacit: che sono
inevitabilmente diversificate per professionalit e tendenze naturali, e
non possono mai essere livellate secondo la necessit di un piano teorico
ed impositivo.
Una robusta strizzatina docchio alla filosofia del laissez faire non
disperdendo troppo, comunque, il riferimento del solidarismo cattolico.
Un riferimento religioso, per, che in De Mita avr caratteri molto laici
e questa laicit, nel tempo, finir per perderlo perch verr usata contro
di lui. Le critiche nei suoi confronti cerano gi allora ma faticavano a
esprimersi rumorosamente un po perch si stava scivolando verso quelle
elezioni che avranno un peso rilevante in questa storia e un po perch in
quel momento lui interpretava il ruolo del leader vincente, avendo sconfitto Forlani (che si prender la rivincita sette anni pi tardi) nella corsa
alla segreteria con il 57 per cento dei consensi.
Spiegava in quellintervento: Si detto che porteremmo una visione laica e distaccata dalla ispirazione ideale che ci propria e che rischieremmo di venire assumendo, sia pure inconsapevolmente i connotati
di un moderno partito moderato e di opinione, non pi popolare. vero
il contrario... Ispirazione cristiana e vera laicit non solo non si contra343

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

stano, ma coincidono. E non solo perch laico parola interna alla


cultura religiosa, ma perch la vera laicit esprime nientaltro che lo
stesso rifiuto proprio dellispirazione cristiana di ogni concezione assolutizzante e totalizzatrice. La concezione laica della politica e dello Stato
tutta dentro lispirazione cristiana.

Le battaglie delle donne e del


movimento femminista per la
conferma (referendaria) delle
leggi sul divorzio e sulla
legalizzazione dell'aborto
hanno fatto avanzare l'Italia sul
terreno dei diritti civili

e mandato in crisi
per due volte nel corso
della Prima Repubblica
la Democrazia Cristiana
(nel primo caso segretario
era Amintore Fanfani
nel secondo
Flaminio Piccoli)

344

METAMORFOSI DC

Quattro anni dopo, lopposizione che si era ormai creata allinterno


del partito, gli user il medesimo trattamento che lui aveva riservato a
Craxi: far uscire un documento proprio alla vigilia delle elezioni (che faranno segnare il massimo storico del Psi e un lieve recupero della Dc: dal
32,9 al 34.3), decisamente critico nei confronti della segreteria. Ispirato da
Don Giussani, dal Movimento Popolare e da Comunione e Liberazione. Un
testo firmato da trentanove esponenti della Dc, soprattutto da leader di primissimo piano come Arnaldo Forlani, Flaminio Piccoli e Carlo Donat Cattin. E, ovviamente, Andreotti (che al Meeting di Rimini nellestate dell87
verr accolto come una rockstar) che fu il primo a essere messo al corrente
del documento ma lultimo a firmarlo (per essere certo che gli altri capi
anti-demitiani non si sarebbero tirati indietro). Una sorta di appello caratterizzato da una professione di fede nei confronti del Papa e da un affondo
contro le tendenze laiciste (in qualche misura, per, smentite dalla conferma di un accordo politico proprio con i laici e i socialisti).
Quanto quella presa di posizione abbia influito sul voto, soprattutto quanti elettori abbia riconquistato alla Dc rispetto allemorragia di
quattro anni prima, non si riuscir mai esattamente a calcolare. Sicuramente su quella base si saldarono i gruppi anti-demitiani che da l sarebbero partiti alla riconquista del potere (segreteria e Palazzo Chigi). Anzi,
si parl addirittura, in quella estate dell87 (precisamente il 27 giugno)
di una alleanza firmata da Andreotti e Forlani a casa del produttore Franco
Cristaldi, alla fine della proiezione privata dellultimo film di Federico
Fellini, lintervista. L i due leader si sarebbero accordati su cinque
punti: i rapporti col Psi li avrebbe dovuti tenere Forlani; a palazzo Chigi
non doveva andare un fedelissimo del segretario (ci and, per breve
tempo, Giovanni Goria); uneventuale presidenza del consiglio a De Mita
avrebbe dovuto portare alle sue dimissioni dalla segreteria; gestione collegiale (cio, nuovo peso alle correnti); relazioni con gli alleati gestiti secondo il principio del bastone e della carota.
In realt, De Mita quando arriv alla presidenza del Consiglio si
tenne anche la segreteria. Dimenticando, per, che nella dc il regime monarchico non era molto apprezzato, dimenticando soprattutto il precedente
di Fanfani che combinando le due cariche alla fine aveva perduto tutto
(al contrario di Moro e De Gasperi che si erano sempre guardati bene dal
345

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

cumularle). Sicuramente un punto di quellaccordo venne onorato: luomo


che voleva cancellare le correnti ne esalt in effetti il ruolo, venendone
travolto, con Vincenzo Scotti che, avendo dato vita con Antonio Gava a
quella che verr significativamente definita la corrente del golfo con
chiaro riferimento alle origini napoletane dei due, prima lo sosteneva nella
rielezione alla segreteria (1986) e tre anni dopo lo scaricava facendo cos
prevalere Forlani. Il fatto che il progetto De Mita non fece breccia n
nei cuori democristiani n nei cuori italiani. Come riformatore o rifondatore della Repubblica era scarsamente credibile. Per quanto si sforzasse
di apparire nuovo, moderno, capace di interpretare i fermenti sociali, era
pur sempre figlio di una Dc, quella meridionale, a struttura fortemente
feudale, con il feudatario titolare di grandi pacchetti di voti (lui stesso,
daltro canto, si era affermato nella sua zona passeggiando sulla testa
di un potente avversario, Fiorentino Sullo). Soprattutto pag le elezioni
del 1983, quelle che al contrario diedero a Craxi loccasione per stabilirsi
a Palazzo Chigi, ottenendo quasi immediatamente due successi: il decreto
sulla scala mobile (e la riduzione conseguente dellinflazione) e il nuovo
Concordato. Quella tornata elettorale per De Mita fu a dir poco devastante. In un colpo solo (il 14 giugno) il partito tocc il minimo storico
(32,9) perdendo qualcosa come il 5,4 per cento dei consensi. Una sconfitta
che si portava dietro una seconda sconfitta: per la prima volta, il partito
di maggioranza relativa non poteva giocare su pi tavoli perch le urne
avevano cancellato la maggioranza centrista che dal dopoguerra aveva
caratterizzato la societ politica italiana. Per fare il governo, De Mita doveva per forza di cose bussare alla porta di Craxi.
Ha scritto Giorgio Galli: Si determina una situazione che qualche
commentatore definisce di pentapartito coatto... in questa situazione
che si delinea il venir meno di una delle anomalie del caso italiano (mai
un socialista presidente del consiglio), appunto perch il partito di maggioranza relativa non pu pi assolutamente accettare che venga messa
in discussione la seconda anomalia (la conventio ad excludendum). In
quelle elezioni, le due coalizioni (centrista e di sinistra) avevano la medesima consistenza: 45 per cento, con il Pci secondo partito con il 29,9.
Tutte condizioni che facilitarono larrivo di Craxi alla presidenza del consiglio. Ha scritto Galli: Con Pertini al Quirinale, un veto della Dc alla
346

METAMORFOSI DC

presidenza socialista (gi avanzato nel 1979 allorch il presidente della


Repubblica aveva conferito a Craxi il primo mandato di formare il nuovo
governo) non avrebbe potuto non tradursi nel conferimento dellincarico
al secondo partito del sistema... Questa situazione spiega la compattezza
della Dc nellaccettare la presidenza Craxi. De Mita vuol guadagnare
tempo e il nume tutelare del partito, Andreotti, in precedenza in permanente opposizione col segretario del Psi, sostiene questa decisione... Il
suo intento (della Dc, n.d.a.) era ovviamente quello di logorare il Psi di
Craxi come aveva logorato quello di Nenni col centro-sinistra e il Pci di
Berlinguer con la solidariet nazionale.
Pi che del logoramento, il Psi fin per essere vittima di un appannamento che si rivelato esiziale col tempo. Con il suo decisionismo,
Craxi aveva intercettato la domanda che veniva dalla societ di uscire dai
dibattiti ripetitivi e inconcludenti, il bisogno di scelte in un momento di
crisi e grande trasformazione della societ occidentale (il problema, semmai, stato quello di non aver colto pienamente, la trasformazione di
quella orientale, dopo il crollo del Muro di Berlino); non si era limitato a
enumerare o evocare i problemi, li aveva anche affrontati proponendo e
attuando soluzioni. Poi, per, la gestione del potere ebbe la meglio sullesercizio del governo. De Mita, dal canto suo, si dovuto piegare a un
progetto politico diverso dal suo. Lalternanza (a Palazzo Chigi) ha sostituito lalternativa. E su questo concetto si era giocato tutte le sue carte
per motivare la nascita di un sistema bipolare che, alla resa dei conti, doveva a suo parere ruotare intorno a due partiti. Diceva: Lidea di alternativa si ricava dallanalisi delle questioni aperte nella societ. Dalla
domanda, fortemente avvertita di un ricambio che non sia meramente
formale ed introduca, invece, certezza di alternanza di forze nella gestione del potere. E ancora: Lalternativa cos intesa pone al Partito
comunista una grande sfida a responsabilizzarsi. Ma poi, in quel Consiglio Nazionale del 1983, ricordando gli atteggiamenti sullaccordo
Scotti, aggiungeva: Quando dopo anni di predicazioni in altra direzione
(lausterit berlingueriana, le teorizzazioni amendoliane, n.d.a.), si fomentano o non si contrastano forme di lotta estremistica ed anarcoide e
che la classe sindacale, compresa la comunit, ha tentato di evitare o di
contenere (lintervento di Berlinguer ai cancelli di Mirafiori, n.d.a.), si
347

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

compiono preoccupanti arretramenti. Si sono a volte reintrodotti metodi


di scontro politico che solo il senso di responsabilit dei partiti democratici, dei sindacati unitari, nonch delle correnti culturali pi esposte
verso le domande di cambiamento e delle forze dellordine hanno saputo
riportare a dimensioni meno avventuristiche.
La sua idea della dinamica politica era semplice e poco gradita al
Psi: Lha detto benissimo Pietro Scoppola: Non si pu, non si deve
scambiare il bipolarismo per il bipartitismo, perch il sistema elettorale
italiano non lo consente. Ma soprattutto perch nel bipolarismo di cui
andiamo discutendo ognuno dei due poli non un partito, ma necessariamente una coalizione... Il ruolo di alternativa del Partito comunista
non determinato da una assegnazione nostra, come se la Democrazia
Cristiana riconoscesse solo al Pci la possibilit di gestire lalternativa...
Piuttosto vera unaltra cosa: e cio che la Democrazia Cristiana e il
Partito comunista hanno dichiarato posizioni alternative nella gestione
del potere, pur avendo disegnato reciprocamente uno spazio di concorso
democratico (la riforma dello Stato e della democrazia, n.d.a.) che, per,
non li vede associati nella gestione del potere. Come un allenatore di
basket indica sulla sua lavagna lo schema di gioco, allo stesso modo De
Mita aveva segnato sulla sua agenda un ruolo per il Psi: Non abbiamo
avuto difficolt a considerare il Psi come una vera novit. Lo abbiamo
riconosciuto... Ma la novit non pu ridursi ad ipotizzare alternanze tra
riformisti e moderati (ma poi sar quello che avverr alla guida di Palazzo Chigi, n.d.a.)... Allinterno della strategia dellalternativa il Psi ha,
invece, un ruolo fondamentale e singolare, che gli consentito dalle
scelte coraggiose compiute a Palermo. La singolarit sta nel fatto che
esso interpreta e guida le posizioni del mondo cosiddetto marxista (ma
Craxi stava in quel momento gi guardando oltre, partendo da Proudhom
per arrivare a Carlo Rosselli, n.d.a.) liberato dagli schematismi dellideologia socialista proprio in conseguenza delle scelte riformiste adottate;
e perci si colloca oggi in alleanza di governo con la Dc, ma domani in
una prospettiva di alternativa... Quello che non possibile e che risulterebbe ambiguo e destabilizzante che le le due cose coincidano temporalmente (quellanno vi fu, prima delle elezioni, lincontro tra Craxi e
Berlinguer alle Frattocchie, n.d.a.).
348

METAMORFOSI DC

Insomma, De Mita attribuiva ai socialisti il ruolo che nella democrazia tedesca hanno svolto per diverso tempo i liberali. Le elezioni
dell83 mandarono in fumo gran parte delle analisi demitiane. Anche San
Valentino in qualche maniera figlio di quella tornata elettorale. E sulla
scala mobile si giocarono, con molta probabilit, robuste ambizioni di rivincita. Perch chiaro che se lobiettivo era il logoramento di Craxi,
una azione tendente a far saltare quel provvedimento o a farlo passare in
una maniera decisamente diversa rispetto a quella definita da Palazzo
Chigi, avrebbe creato le basi per il successo finale. Anni dopo, De Mita
giustific cos quel clamoroso crollo elettorale: Il mio proposito era di
portare avanti una linea politica e una gestione del partito che avviassero
il recupero arrestando il processo di crescente incomunicabilit tra la
pubblica opinione e la Dc. Certo la sconfitta elettorale del giugno 1983
fu un trauma, aggravato dallabbaglio, dovuto anche allattenzione benevola che la stampa aveva dato alla mia segreteria e alla campagna
elettorale della Dc, che i problemi fossero stati gi superati. Debbo dire,
per, che personalmente non ero caduto in quellillusione, anche se non
avevo la possibilit di verificarlo. Nella campagna elettorale avevo potuto constatare infatti lentusiamso recuperato dei democristiani: ma, indubbiamente, solo dei democristiani.
Caduta la Prima Repubblica, Pietro Scoppola, che era stato uno
dei riferimenti intellettuali del nuovo corso, in un saggio sulla Dc scriver: Nonostante la plebiscitaria conferma alla guida del partito nel
maggio del 1986 la leadership di De Mita non esprime pi le originarie
istanze riformatrici: lampio ricorso alle gestioni commissariali nel partito, per superare lassetto correntizio, non produce gli auspicati effetti
innovatori. Fu uno scontro meno avvincente di quello a sinistra, pi sotterraneo, ma pur sempre uno scontro. Anche se poi, anni dopo, Ciriaco
De Mita prover a stemperare quellimmagine di arcigno anti-craxiano
costruita anche sulla storia della scala mobile. Con tono divertito ha raccontato il suo primo incontro con Craxi: Era un semplice deputato. Lo
incrociai insieme a Marcora, di cui era amico, davanti a Montecitorio
con la giacca sulle spalle. Albertino (era il nome di battaglia da partigiano di Marcora, n.d.a.) gli chiese: Dove vai? E lui di rimando: A
donne. Per gli incontri a quattrocchi, quelli in cui avvenivano i chia349

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

rimenti, si incontravano nel convento di SantAgnese sullAppia: Una


volta proprio l davanti la polizia ritrov un furgoncino abbandonato che
era munito di tante apparecchiature sofisticate per le intercettazioni e la
registrazione di conversazioni riservate. Non so chi sapesse di quegli incontri, se i servizi segreti o qualcun altro. Craxi cerc persino di convincere De Mita a non dimettersi da capo del governo: Il giorno in cui
decisi di dimettermi ero con Forlani che gli telefon per comunicargli la
mia decisione. Lui, invece di rallegrarsene, visto che era stato lui a provocare la crisi, mi chiese di ripensarci, di vederci. Io, per, ormai avevo
deciso e visto che non volevo parlargli, Forlani, furbo, si propose di farlo
al mio posto. Il mio sfratto da Palazzo Chigi fu deciso cos.

350

SANDRO PERTINI
Il presidente nuovo

La diversit di Pertini secondo la matita di Forattini

SANDRO PERTINI

Mia buona mamma, son riuscito a procurarmi un pezzo di lapis


e un po di carta e tento di scriverti nonostante questi maledetti ferri che
mi stringono i polsi. Voglio che ti giungano i miei auguri per il nuovo anno,
mamma, e far di tutto perch a Napoli questa mia lettera sia imbucata.
Sono qui solo in una piccola cella del vagone cellulare. Mi portano a Napoli e verso il 26 mi porteranno al reclusorio di S. Stefano. Mamma buona
e santa, non ti rattristare per questa mia nuova sorte. Pensa, mamma, che
lotto per unidea sublime, tutta luce. Oggi pi di ieri io sento damare questa idea. Il carcere rende pi profondo in me questo amore. La condanna,
mamma buona, motivo dorgoglio per il tuo Sandro, e lo deve essere per
te. Se tu sapessi con quale gioia, e con quanta fierezza io alzai dalla gabbia
dopo la lettura della sentenza il grido della mia fede Viva il Socialismo,
Abbasso il fascismo. E allora mi saltarono addosso furenti turandomi la
bocca quasi a soffocarmi, ma io nulla sentivo. Era lantivigilia di Natale
del 1929 quando Sandro Pertini, dal carcere, scrisse questa lettera a sua
madre. Parole semplici ma piene di passione e di convinzione.
Quella convinzione che metter negli anni della sua lotta contro il
fascismo e in quelli in cui servir quella Repubblica per la quale aveva
deciso di sacrificare buona parte della sua giovent. Non si riuscirebbe a
capire cosa stata per questo Paese la Presidenza di Sandro Pertini se non
si partisse da questa sua testimonianza, dal rifiuto della grazia che pure la
madre present, dallabnegazione con la quale si dedic a una lotta di libert
che era anche la lotta per unItalia diversa da quella in cui lui viveva. A
questo punto non si pu fare a meno di raccontare il ruolo che Pertini gioc,
con la sua nuova interpretazione della figura presidenziale, nella vicenda
politica italiana a cavallo tra gli anni Settanta e gli Ottanta e il contributo
che pure, con grande discrezione, offr alla soluzione della vicenda di San
Valentino, nonostante i rapporti tra lui e Craxi abbiano attraversato momenti
alterni, alla bonaccia spesso faceva seguito la tempesta.
353

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Ad esempio, agli inizi del 1985, cio qualche mese prima del referendum sulla scala mobile, quando il governo stava ancora provando a trovare una soluzione che evitasse quellappuntamento referendario.
Sembrava, in quei mesi, che si potesse ancora raggiungere un accordo tra
le diverse parti in commedia. Ma accadde una vicenda che mise a rischio
la stabilit dellesecutivo. Il terrorismo non era stato ancora sconfitto, gli
Anni di Piombo non erano ancora un ricordo ma una preoccupante realt
(la conferma sarebbe arrivata a marzo, con lagguato mortale a Ezio Tarantelli). Qualche anno prima, il 7 aprile del 1979 (il Processo che seguir nel
1981 prender il nome proprio da quella data), un marted, su ordine del
giudice di Padova, Pietro Calogero, alle 17,30, la polizia fece irruzione
nelle case di diversi docenti universitari e intellettuali, tra i quali Toni Negri,
Nanni Balestrini (che si diede alla latitanza), Franco Piperno, Emilio Vesce.
Erano tutti destinatari di un ordine di arresto in quanto ritenuti i capi del
terrorismo italiano (i cattivi maestri). Tra gli accusati anche Oreste Scalzone, ex fondatore di Potere Operaio e leader in quel momento di Autonomia Operaia. Due anni dopo, in primo grado, Scalzone venne condannato
a sedici anni di reclusione per associazione sovversiva, banda armata e rapina. Approfittando, per, di un permesso per motivi di salute e grazie allaiuto dellamico-attore, Gian Maria Volont, si allontan dallItalia, ripar
a Copenaghen, quindi in Corsica e alla fine trov ospitalit a Parigi. Ed
qui che si svolse la storia che port il governo Craxi sullorlo della crisi,
Gianni De Michelis a un passo dalla dimissioni e Sandro Pertini in rotta di
collisione con il suo partito, il Psi.
Tutta colpa della passione per larte. Erano i primi giorni di gennaio,
precisamente il 5. Gianni De Michelis, in vacanza a Parigi, decide di visitare il Beaubourg, il museo progettato da Renzo Piano, nel centro del quartiere di Les Marais. E l avviene il fattaccio. Il latitante Scalzone incrocia
il ministro De Michelis. Lincontro, che tanto luno quanto laltro definirono
del tutto casuale, fin per su un settimanale, Famiglia Cristiana. Infatti,
avvenne alla presenza di un giornalista, David Sassoli, che allepoca lavorava per lAgenzia Asca e per il settimanale cattolico. Lo scandalo conseguente fu enorme nonostante il tentativo tanto di Scalzone quanto di De
Michelis di ridimensionare il rilievo dellincontro. Dei fatti, diedero due
versioni identiche. De Michelis disse: Non si capisce come possa essere
354

SANDRO PERTINI

definita prova di irresponsabilit il fatto di essere stato, in modo del


tutto casuale, riconosciuto e bloccato durante una visita privata a una mostra darte. Scalzone, a sua volta, spieg che aveva dato appuntamento al
Centre Pompidou ad alcuni suoi compagni dellAutonomia e anche a Sassoli. Poi, mentre era nel museo, uno dei suoi amici gli aveva indicato De
Michelis. A quel punto lui, staccandosi dal capanello, si era fiondato verso
il ministro, dicendogli: Mi piacerebbe che dicessi a Scalfaro (allepoca
ministro dellinterno, n.d.a.) che le mostre sono pi interessanti di noi e
che emulasse Siviero che riportava in Italia le opere darte.
Il fatto che in quel periodo, agli inizi degli anni Ottanta, come
spesso capita in Italia, si parlava di una amnistia che avrebbe dovuto riguardare anche i condannati per fatti legati al terrorismo. In pi, i socialisti
erano stati messi un po allindice per via dellatteggiamento assunto in occasione del sequestro Moro (tra i pochi favorevoli alla trattativa mentre la
maggioranza dei partiti, a cominciare da Dc e Pci, erano per la fermezza).
E poi per la cultura garantista che induceva un leader come Giacomo Mancini a manifestare riserve sulla legislazione di emergenza anti-terrorismo
allinterno della quale vi erano anche le norme relative al pentitismo. Insomma, come diceva Agatha Christie: un indizio un indizio, due indizi
sono due indizi, tre indizi sono una prova. L si era nel campo dei tre indizi.
Scalzone, nella sua ricostruzione, prov a spiegare che il ministro
non centrava nulla e che niente di compromettente era stato detto. Rivel:
De Michelis stato brillante e allaltezza della situazione. Non gli ho fatto
alcuna domanda o richiesta o petizione e lui non mi ha parlato da ministro,
non ha dato assicurazioni, non ha fatto nomi di politici, quelli sono saltati
fuori dopo che se ne era andato (nella ricostruzione dellincontro, Famiglia Cristiana aveva dato conto di una parte di colloquio in cui De Michelis avrebbe dato indicazioni sui politici favorevoli a un atto collettivo
di clemenza tirando in ballo personaggi come Mino Martinazzoli o Franca
Falcucci, n.d.a.)... Ho avuto limpressione che sullamnistia il suo atteggiamento denotasse rispetto ma nello stesso tempo la giudicasse utopica
perch il ceto politico non maturo per affrontare la questione in questi
termini. Anche allora si parlava di riconciliazione (con una generazione
di giovani che si era perduta nella tragica illusione della rivoluzione, di
una nuova guerra partigiana senza partigiani e in un paese libero per
355

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

quanto imperfetto).
La pubblicazione dellarticolo fece esplodere, verso la fine del
mese, il caso politico. In quel momento, peraltro, il governo stava attraversando una fase non semplice, con i franchi tiratori in perenne agguato in
Parlamento, i socialisti che chiedevano labolizione del voto segreto e Craxi
che sfibrato si sfogava con Arnaldo Forlani dicendo: Pianto tutto. La lettura del resoconto giornalistico non era per nulla piaciuta a Sandro Pertini
che da capo dello Stato non poteva accettare smentite alla linea ufficiale
della fermezza. E davanti a quellincontro, seppur casuale, aveva fatto trapelare che le dimissioni del ministro sarebbero state un atto particolarmente
apprezzato. Furono ore e giorni complessi con Craxi, che per evitare la
crisi, interruppe il 24 gennaio un consiglio dei ministri per chiedere
udienza a Sandro Pertini. Lincontro ci fu ma, invece di rasserenare la situazione, fin per renderla pi incandescente. Si era, infatti, diffusa la notizia
che il Presidente della Repubblica avesse scritto il 23 gennaio una lettera a
Craxi sulla questione. Un atto certo poco favorevole a De Michelis.
Uscendo dal colloquio con Pertini, il capo del governo smentiva la circostanza: A me il presidente della Repubblica non ha detto niente, io non ho
ricevuto nulla.
Pertini, si sa, era uomo piuttosto incline allira improvvisa. Anni
prima ne aveva fatto le spese Antonio Ghirelli, suo portavoce al Quirinale,
obbligato alle dimissioni per una nota incauta che non aveva scritto ma
di cui si assunse la responsabilit per salvare un funzionario (Ghirelli, nel
frattempo, era passato a Palazzo Chigi, dove guidava la comunicazione del
governo). Di fronte alle dichiarazioni di Craxi che alle sue orecchie suonavano come una smentita del suo operato, fece immediatamente diramare
un comunicato dai toni secchi e perentori: In merito alla notizia riportata
dalla stampa di una lettera del presidente della Repubblica al presidente
del Consiglio sulla vicenda De Michelis-Scalzone, si conferma che questa
lettera stata inviata in data 23 gennaio ultimo scorso.
Quel comunicato aveva laspetto di un piano inclinato che avrebbe
portato alla crisi e immediatamente vi salirono su quei leader che non vedevano lora di liberarsi di Craxi. Primo fra tutti, Ciriaco De Mita che
tuon: Il caso Scalzone non esister per lui (per De Michelis, n.d.a.), ma
per la Democrazia Cristiana esiste. A sua volta, Nicola Mancino, territo356

SANDRO PERTINI

rialmente e politicamente vicinissimo a De Mita, presentava una interrogazione al governo commentando: Affermare che il caso non esiste, pu
al di l delle stesse intenzioni di Craxi, apparire una provocazione. Nella
sostanza il caso si sgonfiava il 1 febbraio quando De Michelis, dopo un
incontro tra Pertini e Giovanni Sapdolini, prendeva carta e penna e inviava
al Quirinale una bella lettera di scuse. La soluzione era stata sollecitata proprio da Spadolini il quale aveva chiesto nellincontro con il presidente della
Repubblica un atto pubblico concludendo: Nella storia c il diritto di
sbagliare ma non di difendere lerrore. La parola conclusiva venne posta
da Bettino Craxi che si present in Parlamento per rispondere alle interrogazioni, anche a quelle di Nicola Mancino e del Pci che aveva chiesto se
dopo quellincontro parigino De Michelis possa ritenersi compatibile con
le sue responsabilit e i suoi doveri di ministro: Risponder alla Camera
su una vicenda che io non credevo rappresentasse un caso, ma a quanto
pare mi sono sbagliato visto che lo diventato. A quel punto il governo
era salvo e poteva continuare la sua navigazione verso il referendum sulla
scala mobile, cercando una soluzione che, per, non fu trovata.
Su quella storia che divise profondamente il mondo politico e sindacale, il presidente della Repubblica un ruolo lo gioc. Discreto, perch a
lui non toccava essere parte in causa. E un ruolo lo gioc pure nella riforma
del Concordato supportando le trattative del Governo grazie ai suoi rapporti
amichevoli con Giovanni Paolo II. E a lui che si deve la nuova interpretazione della funzione del Quirinale, pi interventista, pi presente nelle
vicende quotidiane, pi impegnata nel concreto e un po meno nel taglio
dei nastri. Il fatto che Pertini aveva capito prima di altri che nel rapporto
tra il Paese e le Istituzioni qualcosa si stava rompendo, che cerano troppe
crepe e che bisognava in qualche modo ripararle. Sentiva, ad esempio, che
le giovani generazioni si stavano allontanando, perci con i suoi viaggi e
con suoi incontri provava a riavvicinarle allo Stato. Il terrorismo aveva avvelenato il clima del Paese; i nuovi fermenti economici che venivano dalla
Gran Bretagna e dallAmerica stavano portando novit in quel momento
poco comprensibili; come un fiume carsico si agitavano forze, allora di minoranza, come la Lega, portatrici di una predicazione che portava il Paese
alla frantumazione, a una irreparabile divisione tra Nord e Sud, non pi
solo economica, ma culturale e, possibilmente, istituzionale. E luomo che
357

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

in una canzone sanremese fu definito da Toto Cutugno un partigiano presidente, non poteva accettare che lItalia andasse avanti guardando continuamente indietro.
Lo aveva detto nel 1978 in un discorso ai lavoratori genovesi: Questa Repubblica non ancora perfetta, molte cose devono essere fatte, molte
riforme devono essere fatte, non vi dubbio su questo punto. Per non dimenticate questo, che questa Repubblica non ci stata donata su un piatto
dargento da qualcuno... E questa Repubblica noi abbiamo il dovere di difenderla perch difendiamo una cosa che nostra... Io non apprezzo coloro
che dicono n con le Brigate Rosse n contro le Brigate Rosse. No, no, non
una posizione coraggiosa. Perch questo ritornello noi lo sentimmo nella
nostra giovinezza, quando qualcuno diceva: n con gli antifascisti, n con
il fascismo, ed ha finito per adeguarsi poi alla situazione che per ventanni
ha dominato il nostro Paese. Non poteva accettare la divisione, la frattura,
il salto nel vuoto. Cap prima degli altri che la fine della solidariet nazionale, la mancanza di una alternativa di governo faceva precipitare la politica
in una condizione di sostanziale stagnazione. Di qui la scelta di introdurre
elementi di movimento attraverso lalternanza: diede i primi incarichi a
Ugo La Malfa e a Craxi, tentativi che non furono coronati da successo.
Prima che venisse dato lincarico al leader socialista nel 1979, Carniti e
Lama si avventurarono in private scommesse sulla scelta presidenziale.
Puntarono su Piccoli e rimasero spiazzati quando arriv lannuncio del Quirinale. Rimase spiazzato anche Craxi che si present in jeans venendo rispedito al Raphael per abbigliarsi in maniera pi consona. Ci riprov con
Giovanni Spadolini (tentativo appoggiato dalla Uil con convinzione) e ancora con Craxi e le cose andarono diversamente anche perch i risultati
elettorali avevano creato condizioni nuove, seppur minime.
Insomma, non aveva problemi a spiazzare partiti abituati a giocare
con regole vecchie e in molti casi logore, tanto logore da non consentire
l'apprezzamento delle novit che quelle decisioni puntavano a valorizzare.
L'incarico a Ugo La Malfa, un Padre della Patria Repubblicana, fu accolto
con indifferenza e scetticismo, un po' da tutti, anche nell'ambiente sindacale
visto che solo la Uil lo sostenne con convinzione scorgendo nella cosa un
segno di rinnovamento, mentre la Cgil, Confederazione che il leader repubblicano guardava con attenzione particolare e grande rispetto, si tenne
358

SANDRO PERTINI

decisamente in disparte. La scelta di Craxi, invece, scaten paure quasi ancestrali. Soprattutto nella Dc che aveva inutilmente indicato Flaminio Piccoli e guardava il segretario socialista come il fumo negli occhi. Tanto
vero che la segreteria Zaccagnini prima si impegn a sbarrarne il cammino
e poi cerc di metterlo in un angolo con Filippo Maria Pandolfi, presidente
incaricato, che concord con tutti la lista dei ministri ma non con il segretario socialista che, ovviamente, si prese la rivincita ponendo un veto sulla
nascita del nuovo governo e favorendo, al contrario, il successivo tentativo
di Francesco Cossiga (in quel passaggio nacque il rapporto privilegiato tra
Craxi e il futuro presidente della Repubblica).
stato lintuito il grande strumento di Pertini, pi uomo dazione
(il vecchio partigiano) che di elaborazione. Non era un politico raffinatissimo, come Pietro Nenni, n un politico-intellettuale come Riccardo Lombardi (li univa una cordiale inimicizia con Lombardi che lo definitiva
ingenerosamente: Cuor di leone, cervello di gallina). Ma sapeva vivere
in sintonia con lanima pi profonda del Paese, capiva al volo come pulsava
il cuore dellItalia e se coglieva sintomi di aritmia, provava a intervenire a
suo modo. Un modo che port gli italiani ad amarlo come mai avevano
amato un Presidente della Repubblica (e come, probabilmente, nessun altro
hanno amato dopo di lui, nonostante siano emerse successivamente figure
popolari come Ciampi e Napolitano). Era sentito dai suoi connazionali
uguale, non diverso come gli altri frequentatori del Palazzo pasoliniano.
Parlava in maniera semplice, il suo obiettivo era farsi non solo ascoltare da
tutti, ma anche capire da tutti. Incontrava gli operai dellItalsider di Savona
e diceva: Pi volte ascoltando gli oratori mi sono sentito chiamare compagno Sandro. Ed precisamente il compagno Sandro che parla alla classe
lavoratrice savonese. Era luomo delle ire improvvise e dei gesti non calcolati. Quando riport a Roma la salma di Enrico Berlinguer volle far capire
che quello non era il lutto di alcuni ma un lutto del Paese, che si poteva essere politicamente diversi ma che non si poteva essere politicamente nemici
perch in una democrazia tutte le idee sono rispettabili a parte quelle che
sono in contrasto con i principi di libert.
La sua presidenza della Repubblica ha attraversato momenti drammatici, momenti in cui il Paese si sarebbe potuto spezzare. Gli Anni di
Piombo, la strage di Bologna, il terremoto dellIrpinia. Lui cera sempre,
359

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

con la sua pipa, quel suo parlare schietto e senza veli: Noi tutti speravamo
in unItalia pi giusta, noi speravamo che veramente la classe lavoratrice
si potesse avviare verso una giustizia sociale e verso una maggiore libert.
E questo, bisogna riconoscerlo, avvenuto. Non per nulla larticolo 1 della
Costituzione recita: LItalia una Repubblica democratica fondata sul lavoro, sul lavoro non sul privilegio, ma sul lavoro. Il compagno Sandro
ha fatto sognare un Paese come i ventidue calciatori che in Spagna arrivarono sconfitti e tornarono con la Coppa del Mondo tra le mani. Sullaereo
presidenziale, giocando a scopone, con Franco Causio che veniva continuamente investito dallira di Pertini perch sbagliava sistematicamente la carta
da deporre sul tavolino. Aveva interpretato la gioia del Paese, mentre intorno,

Il Presidente Sandro Pertini nella zone terremotate dellIrpinia: il suo


atto di accusa televisivo contro la lentezza dei soccorsi provoc
le dimissioni del Ministro dellInterno Virginio Rognoni che, per,
vennero respinte dal Presidente del Consiglio, Arnaldo Forlani
360

SANDRO PERTINI

sugli spalti del Santiago Bernabeu, si agitavano migliaia di bandiere tricolori


e nelle fontane di tutta Italia ci si tuffava per festeggiare un evento calcistico
che mancava da oltre quarantanni. Limmagine del Presidente, in piedi tra
Juan Carlos e la regina Sofia compostamente seduti, con la pipa in una mano
e laltra mano che si agitava come a dire che grande squadra, rester impressa nella memoria come un momento di perfetta identificazione tra un
popolo e chi quel popolo rappresentava.
E cera a Vermicino, in quei tre giorni in cui lagonia del piccolo
Alfredino Rampi si concluse nella maniera pi tragica che ci si potesse
aspettare, in fondo a un pozzo, nel buio mentre fuori il lutto di una famiglia
veniva illuminato dai riflettori dei pompieri e dalla curiosit delle telecamere che scrutavano dal buco della serratura i sentimenti con ingordigia
(nacque l quel mostro mediatico che venne definito la tv del dolore,
una invenzione che certo non ha migliorato il Paese ma che poi stata superata da altre, decisamente peggiori, intuizioni).
Sapeva esprimere le emozioni di un popolo. Anche lindignazione
come in occasione del terremoto dellIrpinia. Arriv nelle zone colpite dal
sisma meno di ventiquattro ore dopo le terrificanti scosse, mentre lo
sciame teneva in allarme i sopravvissuti. I cronisti lo videro scosso e inquieto. A Laviano, un uomo tutto impolverato, gli si fece incontro: Presidente, io vengo da Wiesbaden per cercare mia madre. Sono arrivato prima
dei soccorsi. Rimase l sino a mercoled 26 novembre. Poi, senza mettere
nessuno al corrente delle sue intenzioni, chiam la Rai e fece organizzare
una diretta televisiva dal Quirinale. Gioved sera entr in tutte le case italiane e pronunci parole durissime, le stesse che avrebbe pronunciato un
cittadino qualsiasi di fronte allo scempio di un pezzo dItalia abbandonato
al suo crudele destino. Disse, a proposito dei soccorsi: Vi sono state mancanze gravi, non vi dubbio, e quindi chi ha mancato deve essere colpito
come stato colpito il prefetto di Avellino che stato giustamente rimosso
dalla sua carica. E subodorando la possibilit di inquinamenti affaristici
e malavitosi nella ricostruzione (si sarebbe rivelato un facile profeta), aggiunse: Non deve ripetersi quello che avvenuto nel Belice... Mi chiedo
dove andato a finire questo denaro? Chi che ha speculato su questa disgrazia del Belice? E se vi qualcuno che ha speculato, io chiedo: costui
in carcere, come dovrebbe essere in carcere? Perch infamia maggiore,
361

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

per me, quella di speculare sulle disgrazie altrui. E concluse: Il modo


migliore di ricordare i morti quello di pensare i vivi. Quellatto daccusa
spinse il ministro dellInterno, Virginio Rognoni, responsabile della macchina dei soccorsi, a presentare le dimissioni che ritir in seguito alle pressioni che esercit su di lui il capo del governo, Arnaldo Forlani. Ma tornato
a Roma, Pertini non chiam soltanto la Rai, telefon pure a Lama, Carniti
e Benvenuto per convocarli al Quirinale. Li sottopose alla classica lavata
di capo perch a suo parere i sindacati non avevano fatto tutto quello che
avrebbero dovuto fare e li invit a mettersi in pari. Cosa che Cgil, Cisl e
Uil fecero organizzando immediatamente nelle zone terremotate centri
daccoglienza sociale, mobilitando la loro macchina organizzativa per dare
assistenza a chi era rimasto senza lavoro, senza casa, senza niente.
Che fosse un presidente diverso, gli italiani ne avevano avuto immediata percezione, sin dal primo giorno, sin da quel discorso di insediamento
pronunciato intorno allora di pranzo il 9 luglio del 1978. Con parole semplici
svilupp concetti nobili. Il rifiuto della guerra: Si svuotino gli arsenali, sorgente di morte, si colmino i granai, sorgente di vita per milioni di creature
umane che lottano contro la fame. La richiesta di politiche per loccupazione: Bisogna sia assicurato il lavoro a ogni cittadino. La disoccupazione
un male tremendo che porta anche alla disperazione. Questo chi vi parla
pu dire per personale esperienza. La ferma difesa della libert come fondamento di ogni societ democratica: Ma se a me, socialista da sempre, offrissero la pi radicale delle riforme socialiste a prezzo della libert, io la
rifiuterei, perch la libert non pu mai essere barattata. Tuttavia essa diviene una fragile conquista e sar pienamente goduta solo da una minoranza,
se non ricever il suo contenuto naturale che la giustizia sociale.
Limpegno contro la violenza terroristica che aveva mietuto vittime
a via Fani e reso martire Aldo Moro: Siamo decisi avversari della violenza,
perch siamo strenui difensori della democrazia e della vita di ogni cittadino... Se non fosse stato crudelmente assassinato, lui (Moro, n.d.a.), non
io, parlerebbe da questo seggio a voi. Infine, lomaggio alla Resistenza,
vero momento fondante della Repubblica: Non posso, in ultimo, non ricordare i patrioti con i quali ho condiviso le galere del tribunale speciale,
i rischi della lotta antifascista e della Resistenza. Non posso non ricordare
che la mia coscienza di uomo libero si formata alla scuola del movimento
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SANDRO PERTINI

operaio di Savona e che si rinvigorita guardando sempre ai luminosi


esempi di Giacomo Matteotti, di Giovanni Amdendola e Piero Gobetti, di
Carlo Rosselli, di Don Minzoni e di Antonio Gramsci, mio indimenticabile
compagno di carcere.
Quando venne a mancare Berlinguer, anche lui perse un interlocutore, linterlocutore che avrebbe potuto evitare (e probabilmente lavrebbe
fatto) il referendum. Al contrario, le immagini del funerale, ritrasmesse durante le operazioni di voto da una televisione locale romana vicina al Pci divennero uno spot inutile e di dubbio gusto. Senza prendere posizione per gli
uni o per gli altri, Pertini con discrezione contattava telefonicamente i leader
delle Confederazioni. Racconta Benvenuto: In quel periodo mi telefon
tre, quattro volte. Diceva: state attenti. Non voleva la rottura a sinistra tra

Sandro Pertini sulla Grande Muraglia: si appassion allidea


di una visita in Cina dopo un incontro con Lama, Carniti e Benvenuto che
avevano accompagnato al Quirinale una delegazione di colleghi cinesi
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Pci e Psi e le preoccupazioni che esprimeva al segretario generale della Uil,


nel corso di altre conversazioni telefoniche le estendeva a Luciano Lama.
Politicamente, subito dopo la guerra non era stato un frontista ma quella
spaccatura lo preoccupava. Si era convinto, di fronte agli irrigidimenti, che
bisognasse fare qualcosa per avvicinare le posizioni e con Berlinguer probabilmente ci sarebbe riuscito. Accanto aveva Antonio Maccanico che intratteneva un rapporto molto intenso, di grande amicizia con Bruno
Visentini, il ministro delle finanze che si era accostato con diffidenza al negoziato ma poi lo aveva sostenuto con un certo entusiasmo. Visentini ebbe
un ruolo decisivo nella posizione che assunse il Pri, non in tutte le sue diverse anime favorevole al governo in carica (e, quindi, al decreto).
Trasferiva questa sua posizione al Quirinale e quella posizione, attraverso Maccanico, rimbalzava su Pertini. Annusava la modernit e
quando Lama, Benvenuto e Carniti invitarono in Italia i sindacalisti cinesi,
lui li ospit al Quirinale. Voleva conoscere quel mondo che allora appariva
estremamente lontano. Se Mao alla sua et ha nuotato nel fiume Yanzi, io
posso tranquillamente volare a Pechino diceva. E ci and perch aveva
capito che loriente avrebbe giocato un nuovo ruolo nella storia. Due settimane dopo il referendum, Fracesco Cossiga lo sostitu al Quirinale. Aveva
scritto, al cognato Umberto Voltolina nel 1958: Questa giovent nata e
cresciuta nel maledetto clima della guerra, in cui si avuta una mostruosa
inversione di tutti i valori morali; questa giovent che dopo la guerra si
trovata dinanzi ai tradimenti, agli intrighi, allegoismo e allopportunismo
degli anziani e che oggi si trova di fronte ad una societ in cui regna il
malcostume, laffarismo, la corruzione, il trasformismo. Ed hai ragione:
vi si chiede di essere uomini e non avete conosciuto la serenit dellinfanzia
e i sogni delladolescenza, cos necessari ad alimentare nobilmente la vita.
E voi, i giovani di oggi, non avete ascoltata la parola profonda di maestri
di vita che ascoltammo noi: di Filippo Turati, di Antonio Gramsci, di Giovanni Amendola, di Piero Gobetti. Dove sono oggi i maestri di vita dun
tempo. Qualcuno tenta, ma invano, di esserlo. La sua voce troppo fievole,
perch possa sovrastare lurlo di questa umanit impazzita. Oggi non esistono pi, n per voi giovani, n per noi anziani, i maestri di vita di allora.
Esistono solo dei rtori, dei politicanti e degli affaristi. E tutti hanno scelto
a loro divisa il carpe diem. utile voltarsi indietro per andare avanti.
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RICORDANDO BRUNO
Insieme, se non si vince si perde meno...

Nostalgia del partito di lotta: Trentin porta Occhetto


allo sciopero generale indetto con Marini e Benvenuto
(il disegno di Giannelli del 15 luglio 1990)

RICORDANDO BRUNO

Insieme, di questo siamo convinti e non uno slogan, se non si


vince, si perde sicuramente di meno e divisi invece si perde sempre. E'
ormai sera, giornata lunga e massacrante. E' l'epilogo. Legge l'ultima cartella, l'applauso e l'abbraccio di Antonio Pizzinato. Bruno Trentin il segretario della Cgil, dalle 18,45 del 29 novembre del 1988. Un evento che
arriva con due anni di ritardo perch nella lotta di successione con Sergio
Garavini, alla fine ha pagato soprattutto lui, figura carismatica, leader annunciato con alle spalle una storia lunga, ricca, piena di successi e con qualche insuccesso. Tra lui e Garavini, Lama aveva scelto Pizzinato. Chiunque
fosse arrivato dopo di lui, sarebbe stato schiacciato dal ricordo. Una vittima
annunciata, Pizzinato. Dirigente bravo ma senza il fascino di Lama, senza
quella sua straordinaria capacit di entrare in rapporto con i militanti, di
entrare nel cuore del Popolo della Cgil. Pensava, il segretario che si era dimesso due anni prima, che quella scelta avrebbe sanato le ferite, riparato
le crepe profonde create dalla vicenda della scala mobile.
Uomo di buon senso, Pizzinato, di esperienza, anche di una istintiva
modernit che lo aveva indotto a immaginare un volto pi nuovo per la
Cgil: un sindacato capace di parlare di diritti nella societ non solo sui luoghi di lavoro. Una strada che la Uil aveva cominciato a battere da tempo
da quando Giorgio Benvenuto si era reso conto che l'unit della classe operaia non pi mitica come negli anni dell'Autunno Caldo, ma pi composita,
variegata, anche pi ampia, in qualche maniera dispersa in mille rivoli, era
riconducibile a unit sui bisogni quotidiani, nella sfera dei diritti di cittadinanza. Quell'operaio, quell'impiegato gi alle prese con i problemi sul posto
di lavoro, si ritrovava a essere tartassato da un fisco ingiusto, offeso da una
burocrazia ottusa come quella del regno austro-ungarico, in difficolt con
un sistema sanitario troppo spesso inefficiente. Aveva provato, il nuovo segretario a traghettare la Cgil in un porto sicuro, ma non c'era riuscito. Probabilmente dopo Lama nessuno ci sarebbe riuscito. O forse uno solo.
L'uomo che adesso, alle 18,45 del 29 novembre, sul palco riceveva da Pizzinato insieme a un abbraccio, la Cgil. La Lunga Traversata era finita:
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Bruno Trentin era arrivato in porto, con qualche difficolt, seguendo una
rotta non sempre lineare, con un certo ritardo rispetto ai tempi previsti. Ma
quell'investitura, sostanzialmente all'unanimit, con quel voto di 185 compagni pronti a consegnargli una Confederazione bisognosa di ritrovare una
vecchia, gloriosa identit, non poteva essere in alcun modo considerata
come un accidente del destino. Era, al contrario, il completamento del suo
destino.
Aveva un grande fascino, Bruno Trentin. Il fascino di un uomo raffinato e colto, riservato, consapevole delle sue qualit ma allo stesso tempo
umile. In quella frase, pronunciata alla fine di un discorso non particolarmente lungo (lui che, invece, amava le costruzioni ampie, didattiche, da argomentatore come lui stesso si definiva), c'era tutta la sua storia. Il ricordo
di chi era stato e, allo stesso tempo, l'annuncio di ci che sarebbe stato. Passava, nella sua mente, quello slogan dell'Autunno Caldo: uniti si vince. Non
era sempre stato cos, nei diciannove anni successivi. Anche uniti non si
era sempre vinto, anzi a volte si era perso, clamorosamente. Ma senza alternative plausibili. Perch, come diceva, in quella sera che dolcemente declinava verso l'inverno, uniti si pu perdere meno, ma divisi si perde
sempre. E si perde tutto. Con grande onest intellettuale, quella sera Trentin
spieg gli errori, suoi e degli altri, senza rincorrere alibi, senza nascondersi.
La storia della scala mobile era ormai vecchia di quattro anni. Ma bruciava.
Soprattutto sulla sua pelle. Perch con una certa sofferenza personale aveva
sostenuto la linea della contrapposizione irriducibile, proprio lui che non
amava le battaglie disperate, che invitava a lasciare sempre una via di fuga
alla controparte, che diceva di essere un sindacalista e non un giocatore
d'azzardo, che non amava le azioni di lotta che mettevano in pericolo le
persone e gli impianti.
Quattro anni dopo disse, probabilmente, quello che avrebbe voluto
dire quattro anni prima e che la partita di una successione ancora tutta da
giocare gli aveva impedito di dire, obbligandolo a una fedelt acritica che
non era nel suo dna, nel dna non di un eretico, ma di un diverso. E la diversit, a livello di vertice, nella Cgil, non era un fatto insolito. Lui veniva dal
Partito d'Azione, da una storia, anche familiare, in qualche maniera lontana
da quella dell'ortodossia comunista. In fondo, non era di nascita comunista
nemmeno Di Vittorio; non lo era nemmeno Lama, forse per questo, quando
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RICORDANDO BRUNO

gli si chiedeva perch mai avesse deciso di iscriversi al Pci, un po' laconicamente rispondeva: Perch il partito dei lavoratori. Una risposta
troppo elementare per una intelligenza come la sua, naturalmente complessa. Quattro anni dopo, quella complessit anim un discorso che era figlio naturale della sua elaborazione intellettuale. Fatta anche di dubbi, quei
dubbi che a Pierre Carniti, ad esempio, non piacevano troppo, apparendogli
a volte tentennamenti.
Disse a quella platea che era la stessa di quattro anni prima: Come
non riconoscere che il nostro stato per molti, troppi anni, l'alternarsi di
un massimalismo difensivo e conservatore - la scala mobile non si tocca, la
demonizzazione della flessibilit del lavoro, la retorica dell'egualitarismo tutti gli slogan unitariamente gridati nelle piazze mentre tutto cambiava di
fronte alla nostra impotenza nei luoghi di lavoro e di un pragmatismo ormai
senza linee-guida, senza principi rivisitati e convalidati. Come negare che
abbiamo dato tante, troppe volte, lo spettacolo di un divorzio incomprensibile per i lavoratori tra una demagogia dei proclami e l'opportunismo spicciolo dell'azione di tutela e di contrapposizione.
Ritornava quella sera un ricordo di tanti anni prima. Un ricordo che
aveva gi sollecitato il pentimento di Giorgio Benvenuto, quando la questione non della scala mobile ma pi complessiva di un governo reale della
politica dei redditi era sfuggita di mano proprio a causa della demagogia
dei proclami e dell'opportunismo dell'azione di tutela. Diceva Trentin: Scusatemi questo ricordo che ancora mi scotta: l'assemblea unitaria di Montecatini rester nella storia minore del sindacalismo italiano come il
momento in cui si sprigion unitariamente un'orgia di massimalismo rivendicativo, fragoroso quanto impotente e come l'atto che precedette la ritirata scomposta del movimento sindacale verso le battaglie sulla scala
mobile. Lasciando cos sgombro per molti anni il fronte vero delle ristrutturazioni, delle riconversioni, del decentramento dei diritti e delle speranze
delle lavoratrici e dei lavoratori in carne e ossa. Perch il problema era
stato proprio quello: uno scontro titanico intorno a un totem, mentre tutto
cominciava a cambiare quasi senza che i sindacati ne avessero consapevolezza, distratti com'erano da un problema che era solo un piccolo pezzo dell'universo, non l'universo. Continuava Trentin: Emblematica stata senza
alcun dubbio ed ancora una ferita che ci portiamo dentro tutti - la vicenda
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

dell'accordo separato dell'84 - Una vicenda nata in un momento voluto


dalla Confindustria al quale siamo andati senza un progetto di riforma
della scala mobile davvero elaborato, deciso e sostenuto dagli organismi
dirigenti della Cgil, senza un'idea di rilancio dell'iniziativa articolata del
movimento sindacale, se si escludono alcune proposte pi o meno improvvisate che hanno vissuto soltanto un momento nel corso delle trattative di
quei mesi.
Una analisi complessa, quella di Trentin, che non lasciava spazi agli
alibi, che certo coinvolgeva tutti ma, soprattutto, non escludeva se stesso.
Diceva ancora: Non si colta in quella occasione, non l'abbiamo colta
noi affannati nella difesa ravvicinata di questo o di quel meccanismo della
contingenza non credo che lo abbiano colto con lucidit le altre organizzazioni, quella che era la questione di fondo, il tentativo di mutare in quel
modo il sistema complessivo - altro che la scala mobile! - della contrattazione collettiva. E questo, all'occorrenza anche con un decreto legge che
sanzionando un accordo separato, faceva a pezzi tutta una cultura della
Cisl sulla autonomia contrattuale di un sindacato libero. Alla fine riemergeva sempre il suo dissidio con Pierre Carniti. Non riuscivano a intendersi,
nonostante la lunga frequentazione nella Flm. Carniti esprimeva in questa
maniera la sintesi delle tre personalit che convivevano in quella straordinaria esperienza, forse l'unica realmente unitaria: In Trentin prevale lo spirito dell'ideatore, in Benvenuto quello del comunicatore, in me quello del
realizzatore.
Erano diversi per carattere. Ma non solo. Anche sulle strategie politiche, alla resa dei conti non si ritrovavano. Carniti voleva il punto unico
di contingenza; Trentin avrebbe preferito quello differenziato; l'egualitarismo salariale trovava all'interno della Cisl ferventi sostenitori ma l'allora
segretario della Fiom non riusciva a ritrovarsi su quell'idea. Erano diversi
anche per estrazione sociale. Trentin era cresciuto in un ambiente colto e
borghese, era nato in Francia, a Pavie, dove suo padre, Silvio Trentin, "riparando" in Guascogna, aveva aperto una libreria e ancora alla met degli
anni Sessanta il suo italiano era percorso da francesismi: il sindacato diventava il sindicato, quasi un neologismo, una derivazione del Syndicat.
Era riservato: non amava parlare di se stesso, nemmeno di quella brigata
di Giustizia e Libert comandata durante la guerra partigiana a soli dicias370

RICORDANDO BRUNO

sette anni; non era presenzialista, non si concedeva troppo nelle interviste
finendo per avere un unico vero "confessore", Bruno Ugolini de l'Unit;
sicuramente un po' snob negli atteggiamenti e nelle passioni. Lama, al contrario, era un estroverso romagnolo, appassionato di calcio. Lui appariva,
ma in realt non era, un intellettuale chiuso e ombroso (certo permaloso),
il calcio, poi, lo detestava profondamente. Al ministero del lavoro, a via
Flavia, durante le lunghe trattative dell'Autunno Caldo, avevano organizzato uno stanzone con una televisione. E l si ritrovavano, sindacalisti e imprenditori, tutti appassionati di football. Le urla si alzavano possenti quando
c'erano le partite. In fondo alla sala, le spalle voltate alla televisione, Trentin
leggeva il giornale. Non era ostentazione (o forse in parte anche lo era) ma
proprio non riusciva a capire perch mai la gente si agitasse tanto per un
pallone preso a pedate. Nel '66, durante i Mondiali, pronostic, forse in
un'ottica al contrario scaramantica, la sconfitta dell'Italia contro la Corea
del Nord. A risultato consumato, gli chiesero come avesse fatto a prevedere
una cosa del genere, cos fuori da ogni plausibile previsione. Rispose: Perch i popoli vanno educati. Scherzava, ovviamente.
Perch poi gli era stata ritagliata questa immagine seriosa che non
corrispondeva completamente alla realt. Aveva un tratto ironico, anche
goliardico che veniva periodicamente a galla. All'ufficio studi aveva avuto
come un segretario confederale di riferimento un dirigente molto furbo ma
non particolarmente colto. Gli present una relazione con i fogli scompaginati: non aveva n capo n coda ma il segretario in questione la lesse sino
alla fine, senza battere ciglio. A Felice Mortillaro aveva attribuito un soprannome: Lotta Continua perch non si arrendeva mai (Ottaviano Del
Turco aveva, invece, puntato su una definizione radiofonico-calcistica:
Tutto il Medioevo minuto per minuto) ma in occasione di una trattativa (insieme ai suoi soliti "compagni di viaggio" della Flm, Benvenuto e Bentivogli) lo fece arrendere con uno stratagemma. Era il 1976 e si discuteva
faticosamente del rinnovo del contratto dei metalmeccanici. I sindacalisti
volevano chiudere entro il 1 maggio. Ma c'erano due ostacoli insormontabili: l'accordo del 1975 sul punto unico di contingenza e Felice Mortillaro.
L'accordo sul punto unico aveva come corollario un impegno: gli aumenti
salariali dovevano essere pagati come EDR, cio elemento distinto della
retribuzione, non dovevano avere ricadute sulle altre voci della busta-paga.
371

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Ma la Flm a questa imposizione non aveva alcuna intenzione di piegarsi.


Mortillaro, per, non cedeva e a quel punto i sindacalisti avevano pensato
di aggirarlo contattando l'imprenditore metalmeccanico pi importante,
Umberto Agnelli. Nelle trattative i protagonisti si "marcavano" a vicenda e
Mortillaro non si allontanava un attimo. Non c'erano i telefonini: la situazione si poteva sbloccare solo con una azione diversiva. La soluzione era
semplice anche se non proprio ortodossa: chiudere l'uomo della Federmeccanica in una stanza, il tempo necessario per una telefonata. Solo Trentin,
il pi autorevole, poteva circuirlo. E cos fu. Lo prese da parte con la scusa
di illustrargli alcuni dati. Poi si allontan e la porta fu chiusa a chiave con
Mortillaro che dall'interno la prendeva a pugni. Fu riaperta solo dopo il colloquio telefonico con Umberto Agnelli e il via libera al nuovo contratto effettivamente firmato il 1 maggio. Con Mortillaro che ancora urlava: Me la
pagherete. Ma in realt era lui che in quel momento stava pagando uno
sgarbo commesso quattro anni prima quando gli avevano affidato il compito di scrivere una norma sulla riduzione dell'orario dei lavoratori della siderurgia e lui l'aveva elaborata in una maniera tale che risultasse
inapplicabile.
Poi, qualche giorno dopo, tutti si ritrovarono nella sede della Confindustria e Gianni Agnelli avendo visto i capi della Flm, and loro incontro
facendo i complimenti per il contratto appena firmato. E a chi sottolineava
che gli aumenti non erano stati dati sotto forma di EDR, replicava: Ma
che volete, loro sono i metalmeccanici, sono i pi bravi. Era la stessa ironia che Trentin usava quando raccontava della sua campagna elettorale
nelle elezioni politiche del 1963. Era gi un leader sindacale molto noto e
il Pci decise di candidarlo in Puglia, nel collegio di Brindisi, Lecce e Taranto (non cera ancora n la Montecatini, n lIlva, n la Fiat). I suoi comizi, da argomentatore, non sembravano appassionare la platea e cos il
segretario provinciale comunista di Taranto per piegare le perplessit dei
compagni e degli elettori lo presentava come il fratello del noto ciclista
francese Pierre Trentin. Aveva una maniera in qualche modo gentile di
esprimere il suo dissenso nelle riunioni. Gentile e un po rituale pertanto
prevedibile. Il suo intervento cominciava sempre nella medesima maniera:
Sono daccordo, ma... Quellavversativo annunciava un discorso che si
sarebbe dipanato in direzione totalmente contraria. Aveva, per, anche un
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RICORDANDO BRUNO

modo franco e leale di affrontare il confronto. Difendeva sino allultimo e


con determinazione le sue proposte ma accettava di andare in minoranza e
dalla posizione minoritaria si impegnava a sostenere la scelta uscita vittoriosa dalla conta. Non era un grande oratore, il suo modo di ragionare in
pubblico non scatenava le folle. Al contrario di Carniti, invece, abilissimo.
E dello stesso Lama che durante i congressi si sedeva alla presidenza, prendeva diligentemente appunti degli interventi degli altri oratori. Trentin, invece, si immergeva nella lettura dei giornali, sembrava quasi distratto. In
realt ascoltava. Ma era un atteggiamento che ad alcuni risultava poco simpatico. Dato che allintermo del sindacato in quegli anni di grande unit
cera la tendenza a scherzarci su, un giorno quelli della Cisl decisero di
vendicarsi. Mentre lui parlava, uno di loro, Nino Pagani, si present con
un mucchio di giornali, ne tir fuori uno e si mise rumorosamente a sfogliarli. Per rendere la cosa pi evidente, teneva il quotidiano alla rovescia.

In questa foto depoca un giovanissimo Bruno Trentin insieme


(da sinistra a destra) a Vittorio Foa, Fernando Santi e Riccardo Lombardi
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Trentin cap e da quel momento anche lui smise di leggere mentre gli altri
parlavano.
Quella sua borsa dilatata come una fisarmonica si trasformata
quasi in un simbolo del sindacato. Leggeva molto, al contrario di Lama che
non si attardava troppo nell' analisi dei giornali. E quella consuetudine di
muoversi praticamente con un archivio la trasmise anche ad altri, ad
esempio, a Giorgio Benvenuto. I loro rapporti erano nati intorno al 1964,
nei metalmeccanici. Benvenuto aveva ventisette anni, era un giovanissimo
dirigente della Uil spedito nella categoria a farsi le ossa; Trentin ne aveva
trentotto. E in un ambiente in cui i vincoli di solidariet finivano per essere
molto forti, si era instaurato un rapporto quasi fraterno, tra fratello maggiore
e minore. In quegli anni il sindacato, che stava crescendo, ancora non era
fortissimo e spesso le assemblee non particolarmente affollate. Cera la
consuetudine che quanto uno dei tre segretari parlava, gli altri due si sistemavano fra il pubblico anche per far numero. Daltro canto, come ha raccontato Claudio Signorile, a volte, soprattutto al Sud, non cerano differenze
tra sedi sindacali e sedi politiche: le stesse stanze servivano per gli uni e
per gli altri. Una contiguit che a volte favoriva anche la contaminazione
delle idee. Poi i metalmeccanici divennero forti, le assemblee affollatissime
e lunit sempre pi solida. Quando decisero di dare una casa alla Flm,
si ritrovarono a dover scegliere tra due soluzioni a Roma: una allOstiense
e una a Corso Trieste. La prima era infinitamente meno costosa della seconda. Ma Trentin cap che qualcosa non andava e ne sconsigli lacquisto.
Fin con una indagine giudiziaria e con larresto di colui che aveva proposto
l'acquisto del palazzo. Quella sede in Corso Trieste scaten lira polemica
di Rinaldo Scheda che accus i colleghi metalmeccanici di aver buttato via
i quattrini invece di distribuirli agli operai. La risposta di Trentin fu altrettanto polemica e forte (negli anni del compromesso storico, d'altro canto,
Scheda che aveva svolto l'introduzione a un vertice unitario, si vide "respingere" da Carniti in maniera decisamente liquidatoria: "Abbiamo ascoltato la relazione. La rigettiamo"). Era il periodo in cui Benvenuto era finito
nel mirino della Confederazione a causa delle sue spinte unitarie e la Uilm
(che non a caso aveva predisposto il presidio delle sedi) rischiava il commissariamento. Ma quel palazzo andava diviso in quote fra le tre sigle.
Se ti commissariano, lo perdiamo, gli disse Trentin. Ci voleva una solu374

RICORDANDO BRUNO

zione. E fu trovata: la quota venne intestata a Benvenuto che a quel punto


non poteva pi essere sfrattato mentre, al contrario, avrebbe potuto sfrattare un eventuale nuovo sindacato dei metalmeccanici organizzato dalla
Uil, operazione a cui pure Vanni aveva provato a dedicarsi senza successo.
Ha detto spesso, Benvenuto: Ho un bellissimo ricordo di Bruno.
La sua lucidit di analisi era straordinaria. Cos come pure la conoscenza
delle lingue. Una conoscenza che tornava utile allestero. Seppur con qualche gaffe. Come quando partirono per andare a incontrare i sindacati in
Vietnam. Infuriava la guerra e per arrivare fecero il periplo del mondo. Poi,
si ritrovarono in mezzo alla giungla, dove era sistemata la pi grande fabbrica siderurgica del paese, poco pi di una fonderia. Vennero invitati a parlare ma nessuno sapeva quale lingua utilizzare. Alla fine convinsero Trentin
a un saluto in francese. Vennero circondati dal gelo. Capirono solo dopo il
motivo. Quando li portarono in quello che era stato un cimitero francese
che stavano sbancando per costruire una nuova fabbrica. Avevano utilizzato
la lingua dei colonizzatori. Amava difendere i suoi spazi privati. A volte
incorrendo in qualche incidente di percorso. Come quando aveva dimenticato che dallAlgeria sarebbe arrivata una delegazione. Prov a darsi comunque alla fuga e per evitare di incrociare gli ospiti, se la svign passando
dal terrazzo di Corso dItalia. Ma uno degli algerini lo vide e lo riconobbe.
provarono a spiegare che stava facendo degli esercizi ginnici. Quando termin il mandato decise di rimanere in Cgil. Era stato un grande leader ma
con lumilt che lo aveva sempre contraddistinto, andava a presiedere riunioni sindacali, a fare comizi in posti sperduti, come il pi giovane dei dirigenti. Quando Giorgio Benvenuto divenne segretario del Psi, in un
momento terribile per la vita del Paese e del partito, gli volle manifestare
tutto il suo sostegno e tutta la sua solidariet.
Qualche anno dopo si ritrovarono nello stesso partito. Ma lui viveva
con una certa amarezza lesperienza politica. Valeva per lui, come per tutti
gli altri, quello che aveva detto Lama: difficile per un sindacalista adattarsi
alla vita dei partiti. Diversi i modi dazione, i tempi, le logiche. Nel sindacato il contatto con le persone diretto, la verifica della fondatezza (o dellinfondatezza) delle scelte immediata. I partiti, invece, sono macchine
autoreferenziali, la politica spesso si esalta in un dibattito astruso su cose
che ai cittadini non interessano, in raffinate ma sterili alchimie, in confronti
375

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

infiniti e sfibranti sulle alleanze. E poi erano diversi i vincoli, era diverso
il tessuto relazionale. In quel sindacato, i rapporti andavano oltre la contiguit temporanea, si finiva per essere realmente amici, anche nella tempesta. Ci si scontrava ferocemente ma poi ci si prendeva in giro. Il linguaggio
era diverso, sebbene a volte il sindacalese apparisse una lingua proveniente da Marte. Con i suoi modi gentili, ovattati, Trentin era in grado di
convincere gli interlocutori e se Lama aveva con lavvocato Agnelli quasi
un rapporto di amichevole complicit, Trentin era capace con il suo garbo
e la sua raffinatezza intellettuale di circuirlo in qualche maniera per ottenere un successo sindacale. Bruno Visentini che era stato grande amico
del padre, lo trattava praticamente come un figlio. Al di l degli aspetti contingenti, anche questo tessuto di relazioni ha reso forte lunit della Flm.
La vicenda della scala mobile rappresent una frattura politica ma
non mise in discussione il tessuto umano che cera dietro quei rapporti di
solidariet, non scav baratri incolmabili. Nel sindacato i legami sono stati
sempre pi forti di quelli che si creano nel mondo della politica. Il 10 aprile
del 1965, Fernando Santi, ad esempio, cos rispondeva a un giovane dirigente sindacale della Uil, Giorgio Benvenuto, che gli aveva rivolto un commosso saluto nel momento in cui aveva lasciato la Cgil per dedicarsi
allattivit parlamentare: Sindacalista come sei, hai compreso quanto il
distacco dal sindacato abbia costituito per me un momento, come tu dici,
amaro e doloroso. La mia pena allietata dalla speranza che qualcosa lascio al movimento sindacale come esempio di disinteresse e di lealt nei
confronti della causa che ci comune. In questo solco di rapporti solidali
si inser anche il confronto sulla scala mobile che distribu, come spesso
capita nella vita, torti e ragioni; produsse momenti polemici; ma non intacc
le radici di relazioni individuali che il tempo, la frequentazione, le battaglie
avevano stratificato un po come ere geologiche. In tutti era forte la consapevolezza che i momenti di divisione sono temporanei ma alla fine ci che
unisce resiste nel tempo, va oltre le stesse vite. In quella relazione di Trentin
si intravedeva questa consapevolezza. E guardando dentro la sua Confederazione, diceva con forte spirito autocritico: La cosa pi grave nella Cgil
che non ci siamo divisi, allora, sulla riforma del salario e della scala mobile. N, successivamente, sui patetici tentativi - possiamo ormai chiamarli
cos - di recuperare a posteriori i punti tagliati, sottovalutando lenorme
376

RICORDANDO BRUNO

portata che ebbe invece la modifica del decreto sulla scala mobile che cancellava un sistema di contrattazione determinando un cambiamento epocale e una regressione forse irrimediabile del sistema delle relazioni
industriali. Ci siamo invece divisi, volenti o nolenti, su una logica di schieramento determinata dal rapporto con altre organizzazioni o sulle valutazioni rispetto alla politica del governo. Si avvia da l - e ne portiamo tutti
pesanti responsabilit - un processo che vede affermarsi sempre di pi,
anche al nostro interno, quella politica degli schieramenti che noi spesso
additiamo come il limite dei partiti italiani. Una politica degli schieramenti
che si sgancia dalla ricerca dei contenuti, dalla cultura sindacale, dalla
ricognizione delle trasformazioni e dei problemi inediti che esse pongono.
Si avvia da l un processo in cui le culture sindacali lasciano sempre di pi
il posto a ideologie di organizzazione o di gruppo, ideologie intese come
scatole vuote che si possono riempire con qualsiasi contenuto.
Spiegava i problemi della Cgil ma non solo della Cgil: Una crisi
come quella del sindacato prima di tutto crisi di contenuti e di cultura.
Sono il primato di organizzazione, il bisogno di autolegittimazione dei
gruppi dirigenti o del gruppo in genere che si ritrovano allinterno di una
grande organizzazione di massa a dettare le linee di condotta e non la ricerca in mare aperto, lassillo e la proposta capace di costruire consenso.
Io penso che proprio in questo contesto venuto maturando non soltanto
il vuoto di proposta ma un vero e proprio imbarbarimento culturale della
vita sindacale, un pressappochismo crescente che ha finito per indebolire
e mettere in questione le stesse capacit professionali del sindacato nellorganizzazione del nuovo. Si sentiva libero, Trentin, come ai tempi della
Flm quando poteva pensare con la sua testa senza sentirsi condizionato da
situazioni esterne. Il Pci berlingueriano lo obbligava a un atto di fede lontano dal suo modo di essere.
E poi quella competizione con Garavini, con quel concorrente alla
segreteria che come lui aveva alle spalle una storia tortuosa. Luscita tumultuosa nel 1948 dal Psi dopo un litigio furibondo con Sandro Pertini.
Quelle sue origini familiari (la ricchezza, il padre imprenditore) che in un
consiglio generale del 1975 con estrema crudezza aveva evocato Rinaldo
Scheda ricordandogli la sua origine sociale non propriamente operaia.
Un carattere spigoloso, che da grande amico e sostenitore di Luciano Lama
377

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

lo aveva trasformato in nemico acerrimo dellex segretario della Cgil, una


inimicizia che lo portava a commentare in maniera gelida la famosa intervista anticipatrice della svolta dellEur: Non lho letta, ho avuto altro
da fare. O che lo induceva, nel congresso del cambio della guardia, a tenersi alla larga dal tavolo della presidenza per salirvi solo dopo che Lama
se ne era allontanato. Lui e Trentin erano stati i gemelli siamesi dellAutunno Caldo: uno alla guida dei tessili, laltro a quella dei metalmeccanici.
Erano legati, profondamente legati. Poi la corsa alla segreteria li aveva divisi. Ma soprattutto il Compromesso Storico: Garavini si era trasformato
in una sorta di guardia rossa di quella linea politica, linterprete sindacale
pi fedele e ortodosso. Inevitabile la sofferenza di Trentin costretto a giocare la partita con carte non sue, quelle della fedelt a una linea di partito
che faticava ad accettare (figuriamoci a condividere), lui che era stato
luomo dellautonomia, della Flm. Prendendo le redini della Cgil si sentiva
libero, finalmente in grado di sviluppare i suoi complicati ma illuminanti
discorsi.
Il destino gli avrebbe riservato unaltra prova complicata: nellestate
del 1992, con lItalia nel pieno di una tempesta monetaria e il Presidente
del Consiglio, Giuliano Amato, che raccattava soldi un po ovunque, anche
con il prelievo del sei per mille sui depositi bancari. Aveva firmato laccordo, aveva sepolto la scala mobile dopo un lungo colloquio a quattrocchi con Amato. Firm e fugg per quattro giorni in Corsica. Si concesse
una sola telefonata: a Bruno Ugolini. Due pagine di intervista che annunciavano quella lettera di dimissioni che poi sarebbe stata respinta. Non cera
pi il Pci e cera Occhetto che non aveva la forza carismatica di Berlinguer
n le qualit politiche. In sedicesimo, lo stesso scontro di otto anni prima,
con protagonisti diversi. Aveva accreditato, Occhetto, la tesi di un Trentin
piegato da una sorta di ricatto organizzato da Amato, cosa difficile da
credere riguardando un Governo non particolarmente forte e un uomo,
Trentin, abituato a scegliere con la sua testa.
E lo disse chiaramente in quel direttivo che alla fine lo conferm,
allunanimit, sulla poltrona di segretario. Spiegava: Le mie dimissioni
non sono state dettate da nessun amletismo o come si detto da uno stato
di costrizione. I condizionamenti politici sono altra cosa, pesano su ognuno
di noi e la nostra personale libert e integrit di giudizio dipende dalla no378

RICORDANDO BRUNO

stra capacit di guardarli in faccia senza infingimenti e senza ipocrite rimozioni. Ero e sono convinto di aver avuto delle buone ragioni per preferire
la firma di un brutto accordo a una crisi devastante del movimento sindacale che lo avrebbe trasformato nel capro espiatorio di una bancarotta politica e finanziaria che incombe tuttora sulle pubbliche istituzioni. Una
scelta ispirata da quella sensibilit unitaria (fortissima, forse anche pi forte
di quella che animava Lama) che non si era mai appannata, nemmeno otto
anni prima quando pure si era "dissociato". E ancora: Ho avvertito che la
Cgil poteva essere il comodo capro espiatorio di responsabilit altrui. Ho
pensato quindi che una crisi di questa natura in agosto, senza fra laltro
che i lavoratori potessero far sentire almeno le loro ragioni avrebbe avuto
conseguenze disastrose per il paese e per il sindacato.
Tornavano a galla i concetti e le problematiche che erano emerse
gi otto anni prima: il sindacato come soggetto politico, lautonomia, la capacit di incidere sulle scelte macroeconomiche. Affermava ancora Trentin:
Per un sindacato soggetto politico come vuole essere la Cgil dichiararsi
riformatore vuol dire scegliere di verificare fra la gente la propria utilit
come sindacato generale, attraverso la realizzazione di riforme molto concrete, nel lavoro, nelleconomia, nelle istituzioni... Allora la crisi economica
e finanziaria, per quanto originata da altri affare nostro, non affare
loro. Ed affare nostro perch dobbiamo dimostrare di fare la nostra parte
per scongiurarne laggravamento e per aggredire le cause che lhanno provocata. Le due cose sono inseparabili agli occhi della gente e in primo
luogo dei lavoratori. Si era ritrovato nella stessa situazione di Lama ma
con margini di manovra pi ampi. Spiegava: Ho chiaramente avvertito
nelle ore tormentate che precedettero lultimo incontro con il governo, il
31 luglio scorso, che una divisione dei sindacati sulla firma del protocollo
avrebbe determinato conseguenze catastrofiche e durevoli non solo per i
sindacati stessi ma per il potere contrattuale dei lavoratori e nei rapporti
tra lavoratori e sindacati. Ma la sua non era stata una scelta obbligata,
forzata: Non cera il pericolo di un accordo separato. Il governo non aveva
la forza di imporlo e gli altri sindacati dichiararono di escluderlo. Ma cera
il pericolo, questo s, di una manovra politica che, al di l delle intenzioni
di ognuno, portava allisolamento della Cgil, confondendo questo isolamento con le implicazioni economiche e politiche del mancato accordo.
379

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Chiudeva con un riferimento a un tema classico del dibattito sindacale: La prova dellautonomia non mai vinta una volta per tutte. E ad
ogni fase di trasformazione e di mutamento della societ essa si ripropone
duramente, magari in termini pi avanzati, pi sofisticati ma sempre duri
e imperiosi. Gli anni nella politica non furono felici, la fusione fredda
che port al Pd non lo convinceva. Lo disse ma invano, in una intervista
che comparve su lUnit l8 giugno del 2006: Io, daltro canto, comprendo perfettamente la preoccupazione di De Mita di non finire almeno
per ora nellInternazionale Socialista. Sono, per, sicuro che De Mita comprender le intenzioni di persone come me di partecipare a questo processo
unitario e nello stesso tempo di morire socialista. Comprendo Chiamparino
quando si dichiara sindaco di tutti e quindi uomo di centro ma credo non
si debba dimenticare che stato eletto sulla base di un programma anche
nazionale che sa distinguere tra operai e banchieri, fra salario, profitto e
rendita. In quel suo desiderio di morire socialista in una societ che ha
abbattuto le ideologie per sostituirle tutte con un pensiero unico e indistinto,
che facilita la vita di chi ha di pi rendendo sempre pi difficile quella di
chi ha di meno, in fondo Trentin era molto meno isolato di quanto lui stesso
potesse immaginare.

380

IDEE A CONFRONTO
Nel cuore della crisi di identit

Referendum e unit: La Stampa il 12 giugno 1986


vede cos Benvenuto, Pizzinato e Marini

IDEE A CONFRONTO

Pi in generale si pu ipotizzare che la caduta della partecipazione nelle sue varie forme possibili non sia una tendenza lineare e
irreversibile: essa potr aversi (e potr persino essere favorita) fino a
quando i segni di uno scarso coinvolgimento attivo e di un interessamento eccessivamente limitato dei rappresentanti minacceranno la risorsa fondamentale su cui si fondano le organizzazioni sindacali, e cio
ladesione della base. A quel punto diventer conveniente ai dirigenti
sindacali lasciar nuovo spazio alle istanze decentrate o disperse, ai militanti di base, agli interessi di gruppi o strati occupazionali emergenti.
Oppure si creeranno le condizioni per la nascita di movimenti di protesta, ed eventualmente per lo sviluppo di altre organizzazioni sindacali.
Nelledizione del 2004, cos Ida Regalia, direttore del Dipartimento Studi
del Lavoro e del Welfare della facolt di Scienze Politiche della Statale
di Milano, concludeva la voce dedicata alle organizzazioni sindacali da
Il Dizionario di Politica curato da Norberto Bobbio, Nicola Matteucci
e Gianfranco Pasquino. la sintesi di una crisi di identit dalla quale il
sindacato non ancora uscito. Una crisi pi che cominciata, esplosa nel
1984, con la storia della scala mobile.
Ma se lincendio che divamp fu cos vasto (ben pi ampio della
reale incidenza della manovra sui salari realizzata con quel decreto che,
comunque, prevedeva anche misure di contenimento dei prezzi, delle tariffe e dei canoni di locazione), fu tanto violento da trasformare vecchi
compagni di lotta in nemici acerrimi, se in fabbrica, come accadeva alla
Lebole di Arezzo, i lavoratori aderenti a una sigla si rifiutavano di sedersi
a mensa allo stesso tavolo con i colleghi di unaltra sigla, evidente che
al di l dello scontro sindacale contingente (caricato dallesterno di motivazioni politiche), covavano sotterraneamente e da diverso tempo motivi molto pi seri e concreti di insofferenza. Era, insomma, in atto una
crisi di identit che non stata mai completamente risolta tanto vero
383

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

che periodicamente il rapporto tra le Confederazioni tornato ad assumere i caratteri di un dialogo tra sordi e solo recentemente le tre sigle
sono riuscite a trovare una intesa sulla rappresentanza, unintesa che probabilmente attenuer i problemi ma non li risolver perch la questione
pi ampia: riguarda il sindacato nella sua forma, nel suo modo di intervenire sui processi attraverso i quali si pu governare levoluzione di
una societ che se gi era multiforme e frammentata nella met degli
anni Ottanta, adesso, con la diffusione di figure come i precari, i lavoratori-poveri, gli esodati, i prepensionati figli di processi di ristrutturazioni
aziendali, settoriali e tecnologiche, la cancellazione di lavori che comportavano competenze medie con il conseguente scivolamento di quegli
occupati verso impieghi sempre meno qualificati e gratificanti, lo ancora di pi con tutto quel che ne consegue tanto dal punto di vista individuale (la tendenza allisolamento, alla ricerca del beneficio personale,
della furba contrattazione individuale anche semmai a discapito di chi ti
accanto) quanto dal punto di vista collettivo (allentamento dei vincoli
di solidariet, rifiuto della partecipazione, sostanziale indifferenza nei
confronti di tutto ci che si richiama al bene comune).
C un dato di quegli anni, di quello scontro che, comunque, lo
rende diverso e gli attribuisce, in qualche maniera, una valenza anche
positiva. Il tempo e la Seconda Repubblica ci hanno abituati a confronti
dialettici in cui linsulto annulla la ricerca di un concetto razionale; le
posizioni sclerotizzate obbligano a muovere, luno contro laltro, eserciti
compatti in cui non sono previste voci pi che dissonanti, pensanti. Pur
nel fuoco di uno scontro politico, sindacale e verbale estremamente acceso, fra i sindacalisti (e tra coloro che di lavoro, lavoratori e sindacati
si occupavano) la fiammella del contributo positivo, dellanalisi che andava oltre il muro della propaganda per provare a incontrare un qualche
barlume di verit, rimase comunque accesa. Pur in quel clima da guerra
dei mondi che mise in discussione antiche e radicate solidariet personali. Poteva capitare che Bruno Trentin in una intervista a lUnit del
15 febbraio dell84, dicesse, a proposito del negoziato e del confronto
tra le posizioni delle diverse sigle: Cera una concezione del sindacato
rigorosamente fondata su obiettivi rivendicativi, autonomamente definiti
e sulla massima democrazia interna. Unaltra privilegiava invece il pri384

IDEE A CONFRONTO

mato di organizzazione e la logica di schieramento sindacale e politico,


rispetto agli stessi risultati della trattativa con il governo. Basta aggiungere le sigle, i nomi e i cognomi e il discorso diventa chiaro: banalizzando, la Cgil faceva gli interessi dei lavoratori seguendo una linea
autonoma, la Uil e la Cisl facevano gli interessi del governo. Parole decisamente poco gradevoli per chi, dallaltra parte della barricata, le leggeva ma che trovavano motivi di giustificazione nellasprezza del
confronto e nella complicata posizione di chi le pronunciava (Trentin
non era un comunista ortodosso, la sua scuola politica era stata quella
dellazionismo, condizioni che lo obbligavano a volte a barcamenarsi
ben sapendo di essere continuamente sottoposto da parte di molti suoi
compagni ortodossi a ripetute analisi del sangue).
Eppure, dopo aver pronunciato simili parole che potevano solo
avere il senso di un addio totale e definitivo, aggiungeva: Non penso a
fratture insanabili. Occorre ridefinire su nuovi fondamenti la convivenza
unitaria della Federazione e le stesse regole della democrazia sindacale,
le nuove frontiere della strategia rivendicativa. Non bastano accorgimenti diplomatici o mediazioni organizzative. Bisogna avere il coraggio
di aprire una riflessione critica anche sul recente passato e su una strategia del sindacato capace di ritornare al cuore dei rapporti di produzione, nel governo del mercato del lavoro e per quella via ridefinire una
politica di intervento nelleconomia.
Il fatto che quando il discorso tornava a essere prettamente sindacale, quando si usciva dalla contrapposizione urlata, un terreno se non
di incontro, quanto meno di analisi si riusciva a ritrovarlo. Perch le difficolt del sindacato non erano nate allimprovviso nel giorno di San Valentino, avevano avuto una incubazione di alcuni anni. Poi, ognuno
aveva il suo stile e il suo modo di dire e di fare ma frammenti di discorsi
finivano per essere comuni. Poteva apparire piuttosto violento il titolo
con il quale il quotidiano spagnolo, El Pais presentava lintervista a
Giorgio Benvenuto: La unidad sindical est muerta. Ma allinterno di
quella chiacchierata con Juan Arias, il corrispondente da Roma, il segretario generale della Uil spiegava che la crisi obbligava alla ricerca di un
sindacato che in primo luogo, usi un linguaggio nuovo, pi moderno,
che sia pi attento alle nuove classi emergenti, alle nuove esigenze della
385

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

societ, ai nuovi lavori nati nel mondo dellinformatica. Bisogna abbattere molti tab e saper ascoltare la gente. Un sindacato pi indipendente
dai partiti.
Un attento studioso di fenomeni sociali come Paolo Sylos Labini
puntava il dito contro la sclerosi burocratica del sindacato in un dibattito pubblicato da LEspresso: Quando tutto si concentra al vertice, quando i rapporti con la base diventano frammentari e non
organici, si finisce per privilegiare la politica salariale. E poi, come
accaduto in questi giorni, si scopre malamente la democrazia: dopo anni
di verticismo, si cade nel suo esatto rovescio, con una demagogia condannabile. E Sylos Labini continuava sostenendo: Si pongono due
problemi: la riforma del sindacato e ladozione dei metodi adatti a rendere organici i rapporti tra base e vertice. Incalzava: Un quesito fulmineo: visto che si riconosciuto che c un problema di democrazia e
c un problema di applicazione degli articoli 39 e 40 della Costituzione
(il primo sulla registrazione legale dei sindacati, il secondo sulla regolamentazione del diritto di sciopero), siete pronti ad affrontare subito
insieme questo discorso? Di fronte alle perplessit dei sindacati, concludeva: Voi sbagliate ad opporvi al dettato costituzionale: si potrebbe
fare una riforma seria avvalendosi della latitudine di quella norme
anche per accrescere lautonomia del sindacato dai partiti.
Al di l del fatto che i numeri sulla disoccupazione (e peggio ancora quelli sui tassi di occupazione) ci dicono che per troppi italiani ancora oggi larticolo 1 (LItalia una Repubblica Democratica, fondata
sul lavoro) ha il valore di un progetto ideale pi che di un diritto realizzato, buona parte delle norme sul lavoro sono rimaste inattuate: larticolo 46 (ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in
armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il dirito dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi,
alla gestione delle aziende), larticolo 39, appunto, sulla rappresentanza
e lorganizzazione libera e autonoma dei sindacati (Ai sindacati non
pu essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso gli
uffici locali o centrali... I sindacati registrati hanno personalit giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro
iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria
386

IDEE A CONFRONTO

per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce), alla regolamentazione del diritto di sciopero, cio larticolo 40.
Oggi, come allora, il dibattito sulla manutenzione attuativa della Costituzione anche per la parte relativa al lavoro, resta attualissimo a conferma che molti dei temi emersi nel caos del confronto avevano una loro
ragion dessere.
Certo, cera Luciano Barca, responsabile economico del Pci, che
il 3 febbraio dell84, dalle colonne di Rinascita tuonava contro Craxi,
Cisl e Uil (Il sospetto... che il neocorporativismo di Carniti e Benvenuto sia in realt solo una facciata di cui il governo si serve. Sotto c,
una volta indebolito il sindacato, il neocorporativismo di sempre; il neocorporativismo dei mille spezzoni, dei mille intermediari collettivi - con
tangente e senza tangente - delle lottizzazioni, delle lobbies e delle cosche); che reclamava referendum aziendali per il quali non erano state
definite delle regole (Anche se vi sar un accordo siglato al vertice,
prima o dopo una nuova colazione di lavoro, esso non potr essere considerato effettivo, fino a che non sar sancito dalla consultazione effettiva e pi larga possibile dei lavoratori); che si affidava alla piazza per
cambiare il corso della storia (Ci che occorre invece dare a questo
malcontento uno sbocco positivo che non ... lalternativa di Berlinguer, ma un intervento di massa capace di spostare finalmente il terreno stesso della trattativa e del confronto, anche indipendentemente
dallintesa minima disperatamente inseguita in queste ore).
Ma poi, sempre su Rinascita, oltre un mese dopo (il 16 marzo),
interveniva Aris Accornero che in qualche maniera rimetteva a posto alcuni pezzi sulla scacchiera anche replicando a Bruno Trentin (che aveva
detto: Invece di un mutamento genetico della Cgil, di un sindacato cinghia di trasmissione, vi stato nelle vicende di questi mesi, innanzitutto
un tentativo del grande padronato di centralizzare la contrattazione, offrendo alle confederazioni sindacali di cogestire la restaurazione nei rapporti di lavoro esautorando le strutture di base). Il sociologo si poneva
e poneva a interlocutori anonimi una serie di domande altamente retoriche: Cosa fa da anni pi di altri il sindacato italiano, se non confrontarsi
col potere politico sui grandi temi, in qualche modo contrattando, patteggiando, scambiando risultati e conquiste socio-economiche con
387

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

qualche corrispettivo socio-politico? Oppure si vuol credere e far credere che nessuna ombra di legittimazione, nessun barlume di consenso,
nessuno spiraglio di tregua sono mai venuti ad alcun governo che abbia
discusso o accolto talune istanze del sindacato? ... Cosa si crede che
faccia un sindacato assurto per merito suo o dei lavoratori a soggetto
politico: o per soggetto politico si intende esclusivamente il sindacato
dei consigli, nel senso per che questo non tratta con i governi o che ha
la rara propriet di farlo senza contaminarsi mai e soprattutto senza
scambiare nulla?... Pare che il deterioramento nei rapporti fra sindacato
e lavoratori venga soprattutto dai processi di centralizzazione negoziale
imputabili in particolare allaccordo del 22 gennaio 1983 e al disaccordo del 14 febbraio del 1984: ma si pu onorevolmente sostenere che
la lunga bench informale prassi di incontri e di intese fra sindacato e
governo non abbia configurato gi in passato qualche elemento di centralizzazione? ... E non furono pure loro centralizzati e verticistici laccordo del 1975 sulla scala mobile e quello del 1977 sulle liquidazioni?
... Tutti ripetono con disdegno che il collasso dellunit sindacale non
dipende da pochi punti di scala mobile, cos come ripetono che non la
scala mobile a provocare linflazione. S, certo. Per la scala mobile
centra. Se ne discute da anni, perch cos com sottrae al sindacato
autonomia rivendicativa, autorit salariale, rappresentativit sociale;
e poi appiattisce le retribuzioni e amplifica linflazione, dividendo i lavoratori.
Poi cera la politica e Alfredo Reichlin (30 gennaio 1984) che comunicava: Non sul costo del lavoro o sulla politica economica che si
pu trovare un Pci conciliante o unopposizione morbida. Nellultimo
Comitato Centrale abbiamo definito una linea economica assolutamente
alternativa a quella del pentapartito, per battere le cause vere dellinflazione, tra cui non c il costo del lavoro. In quei giorni lo scambio
diplomatico era ancora fitto tanto vero che a casa di Ottaviano Del
Turco dodici giorni prima cera stata una cena a cui avevano partecipato
Lama, Reichlin, Napolitano, Chiaromonte e De Michelis: De Michelis
voleva informarci delle posizioni del governo: ho risposto che per noi
si tratta di uno scambio inuguale. Poi abbiamo parlato daltro.
Molti dei problemi di allora non hanno trovato risposta e hanno
388

IDEE A CONFRONTO

nel tempo condannato il sindacato a una azione e a una unit difensive.


Nemmeno il crollo della Prima Repubblica, la fine dei partiti rispetto ai
quali poteva funzionare la cinghia di trasmissione, ha consentito di
voltare definitivamente pagina imboccando una strada totalmente nuova.
Aris Accornero in un saggio apparso in un libro curato da Gianfranco
Pasquino, ha scritto nel 1995: Lo sfaldamento del sistema politico ha
prodotto novit anche in campo sindacale: fra le tre maggiori confederazioni dei lavoratori si torna a parlare di unit organica. Cgil, Cisl
e Uil si erano gi poste questo obiettivo dopo lAutunno Caldo del 1969,
ma non lavevano potuto raggiungere a causa delle forti resistenze, soprattutto da parte comunista e democristiana. Ora questi ostacoli politici
non ci sono pi, anche se manca la spinta di base dei primi anni Settanta, quando le lotte operaie avevano dato molta forza ai sindacati e il
Parlamento aveva votato lo Statuto dei Lavoratori. Sebbene una rinuncia alle rispettive identit sia ancor pi difficile da immaginare che una
rinuncia alle rispettive strutture, le prospettive sembrano incoraggianti,
se non altro perch il passaggio alla Seconda Repubblica avrebbe potuto
comportare ben altre conseguenze, su un sindacalismo politicizzato come
quello italiano.
La storia, invece, andata in unaltra direzione perch il bipolarismo (imperfetto visto che alimenta la proliferazione dei partiti invece
di favorirne laggregazione) ha inflitto un notevole colpo alla coesione
sindacale. Teoricamente, avrebbe dovuto favorire le Confederazioni,
avrebbe potuto restituire spazi di manovra, anche occasioni dunit. Ma
il bipolarismo italiano ha una particolarit: unarea di centro che ha impedito a questo sistema di assumere la forma pi classica (e anche pi
corretta). Questa area di centro presente anche nel sindacato. Il nostro
un bipolarismo zoppo. Quello vero obbliga a stare o di qua o di l; in
Italia si un po di qua e un po di l, si , insomma, dappertutto. Il sindacato in queste condizioni non riesce a incidere sulle dinamiche politiche e un sindacalista conquista un ruolo in quellambito solo quando
lascia la Confederazione e viene eletto in Parlamento.
Quella frattura sulla scala mobile oggi ricorda certe crepe che
possono apparire sui muri delle nostre case: non le fanno crollare perch
non riguardano strutture portanti, ma danno comunque un senso di in389

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

stabilit. La crisi aperta con il decreto di San Valentino provoc nel sindacato unonda lunga che port al ricambio dei gruppi dirigenti. Le personalit sono figlie delle fasi storiche e di determinate fasi storiche certe
personalit sono la diretta conseguenza. Luscita di scena prima di Carniti e poi di Lama non hanno ridotto le difficolt, le hanno accresciute.
Non si tratta di un giudizio sulle persone, ma di un giudizio sulle situazioni. Se quella vicenda avesse avuto una fase di decantazione pi lunga
con gli stessi protagonisti, forse il sindacato sarebbe riuscito a ricreare
condizioni pi solide per stare insieme. Il rischio generazionale, daltro
canto, in quei giorni era stato paventato da Gino Giugni in un intervento
su la Repubblica. Era il 14 marzo dell84, quando Giugni scriveva:
La constatazione del perdurare di una cultura unitaria non consolatoria; pu essere lultima zattera, ma forse, pi realisticamente una
complicazione: perch sta ad indicare che la base del sindacato (anzi:
dei sindacati) non preparata allesperienza pluralista; non ne conosce
le regole; non riuscir probabilmente a far proprie e ad interiorizzare
le distinzioni, come fattori che incidono sulla vita e sui rapporti di tutti
i giorni. Lunit che precedette la scissione del 48 era durata quattro
anni. La fase unitaria del nostro tempo, quasi una generazione. Ed il
gap culturale sarebbe presto colmato se, come allora, la rottura fosse
avvenuta sul piano dei grandi principi. Ma cos non ... Se la scintilla
stata la contingenza, e chi lha prodotta stata certamente lintransigenza del Pci, esistevano tutte le condizioni perch il fuoco divampasse.
Levento che si prodotto lesito di un processo di disfacimento culturale, che ha inaridito le capacit creative rivelate dal sindacato negli
anni di splendore e ne ha spaccato il tessuto umano in tre strati: un vertice recettivo ai temi delle compatibilit e disponibile alla politica dei
redditi e delle grandi intese, ma chiuso in se stesso; una rete immensa
di quadri intermedi, dai funzionari ai delegati, in prevalenza persuasi e
persuasori, del contrario, mai per oggetti, essi stessi, di unopera sistematica di persuasione; una base che, investita, nel bene e nel male,
delle grandi trasformazioni in atto avrebbe voluto ascoltare nuovi linguaggi; ma si accorgeva che i suoi rappresentanti parlavano lingue
morte.
Nonostante i toni accesi, cera il bisogno di capire. E ci prova390

IDEE A CONFRONTO

vano osservatori come Mario Pirani che su la Stampa del 18 febbraio


dell84 scriveva: Era dagli Anni 50 che non si produceva allinterno
del mondo sindacale una spaccatura cos profonda... esplosa, invece,
in questa occasione dopo anni di incubazione e di episodi premonitori,
la impossibile coabitazione, che lubriacatura egualitaristica e assembleare del 68 aveva per un certo tempo resa praticabile, tra due concezioni divergenti del sindacato. Luna, quella riformista, ha ripreso a
elaborare rivendicazioni compatibili con la tenuta economica del sistema... laltra, di matrice comunista, perduta la scommessa revisionistica dellEur sul finire degli Anni 70, sembra tornata a privilegiare la
nientaffatto banale teoria del sindacato cinghia di trasmissione... Non
un vezzo sociologico rilevare che la spaccatura insorge a livello politico proprio con laccentuarsi della scomposizione di classe del mondo
del lavoro causata sia dalle nuove tecnologie, sia dalle nuove forme di
organizzazione industriale, sia dallemergere di nuove professionalit.
Se la Cisl e la Uil percepiscono lesigenza di aderirvi con pi agilit
ideologica, il Pci teme di perdervi le sue stesse ragioni di identificazione
storica.
Pirani, poi, aggiungeva un ricordo storico allanalisi per sottolineare come nella prima rottura, quella del 48, un ruolo, insieme a Pio
XII e agli americani, lo avevano avuto anche i comunisti. Ricordava:
La discussione allinterno del sindacato si accese allora sul diritto
della maggioranza di imporre scioperi politici anche alla minoranza. Di
Vittorio e Fernando Santi, grande figura di sindacalista socialista, non
ebbero dubbi e presentarono un documento al direttivo confederale che
salvaguardava lautonomia della Cgil e i diritti della minoranza dc. La
direzione del Pci attacc allora Di Vittorio e ne sconfess loperato affermando che la tolleranza in questo campo sarebbe complicit col padronato e con i nemici del sindacato autonomo.
Alfiero Grandi, comunista di rito ortodosso, la sera del 7 febbraio
del 1984, al Midas us toni pi o meno identici quando rivolto a Giorgio
Benvenuto e Pierre Carniti disse: Non illudetevi di decidere contro
lopinione dei lavoratori per il solo fatto di avere in ostaggio un prestigioso dirigente del movimento sindacale, cio Lama. Nonostante tutto
e nonostante le mille contraddizioni, continua ad avere ragione Bruno
391

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Manghi quando affermava su Terza Fase che per quanto i dirigenti


elaborino, per quanto i partiti influenzino e il padronato agisca, il destino del sindacato potentemente radicato nellevoluzione del lavoro
umano organizzato. Si tratta, per, di interpretare questa evoluzione,
meglio ancora, di prevederla. Che poi quello che il sindacato non riuscito a fare in quegli anni Ottanta, rimediando dure sconfitte come la
Marcia dei Quarantamila e la rottura di San Valentino. Oggi, poi, le condizioni politiche sono ancora pi inafferrabili e il dialogo con il governo
complicato o, in molti casi, negato. La situazione di quegli anni la illustr
Benvenuto: Da un lato il sindacato ha perso progressivamente il suo

Enrico Berlinguer e Bettino Craxi erano fatti per non intendersi:


eppure la vicenda di San Valentino non aliment solo una rissa a
sinistra ma, ovviamente in un momento successivo (che
consent una certa ricomposizione unitaria a livello sindacale)
anche un pi pacato dibattito
392

IDEE A CONFRONTO

interlocutore naturale - la Confindustria - e ha via via spostato i suoi


contatti a Palazzo Chigi; dallaltro ha smesso di dialogare con il Pci.
Cos esploso il problema politico di fondo: il governo facendo laccordo si rafforza e questo crea un problema allopposizione. Un tempo
avevamo risolto questo problema: la Federazione dialogava ufficialmente sia col governo che con le opposizioni. Adesso si lasciato il rapporto con lopposizione ai soli sindacalisti comunisti. Non basta pi
individuare gli interlocutori giusti o eleggere i rappresentanti pi opportuni.
Se la scala mobile pose un problema di superamento del sindacato dei consigli, in questo momento il problema pi ampio e riguarda
il modo in cui organizzazioni che hanno nella loro ragione sociale la
rappresentanza dei lavoratori ma che non hanno pi figure forti di riferimento, riescono a dare una forma e un senso compiuto a un magma di
istanze, di richieste, di spinte soggettive. Oggi la figura prevalente, da
un punto di vista numerico, il lavoratore variamente precarizzato, insoddisfatto perch mal remunerato e utilizzato in un impiego ampiamente al di sotto della sue conoscenze, preoccupato perch non intravede
nel breve un esito della sua storia e nel lungo una prospettiva di sicurezza, certezza e stabilit. La scommessa del sindacato questa: intercettare il bisogno di cambiamento di un lavoratore disilluso e sfiduciato,
per produrre una spinta collettiva capace di tradurre in una versione decente e accettabile quella sorta di dogma intoccabile che sembra essere
diventata la flessibilit.
Ma la flessibilit ha un senso se esiste un mercato del lavoro vivace, che offre opportunit, altrimenti si trasforma in una rapida discesa
verso gli inferi della irrilevanza sociale ed economica, in una condizione
umana senza speranza e senza scampo. La sfida del sindacato quella
di capire se oggi esiste un modo per fermare questa sorta di dio Kronos
che divora i suoi figli migliori. Nel mondo globalizzato non ci sono pi
Luoghi Mitici, tutto frammentato, atomizzato, parcellizato. Il tempo
ha una scansione diversa, i luoghi sono instabili. Il sindacato deve affondare le mani nelle viscere della societ per riappropriarsi di quella
grande capacit di trasformazione che stato il tratto caratterizzante nei
suoi tempi migliori. Pensare che possa esistere uno schema rigido capace
393

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

di ridurre a unit questa complessit porta solo alla sconfitta. Se lobiettivo non pi quello dellannientamento del capitalismo (ma quello della
sua tosatura, come diceva Palme), allora bisogna percorrere strade nuove
come quella della compartecipazione. E bisogna tornare a contrattare,
riscoprendo i livelli decentrati perch Palazzo Chigi un luogo anche
architettonicamente affascinante, ma lItalia non si esaurisce dentro
quelle quattro mura, ancorch di gran pregio artistico.

394

LA RESA DEI CONTI


Un referendum sorprendente

Nella partita del referendum, Craxi arbitro


tra Benvenuto, Carniti, Lama, Visentini e De Michelis

LA RESA DEI CONTI

La prima sorpresa di quella giornata la regalarono gli industriali


che prima di conoscere i risultati, decisero la disdetta della scala mobile.
La seconda, forse anche spiazzando gli imprenditori, la regalarono le urne.
Il decreto che aveva diviso lItalia, creato enormi tensioni, spaccato a met
come una mela il sindacato, offerto ai terroristi la macabra motivazione per
imbracciare nuovamente la mitraglietta Skorpion e scaricare un caricatore
addosso a una vittima innocente, Ezio Tarantelli, era uscito intatto dalla verifica popolare, pi bello e pi superbo che pria, avrebbe detto un Ettore
Petrolini travestito da Nerone. Ma la sorpresa non era tanto (o non solo)
nellesito finale, ma per i modi in cui quellesito si era manifestato. Il Nord,
quello industriale, si era schierato per il mantenimento del decreto; il sud e
le isole, con leccezione di Puglia, Abruzzo, Molise e Sicilia, per labrogazione. La sintesi migliore la offr Carmelo Barbagallo, allepoca segretario
della camera sindacale di Palermo: Ha votato contro la contingenza chi
ce lha e a favore chi non ce lha.
Il voto fece venir meno tantissime certezze. La prima a cadere fu
quella relativa alla partecipazione. Tutti immaginavano che quel provvedimento non avrebbe portato alle urne tanti elettori non avendo la questione
quel carattere popolare e trasversale, dal punto di vista sociale, che avevano
avuto altri due appuntamenti referendari, quelli sul divorzio del 74 e sullaborto dell81. Una bassa affluenza avrebbe potuto favorire i promotori,
i sostenitori del S, cio il Pci. I favorevoli al provvedimento, per, avrebbero potuto fare campagna a favore del non voto perch, di converso,
lobiettivo per il non raggiungimento del quorum, sarebbe stato a portata
di mano. E la seconda ipotesi allinterno del partito del No rimase in piedi
quasi sino alla vigilia del voto. Tanto vero che ancora il 4 maggio, cio
trentanove giorni prima dellapertura delle urne, avvenuta il 10 giugno del
1985, in occasione della prima manifestazione nazionale favorevole al mantenimento del decreto (vi parteciparono Franco Marini, Ottaviano Del
397

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Turco, Giorgio Benvenuto, i vice-segretari di Dc e Psi, Vincenzo Scotti e


Claudio Martelli), la posizione a favore dellinvito ad andare al mare
era ancora fortissima. La sosteneva in maniera estremamente convinta
Pierre Carniti (e questo fu un motivo di contrasto tra lui e Benvenuto) e il
presidente del Consiglio, Bettino Craxi (che poi attuer la strategia nel referendum elettorale proposto da Mario Segni, rimediando una bruciante
sconfitta che si trasform nel segnale pi evidente del suo definitivo declino).

Un manifesto del Pci a sostegno dell'abrogazione


del decreto di San Valentino
398

LA RESA DEI CONTI

Era accaduto, infatti, che Marco Pannella, allepoca massimo stratega referendario, con due grandi successi alle spalle (ma anche qualche
insuccesso), incontrando il premier, fosse riuscito a convincerlo che non vi
erano altre strade per evitare una sconfitta che a tutti appariva scritta nella
roccia con il bulino dellantipatia popolare contro un provvedimento che,
come si dice spesso oggi ma si diceva molto meno allora, metteva le mani
in tasca alla gente. In una lettera aperta del 10 aprile 1985 il leader radicale rendeva pubblica questa posizione invitando i partiti da un lato a non
sottovalutare il grave danno conseguente al tentativo di impedire la tenuta
dei referendum regolarmente richiesti e convalidati dalla Corte Costituzionale con espedienti legislativi, dallaltro a prendere atto che assolutamente impossibile non vincere la prova referendaria facendo ricorso
allipotesi - politica oltrech numerica prevista dallart. 75 della Costituzione - del rifiuto del voto di oltre il 50% degli aventi diritto, mentre sarebbe
pressoch impossibile vincerla percorrendo la strada del no. Infatti nel
primo caso si tratta di aggiungere al massimo un 25 % (ma in realt molto
meno) di astensioni dal voto spontaneo. Nellaltro si tratta di rinunciare a
fare pesare come disinteressate o ostili al referendum tutte le persone che
non si recheranno a votare, per andare a confrontarsi, invece con la totalit
di coloro che sono invece favorevoli.
Benvenuto (e anche Franco Marini), invece, la pensava diversamente e lo disse tanto a Craxi quanto a Carniti: La sconfitta quasi certa
ma non possiamo pensare di vincere con lastuzia. Non si trattava di un
ingenuo moto di fiducia nei confronti della maturit dellelettorato perch
in quel momento i segnali erano tutti contrari. Era una questione di chiarezza: era stato fatto un negoziato, era stato raggiunto un accordo, quellaccordo aveva trovato forma in un decreto che aveva evitato in qualche
maniera di dare un carattere ufficiale alla rottura sindacale (le firme su un
pezzo di carta), bisognava comportarsi di conseguenza di fronte agli italiani,
assumersi tutte le responsabilit che la vicenda imponeva.
Gli spazi erano pi che ridotti, erano inesistenti. Almeno tali apparivano. Anche allepoca i sondaggisti sbagliavano le previsioni un po come
i meteorologi. A pochi giorni dal voto, nelle segreterie circolavano numeri
che non lasciavano dubbi sullesito della consultazione, in alcuni casi si
parlava di un ottanta per cento a favore della cancellazione del decreto. Il
399

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

settimanale Panorama pubblic un significativo sondaggio il 31 marzo


del 1985, cio una settantina di giorni prima della consultazione. Lo aveva
realizzato la Swg ponendo semplicissime domande a un campione di 1.561
cittadini rappresentativi della vasta e complessa realt sociale italiana; il
campione era stato testato alla met del mese, cio il 15, 16 e 17 marzo.
Craxi, Carniti e Benvenuto potevano solo essere presi dallo sconforto. Il
50,2 per cento diceva che avrebbe votato per la cancellazione; appena il
10,1 per la conferma del decreto. In mezzo un 40 per cento di indecisi. Risultato in bilico? Per nulla visto che i sondaggisti sottolineavano che il divario tra favorevoli e contrari era tale che non poteva essere, a poco pi di
due mesi, ribaltato, anche perch non tutti gli indecisi avrebbero optato per
la conferma del decreto, molti avrebbero deciso per la sua cancellazione.
Ma lanalisi diceva anche altre cose che sembravano confortare i promotori
del referendum.
Tanto per cominciare, i comunisti sembravano avere ragione: il 73,1
per cento degli operai erano contro il provvedimento di Craxi. Ma mica
solo gli operai erano cos compatti. Per un tratto di penna sul decreto erano
anche il 60 per cento degli impiegati pubblici, il 59,4 per cento dei privati,
il 58,6 per cento degli insegnanti e, addirittura, un 56,5 per cento dei lavoratori autonomi. Sembravano venir meno tutte le teorie sulla nuova stratificazione sociale, sui nuovi lavori, sullappiattimento che penalizzava i
portatori di maggiori competenze. Dal sondaggio emergeva, insomma,
unItalia ancora ferma alloperaio-massa, semmai avviata verso un lavoratore-massa. Tanto vero che favorevoli allabolizione del provvedimento
craxiano si dichiarava il 63,3 per cento degli occupati nellindustria e il
57,9 degli occupati nel terziario. Immaginare che in queste condizioni dalle
urne potesse uscire un risultato diverso della sconfessione di quel che a Palazzo Chigi era stato fatto il giorno di San Valentino, era molto pi di una
pia illusione, era come credere alla befana ben oltre la maggiore et.
Che le cose potessero andare solo in una maniera ne erano convinti
a Botteghe Oscure. Achille Occhetto in interviste successive ha fornito limmagine di un Alessandro Natta preoccupato, poco convinto, ma il clima
che si respirava nel palazzone a due passi da Piazza Venezia era decisamente euforico. Lo ha descritto in maniera molto puntuale proprio Luciano
Lama, in quella sua lunga intervista rilasciata a Giampaolo Pansa. Nelle
400

LA RESA DEI CONTI

riunioni il segretario della Cgil sosteneva spesso che il referendum poteva


essere un bagno di sangue, poteva risolversi in una clamorosa sconfitta
con conseguenze incalcolabili sullunit sindacale. Lo ripeteva per provare
a raffreddare gli animi di chi, al contrario, sosteneva che il referendum va
fatto per molte ragioni, e anche per una in pi, che tanto lo vinciamo! Io
replicavo ai miei compagni: guardate che non per niente sicuro che lo vinciamo. Pu darsi che la maggioranza dei lavoratori dipendenti sia daccordo con noi. Ma siccome il referendum non tra i lavoratori dipendenti,
bens tra i cittadini della Repubblica Italiana, il rischio di perdere molto
forte, perch quelli interessati alla difesa della scala mobile sono una minoranza robusta, ma sempre una minoranza. Alla fine, la mia, risultata
una previsione persino troppo ottimistica. successo che siamo andati peggio proprio nelle regioni dove il numero di lavoratori dipendenti pi alto.
Val la pena a questo punto, fare un flash back partendo, per, da un
dato di quel referendum. A Milano, capitale dellItalia industriale, secondo
le raffigurazioni degli anni del boom economico, e, quindi, anche in un immaginario collettivo che spesso fatica ad adeguarsi ai fatti nuovi, il s allabolizione del decreto raccolse il 42,9 per cento dei voti; il no con il
57,1 per cento spazz via molte illusioni, anche quelle pi trinariciute che,
ad esempio, erano venute drammaticamente allo scoperto il 21 novembre
del 1984. Palcoscenico: piazza del Duomo. La Uil il 26 giugno aveva lanciato la campagna Io pago le tasse e tu? pubblicando un elenco di nomi
dal quale risultava che commercianti e professionisti guadagnavano, secondo le dichiarazioni ufficiali dei redditi, meno dei loro dipendenti. Nonostante San Valentino, nonostante le polemiche e la difficolt a ritrovare
un punto di incontro sulla questione della contingenza e della riforma della
struttura del salario, le confederazioni ebbero sul fisco un sussulto di unit.
Il 15 novembre, poi, la Confindustria annunci pure che non avrebbe pagato
gli annosi decimali. Di l la proclamazione di quattro ore di sciopero. A
Giorgio Benvenuto venne affidato il compito di chiudere la manifestazione
milanese, proprio sotto la Madunina.
Il segretario della Uil ebbe appena il tempo di cominciare a parlare
e immediatamente dai settori della piazza occupati da Democrazia Proletaria, dalla Lega dei Comunisti Rivoluzionari e da Lotta Comunista, part
una violenta contestazione. Fischi, urla, poi lattine, bulloni, biglie dacciaio.
401

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Carlo Tognoli, il sindaco di Milano, con prontezza di riflessi, evit che una
di queste biglie (avvolta in una palla di carta) colpisse Benvenuto. Molto
peggio and al segretario regionale della Uil, Loris Zaffra (un bullone in
testa) e al segretario provinciale della stessa confederazione, Amedeo Giuliani (un oggetto nellocchio sinistro). Deliranti le reazioni dei contestatori.
Dp scrisse in una nota: Di rilevante dimensione stata la contestazione
della piazza verso Giorgio Benvenuto, il cui ruolo nel famigerato accordo
del 14 febbraio non stato dimenticato da nessuno. I comunisti rivoluzionari, a loro volta, quasi riecheggiando certi volantini brigatisti, aggiunsero con orgoglio (anchesso, evidentemente, rivoluzionario):
Rivendichiamo la partecipazione, peraltro insieme alla maggioranza della
piazza, alla contestazione a Benvenuto. Tognoli parl senza mezzi ternmini di gruppi di provocatori bene e preventivamente organizzati.
Chiese le scuse ufficiali ai comunisti locali ma la richiesta cadde nel vuoto.
Il segretario della Uil, invece, in una conferenza stampa si limit a dire:
Quanto accaduto oggi non pu essere strumentalizzato dagli oppositori
del progetto Visentini, dai falchi della Confindustria e dalla Confcommercio... La contestazione era diretta contro laccordo del 14 febbraio sulla
scala mobile. Una intesa che sta dando i suoi frutti sul piano dellabbassamento dellinflazione e della ripresa delleconomia. Diverso, molto diverso rispetto a quello degli allievi di Mario Capanna, fu latteggiamento
di Luciano Lama: assolutamente deplorevole che in una giornata costata tanto lavoro e tanta fatica alle forze unitarie del sindacato, sia stato
impedito di parlare a un segretario nazionale... Chi si comporta cos lavora
per la causa opposta a quella per cui hanno manifestato oggi i lavoratori.
I risultati milanesi del referendum scardinarono probabilmente le
certezze di quella minoranza rumorosa e aggressiva, dotata di buona mira
ma di scarso intelletto: non erano i depositari di un sentire diffuso, avevano
semplicemente confuso lautoreferenzialit ottusa con la rappresentativit.
La migliore risposta a certi abbagli politici e storici forse nel pacato racconto di Lama: Il vertice del Pci era convinto di vincere il referendum
sulla scala mobile. E anche attraverso questa strada, pensava di riacquistare una forte influenza sulla politica nazionale. Se avessimo vinto il referendum, il Pci avrebbe potuto dire al governo Craxi, ai socialisti, alla
Dc: vedete, voi avete preso delle decisioni, ma il vostro decisionismo non
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LA RESA DEI CONTI

piace alla maggioranza degli italiani e questa maggioranza schierata


con il Pci. Lillusione della vittoria appannava anche i timori per lunit sindacale. Si diceva ancora: Lama ha paura che si spacchi il sindacato, ma
quando il referendum sar vinto, anche la Cisl e la Uil dovranno tornare sui

Un manifesto della Cisl che sottolinea i risultati dellacordo di


San Valentino, in particolare dopo il varo del provvedimento fiscale
messo a punto dal ministro Bruno Visentini
403

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

loro passi, capiranno che hanno preso una strada che le porta alla sconfitta.
Quello di piazza del Duomo, fu uno degli episodi che avvelen la
lunga marcia verso la catarsi del referendum. Non lunico, purtroppo nemmeno il pi tragico. Perch quelli erano ancora Anni di Piombo, anni in cui
fra sparutissime minoranze albergava lidea che si potesse mestare nel torbido delle problematiche sociali per realizzare un humus rivoluzionario.
Logiche fuori dalla ragione e dentro una idea di guerra di popolo senza,
per, il popolo, schierato, fortunatamente, da unaltra parte.
Ezio Tarantelli era un giovane e brillante economista, di idee e formazione culturale progressiste. Collaborava con Pierre Carniti, aveva ottimi
rapporti con Walter Galbusera e Giorgio Benvenuto, votava comunista pur
non condividendo tutte le posizioni di quel partito. Era perfettamente dentro
quella Cisl fatta, in buona parte, di cani sciolti alla Carniti, gente che immaginava che dal sociale potesse nascere una sinistra di governo, senza
compromessi, senza cedimenti ai poteri forti. Una sinistra che sapesse
parlare di compatibilit e di politica dei redditi, di equit ma anche di profitto, di tutele per i pi deboli ma anche di innovazione tecnologica, di orari
di lavoro inseriti in una riorganizzazione strutturale. Alla questione della
scala mobile aveva offerto una soluzione, quella poi adottata da Craxi (che
il giorno dellagguato mortale disse: Uno degli economisti pi aperti alla
sfera del possibile, tra i meno faziosi. Dobbiamo purtroppo constatare che
proprio questa sua scienza, questa sua intelligenza, questa sua generosit
ne hanno segnato la condanna a morte): la predeterminazione. E latteggiamento della Cgil lo aveva disorientato: Il punto che la Cgil ha difficolt ad accettare non la centralizzazione della contrattazione, che
dovrebbe essere normale per un sindacato marxista, ma la categoria dello
scambio politico, almeno fino a quando, purtroppo a mio avviso, il Pci
allopposizione. Ma questo un errore fatale che toglie alla sinistra qualsiasi possibilit di intervenire per la trasformazione sociale del paese.
Aveva messo la sua conoscenza al servizio della politica e del sindacato ma guardava alle cose con atteggiamento distaccato: Io vengo considerato il padre della proposta della predeterminazione ma ci tengo a dire
che non ho alcuna intenzione di essere considerato il padre del decreto.
Poi, per, aggiungeva: Io non avrei certo desiderato che la mia proposta
passasse per decreto. Ma in quale altro modo sarebbe potuta passare? Una
404

LA RESA DEI CONTI

parte importante della sinistra italiana, purtroppo, non solo ha combattuto


il principio della predeterminazione, ma in tre anni di dibattito non stata
in grado di fornire unalternativa degna di questo nome. Quel decreto lo
difese, sino allultimo. Nella borsa che aveva accanto quando gli scaricarono addosso il caricatore della mitraglietta Skorpion centrandolo con diciassette proiettili fatali, aveva il documento che stava mettendo a punto
insieme a Pietro Craveri e Gino Giugni. Qualche sera prima del terribile
27 marzo ne aveva parlato con Carniti e Benvenuto. Si era preoccupato di
spiegare in quei pochi fogli gli effetti negativi che sarebbero potuti derivare
a livello economico dalla cancellazione del decreto. Quel documento vide
la luce esattamente una settimana dopo la sua uccisione. Il titolo era: No
al referendum, no nel referendum.
Locchiello sottolineava: Appello degli intellettuali. Si confidava
ancora in un accordo che, trasformato in legge, potesse impedire lapertura
dei seggi. Ma nessuno scommetteva cifre cospicue su un simile esito. Nel
documento si leggeva: La sola proposizione del referendum ha gi prodotto conseguenze gravi. Ha distolto le forze politiche e sociali dal proseguire lazione economica positivamente avviata in seguito allaccordo del
22 gennaio del 1983 e al protocollo del 14 febbraio 1984, che hanno contribuito ad abbassare linflazione con il consenso di larga parte del movimento sindacale, garantendo al contempo la difesa del potere di acquisto
dei lavoratori occupati e dei pensionati e che hanno favorito dopo anni di
crisi, la ripresa dello sviluppo. Il confronto sul referendum ha gi fatto perdere mesi preziosi, ostacolando la continuazione di quellimpegno sui pi
gravi problemi economici tuttora aperti: la lotta contro la disoccupazione;
il consolidamento della ripresa e della produttivit del nostro sistema economico; la tenuta ulteriore del potere dacquisto, tramite il controllo dellinflazione e della spesa pubblica; la continuazione della battaglia per un
pi equo sistema fiscale... Con essa (la campagna referendaria, n.d.a.) si
possono indebolire le posizioni riformatrici, favorendo una demagogia populista basata su false promesse e senza sbocchi politici e facilitando, per
la prima volta dopo tanti anni, il coagularsi delle forze conservatrici intorno a un progetto di pura e semplice stabilizzazione liberista.., Per il sindacato in particolare la proposizione del referendum in materia salariale
ha segnato una espropriazione del proprio ruolo di soggetto contraente...
405

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Un prevalere del s nel referendum, cio un eventuale esito abrogativo, determinerebbe ancor pi gravi conseguenze economiche, sociali e politiche,
quali loccasione data alla Confindustria per bloccare la contrattazione
collettiva e per disdire la scala mobile; linevitabile accentuazione delle
tensioni inflattive, che pregiudicherebbe il valore reale del risparmio delle
famiglie e la difesa del potere dacquisto, in particolare dei meno abbienti;
il conseguente indebolimento della nostra moneta sul piano internazionale,

La Uil manifesta il suo sostegno alla conferma del decreto varato


dal governo Craxi il 14 febbraio 1984
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LA RESA DEI CONTI

con la prospettiva finora mai verificatasi di una caduta dei salari reali,
linevitabile pregiudizio di una pi efficace politica delloccupazione, che
il problema nazionale pi urgente, a partire dal Mezzogiorno. Quel documento venne sottoscritto da studiosi come Luciano Gallino, Carlo DellAringa, Valerio Castronovo, Massimo Severo Giannini, Andrea Manzella,
Federico Mancini, Luciano Cafagna, Francesco Alberoni.
SullAvanti! quattro giorni dopo lagguato, Giorgio Benvenuto
scrisse: La nostra societ non deve fermarsi, ma abbiamo il dovere morale
e politico, tutti, di attenuare i toni di scontro, di tornare a ragionare... Non
centra per nulla il ragionamento che mette in rapporto lotte sociali e
azioni terroristiche. Sono due termini che non confinano: assurdo pensare
che ci sia una contiguit. Se questo fuori discussione come ignorare per
che, in particolare da un anno, laria nelle fabbriche irrespirabile per
colpa di un settarismo che impedisce ogni discussione... Eppure c chi soffia continuamente sul fuoco, nella sinistra, nei luoghi di lavoro e aggiunge
danno a danno, contribuendo a incancrenire tensioni che finiscono con lo
svilire anche manifestazioni unitarie su temi di grande valore come successo a Milano e a Bari sul fisco... Perci il problema dei guasti che un
linguaggio settario e violento, una continua demonizzazione delle idee degli
avversari, una rancorosa intolleranza stanno creando nelle fabbriche, nel
sindacato, nel tessuto sociale del Paese va posto e subito. Pu essere vero
che il referendum sia solo un voto per il s o per il no, come stato
detto, ma occorre vedere su cosa poggia questa vicenda referendaria: se
essa si snodi lungo una tranquilla coscienza democratica o se, invece, essa
approfondisca le lacerazioni sociali e riduca lautonomia, la forza e la proposta del sindacato. Basta dunque con la storiella che col referendum possa
risorgere un sindacato pi forte e pi libero... In questi ultimi cinque anni
praticamente tutti i dirigenti sindacali sono stati fatti oggetto di atti di una
preconcetta contestazione che nulla ha a che vedere con lespressione di
un legittimo dissenso... C un clima terribile nel movimento operaio italiano ed umiliante osservare che quando Amendola lucidamente lo inchiod alle sue prime avvisaglie fu isolato nel suo stesso partito... La nostra
insistenza sul tema del linguaggio e dei comportamenti non va quindi travisata come un elemento di contrapposizione politica. Si compia una riflessione su questo fenomeno, per esempio interrogandosi su quanto tutto
407

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

questo abbia nuociuto allesperienza di un movimento operaio che gradatamente da forza di progresso generale della societ, ha perso vitalit ed
alleati importanti... intellettuali e forze vive del paese... Tarantelli rimasto,
lo abbiamo sostenuto in molti per dare un contributo di idee svincolato da
calcoli di parte. Ora non c pi, ma giusto dire che non solo la sua lezione pu continuare, ma che dobbiamo ridare alle parole il senso del rispetto reciproco.
Dir Pierre Carniti, venticinque anni dopo, il 26 marzo del 2010, in
occasione di un convegno internazionale su Ezio Tarantelli organizzato
dalla sua facolt di Economia e Commercio alla Sapienza: Purtroppo
un fatto, pi precisamente un misfatto separa come un macigno da venticinque anni le nostre parole ed il suo silenzio. Per la sua morte non ci sono
parole, tranne quelle che speravamo avrebbero pronunciato i giudici nei
confronti degli assassini. O meglio, accaduto tardivamente e solo parzialmente. Lasciando dolorosamente irrisolto il bisogno di verit e giustizia. Per quel che mi riguarda posso solo dire che ai sicari che hanno
compiuto quel crimine orrendo non si potr mai concedere la simulazione
di un significato politico. Non si potr mai stabilire una relazione - sia pure
antagonistica - tra Tarantelli e chi lo ha trucidato. Anche per questo penso
che la solitudine della sua morte vada tutelata. Perch sia ancora pi
chiaro che il pi alto onore della vittima quello di non poter venire mai
accostato, neanche indirettamente, ai suoi carnefici.
Quel referendum fu lungo, troppo lungo. Dur un anno. Un anno
di tensioni, in cui, come aveva scritto Tarantelli (con Giugni e Craveri) il
mondo si era fermato. A volte rumorosamente, in maniera assordante. Come
quando a Bari, Franco Marini sub la stessa sorte di Benvenuto a Milano:
costretto a interrompere il suo intervento a causa dei tumulti esplosi in
piazza in maniera certo non improvvisa n imprevedibile. Lo stesso giorno
in cui la Corte Costituzionale decise che il referendum andava fatto. Era il
7 febbraio. Anni dopo, Franco Marini, in tono un po' divertito (d'altro canto,
il tempo stempera le tensioni e addolcisce i ricordi) ha raccontato quel che
avvenne nel capoluogo pugliese. Ecco il suo ricordo: Mentre stavo parlando a un certo punto spuntarono due, trecento persone che cominciarono
a marciare verso il palco agitando la prima pagina di un giornale.
L'Unit, infatti, era uscita con un titolo a caratteri cubitali: Referen408

LA RESA DEI CONTI

dum. Noi sindacalisti alle piazze un po' agitate siamo abituati e poi a Bari
la Cgil era forte ma lo era anche la Cisl. E cos mi interruppi e dissi: Se
volete parlare di referendum, parliamone. A quel punto la piazza cominci
a rumoreggiare. Io continuai a parlare con il commissario di Ps che doveva
gestire l'ordine pubblico che mi diceva di chiudere perch la situazione
stava diventando complicata. Continuai ma quando vidi volare gi dal
palco un dirigente sindacale, decisi che era il momento di smettere. Ricordando quella fase di grandi lacerazioni, l'ex segretario generale della
Cisl aggiunge: Si parlato di rottura eppure gi cinque, sei mesi dopo
San Valentino noi tornammo a fare accordi unitari. Nella Cisl, negli anni
Settanta, ero tra quelli che non ritenevano possibile, a causa dei condizionamenti internazionali e nazionali, l'unit organica. Forse sbagliavo, ma
la pensavo cos. Quei condizionamenti, per, non ci sono pi, la situazione
dei lavoratori diventata estremamente pi difficile e fare il sindacalista
adesso pi complicato, molto pi complicato di allora perch nelle
aziende ritrovi dipendenti con contratto a tempo indeterminato, a tempo
determinato, a partita Iva, ti muovi insomma in una vera e propria giungla
di tipologie contrattuali. Lo dico con grande sincerit: oggi l'unit io la
farei.
Il 12 dicembre, la Corte di Cassazione aveva gi detto che, dal suo
punto di vista non esistevano impedimenti alla chiamata a raccolta del popolo sovrano. Nei confronti del decreto erano state sollevate anche questioni di legittimit costituzionale dagli stessi promotori del referendum.
Se una di quelle eccezioni fosse stata accolta, ufficializzando la tesi che gli
effetti del provvedimento erano cessati il 31 luglio dell84, i punti sarebbero
stati immediatamente recuperati e il referendum sarebbe venuto meno.
In quella sentenza (la numero 35), adottata il 6 febbraio e pubblicata
il 7 (a firma del presidente, Leopoldo Elia e del futuro presidente, Livio
Paladin) si sosteneva che stando cos le cose non giova discutere se gli
effetti giuridici del taglio si siano esauriti allo scadere del semestre febbraio-luglio 1984, lasciando perdurare i soli effetti economici... o se, viceversa, la ridotta operativit del meccanismo della scala mobile continui a
ripresentarsi, in termini giuridicamente rilevanti sulle retribuzioni periodicamente dovute ai lavoratori subordinati. Qualunque sia la risposta,
infatti palese che non pu essere la Corte a fornirla.
409

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

La Consulta, insomma, prefer trasferire la questione agli elettori e


lo fece motivando la sua decisione in questo modo: Da un punto di vista
formale incontroverso che le misure di politica economica prefigurate
nel decreto-legge n. 10 e quindi realizzate nel decreto-legge n. 70 non sono
state puntualmente precisate dalla legge finanziaria 1984... n recepite
dalla legge finanziaria del 1985. In sostanza, lAvvocatura dello Stato
aveva sostenuto che quei provvedimenti erano da considerare alla stregua
di leggi di bilancio e, quindi, non sottoponibili al referendum. La Corte Costituzionale non accett questa tesi e aggiunse: Dal punto di vista sostanziale poi, le disposizioni in esame non riguardano in modo specifico la
manovra di bilancio, n il fabbisogno della finanza pubblica, bens
hanno di mira... il contenimento dellinflazione nei limiti del tasso programmato per lanno 1984, al fine di favorire la ripresa economica generale e mantenere il potere di acquisto delle retribuzioni. Venne anche
respinta unaltra obiezione e cio che con il referendum si chiedeva agli
elettori di esprimersi solo su un pezzo del provvedimento. Spiegava la Consulta: Del pari, non ha pregio sul piano giuridico la tesi per cui la richiesta in esame sarebbe incongruamente formulata, e dunque dovrebbe venire
dichiarata inammissibile per non aver coinvolto lintero complesso dei
provvedimenti adottati con il decreto-legge n. 70. Queste misure si differenziano profondamente, infatti, sia per i loro contenuti sia per i soggetti
che vi sono interessati; sicch non si riscontra, nel presente caso, quella
contraddittoriet ed incoerenza abrogativa di alcune norme e la prevista
permanenza di altre nello stesso contesto normativo. Conclusione: Si
dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per abrogazione
dellarticolo unico della legge 12 giugno 1984, n. 219 (conversione in legge
con modificazioni del decreto legge 17 aprile 1984, n. 70 contenente misure
urgenti in materia di tariffe, di prezzi amministrati e di indennit di contingenza)... e dichiara legittima l ordinanza 7-12 dicembre 1984 dellufficio
centrale per il referendum, costituito presso la Corte di Cassazione.
La sentenza della Consulta suscit le perplessit di un giurista illustre come Norberto Bobbio che con un articolo su La Stampa del 14
aprile prendeva due piccioni con una fava nel senso che esprimeva il suo
dissenso rispetto alloperato dei giudici ma anche rispetto allatteggiamento
di Marco Pannella che chiedeva di non far ricorso a espedienti legislativi
410

LA RESA DEI CONTI

per evitare la consultazione. Bobbio nel suo intervento sottolineava che in


un referendum la questione da risolvere non pu essere posta ai votanti se
non sotto forma di aut aut o di s o di no. Un tale modo di porre la
domanda pu valere per le grandi questioni di principio, monarchia o repubblica, matrimonio o divorzio, liceit o illiceit dellaborto, domani
delleutanasia. Non vale o vale molto meno quando sono in gioco interessi
economici contrapposti, che consentono anzi esigono in una democrazia
pluralista che si fonda sullequilibrio, se pure dinamico, delle parti in contrasto, soluzioni di compromesso. Una analisi che induceva a una conclusione: era stato se non un errore, una decisione discutibile laccoglimento
della richiesta da parte della Corte Costituzionale, giacch in futuro qualsiasi categoria che si ritenga danneggiata da un provvedimento di politica
economica potr chiederne labrogazione. Conclusione: Ora lerrore
pi grande sarebbe quello di non riuscire ad evitarlo (il referendum, n.d.a.),
la decisione pi discutibile quella di lasciarlo svolgere. Larticolo induceva Giorgio Benvenuto a scrivere a Bobbio una lettera personale il 22
aprile in cui manifestando il suo consenso alle analisi del grande giurista,
affermava: Ancora una volta il tuo pensiero esprime un coraggio intellettuale ed una chiarezza dopinione che giustamente non pu collocarsi allinterno di nessuna logica di parte. Ma concludeva, manifestando un
certo scoramento per la piega che le cose stavano prendendo: Lappuntamento referendario appare difficilmente eludibile e soluzioni sicuramente
soggettive come quelle avanzate dai radicali non appaiono facilmente praticabili, anche perch occorre fare ogni sforzo fino allultimo per evitare il
voto referendario. Per questo ti confermo la decisione della scelta compiuta
da parte della Uil del doppio no al referendum e nel referendum, scelta
confortata come saprai dalla adesione di decine di intellettuali allappello
promosso dai professori Craveri, Giugni e Treu anche a nome dello scomparso Ezio Tarantelli.
Ad ogni modo, sulla base di quella sentenza, il consiglio dei ministri
il 3 aprile provvide a convocare il referendum per il 9-10 giugno, a met
strada tra le elezioni amministrative (12-13 maggio) e quelle presidenziali
(il 24 giugno Francesco Cossiga subentr a Sandro Pertini). In virt delle
decisioni della Consulta si provvide a stampare il quesito referendario che,
si pu presumere, nella cabina elettorale quasi nessuno si preoccup di leg411

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

gere anche perch scritto in stretto burocratese, lingua piuttosto misteriosa


dal punto di vista dei canoni classici dellitaliano: la comprensione sarebbe risultata impossibile. La domanda diceva: Volete voi labrogazione dellarticolo unico della legge 12 giugno 1984, n. 219 (pubblicato in Gazzetta
ufficiale n. 163 del 14 giugno 1984) che ha convertito in legge il decretolegge 17 aprile 1984 n.70 (pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 107 del 17
aprile 1984) concernente misure urgenti in materia di tariffe, di prezzi amministrati e di indennit di contingenza, limitatamente al primo comma,
nella parte che ha convertito in legge senza modificazioni lart. 3 del decreto-legge suddetto che reca il seguente testo: per il semestre febbraioluglio 1984 i punti di variazione della misura dellindennit di
contingenza e di indennit analoghe, per i lavoratori privati, e della indennit integrativa speciale di cui allart. 3 del decreto legge 29 gennaio
1983, n.79, per i dipendenti pubblici, restano determinati in due dal 1 febbraio 1984 e non possono essere determinati in pi di due dal 1 maggio
1984", nonch al penultimo comma limitatamente a quelli di cui allart. 3
di questultimo decreto-legge, che reca il seguente testo: Restano validi
gli atti e i provvedimenti adottati e sono salvi gli effetti prodotti ed i rapporti
giuridici sorti sulla base del decreto legge 15 febbraio 1984, n.10 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 47, del 16 febbraio 1984). Per un amante di
cruciverba, un vero divertimento. In realt, per, tutti sapevano di cosa si
trattava: un taglio di quattro punti di contingenza.
Nellanno intercorso tra il decreto e il referendum, qualche segnale
positivo era arrivato dagli indicatori economici: al 31 dicembre del 1984
linflazione era scesa al 10,8 per cento con contemporanea crescita del Pil
nella misura del 2,6 per cento. Restava, invece, altissimo il tasso di disoccupazione. Cosa che induceva Giorgio Benvenuto, il 25 marzo dell85, a
scrivere sullAvanti!: Quello che abbiamo alle spalle non un anno sprecato. Tuttaltro: sono arrivati importanti risultati per la nostra economia...
Ma per qualcuno rischia di essere un altro anno perduto. Lo per i giovani,
i disoccupati, i cassintegrati se la battaglia referendaria, sempre pi imminente finir per fare da carta assorbente nei confronti delloccupazione...
Non si condanni questo paese allimmobilismo per le prossime settimane.
Ci sono molte cose da chiarire, molte di pi da fare in fretta: tutti i provvedimenti per loccupazione, innanzitutto, vera e propria questione morale
412

LA RESA DEI CONTI

per il Governo, il Parlamento, le forze sociali.


Ci sarebbe voluta unintesa per aggirare lostacolo, cio per evitare
il referendum. Tutti dichiaravano il proprio impegno a trovarla ma alla fine
non fu trovata. In realt ci fu un gran fervore di incontri ufficiali e ufficiosi.
E se Carniti aveva provato a convincere Berlinguer a ripensarci (con scarsi
risultati), Benvenuto aveva contatti continui con Gerardo Chiaromonte,
esponente di spicco dellarea liberal, per provare a indirizzare la storia verso
un altro epilogo trovandosi sempre di fronte alla medesima risposta: a una
sola condizione il Pci poteva retrocedere, ritiro del decreto e un negoziato
che lo coinvolgesse e che poteva portare anche a un accordo pi generoso. Nel frattempo, agli inizi dell85 la Confindustria proseguiva nel consolidamento della sua linea Maginot, cio il rifiuto del pagamento dei
decimali (confermato a marzo, poi, dalla Federmeccanica), nonostante gli
inviti di Craxi a comportarsi diversamente. La ricerca di una intesa si fece
frenetica: il 3 aprile Lama, Del Turco, Carniti, Marini, Benvenuto e Veronese in un incontro con il ministro del lavoro misero sul tavolo la proposta
di semestralizzazione della scala mobile in cambio, per, di un impegno
del governo su fisco e occupazione, e della Confindustria sul pagamento
dei decimali. Il 20 maggio la Cgil rilanci la sua proposta di mediazione
(che non essendo equivalente dal punto di vista economico, non riusciva a
coagulare la totalit dei consensi) cinque giorni dopo ci prov anche De
Michelis beccandosi il rifiuto degli industriali ormai determinati ad andare
alle urne perch, come vedremo nel prossimo capitolo, avevano una strategia, come dire, alternativa.
Il ministro del lavoro aveva pensato di mettere sul tavolo la semestralizzazione della scala mobile prevedendo una indicizzazione totale del
sessanta per cento dei salari minimi conglobati o quella equipollente in
termini di copertura, di un minimo indicizzato al cento per cento di 615.000
lire sommato ad una indicizzazione del quindici per cento della parte residua
rispetto ai minimi tabellari conglobati. Inoltre proponeva, nellarco di vigenza contrattuale, la riduzione di due ore degli orari di lavoro. Una mediazione evidentemente poco affascinante non solo per gli industriali (che, per
giunta, di riduzioni degli orari non volevano sentir parlare), ma anche per la
Cgil che con una lettera a De Michelis del 26 maggio, firmata da Luciano
Lama e Ottaviano Del Turco, chiuse di fatto le danze: In ordine alla revi413

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

sione del meccanismo della scala mobile, constatando le distanze che esistono fra le ultime posizioni manifestate dalla Cgil e lipotesi da Lei formulata, la delegazione della Cgil chiede al Governo se in condizione di
presentare nuove proposte e di riprendere il confronto nelle prossime ore.
Furono settimane e mesi di contatti, di proposte, di ipotesi. Ad
esempio, quella di una legge concordata tra democristiani e comunisti che
Benvenuto bocci cos sullEspresso il 27 gennaio: Un simile accordo tra
i partiti comporterebbe lemarginazione del sindacato. E oltretutto non capisco latteggiamento schizofrenico della Dc che con Goria invoca il rigore
e con Scotti ipotizza modifiche sostanziali allaccordo anti-inflazione del
14 febbraio 1984. Contemporaneamente Felice Mortillaro, direttore generale della Federmeccanica (un falco, lo si definiva allepoca) faceva
sapere che gli industriali erano interessati solo a una soluzione che comportasse il sostanziale azzeramento della scala mobile: Penso semplicemente che gli industriali e leconomia italiana non possono permettersi
nessun aggravio del costo del lavoro. Una legge simile (quella ipotizzata
da Dc e Pci, n.d.a.) sarebbe inaccettabile. Tutti incontravano tutti. Natta,
segretario del Pci, incontrava Carniti il 18 febbraio, senza cavare un ragno
dal buco. Pensano a un negoziato che sconfessi sostanzialmente laccordo
del 14 febbraio e pensano, con accattivante candore, che questo negoziato
si possa fare con la Cisl, dicevano gli uomini di Pierre Carniti che nelle
riunioni sindacali ribadiva: Lunit sindacale funziona se scontenta tutti i
partiti. Qualche giorno prima, precisamente il 15 febbraio, sempre Natta
aveva visto Benvenuto che alla fine diceva: Natta mi sembrato attento
ai problemi che il referendum solleverebbe. Ha detto di apprezzare la posizione della Cgil e il tentativo della Uil di trovare una soluzione. Ha aggiunto che il Pci appogger un accordo sindacale. Poi aggiungeva:
Senza il Pci non si fa un governo di stampo socialdemocratico europeo.
Allora perch scavare un solco tra i due partiti della sinistra storica?.
Dallaltra parte, Lama vedeva Spadolini e illustrava a Ciriaco De Mita (il
6 febbraio) la proposta della Cgil per far ripartire il negoziato. Una proposta
la lanciava anche Claudio Martelli: una parte del salario totalmente protetta
dalla scala mobile, una seconda tutelata in misura decrescente con il crescere del reddito; restituzione dei quattro punti ma non in busta-paga bens
per finanziare un fondo per loccupazione alimentato per un terzo dallo
414

LA RESA DEI CONTI

Stato, per un terzo dai lavoratori e per un terzo dalle imprese (una ipotesi
che risentiva molto delle elaborazioni di Carniti). Anche i repubblicani cercavano una via duscita proponendo un salario con una fascia totalmente
protetta ma una scala mobile che sarebbe scattata solo una volta allanno.
Alla fine fu pi un esercizio di stile. Perch mancavano gli uomini giusti e
i tempi altrettanto giusti per evitare il referendum. Enrico Berlinguer, che
aveva lautorevolezza per prendere una decisione coraggiosa, non cera pi.
Nel frattempo, incombevano le elezioni amministrative che per Alessandro
Natta erano il primo banco di prova da segretario.
Alla fine tutti accettarono una sfida che, a parole, nessuno voleva.
Laccett Natta, che pure nutriva qualche perplessit, ma sentiva intorno a
s lottimismo dei militanti, lottimismo di un partito che confidava di bissare il successo dellanno prima allEuropee, sottovalutando leffetto emotivo della scomparsa di un leader molto amato da chi votava per il Pci e
molto stimato anche da chi non votava quel partito o, addirittura, lo avversava (diceva di lui Indro Montanelli, un giornalista che non ha mai coltivato
simpatie di sinistra: Uomo introverso e malinconico, di immacolata onest
e sempre con una coscienza esigente, solitario di abitudini spontanee, pi
turbato che allettato dalla prospettiva del potere, e in perfetta buona fede).
La sfida laccett anche chi sembrava destinato a perderla. Perch alla fine
Benvenuto vinse la sua battaglia convincendo i partiti favorevoli al no a
puntare sulla scommessa delle urne e non sulle scappatoie vacanziere. Il
27 maggio, infatti, in un vertice decisero di marciare a ranghi (quasi) compatti verso il referendum.
Con qualche tentennamento e qualche colpo basso. Biagio Agnes,
direttore generale della Rai, uomo di Ciriaco De Mita, ad esempio, imped
a Bettino Craxi di presentarsi alla tribuna elettorale che concludeva il ciclo
tele-referendario per lappello finale (consueto allepoca). Il Presidente del
Consiglio fece, per, una mossa a sorpresa che ebbe notevoli conseguenze
sul voto: annunci che si sarebbe dimesso se il decreto fosse stato cancellato, inducendo Alessandro Natta a escludere un simile automatismo. Doveva, insomma, restare al suo posto anche nel caso di sconfitta referendaria.
Dal canto suo, Luciano Lama lasci a una Cgil divisa, la libert di coscienza. Aveva firmato per il referendum e la cosa era stata presa molto
male dai suoi colleghi, Carniti e Benvenuto. Lui si poi difeso cos: Fir415

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

mando legittimavo sia i comunisti della Cgil per la firma, sia i socialisti
della Cgil per lostilit alla firma, e per la propaganda contro il referendum. Firmando aprivo la strada a Ottaviano Del Turco e agli altri compagni socialisti che volevano esprimersi pubblicamente in modo contrario al
mio. Se mi fossi astenuto dal firmare, loro sarebbero stati meno liberi di
muoversi di come si son mossi contro il referendum. Ma i socialisti della
Cgil avevano anche unaltra paura: cosa sarebbe accaduto allinterno della
Confederazione se la cancellazione del decreto fosse passata? Quali spazi
avrebbero avuto con un garante come Lama in uscita? Lama, per, si
comport da grande leader e apr gli spazi televisivi anche a chi allinterno
della Cgil dissentiva: La Rai-Tv aveva invitato i segretari delle confederazioni, uno alla volta, perch esprimessero la loro opinione sul referendum. Io dissi: ci vado, in tivv, soltanto se viene anche Del Turco.
I sondaggi, come abbiamo sottolineato inizialmente, non confortavano la speranza del partito del No. Quello di Panorama veniva commentato cos da Giorgio Benvenuto, sullo stesso settimanale: Il test
fotografa lo stato del dibattito. La verit che il Pci ha gi da tempo iniziato una martellante campagna elettorale per il S, mentre finora noi,
la Cisl e lo stesso governo siamo stati impegnati a evitare che il referendum
si facesse. In definitiva, la campagna elettorale per il No deve ancora
iniziare ed abbastanza logico che il sondaggio registri questo ritardo.
Il venerd 7 giugno il fronte del No riusc a organizzare una manifestazione in Piazza Navona: per dare un effetto di grande partecipazione venne
invasa dai taxi che con il loro colore giallo impastavano in un magma indistinto i monumenti barocchi e le persone. Lo stato danimo, per, rispetto
al sondaggio di marzo era un po diverso. Alla base di questo cambiamento
di umore, i risultati elettorali. I dati non sembravano confortare le scelte
del Pci che perdeva colpi sia alle comunali che alle regionali: il 33,3 delle
Europee si era trasformato (nei comuni con oltre cinquemila abitanti) in un
misero 28,5 e alle regionali (statuto ordinario) nel 30,2; risaliva leggermente
la Dc (dal 33 delle Europee al 34 delle comunali al 35 delle regionali); cresceva il Psi (dall11,2 dellanno prima, arrivava nelle comunali al 14,9 e
nelle regionali al 13,3); arretrava il Pri che continuava a beneficiare solo
parzialmente delleffetto-Spadolini (4 per cento alla regionali, 4,8 alle comunali).
416

LA RESA DEI CONTI

Numeri che aprirono allinterno del Pci un processo contro Lama:


Cera chi pensava che le elezioni amministrative le avevamo perse anche
per gli errori miei alla Cgil, per gli errori del gruppo dirigente sindacale,
per il mio dissenso troppo manifesto rispetto al referendum e, soprattutto,
per il modo in cui avevo preso le distanze dallultima fase della segreteria
Berlinguer.
Il 10 giugno, quando le urne vennero aperte, la sorpresa fu straor-

Ezio Tarantelli, economista, allievo di Federico Caff e


Franco Modigliani, consigliere del segretario generale della Cisl,
Pierre Carniti, mise a punto la soluzione basata sulla predeterminazione
degli scatti di scala mobile: un commando delle Brigate Rosse
lo uccise il 27 marzo 1985; nella borsa che aveva in auto accanto
a lui al momento dellagguato custodiva il manifesto a sostegno
della conferma del decreto (No al referendum, no nel referendum)
elaborato con Gino Giugni e Piero Craveri
417

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

dinaria, almeno quanto quella che il 12 maggio, contemporaneamente alle


amministrative, si era prodotta sui campi di calcio con la vittoria dello scudetto da parte di una squadra di provincia, il Verona, ai danni della potentissima Juventus dellAvvocato Agnelli (che poi in quello stesso mese visse
il dramma dellHeysel, la vittoria di una Coppa Campioni con trentanove
morti ai bordi del campo, trentadue italiani). Fu tutto sorprendente. Laffluenza, ad esempio, notevolmente alta: 34.959.404 italiani su 44.904.290
(il 77,9 per cento); il risultato finale: 18.384.788 italiani, cio il 53,3 per
cento si era opposto alla cancellazione del decreto di San Valentino;
15.490.855, quindi il 45,7 aveva risposto positivamente allinvito a cancellare il provvedimento (le bianche e le nulle furono in tutto 1.113.761).
Ma la sorpresa era anche nella scomposizione del dato: il no vinceva nelle regioni industriali (Lombardia, Liguria, Piemonte); il s resisteva
nelle roccaforti elettorali del Pci (Emilia-Romagna, Toscana, Umbria). La
regione che in massa votava per il mantenimento del decreto era il Trentino
Alto Adige: 75 per cento; la citt che in percentuale esprimeva il maggior
numero di no era Bolzano, 82,1. Ma la conferma del decreto poteva contare su un buon dato regionale in Lombardia (61,3) e su un buon dato comunale a Milano (57,1). Il s otteneva in Calabria (55,2) le stesse
percentuali della Toscana, faceva il pieno a Siena (61,4). Con una circolare
a tutte le strutture, Giorgio Benvenuto, per, invitava a non fare trionfalismi. E aggiungeva: Vogliamo mettere laccento sul fatto che il dato referendario deve favorire una riflessione da parte di tutti... necessario
ridare spazio allautonomia del movimento sindacale, dando nuove regole
alla democrazia sindacale, in modo da recuperare il rapporto con i lavoratori, e rendere possibile la partecipazione reale alle scelte che il sindacato dovr compiere. Luciano Lama con franchezza ha spiegato anni dopo
che la sconfitta nel referendum non lo sorprese: In qualche modo lavevo
previsto. M dispiaciuto perdere. Se lavessimo vinto, il Pci avrebbe avuto
in seguito meno difficolt. Ma non sono sicuro neppure di questo. S, i risultati materiali del decreto sulla scala mobile sarebbero stati annullati.
Per avremmo ristabilito con pi lentezza e forse con maggiori problemi i
rapporti unitari con la Cisl e la Uil.

418

MERLONI E LUCCHINI
Per qualche decimale in pi

Lucchini ottocentesco (con Benvenuto, Lama, Gaspari,


De Michelis e Marini) dopo la disdetta della scala mobile

MERLONI E LUCCHINI

Alle 14 del 10 giugno del 1985, mentre le porte dei seggi si chiudevano, allEur, in viale dellAstronomia, si spalancavano davanti ai giornalisti quelle al sesto piano della sede della Confindustria. Erano stati
convocati con una certa urgenza ma non inaspettatamente visto che tutti sapevano che, in un orario da straordinari mattinieri, soprattutto per una citt
come Roma abituata a carburare a ritmi pi lenti, l si sarebbero visti i pi
grandi esponenti di quella che era stata definita da Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani, la Razza Padrona. E una Giunta della Confindustria non la
si organizza alle 8,30 del mattino solo per prendere un caff o un cappuccino.
Luigi Lucchini apparve, davanti alluditorio, sorridente e rilassato. Dellesito
del referendum non si sapeva nulla visto che gli ultimi ritardatari stavano
provvedendo a vergare la croce sul s o sul no. Lumore generale, per,
non era particolarmente favorevole ai sostenitori della conferma del decreto
Craxi e nella folta schiera, in teoria, erano allineati anche loro, gli imprenditori che avevano affidato a Lucchini il messaggio che ora il presidente,
uomo forte del mondo confindustriale, dacciaio come il materiale che produceva nelle sue fabbriche, come il tondino (era considerato il re di questo
particolare manufatto) che forniva ai colleghi che tiravano su palazzi per irrobustire le fondamenta in cemento, si preparava a leggere, in maniera quasi
informale, senza la pompa che accompagna normalmente gli avvenimenti
che sono destinati a lasciare unimpronta nella storia.
Daltro canto, levento non si poteva considerare inatteso perch a
giorni alterni lo avevano annunciato. Con tonalit diverse e voci diverse:
un giorno Lucchini, un altro Mandelli, un altro ancora Paolo Annibaldi, un
altro ancora Carlo Patrucco. Insomma, non si erano fatti mancare nulla in
quelle settimane (e in quei mesi) che aveno preceduto il referendum. Ma
che una cosa del genere potesse avvenire contemporaneamente alla chiusura delle urne, con il risultato ancora sconosciuto, alcuni lo temevano ma
i pi lo escludevano. Anche perch si immaginava che la conferma del de421

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

creto avrebbe potuto stemperare i toni e facilitare un successivo negoziato


per la sistemazione della materia. E poi, quella iniziativa sarebbe stata uno
schiaffo in faccia a tutti quelli che, anche correndo rischi personali, avevano
deciso di accettare, a nome dei lavoratori, il sacrificio. Ma quel decreto che
tagliava quattro punti di contingenza, in realt era l, in quel Palazzo stretto
tra una fermata della metropolitana e la sede della Dc a Piazza Sturzo, considerato minimalista (peraltro, allepoca, gli scrittori di quella corrente let-

Vittorio Merloni sulla scala mobile ader a due accordi:


quello che si concluse con il Protocollo Scotti e quello
che determin il Decreto di San Valentino
422

MERLONI E LUCCHINI

teraria godevano di grande successo, da Leavitt alla Minot a McInerney).


Non bastava, agli imprenditori: avrebbero voluto di pi, molto di pi. Avevano anche delle sponde, nei partiti. Ad esempio nella Dc, quella con passioni thatcheriane del primo De Mita che aveva giocato con il ministro
Goria in occasione dellaccordo siglato da Scotti un ruolo piuttosto ambiguo
sulla storia dei decimali (ne parleremo pi avanti); o il Partito Repubblicano, dove Giovanni Spadolini mostrava i segni di una vera e propria sindrome d astinenza nei confronti di Palazzo Chigi (atteggiamento che gli
era valsa una certa antipatia da parte di Pierre Carniti che pure lo aveva stimolato, quando era presidente del consiglio, a fare quel che aveva fatto il
leader socialista) ed era piuttosto tiepido nei confronti di Craxi; in aggiunta
cera Giorgio La Malfa che Craxi proprio non lo sopportava e riteneva,
anche lui, che bisognasse fare di pi.
Poi cera il problema della rottura sindacale e della governabilit
delle imprese. Lucchini, bresciano e impegnato nel settore siderurgico,
era convinto, come altri, pi di molti altri, che un accordo senza la Cgil
avrebbe scatenato nei capannoni una conflittualit ingestibile. Il presidente
aveva ereditato la poltrona di viale dellAstronomia da Vittorio Merloni,
un marchigiano pi cauto, amico di Arnaldo Forlani. Merloni, anche lui un
monarca industriale, il re degli elettrodomestici, aveva preferito imbarcarsi in una trattativa, aveva raggiunto laccordo con Scotti con grandissima sofferenza perch sapeva che nei contenuti era lontano da quel che
chiedevano i suoi associati. Pur di far passare lintesa aveva annunciato le
dimissioni che erano state respinte. Lucchini era, invece, diverso. Eredit
la guida della Confindustria quando il treno del decreto Craxi era gi in
marcia e cambi la linea della Confederazione. Aveva collaboratori che venivano dalla sinistra extra-parlamentare, con buoni contatti con il Pci. Una
lunga frequentazione con Claudio Sabattini che era stato segretario della
Fiom di Brescia e sarebbe diventato segretario generale di quella federazione. Era convinto che quel decreto, poco incisivo nei contenuti, avrebbe
prodotto pi danni che benefici.
Con i comunisti, in quei mesi aveva avuto numerosi contatti. Si era
convinto (ed era stato convinto) che le cose avrebbero potuto prendere una
piega migliore se al Pci fosse stato garantito quel che cercava (la caduta
del decreto, leliminazione di quellinsopportabile vulnus oltre il quale i
423

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

dirigenti del partito garantivano lavvio di un nuovo negoziato, semmai con


esiti anche pi generosi rispetto a quelli raggiunti con il provvedimento
Craxi: non solo una copertura pi bassa dellaumento del costo della vita
ma anche la reintroduzione del punto differenziato) e, successivamente,
fosse stata aperta una trattativa diversa, escludendo il Governo, ma non
i partiti. Insomma, era convinto, come altri allinterno della Confindustria,
che il problema per i comunisti non fosse tanto il contenuto (o il senso)
dellaccordo (tutti sostenevano che la scala mobile cos comera non funzionava pi: appiattiva i salari, inaridiva la contrattazione e faceva impennare linflazione), quanto lautore. Certo, non potevano schierarsi a favore
del s visto che con un voto (quello di Gianni Agnelli) la Confederazione
aveva accettato il decreto. Potevano, per, stressare la situazione ad esempio sfruttando il cavallo di Troia dei decimali.
Tanto cerano i sondaggi che dicevano a chiare lettere che il no
sarebbe stato ampiamente sconfitto nel segreto dellurna. Lucchini anche
quel giorno aveva avuto dei contatti. Sembra che tra i primi a essere stati
informati della comunicazione che si accingeva a dare fossero stati i comunisti. Una maniera per lanciare un semplice messaggio: Voi vi prendete il
successo politico della caduta del decreto, noi ci prendiamo il negoziato e
una nuova scala mobile accettata anche dalla Cgil. Per la pace parlamentare e per quella industriale. Cerc anche i segretari dei sindacati. Ben prima
della chiusura delle urne. Tanto Benvenuto quanto Carniti sapevano bene
che quella telefonata sarebbe arrivata. Nella sede della Uil, Lucchini trov
un segretario generale che gelidamente rispose alla comunicazione: Lei
non mi dice niente che io non sappia gi. Peggio ancora gli and con la telefonata alla Cisl. Carniti che non era uno che porgeva laltra guancia, la dirott allusciere di turno: la comunicazione Lucchini la fece a lui. Ai
giornalisti, in quel primo pomeriggio di inizio estate, il presidente della Confindustria annunci che aveva appena spedito alcune lettere, nemmeno tanto
lunghe, due cartelle, per comunicare la disdetta dellaccordo interconfederale 25 gennaio 1975 per lunificazione del punto di contingenza e del
punto 7 dellaccordo 22 gennaio 1983 sulle modifiche dellindennit di contingenza. Spiegava che si trattava solo di un atto formale dal momento
che tutti, sindacati e forze politiche, consideravano superato e da riformare
lattuale sistema di indicizzazione. E precisava: La facolt di disdire po424

MERLONI E LUCCHINI

teva essere esercitata sin da giugno 1984. Insomma, normale amministrazione? Difficile pensare che tutto questo fosse frutto di normalit. La stessa
Giunta del luned era stata convocata in fretta e furia il venerd (pomeriggio)
precedente. Sembrava proprio che qualcosa (o qualcuno) avessero consigliato agli industriali una accelerazione improvvisa. Probabilmente erano
certi che il s avrebbe prevalso (e avevano sempre detto che in caso di
cancellazione del decreto avrebbero provveduto alla disdetta). Le conferme
non ci sono, ma tanto Carniti quanto Benvenuto sono sempre stati convinti
che un qualche via libera sia arrivato anche dalle Botteghe Oscure dove
tutti erano convinti di vincere la partita del referendum.
Lucchini si affannava a spiegare che non cerano disegni oscuri dietro
quella scelta, n secondi fini. Ma in realt, i tempi, la concatenazione degli
eventi erano tutti contro di lui e contro le sue giustificazioni che apparivano
velleitarie in rapporto allobiettivo che intendeva raggiungere, cio dare limpressione che tutto fosse frutto di una scelta di routine, senza particolari intenti n conseguenze politiche. Insomma, una normale fase di passaggio delle
relazioni industriali. Anzi, diceva che la scelta di annunciare la cosa a urne
referendarie ancora chiuse nasceva proprio dalla voglia di evitare ogni valutazione distorsiva legata al suo esito, dal non voler dare limpressione che
si trattasse di una vendetta (ma nel momento in cui si evocava la vendetta
evidentemente si riteneva che il risultato a favore del s fosse acquisito).
La scelta scatenava la reazione molto colorita di Mario Capanna:
Questa una mossa da sanguisuga. Ma di fronte a quella scelta, anche
gli altri politici replicavano risentiti. Diceva Flaminio Piccoli, presidente
della Dc: Un atto che assume un carattere di arroganza: la scelta del momento in cui dare la disdetta riflette il nessun interesse della Confindustria
per un esito o un altro del referendum. Clemente Mastella, allepoca portavoce di De Mita, aggiungeva: Atto precipitoso e irresponsabile che crea
inutili tensioni. Un altro dirigente democristiano autorevole, Paolo Cabras,
incalzava: una provocazione. Interveniva anche Vincenzo Scotti, suo
malgrado citato nella lettera di disdetta confindustriale: Un atto pericoloso
che contribuisce solo ad accrescere il clima di tensione di cui il paese non
ha alcun bisogno. Enrico Manca, socialista, era sintetico: Atto grave e
negativo. Decisamente pi ambiguo Spadolini: La coincidenza scelta accentua il carattere polemico della risoluzione confindustriale, che avrebbe
425

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

potuto essere evitata solo da un accordo tra le parti sociali. In ogni caso
segna il tramonto della scala mobile. Al coro sdegnato si univa il comunista Alfredo Reichlin: Atto grave che rende chiarissimi i termini dello
scontro politico e sociale; uno scontro legato alla volont del padronato
e delle forze conservatrici di far pagare ai lavoratori e alla parte pi debole
del Paese il costo della ristrutturazione e della crisi. chiaro come il sole
che il grande numero di S servir a rendere pi forte non solo la Cgil e il
Pci ma tutti i sindacati e tutte le forze di progresso. Le polemiche passano,
ma lesigenza dellunit resta e diventa pi impellente.
La partita del referendum, nel momento in cui parlava Reichlin, si
era chiusa e lesito non era stato quello prefigurato a Botteghe Oscure. Altri
sarebbero stati, probabilmente, i toni e i contenuti se la vittoria avesse arriso
al fronte del S. Ma in quel momento, lanelito unitario ritornava a essere
quello prevalente e levocazione della riapertura del negoziato (che faticosamente avvenne nelle settimane successive) una sorta di coperta di Linus
dagli effetti quasi confortanti. Lucchini, per, quando le urne non avevano
ancora deciso, spiegava che il mandato a inviare quelle lettere era stato dato
da tempo e poi aggiungeva: La decisione lho presa io e vuol essere meno
politica possibile. Noi vogliamo restare fuori da questo bailamme che a me
personalmente d pure fastidio. La disdetta non ha nulla a che fare con il
referendum. E perch, allora, darla nel giorno del referendum? Poi, in tono
pi rassicurante, spiegava che cera tempo sino a febbraio per raggiungere
un accordo, quindi aggiungeva: La mia preferenza che le parti sociali
cerchino un accordo tra di loro senza bisogno di un terzo. Una posizione
che coincideva quasi perfettamente con quella del Pci: un accordo sindacale
e limitato, non unintesa politica pi ampia che prefigurasse anche una politica dei redditi. Infine: Una volta finita la passione mi auguro che si
tratti: questo un punto di partenza per cominciare. Certo sul tavolo della
trattativa ci sono anche i decimali. Spiegava infine che la disdetta un
invito: i sindacati devono tornare a fare il loro mestiere, a contrattare i salari. Se andiamo avanti con le indicizzazioni finisce che disimparano.
Lanno scorso, quando fui eletto, non feci nulla. Pareva un gesto poco educato. Pensavo ci fosse tempo invece abbiamo bruciato questi mesi con un
sindacato che parlava lingue diverse. Siamo a met giugno e dovendo dare
la disdetta entro il mese ho pensato che questo fosse il momento pi indi426

MERLONI E LUCCHINI

cato. Finale con archiviazione dellintesa Lama-Agnelli: Dieci anni nelle


relazioni industriali sono tanti. Quellaccordo pareva magnifico ma ha acceso linflazione anche se in cambio della pace sociale.
Conferenza-stampa terminata: sorrisi e saluti. Ma la storia si sarebbe
trascinata molto pi a lungo di quanto pensava Lucchini, sarebbe andata
oltre la sua presidenza. Forse negli anni Lucchini si sar pentito di quella
scelta visto che i tempi non si erano rivelati troppo indovinati. Glielo far
presente, la sera stessa, nel corso di un dibattito televisivo, Giorgio Benvenuto, che gli dir chiaro e tondo che lo vedeva scioccato per il fatto che il
voto aveva fatto venir meno il mito dei comunisti e della Cgil che controllavano le fabbriche. Proprio a Brescia il No aveva prevalso con un margine estremamente ampio: 64,5 per cento contro il 34,5. Lepilogo
nellepilogo era stato preceduto da un crescendo rossiniano di polemiche e
accuse. Quelle pi pesanti erano state lanciate il 27 maggio a Torino durante
lassemblea dellUnione Industriale. In quelle ore stava sfiorendo lultimo
tentativo di mediazione di Gianni De Michelis per giungere a un accordo
che evitasse il referendum. Sul podio saliva Cesare Romiti, amministratore
delegato della Fiat e criticava pesantemente il governo e il ministro del lavoro. Le indiscrezioni dellepoca raccontano che Romiti avesse preparato
un intervento scritto ma poi, spinto dagli eventi, decise di parlare a braccio.
E disse: Questa classe politica tende a restringere larea e la libert di
mercato, ignorando che la libert di mercato vuol dire libert punto e basta.
bene ricordare per che dove si restringono gli spazi di libert di mercato
si comprimono gli spazi di libert per tutti i cittadini. Ed esempi del genere
non mancano fuori dallItalia... Se c una parola nobile questa la parola
profitto e non possiamo pi tollerare che in giro qualcuno tenda a sostenere
il contrario. Infine, plauso a Lucchini e a Carlo Patrucco, allepoca vicepresidente della Confindustria, presente in sala e che intervenne dopo di
lui: un plauso perch in quel momento si stavano battendo per cose vere
e sane, non preoccupandosi se qualche ministro vuol farci apparire davanti
allopionione pubblica diversi da quello che siamo.
Patrucco non fu da meno: La Confindustria ha dimostrato sempre
di non avere padroni politici. Le pregiudiziali che noi abbiamo posto rispondono agli obiettivi di economicit, produttivit, competitivit. Non vi
sono altre compatibilit: o si accettano queste oppure si smettono di sven427

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

tolare obiettivi andando contemporaneamente in direzione completamente


opposta a quella del loro perseguimento... Non vorremmo uscire da queste
trattative con un referendum in meno e i margini di competitivit delle nostre imprese ridotte al lumicino.
Ovviamente, nemmeno la Confindustria va considerata come un
monolite, al suo interno vi erano anime diverse. La stessa Fiat aveva un atteggiamento non completamente allineato alle posizioni di Lucchini. Certo,
Romiti aveva votato contro il decreto, ma Agnelli lo aveva benedetto. E
lo stesso Romiti, subito dopo la firma dellaccordo di San Valentino, si mostrava attento e rispettoso nei confronti delle difficolt del sindacato. Diceva
il 28 marzo del 1984: Lattuale travaglio delle forze sindacali desta forti
preoccupazioni e nessun compiacimento anche in chi come me sempre
stato etichettato come un duro oppositore del sindacato. In realt ho sempre
ritenuto che il movimento sindacale sia fisiologico in una societ pluralista
come , e come deve restare, lItalia. Certo, ho combattuto con forza alcuni
atteggiamenti e comportamenti del sindacato perch erano sbagliati, viziati
e distorti dallideologia e dal pregiudizio. Occorreva quindi fare barriera
anche per impedire ulteriori involuzioni. Ci detto riconfermo la mia preoccupazione per le attuali vicende nelle quali ancora una volta, lideologia
fa premio sui contenuti e sulla oggettivit delle situazioni.
Paolo Annibaldi, a sua volta, vicedirettore generale della Confindustria, aveva sottolineato in una inchiesta che il Mondo aveva pubblicato il
5 marzo del 1984: Nessun imprenditore ama avere i sindacati divisi. Avere
pi interlocutori, in concorrenza fra loro, significa per le aziende essere coinvolte in una gara al rialzo delle rivendicazioni e anche in una maggiore difficolt di gestione. Questo anche se nel passato lunit si era realizzata
sommando le richieste delle diverse confederazioni. Adesso si tratta di vedere:
se la rottura dovesse stabilizzarsi non sarebbe un fatto positivo. Se, invece,
partendo da questa situazione, i sindacati riusciranno a impostare meglio il
loro rapporto unitario e soprattutto a riscrivere nuove regole democratiche
per la vita dei consigli di fabbrica avremo una evoluzione positiva.
Giuseppe Vaccaro, presidente della Confapi, aveva evidenziato: La
rottura dellunit sindacale pi preoccupante per le grandi che per le piccole imprese. In queste ultime infatti i problemi sono pi concreti e le divisioni pi rare, quindi pi facile mettere daccordo due o tre interlocutori
428

MERLONI E LUCCHINI

sindacali... In questi anni lunit fra i sindacati era molto formale, le tre
confederazioni cercavano di stare unite, ma ciascuna aveva la sua posizione.
Non escluso, quindi, che la nuova situazione porti a una maggiore democrazia. Renato Buoncristiani, vice-presidente dellAnce (i costruttori edili)
non aveva nascosto i suoi timori: La rottura del sindacato comporta il venir
meno per gli imprenditori di un interlocutore diretto. un fatto che mi preoccupa anche perch non vedo le motivazioni sindacali, ma solo quelle politiche. Insomma, non tutti la pensavano come Alejandro De Tomaso che
allepoca era presidente del gruppo Innocenti: La rottura dellunit sindacale la prova, se mai ce ne fosse stato bisogno, che i sindacati obbediscono
ai partiti dimenticando gli interessi dei loro iscritti. Per le aziende, invece,
questa rottura non significa nulla; i sindacati italiani da un pezzo non sono
pi rappresentativi. Questo cocktail di certezze e durezze non lo agevol,
comunque, nella gestione di marchi come Innocenti, Maserati, Benelli e
Moto Guzzi che, nonostante generosi finanziamenti statali, non riusc a riportare al successo ma, in compenso, gli consentirono di conquistare il soprannome (glielo diedero i giornalisti) di Rischiatutto per la sua
disinvoltura a imbarcarsi in tutte le imprese, anche le pi temerarie.
La disdetta di Lucchini fu il momento finale di una lunga lotta
confindustriale, combattuta allinsegna del mancato pagamento dei decimali.
E i rapporti tra sindacati e associazione imprenditoriale erano diventati, mese
dopo mese, sempre pi tesi. Scriveva sullAvanti! il 10 marzo del 1985 Giorgio Benvenuto: La Confindustria ricorda quegli atleti di slalom sulle nevi
che per la furia di superare i paletti rischiano di andare fuori pista. Benvenuto dopo aver sottolineato che cera una sproporzione fra la questione
dei decimali che sono da novembre a oggi la miseria di 27.000 lire e i due
milioni e mezzo di discoccupati, spiegava come in quella pregiudiziale
(il non pagamento, n.d.a.) tanti errori si sommano da parte degli industriali
privati: il primo e fondamentale quello di considerare ogni trattativa in
questo momento una scelta in perdita visto che di fatto essi la loro riforma
della scala mobile lhanno ottenuta eliminando i decimali, la contrattazione
lhanno paralizzata, la strada per elargizioni unilaterali di salario finalizzato alla professionalit diventerebbe inevitabile in questa situazione. Un
paio di settimane dopo, Benvenuto ricancarava la dose sempre sullAvanti!:
Appaiono (gli industriali, n.d.a.) chiaramente come il vero partito del re429

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

ferendum che corredano, come ha fatto la Federmeccanica con un programma dai toni moderni ma dai principi vecchi ed inconciliabili con una
linea riformatrice: la ricetta fatta per umiliare il sindacato, le fasce deboli
sul piano sociale, un governo equilibrato delleconomia. Gli ingredienti non
a caso sono lespulsione di ogni criterio di solidariet, la reintroduzione
della discriminazione fra lavoratori, lannullamento del potere negoziale
del sindacato, che cosa ben diversa dal dire di voler eliminare, come necessario, le rigidit dal sistema economico.
La disdetta, daltro canto, era sempre stata sino a quella conferenzastampa di Lucchini, una sorta di chiodo fisso e di vorrei ma non posso.
La genesi della vicenda, da parte imprenditoriale, lha ricostruita anni pi
tardi Paolo Annibaldi: Durante un convegno organizzato dalla Confindustria insieme allIntersind ci si rese conto, dal numero elevato di partecipanti e dal livello altissimo di partecipazione del pubblico, quanto il tema
della scala mobile fosse sentito da parte delle imprese di tutte le dimensioni... In questo convegno ci si rese conto che il tema della scala mobile
era maturo e la Confindustria trov nellIntersind un alleato nel valutare
la possibilit di arrivare a una formale disdetta dellaccordo... Quando
per venne il momento di decidere e dar corso realmente alla disdetta della
scala mobile, la Confindustria si trov di fronte un governo (Spadolini,
n.d.a.) che interpret latto come una dichiarazione di guerra, come un
atto di ostilit. Merloni aveva un bel da fare a convincere il governo che
la disdetta aveva una valenza costruttiva perch serviva a costringere i sindacati a mettersi al tavolo per impostare un sistema diverso. Il presidente
Spadolini, invece, riteneva pi che sufficiente quanto conteneva il suo protocollo del 28 giugno scritto proprio quando fu nominato Presidente del
Consiglio... La dichiarazione congiunta che impegnava il governo a contenere la dinamica salariale, ivi compresa la scala mobile, era considerata
dal Presidente del Consiglio come il punto finale, la conclusione, la soluzione del problema, e non come lavvio di un negoziato che doveva portare
a una riduzione del costo del lavoro e alla revisione della scala mobile.
Laccordo Scotti venne valutato dalla Confindustria insufficiente nella
parte che riguardava la scala mobile. La stesura dellaccordo fece emergere alcune ambiguit. Fu certamente positivo il giudizio sulla regolamentazione introdotta dallaccordo Scotti sulle relazioni industriali, e in
430

MERLONI E LUCCHINI

particolare sulla parte che intendeva creare compatibilit tra i contratti


nazionali e i contratti aziendali. La riduzione dellorario di lavoro e il meccanismo di calcolo della scala mobile che escludeva i decimali dal computo, non furono approvati dalla Confindustria e il contenzioso dur a
lungo... La Confindustria aveva sempre considerato positivamente le iniziative del governo Craxi e mostr fiducia sulla volont del governo di
muoversi con determinazione in campo sindacale... Se dobbiamo affrontare
il tema della competitivit - diceva la Confindustria - le questioni della
scala mobile e del costo del lavoro devono essere considerati centrali. Ricordo che Mandelli girava sempre con un foglietto dove erano scritti tre
numeri. Cera la dimostrazione che nei tre anni successivi la crescita del
costo del lavoro allinterno dei tetti programmati non avrebbe dovuto superare il 33%. In realt per il solo effetto di trascinamento dei contratti
firmati in precedenza, il costo del lavoro - senza interventi aggiuntivi - sarebbe aumentato del 41%. Ci si chiede perch laccordo di San Valentino
provoc diversit di opinione allinterno del mondo imprenditoriale. Ricordiamo innanzitutto che la votazione che ci fu allinterno del Consiglio
Direttivo della Confindustria rappresent un fatto nuovo, quasi unico. Normalmente le decisioni si prendono facendo la conta dei favorevoli e contrari. il presidente che si assume la responsabilit di rappresentare tutte
le posizioni. I motivi che portarono alla votazione sono diversi. Un primo
motivo era il timore che allultimo momento, nella fase conclusiva delle
trattative, potessero intervenire da parte del governo delle modifiche non
favorevoli alla Confindustria. Apparivano sempre di pi sui giornali i contrasti allinterno del sindacato e la presenza di una dialettica molto forte.
Da qui appunto, la paura che per consentire a tutte le parti di poter aderire
allaccordo si potesse dare qualcosa di pi ai sindacati, magari a danno
della Confindustria... Un altro motivo era rappresentato dal pericolo che
si potessero determinare deterioramenti dei rapporti sociali allinterno
delle imprese a causa di un eventuale accordo separato, con la conseguenza che si potesse alimentare la conflittualit.
Alla fine, nonostante lintesa di San Valentino e un referendum con
esito favorevole al mantenimento del decreto, la disdetta arriv. Antonio
Pizzinato, che nel 1986 divenne segretario generale della Cgil, intercettato
subito dopo lannuncio di Lucchini, afferm: I lavoratori hanno bisogno
431

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

di ritrovare una piattaforma e una strategia unitaria. Devono predisporsi


a una lotta di lungo respiro. Si ritorna alla giungla delle relazioni sindacali
e nei rapporti con le parti sociali. Qual lobiettivo che ora hanno di fronte
i lavoratori? Riconquistare un nuovo, riformato sistema di contingenza che
salvaguardi la professionalit e i redditi netti. Questo pu avvenire ristabilendo regole trasparenti e la sovranit contrattuale del sindacato nella
negoziazione. Oggi, invece, tutto messo in discussione dalle parti pi oltranziste del padronato. Il giudizio negativo della Uil, espresso in tv da
Benvenuto, fu ribadito ufficialmente una settimana dopo da una nota della
segreteria, mentre i metalmeccanici delle tre sigle chiesero di riaprire un
confronto generale. Ma il fatto che sul tavolo cera un macigno che allinizio, due anni prima, sembrava un irrilevante dettaglio: i decimali. Strumentalmente furono utilizzati per bloccare qualsiasi accordo capace di
evitare il referendum anche se poi, in realt, il problema pi grosso era dato
dalla pregiudiziale comunista, cio leliminazione del decreto. La vicenda
dei decimali ha aspetti surreali, quasi un film di Bunuel. Nati con laccordo
Scotti, ereditati dal decreto di San Valentino, diventati, come aveva scritto
Benvenuto in quellarticolo per lAvanti! uno strumento nelle mani degli
imprenditori per farsi una personalissima riforma della scala mobile, al di
l degli accordi intercorsi. Lo stesso ministro del lavoro del Governo Fanfani, cio Vincenzo Scotti, come abbiamo visto, avrebbe dato, in un convegno, anni pi tardi, una duplice interpretazione e confermato le ambiguit
in una intervista. Una duplicit (e una ambiguit) che, per, contraddiceva
quel che aveva scritto in una lettera del 26 gennaio del 1983, al segretario
della Uil in cui si diceva, senza lasciare adito a dubbi che il calcolo degli
aumenti dellindennit di contingenza va interpretato in modo che le frazioni di punto calcolate e non utilizzate nel trimestre concorrano a determinare gli scatti dei punti di contingenza nei trimestri successivi. Una
chiarezza che lallora ministro del lavoro avrebbe usato in unaltra sede,
un paio di anni dopo.
Nella storia dei decimali ci sono due vicende che aiutano a ricostruire meglio dinamiche e ragioni: un articolo di Gino Giugni e la sentenza
di un pretore del lavoro bolognese. Luomo che aveva costruito in buona
parte lo Statuto dei Lavoratori, il 14 giugno del 1985, cio quattro giorni
dopo la disdetta di Lucchini, pubblic su la Repubblica un intervento che
432

MERLONI E LUCCHINI

sembrava un Giano Bifronte: da un lato era una analisi tecnico-giuridica


della situazione, dallaltro un vero e proprio articolo di cronaca che fece
saltare i nervi alla Confindustria che replic in maniera stizzita ma scarsamente convincente (almeno per il giudice bolognese di cui sopra). Giugni
in pratica diceva che la lettera del presidente della Confederazione degli
imprenditori era costruita in maniera tale da indicare dove si voleva andare
a parare, quale meccanismo si voleva creare in sostituzione di quello ancora
in vigore. Il giuslavorista, tanto per cominciare diceva che quella disdetta
costituisce un atto dovuto. In un clima di relazioni industriali diverso le
parti stesse avrebbero dovuto concordare la risoluzione dellaccordo.
Avrebbero cos affermato la propria volont irrevocabile di modificare un
sistema, la cui gestione negli ultimi anni ha causato danni forse incalcolabili al movimento sindacale, e non poche difficolt al sistema economico.
Ma Giugni spiegava che la decisione di Lucchini era intervenuta in
un contesto poco limpido, sia dal punto di vista delle conseguenze giuridiche che da quello degli sviluppi negoziali futuri per la presenza della
questione dei decimali che a quel punto non aveva pi solo una valenza
sindacale ma aveva assunto un carattere legale. Primo aspetto del problema.

Luigi Lucchini, subentrato a Merloni al vertice della Confindustria,


cambi strategia e mentre le urne referendarie erano ancora aperte,
provvide a disdire laccordo sul punto unico di contingenza
433

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Giugni sottolineava che la lettera di Lucchini aveva lobiettivo di disdire


solo la contingenza nata con laccordo Lama-Agnelli, dunque, almeno
secondo le idee degli industriali, questa cancellazione avrebbe dovuto
portare le lancette dellorologio al momento immediatamente antecedente
al 1975. Insomma, la Confindustria con quella lettera, e in assenza di accordi nuovi, avrebbe fatto rinascere il vecchio sistema di tutela dei salari.
Conseguenze, per, non del tutto scontate. Scriveva Giugni: La
Confindustria giunge cos a darci come vigente (a fine anno) un sistema
che vecchio quanto nuovo: c un taglio di copertura mediamente neanche eccessivo, rispetto alle ipotesi in circolazione; c il punto differenziato. Conseguenza: se ci si mette a discutere sul nuovo meccanismo, i
contorni della trattativa ne risultano gi segnati e le parti hanno un materasso su cui adagiarsi in caso di fallimento della stessa. E chi conduce il
gioco, evidentemente, la Confindustria. Ma c un problema, avvertiva
il professore. La disdetta riguardava tutto laccordo del 1975 che recependo
pezzi del meccanismo precedente, di fatto lo aveva cancellato. Dunque,
non si ritornava alla situazione in vigore sino al 1974 ma a una ancora pi
antica: Lunica indicizzazione residua quella del 1957 che era stata
recepita in legge, col famoso erga omnes. E Giugni spiegava anche le ricadute salariali: Le differenze economiche non sono molto marcate. Il valore del punto (per fortemente differenziato) che nellipotesi precedente
(cio il ritorno alla situazione che esisteva prima dellintesa Lama-Agnelli,
n.d.a.) scende da 6.800 lire a circa 5.000 (con peggioramento piuttosto
consistente dei livelli inferiori), calerebbe ulteriormente a 4.500 lire. Ma
pi degna di rilievo comunque unaltra conseguenza: e cio che, dal
1986, la materia diventerebbe regolata solo dalla legge e perci tranquillamente modificabile per tale via. Giugni concludeva: Non una tesi
certa, ma plausibile: la logica giuridica appunto logica del plausibile.
Fin qui il tecnico. Da questo momento in poi entrava in gioco non
solo il tecnico ma anche il cronista. Giugni era stato cooptato da Scotti per
costruire alcune delle soluzioni su cui faceva leva il famoso accordo e in
tale veste era a conoscenza di alcuni dettagli che poi erano stati al centro
della sua testimonianza bolognese. E anche qui puntigliosamente, il professore spiegava: Laltra fonte di incertezza nella questione dei decimali... Uno di essi stato erogato ma con riserva, dal novembre del 1983;
434

MERLONI E LUCCHINI

due scattati nel novembre 1984 e nel maggio 1985 non vengono pagati e
vanno determinando una non trascurabile accumulazione di arretrati; un
quarto... potrebbe maturare ad agosto. Qual il tema sollevato: la buona
fede in un rapporto negoziale. Insomma, quando ti siedi a un tavolo per
vendere o acquistare qualcosa, la legge dice che non devi cercare di approfittare della buona fede altrui, detto in termini pi selvaggi, non devi giocare
a fregare. Giugni dopo aver ricordato che alla questione molti giudici si
stavano interessando, sottolineava che uno in particolare, a Bologna, era
andato un po pi a fondo sentendo tutti quelli che avevano partecipato alla
trattativa, anche lui. Fin qui, nulla di nuovo. La novit veniva nel momento
in cui Giugni rivelava: Ho avuto in visione le deposizioni dei testi. Una
lettura alquanto sconsolante... I pi ricordano poco o nulla (ma perch i
personaggi pubblici non vengono obbligati a tenere un diario?). Qualcuno
ricorda e parla con tranquilla chiarezza ma dice cose gravi anche senza
averne laria. Il titolare di un importante ministero che prese parte alle
trattative per laccordo Scotti... racconta come la sera prima del fatidico
22 gennaio avesse avuto un lungo incontro ristretto con il vertice della
Confindustria . Nel corso di tale incontro, venne accertato che il nuovo
meccanismo di arrotondamento avrebbe dato luogo ad un taglio di circa il
30%. Era anche troppo, dice un altro Ministro, rispetto agli obiettivi del
governo. La soluzione, per, non poteva dispiacere alla Confindustria,
anche se il suo vice-presidente riferisce al giudice che avrebbe preferito
una soluzione meno equivoca. Tutti poi sanno, perch era stato confermato
poche ore prima in sede ristretta, che i sindacati non avrebbero potuto
accettare un taglio superiore al 18%. Ma a quanto riferisce il teste ricordato per primo, il sindacato ha sbagliato i suoi calcoli. E tanto basta. La
Confindustria se ne esce soddisfatta, e si prepara ad accettare un accordo,
ben sapendo che si basa su un equivoco. Chiosava lestensore dellarticolo: A nessuno viene in mente che, per i normali rapporti commerciali,
il codice civile impone lobbligo della buona fede nelle trattative, che comprende anche quello di informare la controparte intorno a possibili cause
di invalidit. Perch, a parere di Giugni, di questo si trattava: Lesito di
tale pasticcio pu essere persino paradossale e cio che venga dichiarato
carente il consenso contrattuale col ripristino... del punto antecedente il
taglio del 1983, oppure che la parte contraente la quale anche se con au435

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

torevoli avalli era consapevole dellerrore della controparte e ne aveva taciuto, venga chiamata a rispondere del proprio comportamento e vincolata
alla interpretazione della clausola che aveva lasciato credere come corretta
e corrispondente anche alla propria intenzione.
Quelli di Giugni erano ragionamenti paradossali, con fondamento
giuridico, ma paradossali, tanto vero che le conseguenze da lui paventate
non ci furono. Ci non toglie che colpirono nel segno e la Confindustria,
tramite Walter Olivieri, direttore per i rapporti sindacali, rispose in maniera
a dir poco irritata. Sin dallincipit dellintervento pubblicato da la Repubblica il 25 giugno del 1986: Gino Giugni, nella duplice veste di studioso
e di uomo politico, ci ha abituati ad analisi acute, scevre da pregiudizi e
non formalistiche dei fatti sindacali. Questa volta, nel suo intervento su
la Repubblica del 14 giugno a proposito della disdetta della scala mobile
e di decimali mi pare abbia formulato tesi giuridiche in funzione di un
giudizio di valore precostituito sulle decisioni della Confindustria. I passaggi pi irritanti per lorganizzazione imprenditoriale, erano quelli relativi
ai decimali e alla ricostruzione della trattativa e dei modi che avevano
favorito la sua conclusione. Scriveva Olivieri: Le parti, come i fidanzati
ottocenteschi, furono tenute rigorosamente isolate, e non ebbero mai occasione di confrontare direttamente le proprie posizioni di merito... altrettanto noto che il giorno prima della conclusione, fu prospettata agli
imprenditori, sia nella sede ministeriale ricordata da Giugni, sia ai tecnici
della delegazione, lipotesi della eliminazione definitiva delle frazioni di
punto accompagnata dal testo scritto della clausola relativa. Gli imprenditori fecero i loro conti, verificarono lineccepibilit della formula, constatarono che si sarebbe verificato un raffreddamento accettabile della
scala mobile, comunicarono al mediatore il loro assenso, il giorno dopo il
governo presentava una ipotesi precisa ed articolata di accordo globale.
Largomento di Giugni, e cio che la Confindustria doveva in qualche maniera avvertire i sindacati che avevano sbagliato i calcoli, potrebbe essere
rovesciato: come potevano immaginare i sindacati che la Confindustria,
che aveva dichiarato allinizio della vicenda (vedi gli atti del processo di
Bologna) la sua volont di dimezzare la scala mobile, accettasse una riduzione di solo il 15 per cento?.
Un argomento, quello sollevato dallallora direttore per i rapporti
436

MERLONI E LUCCHINI

sindacali di Confindustria, che non convinse il pretore Federico Governatori


che il 17 luglio del 1985, dopo aver messo insieme in istruttoria un faldone
di circa duecento pagine, decise che avevano ragione i due lavoratori della
Sundstrand, una piccola fabbrica metalmeccanica della zona di Bologna:
il punto di contingenza (6.800 lire) doveva essere pagato con gli interessi
(e le spese legali). Governatori aveva sentito tutti i protagonisti della trattativa, come peraltro aveva raccontato Giugni. A cominciare dai segretari
sindacali, Lama, Carniti e Benvenuto che avevano confermato: I decimali
sono da pagare. Il segretario della Cgil, tra laltro, nel corso della sua testimonianza, aveva aggiunto: Lo sapevano anche Merloni e Mandelli,
tanto vero che quella notte fui io a rincuorarli dopo che loro avevano
manifestato la loro decisione di dimettersi. E di fronte al giudice emersero
anche le ambiguit ministeriali di cui aveva parlato Giugni. Perch se da
un lato Scotti (come aveva peraltro confermato nella lettera a cui abbiamo

Ultime battute nella trattativa sulla scala mobile: una immagine


dell'incontro decisivo tra Bettino Craxi e il presidente della
Confindustria, Vittorio Merloni, accompagnato dal suo vice,
Walter Mandelli, e dalla delegazione imprenditoriale al gran completo
437

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

prima fatto riferimento) afferm che i decimali di contingenza dovevano


essere pagati quando concorrevano a formare un punto, Goria, che in quel
governo Fanfani era ministro del tesoro, sment il principale protagonista
della trattativa sostenendo: Si sempre inteso che i decimali di punto dovevano essere cancellati. E qui viene in aiuto ancora quel raffinato tecnico
del diritto del lavoro che stato Gino Giugni. In quellarticolo, in maniera
forse un po sconsolata, scriveva: Si pu concordare sul punto che giocar
dastuzia sia virt eccellente, ma non che in tale virt si comprenda lequivoco calcolato.

438

LULTIMO ACCORDO
Orfani di passato e futuro

Forattini reinterpreta la teoria dei corsi e ricorsi storici:


Occhetto replica Berlinguer ma Trentin questa volta
firma l'ultimo accordo sulla Scala Mobile

L U LT I M O A C C O R D O

Poco meno di quarantanni fa, Ugo La Malfa, facendo un bilancio


della sua vicenda politica e dellevoluzione del Paese, concludeva la sua
lunga intervista con Alberto Ronchey dicendo: Alla fine una grande amarezza. Ora osservo che non c quellItalia che avevamo in mente. Oggi,
a maggior ragione, si potrebbero utilizzare le stesse parole analizzando un
Paese che non sembra offrire prospettive, soprattutto ai giovani (quattro su
dieci non hanno lavoro); che ha allargato il fosso che separa chi ha molto
e chi ha molto poco concentrando quasi la met della ricchezza nazionale
nelle mani di sei milioni di italiani, il dieci per cento della popolazione; che
ha distrutto in pochi decenni interi comparti industriali, svenduto le sue
aziende pubbliche, messo allasta e ceduti a holding straniere veri e propri
gioielli del Made in Italy. La battaglia di San Valentino oggi sembra un
anacronismo, un evento fuori dal tempo. Il sipario sulla scala mobile calato: otto anni dopo il decreto firmato da Bettino Craxi. La storia come la
natura, non fa salti: a palazzo Chigi cera Giuliano Amato, Presidente del
Consiglio, luomo che aveva assistito Craxi da Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Ma la storia a volte pu essere ferocemente ironica.
La scala mobile fu condannata alleutanasia e tumulata in un terreno sconsacrato nella notte tra il 29 e il 30 luglio del 1992 (la soluzione definitiva,
poi, il 31 luglio). Allestremo saluto partecip, da segretario generale della
Cgil, Bruno Trentin, luomo che, probabilmente anche suo malgrado, fu
uno tra i pi strenui oppositori del decreto craxiano che, al confronto della
medicina ingoiata in quella notte cupa e tempestosa, faceva la figura di
quelle che Tot avrebbe definito pinzillacchere. Firm insieme ai colleghi
Sergio DAntoni (segretario generale della Cisl) e Pietro Larizza (segretario
generale della Uil).
Fine meno gloriosa otto anni prima non si sarebbe potuta immaginare. Fu un anno tragico, il 1992. Non solo perch mani pulite imperversava decapitando i partiti, azzerando un intera classe politica. La lira fin
441

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

nel gorgo di un attacco speculativo agli inizi dellestate e il Governo annunci il 5 luglio una manovra straordinaria da trentamila miliardi poi bissata da una finanziaria da quasi settantamila; la lira usc dal serpente
monetario e nella notte fra il 9 e il 10 luglio i depositi degli italiani vennero
alleggeriti con un prelievo del sei per mille. Ma nel decreto demergenza
cera un po di tutto, dalla minimum tax ai ticket sanitari. La scala mobile
era rimasta sullo sfondo di un dibattito che non riusciva ad approdare a
unintesa. De Michelis ci aveva provato dopo il referendum, ma alla fine
del 1985, precisamente il 17 dicembre, Sindacati e Confindustria giunsero
alla conclusione che non cerano spazi per un accordo. Due giorni dopo,
con dichiarazioni unilaterali Confindustria, Intersind e Asap aderirono al
nuovo meccanismo di contingenza previsto per i dipendenti pubblici. Poi,
nel febbraio dellanno successivo, il governo con decreto estese al settore
privato la riforma della scala mobile contrattata per gli statali. Insomma,
un lungo e continuo braccio di ferro che ebbe un nuovo momento di drammatizzazione quando a giugno del 1990 gli imprenditori disdettarono di
nuovo, unilateralmente il meccanismo di contingenza obbligando i sindacati
a proclamare uno sciopero generale e il governo presieduto da Andreotti a
prorogare il meccanismo di indicizzazione per tutto il 1991 attraverso una
leggina. Le parti si impegnarono ad avviare un negoziato per la ristrutturazione del salario e del sistema contrattuale a met del 1992.
E, effettivamente, il giorno della festa della Repubblica, il 2 giugno,
sindacati e organizzazioni degli imprenditori si accomodarono intorno a un
tavolo. Anche perch la situazione economica stava precipitando: il governo
aveva negato lo scatto di contingenza ai pubblici dipendenti venendo imitato dalla Confindustria. Il negoziato and avanti mentre la bufera finanziaria imperversava sul Paese. Il 29 luglio i sindacati si accordarono tra di
loro per laddio alla scala mobile. Il Lungo Addio. La sera la trattativa
giunse alla stretta finale. Il 30 luglio, alle 6 del mattino, Amato, insieme ai
cornetti caldi, serv a sindacati e imprenditori anche laccordo. Immodificabile. Aggiunse: Se lo respingete, mi dimetto. Il documento conteneva
passaggi veramente poco digeribili, soprattutto per Bruno Trentin che otto
anni prima per molto meno aveva detto: Quellaccordo non lo firmo nemmeno se composto di mele doro presentate su un vassoio dargento.
Amato, infatti, aveva concentrato la sua proposta in pochi punti, non pi di
442

L U LT I M O A C C O R D O

sei: la scala mobile doveva essere abbandonata e rispolverata solo nei casi
in cui insorgessero difficolt nelle contrattazioni; pi livelli contrattuali ma
ben distinti; il sistema fiscale e contributivo sarebbe stato utilizzato come
grimaldello per correggere aumenti troppo vistosi; veniva varata una nuova
regolazione dei prezzi; nelle buste-paga i lavoratori avrebbero trovato un
Elemento Distinto della Retribuzione di ventimila lire che, per, non
avrebbe inciso su nessuna voce; la contrattazione articolata veniva bloccata
per tutto il 1992. Lultimo punto scaten una guerra intestina nella Cgil con
Fausto Bertinotti che faceva fuoco e fiamme.
Anche Trentin tentennava, avrebbe voluto rispondere negativamente ad Amato. Ma nella segreteria unitaria Cgil, Cisl e Uil si ripropose

Giuliano Amato (nella foto con Bettino Craxi) il filo rosso che lega
San Valentino con lultimo accordo sulla scala mobile, quello
firmato dai Segretari Generali di Cgil, Cisl e Uil, Bruno Trentin,
Sergio DAntoni e Pietro Larizza: nell84 era sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio, otto anni dopo chiuse lintesa
in qualit di capo del Governo
443

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

la divisione del 7 febbraio 1984: da una parte Cisl, Uil e socialisti della
Cgil, dallaltra i comunisti. Cambiava solo luomo nel mezzo: non pi
Lama ma Trentin che torn a Palazzo Chigi e disse ad Amato che accettava
tutto ma non quella moratoria sulla contrattazione aziendale. Il presidente
del Consiglio non cedette ma fece un piccolo passo in avanti, dando via libera alle contrattazioni aziendali a patto che non prevedessero aumenti salariali. Insomma roba di forma, non di sostanza. A quel punto, Trentin si
dichiar disponibile ad accettare ma prima di farlo convoc a Palazzo Chigi
la segreteria della sua Confederazione. Votarono a favore della firma in tre
(Ottaviano Del Turco, Sergio Cofferati e Francesca Santoro); ma anche in
tre votarono contro: Fausto Bertinotti, Alfiero Grandi e Paolo Lucchesi. La
scelta era nella mano di Trentin: la alz con i primi tre e poi and nellufficio di Amato per apporre la sua firma in calce allaccordo.
Prima di farlo, per, chiese e ottenne un colloquio a quattrocchi
con il presidente del Consiglio che era un suo vecchio amico essendo stato
il primo presidente dellIres Cgil, il centro studi della Confederazione.
Quando and via da Palazzo Chigi era cupo in volto, pensieroso. Evit persino di passare dalla sede della Cgil, in Corso dItalia. Fece capire, per, a
Ottaviano del Turco che era intenzionato presentare le dimissioni: sapeva
di avere contro il partito anche se Achille Occhetto, che non aveva gradito
la scelta, non era certo Enrico Berlinguer. Spar per alcuni giorni da Roma,
se ne and in Corsica e da l allUnit dichiar: La vecchia maggioranza
della Cgil non esiste pi, non so se ne esiste unaltra che non comprende
Essere Sindacato, cio la componente di Bertinotti. Trentin il 2 settembre
si present dimissionario al Direttivo di Ariccia. Con lui, in quelle settimane
complicate si era schierato un padre nobile come Vittorio Foa. Gli chiesero di restare; lui rispose che avrebbe ritirato le dimissioni solo se la richiesta fosse stata votata allunanimit. Ottenne lunanimit e rest al suo
posto.
Alla fine di questa lunga ricostruzione, vien quasi automatico porsi
una semplice domanda: chi ha vinto e chi ha perso? Le vicende umane sono
spesso troppo complicate per poter essere sintetizzate in una visione agonistica, per poter essere interpretate come una partita di basket o un incontro
di pugilato: non detto che ci sia un vincitore (o un solo vincitore), non
detto che vi sia uno sconfitto (o un solo sconfitto). Del decreto di San Va444

L U LT I M O A C C O R D O

lentino in tanti hanno voluto rimuovere anche il ricordo eppure stato un


momento di passaggio non ininfluente nella vita italiana. Sicuramente quel
provvedimento ha consentito al Paese di battere linflazione e su questo
possono correre veramente pochissimi dubbi. Ha favorito anche una crescita del Pil pari al 4% annuo e un incremento della produttivit del 17%.
Poi ci sono aspetti di quel provvedimento che si sono rivelati delle promesse
mancate. Quel decreto, il senso di quel negoziato pu oggi apparire come
unautomobile che a un certo punto del viaggio si fermata in mezzo allautostrada per mancanza di benzina. Il provvedimento partito, ha fatto
un bel tratto del percorso programmato, ma poi si bloccato perch le ferite,
politiche e sindacali, non si sono rimarginate (o si sono rimarginate solo
parzialmente), perch il Pci and in crisi e perch alla crisi del Pci corrispose la crisi della Cgil dove Antonio Pizzinato provava a elaborare delle
proposte ma si trovava sistematicamente davanti lopposizione della componente di Bertinotti che aveva una bizzarra idea di sindacato in cui gli accordi non erano previsti. Quel provvedimento, la trattativa che aveva
portato a quellepilogo, conteneva delle potenzialit, anche dal punto di
vista della riaggregazione della sinistra, ma non sono state sfruttate. mancata la capacit di cogliere al volo le occasioni: la caduta del Muro di Berlino con il carico di innovazione che proponeva soprattutto alla sinistra;
dentro quellaccordo cerano i semi di una Bad Godesberg allitaliana ma
inutili incrostazioni ideologiche hanno impedito di farli germogliare, di
produrre frutti. Il sindacato riuscito con il governo presieduto da Carlo
Azeglio Ciampi a organizzare in maniera compiuta la concertazione ma gli
mancato il colpo dala di una proposta unitaria e si trascinato tra superficiali rappacificazioni e improvvide ma non improvvise rotture.
Eppure se quelle potenzialit fossero state sfruttate forse tanti errori
avrebbero evitato le confederazioni, altrettanti errori avrebbe evitato la sinistra, qualche problema in meno avrebbe avuto il Paese. Basti pensare a
quali benefici gli italiani avrebbero tratto da un irrobustimento della parte
di quellintesa relativa alla politica dei redditi, in un paese in cui la quota
di Pil destinata ai salari ampiamente pi bassa della media Ocse. Oggi
continuiamo a combattere con un debito pubblico spaventoso e con forze
politiche che si rimpallano le responsabilit oppure le scaricano su Bettino
Craxi e sui socialisti. Gianni De Michelis ha spesso risposto sostenendo
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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

che alla base di questo aumento c la vittoria della linea Andreatta che postulava la separazione della Banca dItalia dal Tesoro prima ancora che si
fosse messo ordine nei conti. evidente che i responsabili saranno sempre
dalla parte opposta alla nostra. Ma la questione unaltra: uno sforzo comune, concertato avrebbe potuto bloccare questa idrovora che ci succhia
risorse e ci impedisce di tornare a crescere?
In Italia stata realizzata una vagonata di liberalizzazioni che ha
prodotto nella stragrande maggioranza dei casi un solo effetto: laumento
delle tariffe. Le Autorit Garanti si sono moltiplicate come funghi, assicurando una buona soluzione dei problemi economici di chi viene chiamato
a farne parte ma finendo per essere indifferenti rispetto alle necessit del
Paese e dei suoi cittadini. Abbiamo lenergia elettrica pi cara della galassia
ma una autorit per lenergia che poi si abbandona al trionfalismo quando
si abbassa in misura infinitesimale il costo del gas. Eppure anche di tutto
questo parlava il decreto di San Valentino. Certo, ne parlava come se ne
poteva parlare allora quando cerano ancora prezzi e tariffe amministrati.
Ma utilizzando quel canovaccio per governare la modernit, precedendo i
cambiamenti e non seguendoli, forse avremmo potuto realizzare le liberalizzazioni in una maniera pi decente, per dare conforto alla gente e non
per precipitarla nello sconforto.
Ma si parlava anche di evasione fiscale in unItalia in cui vengono
sottratti al fisco ogni anno duecentosettanta miliardi di euro di imponibile,
in cui ci sono 452 miliardi da riscuotere bussando alla porta di appena
171.409 contribuenti infedeli (considerato il numero, una citt di dimensioni medio-piccole, non dovrebbe essere poi cos complicato).
Quel decreto richiamava inevitabilmente la riforma del welfare e
del mercato del lavoro. Ne avremmo avuto bisogno perch stiamo precipitando, come Stato, in una sorta di illegalit: si paga la gente per non farla
lavorare, tra cassintegrati in deroga, esodati, pre-pensionati che poi semmai
continuano a lavorare in nero, cio sottraendo imponibile al fisco. Sarebbe
molto meglio utilizzare quei quattrini, invece, per far lavorare gli italiani
visto che abbiamo tassi di occupazione decisamente bassi, ampiamente al
di sotto del sessanta per cento della popolazione attiva. Lo spirito di quel
decreto avrebbe potuto favorire la definizione di una riforma del mercato
del lavoro pi coerente, una riforma in cui la flessibilit fosse vista come
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L U LT I M O A C C O R D O

strumento e non come principio ideologico e cartina di tornasole di una


modernit che ha portato solo a uno sviluppo incontrollato e, probabilmente, ingovernabile della precariet; un mercato del lavoro ricostruito per
fare incontrare domanda e offerta, per valorizzare le capacit e le competenze, le qualit umane e professionali; che si legasse a unaltra riforma,
quella della scuola evitando quella massa di interventi varati solo per tagliare fondi allistruzione pubblica, spesso predisposti da ministri (come la
Gelmini) che avevamo sostenuto gli esami di abilitazione professionale laddove le promozioni le davano in regalo e poi, una volta sulla poltrona di
quel ministero, cominciavano a inseguire neutrini attraverso il Gran Sasso.
Molti anni fa, polemizzando con Benedetto Croce, Piero Calamandrei scriveva: Non si capisce perch il Croce sia cos restio ad accettare
quei movimenti politici, come il liberalsocialismo o come quello il cui
motto giustizia e libert, che nei loro programmi non si limitano a menzionare la libert, ma accompagnano tale menzione col riferimento a certe
premesse economico-sociali, senza le quali, secondo essi la libert non potrebbe realizzarsi. E continuava: Perch non dovrebbe essere logicamente permesso, senza con questo toccare il sistema della libert, inserire
tra questi diritti di libert che sono condizioni a priori del regime liberale,
laffermazione di un minimum di benessere economico considerato anchesso come condizione perch i cittadini possano partecipare liberamente
alle lotte politiche. Incalzava: Niente vieta logicamente di allargare il
campo di questi diritti di libert, che sono il presupposto di qualsiasi ordinamento liberale: diritto alla casa, diritto di accesso alle scuole superiori,
diritto al lavoro, diritto allassicurazione contro linfermit e la vecchiaia.
Solo con questi diritti garantiti luomo in grado di esplicare dignitosamente la sua individualit morale, di dedicarsi a quello sviluppo della sua
persona spirituale a cui deve tendere ogni sistema basato sulla libert...
Questi diritti di libert economica rimarranno iscritti nella costituzione liberale come affermazioni di diritti insopprimibili al pari di quelli iscritti
nelle Costituzioni sorte dalla Rivoluzione francese: questo allargamento
dei diritti di libert al campo economico dovrebbe essere una delle conquiste dei nuovi ordinamenti che usciranno da questa guerra. Il liberalismo
cosiddetto puro, il quale si limita a proclamare come diritto intangibile
di libert quelle libert civili e politiche che possono essere utilmente ado447

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

perate solo da chi non sia costretto a risolvere giorno per giorno, in condizioni di fatica bestiale, la questione del pane, trova giustamente di fronte
a s la diffidenza dei lavoratori i quali non sanno che farsene di una libert
che come fu detto per essi nientaltro che una libert a morire di fame.
Perch i lavoratori sentano la nobilt del sistema liberale e si adattino a
praticare lealmente questo sistema rinunciando ai propositi di dittatura di
classe, bisogna che essi abbiano la coscienza che questa libert non si risolve in un trucco ai loro danni, cio in unarma di progresso e di elevazione di cui essi in realt non possono servirsi per mancanza di quel
minimo di sicurezza economica senza la quale i diritti di libert sono una
parola senza contenuto. Tutto questo non vuol dire uguale benessere,
che sarebbe utopia contrastante collidea stessa di libert, che vuole che
anche il benessere sia frutto della conquista individuale, e quindi proporzionato alle iniziative ed ai meriti, ma vuol dire diritto a quel minimo di
benessere che condizione per lutile esercizio dei diritti di libert.
La questione che Calamandrei poneva in tempi tempestosi, quelli
della guerra, pu essere, in un momento come questo, in cui sempre pi
ampi strati di cittadini di questa Repubblica scivolano verso la soglia dellindigenza (il trenta per cento, secondo Eurostat, in questa classifica a livello di Unione Europea, ci supera solo la Grecia), riproposta e avrebbe lo
stesso valore, seppur calato in una diversa temperie morale. Oggi ci vorrebbe una San Valentino alla rovescia perch nel 1984 i lavoratori qualcosa
potevano dare, oggi, invece, possono solo chiedere. Lo squilibrio diventato talmente profondo, talmente insopportabile che la questione bisognerebbe porla in maniera completamente diversa. Di fronte a una situazione
contrattuale sostanzialmente bloccata, bisogna probabilmente cominciare
a ragionare su un cocktail di salario minimo e fiscalit agevolata. Le preoccupazioni che circondano la patrimoniale possono anche essere comprensibili ma, come diceva Calamandrei, per molti oggi la libert quella di
morir di fame ed naturale che chi ha si debba fare carico di chi non ha
anche perch le societ equilibrate crescono, quelle squilibrate muoiono e
una volta morti fa veramente poca differenza essere ospitati in un monumentale mausoleo o sotto la nuda terra. Sono problemi a cui soprattutto la
sinistra deve dare risposte. Non si tratta, come afferm un illustre attore, di
dire qualcosa di sinistra: quelle son battute buone per le eleganti terrazze
448

L U LT I M O A C C O R D O

romane, condite di uno snobismo insopportabile che ha finito per rendere


antipatiche tra i ceti popolari proprio quelle forze che dovrebbero ambire a
essere popolari; non con la Gauche Caviar (o con quella al cashmere) che
si fa grande strada. Il fatto che bisognerebbe provare a costruire qualcosa
di sinistra, a fornire la visione di una societ che riesca a realizzare proprio
quello che diceva Calamandrei ma che diceva anche Carlo Rosselli: lesaltazione di tutte le libert fondamentali, da quelle civili (sul cui terreno in Italia
a sinistra spesso si tentenna) a quelle individuali, a quelle economiche.

449

LE DATE DEL DECENNIO LUNGO


1975 - 1985

Forattini si ispira a una delle battute pi famose


di Gianni Agnelli (su De Mita)

LE DATE

1975
Il punto diventa unico
23 gennaio Sciopero generale di ventiquattro ore a sostegna della richiesta di
unificazione del punto di contingenza.
25 gennaio Cgil, Cisl e Uil firmano con la Confindustria laccordo sul punto
unico di contingenza con scadenza 1 febbraio 1977.
27 febbraio Trentaduesimo congresso del Partito Repubblicano. Ugo La Malfa
diventa presidente, Oddo Biasini viene eletto segretario.
6 marzo Approvata la legge che abbassa a diciotto anni la maggiore et.
14 marzo Accordo governo-sindacati sullaggancio delle pensioni alla dinamica
salariale e sullaumento dei minimi.
18-23 marzo Quattordicesimo congresso del Pci. Enrico Berlinguer viene confermato segretario.
16-18 aprile Consigli generali Cgil-Cisl-Uil: viene confermato che il 1977 sar
lanno dellunit e i Consigli di Fabbrica saranno gli elementi portanti della struttura unitaria.
15-16 giugno Elezioni amministrative. Il Pci avanza e alle regionali ottiene il
33,5 per cento, la Dc arretra e conquista il 35,3. Il Psi si attesta al 12, il Psdi arriva
al 5,6 mentre il Pri ottiene il 3,2.
16-19 luglio Scongiurata la scissione nella Cisl. Un documento approvato allunanimit consente agli esponenti della minoranza di rientrare negli organismi
dirigenti. Vota a favore anche Vito Scalia, promotore delle manovre scissionistiche.
25 luglio Dopo la sconfitta alle elezioni, il Consiglio Nazionale della Dc elegge
alla segreteria Benigno Zaccagnini al posto di Amintore Fanfani che paga anche
la debacle referendaria dellanno prima sul divorzio.
18 agosto Paolo Baffi nuovo governatore della Banca dItalia.
31 dicembre Economia italiana in affanno: inflazione al 17 per cento, disoccupazione al 5,7, il Pil diminuisce del 3,6.

453

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

1976
Prove di compromesso storico
7 gennaio Si dimette il IV governo Moro.
21 gennaio La lira viene svalutata del 6,5 per cento.
6 febbraio Sciopero generale dei lavoratori dellindustria per loccupazione, gli
investimenti e i rinnovi contrattuali.
21 febbraio Nasce il V governo Moro.
3-7 marzo Quarantesimo congresso del Psi, Francesco De Martino viene confermato segretario.
11-15 marzo Diciassettesimo congresso del Psdi a Firenze. Mario Tanassi si dimette. Giuseppe Saragat diventa reggente e alla fine di settembre Pier Luigi Romita sar eletto segretario.
18-24 marzo Tredicesimo congresso Dc. Zaccagnini resta segretario.
30 aprile Il V governo Moro si dimette, le Camere sono sciolte e vengono indette
le elezioni che si svolgeranno il 20 giugno.
1 maggio Firmato il nuovo contratto dei metalmeccanici.
2 maggio Varata la legge 183 per i finanziamenti straordinari a favore del Mezzogiorno.
6 Maggio Alle 21 trema la terra in Friuli: 989 morti, centomila sfollati, diciottomila case distrutte. Danni per 4.500 miliardi di vecchie lire.
8 giugno A Genova le Br ammazzano il giudice Coco.
20 giugno Alle elezioni politiche il sorpasso non si realizza: la Dc tiene (38,7),
il Pci sale al 34,4; risultato deludente per il Psi (9,6); cala il Psdi (3,4), tiene il
Pri (3,1).
1 luglio Guido Carli sostituisce Gianni Agnelli alla Presidenza della Confindustria. Verr considerato, col tempo, il miglior leader dellorganizzazione imprenditoriale.

454

LE DATE

16 Luglio La svolta del Midas: dopo i deludenti risultati elettorali, al vertice


del Psi si realizza una svolta generazionale. Bettino Craxi diventa segretario al
posto di Francesco De Martino.
11 agosto Nasce la solidariet nazionale: il III governo Andreotti (un monocolore) ottiene la fiducia in Parlamento. Passer alla storia come il governo della
non sfiducia perch si basa principalmente sulle astensioni.
29 settembre-1 ottobre Il Comitato Centrale della Uil elegge segretario generale il leader dei metalmeccanici, Giorgio Benvenuto, in sostituzione di Raffaele Vanni.
31 dicembre LItalia torna a crescere: il Pil sale del 5,9 per cento ma la disoccupazione (6,6) e linflazione (16,7) restano alte.

1977
La stagione dei congressi sindacali
7-8 gennaio Assemblea unitaria dei quadri sindacali. Cgil-Cisl-Uil si dichiarano
disponibili a farsi carico di un programma di risanamento economico incentrato
su fiscalizzazione degli oneri sociali, eliminazione della contingenza dalle liquidazioni, abolizione delle scale mobili anomale, revisione delle festivit, mobilit
e straordinari.
12-14 gennaio Consiglio Generale della Cisl: Luigi Macario diventa segretario
generale in sostituzione di Bruno Storti.
24 gennaio Accordo Sindacati-Confindustria sul programma di risanamento
discusso nellassemblea dei quadri.
17 febbraio Gli Autonomi contestano violentemente il segretario generale della
Cgil, Luciano Lama, allUniversit di Roma.
18 marzo Sciopero generale sulla politica economica.
30 marzo Governo e Federazione unitaria raggiungono laccordo sul piano di
risanamento discusso dallassemblea dei quadri.
6 aprile Trecento Consigli di Fabbrica si riuniscono a Milano al Teatro Lirico
per contestare laccordo col Governo.

455

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

6-11 giugno Nono congresso della Cgil a Rimini: Luciano Lama confermato segretario; Agostino Marianetti il nuovo segretario generale aggiunto al posto
di Piero Boni.
14-18 giugno Ottavo congresso della Cisl: Luigi Macario confermato segretario
generale. Pierre Carniti diventa segretario generale aggiunto.
29 giugno-3 luglio Settimo congresso della Uil a Bologna: Giorgio Benvenuto
confermato segretario.
27 ottobre Lama annuncia che la Cgil uscir dalla Federazione sindacale mondiale (Fsm), organizzazione ormai a forte connotazione comunista nellorbita di
influenza dellUrss.
16 novembre A Torino viene ucciso Carlo Casalegno, vice-direttore de La
Stampa. la prima vittima delle Br fra i giornalisti.
2 dicembre Duecentomila metalmeccanici a Roma chiedono una diversa politica economica. La manifestazione determiner la crisi del governo della non
sfiducia e il successivo ingresso del Pci nellarea di governo.
31 dicembre Inflazione (17 per cento) e disoccupazione (6,9) restano i grandi
problemi dellItalia; delude anche la crescita (1,9).

1978
Il caso Moro sconvolge lItalia
16 gennaio Si dimette il monocolore Andreotti, il governo della non sfiducia.
24 gennaio Luciano Lama con una intervista a la Repubblica annuncia la
svolta dellEur.
13-14 febbraio Assemblea a Roma dei delegati e dei consigli generali. lufficializzazione della svolta preannunciata da Lama.
16 marzo Alle 9,02 agguato a via Fani a Roma: il presidente della Dc, Aldo
Moro viene rapito dalle Br, i cinque uomini della sua scorsa (Oreste Leonardi,
Domenico Ricci, Francesco Zizzi, Giulio Rivera e Raffaele Iozzino) vengono uccisi. Nello stesso giorno la Camera vota la fiducia al IV governo Andreotti (monocolore Dc).

456

LE DATE

29 marzo-2 aprile Il quarantunesimo congresso del Psi che si svolge a Torino


conferma Bettino Craxi segretario.
9 maggio A via Michelangelo Caetani, una stradina quasi equidistante dalla
sede della Dc in Piazza del Ges e da quella del Pci, in via delle Botteghe Oscure,
le Br fanno ritrovare a bordo di una Renault rossa il corpo senza vita di Aldo
Moro. E lepilogo di una vicenda drammatica cominciata il 16 marzo con il massacro di via Fani. Le forze politiche si divisero sulla trattativa che le Br avrebbero
voluto avviare per la liberazione di Aldo Moro. La Dc e il Pci optarono per la
linea della fermezza; il Psi, invece, avrebbe voluto aprire un canale di negoziato
attraverso alcuni esponenti dellAutonomia. Divergenti anche le posizioni allinterno del sindacato: Pierre Carniti aderiva alla linea dei trattativisti e il rapporto
con Bettino Craxi si consolid in quelloccasione (contemporaneamente, peggiorarono le relazioni del leader Cisl con il segretario comunista, Enrico Berlinguer).
14-18 giugno Trentaduesimo congresso del Pri: Oddo Biasini resta segretario.
15 giugno Giovanni Leone annuncia in televisione le sue dimissioni dalla presidenza della Repubblica. A partire dallesplosione dello scandalo Lockheed (acquisto illecito di aerei dallazienda americana), era stato al centro di violenti
attacchi, accusato di essere luomo (nome in codice: Antelope Cobbler) intorno a
cui ruotava la vicenda. Il Pci ne aveva chiesto ufficialmente le dimissioni. Nel
1998, in occasione del suo novantesimo compleanno i radicali si scusarono pubblicamente con lui per gli attacchi di ventanni prima.
8 luglio Sandro Pertini viene eletto Presidente della Repubblica.
27 luglio Varata la legge 392 sullequo canone.
16 agosto Muore Paolo VI. Il 21 aprile del 1978, durante il rapimento di Aldo
Moro aveva scritto alle Br: Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse: restituite
alla libert, alla sua famiglia, alla vita civile lonorevole Aldo Moro.
26 agosto Albino Luciani diventa Papa con il nome di Giovanni Paolo I.
31 agosto Il ministro Pandolfi presenta il piano triennale.
29 settembre Muore Giovanni Paolo I.
16 ottobre Il polacco Karol Wojtyla diventa Papa con il nome di Giovanni Paolo
II. Avr un ruolo decisivo nella caduta dellimpero sovietico.

457

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

28 ottobre Il comitato centrale del Psdi elegge Pietro Longo segretario al posto
di Pierluigi Romita.
23 dicembre Nasce il servizio sanitario nazionale.
31 dicembre Buone notizie dalleconomia: cresce il Pil (2,7), cala linflazione
(12,1) ma resta alta la disoccupazione (6,9).

1979
Alle politiche crolla il Pci
22 gennaio La segreteria unitaria esprime parere negativo sul piano triennale.
24 gennaio Le Br uccidono Guido Rossa a Genova: operaio comunista dellItalsider, membro del Consiglio di Fabbrica, iscritto alla Flm. Aveva denunciato lappartenenza alle Brigate Rosse delloperaio Francesco Berardi.
29 gennaio Le Br uccidono ancora. A Milano cade sotto il fuoco brigatista il
sostituto procuratore della Repubblica, Emilio Alessandrini.
31 gennaio Il quarto governo Andreotti si dimette. Finisce la solidariet nazionale.
22 febbraio Con un colpo a sorpresa, il Presidente della Repubblica, Sandro
Pertini, attribuisce al leader repubblicano Ugo La Malfa lincarico di formare il
nuovo governo. I partiti accoglieranno freddamente la novit, al contrario la
Uil sosterr il tentativo con convinzione. Ma lesito sar negativo e La Malfa getter la spugna.
14 marzo Andreotti forma un governo tricolore con Psdi e Pri ma non ottiene
la fiducia.
29 marzo Muore Ugo La Malfa. Era stato il primo laico, dalla caduta del governo Parri, a ricevere lincarico di formare un governo
30 marzo-3 aprile Al quindicesimo congresso del Pci, Enrico Berlinguer viene
confermato segretario.
2 aprile Il presidente Pertini scioglie le Camere. Si voter il 3 e 4 giugno.
2 maggio Pierre Carniti diventa segretario generale della Cisl in sostituzione
di Luigi Macario che si candida alle elezioni. Franco Marini diventa segretario

458

LE DATE

generale aggiunto.
3-4 giugno Alle elezioni il Pci perde il 4 per cento e scende al 30,4; la Dc tiene
(38,3) al pari del Psi (9,8), del Psdi (3,8) e del Pri (3). Grande affermazione dei
radicali che ottengono il 3,4 per cento con un incremento del 2,4 sulle precedenti
politiche.
10 giugno Prime elezioni per il Parlamento europeo. La Dc cala al 36,4, il Pci al
29,6, salgono il Psi (11 per cento), il Psdi (4,3) mentre i repubblicani scivolano al 2,6.
16 luglio il mese dei rinnovi contrattuali. Firmano prima i metalmeccanici
poi, a seguire, chimici, tessili, edili, alimentaristi, cartai.
5 agosto Nasce il governo guidato da Francesco Cossiga, un tripartito composto
da Dc, Psdi e Pli con lappoggio esterno di socialisti e repubblicani. Siamo alle
prove di pentapartito. Il tentativo di Cossiga era stato preceduto da un incarico
a Filippo Maria Pandolfi.
2 settembre Prima Linea uccide a Torino il dirigente della Fiat responsabile
della pianificazione strategica, Carlo Ghiglieno.
23 settembre Giovanni Spadolini viene eletto segretario del Pri.
8 ottobre Carlo Azeglio Ciampi succede a Paolo Baffi come Governatore della
Banca dItalia.
9 ottobre La Fiat spedisce sessantuno lettere di licenziamento a operai di Mirafiori, Rivalta e della Lancia di Chivasso. Vengono accusati di aver volontariamente danneggiato materiale di propriet dellAzienda, avere inoltre
utilizzato materiale per fini impropri, allo scopo di minacciare e costringere capi
ed impiegati ad abbandonare il posto di lavoro, seguire cortei, assistere a manifestazioni. Il riferimento non diretto, ma vengono sostanzialmente accusati
di fiancheggiare organizzazioni violente o terroristiche.
31 dicembre Solo la crescita conforta leconomia italiana: pi 4,9 per cento.
Ma linflazione torna a galoppare (14,8) e la disoccupazione dilaga(7,7).

1980
Strage a Bologna, terremoto in Irpinia
1 gennaio Si spegne a ottantanove anni Pietro Nenni, storico leader socialista.

459

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

16-20 febbraio Al diciottesimo congresso del Psdi Pietro Longo viene confermato segretario.
16 febbraio Al quattordicesimo congresso la Dc archivia la solidariet nazionale. La maggioranza del partito vota un preambolo in cui viene esclusa
la possibilit di una collaborazione di governo con il Pci. Flaminio Piccoli, poi, il
5 marzo verr eletto segretario dal Consiglio Nazionale.
5 Marzo A Roma la Uil festeggia il suo trentesimo anniversario celebrando
Bruno Buozzi.
19 marzo Si dimette il primo governo Cossiga.
4 aprile Il Psi rientra al governo. Presidente del Consiglio Francesco Cossiga.
Vengono cos confermati i nuovi equilibri politici nati dalla vittoria del preambolo al congresso democristiano e dalla successiva decisione del comitato centrale socialista adottata a maggioranza di assumere la responsabilit diretta
allinterno dellesecutivo. Sotto il governo Cossiga, nel luglio del 1980, il parlamento approv anche la dislocazione a Comiso degli euromissili, una scelta che
contrappose in maniera estremamente dura lopposizione comunista al governo
e, in particolare, ai socialisti. Sulla base di quel voto parlamentare tocc poi al
governo Craxi provvedere concretamente alla dislocazione dei Pershing e dei
Cruise in Sicilia. I primi missili arrivarono in Italia nel 1984 ma non vennero
mai montati perch lanno dopo iniziarono i negoziati tra Reagan e Gorbaciov.
4 maggio Assemblea costituente del sindacato dei lavoratori della polizia
(Siulp). Partecipano Lama, Carniti e Benvenuto.
9 maggio Vittorio Merloni diventa presidente della Confindustria.
29 maggio A Milano alle 11 del mattino un commando terroristico uccide linviato del Corriere della Sera, Walter Tobagi. Il commando era composto da
Marco Barbone, Paolo Morandini, Mario Marano, Francesco Giordano, Daniele
Laus e Manfredi De Stefano, rampolli della buona borghesia milanese, alcuni
legati per vie familiari allambiente giornalistico.
8-9 giugno Alle elezioni regionali il Pci recupera rispetto alle politiche dellanno
prima ma perde rispetto alle analoghe consultazioni del 1975 ottenendo il 31,5
per cento; la Dc ottiene il 36,7 mentre i socialisti salgono (12,7). Cedono qualcosa
i socialdemocratici (5). Tengono i repubblicani (3).
24 giugno La Cisl festeggia il suo trentesimo anniversario.

460

LE DATE

1 luglio Giorgio Benvenuto duramente contestato a Milano nel corso di una


manifestazione sui provvedimenti che il governo si appresta ad adottare. Una
settimana dopo, sempre a Milano, viene organizzata una manifestazione di solidariet a cui partecipano, oltre a Benvenuto, Bettino Craxi e Carlo Tognoli.
2 luglio Nel pacchetto di misure economiche messo a punto dal governo viene
inserito il fondo di solidariet per il Mezzogiorno alimentato dai lavoratori con
il contributo dello 0,50 per cento (la proposta era della Cisl).
4 luglio Il direttivo unitario approva il fondo di solidariet ed esprime un giudizio non negativo sulle misure del governo.
2 agosto Nel pieno dellesodo per le vacanze estive, una bomba esplode alla stazione di Bologna. Ottantacinque le vittime. Sullattentato, di marca neofascista,
non sar mai fatta piena luce. Verranno condannati, come autori materiali, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, esponenti dei Nar (Nuclei Armati Rivoluzionari), che si dichiareranno sempre innocenti. Verranno condannati per
depistaggio delle indagini lex capo della Loggia P2, Licio Gelli, lex agente del
Sismi, Francesco Pazienza, gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte. Per quellattentato sospetti sono stati avanzati nei
confronti dei servizi libici di Gheddafi, della banda della Magliana, dellorganizzazione Gladio.
14 agosto A Danzica i lavoratori dei cantieri navali guidati da Lech Walesa e
dal sindacato Solidarnosc iniziano la lotta per la reintegrazione di Anna Walenynowicz, operaia addetta alle gru, licenziata per motivi politici. Tutto comincia
con la diffusione di un volantino. ma da l sostanzialmente partir un processo
che porter la democrazia nei Paesi dellest e determiner la dissoluzione dellimpero sovietico.
8 settembre Comincia la vertezza Fiat che culminer con la Marcia dei Quarantamila: lazienda spedisce quindicimila lettere di licenziamento.
27 settembre Il governo Cossiga, in minoranza sui provvedimenti economici,
si dimette. La Fiat, vista lapertura della crisi, sospende i licenziamenti e li trasforma in cassa integrazione per 24 mila dipendenti.
1 ottobre Arnaldo Forlani riceve lincarico per formare il muovo governo che
sar costituito effettivamente il 18 ottobre. Si tratter di un quadripartito Dc,
Psi, Psdi, Pri.
9 ottobre Alfa Romeo e Nissan danno vita allArna.

461

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

14 ottobre Quarantamila quadri e capi guidati da Luigi Arisio sfilano per le vie di
Torino chiedendo la conclusione della vertenza che durava da trentacinque giorni.
18 ottobre Si chiude formalmente la vertenza Fiat con laccordo tra azienda e
sindacati.
23 novembre Alle 19,34 di domenica si scatena lapocalisse in Irpinia. Un terremoto del decimo grado della scala Mercalli con epicentro nei comuni di Teora,
Castelnuovo di Conza e Conza della Campania, provocher 2.914 vittime e costringer 280 mila persone ad abbandonare le proprie case. Nel sisma saranno
coinvolte tre regioni, Campania, Basilicata e Puglia. La ricostruzione si trasformer in un lungo scandalo, senza soluzione di continuit: attualizzando al 2010
il valore dei quattrini spesi dallo Stato per la ricostruzione si arriva a una cifra
di circa 66 miliardi di euro.
12 dicembre Viene rapito dalle Br a Roma il giudice Giovanni DUrso, direttore
dellUfficio generale degli Istituti di prevenzione e pena. Verr liberato dopo trentaquattro giorni di prigionia, il 15 gennaio 1981. Il rilascio sar accompagnato
da polemiche sullavvio di trattative durante la prigionia e sul ruolo svolto dalla
stampa.
31 dicembre Leconomia va male. Linflazione raggiunge un record storico che,
per fortuna, rester imbattuto: 21,2 per cento; il tasso di disoccupazione arriva
al 7,6. Il Pil, comunque, cresce del 3,9 per cento.

1981
Scatta in Polonia lo stato di assedio
12-13 gennaio Il direttivo unitario, viste le divisioni tra Cgil, Cisl e Uil, rinvia
la riunione dei delegati e dei consigli generali fissata per il 5-7 febbraio.
13 gennaio Il governo incontra i sindacati e decide la revisione delle aliquote
Irpef.
31 gennaio Governo e Banca dItalia adottano misure di restrizione del credito
che suscitano le proteste dei sindacati.
2 febbraio Il sindacato vara un codice di autoregolamentazione degli scioperi
nel settore dei trasporti pubblici.

462

LE DATE

4-6 marzo Si svolge a Montecatini lassemblea dei quadri e dei delegati della
Federazione Cgil-Cisl-Uil. Si conclude con una occasione perduta: la mozione
che prova ad aprire il discorso sulla riforma della scala mobile viene ritirata.
17 marzo I sostituti procuratori milanesi, Gherardo Colombo e Giuliano Turone,
che indagano sul bancarottiere Michele Sindona (quello che Andreotti aveva definito il salvatore della lira), ordinano una perquisizione degli uffici della Giole
di Licio Gelli, a Castiglion Fibocchi. La Guardia di Finanza trova gli elenchi degli
iscritti alla Loggia P2. Lo scandalo enorme, le ricadute sociali, politiche ed economiche anche perch in quegli elenchi ci sono 44 parlamentari, 2 ministri in
carica, un segretario di partito, 12 generali dei carabinieri, 5 generali della Guardia di Finanza, 22 generali dellEsercito, 4 dellaeronautica, 8 ammiragli, alcuni
grandi imprenditori, giornalisti, funzionari pubblici.
2 aprile I sindacati si dividono sul pacchetto di proposte anti-inflazione da presentare al governo.
22-26 aprile A Palermo Bettino Craxi viene confermato per la prima volta segretario del Psi direttamente dal congresso.
6 maggio Il governo Forlani, travolto dallo scandalo P2, si dimette.
11 maggio Il sindacato definisce una piattaforma anti-inflazione in dieci punti
da presentare al governo.
13 maggio Dalla pistola di un killer turco professionista, Al Agca partono in
Piazza San Pietro due colpi di pistola che feriscono il Papa, Giovanni Paolo II.
15 maggio Il governo propone al sindacato un patto anti-inflazione impostato
su tre temi: costo del lavoro, fisco e tariffe.
17 maggio Il fronte laico, dopo il referendum che aveva mantenuto in vigore la
legge sul divorzio, ottiene un altro successo. Il referendum abrogativo promosso
dal Movimento per la Vita, viene respinto: il 68 per cento degli italiani dice che
deve rimanere in vigore la legge che legalizza laborto, disciplinando i casi in cui
consentito.
20 maggio Riesplodono i contrasti nel sindacato sulla piattaforma anti-inflazione. Le diversit di posizione riguardavano il decimo punto, la scala mobile.
22-25 maggio Il congresso del Pri conferma segretario Giovanni Spadolini.

463

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

10-14 giugno Allottavo congresso della Uil Giorgio Benvenuto viene confermato segretario generale. Il titolo del congresso segnala il mutamento della linea
di azione sindacale: Dallantagonismo al protagonismo.
28 giugno Giovanni Spadolini forma un governo pentapartito. il primo laico
che guida un esecutivo dalla caduta del Governo Parri (10 dicembre 1945). Lo
stesso giorno incontra i sindacati e la Confindustria rinuncia a disdettare la scala
mobile.
6 luglio Giuseppe Taliercio, direttore del Petrolchimico di Porto Marghera,
viene ucciso dalle Brigate Rosse.
27-29 luglio Comincia la trattativa tra Governo e Sindacati per definire i provvedimenti anti-inflazione.
10 settembre Il confronto sulla manovra anti-inflazione continua e Spadolini conferma che nel 1982 non bisogner superare il tetto programmato del 16 per cento.
7-12 ottobre Al nono congresso della Cisl Pierre Carniti viene confermato segretario generale sullo slogan: Capire il nuovo, guidare il cambiamento.
14 ottobre Le trattative tra sindacati e Confindustria e Intersind vengono interrotte. Le organizzazioni imprendoriali chiedono la scala mobile con scatto annuale o semestrale e il non pagamento dei primi tre giorni di malattia.
26 ottobre Nuovo round nel negoziato governo-sindacati. Spadolini annuncia
che non interverr con provvedimenti legislativi. Ma le divisioni tra i sindacati
restano.
16-21 novembre Decimo congresso della Cgil. Alla vigilia comunisti e socialisti
hanno raggiunto un accordo interno su scala mobile e costo del lavoro. Lama
confermato segretario generale, Marianetti resta segretario generale aggiunto.
13 dicembre Viene dichiarato lo stato dassedio in Polonia.
14 dicembre La segreteria della Federazione Cgil-Cisl-Uil vara una proposta
unitaria sul costo del lavoro.
31 dicembre Leconomia ristagna. Il Pil perde lo 0,2 cento, linflazione resta
elevata (17,8) la disoccupazione non conosce limiti: 8,4 per cento.

464

LE DATE

1982
Scala mobile, la Confindustria disdetta
26 gennaio La Corte Costituzionale dichiara legittimo il referendum richiesto
da Democrazia proletaria sulla legge che blocca al 1 gennaio 1977 il calcolo della
contingenza sulle liquidazioni. La consultazione per non si terr in quanto Gino
Giugni, su mandato del Presidente del Consiglio in carica allepoca, Giovanni
Spadolini, metter a punto una riforma che far venir meno le motivazioni dei
proponenti.
4 febbraio Viene arrestato a Firenze al Palazzo dei Congressi mentre erano in
corso i Consigli Generali Unitari Cgil Cisl e Uil Luigi Scricciolo, responsabile del
Dipartimento Internazionale della Uil e componente del comitato centrale della
confederazione. Gli vengono contestate le accuse di terrorismo e spionaggio.
Erano totalmente infondate tanto vero che sar completamente prosciolto in
fase istruttoria dopo per essere stato sottoposto ingiustamente a due anni di
carcerazione preventiva.
24-28 marzo Al diciannovesimo congresso del Psdi, Pietro Longo viene confermato segretario.
2 aprile Il governo nomina Carlo Alberto Dalla Chiesa prefetto di Palermo.
30 aprile A Palermo la mafia uccide il segretario regionale del Pci, Pio La Torre,
e il suo collaboratore, Rosario Di Salvo.
2-5 maggio Cambio della guardia al vertice della Dc al termine del congresso:
Ciriaco De Mita viene eletto segretario in sostituzione di Flaminio Piccoli.
10-11 maggio Vittorio Merloni viene confermato dallassemblea annuale alla
guida della Confindustria.
29 maggio Viene varata definitivamente la legge (concordata da Spadolini con
le parti sociali) sulle liquidazioni che fa decadere il referendum.
1 giugno La Confindustria disdetta laccordo sul punto unico di contingenza.
Proteste e manifestazioni in tutta Italia.
8 giugno La Federazione unitaria proclama lo sciopero generale per il 25 giugno.
25 giugno Sciopero generale contro la disdetta dellaccordo sulla scala mobile:
a Roma cinquecentomila persone in piazza.

465

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

29 giugno Anche lIntersind disdetta lintesa sul punto unico di contingenza.


11 Luglio La Nazionale di calcio italiana conquista al Santiago Bernabeu di Madrid la terza Coppa del Mondo della sua storia battendo la Germania Federale
per 3-1 (gol di Rossi, Tardelli, Altobelli e Breitner). In tribuna, il presidente della
Repubblica Sandro Pertini.
7 agosto Spadolini si dimette avendo il Parlamento rigettato la legge di bilancio
presentata dal governo.
23 agosto Nasce il secondo governo Spadolini. Verr definito governo fotocopia per la conferma di tutti i ministri.
24 agosto La Confcommercio disdetta laccordo sul punto unico di contingenza.
26 agosto Anche la Confedilizia provvede alla disdetta di quello che veniva definito accordo Lama-Agnelli.
3 settembre Agguato mafioso a Palermo: la strage di via Carini. Sotto i colpi
dei killer di Cosa Nostra cadono il prefertto di Palermo, generale Carlo Alberto
Dalla Chiesa, la moglie, Emanuela Setti Carraro, e lagente di scorta Domenico
Russo.
7 ottobre Riprendono gli incontri per trovare un accordo su una manovra antiinflazione. Nulla di fatto.
20 ottobre La Federazione unitaria approva la sua proposta sul costo del lavoro e avvia la consultazione nelle fabbriche e negli uffici. Ma il raffreddamento
della contingenza ipotizzato viene ritenuto insufficiente dalla Confindustria.
10 novembre La lite delle comari cio lo scontro tra i ministri Rino Formica
e Beniamino Andreatta, affonda il secondo Governo Spadolini.
16 novembre Sandro Pertini affida lincarico per la formazione del nuovo governo ad Amintore Fanfani.
10 dicembre Il governo Fanfani ottiene la fiducia e avvia immediatamente il
negoziato per trovare una soluzione al problema posto dalla disdetta della scala
mobile.
15 dicembre Sciopero generale di 9 ore in Liguria contro la ristrutturazione
della siderurgia. Benvenuto interviene a Genova per conto della Federazione
unitaria ma viene contestato e non riesce a terminare il suo intervento. lennesimo caso ed esaspera i rapporti fra le Confederazioni.

466

LE DATE

31 dicembre Il Pil diminuisce ancora di mezzo punto, mentre la disoccupazione


sale al 9 per cento. Scende un po linflazione: 16,5 per cento.

1983
Il fallimento elettorale di Ciriaco De Mita
13 gennaio A Bologna il segretario generale aggiunto della Cgil, Marianetti,
viene pesantemente contestato. La vicenda scatena le polemiche: da un lato Cisl,
Uil e socialisti della Cgil, dallaltro i comunisti della Cgil.
18 gennaio Sciopero generale dellindustria a sostegno delle vertenze per i rinnovi contrattuali. Per evitare contestazioni, le manifestazioni non vengono concluse da comizi. Un fatto senza precedenti.
22-23 gennaio Le Confederazioni, il governo e gli imprenditori con la mediazione del ministro del lavoro, Vincenzo Scotti, firmano un accordo triangolare.
La scala mobile viene raffreddata del 15 per cento.
25 gennaio Scoppia la grana dei decimali che avvelener i rapporti tra sindacati e Confindustria per anni. La Federazione unitaria accusa gli imprenditori
di sabotare laccordo appena siglato. In sostanza la Confindustria riteneva che
i decimali di punto dovessero essere cancellati, mentre i sindacati (e lo stesso
Scotti) ritenevano che dovessero sommarsi e dovessero essere pagati nel momento in cui concorrevano alla formazione di un punto.
2-6 marzo Enrico Berlinguer viene confermato segretario a conclusione del sedicesimo congresso del Pci.
25 marzo Approvato alla Camera il decreto sul Costo del Lavoro.
29 aprile I socialisti ritirano il sostegno al Governo: Fanfani si dimette.
3 maggio Gino Giugni, esponente di spicco del Psi, giuslavorista, viene gambizzato dalla Brigate Rosse mentre si stava recando nel suo ufficio romano di
via Livenza.
4 maggio Le Camere vengono sciolte e le elezioni vengono indette per il 26 e 27
giugno.
12 maggio Vittorio Merloni viene confermato dallassemblea annuale alla presidenza della Confindustria.

467

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

26-27 giugno La grande sorpresa il crollo della Dc. La veste tecnocratica


scelta dal nuovo segretario, Ciriaco De Mita, non convince gli elettori: il partito
crolla al 32,9 per cento. Cala anche il Pci, al 29,9. Avanzano i socialisti (11,4) e il
Psdi (4,1). Ma il dato di maggior rilievo il successo dei repubblicani che trionfano a Milano e ottengono, su scala nazionale, il 5,1 per cento, effetto evidente
del Governo Spadolini.
29 luglio La mafia uccide ancora a Palermo: sotto i colpi dei killer di Cosa Nostra crolla il giudice Rocco Chinnici.
12-13 agosto La pesante sconfitta elettorale della Dc induce Sandro Pertini a
dare per la seconda volta il mandato a formare il governo a Bettino Craxi. Questa volta il leader socialista conclude con successo le sue consultazioni, si presenta
in Parlamento e ottiene la fiducia. Forma un governo pentapartito, la formula
che caratterizzer tutti gli anni Ottanta. La posizione del Pci sar estremamente
critica. Al contrario, Luciano Lama far una apertura di credito al nuovo governo Craxi.
1 settembre I metalmeccanici firmano il nuovo contratto di lavoro, dopo venti
mesi di trattative e duecento ore di sciopero.
3 ottobre La Federazione Unitaria esprime dure critiche alla manovra economica del governo.
13-14-18 ottobre Incontri dei sindacati con il governo su spesa sociale, occupazione e investimenti, fisco, tariffe e prezzi amministrati. Il giudizio di Cgil-CislUil negativo.
29 ottobre La Confindustria annuncia che non pagher il punto di scala mobile
che matura a novembre grazie alla somma dei decimali. Nel frattempo il ministro del lavoro, Gianni De Michelis annuncia un progetto di riforma pensionistica che alza a 65 anni let pensionabile. Sindacati contrari.
4 novembre Il presidente del Consiglio, Bettino Craxi, scrive alla Confindustria.
Oggetto della lettera: i decimali. Per Craxi i sindacati hanno ragione, il punto
determinato dalla somma delle frazioni va pagato.
10 novembre La Confindustria decide di pagare il punto (6.800 lire) con riserva. Si adeguano anche le altre organizzazioni imprenditoriali. Nel frattempo
viene avviata la verifica dellaccordo del 22 gennaio.
16 novembre Alla fine di un teso dibattito parlamentare, lItalia decide di installare i missili Cruise e Pershing.

468

LE DATE

22-25 novembre Conferenza di organizzazione della Uil.


12-14 dicembre Il Consiglio generale della Cisl rilancia la proposta di predeterminazione degli scatti di scala mobile messa a punto dalleconomista Ezio Tarantelli.
15 dicembre Gli agenti di polizia firmano il primo contratto di lavoro. La validit dellaccordo viene estesa a carabinieri, agenti di custodia, forestali e finanzieri.
24 dicembre Viene approvata la Legge Finanziaria.
31 dicembre Si avvertono gli effetti dellaccordo raggiunto con Scotti: linflazione cala al 14,7 per cento. Il Pil, per, scende ancora: -0,4. Ma a preoccupare
sempre di pi la disoccupazione che sale al 9,7.

1984
La rottura di San Valentino
12 gennaio La segreteria della Federazione Unitaria dichiara la disponibilit
a trattare la manovra del governo contro linflazione purch accompagnata da
interventi su sviluppo e occupazione.
13 gennaio Il ministro del lavoro De Michelis consegna alle parti un documento
su prezzi, fisco, occupazione e costo del lavoro. la base per la trattativa finale.
23 gennaio Vertice governo-sindacati. Sempre pi evidenti i contrasti allinterno del sindacato.
7 febbraio Si riunisce, dopo oltre un anno, il direttivo Cgil-Cisl-Uil. Nei giorni
precedenti si sono moltiplicate le iniziative dei consigli di fabbrica autoconvocati dalle quali si sono dissociati Cisl, Uil e socialisti della Cgil. La Cgil si dice
disponibile a ridurre la scala mobile ma chiede il recupero nellanno successivo.
La riunione che si tiene allHotel Midas di Roma, presieduta nel pomeriggio da
Pierre Carniti. che alle 19 afferma: La segreteria Cgil-Cisl-Uil ritiene opportuno
chiudere il direttivo prendendo atto che sui criteri e sullentit della manovra salariale non c accordo tra di noi. la fine dellunit sindacale.
13 febbraio Il direttivo della Cgil si divide formalmente fra comunisti e socialisti
su due documenti, uno presentato da Bruno Trentin, laltro da Ottaviano del
Turco. Del Turco e i socialisti si dichiarano favorevoli allaccordo.

469

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

14 febbraio la notte di San Valentino. La Confindustria, con un solo voto in


pi a favore (quello di Gianni Agnelli) d via libera alla manovra del governo. I
segretari di Cisl e Uil, Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto, inviano due lettere
con le quali autorizzano il governo ad adottare i provvedimenti legislativi per
attuare i provvedimenti. La Cgil manda una terza lettera, a firma di Luciano
Lama, in cui dichiara il disaccordo rispetto alle soluzioni concordate con gli altri
sindacati. Nella missiva, per, Lama d conto della posizione diversa della componente socialista della confederazione.
18 febbraio A Villa Madama, il Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, e il cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato, firmano il Nuovo Corcordato, che
riforma i vecchi Patti Lateranensi.
17 febbraio Scattano quattro punti di contingenza ma in base al decreto di San
Valentino ne vengono pagati soltanto due.
13 marzo Durante una manifestazione, Pierre Carniti attacca la Cgil e definisce
adunata islamica la manifestazione che, sotto la spinta degli autoconvocati,
la Cgil ha organizzato a Roma per il 24 marzo.
24 marzo Luciano Lama chiude a Roma la manifestazione contro la manovra
del governo. In piazza settecentomila persone (ma gli organizzatori parleranno
di un milione mentre la Questura di duecentomila). Cortei caratterizzati da slogan anti-socialisti.
4 aprile Il presidente del Consiglio, Bettino Craxi, incontra le confederazioni.
La Cgil continua a chiedere la restituzione dei punti di contingenza, Cisl e Uil,
invece, sollecitano lattuazione degli impegni assunti.
16 aprile Alla Camera il governo ottiene la fiducia sul decreto che cadr ugualmente per via dellostruzionismo attuato dal Pci. Dibattito estremamente teso e
il comunista, Dario Valori, viene colto da malore durante il suo intervento e morir poco dopo. Il governo, con lassenso di Cisl e Uil, dichiara che ripresenter
il provvedimento.
26-30 aprile Congresso repubblicano: Giovanni Spadolini resta segretario.
1 maggio La festa del lavoro dopo tredici anni viene celebrata separatamente.
Giorgio Benvenuto, segretario generale della Uil, interviene a una manifestazione della sua confederazione a Roma, Franco Marini della Cisl, invece, partecipa a un comizio a Bari, Luciano Lama, infine, a Napoli per la Cgil.
2-6 maggio Congresso socialdemocratico: Pietro Longo viene confermato segretario.

470

LE DATE

9 maggio Scattano quattro punti di contingenza per il trimestre maggio-luglio


ma per effetto del decreto di San Valentino (non convertito ma ripresentato) ne
vengono pagati soltanto due.
10 maggio Assemblea annuale della Confindustria: Luigi Lucchini sostituisce
Vittorio Merloni alla presidenza.
11-14 maggio A Verona quarantatreesimo congresso socialista: Craxi viene
confermato segretario per acclamazione. Il giorno dellapertura del Congresso,
Enrico Berlinguer viene accolto dai fischi della platea. Nella replica finale Craxi
dir: Hanno fischiato una politica, se avessi saputo fischiare avrei fischiato anchio. il momento pi alto della polemica socialisti-comunisti.
7 giugno Enrico Berlinguer mentre stava terminando un comizio a Padova
viene colto da malore. Arriva in ospedale in drammatiche condizioni.
8 giugno Il decreto di San Valentino nella sua seconda versione (che prevede
la riduzione della durata) viene approvato definitivamente. Alla fine del dibattito
al Senato, il capogruppo comunista, Gerardo Chiaromonte, annuncia che il suo
partito organizzer una raccolta di firme per convocare un referendum abrogativo.
11 giugno Nellospedale di Padova si spegne Enrico Berlinguer. Sandro Pertini
riporter a Roma sullaereo presidenziale la salma del leader scomparso. I funerali si svolgeranno a Piazza San Giovanni davanti a una folla immensa. Vi
parteciper anche il presidente del Consiglio Bettino Craxi.
16 giugno Le elezioni europee segnano, per la prima volta, il sorpasso elettorale
dei comunisti ai danni della Dc. Anche sullonda emotiva della morte di Berlinguer il Pci ottiene il 33,3 per cento mentre la Dc resta al 33. Il Psi arriva all11,2,
il Psdi al 3,5 mentre Pri e Pli che hanno presentato liste unitarie si fermano al
6,1.
26 giugno Parte la campagna Io pago le tasse e tu. A promuoverla la Uil
che presenta una clamorosa indagine sullinfedelt fiscale degli italiani: commercianti e professionisti pagano decisamente meno tasse dei lavoratori dipedenti. Sul tema fiscale le Confederazioni ritrovano lunit.
16 luglio Firma del protocollo sullautoregolamentazione degli scioperi nei pubblici servizi.
31 luglio Viene approvato il pacchetto di misure proposto dal ministro delle Finanze, Bruno Visentini, per combattere levasione fiscale.

471

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

31 agosto Il Pci avvia la raccolta di firme per ottenere la convocazione del referendum abrogativo del decreto di San Valentino. Durante la festa dellUnit
a Roma, firma il segretario generale della Cgil, Luciano Lama.
18 settembre Muore Riccardo Lombardi, storico leader della sinistra socialista,
luomo che aveva lanciato la proposta dellalternativa socialista.
2 ottobre Viene chiusa la sede della Federazione Unitaria Cgil-Cisl-Uil in via
Gaeta.
23 ottobre Serrata dei commercianti contro le proposte di Visentini.
24 ottobre Alessandro Natta viene eletto segretario del Pci.. Dopo la serrata
dei commercianti, Lama, Carniti e Benvenuto chiedono un incontro al governo
sui temi fiscali.
13 novembre La Confindustria decide di non pagare il punto di contingenza
determinato dalla somma dei decimali. Confcommercio, Confedilizia, Coldiretti
e Asap, al contrario, scelgono di pagare.
21 novembre Sciopero generale Cgil-Cisl e Uil sul fisco e sul punto di contingenza non pagato. A Milano, Giorgio Benvenuto viene violentemente contestato,
il sindaco Carlo Tognoli evita che venga colpito da una biglia metallica nascosta
in un foglio di carta. Due dirigenti sindacali della Uil, invece, vengono colpiti.
26 novembre Serrata degli artigiani.
12 dicembre La Corte di Cassazione d il primo via libera al referendum
sulla scala mobile.
13 dicembre Nuova serrata dei lavoratori autonomi sul fisco.
18 dicembre Viene emanato il decreto contro levasione fiscale. Cgil-Cisl-Uil
firmano con lIri un protocollo sulle nuove relazioni industriali sulla base del modello tedesco. Le Confederazioni, inoltre, costituiscono un gruppo di lavoro per
elaborare proposte unitarie sulla riforma del salario.
23 dicembre Nella Grande Galleria dellAppennino, un attentato semina morte
sul Rapido 904 (Napoli-Milano) alle 19,06. Diciassette le vittime, 267 i feriti. Per
questo attentato la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli nel 2011 ha emesso
una ordinanza cautelare nei confronti del boss Tot Riina, accusato di essere
stato il mandante di quella strage.

472

LE DATE

31 dicembre La situazione economica migliora. Linflazione cala al 10,8 per


cento, il Pil aumenta del 2,6. La nota negativa arriva dalla disoccupazione cresciuta al 10,4.

1985
Il referendum conferma il decreto
10 gennaio La Confindustria conferma di non avere intenzione di pagare i
punti di scala mobile prodotti dalla somma dei decimali. disponibile, per, ad
avviare una trattativa sulla riforma del salario.
7 febbraio La Corte Costituzionale dichiara legittimo il referendum sul decreto
di San Valentino. Il Governo fisser successivamente la data: 9-10 giugno. Il
giorno seguente, a Bari, in occasione di una manifestazione unitaria il segretario
generale aggiunto della Cisl, Franco Marini, sar contestato da un gruppo di
militanti comunisti e costretto a interrompere il suo intervento.
11 febbraio La Cgil annuncia che in caso di referendum lascer ai propri iscritti
libert di voto. La Uil, invece, nello stesso giorno si schiera a favore del no.
11 marzo Alcuni Consigli di Fabbrica annunciano la costituzione di comitati
per il s.
15 marzo Il Governo lancia un chiaro messaggio alla Confindustria: i decimali
vanno pagati.
19 marzo La Uil organizza un convegno-denuncia sul tema: La sanit malata. Sotto accusa le Usl. Divampa la polemica sulla riforma sanitaria.
25 marzo A Firenze convegno della Federmeccanica. Viene chiesta la deregulation del mercato del lavoro e viene confermata lindisponibilit al pagamento
dei decimali. Stessa indicazione arriver la settimana successiva dal convegno
sulla piccola e media impresa che si svolger a Venezia.
27 marzo Un commando composto da due persone uccide alluscita dallUniversit leconomista Ezio Tarantelli. Era stato lautore della proposta sulla predeterminazione degli scatti e aveva elaborato con Gino Giugni e Piero Craveri il
documento no al referendum no nel referendum a sostegno del mantenimento
del decreto sulla scala mobile.

473

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

3 aprile Il consiglio dei ministri stabilisce la data per lo svolgimento del referendum. Nello stesso giorno il ministro del lavoro, Gianni De Michelis, incontra
Lama, Del Turco, Carniti, Marini, Benvenuto, Veronese e Liverani. I vertici di
Cgil-Cisl-Uil si dicono disposti a mettere sul tavolo la proposta di semestralizzazione della scala mobile a patto che gli industriali paghino i decimali e il governo
dia maggiori garanzie su fisco e occupazione. Viene lanciato il documento messo
a punto da Tarantelli, Giugni e Craveri: No al referendum, no nel referendum.
1 maggio La festa del lavoro viene celebrata ancora una volta separatamente.
La Uil organizza la celebrazione del 1 maggio a san Patrignano, nella comunit
di recupero di Vincenzo Muccioli.
4 maggio Manifestazione nazionale per il no al referendum a Roma. Vi partecipano Marini, Del Turco, Benvenuto, i vicesegretari della Dc, Enzo Scotti, e
del Psi, Claudio Martelli. Fra le forze favorevoli alla conferma del provvedimento, ferve il dibattito sulla strategia da adottare. Bettino Craxi e Pierre Carniti
sembrano orientati ad accettare la proposta di Marco Pannella: linvito agli elettori a non andare a votare in maniera tale da non raggiungere il quorum. Benvenuto, Del Turco, democristiani e repubblicani sono invece favorevoli a una
indicazione chiara di voto e, quindi, alla partecipazione.
12-13 maggio Si svolgono le elezioni amministrative. Alle regionali calano Dc
(35) e Pci (30,2); salgono i socialisti (13,3) e i repubblicani (4); cedono i socialdemocratici (3,6).
20 maggio Al seminario del pubblico impiego, la Cgil rilancia la propria piattaforma sulla scala mobile definendola trattabile. Comincia lultimo tentativo
per evitare la celebrazione del referendum.
22-25 maggio Frenetico intreccio di incontri e alla fine il ministro del lavoro,
Gianni De Michelis, presenta una proposta di mediazione che viene immediatamente bocciata dalla Confindustria.
27 maggio In un vertice dei partiti di maggioranza, lidea di Pannella viene lasciata cadere: il fronte del no chieder agli elettori di confermare con un voto
nellurna il provvedimento di San Valentino.
9-10 giugno I no vincono nel referendum. A favore della conferma del decreto
si pronuncia il 53,3 per cento degli italiani. Ma in concomitamza con la chiusura
delle urne alle ore 14, la Confindustria, presieduta da Luigi Lucchini, annuncia
la disdetta dellaccordo Lama-Agnelli del 1975. Comincia unaltra storia.

474

BREVI BIOGRAFIE
Personaggi e interpreti

Tre protagonisti del decennio '75-'85: Berlinguer, Fanfani


(presiedeva il Governo del Protocollo Scotti) e De Mita

BREVI BIOGRAFIE

I POLITICI
Giuliano Amato
Del governo Craxi che mise a punto il decreto di San Valentino era il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, cio uno dei principali collaboratori del premier. Ministro del tesoro (con Goria e De Mita) e dell'Interno (con Prodi) stato
due volte presidente del Consiglio e sotto la sua prima esperienza (che si concluse
il 22 aprile del 1993) venne chiuso l'accordo che port alla scomparsa della scala
mobile.
Gennaro Acquaviva
Tra i pi stretti collaboratori di Bettino Craxi. Cattolico, si forma nelle Acli di
Livio Labor per poi approdare al Psi dopo aver fondato un partito, l'Mpl. Quando
arriv al vertice, Craxi lo scelse come capo della segreteria; segu il leader socialista anche nell'esperienza di governo in qualit di consigliere politico.
Giorgio Amendola
Il capofila dei miglioristi, in sostanza prov a inserire elementi della cultura
liberale nell'ideologia comunista, pur tenendo, nelle analisi relative ai rapporti
con l'esterno (e l'estero), comportamenti decisamente ortodossi. Fu lui con un
articolo su Rinascita a segnalare i rischi di una deriva violenta in fabbrica. Si
spento il 5 giugno 1980, cio pochi mesi dopo quell'intervento.
Giulio Andreotti
Uomo di grande ironia, apprezzato soprattutto per le sue battute e noto per la
teoria politica dei due forni. Guid i governi monocolore che in qualche misura
attuarono tra il '76 e il '79 il compromesso storico (non sfiducia e solidariet
nazionale) dopo aver costituito nel '72, a conclusione del centro-sinistra, un governo di centrodestra e fu, infine, il presidente del Consiglio degli esecutivi
espressione del Caf cio dell'asse tra lui, Craxi e Forlani. Ha calcato le scene della
politica per mezzo secolo. Si spento a Roma il 6 maggio del 2013.
Luciano Barca
Scomparso il 7 novembre del 2012, stato uno degli esponenti pi autorevoli del
Pci negli anni Settanta e Ottanta e uno dei consiglieri pi ascoltati di Enrico Berlinguer. Direttore de l'Unit e di Rinascita, stato lungamente il responsabile
economico del partito.
Enzo Bartocci
Attualmente il presidente onorario della Fondazione Giacomo Brodolini. Dello
storico ministro del Lavoro, lui fu, nella seconda met degli anni Sessanta, uno
dei giovani e brillanti collaboratori, insieme a Gino Giugni e a Francesco Forte.
Delle vicende politico-sindacali che hanno caratterizzato il ventennio che va dai

477

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Sessanta agli Ottanta, stato testimone e, soprattutto, protagonista in qualit


di dirigente sindacale e di parlamentare. Docente di sociologia, ha insegnato in
diverse universit italiane.
Enrico Berlinguer
E' passato alla storia della politica italiana per la proposta che ha caratterizzato
la sua azione e buona parte del dibattito degli anni Settanta: il Compromesso
Storico lanciato con una serie di tre articoli su Rinascita nel 1973. Fu anche
l'uomo dell'Eurocomunismo, cio di una forma di comunismo lontana dai principi antidemocratici sperimentati in Unione Sovietica e dello strappo con
Mosca nella famosa tribuna politica in cui afferm che la spinta propulsiva della
Rivoluzione di ottobre si era esaurita. Colto da malore durante un comizio a Padova il 7 giugno del 1984, spirato quattro giorni dopo.
Gerardo Chiaromonte
Con il Pci stato eletto una volta alla Camera e sette al Senato dove ha ricoperto
la carica di capogruppo dal 1983 al 1986 (nel pieno della polemica sul decreto di
San Valentino). Direttore de l'Unit e di Rinascita, era considerato uno dei leader
dell'area liberal. Scomparso il 7 aprile del 1993.
Bettino Craxi
I deludenti risultati elettorali del 1976 gli spianarono la strada verso la segreteria
del Psi, una scelta da tutti conosciuta come la svolta del Midas, dal nome dell'albergo sull'Aurelia in cui si svolse il Comitato Centrale. E' stato tra i pi longevi
Presidenti del Consiglio della Prima Repubblica avendo guidato il governo dal
dal 4 agosto del 1983 al 17 aprile del 1987. In quegli anni, a parte il decreto sulla
scala mobile, defin il nuovo Concordato e a Sigonella non esit a ingaggiare un
braccio di ferro con gli Stati Uniti per affermare un principio di indipendenza.
Dopo l'esperienza di governo, la sua spinta propositiva si esaur. Politicamente
venne travolto da Tangentopoli. Ammalato di diabete, si spento ad Hammamet
il 19 gennaio del 2000.
Massimo D'Alema
Fu uno dei giovani dirigenti lanciati da Enrico Berlinguer nell'ottica di un rinnovamento generazionale del Pci. Ha attraversato le varie evoluzioni del partito
diventato prima Pds, poi Ds e, infine, asse portante del Pd. Biografia lunghissima: presidente del Consiglio, Ministro degli Esteri, presidente del Copasir, segretario del Pds, presidente e segretario dei Ds.
Francesco De Martino
Faceva parte di quella "colonia" di socialisti che si erano formati politicamente
negli anni della Seconda Guerra Mondiale militando nel Partito d'Azione. Napoletano, allievo di Enrico De Nicola (il primo Presidente della Repubblica,

478

BREVI BIOGRAFIE

grande avvocato), stato uno straordinario studioso di Diritto Romano. Accademico dei Lincei, deputato per otto legislature, senatore (eletto) per due, il 1
giugno 1991 il Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, lo nomin senatore a vita. Eletto Segretario del Psi nel 1972 (sostitu Giacomo Mancini), dopo il
risultato deludente delle elezioni politiche del 1976, gli subentr Bettino Craxi (la
cosiddetta svolta del Midas). E' scomparso nel 2002.
Gianni De Michelis
Nel governo che approv il decreto di San Valentino, ricopriva il ruolo di ministro del lavoro. E fu lui a condurre le trattative, lunghe e complesse, ma che terminarono con la rottura sindacale. Continu a mediare anche dopo la
trasformazione in legge del provvedimento varato dall'esecutivo ma non riusc
a evitare il referendum e l'ultima sua proposta venne respinta tanto dalla Confindustria quanto dalla Cgil.
Ciriaco De Mita
La Dc decise di affidarsi a lui per provare a contrastare il dinamismo craxiano.
Suo malgrado si trasform nel pi potente alleato di Craxi: il crollo della Dc da
lui guidata alle Politiche dell'83 crearono le condizioni che indussero Pertini ad
assegnare l'incarico di presidente del Consiglio al leader socialista. Ha guidato
poi il governo dal 13 aprile 1988 al 22 luglio dellanno successivo cumulando le
cariche di premier e di segretario della Dc.
Amintore Fanfani
stato uno dei protagonisti della vita politica italiana per oltre un trentennio
anche se il suo nome rimasto indissolubilmente legato al referendum sul divorzio: la sconfitta della posizione abrogazionista, lo indebol tanto al governo
quanto nel partito. Presiedeva l'esecutivo che favor il primo accordo sulla scala
mobile, il Protocollo Scotti. Grande appassionato di pittura, scomparso il 20
novembre 1999.
Piero Fassino
Nel decennio che questo libro prende in esame, stato consigliere comunale del
Pci a Torino e uno dei pi importanti dirigenti locali. Sindaco del capoluogo piemontese, stato ministro della Giustizia e del Commercio con l'estero e segretario
dei democratici di sinistra.
Pietro Folena
Era segretario del Pci di Padova il giorno dell'ultimo, drammatico comizio di
Enrico Berlinguer. Era uno dei giovani del rinnovamento generazionale promosso da Berlinguer, stato segretario della Federazione Giovanile Comunista
e parlamentare per cinque legislature.

479

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Arnaldo Forlani
E' stato uno dei grandi oppositori di De Mita all'interno della Dc. Il leader irpino
lo sconfisse nell'82 nella corsa per la segreteria del partito venendo, poi, battuto
sette anni dopo. Il suo nome stato abbinato al cosiddetto Caf, cio l'asse CraxiAndreotti-Forlani che port Andreotti alla presidenza del Consiglio e precedette
la deflagrazione di Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica. Nei governi
Craxi ha svolto il ruolo di vice-presidente del Consiglio.
Rino Formica
Del Psi nato al Midas stato un esponente di primo piano. Tra i pi stretti collaboratori di Craxi, vestiva spesso i panni della coscienza critica assumendo
anche posizioni in contrasto con il segretario. Nel Governo di San Valentino non
aveva un ruolo ma si adoper per fare in modo che all'accordo aderissero tutte
e tre le confederazioni. Qualche anno pi tardi, ricopr il ruolo di ministro del
lavoro.
Franco Foschi
Esponente democristiano della corrente di Forze Nuove (Donat Cattin), era ministro del lavoro nei giorni della vertenza Fiat, quella che si concluse con la Marcia dei Quarantamila. Scomparso nel 2007, stato parlamentare per cinque
legislature e due volte ministro (nel secondo governo Cossiga e nell'esecutivo presieduto da Forlani che venne travolto dallo scandalo della P2).
Gino Giugni
Docente di diritto del lavoro, fu chiamato da Giacomo Brodolini a lavorare alla
stesura dello Statuto dei Lavoratori. Socialista ha poi, nel 1993, retto per tredici
mesi lo stesso ministero di cui era stato titolare Brodolini. Gambizzato dalle Br,
elabor insieme a Ezio Tarantelli e Piero Craveri il documento a sostegno della
conferma del decreto di San Valentino (no al referendum, no nel referendum).
Ha riformato le liquidazioni trasformando l'istituto nel Tfr, Trattamento di Fine
Rapporto. Nel 1993, insieme a Carlo Azeglio Ciampi, ha elaborato un Protocollo
che aggiungendosi allo Statuto dei Lavoratori, ha aggiornato la normativa sulle
relazioni sindacali. Ha fatto parte anche della Commissione parlamentare inquirente che ha indagato sulla Loggia P2. scomparso nel 2009.
Giovanni Goria
stato, a 44 anni, il pi giovane presidente del consiglio italiano nel secondo dopoguerra. Democristiano, ha retto il ministero del Tesoro per quasi cinque anni,
dall'82 all'87, attraversando ben quattro governi (il quinto e il sesto Fanfani e i
due Craxi). scomparso il 21 maggio del 1994.
Nilde Iotti
Personaggio emblematico della politica italiana declinata al femminile, donna

480

BREVI BIOGRAFIE

estremamente energica, nel periodo di San Valentino reggeva la presidenza della


Camera dei Deputati e lo fece con un equilibrio e una equidistanza dalle parti in
conflitto che tutti i partiti le riconobbero. E i riconoscimenti furono tanto fondati
che a Enrico Berlinguer quel suo atteggiamento da arbitro piacque poco. Compagna di vita di Palmiro Togliatti, storico leader comunista (il Migliore),
scomparsa il 4 dicembre del 1999.
Giorgio La Malfa
Figlio del leader storico dei repubblicani, Ugo, stato ministro del bilancio ininterrottamente per oltre due anni e mezzo, con i governi Cossiga (vivendo la vicenda del fondo di solidariet), Forlani e Spadolini (venendo coinvolto nelle
trattative che non approdarono all'accordo sulla scala mobile). Era il punto di
riferimento all'interno del Pri dell'area anti-Craxi.
Ugo La Malfa
E' scomparso il 26 marzo del 1979. Qualche mese prima, il presidente della Repubblica, Sandro Pertini, gli aveva affidato l'incarico di formare il governo: era
la prima volta che questo onore toccava a un laico dalla caduta del Governo
Parri, nel dicembre del 1945. Decisamente critico nei confronti dell'accordo sul
punto unico di contingenza.
Riccardo Lombardi
Storico leader socialista, formatosi nel Partito d'Azione. Attento alle questioni
sindacali, confermati dai rapporti con Bruno Trentin e dalla ferma difesa di
Giorgio Benvenuto in occasione dell'espulsione dell'allora leader dei metalmeccanici dalla Uil. L'uomo delle riforme di struttura nel primo centro-sinistra.
scomparso il 18 settembre del 1984.
Emanuele Macaluso
stato uno degli esponenti dell'area migliorista del Pci (quella che faceva capo
a Giorgio Amendola e a Giorgio Napolitano). Nelle fasi calde tanto del Protocollo
Scotti quanto del decreto di San Valentino (e del successivo referendum) era alla
guida del quotidiano del partito, l'Unit.
Giacomo Mancini
A lui, che in quel momento era il segretario del Psi, si rivolse Riccardo Lombardi
per sollecitare il sostegno a favore di Giorgio Benvenuto e dei dirigenti dei metalmeccanici della Uil "espulsi" dalla Confederazione per eccesso di "sensibilit
sindacali unitarie". Giacomo Mancini, autonomista, nenniano, stato parlamentare per dieci legislature, ministro della sanit (rese obbligatoria la vaccinazione
anti-polio), ministro dei lavori pubblici (fece costruire l'autostrada Salerno-Reggio Calabria) e sindaco di Cosenza, la citt in cui nato ed morto l'8 aprile del
2002. Da segretario del Psi (1970-1972) schier in prima linea il partito a difesa

481

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

della legge sul divorzio. In occasione della Svolta del Midas appoggi Craxi salvo
poi, qualche anno dopo, allontanarsi da lui sino a rendere a Milano una testimonianza che ebbe un peso notevole sulla posizione giudiziaria dell'ex segretario.
Sostenitore della linea della trattativa durante il rapimento Moro, critic con
notevole vigore la legislazione di emergenza contro il terrorismo ritenendola
scarsamente garantista, in particolare negli aspetti relativi al "pentitismo".
Claudio Martelli
Era considerato il delfino di Bettino Craxi. Divenne vice-segretario del Psi nel
1981, dopo il congresso di Palermo. Tre anni dopo, in concomitanza con la vertenza sulla scala mobile, lanci la proposta di un sindacato democratico che
sarebbe dovuto nascere grazie alla confluenza di Cisl, Uil e socialisti della Cgil.
Da ministro della giustizia port al dicastero di via Arenula il giudice anti mafia,
Giovanni Falcone ucciso poi a Capaci dai sicari di cosa nostra.
Aldo Moro
Uno dei grandi capi carismatici della Dc tanto vero che dopo la sua tragica scomparsa il partito sprofondato in una crisi di leadership evidenziata da un declino
elettorale che si trasform in crollo sotto la segreteria di De Mita. La sua mente
ha partorito le due grandi strategie che hanno caratterizzato l'Italia dagli inizi
degli anni Sessanta alla fine degli anni Settanta: il centro-sinistra e l'apertura ai
comunisti. Il 16 marzo del 1978 le Brigate Rosse lo sequestrarono a via Fani. Il suo
cadavere venne fatto ritrovare il 9 maggio in via Caetani, nel centro di Roma.
Giorgio Napolitano
Delfino di Giorgio Amendola, punto di riferimento nel Pci dei Miglioristi, cio
l'anima pi riformista del partito, negli anni dell'accordo di San Valentino era
capo del gruppo parlamentare alla Camera ed entr in rotta di collisione con
Enrico Berlinguer per aver difeso l'operato di Nilde Iotti, in quel momento presidente dell'assemblea di Montecitorio. Primo presidente della Repubblica di provenienza comunista e primo Capo dello Stato ad aver ottenuto un secondo
mandato settennale.
Alessandro Natta
La morte improvvisa di Enrico Berlinguer lo proiett alla segretaria del Pci che
ha retto dal 26 giugno del 1984 al 10 giugno del 1988. Tocc a lui gestire il referendum sul decreto di San Valentino che era stato lanciato dal suo predecessore.
scomparso il 23 maggio del 2001.
Achille Occhetto
Nel corso della polemica sul decreto di San Valentino stato tra i pi fedeli interpreti della linea berlingueriana. Segretario del Pci dopo Natta, diede vita alla
svolta della Bolognina e alla nascita del Partito Democratico della Sinistra. Da

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BREVI BIOGRAFIE

segretario del nuovo partito non condivise la scelta del segretario della Cgil,
Bruno Trentin, di firmare nel 1992 l'accordo che port di fatto alla scomparsa
della scala mobile.
Marco Pannella
Ha profondamente segnato la vita italiana per quanto riguarda l'evoluzione dei
diritti civili. Da leader del Partito Radicale stato in prima fila nelle battaglie
referendarie sul divorzio e sulla legalizzazione dell'aborto. Sulla scala mobile,
invece, sostenne la linea del non voto proponendola a Bettino Craxi come unica
strada per non far cancellare dalle urne il decreto di San Valentino. Nell'ambito
della sua battaglia per una giustizia giusta, port in Parlamento Enzo Tortora.
Flaminio Piccoli
Democristiano, esponente della corrente dorotea, fu il segretario del Preambolo, dal febbraio dell'80 al maggio dell'82. In pratica chiuse l'esperienza della
solidariet nazionale e apr la strada alla lunga stagione del Pentapartito (i governi Dc, Psi, Psdi, Pri e Pli). scomparso l'11 aprile del 2000.
Romano Prodi
Segu la vicenda della scala mobile da un osservatorio privilegiato: la presidenza
dell'Iri ricoperta la prima volta dal 1982 al 1989 (la seconda volta dal 1993 al
1994, periodo in cui molte aziende di Stato vennero privatizzate). Nella veste di
maggiore responsabile dell'Iri firm con i sindacati il Protocollo (che porta il suo
nome) che modernizz le relazioni industriali. Ministro dell'industria nella Prima
Repubblica (nel 1978), stato per due volte Presidente del Consiglio nella Seconda (1996 e 2006)
Alfredo Reichlin
Dirigente del Pci tra i pi ascoltati da Enrico Berlinguer. Fu anche lui tra gli interpreti pi fermi della linea contraria al decreto di San Valentino.
Giorgio Ruffolo
Economista, eletto nelle liste socialiste, stato due volte senatore e una deputato.
Ministro dell'ambiente per cinque anni (dal 1987 al 1992) con tre diversi governi,
cresciuto nella corrente giolittiana, era un esponente della minoranza del Psi.
Nel primo centro-sinistra fu uno dei protagonisti principali della politica di programmazione
Vincenzo Scotti
Nato andreottiano, si allontana dal suo leader di riferimento nel momento in
cui, siglato l'accordo con i sindacati del 22 gennaio del 1983, Andreotti non lo difese abbastanza nei confronti del nuovo segretario, Ciriaco De Mita, che gli
sbarr la strada verso la conferma al ministero del lavoro. Si candid, sostenuto

483

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

da Forze Nuove di Donat Cattin, alla segreteria della Dc in contrapposizione a


De Mita che poi provvide a scalzare, nell'89, con quella che venne definita la
corrente del Golfo cio il raggruppamento nato dall'alleanza con Antonio Gava.
Claudio Signorile
Era considerato l'erede di Riccardo Lombardi. Leader della Sinistra Socialista,
fu uno dei protagonisti della svolta del Midas che port Bettino Craxi alla segreteria, al posto di Francesco De Martino dopo i deludenti risultati delle Politiche
del 1976. stato a lungo vice-segretario del partito e ministro, testimone privilegiato degli avvenimenti di cui narra questo libro.
Giovanni Spadolini
Alla morte del leader storico del Pri, Ugo La Malfa, si ritrov proiettato al vertice
del partito. L'invito a candidarsi nelle liste repubblicane, d'altro canto, glielo
aveva rivolto proprio La Malfa. E' stato il primo presidente del consiglio laico
dopo trentasei anni di ininterrotto dominio democristiano a Palazzo Chigi. E'
scomparso il 4 agosto del 1994.
Antonio Tat
Alle spalle un passato di dirigente sindacale nella Cgil (ha cominciato lavorando
a Rassegna Sindacale, quindi entrato nel Consiglio Generale della Confederazione, infine ha creato e diretto l'ufficio studi), stato il collaboratore (e anche
l'ispiratore) pi stretto di Berlinguer (capo del suo ufficio stampa e quindi suo
segretario personale). scomparso il 5 novembre del 1992.
Walter Veltroni
Uno dei giovani lanciati da Berlinguer, nella sua esperienza politica ha fatto
di tutto: sindaco di Roma, vicepresidente del Consiglio, segretario dei Democratici di Sinistra e del Partito Democratico.
Bruno Visentini
Nella vicenda di San Valentino ha svolto un ruolo centrale. Da Ministro delle Finanze del governo Craxi, ha concordato con i sindacati tutta la parte fiscale del
provvedimento. Esponente storico del Pri, ha legato il suo nome alla Legge Visentini e alla Legge Visentini-Bis che riformarono la stesura dei bilanci societari.
scomparso il 13 febbraio del 1995.
Benigno Zaccagnini
Democristiano, esponente dell'ala morotea, divenne segretario della Dc dopo le
deludenti elezioni amministrative del 1975 (sostitu Fanfani). Evit il sorpasso
elettorale comunista nel 1976, gest la fase della solidariet nazionale. Segnato
profondamente dal rapimento e dall'uccisione di Aldo Moro, lasci la segreteria
nel febbraio del 1980, dopo la vittoria dell'alleanza del Preambolo al congresso

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BREVI BIOGRAFIE

di Roma. Da leader della Dc, si adoper per impedire a Bettino Craxi di portare
a termine con successo lincarico che per la prima gli era stato affidato dal Presidente della Repubblica Pertini. scomparso il 5 novembre del 1989.
Valerio Zanone
E' stato uno dei grandi protagonisti laici della Prima Repubblica. Per nove anni,
dal 1976 al 1985, ha ricoperto la carica di segretario del Partito Liberale Italiano.
Testimone-chiave della vicenda di San Valentino essendo stato ministro dell'ecologia nel primo governo Craxi e poi ministro dell'industria nel secondo governo.
Presidente del Pli fino al 1993, stato per un anno e mezzo (dal 30 luglio 1990 al
31 dicembre 1991) sindaco di Torino.

I SINDACALISTI
Giuseppe Agostini
In quegli anni complessi, caratterizzati dallo scontro a sinistra tra Pci e Psi, Giuseppe Agostini, all'interno della Uil, guidava la componente socialdemocratica.
Segretario confederale a partire dal 1981 (ottavo congresso), veniva dall'esperienza degli enti locali. In occasione della vicenda di San Valentino contribu, insieme al repubblicano Giorgio Liverani, a salvaguardare l'unit della
Confederazione evitando che le tensioni "partitiche" potessero in qualche maniera minarne la capacit e l'autonomia di movimento.
Angelo Airoldi
E' scomparso il 21 gennaio del 1999, a cinquantasette anni. Figura-chiave nella
storia della Fiom degli anni Ottanta. Tocc a lui ricevere, il 25 giugno del 1987,
l'eredit di Sergio Garavini. Prima di diventare segretario generale, in qualit
di segretario nazionale aveva seguito il settore auto.
Luigi Angeletti
E' diventato segretario nazionale Uilm nell'anno forse pi complicato per i metalmeccanici, il 1980, quello della vertenza Fiat condizionato nel suo epilogo dalla
Marcia dei Quarantamila. E del settore auto si assiduamente occupato nella
lunga stagione trascorsa in quella federazione di cui assunse la guida nel 1992.
Nel 2000, poi, diventato segretario generale della Uil.
Franco Bentivogli
Era il leader dei metalmeccanici della Cisl durante la complessa vertenza Fiat,
quella dei 35 giorni, avendo sostituito nel 1974 Pierre Carniti al vertice della Fim.
La vicenda di San Valentino, invece, l'ha vissuta da segretario confederale
avendo assunto quell'incarico nel 1983.

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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Giorgio Benvenuto
Per sedici anni segretario generale della Uil dopo aver guidato per sette anni i
metalmeccanici e aver fondato la FLM. Protagonista in tutti gli accordi del decennio preso in esame in questo libro. Era nella delegazione che firm l'intesa sul
punto unico; da segretario generale della Uil ha firmato il Protocollo Scotti del
22 gennaio 1983 e sempre in quella veste sottoscrisse la lettera con la quale dava
via libera a Bettino Craxi per l'adozione del decreto di San Valentino. Fu il promotore della svolta strategica che port alla nascita del Sindacato dei cittadini.
Pierre Carniti
Il 14 febbraio del 1984 era il segretario generale della Cisl e in quella veste autorizz Craxi con una lettera alla predisposizione del decreto. Insieme a Luciano
Lama e Giorgio Benvenuto aveva partecipato alle trattative che portarono all'accordo con Vincenzo Scotti. Si dimise dalla segreteria della Cisl, l'anno successivo e gli subentr Franco Marini. Faceva parte della storica troika (con Trentin
e Benvenuto) che guid la Federazione Lavoratori Metalmeccanici.
Mario Colombo
Esponente di punta della Cisl, diventato segretario generale aggiunto (19851989) quando al vertice della Federazione stato eletto Franco Marini. Ha ricoperto la carica di presidente dellInps.
Eraldo Crea
Dagli alimentaristi approd, negli anni della leadership di Bruno Storti alla Segreteria Confederale. Insieme a Mario Colombo, divenne segretario generale aggiunto nel 1985, nel congresso in cui avvenne il passaggio del testimone da
Carniti a Marini. scomparso l'8 giugno del 1992. Faceva parte della delegazione della Cisl che diede il via libera a Craxi per il Decreto di San Valentino.
Sergio D'Antoni
Per nove anni segretario generale della Cisl, dal 13 marzo del 1991 al 9 giugno
del 2000. Tocc a lui chiudere con il governo presieduto da Giuliano Amato l'accordo che mand in soffitta la scala mobile. Nel 2000 ha lasciato la segreteria
della Cisl (lo sostitu Savino Pezzotta) e si diede alla politica fondando il movimento Democrazia Europea.
Ottaviano Del Turco
Segretario generale aggiunto della Cgil negli anni del decreto di San Valentino.
Guidava la componente socialista e manifest il suo consenso al provvedimento
preparato da Craxi e di cui Lama prese atto nella lettera finale inviata al Premier. In occasione del referendum dell'85 si schier a favore della conferma del
decreto.

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BREVI BIOGRAFIE

Pio Galli
Ha ricoperto per otto anni, dal 1977 al 1985, la carica di segretario generale dei
metalmeccanici della Cgil. In tale veste partecip alla vertenza della Fiat.
scomparso il 12 dicembre del 2011.
Walter Galbusera
Segretario generale della Uil Lombarda, da segretario confederale della Uil ha
seguito la genesi della legge per la regolamentazione del diritto di sciopero nei
pubblici servizi. Laureato alla Bocconi, era molto vicino a Ezio Tarantelli.
Sergio Garavini
Insieme a Rinaldo Scheda rappresentava all'interno della Cgil l'ortodossia comunista. In lizza per subentrare a Luciano Lama al vertice della Cgil, stato segretario generale della Fiom. Passato alla politica stato il primo segretario di
Rifondazione Comunista, il partito nato da una costola del vecchio Pci dopo la
svolta di Achille Occhetto alla Bolognina. scomparso il 7 settembre del 2001.
Luciano Lama
Storico leader della Cgil. L'intesa sul punto unico di contingenza viene associata
al suo nome (e a quello di Agnelli), una sintesi giornalistica che, per, non tiene
conto che in realt la Confederazione guidata da Lama non era particolarmente
incline a quella soluzione. Protagonista di tutte le vicende sindacali degli anni
Settanta e Ottanta, firm l'accordo con Scotti ma non quello che port al decreto
di San Valentino. Si dimise nel 1986 passando il testimone ad Antonio Pizzinato.
Lasciata la Confederazione, approd a Botteghe Oscure dove and a dirigere
lUfficio del Programma. Si spento a Roma il 31 maggio del 1996.
Pietro Larizza
Segretario generale della Uil dal 1992 al 2000. Accompagnava Giorgio Benvenuto la sera in cui nell'ultimo incontro venne dato il via libera al governo per il
varo del decreto di San Valentino. Successivamente, nel 1992 firm l'ultimo accordo sulla contingenza con Bruno Trentin e Sergio D'Antoni. Con i colleghi segretari di Cgil e Cisl defin laccordo con il Presidente del Consiglio Carlo Azeglio
Ciampi che prefigurava un intervento organico di politica dei redditi.
Antonio Lettieri
Da leader della terza componente della Cgil, si adoper, il particolare insieme a
Federico Caff, per giungere a una soluzione di mediazione che evitasse la rottura e il referendum: Ma l'intransigenza di Pierre Carniti da un lato e le rigidit
del Pci dall'altro resero impraticabile ogni ipotesi di soluzione. A lungo segretario confederale.

487

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Giorgio Liverani
Segretario confederale della Uil per nove anni, di estrazione repubblicana, anche
lui accompagnava Giorgio Benvenuto nel corso dell'ultimo incontro che diede il
via libera al decreto di San Valentino. Era il responsabile della componente repubblicana della Confederazione e in questa qualit si adoper per difendere
lunit del sindacato dalle pressioni dei partiti.
Franco Lotito
Ha guidato i metalmeccanici della Uil in anni piuttosto caldi, fra San Valentino, i successivi tentativi di ricomposizione e l'accordo del 1992. Nella segreteria
nazionale della Uilm dal 1976, diventato segretario generale nel 1983 per poi
passare in Confederazione nel febbraio del 1992.
Luigi Macario
Insieme a Bruno Trentin e Giorgio Benvenuto ha firmato il contratto-simbolo
dell'Autunno Caldo, quello dei metalmeccanici. Cattolico, prese apertamente posizione contro l'abrogazione della legge sul divorzio. Da segretario generale della
Cisl, nel 1978, lesse la relazione introduttiva di quell'assemblea passata alla storia come la svolta dell'Eur. Lasci il sindacato per dedicarsi allattivit politica
venendo eletto nelle liste della Dc al Senato e in quelle del Partito Popolare al
Parlamento Europeo. E scomparso il 2 maggio del 1994.
Agostino Marianetti
La sua contestazione a Bologna il 13 gennaio del 1983 fu la cartina tornasole del
drammatico sfilacciamento dei rapporti fra le Confederazioni e, in particolare
tra socialisti (Marianetti in quel momento era il segretario generale aggiunto
della Cgil) e comunisti. Schier la componente Psi a favore del Protocollo Scotti
convincendo, alla fine, Luciano Lama. Nel 1979 lasci la Cgil (la carica di segretario generale aggiunto venne attribuita ad Ottaviano Del Turco) per candidarsi
nelle liste socialiste risultando eletto alla Camera dei Deputati.
Franco Marini
Politicamente cresciuto all'ombra di Carlo Donat Cattin, capo della sinistra sociale della Dc (Forze Nuove), Franco Marini raccolse la segreteria della Cisl dalle
mani di Pierre Carniti nel luglio del 1985, dopo il Referendum. Faceva parte della
delegazione che comunic a Craxi il via libera della Cisl al decreto. Lasci la Confederazione (lo sostitu D'Antoni) il 13 marzo del 1991 per guidare Forze Nuove
dopo la morte di Donat Cattin.
Enzo Mattina
stato uno dei protagonisti della vicenda Fiat come segretario dei metalmeccanici della Uil. Avrebbe voluto (con Galli e Bentivogli) aggiornare la linea rivendicativa, alleggerendo una conflittualit che stava portando in un vicolo cieco.

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BREVI BIOGRAFIE

Venendo scavalcato dai fatti e dal comizio di Berlinguer ai cancelli di Mirafiori.


Ha raccontato quellesperienza lunga, complessa e in qualche maniera dolorosa
in un libro. Segretario Confederale della Uil, sembrava destinato al ruolo di segretario generale ma prefer lanciarsi in politica sotto le insegne del Psi venendo
eletto alla camera dei Depuati. Con la Federazione Laburista approdato al Parlamento Europeo.
Silvano Miniati
Ha rappresentato all'interno della Uil quell'area alla sinistra del Pci che trov
accoglienza sotto la segreteria di Giorgio Benvenuto. Iscritto nel 1950 alla Cgil
e al movimento giovanile socialista, ader al Psiup, poi al Nuovo Psiup, infine al
Pdup. Partecip all'esperienza di Democrazia Proletaria e poi torn nel sindacato, nella Uil dove nel 1985 diventato segretario dei pensionati. Agli inizi degli
anni Ottanta lanci per primo la campagna per un fisco equo che venne pi tardi
sviluppata con la denuncia Io pago le tasse e tu?.
Raffaele Morese
Una vita all'interno del sindacato. Segretario nazionale dei metalmeccanici della
Cisl nel periodo della vertenza Fiat dei trentacinque giorni, diventa segretario
generale della Fim nel 1983 al posto di Bentivogli. Infine, approda nella Confederazione ricoprendo, sotto D'Antoni, il ruolo di segretario generale aggiunto.
Adriano Musi
Dopo luscita di scena di Giorgio Liverani, allinterno della Uil divenne il punto
di riferimento della componente repubblicana. Nominato segretario confederale
il 12 settembre del 1983 dopo la scomparsa di Ugo Luciani, stato testimone privileggiato delle vicende che hanno accompagnato laccordo e il conseguente decreto di San Valentino. Lasciata la Uil stato eletto nel 2006 alla Camera nelle
liste dellUlivo e nel 2008 al Senato in quelle del Pd.
Antonio Pizzinato
Sostitu nel febbraio del 1986 Luciano Lama al vertice della Cgil (due anni prima
era diventato segretario confederale). Furono anni turbolenti per la Confederazione, paralizzata dai veti di Bertinotti e di Garavini (che puntava, in concorrenza con Trentin, a ereditare la poltrona di Lama).
Lino Ravecca
E' stato il fondatore della Uil Chimici. Insieme a Raffaele Vanni e a Ruggero Ravenna, fa parte della troika di segretari che resse la Uil dall'ottobre del '69 all'ottobre del '71. Nel gennaio del '77 diventato poi Consigliere del Cnel per
l'agricoltura. E stato presidente della Fondazione Modigliani. E scomparso il
18 maggio del 1999.

489

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Ruggero Ravenna
Figura storica della Uil. Nel corso del quinto congresso della Confederazione, il
27 ottobre del 1969, venne eletto segretario generale insieme a Raffaele Vanni e
a Lino Ravecca. Firm l'accordo per il superamento delle zone salariali e, in
virt di uno stretto rapporto di amicizia con Giacomo Brodolini, segu l'iter che
port al varo dello Statuto dei Lavoratori.
Rinaldo Scheda
Tra gli ortodossi che alimentarono l'opposizione al decreto di San Valentino (e
prima ancora al fondo di solidariet e al Protocollo Scotti). Nell'84, quando
venne adottato il provvedimento sulla scala mobile, si occupava della scuola sindacale di Ariccia e della formazione dei quadri. scomparso il 9 febbraio del
2009.
Bruno Storti
Per diciotto anni segretario generale della Cisl, carica che eredit da Giulio Pastore nel momento in cui lo storico leader della Cisl divenne ministro (1958).
Firm, con Luciano Lama e Raffeale Vanni l'accordo del 1975 sul punto unico di
contingenza. E scomparso il 10 gennaio del 1994.
Bruno Trentin
Critico nei confronti del punto unico di contingenza e della linea egualitarista
a livello salariale che trovava vasto seguito all'interno della Cisl. Era nella delegazione, per, che firm l'intesa e poi da segretario confederale partecip alle
trattative con Scotti. Leader dei metalmeccanici della Cgil, fu tra i protagonisti
della fondazione della FLM. Candidato alla successione di Lama divenne, per,
segretario generale della Cgil, solo due anni dopo, nel 1988. Firm con il governo
presieduto da Giuliano Amato lultimo accordo sulla scala mobile dimettendosi
subito dopo dalla carica di leader, dimissioni che poi vennero respinte dal direttivo della confederazione. E' scomparso il 23 agosto del 2007.
Raffaele Vanni
Repubblicano, segretario generale della Uil dal 27 ottobre del 1969 al 30 settembre del 1976. Firm con Luciano Lama e Bruno Storti l'accordo sul punto unico.
Sostituito alla segreteria generale da Giorgio Benvenuto che aveva messo fuori
dall'organizzazione nel luglio del 1971 per eccesso di tendenze unitarie alla
guida dei metalmeccanici. E stato tra i fondatori della Uil.
Silvano Veronese
Per la Uilm era il segretario che seguiva in maniera pi diretta e assidua le vicende legate alla vertenza Fiat dei trentacinque giorni. Nel 1981 divenne segretario generale dei metalmeccanici e un paio di anni dopo pass alla segreteria
confederale della Uil.

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BREVI BIOGRAFIE

GLI IMPRENDITORI
Gianni Agnelli
Il suo nome soprattutto legato all'azienda di famiglia, la Fiat. Durante la sua
presidenza della Confindustria venne, per, siglato l'accordo sul punto unico di
contingenza da cui poi partita una lunga battaglia che si conclusa con il referendum sul decreto di San Valentino del 1985. Grande protagonista delle cronache di quello che un tempo veniva chiamato Jet Set, alla guida
dell'organizzazione imprenditoriale rimase soltanto due anni: i colleghi ritenevano le sue aperture troppo generose nei confronti del sindacato. E' scomparso
a Torino il 24 gennaio del 2003. Quattro anni prima aveva festeggiato il centenario della Fiat.
Umberto Agnelli
con una sua intervista a la Repubblica che comincia la vertenza dei 35 giorni
che culminer con la marcia dei Quarantamila. Era, in quel momento, l'amministratore delegato della Fiat, carica che lascer a Cesare Romiti per spostarsi
all'Ifil. Parlamentare democristiano per una legislatura. scomparso il 27 maggio del 2004.
Cesare Annibaldi
Personaggio centrale nella vicenda Fiat, quella che si concluse con la Marcia dei
Quarantamila. Era lui il capo delle relazioni industriali dell'azienda ed ebbe un
ruolo nell'organizzazione della famosa Marcia. Quando la mattina del 14 ottobre
1980 i quadri uscirono in corteo dal Teatro Nuovo, era a Roma, all'Hotel Boston,
dove si svolgevano le trattative, con Cesare Romiti, Lama, Carniti e Benvenuto.
Paolo Annibaldi
Nasce professionalmente in Fiat ma alla fine degli anni Settanta diventa una
figura di spicco della Confindustria. Nel 1979, infatti, viene nominato vice-direttore generale dell'organizzazione imprenditoriale e cinque anni dopo, nell'84,
diventa direttore generale (incarico che lascia nel '91) e in quella veste segue le
vicende relative al decreto di San Valentino, referendum compreso.
Carlo Callieri
Nei mesi della vertenza che ha segnato la storia del sindacato italiano, ricopriva
alla Fiat l'incarico di direttore del personale e dell'organizzazione. considerato
il vero ispiratore della Marcia dei Quarantamila. Vice-presidente di Confindustria, era favorito nelle elezioni del 2000 alla presidenza ma venne battuto da
Antonio D'Amato, sostenuto da Berlusconi. E da Cesare Romiti.
Guido Carli
Eredit nel '76 da Gianni Agnelli la poltrona di presidente della Confindustria.

491

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Fu proprio l'Avvocato a proporlo per quel ruolo. Un anno prima si era dimesso
da governatore della Banca d'Italia. Gest l'organizzazione imprenditoriale negli
anni della svolta dell'Eur. Con lo pseudonimo di Bankor, collabor all'Espresso.
scomparso il 23 aprile del 1993.
Carlo De Benedetti
Imprenditore, editore, nei giorni convulsi della trattativa sulla scala mobile assunse
una posizione contraria al decreto che si accingeva a varare Craxi. E nella consultazione in Confindustria vot contro il provvedimento ritenendolo inadeguato.
Wilmer Graziano
Scomparso nel 1977, vice-presidente di Confindustria negli anni Settanta, ha in
misura notevole ispirato quel rinnovamento che contribu a portare Gianni
Agnelli al vertice dell'organizzazione, costruendo un asse politico-culturale all'interno dell'organizzazione con innovatori come Piero Pozzoli. Vicino al Partito
Socialista, Graziano era un convinto sostenitore di una nuova dinamica di relazioni industriali che prov ad attuare nella sua azienda, scontrandosi da un lato
con le diffidenze di molti suoi colleghi e, dall'altro, con la "freddezza" della Cgil
nei confronti delle sue idee partecipative.
Luigi Lucchini
E' l'uomo che invert, da presidente di Confindustria, la rotta politica di Vittorio
Merloni. Perch se il collega marchigiano propendeva alla ricerca delle intese,
lui invece caratterizz la sua presidenza con un primo atto che indispose i sindacati: la disdetta dell'accordo sulla scala mobile proprio il giorno in cui si celebrava il referendum, a urne ancora chiuse. Imprenditore dell'acciaio, era
considerato il re del tondino. E' scomparso il 26 agosto del 2013.
Walter Mandelli
stato uno dei protagonisti e dei testimoni di tutte le vicende che hanno riguardato la Confindustria poich fra l'80 e l'84 stato il vice-presidente addetto alle
relazioni sindacali. Appassionato di calcio, fu lui che invent la staffetta che
divise l'Italia: quella tra Rivera e Mazzola ai Mondiali del 1970. E sato tra i fondadori della Federmeccanica. scomparso il 18 novembre del 2006.
Vittorio Merloni
La sua stata la presidenza degli accordi. In qualit di capo degli imprenditori
decise, una volta costituito il governo Spadolini, di non disdettare l'intesa sulla
scala mobile e di aderire al protocollo predisposto dal presidente del Consiglio.
Poi sigl tanto l'accordo con Vincenzo Scotti quanto quello con Bettino Craxi (inviandogli una lettera in cui gli imprenditori lo autorizzavano ad adottare le misure legislative per dare corso agli impegni assunti nella sera di San Valentino).

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BREVI BIOGRAFIE

Felice Mortillaro
Altro protagonista storico al pari di Walter Mandelli. Per vent'anni dentro la
Federmeccanica, non esit a bocciare l'accordo sul punto unico di contingenza:
Un tragico errore. Di nobili origini, nello stemma di famiglia aveva una colomba, proprio lui che a livello imprenditoriale era considerato un falco.
scomparso il 5 giugno del 1995.
Agostino Paci
Protagonista della stagione burrascosa legata alla vicenda della scala mobile e,
successivamente, al referendum. Ricopriva in quegli anni cruciali a met degli
Ottanta il ruolo di presidente dell'Intersind, l'associazione che raccoglieva le imprese pubbliche. E quando l'allora presidente di Confindustria a urne referendarie ancora aperte, decise di disdire l'accordo del '75 sul punto unico, prefer
regolarsi diversamente.
Carlo Patrucco
Tocc a lui, in qualit di vice-presidente della Confindustria con delega alle relazioni sindacali, imbastire le trattative per trovare una soluzione capace di evitare il referendum sulla scala mobile. In quel ruolo aveva sostituito Mandelli che
pur confermato da Lucchini aveva preferito declinare l'invito.
Piero Pozzoli
Ha lasciato nella Confindustria una impronta indelebile perch con lui i Giovani
Imprenditori fecero un salto di qualit alleandosi con gli innovatori dell'epoca,
Gianni Agnelli, Pirelli. Scomparso il 27 marzo del 1997, repubblicano, presidente
dei giovani industriali fra il 1974 e il 1977 carica che abbandon in polemica con
Guido Carli quando l'allora capo di Confindustria decise che Giuseppe Medici,
diventato presidente di Montedison, dovesse diventare anche vice-presidente di
Confindustria nonostante non fosse stato eletto dagli organi della organizzazione
(come imponeva lo statuto che Pozzoli aveva contribuito a innovare). Fu decisivo
nella trattativa sul punto unico.
Cesare Romiti
Amministratore delegato della Fiat durante i trentacinque giorni della vertenza
Fiat del 1980. Sulla vicenda della scala mobile, si attest su una trincea opposta
a quella dell'Avvocato perch mentre Agnelli in Confindustria vot a favore del
decreto, lui, invece, si schier contro. Prima di approdare alla Fiat ha lavorato
alla Bomprini Parodi Delfino di Colleferro e alla Snia Viscosa, dove ricopr il
ruolo di direttore generale. Quindi si spost nel mondo delle aziende pubbliche:
l'Iri lo nomin direttore generale e amministratore delegato di Alitalia; la stessa
carica ricopr per breve tempo anche all'Italstat.

493

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

I PROFESSORI
Norberto Bobbio
Nelle vicende relative alla scala mobile, intervenne con un articolo su la Stampa
in cui contestava il ricorso al referendum essendo in gioco non un principio generale ma interessi particolari. Politicamente formatosi alla scuola dell'azionismo torinese, stato, da filosofo, giurista e politologo, una delle coscienze critiche
del nostro Novecento. E' scomparso il 9 gennaio del 2004
Piero Craveri
Nipote di Benedetto Croce, docente di storia contemporanea, ha dedicato buona
parte della sua attivit di studioso all'analisi delle vicende sindacali. stato insieme a Ezio Tarantelli e Gino Giugni l'estensore nell'85 del documento no al
referendum, no nel referendum. E stato presidente del Crel (lufficio studi che
faceva riferimento alla Uil).
Federico Caff
Tra i pi grandi e noti economisti italiani, scomparso il 15 aprile del 1987. Su
sollecitazione di Antonio Lettieri, prov a confezionare una ipotesi di mediazione
per evitare la rottura sindacale sulla scala mobile. Maestro di Ezio Tarantelli
era, per, in disaccordo con lui sul meccanismo della predeterminazione degli
scatti.
Paolo Leon
Tra i pi noti economisti italiani di formazione keynesiana. Legatissimo a Federico Caff. Nel 1961 entra alla Banca Mondiale per rientrare in Italia nel 1968.
Ha diretto diversi uffici studi e dopo l'avvento di Reagan e della Tatcher ha pubblicato l'economia della domanda effettiva per rovesciare le impostazioni economiche neo-classiche.
Federico Mancini
Uno tra i pi stimati esperti di diritto del lavoro, esponente di quella che verr
chiamata la "scuola di Bologna" (tra i suoi allievi anche Marco Biagi). In occasione del referendum sulla scala mobile, firm l'appello redatto da Ezio Tarantelli, Gino Giugni e Piero Craveri. Membro del Consiglio Superiore della
magistratura, venne proposto da Bettino Craxi come giudice costituzionale. Ma
contro di lui si coalizz (anche a causa di un articolo sulla separazione delle carriere dei magistrati) una alleanza Dc-Pci che imped per ben sei volte il raggiungimento del quorum. E stato membro dellufficio di presidenza del Crel. E'
scomparso il 21 luglio del 1999.

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BREVI BIOGRAFIE

Franco Modigliani
Uno dei pi grandi economisti italiani. Con Merton Miller ha elaborato il famoso
teorema che ha rivoluzionato la finanza aziendale e per il quale stato insignito
nel 1985 con il Premio Nobel. stato anche lui uno dei maestri di Ezio Tarantelli e, al contrario di Federico Caff, condivideva il sistema della predeterminazione degli scatti per raffreddare l'inflazione. scomparso nel 2003.
Paolo Sylos Labini
Tra i pi noti e grandi economisti italiani, allievo di Joseph Shumpeter. Si dedic,
tra l'altro, all'analisi della scomposizione in classi dell'Italia degli anni Settanta
e Ottanta. Legato a esponenti socialisti come Antonio Giolitti e Giorgio Ruffolo,
nel 1974 si dimise dal comitato scientifico del Ministero del Bilancio dopo la nomina a sottosegretario di Salvo Lima da parte di Giulio Andreotti, titolare del
dicastero: Lima era stato oggetto di diverse richieste di autorizzazioni a procedere e il suo nome era ricorrente nella relazione della commissione Anti-mafia.
E' scomparso il 7 dicembre 2005.
Giuseppe Tamburrano
Tra i pi attenti osservatori delle vicende che hanno caratterizzato la storia del
Partito Socialista. E di molte di queste vicende stato non solo testimone ma
anche protagonista, in qualit di membro del Comitato Centrale, della Direzione
e di responsabile culturale. Consigliere di Pietro Nenni, il suo pi accreditato
biografo. Presidente della Fondazione Nenni, ha curato i diari dello storico leader
socialista.
Ezio Tarantelli
Lo uccisero il 27 marzo 1985, all'uscita della facolt di economia e commercio.
Un sanguinoso cambio di strategia delle Br perch poi arriveranno gli agguati
a Massimo D'Antona e Marco Biagi. Ezio Tarantelli era uno studioso, un economista prestato alla politica. Aveva elaborato la proposta della predeterminazione degli scatti di contingenza per raffreddare l'inflazione. E proprio qualche
giorno prima che le Brigate Rosse gli scaricassero addosso il caricatore della mitraglietta Skorpion aveva lanciato l'idea di una riduzione contrattata degli orari
di lavoro per favorire l'occupazione, proposta sintetizzata nello slogan lavorare
meno per lavorare tutti.
Tiziano Treu
Esperto di diritto del lavoro (insegna alla Cattolica di Milano), stato Ministro
del Lavoro con il governo Dini e con il primo governo Prodi. A lui si deve la prima
legge, che va sotto il nome di Pacchetto Treu, con la quale il Parlamento italiano
ha riconosciuto il lavoro interinale e altre forme contrattuali di lavoro atipico.

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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

I GIORNALISTI
Aldo Canale
Ha vissuto le vicende sindacali nella doppia veste di giornalista e di "militante".
Direttore del periodico "Lavoro Italiano", stato tra i pi autorevoli interpreti
della linea sindacale della Uil sotto la segreteria di Giorgio Benvenuto. E negli
anni del Compromesso Storico, con alcuni suoi editoriali ha spiegato le motivazioni che inducevano la Confederazione a essere critica nei confronti di quella
linea politica (scriveva in un editoriale del 31 gennaio del 1978: "Se ritenessimo
che sono stati i nostri errori e le nostre conquiste a determinare l'inasprimento
della crisi, non avremmo il diritto morale e politico di richiedere agli altri la
svolta di politica economica che invece reclamiamo").
Carlo Casalegno
stato il primo giornalista a cadere sotto il piombo delle Brigate Rosse. Quell'attentato fu anche interpretato come un salto di qualit della violenza terroristica a Torino. Il vice-direttore de la Stampa fu ucciso il 29 novembre del 1977.
Aveva preso parte alla Resistenza militando nelle file del Partito d'azione.
Pasquale Cascella
Per l'Unit segu tutte le fasi che caratterizzarono l'aspra e complessa vicenda
della scala mobile. Nel corso del primo settennato di Giorgio Napolitano, stato
consigliere per la comunicazione del Presidente della Repubblica e direttore dell'Ufficio Stampa del Quirinale. Nella primavera del 2013, a conclusione del primo
mandato di Napolitano, si candidato alle elezioni a Barletta diventando sindaco
della citt pugliese.
Marco Cianca
Storico cronista di vicende sindacali. Soprattutto negli anni Ottanta, in coincidenza con le grandi vertenze di quel periodo. Fu lui a raccontare ai lettori del
Corriere della Sera le complesse e articolate fasi della lunga vertenza sulla
Scala Mobile.
Sergio De Vecchi
I suoi articoli pubblicati su La Stampa, erano di solito una delle prime letture
dei segretari generali delle Confederazioni e degli uffici stampa. Cronista estremamente attento e competente (sul versante contrattuale conosceva perfettamente meccanismi, logiche e dinamiche), anche per la collocazione geografica
del suo giornale, Torino, si muoveva a proprio agio nelle vicende della Fiat. Uno
tra i giornalisti che l'Avvocato Agnelli ascoltava con maggiore attenzione. E
scomparso nel giugno del 1997.

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BREVI BIOGRAFIE

Antonio Ghirelli
E' scomparso il 1 aprile del 2012 dopo una lunga carriera. Giornalista multiforme (direttore di un quotidiano economico, Il Globo, di due giornali sportivi,
Tuttosport e Corriere dello sport, di una testata televisiva, il Tg2, e di un organo
di partito, Avanti!), ha vissuto le vicende illustrate in questo libro prima da Capo
Ufficio Stampa del presidente della Repubblica Sandro Pertini, e poi da capo della
comunicazione di Palazzo Chigi con Bettino Craxi presidente del consiglio.
Giorgio Lauzi
Storica firma del giornalismo sindacale. I suoi interventi comparivano sull'Avanti!. Sostenitore e sollecitatore dell'unit fra le confederazioni. scomparso
il 3 maggio del 2004.
Arrigo Levi
Una sua lunga intervista a De Mita, spiega le strategie e i comportamenti della
Dc in quella fase caratterizzata da una collaborazione di governo con il Psi che
si sviluppava, per, attraverso momenti di forte conflittualit. Direttore per cinque anni de la Stampa.
Massimo Mascini
Uno tra i pi attenti osservatori delle vicende sindacali. Attualmente dirige il
quotidiano on line Diario del Lavoro, ha scritto lungamente sul quotidiano economico Sole24Ore, docente di giornalismo sindacale alla Luiss ed in alcuni
libri ha raccontato le vicende che hanno caratterizzato nell'ultimo trentennio la
vita delle Confederazioni.
Giampaolo Pansa
Con lui Luciano Lama, dopo aver lasciato la Cgil, si confess. Quella lunga intervista divenne un libro in cui lex leader sindacale parlava dei rapporti con Enrico Berlinguer e, soprattutto dei contrasti nati dopo la fine della solidariet
nazionale e durante la controversa trattativa sulla scala mobile. Autorevole giornalista politico ha lavorato per numerosi quotidiani (la Repubblica, Corriere
della Sera, il Messaggero, il Giorno, la Stampa).
Alberto Ronchey
Di formazione politica repubblicana (fu anche direttore de La Voce Repubblicana), un suo libro-intervista con Ugo La Malfa rappresenta una radiografia
dell'Italia politica degli anni Sessanta e Settanta. Ronchey stato anche ministro per i beni culturali. scomparso il 5 marzo 2010.

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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO

Paolo Serventi Longhi


"Storico" cronista di sindacale e sindacalista lui stesso. Per l'Ansa ( stato anche
caporedattore della redazione parlamentare) ha seguito tutte le vicende del sindacato a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. Fortemente impegnato nell'attivit della Federazione Nazionale della Stampa Italiana: ha ricoperto gli
incarichi di segretario dell'Associazione della Stampa Romana e, poi (per sei
anni) di segretario della Fnsi. Attualmente vice-presidente dell'Inpgi, l'istituto
di previdenza dei giornalisti italiani.
Vittoria Sivo
Tra le firme pi note e autorevoli del giornalismo politico-sindacale. Negli anni
Ottanta, per il quotidiano "la Repubblica" ha seguito dall'inizio alla fine tutta la
vicenda relativa al decreto di San Valentino e al successivo referendum.
Walter Tobagi
Il 28 maggio del 1980, un commando di terroristi spezz la sua giovane vita
(aveva appena trentatr anni). Inviato del Corriere della Sera, aveva cominciato
all'Avanti! per poi passare all'Avvenire. Era un acuto osservatore del movimento
sindacale, grande amico di Carniti e vicino a Benvenuto.
Giuseppe Turani
Alcune interviste che hanno pi profondamente inciso sul dibattito politico ed
economico degli inizi degli anni Ottanta sono state rilasciate a lui. Fra le pi note
quella di Umberto Agnelli che di fatto annunci l'arrivo della Tempesta Fiat.
Noto esperto di cose economiche, editorialista per la Repubblica ed Espresso.
Sergio Turone
Editorialista de il Messaggero, stato uno tra gli storici pi attenti delle vicende sindacali. Tra i suoi libri pi noti la storia del sindacato in Italia dal 1943
ad oggi, il paradosso sindacale, la storia dell'Unione italiana del lavoro.
scomparso il 10 novembre 1995.
Bruno Ugolini
Era normalmente il giornalista de l'Unit che raccoglieva le confessioni di
Bruno Trentin con il quale ha anche scritto alcuni libri fondamentali per capire
il modo di intendere il sindacato da parte di quello che stato un leader storico
della Cgil.
Eugenio Scalfari
Fondatore del quotidiano la Repubblica, alcune sue interviste hanno condizionato il dibattito politico-sindacale. Quella a Luciano Lama anticip la svolta
dell'Eur, quella a Enrico Berlinguer fu un atto d'accusa contro il degrado della
vita pubblica italiana.

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GLOSSARIO

GLOSSARIO
Acli, Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani
Adn Kronos, Agenzia di stampa nazionale
Ansa, Agenzia Nazionale Stampa Associata
Asap, Associazione sindacale che riuniva le aziende pubbliche petrolifere e della
chimica
Asca, agenzia Stampa Quotidiani Nazionale
Br, Brigate Rosse
Censis, Centro Investimenti Studi Sociali
Cer, Centro Europa Ricerche
Ces, Confederazione Europea dei Sindacati
Cgia, Confederazione Generale dell'Artigianato
Cgil, Confederazione Generale Italiana del Lavoro
Cisl, Confederazione Italiana Sindacati dei Lavoratori
Cisnal, Confederazione Italiana Sindacati Nazionali dei Lavoratori, nata il 24
marzo 1950, emanazione del Msi (Movimento Sociale Italiano)
Cna, Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola Impresa
Confapi, Confederazione Italiana Piccola e media industria
Confartiginato, Associazione che riunisce le imprese artigiane
Confcommercio, Confederazione Generale Italiana del Commercio, del Turismo,
dei Servizi, delle Professioni e delle PMI
Confesercenti, organizzazione che riunisce le piccole e medie imprese italiane
del commercio, del turismo e dei servizi
Confedilizia, Assosiazione che riunisce imprenditori edili e proprietari di
immobili
Consigli di Fabbrica, teorizzati da Antonio Gramsci, attivi nel Biennio Rosso,
rinacquero alla fine degli anni Sessanta, consolidandosi grazie all'Autunno Caldo.
Risorti spontaneamente, vennero subito riconosciuti da Cgil, Cisl e Uil come strutture unitarie di base. Avevano un maggiore radicamento rispetto alle vecchie commissioni interne grazie ai delegati di reparto. Il numero dei componenti variava
da realt a realt produttiva. Ogni "gruppo omogeneo" eleggeva i propri delegati;
sulla scheda il lavoratore poteva indicare soltanto una preferenza. La vertenza Fiat
del 1980 fu il detonatore della loro crisi.
"Consiglione" di Mirafiori, all'epoca dei fatti di cui tratta questo libro, l'organismo di rappresentanza aziendale del pi grande insediamento produttivo della
Fiat, era composto da mille, milleduecento delegati. Mirafiori era composta all'epoca da tre grandi aree: Carrozzerie, Meccaniche e Presse. Ogni gruppo omogeneo eleggeva i propri delegati. Nella vertenza del 1980, il "Consiglione"
rappresent l'anima pi integralista del negoziato e ne condizion lo sviluppo in
misura determinante, di fatto impedendo quel cambio di strategia che (se anticipato) avrebbe probabilmente evitato la Marcia dei Quarantamila.
Confindustria, Confederazione Generale dell'Industria Italiana
Contingenza (Scala Mobile), meccanismo automatico di adeguamento del
salario all'aumento del costo della vita

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IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO


Crel, Centro Ricerche Economia e Lavoro
Csi, Confederazione Sindacale Internazionale
Dc, Democrazia Cristiana
Dp, Democrazia Proletaria
Efim, Ente Partecipazione e Finanziamento Industrie Manifatturiere
Eni, Ente Nazionale Idrocarburi
Federmeccanica, Federazione sindacale dell'Industria Metalmeccanica Italiana
Fiat, Fabbrica Italiana Automobili Torino
Fim, Federazione Italiana Metalmeccanici
Fiom, Federazione Impiegati e Operai Metallurgici
Flm, Federazione Lavoratori Metalmeccanici
Fmi, Fondo Monetario Internazionale
Fnsi, Federazione Nazionale Stampa Italiana
Fondo di Solidariet, fu una misura concordata da Cgil, Cisl e Uil con il Governo Cossiga agli inizi degli anni Ottanta. Si trattava di destinare una parte degli
aumenti salariali (lo 0,50 per cento) a un fondo che avrebbe dovuto finanziare gli
investimenti al Sud. Entr prima in una sorta di decretone ma poi, a causa dell'opposizione del Pci, venne dirottato in un Disegno di Legge che non ebbe l'onore
di un dibattito parlamentare, n in Commissione n in Aula
Fsm, Federazione Sindacale Mondiale, organizzazione che faceva riferimento all'Unione Sovietica
Icftu, International Confederation of Trade Union. Vi aderirono i sindacati occidentali che dopo il Piano Marshall e l'esplosione della Guerra Fredda decisero di
staccarsi dalla Fsm
Inpgi, Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani
Intersind, l'organizzazione che nelle trattative sindacali rappresentava le
industrie statali che facevano capo a Iri ed Efim
Irap, Imposta Regionale sulle Attivit produttive
Iri, Istituto per la Ricostruzione Industriale
Irpef, Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche
Istat, Istituto Nazionale di Statistica
Iva, Imposta sul Valore Aggiunto
Lega Coop, Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue, l'associazione di tutela
delle cooperative, orientata politicamente a sinistra
Marcia dei Quarantamila, fu la manifestazione a cui parteciparono, il 14 ottobre 1980, "quadri" e impiegati della Fiat che chiedevano la rimozione dei "blocchi"
ai cancelli dell'azienda (che impedivano l'entrata e l'uscita delle merci) e la chiusura della vertenza nata con l'invio di quindicimila lettere di licenziamento. Part
dal Teatro Nuovo di Torino e vi parteciparono approssimativamente quarantamila
persone
Mpl, Movimento Politico dei Lavoratori
Msi, Movimento Sociale Italiano
Nar, Nuclei Armati Rivoluzionari

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GLOSSARIO
Nato, North Atlantic Treaty Organization, in sostanza il Patto Atlantico
Ocse, l'acronimo sta per Organization for Economic Co-operation and Development, cio organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica
P2, loggia Propaganda 2, loggia massonica "coperta", cio segreta, guidata da
Licio Gelli: la scoperta delle liste dei suoi aderenti nella casa di Gelli, Villa Wanda,
e nella sua fabbrica, la Giole di Castiglion Fibocchi, fu alla base di uno scandalo
politico che travolse il governo Forlani. Sulle oscure trame della Loggia indag
una commissione di inchiesta parlamentare presieduta da Tina Anselmi
Pci, Partito Comunista Italiano
Pcus, Partito Comunista dell'Unione Sovietica
Pd, Partito Democratico
Pd'A, Partito d'Azione
Pdup, Partito di Unit Proletaria
Pil, Prodotto Interno Lordo
Pli, Partito Liberale Italiano
Pmi, Piccole e medie imprese
Pr, Partito Radicale
Predeterminazione, determinazione del numero degli scatti di contingenza
sulla base di un tasso di inflazione programmata su base annua
Pri, Partito Repubblicano Italiano
Psdi, Partito Socialdemocratico Italiano
Psiup, Partito Socialista di Unit Proletaria
Psu, Partito Socialista Unitario
Punto Unico (di contingenza), Valore dello scatto pari per tutti senza differenziazioni per qualifiche, tipologie di lavoro o zone territoriali
Rcs, Rizzoli Corriere della Sera
Sismi, Servizio Informazioni e Sicurezza Militare
Siulp, Sindacato Italiano Unitario Lavoratori di Polizia
Ugl, Unione Generale del Lavoro. Nasce nel 1996 ad opera della Cisnal e di altri
sindacati autonomi. Il processo segue, in parallelo, la trasformazione del Msi (Movimento Sociale Italiano) in An (Alleanza Nazionale) avvenuta nel 1994
Uil, Unione Italiana del Lavoro
Uilm, Unione Italiana Lavoratori Metalmeccanici
Urss, Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche
VW, Volkswagen

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Organi di partito
Avanti!, Il Popolo, La Voce Repubblicana, L'Umanit, l'Unit
Organi di informazione delle confederazioni sindacali
Conquiste del Lavoro, Lavoro Italiano, Rassegna Sindacale
Periodici
Espresso, Il Mondo, L'Europeo, Mondoperaio, Panorama
Riviste ideologiche
Critica Sociale, Mondoperaio, Rinascita, Socialismo oggi, Terza fase

513

INDICE DEI NOMI

INDICE DEI NOMI


Abbas, Abu 262
Ablyazov, Muxtar 262
Accornero, Aris 387, 389
Acquaviva, Gennaro 257, 477
Adornato, Ferdinando 128, 132
Afeltra, Gaetano 195
Agca, Al 463
Agnelli, Gianni 11, 14, 31, 37, 38, 39, 40,
41, 43, 45, 46, 47, 48, 50, 51, 52, 53, 54, 55,
57, 58, 59, 61, 69, 85, 97, 103, 110, 113, 114,
122, 168, 173, 179, 180, 186, 195, 235, 271,
275, 333, 335, 337, 339, 372, 376, 418,
424, 427, 428, 434, 451, 454, 466, 470,
474, 487, 490, 491, 493, 496
Agnelli, Susanna 58
Agnelli, Umberto 58, 109, 113, 114, 129,
372, 491, 498
Agnes, Biagio 350, 415
Agostini, Giuseppe 485
Agroppi, Aldo 249
Airoldi, Angelo 270, 485
Alberoni, Francesco 407
Albertino, Adriano 108
Alessandrini, Emilio 458
Alicata, Mario 87
Allen, Woody 96
Amato, Giuliano 315, 322, 326, 327, 328,
378, 441, 442, 443, 444, 477, 486, 490
Amendola, Giorgio 87, 110, 111, 112, 113,
147, 217, 218, 314, 407, 477, 481, 482
Amendola, Giovanni 364
Andreatta, Nino 14, 184, 446, 466
Andreotti, Giulio 63, 66, 68, 71, 73, 126,
127, 136, 146, 156, 197, 203, 207, 257, 334,
336, 339, 345, 347, 442, 455, 456, 459,
463, 477, 480, 483, 494
Angeletti, Luigi 485
Annibaldi, Cesare 101, 104, 121, 491
Annibaldi, Paolo 421, 428, 430, 491
Antognoni, Giancarlo 191
Anselmi, Tina 503
Arafat, Yasser 262
Arf, Gaetano 16, 28
Arias, Juan 385
Arisio, Luigi 53, 102, 104, 461
Asor Rosa, Alberto 74
Baffi, Paolo 197, 453, 459
Balestrini, Nanni 354

Barbagallo, Carmelo 397


Barbone, Marco 460
Barca, Luciano 387, 477
Bartocci, Enzo 477
Bauman, Zygmunt 20, 134
Bearzot, Enzo 191
Belmonte, Giuseppe 461
Benedetto, Marco 116
Bentivogli, Franco 101, 371, 485, 488, 489
Benvenuto, Giorgio 16, 21, 39, 43, 46, 49,
52, 55, 67, 69, 70, 71, 88, 92, 93, 94, 101,
104, 107, 109, 110, 115, 117, 118, 119, 126,
129, 155, 157, 159, 161, 162, 163, 164, 167,
168, 169, 170, 171, 172, 173, 174, 175, 180,
182, 185, 187, 197, 198, 201, 202, 205,
208, 215, 218, 222, 223, 224, 226, 229,
230 ,231, 234, 238, 240, 241, 242, 244,
245, 253, 263, 269, 270, 271, 273, 277,
278, 281, 282, 283, 284, 289, 303, 321,
322, 325, 327, 362, 363, 364, 365, 367,
369, 370 371, 374, 375, 376, 381, 385, 387,
391, 392, 395, 398, 399, 400, 401, 402,
404, 405, 407, 408, 411, 412, 413, 414, 415,
416, 418, 419, 424, 425, 427, 429, 432,
437, 455, 456, 460, 463, 466, 470, 472,
474, 481, 485, 486, 487, 488, 489, 490,
491, 495, 497
Bergomi, Beppe 191
Berlinguer, Enrico 11, 13, 34, 68, 75, 76,
77, 79, 80, 81, 82, 83, 85, 90, 96, 97, 107,
115, 116, 117, 118, 119, 120, 125, 126, 130,
131, 132, 134, 135, 136, 138, 139, 140, 141,
142, 147, 151, 158, 171, 183, 193, 202, 215,
218, 221, 223, 233, 234, 240, 241, 242,
244, 245, 246, 249, 250, 251, 255, 256,
257, 259, 260, 261, 262, 263, 264, 267,
268, 269, 272, 273, 276, 281, 287, 289,
290, 291, 292, 293, 294, 295, 296, 297,
298, 3030, 306, 307, 309, 310, 311, 312,
315, 326, 330, 333, 347, 348, 359, 363,
364, 378, 387, 392, 413, 415, 417, 439,
444, 453, 457, 458, 467, 471, 475, 477,
478, 479 481, 482, 484
Berlinguer, Giovanni 268
Berlusconi, Silvio 53, 56, 491
Bertinotti, Fausto 109, 313, 443, 444, 445,
489
Biasini, Oddo 129, 453, 457

517

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO


Bocca, Giorgio 93, 94
Bodrato, Guido 206
Bobbio, Norberto 150, 327, 383, 410, 411,
493
Boniperti,Giampiero 56, 249
Borgoglio, Felice 318
Borges, Jorge Luis 16
Bottalico, Gianni 20
Bragantini, Salvatore 60, 61
Brandt, Willy 20, 140, 142, 259, 325
Brignone, Lilla 267
Bruno, Giordano 86
Bufalini, Paolo 87, 147, 310
Buoncristiani, Renato 429
Buozzi, Bruno 85, 164, 165, 170, 460
Busch, Klaus 29
Cabras, Paolo 425
Cabrini, Antonio 191
Cafagna, Luciano 255, 256, 264, 269,
328, 407
Caff, Federico 182, 417, 492, 494
Calamandrei, Piero 22, 447, 448, 449
Callieri, Carlo 53, 101, 102, 103, 109, 491
Calogero, Pietro 354
Caltagirone, Gaetano 156
Calvi, Roberto 156
Canale, Aldo 495
Capanna, Mario 269, 271, 402, 425
Caracciolo, Carlo 337
Carli, Guido 61, 62, 65, 92, 236, 454, 491,
493
Carniti, Pierre 19, 33, 39, 44, 61, 71, 72,
80, 88, 91, 93, 94, 101, 105, 109, 115,
117,119, 122, 155, 156, 157, 158, 161, 163,
164, 171, 173, 180, 181, 185, 186, 202, 205,
206, 208, 213, 215, 218, 220, 221, 222,
224, 225, 226, 229, 230, 231, 232, 233,
234, 240, 241, 242, 243, 245, 253, 267,
271, 272, 273, 278, 281, 289, 313, 358,
362, 363, 364, 369, 370, 373, 374, 387,
390, 391, 395, 398, 399, 400, 404, 405,
408, 413, 414, 415, 417, 423, 424, 425, 437,
456, 457, 458, 460, 464, 469, 470, 472,
474, 485, 486, 487, 488, 491, 498
Carter, Jimmy 335
Casalegno, Carlo 110, 456, 496
Casaroli, Agostino 470
Cascella, Pasquale 496
Castronovo, Valerio 407

518

Causio, Franco 360


Cazzola, Giuliano 253
Chiamparino, Sergio 380
Chiaromonte, Gerardo 88, 158, 186, 241,
246, 269, 278, 291, 388, 413, 471, 478
Chinnici, Rocco 468
Christie, Agatha 355
Ciampi, Carlo Azeglio 14, 21, 359, 445,
459, 480, 487
Cianca, Marco 496
Coco, Francesco 454
Cofferati, Sergio 120, 444
Colombo, Cristoforo 204
Colombo, Emilio 50
Colombo, Gherardo 463
Colombo, Mario 224, 486
Conti, Bruno 191
Cossiga, Francesco 117, 120, 143, 156, 158,
203, 209, 241, 359, 364, 411, 459, 460,
461, 479, 480, 481
Craveri, Pietro 197, 405, 408, 411, 417,
473, 474, 480, 494
Craxi, Bobo 249, 250
Craxi, Bettino 3, 11, 13, 14, 27, 30, 33, 34,
36, 56, 77, 85, 87, 88, 89, 90, 98, 125, 126,
128, 129, 130, 131, 135, 140 146, 147, 148,
149, 150, 156, 159, 161, 162, 168, 169, 171,
173, 187, 193, 196, 197, 198, 204, 207, 215,
216, 220, 221, 222, 223, 224, 230, 231,
235, 247, 249, 250, 251, 252, 253, 254,
255, 256, 258, 259, 260, 261, 262, 263,
264, 267, 268, 272, 274, 275, 278, 282,
289, 291, 292, 293, 294, 295, 296, 299,
301, 302, 303, 304, 305, 306, 307, 308,
309, 310, 311, 312, 313, 314, 315, 316, 317,
318, 321, 322, 323, 324, 327, 328, 329,
330, 331, 333, 334, 335, 336, 339, 342,
345, 346, 347, 348, 349, 350, 353, 354,
356, 357, 358, 359, 387, 392, 395, 398,
399, 400, 402, 404, 406, 413, 415, 421,
423, 424, 431, 437, 441, 443, 445, 455,
457, 460, 461, 463, 468, 470, 471, 474,
477, 478, 479, 480, 481, 482, 483, 484,
485, 486, 488, 492, 494, 497
Crea, Eraldo 231, 486
Croce, Benedetto 447, 494
D'Alema, Massimo 131, 135, 140, 147, 234,
238, 239, 240, 245, 254, 270, 290, 291,
307, 316, 478

INDICE DEI NOMI


Dalla Chiesa, Carlo Alberto 465, 466
D'Antoni, Sergio 441, 443, 486, 487, 488,
489
Dalla, Lucio 250
D'Amato, Antonio 53, 491
De Benedetti, Carlo 235, 240, 492
De Benedetti, Giulio 54
De Carlini, Lucio 92
De Carolis, Massimo 129
De Gregori, Francesco 249, 250, 260, 315
Dell'Aringa, Carlo 407
De Luca, Fausto 221
De Luna, Giovanni 28
De Martino, Francesco 258, 454, 455,
478, 484
De Mita, Ciriaco 125, 126, 146, 150, 207,
215, 218, 221, 233, 241, 242, 243, 244,
298, 303, 310, 331, 333, 334, 336, 337,
338, 339, 341, 342, 343, 345, 346, 347,
348, 349, 350, 356, 357, 380, 414, 415,
423, 425, 451, 465, 467, 468, 475, 477,
479, 480, 482, 483, 484, 497
Del Turco, Ottaviano 94, 106, 231, 232,
235, 284, 295, 321, 330, 371, 388, 397,
413, 416, 444, 469, 474, 486, 488
De Stefano, Manfredi 460
De Michelis, Gianni 33, 85, 87, 146, 184,
229, 231, 234, 235, 240, 241, 246, 263,
293, 303, 322, 330, 354, 355, 356, 357,
388, 395, 413, 419, 427, 442, 445, 468,
469, 474, 479
De Tomaso, Alejandro 429
De Vecchi, Sergio 496
Di Giesi, Michele 183
Di Salvo, Rosario 465
Di Vittorio, Giuseppe 22, 85, 86, 87, 89,
165, 272, 368, 391
Donat Cattin, Carlo 115, 129, 201, 345,
480, 484, 488
Don Giussani 345
Don Minzoni 363
Dozier, James Lee 335
DUrso, Giovanni 462
Dylan, Bob 27
Dubcek, Alexander 86
Elia, Leopoldo 409
Epifani, Guglielmo 135, 140
Evangelisti, Franco 156

Falcucci, Franca 355


Fanfani, Amintore 73, 129, 203, 204, 205,
234, 253, 293, 338, 339, 344, 345, 432,
438, 453, 466, 467, 479, 480, 484
Farina, Giovanni 107
Farina, Giuliano 107
Fassino, Piero 115, 116, 117, 140, 297, 479
Ferrajoli, Luigi 29
Ferrara, Giuliano 108, 122
Fioravanti, Giusva 174, 461
Folena, Pietro 137, 140, 479
Forlani, Arnaldo 182, 183, 201, 242, 250,
334, 343, 345, 346, 350, 356, 360, 362,
423, 461, 463, 477, 480, 481
Formica, Rino 184, 301, 309, 322, 324,
325, 326, 327, 328, 329, 466, 480
Forte, Francesco 206, 211, 477
Foschi, Franco 115, 120, 480
Furino, Beppe 249
Gabetti, Gianluigi 61
Galbusera, Walter 404, 487
Galli, Giorgio 152, 335, 336, 337, 346
Galli, Pio 101, 122, 487, 488
Gallino, Luciano 17, 27, 29, 407
Garavini, Sergio 39, 67, 94, 95, 129, 158,
186, 231, 270, 367, 377, 378, 485, 487, 489
Gardner, Richard 336
Gelli, Licio 461, 463, 503
Gentile, Claudio 191
Giannini, Massimo Severo 407
Giordano, Francesco 460
Giovanni XXIII 165
Giovanni Paolo I 457
Giovanni Paolo II 136, 357, 457, 463
Giugni, Gino 187, 206, 327, 390, 405, 408,
411, 417, 432, 433, 434, 435, 436, 437,
438, 465, 467, 473, 474, 477, 480, 494
Gheddafi, Muammar 191, 461
Ghidella, Vittorio 54, 101
Ghiglieno, Carlo 107, 109, 110, 459
Ghirelli, Antonio 130, 356, 497
Ginsberg, Allen 9, 16
Ginzburg, Natalia 125
Gobetti, Piero 363, 364
Gorbaciov, Michail 223, 460
Goria, Giovanni 173, 206, 345, 414, 423,
438, 477, 480
Governatori, Federico 437

519

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO


Gramsci, Antonio 363, 364, 501
Grandi, Achille 165
Grandi, Alfiero 391, 444
Graziano, Wilmer 492
Guiso, Giannino 129
Guthrie, Woody 29
Hobsbawm, Eric 33
Ingrao, Pietro 74, 172
Iotti, Nilde 130, 287, 292, 293, 297, 480,
482
Iozzino, Raffaele 457
Juan Carlos 192, 361
Klinghoffer, Leon 262
Lama, Luciano 11, 14, 31, 34, 37, 39, 40,
41, 43, 44, 45, 47, 50, 55, 65, 66, 67, 68, 69
73, 74, 75, 78, 81, 83, 85, 86, 87, 88 ,89,
90, 91, 92, 93, 94, 95, 96, 97, 98, 101, 104,
105, 109, 110, 115, 117, 119, 129, 147, 150
157, 158, 163, 167, 171, 179, 181, 184, 186,
187, 194, 202, 205, 206, 208, 215, 216,
220, 223, 230, 231, 232, 235, 239, 241,
243, 249, 251, 252, 253, 254, 256, 262,
263, 270, 271, 272, 278, 279, 280, 281,
282, 283, 284, 290, 291, 292, 293, 294,
296, 298, 330, 358, 362, 363, 364, 367,
368, 371, 373, 374, 375, 376, 377, 378, 379,
388, 390, 391, 395, 400, 402, 403, 413,
414, 415, 416, 417, 418, 419, 427, 434, 437,
444, 455, 456, 460, 464, 466, 468, 470,
472, 474, 486, 487, 488, 489, 490, 491,
497, 498
La Malfa, Giorgio 184, 197, 198, 298
La Malfa, Ugo 54, 56, 57, 71, 125, 129, 146,
147, 151, 166, 175, 179, 180, 181, 193, 194,
195, 197, 219, 317, 358, 441, 453, 458, 481,
484, 497
Larizza, Pietro 231, 441, 443, 487
La Torre, Pio 465
Laus, Daniele 460
Lauzi, Giorgio 217, 218, 497
Latouche, Serge 19, 25
Lazzari, Stefania 206
Leavitt, David 423
Leon, Paolo 494
Leonardi, Oreste 456
Leone XIII 165
Leone, Giovanni 457
Lettieri, Antonio 39, 40, 41, 42, 240, 487, 494

520

Levi, Arrigo 38, 51, 55, 150, 336, 338, 497


Liverani, Giorgio 231, 474, 485, 488
Lombardi, Riccardo 9, 16, 17, 20, 26, 120,
146, 166, 167, 168, 175, 219, 299, 316, 317,
318, 329, 330, 359, 373, 418, 472, 481, 484
Longo, Luigi 13, 317
Longo, Pietro 215, 307, 458, 460, 465, 470
Lotito, Franco 488
Lucchesi, Paolo 444
Lucchini, Luigi 275, 421, 423, 424, 425,
426, 427, 428, 429, 430, 431, 432, 433,
434, 471, 474, 492, 493
Macaluso, Emanuele 146, 172, 260, 261,
262, 267, 273, 275, 327, 481
Macario, Luigi 66, 72, 78, 93, 95, 156, 216,
455, 456, 458, 488
Maccanico, Antonio 243, 307, 342, 364
Mafai, Miriam 15
Magri, Lucio 269, 273
Mambro, Francesca 174, 461
Manca, Enrico 325, 425
Mancini, Federico 407, 494
Mancini, Giacomo 168, 306, 325, 355,
479, 481
Mandelli, Walter 39, 206, 232, 421, 431,
437, 492, 493
Manghi, Bruno 216, 392
Manzella, Andrea 407
Manzoni, Alessandro 102
Mao 364
Marano, Mario 460
Marchionne, Sergio 50, 59, 60, 61, 324
Marcora, Giovanni 184, 336, 337, 349
Marianetti, Agostino 92, 179, 202, 205,
329, 456, 464, 467, 488
Marini, Franco 27, 220, 221, 223, 231,
235, 282, 284, 365, 381, 397, 399, 408,
413, 421, 458, 470, 473, 474, 486, 488
Martinazzoli, Nino 355
Mascini, Massimo 161, 204, 497
Mastella, Clemente 425
Maris, Bernard 26
Marx, Karl 96, 111, 304, 314
Martelli, Claudio 222, 223, 224, 249, 274,
275, 302, 304, 308, 313, 315, 321, 398,
414, 474, 482
Matteotti, Giacomo 363
Matteucci, Nicola 383

INDICE DEI NOMI


Mattina, Enzo 33, 92, 101, 118, 119, 120,
129, 130, 184, 280, 304, 488
Mazzini, Giuseppe 164, 165
Mazzola, Sandro 492
Mazzola, Valentino 249
McCarthy, Joseph 29
McInerney, Jay 429
Mennea, Pietro 103
Merloni, Vittorio 182, 183, 206, 231, 232,
239, 275, 422, 423, 430, 433, 437, 460,
465, 467, 471, 492
Miniati, Silvano 489
Minot, Susan 423
Misasi, Riccardo 242
Mitterrand, Francois 20, 140, 184, 249,
259
Modena City Ramblers 249
Modigliani, Franco 182, 417, 489, 495
Montanelli, Indro 54, 415
Montezemolo, Luca di 56, 60
Morandini, Paolo 460
Morese, Raffaele 39, 489
Moro, Aldo 14, 78, 79, 80, 107, 125, 140,
146, 147, 180, 193, 220, 256, 307, 335,
336, 345, 355, 362, 454, 456, 457, 482,
484
Mortillaro, Felice 39, 371, 372, 414, 493
Musi, Adriano 489
Musumeci, Pietro 461
Nagy, Imre 86
Napolitano, Giorgio 8, 70, 71, 88, 97, 179,
278, 284, 287, 290, 291, 292, 293, 296,
297, 325, 359, 388, 481, 482, 496
Natta, Alessandro 90, 126, 136, 262, 290,
291, 293, 296, 400, 414, 415 472, 482
Negri, Toni 354
Nenni, Pietro 4, 68, 86, 219, 253, 261, 275,
295, 303, 347, 359, 495
Nixon, Richard 35
Nonno, Pasquale 219, 220
Norcia, Liberato 115, 116, 118
Novella, Agostino 272
Occhetto, Achille 261, 276, 277, 290, 296,
310, 365, 378, 400, 439, 444, 482, 487
Olivieri, Walter 436
Omar, Abu 262
Orwell, George 127, 132, 276
Ottone, Pietro 336, 337, 338
Paci, Agostino 493

Padovani, Marcelle 119


Pajetta, Giancarlo 87, 291, 294, 295, 310
Paladin, Livio 409
Palme, Olof 20, 140, 325, 394
Pandolfi, Filippo Maria 206, 359, 457,
459
Pannella, Marco 129, 399, 410, 474, 483
Pansa, Gianpaolo 45, 141, 150, 252, 400,
497
Paolo VI 35, 457
Parri, Ferruccio 4, 16, 180, 181, 189, 317,
458, 464, 481
Pasquino, Gianfranco 333, 383, 389
Patrucco, Carlo 421, 427, 493
Pazienza, Francesco 461
Pecchioli, Ugo 74, 108, 109
Pertini, Sandro 14, 30, 130, 142, 155, 156,
180, 187, 191, 192, 279, 291, 307, 308, 316,
317, 319, 346, 351, 353, 354, 356, 357, 359,
360, 362, 363, 364, 377, 411, 457, 458,
466, 468, 471, 479, 481, 485, 497
Pessoa, Fernando 3
Petrolini, Ettore 397
Piano, Renzo 354
Piccoli, Flaminio 336, 338, 344, 345, 358,
359, 425, 460, 465, 483
Pininfarina, Sergio 275
Piperno, Franco 354
Pirelli, Leopoldo 50, 493
Pizzinato, Antonio 92, 367, 381, 431, 445,
487, 489
Pozzoli, Piero 492, 493
Prodi, Romano 477, 483, 495
Raffaelli, Mario 325
Rampi, Alfredino 361
Ravenna, Ruggero 39, 489, 490
Reagan, Ronald 132, 223, 460, 494
Regalia, Ida 383
Regina Elisabetta II 59
Regina Sofia 361
Reichlin, Alfredo 128, 238, 242, 256, 292,
388, 426, 483
Restivo, Mario 50
Ricci, Domenico 456
Ricci, Maurizio 204
Riina, Tot 472
Riva, Massimo 43, 221, 222
Rivera, Gianni 492
Rivera, Giulio 456

521

IL DIVORZIO DI SAN VALENTINO


Rognoni, Virginio 240, 362, 360
Ronchey, Alberto 147, 194, 441, 497
Romita, Pierluigi 128, 454, 458
Romiti, Cesare 39, 49, 53, 54, 56, 58, 61,
101, 103, 104, 105, 109, 114, 121, 235, 259,
322, 427, 428, 491, 493
Roosevelt, Franklin Delano 20
Rossa, Guido 106, 107, 458
Rosselli, Carlo 22, 258, 261, 302, 348,
363, 449
Rossi, Giorgio 236
Rossi, Paolo 191, 466
Ruffolo, Giorgio 35, 301, 302, 328, 483,
495
Russo, Alfio 194, 195
Russo, Domenico 466
Russo, Giovanni 271, 272, 279
Sabattini, Claudio 423
Sabelli Fioretti, Claudio 322, 326
Sacco, Michele 108
Salerno, Pasquale 108
Salvadori, Massimo L. 304, 305, 308,
309, 315
Santi, Fernando89, 72, 273, 275, 276, 391
Santoro, Francesca 444
Saragat, Giuseppe 53, 103, 168, 169, 170,
303, 454
Sassoli, David 354, 355
Scalfari, Eugenio 51, 65, 66, 75, 78, 138,
193, 195, 215, 221, 222, 240, 337, 421, 498
Scalfaro, Oscar Luigi 58, 97, 260, 355
Scalia, Vito 453
Scalzone, Oreste 354, 355, 356
Scheda, Rinaldo 39, 67, 93, 129, 270, 274,
377, 487, 490
Schettino, Francesco 106
Schinkel, Anneli 9
Schmidt, Helmut 20
Scirea, Gaetano 191
Scoppola, Pietro 348, 349
Scotti, Vincenzo 4, 7, 85, 87, 92, 111, 183,
199, 201, 202, 203, 204, 205, 206, 207,
208, 210, 211, 212, 232, 233, 234, 238,
246, 252, 253, 254, 259, 293, 338, 340,
342, 346, 347, 398, 414, 422, 423, 425,
430, 432, 434, 435, 437, 467, 474, 475
479, 481, 483, 486, 487, 488, 490, 492
Scricciolo, Luigi 465
Segni, Mario 398

522

Selvaggi, Franco 191


Setti Carraro, Emanuela 466
Serventi Longhi, Paolo 498
Signorile, Claudio 146, 168, 169, 304, 310,
325, 329, 374, 484
Sindona, Michele 463
Sivo, Vittorio 498
Smith, Adam 111, 218
Spadolini, Giovanni 4, 14, 56, 97, 125, 146,
177, 180, 181, 182, 183, 184, 185, 186, 187,
188, 189, 191, 192, 193, 194, 195, 196, 197,
198, 202, 203, 220, 233, 240, 262, 298,
303, 308, 337, 357, 358, 414, 416, 423,
425, 430, 458, 463, 464, 465, 466, 468,
470, 481, 484, 492
Strehler, Giorgio 267
Sylos Labini, Paolo 77, 152, 386, 495
Sylos Labini, Stefano 35
Standing, Guy 134
Stiglitz, Joseph 17, 19, 151
Storti, Bruno 37, 39, 455, 486, 490
Sullo, Fiorentino 346
Taliercio, Giuseppe 93, 464
Tamburrano, Giuseppe 495
Tanassi, Mario 454
Tarantelli, Ezio 156, 161, 182, 206, 212,
224, 225, 226, 233, 234, 254, 397, 404,
408, 411, 417, 469, 473, 474, 480, 487,
494, 495
Tarantelli, Luca 234, 235
Tardelli, Marco 191, 192, 466
Tat, Antonio 116, 125, 128, 129, 136, 234,
241, 242, 243, 244, 267, 307, 342, 484
Tiboni, Piergiorgio 273
Thatcher, Margareth 132, 262
Tobagi, Walter 156, 161, 162, 163, 164, 03,
460, 498
Togliatti, Palmiro 87, 172, 249, 252, 261,
269, 289, 293, 295, 305, 322, 481
Tognoli, Carlo 310, 402, 461, 472
Trapattoni, Giovanni 56
Trentin, Bruno 20, 22, 39, 40, 41, 42, 46,
50, 79, 87, 89, 92, 115, 117, 120, 122, 153,
155, 168, 186, 216, 231, 235, 238, 239, 246,
365, 367, 368, 369, 370, 371, 372, 373,
374, 375, 376, 377, 378, 379, 380, 384,
385, 418, 439, 441, 442, 443, 444, 469,
481, 483, 486, 487, 488, 489, 490, 498
Trentin, Pierre 372

INDICE DEI NOMI


Treu, Tiziano 23, 411, 495
Turati, Filippo 171, 259, 261, 303, 364
Turani, Giuseppe 113, 421, 498
Turone, Giuliano 463
Turone, Sergio 78, 498
Ugolini, Bruno 41, 240, 371, 378, 498
Vaccaro, Giuseppe 428
Valcavi, Domenico 206
Vallauri, Carlo 26
Valletta, Vittorio 53, 56, 57
Vanni, Raffaele 37, 39, 91, 163, 167, 168,
197, 375, 455, 489, 490
Varetto, Cesare 108
Veltroni, Walter 255, 484
Veronese, Silvano 39, 413, 474, 490
Vesce, Emilio 354
Vettraino, Bruno 74
Visentini Bruno 85, 236, 237, 243, 364,
376, 395, 402, 403, 471, 472, 484
Volcker, Paul 35
Volont, Gian Maria 354
Voltolina, Umberto 364
Walesa, Lech 136, 461
Walenynowicz, Anna 461
Zaccagnini, Benigno 72, 129, 145, 156,
193, 310, 336, 359, 453, 454, 484
Zangheri, Renato 291, 292
Zanone, Valerio 485
Zizzi, Francesco 456
Zoff, Dino 191
Zola, Emile 28, 29

523

Gli Autori
Giorgio Benvenuto, nato a Gaeta l8 dicembre 1937.
Si laureato a 22 anni in giurisprudenza. La tesi Natura e funzioni delle
Commissione Interne in Diritto del lavoro con il Professore Francesco
Santoro Passarelli stata pubblicata.
E entrato nella UIL IL 1 ottobre 1955. E stato Segretario Confederale
della UIL (1968-1969), Segretario Generale dei metalmeccanici della UILM
e della FLM (1969-1976), Segretario Generale della UIL (1976-1992) e della
Federazione CGIL-CISL-UIL (1976-1984).
E stato pi volte negli anni settanta ed ottanta vice presidente della Federazione Europea Metalmeccanici (FEM); vice presidente della Confederazione Sindacale Europea (CES); consigliere del Consiglio Nazionale
Economia e Lavoro (CNEL).
Segretario Generale del Ministero delle Finanze (1992-1993).
Segretario Nazionale del PSI (febbraio-giugno 1993).
Parlamentare alla Camera dei Deputati e al Senato per tre legislature
(1996-2008) ha ricoperto lincarico di Presidente delle Commissioni Finanze e Tesoro.
Economista ed esperto in materie fiscali, insegna alla Scuola Superiore
della Guardia di Finanza. E autore di molti saggi sulla finanza, sulla politica, sul sindacato, sui partiti.
E attualmente il Presidente della Fondazione Bruno Buozzi e Vice Presidente della Fondazione Giacomo Brodolini.
Antonio Maglie, giornalista, tarantino, cinquantotto anni, ha lungamente lavorato come inviato speciale per il "Corriere dello Sport-Stadio".
Nel 1999 ha vinto il premio Saint Vincent per le inchieste. Ha cominciato
giovanissimo, alla met degli anni Settanta, collaborando con i quotidiani
economici "Il Globo" e "Ore 12". Quindi, nel 1979, ha partecipato alla fondazione del "Quotidiano di Lecce, Brindisi e Taranto" ricoprendo l'incarico
di vice-caporedattore. Durante la Segreteria di Giorgio Benvenuto, ha collaborato all'ufficio stampa della Uil.
Agli inizi degli anni Novanta stato anche vice-segretario dell'Associazione
della Stampa Romana. Insieme a Giorgio Benvenuto ha recentemente
scritto, per la Fondazione Bruno Buozzi, "Il Lavoratore ritrovato. La Crisi,
il Sindacato, la Classe in cerca di identit" (2013). Precedentemente aveva
dato alle stampe per la casa editrice Limina il volume "La disfatta"(2003)
incentrato sulla crisi economica e morale del calcio professionistico italiano.

525

Sono state inserite vignette satiriche (Altan, Franco Bevilacqua,


Alain Denis, Giorgio Forattini, Alfredo Chippori, Massimo Bucchi,
Franco Bruna, Emilio Giannelli, etc.), documenti e foto dellarchivio
della Fondazione Bruno Buozzi e di Umberto Cicconi.
Ringraziamo tutti coloro che hanno permesso la realizzazione di
questo libro. Un grazie speciale a Maria Angela Panno che si occupata della redazione, a Carlo Zeppieri per il perfetto contributo
digitale e per i preziosi consigli a Angelo Coco.
526

Con la dichiarazione dei redditi, possibile destinare il 5 per mille


dellIRPEF alla Fondazione Bruno Buozzi per contribuire al finanziamento delle sue attivit di ricerca e di studio. sufficiente mettere la propria firma, nellapposito riquadro, indicando il nostro
codice fiscale:

97290040589
Chi ha solo il CUD potr consegnare in posta il modello compilato
nella parte recante lindicazione scelta per la destinazione del 5
per mille dellIRPEF.
A chi volesse invece inviare contributi il bonifico deve essere effettuato a favore della Fondazione Bruno Buozzi con la causale liberalit al seguente Iban: IT05K 03069 05065 000006406344.
FONDAZIONE BRUNO BUOZZI
via Sistina, 57 - 00187 Roma
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