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Istituzioni di linguistica 2013-2014 (LCM) Dispensa Parte I (Pescarini - 28 ore)

Sommario I. Introduzione II. morfologia III. Fonetica IV. La sillaba V. Fonologia

Avvertenze Questa dispensa stata creata come supporto per lo studio individuale ad integrazione degli appunti presi a lezione. Le idee qui raccolte verranno sviluppate nella prima parte del corso (circa 28 ore). Alcune parti della dispensa potranno quindi risultare troppo compresse per gli studenti nonfrequentanti, che potranno per integrare con la lettura di un manuale di linguistica. Quelli consigliati sono: - Akmajan A., Demers R., Farmier A., Harnish R., Linguistica. Bologna: Il Mulino, 1996 (buon manuale, ma non pi in commercio). - Giorgio Graffi, Sergio Scalise. Le lingue e il linguaggio. Bologna, Il Mulino. (qualsiasi edizione, di facile reperibilit). Parallelamente alla dispensa sar fornita una batteria di esercizi relativi ai contenuti dei capitoli III e IV. Per ogni ulteriore informazione, per segnalare errori o per fornire consigli su come migliorare la presente dispensa, non esitate a contattarmi via mail: diego.pescarini@unipd.it
Rev. 2 (16.10.13)

LINGUISTICA LCM 2013

I. Introduzione
Cos la linguistica? La linguistica la disciplina che studia le lingue ed il linguaggio. Con il termine lingua intendiamo un codice simbolico, dotato di caratteristiche specifiche che via via verranno illustrate, utilizzato da una comunit di persone per comunicare fra loro. Le lingue sono soggette a forte variazione: individui che appartengono a comunit linguistiche distinte utilizzano lingue diverse, ma anche individui appartenenti alla medesima comunit linguistica possono presentare delle differenze sistematiche dovute a numerosi fattori extra-linguistici fra cui la diversa provenienza geografica (per es. gli inglesi americani e gli inglesi britannici presentano differenze piuttosto evidenti nella pronuncia della stessa lingua). Inoltre, le lingue variano anche nel tempo, evolvendosi con ritmi che non sono direttamente percepibili allorecchio di chi parla, ma che determinano dei cambiamenti sensibili nel corso di pochi secoli. Molti di tali mutamenti avvengono in modo naturale, senza essere causati da alcuna causa esterna, ma innegabile che in alcuni casi il cambiamento linguistico sia forzato dalle vicende storiche che influenzano la vita delle comunit linguistiche (migrazioni, conquiste, ecc.). Con il termine linguaggio, invece, ci si riferisce alla capacit propria dellhomo sapiens sapiens di poter acquisire e utilizzare una o pi lingue. Tutti gli esseri umani sono quindi dotati della facolt del linguaggio, che consente loro di apprendere una o pi lingue: in questo senso, il linguaggio una propriet universale. Tale capacit pu essere limitata da specifiche patologie neurologiche che, in seguito a danni cerebrali, possono impedire lacquisizione di qualsiasi lingua o danneggiare la competenza di una lingua gi acquisita. Tali patologie, che vanno sotto il nome generico di afasie, colpiscono solitamente specifiche capacit linguistiche (la capacit di ricordare le parole, la capacit di coniugarle, la capacit di pronunciarle) e non sono necessariamente connesse a deficit intellettivi. In seguito a lesioni di alcune aree corticali ben definite, si possono infatti verificare dei deficit linguistici in pazienti che, per il resto, hanno capacit intellettive inalterate. Le due dimensioni quella sociale/variabile delle lingue e quella cognitiva/invariabile del linguaggio non sono del tutto scindibili: lo studio delle lingue non pu prescindere dalla conoscenza delle propriet universali/invariabili del linguaggio e, viceversa, queste ultime possono essere individuate solamente attraverso lanalisi e la comparazione delle diverse lingue. Tuttavia, se non altro da un punto di vista concettuale, i due piani devono essere tenuti distinti. Lo studio delle lingue pu avvenire da due punti di vista diversi: possiamo interessarci o allevoluzione storica di un determinato fenomeno/aspetto linguistico, oppure possiamo concentrarci sulle propriet di tale fenomeno cos come sono visibili in uno stadio cronologico ben preciso. Nel primo caso avremo un approccio di tipo diacronico, nel secondo caso un approccio sincronico. Sincronia e diacronia sono due aspetti di fatto collegati: ad esempio, ci che sincronicamente anomalo le cd. eccezioni pu essere il relitto di un costrutto grammaticale un tempo vitale, poi caduto in disuso nel corso dellevoluzione diacronica. Le lingue si basano sullinterazione di tre sotto-sistemi, che, con un certo grado di approssimazione, possiamo chiamare il Lessico, la Grammatica e la Pronuncia. Con un po di approssimazione, il lessico linsieme delle parole di una lingua, che devono essere combinate secondo una grammatica e poi trasformate in suoni attraverso un sistema di pronuncia che garantisca la trasmissione del messaggio linguistico. Il lessico come insieme di segni arbitrari Il lessico un insieme di segni, ovvero di unit simboliche dotate di un significato (il concetto mentale che vogliamo esprimere) e un significante (un evento fisico, percepibile da chi ci sta intorno). Ad esempio, il significato recipiente dotato di tappo utilizzato per conservare un liquido avr come significante linsieme di suoni bottiglia in Italiano o bottle in inglese. 2

LINGUISTICA LCM 2013 Si noti che la relazione esistente fra significato e significante soggetta a variazione (cambia da lingua a lingua) e non esiste alcun rapporto di causa-effetto fra i due: il segno la relazione significato/significante infatti arbitrario, ovvero non dipende da alcuna relazione naturale ed intrinseca fra i due pieni, ma solamente da fattori storici e culturali che hanno fatto s che, per una determinata comunit di parlanti, si instaurasse una relazione fra un dato concetto mentale e una certa sequenza di suoni. Infine, il concetto di significato (limmagine mentale, astratta) non coincide con loggetto in s (che viene chiamato referente), tanto che in alcuni casi esistono segni dotati di significato, ma privi di referente: si pensi ad esempio alle parole astratte come bont o alle parole che hanno un contenuto solamente grammaticale come che, oppure, gi, ecc. La teoria del segno come relazione arbitraria fra un significato ed un significante si deve al linguista ginevrino Ferdinand de Saussure, di cui torneremo a parlare pi tardi. La grammatica come insieme di regole implicite Con il termine grammatica intendiamo un sistema di regole che ci consentono di combinare assieme i segni in modo da formare delle espressioni complesse: ad esempio, le parole possono combinarsi assieme per formare delle frasi. Per, solo se combinate secondo certe regole, le parole formano delle frasi grammaticali: mio figlio partito una sequenza grammaticale, mentre figlio partito mio non lo . Il fatto che, senza starci troppo a pensare, riconosciamo che una frase possibile e laltra no significa che da qualche parte nella nostra mente c un apparato di regole che ci consentono di discriminare fra frasi grammaticali e agrammaticali. interessante notare come queste regole siano apprese da ogni parlante ben prima di andare a scuola, secondo un processo di acquisizione che si svolge in modo naturale sin dai primi mesi di vita. In un certo senso, quando andiamo a scuola per studiare la grammatica, di fatto la grammatica la possediamo gi: ci che la scuola fa (o tenta di fare) di rendere esplicite le regole che noi implicitamente gi conosciamo e utilizziamo tutti i giorni per parlare. La grammatica non deve quindi essere vista come uno strumento di coercizione (ovvero, come un insieme di regole che unautorit superiore impone per costringerci a parlare tutti nello stesso modo), ma piuttosto come la disciplina che ci consente di tradurre un sistema di regole implicite in un insieme di regole esplicite, che possono essere studiate. Questo importantissimo se il nostro obiettivo quello di apprendere una seconda lingua, ovvero una lingua di cui non abbiamo potuto imparare le regole finch eravamo piccoli: oramai le speranze di acquisire quella lingua in modo naturale e senza sforzo, come farebbe un bambino, sono quasi nulle. Dobbiamo quindi rassegnarci a studiare il sistema delle regole esplicite in modo da impadronirci del sistema grammaticale della seconda lingua anche se in modo meno naturale. Le branche della linguistica che si occupano della grammatica sono la morfologia e la sintassi: la prima studia la struttura delle parole, la seconda si occupa invece della struttura delle frasi. La Pronuncia come insieme di istruzioni senso-motorie La pronuncia il sistema che ci consenta di tradurre i segni linguistici in eventi fisici (suoni, gesti) tali da poter essere percepiti dai nostri interlocutori. Con il termine pronuncia ci riferiamo anche alla capacit di alcuni parlanti di esprimersi attraverso dei gesti come quelli dellalfabeto dei segni impiegati per la comunicazione con persone sorde. Dal punto di vista linguistico, infatti, non c nessuna differenza fra un suono prodotto mediante la cavit orale e un gesto prodotto nella Lingua Italiana dei Segni (LIS): entrambi servono per pronunciare (in senso lato) gli enunciati elaborati dalla nostra grammatica. Siamo soliti considerare la pronuncia come un fatto acustico: la pronuncia data dai suoni delle nostre lingue. Dobbiamo per considerare che tali suoni sono il prodotto di una serie di movimenti muscolari che interferiscono con la respirazione in modo da generare onde sonore a partire dal flusso daria che transita attraverso la nostra cavit orale. 3

LINGUISTICA LCM 2013 Le branche della linguistica che si occupano degli aspetti legati alla pronuncia sono la fonetica e la fonologia. Intuitivamente, la fonetica si occupa degli aspetti hardware come i movimenti dellapparato fono-articolatorio necessari per produrre un determinato suono. La fonologia, invece, si occupa degli aspetti software, ovvero di come le diverse lingue impieghino tali possibilit fono-articolatorie. Infatti, la diversit linguistica non nasce dal fatto che cambia la configurazione degli organi fonatri (quello che abbiamo chiamato lhardware), ma dipende dai diversi modi in cui le lingue impiegano tali organi per produrre i suoni rilevanti. Gli animali hanno un linguaggio? Viste le principali componenti del linguaggio umano, lecito chiedersi quali siano le somiglianze e le differenze rispetto ai sistemi di comunicazione impiegati da altre specie viventi. un dato di fatto che gli animali comunichino fra di loro. Api, balene, primati hanno dei loro sistemi di comunicazione, che usano per scambiarsi informazioni in merito al cibo, alla presenza di un pericolo, ecc. Alcuni animali, inoltre, possono comunicare con luomo: i nostri animali domestici imparano il significato si alcune parole ed esistono primati che, dopo una fase di apprendimento, riescono a padroneggiare un lessico di alcune centinaia di parole (per comunicare con i primati si usa solitamente lalfabeto dei segni poich questi mammiferi non hanno la conformazione dellapparato vocale necessaria per poter imitare i suoni del linguaggio umano). Le domande che ci poniamo sono quindi le seguenti: i sistemi di comunicazione animale sono un linguaggio? Gli animali almeno i primati che sono evoluzionisticamente pi vicini alluomo possono acquisire il linguaggio? La risposta ad entrambe le domande no. Pur essendo fuori di dubbio che questi animali sappiano comunicare, non ci sono prove conclusive per poter dire che tali animali comunichino attraverso uno strumento simile o comparabile al linguaggio umano. Abbiamo infatti visto che le lingue sono composte da almeno tre componenti fondamentali: un lessico, un sistema di pronuncia ed una grammatica. Possiamo ammettere che gli animali posseggano un lessico, ovvero un insieme di segni che, per quanto ridotto, sia paragonabile a quello umano. Possiamo anche ammettere che parte dei segni del lessico umano possono essere compresi da altre specie (ma gi qui opinabile se gli animali effettivamente comprendano il significato a partire da un significante o solamente reagiscano al significante con un meccanismo di stimolo-risposta). Possiamo anche ammettere che gli animali siano dotati di un sistema di pronuncia, pur essendo questultimo molto diverso dal nostro. Abbiamo anche visto che, utilizzando le lingue dei segni, uomini e primati possano comunicare senza dover ricorrere alluso del canale fonico. Esiste per un punto dove gli esseri umani si discostano radicalmente dagli altri animali: la grammatica. I primati, per quanto riescano a padroneggiare inventari lessicali di alcune centinaia di simboli e per quanto riescano a combinarli in sequenze dotate di significato, non sono in grado di formare combinazioni ampie quanto le frasi che ora stai leggendo. La possibilit di combinare segni non solamente un fatto quantitativo (noi esseri umani siamo dotati di linguaggio perch riusciamo a produrre frasi molto lunghe), ma anche qualitativo. Infatti, il cuore della nostra grammatica non consiste tanto nel poter formulare delle frasi molto lunghe, quanto nel fatto che i segni linguistici si combinino in modo non casuale. Le due frasi Mario picchia Giorgio e Giorgio picchia Mario hanno significati diversi perch hanno ordini delle parole diverse (e, come vedremo pi avanti, hanno ordini diversi perch hanno strutture gerarchiche diverse). Questo vuol dire che la grammatica non consiste solamente nella capacit di combinare segni a piacere (cosa che anche gli scimpanz riescono a fare fino ad un certo punto), ma nella capacit di creare delle combinazioni ordinate, costruite secondo una struttura da cui dipendono interpretazioni diverse. Tale propriet, tipica delle lingue umane, detta dipendenza dalla struttura. Inoltre, nella nostra grammatica sono state inglobate una serie di informazioni, ad esempio riguardo al tempo e allo spazio, che ci consentono di slegare il significato dei nostri enunciati dal 4

LINGUISTICA LCM 2013 momento e dal luogo dellenunciazione: io posso riferirmi a stati passati (dormivo, ho dormito, dormii), futuri (dormir), irreali (avrei dormito), possibili (dormirei), posso dare ordini (dormi!), posso riferirmi a terzi (dorme, dormirebbe), ecc. A differenza di altre specie umane, in definitiva, possediamo una serie di nozioni grammaticalizzate che rendono le nostre frasi un sistema molto articolato e non solamente una somma di significati lessicali. Su questi aspetti generali e sulle propriet fondamentali del linguaggio umano, consiglio le seguenti letture: S. Pinker, Listinto del linguaggio, Milano: Mondadori oppure Andrea Moro, I confini di Babele, Milano: Longanesi. Quante sono le lingue del mondo? Esperti e divulgatori si sono spesso posti questa domanda. Ecco una risposta-tipo, tratta dal sito di una rivista di divulgazione scientifica (Focus 2002):
Attualmente circa 6.700. Le pi parlate sono: cinese mandarino, inglese, hindi/urdu, spagnolo, russo, arabo, bengali, portoghese, indonesiano e giapponese. L'italiano parlato da circa 70 milioni di persone e si attesta al 19 posto, a pari merito con cantonese, telogo (parlato in India e in Malaysia) e turco. La pi grande concentrazione di lingue parlate si trova nelle zone del Pianeta dove c' anche la maggiore biodiversit (variet di animali, piante e ambienti). Nelle foreste pluviali tropicali, che occupano solo il 7% della superficie emersa della Terra, ci sono il 36% dei gruppi etnolinguistici del mondo. Valutando la situazione degli ultimi decenni, si calcola che, entro la fine del ventunesimo secolo, potrebbero estinguersi il 90 per cento delle lingue attualmente parlate.

Il dato coerente con quanto contenuto nella direttiva ISO 639-2 emessa dallInternational Standard Organization con lobiettivo di identificare attraverso un codice tutte le lingue conosciute, comprese quelle morte. Di fronte a questi dati, tuttavia, lecito chiedersi come siano state effettuate tali stime. Pensiamo ad esempio allItalia, la cui lingua ufficiale litaliano. Basta per pensare alle nostre interazioni quotidiane per vedere come la situazione linguistica sia un po pi complessa perch molti di noi, oltre allitaliano, parlano anche un dialetto e, per alcuni (specie gli anziani) il dialetto rimane la prima e talvolta lunica lingua parlata. Questi dialetti sono molto diversi fra loro, tanto che gi Dante, a proposito dellItalia duecentesca, osservava che Se volessimo calcolare tutte le varianti dei volgari italiani, le principali, le secondarie, le minori, anche solo in questo piccolissimo angolo di mondo finiremmo per contare un migliaio di variet linguistiche, anzi, persino di pi. (De vulgari eloq. I, x, 9). La domanda se tali dialetti debbano contare o meno come lingue e, in subordine, se tali dialetti meritino lattenzione dei linguisti. Si noti infatti che la situazione dellItaliano non un unicum, anzi si tratta di una situazione molto comune in cui alla lingua ufficiale parlata da una minoranza di persone si debba aggiungere una moltitudine di dialetti locali, che spesso sfuggono alle classificazioni e alle statistiche. In molti casi, poi, quasi impossibile stabilire i confini di un dialetto o identificarne le caratteristiche salienti. Qualcuno potrebbe obiettare che tali dialetti non debbano essere considerati delle lingue perch non hanno la dignit di lingua. In verit, dal punto di vista linguistico non c nessuna differenza fra una lingua come litaliano e un dialetto come il padovano: entrambe hanno un loro lessico, entrambe hanno una loro grammatica, entrambe un proprio sistema di pronuncia. La differenza fra lingua e dialetto non pertiene infatti al piano strettamente linguistico, ma a quello storico e politico: una lingua, a differenza di un dialetto, una variet che stata scelta da una determinata comunit linguistica come variet per la comunicazione ufficiale. Le lingue si usano per scrivere le leggi, celebrare i processi, insegnare nelle scuole, trasmettere nei mezzi di comunicazione. I dialetti, viceversa, sopravvivono come lingua di comunicazione nei contesti pi informali, anche se ci non esclude che di fatto si usi il dialetto anche in situazioni pi strutturate (ad esempio le riunioni di lavoro) o che si sviluppi una tradizione letteraria talvolta anche molto importante. 5

LINGUISTICA LCM 2013 Solo per motivi storici e sociali, quindi, litaliano si imposto sugli altri volgari it aliani come lingua dello stato Italiano, non per motivi intrinsecamente linguistici. Ladozione dellitaliano come lingua ufficiale fu infatti un atto politico, sancito da provvedimenti legislativi presi nellItalia postunitaria (sebbene nella costituzione repubblicana, ad esempio, non si faccia menzione della lingua ufficiale). Ci tuttavia, non cancell gli altri dialetti italiani che continuarono ad essere parlati sul territorio e che, a rigore, andrebbero quindi annoverati nel conteggio delle lingue del mondo. A questi si aggiungano inoltre le cd. parlate alloglotte, ovvero le variet dialettali che sono parlate in Italia ma non sono direttamente imparentate con lItaliano (sul concetto di parentela linguistica, vedi sotto): le variet cimbre del nord est (in verit si tratta di dialetti basso-tedeschi che nulla hanno a che fare con i Cimbri che invasero il nord Italia nel II secolo a.C.), le variet occitane parlate nelle valli piemontesi, lo slavo-molisano, le variet arbresh (italo-albanesi) parlate nel meridione; ecc. Ci sono infine dialetti che aspirano al rango di lingue. Si soliti dire che il friulano ed il sardo non siano dialetti come il padovano o il fiorentino, ma piuttosto lingue. Questa affermazione lecita? In primis, si tratta di una questione molto delicata poich alla base di tali affermazioni ci sono visioni ideologiche e politiche sulle quali qui non il caso di soffermarci. Dal punto di vista linguistico, vero che friulano e sardo hanno caratteristiche pi conservative di altri dialetti italiani poich conservano alcune caratteristiche del latino meglio di quanto abbiano fatto le altre variet italiane. Lo stesso per vero anche per i dialetti parlati nella zona di confine fra Basilicata e Calabria, che pure non aspirano al rango di lingua. Essere pi simili al latino di altri, insomma, non di per s un buon motivo per definirsi lingua. Cenni di genealogia linguistica Sappiamo che litaliano, cos come ogni altra lingua, non sempre esistito nella forma che oggi conosciamo e parliamo. Litaliano, come altre lingue (francese, rumeno, portoghese, ecc.), deriva infatti da una lingua nota (il latino) attraverso un processo evolutivo durato secoli e, in parte, ancora ignoto. Da un punto di vista storico possiamo quindi sostenere che il latino sia un progenitore dellitaliano, mentre italiano, francese, rumeno e portoghese sono tutti discendenti del latino e quindi, in un certo senso, sono lingue sorelle. Sulla base di queste osservazioni quindi possibile tracciare una sorta di albero genealogico come il seguente, che esemplifica levoluzione delle lingue derivate dal latino, dette per questo lingue neolatine o romanze: latino

italiano

francese

spagnolo

portoghese catalano

rumeno

Questo grafico piatto: tutte le lingue romanze sono messe sullo stesso piano come discendenti diretti del latino. In verit lo schema dovrebbe essere pi articolato, perch alcune lingue si sono probabilmente staccate prima di altre dal ceppo originario, rimanendo isolate e mantenendo quindi dei tratti pi arcaici, come nel caso di sardo e rumeno. Altre invece hanno condiviso un tratto di evoluzione linguistica, risultando quindi pi imparentate fra loro rispetto alle altre, come le lingue Ibero-Romanze: castigliano, portoghese, galego e relativi dialetti. Nel corso degli ultimi due secoli in particolare nel XIX secolo i linguisti hanno cercato di raffinare la struttura di questi alberi genealogici, cercando di capire il grado di relazione fra le lingue comparando le loro caratteristiche e mettendole in relazione rispetto allevoluzione ideale rispetto ad un possibile progenitore. 6

LINGUISTICA LCM 2013 In alcuni casi, come nel caso delle lingue romanze siamo fortunati perch possiamo riconoscere in una lingua attestata il latino lantecedente storico delle lingue parlate oggi. In altri casi, per, tale antecedente storico non pi attestato perch ad esempio la comunit linguistica che parlava tale lingua storica non conosceva la scrittura, oppure non ci sono pervenuti documenti scritti, oppure non siamo in grado di decifrarli. In questi casi per possibile ipotizzare lesistenza di una lingua-madre (detta protolingua), di cui siamo in grado di ricostruire alcuni tratti linguistici. Ad esempio, mediante la comparazione scientifica possibile sostenere che latino e greco antico sono imparentati fra loro e sono a loro volta genealogicamente legati alle lingue storiche parlate nellIndia del nord (il sanscrito ed il vedico). Sulla base della comparazione fra queste lingue storiche, i linguisti dellOttocento furono in grado di postulare lesistenza di un progenitore comune detto proto-indoeuropeo da cui derivano gran parte delle lingue parlate oggi in Eurasia. Possiamo quindi andare allindietro di una generazione nel nostro schema: proto-indoeuropeo

sanscrito

greco antico

latino lingue romanze (vedi sopra)

Questo per non esaurisce il novero delle lingue che derivano dal proto-indoeuropeo. Vanno infatti incluse lingue che a loro volta formano ulteriori gruppi e sotto-gruppi: - Le lingue germaniche si suddividono in tre sotto-gruppi: g. orientale (oggi estinto, ci sono pervenute attestazioni di gotico), g. settentrionale (o nordico: svedese, danese, norvegese, islandese, dialetti delle isole Fr er), g. occidentale a sua volta suddiviso nel sotto-gruppo anglo-frisone e nel gruppo neerlando-tedesco. - Le lingue italiche si suddividono in due sotto-gruppi: i. orientale (oggi estinto, ci sono pervenute attestazioni di osco, umbro e sannita) e i. occidentale, comprendente il latino e tutte le lingue romanze (vedi sopra). - Le lingue celtiche si suddividono in lingue gaeliche (irlandese e scozzese) e brittoniche (gallese e bretone). - Le lingue slave si suddividono in tre sotto-gruppi: lo s. orientale (russo, bielorusso, ucraino), s. occidentale (polacco, ceco, slovacco) e s. meridionale (bulgaro, macedone, serbo-croato, sloveno). - Le lingue baltiche come lituano e lettone (lestone, invece, non una lingua indoeuropea, vedi sotto). - Le lingue anatoliche, oggi estinte sebbene ci sia pervenuta una documentazione piuttosto ampia dellIttita. Oggi in Anatolia si parla prevalentemente turco, che non una lingua indoeuropea. - Le lingue indo-iraniche: il sottogruppo indiano include le gi citate lingue storiche dellIndia (sanscrito e vedico) e le lingue moderne hindi e urdu. Fanno invece parte delle lingue iraniche il persiano, il curdo ed il pashtun. - Le lingue tocarie (A e B, entrambe estinte) parlate originariamente da una popolazione attestatasi nei territori pi occidentali dellattuale Cina. - Larmeno. - Lalbanese. - Il greco. Ricapitolando, tutte le lingue precedentemente menzionate derivano dallo stesso antecedente storico, che non attestato ma ricostruito: il proto-indoeuropeo. Per questo motivo, esse fanno parte della famiglia indoeuropea. Per chi volesse approfondire i dettagli della storia linguistica delle 7

LINGUISTICA LCM 2013 lingue indoeuropee, unottima introduzione F. Villar 2008. Gli indoeuropei e le origini dellEuropa. Bologna: Il Mulino. Oltre alla famiglia indoeuropea, si ipotizzata lesistenza di altre famiglie linguistiche: - La famiglia afro-asiatica, comprendente molte lingue dellAfrica del nord, fra cui larabo e lebraico. - La famiglia niger-kordofaniana, composta dalle lingue dellAfrica nera come lo swahili. - La famiglia uralica, che comprende il finnico (o finlandese), lungherese e lestone. - La famiglia sino-tibetana, che comprende il cinese. - La famiglia altaica, comprendente il mongolo, il turco e, secondo alcuni, il coreano ed il giapponese (ipotesi molto controversa) - La famiglia dravidica, che raggruppa le lingue dellIndia meridionale fra cui il tamil. - La famiglia austro-asiatica, che comprende il vietnamita. - La famiglia austronesiana. possibile ipotizzare anche dei raggruppamenti genealogici anche per le lingue amerindiane e australiane, ma la ricostruzione genealogica di queste aree ancora aperta e controversa. Oltre alle famiglie linguistiche si sono poi notate delle lingue isolate che non possono essere (ancora) iscritte ad una famiglia o ad unaltra. Un caso tipico il basco. Appendice: Perch la linguistica una scienza? (e che cos una scienza?) Tutti noi abbiamo delle idee in merito alle lingue ed al linguaggio. Voltaire, ad esempio, sosteneva che litaliano non possiede le melodiose e nobili terminazioni delle parole spagnole, che un felice concorso di vocali e consonanti rende cos sonore []. Vi mancano anche quei dittonghi che, nella nostra lingua [il francese], fanno un effetto cos armonioso. (cit. in Stammerjohann, H. Immagine dell'italiano, in Enciclopedia dellItaliano. Roma: Treccani, 2010). Ci piaccia o no, questo era il giudizio estetico di Voltaire , come tale, insindacabile. Il punto per un altro: questa conclusione scientifica? Nella concezione moderna scientifico tutto ci che provabile attraverso il metodo sperimentale (quindi, scientifico tutto ci che provabile, mentre non detto che sia scientifico ci che probabile). Questo metodo, accettato nelle scienze dure come la fisica sin dal secolo XVI, deve essere alla base dei nostri ragionamenti sulle lingue. La linguistica, pur avendo come oggetto di studio il prodotto dellintelletto umano (il linguaggio/le lingue) intende infatti operare secondo il metodo delle scienze fisiche. Per prima cosa, il ragionamento scientifico si basa su concetti chiari e non ambigui: cosa significano aggettivi come nobile o melodioso in relazione ai suoni delle parole? Ad esempio, quali sono le caratteristiche acustiche che renderebbero tali suoni melodiosi e nobili? Il primo passo di qualsiasi ragionamento scientifico quindi quello di descrivere nel miglior modo possibile ci che si osserva, tralasciando il pi possibile i nostri giudizi soggettivi, i nostri pregiudizi e, in alcuni casi, ci che altri prima di noi hanno detto o scritto su un determinato fenomeno. Il secondo passaggio fondamentali del metodo scientifico quello della generalizzazione, ovvero il passaggio dalla descrizione di un caso specifico alla descrizione di un fenomeno in astratto. Cosa vuol dire in astratto? Ci sono persone che pensano che ragionare in astratt o significhi allontanarsi dalla realt: ogni forma di generalizzazione diventa quindi un allontanamento e, a volte, un tradimento della realt delle cose. In verit, fare astrazione significa descrivere un fenomeno ignorando tutte le variabili che con quel fenomeno non hanno alcun legame diretto. Si prendano ad esempio le tre frasi seguenti: (1) a. b. c. Giulia stata vista partire. A Linda stata regalata una bicicletta. Il pane stato tagliato da Carlo 8

LINGUISTICA LCM 2013 Queste tre frasi sono apparentemente diverse le une dalle altre, eppure hanno una caratteristica comune: in tutte e tre un verbo transitivo viene volto al passivo. In tutte e tre, infatti, il complemento oggetto del verbo principale diventa soggetto della frase. Per osservare questo che il primo passo per capire come funziona il passivo in italiano abbiamo dovuto fare astrazione da una serie di particolari: gli elementi lessicali utilizzati, il fatto che loggetto sia animato o inanimato, il fatto che lagente (chi compie lazione) sia espresso solamente nella terza frase, il fatto che il soggetto della frase preceda il verbo o lo segua (come nel secondo caso). La medesima capacit di astrazione alla base anche della nostra percezione dei fenomeni linguistici. Pensiamo infatti alla pronuncia di ogni singolo suono del linguaggio: tutti noi siamo concordi nel dire che litaliano presenta un suono [a] corrispondente alla lettera a. Eppure, se si conducono delle misurazioni acustiche sulla [a] pronunciata da un campione di parlanti italiani, possiamo osservare che le caratteristiche acustiche di tali [a] sono soggette a fortissime fluttuazioni che dipendono in larga parte dallet e dal sesso dei parlanti. Quindi, se badassimo al dato acustico, la [a] di Giulia (femmina, 5 anni) completamente diversa dalla [a] di Paolo (maschio, 50 anni). Queste differenze sono linguisticamente interessanti? Direi di no: per questo motivo, quando studiamo una lingua, per apprenderla o per studiarne le strutture, dobbiamo tralasciare queste distinzioni cos sottili e dobbiamo concentrarci sullo studio di una [a] prototipica. Secondo il linguista svizzero Ferdinand de Saussure, la linguistica deve quindi concentrarsi su un sistema astratto detto langue e non su specifiche realizzazioni di singoli parlanti dette parole che sono quindi soggette a forte variazione contestuale e inter-soggettiva. Ci non significa che tale variazione non sia a sua volta rilevante, come notato nei lavori del sociolinguista William Labov, ma significa che la linguistica, se vuole essere una scienza, deve saper raggiungere un grado adeguato di astrazione. Dobbiamo poi considerare che la parole (ovvero, linsieme della produzione linguistica dei parlanti) condizionata da fattori extra-linguistici. La stanchezza, la distrazione e tutta una serie di fattori collaterali ci possono infatti portare a compiere degli errori o delle disattenzioni che, se asistematche, non hanno valore linguistico. Il concetto di langue merita qualche ulteriore precisazione. In primo luogo, bene notare che la langue non ha nulla a che vedere con la norma linguistica. Questultimo frutto della riflessione di grammatici prescrittivi che cercano di stabilire attraverso una serie di regole quali costrutti linguistici siano ammissibili e quali siano invece da censurare. Quindi, a me mi, piuttosto che, attimino, ecc. sarebbero costrutti e parole che, secondo la norma, non andrebbero usati in un italiano corretto. Tali norme vengono solitamente elaborate da istituzioni preposte in Italia, questo uno dei compiti che si data lAccademia della Crusca e tradotte in grammatiche prescrittive ad uso, ad esempio, degli studenti delle scuole. Il concetto di langue non coincide con quello di norma: la langue non un insieme di regole e prescrizioni, quanto un sistema astratto che viene idealmente condiviso da una comunit di parlanti senza che tale sistema venga necessariamente codificato attraverso grammatiche normative. Scopo della linguistica quello di studiare il funzionamento di tale sistema astratto, descrivendolo in modo oggettivo e privo di ambiguit, senza mirare a censurare i comportamenti linguistici non conformi ad una supposta norma. Per questo motivo, le grammatiche dei linguisti sono dette grammatiche descrittive (o scientifiche) e si discostano per obiettivi e metodologie dalle grammatiche normative di chi ha intenti prescrittivisti. Abbiamo per anche sostenuto che le lingue non sono solamente degli oggetti sociali, ma sono anche il prodotto di strutture cognitive dotate di una base neuro-fisiologica. Quindi, una lingua deve essere interiorizzata nella mente dei parlanti che lhanno acquisita. Partendo da tale prospettiva, Noam Chomsky ha proposto una dicotomia che, sul piano cognitivo, rispecchia quella posta da Saussure in termini di langue e parole. Chomsky infatti sostiene che ci che noi effettivamente diciamo costituisce una performance, ovvero una produzione spontanea e, come tale, viziata da condizionamenti dovuti al contesto. Ci non toglie per che nella nostra mente esistano delle strutture linguistiche stabili, insensibili al contesto, che formano ci che lui chiama competenza linguistica (competence), ovvero un insieme di regole implicite (cio, di cui non siamo 9

LINGUISTICA LCM 2013 consci) che ci consentono di produrre enunciati linguistici potenzialmente nuovi e di discriminare se un enunciato pi o meno conforme alle regole grammaticali che abbiamo interiorizzato. Facciamo un esempio: tutti noi sappiamo che il passato prossimo di mangiare ho mangiato, non *sono mangiato. Allo stesso modo, sappiamo che il passato prossimo di dormire ho dormito ed il passato prossimo di partire sono partito (dora in poi, useremo un asterisco per contrassegnare frasi e parole agrammaticali1). (2) a. b. c. ho/*sono mangiato ho/*sono dormito *ho/sono partito

Chi ci ha insegnato che alcuni verbi richiedono lausiliare avere e altri lausiliare essere? Nessuno: si tratta di una regola implicita che abbiamo acquisito quando eravamo piccoli e di cui non siamo consci. Qualcuno potrebbe per obiettare che quella che regola la selezione dellausiliare in italiano non una regola, ma una distinzione lessicale: alcuni verbi prendono essere mentre altri prendono avere, senza un motivo apparente. In verit, le cose non sono cos semplici. Infatti, la selezione dellausiliare correla con una serie di fatti linguistici. Per prima cosa, bisogna notare che tutti i verbi transitivi prendono sempre avere, mentre gli intransitivi prendono o avere (come dormire) o essere (come partire). Questi due tipi di verbi intransitivi, per, non differiscono solamente nella selezione dellausiliare, ma anche per altri fattori: a) i verbi che selezionano essere possono formare participi assoluti: (3) a. * Dormita Anna, possiamo andare via. Partita Anna, possiamo andare via b) Con i verbi che selezionano essere possibile pronominalizzare il soggetto con pronome clitico ne: (4) a. * Ne hanno dormiti tre b. Ne sono partiti tre

Queste cose noi le sappiamo senza che nessuno ce le abbia mai insegnate. Pochi di noi prima di oggi si erano imbattuti in frasi come quelle contrassegnate con *, eppure non abbiamo esitato un secondo prima di concludere che tali frasi in italiano non sono possibili. Abbiamo dato questo giudizio senza basarci sul parere di altri, senza consultare le grammatiche normative, senza chiedere un parere alla Crusca. Lo abbiamo fatto, direbbe Chomsky, sulla base della nostra competenza linguistica che, come si vede, ci porta a distinguere almeno due classi di verbi intransitivi: quella degli inergativi (con lausiliare avere) da quella degli inaccusativi (con ausiliare essere). Una volta individuata una generalizzazione nel caso sopra, la correlazione fra selezione dellausiliare, costruzioni participiali, pronominalizzazione con ne possiamo provare a formulare una (o pi) ipotesi, ovvero una congettura che spieghi la generalizzazione. Lipotesi rappresenta una previsione su fatti che io non ho ancora osservato e che deve essere quindi verificata o falsificata sulla base di nuovi dati. Ad esempio, io potrei formulare lipotesi che tutte le lingue che presentano i dittonghi del francese siano pi armoniose dellitaliano (ovviamente, dopo aver definito cosa si deve intendere per armonioso). Se le ricerche su altre lingue confermeranno l'ipotesi, si potr allora iniziare a fondare su di essa una teoria, ovvero un insieme di asserzioni in merito a fatti

In linguistica storica, lasterisco ha unaltra funzione: serve a segnalare quali forme sono state ricostruite: si tratta cio di parole di cui non si ha attestazione diretta, ma di cui si ipotizzata lesistenza a partire dagli esiti nelle lingue not e.

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LINGUISTICA LCM 2013 concreti che riguardano, nel caso specifico, la correlazione fra armoniosit e presenza di dittonghi (non occorre dire che lesempio dei dittonghi volutamente provocatorio). In definitiva, il metodo scientifico si basa sulla sequenza di osservazione > descrizione > generalizzazione > formulazione dellipotesi > verifica (o falsificazione) dellipotesi. Inoltre, se descrizione, ipotesi e verifica sono corrette, queste dovrebbero rimanere tali ogniqualvolta altri studiosi interessati allo stesso problema si applichino nello studio dei fenomeni da me indagati. Unipotesi deve infatti rimanere valida a prescindere dal contesto e dai parlanti e, se riteniamo che lipotesi abbia a che fare con il linguaggio inteso come capacit mentale, anche a prescindere dalla specifica lingua. Lo stesso metodo deve essere applicato alla linguistica: dora in poi descrizioni incomplete o ambigue, opinioni non verificate, ipotesi non falsificabili, dimostrazioni fallaci non saranno pi ammesse. Conta solo ci che voi vedete e ci che pu essere dimostrato senza ragionevole dubbio.

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II. Morfologia
Cos una parola? Abbiamo visto in precedenza che le lingue presuppongono un lessico, ovvero un inventario di segni linguistici, ovvero di relazioni arbitrarie fra un significato ed un significante. Ad una prima approssimazione, possiamo sostenere che i segni equivalgano alle parole. Cane, bellezza, , ecc. sono tutte parole dellitaliano e come tali debbono essere considerati dei segni linguistici. Questa conclusione corretta? Se s, potremmo pure fare a meno del concetto di parola (o di quello di segno, in alternativa) visto che entrambi si riferiscono al medesimo oggetto e lobiettivo della linguistica prima di tutto quello di creare un metalinguaggio, ovvero un linguaggio scientifico non ambiguo e non ridondante per poter descrivere e analizzare le lingue. Cerchiamo per prima cosa di definire cosa intendiamo per parola, che, come tutti i termini di uso comune, sono i pi ovvi e, quindi, pi difficili da definire. Alcuni hanno una concezione eminentemente grafica del concetto di parola: una parola un elemento grammaticale che, quando scritto, occorre fra due spazi. Eppure, abbiamo visto in precedenza, questo criterio non affatto cos chiaro come si potrebbe pensare: la grafia, infatti, un sistema che poche culture hanno elaborato e, fra queste, pochissime hanno criteri grafici per distinguere i confini di parola. Ci vogliono quindi criteri di altre natura: chiari e, soprattutto, validi per tutte le lingue. Eccone alcuni: - non interrompibilit: non possibile inserire una parola nel mezzo di unaltra parola: - pronunciabilit in isolamento: una parola pu costituire un enunciato di senso compiuto, ad esempio come risposta ad una domanda - non commutabilit: se si modifica lordine degli elementi che compongono una parola, la parola diventa una non-parola, ovvero un insieme indistinto di segni privi di significato. Le parole sono segni? Molto spesso le parole non sono dei segni (intesi come relazioni arbitrarie fra significato/significante), ma combinazioni di pi segni. Prendiamo ad esempio una parola come libro: si tratta inequivocabilmente di una parola, eppure possibile scomporla in almeno due segni distinti, ognuno dotato di significato diverso: libr- oggetto di carta dotato di pagine ecc. e -o maschile, singolare. In effetti, il significato della parola libro e diverso da quello della parola libri, sebbene entrambe le parole condividano lelemento libr-. Dora in poi chiameremo morfemi gli elementi minimi dotati di significato e morfologia la branca della linguistica che studia le combinazioni dei morfemi che formano delle parole. Ad esempio, la morfologia della parola libro data da un morfema lessicale libr-, detto radice della parola, e da un morfema grammaticale (o funzionale) -o che ne specifica alcune caratteristiche grammaticali come il genere (maschile) ed il numero (singolare). La distinzione fra morfemi lessicali e grammaticali fondamentale. I primi formano una classe aperta, il cui numero, in ogni lingua, ammonta a diverse migliaia e i cui significati possono riferirsi a qualsiasi stato e evento pensabile (azioni, oggetti, pensieri, colori, ecc.). I morfemi grammaticali, al contrario, sono relativamente pochi e si riferiscono ad un numero limitato di caratteristiche grammaticali (il genere, il numero, il tempo, laspetto, la definitezza, ecc.). I morfemi possono essere liberi o legati: i primi bastano per formare una parola, mentre i secondi devono accompagnarsi ad un altro morfema per poter formare una parola grammaticale. Ad esempio, la semplice radice libr- in italiano un morfema legato perch per poter occorrere nella frase deve necessariamente combinarsi con una morfema funzionale: libr-o/i. Un altro parametro per la classificazione dei morfemi quello posizionale: si chiamano affissi in generale tutti i morfemi funzionali che devono essere legati ad una radice. Gli affissi si distinguono per in prefissi o suffissi a seconda che essi seguano o precedano la radice lessicale. 12

LINGUISTICA LCM 2013 Esistono anche circonfissi, che sono dei morfemi complessi formati da due affissi, uno che precede e uno che segue la radice, e gli infissi, che si pongono allinterno della parola. Si parla poi di transfissi nel caso in cui un morfema grammaticale e un morfema lessicale siano separati in pi pezzi alternati fra loro. Ad esempio, in arabo le parole si formano a partire da una radice composta da una serie di consonanti di solito tre che vengono combinate con una sequenza vocalica che funge da transfisso grammaticale. La parola quindi data da una sequenza di consonanti e vocali alternate come esemplificato negli esempi seguenti: (5) radice: k-t-b scrivere, scrittura parole derivate: kitab kutub ka:tib kataba libro libri scrittore egli scrisse

Gli affissi possono cumularsi, come nel caso della parola de-industri-al-izz-azion-e. Quando un suffisso non si combina direttamente con la radice, ma con una forma che a sua volta contiene un altro affisso, si dice che questultima la base dellaffisso pi esterno. Ad esempio, nel caso seguente, una parola suffissata costituisce la base per un'altra parola suffissata: (6) [[libr-]radice -ett-]base -o

Non sempre i significati grammaticali sono espressi mediante affissi. Talvolta, essi sono espressi mediante alternanze morfologiche visibili sulla radice stessa. Si consideri ad esempio lalternanza fra le forme seguenti, dovuta ad un processo morfo-fonologico detto apofonia: (7) sink sing ring begin sank sang rang began sunk sung rung begun

Un altro modo per esprimere i tratti flessivi (solitamente valori intensivi o il tratto di pluralit) mediante la reduplicazione di tutta o parte della radice: (8) piga pigapiga 'picchiare'; 'picchiare ripetutamente' (Swahili)

In questi casi, possibile postulare lesistenza di un morfema funzionale che modifica la struttura della radice, per, a differenza dei casi precedenti, qui non pi possibile identificare in modo chiaro il significante associato al morfema funzionale. Tale significante avr quindi una forma pi astratta e interagir in modo un po pi complesso con il materiale della radice. Per il momento, non abbiamo ancora introdotto gli strumenti necessari per analizzare questi fenomeni. I tratti grammaticali Abbiamo detto in precedenza che i morfemi funzionali esprimono un numero limitato di caratteristiche funzionali, che dora in poi chiameremo tratti. Ecco un elenco provvisorio (e incompleto) con qualche spiegazione: Numero (singolare, plurale, duale, paucale): i sistemi grammaticali solitamente codificano se una parola si riferisce ad un individuo singolo o a pi individui. Pi raramente, i sistemi grammaticali esprimono il fatto che la parola si riferisca a due individui (duale) o a pochi (paucale); 13

LINGUISTICA LCM 2013 Genere (maschile, femminile): non coincide sempre con il sesso. Il genere infatti una categoria grammaticale che viene spesso attribuita anche ad entit inanimate, si pensi a parole come sole maschile vs luna femminile. La distinzione dei nomi in elementi maschili e femminili non universale: in molte lingue ci che conta (anche) la distinzione fra umano e non umano (si pensi alla distinzione dei pronomi inglesi he/she/it) o distinzioni ancora pi elaborate. Lappartenenza di un nome ad una determinata classe spesso dovuta a cause linguo-specifiche e pu dipendere da credenze extralinguistiche poi opacizzatesi nel corso della storia. Non c quindi un perch in italiano la luna sia femminile e il sole sia maschile; anche questo dipende dalla propriet dellarbitrariet del segno. Persona (prima: il parlante, seconda: lascoltatore, terza, ecc.): codifica se il riferimento diretto verso uno degli attori della comunicazione (il parlante, lascoltatore o nessuno dei due). La prima persona plurale (noi) non identifica un insieme di parlanti, ma piuttosto un insieme che contiene il parlante. Tale insieme pu contenere oppure no anche lascoltatore: nel primo caso si parler di prima persona inclusiva, nel secondo caso di prima persona esclusiva. Esistono lingue in cui la distinzione inclusivo/esclusivo espressa dalla morfologia. Allo stesso modo, la seconda persona plurale non si riferisce necessariamente ad una pluralit di ascoltatori, ma ad un insieme di persone che include almeno un ascoltatore. Caso: in molte lingue, ad esempio in Latino, gli elementi nominali (nomi, pronomi e modificatori del nome come determinanti e aggettivi) presentano morfologia di caso. Il caso esprime la funzione sintattica di un complemento. Possiamo distinguere due tipi di caso, sebbene la distinzione non sia cos netta e precisa: i casi relazionali sono quelli che esprimono la funzione grammaticale dellelemento nominale (soggetto, oggetto, oggetto indiretto o compl. di termine) mentre i casi semantici sono quello che non esprimono soltanto una relazione grammaticale ma anche un valore semantico: strumentale (lo strumento attraverso il quale si compie lazione), comitativo (il caso del cd. compl. di compagnia), locativo, ecc. Spesso, distinzioni di caso sono visibili nella morfologia dei pronomi piuttosto che in quella dei nomi. Tempo (passato, presente, futuro): indica se il parlante sta facendo riferimento ad uno stato o azione precedente, contemporaneo o successivo al momento dellenunciazione Inoltre, possibile esprimere se uno stato/azione abbia avuto luogo prima, durante o dopo un momento del riferimento (MR) che diverso dal momento dellenunciazione (ME). Nella frase seguente, ad esempio, il MR il momento in cui Carlo arrivato, quindi il MR precede il ME. Inoltre, il tempo trapassato utilizzato nella frase temporale indica anteriorit non solo rispetto al ME, ma anche rispetto al MR: (9) Quando Carlo arrivato, Giulia era partita

Le relazioni temporali codificate nella frase precedente possono essere rappresentate in questo schema, in cui la retta rappresenta lasse del tempo, ME il Momento dellEnunciazione, MR il momento di Riferimento e la x rappresenta lazione denotata dal verbo trapassato: x MR ME

Modo: indica latteggiamento del parlante rispetto allevento denotato. Dato lo stesso verbo, un parlante pu descrivere un evento reale (modo indicativo: Mario parte), riferirsi ad un evento potenziale (modo congiuntivo: penso che Mario parta), comandarlo (modo imperativo: parti!), desiderarlo (modo ottativo/desiderativo, che in italiano viene espresso con il congiuntivo imperfetto: partisse almeno Mario), ipotizzarlo (modo condizionale: Mario partirebbe). Dal punto di vista morfologico, dobbiamo inoltre distinguere i modi finiti (quelli che presentano flessione di persona a seconda dei tratti del soggetto) da quelli non finiti come linfinito, il gerundio ed il participio. Tali forme verbali non possono essere flesse sulla base della persona, 14

LINGUISTICA LCM 2013 ma, in determinate lingue, presentano le stesse propriet flessive degli elementi nominali, accordandosi in genere e numero. Il concetto di modo non va confuso con quello di modalit, che ha a che fare con il giudizio del parlante sulla necessit o possibilit che levento denotato dal verbo abbia luogo. In Italiano, la modalit espressa attraverso dei morfemi liberi, detti appunto verbi modali: si distinguono quindi modali di necessit (dovere, bisognare) e modali di possibilit (potere). La modalit pu essere espressa da perifrasi pi ampie, dette appunto perifrasi modali, come ad esempio le forme dialettali avere da (es. Ven. go da dirte na roba). La possibilit o necessit di un evento pu dipendere da due tipi di fattori: a) dalla conseguenza logica di un altro evento (la strada bagnata, deve aver piovuto; hanno suonato, potrebbe essere Carlo): b) da condizionamenti imposti da entit umane (il parlante o entit terze, a volte non specificate): bisogna alzarsi presto, devo portare questo libro a Matteo, non posso alzarmi perch mi sono fatto male al ginocchio. Nel primo caso si parla di modalit epistemica, nel secondo di modalit deontica. Aspetto: indica punti di vista diversi rispetto allo svolgimento del processo/azione denotato dal verbo. La principale distinzione aspettuale quella fra aspetto perfettivo vs imperfettivo: nel primo caso, il parlante pone laccento sul fatto che esiste un momento temporale in cui il processo denotato dal verbo chiuso e terminato. Viceversa, laspetto imperfettivo non denota lesistenza di un punto temporale in cui soggettivamente possibile vedere la fine del processo (questo non significa che il processo non sia oggettivamente terminato, ma semplicemente che tale termine non rilevante). Si confrontino le due frasi seguenti: (10) a. b. Mario ha mangiato la mela Mario mangiava la mela

Entrambe le frasi si riferiscono ad un tempo passato rispetto al momento dellenunciazione. Nel primo caso, per, possiamo dedurre che la mela sia stata mangiata, mentre nel secondo caso ci non detto. Infatti possiamo costruire un enunciato come Mario mangiava la mela, ma non lha finita, mentre nel primo caso la stessa continuazione d un risultato leggermente contraddittorio (Mario ha mangiato la mela, ma non lha finita). Gli avverbiali di tempo danno comportamenti contrastanti se combinati con forme perfettive o imperfettive, si consideri: (11) a. Mario ha mangiato la mela per due ore. b. * Mario mangiava la mela per due ore. Unaltra distinzione aspettuale rilevante, ma probabilmente subordinata a quella perfetto/imperfetto, quella fra aspetto iterativo (o abituale) e progressivo. Si confrontino a questo proposito le due forme di presente dellinglese, la prima con valore abituale ( I eat bananas), la seconda con valore progressivo (I am eating a banana). Linterazione di aspetto e tempo spesso molto complessa, tanto che nei paradigmi verbali romanzi le due componenti sono difficilmente scindibili (diverso il discorso per il sistema tempoaspettuale delle lingue slave). In particolare, non c una visione condivisa per quanto concerne le caratterizzazioni tempo-aspettuali dei tempi composti. In inglese, ad esempio, la terminologia utilizzata (present perfect) lascia intendere come le forme del tipo have eaten non debbano essere considerate dei passati, ma piuttosto dei presenti perfettivi, in cui cio viene messo in luce il fatto che nel momento dellenunciazione lazione/processo denotato dal verbo compiuta. Invece, per il passato prossimo italiano tale descrizione non sembra abbastanza efficace (fermo restando che solo una minoranza della popolazione italiana padroneggia la distinzione fra passato prossimo e remoto: ad esempio, per i parlanti settentrionali il passato prossimo lunica forma di passato indicativo possibile, necessariamente perfettiva). Viceversa, i parlanti che distinguono passato prossimo e remoto possibile che siano sensibili a qualche sotto-distinzione di tipo aspettuale, ma le categorie sin qui introdotte sono troppo grossolane per poterla cogliere. 15

LINGUISTICA LCM 2013 Aspetto vs azione: tutti i tipi di verbo possono flettersi secondo i tratti aspettuali sopra elencati. Questo perch laspetto (come il tempo, il numero, la persona) sono categorie funzionali esterne alla radice lessicale. Viceversa possibile individuare delle costanti semantiche secondo cui possibile organizzare le radici verbali in gruppi secondo un numero limitato di opposizioni, ad esempio quella fra verbi durativi vs non-durativi: nei primi levento denotato scomponibile in una sequenza temporale, cfr. mangiare vs arrivare (ho mangiato per due giorni vs *sono arrivato per due giorni). Una sotto-classe dei verbi non-durativi sono i verbi stativi come essere, pesare, ecc. (che non ammettono limperativo). Unulteriore classe azionale quella dei verbi trasformativi, che denotato un cambiamento fra il momento in cui lazione ha inizio e quello di fine (ad esempio, addormentarsi, che anche un verbo non-durativo). Fra le categorie flessive del verbo possiamo annoverare anche la diatesi, ovvero linformazione se il verbo abbia struttura attiva o passiva. Approfondiremo questi aspetti nella sezione dedicata alla sintassi. Per chi fosse interessato ad approfondire le propriet dei tratti grammaticali del verbo, consiglio la lettura di G. Borgato, Un profilo del verbo, Padova, Unipress oppure P.M. Bertinetto, Il dominio tempo-aspettuale, Torino, Rosenberg & Sellier, 1997. I morfemi grammaticali che esprimono questi tratti sono detti morfemi flessivi ed il processo di combinazione di una radice lessicale con uno o pi morfemi flessivi detto flessione. Se la flessione veicolata da suffissi, tali suffissi si troveranno nella posizione pi periferica nella struttura della parola e prendono il nome di desinenza. Tutte le forme flesse aventi la stessa radice formano un paradigma. Alcuni dei tratti flessivi precedentemente illustrati (tempo e persona) devono essere interpretati sulla base di dati contestuali: linterpretazione di un tempo presente o di una forma alla prima persona cambia in fatti al variare del momento dellenunciazione e di chi compie lenunciazione. Questi tratti funzionali sono detti deittici. Altri tratti deittici sono salienti nella morfologia dei dimostrativi (questo, quello, ecc.), che identificano referenti vicini a chi ascolta o a chi parla. Anche in questo caso, quindi, il significato di tali espressioni varia al variare del contesto spaziale in cui avviene lenunciazione. Si noti che i morfemi flessivi si combinano con le radici secondo un ordine che non pu essere modificato: ad esempio, i morfemi tempo-aspettuali devono precedere quelli di persona e numero, che risultano quindi pi esterni nella struttura della parola rispetto alla radice. Se infatti scomponiamo una forma verbale come amavo, possiamo notare come il morfema che indica la persona ed il numero del soggetto segue il morfema di imperfetto -v-. Ovviamente, se si provasse ad invertire lordine dei morfemi, la parola risultante sarebbe inaccettabile (*amaov). Questa non una propriet specifica dellitaliano, ma una caratteristica condivisa da tutte le lingue del mondo. Strutture analitiche e sintetiche; tipologia morfologica Confrontiamo le forme del futuro semplice in due lingue genealogicamente imparentate: il latino tardo e litaliano: cantare habeo vs canter. Le due forme esprimono lo stesso nucleo di tratti grammaticali, che indicano posteriorit rispetto al momento dellenunciazione. Ci che cambi a fra le due lingue la morfologia delle due forme. In un caso abbiamo infatti una forma complessa creata grazie alla combinazione di due parole (come nellinglese will+V): una parola funzionale (lausiliare habeo) e una lessicale (linfinito di cantare). In italiano, invece, gli stessi tratti sono espressi da una singola parola (canter) in cui i tratti di futuro sono espressi da un morfema legato: cant-er-. Il primo tipo di struttura morfologica detta forma analitica, mentre il secondo detta forma sintetica. Possiamo quindi dire che levoluzione della morfologia del futuro dal latino allitaliano consiste nel passaggio da una forma analitica ad una sintetica. 16

LINGUISTICA LCM 2013 Un altro caso di evoluzione da una struttura sintetica ad una analitica rappresentata dal passivo, che nei tempi semplici del latino era espresso sinteticamente, mentre in italiano richiede strutture analitiche con tutti i tempi/modi verbali. Il punto importante che il medesimo significato grammaticale (esprimibile in tratti) pu essere espresso, in lingue diverse, o in modo analitico o in modo sintetico. Nel primo caso, i tratti flessivi di cui sopra saranno espressi attraverso morfemi liberi, la cui distribuzione e le cui propriet saranno regolate dai principi della sintassi. Nelle strutture sintetiche, invece, la codifica di tali tratti affidata a morfemi legati, le cui propriet saranno oggetto di studio della morfologia. In questo senso, quindi, la flessione un aspetto delle lingue che sta a cavallo fra livelli di analisi diversi. Alcune lingue, come il cinese, ammettono solamente strutture analitiche: tutti i morfemi grammaticali sono quindi espressi da morfemi liberi. Tali lingue si chiamano lingue isolanti. Viceversa, nelle lingue come litaliano, molte ma non tutti i tratti grammaticali sono realizzati mediante morfemi legati. Fra le lingue dellultimo tipo, possibile tracciare una sottotipologia: in Italiano, infatti, non c una relazione 1:1 fra tratti grammaticali e morfemi grammaticali. Solitamente, infatti, un solo morfema esprime tratti diversi. Si pensi alla desinenza -o di amo che veicola tratti di tempo, aspetto, modo, numero e persona. Questo sistema di veicolare pi tratti attraverso un solo morfema tipico delle lingue dette flessive o fusive (in cui pi tratti sono fusi in un unico morfema). Tali lingue si differenziano da un terzo tipo, quello delle lingue agglutinanti, in cui i tratti grammaticali sono espressi da una serie di morfemi legati tale per cui vi sia una relazione 1:1 fra tratti e morfemi, come esemplificato dalla glossa della seguente forma verbale del turco: (12) sndr- l- eme- mek spegnere CAUS PASS MOD INF non poter essere spento

Le categorie grammaticali Non tutte le radici possono combinarsi con tutti i tratti grammaticali. La radice libr- pu infatti combinarsi con morfemi che esprimono il genere ed il numero, ma non con morfemi aspettuali, temporali o modali. Viceversa, la radice legg- non pu combinarsi con un morfema di genere. Da cosa dipendono queste restrizioni (fra molte altre)? Potremmo pensare che ci dipenda dalle propriet ontologiche dei referenti designati dai segni libr- e legg-: il primo ha come significato un oggetto, che quindi non modificabile da informazioni relative a tempo-aspetto-modo (TAM), mentre il segno legg-, che denota unazione, non direttamente combinabile con informazioni relative al genere (sebbene non si possa escludere che un verbo possa esprimere i tratti di genere del suo soggetto, come infatti accade in alcuni dialetti italiani come quello parlato a Ripatransone, Marche). In verit, le cose non sono cos semplici e, come vedremo fra breve, non possiamo sostenere che la grammatica abbia accesso diretto ad informazioni ontologiche (= che riguardano lessenza dei referenti): una distinzione come oggetto vs azione non di nessun aiuto per comprendere il comportamento grammaticale dei segni linguistici. Dobbiamo quindi postulare un tipo di informazione aggiuntivo che, dato un morfema lessicale, ci consenta di capire il suo comportamento grammaticale (ad esempio se in italiano esso possa o meno combinarsi con un morfema TAM). Tale informazione data dalla categoria grammaticale. Possiamo immaginare che ogni morfema lessicale immagazzinato nel Lessico sia associato ad almeno una categoria grammaticale come Verbo, Nome, Aggettivo, ecc. che determina le sue propriet morfologiche e sintattiche: solamente le radici categorizzate come Verbi possono combinarsi con morfemi TAM, solamente radici nominali possono presentare, in italiano, morfemi di genere. 17

LINGUISTICA LCM 2013 Immaginiamo quindi che il lessico sia costituito da una lista di morfemi lessicali, ognuno dei quali associato ad una categoria grammaticale, ad esempio: libr-N, legg-V, alber-N, dolc-AGG, prestoAVV, ecc. In alcuni casi, dobbiamo supporre che una radice sia associata a pi categorie. Si prenda ad esempio la radice sogn-, che pu dare origine sia ad un nome (sogn-o,-i) che ad un verbo (sognare): in questo caso bisogna supporre che la radice abbia una doppia categoria, sogn-N/V. In alternativa, si potrebbe supporre che alcune (o, secondo alcuni studiosi, tutte) le radici siano originariamente prive di categoria e che essa non sia memorizzata nel lessico, ma venga assegnata di volta in volta dalla grammatica. Non potremo esplorare ulteriormente le conseguenze di questa ipotesi. Quali (e quante) sono le categorie? Le categorie lessicali sono quattro: Nome, Verbo, Aggettivo, Avverbio. Tradizionalmente, la distinzione fra verbi e nomi e data su base ontologica: i primi esprimono azioni, i secondi oggetti. Abbiamo per gi visto che questa impostazione non pienamente sostenibile. In primis, non ben chiaro quali siano i parametri per distinguere un oggetto da unazione: cos sogno, cos passione, cos paura? Difficile stabilire se si tratta di azioni o oggetti. Inoltre, in certi casi la distinzione proposta controintuitiva come nei casi di nomi come corsa, salto, capriola che si riferiscano ad azioni e non ad oggetti. La distinzione fra verbi e nomi come quella fra altre categorie non dipende infatti direttamente da propriet ontologiche, ma collegabile a propriet grammaticali, principalmente quella di potersi combinare con certe classi di morfemi funzionali e non con altre. Questo vale sia per combinazioni morfologiche con morfemi legati (come nei casi gi citati), ma anche per combinazioni sintattiche con morfemi liberi. Ad esempio, impossibile combinare un articolo con un avverbio (*il certamente), oppure impossibile combinare un determinante con una forma verbale che non sia un infinito con funzione di sostantivo (il partire vs *il partendo). Nella suddivisione delle categorie contano anche distinzioni di natura semantica. La caratteristica primaria degli aggettivi e degli avverbi, ad esempio, quella di non denotare entit, ma propriet di individui: un nome (es. cane) si riferisce a tutti gli individui accomunati da un insieme di propriet (mammifero, quadrupede, miglior amico delluomo ecc.), mentre un aggettivo identifica una di queste propriet (es. peloso, agile, affettuoso, ecc). Anche gli avverbi, come gli aggettivi, denotano una qualit, ma, mentre gli aggettivi modificano un nome, gli avverbi qualificano la propriet di una frase o di una sua porzione. Il termine avverbio lascerebbe intendere che lavverbio modifichi il verbo, ma non si pu sostenere questo in tutti i casi. Si prenda ad esempio la frase sinceramente Paolo mi ha stancato: in questo caso, lavverbo sinceramente non d informazioni aggiuntive relative allazione descritta dal verbo (come invece accade nella frase Paolo mi ha stancato molto). Avverbi come sinceramente, francamente descrivono infatti una valutazione del parlante in relazione allintera enunciazione, piuttosto che specificare una propriet del verbo. Ecco perch il termine avverbio non va preso alla lettera. Come per il caso della distinzione Verbo/Nome, anche nel caso Aggettivo/Avverbio ci sono dei casi ambigui: possiamo infatti dire che ho corso velocemente, ma anche possibile dire che ho corso veloce, in cui laggettivo, almeno ad una prima analisi, non modifica un nome ma si riferisce allintera azione e si comporta quindi come un avverbio. In molte variet del meridione, e di riflesso anche nellitaliano regionale parlato nella medesima area, luso di aggettivi con funzione avverbiale molto comune (ho mangiato buono) e, nei dialetti, lunica forma di modificazione avverbiale possibile. Accanto a categorie lessicali come N, V, Agg e Avv, a cui appartiene un numero elevato e potenzialmente espandibile di radici, possiamo postulare anche alcune categorie funzionali, che raggruppano insiemi chiusi di elementi grammaticali che hanno le medesime propriet sintattiche. Le tre categorie funzionali principali sono: 18

LINGUISTICA LCM 2013 Le preposizioni, che semanticamente presentano caratteristiche ibride di morfemi lessicali e grammaticali. Infatti, alcune preposizioni sono dotate di significato, specialmente locativo, e possono essere utilizzate con funzione avverbiale: per es. sotto, sopra, accanto, ecc. Altre preposizioni, invece, sono completamente prive di significato e assolvono unicamente funzioni grammaticali esprimendo relazioni grammaticali fra costituenti: per es. a, da. I complementatori (o, pi tradizionalmente, le congiunzioni frasali) come che, perch, sebbene, ecc. Il ruolo di questi elementi quello di connettere fra di loro le frasi che appartengono al medesimo periodo. I determinanti: sono modificatori del nome come gli articoli, i dimostrativi, i possessivi che specificano alcune propriet del nome. A differenza degli aggettivi, i determinanti sono una classe chiusa che esprime una serie di concetti grammaticalizzati. Fra i determinanti, larticolo deputato alla codifica della definitezza, ovvero la propriet di riferirsi ad un individuo definito (il libro, quel libro) o ad un individuo indefinito (un libro), ovvero uno qualsiasi di tutti i libri possibili. Gli elementi possono essere definiti perch gi menzionati o salienti nel discorso oppure perch specificati da un modificatore come un aggettivo (il libro nero) o da una frase relativa (il libro che ti ho regalato). In italiano, larticolo definito si usa anche per riferirsi ad unintera classe di individui (la tigre vive in Africa e Asia). Anche il dimostrativo indica definitezza (ed infatti articoli e dimostrativi non possono cooccorrere), ma oltre alla definitezza esprime informazioni deittiche come la vicinanza/lontananza da chi parla/ascolta. Litaliano centro-meridionale si basa su un sistema a tre distinzioni: vicino a chi parla (questo), vicino a chi ascolta (codesto), lontano (quello), mentre nellitaliano settentrionale attivo un sistema a due opposizioni: vicino a chi parla (questo) e lontano da chi parla (quello). I dimostrativi possono modificare un nome, ma possono anche occorrere senza nome, assumendo quindi una funzione pronominale. Lo stesso comportamento riscontrabili nei possessivi. Si noti che in alcune lingue il possessivo pu co-occorrere con gli altri determinanti (il mio libro, quelle tue matite), mentre in altre lingue possessivi e altri determinanti si escludono a vicenda (*the my book, *these your pencils). Infine, i quantificatori: sono determinanti che specificano la quantit di individui denotati. Si distinguono in q. definiti (i numerali) ed indefiniti (molti, pochi, ecc.). Gli ultimi non forniscono linformazione sul numero esatto di referenti. I q. indefiniti possono essere positivi o negativi, come nessuno e niente. Gli indefiniti possono avere forme diverse a seconda che si riferiscano ad entit umane o non-umane. Inoltre, si distinguono i q. assoluti, che denotano, in positivo od in negativo, unintera classe di individui (es. tutti i libri, ogni ragazzo, ecc.) dai q. esistenziali, che invece denotano lesistenza di un sottoinsieme degli individui di una determinata classe (qualche foglio, alcuni amici). Cambiare categoria Esistono dei processi morfologici che consentono di cambiare la categoria grammaticale di una radice. Tali processi vanno sotto il nome di derivazione. Per alcuni studiosi, anche le alternanze V/N (ad esempio, ingl. cut tagliare vs cut taglio) non sono dovute alla presenza nel lessico di una radice con una doppia categoria, ma ad un processo di mutamento di categoria detto conversione. Solitamente, per, tali cambiamenti si ottengono combinando una radice con categoria X ad un morfema grammaticale il cui scopo quello di trasformare la categoria di X in Y. Ad esempio, la funzione del suffisso italiano -tore quello di trasformare un verbo in un nome: creare creatore; saldare saldatore; imbalsamare imbalsamatore, ecc. Nel caso specifico, il suffisso -tore si aggiunge ad una radice verbale per creare un nome. I suffissi come -tore sono quindi detti suffissi deverbali (in quanto il punto di partenza un verbo). 19

LINGUISTICA LCM 2013 Un altro processo di mutamento di categoria attestato in italiano la cd. parasintesi: ovvero, la creazione di un verbo a partire da un aggettivo, ad es. giallo -> ingiallire; bianco -> imbiancare/sbiancare, rosso -> arrossire ecc. I verbi parasintetici sono formati a partire da una radice aggettivale, che viene combinata con un prefisso (di origine preposizionale) e con desinenze verbali. Altri affissi Non tutti gli affissi sono coinvolti in processi derivativi o flessivi. I suffissi valutativi non esprimono tratti grammaticali, ma valutazioni da parte del parlante su propriet soggettive come la dimensione o il valore positivo/negativo. Nel primo caso, si parla di suffissi accrescitivi e diminutivi come -ino (tavolo, tavolino) o -one (tavolo, tavolone). Nel secondo caso di parla di affissi vezzeggiativi o peggiorativi come -uccio (quadro, quadruccio) e -accio (quadro, quadraccio). Spesso non possibile distinguere fra valore diminutivo/vezzeggiativo (quadro, quadretto: un piccolo quadro o un quadro grazioso?). Alcuni suffissi valutativi possono essere combinati fra loro (tavol-in-etto), ma sempre con un ordine fisso (*tavol-ett-ino). Inoltre, i suffissi valutativi si trovano sempre fra i suffissi derivativi (quelli che cambiano la categoria sintattica della base) e i suffissi flessivi. I prefissi dellitaliano, a differenza dei suffissi, non possono mai modificare la categoria della radice cui si aggiungono: possibile un aggettivo, la corrispondente parola prefissata (impossibile) pure. I prefissi, in italiano, non possono nemmeno esprimere tratti di accordo, ma possono esprimere ulteriori tratti semantico-grammaticali quali - Negazione: in-disponibile, ir-responsabile, ecc. - Privazione: s-conforto, dis-inibito, dis-attento, ecc. - Iterazione: ri-allacciare, ri-conquistare, ecc. - Localizzazione (nel tempo e nello spazio): anteprima, postbellico, previsione, ecc. Esistono infine affissi apparentemente privi di significato. Si prendano ad esempio le vocali tematiche dellitaliano: am-a-re, cad-e-re, dorm-i-re. La vocale tematica si aggiunge alla radice del verbo formando il tema verbale, che si combina poi con gli altri affissi: (13) [[am-]radice -a-]tema -re Come si diceva, la vocale tematica non esprime alcun tratto grammaticale, ma segnala lappartenenza di una determinata radice verbale ad una delle tre classi verbali dellitaliano. Una classe un sotto-insieme del lessico che non identificabile sulla base di propriet semantiche, ma morfologiche. Infatti, non possibile trovare alcuna correlazione solida fra le vocali tematiche dellitaliano e altre propriet grammaticali (lazione verbale, ad esempio) o semantiche. La forma della parola italiana quindi la seguente: radice + vocale tematica + suffissi derivativi + suffissi valutativi + suffissi flessivi. Ecco alcuni esempi: (14) a. b. sudaticce frullatoroni radice sudfrullV.T. der. val. fless. -a- -t- -icc- -e -a- -tor- -on- -i

Il fatto che lordine degli affissi fisso indica che le parole sono dotate di una struttura ben definita e non sono date dalla semplice concatenazione di morfemi. Inoltre, lo studio delle possibili combinazioni di affissi ci consente di esplorare la struttura gerarchica della parola. Scomponendo la parola in morfemi siamo infatti in grado di stabilire quali affissi siano strutturalmente pi prossimi alla radice di altri. Prendiamo ad esempio una parola complessa come deindustrializzare, che pu essere scomposta come segue: de- industri- -al- -izz- -a- -re. 20

LINGUISTICA LCM 2013 Osserviamo ora il comportamento del prefisso de-: non possiamo sostenere che tale prefisso si combini direttamente con la radice nominale industri-, altrimenti si formerebbe la forma *deindustri(a) che in italiano non esiste. Dobbiamo quindi ipotizzare che il prefisso si combini con la base aggettivale industri-al- e che quindi la suffissazione di -al- avvenga prima della prefissazione con de-. Tuttavia, anche questo non basta perch, combinando il prefisso con la base aggettivale, ottengo nuovamente una forma non accettabile: *deindustrial(e). Per poter combinare il prefisso devo quindi aspettare di avere una base verbale (industrializz-) che, assieme al prefisso, forma una base attestata (deindustrializz-) che pu poi flettersi come qualsiasi verbo della prima coniugazione. Volendo esprimere quanto appena visto con uno schema, possiamo farlo attraverso delle parentesi che rendano conto di come il processo di prefissazione, in questo caso, si applichi solamente dopo due processi di suffissazione che hanno trasformato la radice nominale prima in un aggettivo, poi in un verbo: (15) [[[de- [[[industri-]N -al-]AGG -izz-]V ] -a-] -re] Le stese relazioni gerarchiche possono essere rappresentate mediante un diagramma ad albero rovesciato: (16)

de-

industri-

-al- -izz-

-a-

-re

Allomorfia e suppletivismo I morfemi sono delle unit astratte, la cui realizzazione morfo-fonologica pu subire variazioni contestuali pi o meno sistematiche. Prendiamo ad esempio il prefisso in- dellitaliano presente nelle parole inabile, intollerante, indifferente, ecc. Tale prefisso, che ha un valore negativo, lo ritroviamo in forma diversa anche in altre parole come irrilevante, importuno, illiberale, ecc. Fa parte della nostra intuizione di parlanti che in-, ir-, im-, il- siano tutte varianti dello stesso morfema la cui variazione dipende in ultima analisi dal suono che compare allinizio della radice (approfondiremo questo genere di problemi nei prossimi di capitoli). Tali varianti di un unico morfema sono dette allomorfi. Spesso, come nel caso precedente, gli allomorfi sono facilmente riconoscibili poich, oltre a condividere il medesimo nucleo di significato, la forma morfologica di un allomorfo facilmente confrontabile con quella di un altro allomorfo ed possibile trovare delle spiegazioni regolari dal punto sincronico o diacronico che rendano conto della loro distribuzione. Fenomeni di allomorfia non riguardano solamente i morfemi grammaticali, ma anche quelli lessicali. Si consideri ad esempio la radice del verbo vincere nelle due forme del presente indicativo vinc-o ~ vinc-i. I due suoni rappresentati dalla lettera c dellalfabeto sono sensibilmente diversi: possibile quindi individuare due allomorfi della radice del verbo vincere, la cui distribuzione apparir chiara una volta introdotto qualche concetto di fonologia. In altri casi, tuttavia, non sembra possibile ricostruire una relazione sistematica fra due forme alternanti. Si prenda ad esempio il caso della radice del verbo andare nelle forme del presente indicativo: vado, vai, va, andiamo, andate, vanno. Le forme di prima e seconda persona plurale, cos come linfinito, selezionano la radice and-, mentre le altre forme del paradigma hanno la radice va(d)-. In questo caso abbiamo a che fare con unalternanza allomorfica un po particolare, visto 21

LINGUISTICA LCM 2013 che non possibile rendere conto della distribuzione dei due alternanti sulla base di principi regolari, n dal punto di vista sincronico, n da quello diacronico. Tali casi vengono solitamente rubricati come fenomeni di suppletivismo, intendendo con questo termine un caso limite di allomorfia in cui non siamo in grado di definire una relazione formale fra le due forme in variazione contestuale. Composti I composti sono parole contenenti due morfemi lessicali come girarrosto, portacenere, piedipiatti, girocollo, grigioverde. Spesso, fra i due membri del composto vige una relazione asimmetrica. Prendiamo ad esempio il caso della parola uomo-rana (palombaro). Se applichiamo i test di interrompibilit, commutabilit, ecc. vediamo chiaramente come la forma uomo-rana conti come una sola parola. Tuttavia, uno dei due membri del composto ha la prevalenza sullaltro: uomo-rana un tipo particolare di uomo, non di rana. Pi tecnicamente uomo iperonimo di uomo-rana, mentre, al contrario, uomo-rana iponimo di uomo. Non c invece alcuna relazione di iper-/iponimia fra rana e uomo-rana. Dal punto di vista morfologico, poi, notiamo che il composto ha gli stessi tratti flessivi (genere e numero) del membro uomo e che il plurale del composto uomini-rana e non *uomo-rane. Tutti questi dati indicano come allinterno del composto uomo-rana vi sia un membro pi importante dellaltro, detto testa del composto, da cui dipendono molte delle propriet semantiche e morfologiche dellintero composto. I composti in cui chiaramente individuabile una testa sono detti composti endocentrici. Gli altri composti, in cui una testa non individuabile, vengono solitamente definiti composti esocentrici: fanno parte di questa seconda categoria molti composti dellitaliano, ad esempio quelli formati da un verbo e da un nome (portalettere, posacenere, reggimensola, paracolpi, ecc.). In altri casi, come nei cd. composti di coordinazione (chiaroscuro, grigioverde) non possibile stabilire qual la testa perch entrambi i membri del composto sembrano svolgere una funzione identica. Clitici La distinzione fra morfemi liberi e legati non sempre cos evidente. Prendiamo ad esempio i pronome italiano lo. Tale elemento non ha un accento primario e deve sempre occorrere in adiacenza al verbo (fa eccezione la forma eccolo). In italiano moderno, se il verbo di modo finito, il pronome clitico precede il verbo ( proclitico), se il verbo di modo infinito il clitico segue il verbo (enclitico). In italiano antico, le condizioni che regolavano la posizione dei pronomi clitici erano diverse (si potevano trovare enclitici con i tempi finiti), ma il requisito di adiacenza era grosso modo il medesimo. (17) a. b. lo manger voglio mangiarlo

Unaltra propriet dei pronomi clitici romanzi che, solitamente, il loro ordine rigido. Infatti, data la sequenza me lo, il contrario non grammaticale: *lo me (ma se osserviamo lordine di tali elementi nellitaliano antico, ancora una volta ci imbattiamo in una distinzione sistematica, in quanto lordine di alcune combinazione era in origine il contrario). Inoltre, i pronomi clitici, a differenza di quelli tonici come lui, non possono comparire in isolamento: (18) D: Chi hai invitato? R: lui/*lo 22

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Oltre a non poter comparire in isolamento, i pronomi clitici si differenziano dai tonici per non poter essere contrastati e coordinati: (19) a. b. lui/*lo che ho visto. Ho visto lui/*lo e Maria

Quindi, gli elementi clitici hanno alcune propriet dei morfemi legati: devono comparire in adiacenza ad un determinato elemento della frase, il loro ordine rigido, non possono comparire in isolamento. Tuttavia, il fatto che la loro posizione cambi a seconda del modo verbale e il fatto che essi non siano una componente obbligatoria della struttura della parola ci porta a pensare che tali elementi non siano di natura affissale, ma che piuttosto elementi liberi che, per vincoli sintattici indipendenti, sono obbligati ad occupare una posizione fissa nella struttura della frase, che in italiano adiacente a quella del verbo. Abbiamo sin qui illustrato le propriet dei pronomi clitici romanzi, ma la casistica di elementi clitici nelle lingue del mondo molto varia. In pratica, qualsiasi elemento grammaticale come le congiunzioni, i determinanti, gli ausiliari, ecc. possono essere clitici e presentare alcune o tutte le propriet illustrate sopra. Diacronicamente, plausibile che un elemento clitico rappresenti uno stadio intermedio dovuto allevoluzione di un elemento libero in un affisso, ma tale ipotesi dovr essere provata e verificata caso per caso.

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III. Fonetica
Cos un suono I suoni sono dei fenomeni fisici, descrivibili in modo oggettivo attraverso dei parametri matematici. I suoni sono infatti delle onde, ovvero delle continue compressioni e rarefazioni delle molecole di un gas (o di un fluido) che funge da mezzo di propagazione del suono.

Tali compressioni/rarefazioni possono essere rappresentate attraverso dei diagrammi che rappresentano in ascissa i valori dellescursione fra fasi di pressione e rarefazione e in ordinata levoluzione nel tempo. Alcune onde sonore sono cicliche: possono cio ripetersi ad intervalli regolari. I suoni caratterizzati da oscillazioni cicliche sono detti suoni periodici (gli altri sono detti aperiodici). Il numero di cicli nellunit di tempo ci d la frequenza del suono, che si misura in Hertz (1Hz = 1 ciclo al secondo). Oltre alla frequenza (che un parametro relativo solo ai suoni periodici) i suoni si distinguono in base alla loro intensit (misurata in decibel, dB), che la misura dellescursione fra i picchi di massima compressione e massima rarefazione causato dallonda. Semplificando, la frequenza dei suoni determina la loro altezza, mentre lintensit determina il loro volume. I suoni delle lingue Gli esseri umani sono in grado di produrre molti tipi di suoni, in particolare, perturbando il flusso daria che passa attraverso la bocca. Fischi, colpi di tosse, sospiri, gorgoglii, ecc. sono alcuni dei suoni che siamo in grado di emettere. Ci non chiaramente una caratteristica esclusiva dellhomo sapiens, in quanto la possibilit di emettere suoni una propriet condivisa con moltissime altre specie. Solo un piccolo sottoinsieme dei suoni che siamo in grado di emettere sono utilizzati per la comunicazione verbale: colpi di tosse e fischi, ad esempio, non rientrano nellinventario dei suoni di nessuna lingua. Non esistono culture, in pratica, in cui il fischio viene utilizzato per formare, ad esempio, una parola (ci non vuol dire che il fischio non venga utilizzato per comunicare in senso lato). I suoni che usiamo per comunicare attraverso le lingue sono detti foni e la branca della linguistica che li studia si chiama fonetica. I foni possono essere studiati sia sotto laspetto acustico (studiandone quindi le propriet fisiche quali altezza e intensit) o percettivo (come tali propriet fisiche vengono elaborate dal 24

LINGUISTICA LCM 2013 nostro cervello). In particolare, lapproccio che ha avuto pi fortuna quello articolatorio, ovvero lo studio dei processi anatomo-fisiologici che ci consentono di produrre i foni. I vantaggi di un approccio articolatorio sono due: moltissimi processi che riguardano la pronuncia sono immediatamente comprensibili se si fa riferimento alla natura articolatoria dei foni. Processi di evoluzione linguistica come, ad esempio, quelli che, a partire dal latino, hanno plasmato le lingue romanze sono facilmente analizzabili se si conoscono i meccanismi fisiologici alla base della fonazione. Da un punto di vista pratico, la conoscenza di tali meccanismi rappresenta un vantaggio concreto per chi desidera apprendere una seconda lingua o migliorare la propria pronuncia: attraverso unattenta autopercezione dei propri atteggiamenti articolatri siamo in grado di acquisire i movimenti necessari per una corretta pronuncia delle lingue straniere anche in presenza di minime differenze che, se non si coscienti della base anatomica della fonazione, rimarrebbero sotto la nostra soglia di percezione. Lapparato fono-articolatorio La maggior parte dei foni prodotta modificando il flusso daria che fuoriesce dai polmoni in modo da generare delle turbolenze e delle vibrazioni che si traducono in onde sonore. Laria viene compressa creando delle occlusioni parziali o totali muovendo un numero limitato di organi (gli articolatri mobili) verso punti del condotto oro-nasale, detti articolatri fissi. Quanto segue una breve presentazione delle caratteristiche degli articolatori coinvolti nei processi di fonazione: 1. Labbra 2. Denti 3. Alveoli 4. Lingua 5. Palato (duro) 6. Palato molle (o velo) 7. Pliche vocali

Articolatori mobili 1. le labbra: possono protendersi in avanti (come nella pronuncia della u), oppure il labbro inferiore pu spostarsi allindietro fino a toccare larcata dentale superiore (come nella f). 4. la lingua: il principale articolatore mobile, sicuramente quello pi duttile e in grado di compiere un ampio ventaglio di movimenti allinterno della cavit orale. Per entrare maggiormente nel dettaglio conviene distinguere diverse aree della lingua: lapice, la lamina (che assieme formano la corona), il dorso e la radice.

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LINGUISTICA LCM 2013 6. palato molle o velo (palatino): la funzione del velo quella di dividere la cavit orale da quella nasale. Spostandosi verso il basso, il velo permette allaria che fuoriesce dai polmoni di incanalarsi attraverso il naso. 7. Pliche vocali o (meno propriamente) corde vocali: sono il motore della fonazione. Ne parleremo pi in dettaglio in unapposita sezione. Articolatori fissi 2. Denti: non prendono parte attiva nella fonazione, ma costituiscono una barriera fissa contro cui laria pu essere compressa attraverso il movimento del labbro inferiore (come nel caso della v di voce) o dalla corona della lingua, come nel caso di th dellinglese thing. 3. Alveoli: gli alveoli dentali sono gli alloggiamenti delle radici dei denti. Quelli dellarcata dentale superiore sono facilmente identificabili: sono le protuberanze rugose poste fra larcata dentale superiore ed il palato. 5. Palato duro: il tetto della bocca Classificazione dei foni Ci sono due meccanismi fondamentali di produzione del suono: - il primo meccanismo consiste nello sfruttare laria che passa attraverso il canale oro-nasale (bocca e naso). Come uno strumento a fiato (ad esempio un flauto o una tromba), laria convogliata allinterno di tale canale mette in vibrazione alcuni articolatori mobili (come le corde vocali) e subisce delle restrizioni che si traducono in onde sonore. Tutte le lingue hanno foni egressivi, che sfruttano laria in uscita dai polmoni (i foni egressivi sono quindi prodotti nel corso dellespirazione), ma in alcune lingue fanno anche uso di foni ingressivi, articolati nella fase di inspirazione. I suoni ingressivi non saranno trattati ulteriormente. - Il secondo meccanismo, su cui non mi soffermer perch anche in questo caso si tratta di foni non attestati nelle lingue europee, non sfrutta il flusso daria della respirazione. Le onde sonore sono prodotte attraverso movimenti improvvisi degli articolatori mobili. Ci genera dei rumori, ovvero dei suoni aperiodici, detti click come, ad esempio, lo schiocco del bacio, che in alcune lingue conta come una consonante. La classificazione dei foni egressivi avviene secondo tre parametri: - Stato della glottide: definisce lo stato delle corde vocali (chiuse/tese, aperte/rilassate) - Modo di articolazione: definisce la quantit e la qualit della costrizione del flusso daria; - Punto (o luogo) di articolazione: definisce il luogo di maggior costrizione del flusso daria. La glottide La glottide un tratto del canale che collega la bocca ai polmoni. Tale canale, in prossimit del cd. pomo dAdamo, presenta una cavit allinterno della quale sono alloggiate due pliche mobili, in grado di aprirsi o chiudersi. Se chiuse, tali pliche dette anche corde vocali impediscono a cibo o liquidi di penetrare nei polmoni. La figura 1 mostra una sezione della glottide, il punto 7 indica una delle due pliche vocali:

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Fig.1

Fig. 2

Lapertura e chiusura delle pliche vocali costituisce uno dei meccanismi fondamentali della fonazione. Infatti, durante la fase di espirazione, le pliche possono essere sia aperte che chiuse, come si vede in fig. 2. Nel primo caso, laria libera di fuoriuscire e di incanalarsi senza problemi verso la cavit orale. A meno che laria non subisca ulteriori perturbazioni, il passaggio attraverso le pliche aperte non genera alcuna onda sonora. Al contrario, possibile che durante il passaggio dellaria nella glottide, i muscoli che controllano la chiusura delle pliche vocali si tendano, provocando unostruzione momentanea. A seguito di questa chiusura, si genera unarea di pressione nel tratto di laringe al di sotto delle pliche fino a che tale pressione non forza una piccola apertura delle pliche, sebbene i muscoli cerchino di tenerle serrate in modo ermetico. Tale apertura si richiude non appena la pressione sopra e sotto le pliche si riequilibra e, nel momento stesso in cui lapertura scompare, la pressione causata dal flusso daria egressivo ricomincia a salire nuovamente. Ci provoca una serie continua di brevi rilasci, della durata di qualche millisecondo, che provocano una vibrazione continua. Tale vibrazione pu essere percepita anche al tatto, appoggiando i polpastrelli sulla laringe e pronunciando a voce sufficientemente alta una vocale o una consonante come la v di vittoria. Invece, pronunciando una consonante come la f di fatto non sar possibile avvertire alcuna vibrazione poich tale consonante articolata lasciando fuoriuscire liberamente laria attraverso la glottide, senza che vi sia alcuna chiusura delle pliche vocali. I suoni caratterizzati dalla vibrazione delle corde vocali sono chiamati suoni sonori, gli altri sono detti foni sordi. Acusticamente, i primi sono dei suoni periodici poich le aperture e chiusure delle pliche vocali avvengono a cicli regolari; viceversa, i foni sordi sono delle onde acustiche aperiodiche. Modo di articolazione I foni sono generalmente causati da una restrizione del flusso daria che esce dai polmoni. Tale restrizione pu essere cospicua o trascurabile: i foni del primo tipo sono detti consonanti, i secondi sono le vocali. A loro volta, le consonanti possono essere articolate attraverso una restrizione totale o parziale. Nel primo caso, come la p di pap, le consonanti sono dette occlusive perch prodotte attraverso unocclusione del flusso daria. Tale occlusione causa un aumento di pressione allinterno della cavit orale, che viene rilasciata in modo improvviso causando unesplosione acustica. Acusticamente, quindi, le consonanti occlusive si presentano come dei momenti di silenzio nella fase in cui il flusso daria viene bloccato seguito da una breve emissione sonora ad alta intensit. Non tutte le restrizioni, per, sono di tipo totale. Alcuni foni, detti foni fricativi (o consonanti fricative) si caratterizzano per una restrizione parziale, che non produce un blocco totale del flusso 27

LINGUISTICA LCM 2013 daria, ma una fuoriuscita continua, che a differenza dei foni occlusivi pu essere protratta nel tempo. Foni fricativi sono la f di fatto, la s di sale, la v di velo. Le consonanti affricate sono foni che presentano una fase occlusiva, ma, a differenza delle occlusive, il rilascio dellocclusione non avviene in modo esplosivo, ma graduale. Tale rilascio provoca un onda sonora simile a quella provocata da una fricativa, che, come una fricativa, pu essere mantenuto nel tempo. Le consonanti affricate, forse quelle pi difficili da individuare attraverso lauto-percezione, sono, ad esempio, la c di cena e la g di gelato. Tutte le consonanti sin ora elencate (occlusive, fricative, affricate) possono essere sia sorde che sonore. Esse formano la macro-classe delle consonanti ostruenti, che si contrappone alla classe delle consonanti sonoranti, che sono invece solamente sonore. Fra le consonanti sonoranti possibile individuare tre modi di articolazione: - Laterale: la lingua o, meglio, una parte della lingua (dorso, corona) si innalza fino a toccare un articolatore fisso quale gli alveoli o il palato duro. La presenza della lingua convoglia il flusso daria sui due lati della cavit orale. Suoni laterali sono la l di libellula e la gli di figlio (questultimo, sebbene nellortografia dellitaliano sia rappresentato da tre simboli, conta come un unico fono). - Nasali: il palato molle si abbassa, convogliando laria nella cavit nasale. Allo stesso tempo, gli articolatori mobili si muovono allinterno della cavit orale creando unocclusione totale. Quindi, i fono nasali sono, dal punto di vista orale, delle consonanti occlusive. Alcuni suoni nasali dellitaliano sono la n di naso, m di mamma, gn di gnomo (anche in questo caso, si tratta di un solo fono, sebbene lortografia dellitaliano lo rappresenti con due simboli). - Vibranti: la lingua oscilla periodicamente creando rapidissime occlusioni seguite da altrettanti rapidi rilasci. Punto di articolazione A prescindere dallentit della costrizione, sempre possibile individuare un punto di massima costrizione, detto luogo (o punto) di articolazione. In quanto segue riporto lelenco dei punti di articolazione, corredato da alcuni esempi e, nei casi meno evidenti, uno schema che illustri la posizione degli articolatori interessati. Bilabiali: il punto di massima costrizione posizionato fra le due labbra come nella p di pap, nella b di buono, nella m di mamma. Labiodentali: il punto di massima restrizione posizionato fra il labbro inferiore e larcata dentale superiore come nella v di veloce, la f di facile, la n di anfibio Dentali: lapice della lingua si avvicina allarcata dentale superiore come nella th di think e la th di this. (in alcune pronunce lapice della lingua si infila in mezzo ai denti).

Alveolari: la lingua si avvicina agli alveoli dentali (la parte rugosa del palato che ospita le radici dei denti) come la t di testo, d di dente, n di naso, l di libro, r di rigore (in verit, le alveolari dellitaliano sono articolate quasi sui denti, infatti nella tradizione linguistica italiana vengono spesse definite come consonanti dentali).

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LINGUISTICA LCM 2013

Postalveolare: la lamina della lingua si avvicina alla zona compresa fra gli alveoli ed il palato come sc di scienza, j di fr. Je, c di cena, g di gennaio.

Postalveolare retroflessa: la restrizione avviene nella medesima posizione, ma in questo caso la corona della lingua rivolta allindietro come nelle parole siciliane beddu (bello), trenu.

Palatale: il predorso della lingua crea una costrizione innalzandosi verso il palato come nella gl di figlio e nella gn di gnomo

Velare: il dorso della lingua si alza verso il palato molle (o velo palatino) come nella c di cane, g di gatto.

Uvulare: Il postdorso della lingua si sposta verso lugola come nella r del francese.

Glottidale: si produce unocclusione attraverso una forte chiusura delle pliche vocali come nel Ted. ein uno, Herr.

Sono detti coronali tutti i foni che si articolano con la corona della lingua (dentali, alveolari, postalveolari, retroflesse).

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LINGUISTICA LCM 2013 Vocali Anche per le vocali possibile individuare un punto in cui avviene una restrizione, sebbene sia molto marginale rispetto a quella osservabile nelle consonanti. Tale restrizione si verifica fra il dorso della lingua ed il palato duro. Le differenze di timbro fra le vocali sono quindi dovute alla posizione del dorso nel canale orale. Tale posizione pu essere definita lungo gli assi orizzontale (posizione anteriore centrale posteriore) e verticale (posizione alta media bassa). Per convenzione, si intende per anteriore larticolazione pi vicina alle labbra, mentre posteriore larticolazione pi vicina allugola. Combinando tali parametri possibile individuare le seguenti combinazioni possibili: - alta anteriore: i - alta posteriore: u - media anteriore: e - media posteriore: o - bassa centrale: a Molte altre combinazioni sono possibili (torneremo su queste), ma non sono esemplificabili con il sistema vocalico dellitaliano. A riposo, la lingua occupa una posizione media, centrale, cfr. Fig. 3. Muovendosi, il dorso della lingua si muove allinterno di uno spazio a forma di trapezio detto appunto trapezio vocalico la cui forma asimmetrica dovuta al fatto che la parte anteriore della lingua pi libera di muoversi di quella posteriore, che incernierata alla radice.

Fig. 3
Posizione della lingua a riposo (il punto rosso indica la posizione del dorso)

Fig. 4
trapezio vocalico (area dei possibili movimenti del dorso)

Inoltre, la posizione della lingua allinterno della cavit orale dipende anche dalla posizione della sua radice, ovvero dalla sezione di muscolo incernierata sul pavimento della bocca. Tale radice in grado di spostarsi longitudinalmente in avanti o allindietro. In particolare, il movimento in avanti della radice della lingua fa assumere al muscolo una configurazione anatomica detta tesa (vs rilassata) che fondamentale nel determinare la distinzione fra le vocali medie aperte (o mediobasse) come la di pesca (il frutto) e la di botte (plurale di botta) dalle medie chiuse (o medioalte) come la di pesca (presente del verbo pescare) e la o di botte (contenitore per il vino). Tale distinzione infatti dovuta allavanzamento della radice della lingua (articolazione tesa), che si riflette in un lieve innalzamento del dorso:

Fig. 5
Articolazione tesa

Le vocali tese dellitaliano sono le due vocali alte (i, u) e le due medioalte, mentre tutte le altre vocali sono rilassate. In alternativa alla terminologia teso/rilassato si pu ricorrere allacronimo ATR che sta per Advanced Tongue Root (Radice della lingua avanzata): i foni tesi sono +ATR, quelli rilassati sono ATR. Nellarticolazione delle vocali giocano un ruolo primario anche le labbra, che possono essere sia nella posizione rilassata che protuse in avanti. Tale protusione prende il nome di 30

LINGUISTICA LCM 2013 arrotondamento. Le vocali arrotondate sono solitamente quelle posteriori (o, u), ma, come vedremo, ci sono lingue in cui non c coincidenza fra articolazione posteriore e arrotondamento. Ricapitolando Incrociando i parametri relativi a modo di articolazione, punto di articolazione e stato della glottide possibile ottenere una carta di identit di ogni fono, che ne specifichi in modo non ambiguo le caratteristiche fono-articolatorie. Dora in poi, per riferirci ai foni delle lingue saremo tenuti a specificare i parametri seguenti. Per le consonanti: - Modo di articolazione: Occlusiva, Affricata, Fricativa, Laterale, Nasale, Vibrante, Vocale; - Punto di articolazione: Bilabiale, Labiodentale, Dentale, Alveolare, Postalveolare, Palatale, Velare, Uvulare, (Faringale), Glottidale; - Stato della glottide: Sordo, Sonoro. Per le vocali: - Posizione del dorso: alto/medio/basso, centrale/posteriore/anteriore; - Posizione della radice della lingua: teso/rilassato (o ATR); - Posizione delle labbra: arrotondato/non-arrotondato. Lalfabeto IPA Spesso le grafie sono ambigue: lo stesso simbolo rappresenta suoni diversi, come nel caso della c di cane (occlusiva velare sorda) e della c di cena (affricata alveolare sorda) oppure un singolo fono rappresentato da pi simboli, come la sc si scena, la gli di aglio, la ch di chiesa. Per ovviare a questo problema ed evitare fastidiose ambiguit si preferisce utilizzare un alfabeto fonetico come quello ideato dalla International Phonetic Association (IPA). Le tabelle seguenti mostrano tutti i simboli impiegati per rappresentare i foni di tutte le lingue sino ad ora conosciute. La struttura dello schema, che trovate in appendice alla dispensa, il seguente: tabella delle consonanti egressive tabella dei click tabella delle vocali tabella dei diacritici
(segni aggiuntivi usati per fornire indicazioni aggiuntive)

Consonanti La tabella seguente rappresenta tutte le combinazioni di modo e luogo di articolazione viste in precedenza. In alto vengono rappresentati i punti di articolazione (bilabiale, labio-dentale, ecc.) e in verticale i modi di articolazione (nasale, plosive = occlusivo, trill = vibrante, ecc.; alcuni luoghi e modi di articolazione non sono stati trattati nelle sezioni precedenti). Ogni cella quindi caratterizzabile attraverso due parametri: modo e punto di articolazione. Alcune celle sono grigie: tali combinazioni sono articolatoriamente impossibili (non possibile, ad esempio, pronunciare una bilabiale laterale). Le celle bianche, invece, rappresentano articolazioni possibili, ma alcune celle sono vuote perch non sono state (ancora) trovate attestazioni di consonanti di quel tipo.

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LINGUISTICA LCM 2013

I simboli presenti allinterno di una cella sono quelli utilizzati per individuare univocamente una determinata conformazione articolatoria. Ad esempio, limitandoci alla riga delle consonanti nasali, si pu osservare come lalfabeto IPA presenti molte pi distinzioni di quelle di cui siamo solitamente consci e che vengono rappresentate nellortografia dellitaliano. Ad esempio, lortografia IPA ci consente di distinguere la nasale di una parola come cane da quella di una parola come piango. I due foni, infatti, sono articolatoriamente distinguibili: nel primo caso, la lingua tocca gli alveoli (avremo quindi una nasale alveolare [n]), mentre nel secondo caso lostruzione molto pi posteriore (e difficile da percepire) essendo situata allaltezza del velo palatino (avremo quindi una nasale velare []). Alcune celle presentano due foni: si tratta delle consonanti ostruenti, che quindi possono essere o sorde o sonore. Convenzionalmente, il simbolo a sinistra rappresenta la consonante sorda, quello a destra quella sonora. Ad esempio, nella cella delle fricative labiodentali si trova il simbolo [f] che rappresenta la consonante sorda f di foce e [v] che rappresenta la consonante sonora v di voce. In questo caso siamo stati fortunati perch il simbolo fonetico coincide con il simbolo ortografico, ma non sempre cos. Dora in poi, i simboli fonetici andranno sempre posti fra parentesi quadre. Affricate Nella tabella precedente mancano dei simboli per le consonanti affricate che, essendo dei foni complessi formati da una fase occlusiva seguita da un rilascio fricativo, vengono segnalati combinando due simboli IPA, uno corrispondente ad un fono occlusivo, laltro corrispondente ad un suono fricativo. Le affricate dellitaliano sono quattro: due alveolari e due postalveolari. Da un punto di vista dei simboli, la differenza viene rappresentata solamente sul secondo simbolo, che nel primo caso corrisponde a quello di una fricativa alveolare, mentre nel secondo corrisponde ad una fricativa post-alveolare. Per entrambi i luoghi di articolazione, esiste una variante sorda e una sonora: i due simboli che rappresentano laffricata devono essere pertanto o entrambi sordi o entrambi sonori. La seguente tabella rappresenta i simboli da utilizzare, mentre sotto sono riportate alcuni esempi: Sorda [ts] [t] Sonora [dz] [d] 32

Alveolare Post-alveolare

LINGUISTICA LCM 2013 (20) [ts] [dz] [t] [d] = razza (= insieme di individui dotati di caratteristiche simili) = razza (= pesce) = cena = giorno

Si noti che, mentre il contrasto [t] ~ [d] molto evidente in italiano, quello fra [ts] e [dz] molto meno chiaro perch le due varianti [ts]/[dz] sono solitamente utilizzate da persone diverse, ma non servono per distinguere parole con significati diversi (torneremo ampiamente su questo punto nel prossimo capitolo). Quindi, ad esempio, un parlante settentrionale preferir la pronuncia sonora ([dz]io, [dz]ucchero) mentre un parlante centro-meridionale tender a preferire la variante sorda [ts]io, [ts]ucchero. Vocali La tabella delle vocali fatta a forma di trapezio poich intende riprodurre la posizione assunta dal dorso della lingua nella cavit orale (il cd. trapezio vocalico, vedi sopra). I punti rappresentano quindi le diverse posizioni del dorso secondo gli assi orizzontale (anteriore, centrale, posteriore) e verticale (basso, medio, alto).

In corrispondenza di ogni punto ci sono due simboli: quello di sinistra rappresenta la variante non arrotondata, mentre quello di destra rappresenta quella arrotondata. Nellalfabeto IPA non si fa differenza fra vocali tese e rilassate, ma bene ricordare che la distinzione fra medio-alte e medio-basse frutto di un movimento condizionato dalla tensione della lingua dovuta allo spostamento della sua radice. Lo schema seguente fornisce la rappresentazione del sistema eptavocalico dellitaliano (= a sette vocali): i e a u o ATR +ATR

In italiano si riconoscono quindi - due vocali alte: una anteriore non arrotondata [i] e una posteriore arrotondata [u]; - due vocali medie tese: una anteriore non arrotondata (la [e] di pesca, v. del verbo pescare) e una posteriore arrotondata (la [o] di botte, contenitore per il vino); 33

LINGUISTICA LCM 2013 due vocali medie rilassate: una anteriore non arrotondata (la [] di pesca, frutto) e una posteriore arrotondata (la [] di botte, pl. di botta); una centrale bassa non arrotondata [a].

Semivocali Proviamo a soffermarci sulla pronuncia del primo segmento delle seguenti parole: ieri e isola. Se si presta attenzione al modo di articolazione e al conseguente esito acustico, si noter che la i di ieri presenta un grado di ostruzione maggiore della i di isola e, di conseguenza, presenta un suono meno trasparente, pi perturbato. Ci accade ogni volta in cui una vocale alta come i ed u soggiace a due condizioni: a) precede unaltra vocale; b) non accentata. In tale contesto, la vocale alta viene realizzata come un suono che ha caratteristiche ibride a met strada fra le vocali e le consonanti. Chiameremo tali suoni semivocali o semiconsonanti o approssimanti o glide. Date le finalit di questa introduzione, tali termini verranno considerati tutti come sinonimi. Le semivocali hanno nellalfabeto IPA dei simboli appositi: la semivocale corrispondente a i resa con il simbolo [j], mentre la semivocale corrispondente a u resa con il simbolo [w]. Quindi la trascrizione di parole come uovo, piango, ieri, cuoco, quadro sar ['wvo], ['pjago], ['jri], ['kwko], ['kwadro]. Torneremo sullo statuto delle semivocali una volta introdotto il concetto di sillaba. Per chi fosse interessato ad approfondire i temi trattati in questo capitolo, consiglio la lettura di due manuali: L. Canepari 1979. Introduzione alla fonetica, Torino, Einaudi e A. Mioni, Elementi di fonetica, Padova, Unipress.

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LINGUISTICA LCM 2013

IV. La sillaba
Fonotassi Le parole sono formate da sequenze pi o meno regolari di consonanti e vocali (dora in poi, C e V). Alcune lingue, come il giapponese, ammettono solamente sequenze CV (Consonante+Vocale). Viceversa, in italiano sequenze formate da due o tre consonanti, per es. CCCV, sono normalmente ammesse, es. strano. Lo studio di queste sequenze di consonanti pone degli interrogativi che meritano una risposta. Prendiamo ad esempio una sequenza formata dalle consonanti [t] e [r]. In italiano, ci sono parole che presentano la sequenza [tr] ad inizio parola, mentre nessuna parola inizia con la sequenza inversa [rt] (negli schemi seguenti, il simbolo # sta ad indicare il confine di parola): (21) a. #tr b. * #rt tre, tra, trucco, ecc.

Si potrebbe quindi concludere che la sequenza rt, per qualche oscuro motivo, sia impossibile in italiano. Eppure questo non corrisponde alla realt, perch se ci soffermiamo sui nessi consonantici allinterno di parola, le sequenze [rt] sono piuttosto frequenti: arte, irto, urto, corto, ecc. Perch rt non ammesso ad inizio di parola, mentre possibile in mezzo alla parola? Cosa avviene in parole come arte, irto, urto, corto, ecc. che rende ammissibile tale sequenza? I lettori pi attenti avranno intuito che la risposta ha a che fare con il concetto si sillaba: le sequenze [rt] sono infatti impossibili allinterno della stessa sillaba (come nel caso in cui la sequenza occorra ad inizio di parola), mentre allinterno della parola la sequenza tollerata perch i segmenti [r] e [t] appartengono a sillabe diverse, cfr. ar.te, ir.to, ur.to, cor.to, ecc. Scala di sonorit (= intensit) A parit di emissione daria, alcuni suoni sono pi intensi di altri poich pi intense sono le vibrazioni prodotte . I suoni pi intensi sono quelli che presentano una minore ostruzione del canale orale (le vocali), mentre quelli meno intensi sono quelli che presentano una totale restrizione del condotto (consonanti occlusive). Le altri classi di foni si dispongono nel mezzo secondo una scala di intensit intrinseca: vocali - approssimanti - sonoranti (vibranti, laterali, nasali) - fricative - affricate - occlusive +intenso -intenso

I foni si dispongono in successione secondo questa scala, formando dei picchi di intensit. Ad esempio, se provassimo a rappresentare secondo questa scala lintensit intrinseca dei foni che compongono la parola punteruolo otterremmo lo schema seguente: [p] vocale approssimante liquida fricativa affricata occlusiva [u] [n] [t] [e] [r] [w] [] [l] [o]

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LINGUISTICA LCM 2013 I picchi di intensit che corrispondono alle vocali sono detti nuclei sillabici. I foni che si organizzano attorno al medesimo nucleo formano la sillaba. Chiameremo attacco di sillaba i foni che precedono il nucleo e coda i foni che seguono il nucleo. Rappresentazione Per rappresentare le sillabe, useremo uno schema che renda conto dei rapporti gerarchici che intercorrono fra le varie componenti della sillaba. Studi approfonditi hanno infatti dimostrato come le sillabe non siano solamente delle sequenze lineari di suoni, ma siano dotate di una articolata struttura interna. Quindi, una sillaba non data dalla semplice sequenza di attacco-nucleo-coda, ma deve essere rappresentata come un albero rovesciato in cui il nucleo e la coda formano un costituente autonomo (detto rima), che a sua volta si unisce con lattacco/onset: (22)

R(ima)

O(nset)

N(ucleo)

C(oda)

In italiano, il nucleo della sillaba sempre una vocale, ma ci sono lingue in cui anche i foni sonoranti sono ammessi in tale posizione: (23)

V(ocale) Come dicevamo, il nucleo pu essere preceduto da un attacco/onset, che pu essere formato da una o pi consonanti. Nel secondo caso, parleremo di onset complesso come nella sillaba iniziale della parola strada: (24)

(C)

[str]

[a]

La coda della sillaba soggetta a restrizioni (vedi sotto). In italiano, ad esempio mentre lonset pu essere complesso e formato da qualsiasi tipo di consonante, la coda sillabica deve essere semplice e pu essere formata esclusivamente da consonanti sonoranti come nel caso della prima sillaba della parola alba oppure da una consonante doppia (vedi sotto): 36

LINGUISTICA LCM 2013

(25)

(O)

[a]

[l]

Le sillabe dotate di coda sono dette chiuse (o implicate), mentre le altre sono dette aperte (o non implicate). Condizioni sullattacco sillabico La distribuzione dei foni nellattacco sillabico regolato dalla scala di sonorit (vedi sopra): lattacco solitamente composto da foni con intensit crescente. Sulla base di questo principio possiamo quindi prevedere quali attacchi saranno ben formati da quelli che invece non lo sono: (26) a. ostruente > sonorante ostruente > glide sonor ante > glide

b. * sonorante > ostruente * glide > ostruente * glide > sonorante Questo spiega uno dei punti da cui eravamo partiti: perch, allinterno della stessa sillaba, possiamo avere tr, ma non rt. Si noti che tale principio non valido solamente per litaliano, ma vige in ogni lingua del mondo, sebbene si registrino anche violazioni eccezionali della scala di intensit (ne parleremo pi avanti). Allinterno degli onset possibili si riconoscono inoltre delle gerarchie preferenziali. Infatti, ci sono certe strutture sillabiche che sono a) pi frequenti nelle lingue del mondo, b) vengono acquisite prima dai bambini e c) si trovano anche nelle produzioni di soggetti con patologie del linguaggio. La struttura sillabica pi comune quella con onset semplice (Consonante-Vocale), seguita dalla sillaba senza onset (V), mentre le sillabe di tipo CCV e CVC sono quelle pi marcate. Inoltre, sulla base degli stessi dati possibile fare delle generalizzazioni sul tipo di foni preferibilmente utilizzati nellattacco: infatti, risultano meno marcate (e, quindi, favorite) le sillabe in cui c un ampio e netto divario di sonorit fra lattacco ed il nucleo. Questo coerente con il fatto che i neonati imparano per prime le sillabe formate da una consonante occlusiva seguita dalla vocale aperta, es [ka], [pa], [ta]. Condizioni sulla coda sillabica Come gi detto, le restrizioni sulla distribuzione dei foni sono molto pi elevate in coda che in attacco. Molte lingue non ammettono code sillabiche mentre altre, come litaliano, ammettono solamente code semplici, cio formate da un solo fono. Da un punto di vista qualitativo, inoltre, utile notare come la situazione in coda sia speculare a quella in attacco: se in attacco si preferiscono salti drastici di sonorit, in coda la preferenza per 37

LINGUISTICA LCM 2013 una diminuzione graduale della sonorit. Dopo il nucleo si trovano infatti pi facilmente consonanti sonoranti anzich ostruenti, che in italiano sono infatti non ammesse in tale posizione. Condizioni sul confine sillabico Il confine di sillaba si pone nei punti in cui la sonorit minima, quindi nei picchi negativi posti fra una discesa e una salita dellintensit. I foni corrispondenti ai picchi negativi vengono sempre assegnati alla sillaba successiva, secondo il cosiddetto Principio di massimizzazione dellonset. Ad esempio, in punteruolo i picchi negativi sono in corrispondenza dei foni [t], [r] e [l] e secondo il principio di massimizzazione tali foni sono lattacco di una nuova sillaba. Gli esempi seguenti illustrano i confini di sillaba, segnalati con un punto, secondo il principio di massimizzazione dellonset: (27) a. * art.e ar.te b. * colt.o col.to c. * port.o por.to Iati e dittonghi Sequenze di due vocali possono trovarsi in relazione di iato o dittongo. Nel primo caso, le due vocali sono nuclei di sillabe diverse come nella parola aereo: (28)

N []

[a]

[r]

[e]

[o]

Le vocali alte (i e u) hanno un comportamento diverso. Infatti, esse non possono occupare il nucleo della sillaba quando sussistono le seguenti condizioni: a) sono adiacenti ad unaltra vocale; b) non sono accentate. Nel caso in cui i/u atone precedano unaltra vocale, tali suoni occupano la posizione di onset e, di conseguenza, vengono realizzati come dei suoni approssimanti come nelle parole ieri, piede, uomo, vuoto, ecc. (29)

N []

[j]

[r]

[i]

Nel caso in cui i/u atone seguano unaltra vocale, tali suoni formano, assieme alla vocale precedente, un nucleo complesso, formato da due segmenti come nel caso delle parole mai, rauco, ecc. (il diacritico [ ] indica che la seconda vocale non costituisce il nucleo della sillaba, ma appoggiata al nucleo vero e proprio; le vocali di questo tipo si chiamano vocali non sillabiche). (30) 38

LINGUISTICA LCM 2013

O [m]

N [ai]

Nel caso invece le condizioni a) o b) non sussistano, i/u sono vocali sillabiche a tutti gli effetti, come nel caso di parole come zo. Lo schema seguente illustra il diverso trattamento di i nelle due parole zio ed egzio: nella prima i costituisce il nucleo della sillaba poich accentata, mentre nella seconda parole sussistono entrambe le condizioni a) e b) e, pertanto, i viene pronunciata come una semivocale: (31)

[dz]

[i]

[o]

[e]

[] [i]

[tsj] [o]

Le sequenze vocale + vocale non sillabica sono dette dittonghi. Secondo una terminologia un po pi tradizionale, anche le sequenze semivocale + vocale sono dei dittonghi: per distinguerli dagli altri si far allora una distinzione fra dittonghi ascendenti (semivocale + vocale) e dittonghi discendenti (vocale + vocale non sillabica). Lunghezza vocalica Molte lingue presentano vocali lunghe. In latino, la presenza di una vocale lunga o di una breve condizionava il significato delle parole, cfr. PLUM pelo vs PLUM giavellotto ( la radice dellit. pilone). Nellalfabeto IPA, lallungamento di una vocale si segna mediante il diacritico [:] posto dopo il simbolo della vocale, quindi [pi:lum] vs [pilum]. Anche litaliano presenta delle vocali lunghe, sebbene siano difficilmente percepibili a orecchio. Sono lunghe tutte le vocali che si trovano in sillaba aperta (senza coda), accentata e non finale. Ad esempio, casa presenta una a lunga e una a breve e andr quindi trascritta cos: [ka:za]. Per quanto riguarda la loro rappresentazione sillabica, immaginiamo che le catene di foni che formano il parlato siano segmentabili in unit temporali minime, rappresentate attraverso una serie di X. Come si vede nello schema seguente, i foni lunghi sono associati con due unit temporali: (32) X X X X X X X X X X X X

[v]

[a]

[d]

[o]

[a]

[k]

[a]

[z]

[a]

Le sillabe con vocali lunghe e le sillabe chiuse formano la classe delle sillabe pesanti, mentre le altre sillabe (quelle aperte con vocali brevi) sono dette leggere. Possiamo quindi concludere che le sillabe accentate non finali dellitaliano sono sempre pesanti. La differenza fra sillabe leggere e pesanti fondamentale nella metrica latina. Consonanti geminate 39

LINGUISTICA LCM 2013 Anche le consonanti, come le vocali, possono essere lunghe (pi tecnicamente: geminate). Come per le vocali, lallungamento delle consonanti si ottiene associando un suono con due unit temporali: ununit temporale occupa la posizione della coda della sillaba precedente, mentre la seconda unit temporale occupa lonset della sillaba successiva. Lo schema seguente rappresenta la struttura sillabica della parola otto: (33) R N C O N

X []

[t]

[o]

Nellalfabeto IPA lallungamento consonantico pu essere segnalato o attraverso il diacritico [:] o raddoppiando il fono geminato: [t:o] oppure [tto]. Consiglio di utilizzare la seconda grafia perch render pi facile segnalare il confine di sillaba, che, come abbiamo visto, posto fra le due unit del segmento raddoppiato: [t.to]. In italiano, alcune consonanti sono intrinsecamente lunghe (in contesto intervocalico): tali foni [ts, dz, , , ] dovranno quindi essere rappresentati sempre con simboli doppi o mediante il diacritico [:] I nessi sC Abbiamo visto che la struttura sillabica risulta dallapplicazione di due principi fondamentali: - gli onset complessi devono avere sonorit crescente; - bisogna massimizzare lonset e non la coda. Il primo principio trova per dei controesempi nelle parole italiane strada, spugna, schifo, sdentato in cui un suono fricativo [s/z] precede unocclusiva. Ad inizio di parola, le sequenze sC rappresentano unincontrovertibile violazione della scala di sonorit. Dobbiamo quindi concludere che, in questo e solo in questo caso specifico, litaliano ammetta una deroga a tale principio. Si noti che tale deroga non invece ammessa in altre lingue romanze, si confrontino le forme seguenti: (34) italiano spagnolo stella stare spagnolo espaol estrella estar

Come si pu vedere negli esempi spagnoli, mentre litaliano ammette nessi sC ad inizio di parola, lo spagnolo non li consente e, per evitare la violazione della scala di sonorit, inserisce una vocale iniziale non-etimologica con funzione di appoggio sillabico (tale vocale detta v. prostetica, il fenomeno si definisce prostesi). Litaliano non ricorre allinserzione di una vocale prostetica, tuttavia ci sono buoni indizi per poter affermare che [s/z] si sillabifichi in coda alla sillaba precedente ogni volta che pu: in pratica, ogni volta che lonset complesso sC preceduto da una vocale, la struttura sillabica Vs.C anzich *V.sC. Una prima prova data dalla forma dellarticolo: davanti a nessi consonantici la forma 40

LINGUISTICA LCM 2013 dellarticolo infatti il (il prodotto, il classificatore, il trono, ecc.), ma quando la parola inizia per sC la forma selezionata lo (lo scaricatore, lo spazzino, lo sdentato, ecc.). La selezione dellallomorfo lo si spiega con il fatto che tale forma, a differenza di il, fornisce un nucleo sillabico che consente di sillabificare il nesso sC senza violare la scala di sonorit. Passiamo ora ad analizzare la condizione dei nessi sC allinterno di parola, come in pasqua, testa, fischio, foschia, ecc. Ci sono due ipotesi possibili. La prima che la sillabazione allinterno di parola provochi una violazione della scala di sonorit, ovvero: pa.squa, te.sta, fi.schio, fo.schi.a (per inciso, questa la sillabazione ortografica solitamente impiegata in italiano). In alternativa, possiamo supporre che allinterno di parola le condizioni di sillabazione siano diverse da quelle ad inizio di parola poich nel primo caso la sibilante [s/z] preceduta da un nucleo sillabico con cui si pu sillabificare, ovvero: pas.qua, tes.ta, fis.chio, fos.chi.a. Ci sono diverse prove per sostenere che lipotesi corretta sia la seconda. In primo luogo, osservando la lunghezza della vocale che precede [s/z] si pu notare (con strumenti appropriati) che questa breve, se accentata: [paskwa] e non *[pa:skwa], [tsta] e non *[t:sta], ecc. Ricordiamo che le vocali sono lunghe se in sillaba aperta, tonica e non finale. Quindi, se la sillabazione fosse V.sC, la V dovrebbe essere lunga in quanto si trova in una sillaba aperta. Il fatto che la vocale precedente sia breve ci dice al contrario che la sillaba deve essere chiusa e che quindi la struttura sillabica corretta Vs.C. Una seconda prova che [s/z] si sillabifichi in coda viene dalla storia del sistema vocalico italiano, che presenta una regola diacronica di dittongamento (= formazione di un dittongo) a partire dalle vocali ed del latino in sillaba aperta: per es. PDEM > piede; HMO > uomo. Tale dittongazione non per attestata prima di un nesso sC: [ste], non *[wste]; [tsta], non [tjsta]. Ci si spiega facilmente se si assume la struttura sillabica Vs.C, dove la sibilante chiude la sillaba precedente impendendo la formazione del dittongo. La struttura della sillaba nella trascrizione fonetica Una volta introdotti alcuni concetti-chiave inerenti la struttura sillabica, possiamo ora tornare brevemente su questioni relative alla trascrizione fonetica, visto che la distribuzione di certi simboli e diacritici dellIPA sensibile alla struttura sillabica. Alcuni di questi aspetti sono gi stati anticipati nelle sezioni precedenti, ma per comodit li riporto anche qui. Confine sillabico: si segna mediante un punto, es. ['kar.ta]. Nel caso di consonanti geminate, il confine sillabico si pone fra i due simboli delle geminate, per es. ['fr.ro]. Nelle affricate, la geminazione si segna raddoppiando solamente il primo simbolo, per es. ['pit.tsa]. Per le vocali, invece, si pu usare il diacritico che indica allungamento, per es. ['so:le]. Accento: laccento una propriet della sillaba e non della singola vocale. Per questo motivo, la trascrizione dellaccento dovr avvenire solo dopo aver effettuato la divisione in sillabe. Il diacritico dellaccento ['] va posto prima della sillaba accentata (tonica), per es. (35) a. b. ['a.ko.ra] ncora [a.'ko.ra] ancra

Vocali e semivocali: abbiamo visto in precedenza che le caratteristiche articolatorie ed acustiche di i e u cambiano in funzione della posizione nella sillaba. Possiamo riscontrare tre casi possibili: a. i e u sono accentate oppure sono nuclei sillabici (cio non sono vicini a delle vocali): in questo caso sono delle vere e proprie vocali e come tali vengono trascritte: ['tipo], ['urto] b. i e u non sono nuclei sillabici e precedono un nucleo sillabico (= una vocale): in questo caso hanno una realizzazione approssimante perch occupano la posizione di onset: ['jri], ['wmo]. 41

LINGUISTICA LCM 2013 c. i e u non sono nuclei sillabici e seguono un nucleo sillabico (= una vocale): in questo caso non sono n vocali n consonanti approssimanti e perci vanno notate come delle vocali desillabificate, ovvero delle vocali che non costituiscono nucleo sillabico. La desillabificazione si segnala apponendo il diacritico [ ] sotto il simbolo IPA della vocale, per. es. ['mai], ['kauza]. Appendice: decalogo per una buona trascrizione fonetica i. non iniziate subito a trascrivere, ma per prima cosa cercate di individuare il numero dei foni che costituiscono la parola, la posizione dellaccento, la presenza di fenomeni problematici (p.es dittonghi, nessi nasale+C, ecc.) ii. la trascrizione non una traslitterazione: non fate affidamento sullalfabeto dellitaliano. In particolare, fate attenzione alla presenza del grafema i, che in alcuni casi segnala solamente una pronuncia palatale della consonante precedente, ma non corrisponde a nessun suono, per es. ciao [a:o] iii. Scrivete la trascrizione fra parentesi quadre. iv. Non usate simboli maiuscoli o corsivi: nellIPA potrebbero avere un valore diverso dai corrispondenti in stampatello. v. Prima di scegliere il simbolo IPA, fate lanalisi articolatoria del fono in questione (modo, punto di articolazione, stato delle corde vocali, posizione della lingua, ecc.). Il 99% degli errori non deriva dalla scelta del simbolo sbagliato, ma da unanalisi sbagliata. vi. Ricordate sempre di segnalare la posizione dellaccento ponendo un apice ['] prima della sillaba tonica. vii. Una volta finito, lasciate passare un po di tempo e provate a leggere la trascrizione come se si trattasse di una parola di una lingua sconosciuta. A queste raccomandazioni se ne devono aggiungere altre, utili per la trascrizione dellitaliano. Alcune di queste verranno riprese ed approfondite nel prossimo capitolo: viii. Quando una nasale precede una consonante, ne acquisisce il punto di articolazione. ix. i e u non sono vocali sillabiche quando a) non sono accentate e b) sono adiacenti ad una vocale. Se precedono la vocale, allora sono delle consonanti approssimanti, se invece la seguono sono delle vocali non sillabiche. x. La differenza fra vocali medio-alte e medio-basse c solo in sillaba tonica (=accentata).

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V. Fonologia
Fonema, allfoni La fonetica registra ogni minimo dettaglio in particolare articolatorio relativo alla pronuncia di un fono. Spesso queste minimi dettagli hanno degli effetti notevoli sulla nostra comunicazione: unarticolazione alveolare differisce per pochi millimetri da unarticolazione post -alveolare, eppure la differenza di significato fra ['ena] e ['sena] notevole. Tuttavia, non tutte le differenze fonetiche sono significative. Ad esempio, la differenza fra una vibrante alveolare e una vibrante uvulare (la r moscia = [R]) non implica mai alcun cambiamento di significato. Quindi, malgrado la distanza fra [r] e [R] sia maggiore di quella fra [] e [s], nel primo caso non si verifica mai alcuna differenza di significato. Pi tecnicamente, si dice che la distinzione [r]~[R] in italiano non distintiva, ovvero non determina alcun cambiamento nellinterpretazione della parola. Al contrario, lopposizione [s]~[] distintiva perch cambia il significato della parola. Per cercare di capire perch ci accada abbiamo bisogno di un livello di analisi pi astratto, che non prenda in considerazione solamente le caratteristiche acustico-articolatorie dei suoni, ma che ne studi il valore distintivo, ovvero la capacit di discriminare fra parole diverse. Questo piano di analisi quello della fonologia. In altri termini, la fonologia non studia i suoni da un punto di vista fono-articolatorio, ma ne studia il valore allinterno di un particolare sistema linguistico. In italiano [s]~[] hanno valori diversi e, per questo motivo, diremo che corrispondono a due diversi fonemi: /s/ e //. Viceversa, [r] e [R] hanno lo stesso valore e per questo si dice che sono due realizzazioni leggermente diverse (due allfoni) dello stesso fonema /r/. Il fonema quindi una classe di foni che non hanno valore distintivo in una data lingua (ma potrebbero averlo in altre lingue). Il modo migliore per capire se due foni sono allofoni o meno la prova di commutazione. Se sostituendo un fono con un altro il significato della parola cambia o si perde, allora i due foni appartengono a fonemi distinti. Se invece la parola non cambia di significato, allora i due foni sono allofoni, sono cio varianti fonetiche dello stesso fonema. Due parole che differiscono per un solo fonema formano una coppia minima, p.es. ['kal:o]~['gal:o], ['foe]~['voe], ['marko]~['martso], ['bujo]~['bajo], ecc. Non tutti i casi di allofonia sono dovuti a caratteristiche fono-articolatorie peculiari di singoli soggetti, come nel caso ella r moscia. Molto spesso, infatti, le variazioni allofoniche sono sistematiche. Ad esempio, in italiano, [s]~[z] possono essere utilizzati nello stesso contesto senza che ne derivi alcun cambiamento di significato, p.es. ['kasa] vs ['kaza]. La distinzione fra [s] e [z] infatti imputabile solamente a differenti pronunce regionali. Per questo motivo possiamo concludere che [s] e [z] sono allofoni del medesimo fonema /s/: [s] (36) /s/ [z] Tuttavia, la scelta fra [s] e [z] non casuale, ma regolare. La distribuzione degli allofoni pu infatti essere espressa mediante una regola fonologica. Le regole fonologiche hanno il seguente formato: dato un input X ad esempio un fonema tale input viene trasformato in un output Y nel contesto Z. (37) X Y / Z Nel definire il contesto si usa la seguente notazione: 43

LINGUISTICA LCM 2013 (38) X Y / _Z X Y / Z_ (leggi: X diventa Y prima di Z) (leggi: X diventa Y dopo Z)

Dove Z pu essere un altro fono (ad esempio: _/i/ significa prima di /i/), una classe di foni (C_ significa dopo consonante), un confine di parola # (#_ significa ad inizio di parola) o un confine sillabico $ ($_ significa immediatamente dopo il confine di sillaba). Una volta introdotto il formalismo, vediamo di applicarlo per rendere conto della distribuzione degli allofoni [s/z] nellitaliano settentrionale. In particolare, si tratter di individuare la regola che descrive in quali contesti il fonema /s/ viene realizzato con unarticolazione sonora [z]. Per farlo, possiamo osservare i dati seguenti: (39) a. b. c. ca[z]a, ro[z]a po[z]a, mimo[z]a, Pi[z]a, ri[z]o a[s]ta, fe[s]ta, mo[s]ca, [s]pennare, [s]tella, [s]palla [z]dentato, [z]violinata, [z]bilanciare,

Da questi dati si deduce che la distribuzione dellallofono [z] rispetta due regole poi vedremo che in verit si tratta di ununica regola che determinano la sonorizzazione del fonema /s/ nei seguenti contesti: (40) a. b. /s/ [z] / V_V /s/ [z] / _ [b, v, d, ]

Torneremo ulteriormente su questo punto, cercando di dare una rappresentazione pi elegante del fenomeno. I nessi NC (Nasale + Consonante) Le consonanti nasali [] e [] non sono fonemi dellitaliano, ma esistono come allofoni: la loro distribuzione dipende infatti solamente dal contesto fonetico, ma non sono mai distintivi, ovvero alternando questi foni non mai possibile creare una coppia minima. Per comprendere la distribuzione dei foni nasali dellitaliano, concentriamoci per un momento sulla seguente lista di parola, tutte formate mediante prefissazione con il prefisso in(41) in + possibile in + felice in + sicuro in + capace = i[m]possibile = i[]felice = i[n]sicuro = i[]capace

Lallomorfia del prefisso in- e, pi in generale, la distribuzione dei foni nasali spiegabile mediante un processo di assimilazione. In pratica, il fono nasale assimila (= prende) il punto di articolazione della consonante successiva. Quindi, un fonema nasale quale che sia la sua rappresentazione fonologica viene realizzato mediante - un allofono bilabiale [m] davanti a foni bilabiali come [p, b]; - un allofono labio-dentale [] davanti a foni labiodentali come [f, v]; - un allofono alveolare [n] davanti a consonanti alveolari come [t, d, r, s, ts, dz]; - un allofono velare [] davanti a consonanti alveolari come [k, g]. Per il momento possiamo catturare queste osservazioni mediante quattro regole fonologiche distinte, nellattesa di avere gli strumenti formali necessari per ricondurre tutto ad un singolo processo: (42) /m, n/ [m] /_[p,b] 44

LINGUISTICA LCM 2013 /m, n/ [] /_[f,v] /m, n/ [n] /_[t, d, r, s, ts, dz] /m, n/ [] /_[k, g] Consonanti aspirate dellinglese Passiamo ora ad unalternanza allofonica visibile in inglese e tedesco, che riguarda la realizzazione delle consonanti aspirate. Sappiamo, dalla nostra esperienza di parlanti L2, che alcune consonanti di queste lingue presentano una breve aspirazione. Laspirazione, pur non essendo distintiva, d luogo ad alternanze sistematiche come quelle illustrate qui di seguito: (43) pin ['phn] vs tub ['thb] vs can ['khn] vs spin ['spn] stub ['stb] mozzicone scan ['skn]

Da questi dati si possono trarre le due osservazioni seguenti: laspirazione si verifica solo con alcuni foni (occlusive sorde) e solo quando tale fono ad inizio di parola ed in sillaba tonica. Tradotto in regola, ci diventa: (44) /p, t, k/ [ph, th, kh] / #'_

Occlusive sonore dello spagnolo Lo spagnolo presenta una sottile alternanza relativa alla realizzazione dei fonemi /b, d, g/. Tali fonemi hanno realizzazione occlusiva in posizione iniziale assoluta, per es. ['bino] vino; ['dia] giorno; ['gato] gatto, dopo nasale come in ['ombre]; ['mundo]; ['pogo] metto. Invece, in contesto intervocalico (= fra due vocali), tali fonemi sono realizzati da allofoni fricativi, per es. ['nwee], ['lao] lato, [a'mio]. Come fatto in precedenza, possibile catturare il fenomeno mediante una semplice regola fonologica: (45) /b, d, g/ [, , ] / V_V

Gorgia toscana La gorgia toscana, caratteristica del dialetto e dellitaliano regionale parlato in quella regione, consiste nella resa fricativa delle occlusive sorde in contesto intervocalico. Fra due vocali, le occlusive sorde diventano infatti delle fricative, mantenendo invariato il loro punto di articolazione: (46) Luca [lu:ha] Rita [ri:a] Ape [a:e] La regola quindi la seguente (in pratica, il processo identico a quello precedentemente visto per lo spagnolo, ma qui si applica alle occlusive sorde anzich alle sonore): (47) /p, t, k/ [, , h] / V_V Da notare che la gorgia si applica anche in confine di parola (la cosa [laho:sa]) qualora sussista il contesto adatto. Non si applica invece alle occlusive doppie Luca [lu:ha] ma Lucca [lukka], nemmeno quando queste sono il prodotto di raddoppiamento fono-sintattico, ovvero la geminazione che avviene dopo alcuni monosillabi come la preposizione a: [a kka:sa], ma non *[a hha:sa] 45

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sonorizzazione delle occlusive intervocaliche In spagnolo ed in molte variet italiane settentrionali le occlusive sorde hanno subito un processo diacronico di sonorizzazione in contesto intervocalico. Date quindi le consonanti latine [p, k, t], troviamo in tali variet le corrispondenti sonore [b, d, g]. Ci piuttosto evidente se confrontiamo la forma delle parole venete con le corrispondenti italiane, che non hanno subito sonorizzazione: (48) It. amico fuoco catena ape capello La regola : (49) [p, t, k] > [b, d, g] / V_V In questo caso, ho usato il simbolo > invece della freccia per indicare che il processo diacronico e non sincronico. Spesso, difficile stabilire se una regola produttiva, ovvero sincronicamente attiva, o se si tratta di un processo storico ormai compiuto di cui ci rimangono le tracce fossilizzate nel lessico. Formazione di glide Ora che abbiamo chiara la distinzione fra fono e fonema, torniamo ad un fenomeno che abbiamo gi incontrato nel capitolo precedente: la distribuzione di vocali alte [i, u] e glide [j, w] in italiano. Sappiamo che tali opposizioni non sono distintive: possiamo quindi considerare tali foni allofoni del medesimo fonema. Dato quindi i fonemi /i/, /u/, essi saranno realizzati come vocale quando occupano la posizione di nucleo sillabico, mentre saranno realizzati come glide [j, w] in posizione di attacco. La regola di formazione di glide quindi come segue (in cui $ il confine sillabico): (50) /i, u/ [j, w] / $_V$ La regola di formazione di glide pu non applicarsi in corrispondenza di un confine morfologico. Si consideri ad esempio la forma del prefisso anti- davanti a radici inizianti per vocale come anti-acaro. Le pronunce possibili sono due: una con formazione di glide [an.'tja.ka.ro] e laltra con formazione di iato [an.ti'a.ka.ro] (la seconda si usa ad esempio quando vogliamo scandire bene la struttura della parola). In rari casi la regola non si applica: [dzi.'o.ne], non *['dzjo.ne]; [ri.'o.ne], non *['rjo.ne]. In assenza di confine morfologico, invece, la regola obbligatoria. Regole diacroniche: evoluzione delle V toniche latine Abbiamo visto in precedenza che in latino la lunghezza vocalica era distintiva. Era infatti possibile costruire delle coppie minime che differivano unicamente per la lunghezza di un segmento vocalico. Ecco alcuni esempi: (51) PLUM PTET CLO pelo vs che egli pensi vs coltivo vs PLUM PTET CLO 46 giavellotto puzza filtro ven. amigo fogo ca(d)ena ava caveo

LINGUISTICA LCM 2013 Quindi, il latino aveva una distinzione di lunghezza per ognuno dei cinque timbri per un totale di dieci opposizioni: (52) a. brevi: i a u b. lunghe: i: : a: u: :

Nel corso dellevoluzione verso le lingue romanze, il sistema vocalico latino ha subito cambiamenti piuttosto vistosi e sistematici. Tutte le lingue romanze hanno eliminato le distinzioni fonologiche dovute alla quantit. In alcune lingue romanze, come il sardo, questo ha dato vita ad un sistema pentavocalico che ha mantenuto le originali opposizioni qualitative del latino. Nelle altre lingue romanze, invece, si sono assistiti processi evolutivi che hanno portato a trasformare alcuni degli originali opposizioni quantitative in opposizioni qualitative. Per avere unidea di quanto avvenuto, osserviamo i dati seguenti: (53) /i:/ /i/ /:/ // /:/ // /u/ /u:/ > /i/ > /e/ > /e/ > // > /o/ > // > /o/ > /u/ FILUM > filo PILUM > pelo TELAM > tela SETTE > sette VOCEM > voce OCTO > otto CRUCEM > croce MURUM > muro

I timbri di alcune vocali sono rimasti invariati. In altri casi, si sono verificati degli abbassamenti (/i/ > /e/, /u/ > /o/), in altri degli innalzamenti (/:/ > /e/, /:/ > /o/). Possiamo descrivere il mutamento come segue: le V alte brevi si sono abbassate, le V medie lunghe si sono alzate. La spiegazione pi probabile quella secondo la quale gli originari contrasti di lunghezza hanno dato origine ad opposizioni di tipo teso/rilassato: i foni lunghi del latino sono stati realizzati con unarticolazione tesa, mentre quelli brevi sono stati realizzati come rilassati. In questo modo, il sistema originario stato trasformato come segue (i foni sottolineati sono quelli che hanno subito mutamenti): (54) a. [-ATR]: a b. [+ATR]: i e a: u o

Questa ipotesi rende facilmente conto del passaggio /:/ > /e/, /:/ > /o/, ma ancora manca una spiegazione plausibile per il passaggio /i/ > /e/, /u/ > /o/. Secondo il linguista Andrea Calabrese, la chiave della spiegazione sta nella marcatezza dei fonemi / , /, che sono infatti piuttosto rari nelle lingue del mondo probabilmente a causa di qualche vincolo fono-articolatorio. quindi possibile che, nella transizione latino/italiano i fonemi /, / siano stati sostituiti da fonemi meno marcati quali appunto /e/ ed /o/.

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LINGUISTICA LCM 2013 Tratti fonologici I fonemi sono rappresentabili come degli insiemi di caratteristiche articolatorie come la posizione della lingua allinterno del cavo orale, la vibrazione delle pliche vocali, larrotondamento delle labbra, la posizione del palato molle, ecc. In fonetica, tutti questi parametri hanno valori continui: attraverso i diacritici dellalfabeto IPA possiamo infatti cogliere con molta precisione la posizione ed il comportamento di ogni componente dellapparato fonoarticolatorio. Possiamo, ad esempio, descrivere il punto esatto di articolazione di una consonante alveolare, o specificare se una consonante vibrante poli- o mono-vibrante, oppure segnalare se il palato molle parzialmente abbassato anche nel corso dellarticolazione delle vocali, ecc. Come detto in precedenza, molti di questi particolari sono irrilevanti sul piano della fonologia, in cui queste sottili differenze non sono distintive. Abbiamo quindi bisogno di un sistema di rappresentazione che non sia pi continuo e analogico (= che registri ogni minimo cambiamento in modo fedele), ma discreto e digitale (= che colga le distinzioni rilevanti e le traduca in informazioni chiaramente delineate). Questa operazione svolta dai tratti fonologici. Ogni fonema pu infatti essere visto come la somma di pi caratteristiche articolatorie ideali. Ad esempio, i foni /p/ e /b/ saranno rappresentabili attraverso matrici di tratti come le seguenti (i tratti si segnano fra parentesi quadre): (55) /p/ Consonante: + Occlusiva: + Bilabiale: + Sonora: /b/ Consonante: + Occlusiva: + Bilabiale: + Sonora: +

Per adesso, i tratti scelti sono i medesimi normalmente utilizzati per la classificazione fonetica dei suoni, ma come vedremo fra breve questa prima rappresentazione dovr essere raffinata ulteriormente. Spesso due fonemi ad esempio /p/ e /b/ si distinguono per valori opposti del medesimo tratto, per es. sordo/sonoro. In questi casi si soliti rappresentare il tratto attraverso unopposizione binaria mediante i segni + e -: i foni caratterizzati dal tratto [+sonoro] si oppongono quindi ai fonemi sordi, che saranno caratterizzati dal tratto [-sonoro]. Il vantaggio immediato di una rappresentazione binaria quello di ridurre le etichette dei tratti (in questo caso abbiamo eliminato letichetta [sordo]), ma, come vedremo pi avanti, i vantaggi di un sistema binario non si riducono a questo. Come sempre, infatti, ogni scelta teorica non dipende esclusivamente da quanto essa appaia elegante o economica, ma da quanto questa sia adeguata a spiegare i nostri dati. Si preferisce quindi utilizzare una rappresentazione binaria poich, come vedremo fra breve, i tratti binari riescono ad identificare degli insiemi di suoni con propriet affini. Infatti, i processi fonologici non hanno mai come bersaglio un singolo fonema, ma normalmente interessano classi di elementi (dette classi naturali) che condividono alcune caratteristiche articolatorie e pertanto soggiaciono alle stesse regole. Ad esempio, abbiamo visto in precedenza che le occlusive sorde subiscono compattamente processi diversi in lingue diverse come la gorgia e la sonorizzazione. Adottando un sistema di tratti, riusciamo a mettere subito in evidenza quali siano le caratteristiche comuni a tali classi, che nel caso della gorgia, sono rappresentate nella regola seguente: (56) [occlusiva, sorda] [fricativa, sorda] / V_V In pi, se tali caratteristcihe sono espresse in tratti binari, diventa ancora pi semplice comprendere quale sia la natura del processo. Assumiamo ad esempio che i foni occlusivi si differenzino da tutti gli altri per una sola propriet, cio ch non possono essere mantenuti nel 48

LINGUISTICA LCM 2013 tempo: le occlusive saranno pertanto caratterizzate dal tratto [-continuo], mentre tutti gli altri foni saranno [+continui]. La regola diventa quindi: (57) [continuo, sonoro] [+continuo, sonoro] / [+continuo, +sonoro] _ [+continuo, +sonoro] Questo ci consente di capire immediatamente quali siano le propriet fonologiche oggetto della regola e riescono a catturare, con soli due tratti, il comportamento di unintera classe di fonemi. I tratti che indicano il modo di articolazione Per distinguere le classi fonologiche in base al modo di articolazione (occlusive, fricative, sonoranti, vocali) abbiamo bisogno di tre tratti binari. In fonetica abbiamo visto come queste classi corrispondano a diversi valori di un continuum ideale di apertura/chiusura del canale orale. Si va quindi da un massimo di apertura (vocali) alla chiusura totale (occlusive) passando per stadi intermedi (fricative e sonoranti). In fonologia abbiamo invece bisogno di un insieme di tratti che colgano questa distinzione senza far riferimento ad un continuum, ma identificando delle caratteristiche discrete, rappresentabili attraverso un numero limitato di tratti binari. I tratti impiegati a questo scopo sono i seguenti: (58) [consonantico]: distingue le consonanti dalle vocali; [sonorante]: distingue le consonanti che sono intrinsecamente sonore (vocali e sonoranti) da quelle che invece possono essere anche sorde; [continuo]: distingue i suoni che possono essere prolungati nel tempo. Le classi fonologiche maggiori possono quindi essere individuate sulla base di questi tre tratti: (59) [consonantico] [sonorante] [continuo] vocali + + sonoranti + + + fricative + + occlusive +

Laterali e nasali sono individuate mediante gli omonimi tratti: [laterale], [nasale]. Le vibranti sono contraddistinte dal tratto [+interrotto]. Infine, la differenza fra vocali e semivocali data dal tratto [sillabico]: sono [+sillabiche] le vocali che occorrono nel nucleo della sillaba.

I tratti che indicano il luogo di articolazione [coronale]: sono [+coronali] tutti i fonemi che vengono articolati con la corona della lingua (dentali, alveolari, postalveolari) [alto]: sono tutti i foni la cui articolazione richiede un movimento verso lalto del corpo della lingua (quindi: non della sola corona). [basso]: sono tutti i fonemi che prevedono un movimento del corpo della lingua al di sotto della sua posizione di riposo. [anteriore]: sono [+anteriori] le consonanti bilabiali, dentali e alveolari [posteriore]: sono [+posteriori] tutti i fonemi con articolazione velare o ancora pi posteriore. 49

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anteriore + posteriore

Ecco, per riassumere, la matrice completa dei tratti delle consonanti:

Quella presentata qui la matrice dei tratti adottata da Noam Chomsky e Morris Halle nel libro The sound pattern of English, noto con lacronimo SPE, pubblicato nel 1968. Negli ultimi decenni si sono susseguite molte proposte che hanno modificato linventario dei tratti, cercando in particolare di coniugare due aspetti: a) fornire una serie di distinzioni in grado di rendere conto non solamente dei suoni dellinglese, ma di tutte le lingue del mondo; b) dare definizioni dei tratti sempre pi coerenti con la realt articolatoria in modo che tali tratti siano una rappresentazione quanto pi precisa delle istruzioni senso-motorie che regolano il funzionamento degli articolatri. La rappresentazione delle vocali dellitaliano Le vocali sono fonemi non consonantici, intrinsecamente sonori e continui, quindi i loro tratti comuni sono [consonantico][+sonorante][+continuo]. Altri tratti comuni a tutte le vocali dellitaliano che laria non passa mai per la cavit nasale e che sono necessariamente sonore: quindi, [nasale], [+sonoro] (si noti che il valore + del tratto [sonoro] implicato dal fatto che il fonema [+sonorante]). Fra di loro le vocali si differenziano per quanto concerne la posizione dei seguenti articolatori: - labbra: abbiamo vocali arrotondate (/o, u/) e non (/a, e, i/); - dorso della lingua: abbiamo vocali posteriori (/o, u/) e non (/i, e, a/), abbiamo vocali alte (/i, u/) e non (/e, a, o/), abbiamo vocali basse (/a/) e non (/i, e, o, u/). - radice della lingua: abbiamo vocali tese o rilassate. 50

LINGUISTICA LCM 2013 Come gi visto, queste informazioni sono quindi sufficienti per rendere conto di un sistema eptavocalico (= con 7 vocali) come quello che si ritrova nelle sillabe toniche dellitaliano (quelle atone, invece, presentano un sistema ridotto a 5 vocali in quanto la distinzione teso/rilassato non pertinente in sillaba non accentata, torneremo dopo su questo punto): (60) /i/ [posteriore] [alto] + [basso] [ATR] + [arrotondato] /e/ + / / /a/ + // + + /o/ + + + /u/ + + + +

Processi fonologici espressi in tratti Grazie ai tratti possibile dare una rappresentazione molto pi semplice ed immediata dei processi fonologici visti in precedenza. Lo far qui in modo schematico, riportando per ogni processo prima la regola espressa in fonemi e poi espressa in tratti (il tratto responsabile del mutamento sottolineato): Sonorizzazione della sibilante sorda (61) a. b. /s/ [z] / V_V /s/ [z] / _ [b, v, d, ] +consonantico sonorante +continuo +coronale +anteriore +sonoro

(62) +consonantico sonorante +continuo +coronale +anteriore sonoro

[consonantico] _ [consonantico]

Fricativizzazione delle occlusive sonore (63) /b, d, g/ [, , ] / V_V (64) +consonantico continuo +sonoro Gorgia toscana (65) /p, t, k/ [, , h] / V_V (66) +consonantico continuo sonoro +consonantico +continuo sonoro [consonantico] _ [consonantico] +consonantico +continuo +sonoro [consonantico] _ [consonantico]

Sonorizzazione delle occlusive sorde (67) [p, t, k] > [b, d, g] / V_V 51

LINGUISTICA LCM 2013

(68) +consonantico continuo sonoro Formazione di glide

+consonantico continuo +sonoro

[consonantico] _ [consonantico]

(69) /i, u/ [j, w] / $_V$ (70) [+sillabico] [sillabico] / $_[+sillabico] Assimilazione dei nessi NC: per rendere conto di questo processo dobbiamo ricorrere ad un formalismo diverso (detto notazione ) perch in questo caso non vogliamo cogliere tanto il cambio di un singolo tratto, quanto il fatto che tutti i tratti di luogo della nasale assumono lo stesso valore dei corrispondenti tratti della consonante successiva, indipendentemente dal loro valore. Per ottenere questo risultato dobbiamo introdurre una variabile con due possibili valori (+ o ). Il fatto che la variabile compaia sia nella matrice di tratti della nasale che in quella della consonante seguente garantisce che, quale che sia il valore assegnato alla variabile, tale valore sia identico per entrambi i foni: (71) /m, n/ [m] /_[p,b] /m, n/ [] /_[f,v] /m, n/ [n] /_[t, d, r, s, ts, dz] /m, n/ [] /_[k, g] (72) [+nasale] +nasale coronale anteriore posteriore alto basso +consonantico coronale anteriore posteriore alto basso

Il plurale inglese: il tratto stridulo Nello schema dei tratti di SPE compare un tratto [stridulo] che non immediatamente definibile sulla base di caratteristiche articolatorie. Piuttosto esso fa riferimento ad una propriet acustica che qui non approfondiremo. Il tratto stridulo condiviso da una serie di foni: si tratta di fricative e affricate (post)alveolari come /s, z, , , , /. Tale classe di elementi determina un fenomeno di allomorfia della desinenza -s dellinglese. Dopo C [stridula], la desinenza si assimila in sonorit alla consonante precedente: quindi avremo [-s] dopo C sorda e [-z] dopo C sonora. Invece, dopo una consonante stridula si seleziona lallomorfo [z]: (73) [s]: cats, lips, ranks, months [z]: dogs, news, bells, cans [z]: buses, foxes, bushes, phases (74) /p, t, k, q, (f)/ /b, g, d, r, l, m, n, , j, w/ /s, z, , , , / + [s] + [z] + [z] 52

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La distribuzione dei prefissi quindi la seguente: (75) [z] / [+coronale; +stridulo]_ [z] / [+sonoro]_ [s] / [+sordo]_ Neutralizzazione Fino ad ora abbiamo osservato casi in cui ad un fonema corrispondono pi allofoni. Esiste per unaltra possibilit per cui un contesto fonologico attivo in una data lingua venga disattivato in un particolare contesto della stessa lingua. In tedesco, ad esempio, tutte le consonanti finali sono sorde: (76) a. b. rat ragione rad ruota ['a:t] ['a:t] e non *['a:d]

Tuttavia, possibile che questa caratteristica sia dovuta ad una regola di desonorizzazione, che trasforma in sorde tutte le consonanti finali. Che la consonante finale della parola rad sia fonologicamente sonora si vede infatti chiaramente nella formazione del plurale, dove la distinzione fra /t/ e /d/ chiaramente visibile perch /d/ non si trova pi a fine parola: (77) a. b. rte ragioni rder ruote ['te] ['der]

Ci significa che a fine di parola la distinzione fonologica fra sorde e sonore viene annullata o, pi tecnicamente, neutralizzata: tutte le consonanti, infatti, diventano sorde. Anche i processi di neutralizzazione possono essere rappresentati mediante una regola fonologica. Nel caso specifico abbiamo bisogno di una regola che, data qualsiasi consonante sonora, la trasformi in sorda a fine di parola (il simbolo ## indica il confine di parola, quello # indica il confine di morfema): (78) +consonantico +sonoro +consonantico sonoro / _##

Un altro processo di neutralizzazione di ha nelle V dellitaliano: abbiamo gi visto che la distinzione teso/rilassato visibile solo in sillaba tonica, mentre non possibile costruire alcuna coppia minima che si differenzi per la tensione delle vocali atone. Coarticolazione vs metafonia, armonia vocalica Fino ad ora ci siamo occupati principalmente di processi fonologici che avvengono sulla base del condizionamento di un fono sul fono vicino: - Le C occlusive sorde si sonorizzano fra due V; - Le C occlusive diventano fricative fra due V; - Le N prendono lo stesso punto di articolazione della C successiva; - Ecc. Tutti questi mutamenti prevedono infatti lassimilazione di alcuni tratti fonologici: - Un fono [sonoro] molto breve come una C occlusiva fra due foni [+sonori] molto lunghi come le V tender a diventare anchesso [+sonoro]; - Un fono [continuo] molto breve come una C occlusiva fra due foni [+continui] molto lunghi come le V tender a diventare anchesso [+continuo]; - Un fono [+nasale] tender a prendere larticolazione orale del fono limitrofo; - Ecc. 53

LINGUISTICA LCM 2013 Intuitivamente, questi processi assimilatri hanno una base neuro-fisiologica. Infatti, le articolazioni espresse dai tratti binari sono in realt il prodotto del movimento di articolatori mobili che impiegano un certo tempo ed un certo sforzo per produrre leffetto desiderato. Ad esempio, per passare da unarticolazione sorda ad una sonora le corde vocali devono spostarsi anche se di pochi millimetri sotto lazione di muscoli involontari detti aritenoidi. Tutti i processi muscolari, per quanto minimi, richiedono tempo e sforzo e possiamo quindi immaginare che ogni articolazione si suddivida in diverse fasi: larticolatore si muove per preparare larticolazione desiderata; una volta raggiunto il bersaglio, larticolatore mantiene la posizione per il tempo richiesto; infine, larticolatore si sposta in unaltra posizione. target preparazione rilascio

riposo

riposo

Quando parliamo, molti processi articolatori come quello appena illustrato avvengono in simultanea e pu capitare di non essere in grado di gestire tali movimenti in modo perfettamente sincrono. Sotto effetto di alcolici o stanchezza ci sar sicuramente capitato di non riuscire ad articolare perfettamente la pronuncia perch non tutti gli articolatori arrivano a bersaglio oppure arrivano a bersaglio troppo tardi. Alcuni sfasamenti dellarticolazione, per, avvengono in modo piuttosto sistematico. Immaginiamo per un momento il movimento compiuto dalle aritenoidi per larticolazione di una sequenza CVC. Tale sequenza impone due fasi di chiusura prolungata delle pliche inframmezzate da un periodo piuttosto breve di apertura. Schematicamente:

Questa configurazione articolatoriamente complessa ed abbastanza probabile che, con il corso dellevoluzione storica, la fase di rilascio della prima vocale finisca con il coincidere con la fase di preparazione della seconda vocale.

Ci provoca una progressiva sonorizzazione della consonante intervocalica per effetto di un meccanismo di co-articolazione, ovvero di confusione fra gesti articolatori diversi. La coarticolazione quindi il meccanismo neuro-fisiologico che sta alla base dei processi di assimilazione. Eppure, la co-articolazione da sola non basta a spiegare tutti i processi fonologici, che possono infatti avvenire anche fra fonemi che non sono linearmente adiacenti nella catena fonica. 54

LINGUISTICA LCM 2013 Un caso classico quello della metafonia (o metafonesi), ovvero il condizionamento operato dalla vocale finale sulla vocale tonica. Si osservi la seguente coppia di parole del dialetto veneto centrale: (79) a. b. tso ['tozo] tusi ['tuzi] ragazzo ragazzi

In questa parola, la vocale tonica si innalza quando la parola termina con una vocale alta. Schematicamente, il tratto di altezza della V finale viene associato a quello della V tonica, determinando quindi il passaggio da [o] ad [u]: (80) /t/ /o/ [alto] /z/ /i/ ['tuzi]

[+alto]

In questo caso la metafonesi condizionata dal tratto [+alto] e colpisce solamente le V [ alte, +ATR], ma la tipologia dei sistemi metafonetici molto pi ampia e complessa. Un processo analogo ma contrario quello dellarmonia vocalica, ovvero il condizionamento della V tonica sulle vocali successivi. Una lingua con chiari fenomeni di armonia lungherese: ad esempio, nella seguente coppia di parole si nota che il suffisso dativo alterna fra due forme -nak/nek a seconda che la radice contenga una vocale posteriore o anteriore. (81) a. vros-nak citt-DAT rm-nek gioia-DAT (dove = [])

b.

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