una prima infarinatura sulla metrica: contare le sillabe. le sillabe toniche e atone, le quattro figure metriche principali (la sineresi, la dieresi, la sinalefe e la dialefe), La clausola e i tre tipi di versi italiani, I versi e il numero delle sillabe, Le categorie dei metri italiani, i vari tipi di rima, ecc.
una prima infarinatura sulla metrica: contare le sillabe. le sillabe toniche e atone, le quattro figure metriche principali (la sineresi, la dieresi, la sinalefe e la dialefe), La clausola e i tre tipi di versi italiani, I versi e il numero delle sillabe, Le categorie dei metri italiani, i vari tipi di rima, ecc.
una prima infarinatura sulla metrica: contare le sillabe. le sillabe toniche e atone, le quattro figure metriche principali (la sineresi, la dieresi, la sinalefe e la dialefe), La clausola e i tre tipi di versi italiani, I versi e il numero delle sillabe, Le categorie dei metri italiani, i vari tipi di rima, ecc.
Caratteristiche generali Il testo poetico, come la prosa, costituito da proposizioni. Rispetto alla prosa per presenta una differenza essenziale. Mentre, infatti, i testi in prosa non hanno in genere schemi fissi, il testo in versi costituito da due aspetti specifici: a) da una parte i ritmi e i metri: fenomeni che si possono definire in a livello del verso b) dallaltra le rime e le strofe (fenomeni che si possono definire a livello dei rapporti fra (gruppi di) versi.
Sia i ritmi e metri che le rime e le strofe rendono il testo in versi legato ad una certa disciplina formale a cui il poeta si attiene pi o meno consapevolmente. Si dice per esempio che Dante pensasse in terzine.
Un breve caveat terminologico Attenzione! In italiano si utilizza il termine poesia sia come categoria generale (la poesia vs la prosa, in neerlandese pozie), sia per indicare i singoli componimenti in versi (in neerlandese gedicht). In italiano esiste anche il termine poema, che indica un testo in versi di una certa lunghezza, e di solito di carattere narrativo o descrittivo. I poemi sono di solito suddivisi in canti o libri. Al termine poema si aggiunge spesso un aggettivo che indica largomento o il sottogenere cui appartiene il poema, ad es. poema cavalleresco (ridderepos), poema didascalico (leerdicht), poema eroico (heldenepos), poema sacro (termine utilizzato da Dante per definire la Commedia).
Esempi: i sonetti di Petrarca sono poesie; la Commedia di Dante, lOrlando furioso di Ludovico Ariosto sono poemi. Un genere a met strada fra la poesia e il poema il poemetto, piuttosto diffuso nella poesia del secondo Ottocento e del primo Novecento (es. Giovanni Pascoli, Primi poemetti).
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2. Il verso
2.1. Sillabe toniche vs sillabe atone Nella poesia italiana prevale sin dal Duecento il cosiddetto verso sillabico, costituito dallalternanza di sillabe toniche e atone.
Le sillabe toniche, rispetto a quelle atone, sono pi lunghe e portano un accento dinamico pi o meno energico. Ecco i due segni metrici fondamentali : vocale breve in sillaba atona vocale breve in sillaba tonica
2.2. Contare le sillabe In generale, contando il numero delle vocali in un verso otteniamo il numero delle sillabe. Il dittongo 1 ha valore di una sola sillaba.
Vi sono per alcune regole per quel che riguarda la combinazione di vocali. Pi in particolare una giusta dizione di versi italiani si ottiene con quattro figure metriche principali: la sineresi, la dieresi, la sinalefe e la dialefe.
a) La sineresi il fenomeno della fusione in una sola sillaba di due vocali vicine nella stessa parola: Dir dellaltre cose chio vho scorte
b) La dieresi lo stacco di due vocali contigue della stessa parola. Dolce color dori ental zaffiro (Dante, Purgatorio, I, 13)
c) La sinalefe unelisione ritmica di una vocale per evitare lo iato (incontro difficilmente pronunciabile di due vocali che non formano dittongo, es. 'spi-are). torrantica invece di torre antica
d) La dialefe invece una una pausa allinterno di uno iato. O | animal graziosoe benigno (Dante, Inferno, V, 87).
2.3. La clausola e i tre tipi di versi italiani Nella metrica italiana si presta particolare attenzione alla parte finale di un verso (detta anche clausola).
1 Gruppo costituito da due vocali che si seguono nella medesima sillaba. Una delle due vocale sillabica, laltra pu essere sia vocale vera e propria ma asillabica, sia semiconsonante. 3
I versi, cos, che terminano con una parola piana (con accento tonico sulla penultima sillaba, es. inzio, continnte) sono chiamati versi piani. I versi che terminano con una parola tronca (con accento grafico sullultima sillaba, es. virt, libert) sono chiamati versi tronchi. I versi con unultima parola sdrucciola (con accento tonico sulla terzultima sillaba, es. tvolo, sile) sono versi sdruccioli. La grande maggioranza dei versi sono piani.
Esempi: Spesso il male di vivere ho incontrato (Eugenio Montale): verso piano Non ho che superbia e bont (Giuseppe Ungaretti): verso tronco () in silenzio. Nellombra del tardo crepuscolo (Cesare Pavese): verso sdrucciolo
2.4. I versi e il numero delle sillabe Nella poesia italiana i versi si distinguono in base al numero delle sillabe di cui sono formati. Si hanno cos: i ternari, i decasillabi, gli endecasillabi, quindicisillabi ecc. Siccome il verso pi frequente quello piano, lultimo accento del verso cade sulla penultima sillaba (lultimo verso dellendecasillabo cade sulla decima sillaba, lultimo verso del decasillabo cade sulla nona sillaba, ecc.) I versi pi frequenti sono lendecasillabo e il settenario; importanti sono anche il decasillabo, il novenario e il quinario.
Endecasillabo Lendecasillabo il verso pi importante nella poesia italiana. Lendecasillabo ha lultimo accento sulla decima sillaba, e conta di solito 11 sillabe (endecasillabo piano). Lendecasillabo tronco conta soltanto 10 sillabe (perch lultima parola del verso una parola tronca), lendecasillabo sdrucciolo conta 12 sillabe (lultima parola ha laccento sullantipenultima sillaba, vd. supra). Alcune forme metriche scritte di solito in endecasillabi sono il sonetto, la terzina (Commedia di Dante), e lottava rima (Orlando furioso, Gerusalemme liberata).
Decasillabo Il decasillabo ha lultimo accento sulla nona sillaba, per cui il decasillabo piano (la versione di gran lunga pi frequente) conta dieci sillabe. Il decasillabo piuttosto raro. Es. Sode a destra uno squillo di tromba (Alessandro Manzoni, Il conte di Carmagnola). 4
Novenario Un novenario un verso con lultimo accento sullottava sillaba (e conta quindi di solito nove sillabe). E un verso piuttosto raro nella poesia italiana. Lo si trova soprattutto nella poesia dellultimo Ottocento e del Novecento (in Giovanni Pascoli e in DAnnunzio, ad esempio).
Settenario Il settenario un verso con lultimo accento sulla sesta sillaba (e conta quindi di solito sette sillabe). Dopo lendecasillabo il verso pi diffuso nella letteratura italiana. Il settenario frequente in generi leggeri e musicali (la canzonetta, ad esempio). La canzone (la forma pi prestigiosa della lirica italiana, utilizzata di solito per argomenti importanti, e canonizzata da Dante e da Petrarca) composta di diverse strofe di endecasillabi e settenari.
Es. Giorgio Caproni, Uscita mattutina, una poesia basata sullalternanza (dalleffetto musicale) di settenari e novenari: Come scendeva fina settenario e giovane le scale Annina! novenario Mordendosi la catenina novenario doro, usciva via settenario lasciando nel buio una scia novenario di cipria, che non finiva. novenario
Senario Il senario un verso con lultimo accento sulla quinta sillaba (e che nella versione piana conta sei sillabe).
Es. Pietro Metastasio, da LArcadia in Brenta, atto III Dal primo momento che presi ad amarlo tal forza mi sento tal fede ho nel core che piena damore non posso lasciarlo ma posso morir.
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Quinario Il quinario un verso con lultimo accento sulla quarta sillaba (e conta quindi di solito cinque sillabe). un verso piuttosto raro, utilizzato a volte anche in forma doppia (quinario doppio).
I nomi inclusi in questa classificazione in versi non definiscono la struttura ritmica dei metri, n mette in rilievo i legami fra certe forme metriche.
3. Le categorie dei metri italiani
I versi italiani possono essere distinti anche secondo le unit ritmiche di cui si compongono. Per analogia con i piedi latini si pu parlare di ritmi giambici (giambo), trocaici (trocheo), dattilici (dattilo) e anapestici (anapesto).
Il giambo un piede formato da unarsi di una sillaba breve e di una tesi di una sillaba lunga, secondo lo schema ; in termini ritmici significa una sillaba atona e una sillaba tonica. Il trocheo formato da un elementum longum e da un elementum anceps nella sua forma pura secondo lo schema ; in termini ritmici significa una sillaba tonica seguita da una sillaba atona. Il dattilo formato da unarsi di una sillaba lunga e da una tesi di due sillabi brevi, secondo lo schema ; in termini ritmici significa una sillaba tonica seguita da due sillabe atone. Lanapesto formato da due sillabi brevi che formano larsi e da una sillaba lunga che rappresenta la tesi, secondo lo schema ; in termini ritmici significa due sillabe atone seguita da una sillaba tonica.
I metri composti di giambi e di trochei sono poliritmici, i metri dattilo- anapestici sono monoritmici. I metri giambici sono il quinario, il settenario, il novenario, lendecasillabo, il quindicisillabo. I metri trocaici sono il quaternario, il senario trocaico, lottonario. I metri dattilici e anapestici sono il trinario, il senario, il novenario, il decasillabo.
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4. La rima
4.1. Definizione e funzione In generale la rima si ottiene facendo terminare due o pi versi con un gruppo di suoni uguali. La rima presenta due funzioni principali: a) una funzione fonetico - espressiva b) una funzione strutturale
4.2. Il verso sciolto e la rima sciolta Esistono anche poesie composte parzialmente o interamente di versi privi di parole rima. In quel caso si parla di un verso sciolto. Nella tradizione poetica di solito un endecasillabo (un esempio il poema Il giorno di Parini, scritto nella seconda met del Settecento). Nel Novecento, il verso diventa molto comune.
Di solito, luso della rima pu essere regolato da schemi di ricorrenza e alternanza delle parole che rimano (si vedano gli schemi presentati qui sotto della rima baciata (AABBCC), rima alternata (ABAB) e rima incrociata (ABBA). Se la successione delle parole rima priva di regolarit, si parla di rima sciolta.
4.3. Rime perfette vs rime non perfette Le rime non perfette sono rime in cui vengono ripetute soltanto alcuni elementi della catena sonora. Nel caso dellassonanza, si ripetono soltanto le vocali della clausola, tra consonanti diverse. Es. Fa la ninna, fa la nanna Piccino della mamma (Canzone di Firenze)
Nel caso della consonanza, si ripetono in due (o pi versi) soltanto le consonanti delle parole rima, mentre le vocali sono diverse. Es. Fior di ginestra, tutta sinfiora la campagna nostra, quando saffaccia Nina alla finestra. (Foligno)
4.4. La rima dal punto di vista lessicale: rima univoca, rima equivoca Una rima univoca consiste nella ripetizione della stessa parola Es. Quella macchia! Sadopera a lavarla Il mare infinito; ma invano. 7
E la stella che vede, ne parla Al cielo infinito; ah! Invano (Pascoli, Lanello)
La rima equivoca consiste nella ripetizione della stessa parola ma con significato diverso; di solito le rime equivoche vengono utilizzate in giochi di parole o in artifici retorici. Es. Lo viso e non diviso da lo viso, e per aviso credo ben visare; per diviso viso da lo viso, chaltr lo viso che lo divisare. (Jacopo da Lentini, esempio di un bisticcio, o gioco retorico)
4.5. La posizione della rima La rima baciata (AABBCC) usata soprattutto nella poesia popolare o in poesia narrativa. Es. Nella Torre il silenzio era gi alto. Sussurravano i pioppi del Rio Salto. I cavalli normanni alle lor poste frangean la biada con rumor di croste. L in fondo la cavalla era, selvaggia, nata tra i pini su la salsa spiaggia; (Giovanni Pascoli, La cavallina storna)
La rima alternata (ABAB) prevede un incrocio di due coppie di rime. una rima comune in molti generi. Es. Da s il pi vecchio le spese faceva, per risparmio, e pi forse per diletto. Con due fiorini un cappone metteva nel suo grande turchino fazzoletto. (Umberto Saba, Sonetto autobiografico 2)
La rima incrociata (ABBA) si trova spesso nelle quartine del sonetto. Es. Non chiederci la parola che squadri da ogni lato lanimo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco perduto in mezzo a un polveroso prato. (Eugenio Montale, Meriggiare pallido e assorto)
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La rima rinterzata (ABA CBC) caratteristica delle terzine del sonetto. Es. Il Tempo chiama dalla torre lontana Che strepito! | un tren, l, se non il fiume che corre.
O notte! N prima io ludiva, lo strepito rapido, il pieno fragore di treno che arriva. (Giovanni Pascoli)
La rima incatenata (ABA BCB CDC DED ecc.) caratteristica delle terzine dantesche. Es. Per me si va nella citt dolente, per me si va nell'eterno dolore, per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto fattore: fecemi la divina potestate, la somma sapienza e'l primo amore. (Dante, Inferno, III, 1-6)
5. La strofa
Nella maggior parte delle poesie i versi si susseguono secondo schemi pi o meno regolari, che spesso si ripetono pi volte nelle stesso componimento. I diversi tipi di strofe si distinguono secondo il numero di versi.
Il distico Il distico una strofa di due versi, di solito due versi della stessa lunghezza, e legata dalla rima (di solito una rima baciata, del tipo AABBCCDD. Il distico il verso tipico dellepigramma (componimento poetico mirante a fermare in breve il ricordo di una vita o di unimpresa), e in generale di poesie pi lunghe, di taglio narrativo. Es. La cavallina storna di Giovanni Pascoli una poesia composta di distici con rima baciata (AABBCCDD)
La strofa di tre versi Esistono diverse forme metriche composte di tre versi. La pi famosa indubbiamente la terzina o terza rima 9
La terzina una strofa di tre endecasillabi. Una forma particolare, diventata famosa e fortunata nella letteratura italiana, la cosiddetta terzina dantesca, utilizzata da Dante per la Commedia. Nella terzina il primo endecasillabo fa rima con il terzo, mentre il secondo fa rima con il primo e il terzo verso della terzina successiva. (ABA BCB CDC...).
Es. Dante, Inferno, canto V: Cos discesi del cerchio primaio gi nel secondo, che men loco cinghia, e tanto pi dolor, che punge a guaio. Stavvi Mins orribilmente, e ringhia: essamina le colpe ne l'intrata; giudica e manda secondo ch'avvinghia. Dico che quando l'anima mal nata li vien dinanzi, tutta si confessa; e quel conoscitor de le peccata A B A B C B C D C
La terzina viene utilizzata anche nel Novecento per poesie di lunghezza media e di carattere narrativo, descrittivo o riflessivo. Oltre a Pascoli, anche poeti come Pasolini e Sanguineti hanno utilizzato la terzina.
Esistono anche terzine in altri generi poetici. Il sonetto composto di due quartine e di due terzine.
Un altro genere composto di strofe di tre rime lo stornello, composto di un quinario e due endecasillabi. Si tratta di un genere antico, diffuso in particolare nellItalia centrale.
Quartina Una strofa di quattro versi a rima baciata, alternata o incrociata. La quartina compare gi nelle poesie delle antiche civilt come lantica Grecia e lantica Roma. I primi otto versi del sonetto sono composti di due quartine. In particolare nellOtto-Novecento si trovano anche poesie composte di quartine (es. Alla stazione una mattina dautunno di Giosu Carducci, o Non chiederci la parola di Eugenio Montale).
La quinta rima Una strofa di cinque versi.
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La strofa di sei versi (sestina) Sei versi, a volte secondo lo schema ABABAB, ma lo schema pi frequente per ABABCC. Altre variet risultano dallo spezzamento del quindicisillabo. Sotto il nome di sestina si pu distinguere tra: Sestina narrativa: una stanza composta da sei versi endecasillabi. Sestina lirica: caratterizzata da stanze indivisibili e dalle seguenti regole (il componimento formato da sei stanze di sei endecasillabi ciascuno; nessun verso rima allinterno della stanza; i versi che rimano tra loro terminano con la stessa parola-rima; nel congedo di tre versi ricompaiono tutte e sei le parole rima; i versi sono ordinati secondo la retrogradatio cruciata secondo lo schema ABCDEF, FAEBDC, CFDABE, ECBFAD, DEACFB, BDFECA. La sestina lirica fu utilizzata per es. da Francesco Petrarca che la inser nove volte nel suo Canzoniere.
La settima rima Una forma molto rara che si ottiene dalla sestina tradizionale (ABABCC) per mezzo dellintroduzione di un verso sdrucciolo sciolto dopo il quinto.
Lottava rima Dopo la terzina, la strofa pi famosa della poesia italiana. La sua forma primitiva era probabilmente lottava siciliana, secondo lo schema ABABABAB. Lottava rima ha ricevuto la sua forma codificata nel Trecento (in alcune opere di Giovanni Boccaccio) con lo schema ABABABCC. Fino al Settecento rimasta la forma metrica dei poemi epici. I poemi di Matteo Maria Boiardo (Orlando innamorato), Ludovico Ariosto (Orlando furioso), Torquato Tasso (Gerusalemme liberata) e Giovan Battista Marino (Adone) sono tutti stati scritti in ottava rima.
La nona rima La nona rima, piuttosto rara, si pu considerare unottava a cui si aggiunto un altro verso.
La decima rima E una strofa formata di tre coppie di endecasillabi a rima alterna seguite da tre endecasillabi monorimi e un endecasillabo che si rima col secondo delle coppie: ABABABCCCB. Usata in componimenti di argomento sacro o di carattere popolare.
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6. Dalla strofa al genere: forme strofiche fisse e composte
In alcuni casi certe forme strofiche vengono combinate in uno schema complesso che diventa un genere letterario autonomo.
La ballata La ballata un genere apparso intorno alla met del XIII secolo nellItalia centrale. Il genere viene perfezionato dagli stilnovisti e dal Petrarca. formata di tre parti: il ritornello, la parte centrale con la stanza e la volta, e la ripresa. Secondo il numero di versi nel ritornello si pu distinguere tra la ballata grande (ritornello con quattro versi), la ballata mezzana (ritornello con tre versi); ballata minore (ritornello con due versi) e la ballata piccola o minima (ritornello con un verso).
Esempio: Guido Cavalcanti, Era in penser damor quandi trovai
Era in penser damor quand i trovai due foresette nove. Ritornello Luna cantava: E piove (ripresa) Gioco damore in noi
Era la vista lor tanto soave Stanza e tanto questa, cortese e umile, chi dissi lor: Vo portate la chiave di ciascuna vert alta e gentile.
Deh! Foresette, no mabbiate a vile Volta per lo colpo chio porto; questo cor mi fue morto,
Ripresa poi che n Tolosa fui.
La canzone La canzone un genere composto di un numero indeterminato di strofe, caratterizzate da unalternanza di endecasillabi e settenari. Secondo lo schema concreta si hanno tre variet principali: Nella canzone antica o petrarchesca le strofe, di numero variabile, presentano lo stesso schema strutturale (stesso numero di versi, stessi tipi di versi, di solito endecasillabi alternati a settenari). Lunica strofa che pu avere uno schema 12
diverso il cosiddetto congedo o commiato, una strofa conclusiva con un numero limitato di versi. Le strofe regolari sono costituite da due elementi: la fronte (suddivisa in piedi) e la sirima/coda (suddivisa in volte); spesso tra i due si trova anche la diesi/chiave. Nella sirima alla fine si trova spesso un distico finale. La canzone leopardiana o libera caratterizzata da una libert parziale o totale nella struttura delle strofe. Si pu avere un certo numero di versi sciolti intercalati negli schemi tradizionali, ma si possono avere anche strofe diseguali tra loro per il numero di versi. Nel canto A Silvia di Leopardi le strofe vanno da sei a quindici versi e quasi in ciascuna pi della met dei versi sono senza rima.
Il sonetto Nella forma pi generale costituito da quattordici endecasillabi, raggruppati in due quartine e due sestine. Esiste una similitudine strutturale fra questa struttura interna del sonetto e la suddivisione delle strofe di una canzone in fronte e sirima: le quartine corrispondono ai due piedi della fronte, mentre le due terzine corrispondono alle due volte della sirima. Tra le quartine e le terzine c quasi sempre una forte cesura sintattica. Vi sono anche sonetti minori in ottonari e settenari e minimi in quinari. Dal punto di vista della lunghezza si possono distinguere: - Il sonetto caudato (con coda di uno o pi versi) - Il sonetto doppio (con un settenario dopo ciascuno dei versi dispari delle quartine e dopo ciascuno dei versi pari delle terzine) - Il sonetto reinterzato (con settenario dopo ciascuno dei versi dispari delle quartine e dopo il primo e il secondo verso di ciascuna terzina) - Il sonetto con fronte di dieci versi
Alcuni esempi di sonetti novecenteschi:
Mio padre stato per me "l'assassino"; fino ai vent'anni che l'ho conosciuto. Allora ho visto ch'egli era un bambino, e che il dono ch'io ho da lui l'ho avuto.
Aveva in volto il mio sguardo azzurrino, un sorriso, in miseria, dolce e astuto. And sempre pel mondo pellegrino; pi d'una donna che l'ha amato e pasciuto.
Egli era gaio e leggero; mia madre 13
tutti sentiva della vita i pesi. Di mano ei gli sfugg come un pallone.
"Non somigliare - ammoniva - a tuo padre": ed io pi tardi in me stesso lo intesi: Eran due razze in antica tenzone. (Umberto Saba)
Donna bambina ma di troppe brame o donna di dolori e di buriane, sempre presa da trippe e budellame, non so uscire dal buio stamane,
dal cavo della mia notte catrame, e sollevarmi e via con voglie grame tra geli duri e colpi di caldane, fingendo quieti, cose lievi e piane,
per i giorni di guerra e bulicame e per predar le prede piene e vane, e a vedere come senza esche o trame
poco lega l'amoroso legame Oh cuore che mi caschi! Che rimane? Un annientato niente. E ho anche fame. (Patrizia Valduga)
Verso libero Il verso libero, che si affermata nella poesia italiana dal primo Novecento in poi, si caratterizza per un uso libero di accenti e sillabe. Il poeta non segue quindi gli schemi metrici della tradizione, n per i singoli versi (endecasillabo, settenario, ...), n (soprattutto) per lorganizzazione dei versi in forme metriche (canzone, sonetto, sestina,...). Da questo punto di vista, forse pi corretto parlare di poesia libera, piuttosto che semplicemente di verso libero.