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ARISTOTELE e la negazione dell'infinito attuale

Molti dei fisiologi precedenti ad Aristotele avevano sostenuto la tesi dell'infinit dell'universo; fra questi
Democrito e Archita, il pitagorico amico di Platone. Simplicio ci dice:
Democrito ritiene che la materia di ci che eterno consiste in piccole sostanze infinite di numero; e
suppone che queste siano contenute in altro spazio infinito per grandezza. (DK, 68 A 37)
Secondo questo frammento Democrito ammette sia l'infinit numerica degli atomi, sia l'infinit dello spazio
che li contiene. Anche il pitagorico Archita opta per un universo infinito; a lui attribuito, sempre da
Simplicio, il seguente noto argomento:
Se io mi trovassi all'estremit dello spazio, ad es. nel cielo delle stelle fisse, potrei tendere la mano o un
bastoncino fuori di quella? O non potrei? Dire che non si pu assurdo; ma se si ammette che si pu
tendere la mano fuori, quello che fuori sar corpo o spazio (). Cos sar dimostrato che infiniti sono
corpo e spazio. (DK 47 A 24)
Nel De caelo e nella Fisica (libro III), Aristotele istituisce una critica sistematica a tesi come queste, contro i
filosofi che ammettono l'infinit del cosmo, introducendo, da un punto di vista fisico-matematico, una
fondamentale distinzione tra due tipi di infinito: l'infinito in potenza e quello in atto. Questa contrapposizione
sar destinata a condizionare profondamente i matematici successivi.
Secondo Aristotele, l'infinito attuale va inteso come un'infinit compiuta, che si presenta nella sua totalit in
un momento ben determinato, mentre l'infinito potenziale un'infinit distribuita nel tempo, simile a un
processo che non ha mai fine. Ebbene, il primo tipo di infinito non esiste n come cosa in s (ossia come
sostanza), n come propriet o attributo di una realt. Contro Anassimandro che identificava nell'apeiron la
sostanza primordiale, Aristotele sostiene che l'infinito, come la grandezza e il numero, non una cosa, ma va
concepito semmai come una propriet delle cose. Ci premesso, resta poi da stabilire se in natura esistano
davvero dei corpi dotati di tale propriet in atto, cio degli oggetti che siano realmente infiniti in estensione,
nella loro grandezza. Aristotele non di qs parere. Per dimostrare la non esistenza di un corpo di dimensioni
infinite, egli ricorre a varie argomentazioni. Una di qs sfrutta la definizione stessa di "corpo". Per Aristotele
Chiamasi corpo ci che limitato da una superficie () Un corpo infinito, cio illimitato, sarebbe una
contraddizione in termini, dato che l'infinito si estende illimitatamente.
Anche l'universo non infinito: chiuso dal cielo delle stelle fisse; secondo Aristotele, in un universo
infinito non avrebbero senso le distinzioni alto/basso, centro/periferia, che sono invece innegabili nel nostro
mondo dove esistono un alto e un basso assoluti (verso cui tendono rispettivamente i corpi leggeri e quelli
pesanti), e un centro, che il luogo occupato dalla Terra immobile. Ammettere l'infinit dell'universo
equivarrebbe a negare l'ordine del mondo.
La natura evita ci che infinito, poich l'infinito privo di quella completezza e finalit verso cui la natura
costantemente tesa.
Ma se il modo infinito, cosa c' fuori di esso? Aristotele dice che fuori non c' nulla, neanche lo spazio;
infatti lo spazio, o "luogo" di un corpo, il limite di un altro corpo che lo contiene. Pertanto, affinch un
oggetto possa dirsi nello spazio, bisogna che sia contenuto in un altro oggetto che si trovi al di l di esso, che
lo contiene al proprio interno. Ci comporta che dove non ci sono corpi, non ci possa essere spazialit, e che
dunque l'universo, che esaurisce in s tutti i corpi, non sia nello spazio (dove non ci sono propriet, cio
corpi, non c' nulla). Secondo Aristotele, l'infinito in atto, che non esiste sul piano fisico, non pu neppure
essere presente nel nostro pensiero sotto forma di infinito mentale, perch noi possiamo pensare solo
qualcosa di definito, dotato di forma, ossia qualcosa di determinato.
Esclusa l'esistenza dell'infinito in atto, Aristotele non intende comunque negare l'apeiron in modo assoluto; a
suo avviso, esistono manifestazioni evidenti dell'infinito, quali l'illimitato scorrere del tempo, la successione
dei numeri e la continuit delle grandezze, cio la loro divisibilit senza fine. In questi casi, per, l'infinito
esiste solo in potenza, cio come processo mai completato; Aristotele precisa che l'essere dell'infinito
corrisponde all'essere di un mutamento, di un divenire, per cui l'infinito divenire continuo, non sostanza.
Per Aristotele, l'infinito potenziale cos inteso pu essere di due tipi: per addizione o per divisione. L'infinito
potenziale per addizione consiste in un processo sommatorio senza termine, in cui a una parte qualsiasi di un
a data grandezza si aggiungono successivamente altre quantit, senza arrivare mai a una conclusione. Invece
l'infinito potenziale per divisione consiste nel dividere una grandezza in due parti, nel sottrarne una e
nell'operare sull'altra allo stesso modo, con un procedimento che non ha mai fine. Aristotele sostiene che il
numero infinito nel primo senso, lo spazio nel secondo e il tempo in ambedue.
La serie dei numeri infinita in potenza per addizione, perch pu essere indefinitamente aumentata, ma non
infinita in potenza per divisione, perch ha come limite invalicabile l'unit, al di sotto della quale non si
pu scendere (per i greci le frazioni non sono numeri).

Sottraendo necessario che ci si fermi, mentre verso il pi grande sempre pensabile qualche altro numero.
Lo spazio, al contrario, infinito in potenza per divisione: Aristotele aderisce alla teoria del continuo,
secondo cui ci che esteso, per es. un segmento, infinitamente divisibile
Rispetto al piccolo non c' minimo, ma sempre un pi piccolo ( impossibile in realt che ci che non sia)
Per Aristotele il continuo si pu scomporre in entit sempre divisibili, senza che sia mai possibile
raggiungere degli elementi ultimi indivisibili: di conseguenza, una linea non consiste di punti. Lo spazio non
per potenzialmente infinito per addizione:
Nelle grandezze verso il pi piccolo si pu superare qualsiasi grandezza, mentre verso il pi grande non
esiste grandezza infinita.
Secondo Aristotele, nessuna linea pu protrarsi al di l del diametro dell'universo; certo si pu pensare a una
grandezza maggiore della "lunghezza del cielo", ma il pensare a una cosa, dice, non comporta di per s che
questa cosa esista realmente. E nel nostro caso una grandezza maggiore dell'universo non pu esistere, per
quanto si detto circa la limitatezza del cosmo. Quanto al tempo, esso infinito nei due sensi, giacch
qualunque intervallo temporale divisibile senza fine, ma pu anche essere accresciuto aggiungendo a esso
infiniti nuovi intervalli. Inoltre ci che infinito in potenza non diventer mai infinito in atto; per es. l'azione
dell'addizionare un numero all'altro, reiterabile all'infinito, non porter mai a una serie infinita in atto di
numeri, cos come l'azione del dividere ininterrottamente una grandezza non condurr mai a una quantit
infinita in atto di parti.
Il cammino verso l'infinito consiste soltanto nell'infinit del cammino.
Aristotele arriva cos alla seguente definizione dell'infinito:
L'infinito non ci al di fuori di cui non c' nulla, ma ci al di fuori di cui c' sempre qualcosa.
L'infinito potenziale, essendo inesauribile, si identifica con l'incompiuto, e quindi con l'imperfetto, come
avevano gi intuito i pitagorici.
La negazione aristotelica dell'esistenza dell'infinito in atto costituisce una prima forma di risposta ai
paradossi di Zenone. Riconsideriamo l'argomento contro la pluralit: secondo Zenone, se un segmento
composto da una infinit di punti si danno due conseguenze egualmente assurde: se i punti hanno grandezza,
il segmento sar infinitamente grande, se non hanno grandezza, il segmento sar nullo. Ma il presupposto del
paradosso - il fatto che il segmento sia un aggregato infinito di parti - richiede che il segmento, che
infinitamente divisibile, sia stato completamente diviso, cio che sia stata posta "in atto" una divisione per
infinite volte. Se, come fa Aristotele, si ammette solo l'infinito potenziale e si rifiuta l'infinito in atto, il
paradosso viene evitato; infatti quando diciamo che il segmento potenzialmente divisibile all'infinito, non
s'intende, come si gi detto, che sia infinito il risultato della divisione, cio che si possa arrivare a un
numero infinito di parti, ma solo che l'azione del dividere pu essere continuata senza fine.
Aristotele risolve in modo analogo i due paradossi della dicotomia e dell'Achille, che dovrebbero negare
l'esistenza del moto. Alla base di entrambi troviamo il seguente ragionamento: una certa porzione di spazio
non pu essere attraversata se prima non si sono attraversate tutte le sue parti; ma ci impossibile poich le
parti da percorrere risultano in numero infinito. Aristotele obietta che attraversare una regione di spazio non
comporta l'attraversamento di un'infinit attuale di sottoregioni (dato che una distanza in atto sempre
indivisa), ma significa superare un'infinit potenziale di sottoregioni, il che non crea alcun ostacolo al
movimento. Aristotele distingue tra piano reale e piano del pensiero: nella realt esiste solo il finito, mentre
l'infinito semplicemente la possibilit mentale di aumentare indefinitamente, o diminuire indefinitamente,
una certa quantit data. Ma se nella realt esistono solo distanze finite, il movimento raggiunger la sua
meta, poich si compir in un tempo finito.
Aristotele confuta anche un terzo argomento zenoniano contro il moto, quello della freccia. Consideriamo
una freccia in volo: in ogni istante occupa uno spazio pari alla sua lunghezza, e in tale istante essa non si
muove. Infatti, se la freccia si muovesse, dovrebbe occupare una certa posizione in una parte dell'istante, e
una posizione diversa in un'altra parte, il che impossibile, perch l'istante, nel contesto del paradosso,
considerato senza parti, come l'elemento minimo e indivisibile del tempo. Dunque, poich a ogni istante la
freccia immobile, e il tempo fatto di istanti, la freccia sar sempre immobile. Qui la contraddizione nasce
dal fatto che il moto sembra derivare da una somma, successione di posizioni ferme. Oggi, per meglio
illustrare l'argomento, possiamo ricorrere all'es. della pellicola cinematografica ove i fotogrammi mostrano
l'immagine sempre ferma di un oggetto mobile in posizioni diverse.
Secondo Aristotele, il paradosso della freccia si fonda sul presupposto errato che un periodo di tempo sia
attualmente diviso in istanti indivisibili; ma la difficolt si risolve se si ritiene che anche gli intervalli

temporali, come quelli spaziali, siano solo potenzialmente divisibili all'infinito, senza mai arrivare a elementi
del tutto semplici, cio ad atomi di tempo privi di durata:
Zenone cade in un paralogismo, quando dice: se sempre ogni cosa in quiete, quando sia in un luogo
uguale ad essa, e se l'oggetto spostato sempre in un istante, la freccia, nell'atto in cui spostata,
immobile. Questo falso, poich il tempo non risulta composto da istanti indivisibili, e cos neppure ogni
altra grandezza.
La distinzione aristotelica tra infinito potenziale e infinito attuale rester a lungo quella ortodossa, e i
matematici greci, per evitare i paradossi dell'infinito attuale, ripiegheranno sul concetto di infinito in potenza.
Euclide, per es., nei suoi Elementi, considera rette limitate, indefinitamente prolungabili, e non rette infinite
in atto. Tuttavia, i matematici respingeranno la tesi di Aristotele che ammette una grandezza massima in
ambito geometrico e che quindi esclude, in questo caso, un infinito potenziale per addizione. Infatti verr
comunemente accettato il cosiddetto "postulato di Archimede", secondo cui,
date due grandezze disuguali, esiste sempre un multiplo della minore che supera la maggiore
In altre parole, il postulato di Archimede asserisce che , in una classe di grandezze omogenee, soddisfacenti a
determinate condizioni, non esiste una grandezza massima tra tutte; questo principio viene applicato anche
nella forma equivalente, per cui, in una classe di grandezze omogenee, non esiste una grandezza minima.
Il postulato accolto da Euclide ed anche a fondamento del "metodo di esaustione", usato da Archimede
per dimostrare i suoi teoremi in modo da evitare il ricorso al concetto di infinito attuale.
1. CONSEGNA di PENSIERO LOGICO
Uno dei paradossi di Zenone contro il moto conosciuto come argomento dello stadio. Aristotele nella
Fisica lo espone con queste parole:
"Il quarto paradosso del moto quello delle masse uguali che si muovono nello stadio in senso
contrario a quello di altre masse uguali, le une dalla fine dello stadio, le altre dal mezzo con uguale
velocit. E con questo ragionamento egli crede nel risultato che la met del tempo sia uguale al doppio.
Il paralogismo (falso ragionamento che ha apparenza di verit) sta nel supporre che una uguale
grandezza venga spostata con uguale velocit in un tempo uguale sia lungo ci che mosso sia lungo
ci che in quiete. Ma questo falso."
SPIEGAZIONE:
L'argomento zenoniano afferma che in uno stadio un punto mobile va ad una certa velocit, e
simultaneamente al doppio di essa, a seconda che sia rapportato ad un punto immobile oppure ad un punto
moventesi in senso contrario alla stessa velocit, generando in tal modo l'assurdo logico che "la met del
tempo uguale al doppio". Per chiarire qs argomento si pu fare l'es. moderno dei treni: supponiamo tre treni
disposti su binari paralleli, di cui i primi due corrano in direzioni opposte con una velocit uguale a 100 km
orari, e il terzo sia immobile. Ora la velocit del treno posto al centro apparir di 100 km orari nei confronti
del treno che immobile e di 200 km orari nei confronti del treno che si muove in senso opposto. Si detto
che Zenone ha inconsapevolmente intuito la teoria della relativit, ovviamente con questa radicale differenza:
che ci che per Einstein realt (=la relativit del movimento) per Zenone un assurdo logico, che
testimonia l'impensabilit razionale del nostro mondo, e quindi la tesi parmenidea circa il suo carattere
apparente e illusorio.
Distinguete:
a) l'argomento di Zenone;
b) la critica di Aristotele.
L'argomento di Zenone comprende alcune ipotesi per assurdo (sottintese) che vengono confutate e una
conseguenza assurda (esplicita) che le confuta. Tra i seguenti enunciati individuate le premesse (in numero
di due) e la conseguenza assurda:
- il tempo infinitamente divisibile in parti sempre minori;
- il tempo divisibile in istanti non ulteriormente divisibili
- lo spazio infinitamente divisibile
- lo spazio divisibile solo fino a un limite finito (punto)
- esiste il moto
- met del tempo uguale al doppio
- una uguale grandezza viene spostata con uguale velocit in un tempo uguale sia lungo ci che mosso
sia lungo ci che in quiete

Scegliete infine tra i seguenti l'enunciato che meglio spiega la critica aristotelica:
a) Zenone sbaglia nell'assumere che il tempo sia divisibile in istanti (parti di tempo minime non
ulteriormente divisibili)
b) Zenone sbaglia nel pensare che uno stesso corpo non si possa muovere con velocit diverse nello stesso
tempo, una rispetto a un corpo in quiete, l'altra rispetto a un corpo in moto
c) Zenone sbaglia nell'assumere che met tempo sia uguale al doppio
2. CONSEGNA di PENSIERO CREATIVO
Dopo lo stimolo fornito dalla lettura di Lewis Carroll, prova tu a inventare un dialogo tra Achille e la
tartaruga, rielaborando gli spunti filosofici (e aggiungendo qualcosa di tuo: riflessioni, stile, registro)

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