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QUADERNI DI AIWN
NUOVA SERIE - 5
F RANCO C REVATIN
LETIMOLOGIA
COME PROCESSO
DI INDAGINE CULTURALE
COLLANA DI STUDI
DIRETTA DA
D OMENICO S ILVESTRI
NAPOLI
2002
Indice
Premessa
Incipit
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Il contributo dellantropologia
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Etimologia e ricostruzione
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Storie di frontiera
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PREMESSA
Questo libro nato da un corso universitario, e ci spiega perch
spesso si sono fornite spiegazioni che lo specialista giudicher inutili e
si mantenuto un tono discorsivo ed amicale nei confronti del Lettore.
Ritengo tuttavia che chi non specialista delle lingue qui utilizzate
come materia etymologica potr trovare qualche utilite spunto di riflessione e lo specialista apprezzer, se lo riterr opportuno, le novit
etimologiche qui presentate.
Il titolo di questo libro riassume il convincimento di fondo del suo
autore, ossia che letimologia un processo di indagine culturale basato su una tecnica linguistica. Alla tecnica non si prestata qui attenzione, e non certo per un atteggiamento riduttivo, quanto perch essa
avrebbe richiesto da sola un volume a parte. sin troppo vero che molti
tentativi etimologici nascono morti proprio perch chi li ha proposti ha
sottovalutato le tecniche etimologiche formali. E purtuttavia altrettanto vero che che un etimo basato esclusivamente su una tecnica corretta un etimo muto se esso non ha un decisivo sostegno culturale.
Il vero etimologo devessere, come Odisseo, poluv m hti".
Lunghi e piacevolissimi anni di collaborazione al Lessico Etimologico Italiano, diretto dallAmico Max Pfister (Saarbrcken), mi hanno
insegnato spero - che tra le doti delletimologo vanno annoverate la
pazienza ed il senso della misura. Le migliaia di etimi dialettali italiani
rivisti, corretti, proposti, discussi, con una manciata di altri Amici e
Colleghi sono state allo stesso tempo palestra e cenobio.
Nel momento stesso stesso in cui scrivo queste righe, il libro cessa
di essere solo mio ed avr un destino suo proprio. Non posso staccarmene, tuttavia, senza ricordare con gratitudine gli Amici che in vario
modo mi hanno aiutato: Giorgio Banti, Yaqob Beyene, Paola e Filippo
Cssola, Sergio Daris, Stefano De Martino, Felice Israel, Elie Kallas,
Tiziana Lippiello, Ugo Marazzi, Giovanni Pettinato, Luciano Rocchi,
Gennaro Tedeschi. Ad essi associo doverosamente coloro che hanno letto la prima stesura di questo lavoro. Un grazie tutto particolare va
Franco Crevatin
allAmico Domenico Silvestri, per aver impavidamente accettato il rischio di ospitarmi nella sua prestigiosa collana.
Questo libro dedicato, con immutato affetto, alla memoria dei miei
Maestri Vittore Pisani e Marcello Durante.
F.C.
INCIPIT
Etimologia , per definizione, ricerca del vero, della reale origine di una parola o di unespressione (e[ t umon). Essa dunque
attivit umana per eccellenza, prima ancora che scientifica: ricerca di ci che vero, non mera apparenza, che ci si sforza di
riconoscere attraverso le deformazioni apportate dal succedersi
degli eventi umani e dal procedere della Storia. Errava il governatore Ponzio Pilato, quando con lamaro e sbrigativo cinismo di
chi crede di aver cose pi importanti da fare che discutere con
un fastidioso Nazareno, sbott in Quid est verum? (Joh. 18, 38).
Aveva torto (e si pent, se vogliamo credere al M. Bulgakov del
Maestro e Margherita), poich lUomo ha sempre, in ogni caso
bisogno del vero: pu talora rassegnarsi ad ignorare, ma disprezza lignoranza. Ignorante un insulto sanguinoso, e non solo
nelle nostre culture: gli Egiziani che si ribellarono contro Tolomeo
IV Philopator ed occuparono una parte dellAlto Egitto, interrompendo i lavori di costruzione del grande tempio di Horus ad
Edfu, vennero definiti ignoranti, jxmw, dalla reazione lealista
(Edfu 7, 6, 7), una condanna senza appello.
Letimologia dunque uno strumento della ricerca storica; di
pi, nel momento stesso in cui la linguistica vuole essere filologia
storico comparativa, essa non pu fare a meno delletimologia.
Ci si potrebbe dunque attendere non solo che letimologia sia
praticata in misura ragionevolmente estesa, ma altres che su di
essa si sia ampiamente riflettuto. Ora, non sarebbe corretto dire
che tutto ci non sia avvenuto, tuttavia non pare dubbio che
larte delletimologia abbia oggi perduto molti cultori. Molte imprese
etimologiche di base, quanto meno nellambito delle lingue indoeuropee, sono state largamente compiute e spesso si mormora che gli
etimi buoni ormai sono gi stati trovati, per cui letimologia
passa talora per un arguto passatempo da pomeriggi piovosi. Per
un lungo periodo le cose non sono andate cos. Sino alla met di
questo secolo la linguistica storica e comparata stata, bene o
male, la linguistica katej x ochv n ed ha costituito un modello di
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generalmente a basi nominali per indicare una relazione di appartenenza o una qualit 1 . Il lessema di partenza identificabile
in un *puko- col significato di pino, confrontabile col greco peuv k h,
col lituano pu s ed altre parole ancora. Sulla base di questa comparazione ci si rende conto che il toponimo istro doveva suonare
originariamente *puk(o)wentom, forma andata soggetta a dissimilazione (*Puquentum > Piquentum). Il significato originario del nome
era dunque (colle) dei pini, il che congruente con le caratteristiche geografiche della zona.
Se seguiamo la storia medievale di questo toponimo ci attendono
altre istruttive sorprese. Le genti slave cominciarono ad insediarsi
in Istria a partire dallVIII sec. d.C. e recepirono di conseguenza
molti nomi locali dalle genti neolatine: uno di questi fu appunto
il nome che abbiamo indagato, che compare sia in sloveno che in
croato nella forma Buzet. Per quanto sconcertante possa apparire,
esso la resa slava di un *Bilgent(o) che nullaltro se non una
forma dialettale neolatina, evolutasi secondo la seguente trafila
Piquento- > *Bigento > *Bingento > *Bilgento. Se guardiamo allusuale forma neolatina del toponimo, ossia Pinguente, ci rendiamo conto
che alcuni dei fenomeni ora visti non sono condivisi, e lo stesso
vale per la forma darchivio (XI sec.) Puviendo, falsa restituzione
scritta di un parlato *Puvint. Che dire? Innanzi tutto che abbiamo
diverse forme derivate dalla forma latina, ossia *Pinguent2 , *Puvient
e *Bilgent(o), tutte forme caratterizzate da fenomeni fonetici ben
documentati nei dialetti neolatini istriani: esse mostrano inequivocamente che la divisione dialettale neolatina dellIstria iniziata molto per tempo. In unarea geografica piccola e non densamente popolata la differenziazione delle parlate neolatine dunque iniziata molto presto, e questa non informazione da poco
per lo studioso dei processi sociali e culturali alto medioevali.
Un confronto tra i tanti costituito dalla celebre espressione formulare della
poesia orale a noi giunta sotto il nome di Omero e[ p ea pterov ( )enta, le alate
parole, le parole che vanno diritte al bersaglio come frecce guidate dalle piume
poste vicino alla cocca.
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Alla base della forma neolatina odierna.
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La sua opera maggiore, i Saturnali, dedicata prevalentemente a problemi letterari.
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Sino a non troppo tempo fa non esistevano strumenti per trascrivere, se non
impressionisticamente, le lingue altre dalla propria.
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Desumendole da opere, a noi non pervenute e di data non precisabile, di autori
Greci sullImpero persiano.
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La precisazione indispensabile, perch nello zarathustrismo laldil non un
concetto negativo: i giusti (si veda la stessa glossa di Esichio aj r tai~ o i eroi, un
derivato dal nome dellOrdine e Giustizia cosmici, pta-, avestico a a-) possono
legittimamente aspirare ad un destino di felicit.
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Ritengo che il tipo asman- cielo sia uninnovazione lessicale in parte almeno
imputabile allo zoroastrismo: lo zoroastrismo infatti aveva posto in assoluto primo
piano la figura di Ahura Mazda, il Signore Saggezza, con la conseguenza che
gli asura nel loro complesso erano considerati dei beneficenti, mentre i daeva
erano diventati i demoni. Insomma, quasi una posizione opposta a quella del
vedismo, dove deva il dio positivo ed asura il dio ambiguo e spesso negativo.
La situazione originaria della religione indo-iranica prevedeva degli dei della
Prima Volta, per cos dire, ossia deit legate al mondo primigenio (gli asura), e
le divinit creatrici, della Storia (i *daiva-). In India il massimo dio degli asura era
Varua, il dio delle Acque Primordiali che risiedeva nella rocciosa Montagna Cosmica.
Cosmologicamente tale montagna, nella quale scendeva il sole dopo il tramonto,
equivaleva al cielo notturno, immaginato in posizione speculare sopra la terra,
dimodoch cera unequivalenza culturale e cosmologica tra il cielo (notturno) e la
roccia. Orbene, Ahura Mazda fondamentalmente una rielaborazione di Varua
ed etimologicamente asman- cielo vale roccia. Come si vede, i conti sembrano
tornare. probabile che Zarathustra abbia spinto semplicemente alle estreme
conseguenze una distinzione religiosa che comunque gi esisteva tra le genti
iraniche ed indiane, distinzione che per non era binaria: in alcune lingue scitiche
(ad esempio nellosseto moderno, che continua una di tali lingue), lantico *daivaconserva valori positivi.
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mazione va presa sul serio. vero, molte glosse suscitano problemi che spesso non siamo in grado di risolvere, talora possono
essere revocate in dubbio per la forma in cui ci sono giunte, ma
non possono essere sottovalutate a priori. Una glossa di primo
acchito davvero sorprendente: essa recita Ramav " : oJ u{ y isto"
qeov " Ramas: il sommo dio. Balza immediata alla coscienza la
connessione con lindiano Rma, eroe del Rmyaa (il poema epico
attribuito a Vlmki), considerato unincarnazione del sommo dio
Viu. In se stessa la cosa sarebbe tuttaltro che impossibile, poich la conquista di Alessandro Magno apr contatti diretti tra
India e Mediterraneo. Gi il grande Macedone si fece accompagnare nella sua spedizione da una pattuglia di studiosi e dopo di
lui parecchi storici ed etnografi, nutriti di tante informazioni fornite
da mercanti e marinai, scrissero sullIndia e sulle sue genti: era
ad esempio noto che sacerdoti ed asceti indiani venivano detti
bracma~ n e" brahmani (voce presente anche in Esichio) e, probabilmente tramite Megasthenes, Plinio (N.H. 7, 22) riferisce, pur
senza comprenderle, le loro pratiche yoga. Palladio (de gentibus
Indiae 2, 39) mostra di conoscere il teonimo Brahma (nella forma
Bracmav n ) ed era in generale nota, anche se spesso fraintesa, la
divisione castale. Se volessimo poi citare fatti culturali pi generali il nostro elenco si farebbe molto lungo 10 . Dunque, che ci
sarebbe di strano nel trovare citato anche il teonimo Rma?
Nonostante lequivalenza fonica, il significato congruente e la
credibilit del quadro dinsieme, linterpretazione indiana sarebbe clamorosamente errata.
Teniamo conto che lopera di Esichio ci giunta, come si detto, in un unico esemplare manoscritto e dunque sempre bene
accertare, nel limite del possibile, se la glossa sia o no corrotta. Il
modo di lavorare di Esichio consisteva nellestrarre il lemma, con
lavoro proprio o basandosi su altri lessicografi, da un locus classicus,
ossia un passo tratto da un testo specifico. Nella raccolta troviamo
anche la glossa rJ a mav : uJ y hlhv (ram: lelevata) che presenta trop10
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Non possiamo seguire qui questa complessa vicenda in tutti i suoi dettagli.
Limitiamoci a ricordare che il cavallo era animale prezioso, non destinato al lavoro. La sua posizione eccezionale (spesso lo si riteneva di discendenza divina),
lo rendeva adatto per sacrifici particolarmente importanti. Non veniva cavalcato,
almeno di norma, ma dallet del bronzo in poi veniva utilizzato per il cocchio
da guerra.
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rato strumentale non era n forse poteva essere troppo avanzato. Laratro era lo strumento principale, era di tipo leggero e
scassava il suolo quasi solo in superficie: gli aratri tradizionali
della Sardegna interna dei primi decenni del secolo mostrano
chiaramente lestrema primitivit dello strumento: un solo pezzo
di legno, con lungo timone ed una punta ricurva, talora rinforzata da un puntale metallico. Il tipo linguistico aratrum rimasto
solido nel mondo romanzo, sostituito talora da termini che denunciano limportanza che laratro aveva agli occhi del contadino (*organium in Istria, *org na in Friuli: lattrezzo per eccellenza;
*apparamentum nel latino regionale documentato dallalbanese
parmnd). Talora laratro prende nome metonimicamente da una
delle sue parti costitutive, versrium (ad es. nel ven. versr) dal
nome del vomere che riversa le zolle, quadriga (in parte delle
cosiddette aree ladine) o carrus per la parte anteriore, talora con
ruote, dello strumento. In alcune aree dellItalia settentrionale
entr invece un tipo concorrente di origine langobarda, latinizzato
nella forma plovum (e dunque affine al ted. Pflug e sim.), tipo che
ebbe fortuna anche in una parte del mondo slavo meridionale.
Perch ci sia avvenuto presto detto: le genti germaniche introdussero nel mondo dellex Impero Romano doccidente non solo
il collare per cavallo fondamentale miglioria per laggiogatura
del cavallo da lavoro 14 ma altres laratro pesante, che scassava
in profondit il terreno, uno strumento adatto ai duri e spesso
gelati terreni settentrionali ma che si rivelava estremamente vantaggioso anche in quelli dellEuropa meridionale.
Credo che non occorra insistere oltre sulla fattualit delletimo.
Da pi di un punto di vista letimologia rassomiglia alla divinazione. Anche nella divinazione, che, come noto, riguarda tradizionalmente molto pi spesso il presente ignoto ed il passato
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I Romani aggiogavano il cavallo alla maniera dei buoi, il che affatica notevolmente lanimale. [recentissime ricerche sembrano tuttavia far ritenere che i Romani, pur senza conoscere il collare, conoscessero e praticassero un'aggiogatura
equina appropriata].
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la casa di nome bayaad < arabo bay bianco e pu indicare, oltre al colore che essa denota, un fatto negativo in caso
di malattia (bianco il colore della morte) o di animali perduti,
ma un fatto positivo quando la consultazione avvenga a proposito di donne o ragazze. Tracciate le 4 figure, il geomante le legge
in orizzontale da destra a sinistra, disponendo i segni dallalto
verso il basso ed ottenendo cos quattro nuove figure. A questo
punto le due di destra indicano il passato del fatto indagato e
quelle di sinistra il proseguimento temporale del fatto stesso.
Ulteriori trasformazioni sono possibili e le possibilit esegetiche
si ampliano considerevolmente (ad es. la riduzione 4 > 2 > 1, la
somma totale dei trattini ed altro ancora), per cui il faaliye ha
molti possibili responsi tra i quali teoricamente scegliere. Di fat-
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to, egli sceglie assieme al consultante e si potrebbe tranquillamente dire che lindovino uno strumento che per agire abbisogna
dellindirizzo e delle scelte di chi lo usa. Basti dire che se alla
fine delle trasformazioni egli dovessere ottenere il segno jamaac
(formato da due versi su ciascuno dei quattro piani) il responso
sarebbe, coerentemente con il nome di palese origine araba, una
riunione di persone, senza che per questo si possa sapere se si
tratta di una riunione festiva (ad es. un matrimonio), luttuosa
(un funerale), unassemblea religiosa o una battaglia. Insomma,
quanto diceva gi Seneca il Giovane a proposito dei portenti
divinatori rivelati, secondo la disciplina etrusca, dai fulmini (Natur.
Quaest. 2, 32, 6: Auspicium observantis est un auspicio tale per
coloro che lo colgono).
Ci sono problemi etimologici che letimologo pu risolvere
senza mediazioni, ossia con gli strumenti che gli sono professionalmente propri, e responsi che lindovino pu ricavare senza
interventi esegetici speciali. Una volta che letimologo abbia ben
chiare le regole fonistoriche dei dialetti istriani meridionali e sappia
altres che in tali dialetti (e non solo in essi) il suffisso diminuitivo
latino - llu(s) spesso si presenta ampliato nella forma - llione(m)
pu agevolmente comprendere che il rovignese sin uccell(in)o
risale al latino aucellus tramite *auclline- . Analogamente qualunque Guro (gente della Costa dAvorio centrale) pu consultare con successo loracolo del topo.
Sul fondo di un orcio si dispone ordinatamente una barretta
orizzontale di legno alla quale sono fissati dieci bastoncini
mobili, ognuno dei quali identifica un referente particolare
secondo questo schema:
A
B
persona viva
persona morta o essere della boscaglia
1A 2A 3A 4A 5A
1B 2B 3B 4B 5B
1A bambino o bambina
2A adulto
3A ragazza non sposata
4A donna con molti figli
5A vecchio
1B vecchio
2B vecchia
3B portatore di sventura
4B sacrificio
5B stregoneria, pericolo
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molto antichi oppure pratichiamo letimologia su vasta scala comparativa (linsieme della famiglia indoeuropea, poniamo) i problemi assumono caratteri molto complessi.
* * *
Da quanto sin qui detto possiamo trarre una conclusione preliminare che ci servir oltre come prospettiva di metodo. Letimologia un importante strumento della ricerca storica linguistica e culturale: essa si configura come un dominio complesso
che, pur basandosi sulla linguistica come disciplina fondante, implica
a pieno titolo linterazione di altri mbiti disciplinari, primi tra i
quali lantropologia come scienza della cultura e lo studio della
cognizione.
Dobbiamo ora indagare pi da vicino i temi sopra accennati.
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il pastore di ta (R
t asya gop), linflessibile custode della sacert
del giuramento e delle Acque primordiali.
Perch la ricerca del vero possa essere trasferita a livello del
linguaggio umano in se stessa la procedura non sarebbe affatto
obbligata devono sussistere alcune premesse interrelate, ossia
che nella cultura data ci sia interesse per la lingua come fenomeno del reale e che su di essa si sia in qualche modo formata una
teoria, esplicita od implicita.
Lessere umano un animale sociale neurologicamente e psicologicamente capace, vorremmo dire costretto, a costruire forme potenzialmente sempre nuove di cultura: per antichissima
norma imposta dalla realt altres un soggetto, sia come individuo che come gruppo, plurilingue. Egli dunque sa bene che
esistono, anche a pochi passi da s, da quello che considera il
centro del (suo) mondo, gruppi che non condividono il suo linguaggio e con i quali la comunicazione difficoltosa oppure
addirittura impossibile. stata lideologia filosofica romantica e
conseguente pratica politica e sociale che ci hanno portato a credere alla naturalezza delle Nazioni (e del supposto loro Spirito)
e degli stati nazionali.
Anche quando, con pressoch inevitabile etnocentrismo linguistico e culturale, le genti hanno attribuito al proprio uso valore di
normalit umana assoluta, di norma sulla quale misurare la devianza
altrui, essi sapevano bene che gli altri, i barbari, vivevano in un
universo altrettanto comunicante. Anche se ci non ha portato sempre
e dovunque ad interesse o curiosit per le lingue degli altri, ha
indubbiamente stimolato a riflettere sulla propria stessa lingua.
Ambedue questi fatti costituiscono i presupposti per il sorgere delletimologia e dovremo adesso considerarli pi da vicino.
La curiosit per le altre lingue nasce dal bisogno; quanto meno
tanto ci spingono a credere i documenti pi antichi e non pare un
caso che la lessicografia sia nata in ambiente accadico sin dagli
inizi del III millennio. Le genti semitiche della Mesopotamia, ed in
seguito della Siria, non solo vivevano in un ambiente dove molte
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Ma ritorniamo alle liste. Quanto abbiamo detto per la situazione accadica ed eblaita vale anche per Ugarit, la citt mercantile siriana crocevia di importanti influssi e presenze culturali.
Qui, nel pieno secondo millennio accanto al venerando sumerico
ed allinternazionale accadico, era stata inserita la lingua semitica locale e talora il hurrico, lingua che per un discreto lasso di
tempo aveva avuto diffusione politica e culturale nella regione.
Sarebbe stato breve il passo tra la lista bi- / plurilingue di
tradizione accadica ed il vocabolario cos come noi lo intendiamo: possiamo dirci moralmente certi che esso sia stato fatto, tuttavia
i documenti di questo tipo a noi giunti sono davvero pochissimi.
Uno di questi (il frammento di) un vocabolario egiziano accadico,
che trovava la sua ragion dessere nel fatto che la cancelleria dei
Faraoni della fine della XVIII dinastia corrispondeva con le potenze regionali dellepoca in accadico. Durante la fine della XVIII
dinastia la cancelleria faraonica pare esser stata in grado di comprendere anche il hurrico, il che in se stesso naturale, visto che
Amenofi III aveva preso come sposa secondaria una delle figlie
del re di Mitanni (e certo nel suo ricco corteo di accopagnamento
accanto a serve personali e dame di compagnia [le fonti egiziane
parlano di un totale di 317 donne] cerano anche scribi e persone
colte) e persino la lingua degli Ittiti, con la cui potenza militare
lEgitto doveva cominciare a fare i conti. Due lettere al re di
Arzawa (EA 31-32), regno collocabile grosso modo nella Cilicia, ci
mostrano una situazione interessante. Il re di Arzawa pone alla
fine della propria lettera un poscritto, nel quale dopo aver invocato le benedizioni del dio Nab sullo scriba egiziano addetto al
protocollo della corrispondenza, aggiunge : Tu, scriba, scrivimi
bene e metti inoltre per iscritto il tuo nome. Le tavolette che
vengono portate qui [cio alla cancelleria regale di Arzawa] scrivi(le)
sempre in ittito!. Il poscritto potrebbe esser giustificato con la
constatazione che la lettera alla quale rispondeva era stata scritta
in un ittito alquanto incerto. I rapporti con gli Ittiti durarono
abbastanza a lungo e sotto il regno di Ramesse II, dopo duri
confronti militari, si trov un modus vivendi siglato anche da
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una quantit di elementi del reale tramite quelli che noi definiremmo volentieri giochi di parole, ma che giochi non erano affatto per gli Egiziani, bens dimostrazioni inequivoche del potere
della parola. E c di pi. Quando si sostiene, ad esempio, che gli
esseri umani (rmT, copto rwme) sono nati dalle lacrime del Creatore (rmj piangere, copto rime) si ammette unidentit essenziale (oj m oiousiv a ) che include la paretimologia senza bisogno di
articolazioni linguistiche specifiche.
Gli Egiziani spinsero ancora pi in avanti la loro ricerca, giungendo alla conclusione che la loro scrittura geroglifica che non
a caso definivano mdw nTr parola di dio fosse un altro modo
di identificare lessenza della realt. Per brevit faccio qui un
solo esempio. Alcune scuole teologiche ritenevano che il Demiurgo
fosse stato androgino, parte maschile e parte femminile e ritenevano che ci ricevesse una conferma dal fatto che il nome della
dea Neith creatore nella teologia latopolitana potesse esser
scritto con i due segni
e
che potevano esser impiegati
per scrivere le parole padre e madre 15 .
Prescindendo dallaspetto demiurgico, che resta un caso specifico pur se diffuso, il fenomeno generale noto e studiato. Idee
e pratiche molto comuni come la magia aggressiva esercitata sul
nome proprio, lesistenza di nomi segreti, la ricerca dei nomi di
Dio e tabu articolatori connessi, il potere della parola nel rito e
quanto altro ancora sono tutte manifestazioni della supposta ojmoiousiva
tra segno linguistico ed elemento del reale. Sono davvero poche
le culture antiche o primitive che si siano sottratte a tale realismo concettuale (per usare la terminologia di J. Piaget) e che
quindi non abbiano praticato, anche solo occasionalmente, la
(par)etimologia per fini euristici o interpretativi. Sono giustamente
note, per limitarci ad una citazione, le complesse costruzioni teoriche
sviluppate dai Dogon e dai Bambara dellAfrica occidentale sulla
lingua e sul suo uso, e potremmo facilmente moltiplicare gli esempi.
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In realt i due segni erano innanzi tutto motivati dal fatto che nella grafia
geroglifica tarda essi notavano le consonanti n e t.
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I Bawl della Costa dAvorio, che pure non hanno una teoria
linguistica esplicita, hanno usato la paretimologia come importante strumento per lautodefinizione. Popolazione costituitasi in
unepoca piuttosto recente (prima met del XVIII sec.) grazie
allassimilazione di gruppi di lingua e cultura prevalentemente
Guro da parte di piccole minoranze Asante provenienti dal Ghana,
i Bawl hanno basato la propria identit su un mito di fondazione, quello della regina Abla Poku che con un piccolo seguito
avrebbe condotto da Kumasi tutte le genti akan che oggi si trovano in Costa dAvorio (sic!). Lassunzione del nome etnico Bawl,
un nome che ci attestato prima del XVIII secolo sulle carte geografiche europee e che verosimilmente un nome geografico
(verosimilmente un idronimo), stato rideterminato dalla paretimologia: il nome significherebbe ba wuli il bambino morto e si
riferirebbe al momento in cui la regina, davanti ai propri seguaci, avrebbe dovuto sacrificare il figlioletto alla divinit del fiume
Como per poterlo guadare e cos mettersi in salvo dagli inseguitori. Sulle stesse basi ideologiche sono stati reinterpretati i nomi
delle sezioni locali bawl: gli Aali sarebbero coloro che sarebbero
rimasti indietro ( O wali), gli Atu coloro che disboscavano (o spennavano i polli; tu) per conto della regina e cos via.
Fu la cultura filosofica greca ad affermare che i segni linguistici si collegano al referente per convenzione sociale e non per
natura, ma la presa di posizione impieg molto tempo per dominare il campo della riflessione: essa comunque costitu la base
cognitiva delletimologia cos come oggi la intendiamo perch
rese il segno linguistico un oggetto manipolabile senza dover
far ricorso ad ideologie soggiacenti di carattere religioso ed estranee
al segno stesso. Certo, il bisogno di recuperare trasparenza e motivazione non ha mai neppure oggi annullato la pressione al
ricorso esegetico paretimologico, ma gradualmente lo ha staccato
dalla tev c nh linguistica proprie dicta.
Il pi antico e coerente testo a noi giunto sulla natura del
segno linguistico il Kratylos di Platone, un dialogo che si imma-
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va inteso
ur apr marty ni-vta dev ut-vta
Tale versione, detta p dap6ha, costitu la base, pur con incoerenze ed errori, sulla quale le diverse scuole costituirono ulteriori opere, i pr tis khya, dedicate alle norme del sa dhi, alla lunghezza vocalica, agli accenti e a poche questioni grammaticali.
Lassenza di interessi semantici non affatto segno che questi
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Se Alessandria ha fatto nascere la filologia intesa in senso moderno e quel tanto di linguistica che era ad essa funzionale, furono
gli Stoici a dedicare molti loro sforzi intellettuali alla linguistica in
quanto tale. Delle loro opere in definitiva conosciamo poco e per di
pi esse ci sono note per tradizione indiretta. Possiamo qui prescindere dai loro importanti progressi nella descrizione grammaticale, non senza peraltro rilevare che ad essi si deve limpostazione
di quella che fu la grammatica nel periodo ellenistico e romano, e
concentrarci invece sulla loro ricerca etimologica. Per gli Stoici il
rapporto tra parola e cosa era un rapporto di natura e come tale
andava indagato per raggiungere la vera essenza ed il reale significato di una parola. Tutto sommato, la migliore illustrazione del
loro metodo sono i libri sopravvissuti sino a noi dellopera De Lingua Latina di Marco Terenzio Varrone. Varrone era un uomo politico ed uno studioso: nato nel 116 a.C. a Rieti, in territorio sabino,
si schier nella guerra civile dalla parte di Pompeo, ma ottenne in
sguito il perdono da Cesare e fu fatto bibliotecario della grande
raccolta libraria che il Dittatore stava promovendo. Proscritto da
Antonio, fu riabilitato da Ottaviano e pass il resto della sua vita
scrivendo in tutta tranquillit, morendo nel 27 a.C. Uomo di grandi
letture e notevole erudito, scrisse di antichit romane religiose e
profane, essendo stato allievo di filosofi e grammatici di impronta
stoica. In quellepoca il mondo degli studiosi si divideva, con varie
sfumature, tra due tendenze: da una parte, gli Stoici, che sostenevano lazione fondamentale dellanomalia nei fatti di lingua e dallaltra
gli Alessandrini, sostenitori dellanalogia. difficile riassumere in
breve tutto quello che tali concetti implicano: potremmo dire, approssimando, che si voleva decidere se avesse maggiore incidenza
luso che della lingua si fa o la regola che in essa si riconosce
operante. Posta in questi termini, tuttavia, la questione sembra sin
troppo banale, poich chiaro e ci non sfugg a moltissimi filologi e filosofi che lanomalia presume lanalogia e viceversa, anche
se le cose si complicano quando si passi dallesame del linguaggio
quotidiano allanalisi della lingua letteraria e si debbano prendere
decisioni filologiche (ad esempio la correzione di un testo trdito).
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Roma strumenti e mezzi che permettessero di valorizzare la tradizione letteraria locale. Per Varrone letimologia il mezzo pi
opportuno per riscoprire e riutilizzare correttamente parole antiche, per ricordare ai propri concittadini la ricchezza delle tradizioni avite e per incoraggiare la fierezza del parlare latino.
quel che diceva nello stesso periodo Cicerone, sostenendo che
ormai (de nat. deorum 1, 4) era possibile fare filosofia in latino,
confrontandosi alla pari con i grandi pensatori greci: quo in genere tantum profecisse videmur ut a Graecis ne verborum quidem copia
vinceremur.
Varrone, che dichiara di aver studiato alla luce sia della lanterna di Aristofane di Bisanzio (v. sopra) che di quella di Cleante
(allievo e successore dello stoico Zenone), chiarisce quelli che a
suo parere sono i quattro gradi di interpretazione etimologica di
una parola (5, 7-8). Il primo quello proprio di qualunque parlante nativo il quale in grado di riconoscere facilmente gli elementi formativi di una parola. Il secondo quello dei grammatici che studiano la lingua dei poeti e quindi analizzano le loro
creazioni linguistiche. Il terzo di impronta filosofica e si ripropone
di studiare lorigine essenziale delle parole, anche di quelle
pi comuni (tale gradus un omaggio alla scuola stoica). Il quarto quello pi complesso ed anche la formulazione di esso
asciutta e riassuntiva: Quartus, ubi est adytum et initia regis. In
questi termini il testo sembrerebbe affermare che il quarto grado
coincide con il sacello pi sacro, non avvicinabile dai profani, e
con i misteri iniziatici del re. Ma che vorrebbe dire tutto questo?
In realt pare che si debba emendare il testo in aditum ad, il
che significa che il quarto grado quello in cui consentito laccesso (aditum) a quelli che furono i periodi iniziali (initia) della
storia romana pi antica, quella dei re: nella tradizione romana
si sosteneva che proprio durante il periodo dei 7 re si erano costituite
le realt caratterizzanti di Roma ed ad esse i re avevano dato
nome. Varrone ribadisce dunque quello che per lui il massimo
dei risultati possibili, riconoscere nella storia lidentit culturale,
e dunque anche linguistica, romana.
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prie, diverse cio da quelle dei Romani: la voce infatti etimologicamente identica al tedesco Gast ospite.
I meriti di Varrone sono dunque notevolissimi; ad essi ne aggiungiamo un ultimo: egli uno degli studiosi antichi di etimologia pi fermi nel considerare che la vetustas, lantichit delle
parole non solo un elemento che complica la ricerca cosa
infatti si sottrae al trascorrere del tempo? , ma, una volta in
possesso di documentazione affidabile, essa aiuta a capire la storia di una parola ed a coglierne il mutamento di significato. Varrone
fa nascere con decisione la dimensione della storia linguistica e
culturale finalizzate alletimologia.
Circa un secolo dopo, Varrone fu duramente criticato da
Quintiliano (Instit. Horat. 1, 6, 28 ss.) e preso come paradigma
della pretesa scienza etimologica: gli etimologi, egli dice, riportano ad veritatem le parole che a loro avviso si sono mutate nel
corso del tempo e lo fanno aut adiectis aut detractis, aut permutatis
litteris syllabisve. Inde pravis ingeniis ad foedissima usque ludibria
labuntur aggiungendo, togliendo, o cambiando suoni e sillabe:
di qui vengono spinti dalla loro fantasia malata alle pi ripugnanti ridicolaggini. Possiamo capire, anche se non condividere.
La ricerca del vero, dicevamo, spesso ispirata dalla convinzione della centralit della lingua stessa nellesperienza umana: nella
nostra lingua sarebbero riposti molti dei segreti di noi stessi e
del mondo. Quintiliano non ci credeva, e noi neppure. E tuttavia
nessuno di noi dubiterebbe che nella lingua che usiamo ogni giorno
ci sono tante cicatrici prodotte dalla nostra storia culturale:
questo vero, talora pi umile, che letimologia si sforza di afferrare. Una metodologia linguistica per studiare la cultura.
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tempo la linguistica katej x ochv n . Tutto ci, bene o male, si fondava sulletimologia.
Il cammino che qui ci accingiamo a fare verso i grandi problemi della comparazione e della ricostruzione linguistica alquanto lungo e tormentato. In questo capitolo discorreremo della
percezione delletimo come fatto intrinsecamente culturale.
Uno specialista in genere si accorge prontamente della bont
di una proposta etimologica: ma da cosa data la bont di un
etimo, una volta fatta salva la correttezza del riconoscimento
dellevoluzione fonetica? Gi, perch questo il punto: anche
quando si sia individuato un etimo formale (ad esempio, il fatto
che il greco iJ p po", il latino equus, il sanscrito as v a " derivano da
una forma indoeuropea ricostruibile come *ekwos cavallo) non
si per ci stesso capito ci che letimo stesso implica (come si
detto, qual il ruolo di tale animale nelleconomia e nella societ?).
Questo vale spesso anche per derivati romanzi di parole latine,
ossia nel caso di trafile formali nelle quali il punto di partenza
attestato e noto: potremmo limitarci a dire che litaliano famiglia
deriva dal latino familia senza prendere in considerazione lenorme evoluzione che il concetto ha subito?
Il primo elemento, dunque, che garantisce la bont di un etimo
la congruenza culturale con quanto sappiamo o possiamo ragionevolmente presumere. Un esempio chiarir meglio quanto intendo.
Plinio (N.H. 7, 2, 19) ci riferisce quanto segue: Non lontano
dalla citt di Roma, nel territorio dei Falisci vive un ridotto numero
di gruppi familiari di nome Hirpi. Costoro, nellannuale sacrificio ad Apollo che ha luogo presso il monte Soratte, camminano
sopra un mucchio di legna ridotta a brace e non si bruciano;
appunto per questo motivo hanno ottenuto, sulla base di un decreto
perpetuo del senato, lesenzione dal servizio militare e da tutti
gli altri inerenti doveri 19 . Credo che tutti conoscano identiche,
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La notizia di fonte varroniana (Ant.Hum. I, cfr. Serv. A. 1, 787, 1, 5). Letnico
Hirpini.
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prestiti dalla medesima lingua (ad es. Bawl kpau) pane 21 ). Lago
il prodotto di una tecnica metallurgica avanzata e ricordiamo
che anche nella lingua dei Tuaregh il nome dellago (per tappeti)
un prestito, in questo caso dal latino, ta-sugla, ta-subla22 < s b la.
Ma che ci sarebbe di culturale nel fatto che litaliano sasso deriva
dal latino saxum?
Lobbiezione sarebbe mal posta, poich se vero che ogni
problema pu essere tecnicamente affrontato per se stesso, altrettanto vero che non esiste parola che nel lessico non sia parte
di classificazioni o di campi lessico-semantici per definizione culturali:
essa isolabile solo per fini operatori (nostri!) contingenti. Per
tornare allesempio ora citato, il latino saxum indica un macigno,
una rupe, e dunque va visto nei suoi rapporti con petra e lapis e
dunque ha una collocazione lessicale diversa da quella che il
derivato ha in italiano. Ora mostreremo che quando si dice che
litaliano rosso deriva dal latino r ssus si racconta solo una parte
di una storia complessa.
Tutti gli esseri umani hanno unidentica percezione del colore,
ma hanno una diversa cognizione del colore stesso: le culture
delimitano in maniera diversa lo spettro della luce e applicano
quindi etichette linguistiche che possono sembrare, ma non sono,
uguali o simili. Il bianco ed il nero latini, ad esempio, erano
diversi dai nostri: per i Romani infatti un fattore distintivo era la
luminosit per cui si distingueva il bianco luminoso (candidus)
da quello non luminoso (albus), il nero che riflette la luce (niger)
da quello che non la riflette (ater). Viridis era s il color verde,
quello della vegetazione fresca, ma ricopriva anche una fascia
del giallo pallido come del resto il greco clorov " . Sulle varie
sfumature del rosso ci informa una pagina di Aulo Gellio (Noctes
Att. 2, 26) che conviene citare nella sua interezza.
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invece, per tradizione dotta latina fatta propria anche dalla Chiesa, lo chiamiamo dito dellanello (anularis). Il perch ci viene
spiegato da Aulo Gellio (Noct. Att. 10, 10): gli Egiziani avevano
scoperto anatomicamente che un nervo sottilissimo collegava tale
dito al cuore, per cui era pi che sensato collocarvi un anello
(propterea non inscitum uisum esse eum potissimum digitum tali honore
decorandum, qui continens et quasi conexus esse cum principatu cordis
uideretur.), fosse esso simbolo di posizione sociale o di fatto religioso e si pensi alla fede matrimoniale. Effettivamente la notizia, che Gellio ricava dallo scrittore egiziano Apione, di buona
qualit, anche se anatomicamente assurda: gli Egiziani antichi
credevano in effetti che ciascuna delle dita della mano fosse collegata ad una viscera diversa.
Insomma, non si pu a priori decidere quanto sia naturale e
quanto, pur non essendo un artefatto materiale o spirituale umano, sia culturalmente determinato. Credo che la conclusione non
possa stupire: qualunque designazione pu essere determinata
non dalle caratteristiche fisiche del referente naturale bens da
fatti culturali, cosa questa molto comune nei nomi di piante. Nei
dialetti sloveni diffusa la designazione netrsk per il Sempervivum tectorum, una crassulacea simile al carciofo. Letimo trasparente, ossia la pianta che protegge dal colpo del fulmine (trsk)
e la designazione dovuta alla tradizione molto diffusa nellEuropa medievale che la pianta proteggesse, appunto, dal fulmine:
Carlo Magno nel suo Capitulare de villis aveva prescritto che essa
dovesse essere largamente piantata nei villaggi per le sue capacit protettive. E, a dire il vero, lorigine ultima della credenza
va cercata nel mondo romano, dove la pianta veniva detta, appunto per questo motivo, oculus Jovis (nellalto Medioevo compare il tipo barba Jovis) ed era creduta efficace anche per allontanare
dalle case, sul tetto delle quali veniva piantata, il male derivato
dallodio: era pianta, insomma, che proteggeva e che induceva
allamore (Ps.-Apul. CXXIV e Diosc. IV, 88).
Ulteriori esempi ci sono forniti dalle etichettature delle tassonomie
animali. Il nome della tartaruga in diverse parlate romanze pre-
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suppone un tartar ca, derivato dal greco Tartarou~ c o" infernale. Non vi nulla nella tradizione culturale greca e latina in
senso proprio che giustifichi tale infamante designazione n la
parola nota in questo significato nelle fonti a nostra disposizione. La tartaruga ha evidentemente assunto tale (dis)valore culturale nella lingua e nella pratica della magia e dellesorcismo, quando
nei primi secoli dopo Cristo in quel particolare sapere specialistico greco confluirono correnti culturali vicino orientali: nella cultura religiosa egiziana, che tanto ha contribuito alla magia greco
romana, la tartaruga uno dei simboli delle forze delle tenebre
e del male contro le quali combatte il dio del Sole (Che viva Ra
e muoia la tartaruga! recita apoditticamente il Libro dei Morti al
capitolo 161). In questa prospettiva significativo che nei musaici
cristiani aquileiesi di et teodosiana compaiano due scene di lotta
tra il gallo, simbolo della luce e del risveglio alla fede, e la tartaruga, soprattutto se si tiene conto della tradizione che lega la
fondazione della chiesa aquileiese ad Alessandria dEgitto.
Limpronta culturale pu dunque essere determinante in ogni
settore del lessico per una ragione profonda: lUomo non semplicemente un animale sociale, condizionato neuro-fisiologicamente
a vivere in societ ed a produrre comunicazione sociale, bens
programmato nellevoluzione a creare cultura socialmente distribuita via comunicazione orale. Molti mammiferi sono animali
sociali, ma non per questo producono cultura ed alcuni mammiferi superiori possono produrre limitate variet culturali senza
per comunicazione orale. Insomma, luso linguistico in quanto
tale presupposto dalla continua creazione, innovazione,
risistrutturazione culturale. Nella Storia, come ovvio che sia, il
processo non parte mai dal livello zero, per cui linnovazione o
ladattamento possono essere espressi con segni linguistici che di
fatto erano adeguati alla situazione precedente (io scrivo con la
penna, che per non la penna (doca)), per cui tra passato
linguistico e culturale e presente, tra tradizione ed innovazione,
c una costante dialettica: lequilibrio raggiunto sempre preca-
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seca dimensione culturale, la sua correlazione a saperi extra-linguistici. Le difficolt presentate dalletimologia, oltre a quelle
specificamente linguistiche, sono quelle presenti in qualsiasi ricerca di carattere storico problemi di fonti, di commensurabilit
dellipotesi emessa, di economia interpretativa. Possiamo concludere con unultima esemplificazione.
In qualche singola localit istriana (Buie dIstria) lagionimo
(Eu)fmia si presenta nella forma Foma, con un accento sorprendente. Da un punto di vista strettamente linguistico si pu dire
che tale accento non giustificato dallevoluzione neolatina, mentre perfettamente accettabile se supponiamo che esso, beninteso
assieme al nome, sia un prestito dal greco bizantino. In sede storica siamo confortati dal fatto che lIstria, da prima della caduta
dellImpero romano dOccidente sino almeno allVIII secolo, stata politicamente e militarmente dipendente da Bisanzio, anche se
talora la dipendenza era poco pi che nominale. Diventa dunque
legittimo chiedersi se nei dialetti istriani siano reperibili altri
bizantinismi; nonostante le ovvie difficolt della questione28 , esiste qualche voce sospettabile di tale origine. Vediamole. Nel dialetto di Cittanova del XV secolo esisteva il tipo dmanda settimana = greco eJ b dov m ada (accusativo), ma bisogna riconoscere che la
voce greca, nella forma hbdmda, era entrata in alcune variet
del latino parlato (REW 4090) ed documentabile anche in aree
italiane che mai hanno visto una presenza greca. Ben pi affidabile la voce marasa (Dignano) finocchio < mav r aqon, poich il tipo
completamente isolato dal punto di vista neolatino: il trattamento della -th- greca quello che ci aspetteremmo (si veda ad esempio gnav q o" guancia = veneto gansa). Nulla per ci garantisce
anche se la cosa pare francamente improbabile che non si tratti
di un prestito tardo antico. Lo stesso si potrebbe dire, pur con lo
stesso sforzo, per la parola gombro corbezzolo attestata a Dignano,
28
La presenza bizantina stata di qualche importanza soprattutto durante lepoca del confronto con i Longobardi, dunque un periodo temporale piuttosto ristretto perch il greco abbia potuto esercitare davvero la superiorit del modello
culturale tramite esso irradiato.
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anchessa completamente isolata nel lessico neolatino e la cui origine va ravvisata nel greco kov m a r o" id. (> com(b)ro). Siamo dunque costretti allafasia, nonostante si debba prendere atto sia della
ragionevolezza delle ipotesi linguistiche sia aggiungo del fatto
che la localizzazione delle due voci pi significative Dignano,
paesetto a 9 chilometri da Pola, porto e base militare del generale
bizantino Belisario?
Ebbene no: ci soccorre infatti una pia tradizione. Santa Eufemia
la patrona di Rovigno e la leggenda vuole che il sarcofago con
le sue spoglie mortali sia stato spinto miracolosamente a riva
proprio a Rovigno, dove venne trovato, fu edificato un luogo di
culto e la martire fu eletta a Patrona. Dietro la tradizione leggibile in controluce un fatto indiscutibile, ossia che il culto di
Santa Eufemia stato importato in Istria. Riscopriamo cos la ratio
del prestito del nome e del suo accento ed ogni residuo dubbio
pu cadere anche circa la grecit delle due voci dignanesi.
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invero, che lantropologia non abbia avuto che una parte piuttosto limitata nella ricerca 29 : come scienza della cultura avrebbe
potuto contribuire non poco ad una visione laica di molti problemi.
Qual dunque si potrebbe chiedere loggetto del contendere, se tutti concordano nellammettere che letimo ha dimensione culturale? Ebbene, innanzi tutto la complessit del processo, quella che travalica il rapporto tra un etimo ed un fatto, prospettiva questa che stata a lungo privilegiata dalla referenza
archeologica. Essa viene alla luce quando letimo coglie aspetti
poco o punto noti e sui quali necessario emettere ipotesi il pi
possibile economiche. Un esempio, molto noto: il latino vcus aveva
due significati, quello di fila di case, strada, quartiere e quello
di insediamento; ambedue i significati si continuano nel mondo romanzo (vco(lo) rispetto ai tanti toponimi del tipo Vico o
Vigo). Qual dunque il fattore unificante? Evidentemente labitare vicino (v c nus un derivato da v cus) di un gruppo di persone, un abitare assieme che pu essere urbano o rurale (v lla).
Tuttavia nel momento in cui prendiamo atto che formalmente la
parola v cus equivale perfettamente al greco oi~ k o" casa, gruppo familiare ci rendiamo conto che il soggetto logico soggiacente
alla comparazione originariamente un fatto di parentela con
una proiezione abitativa: persone che sono o ritengono di essere
parenti tra di loro abitano assieme. Se poi procediamo ad una
pi ampia comparazione indoeuropeistica troviamo conferme
allassunto, poich liranico vs- ed il sanscrito vs- indicano appunto
il lignaggio. Letimo ha un valore aggiunto, ossia ci garantisce
che linsediamento latino pi antico era ancora concepito in termini di parentela.
Lesempio, per banale che sia, ci mostra che non sempre
ovvio nei nostri termini culturali ci che va chiesto alletimo. Ho
detto nel capitolo precedente che scrivo con una penna che
per non una penna (doca) ed adesso aggiungo che letimo ci
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si presenta sempre come il prodotto di successive cristallizzazioni semantiche e culturali. Contrariamente a quello che possiamo
dire sul piano formale delletimo stesso, non possiamo affermare
che il livello, cronologico e ricostruttivo da noi raggiunto, sia
semplicemente quello dellultima cristallizzazione. Ci dovrebbe
essere chiaro se prendiamo in considerazione esempi a noi contemporanei e dunque ragionevolmente chiari. Nel sardo30 il campo incolto destinato a pascolo pu esser definito in vari modi: il
referente fisicamente lo stesso, ma la terminologia varia a seconda della referenza culturale. Altro il terreno destinato esclusivamente a pascolo, altro il terreno non coltivato (ma che potrebbe esserlo), altro ancora il campo che non coltivato perch
lasciato a maggese nel sistema della rotazione dei campi. La rotazione rigidamente prevista per le intere terre di un comune:
i gruppi sociali dividono tutte le loro terre in due gruppi, quelle
destinate pro tempore alla coltivazione 31 (nuor. bi D a T one, ecc.) e
quelle destinate al pascolo (nuor. paperile, ecc.). Letimo della prima
parola il latino habitatio, che sottolinea loriginario aspetto
insediativo rurale, mentre quello della seconda voce il latino
pauper povero. Tale terra di poveri per originariamente nulla
aveva a che fare con il sistema rotativo n con una sua presunta
povert rispetto alle terre produttive, bens va visto nella logica
terriera feudale: si trattava infatti della terra riservata ai poveri
perch la sfruttassero come pascolo.
Ho usato il termine cristallizzazione desumendolo dallambito degli studi sul mito perch mi sembrato adattarsi bene
anche ai problemi etimologici: sinch una parola si continua, i
suoi rapporti con il resto del lessico subiscono continui, graduali
e mutevoli assestamenti in relazione alla cultura dei parlanti,
arrivando talora e senza che i parlanti stessi ne percepiscano
con chiarezza la fastidiosa ambiguit ad indicazioni semantiche
che sono lesatto contrario della situazione originale. Un buon30
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riflette proprio tali concezioni) in una tradizione economica agricola per eccellenza e si trovava a confrontarsi con la cultura dei
nuovi signori che a tutto questo era estranea: la percezione della
distanza era molto forte ed anche la differenziazione alimentare
non era da essa sottostimata: il capo germanico aveva nella carne
il suo status symbol alimentare, ma la Chiesa vedeva proprio nella
frequente rinucia al consumo della carne un segno forte di
contrapposizione.
Il ricco, insomma, non era pi il dives latino (conservato probabilmente solo nel sardo antico, che difatti non stato esposto
alle migrazioni germaniche), ormai un ricordo dei tempi economici passati, ma qualcosa di sconcertante e di diverso da tutto
quello che era culturalmente ragionevole dal punto di vista dei
Latini. Il prestito fin per essere quasi un fatto di necessit.
Quanto sinora abbiamo detto (e visto negli esempi) facilmente riassumibile nelle due constatazioni che levoluzione non
lascia tracce omologhe di un rapporto di 1 : 1 tra fatti linguistici
e fatti culturali ed, inoltre, che la continuit della forma linguistica tende ad occultare ai nostri occhi levoluzione della cultura.
Possiamo essere in grado di cogliere delle cristallizzazioni semantiche
e culturali, ma quando siamo ridotti a ragionare sulla mera forma, operando con radici lessicali e privi di altri saperi culturali,
poco possiamo andare al di l della mera presa datto, quando
beninteso essa non sia in se stessa indizio di fatti storicamente
apprezzabili. Ne consegue che ogni viaggio nel passato rischioso
e che il rischio aumenta in diretta proporzione con la lunghezza
del viaggio stesso.
Affrontiamo adesso due altre insidie del passato, ossia linsidia classificatoria e quella della continuit. Mi riferisco, alquanto
paradossalmente, a due fattori di ordine linguistico che pure
costituiscono uno dei presupposti fondamentali della corretta ricerca
e spiegazione etimologica. Quando sosteniamo che litaliano sciatto
viene dal latino exaptus inadatto, ammettiamo che a) c conti-
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C C
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Orbene, dobbiamo concludere che sintantoch la nostra escursione nel passato ha una profondit cronologica limitata ed attraversa periodi ragionevolmente documentati le nostre analisi etimologiche possono essere solide, ma se cos non i problemi
possono farsi molto difficili; e si badi, non tanto in discussione
la giustezza delletimo, ma la comprensione storica di esso.
Sopra si detto che il passato un luogo dove regna lalterit,
talora pericolosamente camuffata da somiglianza: ora forniremo
un esempio di questa constatazione, il passaggio dal tardo
paganesimo al Cristianesimo visto dal punto di vista della lingua. Il problema, come noto, di grande complessit, forse non
sempre circoscrivibile allosservazione pur vera che molti culti
e riti tardoantichi si sono conservati via un pi o meno sommario camuffamento Cristiano (come nel caso sopra ricordato di S.
Domenico dei serpari; p. 53). Ebbene, se guardiamo alle continuazioni linguistiche il quadro non n molto ricco n troppo significativo. Qualche teonimo si conservato: Diana (sardo jana fata,
strega, toscano ant. iana, albanese [di origine tardolatina] zn
esseri potenti che vivono in zone deserte, romeno zna fata),
le Hrae (< greco), personificazioni del germogliare e maturare
della natura nelle sue stagioni (albanese ore spirito tutelare e
benefico di una persona, famiglia, trib, romeno ori), Orcus aldil
(ital. orco), Silvanus divinit dei campi e delle greggi, rusticorum
deus (Isid. Etym. 8, 11, 81 (veneto sett., trent. salvanl). Talvolta il
teonimo compare inserito nel lessico dellastrologia (i tipi lunatico, gioviale, saturno nel senso di taciturno, triste, lessico
che ha lasciato tracce riconoscibili (basti ricordare litaliano disastro) accanto al vocabolario della magia (il lat. carmen nel senso
di formula magica alla base del francese charme, come alla
base dellitaliano incantare c il canto delle formule magiche).
Il malocchio viene direttamente dal mondo antico come la personificazione in quanto rapace notturno di spiriti malevoli (strga <
greco, ital. strega) e la personificazione del potere del destino
(fata da fatum). Probabilmente antico il tipo *aquna ninfa delle
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avuto alcun senso se nel parlato ormai non fosse stata comune la
forma analitica, legata al progressivo degrado delle diatesi passiva e deponente, copula + participio passato di tipo romanzo (
[nella condizione di chi ] amato), una forma che invero aveva
cominciato a far capolino gi in Plauto.
Ateneo (Deipnosoph. 8, 63) mette in bocca ad uno dei personaggi colti del suo dialogo a banchetto (dialogo che veniva condotto in lingua greca) una frase spiritosa: colpito alluso della
parola ballismov " ballo, danza, Ulpiano dice che questa parola non greca, ma stata comperata nella Suburra, il quartiere
pi popolare e straccione di Roma. Non ci interessa tanto la risposta (effettivamente si tratta di voce autenticamente greca), quanto
linformazione che il tipo latino ballare, attestato dalle nostre fonti
appena in S. Agostino, era popolare ben prima ed era parola del
volgo. Siccome lorigine greca della parola va vista nei dialetti
sicelioti, verosimile che la voce fosse entrata a Roma gi durante la Repubblica. Molto di pi potremmo dire se possedessimo il
libro di P. Lavinio intitolato promettentemente de verbis sordidis.
Ma questi, per quanto sgradevoli, sono fatti di superficie, come
si diceva. Altra la questione del taxon etnico e linguistico, ossia
di quanto noi classifichiamo e dunque identifichiamo come latino (o greco, o bongobongo). La nostra classificazione non identifica unessenza, una monade chiusa in se stessa, bens un prodotto della storia e ci che nella storia per definizione mutevole. Scendendo su un piano concreto, quello che noi oggi definiamo lombardo, ieri poteva essere cosa di diversa estensione,
diversa articolazione e con caratteri almeno in parte diversi da
quelli odierni; si tratta in fondo di una cosa ovvia, poich unarea
linguistica si costituisce sulla base di una rete di comunicazioni
privilegiate e di modelli condivisi: un tipo linguistico non vive
nellempireo dei nostri manuali, ma nella polvere agitata della
quotidianit areale. Non difficile rispondere a domande del
tipo Quando morta la lingua X ?, perch evidentemente essa
morta assieme ai suoi ultimi parlanti, mentre dovrebbe essere
chiaro che domande come Quando si smesso di parlare lati-
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Un esempio: si usi tradurre con sacro la parola egiziana antica Dsr, tuttavia
essa vale in realt ci che messo a parte, distinto (PYR 1778), ci che non deve
essere accessibile ai mortali: la parola sopravvive nel copto tasr col senso di
protezione, recinto o sim. Quando i Copti dovettero tradurre il concetto greco
di sacro fecero ricorso alla parola che valeva puro.
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ta 40 . Dal modo in cui ho formulato la questione si evince facilmente che la probatio non di necessit equivale ad una dimostrazione: il mostrare essere vero possibile solo in condizioni particolari che non sono frequentissime nella storia linguistica in
prima istanza, la presenza di forme realmente documentate e processi
morfologici assolutamente prevedibili , altrimenti la probatio
indicazione di probabilit. Di massima, si dovrebbe concordare
sul fatto che la probabilit consiste principalmente nelleconomia
dellipotesi, ossia nella minimizzazione degli assunti41 , ma anche
in questo caso si dovr convenire che ognuno pu avere la propria idea di quanto sia realmente economico e di quanto non lo
sia. C dunque il rischio che divinatio e probatio diventino pericolosamente contigue e dunque poco distinguibili vicendevolmente.
Letimologia allinterno di fasi diverse di una stessa lingua o in
famiglie linguistiche di piccole dimensioni per le quali ci soccorre
una ragionevole documentazione diacronica (le lingue germaniche,
o slave, o semitiche per esempio) crea da se stessa gli anticorpi
per contenere il rischio di cui abbiamo detto: allinterno della
famiglia romanza siamo addirittura nelle condizioni di conoscere,
pur con delle limitazioni, il capostipite genealogico il latino: che
dire per del lavoro etimologico svolto in famiglie estese come
quella indoeuropea o per le quali ci manca documentazione diacronica,
come avviene in molti casi africani ed americani? Per tornare alla
maliziosa battuta sopra ricordata, comprensibile che letimologo
che lavora con parole e morfemi documentati provi sospetto per
la tipologia del lavoro di chi opera perlopi con radici lessicali e
con morfemi ricostruiti: da questo punto di vista dunque sin
troppo vero che la soglia di accettabilit di un etimo pu essere
diversa a seconda dellmbito di lavoro42 .
Uso la terminologia processuale romana.
Unipotesi ha il costo del numero e della qualit degli atti di fede ai quali essa
costringe.
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E non sar inutile ricordare anche che il romanista o il germanista pu e deve
far uso della filologia, strumento che non a disposizione di chi studia lingue di
esclusiva tradizione orale.
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abbia contribuito alla costituzione dellidentit linguistica cinese. Personalmente dissento sul metodo e sono scettico sulle conclusioni raggiunte: in primo luogo trovo curioso comparare radici
con parole, poich le prime sono per lo pi delle astrazioni mentre le seconde dei fatti reali; in secondo luogo la divinatio appare
priva di argomentazione 44 . Eppure, ripeto, le assonanze ci sono,
anche se non sappiamo che farcene 45 .
Abbiamo detto che un metodo frequentemente utilizzato quello
della ricerca di assonanze nel caso pi fortunato, di tipi lessicali
allinterno di unassodata parentela linguistica tra lingue di
una medesima area o tra lingue che si presumono imparentate in
base a liste di concetti legati al vocabolario basico. In questo caso
la divinatio assume prospettive leggermente diverse. Letimologia
cumulativa presuppone il fatto che il vocabolario basico evolva
con molta pi lentezza di quello legato alla cultura materiale o
spirituale, il che di massima pu sembrare ragionevole, e dunque possa mostrare con maggiore facilit solidariet etimologiche.
Sulla base, dunque, di tali concordanze si tenta di delineare un
albero genealogico che graficamente illustri le successive tappe
della graduale differenziazione ed autonomizzazione delle lingue esaminate. Restano, peraltro, dubbi sia di carattere teorico
che di carattere pratico. Possiamo davvero tirare una linea precisa di confine tra vocabolario basico e vocabolario culturale? Siamo davvero in grado di cogliere interazioni e rapporti areali che
hanno storie plurisecolari e che a noi si presentano appiattiti,
storie di prestiti da lungo tempo grammaticalizzati, di modelli
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Pare riassumersi nella domanda E se ci fosse un filone indoeuropeo nel cinese?: gi, ma perch sarebbe sospettabile la sua esistenza al di l delle assonanze
eventualmente producibili?
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Ben diverso il problema di cercare eventuali tracce di presenze linguistiche
indoeuropee ad est di quelle che sono le aree storiche nelle quali tale famiglia
linguistica attestata: in definitiva la lingua tocaria documentata nel Turkestan
cinese occidentale. Il problema del (o dei?) focolaio di formazione del cinese,
anche tenuto conto della pi generale parentela sino-tibetana, va probabilmente
cercato nelle regioni meridionali dellattuale Cina, fatto questo che potrebbe complicare
la questione di eventuali contatti con il mondo di rapporti indoeuropeo.
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che sono stati dominanti e che si sono persi nella dinamica della
storia culturale? Domande retoriche, beninteso, che trovano nel
rifiuto dellalbero genealogico la loro conseguenza ultima. In effetti,
molti studiosi sembrano subire una pericolosa tentazione, quella
di dimenticare che lalbero genealogico pu essere uno strumento, anche se grossolano, per parlare di descrizione e di storia, ma
non la Storia.
La prova migliore di quanto qui sopra sostenuto e dellesistenza di diversit di soglie di accettabilit forse fornita dal
fatto che lapplicazione di questo metodo ai dati della linguistica
romanza stata accolta dai romanisti con marcata ironia per levidente
ridicolaggine dei risultati ottenuti.
Mi pare si debba concludere che in questi casi letimologia si
limita ad un simulacro di forma o, in caso fortunato, alla mera
forma priva di qualsiasi connessione culturale: questultima,
dichiaratamente, non neppure considerata pertinente rispetto
ai fini proposti.
Lammissione che esistono soglie diverse di accettabilit, determinate da diversit di condizioni della ricerca etimologica, implica
due fatti rilevanti, ed il primo la conseguente diversit di livello dastrazione. Entro certi limiti, la proposta etimologica comporta sempre un margine di astrazione perch non tutto documentato o documentabile nella storia linguistica (e culturale): ci
che, appunto, non lo , va ricostruito sono le forme precedute
da asterisco usate anche in questo libro. Il procedimento quello
di un ragionamento deduttivo del tipo se / dato che X vero allora
Y / potrebbe essere vero. Un esempio: nel papiro greco P. Erl.21
registrato linventario dellarredo cultuale di un tempio egiziano
e tra i vari nomi compare quello di un recipiente che si premura di precisare il redattore del testo era detto in egiziano shse.
Ebbene, dato che in copto esiste la voce jees, h s col significato di coppa, incensiere e che le regole di adattamento fonetico tra egiziano e greco consentono facilmente di ricondurre la
prima forma alle seconde, e dato che sappiamo che uno dei processi formativi della parola egiziana consisteva in epoca tarda
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connesso con lebraico susim, forse esso stesso prestito 46 . Nel corso
della XVIII-XIX dinastia entrarono in uso nuovi termini, alcuni
semplici neoformazioni egiziane, altri prestiti ancora da lingue
semitiche (jbr, cfr. ebr. abr possente, valoroso, detto di stalloni) o da lingue non identificabili (gw 47). Una delle neoformazioni
egiziane pi comuni Htr, letter. laggiogato, unico termine per
indicare il cavallo che si conserva in copto (xto): la voce egiziana entrata anticamente nella lingua dei Blemmii/Beja, gente
che occupava la fascia orientale del deserto tra Egitto e Nubia,
nella forma hataj, ma non riuscita ad affermarsi nel Nubiano
n, verosimilmente, nel meroitico. Ci probabilmente dipende dal
fatto che la Nubia ospitava da epoche piuttosto antiche una razza encorica di tali animali: nel nubiano la voce che ci interessa
murti 48 , nubiano ant. murt, parola che ritroviamo in alcune lingue del Kordofan (Tira E - mrta) e del Sudan meridionale (Kunjara
murta, Bagirmi morte). Non pare dubbio che tale diffusione vada
vista nella prospettiva del commercio dei cavalli Nubiani.
La storia del cavallo attende di essere meglio definita nei suoi
particolari, ma per certo quello che abbiamo potuto per ora affermare sarebbe stato irragiungibile senza linterazione tra etimologia e archeologia/storia della referenza.
Talvolta lindicazione etimologica potr sembrare storicamente
ridondante, ma cionondimeno resta utile. Non abbiamo bisogno
dellarcheologia per capire che le genti dellItalia antica erano da
millenni dedite allagricoltura e dunque avevano sviluppato lopportuno strumentario. Il latino falx, diminuitivo falcula, pare a tutta
prima voce isolata, tuttavia letimologo potrebbe trovare qualche
conforto49 dalla voce glossografica daculum falce (CGl 1, 84, 91),
46
Di origine ultima indoeuropea (ind. as v a-)? Genti arie erano, come si detto,
presenti nel Vicino Oriente.
47
Se la pronuncia della parola , come parrebbe doversi desumere dalla grafia
sillabica, *gawa inutile speculare su eventuali connessioni con la parola indoeuropea
*ekwo-.
48
Solo in epoche alquanto recenti si affermato larabismo faras.
49
Luso del condizionale dobbligo perch il raffronto non pu dirsi al di sopra
di ogni sospetto.
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tratta del tradizionale ed antico mr-mSa generale, letter. preposto allesercito: curioso che il generale sia stato ridotto al semplice grado di fantaccino. matoi il risultato di una storia complessa. Anchesso documentato nel greco dEgitto, dove usato
abbastanza frequentemente come nome proprio (Matoi ) : solo in
un caso, almeno a mia conoscenza, si pu supporre qualche trasparenza semantica, ossia nel P. Lond 4 v. 14, dove compare un
Matoi stratiwv t ou. Letimo ultimo di questa designazione
letnico mDAy, nome di una gente Nubiana che sin da epoche molto
antiche aveva fornito truppe ausiliarie allesercito Faraonico (cfr.
Beja bija nomade): nellepoca ramesside la parola veniva regolarmente usata per indicare le forze armate di polizia allinterno
dellEgitto. Tuttavia la forma fonetica della parola ci fa chiaramente
intendere che la continuit tra egiziano classico e copto non
completa e che c stato un incrocio lessicale, ossia limmissione
di altro lessema su quello pi antico; lincrocio avvenuto con
Mdy abitante della Media, soldato dellesercito persiano. Nella
coscienza storica degli Egiziani si erano impresse fortemente le
occupazioni dellEgitto assira e poi persiana, lorrore di un mondo tradizionale stravolto, occasionalmente la profanazione dei
templi pi sacri e lasportazione in Persia delle statue divine del
culto. Il Persiano sembrava imbattibile ed il Medo, il soldato
del suo esercito, pot essere preso come esempio tipico del soldato. La gloria dellEgitto imperiale era davvero lontana e pochissimo
resta nel copto dellantica e ricca terminologia militare: sopravvive solo T(j)z.w comandante, copto jo eis, ormai nel senso
generico di signore 54 .
Gli esempi che abbiamo addotto mostrano che le preoccupazioni sopra espresse sono tanto pi acute quando tramite letimologia vogliamo ricostruire fatti che riguardano un passato
raggiungibile solo tramite la comparazione linguistica, quanto
appunto si riproposta una parte consistente dellindoeuropeistica
54
Non forse casuale che nel demotico fosse penetrato, accanto ai tipi encorici
kalasiri e matoi, il greco stratiwv t h" (dem. zrtjtz).
99
e, sullesempio da essa offerto, altre filologie storico-comparative. Dobbiamo dire che il fine in se stesso insensato? No, naturalmente: se la comparazione etimologica indizia lesistenza di
referenti concettuali o concreti doveroso, oltre che fatto di buon
senso, supporre la loro esistenza in un passato pi o meno remoto; se non lo facessimo, negheremmo il carattere fattuale delletimo.
Dunque la comparazione di teonimi come greco Zeuv " (pathv r ),
ant. indiano Dyau" (pit), latino Iuppiter [genitivo (D)iovis], messapico
Zis, ed altri ancora, permette di ricostruire una forma *Dij us,
connessa con la radice verbale *dei- splendere e con il sostantivo derivato *deiwos divinit (indiano deva", lat. deus, ecc.). La
conclusione si impone: molte genti di lingua e cultura indoeuropea
credevano in una divinit del cielo splendente alla quale attribuivano lepiteto di padre: per antonomasia la divinit era il celeste, in quanto tale contrapposto alluomo che il terrestre
(tale letimo di latino hom , dellirlandese duine e di altre lingue ancora) e mortale (greco brotov " , indiano marta", armeno
mard, ecc.). Analogamente la vasta comparazione istituibile per il
vocabolario dellallevamento del bestiame e la corrispettiva povert del ricostruibile lessico agricolo ha portato allipotesi che
le genti indoeuropee praticassero un mixed farming nel quale lallevamento era di gran lunga il fattore principale di ordine economico e di prestigio sociale; siccome lallevamento implica spostamenti
da pascoli estivi a pascoli invernali si comunemente ammesso
che le genti in questione praticassero il nomadismo.
Tratteremo in un capitolo successivo alcuni dei problemi connessi alla metodologia della ricostruzione, per cui qui ci limitiamo a poche osservazioni connesse alle preoccupazioni cautelative
sopra avanzate: poche, perch di fatto gli esempi scelti non rinvengono che marginalmente a fatti archeologici. Il primo problema la generalizzabilit del fatto ricostruito: che intendiamo,
infatti, con molte genti? Che tutte a suo tempo condividevano,
nel caso in questione, il teonimo e successivamente alcune lo
hanno perduto oppure che talune non lo hanno mai condiviso?
In ogni caso non ci sarebbe nulla di sorprendente, ma non sap-
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IL CONTRIBUTO DELLANTROPOLOGIA
Lantropologia studia gli esseri umani, anche se talora non
facile precisare il suo ambito specifico rispetto alle altre discipline umanistiche: personalmente preferisco credere che essa studi
i diversi modi nei quali possibile, con pari dignit, essere Umani.
In questo sorprendentemente vicina alla linguistica che vede
nelle lingue naturali il suo principale oggetto di interesse. Ambedue le discipline studiano dunque la variabilit. Se dovessi riassumere il contributo che lantropologia pu dare alletimologia,
direi che essa ci aiuta a capire la dimensione del lessico che ha
dei referenti solo apparentemente oggettivi ed una dimensione considerevole. Si considerino i seguenti casi:
1. Questa maglia gialla.
2. Il sabato il pi bel giorno della settimana.
3. Giorgio un galantuomo.
4. Il sommaco un arbusto.
5. Il re emette un editto.
6. Passami il coltello.
1-5 hanno una realt che dipende da schemi culturali. Il giallo riferito ad una tassonomia dei colori, arbusto una forma di
vita ed ambedue derivano da un sapere etnoscientifico non
generalizzabile. Sabato rinviene ad un computo calendariale determinato, galantuomo a norme sociali e re ad assetti politici:
tutte e tre le parole presuppongono dei costrutti culturali entro
i quali diventano significative. Solo coltello (6) potrebbe esser
considerato una realt oggettiva; e sia pure, ma val la pena di
non dimenticare la capacit dellUomo di attribuire significati,
rapporti ed ordine alle cose materiali che lo circondano e che
egli produce, un ordine altres dal quale gli esseri umani in
quanto soggetti culturali vengono ordinati. A priori noi non
sappiamo quanta parte della cultura materiale sia di volta in
volta portatrice di significati e connessioni che includono e superano
la stessa, pur importante, materialit delloggetto. Vediamo qualche
caso.
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Nel circuito di scambio cerimoniale papua detto kula le conchiglie, opportunamente lavorate come parte di bracciali o di
collane, hanno una grande importanza, per cui esse sono classificate con estrema cura: le conchiglie per bracciale (mwari) si
suddividono in 5 categorie di pregio ed 1 di pregio minore e lo
stesso avviene per quelle per collana (vaiguwa). La distinzione
riguarda non tanto il tipo quanto la grandezza, il colore, numero
e tipo di altre conchiglie ad essa unite come ulteriore pendaglio:
singoli taxa delle classi superiori sono inoltre distinti per nome
proprio e per storia, ossia quella conchiglia, gi da epoca antica
parte del kula, ha una storia ed un nome a tutti noto. Le due
classi superiori del genere mwari sono dette mwarikau e mwaributu:
-kau vuol dire propriamente cecit ed essendo questultima culturalmente associata alla tarda et, indica la grande antichit della
conchiglia stessa, la conchiglia dellepoca degli antenati. butu
indica invece la fama, il primo passo necessario per acquistare
un nome proprio. pertanto impensabile parlare semplicemente
di una conchiglia.
Nel greco esisteva lantica parola indeuropea per designare la
pecora, o[ i > " (lat. ovis), ma essa stata largamente soppiantata da
prov b aton: letimo di questultima voce lo stesso del verbo baiv n w
andare, per cui necessario concludere che la voce indicava
lanimale dallevamento come il bene mobile per eccellenza (si
veda Odissea 2, 75 keimhv l iav te prov b asiv n te i tesori ed i beni
mobili); la stessa metafora nota anche in altre lingue indoeuropee
e dunque conserva sicuramente un tratto ideologico molto antico. In altre parole, ci che noi volentieri considereremmo come
una voce per indicare un referente biologico, invece legato a
concetti di natura economica.
Lantropologia soprattutto quella linguistica ci abitua da
una parte a ragionare con classificazioni e con tratti ideologici,
dallaltra a diffidare per principio di tutto quanto in apparenza
semplice, in quanto tratti non ovvii possono esser presenti in
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ossia nel caso di *bai (< bA, nome di una delle componenti della
persona umana; v. oltre). La voce, arrivata ad Horapollo (Hierogl.
I, 7; VI sec. d.C.), era parte importante del vocabolario della magia greco-egiziana, dove attestata in molti epiteti (ad es. bainfnoun
PGM XIII, 809 Anima dellAbisso < bA n pA Nwn; baincwwc Anima
delle Tenebre < bA n kkw; etc.): troppo connotata per essere Cristianizzata, la parola non sopravvisse al crollo ed alla persecuzione dellantico paganesimo. Neppure per il concetto di spirito, concetto che conservava molti dei presupposti dellantropologia israelitica, i Copti utilizzarono parole legate allantica religione del paese 60 .
Sia come sia, i Cristiani dEgitto percepirono benissimo la distanza
che intercorreva tra la concezione antica delle componenti della
persona umana e quella Cristiana. Le componenti pi frequentemente ricordate dai testi sono il kA ed il bA e per capire cosa
fossero ricorreremo ad unetimologia sincronica: prima per
necessario precisare che, come molte altre genti, gli Egiziani non
avevano una visione unitaria della persona umana ed inoltre tra
componente invisibile della persona (meglio evitare lambigua
dizione di anima) e componente visibile (il corpo) c continuit
e non contrapposizione. Esistono, per cos dire, gradi diversi di
materialit e tutti altrettanto importanti, non differenziazione oppositiva tra spirito e materia. Lassenza di una concezione unitaria implica il fatto che le diverse componenti coesistono nella
stessa persona (lombra, il cuore, il kA) ma sono indipendenti luna
dallaltra: esse vengono tenute assieme non solo dalla fisicit
dellindividuo ma soprattutto dal nome; questultimo, che la
forma fonica dellintima essenza dellindividuo, lega assieme le
parti. Lindipendenza delle componenti si manifesta nel fatto che
ciascuna di esse pensata come una realt senziente, alla quale
lindividuo pu rivolgere preghiere o esortazioni.
60
Nel copto esiste unaltra parola che pu talora esser tradotta con anima,
ossia manthu, propriamente la sede del respiro. In se stessa la parola ricorda
la comune espressione antica circa il soffio della vita (TAw n anx), ma forse pi
verosimile ammettere che la voce copta riveli influssi religiosi ebraici.
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che detenesse un potere coercitivo reale: ricordiamo lantico indiano dampati-, greco despov t h" e, pur se con formazione diversa, il latino dominus; lantico indiano vis p ati-, il lituano v pats.
Forme di responsabilit politica per la *genti- si incontrano solo
dove la parola ha ristretto nel significato la sua ampiezza sociale,
come nel gotico kindins capo di un gruppo di parentela (da un
*gentinos): un fatto logico, perch un lignaggio ha tale estensione e profondit che, pur allinterno di una parentela riconosciuta
ed entro certi limiti ricostruibile, non socialmente pensabile
una sola figura di riferimento al suo interno. Posta in questi termini, la situazione non dissimile da quella di molte altre societ di lignaggi a discendenza unilineare ben conosciute nel mondo (ad esempio la societ somala). Certo, lo studio dei sistemi di
parentela e loro terminologie ha un rilievo notevole in se stesso,
e purtuttavia nellantropologo sorgerebbe spontanea unosservazione, ossia che molto spesso le societ basate su lignaggi conoscono una limitata delega specificamente politica del potere coercitivo e che ancor pi frequentemente sono politicamente non
centralizzate, acefale. questo il caso anche delle genti indoeuropee
(e prescindiamo ancora una volta dallambiguit dei termini logici e referenziali dellassunto)?
Ebbene, la risposta non pu che essere positiva, almeno per
quanto possiamo vedere. Partiamo dalla situazione riscontrabile
presso le genti slave: il concorso delletnografia, della filologia e
delletimologia prova al di l di ogni legittimo dubbio che quanto meno a partire dai primi secoli della nostra era la struttura
politica era data sostanzialmente dallinterazione dei diversi piani organizzati della parentela. Dai segmenti di lignaggio (grande famiglia), fratrie, correlazioni matrimoniali tra lignaggi esogamici
sino al livello della trib (lignaggio con antenato comune) tutta
la vita sociale si svolgeva nel quadro della discendenza. Il villaggio era proiezione di strutture di parentela o di rapporti di vicinato
tra segmenti di lignaggio. La stessa spazialit della trib era intesa
non come una realt a se stante, ma come proiezione di linee di
discendenza. Siamo in grado di offrire un significativo esempio.
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nuto socio-politico? Perch ragionare sulle sue eventuali connessioni con il verbo latino rego dirigere, reggere, soprattutto se il
verbo valeva originariamente tendere in linea retta, e col verbo
greco oj r ev g w stendere pu essere, in assenza di ulteriori informazioni, alquanto avventuroso. Di una cosa possiamo dirci
filologicamente sicuri, ossia che il re che possiamo intravedere
ha molte pi connessioni con il mondo della religione che con
quello della politica, almeno come noi la intendiamo. Il re della
tradizione irlandese pre-Cristiana e vedica era sostanzialmente il
massimo garante del corretto ordine, quellordine che doveva regnare
allinterno del gruppo formato dallassociazione di diversi gruppi di discendenza e che doveva continuare a sussistere tra mondo umano e mondo divino. Il diritto irlandese arcaico era chiarissimo su questo punto: il re doveva essere fisicamente integro,
doveva essere vero, ossia corretto custode ed interprete della
tradizione, poich se non fosse stato cos lintero ordine del mondo
sarebbe stato a rischio, le terre sarebbero isterilite, le mandrie
non avrebbero figliato, le malattie avrebbero infuriato ed ogni
sorta di disgrazia si sarebbe abbattuta implacabilmente sul gruppo. La conseguenza sarebbe stata inevitabile: quel re avrebbe dovuto
esser deposto ed un altro eletto al posto suo. Anche nel mondo
vedico il re era tale sintantoch il gruppo lo riconosceva efficiente. Insomma, il re regnava ma non governava, non esercitava
alcun potere coercitivo, non aveva alcuna delega permanente. Il
potere risiedeva nei singoli gruppi di discendenza, non nella regalit.
Per la sensibilit di noi moderni una societ siffatta pare destinata al malfunzionamento ed alla dissoluzione. Nel prossimo
capitolo riprenderemo il tema e vedremo che non cos.
113
ETIMOLOGIA E RICOSTRUZIONE
Letimologia molto spesso un processo ricostruttivo, e di ci
nessuno si stupisce: se nellIstria meridionale (Dignano) trovo il
verbo nig nitrire e in quella settentrionale (Pirano) nigi posso
tranquillamente ricostruire due forme latine, *hinnicre < hinnre ed
*hinntulre < hinntus nitrito, mai documentate nei testi scritti ma
sicuramente esistite nel parlato64 . Letimologo abituato alle lacune
della documentazione e giustamente crede nella forza probante
delletimo e negli strumenti che la linguistica gli offre: davanti al
veneziano nsa nipote (femm.) ed allistriano meridionale nto (femm.)
id. non ha dubbi sul fatto che le forme dorigine *nptia e *npta
sono riformazioni del femminile nptis, interessanti per la storia linguistica tardo-antica, anche se mai documentate nelle fonti.
Allo stesso modo, e con uguale certezza di metodo, si pu
sostenere che la coincidenza di parole appartenenti alla stessa
famiglia linguistica permette di ricostruire una parola pi antica
dalla quale sono derivate le forme storiche: il greco cov r to" luogo recintato, il latino hortus, losco hrz, il gallico gorto 65 ecc.,
permettono di ricostruire un * horto - con lo stesso significato,
sicuramente connesso con *ghordho- id. (slavo *gord citt)/
* hordho- (frigio Mane-zordum [toponimo], prussiano sardis recinto). Le certezze assolute, per, finiscono qui, perch ogni altra
inferenza, pur se ragionevole in se stessa, sarebbe una
generalizzazione indebita. Una proposizione come gli Indoeuropei
conoscevano ed utilizzavano recinzioni per delimitare spazi particolari, basata su tali concordanze sarebbe condividibile in re,
ma non certo basabile su una comparazione che non includa la
totalit delle lingue comparate66 . La concordanza tra greco pov l i",
64
Il tipo nigi potrebbe risalire anche ad * hinnicre , ammettendo un passaggio ga
> a di tipo friulano; il fenomeno attestato, pur se sporadicamente, nellIstria
settentrionale.
65
Presente nella toponomastica e affiancato da derivati nelle lingue celtiche.
66
Altre lingue o addirittura parte delle stesse possono avere anche altri tipi: nel
caso concreto basti pensare al gallico *dno- insediamento fortificato con una
palizzata e germanico *tna/u (nordico ant. tn, tedesco Zaun, inglese town).
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Abbiamo detto che letimologia ai fini della ricostruzione culturale un procedimento che parte dal basso, per cos dire, e
solo per gradi attinge il livello, che anche cronologico, del mondo
di rapporti indoeuropeo. Qui lo ribadiamo con fermezza.
Sopra si visto che c una notevole concordanza tra alcune
lingue indeuropee sulla terminologia dellaratura. Restando limitati al solo mondo germanico, possiamo dire che lagricoltura
ha sempre avuto una decisiva importanza nelleconomia di sussistenza: possiamo rinforzare la constatazione ricordando la concordanza tra il tedesco Furche solco lant. bretone rec, il latino
porca la terra tra due solchi e larmeno herk terra arata di
fresco e quella tra antico alto tedesco egida (= ted. Egge) erpice, lituano ek ios, ant. pruss. aketes (ed inoltre cimrico og(ed),
latino occa 73 , greco [con formazione diversa] oj x iv n a), concordanze
che mostrano la continuit del rilievo economico dellagricoltura
germanica. Larcheologia conferma, pur nelle inevitabili differenze ecologiche regionali, il rilievo in questione. Se invece guardiamo alle fonti latine, riceviamo unimpressione diversa ed in qualche
modo confusa. Cesare (B.G. 6, 22; 29) dice che le popolazioni
trans-renane vivevano di allevamento ed afferma altres, come
altri autori antichi, che la dieta dei Germani era basata largamente su carne, latte e formaggio (ad es. Posidonio fr. 22 Jacoby,
Pomponio Mela 3, 3), ma lo stesso Cesare (4, 1) dice che se le
scorrerie di un potente vicino avessero impedito ad una trib
germanica di seminare e raccogliere le messi, questultima sarebbe dovuta senzaltro migrare per evitare la fame. Inoltre sia a
Varrone (R.R. 1, 7) che a Plinio (N.H. 17, 47) erano noti i progrediti sistemi di qualche gente germanica per fertilizzare i campi.
Cesare ha frainteso la natura della situazione: il bestiame era
soprattutto il bene mobile di maggior prestigio, era ci che il
gotico esprimeva con fahu, parola identica al latino pec bestiame, da cui deriva pecnia fortuna, denaro, al sanscrito vedico
pas u " bestiame ed ad altre parole ancora. Per lungo tempo le
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genti germaniche hanno conservato lequivalenza culturale bestiame = ricchezza, come mostra lantico inglese foh ricchezza, beni mobili ed in definitiva lo stesso cattle propriet, bestiame (medio inglese catel, a. 1275) che prestito dallantico
francese settentrionale catel < lat. capitale.
Cesare ha dunque frainteso una situazione che era affine, ad
esempio, a quella irlandese pre-Cristiana: la base delleconomia
era agricola, ma era il bestiame a dare prestigio ed ad esser considerato la vera ricchezza, era il bestiame per il quale si batteva
leroe gaelico C Chulainn, era la razzia di bestiame (tin b)
latto guerriero per eccellenza.
Lagricoltura e la percezione della ricchezza in termini di bestiame (greggi e mandrie) sono dunque state parte del mondo di
rapporti indoeuropeo. La communis opinio ha spesso accolto un
modello secondo il quale gli Indoeuropei erano gruppi tribali di
allevatori nomadi, contando sulla variet e stabilit del vocabolario ricostruibile relativo agli animali domestici e su qualche coincidenza ideologica: nel greco omerico comune lespressione poimh n
law~n pastore di genti74 , attribuita a capi dellesercito acheo, sintagma
che in senso lato equivalente del vedico gopatir janasya il mandriano75
della stirpe, della gente (ad es. RV 9, 35, 5: epiteto del Soma).
doveroso chiedersi se il modello sia o no giustificato. Per certo
non lo se pensiamo al pastoralismo come ad un modo di produzione arcaico ed originario, poich sappiamo bene che esso invece una specializzazione ecologicamente determinata di gruppi umani
dediti allagricoltura; con altrettanta sicurezza, non lo se lo vincoliamo al nomadismo, appiattendolo su quelle che sono state le
societ proto-turche e mongole della Siberia meridionale. Probabilmente molto ha giocato nellimmaginario il fatto che in molti
casi sappiamo per certo che le singole genti indoeuropee non erano originarie delle sedi nelle quali le troviamo in epoca storica,
ma la mobilit di gruppi un fatto eminentemente sociale che non
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invece partiamo da situazioni economiche di mixed farming i problemi interpretativi si attenuano sino a sparire e ci aiuta a capire meglio il concetto di ricchezza che stato presente almeno
in una parte non irrilevante del mondo in questione78 .
Letimo, studiato filologicamente nel suo contesto storico (e
dunque anche tramite testi), porta, tramite la comparazione delle
forme geneticamente connesse e dei rispettivi contesti, ad attingere il mondo di rapporti dal quale esso deriva: si ricostruiscono
cos aspetti di ideologia e di cultura, per parziali che essi siano.
Su tale possibilit della ricerca c vasto consenso, anche se non
unanimit. Ma limportante prospettiva cos acquisita deve fare
i conti con una tentazione generosa e nel contempo pericolosa. In
parole semplici la questione sta in questi termini: se noi sappiamo, come sappiamo, che concretamente esistito un mondo di
rapporti (indoeuropeo, semitico, bantu, o altro) al quale arriviamo tramite etimi e contesti collegati, perch non tentare la ricostruzione, quando non ci soccorrano etimi specifici, soltanto attraverso contesti ossia istituzioni culturali, fatti di ideologia
sociale o religiosa e sim.? La questione parrebbe, sulla base del
buon senso, ammettere una risposta positiva e tuttavia almeno
in questo caso il senso comune ingannevole: la comparazione
linguistica non pu essere estesa con la stessa legittimit e le
stesse competenze disciplinari in mbiti che non le sono propri.
In effetti la comparazione di tratti culturali, che non siano contemporaneamente linguistici, allo scopo di ricostruire situazioni
comuni precedenti non considerata una procedura ovvia da
altri specialisti di scienze umane: pu essere legittima ed utile in
sede tipologica, ma non lo di necessit in sede storica79 .
78
Ancora una volta affermo che non possiamo pretendere di applicarlo allinterezza
del mondo in quanto tale.
79
Lobbiezione del buon senso alquanto prevedibile, ossia che esistono casi
documentabili nei quali alcuni (o parecchi, o molti; certo, per, non tutti e neppure la maggior parte) tratti della cultura A diventano chiari e comprensibili
storicamente tramite la comparazione con quelli presenti nella cultura B, quando
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La ricostruzione culturale che abbia come referenza linguistica il solo fatto che le culture poste a confronto siano (state) proprie di parlanti lingue pi o meno strettamente imparentate
sempre una ricostruzione rischiosa, nella quale pressoch sempre
difficile distinguere quanto davvero storicamente connesso e
quanto invece pu essere ascritto a coincidenza tipologica.
Un esempio pertinente di confronto culturale del tipo sopra
delineato quello istituito da qualche studioso tra il dio greco
dellamore, Erw", e lequivalente indiano antico Kma. Ambedue sono personificazioni (e la personificazione pare esser stato
un tratto caratteristico della cultura poetica sia greca arcaica
sia indiana) della forza di attrazione che spinge alla generazione
e dunque che ha in quanto tale un posto talora non irrilevante
nelle concezioni cosmogoniche delle due culture (si veda da una
parte Esiodo, Theog. 120 e dallaltra RV 10, 129). Colpisce il fatto
che in ambedue i casi (il dio del)lAmore pensato come arciere,
che con le sue frecce colpisce, facendole innamorare, le persone.
Nel mondo greco Eros non ha grande personalit, ma il fatto che
sia attestato un suo culto aniconico (una pietra non lavorata, aj r go "
liv q o") a Thespi in Beozia, dove pare essere stato presente da
tempi immemorabili (Paus. 9, 27), ci mette in guardia dal considerare il dio una mera personalit della poesia. La raccolta di
formule magiche vediche, lAtharvaveda, ci conserva la formula
di un rito di magia amorosa (AV 3, 25), nel quale appunto la
terribile freccia dellAmore quella che deve colpire lamata: nel
commentario pi tard o, ma basato su materiale genuinamente
le culture, beninteso, siano proprie di genti linguisticamente imparentate. quello che spesso accade grazie alla comparazione tra cultura indiana vedica e cultura iranica antica. Sarebbe tuttavia un salto logico ammettere che in questo modo
arriviamo al livello di una cultura genealogicamente sovraordinata, poich siamo
sempre di fronte a due storie culturali distinte, tra le quali lo scambio comunicativo lato sensu stato di tale qualit e quantit da essere accessibile facilmente ai nostri mezzi di indagine. Al fondo il problema resta sempre lo stesso, o si
sceglie un modello genealogico e di conseguenza si suppone lesistenza di figliazioni
culturali, oppure si preferisce il modello della rete di rapporti, come sopra abbiamo ripetutamente fatto, e la scelta porta a conseguenze molto diverse.
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societ iraniche antiche abbiano conosciuto una distinzione molto simile, basata su mestieri, pi tra, parola che etimologicamente vale colori: ravan il sacerdote, ra at il guerriero (combattente dal cocchio), vstry fuyant il produttore, eminentemente
un allevatore; la classificazione secondo colore motivata, perch nellIran il bianco si associava al sacerdozio, il rosso alla
guerra ed il blu allallevamento. Questi sono i fatti; il resto, quanto
meno nella sterminata produzione di G. Dumzil, interpretazione di miti, di leggende o di tradizioni lette nellottica dellintuizione fondamentale, interpretazioni che non di rado generano
limpressione della circolarit del ragionamento o dellonere di
prova: se vera la tesi, questa potrebbe esserne una prova /
questa prova sostiene la tesi emessa. Non necessario discutere oltre la tesi della tripartizione funzionale 83 : qui si voleva
semplicemente portarla ad esempio di un modo di affrontare la
ricostruzione.
Abbiamo pi volte nel corso di questo libro parlato di un tipo
sociale che doveva avere una certa diffusione nel mondo di rapporti indoeuropeo, una struttura politicamente non centralizzata,
con un re che regna ma non governa, nella quale il potere coercitivo risiede nei gruppi di discendenza (lignaggi e segmenti di
lignaggio), con uneconomia basata sul mixed farming e nella quale
il bene di prestigio erano gli animali dallevamento e la ricchezza
non era prioritariamente accumulata bens redistribuita. Ora possiamo
fare un ulteriore passo in avanti.
Il latino daps banchetto, spesso sontuoso entra in una serie
di confronti lessicali sicuri ma in parte sconcertanti: ad esso in-
degli Arii i sacerdoti avessero il rilievo al quale ci hanno abituato i testi brahmanici:
tra laltro chiaro che il rito privato era anticamente gestito dal pater familias.
83
Personalmente e lo si capisce dal testo non la condivido, e non perch la
giudichi prioritariamente errata o controfattuale, bens perch nella sua formulazione mi pare semplicemente inaccessibile alla prova in positivo o in negativo.
una tesi che ha portato a moltissimi risultati collaterali, ma che nel suo nucleo
indimostrabile.
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La dinamica degli status implica un elemento perenne di tensione nella societ, dovuto alla costante ricerca di mantenere e
migliorare la propria posizione. questo il modo pi semplice di
spiegare, in societ acefale come quella irlandese pre-Cristiana e
indiana vedica lagonismo, il contrasto verbale, la lotta per la
precedenza a banchetto ( il tema molto noto del Heldenbiss, il
boccone migliore riservato alleroe), quelloccasione pubblica nella
quale la precedenza e il tipo delle parti distribuite riflettono lattuale e momentanea situazione degli status.
Societ instabili? Entro certi limiti s, essendo che lautorit 84
divisa tra gruppi di discendenza, individui dotati di riconosciuto prestigio che legano a s grazie alla perenne redistribuzione
di beni un sguito di sostenitori ed un re che regna e non governa, tuttavia, come ci insegnano gli antropologi, nessun equilibrio
sociale statico. Inoltre societ come quelle che qui ci occupano
hanno un poderoso fattore che limita e controlla indirettamente
contrasti e faide, ossia la fama, che nullaltro se non il riflesso
della pubblica opinione: ancora in Esiodo (Op. 763) la fhv m h
considerata non deperibile e quasi divina. Contro la pubblica
opinione a nulla vale lagire del singolo o del gruppo, poich chi
osasse schierarsi contro di essa ricadrebbe nella vergogna85 , nellonta,
o nel pi totale isolamento. Autorevole rappresentante della vox
publica il poeta, capace di lodare il meritevole ma di ferire il
colpevole con la satira e la disapprovazione violenta: questa la
posizione formale, ad esempio, del bardo irlandese e del poeta
vedico, un produttore di testi che proprio in quanto riflettono i
paradigmi culturali non sono discutibili o ignorabili.
Torniamo ora al big man, allindividuo che grazie al suo prestigio ed alla redistribuzione di ricchezza riesce ad acquisire social
competence, capacit di agire sociale. Abbiamo detto che questultima si basa sul sguito che egli sempre comunque pro tempore
84
indispensabile tener distinto il semplice potere, ossia la possibilit concreta
di agire, dallautorit, ossia il potere esercitato come diritto riconosciuto.
85
Molto spesso, difatti, tali culture sono definite culture della vergogna.
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poco pi di nulla possiamo dire. Letimo in questo caso la conquista faticosa in un processo nel quale nulla viene regalato e
dove talora ci si deve accontentare di unipotesi economica, nella
quale appunto soprattutto leconomia ermeneutica a tentare di
compensare le inevitabili imprecisioni ed ambiguit dei dati linguistici.
Il poeta latino Marziale (Ep. 1, 16, 2), nel dedicare ad un amico
il suo nuovo volume di epigrammi, riassunse mirabilmente la
situazione:
Ci sono alcune cose buone e parecchie cose cattive, o Avito,
che leggi qui: non possibile fare un libro in un altro modo
129
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vanno dalla conquista romana alla guerra gotica del VI sec. d.C.
Per quanto Roma non avesse mai avuto una politica linguistica
volta al sostegno del latino 89 , non si pu dubitare del fatto che la
pressione della lingua dellUrbe sia stata molto forte. Al volgere
dellera volgare alcune citt conservavano la loro caratterizzazione ellenica, come Pozzuoli, dove ambientato il Satyricon di Petronio,
Taranto, Napoli, Reggio, ma lellenismo, stando a Strabone (6, 1),
era in forte regresso. Eppure lepigrafia privata in lingua greca si
continua sino a tutto il V sec. e quanto meno nella Sicilia orientale cerano parecchi ellenofoni anche prima della conquista del
generale bizantino Belisario (a. 535). La constatazione di Strabone
va dunque riferita allimbarbarimento della antica cultura ellenica
ed alla contrazione dello spazio linguistico greco, ma non come
atto di morte definitivo della grecit. C un episodio, accaduto
durante la guerra gotico-bizantina e riferitoci da Procopio (6, 17,
8 ss.), che abbastanza significativo: a causa delle devastazioni
belliche, delle epidemie e della fame, molte zone dellItalia centro meridionale erano diventate spopolate. Presso la citt picena
di Urbisalia un bambinello, rimasto senza madre, venne allattato
da una capra. Quando la gente del posto, che pure era di stirpe
romana, scoperse tale fatto prodigioso diede al bambino il nome
di Egisto (Ai[ g isqo"), evidentemente giocando sullassonanza con
il nome greco della capra (ai[ x , greco moderno ega). lepisodio
mostra che nellItalia centro meridionale esisteva competenza nella
lingua greca, fatto da non trascurare quando si ragioni sulla continuit
megalo ellenica.
Nel VII secolo Bisanzio rivolse molte cure allItalia meridionale: la Sicilia, assieme alla Calabria meridionale e poi Otranto e
Napoli, venne eretta a thema (unit amministrativa di impronta
ed importanza militare) ed inizi un lungo processo di trasferimento di monaci bizantini e di privati dalla Grecia allItalia
meridionale; nellVIII sec. le diocesi di Sicilia e Calabria vennero
89
Le istituzioni e la lingua punica continuarono ad esempio indisturbate in alcune localit della Sardegna sino al II sec. d.C.
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bovzse vddi a vespa, comune in tutta la Calabria meridionale, < dev l liqe" (Esichio), dev l liqo" (Erodiano, Cherobosco,
Epimerismi, Lexika).
Anche tralasciando le decine di arcaismi e quei casi che potrebbero generare qualche dissenso, le voci sopra ricordate sono
di notevole forza probante se viste nel loro insieme. Decisivo il
caso di isola nel senso di terreno alluvionale, caso che era
sfuggito allattenzione degli studiosi: se vero ed vero che
nelle migliaia di testi greci a noi giunti la parola nh~ s o"/na~ s o"
presenta il doppio significato solo in Egitto, dove per quasi
certamente calco dallegiziano92 , e nelle tavole italiote di Eraclea,
il senso sopravvissuto nella grecit italiana meridionale non pu
che essere un regionalismo megaloellenico.
Alcuni studiosi italiani hanno sostenuto che dorismi ed arcaismi
possono essere stati importati negli spostamenti umani di et
bizantina, in linea di massima unipotesi possibile: essa per perde
la propria ragion dessere quando diventa una giustificazione
sistematica: comunque il caso qui discusso sembra aver ragione
credo di ogni possibile riserva 93 .
Non sempre, dunque, le cose sono facili quando si parla di
superstrato; per contro la situazione sempre difficile quando si
indaga su voci appartenenti al sostrato linguistico. La ragione
presto detta: perch siamo costretti a giocare una partita al buio.
Parole di lingue che non conosciamo, adattate in una forma fonetica approssimativa che obbedisce alle regole della lingua di
arrivo 94 , con attribuzioni di significato spesso generiche e largamente decontestuate rispetto al loro originale habitat culturale,
92
Si badi che legiziano parte di unarea coerente che comprende parte del
mondo semitico (cfr. arabo jazra ) e del nubiano.
93
Va riconosciuto, tuttavia, che quanto qui affermato circa la continuit vale per
la grecit calabrese, ma non detto che debba valere anche per quella salentina.
94
C da dubitare che molte persone, pur colte, riconoscerebbero nel tedesco
Pfingsten il nostro Pentecoste.
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stato chi ha preferito rinviare la voce labuv r inqo" a lau~ r a viuzza stretta, incassata o, in definitiva, a la~ a" pietra, roccia,
una parola di etimo indoeuropeo molto dubbio che assona con
lalbanese ler pietra (< *l er?) e con il neolatino italiano di
nord-est lv(a)ra pietra (piatta) 95 . Questa frastornante serie
di accostamenti non solo il segno di unaporia esegetica specifica, ma quanto regolarmente avviene quando di una parola
abbiamo conservata pi o meno approssimativamente la forma
ma ignoriamo pressoch tutto sul suo significato. Tra laltro, a
voler esser pedantemente legati ad aspettative morfologiche, dovremmo dire che labuv r inqo" presuppone verosimilmente una parola
*labu r o- o *labu r i- che non coincide appieno con quella supposta come etimo96 .
In altri casi la situazione pi confortante.
Lambra era detta in greco h[ l ektron o lugkouv r ion: in epoca
ellenistica veniva detta anche souv k inon, prestito dal latino scinum,
a sua volta prestito da qualche lingua del Baltico, da dove proveniva lambra pi pregiata (cfr. lit. skas resina). La parola
lugkouv r ion era trasparente nel greco e significava urina di lince: si supponeva cio che lambra fosse il prodotto fossile dellurina di tali animali, come aveva supposto, forse per primo,
Demostrato. Zenotemide, un celebre scrittore greco di naturalistica, sostenne per che essa era la deiezione di certi animali che
vivevano vicino al Po e che si chiamavano langa, opinione che
altri anonimi studiosi antichi, evidentemente pi esperti della
realt linguistica italiana settentrionale, corressero: tali animali
non si chiamavano langa, bens languri (Pl. N.H. 37, 33). Zenotemide,
ed altri con lui, ritenevano dunque a ragione che la designazione
greca lugkouv r ion fosse un rifacimento paretimologico di tale voce
italiana settentrionale. Ci troviamo di fronte ai seguenti fatti: 1)
Questultimo confronto molto meno credibile.
Certo, si possono emettere ipotesi non irragionevoli per congiungere comunque laburinthos a labrus, ma questo non rientra qui nei nostri interessi.
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Semmai si potrebbe chiederci se almeno nel caso del suffisso -ippu- non si sia
davanti ad una sopravvivenza morfologica di lingue del sostrato.
101
In questo senso possiamo parlare di voci di sostrato ad esempio italico o
celtico o altro ancora, indoeuropeo s ma non latino.
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lej m peiriv a del quotidiano o del caso legato alla singola lingua.
Forse, per paradossale che possa sembrare poich in effetti esso
crea altrettanti problemi di quanti non contribuisca a risolvere
un elemento indicativo la ricomparsa (e dunque la comparabilit)
della voce in zone diverse e contigue 102 . Affronteremo questo
problema partendo da qualche esempio.
Le carte AIS 7, 1482 e 1484 ci forniscono la distribuzione dei
vari tipi lessicali italiani per i concetti di vaglio da grano e di
setaccio, attrezzi agricoli importanti e tecnologicamente molto
poveri. Il vaglio, in unarea che va dalla Galloromania al lombardo alpino, grigionese, ladino centrale, trentino e friulano, ha un
nome che presuppone * DRAGIU / * DRAGIA, per il quale stata supposta, per ragioni areali, unorigine celtica. Il nome del setaccio,
invece, in area galloromanza, veneta, trentina, ladino dolomitica,
istriana ed in buona parte del Friuli, risale al tipo *TAMSIU , ed
anche per esso si supposta, con verosimiglianza, unorigine celtica.
Sicuramente i tipi sono dunque preromani, ma la storia complessa: sicuramente una parte della loro fortuna va ascritta ai
rapporti tra Cisalpina e Galloromnia, in un continuum cronologico che si scala dalla tarda antichit al basso medioevo.
Di diffusione molto pi ristretta il tipo * TAMA R O recinto per
animali, presente in area alpina centrale ed orientale, probabilmente in origine qualsiasi costruzione provvisoria fatta con rami
o pali (cfr. friulano tmar stabbio, gardenese tambra capanna
di montagna). La base potrebbe essere affine a * TAMUSKJA (- O - ?),
anchessa di diffusione alpina centro orientale e dal significato di
capanna, tettoia, fienile (friulano tamosse fienile di montagna).
Ma come saldare queste basi al ricostruito * KAMO K JO (- SK - ?), esso
pure parola che indica una costruzione di pali in montagna e con
102
Ci che qui volutamente tralascio la possibilit di connettere basi (di sostrato)
ricostruite, con un senso generico altrettanto ricostruito, a toponimi (che per definizione
hanno perso qualsiasi trasparenza semantica): questa una prassi, perigliosissima,
che stata spesso seguita. Non si tratta di dichiarare linaffidabilit assoluta
delle connessioni proposte, e parecchie potranno pure corrispondere al vero
etimologico, ma quale strumento, che non sia la fede, ci consente di falsificare
lipotesi emessa?
143
Con passaggio fonetico sicuramente celtico -st- > ts- > -(s)s-.
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Potremmo facilmente continuare, con casi pi o meno evidenti, pi o meno problematici, pi o meno diffusi 104 . In genere i tipi
lessicali di sostrato si incontrano nel mondo neolatino (ed il fatto
resta vero anche in generale) nelle tassonomie vegetali ed animali a livello del taxon specifico o varietale oppure nellidentificazione
di aspetti dellambiente fisico: potremmo sussumere questa
fenomenologia allinterno del particolarismo locale, le cui etichettature
linguistiche non sempre hanno equivalenti ovvii in lingue diverse. Lo stesso vale, in definitiva, anche per nomi di oggetti legati
a tecniche o strutture economiche specifiche. C da stupirsi se in
mbito alpino i nomi della slitta *LEUDIA, * SKLODIA , * SLE ( N ) ZULA
sono quasi sempre di origine preromana?
Tuttavia, sarebbe riduttivo e spesso errato guardare al problema generale in termini di salienza del singolo elemento x un
elemento importante o caratterizzante, che attira la mia attenzione perch non lo conosco o migliore di quello a me gi noto: la
salienza riguarda un insieme culturale coerente entro il quale si
collocano i singoli elementi. Leconomia di montagna, per restare
nel tema del sostrato alpino, era un quadro di riferimento in
buona parte estraneo al mondo romano ed entrare in quel mondo
di rapporti implicava conoscerne e continuarne i singoli insiemi:
le piante utili o pericolose, la lavorazione del latte ed attrezzi
connessi, la lavorazione del legno e quanto altro. Tuttavia non si
trattava di un accettare o respingere in toto, cos come non si
trattava, ovviamente, di sostituire un certo numero di etichettature
della lingua x con quelle della lingua y, bens di una delicata
operazione culturale: via il bilinguismo, linterazione port in primo
piano tali insiemi salienti e contemporaneamente port a selezionare quegli elementi che nella rete (inter)regionale di comunicazione erano indispensabili per ragioni di volta in volta economiche (lo scambio mercantile), ergologiche (attrezzi e tecniche), culturali
104
Di enorme estensione ad esempio il tipo * BALMA (riparo sotto) roccia, che
va dalla Spagna allItalia alpina, e del quale pressoch impossibile precisare il
centro dorigine.
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caso precedente, siamo evidentemente di fronte a prestiti di necessit, dei quali non sappiamo precisare n la cronologia n il
centro di irradiazione, e che tuttavia illustrano bene quanto ampia
potesse essere lestensione della rete di reti.
Il problema del sostrato iberico-africano forse di altra natura. Lo riduco qui allessenziale: alcune proposte etimologiche paiono
connettere Africa settentrionale Iberia e Sardegna in un circuito
coerente. Ancora una volta, noi percepiamo come fatto di sostrato
quelli che possono essere stati fenomeni di prestito legati a
spostamenti di gruppi umani. Sia come sia, gli studiosi hanno
pi volte attirato lattenzione sulla possibilit di spiegare fatti
linguistici e culturali preromani della Sardegna con la documentazione berbera. Pausania (10, 17) riferisce inoltre che il primo colonizzatore della Sardegna era stato un certo Sardo alla
guida di genti libiche (informazione ripresa da Isid. Or. 14, 6, 39)
e connessioni con la Libia mostrano anche pretesi colonizzatori
greci (ad es. Diod. Syc. 4, 82). Norax invece, altro colonizzatore
mitico, sarebbe giunto in Sardegna con degli Iberici (Paus. 10,
17). Gli indizi sembrano davvero convergenti, anche se in se stessi nulla ci dicono di diretto sulla cronologia di tali rapporti. Se
prescindiamo dalle notizie che collegano paretimologicamente il
nome degli Ilienses, gente sarda dellinterno dellisola, con il nome
di Ilio (= Troia) e dunque collegano una parte del popolamento
alle vicende seguite a tale conflitto, potremmo pensare che di
massima si tratti di informazioni, vaghe ma non infondate, che i
Greci avevano raccolto in loco allepoca dei loro primi tentativi di
colonizzazione della Sardegna, tentativi bloccati dalla presenza
Cartaginese. Abbiamo tuttavia il diritto di porci unaltra domanda,
ossia se sia lecito staccare tali notizie proprio dalle informazioni
queste s, sicure che riguardano unaltra popolazione della
Sardegna, i Balari (sui quali v. Paus. 10, 17): essi erano, secondo
la tradizione, disertori dellesercito cartaginese che si sarebbero
insediati parte in Corsica e parte, appunto, in Sardegna. difficile staccare il nome dei Balari da quello delle Baleari, isole la cui
popolazione era stata di sovente reclutata dai Cartaginesi per
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tava, quanto meno dalla fine del II millennio a.C. molte ragioni
di interesse: ci stavano arrivando i Fenici e le miniere dargento
della zona tartessia dovevano gi essere attive.
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STORIE DI FRONTIERA
Abbiamo pi volte parlato in questo libro di prestiti, sostenendo che di norma essi ci informano su situazioni di natura
culturale: cicatrici di rapporti storici occasionali o segno di mode
che essi siano, prestiti sono presenti in ogni lingua ed in ogni suo
stile. noto il convincimento religioso dei musulmani riguardo
al Corano: esso coeterno e coesistente con Dio stesso111 ed
stato rivelato sotto dettatura al Profeta: e tuttavia anche nellarabo del Corano ci sono prestiti, sia dal greco che dal latino: sir
strada (principale), presente addirittura nella Fatiha, viene dal
latino strta e qar (s. 22, 45) da castrum accampamento fortificato; qalam strumento per scrivere viene dal greco kav l amo".
Nonostante la natura culturale del prestito sia in se stessa ovvia, non sempre essa immediatamente leggibile e talora per capirla necessario servirsi di un quadro di riferimento semantico
ben pi ampio della singola parola, come qui ci insegna un caso
che a prima vista sembra sconcertante. Come noto, il movimento
vichingo invest largamente, tramite il sistema fluviale, la Russia
europea. I Variaghi costituirono con la forza delle armi una complessa rete politica e sociale: Novgorod era, tra le altre, una loro
citt, da dove le genti nordiche tessevano i loro rapporti con Bisanzio (Variaga fu per un certo periodo la guardia palatina dellimperatore romano dOriente, i cosiddetti bav r aggoi), con le regioni islamiche del Vicino Oriente e con i potenti regni Bulgari e
Kazaki delle steppe. Memori dellinvocazione medievale A furore
Normannorum libera nos Domine!, non ci stupiamo del significato
guerriero, persona forte e disciplinata dellucraino varjag, ma ci
imbarazzano i significati del russo dialettale varjag straccione
vagabondo, cestaio, merciaio ambulante, che ci sembrano indegni dellonore del capo variago Rjurik e di quella memoria guerriera storica che arriva al Canto della schiera di Igor112 . Eppure esiste
una buona ragione per questo stato di cose: il movimento vichingo
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fu s un terribile momento militare, ma fu altrettanto una importantissima rete mercantile di commerci. I Vichinghi erano dei grandi
commercianti, in perenne movimento, che spostavano merci di ogni
tipo e provenienza da un capo allaltro delle loro reti mercantili 113 .
Certo, nei derivati dialettali russi siamo alla miserevole caricatura
del commercio vichingo, ma, come si vede, il nocciolo dellidea
originaria (il commercio itinerante) rimasto inalterato.
Sarebbe facile proporre una classificazione generale dei prestiti, distinguendo tra quelli di necessit (nomi per referenti sconosciuti o di qualit decisamente superiore a quelli gi noti) e
quelli che vengono accolti in sostituzione di unetichetta linguistica gi esistente, e dunque determinati dalla pressione di un
modello linguistico e culturale dominante; tra prestiti dovuti ad
effettivo contatto e Wanderwrter, parole migratorie che passano
di lingua in lingua; tra prestiti sistematici, ossia inseriti in un
interscambio pi o meno regolare, e prestiti occasionali. Il fatto
fondamentale, per, resta il processo socio-culturale del prestito,
dalla recezione alla condivisione: gruppi sociali sono entrati in
contatto, con bisogni comunicativi comuni e spesso con identica
comunanza di interessi. Chi erano socialmente tali gruppi, che
cosa li muoveva, quali modelli portarono alla diffusione delle
nuove parole? Guardiamo ad alcuni casi concreti.
Il Canto della schiera di Igor, un poema russo antico verosimilmente del XIV secolo, celebra la sfortunata e, tutto sommato,
sciocca impresa bellica di Igor Svjatoslajevi contro i Polovesiani:
il precipitoso Igor venne infatti battuto e catturato. Lanonimo poeta
che ha redatto il testo si ripropone di cantare il soggetto con nuovo spirito, non secondo quella che era la prassi antica del mitico
veggente-poeta (veij) Bojan, il figlio del dio Veles114 , il quale
113
Una schiera di Vichinghi tent di saltare la mediazione commerciale kazaka con
lAsia centrale, spingendosi nel mare delle steppe, dal quale non fece pi ritorno.
114
Divinit slava antica chiamata anche Xrs e Da(d)bog .
155
3. ()
se per qualcuno componeva un canto
allor fatto pensiero
trabordava il bosco
lupo grigio in terra
aquila cinerea
sotto le nubi.
4. Se gli accadeva
disse
di rievocar le lotte
dei tempi andati
dieci falchi
scioglieva
sul branco dei cigni:
chi per primo ghermiva
quello per primo cantava 115 .
(traduzione E. Saronne)
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relative agli eredi degli angeli precipitati sulla terra e negli inferi
a causa della loro ribellione a Dio, e tra questi figurava anche
Gilgame. C una particolarit: oltre alla forma dotta, fedele alla
grafia originale (G]lgmj 4Q 531 fr. 17, 12), compare una forma
Glgmjs (4Q530 col. 2, 2) che con il suo adeguamento aramaico
s / accadico - ci mostra che il nome delleroe era entrato nel
semitico di nord-ovest molto tempo prima. Antichit di prestito,
dunque, che conviveva con una mai spenta tradizione dotta dellepos.
Abbiamo visto nei due casi sopra riportati come fili apparentemente esili ci permettano di ricostruire storia e cultura. Il prossimo esempio, il commercio delle spezie, incensi e prodotti locali, tra Mediterraneo greco-romano ed Oriente, ci imbarazza semmai per la ricchezza dei casi etimologici che ci offre.
Il Periplo del Mar Eritreo un manuale per i mercanti greci e
romani che si spingevano con i loro commerci sul mar Rosso,
nellArabia meridionale e, doppiando il Corno dAfrica, viaggiavano sino alle coste dellodierna Dar es Salam; oppure, sfruttando le rotte monsoniche, approdavano sulle coste dellIndia occidentale e di l scendevano sino alla punta estrema del subcontinente
per risalire occasionalmente lIndia orientale sino alle foci del
Gange. Una vastit e regolarit di traffici marittimi che danno
davvero la misura mondiale dellimportanza di Roma, unimportanza ben colta dai coevi imperatori Cinesi.
Lanonimo autore del manuale 118 era un capitano greco dEgitto: in un passo (29) egli parla degli alberi che abbiamo in Egitto; in un altro (49) usa legizianismo 119 sti~ m i nero dantimonio
(copto sthm, < dem. stm, classico sdm truccarsi di nero gli occhi). Per quanto la marineria greco-egiziana dellepoca avesse
capacit autonome, chiaro che essa aveva appreso molto dai
capitani arabi dellArabia meridionale. Lopera che lAnonimo
118
Purtroppo il testo ci giunto in un unico manoscritto, il cui copista ha avuto
diversi problemi di lettura dal manoscritto in suo possesso, per cui dobbiamo
sempre tener presente la possibilit che le letture siano corrotte.
119
La parola peraltro ben diffusa nel mondo greco e latino.
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scrisse, grosso modo nella met del I sec. d.C., rivolta a mercanti,
ai quali spiega quali siano i porti, cosa vi si commerci, in quale
contesto politico essi si collochino, quali sono i problemi che si
possono incontrare e precisa, com ovvio, distanze in termini di
misure marittime o giorni di navigazione.
Il Periplo ci porta odore di mare e profumi di incensi e spezie,
alcune delle merci pi ricercate ed apprezzate nei mercati del
Mediterraneo e designate con i nomi che esse avevano nel commercio internazionale. Il nostro capitano ci conserva nomi di luoghi,
di popoli, di regioni, e talora singole parole, mostrando sempre
una grande attenzione. Parlando della regione detta Dacinabav d h"
(lattuale Deccan, dal sanscrito dk@i>patha la regione del sud)
ci dice che nella lingua del posto dav c ano" vale sud, il che
perfettamente vero (cfr. pracrito dhi>a- idem). Descrivendo la
regione del golfo di Scizia (odierno Sind), detto cos perch a suo
tempo aveva fatto parte del regno dei Saka, genti scitiche di ceppo Iranico, egli cita non solo lIndo in forma fonetica indiana
(Sinthos; la forma greca usuale deriva da fonti linguistiche iraniche),
ma anche serpenti marini detti grav a i, una parola che corrisponde
ad un derivato medio indiano del sanscrito grh- nel senso, documentato, di animale marino pericoloso che afferra e divora gli
uomini.
In un solo caso peraltro molto importante il capitano ci
d uninformazione di carattere religioso: il capo estremo dellIndia lodierno Capo Comorin detto Komav r o Komareiv : ivi
esisteva egli ci dice un importante tempio, dove molti facevano sacre abluzioni e si dedicavano alla vita ascetica. Tempio ed
usanza continuano a tuttoggi in onore di Durga, la divinit femminile definita kumr la fanciulla e proprio da questo epiteto
deriva il nome geografico.
Il capitano ci ha tramandato molte parole che egli stesso conosceva e che dovevano essere usuali negli scali e negli empori
da lui frequentati. Alcune, che forse per carenza di documentazione ci paiono attestate per la prima volta, avrebbero avuto grande
fortuna nei secoli a venire: il caso di lav k ko" lacca (v. anche
159
P. Lond. 2, 191, 10; II sec. d. C.), dal pracrito lakkha (< sanscrito
lk@), e di sav k cari zucchero di canna (< medio indiano sakkhar
< sanscrito s rkar). Non facile recuperare letimo di tutte le
voci citate, poich, soprattutto nellmbito delle spezie e dei profumi,
molte parole si riferivano a variet locali ed altre avevano nomi
che, appunto perch legati al commercio, erano ormai largamente di uso internazionale (cfr. ad es. Dioscor. mat. med. 1, 14).
probabile che in futuro saremo in grado di capire ancor meglio
il valore documentario del Periplo, ma sin dora possiamo constatare lesattezza di molte informazioni. Al mondo sud arabico ci
rinviano ad esempio nomi come kav g kamon, nome di pianta aromatica, nota anche a Dioscoride ed a Plinio ed originaria dellArabia meridionale, il cui essudato resinoso veniva esportato:
prestito da un dialetto arabo, cfr. kamkam lentisco (Dozy); come
mokrotu tipo di incenso, cfr. yemenita mu\urt , Jibb. m\irot , Mehri
m \ rt ; usi ergologici come la costruzione di barche il cui fasciame fissato da fibre di palma (le barche cucite dellOman, dhow).
Davvero ricca la documentazione linguistica sullIndia. Tra
i tanti termini ricordo pev t ro" nome delle foglie del cinnamomo,
evidentemente il derivato dialettale medio indiano (*pattra-) del
sanscrito patram, foglia, da una parlata che non ha condiviso
levoluzione comune tr- > -tt-. Il nome ricompare nella designazione del cinnamomo, malav b aqron, da tamala-patram con discriminazione della sillaba iniziale perch confusa con larticolo neutro
del greco. kolandiofwnta nome di unimbarcazione di grandi
dimensioni usata per il commercio marittimo tra le coste dellIndia sudorientale ed il delta del Gange. certamente un composto con il medio indiano p ta- imbarcazione, ma la prima parte
di interpretazione incerta: forse si tratta di un derivato dalla
radice indiana *k la- curvo, ossia *k l > 6 a- o sim., forma
dialettalmente nota, dunque una nave ricurva in opposizione
alle imbarcazioni piatte adatte ai bassi fondali. Nel testo del Periplo
si incontrano altri nomi medio indiani di imbarcazioni, ossia kotuvmba = pracr. ko66imba, travppaga = pracr. tappaka < *tarpa- zattera,
saggav r a = pli (-)sa gh6a- tipo di canoa. Potremmo continua-
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Franco Crevatin
re con i nomi di alcuni pregiati legni orientali, ma nel Periplo, ovviamente, non troviamo tutto quello che vorremmo o ci aspetteremmo: non il legno profumato di sandalo 120 , attestatoci da Cosma
Indicopleuste (11, 15) nella forma tzandav n a, da sanscr. candana", non
la noce di cocco121 , il cui nome ci conservato dallo stesso Cosma (11,
11 aj r gev l li" < medio indiano nrgl da sanscr. narikela-). interessante notare che il legno usato nelle imbarcazioni dellOman il
legno di palma da cocco importato, evidentemente sin da epoche
molto antiche, dallIndia assieme al suo nome: nel dialetto arabo
locale infatti esso si chiama nr=l .
Possiamo ricordare brevemente un altro caso meritevole dattenzione. Gli Egiziani antichi disprezzavano profondamente i popoli
e le culture della Nubia, la miserabile (Xzy) Nubia popolata
nellimmaginario collettivo di pericolosi stregoni, ma non poterono mai farne a meno: essi rappresentavano per lEgitto laccesso a materie prime (pietre da costruzione, pietre dure, metalli) ed
a preziose merci esotiche delle regioni africane. Rari sono i prestiti lato sensu nubiani nellegiziano, anche occasionali, anche se
possiamo dirci certi che nomi per alberi dal legno pregiato come
lebano (hbnj, da cui il greco e[ b eno" e varie voci semitiche), da
sempre importato, o nomi di animali ormai estranei alla fauna
egiziana sono, appunto, di origine nubiana. Insomma, spesso
funzion un filtro culturale che imped ai nubianismi di insediarsi nel lessico egiziano. La Nubia era anche uno dei necessari
luoghi di transito di un bene sommamente prezioso per il culto
divino giornaliero che si svolgeva nei templi dEgitto, ossia le
120
Il prestito entrato anticamente in tutte le lingue connesse alle rotte monsoniche,
arabo incluso (@andal).
121
Cosma ci conserva anche il nome di un liquore ottenuto dal succo fermentato
della noce di cocco, rJ o gcosou~ r a, una bevanda molto dolce ed inebriante che gli
Indiani usavano al posto del vino (11, 11). La parola certamente un composto
con un derivato del sanscrito sur bevanda inebriante, la la prima parte non ,
a mio parere, di chiara derivazione: sospetto si tratti di un derivato medio indiano del sanscrito rk@- di gusto forte, aspro (forme attestate del tipo hindi rokh
e sim.), e si veda il derivato gi sanscrito rk@a>ya" distillato di melassa.
161
resine aromatiche: sappiamo che sin dallepoca dellAntico Regno gli Egiziani erano in grado di raggiungere via mar Rosso i
locali mercati degli aromi la favolosa Terra di Pwnt , ma il
viaggio era lungo e difficile ed il commercio terrestre non si interruppe mai. Non dunque un caso che lantica parola antjw
mirra (documentata nel greco nella forma aj e v n tion; Esichio)
abbia possibili riscontri in lingue cuscitiche (somalo anaad incenso di prima qualit). Due elementi, molto distanti tra di loro
nel tempo, ci confortano. Sin dai Testi delle Piramidi ci noto un
dio dal nome non egiziano e che non sembra aver mai avuto
alcun culto in Egitto, il dio Ddwn: era una divinit originaria
della bassa Nubia e di essa si diceva, con espressioni formulari
(Pyr. 803; il soggetto logico il Faraone defunto)
a te appartiene laroma di Dedun, il giovane dellAlto Egitto,
che proviene da tA-stj122 .
Egli ti d lincenso con il quale vengono fatti incensamenti agli dei
162
Franco Crevatin
163
copto [boh.] kabi), delle imbarcazioni fluviali ba~ r i" = copto baare
e rJ w v y (v. sotto), di qualche unit di misura (i{ n ion = copto xin,
aj r tav b h, copto ar tab, che peraltro nellegiziano prestito dal
persiano), alcuni nomi legati allamministrazione o alla religione
(ad es. lemei~sa capo militare = copto lemhhe, lesw~ni" preposto
di un tempio, probabilmente lo stesso di copto laane < jmyrA-Sn(y.t), porenbh~ k i" preposto ai sacri falchi < pA wr n bjk).
Materiale linguistico egiziano si trova, spesso frainteso, nelle voces
magicae dei testi magici, ed in tal caso lmbito specifico a
determinare la loro comparsa, e del tutto occasionalmente come
trascrizione di parole effettivamente pronunciate in determinate
circostanze (UPZ 79) o come citazioni fornite di glossa in greco
(ad es. shse tipo di vaso liturgico = copto jhhs ciotola o
rJ w v y (copto rams) glossato con barca di papiro.
Per contro nel copto Cristiano i grecismi sono circa il 30% del
vocabolario totale, almeno di quello della lingua scritta. Come
dobbiamo interpretare queste situazioni? Un elemento unificante
facilmente individuabile, ossia il fortissimo senso di identit
linguistica e culturale che ha da sempre caratterizzato la grecit:
per quanto si potessero apprezzare le culture diverse, esse erano
pur sempre culture di bav r baroi 125 . Il mondo ellenistico non mut
di molto questo atteggiamento. I sovrani tolemaici continuarono
a considerarsi Greci, specificamente Macedoni, in un paese considerato preda bellica e fu solo Cleopatra la Grande ad essere
capace di parlare e di intendere la lingua locale. La campagna,
linguisticamente e culturalmente egiziana, viveva con proprie leggi
a raccolta attorno ai tempi locali e provinciali, abbastanza distinta dalla componente ellenica: coloro che al suo interno desideravano in qualche modo farsi strada nellamministrazione o nella
cultura del tempo dovevano forzatamente esser formati nella paidei~a
greca.
125
Quando la cultura straniera era giudicata oggettivamente importante, era usuale
che gli Elleni la collegassero tramite genealogie mitiche alla propria: cos ad esempio
i Persiani potevano esser pensati come discendenti di Perse, i Romani come parlanti un dialetto eolico e cos via.
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La situazione per gli Egiziani encorici sotto il governo romano peggior da almeno un punto di vista, ossia da quello religioso: i templi infatti persero praticamente ogni autonomia economica e finanziaria, impoverendosi gradualmente e perdendo cos
la loro capacit di proporsi come centri di trasmissione culturale.
LEgiziano diventava cos sempre pi esclusivamente, eccezion
fatta per colui che, a prescindere dalla nascita, era di educazione
greca, il contadino dellimmenso granaio dellImpero romano.
Sarebbe molto interessante approfondire lesame del comportamento linguistico e culturale del sacerdozio egiziano,
cosa che qui non possiamo fare se non per cenni molto generali. Il sacerdozio dei grandi templi dEgitto conosceva
certamente il greco. Ad essi dobbiamo molti lavori di traduzione dallegiziano, sia di testi ufficiali della cancelleria tolemaica
sia di testi letterari e va detto che sono stati ottimi lavori.
In definitiva, lesempio pi autorevole di apertura al nuovo
mondo era stato dato da Manetone di Sebennytos, sacerdote
ad Eliopoli con la sua storia delle dinastie egiziane: dopo di
lui, il clero di Ptah di Memfi fu sempre leale sostenitore
della monarchia tolemaica, mentre il clero tebano di Amon
non solo rimase ostile e chiuso, ma non manc di appoggiare i tentativi armati di pretendenti locali al trono dEgitto
contro i Tolomei. Una delle prove pi curiose della competenza linguistica in greco offerta dalla traslitterazione di
nomi greci in geroglifici, nella quale sono state rispettate
alcune regole ortografiche greche (ad esempio il nome di
Roma scritto hrm, con la h- che riproduce lo spirito aspro
della trascrizione greca del nome).
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La necessit derivava dal fatto che le scritture egiziane tradizionali non segnavano il vocalismo delle parole.
127
Figura dellantico santo guaritore egiziano Imhotep.
166
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Non dunque strano che lestrema resistenza culturale egiziana, documentataci allinizio del VI secolo d.C. da Horapollo, lautore
di un trattato sui geroglifici, fosse di cultura largamente greca ed
ignorasse sostanzialmente lantica lingua del paese.
Il Cristianesimo egiziano, altrettanto debitore dellEllenismo
dal punto di vista testuale e liturgico, segn una svolta molto
importante dal punto di vista dellidentit linguistica, poich riusc
a ridare unit, almeno locale, alle genti dEgitto. Dopo leditto di
tolleranza di Galerio (a. 311) e i provvedimenti di Costantino, la
chiesa egiziana si rafforz sia dal punto di vista organizzativo
che economico, diventando una forza sociale di rispettabile entit, attiva al punto da organizzare non solo la propria difesa ma
altres lattacco nei confronti dei culti pagani.
Come abbiamo detto, il debito linguistico nei confronti della
grecit rimase alto: il copto era s una lingua ufficiale, utilizzabile nella liturgia e nellamministrazione della Chiesa, in epigrafi
pubbliche e private, nella corrispondenza e negli affari, ma era
comunque una lingua subordinata al greco, lingua questultima
conosciuta ed utilizzata anche in Nubia e nel regno etiopico di
Axum 128 . Il concilio di Calcedonia (a. 451) stabil la doppia natura di Cristo, posizione teologica che fu fatta propria dalla corte
imperiale di Bisanzio (melkitismo), mentre la Chiesa egiziana si
schier per il monofisismo (giacobismo). Lo scisma avenne in un
periodo nel quale la Chiesa copta era in forte crescita e si stava
proiettando con slancio missionario in Nubia, per cui essa sub il
sospetto imperiale e la lotta di fazione con il melkitismo ancora
ben presente in Egitto. Teniamo conto di tale sorda contrapposizione tra il Patriarcato di Alessandria e Patriarcato e corte di
Bisanzio ed assommiamoci la dura esosit delle richieste fiscali
bizantine 129 : otterremo un quadro molto indicativo entro il quale
128
Nelle lingue dellEtiopia letnico egiziano spesso un derivato dal greco
Aij g uv p tio", ad es. geez gb, bileno gib, saho gibse; da una forma collaterale
viene lebraico talmudico gph .
129
LEgitto era certamente una delle pi ricche provincie dellImpero e dovette
largamente sostenere le spese delle costose guerre (e delle forse ancor pi onerose paci) dellet giustinianea.
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d. ben vero che la chiesa Copta riusc a dare unit alle comunit locali e si propose anche come presenza economica, tuttavia essa, per quanto importante, rimase sempre subordinata,
prima al potere imperiale e poi a quello arabo.
Le tassazioni dei Cristiani in quanto sudditi di una religione
protetta, la caratteristica culturale musulmana di non tollerare
che un non musulmano potesse ricoprire, senza esser lui stesso
un dipendente strettamente controllato, posizioni di potere su
dei musulmani limit fortemente la mobilit sociale dei Copti ed
indebol vieppi il prestigio della loro lingua: vantaggi si potevano ottenere solo assimilandosi linguisticamente e religiosamente
alla componente araba. La diffusione crescente dellarabo, la scomparsa del greco, la chiusura in se stessa della comunit copta
port ad assumere larabo come lingua di cultura: una parte
notevolissima della produzione teologica copta stata scritta direttamente in arabo e dallarabo stata tradotta la maggior parte
dei testi Cristiani giunti alla chiesa dEtiopia 134 . Il copto era la
lingua del passato, un nobile passato che non poteva pi ritornare. Per questi motivi troviamo pochi presttiti copti nellarabo egiziano:
filtri culturali e sociali ne hanno impedito passaggio e sopravvivenza.
134
E difatti pochissimi sono i prestiti copti nel geez; due tuttavia si segnalano
pech evidentemente collegati a pratiche liturgiche, ossia kopu profumo, da
una forma nominale del verbo copto antico kep (P. Mimaut) fare fumigazioni
dincenso < qAp; e santaw profumo < sonte incenso < snTr.
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ne fondamentale presente nel sanscrito abhicara>a- stregoneria, letteralmente lazione di andare attorno, circondare. Se il
circoscrivere in casi come questi unazione aggressiva, come
quella espressa dal latino circumvenre ingannare o dal sanscrito
cakra- mezzo fraudolento (cerchio), in altri pu indicare invece una delimitazione a protezione contro lesterno ed essere dunque
un concetto positivo: il latino circumstare vale servire, assistere ed il greco aj m fiv p olo" serva, ancella letteralmente la
persona che va attorno (a qualcuno).
Caratteri o elementi fondamentali, si diceva: caratteri a se stanti
o in opposizioni, come alto / basso o luce / tenebra, caldo /
freddo e potenti codici di riferimento come quello corporale si
incontrano nel patrimonio motivazionale di tutte le lingue del
mondo e dunque possono ben esser pensati come patrimonio arcaico
e costantemente vitale dellumanit. affascinante seguire, pur
in maniera discontinua, le vie che essi hanno tracciato nelle culture: talvolta possono essere vie ampie, percorse da secoli di storia,
come il caso di espressioni come quella slava comune *svt
luce, mondo o sanscrita loka" mondo (letter.: lucore), talaltra
piccoli sentieri nascosti. Si pensi ad espressioni come quella latina lmen (oculrum) , la luce degli occhi, che parrebbe tanto
semplicemente motivata attraverso gli occhi entra la luce 136 : la
spiegazione potrebbe essere per meno ovvia e la connessione
tra luce ed occhio di altra natura. Noi siamo ormai abituati a
considerare la tenebra e lombra come assenza di luce e locchio
come un semplice recettore di luminosit, ma facile constatare
quanto diversi possano essere gli atteggiamenti in molte culture
tradizionali. La tenebra ha una sua sostanza materiale esattamente come la luce basti pensare al pensiero religioso del profeta Mani ed in molte culture lombra proiettata pu esser
vista come qualitativamente diversa a seconda che sia proiettata
da un essere animato o inanimato; nel primo caso essa spesso
136
Nellitaliano e nei suoi dialetti luce vale spesso fessura, derivati di *lminle
indicano labbaino attraverso il quale entra la luce.
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questo motivo lerrore il convitato di pietra di ogni ricerca etimologica. Confortiamoci, perch sempre stato cos da che mondo mondo.
I sacerdoti egiziani erano gli specialisti del sapere, potendo
accedere alla sapienza degli antenati racchiusa nei rotoli di papiro conservati nelle biblioteche templari, eppure anchessi sbagliavano. Quando il nuovo Faraone veniva ufficialmente consacrato, egli assumeva una titolatura che comprendeva 5 nomi, il
terzo dei quali era quello definito
Horus doro: esso originariamente ricordava che il Faraone era il falco divino, le cui
carni erano costituite dal metallo pi prezioso ed incorruttibile;
egli era il falco Horus, salito di diritto sul trono di suo padre
Osiride. Con il tempo si era per perduta la trasparente semplicit della motivazione e quando in et tolemaica si tradusse in
greco la titolatura reale ormai si interpretarono i segni come se
anticamente si fosse voluto alludere al falco sacro posto in posizione di dominio sul geroglifico che indicava loro, ma che era
usato altres per scrivere il nome di Ombo, la citt sacra al malvagio dio Seth, oppositore alla lunga sconfitto del legittimo sovrano Horus. Il nome venne reso in demotico ntj Hr pAj-f DADAj
(stele di Rosetta) colui che sopra il suo nemico ed in greco
aj n tipav l wn uJ J p ev r tero" superiore ai suoi oppositori, uninterpretazione che arriv sino al trattato di Horapollo sui geroglifici (I, 6).
La consapevolezza del sempre possibile errore contiene in s
una sicura speranza: grazie ai nostri errori che i futuri etimologi
costruiranno un sapere pi sicuro.
La ricerca della semplicit deve sempre trovar posto nella bisaccia delletimologo. Talora la ricchezza delle produzioni culturali dellUomo ci potrebbe portare a credere che la complessit
sia la norma. Di fatto, le cose non stanno cos: la complessit pu
essere, forse, facilmente prodotta, ma certo molto difficile da
gestire, da apprendere e da ritrasmettere; lingua e cultura sono
governate dalleconomia, dalla necessit di ottenere il massimo
dei risultati con il minimo sforzo. La complessit si pu trovare
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dere che teonimi indoeuropei come Zeuv " , latino Iuppiter, indiano
vedico Dyau (< *Dyus ) si riferiscano ad una divinit urania (lo
Splendente), ma solo tentando di limitare le aspettative che
lecito nutrire su indagini di questo tipo.
Difficolt analoghe si incontrano nelle pratiche linguistiche
con accesso riservato: gerghi professionali, lingue di iniziati, lingue di specialisti hanno in genere motivazioni contestualizzate
non facilmente accessibili, spesso perdute o aggiornate nel corso
del tempo. Molti Italiani usano lespressione fregare per dire
imbrogliare, ma solo persone di mezza et ricordano che essa
era a suo tempo considerata proibita a livello scolastico e tra la
gente per bene, ed ancor meno persone sanno che il suo primo
significato aveva valenza sessuale, al pari di espressioni, anchesse
oggi oscurate semanticamente, come non capire un tubo. Le
pratiche linguistiche con accesso riservato sono di difficile esegesi
etimologica perch la motivazione che soggiace al loro lessico
spesso basata sullallusione, sullammiccamento, non di rado sullironia con riferimento a contesti ormai da tempo perduti o oscurati.
In molti gerghi professionali dellItalia settentrionale compare
una parola a prima vista molto strana, strzek pane (ad esempio nel gergo dei pastori bergamaschi e camuni), parola che diventa etimologicamente pi chiara quando si confronti con la
sua variante strdek: il confronto immediato fornito dal dialetto
bormino trdek grano, che viene direttamente dal latino trtcum
con lo stesso significato. I continuatori italiani del lat. trtcum
sono degli arcaismi, poich nel passaggio tra tarda antichit ed
alto Medioevo ci fu, per il generale immiserimento della vita
agricola, una forte recessione dei cereali nobili e la parola si conserv
solo in aree neolatine marginali o isolate (ad esempio nel sardo).
Ora, proprio la forma strzek con la sua immotivata -z- interna ci
fa capire che c stato un incrocio tra i derivati dialettali di trtcum
e quelli di trsus triturato (talora noti proprio in area lombarda
per indicare tipi di farina), per cui possiamo dire che strzek originariamente doveva essere una parola propria del dialetto nor-
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2, 80), adoravano una forma asinina (cfr. anche Tacito Hist. 5, 3 ss.),
calunnia poi estesa ai Cristiani (Tertull. Apol. 16); allepoca di Domiziano
i Cristiani erano certo in prevalenza Ebrei.
Un esempio linguistico. Manetone (in Flavio Giuseppe contra Apionem
1, 14; fr. 42 Waddell) ha fornito il celebre etimo del nome degli Hyksos,
le genti che invasero lEgitto fondando le dinastie XV e XVI: il nome
un composto da u{ k che kaq iJ e ra n glw~ s san significa re e swv s che
kata th n koinh n diav l ekton significa pastore, i Re Pastori dunque.
Ma in altro aj n tiv g rafon Flavio Giuseppe ha trovato nel testo di Manetone
che non si tratterebbe di re bens di prigionieri di guerra, in quanto
questo il senso di a{ k , che andrebbe letto al posto di u{ k . Laspetto
)
tecnico delletimologia semplice: huk rende legiziano HqA capo (
)
beduino,
copto
w
s
pastore;
hak
invece
e ss SAsw (
!
U 2
va connesso con HAq catturare, saccheggiare, HAqw ( =
) prigionieri. Linformazione di Manetone tinta di nazionalismo egiziano e,
tutto sommato, non neppure sicuro che sia davvero ascrivibile a Manetone:
la sua opera venne infatti largamente rimaneggiata ed interpolata dalle
fazioni alessandrine filo ed anti Ebree. Ma lelemento pi interessante
dato dalla distinzione tra huk, proprio della lingua sacra, e ss tipico
invece del parlare comune: questa finezza certo manetoniana. Il sacerdote di Eliopoli difatti allude al bilinguismo dotto det tolemaica tra
medio-egiziano, lingua dei testi sacri, e lingua parlata, profana (da
ultimo v. K. Jansen-Winkeln, WZKM 85, 1995, p. 85 ss.); effettivamente HqA non si continua nel copto.
=U!
Capitolo II
Molto numerose sono le liste di parole vicino orientali: si veda la
voce Listen nel Reallexikon der Assyriologie und vorderasiatischen Archologie,
ed. Ebeling, Erich, Berlin 1932 e ss. Le lettere dellarchivio diplomatico
di el Amarna sono state riedite in traduzione da Mario Liverani (Le
lettere di el-Amarna, Brescia 1998). La teoria egiziana della lingua stata
da me esposta in IncLing 16, 1993, p. 105 ss. Il Libro della Vacca
Celeste stato riedito da E. Hornung (Der gyptische Mythus von der
Himmelskuk, Freiburg 1982). Sul Cratilo di Platone e sulla filosofia stoica
la bibliografia sterminata: si ricordi almeno lopera fondamentale di
M. Pohlenz, Die Stoa. Geschichte einer geistigen Bewegung, 1971-72 3; su
Varrone v. Varron, Entretiens Hardt IX, 1963, soprattutto il lavoro di R.
Schroeter (del quale v. anche il contributo in AAWM 12, 1959, p. 769
ss. Sul Nighau vedico ho scritto in Bandhu. Scritti in onore di Carlo Della
Casa, Torino 1997, p. 69 ss.
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Capitolo IV
Sulla concezione germanica della ricchezza si vedr E.A. Thompson,
The Early Germans, Oxford 1965, un classico che si pu aggiornare con le
singole voci del Reallexikon der germanischen Altertumskunde, ed. J. Hoops,
Berlin 1973 ss., e A.Ja. Gurevi, Le categorie della cultura medievale, Torino
1983 (trad. dalloriginale russo Mosca 1972). Oltre al saggio classico di
E. Benveniste citato nel testo, il lettore italiano pu utilmente leggere il
libro di R. Lazzeroni, La cultura indoeuropea, Bari 1998.
Capitolo VIII
Sulle conchiglie del kula v. S.F. Campbell in H.W. Leach e E. Leach
edd., The Kula, Cambridge 1983 p. 229 ss. Le componenti della persona
umana secondo gli Egiziani sono state riassunte in maniera piacevolmente divulgativa da A. Bongioanni e M. Tosi, La spiritualit dellantico
Egitto, Rimini 1997.
Capitolo IX
Il riferimento classico per la linguistica cognitiva G. Lakoff, Women,
fire and dangerous things: what categories reveal about the mind, University
of Chicago Press, 1988; v. anche A. Bonazza, Arbitrariet e motivazione :
un panorama della linguistica cognitiva , Trieste, Scuola superiore di lingue
moderne, 1995.
Capitolo X
Ho avanzato in parecchie sedi una proposta di lettura di uno dei tipi
sociali diffuso nel mondo di rapporti indeuropeo: si veda ad es. IncLing
Capitolo XI
Le migliori e pi pacate rassegne sul problema del sostrato sono
state offerte da D. Silvestri, La teoria del sostrato: metodi e miraggi, Napoli,
3 voll. 1977-1982; La nozione di indomediterraneo in linguistica storica, Napoli
1974; sul tema ho esposto recentemente il mio punto di vista in Variet
e continuit nella storia linguistica del Veneto (Atti del Convegno della
S.I.G.), Pisa 1999, p. 11 ss.
Capitolo XII
Sul movimento vichingo resta un classico G. Jones, A History of the
Vikings, Oxford 1973; v. anche F. Barbarani, Lespansione dei Vichinghi,
Verona 1979. Le proposte di lettura dello Slovo sono state da me avanzate in IncLing 11, 1986, p. 188 ss.; si veda altres la bella edizione
commentata italiana a cura di E. Saronne (Il cantare di Igor, Parma 1988).
183
Ledizione commentata del Periplo del Mar Rosso che sta alla base delle
nostre letture quella di L. Casson, Periplus maris Erythraei: text with
introduction, translation, and commentary, Princeton Univ. Press, 1989. V.
anche A. Avanzini, ed., Profumi dArabia, Roma 1997 (in particolare limportante contributo di G. Banti e R. Contini, p. 169 ss.Le sopravvivenze
copte nellarabo egiziano sono state studiate da W.B. Bishai, JNES 23
p. 39 ss. e da P. Behnstedt, Welt des Orients 12, 1981, p. 81 ss.; la tesi
di E. Mer Is, The Phonetics and Phonology of the Bohairic Dialect of
Coptic and the survival of Coptic Words in the Colloquial and Classic Arabic
of Egypt, Ph.D. thesis, Oxford 1975, va utilizzata con la massima cautela.
Utile gypte / Monde Arabe 27-28, 1996, con sintesi di vari specialisti.
Capitolo XIII
Sui primordial characters (uso non a caso il titolo del libro di R. Needham,
Univ. Press of Virginia 1985) non si lavorato molto: la tematica rinviene alla semantica cognitiva (sulla quale v. ad es. Cognitive semantics:
meaning and cognition, edited by Jens Allwood, Peter Grdenfors, Benjamins,
1999; Kognitive Semantik : Ergebnisse, Probleme, Perspektiven, Monika Schwarz
(Hrsg.), Tbingen 1994; Historical semantics and cognition, edited by Andreas
Blank, Peter Koch, Berlin 1999) e molto resta da fare.
Nel corso del testo ho fatto spesso riferimento alle interpretazioni di
Horapollo sui Geroglifici ed in generale alla cultura egiziana di et tarda: molto materiale si trover nelledizione con traduzione e commento
del testo di Horapollo ad opera mia e di G. Tedeschi, attualmente in
stampa. Sui problemi posti dalla storia delle lingue e popoli centroasiatici la bibliografia sterminata: sui rapporti Indoeuropei-Cina il saggio
sempre citato (ed altrettanto discusso) quello di T. Chang, Indo-European
Vocabulary in Old Chinese, Sino-Platonic Papers 7, Philadelphia 1988. In
generale la sintesi pi recente ed equilibrata quella di P.B. Golden, The
Turkic Peoples: a historical sketch, London 1998.
Tecnica linguistica e linguistica culturale
Letimologia, come tutti i saperi specialistici, si basa su una tecnica
che lindispensabile presupposto di ogni proposta; tuttavia la tecnica
in quanto tale non esaurisce i problemi posti dal sapere, fatto questo che
pare spesso dimenticato dallodierna galassia linguistica. Ognuno sa,
credo, reperire gli esempi di quanto dico. Al fondo la questione mi pare
riconducibile alla teleologia delle scienze: lenunciato La linguistica spiega
i problemi posti dal linguaggio umano in quanto tale e dalle lingue
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naturali come reificazione dello stesso pu legittimamente essere integrato dalla domanda Per farne che?. Proprio in quanto si occupa di
uno dei fattori che pi e meglio caratterizzano lUomo, la linguistica ha
una particolare responsabilit allinterno delle scienze umane, dalla quale
non pu evadere: sarebbe pericolosamente riduttivo pensare esclusivamente allhomo loquens, perch lUomo ununit non suddivisibile, se
non per mera comodit, di fondanti strutture biologiche, cognitive e
culturali. Insomma, la linguistica dovrebbe contribuire teleologicamente
alla comprensione dellUomo. probabile che ci sia colto, magari come
nostalgia, da molte scuole; certo che il successo del paradigma chomskyano,
ad esempio, dovuto molto pi alle prospettive teleologiche che esso
include (il funzionamento della mente) che ai suoi successi esplicativi
nella tecnica linguistica. Nella prospettiva di una linguistica culturale,
largamente dipendente dal cognitivismo e dallantropologia, si sono messi
alcuni studiosi (ad es. G.B. Parker, Toward a Theory of Cultural Linguistics,
Univ. of Texas Press 1996) ed probabile che nei prossimi anni assisteremo ad un espandersi di questo filone: ci che in esso per ora manca
la dimensione storica, ed unassenza rumorosa. Essa dipende in parte
dalle singole storie disciplinari: il cognitivismo in s metastorico e
lantropologia ha sempre avuto un atteggiamento sospettoso nonostante i caveat espressi da illustri studiosi nei confronti della storia.
Comunque sia, lassenza dovr essere compensata: lUomo percepito in
una visione solo sincronica non pu che essere incompleto.
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