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CAP. 3 MORFOLOGIA
3.1 PAROLE E MORFEMI
La morfologia (dal greco morph forma + logia studio) ha un suo ambito dazione specifico: la forma, la
struttura della parola, ossia la minima combinazione di morfemi costruita spesso attorno ad una base lessicale (cio
da almeno un morfema recante significato referenziale) che funzioni come entit autonoma e possa costituire, da
sola, un segno linguistico compiuto e comparire come unit separabile.
Fra i criteri che permettono una definizione pi precisa di parola possiamo menzionare:
- a)
il fatto che allinterno della parola lordine dei morfemi che la costituiscono rigido e fisso, pena la
distruzione della parola stessa (es. gatto = gatt-o e non o-gatt);
- b)
il fatto che i confini di una parola sono punti di pausa potenziale del discorso;
- c)
il fatto che la parola di solito separata/separabile nella scrittura;
- d)
il fatto che foneticamente la pronuncia della parola non interrotta ed caratterizzata da un unico accento
primario.
Proviamo ora a scomporre parole in pezzi pi piccoli ancora portatori di significato: i morfemi. Ad es., possiamo
scomporre laggettivo dentale in tre morfemi: dent- col significato di organo della masticazione; -al- col
significato di (aggettivo) relativo a; -e col significato di singolare (uno solo).
Ciascuno dei tre morfemi tuttavia suscettibile di entrare come componente di altre parole mantenendo lo stesso
significato: ad es. dent- in dente, dentista, dentifricio, ecc.; -al- in stradale, mortale, fatale, ecc.; -e in gentile, abile,
feroce, ecc. Occorre tuttavia precisare che parti di significante identiche non vuol dire che si tratti dello stesso
morfema: ad es., in studente non c affatto il morfema -dent- perch la parola scomponibile in stu-den-te; in
spalare non c il morfema -al- perch scomponibile in spa-la-re.
Esiste un procedimento rapido per scomporre una parola (ad es. dentale) in morfemi confrontandola via via con
parole simili che contengono uno per uno i morfemi che vogliamo individuare. Cominciando dalla forma pi vicina
dentali, escludendo le parti uguali ci accorgiamo che -e ha valore singolare (e -i di plurale); confrontando poi
dentale con stradale vediamo che -al e dent- sono due altri morfemi. Lanalisi trova conferma confrontando infine
dentale con dente. Tale procedimento detto prova di commutazione.
Un morfema dunque lunit minima di prima articolazione, il pi piccolo pezzo di significante di una lingua
portatore di significato e riusabile, la minima associazione infine tra significato e significante.
Ma come in fonologia abbiamo fonema, fono, allofono, in morfologia abbiamo il morfema, portatore di un
significato proprio, il morfo, che rappresenta il morfema dal punto di vista del significante e prima e
indipendentemente dalla sua analisi funzionale e strutturale, e lallomorfo, che la variante formale del morfema e
realizza lo stesso significato di un altro morfo con la stessa funzione e suscettibile di apparire sotto forme
parzialmente diverse.
Ad esempio il morfema italiano con il significato di spostarsi avvicinandosi verso un luogo determinato che
troviamo nel verbo venire appare in italiano nelle cinque forme ven- (venire, venuto, ecc.), venn- (venni, vennero),
veng- (vengo, vengano), ver- (verr, verrebbe) e ciascuna di esse un allomorfo dello stesso morfema che
possiamo designare con la forma pi frequente, cio ven-. Il morfema ven- quindi ha quattro allomorfi diversi. Ma
lallomorfia pu riguardare sia i morfemi lessicali (come nellesempio citato) che quelli grammaticali, come nel
caso delle varianti del suffisso del plurale in inglese: [-s] di cats, [-z] di dogs e [-iz] di horses.
Le cause dei fenomeni di allomorfia sono da rintracciare nella diacronia e quindi nei mutamenti fonetici a cui sono
state sottoposte le varie lingue nel tempo. Ma per parlare di allomorfia occorre comunque che ci sia affinit
fonetica tra i diversi morfi che realizzano lo stesso morfema. L'italiano ricco di casi di allomorfia: un esempio
sono il- di illecito e in- di inutile: entrambi sono allomorfi dello stesso morfema in- in quanto in- davanti a
consonanti laterali, vibranti o nasali la [n] si assimila alla prima consonante della parola a cui il prefisso s applica
(e cos con irregolare, immobile, impuro, ecc.).
Fenomeno simile allallomorfia il suppletivismo, dove l'origine della base lessicale uguale a livello diacronico,
ma per stratificazione storica risultano due morfi diversi: uno rimasto intatto e l'altro modificato. Un esempio
quello del sostantivo acqua e dell'aggettivo idrico, dove il primo acqu- deriva dal latino e il secondo idr- dal greco
(vedi anche cavallo e equino, fegato e epatico, ecc.).
elementi costitutivi: ad es. cigielle (CGIL), effesse (FS, Ferrovie dello Stato), tiefferre (TFR), ecc. Infine, lunione con
accorciamento d luogo a quelle parole c.d. parole macedonia: ad es., cantautore (cantante + autore), ecc.
In italiano, il pi importante e produttivo dei procedimenti di formazione di parola la suffissazione. Tra i suffissi
derivazionali pi comuni ricordiamo: -zion- (con gli allomorfi -azion-, -izion-, -uzion-), -ment- (con allomorfi iment-, -ument-, ecc.), -ier-, -it, ecc. Si noti che spesso i suffissi derivazionali vengono designati, per semplicit,
comprendendo in essi anche la desinenza, obbligatoria in italiano, e tralasciando la vocale tematica, per cui si dice
sovente i suffissi -zione, -mento, -tore, ecc.
peraltro assai produttiva in italiano anche la prefissazione. La prefssazione, al contrario di quello che avviene di
solito con la suffissazione, non mina la classe grammaticale di appartenenza della parola: mentre aggiungendo un
suffisso a un nome, per es. -os a noia, posso ottenere un aggettivo, noioso, aggiungendo un prefisso a un nome od a
un aggettivo riottengo un nome o rispettivamente un aggettivo: ad es., aggiungendo con- a socio avr consocio,
aggiungendo in- a utile avr inutile.
Unaltra categoria di derivazione suffissale si pu ottenere con suffissi alterativi che producono appunto
unalterazione. Ad es., con valore diminutivo (gattino, affaruccio, finestrella, ecc.) o con valore accrescitivo
(librone, ecc.) o peggiorativo (robaccia, ecc.).
Le parole derivate, infine, si possono definire in maniera da tener conto: a) dei procedimenti di derivazione; b) della
classe lessicale della base da cui derivano; c) della classe lessicale a cui appartiene il risultato (cio la parola
derivata).
In conclusione, dal punto di vista della storia derivazionale, ovvero dai processi di derivazione operanti
nella formazione della parola, si danno i seguenti tipi morfologici di parole:
- parole basiche o primitive (es. mano);
- parole alterate (es. manona);
- parole derivate (suffissate, es. maniglia; prefissate, es. rimaneggiare);
- parole composte (es. corrimano);
- unit plurilessematiche (es. mano morta).
II processo d derivazione di una parola (e quindi la struttura interna d questa) s pu rappresentare con un
diagramma ad albero, ripercorrendo dal basso all'alto la successione delle operazioni applicate a partire dalla radice
lessicale che ne costituisce la base di formazione (vd. p. 116).
In molte lingue gli aggettivi possono essere marcati per grado: comparativo, superlativo. Litaliano, tuttavia, affida
la flessione soltanto al superlativo. Altre lingue marcano poi con morfemi appositi sui nomi la definitezza o il
possesso, che vanno considerate dunque anch'esse categorie grammaticali.
La morfologia verbale ha cinque categorie flessionali principali:
- il modo, che esprime la modalit, cio la maniera nella quale il parlante si pone nei confronti del contenuto
(ad es., lindicativo, che indica certezza di quanto viene affermato - mangio; il condizionale, che indica
invece incertezza - mangerei);
- il tempo, che colloca appunto nel tempo assoluto e relativo quanto viene detto (es. presente, passato,
futuro, ecc.);
- l'aspetto, che riguarda la maniera in cui vengono osservati e presentati in relazione al loro svolgimento
l'azione o l'evento o il processo espressi dal verbo;
- la diatesi, o voce, che esprime il rapporto in cui viene rappresentata l'azione o l'evento rispetto ai
partecipanti e in particolare rispetto al soggetto (attivo o passivo: lavo o sono lavato);
- la persona, che indica chi compie l'azione o pi in generale riferisce e collega la forma verbale al suo
soggetto e la marcatura di persona implica anche una marcatura di numero e, in alcune lingue, come
litaliano (limitatamente ai participi passati), anche il genere.
Categorie grammaticali a livello di parola, che classificano le parole raggruppandole in classi secondo la natura del
loro significato, del loro comportamento nel discorso e delle loro caratteristiche flessionali e funzionali, sono
invece le classi di parole, o parti del discorso, dette anche categorie lessicali o classi lessicali.
Le parti del discorso sono raggruppabili in nove classi: sostantivo, aggettivo, verbo, pronome* articolo;
preposizione, congiuntone, avverbio e interiezione.
Molte parole, per, non possono essere poste in una determinata classe perch presentano caratteristiche comuni a
pi classi Ad esempio il quantificatore tutto ritenuto aggettivo poich si accorda con il nome a cui si riferisce ma
non si comporta da aggettivo in quanto s pone prima dell'articolo. Un altro esempio ecco, che pur essendo
considerato un avverbio possiede la propriet tipica dei verbi di reggere un pronome clitico: eccolo, eccomi.
Mentre le categorie grammaticali sinora viste sono definibili (a parte il caso) sull'asse paradigmatico, considerando
quindi le parole in isolamento, altre importanti categorie grammaticali si individuano invece sull'asse sintagmatico,
considerando le parole nel loro rapporto con le altre parole all'interno di un determinato messaggio. A queste
categorie grammaticali sintagmatiche, che operano a livello di sintagma, e quindi rientrano nel dominio della
sintassi, si pu riservare la definizione d funzioni sintattiche.
La distinzione tra sintagmatico e paradigmatico rilevante anche perch d luogo alla distinzione tra due modi
diversi di funzionamento della morfologia flessionale: la flessione inerente e la flessione contestuale. La flessione
inerente riguarda la marcatura a cui viene assoggettata una parola in isolamento, a seconda della classe di
appartenenza, per il solo fatto di essere selezionata nel lessico e comparire in un messaggio. La flessione
contestuale dipende invece dal contesto, specifica una forma e seleziona i relativi morfemi flessionali in relazione
al contesto in cui la parola viene usata e dipendono quindi dai rapporti gerarchici che si instaurano tra le parole
all'interno della frase. Marca cio rapporti di natura sintattica. In italiano, aggettivo e articolo devono assumere una
forma che dipende da quella del nome a cui si riferiscono: es., una bella torta, ecc.). Una tipica flessione
contestuale quella di caso.
Pi in generale, un meccanismo che opera in molte lingue quello della marcatura di accordo, che prevede che
almeno alcuni elementi suscettibili di flessione all'interno di un certo costrutto prendano le marche delle categorie
flessionali per le quali marcato l'elemento a cui si riferiscono. Cos, come s visto, in italiano obbligatorio
laccordo tra verbo e soggetto e tra i diversi componenti di un sintagma nominale: ad es., le belle mele mature
copiano il morfema di FEMM PL del nome a cui si riferiscono.
Nella morfologia contestuale, infine, conviene distinguere tra accordo e concordanza, riferendo il primo termine ai
fenomeni di accordo tra gli elementi del sintagma nominale e il secondo all'accordo delle forme verbali con
elementi nominali, soprattutto con il soggetto.