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JACAZ/0
B. PIOMBO
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l
i
Vol./l
La trasmissione del moto
LEVROTIO BELLA
TORINO
CORSO VITTORIO EMANUELE, 26
CORSO LUIGI EINAUDI, 57
INDICE GENERALE
)
,.;...-
INTRODUZIONE
Pag.
l. GIUNTI
Giunto di Cardano
Accelerazioni nel giunto di Cardano e reazioni dei supporti
Doppio giunto di Cardano
Giunti omocinetici
Giunto di Oldham
2. FLESSIBILI
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
Le ruote dentate
Trasmissione del moto mediante ruote di attrito
Trasmissione del moto mediante ruote dentate
Profili dei denti
Caratteristiche generali degli ingranaggi
"
"
"
"
"
lO
11
13
18
"
"
,"
,
21
,"
"
",
"
"
,"
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"
,"
21
21
26
30
33
38
42
44
45
46
47
51
56
59
59
59
62
65
69
VIII
IX
3.6
3.7
3.8
3.9
4.1
4.2
4.3
4.4
Rotismi ordinari
Riduttori a rotismi ordinari
Moltiplicatori a rot.ismi ordinari
Applicazione dei rotismi ordinari: cambio di velocit
di una autovettura
4.5 - Rotismi epicicloidali
4.6 - Riduttori a rotismi epicicloidali
4.7 - Rendimento di rotismi epicicloidali
4.8 - Rotismi epicicloidali ad ingranaggi conici
4.9 - Rotismi epicicloidali multipli .
4.10- Rotismi epicicloidali per la regolazione del passo
delle pale di un'elica
...
4.11 - Cambio di velocit a rotismi epicicloidali
4.12 - Sterzo di mezzi cingolati
4.13- Rotismi epicicloidali senza port.atren?.
4.14- Riduttori cicloidali
4.15- Riduttori armonici
5. VITI
Pag.
"
"
73
77
81
"
"
"
89
92
95
106
116
125
125
132
140
146
147
151
157
"
159
"
159
163
163
"
"
"
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"
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"
"
,
6.1
6.2
6.3
6.4
6.5
"
"
183
185
188
190
191
194
"
199
"
199
201
207
209
211
219
"
"
257
257
"
"
258
264
266
269
270
274
277
286
289
,
:.
219
221
224
228
232
236
242
244
247
252
254
"
"
FRENI ED ARRESTI
8.1
8.2
8.3
8.4
8.5
8.6
8.7
8.8
8.9
"
"
s.
214
"
7. MECCANISMI
164
165
172
175
177
180
Pag.
"
"
"
"
291
291
293
294
298
305
308
311
315
321
XI
8.10- Freni a fluido
8.11 - Arresti
Pag.
"
9. INNESTI
331
,
"
"
"
"
"
"
11. CUSCINETTI
11.1
11.2
11.3
11.4
- Considerazioni generali
- Principi di funzionamento di un cuscinetto a rotolamento
-Tipi di cuscinetti a rotolamento . . . . . . . . . .
- Vita di un cuscinetto e carico sopportabile durante il
funzionamento . . . . .
11.5 - Cuscinetti a strisciamento . . . . . . . . . . . .
11.6 - Equazione di Reynolds . . . . . . . . . . . . . .
11.7 - Applicazione deli 'equazione di Reynolds a.d alcuni casi
elementari . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11.8 -Cuscinetti reggispinta lubrificanti . . . . . . . .
11.9 - Andamento della pressione in un meato convergentedivergente . . . . . . . .
11.10- Cuscinetto portante completo . . . . . . . . .
11.11 - Cuscinetto portante parzia.le . . . . . . . . .
11.12- Potenza dissipata in un cuscinetto a strisciamento
11.13 - Cuscinetti idrostatici . . . . . . . . .
11.14- Cuscinetti idrostatici a pressione costante
; ttatx# ;;:oz;xw.nw; xz
331
333
334
338
342
344
346
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349
351
355
322
326
4 , ;_ A),(
"
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355
356
362
363
369
373
"
375
375
376
380
"
385
391
392
"
"
396
399
"
"
"
409
410
420
433
434
439
Indice analitico
,
,
442
443
447
451
INTRODUZIONE
...l
Nello studio dei vari componenti impiegati nella trasmissione del moto
verr sovente calcolato il rendimento del componente. Questo definito come
il rapporto fra la potenza meccanica resa in uscita dal componente meccanico
e la potenza fornita al componente, in condizioni stazionarie:
.
t
ren d1men o
1J
l.
GIUNTI
potenza uscente
= potenza
=
entrante
_ potenza entrante-potenza dissipata
potenza entrante
~Crociera
Fig. l - Rappresentazione schematica del giunto di Cardano
a)
b)
7
(A- O)
= cos l) X- sin l) k
Sar inoltre:
""-21) w1
cos
e, in base ancora alla (2.1):
X= cosa-i+sina-]
""-21) c...1
cos
t 21) )
=cosa- ( l+ ~
cos 2 O'
w2
Ossia:
(2.1)
(2.2)
Si vede da questa relazione che quando l) = O, 1r, 21r, ... , n1r, con n numero
intero, si ha tg cp = tg l) = O, per cui anche cp uguale a O, 1r, 21r, .... , n1r.
Inoltre anche per l)= 1rj2, 37r/2, ... , gli angoli l) e cp sono uguali poich in
questo caso si ha tg cp = tg l) = oo. La massima differenza angolare JO- sol si
ha per angoli O prossimi a 7r/4, 37r/4, ... ed funzione dell'angolo a formato
dagli alberi del giunto. La Fig. 4 mostra la differenza cp -0 in funzione della
posizione angolare l) dell'albero motore per alcuni valori dell'angolo a-.
0=4~
4L v
30
......
20
2~ :.-
l)=
-per O=
l\\"
..
i'-
~
20
40
2,
60
Tmax
cosO'
-l---s-=-i-,n2"a--co-s-:-2-l) = 1
-~ t'----
= -l cosO'
cosO= O, T= Tmin =cosa
O, cosO= l, T=
'\.\
~~
l)
/ '\
-per
8
= w2
- = sin
Wl
80
_)00
.;]
120
Ci si verifica per:
(:!}
v---v1
lL
140
160
cos 20 =
J
180
(O)
l-cosa2
sm a-
l
= l + cos
a-
ossia per:
tg O= JcosaPoich a- sempre abbastanza piccolo, e comunque raramente superiore a
40, gli angoli BM per cui le velocit angolari dei due alberi sono uguali sono,
come gi si detto, sempre prossimi a rr/4, 3rr/4, ecc.
La (2.2) esprime il legame funzionale esistente tra il rapporto istantaneo
di trasmissione T e gli angoli a- e O. A volte per (ad esempio quando la
8
velocit angolare w 2 dell'albero condotto costante) pu essere pi conveniente esprimere T in funzione di a e dell'angolo di rotazione <p dell'albero
condotto. In base alla (2.2) e alla (2.1) si pu scrivere:
cosO'
T= - - - - - - - . . - - - l -
2
Sin
l
o---.,.---..,-2
2
1 + tg
<p cos
Pertanto sar:
"-'2
w2
_fiE
=v
I;
W1
=w2/T.
Se poi si misurano gli angoli a partire da una posizione ruotata di 71" /2 rispetto
a quella fino ad ora assunta come iniziale, i nuovi angoli <p1 saranno pari a
1
2
1
<p =<p- 71"/2, per cui sin <p= cos 2 <p e:
1
T -
- -
-T-
Wl
2I1w 1 + 2I2w 2 =E
--=T=
w1
-----
COSO'
----~--~--
cosa
?
l-sin-acos2 8
e:
= (w2)max -
(w2)min
(w2)medio
=-
11
lO
~
dw2
dt
-=
cosa
dw1
cosa sin 2 a sin 29 2
-w
2
2
l - sin a cos 9 dt
(l- sin 2 a cos2 9) 1
Nel caso in cui w1 sia costante il primo termine del secondo membro si
annulla, al contrario del secondo che cresce invece rapidamente ~ crescere di
w1 e di a. Poich il valore della coppia di inerzia in un albero direttamente
proporzionale all'accelerazione angolare dell'albero stesso e poich inoltre essa
origina carichi periodici sui supporti, intuibile dalla (2.3) come la vita ed
il rendimento di un giunto di Cardano siano tanto maggiori, ad una data
velocit angolare di funzionamento, quanto minore l'angolo a. Per alberi
sopportati da cuscinetti a rotolamento i rendimenti dei giunti di Cardano sono
in ogni caso molto alti: si raggiungono infatti mediamente valori di O, 98-;-0, 99
per valori dell'angolo a prossimi ai 20.
RBl
MvB
= RB2 = -b-
l'albero motore sia con l'albero condotto. Assumendo come posizione iniziale
13
12
quella illustrata in Fig. 7, si indichino con e l'angolo di rotazione dell'albero
l, con '1/J l'angolo di rotazione dell'albero intermedio i e con rp l'angolo di
rotazione dell'albero condotto 2. Si osservi inoltre che gli alberi l e i hanno
una posizione iniziale identica a quella considerata in Fig. 3, per cui tra e e
'1/J sussister la relazione:
tg e = tg '1/J cos a
Gli alberi i e 2 si trovano invece in una posizione iniziale sfasata di 90 rispetto
a quella assunta nella Fig. 3; pertanto si avr tra gli angoli '1/J e rp una
relazione data da:
tg rp = tg '1/J cos a
Poich i secondi membri delle due ultime equazioni scritte sono uguali tra
loro, dovranno essere uguali tra loro anche i primi membri; si avr pertanto:
La condizione di _omocineticit tra gli alberi l e 2 pu essere ottenuta anche con un'altra disposizine; inclinando cio l'albero condotto di
un angolo -a rispetto all'albero intermedio (Fig. 8). Cos facendo, poich
Fig. 9 - Doppio giunto di Cardano con alberi motore e condotto posti su piani differenti
Nella Fig. lO sono illustrati i componenti di un doppio giunto di Cardano
con albero intermedio telescopico (allungabile).
Fig. 8 - Doppio giunto di Cardano con alberi motore e condotto paralleli tra loro
cos(-a)
cosa, si ottiene, procedendo in modo analogo a quello appena
esposto, la. condizione di omocineticit: e = c.;, w 1 = w 2 Questa particolare
configurazione del doppio giunto di Cardano costituisce pertanto anch'essa un
metodo utilizzabile per la trasmissione omocinetica del moto tra due alberi
paralleli.
15
14
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17
16
omocinetico, bisettore dell'angolo a formato fra gli alberi. Qualunque sia
l'angolo di rotazione descritto dal giunto, continua a mantenersi la condizione
di simmetria ora vista, per cui il rapporto di trasmissione fra gli alberi si
mantiene rigorosamente pari a l.
Supponiamo ora che vari l'angolo a formato fra gli alberi, ad esempio
che l'albero 2 ruoti nel piano di un angolo 'Y portandosi nella posizione (2').
Conseguentemente, il braccio B2 si porta nella posizione B2' (Fig. 11) ed
il nuovo punto di intersezione fra i bracci diventa P', che si trova sul nuovo
piano 11"', bisettore dell'angolo a+'Y
n funzionamento del giunto omocinetico rimane inalterato, il rapporto
di trasmissione continua a essere costante e pari a uno, con la sola differenza
che varia la velocit periferica del punto P' essendo variata la sua distanza
dagli assi.
Esistono diverse realizzazioni pratiche di giunti omocinetici, che seguono
il principio di funzionamento prima descritto. I pi comuni tipi di giunto
omocinetico sono: il giunto Bendix- Weiss, generalmente usato per coppie non
superiori a 6000 Nm, e il giunto Rzeppa, che viene usato per coppie fino a
35000 Nm.
porta una forcella nella quale sono ricavate quattro semigole toroidali. Le due
forcelle sono montate ad angolo retto una rispetto all'altra e sono tra loro
distanziate da una sfera, il cui centro coincide con il punto intersezione degli
assi l e 2. I centri di curvatura C1 e C2 delle ,gole toroidali si trovano
sugli assi l e 2 a una distanza piccola dall'intersezione degli assi medesimi.
Pertanto, essendo i raggi di curvatura uguali per tutte le gole, ogni sfera tocca
la gola della forcella 'l e la gola della forcella 2 in punti simmetrici rispetto al
piano 1r bisettore degli assi l e 2 nel quale vengono di conseguenza a trovarsi
i centri delle sfere. Tale condizione viene realizzata qualunque sia l'angolo a
formato dagli assi poich essa dipende solo dal fatto che i centri C 1 e C2
delle gole sono a distanza uguale dal punto intersezione degli assi e che i raggi
di curvatura delle gole sono uguali tra loro. n piano bisettore 1r costituisce
il piano omocinetico della trasmissione ed il giunto pu quindi trasmettere il
moto tra i due alberi con un rapporto di trasmissione costante e pari a l.
a)
n giunto Bendix- Weiss illustrato schematicamente nella Fig. 12 costituito da due alberi, inclinati tra loro di un angolo a, ognuno dei quali
l
18
in piani equidistanti (Fig. 13 b); in ogni gola trovano posto due sfere che,
dovendo toccare entrambe le superfici sferiche at~ive delle due forcelle, hanno
una posizione ben definita (ed esattamente il loro centro deve giacere nel piano
bisettore degli assi di rotazione) analogamente a quanto accade nel giunto
Bendix-Weiss.
Anche in questo caso si pertanto in presenza di un piano omocinetico
1r nel quale si mantengono i centri delle sfere e che costituisce inoltre il piano
bisettore di due assi di rotazione qualunque sia il valore dell'angolo a da
essi formato. n giunto poi completato da una gabbia distanziatrice entro
cui trovano posto le sfere alle quali di conseguenza impedita una eventuale
fuoriuscita dalle apposite sedi.
Nei tipi di giunto ora descritti l'elemento intermedio della trasmissione
costituito da una serie di sfere e il moto delle sfere sulle forcelle dei due alberi
un moto di rotolamento per cui il rendimento di questi giunti omocinetici
sempre molto elevato. Accanto ad essi si trovano altri giunti omocinetici nei
quali per l'elemento intermedio possiede un moto di strisciamento rispetto
alle due forcelle e ci comporta una conseguente diminuzione del valore del
rendimento della trasmissione.
I giunti omocinetici sono utilizzati in numerose applicazioni tecniche
dell'ingegneria. Essi sono universalmente usati negli autoveicoli a trazione
anteriore nei quali le ruote motrici hanno anche una funzione direzionale; essi
inoltre trovano applicazione in quegli alberi rotanti a velocit elevata nei quali
le fluttuazioni periodiche di velocit angolare introdotte da un semplice giunto
di Cardano assumerebbero valori addirittura intollerabili.
t
l
l
19
2. FLESSIBILI
l
l
22
23
\l
~):
d
Vv =w{ VB =wp:;
Ve =wp
r.,
!'
b)
a)
Fig. 15- Argano di sollevamento: a) schema dell'argano; b) diagramma delle velocit della puleggia mobile
b)
Per il calcolo del carico P sollevabile dall'argano si osservi innanzi tutto che in _
assenza di attrito le tensioni all'ingresso e all 1uscita della puleggia sono uguali,
per cui, scrivendo una equazione di equilibrio secondo la direzione verticale si
ha:
P=2T
L'argano di sollevamento raggiunge quindi lo scopo di dimezzare, nel
caso ideale di assenza di attrito, lo sforzo necessario a sollevare un carico di
intensit P. Contemporaneamente, la velocit di sollevamento del carico
la met di quella del punto al quale applicata la forza di trazione T.
una puleggia assume l 'aspetto indicato nella Fig. 16 b): dal lato in cui il
flessibile si avvolge sulla puleggia esso tende a rimanere diritto, mentre dal lato
24
,D/2 +e"
T =T D/2-e"
25
7J
= TV
=l+ k
Quanto ora esposto per una puleggia pu essere esteso al caso dei paranchi di sollevamento nei quali lo sforzo applicato viene amplificato proporzionalmente al numero delle pulegge esistenti. Con riferimento alla Fig. 18 si
avr infatti:
D~
=T1 + Ts + Ts + ... + To = L
n=O
(2.4)
T=l+k
T'
{ k = 4(e'~+ p)
con
e di conseguenza:
Tn
27
La forza di trazione
da:
T8
Ts
=(l+ k) 8 To
Ts
(l+k) 8 P
7
l:Cl+kt
n=O
2.3 - Cinghie
parall~lposti ad una certa distanza::- Le -prfnci pali caratteristiche <l elle trasmissioni a cinghie possono essere riassunte nelle sei seguenti:
a) Si pu_ trasmettere il.moto tra assi molto distanti tra loro.
b) A-~~usa de_llo sco!rlmento tra cinghia e. puleggia, fenomeno che verr_ dettagli-atamente esa~inato nei prossimi paragrafi, il rapporto di trasmissione
non costante per qualsiasi condizione di funzionamento (ad esclusione
----- ----delle cinghie-adei:J.tifc) Usando cinghie a V possibile ottenere una certa variazione del rapporto
di trasii1i1>;;ione utilizzando pulegge _ostruite in modo particgl(!.re.
d) Usando cinghie piane possibile ottenere il funzionamento analogo a quello
di _una frizione semplicemente spostando la cinghia da una puleggia folle
~_v. n a. in_presa_.
e) La trasmissione a cinghie richiede sempre un certo aggiustaggio dei centri
degli assi.
f) Impiegando pulegge a scalini si ottiene un mezzo economico per variare il
rapporto di trasmissione in modo discontinuo tra due alberi.
--------
cinghie
_cinghie
cinghie
cinghie
cinghie
piane
rtortde
aV
a costole
a_ denti.
28
29
. N= 2N'sin::
2
-\ .
f
'T---\N
Q/
sin2
Per effetto della forma a V della cinghia si pertanto in presenza di un coefficiente di attrito equivalente pari a:
(2.6)
, __!_
-
et
Slll-
che tanto maggiore quanto minore l'angolo al vertice della cinghia. Per
una cinghia piana si ha a= 180 con l'ovvia conseguenza di ottenere dalla
(2.6) !'=f.
In numerose applicazioni, quando la potenza da trasmettere elevata,
si utilizzano pi cinghie a V in parallelo che si avvolgono su altrettante gole
ricavate nella stessa puleggia. In altre applicazioni, per semplificare i problemi
di installazione, sono usate cinghie a V ad anelli; esse sono formate da tanti
piccoli tronchi di cinghia a V collegati tra loro mediante elementi metallici. Le
cinghie ad anelli sono usate in applicazioni a velocit moderata e per potenze
fino a 800 kW; il loro principale vantaggio risiede nella possibilit di variare
la lunghezza della cinghia semplicemente aggiungendo o togliendo uno degli
anelli.
Le cinghie rotonde sono normalmente di gomma e possono essere rinforzate con uno o pi cavi metallici. Esse vengono utilizzate soprattutto in
applicazioni leggere quali trapani ad alta velocit, macchine da cucire, e cos
via.
Le cinghie a costole sono essenzialmente cinghie a V multiple con l'unica
differenza che le varie costole a V sono ricavate in un'unica cinghia.
Le cinghie a costole U_!liscono la robustezza e semplicit della cinghia
piana con l'elevato coefficiente di attrito delle cinghie a V. Esse tuttavia non
sono raccomandate nelle applicazioni in cui le costole della cinghia possono
strisciare una contro l'altra.
Le cinghie del tipo ora descritto sono impiegabili per trasmettere la
potenza meccanica per attrito, come si vedr nel successivo paragrafo 2.4.
Le cinghie a denti invece trasmettono la potenza meccanica mediante forze
normali, come si vedr nel paragrafo 2.10.
30
31
e tangenziale:
d'IJ)
-T cos ( 2
=O
b)
a)
fr
''
_Y_
a) puleggia motrice; b)
dT
dt
Se si _definisc~J!.O_o.r_a pulf;gge_ motrici quelle in cui copEi~"_?.gE]_nt~ ~-:'elocit angolare hanno verso concorde (Fig. 2f a) e- pulegij' c'ondotte quelle in
: curcoppia-e-velocit angolare hanno verso tra loro discorde (Fig: 21 b) si
pu osservare che la puleggia indicata in Fig. 22 una puleggi~- motrice e di
:
-----------l
= fdFN
______
/ dFT
....__._
e la relazione geometrica:
ds
~n
"'---....
=rd'IJ
32
33
e infine:
dT = f d'I!J
(T- qV
Si noti ancora che nel caso in cui la trasmissione del moto avvenga
mediante cinghie a V, tutto quanto ora esposto mantiene la sua validit a
patto di introdurre al posto del coefficiente di attrito effettivo f quello
equivalente f' dato dalla (2.6).
~/
/"\.'(.'_.!_V l('"'-,
--q!:.. dV)
f dt
Integrando questa equazione differenziale fra i limiti O e rJ si ha:
T-qV2-q!:. dV
(2 7)
fr dV
dt =e'"
T2-qV 2 - q - ! dt
La _(~._7)__!gJ>P.I~sen~a q~ndi l 'equazione fondamentale_ della ..trasmissione del
moto medi an~ attrit() fra 1!11~ ~!iig}ia-:-u;-~-puleggia~ ricavata, come gi d~tto,
~~r~n~ puleggia mot~!ce. Per una puleggia cndott"~ponendo al solito l 'origine degli angoli nel punto in cui la cinghia soggetta alla tensione minima T2
~Fig. _21 b), si pu ripetere un ragionamento analogo ottenendo una equazione
Identica alla (2.7) ad eccezione del segno della componente tangenziale della
forza di inerzia.
E precisamente per una puleggia condotta si ha:
r dV
T -qV 2 +q-(2.8)
f dt
el"
T? _ qV 2 + q !:. dV
f dt
.
r dV
.
Inolt re, 11 termme qj_di che compare nelle (2.7) e (2.8), dovuto alla com-
ponente tangenziale della forza di inerzia, tras~u~abil~ nella-grande maggioranza d~ casi pratici, per cui l'equazione fondmentale della trasmissione a
dnghie, valida sia per pulegge motrici sia per pulegge condotte, diventa:
(2.9)
T- qV
T2- qV 2 =e
1,
: e
[~ell'angolo(E\lungo il
C:Q:!}:..i Si otterr pertanto:
TI - qV2 = el".
T2- qV 2
In molti casi la velocit periferica Y- della cinghia ab.has.tanza.-pi-GGolae il valore di qV 2 piccolo rispetto a T2 e T1 per cui il termine ~te
alla forza centill'Uga pu essere trascurato. ottenendo in definitiva:
(2.11)
I_= el"
e
TI -e~"
-------T2
T2 (2.10)
..:;
~6
~~
'\-, o<"t"
'
.,-\._o~
_..~ "!~.
elastic~
= (dio) T
EA
Si indichi ora con V la velocit della cinghia nella sezione in cui la sua
tensione T. il tempo dt necessario al tratto di cinghia lungo dl = dl 0 +5(dl0 )
per passare attraverso la sezione considerata vale:
dt
= dlo + 5(dl0 )
v
ossia:
(2.12)
(2.13)
{
.
Va=~:
Vi
'-
= dlo
dt
(1 + J~)
--~"-
1.b )
+EA
.-~~-
34
35
n
e j!i
Pertanto, se le tensioni Ta e
sono diverse, anche le velocit Va
Vb risulteranno tra loro differenti, Pi in generale_&_pu afferma;ea_~aft f
tensione_~~nt~rn~_lB~<l:_yarla:d~p~~~<?.~.:eul!:t~,:.Y~ri~J(cnseguenza 11:
-,.
(2.16)
V1
= -dlo
dt
(l
T1 )
+ -EA
= r1w1
l+'EA
(2.17)
V?
(2.18)
(2.14)
TI
l+ EA
= T2(ef 11 -l)r1
{ C2 = T2(ef 11 -l)r2
C1
---------------
W?= -=.
r2
L'arco di scorrimento
sulla puleggia <:_~ndotta corrisponde all'aumento di
\//tensione da T2 a Tl e all'aumento di velocit della cinghia da v2 a VI.
/\"- -Supponendo di suddividere la cinghia in tanti tratti uguali colorati alternativamente in bianco e in neror si pu ottenere una rappresentazione grafica
dell'andamento delle tensioni all'interno della cinghia stessa durante il funzionamento della trasmissione cos come mostrato nella Fig. 24.
Se la_coppi-!rmotrice ~quella resistente aumentano, aumenta di conseguenza l'arco di scorrimento~ fino al momentq_in cui (~p_ponendo fi1 <_B_:J
arco d_Lscorrimento e angolo di avvolgimento (31 coincidono. In questa condizione, detta di ~r...JJJ&JJ~ si ha il massimo valore poss16ile-a-&
rapporto TJ/T2 ccunp_atihlle con l~c.2_ndizioni fisiche del fenomeno e, conse~m~nte, la massima potenza trasmessa dalla cinghia a quella velocit.
\
:i)
37
36
Se la coppia motrice. C1 aumenta oltre il valore limite corrispondente
aii~-condizione di scorrimento globale, valore fornito in base alle (2.15) da:
T2 / EA, di solito abbastanza piccolo rispetto a l per cui nella maggior parte
dei calcoli si pu supporre, in prima approssimazione:
------------C1- (Cl)lim
dwl
'd:t =
1J
W2
W1
=C w
2
C2w2
C1w1
(2.20)
l+E'A
7]=
T1
l+ EA
Fig. 24- Stato di tensione in una cinghia durante la trasmissione del moto fra due
pulegge
w=
La condizione di scorrimento globale, anche se si verifica prima sulla
puleggia avente l'arco di avvolgimento minore, pu evidentemente essere ottenuta su entrambe le pulegge se le coppie cl e c2 superano entrambe il
loro valore limite.
In base alle relazioni prima ricavate si possono ora determinare sia il
rapporto di trasmissione T tra le velocit angolari delle due pulegge sia il
rendimento 7J della trasmissione. Dalle (2.16), (2.17) e (2.18) si ottiene
infatti:
(2.19)
T=
W2
Wj
= v2 2:!. = rl
r:z
v'l
r2
(l+ T2/EA)
l+ T!/EA
r\ s2b
(~)v
D 180
dove s, b, D sono spessore, larghezza e diametro della puleggia, V la velocit periferica della cinghia, a l'angolo di avvlgimento in gradi e K un
coefficiente che, per le cinghie piane, vale mediamente 105 N jm 2
In tutte le espressioni finora analizzate si supposto che la tensione in
ogni ramo libero della cinghia si mantenesse costante. La validit di questa
assunzione, accettabile nella grande maggioranza dei casi, viene a mancare
quando le due pulegge non si trovano allo stesso livello, ma a livelli notevolmente differenti. In tal caso, se i rami liberi della cinghia sono inclinati di un
angolo a sull'orizzontale, l'aumento dT di tensione in un generico elemento
di cinghia lungo ds dato da:
dT = qg sin a ds = q dy
39
38
(2.21)
D..T =q g h
mentre nel caso della Fig. 25-b, dall'equazione di equilibrio alla rotazione
attorno alla cerniera C, si ottiene:
(2.22)
I sistemi a gravit creano la tensione iniziale ali 'interno della cinghia utilizzando o un contrappeso (Fig. 25-a) o il peso stesso del motore
(Fig. 25-b).
b)
a)
Fig. 25 - Messa in tensione di una cinghia mediante un sistema a gravit: con contrappeso (a); a cerniera (b)
'
Nei sistemi a molla (Fig. 26) la base mobile sulla quale montato il motore
collegata ad una molla elicoidale; ponendo in tensione la molla si origina
di conseguenza una forza FM, agente sulla base del motore, ap-prossimativamente costante in tutte le condizioni di funzionamento.
Si avr quindi, con buona approssimazione:
(2.23)
Nel sistema a base scorrevole invece, la base del motore, collegata mediante due o pi scanalature ad un supporto rigido, viene inizialmente spostata
lungo il supporto stesso fino a ottenere una tensione iniziale T0 della cinghia; la base motore viene poi fissata al supporto in modo da mantenere la
posizione voluta anche durante il funzionamento. l<!~.nsioiJ.!}._di (or!ffl.JJ:u;_n_t_q
l
l
41
40
iT':)dipende sia dallo spostamento iniz.iale della base del motore sia dalla lun~zza della cinghia. Con riferimento alla Fig. 27, la lunghezza totale della
cinghia , prima del forzamento, pari a:
Lo
= 2dl (7r -
2
(d22- d21) -2a) + d2 (1r + 2a ) + 2 ;2
= !!:.2 (d1 + d
2)
+ a(d2- d1 ) + V4i 2 -
(d2- d1)2
~------
--
ai
(2.25)
. T1
+ T2
2
= 7o .l
che d 'altro canto fornisce risultati molto prossimi a quelli effettivi. Nel passare
dalle condizioni statiche a quelle dinamiche, in definitiva, ~~l9Jt)j_l}~-
ra.!J19_r~g_~fi.gg_?J_y_alorv..L...mentre nell'altro diminuisce fino al valore T 2 ,
e la semisom~_qustL@e2al.Q.:rLsi.:man.tknEU.~t~!!.~.i.:Ea~i ai val~-r~ della
tensione di forzamento iniziaJe. ---- .. - ----------- ---
Nel' sisteillf a rullo teniHtore infine, la cinghia viene fatta passare su una
puleggia folle, detta appunto rullo tenditore, sottoposta all'azione di una molla
(Fig. 28-a) o di un pes~ (Fig. 28-b ). TI rullo tenditore opera sempre sul ramo
della cinghia sottoposto alla tensione minore T2 ; in questo modo, poich
la tensione T2 deve rimanere costante per poter assicurare in -q~alunque
condizione di funzionamento l'equilibrio del rullo, all'aumentare della coppia
C applicata sulla puleggia corrisponde unicamente un aumento dell<i. tensi~ne
T1 Infatti, se si indica con d il diametro della puleggia, si ha:
Si ha inoltre:
T1 =T2+
2C
43
42
n valore di f2
(2.26)
r:; = c,w, = c, v l
=2T sin%
2
= FM,
\~
rl
qV 2 )
con:
da cui si ricava:
a)
Se il forzamento della cinghia ottenuto con un rullo tenditore, la tensione T2 costante e il suo valore stabilito dalla geometria del tenditore
e dalla forza agente su di esso. Per un tenditore a molla ad esempio, si avr
dalla (2.26):
FM
T2 =
a2sin 2
per cui la potenza massima trasmissibile :
(2.27)
W= (eff3, - l) V (
b)
Fig. 28 - Messa in tensione con rullo tenditore: a molla (a) e a gravit (b)
Accanto a questi schemi fondamentali esistono poi numerose altre realizzazioni costruttive utilizzate in pratica per la messa in tensione della cinghia,
la cui descrizione esula tuttavia dagli scopi di questo volume.
~M a-
2sm
- qV 2 )
Se invece il forzamento ottenuto variando la posizione della base motore, la tensione T2 varia durante il funzionamento. Si visto ad esempio che
nel sistema a base scorrevole le tensioni T1 e T 2 sono legate alla tensione di
forzamento iniziale dalla relaz.ione (T1 + T 2 )j2 To.
In questo caso allora la tensione T2 vale:
T2
+l
(2.28)
Dall'analisi delle (2.27) e (2.28) si osserva che la potenza massima trasmissibile dapprima aumenta all'aumentare della velocit fino a quando, per
44
per
V=
.
6qsm
-,
l
l
l
e dalla (2.28):
dW
--o
dV -
per
V=
fTo
y-sq
l
l
l
l
l__
l
l
.
6qsm
WMAX
3(ef.Bl
+l)
l
l
l
l
l
{i;
vsq
~-a..:~tJ
e le
- trasmissioni con regolazione continua.
Entrambi i tipi sono realizzati con l'ausilio di una cinghia a V e di una o
due pulegge le cui facce possono essere allontanate o avvicinate, consentendo
cos alla cinghia stessa di avvolgersi, a seconda delle condizioni di funzionamento, su raggi di puleggia differenti (Fig. 29).
2.9 - Cabestani
Nei cabestani (Fig. 30) una fune compie numerosi giri attorno a un tamburo al cui asse applicata una coppia motrice Cm. Ai due estremi della
47
46
fune sono applicati da una parte il carico P da trainare e dall'altra la forza
di trazione f. chiaro che la minima forza di trazione T da applicare per
far muovere il carico P si ottiene quando esistono condizioni di scorrimento
d
.,
i
f
globale del flessibile sul tamburo. Poich l'angolo IJ* di scorrimento pari a
21rn, dove con n si indica il numero di giri della fune attorno al tamburo, si
ha dalla (2.11 ):
2.11 - Catene
Le catene costituiscono un componente meccanico sviluppato gi nell'antichit. I primi disegni di catena di tipo simile a quelle attuali sono,
comunque, quelli contenuti nel Codice Atlantico di Leonardo da Vinci.
Le catene vengono usate per la trasmissione del moto in numerose applicazioni meccaniche ed i loro principali vantaggi consistono in: possibilit di
trasmettere il moto sia tra assi vicini sia tra assi distanti, compattezza e facilit di installazione, flessibilit della trasmissione senza che peraltro vi siano
fenomeni di scorrimento, possibilit di funzionare entro un campo molto ampio di temperature. Le varie catene usate per la trasmissione del moto possono
essere suddivise in cinque tipi principali:
- catene ad anelli separabili;
- catene a perni;
49
48
- catene a rulli,
- catene silenziose;
- catene a sfere.
Le catene ad anelli separabili sono costituite da tanti anelli aventi l'aspetto indicato nella Fig. 32-a) che possono venire facilmente collegati o separati tra loro.
.
.
n passo di queste catene, ossia la distanza tra un anello ed Il successivo,
varia in genere tra i 20 e i 100 mm e la massima forza di trazione da esse
sopportata normalmente compresa fra 3000 e 80000 N. La catena, formata
da tutti gli anelli collegati tra loro, si avvolge su due ruote a impronte come
illustrato dalla Fig. 32-b).
!llll1
~
-~
..
--
-----.
- - ----
---
a)
b)
Le catene a rulli costituiscono uno dei tipi di catene maggiormente diffusi; il loro passo compreso normalmente fra 5 e 75 mm e la massima forza
di trazio'le varia tra 4000 e 600000 N. Lo schema di queste catene indicato
nella Fig. 34.
Le catene ad anelli separabili, anche se poco costose, sono per abbastanza rumorose durante il funzionamento, per cui il loro impiego limitato a
velocit non superiori a 2 m/se a potenze non superiori ai 20 kW. Esse sono
frequentemente usate in applicazioni agricole.
Le catene a perni sono usate per velocit e per carichi maggiori dei
precedenti (rispettivamente fino a 3 m/se fino a 30 kW). Esse sono costituite
da anelli che portano solidalmente a una delle loro estremit un cilindro cavo
(Fig. 33) internamente al quale si dispone un perno che crea di conseguenza
il collegamento tra due anelli successivi.
Come si pu rile~are dalla Fig. 34, un perno collega tra loro le piastrine
laterali, la boccola e il rullo; mentre per il perno collegato alle piastrine
esterne in modo da non ruotare rispetto ad esse, la boccola resa solidale alle
piastrine interne. In questo modo l'unico strisciamento avviene tra il perno e
la boccola, ed il rullo inoltre libero di ruotare attorno alla boccola stessa.
La velocit di queste catene in media dell'ordine di 10-:- 15 mfs, ma
catene a passo piccolo possono funzionare fino a 50 mfs; la massima potenza
50
51
2.12 -
p= 2Rsin
La catena costituita da una serie di piastrine la cui superficie di lavoro rettilinea; le piastrine sono poi collegate tra loro mediante perni che si
impegnano in sedi circolari in esse ricavate.
Le catene a sfere sono usate in numerose applicazioni a bassa velocit (o
addirittura a comando manuale) nelle quali la coppia da trasmettere molto
piccola. In queste circostanze le.. catene a sfere offrono una grande flessibilit; esse possono infatti essere utilizzate per la trasmissione del moto fra assi
non paralleli, oppure quando si debba far seguire alla catena un particolare
percorso. La massima velocit raggiungibile , per una catena lubrificata, variabile tra 0,2 e 0,8 mjs, mentre la tensione massima dipende dalle dimensioni
delle sfere. Per una sfera di 5 mm di diametro, la massima tensione di circa
350 N.
Trasm~ssione
rjR
= COS71'jz
'i
l_)------
:.---
e~
Fig. 36 - Relazione tra passo, raggio primitivo e numero di denti di una catena
53
52
Indicando con t:..tp l'intervallo di tempo necessario affinch la ruota
dentata avanzi di un angolo corrispondente a un passo, risulta quindi:
= 271'/z
l::..tp
dove w la velocit angolare della ruota dentata. Poich questo tempo deve
essere lo stesso per entrambe le ruote su cui si avvolge la catena, ne risulta:
n rapporto di
trasmis~ione
w2
R1 cos a:1
01H 1
---- w1 - R2cosa:2 - 02H2
r---
l::..tp
= 271'/Zl = 27l'/Z2
w2
wl
Tm
W2
Z1
wl
Z2
=- =-
n rapporto
= CO!/C02.
01C'
02C'
R1
r2
-==-
R1
R2 cos 7!' / z2
= Tmax -
Tmin
= l_
~~
Tmin
~~
b)
cosa: == l - a: 2/2
c'
(2.32)
= w1R1
Vp2 = W2R2
Vp1
dove
54
55
catena a rulli illustrata nella Fig. 39: l'anello A della catena ha il rullo R 1
impegnato nella ruota dentata, mentre il rullo R 2 ancora libero. Durante
la successiva rotazione della ruota dentata il rullo R2 si avvicina alla ruota
stessa, e poich esso parte integrante dell'anello A, il suo moto relativo
rispetto alla ruota dentata consiste in una rotazione attorno al centro di R1
c1
R1
A questa forza si somma una tensione causata dall'irregolarit periodica
che provoca forze di inerzia nella catena. L'accelerazione media della catena
vale:
am
Vmax- Vmin
l::,. t
i= Fc
Si ha quindi che il rullo R 2 urta la ruota dentata con una velocit il cui
modulo vale V,.
wp, dove p il passo della catena, dato dalla (2.29) e
pertanto sar:
Vr 2wRsin~
z
Come si pu notare quindi, la velocit d'urto tanto maggiore quanto
maggiore la velocit della catena e quanto minore il numero dei denti della
ruota. Per ridurre l'entit degli urti vengono usate le catene silenziose, gi
in precedenza descritte, le quali, a causa della loro particolare realizzazione,
toccano i denti della ruota con una piccola velocit.
Oltre alla perdita di energia dovuta agli urti ora descritti, presente
nelle catene una seconda causa di dissipazione di energia imputabile alle perdite per attrito causate dalla rotazione relativa fra gli anelli della catena
quando questa si avvolge sulla ruota.
Per completare la descrizione della trasmissione mediante catene resta
unicamente da determinare il valore della lunghezza della catena. Indicando
Fc
c- 2sina/2
T. _
j
l
56
57
l'
con i la distanza fra gli assi delle due ruote, con z1 e z2 il loro numero di
denti e con p il passo, la lunghezza totale L della catena ottenibile dalla
seguente relazione approssimata:
2i
+
)2
p=p
+ - 2 - + _,_4..::.11",_(,....ij""'"'p"-)
Z!
Z2
( Z2 2
Z!
n=--lrd
3. INGRANAGGI
.X/3.1 -
Le ruote dentate
si
si
si
si
deve
deve
deve
deve
Si considerino due ruote che ruotano attorno a due assi paralleli passanti
per i centri 0 1 e 0 2 delle due ruote e che vengono a contatto in un punto
C (Fig. 41). Se le due ruote sono premute l'una contro l'altra da una forza
normale FN e la forza FT trasmessa in direzione tangenziale fra le due ruote
tale per cui FT $ faFN, dove fa il coefficiente di aderenza fra le ruote,
60
f.
61
....
FN
C, y
02
o...,
o
....
...u
:.a
.."'
:;
-~
>"'
:g"
c;
3
~
-~
Fig. 41 - Trasmissione del moto mediante ruote di attrito
.
>
.::...,
v"'....
...,o
o
s
.5
o.....
o
...,<Il
r1
. wl
r2
r=-=-
(2.33)
C2 =:; faFNr2
Le ruote di attrito quindi, pur presentando il vantaggio della costanza
del rapporto di trasmissione, non sono adatte alla trasmissione di potenze
oltre un certo limite. Le ruote dentate, invece, sono realizzate in modo da trasmettere la potenza meccanica mediante l'azione di forze normali scambiate
"'
"s
o
oa
<Il
v B
Q
"
<Il
Q
<Il
-~
., .~...,
-s .:...,.,
Kl
...,....
.,
:.a "'.,
o. ...,o
N
Q
<Il
.,s
<Il
!:il
N
"<l'
i;;:
Q
<Il
62
63
r2
Poich n~lla trasmissione del moto mediante ruote dentate si vuole che
il rapporto di trasmissione si mantenga costante in ogni condizione di funzio::.. "'
namento, necessario che i denti delle due ruote che vengono a contatto tra
loro soddisfino ad alcune particolari condizioni, condizioni che verranno qui
di seguito esaminate.
Se si schematizza una coppia di denti di due ruote dentate rappresentandola con due corpi sagomati a contatto in un punto P (Fig. 43) solidali
a due bracci ruotanti attorno agli assi (1) e (2) e si indicano con w1 e w2
i moduli delle velocit angolari degli assi medesimi, le velocit dei punti dei
due denti a contatto in P valgono:
V1 =w101P
{ v2 = w2 02P
Da ci si ottiene:
V2
w2 .
v!
w1 .
-=
o;;; =cos-a10 1P
cos a2
64
65
Si pu ancora osservare che la trasmissione del moto tra due ruote dentate equivalente, dal punto di vista cinematico, a quella di due ruote di
attrito aventi come raggi i raggi delle circonferenze primitive delle due ruote
dentate.
Anche se la velocit relativa nel punto di contatto C tra le due primitive
nulla, nel punto generico P di contatto tra i due profili coniugati la ~elodt
relativa in genere diversa da zero. Essa. vale infatti:
67
66
di riferimento coincidente con OH si pu scrivere l'equazione rappresentativa
moto tra le due ruote avvenga con rapporto dtJr.asmissione _g_s.tante. Inoltre
le due circonferenze di centri 0 1 e 0 2 e passanti per C rappresentano,
come si avuto modo di esaminare nei paragrafi precedenti, le due primitive
del moto e c il centro di istantanea rotazione nel moto relativo di una
rispetto all'altra.
~ =J(~
r-
l - arctg
J(~ rl
L'angolo ~ formato tra la normale ad 0102 e la tangente alle circonferenze fondamentali l'angolo di pressione, mentre la tangente comune alle
circonferenze fondamentali altro non che la retta di pressione. Dall'esame
della Fig. 46 si ottengono immediatamente le relazioni esistenti tra i raggi
fondamentali r1 e i raggi primitivi r delle due ruote; si ha infatti:
(2.34)
n rapporto di trasmissione
(2.35)
1'
= w2 = r1 = rh
w1
r2
rh
68
infatti il rapporto di trasmissione non varia al variare della distanza fra gli assi
delle ruote. Si considerino infatti (Fig. 47) le due circonferenze fondamentali
aventi centro nei punti 0 1 e 0 2 Se 02 si sposta nel punto indicato con 02
i punti di contatto tra le evolventi delle due circonferenze apparterranno alla
<
69
Assi concorrenti
Assi sghembi
70
71
e il rapporto di trasmissione :
W2
ZJ
WJ
Z2
T=-=-
(2.36)
(2.37)
r2
= 7'j, =
rh
ZJ
Z2
assoluti (cio i moduli) delle velocit. angolaTi, la posizione degli assi ed i sensi
di rotazione; tutte queste quantit sono riassunte dall'espressione dei vettori
velocit angolare c.J1 ed c.J 2 Si intende che la rotazione avvenga in senso
antiorario attorno ali 'asse del vettore w disposto lungo l 'asse della ruota.
Nel caso in cui gli assi sono coplanari, il moto relativo istantaneo una
rotazione rappresentata dal vettore wr della velocit angolare relativa del
pignone l rispetto alla ruota 2, che dato dal risultante dei vettori c.J 1 e -c.J2
:*
--l:r
l
'
l.
.........
l,
...,:\
~
\, l l
a)
b)
(2.38)
73
72
L'asse di istantanea rotazione disposto secondo la retta tangente comune ai due coni e il moto di una ruota rispetto all'altra corrisponde al rotolamento senza strisciamento di un cono primitivo sull'altro.
n rapporto di ingranamento vale:
(2.39)
w1
sin ({>2
w2
sm<p1
u=-=-.--
'1
Le superfici a evolvente dei denti delle ruote dentate sono superfici co- ;.
niugate. Nei punti di contatto la velocit relativa (velocit di strisciamento)
tangente alle superfici e perpendicolare alla normale comune di contatto. Le
superfici coniugate possono essere generate per inviluppo.
Una volta definito il moto generatore (per esempio assegnando le primitive del moto), e definita anche la superficie attiva di un dente solidale ad
una delle ruote, la superficie coniugata del dente a contat.to viene costruit
geometricamente come inviluppo della superficie del dente della prima r~ota _;
nel moto relativo alla seconda.
--
Ne caso ora descritto, se cio i denti coniugati si inviluppano reciprocamente nel moto relativo, i denti si toccano lungo unaJinea di contatto_, detta :
anche caratteristica.
----
-
n caso in cui gli assi delle ruote sono paralleli pu essere inteso come caso
limite di quelli in cui gli assi sono incidenti, quando il punto di incidenza O
si allontana all'infinito.
Nelle Figg. 51a e 51b sono rappresentati rispettivamente i casi in cui
i versi delle rotazioni delle ruote sono concordi o discordi in un ingranaggio
parallelo. Se il rapporto di ingranamento costante, i raggi r1 ed r2 sono
costanti, rappresentando le distanze fra i vettori paralleli wr ed w1 e,
rispettivamente, Wr ed w2.
Essendo a l'interasse delle ruote, si ha, nel caso della Fig. 51a:
(2.40)
'
75
74
Linea di contatto
Superficie di azione
Fig. 52- Successive fasi dell'intaglio di una ruota da parte di una dentiera utensile
ll
l!
Le ruote la cui superficie di testa esterna a quella di piede sono ruote
}. esterne; quelle in cui avviene il contrario sono ruote interne. La zona d'ingra-
77
76
namento costituita. dalle parti delle superfici d'azione, o delle linee d'azione
se il contatto puntiforme, comprese fra. le superfici di testa. delle due ruote
dell'ingranaggio.
L 'angolo di azione l'angolo di rotazione di una. ruota. attorno al suo
asse, per cui due stesse superfici coniugate permangono in contatto. Tutte le
,\ grandezze ora. definite sono riportate nella. Fig. 54.
\
_J-- - - -- -1
Diametro
d troncatura
'
{72a=8a-8
,Jd = 8- 8,
79
78
n passo assiale
(2.44)
m=p/7r=d/z
80
81
~ 3.8
Per definire le dimensioni del dente si usano talvolta anche altre misure,
uali quelle della corda s (si tratta della corda sottesa all'arco corrisponden~e
spessore del vano sulla superficie di riferimento), e l'altezza.sulla
ha
che la distanza, misurata lungo la mezzeria del dente, fra la linea di corda e
la sommit del dente (vedi Fig. 57).
~lo
~orda
questo il caso pi semplice di applicazione di ruote dentate alla trasmissione del moto. In esso ciascun dente di ogni ruota costituito da due
profili a evolvente simmetrici; la forza scambiata tra i denti viene trasmessa
da uno o dall'altro dei due profili a seconda del verso di rotazione delle ruote
e a seconda che esse siano motrici o condotte.
/\
1
82
83
dalla prima alla seconda posizione tutti i punti del dente hanno ruotato dello
stesso angolo, per cui si ha:
MO';C=RG;S
dove le lunghezze dei segmenti AI2 e Bh valgono rispettivamente:
e pertanto tra gli archi MC e RS sussister la relazione:
(l + ;;.
-~-""=-..:._------
--.........
r-
cos2 t9
( 1 + ;: )
'""-
cos2 tJ
-----
'"''"'
Fig. 59- Relazione geometrica tra arco d'azione e segmento dei contatti
AB
~;
[ ''
=a2 =
AC=RS
per cui si ottien~ in definitiva:
(2.45)
AB
e=-cos tJ
84
85
*01
j\
e
AB
AB
z ------p - p - p cos t? P!
l \--\
'
-si;-m-e-.--;::C..,.io.--a-cc_a_d..-e""'i.-n_p_r_a--:t'ic_a_q_u_a_n_d.-o-a..-lm-en_o_u_n_a_d.-e"ll;:-e-;~-se-z-io_n_i_A_eB_
'
' .:7 \
'
l
l
r2
(1)
(2)
-----~---
l
r,
86
87
mz1
= r1 = -2-
--
= -mz2
2
01C
02C= r2
--
01Ir =rh=
--
0211
mz 1
cos19
- +a
= r2 + a = -mz2
2
!:.
<z
m- 2
--
_!_
+
T2
"':
2
= -r========-=
l ( + -2) sm. 19 - -l
2[1 + V
l+
+
sin 19)
-T2 +
(2.47)
(2T
T2)
(2 + T) sin 2 19
2
=~
sm u
Va per osservato che l'aumentare il valore dell'angolo di pressione 19, anche se permette di diminuire il minimo numero di denti ammissibile, porta
88
89
;i
Fig. 63 - Forze scambiate tra i denti di due ruote dentate cilindriche esterne a denti
diritti in assenza di attrito
90
91
"t FN,
essendo f il coefficiente
(2.48)
da cui si ricava:
(2.49)
c2
r2cost9-f(r2sint9+x)
cl= rlcost9-f(rlsint9-x)
Fig. 64 - Forze scambiate tra i denti di due ruote dentate cilindriche esterne a denti
diritti in presenza di attrito
relativa V,. del dente della ruota 2 rispetto a quello della ruota l nel punto
c~edlcontatto?--- e-;pressa, come8lfgi visto-;- da:-----
(2.50)
C2w2
= -W-1 = -C-1w-1 =
l -
f (tg t9 + ~)
r cos v
-----;(,..------'
'---+)1- f
_x2
tg t9 -
W2
TJ
= (w2 +wl) x
cl
r1 cos t9
i
l
92
"
93
costituito da una ruota dentata interna e da una ruota dentata esterna, di
diametro minore.
1+/ (tg{}-~)
r2 cos v
(2.51)
fJ
+f
(tg{} + ~)
r 1 cos v
(/a+ lr)-
fJm
+ t;)/2r2cos{}
Questa relazione pu essere semplificata con qualche approssimazione ottenendo la formula di Poncelet:
(2.53)
Fig. 65- Trasmissione del moto mediante ruote dentate interne; c1 , circonferenza
di troncatura; cJ, circonferenza di fondo; cp, circonferenza primitiva; p,
passo; i, interasse; {}, angolo di pressione
94
95
1J
111 11(Z2+J2)
f
la + lr
-1----m2 r1
r2
_a _ _
r
\
Fig. 66- Segmento dei contatti per una coppia di ruote dentate interne
Per determinare il numero minimo di denti necessario a evitare l'interferenza in una coppia di ruote dentate interne sufficiente seguire un procedimento analogo a quello esposto nel caso di ruote dentate esterne nel paragrafo
- 3.8, considerando la condizione in cui il punto A coincide con il punto limite
h (Fig. 66). Si perverr pertanto alla relazione:
relazione che fornisce il valore del numero minimo di denti ammissibile per il
pignone.
96
97
~D
l.
P,
.l
Fig. 70 - Relazione fra gli angoli di inclinazione dell'elica sul cilindro fondamentale
(/3) e su quello primitivo (a)
di raggio r1 , sia per quella individuata dal cilindro primitivo di raggio 1, si
deve avere (Fig. 70):
2ir1' = Pe tg a
{
2ir 1'j
= Pe tg /3
da cui:
tg f3
= _j_ tg a
1'
1'
Fig. 69 - Generazione dei denti con profilo ad evolvente di una ruota dentata a denti
tg /3
= tg a- . cos {)
Si noti inoltre che, essendo i denti delle due ruote dentate generati da una
stessa retta solidale al piano generatore TI 9 nel suo moto di rotolamento senza
strisciamento sui due cilindri fondamentali, le eliche dei denti di due ingranaggi
elicoidali ad assi paralleli hanno uguale angolo di inclinazione ma. versi di
98
avvolgimento opposti; cos, ad esempio, se l'elica di una ruota destrorsa,
l'elica dell'altra risulta sinistrorsa (si veda a questo proposito la Fig. 68).
Anche per le ruote dentate elicoidali, cos come per quelle a denti diritti,
al tendere del raggio della ruota a infinito, si ottiene una ruota dentata limite,
detta ancora dentiera, i cui denti sono inclinati dell'angolo Q sul piano primitivo. La Fig. 71 illustra chiaramente quali siano le grandezze fondamentali
caratteristiche della dentiera di una dentatura elicoidale ad evolvente di circonferenza. In essa il piano primitivo rappresentato dal piano n, mentre
99
zione col pian~ primitivo n data dal segmento SQ inclinato dell'angolo
Q
rispetto a SP. Tenendo presente che l'angolo compreso fra i piani n e
n9 pari all'angolo di pressione tJ, si ottiene:
P R S P tg {3
{ PQ=SPtgQ
Essendo inoltre:
PR
= PQcos{}
= tg a cos tJ
relazione del tutto identica. alla (2 .55), che peraltro era. stata ricavata mediante
altre considerazioni di cara.ttere geometrico.
Le relazioni esistenti tra. passo, raggio e numero dei denti della ruota
sono uguali a quelle gi viste per le ruote denta.te a denti diritti. Si avr
pertanto, con la simbologia sin qui adottata:
= 2;r r 1
p:::2 = 2;r
pz1
7'2
W2
7'1
Zl
WJ
7'2
:::2
r=-=-=Nelle ruote dentate elicoidali di solito conveniente riferirsi alle grandezze misurate in direzione normale all'elica primitiva del dente. Cos, accanto
all'angolo di pressione {} nel pia.no frontale (piano perpendicolare all'asse della
ruota), si considera l'angolo di pressione vn formato dalla superficie del dente
e dalla direzione radiale nel piano normale ali 'elica. primitiva (Fig. 72).
b)
Fig. 71 - Grandezze geometriche caratteristiche della dentiera di una dentatura elicoidale a evolvente di circonferenza
~--
100
101
YZ
{
= XY tg iJ
YT = XY tg iJn
YT
stesso e che tale condizione si mantiene fino a quando il punto di contatto nel
piano frontale di estremit. non coincide col punto M, punto in cui i due denti
iniziano a disimpegnarsi per sciogliere poi definitivamente il loro contatto nel
punto K.
= Y Z cosa
tg iJ n = tg iJ COS Q'
COSQ'
Fig. 73 - Piano dei contatti per una coppia di ruote dentate cilindriche
a denti elicoidali
=p
o
COS
b tg fJ
'IJ
+ p COS 'IJ
1-
102
profilo del dente di una ruota dentata elicoidale mantiene in ogni sezione effettuata con un piano frontale (piano normale all'asse della ruota) la forma di
una evolvente del cilindro fondamentale. Tale propriet d'altro canto perde la
sua validit quando si consideri una intersezione della superficie del dente con
un piano normale all'elica primitiva; in questo caso infatti il profilo del dente
non coincide pi esattamente con un profilo ad evolvente e l'intersezione del
piano normale con il cilindro primitivo non pi rappresentata da una circonferenza, ma da un'ellisse (Fig. 74) avente semiassi, a= r/ cosa, b = r e
la circonferenza osculatrice dell'ellisse nel punto C, ossia la circonferenza di
curvatura uguale a quella deli 'ellisse in C, ha un raggio R pari a:
a2
7'
__!_---!l
d. '
t
-!
'~
21
,/
/\ \ 1
/
/
/
('
/
/
/
/
= b = cos 2 a
//
103
Essendo il moto delle due ruote dentate a denti elicoidali completamente indi-
ZJ
2R2
mn
z2
z 2 = - = -3 -
cos a
I numeri di denti zj e z2 sono detti numeri di denti fittizi delle due ruote
dentate equivalenti a denti diritti. Ora, essendo il proporzionamento delle
ruote dentate elicoidali eseguito secondo le norme modulari ed in base al valore
del modulo normale, le formule ricavate per il calcolo del minimo numero
di denti per ruote dentate a denti diritti sono ovviamente valide quando si
considerino le due ruote dentate equivalenti e possono di conseguenza essere
utilizzate, con la stessa approssimazione, per il calcolo del minimo numero di
denti di una ruota dentata elicoidale. Infatti, noti i valori di r e di {)n si
determina dalla (2.47), e dopo aver posto in essa {) = 'l'ln, il valore z;;,in del
numero di denti minimo fittizio della ruota dentata equivalente. L'effettivo
numero minimo di denti della ruota elicoidale sar di conseguenza fornito da:
Zmin
Fig. 74- Ingranamento nel piano normale, e: ruota dentata elicoidale; d: ruota dentata equivalente a denti diritti; s: ellisse intersezione della ruota elicoidale
col piano Z-Z; o: circonferenza osculatrice
2Rl
= mn = cos3 a
= z;;,in
COS
Q.
104
105
a:
Q= Fcos{3cos'IJ
(2.57)
f, in assenza di attrito, normale alla superficie del dente, essa deve giacere
nel piano normale e pu quindi essere scomposta in una componente radiale
R e in una H" situata nel piano tangente ai due cilindri primitivi (Fig. 76)
di intensit pari a:
R= Fsin'IJn
{ H"= Fcos1Jn
La forza H" pu essere a sua volta scomposta in una componente assiale A
ed in una tangenziale Q, per cui si ottiene in definitiva:
Q= F COS 'IJn COSO:
(2.58)
{ A = F cos 'IJn sin a
R= Fsin'IJn
Le (2.57) e (2.58) devono evidentemente essere uguali tra loro ed infatti si possono trasformare l'una nell'altra tenendo presenti le relazioni (2.55) e (2.56).
l
Nel caso in cui sia nota la coppia motrice agente su una ruota, si in grado
di calcolare le componenti Q, R ed A della forza agente sulla ruota stessa
mediante le relazioni:
Q=
c1
7'1
= C1 tg 'IJ = C1
r1
r1
tg 'IJn
cosa
c1 tgf3 c1
A = - - - =-tga
7'1 cos 'IJ
r1
106
parti uguali aventi inclinazioni di elica opposte e che quindi, neli 'ipotesi di
distribuzione uniforme del carico tra le due parti, danno origine a forze a:ssiali
uguali ed opposte, raggiungendo cos l'obiettivo prefissato di equilibrio della
ruota dentata in direzione assiale.
La figura 77 illustra un ingranaggio costituito da una coppia di ruote
dentate elicoidali a freccia per la trasmissione di una potenza di 6000 k W ad
una velocit angolare compresa fra 400 e 1500 giri/min.
107
stessi ovviam'ente nulla.
Fig. 77- Ingranaggio con ruote dentate elicoidali a freccia (O.T.G., Milano)
109
108
piano che rotola senza strisciare su un cono fondamentale (Fig. 80). Sia infatti
:B il piano tangente al cono fondamentale e OI la generatrice d contatto
tra piano e cono; se si fa rotolare senza strisciare :B sul cono fondamentale, i
punti della retta OI solidale al piano descrivono una superficie a evolvente,
detta evolvente sferica.
e di. conseguenza:
r1
r2
w2
(2.59)
sin <p1
sm <p2
r=-=-=-.-W!
Essendo inoltre la somma degli angoli di apertura dei due coni pari all'angolo
'lj; compreso fra i due assi:
'lj;
= <pj + <!'2
si in grado di calcolare il valore degli angoli di apertura <p1 e <!'2 dei due
coni una volta che siano noti, come normalmente accade, i valori dell'angolo
'lj; e del rapporto di trasmissione r, utilizzando le:
tg <pj
=l
t g<p_ry
____
____
_
o
-
sin 'lj;
-T + cos'lj;
(2.60)
eh \
l
__\,_
sin 'lj;
r+cos'lj;
\
l
\l
l
1
l
l
l
Fig. 80 - Generazione dei profili dei denti in una ruota dentata conica
Come per le ruote dentate ad assi paralleli, cos anche per le ruote
coniche il profilo dei denti universalmente adottato quello a evolvente, ed in
questo caso l'evolvente quella descritta dai punti di una retta solidale ad un
'
Per meglio comprendere come le ruote dot.ate di denti ad evolvente sferica (Fig. 81) soddisfino alle condizioni indicate nel 3.3 per la costanza del
rapporto di trasmissiorte, si considerino ora i due coni fondamentali eh e eh
aventi i vertici coincidenti in O. Durante il loro moto solo il punto comune
O mantiene fissa la sua posizione nel tempo; la trasmissione del moto tra i
coni costituisce dunque un caso di moto sferico e pertanto le loro intersezioni
con una sfera S di centro O individuano due circonferenze f 1 e f 2 che,
pur muovendosi, si mantengono costantemente sulla sfera. Se si considera il
piano 2:: tangente comune ai due coni fondamentali eh e eh si osserva
111
110
che la sua intersezione con la sfera del moto rappresentata da una circonferenza r tangente alle circonferenze rl e r2 nei rispettivi punti h e 12.
Se ora si fa rotolare senza strisciare il piano I: sull'uno e sull'altro dei due
coni fondamentali, un punto della circonferenza r descrive delle evolventi
sferiche e1 ed e2 delle circonferenze f 1 e r 2 , e la normale in un punto
generico P ad una delle due evolventi, ad esempio eh altro non che un
arco della circonferenza r tangente a r 1 nel punto 11 Poich la normale ai
profili di due denti deve coincidere quando questi vengono a contatto, risulta
che, analogamente a quanto si visto per gli ingr~naggi cilindrici, il punto
di contatto p tra i denti si trova lungo l'arco hl2 della circonferenza r
tangente comune~ r 1 e r 2 e, mentre i due coni fondamentali ruotano, P
si sposta lungo hi2 L'intersezione C tra. la congiungente i punti V1 e V2 ,
punti intersezione tra gli assi e la sfera del moto, e la normale alla superficie
dei denti allora un punto fisso e ci soddisfa, come si voleva dimostrare, alla
condizione necessaria ad ottenere un rapporto di trasmissione costante. La
retta CO congiungente il punto C ora determinato con l'origine dei due coni
fondamentali individua pertanto la generatrice tangente comune dei due coni
primitivi del moto. Se ,J l'angolo compreso fra la tangente alla circonferenza r nel piano I: e la tangente comune alle intersezioni dei coni primitivi
con la sfera del moto, si possono ricavare. in base af alcune considerazioni di
trigonometria sferica, le seguenti relazioni:
Nei calcoli relativi alle ruote dentate coniche, in particolar modo nel
calcolo delle forze scambiate fra i denti, tuttavia pi opportuno riferirsi alla
sezione media del tronco di cono in cui avviene l'ingranamento fra i denti.
Quando l'angolo
cp
112
113
.l.
cono stesso si trasforma in una superficie piana e la ruota conica corrispondente detta ruota dentata piano-conica (Fig. 83); essa rappresenta per gli
ingranaggi conici il corrispondente della dentiera di quelli cilindrici. Per essa,
se '!9 l'angolo di pressione, l'angolo di apertura del cono fondamentale vale
naturalmente 1rj2- '!9 (Fig. 83 a) ed i suoi denti inoltre sono diritti, ossia l'intersezione del profilo del dente con un piano perpendicolare a quello primitivo
un segmento. diretto in senso radiale (Fig. 83 b).
tivi con la sfera del moto pu essere approssimato dal moto di rotolamento
senza strisciamento, nel piano tangente alla sfera del moto, di due circonferenze di raggi:
7'1
r2
Pl=-- e P2=--.
cos 'Pl
cos '?2
a)
. . --t--..
. ...'
l'
TT
....
/"""
',\
~L_
\
'
l c
---,'
---t-,..
..... ....
b)
',,
\
.
l
.
r
cos tp
j
l
{1
/'
\,
Fig. 83 - Ruota dentata piano-conica: a) generazione dei denti; b) aspetto dei denti
della ruota
bl
...............
..
\
-y--- s -:----)
i
~
\
------
/// L"\
_.,..,....
Fig. 84 - Tl:acciamento approssima.to dei profili dei denti di una ruota dentata conica:
a) cono primiti~o .G_ e. piano tangente in P alla sfera del moto S; b)
circonferenza pmmt1va Immaginaria
p=--
(2.61)
In definitiva quindi l'ingranamento fra due ruote dentate coniche, aventi numeri di denti .:-1 e Zz e angoli di apertura pari a <; 1 e 2 , approssima.bile
114
115
).
zi
z1 cos I{J2
z:i
z2 cos 'Pl
T=-=---
Pr il calcolo della forza scambiata fra una coppia di ruote dentate coniche a denti diritti si considerino i due coni primitivi e il piano tangente nel
punto C alla sfera del moto (Fig. 85). La forza F scambiata tra i denti
delle due ruote dentate, quando il contatto avviene in C, giace nel piano II
tangente alla sfera e pu essere scomposta in una componente tangenziale Q
di modulo Q = F cos '!9 ed in una F', normale a Q, che giace nel piano
tangente ed interseca gli assi, di intensit F' = Fsin !9. Le coppie C\ e C2
agenti sulle ruote vengono equilibrate solo dalla componente Q e pertanto si
avr:
zmin
(l+
(2.62)
T2") sin2!9
dove
---.
........
Yf"-. \
-~
TT
A1
R1
(2.63)
TT
l
Fig. 85 - Forza scambiata fra i denti di una coppia di ruote dentate coniche
ed in modo del tutto analogo possono essere calcolate le intensit delle componenti A2 e R2 agenti sulla ruota 2.
Si osservi infine che le due componenti radiali R1 e R2 sono dirette
nel senso di distanziare le due ruote, mentre le componenti assiali sono dirette
nel senso di sfilare le ruote stesse allontanandole dal centro O.
Poich le ruote dentate coniche, come quelle cilindriche a denti elicoidali,
sono soggette anche a. una spinta assiale, di conseguenza necessario che i
cuscinetti che sostengono gli alberi delle due ruote siano in grado di sopportare,
oltre ai carichi radiali, forze di tipo assiale.
117
116 .
3.13 - Ruote dentate coniche ad asse dente curvo
rotola senza strisciare sui coni fondamentali delle due ruote dentate (Fig. 88).
Le intersezioni della superficie dei denti con la sfera del moto sono di conse-
l
l
l
-f->.1.'11-----:+--
(al
lbl
(C)
(dJ
(el
Fig. 87- Ruote dentate coniche ad asse dente curvo: a) a denti diritti; b) a denti
tangenziali; c) aspirale logaritmica; d) ad archi di circonferenza; e) ad archi
di evolvente
118
119
anche l'aumen~o dell'arco d'azione dovuto alla forma obliqua del dente: il
passo angolare fra i denti infatti pari a -y, mentre l'angolo formato fra la
fine e l'inizio del dente e:. Quindi, se o l 'angolo formato fra le tracce delle
generatrici di troncatura, il numero di denti in presa dato da:
o+e:
Zp=-')'
L'esame delle forze scambiate fra i denti di una coppia di ruote dentate
conici a denti obliqui risulta abbastanza complesso, sia per il fatto di essere i
denti curvi, sia perch l'inclinazione della curva del dente in genere variabile
da punto a punto, ad eccezione del caso di denti a spirale logaritmica, per
i quali l 'angolo di inclinaiione costante. In essi infatti facendo riferimento
alla ruota piano-conica (Fig. 87c) ed adottando un sistema di riferimento in
coordinate polari con l'origine degli angoli coincidente con un raggio r;, si
ha.:
Fig. 88 - Generazione dei denti di una ruota dentata conica a denti obliqui
c,
l
k
= - = costante
F' = F cos(3
{ A'= Fsn(3
120
121
R'
(2.65)
dove con il si indicato l'angolo di pressione. Delle tre componenti Q, R', A',
solo la Q fornisce un momento in grado di equilibrare la coppia motrice
e di conseguenza:
cl= Qrl.
cl>
A
{
Fig. 90 - Scomposizione della forza. f scambia.t.a. fra. i denti nelle componenti .4' e
F'; Cft =cono fondamentale della. ruota. l; cp,cp 2 =coni primitivi delle
due ruote
a)
b)
cp,
Q=
(2.66)
w1 J
jf
c)\
l
\.
\
c1
1'1
A = -c1
C1
R=-
sill'PI +tg1'Jcos<p )
-tgfj--_
1
cosv0
1'1
r1
Le (2.66) esprimono dunque l'intensit delle forze agenti sulla ruota (l),
supposta motrice, nell'ipotesi che il verso di rotazione della ruota sia orario e
che l'elica sia sinistrorsa (Fig. 90). Se invece l'elica destrorsa, la componente
A' diretta in verso opposto a quello indicato nelle Figg. 90 e 91b, per cui
le (2.66) diventano:
l .
'
Q=
Fig. 91 - Scomposizione della. forza scambiata. fra i denti di una coppia. di ruote
dentate coniche ad asse dente curvo
(2.67)
La forza f', che si trova a sua volta in un piano ~ tangente alla sfera
del moto passante per il punto medio del dente C, pu essere scomposta in
l
c1
r1
C1 (
COS'P!
.
A=-tgfj--_+ tg{]sm
<p 1)
0
cos v
1'1
= -C1
1'1
122
123
Analogamente, ne! caso di elica sinistrorsa e verso di rotazione antiorario valida la (2.67), mentre nel caso di elica destrorsa e verso di rotazione
antiorario risulta valida la (2.66). Per la ruota condotta (2), una volta sostituito cp 2 al posto di 10 1 , ci si trova in situazioni opposte alle precedenti.
opportuno quindi, nel caso di ruote dentate coniche a denti obliqui fare
riferimento alla Tab. I che riporta la validit di una o dell'altra espressione
della forza scambiata nei diversi casi possibili di funzionamento.
Ruota
Verso di
rotazione
Equazione
valida
motrice
motrice
motrice
motrice
orario
orario
antiorario
antiorario
sinistrorso
destrorso
sinistrorso
destrorso
(2.66)
(2.67)
(2.67)
(2.66)
condotta
condotta
condotta
condotta
orario
or ano
antiorario
antiorario
sinistrorso
destrorso
sinistrorso
destrorso
(2.67)
(2.66)
(2.66)
(2.67)
R'
A'
----.
.i
= Fsin ?Jn
----------------~
\\ \'---\ w,
,.....__
Si noti che per due ruote dentate in presa se ad esempio la ruota motrice
possiede una rotazione oraria e un verso di avvolgimento del dente sinistrorso,
quella condotta ruota in senso antiorario ed il verso di avvolgimento dei suoi
denti destrorso. Di conseguenza, se per una delle due ruote vale la (2.66),
per l'altra vale la (2.67).
n secondo metodo utilizzabile per il calcolo della forza F scambiata
fra i denti poggia sulla considerazione che quest'ultima, supponendo r:,empre
di concentrarla al raggio medio, giace in un piano N normale alla superficie
del dente (Fig. 92). In questo piano la forza F pu essere scomposta in una
F' che giace nel piano tangente al cono primitivo ed in una R' normale ad
essa. Indicando con 13n l'angolo di pressione nel piano normale, si ha allora:
(2.68)
ir
.
+---rz:--.'
/
R:::: R'
{
COSyj-
A' sin\01
124
125
ruota (1) sia motrice, ruoti in senso orario ed il verso di avvolgimento del
dente sia sinistrorso. In tutti gli altri casi i segni - e + delle espressioni della
componente radiale e di quella assiale vanno posti come nelle (2.66) e (2.67)
seguendo al solito il criterio indicato nella Tab .. I.
a)
M
Fig. 93 - Scomposizione della forza scambiata fra i denti in una coppia di ruote
dentate coniche a denti obliqui
Q,
si avr:
c1
r1
(2.71)
cl( tg 11n'cos~l
R= -- cos Cl'
1'1
A = -cl
r1
tg Cl' 5111 ~l
o
Da queste espressioni, ricordando che, come per le ruote dentate cilindriche elicoidali, valgono le relazioni:
tg (3
{
= tg
tg1Jn
Cl'
Per descrivere la trasmissione del moto tra due ruote dentate elicoidali
ad assi sghembi conviene procedere nel modo seguente. Si consideri dapprima
la ruota dentata elicoidale l che ruota attorno al proprio asse x- x ed ingrana
con la dentiera D 1 ad essa coniugata (Fig. 9-la). Analogamente si consideri
la ruota dentata elicoidale 2 che ruota attorno al proprio asse y- y. sghembo
ed inclinato dell'angolo ~ rispetto all'asse .r-.r. e che ingrana con la propria
cos 1J
= tg1Jcosa
- - - - - - - - - --
--
126
127
dentiera D 2 ; se i versi di rotazione delle due ruote sono quelli indicati nella
Fig. 94a, le due dentiere coniugate alle ruote traslano anch'esse nelle direzioni
indicate in figura. Si osservi infine che i piani primitivi delle due dentiere coniugate in realt coincidono tra loro, ma si muovono in due direzioni differenti.
b)
a)
oppure la rela!lione:
se le eliche hanno versi di avvolgimento
opposti.
(2.73)
a)
b)
Fig. 94 - Schema cinematico della trasmissione del moto fra due ruote dentate elicoidali ad assi sghembi
Fig. 95 - Angolo fra gli assi delle ruote dentate cilindriche ad assi sghembi: a) per
due eliche destrorse; b) per elica l sinistrorsa ed elica 2 destrorsa
necessario ora rilevare che nel caso di ruote elicoidali ad assi sghembi
si intendono come cilindri primitivi quei cilindri che sono i primitivi nell'ingranamento con le due dentiere coniugate; in realt, come gi detto, questi stessi
cilindri non rappresentano affatto le superfici primitive nell'ingranamento tra
le due ruote dentate dal momento che, come si visto esaminando il moto delle
due dentiere coniugate, la velocit relativa tra i denti nel punto di contatto
assume sempre un valore finito diverso da zero. d'altro canto chiaro che esiste una ulteriore condizione per rendere possibile l'ingranamento, condizione
che si esprime osservando che il passo delle due ruote dentate in direzione
normale alla tangente comune alle due eliche deve essere lo stesso, e che di
conseguenza il modulo normale mn identico per le due ruote.
:Descritti cos i principi cinematici del moto, questi verranno qui di seguito tradotti nelle corrispondenti relazioni geometriche e cinematiche caratteristiche della trasmissione.
Volendo calcolare la distanza fra gli assi delle ruote si avr infatti
(Fig. 96):
Poich il modulo normale identico per entrambe le ruote, sar:
m1
128
mn/ cosa 1
129
e m2
=mn/ cosa2,
e di conseguenza:
d- ffin
- 2
(---2_
+ ~)
cos
cos
a1
a2
Vr =
v2 - vl ed il suo
e di conseguenza:
da cui, esprimendo ''1 e r2 in funzione del modulo normale e del numero di
denti si ottiene che il rapporto di trasmissione r ancora pari a:
(2.74)
Fig. 97 - Velocit di due ruote dentate ad assi sghembi nel punto di contatto;
t- t: tangente comune alle eliche dei due denti
130
131
velocit periferiche delle due ruote dentate. La potenza persa per attrito in
queste ruote quindi evidentemente superiore, a parit di potenza entrante,
a quella dissipata in una coppia di ruote dentate ad assi paralleli, e pertanto
il rendimento della trasmissione assume nel primo caso valori inferiori a quelli
relativi al secondo.
z-z
~nJVt~,
4-y.--J
P*
aJ
= PN sin 'I'Jn
= PN COS {)n
>5l'l
'
rpc,
r--
{
(,'l
V,
/~
A1
+ JPN sin 01
OJ -
f PN cos Cl l
R2 = PNsin'I'Jn
Q2 = PN cos {),., cos 0'2- f PN sin cr2
{
A2 = PN cos {)n sin 02 + J PN cos cr2
c2
r2(cost9n cosa2- fsina2)
cl = rl (cos {),., cos Clj + f sin Q l)
C2
C1:
Z2(cos'I'Jn-ftga2)
ZJ(C0St9n+ftgal)
132
ed il rendimento risulta pertanto espresso da:
(2. 76)
Poich l'angolo. 1'1n di solito abbastanza piccolo, si usa sovente una espressione approssimata del rendimento assumendo cos 1'1n l e ottenendo perci
dalla (2. 76):
135
134
Si dice elica media l 'elica intersezione del fianco del dente con il cilindro
medio della vite; essa ha un passo elicoidale Pe corrispondente alla distanza
assiale fra due profili omologhi successivi di un medesimo filetto.
Si chiama invece passo assiale Pa la distanza assiale fra due profili
omologhi consecutivi della vite: si ha Pa = Pe se la vite ha un solo filetto, e
Pa =p./ z1 se il numero dei filetti z1.
In Fig. 100 rappresentato il caso di una vite a due filetti. n modulo
assiale il rapporto ma = Pafn.
,
La lunghezza della vite la lunghezza della parte dentata della vite misurata sul cilindro medio parallelamente all'asse. L'addendum ed il dedendum
sono le distanze fra il cilindro medio e, rispettivamente, il cilindro di testa e
quello di piede; nel caso delle viti globoidali (Fig. 105), i cilindri sono sostituiti
da superfici tori che medie, di testa e di piede, aventi cerchi generatori coassiali
con la ruota.
La ruota a vite coniugata con la vite ha. normalmente una dentatura che
si sviluppa attorno ad un toro medio (vedi Fig. 100) di riferimento.
12
'
2~
(2.77)
Poich le viti accoppiate alle ruote elicoidali sono quasi sempre a filetto
trapezio, ne deriva, come prima. detto, che il moto del. profilo principale della
vite nel piano principale identico a quello di una dentiera che ingrana con
una ruota dentata ad evolvente di circonferenza avente angolo di pressione
1'J. Se quindi r 2 il raggio primitivo della ruota., la velocit angolare di
quest'ultima data, in base alla (2. 77), da.:
V
r2
27r1"2
l
l
Z!PaWJ
w2=-=-D'altra parte il passo assiale della vite deve essere uguale al passo frontale
della ruota, per cui, introducendo il numero di denti z2 della ruota, si ha:
l
~
l
Pe
27r WJ
02
;!-
\'
i
li
lr, '
q_-_____ j_-------~~------------_!21
Fig. 101 - Ingranamento della vite senza fine e della ruota elicoidale
nel piano principale
(2.78)
n rapporto di
W2
ZJ
wl
z2
r=-=-
136
illustrato nella Fig. 102. In tal caso, mentre la vite ruota nel verso indicato
dalla freccia, il filetto avanza nella direzione indica.ta; nell'istante particolare
rappresentato in figura, i denti a contatto sono quattro e Je rispettive linee di
contatto sono indicate con 1,2,3 e 4, ed palese che ad ogni giro della vite la
linea di contatto 1 si sposta in 2,2 in 3 e cos via.
4-3
;r
1l\ r
vz
137
i /'--
Il
r---.
1-
~ Jl ~ v~
l
l
---~
l/
. ''
Asse vi re
3J
_y
'
'
l
'
Fig. 102- Luogo dei contatti tra vite senza fine e ruota elicoidale:
Z ::: zona di contatto
v, "' V1 cos a + v,
sin
ossia:
W2
rl
Zt
w1
r2
z2
-=-tgcx=:-
(2. 79)
139
138
Nella determinazione della forza ora fatta si supposto che la vite fosse
motrice e la ruota resistente. Ci corrisponde al caso di normale funzionamento di un ingranaggio a vite. Se, invece la ruota motrice e la vite
condotta, l'espressione del rendimento (2.83) si capovolge e si scambiano i
segni + e -, per cui si ottiP.ne un rendimento per funzionamento inverso:
F:r
(2.80)
tgtln
(2.81)
GR
iJ
ed a
=tgi'Jcosa
e cl' agenti sugli assi della ruota e della
GR
Cv
F:r1'2
r2
= Fz r1 = r1
(2.84)
7];
COS
D'altra parte, in base alla geometria della vite e della ruota si ha:
z2
-r2r1 = -tga
Zl
Z2
COS
Z1 COS
iJ n
t9n
f tg Cl'
+ (! jtg a)
b)
a)
141
140
Come detto nel paragrafo 3.14, gli ingranaggi ipoidi sono quelli costituiti
da una coppia di ruote dentate ad assi sghembi in cui la zona dei conta.tti non
si trova in corrispondenza della. perpendicolare comune fra gli assi.
Fig. 106- Definizione geometrica della trasmissione fra assi sghembi con ruote ipoidi
143
142
71'
2- cp1,
relazioni seguenti:
,
e l'angolo
r1
x1
MA 1 = - cos \!'l
(2.87)
. At
MA?=~
-
'
(2.88)
l
'
ft' ' ,
cos \!'2
ll
'
'
:!!.. -l(Jz
2-
Xz
71'o
zl
(2.85)
yl
= M.M";
= BzM".
Si ha:
r1
sin 1
= rz cosz
Yz
= 1'1 sin j
= 7'! cos !
{ Zz = r2 sin z = a Y2
= B1M';
Y1
71'
s~
71'
(2.89)
{ Yz
(2.90)
cos \!'!
= sin 2
cos cpz
sin 1
+
( _r_l_
cos l-'l
cos <pz
- 2(XI
,__
--
145
144
=V P
1
ed R2
= V2P
dei due
= .-.!:.!.__
sin 101
r
2
{ R2= -.--
(2.91)
sml02
V1M e
cos 4J
cos'if;
= cos 101
cos <,:'2
Nelle Figg. 109 b e 109 c sono rappresentate le sezioni normali al piano della
Fig. 109 a, contenenti rispettivamente gli assi x1 ed x 2 delle due ruote.
Le velocit delle due ruote nel punto di contatto M giacciono nel piano
"o e valgono V1 = w1r1 e V2 = w212 La loro posizione normale alle rispettive
generatrici Vll'\1 e V2 M (Fig. 110).
a)
b)
c)
X2
Fig. 109- a)- Proiezione degli assi delle ruote i poi di sul piano iTo. b)- Piano normale
a
;r 0
;r 0
146
147
Nella Fig. 111 rappresentato un ingranaggio ipoide con angolo fra gli
assi di 90.
149
148
- ruote dentate che debbono realizzare una precisa legge del moto (ad esempio generare funzioni di tipo trigonometrico).
F!C
Wj
F2C
r=-==
mentre quando i punti P1 e P2 sono venuti a contatto in C esso vale:
= 2a
e
F 1 F1
= 2e
2b
2a
?
?
a-+
e-+
2ae cos .o
u1
Tmin=a+e
a+e
= -a-e
150
151
primitiva a for,ma di spirale logaritmica (Fig. 116). Per queste ruote dentate,
utilizzate solo per escursioni angolari limitate e mai estes.e all'intero giro, il
valore del rapporto di trasmissione ricavabile nel modo seguente: siano 1? 1
e 1? 2 gli angoli di rotazione contati a partire dalla configurazione in cui le
distanze 0 1C e 0 2C sono uguali; i raggi r 1 e r 2 saranno allora espressi
da:
1 2
T:-,----
~-"
l'o
Dette primitive prendono il nome di ellissi del secondo, terzo e quarto ordine
e possono anche essere accoppiate tra loro; un particolare curioso ad esempio
fornito da due ruote dentate ellittiche con primitive del quarto ordine ingrananti tra loro in quanto una volta costruite, assumono approssimativamente
l'aspetto di due ruote dentate quadrate.
.l
Fig. 116 - Ruote dentate a spirale logaritmica
Un altro tipo di ruote dentate non circolari quello di ruote dentate con
Nei paragrafi precedenti sono state valutate, per vari tipi di ruote dentate, le forze che queste si scambiano quando sono animate di moto uniforme
nel caso che esista un ingranamento perfetto (ossia in assenza di giochi) e che
si abbia una sola coppia di denti in presa.
In realt queste tre condizioni sono soltanto in parte soddisfatte, sia
perch non sempre il moto uniforme, sia perch il numero delle coppie di
denti in presa variabile, sia infine perch a causa delle imprecisioni di lavorazione avvengono durante l'ingranamento urti tra i denti, urti che provocano
variazioni istantanee dei valori sia della. velocit delle ruote sia dell'intensit
della forza trasmessa.
Per ci che riguarda la non uniformit del moto, chiaro che, se una
delle ruote di una coppia di ingranaggi solidale ad un albero motore su cui
153
152
applicata una coppia C (Fig. 117), se I il momento di inerzia complessivo
della ruota dentata e di tutte le masse rotanti con l'albero considerato, ed
il sistema sta accelerando con una accelerazione angolare pari a dwfdt, la
componente tangenziale Q della forza scambiata tra i denti, qualunque sia il
tipo di ingranaggio in esame, vale:
Q
C- I(dw/dt)
= ---'---'---'rl
la parte abcde del diagramma della forza scambiata visibile nella Fig. 118.
Negli istanti successivi, tratto f g della curva, il valore della forza scambiata
si stabilizza attorno ad un valore medio che con ottima approssimazione
uguale a quello calcolato con le formule ricavate nei precedenti paragrafi. Infine, quando una ulteriore coppia di denti entra in presa, l'intensit della
forza scambiata assume un valore inferiore (tratto hi del diagramma) per
poi annullarsi definitivamente quando i due denti si disimpegnano.
F
dw
dt
Fig. 117 - Componente tangenziale della forza scambiata fra i denti di due ruote di
un sistema in fase di accelerazione
'
.J
154
155
(2.95)
m1m2
m1 +m2
1)
F2 = F (~ +
6 .
6 =Co!_
-b
(...!_
+ ...!_)
E1 : E2
F a-
FIF2
F1 + F2
156
157
rotazione delle ruote dentate si sposta sul sgmento nominale dei contatti AB,
cosa che porta come conseguenza ad una rapida decelerazione della ruota condotta (2). A questa decelerazione corrisponde per una forza scambiata fra i
denti di segno negativo e quindi un distacco tra i denti stessi (tratto e-d della
Fig. 118). Negli istanti successivi, poich la ruota motrice, sottoposta a una
coppia concorde alla velocit angolare, accelera e quella condotta, soggetta a
una coppia resistente, decelera, i due denti vengono nuovamente a contatto,
ma questa volta con un urto, urto al quale corrisponde un massimo valore
della forza scambiata pari a:
(2.98)
F+F"
Fa = F + --0..--:-75..----1 + -'-)F+ F
F"
= ( -1 + -r)
- E1
E2
C?
dove c2 al solito il coefficiente che compare nella. (2.96) e b la. larghezza del
dente. La (2.99) pu essere usata per il calcolo del massimo carico dinamico
solo in prima approssimazione e solo quando le inerzie delle due ruote dentate
non sono troppo diverse; in caso contrario gli errori derivati dall'uso della
(2.99) sarebbero di tale entit da rendere del tutto inaccettabili i risultati del
calcolo.
Tipo di ingranaggio
Velocit
periferica
Potenza
massima
(m/s)
(kW)
0,9870,99
o, 98 7 o, 99
20
50
1800
15000
l 7 15
0,9870,99
150
20000
176
179
o, 94 7 o, 98
0,9470,98
15
40
400
4000
l 7 10
179
lO 7 100
3 7 100
o, 75 7 o, 95
0,85 7 o, 98
0,5070,95
o, 50 7 o, 97
25
20
30
30
80
500
400
80
Rapporto di
ingranamento
Rendimento
l 7 10
l 7 15
Ad assi paralleli
- A denti diritti
- A denti elicoidali
- A denti elicoidali
a freccia
Ad assi incidenti
- A denti diritti
- Ad asse dente curvo
Ad assi sghembi
A denti elicoidali
Ipoidi
Spiroidi
Ruote helicon
'
J
4. ROTISMI
r-t
~t(,': 1:::
.""t;:;.;"':O
161
160
Tb,c
Wc
=Wb
Wb
e quindi:
T
= Ta,b
. 1,c
d:.;
= - Za
Zb
Zb
W0
= -:~c
Za
= Wc = -z
.
c
~
a
Per questo motivo alla ruota intermedia viene dato il nome di ruota oziosa ..
Cm- lm-Jf
= Qara
d:..;b
Qarb- lvdt
=Qcrc
Qcrd
dwd
= lrdt
+Gr
dove con r 0 ,rb,rc,rd si sono indicati i raggi primitivi delle singole ruote
dentate.
Introducendo il valore sia del rapporto di trasmissione globale sia di
quelli parziali e risolvendo il sistema cos ottenuto, si ricava:
dwa
dt
Cm - TCr
= lm + lbrJ,b + lrr =
2
Cm - rCr
le
dove dwa/dt rappresenta il valore dell'accelerazione angolare istantanea dell'albero motore e dove con le si indi_cato il momento di inerzia equivalente
complessivo, ossia il momento di inerzia di quel volano fittizio che, posto sull'albero motore, provoca sull'albero stesso, a parit di altre condizioni, una
accelerazione angolare identica a quella ottenibile nel rotismo reale.
In un rotismo qualunque si quindi in grado di effettuare la riduzione
dei momenti di inerzia ad un unico asse del rotismo in esame sommando al
momento di inerzia delle masse solidali all'albero stesso i momenti di inerzia
delle masse collegate agli altri assi moltiplicati per il quadrato dei rispettivi
valori del rapporto di trasmissione.
l
}
162
163
I riduttori a rotismi ordinari si distinguono in base al numero di ingranaggi presenti (riduttori a doppia riduzione, a. tripla riduzione, a quadrupla
riduzione) e in base ;~Ila disposizione degli alberi di ingresso e di uscita.
n rendimento di un riduttore a rotismi ordinari costituito dal prodotto
dei rendimenti dei singoli ingranaggi costituenti il rotismo. Nella Fig. 122 sono
riportati esempi di riduttori a rotismi ordinari a diversi stadi di riduzione.
a)
b)
c)
165
164
15)
= ( -32
( -28
19) =0, 318
valore che corrisponde alla prima. marcia. Se invece si sposta la ruota D verso
destra in modo da farla ingranare con la ruota C, il rapporto di trasmissione
dato da:
T= (-ZA)
= (-15) (-26) =Q, 580
ZB
ZD
32
21
(-ZC)
32
(-~)
15
(- 15) =Q 268
28
'
Valore che, essendo negativo, si differenzia. nel segno dai tre prima calcolati e
caratterizza quindi proprio la. retromarcia.
167
166
.c~ota.a.sna yolta~a~wQ.:.a.<L..llJb!!$s~o cnincicj.ente~~~<;_
s.J.q.rJ.r. In un r21!smo e.Ilkicloidale ges~lem~.di-p.en.d@_ti
che ruot~attorno-allo:_stesso_as_s~....e....doj__due solari edjLp_o"rta.tre~o, .&Q
--~---
planetari). ---
--.
solidali-~! Q~ir~o,
e cio..i....satelliti
(o
~
a)
chiaro che in un rotismo epicicloidale non tutte le ruote dentate possono essere scelte l'una indipendentemente dall'altra, poich debbono essere
evidentement rispettate alcune condizioni di carattere geometrico. Nel rotismo della Fig. 124 a) si dovr avere infatti:
-.n
r=--
(2.100)
wr-
La (2.100), detta formula di Willis, rappresenta una relazione di carattere fondamentale nel calcolo cinematico dei rotismi epicicloidali ed individua,
come si visto, il rapporto di trasmission del rotismo reso ordinario (ossia
ad assi fissi).
~
Si consideri ad esempio il rotismo di Fig. 124 b e si supponga che la
corona dentata (2), solidale alla scatola del rotismo, sia fissa; in tal caso gli
unici organi in rotazione saranno pertanto rappresentati dall'albero (l) e dal
portatreno (P). I numeri di denti delle ruote dentate (l) e (3) siano z1 23
e z3 14 e si voglia determinare il rapporto njw 1 tra le velocit angolari
del portatreno e dell'albero (1). n rapporto di trasmissione del rotismo reso
ordinario (ossia a portatreno fisso) varr dunque:
condizione che, se i moduli delle ruote dentate sono uguali tra loro, corrisponde
~~
Ed analogamente nel rotismo della Fig. 124 b) deve essere rispettata la condizione:
con z2 pari a:
Z2
= ZI + 2z3 = 23 + 2 X 14 = 51
23
51
T=--=--= -0,4.51
Z2
169
168
w2
-n
E_=
ws
-0,451 = - ,
wl- n
_r_ = -0,451
r-1
-0,451-1
= 0, 311
Vs
w1r1
w1z1
= -= --=--= -0,821wl
rs
2rs
2zs
Quando si vuole procedere al calcolo dei valori delle coppie agenti sui
singoli alberi del rotismo, ci si imbatte in una importante propriet tipica dei
rotismi epicicloidali, propriet che verr qui di seguito evidenziata. Si consideri dunque un rotismo epicicloidale qualsiasi; su di esso agiscono (Fig. 126)
tre coppie esterne: una, di intensit C11 sul solare (1), una seconda di intensit C2 , sul solare (2), ed infine una ter~a, di <intensit Cp, sul portatreno
P. In condizioni di regime, o quando le masse delle ruote dentate siano trascu~abili, le coppie c\, 62 e Cp debbono equilibrarsi tra loro, per cui si
ha:
(2.101)
n-~-
r1
+ 7's
w
2 ( 1+
~; )
Si supponga ora che il rendimento del rotismo sia unitario; in tale caso il
lavoro complessivo compiuto dalle coppie
62 e Cp in un dato il}tervallo
di tempo deve essere nullo e pertanto si in grado di scrivere che:
cl>
(2.102)
- = -,(--~--,--)
= o' 311
2 l+ :2_
WJ
.::l
171
170
(2.103)
r~lazione
1- T
c1 =-T-
(2.104)
= -kpn
c2 = -k2:,;2
cp
{
Cp
1-
c1 =-T-=
(2.105)
kp n
--ww1
c2 = _.!. =- k2w2wl
T
w
c1
dove
T,
173
172
conglobare i momenti di inerzia dei vari alberi e delle masse ad essi eventualmente collegate in un unico momento di inerzia equivalente agente sull'asse
del motore. Per il calcolo del momento di inerzia equivalente si pu seguire
il procedimento indicato per i rotismi ordinari scrivendo in fasi successive le
varie equazioni di equilibrio dei singoli elementi, oppure, pi semplicemente,
si pu scrivere che il momento di inerzia di un volano equivalente posto sull'albero (1) ruotante alla velocit angolare w1 deve essere tale da fornire la
stessa energia cinetica del sistema originario.
Se allora i momenti di inerzia dei solari, del portatreno e delle masse ad
essi collegate sono h, h, Ip, il momento di inerzia e la massa di ogni satellite
sono Is e ms, la velocit angolare dei satelliti ws, la velocit del loro
baricentro Vs ed il loro numero ns, si ha che il momento di inerzia
equivalente I. soddisfa alla relazione:
l
ns
(Isws
-n
---=T
w1-n
dove:
e pertanto:
w1
-l
-=--
+ ms Vg)
Nei casi finora considerati si sono sempre ipotizzati i rotismi epicicloidali come costituiti da ingranaggi cilindrici; in realt, come si avr modo di
osservare in alcuni degli esempi successivi, esistono anche dei rotismi epicicloidali dotati di ingranaggi conici ed il calcolo delle condizioni cinematiche
del loro funzionamento non si discosta affatto da quello esposto nel presente
paragrafo.
175
174
ruota e dell'albero , in base a quanto gi esaminato nel paragrafo precedente,
pari a:
= -.,-----wl
2 ( 1+
;: )
T-
Z2Z3
-=--=1---=a
Z1Z4
177
176
C1
+ C2 + Cp
{ C1w1
da cui risulta:
c1
=O
+ Cpf2r}P,1
W!
=O
cl
Cp=---=--a
71P,1 0
71P,!
C2
=-Cp -
C1
che, unite all'equazione di equilibrio di coppia, forniscono la seguente espressione del rendimento inverso:
=C1 (~1)
71P,1
l _ Z2 Z3 __l__
(2.108)
71!,P =
Zl
1
Z4
713,1 712,4
Z3
Z2
Z1Z4
ossia:
(2.107)
CJW!711,P + CpO o
{ C2(-0)712,1 + C1(w1- O)= O
178
179
e di conseguenza:
Fig. 131 - Velocit dei centri delle ruote di un veicolo in una traiettoria curva
Wl
+ W2
2
c2 = _.!. =1
c1
e pertanto le coppie agenti sulle due ruote solari in condizioni di regime sono
sempre uguali tra loro, mentre la coppia fornita dal portatreno data da:
:::
2VM d
180
181
Oltre che sugli assi delle ruote motrici dei veicoli, i differenziali trovano
evidentemente applicazione in tutti i sistemi meccanici nei quali occorre effettuare la somma di due rotazioni quali, ad esempio, i servomeccanismi utilizzati
per il comando di un organo meccanico.
Rotismi epicicloidali ad ingranaggi conici, sia con solari uguali (come
nel differenziale), sia con solari differenti vengono inoltre usati come riduttori
a forte rapporto di riduzione analogamente a quanto visto per i riduttori
epicicloidali ad ingranaggi cilindrici.
--=rl
c1 + c4 + cp =o
mentre quella delle potenze, assumendo un rendimento unitario, esprimibile
sotto la forma:
C1w1
+ C4w4 + CpO = O
Dal sistema formato dalle due equazioni ora scritte e dalla (2.109) si
ricava che i rapporti tra le singole coppie agenti sugli alberi valgono:
--=r2
dove ora r2 -z3 jz4 Osservando ora che w3 =w~, in quanto le ruote dentate
(2) e (3) sono ricavate dallo stesso pezzo, ed eliminando di conseguenza w 2
dalle due equazioni prima scritte si ottiene:
(2.109)
182
nell'applicazione illustrata in Fig. 133. Il rotismo epicicloidale ivi rappresentato in pratica costituito da due rotismi semplici in parallelo aventi un solare
ed il portatreno in comue. Il solare A ruota solidalmente all'albero motore F
ed ingrana con i satelliti D i quali ruotano liberamente attorno al portatreno
e si impegnano con l'altra ruota solare C fissa. Ai satelliti D sono inoltre
solidali gli altri satelliti E, i quali a loro volta ingranano con la ruota solare
B rigidamente collegata all'albero condotto G. n portatreno in questo caso
un elemento interno al rotismo multiplo e ad esso quindi non risulta applicata
alcuna coppia esterna; le coppie esterne agiscono infatti in questo caso sulle
tre ruote solari A, B e C.
WA
11
-n
(A, D, E, B) si ha:
ws-n
---=i?
WACOn
12
fl
= -ZA ZE/ZD ZB
Eliminando
'
WB
12-1!
WA
= l - lj =
ZA(ZDZB-ZEZC)
ZD
-n
aw.s
+ ZA)
i .
zs(zc
WA-
,j
F --
dove, al solito,
183
H iiU.
z.s.
JZlWlSL &Uk
=A
=-::c
184
185
f2
ZA ZD
---=r2=--f2
ZB ZE
WE-
WA-
Tj
= -0, 104;
T2
= -0, 09524;
1"3
= -0, 2208;
1"4 = -0,2018
WA
Fig. 134 - Rotismo epicicloidale per la regolazione del passo delle pale di un'elica
WF
=w E
-0 1
rs
WE- f2' .
ZF
= = -ZH
O'
f2'
ZFZJ
= = --ZG ZJ
7"4
WJ
WA
= (~)
Tj-
valore estremamente basso, ma che comunque non rappresenta un limite inferiore per questo tipo di rotismi multipli. Con una opportuna scelta del numero
dei denti delle ruote si sono infatti ottenuti, a parit di ingombro del riduttore,
rapporti di trasmissione fino a l : 180000 ed interessante notare che se si
volesse ottenere un rapporto di trasmissione cos basso con una sola coppia di
ruote dentate cilindriche, nell'ipotesi di adottare una ruota motrice di 4 cm
di diametro si dovrebbe accoppiare a questa una ruota condotta di diametro
pari a 7,2 km.
(T3T4)
1"3 -1
I rotismi epicicloidali multipli vengono comunemente utilizzati anche negli autoveicoli, e particolarmente nei veicoli pesanti ed in quelli a trasmissione
automatica, per quanto concerne la. realizzazione dei cambi di velocit.
Un esempio di cambio di velocit a rotismi epicicloidali illustrato nella.
Fig. 135. In esso l'albero motore solidale ai due solari A e B e trasmette
inoltre il moto, tramite un albero scanalato, alla frizione Z. L'albero di uscita
(albero condotto) indicato con 2, mentre con F 1 , F2 , F3 , F4 sono stati indicati
i freni (a nastro o a disco), che mantengono fissi, a seconda delle necessit, gli
elementi sui quali essi agiscono.
Si consideri ora il caso in cui il freno F2 mantiene ferma la corona
dentata I in modo che il moto venga trasmesso dall'albero motore a quello
186
187
condotto (che porta gli assi dei satelliti D e M) tramite il rotismo epicicloidale (B, D, I). TI rapporto di trasmissione, essendo I fermo, dato
da:
-W2
ZB
wl- w2
ZJ
---=r~=--
ossia
W2
TJ
ZB
-=--=---
-wH
WH -W[
Wj-W[
= ra = -ZG
ZE
ZA
= T2 = -ZH
WJ-Wz
ZB
Wj- W2
Z[
---=T!=--
----~~-A~Z~J~(N~-E~+_z~G~)______~
=--+-cZB + ZJ
(zB +
Fig. 135 - Rotismo epicicloidale multiplo per cambio di velocit
Wj-:~/ = T2 = - ;;
{
WJ-W2
ZB
wl -w2
ZJ
---=rl =--
ZJ)(zA ZE
ZA ZG
+ ZG ZH)
ZB
---=r~=-
WI- W2
ZJ
-W2
ZL
WJ -W2
ZN
---=r4=---
Tj
188
189
= D(ws- wD) = D
zc
w
2p
2p(zc+zs) 11
D
D
D
-ws-wD
-ws
2
2
__
2_
-E.+R
2
R= E. (ws+wD)
2 (ws - WD)
= p(2zs+zc)
2 =c
190
191
2
4
-n
z1
--= TJ = -WJ- n
Z2
mentre il rapporto di trasmissione nel rotismo l W3-
P-~.
dato da:
ZJZS
---=T?=--WJ-n
Z4Z3
wa
TJ- r2
WJ
TJ-
-=--l
192
193
dentata S a denti cicloidali che a sua volta ingrana con una corona dentata
fissa c il cui asse coincide con quello di :z:. n riduttore si presenta dunque nel
suo complesso come un rotismo epicicloidale in cui manca un solare mentre
l'altro rappresentato dalla corona dentata C ed in cui inoltre la ruota S
ed il gomito G fungono rispettivamente da satellite e da portatreno.
-8= - Wx
Zs
Dotando il satellite di un numero elevato di denti si quindi in grado di ottenere un forte rapporto di riduzione, generalmente compreso tra
l : 20 e l : 100, mentre per rapporti di riduzione ancora maggiori si ricorre normalmente all'uso di due riduttori collegati in serie fra loro.
Nella Fig. 141-a illustrata una realizzazione costruttiva del riduttore
cicloidale schematicamente rappresentato in Fig. 140: come si pu notare,
l'asse del cuscinetto a rulli R possiede una piccola eccentricit e rispetto
all'asse dell'albero motore x e trascina inoltre durante la sua rotazione il
satellitP S avente denti a profilo cicloidale. I denti della corona fissa C sono
invece costituiti da perni e ogni perno porta un rullo cilindrico; con questo
accorgimento si evita lo strisciamento fra denti del satellite e denti della corona
in quanto i rulli portati dai perni solidali alla corona rotolano senza strisciare
rispetto ai denti cicloidali del satellite stesso.
-W:r
WS -W:r
ZS
=ZC
da cui si ricava:
Fig. 141 - Schema costruttivo di un riduttore cicloidale; a) satellite e corona dentata;
b) satellite e albero condotto
194
dotto ruota attorno ad un asse fisso coincidente con quello dell'albero motore,
il riduttore completato da un semplice meccanismo, illustrato nella Fig. 141b, che attua la trasmissione del moto dal satellite all'albero condotto. Come
si pu notare, il disco cicloidale costituente il satellite porta una serie di fori
nei quali si impegnano altrettanti rulli portati da perni solidali all'albero condotto, ed il gioco diametrale tra rulli e fori pari al doppio della eccentricit in
modo da consentire un moto relativo tra satellite ed albero condotto. Questo
sistema realizza in pratica la stessa funzione di un giunto di Oldham diminuendone per le perdite, in quanto i rulli rotolano senza strisciare rispetto
ai fori del satellite, fenomeno questo che riduce sensibilmente le dissipazioni
di "energia dovute all'attrito. Riduttori cicloidali con rapporti di riduzione
di l : 100 posseggono infatti rendimenti dell'ordine di 0,95, sensibilmente
maggiori di quelli ottenibili con altri rotismi.
La presenza di un disco eccentrico nel riduttore cicloidale genera p~r
una forza centrifuga, forza che origina a sua volta un carico rotante sui supporti; onde evitare questo inconveniente si usano sovente riduttori cicloidali
nei quali l 'albero motore possiede due gomiti sfasati di 180, ognuno dei quali
porta un eccentrico a denti cicloidali in modo da bila.nciare cos gli effetti
dannosi della forza centrifuga.
195
\.
Za- Zc
r=--Za
(si noti che se l 'albero motore ruota in senso orario, l 'anello flessibile ruota in
senso antiorario). La (2.112) rappresenta dunque il rapporto di trasmissione
esistente tra l'albero motore e l'albero condotto; solidale all'anello flessibile,
ed analoga alla espressione relativa ai riduttori cicloidali.
Durante la rotazione del braccio motore l'anello flessibile possiede, oltre
al lento movimento di rotazione attorno al proprio asse, anche una pulsazione in direzione radiale dovuta alla deformazione indotta dal braccio motore. Proprio a causa di queste pulsazioni, al braccio motore ed al riduttore
nel suo complesso vengono rispettivamente dati i nomi di generatore d'onda e
di riduttore armonico.
I vantaggi dei riduttori armonici risiedono nella loro semplicit (vi sono
unicamente tre elementi), nella capacit di trasmettere coppie elevate tra corona fissa ed anello flessibile in quanto vi sono sempre numerosi denti in presa,
e nella possibilit di generare la forma ellittica dell'anello utilizzando parecchi
mezzi tra loro differenti. Oltre a quello indicato nella Fig. 142, si possono
infatti utilizzare quali generatori d'onda sia dei cuscinetti a rotolamento di
forma ellittica, sia delle serie di pistoni comandati idraulicamente o pneumaticamente, sia dei campi magnetici rotanti, sia infine dei cuscinetti opportunamente sagomati in modo da ottenere una lubrificazione idrodinamica.
197
196
Anche se finora si preso in considerazione un riduttore armonico in
cui la corona dentata mantenuta fissa, esistono purtuttavia nella pratica
realizzazioni in cui la corona dentata mobile mentre fisso l'anello flessibile,
oppure applicazioni con generatore d'onda fisso, o con tutti e tre gli elementi
mobili. La relazione tra le diverse velocit angolari ricavabile mediante
considerazioni. identiche a quelle fornite nei casi di rotismi epicicloidali e di
riduttori cicloidali, ottenendo di conseguenza:
Wc- Wg
(2.113)
Wa- Wg
Za
Ze
ed essendo
Wc=
Zc
Wa =-Wc
Za
= w2
Wc=
w1zdz2
w2
si ottiene:
Ze)
+w9 ( 1-:.,a
=w1za/zc
= za/zc
Poich w4
Fig. 143 - Applicazione di un riduttore armonico alla regolazione del rapporto tra le
velocit angolari di due rulli
Zc
-=-
= 101
si ottiene in definitiva:
e za
= 100,
si ha:
= w1- O,Olw9
198
)-.
5. VITI
b)
a)
Struttura fissa
C)
Fig. 145- Sezione della vite con un piano passante per l'asse: a) filetto rettangolare;
b) filetto trapezio; c) filetto elicoidale generico
l.
201
200
da una curva che si muove di moto elicoidale attorno all'asse della vite, compresa tra due cilindri analoghi ai cilindri od ai coni di troncatura delle ruote
dentate (Figg. 145 a, b, c). Affi.nch il moto possa avvenire nei due sensi la vite
presenta in realt due superfici elicoidali attive simmetriche ognuna delle quali
serve a trasmettere delle forze in un verso assegnato. Poich le due superfici
elicoidali attive posseggono lo stesso passo, esse originano di conseguenza un
filetto che si avvolge ad elica lungo il corpo centrale della vite, filetto che pu
assumere forme diverse a seconda del tipo di curva che genera l'elicoide. Le
forme normalmente adottate nella pratica sono quelle:
- rettangolare (Fig. 145-a);
e
- trapezia (Fig. 145-b).
Le viti a filetto rettangolare, come si avr modo di osservare nel seguito,
anche se godono, a parit di altre condizioni, di un rendimento leggermente
maggiore di quello delle viti a filetto trapezio, risultano di pi difficile lavorazione rispetto a queste e pertanto la loro utilizzazione abbastanza limitata.
La distanza fra due intersezioni successive dei filetti della vite con un
piano passante per il suo asse prende il nome di passo assiale Pa e pu
essere uguale o inferiore al passo effettivo dei filetti che costituiscono la vite
a seconda del numero dei filetti stessi. Una vite pu essere infatti formata da
un unico filetto che si avvolge ad elica (Fig. 146a), ed in tal caso il passo Pe
dell'elicoide costituente i filetti uguale al passo assiale Pa (Fig. 145), oppure
pu essere realizzata da 2, 3 o pi filetti tra loro equidistanti (Figg. 146b e
c), ed in questo caso il passo dell'elicoide p. un multiplo intero del passo
assiale Pa, e vale:
Pe=
7r
d tg Cl'
Pa
b)
c)
,_
203
202
Nello sviluppo indicato nella Fig. 148b inoltre, essendo la fi!ettatu~a di
tipo rettangolare, alla vite V corrisponder il prisma avente come mter~ezwne
col piano della figura stessa il trapezio ABCD, mentre alla madrev1te M
corrisponder il prisma avente sezione AF ED.
a)
b)
F
.......
''
' ',
.........
6x
-----------d
BI.
rr.d
.(
Si consideri ora il caso di una vite che ruota e di una madrevite che trasla;
in base alla schematizzazione di Fig. 148b si potr allora rappresentare questo
meccanismo secondo quanto indicato nella Fig. 149: in essa la vite V trasla
in direzione orizzontale ed il suo moto causa di conseguenza la traslazione
della madrevite M in direzione verticale. Se ox la traslazione della vite, la
corrispondente traslazione della madrevite data da: oz =o x tg a:. Essendo
inoltre, in base allo sviluppo dell'elica: ox = MJ d/2, si otterr in definitiva:
(2.114)
oz = 2d tg 0: 8{)
mediante rotazione
T= Fsin(a: + tp)
= Ptg(a: + tp)
204
205
Mv
(2.116)
P. evidente che si possono ora verificare due casi e cio che sia
d
Mv =T2
1l
0.8
0.6
o.
l. ~
i/o;~
~ ~ ~ ~ r...
0.4
,.....
Fig. 151- Abbassamento di un carico applicato alla madrevite M mediante rotazione della vite V
lf
(2.118)
2VI
10
20
30
40
50
60
a(o)
d
d
-
Mv =T-= P- tg (<p- a)
206
207
l-
applicato alla madrevite, mentre nel caso cp < a ed in assenza del momento
b)
Fig. 152- Confronto tra la componente Ftp della forza peso lungo l'elica e la forza
d'attrito Ftf neicasi cp>a (a)e cp<a (b)
tg (3
=tg a cos {}
209
208
In presenza di attrito si ha, oltre alla forza Fn, anche una forza tangenziale f Fn diretta secondo l'elica ed avente verso tale da opporsi al moto
relativo dei due membri. Se si indica allora con P il carico verticale agente,
ad esempio, sulla madrevite e con T la forza tangenziale da applicare alla
vite per sollevare il carico P, si ottiene, in base alle considerazioni prima
esposte, e con riferimento alla Fig. 153:
In talune applicazioni meccaniche in cui il moto rotatorio viene trasformato in moto rettilineo si vuole che quest'ultimo sia particolarmente lento
o particolarmente rapido. Un moto molto lento pu essere ottenuto usando
T - tga+ cos {}
p- _ tgsotga
1
cos {}
dove
(2.120).
Dall'analisi delle (2.120) e (2.121) si osserva che per {} = O, ossia per
so' t.p, si ritrova la (2.116), e che, a parit di carico P da sollevare, il momento richiesto aumenta all'aumentare dell'angolo {} e pertanto, a parit di
altre condizioni ed a conferma di quanto in precedenza asserito, il rendimento
di un accoppiamento vite-madrevite a filetto trapezio tanto minore quanto
maggiore l'angolo lJ del filetto stesso.
viti con passo molto piccolo, con la conseguenza per di avere filetti poco
resistenti, ed analogamente un rapido moto di avanzamento pu essere realizzato adottando un valore elevato del passo della vite, rinunciando per alla
irreversibilit del sistema. Per ovviare a questi inconvenienti ed ottenere nel
contempo i risultati voluti si utilizzano in pratica le viti differenziali e le viti
multiple.
Un esempio di vite differenziale rappresentato nella Fig. 154: sul mozzo
della ruota A ricavata una vite con filetto destrorso s., vite che si impegna
con una madrevite fissa W. Internamente allo stesso mozzo della ruota A
ricavata una madrevite, anch'essa a filettatura destrorsa, che si impegna con
una vite S;, la quale pu traslare ma non ruotare a causa dei vincoli realizzati
dal supporto fisso.
Effettuando lo sviluppo su un piano delle due viti S, ed S; si ottiene
lo schema indicato nella Fig. 155. Si supponga ora di fornire alla ruota A una
rotazione lJ in senso antiorario: ali 'angolo lJ corrisponderanno, ai raggi
211
210
r;
tga;)otJ =
(2.123)
n rendimento del sistema, considerando le (2.122) e (2.123), risulta essere espresso dalla:
(2.124)
otJ
+ Pe) 271"
n sistema costituito da vite e madrevite serve, come si visto, a trasformare il moto rotatorio in moto rettilineo; se inoltre, come in effetti si ritrova
nella maggioranza dei casi, l'angolo di inclinazione a dell'elica minore dell'angolo di attrito cp, il sistema irreversibile, ossia il moto pu essere ottenuto
212
213
solo applicando una coppia alla vite (o alla madrevite), e non applicando una
forza assiale alla madrevite (o alla vite); questa caratteristica dell'accoppiamento ottenuta evidentemente a prezzo di una elevata perdita di potenza
per attrito e di un conseguente basso rendimento. In molte applicazioni per,
necessario operare la trasformazione del moto con il massimo rendimento
possibile, rinunciando di conseguenza alla irreversibilit del meccanismo. In
tal caso si ricorre all'uso delle viii a circolazione di sfere (Fig. 156) in cui le
filettature elicoidali della vite e della madrevite sono sostituite da scanalature
elicoidali; in un certo tratto di queste scanalature sono alloggiate delle sfere
che assolvono il compito di sopportare i carichi trasmessi dalla vite alla ma~
drevite e viceversa. Poich le sfere rotolano senza strisciare sulle scanalature
elicoidali della vite e della madrevite, il rendimento complessivo del sistema
molto maggiore di quello relativo ad un normale accoppiamento a filettatura rettangolare o trapezia. Va inoltre osservato che, essendo le gole della
vite e della madrevite di forma elicoidale, la rotazione di uno dei due membri
provoca l'avanzamento delle sfere, ed pertanto necessario ricavare nell'interno della madrevite un <;ondotto di ritorno (Fig. 156) in modo da creare una
circolazione continua delle sfere stesse.
Fig. 157- Ricircolo interno al corpo della madrevite mediante deviatore o liner:
A, punto di raccolta B, punto di immissione D, deviatore
Esistono fondamentalmente due tipi di dispositivi impiegati per la ricircolazione delle sfere:
- ricircolo interno alla madrevite mediante deviatore (Fig. 157);
n dispositivo a ricircolo interno consente velocit angolari elevate; tuttavia, poich ogni filetto necessita di un deviatore, e questo deve avere la
214
215
a)
retta di pressione
-------------------------asse I'te
Fig. 160 - Definizione dell'angolo di contatto
t.
Madrevite
r A, r 8
b)
da:
Vite
(2.125)
cost9o
rB -rA
= _.::::.._;:.:.
ro
Fig. 159 - Profilo della scanalatura ad arco di circonferenza (a), ad arco gotico (b)
l
Fig. 161 - Definizione geometrica della sfera e delle piste
j
lf
217
216
= 2R- d
dove:
(2.127)
V= rtgetw
come si pu ricavare dalla Fig. 162, essendo e il gioco radiale. Quando la vite
sottoposta a un carico, tra vite e madrevite si produce uno schiaccia.mento
6, in seguito al quale si ha un aumento dell'angolo di contatto t9. Con
riferimento alla Fig. 163, si ha infatti:
p= 27rr tg et
e
cost9a=1-ro
risulta anche:
(2.128)
Madrevite
b)
a)
per cui:
6 + ro sin t? o
= ro cos t? o tg t9
e, di conseguenza:
(2.126)
tg t9
= tg t9 o + r cos t9 o
0
n rendimento di una vite a circolazione di sfere normalmente abbastanza elevato; per angoli di inclinazione dell'elica maggiori di 3 esso solitamente maggiore di 0,9. In queste condizioni, la differenza fra il rendimento
218
(2.129)
'T]=
tga
tg(a + cp)
(rendimento diretto)
tg(a- cp)
tg a
(rendimento inverso)
6. CAMME
P=
FA
Zeff
sin ?J cos( a
+ cp)
l
l
220
un piattello (Fig. 165 c). Si definisce inoltre alzata della punteriala distanza
esistente tra la posizione assunta, in un istante generico del moto, da un
punto solidale alla punteria stessa e quella ad esso relativa quando la punteria
si trova nella sua posizione pi bassa, ossia quella per cui minima la distanza
del punto considerato dal centro di rotazione della camma.
221
a)
b)
Si consideri ora la camma con punteria a rullo illustrata nella Fig. 166;
in tale figura rappresentata per l'accoppiamento camma-punteria la condizione per cui minima la distanza di un punto generico della punteria dal
centro E della camma, condizione che verr qui di seguito assunta come
iniziale ed indicata come posizione O. Se ora si ruota la camma in senso antiorario, si osserva che, dopo una rotazione t? 11 ad esempio pari a 30, essa si
trova rispetto alla punteria nella posizione indicata con l ed ha provocato il
sollevamento della punteria stessa, rispetto alla sua posizione iniziale, di una
quantit pari a z1 Proseguendo in modo analogo per valori dell'angolo di
rotazione compresi nell'intero giro, si in grado di tracciare un grafico nel
quale si riportano i valori delle alzate z1 , z2 , . , Zn della punteria in funzione
dei rispettivi valori degli angoli di rotazione t?1. t? 2 , . , t? n della camma. In
tale grafico (Fig. 166) si individuano in genere una fase di sollevamento S
ed una fase di ritorno R caratterizzate da valori variabili d eli 'alzata, ed una
fase stazionaria D in cui l'alzata della punteria si mantiene costante; l'arco
di camma corrispondende a quest'ultima fase viene definito arco ozioso.
l.
~~~
a)
b)
c)
Fig. 166 - Alzate della punteria in funzione della posizione angolare della camma
n tipo pi comune di camme senza dubbio costituito da quelle che trasformano il moto rotatorio continuo in moto rettilineo alternativo, ossia dalle
camme accoppiate ad una punteria (Fig. 165 a,b,c). Per tali accoppiamenti
assume una particolare importanza la corretta determinazione delle caratteri-
222
223
stiche cinematiche ad essi relative, in quanto proprio tali accopiamenti risultano sovente utilizzati in applicazioni tecniche implicanti alte velocit. Come
facile intuire, con il termine determinazione dee caratteristiche cinematiche
dell'accoppiamento si intende in realt indicare una satta valutazione delle
relazioni esistenti tra le caratteristiche cinematiche (ossia alzata, velocit ed
accelerazione) della punteria e le corrispondenti posizioni angolari tJ della
camma. Per poter individuare e di conseguenza correttamente risolvere il
problema, conviene considerare un punto solidale alla punteria, detto punto
di riferimento; in genere si assume, per una punteria con bordo a coltello,
il punto di riferimento R coincidente con l'estremit della punteria stessa
(Fig. 167 a), mentre per una punteria a rullo si assume R coincidente con il
centro del rullo (Fig. 167 b) e per una punteria a piattello R normalmente
rappresentato dall 'intersezione della traccia della superficie di lavoro del piattello con la retta passante per il centro della camma e parallela all'asse della
punteria (Fig. 167 c).
b)
a)
D'altra parte, nell'ipotesi che la velocit angolare w della camma sia nota, si
ha: dt = d'IJ/w, per cui, supponendo ancora che w sia costante per il tempo
di integrazione considerato, si ottiene in definitiva:
(2.132)
a~D~--------------~5~----------------~~D
C)
IDI
~t
l
ID' 1m
l
l
N!!
:~t
'Wl
l
l
! ~l
N!! l~
R
Si supponga ora di voler realizzare una camma in modo che l'accelerazione a della punteria, ossia quella del punto di riferimento, abbia un certo
andamento in funzione dell'angolo di rotazione tJ della camma, ovvero, in
altre parole, si supponga assegnata la relazione a = f( tJ).
Per determinare la velocit di sollevamento della punteria (o meglio, del
suo punto di riferimento R) ad un istante generico t allora necessario
Fig. 168 - Velocit, alzata ed accelerazione di una punteria in funzione degli angoli
di rotazione della camma
e se si pone: F( tJ)
i"
= o v dt = -wl
!
i" v
o
1"
o
F('IJ) d'IJ
dtJ
225
224
Nella Fig. 168 sono per l'appunto tracciate, in funzione degli angoli di
rotazione t9 della camma, le curve della accelerazione a, della velocit V e
dell'alzata h della punteria. Poich ad ogni istante la velocit la derivata
rispetto al tempo, o, nell'ipotesi di velocit angolare costante, rispetto alle
rotazioni t9, dell'alzata e l'accelerazione la derivata rispetto al tempo (o
alle rotazioni) della velocit, si pu osservare che in corrispondenza dei punti di
accelerazione nulla la curva delle velocit presenta un massimo mentre quella
delle alzate presenta un fiesso, e cos la curva delle alzate presenta un massimo
(od un minimo) dove si annullano i valori delle velocit.
6.3 - Tracciamento del profilo della camma
Una volta determinata la legge delle alzate della punteria in funzione
della posizione angolare della camma, il profilo di quest'ultima pu essere
determinato utilizzando il procedimento seguente. Si consideri il punto di
riferimento R della punteria (Fig. 167) e si fissi il raggio r 0 del cerchio di
base, ossia la distanza del punto di riferimento R della punteria dal centro
X della camma quando l 'ci.J.zata h nulla. Si supponga ora di fornire a tutto
il sistema una velocit angolare- w, uguale ed opposta a quella della camma;
in tali condizioni la camma risulta ferma mentre la punteria ruota attorno al
centro X con una velocit angolare- w. In base all'espressione della legge
delle alzate in funzione della posizione angolare t9 : h = h( t9), espressione che
o nota, o determinabile nel modo esposto nel paragrafo precedente, si in
grado di riportare, per ogni valore di t9, il corrispondente valore dell'alzata
h. In tal modo il punto di riferimento R descrive una curva chiusa che
costituisce il profilo teorico della camma: quest'ultimo dunque rappresenta
la curva descritta dal punto di riferimento R quando si faccia ruotare la
punteria attorno alla camma.
Se la punteria termina con.. un bordo a coltello, il profilo teorico coincide, come facilmente intuibile, con l'effettivo profilo di lavoro della camma
(Fig. 169), in quanto in tal caso il punto di riferimento R coincide in ogni
istante con il punto di contatto tra camma e punteria. Se invece la punteria
porta un rullo, il profilo teorico quello descritto dal centro del rullo (Fig. 170)
mentre l'effettivo profilo di lavore ottenibile tracciando tante circonferenze
aventi centri lungo tutti i punti del profilo teorico t e raggio pari a quello del
rullo. L'inviluppo interno di tutte queste circonferenze costituisce il profilo di
lavoro l della camma, ossia esso rappresenta la curva lungo la quale il rullo
deve rotolare senza strisciare in modo da realizzare la voluta legge delle alzate
della punteria.
Fig. 169 - Profilo della camma per una punteria con bordo a coltello
226
227
~~~
l
a)
= profilo
b)
teorico;
Fig. 172 - Influenza del raggio del cerchio di base sul profilo della camma
Per concludere la rassegna delle principali caratteristiche geometriche
dei profili delle camme, va ancora osservato che all'inizio di questo paragrafo
si definito come cerchio di base della camma il cerchio coincidente con la
parte del profilo teorico della camma per il quale l'alzata nulla. In modo del
229
228
Poich inoltre l'integrale che compare nella relazione sopra scritta rappresenta l'area sottostante alla curva a= a( t?), tra gli angoli di rotazione e
le accelerazioni ad essi relative dovr in definitiva esistere la relazione:
Nella maggior parte dei casi riscontrabili nella pratica poi, le camme
sono simmetriche, ossia per esse esistono un arco compreso far i valori O e
t9 2 in cui la punteria si alza, ed un arco di eguale ampiezza, compreso fra
t9 2 e t9 4 , in cui la punteria si abbassa con una legge del moto simmetrica
alla precedente rispetto all'angolo di rotazione t9 2 In questo caso pertanto la
velocit della punteria si annulla anche in corrispondenza di t9 2 ed all'angolo
t9 2 stesso corrisponde ovviamente un valore massimo dell'alzata. Nel caso di
camma simmetrica pertanto esister l'ulteriore condizione:
v2 =-wl
1{}'o
a(t?)dt?
=o
condizione che, nel caso di camma a.d accelerazione costante, si traduce nella:
a
(2.134)
Supposto dunque che la. camma sia simmetrica, e che sia di conseguenza
soddisfatta la (2.134), la velocit massima della punteria si presenta al termine
della fase di accelerazione positiva della camma (Fig. 174) e vale, in base alla
(2.132):
11{}
a1t?1
V1 =a(t?)dt?=w o
w
-l----'--------1...-Fig. 173 - Diagramma delle accelerazioni di una punteria accoppiata ad una camma
ad accelerazione costante
= 2_
w
[{}
lo
a(t?)dt9 =O
(2.135)
2hM:..: 2
VJV2
231
230
a2
{} 1
2hMw 2
{}2- {}1
'!92({}2- {}1)
a2 = a 1 - - - =
che altererebb~ evidentemente la legge del moto della punteria, questa normalmente sottoposta all'azione di una molla (vedasi a questo proposito il
successivo 6.9) che la mantiene costantemente a contatto della camma in
modo da assicurare la realizzazione della legge del moto voluta.
Fino ad ora si .sono ricavate, per il caso di camma ad accelerazione costante, le espressioni della velocit massima e dell'alzata massima della punteria; quando si vogliano invece ricavare, sempre per una camma ad accelerazione costante, le espressioni della velocit e dell'alzata ad un istante generico
t in funzione della posizione angolare {} della camma si deve procedere nel
modo seguente.
Nel primo tratto (ad accelerazione positiva) la velocit della punteria
esprimibile, in base alla (2.132), mediante la:
il valore:
a,V,h
1"
V=-l
w o
(2.136)
e per t9
= {} 1 ,
a1d{}
{}
=a1-
v,1_-a1{}1
-w
L 'alzata h, sempre nel tratto ad accelerazione positiva, invece esprimibile, in base alla (2.133), mediante la:
Fig. 174 - Diagrammi di accelerazione, velocit ed alzata per una camma ad accelerazione costante
Si supponga allora che una camma di questo tipo ruoti alla velocit
angolare di 1500 giri/mm, che l'alzata massima da essa realizzata sia hM =
5 mm e che gli angoli {} 1 e '!9 2 valgano rispettivamente 30 e 90. In
base alle relazioni precedenti ed essendo: w= 157,08 radfs, {}1 = 0,5236 rad,
{} 2 = 1,5708 rad, i valori di a 1 ed a 2 saranno dati da:
..
a = 2 x 0,005 x (157,08?
1
a2
0,5236 x 1,5708
=300 x
= 300 m/s2 = 30 6
5236
O,
l, 5708- o, 5236
'
(2.137)
e per {}
= '!9 1
= -l
1"
o
V dt9
= -l
w2
1"
o
a1 t9
dt9
= -a1 {}
2w2
Nel tratto corrispondente a valori negativi della accelerazione ('!9 1 < lJ <
'!9 2) l'espressione della velocit sar data da:
(2.138)
= -wl
1" v
o
dt?
= -wl
[1" v + 1" v ]
o
dt?
.,,
dt?
232
233
a
19
(t?- 21) - a2 ~ ]
2
a1
.. V
... e
____ l ~
....._
_.
a)
Y ...
C)
' . // . <
~
d)
.. e
= --t922-
= -4hM
to2
( *) Va osservato che in Fig. 175 sono riportati i diagrammi delle accelerazioni della punteria in
funzione degli angoli di rotazione della camma al valore 0 corrispondente all'alzata massima della
punteria (valore indicato con 11, nella Fig. l 74 relativa al caso di camma ad accelerazione costante);
si suppone pertanto che le camme che realizzano tali leggi del moto siano di tiph simmetrico.
e)
f)
g)
h)
Fig. l i5 - Forme del diagramma delle accelerazioni della punteria normalmente usate
nella tecnica: a) ad_ acce!erazione costante; b) lineare crescente; c) lineare
decrescente; d) polmom1ale; e) cosinusoidale; f) sinusoidale; g) trapezoidale; h) trapezoidale modificata
235
234
111
aM=-r
o
Per essa l'accelerazione, massima ali 'istante iniziale, decresce linearmente fino ad annullarsi al centro del diagramma ed a raggiungere il massimo
valore negativo all'istante corrispondente all'alzata massima. I valori della
accelerazione massima e della massima velocit sono in questo caso espressi
da:
6hM
aM=f:2 e
111
(~)
= 2hM
io
111
. (2iri'
e J)
a= ksm
5, 77
hM
= __
t_2_
o
=ej4
e !'J
= 3e/4,
mentre
!'J
= e;4
= ej2,
to
Leggi del moto di tipo sinusoidale sono generalmente usate in applicazioni implicanti grandissime velocit di funzionamento.
237
236
11
a= k19
per0<19<s:
per
e
8
<19<
30
per
per
per
50
70
30
a=
8
50
< 19 <
<19<
70
a=
ke
a= -8
a=
< 19 <e
k0
8 (costante)
ke
2-M
stabilita la legge del moto della punteria ad essa accoppiata. Purtuttavia nella
pratica corrente si verifica sovente il fenomeno opposto, ossia si stabilisce in
genere il profilo della camma in base a considerazioni diverse, quali ad esempio
la semplicit di lavorazione della camma stessa, e si vuole di conseguenza
determinare la legge del moto da esso realizzata. Questa metodologia, opposta
alla precedente, vien~ adottata ogniqualvolta si desideri raggiungere il valore
massimo dell'alzata della punteria in corrispondenza di un ben determinato
angolo di rotazione della camma senza peraltro dover soddisfare a particolari
requisiti sui valori delle alzate intermedie.
(costante)
-ke +H
io
Leggi di tipo trapezoidale sono abbastanza usate nella pratica per applicazioni con grande velocit di rotazione della camma.
11
Simile alla precedente, differisce da essa per il fatto che i tratti rettilinei
sono sostituiti da archi di sinusoide analiticamente esprimibili mediante le:
S:
30
e
{ per-<
19 <per O< 19 <
e
(471"19
e -
. (471"19)
a= ksm
a
= k .
Slll
7r
Fig. 176 - Camma a fianchi rettilinei con punteria a rullo. Fase di accelerazione
positiva
238
239
dato in ,......
N ad un arco di circonferenza N P di centro 0 2 e raggio r 2 0 2 N;
........
l'arco N P infine raccordato in P ad un arco di circonferenza PQ avente
raggio r 3 = 0 1 Q e centro in 0 1 ; la retta individuata dal segmento 0 1 Q
costituisce inoltre l'asse di simmetria della camma.
Essendo la punteria costituita da un rullo di raggio r 4 , il profilo teorico
della camma, indicato a tratto e punto nella Fig. 176, pertanto rappresentato
da un cerchio di base di centro 0 1 e raggio r 1 + r 4 , da un tratto
rettilineo
,-.
Indicand,o ora con t?1 l'angolo M'o;N', si ha, in base alle (2.140)
e (2.141 ), che l'alzata e la velocit ad esso corrispondenti, ossia l'alzata e la
velocit raggiunte dalla punteria al termine del tratto rettilineo M N della
camma, valgono:
e:
"'"'
0 2 e raggio r 2 + 14 , da un arco P' Q' di centro 0 1 e raggio r 3 + r 4 , e quindi
da altrettanti archi e segmenti simmetrici ai precedenti rispetto all'asse 0 1Q'.
Per determinare la legge del moto nella fase di accelerazione positiva si
considerino la camma e la punteria nella posizione indicata nella Fig. 176 e si
indichi con t9 l'angolo formato tra la congiungente il punto di riferimento R
della punteria con il centro 0 1 della camma ed il segmento 0 1M', assunto
quale posizione iniziale. In tale generica condizione la distanza R0 1 pari
a:
ROl =M'O!
cos t9
e l'alzata della punteria risulta pertanto espressa da:
(2.140)
dh dt?
tg t9
= -dh
= -d'l!)
-dt = (11 + r4) w dt
cos t9
e la
_ dV _ dV dt9 _
t - dv dt - (rJ
a- d
+ r4
)
w
l+
2 tg 2 t?
cos .ov
ed in particolare l'accelerazione all'istante iniziale varr:
Fig. 177 - Camma a fianchi rettilinei con punteria a rullo. Fase di accelerazione
negativa
,....._
240
241
(,
generica indicata in figura a quella corrispondente all'alzata massima (si osservi che la condizione di alzata massima raggiunta quando i punti R,P ed
0 1 sono allineati in quanto lungo l'arco PQ, che ha centro in 011 l'alzata
stessa mantiene inalterato il suo valore), si pu esprimere il valore generico
dell'alzata mediante la relazione:
(2.144)
= -c(r2 + r4)w2
4
<: cos 21J' + <: 3 sin 13']
cos TJ' + (1- '2 sin2 IJ')3/2
ossia:
e quindi che:
(r3- r2) sin(IJ2 - 131)
dove:
r3- r2
r2 + r4
<:=---
ed in definitiva si avr:
(2.142)
e la velocit della punteria lungo tale arco vale di conseguenza:
Si noti infine che per TJ = IJ 1 (e quindi IJ' IJ 2 - IJI) i valori dell'alzata forniti
dalle (2.140) e (2.142) debbono coincidere e che pertanto deve ancora essere
rispettata la condizione:
h +r4)
Osservando ora che, durante la rotazione della camma, 13 cresce mentre
= -d!Jfdt =-w) si ha definitiva:
Co: -l) =
IJ
242
-.
effetti vengono normalmente fissati i valori dell'alzata massima hM, dell'angolo complessivo di lavoro t92 e del raggio r 1; i valori delle rimanenti quattro
grandezze, ossia dell'angolo t9 1 e dei raggi r 2 , r 3 e r 4 sono di conseguenza
determinati dalle quattro equazioni prima scritte.
243
e pertanto l'alzata, la velocit e l'accelerazione della punteria quando questa
'
........
e a contatto della camma lungo l'arco M N valgono rispettivamente:
)
h= (r1
dh
e: sin 2t9
]
+ r 4) w [ sin t9 + -r===:::=
2
2Vl - e: 2 sin t9
........
lavoro M N; il corrispondente
arco di profilo teorico rappresentato dall'arco
,-..
di circonferenza M'N' avente un centro in 0 1 e raggio pari a r 1 + r 4 Nella
posizione generica indicata in Fig. 178 ed individuata dall'angolo t9 il valore
dell'alzata h della punteria dato da:
h= OR- OJI!'
Essendo inoltre:
e ponendo:
r1- ro
r1 + r4
~----
~-
si ottiene:
244
245
della camma a fianchi rettilinei (Fig. 177) e pertanto, in base alle (2.142),
(2.143) e (2.144) i valori di alzata, velocit ed accelerazione della punteria
valgono rispettivamente:
ossia:
Or
Fig. 179- Camma policentrica con punteria a piattello. Fase di accelerazione positiva
(2.145)
(2.146)
-002
sin 1.9 1
(
.o )
sm vz- v1
= (r1 -
,.....,
(2.147)
h= OR- OM
)
7'o
=( r1 -
sin !?1
ro) .
- (r 0 - r 2)
Slll (1.92- 1J1)
NP
(2.148)
dh
- . ,
= - d-O!
=002w Slll V = (1'! (/
W
sin 1.9 1
l'O) .
5111 (1.92- !?t)
sin v'
247
246
e mediante la:
dV
a = -w
diJ 1
-- 2
= -002w
cos 'tJ = 1
rl -
ro
Sln V2 -
01
Vj
L'espressione ora ricavata, unitamente a quella relativa all'alzata massima, fornisce 'il legame esistente fra le varie grandezze geometriche di una
camma policentrica accoppiata ad una punteria a piattello. Nel caso di un
accoppiamento di questo tipo vengono normalmente fissati i valori dell'alzata
massima hM, del raggio r 0 e degli angoli 1? 1 e '!J 2 , mentre in base alle
relazioni sopra viste.si rico.vano di conseguenza i valori dei raggi r 1 e r 2
Al fine di valutare la natura e l'entit delle forze agenti in un accoppiamento camma-punteria, si consideri dapprima una camma a contatto con una
punteria a rullo (Fig. 181): lungo tutto l'arco ozioso la punteria premuta
contro il rullo dalle sole forze P (date dal peso e da eventuali forze esterne
di pressione) e della molla FMo Entrambe queste forze sono dirette secondo
l'asse della punteria e pertanto la forza scambiata fra rullo e camma vale:
FMo +P.
Fig. 180 - Camma policentrica con punteria a piattello. Fase di accelerazione negativa
L'angolo 'IJ' poi legato ali 'angolo iJ dalla relazione: il' = iJ2 - iJ e le
equazioni sopra scritte possono al solito essere trasformate facendo comparire
in esse l 'angolo iJ al posto di 'IJ'.
Come si gi avuto modo di osservare nel 6.6, in corrispondenza del
NP
-l'o)
1
= (r1- ro) [Slll. (iJ2sin iJ iJ ) cos (iJ2- iJ1) + cos iJ1]
l
Lungo l 'arco di lavoro invece, i valori delle forze agenti sulla punteria
tendono ad essere modificati dalla presenza di pi fenomeni concomitanti.
Innanzi tutto aumenta l'intensit della forza esercitata. dalla molla sulla punteria in quanto quest'ultima si trova spostata dalla sua posizione iniziale: per
un'alzata generica h infatti, la forza che la molla esercita sulla punteria diventa: FM = FMo + kh, se con k si indica la rigidezza della molla stessa. In
secondo luogo, durante la fase di lavoro la punteria generalmente soggetta
all'azione di forze di inerzia, dirette secondo il suo asse, che possono sommarsi
o sottrarsi alle forze della molla e del peso. Durante la fase di lavoro inoltre, il
contatto fra rullo e camma avviene in un punto che non si trova pi sull'asse
della punteria. Volendo verificare l'equilibrio del rullo infatti, si osserva che,
nell'ipotesi di trascurare le azioni di inerzia alle quali esso soggetto, le uniche
forze che lo sollecitano sono rappresentate dalla forza Fp,r, che la punteria
(p) gli trasmette in R, e dalla forza Fc,r, che la camma (c) gi trasmette nel
punto P. Affinch siano soddisfatte le condizioni di equilibrio del rullo occorre
pertanto che le due forze Fp,r ed Fc,r siano uguali ed opposte (Fig. 181 b) e
ci equivale in pratica ad affermare che la. direzione della. forza scambiata tra
rullo e punteria quella individuata dalla congiungente RP.
L'angolo x compreso fra la congiungente RP e l'asse della punteria
detto angolo di pressione e dal suo valore dipendono evidentemente le intensit sia della coppia che deve essere applicata alla camma, sia delle reazioni
248
249
sui supporti, sia infine delle sollecitazioni di contatto fra camma e rullo. Si
consideri infatti la camma (c); la coppia C _che deve essere ad essa applicata
per assicurarne l'equilibrio vale:
(2.149)
C= Fr,e b
a)
b)
d)
+
c)
edove ro
h,
e d rappresentano rispettivamente l'alzata, il raggio del cerchio
di riposo ed il diametro del rullo.
La forza fr,p, uguale in modulo a fr,e, che n rullo esercita sulla punteria
possiede a sua volta due componenti: una, verticale, pari a Fr,p -cos x ed una.,
orizzontale, pari a Fr,p sin x. ll valore della prima pu essere semplicemente
determinato scrivendo l'equazione di equilibrio alla traslazione verticale della
punteria, equazion che, nell'ipotesi di accelerazione negativa della punteria
stessa, espressa dalla:
(2.151)
i{ T
dove F; rappresenta per l'appunto il valore della forza di inerzia cui la punteria
soggetta. La seconda componente, ossia quella orizzontale, equilibrata
invece dalle forze Fs1 e Fs2 che i due supporti esercitano sulla punteria
(Fig. 181 d).
In base alle (2.149), (2.150) e (2.151) si in grado di ricavare il valore
della coppia che deve essere fornita alla camma per mantenerla in rotazione
in moto uniforme, valore dato da:
C=
(ro+~+h)
(P+FMo+kh-F;)tgx
e pertanto la coppia fornita alla camma deve essere tanto maggiore quanto
maggiore il valore deli 'angolo di pressione.
Fig. 181 - Forze agenti su una camma accoppiata ad una punteria a rullo
dove:
(2.150)
Fig. 182- Influenza del raggio del cerchio di base sull'angolo di pressione di una camma
250
251
di una camma
Una volta note la velocit e l'alzata della punteria in una generica posizione della camma, si pu calcolare il valore dell'angolo di pressione x
osservando che (Fig. 183) ad una rotazione infinitesima dt9 della camma
corrisponde un incremento dh dell'alzata in direzione normale alla rotazione
infinitesima della camma nella posizione considerata, e che pertanto:
dh =tg x ds
tg x= w(rb +h)
_ a t9
1 1
vl - -w -
{ h - al t9r
1 - 2w 2
300 x O, 5236 _
/
- 1m s
157, 08
300 x (0, 5236)2
2 x (157,08)2
= O 001667
'
l 667
= '
mm
v1
tgx= w(rb+h)
1ooo
157,08x'(20+1,667)
= 0 294
'
FM+P- Fi
= --'-'----cosx
e che pertanto, affinch la punteria segua effettivamente la legge del moto voluta, ossia affinch la punteria si mantenga sempre a contatto con la camma,
252
253
necessario che la forza Fr,p sia sempre positiva e che quindi la somma della
forza della molla e della forza data dal peso e dalla pressione esterna eventualmente agente sulla punteria sia sempre maggiore della massima forza di
inerzia agente sulla punteria nella fase di decelerazione della stessa, ossia che:
FM +P> F;. Proprio in base a questa necessit vengono infatti determinati i
valori del precarico e della rigidezza della molla agente sulla punteria.
Ove non sia conveniente o possibile installare una molla dalle caratteristiche volute, si dovr necessariamente ricorrere all'adozione di una camma a
doppia guida, detta anche camma desmodromica (Fig. 184).
Fig. 185- Profilo teorico (t) e profilo di lavoro (/) di una camma accoppiata ad
un braccio oscillante a piattello
254
255
una distanza e costante da esso e che il punto R, centro del rullo, descrive un
arco di circonferenza di centro S e raggio b. In definitiva quindi, il sistema
costituito da camma e braccio con rullo equivalente, dal punto di vista
cinematico, ad un meccanismo costituito da una manovella OQ, da una biella
QR e da un bilanciere RS. Anche per altri tipi di accoppiamento cammapunteria o camma-braccio oscillante si ovviamente in grado di determinare il
meccanismo ad essi cinematicamente equivalente e proprio questo ricondursi
a meccanismi noti pu portare a sensibili semplificazioni nello svolgimento dei
calcoli.
b
Nelle cathme di traslazione, il moto traslatorio di una superficie sagomata provoca la traslazione (Fig. 187 a) o la rotazione di un altro elemento
ad essa accoppiato. In questo caso i procedimenti da seguire per tracciare il
profilo della camma sono identici a quelli visti nei paragrafi precedenti, anche
se le leggi delle accelerazioni ?i o ip della punteria o del braccio oscillante
sono assegnate non pi in funzione della rotazione fJ bens dello spostamento
orizzontale x della camma.
\
J
Fig. 186- Camma a cerchio eccentrico con braccio a rullo e meccanismo ad essa
cinematicament.e equivalente
bJ
256
lemento guidato (Fig. 189). Anche in questo caso per l'analisi cinematica
della camma ed il tracciamento del suo profilo di lavoro saranno ovviamente
analoghi a quelli precedentemente esposti.
7. MECCANISMI
258
259
Per la risoluzione dei problemi di cinematica relativi ai meccanismi articolati, occorre utilizzare le relazioni tra velocit e accelerazioni ricavate nei
paragrafi 1.4, 1.5 e 1.7 del primo volume. Tali relazioni dovranno essere applicate ai vari elementi rigidi che costituiscono il meccanismo articolato.
vB =w1A (B-A)
Indicando ora con w3 la velocit angolare della biella si pu scrivere,
sempre in base alla (1.22):
(2.152)
possibile ricavare
w2
!Ve l/ ED; lw 1 =
3
IWsi\(E-B)IJEB.
biella
bilanciere
Quale esempio di applicazione si consideri il caso del quadrilatero articolato (Fig. 190), che costituisce un meccanismo in grado di trasformare un moto
rotatorio continuo in un moto rotatorio alternativo. In questo meccanismo la
manovella AB ruota attorno alla cerniera fissa-A, mentre il bilanciere ED,
~ssendo pi lungo della manovella, compie una oscillazione ruotando attorno
alla cerniera fissa D.
Si supponga ora di conoscere la velocit angolare w 1 della manovella e
di voler determinare la velocit angolare w 2 del bilanciere.
Per prima cosa dovr essere determinata la velocit Ve dell'estremo del
bilanciere. Questa velocit non nota, ma nota la direzione del vettore
velocit (perpendicolare ad ED, essendo il moto del bilanciere una rotazione
attorno a D). La velocit Vs dell'estremo della manovella AB nota e vale,
Vs l = tga = =Iiiel
= =i'BC
EC
per cui:
-
IVel = ECtga =
ECBCIVsl
261
260
a)
as
- +. dt
dWa 1\ (E =as
B) - w 32 (E
B)
- + wa
. EB=as
ra + w 3 EBna
2
262
263
a)
Essendo inoltre nota, sempre in base al procedimento visto precedentemente, l' accelerazione angolare w3 , si pu ricavare anche l'accelerazione del
punto G della biella:
aa
(2.156)
- + dt
dw3 A ( G- B) = aB
w32(G
B)
ll punto G, pensato come appartenente all'asta CF, ha un moto di traslazione in direzione verticale con velocit Va. Questa velocit pu, tuttavia,
essere considerata come la somma di una velocit di G relativa alla biella
(diretta secondo ii3 , Fig. 193 a), pi una velocit di trascinamento, ossia
la velocit del punto G considerato come appartenente alla biella, secondo
quanto visto nel paragrafo 1.4 del primo volume. allora possibile, come
indicato nella costruzione vettoriale della Fig. 193 a, ricavare la velocit Va,
nonch la velocit Va(r) dell'asta relativa alla biella.
b)
dove:
cf; l l 'accelerazione di
-f3.
Note tutte queste grandezze pu essere effettuata la costruzione vettoriale della Fig. 193 b ricavando l'accelerazione aa dell'asta.
Fig. 193- Determinazione della velocit e della accelerazione nell'asta traslante verticalmente
265
264
n procedimento ora visto per la' risoluzione del calcolo cinematico dei
meccanismi articolati si basa su un calcolo vettoriale. possibile, tuttavia,
effettuare anche un calcolo analitico esprimendo le equazioni vettoriali come
insiemi di equazioni scalari, oppure scrivendo le relazioni geometriche esistenti
nel meccanismo. In molti casi ci porta a ricavare espressioni complesse, ma in
alcuni casi si hanno soluzioni relativamente semplici, come per i casi riportati
nei successivi paragrafi.
7.3- Manovellismo
OB
Indicando allora con >. il rapporto 1/l si ottiene dalle (2.157) e (2.158):
7'
(1 + )
(2.159)
Vs
267
266
dove con w si indicato il valore della velocit angolare d19 f dt della manovella.
TI manovellismo semplice ora descritto, oltre ad essere applicato nella
grande maggioranza dei motori alternativi, costituisce anche un elemento cinematico dal quale possono essere derivati numerosi meccanismi utilizzati nei
pi svariati campi della tecnica. Baster qui ricordare come esempio l'applicazione del manovellismo nella pompa a pistoni a cilindrata variabile il
cui schema riportato in Fig. 195. In essa la rotazione della manovella M N,
...--------........
,/r-
""'
'
l
Fig. 196- Meccanismo a glifo oscillante
Fig. 195 - Schema di comando di una pompa volumetrica a cilindrata variabile
=-.sm <p
(2.160)
'iT
relazione questa che fornisce i valori degli angoli di rotazione <p del glifo in
funzione di quelli 19 della manovella.
Per determinare il valore della velocit angolare t{; del glifo oscillante
ora sufficiente derivare la (2.160) rispetto al tempo ed ottenere, dopo alcune
semplificazioni:
(2.161)
<p=-
269
268
(2.162)
( 2 -l)cost?
w2
(l+ 2 sin t?+ 2)2
dove il valore di
fornito dalla:
cos:.=!:.=
2 h
Fig. 197- Schema di meccanismo usato nel comando di una sega pe,r il taglio di barre
metalliche
=2Rtg~
271
2i0
e quindi:
In talune applicazioni meccaniche necessario realizzare meccanismi
in cui un punto di uno degli elementi del sistema si muove secondo una legge
prefissata, quali ad esempio i meccanismi utilizzati per generare moti rettilinei
o moti ellittici.
I meccanismi pi comunemente usati per generare un moto rettilineo
sono il meccanismo di Scott-Russell ed il meccanismo di Peaucellier.
v\
i
l
>-l:
vi
i
l
'P'
-Il---
i
i
Fig. 200 - Meccanismo di Peaucellier
= 2LMcos"(
si ha in definitiva:
__!ry
-2
LO--No.
LP'=--==2LM
272
273
.,....,.,...,......---
l
..L._.
'\
__
"........... ..... __ __
_, /
/
/
M
IN
l
l
\
\
Oltre ai meccanismi generatori di moti rettilinei, si sono realizzati meccanismi in grado di generare moti di altro tipo (ad esempio ellittico), od anche
meccanismi per i quali la traiettoria di un loro punto deve necessariamente
passare per alcuni punti ben definiti (meccanismi con punti di precisione).
Un esempio di meccanismo atto a generare un moto ellittico illustrato nella
Fig. 202. Esso costituito da una manovella OR che ruota attorno al pun~o
fisso O e da un'asta MP incernierata in R alla manovella OR e collegata m
M e N' a due pattini che scorrono entro due guide tra loro perpendicolari.
Assumendo un sistema di riferimento cartesiano con origine nel pun~o O, si
possono esprimere le coordinate x ed y del punto P mediante le:
x
Da queste si ottiene:
= M P cos {);
= N P sin{)
Una categoria di meccanismi diversa dai precedenti costituita dai pantografi, i quali debbono amplificare o .ridurre con un rapporto costante una
curva assegnata. I pantografi (Fig. 203), pur potendo essere realizzati seguendo schemi cinematici differenti, presenatno sempre una caratteristica comune, e cio quella di possedere, quale elemento fondamentale, un parallelogrammo articolato. Se allora si indica con I il punto che percorre una curva
assegnata, il punto J descriver una curva simile alla precedente, ma in una
scala diversa. Si consideri infa.tti ad esempio lo schema di pantografo illustrato
nella Fig. 203-a; dalla similitudine dei trangoli J N I e J MO si ottiene:
e quindi:
IN=JNOM
JM
2=75
274
R
/
a)
//
bi
__
~/~------~N~----~ M
l
,..,__
_,..,.,,]
\
\
C)
a) gli arpionismi;
b) gli ingranaggi parziali;
c) le camme, gi ampiamente trattate nel capitolo precedente e delle quali si
276
ruotare in verso orario, azionando cos l'ancora A solidale al pendolo P. ll pendolo compie cos una mezza oscillazione attorno al fulcro F finch l'estremo
sinistro dell'ancora non si impegna tra due denti della ruota E bloccandone il
moto. A questo punto il pendolo compie una oscillazione in senso inverso ed
il moto continua fino a quando la molla di comando della ruota E in grado
di fornire una coppia sufficiente a far avanzare il meccanismo.
277
7.8 - Meccanismi a croce di Malta esterna
I meccanismi a croce di Malta possono essere suddivisi in tre tipi fondamentali: meccanismi a croce di Malta esterna, a croce di Malta interna e
a croce di Malta sferica. Tra questi il pi comune senza dubbio il meccanismo a croce di Malta esterna, qui rappresentato nella Fig. 206, in cuf la
ruota motrice A porta un perno P che, per effetto della rotazione della ruota
motrice, va successivamente ad impegnarsi nelle varie scanalature della croce
di Malta M, provocando cos il movimento intermittente dell'albero condotto
ad essa solidale; in tal modo, ad ogni giro della ruota motrice A corrisponder
(*) I meccanismi a croce di Malta sono normalmente indicati come Geneva Mechanisms nella
letteratura anglosassone e questa loro nomenclatura risulta giustificata dal fatto che essi furono
effettivamente utilizzati per la prima volta dagli orologiai svizzeri verso la fine del XV secolo.
278
279
una rotazione della croce di Malta M pari ad una frazione N-esima di giro,
se con N si indica il numero totale delle scanalature in essa presenti. Se la
ruota A portasse due perni tra loro diametralmente opposti, ovvio che la
croce di Malta subirebbe avanzamenti di intensit ancora pari a l/N giri, ma
questi si verificherebbero con una frequenza doppia di quella relativa al caso
precedente.
Per evitare che durante tutto l'intervallo di tempo per cui il perno P
non impegnato in una fenditura della croce di Malta questa si ponga in
movimento a causa di coppie o forze eventualmente agenti su di essa, si dota
. la ruota motrice di una superficie cilindrica esterna che va a contatto con
una corrispondente superficie cilindrica interna ricavata sulla croce di Malta
stessa; un risultato analogo pu ovviamente essere ottenuto facendo si che,
durante lo stesso intervallo di tempo, un perno solidale alla croce di Malta si
impegni in una scanalatura circonferenziale parziale della ruota motrice.
Al fine di ricavare le relazioni geometriche caratteristiche dell'accoppiamento si consideri ora il meccanismo a croce di Malta esterna rappresentato
nella Fig. 206; ovvio che per esso il valore dell 'interasse i fornito dalla:
.
r2
r1
z-~----
cos~-
cose
_! _
e-
~;e
pari a:
1rjN
__
2_
1rj2- 1rj N - N- 2
per cui, se l'albero motore ruota ad una velocit angolare costante e pari ad
il tempo T impiegato dalla croce di Malta per passare da una posizione
generica a quella ad essa successiva dato da:
w,
T= _2e
= 2e ~ = ....;7r(,__N_-_2:..t..)
~w
wN
Fra i raggi
r1
ed
r2
l
l
La profondit radiale minima di una scanalatura dovr a sua volta essere
pari a:
l=
~LE..
-.&
.. t
Z3 "
%A J
t dA
7'1 +?'o -
= ?'o [l + _si_n_,_(71"~/_A-"r)_-.,-1]
-
.l
usufruire delle (2.160), (2.161) e (2.162) ponendo per attenzione al fatto che
l'angolo 1J che in esse compare misurato a partire da una posizione sfasata
cos(1rjN)
$._Wl
280
281
)
so-- l-(cost'Jw
2 cos t?+ 2
(2.163)
'P=
xl
:~""'3
O>
O>
N'
r-
s.
dove
- -""' - -""'
o
00
N
LC
N
o
N
""'
LC
N
o
o
O>
r-
~
~
- - -~
o
o
O>
00
C()
""'
""'
o o o
<O
O>
O>
00
N
M
N
r-
""'
-""'
- - - - - --~
N LQ
..... <o <o <o
O>
00
LQ
o <o
"""
r-
<O
LC
"M......
~
o
M
o
o
-o
L<':'
tt- <o
N
N
o
o
o
>
~
O>
O>
o
M
L":)
C()
IPmax
e;:,
-- M
r-
N
N
= l- A
s.01"'3
s.~l
Le relazioni geometriche e cinematiche espresse dalle (2.163) sono riportate nei grafici delle Figg. 208, 209 e 210 mentre la Tab. III riassume le
principali caratteristiche dei meccanismi a croce di Malta. In essa sono riportati il numero N delle fenditure della croce di Malta, la massima velocit
angolare tl;max della croce di Malta, i semiangoli di lavoro e e <1>, l'accelerazione
angolare 'Po relativa all'istante in cui il perno della ruota motrice entra nella
fenditura della croce di Malta, la massima accelerazione angolare s'max~ed i
valori degli angoli t?m e lOm in corrispondenza dei quali essa si verifica.
Da un attento esame dei grafici ad esse relativi, ed in particolare della
Fig. 210, si rileva come le croci di Malta con poche scanalature siano molto
sfavorevoli dal punto di vista dinamico, in quanto originano forti accelerazioni
e di conseguenza elevate azioni di inerzia. Risulta pertanto consigliabile limitarne l'applicazione ad organi accoppiati a motori dotati di modesti valori
della velocit angolare w.
te<
CD
...:
C()
L~
r- o
r-
r- rrN
r- L":)
LC
N
o
o
o
<O
o
L':>
"""
L":)
""'
""'
<O
M
"""
o
<O
<O
C'l
.....
C()
t-
o
"""
L~
'<l'
LC
LC
L~
C'l
C'l
<O
"""
<O
r-
C'l
<O
<O
<O
M
C'l
r-
r-
OC>
O>
N
N
o
C()
""='
M N
N
'<l'
""'
L":)
<O
C()
N
o
N
LC
--
o
L':>
L':>
O>
"""
N
C()
<O
C()
C'l
"""
O>
O>
r-
.....
<O
<O
N
......
o
r-
C'l
"""
""='
M
""'
C'l
t- M
<O
LC
M
'-"='
N
""' ""'
""'o o
M
C'l
- - -""" ""'""'
M
""='
"""o
C>
O>
LC
......
<O
OC>
cc r-
C'l
L~
C'l
C'l
"""
C'l
N
<C
- - .....
LQ
.....
> >
LQ L.-:>
-o
C'l
~ oo
o
--- - - - - -
OC>
C'l
o
<C
o
M
r-
o
M
C'l
L~
L":)
r-
r-
L':>
L~
o
M
C'l
C'l
rr- r-
<O
00
C'l
'<l' C'l
o
o
o
C()
r- 00
C>
r- r-
L':>
......
<O
r-
00
282
283
70
tp(o)
60
50
29.10
,..-
/4" ' \
Il
4o
3o
vy
....
1'0.~/~~
l ~v::.--::::~
W
18
~
~(o)
00
Fig. 208- Angolo di rotazione r.p della croce di Malta in funzione dell'angolo di rotazione .,J della ruota motrice
3.5
q,
/_
~~
o
o
10
20
30
10 12
v / 1 s /18
<.._8
40
~(O)
....:::
50
60
70
80
=~-~6
2.5
1.
Fig. 210- Accelerazione angolare della croce di Malta in funzione dell'angolo di rotazione .,J della ruota motrice
3.0
2.0
r ~~
1215
r~~~o
l \1
\
l v/~/~~
\'\
/
2o
:-\\
- ', ",
'\
~
-~~
r+-
5"
1.o
~~
12
-15
18
o
o
'\...
10
20
30
r1
sin ?J
Per calcolare il valore della coppia motrice basta ora osservare che la
forza F a sua volta scomponibile in una Fn diretta secondo il raggio PO ed
in una ft a questa ortogonale. La coppia motrice Cm varr pertanto:
o.5=10
"
40
50
60
70
80
~(o)
Fig. 209- Velocit angolare della croce di Malta in funzione dell'angolo di rotazione
.,J della ruota motrice
284
285
40
30
2o
v
/
L--- r---
l
5
10
15
20
25
Fig. 21? - Angolo di rotazione della ruota motrice corrispondente al massimo valore
di <P<P/w 3
1.5
1.
\--~
o.5
1'---.
10
15
20
25
286
287
Durata di
r1 sin {}
.
i + r 1 cos {}
{}
= l + sin
cos {}
dove:
=rdi
(2.164)
.
.>.(>. + cos {})
r.p= (1+2cos{J+.>. 2
..
(l - .>. 2 ) sin{}
2
r.p =-(l+ 2cos{J + >. 2 ) 2 w
(<p') max
= O ed
il suo
>.w
= l+
La massima accelerazione angolare invece, contrariamente a quanto avviene nei meccanismi a croce di Malta esterna, si manifesta proprio nell'istante
corrispondente all'imbocco del perno nella fenditura (ossia per{}= e) e vale:
Fig. 214- Schema di meccanismo a croce di Malta interna
sermango
r d. 1avoro: <I> = N,
"
1
Interasse: i=~=
sin <I>
''
sin( 7r /N)
= tg(n/N)
r1
= 11 [ l - l +cos(n/N)
.
, ]
sm( 7r /.i\)
288
289
e pertanto, come era facile intuire, il moto realizzato dalla croce di Malta rettilinea altro non che un moto intermittente con semionde di tipo sinusoidale.
290
Onde superare queste limitazioni, si fatto ricorso nelle applicazioni
tecniche all'uso di sistemi per la trasformazione di un moto continuo in un
moto intermittente basati sull'accoppiamento di una camma cilindrica ad una
ruota sulla quale sono montati rulli cilindrici a contatto col profilo attivo
della camma stessa. In tal modo, durante la rotazione della camma, i rulli
rotolano senza strisciare lungo il profilo di questa, dando luogo perci a piccole
azioni dissipative di attrito, ed inoltre, variando il profilo della camma, si
possono realizzare diversi tipi di diagrammi delle accelerazioni, ottenendo di
conseguenza la legge del moto pi adatta alla particolare applicazione a cui
tale meccanismo deve essere destinato.
Per effetto delle propriet ora descritte, questi meccanismi a camme
cilindriche sono ampiamente usati nel campo delle macchine utensili e particolarmente nei comandi delle piattaforme rotanti delle macchine transfer, dei
quali illustrato nella Fig. 217 un esempio.
8. FRENI ED ARRESTI
Questa distinzione si riferisce alla. natura del fenomeno fisico che causa
la trasformazione di energia cinetica in calore e non al tipo di comando del
freno.
Va ora. osservato <;he, qualunque sia. il tipo di freno che si considera, due
sono i-fattori di primaria importanza che stanno alla base del suo dimensionamento, e precisamente: la massima coppia resistente che deve essere realizzata
dal freno e la quantit di calore che questo deve assorbire, e successivamente
dissipare, ad ogni frenatura. Riguardo a quest'ultima caratteristica bene
rammentare che se al sistema da frenare sono applicate forze o coppie, motrici o resistenti, la quantit di calore sviluppata durante la frenatura dipende
anche dalla loro intensit.
Si consideri ad esempio il sistema illustrato nella Fig. 218: in esso un
peso P sostenuto da. un cavo che si avvolge su un tamburo di diametro d.
Sapendo che I il momento di inerzia polare totale delle masse rotanti attorno
293
292
all'asse del tamburo e che il peso P inizialmente in moto con una velocit di
discesa V0 si supponga di voler determinare i valori della coppia frenantt_0,
supposta costante, da applicare all'asse del tamburo e dell'energia .c1 che deve
essere dissipata dal freno per arrestare la discesa del peso P in uno spazio t:.h.
Scrivendo l'equazione di equilibrio alla rotazione del sistema attorno all'asse
del tamburo:
c,+ 1 dw
dt
(p_!:_g dV)~=
O
dt 2
-=-
2g(CJ - Pd/2)
d(P + 4gl fd2)
v2
Jw2)
-.C1 +Pt:.h=- ( - - + g 2
2
V
.C 1 =Pl:.h+2
(p-+-41)
g
d2
relazione che fornisce il valore dell'energia dissipata. nel freno in funzione del
peso P e dello spazio di frenatura t:.h.
295
294
a)
b)
=' f p w r
dA dt
C)
dc 1
= kdV
296
297
k(djdt)
fwr
k'
j7
=r
Fig. 220 - Distribuzione delle presisoni in un pattino piano premuto contro un nastro
che trasla
a+l
b P x dx + f
ja+l
a
b p h dx
=O
(2.166)
La forza tangenziale
data in modulo da:
2[(a + 1) 3
6Cjb
-
299
298
e sostituendo in questa la (2.166) si ottiene l'espressione desiderata della relazione esistente fra le intensit della coppia C applicata al pattino e della
relativa forza FT originata sul nastro.
distribuzione delle forze elementari normali iF N, la. loro risultante necessariamente costituita da una forza radiale che non fornisce alcun momento
rispetto al centro del tamburo, e ci perch ogni singola. [p N possiede direzione radiale. In secondo luogo appare altrettanto evidente che la. risultante
FT di tutte le forze tangenziali elementari dFT in modulo minore della.
somma. dei ~eduli, ossia. che IFTI < I:ldFTI, e che pertanto essa. dovr possedere un braccio rispetto ad O maggiore del raggio R del tamburo, in quanto
devono necessariamente essere uguali tra. loro i valori del momento risultante
rispetto al centro O delle forze tangenziali elementari, a.pplica.te tutte al raggio
R, e del momento rispetto ad O della. loro risultante.
In terzo luogo si constata. che per ogni area. elementare della. superficie
di contatto sussiste la. relazione dFT f dFN, e che perci la. stessa. relazione
deve sussistere tra. le forze risulta:nti; deve cio essere in definitiva.: FT = f FN.
In base a. queste tre semplici considerazioni si pu concludere pertanto
che, comunque siano distribuite le pressioni lungo la. superficie di contatto tra.
ceppo e tamburo, la. loro risultante F R deve passare per un punto I< esterno
al tamburo e che tale risulta.nte deve essere inclinata. di un angolo 9 = a.rctg f
rispetto alla. congiungente J( O. E' chiaro ora che per determinare il valore del
momento frenante realizzato da. un freno a. ceppi occorre in definitiva. conoscere
la posizione del punto J{ di applicazione della. forza. risultante rispetto al centro
di rotazione O del tamburo, e che questa. dipende unicamente dal modo con
cui si distribuiscono le pressioni nella. zona. di contatto tra. ceppo e tamburo.
Per ceppi che ruota.no attorno ad un punto fisso (freni a ceppi ad accostamento rigido) si pu per supporre, in prima. approssimazione, che la.
risultante delle forze scambiate fra ceppo e tamburo passi per il punto medi_o
della. loro zona. di contatto (Fig. 222-a.). Questa. approssimazione, utilizzabile
in tutti i casi in cui si voglia. valutare rapidamente la. coppia resistente fornita.
da. un freno, risulta. tanto pi valida quanto minore l'angolo di apertura. del
ceppo e quanto pi l'angolo compreso tra. la congiungente OE e la. mezzeria.
del ceppo si avvicina. a. 90. Tenuto conto ora. del fatto che le forze F',v e Fr
che il tamburo esercita. sul ceppo sono uguali ed opposte alle forze F N e F T
che il ceppo esercita. sul tamburo, si potr. scrivere la. seguente equazione di
equilibrio alla. rotazione del ceppo attorno al punto E:
S h - Fsb- FTa
da cui si otterr:
=0
301
300
hS
FN=-b+fa
ed il momento frenante, nell'ambito di questa approssimazione, sar in definitiva esprimibile mediante la:
fhrS
MJ =Frr= - - b+fa
a)
b)
Se si vuole ora procedere ad una pi precisa determinazione della posizione del punto di applicazione della risultante delle forze scambiate fra ceppo
e tamburo, occorre, come si gi avuto modo di osservare, ipotizzare una
certa distribuzione delle pressioni di contatto fra i due elementi. A tale scopo
si suppone generalm$:!nte valida l'ipotesi di Reye esposta nel paragrafo precedente; nel caso di freni a ceppi l'assunzione di tale ipotesi, essendo la velocit
relativa tra ceppo e tamburo costante in tutti i punti, equivale ad asserire che
la pressione risulta proporzionale in ogni punto al consumo (vedasi a questo
proposito la (2.165)), il quale a sua volta funzione del tipo di accostamento
realizzato tra le due superfici dell'accoppiamento.
Si consideri allora nuovamente un freno ad accostamento rigido (Fig.
223): il moto del ceppo or costituito da una rotazione attorno al punto E;
questa rotazione pu al solito essere considerata come somma di una rotazione
attorno al centro O del tamburo (che non fornisce alcun contributo al consumo
del materiale costituente il ceppo) e di una traslazione nella direzione perpendicolarE ad OE, che viene di conseguenza usualmente definita come direzione
di accostamento.
Fig. 222 - Schema di freno a ceppo esterno; a) ad accostamento rigido; b) ad accostamento libero
Il valore del consumo 8, dovuto alla traslazione del ceppo lungo la di-
303
302
rezione di accostamento e realizzato in un certo intervallo di tempo in corrispondenza di un punto generico della superficie. di contatto individuato da un
angolo t? rispetto alla mezzeria del ceppo, dato allora da:
6 = 60 cos(t?- !3)
cos(t?- !3)
+a/2
-n/2
(2.167)
s~n o:-\.
o:+smo:
tg;-= tgf]o:~
~--=--------~
+n/2
apo cos( t? -
-n/2
(2.168)
~ap 0 r[(o: +sin o:) cos /3 cosi+ (o:- sin o:) sin/3 sin i]
+n/2
-n/2
= f FnOM
305
304
Da quest'ultima relazione e dalle (2.167) e (2.168) si ricava in definitiva
per OM l'espressione:
- ----"""
.
(2.169)
. b = 4r sin(a/2)\
"----
a- + sin a-/
~-----._____..,..
ci
raffinato rispetto a quello di prima approssimazione visto in precedenza, mantiene la sua validit. solo nell'ambito della validit. dell'ipotesi di Reye, sulla
quale si basa per quanto concerne la determinazione delle pressioni di contatto
tra ceppo e tamburo; ove la validit. dell'ipotesi di Reye venisse meno, anche
i risultati qui esposti. necessiterebbero di ulteriori ritocchi ed affinamenti.
307
306
questi sono po~ti come illustrato nella f:ig. 227-a, a parit di forze S1 ed S2 , le
forze F\ ed F2 da loro scambiate con il tamburo sono diverse e di conseguenza
i due ceppi presentano una diversa azione frenante (a parit di forza S infatti
il ceppo di destra frena pi di quello di sinistra).
a) .
b)
b)
Fig. 227 - Freno a tamburo a due ceppi esterni
Per poter distinguere tra loro i due ceppi invalso l'uso di indicare
come ceppo avvolgente quello in cui un punto del tamburo si muove verso
la cerniera, e c~ceppo_s~e quello in cui -~-n- punto del tambur~- si
allontana dalla cerniera. In base a quanto sopra esposto resta allora evidente
che, a parit di forza di comando S agente sui due ceppi, quello svolgente
risulta, nel caso di ceppi esterni, pi efficiente di quello avvolgente, mentre
l'opposto si verifica nel caso di ceppi interni. Per ottenere una uguale azione
frenante sui due ceppi a parit di forza esterna applicata, si dovr pertanto
adottare una soluzione simile a quella della Fig. 227-b, in cui entrambi i ceppi
si trovano nelle medesime condizioni.
I freni a tamburo presentano talvolta la peculiare caratteristica di essere
autoavvolgenti; ci significa che, una volta che si sia realizzato il contatto tra
tamburo e ceppo, questo, per effetto delle forze che si originano sulla superficie
di contatto, tende a serrarsi sempre pi sul tamburo stesso.
309
308
Una tale situazione potrebbe ad esempio verificarsi nel freno schematizzato nella Fig. 225-b: se il valore del coefficiente di attrito fosse particolarmente alto ed il punto di Romiti fosse di conseguenza spostato verso sinistra,
la congiungente M con R andrebbe infatti ad intersecare la retta m esternamente al segmento OE, ed in tal caso la forza f: che il tamburo esercita sul
ceppo originei:e?be un momento rispetto al punto E tale da serrare il ceppo
sul tamburo. E evidente che un funzionamento del genere , a parte casi
eccezionali, quanto mai indesiderato, per cui occorre sempre assicurarsi che,
adottando una configurazione del freno sul tipo di quella ora indicata, i parametri geometrici ed il coefficiente di attrito siano tali da escludere il verificarsi
di una simile condizione.
a) ad accostamento rigido;
b) ad accostamento semilibero;
c) ad accostamento libero.
.
l freni a disco, pur presentando svariati vantaggi rispetto agli altri tipi
d1 freno, e principalmente una maggiore costanza nell'azione frenante, una
minore sensibilit alla contaminazione (da acqua. o da olio) grazie ai valori
molto piccoli del gioco esistente tra le superfici di attrito ed il disco, ed una
ugual capacit frenante in entrambi i versi di rotazione, debbono tuttavia essere sottoposti ad una forza di comando pi intensa per originare, a parit di
_j_
310
quindi che:
(dfdt)
k
p= c---=wr
r
Fn
r.
+o:/2
l 1
r,
prd1d'!J
-a:/2
311
b)
---
= ka(re- r;)
ed il momento frenante complessivo, calcolato come somma dei singoli contributi delle azioni tangenziali di attrito agenti in ogni punto del contatto, sar
evidentemente dato da:
Pmax
k
=- =
r;
Fn
w;( r - r;)
Fig. 230- Freni a disco ad accostamento semilibero (a) e ad accostamento libero (b)
Poich questi tip! di freno a disco hanno pi gradi di libert la distribuzione di pressione nel freno pi complessa di quella per il freno ad accostamento rigido. Tuttavia, per il calcolo del momento frenante, possibile
utilizzare sempre la (2.171).
8. 7 - Freni a nastro
312
J
l
313
(2.172)
ad
c,= -F(eff3l)
2c
La distribuzione delle pressioni esistenti fra nastro e tamburo pu essere ricavata scrivendo un'equazione di equilibrio alla traslazione in direzione
radiale di un elemento inf.nitesimo di nastro (Fig. 232). Indicando con b la
larghezza del nastro si ha allora:
[T+ (T+ dT)]
l.
dt9
2 = p b r d 1J
T 2T
p=-=br
bd
La pressione massima si sviluppa pertanto l dove massima la tensione,
e vale:
T2
= eff3
Con il freno a nastro semplice illustrato nella Fig. 231 per, l'azione
frenante si manifesta con intensit differente a seconda dei due possibili versi
314
315
Fa
c, =
= c-
2c(ef/3 +l).
e che essa mantiene' inalterato il suo valore per entrambi i versi di rotazione
del tamburo.
Fad
e pertanto, a parit di forza T agente sulla leva, la coppia frenante agente sul
tamburo per un suo verso di rotazione antiorario risulta ef/3 volte minore di
quella sviluppata nel caso di verso di rotazione orario.
Fig. 233 - Freno a nastro con ugual azione frenante per entrambi i versi di rotazione
del tamburo
Per ottenere una ugual azione frenante nei due versi di rotazione. occorre
modificare lo schema del freno a nastro prima. visto ed adottare il tipo. di freno
indicato nella Fig. 233. In esso le distanze dei punti di collegamento degli
estremi del nastro dal fulcro della leva di comando sono uguali tra loro e
Nt
"(
Nt )]
C(Tm- Tl) [ 3600 +l, o l- 3600
EN
=A
316
317
nell'aCcoppiamento variano al variare della temperatura; esister di conseguenza, per ogni possibile coppia di materiali costituenti il freno, una temperatura massima ammissibile di funzionamento, in quanto al di l di questa
si otterrebbero, per l'accoppiamento in esame, delle prestazioni troppo dissimili da quelle teoricamente previste e pertanto inaccettabili da un punto di
vista applicativo. I valori indicativi della massima temperatura e della massima pressione ammissibile per alcune coppie di materiali usate nei freni sono
riportati nella tabella IV.
Materiali di contatto
l - -~
~
15
10
/
5
l
5
15
10
20
25
V(m;s)
Fig. 234 - Coefficiente di scambio termico medio in un freno a tamburo
La Fig. 235 riporta l'andamento del coefficiente di aderenza fa e del coefficiente dj attrito f in funzione della pressione, della velocit di strisciamento
e della temperatura superficiale.
Un metodo approssimato seguito per verificare la capacit del freno di
assorbire una certa quantit di calore senza danneggiarsi consiste nel verificare
che sia soddisfatta la seguente relazione:
Massima
temperatura
ammissibile
(o C)
Massima
pressione
ammissibile
(N/cm 2 )
150
300
250
250
250
50..;- 90
100 ..;- 200
100 ..;- 150
100
150
O, 03 ..;-O, 05
250
100
o, 05 ..;-o, l
o, l ..;- o, 4
500
100
0,05 ..;-o, l
0,170,3
550
200
150
100
100
100
40 ..;- 60
10 ..;- 30
10
10 ..;- 30
bagnate
25
Coefficiente di attrit.o
per superfici
o, 05 ..;-o, 07
o, 05 ..;-o, 08
O, 06 ..;-O, 09
o, 05 ..;-o, 08
O, 03 ..;-O, 06
asciutte
0,15
0,23
0,42
o, 16 ..;-o, 20 o, 35 ..;-o, 65
o, 12 ..;-o, 15 O, 30 ..;-O, 50
o, 15 ..;-o, 25 o, 30 ..;-o, 50
...
o, 30 ..;-o, 50
o, 08 ..;-o, 20
o, 05 ..;-o, 10
o, 10 ..;-o, 15
-
O, 20 ..;-O, 60
0,25
0,25
50 ..;- 150
200 ..
70
In applicazioni in cui il freno sia sottoposto ad un funzionamento continuativo e di conseguenza la quantit di energia da esso dissipata nell'unit
di tempo assuma valori molto elevati, o tali comunque da portarlo ad una
temperatura di equilibrio inammissibile, si pu ricorrere ad un processo di
raffreddamento delle superfici dell'accoppiamento, cos come illustrato nella
Fig. 236 per il caso di un freno a dischi con circolazione di refrigerante.
319
318
la.l
0,25
0,20
0,2
'.
0,15
0,05
0,25
0,20
0,15
0,1 5
' ' la
-"-...
l
~10
a)
0,25
~l
L--
o"'-.
0,0
l
o
20 40 60 80 100
p (N/cm 2 )
12
0,05
16 20
0,25
0,2 5
0,25
0,20
0,20
0,1 5
0,15
l!r -r ~- .., .
~./.. -:'_/- .L -~
0,15
0,10
:-"'.: ~ ..).
'<;
0,05
"""'
40
b)
0,1
v~ [5:; ~ .:::,;:
0,05
p (N/cm 2 )
16
~lO
0,05
24 32 40
l
0,5
0,5
0,4
0,4
:::
0,3
0,1
- .z
~ ~ V--:
0,2
lZ~
"\
~ ~ ..._
p (N/cm
c)
0,3
0,2
~ ......
0,3
0,1
_:-..
0,2 ~
o
4
12
V (mis)
-.:
t->-
T(OC)
0,5
la
" '
V (m/s)
laJ
0,4
V (m/s)
laJ
0,20
-v
0,10
16
20
-'
-.::.:: ~
T(C)
Fig. 235 - Valori del coefficiente di attrito per: a) acciaio-acciaio, funzionamento lubrificato; b) acciaio-ferodo, funzionamento lubrificato; c) acciaio-ferodo,
funzionamento a secco.
Condizioni di riferimento: p= 100 Njcm 2 ; V= 5 mjs; T= 100 C
.!!.'
'
/l
Fig. 236 - Freno a dischi refrigerato. a) ferodi; b) dischi di rame; c) albero scanalato solidale al sistema rotante; d) anelli Seeger; c) supporti di acciaio; f)
molla di richiamo; g) disco di pressione in fibra di vetro; h) tubo attuatore in neoprene; i) passaggi per l'aria di raffreddamento; j) passaggi per
il refrigerante (Wichita Clutch Company)
____ --;::--_--
321
320
TI fatto che il materiale costituente i due dischi contro cui strisciano i
ferodi sia rame assicura una notevole capacit di trasmissione del calore dalla
superficie di attrito a quella lambita dal refrigerante; il freno viene inoltre
refrigerato sulla superficie esterna con l'ausilio di una opportuna circolazione
di aria ottenuta mediante i passaggi radiali i. Adottando tutti gli accorgimenti
sopra esposti, il freno riesce a dissipare potenza meccanica nella misura di 35
W per ogni cm 2 di superficie di attrito, mentre la portata di refrigerante
approssimativamente di 0,6 1/min per ogni kW di potenza meccanica dissipata
nel freno e la velocit periferica massima t.ra le superfici di attrito non supera
in genere i 30 m/s.
-,
7
.......~
mentali della SAE, risultati che forniscono, per quindici operazioni successive,
il rapporto tra il valore medio della forza di comando necessario per ottenere
l'arresto di un veicolo viaggiante alla velocit iniziale di 100 km/h, ed il valore
medio della forza corrispondente alla prima frenatura. Come si pu osservare
dal grafico della Fig. 237, il freno a disco, avente una maggiore capacit di
trasmissione del calore, presenta, a conferma di quanto in precedenza esposto,
un aumento di forza necessaria sul pedale minore di quello relativo ad un freno
a tamburo.
l 1\
,/ \
~ 3
::
1 ...,......... ~
/
3
./'
Numero di arresti
\/
- freni ad isteresi;
- freni a particelle magnetiche.
a)
11
13
15
Fig. 237 - Aumento dello sforzo medio sul pedale di un freno per autoveicolo in funzione del numero degli arresti successivi: a) freno a disco; b) freno a tamburo
Come si visto, una buona trasmissione del calore dal freno verso l'esterno, oltre che impedire l'eccessivo aumento di temperatura nel freno e
quindi il suo danneggiamento, serve a far s che il coefficiente di attrito fra i
materiali che strisciano si mantenga costante durante pi frenature successive.
A questo riguardo vengono qui riportati i risultati di una serie di prove speri-
323
322
- pompe centrifughe
- pompe volumetriche.
Nelle pompe cntrifughe il fluido aspirato viene portato ad elevata velocit da parte di una girante opportunamente sagomata, di solito fornita di un
certo numero di palette, e successivamente, in un diffusore, l'energia cinetica
viene convertita in energia di pressione.
--i::::=:=:::::._..J
I freni a fluido sono dispositivi nei quali la coppia frenante viene fornita
da una pompa che, funzionando, fa circolare un fluido entro un impianto nel
quale viene dissipata quindi l'energia meccanica fornita all'asse della pompa.
Lo schema di base dell'impianto che costituisce un freno a fluido illustrato nella Fig. 238. La pompa collegata meccanicamente all'organo rotante
che deve essere frenato. La pompa, ruotando, fa circolare nell'impianto una
portata di fluido e, in funzione delle caratteristiche della pompa e del circuito
idraulico, si stabilisce alla mandata della pompa una pressione p1 Indicando
con po la pressione del fluido nel serbatoio (pressione di aspirazione della
pompa), con w la velocit angolare della pompa e con 77 il suo rendimento, la
coppia all'asse della pompa :
(2.174)
C= Q(pl- Po)
7]W
.Serbatoio
. 324
325
pressione ottenuta dal fluido stesso che viene pompato e non da elementi
meccanici, per cui possibile far ruotare la girante della pompa anche con la
mandata completamente chiusa. In questo caso il fluido ricircola nell'interno
della pompa stessa, mantenendo una differenza di pressione fra aspirazione e
mandata.
Pressione
differenziale
(p,- Po)
(2.175)
Q=
D.
-WTJv
271'
C= .D.(pl - Po)
211''1/m
dove: '1/v il rendimento volumetrico della pompa, inferiore a uno a causa dei
trafilamenti interni; '1/m il. rendimento meccanico della pompa, inferiore a uno
a causa degli attriti interni.
n rendimento globale della pompa dato dal prodotto 'T/v'T/m, infatti si
ha:
(2.176)
TJ
Q(pJ - Po)
Cw
= 7]v'1/m
Portata Q
Pressione
differenziale
Nelle pompe volumetriche il fluido viene trasportato in volumi determinati dalla zona di aspirazione {bassa pressione) a quella di mandata (alta
pressione). Nelle pompe volumetriche i trafilamenti interni sono molto piccoli, per cui la portata quasi indipendente dalla pressione, ma funzione
quasi esclusivamente della velocit angolare, nonch delle caratteristiche della.
pompa. A ca.u.sa. dei minimi trafilamenti interni il rendimento delle pompe
volumetriche sempre alto (mediamente O, 9), contrariamente a quello delle
pompe centrifughe che, a seconda delle condizioni di esercizio, varia tipicamente tra O, 5 e O, 7.
Per le pompe volumetriche si definisce cilindrata il volume teorico di
fluido trasportato dalla aspirazione alla mandata per ogni giro della pompa.
Indicando con D. la cilindrata, con p 0 la pressione di aspirazione, con p1
quella di mandata, con Q la portata, con w la velocit angolare della pompa,
con C la coppia richiesta all'asse della. pompa, si hanno le seguenti relazioni:
P1 -Po
Portata Q
327
326
n punto di intersezione fra la caratteristica della pompa e quella del circuito determina il punto di funzionamento, e quindi la pressione differenziale
(p1 - po), nota la quale si pu calcolare la coppia all'asse della pompa in base
alla seconda delle (2.175).
I freni a fluido presentano, rispetto ai freni ad attrito, due incovenienti:
sono pi ingombranti e costosi, e non sono in grado di esercitare una coppia frenante in condizioni statiche. Ci poich l'azione frenante dovuta alla
resistenza al moto di un fluido in un circuito, resistenza che viene quindi a
cessare se la pompa ferma. Un importante vantaggio dei freni a fluido ,
invece, quello di poter regolare con precisione la coppia frenante, operazione
che risulta invece difficoltosa nei freni ad attrito. Per tale ragione i freni a
fluido sono sovente impiegati nei banchi di prova motori, dove occorre generare una coppia frenante regolabile con precisione e mantenibile costante nel
tempo. Inoltre, nei freni a fluido l'energia meccanica trasformata in calore
pu essere facilmente trasmessa all'ambiente esterno facendo passare il fluido
caldo attraverso uno scambiatore di calore.
8.11 - Arresti
Gli arresti altro non sono che particolari meccanismi ai quali viene affidata la funzione di impedire il moto tra due elementi prescindendo all'intervento di un comando esterno. Gli arresti sono
quindi costituiti in prevalenza da meccanismi di
non ritorno, ossia da quei meccanismi che consentono il moto in un dato verso di rotazione,
ma non nel verso opposto.
Una prima categoria di arresti costituita dagli arpionismi (Fig. 241), gi esaminati
nel capitolo riguardante i meccanismi nella loro
qualit di organi atti a trasformare un moto continuo in un moto intermittente, e che qui invece
sono semplicemente costituiti da una ruota dentata, solidale al sistema in moto, e da un nottolino, incernierato nel punto A, che consente
Fig. 241- Arpionismo
329
328
nel senso indicato dalla freccia continua, chiare che l'interferenza iniziale
della molla viene ad essere interamente recuperata e che- tutto il sistema pu
liberamente ruotare attorno al proprio asse presentando unicamente un piccolissimo fenomeno di attrito. Se invece l'estremo H della molla mosso nel
verso indicato dalla freccia tratteggiata, evidente che la molla viene ulteriormente serrata sull'albero e che il punto H si sposta solo di una distanza molto
piccola, corrispondente all'allungamento elastico della molla, provocando di
conseguenza l'arresto del sistema ad esso collegato.
Se si indicano con E il modulo di elasticit del materiale costituente la
molla, con J il momento di inerzia geometrico della sezione della molla, con r
il suo raggio medio e con ~ro l'interferenza iniziale, il momento Mo che deve
essere applicato per ricondurre l'interferenza a zero, nel caso in cui H si muova
nel verso indicato dalla freccia continua., dato da:
(2.177)
e questo perci il valore del momento resistente incontrato dal sistema durante la rotazione della molla sull'albero.
Quando invece il sistema tende a spostare H secondo la freccia tratteggiata (Fig. 243), la molla si comporta come un freno a nastro capace di fornire
una coppia frenante massima pari a:
(2.178)
dove M 0 dato dalla (2.177), n il numero di spire della molla ed f il coefficiente di attrito.
Questo tipo di arresto si comporta quindi come tale solo a patto che
non lo si sottoponga ad una coppia di intensit 'maggiore di quella data dalla
(2.178). Oltre quest6 limite infatti la molla, pur continuando a fornire una
coppia resistente di intensit pari a Mmax, striscerebbe sull'albero e l'accoppiamento perderebbe quindi la peculiare caratteristica degli arresti.
9. INNESTI
333
332
nesto si .ottiene:
Cm wl dt -
Crw2dt
dff
= dt
Integrando quest'ultima equazione si avr infatti, nell'ambito delle ipotesi prima esposte:
H;niz
ossia:
= Hfin
Gli innesti a denti rappresentano il tipo pi semplice di innesti realizzato nelle applicazioni pratiche. Rispetto agli innesti ad attrito, ai quali verr
dedicato il paragrafo successivo, essi si presentano, a parit di coppia trasmessa, notevolmente pi piccoli, leggeri ed economici; essi inoltre non richiedono, al contrario di quelli ad attrito, una regolazione periodica per ovviare
al consumo, e la frequenza con la quale possono essere inseriti e disinseriti
estremamente elevata in quanto, essendo i tempi di innesto brevissimi il lavoro
dissipato durante ogni operazione di innesto dato dalla (2.180) e si presenta
pertanto sensibilmente minore di quello relativo ad un innesto ad attrito di
pari caratteristiche.
Gli innesti a denti presentano per diversi inconvenienti, e tra questi
due sono i principali:
a) essi possono essere inseriti solo a velocit molto basse, in quanto in caso
contrario sorgerebbero durante l'operazione di innesto urti di intensita
inaccettabili;
b) essi non possono in genere essere inseriti a velocit nulla; l 'operazione
di innesto infatti deve essere quasi sempre effettuata in presenza di una
piccola velocit angolare relativa tra i due elementi dell'accoppiamento.
Gli innesti a denti si suddividono essenzialmente in tre tipi differenti;
esistono infatti innesti a denti rettangolari, a denti a spirale e a denti trape::oidali.
Gli innesti a denti rettangolari non sono molto diffusi: essi sono utilizzati
generalmente solo per applicazioni a bassa velocit (meno di 100 giri/min) e
334
335
:~h'::~:::,~:~.:
Fig. 245 - IimSto. ad attrito
Cm
-c, - I1 d~1
=O
(2.181)
{
Cf- Cr
-I~ dw2
dt
=O
336
337
L'andamento nel tempo delle velocit. angolari dell'albero motore e dell'albero condotto, per il caso di innesto ad attrito precedentemente esaminato
qualitativamente riportato nel grafico della Fig. 246 in cui le curve l, 2 e 3
rappresentano rispettivamente le (2.182), (2.183) e (2.184).
(2.183)
Uguagliando tra loro la (2.182) e la (2.183) si ricava una equazione nella variabile t che, una volta risolta., fornisce il valore del tempo t relativo all'istante
terminale della fase di innesto, ed ovvio che la corrispondente velocit. angolare w* comune ai due mer,nbri dell'accoppiamento quindi ottenibile ponendo
t= t indifferentemente nella. (2.182) o nella. (2.183).
Una volta terminata la fase di slittamento, gli alberi motore e condotto
posseggono, come si visto, la stessa velocit. e l'equazione del moto del
sistema in esame, per istanti corrispondenti a valori di t maggiori di t,
data da:
~
dw
=O
Procedendo all'integrazione di questa equazione differenziale, e ricordando che per t = t* si ha w = w*, si in grado di ricavare, dopo alcuni
passaggi, che la velocit angolare ~ del sistema complessivo ad un istante t
generico successivo a quello corrispondente al termine della fase di innesto
data da:
(2.184)
l (l
- a (1
w-
dove:
a-
= 2jk(Cm- Co)
(2.185)
339
338
N= 2N'sin ~
2
Ft
= 21 N = sin(a-/2)
341
340
Se S l'intensit della forza radiale agente su ciascun pattino (va osservato che S ed N sono uguali solo nel caso che il pattino sia costituito da
un'unica gola), n il numero dei pattini e d il loro diametro medio, l'intensit
della coppia totale c1 trasmessa per attrito dalla frizione risulta in definitva
espressa dalla:
C
accostamento rigido; l'unica differenza consiste nel fatto che nel caso della
frizione la superficie di attrito si estende per l'intero giro e che, sempre nel
caso della frizione, entrambi i dischi costituenti l'accoppiamento sono contemporaneamente in rotazione durante la fase di innesto.
njSd
2sin(a/2)
_ _ _ ,.,.,oferro
Pacco lamellare
mentre la pressione p esistente in un punto generico dell'accoppiamento, nell'ipotesi che essa si distribuisca sulle superfici di contatto, vale:
2N'
b{3d
p=-=
IO
Corpo es1ernu
Bussola
Ghtera O regotazone
Lamelle esterne
Lamelle tnterne
hPO S in olio
acciaio/bronzo
sintenzzato
S
ibd{3 sin( a /2)
Dsco distanziatore
10
Anello collettore
11
Anello tsolante
12
Dtsco sotante
14
Bobtna
Le frizioni assiali sono costituite da due o pi dischi che vengono collegati l'uno all'altro in direzione assiale. Nella loro realizzazione pi semplice
esse sono schematizzabili mediante due soli dischi, solidali a.i due alberi da
collegare, uno dei quali porta del materiale di attrito simile a quello utilizzato
nei freni; serrando l'uno contro l'altro i due dischi con l'ausilio di una forza assiale N si ottiene, grazie alla presenza dell'attrito esistente fra le due superfici
a contatto, una coppia di intensit c1 (Fig. 249) all'interno della frizione.
Pacco lamellare
15
Perno d gutda
11
Nollohno d pressone
17
Molla di distacco
18
tipo T a secco
acciaio/textar
Fig. 250- Frizione assiale a dischi multipli con comando elettromagnetico (StrornagMarzorati, Milano)
12.
JACAZIO~PIO:\IBO-
343
342
mentre l'intensit della coppia trasmessa per attrito, se
' data a sua volta da:
dente di attrito,
(2.186)
(2.188)
N
= -::----:---..,..
27rr(r e - r;)
= t1rpbd =
tNd
2sina:
al solito il coeffi-
e da questo si vede che se la frizione piana, ossia se a:= 1rj2, si ritrova per
c1 l'espressione fornita dalla (2.186).
=1rpbd sin a:
=N(l + tftga:)
344
345
= Fo+ kx
Le frizioni a forza centrifuga sono costituite da un certo numero di pattini rotanti~solidalmente all'albero motore e dotati della possibilit di scorrere
in direzione radiale (Fig. 253). Se m la massa di ogni pattino, h la distanza
in condizioni statiche del baricentro di ogni pattino dall'asse del motore ed x il
suo spostamento rispetto a questa condizione iniziale, il pattino sottoposto,
se l'albero a cui collegato ruota ad una velocit angolare w, ad una forza
centrifuga di intensit pari a:
Fc =m( h+ x)w 2
(Fo + ka)
(h+ a)m
(Fo
+ ka)]
346
347
348
Se si provvede invece ad alimentare opportunamente gli avvolgimenti
dell'elettromagnete, questo attira verso di s il collare C, portandone la superficie Z a contatto del mozzo A e rendendo di conseguenza il collare C e
la linguetta L della molla solidali all'albero motore. n secondo estremo della
molla d'altro canto sempre solidale al mozzo B, e la molla pertanto in queste
condizioni si allunga, il suo diametro si riduce e le sue spire infine vengono
premute contro le superfici cilindriche dei due mozzi realizzando cos il collegamento tra i due alberi.
La forza che l'elettromagnete deve esercitare evidentemente molto piccola, in quanto essa unicamente quella necessaria a mantenere il collare C
contro il mozzo A mentre la trasmissione della coppia affidata alla presenza
dell'attrito nella zona di contatto tra la molla ed i due mozzi.
Gli innesti a nastro, che possono trasmettere coppie molto elevate, presentano un tempo r di innesto molto inferiore a quello relativo alle frizioni
usuali (ma superiore a quello proprio degli innesti a denti) e tale tempo inoltre non tanto influenzato dall'entit della coppia trasmessa quanto dal valore
della velocit angolare relativa dei due alberi. Gli innesti a nastro, pertanto,
bene si prestano ad essere utilizzati in tutte quelle applicazioni caratterizzate
da un valore del momento di inerzia dell'utilizzatore abbastanza piccolo e nelle
quali si richieda una piccola durata dell'operazione di innesto.
evidente infine che, essendo il contatto tra collare e mozzo dell'albero
motore assicurato dalla forza esercitata dall'elettromagnete E, necessario
alimentare l'avvolgimento dell'elettromagnete stesso anche quando l'innesto
inserito; va per precisato che una tale dissipazione di potenza, pur verificandosi per tutto il periodo di funzionamento dell'innesto, si mantiene entro
limiti accettabili in quanto corrisponde a circa l Watt per ogni Nm di coppia
massima trasmissibile dall'accoppiamento.
349
Gli innesti ad isteresi, adatti alla trasmissione di piccole coppie (da
O, 05 a lO Nm), presentano, come si gi avuto modo di osservare a proposito dei freni dello stesso tipo, la propriet di trasmettere una coppia di
intensit proporzionale alla loro corrente di alimentazione, e grazie a questa
loro caratteristica essi sono pertanto principalmente utilizzati nel campo della
strumentazione e nella realizzazione dei servocomandi.
Elettromagnete
350
351
300
>
fornite, da parte dei costruttori, delle curve sperimentali che riportano, per
ogni tipo di frizione, la quantit di calore massima che si pu generare durante ogni operazione di innesto, in funzione del numero di innesti operati
nell'unit di tempo. il grafico della Fig. 257 riporta per l'appunto la quantit
massima di calore E che si pu generare ad ogni operazione di innesto, in
funzione del numero di innesti all'ora N, per diverse frizioni assiali a dischi
multipli, ciascuna delle quali caratterizzata dal valore della coppia massima
Co trasmissibile in condizioni dinamiche. Le frizioni del diagramma di Fig.
257 hanno lamelle in acciaio-ferodo e funzionano a secco. Per frizioni con
flusso d'olio di raffreddamento la capacit di smaltimento del calore aumenta.
Per queste frizioni la potenza termica dissipa.bile, a frizione fredda, in genere
compresa fra l e 4 \V jmm 2
200
100
50
40
30
,2
20
""
'O
10
"'c
-~
5
4
O,
"
'iii
<h
i5
0,5
0,4
0,3
0,2
O,l
numero inserzioni z
inserzioni/ora - -
a) a rulli;
b) a camme;
c) a molla.
352
353
b)
a)
a)
!i..2
l
!
---,--l
ciascuna una componente normale di intensit N ed una tangenziale di intensit T. Va ora innanzi tutto osservato che solo se il rapporto T/N= tg (1/J/2)
risulta minore del valore del coefficiente di aderenza relativo ai materiali a
contatto, la trasmissione del moto effettivamente possibile, perch in caso
contrario il rullo striscerebbe rispetto alle superfici dell'anello esterno e della
ruota dentata, alterando di conseguenza il corretto funzionamento dell'innesto. Se si suppone verificata la condizione sopra esposta e se C l'intensit
della coppia trasmessa dall'accoppiamento, la componente normale della forza
scambiata tra ogni rullo e le superfici con le quali a contatto vale ovviamente:
N=__!!!__
2C
- ndtg(1/J/2)
N-
n d tg rJ
354
Gli innesti di sopravanzo a molla sono invece simili agli arresti a molla
descritti nel capitolo precedente. In essi la molla M (Fig. 243) montata
con una certa interferenza iniziale sull'albero condotto A, e l 'estremo H
comandato dall'albero motore. Se H viene spostato nel senso indicato dalla
freccia tratteggiata, la molla viene ulteriormente serrata sull'albero condotto,
consentendo cos la trasmissione del moto; se invece l'estremo H subisce uno
spostamento nel verso indicato dalla freccia continua, l molla ruota sull'albero
condotto A ed soggetta solo a.lla coppia necessaria ad annullare l'interferenza
iniziale, coppia il cui valore fornito dalla (2.177).
356
357
ll.p
wp
T/vp
pp
Ps
Fig. 260 - Schema di base di una trasmissione idrostatica
=portata
T/mp
Le relazioni fondamentali fra i parametri che caratterizzano il funzionamento delle pompe volumetriche, come gi visto nel paragrafo 8.10, sono:
(2.189)
_ll.p~
27r TJmp
.6.p
Q= _,, WpT)vp
2
P -
(2.190)
dove:
Cp
7Jmp
{
7)vp
= O, 90- O, 93
= O, 95- O, 97
359
358
motore, si ha:
(2.191)
.6.,
l 7Jvm
Q= '2;Wm
(2.192)
La differenza di pressione pm disponibile fra ingresso e uscita del motore non , in generale, uguale alla differenza di pressione pp fra mandata e
aspirazione della pompa. Ci poich il moto del fluido nei condotti tra pompa
e motore d luogo a cadute di pressione. Si avr quindi, in generale:
(2.193)
dove
op0
C p -
.6.p
.6.,
C,
---'-"'--+ -6po -.6.p
l)mpT/mm
2;r
T/mp
.6.p
Wm
= ~T/vpT/vmWp
um
c,~
(2.196)
{
:m
.6.p
Cm
p w
W m-~
p
deriva dal fatto che, essendo pompa e motore due macchine volumetriche, la
portata di fluido circolante , a parte le fughe, direttamente proporzionale
alle velocit angolari della pompa e del motore. La presenza delle perdite
(meccaniche e volumetriche) altera leggerment il comportamento della trasmissione idrostatica. rispetto al caso ideale, p1a non ne muta sostanzialmente
le caratteristiche.
Se la pompa e il motore sono a cilindrata fissa, il rapporto .6.p/.6.m fra
le cilindrate evidentemente costante. Se invece, la pompa, o il motore, o
entrambi contengono un dispositivoin grado di farne variare la cilindrata, la
trasmissione idrostatica diventa a rapporto di trasmissione variabile e realizza
di conseguenza un variatore continuo di velocit.
In molte applicazioni la pompa collegata al motore primo che fornisce
la potenza meccanica e ruota a velocit angolare costante, o quasi costante;
facendo variare la cilindrata .6.r della pompa dal massimo fino a zero si ottiene
la possibilit di diminuire la velocit angolare del motore, fino ad annullarla.
Quando la velocit angolare del motore nulla, .6.p/.6., uguale a zero, si
ha pure, nel caso ideale, che Cp = O, indipendentemente dalla coppia agente
sull'asse del motore. Ci significa che, variando la cilindrata della pompa fino a
zero si pu, nel caso ideale, mantenere una coppia all'asse del motore idraulico
senza che venga richiesta potenza alla pompa, e mentre questa continua a
ruotare alla propria velocit angolare.
Anche se, in realt, le perdite meccaniche e volumetriche fanno s che,
a motore idraulico fermo, la pompa debba comunque generare un po' di potenza che viene dissipata a causa dei rendimenti non unitari, le trasmissioni
idrostatiche sono <;omunque estremamente vantaggiose quando si debbono generare coppie e velocit angolari variabili ali 'asse di uscita di una trasmissione
(asse del motore idraulico) mentre l'asse di ingresso (asse della pompa) ruota
a velocit angolare quasi costante.
Il dimensionamento di una trasmissione idrostatica viene normalmente
effettuato nel modo seguente. Nota la massima coppia Cm che deve essere fornita dal motore idraulico, e stabilito il valore massimo di pressione op, al quale
deve lavorare l'impianto idraulico, si ricava, noto il rendimento meccanico del
motore idraulico scelto, la cilindrata del motore .6.,o:
"-'m
(2.19i)
_ 2;rC,o
mO- 6p,7Jmm
361
360
circolante nell'impianto, dalla (2.192):
Qo
= ~mo
271'
Wmo
7Jm
Conoscendo la velocit angolare wp alla quale deve ruotare l'asse della pompa,
si ottiene, dalla (2.190), la cilindrata massima della pompa:
A
(2.198)
"-"pO -
~mO
Wmo
--- -7]vp7Jvm Wp
Sostituendo ~po nella (2.194) si ottiene il valore della coppia massima richiesta
all'asse della pompa.
Wm
Fig. 261 - Variazione della velocit angolare del motore in funzione della cilindrata
della pompa (wp = costante)
Fig. 262 - Relazione coppia-velocit angolare di un motore idraulico a cilindrata variabile alimentato a portata costante
363
362
sioni idrostatiche sono usate per produrre, all'asse del motore, una velocit
angolare costante, indipendentemente dalla velocit angolare della pompa e
dalle variazioni di coppia sull'asse del motore. Ci ottenibile associando
alla trasmissione idrostatica un regolatore che misura la velocit angolare del
motore idraulico e fa variare le cilindrate della pompa e del motore in modo
da mantenere costante tale velocit.
Le trasmissioni idrostatiche sono normalmente impiegate per trasmettere potenze comprese fra 5 e 250 kW.
365
364
fluido che al raggio esterno passa dalla pompa alla turbina, mentre al raggio
interno passa dalla turbina alla pompa e si ha di conseguenza un certo valore
non nullo della coppia trasmessa, coppia la cui intensit , a parit di velocit
angolare della pompa, tanto ma.ggiore quanto minore la velocit angolare
della turbina ed , al limite, massima quando la turbina ferma.
Poich, come si visto, la coppia trasmessa funzione della velocit
angolare relativa, allora opportuno introdurre un parametro u, detto scorrimento, definito dal rapporto:
(2.199)
100
c
Co
(Nm)r----------65
50
0 ~~==----~~--------~10~0~0----~~~15~0~0~--~n--~
1354 1440
(giri/min)
Wp/W 0
Per concludere poi, evidente che, essendovi in un giunto idraulico trasmissione di coppia solo per Yalori non nulli dello scorrimento. il motore e
367
366
l'utilizzatore ad esso collegati non possono mai a.:vere la stessa velocit angolare. A questo proposito la Fig. 265 illustra ad esempio il caso di un motore
elettrico asincrono, avente la caratteristica meccanica indicata dalla curva m
collegato ad un utilizzatore che fornisce una coppia resistente il cui andamento
fornito dalla curva u.
Se il collegamento tra motore ed utilizzatore avvenisse tramite un giunto
od un innesto tradizionali, le condizioni di funzionamnto a regime del sistema
sarebbero evidentemente quelle individuate dal punto I 0 Con l'interposizione
di un gi1;1nto idraulico, giunto che presenta, per un valore dello scorrimento
pari a 0,06, la caratteristica indicata dalla curva g, il punto di funzionamento
a regime del motore si sposta in I m, per cui la coppia da questo fornita vale
C1 = 65 Nm e la sua velocit angolare vale nm = 1440 giri/min. n punto di
funzionamento dell'utilizzatore si sposta d'altro canto da Io ad Iu, per cui la
coppia da esso assorbita vale sempre Ct 65 Nm, ma la sua velocit angolare
vale nu = 1354 giri/min, il che corrisponde proprio ad uno scorrimento u del
giunto pari a (nm - nu)/nm =O, 06.
Poich la pompa e la turbina costituenti il giunto idraulico sono sostanzialmente due macchine centrifughe, valgono evidentemente per esse le leggi
di similitudine delle turbomacchine, per cui la coppia trasmessa dal giunto
pu essere in definitiva espressa sotto la forma:
(2.200)
dove wp rappresenta la velocit angolare della pompa, d il suo diametro esterno
(Fig. 263) e ](A un fattore di accoppiamento, misurato in Ns 2 jm 4 , che assume
lo stesso valore per giunti geometricamente simili e per lo stesso valore dello
scorrimento. E' evidente, in base alle considerazioni prima esposte, che il
fattore di accoppiamento massimo quando lo scorrimento u pari ad l ed
nullo per u O.
Poich inoltre per giunti idraulici geometricamente simili la coppia, e
quindi la potenza trasmessa, sono proporzionali, in base alla (2.200), al diametro alla quinta, altrettanto evidente che la potenza trasmissibile da un
giunto idraulico raddoppia se si aumentano le sue dimensioni del 15%.
n rendimento di un giunto idraulico, definito al solito come rapporto
tra la potenza entrante e quella uscente dal giunto, nullo per scorrimento
unitario, in quanto in tal caso la turbina ferma e tutta la potenza meccanica
fornita dalla pompa viene dissipata sotto forma di calore nel fluido circostante,
0.8
0.6
0.4
0.2
o~
o
/
02
0.4
_/ ~
0.6
0.8
1.0
1-cr
Fig. 266- Rendimento di un giunto idraulico in funzione dello scorrimento
369
368
10.5 - Convertitori di coppia
Si visto nel precedente paragrafo che i giunti idraulici sono sostanzialmente degli innesti automatici: i convertitori di coppia invece, pur svolgendo
le stesse funzioni dei.giunti idraulici, si differenziano da questi in quanto per
essi il valore della coppia agente sulla turbina diverso da quello della coppia
agente sulla pompa. Per ottenere questa caratteristica i convertitori di coppia
presentano, in aggiunta alla pompa P ed alla turbina T, uno statore S avente
le funzioni di un elemento di reazione (Fig. 268). Poich, in condizioni di
regime, la somma delle coppie agenti sui tre elementi deve essere nulla, si avra
Cp +Ct +C.= O
da cui appare evidente che possibile ottenere una C 1 diversa dalla Cp, a
patto che l'elemento di reazione fornisca una opportuna. coppia di intensit C,
in grado di equilibrare la somma delle prime due.
Wp
371
370
(2.201)
(2.202)
dove al solito d rappresenta una dimensione caratteristica della pompa (normalmente il diametro esterno) e ]{A il fattore di accoppiamento misurato in
N . s2 fm 4 Questo fattore funzione dello scorrimento e del tipo di convertitore ma, per convertitori geometricamente simili ed a parit di scorrimento,
esso indipendente dalle loro dimensioni e dalla velocit angolare della pompa.
Le prestazioni di un convertitore di coppia sono normalmente presentate nel modo seguente: una volta stabilita una certa velocit angolare di
riferimento della pompa w0 , vengono per essa fornite due curve in funzione
del rapporto tra le velocit angolari della turbina e della pompa; la prima
individua l'andamento della coppia fornita dalla pompa (oppure del fattore di
accoppiamento), mentre la seconda caratterizza l'andamento dei rendimento
1J del convertitore (Fig. 269).
= Cpo
(:J
Wp
Fig. 2i0 - Andamenti della coppia agente sulla pompa e del rapporto tra le coppie
agenti sulla turbina e sulla pompa in condizioni di stalle
372
373
Dall'esame della. (2.202) e della. Fig. 269 si possono trarre, per quanto
concerne il comportamento dei convertitori di coppia, alcune importanti conclusioni. In primo luogo si osserva che la coppia agente sulla turbina nulla
quando lo scorrimento nullo, ed crescente all'aumentare di questo; in secondo luogo appare evidente che la curva del rendimento presenta un massimo
per un certo valore dello scorrimento (J che, al contrario di quanto accade per i
giunti idraulici, non sempre prossimo a zero. Sovente infine, viene introdotto
per i convertitori di coppia un parametro detto rapporto di utilizzazione; esso
definito come il rapporto tra. i valori massimo e minimo di wt/wp per cui
il rendimento TJ del convertitore maggiore di O,i, ed esso fornisce di conseguenza un'indicazione sul campo di condizioni normali per non dissipare una
potenza eccessiva.
Accanto al tipo fondamentale
di convertitore di coppia. schema.tizzato nella Fig. 268 e il cui spaccato
riportato nella Fig. 271, ne esistono
nella pratica. molti altri tipi, da questo derivati, e miranti allo scopo di
migliorarne le prestazioni, anche se
con una maggiore complessit di costruzione.
Si hanno, infatti, convertitori
di coppia pluristadio e polifasici.
Si definiscono convertitori di
coppia a pi stadi quei convertitori
che posseggono pi turbine, tutte
solidali all'albero condotto, mentre
si definiscono polifasici quei convertitori di coppia nei qua.li lo statoi'e, o
gli statori, che forniscono la coppia.
di reazione sono collegati a.ll'involucro fisso mediante l 'inserimento di
una o pi ruote libere. In quest'ultimo caso quindi, lo statore effettivamente fisso solo finch la coppia
che il fluido esercita su di esso ha un
ben determinato verso; quando tale coppia cambia di segno, lo statore, collegato come si visto all'involucro mediante una ruota libera, non pu pi
fornire una coppia di reazione ed in queste condizioni un convertirore di coppia ad uno stadio si trasforma evidentemente in un giunto idraulico, in quanto
tutta la coppia agent~ sulla pompa deve essere ad ogni istante equilibrata da
quella agente sulla turbina. In questo senso si dir pertanto che il convertitore
bifasico.
Le Figg. 272 e 273 illustrano gli schemi rispettivamente di un convertitore di coppia monofasico a tre stadi e di un convertitore di coppia. polifasico
ad uno stadio. Si noti per che nel convertitore polifasico della Fig. 2i3 vi
sono in realt due pompe in serie P 1 e P 2 tra le quali posta una ruota libera L.
374
dei dischi, con p. la viscosit del :fluido, con wr la velocit angolare relativa fra
i dischi solidali all'albero di ingresso e a quello di uscita, con h la distanza fra
i dischi, la coppia trasmessa per ogni superficie di disco , in base alla {1.87),
(Vol. I, para. 3.12):
11. CUSCINETTI
M= 11'"J.LWr(d~- di)
32h
(2.203)
ingresso
Serbatoio
Si definiscono generalmente come cuscinetti tutti quegli organi meccanici aventi sia la funzione di supportare i carichi applicati ad un albero rotante
da parte degli altri elementi della catena cimnematica alla quale questo ap. partiene, sia la propriet di originare nel contempo coppie resistenti di piccola
intensit. I cuscinetti si suddividono poi; in base al principio di funzionamento
che li caratterizza, in due grandi categorie: nella prima, quella dei cuscinetti a
strisciarnento, l'albero ruota entro una boccola cilindrica di diametro leggermente maggiore a quello dell'albero stesso, e nel cui interno viene normalmente
introdotto un opportuno lubrificante; nella seconda categoria invece, e precisamente in quella dei cuscinetti a rotola.rnento, tra l'organo rotante e quello
fisso dell'accoppiamento si interpongono degli appositi elementi intermedi di
rotolamento (quali ad esempio rulli o sfere), riuscendo cos ad ottenere un
moto relativo di rotolamento puro tra i vari componenti dell'accoppiamento
stesso.
La scelta del tipo di cuscinetto da adottare in una generica soluzione
costruttiva evidentemente in:fl.uenzata dalla presenza o meno di numerosi
fattori, che verranno pi avanti esaminati; in linea di massima conviene comunque qui anticipare che:
a) i cuscinetti a rotola.mento sono in grado di sopportare la presenza di
forti carichi sia ad albero fisso che ad albero rotante;
b) i cuscinetti a strisciamento possono in genere sopportare solo carichi
limitati ad albero fermo;
c) la capacit portante dei cuscinetti a strisciamento aumenta in genere
all'aumentare della velocit.
376
377
Va= Ve+ V1
2
=w r
0
+w;r;
2
r;w;
Si noti infine che la velocit Va del centro della sfera pari alla velocit periferica della gabbia distanziatrice, per cui la velocit angolare n~ di
quest'ultima varr evidentemenete:
n 9
Va
(r;
+ d/2)
= Were +w;r;
2r; +d
378
379
Tipo di cuscinetto
Cuscinetti
Cuscinetti
Cuscinetti
Cuscinetti
Cuscinetti
Cuscinetti
Fig. 277- Effetto della presenza dell'attrito volvente nei cuscinetti a rotolamento
La forza R scambiata tra sfera ed anelli avr pertanto un'intensit approssimativamente eguale a R = P/ cost:, dove t: == arctg(2u/d), e quindi la
forza che la sfera esercita. sull'anello interno possieder una componente in
direzione tangenziale pari a:
2u
T= Ptgt: =-P
d
Ci significa in definitiva che, per contrastare l'effetto dovuto alla presenza dell'attrito volvente, deve essere applicata all'anello interno una coppia
di intensit C; pari a:
2u
C;
=T . r; = dr;P
!.
0,0010
0,0011
0,0013
0,0015
0,0018
0,0045
e che, se l'anello interno ruota alla velocit angolare w;, durante il moto di
rotolamento viene dissipata una potenza w, pari a:
dove P1 rappresenta l'intensit del carico radiale agente sul cuscinetto e r; rappresenta al solito il valore del raggio dell'anello interno del cuscinetto stesso.
380
381
Le realizzazioni dei cuscinetti a rotola.mento a tutt'oggi esistenti presentano differenti caratteristiche costruttive a seconda del tipo di carico che essi
debbono sopportare (radiale, assiale o misto), dell'entit dE>Jlo stesso, della loro
velocit angolare, dell'ambiente in cui debbono funzionare e dell'accuratezza
di montaggio. Una descrizione particolareggiata di tutti i tipi di cuscinetti a
rotolamento esula dagli scopi del presente volume, per cui ne verranno qui di
seguito analizzati solo i tipi principali.
Cuscinetti radiali rigidi a una corona di sfere. Sono il tipo di cuscinetti rappresentato nella Fig. 275. Essi sono in grado di sopportare un carico assiali
pari a circa il 40 ..;-50% del massimo carico radiale ed ammettono un disallineamento massimo tra gli assi dell'accoppiamento dell'ordine di 0 15'.
Cuscinetti radiali oscillanti a sfere .(Fig. 278-a). Posseggono in genere due
corone di sfere rotolanti e la pista di rotolamento ricavata nell'anello esterno
comune ad entrambe. Grazie a tale accorgimento, questo cuscinetto tollera
piccoli disallineamenti (fino a 230' circa), mentre la sua capacit di carico
assiale pari a circa il 25% di quella radiale.
a)
bJ
tale da presentare la direzione del carico agente sulla sfera obliqua rispetto
all'asse del cuscinetto. Entrambi i tipi sono in grado di sopportare carichi
assiali anche elevati, con la differenza che, mentre il cuscinetto ad una corona
di sfere pu sopportare un carico assiale diretto in un solo verso, il cuscinetto
a due corone di sfere pu sopportare un carico assiale agente in entrambe le
direzioni. In tutti e due i casi infine, i valori del massimo disallineamento
tollerabile dal cuscinetto sono estremamente bassi.
Cuscinetti a rulli cilindrici (Fig. 279-a). Sono cuscinetti adatti a sopportare
elevati carichi radiali ad alta velocit di rotazione. I rulli sono in genere guidati
dai bordini esistenti su uno dei due anelli, mentre l'altro ne normalmente
privo, e ci consente quindi un piccolo spostamento relativo degli anelli in
direzione assiale. Si possono ritrovare nelle applicazioni anche casi di cuscinetti
a rulli cilindrici dotati di bordini di guida su entrambi gli anelli, e tali cuscinetti
possono di conseguenza guidare l'albero in direzione assiale a condizione per
che gli ::;forzi agenti in tal senso siano molto piccoli.
a)
C)
Fig. 279- Cuscinetto a rulli cilindrici (a) e cuscinetto oscillante a rulli (b) (SKF)
Fig. 278- Cuscinetti radiali a sfere oscillanti (a) e cuscinetti obliqui (b e c)
Cuscinetti obliqui a sfere. Possono essere a una (Fig. 278-b) o a due (Fig.
278-c) corone di sfere. In essi le piste di rotolamento sono r~cavate in m od o
382
383
a)
Cuscinetti a rulli conici (Fig. 280). Questi cuscinetti vengono usati in tutte
quelle applicazioni caratterizzate dalla presenza di carichi assiali e radiali di
forte intensit; essi sono normalmente montati in coppia in modo da poter
sopportare spinte assiali nei due sensi ed importante osservare che, per
ottenere un funzionamento cinematicamente corretto, le generatrici e l'asse dei
rulli conici debbono necessariamente incontrarsi in uno stesso punto situato
sull'asse del cuscinetto.
Fig. 281- Cuscinetti reggispinta a sfere a semplice effetto ad anelli piani (a) e ad
anelli sferici (b)
a)
b)
Fig. 282- Cuscinetti regggispint.a a sfere a doppio effetto ad anelli piani (a) e ad
anelli sferici (b)
384
385
cos una elevata capacit di autoallineamento. Questi cuscinetti possono infatti tollerare disallineamenti fino a circa 3 e sono in grado, contrariamente ai
cuscinetti reggispinta precedentemente esaminati, di sopportare anche discreti
carichi radiali.
Cuscinetti a rullini. Sono utilizzati ogni qualvolta vi sia uno spazio limitato
per l'installazione del cuscinetto, e sono costruiti normalmente per sopportare
carichi radiali (Fig. 284-a); esistono tuttavia anche cuscinetti reggispinta a
rullini (Fig. 284-b), ma in essi, contrariamente a quanto accade in tutti gli
altri tipi di cuscinet-ti fin qui esaminati, il moto relativo tra rullini ed anelli
un moto di rotolamento puro solo in corrispondenza di un ben determinato
raggio, mentre in tutti gli altri punti di contatto si in presenza di velocit
relative di strisciamento diverse da zero.
namento
b)
Si consideri ora un generico cuscinetto e si supponga che esso sia sottoposto all'azione di un certo carico: chiaro che tutte le volte in cui un organo
intermedio di rotola.mento (sfera. o rullo) passa nella zona di applicazione del
carico, l 'elemento stesso ed i pun ti degli anelli con i quali esso viene a contatto
sono sottoposti ad una sollecitazione locale.
Gli elementi costituenti il cuscinetto vengono perci sottoposti ad una
serie di sollecitazioni variabili nel tempo per cui il cuscinnetto stesso, dopo una
vita pi o meno lunga a seconda delle sue condizioni di carico e di funzionamento, soggetto ad una rottura per fatica, o ra.ggiunge una usura eccessiva.
Se si analizza. poi un grande numero di cuscinetti uguali tra loro e li
si sottopone tutti ad urta prova di durata effettuata nelle stesse identiche
condizioni, si pu constatare che non tutti i campioni presenteranno rotture
per fatica dopo uno stesso numero di cicli di funzionamento, ma che questo
limite varier molto da esemplare ad esemplare. Ci nonostante si in grado
di effettuare dei calcoli sulla vita di un cuscinetto, in quantG si osservato
che il comportamento dei cuscinetti sottoposti alla prova di durata standard
raffigurabile -mediante il grafico della Fig. 285; in esso Lm rappresenta una
vita media, definita come quel numero di cicli per cui nelle condizioni standard
della prova funziona ancora il 50% dei cuscinetti prima di presentare rotture
per fatica, L rappresenta un valore generico della vita dei cuscinetti stessi e (
la percentuale di questi che ha presentato in corrispondenza ad essa rotture
per fatica. Una volta nota la vita media di un tipo di cuscinetto, si di
conseo-uenza
in oa-rado di ricavare una correlazione fra percentuale di cuscinetti
o
386
rotti per fatica e numero di cicli di funzionamento. Si pu infatti osservare ad
esempio che per una vita L pari a l, 5Lm si sar rotto circa. il68% dei cuscinetti,
mentre solo il 10% degli stessi risulter danneggiato dalla fatica per una vita
pari a 0,2Lm. Proprio quest'ultimo valore, ossia il numero di cicli per cui
pu funzionare il 90% dei cuscinetti prima che inizino ad insorgere evidenti
fenomeni di fatica, viene indicato come vita nominale del cuscinetto in esame
nelle condizioni di funzionamento considerate, ed assunto come durata del
cuscinetto stesso nei calcoli del progetto.
387
cuscinetto radiale, come il carico radiale corris.pondente alla vita nominale di
un milione di cicli nel caso in cui l'anello interno sia rotante, quello esterno
fisso e la direzione del carico sia costante nel tempo; per un cuscinetto reggispinta, invece, il coefficiente di carico C rappresenta pi semplicemente il
valore del carico asSiale corrispondente alla vita nominale di un milione di
cicli del cuscinetto stesso.
In base alla (2.204) si pu allora dedurre che per un carico P, diverso
da C, ma applicato con le stesse modalit, la vita del cuscinetto, espressa in
milioni di cicli, data da:
100
80
60
40
20
/:/
(2.205)
mentre la sua durata Lh, espressa in ore di funzionamento, risulter ovviamente pari a:
(2.206)
1.0
1.5
2.0
L/Lm
2.s
Fig. 285 - Percentuale di cuscinetti danneggiati per fatica in funzione della vita, per
prove effettuate in condizioni sta.nda.rd
dove n rappresenta il valore della velocit angolare relativa tra i due anelli
espressa in giri/min.
Se il carico agente sul cuscinetto applicato secondo le modalit prima
viste, la (2.205) permette di calcolare, in base al valore di P, la vita nominale
del cuscinetto in esame; se per il carico non soltanto radiale od assiale, ma
possiede una componente in entrambe le direzioni, oppure se l'anello esterno
rotante, si deve introdurre al posto di P nella (2.205) un carico equivalente
P, 9 cos definito:
a) Per cuscinetti radiali:
Peq
= X V Pr + Y Pa
dove:
(2.204)
Pr
Pa
X
389
388
= fattore di rotazione;
i coefficienti X and Y dipendono dal tipo di cuscinetto e dal valore del rapporto
Pr 1Pa, mentre V un fattore di rotazione che normalmente viene posto uguale
a 1 per anello esterno fisso e uguale a l, 2 per anello esterno rotante.
b) Per cuscinetti assiali a sfere:
in quanto questi cuscinetti non sono in grado di sopportare alcun carico radiale.
carico equivalente gravante su di esso. Si deve per tenere ancora conto di due
fattori che possono ridurre la durata del cuscinetto, e precisamente: la presenza di urti e vibrazioni durante il funzionamento e la temperatura assoluta
dal cuscinetto durante il funzionamento stesso; Della presenza di eventuali
urti si tiene conto moltiplicando il valore del carico equivalente calcolato in
condizioni di regime per un fattore di carico /d il cui valore dipende dal tipo
di applicazione a cui il cuscinetto destinato. Per macchinari che diano luogo
ad urti di piccola intensit !d varia tra l, 2 e l, 5, mentre per macchinari in cui
insorgono forti urti !d assume valori maggiori, e compresi in genere fra 2 e 3.
Dell'effetto di temperature elevate si tiene conto invece moltiplicando
il coefficiente di carico C per un coefficiente c, minore di l, i cui valori, per
cuscinetti a rotolamento normali, sono ricavabili dal grafico della Fig. 286.
1.0
Peg
= Pa + l,2Pr
mentre nel caso particolare che la velocit angolare del cuscinetto sia costante
ed il carico vari nel tempo con una legge all'incirca lineare, mantenendo per
invariata la sua direzione, il carico medio equivalente agente sul cuscinetto
approssimabile mediante la:
_ Pmin + 2Pmax
Pm 3
dove Pmin e Pmax indicano rispettivamente i valori minimo e massimo del carico
stesso.
1Iediante i procedimenti ora esposti si dunque in grado di calcolare la
vita del cuscinetto, una volta noti i valori del suo coefficiente di carico e del
Ca.
0.8
--
0.6
-.........
-- r--
-r--
0.4
0.2
40
60
BO
100
120
140
160
180
200
220
240
260
280
TCc)
Fig. 286 - Variazione del coefficiente di carico con la. temperatura
390
391
Tipi di macchine
Durata in ore
di funzionamento
Lh
500
4000-8000
8000-12.000
12.000-20.000
20.000-30.000
40.000-60.000
100.000-200.000
a) lubrificazione idrostatica;
b) lubrificazione i:drodinamica;
c) lubrificazione limite.
Nella lubrificazione idrostatica il lubrificante (e come tale pu essere
usata anche l'aria) viene introdotto nella zona di carico del cuscinetto ad
una pressione di valore tale da poter mantenere separate le superfici dei due
elementi dell'accoppiamento anche in assenza di moto relativo fra gli elementi
stessi.
Anche nella lubrificazione idrodinamica le due superfici in moto relativo
si trovano separate da uno strato sufficie!ltemente spesso di lubrificante; in
questo caso per lo spessore dello strato non dipende dall'introduzione di
lubrificante a pressione elevata, ma dipende-essenzialmente dal moto relativo
delle due superfici. L'effetto del moto relativo infatti quello d sospingere il
lubrificante in opportune zone a sezione variabile (dette meati) comprese fra
le due superfici dell'accoppiamento, con una velocit sufficientemente elevata
in modo da creare cos la pressione necessaria ad equilibrare il carico esterno
ed a mantenere separati ralbero ed il cuscinetto.
n caso della lubrificazione mista (o limite), infine, quello in cui, per
393
392
effetto di un carico troppo elevato o di una troppo piccola velocit relativa
tra gli elementi dell'accoppiamento, non si possono raggiungere le condizioni
necessarie allo stabilirsi di un regime di lubrificazione idrodinamica, e ci si
ritrova pertanto in presenza di un parziale contatto metallico tra albero e
cuscinetto.
Nei sucessivi paragrafi verranno esaminati per primi i cuscinetti con
lubrificazione idrodinamica, che costituiscono il caso pi comune di cuscinetti
a strisciamento, mentre successivamente verranno esaminati i cuscinetti con
lubrificazione idrostatica e limite.
Nei cuscinetti a strisciamento, la propriet del lubrificante fondamentale, che ne determina le caratteristiche di funzionamento, la viscosit, che
stata definita nel paragrafo 3.6 del volume l.
tuttavia opportuno ricordare che la scelta di un lubrificante non va
effettuata esclusivamente in base aj valori della sua viscosit, ma che vanno
generalmente tenute in conto anche altre sue caratteristiche, quali ad esempio
l'acidit, la resistenza chimica, il punto di ebollizione, la resistenza a formare
schiume, il calore specifico, la conducibilit. termica, e cos via.
g) lo strato .del lubrificante presente tra i d'ue elementi in moto relativo sia
cos sottile da consentire di trascurare la curvatura degli stessi;
ed infine che:
h) in ogni sezione normale alla direzione della velocit del fluido la pressione
si mantenga costante.
Di tutte queste assunzioni, alcune sono pienamente giustificate dal comportamento del fluido in esame, mentre altre, a cominciare dall'ipotesi di viscosit. costante, sono valide solo in prima approssimazione (si tenga ad esempio
presente per quanto concerne la viscosit, che si in generale in presenza di
variazioni di temperatura nel fluido lungo il meato e che di conseguenza varia
anche la viscosit del fluido stesso). Ci nonostante, i risultati teorici ottenuti sulla base delle ipotesi prima elencate sono generalmente abbastanza ben
verificati nella pratica, ed essi pertanto possono fornire una sufficientemente
valida spiegazione dei fenomeni riscontrati.
(H~dy)~x
~~
l-(P+ ~~
dx)dy
T. d x
il
Fig. '287 - Equilibrio di un elemento di fluido
395
394
~~ dx) dy dovute alla pressione, mentre sulle due facce laterali agiscono
ziali originate dalla presenza della viscosit. Scrivendo allora una equazione di
equilibrio alla traslazione secondo l'asse x dell'elemento di fluido considerato
si avr:
pdy - (p +
~~ dx) dy -
Tdx
+ (T + ~; dy)
dx
=O
l dp
(h- y)
u= - - ( y - h ) y + V - 2p. dx
dove, si noti, l'altezza h di una generica sezione del meato non costante, ma
normalmente variabile lungo l'asse x del moto stesso.
Volendo ora eliminare la variabile u della. (2.208) ed ottenere una relazione tra le sole grandezze note del problema in esame, basta osservare che la
portata in volume di fluido per unit di larghezza del meato in una generica
sezione di altezza h da.ta da.:
{)p _
8T
{)x -
{)y
dove fl(x) ed h(x) sono due funzioni che dipendono dalle condizioni ai limiti;
nell'ipotesi in cui l'angolo formato tra le superfici in moto relativo sia piccolo,
tali condizioni, relativamente al caso in esame, sono date da:
u= V
per y =O
u=O
per y =h
1
h
u Y
Vh
2
h3 dp
12,u dx
= -.- - - ..
dp _-6,:tV'(.~'=2q)
- 1-dx
h2" ~ . Vh
Questa relazione, che collega tr loro il gradiente di pressione dpfdx esistente nel fluido, la velocit V della. parete mobile, la. portata. in volume q e
l'altezza generica h della sezione a cui queste grandezze si riferiscono, costituisce l'equazione di Reynolds(*) nella sua forma pi semplice, ossia relativa
ad un caso di moto bidimensionale del fluido nel piano xy, ed una espressione simile pu essere ovviamente ricavata nel ca.so pi generale di un moto
tridimensionale.
Nella (2.209) il rapporto 2q/V una. costante poich, essendo per ipotesi
il fluido incompressibile, la portata. q evidentemenete costante in tutte le
sezioni; questo rapporto ha le dimensioni di una. lunghezza e l'equazione di
Reynolds pu perci essere anche scritta. sotto la. forma:
(2.210)
dp
dx
= 6p.~
h-
(1- h*)
h
(*)Fu appunt.o Osborne Reynolds nell886 a derhare la present.e equazione e ad utilizzarla per la
spiegazione dei principali fenomeni riscontrat.i nella lubrificazione.
397
396
dove evidentemente: h
= 2qfV.
(2.211)
(2.212)
6J.LVabe
Pm
= ah~+ b(h2 + e) 3
l.
P=l
a+b
l
p(x)dx=l-(a+b)pm
e quindi da:
P= 3~Vab(a+b)le
ah 2 + b(h2 + e)3
399
398
venga immessa una portata di fluido per unit di larghezza pari a q (Fig. 289).
Anche in tal caso ancora possibile ottenere lungo il meato un gradiente di
pressione dpjdx diverso da zero, poich le portate di fluido all'interno del
primo e del secondo tratto sono differenti tra loro. Si ha dunque, utilizzando
la (2.209):
Pm
a
= 61tV2
( 1-
{ _Pm
b
= 6J.LV2
h
2ql)
Vh
1- 2q2)
Vh
caso precedente:
P= l
a+b
1
o
p(x)dx
(a+ b)
=1--pm
2
relazione che fornisce il legame esistente tra il valore del carico P sopportabile
dal pattino ed i valori delle grandezze ca.ra.tteristiche dell'accoppiamento.
Cos come i cuscinetti a. rotolamento, anche quelli a strisciamento possono essere di tipo portante e reggispinta, ed in quest'ultimo caso essi sono
realizzati, nella loro versione pi semplice, accoppiando un anello fissso E, che
porta un certo numero di pattini S rettilinei inclinati (Fig. 290), con un anello
rotante R, detto ralla, solidale all'albero e coassiale con quello fisso. Entrambi
gli anelli sono immersi nel lubrificante, e questo viene immesso nel loro interno
utilizzando appositi fori posti nelle scanalature esistenti tra i vari pattini. ll
carico PT, applicato lungo l'asse dell'accoppiamento, viene pertanto ad essere
euiqlibrato dalla risultante delle pressioni originate nel lubrificante dalla presenza dell'effetto idrodinamico dovuto al moto relativo della ralla e dell'anello
fisso.
I cuscinetti reggispinta cos costruiti prendono il nome di cuscinetti Michell e le loro prestazioni vengono generalmente ricavate supponendo che il
carico totale PT sia ugualmente suddiviso fra i vari pattini, ed ipotizzando
inoltre che la distribuzione di pressione lungo ogni pattino sia uguale a quella
realizzata da due elementi rettilinei aventi la stessa geometria e animati di
moto traslatorio con velocit pari alla velocitf periferica media:
Da queste espressioni si ricava facilmente il valore della pressione massima, valore dato da:
l2J.Labq
Pm
= (a+b)h3
400
401
dove 1 (Fig. 290) l'angolo di apertura di ogni pattino, mentre la sua larghezza in senso normale alla figura sar data da b (d 2 - d1)/2. n rapporto
y
Fig. 291 - Schematizzazione di un pattino di un cuscinetto Michell
dp= 6,uV ( hl 2
h*)
h dx
3
a:
Pm
4Pr
k
(d'
iT g 2 - d')
i
402
403
che regna nell'ambiente in cui si trova il cuscinetto, costituisce per l'accoppiamento in esame una pressione di riferimento e che quindi, essendo per ipotesi
il fluido incompressibile, essa pu essere posta pari a zero. Sar pertanto:
(2.216)
p=
{ p=O
per
x= O
per
x= l
h~
(-1-)
-l
[In
_ 2(( -l)]
. +l
dove non rappresenta altro che il valore del rapporto hl/h 2 L'ascissa x 0 del
punto di applicazione della forza risultante delle azioni di pressione sar a sua
volta data da:
(2.217)
xo
f~ p(x)x dx
J~ p( x) dx
/(( 2 - l- 2(ln()
2((( - l)ln(- 2((- 1)2)
2
mentre la forza tangenziale agente sul pattino e dovuta alla viscosit del fluido
sar evidentemente pari a:
relazione che fornisce l'andamento della pressione all'interno del meato considerato.
In base alle (2.213) e (2.215) il valore massimo della pressione ali 'interno
del fluido viene raggiunto in corrispondenza dell'ascissa:
x
Fr
(2.218)
ed dato da:
3(~-1)
2_!_
_!_
+ l)
h2 h2
Dall'espressione dell'ascissa del punto di pressione massima si pu osservare
che ad a: = O corrisponde x = //2 e che all'aumentare di a: il punto stesso
tende a spostarsi verso ascisse di valori sempre maggiori di 1/2.
In condizioni di equilibrio il carico P agente su ogni pattino deve essere
necessariamente uguale alla risultante delle forze di pressione, per cui sar:
(2.219)
P=blp(x)dx
dx
y=O
+ad)/
= (h2
2h2 +a:/
ttVI
Pmax = };2
h (h
2
404
405
0.18
Cp
0.16
0.14
0.12
0.10
0.9
\"
Cj
Cm
0.8
cj_ ~ \
i v b K ---t-r-Z r-- ,_
v
0.6
""'
0.08
""'"
0.0 6
0.0 4 o
0.7
........
e pari a:
Q=Vb~
hl+ h2
Fino a questo punto del calcolo si implicitamente ipotizzato, facendo riferimento alla Fig. 291, che fosse nota l'inclinazione a del pattino, ma gli stessi
ragionamentio effettuati valgono anche nel caso in cui si abbia un cuscinetto
a pattini orienta.bili, ossia un cuscinetto realizzato con pattini incernierati in
un ben determinato punto della loro lunghezza (Fig. 293). In questo caso
l'angolo di inclinazione a del pattino durante il funzionamento s incognito,
ma per contro noto il punto di applicazione della forza agente sul pattino
(cio la cerniera, ed di conseguenza noto il valore di c,; le prestazioni di un
tale tipo di cuscinetto possono pertanto essere ricavate usufruendo dapprima
dei grafici della Fig. 292 ed utilizzando poi le (2.219).
o.s
0.4
'~
0.3
~
9
0.2
10
~=h,/h2
Sulla base poi dell'entit della potenza dissipata per attrito, si pu anche
effettuare un calcolo apprssimato dell'aumento ai temperatura subto dal
lubrificante nel passaggio attraverso il pattino. Supponendo infatti che tutta
la -potenza dissipata vada a riscaldare il lubrificante, ed indicando con p la
densit di questo, con c il suo calore specifico e con Q la portata di fluido in
una generica sezione, si ha:
W= pcQ!j,T
407
406
0.16
nelle (2.219) variano al variare di >. e la Fig. 295 riporta infatti il valore
del rapporto c1 /cp in funzione di (per diversi valori di >.. Si qui preferito
riportare l'andamento del rapporto c1 /cp in quanto esso direttamente proporzionale al coeffici~nte di attrito equivalente f del cuscinetto; dalla prima e
dalla terza delle (2.219) si ha infatti:
Cp
0.14
0.12
0.10
f=Fr=CJh2
Cp
0.08
1.0
Cm
0.06
0.9
0.04
0.8
l~
0.02
...,...
0.7
o
o
6
Cp
10
~~ ::z:L_
;::;-
0.6
30o
200
~\\
't
Cp
100
80
60
30
20
r-""'
f--1.5 \ '\
o(_\
.........
0.7.\""--.. . . . .
-:~
~l
1
--
...--::
-::?::::.-::~
~
-;:::::::::. ~
.....-- ~ ~
l
l
00~
1--
--
........
10 1--- 2
1
4
\
.
8
f40
0.4
~ ~l
l
~~
l ~~
~~
l
7
l
9
~ 10
Fig. 295 - Andamento del rapporto cJl Cp nei pattini ad allungamento finito
---a_ &
~ .::;:::::- ---=
5
Cm
10
Nella Fig. 298, infine, illustrata. la realizzazione costruttiva dell'anello fisso di un cuscinetto Michell progettato dali 'U .I.I. (Ufficio Impianti
409
408
-a)
----b)
2.51---1---+21---+----1f--
11.9 - Andamento
divergente
Fig. 297- Portata entrante nel meato (a) e portata uscente dai lati (b) di un cuscinetto ad allungamento finito
della
pressione
in
un
meato
convergente-
-v
410
411
pattino e la sede piana sono in moto relativo tra loro, la pressione varia lungo
il meato secondo quanto stabilito dall'equazione di Reynolds (2.209) ed assume l'andamento individuato dalla curva a) della Fig. 299. La curva teorica
delle pressioni dunque una curva antisimmetrica rispetto al punto centrale
del meato, ed una tale distribuzione di pressioni lungo il meato stesso ottenuta integrando l'equazione di Reynolds nell'ipotesi che sia p= Oper x= oo,
condizione questa che prende il nome di ipotesi di Sommerfeld. Essendo la
distribuzione delle pressioni rappresentata da una curva antisimmetrica,
chiaro che, se nel primo tratto del meato esiste una grande pressione positiva,
esister di conseguenza una altrettanto grande pressione negativa nel tratto
divergente del meato stesso. Va ora osservato, che i fluidi lubrificanti possono
essere sottoposti con continuit solo a pressioni negative molto piccole ( ovviamente in riferimento a quella ambiente); ci significa pertanto che, se la
pressione all'interno del tratto divergente tende ad assumere valori negativi
rilevanti, la corrente fluida si rompe e la pressione rimane pressoch costante
ovunque. Ci corrisponde in pratica ad avere all'interno del meato una distribuzione di pressioni simile a quella indicata dalla curva b) della Fig. 299. La
curva b) ancora ottenuta integrando l 'equazione di Reynolds (2.209), ma ponendo delle condizioni aj limiti differenti da quelle ipotizzate da Sommerfeld,
e precisamente assumendo che sia p = O, per x = -oo e che, per x > O, sia p = O
dove dp/dx = O. Questa condizione ai limiti prende il nome di condizione di
Reynolds ed quella che, in definitiva, consente di calcolare una distribuzione
di pressioni pi aderente a quella verificata sperimentalmente.
Si consideri ora. un cuscinetto portante lubrificato costituito da un albero di raggio r accoppiato ad una. sede circolare (detta boccola) di raggio R
leggermente maggiore di quello dell'albero, e sia di conseguenza. b = R- r il
gioco radiale. Si supponga inoltre che ali 'albero sia applicato un carico costante
chiaro che se l 'albero fermo, esso appoggia, per effetto del carico
applicato, sulla boccola lungo una sua generatrice; se invece l'albero ruota ad
una data velocit angolare w, esso va a disporsi eccentricamente rispetto alla
boccola in modo da formare un rneato ed originare una relativa distribuzione
di pressioni, la cui risultante serve ad equilibrare il carico esterno applicato.
P:
Si consideri allora (Fig. 300) un perno di raggio r e centro 01 in posizione eccentrica rispetto ad una boccola di raggio Re centro 0 2 , e si assuma
come origine degli angoli {) quella individuata da.lla semi retta uscente da 01,
congiungente i centri 0 1 ed 0 2 e corrispondente al massimo spessore del meato.
Se si indica con e l'eccentricit, ossi a la distanza esistente fra i centri 01 e 02,
distanza che sempre molto piccola rispetto ai raggi ,. ed R, lo spessore h del
meato in corrispondenza di una generica sezione allora esprimibile mediante
la:
h= 02P2- 02P1
Essendo per:
412
413
e:
= 0 20 1 cos iJ = e cos iJ
0 2 0'
sar anche:
h= R- r+ ecosiJ
=6 + ecosiJ
dp
RdiJ
6pV [ 1
= h2 (iJ)
h* ]
- h(iJ)
e che, per
.'!J
(2.221)
= pLRw(R/6)
= e/6;
tale parametro il
-;rP
dove J.L rapp.resenta al solito la viscosit dinamica del lubrificante, L la lunghezza del perno, w la velocit angolare in rad/s e P l'intensit del carico
applicato all'accoppiamento. Esprimendo la velocit angolare in giri/min (n)
si avr:
=O per iJ =O
La risoluzione dell'equazione differenziale sopra scritta, con le condizioni ai limiti imposte, piuttosto complessa, ed ancor pi complessa la
ris9luzione delle equazioni differenziali che descrivono il moto del fluido in un
cu~cinetto ad allungamento finito. Tali problemi vengono quindi prevalentemente affrontati per via numerica ed i risultati ottenuti sono qui di seguito
esposti ricorrendo all'uso di alcuni grafici.
Dalla risoluzione dell'equazione di Reynolds, si in grado di identificare
un parametro adimensionato, caratteristico del cuscinetto e funzione, per un
= pLRn(R/6) 2
30P
= 2pLRN(R/6) 2
p
E' bene ancora rammentare che i grafici che sono qui riportati dalla
Fig. 301 alla Fig. 30.5 sono validi esclusivamente per un cuscinetto completo
e sono stati ricavati nell'ipotesi che sia p= O per iJ = O; ci presuppone che
l'immissione di lubrificante avvenga in corrispondenza della sezione in cui
il meato ha la massima altezza (iJ = O). In realt questa evenienza non
sempre verificata anche perch, come si pu osservare dalla Fig. 303, l'angolo
<I> compreso tra la direzione del carico e la congiungente dei centri varia al
variare delle condizioni di funzionamento; ci significa in pratica che anche
se l'immissione di lubrificante avviene per iJ = O in una certa condizione di
funzionamento, essa non avverr pii1 in corrispondenza di v= O per un'altra
condizione di funzionamento diversa dalla precedente.
Ci nonostante, l'immissione di lubrificante avviene nella realt sempre
nell'intorno della posizione iJ = O ed un cuscinetto completo poco sensibile
a variazioni anche di 20 rispetto Cf questa condizione. Se per l'immissione
di lubrificante avvenisse in zone molto discoste dalla linea iJ = O, si dovrebbe
considerare il cuscinetto non pi come completo, ma come un cuscinetto parziale, ed il comportamento di quest'ultimo dovrebbe essere analizzato secondo
le modalit che verranno esposte nel paragrafo successivo.
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0.3
0.5
0.7
10
20
30
Fig. 302- Andamento del parametro Rf /6 in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto portante
lubrificato completQ
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0.5 0.7
1
2
10
20
30
50
70 100
Andamento dell'angolo <l> in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto portante lubrificato
completo
fJmax
jJ
o
9
l'71
l l l l Hl
2:=p,~~~~
0,
0.01
0.02
0.04 0.06
1 1 1 1
0.1
0.2
0.3
1 1 1 1 11
0.5
0.7
1 1 1 1 11
5
10
1
20
1 1 1 1 1 l Il
30
50
70
Fig. a04 - Andamento del rapporto Pmax/Po in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto portante
lubrificato complet.o
100
.!:>......
-l
418
419
o
!2
R
o
LO
.....o
Q)
o.
E
o
.....o
u
"'
oM
(2.222)
.....
.:
.....
....
o
Cl..
.....o
.....
Q)
Nella Fig. 302 viene riportato l'andamento della quantit fR/8 in funzione del numero di Sommerfeld S, dove f sta ad indicare un coefficiente di
attrito definito come rapporto tra la coppia resistente Mr, originata dall'accoppiamento, ed il prodotto del carico applicato P per il raggio R:
"'
(2.223)
Q)
!2
,....
1.0
y v ~v
....
Q)
1/
Cl..
1:1)
-;;l
1/
!/
v
l
1.0
l/
77
d
<O
1/
Cl)
....oQ)
E
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....
Q)
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1/
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/
=
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;:l
-;;l
-;:;
""~
"'
<=
-;;l
>.t:>
:":
co
<O
od
2R
j == Mr
RP
Si noti che la Fig. 302 valida solo fino a quando il cuscinetto funziona
in regime idrodinamico, ossia finch il gioco minimo esistente fra perno e cuscinetto sufficientemente grande e tale da assicurare la presenza di un velo
continuo di lubrificante. Ove questa condizione venisse a mancare, l'attrito fra
perno e cuscinetto si manifesterebbe con modalit di tipo misto, ed a queste
si far riferimento nel paragrafo 11.15 del presente Capitolo.
ll grafico della Fig. 303 riporta i valori deU:angolo <P, angolo compreso
fra la direzione di applicazione del carico e la direzione individuata dalla congiungente i centri del perno e del cuscinetto, in funzione del numero di Sommerfeld S.
Nella Fig. 304 viene riportato il diagramma del rapporto Pmax!Po in funzione del numero di Sommerfeld S, dove Pmax la massima pressione esistente
nell'accoppiamento e p 0 la pressione caratteristica definita come:
p
Po == 2LR
==-
'"'"
;:::
.o
<.;:::
.:9
:::..
421
420
(')
Un cuscinetto parziale (Fig. 306) , come si gi avuto modo di anticipare, un cuscinetto in cui la zona utile dell'accoppiamento ricopre un arco
f3 inferiore ai 360; in generale poi l'angolo /3 nei_ cuscinetti parziali inferiore
anche ai 180. La soluzione delle equazioni differenziali che descrivono il comportamento di un cuscinetto portante parziale ancor pi complicata di quella
relativa ad un cuscinetto completo per il fatto che in questo caso vengono introdotte nel problema due nuove variabili, e precisamente l'ampiezza angolare
f3 del cuscinetto e l'angolo a che individua la posizione del carico rispetto al
cuscinetto stesso. La soluzione delle equazioni relative ad un cuscinetto parziale lubrificato sono qui riportate sotto forma grafica e per il solo caso di
cuscinetto caricato simmetricamente, caso in cui sar ovviamente: a= /3/2.
J
/
/
l l
l vl
l 1/ /v
lv
"'
8)
(')
.,o
V'
"
"'o
1/
(')
...)
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Y'
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Fig. 309- Andamento del rapporto Rf /6 in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto parziale con
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Fig. 310 - Andamento della portata adimensionale ifz in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto
parziale con (J 180"
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Fig. 311 - Andamento dell'eccentricit relativa t: in funzione del numero di Sommerfcld S per un cuscinetto parziale
con (J 120
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Fig. 312- Andamento dell'angolo di assetto <I> in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto parziale
con f3 = 120
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Fig. 313- Andamento del rapporto RJ /6 in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto parziale con
f3 120
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Fig. 314- Andamento della portata adimensionale if.z in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto
parziale con fJ 120
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Fig. 315- Andamento dell'eccentricit relativa e in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto parziale
con fJ = 60
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Fig. 316- Andamento dell'angolo di assetto <P in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto parziale
con f] 60
Rj
6
1000
800
600
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20
40
100
80
60
20
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6
4
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0.2
0.3
0.5
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10
20
30
50
70
100
Fig. 317- Andamento del rapporto RJ /6 in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto parziale con
f] = 60
~
......
432
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L
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IL
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Le Figg. 309, 313 e 317 illustrano, sempre per gli stessi valori dell'angolo
di apertura (3, i diagrammi che riportano i valori del rapporto Rf /6 in funzione
del numer di Sommerfeld S, ed infine le Figg. 310, 314 e 318 riportano, per
(3 rispettivamente pari a 180, 120 e 60, i valori della portata adimensionata
q, che fuoriesce dai lati del cuscinetto in funzione del numero di Sommerfeld
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433
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dove p la densit del lubrificante (mediante 850 kg/m 3 ), c il suo calore specifico (mediamente 0,42 kcal/kg C), Q. la portata di lubrificante che fuoriesce
dai lati del cuscinetto e t:. T l 'aumento di temperatura che il lubrificante ha
subto rispetto a quella che possedeva al suo ingresso nel cuscinetto.
Si deve a questo punto osservare che, essendo la Yiscosit del lubrificante funzione della temperatura ed essendo questa variabile lungo il mea.to,
si dovr introdurre nell'espressione del numero di Sommerfeld caraetteristico
434
435
= 'Fi + 0,8t:.T
I cuscinetti idrostatici (o cuscinetti pressuriz~ati) sono cuscinetti, portanti o di spinta, nei quali si immette all'interno dell'accoppiamento una certa
portata di lubrificante ad una pressione maggiore di quella. ambiente, ottenendo di conseguenza un effetto di portanza indipendentemente dalla presenza
o meno di una velocit relativa tra i due membri dell'accoppiamento stesso.
I cuscinetti idrostatici presentano alcmil vantaggi rispetto ai cuscinetti
idrodinamici. Uno di questi ad esempio consyste nel fatto che, grazie all'effetto
dell'immissione di lubrificante in pressione, l'albero ed il cuscinetto sono sempre separati da uno strato di lubrificante, anche a velocit nulla. Ne consegue
pertanto che, essendo la forza resistente viscosa proporzionale alla velocit,
l'attrito statico in tal caso nullo; proprio questa importante propriet di assenza di attrito statico ha fatto s che i cuscinetti idrostatici venissero e siano
tuttora usati in numerose applicazioni particolari, quali ad esempio i supporti
di installazioni radar e di telescopi (i~itelebre telescopio da 200 pollici di Monte
Palomar per l'appunto montato sJ_ un cuscinetto di spinta idrostatico). __
Una seconda caratteristica peculiare dei cuscinetti idrostatici rappresentata dal fatto che in essi, come si vedr pi avanti, l'altezza del meato in
funzione della radice cubica del carico, mentre in un cuscinetto idrodinamico
essa. dipende (2.219) dalla radice quadrata del carico stesso e che pertanto il
cuscinetto idrostatico risulta pi rigido di quello idrodinamico.
I cuscinetti pressurizzati possono essere di tipi quanto mai diversi e possono anche essere costruiti con scopi assai diversi: oltre che nelle applicazioni
prima citate di cuscinetti di spinta infatti, essi possono anche essere utilizzati
come cuscinetti portanti di macchinari pesanti quali turbine, ingranaggi navali
po
L/2 =
bh3
(2.225)
3J.LLQ
Po
= bh3
da cui risulta che la relazione fra carico applicato e altezza del meato lubrificato :
(2.226)
436
437
k _ (- oP)
ah
= 9tJL
Q
2h 4
p0 ,
una espressione
Fi~.
l
mentre la capacit di carico diventa.:
In base alla (2.209rsi pu osservare che;- se il cuscinetto fermo ( quindiv = O), la portata che passa attraverso una sezione infinitesima di meato di
larghezza rdfJ pari a:
3
dq
(2.229)
h dp
= -12JJ
- -1df}
d7
Q=
1
0
"
7rh .7 dp
dq=--6p d1
438
439
6p
dp
= -Q
-dr
r
costante
- - = -Q In r + costante
6p
Poich al raggio esterno la pression~: pari a quella ambiente, si pu determinare il valore della costante di irttegrazione ponendo p = O per r
ro, e
i/
pertanto sar:
7rh3p
6p
= Q In
7'o
r
E' chiaro poi che il carico P agente sul cuscinetto deve essere equilibrato dalla
risultante di tutte le forze di pressione, per cui sar:
PA
Fig. 322 - Schema tipico di cuscinetto idrostatico a pressione costante
;i
(
Da questa, dopo opportune semplificazioni; si ricava l:
2
(2.231)
l - (rl/ro)
2
=7rroPa
2 l n (ro/71)
440
441
di pressione PA - Po :
(2.233)
128J.t
(2.239)
(2.234)
dove:
Po
jl
w=
in cui
+ 4h 6 pA/W- l
2h6JW
l8J.t 2 L 2l c 2d A 2
pb2
Nota p0 [il carico sopportato dal cuscinetto, per un dato valore dell'altezza h
del
diventa:
m;jto,
R-
;rd4
r----------------------,
l
l
l
PA
Po= l+h3jV
(2.235)
dove:
l
4
V= 37rd LI
128ab
(2.236)
l
l
l
l
r---------------
(2.237)
p_
b L1
- Po 2 + Po
bL ~ PAb(Lo
o-
+ Lt/2)
l+ h3JV
Strozza tori
l
l
,:
l
-
l
l
l
l
l
1--------1
1--------:-,
.--~.----.
-Te--~m-f-,------___,..~,...,..,..___,,_..J
Pompa
l
l
l
l
l
l
~-------------------------~
Fig. 323 - Schema di cuscinetto portante idrostatico con circuito idraulico a pressione
costante
443
442
versione pi semplice, da un cuscinetto dotato di quattro gole nelle quali viene
inviata una certa portata di lubrificante in pressione (Fig. 323). Se il arico
agente sul perno nullo, il perno si mantiene centrato rispetto al cuscinetto; se
invece il carico diverso da zero, il perno si dispone eccentricamente rispetto al
cuscinetto, variando cos la distribuzione delle pressioni all'interno del meato
in modo da realizzare l 'uguaglianza tra la forza risultante da tale distribuzione
ed il carico esterno stesso.
Il cuscinetto idrostatico della Fig. 323, che rappresenta un tipico cuscinetto portante per mandrini di macchine utensili, presenta, oltre alle quattro
camere di immissione del lubrificante, anche quattro gole di scarico in cui
il lubrificante r raccolto e inviato al serbatoio. Il cuscinetto
lavora con una
.
pompa a pressione costante che invia l 'olio a quattro strozzatori, i quali dosano
il lubrificante Alle camere pressurizzate del cuscinetto. Per ciascun quarto del
cuscinetto possono essere scritte le. relazioni prima viste, con l'unica avvertenza che ~er il calcolo del carico sopportato dal cuscinetto occorre integrare
le componbti della pressione nella direzione del carico, tenendo conto che
l 'altezza c;l.el meato variabile con l 'angolo.
:
1
Per tutti i cuscinetti che operano in regime idrodinamico esistono invariabilmente periodi di funzionamento durante i quali non si realizzano le
condizioni atte a mantenere un velo continuo di lubrificante; ci avviene ad
esempio durante le fasi di avviamento e di arresto dell'albero, oppure quando
il carico assume valori troppo elevati o la velocit angolare valori troppo bassi.
In tutti questi casi, le caratteristiche dell'azione resistente dovuta all'attrito
sono determinate da fenomeni differenti da quelli finora esaminati, quali l'assorbimento del lubrificante o lac fcirmizone- di composti chimici dovuti alla
reazione dei componenti del lubrificante stesso con la superficie del cuscinetto.
In generale si pu affermare che il passaggio dalla condizione di lubrificazione idrodinamica a quella. di lubrificazione limite avviene per numeri di
Sommerfeld inferiori a 0,05 e che al di sotto di questo valore il coefficiente di
attrito aumenta fino a raggiungere un valore massimo quando il numero di
Sommerfeld diventa pari a zero.
La capacit portante di un cuscinetto nelle condizioni di lubrificazione
limite viene poi di solito stabilita verificando le condizioni seguenti. Definita
Pm
= 2RL
.~
l
TABELLA VII - Caratteristiche d funzionamento di cuscinetti in condi-.
zione di lubrificazione limite
Materiale
Bronzo
Ferro poroso
Resine fenoliche
Nylon
Teflon
Teflon rinforzato
Grafite
(Pm)max
(N/cm 2 )
3000
5500
4000
700
350
1500
400
Tmax
(C)
65
65
95
95
250
250
400 .
. (Pm V)max
Vmax
(m/s)
7)
( cm2
N) ( m
200
200
'50
8
4
12
5
0,5
5
12
10
4
40
50
,:
l
445
444
Fattori
Meccanici
Caratteristiche
Carico
Uni direzionale
Alternato
Di spunto.
Eccentrico
D'urto
Velocit
limitata da:
Tolleranza al
disallineamento
Cuscinetto a
strisci amen t o
Cuscinetto a
rotolamento
Buono
Buono
Scarso
Buono
Discreto
Ottimo
Ottimo
Ottimo
Ottimo
Ottimo
Thrbolenza
Temperatura
Carico centrifugo
Effetti dinamici
Discreta
Scarsa, ad eccezione
di cuscinetti appositamente disegnati, a
scapito per della
capacit di carido
A ftri t o statico
Ingombro
Radiale
Assiale
Grande
Piccolo
(eccetto il caso di lubrifcazione idrostati ca)
Piccolo
Da 1/4 a 2 volte il
diametro
Grande
Da 1/5 a 1/2 del
diametro
Cuscinetto a
rotolamento
Condizioni di
emergenza
Normalmente si pu
avere un funzionamento di emergenza
successivo a una
rottura
Smorzamen to
Buono
Scarso
Tipo di lubrificante
Olio o grasso
Quantit di lubrificante
Molto piccola, ad
eccezione dei casi
in cui si generino
grandi quantit di
calore
Rumorosit
Molto piccola
Pu essere grande;
dipende dal montaggio e da eventuali risonanze
l
Dissipazione di potenza
l'
----
Cuscinetto a
strisci amento
Caratteristiche
Fattori
Ambien.talL.
-
Bassa temperaturaL - - - - . -- --
Scarse
Propriet alla partenza
Alta temperatura
Funzionamento
Economici
w 2 d3 L
Varia con - -
Vita
--
Buone
Illimitata, eccetto
che per carichi cicl ici
446
Fattori
Caratteristiche
Cuscinetto a
strisci amento
Cuscinetto a
roto}amento
Manutenzione
Costo
Intermedio per i
tipi standard
Facilit di sostituzione
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l
l
t!
Accostamento, direzione di
303
Addendum
77' 78, 134
Albero flessibile
56
Allungamento
41
infinito
396, 401, 435
finito
405-408, 412
77
Altezza del dente
Alzata
220
Angolo
di addendum
78
di apertura
106, 108
di avvolgimento
34
di azione
76
di contatto
214-217
di dedendum
78
di fondo
ii
di inclinazione dell'elica
97
di pressi011e (ingranaggi) 63, 67, 78, 99
~di pressione Tcammey~=
249-251
di pressione. normale
99
di troncatura
77
fra gli assi
70
primitivo
70
Arco
di aderenza
35
di azione
83, 114
di scorrimento
35
ozioso
221
Argano di sollevamento
15
-,--<--
Arpionismo
Arresti
Assortimento
Attrito
nei perni
Azionatori rotativi a ingranaggi
274-276
326-329
73
24
190-191
38-39
39
16-17
156
Cabestano
Cambio di velocit
164,
Camme
ad accelerazione costante
a fianchi rettilinei
- --~- -~ihnln cb~e ~,~ ---
254-255,
45
185-188
219-256
228-232
236-242
289-290
252-254
252
254-255
242-247
73
3-13
47-56
48
48-49
49
- -
~-
--
453
452
a sfere
silenziose
Cedevolezza flessionale
istantanea rotazione
Ceppo avvolgente
Ceppo svolgente
Cerchio di base
Cerchio di riposo
Cicloidale, profilo
Cinghie
a costole
,If
id~ntate
l
l
50
50
21 Centro di
67
309
309
224, 227, 249
227
65
26-47
29
28
46-47
27
29
p1ane
rotonde
Circonferenza
306
di Romiti
fondamentale
65-66
osculatrice
113
primitiva
64-68
primitiva immaginaria
113
Coefficiente di attrito
nei cuscinetti a rotolamento
379
nei cuscinetti
419, 433
Coefficiente di carico
386-387, 389
Cone, S.I.
139
Cono
complementare
111
108, 109 .
fondamentale
primitivo
l06-10i, 109-110
Contatto fra i denti
- i_i2 136
Convertitori di coppia
369-373
Corda
80
Coriolis, accelerazione di
262
Correzione delle ruote dentate
87
Corsa di lavoro
266
Corsa di ritorno
266
Croce di \falt a
2ii-290
esterna
277-285
interna
285-287
'~
rettilinea
sferica
Cuscinetti
a pattini ori en t abili
a rotolamento
a rulli cilindrici
a rulli conici
a rullini
a strisciamento
idrostatici
obliqui a sfere
oscillanti a rulli
portanti completi
portanti parziali
radiali oscillanti a sfere
radiali rigidi a sfere
reggispinta a sfere
reggispinta lubrificati
reggispinta Michell
reggispinta oscillanti
Dedendum
Denti
Dentiera
Dent.iera corretta
Diametro
di fondo
di troncatura
Differenziale
Direzione di accostamento
Doppi~-gi-tinro di Crlano
Eccentricit
relat.iva
Elica media
Elicoide
Energia cinetica
Equazione di Reynolds
Evolvente di una circonferenza
287-289
287-289
375-446
405
375, 390-443
381
382
385
375, 376-390
434-442
380
381
410-420
420-433
380
380
382
399-409
399-409
382-384
411
419
134
199
323-324
392-399
65-67
79
Faccia di una dentatura
78
Fianco del dente
199-200
Filetto
21-56
Flessibili
21, 37
Flessi bili t
38-42
Forzamento delle cinghie
Forza scambiata
378
nei cuscinetti a rotolamento
151-156
Forze dinamiche fra i denti
247-252
Forze nelle camme
Forze scambiate nei freni a tamburo.
305-306
Forze scambiate nella croce di Malt.a
282-285
Forze scambiate nelle ruote dentat.e
89-90
a denti diritti
104-105
a denti ~licoidali
115
coniche
119-125
coniche ad asse dente curvo
130-131
ad assi sghembi
137-138
a vite
291-326
Freni
293
ad att.rito
308-311
a disco
322-326
a fluido
311-315
a nastro
298-3_08
a tamburo
307
autoavvolgenti
334-348
elettromagnetici
Frizioni
radiali
338-340
340-342
assiali
Gabbia distanziatrice
Gioco
di fondo
normale
trasversale
Giunti
Bendi x- Weiss
376, 377
79
79
79
3-19
16-17
di Cardano
di Hooke
di .Oldham
idraulici
omocinetici
Rzeppa
Glifo oscillante
Graham, scappamento di
Grossezza di un dente
Guida di Fairbairn
. 3-13
3
18-19
362-368
13-17
17-18
266
276
88
266, 280
,;
Hindley
'
139
Ingranaggi
59-157
ad assi concorrenti
69
ad assi paralleli
69
ad assi sghembi
69, 72, 125
a vite
125, 132-139
cilindrici elicoidali ad assi sghembi
l
125-132
conici
106-125
conici ad asse d.ente curvo
116-125
elicoidali
95-106
ellittici
147-150
esterni
72, 81-92
h eli con
146-147
interni
72
i poi di ,:
125, 140-146
parziali.
274, 276
spiroidi
146-147 In-nesti
331-354
a correnti parassite
348-349
ad attrito
333
a denti
333
ad isteresi
348-349
a forza centrifuga
344-346
a nastro
346-348
a particelle magnetiche
348-349
di sopravanzo
351-354
elettromagnetici
348-349
45-!
455
Int.erasse di funzionament.o
Interferenza
In viluppo
Irregolarit periodica
70
80, 84-87
73
9, 53
Larghezza di dentatura
Leggi del moto delle camme
Linea di azione
Linea di contatto
Lubrificazione
idrodinamica
idrostatica
limite
mista
79
23'2-236
75, 76
63, 73, 75
391
391
391, 442-443
392
Manovella
::?64-265
Manovellismo
:?64-366
Meato
391' 409
Meccanismi
257-391
a glifo oscillante
266-269
a rapido ritorno
266-268
articolati
257-264
con punti di precisione
272
di amplificazione degli sforzi
269-270
di Peaucellier
270-271
di Scott-Russell
270
di Watt
272
per la generazione di moto intermittente
274-291
___ _per la gener.azione di un moto ellittico
272-274
Modulare, proporzionamento
80
Modulo
79
assiale
79, 134
normale
79
Moltiplicatori a rotismi ordinari
163
Molt.iplicatori di sforzo con flessibili 21-26
.Momento di inerzia equivalente
161
Moto sferico
109
~umero
Oldham, giunto di
Omocinetico, giunto
18-19
13-18
Pantografo
Paranco di sollevamento
Passo
assiale
assiale nelle viti
dell'elica
di una catena
di una dentatura
elicoidale
frontale
normale
trasversale
Pattino piano
Peaucellier, meccanismo di
Piano
dei contatti
generatore
omocinetico
principale
ti
Piede di biella
Pignone
Planetario
Poncelet, formula di
Portatreno
Potenza dissipata
Pressione
in un freno ad attrito
in un freno a disco
in un freno a tamburo
Primitive
273-274
25
79, 134, 131
200
'97
i
48
76
134-135, 200
100
79, 100
79, 100
396-399
270-271
100-101
98
15
132
264
69
165-166
92, 95
165-166
433
294-298
312
302-303
64, 68, 73, 77
Quadrilatero articolato
258-261
Raccordo
Raggio di curvatura
Raggio di raccordo
Raggio primitivo immaginario
Rapporto di ingranamento
Rapporto di trasmissione
immaginario
nei rotismi epicicloidali
nei rotismi ordinari
... nell' cinghie
nelle ruote dentate
nelle ruote di attrito
Reazioni vincolari
Rendimento
meccanico
nei rotismi epicicloidali
nella vite-madrevite
-----------------------~-------------
78
80
80
113
69
114
167
160
'36'
60
10
2, 10
325, 357
175-177
204
nelle cinghie
36
nelle ruote de n t ate
91. 132, 138, 139
nelle vi t.i a circolazione di sfere
218
nelle viti differenziali
211
volumetrico
325, 357
Retta di pressione
63, 61, 214
Reye, ipotesi di
298
Reynolds
condizione di
410
equazione di
392-399
numero di
440
Riduttori
armonici
194-198
a rotismi epicicloidali
I72-1i4
a rot.ismi ordinari
163
cicloidali
191-194
Riduzione dei momenti di inerzia
161
Rigidezza
anelastica
23
elastica
23
Rocchetto
84
Romiti
circonferenza di
304
punt.q di
304
Rotismi epicicloidali
165-191
a ingranaggi conici
177-180, 182
multipli
180-18i
senza portatren o
190-191
Rot.ismi ordinari
159-163
Rullo tenditore
38,41
Ruota a vite
132, 134
---Ruot.a oziosa
160
Ruot.e dentate
51, 59, 60, 69
a scalini
95-97
Bilgram
116
cilindriche a denti elicoidali 95, 97-106
cilindriche elicoidali ad assi sghembi
125-132
456
coniche
coniche ad asse dente curvo
esterne
Gleason
interne
piano coniche
Ruote di attrito
Ruote libere
Rzeppa, giunto
'
Satellite
Scappamenti
Scappamento di Graham
Scorrimento
arco di
globale
Scott-Russell, meccanismo di
Segmento dei contatti
Solare
Sommerfeld
ipotesi di
numero di
Spessore
di sommit
normale
trasversale
Sterzo dei mezzi cingolati
Superfici
coniugate
di riferimento
primitive
Superficie
ausiliaria
di azione
di fondo
di piede
106-125
116-125
76
116
76
112
59-60
351-354
li-18
165-166
276
276. 277
35
35
di testa
di troncatura
74
74
39-41
Tensione di forzamento
Trasmissione
33-38
a cinghie
355-374
a fluido
44-45
a rapport-o variabile
51-56
con catene
con ruot.e de n tal-e
-62
con ruote di attrito
59-60
fra assi sghembi
125
idrocinetica
355, 362-373
idrostatica
355, 356-362
idroviscosa
355, 373-374
Tredgold, approssimazione di
112
/
'
:no
81-82, 93
165-166
411
410
413, 419
80
78
78
188-189
73
2,3
7
i3
74, 76
i4
i4
Vano
normale
78
t.rasversale
78
Variat.ori continui di velocit
61, 62, 359
Velocit angolare negli ingranaggi
il
Velocit di strisciamento 73, 84, 129, 136
Vit-a di un cuscinetto
385-390
Vit-e
132, 199-218
a circolazione di sfere
211-218
differenziale
209-211
globoidale
139
multipla
211
13'>_ _
senza fine
Wau, meccanismo di
Willis, formula di
22
167
;!