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di Vittorino Andreoli
Inizia una riflessione sulla figura del prete: ma non in s,
quanto in rapporto a noi, in rapporto alla societ in cui egli
vive. Ovvio infatti che per parlare del sacerdote come tale, ci
sono competenze e responsabilit precise. Noi invece vogliamo
socializzare il discorso, includerci, considerare il profilo del
sacerdote nei risvolti che ci riguardano. il professor Andreoli
stesso, grande studioso della psiche, e oggi acuto osservatore di fenomeni culturali, a
precisare: Non sono credente, ma voglio bene ai preti. Tutti devono voler loro bene.
Sono figure importanti per tutti. E io voglio che siano felici. Questa la chiave di
interpretazione delliniziativa che oggi parte, e sulla quale ci auguriamo un confronto
ampio.
IL SACERDOTE E IL SACRO
Un personaggio della nostra societ
Il sacerdote un personaggio della nostra societ. Figura che ha una sua lunga storia
nella nostra cultura, e che ha assolto compiti diversamente riconosciuti, sovente anche
contrastati. Profilo che cambiato, perch cambiato il contesto in cui si pone. Cos,
pur perseguendo sempre lo stesso obiettivo, legato al ruolo che ricopre, lambiente in
cui vive lo ha in parte modificato, mutando anche la forma esteriore con cui egli si
presenta al popolo. Dalla veste talare lunga e nera, con berretta a punte e pompon o
cappello rigido a larghe tese, lo si vede talora in abito "borghese", in jeans e shirts, non
pi identificabile o immediatamente riconoscibile. E questo lo ha fatto per nascondersi,
quando la sua missione, contrastata, doveva svolgersi in maniera clandestina; oppure
per la convinzione che dovesse essere notato non tanto per labito quanto per il suo
modo di essere e per il suo comportamento, invertendo il detto popolare che labito a
fare il monaco.
un personaggio colto, perch il raggiungimento della sua posizione comporta studi
severi e una lunga preparazione, ma a distinguerlo non il sapere, bens il ruolo, che ha
unorigine nel mistero, una vera consacrazione. Ciononostante, ci sono stati periodi in
cui il suo sapere ne ha caratterizzato il ruolo e la maniera di essere percepito, soprattutto
in situazioni di istruzione sociale carente, come nel nostro passato storico. Rimane
indubitabile che la sua vera caratteristica e funzione tuttavia una e una sola, e si lega a
un ministero che egli acquisisce attraverso il conferimento dellOrdine, che gli
conferisce il munus sacerdotalis. Insomma, una persona che si inserisce nel mistero, e
quindi dentro un credo.
Il mio interesse
E qui subito si accede allanalisi della sua figura per noi, anche se occorre che io mi
chieda perch abbia scelto di farlo. E dica quali sono le motivazioni che, almeno
consapevolmente, mi hanno indotto a farlo, in via del tutto libera.
comportamento nei confronti della Chiesa, mediato dal legame con i suoi sacerdoti.
Ecco, forse devo esprimerlo chiaramente con le parole dei sentimenti: io li amo per tutto
questo. S, e non sono credente.
Il sacerdote visto da un non credente
E me la sono posta, la domanda: possiedo io le caratteristiche per arrogarmi questo
diritto a parlare? Non sar uno che affronta un tema senza averne gli strumenti, non
diversamente da come agirei se domani mattina entrassi in sala operatoria e cominciassi
un intervento chirurgico per il quale, pur essendo medico, non sono preparato, non
possedendo nemmeno gli strumenti? E gli strumenti in questo caso non saranno la fede
e il credere, mentre io sono un non credente?
Penso di poter sostenere, almeno per la mia esperienza, che si pu amare anche chi non
appartiene al proprio mondo. E penso pure che, se uno non crede, pu dire che il
sacerdote non gli serve, allo stesso modo per cui non gli serve lidraulico se limpianto
di riscaldamento funziona, o non ha bisogno del dentista se ha i denti sani. Ma ci non
toglie tuttavia che si possa avere stima, e persino amare una professione, come quella
dellidraulico o dellodontoiatra, o per lappunto del sacerdote.
Il non credente non prova fastidio verso i credenti, alla maniera dellateo che li
considera degli illusi quando non degli stupidi perch si affidano a false verit e vivono
di errori. I non credenti sono persone che non hanno avuto un incontro personale con il
Signore, di cui il sacerdote seguace ed esempio. La fede un dono e si lega
allincontro tra Dio e una persona, e la grandezza del cristianesimo stata nel portare la
dimensione del legame di Dio non pi con un popolo eletto ma con ciascun uomo,
grazie a un incontro tra il singolo uomo e Dio stesso. Insomma, la soluzione del Dio
personale. Ebbene, quellincontro nel non credente non avvenuto, ma ci potr essere.
E come diceva Pascal: Non basta voler credere per credere, occorre lesperienza.
Certo la differenza tra uno che crede e uno che non crede enorme, ma la distanza
temporale pu essere di solo un secondo e quella di luogo, addirittura una vicinanza.
Credere, un bisogno delluomo
Ma devessere anche chiaro che il credere, prima che unesigenza indotta da una
religione, un bisogno delluomo. Il bisogno di credere umano, di questa terra.
semmai la risposta specifica, di quel credo, di quella religione che lega al cielo e magari
proviene dal cielo.
Non penso, dunque, che la mancanza di appartenenza a una fede, che significa anche la
mancanza di relazione con il sacerdote nelle sue funzioni sacre, tolga la possibilit di
guardarlo e di cercare di capirlo.
Essendomi dedicato per molti anni alla ricerca scientifica, e quindi allanalisi di alcuni
problemi biologici e il mio interesse era rivolto al cervello ho imparato che ogni
risultato e affermazione hanno valore entro la metodologia che si applicata per
rilevarli e quindi dentro i limiti che tale metodologia ha imposto. Ma ho imparato anche
che i risultati conseguiti sovente non solo sono utili, ma pur nella loro parzialit sono
straordinariamente importanti: penso alla medicina, a cui le mie ricerche erano rivolte.
Insomma, terra e cielo si toccano.
Sacro e religioso
Da questo richiamo si pone una distinzione netta tra sacro e religioso. Religioso
significa legame (da religio), ed bellissimo poich il legame ha una funzione di
rassicurazione. I sentimenti sono i legami che una persona stabilisce con unaltra, e nel
legame si seda la paura.
Ebbene, la religione la risposta ai bisogni del sacro. Dunque, il sacro umanissimo, ed
esperienza di questa terra; e la religione la risposta totale, senza dubbi, senza
rimandi, affermata persino da unautorit che ha il nome di Dio, dellAssoluto.
Il sacerdote dunque , dal mio punto di vista, un uomo religioso che d risposte
attraverso gesti, liturgie, cerimonie ai bisogni del sacro che ogni uomo prova.
Se il sacro una funzione della mente, e dellessere uomo, e una caratteristica
potremmo dire della sua biologia, allora si capisce bene perch a proposito del sacerdote
si parla anche di una funzione sociale, ossia di un livello squisitamente terreno della sua
funzione.
LA VOCAZIONE
La vocazione ordinaria
Ogni professione richiede di valorizzare le qualit di ciascuno, le sue disposizioni
attitudinali, e la precisa volont di dedicarsi al campo prescelto.
Vocazione viene da vocare, che significa chiamare, invocare. La vocazione dunque
una chiamata, talora addirittura uninvocazione a dedicarsi a un ruolo sociale, una volta
verificate la capacit e la disposizione a svolgerlo. Un riferimento, questo, che suona
oggi stonato, se si pensa a come vanno le cose nel nostro tempo, nel quale il lavoro si
lega piuttosto alle circostanze, a una combinazione del tutto casuale di eventi o di
incontri. triste, come pure mi capitato, andare in taxi da Fiumicino al centro di
Roma, accompagnato da un giovane tassista che racconta di essere un laureato in
filosofia teoretica; oppure trovarsi a pagare il pedaggio autostradale a una persona che
confessa dessere un ingegnere edile. Un vero dolore, che mostra lo spreco di una
societ che prima mette a disposizione strutture e mezzi, peraltro limitati e in ambienti
non certo ideali, per raggiungere delle competenze, e poi si dimentica di programmare
unaccoglienza proporzionata a quellesito.
Mala tempora quando non si riesce a combinare le doti individuali (talenti) con la
preparazione e i bisogni sociali, consentendo cos ai singoli la soddisfazione che
meritano per essersi impegnati nel conseguimento di una precisa professionalit.
Eppure, la vocazione necessita di una cornice di grande rilievo.
Occorre che ciascuno abbia consapevolezza delle proprie capacit, che non sono sempre
evidenti, ma possono emergere durante un processo educativo in cui il singolo scopre
quali funzioni riesce a svolgere bene, provando piacere nelleseguirle. Del resto proprio
a questo scopo si sono sviluppate tecniche di ricerca dei talenti e di orientamento nella
loro applicazione sociale, avendo presente il quadro non solo delle professioni in atto
ma anche di quelle che il mercato del lavoro riesce appena a intravedere, allinterno di
una societ mobile e in forte cambiamento.
basterebbe guardare ai santi per accorgersi di quanto siano tra loro diversi sul piano
delle caratteristiche fisiche, della personalit e dellappartenenza sociale.
Avendo diretto a lungo una divisione clinica, mi sono reso conto che cerano medici che
facevano ugualmente bene il loro lavoro pur con personalit e disposizioni differenti e
talora contrapposte. E dunque che la fatica per raggiungere il comune obiettivo era
evidentemente diversa. Immagino ma qui ho una minore esperienza che qualcosa del
genere si possa dire anche per chi aspira al sacerdozio.
Torno su un concetto gi espresso, e che ritroveremo ancora: quello della serenit e
della felicit. Ho conosciuto sacerdoti che manifestano questi atteggiamenti anche in
momenti obiettivamente difficili, e altri che rivelano uno stato di ansia, di
preoccupazione continua, e temono sempre di non farcela. Ebbene, questo, dal mio
punto di vista, il vero test di adeguamento a un determinato ruolo sociale.
Mi spiego, rifacendomi a quanto si dice parlando della fede intesa come incontro
"personale" del singolo uomo con Dio. Questa daltra parte la caratteristica del
cristianesimo. Non sufficiente conoscere la rivelazione storica, avere letto tutti i libri
del Vecchio e del Nuovo Testamento; certo, questo serve, ma non ancora fede. La fede
sta nellincontro, cio nel Dio che si manifesta al singolo uomo. E questo incontro
trasforma un non-credente nel credente. Mi piace sottolineare che il non-credente, a
differenza dellateo, potrebbe anche essere pronto ad accogliere il Signore, ma bisogna
che questi si riveli. Il che un puro dono.
Io trovo bellissimo che la fede sia legata a unesperienza precisa, per quanto singolare e
indicibile, dal momento che essa per un verso pesca nel mistero, e dunque nel sacro.
Va da s che questo incontro devesserci stato a un certo punto nella vita di chi vuol
diventare sacerdote. Ma di per s non ancora la chiamata, tant vero che non tutti gli
uomini con fede hanno la vocazione a diventare sacerdoti. Occorre per questo che quel
Dio di Ges Cristo, che insieme il Dio personale, abbia invitato a seguirlo, e a seguirlo
in maniera speciale. Quella del ruolo sacerdotale una chiamata di dedizione esclusiva,
un invito damore che sottrae da altre possibilit di amare.
E capisco perfettamente che si tratta di un legame ben pi profondo rispetto a quello di
una presenza comune, perch richiede una dedizione totale. E allora chiaro che un
sacerdote non pu essere al contempo come uno che ha abbracciato una qualsiasi altra
professione.
Trovo veramente strano che talora si voglia ridurre il sacerdote alla stregua di uno che
preso da una serie di preoccupazioni legate a una propria famiglia, a un proprio lavoro.
Si tratta, per lui, di una vita qualitativamente diversa, intensamente diversa, ma non una
vita doppia, intesa come somma di esperienze. E se uno soltanto capisce cosa voglia
dire una chiamata a "lasciare tutto" e a seguirLo, trova assurde le ipotesi del prete
sposato con famiglia, del prete manager o anche soltanto macellaio. Un ruolo quello
del prete che si fonda certo su alcune caratteristiche proprie, ma anche su un legame
speciale con Dio, che non il direttore generale di una grande azienda, bens appunto
Dio. Uno pu negarlo nella propria vita ma non negare che esista nella vita di un
sacerdote, il quale ha inforcato la sua missione rispondendo a una chiamata che viene da
Dio direttamente.
Certo, c anche la posizione dellateo, che nega il sacerdozio perch nega Dio e ritiene
che chiunque vi creda sia un minus habens o un infatuato che vive di illusioni. Ma non
questa la mia posizione, pur non avendo io incontrato il Signore, e dunque non avendo
io ricevuto alcun invito alla sequela, credo che ci possa essere accaduto ad altri, perch
ho rispetto dellaltro e non mi sento di dire che ci che io non ho vissuto non solo non
esiste ma non pu neppure esistere. Non sono mai stato a Bali e non ho certo in
programma di andarci, ma sono sicuro che Bali c, anche se ritengo che sia un luogo
abbastanza al di fuori della mia esperienza da non desiderare affatto di andarci.
La vocazione sacerdotale una vocazione come tutte le altre, se la si considera nella
dimensione dellincontro tra le disposizioni personali e le esigenze della societ, ma in
pi una chiamata speciale che proviene da un incontro personale con Dio, che oltre
quello che si attua per credere. Certo, occorre credere, e quindi avere incontrato il Dio
che c, ma si tratta anche di seguirlo.
IL SEMINARISTA
Una premessa
Se si vuole comprendere il valore di un qualsiasi professionista, utile, forse addirittura
indispensabile, conoscere le scuole che ha frequentato, e sapere quindi quale sia stato il
suo effettivo percorso formativo. Da quel momento, per misurare le sue reali capacit, si
dovranno aggiungere lesperienza pratica e la formazione permanente. Questultima gli
permetter di aggiornarsi sulle nuove conoscenze legate allo sviluppo intrinseco della
sua disciplina e ai cambiamenti della societ, che pone sempre nuove domande.
Questa stessa esigenza si avverte per il sacerdote, pur se la sua una situazione del tutto
particolare, che proprio per questo necessita di istituzioni formative adatte allo scopo.
Se per tutti i cittadini i criteri e i luoghi sono decretati dal Ministero della Pubblica
istruzione, per la formazione del sacerdote essi sono previsti dapprima dalla Chiesa
universale, che fornisce i lineamenti generali, quindi dalle Conferenze episcopali
nazionali, che elaborano gli adattamenti locali. Ferma restando la competenza propria di
ogni vescovo, che il primo moderatore del suo seminario e il primo responsabile nella
formazione permanente del clero. Il seminario, si sa, unistituzione diocesana, ma in
certi casi pu anche essere interdiocesana o regionale.
Dal che si capisce perch, volendo parlare del sacerdote come figura della societ
attuale, si debba partire dal seminarista, che , in un certo senso, un sacerdote in fieri;
anche se la sua crescita va seguita e rispettata in s, quale che sia lo sbocco concreto
della sua vocazione. Per questo ci soffermiamo a capire come funziona un seminario. E
per coglierlo con esattezza, opportuno riferirsi alle norme emanate dalla Conferenza
episcopale italiana. La tentazione di parlare dei seminari per quello che ciascuno di noi
conosce, o crede di conoscere, deve essere vinta infatti dalla necessit di riferimenti
precisi, e in qualche modo ufficiali.
Il documento a cui bisogna oggi riferirsi si intitola:
La formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana: orientamenti e norme per i seminari,
promulgato il 4 novembre 2006. Si tratta della terza edizione di un testo pubblicato
dapprima nel 1972 e quindi nel 1980. Uno sforzo di adattamento che nel corso del
Concilio Vaticano II stato raccomandato con il documento Optatam totius (al n.1),
dove si dice: di adattare periodicamente i principi generali della formazione
presbiterale alle particolari circostanze di tempo e luogo, in modo che essi risultino
sempre conformi alle necessit pastorali delle regioni in cui dovr svolgersi il ministero
dei presbiteri (Optatam totius, 1). Quanto al testo Cei, bisogna dire che, in continuit
con le due precedenti edizioni della ratio institutionis sacerdotalis, ha cercato di
recepire le nuove domande poste dal mondo giovanile, di prestare attenzione al mutato
contesto culturale ed ecclesiale (La formazione dei presbiteri Presentazione, 1).
Innanzitutto una precisazione di ordine lessicale: il documento parla di presbitero, noi
qui usiamo prevalentemente il termine sacerdote e po anche la parola prete, che di uso
la pi popolare. Il presbiterato, si sa, un grado del sacramento dellordine che si pone
tra il diaconato e lepiscopato. Prima del Concilio Vaticano II invece si distingueva tra
ordini minori (lettore, accolito, esorcista e ostiario) e ordini maggiori (suddiacono,
diacono e presbitero). Limpianto stato poi riformato e alcune funzioni degli ordini
minori possono essere svolte dai laici anche senza aver ricevuto uno specifico ordine.
Oggi c un unico ordine che ha in s tre gradi: il diaconato, il presbiterato e
lepiscopato.
Il seminario minore
Ai ragazzi e ai giovani che mostrassero segni chiari di vocazione al presbiterato, si
aprono, a seconda dellet, due percorsi propedeutici al seminario maggiore: la
comunit del seminario minore [11-19 anni] e la comunit propedeutica (Ibidem, cap.
II, 1, 34). Dove a colpirmi lattenzione che si pone al fatto comunitario: il seminario
ad ogni livello una comunit e ci rileva che questa una dimensione essenziale per la
formazione sia culturale che propriamente ecclesiale. Il seminario , in se stesso,
unesperienza originale della vita della Chiesa Gi sotto il profilo umano, esso deve
tendere a diventare una comunit compaginata da profonda amicizia e carit cos da
poter essere considerata una vera famiglia che vive nella gioia Il seminario non
dunque solo unistituzione funzionale allacquisizione di competenze teologiche e
pastorali, o un luogo di coabitazione e di studio. anzitutto luogo di vera e propria
esperienza ecclesiale, una singolare comunit di discepoli una comunit educativa in
cammino unautentica scuola di santit (Ibidem, cap. III, 1, 60-63).
Verso il seminario minore ci sono stati atteggiamenti diversi: nella fase immediatamente
successiva al Concilio dominava lidea che le vocazioni "tardive" fossero quelle da
guardare con particolare interesse, poich garantivano una scelta pi consapevole. In
questo caso, il giovane (o anche un adulto) entrava nel seminario maggiore per la
formazione sacerdotale specifica, spesso avendo ottenuto un diploma ordinario o una
laurea. Nella pedagogia allora in voga, qualcuno arrivava a parlare di una impossibilit
di scelta in et infantile e adolescenziale, e riteneva che il seminario minore potesse al
massimo essere una scuola cattolica parificata. Oggi la tendenza cambiata e il citato
documento dei vescovi d nuova importanza ai seminari minori. La Chiesa mette a
disposizione, anche per let della preadolescenza e delladolescenza, una specifica
comunit per liniziale discernimento e accompagnamento delle vocazioni al
presbiterato Offre a ragazzi e adolescenti una proposta di vita al seguito di Ges, in
un contesto comunitario, tenendo conto delle esigenze tipiche dellet Perch il
seminario possa svolgere efficacemente il suo compito ha bisogno di unquipe
educativa stabile e motivata, preparata ad affrontare i problemi delladolescenza
(Ibidem, cap. II, 2, 35.37).
Ed a questo punto che si fa riferimento alle competenze psicopedagogiche. La
attraverso lacquisizione nel terzo anno del lettorato e nel quarto dellaccolitato. Il
lettore si lega a un rapporto peculiare con la parola di Dio, con la lectio divina; nel
quarto si stabilisce un rapporto privilegiato con leucaristia. Nel terzo biennio si ha la
preparazione immediata verso lordinazione diaconale che avviene al quinto anno e
lordinazione sacerdotale al sesto. Mentre si acquisiscono queste specificit ecclesiali, si
segue un programma articolato di studi filosofici, teologici e liturgici.
La dimensione psicologica
Nellambito della formazione umana dei seminaristi, pu essere utile lintervento degli
psicologi. Tale intervento non finalizzato direttamente al discernimento della
vocazione, compito che spetta agli educatori del seminario Allinizio del cammino di
formazione, gli psicologi possono coadiuvare gli educatori a individuare nei candidati
eventuali problemi di psicopatologia. Inoltre, durante gli anni del seminario, essi
possono aiutare i seminaristi a raggiungere una maggiore conoscenza di s (Ibidem
cap. III, 3, 76).
Nella scelta degli psicologi di riferimento... necessario verificare che la base su cui si
fonda il loro lavoro sia coerente con la dimensione trascendente della persona e con
lantropologia cristiana della vocazione (cfr. Ibidem, cap. III, 3, 76). opportuno che
la possibilit di unindagine e valutazione psicodiagnostica sulla propria personalit sia
offerta a tutti, nel rispetto della libert di ciascuno, allinizio del percorso formativo
(Ibidem cap. III, 4, 94).
Pur in una cauta apertura, pi volte richiamata nel documento, si avverte una certa
preoccupazione a che le scienze psicologiche possano interferire nel percorso formativo.
Il protagonista principale in seminario lo Spirito di Dio, manifestatosi in Cristo, che
il modello a cui uniformare la propria esistenza.
questo il contesto entro cui i giovani entrano in seminario e acquisiscono la
denominazione di seminaristi.
IL SEMINARIO
Una scelta "precoce"
Si ha la percezione, non so quanto suffragata dai fatti, che sia in atto una rivalutazione
circa il seminario minore. Unopzione che si inquadra nella strutturazione dei nuovi
percorsi formativi del futuro sacerdote, e che potrebbe motivarsi anche per la
dispersione che caratterizza le esperienze infantili e adolescenziali odierne. In altre
parole, potrebbe emergere sempre pi nettamente la volont di promuovere
uneducazione pi stretta, dunque pi raccolta, in ordine alla formazione del sacerdote
"in erba". Il seminario minore diventa in questo caso il luogo in cui si favorisce
lesplicitarsi di una chiamata, in un clima fatto anche di silenzi e di raccoglimento,
invece che di quel baccano del mondo che sembra impedire la coltivazione
dellinteriorit e riduce luomo alla sua superficie cutanea e allapparire.
Se vero che la scuola in generale deve prima di tutto insegnare a vivere, e dunque non
limitarsi alla trasmissione di informazioni tecniche, ne deriva che una vera formazione
condotta in et scolare debba occuparsi anche dei modelli esistenziali, a cui si legano
processi importanti proprio per la maturazione e lequilibrio della personalit.
che sono emessi negli ordini religiosi o monastici) delle scelte consapevoli e felici,
giacch in una visione terrena o mondana essi appaiono piuttosto come un limite, o
come unimposizione. Al punto da sembrare assurdi, e umanamente inaccettabili.
Per capire come una simile scelta possa invece essere addirittura gioiosa, bisogna partire
dallamore, e se non scandalizza dallamore anzitutto come dimensione
propriamente umana. Considerato il pi sublime dei sentimenti, quale condizione
straordinaria e sognata, se ben valutato lamore la promessa di fare non solo ci che
gradito allamato o allamata, ma anche quello che vuole. E in questo legame, fare ci
che piace allaltro d gioia, non per il gesto in s, ma proprio per leffetto che provoca
nellamato. Lamore ribalta la "logica" di ci che sembra avere o non avere un senso.
una condizione in cui ci che considerato "normale" si trasforma.
Le rinunce damore non di rado sono imponenti, eppure sono pesi portati con la certezza
di arrecare piacere e gioia a colui senza il quale non si riuscirebbe a vivere. E non
nemmeno necessario caricare laltruismo proprio dellamore di significati teorici, basta
analizzare la dinamica dellunione di mente e di corpi, per convincersi che la rinuncia
tende alla soddisfazione dellaltro e a far piacere.
Insomma, lamore insegna che si pu essere felici per un bene o un gesto che si riceve,
ma altrettanto felici per un bene o un gesto che si compie. Oggi viviamo in una societ
irrigidita nelle espressioni altruistiche, e ci a causa di una dominante cultura del
nemico. Le relazioni interumane sono dapprima fredde e sulla difensiva. Ci sfugge
persino la gioia e il piacere che derivano dallessere gentili e generosi, nel fare qualcosa
che laltro apprezza, nel mostrare rispetto, e offrire solidariet, comprensione,
condivisione, cooperazione. bellissimo fare il bene, esattamente come riceverlo. Cos,
la scelta del sacerdote che, vista dallesterno pare una rinuncia, pu essere vissuta
addirittura come gioia. E certamente poter dire alla persona amata, faccio tutto ci che
vuoi, potrebbe sembrare culturalmente un romanticismo depass, mentre
psicologicamente rimane unesperienza vera.
Cos le promesse di ubbidienza, castit e povert, staccate dal contesto in cui si
pongono, finiscono con lacquisire un significato totalmente differente rispetto a quando
le si legge inserite in un legame damore. Le promesse cio fanno parte della scelta
sacerdotale, e quindi rientrano in un legame damore con Cristo e la sua Chiesa. Lette
come rinunce, apparirebbero follie, inserite invece in un contesto damore acquistano un
significato diverso: gi nella dimensione dellamore umano, figurarsi in un rapporto
damore con Dio.
E chi non ha mai vissuto la relazione dellamore teologale deve astenersi dal giudicare
le dinamiche di questa dimensione, per non cadere in un intellettualismo freddo e
arrogante o nellateismo.
Le promesse nella missione sacerdotale
Non nemmeno corretto, parlando del sacerdote, partire dai voti, quando questi hanno
senso se collocati dentro la missione propria del sacerdote, nella prospettiva di una
completa dedizione agli altri, agli ultimi, agli abbandonati.
Si aggiunga poi la facolt di rimettere i peccati. Dove lo scarto tra lessere e il dover
essere genera un senso di colpa che con lEgo te absolvo viene superato, come la pi
preziosa delle terapie.
Al di l del dinamismo sacramentale, questa unoperazione che a suo modo e al suo
livello compie ad esempio anche lo psichiatra. Basti ricordare il rapporto che egli attua
con un ossessivo, con un soggetto cio che gravato dal senso di colpa, fino a vivere
ogni gesto come colpevolezza e quindi come qualcosa che egli avrebbe dovuto evitare.
Sostenuto dallautorit clinica, lo psichiatra gli garantisce che non stato compiuto
nulla di tragico: a quel punto il paziente comincer a respirare, a vivere cio senza la
cappa di piombo che si sentiva addosso. Uscendo dalla patologia, chi non ricorda il
proprio padre che, non approvando un nostro comportamento, tuttavia ci abbracciava e a
suo modo "ci assolveva", raccomandandoci di non ripeterlo pi? O come quando,
ritenendo di aver commesso una mancanza, si ha lannuncio che il timore era
sproporzionato e si viene come liberati da una colpa che in realt non si era commessa.
Naturalmente nella visione cristiana, e in particolare nella dinamica sacramentale, il
senso di colpa si precisa e si identifica nel peccato, inteso come mancanza commessa
nei riguardi della bont e della fedelt di Dio, e dunque nella mancanza verso i fratelli.
E la Confessione atto non comparabile ad altri. Il non credente pu faticare a percepire
il salto di qualit tra una relazione meramente umana e la relazione che lega
personalmente a Dio, ma non gli pu sfuggire che la facolt di sciogliere dal peccato e
dalla colpa, sia un compito straordinario.
Ci sono altri "poteri" che il sacerdote acquisisce con lordinazione: per la spiritualit
cristiana egli allaltare un altro Cristo, mentre per la teologia egli agisce in nome e per
conto di Cristo. Cio, ci sono azioni che sono proprie ed esclusive del sacerdote.
Ebbene, nel quadro di questa identit che si possono leggere e capire le promesse di
povert, ubbidienza e castit, le quali ad di fuori di una simile cornice apparirebbero
come semplici rinunce.
Le promesse nellesperienza della sacralit
Giover ricordare che figure sacerdotali, pur variamente connotate, sono esistite
praticamente in tutte le religioni antiche ed ancora esistono in molte culture animistiche.
In simili contesti, a determinate persone vengono attribuiti dei poteri speciali, che le
contraddistinguono nel comportamento dalla vita ordinaria. Il che significa che gi sul
piano antropologico ha un senso che, per fare certe cose, bisogna non compierne altre. E
ci corrisponde alla necessit di dare una connotazione speciale alluomo sacro, per
riconoscerlo come un rappresentante della divinit. Una simile rappresentazione
carismatica lavevano assunta, nellantichit e in talune tradizioni, anche certi monarchi:
nella cultura egiziana, ad esempio, il re era coincideva con la divinit; di qui le forme
della sua rappresentazione in vita e dopo morte.
So bene che il sacerdozio cattolico una figura non confondibile con altre. un unicum
come Cristo. Tuttavia, a me interessa qui rilevare come non sia un assurdo sul piano
antropologico che vi sia una distinzione di comportamenti da commisurare in taluni casi
sulle dimensioni della sacralit e sulla necessit di comunicare questa.
In ambito cattolico, le promesse che il neo-sacerdote assume al momento
dellordinazione attengono a dei fatti comportamentali, i quali sono a loro volta sono
attinenti allidentit del sacerdote, e al carattere della sua missione. Si pu dire che sono
questi comportamenti la vera tonaca, in senso metaforico, del sacerdote, il segno della
sua distinzione tra il popolo.
Il voto nel comportamento laico
Il voto (da votum = promessa) un impegno solenne fatto a Dio. Il sacerdote esprime in
tal modo limpegno a rimanere povero, ubbidiente e casto. Ma utile ricordare
letimologia poich, in se stesse, le promesse non risultano come atti esclusivamente
riservati al sacerdote. Quelle del sacerdote per sono promesse, oltre che pubblicamente
assunte, espresse anche allinterno della celebrazione di un sacramento.
In questo contesto sar utile ricordare pure come la parola giuramento (juramentum)
contenga la radice jus-juris, che sta per diritto. Giurare una promessa che si basa sul
diritto, e che segue una formula rituale. Ma non altro che una promessa. I soldati
promettono fedelt alla costituzione o alla patria. Gi lo facevano i mercenari che
giuravano davanti al comandante. In tribunale, si giura di dire la verit, di mantenere il
segreto e lo si fa ritualmente, un tempo alzando la mano e recitando una formula
precisa. Dunque, il giuramento richiede una forma data e non pu essere mutata. I
ministri giurano davanti al capo dello stato.
Non un caso che nella storia juramentum si trovi spesso associato a sacramentum. Una
formula presente nei testi antichi Deos jurare, nel senso di chiamare a testimoni gli
dei.
Anche il matrimonio avviene attraverso lo scambio di promesse, dove esplicitato il
desiderio ("vuoi tu ") del legame e la promessa di mantenerlo. Varie sono le promesse
che si esprimono nel corso della propria vita, nei diversi dominii; e promesse si fanno
anche a se stessi, quando ci si impegna a realizzare qualcosa, quando si fa un progetto e
si stabiliscono i termini della sua realizzazione. Insomma, tutta la vita in un certo senso
una promessa. Un altro termine che esprime qualcosa di analogo : contratto
(contractus, participio passato di contrahere), e lo si usa nel senso di contrarre un patto
che ha in s la promessa di mantenere ci che stato stabilito. Anche il matrimonio
nella sua dimensione laica un contratto (mentre nella dinamica religiosa un
sacramento), che ha la valenza di un legame basato sulla promessa di reciproca fedelt,
e un tempo anche di automatica comunanza dei beni (che ora solo una opzione).
Insomma, traspare abbastanza nettamente che lesistenza umana contrassegnata da
promesse, giuramenti e contratti, che hanno una propria liturgia; formule dellesperienza
terrena, che in questo si differenziano dal voto che ha una sua intrinseca connotazione
religiosa. Dal punto di vista psicologico, i voti si pongono nella dinamica tra lIo attuale
e lIo ideale che tende a migliorare il singolo, e lo induce a perseguire i propri obiettivi
attraverso limpegno. Il sacerdote deve raggiungere un suo Io ideale cristianamente
connotato, sullimmagine di Cristo sacerdote: per questo formula tre grandi promesse e
si impegna a realizzarle. Certo, anche il sacerdote pu sbagliare, e talora non riesce a
mantenere le promesse solenni che ha fatto di fronte a Dio e alla comunit. Io per
rimango puntualmente esterrefatto quando, in un mondo in cui non ci sono pi regole e
nessuno sembra pi avvertire il senso di colpa, si riservano invece giudizi tremendi per
le mancanze di un sacerdote.
Ritengo che la promessa che il sacerdote fa di essere povero gli permetta di stare vicino
agli ultimi della sua comunit. Ed una scelta di campo precisa, la povert come effige
del dolore. In lui non basta unintenzione di distacco, come quella che potrebbe
esprimere anche un Bill Gates, luomo pi ricco del mondo. Nella scelta del sacerdote
c un dato effettuale, concreto. Nella sua scelta circa la povert a me pare che il
sacerdote esprima la promessa di appartenere solo a Dio e di affidarsi alla provvidenza,
che la speranza che il Signore provveda a ci di cui abbisogna.
Non vi dubbio che il legame con Dio su questa terra mediato dalla Chiesa e non si
pu non rilevare che proprio in questa identificazione, letta sul paradigma della povert,
possano emergere delle contraddizioni e persino dei paradossi e una facile critica
sociale; ma io guardo proprio allinterno dellecclesia, dove mi pare di vedere una
povert vissuta come espressione di appartenenza agli ultimi. A questa dimensione va la
mia simpatia. Perch difficile insegnare ad aiutare i poveri se si immersi nel lusso, e
nellinutile che per necessario a un fratello.
Tuttavia bisogna avere il coraggio di dire che la povert non e non pu essere
indigenza, se non altro perch toglierebbe i sacerdoti dallesercizio attivo della missione
cui sono chiamati.
Lubbidienza
Lubbidienza non una espressione in s chiara se non la si coniuga con unautorit. E
dunque diventa ubbidienza a qualcuno. Acquista significato in funzione di colui a cui si
d ubbidienza o, come accade nel rito, a colui cui la si promette.
Nel nostro tempo lubbidienza svalutata, e semmai si apprezza la trasgressione, la
disobbedienza, persino lopposizione. Occorre aggiungere per che sono rare
nellambito della vita sociale figure autorevoli, degne e meritevoli di obbedienza.
Nellambito della famiglia ci sono a volte padri indegni; nella scuola insegnanti che
mercanteggiano un sapere superficiale e una credibilit tenuta con la forza e il ricatto,
oppure con la rinuncia sulla base del laissez faire.
Nel campo politico domina la stupidit e la mobilit, per cui il cambiamento di opinione
regola e la coerenza considerata una debolezza. Il sapere pubblico in mano spesso a
intellettuali, sacerdoti del narcisismo, cantori del potente di turno, che butta loro
briciole sostanziose. Se si individuano delle autorit con carisma e fascino, uomini e
donne credibili e modesti, allora ubbidire un piacere straordinario, e allora si avverte
quel bisogno di autorit che porta a legarsi e a seguirla liberamente.
Ci si meraviglia della promessa di ubbidienza di un sacerdote e si tende a considerarla
una rinuncia alla propria libert, vista come rinuncia a una delle prerogative pi
straordinarie dellumanesimo. E si dimentica che un calciatore ubbidisce totalmente
allallenatore, dal quale dipende se gioca oppure no, se sta in campo due minuti o
unintera partita. Non ci si meraviglia del fatto che i giovani che si ritrovano in un
gruppo, subito creano un leader di riferimento a cui ubbidiscono, che ci sono camarille
che hanno un capo con poteri di vita e di morte ( il caso delle organizzazioni
criminali), che ci sono nel mondo mezzo milione di sette gestite da un capo con cui non
si discute e a cui si pu solo obbedire. Voglio dire che proprio oggi che ci riteniamo
allergici allubbidienza, ci sono tante diverse ubbidienze.
dimensione ampia risulta una condizione del livello di dignit umana che si conf alla
missione dellinviato di Dio. In questa luce difficile vedere la castit come una
rinuncia, semmai come il raggiungimento di una dignit che finisce per mettere in
secondo piano anche il gesto erotico. Non diversamente dal buddismo, per esempio, che
raccomanda il controllo del dolore e del piacere.
In senso generale, ritornando allinsieme delle tre promesse sacerdotali, occorre
ricordare che nel caso non fossero perseguibili o si rivelassero impegni ossessivi e
dunque difficili da seguire, rimane pur sempre la possibilit di seguire Dio nella
condizione del mondo. Del resto il sacerdozio una chiamata nella fede, che si concreta
nel lasciare tutto e seguire Cristo.
SACERDOTE DI CRISTO
Ogni uomo nel corso della sua esistenza subisce, credo, il fascino di un maestro, che per
lui diventa un modello di riferimento.
Non possibile un processo educativo, se non incorporando dei modelli. Non bastano i
princpi: questi infatti non sono ancora un "intervento educativo", se con tale
espressione intendiamo la possibilit di promuovere un comportamento nuovo o di
modificarne uno abituale. E non c dubbio che la crisi delleducazione attuale si leghi
proprio a un chiacchiericcio su regole e criteri cui partecipa anche da chi si configura
come un cattivo esempio, e non ha dunque le caratteristiche di un modello da seguire.
Nella mia vita ho avuto la fortuna di incontrare e seguire dei modelli. Laffermazione
prevede luso del plurale, e dunque di una successione di modelli, giacch non
possibile avere pi maestri contemporaneamente. O sono identici, e allora si tratta di un
eccesso inutile, oppure sono molto differenti, e allora ci si divide tra esempi divaricanti.
Il che non facilita lidentificazione, la quale implica sempre lintroiezione del modello, e
che il suo comportamento diventi legge interiore.
Il mio modello di coerenza e di moralit, oltre che di grande seriet intellettiva, stato
mio padre, a cui poi si aggiunto un modello per il sapere storico e filosofico, il mio
professore di filosofia del liceo, che ho tanto amato e con cui ho continuato a mantenere
un intenso rapporto allievo-maestro fino al termine della sua esistenza. Alluniversit
poi ho incontrato un maestro di umanesimo medico, che era incarnato dal mio
professore di patologia generale.
Non c dubbio che la morte di mio padre, troppo precoce, e avvenuta quando avevo
ancora un bisogno estremo di lui, ha fatto riversare sui maestri incontrati nella vita
extrafamiliare unesigenza compensatoria. Tant che a quel punto incominciata una
vera "religione" del padre, con un rapporto che continuato e continua ancora oggi,
poich egli dentro di me.
Tutto ci per dire che il modello di riferimento unesigenza delleducazione, e pi
ampiamente dellesistenza stessa. Il bisogno di imparare e di migliorare sempre. E chi
non avverte questa necessit da considerare indubbiamente un caso patologico, in
direzione narcisistica oppure maniacale, per la mania cio di sentirsi un "padre eterno",
un riferimento non tanto per s ma per il mondo. E la terra piena di maniacali che non
scorgono nemmeno la propria nullit, anzi la propria stupidit mista a smisurato
orgoglio.
Credo che anche solo dal punto di vista umano ci sia lesigenza di un riferimento
continuo, sicuro. Di uno specchio entro cui vedersi e correggere le proprie azioni, e
Cristo quale modello di vita, ed stato da lui chiamato a farsi apostolo, ad essere come
lui si mostrato.
So bene che qui lasse portante quello sacramentale. Tuttavia anche a livello della mia
professione sono indotto a riconoscere che il sacerdote rende presente sulla terra Chi
ormai nel cielo. Imitatore di Cristo, il sacerdote lo rappresenta in questa terra in
maniera visibile, sensibile. E se oggi non si pu mettere, come Tommaso, le dita nelle
ferite del suo costato, si pu per incontrare Cristo attraverso i suoi sacerdoti.
Come questo sia possibile, come cio possa avvenire questa identificazione, rientra in
una dinamica sacramentale sulla quale ho poco da dire. Salvo che c qui un salto
rispetto ad una logica meramente terrena; uno iato che si chiama mistero, per il quale
tuttavia la mente preparata, perch ne possiede la categoria mentale (si ricorder a
questo proposito la prima tappa del nostro viaggio, quella relativa al sacro).
Rispetto al credente, il sacerdote di Cristo colui che stato raggiunto da una chiamata:
"lascia tutto e seguimi", gli ha detto Ges Tu es sacerdos in aeternum: sarai la mia
effige, rivelerai i miei princpi che vivono in te, i quali si storicizzano attraverso di te, e
diventerai cos esempio e modello. Ti ho chiamato per questo.
Il fascino del ruolo sacerdotale
Confesso ancora una volta di essere affascinato da queste prospettive, pur se avverto il
balzo che la mente e la logica non aiutano a sanare, ma forse questo esattamente il
limite proprio del non credente.
Devo dire che amo molto il teatro. Dove lattore colui che assume su di s una figura
che non lui stesso. Cos pu persino capitargli di rappresentare la figura del Cristo; e
sono molte le rappresentazioni realizzate, alcune anche di una forza incredibile, capaci
di porre lo spettatore come se si trovasse di fronte al Cristo della storia. Non
diversamente da quando lattore copre il ruolo dellEnrico IV nellAmleto o nellEdipo
re.
Nulla tuttavia di questo avviene per il sacerdote: egli diventa Cristo, e nel mondo ne
compie le funzioni, con la certezza di essere stato a ci chiamato (la vocazione), e di
aver ricevuto per questo la forza necessaria (la grazia dellordinazione). Insegna la
teologia cattolica che quando il sacerdote compie determinate azioni liturgiche come
se fosse Cristo a farle, in un legame talmente stretto che si giunge a dire (e mi pare
affermazione da far tremare) che Cristo l anche se il sacerdote sbaglia.
Non c dubbio alcuno: il sacerdote una figura straordinaria pur se carica di mistero,
ed ragionevole pensare che vi sia un livello di comprensione tale della missione
sacerdotale che non solo entusiasma ma si fa urgenza, urgenza irrinunciabile.
La dimensione sacerdotale trascende il singolo
Ma proprio a questo punto che bisogna riprendere il filo di un discorso appena
accennato. Giacch tutto questo si situa nel rapporto tra il singolo sacerdote e Cristo, e
poich il sacerdote sempre un uomo speciale, irripetibile, il sacerdozio dunque una
condizione che si colloca e si consuma allinterno di un rapporto individuale con Dio?
Se fosse cos infatti, si dovrebbero ammettere tante variazioni del modello di Cristo
quanti sono almeno i sacerdoti.
Ma cos non , perch il sacerdote al contempo espressione della sua comunit, e
dunque servitore della Chiesa, la quale emana regole di uniformit e di coerenza tali
Il narcisismo
Lidentit personale si collega con il narcisismo, che la percezione di s e di un s che
ha valore. Siamo abituati a vedere il narcisismo unicamente come una patologia, e lo
riferiamo subito al mito di Narciso che, nella versione aneddotica, un bel giovane, il
quale specchiandosi nellacqua del lago si innamora di s fino a tentare di abbracciarsi e
morire annegato. Dal che, la sindrome del Narciso vista come la condizione di chi
guarda solo a se stesso, e non si mescola con gli altri; laltro gli serve solo per essere
ammirato e riconosciuto come uno splendore. Il "narciso", dunque, come uno che non sa
amare, e nemmeno stabilire legami di amicizia e di solidariet, tanto da diventare un
misantropo che vede solo s e realizza dentro di s tutti i propri bisogni.
Questa dimensione, certamente patologica, identifica un narcisismo "cattivo", ma essa
non esclude che con lo stesso termine si indichi una valenza positiva, anzi addirittura
necessaria. Il narcisismo buono (o sano) si correla necessariamente allidentit singola,
e dunque con un Io che deve essere sostenuto da una energia o da una forza che
coincide con la convinzione del valore proprio e specifico. Senza questo
apprezzamento, lIo tenderebbe a nascondersi, a chiudersi in una timidezza estrema, che
porta il singolo a non esporsi mai, a non mostrare le proprie capacit in quanto le
svaluta totalmente.
Se esiste un narcisismo malato, non bisogna dimenticare che un narcisismo buono
essenziale per dare valore al proprio Io, e quindi alla propria identit. Se anche questo
venisse percepito come negativo, si finirebbe con lostacolare la propria autonomia, e
quindi a non volerla mai raggiungere. Ogni Io ha dunque un proprio narcisismo: la
percezione di esistere e poter fare in senso positivo. Il che significa trasporre il proprio
Io dalla fase di possibilit alla sua attualizzazione.
Questo punto un passaggio critico nel caso del sacerdote, e del sacerdote in
formazione, poich si potrebbero scontrare da un lato il narcisismo buono e quindi la
consapevolezza di un valore positivo, e dallaltro il bisogno di contenere lorgoglio, per
non doversi magnificare o incensare. In altre parole, la ricaduta sul piano umano che il
Discorso delle Beatitudini ha nella vita di una persona non deve ostacolare il suo
narcisismo positivo. Interessante semmai diventa parlo sempre per la professione che
esercito seguire le Beatitudini proprio nel contesto di un Io formato e
"narcisisticamente" sostenuto, poich solo in questo caso le Beatitudini diventano una
scelta positiva anche nel loro aspetto di rinuncia.
Lidentit di genere
La seconda identit si lega allappartenenza in senso biologico e psicologico al
genere maschile o femminile. Si tratta di una qualificazione dellIo che gi si formato,
e che si specializza ora in senso maschile o femminile. Non esiste una gerarchia tra
queste due possibilit, n una contrapposizione, ma semplicemente una diversit
sostanziale, che in parte si lega allanatomia e alla funzionalit biologica e in parte alla
dimensione psicologica. questa una tappa importante nello sviluppo di ogni individuo,
e lo anche e soprattutto per chi scelga la via del sacerdozio, la quale richiede il
controllo totale delle proprie pulsioni libidiche e sessuali, come condizione per
limpegno alla castit. Una scelta, questa, che possibile fare con consapevolezza e su
una precisa identit sessuale, poich si esprime e si estrinseca con richiami chiari e con
tendenze ben esplicite. questa la base per impostare strategie che consentano una
decisione comportamentale che, dal punto di vista terreno, contro i richiami legati alle
pulsioni della sfera sessuale.
allagire futuro e alla sicurezza di avere i mezzi per farlo, e lesperienza per farlo in
maniera utile socialmente. E il sacerdote deve a sua volta provare questa soddisfazione e
questo piacere, che rappresentano i prolegomeni per la sua stessa forza operativa.
Ecco perch se il vescovo chiede ai propri sacerdoti di essere santi, io vorrei che fossero
felici, e sono sicuro che le due dimensioni, la felicit umana e la santit spirituale, non
sono in contraddizione, ma una fa da prolegomeno allaltra. Insomma, un prete deve
essere felice perch attrae di pi chi ha bisogno della sua opera.
IL BISOGNO DI SACERDOTE
Dopo aver parlato del sacerdote in s e delle fasi della sua formazione quale testimone e
servo di Cristo nel tempo presente, entriamo ora nel campo della sua missione. Se la
prima parte poteva dirsi di scoperta e quasi di "costruzione" del sacerdote, quella che
iniziamo ora si riferisce a come questa figura ben scolpita opera nel mondo. Pi
precisamente a come questa stabilisce relazioni con gli uomini: sia nel senso di portare
loro la parola del maestro, Ges Cristo, sia nel senso di entrare in empatia con il popolo
per comprenderne al meglio i bisogni.
Il che presuppone che da una parte ci sia un bisogno di sacerdoti e dallaltra che nella
loro funzione questi siano disposti ad interessarsi agli altri e quindi a legarsi a loro.
Motivazione che non pu essere formale, bens di sostanza. E la pi profonda anche,
poich le esigenze cui i sacerdoti rispondono riguardano niente meno che il senso della
vita, e dunque nulla vi l di superficiale.
E qui si impone subito, per quel che capisco, una precisazione: il sacerdote deve
occuparsi di tutto il gregge, e quindi dei credenti, che saranno i suoi fedeli, ma anche dei
non credenti, ossia i non fedeli. E basterebbe la parabola del buon pastore, che lascia le
tante pecore che gli sono accanto per cercare chi non presente nel gregge, per evocare
quelli che sono gli orizzonti irrinunciabili della missione sacerdotale. Non solo, dunque,
egli devessere disposto a incontrare il non credente, ma dovrebbe andarlo a cercare.
Non posso nascondere che questa ricerca non mi sembra oggi molto perseguita, o
almeno non lo quanto io vorrei: mi pare domini piuttosto la tendenza a rinchiudersi
con i propri fedeli nel tempio o in agapi esclusive, serene e certo anche proficue, ma che
si svolgono come se i non credenti non esistessero. O come se fosse demandata a loro la
prima mossa, quella di cercare il sacerdote. Un atteggiamento che finisce per tenere
separati i due gruppi, i credenti e no, e addirittura disperdere coloro che parrebbero
resistere alla chiamata, quasi fossero colpevoli e per ci stesso dei reprobi. Un
atteggiamento che, laddove sia consapevole, potrebbe configurare una sorta di razzismo
religioso, per usare un termine forte e, lo confesso, un tantino provocatorio.
Lateismo infatti non necessariamente unideologia di radicale opposizione a Dio e ai
suoi fedeli, quasi si fondasse per forza su un credo assoluto che Dio non esiste,
arrivando di conseguenza a definire in errore colui che gli crede: personalmente non
condivido per nulla una simile posizione. Il non credente invece per me colui che non
ha avuto ancora lincontro con Dio, a cui manca cio lesperienza di quel "dono" che
anzitutto una chiamata, la quale pu o no giungere domani o fra un anno o dieci anni, e
se ci accadesse allora il non credente diventerebbe semplicemente parte del gregge.
Unesperienza, questa, che quando capita sconvolgente, nel senso che cambia la vita.
E dunque in qualche modo vero che tra credente e non credente c un abisso. Ma per
il sacerdote? Consapevole che egli stesso pu farsi tramite di quella esperienza, e che
di colui cio che pensa di sapere gi tutto sulla storia di Dio con lumanit, dunque delle
scritture e della chiesa. Per questo serve il sacerdote che parli, che mostri, e lo faccia
senza arroganza. Non mi meraviglia che i laici dicano cose grossolane, e si comportino
talora con sfacciataggine come se fossero a casa loro: in realt, sono dentro una
presunzione, una sorta di solipsismo dal quale faticano talora ad uscire proprio perch
manca attorno a loro un sacerdote che abbia a cuore il destino dei non credenti.
Ho bisogno che lo stesso Pontefice, quando scrive le sue encicliche, e talune, penso alla
Spes salvi ma anche alla Deus caritas est, sono veramente piene di riflessioni
straordinarie per la vita di ogni uomo, e non soltanto per quella dei fedeli, le indirizzi
dunque anche ai non credenti poich questi hanno per lo pi un destino identico ai
credenti.
Ritengo che in questo modo si avvicinino i non credenti ai credenti e che persino i
credenti possano trarre da chi non crede stimoli utili alla propria fede, poich la fede
stessa uno status non definito una volta per sempre, e si concreta in un avvicinarsi e
allontanarsi continuamente da Dio con la paura di perderlo. Non diversamente forse da
ci che capita in un amore terreno, quando lamato teme sempre di perdere lamata,
senza la quale ormai pensa di non poter pi vivere. E magari lui stesso ad
allontanarsene per una gelosia insopportabile. Cos pu succedere al credente di ritenere
Dio come una esclusiva "propriet" che non va nemmeno mostrato a chi non crede,
quasi che questo non ne fosse degno.
Lo voglio dire con tutta la passione che mi anima: provo rabbia talora di fronte a quei
credenti che mostrano disinteresse per chi non crede e che anzi si ergono a privilegiati
del Signore. Ho bisogno cio di essere riconosciuto come non credente, seppur pieno di
desiderio di credere, e quindi mi piacerebbe essere talora invitato al convito sacro,
anche se andr ad occupare un posto nascosto da questa o quella colonna del tempio.
Da anni ormai per la settimana santa mi reco a Parigi, e l in particolare seguo le vicende
della passione di Cristo, che il capitolo che pi mi affascina di Dio: il gioved santo a
Sainte Etienne au Mont, il venerd santo a Saint Severin, infine la notte di Pasqua a
Notre Dame. Vado Oltralpe perch nelle chiese nostrane mi sentirei osservato dai fedeli,
e magari guardato persino come uno che "espropria" un terreno che non gli appartiene.
Invece, "quel" sacerdote un po anche il mio sacerdote, proprio come succede con un
sindaco che io forse non ho votato, ma che, una volta eletto, mi rappresenta, e io lo
rispetto proprio per il suo ruolo nellamministrazione della citt dove vivo e dove hanno
risieduto svariate generazioni della mia famiglia prima di me.
Ho bisogno di un sacerdote, dello stesso tipo a cui ricorrevano mio padre e mia madre e
mia sorella prima che lasciassero questo mondo: un prete di famiglia si occupa
realmente di tutti, senza fare differenze o test di appartenenza alla fede.
Sono affascinato peraltro dal sapere di essere dentro la preghiera di molti che credono.
Mi spingono, costoro, a non sottolineare continuamente la distinzione tra credenti e no,
che io tuttavia ricordo solo per onest, e per il timore di finire male interpretato.
Ho bisogno di essere amato da chi dichiara di amare Dio e di essere in contatto con lui:
forse si tratta di una mediazione necessaria o quanto meno utile per entrare a mia volta
umano. Quella inquietudine che cos bene esplicita Agostino nellinquieto il mio
cuore finch non riposa in te.
Ma se il sacerdote rende presente Cristo oggi nel mondo, allora il sacerdote diventa
luomo della speranza, il distributore della speranza, intesa non come mera
consolazione, ma addirittura come impegnativo gesto sacramentale e liturgico. Il quale
, ogni volta che si rinnova, unazione di speranza. Ed questa infatti, secondo me,
lessenza del prete, quella che luomo di oggi ha bisogno di sentire e di conoscere.
Molto significativo per un cristiano il profilo del sacerdote come colui che pu
rimettere i peccati, ma collegato a questo ancor pi significativo mi appare il profilo di
uomo della speranza. Colui che sa indicare al disperato la fonte del futuro che non una
parola vuota, ma realt che il sacerdote vive, poich lui lincarnazione della speranza.
Quando un mio paziente esprime paura, spesso senza parole poich si fa attonito, statua
pietrificata dal terrore, io non spiego cosa la paura e attraverso quali meccanismi e
dinamiche si attivi, ma lo stringo a me, gli prendo la mano e gli dico che anchio ho
avuto paura, che anchio sono fragile e consideri che ora sono con lui per affrontarla e
possibilmente risolverla. Non posso fare di pi, non sono io capace di gesti liturgici che
mi permetterebbero di veicolare la grande speranza. Ma il sacerdote s pu, e in questo
egli pi dotato di me.
Un uomo spaventato, sottomesso alla tecnologia, ansioso di successo, piegato dal timore
di essere un "signor nessuno" sul piano dei ruoli sociali: ecco da una parte langoscia
della frustrazione e dallaltra la voglia di visibilit. Perch c una morte sociale, quella
dellirrilevanza, che oggi pi sentita addirittura dellaltra morte, quella fisica. Perch
quella dellirrilevanza la si esperimenta ogni momento, una morte che sembra
continuamente annunciata. E quella che la riguarda, lunica agonia oggi ancora
percepita. Mentre lagonia reale, ossia la fine della propria esperienza terrena, si pu
fingere di dimenticarla, fingere che non ci sia.
Dicevamo del bisogno di speranza. Il sacerdote luomo della speranza: non
limbonitore che sa suggestionare, ma piuttosto lexemplum del Cristo che si fatto
speranza per tutti gli uomini. Di quel Cristo che ha detto io sono la via, la verit, la
vita.
Qui si recupera in tutta la sua essenzialit il significato di legame, di cui dicevamo
allinizio. Non certo un mettersi insieme per vezzo, o per le piccole speranze sociali, ma
un unirsi del sacerdote allumanit di oggi, mettendo al centro la speranza, la grande
speranza, quella che almeno un poco sa calmare la paura, la paura per quel senso
ulteriore della vita che non facile trovare. Ebbene, questo senso arduo da reperire lo si
pu intravedere in chi, come il sacerdote, sa dare fiducia allinterno di un rapporto
disinteressato sul piano terreno ma interessato invece su quello del cielo. Ed proprio l
che la grande speranza si compie: sulla terra invece si reperiscono al massimo soluzioni
per le piccole speranze.
S, con la speranza possibile vivere bene, anche tra affanni e limitazioni. Si pu vivere
bene anche se si sta male. E qui il pensiero corre alla depressione, che non a caso
potrebbe essere definita la malattia della speranza. Meglio, la depressione c quando la
speranza appare solo unillusione, solo una chimera.
rivolgere soltanto ai fedeli, dovendo tenere conto, e chiss se in misura maggiore, anche
dei non praticanti, e poi dei non credenti, che essendo potenziali credenti, rientrano
dunque nella missione contrassegnata dall"andate e predicate a tutte le gent".
La caratteristica a cui ci riferiamo riguarda il tipo di legame che ha per cornice il
comandamento dellamore (la prima enciclica di Benedetto XVI si intitola Deus caritas
est): il figlio di Dio, Ges Cristo, s incarnato, morto e risorto per amore.
Sembrer un paradosso, ma il sacerdote deve amare sfuggendo alla percezione comune
dellamore, alla relazione che porta Caia a legarsi a Caio in un rapporto stretto, quello
proprio dellamore umano, sanguigno, di questa terra. Il sacerdote deve amare tutti, non
appartenendo a nessuno. Che un modo non comune, che non rientra in una percezione
standard. Si tratta piuttosto di un amore che prevede il darsi senza ricevere qualcosa di
simmetrico. Che come trovarsi dinanzi ad una divaricazione innaturale, giacch
lamore prevede nella dinamica umana la partecipazione simultanea. Io ti amo perch
mi ami, e sento di doverti amare sempre pi, perch tu mi possa voler bene ancora di
pi.
Quello del sacerdote invece un amore gratuito, che manca della parte corrispettiva
proveniente dallaltro. E per questo egli giunge ad amare anche chi non lo ama, chi lo
ignora, persino chi lo detesta. Si tratta di un paradosso, dicevamo, che per ha un suo
paradigma, rappresentato da Cristo. Dunque, si pone lontano dalle consuetudini, in
modo altro rispetto alla condizione della coppia che genera figlioli, e ha il compito
naturale di proteggerli ed educarli.
Questa condizione sociologicamente non unesclusiva del sacerdozio cattolico. Per
dire, un tempo agli insegnanti era imposto di vivere dentro i collegi e gli antichi collegi
di Cambridge e di Oxford tengono ancora stanze per i docenti che vogliono vivere
allinterno del college, come se linsegnamento richiedesse di donarsi completamente a
tutti gli allievi; e dunque, per analogia, come se il sacerdote a sua volta dovesse
insegnare ma non tanto una data materia, quanto a vivere, e ci non permettesse di
dedicarsi a un proprio figlio o a una propria famiglia.
altrettanto indubbio che storicamente gli apostoli, che sono il primo nucleo della
Chiesa, e anzi ne sono i pilastri, non avevano imposto questo limite, infatti la decisione
del celibato si radicher solo nel Medioevo. La Chiesa cio per alcuni secoli ha
ammesso il matrimonio dei presbiteri, e la decisione di non procedere si basa su
unesperienza che complessivamente deve aver mostrato sul piano empirico molte
difficolt per il perseguimento della missione. Un legame di natura familiare
condizionava i comportamenti del pastore e poneva spesso in essere delle
differenziazioni che non permettevano di onorare al meglio il mandato.
Sempre sul piano pragmatico ci sono argomenti che afferiscono alle implicanze
economiche, che poi sono quelle della giustizia: nella successione ereditaria il presbitero
a quel tempo maritato finiva per distribuire ai figli anche beni che non erano nella sua
disponibilit personale. Inoltre, generando propri figli era fatalmente portato a
prepararne il futuro, impiegando per questo contatti e risorse del suo lavoro
ecclesiastico. Il che a lungo andare non poteva non far riflettere. Ma pi ancora
dellaspetto economico, devono aver pesato i problemi psicologici che lessere padre e
marito comportano: un trattamento verso le figure familiari che fosse diverso da quello
riservato a tutti gli altri, non pu non indurre anche inconsapevolmente a situazioni di
Dio a cui si lega parla, quel Dio presente, quel Dio vive con lui quotidianamente.
importante infatti che tutto ci sia reale e non una congettura, non un semplice
spostamento, e neppure solo una sublimazione, che rimanderebbe sempre al problema
della mancanza damore umano. Insomma, i meccanismi di difesa non permettono mai
di risolvere il bisogno damore di cui il sacerdote deve essere consapevole, ed egli
sperimenter anche che lamore che riceve dalla comunit e da Dio valgono la rinuncia
insita nella scelta sacerdotale. Cristo, del resto, s dato tutto ai fratelli, sostenuto
dallamore grandissimo del Padre.
In questa epoca storica, il problema dellamore terreno nel sacerdozio si riaperto
poich si sono evidenziati comportamenti che hanno rivelato come anche per il
sacerdote lamore terreno pu ritornare con una forza che finisce per trascinarsi
appresso tutto. In un tale clima, si rileggono magari i vangeli apocrifi, che parlano di un
Cristo sposato addirittura con la Maddalena, il che per qualcuno darebbe forza a quella
vicenda di sacerdoti che hanno abbandonato il ministero proprio per una storia damore
vissuta umanamente, disobbedendo alla promessa del celibato.
comunque anche tempo di allargare il senso della parola amore: per dargli un valore
che vada oltre a quello della coppia. Allargarlo allamore tra padre e figlio, ma anche
verso le persone che sono sole e chiedono di essere notate, di avere senso agli occhi di
qualcuno, di esserci. Lamore per gli ultimi, per i bambini abbandonati. Scappare dalle
strette di una societ che attorno a certo amore di coppia ha creato un mercimonio e
addirittura la possibilit di fare affari fino a trasformare il matrimonio stesso in un
contratto di vantaggi e perdite. Lamore qualche cosa che si contrappone alla morte.
Come una forza che fa sentire vivi e utili, che d la sensazione forte di esserci, di avere
appunto un senso. Occorre scappare da una societ in cui lamore viene ridotto a corpo e
sesso. Lesistenza ben pi che un corpo e i suoi impulsi. Bisogna che lessere
sacerdote torni a parlare di cose dello spirito, a far volare con lui in alto, altro che il
sacerdote con moglie e figli e suocera. Anchio sono sposato, ho figli, ho avuto una
suocera. Ho apprezzato e apprezzo tutto, ma quando incontro un prete non desidero che
mi dia limpressione di incontrare un simpatico collega di lavoro, con cui si fanno
quattro chiacchiere in allegria. Se il sacerdote colui che fa cose sacre, saremmo a un
livello troppo basso se tutto si ancorasse alla salute della signora o ai risultati scolastici
del primo o del secondogenito. E non voglio fare accenni alla gelosia che per, lo
ricordo, un sentimento di questo mondo e fa parte dei conflitti di appartenenza.
Io so che un tempo chi si dedicava alla vita militare non poteva sposarsi, se non altro per
il rischio di lasciare vedove le signore, dato il mestiere, sempre in pericolo di vita; e so
anche che ora i militari si sposano. Un tempo i professori, lo abbiamo ricordato,
rimanevano celibi per darsi totalmente allinsegnamento e alleducazione dei loro
allievi, e che fra laltro vivevano in collegio, dunque lontano dalle famiglia di origine,
sostituite per il periodo di studi; e che adesso si sposano. So tutto questo e su una simile
scansione qualcuno potrebbe magari augurarsi di vedere presto un prete con la moglie o
con la fidanzata, ma io ritengo invece che sul piano della sua scelta egli debba amare
tutti, e non essere amato in maniera speciale da qualcuno. Con leccezione dellamore di
Dio che ha promesso a chi lo segue che sar remunerato il centuplo quaggi, e poi la
vita eterna.
questo mondo. Cos come il traguardo puntato sul paradiso non ha certo le sembianze
del successo che si persegue su questa terra. Anzi, per chi predilige una simile visione, il
solo sentir parlare di paradiso, per quanto decantato come meraviglioso ed eterno, ha il
sapore della mera consolazione, che finisce per deprimere, distogliendo dal perseguire
in maniera ancor pi caparbia la strada del successo. Che non una chimera indefinita,
ma una dimensione precisa e misurabile attraverso, ad esempio, la quantit di denaro
che si ottiene o che si in grado di realizzare. E come il successo non mai abbastanza,
cos accade per il denaro, che ne simbolo e attestato.
In un simile scenario, il sacerdote potrebbe apparire un "fallito", residuato di un mondo
destinato a scomparire; del resto lui lo sa: persino scritto che il regno per il quale
lavora non di questo mondo. E che anzi la povert, non la ricchezza, a favorire
lingresso in quellaltro mondo. Se a questo si aggiunge che oggi linteresse per lo
spirito alquanto debole, e spesso solo di facciata, si pu comprendere come il
sacerdote non sia sempre visto con grande simpatia, neppure da chi talora, per
appartenenza religiosa, dovrebbe riconoscerlo come pastore. La dimensione psicologica
dei credenti freddi, come dei non praticanti, lo avverte associato ad una sorta di
richiamo della coscienza, che mette a disagio. Nel qual caso, la sua situazione non
appare delle migliori. E le occasioni di frustrazione sono veramente notevoli. Per questo
assolutamente necessario che il sacerdote sappia farvi fronte.
C da osservare che i singoli individui si differenziano tra loro per il livello di
percezione della frustrazione: fino a non percepirla affatto, dato che una frustrazione
non percepita come se non ci fosse. E dunque, non attiva alcun senso di malessere. Un
discorso analogo lo si pu fare per le gratificazioni: ciascuno di noi infatti deve superare
un certo livello per accorgersi e godere di una gratificazione, di un complimento, di un
apprezzamento, di una promozione. Ci sono individui che sono sensibilissimi alle
gratificazioni e finiscono in forza di queste per sentirsi importanti, anzi insostituibili.
Altri invece che hanno una percezione di s tale da non avvertire mai un apprezzamento
o una gratificazione, perch magari tendono a obiettivi considerati un nulla. Facciamo
qualche esempio: uno per essere un "buon" politico deve non avvertire le frustrazioni
oppure dimenticarsene subito, mentre nel contempo si ricorder delle gratificazioni e le
gonfier in modo che funzionino come corazze di fronte al prossimo insuccesso. noto
il caso di quel politico che, mentre stava per essere rimosso per averne combinate di
tutti i colori, compreso il non aver fatto nulla di ci che avrebbe dovuto (i peccati di
omissioni), si sentiva cos necessario al paese da affermare di essere criticato proprio
per il suo valore e per il fatto che stava cambiando le cose in Italia. Un altro era
convinto di fare tutto bene, e di fronte a certe sciocchezze evidenti, negava di esserne
lattore e affermava invece che la responsabilit era dei suoi nemici e predecessori.
Insomma luno e laltro si sentivano gratificati persino in situazioni di frustrazione.Per
non dire degli intellettuali, categoria dal cervello fine, che quando gli viene detto che i
loro pensieri sono idioti o folli, si difendono attaccando i loro critici, che sarebbero loro
a non aver capito.
Ma torniamo al sacerdote. Questi si pone sul versante opposto perch la sua condizione
tale da doversi considerare sempre poco per non peccare di superbia, mentre deve
essere ipersensibile alle critiche perch la sua missione richiede che egli possa stare con
tutti e quindi che venga capito da ciascuno. Insomma, non ama le gratificazioni "per
mestiere", mentre sente le frustrazioni come mancanze e quindi come segni di poco
valore e talora di incapacit a svolgere degnamente, come vorrebbe, la sua missione.
Egli poi per convinzione, per fede, compie sempre peccati, e dunque si frustra da solo;
del resto se pensasse di non averne commessi, proprio per questo cadrebbe nel peccato
della superbia. Ma al di l di casi particolari, la condizione del sacerdote difficile
poich il gioco delle frustrazioni e delle gratificazioni non lo aiuta molto, anzi tende a
farlo sentire un inadeguato alla funzione. Insomma, il sacerdote si trova in una
posizione limite per le regole della psicologia umana, che gli competono ovviamente
perch innanzitutto un uomo.
Le frustrazioni si accumulano e generano violenza che si esprime in qualche maniera e
non sempre nei confronti di chi le ha promosse. Si accumulano e, raggiunto un certo
livello, hanno bisogno di liberarsi, generalmente contro qualcuno, e allora la violenza
eterodiretta, oppure verso se stessi e allora autodiretta e in questo caso se ne pagano
anche gli effetti. Una delle modalit per diminuirne laccumulo proprio il bilancio con
le gratificazioni. certo che tra gratificazioni e frustrazioni si pu fare un bilancio
giornaliero e che una gratificazione pu diminuire o annullare la forza di accumulo e di
potenziale violenza che contiene. Ci d ragione del fatto che una vita senza frustrazioni
non facile, mentre possibile organizzarla in modo da dare spazio a comportamenti
piacevoli che in quanto tali sono gratificanti.
Nel sacerdote c il rischio di un accumulo eccessivo di frustrazioni, con un compenso
minimo di gratificazioni proprio per la resistenza a porsi, a sentirsi soddisfatto, a godere.
Il sacerdote di oggi risente ancora di unatmosfera in cui il piacere visto come
lanticamera del male, e questo mi appare come un terribile errore perch solo se una
vita gioiosa, serena, e con momenti di felicit, si pu far fronte alle frustrazioni. Ecco
perch vorrei che questo mio viaggio entro la figura del sacerdote producesse felicit:
un sacerdote contento, felice naturalmente di essere sacerdote. Insomma, il problema
delle gratificazioni di fondamentale importanza perch, lo abbiamo gi ricordato, le
promesse, attraverso le privazioni che comportano, possono produrre tante frustrazioni.
Ma in questo bilancio vanno inserite le gratificazioni proprie dello status, dellessere
sacerdote, scelto da Dio. Penso che dellessere sacerdote, che significa scelto da Dio,
derivi una gratificazione persino continua. Penso che dalla Eucarestia, che significa
Cristo dentro di me, debba derivare una grande forza che nessun processo psicologico
pu sostituire. Questi vissuti e queste verit della fede, dosate sulla singola esperienza di
vita del sacerdote, vanno lette come gratificazioni, anche se non hanno nulla del
successo e della ricchezza tipicamente sociali. E dunque un sacerdote deve trovare nei
rapporti celesti una serie di rimandi positivi per azzerare o almeno bilanciare un poco
una condizione umane che come abbiamo detto fatta di frustrazione.
Occorre menzionare due possibilit limite, due letture speciali di questi temi,
gratificazione e frustrazione, rapportati al sacerdote e alla sua fede. Si pu giungere a
dire che anche lessere trattati male parte strutturale dellessere sacerdote. Come di un
demone che attacca proprio chi diretto verso la strada della salvezza. Come si trattasse
di una condizione in cui la frustrazione si riduce a unazione del demonio e pertanto, a
una strategia del male e non a qualcosa che attiene al sacerdote singolo in quanto tale. E
se il demonio tenta segnale che uno forte nella fede. Se ne fosse facile preda,
andrebbe a cercare un altro.
Laltro riferimento alla provvidenza: ci che succede, anche un errore diventa volont
di Dio, e dunque va visto come qualcosa che Egli vuole, e se lo vuole non pu che
essere a fin di bene. In questo modo o attraverso Dio o attraverso il demonio, scompare
lIo del sacerdote e dunque anche la possibilit di avvertire la frustrazione, che sempre
una ferita allIo. Certo diminuiscono anche le gratificazioni poich tutto va attribuito al
Signore, perch ha agito direttamente o attraverso doni, che comunque non sono
conquiste del singolo. Il sacerdote come instrumentum Dei totalmente
deresponsabilizzato in maniera misteriosa, dal padre celeste. In questo caso, allora la
psicologica umana veramente inadeguata a entrare dentro la figura del prete come
essere del cielo fin dora e dunque come una eccezione ad ogni regola della terra,
compresa la comprensione di un uomo qualunque e di uno psichiatra.