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Politecnico di Bari

DIMeG

Lezioni del corso di Fluidodinamica

anno accademico 2001/2002

Prefazione
Queste dispense rappresentano il primo tentativo di mettere su carta le lezioni del
corso di Fluidodinamica per Ingegneria Meccanica tenute al Politecnico di Bari dallanno
1998/1999. Chiaramente sarebbe una forma di presunzione immaginare che alla prima
stesura il testo abbia gi`
a una forma denitiva, per questo motivo ringrazio anticipatamente
tutti coloro che mi segnaleranno errori, o paragra poco chiari in modo da migliorare il
testo successivamente.
Per motivi di tempo non ho incluso nelle dispense esempi numerici ed esercizi che
ritengo indispensabili sia per assimilare la teoria sia per acquisire un p`
o di sensibilit`
a
uidodinamica. Questi argomenti verranno in ogni caso trattati a lezione e verranno inclusi
al pi`
u presto nel presente materiale.
I miei ringraziamenti vanno prima di tutti allo studente Paolo Oresta che mi ha
aiutato nella scrittura di parte del materiale e con il suo impegno mi ha permesso di
portare a termine il lavoro per linizio di questo anno. Parimenti procui sono stati gli
aiuti degli studenti Nicola Stramaglia, Francesco Zumpano e Nunzio Caccavo dei quali ho
utilizzato trascrizioni dei loro appunti per ricostruire gli argomenti arontati a lezione. Un
ringraziamento va anche ad Enrico Maggio che ha evidenziato i numerosi errori di battitura
presenti nella prima stesura. Desidero ringraziare inne il Prof. Michele Napolitano per
aver letto il materiale ed evidenziato alcune imprecisioni.
Dedico queste dispense al mio Maestro il Prof. Paolo Orlandi che mi ha avvicinato alla
uidodinamica e mi ha sempre permesso di svolgere liberamente la Ricerca assecondando
le mie personali inclinazioni.
Marzo 2001, R.V.

Nella seconda versione sono state corrette alcune imprecisioni ed innumerevoli errori di
battitura segnalatimi dagli studenti del corso 2000/2001 (dei veri beta-users) che ringrazio
sentitamente. Durante lesposizione della teoria sono stati inseriti degli esempi numerici
per rendere pi`
u chiara lapplicazione dei concetti.
Ottobre 2001, R.V.

0.1. SCALARI, VETTORI E TENSORI

0.1

scalari, vettori e tensori

Nel campo scientico, cos` come nella vita quotidiana, accade spesso di denire delle
quantit`a per mezzo di un numero (di solito reale) seguito da ununit`a di misura e questa
informazione da sola `e suciente a caratterizzare completamente la grandezza in oggetto.
Se, per esempio, si dice che la temperatura in un certo punto dello spazio vale T = 373.15 K
` bene precisare
non c`e pi`
u alcuna ambiguit`a sul valore della temperatura in quel punto. E
che la temperatura intesa come grandezza sica esiste in quel punto indipendentemente
dalle unit`a in cui viene espressa; al contrario la sua misura assume signicato solo nellambito di un sistema di unit`a specicato. Si pu`o per esempio dire che la temperatura
T = 373.15 K sar`a T = 100 o C, passando dallunit`a Kelvin ai gradi centigradi (Celsius)
mentre scrivere T = 50 senza alcuna unit`a `e unespressione priva di signicato. Le quantit`a caratterizzate da un unico numero seguito da unit`a di misura prendono il nome di
scalari: il valore della resistenza elettrica di un conduttore, la viscosit`a cinematica di un
uido o la densit`a di un solido sono tutte grandezze scalari.
Ci sono altre quantit`a per le quali un solo valore (con unit`a di misura) non `e suciente
a caratterizzare la grandezza. Se per esempio si dice che una persona, partendo da un
punto pressato, si `e spostata di 5 metri non `e possibile dire dove `e nita la persona a
meno di specicare anche, la retta lungo cui `e avvenuto lo spostamento, ossia la direzione,
ed il senso di percorrenza della retta, il verso. In uno spazio a tre dimensioni, denire
tutte queste informazioni richiede lassegnazione di 3 quantit`a scalari, tutte seguite da
unit`a di misura, che, nellesempio in oggetto, sono tre spostamenti lungo tre direzioni
pressate.

a)

b)

s
^z
^x
x

sx

sz

^y
sy

xk
x

^n

^k
^
m

y
m

Figura 1: Vettore s e sue componenti in due sistemi di riferimento.


Riferendoci alla gura 1a, le direzioni sono denite da tre assi mutuamente ortogonali
(x, y, z) mentre i versi e le unit`a di misura sono dati da tre segmenti orientati su ognuno
degli assi (versori) che deniscono gli spostamenti unitari in ogni direzione. In questo

2
contesto
si pu`o scrivere s = sx x + sy y + sz z oppure s = (sx , sy , sz ) con sx = 1 m, sy = sz =

2 m, caratterizzando cos` completamente lo spostamento di 5 metri precedentemente


introdotto. Anche in questo caso `e utile precisare che lo spostamento in quanto tale non
dipende n`e dal sistema di riferimento n`e dalle unit`a di misura mentre i tre numeri sx , sy ed
sz dipendono da entrambi. Per esempio, usando lo stesso sistema di riferimento di gura
1 ma passando dai metri ai pollici (inches) risulterebbe sx = 39.37 in, sy = sz = 55.67 in.
Al contrario se si continuasse ad usare i metri ma si descrivesse lo spostamento s nella
+ sn n
con sk = sm = 0 m ed sn = 5 m.
terna di gura 1b risulterebbe s = sk k + sm m
Come `e evidente dal confronto tra le gure 1a e 1b le due terne di riferimento hanno
lorigine in comune e gli assi formano tra loro degli angoli. Detto cij il coseno dellangolo
che uno degli assi della prima terna (i = x, y, z) forma con uno degli assi della seconda
terna (j = k, m, n) da semplici costruzioni geometriche si ricava
x = cxk k + cxm m + cxn n
k = ckx x + cky y + ckz z

ed analoghe per y e z,

(1)

ed analoghe per m ed n.

(2)

Se le grandezze sx , sy ed sz nel cambiamento di riferimento si trasformano in sk , sm


ed sn (o viceversa) seguendo le relazioni (1), (2) allora lo spostamento s si dice che `e un
vettore e la terna di valori (in tre dimensioni) che lo deniscono in qualunque sistema
di riferimento sono le sue componenti. La velocit`a di un oggetto in qualunque istante,
laccelerazione di gravit`a o il campo magnetico in un punto sono dei vettori mentre una
terna di numeri contenente let`a del sottoscritto, la temperatura odierna a Budapest e la
distanza media terraluna non `e evidentemente un vettore in quanto cambiando sistema
di riferimento non si trasforma secondo le leggi (1), (2).
Ritornando sulla gura 1 `e evidente che il concetto di sistema di riferimento `e alla base
della denizione di vettore e non c`e alcun obbligo nello scegliere uguali le unit`a di misura
lungo gli assi, i versori mutuamente ortogonali o il loro orientamento costante nello spazio.
In linea di principio, infatti, qualunque terna di funzioni vettoriali funzioni dello spazio che
non risultino in alcun punto complanari pu`o essere utilizzata come sistema di riferimento
in uno spazio tridimensionale. Ci sono infatti casi in cui risulta impossibile scegliere dei
versori il cui orientamento si mantenga costante (si pensi alle coordinate cilindriche o
sferiche) oppure situazioni in cui le unit`a di misura sono diverse a seconda della direzione
(nel caso delle traiettorie dei velivoli in cui gli spostementi lungo la supercie terrestre
vengono misurate in kilometri mentre le variazioni di quota in metri). Se tuttavia si usano
le stesse unit`a di misura per i tre assi ed i versori, mutuamente ortogonali, mantengono il
loro orientamento costante nello spazio, allora si parla di sistema di riferimento Cartesiano
e molti argomenti possono essere introdotti in maniera notevolmente semplicata. Poiche
lo scopo di questi appunti `e solo quello fornire qualche rudimento da questo punto in poi
limiteremo la discussione ai sistemi di riferimento Cartesiani ed a quantit`a ivi denite; si
rammenti per`o che tale scelta oltre a non essere lunica possibile in qualche caso non `e
nemmeno la pi`
u naturale n`e la pi`
u conveniente.
Dopo aver introdotto le grandezze scalari ed i vettori osserviamo che esistono delle
quantit`a che necessitano di maggiori informazioni dei vettori per poter essere caratteriz-

0.1. SCALARI, VETTORI E TENSORI

F
n

Figura 2: Varie congurazioni di forza applicata alla stessa supercie con diversi
orientamenti
zate. Si pensi allo stato di sforzo nellintorno di un punto: poiche uno sforzo `e una forza
(quantit`a vettoriale) divisa per una supercie, saremmo tentati di pensare che una volta
assegnato il vettore forza e larea della supercie anche lo sforzo `e denito. Dagli schemi di
gura 2, tuttavia, `e evidente che con la stessa forza e la stessa area si possono immaginare
innite situazioni dierenti a seconda dellorientamento relativo tra la forza e la normale
alla supercie. Contemplando tutte le possibili combinazioni tra le componenti della normale alla supercie (3) e le componenti della forza (3) si conclude che lo stato di sforzo
`e caratterizzato da nove quantit`a che sono le sue componenti (in tre dimensioni). Anche
in questo caso vale losservazione che lo sforzo in quanto entit`a sica va distinto dalle sue
componenti che assumono signicato solo nellambito di un sistema di unit`a di misura
ed una terna di riferimento. Le singole componenti dello sforzo possono essere indicate
da un simbolo seguito da due pedici (per esempio il primo riferito alla componente delle
forza ed il secondo alla normale alla supercie su cui agisce) Tij , i, j = x, y, z e possono
quindi essere raccolte, in tre dimensioni, in una matrice 3 3. Analogamente ai vettori le
singole componenti si devono trasformare sotto un cambiamento di riferimento seguendo
regole del tipo
Txy = cxi cyj Tij

= cik cjm Tij


Tkm

i, j = k, m, n

ed analoghe per le altre componenti

(3)

i, j = x, y, z

ed analoghe per le altre componenti

(4)

in cui Tij e Tij sono, rispettivamente, le componenti dello sforzo nei sistemi x, y, z e
k, m, n. Tutte le grandezze con propriet`a analoghe a quelle dello sforzo le cui componenti
si modicano in un cambiamento di riferimento secondo le relazioni (3), (4) vengono detti
tensori del secondo ordine. Ci`o implica che una qualunque matrice 3 3 in generale non
sar`a un tensore a meno che non soddis le relazioni (3), (4).
Un modo alternativo per pensare alla denizione di tensore `e riconsiderare la denizione di sforzo come una forza divisa per una supercie ed associare alla supercie un vettore
S diretto come la sua normale. Si sarebbe quindi tentati di calcolare il tensore degli sforzi

4
T come T = f /S; purtroppo in algebra vettoriale loperazione di divisione tra due vettori
non `e denita e quindi lespressione T = f /S `e priva di signicato. Tuttavia a livello di
schema mentale si pu`o immaginare che i tensori del secondo ordine siano quantit`a denite
proprio per risolvere lambiguit`a introdotta dalloperazione di divisione tra due vettori.
Loperatore , detto nabla, riveste unimportanza particolare nellalgebra dei vettori e
dei tensori in quanto pu`o essere applicato ad entrambi (oltre che agli scalari) elevandone
o diminuendone lordine tensoriale generando cos` vettori da scalari, tensori da vettori e
viceversa.

0.1.1

Divergenza

Dato un vettore s di componenti (sx , sy , sz ) la divergenza di tale vettore si indica con s


e d`a come risultato una quantit`a scalare denita come
s=

sx sy sz
+
+
.
x
y
z

(5)

In modo analogo si pu`o calcolare la divergenza di un tensore T il cui risultato sar`a un


vettore di componenti


T=

Txx Txy Txz Tyx Tyy Tyz Tzx Tzy Tzz


.
+
+
,
+
+
,
+
+
x
y
z
x
y
z
x
y
z

(6)

Da questi esempi si pu`o notare come loperatore divergenza diminuisca di ununit`a


lordine tensoriale della quantit`a a cui viene applicato per cui restituisce uno scalare se
applicato ad un vettore ed un vettore se applicato ad un tensore del secondo ordine.

0.1.2

Gradiente

Consideriamo ora uno scalare p che sia funzione dello spazio; le variazioni di p lungo le 3
direzioni ortogonali saranno date dal vetttore
p =

p
p
p
x +
y + z,
x
y
z

(7)

che costituisce il gradiente di p.


Se applichiamo il gradiente ad un vettore s = (sx , sy , sz ) otteniamo una quantit`a con
9 termini

s
s
s
s =

sy
x
sz
x

y
sy
y
sz
y

z
sy
z
sz
z

(8)

che ha le propriet`a di un tensore. Di nuovo da questi esempi concludiamo che lapplicazione del gradiente ad una grandezza restituisce una quantit`a con un ordine tensoriale
aumentato di una unit`a.

0.1. SCALARI, VETTORI E TENSORI

0.1.3

Rotore

Un ulteriore modo per applicare loperatore nabla `e moltiplicarlo vettorialmente con un


vettore. Il risultato sar`a anchesso un vettore denito nel seguente modo:


s=

sz sy sx sz sy sx
.

y
z z
x x
y

(9)

Tale operazione prende il nome di rotore ed il risultato, essendo un vettore, ha lo stesso


ordine tensoriale dellelemento su cui agisce.

0.1.4

Due importanti teoremi

Il maggior vantaggio nellintroduzione di vettori e tensori (e di tutti gli operatori ad essi


applicabili) `e di rendere le relazioni tra grandezze del tutto indipendenti dal sistema di
riferimento e quindi molto pi`
u maneggevoli e generali. Ci`o apparir`a chiaramente quando
verranno introdotte le equazioni di conservazione e di bilancio per un uido oppure quando
se ne vogliano scrivere le relazioni ottenute in un particolare sistema di riferimento.Nella
derivazione delle equazioni mesionate si ricorre a due teoremi che vengono qui brevemente
ricordati. Sia V un determinato volume e sia S la supercie che lo delimita con n la
normale uscente dalla supercie e denita in ogni
punto di essa. Se a `e un vettore o un

tensore si denisce usso di a su S la quantit`a S a ndS. Se la supercie `e regolare (o


pu`o essere decomposta in un numero nito di superci regolari) e se a `e dierenziabile
con derivate continue allora risulta

adV =

a ndS.

(10)

Questa relazione `e molto utilizzata per trasformare integrali di volume in integrali di


supercie o viceversa quando ci`o possa semplicare la trattazione. Lespressione (10) va
sotto il nome di teorema della divergenza o teorema di Green o di Gauss o di Ostrogradsky
(o di qualche combinazione di questi
nomi presi
a coppie) e pu`o anche essere applicato ad
una funzione scalare f nella forma V f dV = S f ndS.
Sia ora S una supercie delimitata da un contorno chiuso C e sia C orientato in
modo tale che percorrendolo nel verso positivo si abbia sempre S a sinistra. Sia inoltre
n la normale alla supercie e sia diretta dalla parte dellosservatore che percorrendo C
in verso positivo la vede puntare dalla sua parte. Se di nuovo S `e regolare (o pu`o essere
decomposta in un numero nito di superci regolari) e se a `e un vettore dierenziabile
con derivate continue su S allora vale la seguente relazione

( a) ndS =

a dl,

(11)

in cui dl `e lelemento di C orientato nel verso positivo. La relazione (11) `e detta teorema di Stokes o teorema della circuitazione (o teorema della circolazione, in ambito
uidodinamico) e viene usato per trasformare degli integrali di supercie in integrali di
linea.



 
 

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Indice
1 Generalit`
a sui uidi
1.1 denizione di uido . . . . . . . . . . . . . . .
1.2 concetto di continuo . . . . . . . . . . . . . .
1.3 densit`a ed espansione termica . . . . . . . . .
1.4 comprimibilit`a di un uido . . . . . . . . . . .
1.5 viscosit`a e sforzi . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.6 tensione di vapore . . . . . . . . . . . . . . . .
1.7 tensione superciale . . . . . . . . . . . . . . .
1.7.1 eetto della curvatura della supercie
1.7.2 capillarit`a . . . . . . . . . . . . . . . .

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2 Statica dei uidi


2.1 pressione in un uido . . . . . . . . . . . . . . .
2.2 distribuzione di pressione in un uido . . . . . .
2.3 variazioni di pressione in un uido in quiete . .
2.4 atmosfera standard . . . . . . . . . . . . . . . .
2.5 forze di pressione . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.5.1 pressione costante . . . . . . . . . . . . .
2.5.2 distribuzione lineare di pressione . . . .
2.5.3 forze di pressione su una supercie curva
2.6 spinta di Archimede . . . . . . . . . . . . . . . .
2.7 galleggiamento e stabilit`a . . . . . . . . . . . . .
2.8 misuratori di pressione . . . . . . . . . . . . . .
3 Cinematica dei uidi
3.1 descrizione lagrangiana ed euleriana . . .
3.2 traiettorie, linee di corrente e streaklines
3.3 derivata materiale . . . . . . . . . . . . .
3.4 accelerazione di Lagrange . . . . . . . .
3.5 funzione di corrente . . . . . . . . . . .
3.6 analisi del moto nellintorno di un punto
3.6.1 caso bidimensionale semplicato .
3.6.2 caso generale tridimensionale . .
1

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59
59
62

INDICE

2
4 Dinamica dei uidi
4.1 teorema del trasporto di Reynolds . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.2 equazione di conservazione della massa . . . . . . . . . . . . . . . .
4.2.1 forma integrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.2.2 forma dierenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.3 equazione di bilancio della quantit`a di moto . . . . . . . . . . . . .
4.3.1 forma integrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.3.2 forma dierenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.3.3 applicazione dellequazione di bilancio della quantit`a di moto
4.4 equazione di conservazione dellenergia . . . . . . . . . . . . . . . .
4.4.1 forma integrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.4.2 forma dierenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.4.3 applicazione dellequazione di conservazione dellenergia . . .

forma dierenziale vs forma integrale . . . . . . . . . . . . . . . .


4.5
4.6 il tensore degli sforzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.7 relazioni costitutive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.8 equazioni di NavierStokes . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.9 varie forme dellequazione dellenergia . . . . . . . . . . . . . . . .

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77
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84
87
89
91
92

5 Equazione di Bernoulli
5.1 seconda legge della dinamica
5.2 equazione di Bernoulli . .
5.3 teorema di Crocco . . . . .
5.4 tubo di Pitot . . . . . . . .
5.5 tubo di Venturi . . . . . . .

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104
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per un
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uido ideale
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Dinamica della vorticit`


a
6.1 equazione del trasporto della vorticit`a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.2 teorema di Kelvin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.3 teoremi di Helmholtz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

111
. 111
. 116
. 117

7 Soluzioni esatte delle equazioni di NavierStokes


7.1 usso tra lastre piane e parallele . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7.2 usso di Couette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7.3 usso di HagenPoiseuille . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

121
. 121
. 124
. 127

Flussi potenziali
8.1 teoria del potenziale . . . . . . . . . . . .
8.2 soluzioni tridimensionali . . . . . . . . . .
8.2.1 sorgente e pozzo . . . . . . . . . . .
8.2.2 doppietta . . . . . . . . . . . . . .
8.3 sovrapposizione di soluzioni tridimensionali
8.3.1 il semicorpo . . . . . . . . . . . . .
8.3.2 la sfera . . . . . . . . . . . . . . . .

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. 135
. 138

INDICE

8.4

soluzioni bidimensionali . . . . . . . . . .
8.4.1 sorgente e pozzo . . . . . . . . . . .
8.4.2 doppietta . . . . . . . . . . . . . .
8.4.3 vortice libero . . . . . . . . . . . .
8.5 sovrapposizione di soluzioni bidimensionali
8.5.1 il semicorpo . . . . . . . . . . . . .
8.5.2 il cilindro . . . . . . . . . . . . . .
8.5.3 il cilindro rotante . . . . . . . . . .
9 Strato Limite
9.1 equazioni di Prandtl . . . . . . . . .
9.2 separazione dello strato limite . . . .
9.3 soluzione simile . . . . . . . . . . .
9.4 equazione integrale dello strato limite
10

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. 206
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. 222
. 223
. 229

Turbolenza
10.1 fenomenologia della turbolenza . . . . . . . . . .
10.2 equazioni di Reynolds . . . . . . . . . . . . . . .
10.3 viscosit`a turbolenta e lunghezza di mescolamento
10.4 turbolenza omogenea ed isotropa . . . . . . . . .

11 Forze uidodinamiche e similitudini


11.1 teorema di Buckingham ed analisi dimensionale
11.2 similitudine dinamica . . . . . . . . . . . . . . .
11.3 similitudine distorta . . . . . . . . . . . . . . .
11.4 Studio di ussi particolari . . . . . . . . . . . .
11.4.1 Flusso intorno a corpi immersi . . . . . .
11.4.2 Flussi con supercie libera . . . . . . . .
11.4.3 Flusso nelle macchine rotanti . . . . . .
11.5 Flusso in circuiti chiusi . . . . . . . . . . . . .
11.6 Legge di Darcy-Weisbach . . . . . . . . . . . . .
11.6.1 tubi a sezione non circolare . . . . . . .
11.6.2 perdite concentrate . . . . . . . . . . . .
11.7 forze aerodinamiche . . . . . . . . . . . . . . . .
12

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148

Cenni sui ussi comprimibili


247
12.1 propagazione di piccole perturbazioni e velocit`a del suono . . . . . . . . . . 247
12.2 Flusso quasi unidimensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 252

13 Alcuni personaggi storici della uidodinamica

261

14 Bibliograa e letture consigliate

271

INDICE

Capitolo 1
Generalit`
a sui uidi
1.1

denizione di uido

La uidodinamica `e quella branca della meccanica del continuo che studia la dinamica
dei uidi. Sebbene a livello euristico ognuno di noi intuisce che acqua ed aria sono dei
uidi, mentre un blocco di marmo o un cubo di acciaio non lo sono, la denizione di
uido non `e un concetto ben denito in quanto si basa pi`
u sulla risposta del materiale
alle sollecitazioni esterne piuttosto che sulla struttura della materia.
Per vie molto generali si possono schematizzare i solidi come dei materiali in cui gli
atomi o le molecole occupano delle posizioni ben denite (gura 1.1a) e vengono mantenuti
in tali posizioni da forze che divengono fortemente repulsive appena la distanza tende a
diminuire ed attrattive quando aumenta (gura 1.2). In tale situazione gli atomi vibrano
con oscillazioni di piccola ampiezza senza tuttavia modicare la struttura del legame.

a)

b)

c)

Figura 1.1: Disegno schematico della struttura di solidi a), gas b), e liquidi c).
Al contrario nei gas (gura 1.1b) gli atomi o molecole non hanno una posizione denita
e si muovono di un moto casuale (agitazione termica) variando in continuazione direzione
a causa degli urti tra le varie molecole. La distanza media percorsa tra un urto ed il
successivo `e detta libero cammino medio () e nei gas questa distanza `e molto pi`
u grande
della distanza d di equilibrio tra forze attrattive e repulsive. Ci`o giustica la grande facilit`a
che hanno i gas di cambiare volume quando viene variato lo spazio a loro disposizione.
5

` SUI FLUIDI
CAPITOLO 1. GENERALITA

forza

(repulsione)
distanza
d
(attrazione)
Figura 1.2: Diagramma indicativo delle forze tra molecole al variare della loro distanza.
I liquidi hanno una struttura intermedia tra i solidi ed i gas in quanto sono formati da
molecole la cui distanza reciproca `e mediamente dellordine di d ma non sono vincolate
a mantenere una posizione ssa (gura 1.1c). Da questa struttura ne consegue che un
liquido varia la propria forma con estrema facilit`a mentre per avere variazioni di volume
servono sollecitazioni esterne estremamente elevate.
Per fare degli esempi tangibili, si pu`o pensare ad una particella di un solido come a
delle sferette collegare tra loro tramite molle molto rigide; applicando delle forze esterne
si possono far variare le distanze relative tra le sferette ma al cessare delle sollecitazioni
la disposizione iniziale viene ristabilita. Un semplice modello di gas si potrebbe realizzare
con una ventola che tiene in costante agitazione delle palline di polistirolo allinterno di
un sacchetto di plastica. Se si varia il volume del sacchetto, le palline tendono comunque
a vagare allinterno dellintero volume messo a disposizione mentre applicando delle forze
esterne `e possibile variare tanto il volume quanto la forma dellinvolucro. Un liquido,
inne, si pu`o pensare come ad un sacchetto di plastica pieno di biglie; applicando delle
sollecitazioni tangenziali si pu`o deformare il sacchetto a piacimento, se invece si prova a
comprimere linvolucro si ottengono variazioni di volume praticamente nulle 1 .
Finora abbiamo descritto alcune propriet`a dei materiali guardando alla loro struttura
microscopica, cercando cio`e di dedurre le loro propriet`a in base alla disposizione dei loro
atomi o molecole. Abbiamo cos` visto come gas e liquidi siano accomunati dalla caratte1

Questa descrizione vuole avere uno scopo puramente introduttivo ed `e ben lungi dal dare una visione
completa della struttura della materia. Infatti, esistono sostanze dette solidi amor (come il vetro) che pur
avendo una struttura simile ad un liquido hanno tutte le caratteristiche esterne dei solidi. Analogamente
esistono delle sostanze che si comportano come dei solidi no ad un certo valore della sollecitazione esterna
e come dei uidi per sollecitazioni oltre il valore di soglia (uidi di Bingham). Inne le caratteristiche di
un materiale dipendono dalle condizioni esterne di pressione e temperatura e spesso in prossimit`
a delle
transizioni da un stato allaltro si hanno dei materiali ambigui con caratteristiche contemporanee di solidi
e liquidi o liquidi e gas.

1.2. CONCETTO DI CONTINUO

ristica di cambiare facilmente forma quando sono soggetti ad unazione esterna di taglio.
In base a questa propriet`a deniremo uido come un materiale in grado di deformarsi
indenitamente quando sottoposto ad una sollecitazione tangenziale esterna ed al cessare
di tale azione non recupera la sua forma iniziale. In altre parole, in condizioni di quiete,
un uido resiste solo agli sforzi normali. Bisogna notare come queste denizioni siano
di tipo fenomenologico, in quanto prescindono dalla struttura intima del materiale ma
considerano solo la sua risposta ad azioni esterne.

1.2

concetto di continuo

Come abbiamo visto in precedenza la denizione di uido implica la reazione macroscopica di un materiale a delle azioni esterne e richiede quindi la valutazione di quantit`a su
scala estremamente pi`
u grande rispetto a quella molecolare; ci`o conduce in modo naturale
alla denizione del concetto di continuo. Si consideri una qualunque grandezza q (pressione, temperatura velocit`a, energia, etc.) e si valuti la sua dipendenza dallestensione
del volume sul quale viene misurata. In generale si otterr`a un andamento come quello in
gura 1.3 dove si possono osservare tre regioni distinte. Nella regione I si hanno variazioni discontinue della grandezza misurata dovute alla insucienza statistica dei campioni
contenuti nel volume di misura; se infatti si misurasse la temperatura o la pressione in un
volume di misura cos` piccolo da contenere 12, 57 o 200 molecole, la media di q risulterebbe fortemente dipendente dal numero di campioni e quindi dallestensione del volume
stesso. Nella regione II si ha invece un valore stabile di q in quanto il volume di misura
contiene un numero elevato di atomi o molecole (> O(106 )) e quindi la media di q risulta
indipendente dallestensione del volume stesso. Nellultima parte del graco, inne (regione III) si hanno nuovamente delle variazioni di q questa volta per`o legate al fatto che
le quantit`a sono delle funzioni dello spazio ed il loro valore varia quindi da punto a punto.
Abbiamo cos` stabilito che per poter parlare di continuo, bisogna avere allinterno del
proprio volume di misura un numero sucientemente elevato di atomi o molecole in modo da avere delle medie indipendenti dal numero di elementi contenuti nel volume stesso.
Rimane quindi da stabilire quanto piccolo si pu`o assumere un elemento in modo da mantenere valide le ipotesi di continuo per capire se i fenomeni che avvengono comunemente
possono essere studiati utilizzando questa assunzione oppure se si deve considerare la dinamica delle singole molecole. Per fare una stima di massima, si pu`o valutare il volume
occupato da una mole di gas in condizioni normali (temperatura T = 15o C e pressione
p = 1atm) che `e di circa 22.4 litri; daltra parte una mole di gas contiene un numero di
molecole pari al numero di Avogadro n  6.02 1023 da cui si deduce facilmente che in un
volume di un dm3 ci sono 2.5 1022 molecole, in un mm3 ce ne sono 2.5 1016 mentre in
un m3 (ossia in un cubo di un millesimo di millimetro di lato) ce ne sono circa 2.5 107 .
Questo semplice esempio numerico ci fa capire come nella pressoche totalit`a dei ussi
incontrati nella vita quotidiana, lipotesi di continuo sia ampiamente soddisfatta potendo
cos` parlare di propriet`a del uido senza considerare le caratteristiche delle singole molecole appartenenti alla particella uida. Lesempio precedente, tuttavia, ci fa anche capire

` SUI FLUIDI
CAPITOLO 1. GENERALITA

q
I

II

III

volume
Figura 1.3: Variazione del valore misurato di una grandezza q in relazione alle dimensioni
del volume di misura.
come la validit`a o meno dellipotesi di continuo dipenda fortemente dalle condizioni esterne di pressione. Se per esempio ci si trovasse in un ambiente con una pressione di 105 atm
alla temperatura di T = 0o C un volume di un mm3 conterrebbe solo 4.08 106 molecole
ponendo in dubbio lipotesi di continuo per dimensioni pi`
u piccole. In tale situazione si
trova sicuramente la navetta spaziale space shuttle quando orbita alla quota di 100km
intorno alla terra. Lindice di rarefazione di un gas viene misurato dal numero di Knudsen
Kn denito come il rapporto tra il libero cammino medio delle molecole e la dimensione
L delloggetto intorno a cui si considera il usso. Per poter utilizzare lipotesi di continuo
deve risultare Kn 0 dovendo cio`e risultare le dimensioni macroscopiche del usso
incomparabilmente pi`
u grandi della scala di lunghezza delle collisioni intermolecolari. Al
contrario per Kn 1 le due lunghezze sono comparabili ed in queste condizioni si parla
di gas rarefatti per i quali bisogna ricorrere a schematizzazioni dierenti. Tralasciando tuttavia questi casi molto particolari possiamo aermare che la uidodinamica tratti
essenzialmente dei modelli continui e nello specico noi ci limiteremo alla trattazione di
questi ultimi.

1.3

densit`
a ed espansione termica

La densit`a di un uido misura la quantit`a di massa contenuta nellunit`a di volume e viene


generalmente indicata con il simbolo . La sua unit`a di misura nel Sistema Internazionale
(SI) `e Kg/m3 ed il valore dipende sia dalle condizioni esterne di temperatura che da quelle
pressione. Mentre nei gas si possono ottenere variazioni considerevoli di densit`a cambiando
pressione o temperatura, nei liquidi queste sono normalmente di entit`a modesta anche se
in entrambi i casi i loro eetti sono di straordinaria importanza. Un uido riscaldato,
infatti, si espande e diminuisce di densit`a, se quindi il riscaldamento avviene su una

` ED ESPANSIONE TERMICA
1.3. DENSITA

porzione limitata di uido, questo avr`a una densit`a minore dellambiente circostante e
tender`a a salire. Questo fenomeno `e la causa dei moti atmosferici ed oceanici e viene
utilizzato in innumerevoli applicazioni pratiche.

1.3
3

(Kg/m )

1.2

aria

1.1
0.9995

H O .10-3

0.999

H O .10-3

12

0.9
0

20

40

60

80

100

T ( C)
Figura 1.4: Variazione della densit`a con la temperatura per aria ed acqua; nella gura a
sinistra `e riportato uno zoom dellanomalia di variazione per lacqua.
In gura 1.4 `e riportata la variazione di densit`a per aria ed acqua, alla pressione di
una atmosfera, in funzione della temperaura dove si nota che in entrambi i casi la densit`a
diminuisce al crescere T . Appare chiaro che le variazioni sono di natura non lineare anche
se, per piccole variazioni di temperatura si pu`o approssimare la curva con una relazione
del tipo
0

= (T T0 ), oppure
= T,
(1.1)
0
0
in cui 0 `e il valore della densit`a alla temperatura T0 e 0 `e la pendenza locale della
curva. `e generalmente negativo (densit`a decrescente per temperatura crescente) ma di
particolare rilevanza risulta lanomalia dellacqua che la porta ad avere la sua massima
densit`a alla temperatura di T = 4o C. Questo comportamento `e infatti responsabile
della sopravvivenza delle forme di vita in acqua, in quanto non permette ad acqua di
u profondi. Se supponessimo al
temperatura inferiore a T = 4o C di occupare gli strati pi`
contrario che lacqua si comportasse come laria (e come la pressoche totalit`a dei uidi)
allora la densit`a diminuirebbe in modo monotono con la temperatura e lacqua pi`
u fredda
si disporrebbe al di sotto di quella pi`
u calda. Al contrario sul fondo degli oceani e dei
laghi alpini lacqua si trova costantemente alla temperatura di T = 4o C ed in base al
diagramma di gura 1.4 non c`e modo per acqua pi`
u fredda di prendere il suo posto,
garantendo cos` la sopravvivenza di ora e fauna.

` SUI FLUIDI
CAPITOLO 1. GENERALITA

10

1.4

comprimibilit`
a di un uido

Unimportante propriet`a di un uido `e la sua comprimibilit`a, ossia quanto facilmente


varia percentualmente il proprio volume conseguentemente a variazioni di pressione. Supponendo di avere inizialmente un uido che occupa un volume V si avr`a che dopo aver
applicato una dierenza di pressione dp il volume iniziale sar`a variato di una quantit`a dV
da cui si pu`o denire il modulo di comprimibilit`a come
E=

dp
,
dV /V

(1.2)

le cui unit`a di misura sono le stesse della pressione (Pa) ed il segno negativo tiene in
conto il fatto che per variazioni di pressione positive si hanno diminuzioni di volume,
ossia dV negativi. In alcuni casi viene usato linverso di E che `e chiamato coeciente di
comprimibilit`a = 1/E. Ricordando che la massa m `e data dal prodotto di densit`a per
volume e dierenziando logaritmicamente la relazione m = V si ottiene dV /V = d/
da cui di ottiene
dp
.
(1.3)
E=
d/
Nel caso dei liquidi E assume dei valori estremamente elevati, (E = 2.15 109 Pa per
lacqua, E = 2.85 1010 Pa per il mercurio, E = 1.3 109 Pa per la benzina) indicando che
per variazioni di pressione limitate si hanno variazioni di volume praticamente trascurabili,
da cui la considerazione dei liquidi come incomprimibili.
Per quanto riguarda i gas, evidentemente il valore di E rimane indeterminato no a
quando non si specica la natura della trasformazione che lega p a (o a V ). Se per
esempio si considera la politropica p/k = const. si ha:
k dp kp

d
= 0,
k1

dp
= kp,
d/

da cui E = kp.

(1.4)

Dalla relazione di sopra si vede che se per esempio la trasformazione `e isoterma p/ =


const. (k = 1) allora si avr`a E = p mentre per una isentropica p/ = const. (k = =
Cp /Cv rapporto tra i calori specici a pressione e volume costante) risulta E = p 2 .
2

Volendo mettere insieme i risultati di questa sezione e della precendente per le variazioni di densit`
a
si pu`
o scrivere
 



dT +
dp = p dT +
dp,
(1.5)
d =
T p=const.
p T =const.
ET
dove si `e indicato con p il coeciente di espansione termica a pressione costante e con ET il modulo di
comprimibilit`
a del uido a temperatura costante. Nel caso in cui il uido in esame sia un gas che rispetta
la legge di stato dei gas perfetti si avr`
a, p = 1/T ed ET = p da cui si ottiene
d
dT
dp
=
+
,

T
p

(1.6)

come si sarebbe potuto ottenere direttamente per dierenziazione logaritmica della legge di stato dei gas
perfetti.

` E SFORZI
1.5. VISCOSITA

11
ESEMPIO

Sia dato un uido di volume iniziale V0 . Sapendo che dopo aver aumentato la
sua pressione di p il suo volume diminuisce della percentuale %V calcolare il
suo modulo di comprimibilit`a. p = 8GPa, %V = 24.47.
Soluzione
Dalla denizione di modulo di comprimibilit`a
E=

dp
,
dV /V

si ottiene per integrazione


dV
dp
=
V
E

log

p
Vf
=
,
V0
E

essendo Vf il volume nale. Ma risulta Vf /V0 = 1 %V /100 e quindi E =


2.85 1010 Pa (il uido `e cio`e mercurio).

1.5

viscosit`
a e sforzi

Si consideri una particella uida inizialmente a forma di parallelepipedo e si applichi su una


sua supercie S una forza F diretta come in gura 1.5a. La particella uida verr`a quindi
sottoposta ad uno sforzo di taglio = F/S che la deformer`a come mostrato in gura
1.5b. Poiche stiamo considerando un uido, questo si deformer`a con continuit`a sotto
lazione dello sforzo costante , quindi invece di determinare la deformazione dovremo
determinare la velocit`a di deformazione. Assumendo che la supercie superiore si muova
con una velocit`a costante U , in un tempo t percorrer`a una distanza U t producendo
una deformazione angolare tg() = U t/b  . Per la velocit`a di deformazione
angolare si pu`o scrivere = limt0 /t = U/b = dU/dy 3 .
Se eettuassimo un numero elevato di questi esperimenti con diversi valori di scopriremmo che la velocit`a di deformazione angolare risulta sempre proporzionale allo sforzo
applicato attraveso una costante che dipende solamente dal tipo di uido considerato e
dalla sua temperatura. Si potr`a cos` scrivere = ossia
=

dU
,
dy

(1.7)

che permette di calcolare lo sforzo generato internamente ad un uido nota la sua velocit`a
di deformazione. Le relazione che lega linearmente la velocit`a di deformazione con gli sforzi
`e caratteristica di una classe di uidi detti uidi newtoniani. Sebbene la relazione (1.7)
3

Ci`o risulta vero solo se si suppone che una tale congurazione produca una distribuzione lineare di
spostamenti allinterno della particella uida. La fondatezza di tale assunzione e le ipotesi di validit`
a
verrano dimostrate rigorosamente in seguito.

` SUI FLUIDI
CAPITOLO 1. GENERALITA

12
S

Ut
y

a)

b)
Figura 1.5: Schema delle deformazione di una particella uida.

sia la pi`
u semplice che si possa immaginare, tutti i uidi di uso pi`
u comune obbediscono
abbastanza fedelmente alla relazione appena descritta. Acqua ed aria sono i uidi pi`
u
importanti ma anche i vari gas in condizioni non critiche, gli idrocarburi ed il mercurio
obbediscono in modo altrettanto fedele alla relazione lineare di sopra.

(N/m2 )

oil

blood

Bingham fluid
water

0
100

200

300

400

dU/dy (s1)
Figura 1.6: Diagramma di sforzo vs shear per vari uidi newtoniani e non.
Ci sono, tuttavia, diverse eccezioni al comportamento lineare che rivestono una notevole importanza nella vita quotidiana. Il sangue, ad esempio, reagisce con sforzi che
aumentano meno che linearmente con (gura 1.6) permettendo cos` al cuore di pompare, a parit`a di portata con minore sforzo. Questi uidi appartengono alla categoria
shearthinning e sono caratterizzati da un comportamento pressoche newtoniano per
bassi valori della velocit`a di deformazione (come il sangue che uisce nellaorta) mentre
negli altri casi (sangue nei capillari) hanno un comportamento non newtoniano. Una differente classe di uidi `e costituita da quelli che non danno luogo ad alcuna deformazione
per valori dello sforzo di taglio al di sotto di un certo valore limite (0 ) mentre presentano una relazione lineare del tipo 0 = per 0 . Questi uidi sono detti di
Bingham (gura 1.6) e se si pensa alle dune di sabbia si ha una chiara dimostrazione di

` E SFORZI
1.5. VISCOSITA

13

questo fenomeno; sui lati della duna, infatti, agisce la componente tangenziale della forza
di gravit`a che tuttavia produce uno sforzo minore del 0 caratteristico di quella particolare
sabbia. Se per`o cambia la pendenza (per esempio a causa del vento) allora gli strati di
sabbia cominciano a scivolare gli uni sugli altri no a ristabilire valori di al di sotto di
quello di soglia. La trattazione dei diversi tipi di uido `e studiato dalla disciplina chiamata reologia ed esula comunque dallo scopo delle presenti note che hanno un carattere
prevalentemente introduttivo.
Per comprendere in che modo la viscosit`a agisce in un uido, riconsideriamo lesempio
di gura 1.5 in cui un elemento di uido inizialmente a forma di parallelepipedo viene
deformato in seguito al moto traslatorio di una supercie superiore con velocit`a U (gura
1.7). Immediatamente dopo linizio della traslazione (t = 0+ ) solamente le molecole di
uido a contatto con la supercie in moto verranno trascinate con essa mentre gli strati
inferiori di uido permarranno nel loro stato di quiete. A causa del moto di agitazione
termica, tuttavia, le molecole in moto trasferiranno parte della loro quantit`a di moto a
quelle statisticamente ferme che a loro volta inizieranno a muoversi (gura 1.8a). Questo processo raggiunger`a un equilibrio quando si bilancer`a lazione degli strati superiori
di uido che tenderanno a far muovere tutto lelementino con velocit`a U e quelli della
supercie inferiore che tendono ad arrestare gli strati no ad una velocit`a U = 0 (gura
1.8b).

t0

t1

t2

t3

t4

Figura 1.7: Trasferimento di quantit`a di moto ad istanti successivi tra strati di uido
inizialmente in quiete.
Seguendo lesempio precedente appare evidente come il moto caotico delle molecole
causi la diusione di quantit`a di moto allinterno di un uido; questa attitudine alla
diusione viene misurata dalla viscosit`a le cui dimensioni possono essere facilmente
ricavate dalla relazione (1.7) e sono N s/m2 4 .
Il meccanismo microscopico che genera la viscosit`a giustica anche il fatto che questa quantit`a sia fortemente dipendente dalla temperatura; al crescere di questa infatti,
aumenta il moto caotico di agitazione delle molecole e quindi diventer`a pi`
u eciente la
4`

E interessante notare come nel linguaggio quotidiano il concetto di viscosit`


a venga spesso confuso
con quello di densit`
a. Si sente infatti spesso dire un liquido molto denso per indicare una sostanza
viscosa. Tuttavia densit`
a e viscosit`a non sono aatto legate visto che la prima indica la quantit`
a di
massa contenuta nellunit`
a di volume mentre la seconda indica la facilit`
a che ha un uido a diondere
la quantit`
a di moto; per esempio lolio `e pi`
u viscoso dellacqua ma meno denso come possiamo osservare
dal galleggiamento di questultimo sullacqua.

` SUI FLUIDI
CAPITOLO 1. GENERALITA

14

t0

t1

t2
t3

t4

a)

b)

Figura 1.8: a) schema di diusione di quantit`a di moto tra due strati di uido inizialmente
in moto (particelle nere) e fermo (particelle bianche). b) evoluzione temporale del prolo
di velocit`a nellesempio di gura 1.7.

diusione secondo quanto precedentemente descritto. Ci`o si osserva a livello macroscopico nei gas con una viscosit`a che cresce con la temperatura. Nei liquidi questo eetto
deve competere con uno opposto, cio`e lindebolirsi del legame che tiene le molecole vicine.
Allaumentare dela temperatura si verica cio`e una maggiore mobilit`a delle molecole che
tende a far diminuire la viscosit`a. Questultimo eetto prevale sul primo con la conseguenza che nei liquidi la viscosit`a diminuisce con la temperatura. Un esempio quotidiano
di tale fenomeno si osserva quando in cucina si mette dellolio in una padella. Inizialmente
lolio si muove con dicolt`a aderendo al fondo della padella e uendo molto lentamente nonostante si disponga la supercie verticalmente; non appena si accende la amma,
al contrario, si osserva che lolio uisce con maggiore facitit`a e, quando `e ben caldo, si
comporta come se fosse acqua.
Un graco della variazione di per aria ed acqua `e riportato in gura 1.9 dove si pu`o
notare il comportamento opposto al crescere della temperatura caratteristico per gas e
liquidi. La pressione ha generalmente un eetto assai ridotto sulla viscosit`a e viene di
solito trascurato.
Si vedr`a nel seguito che ricorrer`a spesso la quantit`a

(1.8)

le cui dimensioni sono m2 /s, che prende il nome di viscosit`a cinematica per distinguerla
dalla viscosit`a dinamica . Dallequazione (1.8) si pu`o notare che comparendo la densit`a
nella denizione di questultima ha una dipendenza dalla pressione. Infatti, se un
uido viene compresso la sua densit`a aumenter`a e conseguentemente diminuir`a la viscosit`a
cinematica. Questo eetto `e molto importante per i gas mentre si pu`o generalmente
trascurare nel caso dei liquidi.

` E SFORZI
1.5. VISCOSITA

15

2.4
2

air .10

1.6
.
( N s/m2 )

1.2

H O .10 3

0.8

0.4
0
0

20

40

60

80
o

100

T ( C)
Figura 1.9: Variazione della viscosit`a con la temperatura per aria ed acqua.

ESEMPIO
Sia dato il usso dacqua tra due laste piane e parallele come in gura in cui la
parete superiore si muove con velocit`a U . Sapendo che il prolo di velocit`a tra le
due lastre `e lineare e che la parete inferiore, vincolata ad una molla con costante
elastica K, viene spostata di una quantit`a x, determinare il valore di U .
l
U
h

h = 4 mm
l=1m
x = 0.25 cm K = 103 N/m
b = 1.3 m
b `e la dimensione nella direzione
ortogonale al foglio

Soluzione
Dalle indicazioni del testo (si vedr`a in seguito che questa `e una soluzione esatta
delle equazioni del moto) si ha che il prolo di velocit`a tra le due lastre `e dato
da: u(y) = U y/h (se y `e la coordinata ortogonale alle due lastre con origine sulla
lastra ferma). La risultante delle forze viscose sulla parete inferiore si ottiene
integrando lo sforzo di parete w = (u/y)y=0 = U/h sulla supercie della
parete F = S w dS = U bl/h e questa forza deve eguagliare la reazione della
molla F = kx. Da questa relazione si ricava il valore di U = kxh/(bl) =
6.86 m/s.

` SUI FLUIDI
CAPITOLO 1. GENERALITA

16

1.6

tensione di vapore

Se riconsideriamo per un istante la schematizzazione di liquido data in gura 1.1c possiamo osservare che le varie molecole pur nel loro moto caotico di agitazione termica sono
tenute insieme da delle forze di coesione. A livello statistico, tuttavia, ci saranno delle
molecole con energia cinetica maggiore che potranno quindi abbandonare la particella
uida. Questo fenomeno si traduce nellosservazione comune che se un recipiente viene
parzialmente riempito di liquido e nello spazio rimanente viene fatto il vuoto si osserva
la progressiva formazione di vapore, ossia di molecole di liquido allo stato gassoso, no
al raggiungimento di una condizione di equilibrio (gura 1.10). A livello microscopico,
questo equilibrio esprime il bilanciamento statistico tra le molecole che lasciano la fase
liquida per entrare in quella gassosa e quelle che seguono il percorso inverso. Il valore di
equilibrio della pressione del vapore viene detto tensione di vapore ed il suo valore sar`a
fortemente dipendente dalla temperatura. Come ci si aspetta, infatti, a temperature maggiori le molecole saranno animate da un moto di agitazione termica pi`
u intenso e quindi
un maggior numero avr`a energia cinetica suciente a lasciare la fase liquida. La tensione
di vapore sar`a quindi una funzione crescente della temperatura e quando questa pressione
uguaglia la pressione esterna si verica lebollizione del liquido 5 .

pv

pv
T

t
Figura 1.10: Schema di formazione della fase gassosa al di sopra di un liquido.
Questo fenomeno trova un posto di particolare rilevanza nella tecnologia in quanto,
come si vedr`a in seguito, allinterno di un uido in moto si producono delle zone di bassa
pressione dove la velocit`a `e elevata. Se localmente la pressione scende al di sotto della
tensione di vapore, il liquido bolle formando delle sacche di gas che quando si richiudono
implodono violentemente generando intenso rumore e causando ingenti danni alle strutture. Questo fenomeno `e noto come cavitazione ed `e particolarmente noto ai costruttori
di turbine che sono costretti alla periodica sostituzione delle palette a causa della loro
usura (vedi gure 1.11 e 1.12).
5

Questo `e il motivo per cui in alta montagna non si riesce a cucinare la pasta al dente. Si verica
infatti che siccome la pressione ambiente diminuisce con la quota, la tensione di vapore dellacqua bilancia
la pressione ambiente a temperature inferiori a T = 100o C (per esempio alla quota di 3000m lacqua bolle
a 90o C) e la pasta cuocendo in acqua a temperatura bassa perde la sua consistenza.

1.7. TENSIONE SUPERFICIALE

17

Figura 1.11: Visualizzazione della formazione di zone di cavitazione nel usso intorno ad
unelica per propulsione navale in acqua.

Figura 1.12: Usura della supercie di pala di unelica navale prodotta dal fenomeno della
cavitazione.

1.7

tensione superciale

Nella sezione 1.1 abbiamo visto che nei liquidi ci sono delle forze coesive che tendono a
mantenere le molecole a contatto tra loro; ci`o implica che, al contrario dei gas che si

` SUI FLUIDI
CAPITOLO 1. GENERALITA

18

espandono no ad occupare lintero volume messo a loro disposizione, i liquidi formano


degli agglomerati compatti in modo da rendere minima la supercie esposta per un dato
volume 6 . Questo fenomeno si osserva comunemente quando si formano delle goccie
dacqua su una supercie grassa o sulla carta oleata, oppure quando si dispone del mercurio
su un piano. In altre parole, in prossimit`a di uninterfaccia tra un liquido ed un gas o
tra liquidi immiscibili, le forze intermolecolari non sono bilanciate in tutte le direzioni e
generano un sistema di tensioni che ha lo stesso eetto di una pellicola superciale. La
presenza di questa pellicola pu`o essere evidenziata osservando alcuni insetti in grado di
camminare sulla supercie degli stagni come se si muovessero su una membrana elastica,
cosa evidentemente impossibile in assenza delle tensioni di suercie.
Le carateristiche di queste tensioni dipendono dalla natura dei due uidi a contatto e
dalla temperatura (oltre che dal grado di purezza dei uidi) e possono essere sia di natura
attrattiva che repulsiva.
` bene osservare che le forze coesive tra molecole sono presenti in tutti i punti del uido,
E
sia allinterno che allinterfaccia; nel primo caso, tuttavia queste avranno risultante nulla
in quanto si bilanceranno tra loro (gura 1.13a). Nelle zone di interfaccia, al contrario, le
molecole non sono circondate dallo stesso uido su ogni lato e la risultante delle forze di
coesione `e diversa da zero (gura 1.13b). Ci`o implica che le molecole allinterno del uido
possono muoversi in qualunque direzione senza che le forze coesive oppongano alcuna
resistenza. Viceversa se si prova a spostare una molecola allinterfaccia ulteriormente al
di fuori della particella uida le forze coesive si opporrano generando una tensione allo
stesso modo di una membrana elastica.

a)

b)

Figura 1.13: Forze di coesione agenti in un liquido su una molecola interna a) ed


`e riportata la congurazione con linterfaccia
allinterfaccia b). Con la linea
deformata.

In assenza di perturbazioni esterne questa supercie `e quella sferica. Nella realt`a, tuttavia, il uido
`e sottoposto anche allazione della gravit`
a che tende a deformare la supercie. Comunque per goccie
particolarmente piccole, poiche le forze di volume tendono a zero pi`
u rapidamente di quelle superciali,
la forza peso si pu`
o trascurare e le superci sono eettivamente delle sfere.

1.7. TENSIONE SUPERFICIALE

1.7.1

19

eetto della curvatura della supercie

Le azioni di tensione superciale allinterfaccia tra due uidi immiscibili genera delle forze
tangenti alla supercie stessa che, nel caso di uninterfaccia non piana, induce anche una
forza normale e quindi una dierenza di pressione tra i uidi. Per mettere in relazione
questa dierenza di pressione con le caratteristiche geometriche della supercie, consideriamo lo schema in gura 1.14 in cui viene isolato un elemento di supercie con i lati
dl1 e dl2 ortogonali e raggi di curvatura, rispettivamente, r1 ed r2 . Detta dl2 la forza
ortogonale al lato dl2 si ha che la componente in direzione normale risulta
dF2 = dl2 d =

dl1 dl2
r1

(1.9)

con unespressione analoga per la forza ortogonale al lato dl1 ; dF1 = (dl1 dl2 )/r2 . Queste
forze sono bilanciate dalla dierenza di pressione tra i uidi, ottenendo


pdl1 dl2 = dl1 dl2

1
1
+
r1 r2

p =

1
1
+
r1 r2

(1.10)

con la pressione maggiore dal lato convesso della supercie.


` utile osservare che la quantit`a 1/r1 + 1/r2 , che `e il doppio del raggio di curvatura
E
medio della supercie, `e un invariante geometrico indipendente dal sistema di riferimento
scelto e ci`o torna intuitivamente con il fatto che la dierenza di pressione che si genera allinterfaccia tra i due uidi deve chiaramente essere indipendente dal sistema di riferimento
che si sceglie per descrivere il fenomeno.

d
r1
r2
dl2 d
2

dl 1

dl2
dl1

dl2

Figura 1.14: Sistema di forze generate dalla tensione superciale su una supercie curva.

` SUI FLUIDI
CAPITOLO 1. GENERALITA

20

La situazione appena illustrata si riferisce ad ununico uido circondato da un gas


oppure da un uido circondato unicamente da un altro uido 7 . La congurazione diventa
notevolmente pi`
u complesa nel caso in cui ci siano pi`
u uidi a contatto sia con un gas che
con una supercie solida. Presa come esempio la situazione in gura 1.15 si ha chiaramente
che deve risultare
(1.11)
13 23 = 12 cos
in cui langolo di contatto dipende dai valori delle tensioni superciali dei materiali a
contatto. Quando risulta > /2 (ossia 23 > 13 ) si ha che il uido 2 non bagna il
mezzo 3 (per esempio mercurio su vetro). Se invece | 13 23 |>| 12 | lequazione (1.11)
non pu`o evidentemente essere soddisfatta per alcun valore di implicando che non `e
possibile raggiungere una congurazione di equilibrio come quella riportata in gura 1.15.
Questa `e la situazione che tipicamente si verica quando sullinterfaccia ariaacqua si
deposita qualche goccia di olio che tende a spandersi uniformemente no a formare un
sottile velo uniforme.

12
23 2

1 13
3

Figura 1.15: Sistema di forze generate dalla tensione superciale nel punto di contatto
tra tre mezzi diversi (di cui almeno uno sia un liquido).
Una situazione comune in cui la tensione superciale ha un ruolo determinante `e
nellimpatto di un corpo con uninterfaccia tra uid immiscibili. In questo caso, infatti,
limpatto produce una deformazione della supercie con linee a piccolo raggio di curvatura.
In queste regioni la tensione superciale ha un eetto dominante sulle altre forze e tende
a generare delle piccole goccie che minimizzano la supercie esposta rispetto al volume di
uido contenuto (gura 1.16).
Questo `e lo stesso motivo per cui quando si lascia scendere dal rubinetto un lino
dacqua questo prima o dopo si frantuma in piccole gocce. Le particelle uide, infatti, a
causa della forza di gravit`a tenderebbero ad aumentare indenitamente la loro velocit`a e
la vena uida, per conservare la portata, dovrebbe diventare innitamente sottile. Accade
quindi che la distanza tra punti diametralmente opposti della supercie del getto diviene
tanto piccole da permettere alla tensione superciale di diventare ecace e rompere la
vena continua in molteplici gocce (gura 1.17).
7

In questo caso la tensione superciale `e il valore di un uido rispetto allaltro.

1.7. TENSIONE SUPERFICIALE

21

Figura 1.16: Deformazioni della supercie libera e frammentazione conseguente


allimpatto di una goccia dacqua con uninterfaccia acqua/aria.

Figura 1.17: Rottura di un getto dacqua a sezione circdolare di diametro d = 4 mm


indotta dalla tensione superciale.

1.7.2

capillarit`
a

Consideriamo inne la combinazione di eetti di tensione superciale e forza di gravit`a il


cui fenomeno pi`
u noto `e quello della capillarit`a. In gura 1.18 sono riportati due esempi
di comportamento per le interfacce tra ariaacquavetro e ariamercuriovetro da cui si
pu`o vedere che non solo i fenomeni di tensione superciale dipendono dalla natura dei
due uidi ma anche dalle forze di adesione dei uidi con il solido. Nellesempio specico
`e rappresentato un capillare (un tubicino di sezione O(1)mm) in vetro immerso in un
recipiente contenente del uido. A seconda dei casi, linterfaccia ariauido pu`o salire o
scendere rispetto al livello esterno e per il calcolo dellaltezza h si procede semplicemente
eettuando un bilancio di forze. Se esprime il valore della tensione superciale (in unit`a
N/m) la forza totale esercitata dallinterfaccia sar`a pari al perimetro della circonferenza
moltiplicata per il valore della tensione ossia 2R orientata come in gura 1.18c. Questa
forza, proiettata nella direzione verticale dovr`a bilanciare il peso della colonna di uido
sollevata (o abbassata); risulter`a quindi:
2R cos = ghR2 ,

h=

dove si osservi che h `e la quota media dellinterfaccia.

2 cos
,
gR

(1.12)

` SUI FLUIDI
CAPITOLO 1. GENERALITA

22

Il valore dellangolo `e determinato dal bilancio tra le forze di adesione tra il uido ed
il capillare e le forze di coesione allinterno delle molecole del uido. Se un uido tende a
bagnare una supercie allora le forze di adesione superano quelle di coesione e langolo
sar`a minore di 90o . Sa al contrario il uido non aderisce al capillare allora saranno
le forze di coesione a prevalere su quelle di adesione e langolo risulter`a maggiore di
90o . La determinazione di viene eettuata per via sperimentale ed acqua e mercurio
sono due prototipi di uido per i comportamenti precedentemente descritti risultando,
rispettivamente H2 O  0o e Hg  130o .

2R

a)

b)

c)

g R h
Figura 1.18: Esempi di tensione superciale allinterfaccia tra ariaacquavetro a), aria
mercuriovetro b). Bilancio tra forza peso e tensione superciale c).

1.7. TENSIONE SUPERFICIALE

23
ESEMPIO

Assumendo che la linfa salga dalle radici alle foglie di un albero per capillarit`a
calcolare il raggio dei vasi linfatici (supposti circolari) per un albero di altezza
h = 15 m.
Soluzione
Come `e stato detto, i fenomeni di tensione superciale dipendono sia dal uido e
dal suo grado di purezza sia dal materiale con il quale viene a contatto. Tuttavia,
volendo attenere una stima di larga massima, si possono assimilare le propriet`a
della linfa a quelle dellacqua ed i vasi linfatici ad un capillare in vetro. In tal
caso, ricorrendo alla formula (1.12) avendo posto  0 e = 7.34 102 N/m si
ottiene
2 cos
R=
= 9.97 107 m.
gh
Il presente valore ( 1m) risulta estremamente piccolo ed `e poco probabile che
allinterno do un tronco si possa realizzare un condotto, privo di imperfezioni del
raggio di 1m per tutta la sua lunghezza.
Nella realt`a il meccanismo che porta la linfa alle foglie `e losmosi, in quanto
evaporando lacqua attraverso le foglie si creano concentrazioni maggiori di sali
in alto che attirano lacqua dalle radici.

24

` SUI FLUIDI
CAPITOLO 1. GENERALITA

Capitolo 2
Statica dei uidi
Una categoria importante di problemi della uidodinamica `e costituita da quei fenomeni
in cui il uido si trova in quiete oppure si muove senza generare degli sforzi di taglio;
sebbene questa condizione possa sembrare estremamente restrittiva, ci si render`a conto
che riguarda una vasta gamma di problemi pratici. Il dimensionamento di una diga, la
sollecitazione generata in un serbatoio in pressione, la forma della supercie libera di un
liquido in rapida rotazione o il sollevamento in volo di una mongolera sono solo alcuni
esempi tra molti che incontriamo nella realt`a quotidiana. In tutti questi casi le uniche forze
presenti sono forze di pressione e forze di volume, la determinazione della cui risultante `e
lo scopo di questa parte della uidodinamica.

2.1

pressione in un uido

Volendo determinare la risultante delle forze di pressione su una supercie immersa in


un uido, ci si deve porre immediatamente la domanda di come la pressione dipenda
dallorientamento dellelemento di supercie su cui agisce. Consideriamo a tale scopo un
uido in quiete dal quale si tolga un elemento a forma di prisma e si consideri il diagramma
di corpo libero per tale elemento (gura 2.1).

p dyds
z

y
x

dz
pydzdx

ds
dx
gdxdydz
2

dy

Figura 2.1: Diagramma di corpo libero per un elemento di uido in quiete.


25

CAPITOLO 2. STATICA DEI FLUIDI

26

Essendo lelemento di uido in quiete, la risultante delle forze applicate dovr`a essere
nulla; considerando quindi lequilibrio nella direzione verticale z e nella x si ottiene
pz dxdy pdyds cos = gdxdydz,

px dydz = pdyds sin ,

(2.1)

da cui osservando che ds sin = dz e ds cos = dx, si ha: pz p = gdz/2 e p = px .


Daltra parte, essendo interessati alla pressione in un punto, possiamo far tendere a zero le
dimensioni del prisma mantenendone invariata la forma da cui risulta per dx, dy, dz 0
pz = p,

px = p,

(2.2)

ossia la pressione in un punto ha lo stesso valore indipendente dal valore dellangolo . Se


ora ricordiamo che tanto il valore di quanto lorientamento del prisma sono stati scelti in
modo del tutto arbitrario arriviamo alla conclusione di validit`a generale che il valore della
pressione in un punto `e indipendente dalla direzione in cui agisce, questa aermazione `e
nota come Legge di Pascal.
Questo esempio ci d`a anche lo spunto per riettere su unaltra questione molto importante in uidodinamica. Indicando con dl lordine di grandezza dei lati del prisma si ha
che le forze di pressione sono proporzionali a dl2 mentre la forza peso `e proporzionale a
dl3 . Questa stima `e generale e si pu`o applicare a tutte le forze di supercie e di volume.
Ci`o implica che al diminuire delle dimensioni di un corpo, le forze di volume e di supercie
non diminuiscono nello stesso modo ma le prime perdono sempre pi`
u importanza mentre
le seconde diventano preponderanti. Questo eetto si chiama eetto scala ed `e il motivo
per cui quando si costruisce un aeromodello non basta ridurre in scala tutte le dimensioni
ma bisogna anche cambiare la curvatura dei proli alari per avere un giusto bilanciamento
tra il peso dellaeromodello e la forza di sostentamento (portanza) 1 .

2.2

distribuzione di pressione in un uido

Dopo aver stabilito che la pressione in un punto agisce in ugual modo in tutte le direzioni
bisogna ora capire in che modo la pressione varia allinterno di un uido in quiete o in
moto ma sempre sotto la condizione che non siano presenti degli sforzi tangenziali interni
al uido.
In modo simile allesempio precedente, si consideri un elemento di uido a forma di
parallelepipedo (gura 2.2) e si applichi la seconda legge della dinamica F = ma.
Indicando con p il valore della pressione al centro dellelemento ed utilizzando lo
sviluppo in serie di Taylor si avr`a per le pressioni sulle facce perpendicolari allasse y
pp/y(dy/2) e p+p/y(dy/2) da cui, detta la densit`a del uido ed ay la componente
dellaccelerazione lungo la direzione y si pu`o scrivere lequilibrio dellelemento:


p dy
p dy
p
dxdz p +
dxdz = dxdydzay ,
y 2
y 2

p
= ay .
y

(2.3)

Un altro esempio si ha negli impatti dei corpi; se cade a terra un cucciolo di elefante o un elefante adulto leetto sulla struttura ossea certamente non sar`
a lo stesso anche se i due animali possono
certamente essere considerati in scala.

2.2. DISTRIBUZIONE DI PRESSIONE IN UN FLUIDO

27

dz
p - p dy dxdz
y 2
z

p + p dy dxdz
y 2

p
y
x

dx

dy
gdxdydz

Figura 2.2: Equilibrio delle pressioni per un elemento di uido.

Lequilibrio si scriver`a in modo del tutto analogo nella direzione x mentre per la
direzione verticale z bisogner`a includere tra le forze il peso:


p dz
p dz
p
dxdy p +
dxdy dxdydzg = dxdydzaz ,
z 2
z 2

(2.4)

ossia

p
g = ay .
z

Se ora osserviamo che il gradiente della pressione (in un sistema di coordinate cartesiane)
fornisce lespressione
p =

p
p
p
x +
y + z,
x
y
z

(2.5)

dove x, y e z sono i versori degli assi, ed indicando con f il vettore contente tutte le densit`a
di forze di volume (nellesempio in questione f = g
z ), lequilibrio dellelemento di uido
si scrive
p + f = a

(2.6)

che ha validit`a generale qualunque siano f ed a. Lunica restrizione allapplicazione di


questa relazione resta quindi lassenza di sforzi viscosi allinterno del uido.

CAPITOLO 2. STATICA DEI FLUIDI

28

ESEMPIO
Un camion trasporta del liquido che riempie per 2/3 il cassone a forma di parallelepipedo, aperto in supercie e con le sponde laterali di altezza H. Se percorre
una curva circolare di raggio R alla velocit`a costante U , calcolare la massima
velocit`a con cui pu`o percorrere la curva prima che fuoriesca il liquido.
U

H
l = 2.5 m
R = 200 m

H=2m
(h = 2H/3)

l
R

Soluzione
In un sistema di riferimento solidale con il camion, sul uido agiranno la forza peso e quella
centrifuga per cui, preso un sistema dassi come
in gura, le equazioni per la statica del uido
saranno:

p
g = 0,
z

p
U2
+
= 0,
r
R

rispettivamente per le componenti verticale e


radiale. Daltra parte per il dierenziale della
pressione si pu`o scrivere
dp =

p
U2
p
dz + dr = gdz + dr.
z
r
R

. Essendo la supercie libera una supercie iso- h


pressione risulta per`o dp = 0 da cui si ricava per
la supercie libera
U2
U 2r
dz
=
, = z(r) =
+ C.
dr
Rg
Rg
La costante C si determina in base al volume iniziale di uido. La condizione critica si
ha quando z(r = l) = H e per conservare la
massa deve risultare h1 = 2h H che risulter`a anche il valore di C = z(r = 0). Da
ci`o si ricava H = U 2 l/(Rg) + 2h H ossia
U = 2Rg(H h)/l = 32.34 m/s.

h1
r

2.3. VARIAZIONI DI PRESSIONE IN UN FLUIDO IN QUIETE

2.3

29

variazioni di pressione in un uido in quiete

La relazione (2.6) permette, come caso particolare, di determinare la variazione di pressione con la quota per un uido soggetto solamente al peso proprio. In questo caso risulter`a
a = 0 ed orientando lasse z nella stessa direzione ma verso opposto rispetto alla gravit`a
f = g
z si ottiene dalla (2.6)
dp
= g.
(2.7)
dz
Evidentemente lintegrazione di questa relazione fornisce risultati dierenti a seconda che
la densit`a si possa considerare indipendente o meno dalla coordinata z. Nel caso dei liquidi
abbiamo visto che il modulo di comprimibilit`a ha valori estremamente elevati (O[GPa])
e la variazione di densit`a pu`o essere sicuramente trascurata ottenendo cos`
p(z) = p(0) gz,

(2.8)

in cui p(0) `e il valore della pressione alla quota z = 0 scelta come riferimento. Nel caso
dellacqua ( = 1000Kg/m3 ) la relazione (2.8) ci dice che ogni 10 metri di profondit`a
(z = 10m) si ha una variazione di pressione p = 98000Pa ossia circa unatmosfera.
Questo fatto dovrebbe essere ben noto a tutti quelli che fanno immersioni in quanto il
continuo aumento di pressione con la profondit`a costringe a frequenti compensazioni tra
la pressione interna dellorecchio e quella esterna che agisce sul timpano durante la fase
di immersione.
Se invece dei liquidi consideriamo i gas, le variazioni di densit`a con la quota non saranno pi`
u trascurabili e lintegrazione dellequazione (2.7) deve tenere conto della forma
specica di (z). Un caso semplice `e costituito da uno strato di gas che obbedisca allequazione di stato dei gas perfetti e che sia isotermo risultando cos` = p/(RT ) con
il fattore 1/(RT ) costante in z e dipendente solo dalla temperatura e dal gas specico
considerato. Questa relazione, sostituita nella (2.7) fornisce
gp
dp
=
,
dz
RT

dp
g
=
dz,
p
RT

(2.9)

da cui si ottiene per integrazione


log

g
p(z)
=
z,
p(0)
RT

p(z) = p(0)e RT z ,

(2.10)

da cui si vede che la diminuzione di pressione con la quota `e un esponenziale decrescente.


Ci`o implica che pur salendo in quota, prendendo dei z costanti si ottengono dei decrementi di pressione sempre pi`
u piccoli; questo eetto si pu`o comprendere intuitivamente
osservando che gli strati inferiori dellatmosfera sono compressi dal peso degli strati superiori e questo peso diminuisce con z per due fattori ) lo spessore di uido `e minore ) il
uido ha una densit`a sempre minore perche meno compresso.
` comunque importante notare che dato il basso valore di densit`a dei gas, le variazioni
E
di pressione dovute al peso proprio diventano importanti solo per variazioni di quota

CAPITOLO 2. STATICA DEI FLUIDI

30

dellordine delle centinaia o migliaia di metri. Per provare questa asserzione si pu`o, per
esempio applicare la relazione (2.10) allaria a temperatura ambiente osservando che per
una variazione di quota di z = 50m si ha una variazione relativa di pressione di solo lo
0.59%.

2.4

atmosfera standard

Tra i problemi di determinazione di variazioni di pressione con la quota, quello dellatmosfera riveste una particolare rilevanza pratica a causa di tutte le applicazioni di trasporto
aereo, meteorologia e geosica. Purtroppo le cause che determinano le variazioni di pressione nellatmosfera sono molteplici e complesse 2 e ci`o ha reso necessaria la denizione di
valori standard applicabili ovunque ed in qualunque momento dellanno in modo da avere
dei valori di riferimento.

z (Km)
100

ionosfera

mesopausa

80

mesosfera

60

stratopausa

40
stratosfera

20
tropopausa
troposfera

158

208

278 T (K)

Figura 2.3: Distribuzione della temperatura con la quota nellatmosfera.


Queste condizioni di riferimento sono state ssate mediando i valori in un anno di tutto
il globo alla latitudine 40o nord il che fornisce una temperatura al suolo di T (0) = 288.15K
(15o C) ed una pressione di p(0) = 101330Pa. Per le variazioni di temperatura con la quota
`e stato provato che nella zona compresa tra 0 ed 11000m (troposfera) si ha una diminuzione
lineare di temperatura con gradiente costante pari a = 0.0065K/m (ossia 6.5 gradi ogni
Km di quota) da cui si ottiene
T (z) = T (0) z.
(2.11)
Applicando lequazione di stato dei gas perfetti si possono quindi mettere in relazione p
e con la quota
2

Se ci limitiamo solamente a considerare la pressione al suolo, possiamo gi`a notare che questa varia
con la latitudine e con le condizioni meteorologiche di alta o bassa pressione risultando cos` funzione
del tempo oltre che dello spazio.

2.5. FORZE DI PRESSIONE


p
= RT,

31

p
= R(T (0) z),

p
,
R(T (0) z)

(2.12)

che sostituita nella (2.7) diventa


pg
dp
=
,
dz
R(T (0) z)

dp
g
dz
=
,
p
R T (0) z

p(z)
=
p(0)

T (0) z
T (0)

g
R

(2.13)

Inne, dalle funzioni T (z) e p(z) si ricava facilmente dallequazione di stato la funzione
per (z).
Al di sopra della troposfera c`e uno strato dello spessore di circa 2Km caratterizzato
da un gradiente termico di circa 0.002K/m che `e detto tropopausa. Per quote ancora
superiori e no a circa 50Km c`e invece la stratosfera caratterizzata da temperatura che
inizialmente `e pressoche costante (no a circa 20Km) mentre successivamente aumenta
dapprima lievemente e poi in modo pi`
u marcato. A quote ancora superiori si entra nella
mesosfera dove si osserva una nuova diminuzione di temperatura no alla quota di 80Km.
Al di sopra dei 90Km si ha inne la ionosfera con una temperatura crescente; in questa
regione, tuttavia, il valore estremamente basso di densit`a e la ionizzazione dei gas presenti
(a causa della radiazione solare) non permette pi`
u di utilizzare lipotesi di continuo e non
verr`a quindi descritta in questa sede.

2.5

forze di pressione

Possiamo a questo punto calcolare il sistema delle forze di pressione che un uido in quiete
esercita su una supercie di forma qualunque il che generalmente richiede il calcolo dellla
sua risultante F e della coppia M.
Si consideri allo scopo una supercie S (gura 2.4) e, isolato lelemento darea dS,
si calcoli la forza elementare agente su tale supercie dF = pndS dove n `e la normale orientata dal lato in cui il uido bagna la supercie. Per la forza totale si avr`a
semplicemente:

(2.14)
F = pndS.
S

Preso invece un polo O e detto x il vettore che unisce il polo con la forza innitesima dF
si ha

M = px ndS.
(2.15)
S

Bisogna notare che sebbene dal punto di vista teorico la soluzione di questo problema
sia elementare e si risolva utilizzando elementi classici della teoria dei vettori, la possibilit`a pratica di calcolare eettivamente gli integrali (2.14 e 2.15) `e alquanto limitata e, nel
caso generale, quasi mai possibile per via analitica. Le dicolt`a possono derivare sia dalla
complessit`a della supercie e dallorientazione della sua normale ma anche dalla distribuzione della pressione che in linea di principio potrebbe essere una funzione complicata
dello spazio; in questi casi si procede ad una soluzione del problema per via numerica in

CAPITOLO 2. STATICA DEI FLUIDI

32

dF=-pn dS
dS
z
x O

x
y

Figura 2.4: Forza di pressione agente su una supercie.


cui la supercie viene discretizzata in tanti elementi sui quali la pressione si possa ritenere
costante e gli integrali divengono delle sommatorie discrete.
Ci sono tuttavia numerose applicazioni pratiche in cui la pressione `e costante o varia
linearmente con la quota (rispettivamente, nei gas per variazioni di quota limitate o nei
liquidi) e le superci in esame sono piane o si possono decomporre in un numero limitato
di superci piane, in tal caso `e possibile risolvere gli integrali trovati per via analitica e
trovare delle formule risolutive di grande utilit`a per le applicazioni pratiche.

2.5.1

pressione costante

Iniziamo con il considerare il caso in cui la supercie sia piana e la pressione risulti costante
come negli esempi ragurati nelle gure 2.5 e 2.6. Analizziamo in dettaglio lesempio di
gura 2.5; riprendendo lespressione (2.14) si ha che la normale `e orientata sempre nello
stesso modo su tutta la supercie e la pressione non varia ottenendo cos` F = pSn 3 .
La pressione sul fondo del contenitore sar`a data dalla somma della pressione atmosferica
u la componente idrostatica risultando p = p0 + gh.
p0 pi`
Per il calcolo della retta dapplicazione consideriamo la direzione x e notiamo che nellespressione (2.15) la normale `e costantemente ortogonale al braccio x mentre la risultante
3`

E utile evidenziare che, come `e noto dalla meccanica razionale, essendo questo un sistema di vettori
paralleli, `e possibile ricondurre le forze di pressione ad un unico vettore risultante senza la necessit`
a di
calcolarne il momento. In particolare il trinomio invariante T = M F `e identicamente nullo, in quanto
M ed F sono ortogonali, e ci`
o implica che per caratterizzare il sistema di forze `e suciente calcolarne la
risultante F ed un appropriato punto dapplicazione tale da bilanciare il momento delle forze dato dalla
(2.15).

2.5. FORZE DI PRESSIONE

33

p0

h
dF
y

F
y

rx

x
Figura 2.5: Forza di pressione generata da un liquido agente su una supercie orizzontale.

pI > p0

S
F =( pI - p0)S
Figura 2.6: Forza di pressione generata da una gas agente su una supercie piana.
F dovr`a essere normale al braccio rx . Esplicitando quindi lintegrale in (2.15) si ha


xdS =| F | rx , = p


S

xdS = pSrx , = rx =

xdS
.
S

(2.16)

Lo stesso ragionamento pu`o essere eettuato in modo del tutto analogo per determinare
il

punto di applicazione della risultante nella direzione y ottenendo lespressione ry S ydS/S
per cui in forma vettoriale

xdS
,
(2.17)
r= S
S
da cui si vede che in tali circostanze la retta dapplicazione viene determinata esclusivamente dalle caratteristiche geometriche della supercie. Lintegrale in (2.17) `e un integrale
noto nella geometria ed r corrisponde esattamente alla denizione di centroide di una gura. In conclusione si pu`o quindi aermare che nel caso in cui la supercie sia piana
e la pressione abbia un valore costante su tale supercie, il sistema di forze di pressione
`e equivalente ad ununica forza il cui modulo `e dato dal prodotto della pressione per la
supercie mentre il punto dapplicazione si trova nel centroide della supercie stessa 4 .
4

Nellesempio di gura 2.5 `e stata calcolata la forza di pressione come F = pSn dove essendo

CAPITOLO 2. STATICA DEI FLUIDI

34

2.5.2

distribuzione lineare di pressione

Come `e stato mostrato nella sezione 2.3 il caso di una pressione linearmente crescente
o decrescente con la quota, concerne tutti quei problemi in cui `e presente un uido la
cui densit`a possa essere considerata costante (generalmente tutti i liquidi). Cerchiamo
ora di determinare la risultante delle forze di pressione su una supercie piana immersa
in tale uido e comunque orientata. A tale scopo consideriamo la gura 2.7 e notiamo
u il
che la pressione alla generica quota z  sar`a la somma di quella atmosferica p0 pi`

contributo gz essendo la densit`a del uido in esame. La forza dovuta alla pressione
atmosferica (che `e costante su tutta la supercie S) si determina come mostrato nella
sezione precedente e non verr`a considerata ulteriormente nel presente esempio.
Utilizzando la (2.14) la componente di pressione linearmente crescente con la quota,
dar`a luogo ad una forza pari a
F = gn


S

z  dS = gn cos


S

zdS = g cos zC Sn = gzC Sn,

(2.18)

dove con zC si `e indicata la coordinata del centroide di S e con zC la coordinata corrispondente sullasse z  . Per la retta dapplicazione, si possono invece uguagliare i momenti
rispetto allasse x delle forze di pressione e della risultante; per le prime, seguendo la
(2.15), si scrive


M=

gn z

z dF =


S


S

pz ndS = g
zn
1

z zdS = g(cos ) x


S


S

z  zdS =

(2.19)

z 2 dS = g(cos )1 xIx ,

essendo Ix il momento dinerzia 5 di S rispetto allasse x e z e x, rispettivamente i versori


degli assi z ed x.
Per il momento della risultante si avr`a invece
M = zR F = gzC (cos )1 SzR z n = g(cos )1 zC SzR x,

(2.20)

p = p0 +gh si `e considerato anche il contributo della pressione atmosferica. Non bisogna per`
o dimenticare
che c`e unulteriore forza che `e quella prodotta dalla pressione atmosferica che agisce sulla stessa supercie
esternamente al sebatoio. Seguendo un ragionamento identico ai precedenti si avr`
a una nuova forza
F0 = p0 Sn avente esattamente lo stesso punto di applicazione di F ma verso opposto. Ne conseguir`a
che la forza totale applicata ad S sar`a Ftot = ghS z.
5
La quantit`
a Ix `e indicata con il nome di momento dinerzia e ci`
o pu`
o trarre in inganno un quanto
c`e unaltra grandezza denita come IV = V r2 dV (con V volume, densit`a ed r distanza del volume
elementare dV rispetto ad un generico punto O) che viene pure chiamata momento dinerzia. Tuttavia
lanalisi delle dimensioni delle due quantit`
a permette di fare un minimo di chiarezza in quanto la prima
(Ix ) dimensionalmente `e una lunghezza alla quarta potenza mentre la seconda `e una massa per una
a puramente geometrica e consistentemente
lunghezza al quadrato. In altre parole Ix `e una quantit`
entra in gioco quando si fanno considerazioni di statica. Al contrario IV (contenendo la massa) `e una
quantit`
a dipendente dallinerzia delloggetto sotto esame e deve essere considerato nellanalisi di quantit`
a
dinamiche. In alcuni testi la quantit`
a Ix viene chiamata momento di gura per evitare la confusione con
IV .

2.5. FORZE DI PRESSIONE

35

p0
dF = -pndS

S
dS
z

Figura 2.7: Forza di pressione generata da un liquido agente su una supercie generica.
per cui uguagliando gli ultimi membri di (2.19) e (2.20) si ottiene
zR =

Ix
zC S

(2.21)

che ci fornisce la coordinata z in cui `e applicata la risultante delle forze di pressione.


Il momento dinerzia Ix sar`a chiaramente dierente a seconda dellasse x rispetto
al quale si valuta ed in linea di principio andrebbe calcolato caso per caso. Tuttavia,
utilizzando un noto teorema della meccanica razionale `e possibile, una volta noto Ix per
un generico asse x calcolare Ix rispetto a qualunque asse x . Detto allora Ixc il momento
dinerzia di S rispetto ad un asse parallelo ad x ma passante per il centroide di S si pu`o
scrivere
(2.22)
Ix = Ixc + zC2 S
per cui dalla (2.21)
zR = zC +

Ixc
.
zC S

(2.23)

La quantit`a Ixc ha il vantaggio di essere gi`a calcolata per la maggior parte delle gure
geometriche regolari per cui in base alla (2.23) risulta banale il calcolo del punto di
applicazione della risultante delle pressioni. In gura 2.8 vengono riportati i valori di Ixc
per alcune gure geometriche regolari.
Osservando inoltre lespressione (2.23) si nota che il secondo termine a secondo membro
`e certamente denito positivo per cui deve risultare zR > zC , ossia il punto di applicazione
` altrettanto interessante
della risultante delle forze `e pi`
u in basso rispetto al centroide. E
osservare che la dierenza tra zR e zC non `e costante ma dipende dalla quota di immersione
attraverso zC stesso (che `e determinato rispetto ad un asse la cui origine coincide con la

36

CAPITOLO 2. STATICA DEI FLUIDI

Figura 2.8: Caratteristiche geometriche di alcune gure regolari.


supercie libera del uido). In particolare, allaumentare della profondit`a a cui `e immersa
S, zC aumenter`a mentre sia S che Ixc rimarranno costanti da cui ne consegue che zR zC
(gura 2.9). Il motivo sico di ci`o `e che se zC la variazione della pressione sulla
supercie diventer`a sempre pi`
u piccola rispetto alla pressione media e la risultante tender`a
a comportarsi come se la pressione fosse costante (e quindi applicata nel centroide).
Per quanto riguarda il punto di applicazione della risultante nella direzione x si pu`o
notare che, suddividendo S in tante striscie parallele allasse x su ognuna delle striscie la
pressione risulta costante e quindi la forza di pressione deve essere applicata nel centroide
dalla striscia; integrando quindi su tutte le striscie elementari si ottiene che la risultante
delle forze di pressione `e applicata nella x del centroide.
Riassumendo possiamo concludere aermando che: presa una supercie piana immersa
in un uido la cui pressione vari linearmente con la quota e preso un sistema dassi x z
con lorigine su pelo libero del uido ed orientato come in gura 2.9 si ha che la risultante

2.5. FORZE DI PRESSIONE

37

pmin
zc
zr
pmax
p= gz

pmin
zc
zr
pmax

Figura 2.9: Variazione del punto di applicazione della risultante delle forze di pressione
con la quota di immersione z.

delle forze di pressione sar`a pari al prodotto della supercie S per la pressione valutata
alla quota del centroide zC ed orientata come n. Tale risultante sar`a applicata in un
punto di coordinate (xC , zR ) in cui xC `e la coordinata x del centroide e zR `e un punto pi`
u
in basso del centroide denito in (2.23).

CAPITOLO 2. STATICA DEI FLUIDI

38

ESEMPIO
Una paratia come in gura si trova sotto il livello dellacqua ed `e incernierata in
C. Determinare il minimo valore di P per impedire la fuoriuscita di liquido. (Si
trascuri il peso proprio della paratia e lattrito della cerniera. La dimensione b `e
ortogonale al foglio.)
h1

h1 = 7.m
l1 = 3 m

h2

h2 = 5 m
b=6m

P
l1

Soluzione

h1
Dallequilibrio dei momenti intorno alla
cerniera C si ha: F1 b1 + F2 b2 = P h2 con,
F1 = g(h1 + h2 /2)bh2 = 2795850 N,
F2 = g(h1 + h2 )l1 b = 2118960 N,
b1 = yR h1 = h2 /2 + bh32 /(12bh2 [(h1 +
h2 /2)] = 2.719 m e b2 = l1 /2. Dallequilibrio dei momenti si ricava, quindi:
P = 2156071 N.

C
b1

h2

F1
b2
F2
l1

2.5. FORZE DI PRESSIONE

39
ESEMPIO

Data la congurazione nellillustrazione calcolare lintensit`a della forza F per


evitare lapertura dello sportello incernierato in C.
l
l1

l = 1.2 m l1 = 1.4 m
b = 1.5 m
l2 = 2 m
= 45o uido:acqua
l2
b `e la dimensione dello sportello
F
nella direzione ortogonale al foglio.

Soluzione
Sul tratto inclinato dello sportello agir`a
una forza F1 = gh1c A1 = 27677 N, essendo h1c = (l + l1 /2) sin = 1.3435 m.

=
Questa forza `e applicata nel punto y1R

1.986 m misurato sullasse y con origine
in O . Nello stesso modo, sul tratto verticale agir`a una forza F2 = gh2c A2 =
83536.4 N con h2c = (l + l1 ) sin +
l2 /2 = 2.838 m applicata nel punto
y2R = 2.955 m misurato sullasse y con
origine in O.
Dallequilibrio dei momenti intorno alla
cerniera C si ha: F1 b1 + F2 b2 = F bF con
b1 = yR1 l = 0.786 m, b2 = y2R
l sin = 2.1064 m e bF = l1 sin + l2 =
2.99 m da cui si ricava F = 66126 N.

2.5.3

l1

C
b2

b1
F1

bF
l2

F2

F
y
y

forze di pressione su una supercie curva

Nelle due sezioni precedenti abbiamo considerato problemi in cui la supercie in esame
poteva essere interamente contenuta in un piano e questo ha permesso di ottenere delle
formule generali per il calcolo della risultante delle forze di pressione. Ci sono tuttavia
delle applicazioni in cui questa ipotesi non pu`o essere applicata e ci`o nonostante `e possibile calcolare la risultante delle forze di pressione senza ricorrere al calcolo esplicito degli
integrali (2.14) e (2.15). Si consideri allo scopo la gura 2.10 in cui si voglia calcolare la

CAPITOLO 2. STATICA DEI FLUIDI

40

forza risultante sulla supercie esterna che delimita la regione di uido pi`
u scura 6 . Se
si isola il volume di uido delimitato da tale supercie e dalle superci piane orizzontali
e verticali interne al uido si pu`o tracciare il diagramma di corpo libero per tale volume
e determinare le reazioni che la supercie esterna esercita sul uido. Utilizzando le formule ricavate precedentemente si ricavano facilmente Fy ed Fx da cui dallequilibrio alla
traslazione in x ed y si ha
Frx = Fx ,

Fry = Fy + W,

(2.24)

essendo W il peso del volume di uido racchiuso nella zona evidenziata in gura 2.10. Il
vettore della forza risultante avr`a quindi modulo Fr e former`a con lasse x un angolo
cos` determinati:

Fry
2 + F2 ,
= tan1
.
(2.25)
Fr = Frx
ry
Frx

Fy

Fx

Frx

W
Fry

Fr

Figura 2.10: Forze di pressione su una supercie curva.


Per determinare la retta di applicazione di Fr basta inne equilibrare i momenti delle
forze rispetto ad un punto. Se, per esempio si sceglie il baricentro, detti r, rx ed ry ,
rispettivamente, i bracci di Fr , Frx ed Fry rispetto a G si ricava dallequilibrio alla rotazione
Fr r + Frx rx Fry ry = 0,
6

(2.26)

Si noti che anche in questo caso il sistema di forze `e equivalente solo ad una risultante applicata in un
punto opportuno in quanto, in ogni sezione, tutte le forze sono contenute in un piano (quello del foglio).
Nel caso pi`
u generale la riduzione del sistema di forze richiederebbe il calcolo di una risultante e di un
momento rispetto ad un polo.

2.6. SPINTA DI ARCHIMEDE

41

da cui si ricava r.
ESEMPIO
Determinare F in modo che lo sportello non si apra sotto la spinta dellacqua.
O

Suggerimento:

h/2
F

4l/5

l
h

h/2

h=3m b=2m

l/5
Supporre il baricentro
nella posizione indicata
(sportello incernierato in O)

Soluzione
Sul sistema agiranno le 4 forze disegnate in gura e determinate secondo le
seguenti formule: F1 g3h/4 bh/2 =
66217.5 N, F2 gh/4 bh/2 = 22072.5 N,
F3 = gh/2 bh/2 = 44145 N, F4 =
b(h2 /4 h2 /16)g = 94736 N, aventi
braccio rispetto ad O r1 = 3h/4+h/36 =
2.333 m, r2 = h/3 = 1 m, r3 = h/4 =
0.75 m, r4 = h/10 = 0.3 m. Dallequilibrio dei momenti intorno ad = 0,
F h/2 = F1 r1 + F2 r2 + F3 r3 F4 r4 si
ricava F = 137897.8 N.

2.6

O
F

F2
F3

h/2

F4

F1

spinta di Archimede

Vogliamo ora calcolare la forza esercitata da un uido che circonda un corpo a causa
della variazione di pressione. Riferendoci alla gura 2.11 consideriamo un corpo di forma
generica immerso in un uido e consideriamo il perimetro massimo che circoscrive il corpo
in un piano orizzontale 7 indicando con S la supercie delimitata. Se per ogni elemento dS
costruiamo un cilindro elementare contenuto nel solido, possiamo calcolare la risultante
delle forze di pressione esercitate su tale cilindro che saranno
dF = (pl pu )dS z,

(2.27)

che per integrazione su tutta la supercie S ci fornisce la risultante. Essendo la pressione


costante su piani orizzontali possiamo utilizzare la relazione (2.7) per calcolare la dierenza
7

In realt`
a esistono forme solide per le quali non si pu`
o determinare tale perimetro; `e per`o possibile
decomporre tali forme in un numero nito di corpi per i quali loperazione descritta `e denita quindi la
procedura ha validit`
a generale.

CAPITOLO 2. STATICA DEI FLUIDI

42
(pl pu ); risulta infatti dp = gdz e quindi
(pl pu ) =

 zu

 zu

dp =

zl

zl

gdz,

(2.28)

che sostituita in (2.27) diventa




F=

(pl pu )dS z =

  zu
S

zl

gdzdS z =

gdV z,

(2.29)

da cui, essendo la densit`a del uido, ne consegue che la forza esercitata dal uido sul
corpo `e una spinta verso lalto pari al peso del volume di uido spostato dal corpo 8 .

-p un dS

zu

dS

h(x,y)
z
zl

y
x

-p ln dS

Figura 2.11: Forze di pressione su corpo immerso in un uido.


Gli stessi ragionamenti fatti per un corpo immerso in un solo uido, possono essere
ripetuti per un corpo immerso parzialmente in un uido e parzialmente in un altro uido
a densit`a dierente (gura 2.12). Se la congurazione risulta stabile, ossia se 1 2
allora il corpo si disporr`a in una posizione intermedia allinterfaccia tra i due uidi in modo
che la spinta di Archimede bilanci il suo peso. Naturalmente ogni uido contribuisce alla
spinta per la porzione di uido spostato per cui detti rispettivamente V1 e V2 le frazioni
di volume del corpo immerse nei uidi a densit`a 1 e 2 e V il volume totale del corpo
(con V = V1 + V2 ) dovr`a risultare

V1

1 gdV +

V2

2 gdV = gV,

(2.31)

Lespressione (2.27) assume una forma particolarmente semplice se la pressione ha una variazione
lineare con la quota in quanto risulta pl = pu g(zl zu ) = pu + gh e la (2.27) diventa

(2.30)
dF = ghdS z, da cui F = gh hdS z = gV z,
S

essendo V il volume del solido in esame.

2.6. SPINTA DI ARCHIMEDE

43

oppure nel caso di uidi incomprimibili

1 V1 g + 2 V2 g = gV.

(2.32)

A rigore questo ragionamento andrebbe applicato anche quando i due uidi sono acqua ed
aria come per esempio nel caso di una nave; tuttavia avendo laria una densit`a di 600800
volte minore di quella dellacqua si capisce immediatamente che il contributo alla spinta
dellaria risulta trascurabile rispetto a quello dellacqua e di solito non si considera 9 .

V2

V1

Figura 2.12: Galleggiamento per un corpo in equilibrio tra due uidi a dierente densit`a.

Uno dei primi esperimenti di cui si abbia traccia scritta sul galleggiamento di un corpo tra due uidi
a dierente densit`a `e descritto da Galileo Galilei nel 1630 che riporta:...Nel fondo di un recipiente ho
messo dellacqua salata e sopra di essa uno strato di acqua pura; ho quindi mostrato che la palla (di cera)
rimaneva in equilibrio allinterfaccia tra i due uidi e quando veniva spinta verso il fondo o sollevata verso
laltro non rimaneva in nessuna delle due posizioni ma ritornava nella posizione iniziale.

CAPITOLO 2. STATICA DEI FLUIDI

44

ESEMPIO
Dato il cono a base circolare in gura, determinare laltezza della porzione di
solido immerso nel uido a densit`a 0 .
1

h0

= 1.15 Kg/dm3
1 = 0.98 Kg/dm3

Soluzione
Dal principio di Archimede si ha 0 gV0 +
1 gV1 = gV (essendo, rispettivamente
V0 e V1 le frazioni di volume del corpo
immerse nei uidi a densit`a 0 e 1 , e V
il volume totale del corpo). Risultando
V1 = V V0 lequilibrio al galleggiamento si pu`o scrivere come V0 (0 1 ) =
V ( 1 ). Daltra parte i volumi sono
dati da V = d2 h/12 e V0 = d20 h0 /12
mentre dalla similitudine tra i triangoli
si pu`o scrivere d/h = d0 /h0 per cui la
precedente relazione diventa:
d20 h0
d2 h
(0 1 ) =
(1 ),
12
12

0 = 1.2 Kg/dm3
h = 0.4 m

d0
h0

h30 =

1 3
h,
0 1

da cui si ricava h0 = 0.367 m.

2.7

galleggiamento e stabilit`
a

Nella sezione precedente abbiamo visto come calcolare la risultante delle pressioni esercitate da un uido in cui `e immerso un corpo. Tale risultante prende il nome di spinta di
Archimede e si calcola in modo identico anche nel caso in cui il corpo sia solo parzialmente
immerso nel uido. In questultimo caso, nascono questioni di stabilit`a visto che il peso del corpo `e applicato nel suo baricentro (ed `e quindi indipendente dallimmersione del
corpo) mentre la spinta di galleggiamento `e applicata nel baricentro della regione di uido
spostata (detto centro di spinta) ed `e quindi funzione della posizione del corpo rispetto
alla supercie libera del uido. Nel caso di gura 2.13 si pu`o vedere che per unoscillazione contenuta del corpo, il punto di applicazione della spinta si sposta in modo tale

2.8. MISURATORI DI PRESSIONE

45

da formare con il peso una coppia stabilizzante che tende cio`e a riportare il corpo nella
posizione iniziale.

M
G

Figura 2.13: Schema di stabilit`a alla rotazione.


Nel caso di corpi simmetrici, il punto di intersezione tra la retta contenente la spinta
e lasse di simmetria del corpo `e detto metacentro e si pu`o immaginare che il corpo
oscilli intorno ad un asse ortogonale al piano del foglio e passante per il metacentro 10 ;
si pu`o vedere che la congurazione sar`a stabile no a quando il baricentro si trova al
`
di sotto del metacentro mentre nel caso opposto si ha una congurazione instabile. E
utile osservare che mentre la spinta ed il suo punto di applicazione dipendono unicamente
dallimmersione del corpo, la posizione del baricentro dipende dalla dislocazione delle
masse con la conseguenza che la stabilit`a pu`o eseere aumentata o diminuita spostando dei
pesi allinterno del corpo. Come esempio si consideri un piccolo natante con sei persone
a bordo; se tutte le persone si alzano in piedi, si avr`a un innalzamento del baricentro
che, avvicinandosi al metacentro, diminuir`a la stabilit`a del natante. Se inne come caso
estremo si immagina che tutte le persone, salendo su una scala, si portino ad unaltezza
di 2 3 metri si pu`o avere facilmente il ribaltamento della barca.

2.8

misuratori di pressione

In questo paragrafo verranno illustrati alcuni dispositivi di misura della pressione soermandosi in particolare sul loro principio di funzionamento. Iniziamo con il considerare il
dispositivo di gura 2.14a che, per il suo impiego nella misurazione della pressione atmosferica, `e anche detto barometro. Preso un tubo chiuso ad un estremo e riempito di uido,
si pone il lato aperto in un recipiente contenente lo stesso uido; si osserva allora che la
colonna di uido nel tubo scende no ad unaltezza h dalla cui misura si pu`o risalire al
valore di pressione che insiste sulla supercie libera del uido nel recipiente. In particolare
se questa pressione `e quella atmosferica ed il uido manometrico `e mercurio, in base alla
(2.8) si ottiene:
patm = Hg gh + pHg ,
10

(2.33)

Questo in realt`
a `e vero solo nel caso in cui siano assenti movimenti di beccheggio, per un corpo
simmetrico rispetto al piano del foglio e per piccoli valori dellangolo di rollio.

CAPITOLO 2. STATICA DEI FLUIDI

46

in cui pHg `e la tensione di vapore del mercurio alla temperatura di esercizio. Data la
bassa volatilit`a del mercurio si pu`o porre pHg  0 da cui ne consegue il valore ben noto
h = 759mm 11 .

pHg

h
h

patm

1
pa

h2
h1

pa

Hg
a)

b)

c)

Figura 2.14: Schema di funzionamento di dispositivi per la misurazione della pressione:


a) barometro, b) manometro, c) manometro ad U.
Il dispositivo in gura 2.14b `e simile al precedente ma ha lestremit`a del tubo aperto;
dette quindi pa e pb le pressioni alle due estremit`a del tubo risulter`a
pa = m gh + pb ,

(2.34)

per cui si pu`o misurare il valore della pressione pb noti pa ed h oppure la dierenza di
pressione pa pb conoscendo solamente h. Questo strumento pur essendo molto semplice
ha notevoli limitazioni che ne rendono luso abbastanza limitato. Innanzi tutto il uido
manometrico ed il uido di cui bisogna misurare la pressione devono essere immiscibili, il
uido nel tubo deve essere un liquido e la pressione pb non pu`o scendere al di sotto di un
valore limite se si vuole evitare la fuoriuscita del uido manometrico dal tubo.
Lo strumento riportato in gura 2.14c risolve alcuni dei problemi appena citati. Se
infatti il tubo ha la forma di U e tra il uido a densit`a 1 e quello ambiente viene inserito
u necessario che i primi due uidi siano immiscibili.
un terzo uido a densit`a 2 non `e pi`
Inoltre dallequilibrio delle pressioni si ha:
pa + 1 gh1 = 2 gh2 + pb ,

(2.35)

da cui si vede che la massima dierenza di pressione pa pb non dipende pi`


u ora solamente
dalla lunghezza del tubo ma anche dal valore di 2 che pu`o essere quindi variato per
aumentare la sensibilit`a o la portata dello strumento.
11

Questa esperienza fu eettuata per la prima volta da Evangelista Torricelli (16081647) che fu allievo di Galileo Galilei. La descrizione del dispositivo e dellesperimento sono contenute in Lezioni
Accademiche in cui sono riportate una serie di conferenze tenute da Torricelli allAccademia della Crusca.

2.8. MISURATORI DI PRESSIONE

47

1
pa

h2
l

h1

c)
Figura 2.15: Schema di funzionamento del manometro inclinato.

Dagli esempi precedenti `e evidente che il principio di funzionamento di tutti i manometri discussi si riduce alla conversione di una lunghezza h in un valore di pressione una
volta nota la densit`a del uido manometrico m . Dalla relazione p = m gh si vede quindi che per aumentare la sensibilit`a del manometro bisogna rendere massima h a parit`a
di p. A prima vista sembrerebbe che si possa agire solo su m , cercando cio`e dei uidi
manometrici con bassa densit`a (alcool, benzina); ad un esame pi`
u attento, tuttavia si nota
che h `e la lunghezza della colonna di uido nella direzione di g e se quindi si inclina il tubo
si ottengono valori assoluti di lunghezza l che possono crescere a piacimento diminuendo
linclinazione del tubo. In gura 2.15 `e ragurato uno di tali dispositivi dal cui equilibrio
delle pressioni si ha:
pa + 1 gh1 = 2 gl2 sin + pb .

(2.36)

I misuratori descritti in questa sezione hanno il vantaggio di essere estremamente


semplici ed economici ma non permettono la lettura di valori precisi, non consentono di
misurare pressioni elevate e, a causa dellinerzia della colonna di uido, non sono adatti a
misure di pressioni rapidamente variabili nel tempo. Per questo motivo nelle applicazioni
pratiche vengono usati dei manometri il cui principio di funzionamento `e la deformazione
di una supercie a causa delle forze di pressione comunicate dal uido. Nel caso dei
manometri meccanici questa supercie `e generalmente una membrana che costituisce la
parete di una camera stagna allinterno della quale ce una pressione nota. Nel caso dei
trasduttori elettronici, si sfrutta invece leetto piezoelettrico, la propriet`a cio`e che hanno
alcuni cristalli (per esempio il quarzo) di generare una dierenza di potenziale quando
sottoposti a compressione in alcune particolari direzioni. Dalla lettura di questa dierenza
di potenziale si risale quindi alla pressione per mezzo di unoperazione di taratura dello
strumento con delle pressioni note.

CAPITOLO 2. STATICA DEI FLUIDI

48

ESEMPIO
Dato il dispositivo in gura, calcolare la densit`a del uido incognito. Come
cambierebbero i livelli se tale dispositivo fosse trasportato sulla luna?
alcool
acqua
h1
h3
h4
h2

h1 = 40 cm
h2 = 16 cm
h4 = 21 cm acqua = 1000 Kg/m3

h3 = 32 cm
alcool = 780 Kg/m3

Soluzione
Per lequilibrio deve risultare:
galcool (h1 h2 ) + gh2 = acqua (h3 h4 ) + gh4 ,
poiche il termine g si semplica a primo e secondo membro, la congurazione
di equilibrio e indipendente dal valore della gravit`a e quindi sulla luna non
cambierebbe nulla. Dalla relazione precedente si pu`o calcolare ottenendo =
1544 Kg/m3 .

2.8. MISURATORI DI PRESSIONE

49

ESEMPIO
Dato il dispositivo in gura calcolare langolo in modo da avere allequilibrio
nel tubo inclinato una colonna di uido di lunghezza l.

B
h1

h2

h1 = 22 cm
1 = 10870 Kg/m3
pB = 1.7 atm

h2 = 86 cm
2 = 11030 Kg/m3
l = 0.6 m

Soluzione
Dallequilibrio delle pressioni tra la supercie libera ed il punto B si scrive
p0 + 1 gh1 + 2 gh2 = l sin 2 g + pb
da cui si ricava


= sin

p0 + g(1 h1 + 2 h2 ) pB
l2 g

= 44o .62.

50

CAPITOLO 2. STATICA DEI FLUIDI

Capitolo 3
Cinematica dei uidi
In questo contesto verrano denite alcune propriet`a del moto di un uido come posizione,
velocit`a ed accelerazione indipendentemente dalle forze necessarie a generare il moto; ci
occuperemo quindi della cinematica dei uidi che riveste unimportanza fondamentale oltre che per la descrizione di un usso anche per la sua visualizzazione sia in un esperimento
di laboratorio che in una simulazione numerica.

3.1

descrizione lagrangiana ed euleriana

Quando si analizza il moto di un solido si considera solitamente il moto del suo baricentro
ed il suo orientamento (angoli di Eulero) descrivendo la loro evoluzione nel tempo. La
descrizione del moto di un uido risulta in qualche modo pi`
u ambigua in quanto il sistema
1
`e composto da particelle uide in continuo moto relativo e la sola informazione sul
baricentro e sugli angoli di Eulero non sono sucienti a caratterizzare la distribuzione
del uido nello spazio. Si pongono a questo punto due alternative, la prima consiste nel
seguire il moto di tutte le particelle uide nel tempo mantenendo separata la loro identit`a
mentre nella seconda si descrive il moto del uido considerando dei punti ssi nello spazio
indipendentemente dalle particelle che li attraversano.
Per esempio, quando si seguono le evoluzioni di una rondine nel cielo si sta adottando
un punto di vista lagrangiano in quanto si ssa ad un certo istante un oggetto e lo si segue
nel tempo. Al contrario, se si osserva il mare attraverso un foro nel ghiaccio praticato dagli
eschimesi per la pesca, la descrizione risulta euleriana considerando che si dispone di un
punto di osservazione sso nello spazio attraverso cui passano in continuazione dierenti
particelle di uido.
Per chiarire meglio consideriamo la gura 3.1 in cui viene ragurato il moto di due
particelle uide A e B; secondo il primo punto di vista, la descrizione del moto consiste
1

Il concetto di particella uida non deve essere in alcun modo confuso con quello di atomo o molecola. La particella uida infatti `e unastrazione concettuale che indica uninsieme abbastanza grande di
molecole di uido da poter considerare valide le ipotesi di continuo ma allo stesso tempo la particella deve
avere unestensione in volume piccola abbastanza da essere caratterizzata da ununico valore di velocit`
a
accelerazione, pressione, etc.

51

CAPITOLO 3. CINEMATICA DEI FLUIDI

52

uA (t+ t)

z
P rA (t)
rA (t+ t)

rB (t+ t)
x

rB (t)
uB (t)

Figura 3.1: Traiettorie lagrangiane per due particelle uide A e B e descrizione euleriana
nel punto P .
nel descrivere tutte le funzioni rA (t), rB (t), ..... per tutte le particelle uide del sistema
in esame. Nel secondo caso, al contrario si considera ogni punto P sso nello spazio e si
descrive la variazione nel tempo delle grandezze. In particolare dalla gura 3.1 si nota
che la particella A passa per P al tempo t mentre la particella B ci passa al tempo t + t
risultando uP (t) = uA (t) e uP (t + t) = uB (t + t).
La descrizione del moto delle singole particelle uide viene detta descrizione lagrangiana mentre laltra descrizione euleriana. Generalmente, essendo impossibile identicare
le singole particelle uide in un usso, la descrizione lagrangiana non viene praticamente
mai utilizzata anche se dal punto di vista teorico ha il vantaggio di fornire delle espressioni
di pi`
u immediata comprensione per molte grandezze uidodinamiche.

3.2

traiettorie, linee di corrente e streaklines

Nella sezione precedente abbiamo parlato di traiettoria di una particella uida senza
tuttavia darne una denizione rigorosa; ci`o `e importante in quanto vedremo che in un
usso si possono denire diverse linee, in generale non coincidenti, ognuna delle quali
con un diverso signicato.
Possiamo denire la traiettoria di una particella uida come il luogo geometrico dei
punti occupati dalla stessa particella in istanti di tempo successivi. Riferendoci alla gura
3.1 si ha quindi che le linee solida e tratteggiata sono rispettivamente le traiettorie delle
` evidente come il concetto di traiettoria sia lagrangiano in quanto
particelle uide A e B. E
legato allidenticazione ed al tracciamento di particelle singole.

3.2. TRAIETTORIE, LINEE DI CORRENTE E STREAKLINES

53

Deniamo invece linea di corrente una linea che sia in ogni punto tangente al vettore
locale di velocit`a. Se questultima avr`a unevoluzione non stazionaria, le linee di corrente
saranno evidentemente diverse da istante ad istante. Un esempio di linee di corrente in
due diversi istanti temporali `e riportato in gura 3.2 dove si pu`o notare che nei punti di
intersezione tra le linee le tangenti sono diverse in quanto la velocit`a `e funzione del tempo.
Il concetto di linea di corrente `e evidentemente un concetto euleriano in quanto considera
per ogni istante temporale la distribuzione spaziale di velocit`a e, ssato un insieme di
punti, traccia la linea tangente al vettore velocit`a nei punti considerati. In ogni punto
per istanti dierenti transiteranno particelle uide diverse quindi in generale le traiettorie
intersecheranno le linee di corrente.

z
uP (t)
P
uP (t+ t)

Figura 3.2: Linee di corrente in due diversi istanti di tempo.


La denizione delle streaklines (talvolta tradotte in italiano come linee di fumo) `e
invece un concetto che riguarda principalmente gli esperimenti di laboratorio. Si denisce
infatti una streakline come il luogo dei punti occupato ad una dato istante da tutte le
particelle uide che in un istante precedente siano transitate per una posizione stabilita.
Questo concetto `e particolarmente utile quando si considerano le visualizzazioni di laboratorio in quanto in questi casi si rilascia un tracciante (fumo, inchiostro, etc.) nel usso
da una posizione pressata e si segue la traccia lasciata da questa emissione continua nello
spazio. Nella gura 3.3 si vede come dalla sorgente S vengano rilasciate delle particelle
uide P per tempi successivi t6 > t5 > ..... > t0 il cui luogo dei punti forma appunto le
streakline.
Da questo esempio si vede come la denizione di streakline sia essenzialmente operativa
e, a meno di casi speciali, queste linee non hanno un particolare signicato sico. Il
vasto utilizzo delle streaklines in campo sperimentale `e dovuto al fatto che se il usso
risulta stazionario (ossia se la la velocit`a in ogni punto risulta indipendente dal tempo)
le streaklines coincidono sia con le traiettorie che con le linee di corrente. In questo caso
le streaklines costituiscono un modo estremamente pratico ed economico per conoscere la

CAPITOLO 3. CINEMATICA DEI FLUIDI

54

U
P(t3)
P(t2)
S

P(t4) streakline

P(t1)

P(t5)

P(t0)

P(t6)

Figura 3.3: Esempio di streakline.


direzione del vettore velocit`a in ogni punto e la traiettoria delle particelle uide (gure
3.4, 3.5).

Figura 3.4: Esempio di streaklines intorno ad un modello di camion in un tunnel ad acqua.


Per ottenere unespressione matematica per le varie linee descritte riconsideriamo le
loro denizioni: per le traiettorie abbiamo che presa una particella questa si muover`a con
la propria velocit`a che sar`a in generale funzione dello spazio e del tempo potendo cos`
scrivere
dr
= u(r, t).
(3.1)
dt
Lintegrazione di questa espressione fornir`a quindi il valore di r(t) che dipender`a dal suo
valore iniziale r(0), se quindi la particella uida nesima si trova a passare nella posizione
r(0) al tempo t = 0 allora la curva r(t) descriver`a la traiettoria della particella n.
Le linee di corrente sono invece denite come quelle linee in ogni punto tangenti al

3.3. DERIVATA MATERIALE

55

Figura 3.5: Esempio di streaklines intorno ad un modello di automobile in una galleria


del vento.
vettore velocit`a e questo si pu`o esprimere matematicamente nella forma
dr
u
dx
dy
dz
=
, =
=
=
| dr |
|u|
u(r, t)
v(r, t)
w(r, t)

(3.2)

in cui, rispettivamente dx, dy e dz sono le componenti cartesiane di dr e u, v e w le


componenti di u.
La denizione matematica delle streaklines `e pi`
u macchinosa in quanto risulta essere il
luogo geometrico di tutte le posizioni ri (t) delle particelle i che per un tempo ti t sono
transitate per una posizione r0 : si tratta quindi di denire caso per caso, a seconda del
campo di velocit`a, tale luogo geometrico e descriverlo in forma parametrica r(l) (essendo
l il parametro) per ogni tempo t.

3.3

derivata materiale

Consideriamo la traiettoria della particella tracciata in gura 3.6 osservando che al tempo t occupa la posizione r(t) mentre al tempo t + t si trova in r(t + t). Volendo
quindi calcolare la velocit`a e laccelerazione della particella al tempo t basta utilizzare le
denizioni
u(t) = lim

t0

r(t + t) r(t)
,
t

a(t) = lim

t0

u(t + t) u(t)
.
t

(3.3)

In gura 3.6 queste quantit`a sono state calcolate per via graca e si pu`o notare che le velocit`a sono tangenti alla traiettoria mentre laccelerazione ha una componente centripeta
dovuta alla curvatura ed una componente tangenziale causata dallaumento di velocit`a

CAPITOLO 3. CINEMATICA DEI FLUIDI

56

` bene notare che le denizioni date sono delle denizioni lagranlungo la traiettoria. E
giane in quanto seguono le variazioni di una particella uida lungo la sua traiettoria.
Abbiamo comunque accennato che in uidodinamica risulta pi`
u utile la descrizione euleriana, vogliamo quindi vedere come si passa da una descrizione allaltra per le grandezze
considerate.
Per quanto riguarda la posizione r(t) non esiste chiaramente una controparte nella
descrizione euleriana in quanto in questo caso non ci sono particelle da seguire ma piuttosto
delle stazioni di osservazione sse nel tempo.

dr(t)
r(t)
z

u(t)

r(t+ t)
r(t)
u(t) du(t)
u(t+ t)

u(t+ t)

a(t)
r(t+ t)
y

Figura 3.6: Posizione, velocit`a ed accelerazione lungo la traiettoria di una particella uida.
La velocit`a sar`a invece denita in modo analogo nei due casi anche se il loro signicato
sico `e sostanzialmente dierente; nella descrizione lagrangiana, infatti, la velocit`a sar`a
solamente funzione del tempo (u(t)) in quanto si tratta della velocit`a misurata da un
osservatore a cavallo sempre della stessa particella uida durante il suo moto. Nella
descrizione euleriana, al contrario la velocit`a `e misurata in punti di osservazione ssi quindi
il suo valore sar`a funzione del tempo e della stazione di osservazione, ossia u(x, t). Questa
dierenza pu`o sembrare sottile ma in realt`a cambia completamente il punto di vista del
fenomeno e porta ad una profonda dierenza nella denizione di accelerazione 2 . Volendo
infatti denire questultima grandezza da un punto di vista euleriano, bisogna considerare
la variazione di velocit`a nel punto sso x di una particella uida la cui posizione al tempo
t sia proprio x. Questa particella avr`a tuttavia una posizione x dipendente dal tempo per
cui si avr`a per laccelerazione
a(x, t) =

u u dx
du(x(t), t)
=
+
.
dt
t
x dt

(3.4)

Osservando ora che dx/dt `e la velocit`a della particella che si trova in x al tempo t, e
2

Ci`o non deve far pensare che si tratti di concetti dierenti, si tratta infatti solamente della stessa
accelerazione valutata da riferimenti dierenti.

3.3. DERIVATA MATERIALE

57

quindi anche la velocit`a euleriana nel punto sso x, si ottiene dallespressione precedente
a(x, t) =

u
Du
u u
+
u=
+ u u =
,
t
x
t
Dt

(3.5)

in cui D /Dt = /t + u `e chiamato operatore di derivata materiale 3 .


Per capire meglio quanto grandi siano le implicazioni di questa espressione, consideriamo un sistema di assi coordinati cartesiani ed indichiamo con ax , ay ed az le componenti
di a e con ux , uy ed uz quelle di u. Lespressione (3.5) scritta per componenti risulter`a
quindi
ux
ux
ux
ux
+ ux
+ uy
+ uz
,
(3.6)
ax =
t
x
y
z
ay =

uy
uy
uy
uy
+ ux
+ uy
+ uz
,
t
x
y
z

az =

uz
uz
uz
uz
+ ux
+ uy
+ uz
.
t
x
y
z

Risulta subito evidente che le componenti di accelerazione possono esistere anche nel caso di velocit`a indipendente dal tempo (usso stazionario) in quanto la curvatura della
traiettoria e la dipendenza della velocit`a da punto a punto nello spazio sono responsabili
del termine u u che `e detto accelerazione convettiva. Questo risultato non `e aatto
sorprendente se ripensiamo al signicato di a(x, t) che `e laccelerazione di una particella
uida che al tempo t occupa la posizione x; se questa particella si muovesse con velocit`a
costante lungo una traiettoria circolare, questa dovrebbe possedere laccelerazione centripeta prodotta dalla curvatura della traiettoria e questa accelerazione dovrebbe comparire
anche nella descrizione euleriana.
Laltro risultato importante `e che come si osserva dalle (3.6) nella componente di accelerazione ax entrano anche le componenti di velocit`a in y e z e lo stesso accade per le
altre direzioni; questo implica che le equazioni della uidodinamica (che non sono altro
che F = ma scritta per un uido) sono accoppiate spazialmente, cio`e non `e possibile
avere informazioni sullevoluzione in una direzione senza conoscere ci`o che accade nelle
altre direzioni. Lultima informazione che possiamo estrarre dalle (3.6) `e che laccelerazione `e una funzione non lineare delle velocit`a (e tali risulteranno quindi le equazioni
della uidodinamica). Questo fatto costituisce la maggiore dicolt`a alla soluzione dei
problemi uidodinamici come si vedr`a nel seguito. Per il momento ci limiteremo a riferire
che a meno di problemi estremamente semplicati o di condizioni del tutto particolari
lespressione dellaccelerazione rende impossibile la soluzione analitica delle equazioni del
moto, limitando lanalisi di problemi complessi a soluzioni numeriche o esperimenti di
laboratorio.
3

La notazione uu potrebbe sembrare inconsistente in quanto u `e un tensore mentre u `e un vettore


ed il prodotto righe per colonne non sembrerebbe possibile. Lespressione precedente va invece intesa
come (u )u che `e denito in modo corretto.

CAPITOLO 3. CINEMATICA DEI FLUIDI

58

3.4

accelerazione di Lagrange

In questa sezione mostreremo brevemente unidentit`a vettoriale che torner`a utile per gli
argomenti trattati successivamente. Riprendiamo la formula (3.5) per laccelerazione di
una particella uida
u
Du
=
+ u u,
(3.7)
Dt
t
e notiamo che, detta = u la vorticit`a sussiste lidentit`a
1
u u = u2 + u,
2

(3.8)

da cui si pu`o scrivere


u 1
Du
(3.9)
=
+ u2 + u.
Dt
t
2
Lidentit`a (3.8) pu`o essere dimostrata come facile esercizio scrivendo e u per componenti
in un sistema dassi cartesiano.

3.5

funzione di corrente

Avendo denito le linee di corrente come quelle linee che sono in ogni punto tangenti al
vettore velocit`a, risulta naturale introdurre la funzione di corrente come quella funzione
le cui isolinee (in due dimensioni o isosuperci in tre dimensioni) costituiscono le linee di
corrente. Limitandoci per semplicit`a al caso bidimensionale si pu`o porre dalla (3.2)
dy
dx
=
, = ux dy uy dx = 0,
ux
uy

(3.10)

ottenendo che lungo una linea di corrente la quantit`a ux dy uy dx non varia. Se allora
poniamo
(3.11)
d = ux dy uy dx
avremo che nemmeno la funzione varia lungo una linea di corrente che `e quindi la
funzione cercata.
La funzione di corrente risulta particolarmente utile quando si voglia determinare la
portata in volume tra due punti. Considerato infatti lesempio di gura 3.7 detto ds
lelemento di lunghezza del segmento che unisce il punto A con B si ha per la portata
elementare dQ = u nds = ux dy uy dx che, in base alla (3.11) `e proprio uguale a d.
Per la portata tra A e B si avr`a allora
 B

Q=

 B

dQ =

(ux dy uy dx) =

 B
A

d = B A ,

(3.12)

per cui se si conosce la funzione di corrente per un usso, la dierenza di tra due
punti qualunque ci fornice il valore della portata in volume (per unit`a di lunghezza nella
direzione ortogonale al foglio) che passa tra i due punti. Lespressione (3.12) ci dice anche

3.6. ANALISI DEL MOTO NELLINTORNO DI UN PUNTO

59

n
U

ux
U

n
-u y
dy

ds

dx

x
Figura 3.7: Determinazione della portata (in volume) tra due punti.
che questo valore della portata `e indipendente dal percorso seguito per andare da A a B
per cui d deve essere un dierenziale esatto. Notiamo inne che nel caso in cui A e B
vengano scelti su una linea di corrente allora risulter`a Q = 0. Ci`o `e consistente con il
fatto che un linea di corrente `e sempre tangente al vettore velocit`a e quindi si comporta
come una supercie impermeabile da cui il valore nullo di portata.

3.6
3.6.1

analisi del moto nellintorno di un punto


caso bidimensionale semplicato

Concludiamo lo studio della cinematica dei uidi, considerando lo stato di moto nellintorno di un punto. Questa analisi ci permetter`a di comprendere in che modo una particella
uida si deforma durante la sua evoluzione e render`a pi`
u semplice la denizione degli
sforzi in un uido quando se ne aronter`a la dinamica.
Data una regione uida inizialmente di forma rettangolare, immaginiamo che dopo
un intervallo di tempo t sia stata deformata dal campo di velocit`a come in gura 3.8.
Osserviamo dalla gura 3.9 che la deformazione totale pu`o essere decomposta in tre moti
elementari che verranno ora illustrati.
Il primo consiste in una traslazione rigida in cui tutta la regione si muove con la stessa
velocit`a u0 uniforme nello spazio. Il secondo moto `e una dilatazione pura in cui lelemento
uido subisce una variazione di lunghezza dei suoi lati, senza tuttavia ruotare ne variare
langolo tra i lati del rettangolo. Detta lx la lunghezza in x dellelemento indeformato ed
lx la lunghezza dello stesso lato dopo la deformazione si avr`a
lx = lx +

ux
lx t,
x

(3.13)

CAPITOLO 3. CINEMATICA DEI FLUIDI

60

da cui si ricava per la velocit`a relativa di dilatazione x in x


1 lx
l lx
ux
= lim x
=
.
t0 lx t
t0 lx t
x

x = lim

(3.14)

Unespressione del tutto analoga si ricava per la direzione y.

t+t

y
lx

ly
t

lx
ly
x

Figura 3.8: Deformazione di un elemento uido in un tempo t.


y

lx

lx

lx
ly

ly

ly

lx
u0

ly

(a)

(b)

(c)

Figura 3.9: Decomposizione della deformazione di un elemento uido in moti elementari.


Il terzo moto consiste contemporaneamente in una rotazione rigida ed una deformazione angolare che possono essere quanticate calcolando gli angoli e di cui ruotano,
rispettivamente, i lati lx ed ly nel loro moto. Utilizzando uno sviluppo in serie di Taylor
troncato al primo ordine si ha


uy
uy lx t
=
t,
x lx
x

ux
t.
y

(3.15)

3.6. ANALISI DEL MOTO NELLINTORNO DI UN PUNTO

61

Per calcolare la velocit`a di deformazione angolare si osserva semplicemente che risulta


= /2 + + da cui si pu`o porre
uy ux

=
+
.
= lim
t0 t
x
y

(3.16)

Per la velocit`a di rotazione rigida, da considerazioni geometriche si ottiene = +


/2 /2 = /4 + ( + )/2 da cui si ha per la velocit`a di rotazione

1
=
= lim
t0 t
2

uy ux
.

x
y

(3.17)

Daltra parte, dallo sviluppo in serie di Taylor troncato al primo ordine si pu`o scrivere
per la velocit`a lungo x
ux
ux
x+
y,
(3.18)
ux = ux0 +
x
y
che contiene i termini precedentemente identicati quanto si riscriva nella forma


1 ux 1 ux 1 uy 1 uy
ux
x+
+
+

y=
ux = ux0 +
x
2 y
2 y
2 x
2 x
1
ux
x+
ux0 +
x
2

ux uy
1
+
y+
y
x
2

(3.19)

ux uy

y.
y
x

Con passaggi analoghi si ottiene per la componente y di velocit`a


uy
1
uy = uy0 +
y+
y
2

1
uy ux
x+
+
x
y
2

uy ux
x.

x
y

(3.20)

Le espressioni (3.19) e (1.2) possono essere unicate nellespressione vettoriale




ux
uy

ux0
+
uy0

1
2

ux
x

uy
x

ux
y

1
2

y
ux
+ u
y
x
uy
y

x
+
y

0

u
y
1

2
x

ux
y

1
2

y
u
x
0
(3.21)

ux
y

che, considerando le (3.14), (3.16) e (3.17) assume la forma:




ux
uy

ux0
uy0

x /2

/2
y

x
y

0
0

x
y

(3.22)

Questultima espressione mette in evidenza che lo stato di moto nellintorno di un


punto `e dato da una traslazione rigida, una rotazione rigida descritta da un tensore
antisimmetrico ed una dilatazione lineare con una deformazione angolare descritte da un
tensore simmetrico. Questi due tensori sono, rispettivamente, la parte simmetrica ed
antisimmetrica del tensore gradiente di velocit`a.
Una visualizzazione sperimentale della deformazione di particelle uide `e riportata in
gura 3.10 dove viene evidenziata una deformazione pi`
u consistende delle particelle vicine
alle pareti a causa dei gradienti di velocit`a prodotti dalladerenza del uido alla parete
(strato limite).

x
y

CAPITOLO 3. CINEMATICA DEI FLUIDI

62

Figura 3.10: Deformazione di elementi di uido (marcati con un tracciante) durante il


loro moto allinterno di un canale convergente.

3.6.2

caso generale tridimensionale

Pi`
u in generale le stesse conclusioni si ottengono per il caso tridimensionale considerando
una particella uida il cui baricentro al tempo t coincida con lorigine di un sistema di
assi cartesiani ed immaginiamo che dopo un tempo t la stessa particella si sia portata in
una posizione P sucientemente vicina da poter ritenere accurato uno sviluppo in serie di
Taylor troncato al primo ordine. Detto allora x lo spostamento della particella nel tempo
t si potr`a scrivere
(3.23)
uP = uO + u |O x + O(x2 ),
in cui |O sta ad indicare che il gradiente u `e valutato nel punto O 4 .
Essendo u un vettore, il termine u sar`a un tensore che si pu`o quindi decomporre in
una parte simmetrica ed una antisimmetrica


1
1
u + uT +
u uT = E + ,
(3.24)
2
2
da cui, trascurando i termini di ordine superiore al primo, si ottiene dalle espressioni
precedenti
(3.25)
uP = uO + E x + x.

u =

Poich`e `e un tensore a traccia nulla ed antisimmetrico si pu`o vedere che x `e un


termine di rotazione rigida e, introdotta la vorticit`a come il rotore del campo di velocit`a
= v risulta identicamente
1
x = x.
(3.26)
2
4

Bisogna notare che u `e un tensore ed il temine u x, indicando il prodotto scalare tra un tensore
` consuetudine in uidodinamica indicare il prodotto
ed un vettore fornisce come risultato un vettore. E
scalare tra un tensore ed un vettore con il simbolo al contrario della meccanica dei solidi dove tale
operazione `e denotata con u x. Le due notazioni tuttavia indicano di fatto la stessa operazione.

3.6. ANALISI DEL MOTO NELLINTORNO DI UN PUNTO

63

r(t+ t)
r(t)
O
x

Figura 3.11: Spostamento di una particella uida in un tempo t.


Per il temine E x si dimostra invece che si tratta di una deformazione pura: ci`o `e
particolarmente semplice osservando che essendo E un tensore simmetrico i suoi autovalori
saranno reali. Ponendosi quindi nella terna principale formata dagli autovettori di E
questo tensore diventa diagonale ed i termini della diagonale sono gli autovalori stessi.
Se indichiamo quindi con x , y  e z  le componenti del vettore x nella terna principale
risulter`a E x = 1 x x + 2 y  y + 3 z  z , dove 1 , 2 e 3 sono gli autovalori di E. In base
a questa espressione, se quindi un punto si trova inizialmente su uno dei tre assi, esso vi
rimarr`a indenitamente confermando che il tensore E produce un moto di deformazione
pura.
In conclusione possiamo quindi aermare che lo stato di moto nellintorno di un punto
pu`o essere descritto nel seguente modo
1
(3.27)
uP = uO + x + E x,
2
in cui uO `e una velocit`a di traslazione pura, il secondo termine costituisce una rotazione
rigida con velocit`a angolare | | /2 mentre il terzo termine `e una deformazione pura.
Si considereranno ora dei semplici campi di moto per mostrare in dettaglio la natura
dei termini appena descritti. In gura 3.12a `e riportato lesempio di una rotazione pura
con velocit`a angolare costante intorno allasse z da cui risulta = t e quindi
x = r cos = r cos(t), = ux = x = r sin(t) = y,

(3.28)

y = r sin = r sin(t), = uy = y = r cos(t) = x,


mentre la componente di velocit`a lungo z `e sempre nulla (uz = 0). Se ora calcoliamo gli
elementi Eij ed ij (con i, j = x, y, z) dei tensori E e in base alle denizioni (3.24)
risulter`a (ponendo xx = x, xy = y ed xz = z):
1
Eij =
2

ui uj
+
xj
xi

0,

(3.29)

CAPITOLO 3. CINEMATICA DEI FLUIDI

64


1 ui
uj
yx = xy = ,
ij =

= 0, per ij = xy, yx,


(3.30)
2 xj
xi
da cui si pu`o confermare che un campo di rotazione pura ha tutti gli elementi di E nulli
mentre il tensore antisimmetrico risulta diverso dal tensore nullo.
Se inne dalla denizione = u si calcola la vorticit`a si ottiene
uy ux j

= 2
(3.31)
z =
x = y 0,
x
y
da cui si vede che in una rotazione rigida la vorticit`a `e un vettore con stessa direzione e
verso del vettore rotazione e modulo doppio.

l x(t+t)

l x(t)

a)

b)

x
c)

Figura 3.12: Esempi di moto nellintorno di un punto per una particella uida: a)
rotazione pura, b) dilatazione pura, c) deformazione angolare pura.
Nella gura 3.12b `e rappresentato un esempio di dilatazione pura, un moto cio`e in
cui non c`e n`e rotazione n`e deformazione angolare. In questo caso si ha banalmente
che, poiche le superci inizialmente complanari con i piani coordinati rimarranno tali
indenitamente, le componenti di velocit`a (per esempio ux ) devono risultare costanti o al
pi`
u dipendere dalla sola coordinata corrispondente (x), risultando cos` ui = ui0 + ai xi , i =
x, y, z. In particolare nellesempio di gura 3.12b si nota che il vertice del parallelepipedo
inizialmente nellorigine degli assi rimane nellorigine anche dopo un tempo t il che
implica ui0 = 0, i = x, y, z e quindi
ux = ax x,

uy = ay y,

e uz = az z.

(3.32)

Da queste espressioni per le componenti di velocit`a si ricava che ij 0 o in modo


equivalente i 0. Per il tensore velocit`a di deformazione risulta invece Eij = 0 per i = j
e Eii = ai da cui si vede che in assenza di deformazione angolare i termini fuori diagonale
del tensore E sono nulli 5 .
5

Chiaramente lassenza di deformazione angolare dipende dal sistema di riferimento nel quale viene
descritto il moto. Se per esempio lo stesso problema venisse descritto in un sistema di riferimento con
gli assi coincidenti con le diagonali del parallelepipedo, allora il tensore E perderebbe la sua struttura
diagonale. In generale si pu`
o dire che E risulta diagonale solo quando il sistema di riferimento coincide
con la terna principale, caso al quale `e sempre possibile ricondursi data la simmetria del tensore E.

3.6. ANALISI DEL MOTO NELLINTORNO DI UN PUNTO

65

Se inne indichiamo con li (t) la lunghezza dei lati del parallelepipedo al tempo t
possiamo calcolare il volume del solido V (t) = lx (t)ly (t)lz (t). Al tempo t + t si avr`a
invece
li (t + t) = li (t) + ui (li )t = li (t) + ai li (t)t
(3.33)
da cui si pu`o scrivere per il volume al tempo t + t
V (t + t) = lx (t + t)ly (t + t)lz (t + t) =

(3.34)

(lx + ax lx t)(ly + ay ly t)(lz + az lz t) =


= lx ly lz + (ax + ay + az )lx ly lz t + O(t2 ) V (t) + (ax + ay + az )V (t)t,
da cui si ricava che la variazione relativa di volume nellunit`a di tempo `e proprio pari alla
traccia di E
1 V
1 dV
(3.35)
= lim
= ax + ay + az = u,
t0 V t
V dt
essendo lultimo termine la divergenza del campo di velocit`a denita come u =
ux /x + uy /y + uz /z.
Riassumendo i risultati principali di questo esempio abbiamo trovato che in un moto
di dilatazione pura, il tensore velocit`a di rotazione ha tutti i termini nulli mentre nel
tensore velocit`a di deformazione E sono nulli solo gli elementi fuori dalla diagonale che
rappresentano quindi una velocit`a di deformazione angolare. Per i termini sulla diagonale
di E abbiamo invece visto che sono diversi da 0 e sono esattamente uguali alle variazioni
di velocit`a lineare lungo gli assi (ai ). La somma di tutti i termini sulla diagonale, inne, `e
la traccia del tensore E e ci fornisce la variazione relativa nellunit`a di tempo del volume
considerato che `e pari alla divergenza del campo di velocit`a. Se come caso particolare
si considerasse un usso incomprimibile il volume di un suo qualunque elemento deve
rimanere costante nel tempo e quindi in base alla (3.35) deve risultare ax + ay + az = 0
da cui si vede che le ai non possono avere tutte lo stesso segno. Da un punto di vista
sico ci`o implica che se due lati si dilatano il terzo si deve accorciare o viceversa. Sempre
dalla (3.35) si nota che lincomprimibilit`a implica u = 0; questa relazione costituisce
lequazione di conservazione della massa in forma dierenziale per i ussi incomprimibili
come verr`a ritrovato per altra via nei capitoli successivi.
Per completare il quadro delle possibilit`a ci rimane da considerare il caso di gura
3.12c in cui il campo di moto induce una pura deformazione angolare. Se immaginiamo
che inizialmente la forma dellelemento uido fosse rettangolare mentre dopo un tempo
t lelemento si `e deformato in un rombo si pu`o allora scrivere utilizzando degli sviluppi
in serie di Taylor per le velocit`a (troncati al primo ordine):
tan() =

uy
1
uy
AB
=
OAt
=
t,
OA
x
OA
x

e analogamente
tan() =

ux
t.
y

(3.36)

66

CAPITOLO 3. CINEMATICA DEI FLUIDI

Da semplici considerazioni geometriche sulla gura 3.12c risulta inoltre = /2 + +


per cui possiamo scrivere per la velocit`a di deformazione angolare

+
uy ux
= lim
=
+
= 2Exy = 2Eyx .
= lim
t0 t
t0
t
x
y

(3.37)

Per tutti gli altri elementi di E si ha invece Eij = 0 cos` come risulta ij 0, confermando
quindi che gli elementi fuori diagonale di E sono legati alla velocit`a di deformazione angolare dellelemento uido. In particolare Eij `e pari al doppio della velocit`a di deformazione
angolare misurata con i lati inizialmente paralleli agli assi i e j.

Capitolo 4
Dinamica dei uidi
Dopo aver denito le propriet`a siche, la statica e la cinematica dei uidi, aronteremo ora il problema del moto dei uidi come eetto di forze applicate, sia esternamente
che generate allinterno del uido stesso. Questo argomento costituisce la dinamica dei
uidi e comprende la derivazione delle equazioni di bilancio e conservazione (rispettivamente quantit`a di moto, massa ed energia) e la loro applicazione a volumi di uido niti
(formulazione integrale) o innitesimi (dierenziale).

4.1

teorema del trasporto di Reynolds

Nel capitolo sulla cinematica dei uidi abbiamo visto come nella descrizione di un fenomeno sia possibile scegliere due punti di vista, uno legato alle singole particelle uide
(descrizione lagrangiana) e laltro a posizioni sse nello spazio (descrizione euleriana);
abbiamo anche visto come la derivata materiale permetta di valutare laccelerazione di
una particella uida che ad un certo istante t passa in un punto sso nello spazio. Se
invece di considerare una singola particella uida si prende un sistema uido (ossia un
insieme di particelle) ci si pone un problema identico al precedente ma per un sistema
nito piuttosto che innitesimo: il teorema del trasporto di Reynolds permette di legare
le quantit`a calcolate per un sistema composto sempre dalle stesse particelle a quelle per
un volume sso nello spazio.
Prima di illustrare tale teorema daremo delle denizioni che ci permetteranno, in
seguito, di procedere pi`
u speditamente.
volume materiale e volume di controllo
Immaginiamo in un istante t1 di delimitare un volume V (t1 ) contenente delle particelle
uide che identichiamo in qualche modo. Se fossimo in grado di seguire il moto di tutte
le particelle uide, ad un tempo t2 > t1 avremo che il volume avr`a cambiato posizione e
forma(V (t2 )) e lo stesso accadr`a per un tempo successivo t3 > t2 (gura 4.1). Un volume
cos` denito prende il nome di volume materiale (o sistema materiale o sistema uido) ed
ha la caratteristica di essere composto per qualunque tempo dalle particelle uide che lo
componevano inizialmente. Se al contrario si delimita un volume (sso o mobile) V0 questo
67

CAPITOLO 4. DINAMICA DEI FLUIDI

68

V (t1 )

V0

V (t2 )

V (t3 )

Figura 4.1: Evoluzione temporale di un volume materiale (disegnato in rosso) e posizione


ssa di un volume di controllo.
potr`a contenere o meno alcune delle particelle uide del volume materiale, ma comunque
nel tempo queste varieranno e si pu`o vericare (in gura 4.1 per t = t3 ) che il volume sso
non contenga alcuna particella del volume materiale. Il volume V0 `e chiamato volume di
controllo e pu`o essere scelto in modo del tutto arbitrario anche se, come si vedr`a nelle
applicazioni, una sua denizione in modo oculato semplica notevolmente la soluzione dei
problemi pratici.
grandezze intensive ed estensive
Deniamo grandezza estensiva B (scalare, vettoriale o tensoriale) una quantit`a il cui
valore dipende dallestensione del volume V considerato mentre una grandezza intensiva
b `e una quantit`a indipendente dal valore di V .
Per esempio se si misura la temperatura di 1, 2 o 100 metri cubi daria questa sar`a
sempre la stessa, quindi la temperatura `e una grandezza intensiva. Al contrario se si
misurasse la massa dei sistemi precedenti questa evidentemente crescer`a linearmente con
il volume del sistema stesso,risultando quindi la massa una grandezza estensiva.
In particolare, detta b una grandezza intensiva si pu`o scrivere


B=

bdV,

(4.1)

essendo la densit`a del uido nel volume V , e si dir`a che B `e la grandezza estensiva
coniugata a quella intensiva b. Per esempio la massa `e la grandezza estensiva coniugata
allunit`a, la quantit`a di moto alla velocit`a. etc.
teorema del trasporto di Reynolds
Possiamo ora calcolare la variazione nel tempo di una grandezza estensiva B denita in
(4.1). Consideriamo allo scopo un volume di controllo V0 sso che al tempo t viene preso
coincidente con il volume materiale V (t); dopo un tempo t il volume materiale si sar`a
mosso come disegnato nella gura 4.2.

4.1. TEOREMA DEL TRASPORTO DI REYNOLDS

V(t+t)=V+V2

V0 = V(t)=V+V1

V1

dV

u
V dS

69

V2

Figura 4.2: Moto relativo dopo un tempo t tra un volume di controllo sso ed un volume
materiale inizialmente coincidenti.
Per la variazione nel tempo di B possiamo scrivere
d 
dB
=
bdV = lim
t0
dt
dt V (t)


V (t+t)

bdV
t

bdV

V (t)

(4.2)

In base alla gura 4.2 possiamo scrivere V (t) = V + V1 e V (t + t) = V + V2 da cui


dB
= lim
t0
dt

V (b)t+t dV

V2 (b)t+t dV

V (b)t dV

V1 (b)t dV

(4.3)

in cui tutte le funzioni integrande sono calcolate al tempo relativo al volume di appartenenza. Notiamo ora che il primo e terzo integrale dellequazione (4.3) sono valutati sullo
stesso dominio V ma gli integrandi sono calcolati in tempi dierenti per cui si ha


lim

V (b)t+t dV

t0

V (b)t dV

V0

b
dV,
t

(4.4)

avendo notato che per t 0, V (t) V0 .


Per gli altri due integrali osserviamo dalla gura 4.2 che, detto dS un elemento di
supercie del volume V0 , n la sua normale ed u la velocit`a di traslazione risulter`a dV =
u ntdS per il volume V2 e dV = u ntdS per il volume V1 . Il secondo e quarto
integrale della (4.3) diventeranno allora


lim



= lim

t0

S2

V2 (b)t+t dV

t0

(b)t+t u ndS +

S1

V1 (b)t dV

(b)t u ndS =


S0

bu ndS,

(4.5)

CAPITOLO 4. DINAMICA DEI FLUIDI

70

dove si `e indicata con Si la parte di supercie di V0 in comune con il volume Vi e si `e


utilizzato il fatto che per t 0, S1 + S2 S0 .
Se ora mettiamo insieme i risultati delle (4.4) e (4.5) possiamo scrivere

dB  b
bu ndS,
=
dV +
dt
V0 t
S0

(4.6)

con la quale abbiamo messo in relazione la grandezza B calcolata su un volume materiale


con quantit`a calcolate su un volume di controllo e quindi di pi`
u facile valutazione.
La relazione (4.6) ci dice che le variazioni di B hanno due cause, una interna al sistema
stesso e quindi dovuta a variazioni di b allinterno del volume V . Laltra possibilit`a `e
causata da scambi del sistema attraverso la sua supercie, ossia il usso di b attraverso
S.
Se la funzione bu `e continua e dierenziabile allora il secondo integrale della (4.6) si
pu`o trasformare utilizzando il teorema della divergenza e scrivere

dB  b
(bu)dV.
=
dV +
dt
V0 t
V0

(4.7)

Unultima precisazione `e necessaria circa il signicato sico di u a seconda che V0 sia


sso o in movimento. Nel primo caso, risultando nulla la velocit`a di S0 (e di dS) non
nascono dubbi e u `e la velocit`a con cui si muove il uido nel punto considerato. Se, al
contrario, V0 `e in movimento, dovendo valutare il usso di b attraverso dS non saremo
pi`
u interessati alla velocit`a assoluta del uido ma piuttosto alla velocit`a relativa tra il
uido e la supercie S0 . Indicata allora con v la velocit`a del uido e con ur quella di S0
risulter`a u = v ur e quindi

d 
dB
bdV +
b(v ur ) ndS.
=
dt
dt V0
S0

4.2
4.2.1

(4.8)

equazione di conservazione della massa


forma integrale

Avremo ora modo di apprezzare la potenza della relazione (4.6) (e le sue forme derivate)
nella determinazione delle equazioni di bilancio e di conservazione. Iniziamo dallequazione di conservazione della massa, prendendo un sistema materiale e avendo, dalla stessa
denizione, che la sua massa M non varia nel tempo, ponendo quindi B = M ne conseguir`a
dalla (4.1) che b = 1 da cui la conservazione della massa si esprimer`a
d 
dM
dV = 0,
=
dt
dt V (t)

(4.9)

oppure in base al teorema del trasporto di Reynolds



V0

u ndS = 0.
dV +
t
S0

(4.10)

4.2. EQUAZIONE DI CONSERVAZIONE DELLA MASSA

71

Lespressione (4.10) esprime la conservazione della massa in forma integrale e risulta


particolarmente utile nelle applicazioni quando il fenomeno in esame `e stazionario; in
questo caso infatti il primo termine risulta identicamente nullo mentre il secondo fornisce
semplicemente il usso di massa attraverso la supercie del volume di controllo:

S0

u ndS = 0.

(4.11)

Lequazione (4.11) `e particolarmente semplice da applicare nel caso in cui il volume di


controllo selezionato abbia un numero nito di porzioni (N ) attraverso le quali ci sia usso
di massa e su queste porzioni le caratterstiche del usso (velocit`a e densit`a) possano essere
considerate costanti. In tal caso, infatti, lespressione (4.11) diviene
N


i ui ni Si = 0,

(4.12)

i=1

che permette, tramite semplici relazioni algebriche, di determinare un usso incognito


noti gli altri.
ESEMPIO
Una portata daria V entra in un sistema alla pressione p1 ed alla temperatura
T1 ed esce alla stessa temperatura ma alla pressione p2 . Sapendo che le sezioni
di ingresso ed uscita misurano S1 ed S2 calcolare le velocit`a di ingresso ed uscita
del usso.
p
1
n1

p
U1

U2
V

T1

n2

S1

S2

V = 12 m3 /s T1 = 188 K
p1 = 216 kPa S1 = 0.2 m2
S2 = 1.4 m2 p2 = 30 kPa

Soluzione
Dallequazione di stato applicata alla sezione di ingresso si ricava 1 =
= 1 V = 48.039 Kg/s ed
p1 /(RT1 ) = 4.003 Kg/m3 per cui risulta m
U1 = V /S1 = 240.19 m/s. Dalla conservazione della massa deve risultare
1 U1 S1 + 2 U2 S2 = 0 (in quanto u1 n1 = U1 mentre u2 n2 = U2 ) da
cui si ricava U2 = 1 U1 S1 /(2 S2 ) = 61.714 m/s.

4.2.2

forma dierenziale

Se il volume di controllo `e sso e sussistono le condizioni per lapplicazione del teorema


della divergenza la (4.10) si pu`o scrivere come

V0

+ (u) dV = 0;
t

(4.13)

CAPITOLO 4. DINAMICA DEI FLUIDI

72

dobbiamo a questo punto notare che la scelta del volume di controllo V0 `e assolutamente
arbitraria mentre la relazione (4.13) impone luguaglianza per qualunque scelta di V0 . Lunica possibilit`a anche ci`o si verichi `e che sia identicamente nulla la funzione integranda,
ossia

+ (u) = 0,
(4.14)
t
che `e lequazione di conservazione della massa in forma dierenziale. Lequazione (4.14)
si pu`o anche scrivere

+ u + u = 0,
(4.15)
t
da cui emerge che nel caso particolare di usso incomprimibile D/Dt = 0 la (4.15) si
riduce a
u = 0,
(4.16)
relazione gi`a trovata per altra via quando si `e considerata lanalisi del moto nellintorno
di un punto 1 .

4.3
4.3.1

equazione di bilancio della quantit`


a di moto
forma integrale

Per derivare lequazione di bilancio della quantit`a di moto


Q, procediamo in modo analogo

alla sezione precedente. Iniziamo con il denire Q = V0 udV e, utilizzando il secondo
principio della dinamica possiamo scrivere:
dQ
= F,
dt

(4.17)

dove con F sono state indicate tutte le forze che agiscono sul volume materiale in esame. Il
primo membro della (4.17) si pu`o esplicitare tramite il teorema del trasporto di Reynolds,
mentre per esprimere F bisogna distinguere i vari tipi di forze che agiscono sul sistema.
Senza elencare nel dettaglio tutte le possibili forze agenti sul volume materiale di uido,
possiamo distinguere tra le forze di contatto FS , quelle cio`e che agiscono solo attraverso
azioni di contatto sulla supercie S del volume materiale, e le forze di volume FV che
agiscono anche sulle particelle uide interne al volume materiale. Tra le prime possiamo
annoverare le forze di pressione e le forze viscose, mentre la forza peso, la forza centrifuga
e quella di Coriolis fanno parte della seconda categoria.
1

Se la relazione (4.16) viene risostituita nella (4.15) si ottiene che la derivata materiale della densit`
a
`e nulla,
D

+ u =
= 0.
t
Dt
Ricordando che la derivata materiale indica la variazione misurata da un osservatore solidale con la
particella uida, `e evidente che la densit`a di una particella in un usso incomprimibile non pu`
o variare e
quindi la sua derivata materiale deve essere nulla.

` DI MOTO
4.3. EQUAZIONE DI BILANCIO DELLA QUANTITA

73

Tra le forze di contatto possiamo ulteriormente distinguere lazione della pressione da


quella delle altre forze (come lattrito) e porre
FS =

S0

pndS + F S ,

(4.18)

per cui dalla denizione di Q ed il teorema del trasporto di Reynolds si ottiene





u
uu ndS +
pndS = F S + FV .
(4.19)
dV +
V0 t
S0
S0
Questa espressione trova largo uso nel caso di ussi stazionari e la sua applicazione e
relativi esempi verranno trattati in 4.3.3.

4.3.2

forma dierenziale

Senza perdita di generalit`a poniamo




FS =

S0

T ndS

e FV =

V0

f dV,

(4.20)

in cui f `e la densit`a delle forze di volume (nel caso della sola forza peso f risulterebbe essere
laccelerazione di gravit`a) mentre T `e il tensore degli sforzi di supercie. Anticipando
ora un risultato che sar`a dimostrato successivamente, poniamo T = pI + in cui p
`e la pressione, I `e il tensore identit`a e `e la parte deviatorica degli sforzi viscosi. In
questa decomposizione il tensore degli sforzi di supercie T viene decomposto in una
parte isotropa dovuta alla pressione ed una parte deviatorica dovuta alla viscosit`
a.
Mettendo insieme la denizione di Q, le espressioni (4.17) e (4.20) ed il teorema del
trasporto di Reynolds si ottiene





u
uu ndS =
pI ndS +
ndS +
f dV,
(4.21)
dV +
V0 t
S0
S0
S0
V0
che esprime il bilancio di quantit`a di moto in forma integrale.
Se `e possibile applicare il teorema della divergenza questa relazione pu`o essere trasformata in

 

u
(p + + f )dV,
(4.22)
+ (uu) dV =
t
V0
V0
dove si pu`o osservare di nuovo che, dovendo sussistere lidentit`a dei due membri per
qualunque scelta del volume di controllo V0 , devono necessariamente risultare uguali le
funzioni integrande da cui
u
+ (uu) = p + + f ,
(4.23)
t
che `e lequazione di bilancio della quantit`a di moto in forma dierenziale.
Come semplice esercizio si pu`o dimostrare che se allequazione (4.23) viene sottratta
lequazione (4.14) moltiplicata per u si ottiene
Du
= p + + f ,
(4.24)
Dt
che `e unaltra forma dierenziale dellequazione di bilancio della quantit`a di moto.

CAPITOLO 4. DINAMICA DEI FLUIDI

74

4.3.3

applicazione dellequazione di bilancio della quantit`


a di
moto

Le relazioni (4.17)(4.21) possono essere ridotte a forme pi`


u maneggevoli per applicazioni
pratiche sotto alcune ipotesi semplicative. Lassunzione pi`
u comune `e quella di usso
stazionario in cui tutte le variazioni temporali delle grandezze sono nulle. Bisogna osservare che nella pratica un usso non `e mai strettamente stazionario ossia /t 0 ma
lo `e quasi sempre in senso statistico. Si verica infatti che le uttuazioni delle grandezze
rispetto ad i valori medi siano generalmente contenute e ci`o consente di ipotizzare che il
termine contenente la derivata temporale della quantit`a di moto sia trascurabile rispetto
agli altri.
Notiamo a questo punto che, detta S0 la supercie del volume di controllo avremo
in certo numero di porzioni Si , i = 1, 2, ..., N attraverso le quali c`e usso di massa e la

e impermeabile o soddisfa la condizione di
rimanente supercie S = S0 N
i=1 Si che o `
aderenza u = 0 e quindi avr`a un usso di massa nullo. In tal caso ipotizzando che le
grandezze siano costanti su ognuno dei tratti di S0 risulter`a:

S0

uu ndS =

N 

i=1 Si

uu ndS +

uu ndS =

N


uu nSi .

(4.25)

i=1

Distinguendo in modo analogo i contributi del termine di pressione scriviamo



S0

pI ndS =

N 

i=1 Si

pI ndS +


S

pI ndS =

N


pnSi + Fps

(4.26)

i=1

dove con Fps si `e indicata la risultante di tutte le forze di pressione che la supercie di
controllo senza usso di massa esercita sul uido (per esempio le reazioni vincolari).
Con queste assunzioni lequazione (4.21) diventa

N


(uu n + pn)Si = F

(4.27)

i=1

avendo indicato con F la risultante di tutte le forze di volume, quelle viscose e quelle di
pressione esercitate dalle porzioni di S0 attraverso cui non transita massa.

` DI MOTO
4.3. EQUAZIONE DI BILANCIO DELLA QUANTITA
ESEMPIO
Dellacqua uisce nellugello in gura dalla sezione 1 alla 2 dove scarica in atmosfera. Determinare modulo e verso delle forze orizzontali e verticali necessarie
a mantenere lugello fermo. Il peso dellugello vuoto `e W ed il volume dacqua
contenuta `e V . Lugello smaltisce una portata Q.

S2

Q
S1

= 40o
W = 13 Kg
S1 = 0.025 m2
p1 = 1.5 bar

Q = 0.1 m3 /s
V = 0.015 m3
S2 = 0.008 m2
(pressione assoluta)

p1

Soluzione
Dallequazione di bilancio della quantit`a di moto, preso il uido allinterno del
condotto come volume di controllo e dette 1 e 2, rispettivamente le sezioni di
ingresso ed uscita si ottiene
Fy = U12 S1 (p1 p0 )S1 + U22 sin S2 + gV = 715.61 N
Fx = U22 cos S2 = 957.55 N
avendo preso lasse x orizzontale e lasse y verticale ed orientato verso lalto. I
valori per U1 = 4 m/s ed U2 = 12.5 m/s sono stati ricavati dalla portata Q e la
supercie S delle sezioni. Inne, poiche lugello vuoto pesa gi`a W = 127.53 N la
forza aggiuntiva verso il basso sar`a Fy = 588.273 N.

75

CAPITOLO 4. DINAMICA DEI FLUIDI

76

ESEMPIO
In un canale piano, come in gura, `e presente un usso stazionario che entra
uniformemente con velocit`a U ed esce con prolo parabolico. Sono note le pressioni p1 e p2 uniformi sulle sezioni iniziali e nali ed il uido `e acqua. Essendo
il canale posto verticalmente, calcolare la risultante delle forze viscose per unit`a
di profondit`a b.
u(y)
p2
y
l

h = 0.2 m
l=b=1m
U = 0.5 m/s
p1 = 1.15 105 Pa p2 = 105 Pa

U
b

p1

Soluzione
Si utilizza lequazione di bilancio della quantit`a di moto in forma integrale per
ussi stazionari. Proiettando lequazione lungo la direzione verticale positiva si
ottiene:
 h
2
U bh + b
u2 (y)dy + bh(p2 p1 ) + gbhl = Fx .
0

In questa relazione c`e ancora come incognita u(y) che deve avere una forma
parabolica e deve preservare la massa:

 h
0

da cui

u(y)dy = U h,

 2

y
y

u(y) = 6U
h
h

h 2
2
0 u (y)dy = 6U h/5 e di conseguenza Fx = 1030 N.

4.4. EQUAZIONE DI CONSERVAZIONE DELLENERGIA

77

ESEMPIO
Un usso stazionario dacqua entra nella sezione 1 con portata Q ed esce dopo
aver compiuto una curva di 1800 dalla sezione 2. La pressione (media) in 1 `e P1
mentre quella in 2 `e p2 (p2 < p1 ) a causa delle perdite. Sapendo che il tubo ha
sezione costante S e che `e orizzontale, calcolare le forze Fx ed Fy necessarie a
mantenere fermo il tubo.
x

y
2

S = 7.854 103 m2
p1 = 6 atm

Q = 7.854 102 m3 /s
p2 = 4.5 atm

Soluzione
Dallequazione di bilancio della quantit`a di moto in forma integrale si ha:
Fx = 0,

Fy = u21 S1 u22 S2 p1 S1 p2 S2 = 9924 N,

essendo u1 = u2 = Q/S = 10 m/s.

4.4
4.4.1

equazione di conservazione dellenergia


forma integrale

Per la formulazione dellequazione di conservazione dellenergia per un uido, partiamo


dal primo principio della termodinamica che sancisce, di fatto, lequivalenza tra le varie
forme di energia. Indicando con E il contenuto totale di energia del volume materiale, e
con L e Q rispettivamente il lavoro fatto sul sistema ed il calore introdotto nel sistema,
entrambi per unit`a di tempo, scriviamo
dE

= L + Q.
dt

(4.28)

Se ora indichiamo con E lenergia totale specica, ossia la grandezza intensiva coniugata ad E possiamo scrivere
d 
dE
=
EdV = L + Q
dt
dt V

(4.29)

e quindi usando il teorema del trasporto di Reynolds



V0


E

Eu ndS = L + Q,
dV +
t
S0

(4.30)

CAPITOLO 4. DINAMICA DEI FLUIDI

78

che `e lequazione di conservazione dellenergia in forma integrale. Lespressione (4.30) `e di


fondamentale importanza per le applicazioni anche se necessita di maggiori dettagli nelle
denizioni di L e Q per poter essere utilizzata. Tali dettagli con esempi verranno forniti
in 4.4.3

4.4.2

forma dierenziale

In modo analogo alle forze precedentemente introdotte, dividiamo anche L e Q nei contributi di volume e supercie e per il lavoro fatto dalle forze di volume e supercie
abbiamo


LS =

(T n) udS e LV =
f udV.
(4.31)
S0

V0

Per il calore, poniamo q il calore per unit`a di volume generato internamente al sistema
(per esempio per processi chimici o assorbimento di radiazione) e K il usso di calore per
unit`a di supercie che entra nel sistema attraverso la supercie esterna. Risultando in
base al postulato di Fourier K = T (essendo la conducibilit`a termica del materiale
e T il gradiente di temperatura) possiamo porre
Q S =


S0

K ndS =


S0

e Q V =

T ndS


V0

qdV.

(4.32)

Vogliamo brevemente commentare i vari segni negativi che compaiono nella denizione

di QS ; quello nella denizione di K deriva dal fatto che naturalmente il calore va da punti
a temperatura maggiore a punti a temperatura minore, ossia si muove
in verso opposto

rispetto al gradiente di temperatura. Il segno negativo in Q S = S0 K ndS `e invece
causato dallorientamento di n che `e positiva se punta esternamente al sistema. Poiche
K `e positivo se entrante nel sistema il prodotto K n risulterebbe negativo, per ussi di
calore entranti nel sistema, da cui il segno negativo.
Utilizzando ora le espressioni (4.29) e (4.30) possiamo scrivere
d 
dE
EdV = L S + L V + Q S + Q V ,
=
dt
dt V

(4.33)

e quindi usando le denizioni (4.31) e (4.32) ed il teorema del trasporto di Reynolds



V0





E
Eu ndS =
p(I n) udS + ( n) udS +
f udV + (4.34)
dV +
t
S0
S0
S0
V0


S0

T ndS +


V0

qdV,

che `e lequazione di conservazione dellenergia in forma integrale. Usando nelle solite


ipotesi il teorema della divergenza si possono ridurre tutti i termini ad un integrale di
volume ed ipotizzando un volume di controllo sso si ha

V0

E
+ (Eu) dV =
t

(4.35)

4.4. EQUAZIONE DI CONSERVAZIONE DELLENERGIA




V0

79

( (pu) + ( u) + f u + (T ) + q)
dV.

Anche in questo caso noteremo che data lassoluta arbitrariet`a del volume di controllo V0
devono risultare uguali le funzioni integrande a primo e secondo membro della (4.35) da
cui ne consegue lequazione di conservazione dellenergia in forma dierenziale
E
+ (Eu) = (pu) + ( u) + f u + (T ) + q.

(4.36)

Analogamente a quanto fatto per il bilancio della quantit`a di moto notiamo che se
allequazione (4.36) sottraiamo lequazione (4.14) moltiplicata per E otteniamo

DE
= (pu) + ( u) + f u + (T ) + q,

Dt

(4.37)

che `e unulteriore forma dellequazione di conservazione dellenergia in forma dierenziale.

4.4.3

applicazione dellequazione di conservazione dellenergia

Similmente al bilancio della quantit`a di moto, lapplicazione delle equazioni (4.28)(4.34)


risulta notevolmente semplicata nel caso in cui si possano fare alcune assunzioni che
vengono vericate in numerosi casi pratici.
sistemi chiusi
Se il sistema `e chiuso, ossia non c`e usso di massa attraverso la sua supercie, le equazioni
(4.28)-(4.29) possono essere messe in una forma particolarmente utile dal punto di vista
applicativo. Infatti, se nellenergia totale specica E si contempla un contributo cinetico
u2 /2, uno potenziale gh ed uno di energia interna e lequazione (4.29) assume la forma


u2
d 

+ gh + e dV = L + Q.
dt V
2

(4.38)

Con lulteriore ipotesi che il sistema sia caratterizzabile da un unico valore di u, h ed


e (per esempio considerandone
i valori mediati sul volume e la quota del baricentro),

essendo la massa m = V vdV costante, la relazione (4.38) si trasforma in


u2
m
+ gh + e
2

u2

+ gh + e
2
f in

= L + Q

(4.39)

ini

che mette in relazione gli stati iniziali e nali del sistema quando siano note le quantit`a
di lavoro e calore fatti sul sistema durante il lasso di tempo trascorso tra i due stati.

CAPITOLO 4. DINAMICA DEI FLUIDI

80
sistemi aperti

Se, invece il sistema `e aperto ma il usso `e stazionario (o statisticamente stazionario)


il termine contenente la derivata temporale scompare nella (4.34) che possiamo scrivere
come:

S0

Eu ndS =


S0

p(I n) udS + Q + L M .

(4.40)

Q indica gli ultimi due termini della (4.34) mentre con L M si `e indicato il lavoro meccanico
sul sistema (rappresentato dal terzultimo
e quartultimo termine della (4.34)) che si `e

` importante notare che questultimo
distinto dal lavoro delle pressioni S0 p(I n) udS. E
`e diverso da zero solo su quelle porzioni della supercie di controllo dove si ha usso di
massa in quanto negli altri casi la velocit`a o `e ortogonale ad n (contorno impermeabile)
o risulta identicamente nulla (parete con condizione di aderenza).
Con le ulteriori ipotesi che il sistema abbia una sola sezione di ingresso (Sin ) ed una
sola di uscita (Sout ) e che le grandezze possano considerarsi costanti su tali sezioni gli
integrali si semplicano in

S0

Eu ndS = E


S0

u ndS = m(E
out Ein ),

p
p(I n) udS =
n udS = m

S0
S0

 

(4.41)

 

out

,
in

dopo aver osservato che risulta m


out m
in = m
per la conservazione della massa.
Con la stessa denizione per lenergia totale specica E fatta nella sezione precedente
lequazione (4.40) assume la forma


p
u2
+ e + + gh
2

p
u2

+ e + + gh
2

out

= Q + L M .

(4.42)

in

I termini e + p/ sono per denizione lentalpia h = Cp T che pu`o talvolta essere nota in
ingresso e/o in uscita.

4.4. EQUAZIONE DI CONSERVAZIONE DELLENERGIA


ESEMPIO
Un cilindro circolare di raggio R contiene dellaria alla temperatura iniziale T0 ed
a pressione atmosferica. Se un pistone, inizialmente ad una distanza h comprime
con una forza F il sistema no allequilibrio quale sar`a la temperatura nale
dellaria nel cilindro? Considerare il fenomeno isentropico.

R
T0
h
p

R = 0.2 m T0 = 290 K
h = 0.5 m F = 4000 N

F
Soluzione
Dallequazione di conservazione dellenergia in forma integrale per sistemi chiusi
si scrive:


u2
u2
e1 + 1 + gz1 e0 + 0 + gz0
2
2

= L + Q.

Nella relazione appena scritta risulta gz0 = gz1 ed u0 = u1 = 0 e Q = 0.


Dallequazione di stato dei gas perfetti 0 = p0 /(RT0 ) = 1.217 Kg/m3 per cui
la massa del sistema `e m = 0 R2 h = 0.0764 Kg. Per determinare la quantit`a
di lavoro fatta sul sistema basta osservare che il pistone comprimer`a laria no
a quando la pressione interna bilancer`a la forza esterna (somma della forza applicata e di quella esercitata dalla pressione atmosferica) pI = p0 + F/(R2 ) =
133146 Pa. Daltra parte essendo la trasformazione isentropica dovr`a risultare
p0 /pI = (0 /I ) da cui I = 1.479 Kg/m3 (con = 1.4) e dalla costanza della
massa 0 h = I (h h) da cui h = 0.088 m. Il lavoro fatto sul sistema sar`a
quindi L = (F + p0 R2 )h = 1481.97 J. Inne, essendo e = Cv T dallequazione di conservazione dellenergia in forma integrale per sistemi chiusi si ricava
T1 = T0 + L/(Cv m) = 317 K.

81

CAPITOLO 4. DINAMICA DEI FLUIDI

82

ESEMPIO
In una camera di combustione c`e un usso di massa di combustibile M . Calcolare la temperatura di uscita del gas utilizzando i dati in gura ad essumendo
che il combustibile bruci totalmente tra le sezioni 1 e 2 con potere calorico
inferiore P . (Trascurare il calore scambiato dalla camera di combustione con
lesterno, trascurare la variazione di portata in massa dovuta allintroduzione di
combustibile e considerare il gas come perfetto e con le caratteristiche dellaria).
V1
p1

S1 = S2 = 0.1 m2
M = 0.1 Kg/s
V2 = 60 m/s
T1 = 270 K

V2

T1
l

S1

S2

P = 14000 Kcal/Kg
V1 = 16 m/s
p1 = 7 atm

Soluzione
Dallequazione di conservazione dellenergia in forma integrale per sistemi aperti
si scrive:


u22 p2
u21 p1
e2 +
+ gz2 e1 +
+ gz1
+
+
2
2
2
1

= L m + Q.

Nella relazione appena scritta risulta gz2 = gz1 , L m = 0 e Q = P M . Dallequazione di stato dei gas perfetti si ricava 1 = p1 /(RT1 ) = 9.153 Kg/m3 e
quindi m
= 1 S1 u1 = 14.645 Kg/s. Note queste quantit`a si pu`o calcolare T2
dallequazione di sopra:

M P
u2 u2
T2 =
+ (CV + R)T1 + 1 2 /(CV + R) = 666.64 K.
m

2
2

4.4. EQUAZIONE DI CONSERVAZIONE DELLENERGIA


ESEMPIO
A causa delle inltrazioni nel terreno dellacqua uisce in modo stazionario da
un lago in quota ad uno pi`
u in basso di una quota h. Calcolare laumento di
temperatura dellacqua causata dal passaggio da una bacino allaltro.

280 m

Soluzione
Dallequazione di conservazione dellenergia applicata tra i peli liberi dei due
bacini (u1 = u2 = 0, p1 = p2 = p0 ), essendo nulli lavoro e calore trasmessi al
sistema si ha
m[(CT

+ gh)2 (CT + gh)1 ] = 0,


essendo C = 4186.8 J/(Kg K).

T = gh/C = 0.656 K,

83

CAPITOLO 4. DINAMICA DEI FLUIDI

84

ESEMPIO
Una portata daria V entra in un compressore alla pressione p1 ed alla temperatura T1 ed esce alla pressione p2 . Calcolare la potenza assorbita dal compressore
sapendo che le sezioni di ingresso ed uscita misurano S1 ed S2 e supponendo
lintero processo isentropico ed il compressore adiabatico.

S1
p1

p2
S2

T1

V = 20 m3 /s T1 = 288.15 K
p1 = 124 kPa S1 = 1.2 m2
S2 = 0.4 m2
p2 = 630 kPa

Soluzione
Dallequazione di conservazione dellenergia in forma integrale

u22 u21
m
h2 h1 +
gz2 gz1 = Q + L m ,
2
2
in cui risulta z1 z2 e Q = 0.
Dallequazione di stato applicata alla sezione di ingresso si ricava 1 =
= 1 V = 29.988 Kg/s ed U1 = V /S1 = 16.666 m/s.
p1 /(RT1 ) = 1.499 Kg/m3 , m
Lequazione isentropica tra le sezioni 1 e 2 fornisce T2 = T1 (p2 /p1 )(1)/ =
458.468 K e dallequazione di stato 2 = p2 /(RT2 ) = 4.788 Kg/m3 . Dalla

conservazione della massa U2 = m/(


2 S2 ) = 15.657 m/s e quindi
L m = [Cp (T2 T1 ) + (U22 U12 )/2] = 5.13 MW.

4.5

forma dierenziale vs forma integrale

Nelle tre sezioni precedenti abbiamo derivato le equazioni di conservazione della massa e
dellenergia e di bilancio della quantit`a di moto presentando per ogni equazione una forma
integrale ed una dierenziale. Ci chiediamo ora quale sia la dierenza sostanziale tra le
due forme di equazione ed in quali applicazioni utilizzare luna o laltra forma; cercheremo
di chiarire questo punto mediante due semplici esempi.
Nel dispositivo di gura 4.3 vengono a contatto due correnti a velocit`a costante U1 ed
U2 e, se il tubo (cilindrico) ha lunghezza suciente, con buona approssimazione la corrente
in uscita ha velocit`a uniforme; ci chiediamo quale sia il valore della velocit`a di uscita U
data la geometria assialsimmetrica di gura. Il problema pu`o essere semplicemente risolto
considerando lequazione di conservazione della massa in forma integrale (4.10) che, data

4.5.

FORMA DIFFERENZIALE VS FORMA INTEGRALE

85

n
U

U2
r2 r1

U1

n
n
Figura 4.3: Dispositivo per il miscelamento di correnti a diversa velocit`a.
la stazionariet`a del usso si riduce a


S0

u ndS = 0.

(4.43)

Preso allora il volume di controllo indicato in gura con una linea tratteggiata si ha che
il mantello cilindrico laterale non d`a alcun contributo in quanto u n 0 mentre dai
contributi delle superci di destra e di sinistra risulta

S0

u ndS = U1 S1 U2 S2 + U S = 0, = U =

U1 S1 + U2 S2
,
S

(4.44)

risultando S1 = r12 , S2 = (r2 r22 ) e S = r2 .


Come secondo esempio consideriamo un campo bidimensionale di velocit`a e densit`a
tali che in un intervallo temporale compreso tra t1 = 1s e t2 = 2s e nellintorno del
punto x = (1, 1/2) possano essere descritti dalle espressioni u = (ux , uy ) = (6xt2 +
4t, 4y 2 t + 8xt + 12t2 )Kg/(m2 s); sapendo che nel punto x al tempo t1 = 1s la densit`a vale
= 25Kg/m3 calcolare il valore della densit`a nello stesso punto al tempo t2 = 2s.
Poiche questa volta si tratta di determinare il valore locale di una quantit`a bisogner`a
usare una relazione dierenziale. Presa in particolare lequazione (4.14) possiamo scrivere

= (u),
t

con (u) = 6t2 + 8yt,

(4.45)

da cui si ottiene per integrazione tra i tempi t1 e t2


 t2

t1

dt =

 t2
t1

(6t2 + 8yt)dt, = (t2 ) = (t1 ) [2t3 + 4yt2 ]tt21 = 1Kg/m3 .

(4.46)

Dagli esempi discussi possiamo riassumere dicendo che se in un problema siamo interessati a valori o variazioni puntuali di grandezze uidodinamiche allora bisogna ricorrere
alle relazioni dierenziali che forniscono una soluzione estremamente dettagliata (funzioni

86

CAPITOLO 4. DINAMICA DEI FLUIDI

mixing zone
Figura 4.4: Esempio di usso allinterno del dispositivo di miscelamento. La linea spezzata
tratteggiata `e un esempio di volume di controllo inappropriato.
dello spazio e del tempo) a costo di una notevole complessit`a (pi`
u spesso impossibilit`a)
di soluzione del problema. Se al contrario, lobiettivo dellindagine `e una grandezza globale come un prolo medio di velocit`a o la risultante di forze allora le relazioni in forma
integrale sono pi`
u utili in quanto permettono sotto opportune condizioni semplicative di
determinare le grandezze sul contorno del volume di controllo senza conoscere ci`o che accade al suo interno. Per esempio nel precedente dispositivo di miscelazione, la zona subito
a valle dellinow, dove le due correnti vengono a contatto, sar`a una regione caratterizzata da intense uttuazioni e disomogeneit`a del usso (gura 4.4), per analizzare le quali
bisogna senzaltro ricorrere a relazioni di tipo dierenziale. Se tuttavia si `e interessati
solo a quello che accade nella sezione di uscita del dispositivo allora si pu`o trascurare la
dinamica del usso al suo interno e considerare il miscelatore come una scatola nera nella
quale entra un usso con certe caratteristiche ed esce con altre caratteristiche.
La gura 4.4 ci d`a anche lo spunto per discutere la scelta del volume di controllo per
la soluzione di un problema. Da un punto di vista teorico, infatti non esistono volumi
di controllo sbagliati visto che le relazioni utilizzate sono valide per qualunque V0 . La
soluzione dellesempio precedente, tuttavia ha mostrato che luso delle relazioni in forma
integrale implica la valutazione di integrali di supercie e la scelta della supercie S0 pu`o
risultare determinante per leettiva possibilit`a di valutare i suddetti integrali. Se per
esempio invece del primo volume di controllo si fosse scelto quello indicato con la linea
tratteggiata in gura 4.4, la valutazione del usso di massa lungo S0 avrebbe richiesto dei
dati non disponibili dal problema.
Vogliamo inne notare che tutte le equazioni in forma integrale, risultano realmente
semplici da risolvere solo quando si riducono alla valutazione di integrali di supercie
in quanto in caso contrario, il calcolo degli integrali di volume richiede ugualmente la
conoscenza delle quantit`a allinterno
del volume di controllo. Ci`o `e particolarmente vero

per il termine non stazionario d/dt V0 bdV per la valutazione del quale occore conoscere
la distribuzione della grandezza intensiva b nel volume V0 . Nelle applicazioni pratiche,
purtroppo, il usso non `e quasi mai stazionario e ci`o sembrerebbe diminuire fortemente
lutilit`a delle relazioni integrali.
Possiamo comunque osservare che se un usso ha delle uttuazioni a media nulla, ossia

4.6.

IL TENSORE DEGLI SFORZI

87

se le grandezze uidodinamiche oscillano nel tempo intorno ad un valore medio che rimane costante, allora il usso si considera statisticamente stazionario e si pu`o nuovamente
tornare ad usare le relazioni integrali per ussi stazionari.

4.6

il tensore degli sforzi

Quando sono state derivate le equazioni di bilancio della quantit`a di moto e di conservazione dellenergia `e stato introdotto il tensore delle forze di supercie T senza specicare
come esso sia legato allo stato di moto nellintorno di un punto; in questa sezione verr`a
data la forma esplicita di T e verranno discusse le ipotesi siche che determinano la relazione tra sforzi viscosi e campo di velocit`a. Come primo punto bisogna giusticare per T
la forma di tensore ed a tale scopo consideriamo le due situazioni disegnate in gura 4.5.
Nella prima (gura 4.5a) vogliamo determinare le caratteristiche delle azioni di supercie relativamente ad un contorno piano la cui normale abbia una sola direzione. Possiamo osservare che in questa particolare situazione una forza F applicata alla supercie
S generer`a tre sforzi che possiamo denire come sx = Fx /S, sy = Fy /S ed sz = Fz /S.
Proseguiamo lanalisi di s osservando che `e denito come le azioni di supercie che il uido
esternamente al sistema esercita sul sistema stesso, la distinzione tra esterno ed interno
`e fornita dalla normale il cui verso positivo `e quello uscente. Per il terzo principio della
dinamica si ha che lazione di supercie esercitata dal sistema sullesterno sar`a punto per
punto uguale ed opposta dovr`a quindi risultare s(n) = s(n), ossia s `e una funzione
dispari di n.
Nellesempio precedente abbiamo visto come si comportano gli sforzi s su una supercie
con normale n essendo assegnata una forza F; ricordiamo ora che il nostro scopo `e invece
quello di caratterizzare le azioni di supercie (T) per un elemento uido generico in
modo da poter determinare s conoscendo T ed n. Cominciamo con losservare che una
supercie avr`a un orientamento generico determinato dalla sua normale n = (nx , ny , nz )
e su di essa agir`a un forza F = (Fx , Fy , Fz ) da cui si evince che la determinazione delle
azioni di supercie necessita di due informazioni di direzione. Questa osservazione ci
porta ad immaginare T = T(F, n) che giusticherebbe per gli elementi di T un forma
Tij con i, j = x, y, z. Bisogna notare, tuttavia, che il fatto che gli elementi di T abbiano
due indici non implica necessariamente che T sia un tensore, visto che per aermare ci`o
bisogna vericare che cambiando sistema di riferimento T si trasformi seguendo le regole
dei tensori.
Prendiamo ora un elemento di uido a forma di tetraedro (gura 4.5b) e calcoliamone
lequilibrio sotto lazione di forze di volume e di supercie; indicando con x, y ed z i
versori degli assi si avr`a
y )dSy + s(
z )dSz = dV (a f ).
s(n)dS + s(
x)dSx + s(

(4.47)

Daltra parte, per le propriet`a geometriche del tetraedro possiamo scrivere dSx = dS x n e
lo stesso per le altre superci, da cui notando che il volume del tetraedro si pu`o esprimere

CAPITOLO 4. DINAMICA DEI FLUIDI

88

F
Fz

Fy

Fx
y

dS

a)

b)

Figura 4.5: Denizione del tensore degli sforzi.


come dV = dSh/3, con h laltezza del tetraedro relativa alla base dS abbiamo
s(n) (s(
x)
x + s(
y )
y + s(
z )
z) n =

h
(a f ).
3

(4.48)

Se ora si fa tendere a zero il volume del tetraedro mantenendone invariata la forma, si


ha che le forze di volume tendono a zero pi`
u rapidamente di quelle di supercie (eetto
scala) e poiche il tetraedro si contrae in un punto si ottiene la relazione
s(n) = (s(
x)
x + s(
y )
y + s(
z )
z) n

(4.49)

che ci dice come calcolare lo stato di tensione in un punto di una supercie con normale n
note le tensioni in altre tre direzioni ortogonali. Poiche la relazione (4.49) si pu`o scrivere
per componenti nella forma s = Tn oppure per componenti si = Tij nj (risultando Tij =
x)
xj + si (
y )
yj + si (
z )
zj )nj ) possiamo eettivamante aermare che per caratterizzare
(si (
le azioni di supercie in un punto `e necessario un tensore, cos` come precedentemente
ipotizzato.
Avendo stabilito che le forze di supercie in un punto sono caratterizzate da un tensore
(del secondo ordine) ne consegue che per ogni punto abbiamo bisogno di 9 informazioni
(Tij , per i, j = x, y, z); ci chiediamo ora se le 9 componenti del tensore sono tutte inipendenti o se c`e un legame tra loro che permetta di diminuire il numero delle incognite.
Consideriamo la gura 4.6 e calcoliamo lequilibrio alla rotazione intorno allorigine degli
assi per lelemento uido 2 . Indicando con dz la dimensione dellelemento nella direzione
2

In realt`
a nellequilibrio alla rotazione dellelemento uido andrebbero considerate anche le foze di
volume, tuttavia se i momenti delle forze di supercie sono innitesimi di ordine dl3 quello delle forze di
volume sono di ordine dl4 e quindi contraendo il prisma lasciandone invariata la forma i momenti delle
forze di volume tendono a zero pi`
u rapidamente di quelli relativi alle forze di supercie. Questo `e di nuovo
leetto scala che rende trascurabili le prime forze rispetto alle seconde per elementi uidi innitesimi.

4.7.

RELAZIONI COSTITUTIVE

89

y
Tyy

Tx y
dx
Tyx
O

dy

Tn n

Tx x

Ttt

Figura 4.6: Equilibrio alla rotazione per un elemento uido sottoposto alle azioni di
supercie.
ortogonale al foglio si ha
Tyx dydz

dx
dy
Txy dxdz
= 0, = Txy = Tyx ,
2
2

(4.50)

da cui si vede che il tensore degli sforzi `e simmetrico e quindi le sue componenti indipendenti sono solo 6.

4.7

relazioni costitutive

Dopo aver determinato la forma tensoriale di T vogliamo ora metterlo in relazione con lo
stato di moto nellintorno di un punto.
Notiamo subito che nel caso di uido fermo, le azioni viscose saranno identicamente
nulle e lunica forza di supercie sar`a la pressione, risultando identicamente T = pI,
essendo I la matrice identit`a. In generale tuttavia il uido sar`a in movimento ed il tensore
degli sforzi avr`a anche i termini deviatorici risultando cos`
T = pI + .

(4.51)

Vogliamo ora determinare come il tensore dipende dal campo di velocit`a, o meglio,
dalla deviazione della velocit`a rispetto ad una corrente uniforme visto che in questo caso
gli sforzi viscosi sono nulli. A tale scopo facciamo due ipotesi giusticate dallevidenza
sperimentale: () dipende solo dalla distribuzione istantanea del campo di velocit`a ossia

CAPITOLO 4. DINAMICA DEI FLUIDI

90

la storia di u non inuenza il valore di , () il uido in esame `e isotropo, ossia `e


indipendente dallorientamento dellelemento di uido 3 . Nelle suddette ipotesi, la forma
pi`
u generale che pu`o assumere `e (scritta per componenti):
ij = Aijkl

uk
+ O[(u)2 ].
xl

(4.52)

Aggiungiamo lulteriore ipotesi che u sia piccolo abbastanza da poter trascurare i


termini O[(u)2 ] e superiori cos` da poter scrivere
ij = Aijkl

uk
.
xl

(4.53)

Notiamo che , e quindi Aijkl , non possono dipendere esplicitamente da u per linvarianza
Galileiana e nemmeno da derivate temporali di u in quanto siamo nellipotesi di uidi
senza eetto memoria. Aijkl pu`o dipendere dallo stato del uido (per esempio dalla temperatura) e persino dagli invarianti del tensore u (ma non dal tensore stesso). Notiamo
inne che, essendo simmetrico in i e j, tale deve risultare anche il tensore A da cui ne
consegue che la forma pi`
u generale che pu`o assumere `e
Aijkl = aij kl + bik jl + cil jk ,

(4.54)

essendo ij il delta di Kronecker. Osservando che questa espressione, oltre che in i e j,


risulta simmetrica anche in k ed l, ne segue b = c. Se ora decomponiamo u nella sua
parte simmetrica ed antisimmetrica (u|i,j = Eij + ij ), scopriamo che quando viene
moltiplicato per A sopravvive solo la parte simmetrica in quanto anche A `e simmetrico.
Come ultimo passo ricordiamo che `e solo la componente deviatorica di T deve quindi
risultare identicamente ii 0 da cui ne consegue
ij = aij Ekk + 2bEij .

(4.55)

Avevamo comunque detto che deve valere ii 0 e se nella (4.55) si pone i = j si ottiene
2
3a u + 2b u = 0, = a = b,
3

(4.56)

per cui si `e passati da un tensore Aijkl del quarto ordine con 81 componenti incognite alla
sola incognita b.
Per collegare b alle propriet`a del uido si ricorre a prove sperimentali; se per esempio
abbiamo un usso con velocit`a solo nella direzione x che varia lungo la direzione y si ha
3

Queste ipotesi sono valide per la quasi generalit`


a uidi ma non sono applicabili ad alcuni materiali
di straordinaria importanza pratica. Esistono infatti uidi che presentano fenomeni di isteresi e quindi
dipende anche dalla storia del moto. Ci sono inoltre uidi anisotropi in cui il valore di dipende
dallorientamento della particella uida. Il sangue, le vernici e le soluzioni polimeriche sono solo alcuni
esempi tra molti.

4.8.

EQUAZIONI DI NAVIERSTOKES

91

sperimentalmente yx = dux /dy essendo la viscosit`a del uido, da cui si pu`o congetturare b = . Con questa posizione il legame tra e lo stato di moto nellintorno di un
punto diventa
2
(4.57)
= ( u)I + 2E
3
che `e la relazione costitutiva per uidi Newtoniani.
Prima di concludere la trattazione delle relazioni costitutive si vuole chiarire un punto
che non dovrebbe essere sfuggito ad un lettore attento. Nel passare della relazione (4.51)
alla (4.53) abbiamo detto di assumere che il gradiente di velocit`a u risulti piccolo.
Naturalmente in sica piccolo o grande risulta del tutto privo di signicato se non si dice
rispetto a cosa. Per costruire quindi un termine di confronto riconsideriamo la natura
molecolare del uido esposta allinizio del testo e risaliamo al meccanismo microscopico che
produce gli sforzi viscosi. Abbiamo visto che questi sforzi sono generati dalla diusione di
quantit`a di moto delle singole molecole attraverso delle collisioni tra molecole a dierente
velocit`a. Considerata la velocit`a con cui si muovono le molecole e lo spazio percorso tra
una collisione e la successiva (libero cammino medio) si ha che il tempo medio tra due
collisioni successive `e, per i gas a pressione e temperatura ambiente O(1010 s). Daltra
parte linverso del gradiente di velocit`a `e dimensionalmente un tempo quindi richiedere che
u sia piccolo signica richiedere che la scala temporale associata agli sforzi macroscopici
sia molto grande rispetto ai tempi caratteristici microscopici. Nei liquidi i fenomeno sono
complicati dalla presenza di legami labili tra le molecole, appare comunque ragionevole
assumere che qualunque fenomeno microscopico sia incomparabilmente pi`
u rapido rispetto
alle variazioni macroscopiche e quindi lassunzione in (4.53) risulta giusticata.

4.8

equazioni di NavierStokes

Dopo aver determinato la relazione tra il tensore degli sforzi viscosi e lo stato di moto nellintorno di un punto `e nalmente possibile chiudere lequazione di bilancio della
quantit`a di moto che, nella forma data dalla (4.24), aveva una dipendenza da rimasto
incognito. Se ora sostituiamo la relazione costitutiva (4.57) precedentemente trovata nella
(4.24) otteniamo

2
Du
= p + f [( u)]I + 2 (E),
Dt
3

(4.58)

che `e chiamata equazione di NavierStokes. Nel caso in cui si possa assumere che la
viscosit`a del uido non `e funzione della posizione allora si pu`o scrivere
( u)I = ( u),

2 (E) = 2 u + ( u),

(4.59)

che risostituiti nella (4.58) danno

Du

= p + f + ( u) + 2 u,
Dt
3

(4.60)

CAPITOLO 4. DINAMICA DEI FLUIDI

92

che `e lequazione di NavierStokes per ussi a viscosit`a costante nello spazio.


Se inne si aggiunge lulteriore ipotesi che il usso sia incomprimibile, per cui lequazione di conservazione della massa diventa u = 0, allora lequazione di NavierStokes
si scrive
Du
(4.61)
= p + f + 2 u.

Dt
Vedremo ora come il numero di equazioni da utilizzare per la soluzione di un problema
uidodinamico dipenda dalla natura del usso. Infatti se un usso `e incomprimibile la sua
densit`a sar`a costante e quindi non entra tra le incognite del problema. Questo implica che
le incognite sono solamente la velocit`a (3 componenti scalari) e la pressione (1 scalare)
che ha il solo ruolo cinematico di assicurare lincomprimibilit`a del usso. In questo caso
abbiamo 4 incognite e dobbiamo quindi utilizzare 4 equazioni che si ottegono dalla (4.61)
(1 equazione vettoriale = 3 equazioni scalari) e dalla conservazione della massa u = 0
(1 equazione scalare). Nella soluzione dei ussi incomprimibili, quindi, non `e necessario
utilizzare la conservazione dellenergia in quanto la conservazione della massa ed il bilancio
della quantit`a di moto costituiscono un sistema chiuso in cui il numero di equazioni `e pari
al numero delle incognite.
Al contrario nel caso di ussi comprimibili, la densit`a `e una variabile del problema e
quindi bisogna usare anche lequazione di conservazione dellenergia (1 equazione scalare).
Questa equazione tuttavia introduce come ulteriore incognita la temperatura e quindi
richiede luso di unaltra relazione per chiudere il problema. Questa relazione `e costituita
dallequazione di stato del uido considerato che, mettendo in relazione densit`a pressione
e temperatura senza introdurre incognite aggiuntive, pareggia il bilancio tra incognite ed
equazioni.

4.9

varie forme dellequazione dellenergia

Lequazione di conservazione dellenergia si presta a varie interpretazioni siche che permettono di distinguere lorigine ed il bilancio dei vari termini sorgente. Come primo
punto ricordiamo che E `e la densit`a di energia totale di una particella uida che avr`a una
parte cinetica u2 /2 ed una parte di energia interna e. Daltra parte, lequazione di bilancio per la sola componente cinetica dellenergia si pu`o ottenere facilmente moltiplicando
scalarmente per u lequazione di bilancio della quantit`a di moto (4.24) da cui si ricava
D

Dt

u2
2

= u p + u + f u.

(4.62)

Se questa equazione viene sottratta alla (4.37), con la posizione E = u2 /2 + e, si ottiene


lequazione di bilancio dellenergia interna

De
= p u + E + (T ) + q
Dt

(4.63)

in cui i termini sorgente hanno sia natura termodinamica che meccanica. In particolare
il termine q tiene in conto la variazione di energia interna a causa di produzione di

4.9.

VARIE FORME DELLEQUAZIONE DELLENERGIA

93

calore interna alla particella uida mentre (T ) `e il contributo dovuto al calore che
entra nella particella dallesterno. p u `e invece un termine meccanico e rappresenta
lenergia interna immagazzinata dal sistema sotto forma di lavoro di pressione. Il temine
E `e inne la parte di energia meccanica trasformata in calore a causa degli sforzi
viscosi. Questo termine deriva da u che `e la contrazione di due tensori (anche detto
doppio prodotto scalare); ricordando per`o che `e simmetrico e che u si pu`o decompore
in parte simmetrica ed antisimmetrica ne consegue che nel prodotto sopravvive solo la
parte simmetrica di u da cui il termine E. Sostituendo a ed E le loro espressioni in
funzione del gradiente di velocit`a si pu`o dimostrare che il temine E `e denito positivo
ed `e omogeneo di grado 1 in potendo cos` scrivere E = . Il fatto che questo
termine sia sempre positivo ci dice che la trasformazione di energia meccanica in calore
da parte dei termini viscosi pu`o andare in un solo verso e non si pu`o mai vericare il
contrario. Questa osservazione introduce la questione della reversibilit`a dei vari processi
di trasformazione dellenergia da una forma allaltra.
Per comprendere meglio questo punto, ricordiamo alcune denizioni della termodinamica
 
 
1
1
Q
, dS =
(4.64)
= T dS = de + pd
de = Q pd

essendo S lentropia e Q il calore entrante nel sistema 4 .


Dallultima delle (4.64) si ottiene

De
DS p D
DS
= T
+ 2
= T
p u,
Dt
Dt
Dt
Dt

(4.65)

avendo notato che per la conservazione della massa risulta D/Dt + u 0.


Sostituendo luguaglianza di sopra nella (4.63) si arriva quindi allequazione di bilancio
dellentropia
DS
= + (T ) + q,

(4.66)
T
Dt
in cui non compare pi`
u il termine p u che `e quindi di tipo reversibile.
Nel caso particolare in cui il usso abbia gli eetti viscosi, la conducibilit`a termica e
la produzione interna di calore trascurabili, allora lequazione (4.66) si riduce a
DS
= 0,
Dt

(4.67)

che, ricordando il signicato della derivata materiale, aerma la costanza dellentropia


di una particella uida durante la sua evoluzione. Se inne il usso `e anche stazionario
la (4.67) diventa u S = 0 che `e equivalente ad aermare che le variazioni di entropia
avvengono solo in direzione ortogonale alle linee di corrente, oppure lentropia lungo una
linea di corrente rimane costante.
4

In queste denizioni si `e usata la convenzione di indicare con d i dierenziali esatti e con le semplici
variazioni innitesime. Per esempio dS `e un dierenziale esatto mentre Q `e una variazione innitesima
e sussistendo la dS = Q/T si ha che 1/T `e il fattore integrante.

94

CAPITOLO 4. DINAMICA DEI FLUIDI

Capitolo 5
Equazione di Bernoulli
In questo capitolo verranno integrate alcune relazioni esposte precedentemente che assumeranno una forma particolarmente semplice, sia per le applicazioni, che per linterpretazione sica.

5.1

seconda legge della dinamica per un uido ideale

In questa sezione si considera il moto di una particella uida in un usso non viscoso e
stazionario nel caso in cui sia soggetta alle sole forze di pressione e di gravit`a. Si vuole
analizzare, in particolare, la forma che assume la seconda legge della dinamica in tale
contesto in quanto pu`o essere posta in una forma particolarmente semplice ed utile per le
applicazioni uidodinamiche.
Si assuma, per semplicit`a, che il campo di moto sia anche bidimensionale e che una
linea di corrente sia come quella in gura 5.1, se s `e la coordinata che corre lungo la
linea di corrente ed R(s) il raggio di curvatura locale, la generica particella uida che al
tempo t = t si trova nel punto s = s con velocit`a U (s) avr`a le componenti di accelerazione
tangenziale e normale alla linea di corrente
as =

dU
U ds
U
=
=U
|s=s
dt
s dt
s

e an =

U2
|s=s ,
R

(5.1)

dove la prima espressione si ottiene semplicemente dalla regola di derivazione di una


funzione composta mentre la seconda `e lespressione dellaccelerazione centrifuga.
Si consideri ora una particella uida di dimensioni ds e dn, rispettivamente, nelle
direzioni tangenti e normali alla linea di corrente nel punto s = s, e calcolino le risultanti
delle forze Fs ed Fn nelle due direzioni.
Detta p le pressione nel baricentro della particella, nella direzione s agiranno le forze
di pressione


Fsp = [ps1 ps2 ]dn =

ds
ds
p
p
|s=s
|s=s
p
p+
s
2
s
2
95

dn =

p
|s=s dsdn (5.2)
s

CAPITOLO 5. EQUAZIONE DI BERNOULLI

96
z

s=s

U(s)

R(s)

Figura 5.1: Disegno schematico di linee di corrente.


e, procedendo analogamente per la direzione normale, si ottiene
Fnp =

p
|s=s dsdn.
n

(5.3)

Oltre alle forze di pressione sulla particella uida agisce la gravit`a che, formando un
angolo con la normale alla linea di corrente, fornisce le due componenti di forza
peso:
Fsg = g sin |s=s dsdn e Fng = g cos |s=s dsdn,
(5.4)
` posibile a questo punto scrivere la seconda legge
dove dsdn `e la massa della particella. E
della dinamica F = ma per la particella uida proiettandone le componenti nelle direzioni
tangenziale e normale alla linea stessa. Utilizzando le espressioni (5.1), (5.3) e (5.4) per
le accelerazioni e le forze si ottiene
dsdnU

U
p
|s=s = |s=s dsdn g sin |s=s dsdn
s
s

oppure

(5.5)

U 2
p
z
|s=s +
|s=s + g |s=s ,
2
s
s

(5.6)

dove si `e utilizzata lipotesi = cost. e lidentit`a sin |s=s z/s|s=s in cui cui z `e
una coordinata misurata su una asse con origine arbitraria ed orientato in verso opposto
rispetto alla gravit`a.
Lespressione (5.6) pu`o essere integrata nella forma

U 2
+ p + gz
s 2

= 0.
s=s

(5.7)

5.2.

EQUAZIONE DI BERNOULLI

97

g
z
pn2

ps2
p
s=s

ps1

pn1

ds

dn
ds
dz

dz

dn

Figura 5.2: Forze sulla particella uida.


che, quando si osservi che s `e un punto qualunque sulla linea di corrente, implica che la
quantit`a tra parentesi quadre deve essere costante lungo una linea di corrente,
U 2
+ p + gz = cost.
lungo una linea di corrente
2
che `e una forma particolare dellequazione di Bernoulli.
Procedendo in modo analogo per la direzione normale si scrive
U2
p
|s=s =
|s=s dsdn g cos |s=s dsdn
R
n
che utilizzando le stesse ipotesi precedenti pu`o essere scritta come
dsdn

(5.8)

(5.9)

U2
dn + p + gz = cost.
lungo la normale ad una linea di corrente
(5.10)
R
La relazione sancisce che, nelle ipotesi in cui ci siamo posti, il budget energetico di una
particella uida rimane costante e durante il suo moto pu`o solo convertire, in modo
reversibile, i vari contributi (cinetico, di pressione e potenziale) nelluna o nellaltra forma
senza aumentare o diminuire lenergia totale. Linterpretazione sica della relazione (5.9)
`e invece meno immediata ed `e legata al cambio di direzione del moto di una particella in
cui la forza centrifuga deve essere bilanciata da una combinazione di gradiente normale
di pressione e forza peso. La sua forma integrata `e data in (5.10) ed `e comunque di minor
interesse applicativo rispetto alla (5.8).

5.2

equazione di Bernoulli

Lequazione di bilancio della quantit`a di moto (o, in modo equivalente, lequazione di


conservazione dellenergia) assume una forma particolarmente semplice ed utile nelle ap` bene anticipare che queste
plicazioni quando si facciano alcune ipotesi semplicative. E

CAPITOLO 5. EQUAZIONE DI BERNOULLI

98

ipotesi potrebbero sembrare troppo restrittive, limitando fortemente lapplicabilit`a dei


risultati ottenuti; si vedr`a al contrario che, con buona approssimazione, queste ipotesi
vengono vericate da molti problemi pratici riuscendo cos` a ricavare facilmente delle
informazioni sul comportamento del sistema.
Si consideri lequazione di bilancio della quantit`a di moto nella forma (4.58) che
riportiamo di seguito

2
u
+ u u = p + f ( u) + 2 (E),
t
3

(5.11)

e riprendiamo la formula dellaccelerazione di Lagrange secondo cui possiamo scrivere


u u =

u2
+ u.
2

(5.12)

Supponiamo inoltre che il vettore f contenga solo forze di massa conservative cos` che
si possa porre f = G dove G `e una funzione potenziale indipendente dal tempo 1 .
Indicando inoltre con F () una funzione omogenea di grado 1 in contenente tutti i
termini viscosi, possiamo porre lequazione (5.11) nella forma

p
u
F ()
u2
+ G +
=
u+
.
2

(5.13)

Dallespressione (5.13) possiamo notare che il primo e secondo termine del primo membro
sono gi`a in forma di gradiente mentre il terzo termine non lo `e. Se per`o ipotizzassimo lincomprimibilit`a del usso potremmo scrivere p/ = (p/) e potremmo porre
lequazione (5.13) nella forma


u2
p
+G+

u
F ()
u+
.
t

(5.14)

Lipotesi di incomprimibilit`a del usso pu`o essere rilassata considerando una densit`a dipendente unicamente dalla pressione; in tali ipotesi, infatti `e possibile porre p/ =

dp/. Per dimostrarlo basta osservare che se J(p) = dp/, presa una generica curva s
deve risultare
J dp
1 dp
dJ
=

=
.
(5.15)
ds
p ds
ds
Se notiamo ora che dJ/ds e dp/ds sono rispettivamente J s e p s, ossia le proiezioni
dei gradienti lungo la direzione tangente ad s allora risulter`a in generale J = p/ che
`e la tesi 2 .
1

Lindipendenza di G dal tempo non `e unipotesi aggiuntiva ma `e condizione necessaria per la conservativit`
a del campo di forze. Infatti se cos` non fosse si potrebbe percorrere un circuito chiuso partendo ed
arrivando nello stesso punto in due istanti diversi ed ottenere due valori diversi del potenziale. In tal caso
il lavoro delle forze descritte da G sarebbe dipendente dal percorso seguito e ci`
o e contrario alle ipotesi
di partenza.
2
Maggiori ragguagli sul signicato sico di usso barotropico verranno dati quando si parler`
a della
dinamica della vorticit`
a.

5.2.

EQUAZIONE DI BERNOULLI

99

Se la densit`a non `e costante ma dipende unicamente dalla pressione il usso si dice


barotropico e lequazione (5.13) si pu`o porre nella forma



u2
dp
+G+

u
F ()
u+
.
t

(5.16)

Queste relazioni diventano di particolare utilit`a pratica quando le azioni viscose possono
considerarsi trascurabili (F () = 0) ed il usso stazionario (u/t = 0) 3 . In tali ipotesi,
u che si annulla in tre casi:
infatti, il secondo membro delle (5.14) e (5.16) si riduce a
= 0), ) vorticit`a e velocit`a sono allineate (
u 0, ussi
) il usso `e irrotazionale (
di Beltrami), ) le equazioni (5.14) e (5.16) vengono valutate lungo una linea di corrente.
Questultima condizione risulta pi`
u evidente se si considera che il prodotto vettore u
sar`a un vettore ortogonale sia a che a u e tale dovr`a risultare il vettore a primo membro
delle (5.14) e (5.16); se ci si muove lungo una linea di corrente questa dovr`a essere punto
per punto tangente alla velocit`a e quindi ortogonale al vettore u da cui ne consegue
che si pu`o scrivere


u2
p
+G+
2

= const.,

(5.17)

per un usso incomprimibile, oppure lequivalente derivata dalla (5.16) per un usso barotropico. Questa relazione ci dice che se ci troviamo nei primi due casi precedentemente
elencati la quantit`a a primo membro della (5.17) deve rimanere costante in tutto il usso,
nel terzo caso deve rimanere costante lungo una linea di corrente ossia, data la stazionariet`a del usso, per una particella uida lungo il suo moto. Naturalmente lo stesso
ragionamento si potrebbe ripetere per un linea che risulta in ogni punto tangente al vettore ; queste linee sono dette linee vorticose ed anche lungo questi percorsi la quantit`a
in (5.17) rimane costante.
Risulta utile osservare che lequazione (5.17) non aerma altro che la costanza dellenergia di una particella uida. Per esempio se nel potenziale c`e solo quello dovuto alla
gravit`a g risulta G = gh, essendo h la quota ssata rispetto ad un riferimento arbitrario;
in questo caso lequazione (5.17) aerma che lenergia di una particella uida lungo la
sua evoluzione non pu`o ne aumentare ne diminuire ma pu`o solo convertisi tra le forme
cinetica, potenziale e di pressione in modo tale che il budget totale rimanga costante.

In realt`
a lipotesi di stazionariet`
a del usso potrebbe essere rilassata introducendo il potenziale di
velocit`a. Tuttavia lespressione risultante ha scarsa utilit`
a pratica a non viene qui considerata.

CAPITOLO 5. EQUAZIONE DI BERNOULLI

100

ESEMPIO
Dal carrello in gura fuoriesce dellacqua da un foro circolare di diametro d.
Assumendo il deusso perfetto e orizzontale e che, sia le variazioni di massa
del sistema sia le variazioni di quota del livello siano inizialmente trascurabili,
calcolare la legge oraria del carrello che parte da fermo.

h
U

h = 6 m d = 10 cm
= 15o
Massa del sistema m = 200 Kg.

Soluzione
Applicando lequazione di Bernoulli tra il pelo libero del serbatoio e luscita
del
getto si ha che il getto dacqua fuoriesce con una velocit`a orizzontale U = 2gh =
10.844 m/s. Daltra parte, applicando il bilancio di quantit`a di moto in forma
integrale al volume dacqua contenuta nel carrello si ha che, se questultimo si
muove con una velocit`a V (t) parallela al piano inclinato, il getto produce una
spinta orizzontale pari a F = U (U V (t) cos )d2 /4. Applicando quindi il
secondo principio della dinamica nella direzione parallela al piano inclinato si
ottiene: F cos mg sin = ma, e risolvendo questa equazione si determina la
legge oraria s(t). In particolare, ponendo s(t)

= V (t) e s(t) = a, lequazione


diventa
s As = B,

A=

d2 U cos2
,
4m

la cui soluzione `e
s(t) =

B = g sin


B  At
Bt
e

.
2
A
A

d2 U 2 cos
4m

5.2.

EQUAZIONE DI BERNOULLI

101

ESEMPIO
Il recipiente cilindrico in gura `e pieno dacqua no allorlo. Calcolare il tempo
necessario al suo svuotamento se eettuato con un tubo di diametro d con eetti
viscosi trascurabili. Calcolare la situazione nale nel caso in cui ci siano perdite
per attrito nel tubo e siano assimilabili ad una dierenza di pressione costante
pf .

h
R

h=2m
h1 = 2 m
R = 0.5 m
d = 2 cm
pf = 23053 Pa

h1
d
Soluzione
Indicando, con A e B gli estremi del tubo, rispettivamente, nel contenitore ed
allesterno, si pu`o scrivere lequazione di Bernoulli risultando
UA = 0, pA = gh,

2
UB = 4Q/(d ), pB = p0 ed hA hB = h1 da cui UB = 2g(h + h1 ) = 4Q/(d2 ).
Osserviamo ora che la quota del uido nel recipiente varia nel tempo in quanto
il livello diminuisce, detto quindi dV il volume innitesimo di uido che transita
nel tubo in un tempo dt risulta
d2 
d2
2g(h + h1 )dt = R2 dh,
UB dt =
dV = Qdt =
4
4
essendo dh la variazione di livello del liquido nel recipiente. Integrando gli ultimi
due membri delluguaglianza precedente si ottiene il tempo di svuotamento del
serbatoio T ,
 T
0

R
dt =
d

2

4 h
dh

,
2g 0
h + h1

8
T =
2g

R
d

2 

[ h + h1 h1 ] = 661.24 s.

Nel caso in cui ci siano delle perdite per attrito, allequilibrio si arrester`a il usso,
per cui, dallequazione di Bernoulli generalizzata, si avr`a lequilibrio quando h =
pf /(g) h1 = 0.35 m.

CAPITOLO 5. EQUAZIONE DI BERNOULLI

102

ESEMPIO
Nel condotto in gura entra dellacqua nella sezione S1 a velocit`a u1 ed esce
nellambiente attraverso la sezione S2 . Sapendo che gli eetti viscosi sono nulli
(trascurabili) calcolare le forze in x ed y necessarie a mantenere il condotto fermo.
y
x

u1
S1

S2

S1 = 0.12 m2 S2 = S1 /3
= 30o
u1 = 7.2 m/s
Suggerimento: notare che le sezioni S1 ed S2 sono alla stessa quota.
Trascurare la forza peso.

Soluzione
Dalla conservazione della massa tra le sezioni 1 e 2 si ha u1 S1 = u2 S2 u2 =
3u1 = 21.6 m/s. Essendo gli eetti viscosi trascurabili, tra le sezion 1 e 2 si
pu`o anche applicare lequazione di Bernoulli: p1 / + u21 /2 = p2 / + u22 /2
p1 = p0 + 4u21 = 308660 Pa (avendo tenuto conto della conservazione della
massa, che i termini gravitazionali non ci
sono in quanto le sezioni sono alla stessa quota, e che p2 = p0 = 101300 Pa
perche il getto `e immesso in atmosfera libera). Applicando ora lequazione
di bilancio della quantit`a di moto proiettata nelle direzioni x ed y si ottiene rispettivamente: Fx = u22 S2 cos
[u21 + (p1 p0 )]S1 = 14941.88 N e
Fy = u22 S2 sin = 9311.2 N. (Da
notare che in questa soluzione non si `e
considerata la forza peso. Considerando
anche questultima verrebbe un risultato
dierente per la Fy ).

y
x

u1
n1
p

S1

S2

n2
u2

5.2.

EQUAZIONE DI BERNOULLI

103

ESEMPIO
Da un ugello piano di larghezza D e profondit`a b (nella direzione ortogonale al
foglio) esce verticalmente un getto dacqua ad una velocit`a U . Ad una distanza
H `e posto un semicilindro di diametro d e profondit`a b che rimane in equilibrio
sospeso dalla spinta del getto. Calcolare il peso del guscio semicilindrico sapendo
che il volume di uido costantemente in transito nel semicilindro (volume delimitato dalla linea tratteggiata in gura) `e 1/4 del volume del semicilindro stesso.
(Si trascurino le azioni viscose tra uido e supercie del semicilindro).
d

D = 5 cm d = 50 cm U = 5 m/s
H = 40 cm b = 25 cm

U
D

Soluzione
Dallequazione di Bernoulli tra le sezioni 1 e
2 si ha u21 /2+ p1 / + gh1 = u22 /2 + p2 / + gh2
ossia u2 = (U 2 2gH) (in quanto P1 e p2
sono entrambe uguali alla pressione atmosferica in quanto la vena uida non `e connata).
Daltra parte, dalla conservazione della massa tra le sezioni 1 e 2 si ottiene la relazione
bDU = bd2 u2 da cui si ricava lo spessore
della vena uida nella sezione 2.
Poiche le sezioni 2 e 3 sono alla stessa quota ed alla stessa pressione, essendo le azioni
viscose trascurabili, deve essere necessariamente | u2 |=| u3 | (dallequazione di Bernoulli). Dalla conservazione della massa (essendo la densit`a costante) ne conseguir`a che
anche le sezioni della vena uida in 2 e 3
devono essere uguali S2 = S3 . Inne, applicando il bilancio della quantit`a di moto nella
direzione verticale al volume di uido contenuto nel solido si avr`a: u22 S2 u23 S3 =
gV + Fx , Fx = 454.7 N. Il peso del
guscio sar`a quindi Fx .

2
3

H
U
1

CAPITOLO 5. EQUAZIONE DI BERNOULLI

104

5.3

teorema di Crocco

Sfruttando alcune denizioni della termodinamica e lequazione dellenergia in termini di


entropia introdotta nel precedente capitolo si pu`o porre lequazione di Bernoulli in una
forma utile nei casi in cui si debbano calcolare le variazioni di temperatura in un usso.
Dierenziando infatti la denizione di entalpia h = e + p/ ed utilizzando le relazioni
introdotte in (4.64) si ottiene
p
= h T S.
(5.18)

Questa uguaglianza, sostituita nella (5.13) con le ipotesi di usso stazionario e non viscoso,
d`a


u2

(5.19)
+ G + h = T S u,
2
dove si noti che non `e stata usata lipotesi di barotropicit`a del usso.
Lutilit`a dellespressione (5.19) appare evidente qualora si ricordi che se alle presenti
ipotesi si aggiungono quelle di conducibilit`a termica trascurabile ed assenza di produzione
interna di calore lequazione dellentropia diventava u S = 0. Poiche questo implica
che il gradiente di entropia lungo una linea di corrente `e nullo ma tale risulta anche la
proiezione del vettore u ne consegue che
u2
+ G + h = const.,
2

(5.20)

lungo una linea di corrente. La relazione (5.19) pu`o anche essere interpretata con unottica
invertita rispetto alla precedente, ossia in base alla (5.20) lungo una linea di corrente il
primo membro della (5.19) deve essere nullo e quindi deve valere la
T S = u,

(5.21)

implicando che un usso stazionario ed isentropico (ossia con S =const. lungo una linea di
corrente) avr`a lentropia uniforme nello spazio (usso omentropico) solo se risulta 0
(usso irrotazionale) o nel caso particolarissimo di parallela ovunque ad u (usso di
Beltrami). Questo risultato `e particolarmente interessante quando si osservi che mette in
relazione la vorticit`a la cui denizione `e puramente cinematica con lentropia che `e una
grandezza termodinamica.

5.4

tubo di Pitot

Unapplicazione importante dellequazione di Bernoulli si ha nelle misure di velocit`a alle


quali si pu`o risalire da dierenze di pressione. Si consideri infatti il dispositivo disegnato in
gura 5.3 investito da una corrente uniforme a velocit`a U . Presi i punti 1 e 2 come in gura
si ha che in 1 la vena uida viene arrestata (punto di ristagno) e, in base allequazione
di Bernoulli, tutta la sua energia cinetica viene convertita in energia di pressione. Al

5.4. TUBO DI PITOT

105

contrario, la vena uida lambisce il punto 2 senza essere perturbata 4 mantenendo quindi
la stessa velocit`a e pressione del usso allinnito. La pressione misurata in 2 `e detta
pressione statica in quanto non contiene alcun contributo cinetico, la pressione misurata
in 1 `e invece chiamata pressione totale perche `e comprensiva anche di tutto il contributo
cinetico U 2 /2 che `e detto pressione dinamica.

p1

U
2
1

Figura 5.3: Disegno schematico di un tubo di Pitot.


Applicando quindi lequazione di Bernoulli tra i punti 1 e 2 si ha
p2
p1
U22
U2
+ gh2 +
= 1 + gh1 + , = U =
2

2(p1 p2 )
,

(5.22)

essendo U2 = U , U1 = 0 ed avendo trascurato la variazione di quota h1 h2 in quanto


piccola. Dalla relazione (5.22) si vede quindi che pur non conoscendo il valore assoluto
di pressione `e suciente misurare la dierenza di pressione tra 1 e 2 per risalire al valore
della velocit`a U . La misura di pressione pu`o essere eettuata tramite un manometro
dierenziale applicato alle estremit`a dei due tubi concentrici disegnati in gura 5.3.
Questa tecnica di misura `e particolarmente utile negli aerei sia perche non possono utilizzare sistemi simili a quelli delle automobili, sia perche per il sostentamento aerodinamico
`e rilevante solo la velocit`a rispetto allaria piuttosto che quella rispetto al suolo.
Il tubo di Pitot deve essere allineato perfettamente con la direzione della corrente per
rendere eettivamente il punto 1 un punto di ristagno (U1 = 0) poiche in caso contrario si
misura una velocit`a minore di quella reale. Per questo motivo le misure di velocit`a devono
essere eettuate spazzando il settore angolare nellintorno della direzione presunta di
allineamento in modo da trovare la posizione nella quale si rileva la massima dierenza di
pressione. Uno svantaggio di questo strumento `e che a causa dellinerzia delle colonne di
uido contenuto nei condotti concentrici pu`o misurare solo pressioni costanti o lentamente
variabili nel tempo.
4

In realt`
a sono presenti fenomeni di strato limite di cui si parler`
a in seguito. Per i ragionamenti sulla
pressione, comunque, la vena uida si comporta come se fosse eettivamente indisturbata.

CAPITOLO 5. EQUAZIONE DI BERNOULLI

106

5.5

tubo di Venturi

In gura 5.4 `e riportato uno schema di un misuratore di portata detto tubo di Venturi il cui
principio di funzionamento `e basato sullequazione di Bernoulli. Notando infatti che tra le
sezioni 1 e 2 `e presente una piccola variazione di diametro si avr`a unaccelerazione del usso
in corrispondenza della sezione 2 per mantenere costante la portata Q = U1 A1 = U2 A2 .
Dallequazione di Bernoulli segue che deve prodursi una dierenza di pressione tra le
sezioni 1 e 2 in modo da compensare la variazione di velocit`a ossia, in formule, si ottiene
U22
p2
p1
U2
+ gh2 +
= 1 + gh1 + ,
2

(5.23)

e dovendo essere U1 A1 = U2 A2



Q = U2 A2 = A2 

2(p1 p2 )
[1 (A2 /A1 )2 ]

(5.24)

che permette di misurare la portata nota la geometria del condotto e la dierenza di


pressione tra le sezioni 1 e 2.

A1

A2
h

Figura 5.4: Disegno schematico di un tubo di Venturi.


Se per esempio si misura la variazione di pressione con un tubo ad U, detta m la
densit`a del uido manometrico ed h la dierenza di quota tra i due menischi risulta
p1 p2 = m gh da cui leggendo la quota h si risale alla portata.
Analogamente a quanto `e stato visto per i manometri, anche per questo strumento
si pu`o variare la sensibilit`a cercando di rendere massima la dierenza di pressione per
una data portata. Ci`o si pu`o ottenere facilmente agendo sulla strozzatura in 2 anche
se considerazioni energetiche, suggeriscono di limitare a qualche percento la variazione
di sezione. Il motivo sico di tale limitazione sar`a compreso con lo studio dei fenomeni
di strato limite, in questa sede si accenner`a solo al fatto che nella sezione divergente
del condotto si possono vericare dei distacchi della vena uida dalla parete laterale che
provocano delle perdite di energia (gura 5.5).
Molti dispositivi di uso quotidiano utilizzano un tubo di Venturi anche se questo non
viene utilizzato per misure di portata ma per generare dierenze di pressione allinterno

5.5. TUBO DI VENTURI

107

a)

total energy

U2
2
p

total energy

separated flow region

b)

energy loss

U2
2
p

Figura 5.5: Andamento del usso e di energia cinetica e di pressione in un tubo di Venturi:
a) in assenza di separazione, b) con separazione del usso.

di un condotto. Su questa dierenza di pressione si basa per esempio il funzionamento del


(ormai vecchio) carburatore a farfalla, dellaerografo e dei vaporizzatori per profumi. Se
infatti in corrispondenza della sezione di gola si mette un condotto che pesca del liquido da
un sebatoio questo viene aspirato nel condotto dove incontrando una corrente ad elevata
velocit`a viene nebulizzato (gura 5.6).

CAPITOLO 5. EQUAZIONE DI BERNOULLI

108

Figura 5.6: Principio di funzionamento del vaporizzatore per profumi.

ESEMPIO
Calcolare la portata in massa sapendo che nel condotto scorre del petrolio (o =
800 Kg/m3 e che nel tubo ad U c`e acqua.

h = 4 cm A1 = 0.8 m2

A2 = 0.6 m2

Soluzione
Applicando la conservazione della massa tra le sezioni 1 e 2 V1 S1 = V2 S2
e lequazione di Bernoulli (lungo la linea di corrente tracciata con una linea
tratteggiata) p1 + u21 /2 = p2 + u22 /2 si ottiene:

2(p2 p1 )
u1 =
[1 (A21 /A22 )]

1
2

= 1.123 m/s,

con p2 p1 = H2 O gh.

Nota u1 si ricava la portata in massa M = u1 A1 = 718.76 Kg/s.

5.5. TUBO DI VENTURI

109
ESEMPIO

In una galleria del vento viene posto un tubo di Pitot. Se la velocit`a media della
corrente `e U , la densit`a del gas in galleria del vento `e e la dierenza di quota
nel tubo ad U tra i due menischi del uido manometrico `e h, determinare la
densit`a del uido manometrico. Determinare, inoltre la portata in volume nella
sezione della galleria supponendo che sia rettangolare con i lati l1 ed l2 .
h

l1

U = 28 m/s = 0.632 Kg/m3


l2 = 0.4 m
U l1 = 0.3 m

h = 3.6 cm

Soluzione
Per calcolare la dierenza di pressione tra i due rami del tubo di Pitot, basta ricordare che un ramo misura la pressione statica mentre laltro, arrestando
completamente la vena uida, misura la pressione totale per cui dallequazione di
Bernouilli si ottiene p = p1 p2 = U 2 /2 che combinata con la legge di Stevino
p = m gh = U 2 /2 fornisce m = 702.2 Kg/m3 . Per la portata in volume si ha
inne Q = U A = 3.36 m3 /s.

110

CAPITOLO 5. EQUAZIONE DI BERNOULLI

Capitolo 6
Dinamica della vorticit`
a
6.1

equazione del trasporto della vorticit`


a

Nei paragra precedenti abbiamo visto come la vorticit`a = u abbia un ruolo fondamentale nella determinazione delle caratteristiche cinematiche e dinamiche di un usso.
Per esempio dallequazione di Bernoulli abbiamo visto che lenergia totale si mantiene
costante in tutto il campo solo se risulta = 0 ovunque mentre in base al teorema di
Crocco un usso irrotazionale sar`a anche omentropico (aggiungendo anche altre ipotesi).
In base a questi esempi appare evidente che la comprensione della generazione, dinamica ed evoluzione della vorticit`a risulta fondamentale nello studio della uidodinamica.
Ci`o `e ancora pi`
u vero se si considera che, come si vedr`a successivamente, lanalisi di un
usso irrotazionale pu`o essere trattato con molte semplicazioni rispetto al caso generale.
Per derivare unequazione di evoluzione della vorticit`a basta ricordare la sua denizione e fare quindi il rotore dellequazione di bilancio della quantit`a di moto. Prima
di procedere con tale operazione, ricordiamo che il termine convettivo dallaccelerazione
pu`o essere scritto utilizzando laccelerazione di Lagrange e che il rotore di un gradiente `e
identicamente nullo da cui


u2
u).
(u u) = + u = + (
2

(6.1)

Utilizzando unidentit`a vettoriale si pu`o porre ulteriormente


u) = u
u u + u,
(

(6.2)

in cui gli ultimi due termini sono nulli, il primo in quanto la divergenza di un rotore `e
identicamente nulla, il secondo perche ipotizziamo per semplicit`a il usso incomprimibile.
Se a questo punto si applica il rotore allequazione (4.61) si ottiene

u
p
+ (u ) =
+ f + (2 u),
t

111

(6.3)

CAPITOLO 6.

112

`
DINAMICA DELLA VORTICITA

essendo = / la viscosit`a cinematica supposta costante. Sfruttando le propriet`a


commutative dei vari operatori e le relazioni appena derivate si pu`o scrivere

= 2 + f +
+ u
+ u
t
2

(6.4)

che `e lequazione del trasporto della vorticit`a. I termini a primo membro della (6.4) sono
quelli della derivata materiale di e quanticano la sua variazione per una particella
uida, misurata da un osservatore che si muove con la particella stessa. I termini a
secondo membro sono invece le cause della variazione ed il primo termine rappresenta la
diusione, analogamente allequazione della quantit`a di moto 1 .
Il secondo termine rappresenta la generazione di vorticit`a prodotta dalle forze di massa; osserviamo comunque che se queste forze sono conservative e possono essere quindi
espresse da un gradiente f = G allora risulta G 0, ossia le forze conservative non contribuiscono in alcun modo alla generazione della vorticit`a. Un caso che
capita frequentemente `e costituito dalla forza peso che, essendo conservativa, non genera
vorticit`a.
Il terzo temine, detto termine baroclino, produce la vorticit`a nel caso in cui il gradiente
di densit`a non sia allineato con quello di pressione. Nel caso in cui =const., il gradiente
di densit`a `e nullo ovunque ed il termine baroclino non `e presente. Una possibilit`a pi`
u
generale `e invece quella di usso barotropico in cui la densit`a non `e costante ma risulta
= (p). Abbiamo infatti visto in 5.2 che in tale caso il gradiente di `e collineare con
quello di p ed il termine baroclino risulta identicamente nullo.

<

<

<

a)

b)

c)

Figura 6.1: Schema di generazione di vorticit`a baroclina per dierenza di densit`a.


Nelle gure 6.1 e 6.2 sono riportati due esempi di generazione di vorticit`a prodotta dal
termine baroclino. Nel primo caso si hanno uidi a dierente densit`a (per esempio acqua
ed olio) tenuti separati verticalmente da un setto. In questa congurazione il gradiente
1

Il termine viscoso `e anche un termine sorgente per la vorticit`


a nel caso in cui siano presenti delle pareti
dove il uido deve soddisfare la condizione di aderenza. Questo punto sar`
a visto in maggior dettaglio
nellanalisi dei fenomeni di strato limite.

`
6.1. EQUAZIONE DEL TRASPORTO DELLA VORTICITA

T2

113

>

T1

<

Figura 6.2: Schema di generazione di vorticit`a baroclina per dierenza di densit`a indotta
da variazioni di temperatura.
di pressione `e verticale (pressione idrostatica) mentre quello di densit`a `e orizzontale e
localizzato allinterfaccia tra i due uidi. Nellistante in cui il setto viene tolto il uido
pi`
u pesante tender`a a scivolare verso il basso prendendo il posto del uido pi`
u leggero
che si disporr`a negli strati superiori; ci`o induce una rotazione nellintero sistema che
produce appunto la vorticit`a nella direzione ortogonale al foglio. Se il sistema non avesse
perdite viscose il uido oscillerebbe indenitamente convertendo in ogni periodo energia
potenziale in cinetica e viceversa. Al contrario per ogni oscillazione parte dellenergia
viene convertita in modo irreversibile in calore e per tempi lunghi il sistema assume la
congurazione stabile mostrata in gura 6.1c.
Un secondo esempio di generazione baroclina di vorticit`a `e quello dei termosifoni.
Laria a contatto con il termosifone, infatti, aumenta di temperatura e per dilatazione
termica diventa pi`
u leggera e sale. Dellaria fredda viene quindi aspirata dal basso e
portata a contatto con il radiatore che di nuovo la scalda e cos` via. Riferendoci allo schema
di gura 6.2 si nota che in questo modo viene generata una circolazione a grande scala che
contiene della vorticit`a nella direzione ortogonale al foglio, come indicato dallequazione
(6.4).
Abbiamo detto in precedenza che per non avere produzione baroclina di vorticit`a non
`e necessario avere una distribuzione di densit`a costante ma `e suciente che il usso sia
barotropico ossia = (p). Il fatto che la densit`a debba essere funzione solo della pressione
si pu`o comprendere sicamente con il seguente esempio: consideriamo una particella
sferica di uido con densit`a non costante e concentriamoci solo sulle forze di massa e
quelle di pressione. Dalla seconda legge della dinamica possiamo scrivere
1
(6.5)
a = p.

Il vettore accelerazione a `e applicato nel baricentro della sfera la cui posizione dipende

CAPITOLO 6.

114

`
DINAMICA DELLA VORTICITA

dalla distribuzione di densit`a allinterno della stessa. Al contrario, la risultante delle forze
di pressione sar`a applicata al centro della sfera in quanto risultante di vettori normali
alla supercie ed `e indipendente dalla distribuzione delle masse nella sfera. Daltra parte
lequazione (6.5) ci dice solamente che le due forze sono uguali e che la loro risultante `e
nulla ma ci`o non preclude la possibilit`a che venga generato un momento sulla particella
stessa. Questa coppia in generale esiste e provoca la rotazione della particella uida, in
altre parole genera la vorticit`a, a meno che e p non siano allineati (usso barotropico). In questo caso, infatti anche se i vettori sono applicati in punti dierenti essi hanno
la stessa retta dapplicazione ed il loro momento `e nullo. Questo `e il caso dellatmosfera
(calma) in cui la densit`a aumenta con il diminuire della quota ed il suo gradiente `e quindi
allineato con il gradiente della pressione idrostatica.

1 p

1 p

O
G

a
a)

b)

Figura 6.3: Coppia baroclina su una particella uida: a) usso non barotropico, b) usso
barotropico.
Lultimo termine a secondo membro dellequazione (6.4) che ci rimane da analizzare `e
u; prima di considerare il suo signicato, comunque, vogliamo riassumere i risultati
nora trovati. Abbiamo descritto il signicato sico dei termini sorgente di vorticit`a nella
(6.4) trovando dei casi in cui questi termini sono nulli; in particolare se il usso `e non
viscoso ( = 0), le forze di massa sono conservative e il usso `e a densit`a costante oppure
barotropico allora i tre termini precedentemente descritti si annullano e lequazione (6.4)
si scrive

= u.
+ u
(6.6)
t
Una prima importante considerazione `e che tutti questi termini sono omogenei nella vor /t = 0 ed il usso rimarr`a
ticit`a se quindi inizialmente risulta = 0 si otterr`a
irrotazionale indenitamente.
Una seconda considerazione riguarda il termine u che, indipendentemente dal suo
signicato sico, risulta identicamente nullo in due dimensioni. Ci`o si verica in quanto la
vorticit`a `e un vettore ortogonale al piano mentre la velocit`a deve necessariamente essere

`
6.1. EQUAZIONE DEL TRASPORTO DELLA VORTICITA

115

contenuta nel piano. Lequazione (6.6) implica quindi che per un usso bidimensionale
con viscosit`a trascurabile forze di massa conservative e usso barotropico la vorticit`a
obbedisce a

=
+ u
=0
(6.7)
t
Dt
ossia la vorticit`a di una particella uida rimane invariata durante il suo moto.
Nel caso pi`
u generale di usso tridimensionale il termine u non `e invece nullo
ed ha un ruolo fondamentale nella dinamica della vorticit`a. Per capirne meglio il suo
signicato, scriviamone una componente in un sistema di assi cartesiani ed analizziamo i
vari termini:
u
u
u
u) x = x x + y x + z x .
(6.8)
(
x
y
z
Il primo termine agisce quando c`e un gradiente di velocit`a nella stessa direzione della
vorticit`a ed avr`a quindi unazione di stiramento (vortex stretching). Riferendoci alla gura 6.4 vediamo che se un tubo uido viene allungato, per la conservazione del momento
angolare la sua velocit`a di rotazione deve aumentare e di conseguenza la vorticit`a. Questo meccanismo `e quindi di autoamplicazione a causa dei gradienti di velocit`a e senza
necessit`a di sorgenti esterne. Gli altri termini tendono invece a ruotare parte della vorticit`a preesistente da una componente allaltra a causa di gradienti trasversali di velocit`a
(vortex tilting). Sempre riferendoci alla gura 6.4 vediamo infatti che in presenza di un
gradiente di ux nella direzione y una struttura contenente unizialmente solo y dopo un
certo tempo cambia direzione convertendo parte della sua y in x .

ux
x

x
y
y
<

<
x

<

<

<

<

x
ux

ux

y
ux
y

y
<

<

a)

x
b)

Figura 6.4: Schema del meccanismo di azione del termine di vortex streching: a) vortex
stretching, b) vortex tilting.

CAPITOLO 6.

116

6.2

`
DINAMICA DELLA VORTICITA

teorema di Kelvin

Avendo mostrato lequazione di trasporto della vorticit`a ed il signicato sico dei suoi termini, sar`a ora semplice dimostrare alcuni teoremi sui vortici 2 e comprenderne la rilevanza
uidodinamica.
Iniziamo con il denire lintensit`a di un vortice ,, come la circuitazione del suo campo
di velocit`a lungo un percorso chiuso contenente interamente il vortice oppure (in base al
teorema di Stokes) come il usso di vorticit`a attraverso la supercie racchiusa (gura 6.5):


u dl =


S

ndS

(6.9)

la quantit`a `e detta circolazione.

dl
Figura 6.5: Calcolo della circolazione di una regione vorticosa (indicata in rosso).
Se ora immaginiamo di tracciare una linea chiusa nel uido come in gura 6.5 e di
identicare tutte le particelle attraversate si possono seguire nel tempo le singole particelle
e quindi levoluzione temporale della linea (detta linea materiale). Il teorema di Kelvin
dice che in un uido barotropico, con forze viscose trascurabili e soggetto a forze di massa
conservative, la circolazione calcolata lungo una linea materiale chiusa `e costante nel
tempo
d
= 0.
(6.10)
dt
Dalle denizioni si ha infatti:


Ddl
Du
d 
d
u dl =
u
=
dl +
;
(6.11)
dt
dt S
Dt
S Dt
S
2

Il termine vortice `e un concetto che ognuno di noi possiede a livello pi`


u o meno intuitivo. Per i nostri
scopi `e suciente denire un vortice come una regione compatta a vorticit`
a non nulla e con delle linee
di corrente chiuse (in un riferimento solidale al vortice stesso). Questa denizione, cos` come tutte quelle
nora proposte in letteratura, pu`
o tuttavia essere invalidata con dei controesempi.

6.3. TEOREMI DI HELMHOLTZ

117

dl= u t +dl + ut

ut
dl
dl
u t

Figura 6.6: Calcolo della derivata materiale per una linea materiale.
e nelle presenti ipotesi dallequazione di bilancio della quantit`a di moto si ha (ponendo G
il potenziale delle forze di massa conservative)

S



Du
dp
dl =
+ G dl 0,

Dt

(6.12)

in quanto si tratta di dierenziali esatti integrati su un circuito chiuso. Per il secondo


integrale si ha invece considerando il circuito materiale in gura 6.6
dl dl
(u u)t + dl dl
Ddl
= lim
= lim
= du,
t0
t0
Dt
t
t

(6.13)

da cui si ottiene per il secondo integrale



S


du2
Ddl 
u du =
=
0,
Dt
S
S 2

(6.14)

di nuovo in quanto dierenziale esatto integrato su un circuito chiuso. I risultati delle


(6.13) e (6.14) dimostrano la tesi ((6.10).

6.3

teoremi di Helmholtz

Come conseguenza del teorema di Kelvin appena dimostrato si hanno tre teoremi che si
applicano a delle strutture vorticose che ora deniamo. In analogia con le linee di corrente
si possono introdurre le linee vorticose come quelle linee che in ogni punto sono tangenti
al vettore vorticit`a. Preso allora un circuito chiuso C consideriamo le linee vorticose
attraversate da C che costituiranno una supercie detta supercie vorticosa mentre il
volume di uido allinterno `e denito tubo vorticoso (gura 6.7).
I teorema di Helmholtz: nelle stesse ipotesi del teorema di Kelvin (usso non
viscoso, barotropico e forze di massa conservative) la circolazione in un tubo vorticoso si
mantiene costante lungo il tubo stesso.

CAPITOLO 6.

118

`
DINAMICA DELLA VORTICITA

S
C

Figura 6.7: Denizione di tubo vorticoso.


Per dimostrare tale aermazione osserviamo che la divergenza della vorticit`a `e identicamente nulla (in quanto = u) e applicando quindi il teorema della divergenza al
volume delimitato dal tubo vorticoso come in gura 6.8 si ottiene
0


V

dV =


S

ndS =



S1

ndS +


S2

ndS +


Sl

ndS.


(6.15)

Osserviamo ora che risulta S1 ndS = 1 , S2 ndS = 2 e Sl ndS 0 in


quanto e n sono ortogonali sulla supercie laterale. Dallequazione (6.15) ne consegue
quindi 1 = 2 ma data larbitrariet`a delle sezioni 1 e 2 lo stesso ragionamento si pu`o
ripetere per qualunque altra sezione il che dimostra che la circolazione si mantiene
costante lungo il tubo vorticoso.
II teorema di Helmholtz: nelle stesse ipotesi precedenti le particelle uide contenute
allinterno di un tubo vorticoso vi permangono indenitamente o, in altre parole, un tubo
vorticoso `e un tubo materiale.
Se prendiamo
infatti la supercie laterale di un tubo vorticoso deve risultare identica
mente Sl ndS 0; se per assurdo una particella interna al tubo vorticoso (e quindi
contenente della vorticit`a) attraversasse la supercie laterale verrebbe violata nellistante
dellattraversamento tale relazione il che `e impossibile.
III teorema di Helmholtz: lintensit`a di un tubo vorticoso si mantiene costante nel
tempo.
Dal primo teorema di Helmholtz si ha infatti che la circolazione `e costante lungo il
tubo vorticoso ma ci`o non preclude che essa sia una funzione del tempo. Ci`o `e escluso
tuttavia dal teorema di Kelvin in quanto per ogni sezione deve risultare d/dt = 0 che
dimostra la tesi.

6.3. TEOREMI DI HELMHOLTZ

Sl
nl

119

n2

S1

S2

n1
Figura 6.8: Flussi di vorticit`a in un tubo vorticoso.

120

CAPITOLO 6.

`
DINAMICA DELLA VORTICITA

Capitolo 7
Soluzioni esatte delle equazioni di
NavierStokes
Nei capitoli precedenti abbiamo visto come in generale il moto di un uido abbia una componente di accelerazione non stazionaria ed una convettiva. La seconda implica la non
linearit`a delle equazioni di NavierStokes rendendo praticamente impossibile la soluzione
analitica. Ci sono tuttavia alcuni casi speciali in cui a causa di particolari condizioni
iniziali ed al contorno i termini non lineari sono identicamente nulli e le equazioni di
NavierStokes ammettono una soluzione analitica. Vedremo nel dettaglio che queste soluzioni sono sicamente ammissibili solo per valori molto limitati del numero di Reynolds
il che rende la loro applicabilit`a a fenomeni reali praticamene nulla. Ci`o nonostante queste
soluzioni hanno un grande interesse uidodinamico in quanto permettono di comprendere
alcuni meccanismi che sono presenti anche in ussi pi`
u complessi.

7.1

usso tra lastre piane e parallele

Consideriamo il usso tra due lastre piane e parallele, poste ad una distanza h come in
gura 7.1 ed assumiamo che data la particolare geometria delle piastre il uido si muova
unicamente nella direzione x ossia uy = uz 0. Assumiamo, inoltre che il usso sia
incomprimibile per cui dallequazione di conservazione della massa si ricava
ux uy uz
+
+
= 0,
x
y
z

ux
= 0,
x

(7.1)

il che implica per la ux di non avere variazioni nella direzione della corrente. Essendo
le lastre innitamente estese nella direzione z `e lecito aspettarsi che il usso non abbia
variazioni in questa direzione per cui possiamo aermare che la componente di velocit`a
ux sar`a funzione solo della direzione y.
Se alle ipotesi fatte si aggiunge quella di stazionariet`a le equazioni di NavierStokes si
riducono a
2 ux
p
(7.2)
+ 2 ,
0=
x
y
121

122CAPITOLO 7. SOLUZIONI ESATTE DELLE EQUAZIONI DI NAVIERSTOKES


p
g,
y
p
0= ,
z
rispettivamente nelle direzioni x, y e z. Integrando la seconda delle (7.2) si ottiene per
la pressione p = gy + f (x) da cui si vede che la pressione varia idrostaticamente nella
direzione y mentre il suo comportamento in x dipende dalla f incognita. Ci`o signica che
il gradiente di pressione in x p/x dipende unicamente dalla f che possiamo pensare
come un dato del problema. Integrando allora la prima delle (7.2) si ottiene:
0=

1 p
ux
=
y + A,
y
x

ux (y) =

1 p y 2
+ Ay + B,
x 2

(7.3)

dove le costanti A e B dipendono dalle condizioni al contorno ed avendo assunto che il


gradiente di pressione sia costante in x (il che implica che f sia al pi`
u una funzione lineare
della variabile x). Dovendo il usso soddisfare le condizioni di aderenza alle piastre, dovr`a
risultare u(0) = 0 ed u(h) = 0 da cui si ottiene
ux (y) =

1 p 2
(y yh).
2 x

(7.4)

111111111111111111111111111111
000000000000000000000000000000
000000000000000000000000000000
111111111111111111111111111111

h g

u(y)

000000000000000000000000000000
x 111111111111111111111111111111
p
Figura 7.1: Schema di usso tra due lastre piane e parallele.
Abbiamo cos` visto che il prolo di velocit`a `e parabolico e la velocit`a massima si ha
quindi al centro (y = h/2) essendo
 

(ux )max = ux

h
2

1 p h2
=
.
2 x 4

(7.5)

Bisogna notare che la velocit`a `e negativa se il gradiente di pressione `e positivo; infatti


p/x > 0 indica che la pressione `e crescente nella direzione x e consistentemente il usso
si muove nella direzione opposta. Daltra parte dallanalisi `e noto che il valore medio di

7.1. FLUSSO TRA LASTRE PIANE E PARALLELE

123

una funzione parabolica `e pari ai 2/3 del valore massimo per cui risulta per la velocit`a
media nel condotto:
2
1 p h2
.
ux = (ux )max =
3
3 x 4

(7.6)

Volendo inne calcolare la portata in volume che attraversa il condotto (per unit`a di
profondit`a nella direzione ortogonale al foglio) si ha semplicemente

Q = ux h =

1 p h3
,
3 x 4

(7.7)

dove si osservi che allo stesso risultato si perviene integrando il prolo parabolico (7.4)
su tutta laltezza del canale. Questa integrazione viene lasciata al lettore come facile
esercizio.
Se indichiamo con l la lunghezza di un tratto di canale e p la dierenza di pressione
applicata ai suoi estremi possiamo scrivere p/x = p/l da cui vediamo che le velocit`a
e la portata sono direttamente proporzionali alla dierenza di pressione applicata ed inversamente proporzionali alla lunghezza del canale. Ci`o potrebbe indurre a pensare che
si pu`o aumentare a piacimento tanto la portata quanto la velocit`a facendo crescere il gradiente di pressione; nella pratica oltre un certo valore non si osserva pi`
u il comportamento
previsto dalla teoria in quanto il usso cessa di essere piano (uy = 0, uz = 0) e stazionario.
Questa soglia `e ssata dal numero di Reynolds

Re =

ux h
 1400

(7.8)

che quando eccede il valore limite produce un usso turbolento 1 .

Sperimentalmente non si osserva un salto improvviso da usso laminare a turbolento per il valore
del Re indicato. Il usso infatti inizia a mostrare un comportamento dapprima non stazionario con la
produzione di regioni isolate con usso fortemente tridimensionale no a quando questa condizione non
viene raggiunta da tutto il usso. Questo regime viene detto di transizione alla turbolenza e le sue
caratteristiche dipendono oltre che dal usso anche dalla presenza di disturbi esterni, dalle condizioni di
nitura superciale delle lastre etc.

124CAPITOLO 7. SOLUZIONI ESATTE DELLE EQUAZIONI DI NAVIERSTOKES


ESEMPIO
Tra due lastre piane e parallele innitamente estese e poste ad una distanza h
uisce una portata in massa daria pari a m
(per unit`a di profondit`a b). Supponendo il usso laminare, calcolare la dierenza di pressione tra le due sezioni
poste ad una distanza l nella direzione della corrente. Vericare che con i dati assegnati sia valida lipotesi di usso laminare (usare aria a 15 o C, = 1.23 Kg/m3
e = 1.79 105 Ns/m2 .)
l
h

h = 1.3cm

l = 2.5 m M = 0.02 Kg/ms

Soluzione
Dalle soluzioni esatte delle equazioni di NavierStokes per il usso tra due lastre piane e parallele si ha: V = h2 p/(12l) ed M = hV da cui p =
12lM /(h3 ) = 3.97 Pa. Il valore della velocit`a media `e V = 1.25 m/s da cui
risulta Re = V h/ = 1116 < 1400.

7.2

usso di Couette

Una facile estensione del precedente esempio `e costituita dal caso in cui una delle due
pareti si muova con velocit`a U , per esempio la parete superiore. Mettendoci nelle stesse
ipotesi del caso precedente si giunge quindi allintegrazione delle equazioni (7.2) ma con
le condizioni al contorno ux (0) = 0 e ux (h) = U da cui si ottiene:
ux (y) =

1 p 2
y
(y yh) + U .
2 x
h

(7.9)

Da questa espressione si vede che la nuova soluzione `e simile alla precedente ma con un
termine aggiuntivo che tiene in conto la nuova condizione al contorno. In particolare se
il gradiente di pressione `e nullo il prolo di velocit`a `e lineare ed unisce la parete inferiore
ferma alla parete superiore in moto con velocit`a U . In forma adimensionale il prolo (7.9)
si pu`o scrivere come
h2 p
ux (y)
=
U
2U x

y2
y
y

+ = ( 2 ) + ,
2
h
h
h

(7.10)

in cui si nota che il prolo dipende dalla variabile = y/h e dal gruppo adimensionale
= h2 /(2U ) p/x; il prolo (7.10) per alcuni valori di `e riportato in gura 7.2.

7.2. FLUSSO DI COUETTE

125

U
111111111111111111111111111111
000000000000000000000000000000
<1
=1

=0

>0

u(y)

111111111111111111111111111111
x 000000000000000000000000000000
Figura 7.2: Proli di velocit`a per il usso di Couette.

Lespressione adimensionale (7.10) permette di vedere immediatamente che per =


1 il prolo ha tangente verticale per y = 0 mentre per valori < 1 si ha linversione
del segno della velocit`a.

Naturalmente anche in questo caso la soluzione non `e sicamente realizzabile per


qualunque valore dei parametri in quanto la transizione alla turbolenza invalida ben presto
le ipotesi fatte inizialmente. Nel usso di Couette, tuttavia non si pu`o trovare un semplice
valore di soglia del numero di Reynolds in quanto questo dipende sia da U che dal gradiente
di pressione.

126CAPITOLO 7. SOLUZIONI ESATTE DELLE EQUAZIONI DI NAVIERSTOKES


ESEMPIO
Due lastre piane e parallele innitamente estese distano tra loro h. Sapendo
che la lastra superiore trasla in direzione x con una velocit`a U e che il liquido
tra le lastre `e olio, calcolare la forza che bisogna applicare ad una supercie di
dimensioni l e b per mantenere tale stato di moto.
l
h

l=2m
b = 1.3 m
= 912 Kg/m3

U = 1.5 m/s
h = 0.5 cm
= 4.2 104 m2 /s

Soluzione
Dalle soluzioni esatte delle equazioni di NavierStokes per ussi piani sappiamo
che tra le due lastre si svilupper`a un prolo di velocit`a lineare u(y) = U y/h e
quindi lo sforzo di parete sar`a dato da w = du/dy|w = U/h = 115N/m2 . La
forza totale esercitata dal uido sulla parete sar`a quindi F = s w dS = w S =
299 N. (Per si `e usato il valore = = 0.383 Ns/m2 .)

7.3. FLUSSO DI HAGENPOISEUILLE

127

ESEMPIO
Tra due lastre piane parallele ed innitamente estese scorre un usso laminare,
stazionario, piano e viscoso. La lastra inferiore si muove a velocit`a U mentre
quella superiore `e ssa. Sapendo che la portata in volume per unit`a di larghezza
(nella direzione ortogonale al foglio) vale q,
calcolare la dierenza di pressione
p che `e necessario applicare su una lunghezza l per ottenere tale situazione.

l
q

l = 6 cm
U = 2.4 m/s
q = 0.008 m2 /s

h = 4 mm
= 1.5 Ns/m2

U
Soluzione
Integrando la relazione dp/dx = d2 u/dy 2 con le condizioni al contorno u(0) = U
ed u(h) = 0 si ottiene
u(y) =
Risultando daltra parte q =

Uy
1 dp 2
(y hy)
+ U.
2 dx
h

h
0

u(y)dy = U h/2 dp/dxh3 /(12) si ricava

dp
Uh
= q
dx
2

12
= 9 105 Pa,
h3

e quindi p = dp/dx l = 54000 Pa.

7.3

usso di HagenPoiseuille

Consideriamo un tubo a sezione circolare di raggio R di lunghezza l alle cui estremit`a `e


applicata una dierenza di pressione p, e cerchiamo di determinare il campo di velocit`a
allinterno del tubo. Se assumiamo il usso incomprimibile, stazionario e con ununica
componente di velocit`a allineata decondo lasse del tubo, possiamo utilizzare delle equazioni simili a quelle ricavate in 7.1. In questo esempio, per`o, data la simmetria assiale
del problema conviene scrivere le equazioni in coordinate cilindriche ottenendo
0 = g sin
0 = g cos

p
r
1 p
r

(7.11)

128CAPITOLO 7. SOLUZIONI ESATTE DELLE EQUAZIONI DI NAVIERSTOKES


1 ux
p
+
r
,
x
r r r
essendo gli assi orientati come in gura 7.3. Lintegrazione delle prime due (7.11) ci dice
che la pressione varia nella direzione verticale in modo idrostatico, mentre nella direzione
x la sua distribuzione dipende da una funzione incognita f che in generale sar`a un dato
del problema:
p = gr sin + f (x) = gy + f (x).
(7.12)
0=

e, di nuovo, facciamo lipotesi che il gradiente di pressione p/x sia indipendente da x


allora la terza delle (7.11) pu`o essere facilmente integrata ottenendo:
r

ux
1 p 2
=
r + A,
r
2 x

ux =

1 p 2
r + A ln r + B
4 x

(7.13)

essendo le costanti A e B determinate in base alle condizioni al contorno. Imponendo la


condizione di aderenza alla parete (ux (R) = 0) e che la soluzione rimanga nita allasse
(ux (0) = ) si ottiene
A = 0,

B=

1 p 2
R ,
4 x

ux (r) =

1 p 2
(r R2 ),
4 x

(7.14)

che d`a un prolo parabolico di velocit`a in ogni sezione.

u(y)

z
x

u
Figura 7.3: Flusso di HagenPoiseuille.
Dal prolo (7.14) si pu`o calcolare la velocit`a massima che si ottiene allasse (r = 0)
con
1 p 2
(ux )max =
(7.15)
R
4 x
valendo le osservazioni fatte nei precedenti esempi circa il segno del gradiente di pressione. Per il calcolo della velocit`a media bisogna tenere in conto il fattore metrico r delle
coordinate cilindriche da cui
1S
1  R  2
1 p 2 (ux )max
ux =
ux (r)dS =
ux (r)rdrd =
R =
.
2
S 0
R 0 0
8 x
2

(7.16)

7.3. FLUSSO DI HAGENPOISEUILLE

129

Da queste espressioni si pu`o calcolare la portata in volume

Q = ux S =

 S
0

ux (r)dS =

R4 p
8 x

(7.17)

noto il gradiente di pressione p/x = p/l.


Questa semplice soluzione rimane valida per valori del numero di Reynolds

Re =

ux 2R
 2100,

(7.18)

mentre per valori maggiori si ha linsorgere di un usso transizionale e quindi della turbolenza. Questo valore di soglia `e stato determinato per la prima volta da O. Reynolds
in un famoso esperimento del 1883 nel quale oltre ad osservare la dinamica transizionale
del usso allinterno di un tubo `e stato anche dimostrato che i parametri del usso non
intervenivano separatamente ma come un gruppo adimensionale Re = ux 2R/.
ESEMPIO
i Dato un tubo cilindrico di raggio R e lunghezza l sia applicata alle estremit`a
del tubo una dierenza di pressione p. Se nel tubo uisce acqua, determinare
il massimo p applicabile per mantenere valida la soluzione di HagenPoiseuille.
Quanto vale la portata in massa in tali condizioni?
p
R

l = 3 m R = 0.5 cm
l

Soluzione
Dalle soluzioni esatte delle equazioni di NavierStokes per il usso in un tubo
cilindrico si sa che vale la soluzione laminare per numeri di Reynolds Re =
V 2R/ 2100 = ReC . V `e la velocit`a media nella sezione del tubo e vale
V = R2 p/(8l). Combinando la verie relazioni si ricava p = ReC 4l/R3 =
201.6 Pa. Per la portata in massa, basta calcolarla dalla denizione: M = Q =
V R2 = 1.65 102 Kg/s.

130CAPITOLO 7. SOLUZIONI ESATTE DELLE EQUAZIONI DI NAVIERSTOKES


ESEMPIO
Dato il usso in gura, calcolare la velocit`a massima e la risultante delle forze
viscose. Vericare a posteriori se `e valida lipotesi di usso laminare.
p

d = 1 cm
p = 12000 Pa
= 850 Kg/m3

l=3m
= 101 cm2 /s
uido: olio.

Soluzione
Dalle soluzioni esatte dele equazioni di NavierStokes si ha che il prolo di
velocit`a per un tubo cilindrico `e dato da
u(r) =

1 dp 2
(r R2 ).
4 dz

La velocit`a massima si ha quindi per r = 0 ottenendo umax = pR2 /(4l) =


2.94 m/s.
La risultante delle forze viscose si ottiene integrando lo sforzo di parete
w =

(du/dr)r=R = R(dp/dz)/2 sul mantello cilindrico del tubo F = S w dS =
2Rlw = R2 p = 0.9424 N.
Per vericare la laminarit`a del usso bisogna valutare il numero di Reynolds
Re = uD/ = 1470 < 2100; vericato!.

Capitolo 8
Flussi potenziali
In questo capitolo verranno studiati dei particolari ussi nei quali gli eetti della viscosit`a
possono essere trascurati. I ussi potenziali (o correnti euleriane) sono stati storicamente
di grande utilit`a in quanto possono essere ricondotti allo studio di equazioni lineari con
la conseguente facilit`a di trattazione matematica. Con questa teoria `e stato possibile
ottenere le prime informazioni sul campo di moto intorno a corpi pi`
u o meno complessi
anche se la teoria non era in grado di calcolare le forze esercitate dal usso sul corpo.
Di seguito verrano riportati prima alcuni fondamenti della teoria e quindi degli esempi
di ussi bidimensionali e tridimensionali.

8.1

teoria del potenziale

Ci sono molte situazioni in uidodinamica in cui il rapporto tra le forze dinerzia e quelle
viscose per un dato usso `e estremamente elevato; tale rapporto si misura con il numero
di Reynolds denito come Re = U L/ essendo rispettivamente U ed L una velocit`a ed
una lunghezza caratteristiche del fenomeno e la viscosit`a cinematica del uido. Quando
questo parametro `e molto grande, leetto dei termini viscosi `e connato ad un sottile
strato di uido in prossimit`a del corpo dove i gradienti di velocit`a sono estremamente
elevati mentre il resto del usso ha una dinamica indipendente dalla viscosit`a. In tale
situazione si possono vericare essenzialmente due eventualit`a: la prima `e che il usso
rimanga attaccato al corpo e quindi la regione in cui i termini viscosi sono rilevanti risulta
molto piccola rispetto al campo esterno, la seconda `e che il usso si distacchi dal corpo e
quindi la regione di usso inuenzata dalla viscosit`a si estende anche lontano dal corpo.
In questultimo caso la distinzione tra regione interna ed esterna (cio`e tra zona potenziale
e zona viscosa) diventa meno chiara ed inoltre le due estensioni sono confrontabili. Nel
primo caso, al contrario, la zona potenziale `e molto pi`
u estesa di quella viscosa e lo studio
della prima pu`o fornire informazioni utili sul usso intorno al corpo.
Se eettivamente leetto della viscosit`a `e trascurabile supponendo le eventuali forze di
massa conservative ed il usso barotropico (o incomprimibile) si pu`o applicare il teorema
di Kelvin che ci dice che la circolazione calcolata su qualunque linea materiale chiusa C
non varia nel tempo. In particolare se inizialmente risulta = 0 allora tale dovr`a rimanere
131

CAPITOLO 8.

132

potential
region
U

FLUSSI POTENZIALI

U
boundary
layer

separated
region
viscous
region
a)

b)

Figura 8.1: Flusso intorno ad un corpo: a usso attaccato, b usso separato. La zona
indicata in rosso `e la zona viscosa.
anche per tempi successivi in quanto se per assurdo venisse prodotta una vorticit`a diversa
da zero, sarebbe possibile trovare un circuito materiale C  che la contiene ottenendo
= 0. Ma essendo inizialmente = 0 ovunque la circolatione calcolata sulla stessa linea
materiale C  al tempo t = 0 avrebbe dato = 0 e ci`o `e contro il teorema di Kelvin. Da
ci`o si deduce che nelle ipotesi del teorema di Kelvin, un usso inizialmente irrotazionale
rimane tale indenitamente.
Essendo = u 0, `e allora possibile denire una funzione potenziale tale che
u = in quanto risulta identicamente = u = () 0. Se in aggiunta si
considera per semplicit`a il usso incomprimibile, allora lequazione di conservazione della
massa si scrive u = 0, che, combinata con la denizione di potenziale fornisce:
2 = 0.

(8.1)

Questa equazione deve essere completata con le condizioni al contorno che sono

= v n, sul corpo e = all ,


n

(8.2)

essendo la prima la condizione di impermeabilit`a con n la normale alla supercie del corpo
e v la velocit`a del corpo e la seconda la condizione di congruneza del potenziale con la
corrente indisturbata.
Con queste condizioni `e possibile risolvere lequazione (8.1) che fornisce la funzione
potenziale in tutto lo spazio. Una volta noto si pu`o calcolare u e quindi dallequazione
di Bernoulli, che per un usso irrotazionale si scrive u2 /2 + G + p/ = const., si pu`o
calcolare la pressione 1 .
Il vantaggio principale di questa formulazione `e che la soluzione del usso potenziale
richiede lequazione dierenziale (8.1) da cui si ricava il potenziale (e quindi la velocit`a)
1

Facciamo notare che come anticipato nel capitolo 5 per i ussi potenziali si pu`
o rilassare nellequazione
di Bernoulli lipotesi di usso stazionario. Risultando infatti u = risulta u/t = (/t) e

8.2. SOLUZIONI TRIDIMENSIONALI

133

e la soluzione dellequazione di Bernoulli per il calcolo della pressione. La prima equazione `e lineare e, valendo il principio di sovrapposizione degli eetti, `e possibile adottare
tutte le procedure di soluzione per serie note dallanalisi matematica e la costruzione di
soluzioni complesse mediante addizione di pi`
u soluzioni semplici. Lequazione per la pressione `e invece non lineare, ma la non linearit`a `e di tipo algebrico e quindi non presenta
particolari dicolt`a. A titolo di confronto, volendo risolvere lo stesso problema con le
equazioni di NavierStokes per ussi incomprimibili bisognerebbe risolvere unequazione
dierenziale non lineare vettoriale (tre equazioni scalari) pi`
u la conservazione della massa
che `e dierenziale lineare.
Chiaramente tanta semplicit`a nella trattazione ha il prezzo di non poter calcolare le
forze esercitate dal usso sul corpo (paradosso di dAlembert); esempi di tale paradosso
verranno dati attraverso lo studio di ussi particolari.

8.2
8.2.1

soluzioni tridimensionali
sorgente e pozzo

Consideriamo un punto nello spazio in cui sia localizzata una sogente di massa, la cui
portata in volume sia Q; in assenza di forze esterne o altre correnti questa massa dovr`a
distribuirsi equamente in tutte le direzioni, generando una velocit`a radiale ur uniforme
in un sistema di coordinate sferiche con origine
nella sorgente (gura 8.2). Per la con
servazione della massa dovr`a risultare Q = S ur dS che, essendo la velocit`a uniforme,
diventa
Q
Q = ur 4r2 ,
=
ur (r) =
(8.4)
4r2
e per integrazione si ottiene la funzione potenziale
(r) =

Q
m
+c= +c
4r
r

(8.5)

avendo posto m = Q/(4) come intensit`a della sorgente. Lo stesso ragionamento pu`o
essere ripetuto in modo identico per un pozzo giungendo a delle relazioni uguali alle
precedenti. Tutta la trattazione pu`o essere quindi unicata utilizzando la (8.5) sia per la
sorgente che per il pozzo risultando nel primo caso m > 0 mentre nel secondo m < 0. Per
aermare che la (8.5) sia eettivamente una funzione potenziale bisogna dimostrare che
soddis lequazione 2 = 0; ci`o si ottiene facilmente notando che dipende solo dalla
coordinata radiale e scrivendo quindi il laplaciano in coordinate sferiche risulta
1
1

= 2 r2
= 2 r2
r r r
r r r
2

m
0,
r

(8.6)

lequazione (5.16), essendo 0 diventa:


u2
+G+
2

dp
+
= const.

(8.3)

CAPITOLO 8.

134

FLUSSI POTENZIALI

che dimostra la tesi. Come facile esercizio si pu`o vedere che lo stesso risultato si ottiene
utilizzando un sitema di assi Cartesiani.

ur

S
Q

Figura 8.2: Schema di usso generato da un sorgente in tre dimensioni.

8.2.2

doppietta

Si supponga ora di avere una sorgente ed un pozzo di uguale intensit`a m posti ad una
distanza lungo lasse delle x e sia A un punto qualunque nello spazio. Per la propriet`a
additiva il potenziale in A sar`a
= S + P =

m
m
r S rP
rS2 rP2
+
=m
=m
,
rS rP
rS rP
rS rP (rS + rP )

(8.7)

avendo posto c = 0.
Se il sistema di riferimento `e scelto in modo che lorigine coincida con la sorgente
allora risulta rS2 = x2 + y 2 + z 2 ed rP2 = (x )2 + y 2 + z 2 da cui rS2 rP2 = 2 + 2x.
Supponiamo ora di far tendere a zero la distanza facendo crescere progressivamente m
in modo che il prodotto m = k rimanga costante, in tal caso si ottiene
k + 2kx
kx
= 3,
0 rS rP (rS + rP )
r

lim = lim

(8.8)

in quanto per 0 rS = rP = r.
Ci poniamo di nuovo la domanda se la soluzione trovata in (8.8) `e soluzione dellequazione del potenziale; la risposta `e si in quanto (k/r)/x = kx/r3 e k/r `e soluzione
dellequazione. Si pu`o allora scrivere
2

2 k
kx
k
= 2
=

0.
3
r
x r
x
r

(8.9)

8.3. SOVRAPPOSIZIONE DI SOLUZIONI TRIDIMENSIONALI

135

Allo stesso risultato si poteva pervenire ricordando dallanalisi matematica che la derivata
di una funzione armonica `e ancora una funzione armonica, se quindi il potenziale della
sorgente `e soluzione dellequazione di Laplace, lo deve essere anche quello della doppietta.

z
A
rs
rp

x
P

y
Figura 8.3: Doppietta in tre dimensioni.

8.3

sovrapposizione di soluzioni tridimensionali

Come abbiamo detto in precedenza, uno dei vantaggi fondamentali della teoria potenziale `e che lequazione (8.1) `e lineare quindi se 1 e 2 sono soluzioni della (8.1) dovr`a
necessariamente risultarlo anche = 1 + 2 . In questo modo si riescono a costruire
delle soluzioni intorno a corpi di forma relativamente complicata partendo dalle soluzioni
elementari precendentemente esposte. Nel seguito di questa sezione verranno mostrati
alcuni esempi classici, indicando la modalit`a per costruire soluzioni pi`
u complesse.

8.3.1

il semicorpo

Osserviamo preliminarmente che una corrente uniforme con velocit`a U diretta nella direzione positiva dellasse delle x avr`a un potenziale U = U x e questa soluzione soddisfa
lequazione (8.1).
In questo esempio viene considerata una corrente uniforme orientata nella direzione
positiva dellasse delle x ed una sorgente posta nellorigine di un sistema di assi. Il
potenziale per questa congurazione `e
= Ux

m
,
r

(8.10)

CAPITOLO 8.

136

FLUSSI POTENZIALI

da cui si ottiene per le velocit`a


ux =

mx

=U+ 3 ,
x
r

e uy =

my

= 3.
y
r

(8.11)

Da queste espressioni si vede che il campo di velocit`a `e simmetrico rispetto allasse x per
cui basta studiare il usso nel semipiano meridiano xy con y 0. Se nella prima delle
(8.11) si annulla la ux si trova un punto di ristagno in x = a = m/U da cui si scrive


a2 x
ux = U 1 + 3
r

e uy = U

a2 y
.
r3

(8.12)

Da queste espressioni si deduce che allapprossimarsi della corrente al corpo questa


viene frenata e le linee di corrente si allargano. Per calcolare quale sia la forma del
corpo, basta vericare la condizione di equilibrio tra le portate in volume della corrente
traslazionale e della sorgente.

2a

U
r

S z

Figura 8.4: Semicorpo potenziale tridimensionale.


La portata totale della sorgente `e QT = 4m distribuita uniformemente su tutto
langolo solido per cui una frazione di angolo solido smaltir`a la portata Q/QT = /4.
Dato allora un cono di semiapertura si ha
d = 2 sin d, = =


0

2 sin d = 2(1 cos )

(8.13)

da cui si ottiene Q = 2m(1 cos ). Se invece consideriamo la portata dovuta al usso


traslazionale si otterr`a in generale Q = y 2 U e le due portate saranno uguali quando
y 2 U = 2a2 U (1 cos )


y = a 2(1 cos ) e x = y cotg .

(8.14)

8.3. SOVRAPPOSIZIONE DI SOLUZIONI TRIDIMENSIONALI

137

Per = 0, si ottiene y = 0 mentre la x assume una forma indeterminata 0 ; tuttavia


sostituendo la prima delle (8.14)nella seconda
ed utilizzando elementari trasformazioni
trigonometriche si ottiene x = 2a cos / 1 + cos che tende eettivamente a a per
0. Notiamo inoltre che per , x ed y 2a da cui si vede che il corpo
rimane aperto. Alla stessa conclusione si poteva giungere osservando che allinnito tutta
la portata della sorgente deve essere smaltita con una velocit`a ux = U quindi 4m = y 2 U
= y = 2a.

Si ha in generale che se la somma delle intensit`a di sorgenti e pozzi non `e nulla il corpo
deve necessariamente rimanere aperto in quanto tutta la portata immessa dalle sorgenti
non viene bilanciata da quella riassorbita dai pozzi.

ESEMPIO
Il semicorpo tridimensionale in gura `e investito da una corrente uniforme dacqua U nella direzione x. Sapendo che la pressione nel punto A `e PA calcolare il
valore della pressione nel punto B.
U

a
x

U = 10 m/s
B = (0, 3), A = (2, 0)
Coordinate Cartesiane
espresse in metri.

Soluzione
Il potenziale del semicorpo tridimensionale
`e dato da = U r cos m/r + c (per il
sistema di riferimento
 polare in gura). Risulta inoltre a = (m/U ) da cui si ricava
m = 22.5 m3 /s. Per le componenti di velocit`a sappiamo che ur = /r = U cos +
m/r2 ed u / = U sin da cui essendo
A = (r = 2, = 0) e B = (r = 3, = /2)
si ottiene uA = (4.375, 0), uB = (2.5, 10) e
quindi | uA |2 = 16.14 ed | uB |2 = 106.25 (velocit`a in m/s). Applicando inne, lequazione di Bernoulli tra i punti A e B si pu`o scrivere: pB = pA +[(u2A u2B )/2+g(hA hB )] =
102995 Pa.

pA = 175870 Pa
| a |= 1.5 m

r
A

a
x

CAPITOLO 8.

138

8.3.2

FLUSSI POTENZIALI

la sfera

Vogliamo ora vedere quale usso possiamo ottenere dalla sovrapposizione di una corrente
uniforme e di una doppietta nellorigine degli assi il cui potenziale D `e dato dalla relazione
(8.8).

y
U

A
r

z
x

Figura 8.5: Sezione meridiana della sovrapposizione di una corrente uniforme ed una
doppietta nellorigine.
Per il potenziale totale si pu`o quindi scrivere
= Ux +

kx
r3

(8.15)

da cui si osserva che, essendo r = x2 + y 2 + z 2 questo potenziale `e simmetrico sia


rispetto allasse y che allasse z (ci`o si osserva sostituendo y a y e z a z), ossia il usso
`e assialsimmetrico rispetto ad x. Questa circostanza suggerisce di utilizzare un sistema
di coordinate sferiche come in gura 8.5 da cui si ha x = r cos e quindi


k
= rU + 2 cos .
r

(8.16)

Per il calcolo delle velocit`a radiale ed azimutale possiamo scrivere




2k
ur = r =
= U + 3 cos ,
r
r

1
k
u = =
= U + 3 sin . (8.17)
r
r

Da queste espressioni si vede che la velocit`a radiale `e sempre nulla sulla supercie descritta
da
 1
2k
2k 3
=
U,
ossia
r
=
= R,
(8.18)
r3
U
che `e una sfera con centro nella doppietta e raggio dato dalla (8.18).

8.3. SOVRAPPOSIZIONE DI SOLUZIONI TRIDIMENSIONALI

139

Sostituendo il valore di R trovato nella seconda delle (8.17) si ottiene il prolo di


velocit`a azimutale sulla supercie della sfera stessa


kU
u = U +
2k

3
sin = U sin ,
2

(8.19)

che quindi assume il valore massimo per = /2 u() = 3U/2 ed il minimo per = 0 e
= con u() = 0.
Per la distribuzione di pressione si utilizza lequazione di Bernoulli scritta tra un punto
all nella corrente indisturbata e laltro sulla supercie della sfera
u()2 p()
U 2 p
+
+ gh =
+
+ gh(),
2

(8.20)

da cui, trascurando le variazioni di quota si ottiene per il coeciente di pressione


Cp =

p() p
9
u()2
= 1 sin2 .
=
1

2
2
U /2
U
4

(8.21)

Da questa relazione si vede che la pressione massima si ha per = 0 e = con Cp = 1


(punti di ristagno) mentre la minima `e nel punto = /2 dove vale Cp = 5/4. Nei punti
in cui sin = 2/3 (  42o e  138o ) si ha Cp = 0 ed u() = U .

Cp
U

Figura 8.6: Distribuzione del coeciente di pressione sulla supercie della sfera (usso
potenziale).
Gli andamenti descritti sono riportati nelle gure 8.6 e 8.7 da cui risulta evidente la
simmetria del coeciente di pressione tra la parte frontale e la parte posteriore della sfera.
Questo signica che partendo dal punto di ristagno anteriore ( = 0) dove la velocit`a `e zero
e tutta lenergia cinetica `e stata convertita in pressione, il usso accelera costantemente

CAPITOLO 8.

140

u( )
U 3/2

FLUSSI POTENZIALI

Cp()
1

/2

/2

9/4
a)

b)

Figura 8.7: Diagrammi della distribuzione di velocit`a e coeciente di pressione sulla


supercie di una sfera. In gura `e riportata solo la met`a superiore, la met`a inferiore si
ottiene per riessione.

no al punto = /2 in cui si ha il massimo della velocit`a ed il minimo di pressione.


Appena superato il punto = /2 il usso ricomincia a decelerare ed aumentare la sua
pressione e nel punto di ristagno posteriore su ha una situazione speculare rispetto al
quello anteriore.

Mancando leetto dei termini viscosi, le uniche azioni che il uido pu`o esercitare sul
corpo sono quelle normali di pressione che in questa congurazione hanno risultante nulla
per tutte le componenti.

Questo `e un caso particolare del paradosso di dAlembert che si dimostra per corpi di
forma qualunque in condizioni di usso incomprimibile e stazionario.

Si vedr`a nei capitoli successivi che questo usso `e ideale e nella pratica non si realizza.
Infatti le azioni viscose del usso alla parete trasformano in modo irreversibile parte
dellenergia cinetica in calore e nella zona a valle del punto = /2 il usso non riesce a far
aumentare la pressione no al valore che aveva in = 0. Ci`o provoca uno sbilanciamento
della distribuzione di pressione e quindi una resistenza.

8.4. SOLUZIONI BIDIMENSIONALI

141

ESEMPIO
Una sfera di raggio R `e investita da una corrente dacqua a velocit`a costante U
e pressione della corrente indisturbata p . Sapendo che la sfera `e composta da
due gusci poggiati come in gura ed utilizzando la teoria potenziale, calcolare la
forza con cui la semisfera di sinistra spinge su quella di destra.
U

R = 0.3 m U = 7 m/s p = 101300 Pa

Soluzione
Dalla formula per il coeciente di pressione per
una sfera cp = 1 (9/4) sin2 si ricava la forza
di pressione nella direzione x


1 2
xndS =
dFx = p
U cp + p cos 2R2 sin d,
2

da cui per la forza sulla semisfera si ha


Fx =

 /2
0

1
9
sin(2) p + U 2 sin2 R2 d
2
4

1
9U 2 R2
Fx = R p + U 2
= 27776 N.
2
16
Se si assume che la pressione allinterno della
sfera `e p allora risulta Fx = R2 U 2 /16 =
865 N.
2

8.4

soluzioni bidimensionali

Seguendo dei ragionamenti del tutto analoghi a quelli precedentemente riportati per uno
spazio a tre dimensioni, si trovano le soluzioni potenziali in due dimensioni. Nel seguito
ne verrano riportate alcune a titolo di esempio con dei ussi di interesse pratico ottenuti
dalla loro sovrapposizione.

8.4.1

sorgente e pozzo

Si supponga di avere una sorgente di massa puntiforme da cui esce una portata volumetrica
Q in uno spazio piano. La portata attraverso la circonferenza con centro nella sorgente e
raggio r sar`a Q = 2rur da cui ur = Q/(2r). Daltra parte essendo ur = /r si pu`o

CAPITOLO 8.

142

FLUSSI POTENZIALI

ottenere per integrazione il potenziale


=

Q
ln r + c = m ln r + c,
2

(8.22)

con la costante c che pu`o essere ssata arbitrariamente in quanto nella determinazione
delle velocit`a entrano solo i gradienti del potenziale.

ur
r
x

Figura 8.8: Sorgente bidimensionale.


Naturalmente se la portata Q `e negativa allora si avr`a un pozzo il cui potenziale sar`a
= m ln r + c.

8.4.2

doppietta

Data una sorgente ed un pozzo aventi la stessa intensit`a m e disposti come in gura 8.9
si ha per il potenziale nel generico punto A
= m ln rS m ln rP + c

(8.23)

essendo rS = x2 + y 2 e rP = (x )2 + y 2 . Ponendo senza perdita di generalit`a


c = 0, con queste espressioni si pu`o scrivere


r S rP
rS
= m ln 1 +
= m ln
rP
rP

rS2 rP2
= m ln 1 +
.
rP (rS + rP )

(8.24)

Assumendo che sia un parametro piccolo e ricordando che ln(1 + x)  x + O(x2 ) la


(8.24) si scrive
m(2x )
;
(8.25)

rP (rS + rP )

8.4. SOLUZIONI BIDIMENSIONALI

143

se ora si fa il limite per 0 mantenendo costante il prodotto k = m (intensit`a di


doppietta) si ha che rP rS r e per il potenziale si ottiene
kx
m(2x )
= 2,
0 rP (rS + rP )
r

= lim

(8.26)

che `e il potenziale cercato.


Con un calcolo diretto si pu`o agevolmente vericare che lespressione (8.26) soddisfa
lequazione del potenziale.

y
A
rs
rp

x
P
Figura 8.9: Doppietta bidimensionale.

8.4.3

vortice libero

Immaginiamo di avere una vorticit`a distribuita uniformemente allinterno di una circonferenza di raggio R, questa avr`a una circolazione = R2 . Se ora si fa tendere a
zero il raggio R della circonferenza, aumentando contemporaneamente lintensit`a della
vorticit`a in modo che la circolazione rimanga costante, si ottiene una singolarit`a nella
vorticit`a di circolazione nita (gura 8.10a). Per calcolare il potenziale di questo usso
basta osservare che in base al teorema di Stokes la circolazione pu`o essere calcolata
mediante la circuitazione della velocit`a lungo un qualunque percorso chiuso contenente
la singolarit`a. Se in particolare si sceglie una circonferenza con centro nella singolarit`a e
raggio r si ha:

(8.27)
= 2ru , = u =
2r
da cui essendo
1

u =
, = =
+ c.
(8.28)
r
2

CAPITOLO 8.

144

FLUSSI POTENZIALI

Questa soluzione essendo lineare in `e sicuramente soluzione dellequazione di Laplace ed


`e quindi il potenziale cercato. Le linee equipotenziale sono delle rette uscenti dallorigine
e la velocit`a indotta `e puramente tangenziale (velocit`a azimutale) (gura 8.10b).

= const.

u
r
x

R
r
y

x
= const.

a)

b)

Figura 8.10: a) Singolarit`a di vortice libero. b) Velocit`a tangenziale indotta e linee


equipotenziali.
ESEMPIO
Nei punti S, P, D vengono posti, rispettivamente, una sorgente di intensit`a mS ,
un pozzo di intensit`a mP ed una doppietta di intensit`a k (questultima allineata
con lasse x). Calcolare la dierenza di pressione tra i punti A e B. Il corpo
risultante dalla sovrapposizione delle 3 soluzioni assegnate `e aperto o chiuso?
mS = 0.3 m2 /s mP = 0.3 m2 /s k = 0.5 m3 /s A = (0, 0)
S = (1, 1)
B = (1, 2)
D = (3, 0)
B = (1, 1)
Coordinate in metri, usso bidimensionale, uido:acqua (trascurare la gravit`a).
Soluzione
2
con ri =
Lespressione del potenziale `e = m(ln rS ln rP ) + k(x xD )/rD


(x xi )2 + (y yi )2 , i = S, D, P . Per derivazione da queste espressioni si


ottiene:


x1
y 2 (x 3)2
x+1

+
k
,
=m
ux =
x
(x + 1)2 + (y + 1)2 (x 1)2 + (y 2)2
[(x 3)2 + y 2 ]2
y+1

y2
2y(x 3)
uy =
=m

k
.
2
2
2
2

(x + 1) + (y + 1)
(x 1) + (y 2)
[(x 3)2 + y 2 ]2
Sostituendo ad x ed y i valori delle coordinate in A e B si ottiene u2A =
0.0967 m2 /s2 ed u2B = 0.20725 m2 /s2 . Applicando quindi lequazione di Bernoulli
si ha pA pB = (u2B u2A )/2 = 55.255 Pa.

8.5. SOVRAPPOSIZIONE DI SOLUZIONI BIDIMENSIONALI

8.5
8.5.1

145

sovrapposizione di soluzioni bidimensionali


il semicorpo

Seguendo lesempio riportato in 8.3.1, ma utilizzando le soluzioni singolari bidimensionali, sovrapponiamo una corrente uniforme nella direzione positiva dellasse delle x con
una sorgente posta nellorigine degli assi (gura 8.11). Abbiamo immediatamente per il
potenziale
= U x + m ln r, o = U r cos + m ln r,
(8.29)
in un sistema di riferimento polare. Noto il potenziale si possono calcolare immediatamente le velocit`a
ur =

m
= U cos + ,
r
r

u =

1
= U r sin .
r

(8.30)

Da queste espressioni si nota che sullasse x ( = 0 e = ) risulta u 0 e gli eventuali


punti in cui risultasse ur = 0 ci darebbero dei punti di ristagno. Dalla prima delle (8.30)
si vede che la condizione ur = 0 non `e mai vericata per = mentre per = 0 si ha
un punto di ristagno per r = m/U = a (x = m/U ). Per calcolare il contorno del corpo
si procede in modo del tutto analogo al caso tridimensionale, si bilancia cio`e la portata
proveniente dalla corrente uniforme e quella uscente dalla sorgente su una generica linea
ortogonale allasse x. Le due portate saranno in equilibrio quando
U y = 2m

(8.31)

da cui, utilizzando la denizione di a, si ottiene per x ed y


y = a

e x = y cotg .

(8.32)

Essendo la sorgente nellorigine lunica sorgente di massa (che non `e bilanciata da alcun
pozzo) ci aspettiamo che il corpo trovato debba rimanere aperto. Si ha infatti che per
x , y a ossia allinnito tutta la portata della sorgente deve essere smaltita
con una velocit`a ux = U quindi 2m = 2yU = y = a.
Analogamente al caso tridimensionale per 0 si ottiene una forma indeterminata
per la x; tuttavia sostituendo lespressione per la y nella x si ottiene x = a cos / sin
che tende a a per 0 (osservando che limx0 (sin x/x) = 1).

8.5.2

il cilindro

Analogamente al caso tridimensionale, vogliamo ora sovrapporre una corrente uniforme


di intensit`a U nella direzione positiva dellasse delle x con una doppietta disposta come
in 8.4.2.
Per il potenziale si pu`o quindi scrivere
kx
= Ux + 2 ,
r

k
oppure = U r +
cos ,
r

(8.33)

CAPITOLO 8.

146

FLUSSI POTENZIALI

U
r

Figura 8.11: Semicorpo potenziale bidimensionale.


se si prende un sistema dassi polari come in gura 8.13. Dallespressione del potenziale
si possono calcolare le componenti radiale ed azimutale della velocit`a ottenendo


k
ur =
= U 2 cos ,
r
r

1
k
= U + 2 sin .
u =
r
r

(8.34)

Da queste espressioni si vede che


a radiale risulta identicamente nulla per il
 la velocit`
valore costante del raggio R = k/U per qualunque . Ci`o signica che la circonferenza
di raggio R si comporta come una supercie solida (impermeabile) nei confronti del usso
che quindi rappresenta il usso intorno ad un cilindro.
Sulla supercie del cilindro il valore della velocit`a azimutale `e
u = 2U sin

(8.35)

da cui si vede che ci sono due punti di ristagno a = 0 e = . I punti in cui la velocit`a
`e massima sono a = /2 e = 3/2 dove u = 2U ed inne la velocit`a vale U nei punti
= /6 e = 5/6 (ed i punti simmetrici rispetto allasse x).
Applicando lequazione di Bernoulli tra un punto all nella corrente indisturbata e
laltro sul corpo possiamo calcolare il coeciente di pressione sulla supercie del cilindro:
u()2 p()
U 2 p
+
+ gh =
+
+ gh(),
2

(8.36)

da cui, trascurando le variazioni di quota si ottiene


Cp =

p() p
u()2
= 1 4 sin2 .
=
1

U 2 /2
U2

(8.37)

Anche in questo caso si ha una simmetria della distribuzione di pressione sul corpo
sia rispetto allasse x che y con la conseguenza che tutti i coecienti di forza risultano

8.5. SOVRAPPOSIZIONE DI SOLUZIONI BIDIMENSIONALI

147

Figura 8.12: Visualizzazione sperimentale tramite lanalogia di HeleShaw delle linee di


corrente nel usso potenziale bidimensionale intorno ad un semicorpo.

nulli. Di nuovo ci troviamo di fronte ad un caso particolare del paradosso di dAlembert


che vale per corpi di forma qualunque nellipotesi di usso potenziale.

Dal confronto con le espressioni analoghe per la sfera si osserva che in corrispondenza
del punto = /2 si ha una velocit`a maggiore nel cilindro rispetto alla sfera e, conseguentemente, una maggiore diminuzione di pressione. Ci`o si spiega facilmente osservando
che a parit`a di diametro un cilindro crea un bloccaggio del usso maggiore di una sfera
quindi, per la conservazione della massa, la velocit`a deve aumentare. Per esempio, se in
un condotto a sezione rettangolare l D viene posta una sfera di diametro D, la supercie a disposizione per il passaggio del usso sar`a SS = lD D2 /4 mentre nel caso di
un cilindro si ha SC = lD D2 da cui risulta SS > SC per D2 /4 < D2 che `e sempre
vericata.

CAPITOLO 8.

148

FLUSSI POTENZIALI

y
U

A
r

Figura 8.13: Sovrapposizione di una corrente uniforme ed una doppietta nellorigine (caso
bidimensionale).
ESEMPIO
Lungo il perimetro di un cilindro sono praticati due fori a cui `e collegato un
manometro ad U come in gura. Se la dierenza di quota tra i due menischi `e
h ed il uido manometrico `e alcool (m = 780 Kg/m3 ) calcolare la velocit`a della
corrente daria che investe il cilindro. (Trascurare gli eetti viscosi).

h = 2.06cm = 30o

Soluzione
Essendo gli eetti viscosi trascurabili il usso intorno al cilindro sar`a potenziale
e per il coeciente di pressione sulla sua supercie si ha cp = 2(p p )/(U 2 ).
Per = 30o risulta cp = 0 mentre per = 180o cp = 1, di conseguenza
p(30o ) = p e p(180o ) = p + U 2 /2. Combinando questo risultato con la
legge di Stevino si ottiene p = p(180o ) p(30o ) = U 2 /2 = m gh da cui di
ricava U = (2m gh/)1/2 = 16 m/s.

8.5.3

il cilindro rotante

Come ultimo esempio di usso bidimiensionale potenziale vogliamo studiare il cilindro


rotante che si ottiene sovrapponendo una corrente uniforme con una doppietta ed un
vortice libero, entrambi posti nellorigine degli assi. La peculiarit`a di questo usso `e

8.5. SOVRAPPOSIZIONE DI SOLUZIONI BIDIMENSIONALI

149

Cp
U
o

30

Figura 8.14: Distribuzione del coeciente di pressione sulla supercie del cilindro (usso
potenziale).
dovuta al fatto che pur essendo potenziale riesce a generare una forza sul corpo diversa
da zero; questa circostanza `e dovuta ad una particolarit`a del usso indotto dal vortice
libero che verr`a spiegata in dettaglio successivamente.
Aggiungendo il potenziale di vortice libero a quello del cilindro della sezione precedente
si ottiene, rispettivamente, per il potenziale e le velocit`a:


cos +
,
= Ur +
r
2


k
ur = U 2 cos ,
r

(8.38)

u = U + 2 sin +
.
r
2r

(8.39)

senza rotazione, il usso


Poiche la velocit`a radiale ur `e rimasta invariata rispetto al caso

sar`a ancora quello intorno ad un cilindro di raggio R = k/U . Al contrario, risulta
mutata la velocit`a azimutale che sulla supercie del cilindro vale
u = 2U sin +

.
2r

(8.40)

La prima conseguenza della rotazione `e lo spostamento dei punti di ristagno avendo sulla
supercie del cilindro u = 0 per

sin =
4RU

ossia = sin

,
4RU

(8.41)

CAPITOLO 8.

150

FLUSSI POTENZIALI

Cp()

u( )
U 2

0
/2

/2

3
a)

b)

Figura 8.15: Diagrammi della distribuzione di velocit`a e coeciente di pressione sulla


supercie di un cilindro. In gura `e riportata solo la met`a superiore, la met`a inferiore si
ottiene per riessione.
con la condizione che risulti /(4RU ) 1. Quando questo fattore `e proprio uguale ad
1 i due punti di ristagno saranno coincidenti in un solo punto a = /2 e 3/2 (per
> 0). Se inne risulta /(4RU ) > 1 il punto di ristagno non sar`a pi`
u sulla supercie
del cilindro ma nel usso sulla linea = /2 (dove comunque ur = 0) e per un valore
del raggio r tale che


R2

.
(8.42)
U 1+ 2 =
r
2r
Uno schema delle tre situazioni `e riportato in gura 8.17.
Non `e superuo notare che la circolazione si pu`o determinare dalla velocit`a di rotazione
del cilindro come = 2R2 ; tenendo ssa la velocit`a della corrente U e le dimensioni
del cilindro R la posizione dei punti di ristagno pu`o essere determinata semplicemente
variando la velocit`a di rotazione del cilindro.
Dagli schemi di gura 8.17 `e evidente che la rotazione del cilindro rompe la simmetria rispetto al diametro orizzontale e questa dissimmetria dovr`a riettersi anche nella
pressione. Dallequazione di Bernoulli si ottiene infatti:
1 2
2
U sin
2
2
,
p() = p + U 2U sin 2 2
2
8 R
R

(8.43)

in cui lultimo termine, avendo una dipendenza lineare in sin , riette proprio la mancanza
di simmetria.
Riferendoci alla gura 8.13, e ricordando che le forze di pressione hanno direzione
opposta alla normale uscente, possiamo scrivere per le componenti della forza
Fx =

 2
0

p cos Rd = 0,

Fy =

 2
0

p sin Rd = U .

(8.44)

8.5. SOVRAPPOSIZIONE DI SOLUZIONI BIDIMENSIONALI

151

Figura 8.16: Visualizzazione sperimentale tramite lanalogia di HeleShaw delle linee di


corrente nel usso potenziale bidimensionale intorno ad un cilindro.

Ai due risultati di sopra si perviene facilmente sostituendo la (8.43) nelle (8.44) ed osservando che lunico termine ad integrale non nullo `e lultimo della (8.43) moltiplicato per
sin . Lo svolgimento analitico degli integrali in (8.44) viene lasciato come facile esercizio.
Il risultato trovato sulla forza `e un caso particolare del teorema di KuttaJoukowsky
che d`a come espressione della forza F = U in cui `e un vettore che ha la circolazione
come intensit`a e la stessa direzione e verso della vorticit`a associata. Il risultato pi`
u
importante di questo teorema `e che non `e possibile generare una forza (di pressione) su
un corpo se non si ha una circolazione netta. A questo punto appare chiaro leetto del
vortice libero che generando una circolazione nel cilindro `e in grado di produrre una forza,
altrimenti impossibile nellambito della teoria potenziale.
La generazione della forza indotta dalla rotazione di un cilindro investito da una
corrente `e anche nota come eetto Magnus che ha notevoli implicazioni nella balistica
(moto di proiettili e missili in rapida rotazione, lanci e tiri ad eetto nello sport, etc.).
In passato si `e anche provato a sfruttare questa forza per ni propulsivi come `e mostrato
in gura 8.18 con la Flettnerrotorship unimbarcazione ideata da Anton Flettner nel
1922 in cui una spinta addizionale era fornita dai due cilindri rotanti che fungevano da
fumaioli. Sebbene tale sistema non sia stato utilizzato successivamente si `e comunque
visto che, in linea di principio, poteva essere vantaggioso.

CAPITOLO 8.

152

FLUSSI POTENZIALI

a)

b)

c)

Figura 8.17: Schema delle linee di corrente per un cilindro rotante potenziale
bidimensionale: a) < 4RU , b) = 4RU , c) > 4RU .
ESEMPIO
Dato un cilindro a sezione circolare di diametro D investito da una corrente
dacqua uniforme a velocit`a U , quale deve essere la velocit`a di rotazione del
cilindro in modo da avere i due punti di ristagno come in gura? Quanto vale la
forza per unit`a di lunghezza in tali condizioni?
U

P1

= 300 U = 8 m/s
D = 1. m
ipotizzare il usso potenziale

P2

Soluzione
Per il usso potenziale intorno ad un cilindro circolare si ha che la velocit`a
tangenziale sulla supercie del corpo `e u = 2U sin + /(2R), la posizione
angolare dei punti di ristagno `e quindi data da u = 0, ossia sin = /(4U R).
Essendo per le condizioni della gura i punti di ristagno a = /3 e = 7/6
si ricava = 25.132 m2 /s. Dovendo quindi risultare = 2R R si ricava =
16rad/s. Inne dal teorema di KuttaJoukowsky si ha F = U = 201056 N/m
diretta verso lalto.

8.5. SOVRAPPOSIZIONE DI SOLUZIONI BIDIMENSIONALI

153

Figura 8.18: Immagine dellimbarcazione ideata da Flettner con sistema di propulsione


basato sulleetto Magnus.

154

CAPITOLO 8.

FLUSSI POTENZIALI

Capitolo 9
Strato Limite
Come abbiamo visto nel capitolo precedente, sotto alcune ipotesi, il usso intorno ad un
corpo pu`o essere analizzato con un modello di usso non viscoso il che semplica notevolmente la trattazione conducendo alla formulazione potenziale. Sebbene questo approccio
fornisca delle informazioni molto utili, esso presenta delle pesanti limitazioni come limpossibilit`a di calcolare le forze esercitate dal usso sul corpo (paradosso di dAlembert).
Evidentemente, lipotesi di trascurare i termini viscosi dalle equazioni del moto non `e
applicabile ovunque; in particolare, in un usso reale il uido a contatto con il corpo
deve avere la stessa velocit`a del corpo (condizione di aderenza) che non coincider`a con la
velocit`a potenziale. Questa dierenza di velocit`a genera dei forti grandienti in prossimit`a
del corpo che renderanno non trascurabili gli sforzi viscosi. Il sottile strato di uido adiacente al corpo dove i termini viscosi non si possono trascurare (o pi`
u precisamente dove
i termini viscosi sono dello stesso ordine di grandezza di quelli inerziali nel bilancio della
quantit`a di moto) viene detto strato limite (gura 9.1).

potential flow

boundary layer

x
L

Figura 9.1: Flusso uniforme su una lastra piana: la zona indicata in rosso `e la zona
viscosa dove non pu`o essere applicata la teoria potenziale.
155

CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

156

Per comprendere i punti essenziali della sica di questo fenomeno, consideriamo il usso
stazionario su una lastra piana ad incidenza nulla come in gura 9.1 ed ipotizziamo per
semplicit`a tale usso incomprimibile e bidimensionale. Dalle equazioni di conservazione
della massa e bilancio della quantit`a di moto si scrive
u v
+
= 0,
x y

(9.1)

u
1 p
u
2u 2u
+
,
+v
=
+
u
x
y
x
x2 y 2
v
1 p
2v 2v
v
+
,
+v
=
+
u
x
y
y
x2 y 2
avendo indicato, rispettivamente, con u e v le componenti di velocit`a ux e uy .
Richiamando il concetto che nello strato limite i termini viscosi sono dello stesso ordine
di grandezza di quelli inerziali, possiamo quanticare il suo spessore . Riferiamoci alla
seconda delle (9.1) che rappresenta il bilancio di quantit`a di moto nelle direzione della
corrente x; detta L la lunghezza della lastra in x dovr`a risultare L da cui si intuisce
che il secondo termine viscoso deve essere molto pi`
u grande del primo. Daltra parte, dei
due termini convettivi il primo ci d`a il trasporto di quantit`a di moto parallelamente alla
lastra che sar`a ostacolato appunto dai temini viscosi allinterno dello strato limite. Da
queste considerazioni ne segue che possiamo porre
u

2u
u
2,
x
y

da cui

U2
U
 2
L

(9.2)

1

L
L 2
= ,

(9.3)
U
Re
avendo assunto che la velocit`a parallela alla lastra sia dello stesso ordine di U e denendo
il numero di Reynods Re = U L/ (con Re  1).
Noto lo spessore `e possibile calcolare la relazione tra u e v. Dovendo infatti i due
termini dellequazione di conservazione della massa essere dello stesso ordine di grandezza
si ha

v
U
v
v Re
U
u

, =
 
, = v  ,
(9.4)
x
y
L

L
Re
da cui si vede immediatamente che nello strato limite, oltre ad avere una dimensione
molto pi`
u piccola dellaltra L si ha anche una velocit`a molto pi`
u piccola dellaltra
v u. Questa caratteristica fu intuita per la prima volta da Prandtl allinizio del secolo
che formul`o la teoria dello strato limite basandosi sul fatto che il fenomeno avviene nelle
due direzioni x ed y con scale dierenti.
Volendo dare una stima sulle forze viscose si pu`o calcolare lo sforzo di parete


u
w =
y


w

U
U
 =
Re =

U 3
L

(9.5)

9.1. EQUAZIONI DI PRANDTL

157

da cui si vede che questo cresce come U 3/2 mentre diminuisce allaumentare della lunghezza
della lastra L. Per il calcolo della resistenza totale si pu`o integrare lo sforzo di parete su
tutta la supercie della lastra per cui detta b la dimensione della lastra in gura 9.1 nella
direzione ortogonale al foglio si ha
D=b

 L
0

dx = 2b U 3 L,

(9.6)

da cui emerge che la resistenza aumenta solo come L. Ci`o `e dovuto al fatto che lo
spessore dello strato limite cresce con la coordinata x e lo sforzo di parete diminuisce per
cui le regioni pi`
u lontane dal bordo dattacco contribuiscono meno alla resistenza rispetto
a quelle pi`
u vicine. Se vogliamo inne calcolare il coeciente dattrito possiamo scrivere

cf =

D
4

.
=
4
=
1
2 bL
U
L
U
Re
2

(9.7)

Bisogna notare che queste relazioni sono basate su considerazioni sullordine di grandezza delle varie quantit`a quindi danno delle informazioni solo qualitative sul fenomeno. Per avere delle informazioni quantitative `e necessario risolvere in qualche modo le
equazioni (9.1) cercando di introdurre le semplicazioni delle ipotesi di strato limite.

9.1

equazioni di Prandtl

Abbiamo a questo punto a disposizione gli elementi per derivare le equazioni nelle ipotesi di
strato limite. Le
lunghezze nelle direzioni x ed y, verrannoinfatti scalate rispettivamente
con L e = L/ Re mentre le velocit`a u e v con U ed U/ Re. Introducendo allora delle
lunghezze e velocit`a adimensionali denite come
x =

x
,
L

y =

y
y
Re,
=

u =

u
,
U

v =

v
v
Re
=

(9.8)

si ottiene per sostituzione nelle (9.1)

U
Re v
U u

+
= 0,
L x
Re L y

(9.9)



U 2 u
Re u
U 2 u U Re 2 u
U2
U 2 1 p
u
v
+
=
+
+ 2
,
L x
y
L x
L2 x 2
L y 2
Re L



U 2 v U Re 2 v
U 2 v
U 2 v
U 2 Re 1 p
u
+ v
=
+
+
.
L
y
L2 y 2
L Re x L Re y
ReL2 x 2
Da queste relazioni, facendo il limite per Re e ricordando che Re = U L/ si
ricava
u v
+
= 0,
(9.10)
x y

CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

158
u

dp 2 u
u
u
+
v
=

+
,
x
y
dx y 2

p
1
=O
0,

y
Re
dove lultima equazione deriva dallosservazione che nella terza delle (9.9) il gradiente
di

pressione deve essere dello stesso ordine di grandezza degli altri termini (O(1/ Re)) 1 .
Dal confronto delle equazioni (9.10) con le (9.1) si vede che ci sono evidenti dierenze
con notevoli semplicazioni delle seconde rispetto alle prime. Come prima osservazione
notiamo che la pressione ha variazione nulla nella direzione ortogonale alla corrente che
quindi non varia attraverso lo strato limite: p /y = 0. Ci`o indica che la pressione
nello strato limite `e imposta dal campo esterno che pu`o essere facilmente determinato
dalla teoria potenziale; inoltre il temine di pressione nella seconda delle (9.10) non solo `e
una derivata ordinaria perche dipendente solo da x ma non `e nemmeno unincognita del
problema visto che viene dal usso esterno.
Laltra caratteristica importante `e che la seconda delle (9.10) ha un solo termine
viscoso avendo perso il termine di derivata seconda nella direzione x. Da un punto di
vista sico questo signica che il usso ad una certa coordinata x nella direzione della
corrente dipende solo da ci`o che succede per x x al contrario delle (9.1) la cui soluzione
in un punto dipende dal usso in tutto il resto del campo. Matematicamente ci`o si esprime
dicendo che le equazioni (9.10) sono paraboliche in x mentre le (9.1) sono ellittiche, avendo
questa distinzione anche profonde implicazioni nelle metodologie di soluzione che risultano
molto pi`
u dicili per le seconde rispetto alle prime.
Unaltra caratteristica importante delle equazioni (9.10) `e che la loro forma `e indipendente dal numero di Reynolds. Ci`o implica che una volta trovata la soluzione questa
sar`a applicabile a tutte le situazioni geometricamente simili potendo poi trovare i valori
dimensionali di velocit`a e lunghezze attraverso le denizioni (9.8).

9.2

separazione dello strato limite

Analizzando le equazioni di Prandtl per lo strato limite abbiamo visto che portano a
delle notevoli semplicazioni pur fornendo tutta linformazione necessaria allanalisi del
usso. Ci chiediamo ora no a che punto possiamo usare le equazioni semplicate e quale
fenomeno sico ne precluda la validit`a. Ripercorrendo le ipotesi che ci hanno portato alle
equazioni (9.10) notiamo che risulta essenziale la forte dierenza di scala L; da un
punto di vista sico, infatti ci`o ha implicato che tutte le variazioni in y fossero molto pi`
u
intense di quelle in x permettendo di trascurare alcuni termini. Si pu`o vericare tuttavia
che, a causa dellazione frenante dellattrito, il usso tenda a separare ed una particella
uida inizialmente in prossimit`a della parete venga trasportata lontano da essa; in questi
casi lapprossimazione di strato limite cessa di essere valida.
1

Nello sviluppare tutti questi passaggi abbiamo anche supposto che la scala di adimensionalizzazione
o si verica
delle pressioni sia P = U 2 ossia che il numero di Ruark U 2 /P = Ru sia uguale ad 1. Ci`
sempre a meno che nel problema non subentri una forzante di pressione imposta dallesterno.

9.2. SEPARAZIONE DELLO STRATO LIMITE

159

Analizziamo pi`
u in dettaglio lo schema di gura 9.2 osservando che a causa della
diusione lo spessore dello strato limite cresce con la coordinata x nei primi 3 proli.
Con la crescita di diminuisce progressivamente il gradiente di velocit`a alla parete no
ad un punto in cui questo valore pu`o diventare nullo. Nella gura 9.2 ci`o accade in S
dove si osserva che, dovendo necessariamente il prolo di velocit`a recuperare il valore U
per y , il prolo in questo punto deve avere un cambio di concavit`a. Si osservi che
anche nel terzo prolo la concavit`a non `e unica per cui il cambio di concavit`a non pu`o
essere utilizzato come criterio per lidenticazione della separazione. Al contrario si pu`o
aermare che essendo un punto di separazione caratterizzato dalla condizione u/y|w = 0
il cambio di concavit`a nel prolo di velocit`a `e condizione necessaria per la separazione.
Se utilizziamo il fatto che alla parete (y = 0) la condizione di aderenza implica

u = v = 0 la seconda delle (9.10) alla parete diventa


dp
=
dx

2 u
y 2

(9.11)

da cui si vede che la concavit`a del prolo di velocit`a alla parete dipende dal gradiente di
pressione imposto dal usso esterno. In particolare se il gradiente di pressione `e sempre
negativo, ossia se il usso `e sempre accelerato, il prolo di velocit`a sar`a convesso e la
situazione illustrata in gura 9.2 non potr`a mai vericarsi.

U
y

Figura 9.2: Separazione dello strato limite su una lastra piana.


Al contrario se il usso si muove da zone a pressione minore verso zone a pressione
maggiore il gradiente di pressione sar`a positivo e la concavit`a del prolo di velocit`a a
parete sar`a positiva. In questo contesto, si pu`o vericare che in qualche punto il prolo
raggiunga la condizione di gradiente nullo a parete e quindi il usso separi.
Nelle gure 9.3 e 9.4 sono riportate due visualizzazioni di laboratorio di separazioni
di strato limite. Nella prima la separazione avviene in un divergente a causa della diminuzione di velocit`a del usso esterno e conseguente aumento di pressione. In gura 9.4

CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

160

viene mostrato, invece, che proprio a causa delleetto del gradiente di pressione sullo
strato limite le situazioni di contrazione ed espansione non sono simmetriche vericandosi
il distacco del usso dalla parete solo nel secondo caso.

Figura 9.3: Visualizzazione sperimentale della separazione dello strato limite allinizio di
un divergente.
Evidentemente dallinsorgere della zona di separazione in poi non sar`a pi`
u vero che le
variazioni nella direzione y saranno pi`
u grandi di quelle in x e quindi non si potranno pi`
u
usare le equazioni (9.10) ma piuttosto le (9.1).
Riguardo alla relazione (9.11) si deve notare che non `e necessario conoscere eettivamente la pressione ma basta conoscere il campo esterno di velocit`a. Considerando infatti
la prima delle (9.1) e ricordando che il usso esterno ha solo la componente di velocit`a parallela al corpo e che i termini viscosi sono trascurabili si ottiene (1/)dp/dx =
U dU/dx.
Osserviamo inne che la separazione dello strato limite `e un fenomeno che si cerca di
evitare nelle applicazioni pratiche in quanto provoca delle perdite di energia meccanica.
Per esempio nellaerodinamica esterna degli autoveicoli la presenza di bolle di separazione
aumenta il coeciente di resistenza e quindi il consumo di carburante.

9.3

soluzione simile

Una delle possibilit`a per risolvere le equazioni (9.10) `e di fare ricorso alle soluzioni simili.
In particolare, poiche nella direzione x non c`e una scala di lunghezze assegnata si pu`o
ipotizzare che il prolo di velocit`a assuma un forma simile in x. Matematicamente ci`o si
esprime dicendo che prese due coordinate x1 ed x2 ed il campo di velocit`a u(x, y) deve

9.3.

SOLUZIONE SIMILE

161

Figura 9.4: Visualizzazione sperimentale del usso attraverso unimprovvisa contrazione


e successiva espansione.

Figura 9.5: Proli di velocit`a a varie sezioni ed evoluzione della regione di separazione
per il usso allinterno di un condotto divergente.
valere

u x1 , f (xy 1 )
g(x1 )

u x2 , f (xy 2 )
g(x2 )

(9.12)

dove f e g sono due funzioni di forma. In altre parole la soluzione u(x, y) `e simile se
`e possibile far coincidere i proli di velocit`a per due sezioni qualunque introducendo un
fattore di scala per la velocit`a e per la coordinata y. Dato il problema in esame, il fattore
di scala per la velocit`a `e la velocit`a del usso esterno U mentre la funzione con cui scalare
la y sar`a lo spessore dello strato limite .
Se ora introduciamo la funzione di corrente possiamo porre per le velocit`a u = /y

CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

162

e v = /x per cui la seconda delle (9.10) (in forma dimensionale) diviene


2
dU
2
3
=
U

y xy
x y 2
dx
y 3

(9.13)

in cui si possono fare le seguenti posizioni


f (x) = (x) =
e per le velocit`a

x
,
U

y
U
(x, y) =
=y
,
(x)
x

(x, ) =

xU f ()

(9.14)

=
= xU f  ()
= U f ,
u=
y
y
x

(9.15)

y U
1 U

U
f () xU f  ()
=
v =
=
[f () f  ()].
3
x
2 x
2 x
2 xU
Sostituendo queste velocit`a nella (9.13) ed assumendo un gradiente esterno di pressione
nullo (U dU/dx) si ricava
Uf

U
1
f 
+
2 x
2

U
U
U
[f  f ]U f 
= U f 
x
x
x

(9.16)

che opportunamente semplicata si riduce a


1
f  + f f  = 0.
2

(9.17)

Questa equazione `e nota come equazione di Blasius che pu`o essere risolta con le
seguenti condizioni al contorno
u(y = 0) = 0 f  (0) = 0,

v(y = 0) = 0 f (0) = 0,

(9.18)

u(y ) = U f  ( ) = 1;
abbiamo cos` unequazione dierenziale ordinaria non lineare del 3o ordine con 3 condizioni al contorno che permettono di risolvere il problema (per esempio per integrazione
numerica).

In gura 9.6 viene riportata una visualizzazione in acqua del prolo di strato limite di
Blasius da cui si pu`o dedurre landamento della funzione f  () al variare di .
I valori di f sono di solito tabulati ed alcuni dati sono riportati nella tabella 9.1, da
cui si possono fare alcune considerazioni. Il valore di f  () (e quindi di u/U ) parte da
0 per = 0 e tende asintoticamente ad 1; convenzionalmente si pu`o denire lo spessore
dello strato limite come come la distanza dalla parete a cui la velocit`a u raggiunge
il 99%

della U . Dalla tabella si vede che ci`o accade per  5 per cui si ha  5 x/U . Il

9.3.

0
1
3
5
7
8

SOLUZIONE SIMILE

f
0
0.166
1.397
3.28
5.28
6.279

163

f 
f
0
0.332
0.3298
0.323
0.8461
0.161
0.991 0.01591
0.99992 0.00022
1.0000 0.00001
Tabella 9.1: Valori tabulati per la funzione f e le sue derivate

valore u = 0.99U `e tuttavia arbitrario e se si scegliesse u = 0.999U si otterrebbe  6


per cui nasce lesigenza di una denizione pi`
u oggettiva di spessore che prescinda dalla
determinazione di valori di soglia arbitrari.
Osserviamo a tal ne che a causa della condizione di aderenza, considerata una distanza
h dalla parete tale che u  U si ha che la portata in volume Q risulta pi`
u piccola di quella
che si avrebbe se il usso fosse potenziale(gura 9.7). Ci si pu`o allora chiedere quale sia
la distanza dalla parete tale che considerando il usso tra ed h costante ed uniforme
si ottiene esattamente il usso Q. Questa distanza si trova semplicemente imponendo che

 h
 h
 
u
udy, = U =
(U u)dy, = =
1
dy,
(9.19)
U (h ) =
U
0
0
0
essendo stato esteso lintegrale allinnito in quanto u/U = 1 per y > h. Usando la
soluzione di Blasius si pu`o quindi scrivere




x
x


=
[1 f ()]d
xU =
[ f ()] = 1.72
,
(9.20)
U
U
0
ossia circa 1/3 di . Da un punto di vista sico questa distanza ci dice di quanto dovremmo spostare verso lesterno il contorno del corpo in unipotetico usso potenziale per
compensare la perdita di usso di massa dovuto alla condizione di aderenza; questa distanza `e chiamata spessore di spostamento. Riferendoci alla gura 9.1 si tratta di trovare
la distanza per cui le due aree indicate abbiano lo stesso valore.
Sempre a causa della condizione di aderenza si ha una diminuzione di usso di quantit`a
di moto per cui seguendo il ragionamento precedente si pu`o trovare uno spessore analogo
(detto spessore di quantit`a di moto) tale che:






u
u
u(U u)dy = =
1
dy =
f  ()[1 f  ()]d
xU
U 2 =
U
U
0
0
0
(9.21)

che integrato numericamente d`a = 0.664 x/U .
Al bordo dello strato limite la quantit`a f  f v `e sempre positiva quindi la velocit`a
normale al bordo dello strato limite non `e nulla. La linea y = (x) non `e conseguentemente
una linea di corrente non essendo vericata la relazione v/u = dy/dx.
Per lattrito di parete si ha


u
w =
y


w

U3
U 3
= f  (0)
= 0.332
x
x

(9.22)

CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

164

U f()

Figura 9.6: Visualizzazione sperimentale di un prolo di Blasius in acqua.


mentre per la resistenza
D=b

 L
0

w dx = 0.332b U 3

 L
d
0

= 0.664b U 3 L.
x

(9.23)

Per il coeciente dattrito si pu`o inne scrivere


cf =

D
1
U 2 bL
2

1.328
= .
Re

(9.24)

Vogliamo ricordare che tutte queste considerazioni sono valide nel caso in cui il usso
sia bidimensionale, stazionario ed in assenza di gradiente di pressione imposto dal usso
esterno. Queste condizioni sono eccessivamente restrittive per le applicazioni pratiche,
tuttavia il fatto di disporre di una soluzione esatta ci permette di utilizzare lo strato
limite su una lastra piana come usso test per validare eventuali metodi approssimati che
permettano di risolvere pi`
u facilmente anche casi pi`
u complessi.
Come ultima osservazione dobbiamo sottolineare che i risultati trovati valgono per
ussi laminari, ussi cio`e in cui il uido scorre sopra la lastra come se fosse formato
da tante lamine parallele che scorrono una rispetto allaltra. Ci`o si verica nella realt`a
solo per numeri di Reynolds minori di 2 105 5 105 ed il valore esatto dipende dalle
perturbazioni nel usso esterno e dalla rugosit`a della lastra. Per valori superiori del

9.3.

SOLUZIONE SIMILE

165

Figura 9.7: Denizione di spessore di spostamento.

numero di Reynolds si ha la transizione del usso alla turbolenza condizione in cui il usso
`e completamente tridimensionale e non stazionario. A questa condizione si accenner`a in
un capitolo successivo.
ESEMPIO
Data la lastra in gura investita da un prolo di velocit`a UX (z), calcolare la
densit`a del uido sapendo che la forza sulla lastra (considerata bagnata da un
solo lato) `e F .
l
z

Ux(z)

Ux (z) = 5z 2 m/s
F = 6
xN

l=1m
= 101 Ns/m2

b2 = 0.5 m

Essendo il usso laminare e non essendo prescritto alcun prolo di velocit`a approssimatosi possono usare le formule di Blasius che danno per lo sforzo di parete
w = 0.332 U 3 /x, con x la coordinata nella direzione della corrente misurata
a partire dal bordo dattacco della lastra. Per la forza sulla lastra si avr`a quindi
F =

 b l
0

w dxdz = 0.332 53

 b
0

z 3 dz

 l
dx
0


b4
= 0.332 53 2 l.
x
4

Ricavando da questa relazione si ottiene = 26755 Kg/m3 .

CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

166
ESEMPIO

La resistenza di una lastra piana L1 ad incidenza nulla ed investita da una corrente a velocit`a U1 `e pari a D1 . Calcolare la resistenza di una seconda lastra L2
investita dallo stesso uido della lastra precedente ma a velocit`a U2 .
b1

U1

L1

U2

b2

l1

L2

D1 = 290 N b1 = l1 = 1. m U1 = 20 cm/s
b2 = 1.3 m
l2 = 1.5 m
U2 = 11 cm/s

l2

Soluzione
Essendo il usso laminare su lastre piane ad incidenza nulla (e non essendo
specicato alcun tipo di prolo di velocit`a approssimato) si pu`o usare la soluzione
di Blasius che fornisce

w = 0.332

U 3
,
x

D=

 b l
0

w dS = 0.664 U 3 b l.

Per la prima lastra si ha D1 = 0.664 b1 l1 U13 da cui si ricava . Per la


seconda lastra si potr`a quindi scrivere



U2

D2 = 0.664 b2 l2 U23 = D1
U1

 32

b2
b1

l2
l1

1
2

= 188.3 N.

9.4. EQUAZIONE INTEGRALE DELLO STRATO LIMITE

167

ESEMPIO
La ventola in gura ha due pale ad incidenza nulla e ruota in aria a velocit`a
costante . Calcolare la potenza necessaria a mantenere la ventola in rotazione
supponendo il usso laminare e localmente bidimensionale (ossia ogni striscia di
pala parallela al lato h si comporta indipendentemente dalle altre).

h = 20 cm l = 0.5 m

= 150 giri/min

Soluzione
Prendendo un asse y allineato con il bordo dattacco della pala ed un asse x
ortogonale, Essendo lo strato limite laminare e bidimensionale, risulter`a

dF = dxdy = 0.332

3 y 3
dxdy
x

con U (y) = y la velocit`a che investe ogni striscia di pala ed x la distanza dal
bordo dattacco. Per il momento dispetto allasse di rotazione risulta
dM = ydF,

M=

 l  yh/l
0

0.332
0.332 3 y 5/2 x1/2 dxdy =
2

3 h 4
l .
l

Considerando ora che ogni pala ha 2 superci bagnate ed il rotare ha due pale
ne risulta che la potenza sar`a data da


W = 4M = 0.664 h5/2 l7/2 = 0.1232 W.

9.4

equazione integrale dello strato limite

Nella sezione precedente abbiamo visto un caso in cui lequazione per lo strato limite pu`o
essere risolta in modo esatto trovando la soluzione in ogni punto del campo. In generale
questa procedura non pu`o essere seguita in quanto la soluzione analitica presenta delle
dicolt`a insormontabili. Una possibile alternativa consiste nel richiedere che lequazione
non sia soddisfatta puntualmente ma che lo sia una sua media eettuata su tutto lo spessore dello strato limite. Partendo allora dalle equazioni per lo strato limite ed integrando
in direzione normale alla parete no ad unaltezza h (essendo h grande abbastanza da
essere per qualunque x al di fuori dello strato limite) si ottiene:
 h
u
0

u
dU
+v
U
u
x
y
dx

 h 2u
dy =
dy.
0 y 2

(9.25)

CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

168

Il secondo membro dopo lintegrazione pu`o essere immediatamente posto uguale a w /


risultando u/y = 0 per y = h. Dallequazione di continuit`a ricaviamo
 y
v
u
u
=
= v =
dy,
x
y
0 x

che possiamo sostituire nel primo membro della (9.25)


 h
u

u  y u
dU
u

dy U
x y 0 x
dx

(9.26)

dy =

w
.

(9.27)

Integrando il secondo termine per parti


 h
u  y u

dy dy = U

 h
u
0

dy

 h
0

 h
u
u
dy =
(U u)dy.
x
0 x

(9.28)

Risostituendo lespressione trovata nella (9.27), aggiungendo e sottraendo il termine uU/x


nellintegrale e combinando opportunamente i termini si ottiene
 h

[u(U u)]dy +

 h
dU
0

dx

(U u)dy =

w
.

(9.29)

Osserviamo ora che poiche h non dipende da x le derivazioni in x possono essere portate
fuori dal segno di integrale. Inoltre per y > h tutte le funzioni integrande vanno a zero
quindi gli integrali si possono estendere no all da cui, ricordando le espressioni per lo
spessore di spostamento e di quantit`a di moto si ottiene
dU
w
dU 2
+ U
= .
dx
dx

(9.30)

Questa `e lequazione integrale dello strato limite anche detta equazione di von Karman
che mette in relazioni le grandezze integrali dello strato limite con lo sforzo di parete.
Lessenza della soluzione di questa equazione consiste nellassumere un prolo di velocit`a che soddis le condizioni al contorno e la continuit`a con la soluzione esterna e
procedere con il calcolo di , e w i cui valori saranno funzione della coordinata x e
dei parametri liberi assunti nel prolo di velocit`a. Sostituendo il risultato in (9.30) si
otterr`a unequazione dierenziale dalla cui soluzione si ottengono le formule per , e
w e quindi per le quantit`a derivate.
A titolo di esempio consideriamo il usso intorno ad una lastra piana ad incidenza nulla
per il quale abbiamo la soluzione esatta di Blasius come termine di paragone. Risultando
il gradiente di pressione esterno nullo (dU/dx = 0) lequazione integrale si riduce a
U2

w
d
= .
dx

(9.31)

Assumendo come prolo di velocit`a u/U = y/ = si ha che questo soddisfa la condizione


di aderenza alla parete (u = 0 per y = 0) e la continuit`a con la soluzione esterna (u = U
per y = ). Dalle denizioni di e w abbiamo
=



u
0

 1
u

1
dy =
(1 )d = ,
U
U
6
0

u
w =
y

y=0

U
= ,

(9.32)

9.4. EQUAZIONE INTEGRALE DELLO STRATO LIMITE

169

e sostituendo queste espressioni nella (9.31) si ottiene una semplice equazione dierenziale
in

U
x
U 2 d
=
= = 12
,
6 dx

(9.33)

che ci d`a lespressione per lo spessore dello strato limite in funzione di x. Noto (x) `e
possibile procedere a ritroso e calcolare tutte le altre quantit`a

x
= 0.557
,
U

x
= 1.732
,
U

w 0.288

U 3
,
x

(9.34)

mentre per il coeciente dattrito e la resistenza si ottiene

cf = 1.152
,
UL

D = 0.576b U 3 L.

(9.35)

Tutti questi valori vanno confrontati con la soluzione esatta di Blasius e dal confronto
si vede che nonostante il prolo u/U = sia il pi`
u semplice che si possa usare i valori
numerici non vengono troppo dissimili da quelli esatti. Valori ancora pi`
u prossimi a
quelli esatti si possono comunque ottenere utilizzando proli di velocit`a pi`
u complicati
che replichino anche le caratterstiche di curvatura del prolo di Blasius (funzioni cubiche,
seno oppure funzioni a tratti).
Vogliamo inne ricordare che se il contorno del corpo non `e di forma semplice, se il
gradiente di pressione non `e nullo o se il prolo non `e simile la procedura di soluzione
(concettualmente identica) si complica notevolmente e si deve ricorrere a diverse funzioni a seconda del gradiente di pressione. Alla ne si giunge comunque ad unequazione
dierenziale per (x) dalla cui soluzione si ricavano , e w .

CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

170
ESEMPIO

Data una lastra piana ad incidenza nulla investita da una corrente uniforme daria
a velocit`a U , considerando il usso laminare ed assegnato landamento del proli
di velocit`a u(y), determinare landamento dello sforzo di parete in funzione di x
 3

1 y
u(y)
=
U
2

u(y)
=1
U

u(y)

 

3 y
+
,
2

<y

U = 1.5 m/s
Soluzione
Partendo dallequazione integrale dello strato limite (nel caso di gradiente di
pressione nullo) w / = U 2 d/dx, per il prolo di velocit`a assegnato su ha w =
du/dy |y=0 = 3U/(2) e per
=



u
0

u
39
1
dy =
.
U
U
280

Questi valori risostituiti nellequazione di partenza forniscono


39U 2 d
3U
=
2
280 dx

140
dx = d
13U

da cui

w =

117U 3
1120

280
x = 0.0145 x m,
13U

1
1 Kg
= 0.00284
.
x
x s2 m

9.4. EQUAZIONE INTEGRALE DELLO STRATO LIMITE


ESEMPIO
Su una lastra piana con un gradiente di pressione nullo scorre dellacqua a velocit`a
U . Supponendo il prolo di velocit`a nello strato limite simile ed approssimabile
con due tratti rettilinei come in gura, calcolare lo spessore dello strato limite
ad una distanza l dal bordo dattacco.

y/

l = 20 cm U = 2.7 m/s
1/2

u/U
2/3

Soluzione
Per il prolo di velocit`a si ha: u/U = 4y/(3) per 0 y /2 e u/U =
(2y + )/(3) per /2 1. Lo sforzo di parete `e w = 4U/(3) mentre lo
spessore di quantit`a di moto sar`a = 0.1574. Dallequazione integrale per lo
strato limite si scrive
w
d
= U2 ,

dy
da cui (0.2) = 1.12 mm.

d =

4
dx,
3U 0.1574

= 0.00177 x,

171

172

CAPITOLO 9. STRATO LIMITE

Capitolo 10
Turbolenza
10.1

fenomenologia della turbolenza

Losservazione di ussi turbolenti `e unesperienza quotidiana che identichiamo con il


moto non stazionario, irregolare ed apparentemente caotico di un uido. Le volute formate
dal fumo di una sigaretta nel suo moto ascensionale, il miscelamento tra latte e ca`e
allinterno di una tazza o la scia irregolare di un ume a valle del pilone di un ponte sono
solo alcuni esempi tra uninnumerevole quantit`a.
Sebbene il concetto di turbolenza sia abbastanza chiaro per ognuno di noi, non `e
altrettanto chiaro leetto che ha la turbolenza sulle caratteristiche globali di un usso.
Si consideri, per esempio laccensione di una sigaretta allinterno di una stanza; `e
esperienza comune che dopo pochi secondi la presenza del fumo pu`o essere avvertita in
tutta la stanza, indicando che il fumo ha diuso ovunque. Uninterpretazione ingenua
potrebbe indurre a pensare che la diusione sia la causa di questo fenomeno ma una
stima delle scale temporali esclude inequivocabilmente questo fattore. Detta infatti la
viscosit`a cinematica dellaria ed L la distanza percorsa dal fumo, il tempo impiegato dal
fumo per percorrere tale lunghezza risulta T = L2 / che, utilizzando i parametri dellaria
ed ipotizzando L = 4m fornisce T  1.07 106 s (circa 12 giorni)! In realt`a il tempo
risulterebbe ancora maggiore in quanto per tale calcolo non bisognerebbe considerare
che d`a la diusivit`a della quantit`a di moto ma la diusivit`a del fumo in aria; potendo
porre = Sc (essendo Sc il numero di Schmidt che vale circa Sc = 0.7 per laria) si
otterrebbe T  17.7giorni.
Si potrebbe comunque osservare che poiche il fumo di sigaretta `e pi`
u caldo dellaria
circostante, la convezione naturale ha un ruolo rilevante nella diusione del fumo. Una
stima dimensionale, tuttavia fornisce delle velocit`a dellordine dei cm/s che, combinata
con losservazione che il fumo caldo sale verso lalto e non si propaga orizzontalmente,
porta comunque a dei tempi di ore in netto contrasto, con lesperienza quotidiana.
La ragione della discrepanza tra lesperienza pratica e le due stime quantitative `e
che in entrambi i casi, si `e trascurata la presenza della turbolenza. Le uttuazioni di
velocit`a indotte nel uido dal moto turbolento, infatti, hanno la capacit`a di trasportare
una quantit`a (scalare o vettoriale) molto rapidamente anche in assenza di moto medio. Ci`o
171

172

CAPITOLO 10.

TURBOLENZA

porta ad assimilare leetto della turbolenza con un notevole aumento della diusivit`a del
uido che arriva ad essere anche due o tre ordini di grandezza maggiore rispetto al valore
molecolare. Un studio pi`
u attento dei fenomeni turbolenti mostrer`a comunque che questo
`e solo leetto pi`
u visibile di una dinamica molto complessa che coinvolge principalmente
i termini non lineari delle equazioni di NavierStokes.
Per fornire un altro esempio sugli eetti macroscopici della turbolenza consideriamo la
portata di un uido attraverso un tubo a sezione circolare di raggio R e lunghezza L per
una data dierenza di pressione p. In base alla soluzione laminare di HagenPoiseuille
si potrebbe scrivere Q = R4 p/(8L) indicando che sarebbe suciente una dierenza
di pressione di un Pascal per ogni metro di lunghezza per avere in un tubo di raggio
R = 0.5 m una portata dacqua di Q  20 m3 /s. Questo risultato sovrastima in modo
molto grossolano la portata reale che risulta 1 invece Q  0.25 m3 /s. Il motivo di tale
dierenza `e che il numero di Reynolds del usso `e Re  3 105 ossia molto al di sopra del
limite Re = 2100 di validit`a della soluzione laminare; in tali condizioni, il usso allinterno
del condotto non pu`o considerarsi n`e stazionario n`e tantomeno piano (ossia contenente
la sola componente di velocit`a nella direzione della corrente) e le intense uttuazioni
di velocit`a diondono la quantit`a di moto in modo molto eciente comportando un
apparente aumento degli sforzi viscosi.
Questo esperimento `e stato descritto per la prima volta in modo sistematico da O.
Reynolds nel 1883 il quale, conducendo degli esperimenti sul usso allinterno di tubi a
sezione circolare, osserv`o che combinando la velocit`a media del usso U , il diametro del
tubo d e la viscosit`a cinematica del uido nel fattore U d/ (che in seguito prese il
nome di numero di Reynolds) si poteva descrivere la dinamica del usso in 3 categorie
dierenti. Per Re 2100 il usso si manteneva stazionario e si comportava come se
delle lamine rettilinee (da cui il temine usso laminare) scorressero le une sulle altre
interagendo solo attraverso degli sforzi tangenziali. Questo comportamento fu notato
osservando levoluzione di una streakline di inchiostro rilasciata da una posizione ssa
allinterno del condotto; la linea di colorante, infatti, si manteneva rettilinea diondendo
molto debolmente mentre si allontanava dalla sorgente.
Per 2100 Re 4000 la linea di colorante perdeva la sua stazionariet`a e si propagava lungo una traiettoria ondulata con caratteristiche dipendenti dal tempo. In questo
regime transizionale, tuttavia la traccia di colorante preservava la sua coerenza spaziale
rimanendo connata in una linea sottile.
Al contrario, per Re 4000, dopo un tratto iniziale con oscillazioni di ampiezza
crescente la traccia dinchiostro veniva diusa vigorosamente in tutta la sezione trasversale
del tubo no a distribuirsi omogeneamente in tutto il usso. Questultimo regime `e detto
turbolento ed `e caratterizzato da un moto disordinato, completamente tridimensionale e
non stazionario e da delle uttuazioni di velocit`a con caratteristiche non deterministiche.
Un tipico esempio di segnale turbolento di velocit`a `e mostrato in gura 10.2 da cui si
vede che la velocit`a oscilla intorno ad una valore medio senza alcuna frequenza specica.
Unaltra caratteristica comune a tutti i ussi turbolenti `e che se si ripete lo stesso esperi1

Questo risultato `e stato determinato utilizzando il valore del fattore dattrito f determinato dal
diagramma di Moody ipotizzando una rugosit`
a relativa delle superci del tubo pari a /D = 103 .

10.1. FENOMENOLOGIA DELLA TURBOLENZA

173

Re < 2100

2100 < Re < 4000

Re > 4000

Figura 10.1: Disegno schematico dellesperimento di Reynolds.


mento e si misura la stessa quantit`a nello stesso punto per lo stesso intervallo temporale si
ottengono dei segnali notevolmente dierenti se confrontati istantaneamente mentre essi
hanno le stesse caratteristiche statistiche (valore medio, deviazione standard, etc.).

Exp.1

Exp.2

1.08
1.06
1.04
1.02
1
0.98
0.96
0.94
0.92
0.9
0.88

1.08
1.06
1.04
1.02
1
0.98
0.96
0.94
0.92
0.9
0.88

u/U

u/U

10

15

20

25

10

15

20

25

Figura 10.2: Segnali turbolenti di velocit`a per due realizzazioni successive dello stesso
esperimento.
Questa osservazione sembra a prima vista inconciliabile con la natura delle equazioni
che governano il fenomeno, cio`e le equazioni di NavierStokes; essendo infatti le equazioni
di tipo deterministico ed avendo condizioni iniziali ed al contorno denite si ha che anche
la soluzione deve essere deterministica nello spazio e nel tempo. Questo dilemma `e stato
risolto da Lorentz che nel 1963 mostr`o che alcuni sistemi non lineari possono avere una
tale sensibilit`a alle condizioni iniziali che perturbazioni inapprezzabili nei parametri di

CAPITOLO 10.

174

TURBOLENZA

partenza determinano rapidamente soluzioni completamente dierenti 2 .


A tale scopo si consideri il sistema di equazioni
x = (y x),

(10.1)

y = x y xz,
z = z + xy,
in cui i parametri valgono = 10, = 8/3 e = 35 con le condizioni iniziali x(0) = 0.5,
y(0) = 0.1 e z(0) = 0.3; la soluzione di questo sistema `e riportata in gura 10.3 dove
il tempo `e il parametro lungo la curva si pu`o osservare il noto attrattore di Lorentz. In
gura 10.4, viene riportata invece con una linea continua landamento temporale per una
della variabile y(t) del sistema (10.1).
Se, lasciando tutto invariato, si considerano le condizioni iniziali x(0) = 0.5, y(0) =
0.100001 e z(0) = 0.3 si nota che dopo un intervallo di tempo iniziale (in questo caso
t 15 ma il valore dipende dalle condizioni iniziali e dai parametri , e ) le due
soluzioni dieriscono nei valori istantanei e possono essere confrontate solo nei valori
medi e nellampiezza delle uttuazioni (gura 10.4, linea tratteggiata).

70
60
50
40
30
20
10
0

-25 -20

-15 -10

-5 0
5 10
15 20

initial condition

0
-10
-20
-30

10

20

30

40

Figura 10.3: Attrattore di Lorentz nello spazio tridimensionale xyz.


Facendo un parallelo con le equazioni di NavierStokes possiamo annoverare tra i parametri iniziali sicuramente il campo di velocit`a, la pressione e la geometria del condotto,
ma anche la distribuzione iniziale di temperatura (che determina la viscosit`a del uido)
2

Questo esempio `e stato preso dal testo Turbulent Flows by S.B. Pope, Cambridge Univ. Press,
2000).

10.1. FENOMENOLOGIA DELLA TURBOLENZA

175

30
20
10

y(t)

-10
-20
-30
0

10

20

30

40

50

60

Figura 10.4: Evoluzione temporale della variabile y(t) soluzione dellequazione di Lorentz:
condizioni iniziali originali,
condizioni iniziali perturbate.
la presenza di eventuali impurit`a e le condizioni di nitura superciale del tubo. Questi ultimi parametri non possono essere controllati in modo arbitrariamente preciso e ci`o
determina (attraverso la non linearit`a delle equazioni) la dinamica non deterministica
precedentemente descritta. In altre parole, per quanto si cerchi di mantenere controllati tutti i parametri di un esperimento `e impossibile che due relizzazioni successive dello
stesso fenomeno abbiano le condizioni iniziali replicate con una precisione innita e ci`o
porta inevitabilmente a soluzioni divergenti nel tempo.
I termini non lineari sono anche gli arteci della produzione di uttuazioni locali
di velocit`a che comportano la generazione di strutture uidodinamiche di piccola scala.
Riconsiderando infatti lesempio del usso nel condotto, ci si convince facilmente che la
dierenza di pressione imposta p fornisce energia solamente al moto medio, mentre la
dispersione dellinchiostro in tutto il usso richiede lazione di strutture piccole rispetto al
diametro del tubo in grado di miscelare localmente il colorante con il uido non marcato;
come viene trasferita lenergia dal moto a grande scala no alle strutture pi`
u piccole?
Per rispondere a questa domanda consideriamo lequazione di Burgers, unequazione
monodimensionale, che ha tutte le caratteristiche principali delle equazioni di Navier
Stokes tranne il termine di pressione:
u
2u
u
+u
= 2 .
t
x
x

(10.2)

Immaginiamo ora che lintervallo di denizione della soluzione sia x [0, 2) e che la
soluzione sia periodica in x con media nulla; con queste ipotesi `e possibile espandere la

CAPITOLO 10.

176

sin(3x)

sin(x)

sin(5x)

0.5

0.5

0.5

L1

-0.5

-0.5

-1

L3

-0.5

-1
0

1.57

3.14

4.71

6.28

TURBOLENZA

L5

-1
0

1.57

3.14

4.71

6.28

1.57

3.14

4.71

6.28

Figura 10.5: Esempio di variazione di lunghezza donda Lk con il numero donda k.


u(x, t) con una serie di seni
u(x, t) =

Ak (t) sin(kx),

(10.3)

k=1

in cui la dinamica della soluzione `e tenuta in conto dai coecienti Ak (t) mentre la base
di seni soddisfa automaticamente le condizioni al contorno. A titolo di esempio vengono
riportate in gura 10.5 le funzioni seno per k = 1, 3, 5 da cui si pu`o notare che la lunghezza della singola onda (detta appunto lunghezza donda) `e pari ad Lk = 2/k e che il
gradiente della curva diventa tanto pi`
u ripido quanto pi`
u aumenta k. Con questo semplice esempio abbiamo quindi imparato che lindice k ci d`a linformazione sulla dimensione
della struttura e sui gradienti spaziali che, rispettivamente, diminuiscono ed aumentano
al crescere di k.
Avendo fatto questa precisazione, possiamo utilizzare la sommatoria (10.3) per esprimere i singoli termini della (10.2) ed ottenere

u 
=
A k (t) sin(kx),
t
k=1

(10.4)

u 
Ak (t)k cos(kx),
=
x k=1


2u
Ak (t)k 2 sin(kx),
=

2x
k=1


u 
Al (t)Am (t)m sin(lx) cos(mx) =
=
x l=1 m=1



Al (t)Am (t)m
l=1 m=1

{sin[(l + m)x] + sin[(l m)x]}.

Questi termini possono essere risostituiti nellequazione (10.2) che diventa


k=1

A k (t) sin(kx)+



Al (t)Am (t)m
l=1 m=1

{sin[(l+m)x]+sin[(lm)x]} =

Ak (t)k 2 sin(kx).

k=1

(10.5)

10.1. FENOMENOLOGIA DELLA TURBOLENZA

177

Osservando ora la propriet`a di ortogonalit`a delle funzioni seno


 2
0

sin(px) sin(qx)dx = pq ,

abbiamo che moltiplicando lequazione (10.5) per sin(kx) ed integrando tra 0 e 2 si


ottiene
A k (t) +



Al (t)Am (t)m
l=1 m=1

= k 2 Ak (t),

k = 1, 2, ...., ,

essendo la doppia sommatoria ristretta ai soli m ed l tali che l + m = k ed l m = k ossia


A k +


m=1

Am Akm Am Ak+m
+
2
2

= k 2 Ak ,

k = 1, 2, ...., .

(10.6)

Lequazione appena trovata indica che le variazioni nel tempo della quantit`a di moto
nel modo kesimo (A k ) hanno due cause, una lineare ed una non lineare. Per comprendere meglio leetto dei due termini sorgente immaginiamo per un istante di cancellare
dallequazione di partenza (10.2) i termini non lineari, ottenendo che la (10.6) diventa
2
A k = k 2 Ak , = Ak (t) = Ak (0)ek t ,

k = 1, 2, ...., ,

(10.7)

da cui si nota che ogni componente Ak decresce inesorabilmente nel tempo tanto pi`
u rapidamente quanto pi`
u `e viscoso il uido e quanto pi`
u `e piccola la struttura (ossia quanto
pi`
u grande `e k). Laltro risultato notevole `e che in assenza di termini non lineari levoluzione di ogni modo Ak `e indipendente dagli altri; ci`o implica che una condizione iniziale
che contenesse solamente un numero nito di Ak (0) (per esempio k = 1, 3, 8) evolverebbe
unicamente con i modi 1, 3, 8 ognuno decrescendo nel tempo indipendentemente dagli altri
secondo la soluzione appena ricavata. In gura 10.6 `e riportata la soluzione in termini di
u(x, t) e di Ak (t) dellequazione (10.7) in cui si vede che eettivamente solo i coecienti
Ak presenti nella condizione iniziale determinano la dinamica del fenomeno e che questi
decrescono nel tempo tanto pi`
u rapidamente quanto pi`
u `e grande k.
Al contrario, la presenza dei termini non lineari modica completamente la dinamica
del fenomeno, trasferendo quantit`a di moto dalla componente k alle componenti k m
e k + m. Per illustrare pi`
u in dettaglio questo concetto, immaginiamo che il numero di
termini della sommatoria (10.3) sia limitato a 3 invece che innito. Lequazione (10.6)
scritta per componenti risulterebbe allora:
1
2
3
A 1 + (A1 A0 + A1 A2 ) + (A2 A1 + A2 A3 ) + (A3 A2 + A3 A4 ) = A1 ,
2
2
2
1
2
3
A 2 + (A1 A1 + A1 A3 ) + (A2 A0 + A2 A4 ) + (A3 A1 + A3 A5 ) = A2 ,
2
2
2
1
2
3
A 3 + (A1 A2 + A1 A4 ) + (A2 A1 + A2 A5 ) + (A3 A0 + A3 A6 ) = A3 ,
2
2
2

(10.8)

CAPITOLO 10.

178
3

TURBOLENZA

2
0.75
1

u(x)0

Ak

0.5

-1
0.25
-2
-3

0
0

1.57

3.14

4.71

6.28

10

12

14

Figura 10.6: Evoluzione temporale dellequazione di Burgers (senza i termini non lineari)
= 10. A sinistra e riportata levoluzione temporale di u(x, t), rispettivamente per
t = 0,
t = 0.5 e
t = 1. A destra ci sono i coecienti Ak per gli stessi
tempi.
e osservando che risulta Ap 0 per p 0 e p > 3 si riducono a
A1 A2
A 1 +
+ A2 A3 = A1 ,
2

(10.9)

A1 A1 A1 A3
A 2 +
+
, = 4A2
2
2
3A1 A2
A 3 +
= 9A3 .
2
Se ora consideriamo una condizione iniziale contenente solo A1 (per esempio un seno
come il primo pannello di gura 10.7) si vede che a causa del termine A1 A1 /2 risulter`a
nellistante iniziale A 2 = 0 indicando che parte della quantit`a di moto viene trasferita
nella componente A2 . Daltra parte, quando risulta A2 = 0, anche il temine 3A1 A2 /2
verr`a attivato nellequazione per A3 e quindi anche la terza struttura verr`a interessata
dal moto del usso. Se ricordiamo quindi che al crescere di k diminuisce la dimensione
della struttura, abbiamo che i termini non lineari hanno come eetto quello di trasferire il
moto (e quindi lenergia) dalle strutture grandi a quelle pi`
u piccole 3 con un meccanismo
detto di cascata dai moti a grande scala verso quelli pi`
u piccoli e locali.
In particolare se nellesempio precedente invece di limitare a 3 il numero di termini ne
avessimo inniti, avremmo un trasferimento di energia verso strutture sempre pi`
u piccole
(k grandi) in un tempo tanto pi`
u lungo quanto pi`
u distante risulterebbe k dal modo k = 1
contenente energia nella condizione iniziale. Questa osservazione ci pone quindi un nuovo
3

Ci`o non `e vero nella turbolenza bidimensionale dove leetto combinato dei termini non lineari ed i
termini viscosi crea un trasferimento in direzione opposta rispetto al caso monodimensionale e tridimensionale. Questo spiega la formazione di strutture di grande scala nellatmosfera e negli oceani (grandi
circolazioni e correnti).

10.1. FENOMENOLOGIA DELLA TURBOLENZA

179

interrogativo e cio`e se il trasferimento dellenergia procede indenitamente no a k =


oppure se interviene qualche meccanismo in grado di bloccare questa cascata.
La risposta `e fornita dalla soluzione analitica (10.7) da cui si vede come la viscosit`a
diminuisca rapidamente il contenuto energetico del modo kesimo allaumentare di k. Se
in particolare questa diminuzione `e sucientemente rapida, si pu`o inibire il trasferimento
di energia verso numeri donda k elevati semplicemente perche lenergia viene dissipata
prima ancora che riesca ad essere trasferita. In pratica la viscosit`a opera un taglio sulla
dimensione minima della struttura che `e possibile generare (o sul k massimo) in un usso
e questo taglio dipende sia dal valore della viscosit`a sia da quanto velocemente lenergia
viene trasferita da un modo allaltro; si potrebbe vericare, infatti, che il usso di energia
verso le piccole scale `e cos` rapido che la viscosit`a `e costretta a spostare il k di taglio
verso valori maggiori dove pu`o agire pi`
u ecientemente.
Le considerazioni appena fatte sono mostrate mediante due esempi in cui si riporta
la soluzione dellequazione di Burgers, entrambe con la medesima condizione iniziale, ma
con due diversi valori di viscosit`a. Confrontando le gure 10.7 e 10.8 si nota come nel
caso a viscosit`a minore la curva presenti un gradiente pi`
u ripido in corrispondenza del
punto x = . Ragionando in termini di Ak abbiamo quindi che la soluzione con viscosit`a
u elevati rispetto alla soluzione pi`
u viscosa. Ci`o `e confermato
piccola conterr`a Ak con k pi`
dai pannelli di destra delle gure 10.7 e 10.8 che riportano levoluzione temporale della
distribuzione degli Ak , consistentemente con gli argomenti precedentemente discussi.
1

0.5

0.75

u(x)

Ak 0.5

-0.5

0.25

-1

0
0

1.57

3.14

4.71

6.28

10

12

14

Figura 10.7: Evoluzione temporale dellequazione di Burgers = 101 . A sinistra e


t = 0,
t = 0.5 e
riportata levoluzione temporale di u(x, t), rispettivamente per
t = 1. A destra ci sono i coecienti Ak per gli stessi tempi.
Riconsiderando con questottica lesperimento di Reynolds per il usso allinterno di
tubi, si comprende che se il numero di Reynolds `e piccolo (Re < 2100) gli eetti viscosi
prevalgono su quelli inerziali (non lineari) e, essendo inibito ogni trasferimento di energia,
il moto medio a grande scala non degenera in strutture pi`
u piccole. Al contrario, quando
gli eetti inerziali prevalgono su quelli viscosi (Re > 4000) il trasferimento tra i modi sar`a
attivato ed il moto inizialmente uniforme produrr`a strutture uidodinamiche pi`
u piccole.

CAPITOLO 10.

180
1

0.5

0.75

u(x)

Ak 0.5

-0.5

0.25

-1

TURBOLENZA

0
0

1.57

3.14

4.71

6.28

10

12

14

Figura 10.8: Evoluzione temporale dellequazione di Burgers = 103 . A sinistra e


t = 0,
t = 0.5 e
riportata levoluzione temporale di u(x, t), rispettivamente per
t = 1. A destra ci sono i coecienti Ak per gli stessi tempi.
Queste ultime osservazioni costituiscono la base di partenza della teoria della turbolenza tridimensionale che illustreremo brevemente in una sezione successiva.

10.2

equazioni di Reynolds

Nella sezione precedente abbiamo visto che in un usso turbolento, anche con condizioni al
contorno e forzanti stazionarie, il campo di velocit`a `e non stazionario con oscillazioni non
deterministiche intorno ad un valore medio che eventualmente pu`o dipendere anchesso
dal tempo.
` utile chiarire immediatamente che questa dinamica cos` complessa `e interamente
E
contenuta nelle equazioni di NavierStokes che sono in grado di descrivere il moto e linterazione di tutte le scale di moto, no alle pi`
u piccole e dissipative. Purtroppo dal punto di
vista pratico, lestremo dettaglio con cui queste equazioni descrivono il usso costituisce al
tempo stesso la debolezza del modello in quanto le risorse di calcolo necessarie per la risoluzione di queste equazioni crescono vertiginosamente con il numero di Reynolds ( Re3 ).
Se si considera che nei problemi pratici si ha Re = 106 109 si capisce immediatamente
che una soluzione del problema con un metodo diretto `e tecnicamente impossibile.
Daltra parte per alcune applicazioni pratiche la sola conoscenza delle grandezze medie
pu`o essere suciente per la soluzione del problema, ci si chiede quindi se sia possibile,
partendo dalle equazioni di NavierStokes, derivare delle equazioni pi`
u semplici per le sole
grandezze medie.
A tal ne, iniziamo con losservare che dato un qualunque segnale dipendente dal
tempo (nella fattispecie la velocit`a) `e possibile decomporlo in un valore medio ed una
uttuazione. Nel caso in cui il valore medio sia costante nel tempo allora si pu`o porre:
u(x, t) = U(x) + u (x, t),

(10.10)

10.2. EQUAZIONI DI REYNOLDS

181

risultando
1T
u(x, t)dt
T T 0

u (x, t) = u(x, t) U(x), (10.11)

U(x) =< u(x, t) >= lim

in cui tutta la non stazionariet`a del segnale `e nella uttuazione (gura 10.9). Dalle denizioni risulta identicamente < u (x, t) > 0, propriet`a che torner`a utile nella
decomposizione delle equazioni del moto.

0.8

0.8

0.8

0.6

0.6

0.6

0.4

0.4

0.4

=U

0.2

+ u

0.2

0.2

-0.2

-0.2

-0.2

-0.4

-0.4
0

10

15

20

-0.4
0

10

15

20

10

15

20

Figura 10.9: Decomposizione di un segnale statisticamente stazionario in parte media e


parte uttuante.
Se la velocit`a media risulta invece anchessa funzione del tempo allora loperazione di
media non va eettuata per un tempo innito ma su unintervallo nito che risulti molto
grande rispetto alle scale temporali delle uttuazioni ma abbastanza breve se confrontato
con i tempi di variazione del campo medio 4 (gura 10.10).

0.8

0.8

0.8

0.6

0.6

0.6

0.4

0.4

0.4

=U

0.2

+ u

0.2

0.2

-0.2

-0.2

-0.2

-0.4

-0.4
0

10

15

20

-0.4
0

10

15

20

10

15

20

Figura 10.10: Decomposizione di un segnale statisticamente non stazionario in parte


media e parte uttuante.
La decomposizione appena illustrata pu`o naturalmente essere eettuata per la pressione p e per tutte le altre variabili dipendenti delle equazioni di NavierStokes e di conservazione della massa. Per semplicit`a tratteremo solo il caso = const. (usso incomprimibile
4

Questa operazione `e ben denita quando esiste una netta separazione tra i periodi delle piccole
uttuazioni e quelli del campo medio. In turbolenza questa eventualit`
a si verica assai raramente (a
meno che non ci siano forzanti periodiche imposte esternamente) e la decomposizione in parte media e
parte uttuante pu`
o presentare delle ambiguit`
a.

TURBOLENZA

e u = 0,

(10.12)

CAPITOLO 10.

182

omogeneo) per cui, lequazione di continuit`a si pu`o decomporre in


u = (U + u ) = 0,

U = 0,

rispettivamente per la velocit`a media e quella uttuante. La seconda delle (10.12) `e


stata ottenuta dalla prima dopo aver aettuato unoperazione di media, aver notato che
< u > 0 e che loperazione di media e di divergenza commutano (in quanto entrambi
operatori lineari). La terza delle (10.12) `e inne ottenuta semplicemente per sottrazione
della seconda dalla prima.
Per decomporre in modo analogo le equazioni di NavierStokes
1
u
+ (uu) = p + 2 u,
t

(10.13)

osserviamo che per tutti i termini, tranne quello non lineare possiamo porre
u
U u
=
+
,
t
t
t

p = P + p ,

2 u = 2 U + 2 u .

(10.14)

Il termine non lineare si decompone invece secondo


(uu) = [(U + u )(U + u ) = (UU) + (Uu ) + (u U) + (u u ). (10.15)
Se ora sostituiamo i termini cos` decomposti nellequazione (10.13) e ne facciamo la media,
osservando che risulta < Uu >=< u U > 0 mentre < u u > = 0 si ottiene
1
U
+ (UU) + (< u u >) = P + 2 U,
t

(10.16)

e sottraendo questa equazione dalla (10.13) si ricava lequazione per le uttuazioni


u
1
+ (u u ) + (Uu ) + (u U) (< u u >) = p . + 2 u , (10.17)
t

Lequazione (10.16) e la seconda delle (10.12) costituiscono le equazioni della dinamica


del campo medio e se non fosse per il termine (< u u >) queste sarebbero identiche alla
(10.13) e la prima delle (10.12) che sono le equazioni di partenza. La dierenza potrebbe
sembrare marginale ma mentre il sistema originale di equazioni `e chiuso (4 equazioni nelle
4 incognite u e p) le equazioni del campo medio rimangono 4 a fronte di un numero di
incognite che sale a 13, u , p ed il tensore 5 del secondo ordine < u u >. Questo problema
`e noto come chiusura della turbolenza e si presenta sempre con un numero di incognite
superiore al numero delle equazioni ogni volta che si tenta di derivare unequazione per la
turbolenza. Una conferma di questa aermazione si pu`o ottenere ricavando lequazione
per < u u > dalla (10.17) dopo averla moltiplicata per u ed averne eettuato la media.
5

Notando evidenti propriet`


a di simmetria del tensore < u u > il numero delle incognite si riduce a
10, non risolvendo comunque il problema della chiusura.

10.2. EQUAZIONI DI REYNOLDS

183

Infatti, poiche lequazione (10.16) introduce unincognita aggiuntiva, potremmo essere


tentati di ricavarne unequazione per chiudere il problema.
Purtroppo se eettivamente derivassimo questa nuova equazione noteremmo che levoluzione di < u u > introduce la nuova incognita < u u u > e la procedura potrebbe
essere ripetuta allinnito senza mai riuscire a bilanciare il numero di incognite con le
equazioni. Si otterrebbe cio`e una gerarchia di equazioni in cui le incognite sono sempre superiori ripetto alle relazioni disponibili rendendo impossibile la soluzione esatta del
problema.
La via comunemente utilizzata `e quindi quella di troncare il numero di equazioni ad un
certo ordine e modellare le incognite di ordine superiore con delle relazioni approssimate.
Chiaramente maggiore `e lordine a cui si tronca la gerarchia, maggiore sar`a il numero
delle incognite da modellare e conseguentemente la complessit`a del modello utilizzato.
Lasceremo ai testi specialistici del settore la disamina dei numerosi modelli ed equazioni
di ordine elevato mentre in queste note ci limiteremo al semplice caso in cui i termini
< u u > vengono modellati con una semplice ipotesi di gradiente diusivo.
Per comprendere il signicato sico di tale approssimazione, riconsideriamo lequazione
(10.16) e riscriviamola nella forma
U
1
+ (UU) = P + (2E < u u >),
t

con E =

1
(U + UT ) (10.18)
2

da cui si osserva che i termini < u u > possono essere considerati come degli sforzi
aggiuntivi (detti sforzi di Reynolds) che sottraggono energia al campo medio per trasferirla
alle uttuazioni. Identicando queste uttuazioni come la componente turbolenta del
moto, detta K lenergia cinetica turbolenta (per unit`a di massa) denita come
1
1
K = (< ux ux > + < uy uy > + < uz uz >) = T r(< u u >),
2
2

(10.19)

si pu`o, analogamente al caso laminare, porre per la parte deviatorica degli sforzi di
Reynolds,
2
(10.20)
< u u > + KI = 2T E,
3
in cui T `e la viscosit`a turbolenta ed `e la nuova incognita del problema.
Con questa posizione lequazione (10.16) assume la forma
U
1
+ (UU) = P + (2 E),
t

(10.21)

che `e identica allequazione originale avendo usato la pressione modicata P = P + 2K/3


ed avendo denito una viscosit`a totale = + T . Sebbene le espressioni (10.20) e
(10.21) possano sembrare particolarmente attraenti data la loro semplicit`a, `e bene sottolineare che nascondono diverse insidie, sia matematiche che uidodinamiche. Infatti,
mentre `e una propriet`a molecolare del uido e nelle ipotesi = const. `e costante in tutto
il campo, T `e una propriet`a del usso il cui valore cambia in ogni punto del campo e nel

184

CAPITOLO 10.

TURBOLENZA

tempo (T = T (x, t)) ed il suo comportamento varia da problema a problema. Inoltre,


anche se a prima vista la relazione (10.20) sembra solo aver spostato lincognita < u u >
nellincognita T , dobbiamo osservare che la prima `e un tensore del secondo ordine mentre
la seconda `e uno scalare. Lequazione (10.20) implica quindi che il primo e secondo membro abbiano le stesse direzioni principali ossia che gli autovettori dei due tensori siano
paralleli. Questa propriet`a non `e giusticabile teoricamente ed infatti una verica diretta
della (10.20) attraverso simulazioni numeriche ed esperimenti di laboratorio ha mostrato
che ci`o non `e vericato per la maggior parte dei ussi; questo disallineamento porta in
qualche caso a piccole dierenze tra le soluzioni calcolate e quelle misurate, mentre altre
volte induce errori grossolani. Ricordiamo inne che, anche accettando in modo acritico
lequazione (10.20), il problema non risulta ancora chiuso in quanto le equazioni sono
sempre 4 mentre le incognite sono ancora 5 (U, p e oppure T ).
A questo proposito abbiamo detto che T dipende dal usso, ossia a seconda che si stia
studiando un usso a valle di unostacolo, uno strato limite o un getto turbolento, esistono
leggi empiricoeuristiche (spesso con correzioni sperimentali o ad hoc) che permettono di
calcolare la T dalla geometria del problema o dalle caratteristiche del usso medio e
quindi di chiudere il sistema di equazioni. Anche in questo caso, la descrizione di tutti i
modelli per la T viene lasciata ai testi di modellistica della turbolenza mentre in queste
note ci limiteremo a commentare un particolare modello algebrico basato sul concetto
di lunghezza di mescolamento. Ricordiamo tuttavia che alcuni modelli possono essere
u
tanto complicati da richiedere per il calcolo della T un set di equazioni dierenziali pi`
complesse di quello per il calcolo del campo medio.

10.3

viscosit`
a turbolenta e lunghezza di mescolamento

Uno dei primi tentativi eettuati per la determinazione della viscosit`a turbolenta `e stato
fatto costruendo unanalogia tra la turbolenza e la diusione a livello molecolare della
quantit`a di moto. Ricordiamo infatti brevemente che la diusione molecolare avviene a
causa degli urti casuali tra molecole dovuti al moto di agitazione termica. Dalla teoria
cinetica dei gas ne consegue che, detta V la met`a della velocit`a media delle molecole e
il libero cammino medio si ottiene V.
Se allora si identicano i vortici pi`
u piccoli del usso come le molecole della turbolenza si pu`o immaginare che questi, dopo aver percorso una distanza
ad una velocit`a
V , interagiscano mescolandosi tra loro e quindi diondendo la quantit`a di moto. Il problema della determinazione di T si tradurr`a quindi nella valutazione di
(detta appunto
lunghezza di mescolamento) e di V .
In gura 10.11 `e riportato uno schema di usso (tipo strato limite) sul quale si possono
eettuare semplici ragionamenti intuitivi per determinare landamento di
e V . Per
questo usso, infatti, la velocit`a media U sar`a prevalentemente orizzontale ed il suo prolo
dipender`a dalla coordinata normale alla parete y. Immaginiamo quindi di posizionarci
alla distanza y dalla parete ed osservare in quel punto sia uttuazioni di velocit`a verso

` TURBOLENTA E LUNGHEZZA DI MESCOLAMENTO


10.3. VISCOSITA

185

y*

u*

l
x

Figura 10.11: Schema di usso per la denizione di lunghezza di mescolamento e viscosit`a


turbolenta.
il basso che verso lalto. Nel primo caso, una particella inizialmente nella posizione y + l
verr`a trasportata in y generando una uttuazione di velocit`a orizzontale
u+ U+ = U (y + l) U (y )  l

dU
,
dy

avendo troncato lo sviluppo in serie di Taylor per la velocit`a al primo ordine. Analogamente, le uttuazioni verso lalto porteranno una particella uida inizialmente nella
posizione y l in y inducendo una uttuazione di velocit`a
u U = U (y ) U (y l)  l

dU
.
dy

Statisticamente avremo quindi che le uttuazioni di velocit`a orizzontale in y avranno un


modulo pari a


 dU 
1 




u = (|u+ | + |u |) = l   .
2
dy
Osserviamo ora che per la conservazione della massa, una variazione positiva di u (particella che si muove da y + l ad y ) induce una uttuazione negativa di v mentre lopposto
accade per una particella che si muove da y l ad y . Ci`o implica che si pu`o porre
v  c1 u con c1 costante di ordine uno e che il prodotto u v  deve essere sicuramente
negativo. Con queste ipotesi si pu`o scrivere



2
 dU 2




2  dU 
< u v >= c2 |u ||v | = c1 c2 l   =
 
 dy 
 dy 
 

(10.22)

CAPITOLO 10.

186

TURBOLENZA

in cui c2 `e ancora una costante di ordine uno,


`e la lunghezza di mescolamento e

|dU/dy| = V `e la velocit`a cercata. Ci`o si evince facilmente confrontando la relazione appena trovata con la (10.20) ed osservando che per questo semplice usso risulta
2E12 = dU/dy da cui si ricava T =
V =
2 |dU/dy|.
Lultimo punto che rimane da chiarire `e come determinare
in funzione della geometria
del usso. Prandtl nel 1925 osserv`o che risultando alla parete (y = 0) u 0 anche gli
sforzi turbolenti dovranno essere nulli in quel punto; con questo vincolo lassunzione pi`
u
semplice per la
`e

= Ay.
(10.23)
Prandtl suppose anche che, tranne che per gli strati di uido immediatamente adiacenti
alla parete, gli sforzi turbolenti fossero molto pi`
u grandi degli sforzi puramente viscosi, che
quindi erano trascurabili, e che i primi si mantenessero di intensit`a costante. Indicando
con T / = < u v  > gli sforzi turbolenti lassunzione (10.23) implica quindi


2

 dU 
T
=
2   , =
 dy 

dU
T
= Ay
= U

dy

1
= ln y + C,
T
A

(10.24)

che fornisce landamento della velocit`a media U in funzione della distanza dalla parete.
Daltra parte, queste ipotesi non possono essere applicate alla parete dove, a causa
della condizione di aderenza, il usso deve essere laminare. In quella regione infatti si
deve assumere che gli sforzi turbolenti siano trascurabili, mentre quelli viscosi sono i
pi`
u rilevanti e sono approssimativamente costanti (che `e equivalente ad ammettere che
il prolo di velocit`a alla parete sia linearizzabile). Indicando quindi lo sforzo viscoso di
parete come

dU 
w

,
(10.25)
=

dy y=0


`e possibile denire delle scale di velocit`a e lunghezza u = w / e = /u dette,


rispettivamente velocit`a e lunghezza dattrito, con le quali `e possibile adimensionalizzare
le quantit`a della turbolenza di parete. In particolare, la relazione (10.25) con w costante
pu`o essere facilmente integrata


U=
w

w y
+ c = U + = y + ,

(10.26)

dovendo risultare c = 0 per le condizioni alla parete ed avendo indicato


U
=U
U =
u
+

y
y
y =
=

(10.27)

dette quantit`a di parete.


Allo stesso modo, u e possono essere utilizzate per rendere adimensionale la (10.24)
che assume la forma
1
(10.28)
U + = ln y + +

10.4. TURBOLENZA OMOGENEA ED ISOTROPA

187

in cui = 0.4 e = 5.5 sono delle costanti in cui sono compresi tutti i fattori di
normalizzazione e risultano universali per tutti i ussi turbolenti di parete che ricadono
nella tipologia della gura 10.11.
25
20
15

+
U

10
5
0
0.1

10

y+

100

1000

Figura 10.12: Andamento della velocit`a media in funzione della distanza dalla coordinata
y (quantit`a di parete). Le linee indicano gli andamenti teorici, mentre i simboli sono valori
misurati.
Un andamento tipico della velocit`a normalizzata U + in funzione delle coordinate di
parete y + `e riportato in gura 10.12 da cui si nota che il usso ha due comportamenti
distinti. Il primo per y + 5 in cui la U + segue la legge (10.26); questa regione `e detta
sottostrato laminare ed `e caratterizzata da sforzi puramente viscosi di intensit`a circa
costante. La seconda regione per y + 30 segue la legge riportata in (10.28) ed `e dovuta
a sforzi turbolenti di intensit`a costante. La regione intermedia (5 y + 30) `e una
regione di sovrapposizione dei due regimi in cui sia sforzi viscosi che turbolenti hanno
rilevanza sul fenomeno.
Il prolo di velocit`a di gura 10.12 mostra chiaramente che lassunzione (10.23) per
la lunghezza di mescolamento descrive in modo adeguato la dinamica della turbolenza
di parete. Questo risultato, tuttavia, non deve trarre in inganno in quanto una tale
semplicazione funziona solo nel caso in cui nel usso non ci sono separazioni, in assenza
di gradienti di pressione esterni e per geometrie piane. Nelle applicazioni pratiche la
geometria del usso `e solitamente pi`
u complicata e devono essere utilizzati modelli pi`
u
complessi e con sica meno intuitiva.

10.4

turbolenza omogenea ed isotropa

Lesempio della soluzione di Burgers ha mostrato come nelle equazioni di evoluzione di


un uido ci sono i termini viscosi e quelli non lineari che hanno meccanismi di azione

188

CAPITOLO 10.

TURBOLENZA

completamente diversi ed in competizione tra loro. I primi, infatti, sono dissipativi ed


hanno unazione locale, interessano cio`e singolarmente i vari modi senza implicare alcuna
interazione. Lecacia con cui viene dissipata lenergia cresce con il quadrato del numero
donda k e quindi con linverso del quadrato della dimensione della struttura. I secondi,
al contrario, data la loro natura non lineare sono responsabili del trasferimento di energia
tra i vari modi senza alterarne il valore globale.
Sebbene le equazioni di NavierStokes abbiano una struttura pi`
u complessa dellequazione di Burgers, lazione dei temini non lineari e di quelli viscosi `e analoga a quella
appena descritta e questa dinamica ha dato spunto a molti scienziati del ventesimo secolo
per ipotizzare lo scenario evolutivo della turbolenza. In particlare Richardson nel 1922
immagin`o che lenergia entri nel usso alle scale pi`
u grandi e, attraverso meccanismi di
instabilit`a, vengano prodotti vortici pi`
u piccoli che a loro volta generano vortici ancora
pi`
u piccoli e cos` via no a quando le dimensioni non sono talmente piccole che la viscosit`a
dissipa le strutture impedendo ogni ulteriore trasferimento 6 . Questa descrizione implica
un trasferimento a cascata (essenzialmente non viscosa) dellenergia dalle scale pi`
u grandi del moto verso quelle sempre pi`
u piccole no alle scale dissipative dove la viscosit`a
trasforma tutta lenergia in calore.
Lo scenario appena presentato descrive in modo abbastanza fedele ci`o che accade
in un usso turbolento anche se, senza ulteriori ipotesi, non `e possibile quanticare il
fenomeno descritto; per esempio, quanto piccole sono le dimensioni a cui prevalgono gli
eetti viscosi, e cosa succede tra le scale in cui lenergia viene immessa nel usso e quelle a
cui viene dissipata? Questi quesiti hanno trovato una risposta solo recentemente quando
Kolmogorov nel 1941 ha pubblicato i risultati di una sua teoria applicabile alla turbolenza
omogenea ed isotropa 7 .
` bene precisare subito che la turbolenza omogenea ed isotropa `e unastrazione conE
cettuale e che non `e mai riprodotta in modo esatto da alcun sistema sico reale. Tuttavia
la sua utilit`a per lo studio della turbolenza `e duplice in quanto da un lato semplica
enormemente la trattazione teorica e permette quindi una migliore comprensione della
sica, dallaltro si osserva che tutti i sistemi reali soddisfano localmente le condizioni di
omogeneit`a ed isotropia.
Questultima asserzione costituisce la prima ipotesi fondamentale di Kolmogorov e
cio`e per numeri di Reynolds sucientemente elevati le strutture uidodinamiche piccole
in un usso turbolento sono statisticamente isotrope. In questa aermazione strutture
uidodinamiche piccole `e inteso rispetto alle scale di moto in cui lenergia turbolenta
6

Lasserzione di Richardson era:Big whorls have little whorls, which feed on their velocity and little
whorls have lesser whorls and so on to viscosity.
7
La turbolenza si denisce omogenea ed isotropa, rispettivamente, quando le sue caratteristiche statistiche non dipendono dalla posizione nello spazio e sono uguali in tutte le direzioni. Tecnicamente la
denizione rigorosa richiede lintroduzione di variabili random; detta infatti u(x) una variabile random
funzione della posizione x (per esempio la velocit`a) questa
`e denibile mediante tutti i suoi momenti

a di
statistici (media, deviazione standard, etc.) < um >= f (x)um du dove f (x) `e la funzione densit`
probabilit`
a. Un fenomeno si denisce omogeneo se la funzione f (x) `e indipendente dalla posizione x. La
denizione di isotropia richiede invece che f (x) sia invariante sotto ogni rotazione e riessione degli assi
in x.

10.4. TURBOLENZA OMOGENEA ED ISOTROPA

189

viene immessa nel usso e questa osservazione chiarisce anche perche vengano richiesti
numeri di Reynolds sucientemente elevati. Ci`o infatti implica che gli eetti inerziali
siano di gran lunga pi`
u importanti di quelli viscosi rendendo possibile un lungo processo
di cascata dellenergia dalle strutture pi`
u grandi alle pi`
u piccole. Se si ipotizza che ad
ogni passo della cascata le strutture perdano sempre pi`
u memoria delle caratteristiche dei
vortici che hanno innescato la cascata, si conclude facilmente che le strutture pi`
u ni di
qualunque usso turbolento hanno tutte le stesse caratteristiche. Si avr`a quindi che le
piccole scale generate dietro un cilindro o a valle di un getto hanno la stessa statistica
nonostante le scale pi`
u grandi abbiano una dinamica completamente dierente.
La seconda ipotesi di Kolmogorov trae spunto dallosservazione che la dinamica della turbolenza dipende da quanto rapidamente lenergia viene trasferita dalle grandi alle
piccole scale e dal valore della viscosit`a che ssa il numero donda k a cui viene operato
il taglio nel trasferimento di energia. Se il fenomeno uidodinamico `e statisticamente
stazionario, essendo la cascata dallenergia non viscosa, si deduce che, detta lenergia
cinetica turbolenta (per unit`a di massa) prodotta nellunit`a di tempo, questa sar`a anche
lenergia dissipata nellunit`a di tempo 8 . Con questa osservazione si pu`o comprendere la
seconda ipotesi di Kolmogorov che dice:per numeri di Reynolds sucientemente elevati, le caratteristiche delle piccole scale di tutti i ussi turbolenti sono universali e sono
determinate dalla viscosit`a e dalla potenza dissipata .
Questa osservazione potrebbe apparire di scarsa utilit`a per stime quantitative, tuttavia
considerazioni di tipo dimensionle ci portano a concludere che con e c`e un solo modo
per costruire delle scale di lunghezza, velocit`a e tempo. In particolare, osservando che
`e unenergia per unit`a di tempo e unit`a di massa si ottiene

1/4

u = ( )

1/4

t =

 1/2

(10.29)

rispettivamente per la lunghezza, velocit`a e tempo delle scale dissipative (le pi`
u piccole).
Ricordiamo ora, che per un processo stazionario coincide con la potenza immessa
nel usso dalle scale di moto pi`
u grandi; dette quindi U ed L, rispettivamente, la velocit`a
e la lunghezza caratteristiche di queste scale, si ottiene da considerazioni dimensionali
` utile osservare che in questa stima dimensionale non `e stata considerata
= U 3 /L. E
la viscosit`a in quanto per le strutture pi`
u grandi gli eetti viscosi sono trascurbili e le
questioni energetiche devono coinvolgere fattori puramente inerziali.
Dalla stima per e dalle relazioni (10.29), ricordando la denizione del numero di
Reynolds Re = U L/, si ottiene:
L
= Re3/4 ,

U
= Re1/4 ,
u

T
= Re1/2 ,
t

(10.30)

dove T = L/U `e la scala dei tempi dei moti a grande scala.


8

Infatti, se cos` non fosse, lenergia si dovrebbe accumulare alle scale intermedie che, avendo un
contenuto di energia variabile nel tempo, non potrebbero essere statisticamente stazionarie.

CAPITOLO 10.

190

TURBOLENZA

Queste relazioni permettono di stimare i rapporti tra le caratteristiche delle scale pi`
u
grandi e quelle pi`
u piccole in un usso turbolento in funzione del solo numero di Reynolds
ed hanno ripercussioni di straordinaria importanza pratica per le misure sperimentali, per
le simulazioni numeriche e per la possibilit`a di predizione di un usso turbolento.
Dopo aver messo in relazione le strutture pi`
u piccole con le pi`
u grandi, rimane da
analizzare la dinamica delle strutture intermedie con dimensione r tale che L r .
In base a quanto visto nora, `e facile convincersi che la viscosit`a avr`a uninuenza
trascurabile in quanto agisce solo alle scale pi`
u piccole. Daltra parte lenergia viene immessa nel usso dalle scale pi`
u grandi da cui ne consegue che le scale intermedie vedranno
solo un usso di energia in transito, proveniente dai grandi vortici e trasferito verso i
vortici dissipativi. In base a quanto detto, la terza ipotesi di Kolmogorov aerma che per
numeri di Reynolds sucientemente elevati le caratteristiche (la statistica) delle strutture
di dimensione r (con L r ) sono universali e dipendono unicamente da (e quindi
sono indipendenti da ).
Ci`o comporta che se ur `e la velocit`a delle scale di dimensione r si ottiene
u3r
U
U3
= =
, = ur = 1/3 r1/3 ,
r
L
L

e tr =

r
L1/3 2/3
=
r .
ur
U

(10.31)

Queste stime indicano che le strutture con scale r intermedie tra L ed hanno una velocit`a
caratteristica che cresce solo come r1/3 mentre i tempi caratteristici crescono come r2/3 .
La conseguenza di ci`o `e che i vortici pi`
u grandi hanno le velocit`a pi`
u intense ed una
dinamica pi`
u lenta mentre per i gradienti di velocit`a u ur /r r2/3 si ha che quelli
pi`
u intensi sono alle scale pi`
u piccole 9 .
Notiamo a margine che dallultima ipotesi si deriva la famosa legge di potenza (k5/3 )
per lo spettro di energia. Se infatti si denisce lo spettro come E(k) tale che
K=


0

E(k)dk,

(10.32)

con K energia cinetica per unit`a di massa del usso, dalla terza ipotesi di kolmogorov e da
argomenti dimensionali si ottiene E(k) = C 2/3 k 5/3 , in cui C `e una costante universale
10
.

Da questa stima sembrerebbe che i gradienti diventino inniti per r 0, mentre in realt`
a bisogna
ricordare che le formule (10.31) valgono solo per L r . Viceversa quando r 0 risulta r dello
stesso ordine di ed il campo di velocit`
a si regolarizza essendo ur r con dei gradienti niti.
10
A questo risultato si giunge facilmente ricordando che dimensionalmente k `e linverso di una lunghezza
da cui ne consegue che le dimensioni di E(k) sono una velocit`
a al quadrato per una lunghezza (ossia quelle
di unenergia cinetica per unit`
a di massa moltiplicata per una lunghezza). Daltra parte nel range inerziale
si dispone solo di  per poter soddisfare requisiti dimensionali per cui ponendo [E(k)] = C[ k ] = [U 2 L]
si ricava = 2/3 e = 5/3.

10.4. TURBOLENZA OMOGENEA ED ISOTROPA

0.1
0.01
0.001
1e-04
1e-05
E(k) 1e-06
1e-07
1e-08
1e-09
1e-10
1e-11
0.01

191

5/3

range
inerziale
0.1

10

100

Figura 10.13: Spettro della turbolenza omogenea ed isotropa. La linea `e la legge di


potenza k 5/3 riportata per confronto.

192

CAPITOLO 10.

TURBOLENZA

Capitolo 11
Forze uidodinamiche e similitudini
Da un punto di vista ingegneristico, le grandezze di maggior interesse in uno studio
uidodinamico sono le forze che il uido esercita sul corpo, sia localmente che integrate
su tutta la struttura. Per esempio un aereo in volo si sostiene grazie alle forze di pressione
che il uido esercita sui pannelli di rivestimento dellala; la determinazione delle forze
locali sar`a importante per dimensionare lo spessore dei pannelli di rivestimento ed il
tipo di rivettatura mentre lentit`a della forza integrata sezione per sezione servir`a per il
dimensionamento della trave alare (longherone) (gura 11.1).

forze sulla
trave alare

forze di pressione
locali
Figura 11.1: Schema di forze locali ed integrate su unala tridimensionale.
Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, la soluzione per via analitica di problemi
uidodinamici `e relegata a casi estremamente semplici e di scarsissima applicabilit`a pratica
per cui di regola si ricorre allanalisi sperimentale. In questo caso, tuttavia, ci si scontra
immediatamente con problemi pratici che risulteranno immediatamente evidenti con un
esempio pratico.
Immaginiamo di voler determinare la forza di resistenza R alla quale `e sottoposto un
cilindro innitamente lungo investito da un usso ortogonale allasse.
Identichiamo le grandezze signicative per studiare il problema in:
193

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

194

U, D, a, ,
con U velocit`a del usso indisturbato, D diametro del cilindro, densit`a del uido,
viscosit`a dinamica del uido ed a velocit`a del suono.
Individuate le grandezze che inuiscono sulla resistenza R si tratta quindi di determinare una funzione f tale che
R = f (U, D, a, , ),
(11.1)
funzione che non possiamo denire teoricamente, ma solo tramite una prova sperimentale.
Volendo procedere in modo sistematico, per valutare linuenza di ogni parametro
sulla resistenza R, bisogna ssarne quattro e variare il rimanente per un numero discreto
di valori; per esempio, ssati D, a, e , eseguiamo le prove facendo variare la velocit`a
U . I dati che si ottengono formeranno una curva che sar`a tanto pi`
u continua quanto pi`
u
i valori di velocit`a per cui si sono eettuate le prove sono numerosi (gura 11.2).

a,D,,

a,U,,

Figura 11.2: Variazione della resistenza con la velocit`a ed il diametro lasciando invariati
gli altri parametri.
Per ogni serie di prove si otterrebbero quindi dei graci come quelli di gura 11.2
applicabili sono per il set di valori ssati. Appare allora chiaro che se volessimo esplorare
la dipendenza di R da U in modo completo dovremmo ripetere delle prove come quelle
riportate in gura 11.2 per tutti i possibili valori dei parametri.
Si arriva quindi facilmente alla conclusione che in un problema cos` semplice, accontentandoci di avere ogni curva interpolata su dieci punti, bisogna eettuare 105 prove
sperimentali per conoscere la dipendenza di R dai parametri selezionati 1 .
A parte limpossibilit`a pratica di eettuare un cos` elevato numero di prove, sorge
immediatamente il problema della fruibilit`a dei dati ottenuti: se immaginiamo infatti
di organizzare i risultati come in gura 11.2 otterremmo 104 graci la cui consultabilit`a
sarebbe sicuramente problematica. C`e inoltre il problema dei costi del modello in quanto
1

In realt`
a le prove sono molte di pi`
u in quanto oogni caso andrebbe ripetuto pi`
u volte per poter
calcolare un valore medio della resistenza e poter stimare lerrore di misura. Lasceremo comunque queste
considerazioni al di fuori della presente trattazione.

11.1. TEOREMA DI BUCKINGHAM ED ANALISI DIMENSIONALE

195

far variare D implica eettuare prove con cilindri di dimensioni diverse. Se invece del
cilindro si immagina di dover fare delle prove su un modello in scala di un aereo, di
unautomobile o di una nave (i cui modelli possono costare alcune decine di milioni) si
capisce immediatamente che c`e un solo modello a disposizione e da quello bisogna estrarre
tutta linformazione necessaria.
Evidentemente c`e un metodo sperimentale pi`
u semplice che permette eettuare un
ridotto numero di prove ed organizzare linformazione in modo razionale; questo metodo
si basa sulla teoria della similitudine dinamica che poggia le sue fondamenta sul teorema
di Buckingham.
La similitudine dinamica permette anche di rispondere ad unaltra domanda che ci si
deve porre quando si eettua un esperimento: se si eettuano le prove sperimentali su un
modello in scala, come si utilizzano le informazioni ottenute sul fenomeno di dimensioni
reali? Sebbene il quesito potrebbe sembrare banale, la risposta `e stata trovata solo nel
secolo scorso attraverso innumerevoli tentativi in diverse direzioni.

11.1

teorema di Buckingham ed analisi dimensionale

Il teorema di Buckingham si basa sullassunzione che le relazioni utilizzate siano dimensionalmente omogenee, ossia che tutti i termini di unequazione abbiano le stesse dimensioni.
Se questa ipotesi `e vericata si pu`o aermare che se un fenomeno `e governato da N parametri attraverso una relazione del tipo f (P1 , P2 , ..., PN ) = 0, , e questi N parametri
possono essere descritti da K dimensioni fondamentali (K numero minimo), `e allora possibile studiare il fenomeno tramite N K gruppi adimensionali j con una relazione del
tipo g(1 , 2 , ..., N K ) = 0.
Per passare dalla funzione f alla funzione g si deve individuare una base di K variabili
Pi che vengono utilizzate per adimensionalizzare le rimanenti e le K variabili devono avere
le seguenti caratteristiche:
1. contengano tutte le K dimensioni fondamentali;
2. siano tra loro indipendenti, cio`e non devono da sole costituire un gruppo adimensionale.
Riconsideriamo ora il precedente esempio del cilindro e vediamo come procedere praticamente:
Per prima cosa scriviamo le dimensioni relative alle grandezze che descrivono il fenomeno, indicando con L la lunghezza, M la massa e T il tempo
[R] = [M LT 2 ]
[U ] = [LT 1 ]
[] = [M L3 ]

196

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

[] = [M L1 T 1 ]
[D] = [L]
[a] = [LT 1 ]
da cui osserviamo che risulta K = 3 ( M , L, T ) e N = 6 ( R,U , a, , ) con N K = 3
si ha pertanto:
R = f (U, D, a, , ) 1 = g(2 , 3 ).
Per trovare i gruppi adimensionali 1 , 2 , 3 , utilizziamo il metodo delle variabili ripetute
che consiste nellisolare i K parametri in modo da far comparire tutte le dimensioni
fondamentali. Per esempio la terna ( U , D, a ) non `e accettabile poiche in queste variabili
manca la dimensione M , mentre la terna ( U , D, ) va bene perche contiene tutte le
dimensioni fondamentali M , L, T .
Consideriamo come K variabili D, U , , assicurandoci che i parametri scelti siano tra
loro indipendenti, cio`e la seguente equazione deve ammettere come unica soluzione quella
banale,
[D] [U ] [] = M 0 L0 T 0 ,
che equivalentemente si pu`o scrivere:
L L T M L3 = M 0 L0 T 0 ,
ed esplicitando i termini si ha:

+ 3 = 0

= 0
= 0.

Il sistema, avendo determinante non nullo, ha come unica soluzione = = = 0


e quindi la base `e indipendente; inoltre se la base non sodisfacesse la condizione 1, la
matrice del sistema conterrebbe una colonna nulla e quindi non avrebbe rango massimo;
di conseguenza la condizione 1 `e condizione necessaria per soddisfare la condizione 2.
Determiniamo i parametri adimensionali imponendo le seguenti condizioni:
1 = U D ,

2 = U D a,

3 = U D R

(11.2)

con , , costanti incognite, tali da rendere adimensionali i gruppi j , con j=1, 2, 3,


costruiti aancando al gruppo U D le variabili che non formano la base prese una
alla volta. Imponendo ladimensionalit`a dei gruppi formati si ottiene:

11.1. TEOREMA DI BUCKINGHAM ED ANALISI DIMENSIONALE

197

M 0 L0 T 0 = M L1 T 1 L T L M L3 = M (1+) L(1++3) T (1) ,





M 0 L0 T 0 = LT 1 L T L M L3 = M L(1++3) T (1) ,


M 0 L0 T 0 = M LT 2 L T L M L3 = M (1) L(1++3) T (2) ,

da cui, ponendo luguaglianza fra gli esponenti dei termini omologhi si ottengono i seguenti
gruppi adimensionali:
1 =

,
U D

2 =

a
,
U

3 =

R
.
U 2 D2

(11.3)

Con questi gruppi adimensionali si giunge quindi ad una relazione del tipo

R
a

=g
,
2
2
U D
U D U

(11.4)

che `e il risultato del teorema di Buckingham.


Bisogna notare che la determinazione della funzione g richiede ancora delle prove sperimentali ma con evidente vantaggio rispetto alla relazione originale (11.1). Imponendo
infatti le stesse richieste sulla sperimentazione, cio`e avere informazioni su curve ricavate
interpolando dieci punti, occorrono 102 esperimenti usando la funzione g contro i 105
necessari per determinare la funzione f. Analizzando lespressione (11.4) scopriamo che
la forza del teorema di Buckingham consiste nel riunire le variabili in gruppi adimensionali
ed escludere tutte quelle prove che danno lo stesso numero adimensionale. Per esempio
nella relazione (11.1) avremmo variato separatamente , U D e ognuno indipendentemente dallaltro mentre al contrario lespressione (11.4) ci dice che questi parametri
agiscono in modo combinato quindi qualunque set di valori di , U D e che fornisca lo
stesso valore per il gruppo /(U D) dar`a lo stesso risultato in g.
A patto di soddisfare le ipotesi di completezza dimensionale ed indipendenza, qualunque set di K variabili `e corretto per la determinazione dei gruppi adimensionali. Nel
caso precedente, ad esempio, le terne (a, D, ) o (, , U ) potevano essere ugualmente
utilizzate giungendo chiaramente ad una relazione nale diversa dalla (11.4) e contenente
dierenti gruppi adimensionali. Sebbene in linea di principio non ci sia una funzione g
migliore delle altre, praticamente `e invalso luso di alcuni gruppi adimensionali per i quali
`e disponibile una maggiore esperienza sperimentale ed una letteratura pi`
u vasta.
Loperazione precedente alla determinazione della funzione g, quindi, `e quella di rendere pi`
u comoda la sua espressione, per cui solitamente si cerca di ottenere gruppi
adimensionali noti. Notiamo a tal ne che da un punto di vista dimensionale un parametro si pu`o moltiplicare per un fattore numerico, oppure usarne linverso o sostituire un
suo termine con uno dimensionalmente equivalente senza alterarne il signicato. Chiaramente la funzione g assumer`a una forma completamente dierente ma ci`o non costituisce
un problema visto che `e ancora da determinare sperimentalmente. Riferendoci sempre

198

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

allesempio considerato osserviamo che i seguenti gruppi adimensionali sono largamente


usati in uidodinamica
Re =

U D
,

M=

U
,
a

cD =

,
1
U 2 S
2

(11.5)

dove S `e la supercie frontale del cilindro esposta alla corrente uida, Re `e il numero di
Reynolds, M `e il numero di Mach e cD `e il coeciente di resistenza.
La relazione (11.4) `e qundi equivalente alla seguente
cD = h(Re, M ),

(11.6)

per la quale sono disponibili molti risultati in letteratura.


La trasformazione di parametri adimensionali in una forma nota nasconde talvolta
delle insidie alle quali bisogna fare attenzione analizzando sicamente le operazioni compiute. Per esempio la sostituzione del primo membro della (11.4) con il termine cD implica
la moltiplicazione per un fattore 2 e la sostituzione di D2 con S. Se con S si intende la
supercie frontale del cilindro per unit`a di lunghezza allora loperazione `e lecita ma se, al
contrario, S = Dl `e la supercie frontale allora si `e introdotto involontariamente un altro
parametro che `e la lunghezza assiale del cilindro l e questo non `e ammesso a meno che
non si introduca a secondo membro il nuovo gruppo adimensionale l/D.
La sostituzione di S con Dl non `e ammessa in quanto nella (11.1) non era stata inizialmente contemplata la lunghezza del cilindro l tra le variabili del fenomeno. Questa
osservazione pone in risalto il fatto che la selezione iniziale delle variabili `e la fase pi`
u delicata di tutto il processo di analisi. La mancata inclusione di un parametro fondamentale
porterebbe infatti ad una relazione nale priva degli eetti sici pi`
u rilevanti. Al contrario, considerare dei parametri ininuenti produrrebbe delle relazioni nali inutilmente
complicate che renderebbero troppo costosa o impossibile la sperimentazione.

11.2

similitudine dinamica

La relazione (11.6) d`a la risposta ad una delle prime domande di questo capitolo cio`e:
come utilizzare i risultati ottenuti su un modello per il fenomeno in dimensioni reali?
Osserviamo infatti che nella (11.6) compaiono solo gruppi adimensionali e non c`e riferimento esplicito alle dimensioni del modello, questo implica che la funzione h si applica
ugualmente al fenomeno reale ed a quello in scala ed i dati ottenuti per un caso possono
essere applicati allaltro. La relazione (11.6) dice in particolare che se sono uguali i gruppi
adimensionali per fenomeno reale e fenomeno in scala allora saranno uguali anche i coefcienti di forza ossia i due fenomeni avvengono in condizioni di similitudine dinamica.
Se osserviamo poi che anche le equazioni della uidodinamica possono essere espresse in
forma adimensionale allora si vede che i campi di moto saranno cinematicamente simili
ossia i valori adimensionali di velocit`a pressione densit`a etc. saranno gli stessi in punti
corrispondenti.

11.2. SIMILITUDINE DINAMICA

199

Per riassumere possiamo dire che se due fenomeni sono geometricamente simili ed
hanno i gruppi adimensionali uguali allora avranno gli stessi coecienti di forza ed un
campo di moto cinematicamente simile permettendo di trasferire informazioni da un caso
allaltro.

fenomeno reale

fenomeno in scala
Dm
Rm
Um
m

Figura 11.3: Esempio di similitudine dinamica per un edicio investito dal vento.

Figura 11.4: Prova in galleria del vento di un modello di edicio e della sua interazione
con il centro abitativo circostante in determinate condizioni di vento.

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

200

Riferendoci sempre allesempio del cilindro immaginiamo che il fenomeno reale si svolga in aria a Re = 105 , per un cilindro di diametro D = 1m e lunghezza l = 2m mentre per
modello in scala 1 : 20 in acqua in condizioni di similitudine dinamica viene misurata una
resistenza Rm = 8N. Vogliamo calcolare quale sar`a la forza di resistenza sul prototipo. Co2
Sm ),
me primo passo calcoliamo il coeciente di resistenza del modello cD = 2Rm /(m Um
per il quale ci serve la velocit`a. Questa possiamo ricavarla dalluguaglianza dei numeri
di Reynolds Re = Rem = 105 , da cui, nota la viscosit`a cinematica dellacqua si ricava
Um = 2m/s. Dal calcolo del coeciente di resistenza si ottiene facilmente cD = 0.8 per
cui per il cilindro di dimensioni reali si avr`a R = U 2 ScD /2 = 1.N.

ESEMPIO
In un fenomeno di uidodinamica geosica in aria, si stima che lenergia dissipata
E `e funzione della velocit`a di rotazione del sistema, della velocit`a del uido
U , della sua densit`a , dellaccelerazione di gravit`a g e delle dimensioni caratteristiche del fenomeno l. In un laboratorio si riproduce il fenomeno in acqua in
scala fS e si misura unenergia dissipata Em . Calcolare lenergia dissipata nel
fenomeno reale. Se la velocit`a in laboratorio `e Um quanto vale la U del fenomeno
reale?
fs = 1 : 105

Em = 2.04 J Um = 0.003 m/s

Soluzione
La relazione `e del tipo E = f (, U, l, g, ) che, risultando N = 6 e K = 3, pu`o
essere scritta con 3 parametri adimensionali 3 = F (1 , 2 ). Dal metodo delle
variabili ripetute si ricava 1 = U/(l), 2 = g/(2 l) e 3 = E/(2 l5 ).
Dalluguaglianza dei parametri adimensionali tra esperimento
e fenomeno reale
4
17
si ottiene: E = Em /(m fs ) = 2.5297 10 J e U = Um / fs = 0.9486 m/s,
essendo fs = lm /l.

11.2. SIMILITUDINE DINAMICA

201
ESEMPIO

Lo scambio termico C di un dispositivo viene misurato dal rapporto tra la potenza


termica smaltita e la dierenza di temperatura ([C] = W/K). Da unanalisi
preliminare risulta che C = f (U, , k, T, L) in cui U `e la velocit`a, la densit`a
e k la diusivit`a termica del uido. T `e la dierenza di temperatura applicata
ed L una dimensione del dispositivo. Se lunica grandezza che varia `e U e per un
modello di dimensione Lm lo scambio termico vale Cm , quanto vale C per un un
dispositivo di dimensione L?
Lm = 0.4 m Cm = 80 W/K L = 2 m
Soluzione
In base al teorema di Buckingham essendoci N = 6 variabili e K = 4 dimensioni
fondamentali il fenomeno pu`o essere descritto mediante N K = 2 parametri adimensionali. Utilizzando il metodo delle variabili ripetute si ha una delle
possibili soluzioni:

CT
k
=g
.
U 3 L2
UL
In condizioni di similitudine dovranno risultare uguali i gruppi adimensionali ed
essendo U lunica grandezza che varia (oltre naturalmente ad L e C) si ottiene
k
k
Lm
= U = Um
=
,
UL
Um Lm
L
da cui C = Cm Lm /L = 16 W/K.

Cm T
CT
U 3 L2
=
=
C
=
C
m
3 L2
3 L2
U 3 L2
Um
Um
m
m

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

202

ESEMPIO
Il calore C che smaltisce un particolare dispositivo in aria a 15 o C `e espresso dalla
relazione C = f (g, T, , H, , ) con g accelerazione di gravit`a, T dierenza
di temperatura, coeciente di espansione termica, H dimensione principale,
viscosit`a cinematica e densit`a del uido. Se un modello in scala fS funzionante
in acqua alla temperatura di 20 o C per un dato Tm smaltisce il calore Cm ,
quale sar`a il T di funzionamento ed il calore smaltito dal dispositivo reale in
condizioni di similitudine dinamica?
fS = 1 : 7 Tm = 1.8 o C

Cm = 280 J

Soluzione
Dal teorema di Buckingham, risultando N = 7 e K = 4 si ha che la relazione
si pu`o esprimere tramite 3 parametri adimensionali. Prendendo come variabili
ripetute T , H, e si ottiene
C
=F
H 2

gH 3
, T ,
2

da cui si ricava facilmente T = Tm m / = 0.108 K e C =


Cm (H/Hm )(/m )(/m )2 = 435.93 J (con i valori per = 3.48 103 K1
per laria e m = 2.10 104 K1 per acqua).

11.3

similitudine distorta

Nellesempio del paragrafo precedente `e stato in realt`a commesso un errore che costituisce praticamente la regola in campo sperimentale. Ricordiamo, infatti, che la condizione di similitudine dinamica prevede che tutti i gruppi adimensionali che governano il
fenomeno debbano essere gli stessi per poter applicare i risultati della simulitudine dinamica. Considerando che la velocit`a del suono in acqua `e di circa 1500m/s si ha che
se calcoliamo il numero di Mach di esperimento e fenomeno reale si ha, rispettivamente Mm = Um /am = 0.0013, M = U/a = 0.0044; poiche risulta M = Mm verrebbe da
concludere che la similitudine dinamica non `e rispettata!
Prima di tirare delle conclusioni, vediamo mediante un esempio con parametri leggermente dierenti se `e possibile mantenere la similitudine dinamica in qualche altro modo.
Si consideri il problema del cilindro in cui siano assegnati i seguenti dati:
D = 1.5 m,

U = 50 m/s,

Dm = 30 cm

Abbiamo per i parametri adimensionali:


Re =

Ud
U d
=
;

Rem =

m Um Dm

11.3. SIMILITUDINE DISTORTA

M=

203

U
;
a

Mm =

Um
am

Un primo modo per avere lo stesso numero di Reynolds `e quello di aumentare di cinque
volte la velocit`a del usso lasciando invariate le altre grandezze. In questo modo si ottiene
lo stesso numero di Reynolds, ma diverso numero di Mach
Mm = 0.7.

M = 0.147,

Proviamo allora a cambiare il uido, considerando lacqua al posto dellaria, e utilizziamo una velocit`a per il modello tale da conservare la similitudine dinamica del numero
di Reynolds:
Re = Rem

Um =

Um = 5

Ud
Um Dm
=
aria
acqua

acqua d
U
aria Dm

1
50 = 25 m/s
10

Anche se la similitudine del numero di Reynolds `e rispettata, non lo `e quella del numero
di Mach; infatti
M = 0.147
Mm =

Um
25
=
= 0.016
am
1500

Sembrerebbe che non ci sia via di uscita perche qualunque accorgimento si cerchi di
adottare nasconde comunque degli inconvenienti dovuti al fatto che non si riescono a
ssare i parametri in conformit`a con le regole dellanalisi dimensionale 2 .
In realt`a sebbene le due soluzioni proposte sembrano essere equivalenti in quanto portano entrambe ad un dierenza nel numero di Mach da un punto di vista uidodinamico
sono profondamente dierenti e mentre la prima risulta inaccettabile, la seconda costitui` infatti noto nella uidodinamica
sce la procedura eettivamente adottata nei laboratori. E
2

Una possibilit`
a estrema `e usare lo stesso uido ma aumentarne la densit`a nellesperimento M = 5,
mantenendo la velocit`
a del modello pari a quella del prototipo e conservando luguaglianza del numero di
Mach. Laumento della densit`
a del uido pu`
o essere ottenuta, per esempio, aumentandone la pressione
e contemporaneamente diminuendone la temperatura (per evitare laumento della velocit`
a del suono)
anche se questa soluzione risulta estremamente costosa e pericolosa per la presenza di gas in pressione. In
aggiunta questo stratagemma diventa tanto pi`
u oneroso quanto pi`
u diventa grande la scala del modello
e produce delle forze estremamente elevate sui modelli a causa della crescita con m della pressione
dinamica.

204

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

che gli eetti della comprimibilit`a in un usso divengono apprezzabili solo per numeri di
Mach > 0.3 mentre al di sotto di questo valore di soglia il usso si comporta come incomprimibile. Questo implica che per M 0.3 il numero di Mach non `e un parametro che
governa il usso e quindi pu`o essere trascurato. Alla luce di questo risultato appare allora
chiaro che la prima soluzione che d`a Mm = 0.7 non fornir`a dati in similitudine dinamica in
quanto il usso sar`a inuenzato da eetti di comprimibilit`a che sono assenti nel fenomeno
reale. Al contrario la seconda soluzione con Mm = 0.016 fornir`a dei risultati in perfetta
similitudine dinamica nonostante la dierenza tra i numeri di Mach. In questa categoria
di ussi ricade anche lesempio della sezione precedente i cui risultati sono quindi corretti.
Questi esempi di similitudine vengono chiamati di similitudine distorta per distinguerli
dalla similitudine esatta in cui tutti i parametri adimensionali sono uguali. In questo
campo non ci sono delle regole sse ma ci si ada piuttosto alla sensibilit`a ed esperienza
dello sperimentatore che conosce quali paramentri pu`o trascurare e quali invece deve
preservare fedelmente per ottenere risultati utilizzabili in pratica.

11.4

Studio di ussi particolari

In questa sezione mostreremo attraverso degli esempi tipici come si applica lanalisi dimensionale a problemi applicativi. Rimane inteso che i seguenti esempi sono solo alcuni
tra i problemi pi`
u comuni mentre, in generale, bisogna ricorrere alla teoria per trovare i
gruppi adimensionali di interesse.

11.4.1

Flusso intorno a corpi immersi

In questa categoria ricadono tutti i ussi in cui uno stesso uido bagna completamente
uno o pi`
u corpi e non sono presenti fenomeni di supercie libera. Un vento in atmosfera
che investe un palazzo, unautomobile che corre in autostrada, un aereo in volo di crociera
o un sottomarino in immersione profonda sono tutti ussi intorno a corpi immersi. Al
contrario, una nave in mare aperto o persino un sottomarino con il periscopio in emersione
(ossia con lo scafo immerso di qualche metro) non possono essere analizzati nellambito di
questa schematizzazione in quanto i fenomeni di deformazione della supercie libera non
vengono contemplati nella scelta dei parametri di interesse.
Indicando con q una generica grandezza da determinare la relazione che si utilizza per
questa tipologia di problemi `e la seguente:
q = f (L, l, , , , U, a)
in cui L `e la dimensione caratteristica del corpo, l tiene in conto le altre dimensioni
(eventualmente l pu`o essere del tipo li i = 1, ...., M per corpi di geometria complessa),
caratterizza la rugosit`a superciale, `e la densit`a del uido, la sua viscosit`a dinamica,
U la velocit`a della corrente indisturbata ed a la velocit`a del suono. Unispezione delle
dimensioni dei parametri elencati rivela immediatamente K = 3 per cui se q non introduce

11.4. STUDIO DI FLUSSI PARTICOLARI

205

dimensioni aggiuntive la relazione di sopra si pu`o mettere nella forma


l U D U
q = g
, ,
,
L L
a

Il primo parametro d`a le dimensioni delloggetto in forma adimensionale, il secondo `e la


rugosit`a relativa, il terzo il numero di Reynolds ed il quarto il numero di Mach. Dalla
relazione di sopra si pu`o osservare che, dando per scontata la similitudine geometrica (il
che include anche la condizione sulla rugosit`a superciale), il parametro q dipende solo
dal numero di Reynolds Re e dal numero di Mach M a.
Prendiamo come esempio un aereo la cui velocit`a di crociera sia U = 400Km/h ed un
suo modello in scala 1 : 10 e proviamo a calcolare il rapporto tra le forze di resistenza D.
Supponendo rispettati i rapporti l/L ed /L, imponiamo preliminarmente la similitudine
sul numero di Reynolds assumendo di utilizzare lo stesso uido per cui = m . Osserviamo immediatamente che se pensassimo di aumentare la velocit`a del modello di un fattore
10 per compensare il fattore di scala geometrico otterremmo una velocit`a Um = 4000Km/h
 1100m/s che `e chiaramente inaccettabile in quanto in regime ampiamente supersonico
e quindi non renderebbe possibile nemmeno la similitudine distorta.
Se decidiamo allora di lasciare invariata la velocit`a della prova U = UM lunica possibilit`a che ci rimane `e aumentare la densit`a del uido del modello di dieci volte rispetto
a quella del prototipo, preservando cos` tanto la similitudine in Re quanto quella in M a.
Ricordando ora che il coeciente di resistenza `e uguale per il modello e per il prototipo,
possiamo scrivere per le forze:
cD = cDm
D
1
U 2 L2
2

Dm =

Dm
1
U 2 L2
2 m m m

m L2m
D
L2

Dm =

1
D
10

con D e Dm forza di resistenza rispettivamente sul prototipo e sul modello.


Un modo sicuramente pi`
u semplice per eettuare questa prova, consiste nel cambiare
tipo di uido ed utilizzarne uno con viscosit`a minore di quella dellaria. In questo caso
si deve quasi sicuramente rinunciare alla similitudine in Mach, tuttavia essendo il Mach
del prototipo M a  0.32 si `e giusto al limite per poter trascurare gli eetti della comprimibilit`a ed un qualunque esperimento con un Mach minore del valore trovato darebbe
risultati simili.
Viene lasciato al lettore, come facile esercizio, lo studio della similitudine con un uido
dierente.

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

206

ESEMPIO
In una galleria del vento viene posto un modello di sciatore durante un salto (sci
nordico) con una dimensione caratteristica di 40 cm ed investito da una velocit`a
di 67.5 Km/h in una corrente dacqua. Sapendo che la resistenza e la portanza
misurate sul modello sono rispettivamente 4500 N e 5400 N, calcolare le forze
corrispondenti avvertite da uno sciatore con dimensione caratteristica di 2 m in
condizioni di similitudine dinamica. Perche lesperimento non `e stato fatto in
aria?
L
D

Soluzione
In condizioni di similitudine dinamica modello e sciatore devono avere lo stesso
Reynolds Um Lm /m = U L/, U = /m Lm /L Um = 50. m/s. I coecienti
2
di forza devono essere gli stessi risultando: cL = 2Lm /(m Um
Sm ) e quindi L =
2
2
U ScL = 1190.4 N (avendo usato la relazione S/Sm = L /L2m ). Procedendo
analogamente per la resistenza si ha D = 992 N.
Se lesperimento fosse stato fatto in aria, per mantenere la similitudine sul numero
di Reynolds sarebbe stata necessaria una velocit`a Um = 281.2 m/s sconnando
cos` nel campo dei ussi comprimibili.

11.4. STUDIO DI FLUSSI PARTICOLARI

207

ESEMPIO
Un grattacielo alto h con una pianta quadrata di supercie S deve essere costruito
in una zona dove mediamente si hanno venti di velocit`a massima U con un prolo
come in gura. Facendo le prove su un modello in scala fS in condizioni di
similitudine dinamica si ottiene un coeciente di resistenza pari a CD (basato
sul valore di velocit`a media). Calcolare il valore della resistenza del grattacielo
e le condizioni per un esperimento in acqua.

h = 150 m
CD = 0.85
a = h/3
2
S = 900 m U = 15 m/s fS = 1 : 75
Per il calcolo della resistenza utilizzare la
h
supercie frontale del
grattacielo.

Soluzione
La velocit`a media `e data da:



 h
1h
1  a Uy
1 Ua
U=
U dy =
U dy =
dy +
+ U (h a) = 12.5 m/s.
h 0
h 0 a
h 2
a
2

Per la resistenza D = U SF CD = 3.705 105 N (essendo SF la supercie frontale


del grattacielo pari a SF = 30 150 = 4500 m2 .
Per lesperimento, dovendo uguagliare i numeri di Reynolds si avr`a U L/ =
U m Lm /m U m = U L/Lm m / = 62.5 m/s.

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

208

ESEMPIO
Per determinare la portanza di un aereo al decollo in atmosfera standard viene eettuato un esperimento in galleria del vento su un modello in scala fS e
per mantenere la similitudine dinamica viene pressurizzata la galleria del vento.
Calcolare la pressione di esercizio dellesperimento sapendo che il rapporto tra
la velocit`a del prototipo e quella del modello `e U/Um . Sapendo inoltre che sul
modello viene misurata una portanza Lm calcolare la portanza sul prototipo.
Ipotizzare uguali le temperature delU/Um = 1/3
fs = 1 : 20
laria nellesperimento e nel fenome- L = 90500 N
m
no reale.
Soluzione
Un aereo al decollo ha velocit`a ancora contenute, il parametro fondamentale di
similitudine sar`a quindi il numero di Reynolds. Re = Rem implica che m / =
m U L/(Um Lm ) = 1 U/Um 1/fS = 6.66 ossia, essendo i due fenomeni alla
stessa temperatura (p = const.) pm = 6.66p0 = 6.66 atm.
Dalluguaglianza tra i coecienti di portanza L = Lm /m (U/Um )2 S/Sm =
603340 N.
ESEMPIO
Misurando il coeciente di resistenza di un albero mediante un modello in galleria
del vento in scala fs si ottiene un valore CD . Sapendo che lalbero viene investito
da un vento di velocit`a U calcolare le condizioni sperimentali per realizzare la
similitudine. Se la supercie frontale dellalbero pu`o essere stimata come S =
0.55H 2 calcolare le forze di resistenza sullalbero e sul modello.
U

fs = 1 : 8
H = 16 m
U = 12 m/s CD = 1.22

Soluzione
Anche valga la similitudine dinamica ci deve essere luguaglianza tra i numeri
di Reynolds per lalbero e per il modello in galleria del vento Re = Rem , ossia
U L/ = Um Lm /m . Trattandosi per entrambi i casi di aria a pressione ambiente
si ha = m e quindi Um = U L/Lm = U/fS = 96 m/s (notare che non `e
importante denire la grandezza L in quanto alla ne entra in gioco solo il fattore
di scala fS ). Quindi dalla denizione di resistenza: D = U 2 (0.55H 2 )CD /2 =
2
2
(0.55Hm
)CD /2 = 15138 N.
15138 N e Dm = m Um

11.4. STUDIO DI FLUSSI PARTICOLARI


ESEMPIO
Nel primo tentativo di volo con esito positivo (1903) i fratelli Wright usarono un
aereo con supercie alare S, apertura alare L che, utilizzando una potenza P ,
vol`o per alcune decine di secondi ad una velocit`a U . Calcolare il coeciente di
resistenza dellaereo. Sapendo che la galleria del vento dei fratelli Wright non
poteva contenere modelli pi`
u grandi di Lm , dire se questi furono in grado di
eettuare esperimenti in similitudine dinamica.
S

S = 57 m2
L = 13.44 m
U = 60 Km/h P = 5100 W
Lm = 40 cm

Soluzione
Dalla relazione P = DU (con D la forza di resistenza) si pu`o scrivere P =
U 3 SCD /2 da cui CD = 2P/(U 3 S) = 0.0311. Per avere la similitudine dinamica
modello e prototipo devono avere lo stesso numero di Reynolds (per queste basse
velocit`a di volo), ne consegue che Um Lm /m = U L/ ossia Um = U L/Lm =
560 m/s. Questa velocit`a purtroppo a temperatura ambiente darebbe un valore
del numero di Mach pari a M a = 1.64 il che invaliderebbe completamente i
risultati dellesperimento. (A parte il fatto che la galleria del vento dei fratelli
Wright non era in grado di raggiungere velocit`
a cos` elevate, a quei tempi non
erano nemmeno noti gli eetti del numero di Reynolds sui coecienti di portanza
e resistenza. Infatti i fratelli Wright eettuarono le prove in galleria a numeri
di Reynolds considerevolmente pi`
u bassi di quelli di volo ottenendo dei risultati
solamente indicativi per le prestazioni del prototipo.

209

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

210

ESEMPIO
Un cartellone pubblicitario di supercie S viene investito da un vento costante
di velocit`a U e necessita di due pali di sostegno per contrastare lazione della
corrente. Se un cartellone geometricamente simile (anche nella lunghezza dei
pali) di supercie tripla venisse investito da una corrente a velocit`a doppia di
quanti pali (identici ai precedenti tranne che per la lunghezza) si avrebbe bisogno
per mantenere i pali in posizione?
U
S

Suggerimento: considerare in entrambi i casi il usso in regime di


turbolenza sviluppata ed approssimare il numero dei pali allintero pi`
u
vicino.

Soluzione
Sul cartellone agir`a una resistenza D =
U 2 SCD /2 che generar`a un momento alla base dei pali 2Ml = M = Dl, con Ml il momento
sopportato da ogni singolo palo. Per il cartellone
2
Sm CD /2lm ,
in scala si avr`a Mm = Dm lm = Um
dove si e tenuto conto che il CD `e lo stesso in
entrambi i casi in quanto il usso `e in regime di
turbolenza sviluppata. Ponendo Mm = nMl e
ricavando il CD dallespressione di M si ottiene


Um
n=
U

Sm lm
2 = 4 3 3 42,
S l

avendo approssimato il risultato allintero pi`


u
prossimo.

11.4.2

Flussi con supercie libera

Quando un corpo si muove tra due uidi immiscibili o, in modo equivalente uno dei due
uidi si muove in presenza o meno di un corpo, si ha inevitabilmente la deformazione
dellinterfaccia tra i uidi con la generazione di onde o comunque di fenomeni che coinvolgono scambi tra energia cinetica e potenziale. Due esempi tipici di questi ussi sono una
nave che produce delle onde durante la sua navigazione oppure dellacqua che passa da un
bacino idrico ad un ume attraverso una diga. Su una scala pi`
u piccola questi fenomeni
si possono osservare anche in un bicchiere, mettendo sul fondo uno strato dacqua ed in

11.4. STUDIO DI FLUSSI PARTICOLARI

211

supercie uno dolio. Agitando il bicchiere si osserva la formazione di onde interne la


cui dinamica `e appunto regolata da fenomeni di supercie libera.
Per questi ussi una qualunque quantit`a incognita q sar`a esprimibile tramite una
relazione del tipo:
q = f (, , U, g, , , L, l)
in cui g `e laccelerazione di gravit`a e la tensione superciale. In base al teorema di
Buckingham, questa espressione `e equivalente alla seguente forma:

l U U L LU 2
, , ,
,
q = h
L L gL

(11.7)

in cui compaiono i nuovi parametri


We =

LU 2

U
Fr = ,
gL

che sono rispettivamente il numero di Weber ed il numero di Froude. Il primo tiene in


conto tutti i fenomeni relativi alla tensione superciale e sar`a importante per descrivere
la dinamica su piccola scala. Il numero di Froude, al contrario, esprime il rapporto tra
le forze dinerzia e quelle di gravit`a ed `e un parametro rilevante per tutti i fenomeni che
coinvolgono bilanci di energia potenziale.
I parametri l/L ed /L sono gli stessi discussi nella sezione precedente e coinvolgono la similitudine geometrica. Questi di solito si suppongono simili anche se mantenere la similitudine sulla rugosit`a relativa pu`o alle volte risultare di dicile realizzazione
sperimentale.
Il numero di Reynolds esprime al solito il rapporto tra le forze dinerzia e quelle viscose
e la sua inuenza sul fenomeno va valutata caso per caso. Nei ussi intorno a carene di
navi o dighe, il numero di Reynolds `e solitamente dellordine delle centinaia di milioni o
miliardi indicando che il usso si trova in regime di turbolenza sviluppata. In questo caso
la dipendenza del usso dal numero di Reynolds diventa trascurabile rispetto agli eetti
degli altri parametri e pu`o essere semplicato dalla relazione (11.7). Questa operazione,
tuttavia, nasconde uninsidia in quanto leliminazione di Re dalla (11.7) non implica che
nel fenomeno non ci sono eetti viscosi ma solo che la loro entit`a non dipende dal valore
del numero di Reynolds; ci`o implica che quando si realizza lesperimento in scala si deve
essere sicuri che questo avvenga in regime di turbolenza sviluppata cos` come nel fenomeno
reale.
Consideriamo come esempio il caso di una diga con dimensione caratteristica L = 20m
e portata pari a Q = 125 m3 /s, il cui modello `e in scala 1 : 15 da cui risulta che Lm =
L/15 = 1.33 m.
La scala di velocit`a nella diga reale sar`a U = Q/cL2 x con c costante che dipende dalla
geometria della diga e la portata del modello `e quindi
Qm = cUm L2m .

212

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

Poiche in questo caso ne il numero di Weber ne quello di Reynolds contano, imponiamo


la similitudine sul numero di Froude:

Um =

U
Um
= ,
gm L m
gL

gm
g

1/2 

Lm
L

1/2

Q
,
cL2

essendo g = gM . Dai calcoli fatti sulla scala delle velocit`a del prototipo e sulla portata
smaltita dal modello, risulta:
1 Q
,
Um =
15 cL2

1 Q 2
L = 0.143 m3 /s.
Qm = c
2 m
cL
15
Vediamo cosa accade alla scala dei tempi:
TU
Tm Um
,
=
L
Lm

Tm =

U Lm
T =
Um L

Q
Tm =
Qm

Lm
L

Q
cL2
Qm
cL2m

Lm
T,
L

3

T = 0.258T.

Il risultato ottenuto indica che lanalisi dimensionale permette di costruire modelli nei
quali il fenomeno si sviluppa pi`
u velocemente. Quindi se il fenomeno impiega 24 ore
per svilupparsi nella diga, nel modello impiega solo 6 ore, per cui `e possibile, per esempio, prevedere tempestivamente levoluzione di un incidente con una sperimentazione in
laboratorio.

11.4. STUDIO DI FLUSSI PARTICOLARI

213

ESEMPIO
Per un prototipo di nave lungo 200 m, del peso di 105 tonnellate e con velocit`a
di crociera di 18 nodi, viene realizzato un modello in scala fS = 1 : 30. Calcolare
le condizioni sperimentali per una prova sul modello in similitudine dinamica.
Quale dovr`a essere il peso del modello? Citare gli accorgimenti che dovranno
essere presi per gli eventuali parametri non in similitudine (similitudine distorta).
Soluzione
In questo problema, avendo la supercielibera un ruolo
fondamentale bisogna
= Um / gm Lm , ed essendo le acmantenere la similitudine in Froude U/ gL 

celerazioni di gravit`a identiche si ha Um = U Lm /L = U fS = 3.286 nodi =


1.69 m/s.
Se il rapporto di scala tra le dimensioni lineari `e fS , il rapporto tra i volumi sar`a
fS3 e lo stesso dovr`a risultare per le forze peso. Quindi Pm = P/fS3 = 3703 Kg.
Per il numero di Reynolds, se si usa lo stesso uido ( = m ) si avr`a: Rem =

3/2
Um Lm /m = U fS LfS 1/ = Re fS . Essendo i numeri di Reynolds diversi
(similitudine distorta) si dovr`a essere sicuri che entrambi i ussi siano nello stesso
regime (turbolento).
ESEMPIO
Per studiare le caratteristiche di una diga ne viene realizzato un modello in scala
FS . Se la portata che smaltisce il modello `e Qm , quale sar`a la portata smaltita
dalla diga reale? Commentare le ipotesi fatte ed il tipo di similitudine ottenuta
(esatta o distorta).
ricorda: dimensionalmente una portata in volume `e data da una velocit`a fs = 1 : 200 Qm = 90 l/m
per una supercie.
Soluzione
Essendo unfenomeno consupercie libera bisogna
in
 preservare la similitudine

Froude. U/ (gL) = UM / (gLM ) da cui U = UM (L/LM ) = UM (1/fS ).


5/2

La portata sar`a Q = U S = UM (1/fS ) SM /fS2 = QM /FS


(848.5m3 /s).

11.4.3

= 5.09 107 l/min

Flusso nelle macchine rotanti

Rispetto agli esempi precedentemente elencati, nelle macchine rotanti entra come parametro fondamentale la velocit`a di rotazione. Una qualunque grandezza q si pu`o quindi
esprimere dalla relazione
q = f (L, l, , Q, , , )
essendo Q la portata smaltita dalla macchina ed la sua velocit`a di rotazione. Si noter`a
che non `e stata inserita una scala di velocit`a U in quanto questa `e ricavabile sia dal

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

214

rapporto tra portata Q ed una supercie caratteristica (S L2 ) sia dalla velocit`a di


rotazione attraverso U = L. Ricorrendo al teorema di Buckingham la relazione appena
scritta si riduce a:

l Q L2 L
,
.
, ,
,
q = g
L L L3

a
I parametri l/L e /L sono ssati dalla similitudine geometrica mentre il numero di
Reynolds Re = L2 / pu`o essere trascurato se il regime di usso tra prototipo e modello
`e lo stesso. Per il numero di Mach M = L/a valgono le considerazioni fatte nei precedenti
esempi, quindi si pu`o trascurare se prototipo e modello lavorano entrambi nel regime
M 0.3 altrimenti sar`a un parametro di similitudine da rispettare. Il rapporto Q/(L2 )
`e il coeciente di usso cQ ed `e un parametro fondamentale per la similitudine.
Nelle macchine rotanti il parametro q pu`o essere il rendimento , il coeciente di
prevalenza cH oppure il coeciente di potenza cP , deniti come segue:
=

PU
,
PI

cH =

gh
,
2 L2

cP =

PI
,
2 L2

con PI potenza immessa, PU potenza utile ed h la prevalenza cio`e laltezza della colonna
uida equivalente alla dierenza di pressione che la macchina pu`o creare (nel caso si tratti
di una pompa).

efficienza

h (m)
20

prevalenza

15

100
80
60
40
20
0

4.2

10
5

1.4

0
0.063

.16

.020

.10

0.126 0.189
Q (m 3/s)

0
0.252

.015 C

CP

2.8

potenza

C
.21

P (kw)
5.6

100
80
60
40
20
0

.010

.05

.05

0
0

0.025

0.050
CQ

0.075

0.10

Figura 11.5: Curve caratterstiche di un pompa (curve dimensionali ed adimensionali).


Supponiamo di volere determinare le caratteristiche di una pompa che abbia dimensione L = 8inch, ed = 1200rpm operante nelle condizioni di massima ecienza, note
le caratteristiche di una pompa geometricamente simile con dimensione caratteristica di
LM = 12inch funzionante alla velocit`a di rotazione M = 1000rpm.
Dalle curve caratteristiche con le quantit`a dimensionali si ricavano delle curve analoghe
per i parametri adimensionali come `e mostrato in gura 11.5. Dal graco (, cQ ) si ricava

11.4. STUDIO DI FLUSSI PARTICOLARI

215

per le condizioni di massima ecienza cQ = 0.0625, e dalla sua denizione il valore della
portata Q = cQ L3 = 0.176 m3 /s.
Conoscendo il valore di cQ , determiniamo dal graco (cP , cQ ) il valore del coeciente
di potenza pari a 0.015 e, ricordando che il uido `e acqua, calcoliamo la PI dalla seguente
relazione:
PI = cP 3 L3 = 405KW

Inne dal graco (cH , cQ ) calcoliamo il valore di cH e, di conseguenza, quello di h come


segue:


h = cH L2 2 /g = 18.34m

ESEMPIO
Il salto di pressione attraverso una pompa di forma assegnata `e p =
f (D, , , Q) essendo D una dimensione caratteristica, la velocit`a di rotazione, la densit`a del uido e Q la sua portata. Un modello funzionante in
acqua di diametro Dm , alla velocit`a angolare m fornisce una curva come in
gura. Stimare il p per una pompa geometricamente simile di dimensione D
operante in acqua alla velocit`a angolare .
p (KPa)
56
42

m = 40 rad/s Dm = 25 cm
= 60 rad/s
D = 32 cm

28
14
Q (m3/s)
.015

.03

.045

.06

Soluzione
Dalle relazioni fornite si nota che ci sono N = 5 grandezze in gioco descritte
dimensionalmente da K = 3 dimensioni fondamentali. In base al teorema di
Buckingham si ha che lo stesso fenomeno pu`o essere descritto da N K =
2 parametri adimensionali. Lapplicazione del metodo della variabili ripetute
(scegliendo come terna fondamentale D, e ) fornisce 1 = p/(D2 2 ) e
2 = Q/(D3 ). Noti quindi D ed di modello e prototipo `e possibile riscalare
la curva in gura ed ottenere il p per la pompa simile.

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

216

ESEMPIO
Si supponga che la prevalenza H di una pompa sia esprimibile tramite la relazione
H = f (W, , , l, ) in cui W `e la potenza assorbita, la velocit`a di rotazione,
e la densit`a e la viscosit`a cinematica del uido di lavoro ed l una dimensione
caratteristica. Sapendo che un modello di dimensione lm con uido acqua assorbe
una potenza Wm ed ha una prevalenza Hm , calcolare W ed H per una pompa
geometricamente simile in scala f = 2.3 : 1 (ossia il prototipo `e 2.3 volte pi`
u
grande del modello) che lavora in olio in similitudine dinamica.
Hm = 21 m
lm = 16 cm
f = 2.3 : 1 olio = 105 m2 /s
Soluzione

Wm = 6.1 kW
olio = 850 Kg/m3

Applicando il teorema di Buckingham risulta N = 6 e K = 3 per cui si pu`o


esprimere la relazione con 3 parametri adimensionali.

H
, 2
.
=g
3
5
l
l l
Uguagliando i parametri adimensionali si ottiene quindi H = Hm l/lm = Hm f =
48.3 m.

= m

11.5

lm
l

2 

,
m

W = Wm
m

5 

lm

3

= Wm

lm
m l

3

= 1.604 Mw.

Flusso in circuiti chiusi

Nella classe dei ussi in circuiti chiusi rientrano tutti quei ussi in cui un uido scorre
allinterno di un sistema tubi, contemplando anche eventuali variazioni di sezione, gomiti,
valvole, rubinetti etc., come in gura 11.6. Bisogna notare che laggettivo chiuso del
circuito non si riferisce al fatto che il circuito si chiuda su se stesso ma allassenza di
superci libere che vanno trattate come mostrato precedentemente.
In questa categoria di ussi, detta q la generica quantit`a da determinare possiamo
scrivere
q = h(l, D, , , , U ),
che, applicando il teorema di Buckingham, pu`o essere ridotta alla forma

l U D
.
, ,
q = g
D D

(11.8)

In questa relazione, al solito, il rapporto l/D descrive la geometria del sistema, la rugosit`a

11.6. LEGGE DI DARCY-WEISBACH

217

relativa /D esprime la natura della supercie delloggetto, mentre il numero di Reynolds


U D/ esprime il regime di moto del usso nel condotto.

l4

d3

l3
U

d1

d2

l1

l2

Figura 11.6: Esempio di usso in circuiti chiusi.


Come esempio consideriamo una valvola con una dimensione caratteristica D = 60cm
e supponiamo che smaltisca una portata Q = 0.1 m3 /s. Ci chiediamo quale deve essere la
portata di un modello in scala con dimensione Dm = 7.5cm.
Osserviamo che, essendo un problema in scala, sono rispettati i rapporti l/D e /D,
per cui rimane da vericare la similitudine sul numero di Reynolds.
Dalla portata della valvola, possiamo calcolare una scala di velocit`a per il prototipo
U = Q/D2
quindi, imponendo luguaglianza del numero di Reynolds:
UD
Um Dm
Dm
=
U,
, = Um =

m
Dm
ed assumendo di utilizzare lo stesso uido nellesperimento e nel fenomeno reale ( = m ),
Um =

0.60 0.1
1 = 2.22 m/s.
0.075 0.36

Con questa velocit`a e con il diametro del modello siamo quindi in grado di calcolare
la portata richiesta
2
= 0.0125 m3 /s.
Qm = Um Dm

11.6

Legge di Darcy-Weisbach

Sebbene la trattazione di questi usso rientri a tutti gli eetti nellambito dellanalisi
dimensionale, la rilevanza pratica di circuiti per il trasporto di uidi ha dato origine a
delle formule empiriche di grande utilit`a nelle applicazioni pratiche.

218

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

Consideriamo un tubo a sezione circolare di lunghezza l e diametro costante D attraverso cui passa una portata Q di un uido viscoso; assumendo il usso incomprimibile
possiamo mettere un relazione la velocit`a media nel tubo con la portata attraverso
Q=

(U D2 )
.
4

Per questo usso, essendo gli eetti viscosi non trascurabili, non sarebbe possibile
applicare lequazione di Bernoulli, tuttavia, aggiungendo un termine correttivo h che
tenga conto degli eetti viscosi si pu`o porre:
p2 U22
p1 U12
+
+ gz1 =
+
+ gz2 + gh.

(11.9)

Dalla conservazione della massa si deduce che, essendo il diametro costante, le velocit`a
nelle due sezioni sono uguali e quidi lequazione di Bernoulli diventa:
p1
p2
+ gz1 =
+ gz2 + gh,

(11.10)

e, se si suppone inoltre nulla la variazione di quota delle sezioni del condotto, si ha


p1
p2
p1 p2
=
+ gh, = h =
.

(11.11)

Linterpretazione sica di questa relazione `e che leetto dei termini viscosi `e equivalente ad una sezione di uscita posta ad una quota pi`
u alta di h rispetto alla sezione
di entrata oppure, in base alla (11.10), a parit`a di p la presenza dei termini viscosi
diminuisce di h la quota massima raggiungibile
z2 =

p
+ z1 h.
g

Esplicitando invece la relazione precedente rispetto a z1 si nota che partendo dalla


quota z2 , ed arrivando alla quota z1 < z2 , (mantenendo una portata Q) si genera un
dierenza di pressione minore rispetto al caso non viscoso
gz1 = gz2 p + gh.
In denitiva sia per portare in quota il uido che per farlo tornare indietro occorre sempre
una dierenza di pressione pi`
u grande del caso non viscoso e ci`o esprime la dissipativit`a
del termine h in contrasto con la reversibilit`a della trasformazione dellenergia potenziale
in energia cinetica nel caso ideale.
Per mettere ora in relazione le perdite dovute agli eetti viscosi con le grandezze
adimensionali osserviamo che possiamo esprimere la dierenza di pressione alle estremit`a
del tubo come

l U D
p
=
.
, ,
1
D D
U 2
2

11.6. LEGGE DI DARCY-WEISBACH

219

Figura 11.7: Diagramma di Moody.

In base ad innumerevoli osservazioni sperimentali `e stato visto che leetto del parametro l/D interviene linearmente nella funzione il che implica sicamente che le perdite
per attrito in un tubo di lunghezza 2l saranno doppie rispetto ad un tubo identico ma di
met`a lunghezza (nel caso in cui il usso allinterno del tubo sia in regime di turbolenza
sviluppata) 3 . Questo risultato implica

l
p
U D
=
,
1
2
D
D
U
2
3

Notiamo
che ci`o non si verica nel regime laminare in quanto in uno strato limite la forza
di resistenza
a perdite per attrito che sono solo 2 volte pi`
u
cresce come l e quindi una lastra di lunghezza 2l avr`
grandi di una di lunghezza l

220

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

per cui denendo il fattore dattrito f


p D
U D
f = 1 2 =
,
D
U l
2

si ottiene
p
1
U 2
2

l
f.
D

Ricordando inne dalla (11.11) che h = p/g si giunge alla legge di Darcy-Weisbach:
h=

1 U2 l
f,
2 g D

(11.12)

che consente di calcolare le perdite per eetti viscosi nota la geometria del condotto (l/D),
la velocit`a media del usso (U ) ed il fattore dattrito f .
Osservando criticamente la relazione (11.12) dovremmo concludere che non abbiamo
fatto alcun passo in avanti in quanto abbiamo espresso una quantit`a incognita h in funzione
del fattore dattrito f che non `e noto a priori. In realt`a il fattore dattrito si determina
facilmente dal diagramma di Moody (gura 11.7) che consente, noto il valore di /D
ed il numero di Reynolds del tubo, di determinare f . Questo diagramma `e stato molto
utilizzato nel passato in quanto lassenza di calcolatori elettronici rendeva problematico
lutilizzo di formule implicite non lineari. Attualmente queste formule possono essere
agevolemente impiegate anche con lausilio di una calcolatrice programmabile rendendo
pi`
u rapido il calcolo di f . Una di tali formule `e quella di Colenbrook

2.51
/D
1

= 2 log
+
3.7
f
Re f

(11.13)

che `e stata ottenuta come t empirico del graco del diagramma di Moody.

11.6.1

tubi a sezione non circolare

In molte applicazioni pratiche i circuiti per il trasporto del uido hanno sezione non
circolare (per esempio negli impianti di condizionamento dove i condotti hanno una sezione
quadrata) ed in questi casi il diagramma di Moody non pu`o essere utilizzato nella forma
descritta nella precedente sezione.
Evidentemente, si potrebbe ripetere una campagna di misure, cosi` come `e stato fatto
per i tubi a sezione circolare per ottenere un diagramma, analogo a quello di Moody,
ma specico per la particolare geometria di interesse. Data tuttavia la grande variet`a
di geometrie possibili questa procedura non viene seguita e si preferisce ricavare delle
informazioni, seppur approssimate, direttamente dal graco di gura 11.7 anche se il
tubo non `e circolare. A tal ne si denisce il diametro idraulico Dh come il rapporto
tra larea della sezione trasversale del tubo S divisa per un quarto del perimetro bagnato

11.6. LEGGE DI DARCY-WEISBACH

221

P/4; in questo modo per un condotto a sezione quadrata il diametro idraulico `e proprio
pari al lato, mentre per una sezione rettangolare Dh `e il prodotto dei lati diviso per la
loro media.
Dopo aver calcolato Dh per una data geometria, questo viene usato per valutare il
numero di Reynolds Re = U Dh /, la rugosit`a relativa /Dh da cui si ricava il fattore
dattrito f dal graco 11.7 e quindi la perdita di carico hf = f (l/Dh )U 2 /(2g); la velocit`a
media U viene calcolata dividendo la portata in volume Q di uido che transita nel
condotto per la sua sezione S.
Questo tipo di approssimazione, permette di risolvere agevolmente problemi per i quali
non esiste un diagramma specico per le perdite di carico oppure ussi in cui si hanno
tubi di geometria diversa in uno stesso circuito. Normalmente, per condizioni di usso
turbolento completamente sviluppato lerrore rimane contenuto intorno a valori del 15%:
per quei problemi nei quali `e richiesta unaccuratezza maggiore bisogna allora ricorrere a
diagrammi specici o prove sperimentali ad hoc.

1.
.75
.5

.6

K .4
.2

.25
0

A1

.25

.5

.75

A 2 /A1
A2 h= k V22
2g

A1

.25

.5

.75

A1 /A2

A2 h= k V12
2g

Figura 11.8: Esempio di graco per la determinazione delle perdite concentrate per
variazioni di sezione repentine.

11.6.2

perdite concentrate

Lassunzione che gli eetti viscosi siano proporzionali alla lunghezza l del condotto funziona nel caso di condotti a sezione uniforme in cui il usso sia in un regime di turbolenza
completamente sviluppata. Riferendoci alla gura 11.6 appare evidente come ci siano dei
componenti, come i gomiti, il rubinetto e la variazione di sezione, in cui tale condizione non
`e assolutamente vericata. Lanalisi sperimentale mostra comunque che in corrispondenza
di tali tratti del circuito si vericano delle perdite di energia la cui entit`a pu`o superare
quella nei tratti rettilinei. Chiaramente, lentit`a delle perdite viscose dipende dalla forma
dei componenti, dal modo in cui sono accoppiati con i tratti rettilinei di tubo oltre che
dalla portata che li attraversa. Queste perdite vengono dette perdite concentrate (hc ) e
vengono quanticate attraverso dei coecienti empirici Kc

222

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

Figura 11.9: A: coeciente di perdita Kc in un gomito a 90o in funzione del raggio di


curvatura e della nitura superciale; B: perdite associate ad una variazione di direzione
del usso con angoli retti (a) usso senza guide, (b) usso con guide.

Figura 11.10: A: coeciente di perdita Kc per dierenti modalit`a di uscita del usso: (a)
Kc = 1., (b) Kc = 1., (c) Kc = 1., (d) Kc = 1.. B: coeciente di perdita Kc per dierenti
modalit`a di ingresso del usso: (a) Kc = 0.8, (b) Kc = 0.5., (c) Kc = 0.2, (d) Kc = 0.04.

U2
hc = Kc .
2g
Leetto di ognuno di questi componenti `e quindi assimililabile ad una perdita concentrata
equivalente ad una quota parte dellenergia cinetica del usso.
I valori numerici di Kc possono essere trovati sia in forma di tabella in cui `e specicata
la forma del componente, il materiale con cui `e costruito ed il modo in cui `e collegato con

11.6. LEGGE DI DARCY-WEISBACH

223

i tubi rettilinei oppure in forma di graco come gli esempi forniti nelle gure 11.8, 11.9,
11.10.

ESEMPIO
Data la presente congurazione determinare la portata in massa di olio che
attraversa il condotto.
l1

l2
d

p1 p2 = 106 Pa
d = 0.3 inch
l2 = 6 m
l1 = 10 m
3
olio = 840 Kg/m olio = 0.01 Ns/m2
tubi commerciali
gomito avvitato
Stimare le perdite concentrate (assumendo valori opportuni dei Kj ),
giusticando le assunzioni fatte.

Soluzione
Dallequazione di Bernoulli generalizzata scriviamo p1 + U12 /2 + gh1 = p2 +

U22 /2 + gh2 + f (l1 + l2 )U 2 /(2d) + j Kj U 2 /2, essendo U la velocit`a nel
condotto e risultando U1 = 0, U2 = U . Osservando che h1 h2 = l2 si ricava per
U:
2
(p1 p2 ) + gl2
U2 =
,

1 + f (l1 + l2 )/d + j Kj


dove j Kj = K1 + K2 + K3 = 0.5 + 1.5 + 1. = 3. ottenute da tabelle per la


strozzatura in ingresso, per il gomito e per la sezione di uscita. Dalle tabelle
per tubi commerciali ricaviamo /d = 0.0059 da cui iterando sul diagramma
di Moody tra f e Re = U d/ si ottiene U  4.78 m/s (ricordiamo che per la
procedura iterativa conviene partire da un valore di tentativo di f nella parte
piatta del diagramma di Moody che per /d = 0.0059 fornisce f  0.032). La
portata in massa nel condotto sar`a quindi m
= U d2 /4 = 0.183 Kg/s.

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

224

ESEMPIO
Dato il circuito in gura, calcolare la pressione pI nel serbatoio per avere una
portata Q uscente dal rubinetto.
h1 = 2 m
h2 = 4 m
l1 = l2 = l3 = 3 m d2 = 5 cm
d4 = 2.5 cm
d3 = 15 cm
1.
.6
K .4
.75
pI
Q = 500 l/min
.5
.2
.25
h1
Fluido:acqua
0 .25 .5 .75 1 0 .25 .5 .75 1
Tubi
commerciali a sezione circolare.
A1 /A2
A 2 /A1
Rubinetto con k = 2 basato sulla velocit`a
A1
A2 h= k V22 A1
A2 h= k V12
h2
d2
2g
2g
nel tubo (in d2 ).
Trascurare
le perdite distribuite
C
d3 D d
d2
2
nel serbatoio.
d4
l1
Raccordo serbatotiotubo k = 0.5 basato
l3
l2
sulla velocit`a nel tubo.
Per le variazioni di sezione in C e D
vedi tabelle. Gomito avvitato.
Soluzione
Prendendo i due peli liberi dei serbatoi come sezioni A e B e scrivendo lequazione di Bernoulli generalizzata si ottiene: pA = pI , uA = 0, pB = p0 e
uB = 4Q/(d24 ) = 16.976 m/s, hA hB = h1 + h2 e quindi:

 li u2i
 u2j
u2
pI = p0 g(h1 + h2 ) + B + g fi
kj .
+
2
d
2g
2g
i
i
j

Dalla costanza della portata si ha u2 = 4Q/(d22 ) = 4.244m/s e u3 = 4Q/(d23 ) =


0.4715m/s. Dal diagramma di Moody con Re2 = u2 d2 / = 212206, /d1 =
0.0009 e Re3 = u3 d3 / = 70570, /d2 = 0.0003 si ottiene rispettivamente f2 =
0.021 ed f2 = 0.026 con cui si possono calcolare le perdite di carico distribuite.
Daltra parte, noti i valori di kj si possono calcolare anche le perdite concentrate
ottenendo:


fi


j

li u2i
h2 + l1 + l3 u22
l2 u23
= f2
+ f3
= 3.861 m,
di 2g
d2
2g
d3 2g
kj

u2j
u2
= (0.5 + 1.5 + 2 + 0.8 + 0.5) 2 4.82 m.
2g
2g

Note le perdite si calcola inne pI ottenendo pI = 271666 Pa.

11.6. LEGGE DI DARCY-WEISBACH


ESEMPIO
Dato il circuito in gura, quale deve essere il livello dellacqua H nel serbatoio
per avere una portata Q?
h1 = 2 m
h2 = 2.5 m
l2 = 3 m
l1 = 2.2 m
H
d2 = 3 cm
d1 = 1.5 cm
C
hS = 1 m
Q = 100 l/min
d
= 0.1.5 mm pI = 150000 Pa
h1
1
l1
Tubi circolari in cemento
E
pI
Trascurare le perdite nei due serbatoi
D
d1
D ed F gomiti avvitati
d2
h2
h
Gomito
in E con k = 1.8 basato sulla
S
d2
velocit`a in d1 . Raccordo in C con k = 0.5
F
basato sulla velocit`a in d1
l2
Attenzione: H viene molto grande
(> 20m) ed il disegno non `e in scala.
Soluzione
Prendendo i due peli liberi dei serbatoi come sezioni A e B e scrivendo lequazione
di Bernoulli generalizzata si ottiene: pA = p0 , uA = 0, pB = pI e uB = 0,
hA hB = H + h1 + h2 hS e quindi:
H = hS h1 h2 +

pI p0  li u2i  u2j
fi
kj .
+
+
g
di 2g
2g
i
j

Dalla costanza della portata si ha u1 = 4Q/(d21 ) = 9.431m/s e u2 = 4Q/(d22 ) =


2.358m/s. Dal diagramma di Moody con Re1 = u1 d1 / = 141471, /d1 =
0.0066 e Re2 = u2 d2 / = 70735, /d2 = 0.0033 si ottiene rispettivamente f1 =
0.034 ed f2 = 0.029 con cui si possono calcolare le perdite di carico distribuite.
Daltra parte, noti i valori di kj si possono calcolare anche le perdite concentrate
ottenendo:


fi

li u2i
h1 + l1 2
h2 + l2 u22
u1 /2g + f2
= f1
= 44.94 m,
di 2g
d1
d2 2g


j

kj

u2j
u2
u2
= (kC + kD + kE ) 1 + kF 2 = 17.67 m.
2g
2g
2g

Note le perdite si calcola inne H ottenendo H = 64.08 m.

225

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

226

ESEMPIO
Nel dispositivo in gura transita una portata Q, calcolare il valore della pressione
pA necessaria a mantenere il sistema in condizioni stazionarie.
l1

l2

A
p

d1

d2

l3

d3

.6

K .4
.2
0

.25

.5

A 2 /A1

.75

A2 h= k V22

A1

l1 = 4 m
l2 = 3 m
l3 = 8 m
d2 = 3 cm
d3 = 1 cm
d1 = 10 cm
d3 = 0.12 mm Q = 27 l/min
= 30o
B
raccordo in D k = 1 basato sulla
velocit`a del tubo con diametro d3 ,
rubinetto k = 2.

2g

Soluzione
Scrivendo lequazione di Bernoulli generalizzata tra A e B si ha
 li Ui2
 Uj2
UA2
U2
pA
pB
fi
kj ,
+
+ ghA = B +
+ ghB +
+
2

di 2
2
i
j

risultando: UA = 4Q/(d21 ) = 0.0573 m/s, UB = 4Q/(d23 ) = 5.7295 m/s,


pB = p0 e hB hA = l3 sin = 4 m. Per i tre tratti si ha, rispettivamente,
/d1 = 0.0012 e Re1 = 5116, /d2 = 0.004 e Re2 = 17051 e /d3 = 0.012 e
Re3 = 47746 per cui dal diagramma di Moody si ottiene f1 = 0.038, f2 = 0.034
e f3 = 0.04. Per le perdite concentrate e distribuite risulta quindi

j

kj

Uj2
U2
U2
= 0.5 2 (1 + 2) 3 = 49.342 m2 /s2 ,
2
2
2


i

fi

li Ui2
= 525.92 m2 /s2 .
di 2

Dalla prima espressione si ricava quindi pA = 653734 Pa.

11.7. FORZE AERODINAMICHE

227
ESEMPIO

Il dispositivo in gura rappresenta un circuito di rareddamento in cui entra


acqua alla pressione pA a sinistra ed esce nellambiente dal rubinetto in B dopo
aver attraversato il dispositivo da rareddare schematizzato con una perdita di
carico concentrata con K = 20. Con i dati a disposizione, calcolare la portata
dacqua che smaltisce il circuito.
l3

l2

l1
A

k=20
l4

l1 = 2 m
l2 = 5 m
l3 = 4 m
l4 = 1 m
R=3m
d = 1.5 cm
= 0.02 mm pA = 4 atm
B tutti i diametri sono costanti, gomiti
avvitati, rubinetto con k = 2.

Soluzione
Dallequazione di Bernoulli generalizzata scritta tra A e B, risultando UA =
UB = U , pB = p0 ed hA hB = R l2 , si ottiene
U2 =

2[(pA p0 )/ + g(R l2 )]


f i (li /d) + j kj

ossia in termini numerici


U=

568.56
1218.88f + 26.5

1/2

Dal valore di rugosit`a relativa /d = 0.0013 si ipotizza dal diagramma di Moody un valore per il fattore dattrito f = 0.02 di primo tentativo e, iterando
nellespressione sopra si ottiene U = 3.125 m/s da qui si ricava la portata
Q = U d2 /4 = 5.522 104 m3 /s = 0.552 l/s.
Il valore f = 0.02 `e stato ottenuto dalla parte piatta della curva del diagramma
di Moody. Dal valore f1 = 0.002 si `e ottenuto rispettivamente U1 = 3.343 m/s
e Re1 = 44772. Alliterazione successiva con questi dati risultava f2 = 0.026,
U2 = 3.125 m/s e Re2 = 41852. Literazione `e stata a questo punto fermata
non potendo apprezzare, manualmente e su un graco logaritmico, variazioni del
numero di Reynolds pi`
u piccole di alcune centinaia.

11.7

forze aerodinamiche

Nella prima parte di questo capitolo abbiamo visto come la similitudine dinamica permetta di determinare delle grandezze di interesse per un problema mediante un esperimento
in scala ridotta. Questa tecnica, anche se estremamente potente da un punto di vista
quantitativo, non d`a alcuna informazione sui meccanismi sici presenti nel usso e quindi

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

228

non permette di migliorare la comprensione uidodinamica di un fenomeno. Ci`o `e particolarmente importante quando si voglia progettare un dispositivo con certe caratteristiche
uidodinamiche (per esempio unautomobile con basso coeciente di resistenza) piuttosto
che valutare il comportamento di un sistema gi`a esistente.
Tra le varie quantit`a uidodinamiche le forze occupano un posto di particolare rilievo
in quanto da esse dipende sia il dimensionamento della struttura che il suo comportamento
dinamico. Per esempio, nella progettazione di un ponte sopra un ume si deve tener conto
sia della forza che la corrente del ume esercita sui piloni, sia della forza che eventuali
rache di vento esercitano sulla struttura sovrastante. In aggiunta, essendo queste forze
non stazionarie bisogna anche evitare che le frequenze proprie del ponte siano vicine alle
frequenze delle forze in quanto linstaurarsi di fenomeni di risonanza pu`o portare al collasso
della struttura anche per forze di modesta entit`a.
In generale preso un corpo di forma qualunque ed isolato un suo elemento di supercie
si avr`a che la forza sar`a generata dallazione della pressione che agisce normalmente alla
supercie e dagli sforzi viscosi che invece agiscono tangenzialmente (gura 11.11).

- pn
w
dS

U
y

Figura 11.11: Schema di forze locali di pressione e viscose.


Dallo schema di gura appare chiaro che se dS `e lelemento innitesimo di supercie
del corpo risulter`a dF = (pn + w )dS da cui per integrazione si ottiene


F=
S

(pn + w )dS

(11.14)

che `e la forza cercata. A dispetto della sua semplicit`a lespressione (11.14) non `e praticamente mai calcolabile per via analitica in quanto la conoscenza della funzione integranda
presuppone la determinazione dei campi di pressione e velocit`a nellintorno del corpo che
a loro volta sono governati dalle equazioni di NavierStokes.

11.7. FORZE AERODINAMICHE

229

Data limpossibilit`a di valutare esplicitamente la (11.14) consideriamo allora come


semplice esempio il usso intorno ad un cilindro circolare e cerchiamo almeno di vedere
in che modo agiscono i due termini della funzione integranda ed in quali casi uno diventa
preponderante rispetto allaltro.

Figura 11.12: Linee di corrente per il usso intorno ad un cilindro: (a) usso potenziale,
(b) usso viscoso. (La zona marcata in rosso indica una bolla di ricircolazione con il usso
separato).
Iniziamo con il ricordare che nel caso di usso potenziale le linee di corrente sono
come in gura 11.12a e che a causa della loro simmetria tra la parte frontale e quella
posteriore del cilindro danno una risultante nulla delle forze di pressione. In aggiunta,
nelle ipotesi di usso potenziale le azioni tangenziali sono identicamente nulle da cui si
conclude che il usso esercita un sistema di forze a risultante nulla sul corpo (paradosso
di dAlembert). Nel caso reale le cose vanno in modo ben diverso come `e schematizzato
nella gura 11.12b. Si osserva infatti che gi`a per numeri di Reynolds O(50) lo strato
limite separa immediatamente a valle della sezione massima generando una scia vorticosa
e non stazionaria.
` intuitivo che un primo eetto della viscosit`a `e quello di generare degli sforzi viscosi
E
sulla supercie del cilindro che indurranno delle forze assenti nel caso potenziale. Il
confronto tra le gure 11.12a e 11.12b mostra tuttavia che la viscosit`a produce un evidente
fenomeno di separazione il cui eetto non si pu`o connare ad un sottile strato di uido
adiacente al corpo. La separazione dello strato limite si spiega facilmente ricordando
che la velocit`a tangenziale sul contorno del corpo calcolata secondo la teoria potenziale
`e u = 2U sin in cui U `e la velocit`a della corrente all e la coordinata azimutale
misurata a partire dal punto di ristagno anteriore. Questa espressione ci dice che il usso
esterno accelera tra = 0 e = /2 mentre deve decelerare tra = /2 e = .
In base allequazione di Bernoulli si ha quindi una pressione decrescente (gradiente di
pressione favorevole) per 0 /2 ed una pressione crescente (gradiente di pressione
sfavorevole) per /2 < . Lo strato limite si trover`a quindi nelle condizioni di separare
nella seconda met`a del cilindro e poiche parte dellenergia cinetica `e stata dissipata per
eetti viscosi gi`a nella prima met`a del cilindro la separazione si verica inevitabilmente per
numeri di Reynolds maggiori di circa 50. La maggiore conseguenza di questa separazione `e
il mancato recupero della pressione a valle del cilindro che induce quindi una dissimmetria

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

230

tra monte e valle come mostrato in gura 11.13. Evidentemente, questa dissimmetria
produrr`a una forza di pressione la cui risultante `e diretta come il usso ed `e quindi una
forza di resistenza; per il cilindro, e pi`
u in generale per tutti i corpi tozzi, il termine
di pressione nella (11.14) risulta dominante rispetto a quello viscoso che per numeri di
Reynolds sucientemente elevati diventa trascurabile.

flusso
potenziale

Cp()
1
0

/2

Re > 10 6
Re < 10

3
Figura 11.13: Coeciente di pressione per un cilindro bidimensionale: confronto tra usso
potenziale e usso viscoso.
Osservando la gura 11.13 potrebbe sembrare singolare il fatto che si ha un recupero
di pressione maggiore nel usso a Re > 106 rispetto al quello a Re < 105 . Questo
comportamento `e dovuto alla transizione dello strato limite da laminare a turbolento; in
questultimo caso, infatti, la diusione di quantit`a di moto dal usso esterno allinterno
dello strato limite risulta molto pi`
u eciente del caso laminare e, con una maggiore
energia cinetica, lo strato limite riesce a risalire pi`
u a lungo la zona con gradiente avverso
4
di pressione prima di separare (gura 11.14).
Una realizzazione di laboratorio della fenomenologia appena descritta `e riportata in
4

Questo fenomeno `e ben noto ai costruttori di palle da golf i quali provocano articialmente la transizione alla turbolenza dello strato limite mediante delle irregolarit`
a della supercie (dimples). In questo
modo si riesce a diminuire la resistenza della palla che pu`
o quindi percorrere uno spazio maggiore, rispetto
ad una con supercie liscia, a parit`
a di quantit`
a di moto iniziale.

11.7. FORZE AERODINAMICHE

231

a)

b)

Figura 11.14: Schema di scia a valle di un cilindro bidimensionale: a) usso laminare, b)


usso turbolento.
gura 11.15 dove si pu`o notare le minore estensione della zona di separazione nel usso
in regime turbolento rispetto al caso laminare.

a)

b)

c)

d)

Figura 11.15: Visualizzazione sperimentale del usso intorno ad una sfera a) usso laminare, b) usso turbolento. I pannelli c) e d) riportano degli ingrandimenti delle zone,
rispettivamente, di separazione e di transizione.
Levoluzione con il numero di Reynolds di tutti i fenomeni descritti viene riassunta nella
gura 11.16 in cui `e riportato landamento del coeciente di resistenza CD in funzione di
Re. Ricordiamo che il coeciente di resistenza `e denito come
2D
(11.15)
CD =
U 2 S
dove D `e il modulo della forza di resistenza ed S `e la supercie frontale del cilindro.
Nel primo tratto, per Re < 1 si ha il coeciente di resistenza che diminuisce come
1
Re (CD  16/Re) e quindi la resistenza D cresce linearmente con la velocit`a. Questo

232

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

Figura 11.16: Coeciente di resistenza per un cilindro bidimensionale.

Figura 11.17: Coeciente di resistenza per una sfera.


comportamento `e tipico di tutti i ussi a numeri di Reynolds estremamente bassi e deriva
dal poter trascurare i termini inerziali nelle equazioni di NavierStokes; in questo regime
(regime di Stokes) si ha quindi un semplice bilanciamento tra forze di pressione e forze
viscose e la resistenza `e generata oltre che dalle azioni tangenziali anche dalla deformazione
del uido intorno al corpo (che per bassi Re non `e pi`
u limitato ad uno strato sottile
adiacente alla supercie stessa).
Da un punto di vista teorico questo comportamento pu`o essere facilmente compreso
ricorrendo allanalisi dimensionale. Per velocit`a del usso estremamente ridotte, infatti,

11.7. FORZE AERODINAMICHE

233

non solo gli eetti della comprimibilit`a ma anche quelli inerziali sono ininuenti e per la
resistenza D del cilindro si pu`o porre D = f (U, d, ). Il teorema di Buckingham ci dice
che questa relazione deve essere governata da un solo parametro adimensionale, ossia
D
= C,
dU
o, in termini di coeciente di resistenza CD ,
CD =

D
1
U 2 S
2

2CdU
2C
=
,
U 2 S
Re

(11.16)

essendo S = Ad2 (con A costante dipendente dal particolare corpo) e C = C/A: questa
relazione rispetta landamento trovato nel primo tratto della curva in gura 11.16. Bisogna
notare che il valore specico di C dipende dal corpo considerato (per esempio per un
cilindro si ha CD  16/Re e quindi C  8 mentre per una sfera risulta CD = 24/Re
ossia C = 12) al contrario landamento CD 1/Re `e caratteristico di tutti i ussi a numeri
di Reynolds minori o uguali allunit`a (ussi di Stokes).
Tornando alla gura 11.16, un secondo tratto interessante `e quello in cui il numero
di Reynolds `e compreso tra 2 104 e 3 105 dove il CD `e costante e vale circa 1.2. In
questo tratto i fenomeni di separazione sono ormai completi e la resistenza di pressione
d`a il contributo dominante alla resistenza totale; consistentemente il CD rimane costante
anche se con laumentare del numero di Reynolds aumentano gli sforzi viscosi alla parete.
In base alla denizione (11.15) un coeciente di resistenza costante implica una resistenza
u rapidamente che nel caso precedente.
che cresce con U 2 e quindi molto pi`
5
6
Per 5 10 Re 10 si verica una brusca diminuzione del coeciente di resistenza
dovuto alla transizione da regime laminare a turbolento precedentemente discussa. Vale
la pena di notare che durante la transizione si ha una cos` brusca diminuzione del CD che
persino la resistenza D diminuisce lievemente. Per Re > 106 tuttavia, il coeciente di
resistenza si attesta nuovamente ad un valore costante (CD  0.6) e la resistenza ricomincia a crescere come U 2 . Purtroppo, a parte pochissime eccezioni, tutte le applicazioni
pratiche si trovano in questa condizione che implica un elevato dispendio di energia per
mantenere lo stato di moto.
Nel usso intorno ad un cilindro si pu`o aermare che la forza di resistenza `e generata
essenzialmente dalla distribuzione di pressione sul corpo a sua volta determinata dai
fenomeni di separazione dello strato limite. Questa caratteristica `e comune a tutti i ussi
intorno a corpi tozzi in cui si generano intensi gradienti sfavorevoli di pressione.
Il comportamento del cilindro bidimensionale `e caratteristico di tutti i corpi tozzi per
alcuni dei quali vengono riportati in tabella alcuni coecienti di resistenza per il usso in
regime di turbolenza sviluppata (gure 11.1811.20).
Se un corpo, al contrario, `e ausolato i gradienti di pressione saranno pi`
u deboli ed i
fenomeni di separazione possono essere generalmente evitati. Un tipico esempio di corpo
ausolato `e il prolo alare in cui la resistenza `e quasi totalmente generata dagli sforzi
viscosi; le forze prodotte da questi ultimi, tuttavia sono di entit`a pi`
u modesta rispetto

234

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

alle forze di pressione e, per fare un esempio, il prolo in gura con dimensione trasversale
10d ha lo stesso coeciente di resistenza di un cilindro circolare di diametro d.

La distribuzione di pressioni su un corpo, comunque, non genera solo forze di resistenza


ma anche una forza ortogonale alla direzione della corrente detta portanza L. Questa
forza viene prodotta quando la distribuzione di pressione sulla supercie del corpo non
ha simmetria rispetto ad un piano orizzontale e pu`o essere quindi prodotta da corpi
asimmetrici oppure da corpi simmetrici disposti asimmetricamente rispetto alla direzione
della corrente. Analogamente alla resistenza anche per la portanza si pu`o denire un suo
coeciente

cL =

2L
,
U 2 S

per il quale possono essere applicati tutti i risultati della similitudine dinamica.

` intuitivo immaginare che detto langolo di incidenza di un prolo rispetto alla


E
corrente, al crescere di crescer`a il coeciente di portanza cL (in quanto aumenta la
dissimmetria delle pressioni tra le superci superiore ed inferiore) ma aumenter`a anche
il coeciente di resistenza cD (perche aumenta la supercie frontale nella direzione ortogonale al usso). Per i proli alari `e usuale riportare in un unico graco i coecienti
di resistenza e di portanza ponendo langolo di incidenza come parametro. Landamento
di gura 11.22 `e caratteristico dei proli alari e, pi`
u in generale, dei corpi ausolati. In
particolare si osserva che al crescere di non si ha un aumento indenito del cL ma dopo
una valore limite dellangolo di incidenza si ha un crollo improvviso del cL ed un brusco
aumento del cD . Ci`o si verica quando si ha il distacco dello strato limite dal corpo che,
in pratica, si comporta come un corpo tozzo (vedi gura 11.23). Questa condizione `e
detta di stallo ed `e particolarmente indesiderata nei velivoli in quanto viene bruscamente
a mancare la forza di sostentamento a fronte di un forte aumento di resistenza.

11.7. FORZE AERODINAMICHE

235
ESEMPIO

Una sfera dacciaio di diametro d precipita in acqua alla velocit`a U . Con quale
velocit`a precipiterebbe la stessa sfera immersa nel mercurio?
f e = 7800 Kg/m3 hg = 13600 Kg/m3
d = 15 cm
U = 5.775 m/s
Soluzione
Dal bilancio tra spinta di Archimede e forza peso in acqua si ha
4 d3
1
d2
(F e H2 O )g = H2 O U 2 CD , = CD = 0.4.
3 8
2
4
Da una relazione analoga per il mercurio


 4dg(F e Hg )
U = 
= 1.446 m/s,

3Hg CD

(la sfera si muove verso lalto). I numeri di Reynolds sono in entrambi i casi
> 3 105 ed il CD `e approssimativamente indipendente dal Reynolds.

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

236

ESEMPIO
Una vettura procede in autostrada alla velocit`a U1 impiegando una potenza
P1 con un consumo di carburante f c1 . Assumendo trascurabili tutti i fattori
tranne quelli aerodinamici e che il consumo di carburante varii linearmente con
la potenza, quale sar`a il consumo di carburante alla velocit`a U2 ? Se il motore
pu`o erogare una potenza massima Pmax , quale `e la velocit`a massima raggiungibile
dallautomobile?
f c1 = 4.41 l/h
Pmax = 9.5P1
U1 = 75 Km/h U2 = 130 Km/h
Soluzione
Se la vettura procede a velocit`a costante, la spinta del motore bilancer`a la
resistenza aerodinamica (abbiamo supposto tutti gli altri fattori trascurabili) si avr`a quindi per la resistenza D e la potenza P , rispettivamente, D =
1
U 2 ScD ,
P = DU = 12 U 3 ScD . Avendo assunto il consumo di carburante
2
linearmente dipendente dalla potenza si pu`o porre f c = A P , essendo A una
costante. Utilizzando tutte le relazioni precedenti per le velocit`a U1 ed U2 ed
osservando che, in regime turbolento il coeciente di resistenza diventa indipenU3
P2 = 12 U23 ScD = P1 U23 , e
dente dal Reynolds si ottiene: P1 = 12 U13 ScD ,
f c1 = A P 1 ,
massima inne

f c2 = A P2 =

f c1 PP21

U3
f c1 U23
1

= 22.96 l/h. Per la velocit`a




Pmax

1 3
U3
Pmax
= Umax
ScD = P1 max
= Umax = U1
3
2
U1
P1

orza aggiuntiva verso il basso sar`a Fy = 588.273 N.

 13

= 159 Km/h.

11.7. FORZE AERODINAMICHE

237
ESEMPIO

Un corpo ha un andamento del coeciente di resistenza con il numero di Reynolds


come riportato in gura. Il corpo ha una dimensione caratteristica L e, quando
viene investito da una corrente a velocit`a U1 , fornisce un valore di resistenza D1 .
Sapendo che il uido ha viscosit`a , calcolare il valore della resistenza quando la
velocit`a del uido `e U2 .
CD
1.2
1.0
0.8

L = 0.25 m
U1 = 3 m/s
D1 = 1.35 N = 1.5 105 m2 /s
U2 = 90 m/s

0.6
0.4
0.2

Re
104

105

106

107

Soluzione
Noti U1 , L e si ricava Re1 = 50000 per cui dal graco si ha cD1 = 1.2 e
dallespressione D1 = U12 ScD1 /2 si ricava S = 0.25 Kg/m. Dal valore di U2 si
calcola quindi Re2 = 1.5 106 e dal graco cD2 = 0.35. Il valore di D2 risulta
quindi D2 = U22 ScD2 /2 = 354.375 N.

238

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI


ESEMPIO

La formazione dei chicchi di grandine `e dovuta a correnti ascensionali allinterno


delle nubi che consentono il continuo accumulo di ghiaccio intorno ad un nucleo
no a quando il peso proprio del singolo chicco diventa troppo grande e cade al
suolo. Per un vento ascensionale di 130 Km/h, quanto pu`o valere il diametro di
un chicco di grandine? Fare tutte le assunzioni ritenute necessarie e giusticarle.
Soluzione
Landamento del coeciente di resistenza CD per una sfera in funzione del numero di Reynolds presenta due plateau: il primo CD1  0.4 per 103 Re 2105
ed il secondo CD2  0.2 per Re > 5 105 .
Daltra parte, dal bilancio tra resistenza, peso e spinta di Archimede, per un
chicco di grandine supposto sferico risulta
4
1
a U 2 SCD = R3 g(g a )
2
3
con a la densit`a dellaria, g = 920 Kg/m3 la densit`a del ghiaccio S = R2 ed
R il raggio della sfera. Dallespressione sopra si ricava
R=

3a U 2 CD
8g(g a )

che, per CD1 = 0.2 fornisce R1 = 1.35 cm mentre per CD2 = 0.4 risulta R2 =
2.7 cm. Per i numeri di Reynolds risulta invece Re1 = 64800 e Re2 = 129600 la
seconda soluzione, quindi, R2 == 2.7 cm `e quella giusta.

11.7. FORZE AERODINAMICHE

Figura 11.18: Il coeciente di resistenza per corpi di varia forma.

239

240

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

Figura 11.19: Il coeciente di resistenza per corpi di varia forma.

11.7. FORZE AERODINAMICHE

Figura 11.20: Il coeciente di resistenza per corpi di varia forma.

241

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

242

10d

a)

b)

Figura 11.21: Il coeciente di resistenza per un cilindro bidimensionale di diametro d e


per un prolo alare di spessore 10d sono circa uguali.

1.4

CL

.14

CD

1.4

1.2

.12

1.2

1.0

.10

1.0

.8

.08

.8

.6

.06

.6

.4

.04

.4

.2

.02

.2

2 4 6 8 10 12 14 16 18

a)

b)

2 4 6 8 10 12 14 16 18

CL

.02 .04 .06 .08 .10 .12 .14

CD
c)

Figura 11.22: Esempi di portanza a) e resistenza b) in funzione dellangolo di incidenza


per un corpo ausolato, e polare del prolo c).

=0o

>15o

Figura 11.23: Visualizzazione sperimentale delle linee di corrente intorno ad un prolo


alare bidimensionale (NACA 0012) a basso ed alto angolo di incidenza.

11.7. FORZE AERODINAMICHE

243

L
L
U

a)

b)

Figura 11.24: Esempi di corpi in grado di generare portanza: a) corpo asimmetrico, b)


corpo simmetrico disposto asimmetricamente nella corrente.

244

CAPITOLO 11. FORZE FLUIDODINAMICHE E SIMILITUDINI

Capitolo 12
Cenni sui ussi comprimibili
Nei capitoli precedenti abbiamo visto che in molte applicazioni pratiche la dinamica dei
ussi si pu`o considerare incomprimibile anche se il uido in questione `e un gas. In particolare `e stato accennato che se il numero di Mach `e approssimativamente minore di 0.3
i fenomeni associati alla comprimibilit`a si possono trascurare; questa assunzione tuttavia
cessa di essere valida per i ussi ad alta velocit`a o pi`
u in generale quando si voglia tenere
conto degli eetti di velocit`a di propagazione nita delle perturbazioni.
In questo capitolo verranno brevemente accennati alcuni di questi fenomeni lasciandone lanalisi pi`
u approfondita ai testi specializzati di gasdinamica.

12.1

propagazione di piccole perturbazioni e velocit`


a
del suono

Per comprendere in modo pi`


u intuitivo il motivo per cui le perturbazioni si propagano
nei uidi con velocit`a nita conviene per un istante ricordare che una particella uida `e
in realt`a composta da un elevatissimo numero di molecole 1 in continua collisione tra loro
in quanto animate da un moto di agitazione termica. Ci`o implica che una perturbazione
applicata in un punto di un uido si propaga al suo interno a causa degli urti caotici tra le
molecole e giunge in un altro punto solo dopo un tempo nito che dipende dalla frequenza
delle collisioni tra molecole e quindi dalla temperatura del uido stesso.
Se ora ritorniamo al nostro modello di uido continuo, perdiamo lidentit`a delle singole
molecole ma manteniamo il concetto di velocit`a nita di propagazione dei disturbi, quindi
delle perturbazioni di temperatura, densit`a etc. non saranno avvertite istantaneamente
ovunque ma viaggeranno con una velocit`a propria a.
Per calcolare
tale velocit`a supponiamo di avere un condotto di lunghezza L, sezione S

, con L S, nel quale `e presente del uido. Ad unestremit`a del condotto `e posto un
1

Ricordiamo infatti che lipotesi di continuo si basa sul fatto che dei volumi di uido di dimensioni
innitesime rispetto alle dimensioni caratteristiche del usso [O(m3 )] contengono sempre un cos` elevato numero di molecole da poter denire velocit`
a, densit`
a, temperatura, etc. in modo statisticamente
signicativo.

245

CAPITOLO 12.

246

CENNI SUI FLUSSI COMPRIMIBILI

pistone che al tempo t1 = 0+ inizia a muoversi con una velocit`a innitesima dU spostando
il uido adiacente alla parete del pistone nella direzione del moto (che supponiamo verso
destra).

t1= 0+
dU
a)

t2 > t1

dU
b)

t 3> t 2
dU

c)
Figura 12.1: Moto del uido allinterno di un tubo in conseguenza della partenza impulsiva
di un pistone.
Dopo un tempo t2 = t1 + dt il pistone si sar`a spostato trascinando nel suo moto
le particelle uide immediatamente adiacenti e modicandone le loro variabili di stato.
Per esempio, riferendoci alla gura 12.1 si vede che nellintervallo [t1 , t2 ] le particelle
inizialmente contenute nel volumetto di controllo tratteggiato sono ancora rimaste al
suo interno (in quanto la perturbazione di velocit`a non si `e ancora propagata oltre tale
volumetto) mentre `e diminuito lo spazio a loro disposizione. In tale volume si avr`a quindi
un aumento di densit`a, pressione e temperatura oltre che di velocit`a.
Per un tempo t3 > t2 (gura 12.1c) il fronte della perturbazione si sar`a spostato
ulteriormente verso destra accrescendo la regione di uido interessata dallazione di compressione del pistone. Isolando una regione di uido a cavallo dellonda di compressione

` DEL SUONO247
12.1. PROPAGAZIONE DI PICCOLE PERTURBAZIONI E VELOCITA
si ha la situazione riportata in gura 12.2a, situazione chiaramente non stazionaria data
la velocit`a di propagazione a dellonda.

u2 = du
p2 = p+dp
T2 = T+dT
2 = +d

u1 =
p1 =
T1 =
1 =

u2 = -a+du
p2 = p+dp
T2 = T+dT
2 = +d

0
p
T

u1 =
p1 =
T1 =
1 =

a)

-a
p
T

b)

Figura 12.2: a) Stato del uido a monte e valle dellonda di compressione, b) la stessa
situazione precedente in un riferimento solidale allonda.
Se tuttavia si riconsidera la stessa congurazione in un riferimento solidale allonda
(ossia si somma al usso una velocit`a pari ad a e diretta verso sinistra) si ottiene una situazione stazionaria che pu`o essere facilmente analizzata utilizzando il volume di controllo
indicato dalla linea tratteggiata in gura 12.2b.
Dallequazione di conservazione della massa in forma integrale per ussi stazionari si
ottiene:
aS = ( + d) (a du) S,

(12.1)

che esplicitata e trascurando gli innitesimi di ordine superiore al primo si scrive


ad = du.
Applicando quindi il bilancio della quantit`a di moto al volume di controllo risulta:
a2 S ( + d)(a du)2 S + pS (p + dp)S = 0,

(12.2)

che, dopo aver sostituito dalla (12.1) a = (( + d)(a du), diventa


adu = dp,

(12.3)

e mettendo a sistema le equazioni (12.1) e (12.3) si ha:




ad = dU

adu = dp

dp
du = ad

a2 = .
adu = dp
d

Osserviamo ora che, essendo la variazione di velocit`a del pistone innitesima, si pu`o
considerare con buona approssimazione la trasformazione `e isentropica. Pertanto risulta
che la velocit`a del suono `e calcolata dallespressione:



 p
a=

CAPITOLO 12.

248

CENNI SUI FLUSSI COMPRIMIBILI

che `e valida per qualsiasi uido che subisce una trasformazione isentropica.
Introducendo il modulo elastico del uido, denito dalla seguente relazione:
E
p
=

si ha quindi:

E
.

I valori di E sono riportati nelle tabelle da cui si possono ricavare i valori di velocit`a di
propagazione delle piccole perturbazioni; nella seguente tabella vengono riportati alcuni
esempi.
a=

Benzina
Mercurio
Acqua

E = 1.3 109 N/m


E = 2.85 1010 N/m
E = 2.15 109 N/m

= 680Kg/m3
= 13600Kg/m3
= 1000Kg/m3

a = 1382m/s
a = 1447m/s
a = 1581m/s

Nel caso particolare in cui il uido in questione sia un gas perfetto, si pu`o ricavare
dalle relazioni per una trasformazione isentropica e lequazione di stato:
p
= C,

p
= RT,

la velocit`a del suono per gas perfetto:




 p

p
=C

p
= RT


= C1
p

= C = RT a = RT .
p
= RT

Da questa espressione si nota che la velocit`a del suono in un gas dipende dalla natura del
gas attraverso ed R e dalla sua temperatura; questa espressione conferma la descrizione
intuitiva data allinizio di questo capitolo secondo cui la propagazione di un disturbo in
un gas `e dovuto allinterazione successiva delle sue molecole attraverso le collisioni indotte
dal moto di agitazione termica.
Nella seguente tabella si riportano a titolo di esempio le velocit`a del suono per alcuni
gas e per dierenti temperature.
Argon
Elio
Aria
Aria

= 1.666
= 1.666
= 1.4
= 1.4

R = 207.85J/(KgK)
R = 2078.5J/(KgK)
R = 277.13J/(KgK)
R = 277.13J/(KgK)

T
T
T
T

= 293K
= 293K
= 293K
= 800K

a = 246.78m/s
a = 1005.45m/s
a = 337.16m/s
a = 557.12m/s

Supponiamo ora che la velocit`a del pistone subisca pi`


u incrementi innitesimi dU in
successione. In base a quanto appena visto, ogni incremento di velocit`a dar`a luogo ad

` DEL SUONO249
12.1. PROPAGAZIONE DI PICCOLE PERTURBAZIONI E VELOCITA
unonda di compressione la cui velocit`a dipende dalle condizioni termodinamiche del uido
in cui si propaga. Osservando che in ogni compressione il uido subisce un incremento
di temperatura, si ha che, dopo la prima, ogni onda si propaga in un uido preriscaldato
dallonda che la precede e quindi con una velocit`a maggiore dellonda che insegue e minore
dellonda che precede (gura 12.3). Ci`o implica che, dopo un tempo nito la coda del
treno di onde raggiunger`a la testa dando luogo ad ununica perturbazione che si muove con
una velocit`a intermedia tra quella delle singole perturbazioni. Chiaramente la coalescenza
di pi`
u perturbazioni di ampiezza innitesima dar`a luogo ad un disturbo nito detto urto;
`e interessante notare che questo si propagher`a con una velocit`a maggiore di quella del
suono a quella temperatura un quanto la velocit`a dellurto `e maggiore di quella della
prima onda di compressione.

t1

a)

b)

a1

a2

a3

t2 > t1

a1

a2 a3

t3 > t2

a
c)
Figura 12.3: Coalescenza di onde di compressione generate ad istanti successivi.
Un altro fatto interessante `e che la fenomenologia non `e simmetrica per un moto
del pistone verso sinistra. Se infatti il pistone si muovesse verso sinistra,
inizierebbe la

propagazione a destra di unonda di espansione con velocit`a a1 = RT , essendo T la

CAPITOLO 12.

250

CENNI SUI FLUSSI COMPRIMIBILI

temperatura del uido indisturbato. Il passaggio di questonda lascerebbe a valle un uido


espanso e quindi pi`
u freddo a temperatura T2 = T dT ; unonda di espansione
successiva
si dovrebbe quindi propagare in un uido pi`
u freddo con una velocit`a a2 = RT2 < a1 .
Ci`o implica che un treno di onde di espansione inizialmente equispaziate tenderebbe sempre di pi`
u a distanziarsi in quanto la testa si propaga a velocit`a maggiore rispetto alla
coda precludendo cos` la formazione di urti di espansione. Questa eventualit`a `e peraltro preclusa dal secondo principio della termodinamica in quanto un urto di espansione
comporterebbe una variazione di entropia negativa; questi argomenti rientrano tuttavia
nellambito della gasdinamica e vengono lasciati ai testi specializzati.

12.2

Flusso quasi unidimensionale

Dato un usso allinterno di un condotto si avr`a in generale che le sue variabili saranno
funzione delle coordinate spaziali e del tempo. In qualche caso, tuttavia, `e possibile che
la dipendenza da alcune direzioni spaziali e dal tempo si possa trascurare semplicando
notevolmente il problema. Per esempio, nella geometria a sezione variabile come quella
di gura 12.4 la componente u di velocit`a lungo lasse del condotto avr`a un prolo come
quello rappresentato con la linea tratteggiata; tale prolo soddisfa la condizione di aderenza alla parete mentre, fuori dallo strato limite, ha la distribuzione piatta caratteristica
dei ussi turbolenti. Se il regime di usso permane turbolento lungo tutto il condotto il
prolo di velocit`a si pu`o ragionevolmente assumere simile lungo tutta la lunghezza del
condotto, rendendo suciente la sola conoscenza della velocit`a media per caratterizzare
il usso. In molte applicazioni, inoltre (specialmente quelle aeronautiche), la lunghezza
di tali condotti `e limitata, rendendo trascurabile tanto leetto dei termini viscosi quanto
gli scambi di calore e permettendo quindi luso del modello di uido perfetto.
Notiamo a margine che in un modello di usso senza termini viscosi la condizione di
aderenza non pu`o essere soddisfatta alle pareti dove invece il vettore velocit`a `e tangente al contorno. In un condotto a sezione variabile ci`o comporta la generazione di una
componente di velcocit`a v ortogonale allasse del condotto e se vogliamo che v risulti trascurabile rispetto ad u deve essere v = u tan u = udh/dx  u ossia dh/dx  1.
Questa condizione implica che il condotto abbia una sezione lentamente variabile ossia
che le pareti formino un angolo piccolo con lasse x.
Descriviamo quantitativamente il usso quasi unidimensionale partendo dalle equazioni di conservazione della massa, della quantit`a di moto e dellenergia scritte in forma
dierenziale.

+ (u) = 0
t

+ u u = p + ( u) + 2 u + f
t
3

+ uE
t

= up + + q + (kT ) + u f .

12.2. FLUSSO QUASI UNIDIMENSIONALE

251

h(x)
u1

u2

Figura 12.4: Schema di condotto a sezione variabile con un usso quasi monodimensionale.
Se supponiamo che il usso sia non viscoso: = 0 ed anche termicamente non conducente (kT ) = 0, che le forze di volume siano trascurabili f = 0, e che la produzione
interna di calore risulti nulla q = 0 le equazioni di conservazione diventano:

+ (u) = 0
t

+ u u = p
t

+ uE
t

= up.

In forma integrale, su un volume di controllo V di supercie S, (gura 12.4) la


conservazione della massa assume la forma

V

ossia

dV + u ndS = 0
t
S



dV = u ndS
t V
S



 x2
dS dx = u ndS
t x1
S
S
 x2


Sdx = u ndS
t x1
S

CAPITOLO 12.

252

CENNI SUI FLUSSI COMPRIMIBILI

Sl
dh
1 dS
dx = 2 dx

S1
2h(x)

u1

dx
x1

S2
u2
x2

y
x

Figura 12.5: Bilancio su un volume di controllo in un condotto a sezione variabile.




essendo = S1 S dS la densit`a media sulla sezione.


Sia la densit`a che la velocit`a sono grandezze non costanti in y che possono essere
scomposte nella somma di due contributi dei quali uno rappresenta il valore medio e
laltro ne rappresenta lo scostamento; in questottica quindi il prodotto u diventa:
u = ( + ) (u + u) = u + u + u + u.
Se ora si suppone che gli scostamenti rispetto alla media siano notevolmente pi`
u piccoli
della media stessa si pu`o porre:
u = u
da cui ne consegue per la conservazione della massa

 x2
Sdx = u ndS
t x1
S
oppure, notando che u `e la componente lungo lasse del condotto del vettore u,

 x2
Sdx = [( uS)2 ( uS)1 ]
t x1
 x2
 x2

Sdx =
( uS) dx
t x1
x1 x

 x

(S) +
( uS) dx = 0
(S) +
( uS) = 0.
x
t
x
x1 t

Introducendo la derivata materiale D/Dt = /t+u/x (indicata con D per distinguerla


da quella con la velocit`a u) lequazione di conservazione della massa si pu`o scrivere come:
D
u u dS
+
+
= 0.
Dt
x
S dx

12.2. FLUSSO QUASI UNIDIMENSIONALE

253

Procediamo ora in modo analogo per il bilancio della quantit`a di moto in forma integrale:

V



 s2

(bp sin ) ds
(u) dV + uu ndS + pndS =
t
S
S
s1



 x2

dx
(bp sin )
(u) dV + uu ndS + pndS =
cos
V t
S
S
x1
in cui il termine a secondo membro `e la reazione vincolare (di pressione) data dalla
supercie laterale del condotto, b `e la sua profondit`a nella direzione ortogonale al foglio.
e considerando che S = 2hb
Notando inoltre che `e piccolo si ha tg = sin = = dh
dx
1 dS
=
da
cui
risulta dh
dx
2b dx

V



 x2

1 dS
(u) dV + uu ndS + pndS =
2bp
dx
t
2b dx
S
S
x1

ossia
 x2

x1

(Su) dx +

 x2

x1

Su

dx +

 x2

x1

(pS) dx

 x2
S

x1

dx = 0

S
Su2 +
(Su) +
(pS) p
t
t
t
x




dS
(Su) +
=0
u2 + p S p
t
x
dx

che, tenendo conto delequazione di conservazione della massa scritta come S


+ x
( uS) =
t
0, diventa

u
u
p
+u
=0

+
t
x
x

In modo del tutto analogo si pu`o trattare lequazione dellenergia che diventa


u2
u2 p

e+
S +
Su e +
+
t
2
x
2

=0

(12.4)

e, tenendo conto dellequazione della conservazione della massa e quella della quantit`a di
moto,
De
u u p dS

+p
+
=0
Dt
x
S dx
Inne, calcolando il termine S1 dS
dallequazione della conservazione della massa scritta in
dx
forma di derivata materiale dallequazione dellenergia si ottiene :
De
D
+p
Dt
Dt

=0

Ds
=0
Dt

Questultima equazione indica che il usso `e isentropico cio`e che lentropia di ogni
particella non cambia lungo la sua traiettoria.

CAPITOLO 12.

254

CENNI SUI FLUSSI COMPRIMIBILI

Per allegerire la notazione, da ora in poi ometteremo il simbolo per denotare le


quantit`a mediate; se facciamo lulteriore ipotesi che il usso sia stazionario le equazioni
di conservazione si semplicano in
d
(Su) = 0
dx

Su = cost

(12.5)

 
d  2
dS
u + p S p
=0
dx
dx
Se moltiplichiamo lequazione (12.5) per u e la sottraiamo alla (12.6)

Su

du
dp
+S
=0
dx
dx

du 1 dp
+
=0
dx d

(12.6)

(12.7)

quindi lequazione della quantit`a di moto in forma dierenziale si scrive:


udu +

dp
=0

(12.8)

Una forma utile dellequazione di conservazione dellenergia si ottiene dalla (12.4)


nellipotesi di stazionariet`a dopo avere sottratto la (12.5) moltiplicata per E e la (12.6)
moltiplicata per u

u2 p
d
+
e+
dx
2

=0

(12.9)

che sancisce la natura omoenergetica del usso, ossia con energia costante ovunque e non
solo lungo una linea di corrente.
Le relazioni appena trovate possono essere sfruttate in modo semplice per trovare
landamento di grandezze uidodinamiche e termodinamiche allinterno del condotto al
variare della sua sezione.
Per usso isentropico si ha p = C e dierenziando entrambi i membri si ha
dp
+ p () 1 d = 0

dp
d
=
p

dp =

p
d

e, utilizzando lequazione di stato dei gas perfetti p/ = RT e la denizione di velocit`a


del suono a2 = RT ,
dp = RT d
dp = a2 d
(12.10)
Lequazione di conservazione della massa `e uS = C e dalla dierenziazione logaritmica si ottiene
d du dS
+
+
= 0.
(12.11)

u
S
Mettendo a sistema la relazione (12.8) con la seconda delle (12.10) ricava una relazione
dierenziale tra la densit`a del uido, la velocit`a del usso ed il numero di Mach

12.2. FLUSSO QUASI UNIDIMENSIONALE




dp = a2 d
d
u

= 2 du
dp
udu + = 0

255

d
du
= M 2

Sostituendo lultima delle precedenti nella (12.11) si ottiene la relazione tra variazione
di velocit`a e variazione di sezione il cui comportamento dipende dal numero di Mach.
dal sistema dellequazione precedentemente trovata con lequazione di conservazione della
massa ricaviamo lequazione dierenziale tra la velocita del usso e la sezione sulla quale
viene la velocit`a `e calcolata ed il numero di Mach

d



= M 2 du
dS
2 du
u

M
=
du
dS
+ u + S =0
u
S

1
dS
du
= 2
(12.12)
u
M 1 S
il legame tra densit`a e sezione sulla quale `e calcolata e il numero di Mach si trova dal
seguente sistema
 d

du
u

= M 2 du
d
M 2 dS
u
= 2
dS
1
= M 2 1 S

M 1 S

Dierenziando lequazione dellisentropica abbiamo visto che dp


= d
e dal seguente
p

sistema troviamo la relazione tra pressione e sezione e numero di Mach.

= d
dp
M 2 dS

2
= MM2 1 dS
p
M2 1 S
S
dp
p

+ d
dT
= 0
dierenziando lequazione di stato dei gas perfetti risulta che dp
p

T
dp
d
che accoppiata allequazione dierenziale dellisentropica, p = ,fornisce la seguente
relazione:
dT
d
= ( 1)
T

dT
du
= ( 1) M 2
T
u
dT
M 2 dS
= ( 1) 2
T
M 1 S
Ricapitolando le equazioni ricavate sono:

CAPITOLO 12.

256

CENNI SUI FLUSSI COMPRIMIBILI

du
1
dS
= 2
u
M 1 S
dT
du
M 2 dS
= ( 1) M 2
= ( 1) 2
T
u
M 1 S
M 2 dS
du
d
= M 2
= 2

u
M 1 S

(12.13)

dp
du
M 2 dS
= M 2
= 2
p
u
M 1 S
Analizziamo la variazione delle grandezze temodinamiche al variare della sezione di
un condotto attraversato da due tipi di usso uno subsonico e laltro supersonico.


M <1


M >1

dS > 0 du < 0, dT > 0, d > 0, dp > 0


dS < 0 du > 0, dT < 0, d < 0, dp < 0
dS > 0 du > 0, dT < 0, d < 0, dp < 0
dS < 0 du < 0, dT > 0, d > 0, dp > 0

Il fenomeno pi`
u interessante da notare `e che in base allequazione (12.12) la velocit`a
di un usso reagisce in modo opposto alle variazioni di sezione e seconda che il numero
di Mach sia maggiore o minopre di 1. In particolare se il usso `e subsonico (M < 1) per
una dS negativa si avr`a una du positiva e viceversa, ossia il usso accelera se la sezione
del condotto diminuisce mentre decelera se la sezione si allarga. Al contrario, se il usso
`e supersonico (M > 1) variazioni di sezione e di velocit`a avranno segno concorde e quindi
il usso accelera se la sezione cresce in x e decelera se la sezione si riduce. Il motivo
di tale comportamento `e dovuto al fatto che velocit`a e densit`a si comportano in modo
opposto rispetto alle variazioni di sezione (confronta le equazioni 12.12 e 12.13) e mentre
per M < 1 le variazioni di velocit`a superano quelle di densit`a nei ussi supersonici accade
il fenomeno opposto.
Unaltra importante osservazione `e che la transizione di un usso da subsonico a supersonico o viceversa, in un condotto a sezione variabile pu`o avvenire solo in corrispondenza
di una gola dove dS = 0. Se infatti ci`o non accadesse, in corrispondenza di M = 1 si
avrebbero variazioni innite di tutte le quantit`a indicando limpossibilit`a di far avvenire
il fenomeno.
Lultima questione che si vuole brevemente menzionare `e la variazione di alcune grandezze lungo lasse di un condotto a sezione variabile nel caso in cui valgano le equazioni
(12.5), (12.7) e (12.9).

12.2. FLUSSO QUASI UNIDIMENSIONALE

257

Ricordando che lentalpia per un gas perfetto `e h = e+p/ = cp T con il calore specico
R
riscriviamo lequazione di conservazione dellenergia
a pressione costante pari a cp = 1
tra due generiche sezioni del condotto ottenendo:

u2
cp T +
2

u2
= cp T +
2

(12.14)

e, se in particolare si ha una sezione in cui la velocit`a `e nulla si ottiene


u2
cp T1 + 1 = cp T0 ,
(12.15)
2
dove T0 `e detta temperatura totale e misura lenergia totale del sistema. Bisogna notare che la relazione sopra costituisce anche una denizione della temperatura totale che
pu`o essere calcolata indipendentemente dal fatto che nel condotto si verichi o meno la
condizione u = 0 in qualche sezione.
Con qualche trasformazione la relazione 12.15 assume la forma
u21
T0
=1+
T1
2cp T1
1 u21
T0
=1+
T1
2 RT1
T0
1 u21
=1+
T1
2 a21
1 2
T0
=1+
M1
T1
2
se il usso `e isentropico valgono le relazioni:


 1

p0
T0
=
p1
T1

1 2
= 1+
M1
2

1 2 1
0
T0 1
=
= 1+
M1
1
T1
2
con le quali `e possibile denire la pressione e densit`a totali del usso.
In forma equivalente, utilizzando la denizione cp = R/( 1) ed introducendo la
velocit`a del suono si puporre lequazione di conservazione dellenergia nella forma
RT1 u21
RT2 u22
+
=
+
1
2
1
2
a21
u2
a22
u2
+ 1 =
+ 2
1
2
1
2
( 1) 2
( 1) 2
u1 = a22 +
u2
2
2
e nuovamente `e possibile denire la velocit`a del suono totale a0 ponendo in qualche sezione
u = 0.
a21 +

258

CAPITOLO 12.

CENNI SUI FLUSSI COMPRIMIBILI

Capitolo 13
Alcuni personaggi storici della
uidodinamica

Archimede di Siracusa (Siracusa [Italia]


287 A.C., Siracusa [Italia] 212 A.C.)

Leonardo da Vinci (Vinci [Italia] 1452,


Cloux [Francia] 1519)

259

260 CAPITOLO 13. ALCUNI PERSONAGGI STORICI DELLA FLUIDODINAMICA

Simon Stevin (Bruges [Belgio] 1548, The


Hague [Olanda] 1620)

Galileo Galilei (Pisa [Italia] 1564, Arcetri [Italia] 1642)

Blaise Pascal (Clermont [Francia] 1623,


Parigi [Francia] 1662)

261

Sir Isaac Newton (Woolsthorpe [Inghilterra] 1643, London [Inghilterra]


1727)

Daniel Bernoulli (Groningen [Olanda]


1700, Basilea [Svizzera] 1782)

Leonhard Euler (Basilea [Svizzera] 1707,


San Pietroburgo [Russia] 1783)

262 CAPITOLO 13. ALCUNI PERSONAGGI STORICI DELLA FLUIDODINAMICA

Jean Le Rond dAlembert (Parigi [Francia] 1717, Parigi [Russia] 1783)

Giuseppe Luigi Lagrange (Torino [Italia]


1736, Parigi [Francia] 1813)

Pierre Simon Laplace (Beaumont en


Auge [Francia] 1749, Parigi [Francia]
1827)

263

Claude Louis marie Henri Navier (Dijon


[Francia] 1785, Parigi [Francia] 1836)

William Froude (Dartington [Inghilterra] 1810, Simonstown [Sud Africa]


1879)

George Gabriel Stokes (Skreen [Irlanda]


1819, Cambridge [Inghilterra] 1903)

264 CAPITOLO 13. ALCUNI PERSONAGGI STORICI DELLA FLUIDODINAMICA

Hermann Ludwig Ferdinand von Helmholtz (Posdam [Germania] 1821, Berlino


[Germania] 1894)

Lord Kelvin (William Thomson) (Belfast [Irlanda] 1824, Netherhall [Scozia]


1907)

Ernst Mach (Turas [Repubblica Ceca]


1838, Vaterstetten [Germania] 1916)

265

Osborn Reynolds (Belfast [Irlanda]


1842, Watchet [Inghilterra] 1912)

Lord Rayleigh (John William Strutt)


(Langford Grove [Inghilterra] 1842,
Terling Place [Inghilterra] 1919)

Valentin Joseph Boussinesq ([France]


1842, [France] 1929)

266 CAPITOLO 13. ALCUNI PERSONAGGI STORICI DELLA FLUIDODINAMICA

Martin Wilhelm Kutta (Pitschen [Polonia] 1867, F


urstenfeldbruck [Germania]
1944)

Ludwig Prandtl (Freising [Germania]


1875, Gottinga [Germania] 1953)

Lewis Fry Richardson (Newcastle upon


Tyne [Inghilterra] 1881, Kilmun [Scozia]
1953)

267

Theodore von Karman (Budapest [Ungheria] 1881, Aquisgrana [Germania]


1963)

Georey Ingram Taylor (St. Johns


Wood [Inghilterra] 1886, Cambridge
[Inghilterra] 1975)

Andrey Nikolaevich Kolmogorov (Tambov [Russia] 1903, Mosca [Russia]


1987)

268 CAPITOLO 13. ALCUNI PERSONAGGI STORICI DELLA FLUIDODINAMICA

Subrahmannyan Chandrasekar (Lahore [India (attualmente Pakistan)] 1910,


Chicago [USA] 1995)

George Keith Batchelor (Melbourne


[Australia] 1920, Cambridge [England]
2000)

Sir Michael James Lighthill (Parigi


[Francia] 1924, Sark [Channel Islands]
1998)

Bibliograa e letture consigliate


Alexandrou, A., 2001, Principles of uid mechanics, Prentice Hall, New Jersey.
Anderson, J.D., 1990, Modern compressible ow, McGrawHill, New York.
Batchelor, G.K., 1970, An introduction to uid mechanics, Cambridge University Press,
Cambridge.
Lamb, H. Sir, 1945, Hydrodynamics, Dover, New York.
Lugt, H.J., 1983, Vortex ow in Nature and technology, Wiley & Sons, New York.
Lugt, H.J., 1996, Introduction to vortex theory, Vortex Flow Press, Maryland.
Panton, R.L., 1984, Incompressible ow, Wiley & Sons, New York.
Pope, S.B., 2000, Turbulent ows, Cambridge University Press, Cambridge.
Prandtl, L. & Tietjens, O.G., 1934, Applied hydro and aeromechanics, Dover, New York.
Prandtl, L. & Tietjens, O.G., 1934, Fundamentals of hydro and aeromechanics, Dover,
New York.
Young, D.F., Munson, B. R. & Okiishi, T.H., 1997, A brief introduction to uid mechanics,
Wiley & Sons, New York.
Sabetta, F., 1999, Gasdinamica, Edizioni Ingegneria 2000, Roma.
Saman, P.G., 1993, Vortex dynamics, Cambridge University Press, Cambridge.
Schlicting, H., 1968, Boundary layer theory, McGrawHill, New York.
Shapiro, A., 1953, The dynamics and thermodynamics of compressible uid ow Ronald
Press, New York.
Tennekes, H., & Lumley, J.L., 1972, A rst course in turbulence, MIT Press, New York.
The Japan Society of Mechanical Engineers, 1988, Visualized ow, Pergamon Press,
Oxford.
269

270 CAPITOLO 13. ALCUNI PERSONAGGI STORICI DELLA FLUIDODINAMICA


Tokaty, G.A., 1994, History and philosophy of uid mechanics, Dover, New York.
van Dyke, M., 1982, An album of uid motion, The Parabolic Press, Stanford, CA.

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