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In questo lavoro desidero affrontare il problema del funzionamento della mente. Il tema
riguarda sia il funzionamento dei cervelli animali e umani che della mente umana
propriamente intesa, con l’ovvia necessità di distinguere la componente che appartiene a
tutto il regno animale da quella che è caratteristica del genere Homo. In generale però sono
ravvisabili elementi di continuità tra cervello animale e umano, soprattutto in
considerazione del fatto che gran parte della differenza risiede in un elemento quantitativo,
l’aumento di materia encefalica rispetto alla massa corporea (pur se di alto livello come le
aree corticali): ne discende che, in qualsiasi caso si ravvisi un aumento quantitativo, questo
significa che l’aspetto fondamentale è l’accrescimento di strutture già esistenti e non la
formazione di nuove. In pratica, la presenza di ulteriore materia cerebrale
sovradimensionata rispetto a quella esistente in altre specie di pari massa, significa un
aumento di possibilità di trattamento dei segnali in ingresso che può trasformarsi, questo
sì, in formazione di nuove uscite comportamentali qualitative.
Cercherò di dimostrare che l’elemento fondamentale, il punto di riferimento, il famoso
homunculus altro non è che il sistema motorio nel suo complesso o meglio ancora il
movimento in sé, in quanto caratteristica essenziale di tutte le forme di vita non radicate
(come i vegetali).
Il secondo aspetto riguarda la specializzazione cellulare, la quale cosa ha due effetti: primo
la diminuzione dei costi energetici in seguito a specializzazione funzionale con perdita
però di altre funzionalità più generiche (aspetto quantitativo), secondo la formazione di
sistemi collegati e dipendenti all’interno di un unico organismo, la migliore sopravvivenza
di quelle cellule più econome in fatto di energia (specializzazione) all’interno
dell’organismo con conseguente aumento della fitness dell’organismo stesso; la
conseguenza di quest’ultimo fatto potrebbe essere l’aumento della massa che se
accompagnata da uno stadiamento dimensionale porterebbe alla diversificazione
funzionale delle nuove cellule (aspetto qualitativo).
Il terzo aspetto riguarda la perdita di una funzione motoria senza perdita dell’area
cerebrale che la guidava.
1.00 Il Movimento.
1.01 In principio erano i batteri.
I batteri procarioti che possono muoversi usano diverse strategie per spostarsi: in alcuni
c’è una struttura chiamata flagello, in altri si utilizzano movimenti di contrazione e
rotazione, altri ancora usano un movimento di strisciamento. In generale se non
recepiscono nessuna sostanza di loro interesse, si muovono casualmente sia in linea retta
che modificando la propria direzione per mezzo di capriole sinchè non trovano ciò che
cercano. Gli stimoli ai quali rispondono positivamente o negativamente sono sia di natura
chimica come zuccheri, aminoacidi o sostanze tossiche, che fisici, come ad esempio nella
geotassi, fototassi, termotassi ecc. Questa procedura è detta chemiotassi: il meccanismo
con il quale questi organismi trasformano il segnale è mediato da chemiorecettori posti
sulla membrana citoplasmatica che attraverso un complesso di secondi messaggeri attiva il
movimento. Il meccanismo percettivo è anche in grado di confrontare le concentrazioni
degli elementi nell’ambito di un breve intervallo di tempo, una specie di effetto memoria.
Cosa ci insegna questo comportamento? Un legame stretto fra strutture motorie e
recettori: il recettore avverte la presenza chimica (vi sono circa 20 tipi di chemiorecettori
attrattivi e 10 repellenti) e di volta in volta la sostanza attivata come secondo messaggero
stimolerà in senso antiorario o orario la rotazione del flagello, per esempio. Non è dato
sapere quale delle due strutture sia più importante però possiamo proporre una sorta di
gerarchia: sono i chemiorecettori che trasportano il segnale verso gli organi di movimento,
cioè il flusso informativo procede in quella direzione recettore>effettore, in pratica è
l’effettore il referente di ogni ingresso recettivo. E cos’è il percetto per il batterio? Se non
avesse possibilità di scatenare le risposte chimiche conseguenti al legame della sostanza sul
recettore che arrivano fino alle strutture motorie, quel legame sostanza-recettore non
avrebbe alcun significato. In più, per un organismo come un batterio, è più conveniente
muoversi casualmente oppure rimanere fermo in un unico posto, ai fini della
sopravvivenza (procacciarsi il cibo, sfuggire i pericoli) ? Il movimento è un aspetto
fondamentale della natura di quegli organismi non radicati, anzi è la caratteristica
fondante la differenza: senza il movimento, casuale o finalistico che sia, non sarebbero
altro che organismi radicati e cesserebbe la distinzione.
L’assunzione di nutrienti avviene attraverso questi sistemi: diffusione facilitata, trasporto
attivo e traslocazione di gruppo ( i più importanti). L’endocitosi rappresenta il sistema
elettivo degli eucarioti.
L’aspetto essenziale di questi organismi semoventi allo stadio primitivo è l’attività ancillare
dei recettori nei confronti degli effettori. E’ chiaro che ugualmente i sistemi effettori
potrebbero poco senza strumenti di rilevazione dello spazio extracellulare ma è
ugualmente chiaro che volente o nolente al legame ligando-recettore seguirà un atto
motorio: possiamo concluderne che l’atto motorio è il riferimento delle attività ricettive di
ogni organismo?
Come avviene il passaggio dalla percezione chimica all’esecuzione motoria? Per sapere da
che parte dirigersi l’organismo deve collegare la disposizione del recettore attivo al vettore
direzionale, insomma una sorta di mappa chemiotopica, però non possedendo strutture in
grado di gestire il segnale in ingresso oltre la semplice attivazione di cilia o flagelli basa il
suo direzionamento sulla rotazione casuale cui segue un maggior tratto di movimento
lineare se percepisce di fronte a sé, dalla porta opposta del propulsore, il gradiente chimico
attraente. Un po’ come potrebbe fare un organismo cieco procedendo a sondare il terreno
intorno a sé prima di avanzare verso una direzione valutata magari dagli altri organi
sensoriali.
Quello che fanno le rotazioni casuali e i chemiorecettori è, in forma primitiva, ciò che fanno
gli organi sensoriali più evoluti negli organismi pluricellulari. Specialmente la rotazione
casuale viene sostituita dalla topologia del segnale: per esempio la corteccia sensoriale e
quella motoria sono collegate topologicamente ai rispettivi spazi sulla superficie corporea,
e questo serve ad identificare il luogo in cui avviene l’evento stimolante.
La rotazione casuale adotta una strategia di forza basata sulla quantità. Supplisce alla
carenza di segnali adottando un avanzamento a zig-zag che riesce a coprire una maggiore
superficie del piano, quando però incontra il segnale attiva un procedimento motorio. Il
batterio, questo minuscolo organismo unicellulare, possiede una coscienza o io che dir si
voglia?
Sostengo che un io o coscienza primaria appartenga a qualsiasi organismo che possa
muoversi di moto proprio, in grado cioè di compiere una decisione che riguarda l’intero
organismo. La coscienza primaria è l’inferenza motoria, la coscienza secondaria è
l’inferenza sostituto motoria.
2.00 La specializzazione.
Dinamica della specializzazione, nel senso che gli eventi di una certa complessità si
presentano inizialmente in uno stato di universalità come direzione energetica obbligata
sino a quando non subentrano fatti che apportino energia sufficiente ad andare contro
gradiente e ad aumentare la specializzazione del sistema. A questo scopo si può rilevare
che anche l’attività sinaptica cerebrale da generalizzata nei casi di assenza di stimoli
(attivazione spontanea generalizzata) passa ad una attivazione specifica e specializzata.
Perché la coordinazione motoria passa per una riduzione dei neuroni coinvolti nell’atto?
All’interno di uno stormo il singolo volatile è più protetto e invisibile che se fosse da solo.
Idem per i pesci all’interno di un banco.
Che relazione c’è tra questi due fattori: specializzazione come isolamento di neuroni
(gruppi di neuroni) e invisibilità attraverso l’aggregazione, il generalismo?
Anche nel cervello, l’appartenere tutti ad un unico gruppo, sciame, branco, stormo, banco
favorisce l’invisibilità, il generalismo, l’universalismo.
In realtà nel gruppo vige sincronia, si ha sì perdita di individualità del singolo neurone ma
si acquista sincronia di gruppo: ora resta da stabilire chi determina la direzione del gruppo,
considerato che ognuno segue un punto di riferimento? Se ognuno segue qualcuno chi
determina la direzione? Due ipotesi: o esistono individui definibili come capi che indicano
continuamente la direzione da seguire oppure lo fanno le condizioni al contorno. Forse
sono possibili entrambe le situazioni: probabilmente qualche individuo che assume il ruolo
di capo c’è anche, comunque il gruppo deve essere pronto, per la sua stessa natura, a
modificare istantaneamente la direzione a causa di eventi esterni, perciò se un elemento
del gruppo cambia improvvisamente direzione a cascata lo faranno anche quelli di cui era
riferimento. La capacità di rispondere come un tutto unico è la qualità principale di questi
raggruppamenti e ogni elemento è sensibile ai fattori esterni e in grado di far modificare
istantaneamente direzione al gruppo.
Quindi possiamo concludere che per il neurone la specializzazione si concretizza con il far
parte di un gruppo: è una sorta di specializzazione di gruppo.
Teoria del Minority Game: M. Buchanan, L’atomo sociale, pag. 89:
supponiamo che sul mercato non vi siano abbastanza investitori, e quindi l’insieme di
strategie in gioco non sia sufficiente a coprire tutte le possibilità. Ciò significa che vi sarà
un certo grado di “prevedibilità” residua che, ovviamente, attirerà altri investitori,
fiduciosi di poter compiere facili profitti. La stessa ragione ne attirerà altri ancora, ma
ogni nuovo investitore nel mettere in gioco altre strategie, “eroderà” quella parte di
prevedibilità residua.
Può questo fatto spiegare la predilezione del cervello, nello svolgimento della sua attività,
per circuiti quanto più possibile circoscritti? Cioè il fatto che un’attività diffusa non è
sinonimo di maggiori espressioni dell’organismo ma di comportamento caotico? Cosa
significherebbe però la maggior predicibilità della teoria in sistemi minori portata nel
campo neurologico? Perché un circuito più piccolo è più predicibile e efficiente? Se esiste
una specie di collegamento biunivoco tra stimolo generico e struttura cerebrale che lo
rappresenta o interpreta, come per la teoria del minority game, quanto minori sono gli
investitori o i neuroni coinvolti, quanto maggiore è la predicibilità ovvero rispetto a tutte le
possibilità legate ad un intorno completo dei circuiti attivi in un determinato momento,
quelli necessari a rappresentare gli eventi sono il minor numero possibile dotati di un
significato (nel senso di un significato solo, e non più di uno).
Prevedibilità dei mercati: indovinare il comportamento che terrà il mercato nel futuro. Se il
predittore è l’ambiente e il mercato è il cervello allora è l’ambiente ad adattarsi
all’organismo, ma ciò non può essere. Se il predittore è l’organismo e il mercato è
l’ambiente, occorrerà una strategia più vincente di quella che avviene nel mondo
finanziario per far sopravvivere l’organismo: a meno che l’organismo non faccia in modo di
tenere l’ambiente (il mercato) nella soglia di predicibilità e cioè con un basso numero di
investitori (stimoli).
Questo significa che l’organismo filtra un certo intervallo di stimoli per ogni struttura
ricettiva allo scopo di mantenere in ambito prevedibile l’azione. C’è una parte di verità in
quanto affermano Manzotti e Tagliasco che l’attività neurale (l’esperienza) non sia altro
che il proseguimento del processo che ha dato inizio all’evento, cioè l’attività neurale è la
prosecuzione del processo che l’ha stimolata (in realtà non l’ha stimolata ma l’ha
proseguita all’interno del cervello perché il sistema ricettivo, quando l’evento è nel suo
intervallo di pertinenza, fa parte del processo in atto e così pure il sistema motorio). Con
una precisazione però che l’attività neurale non può essere spogliata delle sue prerogative
peculiari di indirizzatrice e attivatrice dell’atto motorio, e che l’appartenere al processo
fisico scatenante è sia fisico che virtuale in quanto l’apparato percettivo non può fare a
meno di ricevere (in questo quindi si spiega il far parte dell’intero processo che inizia
nell’ambiente, attraversa l’organismo e ritorna all’ambiente) però può scegliere (in
quantità variabile) se agire o meno.
Prevedere il futuro significa poter indirizzare convenientemente l’apparato motorio, cioè
sapere dove inviarlo: se il cervello non sa dove inviarlo l’organismo si muove caoticamente.
Gli stimoli sensoriali che entrano attivano e silenziano utilizzando la logica che si è
accumulata filogeneticamente durante il percorso da unicellalure ad organismo complesso.
3.00 Le mappe.
Da O’Shea, La congettura di Poincarè, pag. 66:
[…]come non possiamo connettere i punti sui margini della nostra mappa del mondo
rimanendo in un piano bidimensionale, così non ci è possibile connettere le facce sui
margini esterni della nostra mappa di scatole dell’universo rimanendo nel nostro spazio
tridimensionale.
Cos’è una mappa cerebrale e a cosa serve? La mappa serve per trasformare segnali
multiformi in un linguaggio unico, quello cerebrale, basato sull’atto motorio. Per questo
motivo segnali di diversa provenienza, una luce, un suono, un odore, possono essere
ricondotti ad un unico mondo che li produce e non a tre distinti universi, appunto perché il
referente unico di tutti i segnali sensoriali è l’atto motorio. Come visto, l’impossibilità di
osservare un oggetto 3D all’interno di un mondo 3D obbliga a trasformare il segnale in 2D
per poi ripristinare la tridimensionalità sugli standard interni.
La mappa serve anche per avere un controllo generale di tutto quello che colpisce i sensi,
un colpo d’occhio totale, altrimenti succederebbe come quando siamo presi da qualcosa: la
fissazione dell’attenzione distoglie gli output motori da qualsiasi altro interesse
convogliandoli sull’oggetto attenzionato.
Disegnare una piantina ci serve per avere un’idea generale di una certa disposizione: anche
noi dobbiamo realizzarla in 2D perché in quella 3D più che poterla consultare ci viviamo,
essendo anche noi creature in 3D: ci vorrebbe una quarta dimensione per osservare una
mappa 3D come ora osserviamo una 2D.
In realtà tutto ciò che avviene all’interno del cervello, cioè l’attivazione di mappe, avviene
in 2D e l’apparente tridimensionalità dovuta alla distribuzione del segnale sensoriale non
più su una superficie ma su un’area tridimensionale non è che la trasduzione di un ritardo
sensoriale che il recettore avverte nel segnale proveniente dall’esterno, che deve essere
tramutato in una relazione spaziale perché serve a muovere l’apparato motorio che è
appunto basato su una distribuzione nello spazio degli elementi che lo costituiscono. Si
può quindi affermare che in principio era la distribuzione dell’apparato motorio a
condizionare la costruzione delle aree motorie cerebrali: i motoneuroni che si occupano di
trasportare i segnali verso i muscoli devono sapere in quale direzione deve dirigersi il
segnale, ragion per cui deve esistere una mappa motoria del corpo umano. La mappa
motoria è opera del genoma, i collegamenti dei motoneuroni con i fasci muscolari si
realizza durante lo sviluppo fetale, la catena di comando si dipana dai muscoli al cervello:
già in questa sede il genoma struttura la forma delle mappe, cioè risolve il problema di
avere sotto controllo una superficie estesa come quella corporea utilizzando un sistema
centralizzato nel quale siano rappresentate tutte le relazioni tra i segmenti corporei.
L’assemblaggio della struttura però non garantisce che l’organismo sia perfettamente in
grado di muoversi appena nato (almeno per quegli organismi che prevedono cure
parentali ed addestramento per esperienza). Una struttura del genere non sarebbe in grado
di decidere se l’atto che compie è ben fatto o adatto alla situazione perciò servono altre
strutture che interferiscono con la mappa motoria di origine.
La mappa motoria cerebrale inizialmente conosce solo la disposizione dei vari segmenti
muscolari ma siccome il suo ruolo non è quello di monitorare la superficie del corpo in
attesa di segnali ma di inviarne, resta da definire il problema di come avviene questo invio.
La parte spaziale dell’ambiente rappresenta un problema per l’organismo: questa è la parte
invariabile e l’organismo modifica se stesso (le sue attivazioni motorie) per muoversi nello
spazio. Ma perché dovrebbe farlo? Serve un motivo. Il motivo smuove organismi sia
semplici che complessi: nella sua parte fondamentale, che per alcuni organismi è anche
l’unica, è simile in tutti gli organismi. Il movimento, raramente, è opera di un unico fascio
muscolare; più spesso diversi muscoli cooperano nell’esecuzione di un atto. Per questo
motivo è necessaria una mappa motoria cerebrale piuttosto estesa e sincrona. Questo
significa che un atto volitivo finalistico esige una struttura neurale non semplice. Questo
aspetto da una parte ovvia alle attivazioni acausali spontanee, cioè serve più della casualità
per azionare un movimento finalistico, dall’altra impone la presenza di altre strutture che
determinano il finalismo. Il sistema motorio (cervello+struttura muscolare) da solo non è
in grado di finalizzare i propri atti perché non possiede nessuna mappa dell’ambiente.
L’ambiente può rappresentare un’istanza finalistica in virtù della sua capacità di
permanere discretamente nel tempo. Nell’isolare le mappe coinvolte in una percezione il
cervello mima il percepito con il proprio linguaggio: come il linguaggio simbolico richiede
certa coerenza ma necessita di una sorta di ambiguità così penso accada al sistema
motorio con l’ambiente.La coerenza è data dalla stabilità dell’ambiente e l’ambiguità dagli
inganni propri del sistema percettivo (vedi Temple Gradin, le ambiguità visive,ecc).
L’ambiguità serve perché non è possibile fornire una risposta motoria diversa ad ogni
stimolo, vi è necessità di raggruppare le risposte simili, perciò il sistema è più soggetto
all’errore e può generarne di inadatte.
4.00 I linguaggi.
Da Gould, Architetture animali, pag. 46:
[…]a fini sperimentali, Griffin realizzò un eccellente test servendosi della sua intuizione.
L’esperimento consisteva nell’interrompere il processo di costruzione da parte di questi
animali (tricotteri), o nell’indurre un danno modesto in una sezione ormai terminata
della struttura, vanificando così lo scopo del manufatto. La maggior parte degli animali
rimane sconcertata nel constatare simili cambiamenti, ma non questi insetti. Le
costruzioni dei tricotteri sono così piccole e difficili da iniziare e mantenere in
laboratorio, che esperimenti del genere sono stati eseguiti solo di rado. […] se proviamo a
rimuovere la parte posteriore e l’ala del tubo, la larva ripara il danno. Ciò che colpisce
profondamente è che in questo esperimento ,larve diverse hanno scelto di riparare le loro
costruzioni in modi differenti.
[…] tale variabilità è in evidente contrapposizione con il rotolamento stereotipato cui
sono sottoposte le uova degli uccelli che nidificano nel terreno. Una simile flessibilità
suggerisce l’idea che la larva possieda, oltre a programmi innati di riconoscimento e a
programmi motori che le consentono di portare a termine compiti specifici preordinati,
una sorta di idea del prodotto finito, simile a una mappa. Questa immagine, qualsiasi sia
la forma che essa assume, è ciò che consente all’animale di trovare soluzioni alternative
allo stesso problema: quella che gli esperti definiscono una risposta finalizzata.
La capacità di possedere una visione globale che interessa anche eventi che si devono
compiere o già avvenuti è possibile anche senza intervento del linguaggio simbolico.
L’animale sa ma non sa di sapere. Se ragioniamo in termini di spazi di azione dei diversi
linguaggi diremo che il motorio-corporeo opera in un solo ambito mentre quello simbolico
possiede due gradi di libertà.
Il tricottero, che è in grado di riprendere la costruzione del suo manufatto dopo un danno
senza dover ricominciare da capo, non possiede un linguaggio simbolico quindi utilizza
solo il linguaggio motorio-corporeo. Dunque questo linguaggio consente, entro un certo
grado la visione sintetica e quella analitica permettendo di ricominciare dal punto
interrotto senza dover ripartire. Conoscenza passo passo degli atti necessari e delle
strutture completate. Ripetizione degli atti da un certo punto in avanti stimolato dallo stato
della costruzione, con varianti riparative.
Diremo dunque che il mondo motorio-corporeo consente cosa?
Il mondo m-c consente la risposta immediata allo stimolo, ma anche quella posticipata o
anticipata, consente la visione analitica e quella sintetica, è possibile formare un sé
corporeo che reagisce prontamente a tutti gli stimoli che percepisce, cioè non solo li
percepisce (obbligo della percezione del sistema nervoso) ma reagisce come se fossero
sempre riferiti a sé (a meno che non impari che certi stimoli non seguitano nell’immediato
in atti che lo riguardano), è possibile provare tante emozioni diverse, dalla paura al
desiderio: insomma cos’è che non consente? Questo mondo permette di vivere le proprie
esperienze direttamente, di sfruttare ricordi ed esperienze per rispondere meglio agli
stimoli ma non consente di riflettere su di essi. Nel caso di qualche scimpanzè si arriva
addirittura a concepire strategie posticipate che implicano consapevolezza degli eventi e
delle relazioni tra gli attori di questi eventi. Questo potrebbe significare consapevolezza di
sé come elemento dell’ambiente e possibilità di gestire i propri bisogni non direttamente
ma indirettamente, estrapolando se stessi per meglio stabilire le relazioni con l’ambiente.
Però dovrebbe mancare la capacità riflessiva che permette di sviluppare quella cosa che in
linguaggio simbolico si chiama riflessione sugli eventi. Manca perché il linguaggio m-c non
possiede sufficiente ampiezza per contenere uno spazio dal quale osservare la parte
sottostante.
Dunque cos’è questa capacità che ha il linguaggio simbolico di riflettere su se stesso e sul
suo possessore? Limiti. Se io parlo il linguaggio m-c tutto ciò che vorrò dire dovrò fare;
anche in una simulazione solo mentale sarà possibile realizzare mentalmente solo ciò che
l’organismo è in grado di fare, e non tutte le possibilità ma solo quello che quell’organismo
specifico lì è in grado di fare. Il limite del linguaggio m-c è la sua esecuzione fisica e anche
la sua dotazione anatomica.
Ma qual è il limite del linguaggio simbolico? Abbiamo detto che il linguaggio simbolico è
un modo per raggiungere obiettivi fuori portata. È un sostituto dell’atto motorio quando
questo non è realizzabile. Il suo primo limite è dato dai limiti percettivi. Tutto ciò che si
percepisce può essere agito dal l-s (linguaggio simbolico; m-c linguaggio motorio-
corporeo) –è nato per questo motivo- poi però l’universo agibile si è esteso fino a
comprendere anche quello che non si percepisce.
La logica del m-c si basa in gran parte sul metodo induttivo, l’estensione di proprietà di
alcuni elementi a tutta la classe di appartenenza; sulla relazione diretta di causa effetto tra
eventi consecutivi; sul fare riferimento a sé di ogni stimolo che si presenta ai sensi e di
giudicarlo sulla base della sua intensità che è relativa al particolare organo di senso
coinvolto: un suono fragoroso può scatenare la stessa risposta di un semplice fruscio;
sull’associazione semplice stimolo risposta, ma anche sulla duttilità strategica se qualcosa
impedisce l’esecuzione principale.
In prima istanza la logica del l-s segue le orme del m-c col metodo induttivo. Però, la
possibilità insita in questo mezzo, consente di superare i limiti della pura fisicità. Vi è una
caratteristica che proviene direttamente dal mondo reale così come viene percepito dalla
maggior parte dei sistemi sensoriali animali, stante il loro inevitabile limite estensivo, ed è
la relazione di causa effetto che si instaura nell’atto motorio, da un certo atto seguono certe
conseguenze, oppure nelle situazioni di stimolo risposta, in cui la presenza di stimoli
adeguati sortisce l’effetto di attivare una risposta. Non è necessario che il sistema di
inferenze di questo sistema logico sia coerente, nel senso che non sempre le conseguenze
sono dovute agli atti motori eseguiti e non sempre si attivano le medesime risposte allo
stesso stimolo: nonostante questo la realtà per il m-c non è mai vissuta come
contraddittoria o incoerente. Essendo il m-c basato unicamente sull’atto fisico non ha la
possibilità di astrarsi dal mondo reale per giudicare se l’atto è coerente o no. A questo
scopo occorrono più gradi di libertà del sistema utilizzato. Come detto il m-c presenta un
unico grado di libertà perché agisce all’interno del sistema delle relazioni fisiche (non può
dunque comprendere la bellezza o spettacolarità o l’ineluttabilità di un atto se questo
aspetto esula dall’immediatezza). (Questa situazione consente di fare due previsioni: una
che le relazioni tra gli enti possiedono proprietà che solo il giusto linguaggio è in grado di
comprendere; l’altra che forse anche il linguaggio simbolico non esaurisce tutte le
proprietà degli enti).
Il l-s apporta delle modifiche al rapporto con il mondo reale. Nel mentre il m-c opera
sull’ambiente per la massima parte in maniera fisica il l-s opera in buona parte con atti
simulati.
L’atto motorio ha significato in se stesso e in relazione agli eventi che cagiona.
L’atto simbolico (mentale) ha significati diversi. Può attuarsi senza attivazione motoria
(ma questo è anche della competenza sensorimotoria mediata dai neuroni specchio nel m-
c) ma, a differenza di quanto accade nell’ m-c, non è una semplice comprensione specchio
del mondo bensì una modifica dell’ambiente, senza intervento motorio diretto.
È in grado di effettuare azioni simulate impossibili o comunque difficilmente eseguibili.
L’aspetto fondamentale riguarda la sua possibilità di essere svincolato dall’esecuzione
dell’atto, che nel m-c attesta la conoscenza .
Possedere due gradi di libertà (o forse di più) consente al l-s di avere due tipi di risposte ad
un medesimo input. Una è la risposta motoria diretta l’altra è la risposta mentale. Questa
possibilità, in pratica riuscire ad eliminare lo stress della mancata risposta motoria
dirottandola sul l-s , apre possibilità inesplorate all’output dell’individuo verso l’ambiente.
Le opportunità migliori si manifestano non nella gestione dei rapporti inter-individuali
(nei quali spesso occorre immissione di m-c) ma nella formazione di un ambiente virtuale
con alcuni punti in comune tra tutti gli individui. Questo mondo virtuale possiede vari
gradi di coerenza, però, contrariamente al mondo dell’ m-c ne possiede, come minimo, una
certa quantità. La coerenza è necessaria perché questo mondo è creato dal possessore del l-
s e soprattutto perché non ha necessità di attivazione motoria reale. L’atto reale del m-c
attraverso la supercoerenza delle possibilità fisiche dell’organismo agente definisce
immediatamente l’ambito del fattibile e dunque la coerenza interna del sistema.
Al l-s si deve dunque la formazione di un sovra-ambiente, una struttura che si deposita sul
reale. Anche nella sua forma più primitiva e ingenua il l-s ha necessità di coerenza, che è
poi quella della costanza del segno/significato: non si può pretendere di comunicare se non
si mantiene la costanza dei significati, e questa è la prima forma di coerenza. L’obbligo di
fornire coerenza discende dunque dal fatto che il materiale di cui è composto è appunto
simbolico, è un riferimento al reale ma non è realtà; per questo motivo, dipendendo quasi
completamente dal soggetto, il l-s, essendo come dire invenzione e non ineluttabilità, deve
trovare, tra tutte le manifestazioni possibili, quelle che mantengono attivo il canale
comunicativo. Cerco di spiegarmi meglio: in considerazione del fatto che il linguaggio m-c
possiede un solo grado di libertà non richiede all’ambiente che sia mantenuta una coerenza
spinta ma si “adegua” al reale, qualunque esso sia. In questo però il reale aiuta
mantenendo, a livello di ricezione animale, a livello diremo di usabilità animale, una
coerenza forte in sé che consente di costruire esperienze stabili. Questa coerenza interna
del sistema è tale solo nel dominio m-c, che richiede che l’attuabilità dell’atto sottostìa alle
capacità dell’individuo. Se l’individuo non è in grado di catturare il reale dal punto di vista
motorio, non esiste.
Il l-s si basa per forza di cose sulla realtà che simula. Le relazioni tra gli enti che lo
compongono però non sono le stesse dei loro riferimenti nella realtà. Infatti a parole
possiamo scalare montagne, costruire grattacieli, o imbarcarci in altre iniziative comunque
impegnative che però sarebbero proibitive nella realtà. Però una certa quantità di relazione
originaria deve essere mantenuta, pena la perdita di significato. In realtà è possibile la
compresenza di entrambe le situazioni purchè avvengano in ambiti separati. Così è
possibile che lo scienziato riduzionista sia anche superstizioso, quando nessuno può
osservarlo. E lo sarà soprattutto in quei frangenti nei quali non lo soccorre la convinzione
di sé ed è costretto ad affidarsi a precognizioni provenienti dall’ambiente, così
soddisfacendo quell’anima m-c che crede e riconosce solo il reale, qualunque esso sia.
La coesistenza di più livelli comunicativi, letteralmente quelli m-c e l-s, e in più
l’incorporazione da parte di l-s di tratti della logica reale, rendono la comunicazione degli
umani complessa. Per l’umano è possibile attivare contemporaneamente i due registri
linguistici, bisogna però riconoscere che quello m-c, in caso di contrasto, ha maggiore
forza, anche se, per la caratteristica diremo “parassitaria” del l-s, può aversi la maggior
forza del m-c al servizio di componenti del l-s.
In generale l’educazione impone, superata una certa età, di reagire a situazioni stressanti
del tipo di mancato appagamento di desideri, in maniera più composta e mascherata
rispetto, diciamo, ai comportamenti infantili. Cosa interviene in questo caso? In cosa
consiste appunto l’educazione, il senso di vergogna che prende quando ci si comporta in
maniera non consona alla propria età e al luogo? Nel m-c esiste la vergogna? Come detto,
l’utilizzatore di un l-s acquisisce quella che potremo definire una coscienza simbolica, in
contrapposizione a quella motori-corporea, dotazione di base di tutti i nV (nonVegetali).
Così come la coscienza m-c forma il punto di riferimento dell’individuo versus l’ambiente
così la coscienza simbolica (c-s) forma il punto di riferimento dell’individuo nell’ambiente
simbolico. Il fatto di non dover richiedere attivazione motoria per esistere consente al l-s
maggiore elasticità e confini più ampi. Ma come se li è allargati questi confini il l-s se si
basa ovviamente sul m-c? E’ insito nella natura del l-s la possibilità di non tener conto dei
confini fisici, vediamo come.
Il primo strumento di manifestazione del l-s dovrebbe essere stato il suono. Di per sé ogni
animale emette un certo numero di suoni con precisi significati. Si tratta più propriamente
di linguaggio corporeo, perché specie specifico, mentre il linguaggio motorio è universale.
In genere i suoni emessi come linguaggio corporeo hanno una funzione ben precisa non
ambigua e possono essere sia ereditari che acquisiti. Requisito fondamentale per lo
sviluppo di un l-s è la presenza di ampie aree associative e premotorie senza funzione
diretta di gestione motoria. L’esigenza di utilizzare un linguaggio che non si possiede
filogeneticamente può venire soltanto se esistono già pensieri, anche se non in forma
simbolica. Questi pensieri bisognosi di una forma diversa di manifestazione sono simili
agli altri pensieri, tipo il desiderio di bere, mangiare, di saltare su un albero, di cercare un
partner ecc? Ho ipotizzato che le volizioni provengano dal circuito emotivo regolato per la
massima parte dai compartimenti chimici, che regolano l’andamento fisiologico e
motivano i comportamenti spingendo l’individuo ad agire.Anche quando si tratta di
comportamenti piuttosto complessi e per gran parte dovuti ad apprendimento, sempre
ritroviamo alla base la sorgente chimica.
Noi riteniamo che se un soggetto non è in grado di comprendere il suo comportamento
non può essere ritenuto responsabile, anche se questa irresponsabilità comporterà il suo
allontanamento.
Per esempio questa coerenza è più sfumata nel mondo reale, perché gli stessi eventi
possono manifestarsi in modi diversi (pe i predatori possono variare, pur all’interno della
stessa specie, per forma, dimensioni, strategia d’attacco, quantità di individui ecc) e poi
anche perché è la realtà immediata dell’atto che costruisce la realtà dell’evento, per cui
anche se contraddice le esperienze precedenti le sostituisce subito. C’è una rinuncia alla
complessità e variabilità del reale (almeno inizialmente) per mantenere la coerenza logica
della riproducibilità del segno. Il segno che identifica il leone non ha la ricchezza e
variabilità dell’animale vero, ma serve per richiamare nel mondo virtuale una conoscenza
già sperimentata nel mondo reale del m-c; se questa esperienza non esiste altri richiami
serviranno a costruire una conoscenza corporea dell’ente.