Professional Documents
Culture Documents
1. Premessa. Il c dellapocalisse
In un passaggio della sua breve autobiografia intellettuale, Levinas rimarca, una volta di pi,
la sua iniziale prossimit, e al tempo stesso la sua presa di distanza, con la concezione dellessere di
Martin Heidegger:
Il metodo fenomenologico stato utilizzato da Heidegger per risalire oltre le entit conosciute
oggettivamente e padroneggiate tecnicamente, verso una situazione che condizionerebbe tutte le
altre: quella dellapprensione dellessere di queste entit, quella della ontologia. Lessere di queste
entit non , a sua volta unentit: neutro, ma illumina, guida e ordina il pensiero. Esso fa appello
alluomo e per cos dire lo fa sorgere. Lessere dellessente, che non a sua volta un essente,
fosforescenza, come pretende Heidegger? Ecco la via seguita dallautore di questo libro. Unanalisi
che finge lo sparire di ogni esistente ed anche del cogito che lo pensa invasa dal ronzio caotico
di un esistere anonimo, che una esistenza senza esistente e che nessuno negazione riesca a
sovrastare. C (il y a) impersonalmente come piove (il pleut) o come annotta (il fait nuit)2.
Il brano riportato, oltre che richiamare momenti della formazione filosofica del nostro
autore, fa riferimento ad unesperienza vissuta quella di uneffettiva spersonalizzazione che apre,
ma allo stesso tempo ossessiona e condiziona, unanalisi filosofica : questultima, infatti, a
trovarsi envahie dal caos di unesistenza senza esistente. lesperienza della caduta nellanonimo
che attiva e produce proprio quellinterrogazione del senso dellessere che, secondo Heidegger,
sarebbe gi resa possibile da una pre-comprensione assorbita nelle pratiche del quotidiano: qui non
c pi, o non c mai stata, pre-comprensione, bens evento della perdita di s, presentimento di
unimminente, o gi accaduta, fine del mondo, intesa come linterruzione dellordinario corso degli
eventi, come interruzione e arresto del tempo in quel frattempo che ogni opera darte esibisce
continuamente3.
1
Ph. Nemo, Etica e infinito, tr. it. di E. Baccarini, Citt Nuova, Roma 1984, p. 58.
E. Levinas, Signature (Linee di unautobiografia) in Id., Difficile libert. Saggi sul giudaismo, tr. it. parziale a cura
di G. Penati, La Scuola, Brescia 1986, pp. 43-44, corsivi miei.
3
E. Levinas, La realt e la sua ombra in Id., Nomi propri, tr. it. a cura di F. P. Ciglia, Marietti, Casale Monferrato
1984, pp. 183-187
2
E ancora: immagino una situazione in cui la minaccia sicura, ma in cui non possibile
misurare lavvicinarsi. Trasloco di una casa minacciata da una bomba a scoppio ritardato6.
lesperienza di un trauma, di uno choc emotivo a rendere possibile unanalisi filosofica
dellessere inteso come c senza esistente: il presentimento della minaccia di una disintegrazione
e di una distruzione del soggetto inaugura la possibilit di unanalisi filosofica dellessere che non
perde di concretezza pur non essendo basata su unesperienza diretta. Questa presuppone, in effetti,
che vi sia gi un soggetto dato, costituito e strutturato, con, di fronte a s, tutto un mondo
fenomenico che pu essere colto, pensato e articolato; nel caso di una forte emozione traumatica,
invece, non abbiamo a che fare n con un soggetto, n con dei dati:
Lo spirito non di fronte a qualcosa di esterno che abbiamo appreso. Lesterno se si pu ancora
usare questo termine rimane senza correlazione a un interno. Non pi dato; non pi mondo. Ed
anche ci che definiamo con il termine di io viene sommerso dalla notte, pervaso, spersonalizzato,
soffocato da essa7.
soggetto non c ancora, o non c pi situazione che non pu mai essere vissuta, ma solo
immaginata o annunciata come possibile o imminente.
La possibilit di accedere ad un reale che precede ogni forma di esistenza, anche soggettiva,
che si caratterizza per il suo rifiuto di assumere una forma personale 8, richiede, quindi, qualcosa
di pi che mettere tra parentesi la tesi di esistenza di un mondo fenomenico popolato di cose e di
persone: comporta il catapultarsi in una dimensione in cui non v rappresentazione possibile,
perch non c (ancora, o non c pi) alcuna forma di soggettivit che potrebbe rappresentarsi
qualcosa. Operazione che arriva fino a fingere la distruzione completa del mondo, essa procede
per negazioni ed eliminazioni progressive, che coinvolgono la stessa coscienza ritenuta loro artefice
e ci restituisce una eternit sottratta alla morte, ma la cui definitivit ha qualcosa di morto, di
cadaverico9.
Non siamo in presenza di unepoch bens della messa in scena di una vera e propria
fantasia apocalittica10 possibile solo nel registro dellimmaginario che non ci pone davanti ad
una essenza o ad una forma dei fenomeni, n ad unassenza di mondo, ma a una fine del mondo
che , come ammette Levinas stesso, pi dellassenza di mondo11.
Gi Kant aveva sottolineato questo aspetto, a prima vista paradossale, per cui la fine del
mondo, ossia la fine di tutte le cose, non equivale, nel modo in cui ce la rappresentiamo, alla loro
totale sparizione, non ci porta, cio, a pensare che queste sprofondino nel nulla o che vengano
annientate, che ne resti nulla: significa piuttosto raffigurarsi un mondo in cui le cosiddette cose
ultime presentano le stesse caratteristiche delle cose attuali, ma offerte, adesso, in una sorta di
strana immobilit che ne fa quasi il ritratto, per non dire la caricatura, delle cose temporali:
La natura intera si irrigidir e per cos dire si pietrificher: lultimo pensiero, lultimo sentimento
rimarranno fissi per sempre senza mutamento nel soggetto pensante []. Si debbono rappresentare
allora gli abitanti dellaltro mondo in modo tale che essi, a seconda della loro diversa dimora (il cielo
o linferno) cantino sempre lo stesso inno, il loro eterno alleluia, o le loro eterne lamentazioni []:
cos si deve indicare la totale assenza di cambiamento nella loro condizione 12.
Questa immagine delle cose, della stessa terra e del cielo fissati in una eterna e pietrificata
esistenza, traduce, in ogni caso, o strettamente imparentata 13 con la ragione pratica, con la
ragione nel suo uso pratico 14, quella ragione che postula una destinazione soprasensibile
delluomo che pu essere pensata (e auspicata), ma non conosciuta. Sono, queste, considerazioni
ben note, salvo che Kant sta facendo un altro tipo di analisi: egli non si sta esclusivamente riferendo
alla distinzione tra conoscere e pensare (senza conoscere) a cui corrisponde quella tra
fenomeno e noumeno egli non si sta, adesso, riferendo tanto ad unidea, a un pensare privo di
determinazioni e di contenuto, quanto, piuttosto, ad unimmagine: in questo caso, infatti, nella
rappresentazione di una fine di tutte le cose, limmaginazione lavora pi potentemente che non in
piena luce15. La rappresentazione della fine di tutte le cose una follia, che consiste nelluso, per
raggiungere questi fini, di mezzi ad essi totalmente contrari 16: suo obiettivo non , infatti, tanto
pensare il nulla, quanto accedere alle cose in s. chiaro, quindi, lintento di Kant, ossia mostrare
che ogni tentativo di presentificare il telos e di farne un oggetto di esperienza comporta il
capovolgimento di unidea regolativa in unimmaginazione che ci restituisce unimitazione del
mondo fenomenico a cui stato amputato ogni divenire. Non bisogna, in altri termini, ridurre la
tensione tra fatti, stati di cose, e regno dei fini, perch questa riduzione porta ad appiattire il telos
sugli stati di cose empirici, i quali, anzi, ricompaiono, ancorch in forma mutilata, e si ripresentano
dopo ogni tentativo di oltrepassamento il telos diventa, cos, la caricatura della realt esperita, il
suo rovescio spettrale, il suo doppio perturbante.
Levinas certo consapevole di questi avvertimenti cercare di negare il mondo dei
fenomeni equivale a raddoppiarlo e parodiarlo anche se la sua fonte, pi che in questo scritto di
Kant, va rintracciata nelle osservazioni critiche di Bergson circa lidea del nulla per cui ogni
negazione si tradurrebbe in unaffermazione di secondo grado , che Levinas ha accolto anche se
con qualche riserva17.
Ma allora, anche se si ammette che loperazione di Levinas, come stato osservato,
presenta una certa analogia con lepoch husserliana, in quanto consiste nel mettere fuori gioco
tutto il resto, per arrivare ad un punto in cui neppure il soggetto appare pi in scena 18, bisogna
riconoscere in essa un gesto articolato secondo una pluralit di movenze. Lepoch mostra
uninquietante parentela con la dimensione dellimmaginario cos come andava delineandola Sartre
13
Ivi, p. 225.
Ibidem.
15
Ibidem.
16
Ibidem.
17
Cfr. H. Bergson, Levoluzione creatrice, tr. it. a cura di F. Polidori, Raffaello Cortina, Milano 2002, in part. cap. IV,
pp. 223-244. Per le critiche di Levinas a questa posizione cfr. Dallesistenza allesistente, cit., p. 56: per Bergson negare
un essere equivale a pensarne un altro, per Levinas si tratta di spingere la negazione fino al punto in cui non vi sono pi
enti possibili, non c nulla, ma c essere, come un campo di forze.
18
Cfr. P. A. Rovatti, Intorno a Levinas, Unicopli, Milano 1987, p. 61.
14
gi negli anni 4019, ossia come atto de-realizzante della coscienza, salvo che tale atto, in Levinas,
perviene ad una sorta di surplus ontologico posto al di l di ogni ente singolare, ad una presenza
senza che vi sia nulla di presente nemmeno una coscienza che se la possa rappresentare.
la possibilit e il senso di questa finzione come via di accesso allessere nella sua duplice
dimensione fondante e, al tempo stesso, residuale che adesso si tratta di vedere pi da vicino,
per ipotizzare, in un ulteriore momento, che la concezione dellessere che ne risulta verr ripensata
e riformulata eticamente nelle opere mature di Levinas. Se lipotesi corretta, possibile
dimostrare la saldatura tra un primo Levinas e il Levinas maturo, nonch la complicit, il
legame profondo, tra la questione etico-metafisica e uninterrogazione dellontologia20. Lessere,
secondo la tesi che intendo illustrare, non costituisce una dimensione che andrebbe abbandonata o
oltrepassata dalletica: piuttosto, tale dimensione deve essere conservata, anche a seguito di una sua
risignificazione, dalletica stessa, che pu costituirsi come filosofia prima ed autentica metafisica,
grazie ad unoperazione in cui la risemantizzazione etica dellil y a si configura come la
costruzione di unontologia elementale del senso. in questo modo che letica pu intrecciarsi con
unontologia che tenta una terza strada rispetto a quella che postula un primato delluniversale, o del
genere, o del neutro, con la conseguente dissoluzione dellindividuo e del molteplice, e a
quella, solo apparentemente contraria, centrata sul primato della sostanza individuale, che riduce la
pluralit a un fatto puramente numerico21.
Cfr. J. P. Sartre, Limmaginario, tr. it. a cura di R. Kirchmayr, Einaudi, Torino 2007.
stato, del resto, lo stesso Levinas a segnalare, nella Prefazione del 1978 alla seconda edizione di Dallesistenza
allesistente, che La nozione di il y a che viene sviluppata in questo libro, scritto trentanni fa, ci sembra restarne
lelemento di permanenza: ivi, p. 5. Si pu anche osservare che alcune immagini delle opere giovanili di Levinas che
si legano al tema dellessere, in particolare linsonnia, ricompaiono nella sua opera matura con altra valenza da
momento intermedio tra il y a e ipostasi a veglia in attesa dellAltro: cfr. E. Levinas, Dalla coscienza alla veglia a
partire da Husserl in Id., Di Dio che viene allidea, tr. it. di G. Zennaro, Jaca Book, Milano 1983, pp. 31-51; su questo
tema cfr. P. A. Rovatti, Linsonnia. Passivit e metafora nella fenomenologia di Levinas in Aut-aut 209-210
(1985), pp. 61-78, poi confluito in Id., Il declino della luce, Marietti, Genova 1988, pp. 93-111. Aggiungo, infine, le
considerazioni formulate da R. Ronchi, secondo cui il volto di Altri eredita e, al tempo stesso sublima, le
caratteristiche pi inquietanti dellil y a: cfr. R. Ronchi, Bataille Levinas Blanchot. Un sapere passionale, Spirali,
Milano 1985, p. 53: Il volto di Altri mantiene tutti i caratteri notturni e desolanti del c, ma li conserva, per cos
dire, sublimati []. Riletto in questa chiave lorrido il y a si rovescia specularmene nel suo opposto: nella trascendenza
etica di Altri che salva il soggetto dalla sua claustrofobica chiusura nellimmanenza dellessere.
21
E. Levinas, Parola e silenzio in Id., Parola e silenzio e altre conferenze inedite, a cura di R. Calin e C. Chalier, ed.
it. a cura di S. Facioni, Bompiani, Milano 2012, p. 72: questa presenza daltri stata sempre abbordata dal di fuori <,>
il pluralismo dei soggetti sempre posto come pluralit numerica.
22
E. Levinas, Quaderni di prigionia e altri inediti, cit., p. 194.
20
certamente singolare, perch in essa Levinas sembra gi prendere le distanze in modo netto dai
motivi che stanno alla base della sua formazione fenomenologica. La filosofia contemporanea ha
cercato di liberare il soggetto da ogni residuo di sostanzialit per farne un atto o una funzione, o
un flusso di coscienza; cos facendo, tuttavia, ha svuotato la realt di ogni consistenza, facendone
semplicemente un dato della rappresentazione: ogni reale diventato uno stato della coscienza, una
sua modificazione, un modo del pensiero; la coscienza non si solo emancipata da ogni
reificazione, ma, per cos dire, si mangiata tutto il resto, e la sua liberazione stata per ci stesso
linstaurazione del suo dominio incontrastato su tutte le cose.
Dobbiamo, per, pensare che ogni tentativo di ridimensionare il primato della mente e della
coscienza comporti necessariamente una ricaduta in una teoria della res cogitans, di una teoria
reificante del soggetto? Ci pu essere unaltra strada, quella effettivamente percorsa dallontologia
di Levinas, il cui primo passo sar accettare fino alle conseguenze pi estreme il primato della
coscienza, fino a farne unentit autosufficiente capace di assimilare, articolare e tradurre il mondo
dei fenomeni in dati dotati di senso23. L elemento della coscienza la luce che, nellilluminare i
fenomeni, li assimila a s e li traduce in sue proprie affezioni, su cui pu metter le mani
liberamente:
Il pensiero sempre chiarezza o lalba di una chiarezza. Il miracolo della luce la sua stessa essenza:
attraverso la luce, venendo da fuori, loggetto gi nostro nellorizzonte che lo precede; proviene da
un fuori gi appreso, e per questo come se provenisse da noi, come se fosse ordinato dalla nostra
libert24.
Allo stesso tempo, per, Levinas tenter di trattare della coscienza in termini, per cos dire,
non coscienzialistici, di spiegare il soggetto in termini non soggettivistici tenter, insomma, di
ricostruire le condizioni non soggettive del soggetto stesso: unontologia del soggetto che si realizza
come una teoria a-psicologica della coscienza 25, o una teoria non antropologica delluomo. Se ci
che accade nel soggetto e grazie ad esso soggettivo, il soggetto stesso, quanto alla sua genesi e alla
sua materia, non a sua volta soggettivo. Se lesperienza, per fare un esempio, pur sempre
lesperienza di qualcuno, bisogner risalire al di qua dellesperienza, dietro alle forme rivelate
dalla luce26, mediante un metodo in cui il pensiero invitato ad andare al di l dellintuizione
23
Un altro modo di esprimere lintenzionalit dire che essa lorigine del senso. Il senso ci attraverso cui un
esterno gi adattato e si riferisce allinterno: E. Levinas, Dallesistenza allesistente, cit., p. 40.
24
Ivi, p. 42.
25
stato lo stesso Levinas, del resto, a demarcare rigorosamente lontologia da ogni antropologia, e in generale,
dallambito delle scienze umane. In Il tempo e lAltro, tr. it. a cura di F. P. Ciglia, Il melangolo, Genova 1987, p. 17
leggiamo: Le analisi che stiamo per intraprendere non saranno antropologiche ma ontologiche. Siamo convinti, infatti,
che esistono problemi ontologici e strutture ontologiche, e, in Parola e silenzio, cit., p. 69: Si potrebbe chiamare
ontologico il procedimento che riconduce le strutture dellantropologia alleconomia generale dellessere, vale a dire
che la conduce al di l della parte strettamente umana dellessere.
26
E. Levinas, Dallesistenza allesistente, cit., p. 52.
fino a schiacciarsi sullimmaginario 27. Bisogner spingersi fino ad una situazione in cui non c pi
esperienza possibile, in cui non c pi n soggetto n oggetto: dobbiamo avvicinarci a una
situazione in cui quella libert nei confronti dellessere che lintenzione e il sapere []
mantengono, viene a trovarsi dinanzi allassenza di mondo, allelementare28.
Tutto ci, per, equivale ad accettare una concezione forte del soggetto, che viene
identificato senza residui con la coscienza, intesa come la continua capacit di assimilazione ed
interiorizzazione dellesteriore e di raccolta ed unificazione del diverso sotto un concetto,
delleterogeneo sotto lomogeneo.
Il soggetto, quindi, coscienza, e, soprattutto, coscienza riflessiva; di pi: la coscienza
origine di se stessa. La teoria levinasiana dellipostasi quella di un inizio assoluto: il soggetto a
partire da se stesso, inizia, per cos dire, da se stesso, parte da s29 per arrivare a s; la sua
temporalit quella dellistante in cui il punto di partenza si contrae nel punto di arrivo:
Ci che comincia ad essere non esiste prima di essere cominciato e tuttavia ci che non esiste ancora
deve nascere da se stesso attraverso il proprio cominciamento, deve venire a s senza partire da
nessun luogo []. Il cominciamento non parte dallistante che precede il cominciamento: il suo
punto di partenza contenuto nel suo punto darrivo come un contraccolpo 30.
Ivi, p. 60.
Ivi, p. 44.
29
Ivi, p. 66.
30
Ivi, pp. 69-70.
31
H. Bergson, Materia e memoria, tr. it. a cura di A. Pessina, Laterza, Roma-Bari 1996, in part. cap. IV.
32
E. Levinas, Dallesistenza allesistente, cit., p. 71: Il presente termine e, in questo senso, arresto. Lessenziale
dellistante il suo stare. Ma questo arresto nasconde un evento.
33
Ivi, p. 70: Proprio a partire da questo rinculo nel presente, il presente si realizza, listante viene assunto.
28
La coscienza [] non un dono misterioso che il soggetto riceve in aggiunta alla sua esistenza. Essa costituisce il
fatto stesso dellipostasi attraverso la quale il soggetto si pone: E. Levinas, Poteri e origine in Id., Parola e silenzio e
altre conferenze inedite, cit., p. 130.
35
E. Levinas, Dallesistenza allesistente, cit., p. 67.
36
Ivi, p. 62.
37
E. Levinas, Poteri e origine, cit., p. 129.
38
E. Levinas, Dallesistenza allesistente, cit., p. 64.
39
Sul concetto di partecipazione, ricavato dagli studi di C. Lvy-Bruhl, cfr. ivi, p. 53.
40
Ivi, p. 61.
41
Ivi, p. 79.
42
L io e il presente sono il movimento del riferirsi a s che costituisce lidentit: ivi, p. 73.
43
Ivi, p. 40; cfr. anche il precedente Riflessioni sulla tecnica fenomenologica in Id., Scoprire lesistenza con
Husserl e Heidegger, cit., p. 135: Il soggettivo [] inaugura lorigine, linizio e in un senso molto diverso da quello
di causa e di premessa il principio.
levento di questo posizionamento, e ci non perch tale evento si sia verificato prima o perch
sia stato rimosso o semplicemente dimenticato, quanto perch, a sua volta, non origine n
cominciamento potr infatti darsi origine solo dopo (ammesso che abbia senso esprimersi cos)
tale posizionamento:
Rispetto allevento della posizione non c alcuna preesistenza del soggetto. Latto della posizione
non collocato in una dimensione da cui trarrebbe la propria origine, sorge nel punto stesso in cui
agisce44.
Sembrerebbe, a prima vista, che Levinas abbia fatto propria quella suggestione
heideggeriana secondo la quale lesistente sempre un posizionamento nel proprio essere, Dasein, ci- -gi-sempre salvo che Heidegger concepisce questo da come in-der-Welt, come
essere-nel-mondo. Per Levinas, come del resto per Heidegger, il mondo rientra nellambito del
fenomeno dato alla coscienza e articolato dalla sua intenzionalit, salvo che Levinas forza in senso
quasi idealistico questa concezione: il fenomeno, il mondo, presuppone la coscienza come orizzonte
entro il quale pu apparire ci che Levinas chiama la luce, lelemento della visibilit ma il
problema , adesso, individuare la base della coscienza stessa:
Il qui della coscienza [] differisce in modo radicale dal Da del Dasein heideggeriano. Questultimo
implica gi il mondo. Il qui da cui partiamo, il qui della posizione, precede ogni comprensione, ogni
orizzonte45.
44
Ivi, p. 74.
Ivi, pp. 64-65.
46
Ivi, p. 11.
45
soggetto si pone come soggetto []. Nella sua stessa vita di coscienza, essa proviene sempre dalla
sua posizione, e cio dalla sua relazione preliminare con la base 47.
Perch la posizione della coscienza non coincide con la coscienza di tale posizione?
semplicemente perch la coscienza, per poter pensare, deve gi esistere: lesistere del soggetto il
presupposto della sua possibilit e della sua capacit di pensare e, proprio per questo, non pu
essere pensato n entrare nella storia della coscienza. In altri termini, la coscienza pu essere
origine, nel senso sopra spiegato, solo perch articola temporalmente il proprio pensare: questo,
per, solo a condizione di una preliminare dissociazione del Cogito dallesse. La coscienza,
pertanto, non ha alcun accesso allessere in cui si posiziona, e il sum che il Cogito afferma di s
non che il riflesso dellil y a divenuto la materia su cui si plasma il sapere discorsivo e
concettuale. Levinas concepisce procedimento conoscitivo come un continuo tentativo di
assimilazione dellesteriorit allinteriorit, ma occorre itenderci su questo punto: non che egli
sostenga che c qualcosa che resiste a tale operazione che cosa dovrebbe essere? e perch mai
dovrebbe fare resistenza? Lil y a non viene mai assimilato in alcun modo, n potrebbe esserlo:
lassimilazione la traduzione e larticolazione linguistica del riflesso immaginario dellessere ci
che dellessere sognato, se accettiamo la metafora del sonno e del sogno come illustrativa del
processo dellipostasi48.
Lessere in questione, adesso, la materia 49, o la chra platonica, intesa come base o
condizione del soggetto, ma non come sua origine perch pu darsi origine solo allinterno di
un soggetto e di una coscienza gi istituitasi 50. Propriamente parlando, non bisognerebbe nemmeno
dire condizione, perch una condizione tale solo nel suo rapporto a ci che condiziona ma noi
possiamo concepire, anche se solo attraverso unimmaginazione un c, senza nulla che ne
occupi lo spazio. Analogamente, lil y a non una matrice di differenti possibilit n un essere-inpotenza, dato che , piuttosto, una sovrabbondanza dessere che non ha alcuna meta n
destinazione.
47
Ivi, pp. 63-64-65; vd. anche ivi, p. 62: Il pensiero ha un punto di partenza. Non si tratta soltanto di una coscienza
della localizzazione, ma di una localizzazione della coscienza che non si riassorbe, a sua volta, in coscienza, in sapere;
lo stesso passo, con qualche minima variazione, ricompare anche in E. Levinas Poteri e origine (Conferenza tenuta
nel 1949 al Collge Philosophique) in Id., Parola e silenzio e altre conferenze inedite, cit., p. 124.
48
Si pu notare, di passaggio, come un motivo analogo sia entrato anche nella riflessione di Simondon: anche per lui,
infatti, tanto lonto-logia quanto lesercizio del pensiero critico presuppongono unontogenesi, e non dobbiamo
confondere le genesi delle condizioni di validit del pensiero con la genesi del fatto del pensiero stesso in un soggetto
individuato ci che lautore definisce individualizzazione; cfr. G. Simondon, Lindividuazione psichica e collettiva,
tr. it. a cura di P. Virno, DeriveApprodi, Roma 2001, p. 133: Sfortunatamente, al soggetto umano non dato di
assistere alla propria genesi: infatti, per poter pensare, esso deve gi esistere. la genesi delle condizioni di validit del
pensiero nel soggetto non coincide con la genesi del soggetto individuato.
49
E. Levinas, Dallesistenza allesistente, cit., p. 50: la materia il fatto stesso dellil y a.
50
E. Levinas Poteri e origine, cit., p. 108: Latto di ragione non consiste nel decollare come si dice oggi ma
nel coincidere con lorigine.
10
Se ci poniamo sul piano del solo il y a, non esiste n essere, n ente 53: la differenza si
produce solo a seguito di un processo di individuazione anche se istantaneo lessere rimane
come scarto o come residuo non assimilato di un processo di particolarizzazione e di
individuazione. Ed ecco perch, allora, lindividuazione si compie come sospensione dellessere
e, anzi, come evasione da esso e perch lessere lesistenza senza esistente si d solo aprs
coup, ossia come immagine di un campo gravitazionale prodottosi solo a seguito di quella
polarizzazione avvenuta con lipostasi54.
3. Epoch e immaginazione
Levinas sembra averci presentato una duplice epoch: una prima, che mette tra parentesi il
mondo e il soggetto conoscente 55 per arrivare a cogliere lessere in generale, una seconda che, al
contrario, descrive un processo di individuazione come sospensione dellessere stesso. Si anche,
per, visto che la prima mossa, pi che come epoch, viene connotata come immaginazione e che
51
E. Levinas, Quaderni di prigionia e altri inediti, cit., p. 117: ci che resta dopo la conoscenza <senza> che sia il
nulla.
52
E. Levinas, Dallesistenza allesistente, cit., p. 79; qui Levinas appare piuttosto vicino allintento, perseguito da G.
Simondon, di conoscere lindividuo attraverso lindividuazione anzich lindividuazione a partire dallindividuo: G.
Simondon, Lindividuazione psichica e collettiva, tr. it. di P. Virno, Deriveapprodi, Roma 2001, p. 27.
53
E. Levinas, Quaderni di prigionia e altri inediti, cit., p. 194: Lidea dellevento ontologico n coscienza, n cosa.
54
Ci si pu chiedere [] se listante non sia la polarizzazione dellessere in generale: E. Levinas, Dallesistenza
allesistente, cit., p. 11. In Parola e silenzio, cit., p. 70, Levinas sottolinea la necessit di aver incontrato lessente
per porre il problema dellessere come un punto di distacco da Heidegger; al tempo stesso, per, sembra dirci che la
questione del fondamento del soggetto pu darsi solo aprs coup, alle spalle, o nei dintorni del soggetto gi costituitosi.
Il problema, allora, quale uso filosofico fare di questo Grund.
55
Cfr. P. A. Rovatti, Linsonnia. Passivit e metafora nella fenomenologia di Levinas, cit., p. 71: Che cosa quella
distruzione del mondo. Che dobbiamo provarci a immaginare, se non un riattraversamento, pi radicale,
dellepoch?.
11
la seconda viene, a sua volta, metaforicamente descritta come una sorta di ripiego o ricaduta
dellessere in se stesso, che quasi si assopisce: il sonno la genesi della coscienza, il sogno la sua
vita cosciente.
Questo problema ci spinge a ripensare la posizione occupata da Levinas allinterno di
quellorientamento fenomenologico inaugurato da E. Husserl, dal cui insegnamento la sua
riflessione prese in effetti le mosse e di cui pure si fece acuto interprete56.
Levinas ha dichiarato pi volte la sua fedelt al metodo fenomenologico e, se non alla sua
lettera, almeno allo spirito della fenomenologia husserliana, puntando lattenzione
principalmente sulla questione del precategoriale; questo funzionerebbe come dispositivo che
consentirebbe di trovare gli orizzonti costitutivi e non pi consapevoli, di una nozione. In Totalit
e infinito (1961), scrive:
La nozione, sottoposta allattenzione diretta del pensiero che la definisce, si rivela per situata,
allinsaputa di questo pensiero, ingenuo, in orizzonti non sospettati da questo pensiero; questi
orizzonti le donano un senso ecco linsegnamento di Husserl 57.
E, nel 1974:
La nostra presentazione di nozioni non procede n attraverso la loro decomposizione logica, n
attraverso la loro descrizione dialettica. Essa resta fedele allanalisi intenzionale, nella misura in cui
questa significa la restituzione delle nozioni allorizzonte del loro apparire, orizzonte misconosciuto,
dimenticato o spostato nellostensione delloggetto, nella sua nozione, nello sguardo assorbito dalla
sola nozione58.
Tra il 1928-29, Levinas a Friburgo come libero auditore per seguire i corsi di Husserl, che in quellanno accademico
vertono sul tema della costituzione dellintersoggettivit. Nel 1929 Levinas tradurr in francese le Meditazioni
cartesiane di Husserl, che mettono al centro dellattenzione proprio questo tema. Le opere di Levinas esplicitamente
dedicate alla fenomenologia husserliana, oltre a vari saggi sparsi nel corso della sua vita, sono, notoriamente, Thorie
de lintuition dans la phnomnologie de Husserl, Vrin, Paris 1930 e Scoprire lesistenza con Husserl e Heidegger,
(1949; 19672), tr. it. a cura di F. Sossi, Raffaello Cortina, Milano 1998. Della sterminata letteratura critica sul tema, mi
limito a richiamare un paio di studi tra i pi recenti: Y. Murakami, Levinas phnomnologue, Millon, Grenoble 2002 e
M. Vergani, Levinas fenomenologo. Umano senza condizioni, Morcelliana, Brescia 2011.
57
E. Levinas, Totalit e infinito. Saggio sullesteriorit, tr. it. di A. DellAsta, Jaca Book, Milano 1986, p. 26.
58
E. Levinas, Altrimenti che essere o al di l dellessenza, tr. it. di S. Petrosino, M.T. Aiello, Jaca Book, Milano 1983, p.
226.
12
Rappresentazione59; Husserl emerge come il teorico di pratiche colte in una vita concreta, prepredicativa che condizionano trascendentalmente sia loggetto che il modo della coscienza di
rappresentarselo: la coscienza e lessere rappresentato emergono da un contesto non
rappresentativo60.
Tuttavia, dubbio che Levinas nel Tempo e lAltro e in Dallesistenza allesistente stia
percorrendo questa strada: lessere, come detto, non fenomeno, non mondo, n dato nel
modo in effetti non appare in nessun modo; di pi, un conto cercare gli orizzonti delle nozioni
intenzionati, inconsapevolmente, dalla coscienza, un altro conto indagare lorizzonte stesso in cui
si pu dare coscienza, e che a sua volta non un fatto, n un dato della coscienza; infine: la
somiglianza di famiglia tra lepoch e lannullamento immaginario delle cose del mondo resta da
spiegare.
Rivolgiamoci a uno scritto del 1929, intitolato Sur le Ideen de M. E. Husserl61,
unesposizione critica della celebre opera di Husserl.
Levinas inizia la sua lettura richiamando il tema dellessenza della conoscenza
fenomenologica in quanto conoscenza delle essenze: ogni oggetto individuale empirico
riconducibile ad unessenza, ossia ad un complesso di predicati essenziali ideali, sovratemporali e
sovraspaziali62, che costituiscono gli effettivi oggetti di conoscenza la questione adesso
comprendere come pervenire a tali essenze. Qui Levinas fa unaffermazione sorprendente: le Ideen
di Husserl non ci presentano alcuna analisi fenomenologica concreta circa il metodo da seguire per
trovare le essenze in questione, cos come manca anche la distinzione tra queste essenze e ogni altra
generalit ottenibile, ad esempio, per induzione63. Per arrivare allessenza delloggetto, occorre
partire da un qualunque oggetto individuale, sia esso percepito o immaginato, ma Levinas aggiunge
subito che lapproccio a questo tipo di oggetto percepito o immaginato solo di tipo
immaginativo facciamo finta che non esista, trattiamolo come se non esistesse, ossia come un
oggetto irreale, appunto immaginario, e perveniamo, cos, allintuizione di predicati invarianti alla
base di ogni variazione possibile:
En faisant abstraction de son existence, nous le considrons comme purement imaginaire et nous en
modifions dans la fantaisie diffrents attributs. Mais travers toutes les modifications possibles dun
attribut passe quelque chose dinvariable, didentique, base ncessaire de la variation elle-mme 64.
59
13
Levinas afferma, pertanto, che Husserl, almeno in questa opera, non indica alcun metodo
per arrivare allintuizione delle essenze, e procede identificando questo metodo con
limmaginazione non fa alcun riferimento, in queste prime pagine, allepoch di cui tratter nelle
pagine seguenti. In altri termini: loperazione astraente un atto dellimmaginazione; questo atto ci
offre un oggetto irreale, immaginario; attraverso questo dato immaginario possiamo ottenere
intuitivamente la visione di quelle invarianti strutturali le quali non possono che ripetersi in ogni
ulteriore variazione immaginativa il tipo eidetico, lessenza, si ottiene mediante una finzione che
immagina linesistenza delle cose, o la loro sparizione.
Ecco, allora, perch Husserl non offre indicazioni concrete quanto al metodo da seguire per
pervenire allintuizione delle essenze: semplicemente perch questo metodo non c si tratta
solamente delluso ordinario dellimmaginazione.
Ma Husserl diceva questo? Faceva questo? Il 4 di Ideen I65 dedicato, in effetti, a visione
essenziale e fantasia, allo scopo di mostrare che la conoscenza dellessenza indipendente da
ogni conoscenza di dati di fatto; come scrive Husserl: la posizione di unessenza e anzitutto
lapprendimento visivo di essa non implica minimamente la posizione di un qualunque esistente
individuale66. Husserl utilizza limmaginazione come via daccesso a quello che pi avanti
chiamer epoch basta anche solo immaginare un colore, o variare allinfinito con
limmaginazione le sfumature del colore rosso, che ci dovremo fermare ad un dato invariabile ma
anche come possibilit di esemplificare intuitivamente una pura essenza:
Leidos, la pura essenza, pu esemplificarsi intuitivamente in dati empirici (della percezione, della
memoria, ecc.) come anche in semplici dati della fantasia. Quindi possiamo afferrare nelloriginale
unessenza, tanto partendo dalle corrispondenti visioni empiriche quanto partendo da visioni non
empiriche, non rappresentative dellesistente, anzi puramente immaginarie 67.
E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, tr. it. a cura di E. Filippini, Einaudi,
Torino 1965.
66
Ivi, p. 20.
67
Ibidem.
68
Ibidem.
14
Persino un oggetto solamente immaginato ma impossibile a darsi nella realt e alla nostra
esperienza effettiva avrebbe un suo eidos il che prova che questo non un oggetto e che non
esiste nello stesso senso in cui esistono gli oggetti dati allesperienza comune; per questo che egli
pu impiegare limmaginazione come unanalogia la visione eidetica, come limmaginazione,
prescinde dallesistenza effettiva del suo contenuto ; come un esempio e come via daccesso alla
visione eidetica se anche potessimo immaginare oggetti che non esistono, troveremmo che sono
riconducibili ad un tipo eidetico generale; una visione essenziale, esattamente come una
visione di fantasia, non ci d lessenza come oggetto: in entrambi i casi si tratta di visioni
senza posizione di esistenza69.
Tuttavia, lepoch non sovrapponibile interamente allimmaginazione perch
precisamente quel metodo che consente una descrizione corretta degli atti della coscienza degli
oggetti intenzionati o dati. Lepoch, allora, non coincide pi con limmaginazione anzitutto perch
solo dopo aver effettuato unepoch possiamo descrivere unattivit immaginativa; a differenza
dellimmaginazione, poi, lepoch neutralizza il cosiddetto atteggiamento naturale, ma non lo
nega non un tentativo di negazione universale70, semmai una sorta di trasmutazione: La
tesi viene posta fuori azione, messa in parentesi, e si tramuta cos nella modificazione tesi in
parentesi, come il giudizio si tramuta in giudizio in parentesi 71. Husserl sottolinea, anzi, la
distanza tra lepoch e la riformulazione cartesiana del dubbio scettico, denunciandone proprio il
tentativo di negazione universale72 non si tratta, infatti,
di una trasformazione di una tesi nellantitesi, della posizione nella negazione; e nemmeno si tratta di
trasformare la tesi in supposizione, in indecisione, in dubbio []. Noi non rinunziamo alla tesi che
abbiamo posta, non modifichiamo la nostra convinzione []. E tuttavia si verifica una
modificazione, in quanto mentre la tesi permane in s quella che , noi, per cos dire, la mettiamo
fuori azione, la neutralizziamo, la mettiamo in parentesi. Essa sussiste sempre, come ci che
stato neutralizzato sussiste ancora dentro le parentesi, o come ci che stato neutralizzato sussiste
ancora fuori del rapporto di neutralizzazione73.
Ora, tutto ci non avviene quando si verifica un atto dellimmaginazione come quando ad
esempio immaginiamo che delle naiadi conducano una danza74: in questo caso, infatti, non c
alcun tipo di neutralizzazione casomai, al contrario, vi unassunzione o una supposizione di
inesistenza. Ma ci che differenzierebbe definitivamente lepoch dallimmaginazione consiste nel
69
Ivi, p. 22.
Ivi, p. 64.
71
Ivi, p. 65.
72
Ivi, p. 64.
73
Ibidem.
74
Ivi, p. 65.
70
15
fatto che questa, per quanto libera, non pu che trovare un limite al suo procedere proprio in
quelleidos che costituisce linvariante strutturale tipica di ogni dato questo, eidos che
limmaginazione finisce presto o tardi per incontrare come proprio limite, ad essere invece
correttamente messo in luce grazie al metodo dellepoch.
Qui cominciano i problemi, perch Husserl, in effetti, non pu che ammettere comunque
levidenza di una stretta parentela delluna e dellaltra coscienza quella che immagina e quella
che effettua lepoch75 che consiste magari nel fatto che mentre lepoch porta a rappresentazioni
non accompagnate o supportate da una supposizione di esistenza, limmaginazione porta a
rappresentazioni accompagnate da una supposizione di inesistenza: il tratto di parentela verrebbe
rintracciato in un comune, anche se non uguale, effetto di irrealizzazione.
Levinas mostra di cogliere bene la portata di questa parentela nel momento in cui sottolinea
che le Erlebnisse solo immaginate servono come base lidation almeno quanto quelle di tipo
percettivo76 e anzi avvicina, anche se a titolo di esempio, allimmaginazione gli atti intuitivi: les
actes intuitifs o lobjet est non seulement vis mais vu avec vidence (dans limagination, par
exemple)77; grazie ai dati dellimmaginazione, la fenomenologia pu procedere com maggiore
libert e precisione; infine, la fenomenologia, in quanto scienza eidetica, va molto al di l di una
teoria della percezione. Limmaginazione diventa la corsia preferenziale per poter accedere ad una
fenomenologia pura intesa come scienza rigorosa dellesperienza della coscienza o, meglio, come
scienza apriori, nel senso di indpendante de toute facticit et procdant par intuition eidtique 78
e, in questo senso, come autentica filosofia prima: limmaginazione, insomma, a mostrare la
possibilit effettiva di una teoria dellesperienza pura emancipata da ogni presupposto ingenuo,
quale sarebbe, ad esempio, quello legato allatteggiamento naturale, al postulato dellesistenza
oggettiva e in s, dei dati dellesperienza79. Egli pu quindi ripetere la seguente affermazione
paradossale di Husserl:
Se si amano i paradossi si pu dire (ma, se si comprende bene lambivalente senso del termine, pu
dirsi con rigorosa verit) che la finzione lelemento vitale della fenomenologia, come di tutte le
scienze eidetiche, che la finzione la sorgente da cui la conoscenza delle verit eterne trae il suo
nutrimento80.
75
Ibidem.
E. Levinas, Sur le Ideen de M. E. Husserl, cit., p. 59.
77
Ivi, p. 71.
78
Ivi, p. 60.
79
Ivi, p. 59: Par l la phnomnologie gagne plus de libert et nest pas li dans ses recherches la perception. Et elle
montre une fois de plus que les sciences eidtiques nont pas la perception individuelle pour prmisse.
80
Ibidem; E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura, cit., p. 151.
76
16
Lesperienza quotidiana ci mostra spesso delle discordanze tra le nostre rappresentazioni tali
da farci dubitare della loro veridicit, ossia della loro capacit di raffigurare cose effettivamente
esistenti. Se spingiamo allestremo la possibilit dellerrore, possiamo concepire che alle apparenze
non corrisponda nessuna cosa in s, neanche inconoscibile: ma se anche non vi fosse nulla,
resterebbe pur sempre una coscienza testimone di questo nulla di mondo. Ne segue che la
coscienza sola pu pensarsi come realt necessaria e ab-soluta, mentre lintero mondo spaziotemporale possiede solo un essere puramente intenzionale, in quanto ha il senso, meramente
secondario e relativo, di un essere per una coscienza82. Questo perch la coscienza non un
oggetto intenzionale, non fenomeno, ma ci per cui si hanno fenomeni non oggetto ma
soggetto, lintenzionalit stessa e il flusso degli Erlebnisse al cui orizzonte si danno dei fenomeni.
Tale finzione di annullamento viene ulteriormente approfondita ed esasperata nel 54: se
lintera natura fisica fosse annientata, se non esistesse pi alcun corpo, neppure un corpo umano,
anche in questo caso, paradossalmente, resterebbe come residuo una assoluta corrente di
Erlebnisse83. possibile una coscienza senza corpo? Una coscienza che, a questo punto, non
inerisca a nessun individuo, una coscienza di nessuno? Non solo possibile, afferma Husserl, ma,
se vogliamo, tale coscienza impersonale esattamente quellErlebnis assoluto, quella struttura della
coscienza che la fenomenologia si propone di portare alla luce, e che diventer lio anonimo
fungente:
senza dubbio pensabile una coscienza impersonale, senza corpo e, per quanto suoni paradossale,
che non abbia una somaticit umana, ossia una corrente dErlebnisse in cui non si costituiscono le
unit desperienza intenzionali corpo, anima, soggetto empirico; in cui tutti questi caratteri empirici,
nonch il concetto di Erlebnis in senso psicologico (Erlebnis di una persona obiettivamente reale, di
un io animale) non hanno alcuna base n alcuna validit []. Bisogna persuadersi [] che
allErlebnis empirico (psicologico, reale) delluomo nel mondo si contrappone, come presupposto
del suo senso, lErlebnis assoluto; che questultimo non una costruzione metafisica, ma qualcosa
che si mostra indubitabilmente nella sua assolutezza merc un corrispondente mutamento che si offre
alla visione diretta84.
81
Ivi, p. 107.
Ivi, p. 109.
83
Ivi, p. 121.
84
Ivi, p. 122.
82
17
Abbiamo, anche qui, la finzione di un annullamento che si spinge fino alle sue estreme
possibilit, che suppone linesistenza di ogni corpo, e, di conseguenza, di ogni individuo e di ogni
soggettivit che possa pensarsi e dirsi alla prima persona, per arrivare fino ad un limite che resiste
alla stessa finzione di annullamento una coscienza impersonale, un campo di certezza assoluta
capace di resistere ad ogni epoch85. questa coscienza impersonale ed anonima, nota Levinas, a
fare resistenza ad ogni dubbio, a presentarsi come residuo di ogni epoch, a questo punto
identificata senza problemi con unoperazione di immaginaria negazione di tutte le cose, e non pi
di sola sospensione dellatteggiamento naturale86.
Siamo arrivati al punto critico: Husserl ravvisa una sorta di parentela tra immaginazione ed
epoch, e anzi concepisce limmaginazione come elemento vitale della fenomenologia; Husserl,
in alcuni casi, spinge lepoch cos in avanti da farla confluire in una tesi di inesistenza. Ecco allora,
per riepilogare, le obiezioni di Levinas: non chiara la distinzione tra leidos e un concetto ottenuto
mediante una generalizzazione induttiva; non viene definito un metodo fenomenologico per
ottenere la visione delleidos casomai, pi che un metodo, possiamo trovare unattitudine
fenomenologica, ossia lepoch87. Tuttavia, Husserl sembra non aver distinto adeguatamente
epoch, astrazione e immaginazione: ma allora cosa ci consente di distinguere leidos come dato
necessario e resistente al gioco dellimmaginazione da un semplice limite o punto di arresto
fisiologico della nostra facolt di immaginare? Analogamente, cosa ci induce a concepire la
coscienza come necessario residuo dellannullamento possibile del mondo? Non potremmo spingere
il gioco pi oltre fino ad immaginare lannullamento della stessa coscienza? Se anche
ammettessimo, come fa Wittgenstein, che il soggetto il limite del mondo 88, non potremmo
tentare di immaginare il luogo di questo limite? ci che far Levinas, nel momento in cui si porr
la questione dellipostasi come localizzazione non soggettiva del soggetto stesso, in un percorso che
ha preso congedo da ogni interesse nei confronti della coscienza e si orientato verso lontologia:
La distinzione soggetto-oggetto per mezzo della quale ci accostiamo agli esistenti non pu essere il
punto di partenza di una riflessione che affronti lessere in generale89.
4. Immaginazione e sensazione
85
18
Ricapitoliamo le tappe del percorso fin qui svolto. Limmaginazione la via di accesso
allessere dellente, al c dellesistente; lipostasi quellevento istantaneo per cui si passa
dallevento al sostantivo90. Tuttavia, ci non equivale a dire che il primo trapassa interamente nel
secondo: lessere permane accanto allesistente come una sorta di residuo non assimilato, come una
deiezione dellente.
Parlare di un reale che indipendente dal pensiero al punto da non essere, in effetti, mai
pensato che indipendente dallesperienza al punto da non essere mai esperito significa, per, in
fondo, parlare di niente; oppure costruire una strana finzione in cui ci immaginiamo un soggetto che
osserva, percepisce, pensa, senza esserci, senza, cio, effettivamente osservare, percepire, pensare 91:
come se i dati dellesperienza e del pensiero esistessero in s.
Ma quandanche si accettasse questa finzione, resterebbe da chiedersi se questi dati
sarebbero ancora cose e la risposta non pu che essere negativa: le cose sono costituite-costruite
nella e dalla nostra esperienza attraverso gli atti intenzionali della coscienza tolta la coscienza,
spariscono anche le cose. Resta, per, un nulla di sensazioni 92, qualcosa come una atmosfera
di presenza, una densit [] che non si identifica con loggetto che possiede questa densit 93, un
campo di forze94 o un brulichio di punti che non si riferiscono gli uni agli altri []; non c
prospettiva, i punti non sono situati95.
In un appunto dei Quaderni di prigionia, leggiamo che le sensazioni hanno un significato
oggettivo: non solamente qualit, propriet, accidenti delle cose, esse significano di per s, ossia
presentano unoggettivit pari a quella delle cose alle quali dovrebbero inerire e che invece solo
ricoprono:
Il suono, il colore, la parola ricoprono gli oggetti. Il suono come rumore, il colore come copertura di
una superficie, la parola come <occultante?> un senso. Le sensazioni hanno dunque un significato
oggettivo96.
Poco pi avanti, troviamo una nota che fa riferimento ad una materialit pura delle
sensazioni, che rimane accanto ad ogni significato noi si possa conferire ad esse:
Nella mia filosofia, studio del significato della sensazione: visione luce ragione; udito voce
verbo; toccare carezza amore; gusto (odorato) mangiare bisogno. E tuttavia, accanto a tutto
90
Ivi, p. 67.
Cfr. F. Sossi, Lesperienza-limite dellevasione. Nota su Lvinas e Blanchot, cit., p. 209.
92
E. Levinas, Dallesistenza allesistente, cit., p. 51.
93
Ivi, p. 56.
94
Ibidem.
95
Ivi, p. 51.
96
E. Levinas, Quaderni di prigionia e altri inediti, cit., p. 139.
91
19
ci rimane la sensazione nella sua materialit pura, oggetto dellestetica; visione colore, udito
suono, verbo ritmo ecc.97.
Lindagine filosofica studia il significato che le sensazioni rivestono per luomo, cos il tatto
rimanda alla carezza e questa allamore, il gusto rimanda alla fame e quindi al bisogno, e cos via
E tuttavia, nemmeno lo studio pi raffinato e approfondito pu risolvere integralmente e senza
residui le sensazioni, o quel legame del sentire con gli elementi e la materia del mondo, in
significati: cos la sensazione materiale resta accanto al senso e al significato che da essa abbiamo
estratto, resiste allinvestigazione e allastrazione idealizzante.
I dati sensibili, quindi, possono essere considerati come delle cose in s: n aspetti delle
cose, n affezioni di un corpo senziente. Nel 1948 Levinas affermer: la sensazione non un
residuo della percezione, ma una funzione autonoma 98: non , insomma, il grado zero, la materia
su cui la percezione eserciter le sue operazioni, ci che, per la psicologia empirica, rimane come
un caso limite, come un dato puramente ipotetico99, n, in generale, uno stato ascrivibile ad un
soggetto. La percezione, piuttosto, include tutte quelle attivit della coscienza in virt delle quali
noi ci possiamo rappresentare le cose del mondo come dotate di propriet, collocate in uno spazio e
in un tempo dati, articolate secondo sistemi di relazioni:
Nella percezione il mondo ci dato. I suoni, i colori e le parole si riferiscono agli oggetti che, in
qualche modo, ricoprono. Il suono il rumore di un oggetto, il colore aderisce alla superficie dei
solidi, la parola racchiude un senso, designa un oggetto. E, grazie al suo significato oggettivo, la
percezione ne ha anche uno soggettivo: lesteriorit si riferisce allinteriorit, non lesteriorit di
una cosa in s100.
Siamo di fronte ad un quadro differente rispetto a quello della sensazione: le qualit, adesso,
ricoprono gli oggetti solo in quanto aderiscono ad essi in una relazione di appartenenza; la
percezione, attribuendo delle propriet alle cose, costituisce di per s una trama ed una gerarchia di
relazioni sostanza e accidente, per esempio dotate di significato per una coscienza: il dato
fenomenico pu, cos, essere ricondotto a unidealit, a un concetto. Il contatto con il mondo
fenomenico oggettivo unoperazione unicamente soggettiva, un atto e un fatto della coscienza la
coscienza percettiva, insomma, in se stessa la relazione con gli esseri del mondo, in quanto la
costituzione di questi esseri a partire dalla gerarchia delle regole di associazione dei fenomeni 101. Al
97
Ivi, p. 149.
E. Levinas, La realt e la sua ombra, cit., p. 179.
99
Ivi, p. 178.
100
E. Levinas, Dallesistenza allesistente, cit., p. 46.
101
Ritroviamo lo stesso motivo nel Levinas maturo, cfr. E. Levinas, Altrimenti che essere o al di l dellessenza, cit., p.
123: Nella relazione con gli esseri, che si chiama coscienza, identifichiamo questi esseri attraverso la dispersione dei
profili in cui essi appaiono []. Questa identificazione non il pendant di nessuna immagine. una pretesa dello
spirito, proclamazione, dire, kerigma []. Prendere coscienza di un essere significa dunque, per questo essere stesso,
essere colto attraverso unidealit.
98
20
contrario, i data della sensazione pura e grezza non ci arrivano come inerenti agli oggetti che
ricoprono o, meglio, circondano; essi non sono nemmeno dati grezzi in attesa di essere elaborati dal
soggetto, ma sono, piuttosto, a-soggettivi e inappropriabili: annunciano limpersonalit
dellelemento102; il contenuto, se cos si pu dire, della sensazione , pertanto, la materialit nel
suo parossismo103. Materialit in s, oggettivit senza correlazione possibile con un soggetto e
quindi, a parlare propriamente, neanche oggettiva essa non equiparabile alla categoria
aristotelica di materia che, ancorch concepibile e nominabile di per s, non mai data se non in
quanto plasmata e strutturata in una forma.
Si obietter che non esiste qualit materiale almeno nella nostra esperienza che non
venga quasi immediatamente articolata in una percezione, e che tali qualit in s non ci appaiono
mai, se non forse negli stati deliranti: si tratta, allora, a questo punto, di individuare unesperienza in
cui la sensazione si dia a vedere nella sua brutale, elementale materialit. Levinas attribuisce
allarte questa funzione rivelativa. Lopera darte sostituisce a un oggetto la sua immagine 104, ma
questa immagine, adesso, non pi la forma o leidos di un oggetto, bens proprio un complesso di
qualit, un gioco puro e semplice di colori e di linee 105 nel caso della pittura, unimpersonale
risonanza nel caso della musica 106. Lopera, insomma, ritaglia e stacca, per cos dire, le qualit
sensibili delloggetto e ce le restituisce come cose in s:
Il modo in cui, nellarte, le qualit sensibili che costituiscono loggetto contemporaneamente non
pervengono ad alcun oggetto e sono in s, corrisponde allevento della sensazione in quanto
sensazione, e cio allevento estetico107.
21
senso di astratta, indipendente da ogni oggetto e di ogni sostanza 111. Il suono, anzi, su cui
torneremo,
la qualit che pi si distacca dalloggetto. Il suo rapporto con la sostanza da cui si sprigiona non si
inscrive allinterno della sua qualit. Esso risuona impersonalmente. Anche il suo timbro, traccia
della sua appartenenza alloggetto, si dissolve nella qualit e non conserva la sua struttura di
relazione. Cos, quando ascoltiamo, non riusciamo a cogliere un qualcosa 112.
Vale la pena di segnalare che questo carattere del suono assai prossimo al modo in cui, in
questi stessi anni, ma anche in seguito, Levinas concepisce lessere, sia quello heideggeriano, sia la
sua variante come il y a: lessere risonanza, sonorit, verbalit, o mormorio. Nei Quaderni,
Levinas annotava:
LEssere non solamente un verbo il Verbo. Distinzione tra verbo e azione, verbo e movimento,
verbo e divenire. Tutto questo lanalogon dellessere. Divenire il pi contiguo ma abitualmente
concepito in vista del termine. Ci che non analogon ma essere stesso il fatto che verbo
Il verbo il suono Il suono in quanto risonanza vibrazione quanto c di azione nella vibrazione
conservarsi una certa ampiezza Da cui differenza tra vedere comprendere e intendere 113.
Successivamente affermer:
Con Heidegger, si risvegliata nella parola essere la sua verbalit, ci che in esso evento [].
Heidegger ci ha abituati a questa sonorit verbale. Questa rieducazione del nostro orecchio
indimenticabile114.
Grazie a Heidegger, il nostro orecchio fu educato a cogliere lessere nella sua risonanza verbale,
sonorit inaudita e indimenticabile115.
Lessere presenta quei caratteri di astrazione dai profili degli oggetti, di desostanzializzazione che larte della musica ci presenta levento estetico manifestazione
dellevento ontologico.
Cercavamo unesperienza in cui fosse possibile cogliere il dato sensibile grezzo: Levinas la
trova nellesperienza estetica intesa, significativamente, come esperienza dellimmaginario.
Limmaginazione non , infatti, nella lettura che ne offre Levinas, ci per cui diciamo che sorge in
noi limmagine116, ma quellevento ontologico, che si produce nellessere e non nei soggetti, per
cui limmagine giunge ad essi e consente loro di sentire i data sensibili. Levinas pu, cos,
presentare una specie di primato ontologico dellimmaginazione e della sensazione rispetto alla
111
22
percezione: infatti limmaginario a presentare alla sensazione quei dati che, eventualmente,
possono diventare il materiale su cui possono esplicarsi gli atti intenzionali della coscienza
percettiva:
come se la sensazione, depurata da ogni carattere concettuale, quella famosa sensazione
inafferrabile per lintrospezione, apparisse con limmagine. La sensazione non un residuo della
percezione, ma una funzione autonoma: lazione che esercita su di noi limmagine []. La
sensibilit si pone come evento ontologico [] che si compie solo per mezzo dellimmaginazione 117.
117
23
Sartre rintraccia esempi di questa metafisica ingenua, propria del senso comune, nella
teoria delle immagini sviluppata da Bergson in Materia e memoria122 e nella teoria epicurea degli
idoli, posta alla base della teoria della sensazione. Pur in una visione sostanzialmente critica
articolata in un paradigma fortemente coscienzialistico, Sartre coglie nel segno e le sue
considerazioni possono suggerire delle prospettive di analisi ulteriore del pensiero di Levinas; gli
eidola sono oggetti di una specie del tutto particolare: emissioni di cose materiali che depositano
nello spazio, per un tempo indefinito, i loro involucri, sacchi vuoti che di queste stesse cose
riproducono la forma e le altre qualit123.
Possiamo ipotizzare che la teoria levinasiana del nesso immaginazione-sensazione abbia,
alle spalle, unontologia pre-moderna di matrice epicurea. Questa, infatti, illustra la sensazione a
partire da unontologia naturalistica e non da una psicologia e, se vogliamo, permette di spiegare
laffermazione levinasiana secondo la quale ogni cosa esistente accompagnata dal suo doppio, ,
cio, se stessa e la propria immagine124.
Secondo Epicuro, la sensazione non ha come contenuto la cosa, o una qualche propriet
che aderisca ad essa, ma ha come oggetto specifico unimmagine che esiste in s. Le immagini,
come noto, si formano perch i corpi ricevono continuamente una specie di risarcimento di
materia, ossia un ricambio organico125; la parte di materia espulsa resta nello spazio e mantiene,
per un po, la forma delle cose. Lucrezio spiega la dinamica della produzione degli eidola in modo
ancora pi chiaro:
Dico dunque che immagini e tenui figure dei corpi emanano dalle cose, dal sommo della loro scorza
[]: esistono quelli che noi chiamiamo simulacri dei corpi, che si potrebbero dire quasi membrane o
cortecce, perch limmagine ha sembianza e forma simile alloggetto, qualunque sia, dal cui corpo si
crede emani per vagar nello spazio126.
Come noto, H. Berson muove la sua considerazione dei rapporti tra materia e memoria in base allassunto, da lui
attribuito al senso comune, secondo cui loggetto esiste in se stesso e, daltra parte, loggetto , in se stesso, pittoresco
come lo percepiamo: unimmagine, ma unimmagine che esiste in s: H. Berson, Materia e memoria, tr. it. a cura di
A. Pessina, Laterza, Roma-Bari 1996, p. 6.
123
J. P. Sartre, Limmaginazione, cit., p. 11: Le cose non cessano di emettere simulacri, idoli, che sono
semplicemente involucri. Questi involucri hanno tutte le qualit delloggetto, contenuto, forma, ecc. Sono anche
esattamente oggetti. Una volta emessi esistono in s, proprio come loggetto che li ha emessi, e possono errare nello
spazio per un tempo indeterminato; la critica a Bergson viene sviluppata in ivi, pp. 34-51.
124
E. Levinas, La realt e la sua ombra, cit., p. 180. Per una prima analisi di questa affermazione rimando al primo
capitolo del presente volume.
125
Epicuro, Lettera ad Erodoto in Id., Opere, frammenti, testimonianze, tr. it. a cura di E. Bignone, Laterza, RomaBari 1986, p. 47.
126
T. Lucrezio Caro, La natura, tr. it. a cura di A. Fellin, UTET, Torino 1963, p. 265.
24
fra le cose visibili, molte emettono corpi, in parte liberamente diffusi, come il legno esala fumo e la
fiamma calore, e in parte pi fittamente intessuti e densi, come a volte in estate le cicale depongono
affusolate tuniche, e i vitelli nascendo posano membrane dalla superficie del corpo, e come la lbrica
serpe lascia fra i pruni la veste: infatti spesso vediamo delle sue spoglie oscillanti accresciute le siepi
del rovo127.
La materia complessiva del cosmo sempre in eccesso rispetto alle sue proprie concrezioni
che, quindi, vanno incontro a un continuo ricambio materiale: la sensazione possibile proprio in
virt di questa struttura disseminativa128 dellessere. Da qui possiamo ricavare che il deposito di
membranae vel cortex non solo un esempio per illustrare la dinamica della sensazione, ma ci
che spiega la possibilit della sensazione stessa lemissione di eidola , quindi, un caso particolare
di quel processo dissipativo in virt del quale ogni ente lascia un resto o una spoglia di s.
Condizione della sensazione , infatti, che lente produca, o meglio, abbandoni nello spazio un
qualcosa di s, come la propria pelle o la propria membrana, se prendiamo come caso
paradigmatico i serpenti o i vitelli se tutto questo avviene, sottolinea Lucrezio, anche una tenue
immagine deve emanare dalle cose, staccandosi dalla superficie dei corpi129.
Se facciamo agire quanto detto fin qui sulla riflessione di Levinas, possiamo dire che la
sensazione, nel suo nesso con limmaginario, una modalit secondo la quale lil y a si annuncia al
di l di quello che potrebbe semplicemente essere un gioco della fantasia: le sensazioni arrivano a
noi a partire dalle immagini delle cose; queste esistono di per s in virt di una sorta di eccessivit
dellessere, che non si risolve mai nellente individuale esistente, ma lo circonda e lo accompagna
come la sua ombra, al punto da essere sempre simultaneo al suo riflesso 130. Questa concezione
dellil y a non viene abbandonata da Levinas, che anzi si impegna assai presto a riformularla e
rimodularla in chiave etica.
Ivi, p. 267.
Su motivo analogo, anche se differentemente modulato, cfr. G. Deleuze, Lucrezio e il simulacro in Id., Logica del
senso, tr. it. di M. De Stefanis, Feltrinelli, Milano 2005, in part. pp. 234-235: La Natura come produzione del diverso
pu essere soltanto una somma infinita, cio una somma che non totalizza elementi.
129
T. Lucrezio Caro, La natura, cit., p. 267.
130
E. Levinas, La realt e la sua ombra, cit., p. 182.
128
25
per noi del tutto ovvio, significhi: in altri termini, si tratta di esibirne i presupposti e il paradigma
soggiacente. Questo viene individuato in alcuni assunti: la riduzione del linguaggio al solo piano
della parola e del nome; la riconduzione della funzione esclusiva del linguaggio alla designazione;
la subordinazione del linguaggio al pensiero in base ad un ulteriore paradigma basato sulla
distinzione tra interiorit ed esteriorit e sul primato delle prima sulla seconda; infine, il primato di
una Ragione monologica, luogo privilegiato, se non esclusivo, della manifestazione della verit.
Il linguaggio viene generalmente concepito come un sistema di nomi che funzionano come
segni di un pensiero, ne sono il travestimento fenomenico in quanto, al tempo stesso,
esteriorizzazioni di un dentro: la parola pu essere, cos, la finestra attraverso la quale il pensiero
si sporge al di fuori131. Sotto questo punto di vista, il nome, in quanto segno del pensiero,
fenomeno che si offre, pi che attraverso lascolto di una voce, alla visione: decodificare un segno,
comprendere un discorso, significa tradurre un dato acustico in una visione intellettuale. Di qui
laffermazione, a questo punto non pi cos paradossale, secondo cui la parola si manifesta davvero
solo nellelemento della luce e non del suono: la luce il rovesciamento dellesteriorit in
interiorit [] la sensazione sonora che in quanto sensazione luce [] si rovescia in
interiorit132. Infatti, loggetto illuminato fuori, ma la chiarezza per lessere una maniera di
darsi come se, esterno, venisse dallinterno 133. In quanto complesso di segni che si limitano alla
nominazione dei pensieri, il linguaggio si trova ad essere strumento del pensiero, ad esso
subordinato (anche se non sempre docile) essendo un riflesso del pensiero, il linguaggio-nome
un mero sistema di segni la cui funzione lobbedienza al pensiero134.
Naturalmente, il linguaggio pu anche venir meno alla sua funzione pi genuina, e quindi
travestire, mistificare, esprimere in modo equivoco: se lintenzione del pensiero attraversa la
trasparenza del linguaggio135, allora bisogna sopprimere il cattivi segni che fanno da schermo 136.
Allora il linguaggio designazione e comunicazione, ma presuppone una rivelazione della verit
che si gi compiuta prima e altrove, ossia nel luogo di una Ragione di per s silenziosa e solitaria
e capace di un accesso esclusivo alla verit:
i pensatori accedono ognuno a modo suo, silenziosamente allessere e il parlare si pone gi in questa
verit preliminare che il linguaggio nomina e attualizza come universale. Tesi che, radicalmente
pensata, significa, da una parte, che in fondo, nella pluralit dei pensatori, agisce una sola Ragione,
131
E. Levinas, Parola e silenzio in Id., Parola e silenzio e altre conferenze inedite, cit., p. 65.
Ivi, p. 75.
133
Ivi, p. 73. Cfr. anche Poteri e origine, cit., p. 132: Intendere possiede, di primo acchito, la stessa struttura del
vedere.
134
E. Levinas, Parola e silenzio, cit., p. 67: Questa funzione al servizio del pensiero il linguaggio la compie []
come sistema di segni che designa lo svolgimento del pensiero o gli oggetti mirati da tale pensiero.
135
Ivi, p. 65.
136
Ivi, p. 67.
132
26
che il suo frazionamento puramente contingente e che la parola serve solo a riparare questo
incidente metafisico137.
Il cerchio si chiude in una totalit: il linguaggio viene ricondotto alla parola, a un nome e
questo a un segno la cui funzione esclusivamente denotativa; tutte queste operazioni sono
funzionali ad una metafisica monista138 incentrata sullunificazione di Ragione e di Verit, su
ununit sistematica del sapere che viene espressa ed articolata nel discorso.
a questo punto che Levinas abbozza una fenomenologia del suono, che riprender, in
parte, lanno successivo (1949), nella conferenza Poteri e origine, nel saggio, dello stesso anno,
La trascendenza delle parole. A proposito delle Biffures di Michel Leiris139, e, infine, in poche ma
intense pagine poste alla conclusione di Altrimenti che essere, o al di l dellessenza.
In questi passaggi sembra prevalere una sorta di posizione fonocentrica si pensi al rilievo
che viene dato allinsegnamento orale: insegnamento orale! [] insegnare risalire dalla lettera
alla parola, imparare a leggere gli scritti140 e sappiamo che Derrida sar molto duro nei
confronti di questo fonocentrismo, altro lato del logocentrismo e quindi della metafisica
dellOccidente141; anche indubbio che in Poteri e origine e poi in Totalit e infinito, il
linguaggio assumer questa valenza etico-magistrale che attribuisce allascolto della parola
dellAltro la possibilit di accedere alla verit. Ma c una movenza nellanalisi levinasiana del
linguaggio che non fonocentrica, n logocentrica, n, in alcun modo, centrica, perch non
contempla la possibilit di alcun centro: il suono ci pone di fronte allesperienza di un
prorompere142 e di uno scoppio143.
Levinas insiste sulla materialit del suono, che circola dappertutto, non si arresta e non
risiede da nessuna parte, per cercare in esso levento plurale irriducibile di affezioni acustiche
singolari date solo nel loro intreccio. La sua operazione, adesso, consiste anzitutto nel ricondurre la
parola al suono, o, meglio, allelemento del suono prima ancora che alla voce, per poi ricollocare
questa fenomenologia del suono in unontologia e, quindi, come stato detto, non in
unantropologia o in una psicologia.
In Poteri e origine, la parola viene connotata come simbolo puro dellorigine 144, laddove
per origine bisogna intendere quel Grund, lil y a, che non pu essere esperito n pensato, ma
137
Ivi, p. 68.
Levinas, singolarmente, connota questa operazione come un monoteismo panteista: ivi, p. 73.
139
Originariamente pubblicato in Les Temps Modernes, 4 (1949) n. 44, compare nella traduzione italiana di Nomi
propri, cit., pp. 115-120.
140
E. Levinas, Poteri e origine, cit., p. 134.
141
Di J. Derrida si cfr. La voce e il fenomeno, tr. it. di G. Dal masso, Jaca Book, Milano 1968 e, soprattutto, Violenza e
metafisica in Id., La scrittura e la differenza, tr. it. di G. Pozzi, Einaudi, Torino 1971.
142
E. Levinas, Poteri e origine, cit., p. 132.
143
E. Levinas, Parola e silenzio, cit., p. 81.
144
E. Levinas, Poteri e origine, cit., p. 133.
138
27
solo, come abbiamo visto, immaginato o sentito. Nel sottoporre a descrizione fenomenologica
lascolto della parola, Levinas suggerisce di distinguere lintendere (un significato) dal rapporto
con il suono e con la sonorit 145: lintendere possiede, di primo acchito, la stessa struttura del
vedere146 il soggetto si rappresenta un contenuto cui conferisce un significato. Nel caso del puro
ascolto, invece, sembra che non vi sia alcun dato incontrabile o rappresentabile, ma solo un
rapporto con il suono, o meglio una risonanza: c qualcosa come lesperienza di un suono,
salvo che il suono stesso gi, di per s, articolazione di una ri-sonanza propriamente parlando,
non si d nessun suono se non come rimbombo e, in ogni caso, raddoppiamento o eco di s: nella
sua stessa produzione il suono un prorompere 147. Ci troviamo di fronte ad una paradossale
esperienza, una Erlebnis che non si compie come incontro o come presa di mira di un soggetto e di
un dato, perch adesso
Il punto di contatto immediatamente un prorompere, come se la forma di questa esperienza fosse
sopravanzata dal suo contenuto, refrattario alla forma. Questo sopravanzamento di unesperienza da
s medesima, incapace di trattenere il suo contenuto la sonorit stessa del suono 148.
Il linguaggio impiegato qui da Levinas richiama, con tutta evidenza, la nota distinzione
husserliana tra hyle sensuale e morph intenzionale, proposta nel 85, e ripresa nel 97 di Ideen
1150. I dati hyletici sono le impressioni di sensazioni, semplici modificazioni o di unErlebnis o di
una coscienza percettiva: in quanto tali, essi sono affezioni non-intenzionali, destinate ad essere
145
Per un approfondimento di questo tema levinasiano, indagato fin nelle sue diramazioni con analoghe riflessioni di R.
Barthes e, in tempi pi recenti, J. L. Nancy, cfr. M. Vergani, Attenzione e ascolto in Id., Separazione e relazione.
Prospettive etiche nellepoca dellindifferenza, ETS, Pisa 2012, in part. le pp. 32-36 e 152-161.
146
E. Levinas, Poteri e origine, cit., p. 132.
147
Ibidem.
148
Ibidem.
149
E. Levinas, La trascendenza delle parole. A proposito delle Biffures di Michel Leiris, in Id., Nomi propri, cit., p.
118.
150
E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura, cit., pp. 190-194 e 220-223. Levinas si soffermato sui dati hyletici
gi nella giovanile Thorie de lintuition dans la phnomnologie de Husserl, cit., pp. 88-90 e 110 sgg., e in
Intenzionalite metafisica (1967) in Id., Scoprire lesistenza con Husserl e Heidegger, cit., p. 158 sgg. Su questo tema
cfr. anche M. Henry, Fenomenologia materiale, tr. it. a cura di Pietro DOriano, Guerini, Milano 2000, pp. 67-105.
28
animate dal lato intenzionale, o formale della coscienza. Si tratta, come si esprime lo stesso
Husserl, di
Certi Erlebnisse che secondo il loro genere superiore diremo sensuali, ossia contenuti di
sensazione, come dati di colore, di suono, di tatto e simili []. Egualmente, le impressioni sensuali
del piacere e del dolore, del solletico, ecc., come pure i momenti sensuali della sfera degli impulsi
[] al di sopra di quei momenti sensuali c uno stato, per cos dire, animatore, significante [],
grazie al quale dallelemento sensuale, che in s non ha nessuna intenzionalit, sorge appunto il
concetto di Erlebnis intenzionale151.
Tali dati vanno distinti dai momenti fisici apparenti, come colorazione, ruvidezza, ecc., i
quali vengono anzi rappresentati in Erlebnisse per mezzo dei primi 152; non sono, insomma, le
qualit sensibili rappresentate come propriet di un oggetto percepito, ma stati della percezione,
contenuti di unaffezione sensuale che, animati e formati dallintenzionalit, muovono verso
una caratterizzazione del fenomeno percepito:
il colore del tronco dellalbero [] appartiene al noema. Ma non appartiene allErlebnis di
percezione come sua parte reale, sebbene anche in essa troviamo qualcosa come colore: e cio la
sensazione di colore, il momento iletico dellErlebnis concreto, in cui si adombra il colore
noematico, od oggettivo153.
Ho di fronte a me un albero, il marrone del tronco o il verde della foglia sono dati che
appartengono al noema tronco-dell-albero o foglia-dell-albero appartengono nel senso che
appaiono l: ma la sensazione visiva, la sensazione di colore un dato hyletico e non intenzionale
di unErlebnis. Star poi allintenzionalit cogliere nel verde la propriet cromatica di una foglia: si
parte, quindi, da unaffezione che, come tale, passiva, un dato che si produce in un vissuto di
sensazione, senza alcuna iniziativa da parte di nessuno; questo dato, quasi autoprodottosi, viene
immediatamente articolato da unintenzione che lo guida verso un dato fenomenico offerto alla
coscienza.
Gli esempi presentati da Husserl sono in prevalenza relativi alla sensazione visiva, quella in
cui la dinamica intenzionale si rivela pi chiaramente ed forse per questo che Levinas pu
affermare che lintendere viene concepito sulla falsariga del vedere. In effetti, le cose non cambiano
di molto allorch Husserl tratta dellascolto di una melodia 154: ogni impressione originaria si
produce in un continuum di sintesi progressive e sempre pi ampie articolate secondo una duplice
151
29
Il dominio del tattile, quindi, avvolge sia la cosa percepita sia il Leib, nel senso che entrambi
si manifestano secondo qualit tattili una stessa sensazione appare sia come un dato che
appartiene a un oggetto, sia come unaffezione del Leib157, localizzata nel Leib stesso.
Quanto detto, per, non vale per le sensazioni visive, n per quelle sonore i colori si danno
alla vista, e pur essendo sue affezioni non ci appaiono come localizzati nellocchio; analogamente i
suoni non sono localizzabili nellorecchio allo stesso modo in cui, per esempio, il liscio e il freddo
possono essere localizzati nella mano:
Lorecchio compresente, ma il suono sentito non localizzabile nellorecchio (n mi sentirei di
definire localizzato il rumore che sento quando mi fischia un orecchio, e altri suoni soggettivi del
genere. Essi sono nellorecchio come i suoni di un violino sono l fuori nello spazio, ma non per
questo hanno il peculiare carattere di sensazioni localizzate e dellinerente e peculiare
localizzazione)158.
Il problema che si pone , quindi, quello di una precisa localizzazione dellaffezione sonora;
mentre nel caso della sensazione di liscio o di freddo si pu affermare senza problemi che si tratta di
una propriet delloggetto percepito, ma che appare comunque nella mano, nel caso della
sensazione visiva gi pi difficile e, in quello della sensazione acustica, forse, del tutto
impossibile: in che senso, infatti, parlare di una localizzazione di un suono che appare risuonare
155
30
ovunque, e apparire pi come attributo dello spazio in generale che come unaffezione del Leib?
Certo, un dato visivo non viene avvertito come localizzato nellocchio, ma , in fondo, possibile
localizzarlo sulla parete; tuttavia, se locchio pu dirigersi verso ci che viene visto, nel caso di
un suono, posso solo approssimativamente individuarne una fonte esterna, ma niente di pi.
Husserl deve, a questo punto, toccare il problema del carattere esteso delle qualit sensibili
sentite; queste, in un certo senso, sono estese o partecipano dellestensione, dato che appaiono e si
diffondono pur sempre in un luogo, che nel caso delle qualit tattili lo spazio corporeo; in quanto
dati hyletici, anzi, questi sono estesi in questo senso specifico, ma non lo sono nel senso di
determinazioni che caratterizzano la res extensa159: piuttosto, tutte le sensazioni localizzate
fanno parte della mia psiche, tutto ci che esteso fa parte della cosa materiale 160. Solo in quanto
dati animati da una morph intenzionale, essi possono essere riferiti ad oggetti esterni ad acquisire
la propriet di modificazioni della res extensa ma sappiamo anche che, se ci immaginiamo che
la cosa percepita non esiste, insieme con essa viene cancellato anche tutto ci che si estende nella
sua estensione. Ma le sensazioni localizzate non scompaiono 161. La sensazione sonora, tuttavia,
sembra essere un caso in cui lestensione nel primo senso diffusione, movimento si confonde
con lestensione nel senso della res extensa. Husserl vede piuttosto bene questa peculiarit del
suono, cui dedica la Appendice III del volume col proposito di ritornare ulteriormente
sullargomento.
Una determinata qualit sensibile, pur non mutando, ci appare sotto determinate variazioni a
seconda dei movimenti del nostro corpo un oggetto giallo, per esempio, non cambia
improvvisamente di colore, ma, se ci avviciniamo, questo stesso colore pu assumere maggiore
chiarezza e ricchezza di sfumature: se ci non avviene, se la qualit percepita non muta con i nostri
movimenti o se, viceversa, muta repentinamente e continuamente senza alcun concorso dei nostri
movimenti, essa pu essere considerata come non oggettiva e certo localizzabile nel solo organo
affetto, ma solo in quanto assume la caratteristica di bruto dato hyletico, semplice modificazione
passiva del corpo-psiche non passibile di alcuna animazione intenzionale (sogno, allucinazione,
ecc.). Ora, i suoni appaiono proprio come dotati di questa hyletica impassibilit con la differenza
che si tratta, certo, di affezioni allo stato grezzo, ma non ascrivibili ad una soggettivit Husserl ne
parla come di una sorta di grado zero:
Io posso tendere lorecchio, pi o meno, cos come posso volgere locchio. Le apparizioni, che
rimangono immutate senza un accomodamento oppure con un cambiamento arbitrario dello stesso
non sono obiettive. Un accomodamento propone sempre un optimum, e questo optimum il vero.
Per ogni allontanamento, un altro accomodamento. Lo zero dellaccomodamento? compatibile
159
Ibidem.
Ivi, p. 544.
161
Ibidem.
160
31
col rumore nellorecchio? S: landare verso un certo punto (se vogliamo definire ci un
accomodamento), lavvicinarmi e lallontanarmi mediante il movimento: quando non avviene una
conseguente modificazione, ho un oggetto nella posizione del qui. E cos il mio corpo proprio, cos
un suono soggettivo nellorecchio, le apparizioni soggettive di colori che rimangono immutate: io
le localizzo nellocchio. Ma tutto questo, prima di questa localizzazione nel corpo proprio, rimane in
se stesso un carattere zero162.
Levinas, forse, fa leva proprio su questa particolarit dellaffezione acustica per mostrare, in
seguito, che lo spazio umano uno spazio sonoro e che la sensazione della sonorit una via per
accedere al c in cui luomo si trova posizionato alle spalle della sua coscienza.
Il suono rimbombo e vibrazione, e la sensazione di vibrazione dato hyletico grezzo
non si presta ad essere articolata e reindirizzata verso una morph da nessuna attivit intenzionale.
Mentre sul sentito, su ci che viene udito possiamo anche formulare delle considerazioni, sul
sentire del sentito questo non possibile, proprio perch il suono unesplosione che resta nellaria
e non si deposita in nessun luogo: il suono non che suono, non niente, il soggetto [ossia chi
proferisce parola, nota mia] non ha lasciato niente di s163. Lessenza del suono, infatti, rottura
pura e la sonorit del suono consiste unicamente nel suo risuonare: essa si produce fuori, nello
spazio, come elemento dellessere come essere164. Partito dallanalisi critica della concezione del
linguaggio come parola e come nome, Levinas, adesso, riconduce la parola al suono, facendone la
stessa sonorit del suono165; di pi: inserisce tale sonorit in uneconomia generale dellessere166.
singolare come questo carattere elementale del suono, accostato allessere nel passo
appena richiamato, assuma tutte le caratteristiche attribuite allil y a. Anzitutto, rispetto ad ogni
sostantivo, assume la forma del verbo e la verbalit coincide con la fluidit dellessere in quanto
tale:
Risuonare imporre a noi quanto c di verbo in tutti i sostantivi []. La parola non soltanto il
nome di un oggetto o di unidea, il risuonare dellessere del soggetto []: la parola non un nome,
verbo. Resta inteso che il verbo non il nome di unazione come il nome il nome di una cosa.
Piuttosto che il rapporto del verbo allesistere che esso esprime come il risuonare stesso
dellessere167.
162
32
Il suono, il rumore, esattamente come in altre pagine lodore, la cenere lasciata sul
pavimento, le impronte lasciate sulla sabbia, testimoniano di questo carattere evanescente e
avvolgente dellessere rispetto allente eccedenza dellessere che si mostra come raddoppiamento
dellente. Ma non si pu non notare come lo scenario sia radicalmente mutato e gi negli stessi anni
in cui Levinas sta lavorando sullil y a.
Il risuonare del suono, in quanto, adesso, rimbalzo di voci articolate, si produce in uno
spazio plurale, abitato da una molteplicit di esseri parlanti; e allora, se il suono lelemento
dellessere come essere, non si tratta pi dellessere di unipostasi individuale (di cui questa si
potrebbe anche seppure non in modo definitivo appropriare nel suo stesso prodursi, nella sua
origine come evento di unappropriazione), ma di un essere plurale: il suono dunque la gloria
dellevento altro: il misterioso dellessere in quanto altro []. La sonorit nel suo insieme descrive
la struttura di un mondo in cui laltro pu apparire 169. Il mondo in questione non un orizzonte,
n una totalit: lanalisi levinasiana del suono ci descrive, infatti, unaffezione qui che se anche,
formalmente, pu risvegliare o attivare il presentimento di un senso da decifrare o da comprendere
(la parola udita e intesa) quanto al suo contenuto, hyleticamente ci consegna e ci toglie una
risonanza che tutta intorno, una risonanza generale. Potremmo parlare di una sorta di ontofenomenologia in cui levento sonoro e acustico viene da subito inserito non gi in una descrizione
dellesperienza della coscienza, ma sul piano di una teoria dellessere stesso: il fatto sonoro non
accede alla coscienza e non si produce per essa, ma, piuttosto, accade attorno ad essa e quasi suo
malgrado.
Lulteriore mossa di Levinas consiste adesso nel concepire lesplosione del suono nello
spazio atmosferico come lo spessore che separa il Medesimo dallAltro nel momento stesso in cui
produce laffezione del primo da parte del secondo. Non pu esservi intenzionalit che si diriga su
una vibrazione l intorno la vibrazione della phon non rimanda, in effetti, alla presenza di chi,
168
169
33
ora e qui, mi sta parlando, ma a una sonorit che si riverbera in tutto lo spazio circostante pu
esservi animazione intenzionale solo della traccia del suono (non pi risuonante) impressa in una
Erlebnis traccia freudianamente mnestica: sempre in ritardo o in sostituzione dellaffezione non
esperibile del suono. LAltro, insomma, si annuncia attraverso la sua voce; la voce arriva attraverso
laffezione del suono, esplosione sonora nello spazio; ci che si deposita in me la traccia
dellaffezione sonora: di qui quella singolare diacronia su cui Levinas ha sempre insistito, per cui
lAltro presente solo in quanto gi sempre passato.
Ricompare, per esempio, nella sezione seconda di Totalit e infinito, cit., cfr. in part. Il formato mitico
dellelemento, pp. 141-143.
171
E. Levinas, Altrimenti che essere o al di l dellessenza, cit., p. 221.
172
Ivi, p. 222.
173
Ivi, p. 224; cfr. anche la nota del 1944 raccolta in Id., Quaderni di prigionia, cit., p. 152, che permette di collegare
quanto qui espresso con le osservazioni fatte sopra sulla sonorit: La sonorit del suono: tre caratteristiche: 1) si sporge
sullavvenire; 2) si approfondisce in se stesso; 3) un fragore. essenzialmente ci che riempie il tempo. simbolo in
quanto fragore. Non per comunicare che si parla ma perch ci si serve del suono che si comunica; il suono, e il suo
34
quellimpossibilit, da parte del soggetto, di una chiusura completa in se stesso e di una compiuta
autonomia, e rappresenta la radice ontologica del rapporto intersoggettivo, dato che laria, che viene
inspirata ed espirata, che ci tiene in vita, lo stesso elemento in base al quale parliamo ed
ascoltiamo la voce altrui:
Apertura di s allaltro, che non un condizionamento o una fondazione di s in qualche principio
fissit di abitante sedentario o nomade ma relazione del tutto diversa dalloccupazione di un luogo,
da un costruire, da un installarsi la respirazione trascendenza a guisa di de-clausura; essa rivela
tutto il suo senso nella relazione con altri 174.
Levinas, insomma, sta spostando lindagine sul soggetto in direzione di una ricerca
sullorigine e sulle condizioni dello spirito per mostrare, una volta di pi, che queste non
coincidono con la genesi di una coscienza, n con la costituzione di uno spazio interiore ed
autotrasparente (per questi aspetti della soggettivit restano valide le descrizioni svolte circa
levento dellipostasi).
Cos lo spirito, allora? Non coscienza, n interiorit, ma il suo contrario, ossia
apertura nello spazio e allo spazio , se si pu dire, il polmone dellipostasi; Levinas, in
effetti, ci presenta adesso un movimento al tempo stesso simmetrico e rovesciato rispetto a quello
del posizionamento dellipostasi: in altri termini, ci sta parlando nuovamente dellessere in
generale, dellesistenza dellesistente, dellil y a del suo tre-le-l175. Se lipostasi una sorta di
ripiego dellessere su se stesso, lo spazio aperto esattamente ci che resta attorno a questo ripiego
e che lo circonda: lessere la materia dello spirito, la condizione della coscienza, ma anche ci
che il soggetto non riesce a contenere n trattenere ma che, in compenso, pu ascoltare.
Levinas esprime questo concetto mediante il ricorso ad unimmagine molto efficace, quella
del rovescio, appunto, che compare almeno due volte in Altrimenti che essere. La prima volta
nel capitolo IV dedicato alla sostituzione, figura estrema della responsabilit verso lAltro.
Levinas specifica che la responsabilit, assunta e subita in prima persona, non tanto effetto di un
impegno preso da qualcuno in piena coscienza, quanto, piuttosto, un principio di individuazione
di tipo non-cognitivo: non una decisione presa da una coscienza, ma ci che scorre accanto o
attorno ad essa, rovescio di una tappezzeria che scorre lungo il lato dritto della coscienza e che ha
luogo nellessere176: lessere come quella superficie di una tappezzeria che aderisce alla parete
cui incollata; invisibile allinterno della stanza, quanto separa e connette linterno con lesterno
elemento materiale, ossia laria, costituiscono la possibilit della risonanza delle voci e, quindi, della comunicazione
che ci introduce in altri (ibid.).
174
E. Levinas, Altrimenti che essere o al di l dellessenza, cit., p. 224.
175
, notoriamente, la formula con cui stato tradotto in francese il Dasein di Heidegger.
176
E. Levinas, Altrimenti che essere o al di l dellessenza, cit., p. 129.
35
proprio per questo a Levinas appare immagine adeguata a descrivere il luogo in cui si produce
lesposizione responsabile allAltro.
La seconda occorrenza si trova nel capitolo VI, dove la relazione del soggetto con lo spazioaria, adesso declinato in termini etici, riprende tutte le caratteristiche dellesperienza
dellesposizione allil y a:
lapertura dello spazio significa il di fuori in cui niente copre niente, la non-protezione, il rovescio
della piega [lenvers du repli], il senza domicilio, il non-mondo, la non-abitazione177.
Ivi, p. 222.
E. Levinas, Dallesistenza allesistente, cit., p. 61.
179
Ivi, p. 64.
180
E. Levinas, Altrimenti che essere o al di l dellessenza, cit., p. 223.
181
Ibidem.
182
Ivi, p. 225.
178
36
poich impossibile trattenere a lungo il fiato, chiudere definitivamente ogni porta e finestra
allesteriorit mentre, al contrario, possibile prolungare a lungo linspirazione e lespirazione:
il soffio pi lungo che ci sia spirito. Luomo non forse il vivente capace del respiro pi lungo
nellinspirazione, senza punto di arresto, e nellespirazione, senza ritorno?183
Quali sono i caratteri che qualificano questo spazio in cui il soggetto posizionato e da cui
ad un tempo alimentato e dissolto? riempito daria invisibile, , quindi, invisibile; non si offre alla
percezione; pu, per, essere avvertito e temuto nella carezza del vento o nella minaccia della
tempesta184; orribile e assillante; , infine, lambiente che si impone come atmosfera: ,
insomma, proprio quella atmosfera di presenza che connotava lil y a185.
Limmagine della piega e del suo rovescio rimanda, forse, criticamente, allimmagine
analoga abbozzata nelle ultime annotazioni lasciate da Merleau-Ponty e pubblicate postume nel
1964186. Al centro c la questione della reversibilit e del suo contrario: la piega, in MerleauPonty la linea del chiasma, ossia la linea della reversibilit tra interno ed esterno 187; il s, anzi,
che ha un mondo circostante [] il rovescio di questo mondo circostante 188. Per Levinas, le due
dimensioni interno ed esterno se pur date insieme, non sono sullo stesso piano, e anzi c un
netto primato dellesteriorit. Il movimento del respiro, che dallesterno va allinterno e che da qui
torna allesterno definisce, in realt, un doppio movimento le cui traiettorie sono eterogenee; in altri
termini: se anche il dentro si costituisce a partire da una dinamica di introiezione, questa non va a
finire in una interiorizzazione, non , quindi, correlativo di un fuori che, se cos fosse, verrebbe
assimilato o metabolizzato senza residui; il fuori resta una esteriorit in appropriabile che, se
ingerita, viene immediatamente rigettata di modo che il movimento da dentro a fuori assume
tratti di irreversibilit, fino a quella esalazione dellultimo respiro, che segna quella suprema
donazione di s coestensiva con la dissoluzione definitiva del soggetto.
Cos, allora, lo spirito, rispetto al soggetto ipostatizzato? Con un gesto sorprendente, che
qui possiamo solo richiamare, perch meritevole di un ulteriore approfondimento, Levinas afferma
che si tratta di un movimento regressivo in cui il soggetto retrocede alla sostanza nel senso
hegeliano del termine, in una sorta di dialettica 189 bloccata per cui essa non diventa mai, non
183
Ibidem.
Ivi, p. 223.
185
E. Levinas, Dallesistenza allesistente, cit., p. 56: Non si tratta di un qualcosa che resta, ma proprio di
unatmosfera di presenza che, se a posteriori pu certamente apparire come un contenuto, originariamente levento
impersonale, a-sostantivo, della notte e dellil y a.
186
Cfr. M. Merleau-Ponty, Il visibile e linvisibile, testo stabilito da C. Lefort, tr. it. a cura di A. Bonomi, nuova ed. a
cura di M. Carbone, Bompiani, Milano 1993. Su Merleau-Ponty, anche se non su questo tema in particolare, Levinas, si
pronunciato nello scritto Sullintersoggettivit. Note su Merleau-Ponty in Id., Fuori dal soggetto, tr. it. a cura di F.
P. Ciglia, Marietti, Genova 1992, pp. 101-108.
187
Cfr. M. Merleau-Ponty, Il visibile e linvisibile, cit., Nota di lavoro 16 novembre 1960, pp. 274-275.
188
Ivi, Nota di lavoro giugno 1960, p. 271.
189
Il motivo di una dialettica che non si risolve in unit ricorrente nelle gi citate conferenze tenute da Levinas al
Collge Philosophique tra il 1946 e il 1949.
184
37
ridiventa pi, non mai stata nemmeno potenzialmente, soggetto, restando, piuttosto, invischiata
nella dimensione dellelemento:
il senza quiete della respirazione, lesilio in se stesso, lin s senza quiete [] un ansito, un fremito
della sostanzialit, un al di l del Qui passivit dellesposizione che non arriva a prendere forma 190.
190
E. Levinas, Altrimenti che essere o al di l dellessenza, cit., p. 223; per una critica del passaggio dalla sostanza al
soggetto, e del conseguente primato della coscienza, cfr. ivi, p. 129: la riduzione della soggettivit alla coscienza
domina il pensiero filosofico che, da Hegel, si sforza di superare il dualismo essere e pensiero identificando, sotto
diverse figure, sostanza e soggetto. Il che porta anche a disfare la sostantivit della sostanza in relazione alla coscienza
di s.
191
E. Levinas, Dallesistenza allesistente, cit., p. 59.
192
Ivi, p. 51.
193
S. Benso ha ricostruito linflusso del naturalismo presocratico, in particolare la filosofia di Anassimene, sulla
riflessione levinasiana nel suo complesso, oltre che su queste pagine di Altrimenti che essere: S. Benso, The Breathing
of the Air: presocratic Echoes in Levinas in B. Schroeder-S. Benso (eds.) Levinas and the Ancient, Indiana University
Press, Bloomington and Indianapolis 2008, pp. 9-23. Cfr. anche R. Wu, The Recurrence of Acoustics in Levinas,
Levinas Studies 10 (2016), pp. 115-136.
38