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GLI STRUZZI 50

Roland Barthes
Miti doggi

EINAUDI
Titolo originale Mythologies
Copyright 19.57 Editions du Seuil, Paris
La prima edizione di questo libro stata pubblicata dalleditore Lerici
nel 1962
Copyright 1974 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino

ISBN 88-06-38893-2
Roland Barthes
Miti doggi

Traduzione di Lidia Lonzi

Einaudi
(3d?r ,i).m ti
Indice

p. vn Nota alla seconda edizione francese


IX Premessa

M iti d oggi

5 II mondo del catch


rj> L attore dHarcourt
18 I Romani al cinema
Lo scrittore in vacanza
24 La crociera del Sangue Blu
26 Critica cieca e muta
28 Saponificanti e detersivi
,-31 II Povero e il Proletario
_33 Marziani
_ 36 L operazione Astra
38 Coniugali
41 Dominici o il trionfo della letteratura
4.5 Iconografia dellAbb Pierre
48 Romanzi e bambini
51 Giocattoli
34 Parigi none stata inondata
37 Bichon fra i negri
60 Un operaio simpatico
63 II viso della Garbo
63 Potenza e disinvoltura
67 II vino e il latte
71 La bistecca e le patate fritte
VI INDICE

P- 7 4 N autilus e Bateau ivre


77 Pubblicit del profondo
80 Qualche frase di Poujade
83 Adamov e il linguaggio
87 Il cervello di Einstein
90 L uomo-getto
93 Racine Racine
95 Billy Graham al V el dH iv
99 Il processo Dupriez
102 Fotografie-choc
105 Due miti del giovane teatro
_ 108 Il Tour de France come epopea
118 La G uida blu
-r 122 La Consigliera
125 Cucina ornamentale
127 La crociera del Batory
130 L utente dello sciopero
^-1 3 4 Grammatica africana
^ 140 La critica n-n
143 Strip-tease
147 La nuova Citroen
150 La letteratura secondo Minou Drouet
157 Fotogenia elettorale
160 C ontin ente perduto
163 Astrologia
166 L arte vocale borghese
169 La plastica
172 La grande famiglia degli uomini
175 Al music-hall
178 La Signora dalle Cam elie
181 Poujade e gli intellettuali

189 Il mito, oggi

239 Nota bio-bibliografica


Nota alla seconda edizione francese

I testi di Miti doggi sono stati scritti fra il 1954 e il


1956: il libro apparso nel 1957.
Vi si vedranno due determinazioni: da un lato una cri
tica ideologica applicata al linguaggio della cosiddetta cul
tura di massa; dallaltro un primo smontaggio semiologico
di questo linguaggio: avevo appena letto Saussure, e ne
avevo ricavato la convinzione che, trattando le rappre
sentazioni collettive come sistemi di segni, si poteva spe
rate di uscire dalla generosa denuncia e rendere conto in
dettaglio della mistificazione che trasforma la cultura pic
colo-borghese in natura universa^.
I due gesti che sono allorigine di questo libro - evi
dente - non potrebbero piu, oggi, essere tracciati nello
stesso modo (per cui rinuncio a correggerlo); non che ne
sia scomparsa la materia; ma la critica ideologica, nel mo
mento stesso che ne risorgeva brutalmente l esigenza (mag
gio 1968), si raffinata o almeno chiede di esserlo; e l ana
lisi semiologica, inaugurata, almeno per quanto mi riguar
da, col testo finale di Miti doggi , si sviluppata, preci
sata, complicata, divisa; diventata il luogo teorico in cui
si pu giocare, in questo secolo e nel nostro Occidente, una
certa liberazione del significante. Non potrei quindi, nella
loro forma passata (qui presente), scrivere delle nuove mi
tologie.
Pertanto, quello che resta, oltre al nemico capitale (la
Norma borghese), la necessaria congiunzione di quei due
gesti: niente denunce senza il loro sottile strumento di
analisi, niente semiologia se non finisce per assumersi co
me una semoclastia.
R. B.
Febbraio 1970.
Premessa

I testi che seguono sono stati scritti mese per mese nel
corso di due anni, dal 1954 al 19,56, dietro il richiamo
dellattualit. Tentavo allora di riflettere sistematicamente
su alcuni miti della vita quotidiana francese. Il materiale
di questa riflessione ha potuto essere molto vario (un arti
colo di giornale, una fotografia di settimanale, un film, uno
spettacolo, una mostra), e il soggetto molto arbitrario: si
trattava evidentemente della mia attualit.
II punto di partenza di questa riflessione era il piu delle
volte un senso di insofferenza davanti alla naturalit di
cui incessantemente la stampa, l arte, il senso comune,
rivestono una realt che per essere quella in cui viviamo
non meno perfettamente storica: in una parola soffrivo
di vedere confuse ad ogni occasione, nel racconto della
nostra attualit, Natura e Storia, e volevo ritrovare nel
lesposizione decorativa dellovvio l abuso ideologico
che, a mio avviso, vi si nasconde.
La nozione di mito mi parsa sin dallinizio render ra
gione di queste false evidenze; intendevo allora il termine
in senso tradizionale. Ma ero gi persuaso di una cosa da
cui in seguito ho cercato di trarre tutte le conseguenze: il
mito un linguaggio,. Cosi, occupandomi dei fatti in appa
renza piu lontani da ogni forma di letteratura (un incontro
di catch, un piatto cucinato, una mostra di oggetti in pla
stica), non pensavo di allontanarmi da quella semiologia
generale del nostro mondo borghese di cui avevo affron
tato il versante letterario in saggi precedenti. E solo dopo
aver osservato diversi fatti di attualit ho tentato di defi
nire metodicamente il mito contemporaneo: testo che be
ninteso ho lasciato alla fine di questo volume in quanto
non fa altro che ordinare sistematicamente materiali pre
cedenti.
X P R E M E SSA

Scritti di mese in mese, questi saggi non tendono a uno


svolgimento organico: il loro legame di insistenza, di
ripetizione. Perch non so se, come dice il proverbio, le
cose ripetute piacciono, ma credo che almeno significhino.
E quanto ho cercato in tutto questo sono delle significa
zioni. Saranno le mie significazioni? In altre parole, ci sar
una mitologia del mitologo? Indubbiamente, e il lettore
vedr da s la mia scommessa. Ma veramente non penso
che la questione si ponga proprio in questi termini. La
demistificazione, per usare ancora una parola che co
mincia a logorarsi, non unoperazione olimpica. Voglio
dire che non posso consentire alla tradizionale opinione
che postula un divorzio di natura tra l oggettivit dello
scienziato e la soggettivit dello scrittore, come se uno
fosse dotato di una libert e l altro di una vocazione,
ambedue atte a schivare o a sublimare i limiti reali della
loro situazione: pretendo di vivere pienamente la contrad
dizione del mio tempo, che di un sarcasmo pu fare la con
dizione della verit.
R. B.
Miti doggi
Il mondo del catch

... La verit emphatique dii geste dans les


grandes circonstances de la vie.
BAUDELAIRE

La virt del catch di essere uno spettacolo eccessivo.


Vi troviamo unenfasi che doveva essere quella dei teatri
antichi. Del resto il catch uno spettacolo allaperto, per
ch il carattere gagliardo e verticale del campo luminoso,
e non il cielo (valore romantico riservato alle feste mon
dane), che costituisce lessenziale del circo e dellarena: an
che dal fondo delle pi luride sale parigine il catch parte
cipa della natura dei grandi spettacoli solari, teatro greco
e corride: in questo come in quelli una luce senza ombre
elabora unemozione senza segreti.
Certe persone credono che il catch sia uno sport igno
bile. Il catch non uno sport, uno spettacolo, e non
pi ignobile assistere a una rappresentazione catchistica
del Dolore che alle sofferenze di Arnolfo o di Andromaca.
Certo, esiste un falso catch rappresentato con grandi spese
e le apparenze inutili di uno sport regolare; questo non ha
nessuna importanza. Il vero catch, detto impropriamente
catch dilettantistico, si pratica nelle sale di periferia, dove
il pubblico si accorda spontaneamente alla natura spetta
colare del combattimento, come fa il pubblico di un cinema
dei sobborghi. Quelle stesse persone si indignano poi del
fatto che il catch sia uno sport truccato {il che, del resto,
dovrebbe in parte liberarlo della sua ignominia). Il pubbli
co s disinteressa altamente di sapere se lincontro o non
truccato, e ha ragione; si abbandona alla prima virt del
lo spettacolo, che quella di abolire ogni movente e con
seguenza: non gli importa ci che vede ma ci che crede.
Questo pubblico sa distinguere molto bene il catch dal
pugilato; sa che il pugilato uno sport giansenista, fondato
sulla dimostrazione di una supremazia; si pu scommet
tere sul risultato di un incontro di pugilato: per il catch
non avrebbe senso. L incontro di pugilato una storia che
6 IL MONDO D EL CATCH

si costruisce sotto gli occhi dello spettatore; nel catch, al


contrario, intelligibile ogni momento, non la durata. Lo
spettatore non si interessa al consolidarsi di un successo,
aspetta limmagine momentanea di certe passioni. Il catch
esige dunque una lettura immediata dei sensi giustapposti,
senza che sia necessario connetterli. L avvenire razionale
del combattimento non interessa lappassionato di catch,
dove invece un incontro di pugilato implica sempre una
scienza del futuro. In altre parole il catch una somma di
spettacoli nessuno dei quali una funzione: ogni momento
impone la conoscenza totale di una passione che si eleva
sola e diritta, senza mai distendersi verso il coronamento
di un risultato.
Cosi la funzione del lottatore non di vincere, ma di
compiere esattamente i gesti che ci si aspettano da lui. Si
dice che il judo contenga una segreta parte di simbolicit;
anche nellazione si tratta di gesti contenuti, precisi ma
brevi, disegnati con giustezza ma in una linea senza volu
me. Al contrario il catch propone gesti eccessivi, sfruttati
fino al parossismo della loro significazione. Nel judo, a ter
ra un uomo ci sta a malapena, rotola su se stesso, si sottrae,
schiva la sconfitta, o, se questa evidente, esce immedia
tamente dal gioco; nel catch, a tetra un uomo ci sta in mo
do esagerato, riempiendo fino in fondo la vista degli spet
tatori con lintollerabile spettacolo della sua impotenza.
Questa funzione di enfasi ben la' stessa del teatro anti
co, il cui meccanismo, la cui lingua e accessori (maschere e
coturni) concorrevano alla spiegazione esageratamente vi
sibile di una Necessit. Il gesto del lottatore vinto che ren
de manifesta al mondo la sua sconfitta e lungi dal masche
rarla laccentua e tiene come una nota allungata, corrispon
de alla maschera antica che deve rendere manifesto il tono
tragico dello spettacolo. Al catch, come sugli antichi teatri,
non si ha vergogna del proprio dolore, si capaci di pian
gere, si ha il gusto delle lacrime.
Ogni segno del catch dunque dotato di una chiarezza
totale, perch bisogna sempre capire tutto, immediatamen
te. Appena gli avversari sono sul quadrato, il pubblico
investito dallevidenza dei ruoli. Come a teatro, ogni tipo
fisico esprime alleccesso la parte che stata assegnata al
lottatore. Thauvin, cinquantenne obeso e in disfacimento,
la cui specie di bruttezza asessuata ispira sempre sopran
nomi femminili, mette in mostra nella sua stessa carne i
IL MONDO D EL CATCH 7
caratteri dellignobile, perch il suo ruolo di raffigurare
tutto ci che, nel concetto classico di salaud (concetto chia
ve di ogni incontro di catch), si presenta come organica-
mente ripugnante. La nausea volontariamente provocata
da Thauvin va dunque molto lontano nellordine dei segni:
non solo ci si serve della bruttezza per rappresentare la
bassezza, ma in pi questa bruttezza interamente concen
trata in una qualit particolarmente repellente della ma
teria: il cedimento squallido di una carne morta (il pub
blico chiama Thauvin la carnaccia), in modo che la con
danna appassionata della folla non scaturisce piu dal suo
giudizio ma si leva dalla pi profonda regione del suo istin
to. Ci si impegoler dunque con frenesia in una ulteriore
immagine di Thauvin in tutto conforme alla sua partenza
fsica: i suoi atti risponderanno perfettamente alla essen
ziale vischiosit del personaggio.
La prima chiave del combattimento quindi il corpo del
lottatore. Fin da principio so che tutti i gesti di Thauvin,
i suoi tradimenti, le sue crudelt e vigliaccherie, non delu
deranno la prima immagine chegli mi ha dato dellignobi
le, posso fargli fiducia chegli compier intelligentemente
e fino in fondo tutti i gesti di una determinata informe bas
sezza e che colmer fino allorlo limmagine del farabutto
pi ripugnante che ci sia: il farabutto-piovra. I lottatori
hanno perci un fisico altrettanto perentorio che i perso
naggi della Commedia dellarte, i quali scoprono in anti
cipo, nei loro costumi e atteggiamenti, il contenuto futuro
delle loro parti: allo stesso modo che Pantalone non potr
non essere un cornuto ridicolo, Arlecchino un servo astuto
e il Dottore un pedante imbecille, cosi Thauvin non sar
altro che il traditore ignobile; Reinires (un gigante biondo
dal corpo molliccio e la folle capigliatura) limmagine com
movente della passivit, Mazaud (galletto arrogante) quel
la della fatalit grottesca, e Orsano (gag effeminato com
parso fin dallinizio in una vestaglia azzurra e rosa) quella,
doppiamente piccante, di una salope vendicativa (perch
non penso che il pubblico dellElyse-Montmartre segua
Littr e prenda il termine salope per un maschile).
Il fisico dei lottatori costituisce dunque un segno basi
lare, che contiene in germe tutto il combattimento. Ma
questo germe prolifera perch in ogni fase del combatti
mento, in ogni nuova situazione, il corpo del lottatore offre
al pubblico il divertimento unico di un carattere naturai-
8 IL MONDO D EL CATCH

mente collegato a un gesto. Le diverse linee di significa


zione si illuminano reciprocamente, e formano il pi intel
ligibile degli spettacoli. Il catch come una scrittura dia
critica: al di sopra della significazione fondamentale del
suo corpo, il lottatore dispone di spiegazioni episodiche ma
sempre opportune, aiutando incessantemente la lettura del
combattimento mediante gesti, atteggiamenti e mimiche
che portano lintenzione alla sua massima evidenza. Ora il
lottatore trionfa con un ghigno ignobile nellatto di tenere
il bravo sportivo sotto le ginocchia, poi rivolge alla folla
un sorriso di sufficienza, annunciante la vendetta vicina;
poi, ancora, immobilizzato al suolo, batte a grandi colpi le
braccia per terra ad indicare a tutti la natura intollerabile
della sua situazione; alla fine, mette su un insieme compli
cato di segni intesi a mostrare come egli incarni a buon
diritto limmagine sempre divertente del caratteraccio, che
fa della sua scontentezza una fonte inesauribile di chiac
chiere.
Si tratta dunque di una vera e propria Commedia Uma
na, dove le piu sottili gradazioni sociali della passione (fa
tuit, senso del proprio diritto e del ripagamento , cru
delt raffinata) incontrano sempre, fortunatamente, il se
gno pi chiaro che le possa raccogliere, esprimere e por
tare trionfalmente fino ai confini della sala. Su questo piano
si capisce che non importi piti che la passione sia autentica.
Il pubblico reclama solo limmagine della passione, non la
passione in s. Nel catch non c problema di verit come
non c a teatro. In questo come in quello, quanto ci si
aspetta la raffigurazione intelligibile di situazioni morali
abitualmente nascoste. Questo svuotamento dellinteriorit
a vantaggio dei suoi segni esteriori, questo esaurimento del
contenuto nella forma, il principio stesso dellarte classi
ca trionfante. Il catch una pantomima immediata, infini
tamente pi efficace della pantomima teatrale, perch il
gesto del lottatore non ha bisogno di nessun racconto, di
nessuno scenario, in una parola di nessun rimando, per
apparire vero,
Ogni momento del catch quindi come unalgebra che
sveli istantaneamente la relazione di una causa e del suo
effetto figurato. Certamente negli appassionati di catch c
una sorta di piacere intellettuale nel veder funzionare cosi
perfettamente i meccanismi della morale: certi lottatori,
grandi attori, divertono allo stesso grado di un personag
IL MONDO D EL CATCH 9
gio di Molire, perch riescono a imporre una lettura im
mediata della loro interiorit: un lottatore del carattere
arrogante e ridicolo (come si dice che un carattere Arpa
gone), Armand Mazaud, riempie regolarmente la sala di
soddisfazione con il rigore matematico delle sue trascri
zioni, spingendo il disegno dei propri gesti fino al vertice
estremo della loro significazione, e dando al proprio com
battimento la stessa specie di slancio e di precisione di
una grande disputa scolastica, la cui posta , insieme, il
trionfo dellorgoglio e lo scrupolo formale della verit.
In tal modo viene elargito al pubblico il grande spet
tacolo del Dolore, della Disfatta e della Giustizia. Il
catch espone il dolore umano con tutta lamplificazione
delle maschere tragiche: il lottatore che soffre sotto lef
fetto di una presa ritenuta crudele (un braccio contorto,
una gamba incastrata) presenta la figura eccessiva della
Sofferenza; come una Piet primitiva, lascia vedere il vol
to esageratamente deformato da unafflizione intollerabi
le. Si capisce che nel catch il pudore sarebbe fuori posto,
in contrasto con lostentazione programmatica dello spet
tacolo, con quella Esposizione del Dolore che la finalit
stessa del combattimento. Cosi tutti gli atti generatori di
sofferenza sono particolarmente spettacolari, come il gesto
di un prestigiatore che faccia vedere ben alte le carte: non
si capirebbe un dolore che risultasse senza causa intelligi
bile; un gesto segreto effettivamente crudele trasgredireb
be le leggi non scritte del catch e non sarebbe di alcuna
efficacia sociologica, come un gesto folle o parassita. Al
contrario la sofferenza appare inflitta con larghezza e con
vinzione, perch bisogna che tutti non solo rilevino che
luomo soffre, ma anche e soprattutto capiscano perch
soffre. Quella che i lottatori chiamano una presa, cio
una qualsiasi figura che permetta di immobilizzare indefi
nitamente lavversario e tenervelo a proprio piacimento,
ha appunto la funzione di preparare in modo convenzio
nale, quindi intelligibile, lo spettacolo della sofferenza, di
porre metodicamente le condizioni della sofferenza: liner
zia del vinto permette al vincitore (momentaneo) di con
fermarsi nella sua crudelt e di trasmettere al pubblico la
terrificante ignavia dellaguzzino sicuro del susseguirsi dei
propri gesti: strofinare rudemente il muso dellavversario
impotente o raschiare la sua colonna vertebrale con pugno
profondo e regolare, compiere almeno la superficie visiva
IO IL MONDO D EL CATCH

di questi gesti: il catch il solo sport che dia unimmagine


tanto esteriore della tortura. Ma, ancora una volta, solo
1mmagine nel campo del gioco, e lo spettatore non de
sidera affatto la sofferenza reale del lottatore, gusta solo la
perfezione di uniconografia. Non vero che il catch sia
uno spettacolo sadico: soltanto uno spettacolo intelligi
bile.
C unaltra figura ancora piu spettacolare della presa,
ed la manchette, quella grande pacca degli avambracci,
quel pugno larvato con cui si massacra il petto dellavver
sario, con un suono vuoto e con laccasciamento esagerato
del corpo vinto. Nella manchette la catastrofe portata al
massimo dellevidenza, tanto che, al limite, il gesto finisce
per ridursi a un simbolo; ma andare troppo oltre, uscire
dalle regole del catch, in cui ogni segno deve essere estre
mamente chiaro senza per lasciar trasparire la sua inten
zione di chiarezza; il pubblico allora grida Simulatore,
non perch lamenti lassenza di una sofferenza effettiva, ma
perch condanna lartificio: come a teatro, si viene meno
al gioco tanto per eccesso di sincerit quanto per eccesso
di studio.

Si gi detto come i lottatori sfruttino tutte le risorse


di un certo stile fisico, costruito e utilizzato per sviluppare
agli occhi del pubblico unimmagine totale della Sconfitta.
La mollezza dei grandi corpi bianchi che crollano a terra
tutti dun pezzo o affondano nelle corde agitando le brac
cia, linerzia dei massicci lottatori fatti miserevolmente
rimbalzare da tutte le superfici elastiche del quadrato, nien
te pu significare pi chiaramente e pi appassionatamente
lesemplare abbassamento del vinto. Privata di ogni possi
bilit di reazione la carne del lottatore solo una massa
ignobile sparsa a terra che invita a ogni sorta, di incnideli
mento e di delirio. Si ha qui un parossismo di significazio
ne allantica, che non pu non richiamare il lusso di inten
zioni dei trionfi latini. In altri momenti ancora una figura
antica che nasce dallaccoppiamento dei lottatori, quella
del supplice, delluomo arreso a discrezione, piegato in
ginocchio, con le braccia alzate sopra la testa, e lentamente
abbassato dalla tensione verticale del vincitore. Nel catch,
contrariamente al judo, la Sconfitta non un segno con
venzionale abbandonato appena ottenuto; non uno scio
glimento, bens, al contrario, una durata, una esibizione
IL MONDO D EL CATCH II
che riprende gli antichi miti della Sofferenza e dellUmilia
zione pubblica: la croce e la gogna. Il lottatore come cro
cifisso alla luce del giorno, agli occhi di tutti. Ho sentito
dire di un lottatore steso a terra: Ecco, il piccolo Ges
morto in croce, e questa frase ironica scopriva le radici
profonde di uno spettacolo in cui si compiono gli stessi
gesti delle pi antiche purificazioni.
Ma il catch ha soprattutto il compito di mimare un con
cetto puramente morale: la giustizia. L idea di ripagamen
to essenziale al catch e il Fagli male della folla significa
prima di tutto un Fagliela pagare. Si tratta dunque, sen
za dubbio, di una giustizia immanente. Piu vile lazione
del salaud, pi il colpo che gli giustamente reso riempie
il pubblico di soddisfazione: se il traditore che natu
ralmente un pavido si rifugia dietro le corde facendo
capire la realt del suo torto con una mimica sfrontata, ne
viene spietatamente riacciuffato, e la folla delira di fronte
alla violazione della regola in nome di un meritato castigo.
I lottatori sanno assecondare benissimo la capacit di indi
gnazione del pubblico presentandogli il limite stesso del
concetto di giustizia, quella zona estrema dello scontro in
cui basta allontanarsi ancora un po dalla regola per aprire
le porte di un mondo sfrenato. Per lappassionato di catch
niente piu bello del furore vendicativo di un lottatore
tradito che si scaglia con foga non su un avversario fortu
nato ma sullimmagine sferzante della slealt. Naturalmen
te qui importa molto piu il processo della Giustizia che
non il suo contenuto: il catch prima di tutto una serie
quantitativa di compensazioni (occhio per occhio, dente
per dente). Questo spiega come i rovesciamenti di situa-
zionS posseggano agli occhi degli appassionati del catch
una sorta di bellezza morale: essi ne godono come di una
vicenda romanzesca ben a proposito, e pi grande il con
trasto tra la riuscita di un colpo e il mutare della sorte, piu
vicina al crollo la fortuna di un contendente e pi il mi
modramma giudicato soddisfacente. La Giustizia quin
di il corpo di una trasgressione possibile; proprio in quanto
c una Legge lo spettacolo delle passioni che la soverchia
no ha tutto il suo valore.
Si capir quindi come su cinque incontri di catch uno
solo allincirca sia regolare. Una volta di piu bisogna ren
dersi conto che qui la regolarit un ruolo o un genere,
come in teatro: la regola non costituisce affatto una vera
12 IL MONDO D EL CATCH

costrizione, bens la convenzionale apparenza della regola


rit. Cosi, in effetti, un incontro regolare non altro che
un incontro esageratamente beneducato; gli avversari, pi
che rabbia mettono zelo nellaffrontarsi, sanno dominare
le loro passioni, non si accaniscono sul vinto, cessano di
combattere appena glielo si ingiunge, e si congratulano do
po un episodio particolarmente arduo in cui tuttavia non
hanno mancato una sola volta di essere leali luno con
laltro. S intenda naturalmente che tutte queste azioni be
neducate sono segnalate al pubblico coi gesti pi conven
zionali della lealt: stringersi la mano, alzare il braccio,
allontanarsi ostentatamente da una presa sterile che po
trebbe nuocere alla perfezione dellincontro.
Inversamente la slealt qui non esiste se non coi suoi
segni eccessivi: tirare un calcio al vinto, rifugiarsi dietro
le corde invocando ostentatamente un diritto puramente
formale, rifiutare di stringere la mano al proprio partner
prima o dopo lincontro, approfittare del riposo per tor
nare a tradimento sulle spalle dellavversario, tirargli un
colpo proibito quando larbitro non pu vedere (colpo
che evidentemente non ha n valore n funzione se non
per il fatto che met della sala pu vederlo e indignarsene).
Dato che il Male costituisce il clima naturale del catch, il
combattimento regolare assume soprattutto un valore dec
cezione; l'utente se ne stupisce e lo saluta al passaggio co
me un ritorno anacronistico e un po sentimentale alla tra
dizione sportiva ( buffo come sono regolari quelli);
davanti alla generale bont del mondo si sente improvvisa
mente commosso, ma morirebbe certamente di noia e din
differenza se i lottatori non tornassero molto presto allor
gia dei cattivi sentimenti che soli fanno il buon catch.
Estrapolato, il catch regolare non potrebbe portare che
al pugilato, o al judo, mentre il catch vero e proprio deve
la sua originalit a tutti gli eccessi che ne fanno uno spet
tacolo e non uno sport. La fine di un incontro di pugilato o
di judo secca come il punto conclusivo di una dimostra
zione. Il ritmo del catch tutto diverso, giacch il suo
senso naturale quello dellamplificazione retorica: len
fasi delle passioni, il rinnovarsi dei parossismi, lesaspera
zione delle repliche, non possono naturalmente sfociare
che nella effusione pi barocca. Certi incontri, e tra i pi
riusciti, si coronano di una gazzarra finale, sorta di fantasia
sfrenata in cui sono aboliti regolamenti, leggi specifiche,
IL MONDO D EL CATCH 13
censura arbitrale e limiti del quadrato, travolti in un disor
dine trionfante che straripa nella sala e trascina alla rinfusa
i lottatori, i secondi, larbitro e gli spettatori.

gi stato notato che in America il catch raffigura una


sorta di mitologica lotta tra il Bene e il Male (di natura
para-politica, il cattivo lottatole venendo sempre ritenuto
un R osso). Il catch francese ricupera una eroicizzatone
tutta diversa, di ordine etico e non pi politico. Ci che il
pubblico cerca, qui, la costruzione progressiva di unim
magine eminentemente morale: quella del perfetto fara
butto. Si va al catch per assistere alle avventure rinnovate
di un grande protagonista, personaggio unico, permanente
e multiforme come Guignol o Scapin, inventivo di figure
inattese e tuttavia sempre fedele alla sua parte. Il farabutto
si rivela come un carattere di Molire o un ritratto di La
Bruyre, cio come unentit classica, come unessenza, i
cui atti non sono che epifenomeni significativi distribuiti
nel tempo. Questo carattere stilizzato non appartiene a
nessuna nazione n ad alcun partito, e sia che il lottatore
si chiami Kuzchenco (soprannominato Baffone a motivo
di Stalin), Yerpazian, Gaspardi, Jo Vignola, o Nollires,
lutente non gli attribuisce altra patria che quella della
regolarit .
Che cos dunque un farabutto per questo pubblico in
parte composto, sembra, di irregolari? Essenzialmente un
instabile, che ammette le regole solo quando gli sono utili
e trasgredisce la continuit formale degli atteggiamenti.
un uomo imprevedibile, quindi asociale. Si rifugia dietro
la Legge quando giudica che gli sia propizia e la trasgre
disce quando gli fa comodo tradirla; ora nega il limite for
male del quadrato e continua a percuotere un avversario
legalmente protetto dalle corde, ora ristabilisce tale limite
e rivendica la protezione di ci che un minuto prima non
rispettava. Questa inconsequenzialita, molto pi che il tra
dimento o la slealt, mette il pubblico fuori di s, in quanto
esso, urtato non nella propria morale ma nella propria lo
gica, considera la contraddizione degli argomenti come il
pi ignobile degli sbagli. Il colpo proibito non diventa irre
golare se non quando distrugge un equilibrio quantitativo
e turba il rigoroso computo delle compensazioni: ci che il
pubblico condanna non affatto la trasgressione delle pal
lide regole ufficiali, il difetto di vendetta, il difetto di
14 IL MONDO DEL CATCH

penalit. Cosi, niente pi eccitante per la folla del calcio


enfatico al farabutto vinto; la gioia eli punire arriva al col
mo quando si appoggia a una giustificazione matematica, e
il disprezzo, allora, si fa sfrenato: non si tratta pi di un
salatici ma di una s a l o p e gesto orale della degradazione
ultima.
Una finalit tanto precisa richiede che il catch sia esat
tamente quello che il pubblico si aspetta. I lottatori, uo
mini di grande esperienza, sanno perfettamente inflettere
gli episodi spontanei del combattimento verso limmagine
che il pubblico si fatto dei temi meravigliosi della sua
mitologia. Un lottatore pu irritare o disgustare, mai de
ludere, perch compie sempre fino in fondo, per una pro
gressiva solidificazione dei segni, quello che il pubblico si
aspetta da lui. Nel catch niente esiste se non totalmente,
non c nessun simbolo, nessuna allusione, tutto dato
esaurientemente; non lasciando niente in ombra, il gesto
taglia via tutti i sensi parassiti e presenta cerimonialmente
al pubblico una pura e completa significazione, tonda come
una natura. Questenfasi non altro che limmagine popo
lare e ancestrale della perfetta intelligibilit del reale. Ci
che dal catch viene mimato, quindi, unintelligenza ideale
delle cose, uneuforia degli uomini, sollevati per un mo
mento al di sopra dellambiguit costitutiva delle situa
zioni quotidiane e installati nella visione panoramica di
una Natura univoca, in cui i segni corrispondano finalmen
te alle cause, senza ostacoli, senza scappatoie e senza con
traddizioni.
Quando leroe o il farabutto del dramma, luomo che
stato visto qualche minuto prima invasato da un furore
morale, ingrandito alla misura di una sorta di segno meta
fisico, lascia la sala del catch, impassibile, anonimo, con
una valigetta appesa a un braccio e allaltro braccio la mo
glie, nessuno pu dubitare che il catch possegga la capacit
di trasmutazione propria dello Spettacolo e del Culto. Sul
quadrato e nel fondo stesso della loro volontaria ignominia
i lottatori rimangono degli di, perch, per pochi minuti,
essi sono la chiave che apre la Natura, il gesto puro che
separa il Bene dal Male e svela la figura di una Giustizia
finalmente intelligibile.
L attore dHarcourt

In Francia non si .attori se non si stati fotografati da


gli Studios d Harcourt. L attore d Harcourt un dio; non
fa mai niente: colto in riposo.
Un eufemismo, di origine mondana, rende conto di que
sta posizione: lattore sarebbe in citt. Si tratta natu
ralmente di una citt ideale, quella citt della gente di tea
tro dove non ci sono che feste e amori mentre sulla scena
invece tutto lavoro, don o generoso e provante. E bi
sogna che questo cambiamento sorprenda al pi alto grado;
bisogna che siamo presi da turbamento nello scorgere ap
pesa sulle scale del teatro, come una sfinge sulla soglia del
santuario, limmagine olimpica di un attore che, deposta
la pelle del mostro agitato, troppo umano, ritrova final
mente la sua essenza atemporale. L attore prende la sua
rivincita: obbligato dalla sua funzione sacerdotale a rap
presentare ogni tanto la vecchiaia e la bruttezza, sempre la
privazione di se stesso, gli si fa ritrovare un viso ideale,
smacchiato dalle sconvenienze della professione. Passato
dalla scena alla citt, lattore dHarcourt non abban
dona affatto il sogn o per la realt. Al contrario: sulla
scena, ben costruito, ossuto, carnale, la pelle spessa sotto
al trucco; in citt, spianato, liscio, il viso levigato dalla vir
t, reso aereo dalla luce diffusa dello studio dHarcourt.
Sulla scena, a volte vecchio, per lo meno con una et; in
citt, eternamente giovane, fissato per sempre al vertice
della bellezza. Sulla scena, tradito dalla materialit di una
voce troppo muscolosa come i polpacci di una ballerina;
in citt, idealmente silenzioso, cio misterioso, pieno del
segreto profondo attribuito a ogni bellezza che non parla.
Sulla scena, infine, impegnato di necessit in gesti banali
o eroici, comunque efficienti; in citt ridotto a un viso de
purato da ogni movimento.
16 L ATTORE D HARCOURT

Inoltre questo puro viso viene reso totalmente inutile


- cio lussuoso - dallangolazione aberrante, come se lob-
biettivo d Harcourt, autorizzato per suo privilegio a capta
re questa bellezza non terrena, dovesse collocarsi nelle zone
pi improbabili di uno spazio rarefatto, e come se questo
viso fluttuante fra il suolo grossolano del teatro e il cielo
radioso della citt potesse solo essere sorpreso, sottrat
to per un breve istante alla sua atemporalit di natura,
quindi abbandonato devotamente alla sua corsa solitaria e
regale; ora calata maternamente verso la terra che si al
lontana, ora levata, estatica, la faccia dellattore sembra
raggiungere la sua dimora celeste in unascensione senza
premura e senza muscoli, contrariamente allumanit spet
tatrice che, appartenendo a una classe zoologica diversa e
non essendo atta al movimento se non con le gambe {e non
col viso), deve riguadagnare a piedi il proprio apparta
mento. (Bisogner pur un giorno tentare una psicoanalisi
storica delle iconografie troncate. Camminare forse - mi
tologicamente - il gesto pi banale, quindi il pi umano.
Ogni sogno, ogni immagine ideale, ogni promozione so
ciale, cominciano col sopprimere le gambe, si tratti di un
ritratto o dellautomobile).
Ridotte a un viso, delle spalle, dei capelli, le attrici testi
moniano cosi della virtuosa irrealt del loro sesso ri
spetto al quale, in citt, sono manifestamente degli angeli,
dopo essere state sulla scena amanti, madri, sgualdrine,
soubrettes. Gli uomini invece, ad eccezione degli attori
giovani a cui consentito appartenere piuttosto al genere
angelico, poich il loro viso, come quello delle donne, re
sta in posizione di evanescenza, ostentano la loro virilit
mediante un attributo cittadino, una pipa, un cane, degli
occhiali, un camino-bracciolo, oggetti banali ma necessari
allespressione della mascolinit, audacia permessa solo ai
maschi, e attraverso cui lattore in citt, alia maniera
degli dei e dei re brilli, d a leggere che non teme di essere
qualche volta un uomo come gli altri, munito di piaceri
(la pipa), di affetti (il cane), di minorazioni (gli occhiali),
e persino di domicilio terreno (il camino).
L iconografia dHarcourt sublima la materialit del
lattore e continua una scen a necessariamente banale
perch funziona in una citt inerte e di conseguenza
ideale. Statuto paradossale, la scena, qui, ad essere realt;
la citt invece mito, sogno, meraviglioso. L attore, libe-
L ATTORE D HARCOURT 17
rato dellinvolucro troppo incarnato del suo mestiere, ri
trova unessenza rituale di eroe, di archetipo umano, situa
to al limite delle norme fisiche degli altri uomini. Il viso
diventa un oggetto romanzesco; la sua impassibilit, il suo
impasto divino, sospendono la verit quotidiana e danno
il turbamento, la delizia e, in conclusione, la sicurezza, di
una verit superiore. Per uno scrupolo d illusione proprio
a unepoca.e a una classe sociale troppo deboli per la ragion
pura come per il mito potente, la folla dei ridotti che si
annoia e si mostra dichiara che queste facce irreali sono
proprio quelle della citt, e in tal modo si procura la buona
coscienza razionalista di supporre un uomo dietro allat
tore; ma al momento di spogliare il mimo, lo studio d Har-
court, arrivando a proposito, fa sorgere un dio, e tutto, in
questo pubblico borghese disincantato e al tempo stesso
nutrito di menzogna, soddisfatto.
Viene di conseguenza che la fotografia d Harcourt per
il giovane attore un rito d iniziazione, un diploma di ap
partenenza a unalta corporazione, la sua vera carta diden
tit professionale. Si pu dire che sia intronizzato finch
non ha toccato la Santa Ampolla d Harcourt? Questo ret
tangolo in cui per la prima volta si rivela la sua testa ideale,
la sua aria intelligente, sensibile o maliziosa, secondo il
ruolo che si propone per la vita, latto solenne mediante
il quale la societ intera accetta di astrarlo dalle proprie
leggi fisiche e gli assicura la rendita perpetua di un viso
che, nel giorno di questo battesimo, riceve in dono tutti
i poteri ordinariamente rifiutati, almeno simultaneamente,
alla carne comune: uno splendore inalterabile, una sedu
zione pura da ogni malvagit, una potenza intellettuale che
non si accompagna necessariamente allarte o alla bellezza
dellattore.
Ecco perch le fotografie di Thrse Le Prat o di Agns
Varda, per esempio, sono davanguardia: esse lasciano sem
pre allattore il suo viso dincarnazione e lo rinchiudono
francamente, con unumilt esemplare, nella sua funzione
sociale: quella di rappresentare e non di mentire. Per
un mito alienato come quello dei visi di attori questa scelta
molto rivoluzionaria: non appendere sulle scale i dHar
court classici, accomodati, languidi, angelicati o virilizzati
(secondo il sesso), unaudacia di cui ben pochi teatri si
permettono il lusso.
I Romani al cinema

Nel Giulio Cesare di Mankiewicz tutti i personaggi han


no la frangia sulla fronte. Chi arricciata, chi filiforme, o
folta, o impomatata, tutti comunque ben pettinata, e non
sono ammessi i calvi, per quanto la Storia romana ne ab
bia fornito un buon numero. Chi aveva pochi capelli non
si sottratto tanto a buon mercato, e il parrucchiere, prin
cipale autore del film, sempre riuscito a tirargli fuori un
ultimo ciuffo che ha raggiunto regolarmente lorlo della
fronte, di quelle fronti romane la cui esiguit stata in
ogni tempo a indicare un peculiare insieme di virt, di
diritto e di conquista.
Che cosa dunque legato a queste frange ostinate? Nien-
taltro che l insegna della Romanit. Vediamo cosi operare
allo scoperto la molla principale dello spettacolo, che il
segno. Il ciuffo sulla fronte straripa di evidenza, nessuno
pu mettere in dubbio di essere a Roma, nei tempi antichi.
E questa certezza continua: gli attori parlano, agiscono,
si torturano, dibattono questioni universali, senza per
dere niente, grazie a questa piccola bandiera distesa sulla
fronte, della loro verosimiglianza storica: la loro generalit
pu anche gonfiarsi con la massima sicurezza, attraversare
lOceano e i secoli, raggiungere la faccia yankee delle com
parse di Hollywood, poco importa, tutti sono rassicurati,
adagiati nella calma certezza di un universo senza dupli
cit, in cui i Romani sono romani mediante il piti leggibile
dei segni, il capello sulla fronte.
Un francese, ai cui occhi i visi americani conservano an
cora qualcosa di esotico, trova comico il connubio di que
ste morfologie di gangsters-sceriffi e della frangetta roma
na: sembra piuttosto uneccellente trovata da music-hall.
Il fatto che per noi il segno funziona con eccesso, si scre
dita lasciando trasparire la sua finalit. Ma questa stessa
I ROMANI AL CINEMA 19
frangia, tirata sulla sola fronte latina del film, quella di
Marion Brando, ci si impone senza farci ridere, e non
escluso che una parte del successo europeo di questo attore
sia dovuto allintegrazione perfetta della capillarit roma
na nella morfologia generale del personaggio. Allopposto,
Giulio Cesare incredibile, con la sua grinta di avvocato
anglosassone consumata ormai da mille ruoli secondari
comici o polizieschi, con quel cranio da bonaccione peno
samente attraversato da un ciuffo di parrucchiere.
Nellordine delle significazioni capillari, ecco un sotto
segno, quello delle sorprese notturne: Porzia e Calpurnia,
svegliate in piena notte, hanno i capelli ostentatamente in
disordine; la prima, piu giovane, ha il disordine fluttuante,
cio in lei la mancanza di cura in qualche modo al mas
simo grado; la seconda, matura, presenta una debolezza
pi elaborata: una treccia gira intorno al collo e scende da
vanti sulla spalla destra, in modo da imporre il segno tra
dizionale del disordine, che lasimmetria. Ma questi segni
sono insieme eccessivi e derisori: postulano una natura
lezza che non hanno nemmeno il coraggio di rispettare
fino in fondo: non sono franchi.
Altro segno di questo Giulio Cesare: tutti i visi sudano
in continuazione: gente del popolo, soldati, cospiratori,
tutti bagnano i loro lineamenti austeri e contratti in una
trasudazione abbondante (di vaselina). E i primi piani so
no cosi frequenti che, con ogni evidenza, il sudore qui
un attributo intenzionale. Come la frangia romana o la
treccia notturna, il sudre nchesso un segno. Di che
cosa? della moralit. Tutti sudano perch tutti dibattono
qualcosa in se stessi; siamo chiamati a vivere nel luogo di
una virt in terribile travaglio, cio nel luogo stesso della
tragedia, e il sudore ha il compito di tenercene informati:
il popolo, traumatizzato dalla morte di Cesare, poi dagli
argomenti di Marcantonio, suda, combinando economica
mente, in questo solo segno, lintensit della sua emozione
e il carattere frusto della sua condizione. E gli uomini
virtuosi, Bruto, Cassio, Casca, anche loro non smettono un
momento di traspirare, testimoniando in tal modo del
lenorme lavorio fisiologico che la virt in procinto di par
torire un crimine opera in essi. Sudare, pensare, (il che
poggia evidentemente sul postulato, cosi conveniente a un
popolo di uomini di affari, che: pensare unoperazione
violenta, cataclismica, di cui il sudore il segno minimo).
20 I ROMANI AL CINEMA

In tutto il film, un uomo solo non suda, resta glabro, molle,


impermeabile: Cesare. Evidentemente, Cesare, oggetto del
crimine, resta asciutto, perch lui non sa, non pensa, deve
salvaguardare la grana netta, solitaria e levigata di un do
cumento di prova.
Anche qui il segno ambiguo: resta alla superficie, ma
non rinuncia a farsi passare per qualcosa di profondo; vuol
far capire (che lodevole), ma nello stesso tempo si d
come spontaneo (che falso), si dichiara in termo naie e
irreprimibile insieme, artificiale e naturale, prodotto e tro
vato. Questo pu introdurci a una morale del segno. Il
segno non dovrebbe darsi che in due forme estreme: o
francamente intellettuale, ridotto dalla sua distanza ad
unalgebra, come nel teatro cinese, in cui una bandiera in
dica un reggimento; o profondamente radicato, in qualche
modo reinventato ogni volta, aprentesi su un aspetto
interno e segreto, segnale di un momento e non pi di un
concetto ( allora, per esempio, larte di Stanislavskij). Ma
il segno intermedio (la frangia della romanit o la traspira
zione del pensiero) denuncia uno spettacolo degradato, che
teme la semplice verit quanto lartificio totale. Perch se
c da rallegrarsi che uno spettacolo sia fatto per rendere
il mondo pi chiaro, c una colpevole duplicit nel con
fondere il segno col significato. Ed una duplicit propria
dello spettacolo borghese: tra il segno intellettuale e il
segno viscerale, questarte colloca ipocritamente un segno
bastardo, insieme ellittico e pretenzioso, che pomposamen
te battezza col nome di naturalezza.
Lo scrittore in vacanza

Gide leggeva Bossuet scendendo la corrente del Congo.


Questo atteggiamento riassume abbastanza bene lideale
dei nostri scrittori in vacanza, fotografati dal F igaro:
unire al piacere banale il prestigio di una vocazione che
niente pu frenare n degradare. Ecco dunque un buon
reportage, molto efficace dal punto di vista sociologico, e
che ci illumina senza inganni sullidea che la nostra bor
ghesia si fa dei suoi scrittori.
Quanto sembra dapprima sorprenderla e rapirla, questa
borghesia, la propria larghezza di vedute nei riconoscere
che gli scrittori, anche loro, si possono prendere delle co
muni vacanze. Le vacanze sono un fatto sociale recente,
eli cui d altra parte sarebbe interessante seguire lo svilup
po mitologico. In un primo tempo fatto scolastico, con
luso delle ferie pagate sono diventate un fatto proletario,
o almeno lavorativo. Affermare che questo fatto pu ormai
concernere degli scrittori, che gli specialisti dellanimo
umano sono anchessi soggetti allo statuto generale del
lavoro contemporaneo, un modo per far si che i nostri
lettori borghesi siano convinti di saper procedere coi tem
pi: ci si compiace di riconoscere certe necessit prosaiche,
ri si adegua alle realt m oderne mediante le lezioni di
Siegfried e di Fourasti.
Sintende che questa proletarizzazione dello scrittore
viene accordata solo con parsimonia, e per essere meglio
distrutta in seguito. Appena provvisto di un attributo so
ciale (le vacanze sono uno dei piu piacevoli), luomo di
lettere torna ben presto nellempireo condiviso con i pro
fessionisti della vocazione. E la naturalezza nella quale
si eternano i nostri romanzieri istituita in realt per tra
durre una contraddizione sublime: quella tra una condi
zione prosaica, prodotta, ahim, da unepoca assai materia
22 LO SCRITTO RE.IN VACANZA

lista, e il prestigioso statuto che la societ borghese conce


de liberalmente ai suoi uomini dingegno (a patto che le
siano inoffensivi).
A provare la meravigliosa singolarit dello scrittore
il fatto che egli, nel corso di queste famose vacanze che
fraternamente divide con gli operai e i commessi, non smet
te, se non di lavorare, almeno di produrre. Al suo falso la
voro corrispondono false vacanze. Uno scrive i suoi ricordi,
un altro corregge bozze,,il terzo prepara il suo prossimo
libro. E quello che non fa niente lo confessa come una
condotta veramente paradossale, una prodezza davanguar
dia, che solo uno spirito forte pu permettersi di osten
tare. Da questultima furfanteria si capisce quanto sia
naturale che lo scrittore scriva sempre, in ogni situa
zione. In primo luogo questo assimila la produzione let
teraria a una sorta di secrezione involontaria, dunque tabu
perch sfugge agli umani determinismi: per parlare pi
nobilmente, lo scrittore preda di un dio interiore che
parla in ogni momento, senza preoccuparsi, il tiranno,
delle vacanze del suo tramite. Gli scrittori sono in vacanza,
ma la loro Musa desta, e partorisce senza tregua.
Il secondo vantaggio di questa logorrea che, grazie al
suo carattere imperativo, essa passa con tutta naturalezza
come lessenza stessa dello scrittore. Questi ammetter di
essere provvisto di unesistenza umana, di una vecchia casa
di campagna, di una famiglia, di un paio di shorts, di una
bambina, ecc., ma contrariamente agli altri lavoratori che
cambiano essenza e che sulla spiaggia non sono piu che
villeggianti, lo scrittore da parte sua conserva la propria
natura di scrittore; dotato di vacanze, egli ostenta il segno
della sua umanit; ma il dio rimane, si scrittori come
Luigi XIV era re, anche sulla seggetta. Cosi la funzione del
luomo di lettere un po, rispetto ai lavori umani, quello
che lambrosia rispetto al pane: una sostanza miracolosa,
eterna, che accondiscende alla forma sociaje per farsi me
glio cogliere nella sua prestigiosa diversit. Tutto ci
conduce alla medesima idea di uno scrittore superuomo, di
una sorta di essere differenziale che la societ mette in
vetrina per servirsi meglio della fittizia singolarit che gli
concede.
L immagine bonaria dello scrittore in vacanza non
altro che una di quelle abili mistificazioni messe in opera
dalla buona societ per meglio asservire i suoi scrittori:
t.O SCRITTORE IN VACANZA 23
niente mette meglio in risalto la singolarit di una voca
zione che il suo essere contraddetta - ma non negata,
luttaltro - dalla prosaicit della sua incarnazione: una
vecchia trappola di tutte le agiografie. Cosi questo mito
delle vacanze letterarie lo vediamo andare molto al di l
dellestate: le tecniche del giornalismo contemporaneo si
adoprano ogni giorno di pi per dare dello scrittore un
quadro prosaico. Ma si avrebbe torto a voler vedere in
questo uno sforzo di demistificazione. esattamente il
contrario. Potr sentirmi commosso e persino lusingato,
io semplice lettore, di partecipare tramite la confidenza alla
vita quotidiana di una razza selezionata dal genio: potr
sembrarmi deliziosamente fraterna ununanimit in cui so
dai giornali che questo grande scrittore porta i pigiama
blu, e che a quel giovane romanziere piacciono le ragazze
carine, il reblochon e il miele di lavanda. Ci non toglie
che a saldo delloperazione lo scrittore diventi ancora un
po pi divo, si allontani ancora un po da questa terra per
una zona celeste dove i suoi pigiama e i suoi formaggi non
gli impediscono affatto di riprendere luso della sua nobile
parola demiurgica.
Dotare pubblicamente lo scrittore di un corpo chiara
mente carnale, svelare che gli piace il bianco secco e la
bistecca al sangue, vuol dire rendermi ancora pi miraco
losi, di essenza ancora pi divina, i prodotti della sua arte.
I particolari della sua vita quotidiana sono lungi dal ren
dermi pi vicina e pi chiara la natura, della sua ispira
zione, mentre con tali confidenze lo scrittore accusa tutta
la singolarit mitica della sua condizione. Posso infatti ad
debitare soltanto a una sovrumanit lesistenza di esseri
tanto vasti da portare il pigiama blu e contemporaneamente
manifestarsi come coscienza universale, oppure, ancora,
professare il loto amore per il reblochon e con la stessa
voce annunciare la loro prossima Fenomenologia del-
lIo . Il connubio spettacolare di tanta nobilt e di tanta
futilit sta a significate che si crede ancora alla contraddi
zione: totalmente miracolosa, altrettanto lo sono i suoi
termini: evidentemente essa perderebbe di ogni interesse
in un mondo in cui il lavoro dello scrittore fosse dissacrato
al punto da apparire tanto naturale quanto le sue funzioni
di palato o di abbigliamento.
La crociera del Sangue Blu

Dal tempo dellIncoronazione i francesi languono nel


desiderio di una rinnovata attualit monarchica di cui so
no estremamente golosi; limbarco di un centinaio di prin
cipi su uno yacht greco, VAgamennone, li ha molto sva
gati. L incoronazione di Elisabetta era un tema patetico,
sentimentale; la crociera del sangue blu un episodio
piccante: i re si sono atteggiati a uomini, come in una com
media di Flers e Caillavet; ne sono nate mille situazioni
ridicole per le loro contraddizioni, del tipo Maria Anto
nietta travestita da lattaia. La patologia di un tale diver
timento pesante: se ci si diverte di una contraddizione
significa che si suppongono molto lontani i suoi termini;
in altre parole i re sono di unessenza sovrumana, e quando
assumono momentaneamente certe forme di vita democra
tica non pu trattarsi che di unincarnazione contro natura,
possibile solo per condiscendenza. Mettere in luce che i re
sono capaci di prosaicit equivale a riconoscere che questo
statuto non a loro piu naturale dellangelismo al comune
mortale, constatare che il re ancora di diritto divino.
Cosi i gesti neutri della vita quotidiana hanno assunto,
sull Agamennone, un carattere esorbitante di audacia, co
me quelle fantasie creative in cui la Natura oltrepassa i
suoi regni: i re si radono da s! questo particolare stato
riportato dalla nostra grande stampa come un atto di in
credibile singolarit, quasi che in esso i re fossero disposti
a rischiare tutta la loro regalit, con ci stesso professando,
daltra parte, la loro fede nella sua natura indistruttibile.
Il re Paolo indossava una camicia con le maniche corte,
la regina Federica un abito stampato, cio non piu unico,
ma tale che se ne pu ritrovare il disegno sul corpo di sem
plici mortali: un tempo i re si travestivano da pastori; oggi
portare per quindici giorni i vestiti di un grande magazzino
LA CROCIERA D EL SANGUE B L U 25
per loro il segno del travestimento. Altro statuto demo
cratico: alzarsi alle sei del mattino. Tutto ci informa per
antifrasi su una certa idealit della vita quotidiana: portare
i polsini, farsi radere da un domestico, alzarsi tardi. Ri
nunciando a questi privilegi i re li rimandano nel cielo del
sogno: il loro sacrificio del tutto temporaneo fissa nella
loro eternit i segni della felicit quotidiana.
strano che tale carattere mitico dei nostri re sia oggi
laicizzato ma per niente scongiurato dallespediente di un
vago scientismo; i re sono definiti dalla purezza della loro
tazza (il sangue blu), come i cuccioli, e la nave, luogo
privilegiato di ogni clausura, una sorta di moderna arca,
dove si conservano le principali variet della specie monar
chica. Al punto che vi si calcolano apertamente le possibi
lit di certi accoppiamenti; chiusi nella loro navigante sta
zione di monta i purosangue sono al riparo da ogni matri
monio bastardo, trovano tutto (annualmente?) preparato
affinch possano riprodursi tra loro; tanto scarsi sulla terra
quanto i pug dogs, la nave li fissa e li raccoglie, costituisce
una riserva temporanea dove si attende e accidental
mente si giunge a perpetuare una curiosit etnografica ben
protetta come un parco di Sioux.
I due temi secolari si fondono, quello del Re-Dio e quel
lo del Re-Oggetto. Ma questo cielo mitologico non tut
tavia cosi inoffensivo alla Terra. Le mistificazioni pi
eteree, i particolari divertenti della crociera del Sangue
blu, tutto questo pettegolume aneddotico di cui la grande
stampa ha saturato i suoi lettori, non dato impunemente:
forti della loro divinit restaurata i principi si occupano
democraticamente di politica: il Conte di Parigi lascia
l'Agamennone per venire a Parigi a sorvegliare la sorte
della Ced, e si manda il giovane Juan di Spagna in soccorso
al fascismo spagnolo.
Critica cieca e muta

I critici (letterari e teatrali) usano spesso due argomenti


molto singolari. Il primo consiste nel decretare ineffabile,
bruscamente, loggetto della critica e, di conseguenza, inu
tile la critica. L altro argomento, che ricompare anchesso
periodicamente, consiste nel riconoscersi troppo sciocchi,
troppo beoti, per capire unopera reputata filosofica: un
saggio di Henri Lefebvre su Kierkegaard ha provocato cosi,
da parte dei nostri migliori critici {e non parlo di quelli che
fanno apertamente professione didiozia), una simulazione
panica dimbecillit (il cui scopo era evidentemente quello
di screditare Lefebvre relegandolo nel ridicolo della cere
bralit pura).
Perch dunque la critica proclama periodicamente la sua
impotenza o la sua incomprensione? Non certamente per
modestia: nessuno pi a suo agio del tale che confessa di
non capire niente dellesistenzialismo, nessuno piu ironico
e quindi pi sicuro di s dellaltro che ammette mogio mo
gio di non aver la fortuna di essere iniziato alla filosofia del
lo Straordinario; e nessuno pi marziale del terzo pero
rante a favore dellineffabile poetico.
Tutto questo in realt significa che ci si crede di unin
telligenza abbastanza indubbia perch lammissione di una
incomprensione metta in causa la chiarezza dellautore e
non quella del proprio cervello: se si mima la balordaggi
ne, per meglio far risentire il pubblico, coinvolgendolo
cosi, con vantaggio, da una complicit dimpotenza in una
complicit d'intelligenza. unoperazione ben nota ai
salotti Verdurin: I o che faccio il mestiere d intelligente,
non ci capisco nulla; ora voi, non diversamente, non ci
capirete nulla; questo vuol dire che siete intelligenti quan
to me ,
II vero volto di queste professioni stagionali d incultura
CRITICA CIECA E M UTA 27
c il vecchio mito oscurantista secondo il quale lidea, se
non controllata dal buon senso e dal sentimento,
nociva: la Scienza il Male, tutti e due sono cresciuti sotto
10 stesso albero: la cultura permessa a condizione che
proclami periodicamente la vanit dei suoi fini e i limiti
della sua potenza (vedi anche in proposito le idee di Gra
ham Greene sugli psicologi e gli psichiatri); la cultura idea
le non dovrebbe essere che una dolce effusione retorica,
larte delle parole utile ad attestare un passeggero inu
midimento dellanima. Il vecchio binomio romantico del
cuore e della testa non ha per realt se non in un'icono
grafia di origine vagamente gnostica, in quelle filosofie
oppiacee che hanno sempre finito per formare il sostegno
dei regimi forti, in cui ci si sbarazza degli, intellettuali man
dandoli a occuparsi dellemozione e dellineffabile. Di fal
lo, ogni riserva sulla cultura una posizione terroristica,
bar mestiere di critico e proclamate che non si capisce
niente dell 'esistenzialismo o del marxismo (giacch per
combinazione sono soprattutto queste filosofie che si con
lessa di non capire), equivale a erigere la propria cecit o
11 proprio mutismo a tegola universale di percezione, re
spingere dal mondo il marxismo e lesistenzialismo: Non
capisco, quindi siete stupidi.
Ma se si temono tanto o si disprezzano in unopera i
suoi fondamenti filosofici, e se si reclama cosi forte il dirit
to di non capirci niente e non parlarne, perch fare il criti
co? Capire, illuminare, pur il vostro mestiere. Eviden
temente potete giudicare la filosofia in nome del buon
senso; il guaio che se il buon senso e il sentimento
non capiscono niente della filosofia, la filosofia invece li
capisce molto bene. Voi non spiegate i filosofi, ma loro vi
spiegano. Voi non volete capire il saggio del marxista Le-
Icbvre, ma siate certi che il marxista Lefebvre capisce per
fettamente la vostra incomprensione, e soprattutto (giac
ch vi credo piu astuti che incolti) la confessione delizio
samente inoffensiva che ne fate.
Saponificanti e detersivi

Il primo Congresso Mondiale della Detersione (Parigi,


settembre 1954) ha autorizzato il mondo a lasciarsi andare
alleuforia di Omo: non solo i detersivi non hanno alcuna
azione nociva sulla pelle, ma addirittura possono forse sal
vare i minatori dalla silicosi. Ora questi prodotti sono da
qualche anno oggetto di una pubblicit cosi massiccia da
far parte, oggi, di quella zona di vita quotidiana dei fran
cesi su cui le psicanalisi, se si tenessero al corrente, dovreb
bero pur rivolgere la loro attenzione. Si potrebbe allora
contrapporre con profitto alla psicanalisi dei liquidi puri
ficatori (Acqua di varechina) quella delle polveri saponi
ficanti (Lux, Persil) o detersive (Rai, Paic, Crio, Omo).
I rapporti tra il rimedio e il male, tra questi prodotti e Io
sporco, sono molto diversi nei due casi.
Per esempio, lacqua di varechina sempre stata sentita
come una specie di fuoco liquido la cui azione va attenta
mente controllata, altrimenti loggetto stesso resta colpito,
bruciato; la leggenda implicita di questo genere di pro
dotti poggia sullidea di una modificazione violenta, abra
siva, della materia: vi corrispondono effetti di ordine chi
mico o mutilante: il prodotto uccide lo sporco. Al con
trario le polveri sono elementi separatori; la loro funzione
ideale quella di liberare loggetto dalla sua imperfezione
contingente: si espelle lo sporco, non lo si uccide piu;
nelliconografia Omo, lo sporco un minuscolo nemico gra
cile e nero che scappa a gambe levate dalla bella bianche
ria pura alla sola minaccia del giudizio di Omo. I dori e
le ammoniache sono senza dubbio i delegati di una specie
di fuoco totale, salutare, ma cieco; le polveri al contrario
sono selettive, spingono, guidano lo sporco attraverso la
trama delloggetto, hanno una funzione di polizia, non di
guerra. Questa distinzione ha il suo corrispondente etno-
SAPONIFICANTI E D ETERSIV I 29
grafico: il liquido chimico prolunga il gesto della lavandaia
die batte i lenzuoli, mentre le polveri sostituiscono piut
tosto quello della donna di casa che preme e strofina il
bucato lungo lasse inclinata.
Ma nellordine stesso delle polveri bisogna ancora con
trapporre alla pubblicit psicologica la pubblicit psicana
litica (intendendo questo termine senza alcun particolare
riferimento di scuola). Per esempio, il bianco di Persil
londa il suo prestigio sullevidenza di un risultato; si sti
mola la vanit delle apparenze sociali offrendo il confronto
di due oggetti di cui uno pi bianco dellaltro. La pub
blicit Omo indica si leffetto del prodotto (sotto una for
ma del resto superlativa), ma soprattutto scopre il processo
della sua azione; essa impegna in tal modo il consumatore
in una sorta di modo vissuto della sostanza, lo rende corn
ili ice di una liberazione e non pi soltanto beneficiario di
un risultato; la materia viene dotata di stati-valore.
Omo me utilizza due, molto nuovi nellordine dei deter
sivi: il profondo e lo schiumoso. Dire che Omo pu
lisce in profondit (vedi la scenetta del Cinma-Publicit),
significa supporre che la biancheria profonda, cosa finora
impensata e che incontestabilmente equivale a magnificar
la, a porla come oggetto lusingarono per quegli oscuri im
pulsi di avviluppamento e di carezza propri di ogni corpo
umano. Quanto alla schiuma, nota la sua significazione
di lusso; prima di tutto ha unapparenza di inutilit; in
secondo luogo la sua proliferazione abbondante, facile,
quasi infinita, lascia supporre nella sostanza da cui esce un
germe vigoroso, unessenza sana e potente, una grande ric
chezza di elementi attivi in un piccolo volume originario;
infine seconda nel consumatore una immagine aerea della
materia, un modo di contatto leggero e verticale insieme,
perseguito come una felicit tanto nellordine gustativo
(foies gras, entremets, vini) quanto in quello dellabbiglia
mento (mussole, tulli) e in quello dei saponi (la diva che
fa il bagno). La schiuma pu perfino essere segno di una
certa spiritualit, nella misura in cui lo spirito ritenuto
capace di ricavare tutto da nulla, una grande superficie di
effetti da un piccolo volume di cause (le creme hanno tutta
unaltra psicanalisi di ordine sopitivo: eliminano le rughe,
il dolore, il bruciore, ecc.). L importante aver saputo
mascherare la funzione abrasiva del detergente sotto lim
magine deliziosa di una sostanza profonda e aerea insieme,
30 SAPONIFICANTI E D ET ER SIV I

che pu dominare lordine molecolare del tessuto senza


intaccarlo. Euforia da cui non si deve del resto essere in
dotti a dimenticare che esiste un piano in cui Persil e Omo
sono la stessa cosa: il piano del trust anglo-olandese Uni-
lever.
Il Povero e il Proletario

L ultima trovata di Charlot stata quella di aver fatto


passare met del suo premio sovietico nelle casse delPAbb
Pierre. Ci viene in fondo a stabilire unuguaglianza di
natura tra il proletario e il povero. Charlot ha sempre visto
il proletario sotto le sembianze del povero: da cui la forza
umana delle sue rappresentazioni, ma anche la loro ambi
guit politica. Tutto ci assai evidente in quel mirabile
iilrn che Tempi moderni. Charlot vi sfiora continuamente
il tema proletario ma non lassume mai politicamente; ci
la vedere un proletario ancora cieco e mistificato, definito
dalla natura immediata dei suoi bisogni e dalla sua aliena
zione totale nelle mani dei padroni (poliziotti e principali).
Per Charlot il proletario ancora un uomo che ha fame, e
in lui la rappresentazione della fame sempre epica: gran
dezza smisurata dei panini imbottiti, fiumi di latte, frutti
che si gettano via con indifferenza appena morsi; deriso
riamente, la macchina per mangiare (di essenza padronale)
fornisce solo alimenti spezzettati e visibilmente insipidi.
Invischiato nella sua fame cronica luomo-Charlot si situa
sempre un gradino al di sotto della presa di coscienza poli-
lica: Io sciopero per lui una catastrofe perch minaccia
un uomo letteralmente accecato dalla fame; questuomo
non raggiunge la condizione operaia se non nel momento
in cui il povero e il proletario vengono a coincidere sotto
lo sguardo (e i colpi) della polizia. Storicamente Charlot
riprende a un dipresso loperaio della Restaurazione, il
manovale in rivolta contro la macchina, disorientato dallo
sciopero, dominato dal problema del pane (nel vero senso
della parola), ma ancora incapace di accedere alla cono
scenza delle cause politiche e allesigenza di una strategia
collettiva.
Ma appunto perch Charlot rappresenta una specie di
32 IL POVERO E IL PROLETARIO

proletario bruto, ancora al di fuori della Rivoluzione, la sua


forza rappresentativa immensa. Nessuna opera socialista
ancora arrivata a esprimere la condizione umiliata del
lavoratore con tanta violenza e generosit. Fotse solo
Brecht ha intravisto la necessit per larte socialista di co
gliere sempre luomo alla vigilia della Rivoluzione, cio
luomo solo, ancora cieco, sul punto di aprirsi alla luce
rivoluzionaria per leccesso naturale dei suoi mali. Rap
presentando loperaio gi impegnato in una lotta cosciente,
inquadrato sotto la Causa e il Partito, le altre opere ci in
formano di una realt politica necessaria ma senza forza
estetica.
Ora Charlot, conforme allidea di Brecht, mostra al pub
blico la propria cecit in modo tale che il pubblico vede
insieme il cieco e il suo spettacolo; vedere qualcuno non
vedere il modo migliore per vedere intensamente ci che
egli non vede: cosi al teatro di marionette sono i bambini
die suggeriscono a Guignol quello che lui finge di non ve
dere. Per esempio, Charlot nella sua cella, vezzeggiato dai
guardiani, conduce la vita ideale del piccolo borghese ame
ricano: le gambe incrociate, si legge il suo giornale sotto il
ritratto di Lincoln, ma ladorabile sufficienza dellatteggia
mento lo scredita completamente, fa si che non sia piu pos
sibile rifugiarvisi senza notare la nuova alienazione che
contiene. Anche i minimi adescamenti sono in tal modo
vanificati, e il povero si trova continuamente tagliato fuori
dalle sue tentazioni. per questo in fondo che luomo-
Charlot trionfa di tutto: proprio perch sfugge a tutto, re
spinge ogni accomandita, e nelluomo non investe altro che
luomo solo. La sua anarchia, discutibile politicamente, in
arte rappresenta la forma forse piu efficace della rivolu
zione.
Marziani

Il mistero dei Dischi Volanti in un primo tempo stato


prettamente terrestre: si supponeva che il disco venisse
dallignoto sovietico, da quel mondo privo di chiare inten
zioni quanto un altro pianeta. E gi questa forma del mito
conteneva in germe il suo sviluppo planetario; perch se
il disco da ordigno sovietico diventato con tanta facilit
<irdigno marziano ci si deve al fatto che la mitologia oc
cidentale attribuisce al mondo comunista la stessa alterit
1li un pianeta: lUrss un mondo intermedio fra la Terra
e Marte.
Solo che, nel suo divenire, il meraviglioso ha mutato
senso, dal mito della guerra si passati a quello del giudi
zio. Marte infatti, fino a nuovo ordine, imparziale: Marte
viene sulla terra per giudicare la Terra, ma, prima di con
dannare, Marte vuole osservare, capire. La grande contesa
I Irss-Usa quindi ormai sentita come una condizione col
pevole, perch in essa il pericolo non in misura col buon
diritto; donde il ricorso mitico a uno sguardo celeste, abba
stanza potente per intimidire le due parti. Gli analisti del-
I avvenire potranno render ragione degli elementi figura
li vi di questa potenza, dei temi onirici che la compongono:
la rotondit delTordigno, la levigatezza del suo metallo,
quello stato superlativo del mondo rappresentato da una
materia senza giunture; e a contrario comprendiamo me
ri io quanto nel nostro campo percettivo partecipa del tema
del Male: gli angoli, i piani irregolari, il rumore, la discon-
tinulta delle superfici. Tutto ci gi stato .minuziosa
mente stabilito dai romanzi di fantascienza, di cui la psi
cosi marziana non fa che riprendere alla lettera le descri
zioni.
Il dato piu significativo che in tal modo Marte viene
implicitamente dotato di un determinismo storico ricalcato
34 MARZIANI

su quello della Terra. Se i dischi sono i veicoli di geografi


marziani venuti ad osservare la configurazione della Terra,
come ha detto chiaro e tondo non so quale scienziato ame
ricano, e come molti probabilmente pensano tra s, si deve
al fatto che la storia di Marte maturata con lo stesso
ritmo di quella del nostro mondo, e produce geografi nello
stesso secolo in cui abbiamo scoperto la geografia e la foto
grafia aerea. Il solo vantaggio quello del veicolo in s,
Marte venendo cosi a configurarsi come una terra sognata,
provvista di ali perfette come in tutti i sogni di idealizza
zione. E probabile che se a nostra volta sbarcassimo su
Marte quale labbiamo costruito non vi troveremmo altro
che la Terra stessa, e tra questi due prodotti di una mede
sima Storia non sapremmo risolvere qual il nostro. In
fatti perch Marte sia giunto al sapere geografico bisogna
pure che abbia avuto anche lui il suo Strabone, il suo Mi
chelet, il suo Vidal de la Blache, e, facendoci sempre piu
vicini, le stesse nazioni, le stesse guerre, gli stessi scien
ziati e gli stessi uomini che abbiamo avuto noi.
La logica esige che abbia anche le stesse religioni, e,
beninteso, in modo particolare la nostra, di noi francesi.
I Marziani, ha detto il Progrs de Lyon, hanno neces
sariamente avuto un Cristo; di conseguenza hanno anche
un papa (e daltra parte ecco aperto lo scisma): senza di
che non avrebbero potuto civilizzarsi al punto di inventare
il disco interplanetario. Perch, secondo questo giornale,
essendo in ugual grado la religione e il progresso scientifico
beni preziosi della civilizzazione, una non pu andare senza
l altro. inconcepibile - vi si scrive che esseri arrivati
a un tale livello di civilizzazione da poter giungere fino a
noi con i loro mezzi siano pagani . inevitabile che siano
deisti, riconoscano lesistenza di un dio e abbiano la loro
religione.
Cosi tutta questa psicosi fondata sul mito dellIden
tico, cio del. Doppio. Ma qui come sempre il Doppio in
vantaggio, giudice. Il confronto tra Est e Ovest non gi
piu la pura lotta del Bene e del Male, una specie di mi
schia manicheista, messa sotto gli occhi di un terzo Sguar
do; postula lesistenza di una Meta-natura a livello del
cielo, perch il Terrore appunto nel cielo: il cielo ormai,
senza metafora, il campo di apparizione della morte ato
mica. II giudice nasce nello stesso luogo in cui il boia mi
naccia.
MARZIANI 35
E questo giudice - o piuttosto questo Sorvegliante lo
abbiamo appena visto meticolosamente reinvestito della
spiritualit comune, e difterite assai poco, tutto sommato,
da una pura proiezione terrestre. Perch uno dei caratteri
costanti di ogni mitologia piccolo-borghese proprio que
sta incapacit dimmaginare lAltro. L alterit il concetto
che pi ripugna al buon senso. Ogni mito tende fatal
mente a un antropomorfismo stretto e, quel che peggio,
a quello che si potrebbe chiamare un antropomorfismo di
classe. Marte non soltanto la Trra, la Terra piccolo-
borghese, il piccolo cantone di mentalit coltivato (o espres
so) dalla grande stampa illustrata. Appena formato nel
cielo, Marte viene in tal modo allineato dalla pi forte fra
tutte le appropriazioni, quella dellidentit.
L operazione Astra

Insinuare nellOrdine lo spettacolo compiacente delle


sue schiavit diventato ormai un mezzo paradossale ma
perentorio per glorificarlo. Ecco lo schema di questa nuova
dimostrazione: prendere il valore d ordine che si intende
restaurare o sviluppare, esporre prima diffusamente le sue
meschinit, le ingiustizie che ne derivano, le angherie che
provoca, immergerlo nella sua imperfezione di natura; poi,
allultimo momento, salvarlo malgrado o piuttosto con la
pesante fatalit delle sue tare. Degli esempi? Non ne man
cano.
Prendete un esercito: scoprite senza finzioni il caporali-
smo dei suoi capi, il carattere limitato, ingiusto, della sua
disciplina, e in questa tirannia ottusa immergete un essere
medio, soggetto ad errori ma simpatico, archetipo dello
spettatore. E poi, allultimo momento, rovesciate il cap
pello magico, e traetene limmagine di un esercito trion
fante, bandiere al vento, adorabile, a cui, come la moglie
di Sganarelio, non si pu essere che fedeli, anche se bat
tuti (From bere to eternity, Tant quil y aura des hommes).
Prendete un altro esercito: affermate il fanatismo scien
tifico dei suoi tecnici, la loro cecit; mostrate tutto ci che
un rigore tanto inumano distrugge: uomini, coppie. E poi
tirate fuori la vostra bandiera, salvate l'esercito con il
progresso, legate la grandezza delluno al trionfo dellaltro
(Les Cyclons di Jules Roy). Infine la Chiesa: dite con frasi
brucianti il suo farisaismo, la limitatezza dei suoi bigotti,
avvertite che tutto questo pu essere letale, non nascon
dete nessuna delle miserie della fede. E poi, in extremis,
lasciate capire che la lettera, per ingrata che sia, una via
di salvezza per le sue vittime stesse, e giustificate il rigori
smo morale con la santit di quelli che ne sono oppressi
(Living room di Graham Greene).
L'OPERAZIONE ASTRA 37
una specie di omeopatia: si guariscono i dubbi contro
la Chiesa, contro lEsercito, con il male stesso della Chiesa
e dellEsercito. Si inocula un male contingente per preve
nire o guarire un male essenziale. Insorgere contro linu
manit dei valori dordine, si pensa, una malattia comu
ne, naturale, scusabile; non bisogna affrontarla diretta-
mente ma piuttosto esorcizzarla come un invasamento: si
fa rappresentare al malato la parte della sua malattia, lo si
porta a conoscere il volto stesso della sua ribellione, e la
ribellione sparisce tanto piu sicuramente in quanto una
volta allontanato, osservato, lordine si riduce a un insieme
manicheo e quindi fatale, che vince sui due tavoli e di con
seguenza benefico. Il male immanente della schiavit ri
scattato dal bene trascendente della religione, della patria,
della Chiesa, ecc. Un po di male confessato dispensa
dal riconoscere molto male nascosto.
Nella pubblicit si pu ritrovare uno schema romanzesco
che illustra assai bene questo nuovo vaccino. Si tratta della
pubblicit Astra. Il raccontino comincia sempre con un
grido dindignazione contro la margarina: U na crema
con la margarina? inconcepibile! Margarina? Ma tuo
zio sar furioso! E poi gli occhi si spalancano, la coscienza
si placa, la margarina un alimento delizioso, gradevole,
digeribile, econgmico, utile in ogni circostanza. Si conosce
la morale del finale: eccovi liberati da un pregiudizio che
vi costava caro! In questo stesso modo, lOrdine vi libera
dai vostri pregiudizi progressisti. L Esercito valore ideale?
inconcepibile; guardate le angherie, il caporalismo, la
cecit :sempre. possibile dei suoi capi. La Chiesa infallibile?
Ahim, c molto da dubitarne: guardate i suoi bigotti, i
suoi preti impotenti, il suo conformismo letale. E poi il
buon senso fa i suoi conti: che cosa sono i piccoli inconve
nienti dellordine a paragone dei suoi vantaggi? Vale ben
il prezzo di un vaccino. Che cosa importa, dopo tutto, che
la margarina non sia altro che grasso, se il suo rendimento
superiore a quello del burro? Che cosa importa, dopo
tutto, che lordine sia un po brutale e un po cieco, se ci
permette di vivere a buon mercato? Eccoci, anche noi, li
berati da un pregiudizio che ci costava caro, troppo caro,
t he ci costava troppi scrupoli, troppe rivolte, troppe lotte
e troppa solitudine.
Coniugali

Ci si sposa molto nella nostra buona stampa illustrata:


grandi matrimoni (il figlio del maresciallo Juin e la figlia
di un ispettore delle finanze, la figlia del duca di Castries
e il barone di Vitrolies), matrimoni d amore (Miss Euro
pa 53 e il suo amico d infanzia), matrimoni (futuri) di divi
(Marion Brando e Josiane Mariani, Raf Vallone e Michle
Morgan). Naturalmente, tutti questi matrimoni non ven
gono colti nello stesso momento, perch la loro virt mi
tologica non la stessa.
Il grande matrimonio (aristocratico o borghese) rispon
de alla funzione ancestrale ed esotica della festa nuziale:
insieme potlalch tra le due famiglie e spettacolo di que
sto potlatch agli occhi della folla che presenzia alla con
sunzione delle ricchezze. La folla necessaria; perci il
grande matrimonio viene sempre colto nella piazza pubbli
ca, davanti alla chiesa; l si brucia il denaro e se ne abba
glia lassemblea; si gettano nel calderone le uniformi e gli
abiti, lacciaio e le coccarde (della Legion d Onore), lEser
cito e il Governo, tutte le grandi funzioni del teatro bor
ghese, gli addetti militari (inteneriti), un capitano della
Legione (cieco) e la folla parigina (commossa). La forza,
la legge, lo spirito, il cuore, tutti questi valori dordine so
no fusi nello sposalizio, consumati nel potlatch, ma con
ci stesso istituiti piu solidamente di prima, prevaricando
lautamente sulla naturale ricchezza di qualsiasi unione. Un
<<grande matrimonio, non bisogna dimenticarlo, unope
razione redditizia di contabilit, consistente nel passare al
credito della natura il pesante debito dellOrdine, nellas-
sorbire nelleuforia pubblica della Coppia la triste e sel
vaggia storia degli uomini: lOrdine si nutre sullAmore;
la falsit, lo sfruttamento, lavidit, tutto il male sociale
borghese ricuperato dalla verit della coppia.
CONIUGALI 39
L unione di Sylviane Carpentier, Miss Europa 53, e del
suo amico dinfanzia, lelettricista Michel Warembourg,
permette di sviluppare unimmagine diversa, quella della
>apanna felice. Grazie al suo titolo, Sylviane avrebbe po
tuto fare la vita brillante di una diva, viaggiare, fare del
1mcma, guadagnare molto; saggia e modesta, ha rinunciato
alla effimera gloria e, fedele al suo passato, ha sposato
un elettricista di Palaiseau. I giovani sposi questa volta
ci vengono presentati nella fase post-nuziale della loro
unione, occupati a fissare le norme della loro felicit e a
installarsi nellanonimato di un modesto comfort: si mette
ni ordine il due locali con servizi, si fa colazione, si va
al cinema, a fare la spesa.
In questo caso loperazione consiste evidentemente nel
mettere al servizio del modello piccolo-borghese tutta la
gloria naturale della coppia: che questa felicit, meschina
per definizione, possa tuttavia essere scelta, ecco quanto
basta per riportare a galla i milioni di francesi che parte-
i pano di questa condizione. La piccola borghesia pu es
sere fiera dellallineamento di Sylviane Carpentier, pro
prio come un tempo la Chiesa traeva forza e prestigio da
qualche presa di velo aristocratica: il matrimonio modesto
di Miss Europa, il suo patetico ingresso, dopo tanta gloria,
nelle due stanze di Palaiseau, M. de Rance che sceglie la
frappa, o Louise de la Valfire il Carmelo: grande gloria
per la Trappa, il Carmelo e Palaiseau.
L amore-piu-forte-della-gloria rilancia la morale dello
stalli quo sociale: non prudente uscire dalia propria con
dizione, glorioso rientrarvi. E in cambio la condizione
lessa pu sviluppare i suoi vantaggi, che sono essenzial
mente quelli della fuga. La felicit, in questo universo,
la nel giocare a una specie di reclusione domestica: que-
.1innari psicologici, aggeggi, lavoretti, elettrodomestici,
passatempi, tutto il paradiso utensile di E lle o del-
1 Express, glorifica la chiusura del focolare, la sua intro
versione abitudinaria, tutto ci che lo occupa, lo fa infan-
1ile e innocente, e lo taglia fuori da una piu larga respon-
sabiLit sociale, D ue cuori e una capanna. Tuttavia, all
eile il mondo esiste. Ma lamore spiritualizza la capanna,
la capanna maschera la catapecchia: si esorcizza la mi
seria mediante la sua immagine ideale, la povert.
II matrimonio dei divi, invece, non quasi mai presen-
lato se non nel suo aspetto futuro: sviluppa il mito pres
40 CONIUGALI

soch puro della Coppia {almeno nel caso Vallone-Morgan;


per Brando gli elementi sociali sono ancora dominanti, si
vedr subito). La coniugalit perci al limite dei super
fluo, relegata senza precauzioni in un avvenire problema
tico: Marion Brando sta per sposare Josiane Mariani (ma
solo quando avr girato venti nuovi film); Michle Mor
gan e Raf Vallone formeranno forse una nuova coppia ci
vile (ma prima sar necessario che Michle divorzi). Si trat
ta in effetti di un caso dato come sicuro nella misura stessa
in cui la sua importanza marginale, soggetta a quella ge
neralissima convenzione per cui si vuole che, pubblica
mente, il matrimonio sia sempre la finalit naturale del
laccoppiamento. Importante far passare, sotto la cau
zione di un matrimonio ipotetico, la realt carnale della
coppia.
Il (futuro) matrimonio di Marion Brando, a sua volta,
tutto carico anchesso di complessi sociali : quello della
pastorella e del signore. Josiane, figlia di un m odesto
pescatore di Bandol ma completa, perch ha finito il liceo
e parla correntemente linglese (tema delle perfezioni
della ragazza da marito), ha raggiunto luomo piu tenebro
so del cinema, sorta di compromesso tra Ippolito e un
qualche sultano solitario e selvaggio. Ma questo ratto di
unumile francese da parte del mostro hollywoodiano to
tale solo nel suo movimento di ritorno: leroe incatenato
sembra riversare tutti i suoi prestigi sulla piccola citt
francese, la spiaggia, il mercato, i caff e la drogheria di
Bandol; in realt Marion che fecondato dallarchetipo
piccolo-borghese di tutte le lettrici di settimanali illustrati.
Marion - dice Une semaine du monde - Marion, in
compagnia della (futura) suocera e della (futura) sposa co
me un piccolo-borghese francese, fa una tranquilla passeg
giata prima di pranzo. La realt impone al sogno il suo
scenario e il suo statuto, trovandosi oggi chiaramente la
piccola borghesia francese in una fase di imperialismo mi
tico. A un primo stadio il prestigio di Marion di ordine
muscolare, venereo; al secondo stadio di ordine sociale:
Marion consacrato da Bandol molto piu di quanto lui
la consacri.
Dominici o il trionfo della letteratura

Tutto il processo Dominici stato dibattuto su una certa


idea della psicologia, che si d il caso sia quella della Let
teratura benpensante. Essendo le prove materiali incerte
e contraddittorie, si fatto ricorso alle prove mentali; e
dove prenderle se non nella stessa mentalit degli accusa
tori? Si sono dunque ricostruiti di fantasia ma senzom
bra di dubbio i moventi e la concatenazione delle azioni;
si fatto come quegli archeologi che vanno a raccogliere
vecchie pietre ai quattro angoli della zona di scavo, e col
loro cemento tutto moderno mettono in piedi un delicato
tabernacolo di Sesostri, oppure ricostruiscono una religio
ne morta da duemila anni attingendo ai vecchi fondi della
saggezza universale, che poi non altro che la loro perso
nale saggezza, elaborata nelle scuole della Terza Repub
blica.
Stessa cosa per la psicologia del vecchio Dominici.
I, davvero la sua? Non possiamo saperlo. Ma si pu essere
certi che la psicologia del presidente della corte o del
sostituto procuratore. Queste due mentalit, quella del
vecchio rurale alpino e quella del personale giustiziere,
hanno la stessa meccanica? Niente di meno sicuro. per
in nme di una psicologia universale che il vecchio Do
minici stato condannato: discesa dal gradevole empireo
dei romanzi borghesi e della psicologia essenzialista, la
Letteratura ha condannato un uomo al patibolo. Sentite
il sostituto procuratore: Sir Jack Drummond, come ho
detto, aveva paura. Sa per che il miglior modo di difesa
ancora quello dellattacco. Si precipita quindi su que
stuomo violento, e lo prende alla gola. Non una sola pa
rola scambiata. Ma per Gaston Dominici, il semplice fatto
che lo si voglia mettere a terra impensabile. Egli non ha
potuto, fisicamente, sopportare questa forza che improwi-
42 DOMINICI O IL TRIONFO DELLA LETTERATURA

samente gli si opponeva. E plausibile come il tempietto


di Sesostri, come la Letteratura di Genevoix. Solo che
fondare larcheologia o il romanzo su un Perch no?
non fa male a nessuno, ma la Giustizia? Periodicamente,
qualche processo, e non necessariamente fittizio come quel
lo dellEtranger, viene a ricordarvi che sempre disposta
a prestarvi un cervello di ricambio per condannarvi senza
rimorsi, e che, corneliana, vi dipinge come dovreste essere
e non come siete.
Questo accesso giudiziale nel mondo dellaccusato pos
sibile grazie a un mito intermediario, di cui lufficialit fa
sempre grande uso, sia quella delle corti di giustizia che
quella delle tribune letterarie, e che la trasparenza e Liini-
versalit del linguaggio. Il presidente della corte, che legge
il Figaro, non prova visibilmente nessuno scrupolo a
dialogare col vecchio capraio illetterato. Non hanno in
comune una stessa lingua e la piu chiara, il francese? Me
ravigliosa certezza delleducazione classica, in cui i pastori
conversano disinvoltamente con i giudici! Ma anche qui,
dietro alla morale prestigiosa (e grottesca) delle versioni
latine e delle dissertazioni in francese, la testa di un uomo
che in gioco.
La disparita dei linguaggi, la loro chiusura impenetra
bile, sono stati tuttavia sottolineati da qualche giornalista,
e Giono ne ha dato molti esempi nei suoi resoconti di
udienza. Vi si constata che non c bisogno d immaginare
delle barriere misteriose, dei malintesi alla Kafka. No, la
sintassi, il vocabolario, quasi tutti i materiali elementari,
analitici, del linguaggio, si cercano a tentoni senza incon
trarsi, ma nessuno se ne fa scrupolo: (Siete andato [fr.
all\ al ponte? Viale [alle]? non c viale, lo so, ci sono
stato). Naturalmente tutti fingono di credere che sia il
linguaggio ufficiale ad avere senso comune, quello di Do
minici solo una variet etnologica, pittoresca per la sua
indigenza. Per, questo linguaggio presidenziale altret
tanto privato, carico di clichs irreali, linguaggio di com
ponimento scolastico non di psicologia concreta (a meno
che gli uomini, ahim, non siano per la maggior parte ob
bligati ad avere la psicologia del linguaggio che viene loro
insegnato). Si tratta, molto semplicemente, di due mondi
particolari che vengono a confronto. Ma uno ha gli onori,
la legge, la forza dalla sua.
E questo linguaggio universale viene al momento giu
I>0M INICI 0 IL TRIONFO DELLA LETTERATURA 43
sto a rilanciare la psicologia dei padroni: questa gli permet
te di prendere sempre gli altri come oggetti, di descrivere e
di condannare nel medesimo tempo. una psicologia agget-
Iiva, sa soltanto fornire di attributi le proprie vittime, igno
ra tutto dellatto al di fuori della categoria colpevole in cui
lo si fa entrare di forza. Queste categorie sono quelle della
commedia classica o di un trattato di grafologia: spaccone,
collerico, egoista, astuto, incontinente, duro, luomo ai
suoi occhi esiste solo attraverso i caratteri che lo desi
gnano alla societ come oggetto di unassimilazione piu o
meno facile, come soggetto di una sottomissione pi o me
no rispettosa. Utilitaria, questa psicologia, pur mettendo
tra parentesi ogni stato di coscienza, pretende di fondare
l'atto su uninteriorit preliminare, postula 1 anima;
giudica luomo come una coscienza, senza preoccuparsi
di averlo in primo luogo descritto come un oggetto.
Ora questa psicologia, in nome della quale oggi vi pos
sono benissimo tagliare la testa, discende per via diretta
talla nostra letteratura tradizionale, che viene detta, in stile
borghese, letteratura del Documento umano. in nome
ilei documento umano che il vecchio Dominici stato con
dannato. Giustizia e letteratura hanno stretto alleanza,
hanno scambiato le loro vecchie tecniche, svelando cosi
la loro identit profonda, compromettendosi impudente
mente luna con laltra. Dietro ai giudici, in poltrone cu-
ruli, gli scrittori (Giono, Salacrou). Al pulpito dellaccusa,
un magistrato? No, un narratore straordinario, dotato
di uno spirito incontestabile e di una verve smaglian
te (secondo il sorprendente attestato concesso da L e
Monde al sostituto procuratore). La polizia stessa d le
sue prove di scrittura (Un commissario di divisione: M ai
ho visto bugiardo pi commediante, giocatore pi diffi
dente, narratore pi piacevole, volpone pi scaltro, settan
tenne pi in gamba, despota pi sicuro di s, calcolatore
pi astuto, dissimulatore pi abile... Gastn Dominici
uno stupefacente Fregoli di anime umane e di pensieri ani
mali. Non ha diversi volti il vecchio patriarca della Grand
Terre, ne ha cento!) Le antitesi, le metafore, i voli, qui
tutta la retorica classica ad accusare il vecchio pastore.
La giustizia ha preso la maschera della letteratura realista,
del racconto rurale, nel mentre che la letteratura stessa
veniva nellaula a cercare nuovi documenti um ani, a
raccogliere innocentemente sul viso dellaccusato e dei so-
44 DOMINICI O IL TRIONFO DELLA LETTERATURA

spetti il riflesso di una psicologia che per, tramite la giu


stizia, era stata lei la prima ad imporgli.
Solo che, di fronte alla letteratura del riempimento (da
ta sempre come letteratura del reale e dellum ano),
c una letteratura della lacerazione: il processo Dominici
stato anche questa letteratura. Non ci sono stati solo
scrittori affamati di realt e narratori brillanti la cui verve
smagliante travolge la testa di un uomo; qualunque sia
il grado di colpevolezza dellaccusato, c stato anche lo
spettacolo di un terrore da cui tutti siamo minacciati, quel
lo di essere giudicati da un potere che vuol solo sentire il
linguaggio che ci presta. Siamo tutti dei Dominici in po
tenza, non assassini ma accusati privati di linguaggio, o
peggio camuffati, umiliati, condannati sotto quello dei no
stri accusatori. Rubare il linguaggio a un uomo proprio in
nome del linguaggio, tutti gli assassini legali cominciano
di qui.
Iconografia dellAbb Pierre

li mito dellAbb Pierre dispone di una carta preziosa:


Li sua testa. una bella testa, che presenta chiaramente
lutti i segni dellapostolato: lo sguardo buono, il taglio
francescano, la barba missionaria, tutto ci completato dal
giubbotto del prete-operaio e dalla canna del pellegrino.
In tal modo si uniscono le cifre della leggenda e quelle del
la modernit.
Il taglio dei capelli, per esempio, semi-rasato, senza ri
cercatezza e soprattutto senza forma, mira certamente a
realizzare una capigliatura interamente astratta dallarte
c anche dalla tecnica, una specie di stadio zero del taglio;
bisogna pure farsi tagliare i capelli, ma che almeno questa
operazione necessaria non implichi alcun modo particolare
di esistenza: che sia, senza per questo essere qualcosa. Il
laglio dellAbb Pierre, concepito visibilmente per rag
giungere un equilibrio neutro tra il capello corto (condizio
ne indispensabile per non farsi notare) e il capello trascu
rato (condizione atta a manifestare il disprezzo delle altre
convenzioni), ritrova cosi larchetipo capillare della san
tit: il santo prima di tutto un essere senza contesto for
male; lidea di moda antipatica allidea di santit.
Ma dove - allinsaputa dellinteressato, c da augurar
selo - le cose si complicano, nel fatto che, in questo come
in altri casi, la neutralit finisce col funzionare come segno
della neutralit, e se si volesse realmente passare inosser
vati sarebbe tutto da ricominciare. Il taglio zero, in s,
ostenta semplicemente il francescanesimo; concepito dap
prima negativamente per non contrastare lapparenza della
santit, passa ben presto a un modo superlativo di signifi
cazione, traveste il prete da san Francesco. Donde la rigo
gliosa fortuna iconografica di questo taglio nei giornali
illustrati e nel cinema (dove allattore Reybaz sar suffi-
46 ICONOGRAFIA D E L L ABB PIERRE

dente adottarlo per confondersi assolutamente con lAbb


Pierre).
Identico circuito mitologico per la barba: non dubito
che possa essere semplicemente lattributo di un uomo
libero, staccato dalle convenzioni quotidiane di questo
mondo, a cui ripugna perdere il tempo per radersi: il fa
scino della carit pu avere ragionevolmente simili forme
di spregio; ma bisogna pur constatare che la barba eccle
siastica ha anchessa la sua piccola mitologia. Non si porta
affatto la barba a caso, tra i sacerdoti; la barba infatti
soprattutto attributo missionario o cappuccino e non pu
fare a meno di significare apostolato e povert; essa astrae
leggermente chi la porta dal clero secolare: i preti rasati si
pensano piu temporali, quelli barbuti pi evangelici: lor
ribile Frolo era rasato, il buon Pre de Foucauld barbuto;
dietro la barba, si appartiene un po meno al proprio ve
scovo, alla gerarchia, alla Chiesa politica; si sembra pi li
beri, un po franchi-tiratori, in una parola piu primitivi, si
beneficia del prestigio dei primi eremiti, si dispone della
rude franchezza dei fondatori del monacheSimo, depositari
dello spirito contro la lettera: portare la barba esplorare
con lo stesso spirito la Zone di Parigi, la Britannia o il
Nyassaland.
Evidentemente il problema non di sapere come questa
foresta di segni abbia potuto ricoprire lAbb Pierre (per
quanto sia davvero abbastanza sorprendente che gli attri
buti della bont siano quasi pezzi trasportabili, oggetti di
facile ricambio tra la realt, lAbb Pierre di M atch, e
la finzione, lAbb Pierre del film, e che in una parola lapo
stolato si presenti sin da principio tutto pronto, tutto at
trezzato per il grande viaggio delle ricostruzioni e delle leg
gende). Mi faccio solo qualche domanda sullenorme con
sumo di questi segni da parte del pubblico. Lo vedo rassi
curato dallidentit spettacolare di una morfologia e di una
vocazione; senza dubbi sulluna perch conosce laltra;
senza alcun altro accesso allesperienza stessa dellaposto
lato se non il suo armamentario, e sempre pi abituato a
sentirsi in buona coscienza solo davanti al magazzino della
santit; e mi preoccupo per una societ che consuma cosi
avidamente lostentazione della carit da dimenticare di
interrogarsi sulle sue conseguenze, le sue funzioni, i suoi
limiti. Finisco allora per domandarmi se la bella c commo-
ICONOGRAFIA D E L L ABB PIERRE 47

vcnte iconografia dellAbb Pierre non sia lalibi che an


cora una volta buona parte della nazione si concede per
sostituire impunemente i segni della carit alla realt della
giustizia.
Romanzi e bambini

Stando a E lle , che poco tempo fa raccoglieva in una


stessa fotografia settanta scrittrici, la donna di lettere co
stituisce una specie zoologica singolare: partorisce alla rin
fusa romanzi e bambini. Si annuncia, per esempio: Jacque-
line Lenoir (due figlie, un romanzo); Marina Grey (un
figlio, un romanzo)-, Nicole Dutreil (due figlie, quattro ro
manzi), ecc.
Che cosa vuol dire? Questo: scrivere un comporta
mento glorioso, ma ardito; Io scrittore un artista, gli
si riconosce un certo diritto alla bohme-, poich in gene
rale egli ha il compito, almeno nella Francia di E lle , di
dare alla societ le ragioni della sua buona coscienza, biso
gna pur pagare i suoi servigi: gli si concede tacitamente il
diritto di condurre una vita un po personale. Ma atten
zione: non credano le donne di poter approfittare di que
sto patto senza soggiacere allo statuto eterno della femmi
nilit. Le donne sono sulla terra per dare figli agli uomini;
scrivano quanto vogliono, abbelliscano la loro condizione,
ma soprattutto si guardino dalluscirne: il loro destino bi
blico non sia turbato dalla promozione che viene loro con
cessa, e paghino subito col tributo della maternit la boh
me naturalmente legata alla vita dello scrittore.
Siate dunque coraggiose, libere; atteggiatevi a uomo,
scrivete come lui; ma non allontanatevene mai; vivete sot
to il suo sguardo, compensate con i bambini i vostri ro
manzi; seguite per un po la vostra strada, ma tornate pre
sto alla vostra condizione. Un romanzo, un bambino, un
po di femminismo, un po di coniugalit, leghiamo l'av
ventura dellarte ai solidi ormeggi del focolare: luno e
laltra si avvantaggeranno molto di questo andirivieni: in
fatto di miti il reciproco aiuto si pratica sempre con frutto.
Per esempio, la Musa dar il suo sublime alle umili fun-
KOMANZI E BAMBINI 49
/ioni domestiche; e in cambio, a titolo di ringraziamento
per il buon servigio reso, il mito della natalit concede alla
Musa, a volte di reputazione un po leggera, la garanzia
della sua rispettabilit, lo sfondo toccante della nursery.
( '.osi tutto va per il meglio nel migliore dei mondi - quello
di E lle : la donna si faccia coraggio, pu benissimo ac
cedere al pari degli uomini allo statuto superiore della crea
zione. Ma luomo si rassicuri presto: non gli verr tolta la
donna per questo, n lei cesser di essere per natura una
genitrice disponibile. E lle rappresenta abilmente una
scena alla Molire; dice si da una parte e no dallaltra, si
d da fare per non scontentare nessuno; come Don Juan
tra le due contadine, E lle dice alle donne: valete quanto
gli uomini; e agli uomini: la vostra donna sar sempre sol-
lauto una donna.
In un primo tempo luomo sembra assente da questo
duplice parto; si direbbe che bambini e romanzi vengano
da soli, gli uni non meno degli altri, appartenenti esclusi
vamente alla madre; per un poco, e a forza di vedere set-
i.mta volte opere e proli nella stessa parentesi, si sarebbe
portati a crederli tutti quanti frutto d immaginazione e di
sogno, prodotti miracolosi di una partenogenesi ideale che
in una sola volta dia alla donna le gioie balzachiane della
creazione e le gioie tenere della maternit. Dov dunque
luomo in questo quadro di famiglia? In nessun luogo e
dappertutto, come un cielo, un orizzonte, unautorit che,
.1 un tempo, determini e racchiuda una condizione. Tale
il mondo di E lle : qui le donne sono sempre una specie
omogenea, un corpo costituito, geloso dei suoi privilegi e
ancor piu amante delle proprie catene; al suo interno luo
mo non c mai, la femminilit pura, libera, potente; ma
intorno luomo dappertutto, preme da tutte le parti, fa
esistere; egli leterna assenza creatrice, quella del dio
raciniano; mondo senza uomini, ma interamente costituito
dallo sguardo delluomo, luniverso femminile di E lle
in tutto e per tutto quello del gineceo.
In ogni operazione di E lle c questo duplice movi
mento: chiudete il gineceo e poi, soltanto allora, lasciatevi
libera la donna. Amate, lavorate, scrivete, siate donne d af
fari o di lettere, ma ricordatevi sempre che luomo esiste
c che non siete fatte come lui: il vostro ordine libero a
condizione che dipenda dal suo: la vostra libert un lusso,
i- possibile solo se prima riconoscete gli obblighi della vo-
50 ROMANZI E BAMBINI

stra natura. Scrivete, se volete, tutte ne saremo fiere; ma


ricordatevi anche di fare figli, perch nel vostro destino.
Morale gesuitica: venite pure a patti con la morale della
vostra condizione, ma non cedete mai sul dogma che la
fonda.
( Iiocatto] i

Che il francese adulto veda il Bambino come un altro


,c stesso, non c esempio che lo dimostri meglio del gio
catolo francese. I giocattoli piu diffusi sono essenzial
mente un microcosmo adulto; sono tutti riproduzioni in
formato ridotto di oggetti umani, come se agli occhi del
pubblico il bambino non fosse in fondo che un uomo piu
piccolo, un homunculus a cui si debbano fornire oggetti
olla sua misura.
Le forme inventate sono rarissime: solo qualche gioco
di costruzione, fondato sul genio della piccola invenzione,
propone forme dinamiche. Per il resto, il giocattolo fran
cese significa sempre qualcosa, e questo qualcosa sempre
interamente socializzato, costituito dai miti o dalle tecni-
he della vita moderna adulta: l'Esercito, la Radio, le Po-
.ic, la Medicina (astucci da medico in miniatura, sale ope
ratorie per bambole), la. Scuola, lAcconciatura d arte (ca
schi per capelli), lAviazione (paracadutisti), i Trasporti
(treni, Citrons, Vedettes, Vespe, stazioni di servizio), la
Scienza (giocattoli marziani).
Il fatto che i giocattoli francesi prefigurino letteralmen
te luniverso delle funzioni adulte pu solo, evidentemen-
ic. preparare il bambino ad accettarle tutte, costituendogli,
prima ancora che possa ragionare, lalibi di una natura che
da sempre ha creato soldati, vespe e impiegati postali.
Il giocattolo fornisce cosi il catalogo di tutto ci di cui
ladulto non si meraviglia: la guerra, la burocrazia, la sor
didezza, i Marziani, ecc. D altra parte, non tanto Iimita-
zione che segno di abdicazione quanto la sua letteralit:
1 giocattolo francese come una testa ridotta di Jivaro,
dove si titrova.no nella grandezza di una mela le rughe e i
capelli delladulto. Esistono per esempio delle bambole in
grado di orinare; hanno un esofago, si pu dar loro il bibe-
52 GIOCATTOLI

ron, bagnano le fasce, presto, certamente, il latte nel loro


ventre si trasformer in acqua. Con questo si vuol prepa
rare la bambina alia causalit domestica, condizionarla
al suo futuro ruolo di madre. Ma davanti a questo universo
di oggetti fedeli e complicati il bambino pu costituirsi
esclusivamente in funzione di proprietario, di utente, mai
di creatore; non inventa il mondo, lo utilizza: gli si prepa
rano gesti senza avventura, senza sorpresa n gioia. Si fa di
lui un piccolo padrone abitudinario che non deve neppure
inventare le molle della causalit adulta; gli vengono for
nite gi pronte: lui non deve far altro che servirsene, non
gli si d mai un percorso da fare. Il pi piccolo gioco di
costruzione, purch non sia troppo ricercato, implica un
apprendistato del mondo molto diverso: il bambino non vi
crea affatto oggetti significativi, non gli importa che abbia
no un nome adulto: non esercita un uso ma una demiurgia:
crea forme che camminano, che rotolano, crea una vita,
non una propriet; gli oggetti vi si muovono da soli, non
sono pi una materia inerte e complicata nel cavo della
mano. Ma questo piu raro: il giocattolo francese gene
ralmente un giocattolo d imitazione, vuol formare dei bam
bini utenti non dei bambini creatori.
L imborghesimento del giocattolo non si vede soltanto
dalle sue forme, tutte funzionali, ma anche dalla sua so
stanza. I giocattoli correnti sono di una materia ingrata,
prodotti di una tecnica, non di una natura. Molti, ora, so
no stampati in complicati impasti; in essi la materia pla
stica ha un aspetto al tempo stesso igienico e grossolano,
spegne il piacere, la dolcezza, lumanit del tatto. Un se
gno costernante la progressiva sparizione del legno, pur
materia ideale per la sua solidit e tenerezza, per il calore
naturale del suo contatto; sotto qualsiasi forma, il legno
elimina il taglio degli angoli troppo vivi, il freddo chimico
del metallo; quando il bambino lo maneggia e lo batte, il
legno non vibra n stride, ha un suono sordo e netto in
sieme; una sostanza familiare e poetica, che lascia il bam
bino in una continuit di contatto con lalbero, il tavolo,
rimpiantilo. Il legno non taglia, n si guasta; non si rom
pe, si consuma, pu durare a lungo, vivere col bambino,
modificare a poco a poco i rapporti fra loggetto e la mano;
se muore lo fa riducendosi, non gonfiandosi come quei gio
cattoli meccanici che spariscono sotto lernia di una molla
spezzata. Il legno fa oggetti essenziali, oggetti di sempre.
GIOCATTOLI 53
Ora non si trovano quasi pi di quei giocattoli di legno
tipici lavori dei montanari, possibili, vero, in un tempo
dartigianato. Il giocattolo ormai chimico, di sostanza e
di colore; il suo stesso materiale introduce a una cineste
sia delluso, non del piacere. D altronde simili giocattoli
muoiono molto presto, e una volta morti non hanno per il
bambino nessuna vita postuma.
Parigi non stata inondata

Malgrado i disagi o le sventure che ha potuto apportare


a migliaia di francesi, linondazione del gennaio 1955 ha
avuto della Festa piti che della catastrofe.
Prima di tutto ha spaesato certi oggetti, rinfrescato la
percezione del mondo introducendovi dei punti insoliti e
tuttavia spiegabili: si sono viste automobili ridotte al sem
plice tetto, lampioni troncati, con la sola testa ancora vagan
te a fior d acqua come un nenufaro, case tagliate come cubi
di bambini, un gatto bloccato per giorni su di un albero,
Tutti questi oggetti quotidiani sono apparsi di colpo sepa
rati dalle loro radici, privati della sostanza ragionevole per
eccellenza, la Terra. Questa rottura ha avuto il merito di
rimanere singolare senza essere magicamente minacciosa:
la coltre d acqua ha agito come un trucco riuscito ma noto,
gli uomini hanno avuto il piacere di vedere delle forme mo
dificate ma tutto sommato naturali, la loro mente ha
potuto rimanere fissata sulleffetto senza regredire nellan
goscia verso loscurit delle cause. La piena ha sconvolto
lottica quotidiana pur senza derivarla verso il fantastico;
gli oggetti sono stati parzialmente obliterati, non defor
mati: lo spettacolo stato curioso ma ragionevole.
Ogni rottura un po ampia del quotidiano introduce alla
Festa: ora la piena non solo ha scelto e spaesato certi og
getti ma ha sconvolto la stessa cinestesia del paesaggio,
lorganizzazione ancestrale degli orizzonti: le linee abituali
del catasto, le cortine di alberi, le file di case, le strade, per
fino il letto del fiume, questa stabilit angolare che prepara
cosi bene le forme della propriet, tutto stato cancellato,
disteso dallangolo al piano.: non pi vie, non piu rive, non
piu direzioni; una sostanza piana che non va da nessuna
parte e che sospende cosi il divenire delluomo, lo stacca
da una ragione, da una mensilit dei luoghi.
Il fenomeno pi conturbante senza dubbio la scompar-
PARIGI NON E STATA INONDATA 55

s;i in s del fiume: chi la causa di tutto questo scon


volgimento non pi, lacqua non ha pi corso, il suo na
stro, questa forma elementare di ogni percezione geogra
fica di cui i bambini, giustamente, sono cosi golosi, passa
dalla linea al piano, gli accidenti dello spazio non hanno
pi nessun contesto, non c e piu gerarchia fra il fiume, la
strada, i campi, i fossati, i terreni incolti; la vista panora
mica perde il suo principale potere, che quello di orga
nizzare lo spazio come una giustapposizione di funzioni,
fi proprio nel centro dei riflessi ottici che la piena porta
quindi il suo scompiglio. Ma questo scompiglio non visi
vamente minaccioso (parlo delle fotografie di stampa, sola
via di consumo veramente collettiva dellinondazione):
lappropriazione dello spazio sospesa, la percezione
stordita, ma la sensazione globale resta dolce, placida, im
mobile e morbida; Io sguardo trasportato in una dilui
zione infinita; la rottura del visivo quotidiano non del
l'ordine del tumulto: una mutazione di cui si vede solo
11carattere compiuto, e questo allontana lorrore.
A questa pacificazione della vista, coinvolta dallo stra
ripamento dei calmi fiumi in una sospensione delle funzio
ni e dei nomi della topografia terrestre, corrisponde evi
dentemente tutto un mito felice dello scivolamento: da
vanti alle fotografie dellinondazione ogni lettore si sente
.civolare per procura. Donde il grande successo delle scene
m cui si vedono barche avanzare nella strada: queste scene
m io molte, giornali e lettori se ne sono mostrati ghiotti.
I che vi si vede attuato nella realt il grande sogno mitico
v infantile del camminatore acquatico. Dopo millenni di
navigazione la barca resta ancora un oggetto sorprendente:
provoca voglie, passioni, sogni: bambini nel loro gioco o
\ inggiStori affascinati dalla crociera, tutti la vedono come
In strumento stesso di una liberazione, la soluzione sempre
mpefacente di un problema insolubile per il buon senso:
.imminare sullacqua. L inondazione rilancia il tema, gli
d i la cornice stuzzicante della strada di tutti i giorni: si va
in barca dal droghiere, il parroco entra in barca nella sua
i hicsa, una famiglia va a far provviste in canoa.
A questa sorta di scommessa si aggiunge leuforia di ri
costruire il villaggio o il quartiere, di dargli nuovi percorsi,
di usarne un po come di un luogo teatrale, di variare il
miio infantile della capanna con il difficile approccio della
i ..(-rifugio, difesa dallacqua stessa come una roccaforte
5^> PARIGI NON E STATA INONDATA

o un palazzo veneziano. Fatto paradossale, linondazione


ha prodotto un mondo pi disponibile, maneggiabile con
la sorta di diletto che il bambino trova a disporre i suoi
giocattoli a esplorarli e a goderne. Le case si sono ridotte
a cubi, le ferrovie a linee isolate, i greggi a masse traspor
tate, ed la barchetta, il giocattolo superlativo delluniver
so infantile, a essere diventata il modo possessivo di questo
spazio distribuito, spiegato, e non piu radicato.
Se si passa dai miti di sensazione ai miti di valore, linon
dazione mantiene la stessa riserva di euforia: la stampa vi
ha potuto sviluppare molto facilmente una dinamica della
solidariet e ricostruire giorno per giorno la piena come un
evento raggruppatore di uomini. Questo dipende essenzial
mente dalla natura prevedibile del male: cera per esempio
qualcosa di caldo e di attivo nel modo in cui i giornali
assegnavano in anticipo alla piena il suo giorno di punta;
la dilazione quasi scientifica impartita allesplosione del
male ha potuto raccogliere gli uomini in unelaborazio
ne razionale del rimedio: dighe, colmate, evacuazioni.
Si tratta della stessa euforia industriosa che fa ritirare un
raccolto o un bucato prima del temporale, alzare un ponte
levatoio in un romanzo d avventure, in una parola lottare
contro la natura con la sola arma del tempo.
Minacciando Parigi, la piena ha potuto anche avvilup
parsi un po nel mito quarantottardo: i parigini hanno al
zato delle barricate, hanno difeso la loro citt con laiu
to delle selci contro il fiume nemico. Questo modo di resi
stenza leggendaria ha sedotto molto, sorretto da tutta una
serie dimmagini: il muro d arresto, la trincea gloriosa, il
baluardo di sabbia che i bambini erigono sulla spiaggia ga
reggiando in velocit contro la marea. Era piu nobile del
pompaggio delle cantine da cui i giornali non hanno potuto
ricavare grande effetto, con i portieri che non capivano a
cosa servisse prosciugare dellacqua che veniva riget
tata nel fiume in piena. Meglio sviluppare limmagine di
una mobilitazione armata, il concorso delle truppe, i ca
notti pneumatici a motore, il salvataggio dei bambini,
dei vecchi e dei malati , il rientro biblico delle greggi, tut
to questo fervore di No che riempie lArca. Perch lArca
un mito felice: lumanit pu prendervi le sue distanze
nei confronti degli elementi, vi si concentra e vi elabora la
coscienza necessaria dei propri poteri, facendo scaturire
dalla stessa infelicit levidenza che il mondo malleabile.
Bichon fra i negri

Match ci ha raccontato una storia che dice molto sul


mito piccolo-borghese del Negro: una coppia di giovani
professori ha esplorato i paesi dei Cannibali per farvi della
pittura; hanno portato con s il loro piccolo di pochi mesi,
Bichon. Ci si molto estasiati sul coraggio dei genitori e
ilei bambino.
Prima di tutto non c niente di pi irritante di un eroi
smo senza scopo. in uno stato grave una societ che si
mette a sviluppare gratuitamente le forme delle proprie
virt. Se i pericoli corsi dal giovane Bichon (torrenti, bel
ve, malattie, ecc.) erano reali, era decisamente stupido im
porglieli, con il solo pretesto di andare a far del disegno
in Africa e per conquistare il dubbio vanto di aver fissato
sulla tela u n orgia di sole e di luce; ancora pi condan
nabile far passare questa stupidit per una bella audacia,
molto decorativa e toccante. chiaro come funziona qui il
coraggio: atto formale e vuoto, pi immotivato pi ispira
rispetto: si in piena civilt scoutistica, il cui codice dei
sentimenti e dei valori completamente scisso dai proble
mi concreti di solidariet o di progresso. il vecchio mito
del carattere, cio delladdestramento. Le imprese di
Bichon rientrano nella specie delle scalate spettacolari: di
mostrazioni di ordine etico, che non ricevono il loro valore
finale se non dalla pubblicit che ne vien fatta. Alle forme
socializzate dello sport collettivo corrisponde spesso nei
nostri paesi una forma superlativa dello sport-divismo; lo
sforzo fsico non vi costituisce un apprendistato delluomo
nel gruppo, ma piuttosto una morale della vanit, un eso-
lismo della resistenza, una piccola mistica dellavventura,
mostruosamente scissa da ogni preoccupazione di socialit.
Il viaggio dei genitori di Bichon in una regione del resto
situata assai vagamente, e data soprattutto come il Paese
58 BICHON FRA I NEGRI

dei Negri rossi, sorta di luogo romanzesco di cui si atte


nuano senza parere i caratteri troppo reali, ma il cui nome
leggendario propone gi una terrificante ambiguit tra il
colore della loro tintura e il sangue umano che vi verrebbe
bevuto, ci svelato col vocabolario della conquista: si parte
non armati, certo, ma con la tavolozza e il pennello in
m ano; proprio come se si trattasse di una caccia o di
una spedizione di guerra, decisa in condizioni materiali in
grate (gli eroi sono sempre poveri, la nostra societ buro
cratica non favorisce, le nobili partenze!, ma ricca del suo
coraggio - e della sua superba (o grottesca) inutilit. Per
suo conto il giovane Bichon fa la parte del Parsifal, con
trappone la sua biondezza, la sua innocenza, i suoi riccioli
e il suo sorriso al mondo infernale delle pelli nere e rosse,
ai sacrifici e alle maschere orride. Naturalmente, la dol
cezza bianca che esce vittoriosa: Bichon assoggetta i man
giatori di uomini e diventa il loro idolo (decisamente i
bianchi sono fatti per essere di). Bichon un buon piccolo
Francese, ammansisce e assoggetta i selvaggi senza colpo
ferire: a due anni, invece di andare al Bois de Boulogne,
lavora gi per la patria, proprio come suo pap, che, non
si sa bene perch, condivide la vita di un drappello di me-
haristi e d la caccia ai predoni nella macchia.
Abbiamo gi indovinato la figura del Negro che si pro
fila dietro a questo breve romanzo molto tonico: dapprima
il Negro fa paura, cannibale; e se Bichon viene giudicato
eroico perch rischia di essere mangiato. Senza limpli
cita presenza di questo rischio la storia perderebbe ogni
virt emotiva, il lettore non avrebbe paura; vengono cosi
moltiplicati i confronti in cui il bambino bianco solo,
abbandonato, ignaro e in pericolo in un cerchio di Neri po
tenzialmente minacciosi (la sola immagine pienamente ras
sicurante del Negro sar quella del boy, del barbaro addo
mesticato, che del resto va insieme con laltro luogo co
mune di tutti i buoni racconti africani: il boy ladro, che
sparisce con il bagaglio del padrone). A ogni immagine
si deve fremere per quello che sarebbe potuto accadere:
non lo si precisa mai, la narrazione oggettiva; ma in
realt poggia sulla patetica collusione della carne bianca e
della pelle nera, dellinnocenza e della crudelt, della spiri
tualit e della magia; la Bella incatena la Bestia, Daniele
si fa leccare dai leoni, la civilt dellanima assoggetta la
barbarie dellistinto. La profonda astuzia delloperazione
I1T.CHON FRA I NEGRI 59
liichon nel far vedere il mondo negro con gli occhi del
bambino bianco: tutto vi ha laspetto evidente di uno spet
tacolo di marionette. Ora, poich questa riduzione coinci
de molto esattamente con limm agine delle arti e dei co
stumi esotici che si fa il senso comune, ecco il lettore di
(Match confermato nella sua visione infantile, ulterior
mente sprofondato in quella incapacit di immaginare gli
altri che ho gi segnalato a proposito dei miti piccolo-
borghesi. In fondo il Negro non ha vita piena e autonoma:
un oggetto bizzarro: ridotto a una funzione parassita
ri;!, quella di distrarre gli uomini bianchi con il suo baroc
chismo vagamente minaccioso: lAfrica uno spettacolo
rii marionette un po pericoloso.
E ora, se si vorranno mettere di fronte a questo gene
rale tipo di rappresentazione (M atch; un milione e
mezzo di lettori circa) gli sforzi degli etnologi per demisti
ficare il fatto negro, le rigorose precauzioni che da molto
lempo ormai osservano, trovandosi costretti a maneggiare
queste nozioni ambigue di Prim itivi o di Arcaici, la
probit intellettuale di uomini come Mauss, Lvi-Strauss
o Leroi-Gourhan alle prese con vecchi termini razziali ca
muffati, si capir meglio una delle nostre principali schia
vit: lopprimente divorzio della conoscenza e della mi
tologia. La scienza va dritta e veloce per la sua strada; ma
le rappresentazioni collettive non stanno al passo, sono ar
retrate di secoli, mantenute stagnanti nellerrore dal po-
icre, dalla grande stampa e dai valori dordine.
Viviamo ancora in una mentalit pre-volteriana, ecco
quello che non bisogna stancarsi di dire. Perch al tempo
di Montesquieu o di Voltaire, se ci si meravigliava dei per
siani o degli uroni, era almeno per attribuire loro il bene
ficio dellingenuit. Voltaire oggi non scriverebbe le av
venture di Bichon come ha fatto M atch: immaginereb
be piuttosto qualche Bichon cannibale (o coreano) alle pre
se con la m arionetta napalmizzata dellOccidente.
Un operaio simpatico

Il film di Kazan fronte del porto un buon esempio di


mistificazione. Si tratta, come i lettori certamente sanno,
di un bel portuale indolente e leggermente bruto (Marion
Brando), la cui coscienza si risveglia gradatamente grazie
allAmore e alla Chiesa (data sotto forma di un parroco
dassalto, di stile spellmaniano). Poich questo risveglio
coincide con leliminazione di un sindacato fraudolento e
abusivo e sembra indurre i portuali a far resistenza ad al
cuni dei loro sfruttatori, c chi si domandato se non si
avesse a che fare con un film coraggioso, un film di sini
stra, destinato a rivelare al pubblico americano il pro
blema operaio.
In effetti si tratta ancora una volta di quel vaccino della
verit di cui ho gi indicato il meccanismo prettamente
moderno a proposito di altri film americani: si trasferisce
su un piccolo gruppo di gangsters la funzione di sfrutta
mento del grande padronato, e mediante questo piccolo
male confessato, localizzato come una leggera e sgradevole
pustola, si distoglie lattenzione dal male reale, si evita di
nominarlo, Io si esorcizza.
Basta per descrivere obbiettivamente i ruoli del film
di Kazan per stabilire in maniera irrefutabile il suo potere
mistificatore: il proletariato costituito da un gruppo di
esseri fiacchi, piegati sotto un giogo di cui si rendono ben
conto senza avere tuttavia il coraggio di scuoterlo; lo Stato
(capitalista) si confonde con la Giustizia assoluta, il solo
possibile ricorso contro il crimine e lo sfruttamento: lope
raio, se giunge fino allo Stato, fino alla sua polizia e alle
sue commissioni d inchiesta, salvo. Quanto alla Chiesa,
sotto le apparenze di un modernismo gigione essa soltan
to una potenza mediatrice tra la miseria costitutiva del
loperaio e il potere paterno dello Stato-padrone. D altra
UN OPERAIO SIM PATICO 6l
parte, alla fine, tutto questo leggero prurito di giustizia e
di coscienza si calma molto rapidamente, si risolve nella
grande stabilit di un ordine benefico dove gli operai lavo
rano, i padroni stanno a braccia conserte, e i preti benedi
cono gli uni e gli altri nelle loro giuste funzioni.
Del resto il finale stesso a tradire il film, nel momento
in cui molti hanno creduto che Kazan sancisse con astuzia
il suo progressismo: nellultima sequenza si vede Brando,
con sforzo sovrumano, arrivare a presentarsi da buon ope
raio coscienzioso davanti al padrone che laspetta. Ora que
sto padrone messo visibilmente in caricatura. stato det
to: guardate come Kazan sa perfidamente mettere in ridi
colo i capitalisti.
Ma qui veramente il caso di applicare il metodo di de
mistificazione proposto da Brecht, e di esaminare le conse
guenze delladesione che siamo portati a dare, dallinizio
del film, al personaggio principale. evidente che Brando
per noi un eroe positivo, che malgrado i difetti si con
quista tutta la folla, secondo quel fenomeno di partecipa
zione al di fuori del quale, generalmente, non si vuol vede
te possibilit di spettacolo. Quando questo eroe, ancora
pi grande per aver ritrovato la coscienza e il coraggio,
ferito, alio stremo delle forze e tuttavia tenace, si dirige
verso il padrone che gli ridar il lavoro, la nostra comu
nione non conosce pi limiti, ci identifichiamo totalmente
e senza riflettere con questo, nuovo Cristo, partecipiamo
incondizionatamente al.suo calvario. Ora la dolorosa assun
zione di Brando porta in realt al riconoscimento passivo
del padronato eterno: quello che ci viene orchestrato
proprio, nonostante tutte le caricature, il rientro nellor
dine-, con Brando, con i portuali, con tutti gli operai d Ame
rica, finiamo per rimetterci, con un sentimento di vittoria
c di sollievo, tra le mani di un padronato di cui non serve
piu rappresentare laspetto tarato: da molto tempo siamo
presi, invischiati, in una comunione di destini con questo
portuale che non ritrova il senso della giustizia se non per
lame omaggio e dono al capitale americano.
E chiaro, proprio la natura partecipatrice di questa scena
ne fa obbiettivamente un episodio di mistificazione. Adde
strati sin dallinizio ad amare Brando, non ci pi possi
bile in nessuna occasione criticarlo, prendere almeno co
scienza della sua idiozia. Si sa che appunto contro il peri-
solo di simili meccanismi che Brecht ha proposto il suo
62 UN OPERAIO SIM PATICO

metodo di straniamente del ruolo. Brecht avrebbe chiesto


a Brando di dimostrare la sua ingenuit, di farci capire che,
nonostante, tutta la simpatia che possiamo avere per le sue
avventure, ancora piu importante vederne le cause e i
rimedi. Si pu riassumere lerrore di Kazan dicendo che,
ancora piu del capitalista, era importante dare a giudicare
Brando stesso. C infatti da aspettarsi molto di piu dalla
rivolta delle vittime che dalla caricatura dei loro carnefici.
II viso della Garbo

La Garbo appartiene ancora a quel momento del cinema


in cui la sola cattura del viso umano provocava nelle folle
il massimo turbamento, in cui ci si perdeva letteralmente
in unimmagine umana come in un filtro, in cui il viso co
stituiva una specie di stato assoluto della carne che non si
poteva raggiungere n abbandonare. Alcuni anni prima,
il viso di-Rodolfo Valentino provocava dei suicidi; quello
della Garbo partecipa ancora del medesimo regno di amore
cortese in cui la carne sviluppa mistici sentimenti di per
dizione.
E senza dubbio un mirabile viso-oggetto; nella Regina
Cristina, che recentemente abbiamo rivisto a Parigi, il ce
rone ha lo spessore nevoso di una maschera; non un
viso dipinto, un viso intonacato, difeso dalla superficie
del colore e non dalle sue linee; in tutta questa neve, fra
gile e insieme compatta, solo gli occhi, neri come una polpa
bizzarra, ma-nientaffatto espressivi, sono due lividure un
po tremanti, Anche nellestrema bellezza, questo viso non
disegnato ma scolpito in una materia liscia e friabile, cio
perfetto ed effimero a un tempo, raggiunge la faccia infari
nata di Charlot, i suoi occhi di triste vegetale, il suo viso
di totem.
Ora la tentazione della maschera totale (la maschera an
tica, per esempio) implica forse meno il tema del segreto
(come il caso delle mascherine italiane) che non quello di
un archetipo del viso umano. La Garbo offriva una specie
di idea platonica della creatura, e ci appunto spiega come
il suo viso sia quasi asessuato, senza per questo essere equi
voco. vero che il film (la regina Cristina di volta in vol
ta donna e giovane cavaliere) favorisce questa indistinzio
ne; ma la Garbo non si impegna in nessun esercizio di tra
vestimento; sempre se stessa, sotto la corona o sotto i
64 IL VISO DELLA GARBO

grandi feltri abbassati porta senza finzione Io stesso viso


di neve e di solitudine. Il suo appellativo di Divina mirava
indubbiamente a rendere, piu che uno stato superlativo
della bellezza, lessenza della sua persona corporea, scesa
da un cielo dove le cose sono formate e finite nella mas
sima chiarezza. Lei stessa Io sapeva: quante attrici hanno
accettato di lasciar vedere alla folla linquietante maturare
della loro bellezza. Lei no: bisognava che lessenza non
si degradasse, che il suo viso non venisse mai ad avere una
realt diversa da quella della sua perfezione intellettuale
piu ancora che plastica. L Essenza si a poco a poco oscu
rata, progressivamente velata di occhiali, di grandi cappelli
e di esili; ma non si mai alterata.
Tuttavia, in questo viso deificato, si disegna qualcosa di
pi pungente di una maschera: una specie di rapporto vo
lontario e perci umano tra la curva delle narici e larco
delle sopracciglia, una funzione rara, individuale, fra due
zone del volto; la maschera solo una somma di linee, il
viso, invece, soprattutto richiamo tematico delle une alle
altre. Il viso della Garbo rappresenta quel momento fra
gile in cui il cinema sta per estrarre una bellezza esisten
ziale da una bellezza essenziale, larchetipo sta per inflet
tersi verso il fascino dei visi corruttibili, la chiarezza delle
essenze carnali sta per far posto a una lirica della donna.
Come momento di transizione, il viso della Garbo conci
lia due et iconografiche, assicura il passaggio dallo spaven
to al fascino. Oggi, noto, siamo allaltro polo di questa
evoluzione: il viso di Audrey Hepburn, per esempio, in
dividualizzato non solo dalla sua tematica particolare (don
na-bambina, donna-gatta) ma anche dalla sua persona, da
una specificazione quasi unica del viso, che non ha pi nul
la di essenziale ma costituito da una complessit infinita
delle funzioni morfologiche. Come linguaggio, la singola
rit della Garbo era di ordine concettuale, quella di Audrey
Hepburn di ordine sostanziale. 11 viso della Garbo Idea,
quello della Hepburn Evento.
Potenza e disinvoltura

Nei film della Serie Nera si arrivati oggi a un buon


gestuario della disinvoltura: bambole dalla morbida bocca
intente a formare anelli di fumo sotto lassalto degli uomi
ni; olimpici schiocchi di dita per dare il segnale netto e par
simonioso di una raffica; calmo sferruzzare della moglie
del capo nel pieno delle situazioni pi scottanti. Grisbi
aveva gi istituzionalizzato questo gestuario del distacco
dandogli la cauzione di una quotidianit molto francese.
Il mondo dei gangsters prima di tutto un mondo del
sangue freddo. Fatti che la filosofia comune giudica ancora
degni di considerazione, come la morte di un uomo, sono
ridotti a unassonometria, presentati nel volume di un ato
mo di gesto: un granello nel calmo spostamento delle linee,
due dita schioccate, e allaltro estremo del campo percettivo
un uomo cade nella stessa convenzione di movimento. Que
sto universo della litote, costruito sempre come una conge
lata derisione del melodramma, anche, si sa, lultimo uni
verso del favoloso. L esiguit del gesto decisivo ha tutta
una tradizione mitologica, a cominciare dal numen degli
antichi di, facenti oscillare con un cenno del capo il desti
no degli uomini, fino al colpo di bacchetta della fata o del
prestigiatore. L arma da fuoco aveva indubbiamente di
stanziato la morte, ma in modo cosi visibilmente razionale
che stato necessario raffinare il gesto per manifestare di
nuovo la presenza del destino; ecco che cos appunto la
disinvoltura dei nostri gangsters; il residuo di un movi
mento tragico che arriva a fondere il gesto e latto nel vo
lume pi esiguo.
Insister ancora sulla precisione semantica di questo
mondo, sulla struttura intellettuale (e non soltanto emo
tiva) dello spettacolo. L estrazione brusca della colt fuori
della giacca in una impeccabile parabola non significa af
66 POTENZA E DISINVOLTURA

fatto la morte, perch luso indica da tempo che si tratta


di una semplice minaccia il cui effetto pu essere miraco
losamente rovesciato: lemergere del revolver non ha qui
un valore tragico ma solo conoscitivo; significa l apparizio
ne di una nuova peripezia, il gesto argomentativo non
propriamente terrificante; corrisponde a una certa infles
sione del ragionamento in una commedia di Marivaux: la
situazione rovesciata, ci che era stato oggetto di con
quista perduto dun colpo; il balletto dei revolver rende
il tempo pi labile, disponendo nellitinerario del racconto
di ritorni a zero, di salti regressivi analoghi a quelli del
gioco dellOca. La coli linguaggio, la sua funzione
quella di mantenere una pressione della vita, eludere la
chiusura del tempo; logos, non praxis.
Il gesto disinvolto del gangster al contrario ha tutto il
potere concertato di un arresto; senza slancio, rapido nella
ricerca infallibile del suo punto terminale, rompe il tempo
e sconvolge la retorica. Ogni disinvoltura afferma che solo
il silenzio efficace: lavorare a maglia, alzaie il dito, que
ste operazioni impongono lidea che la vera vita nel silen
zio e che latto ha diritto di vita o di morte sul tempo. Lo
spettatore ha cosi lillusione di un mondo sicuro, che non
si modifica se non sotto la pressione degli atti, mai sotto
quella delle parole; se il gangster parla per immagini, il
linguaggio per lui solo poesia, la parola non ha in lui nes
suna funzione demiurgica: parlare il suo modo di essere
in ozio e di rilevarlo. C un universo essenziale che
quello dei gesti ben oliati, fermati sempre a un punto pre
ciso e previsto, quasi somma della pura efficacia: e poi, in
piu, ci sono alcuni festoni di argot, lusso inutile (e perci
aristocratico) di uneconomia in cui solo valore di scambio
il gesto.
Ma questo gesto, per significare che si fonde con latto,
deve eliminare ogni enfasi, assottigliarsi fino alla soglia
percettiva della sua esistenza; deve appena avere lo spes
sore di un legame tra la causa e leffetto: la disinvoltura
qui il segno pi malizioso dellefficacia; ciascuno vi ritrova
lidealit di un mondo reso alla merc dal puro gestuario
umano, che non potrebbe pi essere frenato dagli intralci
del linguaggio: i gangsters e gli di non parlano, muovono
la testa, e tutto si compie.
Il vino e il latte \

Il vino sentito dalla nazione francese come un bene che


le proprio, allo stesso titolo delle sue trecentosessanta
specie di formaggi e della sua cultura. una bevanda-to
tem, pari al latte della mucca olandese o al t cerimonial
mente sorbito dalla famiglia reale inglese. Bachelard ha gi
dato la psicanalisi sostanziale di questo liquido alla fine del
suo saggio sulle fantasticherie della volont, dimostrando
che il vino il succo di sole e di terra, che il suo stato base
non lumido bens lasciutto, e che per questa ragione la
sostanza mitica che gli piu contraria lacqua.
A dire il vero, come ogni totem vitale, il vino sorregge
una mitologia svariata che non si preoccupa delle contrad
dizioni. Questa sostanza galvanica sempre considerata,
per esempio, come il dissetante piu efficace, o, almeno, la
sete funge da primo alibi alla sua consumazione (che se
te), Nella sua forma rossa, come vecchissima ipostasi ha
il sangue, il liquido denso e vitale. che in effetti poco im
porta la sua forma umorale; prima di tutto una sostanza
di conversione, capace di rovesciare situazioni e condizioni,
di estrarre dagli oggetti il loro contrario; di fare, per esem
pio, di un debole un forte, di un silenzioso un chiacchie
rone; donde la sua vecchia eredit alchimica, il suo potere
filosofale di trasmutazione o di creazione ex nihilo.
Dato che per essenza una funzione i cui termini pos
sono cambiare, il vino detiene poteri in apparenza plastici:
pu servire da alibi tanto al sogno quanto alla realt, di
pende dagli utenti del mito. Per il lavoratore, il vino sar
qualificazione, facilit demiurgica del compito (animo
allopera). Per lintellettuale, avr la funzione inversa: il
bicchiere di bianco o il beaujolais dello scrittore servi
ranno a tagliarlo dal mondo troppo naturale dei coktails e
delle bevande costose (le sole che lo snobismo spinga ad
68 IL VINO E IL LA TTE

offrirgli); il vino lo liberer dai miti, gli toglier parte della


sua intellettualit, Io uguaglier al proletario; tramite il
vino lintellettuale si avvicina a una virilit naturale, e in
tal modo crede sottrarsi alla maledizione che un secolo e
mezzo di romanticismo continua a far pesare sulla pura
cerebralit (si sa che uno dei miti propri dellintellettuale
moderno lossessione di essere in gamba).
Ma particolare alla Francia il fatto che il potere di
conversione del vino non mai dato apertamente come
fine: altri paesi bevono per ubriacarsi, e tutti lo dicono;
in Francia, lubriachezza una conseguenza, mai un fine;
la bevanda sentita come il dispiegamento di un piacere,
non come la causa necessaria di un effetto voluto: il vino
non. soltanto un filtro, anche atto durevole del bere: il
gesto assume un valore decorativo, e il potere del vino non
mai separato dai suoi modi di esistenza (contrariamente
al whisky, per esempio, bevuto perch d lubriacatura
pi piacevole, con i postumi meno penosi, che si tran
gugia un bicchiere dietro laltro, per cui il berne si riduce
a un atto-causa).
Tutto ci noto, detto mille volte nel folklore, nei pro
verbi, nelle conversazioni e nella letteratura. Ma questa
stessa universalit comporta un conformismo: credere al
vino un atto collettivo vincolante; il francese che soltan
to volesse scostarsi dal mito si esporrebbe a piccoli ma pre
cisi problemi di integrazione, il primo dei quali sarebbe,
quello di doversi spiegare. Il principio di universalit qui
gioca in pieno, nel senso che la societ denomina malato,
infermo, o vizioso, chiunque non crede al vino: essa non lo
comprende (nei due sensi, intellettuale e spaziale, della
parola). Allpposto, a chi ha dimestichezza col vino viene
conferito un diploma di buona integrazione : saper bere
una tecnica nazionale che serve a qualificare il francese, a
provare la sua capacit di resistenza, il suo controllo, la sua
socievolezza. Il vino fonda in tal modo una morale collet
tiva, allinterno della quale tutto riscattato: gli eccessi,
le disgrazie, i delitti sono certo possibili col vino, ma non
assolutamente la cattiveria, la perfidia, o la disonest: il
male che esso pu generare di ordine fatale, sfugge per
ci alla penalit, un male di teatro, non di temperamento.
Il vino socializzato perch fonda non solo una morale
ma anche uno scenario; orna i cerimoniali piu minuti della
vita quotidiana francese, dallo spuntino (il quarto di ros-
IL VINO E IL LATTE 69
so e il camembert) al festino, dalla conversazione d oste
ria al discorso di banchetto. Esalta i climi quali che siano,
nel freddo si associa a tutti i miti del calore e nella cani
cola a tutte le immgini dellombra, del fresco e del friz
zante. Non c stato di fisica costrizione (febbre, fame,
noia, schiavit, smarrimento) che non porti a sognare il
vino. Combinato come sostanza di base con altre figure ali
mentari, pu ricoprire tutti gli spazi e tutti i tempi del
francese. Appena si tocca un certo aspetto della vita quoti
diana lassenza del vino colpisce come un esotismo: quan
do Coty, allinizio della sua attivit settennale, si lasci
fotografare davanti a u n apparecchiatura intima dove la
bottiglia Dumesnil sembrava sostituire imprevedibilmente
il litro di rosso, la nazione intera fu sconvolta; era altret
tanto intollerabile quanto un re scapolo. Il vino qui fa
parte della ragion di Stato.
Bachelard aveva indubbiamente ragione a porre lacqua
come contrario del vino: miticamente, cosi; sociologica
mente, almeno oggi, non altrettanto; circostanze economi
che o storiche hanno devoluto questa funzione al latte.
Questo ora il vero e proprio anti-vino: e non solo in ra
gione delle iniziative di Mends-France (di andamento vo
lutamente mitologico: latte bevuto alla tribuna come lo
spimelo di Braccio-di-ferro), ma anche perch nella grande
morfologia delle sostanze il latte si contrappone al fuoco
per tutta la sua densit molecolare, per la natura cremosa,
e dunque sopitiva, della sua superficie; il vino mutilante,
chirurgico, trasmuta e partorisce; il latte cosmetico, con
nette, ricopre, restaura. Di pi, la sua purezza, associata
allinnocenza infantile, un pegno di forza, di una forza
non revulsiva o congestiva, bens calma, bianca, lucida,
in tutto uguale al reale. Alcuni film americani, in cui leroe,
duro e puro, non arretrava davanti a un bicchiere di latte
prima di estrarre la colt giustiziera, hanno preparato la
formazione di questo nuovo mito parsifalico: ancora oggi,
a Parigi, in ambienti di duri o di guappi si beve qualche
volta uno strano latte-granatina, importato dallAmerica.
Il latte resta per uno sostanza esotica; nazionale il vino.
La mitologia del vino pu d altra parte farci capire lam
biguit abituale della nostra vita quotidiana. Perch vero
che il vino una bella e buona sostanza, ma non meno
vero che la sua produzione parte massiccia del capitali
smo francese, sia esso quello dei distillatori in proprio o
70 IL VINO E IL LATTE

quello dei grossi colonialisti algerini che impongono al mu


sulmano, sulla terra stessa di cui lo si spossessato, una
coltura che non lo riguarda, quando gli manca il pane. Cosi
ci sono miti assai amabili che tuttavia non sono innocenti.
Ed proprio della nostra alienazione presente il fatto che
il vino non possa essere una sostanza del tutto felice, salvo
si dimentichi indebitamente che anche il prodotto di una
espropriazione.
La bistecca e le patate fritte

La bistecca partecipa delia stessa mitologia sanguigna


del vino. il cuore della carne, la carne allo stato puro, e
chiunque se ne cibi assimila forza taurina. Con tutta evi
denza il prestigio della bistecca connesso con la sua quasi-
crudit: il sangue ben visibile, naturale, denso, compatto
e insieme secabile; facile immaginare lantica ambrosia
nella specie, di questa pesante materia che si riduce sotto
i denti in modo da far sentire, a un tempo, la sua forza
dorigine e la sua plasticit a trasfondersi nel sangue stesso
delluomo. II sanguigno la ragion dessere della bistecca:
i gradi della sua cottura sono espressi non in unit di ca
lore, ma in immagini di sangue; in Francia la bistecca al
sangue (e allora ricorda il fiotto arteriale deHanimale sgoz
zato), o blu {e il sangue pesante, il sangue pletorico delle
vene qui suggerito dal violetto, stato superlativo del ros
so). La cottura, anche moderata, non pu esprimersi fran
camente; per questo stato contro natura ci vuole un eufe
mismo: si dice che la bistecca a punto, il che in verit
presentato pi come un limite che come una perfezione.
Mangiare la bistecca al sangue rappresenta quindi una
natura e insieme una morale. Tutti i temperamenti sono
tenuti a trovarvi il loro rendiconto, i sanguigni per iden
tit, i nervosi e i linfatici per complemento. E alio stesso
modo in cui il vino diventa per tanti intellettuali una so
stanza medianica che li avvicina alla forza originaria della
natura, la bistecca per essi un alimento di riscatto grazie
al quale prosaicizzano la propria cerebralit e scongiurano,
mediante il sangue e la morbida polpa, la sterile aridit di
cui li si accusa continuamente. La moda della bistecca alla
tartara, ad esempio, un'operazione di esorcismo contro
lassociazione romantica della sensibilit e della cagione
volezza; in questo piatto si hanno tutti gli stati germinanti
72 LA BIST EC C A E L E PATATE FR IT TE

della materia: limpasto sanguigno e la mucosit delluo


vo, tutto un concerto di sostanze molli e vive, una srta
di compendio significativo delle immagini della prenata
lit.
Come il vino, la bistecca , in Francia, elemento base,
nazionalizzato ancor piu che socializzato; figura in tutti
gli scenari della vita alimentare: bassa, orlata di giallo, una
specie di suola, nei ristoranti economici; alta, succosa, nel
le trattorie specializzate; cubica, tutta umida allinterno
sotto una leggera crosta carbonizzata, nella cucina di aita
classe; si adegua a tutti i ritmi, al confortevole pasto bor
ghese e al pasto affrettato dello scapolo; il nutrimento
pratico e insieme sostanzioso, realizza il miglior rapporto
possibile tra leconomia e lefficacia, la mitologia e la pla
sticit della sua consumazione.
Di piu, un bene francese (oggi circoscritto, vero, dal
linvasione degli steaks americani). Come per il vino, non
c costrizione alimentare che non faccia sognare bistecche
a un francese. Appena allestero, se ne manifesta la nostal
gia, la bistecca si trova dotata di una virt supplementare
di eleganza, poich nella complicazione apparente delle
cucine esotiche la bistecca un nutrimento che unisce, si
pensa, la succulenza alla semplicit. Nazionale, segue la
curva dei valori patriottici: li rianima in tempo di guerra,
la carne di cui fatto il combattente francese, il bene
inalienabile che solo per tradimento pu passare al nemi
co. In un vecchio film (Deuxime bureau cantre Komman
dantur), la domestica di un parroco patriota d da mangia
re alla spia tedesca travestita da clandestino francese: A h,
lei Laurent! Le dar un po della mia bistecca. E poi,
quando la spia smascherata : E io che gli ho dato la mia
bistecca! Abuso supremo di fiducia.
Comunemente associata alle patate fritte, la bistecca tra
smette loro il suo prestigio nazionale: la patata fritta no
stalgica e patriottica come la bistecca. M atch ci ha fatto
sapere che dopo larmistizio indocinese, il generale de
Castries per suo primo pasto ha chiesto patate fritte. E
il presidente degli ex combattenti d Indocina, commentan
do piu tardi questa informazione, aggiungeva: Non sem
pre si capito il gesto del generale de Castries clic ha chie
sto patate fritte per suo primo pasto. Quello che ci si
chiedeva di capire che lappello del Generale non era cer
to un volgare riflesso materialistico, ma un episodio rituale
LA BIST EC C A E L E PATATE FR IT TE 73
di appropriazione, delletnia francese ritrovata. Il Generale,
conosceva bene la nostra simbolica nazionale, sapeva che
la patata fritta il segno alimentare della franata .
Nautilus e Bateau ivre

L opera di Tules Verne (del quale si celebrato recen


temente il cinquantenario) sarebbe un buon soggetto per
una critica di struttura; unopera a temi, Verne ha co
struito una sorta di cosmogonia chiusa in se stessa, che ha
le sue categorie proprie, il suo tempo, il suo spazio, la sua
pienezza, e periino il suo principio esistenziale.
Tale principio mi sembra sia il gesto continuo della re
clusione. L immaginazione del viaggio corrisponde in Ver
ne a una esplorazione della chiusura, e laccordo di Verne
e dellinfanzia non deriva da una mistica banale dellavven-
tura, ma al contrario da una felicit comune del finito, che
si ritrova nella passione infantile per le capanne e le ten
de: chiudersi e installarsi, tale il sogno esistenziale del
linfanzia di Verne. L archetipo di questo sogno il ro
manzo quasi perfetto L isola misteriosa, in cui luomo-
bambino reinventa il mondo, lo riempie, Io isola, vi si chiu
de, e corona questo sforzo, enciclopedico con latteggia
mento borghese dellappropriazione: pantofole, pipa, e
angolo del fuoco, mentre fuori la tempesta, cio linfinito,
infuria vanamente.
Verne stato un maniaco della pienezza: senza tregua
si dava a circoscrivere il mondo e ad arredarlo, a riempirlo
come un uovo; il suo movimento esattamente quello di
un enciclopedista del Settecento o d un pittore olandese:
il mondo finito, il mondo pieno di materiali numerabili
e contigui. L artista non pu avere altro compito che fare
cataloghi, inventari, scovare angoli vuoti, per farvi appa
rire in file serrate le creazioni e gli strumenti umani. Verne
appartiene alla stirpe progressista della borghesia: la sua
opera sta a mostrare che niente pu sfuggire alluomo, che
il mondo, anche il pi lontano, come un oggetto nella sua
mano, e che la propriet, tutto sommato, solo un momen
N A U T IL U S E B A T E A U IV R E 75
to dialettico dellassoggettamento generale della Natura.
Verne non cercava affatto di ingrandire il mondo secondo
vie romantiche di evasione o mistici piani d infinito: senza
tregua cercava di contrarlo, popolarlo, ridurlo a spazio no
to e chiuso in cui luomo potesse poi abitare confortevol
mente: il mondo pu ricavare tutto da se stesso, non ha
bisogno, per esistere, di nessun altro che luomo.
Oltre alle innumerevoli risorse della scienza, Verne ha
inventato un eccellente mezzo romanzesco per rendere
lampante questa appropriazione del mondo: impegnare lo
spazio col tempo, congiungere incessantemente queste due
categorie, rischiarle su uno stesso colpo di dadi o su uno
stesso colpo di testa, sempre riusciti. Le peripezie stesse
hanno il compito di imprimere al mondo una sorta di stato
elastico, di allontanare e poi riavvicinare la chiusura, di
giocare allegramente con le distanze cosmiche e di provare
in modo astuto il potere delluomo sugli spazi e gli orari.
E su questo pianeta, trionfalmente divorato dalleroe ver-
niano, sorta di Anteo borghese le cui notti sono innocenti
e riparatrici, spesso vaga qualche desperado, preda del
rimorso e della malinconia, vestigio di unet romantica
sorpassata, che fa risaltare per contrasto la salute dei veri
padroni del mondo, preoccupati esclusivamente di adattar
si nel modo migliore a situazioni la cui complessit, per
nulla metafisica e neppure morale, dipende semplicemente
da qualche capriccio piccante della geografia.
Il gesto profondo di Jules Verne dunque, incontestabil
mente, lappropriazione. L immagine dellimbarcazione, co
si importante nella mitologia di Verne, non la contraddice
affatto, anzi: limbarcazione pu essere certo il simbolo
della partenza; , piu profondamente, cifra della chiusura.
Il gusto della nave sempre gioia di chiudersi perfetta
mente, di tenere sotto mano il massimo numero di oggetti,
di disporre di uno spazio assolutamente finito: amare le
navi , prima di tutto, amare una casa superlativa, perch
itrimediabilmente chiusa, e per nulla le grandi partenze
ter lignoto: la nave un fatto d abitazione prima di essere
un mezzo di trasporto. Ora tutte le imbarcazioni di Jules
Verne sono veramente angoli di focolare perfetti, e
l'enormit del loro periplo aggiunge alla felicit della loro
chiusura, alla perfezione della loro umanit interna. Il
Nautilus sotto questo aspetto la caverna adorabile: la
soddisfazione della reclusione raggiunge il suo parossismo
7*5 N A U T IL U S E B A T E A U IV R E

quando, dal seno di questa interiorit senza fessure, pos


sibile vedere attraverso un grande vetro lesterno infinito
delle acque, e in tal modo con uno stesso gesto definire
linterno mediante il suo contrario.
Sotto questo aspetto la maggior parte delle imbarcazioni
leggendarie o fantastiche sono, come il Nautilus, tema di
una reclusione accarezzata, poich basta dare la nave come
abitazione delluomo perch luomo vi organizzi subito il
godimento di un universo tondo e liscio, di cui d altra par
te tutta una morale nautica fa di lui il dio, e insieme il
signore e padrone (solo padrone a bordo, ecc.}. In questa
mitologia della navigazione c un solo mezzo per esorciz
zare la natura possessiva delluomo, quello di sopprimere
l'uomo e lasciare sola la nave; allora la nave non pi sca
tola, abitazione, oggetto posseduto; diventa occhio viag
giante, sfiora linfinito; provoca senza tregua partenze.
L oggetto realmente contrario al Nautilus di Verne il
Bateau ivre di Rimbaud, limbarcazione che dice io e,
liberata dalla propria concavit, pu far passare luomo da
una psicanalisi della caverna a una vera poetica dellesplo
razione.
Pubblicit del profondo

Ho gi rilevato che oggi la pubblicit dei detersivi favo


risce essenzialmente unidea della profondit; lo sporco
non piu strappato dalla superficie, bens espulso dai nidi
pi segreti. Tutta la pubblicit dei prodotti di bellezza
anchessa fondata su una sorta di rappresentazione epica
dellintimo. Le brevi indicazioni scientifiche destinate a
introdurre pubblicitariamente il prodotto gli prescrivono
di pulire in profondit, eliminare in profondit, nutrire in
profondit, insomma di infiltrarsi a qualunque costo. Para
dossalmente, nella misura in cui la pelle prima di tutto
superficie, ma superficie vivente, quindi mortale, soggetta
a inaridire e invecchiare, essa si impone agevolmente come
tributaria di radici profonde, di quelle che alcuni prodotti
chiamano lo strato basico di rinnovamento. La medicina
permette daltra parte di dare alla bellezza uno spazio pro
fondo (derma e epidemia) e di persuadere le donne che
esse sono il prodotto di una sorta di circuito germinativo
in cui la bellezza delle efflorescenze dipende dal nutrimento
delle radici.
L idea di profondit perci generale, non manca in
nessun testo pubblicitario. Sulle sostanze che si devono
infiltrare e convertire allinterno di questa profondit, vuo
to totale; ci si limita a indicare che si tratta di principi
(vivificanti, stimolanti, nutritivi) o di succhi (vitali, revita
lizzanti, rigeneranti), tutto un vocabolario molieresco, ap
pena complicato da una punta di scientismo (lagente bat
tericida R p i). No, il vero dramma di tutta questa piccola
psicanalisi pubblicitaria il conflitto di due sostanze nemi
che che si disputano sottilmente linstradamento dei su c
chi e dei principi verso il campo della profondit. Que
ste due sostanze sono lacqua e il grasso.
Ambedue sono moralmente ambigue; lacqua benefica,
7 PU BB LIC IT DEL PROFONDO

giacch tutti possono vedere che la pelle vecchia secca e


le pelli giovani fresche, pure {d un fresco umidore, dice
un certo prodotto); il fermo, il liscio, tutti i valori positivi
della sostanza carnale sono spontaneamente sentiti come
tesi dallacqua, gonfiati come un panno, fssati in quello
stato ideale di purezza, di pulizia e di freschezza di cui lac
qua la chiave generale. Pubblicitariamente, lidratazione
delle profondit perci unoperazione necessaria. E tut
tavia l infiltrazione in un corpo opaco non sembra molto
facile allacqua: si pensa che sia troppo volatile, troppo
leggera, troppo impaziente per aver la possibilit di rag
giungere queste zone criptuarie in cui si elabora la bellezza.
E poi lacqua, nella fisica carnale e allo stato libero, lacqua
corrode, irrita, ritorna allaria, fa parte del fuoco; bene
fica solo se imprigionata, mantenuta.
La sostanza grassa ha qualit e difetti inversi: essa non
rinfresca; la sua dolcezza eccessiva, troppo durevole, arti
ficiale; non si pu basare una pubblicit della bellezza sul
la pura idea di crema, la cui stessa compattezza sentita
come uno stato poco naturale. Indubbiamente il grasso
(pi poeticamente indicato col nome di olii, al plurale, co
nte nella Bibbia o lOriente) emana unidea di nutrimento,
ma piti prudente esaltarlo come elemento veicolare, felice
lubrificante, conduttore d acqua fin dentro le profondit
della pelle. L acqua data come volatile, aerea, fuggitiva,
effimera, preziosa: lolio al contrario resiste, pesa, penetra
lentamente le superila, impregna, si insinua definitivamen
te lungo i p o ri (personaggi essenziali della bellezza pub
blicitaria). Tutta la pubblicit dei prodotti di bellezza pre
para cosi un miracoloso congiungimento di liquidi nemici,
ormai dichiarati complementari; rispettando con diploma
zia tutti i valori positivi della mitologia delle sostanze, la
pubblicit arriva a imporre la convinzione felice che i grassi
siano veicoli d acqua, e che esistano creme acquose, dol
cezze senza lucentezza.
La maggior parte delle nuove creme sono perci in spe
cial modo liquide, fluide, ultrapenetranti, ecc.; lidea di
grasso, cosi a lungo consustanziale allidea stessa dei pro
dotti di bellezza, si vela o si complica, si corregge di liqui
dit, e a volte sparisce addirittura, fa posto alla fluida lo
zione, al tonico spirituale, gloriosamente astringente se si
tratta di combattere luntuosit della pelle, pudicamente
speciale se si tratta al contrario di nutrire abbondantemen-
PU BBLIC IT DEL PROFONDO 79
te quelle voraci profondit di cui ci vengono esposti senza
piet i fenomeni digestivi. Tale pubblica apertura dellinte
riorit del corpo umano d altra parte una caratteristica
generale della pubblicit dei prodotti da toilette. I l mar
ciume si espelle (dai denti, dal sangue, dalla pelle, dallali
to): la Francia oggi in gran fregola di pulizia.
Qualche frase di Poujade

Ci che la piccola borghesia rispetta di piti limmanen-


za: ogni fenomeno che ha il proprio termine in se stesso
per un semplice meccanismo di ritorno, cio, alla lettera,
ogni fenomeno pagato, le riesce gradito. Il linguaggio ha
il compito di accreditare, con le sue figure, la sua sintassi,
questa morale della risposta. Per esempio, Poujade dice a
Edgar Paure: V i prendete la responsabilit della rottura,
ne subirete le conseguenze, e linfinito del mondo scon
giurato, tutto ricondotto in un ordine breve ma pieno,
senza fughe, quello del pagamento. Al di l del contenuto
della frase in s, lequilibrio della sintassi, laffermazione
di una legge secondo cui niente si compie senza una
conseguenza pari, in cui ogni atto umano rigorosamente
sfidato, ricuperato, insomma tutta una matematica del
lequazione rassicura il piccolo borghese, gli fa un mondo a
misura del suo commercio.
Questa retorica del taglione ha le proprie figure, che
sono tutte di uguaglianza. Non solo ogni offesa devessere
scongiurata da una minaccia, ma anche ogni atto devesse
re prevenuto. L orgoglio di non farsi rigirare non altro
che il rispetto rituale di un ordine numerativo in cui sven
tare annullare. (V i hanno anche dovuto dire che per
farmi lo scherzo di Marcellin Albert non bisognava con
tarci), Cosi la riduzione del mondo a una pura uguaglian
za, losservanza dei rapporti quantitativi fra gli atti umani,
sono degli stati trionfanti. Far pagare, sfidare, far partorire
allevento il suo reciproco, sia ritorcendo sia sventando,
tutto questo chiude il mondo in se stesso e produce una
felicit; quindi normale che si sia fieri di questa contabi
lit morale: il vanto piccolo-borghese tutto nelleludere
i valori qualitativi, nelhopporre al processo di trasforma
zione la statica delle uguaglianze (occhio per occhio, effetto
QUALCHE F R A SE DI POUJADE 8l

contro causa, merce contro denaro, soldo per soldo, ecc.).


Poujade ben consapevole che il nemico capitale di que
sto sistema tautologico la dialettica, che del resto egli
confonde pi o meno con la sofistica: non si trionfa della
dialettica se non con un ritorno incessante al calcolo, al
computo delle condotte umane, a quella che Poujade, in
accordo con l etimologia, chiama la Ragione (R ue de Ri
voli sar pi forte del Parlamento? la dialettica sar pi
valida della Ragione? ) La dialettica infatti rischia di apri
re questo mondo che ci si prende tanta cura di chiudere
sulle sue uguaglianze; nella misura in cui una tecnica di
trasformazione, essa contraddice alla struttura numerativa
della propriet, fuga dai limiti piccolo-borghesi, e quindi
in primo luogo anatemizzata, poi decretata pura illusione:
degradando ancora una volta un vecchio tema romantico
(che allora era borghese), Poujade destina al nulla tutte le
tecniche dellintelligenza, oppone alla ragione piccolo
borghese i sofismi e i sogni degli universitari e degli intel
lettuali, screditati dalla loro semplice posizione al di fuori
della realt computabile. ( L a Francia affetta da una so
vrapproduzione di gente con diploma, poli-tecnici, econo
misti, filosofi e altri sognatori che hanno perso ogni contat
to col mondo reale).
Sappiamo ora che cos la realt piccolo-borghese: non
quello che si vede, quello che si cnta; e questa realt, la
piu ristretta che alcuna societ abbia mai potuto definire,
ha nondimeno la sua filosofia: il buon senso, il famoso
buon senso del popolino, dice.Poujade. La piccola bor
ghesia, almeno quella di Poujade (Alimentari, Macelleria),
possiede in proprio il buon senso, alla maniera di unap
pendice fisica gloriosa, di un organo particolare di perce
zione: organo curioso del resto, poich, per vederci chiaro,
deve cominciare con Pignorare, rifiutandosi di superare le
apparenze, prendendo per oro colato le proposte della
realt, e decretando nullo tutto ci che rischia di sosti
tuire la spiegazione alla risposta. Il suo ruolo quello di
stabilire delle uguaglianze semplici fra quello che si vede e
quello che , e di assicurare un mondo senza raccordi, sen
za transizione e senza progressione. Il buon senso come
il cane da guardia delle equazioni piccolo-borghesi: tappa
tutte le uscite dialettiche, definisce un mondo omogeneo,
in cui si sia a casa propria, al riparo dai disordini e dalle
fughe del sogno (sintenda di una visione non contabile
82 QUALCHE FR A SE DI POUJADE

delle cose). Le condotte umane essendo e non dovendo


essere altro che taglione, il buon senso quella reazione
selettiva della mente che riduce il mondo ideale a mecca
nismi diretti di risposta.
In tal modo il linguaggio di Poujade, ancora una volta,
dimostra che tutta la mitologia piccolo-borghese implica il
rifiuto dellalterit, la negazione del diverso, la felicit del
l identit e lesaltazione delluguale. In generale, questa
riduzione equazionale del mondo prepara una fase espan
sionistica in cui l identit dei fenomeni umani fonda
ben presto una natura, e, con questo, ununiversali
t. Poujade non ancora arrivato a definire il buon senso
come la filosofia generale dellumanit; ai suoi occhi an
cora una virt di classe, gi data, vero, come un ricosti
tuente universale. proprio quello che c di sinistro nel
poujadismo: che abbia preteso dalla nascita a una verit
mitologica e posto la cultura come una malattia; una posi
zione che sintomo specifico dei fascismi.
Adamov e il linguaggio

Abbiamo visto che il buon senso poujadista consiste nel


lo stabilire unequivalenza semplice tra ci che si vede e ci
che . Quando unapparenza decisamente troppo insolita,
a questo senso comune rimane un mezzo per ridurla senza
uscire da una meccanica delle uguaglianze. Questo mezzo
il simbolismo. Ogni volta che uno spettacolo sembra im
motivato-il buon senso fa entrare in azione la cavalleria
pesante del simbolo, ammesso nel cielo piccolo-borghese
nella misura in cui, malgrado il suo versante astratto, uni
sce il visibile e linvisibile sotto la specie di unuguaglianza
quantitativa (questo vale quello): il calcolo salvo, il mon
do regge ancora.
In seguito alla rappresentazione di una commedia di
Adamov sulle macchine a gettoni, oggetto insolito per il
teatro borghese che, in materia di oggetti scenici, conosce
solo il letto delladulterio, la grande stampa si affrettata
a scongiurare linabituale riducendolo al simbolo. Dal mo
mento che voleva dire qualche cosa, era meno pericoloso.
E pi la critica di II ping-pong si rivolta ai lettori dei
grandi periodici (M atch, France-Soir), pi ha insi
stito sul carattere simbolico dellopera: rassicuratevi, si
tratta solo di un simbolo, la macchina a gettoni significa
semplicemente la complessit del sistema sociale. Que
sto insolito oggetto teatrale esorcizzato poich vale qual
cosa.
Ora il bigliardino elettrico di II ping-pong non pro
prio simbolo di niente; non esprime, produce; un og
getto letterale, che ha la funzione di generare situazioni
con la sua stessa obiettivit. Ma anche qui la nostra critica
si sbaglia di grosso nella sua sete di profondit: queste
situazioni non sono psicologiche, sono essenzialmente si
tuazioni di linguaggio. E si ttatta di una realt drammatica
S4 ADAMOV E. IL LINGUAGGIO

che bisogner una buona volta ammettere accanto al vec


chio arsenale di intrighi, azioni, personaggi, conflitti, e altri
elementi del teatro classico. Il ping-pong una rete, ma
gistralmente montata, di situazioni di linguaggio,
Che cos una situazione di linguaggio? E una configu
razione di parole, atta a generare rapporti a prima vista
psicologici, non tanto falsi quanto irrigiditi nella compro
missione stessa di un linguaggio precedente. Ed questo
irrigidimento, alla fine, che annulla la psicologia. Parodia
re il linguaggio di una classe di un carattere significa
disporre ancora di una certa distanza, fruire, da proprie
tario, di una certa autenticit (virt prediletta della psico
logia). Ma se questo linguaggio preso a prestito generale,
situato sempre un po al di qua della caricatura e distribuito
su tutta la superficie della commedia con una pressione di
versa, ma senza alcuna fessura attraverso cui possa uscire
un grido, una parola inventata, allora i rapporti umani,
malgrado il loro dinamismo apparente, sono come vetrifi
cati, continuamente deviati mediante una sorta di rifrazio
ne verbale, e il problema della loro autenticit sparisce
come un bel sogno (falso).
Il ping-pong, appunto, interamente costituito da un
blocco di questo linguaggio sotto vetro, analogo, se si vuo
le, a quei frozen vegetables che permettono agli inglesi di
assaporare nel loro inverno lasprigno della primavera; tale
linguaggio, completamente intessuto di minuti luoghi co
muni, di truismi parziali, di stereotipi appena distinguibili,
scagliati con la forza della speranza o della disperazione -
come le particelle di un moto browniano, non , in verit,
linguaggio in scatola, come avrebbe potuto esserlo ad
esempio il gergo portinaio restaurato da Henry Monnier;
si potrebbe piuttosto dire un linguaggio-ritard, formato
fatalmente nella vita sociale del personaggio e che si sgela,
vero e tuttavia un po troppo acido e verde, in una situa
zione ulteriore in cui il suo leggero congelamento, la mi
nima enfasi volgare, imparata, hanno effetti incalcolabili.
I personaggi di II ping-pong sono un po come il Robe
spierre di Michelet: pensano tutto quello che dicono! Fra
se profonda, che sottolinea quella plasticit tragica delluo
mo al suo linguaggio, soprattutto quando, ultimo e sor
prendente asptto del malinteso, tale linguaggio non
neppure completamente suo.
Ci potr forse spiegare lapparente ambiguit di II
ADAMOV E IL LINGUAGGIO 85

ping-pong: da una parte la derisione del linguaggio evi


dente, e, dallaltra, tale derisione non cessa per questo di
essere creatrice, producendo esseri perfettamente viventi,
dotati di uno spessore di tempo che pu anche accompa
gnarli per tutta unesistenza fino alla morte. Ci vuol dire
appunto che in Adamov le situazioni di linguaggio resi
stono perfettamente al simbolo e alla caricatura: la vita
che parassita del linguaggio, ecco ci che II ping-pong
ci attesta.
La macchina a gettoni di Adamov non quindi una
chiave, non lallodola morta di D Annunzio, o la porta
di un palazzo di Maeterlink; un oggetto generatore di
linguaggio; come un elemento catalizzatore, getta ininter
rottamente agli attori unesca di parola, li fa esistere nella
proliferazione del linguaggio. I clichs di 11 ping-pong,
d altra parte, non hanno tutti lo stesso spessore di memo
ria, lo stesso rilievo; dipende da chi li pronuncia: Sutter,
il millantatore parolaio, sciorina acquisizioni caricaturali,
sbandiera subito un linguaggio parodistico che fa ridere di
cuore (O h, le parole! Tutte trappole! ) Il congelamento
del linguaggio di Annette piu leggero, e anche piu pietoso
( L o racconti a qualcun altro, signor Roger! ) Ogni per
sonaggio di II ping-pong sembra in tal modo condannato
al suo binario verbale, ma ogni binario diversamente pro
fondo e le conseguenti differenze di pressione creano ap
punto quelle che in teatro si chiamano situazioni, cio pos
sibilit e scelte. Nella misura in cui il linguaggio di II ping-
pong interamente acquisito, tratto dal teatro della vita,
cio di una vita data essa stessa come teatro, Il ping-pong
teatro al secondo grado. lesatto contrario del natura
lismo, che si propone sempre di amplificare l insignifican
te; qui, inversamente, il Iato spettacolare della vita, del
linguaggio, fa presa sulla scena (come si dice che il ghiac
cio fa presa). Questo modo di congelamento quello di
ogni parola mitica: come il linguaggio di II ping-pong, il
mito anchesso una parola gelata dal proprio sdoppia
mento. Ma poich si tratta di teatro, il riferimento di
questo secondo linguaggio diverso: la parola mitica af
fonda nella societ, in una Storia generale, mentre il lin
guaggio sperimentalmente ricostruito da Adamov pu es
sere soltanto il duplicato di un primo verbo individuale,
ad onta della, sua banalit.
Nella nostta letteratura teatrale vedo un solo autore di
86 ADAMOV E IL LINGUAGGIO

cui si possa dire, entro una certa misura, che, anche lui, ha
costruito il suo teatro su una libera proliferazione delle
situazioni di linguaggio: Marivaux. Allopposto, il teatro
che pi agli antipodi di cjuesta drammaturgia della situa
zione verbale , paradossalmente, il teatro verbale: Girau-
doux, per esempio, il cui linguaggio sncero, cio attinge
in Giraudoux stesso. Il linguaggio di Adamov ha le radici
scoperte, e sappiamo che tutto ci che esterno rende bene
al teatro.
Il cervello di Einstein

Il cervello di Einstein un oggetto mitico: paradossal


mente, la massima intelligenza suggerisce limmagine del
meccanismo piu perfezionato, luomo troppo potente
escluso dalla psicologia, introdotto in un mondo di robot;
noto che nei romanzi di fantascienza i superuomini hanno
sempre qualcosa di reificato. Anche Einstein: comunemen
te lo si esprime con il suo cervello, organo antologico, vero
pezzo da museo. Forse a causa della specializzazione mate
matica il superuomo spogliato di ogni carattere magico;
nessun potere diffuso, nessun mistero se non meccanico:
un organo superiore, prodigioso, ma reale, addirittura
fisiologico. Mitologicamente Einstein materia, il suo po
tere non porta spontaneamente alla spiritualit, gli neces
sario il soccorso di una morale indipendente, il richiamo
della coscienza del sapiente (Scienza senza coscienza,
stato detto...)
Einstein stesso ha un po alimentato la leggenda facendo
lascito del suo cervello, conteso da due ospedali come se
si trattasse di un meccanismo insolito che finalmente si ha
la possibilit di smontare. Unimmagine lo mostra disteso,
la testa irta di fili elettrici: si registrano le onde del suo
cervello, mentre gli si domanda di pensare alla relativi
t. (Ma, in realt, che cosa vuol dire esattamente: pen
sare a ...?; indubbiamente si mira a farci intendere che i
sismogrammi saranno tanto pi violenti in quanto la re
lativit un soggetto arduo). Il pensiero stesso in tal
modo rappresentato come una materia energetica, il pro
dotto misurabile di un apparecchio complesso (quasi elet
trico) che trasforma la sostanza cerebrale in forza. La mi
tologia di Einstein ne fa un genio cosi poco magico che
si parla del suo pensiero come di un lavoro funzionale
analogo alla confezione meccanica delle salsicce, alla maci-

4
88 IL CERVELLO DI E IN STE IN

natura del grano o alla triturazione del minerale greggio:


Einstein produceva pensiero, continuamente, come il mu
lino farina, e per lui la morte stata prima di tutto larre
sto di una funzione localizzata: il cervello piu potente ha
finito di pensare.
Da questo meccanismo geniale ci si aspettavano delle
equazioni. Mediante la mitologia di Einstein il mondo ha
ritrovato con delizia limmagine di un sapere formulato.
Fatto paradossale, pi il genio delluomo veniva materia-
lizzato sotto le specie del suo cervello, pi il prodotto della
sua invenzione raggiungeva una condizione magica, rein
carnava la vecchia immagine esoterica di una scienza tutta
chiusa in poche lettere. C un segreto unico del mondo,
e consiste in una parola, luniverso una cassaforte di cui
lumanit cerca la combinazione: Einstein lha quasi tro
vata, ecco il mito di Einstein; vi si ritrovano tutti i temi
gnostici: lunit della natura, la possibilit ideale di una
riduzione fondamentale del mondo, il potere di apertura
della formula, la lotta ancestrale di un segreto e di una
parola, lidea che il sapere totale possa svelarsi solo dun
colpo, come una serratura che ceda bruscamente dopo
mille infruttuosi tentativi. La storica equazione E = me2,
con la sua semplicit inattesa, adempie quasi alla pura idea
della chiave, nuda, lineare, di un solo metallo, per aprire
con facilit prettamente magica una porta sulla quale ci
si accaniva da secoli. L iconografia ne una buona prova:
Einstein fotografato sta in piedi accanto a una lavagna rico
perta di segni matematici, di visibile complessit; ma Ein
stein disegnato, cio entrato nella leggenda, col gesso an
cora in mano, ha appena finito di scrivere su una lavagna
nuda, quasi senza preparazione, la formula magica del mon
do. La mitologia rispetta in tal modo la natura dei compiti:
la ricerca propriamente detta mobilita ingranaggi mecca
nici, ha sede in un organo del tutto materiale che di mo
struoso ha solo la sua complicazione cibernetica; la scoper
ta, al contrario, di essenza magica, semplice come un
corpo primordiale, come una sostanza principiale, pietra
filosofale degli ermetici, acqua di catrame di Berkeley, os
sigeno di Schelling. Ma poich il mondo continua, e poich
la ricerca si rinnova sempre e bisogna anche riservare a
Dio la sua parte, un certo scacco di Einstein necessario:
Einstein morto, si dice, senza aver potuto verificare
l equazione in cui risiedeva il segreto del mondo. In
IL CERVELLO DI E IN STE IN 89

somma, il mondo ha dunque resistito; appena intravisto,


il segreto si di nuovo richiuso, la cifra era incompleta. In
tal modo Einstein soddisfa pienamente il mito, a cui sono
indifferenti le contraddizioni pur di poter far posto a una
euforica sicurezza: mago e macchina insieme, cercatore
permanente e scopritore inappagato, scatenatore del me
glio e del peggio, cervello e coscienza, Einstein esaudisce i
sogni pi contraddittori, riconcilia miticamente la potenza
infinita delluomo sulla natura e la fatalit di un sacro
a cui esso non pu ancora sottrarsi.
L uomo-getto

L uomo-getto il pilota di aeroplano a reazione. Di lui


M atch ha precisato che appartiene a una razza nuova
dellaviazione, piu vicino al robot che alleroe. Nelluomo-
getto ci sono pure molti residui parsifalici, che vedremo
subito. Ma quello che immediatamente colpisce nella mi
tologia del jet-man leliminazione della velocit: non c
niente nella leggenda che vi faccia allusione in maniera
sostanziale. Bisogna entrare in un paradosso, che daltra
parte tutti ammettono benissimo e consumano perfino co
me una prova di modernit; tale paradosso che troppa
velocit si trasforma in riposo; il pilota-eroe si distingueva
e precisava mediante tutta una mitologia della velocit
sensibile, dello spazio divorato, del movimento inebrian
te; il jet-man, invece, si definir mediante una cinestesia
del surplace ( a 2000 orari, in volo orizzontale, nessuna
impressione di velocit), come se la stravaganza della sua
vocazione consistesse precisamente nel superare il movi
mento, nellandare piu veloce della velocit. La mitologia
abbandona qui tutto un bagaglio di immagini dello sfrega
mento collesterno e inaugura una cinestesia pura; il mo
vimento non pi percezione ottica dei punti e delle su-
perfici; divenuto una sorta di turbamento verticale, fatto
di contrazioni, di offuscamenti, di terrori e mancamenti;
non pi scivolamento, bens interna devastazione, turba
mento mostruoso, crisi immobile della coscienza corporale.
A questo punto naturale che il mito dellaviatore per
da ogni umanismo. L eroe della velocit classica poteva
restare un uomo civile nella misura in cui il movimento
era per lui una prestazione episodica per la quale il solo
requisito necessario era il coraggio: si correva con punte di
velocit, come dilettanti provati, non come professionisti,
si cercava finebrezza, ci si avvicinava al movimento
1 / UOMO-GETTO 91
muniti di un moralismo ancestrale che ne acuiva la perce
zione e permetteva di darne la filosofa, E proprio nella
misura in cui la velocit era un 'avventura, essa legava
laviatore a tutta una serie di ruoli umani.
Il jet-man, invece, sembra non conosca piu n avventura
n destino, ma soltanto una condizione: in piu, tale condi
zione , a prima vista, pi antropologica che umana: miti
camente, luomo-getto definito, pi che dal suo coraggio,
dal suo peso, dal suo regime e dalle sue abitudini (tempe
ranza, frugalit, continenza). La particolarit della sua raz
za si legge nella sua morfologia: la tuta anti-G di nailon
gonfiabile, il casco levigato, fanno entrare luomo-getto in
unaltra pelle, in cui neppure sua madre potrebbe rico
noscerlo. Si tratta di una vera e propria conversione raz
ziale, tanto pi plausibile in quanto la fantascienza ha gi
largamente accreditato tale trapasso di specie: tutto si
svolge come se ci fosse stata una brusca trasmutazione tra
le creature antiche dellumanit a elica e le creature nuove
dellumanit a reazione.
In realt, e malgrado lapparato scientifico di questa
nuova mitologia, c stato un semplice spostamento del sa
cro: allera agiografica (Santi e Martiri dellaviazione a eli
ca) succede un periodo monastico; e quanto dapprima pas
sa per semplice prescrizione dietetica si rivela presto mu
nito di un significato sacerdotale: continenza e temperan
za, astinenza dai piaceri, vita comune, vestiario uniforme,
tutto concorre nella mitologia delluomo-getto a manife
stare la plasticit della carne, il suo assoggettamento a fini
collettivi (daltra parte pudicamente imprecisati), e tale
sottomissione offerta in sacrificio alla singolarit presti
giosa di una condizione umana. La societ finisce col ritro
vare nelluomo-getto il vecchio patto teosofico che ha sem
pre compensato la potenza con lascesi, pagando la semi-
divinit con la moneta della felicit umana. La situazio
ne del jet-man comporta a tal punto un aspetto vocazio
nale che essa stessa il prezzo di macerazioni preliminari,
ili pratiche iniziatiche, destinate a mettere alla prova il
postulante (passaggio nella camera di altitudine, nella cen
trifuga). Non manca neppure lIstruttore, brizzolato, ano
nimo e impenetrabile, a rappresentare perfettamente il
mistagogo necessario. Quanto alla resistenza ci si fa ben
capire che, come ogni iniziazione, essa non di ordine fisi
co: il superamento delle prove preliminari in verit il
L UOMO-GETTO
92
frutto di un dono spirituale, si dotati per il jet come
altri sono chiamati a Dio.
Tutto questo sarebbe banale se si trattasse dell eroe
tradizionale, il cui pregio era unicamente nel praticare
laviazione senza abbandonare la propria umanit (Saint-
Exupry scrittore, Lindberg in completo impeccabile). Ma
la particolarit mitologica delluomo-getto di non con
servare nessuno degli elementi romantici e individualistici
del ruolo consacrato, senza per questo abbandonare il ruo
lo stesso. Assimilato dal suo nome alla pura passivit (che
cosa di pi inerte e di pi totalmente spossessato di un
oggetto gettato}), ritrova tuttavia il rituale attraverso il
mito di una razza fittizia, celeste, che trarrebbe le sue par
ticolarit dalla propria ascesi, e realizzerebbe una sorta di
compromesso antropologico tra gli umani e i marziani.
L uomo-getto un eroe reificato, come se ancor oggi gli
uomini non potessero concepire il cielo se non popolato
di semi-oggetti.
Racine Racine

Il gusto il gusto.
Bouvard e Pcuchet.

Ho gi segnalato la predilezione della piccola borghesia


per i ragionamenti tautologici (Un soldo un soldo, ecc.).
Eccone uno bello, molto frequente nellordine delle arti:
Athalie un dramma di Racine ha ricordato un artista
della Comdie-Franaise prima di presentare il suo nuovo
spettacolo.
Bisogna prima di tutto osservare che la frase contiene
una piccola dichiarazione di guerra (ai grammatici, con-
troversisti, annotatori, religiosi, scrittori e artisti, che
hanno commentato Racine). vero che la tautologia
sempre aggressiva, significa una rabbiosa rottura fra lin
telligenza e il suo oggetto, larrogante minaccia di un or
dine in cui non si pensi. I nostri tautologi sono come dei
padroni che tirino bruscamente il guinzaglio del cane: non
bisogna che il pensiero prenda troppo terreno, il mondo
pieno di alibi sospetti e vacui, bisogna tener a bada il pro
prio giudizio, ridurre il guinzaglio alla distanza di un reale
computabile. E se ci si mettesse a pensare su Racine?
Grande minaccia: il tautologo taglia con rabbia tutto ci
che cresce intorno a lui, e che potrebbe soffocarlo.
In questa dichiarazione dellartista riconosciamo il lin
guaggio del familiare nemico gi spesso incontrato, che
l antintellettualismo. Sappiamo la cantilena: troppa intel
ligenza fa male, la filosofia un inutile gergo, bisogna la
sciar posto al sentimento, allintuizione, allinnocenza, alla
semplicit, troppo intellettualismo fa morire larte, lintel
ligenza non una qualit da artista, i creatori potenti sono
degli empirici, lopera d arte sfugge al sistema, insomma,
il cerebralismo sterile. noto che la guerra contro lin
telligenza viene sempre condotta in nome del buon senso,
e in fondo si tratta di applicare a Racine quel tipo di com
prensione poujadista di cui abbiamo gi parlato. Come
RACINE RACINE
94
leconomia generale della Francia non che sogno di fron
te alla fiscalit francese, sola realt rivelata al buon senso
di Poujade, cosi la storia della letteratura, del pensiero,
e a maggior ragione la storia tout-court, non che fanta
sma intellettuale di fronte a un semplicissimo Racine,
concreto come il regime delle imposte.
Deliantintellettualismo i nostri tautologi conservano
anche il ricorso allinnocenza. La loro pretesa che per
vedere meglio il vero Racine ci si debba armare di una
divina semplicit; conosciamo questo vecchio tema esote
rico: la vergine, il bambino, gli esseri semplici e puri, han
no una chiaroveggenza superiore. Nel caso di Racine, que
sta invocazione alla semplicit ha il potere di un du
plice alibi: da un lato ci si oppone alle vanit dellesegesi
intellettuale, e dallaltro, cosa tuttavia poco discussa, si
rivendica a Racine la sobriet estetica (la famosa purezza
raciniana), che obbliga tutti coloro che vi si accostano a
una disciplina (ritornello: arte nasce da coercizione...)
Infine, nella tautologia della nostra attrice, c quello
che si potrebbe chiamare il mito della ritrovata critica.
I nostri critici essenzialisti passano il loro tempo a ritro
vare la verit dei geni passati; per loro la. Letteratura
un vasto magazzino di oggetti smarriti, dove si va alla
cerca. Che cosa vi si ritrovi non lo sa nessuno, ed il van
taggio principale del metodo tautologico non doverlo dire.
I nostri tautologi si troverebbero del resto in grande im
barazzo a spingersi piu avanti: Racine da solo, il grado
zero di Racine, non esiste. Non ci sono che dei Racine-
aggettivi: dei Racine-Poesia Pura, dei Racine-Aragosta
(Montherlant), dei Racine-Bibbia (quello di Vra Korne),
dei Racine-Passione, dei Racine-dipinge-luomo-com, ecc.
In breve, Racine sempre qualcosaltro da Racine, ecco
quanto tende la tautologia raciniana molto illusoria. Si
capisce almeno che cosa porti questo nulla della defini
zione a coloro che la brandiscono gloriosamente: una sorta
di piccola salute etica, la soddisfazione di aver militato a
favore di una verit di Racine senza dover assumere nes
suno dei rischi che ogni ricerca un po positiva della verit
comporta fatalmente: la tautologia dispensa dallavere
delle idee, ma nel contempo si gonfia a fare di questa
licenza una dura legge morale; donde il suo successo: la
pigrizia viene promossa al rango di rigore. Racine Ra
cine: meravigliosa sicurezza del niente.
Billy Graham al Vel d Hiv

Tanti missionari diranno informati sulle usanze religiose


dei Prim itivi che c da rimpiangere non sia stato pre
sente al Velodromo uno stregone papuano, per raccontarci
a sua volta la cerimonia che, sotto il nome di campagna
di evangelizzazione, stata l presieduta dal Dr Graham.
C e tuttavia un bel materiale antropologico, che, del resto,
sembra ereditato dalle culture selvagge, dato che vi
si ritrovano con un aspetto immediato le tre grandi fasi
di ogni atto religioso: lAttesa, la Suggestione, lInizia
zione.
Billy Graham si fa aspettare: cantici, invocazioni, mille
brevi discorsi inutili affidati a pastori-comparse o a im
presari americani (presentazione gioviale della troupe: il
pianista Smith, di Toronto, il solista Beverley, di Chicago
Illinois, artista della radio americana che canta il Vange
lo in modo meraviglioso), tutto un battage precede il Dr
Graham che viene continuamente annunciato e non si pre
senta mai. Eccolo finalmente, ma per trasferire ancor piu
la curiosit, giacch il suo primo discorso non quello buo
no: si limita a preparare la venuta del Messaggio. E altri
intermezzi prolungano di nuovo lattesa, riscaldano la sala,
fissano in anticipo unimportanza profetica a questo Mes
saggio, che, secondo le migliori tradizioni dello spettacolo,
comincia col farsi desiderare per poi esistere pi facil
mente.
In questa prima fase della cerimonia si riconosce la
grande molla sociologica dellAttesa, gi studiata da Mauss,
e di cui a Parigi abbiamo avuto un esempio tutto moderno
nelle sedute d ipnotismo del Grand Robert. Anche l si
rimandava il pi possibile lapparizione del Mago, e con
finte ripetute si creava nel pubblico quella curiosit offu
scata che gi pronta a vedere realmente quello che le si
96 B IL L Y GRAHAM AL V EL ' DH IV

fa aspettare. Qui, sin dal primo momento, Billy Graham


viene presentato come un vero profeta in cui si suppli
ca lo Spirito di Dio di voler discendere, questa sera in
modo particolare: a parlare sar un Ispirato, il pubblico
invitato a uno spettacolo d invasamento: gli viene ri
chiesto in anticipo di prendere letteralmente come espres
sioni divine le parole di Billy Graham.
Se Dio parla davvero per bocca del Dr Graham, bisogna
convenire che Dio ben stupido: il Messaggio sbalordisce
per la sua piattezza, il suo infantilismo. In ogni caso, de
cisamente, Dio non pi tomista, refrattario alla logica:
il Messaggio costituito da una mitraglia di affermazioni
discontinue, senza nesso di sorta, e senza alcun contenuto
se non tautologico (Dio Dio). Il pi modesto frate ma
riano, il pastore pi accademico fanno la figura d intellet
tuali di fronte al Dr Graham. Alcuni giornalisti, ingannati
dallo scenario ugonotto della cerimonia (cantici, preghie
ra, sermone, benedizione), addormentati dalla compun
zione lenificante propria del culto protestante, hanno loda
to il Dr Graham e la sua quipe per la loro misura : si era
preparati a unamericanata spinta: ragazze, jazz, metafore
facete e moderniste (ma non ne sono mancate due o tre).
Billy Graham avr certo ripulito la seduta da ogni traccia
di pittoresco, e i protestanti francesi hanno potuto ricupe
rarlo. Ci non toglie che la maniera di Billy Graham rom
pa con tutta una tradizione del sermone, cattolico o pro
testante, ereditata dalla cultura classica, cio quella della
esigenza di persuasione. Il cristianesimo occidentale si
sempre assoggettato nella sua esposizione allimpostazio
ne generale del pensiero aristotelico, ha sempre accettato
di trattare con la ragione, anche quando si richiedeva di
accreditare lirrazionalit della fede. Rompendo con secoli
di umanismo (anche se le sue forme hanno potuto essere
vuote e rigide, lo scrupolo di una soggettivit dellaltro
stato raramente assente dal didatticismo cristiano), il Dr
Graham ci porta un metodo di trasformazione magica: so
stituisce la suggestione alla persuasione: la pressione del
periodare, leliminazione sistematica di ogni contenuto ra
zionale nella proposizione, la rottura continua dei nessi
logici, le ripetizioni verbali, la designazione magniloquente
della Bibbia tenuta a braccio teso come lapriscatola uni
versale di un imbonitore, e soprattutto lassenza di calore,
B IL L Y GRAHAM AL V E L D H IV 97
il disprezzo manifesto degli altri, tutte queste operazioni
fanno parte del materiale classico dellipnosi da variet: lo
ripeto, non c nessuna differenza fra Billy Graham e il
Grand Robert.
E come il Grand Robert terminava il trattamento del
suo pubblico con una selezione particolare, distinguendo
e facendo salire intorno a lui sulla scena gli eletti dellipno
si, affidando ad alcuni privilegiati il compito di manifesta
re un insonnol intento spettacolare, cosi Billy Graham co
rona il suo Messaggio con una segregazione materiale dei
Chiamati: i neofiti, che quella sera, al Velodromo, fra le
rclames della Super Dissolutimi e del Cognac Polignac,
hanno ricevuto Cristo sotto lazione del Messaggio ma
gico, vengono diretti verso una stanza a parte, e anche, se
sono di lingua inglese, verso una cripta ancora pi segreta:
poco importa che cosa succede dopo, iscrizione su liste di
conversione, nuovi sermoni, colloqui spirituali, con i con
siglieri o questue, questo nuovo episodio il sostituto
formale dellIniziazione.
Tutto questo ci concerne direttamente: in primo luogo
il successo di Billy Graham manifesta la fragilit men
tale della piccola borghesia francese, classe in cui soprat
tutto, sembra, stato reclutato il pubblico di queste se
dute: la plasticit di questo pubblico alle forme di pensiero
alogiche e ipnotiche farebbe credere che esista in questo
gruppo sociale quella che si potrebbe chiamare una situa
zione d avventura: una parte della piccola borghesia fran
cese non pi protetta nemmeno dal suo famoso buon
senso, che la forma aggressiva della sua coscienza di
classe. Ma non tutto: Billy Graham e la sua quipe hanno
pesantemente insistito, e a pi riprese, sullo scopo di que
sta campagna: risvegliare la Francia (Abbiamo visto
fare grandi cose a Dio in America; un risveglio a Parigi
avrebbe unimmensa influenza sul mondo intero. II
nostro desiderio che a Parigi succeda qualcosa che possa
avere ripercussioni sul mondo intero). Con tutta evi
denza, lottica la stessa di Eisenbower nelle sue dichia
razioni sullateismo dei francesi. La Francia si designa al
mondo per il suo razionalismo, la sua indifferenza alla fede,
lirreligione dei suoi intellettuali (tema comune allAmeri
ca e al Vaticano; tema del resto molto montato): da que
sto brutto sogno che bisogna svegliarla. La conversione
di Parigi avrebbe evidentemente il valore di un esempio
98 B IL L Y GRAHAM AL V E L DHIV

mondiale: lAteismo atterrato dalla Religione, nel suo stes


so covo.
Si sa, si tratta in realt di un tema politico: lateismo
della Francia non interessa lAmerica se non perch, ai suoi
occhi, la faccia preliminare del comunismo. Svegliare
la Francia dallateismo significa svegliarla dallattrazione
comunista. La campagna di Billy Graham stata un puro
episodio maccarthista.
Il processo Dupriez

Il processo di Grard Dupriez (che ha assassinato il pa


dre e la madre senza un movente accertato) dimostra le
grossolane contraddizioni che bloccano la nostra Giustizia.
La storia, infatti, avanza in modo ineguale: lidea delluo
mo molto cambiata da centocinquantanni, sono apparse
nuove scienze di esplorazione psicologica, ma questa pro
mozione parziale della Storia non ha ancora apportato nes
sun cambiamento nel sistema delle giustificazioni penali,
perch la Giustizia unemanazione diretta dello Stato, e
il nostro Stato non ha cambiato padroni dalla promulga
zione del codice penale.
Succede dunque che il crimine sia sempre costruito dalla
Giustizia secondo le norme della psicologia classica: il fat
to esiste solo come elemento di una razionalit lineare,
devessere utile, senza di che perde la sua essenza, non si
pu riconoscere. Per poter nominare il gesto di Grard
Dupriez bisognava trovargli unorigine; tutto il processo
si cosi impegnato nella ricerca di una causa, anche mi
nima; alla difesa, paradossalmente, non restava che riven
dicare per questo crimine una sorta di stato assoluto, privo
di ogni qualifica, farne, appunto, un delitto senza nome.
L accusa da parte sua aveva trovato un movente poi
smentito dalie testimonianze: i genitori di Grard Dupriez
si sarebbero opposti al suo matrimonio ed egli li avrebbe
uccisi per questo. Abbiamo cosi un esempio di che cosa
pu costituire secondo la Giustizia una causalit criminale:
i genitori dellassassino sono Occasionalmente dintralcio;
lui li uccide per sopprimere lostacolo. E anche se li uccide
per collera, questa collera non meno uno stato razionale,
poich serve direttamente a qualcosa (e ci significa che
agli occhi della Giustizia i fatti psicologici non sono ancora
compensatori, dipendenti da una psicoanalisi, ma sempre
utilitari, dipendenti da uneconomia).
100 IL PRO CESSO DUPRIEZ
Basta dunque che il gesto sia astrattamente utile perch
il crimine riceva un nome. L accusa non ha ammesso il
rifiuto di consenso al matrimonio di Gerard Dupriez se non
come motore di uno stato quasi demente, la collera; poco
importa che razionalmente (davanti alla stessa razionalit
che un momento dopo fondava il crimine) il criminale non
possa sperare alcun beneficio dal suo atto (il matrimonio
piu sicuramente distrutto dallassassinio dei genitori che
dalla loro resistenza, giacch Gerard Dupriez non ha fatto
niente per nascondere il suo delitto}: ci si contenta di una
causalit amputata; quello che conta che la collera di
Dupriez sia motivata nella sua origine, non nel suo effetto;
si attribuisce al criminale una mentalit abbastanza logica
per concepire lutilit astratta del suo crimine, ma non le
sue conseguenze reali. In altre parole, basta che la demen
za abbia unorigine ragionevole perch si possa nominare
il crimine. Ho gi indicato, a proposito del processo Domi
nici, la qualit della ragione penale: essa di ordine p si
cologico e quindi letterario.
Gli psichiatri, dal canto loro, non hanno ammesso che un
crimine inspiegabile non pu pi essere un crimine, hanno
lasciato allaccusato tutta la sua responsabilit, dando cosi
rim pressione di opporsi alle giustificazioni penali tradizio
nali: per essi lassenza di causalit non impedisce affatto
di chiamare delitto lassassinio. Paradossalmente, si arriva
a chiedersi che cosa sia la psichiatria se difende lidea di
un controllo assoluto di se stessi e lascia al criminale la sua
colpevolezza, anche ai confini della ragione. La Giustizia
(laccusa) fonda il crimine sulla causa e preserva cosi la
parte possibile della demenza; la psichiatria, invece, alme
no la psichiatria ufficiale, sembra voler respingere il pi
lontano possibile la definizione della follia, non accorda
alcun valore alla determinazione, e ritrova la vecchia cate
goria teologica del libero arbitrio; nel processo Dupriez,
essa svolge la parte della Chiesa, che abbandona ai laici (la
Giustizia) gli accusati che non pu ricuperare non poten
doli includere in nessuna delle sue categorie; a questo
scopo crea persino una categoria privativa, puramente no
minale: la perversione. Cosi, di fronte a una Giustizia nata
in tempi borghesi, addestrata di conseguenza a razionaliz
zare il mondo per reazione contro larbitrio divino o mo
narchico e che lascia ancora vedere allo stato di traccia ana
cronistica il ruolo progressista che ha potuto svolgere, essa
IL PRO CESSO DUPRIEZ IOI

ripresenta lidea antichissima di una perversione respon


sabile, la cui condanna devessere indifferente a ogni ten
tativo di spiegazione. Lungi dal cercare dingrandire il pro
prio campo, la psichiatria legale rimanda al boia dei de
menti che la Giustizia, piu razionale bench timorata, non
chiederebbe di meglio che abbandonate.
Queste sono alcune fra le tante contraddizioni del pro
cesso Dupriez: fra la Giustizia e la difesa; fra la psichiatria
e la Giustizia; fra la difesa e la psichiatria. Ci sono altre
contraddizioni piu allinterno di ciascuno di questi poteri:
la Giustizia, labbiamo visto, dissociando irrazionalmente
la causa dal fine, arriva a scusare un crimine in proporzione
alla sua mostruosit; la psichiatria legale rinuncia volonta
riamente al proprio oggetto e rimanda lassassino al boia,
nel momento stesso in cui le scienze psicologiche si addos
sano ogni giorno di piu una maggior porzione delluomo;
e la difesa stessa esita fra la rivendicazione di una psichia
tria avanzata, che recupererebbe ogni criminale come un
demente, e lipotesi di una forza magica che avrebbe
investito Dupriez come ai tempi migliori della stregoneria
(arringa dellavvocato Maurice Garon).
Fotografie-choc

Genevive Serreau, nel suo libro su Brecht, ricordava


la fotografia di M atch in cui si vede la scena di una ese
cuzione di comunisti guatemaltechi; la Serreau notava giu
stamente come tale fotografia non sia affatto terribile in s
e come lorrore derivi dal fatto che noi la guardiamo dal
linterno della nostra libert; una mostra di Fotografie-
choc alla galleria dOrsay, di cui pochissime, appunto,
riescono a darci un vero choc, ha dato paradossalmente
ragione allosservazione di Genevive Serreau: non basta
al fotografo significarci lorrore per farcelo provare.
La maggior parte delle fotografie qui raccolte al fine di
sconvolgerci non ci fanno alcun effetto, appunto perch il
fotografo si sostituito troppo generosamente a noi nella
formazione del suo soggetto: quasi sempre ha superco
struito lorrore che ci presenta, aggiungendo al fatto, per
contrasti o accostamenti, il linguaggio intenzionale dellor
rore: uno di questi fotografi ad esempio mette accanto a
una folla di soldati un campo di teschi; un altro ci presenta
un giovane militare intento a guardare uno scheletro; un
altro infine riprende una colonna di condannati o di prigio
nieri nel momento in cui questa incrocia un gregge di pe
core. Ora nessuna di queste fotografie, troppo abili, riesce
a toccarci- che di fronte ad esse ci troviamo ogni volta
defraudati della nostra facolt di giudizio: si fremuto per
noi, riflettuto per noi, giudicato per noi; il fotografo non
ci ha lasciato niente, se non un semplice diritto di acquie
scenza intellettuale: siamo legati a queste immagini per
un semplice interesse tecnico; caricate di superindicazioni
dallartista stesso, esse non hanno per noi alcuna storia,
non possiamo pi inventare la nostra personale accoglienza
a tale sintetico nutrimento, gi perfettamente assimilato
dal suo creatore.
FOTOGRAFIE-CHOC 103

Altri fotografi hanno voluto sorprenderci, non. potendo


arrivare a sconvolgerci, ma lerrore di principio lo stesso;
essi, per esempio, si sono sforzati di cogliere, con grande
abilit tecnica, il momento pi raro di un movimento, il
suo punto estremo, il volo di un calciatore, il salto di una
sportiva o la levitazione degli oggetti in una casa abitata
d spiriti. Ma ancora qui lo spettacolo, per quanto diretto
e niente allatto composto di. elementi contrastanti, rimane
troppo costruito; la cattura dellistante unico appare gra
tuita, troppo intenzionale, nata da uninvadente volont
di linguaggio, e tali immagini riuscite non hanno su di
noi alcun effetto; linteresse che ne traiamo non supera il
tempo di una lettura istantanea: sono cose che non hanno
risonanza, non muovono nulla. La nostra accoglienza si
richiude troppo presto su un segno puro. La leggibilit per
fetta della scena, la sua messa in forma, ci dispensa dal
ricevere profondamente l'immagine nel suo scandalo; ri
dotta allo stato di puro linguaggio, la fotografia non sa
disorganizzarci.
Certi pittori si sono trovati a dover risolvere questo
stesso problema del culmine, dellacme del movimento, ma
vi sono riusciti molto meglio. I pittori dellImpero, per
esempio, dovendo riprodurre certe istantanee (un cavallo
impennato, Napoleone nellatto di stendere il braccio sul
campo di battaglia, ecc.) hanno lasciato al movimento il
se'gno amplificato dellinstabile, quello che si potrebbe
chiamare il numen, il congelamento solenne di una posa;
ma proprio questa maggiorazione immobile dellinafferra
bile che pi tardi al cinema si chiamer fotogenia il
luogo stesso in cui comincia larte. Il leggero scandalo di
questi cavalli esageratamente impennati, di questo Impe
ratore fissato in un gesto impossibile, questa ostinazione
dellespressione, che si potrebbe chiamare anche retorica,
porta alla lettura del segno una sorta di assurdit emozio
nante che trascina il lettore deUimmagine in uno stupore
pi visivo che intellettuale, in quanto appunto lo lega alle
superfici dello spettacolo, alla sua resistenza ottica, e non
immediatamente alla sua significazione.
La maggior parte delle fotografie-choc che ci sono state
mostrate sono false in quanto appunto hanno scelto uno
stato intermedio tra il fatto letterale e il fatto maggiorato:
troppo intenzionali per essere fotografia e troppo esatte per
essere pittura, perdono necessariamente, a un tempo, lo
104 FOTOGRAFIE-CHOC

scandalo della lettera e la verit dellarte: si voluto farne


segni puri, senza risolversi a dare almeno a questi segni
lambiguit, il ritardo di uno spessore. dunque logico
che le sole fotografie-choc della mostra (il cui principio
rimane molto lodevole) siano per lappunto le fotografie
di agenzia, in cui il fatto ripreso esplode nella sua ostina
zione, nella sua letteralit, nellevidenza stessa della sua
ottusa natura. I fucilati guatemaltechi, il dolore della fidan
zata di Adua Malki, il siriano assassinato, lo sfollagente al
zato del poliziotto, queste immagini stupiscono perch ap
paiono a prima vista estranee, quasi calme, inferiori alla
loro leggenda: esse sono visualmente diminuite, private di
quel numeri che i pittori di composizioni storiche non
avrebbero mancato di aggiungervi (e a buon diritto, poich
si trattava di pittura). Privata del suo canto e insieme della
sua spiegazione, la naturalezza di queste immagini obbliga
lo spettatore a una interrogazione violenta, lo impegna sul
la via di un giudizio che egli stesso elabora senza essere
intralciato dalla presenza demiurgica del fotografo. In que
sto caso dunque si tratta proprio di quella catarsi critica
richiesta da Brecht, e non pi, come nel caso della pittura
di soggetto, di una purga emotiva: si ritrovano forse qui
le due categorie dellepico e del tragico. La fotografia let
terale introduce allo scandalo dellorrore, non allorrore
in s.
Due miti del giovane teatro

A giudicare da un recente concorso di giovani compa


gnie, il giovane teatro eredita con furia alcuni miti del vec
chio teatro (per cui non si sa piu bene che cosa li distingua
luno dallaltro). Si sa per esempio che nel teatro borghese,
lattore, divorato dal suo personaggio, deve apparire
infiammato da un vero incendio di passione. Bisogna a tutti
i costi bollire, cio bruciare ed espandersi al tempo stes
so; donde le forme umide di tale combustione. In un nuo
vo lavoro (che ha avuto un premio), i due protagonisti ma
schili si sono profusi in liquidi dogni specie, lacrime, su
dore e saliva. Si aveva limpressione di assistere a un tra
vaglio psicologico spaventoso, una torsione mostruosa dei
tessuti interni, come se la passione fosse una grossa spugna
intrisa dacqua, spremuta dalla mano implacabile del dram
maturgo. Si capisce bene lintenzione di tale tempesta vi
scerale: fare della psicologia un fenomeno quantitativo,
costringere il riso o il dolore ad assumere forme metriche
semplici, in modo che la passione divenga anchessa una
merce come le altre, un oggetto di mercato, inserito in un
sistema metrico di scambio: io do i miei soldi al teatro,
e in cambio esigo una passione ben visibile, computabile
quasi; e se lattore fa la misura ben colina, se sa far lavotare
il suo corpo davanti a me senza barare, se non posso met
tere in dubbio il daffare che si d, allora decreter lattore
eccellente, gli testimonier la mia gioia per aver messo i
miei soldi in un talento che invece di farmeli sparire me
li restituisce centuplicati sotto forma di pianti e sudori
reali. Il grande vantaggio della combustione di ordine
economico: i miei soldi di spettatore hanno finalmente un
rendimento controllabile.
Naturalmente la combustione dellattore si orna di giu
stificazioni spiritualistiche: lattore si d al demone del
io6 B U E M IT I DEL GIOVANE TEATRO

teatro, si sacrifica, si lascia divorare dal suo personaggio;


la sua generosit, il dono del suo corpo allArte, il suo la
voro fisico, sono degni di comprensione, di ammirazione;
gli si tiene conto di questo travaglio muscolare, e quando
egli estenuato, vuotato di tutti i suoi umori, viene final
mente a salutare, lo si applaude come un primatista del
digiuno o del sollevamento pesi, gli si propone segreta-
mente di andare a rifocillarsi, a rifare la sua sostanza inte
riore, a rifornirsi di tutta quellacqua con cui ha misurato
la passione che gli abbiamo comprato. Io non credo che
nessun pubblico piccolo-borghese resista a un sacrificio
cosi evidente, e sono convinto che un attore che sa pian
gere o sudare sulla scena sempre sicuro di averla vinta:
l evidenza del suo travaglio sospende ogni ulteriore giu
dizio.
Altro retaggio infelice del teatro borghese: il mito della
trovata. Certi registi gallonati ne fanno la loro fama. Rap
presentando La locandiera, una giovane compagnia fa ca
lare i mobili dal soffitto, a ogni atto. Evidentemente qual
cosa d inaspettato, e tutti danno in esclamazioni per lin
venzione che purtroppo completamente inutile, visibil
mente dettata da unimmaginazione agli sgoccioli, che vuo
le del nuovo a tutti i costi; poich oggi si dato fondo a
tutti i procedimenti artificiali di impianto sulla scena, poi
ch il modernismo e lavanguardia ci hanno saturati di
quei cambiamenti a vista in cui qualche servo suprema
audacia - si fa avanti a disporre tre sedie e una poltrona
sotto il naso degli spettatori, si fatto ricorso allultimo
spazio libero, il soffitto. Il procedimento, gratuito, siamo
al formalismo puro, ma poco importa: agli occhi del pub
blico borghese la regia non va mai al di l di una tecnica
della trovata, e certi anim atoti sono molto compiacenti
verso tali esigenze: si contentano di inventare. Anche qui
il nostro teatro poggia sulla dura legge dello scambio:
necessario e sufficiente che le prestazioni del regista siano
visibili e che ciascuno possa controllare il rendimento del
proprio biglietto: donde unarte che risponde alle prime
necessit e si manifesta innanzitutto come una successione
discontinua - quindi computabile di riuscite formali.
Come la combustione dellattore, la trovata ha la sua
giustificazione disinteressata: si cerca di darle la cauzione
di uno stile: fare scendere i mobili dal soffitto si pre
senter come unoperazione disinvolta, in armonia con
DUE M IT I D EL GIOVANE TEATRO 107

quel clima d'irriverenza vivace che viene tradizionalmente


attribuito alla Commedia dellarte. Naturalmente lo stile
quasi sempre un alibi, destinato a eludere le motivazioni
profonde dellopera : dare a una commedia di Goldoni uno
stile puramente italiano (arlecchinate, mimi, colori vi
vaci, mascherine, riverenze, e retorica della sveltezza), si
gnifica cavarsela a buon mercato nei confronti del conte
nuto sociale o storico dellopera, significa toglier la carica
al pungente sovvertimento dei rapporti civili, in una pa
rola mistificare.
Non si diranno mai abbastanza i disastri dello stile
sulle nostre scene borghesi. Lo stile scusa tutto, dispensa
da tutto, e segnatamente dalla riflessione storica; chiude
lo spettatore nella schiavit di un puro formalismo, in mo
do che le rivoluzioni dello stile risultino anchesse sol
tanto formali: il regista d avanguardia sar quello che oser
sostituire uno stile a un altro (senza riprendere pi contatto
col contenuto reale delhopera), convertire, come Barrault
nelVOrestiade, laccademismo tragico in festa negra. Ma
poi lo stesso, e non porta a niente sostituire uno stile a un
altro: Eschilo autore bantu non meno falso di Eschilo
autore borghese. Nellarte del teatro lo stile una tecnica
di evasione.
Il Tour de France come epopea

C unonomastica del Tour che ci dice da sola come il


Tour de France sia una grande epopea. I nomi dei corridori
sembrano nella maggior parte venire da unet etnica mol
to antica, da un tempo in cui la razza risuonava attraverso
pochi fonemi esemplari (Brankart il Franco, Bobet il Fran-
cone, Robic il Celta, Ruiz lIbero, Darrigade il Guascone).
Inoltre questi nomi ritornano continuamente: nella grande
incognita della prova sono punti fissi che hanno il compito
di riagganciare una durata episodica, tumultuosa, alle es
senze stabili dei grandi caratteri, come se luomo fosse pri
ma di tutto un nome che domina gli eventi: Brankart, Ge-
miniani, Lauredi, Antonin Rolland, questi patronimici si
leggono come segni algebrici del valore, della lealt, del
tradimento o dello stoicismo. Nella misura in cui il Nome
del corridore nutrimento ed ellissi a un tempo, esso for
ma la figura principale di un vero e proprio linguaggio poe
tico, che d a leggere un mondo in cui la descrizione fini
sce per essere inutile. Questa lenta concrezione della virt
del corridore nella sostanza sonora del suo nome, finisce
d altra parte per assorbire tutto il linguaggio aggettivo;
agli esordi della loro gloria i corridori sono provvisti di
qualche epiteto di natura. Pi tardi, diventa inutile. Si
dice: lelegante Coletto o VanDongen il Batavo; per Loui-
son Bobet non si dice pi niente.
In realt, lingresso nellordine epico si attua mediante
la diminuzione del nome: Bobet diventa Louison; Lauredi,
Nello; e Raphael Geminiani, eroe completo perch insie
me buono e valoroso, chiamato a volte Raph, a volte
Gem. Questi nomi sono leggeri, un po teneri e un po ser
vili; testimoniano in una stessa sillaba di un valore sovru
mano e di unintimit tutta umana a cui il giornalista si
avvicina familiarmente, un po come i poeti latini a quella
IL TOUR DE FRANCE COME EPOPEA IO 9

di Cesare o di Mecenate. Nel diminutivo del corridore


ciclista c quel misto di servilit, di ammirazione e di pre
rogativa che fa il popolo voyeur delle sue divinit.
Diminuito, il Nome diventa veramente pubblico; per
mette di collocare lintimit del corridore sul proscenio
degli eroi. Giacch il vero luogo epico non il combatti
mento, ma la tenda, la soglia pubblica in cui il guerriero
elabora le sue intenzioni, da cui lancia ingiurie, sfide, con
fidenze. Il Tour conosce a fondo questa gloria di una falsa
vita privata in cui laffronto e labbraccio sono le forme
maggiorate del rapporto umano: durante una partita di cac
cia in Bretagna, Bobet, generoso, ha teso pubblicamente
la mano a Lauredi, che, non meno pubblicamente, lha ri
fiutata. Questi screzi omerici hanno per contropartita gli
elogi che i grandi si rivolgono lun laltro al di sopra della
folla. Bobet dice a Koblet: ti rimpiango, e questa parola
delinea da sola luniverso epico in cui il nemico non tale
se non in proporzione alla stima che gli si concede. che
nel Tour ci sono vari vestigi dinfeudamento, quello sta
tuto che per cosi dire legava carnalmente luomo alluomo.
Ci si abbraccia molto, al Tour. Marcel Bidot, il direttore
tecnico della squadra di Francia, abbraccia Gem dopo una
vittoria, e Antonin Rolland posa un fervido bacio sulla
guancia infossata dello stesso Geminiani. L abbraccio, qui,
lespressione di una magnifica euforia rivissuta davanti
alla chiusura e alla perfezione del mondo eroico. Occorre
invece guardarsi dalPattribuire a questa felicit fraterna
tutti i sentimenti di gregariet che si agitano tra i membri
di una stessa squadra; tali sentimenti sono molto pi con
fusi. In effetti, la perfezione di rapporti pubblici possi
bile solo tra grandi : appena i gregari entrano in scena,
lepopea si degrada a romanzo.
La geografia del Tour , anchessa, interamente soggetta
alla necessit epica della prova. Gli elementi naturali e i
fondi stradali, sono personificati, giacch luomo si misura
con essi, e come in ogni epopea occorre che la lotta metta
di fronte misure uguali: luomo cosi naturalizzato, la Na
tura umanizzata. Le salite sono maligne, ridotte a per
centuali aspre e mortali, e le tappe, che nel Tour hanno
ciascuna lunit di un capitolo di romanzo (si tratta bene,
infatti, di una durata epica, di una somma di crisi assolute,
e non della progressione dialettica di un solo conflitto co
me nella durata tragica), sono prima di tutto personaggi
n o IL TOUR DE FRANCE COME EPOPEA

fisici, nemici successivi, caratterizzati da quel misto di


morfologia e di morale che definisce la Natura epica. La
tappa ispida, vischiosa, infiammata, irta, ecc., tutti ag
gettivi che appartengono a un ordine esistenziale della
qualificazione e mirano a indicare che il corridore alle
prese non con questa o altra difficolt naturale ma con un
vero tema di esistenza, un tema sostanziale in cui, con un
solo movimento, egli impegna la propria percezione e il
proprio giudizio.
Il corridore trova nella Natura un ambiente animato col
quale mantiene scambi di nutrimento e di soggezione. Una
tappa, marittima (Le H avre-Dieppe), sar iodata, por
ter alla corsa energia e calore; unaltra (il Nord), fatta di
strade selciate, costituir un nutrimento opaco, angoloso:
sar letteralmente dura da mandar giu; unaltra ancora
(Briancon - Monaco), scistosa, preistorica, invischier il
corridore. Tutte pongono uno stesso problema di assimi
lazione, tutte sono ridotte da un movimento propriamente
poetico alla loro sostanza profonda, e davanti a ciascuna
di esse il corridore cerca oscuramente di definirsi come un
uomo totale alle prese con Una Natura-sostanza, non pi
soltanto con una Natura-oggetto. Quello che conta sono
dunque i movimenti di avvicinamento alla sostanza: egli
si tuffa, taglia, vola, aderisce, il suo legame col suolo che
lo definisce, spesso nellangscia e nellapocalisse (lo spa
ventoso tufo su Montecarlo, il fuoco cleUEsterel).
La tappa che subisce la personificazione piu forte quel
la del monte Ventoso. I grandi passi, alpini o pirenaici,
per duri che siano, restano malgrado tutto dei passaggi,
sono sentiti come oggetti da attraversare; il passo cavo,
arriva difficilmente alla persona; il Ventoso invece ha la
pienezza di un monte, un dio del Male al quale bisogna sa
crificare. Vero Moloch, despota dei ciclisti, non perdona
ai deboli, esige un ingiusto tributo di sofferenze. Fisica-
mente il Ventoso orrendo: calvo (affetto da seborrea
secca, secondo 1 Equipe), lo spirito stesso della Sec
chezza; il suo clima assoluto ( assai piu unessenza di cli
ma che uno spazio geografico) ne fa un terreno dannato,
un luogo di prova per leroe, qualcosa come un inferno
superiore in cui il ciclista definir la verit della sua salvez
za: vincer il dragone, sia con laiuto di un dio (Gaul, ami
co di Febo), sia per puro prometeismo, opponendo a que-
IL TOUR DE FRANCE COME EPOPEA III

sto dio del Male un demone ancora pi duro (Bobet, Sa


tana della bicicletta).
Il Tour dispone di una vera e propria geografia omerica.
Come neHOdissea, la corsa , a un tempo, periplo di prove
ed esplorazione totale dei limiti terrestri. Ulisse aveva rag
giunto pi volte le porte della Terra. Il Tour, anchesso,
sfiora in pi punti il mondo inumano: sul Ventoso, ci vieti
detto, si gi lasciato il pianeta Terra, si vicini ad astri
sconosciuti. Mediante la sua geografia il Tour quindi cen
simento enciclopedico degli spazi umani; e se si volesse
riprendere qualche schema vichiano della Storia, il Tour
vi rappresenterebbe quellistante ambiguo in cui luomo
personifica fortemente la Natura per affrontarla pi facil
mente e liberarsene meglio.
Naturalmente ladesione del corridore a questa Natura
antropomorfica pu compiersi soltanto per vie semireali.
Il Tour pratica comunemente unenergetica degli Spiriti.
La forza di cui dispone il corridore per affrontare la Terra-
Uomo pu prendere due aspetti: la forma, stato pi che
slancio, equilibrio privilegiato tra la qualit dei muscoli,
l acutezza dellintelligenza e la volont del carattere, e lo
scatto, velo e proprio impulso elettrico che. prende di so
prassalto certi corridori cari agli di e fa loro compiere
prodezze sovrumane. Lo scatto implica un ordine sopran
naturale in cui luomo riesce in quanto ci sia un dio ad
aiutarlo: lo scatto quello che la mamma di Brankart
andata a chiedere per suo figlio alla Santa Vergine, nella
cattedrale di Chartres, e Charly Gaul, beneficiario presti
gioso della grazia, appunto lo specialista dello scatto;
egli riceve la sua elettricit da un intermittente commercio
con gli di; a volte gli di lo visitano e lui fa strabiliare;
a volte gli di lo abbandonano, lo scatto esaurito, Charly
non pi buono a niente.
C una terribile parodia dello scatto, la bom ba; dro
gate il corridore tanto criminale, tanto sacrilego quanto
voler imitare Dio; rubare a Dio il privilegio della scin
tilla. In questi casi del resto Dio sa vendicarsi: lo sa il
povero Malljac che una bomba: provocatoria ha condot
to alle soglie della follia (punizione per il furto del fuoco),
Bobet, al contrario, freddo, razionale, non conosce lo scat
to: uno spirito forte che basta da solo ai suoi compiti;
specialista della forma, Bobet un eroe, tutto umano:, che
non deve niente al Soprannaturale e ricava le sue vittrie
11 2 I L TOUR DE FRANCE COME EPOPEA

da qualit puramente, terrestri, maggiorate grazie alla san


zione umanistica per eccellenza: la volont. Gatti incarna
lArbitrariet, il Divino, il Meraviglioso, lElezione, la com
plicit con gli di; Bobet incarna il Giusto, lUmano, Bobet
nega gli di, Bobet illustra una morale delluomo solo.
Gaul un arcangelo, Bobet della stirpe di Prometeo,
un Sisifo che riesce a far precipitare il masso su quegli stes
si di che lhanno condannato a non essere magnificamente
che un uomo.
La dinamica del Tour, a sua volta, si presenta come una
battaglia, in cui per il confronto di natura particolare,
per cui tale battaglia drammatica solo per il suo scenario
o i suoi procedimenti, non propriamente per i suoi scontri.
Certo il Tour paragonabile a un esercito moderno, defi
nito dallimportanza del suo materiale e dal numero dei
suoi effettivi; conosce episodi mortali, angosce nazionali
{la Francia accerchiata dai corridori1 del signor' Binda,
direttore della Squadra 1 italiana), e leroe affronta la pro
va in uno stato cesareo, vicino alla divina calma familiare
al Napoleone di Hugo (Ge.m si tuff con occhio limpido
nella pericolosa discesa su Montecarlo). Ci non toglie
che latto stesso del conflitto resti difficile a cogliere e non
si lasci collocare in una durata. In effetti la dinamica del
Tour non conosce che quattro movimenti: tirare, seguire,
fuggire, accasciarsi. Tirare latto piu duro, ma anche il
pi inutile: tirare significa sempre sacrificarsi; un eroi
smo puro, destinato a mettere in risalto un carattere assai
pi che ad assicurare un risultato; nel Tour, la bravura
personale non rende direttamente, generalmente ridotta
dalle tattiche collettive. Seguire, al contrario, sempre un
po vile e sleale, indizio di un arrivismo incurante del
lonore: seguire con eccesso, con provocazione, fa parte
francamente del Male (vergogna ai succhiatori di ruote).
Fuggire un episodio poetico destinato a illustrare una so
litudine volontaria, del resto poco efficace poich si quasi
sempre raggiunti, ma gloriosa in proporzione alla sorta di
inutile onore che la sostiene (fuga solitaria dello spagnolo
Alomar: distacco, alterezza, castiglianismo delleroe alla
Montherlant). L accasciamento prefigura labbandono,
sempre orrendo, rattrista come una sconfitta: sul Ventoso
certi accasciamenti hanno assunto un carattere hiroshi-

1 In italiano nel testo.


IL TOUR DE FRANCE COME EPOPEA 113
matico. Questi quattro movimenti sono evidentemente
drammatizzati, colati nel vocabolario enfatico della crisi;
spesso uno di essi, che, abbellito dimmagini, lascia il
nome alla tappa come al capitolo di un romanzo (Titolo:
La tumultuosa pedalata di Kubler). Il ruolo del linguag
gio, qui, immenso, esso d allavvenimento, inafferrabile
perch incessantemente dissolto in una durata, la maggio-
razione epica che consente di solidificarlo.
Il Tour possiede una morale ambigua: imperativi caval
lereschi si mescolano continuamente ai richiami brutali del
puro spirito di successo. una morale che non sa o non
vuole scegliere tra la lode dellabnegazione e le necessit
dellempirismo. Il sacrificio di un corridore per il successo
della sua squadra, che venga da lui stesso o sia imposto da
un arbitro (il direttore tecnico), sempre esaltato, ma an
che sempre discusso. Il sacrificio grande, nobile, testi
monia di una pienezza morale nellesercizio dello sport di
squadra, d'i cui la grande giustificazione; ma anche con
traddice un altro valore, necessario alla leggenda completa
del Tour: il realismo. Non c posto per il sentimento nel
Tour, questa la legge che accende linteresse dello spet
tacolo. qui che la morale cavalleresca sentita come il
rischio di un possibile arrangiamento del destino: il Tour
si difende vivamente da tutto ci che sembri modificare
in precedenza il caso nudo, brutale, del combattimento. Il
gioco non fatto, il Tour un confronto di caratteri, ha
bisogno di una morale dellindividuo, della solitaria lotta
per la vita: la difficolt e la preoccupazione dei giornalisti
di preparare al Tour un avvenire incerto: durante tutto
il Tour del 1935 si protestato contro la credenza gene
rale che Bobet avrebbe vinto a colpo sicuro. Ma il Tour
anche uno sport, richiede una morale della collettivit.
Proprio questa contraddizione non mai risolta obbliga la
leggenda a sempre discutere e motivare il sacrificio, a ri
chiamare ogni volta alla memoria la morale generosa che
lo sostiene. Appunto perch il sacrificio sentito come
un valore sentimentale occorre instancabilmente giustifi
carlo.
Il direttore tecnico ha per questo punto una parte es
senziale: assicura il legame tra il fine e i mezzi, la coscienza
e il pragmatismo; lelemento dialettico che unisce in un
solo dissidio la realt del male e la sua necessit: Marcel
Bidot uno specialista di queste situazioni corneliane in
114 IL TOUR DE FRANCE COME EPOPEA

cui gli necessario sacrificare in una stessa squadra un


corridore a un altro, talvolta addirittura, che ancora pi
tragico, un fratello a un fratello (Jean a Louison Bobet).
In realt Bidot esiste solo come immagine reale di una
necessit di ordine intellettuale, che, in quanto tale, in un
universo passionale per natura, ha bisogno di una perso
nificazione indipendente. Il lavoro ben diviso: per ogni
gruppo di dieci corridori necessario un cervello puro, il
cui ruolo del resto non affatto privilegiato poich lintel
ligenza qui funzionale, non ha altro compito se non quel
lo di rappresentare al pubblico la natura strategica della
competizione: Marcel Bidot quindi ridotto alla persona
di un analista meticoloso, il suo ruolo meditare. Talvolta
un corridore prende su di s lonere cerebrale: appunto
il caso di Louison Bobet e ci che fa tutta loriginalit del
suo ruolo. Di solito la capacit strategica dei corridori
debole, non va al di l di qualche finta grossolana (Kubler
che fa la commedia per ingannare lavversario). Nel caso
di Bobet, tale mostruosa indivisione dei ruoli genera una
popolarit ambigua, ben pi torbida di quella di un Coppi
o di un Koblet: Bobet pensa troppo, uno che tira a vin
cere,, non un giocatore.
Tale mediazione dellintelligenza tra la pura morale del
sacrificio e la dura legge del successo, traduce un ordine
mentale composito, utopistico e realistico insieme, fatto
di vestigi di unetica antichissima, feudale o tragica, e di
esigenze nuove, proprie del mondo della competizione to
tale. E in questa ambiguit il significato essenziale del
Tour: il connubio sapiente dei due alibi, lalibi idealista e
lalibi realista, permette alla leggenda di coprire perfet
tamente con un velo onorevole e insieme eccitante i de
terminismi economici della nostra grande epopea.
Ma qualunque sia lambiguit del sacrificio, esso finisce
col reintegrare un ordine della chiarezza nella misura in
cui la leggenda lo riconduce senza posa a una pura disposi
zione psicologica. Ci che salva il Tour dal disagio della
libert il fatto di essere per definizione il mondo delle
essenze caratteriali. Ho gi indicato come queste essenze
vengano stabilite grazie a un nominalismo sovrano che fa
del nome del corridore il deposito stabile di un valore eter
no (Coletto, leleganza; Geminiani, la regolarit; Lauredi,
la slealt, ecc.). Il Tour un conflitto incerto di essenze
certe-, la natura, i costumi, la letteratura e le norme metto-
IL TOUR D E FRANCE COME EPOPEA 115

no successivamente tali essenze in rapporto fra loro: come


atomi esse si sfiorano, si agganciano, si respingono, e da
questo gioco hasce lepopea. Pi avanti dar un lessico ca
ratteriale dei corridori, di quelli almeno che hanno acqui
sito un valore semantico sicuro; si pu prestar fede a que
sta tipologia, stabile, abbiamo a che fare con delle essen
ze. Si pu dire che qui, come nella commedia classica, e
particolarmente nella Commedia dellarte, ma secondo un
ordine di costruzione completamente diverso (la durata
comica resta quella di un teatro del conflitto, mentre la
durata del Tour quella del racconto romanzesco), lo spet
tacolo nasce da uno scuotimento dei rapporti umani: le
essenze si urtano secondo tutte le figure possibili.
Credo che il Tour sia il miglior esempio che abbiamo
mai incontrato di mito totale, perci ambiguo; il Tour
contemporaneamente un mito di espressione e un mito di
proiezione, realistico e utopistico in una sola volta. Il Tour
esprime' e libera i francesi attraverso una favola unica in
cui le imposture tradizionali (psicologia delle essenze, mo
rale della lotta, magismo degli elementi e delle forze, ge
rarchia dei superuomini e dei gregari) si mischiano a forme
di interesse positivo, allimmagine utopistica di un mondo
che cerca ostinatamente di riconciliarsi mediante lo spet
tacolo di una chiarezza totale dei rapporti tra luomo, gli
uomini, e la Natura. Nel Tour viziata la base, i moventi
economici, il profitto ultimo della prova, generatore di
alibi ideologici. Ci non toglie che il Tour sia un fatto na
zionale affascinante, nella misura in cui lepopea esprime
quel momento fragile della Storia in cui luomo, anche mal
destro, gabbato, attraverso favole impure intuisce ugual
mente a suo. modo un perfetto adeguamento tra s, la co
munit e luniverso.

Lessico dei corridori (1955).

b o b e t (Jean). Il doppione di Louison ne anche il ne


gativo; la grande vittima del Tour. Deve al fratello mag
giore il sacrificio totale della sua persona, d a fratello.
Questo corridore, continuamente demoralizzato, soffre di
una grave infermit: pensa. La sua qualit di intellettuale
patentato ( professore di inglese e porta enormi occhiali),
lo impegna in una lucidit distruttrice: analizza la propria
n 6 IL TOUR DE FRANCE COME EPOPEA

insofferenza e perde in introspezione il vantaggio di una


muscolatura superiore a quella di suo fratello. un com
plicato, quindi uno sfortunato.
b o b e t (Louison). Bobet un eroe prometeico; ha un
magnifico temperamento di lottatore, un senso acuto del
lorganizzazione, un calcolatore, mira realisticamente a
vncere. Il suo male un germe di cerebralit (ma ne ha
meno di suo fratello, avendo solo la licenza liceale); cono
sce linquietudine, lorgoglio ferito: un bilioso. Nel 1955
ha dovuto far fronte a una pesante solitudine: privato di
Koblet e di Coppi, a dover lottare con i loro fantasmi, sen
za rivali dichiarati, potente e solitario, tutto gli era minac
cia, il pericolo potendo sorgere da ogni parte (M i ci vor
rebbero dei Coppi, dei Koblet, perch troppo duro essere
il solo favorito). Il bobetismo venuto a consacrare un
tipo di corridore molto particolare, in cui allenergia fa
da controparte uninteriorit analitica e calcolatrice.
b r a n k a r t . Simboleggia la giovane generazione in asce
sa. Ha saputo dare motivi di preoccupazione ai pi anzia
ni. Pedalatore magnifico, di un umore offensivo, continua-
mente allattacco.
c o l e t t o , Il corridore piti elegante del Tour.
c o p p i . Eroe perfetto. Sulla bicicletta ha tutte le virt.
Fantasma temibile.
d a r r i g a d e . Cerbero ingrato, ma utile. Servo zelante del
la Causa tricolore, per questa ragione perdonato come
succhiatore di ruote e intrattabile secondino.
d e GROOT. Pedalatore solitario, taciturnit baiava.
g a u l . Nuovo arcangelo della montagna. Efebo incuran
te, esile cherubino, giovanetto imberbe, gracile e insolente,
adolescente geniale, il Rimbaud del Tour. In determinati
momenti, Gaul visitato da un dio; i suoi doni sopranna
turali fanno allora pesare sui suoi rivali una misteriosa mi
naccia. Il dono divino offerto a Gaul la leggerezza: per
la grazia, linvolarsi e il planare (lassenza misteriosa di
sforzi), Gaul partecipa delluccello o dellaeroplano (si po
sa graziosamente sui picchi delle Alpi, e i suoi pedali gira
no come eliche). Ma talvolta, anche, il dio labbandona, il
suo sguardo diventa allora stranamente vuoto. Come
ogni essere mitico che ha il potere di vincere laria o lac
qua, Gaul, sulla terra, diventa balordo, impotente; il dono
divino lo intralcia (N on so correre che in montagna. E
IL TOUR DE FRANCE COME EPOPEA II7
poi in salita soltanto. In discesa valgo poco, si pu essere
troppo leggeri),
g e m i n i a n i (detto Raph o Gem). Corre con la regolarit
leale e un po ottusa di un motore. Montanaro onesto, ma
sen2a fuoco. Sgraziato e simpatico. Chiacchierone.
H A SSEN FOR d e r (detto Hassen il Magnifico o Hassen il
Corsaro). Corridore combattivo e borioso (D i Bobet, io,
ne ho uno per gamba). il guerriero ardente che sa solo
combattere, non fingere.
k o b l e t . Pedalatore di fascino che poteva permettersi
tutto, persino non calcolare i propri sforzi. lanti-Bobet,
per il quale resta, anche assente, unombra temibile, come
Coppi.
k u b l e r (detto Ferdi, o lAquila dellAdziwil). Angola
re, dinoccolato, secco e capriccioso, Kubler partecipa del
tema galvanico. Il suo scatto talvolta sospetto di artifi
cialit (si droga?) Tragediante-commediante (tossisce e
zoppica'soltanto quando guardato). Nella sua qualit di
svizzero tedesco, Kubler ha il diritto e il dovere di parlare
da negro come i teutoni di Balzac e gli stranieri della Con
tessa di Sgur (Ferdi sfortunato. Gem sempre dietro
Perdi. Ferdi non potere partire).
l a u r e d i . il traditore, il maudit del Tour 35. Tale
situazione gli ha permesso di essere apertamente sadico:
ha voluto far soffrire Bobet diventando feroce sanguisuga
dietro la sua ruota. Costretto ad abbandonare: era una
punizione? in ogni caso, certo, un avvertimento,
M O L iN E R is, L uomo dellultimo chilometro.
r o l l a n d (Antonin). Dolce, stoico, socievole. Stradista
resistente al male, regolare nelle sue prestazioni. Gregario
di Bobet. Contrasto corneliano: bisogna immolarlo? Sacri
ficio-tipo perch ingiusto e necessario.
La Guida blu

La Guida blu non conosce quasi paesaggio se non sotto


la forma del pittoresco. pittoresco tutto ci che acci
dentato, Si ritrova qui quella promozione borghese della
montagna, quel vecchio mito alpestre (risale allOttocento)
che Gide associava giustamente alla morale elvetico-pro-
testante e che ha sempre agito come un bastardo miscu
glio di naturismo e puritanesimo (rigenerazione allaria pu
ra, pensieri morali davanti alle cime, lascensione come
civismo, ecc.). Fra gli spettacoli promossi dalla Guida blu
allesistenza estetica si annovera raramente la pianura (sal
vata soltanto quando si pu dire che fertile), mai il piano.
Solo la montagna, la gola, il passo e il torrente possono
accedere al pantheon del viaggio, indubbiamente nella mi
sura in cui sembrano sorreggere una morale dello sforzo e
della solitudine. Il viaggio della Guida blu si svela cosi
come una sistemazione economica del lavoro, il facile suc
cedaneo della camminata moralizzante. Ci significa gi
constatare che la mitologia della Guida blu risale al secolo
scorso, a quella fase della storia in cui la borghesia gustava
una sorta di fresca euforia a comprarsi lo sforzo, a salvarne
limmagine e la virt senza subirne il malessere. In defini
tiva dunque, molto logicamente e molto stupidamente,
proprio lingratitudine del paesaggio, la sua mancanza di
ampiezza o di umanit, la sua verticalit, cosi contraria
alla felicit del viaggio, sono motivo del suo interesse. Al
limite, la Guida potr scrivere freddamente: L a strada
si fa molto pittoresca (tunnels): poco importa che non
si veda pi niente, giacch il tunnel divenuto il segno
sufficiente della montagna; un valore fiduciario abba
stanza forte perch si arrivi a non preoccuparsi pi dellin
casso.
Allo stesso modo che la montuosit vantata al punto
LA GU ID A B L U li 9

da annullare le altre forme di orizzonte, lumanit del pae


se scompare a vantaggio esclusivo dei monumenti. Per la
Guida blu gli uomini esistono esclusivamente come tipi.
In Spagna, per esempio, il basco un marinaio avventu
roso, il levantino un gaio giardiniere, il catalano un abile
commerciante e il cantabro un montanaro sentimentale. Si
ritrova qui quel virus dellessenza che sta nel fondo di
ogni mitologia borghese delluomo (per cui la ritroviamo
cosi spesso). L etnia ispanica viene in tal modo ridotta a
un ampio balletto classico, una sorta di Commedia dellar
te molto sensata, la cui improbabile tipologia serve a ma
scherare lo spettacolo reale delle condizioni, delle classi,
dei mestieri. Socialmente, per la Guida blu, gli uomini esi
stono solo nei treni, dove popolano una terza classe pro
miscua. Per il resto sono soltanto introduttivi, compon
gono un grazioso scenario romantico, destinato a far da
contorno allessenza del paese: la collezione di monumenti.
Accantonate le sue gole selvagge, luoghi di eiaculazione
morale, la Spagna della Guida blu conosce solo uno spazio:
quello che attraverso alcuni vuoti innominabili tesse una
fitta catena di chiese, sacrestie, pale-daltare, croci, para
menti, torri (sempre ottagonali); gruppi scolpiti (la Fami
glia e il Lavoro), portali romanici, navate e crocifissi a
grandezza naturale. evidente, tutti questi monumenti
sono religiosi, poich da un punto di vista borghese quasi
impossibile immaginare una storia dellarte che non sia
cristiana e cattolica. Il cristianesimo il primo fornitore
del turismo e non si viaggia se non per vedere chiese. Nel
caso della Spagna questo imperativo grottesco, poich il
cattolicesimo vi figura spesso come una forza barbara che
ha ottusamente degradato i precedenti risultati della civilt
musulmana: la moschea di Cordova, la cui meravigliosa
foresta di colonne continuamente ostruita da altari dal
laspetto gastronomico, o un qualche luogo deturpato dal
laggressiva imminenza di una Vergine monumentale (fran
chista), dovrebbero indurre il borghese francese a intra
vedere almeno una volta nella sua vita che c e anche unal
tra faccia storica del cristianesimo.
In generale, la Guida blu testimonia della vanit di ogni
descrizione analitica, che rifiuti cio sia la spiegazione che
la fenomenologia: essa non risponde infatti a nessuno dei
problemi che un viaggiatore moderno si pu porre attra
versando un paesaggio reale, e che dura. La selezione dei
120 LA GUIDA B L U

monumenti sopprime contemporaneamente la realt della


terra e quella degli uomini, non rende conto di nessun
fatto presente, cio storico, e per questa via il monumento
stesso diventa indecifrabile, perci stupido. Lo spettacolo
cosi continuamente in via di annientamento, e la Guida
diventa, per unoperazione comune ad ogni mistificazione,
il contrario stesso del suo titolo, un mezzo di accecamento.
Riducendo la geografia alla descrizione di un mondo mo
numentale e inabitato, la Guida blu traduce una mitologia
che stata superata da una parte della stessa borghesia:
incontestabile che il viaggio diventato (o ridiventato)
un mezzo di avvicinamento umano e non pi culturale :
di nuovo (forse come nel Settecento) oggetto capitale del
viaggio sono i costumi nella loro forma quotidiana, e sono
la geografia umana, lurbanesimo, la sociologia, leconomia,
a inquadrare i veri interrogativi di oggi, anche i pi pro
fani. La Guida blu si fermata a una mitologia borghese
parzialmente scaduta, quella che postulava lArte (reli
giosa) come valore fondamentale della cultura, ma consi
derava le sue ricchezze e i suoi tesori solo come un
confortante immagazzinamento delle merci (creazione dei
musei). Tale condotta traduceva una duplice esigenza: di
sporre di un alibi culturale pi evasivo possibile, e nel con
tempo mantenere questalibi nei lacci di un sistema nume
rabile e appropria tivo, in modo da poterne in ogni mo
mento contabilizzare lineffabilit. Va da s che tale mito
del viaggio diventa del tutto anacronistico anche allinter
no della borghesia, e suppongo che se si affidasse lelabora
zione di una nuova guida turistica, diciamo alle redattrici
dell Express o ai redattori di M atch, si vedrebbero
sorgere, per quanto ancora necessariamente discutibili,-
paesi tutti diversi: alla Spagna di Anquetil o di Larousse,
succederebbe la Spagna di Siegfried, poi quella di Foura-
sti. Si veda gi come, nella Guida Michelin, il numero del
le stanze da bagno e delle forchette di un albergo rivaleggia
con quello delle curiosit artistiche: i miti borghesi han
no anchessi la loro geologia differenziale.
vero che per la Spagna il carattere ottuso e retrogrado
della descrizione quello che meglio conviene al franchi
smo latente delia Guida. A parte i racconti storici propria
mente detti (sono del resto rari e scarsi, perch si sa che
la Storia non una buona borghese), racconti in cui i re-
pubblicani sono sempre estremisti dediti a saccheggiare
LA GUIDA B L U 121

le chiese (ma niente su Guernica), laddove i buoni nazio


nali, invece, passano il loro tempo a liberare, grazie
puramente ad abili manovre strategiche ed eroiche
resistenze, segnaler la fioritura di un superbo mito-alibi,
quello della prosperit del paese: beninteso, si tratta di
una prosperit statistica e globale, o per essere pi
esatti commerciale, La Guida non ci dice, evidentemen
te, come ripartita questa bella prosperit: senza dubbio
gerarchicamente, poich si tiene a precisarci che lo sforzo
serio e paziente di questo popolo arrivato fino alla rifor
ma del suo sistema politico, per ottenere la rigenerazione
mediante lapplicazione leale dei solidi principi di ordine
e gerarchia.
La Consigliera

Il giornalismo oggi si d tutto alla tecnocrazia, e la no


stra stampa settimanale sede di una vera e propria ma
gistratura della coscienza e del consiglio, come ai
pi bei tempi dei gesuiti. Si tratta di una morale moderna,
cio, non emancipata ma garantita dalla scienza, e per cui
pi che il parere del saggio universale richiesto quello
dello specialista. Ogni organo del corpo umano (perch
bisogna partire dal concreto) ha cosi il suo tecnico, ponte
fice e supremo sapiente: il dentista di Colgate per la bocca,
il medico di Dottore, mi dica per il sangue dal naso, gli
ingegneri del sapone Lux per la pelle, un padre domeni
cano per lanima e la corrispondente dei giornali femminili
per il cuore.
Il Cuore un organo femmina. Trattarne esige perci
nellordine morale una competenza tanto particolare quan
to quella del ginecologo nellordine fisiologico. La consi
gliera occupa cosi il suo posto grazie alla somma delle sue
conoscenze in materia di cardiologia morale; ma occorre
anche un dono caratteriale, che, come noto, il sgno glo
rioso del professionista francese (per esempio a paragone
dei confratelli americani): lincontro di unesperienza
molto lunga, che implica unet rispettabile, e di una eterna
giovinezza di cuore, a sancire il diritto alla scienza. La
Consigliera del cuore ritrova in tal modo un tipo fran
cese prestigioso, quello del burbero benefico, dotato di
una sana franchezza (che pu arrivare fino allo sgarbo),
di una grande vivacit di risposta, di una saggezza illumi
nata ma fiduciosa e la cui scienza, reale e modestamente
celata, sempre sublimata dal sesamo del contenzioso mo
rale borghese: il buon senso.
In ci che la Piccola Posta intende rivelarci di esse, le
consultanti sono accuratamente spogliate di ogni condizio
LA CONSIGLIERA 123
ne: come sotto lo scalpello imparziale del chirurgo lori
gine sociale del paziente messo generosamente tra pa
rentesi, cosi sotto lo sguardo della consigliera la postulante
ridotta a un puro organo cardiaco. La definisce solo la
sua qualit di donna: la condizione sociale trattata come
uninutile realt parassita, che potrebbe intralciare la cura
della pura essenza femminile. Solo gli uomini, razza ester
na che costituisce il soggetto del Consiglio nel senso
logistico del termine (ci di cui si parla), hanno il diritto
di essere sociali (ed giusto perch gli uomini rendono)-,
si pu dunque fissar loro un cielo: sar in genere quello
deHindustriale arrivato.
L umanit della Posta del Cuore riproduce una tipo
logia essenzialmente giuridica: lungi da ogni romanticismo
o da ogni investigazione un po reale della vita vissuta, la
posta segue nel modo pi aderente un ordine stabile delle
essenze, quello del Codice civile. Il mondo-donna diviso
in tre'classi, di statuto distinto: la puella (vergine), la
coniux, e la mulier (donna non sposata, o. vedova, o adul
tera, ma in ogni modo attualmente sola e con un passato).
Di fronte, lumanit esterna, quella che resiste o minaccia:
prima di tutto i genitori, coloro che posseggono la patria
potestas; poi il vir, il marito o il maschio, che anche lui
detiene il sacro diritto di assoggettare la donna. abba
stanza chiaro che malgrado il suo apparato romanzesco il
mondo del Cuore non improvvisato: esso riproduce sem
pre, pi o meno, rapporti giuridici congelati. Anche quan
do dice io con la sua voce pi straziante o pi candida,
lumanit della Posta non esiste a priori se non come som
ma di un piccolo numero di elementi fissi, definiti, quelli
dellistituzione familiare: la Posta, nel momento stesso in
cui sembra darsi il compito liberatore di esporre lintermi
nabile contenzioso della Famiglia, ne postula l esistenza.
In questo mondo di essenze, lessenza della donna di
essere minacciata, a volte dai genitori, pi spesso dalluo
mo; in ambedue i casi il matrimonio giuridico la salvezza,
la soluzione della crisi; che luomo sia adultero o sedut
tore (minaccia del resto ambigua) o refrattario, la panacea
il matrimonio come contratto sociale di appropriazione.
Ma la stessa fissit del fine obbliga, in caso di dilazione o
di fallimento (ed per definizione il momento in cui la
Posta interviene), a condotte irreali di compenso: i vaccini
della Posta contro le aggressioni o gli abbandoni delluomo
124 LA CONSIGLIERA

mirano tutti a sublimare la sconfitta, sia santificandola


sotto forma di sacrificio (tacere, non pensare, essere docile,
sperare), sia rivendicandola a posteriori come una pura li
bert (non perdere la testa, lavorare, infischiarsi degli uo
mini, sostenersi tra donne).
Cosi, quali che ne siano le contraddizioni apparenti, que
sta morale non postula mai per la donna altra condizione
se non parassitarla: solo il matrimonio, definendola giuri
dicamente, la fa esistere. Si ritrova qui la struttura stessa
del gineceo, definito come una libert chiusa sotto lo sguar
do. esterno delluomo. La Piccola Posta piu solidamente
che mai fissa la Donna come specie zoologica particolare,
colonia di parassiti fornita di propri movimenti interni la
cui debole ampiezza per sempre ricondotta alla fissit
dellelemento tutore (il vir). Tale parassitismo, mantenuto
sotto gli squilli di tromba dellTndipcndenza Femminile,
comporta naturalmente una totale incapacit a qualsiasi
apertura sul mondo reale: sotto il riparo di una compe
tenza i cui limiti sarebbero lealmente dichiarati, la consi
gliera rifiuta sempre di prendere posizione sui problemi
che sembrino andare al di l delle funzioni proprie del cuo
re femminile; la franchezza si ferma pudicamente alle so
glie del razzismo o della religione; e poich in effetti essa
costituisce qui un vaccino di utilit ben precisa, il suo ruo
lo di favorire linoculazione di una morale conformista
della soggezione: si localizza nella consigliera tutto il po
tenziale di emancipazione della specie femminile: in lei le
donne sono libere per procura. La libert apparente dei
consigli dispensa dalla libert reale dei comportamenti: si
mostra di cedere un po sulla morale per tener duro con
piu fermezza sui dogmi costitutivi della societ.
Cucina ornamentale

Il giornale E lle (vero tesoro mitologico) ci d circa


ogni settimana una bella fotografia a colori di un piatto
preparato: pernici dorate punteggiate di ciliege, rifreddo
di pollo rosato, timballo di gamberi contornato di gusci
rossi, charlotte alla crema decorata con disegni di frutta
candita, genovesi multicolori, ecc.
In questa cucina la categoria sostanziale dominante il
ricoperto; ci singegna visibilmente a glassare le superfici,
ad arrotondarle, a sommergere la vivanda sotto il levigato
sedimento delle, salse, delle creme, dei fondants e delle ge
latine. Ci in rapporto con la finalit stessa della coper
tura che di ordine visivo, e la cucina di E lle una
pura cucina della vista, che un senso distinto. In effetti
in questa costanza del glassato c unesigenza di distin
zione. E lle un giornale prezioso, almeno sul piano
leggendario, poich ha il ruolo di presentare a un immenso
pubblico popolare come il suo (delle inchieste l'hanno pro
vato) il sogno stesso delleleganza; di qui una cucina del
rivestimento e dellalibi, che si sforza sempre di attenuare
0 anche travestire la natura primaria degli alimenti, la bru
talit delle carni o lasprezza dei crostacei. Il piatto conta
dino ammesso solo a titolo eccezionale (il buon lesso fa
miliare), come fantasia rurale di cittadini annoiati.
Ma soprattutto la copertura prepara e sostiene uno dei
principali sviluppi della cucina distinta: lornamentazione.
1 glassati di E lle servono da fondi per decorazioni sfre
nate: funghi cesellati, ciliege disseminate, motivi di limo
ne operato, spruzzature di tartufi, pastiglie dargento, ara
beschi di frutta candita; la coltre sottostante (appunto per
questo lho chiamata sedimento, lalimento in s ridu
cendosi ormai a giacimento incerto) vuole essere la pagina
in cui si legge tutta una cucina a rocailles (il rosaceo il
colore prediletto).
126 CUCINA ORNAMENTALE

L'ornamentazione procede per due vie contraddittorie,


di cui si vedr subito la soluzione dialettica: da una parte
fuggire la natura grazie a una sorta di barocco delirante
(appuntare gamberetti in un limone, tosare un pollo, ser
vire pompeimi caldi) e dallaltra tentare di ricostruirla
mediante un artificio strampalato (disporre funghi merin
gati e foglie di pungitopo su un ceppo di Natale, rimettere
al loro posto delle teste di gambero, tuttintorno alla sofi
sticata besciamella che ne nasconde i corpi). Questo stesso
movimento si ritrova del rest nellelaborazione dei gingilli
piccolo-borghesi (portacenere a sella di cavallo, accendini
a forma di sigaretta, zuppiere a forma di lepre).
Perch qui, come in ogni arte piccolo-borghese, birre-
primibile tendenza al verismo contrastata - o equilibra
ta - da uno degli imperativi costanti del giornalismo do
mestico: quello che allE xpress si chiama gloriosamente
avere delle idee. La cucina di E lle allo stesso modo
una cucina d idee. Solo che qui linvenzione, relegata a
una realt fiabesca, deve vertere unicamente sulla guarni
zione, poich la vocazione distinta del giornale impedi
sce di affrontare i problemi reali dellalimentazione (la
difficolt reale non trovare da appuntare delle ciliege in
una pernice, ma trovare la pernice, cio pagarla)..
Questa cucina ornamentale poggia in effetti su uneco
nomia del tutto mitica. Si tratta palesemente di una cucina
di sogno, come daltra parte attestano le fotografie di
E lle che colgono il piatto solo dallalto, oggetto a un
tempo vicino e inafferrabile, la cui consumazione pu be
nissimo compiersi col solo sguardo. , nel vero senso della
parola, una cucina da manifesto, totalmente magica, so
prattutto se si ricorda che il settimanale si legge molto in
ambienti a basso reddito. Ma una cosa spiega laltra: pro
prio perch si rivolge a un pubblico veramente popolare,
E lle si astiene scrupolosamente dal postulare una cu
cina economica. Guardate invece 1 Express, il cui pub
blico esclusivamente borghese dotato di un potere dac
quisto abbastanza largo: la sua cucina reale, non magica:
E lle d la ricetta delle pernici-fantasia, 1 Express
quella dellinsalata mista. Il pubblico di E lle ha diritto
solo alla favola; a quello dell Express si possono pro
porre piatti reali, nella certezza che li potr confezionare.
La crociera del Batory

Poich ormai i borghesi fanno viaggi nella Russia so


vietica, la grande stampa francese ha cominciato a ela
borare qualche mito di assimilazione della realt comu
nista. Sennep e Macaigne del F igaro, imbarcatisi sul
Batory, hanno abbozzato sul loro giornale un nuovo alibi,
limpossibilit di giudicare un paese come la Russia in po
chi giorni. Al diavolo le conclusioni sbrigative, dichiara
gravemente Macaigne, che si prende gioco dei compagni
di viaggio e della loro mania di generalizzazione.
abbastanza gustoso vedere un giornale che fa regolar
mente dellantisovietismo, su dicerie mille volte pi im
probabili di un reale soggiorno in Urss, per corto che sia,
attraversare una crisi di agnosticismo e ammantarsi nobil
mente delle esigenze di obbiettivit scientifica, nel momen
to stesso in cui i suoi inviati possono finalmente avvicinarsi
a ci su cui da lontano tanto volentieri trinciavano giudizi.
che, per il servizio della causa, il giornalista divide le
proprie funzioni, come Maitre Jacques i propri abiti. A chi
volete parlare? a Macaigne giornalista professionista che
informa e giudica, in una parola, che sa, o a Macaigne tu
rista innocente, che per pura onest non vuol trarre alcuna
conclusione da ci che vede? Questo turista qui un alibi
meraviglioso: grazie a lui, si pu guardare senza capire,
viaggiare senza interessarsi alle realt politiche; il turista
appartiene a una sotto-umanit, priva per natura di facolt
di giudizio, che oltrepassa ridicolmente la sua condizione
quando si impiccia di averne una, E Macaigne a ridersela
dei compagni di viaggio che sembrano aver avuto la buffa
pretesa di raccogliere intorno allo spettacolo della strada
qualche cifra, qualche fatto generale, i rudimenti di una
possibile profondit nella conoscenza di un paese scono
sciuto: defitto di leso turismo, cio di leso oscurantismo,
che non si perdona, al Figaro.
128 LA CROCIERA D EL B A T O R Y

Si quindi sostituito al tema genetale deliUrss, oggetto


di critica permanente, il tema stagionale della strada, sola
realt concessa al turista. La strada diventata di colpo un
terreno neutro, dove si pu osservare senza pretesa di con
cludere. Ma facile indovinare di quali osservazioni si
tratti. Perch questa onesta riserva non impedisce affatto
al turista Macaigne di segnalare nella vita immediata alcuni
accidenti sgradevoli, atti a ricordare la vocazione barbara
della Russia sovietica: le locomotive russe emettono un
lungo muggito che non si pu mettere a confronto con il
fischio delle nostre; le pensiline delle stazioni sono di le
gno; gli alberghi mal tenuti; sui vagoni ci sono scritte ci
nesi (tema del pericolo giallo); per finire, fatto che rivela
una civilt veramente arretrata, in Russia non si trovano
osterie, non si bevono che succhi di pera!
Ma soprattutto il mito della strada permette di svolgere
il tema principale di tutte le mistificazioni politiche bor
ghesi: il divorzio tra il popolo e il regime. Di pi, se il
popolo russo viene risparmiato per riflesso delle libert
francesi. Che una vecchia si metta a piangere, o un operaio
del porto (il F igaro sociale) offra fiori agli ospiti ve
nuti da Parigi, piu che un senso di ospitalit denota
lespressione di una nostalgia politica: la borghesia fran
cese in viaggio il simbolo della libert francese, della
felicit francese.
Solo una volta illuminato dal sole della civilt capitali
stica il popolo russo pu essere riconosciuto spontaneo,
affabile, generoso. Cosi c tutto da guadagnare a rivelarne
la traboccante gentilezza, che significa sempre una defi
cienza del regime sovietico, una pienezza della felicit oc
cidentale: la riconoscenza indescrivibile della giovane
guida dellIntourist per il medico (di Passy) che le offre
delle calze di nailon, segnala in effetti larretratezza econo
mica del regime comunista e linvidiabile prosperit della
democrazia occidentale. Come sempre (lho appena indi
cato parlando della Guida blu, si finge di trattare come
termini confrontabili il lusso privilegiato e lo standard
popolare; si ascrive a credito della Francia intera lo chic
inimitabile della toilette parigina, come se tutte le francesi
si vestissero da Dior o Balenciaga; e si mostrano le gio
vani donne sovietiche rapite davanti alla moda francese,
come se si trattasse di una trib primitiva incantata da
vanti alla forchetta o al fonografo. Pi in generale, il viag-
LA CROCIERA DEL B A T O R Y 129

gio in Urss serve soprattutto a stabilire il primato borghese


della civilt occidentale: labito parigino, le locomotive
che fischiano e non muggiscono, le osterie, il superamento
del succo di pera, e soprattutto il privilegio francese per
eccellenza: Parigi, cio un misto di grandi sarti e di Folies
Bergre; questo tesoro inaccessibile che, sembra, fa so
gnare i russi tramite i turisti del Batory.
A paragone di che il regime pu restare fedele alla sua
caricatura, quella di un ordine oppressivo che mantiene
tutto nelluniformit delle macchine. Dallepisodio del ca
meriere che sul vagone-letto ebbe a reclamare presso di lui
per riavere il cucchiaino di un bicchiere di th, Macaigne
trae la conclusione (sempre in un gran moto di agnostici
smo politico) dellesistenza di una burocrazia gigantesca,
scribacchina, la cui sola preoccupazione quella di man
tenere aggiornato linventario dei cucchiaini. Nuovo ali
mento per la vanit nazionale, tutta fiera del disordine dei
francesi. L anarchia dei costumi e dei comportamenti su
perficiali un eccellente alibi per lordine: lindividuali
smo un mito borghese che permette di vaccinare con una
libert inoffensiva lordine e la tirannia di classe: il Batory
portava ai russi sbalorditi Io spettacolo di una libert pre
stigiosa: chiacchierare durante la visita dei musei e fare
gli spiritosi nel metro.
Va da s che 1 individualismo soltanto un lussuoso
prodotto desportazione. In Francia applicato a un ogget
to di altra importanza, ha, almeno per il Figaro, un altro
nome. Quando quattrocento aviatori richiamati hanno ri
fiutato, una domenica, di partire per lAfrica del Nord, il
F igaro non ha pi parlato di simpatica anarchia e di
invidiabile individualismo: poich qui non si trattava piu
di museo o di mtro, ma di bei soldi coloniali, il disordi
ne non era pi, improvvisamente, il portato di una glo
riosa virt gallica, ma lartificioso prodotto di alcuni fo
mentatori; non era pi prestigioso, ma lamentevole, e la
monumentale indisciplina dei francesi appena lodata a
strizzatine d occhio scherzose e vanitose, diventata sulla
strada d Algeria vergognoso tradimento. Il Figaro co
nosce bene la sua borghesia: la libert in vetrina, a titolo
decorativo, ma lOrdine in casa, a titolo costitutivo.
L utente dello sciopero

C ancora qualcuno per cui lo sciopero uno scandalo:


cio non soltanto un errore, un disordine o un delitto, ma
un crimine morale, unazione intollerabile che ai suoi occhi
sconvolge la Natura. Inammissibile, scandaloso, rivoltante,
hanno detto di uno sciopero recente alcuni lettori del Fi
garo, con un linguaggio che, a dire il vero, data dalla Re
staurazione e ne esprime la mentalit profonda. lepoca
in cui la borghesia, ancora da poco al potere, opera una
sorta di crisi tra la Morale e la Natura, dando alluna la
cauzione dellaltra: per paura di dover naturalizzare la
morale, si moralizza la Natura, si fnge di confondere lor
dine politico con lordine naturale e si conclude decretando
immorale tutto ci che contesta le leggi strutturali della
societ che si ha il compito di difendere. Ai prefetti di
Carlo X come ai lettori del Figaro di oggi, lo sciopero
appare prima di tutto come una sfida alle prescrizioni della
ragione fatta morale: scioperare significa ridersi del mon
do, cio infrangere pi che una legalit civica una legalit
naturale, attentare al fondamento filosofico della socie
t borghese, quel misto di morale e di logica che il buon
senso.
Qui, infatti, lo scandalo deriva da unillogicit: lo scio
pero scandaloso perch mette in difficolt proprio chi
ne fuori. La ragione perci soffre e si ribella: la causalit
diretta, meccanica, computabile si potrebbe dire, che ap
pare spesso come il fondamento della logica piccolo-bor
ghese, sconvolta: leffetto si disperde, incomprensibil
mente lontano dalla causa, e le sfugge, e ci intollerabile,
urtante. Contrariamente a quanto si sarebbe indotti a cre
dere dai sogni piccolo-borghesi, questa classe ha unidea
tirannica, infinitamente suscettibile, della causalit: il fon
damento della sua morale non affatto magico, ma razio-
L UTENTE DELLO SCIOPERO 131

naie. Soltanto, si tratta di una razionalit lineare, angusta,


fondata su una corrispondenza per cosi dire numerica del
le cause e degli effetti. Ci che manca a questa razionalit
evidentemente lidea delle funzioni complesse, limmagi
nazione di un dispiegamento remoto dei determinismi, di
una solidariet degli avvenimenti che la tradizione mate
rialistica ha teorizzato sotto il nome di totalit.
La riduzione degli effetti esige una divisione delle fun
zioni. Si potrebbe facilmente immaginare che gli uomini
fossero solidali: non si contrappone perci luomo alluo
mo, ma lo scioperante allutente. L utente (detto anche
uomo della strada, alla cui somma si d il nome innocente
di popolazione: abbiamo gi visto tutto ci nel vocabola
rio di Macaigne), lutente un personaggio immaginario,
algebrico quasi, grazie al quale diventa possibile rompere
la dispersione contagiosa degli effetti e attenersi a una cau
salit ridotta, sulla quale finalmente si potr ragionare
tranquillamente e virtuosamente. Ritagliando nella condi
zione generale del lavoratore uno statuto particolare, la
ragione borghese spezza il circuito sociale e rivendica a pro
prio vantaggio una solitudine a cui lo sciopero ha appunto
il compito di portare una smentita: essa protesta contro
ci che espressamente rivolto a lei. L utente, luomo del
la strada, il contribuente, sono perci alla lettera dei per
sonaggi, cio degli attori promossi secondo i bisogni della
causa a ruoli di superficie, e la cui missione di preservare
quella separazione essenziale delle cellule sociali, in cui,
si sa, risieduto il primo principio ideologico della Rivo
luzione borghese.
Di fatto ritroviamo qui un elemento costitutivo della
mentalit reazionaria, che quello di disperdere la collet
tivit in individui e lindividuo in essenze. Quello che tut
to il teatro borghese fa delluomo psicologico, mettendo
in conflitto il Vecchio e il Giovane, il Cornuto e lAmante,
il Prete e l Uomo di mondo, lo fanno a loro volta delles
sere sociale i lettori del F igaro; contrapporre lo scio
perante allutente significa costituire il mondo come tea
tro, ricavare dalluomo totale un attore particolare, e con
frontare questi attori arbitrari con una simbolica mendace
che finge di ritenere la parte una perfetta riduzione del
tutto.
Questo procedimento rientra in una tecnica generale di
mistificazione consistente nel formalizzare al massimo il
132 L 'U T E N T E DELLO SCIOPERO

disordine sociale. Per esempio, la borghesia non si preoc


cupa, dice, di sapere chi, nello sciopero, ha torto o ragio
ne: dopo aver diviso gli effetti tra loro per poter meglio
isolare quello che la concerne, essa pretende di non occu
parsi della causa; lo sciopero ridotto a una incidenza so
litaria, a un fenomeno di cui si tralascia la spiegazione per
darne meglio a vedere lo scandalo. Allo stesso modo il
lavoratore dei Servizi pubblici, il funzionario, verranno
astratti dalla massa lavoratrice, come se tutto lo statuto
salariato di questi lavoratori fosse in qualche modo atti
rato, fissato, e quindi sublimato, nella mera superficie delle
loro funzioni. Tale spolpamento interessato della condi
zione sociale permette di schivare il reale senza abbando
nare lillusione euforica di una causalit diretta, che comin
cia soltanto dove comodo per la borghesia farla comin
ciare: come allimprovviso il cittadino si trova ridotto al
puro concetto di utente, cosi i giovani francesi di leva si
svegliano una mattina svaporati, sublimati in una pura
essenza militare, che si finger virtuosamente di prendere
come naturale punto di partenza della logica universale:
lo statuto militare diventa in tal modo lorigine assoluta
di una nuova causalit, oltre la quale sar ormai mostruoso
voler risalire: contestare tale statuto non pu dunque esse
re in alcun caso leffetto di una causalit generale e prelimi
nare (coscienza politica del cittadino), ma solo il prodotto
di accidenti successivi allinizio della nuova serie causale:
dal punto di vista borghese, che un soldato rifiuti di partire
pu solo essere opera di sobillatori, o effetto del vino, co
me se per tale gesto non esistessero altre ottime ragioni:
credenza la cui stupidaggine pari alla mala fede, poich
evidente che la contestazione di uno statuto non pu
espressamente trovar radice e alimento se non in una co
scienza che guardi con distacco a questo statuto.
Si tratta di un nuovo disastro dellessenzialismo. quin
di logico che di fronte alla menzogna dellessenza e della
parte lo sciopero fondi il divenire e la verit del tutto.
Esso significa che luomo totale, che tutte le sue funzioni
sono solidali le une con le altre, che i ruoli di utente, di
contribuente o di militare sono baluardi veramente troppo
esigui per far resistenza al contagio dei fatti, e che nella
societ tutti sono coinvolti da tutti. Sostenendo che questo
sciopero la mette in difficolt, la borghesia testimonia di
una coesione delle funzioni sociali che nel fine stesso
L UTENTE DELLO SCIOPERO 133
dello sciopero rendere manifesta: il paradosso che luo
mo piccolo-borghese invoca la naturalezza del suo isola
mento proprio nel momento in cui lo sciopero lo piega sot
to levidenza della sua subordinazione.
Grammatica africana

Viene il dubbio che il vocabolario ufficiale degli affari


africani sia puramente assiomatico. Come dire che non ha
alcun valore di comunicazione, ma solo d intimidazione.
Costituisce una scrittura, cio un linguaggio incaricato di
operare una coincidenza fra le norme e i fatti, e. di dare
a una realt cinica la cauzione di una morale nobile. In
maniera generale, un linguaggio che funziona essenzial
mente come un codice, cio le parole vi hanno un rapporto
nullo, o contrario, col loro contenuto. una scrittura che si
potrebbe dire cosmetica perch mira a ricoprire i fatti con
un rumore di linguaggio, o se si preferisce col segno suffi
ciente del linguaggio. Qui vorrei indicare brevemente in
che modo un lessico e una grammatica possono diventare
politicamente impegnati.
BANDA (di fuorilegge, ribelli o condannati per delitti co
muni). lesempio puro di un linguaggio assiomatico.
La svalutazione del vocabolario serve in modo preciso a
negare lo stato di guerra, e ci permette di annullare la
nozione di interlocutore. N on si discute con dei fuori
legge. La moralizzazione del linguaggio permette in tal
modo di demandare il problema della pace a un arbitrario
cambiamento lessicale.
Quando la ban da francese, la si sublima sotto il
nome di comunit.
l a c e r a z i o n e (crudele, dolorosa). Questo termine aiu
ta ad accreditare lidea di unirresponsabilit della Storia.
Lo stato di guerra viene fatto sparire sotto le nobili vesti
della tragedia, come se il conflitto fosse essenzialmente il
Male, e non un male (rimediabile). La colonizzazione si
dilegua, inghiottita nellalone di una lamentazione impo
tente, che riconosce la sventura per meglio installarvisi.
Fraseologia: I l governo della Repubblica fermamen
GRAMMATICA AFRICANA 135

te deciso a fare tutti gli sforzi che da lui dipendono per


por fine alle crudeli lacerazioni che mettono alla prova il
Marocco (Lettera di Coty a Ben Arafa).
...il popolo marocchino, dolorosamente diviso contro
se stesso... (Dichiarazione di Ben Arafa).
d is o n o r a r e . Sappiamo che in etnologia, almeno se
condo lipotesi fecondissima di Claude Lvi-Strauss, il
mana una sorta di simbolo algebrico (un po come coso o
affare per noi), incaricato di rappresentare un valore in
determinato di significazione, in se stesso vuoto di senso,
e quindi suscettibile di ricevere qualunque senso, la cui
sola funzione quella di colmare uno scarto fra il signi
ficante e il significato. L 'onore precisamente il nostro
mana, qualcosa come un posto vuoto in cui si depone l in
tera collezione dei sensi inconfessabili, sacralizzati come
tabu. L onore allora proprio lequivalente nobile, cio
magico, di coso o affare.
Fraseologia: Significherebbe disonorare le nazioni mu
sulmane, lasciar credere che questi uomini potrebbero ve
nir considerati in Francia come loro rappresentanti. Si
gnificherebbe del pari disonorare la Francia (Comunicato
dei ministero dellinterno).
d e s t in o . Nel momento stesso in cui, dimostrando la
Storia ancora una volta, la sua libert, i popoli colonizzati
cominciano a smentire la fatalit della loro condizione, il
vocabolario borghese fa il massimo uso della parola De
stino. Come lonore, il destino un mana in cui si raccol
gono pudicamente i determinismi pi sinistri della colo
nizzazione. II Destino, per la borghesia, il coso o laffare
della Storia.
Naturalmente il Destino esiste solo sotto una forma le
gata. Non stata la conquista militare ad assoggettare lAl
geria alla Francia, stata una congiunzione operata dalla
Provvidenza a unire due destini. Il legame viene dichia
rato indissolubile nel tempo anche dove si dissolve con
unevidenza che non si pu nascondere.
Fraseologia: Quanto a noi, intendiamo dare ai popoli
il cui destino legato al nostro, unindipendenza vera nel-
Fassociazione volontaria (Pinay aUOnu).
d io . Forma sublimata del governo francese.
Fraseologia: ... Quando lOnnipotente ci ha designato
per esercitare la carica suprema.,, (Dichiarazione di Ben
Arafa).
i}6 GRAMMATICA AFRICANA

... Con labnegazione e la dignit sovrana di cui ha sem


pre dato lesempio... Sua Maest intende cosi obbedire alle
volont dellAltissimo (Lettera di Coty a Ben Arafa, di
messo dal governo).
guerra. Lo scopo quello di negare la cosa. Si dispo
ne a questo fine di due mezzi; o nominarla il meno possi
bile (procedimento pi frequente); o darle il senso del suo
contrario (procedimento pi astuto, che alla base di quasi
tutte le mistificazioni del linguaggio borghese). Guerra
viene allora impiegato nel senso di pace e pacificazione nel
senso di guerra.
Fraseologia: L a guerra non impedisce le misure di
pacificazione (Generale de Monsabert). S intenda che la
pace (ufficiale) non impedisce fortunatamente la guerra
(reale).
m is s io n e . la terza parola mana. Vi si pu deposi
tare tutto quello che si vuole; le scuole, lelettricit, la Co
ca Cola, le operazioni di polizia, i rastrellamenti, le con
danne a morte, i campi di concentramento e la presenza
francese.
Fraseologia: Sapete tuttavia che la Francia ha, in Afri
ca, una missione che la sola a poter assolvere (Pinay
allOnu).
p o l it ic a . La politica s i vede assegnata una sfera ri
stretta. Da una parte c la Francia e dallaltra la politica.
Gli affari dellAfrica del Nord, quando concernono la Fran
cia, non rientrano nella sfera politica. Quando le cose di
ventano gravi, fingiamo di lasciare la Politica per la Na
zione. Per la gente di destra, la Politica la Sinistra: loro
sono la Francia.
Fraseologia: V oler difendere la comunit francese e
le virt della Francia non far politica (Generale Tricon-
Dunois).
In un senso contrario, e congiunta alla parola coscienza
(poltica della coscienza), la parola politica diventa eufe
mistica; viene allora a significare; senso pratico delle realt
spirituali, gusto della sfumatura che consente a un cri
stiano di partire tranquillamente a pacificare lAfrica.
Fraseologia: ... Rifiutare a priori il servizio in un eser
cito con destinazione africana per essere certi di non tro
varsi in una situazione simile (contrastare a un ordine inu
mano), questo tolstoismo astratto non si confonde con la
politica della coscienza, perch non in alcun modo una
GRAMMATICA AFRICANA 137

politica (Editoriale domenicano di L a Vie intellec-


tuelle).
p o p o l a z io n e . una parola prediletta del vocabolario
borghese. Serve da antidoto a classi, troppo brutale, e del
resto senza realt. Popolazione incaricato di depoli
ticizzare la pluralit dei gruppi e delle minoranze, respin
gendo gli individui in una collezione neutra, passiva, che
non ha diritto al pantheon borghese se non a livello di
unesistenza politicamente incosciente. (Cfr. utenti e uo
mini della strada). Il termine generalmente nobilitato
dal suo plurale; le popolazioni musulmane, che non manca
di suggerire una differenza di maturit fra l'unit metro
politana e il pluralismo dei colonizzati, la Francia riunendo
in s ci che per natura diverso e numeroso,
Quando necessario portare un giudizio spregiativo (la
guerra talvolta obbliga a queste severit), si fraziona vo
lentieri la popolazione in elementi. Gli elementi sono in
genere fanatici o manovrati. (Giacch, non forse vero?,
solo il fanatismo o lncoscienza possono spingere a voler
uscire dallo statuto di colonizzato).
Fraseologa: G li elementi della popolazione che hanno
potuto unirsi ai ribelli in certe circostanze... (Comunicato
del ministero dellinterno).
s o c ia l e . Sociale va sempre insieme con economico.
Questo duale funziona uniformemente come un alibi, vale
a dire annuncia o giustifica in ogni occasione delle opera
zioni repressive, tanto che si pu dire che le significa. II
sociale sono essenzialmente le scuole (missione civilizza
trice della Francia, educazione dei popoli doltremare por
tati gradatamente alla maturit); leconomico sono gli in
teressi, sempre evidenti e reciproci, che legano indissolu
bilmente lAfrica alla metropoli. Questi termini progres
sisti, una volta convenientemente svuotati, possono funzio
nare impunemente come belle clausole scongiuratrici.
Fraseologia: Sfera sociale ed economica, iniziative so
ciali ed economiche.

La predominanza dei sostantivi in tutto il vocabolario


di cui abbiamo dato qualche campione, dipende evidente
mente dallingente consumo di concetti necessari alla co
pertura della realt. Bench generale e passata al grado
estremo della decomposizione, lusura di questo linguag
gio non attacca allo stesso modo verbi e sostantivi: essa
138 g r a m m a t ic a a f r ic a n a

distrugge il verbo e gonfia il nome. L inflazione morale non


interessa oggetti n atti, bens sempre idee, nozioni, il
cui accostamento pi che a un uso di comunicazione obbe
disce alla necessit di un codice stereotipato. La codifica
zione del linguaggio ufficiale e la sua sostantivizzazione
vanno cosi di pari passo, giacch il mito fondamental
mente nominale, nella misura in cui, appunto, la nomina
zione il primo processo dello sviamento.
Il verbo, invece, subisce una singolare sottrazione: se
principale, si trova ridotto allo stato di semplice copula,
destinata a porre semplicemente lesistenza o la qualit del
mito (Pinay allOnu: ci sarebbe una distensione illusoria...
sarebbe inconcepibile... Che cosa sarebbe una indipenden
za nominale?... ecc.). Il verbo stenta appena a raggiungere
un pieno statuto semantico sul piano del futuro, del possi
bile o dellintenzionale, in una lontananza in cui il mito
rischia meno la smentita. (Sar costituito un governo ma
rocchino..., chiamato a negoziare le riforme...: lo sforzo
intrapreso dalla Francia in vista di costruire una libera as
sociazione..., ecc.).
Nella sua presentazione, il sostantivo esige molto co
munemente quella che due eccellenti grammatici, Damou-
rette e Pichn, che non mancavano n di rigore n di
humour nella loro terminologia, chiamavano: il piatto no
torio, per dire che la sostanza del nome si presenta sempre
come nota. Siamo cosi nel cuore della formazione del mito:
proprio perch la missione della Francia, la lacerazione del
popolo marocchino o il destino dellAlgeria sono date gram
maticalmente come postulati (qualit loro conferita gene
ralmente dalluso dellarticolo definito) non possiamo con
testarli discorsivamente (la missione della Francia: ma via,
non insistete, sapete bene...) La notoriet la prima forma
della naturalizzazione.
Ho gi segnalato lenfasi, comunissima, di certi plurali
{le popolazioni). Bisogna aggiungere che questenfasi valo
rizza o deprezza secondo le intenzioni: le popolazioni,
una parola che installa unimpressione euforica di molti
tudini pacificamente soggiogate; ma quando si parla dei
nazionalismi elementari il plurale mira a degradare ancora,
se possibile, la nozione di nazionalismo (nemico), ridu
cendola a una collezione di unit di piccola taglia. , di
nuovo, qualcosa che i nostri due grammatici, esperti ante
litteram di affati africani, avevano previsto, distinguendo
GRAMMATICA AFRICANA 139

il plurale di massa e il plurale numerabile: nella prima


espressione il plurale favorisce unidea di compattezza, nel
la seconda insinua unidea di divisione. Cosi la grammatica
orienta il mito: delega i suoi plurali a compiti morali di
versi.
L aggettivo (o lavverbio), poi, ha spesso un ruolo cu
riosamente ambiguo: sembra procedere da uninquietu
dine, dal senso che i sostantivi di cui ci serviamo, malgrado
il loro carattere notorio, hanno unusura che non si pu
nascondere del tutto; donde la necessit di rinvigorirli:
lindipendenza diventa vera, le aspirazioni autentiche, i
destini indissolubilmente legati. L aggettivo mira a ripu
lire il nome delle sue delusioni trascorse, a presentarlo in
uno stato nuovo, innocente, credibile. Come per i verbi
pieni, laggettivo conferisce al discorso un valore futuro.
Il passato e il presente pertengono ai sostantivi, ai grandi
concetti in cui lidea dispensa dalla prova (Missione, Indi
pendenza, Amicizia, Cooperazione, ecc.); latto e il pre
dicato, di contro, per essere irrefutabili devono ripararsi
dietro qualche forma d irrealt: finalit, promessa o scon
giuro.
Sfortunatamente, questi aggettivi di rinforzo si logorano
quasi appena usati, in maniera che, in conclusione, il ri
lancio aggettivale del mito a designare con pi sicurezza la
sua inflazione. Basta leggere vero, autentico, indissolubile
o unanime per fiutare subito il vuoto della retorica. Perch
in fondo questi aggettivi, che si potrebbero dire di essenza
in quanto sviluppano sotto una forma modale la sostanza
del nome che accompagnano, non possono modificare nien
te: lindipendenza non pu essere altro che indipendente;
lamicizia amichevole e la cooperazione unanime. Con lim
potenza del loro sforzo, questi cattivi aggettivi vengono a
manifestare la salute ultima del linguaggio. La retorica uffi
ciale ha un bel sovrapporre le coperture della realt, c
un momento in cui le parole le resistono e la obbligano a
rivelare sotto il mito lalternativa della menzogna o della
verit: lindipendenza o non , e tutti i disegni aggettivi
che si sforzano di dare al nulla le qualit dellessere sono
semplicemente limpronta della colpevolezza.
La critica n-n

In uno dei primi numeri dellE xpress (quotidiano),


si potuta leggere una professione di fede critica (anoni
ma) che era un pezzo superbo di retorica bilanciata. Il suc
co era che la critica non deve essere n un gioco da salot
to, n un servizio municipale; nel senso che essa non de
ve essere n reazionaria, n comunista, n gratuita, n po
litica.
questo un esempio di meccanica della duplice esclu
sione, derivante in gran parte da quella rabbia numerica
gi pi volte incontrata, che allingrosso ho creduto poter
definire come una caratteristica piccolo-borghese. Si fa il
calcolo dei. metodi con una bilancia, se ne riempiono i
piatti, a volont, in modo da poter apparire, noi, arbitri
imponderabili, dotati di una spiritualit ideale, e perci
stesso giusta, come lasta che giudica la pesata,
Le tare necessarie a questa operazione di contabilit so
no costituite dalla moralit dei termini usati. Secondo un
vecchio procedimento terroristico (al terrorismo non sfug
ge chi vuole), si giudica nellatto stesso in cui si d un no
me, e questo, carico di una preliminare colpevolezza, viene
del tutto naturalmente a pesare su uno dei piatti della bi
lancia. Per esempio, si contrapporr la cultura alle ideolo
gie. La cultura un bene nobile, universale, fuori dai pre
giudizi sociali: la cultura non pesa. Le ideologie, piuttosto,
sono invenzioni partigiane: perci, sulla bilancia! Le si
condanna in misura uguale sotto locchio severo della cul
tura (senza pensare che la cultura allo stesso modo, in fin
dei conti, unideologia). Tutto si svolge come se da una
parte vi fossero parole pesanti, tarate (ideologia, catechi
smo, militante), incaricate di alimentare il gioco infamante
della bilancia, e dallaltra parole leggere, pure, immateriali,
nobili per diritto divino, sublimi al punto da sottrarsi alla
LA CRITICA N-N 141
volgare legge dei numeri (avventura, passione, grandezza,
virt, onore), parole al di sopra del triste computo delle
menzogne; le seconde sono incaricate di fare la morale alle
prime: da un lato parole criminali e dallaltro parole giu
stiziere. Questa bella morale del Terzo Partito, beninteso,
si risolve con certezza in una nuova dicotomia, altrettanto
semplicistica quanto quella che si voleva denunciare pro
prio in nome della complessit. vero, pu darsi che il
nostro mondo consista in alternative: siate per sicuri che
si tratta di una scissione senza Tribunale: non c salvezza
per i Giudici; anche loro sono totalmente implicati.
Basta vedere del resto quali altri miti affiorino in questa
critica N-N, per capire da che parte stia. Senza dir altro
sul mito dellatemporalit, che sottende ogni ricorso a una
cultura eterna (u n arte di tutti i tempi), nella nostra
dottrina N-N trovo ancora due espedienti correnti della
mitologia borghese. II primo consiste in una certa idea del
la libert, concepita come rifiuto del giudizio a priori.
Ora un giudizio letterario sempre determinato dalla to
talit di cui fa parte, e lassenza di sistema soprattutto
se allo stato di professione di fede - procede anchessa da
un sistema perfettamente definito, che nel caso nostro
una variet molto comune dellideologia borghese (o della
cultura, come direbbe il nostro anonimo). Si potrebbe ad
dirittura dire che meno discutibile la subordinazione l
dove viene rivendicata una libert originaria. Si pu tran
quillamente sfidare chiunque a esercitare una critica inno
cente, pura da ogni determinazione sistematica: i N-N
sono anche loro imbarcati in un sistema, che non neces
sariamente quello a cui si richiamano. Non si pu giudi
care la Letteratura senza unidea preliminare delTUomo e
della Storia, del Bene, del Male, della Societ, ecc.: solo
nel semplice termine di avventura, allegramente moraliz
zato dai nostri N-N in contrapposizione ai volgari siste
mi che non sorprendono, quale eredit, fatalit, routi
ne! Ogni libert finisce sempre col reintegrare una certa
nota coerenza, e questa non altro che un certo a priori.
Cosi, la libert del critico non di rifiutare il partito (im
possibile!), ma di confessarlo o no.
Il secondo sintomo borghese del nostro testo il riferi
mento euforico allo stile dello scrittore come valore
eterno della Letteratura. Eppure, niente pu sfuggire ai
ripensamenti della Storia, nemmeno lo scrivere bene.
142 LA CRITICA N-N

Lo stile un valore critico perfettamente datato, e farsi


difensori dello stile proprio nellepoca in cui alcuni
scrittori importanti hanno preso dassalto questultimo
bastione della mitologia classica, significa dar prova di un
certo arcaismo: no, rifarsi ancora una volta allo stile
non lavventura! Pi avvertito in uno dei numeri succes
sivi, 1 Express pubblicava una protesta pertinente di
A. Robbe-Grillet contro il ricorso magico a Stendhal
(Scrive come uno Stendhal), L incontro di uno stile e
di unumanit (Anatole France per esempio) non basta
forse pi a fondare la Letteratura. C persino da temere
che lo stile , compromesso in tante opere falsamente
umane, abbia finito per diventare un oggetto sospetto a
priori: in ogni caso un valore che non andrebbe versato
a credito dello scrittore se non con beneficio dinventario.
Questo naturalmente non vuol dire che la Letteratura pos
sa esistere al di fuori di un certo artificio formale. Ma non
dispiaccia ai nostri N-N, sempre fautori di un universo
bipartito di cui sarebbero la divina trascendenza: il con
trario dello scrivere bene non necessariamente lo scrivere
male: oggi forse lo scrivere, semplicemente. La Lettera
tura diventata uno stato difficile, stretto, mortale. Non
sono pi gli ornamenti che essa difende, ma la pelle: temo
proprio che la nuova critica N-N sia in ritardo di una
stagione.
Strip-tease

Lo strip-tease almeno lo strip-tease parigino poggia


su una contraddizione: desessualizzare la dnna nel mo
mento stesso in cui la si spoglia. Si pu dire perci che
si tratta in un certo senso di uno spettacolo della paura, o
piuttosto del Fammi paura, come se lerotismo si arre
stasse a una sorta di delizioso terrore di cui basta annun
ciare i segni rituali per provocare lidea di sesso e insieme
la sua esorcizzazione.
Solo la durata del denudamento pone il pubblico come
voyeur-, ma come in qualunque spettacolo mistificante, lo
scenario, gli accessori e gli stereotipi vengono a contrastare
la provocazione iniziale del proposito e finiscono per in
ghiottirla nellinsignificanza: si ostenta il male per meglio
ostacolarlo ed esorcizzarlo. Lo strip-tease francese sembra
procedere da quella che, in queste stesse pagine, ho chia
mato loperazione Astra, procedimento di mistificazione
che consiste nel vaccinare il pubblico con una punta di
male per poi meglio immergerlo in un Bene Morale, ormai
immunizzato: alcuni atomi di erotismo, designati dalla
situazione stessa dello spettacolo, sono infatti assorbiti in
un rituale rassicurante che cancella lelemento carnale con
tanta certezza quanto il vaccino o il tab bloccano e frena
no la malattia o lerrore.
Si avr cosi nello strip-tease tutta una serie di coperture
apposte sul corpo della donna via via che ella finge di spo
gliarlo. L esotismo la prima di queste distanze, perch
si tratta sempre di un esotismo stereotipato che allontana
il corpo nel favoloso o nel romanzesco: cinese munita di
una cannuccia da oppio (simbolo obbligato della sinit),
vamp ondulante dal bocchino gigantesco, scenario venezia
no con gondola, vestito paniers e cantore di serenate,
tutto ci mira a porre la donna, sin dallinizio, come og
144 ST R IP -TEA SE

getto travestito; il fine dello strip non piu allora quello


di portare alla luce una profondit segreta, ma, attraverso
leliminazione di un vestimento barocco e artificiale, di si
gnificare la nudit come abito naturale della donna, che
equivale a ritrovare in fondo uno stato perfettamente pu
dico della carne.
Gli accessori classici del variet, mobilitati senza ecce
zione, allontanano anchessi in ogni momento il corpo sve
lato, lo respingono nel comfort avvolgente di un noto ri
tuale: le pellicce, i ventagli, i guanti, le piume, le calze a
rete, in una parola tutta la sfera dellabbigliamento, indu
cono incessantemente a reintegrare nel corpo vivente la
categoria degli oggetti di lusso che circondano luomo di
un magico scenario. Piumata o inguantata, la donna si im
pone qui come elemento stereotipato di variet, e spo
gliarsi di oggetti cosi rituali non ha nulla di un nuovo de
nudamento: la piuma, la pelliccia e il guanto continuano a
impregnare la donna delia loro magica virt anche una
volta tolti, le costituiscono come il ricordo avvolgente di
un lussuoso guscio, perch una legge evidente che tutto
lo stripr-tease sia gi presente nella natura dellabbiglia
mento iniziale: se questo improbabile, come nel caso del
la cinese o della donna impellicciata, il nudo che gli suc
cede resta anchesso irreale, liscio e chiuso come un bel
loggetto sfuggente, astratto per la sua stessa stravaganza
dalla consuetudine umana: la significazione profonda del
sesso di diamante o di scaglie il fine stesso dello strip-
tease: quellultimo triangolo, per la forma pura e geome
trica, per la materia brillante e dura, spranga il sesso come
una spada di purezza e respinge definitivamente la donna
in un universo mineralogico, la pietra (preziosa) costituen
do qui il tema irrefutabile delloggetto totale e inutile.
Contrariamente al pregiudizio corrente, la danza, che
accompagna lo strip-tease in tutta la sua durata, non per
niente un fattore erotico. Probabilmente addirittura il
contrario: londulazione debolmente ritmata serve a scon
giurare il timore dellimmoralit: non solo d allo spetta
colo la cauzione dellArte (le danze del variet sono sem
pre artistiche), ma soprattutto costituisce la chiusura
ultima, la pi efficace: la danza, fatta di gesti rituali, vista
mille volte, agisce come un cosmetico di movimenti, na
sconde la nudit, sommerge lo spettacolo sotto la velatura
di gesti inutili e tuttavia primari, perch il denudamento
ST R IP -TE A SE 145

relegato al rango di operazioni parassitarle, compiute in


una lontananza improbabile. Cosi si vedono le esperte dello
strip-tease avvilupparsi in un agio miracoloso che le veste
incessantemente, le distanzia, d loro lindifferenza glaciale
delle abili professioniste, rifugiate con alterigia nella cer
tezza della loro tecnica: la loro scienza le veste come un
abito.
Tutto ci, tale minuziosa esorcizzazione del sesso, pu
verificarsi a contrario nei concorsi popolari (rie) di
strip-tease per dilettanti: in questi, delle esordienti si
svestono davanti ad alcune centinaia di spettatori senza
ricorrere o ricorrendo malamente alla magia, il che rista
bilisce incontestabilmente il potere erotico dello spetta
colo: qui, in partenza, molte meno cinesi o spagnole, nien
te piume o pellicce (rigidi abiti a giacca, mantelli da citt),
pochi travestimenti originali; passi goffi, danze insufficien
ti, la ragazza insidiata continuamente dallimmobilit, e
soprattutto una difficolt tecnica (resistenza dello slip,
del vestito, del reggiseno) che d ai gesti del denudamento
unimportanza inattesa, rifiutando alla donna lalibi del
larte e il rifugio delloggetto, costringendola in una con
dizione di debolezza e spaurimento.
Tuttavia, al Moulin Rouge, si delinea unesorcizzazione
daltra sorta, forse tipicamente francese, esorcizzazione
che del resto mira pi ad addomesticare lerotismo: che ad
abolirlo: il presentatore tenta di dare allo strip-tease uno
statuto piccolo-borghese rassicurante. In primo luogo lo
strip-tease uno sport: c uno Strip-tease Club, che orga
nizza sane competizioni le cui laureate escono coronate,
ricompensate da premi edificanti (un abbonamento a lezio
ni di educazione fisica, un romanzo, che pu solo essere il
Voyeur di Robbe-Grillet), o utili (un paio di calze di nai
lon, cinquemila franchi), E poi, lo strip-tease assimilato
a una carriera (esordienti, semiprofessioniste, professioni
ste), cio allesercizio onorato di una specializzazione (le
stripteaseuses sono operaie qualificate); si pu perfino dar
loro il magico alibi del lavoro: la vocazione: una data ra
gazza sulla buona strada o sulla via d tener fede
alle promesse, o al contrario fa i suoi primi passi nel
larduo cammino dello strip-tease. Infine, soprattutto, le
concorrenti sono socialmente a posto: una commessa,
unaltra segretaria (ci sono molte segretarie allo Strip-tease
Club). Lo strip-tease, qui, reintegra la saia, si familiarizza,
146 s t r i p -t e a s i ;

simborghesisce, come se i francesi, a differenza dei pub


blici americani (almeno a quanto si dice), e seguendo una
tendenza irreprimibile del oro statuto sociale, non potes
sero concepire lerotismo se non come una propriet do
mestica, consacrata dallalibi dello sport settimanale molto
piu che dallo spettacolo magico: cosi che in Francia si
nazionalizza lo strip-tease.
La nuova Citron

Credo che oggi lautomobile sia lequivalente abbastanza


esatto delle grandi cattedrali gotiche: voglio dire una gran
de creazione depoca, concepita appassionatamente da ar
tisti ignoti, consumata nella sua immagine, se non nel suo
uso, da tutto un popolo che si appropria con essa di un
oggetto perfettamente magico.
La nuova Citron cade manifestamente dal cielo nella
misura in cui si presenta da principio come un oggetto su
perlativo. Non bisogna dimenticare che loggetto il mi
glior portatore del soprannaturale: c facilmente nellog
getto una perfezione e insieme unassenza di origine, una
chiusura e una brillantezza, una trasformazione della vita
in materia (la materia assai piu magica della vita), e per
dir tutto un silenzio che appartiene allordine del meravi
glioso. La Desse ha tutti i caratteri (almeno il pubblico
sta cominciando ad attribuirglieli unanimemente) di uno
di quegli oggetti discesi da un altro universo che hanno
alimentato la neomania del Settecento e quella della no
stra fantascienza: la Desse da principio un nuovo Nau-
tlus.
per questo che in lei piu che la sostanza interessano
le giunture. Si sa che la levigatezza sempre un attributo
della perfezione perch il suo contrario tradisce unopera
zione tecnica e tutta umana di connessione: la tunica di
Cristo era senza cuciture, come le aeronavi della fanta
scienza sono di un metallo senza saldature. La DS 19 non
aspira al ricoperto puro, per quanto la sua forma generale
sia molto avviluppata; tuttavia sono gli incastri dei suoi
piani che interessano pi il pubblico: si tasta furiosamente
la giuntura dei vetri, si fa scorrere la mano nei larghi sol
chi di gomma che collegano il finestrino posteriore alle sue
rifiniture di nickel. Nella DS si ha lembrione di una nuova
148 LA NUOVA CITROEN

fenomenologia della connessione, come s si passasse da


un mondo di elementi saldati a un mondo di elementi giu
stapposti e solidali solo in virt della loro forma meravi
gliosa, il che, beninteso, ha il compito di introdurre allidea
di una natura piu facile.
Quanto alla materia in s, certo che essa risponde a un
gusto della leggerezza, in senso magico. Si fa ritorno a un
certo aerodinamismo, tuttavia nuovo nella misura in cui
meno massiccio, meno tagliente, piu disteso di quello
vigente agli albori di questa moda. La velocit si esprime
qui in segni meno aggressivi, meno sportivi, come se pas
sasse da una forma eroica a una forma classica. Questa spi
ritualizzazione si legge nellimportanza, la cura e la materia
delle superfici a vetri. La Desse visibilmente esaltazione
del vetro, e la lamiera in essa solo una base. Cosi i vetri
non sono finestre, aperture tagliate nel guscio oscuro, sono
grandi pannelli daria e di vuoto, con la bombatura distesa
e brillante delle bolle di sapone, la sottigliezza dura di una
sostanza piu entomologica che minerale {il marchio Ci
tron, il marchio con le frecce, si del resto cambiato in
marchio alato, come se ora si passasse da un ordine della
propulsione a un ordine del movimento, da un ordine del
motore a un ordine dellorganismo).
Si tratta perci di unarte umanizzata, e pu darsi che la
Desse segni un cambiamento nella mitologia automobile.
Fino a ieri la macchina superlativa dipendeva di piu dal.
bestiario della potenza; ora diventa piu spirituale e piu
oggettiva, e malgrado alcuni compiacimenti neomaniaci
(come il volante vuoto), eccola piti casalinga, meglio in
tonata a quella sublimazione deHutensilit che oggi si ri
trova nella nostra economia domestica: il cruscotto somi
glia pili a una cucina moderna che alla centrale di unoffi
cina: le lamelle sottili di lamiera opaca, ondulata, le levet
te coi pomelli bianchi, i quadranti molto semplici, la stessa
discrezione delle parti nichelate, tutto questo significa una
sorta di controllo esercitato sul movimento, concepito or
mai come comfort pili che come prestazione. Si passa visi
bilmente da unalchimia della velocit a un assaporamento
della guida.
Sembra che il pubblico abbia mirabilmente intuito la
novit dei temi propostigli: dapprima sensibile al neologi
smo (tutta una campagna di stampa lo teneva allerta da
anni), ben presto si sforza di reintegrare una condotta di
LA NUOVA CITRON 149

adattamento e di mensilit (Bisogna farci labitudine).


Nei saloni dellesposizione l automobile-testimone visi
tata con applicazione intensa, amorosa: la grande fase
tattile delia scoperta, il momento in cui il meraviglioso
visivo si accinge a subire lassalto raziocinante del tatto
(poich il tatto il piu demistificatore dei nostri sensi, al
contrario della vista, che il pi magico): le lamiere, le
giunture vengono toccate, palpate le imbottiture, provati
i sedili, carezzati gli sportelli, maltrattati i cuscini; davanti
al volante, si mima la guida con tutto il corpo. L oggetto
totalmente prostituito, appropriato: mossa dal cielo di
Metropolis, la Desse viene mediata in un quarto d ora,
compiendo in questo esorcismo il movimento stesso della
promozione piccolo-borghese.
La letteratura secondo Minou Drouet

L affare Minou Drouet ha avuto per molto tempo laspet


to di un enigma poliziesco; lei o non lei? A questo mi
stero si sono applicate le tecniche abituali della polizia (ec
cetto la tortura, e anche!): linchiesta, il sequestro, la gra
fologia, la psicotecnica e lanalisi interna dei documenti.
Se la societ ha messo in moto un meccanismo quasi giu
diziario per tentare di risolvere un enigma poetico, vie
ne il sospetto che non sia semplicemente per amore della
poesia; che limmagine di una bambina-poeta le risulta
inattesa e insieme necessaria; unimmagine che ha bisogno
di unautenticazione il piu possibile scientifica nella misu
ra in cui sostiene il mito centrale dellarte borghese: quello
dellirresponsabilit (di cui il genio, il bambino e il poeta
non sono che figure sublimate).
Nellattesa che si scoprissero documenti oggettivi, tutti
coloro che hanno preso parte alla contestazione poliziesca
(e sono assai numerosi) non hanno avuto altro appoggio
che una certa idea normativa dellinfanzia e della poesia,
quella che hanno in se stessi. I ragionamenti tenuti sul
caso Minou Drouet sono tautologici per natura, non hanno
nessun valore dimostrativo; io non posso provare che i
versi sottoposti alla mia analisi sono proprio quelli di un
bambino se prima non so che cos linfanzia e che cosa la
poesia: il che viene a richiudere il processo su se stesso.
Ecco un nuovo esempio di quella illusoria scienza polizie
sca i cui meccanismi sono ben visibili nella gran parte dei
processi d assise: interamente fondata su una certa tiran
nia della verosimiglianza, essa edifica una verit circolare,
che lascia accuratamente fuori la realt dellaccusato o del
problema; ogni indagine poliziesca, di questo tipo consiste
nel raggiungere i postulati che noi stessi abbiamo stabilito
in partenza: essere colpevole, per laccusato, significa coin-
LA LETTERATURA SECONDO MINOU DROUET 151

ridere con la psicologia che il Procuratore generale por


ta dentro di s, assumere come in un magico transfert la
colpevolezza presente nellintimo dei magistrati, costituirsi
oggetto emissario, la verosimiglianza non essendo altro che
una disposizione dellaccusato a rassomigliare ai propri
giudici. Allo stesso modo interrogarsi (furiosamente, co
me stato fatto dalla stampa) sullautenticit della poesia
drouetiana, significa partire da un giudizio preformato del
linfanzia e della poesia, e, in qualsiasi cosa ci simbatta,
ritornarci fatalmente, significa postulare una normalit
poetica e insieme infantile in virt della quale si giudi
cher Minou Drouet, significa, a qualunque decisione si
arrivi, ingiungere a Minou Drouet di addossarsi, come pro
digio e come vittima insieme, come mistero e come pro
dotto, cio in definitiva come puro oggetto magico, tutto
il mito poetico e tutto il mito infantile del nostro tempo.
Del resto, proprio la combinazione variabile di questi
due miti- a provocare la differenza delle reazioni e dei giu
dizi. Sono rappresentate tre et mitologiche: alcuni classici
in ritardo, ostili per tradizione alla poesia-disordine, con
dannano Minou Drouet in tutti i modi: se la sua poesia
autentica, la poesia di una bambina, quindi sospetta, non
essendo ragionevole; e se la poesia di un adulto, al
lora la condannano perch falsa. Pi vicini al nostro tem
po, tutti fieri di accedere alla poesia irrazionale, alcuni neo
fiti venerabili si meravigliano di scoprire (nel 1955) il po
tere poetico dellinfanzia, gridano al m iracolo per un
fatto letterario banale, noto da tempo; altri infine, i vec
chi militanti della poesia-infanzia, coloro che sono stati al
vertice del mito quando questo era d avanguardia, posano
sulla poesia di Minou Drouet uno sguardo scettico, stan
cato dal pesante ricordo di una campagna eroica, di una
scienza che niente pu pi intimidire (Cocteau: T utti i
bambini di nove anni hanno del genio, fuorch Minou
Drouet), La quarta et, quella dei poeti doggi, sembra
non essere stata consultata: poco noti al grande pubblico,
si pensato che il loro giudizio non avrebbe avuto nessun
valore dimostrativo, nella misura stessa in cui non rappre
sentano nessun mito: d altra parte dubito che essi si rico
noscano anche minimamente nella poesia di Minou Drouet.
Ma innocen te o adulta che si dichiari la poesia di Minou
(cio che la si lodi o la si sospetti), significa in ogni modo
riconoscerla fondata su una profonda alterit posta dalla
I 52 LA LETTERATURA SECONDO MINOU DROUET

natura stessa fra let infantile e let matura, significa po


stulare il bambino come un essere asociale, o per lo meno
capace di operare spontaneamente su di s la propria cri
tica e di vietarsi luso delle parole sentite al solo fine di
manifestarsi pienamente come bambino ideale: credere al
genio poetico dellinfanzia, credere a una sorta di parte
nogenesi letteraria, porre una volta di pi la letteratura
come un dono degli di. Ogni traccia di cultura cosi
messa in conto alla finzione, come se luso dei vocabolari
fosse rigidamente sottoposto a regolamento dalla natura,
come se il bambino non vivesse in osmosi costante con
lambiente adulto; e la metafora, limmagine, i concetti,
sono messi a credito dellinfanzia come segni della pura
spontaneit, laddove, coscientemente o no, essi sono la
sede di una forte elaborazione, suppongono una profondi
t in cui la maturit individuale ha una parte decisiva.
Quali che siano i risultati dellinchiesta, lenigma per
ci di scarso interesse, non fa luce n sullinfanzia n sulla
poesia. Ci che rende questo mistero del tutto indifferente,
che, infantile o adulta, questa poesia ha una realt per
fettamente storica: si pu datarla, e il meno che se ne pos
sa dire che ha un po piu di otto anni, let di Minou
Drouet. Ci sono stati infatti, verso il 1914, alcuni poeti
minori, che le nostre storie letterarie, in grande imbarazzo
a dover classificare il niente, raggruppano generalmente
sotto il nome pudico di Isolati o Tardi, Fantasisti o Inti
misti, ecc. Incontestabilmente qui il posto della piccola
Drouet - o della sua musa - accanto a poeti del prestigio
di Mme Burnat-Provins, oppure Roger Allard o Tristan
Klingsor. La poesia di Minou Drouet di questa forza:
una poesia saggia, zuccherosa, interamente fondata sulla
credenza che la poesia una questione di metafora, e il
suo contenuto una sorta di elegiaco sentimento borghese
puro e semplice. Che tale preziosit casalinga possa pas
sare per poesia, e che in proposito si avanzi anche il nome
di Rimbaud, limmancabile fanciullo-poeta, fa parte del
mito puro. Mito del resto assai chiaro, perch evidente
la funzione di questi poeti: forniscono al pubblico i segni
della poesia, non la poesia in s; sono economici e rassi
curanti. Una donna ha espresso molto bene questa fun
zione superficialmente emancipata e profondamente pru
dente della sensibilit intimista: Mme de Noailles, che
(coincidenza!) ha scritto a suo tempo la prefazione alle
LA LETTERATURA SECONDO MINOU DROUET 153
poesie di unaltra bambina geniale, Sabine Sicaud, mor
ta a quattordici anni.
Autentica o no, questa poesia dunque datata, e pesan
temente. Ma adottata oggi da una campagna di stampa e
dalla cauzione di alcune personalit, ci d appunto a leg
gere che cosa la societ crede siano e linfanzia e la poesia.
Citati, elogiati o discussi, i testi della famiglia Drouet
sono un prezioso materiale mitologico.
C in primo luogo il mito del genio, del quale ormai
non si pu piti decisamente venire a capo. I classici ave
vano decretato che era questione di pazienza. Oggi, il genio
guadagnar tempo, fare a otto anni quello che normal
mente si fa a venticinque. Semplice questione di quantit
temporale: si tratta di andare un po piu veloci di tutti
gli altri. L infanzia diventer perci il luogo privilegiato
del genio. Allepoca di Pascal si considerava linfanzia co
me. un tempo perduto; il problema era uscirne al pi pre
sto. Cn il romanticismo (cio con il trionfo borghese), si
tratta di restarvi pi a lungo possibile. Ogni atto adulto
imputabile allinfanzia (anche tarda) partecipa della sua
atemporalit, appare prestigioso perch prodotto in an
ticipo. La valorizzazione fuori posto di questa et suppo
ne che la si consideri come unet privata, chiusa in se stes
sa, detentrice di uno statuto speciale, come unessenza inef
fabile e intrasmissibile.
Ma nel momento stesso in cui linfanzia definita un
miracolo, si proclama che questo miracolo non altro che
un prematuro accesso ai poteri delladulto. La specificit
dellinfanzia resta dunque ambigua, colpita da quella stessa
ambiguit che caratterizza tutti gli oggetti delluniverso
classico: come i piselli del paragone sartriano, linfanzia e
la maturit sono et diverse, chiuse, incomunicabili, c tut
tavia identiche: il miracolo di Minou Drouet di produrre
una poesia adulta, bench bambina, di aver fatto scen
dere nellessenza infantile lessenza poetica. Lo stupore
non deriva da una reale distruzione delle essenze (che sa
rebbe molto igienico), ma semplicemente dalla loro pre
coce mescolanza. Ci illustra assai bene la nozione pretta
mente borghese di enfant-prodige (Mozart, Rimbaud, Ro
berto Benzi); oggetto mirabile nella misura in cui adempie
alla funzione ideale di ogni attivit capitalistica: guadagnar
tempo, ridurre la durata umana a un problema numerativo
distanti preziosi.
154 LA LETTERATURA SECONDO MINOU DROUET

Indubbiamente questa essenza infantile ha forme di


verse secondo let dei suoi utenti: per i modernisti,
linfanzia riceve la sua dignit dalla sua stessa irrazionalit
(all Express non si ignora la psicopedagogia): donde la
comica confusione con il surrealismo! Ma per Henriot, che
si rifiuta di glorificare ogni fonte di disordine, linfanzia
non deve produrre cosa che non sia deliziosa e distinta:
il bambino non pu essere n banale n volgare, che vuol
dire, ancora, immaginare una sorta di natura infantile
ideale, caduta dal cielo al di fuori di ogni determinismo
sociale, vuol dire lasciare alla porta dellinfanzia non pochi
bambini, e riconoscere per tali soltanto i graziosi rampolli
della borghesia. L et in cui luomo per l appunto si fa,
cio simpregna vivamente di societ e di artificio, para
dossalmente, per Henriot, let della naturalezza; e
let in cui un marmocchio pu benissimo ucciderne un
altro (episodio contemporaneo allaffare Minou Drouet),
, sempre per Henriot, let in cui non possibile essere
lucido e acre, ma soltanto sincero, delizioso, e d i
stinto.
Dove i nostri commentatori si trovano d accordo su
un certo carattere sufficiente della Poesia: per tutti, la
Poesia ininterrotto seguito di trovate, il nome semplice
della metafora. Piu la poesia infarcita di form ule, pi
passa per riuscita. Tuttavia, ci sono solo i cattivi poeti che
fanno buone immagini, 0 che, almeno, non fanno che
quello: essi concepiscono ingenuamente il linguaggio poe
tico come una somma di buone venture verbali, persuasi,
certo, che, essendo la poesia veicolo di irrealt, occorre a
ogni costo tradurre loggetto, passare dal Larousse alla
metafora, come se bastasse nominare malamente le cose
per poetizzarle. Il risultato che questa poesia puramente
metaforica interamente costruita su una sorta di diziona
rio poetico, di cui Molire ha dato alcuni fogli per il suo
tempo, e da cui il poeta attinge la sua poesia come se do
vesse tradurre una p ro sa in v ersi. La poesia dei
Drouet con molta applicazione questa ininterrotta me
tafora, in cui i suoi zelatori - e le sue zelatrici ricono
scono con delizia la fisionomia chiara, imperativa, della
Poesia, della loro Poesia (non c niente di pi rassicu
rante che un dizionario).
Gi questo eccesso di trovate produce da solo un cumu
lo di ammirazioni: ladesione alla poesia non pi un atto
LA LETTERATURA SECONDO MINOU DROUET *55
totale, determinato con lentezza e pazienza attraverso tutta
una serie di tempi morti, unaccumulazione di estasi, di
applausi, di salve, rivolti alla riuscita acrobazia verbale:
ancora una volta la quantit fonda il valore. I testi di Mi-
nou Drouet appaiono in questo senso come l antifrasi di
ogni Poesia, nella misura in cui rifuggono da quellarma
solitaria degli scrittori, la letteralit, mediante la quale
soltanto si pu togliere alla metafora il suo artificio, rive
larla come la folgorazione di una verit, conquistata su
una continua nausea del linguaggio. Per parlare solo della
Poesia moderna (perch dubito che ci sia unessenza della
poesia, al di fuori della sua Storia), quella beninteso di
Apollinaire, e non quella di Mme Burnat-Provins, certo
che la sua bellezza, la sua verit, derivano da una profonda
dialettica tra la vita e la morte del linguaggio, tra lo spes
sore della parola e la noia della sintassi. Ora quella di Mi-
nou Drouet chiacchiera continuamente, come quegli esseri
che hanno pauta del silenzio: teme visibilmente la lettera
e vive di una somma di espedienti: confonde la vita con il
nervosismo.
Ma lelemento rassicurante in questa poesia. Per quan
to si tenti di caricarla di stranezza, o si fnga di riceverla
con stupore e in un contagio di immagini ditirambiche, la
sua stessa loquacit, il suo gettito di trovate, questordine
calcolato di una profusione non costosa, fondano una Poe
sia agghindata ed economica: ncora un regno de\\imita
zione, una delle scoperte piu preziose del mondo borghese
poich fa risparmiare denaro senza intaccare lapparenza
della merce. Non a caso 1 Express ha adottato Minou
Drouet: la poesia ideale di un universo in cui Vesteriorit
diligentemente misurata: anche Minou paga per gli altri:
con la modica spesa di una bambina si accede al lusso della
Poesia.
Questa Poesia ha naturalmente il suo Romanzo che sar,
nel suo genere, un linguaggio altrettanto netto e pratico,
decorativo e usuale, la cui funzione sar messa ben in vista
a un prezzo ragionevole, un romanzo molto san o , che
porter in s i segni spettacolari del romanzesco, un ro
manzo solido e insieme a buon mercato: il premio Gon-
courf, per esempio, che ci stato presentato nel 1955 co
me il trionfo della sana tradizione (dove Stendhal, Balzac,
Zola, collegano Mozart a Rimbaud) contro le decadenze
dellavanguardia. L importante, come nella pagina casa-
156 LA LETTERATURA SECONDO MINOU DROUET

linga delle nostre riviste femminili, avere di fronte og


getti letterari di cui si sappia bene la forma, luso e il prez
zo prima di comprarli, e che mai niente in essi possa diso
rientare: perch non c nessun pericolo a decretare strana
la poesia di Minou Drouet se fin da principio la si riconosce
come poesia. La letteratura tuttavia non comincia che da
vanti allinnominabile, davanti alla percezione di un altrove
estraneo allo stesso linguaggio che lo cerca. Proprio questo
dubbio creatore, questa morte feconda, quanto la nostra
societ condanna nella sua buona Letteratura ed esorcizza
in quella cattiva. Chiedere a gran voce che il Romanzo sia
romanzo, la Poesia poesia e il Teatro teatro, questa sterile
tautologia della stessa qualit di quelle leggi denomina
tive che nel Codice civile regolano la propriet dei Beni:
tutto concorre alla grande opera borghese di ridurre alla
fine lessere a un avere, loggetto a una cosa.
Resta, dopo tutto questo, il caso delia bambina in s.
Ma non si lamenti la societ ipocritamente: lei a divorare
Minou Drouet, di lei e di lei sola la bambina la vittima.
Vittima propiziatoria sacrificata perch il mondo sia chia
ro, perch la poesia, il genio e linfanzia, in una parola il
disordine, siano addomesticati a buon mercato, e la vera
rivolta, quando appaia, trovi il posto gi occupato sui gior
nali, Minou Drouet la bambina-martire delladulto ma
lato di lusso poetico, la sequestrata o la rapita di un or
dine conformista che riduce la libert al prodigio. la
bimba che la mendicante spinge davanti a s quando, die
tro, il pagliericcio pieno di soldi. Una lacrimetta per
Minou Drouet, un piccolo fremito per la poesia, ed eccoci
liberati dalla Letteratura.
Fotogenia elettorale

Certi candidati al parlamento ornano il volantino elet


torale di una loro immagine. Ci significa attribuire alla
fotografia un potere di conversione che va analizzato. Pri
ma di tutto, leffige del candidato stabilisce un legame per
sonale fra questo e gli elettori; il candidato non d a giu
dicate solo un programma, propone un clima fisico, un in
sieme di scelte quotidiane espresse in una morfologia, un
modo di vestire, una posa. La fotografia tende in tal modo
a ristabilire il fondo paternalistico delle elezioni, la loro
natura rappresentativa, sconvolta dalla proporzionale e
dal predominio dei partiti (la destra sembra farne piu uso
della sinistra). Nella misura in cui la fotografia ellissi del
linguaggio e condensazione di tutta una ineffabilit so
ciale, essa costituisce unarma anti-intellettuale, tende a
schivare la politica {cio un corpo di problemi e di so
luzioni) a vantaggio di un modo di essere , di uno statuto
socio-morale. Si sa che tale contrapposizione uno dei miti
capitali del poujadismo (Poujade alla televisione: G uar
datemi: sono come voi).
La fotografia elettorale quindi prima di tutto ricono
scimento di una profondit, di un irrazionale estensivo alla
politica. Nella fotografia del candidato non troviamo tra
sfusi i suoi progetti, ma i suoi motivi di presa, tutte le
circostanze familiari, mentali, anche erotiche, tutto quello
stile di essere di cui egli costituisce insieme il prodotto,
lesempio e lallettamento. manifesto che la maggior
parte dei nostri candidati nella loro effige danno a leggere
esclusivamente una posizione sociale, il comfort spettaco
lare delle norme familiari, giuridiche, religiose, la pro
priet infusa dei beni borghesi, quali per esempio la messa
della domenica, la xenofobia, la bistecca con le patate frit
te e la comicit del cornuto, insomma quella che si chiama
158 FOTOGENIA ELETTORALE

unideologia. Naturalmente, luso della fotografia eletto


rale suppone una complicit: la fotografia specchio, d a
leggere elementi familiari, noti, propone allelettore la pro
pria effige chiarificata, magnificata, superbamente portata
allo stato di tipo. Tale maggiorazione, del resto, definisce
molto esattamente la fotogenia: lelettore si trova espresso
e insieme eroicizzato, invitato a eleggere se stesso, a cari
care il mandato che si accinge a dare di un vero e proprio
transfert fisico: egli delega la propria razza.
I tipi di delega non sono molto vari. C in primo luogo
quello della posizione sociale, della rispettabilit, grassa
e sanguigna (liste nazionali), o scialba e distinta (liste
m r p ). Un altro tipo quello dellintellettuale (sia ben chia
ro che qui si tratta di tipi significati e non di tipi natu
rali); intellettualit bigotta del Rassemblement National,
o tagliente del candidato comunista. In ambedue i casi,
liconografia vuole significare la congiunzione rara di un
pensiero e di una volont, di una riflessione e di unazione:
la palpebra un po increspata lascia filtrare uno sguardo
acuto che sembra ricavare la sua forza da un bel sogno inte
riore, come se il candidato esemplare dovesse congiungere
magnificamente lidealismo sociale aHempirismo borghese.
L ultimo tipo molto semplicemente quello del bel ra
gazzo, additato al pubblico per la sua salute e virilit. Al
cuni candidati puntano daltra parte superbamente su due
tipi in una volta: da un lato dei foglio uno giovane eroe
(in uniforme), e dallaltro uomo maturo, virile cittadino
che porta avanti la famigliola. Perch il piu delle volte il
tipo morfologico si vale di attributi molto chiari: candidato
circondato dai suoi bambini (infiocchettati e inanellati co
me, in Francia, tutti i bambini delle fotografie), giovane
paracadutista con le maniche rimboccate, ufficiale bardato
di decorazioni. La fotografia viene a costituire un vero e
proprio ricatto ai valori morali: patria, esercito, famiglia,
onore, guerra.
Ma anche la convenzione fotografica a sua volta piena
di segni. La posa di fronte accentua il realismo del candi
dato, specialmente se munito di occhiali scrutatori. Tutto
vi esprime la penetrazione, la gravit, la franchezza: il fu
turo deputato fissa il nemico, lostacolo, il problem a. La
posa di tre quarti, piu frequente, suggerisce la tirannia di
un ideale: lo sguardo si perde nobilmente nellavvenire,
non affronta, bens domina e irrora un altrove pudicamente
FOTOGENIA ELETTORALE 1 59

indefinito. Quasi tutti i tre quarti sono ascensionali, il viso


alzato verso una luce soprannaturale che lo attira, lo sol
leva nelle regioni di unalta umanit, il candidato raggiun
ge lolimpo dei sentimenti elevati, in cui risolta ogni con
traddizione politica: pace e guerra in Algeria, progresso
sociale e interessi padronali, insegnamento libero e sov
venzioni ai coltivatori di barbabietole, la destra e la sini
stra (contrapposizione sempre superata!), tutto ci coe
siste placidamente in quello sguardo pensoso, nobilmente
affiso sugli interessi occulti dellOrdine.
Continente perduto

Un film, Continente perduto, chiarisce bene il mito at


tuale dellesotismo. un grande documentario sull Orien
te, il cui pretesto una vaga spedizione etnografica, del
resto visibilmente falsa, condotta nellInsulindia da tre
o quattro italiani barbuti. Il film euforico, tutto in esso
facile, innocente. I nostri esploratori sono della brava
gente, dediti nel riposo a divertimenti infantili: giocare
con un orsacchiotto mascotte (la mascotte indispensabile
a ogni spedizione: nessun film polare senza foca addome
sticata, nessun reportage tropicale senza scimmia) o rove
sciare comicamente un piatto di spaghetti sul ponte del
battello. Come dire che questi bravi etnologi non si preoc
cupano gran che di problemi storici o sociologici. Per loro
la penetrazione dellOriente si riduce a un giretto in bat
tello su un mare azzurro, in un sole essenziale. E questo
Oriente, che per lappunto oggi diventato il centro poli
tico del mondo, lo si vede tutto appiattito, convenzionale
e colorato come una vecchia cartolina.
Il procedimento dirresponsabilit chiaro: colorare il
mondo sempre un mezzo per negarlo (e forse a questo
punto bisognerebbe cominciare un processo al colore nel
cinema). Privato di ogni sostanza, respinto nel colore, di
sincarnato dal lusso stesso delle immagini, lOriente
pronto per sparire nellabile operazione che il film gli riser
va. Fra lorso mascotte e la burla degli spaghetti, i nostri
etnologi cinematografari non stenteranno a postulare un
Oriente formalmente esotico, in realt profondamente si
mile allOccidente, almeno allOccidente spiritualista. Gli
orientali hanno religioni particolari? Non importa, le di
suguaglianze sono poca cosa a confronto della profonda
unit dellidealismo. Ogni rito , in tal modo, specializzato
e insieme eternato, promosso nello stesso tempo al rango
di spettacolo gustoso e di simbolo paracristiano. E se il
CONTINENTE PERD U TO 161

buddismo non alla lettera cristiano, cbe cosa importa,


giacch ha anchesso monache che si fanno radere capelli
(grande tema patetico di tutte le vestizioni), monaci che
s'inginocchiano e si confessano al loro superiore, e i fedeli
infine, come a Siviglia, vengono a coprire doro la statua
del d io \ vro che sono sempre le form e a costituire
il migliore indizio dellidentit delle religioni; ma qui que
sta identit, ben lungi dallo smascherarle, le consacra, le
ascrive tutte al credito di una cattolicit superiore.
noto che il sincretismo sempre stato una delle gran
di tecniche di assimilazione della Chiesa. Nel Seicento, nel
lo stesso Oriente di cui Continente perduto ci mostra le
predisposizioni cristiane, i gesuiti si spinsero molto avanti
neirecumenismo delle forme: e furono i riti malabari, che
il papa fini del resto per condannare. I nostri etnografi
insinuano ancora quel tutto si somiglia: Oriente e Oc
cidente si equivalgono, non ci sono che differenze di co
lori, lessenziale identico, ed leterna postulazione del
luomo verso Dio, il carattere irrisorio e contingente delle
geografie in rapporto a questa natura umana, di cui solo il
cristianesimo detiene la chiave. Le leggende stesse, tutto il
folklore prim itivo di cui si ha laria letteralmente di vo
lerci segnalare la stranezza, hanno la sola missione di illu
strare la n atu ra; i riti, i fatti di cultura, non sono mai
messi in rapporto con un ordine storico particolare, con
uno statuto economico e sociale esplicito, ma soltanto con
le grandi forme neutre dei luoghi comuni cosmici (stagio
ni, tempeste, morte, ecc.). Se si tratta di pescatori, non
affatto il sistema di pesca che ci viene mostrato; piutto
sto, affogata nelleternit di un tramonto oleografico, unes
senza romantica di pescatore, qualificato non come operaio
tributario nella sua tecnica c nel suo profitto di una societ
definita, ma piuttosto come tema di una condizione eterna,
luomo al largo esposto ai pericoli del mare, la donna in
pianti e in preghiera presso il focolare. Lo stesso per i rifu
giati, di cui ci viene mostrata allinizio una lunga teoria
snodantesi dalla montagna: inutile, evidentemente, situar
li: sono essenze eterne di rifugiati: produrne nella natura
dellOriente.1

1 Abbiamo qui un belbesempio del potere mistificante della musica: tut


te le scene buddiste sono sostenute da un vago sciroppo musicale, che ha
della romanza americana e insieme del canto gregoriano: monodica (segno
di monacalit).
i 6i CONTINENTE PERDUTO

In conclusione lesotismo rivela qui la sua giustificazione


profonda: negare ogni collocazione della Storia, Apponen
do alla realt orientale qualche buon segno indigeno, la si
vaccina sicuramente da ogni contenuto responsabile. Un
po di collocazione, la piu superficiale possibile, forni
sce lalibi necessario e dispensa da una collocazione piu pro
fonda. Di fronte allestraneo, lOrdine conosce due sole
condotte, ambedue di mutilazione: o riconoscerlo come
marionetta o ridurlo a puro riflesso dellOccidente. In ogni
modo, lessenziale privarlo della sua storia. perci chia
ro che le belle immagini di Continente perduto non pos
sono essere innocenti: non pu essere innocente perdere
il continente che ha ritrovato se stesso a Bandung.
Astrologia

Sembra che in Francia il bilancio annuale della strego


neria sia di circa trecento miliardi di franchi. Vale quindi
la pena di dare unocchiata alla settimana astrologica di un
settimanale come E lle , per esempio. Contrariamente a
quanto ci si potrebbe aspettare, non vi si trova alcun mon
do onirico, ma piuttosto una descrizione strettamente rea
listica 'di un preciso ambiente sociale, quello delle lettrici
del giornale. In altre parole, lastrologia non affatto - al
meno qui - apertura o sogno, puro specchio, pura isti
tuzione della realt.
Le rubriche principali del destino [La fortuna, Fuori,
A casa, Il tuo cuore) riproducono scrupolosamente il ritmo
totale della vita lavorativa. La sua unit di misura la
settimana, di cui la fortuna designa un giorno o due.
La fortuna la parte riservata dellinteriorit, dellumore;
il segno vissuto della durata, la sola categoria mediante
la quale il tempo soggettivo si esprime e si libera. Per il
resto, gli astri conoscono solo un impiego del tempo: Fuori
lorario professionale, i sei giorni della settimana, le sette
ore al giorno di ufficio o di negozio. A casa il pasto della
sera, il termine della serata prima di andare a letto. Il tuo
cuore lappuntamento alluscita del lavoro o lavventura
della Domenica. Ma tra questi dom ini nessuna comu
nicazione: niente che, da un orario allaltro, possa sugge
rire lidea di unalienazione totale; le prigioni sono conti
gue, si collegano ma non si contaminano. Gli astri non po
stulano mai un rovesciamento dellordine, influenzano set
timana per settimana, rispettosi dello statuto sodale e de
gli orari padronali.
Qui, il lavoro quello delle impiegate, dattilografe
o commesse; il microgruppo che circonda la lettrice quasi
fatalmente quello dellufficio o del negozio. Le variazioni
164 ASTROLOGIA

imposte, o piuttosto proposte dagli astri (perch questa


astrologia prudente teologa, non esclude il libero arbi
trio), sono deboli, non tendono mai a sconvolgere una vi
ta: il peso del destino si esercita unicamente sul piacere
del lavoro, il nervosismo o lagio, lassiduita o lallenta-
mento, i piccoli spostamenti, le vaghe promozioni, i rap
porti durto o di complicit con i colleghi, e soprattutto la
stanchezza, prescrivendo gli astri con molta insistenza e
saggezza di dormire di pi, sempre di piu.
Il focolare domestico invece dominato da problemi di
umore, ostilit o fiducia dellambiente; si tratta molto
spesso di un focolare di donna, dove i rapporti piu impor
tanti sono quelli della madre o della figlia. La casa piccolo
borghese presente in tutto, con le visite della fam iglia,
distinta daltra parte dai parenti acquistati che le stelle
non sembrano tenere in grande stima. Questo circolo sem
bra quasi esclusivamente familiare, scarse sono le allusioni
agli amici: il mondo piccolo-borghese essenzialmente co
stituito da parenti e colleghi, non comporta vere e proprie
crisi relazionali, solo piccoli scontri di umore e di vanit.
L amore, quello della Piccola Posta; un campo tutto a
s, quello degli affari sentimentali. Ma in esso proprio
come la transazione commerciale, lamore conosce inizi
promettenti, errori di calcolo, cattive scelte. La
sventura di esigua portata: questa settimana, una corte
di ammiratori meno numerosi, una indiscrezione, una ge
losia infondata. Il cielo sentimentale non si spalanca vera
mente se non davanti alla soluzione tanto desiderata, il
matrimonio: e ancora bisogna che sia assortito.
Un solo carattere idealizza tutto questo piccolo mondo
astrale, per altri versi molto concreto, cio che non vi si fa
mai questione di soldi. L umanit astrologica va avanti
tranquillamente col suo salario mensile: quello che ,
non se ne parla mai, poich permette la v ita . Vita che
gli astri descrivono molto pi di quanto predicano; lavve
nire raramente azzardato, e la predizione neutralizzata
sempre dallequilibrio dei possibili: se ci sono sconfitte,
saranno poco importanti, se ci sono visi scuri, il vostro
umore sereno li spianer, relazioni noiose, saranno utili,
ecc.; e se il vostro stato generale deve migliorare, sar a
seguito di una cura che avrete seguito, o forse anche grazie
alla totale mancanza di cure (rie).
Gli astri sono morali, accettano di lasciarsi piegare dalla
ASTROLOGIA 165

virt: il coraggio, la pazienza, il buon umore, il controllo


di s, sono sempre richiesti di fronte alle delusioni timida
mente annunciate. E il paradosso che questo universo del
puro determinismo subito domato dalla libert del carat
tere: Tastrologia prima di tutto una scuola di volont.
Tuttavia, anche se le soluzioni sono di pura mistificazione,
anche se i problemi di comportamento sono evitati, essa
resta istituzione del reale per la coscienza delle sue let
trici: non via di evasione, ma evidenza realistica, delle
condizioni di vita deUimpiegata, della commessa.
A che cosa dunque pu servire questa pura descrizione,
dato che non sembra comportare nessuna compensazione
onirica? Serve a esorcizzare il reale nominandolo. A que
sto titolo, essa prende posto fra tutte le iniziative di semi
alienazione (o di semiliberazione) che si prefiggono di og
gettivare il reale, senza per arrivare a demistificarlo. Co
nosciamo bene un altro almeno di questi tentativi nomi
nalisti: la Letteratura, che, nelle sue forme degradate, non
pu andare al di l del nominare la vita vissuta: astrologia
e Letteratura hanno lo stesso compito di istituzione ri
tardata del reale: lastrologia la Letteratura del mondo
piccolo-borghese.
L arte vocale borghese

Sembrer impertinente dare lezione a un eccellente ba


ritono, Gerard Souzay, ma un disco su cui il cantante ha
registrato alcune melodie di Faur mi sembra illustrare
bene tutta una mitologia musicale in cui si ritrovano i
segni principali dellarte borghese. Questarte essenzial
mente segnaletica, impone senza tregua, non lemozione,
ma segni dellemozione. quanto fa, appunto, Gerard
Souzay: dovendo per esempio cantare una tristezza orren
da, egli non si contenta n del semplice contenuto seman
tico di queste parole, n della linea musicale che le sostie
ne: ha ancora bisogno di drammatizzare la fonetica del
lorrendo, sospendere e poi far esplodere la doppia liqui
da, scatenare linfelicit nello spessore stesso delle lette
re; nessuno pu ignorare che si tratta di orrori particolar
mente terribili. Purtroppo questo pleonasmo di intenzioni
soffoca e la parola e la musica, e soprattutto la loro connes
sione che loggetto stesso dellarte vocale. vero per la
musica come per le altre arti, compresa la letteratura: la
forma pi alta dellespressione artistica dalla parte della
letteralit, cio in definitiva di una certa algebra: bisogna
che ogni forma tenda allastrazione, cosa che, noto, non
affatto contraria alla sensualit.
Ed appunto ci che larte borghese rifiuta; questarte
vuol sempre prendere i propri consumatori per ingenui, a
cui si debba scodellare la pappa e superindicare lintenzio
ne per paura che non venga capita a sufficienza (ma larte
anche unambiguit, contraddice sempre, in un certo sen
so, il proprio messaggio, e in special modo la musica che
non mai, alla lettera, n triste n gaia). Sottolineare la
parola con il rilievo abusivo della sua fonetica, volere che
la gutturale della parola cava sia la vanga che intacca la
terra, e la dentale di seno la dolcezza che penetra, significa
L'A RTE VOCALE BORGHESE 167

praticare una letteralit dintenzione, non di descrizione,


significa stabilire corrispondenze abusive. Bisogna daltra
parte ricordare che lo spirito melodrammatico da cui muo
ve linterpretazione di Grard Souzay proprio una delle
acquisizioni storiche della borghesia: questo stesso eccesso
di intenzioni si ritrova nellarte dei nostri attori tradizio
nali, che sono, noto, attori formati da e per la borghesia.
Tale sorta di puntinismo fonetico, che d a ogni lettera
una incongrua importanza, arriva talvolta allassurdo:
una comica solennit quella legata al raddoppiamento del
le n di solenne, ed un bene un po nauseante quello
che ci viene significato dallenfasi iniziale che espelle dalla
bocca il bene come un nocciolo. Ci ritrova d altra parte
una costante mitologica, di cui abbiamo gi parlato a propo
sito della poesia: concepire larte come una somma di par
ticolari riuniti, cio pienamente significanti: la perfezione
puntinistica di Grard Souzay equivale molto esattamente
al gusto di Minou Drouet per la metafora minuziosa, o ai
costumi dei volatili di Chanteclerc, fatti (nel 1910) di piu
me sovrapposte una per una. In questarte c unintimida
zione mediante il particolare che evidentemente agli an
tipodi del realismo, poich il realismo suppone una tipiz
zazione, cio una presenza della struttura, dunque della
durata.
Questarte analitica votata al fallimento soprattutto in
musica, la cui verit non pu mai ssere che di ordine re
spiratorio, prosodico e non fonetico. In tal modo le frasi
di Grard Souzay sono continuamente distrutte dallespres
sione eccessiva di una parola, goffamente incaricata di ino
culare un ordine intellettuale parassitario nella coltre sen
za cuciture del canto. Qui abbiamo a che fare, sembra, con
una difficolt primaria dellesecuzione musicale: far emer
gere la sfumatura da una zona interna della musica, e non
imporla a nessun costo dallesterno come segno puramente
intellettivo: c una verit sensuale della musica, verit
sufficiente, che non sopporta il disagio di una espressione.
per questo che linterpretazione di eccellenti virtuosi
lascia cosi spesso insoddisfatti: il loro rubato, troppo spet
tacolare, frutto di uno sforzo visibile verso la significazio
ne, distrugge un organismo che contiene scrupolosamente
in s il proprio messaggio. Cerri dilettanti, o meglio ancora
certi professionisti, che hanno saputo ritrovare quella che
si potrebbe chiamare la lettera totale del testo musicale,
i68 L ARTE VOCALE BORGHESE

come Panzera per il canto, o Lipatti per il piano, arrivano


a non aggiungere alla musica nessuna intenzione', non si
danno premurosamente daffare intorno a ogni particolare,
contrariamente allarte borghese che sempre indiscreta.
Fanno fiducia alla materia immediatamente definitiva del
la musica.
La plastica

Malgrado i suoi nomi di pastore greco (Polistirolo, Fe


noplasto, Polivinile, Polietilene), la plastica, i cui prodotti
sono stati recentemente concentrati in una esposizione,
essenzialmente una sostanza alcbimica. Allingresso dello
stand, il pubblico fa a lungo la coda per veder compiersi
loperazione magica per eccellenza: la conversione della
materia; una macchina ideale, tubolare e oblunga (forma
atta a manifestare il segreto di un itinerario), ricava senza
sforzo da un ammasso di cristalli verdastri delle scodelline
brillanti e scanalate. Da un lato la materia bruta, tellurica,
e dallaltro loggetto perfetto, umano: e tra . questi due
estremi, niente, se non un tragitto appena sorvegliato da
un impiegato con berretto, semidio, semirobot.
In tal modo, piu che una sostanza la plastica lidea
stessa della sua infinita trasformazione, , come indica il
suo nome volgare, lubiquit resa visibile; e proprio in
questo, d altra parte, essa una materia miracolosa: il mi
racolo sempre una conversione brusca della natura. La
plastica resta tutta impregnata di questa scossa: piu che
oggetto essa traccia di un movimento.
E poich questo movimento pressa poco infinito, tra
sformando i cristalli originali in una quantit di oggetti
sempre piu sorprendenti, la plastica insomma uno spet
tacolo da decifrare: perfino nei suoi risultati. Davanti ad
ogni forma terminale (valigia, spazzola, carrozzeria d auto
mobile, giocattolo, stoffa, catino o carta) la mente continua
a porsi la materia primitiva come un rebus. In realt il
fregolismo della plastica totale: essa pu formare tanto
un secchio che un gioiello. Donde uno stupore perpetuo, il
sogno delluomo davanti alle proliferazioni della materia,
davanti ai legami che egli coglie tra il singolare dellorigine
e il plurale degli effetti. Tale stupore del resto felice, poi-
170 LA PLA STICA

che dalla portata delle trasformazioni luomo misura la sua


potenza, e litinerario stesso della plastica gli d leuforia
di un prestigioso scivolamento lungo la natura.
Ma il prezzo di questo successo che la plastica, subli
mata come movimento, non esiste quasi come sostanza. La
sua costituzione negativa: n dura n profonda, essa deve
contentarsi di una qualit sostanziale neutra a dispetto dei
suoi vantaggi utilitari: Sa resistenza, stato che suppone la
semplice sospensione di un abbandono, Nellordine poe
tico delle grandi sostanze un materiale sgraziato, sper
duto fra l effusione della gomma e la piatta durezza del
metallo: essa non arriva a nessun vero prodotto dellordi
ne minerale, schiuma, fibre, strati. una sostanza andata
a male: a qualunque stato la si riduca, la plastica conserva
unapparenza fioccosa, qualcosa di torbido, di cremoso e
di congelato, unincapacit a raggiungere la levigatezza
trionfante della natura. E pi di tutto la tradisce il suono
che ne esce, vuoto e insieme piatto; il suo rumore la disfa,
come anche i colori, perch sembra poterne fissare solo i
piu chimici: del giallo, del rosso, del verde, prende solo lo
stato aggressivo, servendosi di essi come di un nome, ca
pace di mostrare soltanto dei concetti di colore.
La moda della plastica accusa unevoluzione nel mito
deirimitazione. Si sa che limitazione un uso storicamen
te borghese (i primi falsi nellabbigliamento risalgono al
lavvento del capitalismo): ma fino ad oggi Pimitazone ha
sempre denotato una certa pretesa, faceva parte di un mon
do dellapparenza, non delluso; mirava a riprodurre con
minor spesa le sostanze pi rare, il diamante, la seta, la
piuma, la pelliccia, largento, tutta la brillantezza lussuosa
del mondo. La plastica pi modesta, una sostanza ca
salinga. la prima materia magica che ceda alla prosaicit.
Ma appunto perch questa prosaicit per essa una ragione
trionfante di esistenza: per la prima volta lartificio ha di
mira il comune, non il raro. E nello stesso tempo, la fun
zione ancestrale della natura viene modificata: essa non
pi lIdea, la pura Sostanza da ritrovare o da imitare; una
materia artificiale, pi fertile di tutti i giacimenti del mon
do, rischia di sostituirla, di dominare linvenzione stessa
delle forme. Un oggetto lussuoso sempre legato alla terra,
richiama sempre in maniera preziosa la sua origine mine
rale o animale, il tema naturale di cui non che unattua
lit. La plastica interamente inghiottita nelluso: al limi
LA PLA STICA 171
te, sinventeranno degli oggetti per il piacere di usarli. La
gerarchia delle sostanze abolita: una sola le sostituisce
tutte: il mondo intero pu essere plastificato, e perfino la
vita, poich, sembra, si cominciano a fabbricare aorte di
plastica.
La grande famiglia degli uomini

stata allestita a Parigi una grande mostra di fotografie,


il cui scopo era quello di mostrare luniversalit dei gesti
umani nella vita quotidiana di tutti i paesi del mondo: na
scita, morte, lavoro, scienza, giochi, impongono dapper
tutto i medesimi comportamenti; c e una famiglia del
lUomo.
The Family of Man, tale stato almeno il titolo origi
nale di questa mostra, che ci viene dagli Stati Uniti. I fran
cesi hanno tradotto: La Grande Famiglia degli Uomini. In
tal modo ci che in partenza poteva passare per unespres
sione di ordine zoologico, derivante semplicemente dalla
somiglianza dei comportamenti lunit di una specie, qui
largamente moralizzato, sentimentalzzato. Eccoci subito
rinviati a quel mito ambiguo della comunit umana,
il cui alibi alimenta tutta una parte del nostro umanesimo.
Questo mito funziona in due tempi : prima si affermano
le differenze delle morfologie umane, si insiste sullesoti
smo, si espongono le infinite variazioni della specie, la di
versit delie pelli, dei crani e degli usi, si babelizza a pia
cere limmagine del mondo. Poi, da questo pluralismo, si
estrae magicamente ununit: luomo nasce, lavora, ride e
muore dappertutto nello stesso modo; e se in questi atti
sussiste ancora qualche particolarit etnica, si lascia alme
no intendere che al fondo di ciascuno di essi c una na
tura identica, che la loro diversit solo formale e non
smentisce lesistenza di una matrice comune. Ci equivale
evidentemente a postulare unessenza umana, ed ecco Dio
reintrodotto nella nostra mostra: la diversit degli uomini
palesa la sua potenza, la sua ricchezza; lunit dei loro gesti
dimostra la sua volont. quanto ci ha confidato il cata
logo, che ci dichiara, per la penna di Andr Chamson, che
questo sguardo sulla condizione umana deve somigliare
LA GRANDE FAM IGLIA DEGLI UOMINI I7 3

un po allo sguardo benigno di Dio sul nostro derisorio e


sublime formicaio.
Il disegno spiritualista accentuato dalle citazioni che
accompagnano ogni capitolo della mostra: queste citazioni
sono spesso proverbi prim itivi, versetti dellAntico
Testamento; tutti designano una saggezza eterna, un or
dine di affermazioni sottratto alla Storia: L a Terra una
madre che non muore mai; Mangia il pane e il sale e di
la verit, ecc. il regno delle verit gnomiche, la congiun
zione delle epoche dellumanit al grado pi neutro della
loro identit, dove levidenza del truismo non ha pi valo
re se non in seno a un linguaggio puramente poetico.
Tutto, contenuto e fotogenia delle immagini, discorso che
le giustifica, mira a sopprimere il peso determinante della
Storia: siamo trattenuti alla superficie di una identit, im
pediti dalla stessa sentimentalit a penetrare in quella zona
ulteriore dei comportamenti umani dove lalienazione sto
rica introduce quelle differenze che qui chiameremo
molto semplicemente ingiustizie.
Questo mito della condizione umana riposa su una
vecchissima mistificazione che consistita sempre nel col
locare la natura al fondo della Storia. Ogni umanesimo
classico postula che raschiando un po la storia degli uomi
ni, la relativit delle loro istituzioni o la diversit super
ficiale della loro pelle (ma perch non domandare ai geni
tori di Emmet Till, il giovane negro assassinato dai bian
chi, che cosa pensano, loro, della Grande Famglia degli
Uomini?), si arriva molto presto al tufo profondo di una
natura umana universale. L umanesimo progressista, al
contrario, deve sempre pensare a invertire i termini di que
sta vecchissima impostura, a grattare incessantemente la
natura, le sue leggi e i suoi lim iti, per scoprirvi la
Storia e porre infine la natura come storica essa stessa,
Degli esempi? Ma quelli stessi della nostra mostra. La
nascita, la morte? Si, sono fatti di natura, fatti universali.
Ma se si toglie loro la Storia, non c pi niente da dire, un
commento diventa puramente tautologico: lo scacco della
fotografia mi sembra qui flagrante: ridire la morte o la
nascita non insegna letteralmente niente. Perch questi fat
ti naturali accedano a un linguaggio veritiero. occorre inse
rirli in un ordine del sapere, cio postulare che si possa
trasformarli, sottomettere appunto la loro naturalit alla
nostra critica di uomini. Perch, per universali che siano,
174 LA GRANDE FAMIGLIA DEGLI UOMINI

essi sono i segni di una scrittura storica. Indubbiamente,


il bambino nasce sempre, ma nel volume generale del pro
blema umano che interesse ha per noi 1 essenza . di que
sto gesto a paragone dei suoi modi di essere, che, invece,
sono perfettamente storici? Che il bambino nasca bene o
male, che costi o no sofferenza alla madre, che sia o non
sia colpito da mortalit, che acceda a una o a unaltra for
ma di avvenire, ecco ci di cui le nostre mostre dovrebbero
parlarci, e non di uneterna lirica della nascita. E lo stesso
per la morte: dobbiamo veramente cantare una volta di
piu la sua essenza, rischiare in tal modo di dimenticare che
possiamo ancora tanto contro di essa? questo potere an
cora giovane, troppo giovane, che dobbiamo magnificare,
e non lidentit sterile della morte naturale.
E che cosa dire del lavoro, che la mostra mette nel no
vero dei grandi fatti universali, sullo stesso piano della
nascita e della morte, come se si trattasse con ogni eviden
za del medesimo ordine di fatalit? Che il lavoro sia un
fatto ancestrale non gli impedisce affatto di restare un
fatto perfettamente storico. In primo luogo, palesemente,
nei suoi modi, moventi, fini e profitti, al punto che non
sar mai leale confondere in una identit puramente ge
stuale loperaio coloniale con loperaio occidentale (doman
diamo anche ai lavoratori nordafricani della Goutte d Or
che cosa pensano della Grande Famiglia degli Uomini). E
poi nella sua stessa fatalit: sappiamo bene che il lavoro
naturale nella misura stessa in cui redditizio, e
che modificando la fatalit del profitto, modificheremo
forse un giorno la fatalit del lavoro. di questo lavoro,
fatto interamente storia, che vorremmo sentir parlare, e
non di una eterna estetica dei gesti lavorativi.
Cosi, temo davvero che la giustificazione finale di tutto
questo adamismo sia quella di dare allimmobilit del mon
do la cauzione di una saggezza e di una liricit che
eternino i gesti delluomo solo per meglio disinnescarli.
Al music-hall

Il tempo del teatro, qualunque sia, sempre legato.


Quello del music-hall , per definizione, interrotto; un
tempo immediato. Ecco il senso della variet: che il
tempo scenico sia un tempo giusto, reale, siderale, il tempo
della cosa in s, non quello della sua previsione (tragedia)
o revisione (epopea). Il vantaggio di questo tempo lette
rale consiste nel fatto di essere il piu adatto a servire il
gesto, perch evidente che il gesto non esiste come spet
tacolo se non quando il tempo spezzato (come evidente
nella pittura di storia in cui il gesto sorpreso del personag
gio, quello che altrove ho chiamato il numeri, sospende la
durata). In fondo, la variet non una semplice tecnica
di distrazione, una condizione dellartificio (nel senso
baudelairiano del termine). Estrarre il gesto dalla polpa
dolciastra della sua durata, presentarlo in uno stato super
lativo, definitivo, esaurirlo in quanto spettacolo e non in
quanto significazione, tale lestetica originale del music-
hall. Oggetti (di giocolieri) e gesti (di acrobati), vincolati
dal tempo (cio da un pathos e da un logos insieme), bril
lano come artifici puri che non mancano di ricordare la
fredda precisione delle visioni baudelairiane di hascish, di
un mondo assolutamente purificato da ogni spiritualit
perch ha appunto rinunciato al tempo.
Tutto dunque nel music-hall fatto per preparare una
vera e propria promozione delloggetto e del gesto (cosa
che nellOccidente moderno pu farsi solo contro gli spet
tacoli psicologici, e segnatamente contro il teatro). Un nu
mero di variet quasi sempre costituito dal confronto di
un gesto e di un materiale: pattinatori con il loro trampo
lino laccato, corpi scambiati degli acrobati, dei ballerini e
degli antipodisti (confesso una grande predilezione per
questi numeri di antipodisti, perch il corpo vi oggetti-
176 AL M U SIC-H A LL

vato iti dolcezza: non duro oggetto catapultato come nel


la pura acrobazia, ma piuttosto morbida sostanza densa,
docile a movimenti brevissimi), scultori umoristi con la
loro plastilina multicolore, prestigiatori che brucano car
ta, seta, sigarette, tagliaborse con orologi, portafogli, fur
tivamente sfilati, ecc. Ora il gesto e il suo oggetto sono i
materiali naturali di un valore che non ha avuto accesso
sulla scena se non attraverso il music-hall (o il circo), e che
il Lavoro. Il music-hall, almeno nella sua parte variata
(perch la canzone, che entra come diva americana, attinge
a unaltra mitologia), la forma estetica del lavoro. In
esso ogni numero si presenta sia come lesercizio, sia come
il risultato di una fatica: in un caso latto (quello del gio
coliere, dellacrobata, del mimo) appare come la somma
finale di una lunga notte di allenamento, nellaltro il lavoro
(disegnatori, scultori, umoristi) completamente ricreato
davanti al pubblico ab orgine. In ogni modo, un avve
nimento nuovo che si produce, e questo avvenimento
costituito dalla fragile perfezione di uno sforzo. O piutto
sto, artificio pi sottile, lo sforzo clto al suo apice, nel
lattimo quasi impossibile in cui sta per essere inghiottito
dalla perfezione del suo compimento senza aver tuttavia
del tutto abbandonato il rischio del suo fallimento. Nel
music-hall, tutto quasi acquisito; ma proprio questo
quasi che costituisce Io spettacolo, e gli conserva, malgrado
tutta la preparazione, la sua qualit di lavoro. Cosi, ci
che lo spettacolo di music-hall d a vedere non il risultato
dellatto, ma il suo modo di essere, la tenuit della sua
superficie riuscita. questo un modo di rendere possibile
uno stato contraddittorio della storia umana: che nel ge
sto dellartista siano visibili a un tempo e la rozza musco
latura di unardua fatica, a titolo di passato, e la leviga
tezza aerea di un atto facile, uscito da un magico cielo: il
music-hall il lavoro umano memori alizzato e sublimato;
il pericolo e lo sforzo sono significati nel momento in cui
sono inglobati nella risata o nella grazia.
Naturalmente al music-ball necessario tutto un appa
rato favoloso che cancelli ogni rugosit della fatica e non
ne lasci che il contorno. il regno di sfere brillanti, basto
ni leggeri, mobili tubolari, sete chimiche, bianchi fruscianti
e mazze scintillanti: il lusso visivo ostenta qui la facilit
depositata nella chiarezza delle sostanze e nel legato dei
gesti: ora luomo sostegno eretto, albero lungo il quale
AL M U SIC-H A LL 177
scivola una donna-tralcio; ora, condivisa da tutta una sala,
la cinestesia dello slancio, della pesantezza, non vinta ma
sublimata dal rimbalzo. In questo mondo metallizzato
emergono lontani miti di germinazione, danno a questa
rappresentazione del lavoro la cauzione di antichissimi mo
vimenti naturali, la natura essendo sempre immagine del
continuo, cio, tutto sommato, del facile.
Tutta questa magia muscolare del music-hall essen
zialmente urbana: non senza ragione il variet un feno
meno anglosassone, nato nel mondo delle brusche concen
trazioni urbane e dei grandi miti quaccheri del lavoro: la
promozione degli oggetti, dei metalli, e dei gesti sognati,
la sublimazione del lavoro mediante la sua magica spari
zione e non mediante la sua consacrazione, come nel fol
klore rurale, tutto ci risente lartificio delle citt. La citt
ripudia lidea di una natura informe, essa riduce lo spazio
a un continuum di oggetti solidi, brillanti, prodotti, a cui
appunto latto dellartista d lo statuto prestigioso di un
pensiero tutto umano: il lavoro, soprattutto mitizzato, ren
de la materia felice perch, spettacolarmente, sembra pen
sarla: metallizzati, scagliati, riafferrati, manipolati, tutti
luccicanti di movimenti, in perpetuo dialogo con il gesto,
gli oggetti perdono qui la sinistra ostinazione della loro
assurdit: artificiali e utensili, per un momento smettono
di annoiare.
La Signora dalle Camelie

Si rappresenta ancora, non so in che parte del mondo,


La Signora dalle Camelie (e la si rappresentava poco tem
po fa a Parigi). Questo successo deve mettere in guardia su
una mitologia dellAmore che probabilmente dura ancora,
perch lalienazione di Margherita Gauthier di fronte alla
classe dei potenti non fondamentalmente diversa da quel
la dei piccolo-borghesi di oggi in un mondo altrettanto
classificato.
Ora, in effetti, il mito centrale della Signora dalle Came
lie non lAmore, il Riconoscimento. Margherita ama
per farsi riconoscere, e a questo titolo la sua passione (pi
nel senso etimologico che sentimentale) deriva interamen
te dagli altri. Quanto ad Armando (figlio di un esattore ge
nerale), egli testimonia dellamore classico, borghese, ere
ditato dalla cultura essenzialista e destinato a prolungarsi
fin nelle analisi di Proust: un amore segregante, quello
del proprietario che si porta via la preda; amore interio
rizzato che riconosce il mondo solo a intermittenze e sem
pre in un sentimento di frustrazione, come se il mondo
fosse solo e sempre la minaccia di un furto (gelosie, litigi,
equivoci, inquietudini, avversioni, moti d insofferenza,
ecc.), L Amore di Margherita tutto il contrario. Mar
gherita per prima cosa stata commossa dal riconoscimen
to di Armando, e in seguito per lei la passione non stata
altro che la costante sollecitazione di tale riconoscimento;
per questo il sacrificio che ella concede al signor Duval
rinunciando ad Armando non affatto morale (nonostante
la fraseologia), bens esistenziale; precisamente la logica
conseguenza del postulato di riconoscimento, un mezzo su
periore (molto superiore allamore) di farsi riconoscere dal
mondo dei potenti. E se Margherita nasconde il proprio
sacrificio e gli d la maschera del cinismo, ci diventa pos
L A SIGNORA D ALLE C A M E L IE 179

sibile solo quando largomento diviene veramente Lettera


tura: lo sguardo, riconoscente dei borghesi qui delegato
al lettore che, a sua volta, riconosce Margherita attraverso
lequivoco stesso dellamante.
Ci equivale a dire che i malintesi su cui si sviluppa
.lintreccio non sono qui di ordine psicologico (anche se il
linguaggio Io . abusivamente) : Armando e Margherita non
sono dello stsso mondo sociale e tra loro non pu trat
tarsi di tragedia raciniana n di marivaudage. Il conflitto
esterno: non siamo davanti a una medesima passione di
visa contro se stessa, ma a due passioni di natura diversa,
perch provengono da diversi luoghi della societ. La pas
sione di Armando, di tipo borghese, appropriativo, per
definizione uccisione dellaltro; e la passione di Margherita
non pu coronare lo sforzo che ella sostiene per ottenere
il riconoscimento se non attraverso un sacrificio che, a sua
volta, costituita lucrisione indiretta della passione di Ar
mando.' La semplice disuguaglianza sociale, ripresa e am
plificata dallopposizione di due ideologie amorose, non
pu quindi produrre in questo caso che un amore impos
sibile, impossibilit di cui la morte di Margherita (per sci
ropposa che sia sulla scena) in qualche modo il simbolo
algebrico.
La differenza degli amori deriva evidentemente da una
differenza di lucidit: Armando vive in una essenza ed
eternit di amore, Margherita vive nella coscienza della
sua alienazione, e non vive che in essa: Margherita si sa e
in un certo senso si vuole cortigiana. E le sue condotte di
adattamento sono anchesse, interamente, condotte di ri
conoscimento: ora ella assume con eccesso la propria leg
genda, si sprofonda nel turbine classico della vita corti
giana (simile a quei pederasti che si assumono come tali
mettendosi in mostra), ora annuncia una capacit di supe
ramento che mira a far riconoscere piu una devozione di
condizione che una virt naturale, come se il suo sacri
ficio avesse la funzione non di rivelare luccisione della cor
tigiana che ella ma di ostentare, al contrario, una corti
giana superlativa, valorizzata, senza niente perdete di se
stessa, da un alto sentimento borghese.
In tal modo vediamo precisarsi il contenuto mitico di
questo amore, archetipo della sentimentalit piccolo-bor
ghese. uno stato molto particolare del mito, definito da
una semilucidit, o, per essere piu esatti, da una lucidit
i8o L A SIGNORA D ALLE C A M E L IE

parassita (la stessa che abbiamo segnalato nel reale astro


logico). Margherita conosce la propria alienazione, cio ve
de il reale come unalienazione; ma prolunga questa cono
scenza mediante condotte di pura servilit: o recita la par
te che i padroni si aspettano da lei, o tenta di raggiungere
un valore propriamente interno a questo stesso mondo dei
padroni. In ambedue i casi, Margherita non mai niente
di piu che una lucidit alienata: vede di soffrire, ma non
immagina altro rimedio che non sia parassita della propria
sofferenza: si sa oggetto, ma non si prospetta altra desti
nazione se non di ornamento nel museo dei padroni. Mal
grado il grottesco dellintreccio un simile personaggio non
manca di una certa ricchezza drammatica: indubbiamente
non n tragico (la fatalit che pesa su Margherita so
ciale, non metafisica), n comico (il comportamento di
Margherita dipende dalla sua condizione non dalla sua es
senza), n ancora, beninteso, rivoluzionario (Margherita
non esercita alcuna critica sulla propria alienazione). Ma
le ci vorrebbe poco, in fondo, per raggiungere lo statuto
del personaggio brechtiano, oggetto alienato ma fonte di
critica. Ci che lallontana irrimediabilmente da quello,
la sua positivit: Margherita Gauthier, commovente
per la sua tubercolosi e le sue frasi elevate, invischia tutto
il suo pubblico, gli comunica la propria cecit: derisoria
mente sciocca ella avrebbe aperto gli occhi piccolo-borghe
si. Nobile e di belle frasi, in una parola: seria, non fa
altro che addormentarli.
Poujade e gli intellettuali

Chi sono gli intellettuali per Poujade? Essenzialmente


i professori (sorboniani, valenti pedagoghi, intellet
tuali di capoluoghi-di-provincia) e i tecnici {tecnocrati,
politecnici, polivalenti o polilevanti)1. Pu darsi che al
lorigine la severit di Poujade nei confronti degli intellet
tuali sia fondata su un semplice rancore fiscale: il profes
sore un profittatore; in primo luogo perch un sala
riato (Povero Pierrot, non sapevi come stavi bene quan
do eri salariato); e secondariamente perch non denun
cia le lezioni private. Quanto al tecnico, un sadico: sotto
l odiata veste del controllore tortura il contribuente. Ma
poich il poujadismo ha cercato subito di costruire i propri
grandi archetipi, lintellettuale passato ben presto dalla
categoria fiscale a quella dei miti.
Come ogni essere mitico, lintellettuale partecipa di un
tema generale, di una sostanza: laria, cio (bench sia
unidentit poco scientifica) il vuoto. Superiore, lintellet
tuale plana, non aderisce alla realt (la realt eviden
temente la terra, mito ambiguo che significa contempora
neamente la razza, la ruralit, la provincia, il buon senso,
loscuro innumerabile, ecc.). Il padrone di una trattoria
regolarmente frequentata da intellettuali li chiama eli
cotteri, immagine spregiativa che sottrae al volo la po
tenza virile dellaeroplano: lintellettuale si distacca dal
reale, ma resta in aria, fermo, a girare in tondo; la sua
ascensione pusillanime, ugualmente lontana dal grande
cielo religioso come dalla solida terra del senso comune,
Quello che gli manca sono le radici nel cuore della na
zione. Gli intellettuali non sono n idealisti, n realisti,
' [In francese, con gioco intraducibile: polyvalents et polyvoleurs],
1 Le citazioni sono tratte nella maggior parte dal libro di Pouiade J ai
choisi le combat.
l8 2 POUJADE E GLI IN TEL L ET TU A LI

sono esseri annebbiati, abbrutiti. La loro altitudine


esatta quella della nuvola, vecchio ritornello aristofane
sco (lintellettuale, allora, era Socrate). Sospesi nel vuoto
superiore, gli intellettuali ne sono tutti pieni, sono il
tamburo che suona col vento: si vede cosi affiorare il fon
damento inevitabile di ogni anti-intellettualismo: il so
spetto del linguaggio, la riduzione di ogni parola avversa a
un rumore, conforme al procedimento costante delle pole
miche piccolo-borghesi, che consiste nello smascherare ne
gli altri una infermit complementare a quella che non si
vede in se stessi, a imputare allavversario gli effetti dei
propri errori, a chiamare oscurit la propria cecit, e irre
golarit verbale la propria sordit.
L altitudine degli spiriti superiori qui una volta di
pi assimilata allastrazione, indubbiamente tramite uno
stato comune allaltezza e al concetto, che la rarefazione'.
Si tratta di unastrazione meccanica, gli intellettuali non
essendo che macchine per pensare (ci che manca loro non
il cuore, come direbbero le filosofie sentimentaliste,
ma la furberia, sorta di tattica alimentata dallintuito).
Questo tema del pensiero macchinale naturalmente do
tato di pittoreschi attributi che ne rafforzano il maleficio:
prima di tutto il sogghigno (gli intellettuali sono scettici
davanti a Poujade), poi la malignit, perch la macchina,
nella sua astrazione, sadica: i funzionari di Rue de Rivoli
sono dei viziosi che si divertono a far soffrire il contri
buente: fautori del Sistema, ne hanno la fredda complica
zione, quella sorta di invenzione sterile, di proliferazione
negativa che gi, a proposito dei gesuiti, indignava Miche
let. I politecnici hanno d altra parte, per Poujade pressa
poco lo stesso ruolo che avevano i gesuiti per i liberali di
una volta: fonte di tutti i mali fiscali (tramite la Rue de
Rivoli, designazione eufemistica dellInferno), edificatori
del Sistema a cui successivamente obbediscono come ca
daveri, pernde ac cadaver, secondo l espressione gesuita,
II. fatto che la scienza, per Poujade, curisamente ca
pace di eccessi. Esistendo ogni fatto umano, anche men
tale, solo a titolo di quantit, basta paragonare il suo volu
me alla capacit del poujadista medio per decretarlo ec
cessivo: probabile che gli eccessi della scienza siano ap
punto le sue virt e che essa cominci proprio l dove Pouja
de la trova inutile. Ma tale quantificazione preziosa alla
retorica poujadista, poich genera mostri: quei politecnici,
POUJADE E GLI IN TE LLE TT U A LI 183
formati da una scienza pura, astratta, non applicabile al
reale se non sotto forma punitiva.
Non che il giudizio di Poujade sui politecnici (e gli in
tellettuali) sia scoraggiante: sar possibile, indubbiamen
te, raddrizzare 1 intellettuale di Francia. Il suo male
in fondo unipertrofa (si potr quindi operarlo), quello
di aver aggiunto alla quantit normale di intelligenza del
piccolo commerciante unappendice eccessivamente pesan
te: questa appendice curiosamente costituita dalla scien
za stessa, contemporaneamente oggettivata e concettualiz-
zata, sorta di materia ponderosa che si somma alluomo, o
gli si sottrae, esattamente come la mela o il pezzetto di
burro che il bottegaio aggiunge o toglie per ottenere una
pesata esatta. Che il politecnico sia abbrutito dalla mate
matica, significa che, oltre un determinato tasso di scienza,
si approda al mondo qualitativo dei veleni. Uscita fuori dai
sani limiti della quantificazione, la scienza screditata nel
la misura in cui non la si pu piti definire come un lavoro.
Gli intellettuali, politecnici, professori, sorboniani e fun
zionari, non fanno niente: sono degli esteti, frequentano,
non il buon bistrot di provincia, ina i caff chic della rive
gauche. Riconosciamo qui un tema caro a tutti i regimi
forti: l assimilazione dellintellettualit alloziosit: l in
tellettuale per definizione un pigro, bisognerebbe una
buona volta farlo lavorare, convertire unattivit, che non
si lascia misurare se non nel suo nocivo eccesso, in lavoro
concreto, cio accessibile alla misurazione poujadista. Si
sa che al limite non pu esserci lavoro piu quantificato - e
quindi pi benefico - dello scavare buche o dellammuc-
chiare pietre: questo il lavoro allo stato puro, ed d altra
parte quello che tutti i regimi post-poujadisti finiscono lo
gicamente per riservare all intellettuale ozioso.
Tale quantificazione del lavoro comporta naturalmente
una promozione della forza fisica, quella dei muscoli, del
petto, delle braccia; inversamente la testa un luogo so
spetto, nella misura in cui i suoi prodotti sono qualitativi
e non quantitativi. Si ritrova qui il discredito riserbato so
litamente al cervello (il pesce marcisce dalla testa, si sente
dire spesso vicino a Poujade), la cui fatale disgrazia evi
dentemente la stessa eccentricit della posizione in cima
al corpo, vicino alla nuvola, lontano dalle radici. Si
sfrutta a fondo lambiguit stessa della sua superiorit; si
costruisce tutta una cosmogonia, che gioca incessantemente
184 p o u ja d e e g l i i n t e l l e t t u a l i

su vaghe similitudini tra il fisico, il morale e il sociale: nel


corpo che lotta contro la testa c tutta la lotta dei pic
coli, delloscuro vitale contro lelevato.
Poujade stesso ha ben presto sviluppato la leggenda della
sua forza fisica: in possesso di un diploma di istruttore,
veterano della Raf, rugbista, questi precedenti garantisco
no del suo valore: il capo trasmette alle sue truppe, in cam
bio della loro adesione, una forza essenzialmente misura
bile, perch quella del corpo. Cosi il primo prestigio di
Poujade (sintenda il fondamento della fiducia mercante
sca che si pu avere in lui) la sua resistenza (Poujade
il diavolo in persona, non c verso che schianti). Le sue
prime campagne sono state prima di tutto delle prestazioni
fisiche che avevano del sovrumano ( il diavolo in per
sona). Da questa forza d acciaio nasce lubiquit (Poujade
sempre dappertutto), essa piega perfino la materia (Pou
jade fracassa tutte le automobili che adopra). Tuttavia c
in Poujade un altro valore oltre alla resistenza: una sorta
di fascino fisico, prodigato in sovrappi della forza-merce,
come uno di quegli oggetti superfetatori per mezzo dei
quali, in diritti antichissimi, lacquirente avvinceva il ven
ditore di un bene immobiliare: questa m ancia, che
costituisce il capo e si rivela come il genio di Poujade, la
parte riservata alla qualit in questa economia della pura
contabilit, la sua voce. Indubbiamente essa scaturisce
da un luogo privilegiato del corpo, luogo insieme mediano
e muscolato, il torace, che in tutta questa mitologia cor
porale Tanti-testa per eccellenza; ma la voce, veicolo del
verbo correttore, sfugge alla dura legge delle quantit: al
progredire dellusura, sorte degli oggetti comuni, essa so
stituisce la propria fragilit, rischio glorioso degli oggetti
di lusso: ci che le si addice non lo sprezzo eroico della
fatica, limplacabile resistenza: la delicata carezza del
vaporizzatore, il soffice apporto del microfono: la voce di
Poujade riceve in transfert Tlmponderabile e prestigioso
valore devoluto, in altre mitologie, al cervello dellintel
lettuale.
Ovviamente il luogotenente di Poujade deve partecipa
re della medesima prestanza, pi grossolana per, meno
diabolica: il ben piantato: il virile Launay, era gio
catore di rugby... con i suoi avambracci villosi e possenti.,,
non ha laria di un figlio di M aria, Cantalou, alto, ben
piantato, tagliato con laccetta, ha lo sguardo dritto, la
POUJADE E GLI IN TE LLE TT U A LI l8 5
stretta di mano virile e franca. Perch, secondo una crasi
ben nota, la pienezza fisica costituisce una chiarezza mora
le: solo lessere forte pu essere franco. S'intuisce che les
senza comune a tutti questi prestigi la virilit, il cui sosti
tuto morale il carattere, rivale dellintelligenza che,
invece, non accolta nel cielo poujadista: la si sostituisce
con una virt intellettuale particolare, la furberia-, leroe,
per Poujade, un essere dotato di aggressivit e di malizia
insieme ( proprio un dritto). Questa astuzia, per in
tellettiva che sia, non reintroduce laborrita ragione nel
pantheon poujadista: gli di piccolo-borghesi la concedono
o la riprendono a loro piacere, secondo un puro ordine della
fortuna-, e del resto, tutto sommato, un dono quasi fsi
co, paragonabile al liuto animale: non che un raro fiore
della forza, una capacit tutta nervosa di captare il vento
( Io vado col radar).
Inversamente, lintellettuale condannato attraverso
la sua' disavvenenza corporea: Mends fatto che pare
un asso di picche, ha laria di una bottiglia di Vichy (du
plice spregio rivolto allacqua e alla dispepsia). Rifugia
to nellipertrofia di una testa fragile e inutile, tutto les
sere intellettuale affetto dalla pi pesante tara fisica,
la stanchezza (sostituto corporeo della decadenza): bench
ozioso, egli congenitamente stanco, esattamente come il
poujadista, bench lavoratore, sempre in forma. Si arriva
cosi allidea profonda di ogni moralit del corpo umano:
lidea di razza. Gli intellettuali sono una razza, i poujadisti
unaltra.
Tuttavia Poujade ha una concezione della razza a prima
vista paradossale. Constatando che il francese medio il
prodotto di incroci multipli (noto ritornello: la Francia,
crogiolo di razze), proprio questa variet di origini che
Poujade contrappone superbamente alla setta ristretta di
quelli che si sono sempre incrociati solo tra loro (sintenda,
ovviamente, gli Ebrei). Designando Mends-France escla
ma: Sei tu il razzista poi commenta: D i noi due, lui
che pu essere razzista, perch lha, lui, una razza. Pouja
de pratica a fondo quello che si potrebbe chiamare il raz
zismo dellincrocio, senza rischi del resto, poich questo
incrocio tanto vantato, secondo lo stesso Poujade, non
ha mescolato altro che dei Dupont, dei Durand e dei Pouja
de, cio lidentico con lidentico. Evidentemente, lidea di
una razza sintetica preziosa, perch permette di gio-
i86 PQUJADE E GLI IN TE LLE TT U A LI

care ora sul sincretismo ora sulla razza. Nel primo caso
Poujade dispone della vecchia idea, un tempo rivoluziona
ria, di nazione, che ha alimentato tutti i liberalismi fran
cesi (Michelet contro Augustin Thierry, Gide contro Bar-
rs, ecc.): ( I miei antenati, i Celti, gli Arverni, tutti si so
no incrociati. Io sono il frutto del crogiolo delle invasioni
e degli esodi). Nel secondo caso ritrova agevolmente il
fondamentale oggetto razzista, il Sangue (ed soprattutto
il sangue celtico, quello di Le Pen, solido bretone separato
da un abisso razziale dagli esteti della Nouvelle Gauche,
0 il sangue gallico, che manca a Mends). Come per lin
telligenza, si ha qui a che fare con unarbitraria distribu
zione dei valori: la somma di certi sangui (quello dei Du-
pont, dei Durand e dei Poujade) non produce che sangue
puro, e si pu quindi restare nellordine rassicurante di
unaddizione di quantit omogenee; ma altri sangui (quel
lo, segnatamente, dei tecnocrati apatridi) sono fenomeni
puramente qualitativi, per ci stesso screditati nelluniver
so poujadista: essi non possono mescolarsi, accedere alla
salute del gran numero francese, a quel volgare il cui
trionfo numerico contrapposto alla stanchezza degli in
tellettuali distinti.
Questa contrapposizione razziale tra i forti e gli stanchi,
1 Galli e gli apatridi, il volgare e il distinto, del resto,
molto semplicemente, la contrapposizione fra la provincia
e Parigi. Parigi riassume tutto il vizio francese: il Sistema,
il sadismo, lintellettualit, la stanchezza: Parigi un mo
stro, perch la vita sfasata: vita trepidante, assordante,
abbrutente dalla mattina alla sera, ecc,. Parigi partecipa
di quel medesimo veleno, sostanza essenzialmente qualita
tiva (ci che Poujade altrove chiama, senza sapere come
dice bene: la dialettica), di cui si vista la contrappo
sizione al mondo quantitativo del buon senso. Affrontare
la qualit stato per Poujade la prova decisiva, il suo
Rubicone: salire su Parigi, ricuperarvi i deputati moderati
di provincia corrotti dalla capitale, veri rinnegati della pro
pria razza, attesi al villaggio con le forche, stato un salto
che ha definito una grande migrazione razziale ancor piu
che un allargamento politico.
Di fronte a una diffidenza cosi costante, poteva Poujade
salvare qualche forma dellintellettuale, dare di lui unim
magine ideale, in una parola postulare un intellettuale
poujadista? Poujade ci dice soltanto che nel suo Olimpo
POUJADE E GLI IN TE LLE TT U A LI I8 7
entreranno solo gli intellettuali degni di questo nome.
Eccoci cosi tornati, una volta di pi, a una di quelle famose
definizioni per identit (A = A), che in questa stessa sede
ho chiamato pi volte tautologie, cio al nulla. Ogni asti-
intellettualismo finisce cosi nella morte del linguaggio, cio
nella distruzione della socialit.
La maggior parte dei temi poujadisti, per quanto para
dossale possa sembrare, sono temi romantici degradati.
Quando Poujade vuol definire il Popolo, la prefazione del
Ruy Blas che egli cita a lungo; e lintellettuale visto da
Poujade assai vicino al legista e al gesuita di Michelet,
luomo arido, vano, sterile, beffardo. che oggi la piccola
borghesia raccoglie leredit ideologica della borghesia li
berale di ieri, quella appunto che ha contribuito alla sua
promozione sociale: il sentimentalismo di Michelet conte
neva molti germi reazionari. Barrs lo sapeva. Se non fosse
per tutta la distanza del talento, Poujade potrebbe ancora
firmar certe pagine del Peuple di Michelet (1846).
Per tale ragione, proprio su questo problema degli intel
lettuali, il poujadismo va molto al di l di Poujade; lideo
logia anti-intellettualistica simpadronisce degli ambienti
politici piu svariati e non occorre essere poujadista per
aver lodio dellidea. Perch ci che preso di mira ogni
forma di cultura esplicativa, impegnata, e ci che si salva
la cultura innocente, quella il cui candore lascia le
mani libere al tiranno. Per tale ragione gli scrittori, nel
senso letterale, non sono esclusi dalla famiglia poujadista
(certuni, molto noti, hanno mandato a Poujade le loro ope
re accompagnate da dediche lusinghiere). Ci che si con
danna lintellettuale, cio una coscienza, o meglio ancora:
uno Sguardo (una. pagina di Poujade ricorda quanto egli
soffrisse, al liceo, di essere guardato dai compagni). Che
nessuno ci guardi, questo il principio dellanti-intellet-
tualismo poujadista. Per, dal punto di vista delletnologo,
le condotte di integrazione e di esclusione sono evidente
mente complementari, e in un certo senso, che non quello
che lui crede, Poujade ha bisogno degli intellettuali: perch
se li condanna a titolo di male magico: nella societ
poujadista lintellettuale ha la parte maledetta e necessa
ria di uno stregone degradato.
Il mito; oggi
Che cos un mito, oggi? Dar subito una risposta mol
to semplice, che si accorda perfettamente con letimologia:
il mito una parola

Il mito una parola.

Naturalmente, non qualsiasi parola: al linguaggio oc


corrono particolari condizioni per diventare mito; e lo
vedremo subito. Ma va stabilito energicamente sin da
principio che il mito un sistema di comunicazione, un
messaggio. Dal che si vede che il mito non pu essere un
oggetto, un concetto, o unidea; bens un modo di signi
ficare, una forma. Piu avanti sar necessario porre a que
sta forma limiti storici, condizioni duso, reinvestire in
essa la societ: ci non impedisce che in primo luogo la si
debba descrivere come forma.
chiaro che sarebbe del tutto illusorio pretendere a una
discriminazione sostanziale tra gli oggetti mitici: dato che
il mito una parola, pu essere mito tutto ci che subisce
le leggi di un discorso.
Il mito non si definisce dalloggetto del suo messaggio,
ma dal modo in cui lo proferisce: ci sono limiti formali al
mito, non ce ne sono di sostanziali. Tutto dunque pu es
sere mito? Si, a mio avviso, perch luniverso infinita
mente suggestivo. Ogni oggetto del mondo pu passare da
unesistenza chiusa, muta, a uno stato orale, aperto allap
provazione della societ, perch non c alcuna legge, na
turale o no, a impedire che si parli delle cose. Un albero 1

1 Mi si obietteranno mille altri sensi del termine mito. Io ho per cer


cato di definire delle cose., non delle parole.
192 IL M ITO, OGGI

un albero. Si, certo. Ma un albero detto da Minou Drouet


non gi pi propriamente un albero, un albero abbel
lito, adattato a una certa consumazione, investito di com
piacimento letterario, di rivolte, dimmagini, insomma di
un uso sociale che si aggiunge alla pura materia.
Evidentemente, non tutto detto in uno stesso tempo:
certi oggetti diventano preda della parola mitica per un
momento, poi scompaiono, altri prendono il loro posto,
accedono al mito. Esistono oggetti fatalmente suggestivi,
come Baudelaire diceva della. Donna? Certamente no: si
possono concepire miti molto antichi, non ne esistono di
eterni; perch la storia umana che fa passare il reale allo
stato di parola, ed essa sola regola la vita e la morte del
linguaggio mitico. Lontana o no, la mitologia pu avere
solo un fondamento storico, perch il mito una parola
scelta dalla storia: il mito non pu sorgere dalla natura
delle cose.
Questa parola un messaggio. Quindi pu essere tuttal-
tro che orale; pu essere costituita da scritture o da rap
presentazioni: il discorso scritto, ma anche la fotografia, il
cinema, il reportage, lo sport, gli spettacoli, la pubblicit,
possono servire da supporto alla parola mitica. Il mito non
pu essere definito n dal suo oggetto, n dalla materia,
perch qualsiasi materia pu essere arbitrariamente do
tata di significato: la freccia portata come segno di sfida
anchessa una parola. Certo, nellordine della percezione,
limmagine e la scrittura per esempio non sollecitano lo
stesso tipo di coscienza; e nellimmagine stessa, inoltre,
sono molti i modi di lettura: uno schema si presta a signi
ficare molto piu che un disegno, unimitazione pi che un
originale, una caricatura piu che un ritratto. Ma, appunto,
qui non si tratta gi piu di un modo teorico di rappresen
tazione: si tratta di questa immagine data per questa signi
ficazione: la parola mitica formata da una materia gi
lavorata in vista di una comunicazione appropriata: pro
prio perch tutti i materiali del mito, siano essi rappre
sentativi o grafici, presuppongono una coscienza signifi
cante, si pu parlare di essi indipendentemente dalla loro
materia. Questa materia non indifferente: Limmagine,
certo, pi imperativa della scrittura, impone la significa
zione di colpo, senza analizzarla, senza disperderla; ma non
una differenza costitutiva. L immagine diviene una scrit-
IL M ITO, OGGI I ') (

tura a partire dal momento in cui significativa: come la


scrittura essa richiede un lexis.
Perci qui intenderemo per linguaggio, discorso, parola,
ecc., ogni unit o sintesi significativa, verbale o visiva che
sia: una fotografia per noi sar parola allo stesso titolo di
un articolo di giornale: gli oggetti stessi potranno diventa
re parola, se significano qualche cosa. Questa maniera ge
nerica di concepire il linguaggio d altra parte giustificata
dalla storia stessa delle scritture: assai prima che il nostro
alfabeto venisse inventato, oggetti come il kipu inca, o di
segni come i pittogrammi, sono stati regolari parole. Ci
non vuol dire che si debba trattare la parola mitica come la
lingua parlata: a dire il vero, il mito dipende da una scienza
generale estensiva alla linguistica, che la semiologia.

Il mito come sistema semiologico.

Come studio di una parola, infatti, la mitologia non


che un frammento di quella vasta scienza dei segni che
Saussure ha postulato una quarantina danni fa sotto il no
me di semiologia. La semiologia non si ancora costituita
in scienza. Tuttavia, dopo Saussure e talvolta indipen
dntemente da lui, tutto un settore della ricerca contem
poranea si rif continuamente al problema della significa
zione: la psicanalisi, lo strutturalismo, la psicologia eide
tica, certi nuovi tentativi di critica letteraria di cui Bache
lard ha dato lesempio, mirano a studiare il fatto: esclusiva-
mente in quanto significa. Ora, postulare una significazio
ne vuol dire ricorrere alla semiologia. Non dico con ci che
la semiologia possa rendere conto allo stesso modo di tutte
queste ricerche: esse hanno contenuti differenti. Ma hanno
uno statuto comune, sono tutte scienze dei valori: non si
contentano di trovare il fatto: lo definiscono e lo esplo
rano come un vale-per.
La semiologia una scienza delle forme, perch studia
certe significazioni indipendentemente dal loro contenuto.
Mi si conceda un cenno sulla necessit e i limiti di una
tale scienza formale. La necessit: quella stessa di ogni
linguaggio esatto. 2 danov rideva del filosofo Alexandrov
che parlava della struttura sferica del nostro pianeta.
Fino ad oggi scrive Zdanov - sembrava che solo la for
ma potesse essere sferica. Zdanov aveva ragione: non si
194 IL M ITO, OGGI

pu parlare di strutture in termini di forme, e viceversa.


Pu darsi benissimo che sul piano della v ita non ci sia
che una totalit indiscernibile di strutture e di forme. Ma
la scienza non sa che farsene deHineffabile: deve parlare
la v ita se vuole trasformarla. Contro un certo donchi
sciottismo, del resto, ahim, platonico, della sintesi, ogni
critica deve consentire allascesi, allartificio dell'analisi, e
nellanalisi deve appropriare metodi e linguaggi. Meno ter
rorizzata dallo spettro del formalismo , la critica storica
sarebbe stata forse meno sterile; avrebbe capito che lo
studio specifico delle forme non contraddice in niente i
principi necessari della totalit e della Storia. Anzi, al con
trario: piu un sistema specificamente definito nelle sue
forme, e pi si piega alla critica storica. Parodiando una
nota espressione, dir che poco formalismo allontana dalla
Storia, ma che molto riporta ad essa. C esempio di cri
tica totale migliore della descrizione a un tempo formale
e storica, semiologica e ideologica, della santit nel Saint-
Genet di Sartre? Il pericolo, piuttosto, di considerare le
forme come oggetti ambigui, semiforme e semisostanze, di
dotare la forma di una sostanza di forma, come fa per
esempio il realismo zdanoviano. La semiologia, nei suoi
limiti precisi, non una trappola metafisica: una scienza
tra le altre, necessaria ma non sufficiente. L importante
capire che lunit di una interpretazione non pu derivare
dallamputazione di tale o tal altro tipo di analisi, ma, con
forme alla frase di Engels, dalla coordinazione dialettica
delle scienze specifiche in essa impegnate. Cosi della mi
tologia, che fa parte e della semiologia come scienza for
male e dellideologia come scienza storica: studia delle
idee in forma \
Ricorder quindi che ogni semiologia postula un rap
porto fra due termini, un significante e un significato. Que
sto rapporto verte su oggetti di ordine differente, e appun
to per questo non si tratta mai di una uguaglianza, ma di
una equivalenza. Bisogna a questo punto por mente che1

1 Lo sviluppo della pubblicit, della grande stampa, della radio, dell'il-


iustrazione, senza parlare della sopravvivenza di un'infmit di riti della co
municazione (riti del prestigio sociale), rende pi urgente che mai la costi
tuzione d una scienza mitologica. Quanti campi veramente insignificanti at
traversiamo in una giornata? Molto pochi, talvolta nessuno. Per es., mi tro
vo davanti al mare: certo non vi in esso alcun messaggio. Ma sulla spiag
gia, quale materiale semiologico! bandiere, slogans, segnali, insegne, vestiti,
persino unabbronzatura, che per me sono tanti messaggi.
IL M ITO, OGGI 195
contrariamente al linguaggio comune da cui so semplice-
mente che il significante esprime il significato, in ogni si
stema semiologieo non ho a che fare con due ma con tre
termini differenti; perch quanto io percepisco non af
fatto un termine dopo laltro, ma la correlazione che li uni
sce: c dunque il significante, il significato e il segno, che
il totale associativo dei primi due termini. Per esempio,
un mazzo di rose: gli faccio significare la mia passione.
Non c, molto semplicemente, un significante e un signi
ficato, le rose e la mia passione? Anzi: in verit ci sono
soltanto rose passionalizzate. Ma sul piano dellanalisi
sono ben tre i termini; perch queste rose cariche di pas
sione si lasciano perfettamente ed esattamente scomporre
in rose e passione: le une e laltra esistevano prima di con
giungersi e formare questo terzo oggetto, che il segno.
Quanto, effettivamente, sul piano vissuto non posso disso
ciare le rose dal messaggio che portano, tanto sul piano del-
lanali'si non posso confondere le rose come significanti e le
rose come segno: il significante vuoto, il segno pieno,
un senso. Un altro esempio, un sasso nero: posso farlo
significare in pi modi, un semplice significante; ma se
lo carico di un significato definitivo (condanna a morte, ad
esempio, in una votazione anonima), diventer un segno.
Naturalmente, tra il significante, il significato e il segno,
ci sono implicazioni funzionali (come fra la parte e il tutto)
cosi strette che unanalisi pu sembrare vana; ma si vedr
subito che questa distinzione ha unimportanza capitale
per lo studio del mito come schema semiologieo.
Naturalmente, questi tre termini sono puramente for
mali, e si possono dar loro contenuti differenti. Ecco alcuni
esempi: per Saussure, che ha lavorato su un sistema semio-
logico particolare, ma metodologicamente esemplare, la
lingua, il significato il concetta, il significante limma
gine acustica (di ordine psichico), e il rapporto fra il con
cetto e limmagine il segno (la parola, per esempio), o
entit concreta1. Per Freud, noto, lo psichismo uno
spessore di equivalenze, di diversi vale-per. Un termine
(evito di dargli una preminenza) costituito dal senso ma
nifesto del comportamento, un altro dal suo senso latente
o senso proprio (per esempio il sostrato del sogno); quan-1

1 La nozione di parola {m ot) una delle piu discusse in sede linguistica.


Me ne servo per semplicit.
196 IL M ITO , OGGI

to al terzo termine, anche qui una correlazione dei primi


due: il sogno in s, nella sua totalit, latto mancato o la
nevrosi, concepiti come compromessi, economie operate
grazie alla congiunzione di una forma (primo termine) e
di una funzione intenzionale (secondo termine). evidente
quanto sia necessario distinguere il segno dal significante:
il sogno, per Freud, non il suo dato manifesto piu di
quanto non sia il suo contenuto latente: esso il legame
funzionale dei due termini. Nella critica sartrian infine
(mi limiter a questi tre esempi pi noti), il significato
costituito dalla crisi originale del soggetto (la separazione
dalla madre in Baudelaire, la menzione del furto in Genet);
la Letteratura come discorso forma il significante; e il
rapporto della crisi e del discorso definisce lopera, che
una significazione. Naturalmente questo schema tridimen
sionale, per quanto di forma costante, non si attua nello
stesso modo: non si ripeter quindi mai abbastanza che
lunit della semiologia possibile solo a livello delle for
me, non dei contenuti; il suo campo limitato, essa non
poggia che su un linguaggio, non conosce che unoperazio
ne: la lettura o latto decifrante.
Nel mito si ritrova appunto lo schema tridimensionale:
il significante, il significato e il segno. Ma il mito un
sistema particolare in quanto si edifica sulla base di una
catena semiologica preesistente: il mito un sistema semio
logico secondo. Ci che segno (cio totale associativo di
un concetto e di unimmagine) nel primo sistema, nel se
condo diventa semplice significante. infatti opportuno
ricordare che i materiali della parola mitica (lingua pro
priamente detta, fotografia, pittura, manifesto, rito, og
getto, ecc), per differenti che siano allinizio e al momen
to in cui sono colti dal mito, si riconducono a una pura
funzione significante: il mito non vi vede che unidentica
materia prima; la loro unit sta nel fatto che sono ridotti,
tutti, al semplice statuto del linguaggio. Si tratti di grafia
letterale o di grafia pittorica, il mito vi vuol vedere sol
tanto un totale di segni, un segno globale, il termine finale
di una prima catena semiologica. E questo termine finale,
appunto, destinato a diventare primo termine o termine
parziale del sistema ingrandito che esso edifica. Tutto av
viene come se il mito scalasse di un grado il sistema formale
delle prime significazioni. Poich questo spostamento
capitale per Tanalisi del mito, lo rappresenter nel modo
IL M ITO, OGGI 197

seguente, restando inteso che la spazializzazione dello sche


ma non che una semplice metafora :

t. significante 2. significato

3. segno
II. SIGNIFICATO
I. SIGNIFICANTE

III. SEGNO

Risulta evidente che nel mito ci sono due sistemi semio-


logici, di cui luno sfasato in rapporto allaltro: un siste
ma linguistico, la lingua (o I modi di rappresentazione as
similabili), che chiamer linguaggio-oggetto, perch il
linguaggio a cui il mito si aggancia per costruire il proprio
sistema; e il mito stesso, che chiamer metalinguaggio,
perch una seconda lingua nella quale si parla della pri
ma. Riflettendo su un metalinguaggio, il. semiologo non
deve piu porsi domande sulla composizione del linguaggio-
oggetto, non deve piu tener conto del dettaglio dello sche
ma linguistico: gli baster conoscerne il termine totale o
il segno globale, e solo nella misura in cui questo termine
si prester al mito. Ecco perch il semiologo autorizzato
a trattare nello stesso modo la scrittura e limmagine: di
esse ci che gli serve che ambedue sono segni, arrivano
alla soglia del mito, e dotate della stessa funzione signi
ficante costituiscono luna come laltra un linguaggio-og
getto.
ora di dare uno o due esempi di parola mitica. Il pri
mo lo ricaver da unosservazione di Valry : frequento la
seconda in un ginnasio francese; apro la grammatica lati
na, e vi leggo una frase, tolta da Esopo e da Fedro: quia
ego nominor leo. Mi fermo e rifletto: in questa proposi
zione c unambiguit: da una parte le parole hanno un
senso semplicissimo: perch io mi chiamo leone. E dal
laltra evidentemente la frase sta a significarmi qualche
altra cosa: nella misura in cui si rivolge a me, allievo di
seconda, la frase mi dice chiaramente: sono un esempio di
grammatica destinato a illustrare la regola dellaccordo del
predicato. Sono anche costretto a riconoscere che la frase1

1 T el Quel, n ,p . 19 1 .
I98 IL M ITO, OGGI

non mi significa affatto, il suo senso, che tende pochissimo


a parlarmi del leone e di come esso si chiama; la sua signi
ficazione reale e ultima di impormi si come presenza di
un certo accordo del predicato. Ne concludo che sono da
vanti a un sistema semiologico particolare, ingrandito per
ch estensivo alla lingua: c si un significante, ma questo
significante esso stesso formato da un totale di segni,
da solo un primo sistema semiologico (mi chiamo leone).
Per il resto, lo schema formale si sviluppa correttamente:
c un significato (sono un esempio di grammatica) e c
una significazione globale, che precisamente la correla
zione del significante e del significato; perch n la deno
minazione del leone, n lesempio di grammatica mi ven
gono dati separatamente.
Ed ecco ora un altro esempio: sono dal parrucchiere, mi
vien porto un numero di Paris-Match. Sulla copertina,
un giovane negro vestito di ununiforme francese fa il sa
luto militare, con gli occhi verso lalto, fissati certo su una
piega della bandiera tricolore. Questo il senso deUim-
magine. Ma, per quanto ingenuo, vedo bene ci che essa
mi vuol significare: che la Francia un grande Impero, che
tutti i suoi figli, senza distinzione di colore, servono fedel
mente sotto la sua bandiera, e che per i detrattori di un
preteso colonialismo non c risposta migliore dello zelo di
questo negro nel servire i suoi pretesi oppressori. Mi trovo
perci, anche qui, davanti a un sistema semiologico mag
giorato: c un significante, esso stesso gi formato da un
sistema precedente (un soldato negro fa il saluto militare
francese), c' un significato (che qui un misto intenzio
nale di francit e di militarit); c infine una presenza del
significato attraverso il significante.
Prima di passare allanalisi di ogni termine del sistema
mitico, opportuno accordarsi su una terminologia. Si sa,
adesso, che nel mito il significante pu essere guardato da
due punti di vista: come termine finale del sistema lingui
stico o come termine iniziale del sistema mitico: occorrono
perci due nomi: sul piano della lingua, cio come termine
finale del primo sistema, chiamer il significante: senso
(mi chiamo leone, un negro fa il saluto militare francese)',
sul piano del mito, lo chiamer forma. Per il significato
non c pericolo di ambiguit: gli lasceremo il nome di
concetto. Il terzo termine la correlazione dei primi due:
nel sistema della lingua, il segno, ma non si pu ripren-
IL M ITO, OGGI 199
dere la parola senza ambiguit perch nel mito (ed qui
la sua particolarit principale) il significante gi formato
da segni della lingua. Chiamer il terzo termine del mito,
significazione-, la parola qui tanto pi giustificata in quan
to il mito ha effettivamente una doppia funzione: designa
e notifica, fa capire e impone

La forma e il concetto.

Il significante del mito si presenta in modo ambiguo:


senso e forma a un tempo, pieno da un lato, vuoto dallal
tro. Come senso, il significante postula gi una lettura, lo
vedo immediatamente, ha una realt sensoriale (al contra
rio del significante linguistico, che di ordine puramente
psichico), ha una ricchezza: la denominazione del leone, il
saluto del negro, sono complessi del tutto plausibili, di
spongono di una razionalit sufficiente; come totale di se
gni linguistici, il senso del mito ha un valore proprio, fa
parte di una storia, quella del leone o quella del negro:
una significazione, nel senso, gi costruita, e tale che ba
sterebbe benissimo a se stessa se il mito non lafferrasse
e non ne facesse immediatamente una forma vuota, paras
sitarla. Il senso gi completo, postula un sapere, un
passato, una memoria, un ordine comparativo di fatti, di
idee, di decisioni.
Diventando forma, il senso allontana la sua contingenza;
si svuota, simpoverisce, la storia evapora, resta la lettera.
Si ha uno scambio paradossale delle operazioni di lettura,
una regressione anormale dal senso alla forma, dal segno
linguistico al significante mitico. Se si circoscrive quia
ego nominor leo in un sistema puramente linguistico, la
proposizione vi ritrova una pienezza, una ricchezza, una
storia: sono un animale, un leone, vivo in un certo paese,
torno dalla caccia, mi si vorrebbe far dividere la mia pre
da con una giovenca, una vacca e una capra; senonch, es
sendo il pi forte, mi attribuisco tutte le parti con moti
vazioni diverse, di cui lultima , molto semplicemente,
che mi chiamo leone. Ma in quanto forma del mito, la
proposizione non contiene quasi pi niente di questa lun-1

1 [Il francese signification ha anche unaccezione giuridica molto vicina a


quella che nella nostra procedura propria del termine notificazione ].
200 IL M ITO, OGGI

ga storia. Il senso conteneva tutto un sistema di valori:


una storia, una geografa, una morale, una zoologia, una
Letteratura. La forma ha allontanato tutta questa ricchez
za: la sua nuova povert esige una significazione che la
riempia. Bisogna arretrare di molto la storia del leone per
far posto allesempio di grammatica, bisogna mettere tra
parentesi la biografia del negro se si vuole liberare lim-
magine, predisporla a ricevere il suo significato.
Ma in tutto questo il punto capitale che la forma non
sopprime il senso, semplicemente lo impoverisce, lo allon
tana, lo tiene a disposizione. Si pensa che il senso sia de
stinato a morire, ma una morte in sospeso: il senso perde
il proprio valore ma conserva la vita, di cui si nutrir la
forma del mito. Il senso sar per la forma come una riserva
istantanea di storia, come una ricchezza disponibile, che
si pu richiamare e allontanare in una rapida alternanza:
bisogna che la forma possa continuamente rimettere radice
nel senso e alimentarvisi di natura; bisogna soprattutto
che essa possa nascondervisi. Questo continuo gioco a rim
piattino tra il senso e la forma definisce, appunto, il mito.
La forma del mito non un simbolo. Il negro che saluta
non il simbolo dellImpero francese. Ha troppa presenza:
si d come immagine ricca, vissuta, spontanea, innocente,
indiscutibile. Ma nello stesso tempo questa presenza
assoggettata, allontanata, resa come trasparente; torna un
po indietro, si fa complice di un concetto che le si presenta
gi totalmente costituito, Pimperialit francese: diventa
presa a prestito.
Guardiamo ora il significato: questa storia che sgorga
dalla forma il concetto se lassorbir tutta. Il concetto,
questo si, determinato: storico e intenzionale insieme,
il movente che fa proferire il mito. L esemplarit gram
maticale, limperialit francese, sono la spinta stessa del
mito. Il concetto ristabilisce una catena di cause e di effetti,
di moventi e di intenzioni. Contrariamente alla forma il
concetto non per nulla astratto, bens pieno di una situa
zione. Mediante il concetto, tutta una storia nuova si in
nesta sul mito: nella denominazione del leone, preliminar
mente svuotata della sua contingenza, lesempio di gram
matica richiamer tutta la mia esistenza: il Tempo, che mi
fa nascere in unepoca in cui si studia la grammatica latina:
la Storia, che mi distingue mediante tutto un gioco com
plesso di segregazione sociale dai ragazzi che non studiano
IL M ITO, OGGI 201

il latino; la tradizione pedagogica, che fa scegliere questo


esempio in Esopo o in Fedro; le abitudini linguistiche mie
proprie, che nellaccordo del predicato vedono un fatto im
portante, degno di essere illustrato. Lo stesso per il negro
che saluta: come forma, il senso scarso, isolato, impo
verito: come concetto dellimperialit francese, ecco che
di nuovo legato alla totalit del mondo: alla Storia gene
rale della Francia, alle sue avventure coloniali, alle sue dif
ficolt presenti. In verit, pi che il reale, si investe nel
concetto una certa conoscenza del reale; passando dal sen
so alla forma limmagine perde in sapere: proprio per me
glio accogliere quello del concetto. Di fatto, il sapere con
tenuto nel concetto mitico un sapere confuso, formato
da associazioni incerte, indefinite. Bisogna insistere su
questo carattere aperto del concetto: non affatto unes
senza astratta, purificata, bens una condensazione infor
me, instabile, nebulosa, la cui unit e coerenza dipendono
soprattutto dalla funzione.
In questo senso si pu dire che il carattere fondamentale
del concetto mitico di essere appropriato: lesemplarit
grammaticale-si riferisce molto precisamente a una classe
di alunni determinata, l imperialit francese deve colpire
un certo gruppo di lettori e non un altro: il concetto ri
sponde strettamente a una funzione, si definisce come una
tendenza. Questo non pu non richiamare il significato di
un altro sistema semiologico, il froidismo: in Freud, il se
condo termine del sistema il senso latente (il contenuto)
del sogno, dellatto mancato, della nevrosi. Ora Freud sot
tolinea che il senso secondo della condotta il suo senso
proprio, cio appropriato a una situazione completa, pro
fonda: esso , esattamente come il concetto mitico, linten
zione stessa della condotta.
Un significato pu avere pi significanti: segnatamente
il caso del significato linguistico e del significato psicana
litico. anche il caso del concetto mitico: esso ha a sua
disposizione una massa illimitata di significanti: posso tro
vare mille frasi latine che mi facciano presente laccordo
del predicato, posso trovare mille immagini che mi signifi
chino limperialit francese. Ci vuol dire che quantitati
vamente il concetto assai pi povero del significante,
spesso si limita semplicemente a ri-presentarsi. Dalla for
ma al concetto, povert e ricchezza sono inversamente pro
porzionali: alla povert qualitativa della forma, deposita-
202 IL M ITO, OGGI

ria di un senso rarefatto, corrisponde una ricchezza del con


cetto aperto alla Storia intera; e allabbondanza quantita
tiva delle forme corrisponde un numero limitato di con
cetti. Questa ripetizione del concetto attraverso forme
diverse preziosa per il mitologo, permette di decifrare
il mito: linsistenza di una condotta, infatti, ne rivela lin
tenzione. Ci conferma che non c un rapporto regolare
tra il volume del significato e quello del significante: nella
lingua questo rapporto proporzionato, non supera gran
che la parola, o almeno lunit concreta. Nel mito, al con
trario, il concetto pu espandersi attraverso unestensione
molto grande di significante: in tal caso, ad esempio, un
libro intero potr essere il significante di un solo concetto;
e, inversamente, una forma minuscola (una parola, un ge
sto, anche marginale purch sia notato) potr servire come
significante di un concetto gonfio di una ricchissima storia.
Per quanto non abituale nella lingua, questa sproporzione
tra il significante e il significato non solo del mito: in
Freud, per esempio, latto mancato un significante di esi
guit sproporzionata al senso proprio che tradisce.
L ho gi detto, non c alcuna fissit nei concetti mitici:
possono formarsi, alterarsi, sparire completamente. E ap
punto perch sono storici la storia pu sopprimerli assai
facilmente. Questa instabilit obbliga il mitologo a una
terminologia adattata, di cui qui vorrei dire qualcosa per
ch spesso oggetto di ironia: si tratta del neologismo. Il
concetto un elemento costitutivo del mito: se voglio de
cifrare dei miti, bisogna che possa nominare dei concetti.
Il dizionario me ne fornisce qualcuno: la Bont, la Carit,
la Santit, lUmanit, ecc. Ma per definizione, per il fatto
che me li d il dizionario, questi concetti non sono storici.
Ora, quelli che piu spesso mi occorrono sono concetti effi
meri, legati a contingenze limitate: il neologismo quindi
inevitabile. La Cina una cosa, lidea che ancora non mol
to tempo fa poteva farsene un piccolo-borghese francese
unaltra: per quel miscuglio speciale di campanelli, di por
tantine, e di fumerie d oppio, nessun altro termine possi
bile che snit. Non bello? Ci si consoli almeno, ricono
scendo che il neologismo concettuale non mai arbitrario:
costruito su una norma proporzionale molto sensata

' latino : latinit - basco : xx - baschit.


IL M ITO, OGGI 203

La significazione.

In semiologia sappiamo che il terzo termine non che


lassociazione dei primi due: il solo che sia dato a vedere
in modo pieno e sufficiente, il solo che sia effettivamente
consumato. L ho chiamato significazione. chiaro, la
significazione il mito stesso, esattamente come il segno
saussuriano la parola (o pi esattamente lentit concre
ta). Ma prima di dare i caratteri della significazione, biso
gna riflettere un po sulla maniera in cui essa si prepara,
cio sui modi di correlazione del concetto e della forma
mitici.
In primo luogo da osservare che nel mito i primi due
termini sono perfettamente evidenti (contrariamente a
quanto avviene in altri sistemi semiologici): non sono uno
nascosto dietro laltro, sono dati tutti e due qui (e non
uno qui e laltro l). Per quanto paradossale possa sembrare
il mito non nasconde nulla: la sua funzione di deformare,
non di far sparire. Non c alcuna latenza del concetto
rispetto alla forma: non c affatto bisogno di un inconscio
per spiegare il mito. Evidentemente siamo davanti a due
tipi diversi di manifestazione: la presenza della forma
letterale, immediata: di pi, estesa. Ci dipende - non
lo si ripeter mai abbastanza - dalla natura gi linguistica
del significante mitico; poich esso costituito da un senso
gi tracciato, non si pu dare se non attraverso una ma
teria (dove nella lingua il significante rimane di ordine
psichico). Nel caso del mito orale, tale estensione lineare
(perch io mi chiamo leone); in quello del mito visivo,
lestensione pluridimensionale (al centro luniforme del
negro, in alto il nero del suo viso, a sinistra il saluto mili
tare, ecc.). Gli elementi della forma hanno dunque tra
loro rapporti di collocazione, di vicinanza: il modo di pre
senza della forma spaziale. Il concetto al contrario si d
in maniera globale, una sorta di nebulosa, la condensa
zione piu o meno vaga di un sapere. I suoi elementi sono
legati da rapporti associativi: esso non sorretto da une
stensione ma da uno spessore (per quanto questa metafora,
forse, rimanga ancora troppo spaziale): il suo modo di pre
senza memoriale.
Il rapporto che unisce il concetto del mito al senso
essenzialmente un rapporto di deformazione. Qui si ritro-
204 IL M ITO , OGGI

va una certa analogia formale con un sistema semiologico


complesso come quello delle psicanalisi. Allo stesso modo
che per Freud il senso latente del comportamento deforma
il suo senso scoperto, cosi nel mito il concetto deforma il
senso. Naturalmente questa deformazione resa possibile
in quanto la forma del mito gi costituita da un senso
linguistico. In un sistema semplice come la lingua, il signi
ficato non pu deformare assolutamente nulla, perch il
significante, vuoto, arbitrario, non gli fa resistenza. Ma qui
tutto diverso: il significante in qualche modo ha due fac
ce: una faccia piena, che il senso (la storia del leone, del
soldato negro), una faccia vuota, che la forma (perch io
mi chiamo leone-, negro-soldato-francese-salutante-la-ban-
diera-tricolore). Quello che il concetto deforma, , eviden
temente, la faccia piena, il senso: il leone e il negro ven
gono privati della loro storia, trasformati in gesti. L esem
plarit latina deforma infatti la denominazione del leone
in tutta la sua contingenza: e limperialit francese turba
quello che ugualmente un linguaggio primo, un discorso
fattuale che mi raccontava il saluto di un negro in unifor
me. Ma questa deformazione non unabolizione: il leone
e il negro rimangono, il concetto ha bisogno di loro: li si
amputa a met, si toglie loro la memoria, non lesistenza:
sono, a un tempo, ostinati, silenziosamente radicati, e lo
quaci, parola interamente disponibile al servizio del con
cetto. Il concetto, alla lettera, deforma ma non abolisce il
senso: un verbo far intendere questa contraddizione: lo
aliena.
Perch bisogna aver sempre presente che il mito un
sistema duplice: vi si produce una sorta di ubiquit: lav
vio del mito costituito dallarrivo di un senso. Per con
servare una metafora spaziale di cui ho gi sottolineato il
carattere approssimativo, dir che la significazione del mi
to costituita come da un congegno in continuo movimen
to che alterni il senso del significante e la sua forma, un
linguaggio oggetto e un metalinguaggio, una coscienza pu
ramente significante e una coscienza puramente immagi
nante: questa alternanza in qualche modo raccolta dal
concetto, che se ne serve come di un significante ambiguo,
intellettivo ma anche immaginario, arbitrario e naturale.
Non voglio stabilire in anticipo le implicazioni morali
di tale meccanismo, ma non mi allontaner da unanalisi
obbiettiva facendo rilevare che lubiquit del significante
IL M ITO, OGGI 20Jf

nel mito riproduce molto esattamente la fisica dell'alibi (si


sa che la parola un termine spaziale): anche nellalibi c e
un luogo pieno e un luogo vuotp, legati, da un rapporto ili
identit negativa (non sono dove credete che io sia; sono
dove credete che non sia). Ma lalibi ordinario (polizie
sco ad esempio) ha un termine, il reale, a un certo punto,
ne arresta il movimento circolare. Il mito un valore, non
ha per sanzione la verit: niente gli impedisce di essere un
alibi perpetuo: gli sufficiente che il significante abbia
due facce per aver sempre a disposizione un altrove: il
senso sempre pronto a presentare la forma; la forma
sempre pronta a distanziare il senso. E non c mai con
traddizione, conflitto, deflagrazione tra il senso e la forma:
essi non si trovano mai nel medesimo punto. Allo stesso
modo, se sono in automobile e guardo il paesaggio attra
verso il vetro, posso puntare a piacere sul paesaggio o sul
vetro: ora percepir la presenza del vetro e la distanza del
paesaggio; ora al contrario la trasparenza del vetro e la
profondit del paesaggio; ma il risultato di questa alter
nanza sar costante, il vetro mi sar contemporaneamente
presente e vuoto, il paesaggio mi sar contemporaneamente
irreale e pieno. Lo stesso nel significante mitico: la forma
vuota ma presente, il senso assente e tuttavia pieno. Mi
sar possibile stupirmi di questa contraddizione solo so
spendendo volontariamente questa alternanza di forma e
di senso, puntando su ciascuno di essi come su un oggetto
distinto dallaltro, e applicando al mito un procedimento
statico di decifrazione, contrariando insomma la sua dina
mica propria: in una parola, passando dallo stato di lettore
del mito a quello di mitologo.
E spetta ancora a questa duplicit del significante deter
minare i caratteri della significazione. Sappiamo ormai che
il mito una parola definita dalla sua intenzione (sono un
esempio di grammatica) molto piu che dalla sua lettera
(mi chiamo leone); e che tuttavia in esso lintenzione in
qualche modo bloccata, purificata, eternata, resa assente
dalla lettera (L'impero francese? ma un puro e semplice
fatto: questo bravo negro che saluta come uno dei nostri
ragazzi)- Da questa ambiguit costitutiva della parola mi
tica deriveranno due conseguenze per la significazione: essa
si presenter come una notificazione, e, insieme, come una
constatazione.
Il mito ha un carattere imperativo, interpellatorio: nato
20 6 IL M ITO , OGGI

da un concetto storico, sorto direttamente dalla contin


genza (una lezione di latino, lImpero minacciato), viene a
cercare me\ diretto verso di me che ne subisco la forza
intenzionale, mi intima di ricevere la sua ambiguit espan
siva. Passeggiando, per esempio, nei paesi baschi spagnoli
io posso certo rilevare tra le varie case ununit architet
tonica, uno stile comune, che mi impegna a riconoscere la
casa basca come prodotto etnico unitario: mi anche trop
po evidente che esso esisteva gi prima di me, senza di me:
un prodotto complesso che ha le proprie determinazioni
a livello di una storia assai vasta: non mi chiama, non mi
provoca a dargli un nome, salvo che io non pensi a inserirlo
in un panorama dellambiente rurale. Ma se sono nella
regione parigina e scorgo in fondo a via Gambetta o a via
Jean-Jaurs un civettuolo villino bianco con gli embrici
rossi, i rivestimenti in legno scuro, gli spioventi del tetto
asimmetrici e la facciata ricoperta da graticci, mi sembra
di ricevere un invito imperioso, personale, a definire que
sto oggetto come villino basco: di pi, a vedervi lessenza
stessa della baschit. Perch qui il concetto mi si manifesta
in tutta la sua appropriatezza: viene a cercarmi per obbli
garmi a riconoscere linsieme di intenzioni che lo hanno
motivato, messo li come segnale di una storia individuale,
come una confidenza e una complicit: un appello vero e
proprio rivoltomi dai proprietari del villino. E questo ap
pello, per essere pi imperativo, ha accettato tutte le ridu
zioni: tutto ci che giustificava la casa basca nellordine
della tecnologia: il granaio, la scala esterna, la piccionaia,
ecc. tutto ci caduto: non resta che un segno breve, indi
scutibile. Ed cosi francamente ad hominem, che il villino
mi sembra sia stato creato sul momento, per me, come un
oggetto magico sorto nel mio presente senza alcuna traccia
della storia che lo ha prodotto.
Perch questa parola interpellativa contemporanea
mente una parola congelata: al momento di raggiungermi,
si ferma, gira su se stessa e ricupera una generalit: sir
rigidisce, si discolpa, innocente. L appropriatezza del
concetto si ritrova immediatamente allontanata dalla let-
teralit del senso. C come un arresto, nel senso fisico e
giudiziario del termine: rimperialit francese condanna il1

1 Dico spagnoli perch in Francia la promozione della piccola borghe


sia ha fatto fiorire tutta unarchitettura mitica del villino basco.
IL M ITO , OGGI 207

negro che saluta ad essere un semplice significante stru


mentale: il negro minterpella in nome dellimperialit
francese; ma nello stesso tempo il saluto del negro acquista
spessore, si vetrifica, si coagula in una motivazione eterna
destinata a fondare limperialit francese. Alla superficie
del linguaggio qualcosa non si muove piu: lutilizzazione
della significazione sta acquattata dietro al fatto, a comu
nicargli un andamento notificatorio; ma nello stesso tempo
il fatto paralizza lintenzione, le d come un malessere
dimmobilit: per dichiararla innocente, la ghiaccia. Per
ch il mito una parola rubata e restituita. Solo che la
parola riportataci non pi interamente quella sottratta:
nel riportarla, non la si esattamente rimessa al suo posto.
Questo rapido furto, questo breve momento di una falsifi
cazione, costituisce laspetto congelato della parola mitica.
Resta da esaminare un ultimo elemento della significa
zione: niente obbliga naturalmente limmagine acustica
alber a significare il concetto albero: il segno, qui, im
motivato. Questa arbitrariet ha tuttavia qualche limite
connesso con i rapporti associativi della parola: la lingua
pu produrre tutto un frammento del segno per analogia
con altri segni (per esempio in francese si dice aimable, e
non amable, per analogia con ame). La significazione mi
tica, invece, non mai completamente arbitraria, sem
pre in parte motivata, contiene fatalmente una parte di
analogia: perch lesemplarit latina sincontri con la de
nominazione del leone occorre una analogia, raccordo del
predicato: perch Fimperialit francese simpadronisca del
negro che saluta, occorre unidentit tra il saluto del negro
e il saluto del soldato francese. La motivazione necessa
ria alla duplicit stessa del mito: il mito gioca sullanalogia
del senso e delia forma: non c mito senza forma moti
vata '. Per misurare la potenza della motivazione del mito
basta riflettere un momento su un caso estremo: ho da-1

1 Dal punto di vista etico ci che disturba nel mito appunto il fatto che
la forma sia motivata. Perch se c una salute del linguaggio, a fondarla
arbitrariet del segno. Ci che disgusta nel mito il ricorso a una falsa
natura, il lusso delle forme significative, come in quegli oggetti che ornano
la loro utilit con una apparenza naturale. La volont di appesantire la si
gnificazione di tutte le cauzioni della natura provoca una specie di nausea: il
mito troppo ricco, e di troppo ha appunto la sua motivazione. Questo di
sgusto quello stesso che provo davanti alle arti che non vogliono scegliere
tra la physis e V anti-physh, utilizzando la prima come ideale e la seconda co
me risparmio. Eticamente, c una specie di bassezza a giocare sui due tavoli.
ao8 IL M ITO , OGGI

vanti a me una raccolta cosi disordinata di oggetti che non


so trovarle un senso-, si direbbe in questo caso che la for
ma, priva di senso preliminare, non possa trovare dove in
nestare la sua analogia e che il mito sia impossibile. Ma.
ci che la forma pu sempre dare a leggere il disordine
in s: essa pu dare una significazione allassurdo, fare del
lassurdo un mito. quanto ad esempio avviene quando
il senso comune mitizza il surrealismo: persino lassenza
della motivazione non presenta difficolt per il mito, per
ch questa stessa assenza sar sufficientemente oggettivata
per poter essere leggibile: e alla fine lassenza di motivazio
ne diverr motivazione seconda, il mito sar ristabilito.
La motivazione fatale. Nondimeno molto frammen
taria. In primo luogo non naturale: le sue analogie
gliele fornisce la storia. D altra parte, lanalogia tra il sen
so e il concetto sempre soltanto parziale: la forma lascia
cadere molti dati analoghi e ne trattiene solo alcuni: con
serva il tetto inclinato, le travi coperte del villino basco,
rinuncia alla scala, al granaio, alla patina, ecc. Bisogna per
sino andare piu in l: unimmagine totale escluderebbe il
mito, o almeno gli imporrebbe di cogliere in lei solo la pro
pria totalit: questultimo caso quello della cattiva pit
tura, costruita interamente sul mito del pieno e del
finito ( il caso inverso ma simmetrico del mito del
lassurdo: qui la forma mitizza una assenza, l, un trop
po pieno). Ma generalmente il mito preferisce lavorare in
aiuto di immagini povere, incomplete, dove il senso gi
molto scarnito, tutto pronto per una significazione: carica
ture, pastiches, simboli, ecc. Infine la motivazione scelta
fra altre possibili: posso dare aHimperialit francese molti
altri significanti che non siano il saluto militare di un ne
gro: un generale francese appunta una decorazione a un
senegalese monco, una suora porge la tisana a un arabo
nel suo lettuccio, un maestro bianco fa lezione a dei ragaz
zini negri tutti compresi: la stampa si incarica tutti i giorni
di dimostrare che la riserva dei significanti mitici ine
sauribile.
C daltra parte un paragone molto buono per illustrare
la significazione mitica: questa arbitraria n piu n meno
di un ideogramma. Il mito un sistema ideografico puro,
in cui le forme sono ancora motivate dal concetto che rap
presentano, senza tuttavia, e in notevole misura, ricoprirne
la totalit rappresentativa. E come storicamente lideo-
IL M ITO, OGGI 21 j)

gramma ha gradatamente abbandonato il conci-ito per ;r.


sodarsi al suono, in tal modo perdendo sempre pi di n
gione, cosi lusura di un mito si riconosce dallarbitrariet
della sua significazione: tutto Molire in un collare di me
dico.

Lettura e decifrazione del mito.

Come viene ricevuto il mito? A questo punto bisogna


rifarsi ancora una volta alla duplicit del suo significante,
senso, e forma ad un tempo. Secondo che punter su uno
o sullaltro dei due, o su tutti e due insieme, realizzer tre
tipi diversi di lettura1.
1. Se punto su un significante vuoto, lascio che il con
cetto riempia la forma del mito senza ambiguit, e mi ri
trovo davanti a un sistema semplice, in cui la significazio
ne ritorna letterale: il negro che saluta un esempio del-
limperialit francese, ne il simbolo. Questo modo di
mettere a fuoco ad esempio quello del produttore di
mito, del redattore giornalistico che parte da un concetto
e gli cerca una forma \
2. Se punto su un significante pieno, nel quale distinguo
nettamente il senso dalla forma, e quindi la deformazione
che una fa subire allaltro, demolisco la significazione del
mito, ricevo questo come unimpostura: il negro che saluta
diventa lalibi dellimperialit francese. Questo tipo di
focalizzazione quello del mitologo: egli decifra il mito, si
rende conto di una deformazione.
3. Infine, se punto sul significante deimito come su un
tutto inestricabile di senso e di forma, ricevo una signifi
cazione ambigua: rispondo al meccanismo costitutivo del
mito, alla sua peculiare dinamica, divento il lettore del mi
to: il negro che saluta non pi n esempio n simbolo,
ancor meno alibi: diventa la presenza stessa dellimpe-
rialit francese.
Le due prime focalizzazioni sono di ordine statico, ana-12

1 La libert della focalizzazione un problema che non fa parte della se


miologia: dipende dalla situazione concreta del soggetto.
2 Noi riceviamo la denominazione del leone come un puro esem pio di
grammatica latina perch, in quanto persone adulte, siamo in una posizione
di creazione nei suoi confronti. Torner piu avanti sul valore del contesto
in questo schema mitico.
210 IL M ITO, OGGI

litico; distruggono il mito, sia palesando la sua intenzione,


sia smascherandola: la prima cinica, la seconda demisti
ficante. La terza dinamica, fa uso del mito secondo i fini
stessi della sua struttura: il lettore vive il mito come vi
vrebbe una storia vera e insieme irreale.
Se si vuole ricollegare lo schema mitico a una storia
generale, spiegarsi come risponda allinteresse di una so
ciet determinata, passare insomma dalla semiologia al
lideologia, bisogna muoversi evidentemente sul piano del
la terza focalizzazione: lo stesso lettore di miti che deve
rivelarne la funzione essenziale. Come, oggi, questo lettore
riceve il mito? Se lo riceve in modo innocente, che interes
se c a proporglielo? E se lo legge criticamente, come il
mitologo, cbe importanza ha lalibi presentato? Se il let
tore del mito non vede nel negro che saluta l imperialit
francese, allora era inutile caricamelo; e se la vede, il mito
non altro che una proposizione politica lealmente enun
ciata. In una parola, o lintenzione del mito troppo oscura
per essere efficace, o troppo chiara per essere creduta.
In entrambi i casi, dov lambiguit?
Questa solo una falsa alternativa. Il mito non nascon
de niente e non dichiara niente; il mito deforma; non
n una menzogna n una confessione: uninflessione. Po
sto davanti allalternativa di cui parlavo sopra, il mito tro
va una terza via d uscita. Minacciato di scomparire se cede
alluna o allaltra focalizzazione, ne esce con un compro
messo, questo compromesso: incaricato di far passare
un concetto intenzionale, nel linguaggio il mito incontra
solo tradimenti, perch il linguaggio pu solo cancellare il
concetto, se lo nasconde, e smascherarlo se lo enuncia.
L elaborazione di un secondo sistema semiologico consen
tir al mito di sottrarsi al dilemma: ridotto a svelare o a
liquidare il concetto, esso si risolve a naturalizzarlo.
Siamo di fronte al principio stesso del mito: il mito tra
sforma la storia in natura. Si capisce ora perch, agli occhi
del consumatore di miti, lintenzione, Padpersonazione del
concetto possa restare manifesta senza per questo apparire
interessata: la causa che fa proferire la parola mitica per
fettamente esplicita, ma immediatamente bloccata in
una natura; non viene Ietta come movente, ma come ra
gione. Se leggo il negro che saluta come simbolo puro
e semplice dellimperialit, mi giocoforza rinunciare alla
realt dellimmagine, che si scredita ai miei occhi diven-
I L M ITO, OGGI 2 11

tando strumento. Inversamente, se decifro 1 saluto del ne


gro come alibi della colonialit, annullo ancora pi decisa
mente il mito sotto levidenza del suo movente. Ma per il
lettore di mito la soluzione completamente diversa: tutto
avviene come se limmagine provocasse naturalmente il
concetto, come se il significante fondasse il significato: il
mito esiste a partire dal momento preciso in cui Pimperia-
lit francese passa allo stato di natura: il mito una parola
eccessivamente giustificata.
Ecco un nuovo esempio che far vedere chiaramente
come il lettore di mito finisca col razionalizzare il signifi
cato mediante il significante. Siamo in luglio, leggo a gran
di lettere su France-Soir: p r e z z i : p r i m a f l e s s i o n e ,
v e r d u r a : c o m i n c i a t o i l r i b a s s o . Precisiamo rapida
mente lo schema semiologico: lesempio una frase, il pri
mo sistema puramente linguistico. Il significante del se
condo sistema costituito da un certo numero di accidenti
lessicali { le parole: prima, cominciato, il [ribasso]), o to
pografici: lettere cubitali in prima pagina, proprio dove il
lettore trova d abitudine le principali notizie sul mondo.
Il significato o concetto ci che bisogna chiamare con un
neologismo barbaro ma inevitabile: la governativt, il go
verno concepito dalla grande stampa come Essenza def
ficacia. La significazione del mito ne consegue chiaramen
te: frutta e verdura ribassano perch lha deciso il Gover
no. Ora succede, caso tutto sommato abbastanza raro, che
il giornale stesso, sia per convinzione, sia per onest, due
righe pi sotto abbia smontato il mito che aveva appena
elaborato; esso aggiunge (a caratteri, vero, modesti): I l
ribasso facilitato dal ritorno allabbondanza stagionale.
Questo esempio istruttivo per due ragioni. Prima di tutto
vi si coglie in pieno il carattere impressivo del mito: lef
fetto che se ne attende un effetto immediato: poco im
porta se successivamente il mito viene smontato, la sua
azione si presume pi forte delle spiegazioni razionali che
un po pi avanti possono smentirlo. Ci significa che la
lettura del mito si esaurisce dun tratto. Do in fretta unoc
chiata al France-Soir del mio vicino: non vi colgo che
un senso, ma vi leggo una reale significazione', ricevo la
presenza dellazione governativa nel ribasso della frutta e
della verdura. tutto; quanto basta. Una lettura pi
attenta del mito non ne aumenter in niente n la potenza
n lo scacco: il mito imperfettibile e insieme indiscuti-
212 IL M ITO , OGGI

bile: n il tempo n il sapere gli potranno aggiungere nulla,


togliere nulla. D altra parte la naturalizzazione del con
cetto, che ho appena dato come funzione essenziale del
mito, qui esemplare: in un sistema primo (esclusivamente
linguistico), la causalit sarebbe, alla lettera, naturale: frut
ta e verdura ribassano perch siamo in stagione. Nel siste
ma secondo (mitico), la causalit artificiale, falsa, ma in
qualche modo si insinua nei furgoni della natura. Ecco
perch il mito vissuto come una parola innocente: non
perch le sue intenzioni siano nascoste - se fossero nasco
ste non potrebbero avere efficacia - ma perch sono na
turalizzate.
In effetti, quanto consente al lettore di fare innocente-
mente uso del mito il fatto che il lettore non vi vede un
sistema semiologico, ma un sistema induttivo: dove non c
che una equivalenza, vede una specie di processo causale:
il significante e il significato, ai suoi occhi, hanno rapporti
di natura. Questa confusione si potrebbe esprimere anche
in un altro modo: ogni sistema semiologico un sistema
di valori; ora, il consumatore del mito prende la signifi
cazione per un sistema di fatti: il mito viene letto come
un sistema fattuale mentre solo un sistema semiologico.Il

Il mito come linguaggio rubato.

Qual la caratteristica del mito? Trasformare un senso


in forma. In altre parole, il mito sempre un furto di
linguaggio. Io rubo il negro che saluta, il villino bianco e
marrone, il ribasso stagionale della frutta, non per farne
esempi o simboli, ma per naturalizzare mediante questi
lImpero, il mio gusto delle cose basche, il Governo. Allora
ogni linguaggio primo fatalmente preda del mito? Non
c alcun senso che possa resistere a questa cattura di cui
la forma Io minaccia? In realt, niente pu essere al riparo
dal mito, il mito pu sviluppare il suo schema secondo a
partire da qualsiasi senso e, labbiamo visto, a partire dalla
stessa mancanza di senso. Ma non tutti i linguaggi resi
stono allo stesso modo.
La lingua, che il linguaggio piu frequentemente rubato
dal mito, offre debole resistenza. Essa contiene in s certe
disposizioni mitiche, labbozzo di un complesso di segni
destinati a manifestare lintenzione che spinge ad usarla:
IL M ITO, OGGI 213

quella che si potrebbe chiamare Vespressivit della lingua:


i modi, imperativo o congiuntivo, per esempio, sono la for
ma di un significato particolare, differente dal senso: il si
gnificato in questo caso la mia volont o la mia preghiera.
Proprio per questo certi linguisti hanno definito lindica
tivo, per esempio, come stato o grado zero, rispetto al con
giuntivo o allimperativo. Ora, nel mito pienamente costi
tuito, il senso non mai al grado zero, ed per questo che
il concetto pu deformarlo, naturalizzarlo. Ancora una
volta bisogna ricordarsi che la privazione di senso non
affatto un grado zero: il mito infatti pu benissimo impa
dronirsene, dargli ad esempio la significazione dellassurdo,
del surrealismo, ecc. In fondo, vi sarebbe solo il grado zero
che potrebbe resistere al mito.
La lingua si presta al mito anche in un altro modo:
molto raro che essa imponga fin dallinizio un senso pieno,
indeformabile. Ci in relazione col suo concetto: il con
cetto di albero vago, si presta a contingenze multiple.
Senza dubbio la lingua dispone di tutto un sistema appro-
priativo (1questo albero, lalbero che, ecc.). Ma intorno al
senso finale rimane sempre uno spessore virtuale in cui
sono sospesi altri sensi possibili: il senso pu costante-
mente o quasi essere interpretato. Si potrebbe dire che la
lingua propone al mito un senso sempre aperto. Il mito
pu agevolmente insinuarvisi, gonfiarvisi: un, furto me
diante colonizzazione (per esempio: cominciato il ribasso,
Ma quale ribasso? Quello di stagione o quello del gover
no? La significazione si fa parassita dellarticolo, anche se
definito).
Quando il senso troppo pieno perch il mito possa
occuparlo, questo allora lo aggira, lo rapisce nella sua in
terezza. quanto accade al linguaggio matematico. In s,
esso un linguaggio indeformabile, che ha preso tutte le
precauzioni possibili contro Vinterpretazione: nessuna si
gnificazione parassita pu insinuarvisi. E appunto per que
sto il mito se lo prender in blocco; il mito prender una
determinata formula matematica (E = me1), e di questo
senso inalterabile far il significante puro della matemati-
cit. Evidentemente in questo caso il mito ruba una resi
stenza, una purezza. Il mito pu raggiungere tutto, corrom
pere tutto, fino al movimento stesso ebe gli si rifiuta; in
modo che quanto piu il linguaggio-oggetto resiste allinizio,
tanto maggiore la sua prostituzione finale: chi resiste to-
214 IL M ITO, OGGI

talmente, cede, qui, totalmente: Einstein da un lato, P a


ris-Match dallaltro. Di questo conflitto si pu dare unim
magine temporale: il linguaggio matematico un linguag
gio compiuto, e che deve la sua stessa perfezione a questa
morte consentita; il mito al contrario un linguaggio che
non vuole morire: ai sensi di cui si alimenta estorce una
sopravvivenza insidiosa, degradata, provoca in essi una
dilazione artificiale in cui si colloca comodamente, e ne fa
dei cadaveri parlanti.
Ecco un altro linguaggio che resiste quanto pi gli
possibile al mito: il nostro linguaggio poetico. La poesia
contemporanea ' un sistema semiologico regressivo. Dove
il mito tende a una sorta di ultra-significazione, allampli
ficazione di un sistema primo, la poesia al contrario tenta
di ritrovare uninfrasignifcazione, uno stato pre-semiolo-
gico del linguaggio: si sforza insomma di ritrasformare il
segno in senso: il suo ideale - tendenziale sarebbe di
arrivare non al senso delle parole, ma al senso stesso delle
cose b Per questo essa sconvolge la lingua, accresce quanto
pu lastrazione del concetto e larbitrariet del segno e
tende allestremo il legame del significante e del significa
to: la struttura sospesa del concetto cosi sfruttata al
massimo grado: contrariamente alla prosa, il segno poetico
cerca di rendere presente tutto il potenziale del significato,
nella speranza di approdare alfine a una sorta di qualit
trascendente della cosa, al suo senso naturale (e non uma
no). Di qui le ambizioni essenzialiste della poesia, la con
vinzione di poter afferrare essa sola la cosa in s, nella mi
sura appunto in cui vuole essere un anti-linguaggio. In
conclusione, fra tutti gli utenti della parola i poeti sono i
meno formalisti perch sono i soli a credere che il senso12

1 La poesia classica, al contrario, sarebbe un sistema fortemente mitico,


perch impone al senso un significante supplementare, che la regolarit.
Lalessandrino per esempio vale a un tempo come senso di un discorso e co
me significante di una nuova totalit, che la significazione poetica. La riu
scita. quando ha luogo, dipende dal grado di fusione apparente dei due siste
mi. Evidentemente non si tratta affatto di unarmonia tra il contenuto e la
forma, ma di un elegante assorbimento di una forma in unaltra.
Per eleganza intendo la migliore economia possibile dei mezzi a disposi
zione.
Solo per un abuso secolare la critica fa confusione tra il senso e il con
tenuto.
La lingua sempre esclusivamente un sistema di forme, il senso una
forma.
2 Qui si ritrova il senso come lintende Sartre, come naturale qualit del
le cose, situata al di fuori di un sistema semiologico (Sain t G cn ct, p. 2 8 3 ).
IL M ITO, OGGI 2 I >

delle parole sia soltanto una forma, di cui, da quei realisti


che sono, non potrebbero mai appagarsi. Per questo la
nostra poesia moderna si afferma sempre come unuccisio
ne del linguaggio, sorta di analogo spaziale, sensibile, del
silenzio. La poesia occupa la posizione opposta a quella del
mito: il mito un sistema semiologico che pretende supe
rarsi in sistema fattuale; la poesia un sistema semiologico
che pretende contraisi in sistema essenziale.
Ma anche qui, come avviene per il linguaggio matema
tico, la resistenza della poesia fa di questa una prda ideale
per il mito: il disordine dei segni, parvenza poetica di un
ordine essenziale, viene catturato dal mito, trasformato in
significante vuoto che servir a significare la poesia. Questo
spiega il carattere improbabile della poesia moderna: rifiu
tando accanitamente il mito la poesia gli si arrende senza
condizione. Allopposto, la regola della poesia classica co
stituiva un mito consentito, la cui evidente arbitrariet
creava una certa perfezione, poich lequilibrio di un siste
ma semiologico relativo allarbitrariet dei suoi segni.
Il consenso volontario al mito pu daltra parte definire
tutta la nostra Letteratura tradizionale: normativamente,
tale Letteratura un sistema mitico caratterizzato: c un
senso, quello del discorso; c un significante, che questo
stesso discorso come forma o scrittura; c un significato,
che il concetto di letteratura; c una significazione, che
il discorso letterario. Mi sono posto questo problema nel
Grado zero della scrittura, che, tutto sommato, non era al
tro che una mitologia dei linguaggio letterario. Vi definivo
la scrittura come il significante del mito letterario, cio co
me una forma gi piena di senso che dal concetto di Lettera
tura riceve una nuova significazione Ho fatto notare che
la storia, modificando la coscienza dello scrittore, aveva
provocato circa un secolo fa una crisi morale del linguaggio
letterario: la scrittura si scoperta come significante, la1

1 Lo stile, almeno nella mia definizione di allora, non una forma, non
legato a unanalisi semiologica della Letteratura, In realt lo stile una so
stanza continuamente minacciata di formalizzazione: in primo luogo pu be
nissimo degradarsi in scrittura: c una scrittura-Malraux, e in Malraux
stesso. Inoltre lo stile pu benissimo diventare un linguaggio privato: quel
lo di cui lo scrittore fa uso per se stesso e per se so lo : lo stile allora una
sorta di mito solipsista, la lingua che lo scrittore si parla: si capisce che a
questo grado di solidificazione lo stile esige una decifrazione, una critica pro
fonda.
I lavori di J. P. Richard sono un esempio di questa necessaria critica degli
stili.
216 IL M ITO, OGGI

Letteratura come significazione: rifiutando la falsa natura


del linguaggio letterario tradizionale lo scrittore si vio
lentemente deportato verso unanti-natura del linguaggio.
Il sovvertimento della scrittura stato latto radicale con
cui alcuni scrittori hanno tentato di negare la Letteratura
come sistema mitico. Ciascuna di queste rivolte stata
unuccisione della Letteratura come significazione: tutte
hanno postulato la riduzione del discorso letterario a un
sistema semiologico semplice, o anche, nel caso della poe
sia, a un sistema pre-semiologico: un compito immenso,
che chiedeva comportamenti radicali: in alcuni casi, no
to, questi sono arrivati al puro e semplice siluramento del
discorso, in quanto il silenzio, reale o trasposto, si mani
festava come la sola arma possibile contro il maggior po
tere dei mito: la sua ricorrenza.
Annientare il mito dallinterno appariva dunque estre
mamente difficile : lo stesso movimento fatto per liberar
sene diventa subito, a sua volta, preda del mito: il mito
pu sempre, in ultima istanza, significare la resistenza che
gli vien fatta. Per la verit, larma migliore contro il mito
forse mitificarlo a sua volta, produrre un mito artifi
ciale-. e questo mito ricostituito sar una vera e propria
mitologia. Visto che il mito ruba al linguaggio, perch non
rubare il mito? Per far ci baster ridurlo a punto di ori
gine di una terza catena semiologica, porne la significazio
ne come primo termine di un secondo mito. La Letteratura
presenta alcuni grandi esempi di queste mitologie artifi
ciali. Ricorder il Bouvard et Pcuchet di Flaubert.
quello che si potrebbe chiamare un mito sperimentale o un
mito al secondo grado. Bouvard e il suo amico Pcuchet
rappresentano una certa borghesia (in conflitto, del resto,
con altri strati borghesi): i loro discorsi costituiscono gi
una parola mitica: la lingua vi ha si un senso, ma questo
senso la forma vuota di un significato concettuale, che
qui una sorta di insaziabilit tecnologica: lincontro del
senso e del concetto, in questo primo sistema mitico, d
una significazione, che la retorica di Bouvard e Pcuchet.
qui (le esigenze dellanalisi mi spingono a scomporre)
che interviene Flaubert: a questo primo sistema mitico,
che gi un secondo sistema semiologico, egli sovrappor
r una terza catena il cui primo anello sar la significazione,
o termine finale, del primo mito: la retorica di Bouvard e
Pcuchet diventer la forma del nuovo sistema; il concetto
IL M IT O , OGGI 217
sar prodotto da Flaubert stesso, mediante il suo sguardo
sul mito che Bouvard e Pcuchet si erano costruiti: sar
la loro velleit costitutiva, la loro insaziabilit, lalternan
za panica dei loro apprendistati, insomma ci che vorrei
poter chiamare (ma sento fulmini allorizzonte); la bou-
vardetpcuchit. Quanto alla significazione finale, lope
ra, Bouvard e Pcuchet per noi. Il secondo mito ha que
sto potere, di istituire il primo come ingenuit guardata.
Flaubert si abbandonato a una vera e propria restaura
zione archeologica di una parola mitica: il Viollct-le-Duc
di una certa ideologia borghese. Ma, meno candido di
Viollet-le-Duc, ha disposto nella sua ricostruzione alcuni
ornamenti supplementari per demistificarla; tali ornamenti
(che sono la forma del secondo mito) sono dellordine con
giuntivo: c unequivalenza semiologica fra la restituzione
congiuntiva dei discorsi di Bouvard e Pcuchet, e il loro
velleitarismo Il merito di Flaubert (e di tutte le mitologie
artificiali: ve ne sono di notevoli nellopera di Sartre), di
aver dato al problema del realismo una soluzione franca
mente semiologica. Certo un merito imperfetto, perch
lideologia di Flaubert, ai cui occhi il borghese era solo una
bruttura estetica, non ha avuto niente di realista. Ma ha
evitato almeno quello che il peccato capitale in lettera
tura: confondere il reale ideologico e il reale semiologico.
Come ideologia, il realismo letterario non dipende assolu
tamente dalla lingua parlata dallo scrittore, La lingua
una forma, e non pu essere realista o irrealista. Essa pu
soltanto essere mitica o no, 0 anche, come nel Bouvard e
Pcuchet, contro-mitica. Ora, purtroppo, non c alcuna
antipatia tra il realismo e il mito. noto quanto spesso sia
mitica la nostra letteratura realista (non fossaltro che
come grossolano mito del realismo), e quanto la nostra
letteratura irrealista abbia almeno il merito di esserlo
poco. La saggia soluzione consisterebbe, evidentemente,
nel definire il realismo dello scrittore come un problema
essenzialmente ideologico. Non con questo che non ci sia
una responsabilit della forma nei confronti del reale, ma
tale responsabilit pu misurarsi soltanto in termini semio
logie!. Una forma si pu giudicare (poich processo c)
soltanto come significazione, non come espressione. Al lin-1

1 Forma congiuntiva, perch in tal modo che il latino esprimeva lo sti


le o discorso indiretto, strumento mirabile di demistificazione.
2i8 IL M IT O , OGGI

guaggio dello scrittore non spetta 11 compito di rappresen


tare il reale, ma di significarlo. Ci dovrebbe imporre alla
critica l'obbligo di usare due metodi rigorosamente distin
ti: bisogna trattare il realismo dello scrittore o come una
sostanza ideologica (per esempio: i temi marxisti nellopera
di Brecht), o come un valore semiologico (gli oggetti, lat
tore, la musica, i colori della drammaturgia brechtiana).
L ideale sarebbe evidentemente coniugare queste due cri
tiche; lerrore costante di confonderle: lideologia ha
certi suoi metodi, la semiologia i suoi altri.

La borghesia come societ anonima.

Il mito si presta alla storia per due aspetti; mediante la


forma, che solo relativamente motivata; mediante il con
cetto, che per natura storico. dunque possibile imma
ginare uno studio diacronico dei miti, sia che li si sotto
ponga a una retrospezione (e allora si fonda una mitologia
storica), sia che si seguano certi miti di ieri fino alla forma
di oggi (e si fa della storia prospettica). Se qui mi attengo
a un abbozzo sincronico dei miti contemporanei, per una
ragione obbiettiva: la nostra societ il campo privilegiato
delle significazioni mitiche. Bisogna adesso dire il perch.
Quali che siano gli accidenti, i compromessi, le conces
sioni e le avventure politiche, quali che siano i mutamenti
tecnici, economici o anche sociali che la storia ci porta, la
nostra societ ancora una societ borghese. Non ignoro
che dal 1789, in Francia, si sono succeduti al potere diversi
tipi di borghesia; ma lo statuto profondo resta, ed quello
di un certo regime di propriet, di un certo ordine, di una
certa ideologia. Ora, nella denominazione di questo regi
me si produce un fenomeno degno di nota: come fatto eco
nomico la borghesia viene nominata senza difficolt: il ca
pitalismo si professa \ Come fatto politico si riconosce
malvolentieri: alla Camera non ci sono partiti borghesi.
Come fatto ideologico sparisce completamente: la borghe
sia ha cancellato il suo nome passando dal reale alla sua
rappresentazione, dalluomo economico alluomo mentale:
ammette i fatti, ma non entra in rapporto con i valori, fa
subire al proprio statuto una vera e propria operazione1

1 Il capitalismo condannato ad arricchire loperaio, ci dice Match.


IL M IT O , OGGI 219
di e-nominazione: la borghesia si definisce come la classe
sociale che non vuole essere nominata. Borghese, pic
colo borghese, capitalism o1, proletariato1, sono i
luoghi di una incessante emorragia: il senso defluisce fuori
di essi, fino a che il nome non ne divenga inutile.
Questo fenomeno di e-nominazione importante e va
esaminato un po da vicino. Politicamente, lemorragia del
nome borghese si compie attraverso lidea di nazione. A
suo tempo fu unidea progressiva, che servi a escludere
laristocrazia; oggi, la borghesia si diluisce nella nazione,
salvo espellerne gli elementi che decreta allogeni ( i comu
nisti). Tale oculato sincretismo permette alla borghesia di
raccogliere la cauzione numerica dei suoi alleati tempora
nei, tutte le classi intermedie, dunque inform i. Un uso
ormai lungo non ha potuto depoliticizzare a fondo la pa
rola nazione-, il sostrato politico ancora vicinissimo, una
qualsiasi circostanza lo manifesta di colpo: alla Camera ci
sono dei partiti nazionali, e il sincretismo nominale pa
lesa ci che pretendeva nascondere: una essenziale dispa
rit. evidente, il vocabolario politico della borghesia po
stula, di per s, un universale: in essa la politica gi una
rappresentazione, un frammento di ideologia.
Politicamente, qualunque sia lo sforzo universalistico
del suo vocabolario, la borghesia finisce con lurtare con
tro un nucleo resistente che , per definizione, il partito
rivoluzionario. Ma il partito pu costituire soltanto una
ricchezza politica: nella societ borghese non c n cultura
n morale proletaria, non c arte proletaria: ideologica
mente, tutto ci che non borghese costretto a prendere
in prestito dalla borghesia. L ideologia borghese pu dun
que riempire tutto e perdervi il proprio nome senza peri
colo: non ci sar nessuno a restituirglielo; senza trovare
resistenza essa pu sussumere il teatro, larte, luomo bor
ghese sotto i loro analoghi eterni; in una parola, essa pu
e-nominarsi sfrenatamente, quando non c che una sola e
identica natura umana: la defezione del nome borghese
quindi totale.12

1 II termine capitalismo non tabu dal punto di vista economico, ben


s da quello ideologico: e non pu farsi breccia nel vocabolario delle rappre
sentazioni borghesi. Ci voleva l'Egitto di Faruk perch un tribunale condan
nasse esplicitamente un imputato di manovre anticapitalistiche,
2 La borghesia non usa mai il termine proletariato , considerato uri mi
to di sinistra, salvo non ci sia interesse a immaginare il proletariato traviato
dal partito comunista.
220 IL M IT O , OGGI

Certo non mancano delle rivolte contro lideologia bor


ghese. Quella che generalmente si chiama lavanguardia.
Ma sono rivolte socialmente limitate, che rimangono re
cuperabili. In primo luogo perch provengono da un fram
mento della stessa borghesia, da un gruppo minoritario di
artisti, di intellettuali, che non hanno altro pubblico al di
fuori della stessa classe di cui contestano la legittimit, e
che per esprimersi rimangono tributari del suo denaro.
Inoltre tali rivolte si ispirano sempre a una distinzione for
tissima tra il borghese etico e il borghese politico: ci che
lavanguardia contesta il borghese in arte, nella morale,
, come ai tempi migliori del romanticismo, il droghiere, il
filisteo; ma contestazioni politiche nessuna \ Della borghe
sia ci che lavanguardia non tollera il linguaggio, non lo
statuto. Tale statuto non detto che essa lo approvi neces
sariamente, ma lo mette tra parentesi: qualunque sia la vio
lenza della provocazione, essa finisce per assumere solo
luomo abbandonato, non luomo alienato; e luomo ab
bandonato ancora lUomo Eterno \
Questo anonimato della borghesia prende ancor piu con
sistenza quando dalla cultura borghese propriamente detta
si passa alle sue forme diffuse, volgarizzate, utilizzate, a
quella che si potrebbe chiamare la filosofia pubblica, la filo
sofia che alimenta la morale quotidiana, i cerimoniali civili,
i riti profani, in breve le norme non scritte della vita di re
lazione nella societ borghese. illusorio ridurre la cultu
ra dominante al suo nucleo inventivo: c anche una cul
tura borghese di puro consumo. L intera Francia immer
sa in questa ideologia anonima: la stampa, il cinema, il
teatro, la letteratura di largo uso, i cerimoniali, la Giusti
zia, la diplomazia, le conversazioni, il tempo che fa, il de
litto che si giudica, il matrimonio a cui ci si commuove,
la cucina dei nostri sogni, labito che si indossa, tutto, nella
nostra vita quotidiana, tributario dellimmagine che la
borghesia si fa e ci fa dei rapporti fra luomo e il mondo.12

1 da notare che gli avversari etici (o estetici) della borghesia restano


per la maggior parte indifferenti, se non addirittura legati, alle sue determi
nazioni politiche. Inversamente, gii avversari politici della borghesia trascu
rano di condannare a fondo le sue rappresentazioni: spesso arrivano perfino
a condividerle. Questa divisione degli attacchi serve alla borghesia, le per
mette di confondere il suo nome. Ora la borghesia non si dovrebbe capire se
non come sintesi delle sue determinazioni e delle sue rappresentazioni.
2 Si possono dare immagini disordinate delluomo abbandonato (lone-
sco p. es.). Ci non toglie nulla alla sicurezza delle Essenze.
IL M IT O , OGGI 221

Q u e s t e f o r m e n o r m a l i z z a t e a t t i r a n o p o c o l a t t e n z i o n e ,
d a t a a n c h e l e s t e n s i o n e . L a l o r o o r i g i n e p u p e r d e r v i s i a g e
v o lm e n te . E s s e si g io v a n o d i u n a p o siz io n e in te r m e d ia :
n o n e s s e n d o n d ir e tta m e n te p o litic h e , n d ir e tta m e n te
i d e o l o g i c h e , v i v o n o i n d i s t u r b a t e f r a l a z io n e d e i m i l i t a n t i
e il c o n t e n z i o s o d e g l i i n t e l l e t t u a l i ; a b b a n d o n a t e p it i o m e
n o d a g l i u n i e d a g l i a l t r i , r a g g i u n g o n o l e n o r m e m a s s a d e l
l i n d i f f e r e n z i a t o , d e l l i n s i g n i f i c a n t e , i n s o m m a d e l la n a t u r a .
T u t t a v i a , m e d i a n t e l a s u a m o r a le , l a b o r g h e s i a p e n e t r a la
F r a n c i a : p r a t i c a t e a l i v e l l o n a z i o n a l e , le n o r m e b o r g h e s i
s o n o v is s u t e c o m e le g g i e v id e n ti d i u n o r d in e n a tu r a le :
p i u l a c l a s s e b o r g h e s e p r o p a g a le s u e r a p p r e s e n t a z i o n i , p i
q u e s t e d i v e n g o n o n a t u r a . I I f a t t o b o r g h e s e s i a s s o r b e in
u n u n i v e r s o i n d i s t i n t o d i c u i l u n i c o a b i t a n t e l U o m o
E t e r n o , n p ro le ta rio n b o rg h e se .
Proprio penetrando nelle classi intermedie lideologia
borghese pu quindi con pi certezza perdere il suo nome.
Le norme piccolo-borghesi sono residui della cultura bor
ghese, sono verit borghesi degradate, impoverite, com
mercializzate, leggermente arcaizzanti, o se si preferisce:
fuori moda. L alleanza politica della borghesia e della pic
cola borghesia da pi di un secolo decide della Francia:
raramente stata rotta, e ogni volta senza seguito (1848,
1871, 1936). Questa alleanza prende sempre pi consisten
za col tempo, gradatamente, diventa simbiosi; si possono
avere risvegli provvisori ma lideologia comune non viene
pi messa in questione: un medesimo impasto naturale
ricopre tutte le forme di rappresentazione nazionali : il
grande matrimonio borghese, nato da un rito di classe (la
presentazione e consunzione delle ricchezze), non pu ave
re nessun rapporto con lo statuto economico della piccola
borghesia: ma attraverso la stampa, le attualit, la lettera
tura, esso diventa gradatamente la norma stessa, se non
vissuta almeno sognata, della coppia piccolo-borghese. La
borghesia assorbe incessantemente nella sua ideologia tutta
unumanit priva di quello che il suo profondo statuto e
a cui dato viverlo solo nellimmaginario, cio in una fis
sazione e un impoverimento della coscienza Diffondendo
le sue rappresentazioni attraverso tutto un catalogo di im-1

1 La provocazione di un immaginario collettivo sempre impresa inuma


na, non solo perch il sogno essenzializza la vita come destino, ma anche per
ch il sogno povero ed la cauzione di unassenza.
222 IL M IT O , OGGI

m a g in i c o lle ttiv e a d u s o p ic c o lo - b o rg h e s e , la b o r g h e s ia c o n
s a c r a l i l l u s o r i a i n d i f f e r e n z i a z i o n e d e l le c l a s s i s o c i a l i : l e -n o -
m i n a z i o n e b o r g h e s e r a g g i u n g e il s u o p i e n o e f f e t t o d a l p r e
c is o m o m e n to in c u i u n a d a t t ilo g r a fa d a v e n tic in q u e m ila
fra n c h i al m e se si riconosce n e l g r a n d e m a trim o n io b o r
gh e se .
L a d e fe z io n e d e l n o m e b o r g h e s e n o n d u n q u e u n fe n o
m e n o illu s o r io , a c c id e n ta le , a c c e s s o r io , n a tu r a le o in s ig n i
f i c a n t e ; l a s t e s s a i d e o l o g i a b o r g h e s e , il m o v i m e n t o m e
d i a n t e il q u a l e l a b o r g h e s i a t r a s f o r m a la r e a l t d e l m o n d o
i n i m m a g i n e d e l m o n d o , la s t o r i a in n a t u r a . E t a le i m m a
g i n e h a q u e s t o d i p a r t i c o l a r e : u n i m m a g i n e r o v e s c i a t a 1.
L o s t a t u t o d e l l a b o f g h e s i a p a r t i c o l a r e , s t o r i c o : l u o m o
c h e e s s a r a p p r e s e n t a s a r u n i v e r s a l e , e t e r n o ; la c l a s s e b o r
g h e s e h a g i u s t o e d i f i c a t o il s u o p o t e r e s u c e r t i p r o g r e s s i
t e c n i c i , s c ie n t i f ic i, s u u n i l l i m i t a t a t r a s f o r m a z i o n e d e l l a n a
t u r a : l i d e o l o g i a b o r g h e s e c i r e s t i t u i r u n a n a t u r a i n a l t e
r a b i l e ; i p r i m i f i l o s o f i b o r g h e s i p e n e t r a v a n o il m o n d o d i
s ig n ific a z io n i, s o tt o p o n e v a n o o g n i c o s a u n a r a z io n a lit ,
d e c r e t a n d o l a d e s t i n a t a a l l u o m o : l i d e o l o g i a b o r g h e s e s a r
s c i e n t i s t a o i n t u i t i v a , c o n s t a t e r il f a t t o o p e r c e p i r il v a
l o r e , m a r i f i u t e r la s p i e g a z i o n e : l o r d i n e d e l m o n d o s a r
s u f f ic ie n t e o i n e f f a b i l e , n o n s a r m a i s i g n i f i c a n t e . I n c o n
c l u s i o n e , l i d e a p r i m a d i u n m o n d o p e r f e t t i b i l e , m o b i l e ,
p r o d u r r l i m m a g i n e r o v e s c i a t a d i u n u m a n i t i m m u t a b i l e ,
d e f i n i t a d a u n i d e n t i t r i c o m i n c i a t a a l l i n f i n i t o . I n p o c h e
p a r o l e , n e lla s o c i e t b o r g h e s e c o n t e m p o r a n e a il p a s s a g g i o
d a l r e a l e a l l i d e o l o g i c o s i d e f i n i s c e c o m e il p a s s a g g i o d a
u n anti-physis a u n a pseudo-physis.

Il mito una parola depoliticizzata.

E d q u i c h e s i r i t r o v a il m i t o . L a s e m i o l o g i a c i h a i n s e
g n a t o c h e i l m i t o h a il c o m p i t o d i i s t i t u i r e u n i n t e n z io n e
s to r ic a c o m e n a tu r a , u n a c o n tin g e n z a c o m e e te r n it . O r a
q u e s t o p r o c e s s o q u e llo s t e s s o d e l l i d e o l o g i a b o r g h e s e .
S e la n o s t r a so c ie t o b ie ttiv a m e n te il c a m p o p r iv ile g ia to
d e l l e s i g n if i c a z i o n i m i t ic h e , q u e s t o a v v i e n e p e r c h il m i t o 1

1 Se gli uomini e le loro condizioni appaiono in tutta lideologia rove-


sciati come in una camera oscura, questo fenomeno discende dal loro storico
processo vitale,,. (Marx, Id eo lo gia tedesca , I).
IL M IT O , OGGI 223
formalmente Io strumento pi appropriato al rovescia
mento ideologico che la definisce: a tutti i livelli della co
municazione umana, il mito opera il rovesciamento del-
Fanti-physis in pseudo-physis.
Al mito il mondo fornisce un reale storico, definito, per
lontano che si debba risalire nel tempo, dal modo in cui
gli uomini lo hanno prodotto o utilizzato; e il mito resti
tuisce unimmagine naturale di questo reale. E proprio
come lideologia borghese si definisce con la defezione del
nome borghese, il mito si costituisce attraverso la disper
sione della qualit storica delle cose: le cose vi perdono il
ricordo della loro fabbricazione. Il mondo entra nel lin
guaggio come un rapporto dialettico di attivit, di atti
umani: esce dal mito come un quadro armonioso di essen
ze. Si operato un gioco di prestigio che ha rovesciato il
reale, lo ha vuotato di storia e lo ha riempito di natura, che
ha sottratto, alle cose il loro senso umano in modo da far
loro significare uninsignificanza umana. La funzione del
mito di svuotare il reale: alla lettera, esso un deflusso
incessante, unemorragia o se si preferisce unevaporazio
ne, insomma unassenza sensibile.
E possibile adesso completare la definizione semiologica
del mito nella societ borghese: il mito una parola depo
liticizzata. Naturalmente bisogna intendere politica nel
senso profondo, come insieme dei rapporti umani nella
loro struttura reale, sociale, nel loro potere di fabbrica
zione del mondo; soprattutto, bisogna dare un valore atti
vo al prefisso de--, esso rappresenta in questo caso un mo
vimento operativo, attualizza incessantemente una defezio
ne. Nel caso del negro-soldato, per esempio, svuotata non
certo limperialit francese (tuttaltro, ben questa che
bisogna rendere presente), ma la qualit contingente, sto
rica, fabbricata insomma, del colonialismo. Il mito non
nega le cose, anzi, la sua funzione di parlarne; semplice-
mente le purifica, le fa innocenti, le istituisce come natura
e come eternit, d loro una chiarezza che non quella del
la spiegazione, ma quella della constatazione: se io constato
limperialit francese senza spiegarla, mi ci vuole ben poco
per trovarla naturale, qualcosa che va da s-, ed eccomi
rassicurato. Passando dalla storia alla natura, il mito fa
uneconomia: abolisce la complessit degli atti umani, d
loro la semplicit delle essenze, sopprime ogni dialettica,
ogni spinta a risalire, al di l del visibile immediato, orga-
224 IL M IT O , OGGI

n iz z a u n m o n d o s e n z a c o n tr a d d iz io n i p e r c h se n z a p ro fo n -
d ita , u n m ondo d isp ie g a to n e l l e v i d e n z a , i s t i t u i s c e una
c h ia r e z z a f e l i c e : l e c o s e s e m b r a n o s i g n i f i c a r e d a s o l e ' .
M a c o m e , il m i t o s e m p r e u n a p a r o l a d e p o l i t i c i z z a t a ?
I n a ltr i te r m in i, il r e a le s e m p r e p o lit ic o ? B a s t a p a r la r e
n a tu ra lm e n te d i u n a c o sa p e rc h q u e s t a d iv e n ti m itic a ? Si
p o t r e b b e r i s p o n d e r e c o n M a r x c h e l o g g e t t o p i u n a t u r a l e
c o n tie n e , p e r d e b o le , d is s ip a t a c h e s ia , u n a tr a c c ia p o lit ic a ,
l a p r e s e n z a p i u o m e n o m e m o r a b i l e d e l l a t t o u m a n o c h e
10 h a p r o d o t t o , o r d i n a t o , u t i l i z z a t o , a s s o g g e t t a t o o r e s p i n
t o \ Q u e s t a t r a c c i a , il l i n g u a g g i o - o g g e t t o , c h e p a r l a le co se,
p u m a n ife s ta r la fa c ilm e n te ; i l m e ta lin g u a g g io , c h e p a r la
delle c o s e , m o lto m e n o . O r a i l m it o s e m p r e u n m e ta-
lin g u a g g io : la d e p o litic iz z a z io n e c h e e s s o o p e r a in te r v ie n e
s p e s s o s u u n c o n te n u to g i n a t u r a liz z a t o , d e p o litic iz z a to
d a u n m e ta lin g u a g g io g e n e r a le , v o lt o a cantare e n o n p iu
ad agire le c o s e . V a d a s c h e la fo r z a n e c e s s a r ia a l m ito
p e r d e fo r m a r e il su o o g g e t t o s a r m o lt o m in o re n e l c a so
d i u n a l b e r o c h e in q u e l l o d i u n s u d a n e s e : q u i l a c a r i c a
p o litic a v ic in is s im a , p e r fa r la ev aporare occo rre una
g r a n d e q u a n tit d i n a tu r a a rtific ia le ; n e lla ltr o c a so lo n
t a n a , p u r i f ic a t a d a t u t t o u n o s p e s s o r e s e c o l a r e d i m e t a l i n
g u a g g io . C i so n o d u n q u e m iti f o r t i e m iti d e b o li; n e i p r im i
11 quantum p o l i t i c o i m m e d i a t o , l a d e p o li t i c i z z a z i o n e
a r d u a ; n e i s e c o n d i la q u a l i t p o l i t i c a d e l l o g g e t t o sbia
dita, c o m e u n c o lo r e , m a u n n ie n te p u r id a r le v ig o r e b r u
ta lm e n te : c h e c o s a p iu naturale d e l m a r e ? e c h e c o s a p iu
p o litic o d e l m a re c a n ta to d a i c in e a sti d i Continente
perduto ? 3.
I n e f f e t t i il m e t a l i n g u a g g i o c o s t i t u i s c e p e r il m i t o u n a
s o r t a d i r ise r v a . N e i c o n fr o n ti d e l m ito g li u o m in i n o n s o
n o in u n r a p p o r t o d i v e r i t , m a d i u s o : d e p o li t i c i z z a n o s e
c o n d o i lo r o b is o g n i; c e rti o g g e t t i m itic i v e n g o n o la s c ia t i
d o r m ir e p e r q u a lc h e te m p o : a llo r a n o n s o n o ch e v a g h i
sc h e m i m itic i la c u i c a r ic a p o lit ic a s e m b r a q u a s i in d iffe
r e n t e . M a in c i d a v e d e r e u n i c a m e n t e u n o p p o r t u n i t d i
sit u a z io n e , n o n u n a d iffe r e n z a d i s t r u t t u r a . il c a s o d e l
n o str o e s e m p io d i g r a m m a tic a la tin a . Q u i v a fa t t o n o ta r e

! AI principio di piacere dell'uomo freudiano, si potrebbe aggiungere il


principio di chiarezza dellumanit mitologica. tutta l'ambiguit del mito:
la sua chiarezza euforica.
2 Vedi Marx e lesempio del Ciliegio (Id eo lo gia tedesca, I).
3 Cfr. pp. 160 sgg.
IL M IT O , OGGI 225
che la parola mitica agisce su una materia gi trasformata
da tempo: la frase di Esopo appartiene alla letteratura, ,
gi in partenza, mitizzata (quindi resa innocente) dalla fin
zione. Ma basta per un momento restituire il termine ini
ziale della catena alla sua natura di linguaggio-oggetto, per
misurare lo svuotamento del reale operato dal mito: sim
maginino i sentimenti di una societ reale di animali tra
sformata in esempio di grammatica, in natura predicativa!
Per giudicare la carica politica di un oggetto e il vuoto mi
tico che le si sostituisce non bisogna mai mettersi dal punto
di vista della significazione, ma da quello del significante,
cio della cosa sottratta, e, nel significante, del linguaggio-
oggetto, cio del senso: nessun dubbio che se si consultas
se un leone reale, il leone affermerebbe che lesempio di
grammatica uno stato fortemente depoliticizzato e riven
dicherebbe come pienamente politica la giurisprudenza in
grazia della quale pu attribuirsi una preda perch il pi
forte, a' meno che non si abbia a che fare con un leone
borghese, il quale non mancherebbe di mitizzare la pro
pria forza dandole la forma di un dovere.
chiaro che qui linsignificanza politica del mito dipen
de dalla sua collocazione. Il mito, lo sappiamo, un valo
re: basta modificare il suo contesto, il sistema generale (e
precario) in cui trova posto, per misurare nel modo piu
esatto la sua portata. Il campo del mito in questo caso
ridotto alla seconda classe di un ginnasio francese. Ma sup
pongo che un ragazzo avvnto dalla storia del leone, della
giovenca e della vacca, il quale, tramite la fantasia, ritro
vasse la realt vera di questi animali, considererebbe con
molto minor disinvoltura di noi il dileguamento di questo
leone trasformato in predicato. In effetti, se giudichiamo
il mito politicamente insignificante, perch, semplice
mente, non fatto per noi.Il

Il mito, a sinistra.

Se il mito una parola depoliticizzata, c almeno una


parola che si oppone al mito, la parola che rimane politica.
opportuno qui tornare alla distinzione tra linguaggio-
oggetto e metalinguaggio. Se sono un boscaiolo e mi trovo
a nominare lalbero che abbatto, qualunque sia la forma
della mia frase io parlo lalbero, e non su di esso. Ci signi-
226 IL M IT O , OGGI

fica che il mio linguaggio operativo, legato al proprio og


getto in maniera transitiva: tra lalbero e me non c niente
oltre al mio lavoro, cio un atto. Ecco un linguaggio poli
tico. Esso mi rappresenta la natura solo nella misura in
cui mi accingo a trasformarla, un linguaggio mediante
il quale agisco loggetto: per me lalbero non unimmagi
ne, semplicemente il senso del mio atto. Ma se non sono
boscaiolo non posso parlare lalbero, posso solo parlare di
esso, su di. esso; il mio linguaggio non pi lo strumento di
un albero agito, bens lalbero cantato diventa lo strumento
del mio linguaggio. Con lalbero ormai ho solo un rapporto
intransitivo. L albero non pi il senso del reale come atto
umano, una immagine a disposizione; di fronte al lin
guaggio reale del boscaiolo, io creo un linguaggio secondo,
un metalinguaggio, nel quale mi accingo ad agire non le co
se ma i loro nomi, e che sta al linguaggio primo come il ge
sto allatto. Questo linguaggio secondo non interamente
mitico, ma il luogo stesso in cui si colloca il mito; perch
il mito pu lavorare solo sugli oggetti che hanno gi ricevu
to la mediazione di un primo linguaggio.
C dunque un linguaggio che non mitico ed il lin
guaggio delluomo che produce: dovunque luomo parli
per trasformare il reale e non pi per conservarlo in imma
gine, dovunque egli leghi il suo linguaggio alla fabbrica
zione delle cose, il metalinguaggio rimandato a un lin
guaggio-oggetto, il mito impossibile. Ecco perch il lin
guaggio propriamente rivoluzionario non pu essere un
linguaggio mitico. La Rivoluzione si definisce come un atto
catartico destinato a rivelare la carica politica del mondo:
essa fa il mondo, e il suo linguaggio, tutto il suo linguaggio,
assorbito funzionalmente in questo fare. La Rivoluzione
esclude il mito proprio perch produce una parola piena
mente, cio inizialmente e terminalmente politica, e non,
come il mito, una parola inizialmente politica e terminal-
mente naturale. Allo stesso modo che le-nominazione bor
ghese definisce contemporaneamente lideologia borghese
e il mito, cosi la nominazione rivoluzionaria identifica la
rivoluzione e la mancanza di mito: la borghesia si maschera
come borghesia e con ci stesso produce il mito; la rivo
luzione si palesa come rivoluzione e con ci stesso abolisce
il mito.
Qualcuno mi ha chiesto se ci sarebbero miti a sinistra.
Certo, e nella misura in cui la sinistra non la rivoluzione.
IL M IT O , OGGI 22 7
Il mito di sinistra nasce precisamente nel momento in
cui la rivoluzione si trasforma in sinistra, cio accetta
di mascherarsi, di velare il suo nome, di produrre un meta-
linguaggio innocente e di deformarsi in N atura. Questa
e-nominazione rivoluzionaria pu essere o non essere tat
tica, non questo il luogo per discuterne. In ogni caso,
prima o poi essa viene sentita come un procedimento con
trario alla rivoluzione, e piu o meno la storia rivoluziona
ria definisce sempre i suoi deviazionismi in rapporto al
mito. venuto un momento, per esempio, in cui lo stesso
socialismo ha definito il mito staliniano. Stalin come og
getto parlato ha presentato per anni allo stato puro i ca
ratteri costitutivi della parola mitica: un senso, che era lo
Stalin reale, quello della storia; un significante, che era
linvocazione rituale a Stalin, il carattere fatale degli epiteti
di natura con cui si circondava il suo nome; un significato,
che era lintenzione di ortodossia, di disciplina, di unit,
appropriata ad opera dei partiti comunisti a una situazione
definita; una significazione, infine, che era uno Stalin fatto
sacro, le cui determinazioni storiche si ritrovavano isti
tuite come natura, sublimate sotto il nome del genio, cio
dellirrazionale e deHinesprimibile: la depoliticizzazione
evidente, denuncia in pieno il mito
Si, il mito esiste a sinistra, ma non ha affatto le stesse
qualit del mito borghese. Il mito di sinistra inessenziale.
Prima di tutto gli oggetti che investe sono rati, poche no
zioni politiche, salvo non ricorra anchesso a tutto larse
nale dei miti borghesi. Il mito di sinistra non arriva mai
al campo immenso dei rapporti umani, alla vastissima su
perficie, dellideologia insignificante. La vita quotidiana
gli inaccessibile: non ci sono, nella societ borghese, miti
d i sinistra in fatto di matrimonio, di cucina, di casa, di
teatro, di giustizia, di morale, ecc. E poi un mito acciden
tale, il suo uso non fa parte di una strategia, come del
mito borghese, ma.solo di una tattica, o, nel peggiore dei
casi, di una deviazione; se s produce, un mito appro
priato a una comodit, non a una necessit.
Infine, e soprattutto, un mito povero, essenzialmente
povero. Non sa proliferare; produce su ordinazione e in1

1 da notare che il kru^evismo si dato essenzialmente e unicamente


come una conversione di linguaggio e non come un cambiamento politico.
Conversione daltra parte incompleta in quanto Kruscev ha svalutato Stalin,
e non lha spiegato: non lha ri-politicizzato.
228 IL M IT O , OGGI

u n a v i s i o n e t e m p o r a l e l i m i t a t a , h a d i f f ic o l t a i n v e n t a r s i .
G l i m a n c a u n a f a c o l t c a p i t a l e , q u e l l a d e l l a f in z i o n e . Q u a
lu n q u e c o s a fa c c ia , c o n s e r v a q u a lc o s a d i r ig id o e d i le t t e
r a l e , u n s e n t o r e d i p a r o l a d o r d i n e : c o m e s i s u o l d i r e in
m o d o e s p r e s s i v o , r i m a n e a s c i u t t o . C h e c o s a c d i p i s c a r
n o , in e ffe tti, d e l m ito s t a lin ia n o ? N e s s u n a in v e n z io n e ,
s o l o u n a m a l d e s t r a a p p r o p r i a t e z z a : il s i g n i f i c a n t e d e l m i t o
( q u e s t a f o r m a d i c u i s a p p i a m o l i n f in it a r i c c h e z z a n e l m i t o
b o r g h e s e ) n o n v i e n e a f f a t t o v a r i a t o : s i r i d u c e a l la l i t a n i a .
Q u e s t a im p e r fe z io n e , o s e r e i d ir e , p r o p r ia d e lla s i n i
s t r a n e l l a s u a e s s e n z a : q u a l u n q u e s i a l i n d e t e r m i n a t e z z a
d i q u e s t o t e r m i n e , la s i n i s t r a s i d e f in i s c e s e m p r e in r a p p o r
t o a l l o p p r e s s o , p r o l e t a r i o o c o l o n i z z a t o 1. Q r a l a p a r o l a
d e l l o p p r e s s o n o n p u e s s e r e c h e p o v e r a , m o n o t o n a , i m
m e d i a t a , la s u a p r i v a z i o n e l a m i s u r a s t e s s a d e l s u o l i n
g u a g g i o : c e n s o l o u n o , s e m p r e u g u a l e , q u e l l o d e i s u o i
a t t i ; il m e t a l i n g u a g g i o u n l u s s o , e g li n o n p u a n c o r a a c
c e d e r v i . L a p a r o l a d e l l o p p r e s s o r e a le , c o m e q u e l l a d e l
b o s c a io lo u n a p a r o la t r a n s it iv a : q u a si- in c a p a c e d i m e n
t i r e ; l a f a l s i t u n l u s s o , s u p p o n e u n p o s s e s s o , d e l le v e r i t ,
d e l l e f o r m e d i r i c a m b i o . Q u e s t a p o v e r t e s s e n z i a le p r o d u
c e m iti r a r i, s c a r n i: o la b ili, o p e s a n te m e n te in d is c r e ti. E s s i
p a l e s a n o i n s l a l o r o n a t u r a d i m i t o , a d d i t a n o la p r o p r i a
m a s c h e ra . E q u e s t a m a s c h e r a a m a la p e n a q u e lla d i u n a
pseudo-physs: ta le physis a n c o r a u n a r i c c h e z z a , l o p p r e s
s o p u s o l o p r e n d e r l a a p r e s t i t o : e g li i n c a p a c e d i v u o t a r e
il s e n s o r e a l e d e l l e c o s e , d i d a r l o r o il l u s s o d i u n a f o r m a
v u o t a , a p e r t a a l l i n n o c e n z a d i u n a f a l s a n a t u r a . S i p o t r e b b e
d i r e c h e i n u n c e r t o s e n s o il m i t o d i s i n i s t r a s e m p r e u n
m it o a rtific ia le , u n m ito r ic o s t r u it o : d i q u i la su a g o ffa g
g in e .

Il mito, a destra.

S t a t i s t i c a m e n t e il m i t o a d e s t r a . Q u i e s s o e s s e n z i a l e ;
b e n n u t r i t o , l u c e n t e , e s p a n s i v o , l o q u a c e , s i n v e n t a s e n z a
t r e g u a . S i m p a d r o n i s c e d i t u t t o : l e g i u s t i z i e , le m o r a l i , le
e s t e t i c h e , l e d i p l o m a z i e , le a r t i d o m e s t i c h e , l a L e t t e r a t u r a ,
g l i s p e t t a c o l i . L a s u a e s p a n s i o n e h a u n a m i s u r a p a r i a q u e l- 1

1 Oggi il colonizzato che assume pienamente la condizione etica e poli


tica descritta da Marx come condizione del proletario.
IL M IT O , OGGI 229

la della e-nominazione borghese. La borghesia vuol con


servare lessenza senza lapparenza: perci la negativit
stessa dellapparenza borghese, infinita come ogni negati
vit, sollecita infinitamente il mito. L oppresso non nien
te, ha in s una parola sola, quella della propria emanci
pazione; loppressore tutto, la sua parola ricca, multi
forme, duttile, padrona di tutti i gradi possibili delia di
gnit: loppressore ha lesclusivit del metalinguaggio.
L oppresso fa il mondo, ha solo un linguaggio attivo, tran
sitivo (politico); loppressore lo conserva, la sua parola
plenaria, intransitiva, gestuale, teatrale: il Mito; il lin
guaggio del primo tende a trasformare, il linguaggio del
laltro a eternare.
Questa pienezza dei miti dellOrdine (cosi si chiama la
stessa borghesia) consente differenze interne? Ci sono, ad
esempio, miti borghesi e miti piccolo-borghesi? Non pos
sono esservi differenze fondamentali, in quanto, qualun
que sia il pubblico che lo consuma, il mito postula limmo-
bilit della natura. Ma possono esservi gradi di compiu
tezza o di espansione: certi miti maturano meglio in certe
zone sociali: anche per il mito esistono micro-climi.
Il mito deHInfanzia-Poeta, per esempio, un mito bor
ghese avanzato: esce appena dalla cultura inventiva (Coc-
teau) e sta approdando alla cultura consumata ( 1 Ex
press): una parte della borghesia pu ancora trovarlo
troppo inventato, troppo poco mitico, per potersi ricono
scere il diritto di consacrarlo (tutta una parte della critica
borghese lavora esclusivamente con materiali debitamente
mitici): un mito che ancora non stato messo bene alla
prova, non contiene ancora abbastanza natura-, per fate del
Fanciullo-Poeta lelemento di una cosmogonia, bisogna ri
nunciare al prodigio (Mozart, Rimbaud, ecc.) e accettare
le norme nuove, quelle della psicopedagogia, del freudi
smo, ecc.: un mito ancora acerbo.
Ogni mito pu in tal modo avere la sua storia e la sua
geografia; luna del resto il segno dellaltra: un mito
matura perch si estende. Non ho potuto fare nessuno stu
dio serio sulla geografia sociale dei miti. Ma possibilissi
mo tracciare quelle che i linguisti chiamerebbero le iso
glosse di un mito, le linee che definiscono il luogo sociale
in cui questo viene parlato. Poich il luogo mobile, sa
rebbe meglio parlare delle onde dimpianto del mito. Cosi
il mito Minou Drouet ha conosciuto almeno tre onde
230 IL M IT O , OGGI

amplificataci: 1) E xpress; 2) Paris-Match, E lle ;


3) France-Soir. Alcuni miti oscillano: passeranno nella
grande stampa, presso i piccoli benestanti, nei saloni di
bellezza, nel metro? La geografia sociale dei miti rester
difficile a stabilire fintantoch ci mancher una sociologia
analitica della stam pa1. Ma si pu dire che c gi il suo
posto.
Non sussistendo ancora la possibilit di stabilire le for
me dialettali del mito borghese, pur sempre possibile
dare un primo schema delle sue forme retoriche. Per reto
rica si deve intendere un insieme di figure fisse, regolate,
ritornanti, nelle quali vengono a ordinarsi le forme svariate
del significante mitico. Tali figure sono trasparenti in quan
to non turbano la plasticit del significante; ma sono gi
sufficientemente concettualizzate per adattarsi a una rap
presentazione storica del mondo (proprio come la retorica
classica pu render conto di una rappresentazione di tipo
aristotelico). Attraverso la loro retorica, appunto, i miti
borghesi disegnano la prospettiva generale di questa pseu-
do-physis, che definisce il sogno del mondo borghese con
temporaneo. Eccone le figure principali:
1) Il vaccino. Ho gi dato alcuni esempi di questa figu
ra molto generale, che consiste nel confessare il male ac
cidentale di una istituzione di classe per mascherarne me
glio: il male principale. Simmunizza limmaginario collet
tivo mediante una piccola inoculazione del male ricono
sciuto: lo si difende cosi dal rischio di un sovvertimento
generalizzato. Questo trattamento liberale, solo cento anni
fa non sarebbe stato possibile; allora il bene borghese non
veniva a compromessi, era tutto dun pezzo. Dopo si
molto ammorbidito. La borghesia non esita piu a ricono
scere certi sovvertimenti localizzati: lavanguardia, lirra
zionale infantile, ecc.; vive ormai in uneconomia di com
pensazione: come in ogni societ anonima ben costituita,
le piccole parti compensano giuridicamente (ma non real
mente) quelle grosse.

1 Le tirature dei giornali sono dati insufficienti. Le altre indicazioni sono


accidentali. Paris-Match ha dato - fatto significativo, a fini di pubblicit
- la composizione del proprio pubblico in termini di livello di vita (Figa
ro, 12 luglio 1955): su 100 acquirenti, in citt, 53 hanno unautomobile,
49 un bagno, ecc., dove il livello di vita medio del francese viene stabilito
cosi: automobile: 22%, bagno: 13%. Che il potere di acquisto del lettore di
Match fosse elevato un dato che la mitologia di tale pubblicazione con
sentiva di prevedere.
IL M IT O , OGGI 23I

2) La privazione di storia. II mito priva di ogni storia


loggetto del suo discorso1. In esso, la storia evapora;
come una domestica ideale: prepara, porta, dispone, il pa
drone arriva e lei scompare silenziosamente: non resta che
rallegrarsi senza domandarsi da dove ci viene il bellogget
to. O meglio, pu venire solo dalleternit: da sempre era
fatto per luomo borghese, da sempre la Spagna della Gui
da blu era fatta per il turista, da sempre i prim itivi han
no preparato le loro danze in vista di una festa esotica.
evidente quali siano gli incomodi che questa figura fa spa
rire: il determinismo e, insieme, la libert. Niente pro
dotto, niente scelto: non resta che possedere questi og
getti nuovi, di cui si fatta sparire ogni traccia inquinante
di origine o di scelta. Tale miracolosa evaporazione della
storia unaltra forma di un concetto comune alla maggior
parte dei miti borghesi: lirresponsabilit delluomo.
3) L identificazione. Il piccolo-borghese un uomo in
capace di immaginare lA ltro12. Se laltro si presenta ai
suoi occhi il piccolo borghese si rifiuta di vedere, lo ignora
e lo nega, oppure lo trasforma in se stesso. Nelluniverso
piccolo-borghese tutti i fatti di confronto sono fatti di
riflesso, ogni altro ridotto allidentico. Gli spettacoli, i
tribunali, luoghi dove rischia di esporsi laltro, diventano
specchio. Perch laltro uno scandalo che attenta alles
senza. Dominici, Gerard Dupriez, non possono accedere
allesistenza sociale se non sono preliminarmente ridotti
allo stato di piccoli simulacri del presidente di Corte d As-
sise, del Procuratore Generale: la condizione che va po
sta per condannarli con giustizia completa, dato che la
Giustizia unoperazione di bilancia; e la bilancia pu
pesare soltanto lidentico con lidentico. In ogni coscienza
piccolo-borghese ci sono piccoli simulacri del teppista, del
parricida, del pederasta, ecc., che periodicamente il corpo
giudiziario estrae dal proprio cervello, pone sul banco del
laccusato, strapazza e condanna: ogni volta si giudicano
soltanto degli analoghi sviati-, questione di strada, non di
natura, perch l'uomo fatto cosi. Talvolta - raramente -

1 Marx: ... noi dobbiamo occuparci di questa storia, poich lideologia


si riduce sia a una concezione erronea di questa storia, sia ad un'astrazione
com pleta di questa storia (Ideologia tedesca , I).
2 Marx: ... ci che fa di essi dei rappresentanti della piccola borghesia
il fatto che il loro spirito, la loro coscienza, non va al di l dei limiti che
questa classe si pone alle proprie attivit (18 brumaio). E Gorkij: il pic
colo-borghese Puomo che si preferito .
232 IL M IT O , oggi

lAltro si rivela irriducibile: non per uno scrupolo improv


viso, ma perch vi si oppone il buon senso: uno non ha
la pelle bianca, bens nera, un altro beve succo di pera e
non il Pernod. Come assimilare il Negro, il Russo? Soc
corre qui una figura: lesotismo. L Altro diviene puro og
getto, spettacolo, marionetta: relegato ai confini delluma
nit, non attenta pi alla sicurezza domestica. soprattut
to una figura piccolo-borghese. Infatti, anche se non pu
vivere lAltro, il borghese pu almeno immaginarne il po
sto: quello che si chiama il liberalismo, cio una sorta di
economia intellettuale dei posti riconosciuti. La piccola
borghesia non liberale (produce il fascismo, mentre la
borghesia, invece, se ne serve): fa litinerario borghese in
ritardo.
4) La tautologia. Lo so, la parola non bella. Ma anche
la cosa notevolmente brutta. La tautologia il processo
verbale che consiste nel definire lidentico con lidentico
( Il teatro il teatro). In essa si pu vedere uno di quei
procedimenti d cui Sartre si occupato nel suo Esquisse
dune thorie des motions: ci si rifugia nella tautologia
come nella paura, nella collera, nella tristezza, quando si
a corto di ragioni: la carenza accidentale del linguaggio si
identifica magicamente con ci che si stabilisce come resi
stenza naturale delloggetto. Nella tautologia c una du
plice uccisione: si uccide il razionale perch ci fa resistenza;
si uccide il linguaggio perch ci tradisce. La tautologia
un mancamento al punto giusto, unafasia salutare, una
morte, o, se si vuole, una commedia, la rappresentazio
ne indignata dei diritti del reale nei confronti del linguag
gio. Magica, naturalmente pu solo trovar riparo dietro un
argomento d autorit: allo stesso modo i genitori a corto
di spiegazioni rispondono al bambino insistente: cosi
perch cosi, o meglio ancora: perch si, punto e ba
sta: atto di magia vergognosa, che imita il movimento
verbale della razionalit ma labbandona subito, e crede
di essersi messo a posto con la causalit per averne pro
ferito la parola introduttiva. La tautologia attesta una pro
fonda sfiducia nei confronti del linguaggio: lo si rifiuta per
ch ci viene a mancare. Ora ogni ripudio del linguaggio
una morte. La tautologia istituisce un mondo morto, un
mondo immobile.
5) Il neneismo. Chiamo cosi quella figura mitologica
che consiste nello stabilire due contrari e nel soppesarli
IL M IT O , OGGI 2 33
luno con laltro in modo da rifiutarli ambedue, (Non vo
glio n questo n quello). piu che altro una figura del
mito borghese in quanto approda a una forma moderna di
liberalismo. Si ritrova qui la figura della bilancia: il reale
in primo luogo ridotto a elementi analoghi; in secondo
luogo lo si pesa; infine, constatata luguaglianza, ci se ne
libera. Anche qui c un comportamento magico: si equi
para quanto era imbarazzante scegliere; si fugge il reale in
tollerabile riducendolo a due contrari che si equilibrano
nella misura soltanto in cui sono formali, alleviati del loro
peso specifico. Il neneismo pu avere forme degradate: in
astrologia, per esempio, i mali sono seguiti da beni uguali:
essi sono sempre prudentemente pronosticati in una pro
spettiva di compenso: un equilibrio terminale immobilizza
i valori, la vita, il destino, ecc.; non c piu da scegliere,
bisogna sobbarcarsi.
6) La quantificazione delle qualit. questa una figura
che traspare in tutte le precedenti. Riducendo ogni qualit
a una quantit il mito fa economia di intelligenza: intende
il reale con minor spesa. Ho dato vari esempi di questo
meccanismo che la mitologia borghese e soprattutto pic
colo-borghese non esita ad applicare ai fatti estetici che,
d altro canto, proclama partecipi di unessenza immateria
le. Il teatro borghese un buon esempio di questa contrad
dizione: da una parte il teatro dato come unessenza irri
ducibile a ogni forma di linguaggio e rivelantesi solo al
cuore, aUintuizione; da tale qualit esso ricava una dignit
ombrosa ( vietato, come delitto di lesa essenza, parla
re del teatro scientificamente-, o piuttosto, ogni modo in
tellettuale di impostare largomento teatro sar scredi
tato sotto il nome di scientismo, di linguaggio pedante);
dallaltra, larte drammatica borghese poggia su una quan
tificazione degli effetti: tutto un circuito di apparenze com
putabili stabilisce unuguaglianza quantitativa tra i soldi
del biglietto e i pianti dellattore, o il lusso di una scena:
ci che per esempio da noi si chiama la naturalezza del
lattore prima di tutto una ben visibile quantit di effetti.
7) La constatazione. Il mito tende al proverbio. L ideo
logia borghese investe qui i suoi interessi essenziali: luni
versalismo, il rifiuto di spiegazione, una gerarchia inalte
rabile del mondo. Ma bisogna nuovamente distinguere tra
linguaggio-oggetto e metalinguaggio. Il proverbio popo
lare, ancestrale, partecipa ancora di una presa strumentale
234 IL M IT O , OGGI

d e l m o n d o c o m e o g g e t t o . U n a c o n s ta ta z io n e c o n ta d in a d e l
t i p o : b e l t e m p o , c o n s e r v a u n l e g a m e r e a l e c o n l u t i
lit d e l b e l te m p o ; u n a c o n s ta ta z io n e im p lic ita m e n te
t e c n o l o g i c a ; l a p a r o l a , in q u e s t o c a s o , m a l g r a d o l a s u a f o r
m a g e n e r a l e , a s t r a t t a , p r e p a r a c e r t i a t t i , s i i n s e r i s c e in
u n e c o n o m i a d i f a b b r i c a z i o n e : i l c o n t a d i n o n o n p a r l a sul
b e l t e m p o , lo a g isc e , lo a t tir a n e l p r o p r io la v o r o . T u t t i i
n o s t r i p r o v e r b i p o p o l a r i r a p p r e s e n t a n o in t a l m o d o u n a
p a r o la a t tiv a c h e si a p o c o a p o c o so lid ific a ta in p a r o la
r ifle s s iv a , m a d i u n a r ifle ss io n e a c c o r c ia ta , r id o t t a a c o n
s t a t a z i o n e , e , i n q u a l c h e m o d o , t i m i d a , p r u d e n t e , s t r e t t a il
p i u p o s s i b i l e a l l e m p i r i s m o . I l p r o v e r b i o p o p o l a r e p r e v e d e
m o l t o p i u d i q u a n t o a f f e r m i , r i m a n e l a p a r o l a d i u n u m a n i t
c h e s i f a , n o n c h e . L a f o r i s m a b o r g h e s e , i n v e c e , a p p a r t i e
n e a l m e ta lin g u a g g io , u n lin g u a g g io se c o n d o c h e si e s e r
c ita su o g g e tti g i p r e p a r a t i. L a s u a fo r m a c la ss ic a la m a s
sim a . Q u i la c o n s ta ta z io n e n o n p i v o lt a v e r s o u n m o n d o
d a f a r s i : d e v e c o p r i r e u n m o n d o g i f a t t o , n a s c o n d e r e le
t r a c c e d i q u e s t a p r o d u z i o n e s o t t o u n e v i d e n z a e t e r n a :
u n a c o n t r o - s p i e g a z i o n e , l e q u i v a l e n t e n o b i l e d e l l a t a u t o
lo g ia , d i q u e l perch im p e r a tiv o ch e i g e n ito ri a c o rto d i
co n o sce n ze so sp en d o n o su lla te s ta d e i lo r o b a m b in i. I l
fo n d a m e n to d e lla c o n s ta ta z io n e b o r g h e s e il buon senso,
c i o u n a v e r i t c h e s i a r r e s t a a l l o r d i n e a r b i t r a r i o d i c h i l a
p a r la .
H o d a t o q u e s t e fig u r e r e to r ic h e a lla r in f u s a e p o s s o n o
e s se r c e n e a lt r e : a lc u n e p o s s o n o c o n s u m a r s i, a ltr e n a s c e r e .
M a c o s i c o m e s o n o e v id e n te ch e si r a g g r u p p a n o in d u e
g r a n d i c a t e g o r i e , q u a s i s e g n i d e l l o Z o d i a c o d e l l u n i v e r s o
b o r g h e s e : l e E s s e n z e e l e B i l a n c e . L i d e o l o g i a b o r g h e s e
t r a s f o r m a c o n t i n u a m e n t e i p r o d o t t i d e l l a s t o r i a in t i p i e s
se n z ia li; c o m e la s e p p ia c h e b u t t a f u o r i il s u o in c h io str o
p e r p r o t e g g e r s i, e s s a n o n c e s s a d i o s c u r a r e la fa b b r ic a z io n e
p e r p e t u a d e l m o n d o , d i f i s s a r l a i n o g g e t t o d i p o s s e s s o in fi
n ito , d i in v e n ta r ia r e il p r o p r io a v e r e , d i im b a ls a m a r lo , d i
in ie tta r e n e l r e a le q u a lc o s a d i p u r ific a n te c h e a r r e s ti la su a
t r a s f o r m a z io n e , la s u a f u g a v e r s o a ltr e fo r m e d i e s is te n z a .
E q u e s t o a v e r e , c o s i f i s s a t o e c o n g e l a t o , d i v e n t e r a l la fin e
c o m p u t a b i l e : l a m o r a le b o r g h e s e s a r e s s e n z i a lm e n t e u n o
p e r a z i o n e d i p e s a t u r a : l e e s s e n z e s a r a n n o m e s s e s u b i la n c e
d i c u i l u o m o b o r g h e s e r e s t e r l a s t a i m m o b i l e . P e r c h il
fin e v e r o d e i m i t i d i i m m o b i l i z z a r e i l m o n d o : b i s o g n a c h e
i m i t i s u g g e r i s c a n o e m i m i n o u n e c o n o m i a u n i v e r s a l e c h e h a
IL M IT O , OGGI 235

fissato una volta per tutte la gerarchia dei suoi possedi


menti. Cosi, ogni giorno e dappertutto, luomo fermato
dai miti, rimandato da essi a quel prototipo immobile che
vive al suo posto, lo soffoca come un immenso parassita
interno, e alia sua attivit traccia stretti confini entro cui
gli concesso soffrire senza muovere il mondo: la pseudo-
physis borghese integralmente un divieto alluomo di in-'
ventarsi. I miti non sono altro che questa sollecitazione
incessante, instancabile, questa esigenza insidiosa e infles
sibile secondo cui tutti gli uomini si dovrebbero ricono
scere in quella immagine eterna, e tuttavia situata nel tem
po, che di essi un giorno stata costruita come se destinata
a valere per sempre. Perch la Natura in cui li si richiude
sotto pretesto di eternarli solo un u so . E proprio que
stuso, per grande che sia, essi devono prendere in mano
per trasformarlo.

Necessit e limiti della mitologia.

Devo dire, per chiudere, alcune parole sul mitologo in


s. Il termine assai pomposo, e ottimista. Si possono tut
tavia predire al mitologo, qualora un giorno se ne trovi
uno, alcune difficolt, se non di metodo almeno di senti
mento. Non avr certo alcuna difficolt a sentirsi giustifi
cato: quali che siano i suoi procedimenti certo che la mi
tologia partecipa a un fare del mondo: tenendo per fermo
che luomo della societ borghese ad ogni momento im
merso in una falsa natura, essa tenta di ritrovare, sotto le
forme innocenti della pi ingenua vita di relazione, lalie
nazione profonda che tali forme hanno il compito di far
passare; la sua operazione rivelatrice dunque un atto po
litico: fondata su unidea responsabile del linguaggio essa
postula con ci stesso la libert. certo che in questo senso
la mitologia un' accordo col mondo, non quale esso ma
quale vuol diventare (Brecht aveva un termine efficacemen
te ambiguo: era YEinverstandnis, intelligenza del reale
quanto complicit con esso).
Questo accordo della mitologia giustifica il mitologo,
non lo appaga: il suo statuto profondo resta ancora uno
statuto di esclusione. Giustificato dalla politica il mitologo
ne tuttavia allontanato. La sua parola un metalinguag
gio, non agisce niente; tuttal pi svela, ma, ancora, per
236 IL M IT O , OGGI

c h i? I l s u o c o m p it o r im a n e a m b ig u o , c o m p lic a to d a lla p r o
p r i a o r i g i n e e t i c a . E g l i p u v i v e r e l a z io n e r i v o l u z i o n a r i a
s o l o p e r p r o c u r a : d o n d e i l c a r a t t e r e p r e s o a p r e s t i t o d e l la
s u a fu n z io n e , q u e l c h e d i r ig id o e u n p o s t u d ia t o , d i s b r i
g a tiv o e d e c c e s s iv a m e n te s e m p lific a to c h e c a r a tte r iz z a o g n i
c o m p o rta m e n to in te lle ttu a le fo n d a to ap e rta m e n te n e lla
p o litic a (le le tte r a tu re dgages so n o in fin ita m e n te p iu
e l e g a n t i , so n o a l lo r o p o s t o n e l m e ta lin g u a g g io ).
I n o l t r e il m i t o l o g o s i e s c l u d e d a l l a m a s s a d e i c o n s u m a
to ri d i m ito , e n o n p o c o . P a s s i a n c o ra d a u n p u b b lic o p a r
t i c o l a r e '. M a q u a n d o i l m i t o r a g g i u n g e l i n t e r a c o l l e t t i v i t ,
s e s i v u o l l i b e r a r e il m i t o d a l l i n t e r a c o l l e t t i v i t c h e b i s o
g n a a l l o n t a n a r s i . O g n i m i t o u n p o g e n e r a le e f f e t t i v a
m e n t e a m b i g u o , p e r c h r a p p r e s e n t a l u m a n i t ste ssa d i
c o l o r o c h e , n o n a v e n d o n i e n t e , l h a n n o p r e s o d a a l t r i . D e
c i f r a r e i l T o u r d e F r a n c e , il b u o n v i n o d i F r a n c i a , s i g n i
f ic a a s t r a r s i d a c o l o r o c h e n e r i c a v a n o d i s t r a z i o n e o c a l o r e .
I l m it o lo g o c o n d a n n a to a v iv e r e u n a s o c ia lit te o r ic a :
p e r lu i, e s s e r e so c ia le sig n ific a , n e l m ig lio r e d e i c a s i, e s s e r e
v e r o ; la s u a m a s sim a s o c ia lit r isie d e n e lla s u a m a s sim a
m o r a lit . I l su o le g a m e c o l m o n d o d i o r d in e sa r c a s tic o .
B i s o g n a a n d a r e a n c o r a p i u in l : in u n c e r t o s e n s o i l m i
t o l o g o e s c l u s o d a l l a s t o r i a , q u e l l a s t o r i a in n o m e d e l la
q u a le p r e t e n d e d i a g ir e . L a d is tr u z io n e c h e p o r t a n e l lin
g u a g g i o c o l l e t t i v o , p e r l u i , a s s o l u t a , r i e m p i e f in o a l l o r lo
il su o c o m p ito : e g li d e v e v iv e r lo se n z a sp e r a n z a d i r ito r n o ,
s e n z a i p o t e s i d i c o m p e n s o . G l i p r o i b i t o i m m a g i n a r e c i
c h e il m o n d o s a r s e n s i b i l m e n t e q u a n d o l o g g e t t o i m m e
d i a t o d e l l a s u a c r i t i c a s a r s c o m p a r s o ; l u t o p i a p e r l u i u n
l u s s o i m p o s s i b i l e : i l m i t o l o g o h a f o r t i d u b b i s u l l a p o s s ib i- .
l i t c h e l e v e r i t d i d o m a n i s i a n o l e s a t t o i n v e r s o d e l le v e
r i t d i o g g i . L a s t o r i a n o n a s s i c u r a m a i il t r i o n f o p u r o e
se m p lic e d i u n c o n tr a r io su l s u o c o n tr a r io : n e l su o fa r si
e s s a s v e l a s o l u z i o n i i n i m m a g i n a b i l i , s i n t e s i i m p r e v e d i b i li .
I l m i t o l o g o n o n n e p p u r e in u n a s i t u a z i o n e m o s e i c a : n o n
v e d e la T e r r a P r o m e s s a . P e r lu i, la p o s it iv it d i d o m a n i
in te r a m e n te n a s c o s t a d a lla n e g a t iv it d i o g g i; t u t t i i v a lo ri
d e l l a s u a i m p r e s a g l i s o n o d a t i c o m e a t t i d i d i s t r u z i o n e : g li 1

1 Non ci si separa soltanto dal pubblico, ma a volte anche dalloggetto


stesso del mito. Per demistificare lInfanzia Poetica, ad esempio, mi stato
in qualche modo necessario m ancare di fiducia nel bambino Minou Drouet.
Ho dovuto ignorare in lei, sotto il mito enorme di cui la si opprime, come
una possibilit tenera, aperta. Non va mai bene parlare contro una bambina.
IL M IT O , OGGI 23 7
uni coprono esattamente gli altri, non rimane fuori niente.
Questa presa soggettiva della storia in cui il germe potente
dellavvenire non che lapocalisse piu profonda del pre
sente, Saint-Just lha espressa in una strana frase: Ci
che costituisce la Repubblica la distruzione totale di ci
che le contrario. Che, credo, non da intendere nel
senso banale di bisogna pur sgombrare il terreno prima
di ricostruire. La copula ha qui un senso esaustivo: per
un tal uomo c una notte soggettiva della storia, in cui.
lavvenire si fa essenza, distruzione essenziale del passato.
Unultima esclusione minaccia il mitologo: egli rischia
continuamente di far dileguare il reale che pretende proteg
gere. Al di fuori di ogni discorso la DS 19 un oggetto
tecnologicamente definito: raggiunge una certa velocit,
affronta il vento in un certo modo, ecc, E di questo reale
il mitologo non pu parlare. Il meccanico, lingegnere, per
fino lutente, parlano loggetto; il mitologo invece con
dannato al metalinguaggio. Questa esclusione ha gi un
nome: quello che si chiama lideologismo. Lo zdano-
vism o lha vivacemente condannato (senza provare d al
tra parte che, per il momento, fosse evitabile) nel primo
Lukcs, nella linguistica di Marr, in lavori come quelli di
Bnichou, di Goldmann, opponendogli la riserva di un
reale inaccessibile allideologia, come il linguaggio nella
concezione di Stalin. vero che lideologismo risolve la
contraddizione del reale alienato mediante unamputazio
ne e non mediante una sintesi (ma a sua volta non lo risolve
nemmeno lo zdanovismo): il vino obiettivamente buo
no e nello stesso tempo la bont del vino un mito: ecco
laporia. Il mitologo ne esce come pu: si occuper della
bont del vino, non del vino in se stesso, proprio come lo
storico si occuper dellideologia di Pascal, non delle Pen
ses in se stesse .
Sembra che questa sia una difficolt dei tempi: oggi, an
cora per il momento, c una sola scelta possibile, e questa
scelta pu solo vertere su due metodi ugualmente ecces
sivi: o presupporre un reale interamente permeabile alla
storia e ideologizzare; oppure, inversamente, presupporre
un reale alla fine impenetrabile, irriducibile, e, in tal caso,1

1 Talvolta, anche qui, in queste mitologie, ho giocato dastuzia: soffren


do di lavorare ininterrottamente sul levaporazione del reale, mi sono messo
a ispessirlo eccessivamente, a trovargli una compattezza sorprendente, gusto
sa a me stesso, ho dato alcune psicanalisi sostanziali di oggetti mitici.
238 IL M IT O , OGGI

fare poesia. In una parola, io non vedo ancora una sintesi


tra ideologia e la poesia (per poesia intendo, in maniera
molto generale, la ricerca del senso inalienabile delle cose).
Indubbiamente il fatto che non possiamo andare al di l
di una presa instabile del reale la misura stessa della no
stra alienazione di oggi: oscilliamo continuamente tra log
getto e la sua demistificazione, incapaci di rendere la sua
totalit: perch se penetriamo loggetto, lo liberiamo ma
lo distruggiamo; e se gli lasciamo il suo peso, Io rispettia
mo ma lo restituiamo ancora mistificato. Sembra quasi che
si sia condannati per un certo tempo a parlare sempre
eccessivamente del reale. Ci si deve indubbiamente al
fatto che lideologismo e il suo contrario sono comporta
menti ancora magici, terrorizzali, abbagliati e attratti dalla
lacerazione del mondo sociale. E tuttavia questo che dob
biamo cercare: una riconciliazione del reale e degli uomini,
della descrizione e della spiegazione, delloggetto e del sa
pere.
Nota bio-bibliografica
Roland Barthes nato nel 1915: ha studiato lettere classiche
alla Sorbona; stato lettore di francese in universit straniere
(Romania, Egitto); nominato poi addetto alle ricerche al c n r s ,
vi ha eseguito lavori di lessicologia e di sociologia; stato Di
recteur dEtudes ed ora docente presso lEcole Pratique des
Hautes Etudes (VI sezione) dove occupa la cattedra di sociolo
gia dei segni, simboli e rappresentazioni.
Nel 1*947 Roland Barthes aveva pubblicato nella pagina let
teraria di Combat, diretto allora da Maurice Nadeau, una se
rie di articoli sul linguaggio letterario; questi articoli sono stati
ripresi e sviluppati in Le degr zro de lEcriture (1953; 1 edi
zione italiana presso Lerici sotto il titolo II grado zero della scrit
tura; ma di imminente ristampa presso Einaudi). L'anno
successivo (1954) pubblic un saggio di critica tematica, Mi
chelet par lui-mme; poi nel 1957 Mythologies, cronaca e anali
si sociologica della vita quotidiana contemporanea (di cui qui
si offre unedizione riveduta e aggiornata). Nel frattempo aveva
partecipato alla fondazione della rivista Thtre populaire e
alla diffusione del teatro di Brecht in Francia; aveva anche scrit
to i primi articoli di fondo su Robbe-Grillet e il Nouveau Ro
man. Ha poi pubblicato Sur Racine (1963), saggio di critica
strutturale, e nel 1964 gli Essais critiques, raccolta di testi critici
riguardanti la letteratura e il teatro, i classici e i moderni (que
ste due opere sono state raccolte nell'edizione italiana dei Saggi
critici, presso Einaudi, nel 1966; poi ristampata nella Piccola
Biblioteca Einaudi nel 1972). Del 1964 sono gli Elments de s
miologie, con cui Barthes apriva la via ad una nuova disciplina
o scienza delle significazioni (nel Nuovo Politecnico di Einaudi
stato pubblicato nel 1966). Seguono nel '66 Critique et vrit,
un pamphlet contro la critica accademica che al tempo stesso
il manifesto di un nuovo metodo critico (edito da Einaudi nella
Ricerca critica nel 1969); nel 67 il Systme de la mode, unam
pia, articolata analisi di sociologia del pubblico e al tempo stes
so di semiologia (nei Paperback^ Einaudi, nel 1970); nel 70
S/Z, un modello di analisi dun testo letterario - il racconto Sar-
rasne di Balzac (ancora nella Ricerca critica di Einaudi nel
24 2 NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA

1973); neI 71 Sade, Fourier, Loyola, profili critici polemicamen


te accostati secondo un preciso schema di ideologia del linguag
gio; e infine Le platsir du texte, una riflessione critico-creativa
sul godimento che il testo letterario stimola nel lettore (am
bedue verranno pubblicati da Einaudi nel corso del 1974, rispet
tivamente nella Ricerca critica e nel Nuovo Politecnico).
Scritti a met degli anni cinquanta, i testi di Miti doggi
seguivano, a detta di Barthes, due determinazioni: da un iato
una critica ideologica applicata al linguaggio delia cosiddetta
cuituiudi .nassa, dallaltro un primo smontaggio semioiogico
di questo linguaggio, con a convinzione che. trattando
ie rapp.esortazioni ccl'ettive come sistemi di segni,
si potesse sperare di uscite dalla denuncia e rendere conto
in dettaglio della mistificazione che trasforma la cu-h a piccolo,
borghese in i. dura universale. Un articolo di giorna.e
una fotografia d ur settimanale, un film, uno spettacolo,
una mostra, un avvenimento mondano, unattrice, iar-trologia,
la moda hanr o o'ferto a Barthes loccasione di coglie! e
gl; \s etti pungenti d e ' ,uotidiano in flash che appaiono oggi
integri nella loro cupa, d di infrangere la crosta di ci
che c; circonda, di mostrarci le contraddizioni di quel
che e >pare.

Di fbland Barthes, Einaudi ha pubblicato: Elementi


emiologia; Saggi critici; C. sica e verit; Sistema de- 3 Moda-
S/Z ; Il piacere del tee*!'- Sa ie, Fourier, Loyola; Frammenti di un
discorso amoroso; Ba, res di Roland Barthes; La camera
chiara. Noia .ma fotografia; Lezione; Il grado zero delia
scrittura; L in cero de segni; L ovvio e l ottuso; La p a ia delia
voce; >1brusio della lingua.

ISBN 88-06-.5g3o?,_2

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