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Giacomo Longo – Corso di Storia dell'Architettura – Ing.

Edile Architettura – Anno I 1

ALVAR AALTO (1898 – 1976)


E' un architetto scandinavo molto particolare, che, come altri del
ventesimo secolo, non disdegna di promuovere la propria immagine:
celebre l'autoscatto che lo ritrae in giacca e cravatta sulla sua barca
(l'abbigliamento è in evidente contrasto con la vita sul mare...), con il
nome dell'imbarcazione in primo piano: “nemo propheta in patria”.
Una citazione biblica, ad enfatizzare la sua posizione di artista
snobbato dalla terra natale; in realtà lavora molto in Finlandia, a
progetti di notevole importanza, anche grazie al particolare periodo
storico in cui Aalto inizia ad operare: solo attorno al 1917 infatti la nazione acquista l'autonomia
(già subordinata alla Svezia, quindi alla Russia), ed è molto sentita l'esigenza di un sistema di
strutture che rappresenti quest'importante svolta politica (in particolare è molto diffuso il recupero
di temi mitologici, nella musica e nell'architettura → Saarinen, nella stazione di Helsinki).
Non viene ignorata l'industria, quindi l'aspetto economico, moderno. Ben presto Aalto diventa uno
dei più affermati; si laurea nel 1921 e subito apre lo “studio di architettura e arte monumentale
Alvar Aalto”. A partire dalla fine del decennio inizia il periodo dei grandi progetti, in cui ricorrono
3 temi: la STORIA, la MODERNITA' e la NATURA, in questo ordine secondo una certa lettura,
cronologica, poco approfondita. Come intuibile ci sono degli intrecci, non può trattarsi di
un'evoluzione pulita.
Gli anni '20 vedono alcuni progetti in cui si definiscono gli orientamenti di
Aalto: la sede del Turun Saromat (quotidiano), a Turku, dimostra la
padronanza del linguaggio moderno (finestre in linea, intonaco, tetto piano),
ma, all'interno, anticipa quanto particolare sia il suo lavoro. Troviamo infatti
dei pilastri a fungo, trattati con colori appropriati, nei depositi della carta,
oppure delle soluzioni interessanti in un'altra parte, dove i supporti sono
rastremati, delle “colonne”, con capitello aggettante, a cui è affidato il compito
dell'illuminazione artificiale, e vicino dei lucernari: studia con attenzione i
sistemi di illuminazione. In facciata inserisce
un elemento che si rifà alle avanguardie
costruttivistiche, della rappresentazione: in una
grande vetrina inserisce la gigantografia di una prima pagina, una
pubblicità. Va ben oltre la modernità! Di quel periodo anche il
padiglioncino all'esposizione che celebrava, nel 1929, i 700 anni
della fondazione di Turku, quasi un traduzione del manifesto in
architettura.
Negli anni '30 realizza una fabbrica di
cellulosa (Sunila, → ), con attorno il
quartiere degli operai: entra anche nella
cerchia degli architetti degli industriali
(“Nemo propheta...”!). Particolare la
sovrapposizione del tema della moder-
nità (volumi pesanti), della macchina
nel rapporto con la natura (basamento
naturale di fredda roccia nuda).
Dal 1928 al '33 – '34 lavora ad alcuni progetti molto importanti: il
grande sanatorio di Paimio ('29 – '33), in cui ci sono molti temi, tra i
quali prevale quello della natura, che circonda la macchina per guarire,
realizzata secondo tecniche molto approfondite (visita altri edifici

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simili, in Olanda). La pianta è una composizione di pezzi.


Pone attenzione alla terapia, nei balconi a sud, nella ricerca
di attrezzature poco rumorose (lavabo...), nello studio della
regolazione dell'illuminazione, nel particolare rapporto
interno – esterno.
La biblioteca comunale di
Wiipuri ha un'entrata
piuttosto semplice, ma non
priva di enfasi; in un'altra
parte Aalto svuta la parete
con una grande vetrata e mostra la scala, che dà accesso alla sala
lettura. Questo ambiente è
caratterizzato da lucernari
circolari, strutturati in modo da
diffondere anche lateralmente la
luce. Di certo la sala più
interessante è quella delle
conferenze, in cui il soffitto è
ondulato, composto da listelle lignee,
con forme studiate per migliorare
l'acustica, e che scende sul fondo a
definire anche le pareti. La naturalezza che si può leggere in questo
ambiente è relativa: c'è ben altro che natura, il materiale viene in qualche
modo snaturato (come faceva anche Scarpa).
In Finlandia la natura è un elemento molto importante, e l'opera di Aalto va ben oltre la
trasposizione di questi fattori all'interno delle strutture, anzi: nel progetto attua un'astrazione,
sradica consapevolmente quegli elementi.
Il terzo grande tema citato all'inizio è la storia, alla quale Aalto lavora, ad esempio, per il concorso
per l'edificio della Società delle Nazioni di Ginevra (attorno al 1927): su un grande basamento pone
un tempio → evidente richiamo a Schinkel, ma c'è anche uno sguardo alla natura, nello schizzo in
cui la sovrastruttura incornicia il profilo dei monti, sullo sfondo (un evidente richiamo alle tavole di
Le Corbusier del Partenone). È questo un modo particolare di guardare all'architettura, di
distinguere tra progetto – cultura – lavoro umano e natura – ciò che ci
sta fuori – l'opera di Dio.
Anche nel progetto per la chiesa di Lansa (1925 – 26) richiama
all'Acropoli di Le Corbusier, tra l'altro disegnata in una prospettiva che
pare denunciare questa paternità!
Un altro esempio della visione di Aalto del rapporto tra
opera umana e natura si ha nei suoi vasi (anni '30): hanno
forme sinuose, libere, evidentemente
ispirate dall'andamento delle lagune
finlandesi; in questo c'è un'aggiunta di
significato nel passaggio tra informe
(vetro) a forma (vaso), che è la distanza
tra opera umana e di Dio. Per questo Aalto ha ben
chiara la distanza tra interno e esterno degli edifici,
aspetto di notevole importanza in Finlandia.
Nel 1935 stravince (si aggiudica il primo e secondo
posto, “nemo propheta...”) il concorso per il

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padiglione della finlandia all'esposizione internazionale di Parigi, dove spicca ancora una volta
questa differenza, in due parti della struttura: da una parte il patio letteralmente costruito attorno ad
un albero, sorretto da tronchi (→natura), da un'altra parte il supporto alla copertura avviene tramite
sottili fusti lignei, composti, legati (molto giappone...), quasi a dimostrare, ancora una volta, la
perfetta consapevolezza della distanza tra uomo e natura.
Una delle opere più famose è la villa Mairea (Noormarkku, 1938 – '39),
costruita per Christian e Maire Gulligsen, importante finanziatori e
sostenitori della sua opera, fondatori della Artek, fabbrica che realizza
mobili disegnati da Aalto.
Ancora una volta siamo
immersi nel bosco, dunque
immancabili alcuni elementi
che rimarchino quanto già
visto: soprattutto nella
pensilina dell'ingresso, in cui
è scandita la differenza tra
supporti destri (fusticelli) e
sinistri (struttura “tubolare”, lignea). Ovunque spicca una notevole cura dei
particolari, nel trattamento e nella grande varietà di materiali (legno, pietra,
intonaco, ...). All'interno (piuttosto articolato) emerge ancora l'uso di materiali
naturali, ma posti in modo “artificioso” (es. supporti per la scala: sono degli
elementi lignei verticali, ma accoppiati); in un altro punto sembra di vedere la sua
mano scavare il muro, in un gesto molto plastico.
Contemporaneamente lavora al padiglione
della Finlandia per l'esposizione di
New York (1939), ancora una
volta finanziato dai Gulligsen: è
un parallelepipedo piuttosto sterile
(solo un'apertura è caratterizzata
da stecche lignee poste inclinate in
aggetto), ma che cela un interno
Aalto realizza in più progetti degli
incredibile. La parete principale è
andamenti sinuosi, usando
ondulata (elemento che acquista sempre
materiali differenti (vetro, legno,
maggiore credito nei suoi progetti), in
poi mattoni): questo fa capire come
aggetto, a fasce orizzontali, rivestita in
l'importanza di queste scelte
legno, in cui sono ricavati degli
rimarchi la supremazia della forma
alloggiamenti per delle
sul materiale.
gigantografie; al livello terreno c'è il
portico, in cui sono esposti i prodotti artigianali finlandesi. È uno
spazio molto coinvolgente.
Dal 1946 al '49 lavora ai dormitori del MIT
(Cambridge, →), il cui fronte verso il fiume ha
una grande onda, mentre dall'altra parte risulta
tagliato in modo netto, freddo, con l'aggetto a
salienti della scala (con terminazione semi
ottagonale, in aggetto): ancora una volta, non c'è
poi tanto naturalismo...
Nella sua casa per le vacanze (Muuratsalo '48 –
'52, ←), ancora una volta in mezzo al bosco,

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rimarca in modo evidente il distacco dalla natura, con una cinta


muraria bianca tutt'attorno, con l'apertura per l'accesso al patio. Il
fronte dell'abitazione è in mattoni, disposti in molti modi, proprio
per sperimentare varie tecniche.
Nel municipio di Säynätsalo (1948 –
'52) inserisce più temi: moderna è la
forma, storica l'impostazione
planimetrica e la sala consiliare.
Proprio questo ambiente fu oggetto
di commenti in quanto troppo alta. Aalto risponde che ha esattamente
la stessa altezza della sala di Siena, facendo dunque riferimento ad
un importante simbolo; si pone oltretutto al termine del percorso che
inizia dalla scalinata (propilei) che porta alla spianata (rialzata),
quindi alla scala interna sino alla sala. Una
lettura del riferimento storico che non fa
assolutamente uso di linguaggi passati, come
ad esempio a Ginevra.

Negli anni '50 raggiunge un


completo controllo dei suoi
temi: emblematico il
politecnico di Otaniemi
(1955 – '64), un complesso
molto vasto, di cui pianifica
la disposizione e realizza
qualche edificio, la centrale
termica e il notevole
complesso delle aule. Dall'esterno
è una porzione di figura geometrica
(una parte di anfiteatro), molto dura,
mentre all'interno è particolare la
spazialità e l'illuminazione, tramite i
lucernari.
Anche il tema del “frammento di
teatro” viene ripetuto varie volte nei lavori di quel periodo, da far
risalire ai viaggi in Italia: nel '52 visita Calascibetta (Sicilia),
schizzando il teatro greco. Nelle prime piante per la Casa della
Cultura di Helsinki (1955 – '58) si vedono porzioni montate di
teatro (con riferimento a Siracusa), come nei numerosissimi
progetti per centri civici o polifunzionali degli anni '60.
A metà decennio progetta e costruisce (←) la biblioteca del

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convento dei Benedettini di Mount Angel (USA), dove inserisce ancora una volta
il semicerchio.
Nel progetto per il museo di Shiraz (1969 – '70), in Iran, schizza una struttura su
un grande basamento, che va definendosi come un ventaglio rovescio, con i vari
strati che vanno piegandosi, poggiando l'uno sull'altro.
Una delle ultime opere che realizza
in patria, a Helsinki, è il Finlandia
Hall (1962 – '71), in cui inserisce,
ormai immancabile, il teatro. È un

complesso frammentato, mai chiuso (come molte sue opere,


non c'è simmetria...). In una parte inserisce anche delle onde,
ma ormai la sua attenzione è proprio al recupero di elemento
che il tempo ha disgregato (“il tempo
modella le forme”).
Studia anche la piegatura del legno, utile per
i mobili, per l'insonorizzazione delle sale,
come elemento decorativo.
Importante il suo rapporto con l'Italia e gli
altri paesi del Mediterraneo, in relazione alla
storia: scrive una breve lettera su Casabella
in cui sostiene principalmente che alcuni
architetti nordici hanno lavorato
(culturalmente) guardando all'esperienza del
sud (sono detti, ironicamente, di cultura
latina), e che nella sua opera “c'è l'esperienza di un vieggio in Italia che forse ho fatto, o che forse
devo fare”. In ogni caso è una conditio sine qua non della sua opera.
Nel 1924 si sposa con un'architetto e compie il viaggio di nozze in
Italia, in aereoplano (→ sono moderni). È il periodo in cui lavora
alla casa del popolo di Jyvaskyla (→), cui è stato anche paragonato il
palazzo ducale (ma non c'entra poi tanto,
è più simile al municipio di Stoccolma, di
Östberg, o alla biblioteca della stessa
città, di Astlund (un pantheon filtrato da
Schinkel)): c'è però uno sguardo all'Italia,
nell'abside (divide l'interno in tre
porzioni), che presenta un rivestimento a
riquadri intarsiati, con simboli simmetrici
(più che altro circolari). È un richiamo al
Sacello Rucellai di Leon Battista Alberti,
della chiesa di S. Pancrazio (Firenze,
1461 – '67), forse la maggiore opera lasciataci sul significato della sua
architettura: c'è uno studio da parte di Aalto, che riproduce soltanto il

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simbolo dei Rucellai, gli altri li reinventa.


Non è certo cultura latina la sua, è un'opera precisa, di un
grande personaggio, che si era ispirato al S. Sepolcro di
Gerusalemme: il bello è che non ce n'è uno solo, ma varie
interpretazioni di questo luogo di rappresentanza per
eccellenza. Sotto quella frase sostenuta dall'Alberti c'è dunque
la volontà di rifarsi alla perfezione divina con la tecnica
costruttiva, si avvicina, riproduce le qualità del S. Sepolcro con
le sue conoscenze (i riquadri dell'abside hanno esattamente la
stessa dimensione di quelle dei lati...), la padronanza della
tecnica del taglio, levigazione e posa del marmo. Non è casa
proprio l'Alberti sosteneva che “l'uomo è nato per stare
facendo, non per giacere marcendo”, quasi come se la
perfezione fosse davvero raggiungibile.
L'importanza di Alberti per Aalto si riscontra nei vari schizzi,
ad esempio nello studio per la chiesa di Toolo (attorno al '25),
una composizione di S. Andrea di Mantova e S. Sebastiano.
Aalto ha questa grande lezione su come atteggiarsi da architetto, sui suoi doveri.
Importante anche il fatto che non esistono modelli se non per confrontarsi e superarli, con modi
propri (conoscenza e suo esercizio, volontà di stare facendo...).

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