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DI
MECCANICA RAZIONALE
A.A. 2010-11
2
Indice
3 Moti relativi 47
4 Teorema di Aronhold-Kennedy 49
6 Cerchi di Mohr 65
7 Facoltativo 71
7.1 Esempi elementari di biforcazione . . . . . . . . . . . . . . . . 71
7.2 Cenni alla termodinamica dei continui . . . . . . . . . . . . . 80
7.3 Corpi termoelastici (omogenei) . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
7.4 Fluidi linearmente viscosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82
3
4 INDICE
Elenco delle figure
5
6 ELENCO DELLE FIGURE
Preliminari geometrici ed
analitici
7
8 CAPITOLO 1. PRELIMINARI GEOMETRICI ED ANALITICI
v i = v · ci
Come è noto, un vettore v si può dare come combinazione lineare dei vettori
della base ortonormale scelta, mediante i coefficienti v 1 , v 2 , v 3 :
3
X
1 2 3
v = v c1 + v c2 + v c3 = v i ci = v i ci . (1.5)
i=1
1
Nel seguito per indicare un vettore o un tensore, si useranno lettere in grassetto (ad
es.v, A) mentre per la loro matrice rappresentativa si usa il medesimo simbolo, non in
grassetto e sottolineato (ad es. v, A). Una T posta in alto a destra di una matrice ne
indica la trasposta (ad es. AT è la matrice trasposta di A)
1.1. VETTORI EUCLIDEI 9
Convenzione di somma per indici ripetuti. Si osservi che in (1.5)3 non è im-
portante la lettera usata per l’indice ripetuto: le seguenti espressioni sono
tutte equivalenti
v = v i ci = v s cs = v j cj . (1.6)
3
X ∂v i
∂v i ∂v 1 ∂v 2 ∂v 3
= = + + = divv,
∂xi ∂xi ∂x1 ∂x2 ∂x3
i=1
3
X
Ars us = Ars us = Ar1 u1 + Ar2 u2 + Ar3 u3 .
s=1
(per verificare, ad es., la prima: v i δij = v 1 δ1j + v 2 δ2j + v 3 δ3j che risulta
uguale a v 1 se j = 1, a v 2 se j = 2, a v 3 se j = 3).
I versori di una base ortonormale soddisfano le relazioni
ci · cj = δij . (1.8)
Il prodotto misto tra tre vettori non cambia se si opera sui vettori una
permutazione pari. Se invece si opera una permutazione dispari, il prodotto
misto cambia di segno:
u × v · w = −v × u · w. (1.14)
Infatti il determinante (1.13) non muta, o muta solo nel segno, se si opera
un numero pari, o dispari, di scambi tra le righe. Può essere utile ricordare
la precedente regola mediante la equivalente scrittura:
u × v · w = u · v × w; (1.15)
quanto a dire che non muta il prodotto misto di tre vettori se si scambiano
tra loro i simboli di prodotto scalare, · , e di prodotto vettoriale, × .
A : V 7→ V
A + B = B + A.
(A + B) + C = A + (B + C) = A + B + C.
v · AT u (= AT u · v) = u · Av. (1.18)
Valgono le relazioni
AT = A o AT = −A. (1.20)
(A)ij = Aij = ci ·(Acj ) (che equivale a Acj = Aij ci ), (i, j = 1, 2, 3). (1.21)
Si osservi che nella matrice (1.22) la colonna j-esima coincide con la colonna
delle componenti del vettore Acj immagine di cj .
Sia u = u1 c1 + u2 c2 + u3 c3 un generico vettore e sia v = Au; allora
la matrice colonna v delle componenti del vettore v = Au nella base ci si
ottiene come prodotto (righe per colonne) della matrice quadrata A per la
matrice colonna u:
1 1
v A11 A12 A13 u
v = A u, v 2
= A21 A22 A23 u2 ; (1.23)
v 3 A31 A32 A33 u3
in componenti
v i = Aij uj , (i, j = 1, 2, 3). (1.24)
Sia le (1.23) che le (1.24) sono equivalenti alle seguenti
(αA)ij = αAij , (A + B)ij = Aij + Bij , (A B)ij = Air Brj , (AT )ji = Aij .
(1.27)
3
X
A = Aij ci ⊗ cj = Aij ci ⊗ cj . (1.28)
i,j=1
A=S+E e A = Σ + D. (1.31)
Esempio 1.8
1 0 2 2 0 5 0 0 −1
0 1 1
1 0 = 0 2 1 + 0 0 −1 .
2 2
3 1 4 5 1 8 1 1 0
Dimostrazione. Sij Eji = 12 (Sij Eji + Sji Eij ) = 12 (Sij Eji − Sij Eji ) = 0.
2
|PP'| = |OP| 2− (OP⋅n) 2
x3
(c⊗c)v P
v r
P'
O
c x2
(I−c⊗c)v n
x1
a) b)
c cT . (1.37)
(I − c ⊗ c)ij = δ ij − ci cj .
A−T (1.52)
S −T = S −1 (1.53)
cioè
Proposizione 1.17 Per ogni vettore v risulta |v| = |Qv|, cioè Q trasforma
vettori in vettori dello stesso modulo, se e solo se Q è ortogonale.
d
Qij = Qcj · ci = uj · ci = cos uj ci , (1.59)
1.2. TENSORI EUCLIDEI 19
e quindi
cos θ − sin θ 0
Q = sin θ cos θ 0. (1.62)
0 0 1
c2
c2 v v c2
Qc 2 −θ
Qc 1 QTv
v~ 2
v~1
θ
c1 c1 c1
ṽ = QT v, v = Qṽ. (1.65)
c̃i = Qci e ṽ = QT v :
si opera con il tensore Q per trasformare la base ci nella base c̃i , mentre
si opera con la matrice trasposta QT per trasformare le componenti di un
vettore nella base ci in quelle nella base c̃i . La figura 1.2 illustra la situazione
di una rotazione nel caso piano: il vettore QT v ha, rispetto alla base ci , le
stesse componenti che v ha nella base ruotata c̃i = Qci .
à = QT A Q, A = Q à QT , (1.69)
ui = ui (x1 , x2 , x3 ), i = 1, . . . , 3, (1.71)
Inoltre non è restrittiva l’ipotesi, adottata sopra, che i due sistemi di coor-
dinate abbiano la stessa origine O.
tr(a ⊗ b) = a1 b1 + a2 b2 + a3 b3 = a · b. (1.75)
Proposizione 1.31 La traccia del prodotto di due tensori qualsiasi, A e
B, non dipende dall’ordine dei fattori:
tr(AB) = tr(BA). (1.76)
Proposizione 1.32 I tre scalari definiti dalle (1.77) sono invarianti per
cambiamenti di basi ortonormali.
Autovalori, autovettori
2
Talora si sceglie come invariante secondo −I2 (A).
1.2. TENSORI EUCLIDEI 23
Au = λu con λ ∈ R. (1.80)
(A − λI)u = 0. (1.81)
uij = uj · ci . (1.86)
Ŝ = QT SQ. (1.87)
a = λ1 = λ2 6= λ3 = b, (1.89)
n · Dn = |P ′ P |2 . (1.92)
1.4. DECOMPOSIZIONE POLARE 25
1 2 (1.93)
(x ) x1 x2 x1 x3
[OP ⊗ OP ] = x2 x1 (x2 )2 x2 x3 . (1.94)
3
x x 1 x x3 2 3
(x ) 2
(x2 )2 + (x3 )2 − x1 x2 −x1 x3
D= −x2 x1 (x ) + (x3 )2
1 2 −x2 x3 . (1.95)
−x3 x1 − x3 x2 1 2
(x ) + (x )2 2
F = RU e F = V R. (1.97)
Dimostrazione. Si consideri il tensore F T F ; esso è simmetrico
(infatti (F T F )T = F T (F T )T = F T F ),
e definito positivo
Si consideri la matrice
√
λ1 √0 0
U= 0 λ2 ;
√0 (1.99)
0 0 λ3
UU = F T F . (1.100)
R = F U −1 , (1.101)
è ortogonale: RT R = (F U −1 )T F U −1 = U −T F T F U −1 = U −1 F T F U −1 =
U −1 U U U −1 = I (si osservi che U −T = U −1 poichè l’inverso di un tenso-
re simmetrico è ancora simmetrico). Dunque risulta soddisfatta la (1.55).
Dalla (1.101) segue immediatamente la (1.97)1 . Si omette per brevità la
dimostrazione dell’unicità dei tensori R e U . Per dimostrare la (1.97)2 si
procede in modo analogo ponendo V V = F F T , R = V −1 F .
Le relazione (1.97)1 e (1.97)2 rappresentano rispettivamente la decomposi-
zione polare destra e la decomposizione polare sinistra del tensore F .
F −T F −1 OT · OT = 1 (1.103)
1.5. SISTEMI DI EQUAZIONI NONLINEARI: TEOREMA DEL DINI27
U R
RU
(F −T F −1 )ij xi xj = 1 (1.104)
P = (x1 , . . . , xk , y1 , . . . , yN ), N = n − k.
28 CAPITOLO 1. PRELIMINARI GEOMETRICI ED ANALITICI
R V
VR
f1 (x1 , . . . , xk , y1 , . . . , yN ) = 0
..
. (1.105)
fk (x1 , . . . , xk , y1 , . . . , yN ) = 0
φ1 (y1 , . . . , yN )
..
. (1.106)
φk (y1 , . . . , yN ),
x1 = φ1 (y1 , . . . , yN )
..
. (1.108)
xk = φk (y1 , . . . , yN ),
Esercizio 1.41 Si supponga che le fi siano funzioni lineari (anche non omo-
genee) e si confronti il risultato appena enunciato con teoremi noti sui sistemi
di equazioni lineari.
e2
S P e1
q2
q1
∂(q1 , q2 )
q1 = q1 (Q1 , Q2 ), q2 = q2 (Q1 , Q2 ), Det 6= 0. (1.119)
∂(Q1 , Q2 )
Ad esempio, nel piano (q1 , q2 ) di Fig. 1.5 al posto delle coordinate cartesiane
si possono usare le coordinate polari (se si può escludere l’origine).
x2 + y 2 + z 2 − 1 = 0. (1.128)
y t
λ
λ0 λ1
∂(F1 , F2 )
2 = rnk . (1.134)
∂(x, y, z)
è costante ed uguale ad N .
Come si vede negli esempi della superficie fissa e della curva fissa (in cui
le velocità possibili e virtuali coincidono), le velocità virtuali sono tangenti
alla varietà vincolare. Questo rimane vero, in senso generalizzato, per tutti
i sistemi olonomi. Le velocità possibili hanno invece una componente, orto-
gonale alla varietà vincolare, che è legata alla mobilità del vincolo, come si
vede esplicitamente nell’esempio della guida mobile. Come in quel caso, si
può vedere che in generale la differenza fra due velocità possibili (a partire
dalla stessa configurazione) è una velocità virtuale; e, viceversa, ogni velocità
possibile si ottiene da una preassegnata velocità possibile aggiungendo una
opportuna velocità virtuale.
Nel caso in cui il sistema sia costituito da n punti materiali soggetti a
un sistema di vincoli che lasciano N gradi di libertà possiamo rappresentare
parametricamente i vincoli scrivendo le (1.136) nella forma vettoriale
Già alla fine del ’600 Jakob Bernoulli si rese conto che un vincolo, che
come abbiamo fatto sopra fornisce una restrizione geometrico-cinematica,
esercita necessariamente anche un’azione meccanica, cioè una forza. Quin-
di l’equazione fondamentale della meccanica deve essere opportunamente
modificata; in particolare la (1.135) diviene
m i a i = fi + φ i (non somme, i = 1, . . . , n), (1.140)
ove fi è la forza attiva totale e φi la reazione vincolare totale agenti su
Mi . Questa modifica è un problema perché, a differenza della forza attiva,
la reazione vincolare non è determinata dal moto del sistema. Si conside-
ri ad esempio un punto materiale pesante fermo in equilibrio su un piano
orizzontale. Qui la cinematica è completamente nota ma non possiamo dire
quanto vale la reazione vincolare se non conosciamo anche la forza attiva;
in questo caso basta conoscere la massa del punto e quindi la forza peso. È
dunque di fondamentale importanza avere informazioni aggiuntive sul com-
portamento dei vincoli per rendere le equazioni (1.140) trattabili. Inoltre le
reazioni vincolari restano sostanzialmente determinate dalle stesse (1.140),
qualora queste consentano anche la determinazione del moto del sistema.
Come vedremo, questo è possibile, magari non in modo univoco, per una
classe speciale di vincoli, chiamati ideali o lisci o privi di attrito in senso
generalizzato.
Le forze interne attive hanno risultante R(i,a) (somma vettoriale delle forze)
(i,a)
e momento risultante MA (somma vettoriale dei momenti delle forze)
rispetto a qualunque polo A nulli, come conseguenza del principio di azione
e reazione; l’analogo vale anche per le reazioni vincolari interne per postulato:
(i,v)
R(i,v) = 0 = MA .
Le (1.140) valgono identicamente lungo un qualunque moto dinamica-
mente possibile per il sistema; vale quindi nelle stesse circostanze anche la
prima equazione cardinale, ottenuta sommando le (1.140) sull’indice i:
n
X n
X n
X
dQ
= R(e,a) + R(e,v) , Q= mi vi , R(e,a) = fi , R(e,v) = φi ;
dt
i=1 i=1 i=1
(1.142)
il vettore Q, definito da (1.142)2 , rappresenta la quantità di moto del sistema
e nelle (1.142)3,4 si è tenuto conto che le forze interne hanno risultante nullo.
Se si moltiplica vettorialmente APi per la i-ma delle (1.140) e si sommano
le equazioni ottenute sull’indice i, si ottiene la seconda equazione cardinale:
n
X
dKA (e,a) (e,v)
= −M vA × vG + MA + MA , KA = mi APi × vi , (1.143)
dt
i=1
n
X n
X
(e,a) (e,v)
MA = APi × fi , MA = APi × φi .
i=1 i=1
Esercizio 1.53 Verificare che, nel caso di un punto M libero, la cui posi-
zione sia rappresentata parametricamente nella forma cartesiana ortogonale
OP = q1 c1 + q2 c2 + q3 c3 , cr · cs = δrs , (1.148)
dove, per ogni t, Q(t) è un tensore ortogonale; cioè risulta Q(t) QT (t) =
I = QT (t) Q(t). Differenziando (2.1)1 otteniamo direttamente la formula
fondamentale della cinematica dei corpi rigidi:
vP = vΩ + ω × ΩP . (2.2)
ove l’operatore lineare A(t) è definito come Q̇(t) QT (t). Vogliamo dimostra-
re che l’operatore A è emisimmetrico e coincide con l’operatore ω × per una
opportuna scelta di ω, cosicché (2.2) segue immediatamente. Per l’emi-
simmetria osserviamo che, differenziando rispetto a t l’uguaglianza I =
Q(t)QT (t) otteniamo
La (2.2) ora segue in base alla Proposizione 1.10; vale la seguente espres-
sione della matrice che rappresenta A in una base ortonormale, in termini
delle componenti di ω nella stessa base:
0 −ω3 ω2
A = ω3 0 −ω1 (2.5)
−ω2 ω1 0
41
42 CAPITOLO 2. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI
ξ3
j3
x3
T'
j2 ξ2
Ω
c3 j1 P
T
O=Ω∗
c2 x2 ξ1
c1
∗
P
x1
———————
ji = Rci , i = 1, . . . , 3, (2.6)
per una (sola) scelta della rotazione R, avremo in tale modo anche dato una
parametrizzazione dell’insieme delle rotazioni.
Escludendo il caso banale in cui le due terne coincidano, possiamo senza
ledere la generalità supporre che gli assi z e ζ non siano paralleli. Allora
i piani Oxy e Oξη si intersecano lungo una linea n detta linea dei nodi.
Scegliamo come versore di n quello che vede antioraria la rotazione che
porta c3 a sovrapporsi a j3 . L’angolo θ tra questi due versori si chiama
angolo di nutazione e soddisfa le restrizioni 0 < θ < π.
Siano ora ψ e φ gli angoli di cui bisogna ruotare l’asse x in verso positivo
rispetto a z per sovrapporlo alla semiretta positiva dei nodi e, rispettiva-
mente, quest’ultima in verso positivo rispetto a ζ per sovrapporla all’asse
ξ. Risulta 0 ≤ φ < 2π, 0 ≤ ψ < 2π. Gli angoli φ e ψ si chiamano an-
golo di rotazione propria e di precessione, rispettivamente, e, assieme a θ,
costituiscono gli angoli di Eulero.
Abbiamo fatto vedere in modo costruttivo che, date le due terne carte-
siane, ad esse possiamo associare univocamente la terna di angoli di Eulero.
43
z
ζ
θ
O
φ y
ψ
x
ξ
Dimostriamo ora che, data la terna Oxyz e una terna di angoli di Eulero,
possiamo univocamente ricostruire la terna Oξηζ. Anzitutto, ruotando l’as-
se x in verso positivo dell’angolo ψ determiniamo la semiretta positiva n
della linea dei nodi. Questa determina il piano Ozζ, nel quale otteniamo
l’asse ζ ruotando l’asse z in verso positivo dell’angolo θ. Risulta cosı̀ de-
terminato il piano Oξη nel quale si ottiene l’asse ξ ruotando la semiretta
positiva dei nodi, in verso positivo, dell’angolo φ. A questo punto anche il
semiasse η positivo risulta completamente determinato.
———————
j r = Q cr e u∗ = QT u = QT (ur jr ) = QT Q ur cr = ur cr . (2.8)
44 CAPITOLO 2. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI
du d du∗ du∗
= (Q u∗ ) = Q̇ u∗ + Q = Q̇ QT u + Q . (2.9)
dt dt dt dt
D’altronde
du∗ d dur du∗ dur dur
= (ur cr ) = cr da cui Q = Q cr = jr (2.10)
dt dt dt dt dt dt
e dunque, ricordando (2.5) e ponendo
du∗
u̇ := Q (2.11)
dt
abbiamo la seguente uguaglianza:
du
= ω × u + u̇ . (2.12)
dt
Se u è solidale al corpo rigido
dur du
= 0 quindi u̇ = 0 e =ω × u (2.13)
dt dt
come già noto. Piú in generale u̇ rappresenta la variazione per unità di
tempo di u rispetto allo spazio solidale al corpo rigido. Nel caso particolare
che sia u = λ ω risulta
du
= u̇ : (2.14)
dt
u ha la stessa derivata sia rispetto alla terna fissa che alla terna mobile.
———————
e(x) = e0 + ω × (x − x0 ), (2.15)
e che questa valga ad ogni istante lungo qualsiasi moto rigido, con x0 arbi-
trariamente prefissato, x arbitrario e e0 e ω dipendenti possibilmente dal
solo tempo. Da questa formula per l’atto di moto rigido segue che
1
ω = rot e(x) , (2.16)
2
45
dove nel rotore la derivazione deve essere fatta rispetto alle componenti
xi di x. Per dimostrarlo scriviamo (2.15) in componenti, preferendo per
semplificare i conti la forma analoga alla (2.3): in ovvia notazione
Moti relativi
47
48 CAPITOLO 3. MOTI RELATIVI
(r) (τ )
dove aP è l’accelerazione relativa di P , aP è la sua accelerazione di trasci-
(c) (a)
namento, aP è la sua accelerazione complementare, o di Coriolis, e aP
è l’accelerazione assoluta di P . Infatti, usando anche la scomposizione
ΩP = ΩP ′ + P ′ P , con P ′ proiezione di P sulla retta per Ω parallela a
ω τ , si ha
(a) d d
aP = aΩ + ω̇ τ × ΩP + ω τ × (ΩP ) + (ẏ r jr ) (3.6)
dt dt
(r) djr
= aΩ + ω̇ τ × ΩP + ω τ × (vP + ω τ × ΩP ) + ÿ r jr + ẏ r
dt
(r)
= aΩ + ω̇ τ × ΩP + ω τ × vP − ω 2τ P ′ P + ÿ r jr + ẏ r ω τ × jr
(r) (r)
= aΩ + ω̇ τ × ΩP + ω τ × vP − ω 2τ P ′ P + ÿ r jr + ω τ × vP .
(r) d ∗ ∗
vP = Q (Ω P ). (3.7)
dt
(r)
Infatti, usando tra l’altro l’espressione di vP in (3.1)2 , otteniamo
d (r) d2 d
vP = Q 2 (Ω∗ P ∗ ) + Q̇ (Ω∗ P ∗ )
dt dt dt
d2 d
= Q 2 (Ω∗ P ∗ ) + Q̇ QT Q (Ω∗ P ∗ ) (3.8)
dt dt
d2 ∗ ∗ (r)
= Q 2 (Ω P ) + ω τ × vP ,
dt
ove
d2 ∗ ∗
Q (Ω P ) = Qÿ r cr = ÿ r jr (3.9)
dt2
è l’accelerazione relativa di P . Inoltre in (3.5)
(τ )
aP = aΩ + ω̇ × ΩP − ω 2τ P ′ P (3.10)
e
(c) (r)
aP = 2 ω τ × vP . (3.11)
Capitolo 4
Teorema di
Aronhold-Kennedy
C12 = ∞
r
B2
r
r B2
B2 B2
C1 2
C 1= ∞ C 12
t
B1 B1
B1
C1
C1
a) b) c)
49
50 CAPITOLO 4. TEOREMA DI ARONHOLD-KENNEDY
tenendo presente che se, ad esempio, C12 è improprio, passare per C12 vuol
dire essere parallelo alla direzione ortogonale a t.
b) Se l’atto di moto di B1 è rotatorio attorno al centro C1 e se l’atto di
moto di B2 relativo a B1 è traslatorio con direzione t (e quindi ha il centro
istantaneo di rotazione C12 all’infinito), allora (il centro istantaneo di rota-
zione) C2 del corpo B2 appartiene alla retta r passante per C1 e ortogonale
a t (cioè passante per il punto all’infinito C12 ). Vedi la figura 4.1 b).
d) Se l’atto di moto di B1 è traslatorio con direzione t e se l’atto di moto di
B2 relativo a B1 è traslatorio con direzione t12 (e quindi ha il centro istan-
taneo di rotazione C12 all’infinito), allora l’atto di moto di B2 è traslatorio
di direzione t + t12 , genericamente una qualsiasi direzione nel piano.
53
54 CAPITOLO 5. CALCOLO DELLE REAZIONI VINCOLARI
Qh = 0, h = 1, . . . , N. (5.4)
f
C C
B D B D
H
T S a
M
A E A E
a/2
a a a a
a) b)
intervengono tutte le forze esterne al sistema (sia di natura attiva che vin-
colare) ma non le forze interne. Se il sistema è formato da r corpi rigidi,
l’equilibrio è assicurato applicando le equazioni cardinali a ciascun corpo
Ci , i = 1, 2, . . . , r. Particolare attenzione va posta nel calcolo del risultan-
te e del momento risultante delle forze (sia attive che vincolari) esterne al
corpo Ci : si devono considerare tutte le forze esterne al corpo Ci sia che
provengano dall’esterno del sistema sia che provengano dagli altri corpi del
sistema (forze interne al sistema ma esterne a Ci ).
φA + φC = 0, AC × φC = 0. (5.8)
C C
B D
A E
φAx + φCx = 0
φAy + φCy = 0
φEx − φCx = 0
φEy − φCy = 0
aφCy − aφCx = 0
aφCy + aφCx = −M. (5.10)
Ordinando le incognite secondo la sequenza φAx , φAy , φEx , φEy , φCx , φCy ,
in notazione matriciale il sistema diventa:
1 0 0 0 1 0 φAx 0
0 1 0 0 0 1 0
φAy
0 0 1 0 −1 0 φEx 0
.
0 0 0 1 0 −1 φEy = 0
(5.11)
0 0 0 0 −a a φCx 0
0 0 0 0 a a φCy −M
Si vede facilmente che il sistema è determinato (è immediato verificarlo se
si procede col metodo di Gauss) e la sua soluzione è data da
Le equazioni cardinali per le due travi, proiettate sugli assi, danno il sistema
φAy + φCy = F
φEx − φCx = 2ha
φEy − φCy = 0
aφCy − aφCx = a/2F + ha2
aφCy + aφCx = ha2 , (5.12)
y y
A B C x A B C x
α α α α
a) b)
quello che compete a C come estremo dell’asta CB, quindi le due rotazioni
sono compatibili).
La labilità di un sistema dipende solamente dalla sua geometria e dai
vincoli, cioè riguarda un aspetto puramente cinematico.
I seguenti tre esempi mostrano come un sistema labile possa risultare
staticamente determinato, staticamente impossibile o staticamente indeter-
minato (è evidente dalla Proposizione 5.6 che un sistema labile non può
essere isostatico).
φAx + φBx = 0
φAy + φBy = 0
φBx = F
φBy + φCy = 0
aφBy = 0
aφCy = 0. (5.14)
Le equazioni cardinali della statica applicate alle singole aste danno luogo
alle equazioni:
φA + φB + F = 0, −φB + φC = 0 (5.15)
AB × φB + AH × F = 0, CB × (−φB ) = 0.
60 CAPITOLO 5. CALCOLO DELLE REAZIONI VINCOLARI
y y y
F
A B C A B C x A B C x
φAx + φBx = 0
φAy + φBy = F
−φBx + φCx = 0
−φBy + φCy = 0
a
aφBy = F
2
aφBy = 0. (5.16)
φAx + φBx = −F
φAy + φBy = 0
−φBx + φCx = 0
−φBy + φCy = 0
aφBy = 0
aφBy = 0. (5.17)
• Le equazioni della statica danno luogo a dei sistemi che sono lineari
nelle componenti incognite delle reazioni vincolari. Indicando in gene-
rale con C la matrice dei coefficienti, con φ la matrice colonna delle
incognite vincolari e con S (a) la matrice colonna dei termini noti do-
vuti alla sollecitazione attiva, le equazioni cardinali della statica, per
sistemi di corpi rigidi, si possono scrivere nella forma
C φ = S (a) . (5.18)
−φB1 − φB2 + F = 0.
B
Fi
1 2
A C
5
4 3
−F j
Si possono indicare con φB1 , φB2 , φB5 , le forze (ciascuna dotata di due
componenti) che la cerniera in B esplica sulle travi n. 1, n. 2 e n. 5 ri-
spettivamente. Introdotte analoghe notazioni per le altre reazioni interne
e indicando con φA e φC le reazioni vincolari esterne che si esplicano nei
punti A e C, valgono per le travi le seguenti equazioni:
φA1 + φB1 + mg = 0, AB × φB1 + AG1 × mg = 0, per la trave n.1
φB2 + φC2 + mg = 0, BC × φC2 + BG2 × mg = 0, per la trave n.2
φC3 + φD3 = 0, CD × φD3 = 0, per la trave n. 3
φD4 + φA4 = 0, DA × φA4 = 0, per la trave n. 4
φB5 + φD5 = 0, BD × φD5 = 0. per la trave n. 5
Valgono inoltre le seguenti equazioni ottenute imponendo l’equilibrio dei
risultanti in ciascun punto di vincolo:
−φA1 − φA4 + ψA = 0, per il vincolo in A,
−φB1 − φB2 − φB5 + FB = 0, per il vincolo in B
−φC2 − φC3 + ψC = 0, per il vincolo in C
−φD3 − φD4 − φD5 + FD = 0, per il vincolo in D .
Si dispone quindi di 3 · 5 + 2 · 4 = 23 equazioni scalari (tre per ciascuna
asta e 2 per ciascun vincolo, essendo il sistema piano) nelle 23 incognite
costituite dalle 20 componenti delle reazioni agenti agli estremi delle aste e
dalle tre componenti delle reazioni esterne (2 per la cerniera in A e 1 per
l’appoggio in C).
64 CAPITOLO 5. CALCOLO DELLE REAZIONI VINCOLARI
Capitolo 6
Cerchi di Mohr
La trattazione del cerchio di Mohr fatta nel testo, riservata agli stati piani
di tensione, si può immediatamente estendere agli stati triassiali di tensio-
ne nel caso in cui si sia determinata una direzione principale. Allineando
lungo questa l’asse z del riferimento cartesiano Oxyz rispetto al quale si
suppongono note le tensioni, la matrice di stress assume la forma
σx τxy 0
σ = τxy σy 0 . (6.1)
0 0 σz
Per questa valgono tutte le formule del testo relative al caso in cui σz = 0
in quanto la struttura (6.1) della matrice di stress non cambia per arbitrarie
rotazioni attorno all’asse z, con σz che resta invariato mentre le nuove com-
ponenti di stress σx′ ′ , σy′ ′ , τx′ ′ y′ rispetto alla terna Ox′ y ′ z sono ancora date
dalle formule ricavate nel testo.1 In quel che segue supponiamo, per fissare
le idee, che le tre tensioni principali ordinate σ1 ≥ σ2 ≥ σ3 siano diverse e
che σ3 = σz .
La situazione è riassunta nella figura 6.1 (a) che riprende una figura ana-
loga nel testo. Sul cerchio, di centro C12 , i due punti in nero rappresentano
le tensioni principali e le direzioni principali di tensione mentre i due punti
in grigio rappresentano gli stati in cui la tensione tangenziale è di massi-
mo modulo. Le coordinate di questi ultimi due, in termini della tensione
normale media σm e del raggio R del cerchio di Mohr sono, rispettivamente
65
66 CAPITOLO 6. CERCHI DI MOHR
τ
yɂ y
η
Bɂ(σy, τxy) A(σx, τxy) ξ
xɂ
φ θ
x
A
2φ 2φ M(σɂxɂ, τɂxɂyɂ)
Nɂ(σɂyɂ, τɂxɂyɂ)
2θ 2θ
σ θ
(σ2, 0) (σ1, 0)
C12
N(σɂyɂ, -τɂxɂyɂ) Mɂ(σɂxɂ, -τɂxɂyɂ)
2θ
Mɂ
(a) (b)
Figura 6.1: Il cerchio di Mohr per le tensioni relative al piano Oξη (con
l’asse ζ uscente perpendicolarmente alla figura) della terna principale Oξηζ
in figura 6.3
inoltre p
σ = n · σn e τ =± kσnk2 − σ 2 ; (6.4)
si tratta della tensione (scalare) normale e del modulo della tensione tangen-
ziale, a meno del segno. I quadrati dei coseni direttori di n devono soddisfare
le tre equazioni lineari
τ 2 + (σ − σ2 )(σ − σ3 )
n21 = ≥0
(σ1 − σ2 )(σ1 − σ3 )
τ 2 + (σ − σ3 )(σ − σ1 )
n22 = ≥0 (6.6)
(σ2 − σ3 )(σ2 − σ1 )
τ 2 + (σ − σ1 )(σ − σ2 )
n23 = ≥ 0.
(σ3 − σ1 )(σ3 − σ2 )
Nell’ipotesi fatta che σ1 > σ2 > σ3 il denominatore nella prima e nella terza
delle disequazioni in (6.6) è positivo mentre quello della seconda è negativo;
le conseguenti disequazioni sui numeratori si possono scrivere nella forma
τ 2 + (σ − C23 )2 ≥ R23
2
, con C23 = (σ2 + σ3 )/2 e R23 = (σ2 − σ3 )/2
τ 2 + (σ − C13 )2 ≤ R13
2
, con C13 = (σ1 + σ3 )/2 e R23 = (σ1 − σ3 )/2 (6.7)
τ 2 + (σ − C12 )2 ≥ R12
2
, con C12 = (σ1 + σ2 )/2 e R12 = (σ1 − σ2 )/2
τ
τ
σ
σ3 = σ2 C13 σ1
σ (b)
σ3 C23 σ2 C13 C12 σ1 τ
σ
σ3 = σ2 = σ1
(a) (c)
Figura 6.2: I cerchi di Mohr per le tensioni relative alla terna Oξηζ: (a)
σ1 > σ2 > σ3 ; (b) σ1 > σ2 = σ3 ; (c) σ1 = σ2 = σ3
τ 2 + (σ − C13 )2 = R13
2
, (6.10)
Facciamo riferimento alla figura 6.3; in essa al generico punto della terna
Oξηζ in (a) contrassegnato da una lettera viene associato nel semipiano di
Mohr in (b) o (c) un punto contrassegnato dalla stessa lettera seguita da un
apice. Nella figura 6.3 (a) consideriamo l’intersezione della superficie della
sfera unitaria con il primo ottante e un qualunque punto A appartenente a
tale intersezione, per cui il versore n = OA ha componenti (n1 , n2 , n3 ) tutte
positive come si vede in figura. Le linee a tratto sottile sulla superficie sferica
costituiscono l’intersezione di essa con i coni di vertice l’origine e rispettivi
assi ξ, η, ζ e aperture α, β, γ. Risulta
ζ
S
G
H n = (n1, n2, n3)
A
γ
K
R η
β
Q F
ξ
(a)
τ
η= 0
ξ = n1 ζ = n3
A′
ζ=0
ξ=0 η= n2
S′ R′ Q′
σ3 C23 σ2 C13 σ1 σ
C12
(b)
K′
A′
F′
G′
H′
2γ 2γ 2β
S′ R′ Q′
σ3 C23 σ2 C13 σ1 σ
C12
(c)
Figura 6.3: Corrispondenza tra punti sul primo ottante della sfera unitaria
della terna principale Oξηζ e punti dell’arbelo di Mohr nel caso σ1 > σ2 > σ3
mentre le corrispondenti direzioni principali sono quelle degli assi ξ, η, ζ,
rispettivamente.
Capitolo 7
Facoltativo
1
V = −mg(− cos θ) + (mω 2 − h) sin2 θ + c. (7.1)
2
Supponiamo di poter anche applicare una forza verticale costante, di in-
tensità e verso arbitrari, e indichiamo per convenienza con A la quantità
1/2(mω 2 − h). Allora possiamo scrivere il potenziale nella forma
λ
θ1 = 0, θ2 = π, θ3 = arccos , θ4 = −θ3 . (7.4)
2A
71
72 CAPITOLO 7. FACOLTATIVO
O
x
θ
P' P
A>0
S
S S
S I I I I I I I I S
S S
S
λ ≤ −2A −2A < λ < 0 λ=0 0 < λ < 2A λ ≥ 2A
Risulta
V ′′ (0) = −λ + 2A, V ′′ (π) = λ + 2A, (7.7)
λ 2 λ 2 2
λ − 4A 2
V ′′ (θ3,4 ) = − + 2A 2 2 − 1 = , sgnV ′′ (θ3,4 ) = −sgnA;
2A 4A 2A
(7.8)
l’ultima uguaglianza tiene conto della condizione (7.5) di esistenza delle
posizioni θ3,4 .
La discussione complessiva della stabilità nel cerchio goniometrico e i
diagrammi (qualitativi) di biforcazione sono sintetizzati come segue.
Osserviamo che nel caso A > 0, λ = 2A la posizione θ = 0 è di equilibrio
stabile, con moti confinati in base al teorema di Lagrange-Dirichlet mentre
l’equazione linearizzata (θ̈ = 0) ha come soluzioni moti uniformi, quindi non
limitati comunque si fissino le condizioni iniziali.
7.1. ESEMPI ELEMENTARI DI BIFORCAZIONE 73
A<0
I
I I
S I S S S S S S I S
I I
I
λ ≤ 2A 2A < λ < 0 λ=0 0 < λ < −2A λ ≥ −2A
A=0
S I I I S
λ λ λ
2A −2A
−π π −π π −π π
θ θ θ
−2A 2A
F
B
O=A θ
x
λ
20
15
10
5
θ
2.5 5 7.5 10 12.5 15
-5
-10
-15
-20
a)
V''
150
100
50
θ
2.5 5 7.5 10 12.5 15
-50
-100
-150
b)
ha l’espressione
θ
V ′′ = k −1 (7.12)
tan θ
ed è rappresentata nella figura 7.4 b). Il segno della derivata seconda de-
termina la stabilità degli equilibri, rappresentata graficamente nella figu-
ra 7.4 a): le branche stabili sono disegnate con tratto continuo mentre quelle
instabili sono tratteggiate.
Come risulta dalla figura 7.4, la biforcazione per λ = −1 è una forca
mentre le altre sono tutte punti di inversione (o punti limite).
Per studiare questi ultimi conviene riparametrizzare il potenziale in ter-
mini degli incrementi di θ e λ dai valori corrispondenti al punto critico.
Indicando con θ0 e λ0 una qualunque coppia di tali valori, (7.11) e (7.12)
76 CAPITOLO 7. FACOLTATIVO
implicano
θ0 1
θ0 = tan θ0 , λ0 = − =− ; (7.13)
sin θ0 cos θ0
in aggiunta possiamo scrivere
1
V = V (x, µ) = k((λ0 + µ) cos(θ0 + x) − (θ0 + x)2 ). (7.14)
2
Ritroviamo facilmente che (θ0 , λ0 ) è un punto di equilibrio e di biforcazione:
θ0 + x
µ = µ(x) = − − λ0 . (7.16)
sin(θ0 + x)
Poiché risulta
Vxxx (0, 0) = kλ0 sin θ0 6= 0 (7.17)
la derivata seconda in (0, 0) cambia segno; quindi l’equilibrio da stabile
diviene instabile o viceversa, in accordo con il grafico in figura 7.4.1
Il teorema del Dini ci fornisce anche le derivate in x = 0 della funzione
µ(x); ad esempio:
λ
10
7.5
5
ε=−1 ε=1
2.5
ε=−1
ε=1
θ
-3 -2 -1 ε=1 1 2 3
ε=−1
-2.5
ε=1
-5
ε=−1
-7.5
-10
che, sostituita nella (7.20), dà la curva dei punti di equilibrio in cui V ′′ si
annulla e cambia segno:
λ = 2A cos3 θ. (7.23)
78 CAPITOLO 7. FACOLTATIVO
λ
10
7.5
ε=1
5 ε=−1
2.5
ε=−1 ε=1
θ
-3 -2 -1 1 2 3
-2.5
-7.5
-10
Nella figura 7.5 questa funzione è rappresentata dalla linea punteggiata che
dà il limite di stabilità sulle curve che tendono a θ = 0 per λ < 2.
Da osservare che se ci si muove vicino alle branche stabili nel caso non
ci siano imperfezioni (ǫ = 0 e θ = 0 per λ ≥ 2 oppure θ = π per λ ≤ −2),
una piccola imperfezione sposta leggermente la posizione di equilibrio senza
alterarne la stabilità. Per questo diciamo che il sistema è poco sensibile alle
imperfezioni.
-1.9825
-1.985
-1.9875
-1.99
-1.9925
-1.995
-1.9975
Poiché
λ′ (θ0 ) = −θ0 cos θ0 6= 0, ǫ′ (θ0 ) = −θ0 cos θ0 6= 0, (7.28)
è diversa da zero anche la derivata nello zero per λ pensata come funzione
di ǫ: dλ/dǫ = cot θ0 = (θ0 )−1 6= 0. Quindi il sistema non è molto sensibile
alle imperfezioni.
2
Questa scelta non è troppo particolare; l’esempio suggerisce il risultato teorico genera-
le, cioè che un’arbitraria piccola perturbazione di un punto limite lo sposta di poco senza
mutarne il carattere.
80 CAPITOLO 7. FACOLTATIVO
10
ε=2 ε=−2
6
5
ε=2
ε=−2
Come già fatto per il bilancio integrale della massa e della quantità di
moto, ad esempio, il bilancio energetico si può localizzare trasformando an-
zitutto l’integrale superficiale in integrale di volume con il teorema della
divergenza e poi sfruttando la ipotizzata continuità degli integrandi e l’arbi-
trarietà della parte (a frontiera regolare) ∆b. Si ottiene la forma locale del
bilancio energetico:
ρǫ̇ = ρ r + divq − w. (7.30)
G − F ≤ 0. (7.45)
equivale alle relazioni (nota: il volume specifico υ è 1/ρ e ψ̃(υ, θ) := ψ(1/υ, θ))
∂ψ ∂ψ 2
p = ρ2 =− , λ + µ ≥ 0, µ ≥ 0. (7.51)
∂ρ ∂υ 3
La prima uguaglianza si può esprimere dicendo che la pressione meccanica
p coincide con la pressione termodinamica − ∂ψ
∂υ .