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La prima civiltà studiosa dello spazio e degli astri fu quella degli antichi
Greci, che diedero i nomi alle stelle e alle costellazioni. Per secoli la visione
dell'universo geocentrico, ossia con la terra al centro di esso e pianeti e stelle
che le girano attorno, fu proclamata come assoluta verità da ogni astronomo o
scienziato.
Nel 1543, ossia quasi due millenni dopo la nascita delle teorie geocentriche
dei filosofi e scienziati greci, Copernico teorizzò il sistema eliocentrico, che
prevedeva il sole al centro di tutto, Sistema Solare e universo. Qualche anno
dopo, Galileo Galilei lo provò con osservazioni astronomiche che
dichiararono vero il sistema eliocentrico per quanto riguardava il sistema
solare ma non l'universo. Oggi le nostre conoscenze riguardo l'universo e in
particolare il Sistema Solare sono molto molto più avanzate.
Ma quando è iniziata per davvero l'esplorazione dello spazio?
Nella seconda metà del XX secolo, la Guerra Fredda in corso tra gli USA e
l'URSS si disputò su un nuovo fronte: la conquista dello spazio.
Vennero così avviati i primi programmi spaziali; il primo in assoluto fu il
programma Sputnik lanciato dall'URSS nell'ottobre del 1957, mentre il primo
degli USA fu il programma Explorer, lanciato a gennaio del '58. Negli anni
seguenti varie sonde e satelliti vennero lanciati nello spazio; la missione più
famosa fu l'atterraggio dell'Apollo 11 sulla luna, dove Neil Armstrong posò
per primo il piede, pronunciando la celebre frase: “Un piccolo passo per un
uomo, ma un grande balzo per l'umanità”.
Le vere scoperte in campo astronomico ebbero inizio nel 1990, con il lancio in
orbita del Telescopio Spaziale Hubble (HST, Hubble Space Telescope), un
telescopio spaziale che orbita attorno alla terra a circa 560 km di quota.
Lanciato il 24 aprile del 1990, è ancora operativo, e fu chiamato così in onore
di Edwin Hubble, famoso astronomo statunitense.
Lo scopo di Hubble è compiere osservazioni astronomiche dall'esterno
dell'atmosfera terrestre, poiché essa distorce le immagini e filtra le radiazioni
elettromagnetiche, non permettendone la rilevazione corretta dal suolo.
Hubble ha scattato alcune tra le più dettagliate immagini di sempre nello
spettro della luce visibile, cambiando il nostro modo di vedere l'universo,
permettendo importanti scoperte nel campo dell'astrofisica, come la precisa
determinazione della velocità di espansione dell'universo.
Si stima che Hubble possa continuare ad operare fino al 2020; il suo
successore nel campo dello spettro della luce visibile sarà il telescopio
spaziale James Webb, il cui lancio è previsto per il 2018.
Nel 1995, puntando la camera di Hubble nella porzione più buia del cielo e
tenendo l'obiettivo aperto con un tempo di esposizione di ben dieci giorni, i
ricercatori composero un immagine chiamata Hubble Deep Field, “Campo
Profondo di Hubble”. In questa minuscola porzione, grande un trentesimo di
milionesimo del cielo notturno, scoprirono l'esistenza di migliaia di galassie
lontanissime dalla terra. Nel 2003 Hubble a superato il suo record,
permettendo ai ricercatori, grazie ai dati rilevati, di comporre un'immagine
simile ma che può farci guardare “indietro nel tempo” fino a 13 miliardi di
anni fa. Nell'immagine, chiamata Campo Ultra Profondo, si possono vedere
quasi 10000 galassie, delle quali le più piccole e rosse non erano mai state
viste prima da nessun telescopio. Nel 2012 i ricercatori, con un lavoro che ha
richiesto 10 anni di rilevazioni e di impegno, hanno composto l'immagine che
mostra la più profonda visione di una minuscola porzione del cielo visibile:
l'Hubble eXtreme Deep Field. Quest'immagine mostra galassie molto
“anziane”, con età fino a 13,2 miliardi di anni. Queste tre immagini sono, a
mio parere, le rappresentazioni grafiche dell'universo più suggestive e
affascinanti che siano mai state realizzate.
Nel corso della storia varie teorie sono state formulate sulla nascita
dell'universo, ma finora nessuna è stata provata. La teoria più accreditata e
più vicina alla realtà secondo gli astrofisici è il Big Bang. Questa teoria prova
ad ipotizzare come l'universo si sia generato basandosi su osservazioni
scientifiche e calcoli matematici.
É provato da osservazioni astronomiche che l'universo è in continua
espansione, poiché la distanza tra gli ammassi di galassie sta aumentando.
Ciò suggerisce che un tempo questi fossero più vicini tra loro in passato e
andando a ritroso nel tempo, all'avvicinarsi degli ammassi gli uni agli altri, la
densità e quindi la temperatura dell'universo aumentano, mentre il volume
diminuisce. In un tempo molto remoto quindi, tutta la materia si trovava
concentrata in un punto, la cui densità e temperatura erano tendenti a
infinito, mentre il suo volume era tendente a zero. Einstein ha dato il nome a
questo iniziale stato dell'universo: singolarità gravitazionale puntiforme.
Essa non è altro che un punto nello spaziotempo che possiede forza
gravitazionale tendente ad infinito. Perché questo sia possibile, la massa e la
densità devono avere anch'esse valori tendenti ad infinito, tanto che il corpo
in questione abbia un raggio di Schwarzschild maggiore del suo raggio fisico.
Il raggio di Schwarzschild è la distanza a cui si trova l'orizzonte degli eventi
di una singolarità. Esso è il limite attraverso il quale nessuna informazione o
evento interno può raggiungere un osservatore esterno. Questo è dato dal
fatto che nemmeno la luce può uscire dall'orizzonte degli eventi di una
singolarità, poiché la velocità di fuga, ossia la velocità necessaria per
allontanarsi da un corpo che ha una forza gravitazionale, è superiore a quella
della luce.
Un esempio di singolarità sono i buchi neri, i “grandi attrattori” dello spazio,
teorizzati da Einstein ma di cui la relatività – come Einstein ha sempre
affermato – non può spiegare il funzionamento.
Le osservazioni e le prove che fanno pensare che la teoria del Big Bang sia
molto vicina alla realtà sono chiamate i Tre Pilastri del Big Bang.
La prova più concreta e per certi versi schiacciante è appunto
l'allontanamento tra gli ammassi di galassie, che rende quasi ovvio un
universo in espansione.
Un'altra prova è stata la scoperta e la mappatura nel 1964 della radiazione
cosmica di fondo, descrivibile come la radiazione residua emessa nella fase
iniziale della nascita dell'universo, che dovrebbe essere stata emessa proprio
dal Big Bang.
Infine, il terzo pilastro è rappresentato dalla scoperta della presenza in
quantità non trascurabile e abbondante di gas leggeri, quali idrogeno ed elio,
nello spazio. Questa abbondanza è stata causata dall'esplosione all'inizio
dell'universo stesso.