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Il pericolo che la musica costituisce per l’uomo, richiede da parte dell’uomo alcune
cognizioni profilattiche che l’uomo non mostra di possedere. Io ignoro se in sé la
1
A. SAVINIO, La morte di Niobe/ Lady Aboot, ovverosia la tragedia di una madre, 34 cc., mss., inedite,
s.d., custodite presso l’Archivio Contemporaneo “Alessandro Bonsanti”, Gabinetto G.P. Vieusseux,
Firenze (d’ora in poi ACGV), Fondo Savinio, Carte, scatola 11.1: c. 34. Ringrazio sentitamente i
Signori Angelica e Ruggero Savinio per avermi consentito di consultare il Fondo e per aver gentilmente
concesso l’autorizzazione a pubblicare le citazioni e gli esempi musicali presenti in questo saggio. Il
mio ringraziamento va anche alla Dott.ssa Gloria Manghetti, Direttore dell’ACGV, per il permesso alla
pubblicazione, nonché al personale dell’Archivio per la professionalità e cortesia dimostratami durante
la consultazione.
2
A. SAVINIO, Musica estranea cosa, in Scatola Sonora (introduzione di Luigi Rognoni), Torino, Einaudi,
1977, pp. 6-7 (prima ed.: Ricordi, Milano, 1955, introduzione di Fausto Torrefranca).
2
musica obbedisca a una sua ragione, ma in confronto al concetto che noi abbiamo
della ragione, la musica è un’arte pazza, e abbandonarsi alla musica con tanta
imprudenza come le si abbandonano musicisti e amatori di musica, è atto da pazzi.
[…] Musicista, io mi sono allontananto nel 1915 all’età di ventiquattro anni dalla
musica, per «paura». Per non soggiacere al fascino della musica. Per non cedere
totalmente alla volontà della musica.3
Nel 1925, al momento della fondazione a Roma del Teatro d’Arte di Luigi
Pirandello, Savinio riprende occasionalmente l’attività compositiva, seguita da un’altra
lunghissima pausa. Solo a partire dal 1944, infatti, l’artista si riavvicinerà alla scrittura
musicale.
La rinuncia a comporre, messa in atto dopo gli anni parigini, è dunque motivata
dal timore di essere fagocitato dalla musica, arte che gli appare inoltre più incompleta e
limitata rispetto alle sue sorelle, e per questo bisognosa del loro concorso. Una presa di
coscienza teorica è resa pubblica già nel 1914, nell’articolo Le drame et la musique,
apparso nella rivista di Guillaume Apollinaire «Les soirées de Paris»:
Ainsi donc, ayant à présenter, dans l’ensemble d’une œuvre, l’élément musical de
concert avec l’élément dramatique – comme je l’ai proposé – on ne devra voir dans
cette association qu’un rapprochement complètement désintéressé, car l’élément
3
SAVINIO, Musica estranea cosa, p. 8.
4
A. SAVINIO, Le drame et la musique, «Les Soirées de Paris», avril 1914, in SAVINIO, Scatola Sonora,
pp. 424-426: 424.
5
SAVINIO, Le drame et la musique, p. 424.
3
Deux amours dans la nuit, balletto in due atti e cinque quadri, su soggetto
proprio, è la prima opera di Savinio per un vasto organico orchestrale che ci giunge
6
SAVINIO, Le drame et la musique, p. 426.
7
A queste va aggiunto un lavoro di stampo più tradizionale, Le trésor de Rampsenit «opéra bouffe en 3
actes», composta nel 1912 su libretto in francese di Michel Dimitri Calvocoressi. Cfr. MICHELE PORZIO,
Savinio musicista. Il suono metafisico, Venezia, Marsilio, 1988, pp. 61-70. Sulle composizioni parigine
di Parigi cfr. anche MILA DE SANTIS, Savinio e la musica: un amore difficile, in Savinio: gli anni di
Parigi (dipinti 1927-1932), Milano, Electa, 1990, pp. 89-103.
8
L’espressione è di PORZIO, in Savinio musicista, p. 39.
9
SAVINIO, Note al proprio concerto pianistico tenuto nei locali della rivista «Les Soirées de Paris» il 24
maggio 1914, in Scatola Sonora [1977], p. 427.
4
completa di strumentazione. L’azione, dal forte sapore metafisico, è resa da una musica
in cui si avvertono le influenze di Mussorgsky e Stravinsky.10
Persée, su soggetto e coreografia del celebre ballerino Michel Fokine, risente
certamente della forte impressione destata pochi mesi prima dalla prima parigina del
Sacre: sebbene il trattamento ritmico sia completamente differente, l’abbandono
dell’impiego eclettico del materiale che si riscontra nell’opera Le trésor de Rampsenit
può essere fatto risalire all’influenza della compattezza formale del balletto
stravinskiano.11 I risultati raggiunti dal compositore russo nel campo del balletto – Le
Sacre du Printemps, ma anche Petruška – contribuirono inoltre in modo sostanziale alla
scelta di Savinio di abbandonare il teatro d’opera, in favore di quello danzato e
mimato.12 Allo stesso modo, l’utilizzo efficacissimo del pianoforte in Petruška
certamente confermò e rafforzò la predilezione di Savinio per questo strumento.
Al 1913 risale anche la composizione de La mort de Niobé, «tragedia mimica in
un atto», concepita originariamente per tre pianoforti e orchestrata soltanto più di venti
anni dopo, in occasione della rappresentazione romana del 14 maggio 1925, presso il
Teatro d’Arte di Luigi Pirandello.13
Il mito classico di Niobe colpisce la fantasia di Savinio e ne stimola la
riflessione fino agli anni Trenta; esso viene in un certo senso ‘disarmonizzato’, non solo
perché viene calato nell’epoca contemporanea, ma anche perché fornisce lo spunto per
un’amara satira della borghesia dell’epoca. Ambientata in una città indefinita sulla
10
Cfr. PORZIO, Savinio musicista, pp. 76-86.
11
PORZIO, Savinio musicista, pp. 70-76.
12
L’entusiasmo di Savinio per questa forma di spettacolo si smorzò rapidamente, e negli anni successivi
egli espresse a più riprese la propria delusione a riguardo: «Le speranze riposte dagli ‘intellettuali’ nel
balletto russo erano giustificate anche dalla superiorità che il balletto, o musica danzata, ha in confronto
all’opera, o musica cantata; poiché è sottinteso che lo stato supremo ideale cui la musica tende è la
‘musica silenziosa’; ma quelle speranze andarono deluse. I balletti russi ebbero vita breve, molto più
breve del melodramma che dovevano sostituire; e diremo meglio: i balletti russi vissero la vita del loro
padrone» (A. SAVINIO, La musica negli ultimi 50 anni, «Il Borghese», n°1, 15/3/1950, p. 16.)
13
La stampa accolse con ammirata sorpresa la scelta coraggiosa di Pirandello di chiamare attorno a sé
artisti giovani e anticonvenzionali come Savinio, e persino il terribile futurista Filippo Marinetti! In
occasione della rappresentazione de Il Vulcano di Filippo Marinetti al Teatro d’Arte il 31 marzo 1926,
poi replicato a Milano e Torino, Marco Ramperti scrisse su «L’Ambrosiano», il 14 aprile: «Marinetti
recitato da Pirandello! È un’altra benemerenza pirandelliana. Salutiamo, dunque, nell’autore dal vasto
cerebro anche il capocomico dalle larghe braccia. S’era mormorato dai soliti maledici, al primo apparire
del Teatro d’Arte, ch’esso non avrebbe servito che a rappresentare le commedie del suo fondatore. Non
era vero. Lo videro raccogliere intorno a sè una schiera di giovani d’ingegno – Vergani, Savinio, Stefani
– e qualcuno, ancora sorrise. Oh via: un po’ di tutela accordata a dei novizi, a degli innocui! Non era
vero neppur questo. Anzitutto si trattava di forze nuove, ma intatte, e Pirandello, assumendosene la
protezione, non era meno santo di quella santa Orsola che, nel quadro fiammingo, s’è messa tutte quelle
vergini in fila sotto il mantello. Ora poi vediamo come l’emerito capocomico non esiti ad accogliere nel
suo seno, oltre agli autori virginei, anche un diavolo scatenato, un pupillo aitante e pericoloso della forza
di Marinetti […]».
5
costa, in una piazza che ricorda molto da vicino le piazze metafisiche che, proprio in
quegli anni, Alberto Savinio e il fratello Giorgio De Chirico mettevano al centro di una
nuova poetica, La mort de Niobé riprende e attualizza l’antico mito. Niobé, madre
vanitosa, pecca di superbia per l’eccessivo orgoglio nei confronti dei suoi figli, lancia
una sfida agli dei e, per questo, viene duramente punita: i figli vengono uccisi dai dardi
scagliati da Apollo e Diana, e Niobe è tramutata in statua di pietra.
Il soggetto viene trasportato nell’epoca contemporanea e circondato da figure di
contorno a volte inquietanti, a volte grottesche: l’uomo vestito di nero, di cui non si
vede mai il volto, simbolo della morte; le statue che possono scendere di notte dai loro
piedistalli e muoversi, con atteggiamento sempre composto; fantasmi e preti tanto
lascivi quanto ipocriti; la gente pettegola, bigotta e curiosa che assiste e commenta il
dramma; i marinai della nave – che attracca nel porto della città all’inizio dello
spettacolo per poi ripartire a tragedia conclusa –, che non compaiono se non attraverso
l’eco dei loro canti. Il tutto trattato in maniera sarcastica e dissacratoria. Niobe è
rappresentata come una madre chioccia o meglio come «un che tra la tacchina e la
faraona»,14 figura di genitrice strabordante sia nell’aspetto fisico che in quello
psicologico. I bambini, caricatura spietata di certa educazione borghese, con i loro
abitini, le loro pettinature e i loro atteggiamenti convenzionali, risultano quasi dei
pupazzi meccanici, a dispetto della tragedia che sta per compiersi su di loro. Apollo e
Diana, nella loro olimpica e indifferente bellezza, compiono una strage di innocenti con
sereno, divino distacco. La gente che assiste casualmente alla vicenda è priva di ogni
dimensione tragica, e manifesta soltanto una curiosità morbosa e compiaciuta, senza
autentica partecipazione. Il coro assume a tratti il ruolo del coro della tragedia greca. Le
statue, pur nella loro indifferenza, mostrano più umanità e saggezza delle persone,
mentre la morte mette il suggello a una storia infausta, ma al contempo assurda e
grottesca.
14
A. SAVINIO, La morte di Niobe, tragedia mimica in un atto con musica, «Rivista di Firenze», II/9,
supplemento straordinario al n. VIII-12, maggio 1925, pp. 1-10: p. 6. Nel supplemento dedicato a Niobe
Savinio inserisce anche, a mo’ di introduzione, lo scritto Omaggio al pianoforte (pp. 3-4).
6
15
Cfr. SAVINIO, Note.
16
Nel Fondo Savinio dell’ACGV sono anche conservati due testi dattiloscritti in francese dell soggetto di
Niobe (Carte, scatola 10.16, cc. 5 mss. + 7 cc. dss.; trascrizione, 9 cc. dss.), senza data. Il primo è
evidentemente un abbozzo iniziale, con correzioni manoscritte autografe in inchiostro nero e rosso (5
cc.); il secondo è una bella copia che presenta solo alcune correzioni di refusi di battitura.
L’intestazione del primo documento è la seguente: MORT [cassato a matita] HISTOIRE DE NIOBE/
Tragédie mimique en un acte. Il secondo dattiloscritto corretto reca invece la dicitura: LA MORT DE
NIOBÉ/Tragédie mimique en un acte/en musique/ Epoque actuelle/Sujet et musique de: A. SAVINIO. La
scatola 10.15 del fondo contiene il testo in italiano, dattiloscritto con correzioni autografe, che è la
versione letterale di quello francese.
17
SAVINIO, La morte di Niobe, tragedia mimica in un atto con musica.
7
sala del concerto del 1914, appare dunque dubbia l’affermazione espressa in uno studio
precedente che vuole Calvocoressi autore del soggetto.18
Un’ulteriore conferma di quanto la figura di Niobe fosse per Savinio un tema di
riflessione personale, più che uno stimolo esterno, è data da diversi materiali inediti,
costituiti da racconti, appunti e abbozzi, manoscritti e dattiloscritti, incentrati sulla
figura di Niobe e conservati nel Fondo Savinio dell’Archivio Bonsanti di Firenze.19
Inoltre Savinio nel 1932 realizzò un dipinto raffigurante il personaggio mitologico in
quelle vesti ornitologiche di tacchina che fa la ruota, descritto sia nella versione teatrale
sia nei testi narrativi [vedi a p. 7].
È interessante notare come la raffigurazione mentale di Niobe e degli altri
personaggi che Savinio si costruisce, restituita esplicitamente nelle indicazioni
contenute nel soggetto e nel dipinto, differisca sostanzialmente da quella del fratello
Giorgio De Chirico, il quale curò l’allestimento
18
Cfr. DE SANTIS, Savinio e la musica.
19
Fondo Savinio, ACGV. I titoli delle prose, in gran parte allo stadio di abbozzo, che hanno Niobe come
protagonista o personaggio sono: La morte di Niobe/ Lady Aboot, ovverosia la tragedia di una madre,
34 cc., (16 cc. mss. + appunti, 18 cc.), s.d. (Carte, scatola 11.1); Lady Aboot, ovverosia la tragedia di
una madre, carte 17 cc. mss. + 16 dss. (Carte, scatola 11.2); Uomo di pietra, 12 cc. mss. (Carte, scatola
11.3); un racconto più ampio, articolato in 7 fascicoli, 98 cc. complessive, mss. (Carte, scatola 11.4): 1.
Calaroni torna in casa della vedova Perpignani (8 cc.) – 2. Risveglio di Niobe (27 cc.) – 3. Nel
corridoio (13 cc.) – 4. La gigantessa (13 cc.) – 5. La gigantessa di ghiaccio (5 cc., scritte a matita) – 6.
Visita in casa Abot (7 cc.) – 7. Partenza simulata di Antoine Calaroni (12 cc). Tra la folla di personaggi
che compiono in questi racconti ricorrono quella di Fulgenzio Protocappa «accattone sano nonché di
corpo di spirito» e quella di Antoine Calaroni, protagonista tra l’altro, di una scena con Niobe in camera
da letto. Calaroni è anche l’animatore di salotti presente in Infanzia di Nivasio Dolcemare (1941).
8
Tuttavia, una Niobé dipinta nel 1921 e otto figurini di De Chirico, del 1924,
esposti nel 1981 in una mostra a Milano,21 raffigurano dei personaggi di stampo
metafisico, ispirati alla Grecia classica, che niente hanno in comune con la
rappresentazione borghese immaginata da Savinio [vedi p. 9]. Il curatore del catalogo,
Flaminio Gualdoni, ipotizza che i figurini fossero generici esercizi preliminari, non
destinati nello specifico alla pantomima che andò in scena l’anno successivo, oppure
che essi fossero destinati a una rappresentazione francese che alla fine non ebbe luogo.
Questa ipotesi sarebbe sostenuta dalla presenza di didascalie in francese e da un
riferimento a matita ai Ballets Russes.22
20
Il bozzetto è riprodotto sul frontespizio di SAVINIO, La morte di Niobe, tragedia mimica in un atto con
musica. «Il coraggio leonino di Savinio nel vestire Niobe come una sguattera in parrucca bianca, e i suoi
innocenti figlioli in variopinti vestitini, e nel far apparire Diana e Apollo, affacciati a un finestrino, nel
cielo, come due fanciulle allegre in attesa d’un passatempo passeggero, è enorme»: cfr. ALESSANDRO
TINTERRI, Alberto Savinio e il Teatro d’Arte di Luigi Pirandello, «Teatro Archivio», 3/1980, pp. 229-
264: 248.
21
Cfr. GIORGIO DE CHIRICO, Otto figurini per La morte di Niobe di Alberto Savinio (1924), Catalogo
della mostra, Milano, Galleria Interarte, 13 gennaio 1981, a cura di Flaminio Gualdoni, Modena,
Edizioni Galleria Fonte d’Abisso, 1980. Il saggio introduttivo al catalogo e alcuni bozzetti sono
pubblicati all’indirizzo http://flaminiogualdoni.com/?p=1242.
22
Cfr. http://flaminiogualdoni.com/?p=1242.
9
Le prose inedite incentrate sulla figura di Niobe, finora mai citate in alcuno
studio su La mort de Niobé, sono di grande interesse perché consentono di comprendere
con maggiore profondità l’essenza più intima dell’opera. Non recano alcuna indicazione
di data; è quindi difficile sapere se siano state scritte all’epoca della prima stesura del
1913 o risalgano invece al periodo della successiva trasposizione orchestrale.23
23
Nei dati bibliografici forniti dall’ACGV è ipotizzata una data di redazione di questi scritti compresa tra
il 1915 e il 1930, anni compresi tra quelli parigini e la collaborazione di Savinio con il «Corriere
Italiano», poiché alcuni di questi testi sono scritti sul verso di carta intestata «Corriere Italiano».
10
24
SAVINIO, La morte di Niobe/ Lady Aboot, ovverosia la tragedia di una madre, Scatola 11.1, c. 3.
25
Ivi, c. 12 (Canzone di Gargara)
26
SAVINIO, Lady Aboot, ovverosia la tragedia di una madre, Scatola 11.2, c. 11.
27
PORZIO, Savinio musicista, p. 93.
11
alla bozza del racconto La morte di Niobe/ Lady Aboot, ovverosia la tragedia di una
madre, si legge infatti la seguente annotazione:
[…] perché la donna non ha perduto nemmeno al giorno d’oggi il suo carattere di
preda onde la donna, sentendosi preda e conquistabile, serba un insanabile rancore
contro il suo conquistatore, il maschio: ostilità della donna e manifestazioni di
questa ostilità. […] Niobe sfoga la propria ostilità per mezzo dei figli. Isterismo
della madre.28
Probabilmente furono proprio il trattamento irriverente del soggetto de La morte
di Niobe, l’acre e amaro sarcasmo nei confronti della società contemporanea a destare
scandalo, e non tanto la musica. Un esempio di quest’ironia pungente e anticonformista
è la scena notturna (scena I). In questa scena alcuni fantasmi-femmina si avvinghiano in
maniera lasciva a dei preti. Questi respingono le avances, ma solo per accarezzarsi tra
loro. Intanto le statue passeggiano in maniera decorosa e tranquilla:
La futura moglie di Savinio, Maria Morino, che recitava nello spettacolo, così
commentò la rappresentazione romana del 1925:
Quanto alla musica, per la quale qualcuno ha fatto il nome di Scriabine, è stata
fragorosa, tempestosa, burrascosa e lugubre, come di dovere trattandosi
dell'accompagnamento funebre di personaggi tanto fatti. L’autore in persona
guidava una scuderia di tre pianoforti [...] L’azione mimica ha seguito
28
SAVINIO, La morte di Niobe/ Lady Aboot, ovverosia la tragedia di una madre, Scatola 11.1, c. 32.
29
Questi e i successivi esempi musicali sono stati trascritti dalla partitura de La mort de Niobé, ms.,
inedita, Fondo Savinio, ACGV.
30
MARIA SAVINIO, Con Savinio. Ricordi e lettere, Sellerio, Palermo, 1987, p. 28.
12
Deux amours dans la nuit et Persée sont deux œuvres qui, encore qu’ayant été
conçues très récemment, peuvent être considérées déjà comme anciennes, aucune
des rénovations dramatiques et musicales signalées par M. Savinio dans son article
Le drame et la Musique, paru dans le numéro d’avril des «Soirées», ne s’y trouvant
encore adoptée. Ce n’est là encore que de la musique traduisant et illustrant les
mouvements dramatiques de la scène.
31
«Il Tevere», 15 maggio 1925, p. 3. La rappresentazione romana di Niobé ha una connotazione
curiosamente familiare: Giorgio De Chirico allestì scene e costumi per lo spettacolo del fratello; la
prima ballerina Raissa Lork, già moglie del coreografo Georgij Krol’, sposò in seguito De Chirico; tra le
attrici vi era anche Maria Morino, futura consorte di Savinio.
32
A. SAVINIO, Mei non obliviscar, «Il Secolo XX», luglio 1925, p. 474, ristampato in «Teatro Archivio»,
n. 4, 1981, pp. 8-10. L’articolo non fu inserito nelle due edizioni di Scatola Sonora.
33
SAVINIO, Mei non obliviscar, p. 8.
34
SAVINIO, Mei non obliviscar, pp. 8-9.
13
Dans Niobé, par contre, ces rénovations sont presque entièrement mise en valeur.
Dans maints endroits de cette œuvre récente, la musique n’intervient plus dans le
drame que comme un élément parfaitement indépendant. Nous faisons remarquer
ceci quoique en fait la valeur double de ce rénovations ne puisse apparaître
véritablement que lors des représentations scéniques de ce drame avec musique.35
Michele Porzio nota come questa pretesa indipendenza di musica e azione non
trovi conferma all’esame della partitura: «nella Niobé […] l’andamento drammatico è
seguito dalla musica quasi parola per parola, e, a un esame esaustivamente morfologico,
grazie ai procedimenti ‘descrittivi’ banditi in sede teorica». 36
L’indagine che ho condotto sulla partitura e sugli abbozzi (Fondo Savinio,
Archivio Contemporaneo Bonsanti, Firenze), conferma in linea generale la giustezza
dell’osservazione di Porzio; un esempio di tale procedere compositivo è riscontrabile,
ad esempio, nel motivo che accompagna lo scoccare delle frecce di Apollo e Diana,
dirette agli sventurati figli di Niobe:
35
SAVINIO, Note.\
36
PORZIO, Savinio musicista, p. 94.
14
37
SAVINIO, Le drame et la musique, p. 426.
15
Aperto anche il secondo sipario, la scena raffigura una «Piazza davanti a una
chiesa. Muro nel fondo, onde spuntano gli alberi e la ciminiera di un piroscafo. Due
zoccoli di statue, vuote. Notte. Grida lontane e scrosci di risa. Le due statue passeggiano
sul fondo della scena». In questo caso sono gli scrosci di risa lontani a entrare con
prepotenza nella rappresentazione, affidati musicalmente al coro (donne e uomini),
sottolineate dalle percussioni (tamburo, cassa, xilofono, piatti), e rinforzate dall’impiego
percussivo dei tre pianoforti. (Es. 4 - link)
Poco più avanti, al n. 9, l’irruzione sulla scena delle voci e del suono dell’organo,
nel momento in cui si aprono le porte della chiesa sulla piazza, è estremamente
suggestiva (Es. 8)
L’espandersi dei suoni del coro e dell’organo nella piazza ha nuovamente luogo
dopo che il cielo, in reazione alla provocazione superba di Niobe, si è oscurato e la
tragedia si prepara. È dunque chiara la funzione drammaturgica di questi episodi; gli
elementi di straniamento che essi introducono, oltre a creare un’atmosfera metafisica,
servono nel contempo a dare maggior rilievo o a incorniciare i momenti topici dello
spettacolo. Sebbene Savinio tenda a prendere le distanze dal Futurismo, non si può
escludere anche una nascosta influenza futurista nella pratica di impiegare i rumori
nell’opera d’arte musicale.
Una rilettura dell’opera, alla luce di questi aspetti, ridimensiona il giudizio di
Porzio, seppure senza annullarlo. È chiaro, infatti, che fare irrompere sulla scena i suoni
concreti e prosaici della vita di tutti i giorni (un canto, delle risate, il suono di un organo
ecc.), non può essere reso se non attraverso quei procedimenti descrittivi ai quali
Savinio intendeva teoricamente rinunciare.
Il ruolo centrale dei pianoforti è mantenuto anche nella versione orchestrale del
1925. In un supplemento straordinario de «La rivista di Firenze (1925) Savinio farà
precedere il testo integrale del soggetto dell’opera da un articolo dal titolo
inequivocabile: Elogio del pianoforte.
19
Tutti gli strumenti, più o meno, sono dei “nobili decaduti”. Il solo pianoforte si
salva da questa condizione pietosa e disperata. Il pianoforte è lo strumento
moderno per eccellenza: è lo strumento nostro. La sua voce è chiara, precisa,
rigorosa […] A lui dunque il compito di cantare la singolare musica delle città, i
miracoli del XX secolo.38
38
A. SAVINIO, Omaggio al pianoforte, in SAVINIO, La morte di Niobe, tragedia mimica in un atto con
musica, p. 3.
20
Per concludere, occorre rimarcare il profondo senso di affinità che legava in quegli anni
Alberto Savinio al fratello Giorgio de Chirico, riscontrabile in La morte di Niobe: non
solo perché lo scenario e i costumi furono opera di de Chirico, ma per un intimo
contatto di tematiche: il lato grottesco della condizione umana, la piazza metafisica, le
suggestioni oniriche e visionarie, la compenetrazione del mito classico in una realtà
cristallizzata e profondamente razionale, in cui la lucida razionalità produce però uno
straniamento dalla vita quotidiana. A tutto ciò si aggiunge un lato malinconico in cui è
facile ravvisare un’assonanza con Apollinaire.
La musica, questa misteriosa Cosa eternamente ignota, può aiutare a svelare il
mistero del vivere, o contribuisce piuttosto a evidenziarne i lati più amari e spettrali,
«l’aspetto ineffabile dell’eternità terrestre»? 39 «L’occhio del musicista non guarda,
oppure guarda come guardano i cavalli, i pesci e altri simili animali che hanno lo
sguardo sfuggente, obliquo e velato».40
39
A. SAVINIO, Immobilità terrestre, ispiratrice delle arti plastiche, in Primi saggi di filosofia delle arti
(per quando gli italiani si saranno abituati a pensare) parte II, «Valori Plastici», III: 3 (1921), pp. 49-
53, ristampato in A. SAVINIO, La nascita di Venere. Scritti sull’arte, a cura di Giuseppe Montesano e
Vincenzo Trione, Milano, Adelphi, 2007, pp. 89-99: 99
40
A. SAVINIO, Ritmo nella musica, in Primi saggi di filosofia delle arti, p. 93.