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ARCHIVIO

STORICO SARDO

DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA SARDEGNA

VOLUME XXXIX

STUDI STORICI IN MEMORIA DI


GIANCARLO SORGIA

A CURA DI
MARIA LUISA PLAISANT

CAGLIARI - 1998
ARCHIVIO
STORICO SARDO

A CURA DELLA
DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA SARDEGNA

VOLUME XL

CAGLIARI - 1999
© Cagliari - 2000

Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta in qualsiasi forma


a stampa, fotocopia o altri sistemi senza il permesso della
DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA SARDEGNA

EDIZIONI AV di Antonino Valveri - Via M. De Martis, 6 - 09121 Cagliari


Tel. (segr. e fax) 070/27 26 22
Titolo

INDICE

SAGGI E MEMORIE

VALERIA SCHIRRU - Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna


nell’Archivio di Stato di Firenze .......................................................................... Pag. 9
ROBERTO CORONEO - Architettura romanica in Sardegna: schede
bibliografiche ............................................................................................................... » 225
BIANCA FADDA - I toponimi del Mediterraneo nel Compasso da navi-
gare ..................................................................................................................................... » 251
ALDO PILLITTU - Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Apri-
le ........................................................................................................................................... » 403
LUISA D’ARIENZO - I francescani, S. Salvatore da Horta e l’origine del-
l’Università di Cagliari ........................................................................................ » 453
LORENZO DEL PIANO - Francesco Cocco Ortu Contributo ad una bio-
grafia ................................................................................................................................. » 465

NOTIZIARIO

Le Carte volgari dell’Archivio arcivescovile di Cagliari. Un proble-


ma ancora aperto (Cagliari 29 aprile 1998) (a cura di V.
Schirru) .......................................................................................................................... » 591
L’Archivio Segreto Vaticano. Un patrimonio della cultura univer-
sale (Cagliari 30 aprile 1998) (a cura di V. Schirru) ................ » 595
Studi storici in memoria di Giancarlo Sorgia - Presentazione del
volume - Archivio Storico Sardo XXXIX (Cagliari 24 mag-
gio 1999) (a cura di B. Fadda) .................................................................... » 605

RASSEGNE DI CONGRESSI E CONVEGNI

Convegno Internazionale sul tema Gli Anni Santi nella storia


(16-19 ottobre 1999), Università degli Studi di Ca-
gliari - Cittadella dei Musei, Aula Verde, Piazza Arse-
nale, Cagliari (a cura di V. Schirru e B. Fadda) .................. » 627

5
Indice

RECENSIONI

PIER GIORGIO SPANU, La Sardegna bizantina tra VI e VII secolo, Ori-


stano, S’Alvure, 1998 (R. Coroneo) ...................................................... Pag. 669
P. FADDA, Avanguardisti della modernità. Alle origini della trasfor-
mazione della società agricola sarda, Cagliari, Sanderson
Craig, 1999 (L. Del Piano) ........................................................................... » 689

6
SAGGI E MEMORIE
Indice

6
VALERIA SCHIRRU

LE PERGAMENE CAMALDOLESI RELATIVE


ALLA SARDEGNA NELL’ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE

SOMMARIO: 1. Il fondo consultato – 2. Le pergamene relative alla Sardegna – 3. Proble-


mi di cronologia – 4. Nuovi dati relativi alle cronologie dei giudici sardi – 5. I
Camaldolesi in Sardegna – 6. Le chiese camaldolesi.

1. Il fondo consultato – Nell’Archivio di Stato di Firenze esiste una rac-


colta di pergamene, denominata Diplomatico, attualmente suddivisa
in 525 fondi distinti in base alla provenienza e ordinati cronologica-
mente. Tale raccolta trova le sue origini nell’Archivio Diplomatico isti-
tuito da Pietro Leopoldo di Lorena, con motuproprio del 24 dicembre
1778, allo scopo di raccogliere tutte le pergamene degli uffici centrali
e periferici del Granducato, dei comuni, delle opere pie e dei conventi
soppressi (1).
In seguito alla soppressione delle corporazioni religiose esistenti
nel territorio toscano, decretata prima dalle disposizioni del governo
granducale e poi dalle leggi eversive del governo francese, con i decreti
napoleonici del 24 marzo 1808 e del 13 settembre 1810, ci fu la con-
seguente acquisizione, da parte del governo, del patrimonio archivisti-
co dei conventi e dei monasteri. I documenti pergamenacei sciolti ve-
nivano così inseriti nel Diplomatico; mentre le carte a carattere ammi-
nistrativo venivano raccolte in un fondo archivistico a parte denomi-

(1) Guida Generale degli Archivi di Stato Italiani, Archivio di Stato di Firenze,
Roma 1981, vol. II, p. 32.

9
Valeria Schirru

nato Archivio centrale delle corporazioni religiose soppresse della Toscana,


istituito il 26 febbraio 1817.
L’Archivio Diplomatico confluì poi nell’Archivio Centrale di Stato
di Firenze, creato da Leopoldo II il 20 febbraio 1852 (2).
All’interno del Diplomatico, nel fondo denominato Camaldoli,
che consta oggi di 4.798 pergamene, che vanno dall’anno 780 al 1680,
è confluito nel 1811 (3) quasi tutto il materiale pergamenaceo che costi-
tuiva l’archivio del monastero di San Salvatore di Camaldoli (4), dal
quale dipendevano la maggior parte delle chiese sarde affiliate all’ordine
monastico Camaldolese (5).
Dal 29 maggio 1812 alla fine del 1817, gli archivisti fiorentini
procedettero allo spoglio delle pergamene, regestando tutto il materia-
le in tre volumi cartacei, attualmente conservati nello stesso Archivio
di Stato di Firenze (6).

(2) Guida Generale degli Archivi di Stato Italiani, Archivio di Stato di Firenze
cit., vol. II, p. 149.
(3) In un registro cartaceo detto Stracciafoglio, conservato nello stesso Archivio
di Stato di Firenze (in appresso A.S.F.), si legge: «A dì 7 marzo 1811. Dalla Commissio-
ne deputata alla scelta dei Monumenti di Scienze, Lettere ed Arti ha ricevuto l’Imperiale
Archivio Diplomatico, le Cartapecore del Monastero di Camaldoli, in sessantaquattro cas-
sette […]. Camaldoli n. 4454 [...]». Cfr. E. LASINIO, Regesto di Camaldoli, in Regesta
Chartarum Italiae dell’Istituto Storico Italiano, vol. IV, Roma 1928, p. XXIII. L’opera
completa è in quattro volumi: L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, in
Regesta Chartarum Italiae dell’Istituto Storico Italiano, vol. I, Roma 1907 e vol. II,
Roma 1909; E. LASINIO, Regesto di Camaldoli, in Regesta Chartarum Italiae dell’Istituto
Storico Italiano, vol. III, Roma 1914 e vol. IV, Roma 1928.
(4) Si tratta del monastero ubicato nel territorio provinciale di Arezzo; questa
precisazione è d’obbligo in virtù del fatto che anche altri monasteri dell’Ordine era-
no denominati Camaldoli, come ad esempio quello che si trovava vicino a Firenze
dove sono stati redatti alcuni dei documenti editi nell’Appendice documentaria.
Cfr. i docc. XXI, XXII, XXIII, XXIV.
(5) Non tutte le chiese camaldolesi sarde dipendevano dal monastero di San
Salvatore. Ad esempio la chiesa di Santa Maria di Bonarcado con tutte le sue dipen-
denze era stata affiliata al monastero di San Zenone di Pisa che a sua volta dipendeva
dal monastero di San Michele in Borgo, sempre a Pisa.
(6) I volumi, il cui restauro è stato terminato recentemente si possono attual-
mente visionare in microfilm: A.S.F., Diplomatico, Spoglio Camaldoli nn. 52-53-54.
Riportano nel foglio di guardia rispettivamente le scritte: «Spoglio delle Cartapecore
del Monastero di S. Salvatore di Camaldoli. Dall’anno 780, 30 Aprile, al 1199, 20

10
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

Nella seconda metà del secolo XIII, quando la documentazione


si trovava ancora nell’archivio di San Salvatore di Camaldoli, i mona-
ci, per evitare che si perdesse memoria di ciò che poteva ancora torna-
re utile alla vita economica e giuridica del monastero, registrarono, ri-
ducendoli in forma di regesto, gli atti giuridicamente già compiuti che
testimoniassero i possessi e le affiliazioni dello stesso monastero «per
compra, per locazione, donazione o legato». Risultato del lavoro fu un
manoscritto pergamenaceo, denominato Sommario di Istrumenti, in
cui i sommari dei documenti sono classificati, inizialmente, in privati
(dalla c. VIIII alla carta CCVII) e pubblici (dalla carta CCVIII alla
carta CCXLVI), raggruppati per località, iniziando dalla diocesi Areti-
na, dov’era la casa madre di San Salvatore di Camaldoli, seguendo poi,
all’interno di ciascun gruppo, l’ordine cronologico (7). I sommari sono

Novembre, con n. 9 Spogli del sec. XII d’incerta data»; «Spoglio delle Cartapecore del
Monastero di S. Salvatore di Camaldoli. Dall’anno 1200, Febbraio, all’anno 1300,
Agosto, con n. 34 Spogli del sec. XIII di data incerta»; «Spoglio delle Cartapecore del
Monastero di S. Salvatore di Camaldoli. Dall’anno 1304, 9 Febbraio, al 1680, 15
Maggio». Per l’epoca della realizzazione dello spoglio cfr. A.S.F., Stracciafoglio, cc.
81-84 e E. LASINIO, Regesto di Camaldoli cit., vol. IV, p. XXIV.
(7) Il manoscritto è conservato nello stesso Archivio di Stato di Firenze:
A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti
n. 8 (in appresso Sommario). Si tratta di un volume pergamenaceo (mm. 450 x
300), rilegato in pelle, restaurato nel 1995, che pervenne all’Archivio di Stato di
Firenze nel 1893 quando, in seguito alla soppressione dei conventi, vennero incame-
rati dallo Stato i beni di questi ultimi. In un foglio incollato nella carta di guardia si
legge: «Miscellanea varia storica et patrimonialis-Cartularium. Questo bellissimo codice
in pergamena, di buona conservazione, e di buona scrittura, la maggior parte di caratte-
ri gotici o semigotici ha sulla costola il titolo errato o almeno incompleto “Summaria
instrumentorum et Privilegiorum SS. Pontificum Aretinorum Episcoporum et Imperato-
rum Digesta Domino Simone et Raynerio Monac. Camal. Ab anno 1001 ad annum
1269”. Sulla prima carta recto in fronte, comincia la tavola o l’indice della prima parte
del codice, che va fino a un quarto del retro della carta, con sotto alcune giunte di carat-
tere più moderno. Sul recto della carta seguente segnata n. II principia la deferizione dei
censi “Hic e(st) Census de Mogiona etc.” e termina verso la metà del recto della carta VI.
Sul verso di questa si leggono alcuni Lodi e Confutazioni che comprendono le due carte
successive, cioè fino alla VIII inclusa. Si vede chiaro che queste due carte, dopo le prime
della deferizione dei Censi, erano state lasciate in bianco per notarvi successivamente
altre partite, ma che poi furono riempite con quei documenti che avevano un’attinenza
alla materia del codice, perché relativi a combinazioni di beni e a balzelli imposti dalla
Rep. Fiorentina e atti consimili. In molte parti del codice esistono trascrizioni di tali

11
Valeria Schirru

compilati con molta brevità e contengono i dati essenziali: nomi dei


contraenti; disposizioni principali; località, spesso con i loro confini;
data del documento; nome del notaio; mentre mancano, talvolta, la
data topica e i nomi dei testimoni. Di particolare interesse è la parte
relativa alla Sardegna, che comincia alla c. CLXXXVII, in cui sono
riportati i sommari di tutti i documenti riguardanti l’isola, conservati a
quella data nell’archivio dello stesso monastero, compresi quelli i cui
originali non esistono più. Tali sommari rivestono, quindi, un’impor-
tanza fondamentale per colmare alcune lacune sulla storia dei Camal-
dolesi nell’isola, soprattutto perché le registrazioni sembrerebbero coe-
ve ai documenti o comunque non molto più tarde; per di più, da una
verifica svolta sui documenti di cui esiste ancora l’originale, è emerso
che nei regesti sono stati riportati nomi, toponimi e, persino, parole in
volgare sardo così come erano nel documento originale.
Il fondo è stato oggetto di ulteriori riordini precedenti al versa-
mento presso l’Archivio di Stato di Firenze. Di uno di questi, avvenu-
to nel 1530, rimane testimonianza in un manoscritto cartaceo conte-
nente l’elenco dei documenti dell’archivio del monastero, allora con-
servati in 49 sacchi, distinti sempre tra pubblici e privati e, al loro in-
terno, suddivisi per provenienza e contenuto (8).

documenti in carte o parti di carte che erano lasciate bianche. A carta VIIII comincia la
Deferizione dei Beni col titolo “Cart(..) de Fontebono etc.”. Questo cartolario o descri-
zione indica sommariamente le provenienze sia per compra, per locazione, o donazione,
o legato, intestando ciascuna nota col nome del disponente e quindi la descrizione som-
maria dei beni ai quali si riferisce la nota; poi la data dell’anno, mese e giorno, quindi il
nome del notaio. Il primo atto è dell’anno 1048 mese di maggio e poi seguono per ordine
cronologico. Fino a carta 171 proseguono le note relative ai beni del monastero ed Eremo
di Camaldoli (Fontebono). A carta 71 retro cominciano le note relative agli altri mona-
steri; cominciando da quello di Sancti Quirici de Pisis a cui tengono dietro altri cinque
titoli dei monasteri di Pisa, Lucca, Firenze, Volterra, della Sardegna, di Romagna, di
Perugia, Città di Castello e Chiusi, del Romano, Marca Trevisana e Anconitana, Vene-
zia e Alemagna. Seguono a carta 208 i Privilegi Pontifici, a carta 224 le Indulgenze
Pontificie, a carta 235 i Privilegi dei Vescovi di Arezzo, a carta 242 i Privilegi delli
Imperatori. Intercalati in quest’ultima parte, e anche nelle precedenti, non che in fine, si
leggono altri atti e documenti, come abbiamo notato di sopra e dei quali vi è in parte un
indice di caratteri più moderni, in appendice al vecchio indice o tavola».
(8) Il codice, conservato nella Biblioteca della Fraternità dei Laici ad Arezzo,
è intitolato «Memoria delle scripture della casa rivedute et insieme rassectate per me ser

12
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

Altre notizie, relative all’archivio del monastero, risalgono al


1569, quando Cosimo I, granduca di Toscana, istituì l’Archivio gene-
rale dei Contratti ordinando il trasferimento di «tutti i protocolli dei
notari del dominio fiorentino, e di tutti i contratti e scritture pubbliche
sparse per i vari depositi dello Stato». In quell’occasione i monaci Ca-
maldolesi chiesero e ottennero – con un decreto del 20 dicembre
1571 – di poter tenere un protocollo separato in cui «[...] notare e
scrivere tutti i contratti che si rogheranno [...] purchè non vi intervenghi-
no persone sottoposte alle Loro Altezze, né vi si tratti in modo alcuno del-
l’interesse loro […] e che di simili contratti non sieno tenuti rimetterne le
copie all’Archivio»: ottenendo così il diritto di mantenere un loro ar-
chivio sia pure limitato alla propria giurisdizione (9).
Nel 1587, papa Sisto V, in seguito alla soppressione dell’ufficio di
Archivista generale in Roma, ordinò a tutti i monaci regolari di conse-
gnare l’inventario degli strumenti e dei beni dei monasteri al monastero
del relativo ordine che aveva sede in Roma, provocando così una dimi-
nuzione del materiale documentario dell’archivio di San Salvatore di
Camaldoli (10).
Alla fine del secolo XVIII il monaco Odoardo Baroncini venne
incaricato di riordinare l’archivio e la biblioteca dell’Ordine; risultato
del suo lavoro, per quanto riguarda l’archivio, furono due volumi car-
tacei (11) contenenti i regesti di tutte le carte, dall’anno 780 all’anno
1680, con l’indicazione dell’armadio e della cassetta in cui si trovava-
no conservati. Di quest’ordinamento rimane traccia nelle note dorsali
delle pergamene, riportanti l’indicazione della tipologia del documen-
to – ad esempio donatio, privilegium etc. – e la collocazione (12).

Giuliano di Bartholo da Stia, cancelliere di Camaldoli, in questo anno 1530». Cfr. E.


LASINIO, Regesto di Camaldoli cit., vol. IV, p. XVI.
(9) E. LASINIO, Regesto di Camaldoli cit., vol. IV, p. XX.
(10) B. MITTARELLI-A. COSTADONI, Annales Camaldulenses quibus plura interse-
runtur tum ceteras Italicas Monasticas res, tum historiam ecclesiasticam remque diplo-
maticam illustrantia, Venezia 1755-1773, tomo VIII, p. 172.
(11) I due volumi cartacei si conservano nell’Archivio di Stato di Firenze dal
1811. Cfr. A.S.F., Fondo Camaldoli, nn. 294-295.
(12) E. LASINIO, Regesto di Camaldoli cit., vol. IV, p. XXII.

13
Valeria Schirru

Già intorno ai primi decenni del ’900 un insigne paleografo,


Luigi Schiaparelli, dimostrò l’importanza della documentazione del
fondo dell’Archivio fiorentino, pubblicando, nella collana Regesta
Chartarum Italiae, i quattro volumi del Regesto di Camaldoli. L’opera,
ultimata da Ernesto Lasinio che si fermò alla data del 1246, si presen-
ta come una raccolta di regesti, fondamentale per una ricerca prelimi-
nare sul materiale dell’Archivio.
Occupandosi dei Camaldolesi non si può prescindere dal ricor-
dare i monumentali Annales Camaldulenses di Benedetto Mittarelli e
Anselmo Costadoni (13), in cui viene ripercorsa tutta la storia dell’Or-
dine monastico, suffragata anche dalla trascrizione delle fonti docu-
mentarie, che i due monaci studiarono negli archivi dei monasteri più
importanti della Congregazione (14).
Tra gli studi più recenti e specifici sulla diffusione dei Camaldo-
lesi in Sardegna un posto di rilievo spetta all’opera di Ginevra Zanetti,
che ha tracciato un profilo storico dell’Ordine attraverso lo studio del-
le chiese sarde a questo affiliate, proponendo anche la trascrizione di
alcuni documenti conservati nell’Archivio di Stato di Firenze (15).

2. Le pergamene relative alla Sardegna – Da un’indagine preliminare,


condotta sugli Spogli del Diplomatico Camaldoli (16), sono emerse 36
pergamene riguardanti la Sardegna che, nonostante l’esiguità numeri-
ca, rappresentano il nucleo omogeneo più consistente di documenta-

(13) Dizionario biografico degli italiani, pubblicato dall’Istituto della Enciclo-


pedia Italiana fondato da G. Treccani, Roma 1984, alla voce “A. Costadoni”.
(14) Il titolo completo dell’opera, articolata in nove tomi, pubblicata a Vene-
zia dal 1755 al 1773 è: Annales Camaldulenses quibus plura interseruntur tum ceteras
Italicas Monasticas res, tum historiam ecclesiasticam remque diplomaticam illustrantia
D. Johanne Benedicto Mittarelli et D. Anselmo Costadoni.
(15) G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, Cagliari 1974.
(16) Ricordiamo che gli Spogli del Diplomatico Camaldoli sono tre volumi
cartacei contenenti i regesti di tutte le pergamene di provenienza camaldolese, com-
pilati dagli archivisti fiorentini nei primi decenni del secolo XIX, quando tutta la
documentazione dell’archivio del monastero di San Salvatore di Camaldoli confluì
nell’Archivio di Stato di Firenze. Cfr. nota 6 del presente lavoro.

14
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

zione relativa ai Camaldolesi. Si tratta in particolare di 25 originali e


11 copie, datati dal 1112 al 1384.
Tra questi, due sono donazioni di chiese sarde, concesse all’ere-
mo di Camaldoli dai giudici di Torres (17); due sono donazioni di
chiese emanate dalla nobiltà locale, datate 1113 e 1210 (18); cinque
sono donazioni o conferme di donazioni da parte dei vescovi locali (19);
otto sono bolle pontificie in favore dell’intera congregazione Camal-
dolese, datate tra il 1114 e il 1186 (20), che contengono concessioni di
immunità e benefici, a cui segue sempre un elenco, diviso per diocesi
o per località, delle chiese camaldolesi (21): era infatti prassi comune
che ogni pontefice, successivamente alla sua nomina, emanasse questo
tipo di privilegi per riconfermare, o eventualmente ampliare, quanto
concesso dai suoi predecessori; due ancora sono privilegi imperiali,
sempre a favore dell’Ordine, datati rispettivamente 1209 e 1219 (22);
diciasette sono documenti notarili, redatti in Toscana o in Sardegna,
che vanno dal 1257 al 1384 (23), e trattano principalmente di nomine
e destituzioni di priori e vicari, illustrando un quadro della situazione
amministrativa e sociale delle chiese camaldolesi sarde e dei territori
ad esse sottoposti.
Un confronto tra i documenti di cui sopra e le registrazioni conte-
nute nel codice pergamenaceo denominato Sommario di Istrumenti (24)

(17) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. I e II.


(18) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. V e XXVI.
(19) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. III, V, XII, XIII, XV.
(20) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. VII, VIII, X, XIV, XVI, XIX,
XX, XXI.
(21) Gli elenchi delle chiese affiliate all’Ordine Camaldolese, contenuti nei
privilegi pontifici e imperiali, si sono rivelati di basilare importanza laddove manca-
no fonti dirette sulle chiese sarde, soprattutto per la datazione delle donazioni.
(22) Cfr. nell’Appendice documentaria rispettivamente i docc. XXV e XXVII.
(23) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. XXVIII, XXIX, XXX, XXXI,
XXXII, XXXIII, XXXIV, XXXV, XXXVI, XXXVII, XXXVIII, XXXIX, XL, XLI,
XLII, XLIII, XLIV.
(24) Il codice, che risale al secolo XIII, contiene, in forma di regesto, i docu-
menti che dovevano trovarsi nell’archivio del monastero di San Salvatore di Camal-
doli all’epoca della sua compilazione. Cfr. nota n. 7 del presente lavoro.

15
Valeria Schirru

ha permesso di individuare i sommari di altri otto documenti, di cui


non esiste più l’originale, che offrono, per quanto riguarda il contenu-
to, spunti piuttosto interessanti. Visto che, come è stato già detto (25),
le registrazioni dei documenti si sono rivelate fedeli agli originali si è
creduto opportuno inserire all’interno della stessa Appendice docu-
mentaria la trascrizione di questi otto sommari, cercando di ricostruire
l’ordine cronologico originario dell’archivio del monastero di San Sal-
vatore di Camaldoli.
Per quanto riguarda gli otto regesti: cinque sono donazioni, sem-
pre a favore dell’eremo di San Salvatore di Camaldoli, emanate da per-
sonaggi appartenenti alla famiglia dei giudici di Torres (26); uno contie-
ne la conferma di una donazione da parte del vescovo di Ampurias (27);
uno è un privilegio pontificio a favore dell’intera Congregazione (28).
L’eterogeneità del fondo non permette di affrontare un discorso
generale sui caratteri dei documenti, tranne nel caso dei privilegi ema-
nati dalla cancelleria pontificia, in cui si riscontrano caratteri estrinse-
ci e intrinseci comuni; come ad esempio la prima riga scritta in litterae
elongatae, la formula di perpetuità abbreviata “in ppm” (in perpetuum),
la datatio magna, la rota, il benevalete, le sottoscrizioni del pontefice e
dei cardinali separate secondo gli ordines (29).
Tutte le pergamene riportano nel dorso la collocazione archivi-
stica, costituita dalla data del documento, scritta dalla stessa mano,
presumibilmente nel secolo XIX, con inchiostro marrone scuro, in
corsivo e in genere sempre nel margine di testa, riportata poi, in tempi
recenti, in un cartellino pergamenaceo appeso al supporto scrittorio
tramite laccetti di canapa.
Alcune pergamene hanno in comune anche un altro tipo di nu-
merazione dorsale, sempre in corsivo, con inchiostro marrone chiaro,

(25) Cfr. pag. 12 del presente lavoro.


(26) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. IV, IX, XI, XVII, XXIV.
(27) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XXIII.
(28) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XVIII.
(29) Per ulteriori approfondimenti sui caratteri estrinseci e intrinseci dei pri-
vilegi pontifici si rimanda a T. FRENZ, I documenti pontifici nel medioevo e nell’età
moderna, ed. italiana a cura di Sergio Pagano, Città del Vaticano 1989, pp. 20-21.

16
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

composta dall’anno del documento, da un sostantivo che ne qualifica


la tipologia (“donatio”, “privilegium”, “electio”, etc.) e da due numeri
preceduti dalle lettere «n.» e «c.» che, con tutta probabilità, indicano il
numero d’ordine archivistico e la cassetta. Enrico Lasinio, nel Regesto
di Camaldoli, le ha messe in relazione con l’ordinamento, della biblio-
teca e dell’archivio della congregazione Camaldolese, effettuato dal
monaco Odoardo Baroncini durante il secolo XVIII, ipotizzando che
i numeri sul dorso indicassero la posizione delle carte, conservate in
armadi e cassette nell’archivio del monastero di San Salvatore (30).
Un terzo tipo di note dorsali, successivo al secolo XVIII, è rela-
tivo invece alla eventuale trascrizione del documento negli Annali Ca-
maldolesi del Mittarelli.
Di tutti gli altri elementi si è data indicazione nell’Appendice
documentaria dove al regesto di ciascun documento segue un com-
mento comprendente: la collocazione archivistica, la tradizione del
documento, il supporto scrittorio, le dimensioni, l’eventuale presenza
di sigillo, il tipo di inchiostro, lo stato di conservazione, il sistema di
rigatura, la disposizione della scrittura, le note dorsali, eventuali carat-
teri intrinseci particolarmente rilevanti, soprattutto per quei docu-
menti, come quelli prodotti in Sardegna, che talvolta si discostano
dalla partizione classica del documento medioevale.

3. Problemi di cronologia – Le pergamene esaminate presentano una


grande varietà di usi cronologici. In tutti i documenti è seguita l’era
cristiana, mentre riguardo al modo di fare iniziare l’anno sono stati
utilizzati stili diversi.
I documenti pontifici, essendo privilegi solenni (31), presentano
tutti la datatio magna: la data in forma completa con l’indicazione del
luogo, del giorno, del mese, dell’indizione, dell’anno e dell’anno di
pontificato. In genere è seguito lo stile dell’incarnazione secondo il
computo fiorentino, che faceva iniziare l’anno il 25 marzo successivo

(30) E. LASINIO, Regesto di Camaldoli cit., vol. IV, p. XXII.


(31) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. VII, VIII, X, XIV, XVI, XIX,
XX, XXI.

17
Valeria Schirru

rispetto allo stile moderno, per cui si deve aggiungere un’unità, all’an-
no presente nel documento, nel periodo tra il 1° gennaio e il 24 mar-
zo. L’indizione è solitamente quella romana che iniziava il 25 dicem-
bre, in anticipo di sette giorni rispetto al 1° gennaio.
Sono da segnalare i casi di due bolle pontificie, datate 1118 e
1137 (32) in cui l’anno, con molta probabilità, segue lo stile dell’incarna-
zione secondo il computo pisano accompagnato dall’indizione bedana.
Secondo il calculus pisanus l’anno iniziava il 25 marzo precedente rispet-
to allo stile moderno, per cui si deve togliere un’unità, all’anno presente
nel documento, dal 25 marzo al 31 dicembre; l’indizione bedana inco-
minciava il 24 settembre, in anticipo di tre mesi e sette giorni rispetto a
quella romana, con la quale coincide dal 1° gennaio al 23 settembre,
mentre dal 24 di tale mese alla fine dell’anno ha un’unità in più. Il docu-
mento datato 1118 contiene infatti un privilegio solenne di papa Gela-
sio II, la cui elezione – avvenuta il 24 gennaio 1118 – venne contrastata
dall’antipapa Gregorio VIII, eletto l’8 marzo dello stesso anno. Il docu-
mento datato 1137 contiene anch’esso un privilegio, di papa Innocenzo
II, alla cui elezione seguì quella dell’antipapa Anacleto II. È probabile
che l’uso dei sistemi cronologici pisani, diversi da quelli solitamente usa-
ti nella cancelleria pontificia (incarnazione fiorentina e indizione roma-
na), sia da mettere in relazione con il momentaneo soggiorno dei ponte-
fici a Pisa e con la difficile situazione del periodo.
I due privilegi imperiali (33) sono datati secondo lo stile dell’incar-
nazione fiorentina accompagnato dall’indizione bedana, in uso presso la
cancelleria degli imperatori di Germania nei secoli X-XIV (34).
Nell’ambito dei documenti notarili si riscontra l’uso di diversi si-
stemi di datazione legati alla provenienza geografica dei notai e soprat-
tutto al luogo in cui gli atti vennero stilati. In particolare si possono in-
dividuare nove documenti (35), provenienti da Arezzo e da località vici-

(32) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. VIII e XIV.


(33) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. XXV e XXVII.
(34) A. CAPPELLI, Cronologia, cronografia e calendario perpetuo, sesta edizione
aggiornata, Milano 1988, p. 6.
(35) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. XXVIII, XXX, XXXI, XXXII,
XXXV, XXXVI, XXXVII, XL, XLIV.

18
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

ne, o redatti da notai aretini, in cui è seguito lo stile della natività, che
faceva iniziare l’anno il 25 dicembre, sette giorni in anticipo rispetto allo
stile moderno, per cui si deve aggiungere un’unità, all’anno riportato nel
documento, solo nel periodo compreso tra il 25 e il 31 dicembre (36).
Per quanto riguarda i documenti prodotti in Sardegna affronta-
re un discorso generale si presenta molto più problematico. Alcuni atti
contengono indicazioni cronologiche parziali o ne sono completa-
mente privi, per questi è stato possibile fissare i termini ante quem e
post quem in base al loro contenuto e ai confronti con altri documenti
datati (37).
In due documenti, emanati entrambi dalla scrivania del giudice
di Torres Costantino I de Lacon, si riscontra l’uso del calcolo lunare,
che non sempre, anche con gli strumenti adatti, permette di risalire
esattamente al computo moderno, essendo necessaria l’indicazione
della data, del mese e del giorno della settimana che non sono riporta-
ti (38).
Quando la data è presente in forma completa si trova sia lo stile
dell’incarnazione fiorentina (39) che lo stile della natività (40), usati in-
distintamente nei documenti prodotti dagli scriptoria dei giudici di
Torres e in quelli emanati da autorità ecclesiastiche. Piuttosto si po-
trebbe ipotizzare, anche se il numero esiguo di documenti non per-
mette di affermarlo con certezza, che ci sia una differenza cronologica
nell’uso dei due sistemi di datazione. L’incarnazione fiorentina ricorre,
infatti, nei documenti del secolo XII, mentre lo stile della natività
compare in quelli del secolo XIII.
Un discorso a parte meritano i documenti notarili prodotti in
Sardegna, in cui distinguiamo tre documenti provenienti da Sassari (41),

(36) Ad Arezzo venne infatti seguito questo computo cronologico fino al


1749. Cfr. A. CAPPELLI, Cronologia, cronografia e calendario perpetuo cit., p. 11.
(37) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. I, II, IV, IX, XI, XIII, XVII,
XXIV.
(38) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. I, VI, XI.
(39) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. III, V, VI.
(40) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. XXII, XXIII, XXVI.
(41) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. XXXIII, XXXVIII, XXXIX.

19
Valeria Schirru

uno da Saccargia (42) e tre da Oristano (43) dove viene utilizzato lo stile
dell’incarnazione secondo il calculus pisanus. L’Arborea, territorio sog-
getto all’influenza di Pisa, mantenne, per lungo tempo, la consuetudi-
ne di datare i documenti secondo lo stile pisano (44) e la città di Sassari
rimase legata alle tradizioni cronologiche pisane fino ai primi decenni
del XVI secolo (45).
Alla luce dell’eterogeneità degli elementi cronologici, per ogni
documento si è cercato di individuare il computo seguito dandone in-
dicazione alla fine del commento.

4. Nuovi dati relativi alle cronologie dei giudici sardi – L’esame delle
pergamene del Diplomatico Camaldoli dell’Archivio di Stato di Firenze
e in particolare dei sommari, editi anch’essi in Appendice, ha rivelato
notizie interessanti, soprattutto per quanto riguarda i dati cronologici
di alcuni rappresentanti della famiglia dei Lacon.
Per datare l’atto originale di donazione (46) della chiesa di San
Pietro di Scano da parte di Costantino I de Lacon, giudice di Torres e
sua moglie Marcusa de Gunale, è stato indicato come termine ante
quem il 13 dicembre 1112, data del documento con cui Azo, arcive-
scovo di Torres, conferma la donazione della chiesa (47); conferma che
deve evidentemente presupporre già avvenuta la donazione. Sulla base
di questi elementi si può retrodatare sia la prima menzione di Costan-
tino I de Lacon in qualità di giudice di Torres sia la prima attestazione
di sua moglie Marcusa o Maria de Gunale che, precedentemente, risa-

(42) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XXXIV.


(43) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. XLI, XLII, XLIII.
(44) L. D’ARIENZO, Carte reali diplomatiche di Pietro IV il Cerimonioso, re
d’Aragona, riguardanti l’Italia, Padova 1970, p. XL ss.
(45) L. D’ARIENZO, La «Scribania» della curia podestarile di Sassari nel Basso
Medioevo (Note diplomatistiche), in Atti del 1° Convegno internazionale di studi geo-
grafico-storici, vol. II Gli aspetti geografici, Sassari 1981, pp. 192-193 e ID., Gli Statu-
ti sassaresi e il problema della loro redazione, in «Archivio Storico Sardo», vol. XXXIV
(1983), fasc. II, p. 17.
(46) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. I.
(47) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. III.

20
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

livano invece al 1113 (48), secondo Pasquale Tola, rettificato poi dal
Besta al 28 ottobre 1114 (49).
Successivamente lo stesso Costantino I de Lacon, con documento
datato 1° agosto (50), libera e assolve i servi della chiesa di San Paolo di
Cotroniano da ogni servizio e dovere verso il regno, il curatore, il maio-
re de scolca e i pupillares, a cui era sottoposta la chiesa, precedentemen-
te da lui donata all’eremo di San Salvatore di Camaldoli. Per la datazio-
ne del documento, in cui manca l’anno, è stato adottato come termine
post quem il 1125, data di un privilegio pontificio in cui viene nominata
per la prima volta la chiesa di San Paolo di Cotroniano tra i possessi
camaldolesi sardi (51). In particolare, con l’adozione di questo termine
post quem, il documento XI dell’Appendice documentaria permette di
postdatare l’ultima menzione dello stesso Costantino I de Lacon in qua-
lità di giudice, che fino ad oggi risaliva al 30 aprile 1124 (52).
Con una pergamena in latino, datata 1134 (53), Giovanni, ve-
scovo di Sorres, donò le quattro chiese di San Pietro di Arkennor, San-
ta Maria di Saganza, San Pietro di Monticleta e San Nicola di Trullas,
con tutte le loro pertinenze, all’eremo di San Salvatore di Camaldoli.
Le stesse quattro chiese compaiono anche in un’altra pergamena scrit-
ta in sardo, priva di data (54), il cui termine post quem è costituito dal
documento precedente. Il donatore è anche in questo caso Giovanni
Sargu, vescovo di Sorres. Il documento in sardo, privo di data, presen-
ta lo stesso contenuto del documento in latino, con la differenza che

(48) P. TOLA, Codex Diplomaticus Sardiniae, in Monumenta Historiae Patriae,


tomi 3, Torino 1861-1868, (in appresso C.D.S.); in particolare per questo documento
cfr. tomo I, sec. XII, n. XVII, p. 189 e nell’Appendice documentaria il doc. VI.
(49) E. BESTA, Rettificazioni cronologiche al I volume del Codex Diplomaticus
Sardiniae, in «Archivio Storico Sardo», vol. I (1905), fasc. 4, pp. 240-249 e 293-30;
in particolare per il documento in questione cfr. p. 295 ss.
(50) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XI.
(51) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. X.
(52) L.L. BROOK, F.C. CASULA, M.M. COSTA, A.M. OLIVA, R. PAVONI, M. TAN-
GHERONI (a cura di), Genealogie medioevali di Sardegna, Cagliari-Sassari 1984, tav. V
e pp. 191-192.
(53) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XII.
(54) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XIII.

21
Valeria Schirru

nel primo compaiono anche le figure del giudice di Torres Barisone II


de Lacon, di sua moglie Preziosa de Orrù e di suo figlio Costantino II
de Lacon, indicato come re. Se si accetta il termine post quem del 1134,
attribuito al documento in sardo, si possono retrodatare: la prima men-
zione di Barisone II de Lacon come giudice, che fino ad oggi risaliva al
1147 (55); la prima menzione di Preziosa de Orrù, come sua consorte,
che risaliva al 1153 (56), e la prima menzione di Costantino II de La-
con, come regnante insieme al padre, che risaliva al 1170 (57).
La prima menzione delle due chiese di Santa Maria di Orrea Pi-
china e di Santa Giusta di Orrea Pichina si trova nell’atto di donazio-
ne, datato 10 luglio 1205, di cui non esiste il documento originale,
ma solo un sommario coevo (58). Le due chiese, insieme a tutte le loro
pertinenze, vennero donate ai Camaldolesi da Maria de Thori, zia di
Comita II de Lacon giudice di Torres, dietro consenso di una serie di
personaggi della famiglia de Lacon. Tra questi sono ricordati: i figli
della stessa Maria de Thori, Costantino, Mariano e Barisone; il giudi-
ce di Torres, Comita II de Lacon; sua moglie donna Specla – in cui si
deve, con tutta probabilità, individuare Ispella de Lacon Serra figlia di
Barisone I giudice di Arborea –; il loro figlio Mariano II de Lacon; la
madre dello stesso Comita, Preziosa de Orrù. Questo breve sommario
costituisce una fonte preziosa per le cronologie dei personaggi nomi-
nati. Ispella de Lacon Serra, figlia di Barisone I giudice di Arborea, era
vedova di Ugone-Poncio de Cervera, visconte di Bas; la sua ultima
menzione come moglie di Comita, ma in procinto di divorziare da
lui, era, fino ad oggi, del 1204 (59). L’ultima menzione documentaria
di Preziosa de Orrù, madre di Comita II de Lacon e moglie di Bariso-
ne II de Lacon, risaliva invece al 1178 (60).

(55) P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. LVI, p. 216.


(56) P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. LIX, p. 218.
(57) P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. XCVII, p. 240.
(58) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XXII.
(59) D. SCANO, Codice Diplomatico delle relazioni tra la Santa Sede e la Sarde-
gna, 2 vol., Cagliari 1940-1941, in particolare per questo documento cfr. vol. I, n.
XXII, p. 15.
(60) P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. CVIII, p. 250.

22
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

Successivamente lo stesso Comita II de Lacon, giudice di Torres,


che aveva dato il suo consenso alla donazione di Maria de Thori, donò
alle due chiese l’acqua delle fontane di Aghitu, di Cutathu e di Santa
Giusta. Con questo documento, datato sicuramente post 1205 (61), si
può retrodatare la prima menzione documentaria della seconda mo-
glie di Comita II, donna Agnese, figlia di Manfredo II marchese di
Saluzzo, al 1210 (62).

5. I Camaldolesi in Sardegna – La fondazione della congregazione Ca-


maldolese si deve a san Romualdo che, per primo, attuò nell’ambito
della chiesa latina, il ritorno al cenobitismo eremitico. In seguito alla
sua morte – avvenuta nel 1027 – alcuni discepoli fondarono, durante
il XII e XIII secolo, comunità monastiche ed eremitiche soprattutto in
Toscana, Umbria, Emilia Romagna e Veneto, tutte successivamente
riunite in un’unica congregazione, che prese il nome dal luogo in cui
sorgeva il centro più famoso: Camaldoli (63).
L’ordine benedettino dei Camaldolesi si diffuse in Sardegna a
partire dal XII secolo, successivamente alle concessioni di chiese, mo-
nasteri e terre a favore dell’abbazia madre di San Salvatore di Camal-
doli, emanate da giudici e vescovi sardi.
La diffusione del monachesimo in Sardegna risale al VI secolo
d. C., in seguito all’esilio dei monaci africani nell’isola durante le per-

(61) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XXIV. Il termine post quem è


fornito dalla data del doc. XXII che contiene la donazione delle chiese di Santa Ma-
ria e di Santa Giusta di Orrea Pichina.
(62) P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XIII, n. XX, p. 317 e doc. XXVI della pre-
sente appendice documentaria. Già era stato ipotizzato che il matrimonio tra Comi-
ta II de Lacon e donna Agnese fosse avvenuto nel 1205, presumibilmente dopo l’an-
nullamento del primo. Cfr. B. BAUDI DI VESME, Guglielmo, giudice Cagliari e l’Arbo-
rea, in «Archivio Storico Sardo», vol. I (1905), pp. 21-61, in particolare cfr. p. 29.
(63) Per le problematiche relative al monachesimo in generale cfr. M. PACAUT,
Monaci e religiosi nel Medioevo, Urbino 1989; M. MANSELLI-E. PASZTOR, Il monachesi-
mo nel Basso Medioevo, in Dall’eremo al cenobio. La civiltà monastica in Italia dalle
origini all’età di Dante, Milano 1987. Per la storia dell’ordine monastico dei Camal-
dolesi cfr. T. DANDOLO, Monachismo e leggende, Milano 1856; G.M. CACCIAMANI, At-
lante storico-geografico Camaldolese con 23 tavole (secoli X-XX), Sassoferrato 1963; L.
CIBRARIO, Descrizione storica degli ordini religiosi, Torino 1845.

23
Valeria Schirru

secuzioni vandaliche (64). Dalla fine del secolo VIII, a causa del-
l’espansione araba nel Mediterraneo e nella Penisola Iberica, la Sarde-
gna si trovò isolata e si ebbe un’interruzione di rapporti con la Chiesa
di Roma per quasi un secolo e mezzo. La storiografia fa risalire a que-
sto periodo la nascita dei rapporti tra la Sardegna e Bisanzio, a cui si
deve l’influenza della chiesa orientale su quella sarda: l’adozione di de-
terminate pratiche liturgiche, il culto di numerosi santi orientali, tut-
t’oggi venerati, e la diffusione dell’eremitismo ne sono una chiara te-
stimonianza (65).
In questa situazione la preoccupazione della Chiesa romana era
quella di riportare l’isola sotto la sua giurisdizione, sia spirituale che
temporale, sottomettendo il clero locale all’obbedienza del pontefice.
Altrettanto allarmante era la necessità di eliminare qualsiasi residuo di
influenze orientali e di riportare la chiesa sarda al rito latino allonta-
nandola da quello greco (66). Fu allora che il papato si mosse verso una
profonda azione di riforma volta a riportare l’isola sotto l’influenza
pontificia, esercitando, da una parte, forti pressioni spirituali e tempo-
rali sui governanti locali e, dall’altra, promuovendo un’azione di con-
trollo più capillare sull’autorità ecclesiastica isolana, con la creazione
di nuove chiese e con l’aumento del numero delle diocesi (67).
Ma il vero strumento della Chiesa romana per la conquista del-
l’isola furono gli ordini monastici benedettini. Questo exercitus Dei si
dimostrerà infatti la soluzione più adatta per una terra di difficile con-
quista come la Sardegna dove, soprattutto per la conformazione delle

(64) R. TURTAS, Note sul monachesimo in Sardegna tra Fulgenzio di Ruspe e Gre-
gorio Magno, in «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», vol. XLI (1987), pp. 92-
110 e ID., Il monachesimo in Sardegna tra Fulgenzio di Ruspe e Gregorio Magno, in
Archeologia paleocristiana e altomedievale in Sardegna: studi e ricerche recenti, Semina-
rio di Studi, maggio 1986, pp. 56-58.
(65) F. CHERCHI PABA, La chiesa Greca in Sardegna. Cenni storici, culti, tradizio-
ni, Cagliari 1963.
(66) R. TURTAS, Gregorio VII e la Sardegna (1073-1085), in «Rivista di Storia
della Chiesa in Italia», vol. XLVI (1992), pp. 375-397.
(67) B. ANATRA, Santa Sede e Sardegna tra medioevo ed età moderna, in «Annali
della Facoltà di Magistero dell’Università di Cagliari», nuova serie, vol. IX (1985),
pp. 61-141.

24
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

zone più interne, diventava difficile ogni tipo di penetrazione spiritua-


le e culturale. Il papato si faceva così sostenitore delle cosiddette inva-
sioni monastiche, esortando i giudici sardi a fare altrettanto; infatti se il
pontefice non era mosso esclusivamente da motivi religiosi, lo stesso si
può affermare per i giudici. Indubbiamente, anche le famiglie regnan-
ti percepivano l’esigenza di un rinnovamento spirituale e morale della
popolazione e del clero locale, ma ancor più urgente era la risoluzione
dei problemi di natura politica, culturale ed economica.
I primi a penetrare in Sardegna, nel 1064, furono i benedettini
di Montecassino, nel Logudoro e successivamente nel giudicato di Ca-
gliari (68), seguiti dai monaci di San Vittore di Marsiglia che si insedia-
rono nel giudicato di Cagliari e, in un secondo momento, anche in
Gallura e nel Logudoro (69).
I Camaldolesi arrivarono in Sardegna nel secolo XII, con la se-
conda ondata di invasioni monastiche, insieme ai Vallombrosani; en-
trambi ordini benedettini di esclusiva provenienza toscana, caratteriz-
zati da una tendenza alla vita eremitica, da una più rigida osservanza
della Regola benedettina e da una religiosità più severa. Si insediarono
inizialmente nel giudicato di Torres e divennero l’ordine più potente
del Logudoro e dell’Arborea, con più di trenta chiese sarde affiliate. La
preferenza loro accordata da parte dei giudici sardi, nel secolo XII, è
stata messa in rapporto con la concessione della legazia pontificia in
Sardegna all’arcivescovo pisano (70). E sicuramente i giudici sardi, nel-
la loro scelta, tennero in debito conto il buon rapporto esistente tra la
congregazione Camaldolese e la repubblica Pisana.
L’arrivo in Sardegna dei Camaldolesi viene generalmente fatto
coincidere con la donazione della chiesa di San Pietro di Scano (71);
ma la mancanza di data nel documento originale e la mancanza totale

(68) A. SOLMI, Studi storici sulle istituzioni della Sardegna, Cagliari 1917,
p. 202 ss.
(69) F. ARTIZZU, E. BARATIER, A. BOSCOLO, F.C. CASULA, P. LEO, C. MANCA, G.
SORGIA, Studi sui Vittorini in Sardegna, Padova 1963.
(70) F. ARTIZZU, L’Opera di Santa Maria di Pisa e la Sardegna, Padova 1974 e
B. ANATRA, Santa Sede e Sardegna tra medioevo ed età moderna cit., p. 83.
(71) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. I.

25
Valeria Schirru

dell’atto di donazione della chiesa di Santa Trinità di Saccargia non


permettono di sapere, con certezza, quando e in quale delle due chie-
se, donate entrambe dal giudice Costantino I de Lacon, si siano inse-
diati inizialmente i monaci. Tutti coloro che si sono occupati dell’ar-
gomento hanno affermato, sulla scia del Mittarelli, che la prima chiesa
camaldolese fu quella di San Pietro di Scano. Alla luce delle conoscen-
ze attuali e dell’analisi condotta sugli originali, conservati nell’Archi-
vio di Stato di Firenze, si può affermare soltanto che entrambe le do-
nazioni avvennero prima del 1112 e non successivamente, ma non si
sa quale delle due chiese sia stata acquisita per prima. Il termine ante
quem è costituito da altri due documenti, datati rispettivamente 13 e
16 dicembre 1112 (72), che contengono le conferme, da parte di Azo
arcivescovo di Torres, delle due donazioni fatte precedentemente da
Costantino I de Lacon.
Al 29 ottobre 1113 (73) risale la terza affiliazione all’Ordine di
san Romualdo con la donazione della chiesa di San Nicola di Trullas,
compiuta, fatto assolutamente insolito, da una famiglia di notabili
turritani: gli Athen.
Ad un periodo compreso fra il 1114 e il 1125 dovrebbe risalire
la donazione della chiesa di San Paolo di Cotroniano all’eremo di San
Salvatore di Camaldoli, voluta da Marcusa de Gunale, moglie del giu-
dice di Torres Costantino I de Lacon (74).
Sono di grande importanza, per ricostruire la storia dei Camal-
dolesi in Sardegna, i privilegi pontifici a favore dell’intera Congrega-
zione, in cui vengono elencate le chiese appartenenti all’Ordine; so-
prattutto per quanto riguarda quelle su cui manca qualunque altro
tipo di documentazione. È questo il caso di una bolla, datata 7 marzo
1125, in cui sono nominate per la prima volta le chiese sarde di Santa
Eugenia in Samanar, San Michele in Banari, San Lorenzo in Banari,
Santa Maria in Altasar, San Giovanni in Altasar, Santa Maria in Con-
tra, San Giovanni in Salvennor e San Simone in Salvennor (75).

(72) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. III e V.


(73) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. VI.
(74) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. IX.
(75) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. X.

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Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

Al 1134 risale la donazione e la successiva affiliazione, all’eremo


di San Salvatore di Camaldoli, delle chiese di Santa Maria di Saganza,
San Pietro di Arkennor e San Pietro di Monticleta, da parte di Gio-
vanni vescovo di Sorres (76).
Nel 1139 Ugo, detto vescovo di Orotelli, donò ai Camaldolesi
di San Salvatore la chiesa di San Pietro in Ollin (77).
Nel 1164 Atone, vescovo di Castro, affiliò le chiese di San Sa-
turnino di Usolvisi, Santa Maria di Anela, San Giorgio di Aneleto,
con tutte le loro pertinenze (78).
Agli inizi del secolo XIII l’Ordine si estese anche nel giudicato
di Arborea con l’affiliazione del monastero di Santa Maria di Bonarca-
do al priorato camaldolese di San Zenone di Pisa, a cui vennero suc-
cessivamente affiliate altre chiese situate nei territori circostanti (79).
Il 10 luglio del 1205 Maria de Thori, zia del giudice di Torres
Comita II de Lacon, donò ai Camaldolesi le due chiese di Santa Maria
di Orrea Pichina e di Santa Giusta di Orrea Pichina (80), confermate da
Pietro, vescovo di Ampurias, sempre nel 1205 (81), e successivamente
ampliate dalla stessa Maria de Thori il 1 luglio 1210 (82).
Rimangono fuori da questo elenco le chiese sarde di Santa Maria
de Iscalas, Sant’Elia, San Gregorio, Sant’Andrea nell’isola dell’Asinara e
San Mamiliano di Samassi, affiliate al monastero di San Mamiliano nel-
l’isola di Monte Cristo, che fu alle dipendenze del priorato camaldolese
di San Zenone di Pisa a fasi alterne. Su queste ultime purtroppo la scar-
sità di documentazione non permette una trattazione esaustiva.

(76) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. XII e XIII.


(77) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XV.
(78) B. MITTARELLI-A. COSTADONI, Annales Camaldulenses cit., tomo IV, n. XII,
coll. 22-24 la dice copiata dall’apografo mandato dal vescovo di Castro e P. TOLA,
C.D.S., tomo I, sec. XII, n. LLXIII, p. 226.
(79) M. VIRDIS, Il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, ristampa del testo
di E. Besta riveduto da Maurizio Virdis, Oristano 1982 e E. BESTA-A. SOLMI, I Con-
daghi di S. Nicola di Trullas e di S. Maria di Bonarcado, Milano 1937.
(80) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XXII e E. LASINIO, Regesto di
Camaldoli cit., vol. III, p. 25, n. 1430.
(81) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XXIII.
(82) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XXVII.

27
Valeria Schirru

Il successo dei Camaldolesi nell’isola fu sicuramente legato alla


crisi che il primo monachesimo benedettino stava attraversando nel
secolo XII, caratterizzata da una corruzione dilagante e dalla necessità
di un nuovo rinnovamento spirituale ed economico. Chi meglio dei
monaci di san Romualdo abituati ad una vita dura e severa in romi-
taggi collocati in regioni sperdute, sulla cima delle montagne o nelle
isolette del Mediterraneo, era adatto per questa missione apostolica,
nelle regioni della Sardegna medioevale non ancora civilizzate? Per
questo motivo, la maggior parte dei monasteri camaldolesi sorgeva in
zone isolate e lontane rispetto ai centri abitati, a differenza dei primi
monasteri prevalentemente vicini ad essi. L’ambiente rurale con le sue
vaste distese quasi completamente abbandonate, più libero da condi-
zionamenti giuridici e politici e al tempo stesso più bisognoso di im-
pegni in campo agricolo, economico e spirituale, si presentava come il
più adatto alla funzione sociale ed economica che i fondatori si erano
posti.
I monaci giungevano in Sardegna in seguito a donazioni, da
parte dei giudici, di chiese e monasteri associati a donnicalie o curtes.
Queste vaste porzioni di terre, boschi, pascoli, corsi d’acqua, vigne,
abitati da servi e bestiame appartenevano al demanio giudicale e veni-
vano cedute con tutti i diritti ad esse inerenti. Si creavano così delle
isole di immunità al cui interno i monaci potevano esercitare una giu-
risdizione autonoma, potenziata da privilegi, di natura giuridica e spi-
rituale, tra cui l’esenzione dal pagamento delle decime alla diocesi di
appartenenza e l’indipendenza dal vescovo locale, passando alle dirette
dipendenze del priore generale dell’Ordine. Anche alcune nobili fami-
glie locali emularono il sovrano contribuendo alla fondazione di mo-
nasteri camaldolesi e questi potevano più facilmente disporre di un
fondo rustico anziché di un edificio situato in città.
Le donazioni – definite pro anima da una formula ricorrente nei
documenti – dovevano avere in apparenza motivazioni di ordine spiri-
tuale; ma altre formule, altrettanto ricorrenti, come quella che trovia-
mo nel condaghe di Santa Maria di Bonarcado (83) «[…] et ordinent et

(83) E. BESTA-A. SOLMI, I Condaghi cit., p. 20 ss.; M. VIRDIS, Il Condaghe di


Santa Maria di Bonarcado cit., p. XLIII ss.

28
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

lavorent et edificient et plantent […]» dimostrano che la presenza dei


monaci era necessaria, oltre che per la cura spirituale delle anime, an-
che per l’economia del luogo. Del resto non si deve dimenticare che la
Regola benedettina propugnava la compenetrazione della tradizione
contemplativa del monachesimo orientale con il lavoro manuale ed
intellettuale (84). Specialmente in un’isola come la Sardegna, in cui era
forte l’esigenza di trasformare l’economia e di aiutare la popolazione,
la presenza dei monaci agricoltori non poteva che essere determinante.
La società e l’economia sarda trassero giovamento dall’opera dei bene-
dettini che apportarono migliorie e progressi sostanziali in diversi set-
tori: vennero dissodati i terreni con l’uso di nuove tecniche agricole,
impiantate nuove colture come la vite e l’olivo, bonificate le zone
umide, sfruttate le saline, incrementato l’allevamento del bestiame
ovino, bovino ed equino e sviluppata l’apicoltura (85). La loro opera fu
profonda anche dal punto di vista sanitario e sociale attraverso la crea-
zione di ospedali e ospizi annessi ai monasteri, dove si accoglievano e
si curavano poveri e infermi, e attraverso la bonifica delle zone malsa-
ne, contrastando così la malaria, una delle più frequenti cause di mor-
talità nell’isola (86). Sotto il profilo religioso poi, il monachesimo ca-
maldolese andava svolgendo un’intensa attività di assistenza spirituale
alle popolazioni delle zone più interne, ancora in gran parte restie al-
l’evangelizzazione. Fu fondamentale, inoltre, il contributo che i bene-
dettini diedero alla crescita culturale isolana con la fondazione di
scuole annesse ai monasteri ma, soprattutto, con il determinante ap-

(84) «[…] L’organizzazione economica della regola benedettina corrisponde


infatti alle condizioni della società agricola che l’Impero romano al tramonto lasciò
in eredità al medio evo, e riproduce il tipo della villa romana e della curtis dell’epo-
ca franca. Le necessità primarie dell’economia naturale, dello scambio dei servizi,
delle prestazioni di lavoro e di generi incombono sul modo con cui è fondata e di-
sciplinata l’istituzione claustrale» cfr. G. SALVIOLI, Il monachismo occidentale e la sua
storia economica, in «Rivista Italiana di Sociologia», fasc. I (gennaio-febbraio 1911),
pp. 11-12.
(85) Gli apporti del monachesimo all’economia sarda sono stati studiati ed
evidenziati da F. CHERCHI PABA, Lineamenti storici nell’agricoltura sarda nel secolo
XIII, in Studi in onore di F. Loddo Canepa, vol. II, pp. 122-216, Firenze 1959.
(86) V. ATZENI, Gli «hospitia» dei Benedettini in Sardegna, Cagliari 1950.

29
Valeria Schirru

porto allo sviluppo dell’attività cancelleresca nelle scrivanie giudicali.


Non è un caso, infatti, che la maggior parte dei documenti prodotti in
Sardegna siano stati redatti da ecclesiastici. In forza della sua autono-
mia economica e giuridica, gerarchica e disciplinare, il monastero me-
dioevale era un piccolo mondo, con agricoltori, artigiani, amanuensi,
i cui prodotti venivano così ad accrescere ed allargare il circuito eco-
nomico e ad elevare il livello culturale di tutta una regione. Gli studi
approfonditi, condotti fino ad oggi, hanno inoltre evidenziato l’indi-
spensabile apporto che gli ordini monastici diedero allo sviluppo del-
l’architettura ecclesiastica, reclutando maestranze toscane che seppero
rielaborare i modi romanici in funzione delle disponibilità economi-
che e dei materiali da costruzione presenti in loco (87). Ne derivava
così, in maniera del tutto naturale, un incremento delle attività eco-
nomiche, una riaggregazione di nuclei rurali e artigianali, un allaccia-
mento di contatti sul piano dell’economia e degli scambi e un contri-
buto al sorgere di nuovi villaggi e agglomerati rurali.
Potrebbe sembrare strano che un ordine eremitico e contempla-
tivo, come quello dei Camaldolesi, sia stato in Sardegna così vicino
alla popolazione, ma si deve sottolineare che la prerogativa dei seguaci
di san Romualdo, di adattarsi ad ogni esigenza di luogo e di tempo,
permetteva loro di fondare anche solo monasteri senza che vi fosse an-
nesso un eremo (88). È questo il caso della Sardegna in cui vennero

(87) D. SCANO, Storia dell’arte in Sardegna dall’XI al XIV secolo, Cagliari-Sassa-


ri 1907, pp. 61-64; R. SERRA, La Sardegna, Italia Romanica, vol. 10, Milano 1989;
R. CORONEO, Architettura romanica dalla metà del mille al primo ’300, Nuoro 1993.
(88) Numerose fondazioni camaldolesi erano caratterizzate dalla presenza di
un eremo e di un cenobio; quest’ultimo situato in genere ad un’altitudine inferiore
rispetto al primo, aveva la funzione di preparare spiritualmente i monaci all’espe-
rienza più alta e più dura dell’eremo, vera conquista della perfezione ascetica, dove i
monaci eremiti potevano dedicarsi esclusivamente alla preghiera e alla penitenza
nell’isolamento totale, delegando ai confratelli cenobiti le attività di carattere prati-
co, economico e amministrativo. «L’eremo difatti nella tradizione del monachesimo
orientale veniva considerata l’ultima fase, e la più perfetta dell’ascetismo cristiano;
esso quindi veniva concesso solo ai monaci perfetti, i quali ormai liberi per il lungo
esercizio delle virtù da ogni scoria del peccato, e raggiunti i più alti gradi della perfe-
zione evangelica, si trovano pronti a lottare da soli unicamente tesi alla più assoluta
unione con Dio» cfr. G.M. CACCIAMANI, Atlante storico-geografico Camaldolese cit.,
p. 7.

30
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

fondati solo monasteri, al loro interno organizzati gerarchicamente in


abbazie, vicarie e priorati. La maggiore autorità spettava all’abate a cui
venivano sottoposti i vicari e i priori; da questi ultimi dipendevano i
monaci, accanto ai quali si trovavano talvolta anche i conversi, ossia i
laici che non prendevano i voti ma collaboravano soprattutto alla vita
pratica ed economica del monastero.

6. Le chiese camaldolesi in Sardegna – Il contenuto dei documenti, al-


cuni dei quali inediti, ha reso necessario tracciare un profilo storico
delle chiese camaldolesi sarde, prima del quale è importante ricordare
che la maggior parte della documentazione, conservata nell’Archivio
di Stato di Firenze, riguarda le chiese affiliate all’abbazia madre di San
Salvatore di Camaldoli, nella diocesi di Arezzo, ma che comunque, in
questa stessa documentazione, si ritrovano anche notizie relative a
chiese affiliate al monastero camaldolese di San Zenone di Pisa, come,
ad esempio, Santa Maria di Bonarcado o le dipendenze di San Mami-
liano nell’isola di Monte Cristo.
Nei paragrafi che seguono si tratterà dunque, anche se breve-
mente, sia delle chiese affiliate a San Salvatore, oggetto dei documenti
editi in Appendice, sia di quelle solo citate in queste fonti, sulla base
degli elementi emersi dalla stessa documentazione ma anche in base
agli apporti degli studi già condotti sull’argomento.

6.1. San Pietro di Scano – La chiesa di San Pietro di Scano venne do-
nata, all’eremo di San Salvatore di Camaldoli, da Costantino I de La-
con giudice di Torres e sua moglie Marcusa de Gunale, diventando
così un priorato camaldolese.
Purtroppo nell’atto originale di donazione (89) non viene indi-
cato l’anno; questo fatto ha portato diversi studiosi a formulare ipote-
si contrastanti. Il Mittarelli (90) data il documento al 1112, mentre il

(89) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. I.


(90) B. MITTARELLI-A. COSTADONI, Annales Camaldulenses cit., tomo III, n.
CLXI, coll. 233-235.

31
Valeria Schirru

Tola (91) al 1113. Il Besta (92) invece lo attribuisce prima al 1124, sulla
base dei calcoli lunari, ma poi rettifica al 1114 (93). Il Lutzu (94) lo
colloca invece nel 1105. Lo Schiaparelli (95) lo data al 1112, mettendo
in relazione quest’atto ad un altro, datato chiaramente 13 dicembre
1112, in cui Azo, arcivescovo turritano, conferma la donazione della
chiesa di San Pietro di Scano fatta dal giudice di Torres Costantino I
all’eremo di San Salvatore di Camaldoli (96), conferma che deve evi-
dentemente presupporre già avvenuta la donazione. Per questo moti-
vo crediamo di poter utilizzare come termine ante quem il 1112, non
potendo stabilire se la donazione principale sia avvenuta nello stesso
anno 1112 o precedentemente. Sulla base di questi elementi si può
retrodatare sia la prima menzione di Costantino I de Lacon, in quali-
tà di giudice di Torres, che la prima attestazione di sua moglie Marcu-
sa o Maria de Gunale, che precedentemente risalivano invece al 28
ottobre 1113, secondo Pasquale Tola (97), rettificato poi dal Besta al
1114 (98).
La chiesa di San Pietro di Scano è nominata anche in un altro
documento (99), che sembrerebbe un atto accessorio e posteriore alla
donazione vera e propria, in cui viene specificato il numero degli ani-
mali che appartenevano alla chiesa, mentre si parla genericamente di
servi e ancelle (100). Questo secondo documento, non presentando al-

(91) P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. XIII, p. 186.


(92) E. BESTA, Rettificazioni cronologiche cit., p. 249.
(93) E. BESTA, La Sardegna medioevale, vol. II, Le istituzioni politiche, economi-
che, giuridiche, sociali, Palermo 1909, p. 276.
(94) P. LUTZU, Il Montiferro. Appunti storici con più ampie notizie sul comune di
Scano, Oristano 1922, p. 41.
(95) L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli cit., vol. II, n. 735,
p. 48.
(96) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. III.
(97) P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. XVII, p. 189 e nell’Appendice docu-
mentaria il doc. VI.
(98) E. BESTA, Rettificazioni cronologiche cit., pp. 295 ss.
(99) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. II.
(100) Il testo del documento cita così: «Ego Constantinus Dei gratia, imperator
Turrensis regni, una cum coniuge / mea Marcusa, offerimus et damus Deo et beato Salva/

32
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

cuna traccia di sigillo, a differenza del precedente, ha fatto dubitare lo


Schiaparelli della sua originalità (101).
Un terzo documento, datato 13 dicembre 1112 (102), contiene,
oltre che la conferma della donazione della chiesa da parte dell’arcive-
scovo di Torres Azo, anche la concessione di alcuni privilegi giurisdi-
zionali alla stessa chiesa. Per sua disposizione infatti il monastero veni-
va svincolato dalla giurisdizione della diocesi, passando direttamente
alle dipendenze del priore generale dell’ordine Camaldolese. L’arcive-
scovo stabiliva, inoltre, che nessuno avrebbe potuto amministrare la
chiesa e il monastero se non fosse stato preposto dal priore generale e
che, se qualche monaco fosse stato trasferito, non avrebbe potuto ave-
re più alcuna ingerenza nelle questioni interne della chiesa.
La chiesa di San Pietro di Scano si trova nominata tra le chiese
della diocesi Turritana nei privilegi pontifici e in quelli imperiali, ema-
nati a favore della congregazione Camaldolese, in cui l’ultima menzio-
ne risale al 1209 (103).
Notizie più tarde possono essere tratte dai registri delle Colletto-
rie conservati nell’Archivio Segreto Vaticano. San Pietro di Scano com-
pare infatti negli elenchi delle decime, dovute alla Chiesa di Roma per
gli anni 1341 e 1342, come una chiesa della diocesi di Bosa, mentre in
quelle degli anni 1346-1350 figura come un priorato dipendente dalla
stessa diocesi (104). Il priorato di Scano, che inizialmente era indipen-
dente, passò successivamente alle dipendenze dell’abbazia di Santa Tri-
nità di Saccargia, quando questa, favorita dalla vicinanza di Ardara, resi-
denza dei giudici di Torres, assunse una maggiore importanza.

tori de Camalduli, ecclesiam Sancti Petri de Scano, cum rebus / omnibus quas habet, vel
pro tempore acquisitura erit. Sed nunc / ad presens inter hoc habet et nos ex nostro damus
sunt: mille / berbece et quingenti porci et XXX vacce et servi et / ancille, quanti invenientur
esse predicte ecclesie beati Petri. […]», cfr. nell’Appendice documentaria il doc. II.
(101) L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli cit., vol. II, n. 736,
p. 49.
(102) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. III.
(103) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. VII, X, XVI, XVIII, XX, XXI,
XXV, XXVII.
(104) P. SELLA, Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Sardinea, Città
del Vaticano 1945, pp. 34, 88, 171, 178.

33
Valeria Schirru

Della chiesa, attualmente non più esistente, rimane il ricordo


nel nome della parrocchia del paese (l’attuale Scano Montiferru) che è
stata ricostruita alla fine del secolo XVIII, dopo che un incendio di-
strusse quella precedente (105). Alla luce delle poche conoscenze attuali
non è possibile sapere quale fosse l’ubicazione del monastero camaldo-
lese. Possiamo trarre qualche notizia solamente dall’opera di Pietro
Lutzu (106), secondo il quale una tradizione popolare localizzava il mo-
nastero vicino al cimitero del paese, ma i dati riportati sono prevalen-
temente leggendari. L’unico elemento certo che potrebbe esserci di
aiuto è una frase del documento di donazione (cfr. doc. I) «Et faciolu
pupillu ad Sanctum Petrum de Iscanu in su flumen de Vosa». Questo
dato potrebbe essere utile per la localizzazione del sito, ma solo una
ricerca che coinvolga lo storico, l’archeologo e lo storico dell’arte po-
trebbe dare notizie più sicure. Attualmente, della chiesa, ne sopravvi-
ve il ricordo nel semplice titolo di Priore di San Pietro di Scano tra-
smesso al vescovo di Bosa.

6.2. San Nicola di Trullas – La chiesetta di San Nicola di Trullas, sita a


pochi chilometri dall’abitato di Semestene, venne donata all’eremo di
San Salvatore di Camaldoli dalla potente famiglia turritana degli
Athen il 29 ottobre 1113 (107). Dal documento sembrerebbe che in
prossimità della chiesetta si fossero stabiliti precedentemente alcuni
«donnos heremitas», anche se non tutti gli storici sono d’accordo con
quest’affermazione (108). La denominazione di Trullas, che compare
già nell’atto di donazione, potrebbe riferirsi ad una preesistente chiesa
bizantina cupolata; la voce trudda è infatti la versione logudorese del
latino trulla «cupola» (109). La chiesa, costruita in conci di calcare chia-

(105) G. ZANETTI, I Camaldolesi cit., p. 37.


(106) P. LUTZU, Il Montiferro cit., p. 41 ss.
(107) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. VI.
(108) Un’opinione contraria è sostenuta da B. ANATRA, Santa Sede e Sardegna
tra medioevo ed età moderna cit., p. 76.
(109) G. LILLIU, Trulla «cupola» in Sardegna, in «Archivio Storico Sardo», vol.
XXVI (1959), pp. 509-521.

34
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

ro, è di dimensioni piuttosto modeste, ma viene messa in risalto dalla


posizione isolata che occupa in mezzo alla campagna (110).
Con il documento gli Athen intendevano fornire la loro chiesa
di paramenti sacri, libri, reliquie e contemporaneamente affiliarla al-
l’eremo di San Salvatore di Camaldoli, assicurando così un’ulteriore
sviluppo economico, sociale e spirituale ai loro possedimenti.
Della chiesa di San Nicola di Trullas ci rimane anche il condaghe,
attualmente conservato nella Biblioteca Universitaria di Cagliari (111), in
cui sono contenuti atti riguardanti il monastero e le sue pertinenze re-
lativamente al secolo XII (112).
I numerosi documenti relativi a San Nicola di Trullas, conserva-
ti nell’Archivio di Stato di Firenze (113), attestano continue destituzio-
ni e rielezioni dei vicari della stessa chiesa, testimonianza dei molti di-
sordini avvenuti nella gestione di quest’ultima durante i secoli XIII e
XIV. Tra questi documenti assume una notevole importanza l’inventa-
rio dei beni della vicaria, redatto da don Bartolomeo il 18 giugno
1279 (114), in cui sono elencati tutti gli animali, distinti per sesso ed
età, le monete, i prodotti agricoli, e infine i libri, gli arredi, i paramen-
ti sacri e i documenti d’archivio. Soprattutto questi ultimi si rivelano
interessanti: nella chiesa erano conservati ben cinque condaghi e ses-
santadue privilegi, di cui cinquantacinque con bolla plumbea, cinque
con bolla di cera e due senza bolla.

6.3. San Paolo di Cotroniano – In un periodo compreso fra il 1114 e il


1125, Maria de Gunale, con il consenso di suo marito Costantino I de

(110) D. SCANO, Storia dell’arte in Sardegna cit., pp. 121-124; R. DELOGU,


L’architettura del medioevo in Sardegna, Roma 1953, pp. 109-111; R. SERRA, La Sar-
degna cit., p. 389; R. CORONEO, Architettura romanica cit., scheda 10, p. 63.
(111) Biblioteca Universitaria di Cagliari, Manoscritto n. 278.
(112) E. BESTA-A. SOLMI, I Condaghi cit.; R. CARTA RASPI (a cura di), Condaghe
di San Nicola di Trullas, Cagliari 1937 e P. MERCI (a cura di), Il Condaghe di San
Nicola di Trullas, Sassari 1992.
(113) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. XXVIII, XXX, XXXI, XXXII,
XXXIII, XXXV, XXXVIII, XXXIX, XL.
(114) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XXXIX.

35
Valeria Schirru

Lacon giudice di Torres, donò, all’eremo di San Salvatore di Camaldo-


li, la chiesa di San Paolo di Cotroniano con tutti i suoi beni e le sue
pertinenze, sottoponendoli alla giurisdizione del priore generale del-
l’ordine Camaldolese. Il documento, rimastoci solo nella forma della
registrazione (115), è privo di qualsiasi indicazione cronologica: il ter-
mine ante quem è fornito dal 7 marzo 1125, data del primo privilegio
pontificio in cui si trova la prima menzione della chiesa; il termine
post quem è costituito dal 4 novembre 1114, data del privilegio ponti-
ficio in cui sono nominati tra i possessi camaldolesi sardi le chiese di
San Pietro di Scano e di Santa Trinità di Saccargia e non la chiesa di
San Paolo di Cotroniano (116). In Maria de Gunale, promotrice della
donazione, deve riconoscersi la stessa Marcusa de Gunale, unica mo-
glie del giudice di Torres Costantino I de Lacon (117), la cui prima
menzione risaliva al 1112 (118), mentre l’ultima al 1130-1134 (119).
Successivamente lo stesso Costantino I de Lacon, con documento
datato 1° agosto (120), libera e assolve i servi della chiesa da ogni servizio
e dovere verso il regno, verso il curatore, il maiore de scolca e i pupillares
a cui era sottoposta la chiesa; per la datazione del documento, in cui
manca l’anno, è stato adottato come termine post quem il 1125, data del
privilegio pontificio in cui viene nominata per la prima volta la chiesa di
San Paolo di Cotroniano tra i possessi camaldolesi sardi (121). In partico-
lare questo documento permette di postdatare l’ultima menzione del-
lo stesso Costantino I de Lacon in qualità di giudice, che fino ad oggi
risaliva al 30 aprile 1124 (122).

(115) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. IX.


(116) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. X e VII.
(117) L.L. BROOK, F.C. CASULA, M.M. COSTA et al., Genealogie medioevali di
Sardegna cit., tav. V e pp. 191-192.
(118) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. III e IV.
(119) P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. XXXVIII, p. 205; E. BESTA, Rettifica-
zioni cronologiche cit., p. 295 ss.; A. SABA, Montecassino e la Sardegna medioevale. Note
storiche e Codice Diplomatico sardo-cassinese, Montecassino 1927, doc. XX, p. 173.
(120) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XI.
(121) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. X.
(122) P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. XIII, p. 186 e L.L. BROOK, F.C.
CASULA et al., Genealogie medioevali di Sardegna cit., tav. V e pp. 191-192.

36
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

La chiesa di San Paolo di Cotroniano compare poi in tutti i pri-


vilegi pontifici a favore dell’Ordine (123). Attualmente del titolo della
chiesa rimane il ricordo nell’attuale parrocchia di Codrongianus.

6.4. San Pietro di Arkennor, Santa Maria di Saganza, San Pietro di


Monticleta – Con una pergamena in latino, datata 1134 (124), Giovan-
ni, vescovo di Sorres, donò le quattro chiese di San Pietro di Arken-
nor, Santa Maria di Saganza, San Pietro di Monticleta e San Nicola di
Trullas, con tutte le loro pertinenze, all’eremo di San Salvatore di Ca-
maldoli. La donazione, conservata in copia semplice nell’Archivio di
Stato di Firenze, venne sottoscritta dall’arcivescovo di Torres Azo, dal-
l’arciprete Istephanus e da Itoccorre priore di Sorres.
La donazione delle stesse chiese è contenuta anche in un altro do-
cumento in sardo, non datato (125), emanato da Giovanni Sargu, vescovo
di Sorres, il cui termine post quem è costituito dal documento precedente
datato 1134. Come comprovanti l’atto sono citati due degli ecclesiastici
che si trovavano anche nel documento in latino, ma con la specificazio-
ne dei loro cognomi: il priore Itoccorre de Monte e l’arciprete Istephane
Catha. Il documento in sardo, privo di data, sembrerebbe contenere lo
stesso testo del documento in latino ma con alcune differenze. Nel do-
cumento sardo è rispettato il formulario dei documenti prodotti nel-
l’isola e, in più, rispetto all’altro documento compaiono anche le figure
del giudice di Torres Barisone II de Lacon, di sua moglie Preziosa de
Orrù, e di suo figlio Costantino, indicato come re. Se si accetta il termi-
ne post quem del 1134 si possono retrodatare: la prima menzione di Ba-
risone II de Lacon come giudice, che fino ad oggi risaliva al 1147 (126), la
prima menzione di Preziosa de Orrù, come sua consorte, che risaliva al
1153 (127) e la prima menzione di Costantino II de Lacon, come regnan-
te insieme al padre, che risaliva al 1170 (128).

(123) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. X, XVI, XVIII, XX, XXI.


(124) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XII.
(125) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XIII.
(126) P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. LVI, p. 216.
(127) P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. LIX, p. 218.
(128) P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. XCVII, p. 240.

37
Valeria Schirru

Non è stato possibile localizzare attualmente queste tre chiese,


che dovevano trovarsi evidentemente nella diocesi di Sorres. Secondo
il parere di Ginevra Zanetti le chiese erano ubicate in prossimità di
Bonorva, vicino al rio tutt’oggi denominato Arkennor (129).
Appare strana la presenza della chiesa di San Nicola di Trullas,
già donata all’eremo di San Salvatore di Camaldoli dalla famiglia degli
Athen nel 1113 (130).

6.5. Santa Maria in Contra – La chiesa di Santa Maria in Contra, che


sorge a brevissima distanza dal paese di Cargeghe (in provincia di
Sassari), si trovava compresa nella curatoria di Ploaghe, nel giudicato
di Torres.
Non si ha alcuna notizia dell’atto di donazione; la sua prima
menzione si ritrova in una bolla pontificia emanata da Onorio II il 7
marzo 1125 (131), in cui vengono elencati tutti i possessi camaldolesi e
tra le chiese situate in Sardegna troviamo «ecclesiam Sancte Marie in
loco qui dicitur Contra».
Successivamente la si ritrova citata in tutti gli altri privilegi pon-
tifici e imperiali a favore della Congregazione (132). Notizie più tarde
relative all’esistenza della chiesa si trovano nei registri delle Collettorie
conservati nell’Archivio Segreto Vaticano, dove, negli elenchi delle de-
cime dovute alla Chiesa di Roma per gli anni 1341, 1342 e 1346-
1350 si parla di un “rectore de Contra” dipendente dalla diocesi di Plo-
aghe (133).
La chiesa, edificata nel secolo XII, attualmente ben conservata,
è una delle più piccole chiese romaniche dell’isola (134).

(129) G. ZANETTI, I Camaldolesi cit., p. 233.


(130) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. VI.
(131) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. X.
(132) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. XVI, XVIII, XX, XXI, XXV,
XXVII.
(133) P. SELLA, Rationes Decimarum Italiae cit., pp. 36, 97, 164.
(134) D. SCANO, Storia dell’arte in Sardegna cit., p. 226; R. CORONEO, Architet-
tura romanica cit., scheda 47, p. 144.

38
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

6.6. San Pietro in Ollin – La chiesa di San Pietro in Ollin è ubicata


nella campagna di Orotelli, in una zona ricca di acque termali già co-
nosciuta dai romani come Oddìni. In periodo medioevale faceva parte
della curatoria di Dore-Orotelli nel giudicato di Torres; attualmente è
in provincia di Nuoro.
La chiesa venne donata, con tutte le sue pertinenze, all’eremo di
San Salvatore di Camaldoli nel 1139 da Ugo, detto vescovo di Orotel-
li (135). Da notare infatti, nell’escatocollo, la formula «Ugo Ortellensis
ecclesie episcopus»: al momento, non esistendo studi specifici sulle dio-
cesi sarde risalenti al 1139, si può ipotizzare un momentaneo sposta-
mento della sede vescovile da Ottana a Orotelli, vista la vicinanza dei
due paesi.
L’atto di donazione assume una evidente importanza per la pre-
senza tra i sottoscrittori, oltre che di Gualfredo, vescovo di Ploaghe, e
Giovanni, vescovo di Sorres, anche di Baldovino, arcivescovo di Pisa,
che era stato insignito dal pontefice della legazia pontificia in Sardegna.
La chiesa di San Pietro in Ollin è ricordata anche in altri docu-
menti successivi, come la bolla del 7 febbraio 1147 (136) emanata da
Eugenio III a favore di tutta la congregazione Camaldolese e successi-
vamente in tutti gli altri privilegi pontifici e imperiali a favore dell’Or-
dine (137).
La sua primitiva struttura è di impianto romanico, ma la faccia-
ta venne ricostruita successivamente secondo modi tardogotici (138).

6.7. San Saturnino di Usolvisi, Santa Maria di Anela, San Giorgio di


Aneleto – Con un documento del 1164, Atone, vescovo di Castro,
donò all’eremo di San Salvatore di Camaldoli le chiese sarde di San
Saturnino di Usolvisi, Santa Maria di Anela e San Giorgio di Aneleto,
site nella curatoria del Goceano. Il documento è riportato dal Mitta-

(135) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XV.


(136) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XVI.
(137) Cfr. nell’Appendice documentaria, i docc. XVIII, XX, XXI, XXV,
XXVII.
(138) R. CORONEO, Architettura romanica cit., scheda 51, p. 146.

39
Valeria Schirru

relli (139) che lo dice copiato «ex apographo misso ab episcopo Castrensi
anno 1626». Le chiese vengono poste sotto la giurisdizione del priore
generale dei Camaldolesi, che poteva nominare un rettore, il quale
avrebbe avuto però degli obblighi precisi verso lo stesso vescovo di Ca-
stro.
Delle tre chiese, ubicate tutte nei pressi del villaggio di Anela,
nella curatoria del Goceano, compresa nel giudicato di Torres, ora in
provincia di Sassari, non si trova alcuna menzione nei documenti con-
servati nell’Archivio di Stato di Firenze.
La chiesa di San Saturnino di Usolvisi (140), chiamata anche San
Saturnino Terme, piuttosto piccola e interamente costruita in trachite
rossa, si trova nel comune di Bultei, ma viene tradizionalmente conside-
rata pertinenza di Benettuti e dipende dalla parrocchia di questo centro.
La chiesa di Santa Maria di Anela (141), chiamata anche Nostra
Signora di Mesumundu o Madonna delle Rose, sorge a breve distanza
dal paese di Anela. Venne edificata probabilmente intorno al 1162,
prima di essere affiliata ai Camaldolesi. Durante i restauri del 1977,
dietro l’altare vennero rinvenuti, in un involucro in cera con sigillo di
Atone, un reliquiario d’argento, un denaro d’argento coniato a Geno-
va e la pergamena di consacrazione datata 13 maggio 1162, oggi con-
servata nell’Archivio Parrocchiale di Anela (142).
La chiesa di San Giorgio di Aneleto (143) è attualmente una picco-
la cappella, edificata di recente nella montagna che si trova sopra il pae-
se di Anela. Sorge accanto ai ruderi dell’omonima chiesa medioevale.

6.8. Santa Maria di Orrea Pichina e Santa Giusta di Orrea Pichina –


La chiesa di Santa Maria Maddalena, che sorge ad una decina di chilo-

(139) B. MITTARELLI-A. COSTADONI, Annales Camaldulenses cit., tomo IV, n.


XII, coll. 22-24 e P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. LXXIII, p. 226.
(140) R. CORONEO, Architettura romanica cit., scheda 49, p. 145.
(141) R. CORONEO, Architettura romanica cit., scheda 48, p. 144.
(142) F. AMADU, La diocesi medioevale di Castro, Ozieri 1984, doc. 1.
(143) S. PIRISINU (a cura di), Repertorio, in Le chiese nel verde, Architetture reli-
giose rurali nella provincia di Sassari, Sassari 1989, p. 160.

40
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

metri dal paese di Chiaramonti (provincia di Sassari), è l’antica chiesa di


Santa Maria di Orrea Pichina che si trovava in epoca medioevale nella
curatoria dell’Anglona, nel giudicato di Torres. L’edificio, in stile roma-
nico, ha dimensioni molto ridotte, con pianta a croce latina, realizzata
in trachite e calcare bianco disposti a fasce alterne (144). Alla sinistra del
portale si trova un’iscrizione parzialmente leggibile relativa a restauri av-
venuti in data successiva al 1300.
La chiesa di Santa Giusta di Orrea Pichina, anch’essa nel comu-
ne di Chiaramonti, sorge a breve distanza dalla chiesa di Santa Maria
Maddalena, in una piccola valle particolarmente ricca d’acque. È stata
lasciata in stato di abbandono fino al recente intervento di restauro
che ne ha modificato profondamente l’aspetto (145).
La prima menzione di entrambe le chiese si trova nell’atto di
donazione, datato 10 luglio 1205, di cui non esiste il documento ori-
ginale ma solo un sommario coevo (146). Le due chiese, insieme a tutte
le loro pertinenze, vennero donate ai Camaldolesi da Maria de Thori,
zia di Comita II de Lacon, giudice di Torres. Nel documento, la dona-
zione viene fatta dietro consenso di una serie di personaggi della fami-
glia de Lacon, tra cui sono ricordati: i figli della stessa Maria de Thori,
Costantino, Mariano e Barisone; il giudice di Torres, Comita II de La-
con; sua moglie donna Specla, identificabile probabilmente con Ispel-
la de Lacon Serra, figlia di Barisone I giudice di Arborea; il loro figlio
Mariano II de Lacon; la madre dello stesso Comita, Preziosa de Orrù.
Questo breve sommario costituisce una fonte preziosa per le cronolo-
gie dei personaggi nominati. Ispella de Lacon Serra, figlia di Barisone
I giudice di Arborea, era vedova di Ugone-Poncio de Cervera visconte
di Bas; la sua ultima menzione come moglie di Comita, ma in procin-
to di divorziare da lui, è del 1204 (147). L’ultima menzione documen-
taria di Preziosa de Orrù, madre di Comita II de Lacon, e moglie di
Barisone II de Lacon, risaliva invece al 1178 (148). La donazione venne

(144) R. CORONEO, Architettura romanica cit., scheda 52, p. 147.


(145) S. PIRISINU (a cura di), Repertorio cit., pp. 158-189.
(146) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XXII.
(147) D. SCANO, Codice Diplomatico cit., vol. I, n. XXII, p. 15.
(148) P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. CVIII, p. 250.

41
Valeria Schirru

poi confermata successivamente da Pietro, vescovo di Ampurias, con


un documento datato semplicemente 1205, con cui lo stesso vescovo
concesse al priore dell’ordine Camaldolese la prerogativa di eleggere e
destituire il priore delle due chiese, senza alcuna ingerenza da parte del
vescovo (149).
Successivamente lo stesso Comita II de Lacon, giudice di Tor-
res, che aveva dato il suo consenso alla donazione di Maria de Thori,
dona alle due chiese l’acqua delle fontane di Aghitu, di Cutathu e di
Santa Giusta per il mulino. In questo documento, datato sicuramente
post 1205 (150), compare per la prima volta la seconda moglie di Co-
mita II, donna Agnese, figlia di Manfredo II marchese di Saluzzo, la
cui prima menzione risaliva fino ad oggi al 1210 (151).
In originale ci rimane solo un documento datato 1 luglio 1210 in
cui sempre Maria de Thori conferma nuovamente la donazione delle due
chiese, aumentandole di ampie dotazioni terriere, vigne, salti, ville, servi
e ancelle e aggiungendovi la donazione della domus di Tiugulbi (152).
Altri tre documenti editi in Appendice, riguardano la chiesa di
Santa Maria di Orrea Pichina diventata nel frattempo un priorato (153).
Nel primo, datato 7 maggio 1271, don Giovanni, priore generale del-
l’ordine Camaldolese, rimosse don Iacopo de Calcinaria dalla vicaria
di San Nicola di Trullas e nominò vicario, rettore ed amministratore
della stessa e vicario generale in Sardegna, don Martino Pisano, col
mandato della visitatio nel monastero di Saccargia e nelle vicarie di San
Nicola di Trullas e di Santa Maria di Orrea Pichina. Evidentemente si
trattava di un incarico temporaneo se, il 15 settembre 1272 (154), don

(149) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XXIII.


(150) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XXIV. Il termine post quem è
dato dalla data del doc. XXII che contiene la donazione delle chiese di Santa Maria e
di Santa Giusta di Orrea Pichina.
(151) P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XIII, n. XX, p. 317. Era stato già ipotizzato
che il matrimonio tra Comita II de Lacon e donna Agnese fosse avvenuto nel 1205,
presumibilmente dopo l’annullamento del primo con Ispella de Lacon Serra. Cfr. B.
BAUDI DI VESME, Guglielmo, giudice Cagliari e l’Arborea cit., p. 29.
(152) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XXVI.
(153) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. XXXV, XXXVI, XXXVII.
(154) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XXXVI.

42
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

Bono, priore generale dell’ordine Camaldolese, elesse pastore e rettore


della chiesa di Santa Maria di Orrea Pichina don Taddeo, monaco ca-
maldolese di Potheolis, che nello stesso giorno giurò sui vangeli che
avrebbe amministrato onestamente i beni affidatigli (155). Da queste
continue rimozioni ed elezioni di vicari si intravede una situazione di
crisi, simile a quella che attraversava nello stesso periodo la chiesa ca-
maldolese di San Nicola di Trullas. Negli elenchi delle decime dovute
alla Chiesa di Roma per gli anni 1341 e 1342 si parla di un “subpriore”
e di un “rectore” de “Oria Picina ampuriensis diocesis”, e in quelli relati-
vi al triennio 1346-1350 si parla proprio di una “ecclesia seu prioratu de
Orria Pichinna” (156).

6.9. Santa Trinità di Saccargia – Secondo la leggenda, nel luogo in cui


sorge la chiesa un giorno venne trovata una vacca vargia, cioè pezzata,
a cui era legata una carta in cui si ordinava la costruzione, in quel luo-
go, di una chiesa. Dalla corruzione dialettale in “sa baccarza” derive-
rebbe il termine Saccargia. Ma sulla nascita della chiesa esiste anche
un’altra leggenda che vede come protagonisti il giudice Costantino I
de Lacon, giudice di Torres, e sua moglie Marcusa de Gunale, afflitti
per la morte prematura di tutti i loro figli. Una sera, durante un per-
nottamento nella zona, apparve loro la Madonna che promise la di-
scendenza tanto desiderata se, in quel luogo, avessero costruito una
chiesa consacrata alla Santissima Trinità. L’impegno venne mantenu-
to. La chiesa tutt’oggi esistente si trova nel comune di Codrongianus,
in provincia di Sassari, e in periodo medioevale apparteneva al territo-
rio della curatoria di Ploaghe, nel giudicato di Torres. Costituisce at-
tualmente l’esempio più significativo di arte romanica nell’isola e col-
pisce per la sua posizione isolata, per la bicromia dovuta all’alternanza
di filari di basalto nero e calcare e per le dimensioni della torre campa-
naria che affianca e sovrasta la chiesa. La costruzione, a cui doveva es-
sere annesso un monastero di cui sono visibili ancora i ruderi, venne
edificata sicuramente prima del 1112. Molto probabilmente quando i
Camaldolesi si insediarono a Saccargia dovettero ampliare la chiesa

(155) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XXXVII.


(156) P. SELLA, Rationes Decimarum Italiae cit., pp. 24, 92, 188, 199.

43
Valeria Schirru

preesistente innalzandola, ed in luogo della facciata originaria vi rea-


lizzarono quella attualmente visibile (157).
La chiesa, con tutte le sue pertinenze, venne donata da Costanti-
no I de Lacon, giudice di Torres e sua moglie Marcusa de Gunale, al-
l’eremo di San Salvatore di Camaldoli. Dell’atto di donazione ci rimane
solamente un sommario senza data (158), a cui è stato possibile attribuire
come termine ante quem il 16 dicembre 1112 (159), data in cui Azo,
arcivescovo di Torres confermò la donazione, concedendo al priore della
chiesa importanti esenzioni e privilegi giurisdizionali: la chiesa veniva
svincolata dal pagamento delle decime e da qualsiasi dipendenza dallo
stesso arcivescovo, mentre ai monaci veniva conferita la giurisdizione su
tutte le persone soggette al monastero tra cui anche laici, liberi e servi.
A favore dell’abbazia di Saccargia venne emanato un primo pri-
vilegio pontificio il 21 gennaio 1137 (160) con il quale vennero conces-
se al monastero ulteriori esenzioni giurisdizionali e finanziare, e un se-
condo, il 19 novembre 1154 (161), dove sono elencate tutte le chiese
sarde ad essa affiliate e sottoposte. Quest’ultimo atto si presenta, dun-
que, di notevole importanza, anche se non è stato possibile identifica-
re l’ubicazione attuale di tutte queste chiese. Va aggiunto il fatto che la
pergamena non è in perfetto stato di conservazione e risulta di difficile
lettura in alcuni punti. Le chiese nominate sono: San Simone in Con-
tra e San Giovanni in Contra, Santa Maria in Altasar, Santa Maria in
Ocaai, San Giorgio de Ovio, ed un’ultima chiesa di Banari della quale
non si riesce a leggere il nome. Sulla loro ubicazione si possono fare
solo delle congetture, non esistendo attualmente in questi villaggi
chiese di quel periodo. Tra queste però la chiesa di Santa Maria in Al-
tasar era già conosciuta perché si trovava citata nella bolla di Onorio II
del 7 marzo 1125 (162), nella quale non veniva specificato che fosse

(157) D. SCANO, Storia dell’arte in Sardegna cit., pp. 160-176; R. DELOGU,


L’architettura del medioevo cit., pp. 77-78; R. SERRA, La Sardegna cit., p. 272 ss.;
R. CORONEO, Architettura romanica cit., scheda 46, p. 138.
(158) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. IV.
(159) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. V.
(160) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XIV.
(161) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XIX.
(162) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. X.

44
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

una pertinenza di Saccargia. Negli elenchi delle decime dovute alla


Chiesa di Roma per gli anni 1341 e 1342 e si parla di un “rectore
ecclesie de Abtasar diocesis bosane” (163), di un “rectore de Onio diocesis
bosane” (164), e viene spesso citato un “rectore de ecclesie S. Marie in
villa Banari” (165).
La solenne consacrazione della chiesa di Santa Trinità di Saccargia
avvenne il 5 ottobre del 1116, davanti alla presenza dei più alti prelati
dell’isola. Nel 1600 venne ristampato l’atto di consacrazione che fu rie-
dito dal Tola (166). Il monastero divenne ben presto un’abbazia, dipen-
dente sempre dall’eremo di San Salvatore di Camaldoli, ma a capo di
tutte le altre chiese camaldolesi dell’isola. Nel 1355 troviamo infatti
l’abate di Saccargia al Parlamento convocato, a Cagliari, dal re d’Arago-
na Pietro IV il Cerimonioso, come rappresentante del potente ordine
Camaldolese (167). Un “abbate de Saccaria” e un “fratre Orlando monacho
di Saccaria” compaiono come testimoni in diversi importanti documen-
ti, contenuti nel Liber Censuum di Cencio Camerario conservato nella
Biblioteca Apostolica Vaticana, datati dal 1236 al 1237 (168). Notizie
tarde, risalenti fino alla metà del secolo XVI, sull’importante ruolo che
l’abate di Saccargia rivestì, oltre che nell’ambito della chiesa isolana an-

(163) P. SELLA, Rationes Decimarum Italiae cit., pp. 31 e 140.


(164) P. SELLA, Rationes Decimarum Italiae cit., p. 32.
(165) P. SELLA, Rationes Decimarum Italiae cit., pp. 42, 86, 142, 146, 164, 175,
186.
(166) P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. XXI, p.192. Il testo dice così: «Con-
dague de sa Abadia de sa SS. Trinidade de Saccargia, istituida et fundata dae su serenis-
simu Costantinu de Lacon , rege et Iuygue qui fuit de Logudoro, cum sa illustris donna
Marcusa de Gunale mugiere sua. Et restauranda de sa S.C.R.M. de Philippo rege nostru
[…]. Currende su annu de su Segnore nostru Jesu Christu milliquentu et seygui, indic-
tione nona, quinta octobris […]».
(167) A. SOLMI, Le costituzioni del primo parlamento sardo del 1335, in «Archi-
vio Storico Sardo», vol. VI (1910), pp. 266-270.
(168) I documenti in questione riguardano i giuramenti di fedeltà a papa Gre-
gorio IX ed il riconoscimento dei diritti della Sede Apostolica sui giudicati di Gallu-
ra e Torres, da parte di Adelasia e di suo marito Ubaldo Visconti. Sono editi per
intero in M.M.P. FABRE-L. DUCHENSE, Le Liber censuum, Paris 1905-1910, pp. 573-
582 e regestati in M. CERESA, La Sardegna nei manoscritti della Biblioteca Apostolica
Vaticana, Cagliari 1990, pp. 31-33.

45
Valeria Schirru

che nei rapporti tra la Sardegna e la Santa Sede, possono trarsi anche da
alcuni documenti conservati nell’Archivio Segreto Vaticano (169).
Del titolo nominale di priore di Saccargia è tuttora insignito
l’arcivescovo di Sassari.

6.10. Santa Maria di Bonarcado – Nel comune di Bonarcado, nel terri-


torio di quella che fu la curatoria del Campidano di Milis, compresa nel
giudicato di Arborea, si trovano due chiese intitolate a Santa Maria: la
parrocchiale, ubicata nella parte alta del paese di Bonarcado, e il santua-
rio omonimo chiamato anche Nostra Signora di Bonacattu di età prece-
dente al primo. La più antica delle due, dedicata a Nostra Signora di
Bonacattu, probabilmente di fabbrica mediobizantina, sorge su un inse-
diamento nuragico su cui si sovrappose un edificio tardo romano; la par-
rocchiale di epoca più recente si presenta di dimensioni maggiori (170).
Le notizie, riguardanti le due chiese, si ricavano quasi tutte da
carte contenute all’interno del condaghe di Santa Maria di Bonarca-
do, ora conservato nella Biblioteca Universitaria di Cagliari (171). L’in-
sediamento dei Camaldolesi a Bonarcado potrebbe risalire al 1110,
anno di datazione della carta più antica del condaghe (172), sulla quale
ci si deve basare come termine ante quem, mancando la carta della do-
nazione principale (173). Dal testo del documento risulta che Costanti-

(169) In particolare un documento datato Roma 18 luglio 1555, in cui il pon-


tefice Paolo IV concede a Giovanni Bichisanio, decano della chiesa di Torres, la
commenda del monastero camaldolese di Santa Trinità di Saccargia, vacante per la
morte di Gavino Falchi, cfr. D. SCANO, Codice Diplomatico cit., vol. II, n. CDLXIV,
p. 313. In un altro documento datato Roma 20 agosto 1568 il pontefice Pio V con-
cede a Paolo Capite la commenda del monastero camaldolese di Santa Trinità di
Saccargia, di patronato del re di Spagna, vacante per la morte di Giovanni Zignisano
ultimo possessore, cfr. Ibidem, n. DXIII, p. 352.
(170) D. SCANO, Storia dell’arte in Sardegna cit., pp. 136-139; R. DELOGU, L’ar-
chitettura del medioevo cit., pp. 26-28, pp.127-129, pp. 180-182; R. SERRA, La Sarde-
gna cit., p. 158; R. CORONEO, Architettura romanica cit., schede 20-21, p. 103 ss.
(171) Biblioteca Universitaria di Cagliari, Manoscritto n. 277. Cfr. M. VIRDIS,
Il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado cit., e E. BESTA-A. SOLMI, I Condaghi cit.
(172) Cfr. carta 1 del Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, p. 115 dell’edi-
zione BESTA-SOLMI.
(173) E. BESTA-A. SOLMI, I Condaghi cit., p. 18.

46
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

no I de Lacon-Serra, giudice di Arborea, con la moglie Anna de Zori e


con il consenso dell’arcivescovo di Oristano, istituì una badia, dotan-
dola di ampie donazioni e affiliandole successivamente altre nove
chiese: Sant’Agostino di Austis, San Pietro di Bidonì, Santa Maria di
Boele, San Sergio di Suei, Santa Vittoria di Monte Santo, San Simeo-
ne di Vesala, San Giorgio di Calcaria, Santa Corona di Rivia, Santa
Vittoria di Serla, a cui poi vennero aggiunte quelle di San Pietro di
Milis Piccinnu e Santa Barbara di Turre. Nel 1146 venne invece con-
sacrata la nuova chiesa, costruita vicino alla vecchia (il santuario di
Nostra Signora di Bonacattu), che venne affiliata all’abbazia camaldo-
lese di San Zenone di Pisa, affinché vi inviasse una colonia di monaci,
riservandosi il giudice il patronato sulla chiesa e sul monastero e la
facoltà di approvare la nomina del priore.
Alla fine del secolo XII l’abbazia di Bonarcado era una delle più
ricche dell’isola, grazie alle donazioni dei giudici e di altri notabili; il
quadro che emerge dalle carte del condaghe è quello di un potente
monastero legato profondamente agli interessi del giudicato e della
sua vita economica, politica, sociale e religiosa.
Delle chiese affiliate inizialmente, di cui si parla nel primo atto
del condaghe, è stato possibile individuarne solo due: la chiesa di San
Pietro di Milis Piccinnu e quella di San Pietro di Bidonì. La prima,
ubicata nella curatoria del Campidano di Milis (ora nel comune di Se-
neghe), giungeva alla famiglia dei Lacon-Serra dall’eredità di donna To-
coele, moglie del giudice Gonnario Comita de Gunale, capostipite della
dinastia arborense, che aveva restaurato la chiesa dotandola di beni, ter-
re, uomini e bestiame (174). La chiesa di San Pietro di Bidonì è attual-
mente compresa nel cimitero del paese (nella curatoria di Guilcier);
intorno ad essa fino al secolo scorso si intravedevano i ruderi del mo-
nastero. La chiesa venne ricostruita verso la fine del secolo XII, proba-
bilmente quando l’intera domo venne donata ad Agalbursa, sposa del
giudice arborense Barisone I de Lacon-Serra (175).
Delle altre chiese, citate nel primo atto del condaghe, non è possi-
bile, allo stato attuale delle conoscenze, dare un’ubicazione esatta, anche
se, nei registri delle Collettorie conservati nell’Archivio Segreto Vaticano

(174) R. CORONEO, Architettura romanica cit., scheda 23, p. 108.


(175) R. CORONEO, Architettura romanica cit., scheda 28, p. 114.

47
Valeria Schirru

relativi agli anni 1341-1342, 1346-1350 e 1357-1359, viene nominato


un “rectore ecclesie de Augustis” compresa nella diocesi di Arborea (176) e
un “presbitero de Calcargia” sempre nella stessa diocesi (177).
Nel condaghe di Santa Maria di Bonarcado si rintracciano, inol-
tre, notizie riguardanti altre chiese che dovevano essere affiliate alla
stessa abbazia. La domus di Oiastra è menzionata in una carta non da-
tata del condaghe di Santa Maria di Bonarcado, mentre in un’altra
carta, del 1223, viene citato un suo priore, la cui presenza lascia suppor-
re un insediamento monastico, presumibilmente camaldolese (178); la
chiesa di San Marco di Oiastra, compresa nella curatoria del Campi-
dano di Simaxis, si trova oggi nell’immediata periferia di Ollastra Si-
maxis (179).
La chiesa di San Gregorio Magno di Solarussa sorge in aperta
campagna nel comune omonimo e apparteneva alla curatoria del
Campidano Maggiore. In due atti non datati del condaghe vengono
menzionati un “clerigu” e un “presbiter di Solagrussa”, che anche in que-
sto caso lasciano supporre l’esistenza di una chiesa camaldolese (180).
Nella curatoria di Guilcier, ora compresa nel comune di Norbello, si
trova la chiesa dedicata ai Santi Quirico e Giulitta e quella dedicata a
Santa Maria, a breve distanza l’una dall’altra (181). Nel condaghe si ri-
trova menzione di un “presbiteru de Norgillo” e di un “curatore de Nor-
ghillos”, rispettivamente, in un atto databile tra il 1146 e il 1185 e in
atto datato 1229 (182). La parrocchiale dedicata ai martiri Quirico e
Giulitta venne ricostruita nel secolo XVIII e conserva poco della pri-
mitiva struttura romanica. La chiesa dedicata a Santa Maria sorge su
un sito nuragico e potrebbe essere collocata nella seconda metà del se-

(176) P. SELLA, Rationes Decimarum Italiae cit., pp. 100, 144, 159, 177, 181,
243, 247.
(177) P. SELLA, Rationes Decimarum Italiae cit., pp. 34, 88, 171,178.
(178) Cfr. carta 28, p. 132 e carta 68, p. 145 del Condaghe di Santa Maria di
Bonarcado edizione BESTA-SOLMI.
(179) R. CORONEO, Architettura romanica cit., scheda 24, p. 109.
(180) R. CORONEO, Architettura romanica cit., scheda 25, p. 110.
(181) R. CORONEO, Architettura romanica cit., schede 26-27, p. 111 ss.
(182) Cfr. carta 126, p. 165 e carta 174, p. 188 del Condaghe di Santa Maria
di Bonarcado edizione BESTA-SOLMI.

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Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

colo XII. La chiesa di San Paolo di Milis (183) si trova nella curatoria
del Campidano di Milis e il suo titolo è documentato in diverse carte
del condaghe di Santa Maria di Bonarcado (184).

6.11. Le dipendenze di San Mamiliano di Monte Cristo – L’isola di


Monte Cristo, nell’arcipelago toscano, fin dai primi secoli dell’era cri-
stiana fu rifugio di monaci sfuggiti alle persecuzioni religiose. Il suo
nome, inizialmente Mons Jovis, venne modificato in seguito allo stan-
ziamento di un gruppo di monaci guidati da Mamiliano, arcivescovo
di Palermo, sfuggiti alle persecuzioni di Genserico (185). Anche nella
colonia monastica dell’isola si diffuse, intorno al secolo VII, la Regola
di san Benedetto. Al monastero, che prese il nome di San Mamiliano
dal monaco che vi aveva abitato, vennero fatte, nei secoli successivi,
cospicue donazioni di chiese, terreni, pascoli, soprattutto dai signori
di Corsica e Sardegna. L’isola di Monte Cristo non appartenne però
sempre ai Camaldolesi. Fu papa Onorio III che, con una bolla datata
1 ottobre 1216, tentando di ridurre all’obbedienza i monaci dell’isola,
sempre piuttosto ribelli e indisciplinati, affidò la riforma di quel mo-
nastero a Guido, priore generale dell’ordine Camaldolese (186). Ma
questo tentativo andò a vuoto e successivamente papa Gregorio IX af-
fidò, con una lettera datata 15 marzo 1231, sempre a Guido, priore
generale, l’incarico di incorporare quel monastero con tutte le sue per-
tinenze all’ordine Camaldolese (187). Ma il tentativo compiuto dal
priore fu un insuccesso: solo successivamente infatti lo stesso Gregorio
IX, riuscì a ridurre all’obbedienza i monaci di Monte Cristo, introdu-

(183) R. DELOGU, L’architettura del medioevo cit., pp. 164-165 e R. CORONEO,


Architettura romanica cit., scheda 98, p. 218.
(184) Cfr. c. 71 p. 48, c. 84 p. 51, c. 113 p.57, c. 124 p. 59, c. 131 p. 60, c. 149
p. 64, c. 167 p. 69, del Condaghe di Santa Maria di Bonarcado edizione BESTA-SOLMI.
(185) A.L. ANGELELLI, L’abbazia e l’isola di Monte Cristo. Memorie da documen-
ti, Firenze 1903.
(186) B. MITTARELLI-A. COSTADONI, Annales Camaldulenses cit., tomo IV, n.
CXLX, coll. 244-245.
(187) B. MITTARELLI-A. COSTADONI, Annales Camaldulenses cit., tomo IV, n.
CXLXVI, coll. 501-503.

49
Valeria Schirru

cendovi la regola camaldolese e affiliandoli al monastero di San Mi-


chele in Borgo di Pisa. Tra alterne vicende il monastero rimase co-
munque di regola camaldolese.
Ci rimane un privilegio di papa Gelasio II, datato 1° ottobre 1118,
in cui sono enumerati i possessi del monastero di Monte Cristo (188),
tra cui le chiese sarde di Santa Maria de Iscalas, Sant’Elia e San Grego-
rio. Il documento, conservato nell’Archivio di Stato di Firenze, era stato
edito solamente dal Mittarelli da cui poi l’aveva tratto il Tola (189). Nella
trascrizione del Mittarelli figura però una quarta chiesa, quella di San
Mamiliano di Samassi non presente nell’atto originale. Quest’ultima si
ritrova ancora nella trascrizione, data dal Mittarelli, di un altro privile-
gio pontificio molto più tardo, datato 1° dicembre 1500 (190), con cui
papa Alessandro VI confermava tutti i privilegi e i possessi dell’abbazia
dell’isola di Monte Cristo. L’edificio, allora appartenente alla curatoria
di Nuraminis e attualmente ubicato a Samassi, risale alla seconda metà
del secolo XIII (191).
Nella bolla del 1° dicembre 1500 è citata, oltre alle chiese elen-
cate nel primo documento e alla chiesa di San Mamiliano di Samassi,
anche quella di Sant’Andrea nell’isola dell’Asinara, che si trova nomi-
nata qui per la prima volta, nonostante si abbiano attestazioni prece-
denti della presenza dei monaci nell’isola. Nei registri delle Collettorie
pontificie, per gli anni 1341-1342 e 1346-1350, conservati nell’Ar-
chivio Segreto Vaticano, si parla di un “priore de Asinaria turritane dio-
cesis” (192). Al 1354 risale un documento, conservato nell’Archivio del-
la Corona d’Aragona (193), col quale il re aragonese Pietro IV, acco-

(188) Cfr. nell’Appendice documentaria il doc. VIII.


(189) P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n XXVI, p. 198.
(190) B. MITTARELLI-A. COSTADONI, Annales Camaldulenses cit., tomo VII, n. CV,
coll. 256-257. Il testo del documento, per quanto riguarda la Sardegna, riporta queste
chiese: «Sancte Marie de Scala, Sancti Elie, Sancti Gregorii, Sancti Andree de insula Asi-
naria, Sancte Marie Magdalene de flumine Savo, Sancti Mamiliani de Sumassi».
(191) D. SCANO, Storia dell’arte in Sardegna cit., p. 339; R. SERRA, La Sardegna
cit., p. 356; R. CORONEO, Architettura romanica cit., scheda 123, p. 235.
(192) P. SELLA, Rationes Decimarum Italiae cit., pp. 13, 83, 188.
(193) Archivio della Corona d’Aragona, Cancilleria, Sardiniae, Reg. 1024,
c. 60v.: 1354 novembre 27, Alghero: «Nos Petrus […] attendentes humilem et devotam

50
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

gliendo una richiesta di frate Pietro e di altri sei frati che si trovavano
eremiti nella chiesa di Sant’Andrea nell’isola dell’Asinara, concede
loro il vestiarium per un anno e un’imbarcazione per recarsi in Sarde-
gna. Attualmente della chiesa rimangono solamente i ruderi.
La chiesa di Santa Maria de Iscalas, ora ridotta a rudere e appar-
tenente al comune di Osilo, si trovava nella curatoria di Romangia,
nel giudicato di Torres. Non tutti gli storici sono concordi nell’identi-
ficare questa chiesa con quella appartenuta al monastero di Monte
Cristo ma vi vedono un possesso dei monaci cassinesi della chiesa di
Santa Maria di Tergu (194). Fra l’altro esiste anche un’altra chiesa, nel
comune di Cossoine, sempre in provincia di Sassari, denominata San-
ta Maria Iscalas, risalente come costruzione al secolo XI e recentemen-
te restaurata (195). Negli elenchi delle decime dovute alla Chiesa di
Roma, per gli anni 1341-1342, 1346-1350 e 1357-1359, si parla di
un “priore de Scala” e di un “abbate Montis Christi pro prioratu de Sca-
la” nella diocesi di Ploaghe (196).
Per questo motivo, non avendo altre indicazioni nelle fonti do-
cumentarie, non è possibile darne l’esatta ubicazione, anche se l’esi-
stenza di un “vicarius prope monasterium Sancte Marie de Scalis Camal-
dulensis ordinis Turritane diocesis” che dipendeva dal “conventus mona-
sterii Sancti Mamiliani insule Montis Christi Massane diocesis” ci viene

supplicationem per vos fratrem Petrum heremitam in ecclesiae / beati Andree insule de Li-
nayra, vestro et sex aliorum vestrorum sociorum nomine propterea nobis factam in hono-
rem / Dei omnipotentis et in remedium anime nostre et illustris Elionoris regine Aragonum
consortis nostre […] / tenore presentis carte nostre concedimus et donamus vobis […] / ve-
stiarium anni unius et quandam barcham vobis idoneam ad meandum et navigandum de
ipsa insula de la / Linayra ad hanc Sardinie insulam a qua elemosinas habetis et dona nec
aliunde potestis habere ido/nee unde vitam vestram possitis facere vel ad sub portat vestris
[…] huius doni per elemosine. Mandantes nobili et dilecto nostro consiliario / et capitaneo
armatarum nostrarum generali Bernardo de Capraia ut vobis de dicta barca respondeat
eamque vobis tradat seu tradi faciat ad predicta idoneam inconstanter mandamus / etiam
subthesaurario nostro Petro de Margignibus ut de dicto vestitu vobis respondeat et satisfa-
ciat […]»; cfr. A. CASTELLACCIO, Il periodo medioevale, in Asinara. Storia, natura, mare e
tutela dell’ambiente, a cura di Manlio Brigaglia, Sassari 1993, p. 31.
(194) A. SABA, Montecassino e la Sardegna medioevale cit., doc. X, p. 149.
(195) S. PIRISINU (a cura di), Repertorio cit., p. 166.
(196) P. SELLA, Rationes Decimarum Italiae cit., pp. 82, 135, 198.

51
Valeria Schirru

confermata anche da un documento dell’Archivio Segreto Vaticano,


datato 23 febbraio 1363 (197). E ancora, il 4 luglio 1459, il pontefice
Pio II concesse all’abate Francesco de Casillis il priorato di Santa Ma-
ria della Scala dell’ordine Camaldolese (198).
Alla luce delle conoscenze attuali non è stato possibile identifi-
care le chiese di San Gregorio e di Sant’Elia, così genericamente indi-
cate sia nel documento del 1118 sia in quello del 1500.
Con una bolla datata 2 luglio 1513, il pontefice Leone X decre-
tò l’affiliazione di alcune chiese sarde al monastero camaldolese di
Monte Cristo. Tra queste figurano, oltre a quelle nominate nei docu-
menti precedenti, anche alcune chiese che erano sempre state alle di-
pendenze del monastero di San Salvatore di Camaldoli: Santa Trinità
di Saccargia; San Pietro di Scano; San Nicola di Trullas; San Paolo di
Cotroniano; San Pietro in Ollin; Santa Eugenia in Samanar; San Lo-
renzo in Banari; Santa Maria in Altasar; San Giovanni in Altasar; San-
ta Maria in Contra; San Giovanni in Salvennor; San Simone in Sal-
vennor (199). In particolare queste ultime sette chiese figuravano già
come affiliate al monastero di Camaldoli in diversi privilegi pontifici a
partire dal 7 marzo 1125 (200).
Oggi in vari punti dell’isola di Monte Cristo sono visibili i segni
delle opere compiute dai monaci: muri e terrazze, vasche e cisterne per
la raccolta idrica, piantagioni di olivo etc. (201) Il monastero è invece
allo stato di rudere.

(197) Archivio Segreto Vaticano, Instrum. Miscell. 6288. Cfr. D. SCANO, Codi-
ce Diplomatico cit., vol. I, n. DLXXXIV, pp. 439-440.
(198) Archivio Segreto Vaticano, Reg. Lat., vol. 476, f. 5v. Cfr. D. SCANO, Co-
dice Diplomatico cit., vol. II, n. CXC, p. 156.
(199) D. SCANO, Storia dell’arte in Sardegna cit., p. 226.
(200) Cfr. nell’Appendice documentaria i docc. X, XVI, XVIII, XX, XXI.
(201) A.L. ANGELELLI, L’abbazia e l’isola di Monte Cristo cit., pp. 11-12.

52
Le pergamene camaldolesi relative alla Sardegna nell’Archivio di Stato di Firenze

CHIESE CAMALDOLESI DELLA SARDEGNA

GIUDICATO DI TORRES Curatoria del Montiferru


17. SCANO MONTIFERRU. San Pietro di Scano
1. ISOLA DELL’ASINARA. Sant’Andrea

Curatoria della Romangia


2. OSILO. Santa Maria de Iscalas
GIUDICATO DI ARBOREA

Curatoria dell’Anglona Curatoria del Campidano di Milis


3. CHIARAMONTI. Santa Maria di Orrea Pichina 18. BONARCADO. Santa Maria di Bonarcado
4. CHIARAMONTI. Santa Giusta di Orrea Pichina 19. BONARCADO. Madonna di Bonacattu
Curatoria di Ploaghe 20. SENEGHE. San Pietro di Milis Piccinnu
5. CARGEGHE. Santa Maria in Contra 21. MILIS. San Paolo di Milis
6. CODRONGIANUS. Santa Trinità di Saccargia
Curatoria di Guilcier
7. CODRONGIANUS. San Paolo di Cotroniano
22. NORBELLO. Santi Quirico e Giulitta di Norgillo
8. PLOAGHE. San Giovanni in Salvennor
23. NORBELLO. Santa Maria di Norgillo
9. PLOAGHE. San Simone in Salvennor
24. BIDONÌ. San Pietro di Bidonì
10. BANARI. San Michele
11. BANARI. San Lorenzo Curatoria del Campidano Maggiore
Curatoria di Costavalle 25. SOLARUSSA. San Gregorio

12. SEMESTENE. San Nicola di Trullas Curatoria del Campidano di Simaxis


Curatoria del Goceano 26. OLLASTRA SIMAXIS. San Marco di Oiastra
13. BULTEI. San Saturnino di Usolvisi
14. ANELA. Santa Maria di Anela
GIUDICATO DI CAGLIARI
15. ANELA. San Giorgio di Aneleto

Curatoria di Dore-Orotelli Curatoria di Nuraminis


16. OROTELLI. San Pietro in Ollin 27. SAMASSI. San Mamiliano

53
Valeria Schirru

Chiese camaldolesi della Sardegna


Distribuzione geografica

Confine di giudicato
Confine di curatoria

54
APPENDICE DOCUMENTARIA

CRITERI DI EDIZIONE

La presente Appendice documentaria contiene l’edizione di 36 docu-


menti e 8 sommari di documenti del secolo XIII, che si accludono in quanto
non ci sono giunti i relativi documenti originali. La trascrizione è preceduta
dal regesto e da un breve commento comprendente: collocazione archivisti-
ca, tradizione del documento, supporto scrittorio, dimensioni, eventuale
presenza di sigillo, tipo di inchiostro, stato di conservazione, sistema di riga-
tura, disposizione della scrittura, note dorsali, eventuali caratteri estrinseci
ed intrinseci particolarmente rilevanti, lingua utilizzata. Per quanto concer-
ne la lingua, in particolare dei documenti prodotti in Sardegna, poiché pre-
senta aspetti peculiari a livello morfologico e sintattico, si è scelto di offrire
una trascrizione fedele, senza segnalare i numerosi errori, onde presentare il
testo nella sua forma genuina. Prima di citare le edizioni a stampa è stato
riportato il sommario del relativo documento, se presente nel Sommario di
Istrumenti conservato nello stesso Archivio di Stato di Firenze (cfr. nota 7)
Per la trascrizione sono state seguite le norme usate comunemente per le
edizioni delle fonti documentarie e, in particolare, quelle dettate dall’Istituto
Storico Italiano («Bullettino dell’Istituto Storico Italiano», n. 28, p. VII e ss.).
Sono state inoltre tenute in considerazione le norme proposte dalla Commission
Internationale de Diplomatique, Normalisation Internationale des Methodes de
Publication des Documents latins du Moyen Age, colloque de Barcelona, 2-5 octu-
bre 1974, e da G. TOGNETTI, Criteri per la trascrizione dei testi medievali latini ed
italiani, in «Quaderni della Rassegna degli Archivi di Stato», n. 51, Roma 1982.
Per la metodologia generale sono stati seguiti: A. PRATESI, Una questione di
metodo: l’edizione delle fonti documentarie, in «Rassegna degli Archivi di Stato»,
n. XVII (1957); A. PRATESI, Genesi e forme del documento medievale, Roma
1979, pp. 99-109; A. PETRUCCI, L’edizione delle fonti documentarie: un proble-
ma sempre aperto, in «Rivista Storica Italiana», n. LXXV (1963), pp. 69-80;
E. FALCONI, L’edizione diplomatica del documento e del manoscritto, Parma 1969.

55
BIBLIOGRAFIA CITATA
NELL’APPENDICE DOCUMENTARIA

B. BAUDI DI VESME, Guglielmo, giudice di Cagliari e l’Arborea, in «Archivio Storico Sardo», vol.
I (1905), pp. 21-61.
E. BESTA, Rettificazioni cronologiche al I volume del Codex Diplomaticus Sardiniae, in «Archivio
Storico Sardo», vol. I (1905), fasc. 4, pp. 240-249 e 293-301.
L.L. BROOK, F.C. CASULA, M.M. COSTA, A.M. OLIVA, R. PAVONI, M. TANGHERONI (a cura di ),
Genealogie medioevali di Sardegna, Cagliari-Sassari 1984.
A. CAPPELLI, Cronologia, cronografia e calendario perpetuo, sesta edizione aggiornata, Milano
1988.
L. D’ARIENZO, Gli Statuti sassaresi e il problema della loro redazione, in «Archivio Storico Sar-
do», vol. XXXIV (1983), fasc. II, pp. 11-21.
L. D’ARIENZO, La «scribania» della curia podestarile di Sassari nel Basso Medioevo (Note
diplomatistiche), in Atti del 1° Convegno internazionale di studi geografico-storici, vol.
II Gli aspetti geografici, Sassari 1981, pp. 192-249.
E. LASINIO, Regesto di Camaldoli, in Regesta Chartarum Italiae dell’Istituto Storico Italiano,
vol. III, Roma 1914 e vol. IV, Roma 1928.
P. LUTZU, Il Montiferro. Appunti storici con più ampie notizie sul comune di Scano, Oristano 1922.
B. MITTARELLI-A. COSTADONI, Annales Camaldulenses quibus plura interseruntur tum ceteras
Italicas Monasticas res, tum historiam ecclesiasticam remque diplomaticam illustrantia, 9
tomi, Venezia 1755-1773.
B.R. MOTZO, La passione dei santi Gavino, Proto e Gianuario, in Studi sui bizantini in Sardegna
e sull’agiografia sarda, Cagliari 1987, pp. 187-221.
A. SABA, Montecassino e la Sardegna medioevale. Note storiche e Codice Diplomatico sardo-
cassinese, Montecassino 1927.
D. SCANO, Codice Diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna, 2 vol., Cagliari
1940-1941.
L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, in Regesta Chartarum Italiae dell’Istituto
Storico Italiano, vol. I, Roma 1907 e vol. II, Roma 1909.
G. SPANO, Ortografia sarda nazionale ossia della lingua logudorese paragonata all’italiana, Ca-
gliari 1840.
P. TOLA, Codex Diplomaticus Sardiniae, in Monumenta Historiae Patriae, 3 tomi, Torino 1861-
1868.
G. VEDOVATO, Camaldoli e la sua congregazione dalle origini al 1184. Storia e documentazione,
Cesena 1994.
G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, Cagliari 1974.

56
TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI

(…) Scioglimento delle abbreviazioni


< > Aggiunta dell’editore
[ ] Integrazione per lacuna del testo dovuta a macchia o abrasione
[…] Lacuna del testo non integrabile, dovuta a macchia o abrasione
/ Fine rigo
A.S.F. Archivio di Stato di Firenze
Pergam. Pergamenaceo
[A] Originale
[B] Copia diretta dell’originale
[B’] Seconda copia diretta dell’originale
[C] Copia di copia
(BD) Bulla Deperdita
(SID) Sigillum Impressum Deperditum
(SN) Signum Notarii
r. Recto
v. Verso

57
I

< ante 1112 > aprile 30, Ardara

Costantino I de Lacon, giudice di Torres, e sua moglie Marcusa de Gunale,


per la redenzione delle loro anime, donano all’eremo di San Salvatore di
Camaldoli la chiesa di San Pietro di Scano con tutte le sue pertinenze.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1112 aprile 30.


Originale [A], pergam., mm. 220 x 370.
(B.D.) residua il cordoncino di seta con fili rossi e blu, nella plica del margine infe-
riore della pergamena, molto probabilmente non coevo al documento; del sigillo ci
rimane il ricordo nelle parole del Mittarelli “Loco sigilli plumbei pendentis in cujus
antica parte legitur CONSTANTINE REGE, in postica autem visitur astrum lunare”
(B. MITTARELLI-A. COSTADONI, Annales Camaldulenses, tomo III, n. CLXI, col. 233).
Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: ottimo.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto troviamo la segnatura archivistica “Camaldoli 30 apr(ile) 1112”.
In basso a destra è il regesto coevo al documento “Car(tam) qua(m) fecit Costantin(us)
Rex de Lacchon (et) ux(or) ei(us) Marcusa regina / de ecc(lesia) S(an)ct(i) Petr(i) de
Iscanu”. Al di sopra è una seconda annotazione del secolo XVIII in corsivo “1112 ß
Donatio n. CCLII c. XXII”.
È costantemente presente il compendio sostitutivo della desinenza “rum” e la lineet-
ta che indica la mancanza della nasale. Le parole sono separate da puntini.
La lingua utilizzata è un latino frammisto al volgare sardo. L’analisi del contenuto
permette di individuare solo alcune delle partizioni classiche del documento medio-
evale. All’interno del protocollo si può evidenziare l’invocatio verbale costituita da
una formula che si ritrova in molti documenti prodotti nel giudicato di Torres, ca-
ratterizzata dalla presenza dei santi Gavino, Proto e Gianuario venerati nella Sarde-
gna settentrionale (B.R. MOTZO, La passione dei santi Gavino, Proto e Gianuario, pp.
187-221). La sanctio negativa e la sanctio positiva sono costituite da formule piutto-
sto lunghe e caratteristiche dei documenti prodotti in Sardegna.
Per quanto riguarda la datatio chronica il termine ante quem è dato dall’anno 1112
(cfr. il doc. III dell’Appendice documentaria), quando Azo, arcivescovo di Torres,
confermò la donazione della chiesa di San Pietro di Scano all’eremo di San Salvatore
di Camaldoli. La datazione di questo documento ha portato i diversi studiosi, che se
sono occupati, a formulare opinioni contrastanti. Il Mittarelli data il presente docu-

59
Valeria Schirru

mento al 1112 (B. MITTARELLI-A. COSTADONI, Annales Camaldulenses, tomo III, n.


CLXI, coll. 233-235), mentre il Tola al 1113 (P. T OLA , Codex Diplomaticus
Sardiniae, (in appresso C.D.S.) tomo I, sec. XII, n. XIII, p. 186). Il Besta invece lo
attribuisce, sulla base dei calcoli lunari, prima al 1124 poi al 1114 (E. BESTA,
Rettificazioni cronologiche, p. 249). Il Lutzu lo colloca nel 1105 (P. L UTZU, Il
Montiferro, p. 41). Lo Schiaparelli lo data al 1112, mettendolo in relazione con un
altro documento (cfr. nell’Appendice documentaria il doc. III) datato 13 dicembre
1112 che contiene la conferma della donazione della chiesa di San Pietro di Scano,
da parte di Azo, arcivescovo Turritano (L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di
Camaldoli, vol. II, n. 735, p. 48). Sulla base di questi elementi si può retrodatare sia
la prima menzione di Costantino I de Lacon come giudice di Torres, che la prima
attestazione di sua moglie Marcusa o Maria de Gunale, che precedentemente risali-
vano invece al 1113 (P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. XVII, p. 189, e nella pre-
sente Appendice documentaria il doc. VI datato 29 ottobre 1113).

SOMMARIO:
Constantinus rex de Laccon cum uxore sua Marcusa regina de Gunale dat / Sancti
Salvatori de Camalduli ecclesiam / Sancti Petri de Iscanu cum hominibus et
omnibus bonis suis. Furatus presbiter scripsit, / regnante Constantino rege et
Marcusa regina, in regno qui dicitur / Ardar, pridie kalendas mai, luna XII. Petrus
episcopus Bosane ecclesie confirmat et subscripsit./

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CLXXXVIII r., n. 2.

Edizioni:
– B. M ITTARELLI -A. C OSTADONI , Annales Camaldulenses, tomo III,
n. CLXI, coll. 233-235 [con l’anno 1112].
– G. SPANO, Ortografia Sarda, vol. II, p. 86.
– P. TOLA, Codex Diplomaticus Sardiniae, tomo I, sec. XII, n. XIII, p. 186
[con l’anno 1113].

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 735,
p. 48.

Auxiliantem domino Deo atque salvatori nostro Iesu Christo et interce-


dentem pro nobis beata / et gloriosa semperque virginem Dei genitricem
Maria et beato Michaele archan/gelo tuo preposito paradisi, et beato

60
Appendice documentaria

Petro principem omnium apostolorum, in cuius manus / tradidit Deus


claves regni celorum, et beato Gavinio, Proto et Ianuario martyres /
Christi, sub cuius protectionem atque defensionem in hanc insula
Sardinie nos credimus / esse sabatos. Ego quidem Constantinus gratie Dei
rex bocatibo nomine de Laccon, / simul cum uxorem meam Marcusa re-
gina, dicta nomine de Gunale, facimus hanc carta ad Sanc/tum Salvatore
de Camaldula, cavila damus sa ecclesia de Sanctu Petru de Iscanu cun
homines / et cun causa quanta vi habet, abeant ila benedicta sos servos de
Deum ci ibi sunt, pro redemptio/nem animarum nostrarum usque in fine
seculi. Amen. Amen. Fiat. Et si quis ista carta detruere aut esterminare
voluerit, sive rex, sibe regina, sibe don/nicellu, sibe curatore, vel
qualecumque libet homo, istrumet Deus nomen suo de libro vi/te, et
carnes eius disrunpant bolatilibus celi et bestiis terre, mittat in eis
Dominus mortem / papelle, et deleantur de isto seculo citius, et habeat
maledictionem de / Deum patrem omnipotentem et de sancta / Maria
matrem domini nostri Jesu Christi et habeat maledictionem de III
patriarchas Abraham, Isaac, / et Iacob, et de IIII evangelistas Marcus et
Matheus, Lucas et Iohannes, et habeat maledictionem / de XII apostolis,
et de XVI prophetas, et habeant maledictionem de XXIIII seniores, et de
CCCXVIII patres / sanctos, qui kanones disposuerunt in Nikea civitate,
et habeat maledictionem de CXLIIII milia mar/tyres, qui pro Domino
passi sunt, et habeat maledictionem de gerubin et seraphin qui tenent
thro/num Dei, et de omnes sanctos et sanctas Dei. Amen. Amen. Fiat.
Fiat. Et si quis ista carta audire voluerit, et nostras ordinationes
confortaverit, et dixerit / quia bene est, habeat benedictionem de Deum
patrem omnipotentem, et de sancta Maria ma/trem domini nostri Iesu
Christi; et habeat benedictionem de XII apostoli, et de XVI prophete; et
habeat / benedictionem de XXIIII seniores, et de CCCXVIII patres
sanctos, qui kanones disposuerunt / in Nikea civitatem, et habeat
benedictionem de CXLIIII milia martyres, qui propter Deum / tormenta
sustinuerunt, et habeat benedictionem de gerubin et seraphin, qui tenent
thro/num Dei et de omnes sanctos et sanctas Dei, quod superius diximus.
Amen. Amen. Fiat. / Et sunt testes, primus Deus omnipotens, deinde ego
iudice Gostantine de Laccon et / muliere mea donna Marcusa de Gunale.
Testes donnicellu Comita de Laccon, donnicellu Gunnari de Laccon,
donnicellu Ithoccor de Laccon, donnicellu Petru de Ser/ra, tottos IIIIor
fratres. Testes Petru de Athen, Ithoccor de Athen et Mariane de Athen.

61
Valeria Schirru

Testes Baru/sone de Setilo, et Mariane de Thori.Testes Ithoccor de Laccon


et Dorgotori de Bosabe. Testes / Ithoccor de Kerki et Mariane de Thori.
Testes de kita de buliaccesos Mariane de / Valles et kita sua et omnes
fratres meos, et fideles meos testes. Et faciolu pupillu ad Sanctum Pe/tru
de Iscanu in su / flumen de Vosa cinde sian vetato per piscare(a) sosservo,
ad opus dessu donnu ipsoro civia et servire / michi quoque. Furatus
presbiter scripsi hanc cartula regnantem domino nostro Constantino rex,
et uxor eius Marcusa regina in regno qui dicitur Ardar, pridie kalendas
maii, luna vero XII. / Ego Petrus episcopus Bosane ecclesie confirmo et
manu mea supscribo./

II

< post 1112 aprile 30 >

Costantino I de Lacon, giudice di Torres, e sua moglie Marcusa de


Gunale, donano all’eremo di San Salvatore di Camaldoli la chiesa di San
Pietro di Scano, con tutti i suoi beni presenti e futuri, in quel momento
consistenti in mille pecore, cinquanta porci, trenta vacche, servi e ancelle.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli sec. XI, n. 2.


Originale [A], pergam., mm. 140 x 180.
Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: buono. La pergamena è molto
spessa, di cattiva qualità e presenta i bordi irregolari.
La scrittura corre parallela al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto a destra è la segnatura archivistica “Camaldoli 2 sec. XI”. In
basso a destra è il regesto coevo al documento “Car(tam) qua(m) fecit C(onstantinus)
imperato(r) Tu(r)rensis cu(m) ux(ore) sua Ma(r)cusa de ecc(lesia) S(anc)ti Pet(ri) de
Sca(n)no et aliis bo(n)is Cam(alduli). Car(tula) de Sardinia”.
È costantemente presente il compendio sostitutivo della desinenza “rum” e la lineet-
ta che indica la mancanza della nasale. Le parole sono separate da puntini.
La lingua in cui è stato redatto il documento è un latino frammisto al volgare sardo.
Manca sia la datatio topica che la datatio chronica. Il termine post quem si riferisce al
30 aprile 1112, data della donazione della chiesa di San Pietro di Scano ai
Camaldolesi, da parte di Costantino I de Lacon, giudice di Torres e sua moglie
Marcusa de Gunale (cfr. nell’Appendice documentaria il doc. I). L’atto è collocato

(a)
Le parole per piscare sono scritte in interlinea.

62
Appendice documentaria

impropriamente tra le pergamene del secolo XI, ed è ritenuto dalla Zanetti una co-
pia del XIV secolo (G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. I, p. III), mentre lo
Schiaparelli non dà per certa l’originalità del documento (L. S CHIAPARELLI -F.
BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 736, p. 49).

SOMMARIO:
Constantinus Dei gratia imperator Turrensis regni una cum coniuge mea / Marcusa
offerimus et damus Deo et beato Salvatori de Camalduli ecclesiam / Sancti Petri de
Scano cum rebus omnibus quas habet vel pro tempore acquisitura erit. Sed nunc ad
presens inter hoc habet et nos ex nostro damus sunt / mille berbece et quingenti
porci et XXX vacce et servi et ancille, quanti invenientur esse predicte ecclesie beati
Petri. Hec dant et confirmant / pro animarum suarum remedio./

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CLXXXVII v., n. 4.

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. I, p. III.

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 736,
p. 49.

Ego Constantinus Dei gratia, imperator Turrensis regni, una cum co-
niuge / mea Marcusa, offerimus et damus Deo et beato Salva/tori de
Camalduli, ecclesiam Sancti Petri de Scano, cum rebus / omnibus
quas habet, vel pro tempore acquisitura erit. Sed nunc / ad presens
inter hoc habet et nos ex nostro damus sunt: mille / berbece et
quingenti porci et XXX vacce et servi et / ancille, quanti invenientur
esse predicte ecclesie beati Petri. / Hec damus et confirmamus, pro
animarum nostrarum remedio / et pro remissione peccatorum
nostrorum, ut servi Dei supradicte / ecclesie sempiternaliter habeant
et possideant. Et si quis / hoc minuere aut auferre Dei ecclesie
presumpserit sit sepa/ratus a consortio servorum Dei omnium./

63
Valeria Schirru

III

1112 dicembre 13, Saccargia

Azo, arcivescovo di Torres, concede al priore dell’eremo di San Salvatore di


Camaldoli privilegi giurisdizionali relativi alla chiesa di San Pietro di
Scano, confermandogli la donazione della stessa chiesa, fatta precedente-
mente da Costantino I de Lacon giudice di Torres e sua moglie Marcusa
de Gunale.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1112 dicembre 13.


Originale [A], pergam., mm. 390 x 610.
(S.I.D.) nella parte inferiore del documento è presente un foro circolare del diame-
tro di 50 mm.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: mediocre. Il supporto scrittorio
presenta alcune macchie d’umidità che rendono la scrittura poco leggibile.
La scritta corre parallela al lato minore della pergamena che non presenta alcun se-
gno di rigatura.
Note dorsali: in alto al centro del lato più stretto vi è la segnatura archivistica
“Camaldoli 19 Xbre 1112”. Al centro con scrittura coeva al documento “Azzo
ep(is)c(opus) Turritan(us)”. Al di sotto, una terza scritta, di mano moderna “ann(o)
D(omi)ni M C XII die XIII m(en)sis Decembris”.
Le prime due righe sono scritte in caratteri onciali.
La lingua utilizzata è il latino.
Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo fiorenti-
no; l’anno 1112 è confermato dall’indizione quinta.

SOMMARIO:
Azzo Turritanus archiepiscopus Vuidoni heremi Camaldulensis priori cunctisque eius
successoribus. Iuxta petitionem / Constantini Turrensis iudicatus regis et coniugis
ipsius Marcuse regine per huius sue decretalis pagine tenorem ecclesie Sancti Petri / in
villa Scano et in episcopatu Bosensi site que ab illis tradita est ecclesie Sancti Salvatoris
Camaldulensis heremi, huiusmodi privilegia sue / decreto auctoritatis indulget,
concedit atque firmat, statuens et cuncta que ibi oblata et tradita sunt et in posterum
offerentur atque tradentur, illibata et sine molestia atque aliqua inquietudine possi/
deantur; statuit ut nullius ibi persona ad regiminis constituatur officium nisi que a
Camaldulensis priore vel eius vicario constituta / fuerit, ut nullus exinde aliquam
abstrahat personam aut in alicuius regimine preficiat ecclesie, non in eos
excommunicationis intorqueatur iaculum necque ab officio suspen/dantur, ad
sinodum ire non cogantur. Concedit eis decimas et primitias omnium rerum
mobilium et immobilium, tam earum quas prefata ec/clesia. Nunc habet quam earum

64
Appendice documentaria

quas acquisitura est, nec non decimas et primitias mobilium et immobilium prefate
ville Scano per/tinentium. Liceat omnibus quibuscumque placuerit suas ibi oblationes
offerre, testamenta facere, corpora sepelliri. Statuit ut nullus presulum / missam aut
aliquod ecclesiasticum suprascripte ecclesie interdicat officium nisi cum voluntate et
consensu rectoris eius. Ex auctoritate beati Petri apostolorum principis et Paschalis /
pontificis et sua comminado precipit ne ulla persona ullo unquam tempore hoc atten-
tare presumat, ut iam dicta ecclesia tollatur de dominatione et / potestate prioris
Camaldulensis congregationis. Scriptum per manum Odonis Turrensis aecclesie
notarii. Marinus episcopus Bosane ecclesie / subscripsi. Petrus Plavacensis episcopus
subscripsi. Nicholaus Ampuriensis episcopus subscripsi. Petrus Gisarcensis episcopus
subscripsi. Data die XIII decembris, / anno MCXII, indictione V, in loco qui dicitur
Saccaria./

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CLXXXVII r., n.2.

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. II, p. IV.
– G. VEDOVATO, Camaldoli e la sua congregazione, p. 260.

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 743,
pp. 51-52.

Azo peccator Dei gratia Territanus archi/episcopus domno Uuidoni


heremi que vocatur / Camaldulis dilectissimo priori cunctisque eius
successoribus in perpetuum. Quoniam ad ea que secularium potesta-
tum corda pontificalibus sunt / ammonitionibus provocanda ita ar-
denti desiderio divina prevenientie gratia succeduntur ut ab eis ultro
poscantur tanto alacriori et letiori sunt / animo concedenda, quanto
et ipsa que cupiunt si facere nollent peti debuissent. Proinde nos iuxta
petitionem precellentissimorum sancte Ecclesie / cui divina deservi-
mus dispensatione f[eliciter] domni videlicet Constantini Turrensis
iudicatus regis et coniugis ipsius domine Marcuse regine, per huius
nostre / decretalis pagina tenorem, ecclesie Sancti Petri in villa Scano
et in episcopatu Bosensi site, que ab illo, pro sui suorumque paren-
tum remissione peccatorum / atque animarum salute, mandata est
ecclesie Sancti Salvatoris Camalduliensis heremi, huiusmodi privilegia
presentis nostre decreto auctoritatis, indul/gemus, concedimus atque

65
Valeria Schirru

firmamus statuentes: nullum iudicum aut antistitum, nullum curato-


rum, seu quacumque preditum dignitate aut officio, vel quemquam /
aliis, minuere, vel auferre, sive applicare, vel aliis quasi piis causis pro
sue avaritie exsecutione ecclesie. De his omnibus que eidem ecclesie
ab eis vel / quibuscumque personis, iure iam collata sunt, vel in futuro
tribuentur sed cuncta que ibi oblata et tradita sunt et in posterum of-
ferentur atque tradentur, tam a vobis quam / ab eis, qui in vestro
officio locoque successerint, a presenti tempore illibata et sine mole-
stia atque aliqua inquietudine, volumus possideri eorum tamen usibus
pro quibus / concessa sunt vel concedentur profutura. Item statuimus
ut nullius ibi persona, ad regiminis constituatur officium, nisi que a
Camalduliensi priore vel eius vicario constituta / fuerit. Itemque
statuimus, ut absque vestra vestrorumque voluntate successorum,
nullus exinde aliquam abstrahat personam, aut in alicuius regimine
preficiat ecclesie, / non in eos excommunicationis intorqueatur
iaculum neque ab officio suspendantur, ad sinodum ire non cogantur.
Si vero aliqua rationabilis extiterit causa / honeste convocentur atque
invitentur. Si vero quispiam ex vestris vobis vestrisve volentibus
successoribus alicuius fuerit ecclesie honeratus regimine nullam / illic
habeat dominationem, nisi quem ad modum decessores sui qui
prefuerunt ecclesie in qua ordinatus fuerit. Insuper etiam concedimus
vobis: decimas et primitias, / omnium rerum mobilium et immobi-
lium tam earum quas prefata ecclesia nunc habet, quam earum quas
Deo annuente acquisitura est, nec non decimas et primitias, /
mobilium et immobilium prefate ville Scano pertinentium. Liceatque
omnibus quibuscumque placuerit suas ibi oblationes offerre,
testamenta facere, / corpora sepelliri. Quod etiam statuimus ut nullus
presulum missam aut aliquod ecclesiasticum, suprascipte ecclesie
interdicat officium, nisi cum voluntate / et consensu rectoris eius. In
futurum autem prospicientes et quod evenire nolumus caventes ex
auctoritate beatissimi Petri apostolorum principis sancto / domni
Paschalis, apostolice sedis pontificis et nostra comminando precipi-
mus, ne ulla cuiuscumque dignitatis, vel ordinis magna, vel / parva
persona ullo unquam tempore, hoc attentare presumat ut iam dicta
ecclesia Sancti Petri, tollatur de dominatione et potestate prioris
Camaldulien/sis congregationis, qui in tempore preerit, sed preceptis
eius que per se, verbis, vel litteris, sive per suos iusserit legatos, tam is

66
Appendice documentaria

qui inibi preerit quam hiique ei subiecti, / fuerint in omnibus obe-


diant. Hec igitur omnia que huius precepti decretique nostri pagina
continet, tam tibi quam cunctis, qui in eo quo es ordine lo/coque
successerint in perpetuum, reservanda decernimus. Si quis vero quod
non optamus huius nostri privilegii decretalem agnoscens paginam,
temerario eam ausu / temptaverit in aliquo infringere, eterne se
maledictionis vinculum innodatum noverit et perpetua cum diabolo
et angelis eius, lucturum supplicia / nisi forte resipiscens satisfecerit.
At qui pietatis intuitu devotus huius observator extiterit privilegii
sempiterne particeps benedictionis / et paradisi beatus efficiatur pos-
sessor. Scriptum per manus Odonis Turrensis ecclesie notarii./
Ego Marinus episcopus Bosane ecclesie subscripsi. Ego Petrus Plava-
censis episcopus subscripsi. / Ego Nicholaus Ampuriensis episcopus
subscripsi. Ego Petrus Gisarcensis episcopus subscripsi./
Data die III decima mensis decembris, anno Dominice incarnationis
millesimo centesimo XII, inditione quinta, in loco / qui dicitur
Saccaria./

IV

< ante 1112 dicembre 16 >

Costantino I de Lacon, giudice di Torres, e sua moglie Marcusa de


Gunale, con il consenso dell’arcivescovo e del vescovo di Torres, e di
Torbeno de Lacon, donano all’eremo di San Salvatore di Camaldoli, la
chiesa di Santa Trinità di Saccargia, con tutte le sue pertinenze, ponendo-
la sotto la giurisdizione dell’abate generale dell’Ordine.

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CLXXXVIII r., n. 1.

Il termine ante quem è costituito dal 16 dicembre 1112 data del documento in cui
viene ricordata la donazione della chiesa di Santa Trinità di Saccargia, da parte di
Costantino I, giudice di Torres e sua moglie Marcusa de Gunale (cfr. il doc. V della
presente Appendice documentaria).

67
Valeria Schirru

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 744,
p. 52.

Costantine rex de Laccon et Marcusa regina uxor eius, cum consensu


sui archiepiscopi et episcopi et sui fratris / et donni Torbeni cognati sui,
pro remedio animarum suarum suorumque parentum, per se, suosque
here/des, in perpetuum donaverunt et optulerunt ecclesiam Sancte
Trinitatis Sancte Trinitatis(a), Sancto Salvatori de / su heremo de Camal-
duli, et siat subta obedientia dessu abbate cibi est maiore et de cantos bi
an esser us/que in sempiternum, pro mandare mince ipsos abbate ipsore
et monachos bonos et regere la ssa abbatia in co se / reget omnia abbatia
bona pro opus de Deum. Et ego poniovila cum omnia quantu vi aet et
vi appo pa/rare et bi aet habere usque in sempiternum. Amen. Fiat./

1112 dicembre 16, Saccargia

Azo, arcivescovo di Torres, concede insigni privilegi giurisdizionali, finan-


ziari e liturgici al rettore della chiesa di Santa Trinità di Saccargia, dona-
ta all’eremo di San Salvatore di Camaldoli da Costantino I de Lacon,
giudice di Torres.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1112 dicembre 16.


Copia semplice [B] del XII-XIII secolo, pergam., mm. 350 x 430.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura tracciata con inchiostro nero. La
scrittura corre parallela al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto al centro del lato più stretto la segnatura archivistica “Camaldoli
16 Xb(re) 1112”. Al di sotto è il regesto coevo al documento “Copia privilegii
archiepiscopi Turritanii [………….](b) mon(asterio) Saccar(ie)”. In basso a sinistra una
terza annotazione del secolo XVIII in corsivo “ß. Privilegium n. 17 c. 25”.

(a)
Nel regesto Sancte Trinitatis viene ripetuto due volte.
(b)
In questo punto la segnatura archivistica è in parte sovrapposta al regesto del docu-
mento che si presenta di difficile lettura anche con l’ausilio della lampada di Wood.

68
Appendice documentaria

La prima riga è scritta in caratteri onciali.


Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo fiorenti-
no; l’anno 1112 è confermato dall’indizione quinta.

SOMMARIO:
Azo Turritanus archiepiscopus ecclesie Sanctae Tri(ni)tatis site in loco qui vocatur
Sacaria eiusque / rectoribus a Camaldulensis priore ibi promovendis. Iuxta
petitionem Constantini Turrensis iudicatus regis atque uxoris eius Mar/cuse regine
per huius decretalis pagine tenorem suprascripte ecclesie, que fundata et constructa
est in episcopatu Plavacensi in loco qui Sacaria dicitur, ubi Vitalis abbas preesse
dignoscitur, huiusmodi privilegia presentis / auctoritatis sue decreto indulget
concedit atque firmat, statuentes ut cuncta que oblata ibi sunt vel in futuro offerri
contigerit perhemni tem/pore illibata atque sine omni inquietudine possideantur.
Constituit ut obeunte abbate suprascripte ecclesie nullus alius ibi ordinetur nisi
quem prior Camaldulensis elegerit atque ordinandum / previderit. Decernit ut nullus
eorum qui eidem fuerit ecclesie abbas preordinatus ad episcopatus offitium sine
licentia prioris sit ausus acce[d]ere. / Archiepiscopum vel episcopum tollendi de
eodem loco monacum ad ecclesiasticum promovendum vel alia quacumque causa sine
predicti prioris con/sensu vel abbatem eiusdem loci habere licentiam prohibet. Statuit
licere eiusdem monasteri fratribus clericum cuiuscumque ordinis de quocumque
episcopatu fuerit susci/pere cum rebus suis ad conversandum et ad monachicum
habitum suscipiendum. Liceat eiusdem fratribus subiectos eorum monasterio
iudicare, tam monachos quam / laicos, liberos seu servos. Liceat eis ecclesiasticos
ordines et altarium consecrationes a quolibet catholico episcopo accipere et christia-
nismum in ecclesiis suis / agere per clericos suos. Nullusque presulum presumat in
iam dicto monasterio vel in ecclesiis sibi subiectis sacerdos abbatem aut monachos
excommunicare / aut ab offitio suspendere seu ad sinodum provocare. Concedit illis
decimas et primitias omnium rerum mobilium et immobilium, tam earum quas
pre/fata ecclesia vel monasterium nunc habet quam earum quas acquisitura est.
Liceat omnibus quibuscumque placuerit suas ibi oblationes offerre, testamenta face-
re, corpora sepelliri. Statuit / ut nullus antistitum in suprascripto monasterio missam
celebrare presumat nisi ab abbate eiusdem loci vel eius fratribus fuerit invitatus. Ex
auctoritate beati Petri apostolorum principis et / Pascalis apostolice sedis antistitis et
sua comminando precipit ut nullus unquam aliquo in tempore suprascriptam
ecclesiam a prefati prioris Camaldulensis regimine / subtrahere vel auferre conetur.
Scriptum per manus Odonis Turrensis ecclesie notarii. Azo archiepiscopus Turrita-
nus / subscripsi. Petrus Plavacensis episcopus subscripsi Petrus Gisarcensis episcopus
subscripsi. Nicolaus episcopus Ampuriensis subscripsi. Marinus / episcopus Bosane
ecclesie subscripsi. Vitalis arcipresbiter Turrensis subscripsi. Constantinus rex
subscripsi. Iacubus Sorranus episcopus subscripsi. Iohannes episcopus Othanensis
subscripsi. / Data die XVI decembris, anno MCXII, inditione V, in loco qui vocatur
Sacarie./

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CLXXXVII r., n. 3.

69
Valeria Schirru

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. III, p. VII.
– G. VEDOVATO, Camaldoli e la sua congregazione, p. 262.

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 745,
pp. 52-53.

Ato peccator Turritanus gratia Dei archiepiscopus ecclesie Sancte


Trinitatis site in loco qui vo/catur Sacaria eiusque rectoribus a Camaldu-
lensis priore ibi promovendis in perpetuum. Quoniam ad ea que
secularium / potestatum corda pontificalibus sunt monitis provocanda
ita ardenti desiderio divina preveniente gratia succeduntur ut ab eis ultro
poscantur tanto alacri et lectiori / animo, sunt concedenda quanto et
ipsa que cupiunt si faccere nolent peti debuisent. Proinde iuxta petitio-
nem precellentissimorum nostre ecclesie filiorum, cui divina dispen/
satione deservimus videlicet Constantini Turrensis iudicatus regis, atque
uxoris eius Marcuse regine, per huius nostre decretalis pagine tenorem
supra scripte ecclesie, que / pro animarum suarum suorumque parentum
remissione atque salute ad honorem et nomen Sancte Trinitatis, fundata
et consturucta est in episcopatu Plavacensi in loco qui Sacaria dicitur, /
ubi domnus Vitalis, abbas preesse dignoscitur huius modi privilegia
presentis auctoritatis nostre decreto, indulgemus, concedimus atque
firmamus. Statuentis / nullum regum, nullum antistitum nullumque
curatorum, nullum quacumque predictum dignitatem aut officio vel
quem quam alium de is que predicte ecclesie a suprascriptis precellentis-
simis / filiis nostris, vel ab aliis oblata, vel tradita sunt, vel in futuro, ab
ipsis seu ab aliis offerentur aut tradentur iure sub cuius libet cause vel oc-
casionis spetie minuere / aut auferre, sive suis usibus applicare, vel aliis
quasi piis causis pro sue avaritie executione concedere. Sed cuncta que
oblata ibi sunt, vel in futuro offerri con/tigerit tam ab his qui ibi nunc
esse videntur, quam ab eis qui in eorum officio locoque successerint
perehemni tempore illibata, atque sine omni inquietudine volumus
possideri / eorum tamen usibus pro quibus concessa vel tradita sunt pro-
futura. Item constituimus, ut obeunte abbate suprascripte ecclesie Sancte
Trinitatis, nullus alius ibi quo/cumque obrectionis studio ordinetur nisi

70
Appendice documentaria

que prior Camaldulensis secundum timore Dei, elegerit atque


ordinandum previderit. Simili quoque diffinitione / iusta desiderium
filiorum nostrorum eiusdem loci conditorum, decernimus ut nullus
eorum, qui eidem fuerit ecclesie abbas preordinatus ad episcopatus offi/
tium, sine licentia suprascripta prioris quacumque obretione sit ausus
accedere, ne res sepius nominate ecclesie atque monasterii iniqua eroga-
tione / consumens, egestatis necessitatem servis Dei illic degentibus
generet. Archiepiscopum vero vel episcopum tollendi de eodem loco
monacum ad ecclesiasticum ordinem, / promovendum vel alia quacum-
que causa, sine predicti prioris consensu, vel abbatis eiusdem loci habere
licentiam, prohibemus. At si quispiam eorum / alicuius ecclesie fuerit
honratus regimine nullam ulterius illic habeat potestatem, nisi quem ad
modum decessores sui qui prefuerint ecclesie in qua ordinatus fuerit.
Insuper / quoque statuimus licere eiusdem monasterii fratribus, clericum
cuiuscumque ordinis, de quocumque episcopatu fuerit secundum tradi-
tionem sanctorum patrum, suscipere cum rebus / suis ad conversandum
et ad monacum habitum suscipiendum absque interdictione, quorum-
libet episcoporum vel aliarum quarumcumque personarum. Et liceat
iisdem fratribus / subiectos eorum monasterio iudicare, tam monachos
quam laicos, liberos, seu servos abasque prohibitione et contradictione
cuiuslibet ecclesiastice seu secularis potestatis. / Quin etiam liceat iis
ecclesiasticis ordines et altarium consecrationes, a quolibet catholico
episcopo accipere et christianismum in ecclesiis suis agere, per clericos
suos. / Nullus que presulum presumat in iam dicto monasterio, vel in
ecclesiis sibi subiectis, sacerdotes, abbatem aut monachos excommuni-
care aut ab officio suspendere / seu ad sinodum provocare. Si vero aliqua
rationabilis extiterit causa honeste convocentur atque invitentur.
Itemque concedimus illis decimas et primi/tias, omnium rerum,
mobilium et immobilium, tam earum quas prefacta ecclesia vel monaste-
rium nunc habet, quam earum quas Deo annuente acquisita est. Liceat-
que / omnibus quibus cumque placuerit suas ibi oblationes offerre,
testamenta facere, corpora sepelliri. Statuimus quoque ut nullus antisti-
tum in suprascripto mona/sterio missam celebrare presumat, nisi abbate
eiusdem loci vel eius fratribus fuerit invitatus. In futurum autem prospi-
tientes et quod evenire, / nolumus caventes ex auctoritate beati Petri
apostolorum principis, et domni Pascali apostolice sedis antistitis et no-
stri comminan/do precipimus, ut nullus unquam aliquo in tempore

71
Valeria Schirru

suprascriptam ecclesiam, a prefati prioris Camaldulensis regimine sub-


trahere vel auferre connetur, / sancimus etiam ut nullus hominum cuis-
cumque ordinis dignitatis seu conditionis vel cuiusquecumque offitii,
magna, parve persona de quibus/cumque rebus vel personis prefacto mo-
nasterio atque ecclesie iuste pertinentibus suprascriptis fratribus eorum-
que successoribus aliquam violentiam inferat / aut calumniossus existat
sed hoc privilegium perpetualiter ad temporalem, servorum Dei prensen-
tium, atque futurorum quietem ac inviolabiliter permanere, / statuimus
atque firmamus. Si quis vero quod non optamus huius nostri privilegii
decretalem paginam temerario ausu in aliquo infrin/gere temptaverit,
eterne maledictionis innodatum vinculis se noverit, et perpetua sup-
plitia lucturum cum diabulo et angelis eius / nisi forte prius resipissens
satisfecerit. At qui pietatis intuitu istius nostri privilegii devotus obser-
vator existerit sempiterne / benedictionis partissipes et paradisi beatus
pocessor effitiatur. Amen. Scriptum per manus Odonis RE. ecclesie /
notarii. Ego Azo Dei gratia archiepiscopus Turritanus subscripsi. Ego
Petrus Plavacensis episcopus subscripsi. Ego Petrus / Gisarcensis
episcopus subscripsi. Ego Nicolaus episcopus Ampuriensis subscripsi.
Ego Marinus episcopus Bosane ecclesie subscripsi. Ego Vitalis arci/
presbiter Turrensis subscripsi. Ego Constantinus rex subscripsi. Ego
Jacobus Sorranus episcopus subscripsi. Ego Johannes episcopus /
Othanensis subscripsi. Data die sesta decima mensis decembris, anno
Dominice incarnationis MCXII, indictione V, in loco qui vocatur
Sacarie./

VI

1113 ottobre 29, Ardara

Pietro de Athen, notabile turritano, insieme alla sua consorte Padulesa e


ad altri notabili della stessa famiglia, affiliano all’eremo di San Salvatore
di Camaldoli la chiesa di San Nicola di Trullas.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1113 ottobre 29.


Originale [A], pergam., mm. 240 x 360.

72
Appendice documentaria

(B.D.) residua il cordoncino di seta di colore giallo ocra nella plica del margine infe-
riore della pergamena.
Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 29 Ott. 1113”. In basso a
destra è il regesto coevo al documento “Car(tam) qua(m) fecit Petrus de Athen de
ecc(lesia) S(anc)ti Nicholai de Trulla”.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1113 ottobre 29.


Copia semplice [B], pergam., mm. 320 x 310.
Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: buono.
Il testo è disposto su due colonne e contiene anche copia della donazione delle chie-
se di San Nicola di Trullas, San Pietro di Arkennor, San Pietro di Monticleta, Santa
Maria di Saganza, fatta all’eremo di San Salvatore di Camaldoli da Giovanni Sargu
vescovo di Sorres (cfr. il doc. XIII dell’Appendice documentaria).
Note dorsali: in alto a sinistra è il regesto del primo documento “Carta(m) qua(m)
fecit Petrus de Athen et ux(or) ei(us) Padulesa de ecc(lesia) S(anc)ti Nicholai de Trulla”.
Al di sotto il regesto del secondo documento “Carta(m) qua(m) fecit Ioh(ann)es
Sa(r)gu ep(is)c(opus) S(an)c(ti) Pet(ri) de Sorra / que don(at) S(anc)ti Nicholai de
Trulla et S(anc)ti Pet(ri) de Arkennor et S(anc)ti Petr(i) de Monticleta et S(anc)te
Ma(r)ie de Saga(n)sa Cam(alduli)”. Al di sotto è la segnatura archivistica “Camaldoli
Ott. 1113”.

Il testo è scritto in latino frammisto al volgare sardo. All’interno del protocollo si


può evidenziare l’invocatio verbale costituita da una formula che si ritrova in molti
documenti prodotti nel giudicato di Torres, caratterizzata dalla presenza dei santi
Gavino, Proto e Gianuario venerati nella Sardegna settentrionale (B.R. MOTZO, La
passione dei santi Gavino, Proto e Gianuario, pp. 187-221).
Nella datatio chronica troviamo anche l’indicazione della feria, caratteristica dei do-
cumenti prodotti in Sardegna. Per la datatio chronica è stato usato probabilmente lo
stile dell’incarnazione fiorentina, per cui, trattandosi del 29 ottobre, non deve essere
rettificato. Anche se al 29 ottobre 1113 corrisponde la feria IV ma non la luna XVII
che dovrebbe essere invece la XVI. Il Besta (E. BESTA, Rettificazioni cronologiche,
p. 293) rettifica la data al 1114 sulla base della luna XVIII, riportata dal Tola, che è
errata. La luna, come riporta il documento originale, è la XVII.

SOMMARIO:
Petru de Athen et mulier sua Padulesa, Ithoccor de Athen et mulier Elene de Thori,
/ Mariane de Athen, Niscoli de Carbia et mulier Elene de Thori, Comita de Thori et
mulier Vera de Then, Gostantine de Athen et fratres sui Ithoccor et Petru et / soror
Iorgia, cum voluntate iudicis Gostantine de Laccon et regine Marcusa de Gunale et
cum voluntate et consilio de Petro episcopo de Cannetu et de / Iohanne presbiter
qui modo est rector de Sancto Petro de Sorra, et cum voluntate domni Elias
presbiter, qui modo est rector de archiepiscopatu Sancti Gavino, donant / Guidoni

73
Valeria Schirru

priori Camaldulensis ecclesiam Sancti Nicolai de Trullas cum omnibus suis rebus
mobilibus et immobilibus. Anno MCXIII. Furatus / presbiter de Castra scripsit in
regno qui dicitur Ardar, regnante Constantino rege de Laccon et / Marcusa regina
de Gunale, octobris, dies XXVIIII, luna XVII, IIII feria. Albertus episcopus Sorane
ecclesie confirmat et subscribit./

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CLXXXVII v., n. 1.

Per la presente edizione è stata utilizzato l’originale [A].

Edizioni:
– B. M ITTARELLI -A. C OSTADONI , Annales Camaldulenses, tomo III,
n. CLXVI, coll. 241-243, con dies XXVIII.
– G. SPANO, Ortografia sarda, vol. II, pp. 86-87.
– P. TOLA, Codex Diplomaticus Sardiniae, tomo I, sec. XII, n. XVII,
p. 189, con dies XXVIII, luna XVIII.
Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 752,
p. 57.

Auxiliante domino Deo atque salvatori nostro Jesu Christo, et interce-


dente pro / nobis beata et gloriosa semperque virgine Dei genitrice
Maria, et beato / Michaele archangelo tuo preposito paradysi, et beato
Petro principem / omnium apostolorum, in cuius manus tradidit
Deus claves regni celorum, et beato Ga/vinio, Proto et Januario
martyres Christi, sub quorum protectionem atque de/fensionem in
hac insula Sardinie gubernatos nos credimus esse salvatos. / Ego Petru
de Athen et muliere mea Padulesa, et ego Ithoccor de Athen, / et
muliere mea Elene de Thori, et ego Mariane de Athen, et ego Nistoli
de Carbia, et / muliere mea Elene de Thori, et ego Comita de Thori et
muliere mea Vera de Then, et / ego Gostantine de Athen et Ithocor
fratre meu, et Petru fratre meu, et Jorgia sorore / mea, nos omnes
fratres insimul cum uxoribus et filiis et filiabus nostris, facimus / ista
carta cun voluntate de Deus et dessu donnu nostrum iudice
Gostantine dicto no/mine de Laccon et dessa muliere donna Marcusa

74
Appendice documentaria

regina dicta nomine de Gunale, / et cun voluntate et cun consiliu de


donno Petro episcopo de Cannetu et de domno Johanne / presbyter,
qui modo est rectore de Sancto Petro de Sorra, et cun voluntate de
domno Elias presbyter, / qui modo est rectore de archiepiscopato
Sancto Gavinio. La facemus ista carta ad Sanctum Ni/colaum de
Trullas, ca la affiliamus cum omnia causa quam modo habet,
mobilibus vel / immobilibus, et quod Deus in antea daturus est ibi,
pro redemptionem animarum nostrarum, vel pa/rentum nostrorum,
vivorum atque defunctorum, ad su eremum de Sanctum Salvatore de
Camalduli, / et adcomandamus ila custa causa in manu, et in
potestate de domno Cuido priore, / et ad possessores suos, ci lu
faciatis pro amore Dei, et vestra sanctitate, et nostra karitate, ci / non
remaneat et custa ecclesia sine regimen de clericos ci vi faciant su
ministeriu / de domine Deum, quantos clericos vobis placet. Et
eccustos clericos ci vi abent essere in Sanctum / Nicolaum per facere
su servitiu de Domini, volemus nos cun voluntate de Deum et vestra
ka/ritate ci vi stent ad honore, et habeant vestimenta et calciamenta,
et lectos / et victu corporale, quantu illis est opus, et cinde faciant
honore ad alios homi/nes propter caritate Dei, et si placet ad Deus, et
ad sanctos, et ad vos, si vos inde facemus / ad cognoscere sa voluntate
nostra, ci non volemus can de siat minus dessa ecclesia de / Sanctum
Nicolaum in paramentos de missa, et ci non de siat levata sa mensa
dessu / argentu ci est in su altare, et non sa cruce dessu argentu, et non
su calice de / cantare missa, non su altare vitoriciu et non sas reliquias
ci vi sunt, et non sos / libros ci vi sunt. Si voluntas Dei est et vestra, ci
plus thesauru vi possatis iungere / Deo gratias, sin autem, istud ibi
permaneat usque in sempiternum, et quantum habet remane/re dessa
antica de regimentu dessos clericos ci abent essere in Sanctum
Nicolaum per ipsos / domnos de Camaldula, volumus et desideramus
pro Deum et pro sancta karitate ci non / vaiat in alia parte, nec in alio
opus, nisi in vestimenta et calciamenta dessos don/nos heremitas ci vi
sunt comodo in su eremu, et ibi abent essere a vestara. Nos / omnes
fratres insimul masculi et mulieres, sicut supra legitur, hec cartula
confirma/mus et corroboramus et facimus ad honorem Dei omnipo-
tentis, et Sancti Salvatoris de Ca/malduli, et sancti Nikolai confessoris
Domini, propter salutem animarum nostrarum, et parentum
nostrorum / vivorum atque defunctorum, ut siamus electi et aggregati

75
Valeria Schirru

inter numero electorum, / si placet illi, qui cum Patre et Spiritu


Sancto vivit et regnat in secula seculorum. Amen. / Et si quis ista carta
destruere aut esterminare voluerit, sibe rex, sibe regina, si/be
donnicellu, sibe curatore, sibe episcopo, sibe archiepiscopo, sibe abbas,
sibe presbiter, sibe maior / aut minor vel qualecunquelibet homo
strumet Deus nomen suo de libro vite, et car/nes eius disrunpant
bolatilibus celi et bestiis terre, mittat in eis Dominus morte papelle, /
et deleantur de hoc mundo citius, et habeat maledictionem de Deum
patre omnipotente / et de sancta Maria mater domini nostri Jesu
Christi et habeat maledictionem de XII apostolis, et de XVI prophetas
de XXIIII senio/res, et de CCCXVIII patres sanctos, qui kanones
disposuerunt in Nikea civitate, et de CXLIIII milia martyres, qui pro
/ Domino passi sunt, et habeat maledictionem de gerubin et seraphin
qui tenent thronum Dei, et de omnes sanctos et sanctas Dei. Amen. /
Et si quis ista carta audire voluerit, et nostras ordinationes confortaverit,
et dixerit quia bene est, / habeat benedictionem de Deum patrem
omnipotentem, et de sancta Maria mater domini nostri Iesu Christi; et
habe/at benedictionem de omnes ordines angelorum, ev/angelistarum,
martyrum, confessorum atque virginum et de omnes sanctos et sanctas
Dei. Amen. Fiat. / Et sunt testes, primus Deus omnipotens, deinde ego
iudice Gostantine dicto nomine de Laccon et / muliere mea donna
Marcusa regina dicta nomine de Gunale, testes donnicellu Gun/nari de
Laccon, donnicellu Ithoccor de Laccon, donnicellu Petru de Serra,
donnicellu Dorbeni de Gunale, testes Petru de Athen, Ithoccor de
Athen et Mariane de Athen, testes Gostantine / de Thori, Comita de
Laccon, Mariane de Thori et Ithoccor de Laccon, testes Barusone de
Ussan, Gostanti/ne de Seulo et Comita de Martis de kita de buliaccesos
Mariane Galle et Ithoccor de Mura de kita / ipsoro et fratres meos et
fideles meos testes./
Anno ab incarnatione domini nostri Jesu Christi millesimo C XIII,
ego Furatus presbiter dicto nomine de Castra scripsit ista car/ta in re-
gno que dicitur Ardar, regnante domino nostro Constantino / rex
supradicto nomine de Laccon et uxor eius domina Marcusa regina
dicta / nomine de Gunale, mensis octobris dies XXVIIII luna XVII
IIII feria. / Ego Albertus episcopus Sorane ecclesie confirmo, et
subscrisi./

76
Appendice documentaria

VII

1114 novembre 4, Anagni

Papa Pasquale II riunisce in un’unica congregazione, posta sotto protezio-


ne apostolica, i monasteri e le chiese camaldolesi nominati, tra cui il mo-
nastero di Santa Trinità di Saccargia e la chiesa di San Pietro di Scano in
Sardegna.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1114 novembre 4, pergamena lunga.


Originale [A], pergam., mm. 440 x 620.
(B.D.) sono visibili i fori che attraversava il cordoncino al quale era applicato il sigil-
lo, nella plica del margine inferiore della pergamena.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Sono presenti le caratteristiche legature a ponte ct- e st-.
Note dorsali: al centro con mano coeva al documento “Pascalis PP. II An(n)o
D(omi)ni MC XIIII II non(as) nove(m)b(ris) po(n)tifici an(n)o XV”. Al di sotto con
mano del secolo XVIII in corsivo “1114 § Privilegium n. 183”. Più in basso
“impressum Tom. III An. 243 n. CLXVII”.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1198 maggio 4.


Copia semplice [B], pergam., mm. 460 x 600.
Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: buono.
Il testo è disposto su due colonne.
Note dorsali: in alto a destra è la collocazione archivistica “Camaldoli 4 maggio
1198”. Al centro “Privilegium PP. Paschalis II impres(sum) tom. III 243 n. CLXVII”.
Al di sotto vi è una seconda annotazione del secolo XVIII in corsivo “1198 §
Invalid(us) n. 24 c. 3 Transumpti trium privilegior(um) papalium pro eremo”

Si tratta di un privilegio perpetuo emanato dalla cancelleria pontificia, che presenta,


nell’originale, caratteri estrinseci di particolare solennità: la prima riga in litterae
elongatae, la formula di perpetuità abbreviata “in ppm” in lettere maiuscole capitali,
la rota, il benevalete, le sottoscrizioni del pontefice e dei cardinali separate secondo
gli ordines.
Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo fiorenti-
no. L’anno 1114 è confermato dall’indizione settima e dall’anno di pontificato: Pa-
squale II venne eletto il 13 agosto 1099 e consacrato il 14 dello stesso mese. Il suo
quindicesimo anno di pontificato risulta quindi fra il 14 agosto 1114 e il 13 agosto
1115.

77
Valeria Schirru

SOMMARIO:
Paschalis papa Guidoni Camaldulensis priori eiusque successoribus. Precipit et
presentis decreti auctoritate sancit, ne cuiquam omnino persone clerico, monacho,
laico cuiuscumque ordinis aut dignitatis / presentibus aut futuris temporibus liceat
congregationes illas et loca illa, que Camaldulensis heremi sive cenobii disciplinam
et ordinem susceperunt queque hodie sub / illius regimine continetur, ab eius ullo
modo subiectione et unitate dividere. Que videlicet loca et congregationes
conservande unitatis gratia singularibus visa sunt vocabulis annotanda. In /
episcopatu Aretino: monasterium Sancti Salvatoris Berardingorum, Sancti Petri in
Rota, Sancte Marie in Anagnano, Sancti Quirici in Rosa, heremus / Fleri,
monasterium Sancti Viriani, Sancti Bartholomei in Anglare, iuxta Balneum
monasterium Sancte Marie in Trivio, in Galiata monasterium Sancte Marie / in
Insula, heremus Faioli; in episcopatu Bononiensi: monasterium Sancti Archangeli
iuxta castrum Britti, Sancti Felicis; in episcopatu Florentino: monasterium / Sancti
Petri in Luco, Sancti Salvatoris iuxta civitatem; in episcopatu Fesulano:
monasterium Sancte Marie in Po/plena; in episcopatu Vulterrano: monasterium
Sancti Petri in Fontiano, Sancte Marie in Puliciano, Sancti Petri in Cerreto, Sancti
Iusti prope civitatem, Sancte Marie in Mor/rona; in episcopatu Pisano:
monasterium Sancti Stephani in Cinctoria, Sancti Savini in Cerasolo; in ipsa
civitate: monasterium Sancti Michahelis, Sancti Fridiani; in episcopatu Lucano:
monasterium Sancti / Salvatoris in Catiniano, Sancti Petri in Puteolis; item in
Sardinia in archiepiscopatu Turritano: monasterium Sancte Trinitatis de Saccaria,
aecclesiam Sancti Petri de Scanno; item in Tuscia, in episcopatu Clu/sino: heremus
Vivi in Monte Amiato. Haec omnia cum omnibus ad ipsa monasteria pertinentibus
statuit et apostolice sedis auctoritate sancit tanquam corpus / unum sub uno capite,
idest sub priore Camaldulensis heremi, temporibus perpetuis permanere et in illius
disciplinae observatione persistere. Scriptum / per manus Grisogoni notarii sacri
palatii. Datum Anagnie per manum Iohannis Sancte Romane Ecclesie / diaconi
cardinalis ac bibliothecarii, II nonas novembris, indictione VII, anno MCXIIII,
pontificatus anno XV./

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CCXII r., n. 2.

Per la presente edizione è stato utilizzato l’originale [A].

Edizioni:
– B. M ITTARELLI -A. C OSTADONI , Annales Camaldulenses, tomo III,
n. CLXVII, coll. 243-245, [anno 1113 II nonas novembris].
– P. TOLA, Codex Diplomaticus Sardiniae, tomo I, sec. XII, n. XVIII,
p. 190.

78
Appendice documentaria

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 574,
pp. 58-59. [datata Anagni, 4 Novembre 1113, ma nel documento
regestato si riporta MCXIIII].

Paschalis episcopus servus servorum Dei, venerabili filio Guidoni


Camaldulensium priori eiusque successoribus regulariter substituendis
in perpetuum. / Gratias Deo super inenarrabili dono eius. Nostris
siquidem temporibus Camaldulensis eremi sive cenobii religio adeo
aucta est, adeo abundavit, ut congregationes diverse in unam congre-
gationem / Dei gratia convenirent, et loca plurima disciplinam unam,
ordinem unum et unum regimen, tamquam corde uno et una anima
continerent. Quam videlicet unitatem conservari semper / in Domino
cupientes precipimus, ac presentis decreti auctoritate sancimus, ne
cuiquam omnino persone, clerico, monacho, laico cuiuscumque
ordinis aut dignitatis presentibus aut futuris temporibus / liceat
congregationes illas et loca illa, que Camaldulensis heremi sive cenobii
disciplinam et ordinem susceperunt, queque hodie sub illius regimine
continentur, ab eius ullo modo subiectione et unitate / divide. Que
videlicet loca et congregationes conservande unitatis gratia singulari-
bus visa sunt vocabulis annotanda. In episcopatu Aretino: monaste-
rium Sancti Salvatoris Berardingorum, Sancti Petri / in Rota, Sancte
Marie in Anagnano, Sancti Quirici in Rosa, heremus Fleri, monaste-
rium Sancti Viriani, Sancti Bartholomei in Anglare, iuxta Balneum
monasterium Sancte Marie in Trivio. In Galiata: monasterium Sancte
Marie in Insula, / heremum Faioli. In episcopatu Bononiensi:
monasterium Sancti Archangeli iuxta castrum Britti, Sancti Felicis. In
episcopatu Florentino: monasterium Sancti Petri in Luco, Sancti
Salvatoris iuxta civitatem. In episcopatu Fesulano: monasterium
Sancte Marie in Poplena. / In episcopatu Vulterrano: monasterium
Sancti Petri in Fontiano, Sancte Marie in Puliciano, Sancti Petri in
Cerreto, Sancti Justi prope civitatem, Sancte Marie in Morrona. In
episcopatu Pisano: monasterium Sancti Stephani in Cinctoria, Sancti
Savini in Cerasolo. / In ipsa civitate: monasterium Sancti Michaelis, et
Sancti Fridiani. In episcopatu Lucano: monasterium Sancti Salvatoris
in Cantiniano, Sancti Petri in Puteolis. Item in Sardinia in archie-
piscopatu Turritano: monasterium Sancte Trinitatis de Saccaria,

79
Valeria Schirru

ecclesiam Sancti / Petri de Scanno. Item in Tuscia in episcopatu


Clusino: heremum Vivi in Monteamiato. Hec igitur omnia cum
omnibus ad ipsa monasteria pertinentibus statuimus, et apostolice
sedis auctoritate sancimus, / tanquam corpus unum sub uno capite,
idest sub priore Camaldulensis eremi temporibus perpetuis permane-
re, et in illius discipline observatione persistere, sub illo inquam prio-
re, qui ab ipsius / congregationis abbatibus sive prioribus et ab
heremitis regulariter electus prestante Domino fuerit. Porro congre-
gationem ipsam ita sub apostolice sedis tutela perpetuo confovendam
decer/nimus, ut nulli episcoporum facultas sit aliquid ex his monasteriis
absque prioris convenientia, vel apostolice sedis licentia, excom-
municare, vel a divinis officiis interdicere fratribus autem / ipsis
licentia si a quo maluerint catholico episcopo consecrationum et ordi-
nationum sacramenta suscipere. Ad hec adiicientes decernimus, ut
nulli omnino hominum liceat eadem / monasteria temere, perturbare,
aut eorum possessiones auferre, vel ablatas retinere, minuere vel teme-
rariis vexationibus fatigare, sed omnia integra conserventur eorum, /
pro quorum sustentatione et gubernatione concessa sunt, usibus
omnimodis profutura. Si qua igitur in futurum ecclesiastica quelibet
secularisve persona hanc nostre constitutio/nis paginam sciens contra
eam temere, venire, temptaverit, secundo tertiove commonita, si non
satisfactione congrua emendaverit, potestatis honorisque sui dignitate
careat, / reamque se divino iudicio existere de perpetrata iniquitate
cognoscat, et a sacratissimo corpore ac sanguine Dei et domini re-
demptoris nostri Jesu Christi aliena fiat, atque in extremo / examine
districte ultioni subiaceat. Cunctis autem eisdem cenobiis iusta
servantibus sit pax domini nostri Jesu Christi, quatenus et hic fructum
bone actionis percipiant, / et apud districtum iudicem premia eterne
pacis inveniant. Amen. Amen. Amen. Scriptum per manum Grisogoni
notarii sacri palatii./
Ego Paschalis catholice Ecclesie episcopus subscripsi./
Datum Anagnie per manum Johannis Sancte Romane Ecclesie diaco-
ni cardinalis ac bibliothecarii, II nonas novembris, indictione VII,
incarnationis Dominice anno M C XIIII, / pontificatus autem domini
Paschalis secundi pape anno XV./

80
Appendice documentaria

VIII

1118 ottobre 1, Pisa

Papa Gelasio II pone sotto protezione apostolica le chiese e i monasteri che


dipendevano dal monastero di San Mamiliano dell’isola di Monte Cristo,
citando, tra le altre, le chiese di Santa Maria di Scala, Sant’Elia e San
Gregorio ubicate in Sardegna.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1119 ottobre 1.


Originale [A], pergam., mm. 310 x 580.
(B.D.) sono visibili i fori che attraversava il cordoncino, al quale era applicato il si-
gillo, nella plica del margine inferiore della pergamena.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: restaurata.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallella
al lato minore della pergamena.
Sono presenti le caratteristiche legature a ponte ct- e st-.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli P.° Ott. 1119”. Al centro è
il regesto coevo al documento “Gelasius ep(iscopu)s ser(us) servor(um) D(e)i dilecto filio
abbati monasterii Sancti Mamiliani quod in Montis Christi / situm tuisque successoribus
regulariter substituendis in perpetuum”. Al di sotto con mano del secolo XVIII “Pro
monastirio Montis Christi Sardiniae et Corsice etc. / Privilegium Gelasius PP 1118”.
Si tratta di un privilegio perpetuo emanato dalla cancelleria pontificia, che presenta
caratteri estrinseci di particolare solennità: la prima riga in litterae elongatae, la for-
mula di perpetuità abbreviata “in ppm” in lettere maiuscole capitali, la rota, il
benevalete, le sottoscrizioni del pontefice e dei cardinali separate secondo gli ordines.
Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo pisano;
l’anno 1119 deve essere rettificato al 1118, trattandosi del 1° ottobre. Una conferma
viene dall’anno di pontificato: Gelasio II venne infatti eletto il 24 gennaio 1118 e
consacrato il 10 marzo, ma morì il 29 gennaio 1119. Il suo primo anno di pontifica-
to risulta quindi tra il 10 marzo 1118 e il 29 gennaio 1119. L’indizione utilizzata è
quella bedana che iniziava il 24 settembre. L’indizione riportata nel documento è
infatti la XII mentre l’indizione romana per l’anno 1118 è la XI. L’uso del sistema
cronologico dell’incarnazione pisana con l’indizione bedana può essere giustificato
con il momentaneo soggiorno del pontefice a Pisa, in seguito ai contrasti con
l’antipapa Gregorio VIII eletto l’8 marzo 1118.

Edizioni:
– B. M ITTARELLI -A. C OSTADONI , Annales Camaldulenses, tomo III,
n. CLXXXVII, coll. 274-275.

81
Valeria Schirru

– P. TOLA, Codex Diplomaticus Sardiniae, tomo I, sec. XII, n. XXVI,


p. 198.

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 803,
pp. 78-79.

Gelasius episcopus servus servorum Dei, dilecto filio Henrico abbati


monasterii Sancti Mamiliani, quod in Monte Christi situm, tuisque
successoribus regulariter / substituendis in perpetuum. Ad hoc nos, qui
disponente Domino in apostolice sedis servitium promotos agnosci-
mus, ut eius filios auxilium implorantes tueri ac / protegere, prout
Dominus dederit, debeamus. Proinde nos dilecte in Christo fili Henrice
abbas tuis petitionibus annuentes beati Mamiliani de / Monte Christi
monasterium, cui auctore Deo presides, apostolice sedis protectione
munimus. Statuimus enim, ut insulam vestram nullus cum be/stiis, vel
cum aliquo machinamento perturbet, et universa, que in presenti XII
indictione, in Corsica, vel Sardinia, in Planusio, vel Ilba, / vel alibi
vestrum monasterium legitime possidet, quieta vobis et integra
conserventur, in quibus hec propriis duximus nominibus adnotanda. /
In Sardinia: ecclesiam Sancte Marie de Scala, Sancti Helie, et Sancti
Gregorii cum pertinentiis earum. In Corsica: monasterium Sancti Pauli
de Lon/lecio, monasterium Sancte Marie de Canavaria, ecclesiam
Sancti Peregrini, et Sancti Pauli de Conca cum pertinentiis suis.
Quecumque etiam in fu/turum largiente Deo iuste atque canonice
poterit adipisci, firma vobis vestrisque successoribus et illibata
permaneant. Decernimus ergo, ut / nulli omnino hominum liceat idem
monasterium temere, perturbare, aut eius possessiones auferre, vel
ablatas retinere, minuere, vel temerariis vexationibus fatigare, sed omnia
integra conserventur eorum, pro quorum sustentatione et gubernatione
concessa sunt / usibus omnimodis profutura. Obeunte te nunc eiusdem
loci abbate, vel tuorum quolibet successorum, nullus ibi qualibet
surreptionis astutia / seu violentia preponatur, nisi quem fratres
communi consensu, vel fratrum pars consilii sanioris secundum Dei
timorem, et beati Benedicti regulam / providerint eligendum. [Sepultu-
ram] quoque eiusdem [monasterii et cellarum eius] liberam esse

82
Appendice documentaria

decernimus, [ut eorum], qui illic sepeliri de/liberaverint, devotioni, et


estreme voluntati, nisi forte ex[communica]ti sint, nullus obsistat.
Decimas vero frugum vestrarum, quas ubilibet / vestris sumptibus
laboribus que colligitis sine ulla episcoporum, vel episcopalium
ministrorum exactione quietas vobis manere concedimus. Sane laicos /
seu clericos seculariter viventes ad conversionem suscipere nullius
contradictio vos inhibeat. Si qua igitur in futurum ecclesiastica,
secularisve / persona hanc nostre constitutionis paginam sciens contra
eam temere, venire, temptaverit, secundo tertiove commonita, si non
satisfactione / congrua emendaverit, potestatis, honorisque sui dignitate
careat, reamque se divino iudicio existere de perpetrata iniquitate co/
gnoscat, et a sacratissimo corpore, ac sanguine Dei et domini
redemptoris nostri Jesu Christi aliena fiat, atque in extremo examine
districte ultioni / subiaceat. Cunctis autem eidem monasterio iusta
servantibus sit pax domini nostri Jesu Christi, quatenus et hic fructum
bone actionis percipiant, et apud districtum / iudicem premia eterne
pacis inveniant. Amen. Amen. Amen./
Ego Gelasius Ecclesie catholice episcopus subscripsi. / Signum manus
meae Deus in loco santo suo./
Datum Pisis per manum Grisogoni Sancte Romane Ecclesie diaconi
cardinalis kalende octobris, indictione XII, anno Dominice incarnationis
M CXVIIII / pontificatus autem domini Gelasii secundi pape anno I./

IX

< 1114-1125 >

Maria de Gunale, con il consenso di suo marito Costantino I de Lacon,


giudice di Torres, dona all’eremo di San Salvatore di Camaldoli la chiesa
di San Paolo di Cotroniano con tutte le sue pertinenze.

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CLXXXVIII r., n.3.

Il termine ante quem è dato dal 7 marzo 1125 (cfr. il doc. X dell’Appendice docu-
mentaria) data del primo privilegio pontificio in cui si trova menzione della chiesa

83
Valeria Schirru

di San Paolo di Cotroniano. Il termine post quem è costituito dal 4 novembre 1114
(cfr. il doc. VII dell’Appendice documentaria) data del privilegio pontificio in cui
Pasquale II nomina tra i possessi camaldolesi sardi le chiese di San Pietro di Scano e
di Santa Trinità di Saccargia e non quella di San Paolo di Cotroniano.
In Maria de Gunale deve riconoscersi la stessa Marcusa de Gunale unica moglie di
Costantino I de Lacon, giudice di Torres (L.L. BROOK, F.C. CASULA, M.M. COSTA et
al., Genealogie medioevali di Sardegna, tav. V e pp. 191-192). La prima menzione
della consorte di Costantino I de Lacon è del 1112 (cfr. nell’Appendice documenta-
ria i docc. I, III, IV), mentre l’ultima menzione è del 1130-1134 (P. TOLA, C.D.S.,
tomo I, sec. XII, n. XXXVIII, p. 205, E. BESTA, Rettificazioni cronologiche, pp. 240-
241; A. SABA, Montecassino e la Sardegna medioevale, doc. XX, p. 173).

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 865,
p. 105.

Maria de Gunale cum consensu iudicis Costantine de Laccon et


domni Vitalis archiepiscopi et donni Costantini Verrica episcopi de
Pravazi per / se suosque heredes, pro remedio anime sue et sui viri
suorumque parentum donavit et obtulit / Camaldulensis heremo in
perpetuum, ecclesiam Sancti Pauli de Cotrinuanu, cum omnibus
bonis et pertinentis suis, hoc videlicet te/nore ut predicta ecclesia et
predicta bona sint sub obedientia et dispositione regulari prioris
Camaldulensis et / successorum eius, et de predictis bonis predicta
Maria reservavit sibi stipendia vite in vita sua. Constantinus episcopus
predictus confirmavit hanc donationem./

1125 marzo 7, Laterano

Papa Onorio II conferma a Giovanni, priore dell’Ordine Camaldolese, il


possesso delle chiese e dei monasteri ubicati in Sardegna.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1125 marzo 7.

84
Appendice documentaria

Originale [A], pergam., mm. 350 x 520.


Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: mediocre.
(B.D.) sono visibili i fori che attraversava il cordoncino al quale era applicato il sigil-
lo nella plica del margine inferiore della pergamena.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Sono presenti le caratteristiche legature a ponte ct- e st-.
Note dorsali: in alto al centro è la segnatura archivistica “Camaldoli 7 marzo 1125”.
Al centro di mano moderna “Honorii II”. In basso a sinistra con scrittura del secolo
XVIII in corsivo “1125 ß. Privilegium n. 23 c. 34 Honorii pp. II De beneficio in
insula Sardinie”.
Si tratta di un privilegio perpetuo emanato dalla cancelleria pontificia, che presenta
caratteri estrinseci di particolare solennità: la prima riga in litterae elongatae, la for-
mula di perpetuità abbreviata “in ppm” in lettere maiuscole capitali, la rota, il
benevalete, le sottoscrizioni del pontefice e dei cardinali separate secondo gli ordines.
Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo pisano;
l’anno 1125 è confermato dall’indizione terza e dall’anno di pontificato: Onorio II
venne infatti eletto il 15 dicembre 1124 e consacrato il 21 dicembre, il suo primo
anno di pontificato risulta quindi tra il 21 dicembre 1124 e il 20 dicembre 1125.

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI- F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 867,
pp. 106-107.

Honorius episcopus servus servorum Dei, dilectis filiis Johanni priori


Camaldulensis et eius successoribus tam presentibus regulariter in
perpetuum. / Ad hoc universalis ecclesie cura nobis a provisore omnium
bonorum Deo comissa est ut religiosas diligamus personas et
beneplacente Deo religione / studeamus modis omnibus propagare.
Nec enim Deo gratus aliquando famulatus impenditur nisi ex caritatis
radice procedens apuntare religionis fuerit / conservatus. Oportet igitur
omnes cristiane fidei amatores religionem diligere et loca venerabilia
cum ipsis personis divino servitio man/cipatis attentius confovere. Qua
propter karissimi in domino filii iustis petitionibus vestris assensum
prebentes quicquid in / Sardinea insula iuste et legitime possidetis
in beati Petri tutelam nostram protectionem suscipimus, ac nobis
vestrique heremo per / presentis privilegi paginam confirmamus.
Videlicet monasterium Sancte Trinitatis quod ex dono Constantini
iudicis, consentientibus / Azone archiepiscopo et ceteris episcopis,

85
Valeria Schirru

habetis; ecclesiam Sancte Eugenie in loco qui dicitur Simanari simul


cum ipsa carte, ecclesias / Sancti Michaelis et Sancti Laurentii in loco
qui dicitur Vaneri; [e]cclesias Sancte Marie et Sancti Johannis in loco
qui dicitur / Altaser; ecclesiam Sancte Marie in loco qui dicitur Contra;
ecclesias Sancti Johannis et Sancti Symeonis in loco qui dicitur /
Salvenero, cum omnibus suis pertinentiis; ecclesiam Sancti Nicholai de
Trulla; ecclesias Sancti Petri de Scano; ecclesiam Sancti / Pauli de
Contraiano. Ad hoc adicientes statuimus ut monastice observante ordo
in prefatis ecclesiis a vobis constitus a nullius / honoris protervia
comutetur et nemini fratrum vestre congregationis post monasticam
professionem exhibitam absque prioris et rationabili fratrum / licentia
egredi liceat prohibemus. Quod si exire presumpserit et secundo
tertiove comonitus redire contempserit usque ad condigna satisfactione
/ excomunicationis sententis summitatur. Precipimus quoque ut in
eisdem ecclesiis a nullo episcoporum nisi canonico examinatione
divinum / interdicatur officium. Preterea quecumque in futurum
largiente Deo in prefata insula iuste atque canonice poteritis adipisci fir-
ma vobis / vestrisque successoribus et illibata permaneant. Decernimus
ergo ut nulli omnino hominum liceat idem monasterium et ecclesias
temere, / perturbare, aut eius possessiones auferre, vel ablatas retinere,
minuere, vel temeraris vexationibus fatigare, sed omnia integra / conser-
ventur eorum pro quorum sustentatione et gubernatione concessi sunt
usibus commodis profutura. Si qua igitur in futurum ecclesiastica /
secularisve persona hanc nostrae constitutionis paginam sciens contra
eam temere, venire, temptaverit, secundo tertiove commonita / si non
satisfactione congrua emendaverit potestatis honorisque sui dignitate
careat reamque se divino iudicio existere de perpetrata / iniquitate
cognoscat et a sacratissimo corpore ac sanguine Dei et domini
redemptoris nostri Jesu Christi aliena fiat. Cunctis / autem eidem loco
iusta servantibus sit pax domini nostri Jesu Christi quatenus et hic
fructum bone actionis / percipiant et apud districtum iudicem premia
eterne pacis inveniant. Amen. Amen. Amen./
Ego Petrus Pisanus cardinalis presbiter tituli Sancte Susanne sub-
scripsi./
Ego Honorius catholice Ecclesie episcopus subscripsi./
Ego Guido Aretinus episcopus subscripsi./
Ego Guido Tiburtinus episcopus subscripsi./

86
Appendice documentaria

Ego Vitalis Albanus episcopus subscripsi./


Ego Egidius Tusculanus episcopus subscripsi./
Ego Desiderius presbiter cardinalis tituli Sancte Praxedis subscripsi./
Ego Sergius presbiter cardinalis Sancti Christi subscripsi./
Ego Anastasius presbiter cardinalis tituli Beati Clementis subscripsi./
Ego Ugo diaconus cardinalis Sancti Theodorii subscripsi./
Ego Johannes Sacre Basilice subdiaconus subscripsi./
Ego Rodulfus Sacre Basilice subdiaconus subscripsi./
Datum Laterani per manum Aimerici Sancte Romane Ecclesie diaco-
ni cardinalis et cancellarii, none martii, indictione III, anno Dominice
incarnationis MCXXV, pontificatus autem domini Honorii pape II
anno I./

XI

< post 1125 > agosto 1

Costantino I de Lacon, giudice di Torres, libera e assolve i servi della chie-


sa di San Paolo di Cotroniano da ogni obbligo e servizio verso il regno,
verso il curatore, verso il maiore de scolca e i pupillares, a cui è sottoposta
la chiesa.

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CLXXXVIII v., n.1.

Il termine post quem è costituito dal 7 marzo 1125, data di un privilegio pontificio
in cui viene nominata per la prima volta la chiesa di San Paolo di Cotroniano tra i
possessi camaldolesi sardi (cfr. doc. X dell’Appendice documentaria). In virtù di
questi elementi si può postdatare l’ultima menzione di Costantino I de Lacon, in
qualità di giudice, che fino ad oggi era del 30 aprile 1124 (L.L. BROOK, F.C. CASULA,
M.M. COSTA et al., Genealogie medioevali di Sardegna, tav. V e pp. 191-192).

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 876,
p. 110.

87
Valeria Schirru

Costantine rex de Laccon per se suosque heredes, in perpetuum, pro


remedio anime sue / et Itocor filis sui, liberavit et absolvit servos
ecclesie Sancti Pauli de Cotrinuanu ab omni opera et servitiis regni,
vel curatoris, / vel maioris de scolca et de pupillares, cuia est sa clesia.
Carta manu Janne scriptoris iudicis Costantini / de Laccon. Die pri-
ma mensis augusti luna XXVIII./

XII

1134

Giovanni, vescovo di Sorres, dona all’eremo di San Salvatore di Camaldoli


le chiese di San Nicola di Trullas, Santa Maria di Saganza, San Pietro di
Arkennor e San Pietro di Monticleta con le rispettive pertinenze.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1134.


Copia semplice [B] del sec. XII, pergam., mm. 150 x 330.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è il regesto coevo al documento “Car(tam) [episcopi] To(r)ritani
de ecc(lesia) S(anc)ti Nicholai de Trulla, S(anc)te Ma(r)ie / de Saga(n)cia, S(anc)ti
Pet(ri) de Archennor, S(anc)ti Pet(ri) de Mo(n)ticleta”. Sovrapposta al regesto si legge
la segnatura archivistica “Camaldoli 1134”.
Per la datatio chronica, posta all’inizio del documento, è usato lo stile dell’incarna-
zione ma non sono presenti ulteriori specificazioni di giorno e mese; l’anno 1134 è
confermato dall’indizione dodicesima.

SOMMARIO:
Anno CXXXIV, inditione XII. Iohannes Sorrensis episcopus ecclesie Sancti Petri site
/ in loco qui dicitur Sorra per hanc paginam dat, concedit atque tradit ecclesie
Sancti Salvatoris de he/remo Camaldulensis ecclesias IIIIor. Quarum prima, que
vocatur Santus Nicholaus, sita in / loco qui dicitur Trulla; secunda, que vovatur
Sancta Maria, sita in loco qui dicitur Sagantia; tertia, que vocatur Sanctus Petrus,
sita in loco qui dicitur Ar/chennor; quarta, que similiter vocatur Sanctus Petrus, sita
in loco qui dicitur Monticleta cum omnibus supradictarum ecclesiarum
pertinentiis; quatenus / prior Azo, qui ibi preesse dignoscitur, cum ceteris fratribus

88
Appendice documentaria

heremitice in eodem / loco Christo servientibus habeant, teneant, possideant.


Iohannes episcopus Sorrensis / subscripsi. Azo archiepiscopus Turritanus subscripsi.
Istephanus archipresbiter subscripsi. Ithocor prior Sorrensis subscripsi./

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CLXXXVII r., n.1, con l’anno MCIIII.

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. IV, p. XI.

Regesti.
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 941,
pp. 138-139.

In nomine sancte et individue Trinitatis. Anno ab incarnatione domini


nostri Iesu Christi C/XXXIIII post mille, indictione XII, ad hoc divina
gratia que iuste disponit omnia sin/gulis suis ecclesiis, pastores ordinat ut
deo previdente omnium bonorum atque misericor/diter largiente
religiosas quasque personas in suo episcopatu degentes honeste diligant, /
ac pro suo modulo modis omnibus illis serviendo caritative in Christo
amare studeant. Nusquam / enim Deo gratiis aliquando impeditur
famulatus nisi ex caritatis radice procedens a religio/nis puritate fuerit
confirmatus. Decet ergo omnes christiane fidei amatores religionem pure
/ diligere et loca venerabilia, in quibus Deus per suam ineffabilem gratiam
semper adesse creditur cum ipsis / personis, divino servitio mancipatis
attentius confovere. Qua propter ego Johannes Sorrensis episcopus, /
ecclesie Sancti Petri site in loco qui dicitur Sorra, per hanc paginam
damus, concedimus atque, ex / auctoritate sancti Petri et nostri, caritative
tradimus videlicet ecclesias IIII: quarum prima que vocatur / Sanctus
Nicholaus sita in loco qui dicitur Trulla, secunda que vocatur Sancta Ma-
ria sita in loco qui / dicitur Sagantia, tertia que vocatur Sanctus Petrus sita
in loco qui dicitur Archennor, quarta / que similiter vocatur Sanctus
Petrus sita in loco qui dicitur Monticleta, cum omnibus istarum
supradictarum / ecclesiarum pertinentiis, ecclesie Sancti Salvatoris de
heremo Camalduli, quatenus dominus prior Azo, / qui ibi preesse
dignoscitur cum ceteris fratribus heremitice in eodem loco Christo

89
Valeria Schirru

servientibus, / aliique fratres in eadem heremo in perpetuum heremitice


viventes ex nostra dacione atque concessione / habeant, teneant,
possideant, sine omni nostra nostrorumque omnium successorum con-
tradictione. Decer/nimus, igitur, ut nulli omnino hominum licet eidem
heremo prenominatas ecclesias, a nobis per hanc / nostre donationis
paginam concessas, temere, perturbare, aut earum possessiones auferre,
vel / ablatas retinere, vel temerariis vexationibus fatigare, sed omnia inte-
gra conservent eorum pro quorum / sustentatione et gubernatione, con-
cessimus usibus omnimodis profutura./
Si qua igitur in futurum ecclesiastica secularisve persona hanc nostre
concessionis paginam sciens / contra eam temere, agere, temptaverit
secundo tertiove commonita si non satisfactione congrua / emendaverit,
ream se divino iudicio existere et de perpetrata iniquitate anathematis
vin/culo se dampnatam cognoscat et a sacratissimo corpore ac sanguine
Dei et domini nostri / Iesu Christi aliena fiat. Cunctis autem eidem
loco ista servantibus fiat domini nostri Iesu Christi / quatenus et hic
fructum bone actionis percipiant et apud discrictum iudicem premia
eterne pacis / inveniant. Amen. Amen. Amen. Ego Iohannes episcopus
Sorrensis confirmo et subscripsi. / Ego Azo archiepiscopus(a) Turritanus
confirmo et subscripsi. Ego Istephanus archipresbiter subscripsi. Ego
Ithoccor prior Sorrensis subscripsi./

XIII

< post 1134 >

Giovanni Sargu, vescovo di Sorres, dona all’eremo di San Salvatore di


Camaldoli le chiese di San Nicola di Trullas, Santa Maria di Saganza, San
Pietro di Arkennor e San Pietro di Monticleta con le rispettive pertinenze.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1113 ottobre 29.


Copia semplice [B], pergam., mm. 320 x 310.

(a)
La parola archi è scritta in interlinea.

90
Appendice documentaria

Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: buono.


Il testo è disposto su due colonne e contiene anche copia dell’affiliazione della chiesa
di San Nicola di Trullas fatta all’eremo di San Salvatore di Camaldoli il 29 ottobre
1113 da Pietro de Athen (cfr. il doc. VI dell’Appendice documentaria).
Note dorsali: in alto a sinistra è il regesto del primo documento “Carta(m) qua(m)
fecit Petrus de Athen et ux(or) ei(us) Padulesa de ecc(lesia) S(anc)ti Nicholai de Trulla”.
Al di sotto il regesto del secondo documento “Carta(m) qua(m) fecit Ioh(ann)es
Sa(r)gu ep(is)c(opus) S(an)c(ti) Pet(ri) de Sorra / que don(at) S(anc)ti Nicholai de
Trulla et S(anc)ti Pet(ri) de Arkennor et S(anc)ti Pet(ri) de Monticleta et S(anc)te
Ma(r)ie de Saga(n)sa Cam(alduli)”. Al di sotto con mano più moderna è la segnatura
archivistica “Camaldoli Ott. 1113”.
La lingua utilizzata è un latino frammisto al volgare sardo.
Il termine post quem è costituito dal 1134, data del documento XII dell’Appendice
documentaria, che contiene la donazione delle quattro chiese.
Il documento è una vera e propria donazione, anzi sembrerebbe contenere lo stesso
testo del documento precedente (cfr. nell’Appendice documentaria il doc. XII), ma
con alcune differenze. Come comprovanti l’atto sono citati due degli ecclesiastici
che si trovavano anche nel documento XII, ma con la specificazione dei loro cogno-
mi: il priore Itoccorre de Monte e l’arciprete Istephane Catha. Il documento sardo
rispetta nel formulario i documenti prodotti nell’Isola con la presenza nell’invocatio
verbale dei santi Gavino, Proto e Gianuario, venerati nella Sardegna settentrionale
(B.R. MOTZO, La passione dei santi Gavino, Proto e Gianuario, pp. 187-221).
In più rispetto all’altro documento compaiono anche le figure del giudice di Torres
Barisone II de Lacon, di sua moglie Preziosa de Orrù, e di suo figlio Costantino indi-
cato come re. Se si accetta il termine post quem del 1134 si possono retrodatare: la
prima menzione di Barisone II de Lacon come giudice, che fino ad oggi risaliva al
1147 (P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. LVI, p. 216); la prima menzione di Preziosa
de Orrù come sua consorte che era del 1153 (P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. LIX,
p. 218); e la prima menzione di Costantino II de Lacon come regnante insieme al
padre, che risaliva al 1170 (P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. XCVII, p. 240).

SOMMARIO:
Ego Iohanne Sargu piscopu de Sanctum Petru de Sorra ki la fato custa carta cum
boluntate de Deus et de sanctu Petru / et dessu priore meu donnu Ithocor de Monte
et dessu archiprete meu Istephane Catha et de toctu sos clerico fratres mios et cum
boluntate / de iudiche Uarusone et dessa muchere donna Prethiosa regina de
Orruuum et dessu fiiu donnu Gosantine rege et dessu archipiscopu donnu Petru, a
Sanctu / Salvatore de Camalduli pro Deus et pro ssos homines bonos kivi sun in su
eremu et pro redemptione dessa peccata nostra, concedo et confirmo / custas bactor
ecclesias: Sanctu Nicola de Trulas et Sanctu Petru de Arkennor et Sanctu Petru de
Monticleta et Sancta Maria de Sagansa cum omnia pertenthia. Sunt / testes primus
Deus omnipotens, deinde ego iudiche Uarusone de Laccon et mukere mea Prethiosa
d’Orruuum regina et filiu meu Gosantine rege testes, donnichellu / Ithocor,
donnikellu Comita, donnikellu Dorueni, Comita de Gunale, Ithocor de Laccon,

91
Valeria Schirru

Comita de Laccon, Gosantine de Thori, Comita de / Iravitha, Petru de Maroniu


testes, de kita de maiores de Ienna, Petru Iscarpa et kita sua testes et omnes fratres
meos et fideles meos testes./

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CLXXXVII v., n.2

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 1152,
p. 228.

Auxiliante domino Deo adque salvavatori nostro Jesu Christo et


intersedente pro nobis beata et gloriosa / semper virgine Maria et bea-
to Michaele archangelo et beato Petro principe omnium apostolorum
et / beati martiribus Gavino, Proto, Ianuario sub eorum protecione
atque defentione nos credi/mus esse salvatos. Amen. Ego Johanne
Sargu piscopu de Sanctum Petru de Sorra ki la fato custa / carta cum
boluntate de Deus et de sanctu Petru et de su priore meu domnu
Ithocor de Monte et / dessu archiprete meu Istephane Catha et de
toctu sos clerico fratres meos et cum bolunta/te de iudiche Varusone
et dessa muchere donna Prethiosa regina de Orruuum et des/su fiiu
donnu Gosantine rege et dessu archiepiscopu donnu Petru, a Sanctu
Salvatore / de Camalduli, pro Deus et pro ssos homines bonos ki vi
sun in su eremu, et pro redemptione dessa pec/cata nostra, concedo et
confirmo, custas bactor ecclesias: Sanctu Nicola de Trulas et Sanctu
Petru / de Arkennor et Sanctu Petru de Monticleta et Sancta Maria de
Sagansa cum omnia pertenthia. / Contra aen ki la appat benedicta
Sanctu Salvatore de Camaldula et non siat nulla / persone mortale kin
de la levet dessu eremu, adhuc las ponentis nois pro ssanima nostra. /
Et ego piscopu Johanne pro amore de Deus et dessu patre Gregoriu,
ki fuit tando in Saccar/ia et de domino Johanne, ki fuit priore in
Trullas petili voluntate a su donnu meu Juche Va/rusone de Laccon
pro bullare de carta a Sanctu Salvatore de Camaldula et ipse feki / mi
de voluntate et bullartimila pro appat inde pro de Sanctu Salvatore de
custas bactor / ecclesias usque in finem seculi. Amen. Et si quis ista
carta destruere aut exterminare / eam voluerit qui diserit quia male est
abeat maledicionem de Deum patre omnipotente / et de sancta Maria

92
Appendice documentaria

matre eius et de duodecim apostolos et de omnes sanctos et sanctas


Dei. Amen. Fiat fiat. / Et si quis ista carta audire eam voluerit et nostras
ordinationes confortaverit et qui diserit / quia bene est, habeat
benedictionem de Deum patrem omnipotentem, et de sancta Maria
matrem eius et de / XII apostolos et de omnes sanctos et sanctas Dei.
Amen. Fiat. Et sunt testes primus Deus omnipotens, deinde / ego
iudiche Varusone de Laccon et mukere mea Prethiosa d’Orruuum regi-
na / et filiu meu Gosantine rege, testes donnikellu Ithocor, donnikellu
Co/mita, donnikellu Dorveni Comita de Gunale, Ithocor de Laccon,
Comita de Laccon, Gosantine de Thori, Comita de Iravitha, Petru de
Maroniu, testes / de kita de maiores de ienna, Petru Iscarpa et kita sua
testes et omnes / fratres meos et fideles meos testes./

XIV

1137 gennaio 21, Pisa

Papa Innocenzo II accoglie sotto protezione apostolica il monastero di


Santa Trinità di Saccargia, concedendo importanti privilegi a Benedetto,
abate del predetto monastero.
A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1137 gennaio 21.
Copia semplice [B] del secolo XII, pergam., mm. 460 x 630.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: mediocre. La pergamena presenta in
più punti fori causati da rosicchiature di topi, che rendono il testo di difficile lettura.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Sono presenti le caratteristiche legature a ponte ct- e st-.
Note dorsali: in basso a destra con scrittura del secolo XVIII in corsivo “1137
Privilegium n. 27 c. 33”.
Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo pisano;
l’anno 1137 rimane tale trattandosi del 21 gennaio. Una conferma viene
dall’indizione quindicesima e dall’anno di pontificato: Innocenzo II venne infatti
eletto il 14 febbraio 1130 e consacrato il 23 dello stesso mese. Il suo settimo anno di
pontificato risulta quindi tra il 23 febbraio 1136 e il 22 febbraio 1137. L’uso del
sistema cronologico dell’incarnazione pisana può essere giustificato con il momenta-
neo soggiorno del pontefice a Pisa, causato in quell’anno dai contrasti tra Innocenzo
II e l’antipapa Anacleto II.

93
Valeria Schirru

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. V, p. XIII.

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 951,
pp. 142-143.

Innocentius episcopus servus servorum Dei, dilecto filio Benedicto


abbati monasterii Sanctae Trinitatis in loco qui Sacaria dicitur eiusque
successoribus a Ca/maldulensi priore ibidem promovendis in
perpetuum pie postulati voluntatis effectu debet prosequente
compleri. Quatenus et devotionis sinceritas laudabiliter enitescat / et
utilitas postulata vires indubitanter assumat. Proinde dilecte in domi-
no fili Benedicte abbas tuis desideriis clementer annuimus et mo-
nasterium Sancte Trinitatis cui Deo auctore presides / apostolice sedis
privilegio communimus. Statuentes ut quascumque possessiones
quecumque bona in presentiarum iuste et canonice idem monaste-
rium possidet, aut in futurum concessione pontificum largitione /
principum oblatione fidelium seu aliis iustis modis probante Domino
poterit adipisci tibi tuisque successoribus firma et illibata permaneant.
Huic quoque decreto adicimus ne umquam tu vel successores tui /
absque Camaldulensis prioris licentia ad episcopale officium presuma-
tis accedere ne forte bona eiusdem monasterii servorum Dei usibus
deputata hac occasione aliquod exterminium patiantur. Prohibemus
etiam / ne archiepiscopos aut episcopos licentia pateat absque iam
dicti prioris concessione monachum, inde tollendi et ad aliud offi-
cium promovendi, aut aliqua de causa invito eodem priore vel abbate
eiusdem cenobii, / quemlibet de fratribus ipsius loci ad aliam ecclesiam
transferendi. Si quis sane fratrum eiusdem loci ad regimen alterius
ecclesie fuerit assumptus, in monasterio ipso nullam ulterius habeat
potestatem / nisi qualem predecessores sui in ibi habuerunt qui prefue-
rint ecclesie ad quam fuerit ipse translatus. Obeunte vero te nunc
eiusdem loci abate vel tuorum quolibet successorum, nullus ibi qualibet
/ subreptionis studia seu violentia preponatur, nisi quem prior Camal-
dulensis, secundum Dei timorem, elegerit ordinandusque previderit.
Liceat etiam tibi tuisque successoribus atque fratribus, clericum /

94
Appendice documentaria

cuiuscumque ordinis de quolibet episcopatu, ad vos transire volentes,


cum rebus suis propriis ad conversionem suscipere et absque
aliquorum contradictione episcoporum vel aliarum personarum
monachicum / habitum iuxta sanctorum patrum regulas ei tradere.
Nichilominus etiam ipsius loci fratribus sit facultas tam monachos,
quam conversos, clericos vel laicos, liberos aut servos, eidem mona/
sterio subditos iudicare absque prohibitione vel molestia cuiuslibet
ecclesiastice au secularis etiam potestatis. Porro ordinationes mona-
chorum vel clericorum qui ad sacros gradus fuerint promo/vendi a
quocumque malueritis catholico suscipietis episcopo. Nullusque
episcoporum, abbates, aut monachos, vel sacerdotes in iam dicto mo-
nasterio vel ecclesiis sibi subditis constitutos presumat / excommuni-
cationi aut interdicto subicere aut qualibet occasione suspendere, nisi
forte abbas vel prelatus [qui pro te]mpore fuerit in eorumdem cor-
rectione delinquentius negligens paruerit / [aut si]ngulari castigatione
defecerit. Preterea decimas vel prim[itias ve]stro monasterio [conces-
sas] a nostro Azone bone memorie Turritano archiepiscopo, eidem
loco […] […] / [succ]essoribus in posterum concedendas nos quoque
vobis auctoritate ap[ostolica] cumque placuerit tam in vita quam in
morte monasterio vestro […] […] / […]offerre testamenta facere et
corpora in ibi sepelire. Statuimus insuper […] […] […] [monaste]rio
missas audeat celebrare nisi forte ab abbate vel fratribus ipsius loci
fuerit / invitatus. Ad hec firmiter interdicimus ut nemo umquam
quocumque tempore prefatum mona[sterium] a regimine vel
gubernatione Camaldulensis prioris temptet subtrahere vel auferre. /
Decernimus ergo ut nulli imperatori, seu regi, nulli episcoporum aut
curatorum, nulli prorsus aliqua dignitate predito fassit idem monaste-
rium temere, perturbare aut eius possessiones au/ferre vel ablatas
retinere, minuere seu quibuslibet vexationibus fatigare. Sed omnia in-
tegre conserventur eorum pro quorum gubernatione et sustentatione
concessa sunt usibus / profutura. Sancimus etiam ut ordo monasticus
qui secundum normam fratrum camaldulensium in eodem monaste-
rio noscitur, institutus ibidem perpetuis futuris temporibus firmiter
observetur. / Si qua igitur in futurum ecclesiastica secularisve persona
huius nostre constitutionis paginam sciens contra eam temere, venire,
temptaverit, secundo tertiove commonita, si non presumpti/onem
suam congrua satisfactione correxerit honoris et dignitatis sue, pericu-

95
Valeria Schirru

lum patiatur et a sacratissimo corpore et sanguine Dei ac domini re-


demptoris nostri Jesu Christi aliena fiat atque / in extremo examine
districte ultioni subiaceat. Cunctis autem eidem loco iusta servantibus
sit pax domini nostri Jesu Christi. Quatenus et hic fructus bone
actionis percipiant et apud / supremum iudicem premia eterne pacis
inveniant. Amen. Amen. Amen./
Ego Innocentius catholice Ecclesie episcopus subscripsi. Ego Guiliel-
mus Prenestinus episcopus subscripsi. Ego Theodewinus Sancte Rufi-
ne episcopus subscripsi./
Ego Drogo Ostiensis episcopus subscripsi. Ego Albertus Albanensis
episcopus subscripsi./
Ego Gregorius diaconus cardinalis Sanctorum Sergii et Bachii
subscripsi. Ego Guido diaconus cardinalis Sanctorum Cosme et
Damiani subscripsi./
Ego Guido cardinalis diaconus Sancti Adriani subscripsi./
Ego Vassallus diaconus cardinalis Sancti Eustachii subscripsi. Ego
Grisogonus diaconus cardinalis Sancte Marie in porticu subscripsi./
Ego Anselmus presbiter cardinalis tituli Sancti Laurenti in Licina
subscripsi. Ego Latefredus presbiter cardinalis tituli Sancti Vitalis
subscripsi. Ego Lucas presbiter cardinalis tituli Sanctorum Johannis et
Pauli subscripsi./
Ego Martinus presbiter cardinalis tituli Sancti Stephani subscripsi.
Ego Bernardus presbiter cardinalis tituli Sancti Grisogoni subscripsi.
Ego Wido indignus sacerdos subscripsi./
Datum Pisis per manum Aimerici Sancte Romane Ecclesie diaconi
cardinalis et cancellarii, XII kalendas februarii, indictione XV,
incarnationis Dominice anno MCXXXVII, pontificatus vero domini
Innocentii pape II anno VII./

XV

1139

Ugo, vescovo di Orotelli, dona all’eremo di San Salvatore di Camaldoli la


chiesa di San Pietro in Ollin con le rispettive pertinenze.

96
Appendice documentaria

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1139.


Originale [A], pergam., mm. 400 x 480.
(S.I.D.) si notano tracce di sigillo cereo nella pergamena, di cui rimane il ricordo
nelle parole del Mittarelli “Visitur adhuc sigillum in cera alba cum tribus consimilibus
signis parvulis duas aves rapresentans” (B. M ITTARELLI -A. C OSTADONI , Annales
Camaldulenses, tomo III, n. CCXLVII, coll. 378-379).
Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: mediocre. La pergamena, non di
ottima qualità, ha leggermente assorbito l’inchiostro, tanto che il testo risulta in al-
cuni punti di difficile lettura.
La scrittura corre parallela al lato più stretto della pergamena che non presenta alcun
segno di rigatura.
Note dorsali: in alto a sinistra vi è la segnatura archivistica “Camaldoli 1139”. Al di sotto
vi è il regesto coevo al documento “privilegiu(m) S(anc)ti Petri in Oli(m) ann(o) D(omi)ni
M C XXX VIIII”. In alto a destra in caratteri semionciali “Ugo ep(is)c(opus) Ortellensis”.
Al centro in scrittura del secolo XVIII in corsivo “1139 § Dona(ti)o n. 303 c. 40”.
Per la datatio chronica, posta all’inizio del documento, è usato lo stile dell’incarna-
zione, ma non sono presenti ulteriori specificazioni di giorno e mese; l’anno 1139 è
confermato dall’indizione seconda.
Le sottoscrizioni nell’escatocollo sono autografe. Da notare, sempre nell’escatocollo, la
formula “Ugo Ortellensis ecclesie episcopus” presente anche nella nota dorsale: non esi-
stendo studi sulle diocesi sarde risalenti al 1139 si può ipotizzare un momentaneo
spostamento della sede vescovile da Ottana a Orotelli, vista la vicinanza dei due pae-
si; e la sottoscrizione di Baldovino a cui papa Innocenzo II aveva concesso la
primazia e la legazione pontificia in Sardegna, in cui evidentemente si trovava per
svolgere il proprio compito (P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, p. 213, nota 2).

SOMMARIO:
Anno MCXXXIX, inditione II. Ugo ecclesie Sancti Iohannis episcopos site in loco
qui dicitur Ortilli per hanc / paginam dat, concedit atque tradit ecclesiam Sancti
Petri si/tam il loco qui dicitur Ollin cum omnibus pertinentiis, ecclesie Sancti
Salvatoris de eremo Camaldulensis, ubi Azo / prior preesse dignoscitur. Ugo
Ortellensis ecclesie episcopus subscripsi. Petrus Turritanus / archiepiscopus
subscripsi. Gualfredus Plavacensis episcopus subscripsi. Iohannes Sorrensis
episcopus subscripsi. Marianus Ardarensis / episcopus subscripsi. Balduinus Pisanus
archiepiscopus et Romanus legatus hanc cartam offersionis confirmat et subscripsit.
Azo Turrensis archiepiscopus hanc cartam / offersionis confirmat et subscripsit./

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CLXXXVIII v., n. 2.

Edizioni:
– B. MITTARELLI-A. COSTADONI, Annales Camaldulenses, tomo III, doc.
CCXLVII, coll. 378-379. Ex autographo Fontis-boni. Donatio n. 303.

97
Valeria Schirru

– P. TOLA, Codex Diplomaticus Sardiniae, tomo I, sec. XII, n. L, p. 213.

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 975,
pp. 152-153.

In nomine sancte et individue Trinitatis. Anno ab incarnacione domi-


ni nostri Jesu Christi millesimo C XXX VIIII, inditione II. / Decet
enim omnes christiane fidei amatores religionem pure diligere, et loca
venerabilia, in quibus Deus per suam ineffabilem gratiam semper
adesse creditur, cum ipsis personis divino / servitio mancipatis
attentius confovere. Qua propter ego Ugo licet indignus ecclesie Sancti
Johannis episcopus, site in loco qui dicitur Ortilli, per hanc paginam
damus, concedi/mus, atque ex auctoritate sancti Petri apostoli, et
sancti Johannis, et nostra caritative tradimus videlicet ecclesiam Sancti
Petri sitam in loco qui dicitur Ollin cum omnibus sibi pertinenciis
ecclesie / Sancti Salvatoris de eremo Camalduli. Quatenus donnus
Azzo prior qui ibi preesse dignoscitur cum ceteris fratribus in eodem
loco Christo servientibus, aliique fratres in eadem / eremo in perpe-
tuum eremitice viventes ex nostra datione atque concessione habeant,
teneant, possideant sine omni nostra, nostrorumque omnium succes-
sorum / contradictione, salvo iure matricis ecclesie. Decernimus igitur,
ut nulli omnino hominum liceat eidem eremo praenominatam
ecclesiam a nobis per / hanc nostre donationis paginam concessam te-
mere, perturbare, aut eius possessionem auferre, vel ablatam retinere,
vel temerariis vexati/onibus fatigare, sed omnia integra conserventur
eorum, pro quorum sustentatione et gubernatione concessimus usibus
omnimodis / profutura. Si qua igitur in futurum ecclesiastica secula-
risve persona, hanc nostre concessionis paginam sciens contra eam
agere temptaverit, / secundo tercioque commonita, si non satisfacione
congrua emendaverit, ream se divino iudicio existere, et de perpe/trata
iniquitate anathematis vinculo dampnatam cognoscat, et a sacratissi-
mo corpore, et sanguine Dei et domini nostri / redemptoris Jesu
Christi, aliena fiat. Cunctis autem eidem loco ista servantibus fiat pax
domini nostri Jesu Christi, quatinus / et hic fructum bone actionis
percipiant, et apud districtum iudicem premia eterne pacis inveniant.

98
Appendice documentaria

Amen. / Sanctitum enim est in legibus, quod venerabilibus locis semel


datur vel conceditur, nullo modo revocetur./
Ego Ugo Ortellensis ecclesie episcopus subscripsi. Ego Petrus Turrita-
nus archiepiscopus interfui et subscripsi./
Ego Gualfredus Plavacensis episcopus interfui et subscripsi. Ego
Johannes Sorrensis episcopus interfui et subscripsi. Ego Marianus
Ardarensis episcopus interfui et subscripsi./
Ego Balduinus Pisanus archiepiscopus et Romanus legatus hanc
cartam offersionis confirmo et subscripsi./
Ego Azo Turrensis archiepiscopus hanc cartam offersionis confirmo et
subscripsi./

XVI

1147 febbraio 7, San Genesio

Papa Eugenio III conferma alla Congregazione Camaldolese il possesso


delle chiese e dei monasteri nominati, tra cui sono compresi anche quelli
ubicati in Sardegna.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1146 febbraio 7.


Copia autentica [B] del 17 settembre 1322, pergam., mm. 690 x 820.
(B.D.) sono visibili i fori che attraversava il cordoncino, al quale era applicato il si-
gillo, nella plica del margine inferiore della pergamena.
Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura tracciata con inchiostro nero. La
scrittura corre parallela al lato minore della pergamena.
Note dorsali: al centro in scrittura coeva alla copia “Exemplum cuiusdam privilegii
Apostolicii Eugenii PP. super exemplum 1146”. In alto a destra con mano del secolo XVIII
in corsivo “1146 ß Privilegium num. 30 c. 35 Eugenii PP. III Exemplatum anno 1322”.
Al di sotto con mano moderna “Impressum Tom. III Annal. P. 437” (B. MITTARELLI-A.
COSTADONI, Annales Camaldulenses, tomo III, n. CCLXXXIII, coll. 437-439).
Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo fiorentino:
l’anno 1146 deve quindi essere rettificato al 1147, trattandosi del 7 febbraio. Una con-
ferma viene dall’indizione decima e dall’anno di pontificato: Eugenio III venne infatti
eletto il 15 febbraio 1145 e consacrato il 18 dello stesso mese. Il suo secondo anno di
pontificato risulta quindi tra il 18 febbraio 1146 e il 17 febbraio 1147.

99
Valeria Schirru

Per la datatio chronica della copia è usato lo stile dell’incarnazione secondo il com-
puto fiorentino “secundum usum et cursum civitatis Florentie”; trattandosi del 17 set-
tembre non deve essere rettificato. L’anno 1322 è confermato dall’indizione quinta.
La copia è stata sottoscritta dai notai: Marsoppus domini Guidalotti Pintacci de Signa
notaio imperiale, Benedictus magistri Martini notaio imperiale, Dionisius Bindi de
Calenzano notaio apostolico e imperiale, Johannes olim Arrighetti de Pomino notaio
imperiale.

SOMMARIO:
Eugenius papa Azoni priori Camaldulensis eiusque fratribus. Predecessorum
suorum Honorii et Innocentii vestigiis inherens status et religionis / vigore consistat.
Quecunque bona, quascunque possessiones possidet aut in futurum poterit adipisci,
firma et illibata permaneant. in quibus hec propriis / duxit exprimenda vocabulis. In
episcopatu Aretino: ecclesiam Sancti Donati quae Fons Bonus dicitur cum hospitali
et omnibus suis bonis; in ipsa civitate monasterium Sancti Petri Piculi et ecclesiam
Sancti Michaelis; monasterium / Silve Munde; monasterium Sanctae Marie in
Agnano; monasterium Sancti Petri in Rota; monasterium Sancti Salvatori /
Berardingorum; monasterium Sancti Quirici in Rosa; Curtem Luponis cum
ecclesia; heremum Fleri; monasterium Sancti Viriani; / monasterium Sancti
Bartholomei in Anglari cum castro et pertinentiis suis; plebem Sanctae Marie de
Miciano cum capellis / et ceteris pertinentiis; castrum Montorii cum pertinentiis;
villam de Monthione, quam monasterium emit ab abbate Sanctae Flore, et ecclesiam
eiusdem ville; villam de Modiona quam monasterium emit ab Henrico pre/posito et
reliquis canonicis sicut in cartulis continetur et ecclesiam eiusdem ville cum decima-
tione; decimationes ville Agne; ecclesiam eiusdem ville et decimationes de Larniano.
In episcopatu Fesulano: monasterium Sanctae / Marie in Poplena. In episcopatu
Castellano: monasterium de Deciano; monasterium Sancti Sepulcri cum toto
burgo. In episcopatu / Florentino: monasterium Sancti Petri in Luco; monasterium
Sancti Salvatoris iuxta civitatem In episcopatu Lu/cano: monasterium Sancti Petri
in Puteolis cum capella burgi Porcarie et capella castri; monasterium Sancti
Salvatoris in Cantiniano; hospitale iuxta burgum Sancti Genesii. / In episcopatu
Vulterrano: monasterium Sancti Iusti prope civitatem; monasterium Sancti Petri in
Cerreto; monasterium Sanctae / Marie in Puliciano; monasterium Sancti Petri in
Fontiano. In episcopatu Pisano: monasterium Sancti Stephani in Cintoria;
monasterium Sancti Savini in Montione; in ipsa civitate monasterium Sancti
Michahelis; / monasterium Sancti Fridiani; monasterium Sancti Zenonis, salvo iure
Romanae Ecclesiae In episcopatu Clusino: monasterium / Sancti Petri in Vivo
Montis Amiati quemadmodum a papa Celestino diffinitum est. In Sardinie insula:
monasterium Sanctae Trinitatis in / Saccaria, ecclesiam Sanctae Eugenie in Samanar,
ecclesias Sancti Michahelis et Sancti Laurentii in Vanari, ecclesias Sanctae / Marie et
Sancti Iohannis in Altasar, ecclesiam Sanctae Marie in Contra, ecclesias Sancti
Iohannis et Sancti Symeonis in Salvenero, ecclesiam / Sancti Niccholai in Trulla,
ecclesiam Sancti Petri in Scano, ecclesiam Sancti Pauli in Cotroniano, ecclesiam
Sancti Petri / in Heolin. In marchia Camerina: monasterium Sancti Georgii,

100
Appendice documentaria

monasterium Sancti Martini in Accole cum ecclesia qua dicitur Heremite. In /


Galiata: monasterium Sanctae Marie in Insula; heremum Faioli. In episcopatu
Populiensi: ecclesiam Sancti Paterniani in Fetracciano. / In episcopatu Faventino:
monasterium Sancti Ypoliti iuxta civitatem In episcopatu Ravennate: monasterium
Sancti Apollinaris in / Classe. In episcopatu Bononiensi: monasterium Sancti
Michahelis, monasterium Sanctae Christine; in ipsa civitate ecclesiam Sancti
Damiani. Item in episcopatu Aretino: ecclesiam Sancti Savini in Chio, ecclesiam de
/ Castilione, item monasterium de Morrona. Hec omnia cum omnibus ad ipsa
monasteria pertinentibus statuit tamquam corpus unum sub uno capite, idest sub
priore Camaldulensis heremi, temporibus perpetuis permanere. / Datum apud
Sanctum Genesium, per manum Guidonis Sanctae Romanae Ecclesiae diaconi
cardinalis et cancellarii, VII idus februarii, / indictione X, anno MCXLVI,
pontificatus Eugenii III pape anno II./

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CCVIIII v., n. 2.

Edizioni:
– B. MITTARELLI-A. COSTADONI, Annales Camaldulenses, tomo III, doc.
CCLXXXIII, coll. 437-439 [Lo data al 1147 VIII id. februarii.]
– P. TOLA, Codex Diplomaticus Sardiniae, tomo I, sec. XII, n. LIV, p. 215
[riporta la data VIII id. febr.].

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI- F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 1037,
pp. 179-180.

Hoc est exemplum unius autentici et originalis privilegii apostolici


cuius tenor talis est./
Eugenius episcopus servus servorum Dei dilectis filiis Azoni priori
Camaldulensi eiusque fratribus tam presentibus quam futuris regula-
rem vitam professis in perpetuum. / Religiosis desideriis dignum est
facilem prebere consensum ut fidelis devotio celerem sortiatur
effectum ideaque predecessorum nostrorum beate memorie pape
Honorii et Innocenti vestigiis inherentes et iuris dilecti in divino filii
petitionibus annuentes presenti decreto statuimus: ut Ca/maldulensis
heremus, perpetuis futuris temporibus, in sui status et religionis vigo-
re consistat et ordo monastice observantie in tota universis Congrega-

101
Valeria Schirru

tione statutus nullius persone insolentia vel superstitione, aliqua


permutetur hac etiam adicientes ut nemini fratrum vestre Congrega-
tionis, / post factam monasticam professionem absque prioris et
rationabili fratrum licentia sit egrediendi facultas. Si vero exire pre-
sumpserit et secundo tertiove commonitus redire contempserit quo
usque congrue satisfacerit ipsum excommunicationis sententie subiuga-
mus. Prohibens insuper / et in ecclesiis que a vestre congregationis
fratribus gubernantur a nullo episcoporum absque canonice examina-
tione divinum interdicatur offitium. Praeterea in comuni civitatis
Sanctu Parrochie interdicto clausis […] et non abrassis diocesanis
ecclesiarum vestrarum monachi nequaquam / prohibantur divina
offitia celebrare. Quicunque vero pro obsequio servorum Dei in
heremo Camaldulensi degentium ad aliquas partes penexerint tam
ineundo quam in redendo seu etiam stando a nullo penitus molesten-
tur. Porro quecunque bona quascunque possessiones in pre/sentiarum
iuste et canonice possidetis aut in futurum concessione pontificum,
largitione regum, vel principum, oblatione fidelium, seu aliis iustis
modis prestante Domino poteritis adipisci. Firma nobis iurisque
successoribus in eadem religione permanentibus in perpetuum et
illibata permaneant. / In omnibus hec propriis duximus exprimenda
vocabulis. In episcopatu Aretino: ecclesiam videlicet Sancti Donati,
que Fons Bonus dicitur, cum hospitali et omnibus suis bonis. In ipsa
civitate: monasterium Sancti Petri Piculi, et ecclesiam Sancti
Michahelis, monasterium Silve Mun/de, monasterium Sancte Marie
in Agnano, monasterium Sancti Petri in Rota, monasterium Sancti
Salvatoris Berardingorum, monasterium Sancti Quirici in Rosa,
curtem Luponis cum ecclesia, heremum Fleri, monasterium Sancti
Viriani, monasterium Sancti Bartholomei in Anglari cum castro et
omnibus / pertinentiis suis, ecclesie Sante Marie de Miciano cum
capellis et ceteris pertinentiis suis, castrum Montorii cum omnibus
pertinentiis suis, villam de Monthione, quae emistis ab abbate Sancte
Flore, et ecclesiam eiusdem ville, villam de Modiona, quae emistis ab
Henrico preposito, et reliquis canonicis, sicut / in vestris cartulis
continetur, et ecclesiam eiusdem ville cum decimatione, decimationes
ville Agne, et ecclesiam eiusdem ville, et decimationem de Largnano.
In episcopatu Fesulano: monasterium Sancte Marie in Poplena. In
episcopatu Castellano: monasterium de Deciano, monasterium Sancti

102
Appendice documentaria

Sepulcri cum toto / burgo. In episcopatu Florentino: monasterium


Sancti Petri in Luco, monasterium Sancti Salvatoris iuxta civitatem.
In episcopatu Lucano: monasterium Sancti Petri in Puteolis cum cap-
pella burgi Porcarie, et cappella castri, monasterium Sancti Salvatoris
in Cantiniano, hospitale iuxta burgum Sancti Gene/sii. In episcopatu
Vulterrano: monasterium Sancti Justi prope civitatem, monasterium
Sancti Petri in Cerreto, monasterium Sancte Marie in Puliciano, mo-
nasterium Sancti Petri in Fontiano. In episcopatu Pisano: monasterium
Sancti Stephani in Cintoria, monasterium Sancti Savini in Montione.
In ipsa civitate: / monasterium Sancti Michaelis, monasterium Sancti
Fridiani, monasterium Sancti Zenonis salvo iure romane Ecclesie. In
episcopatu Clusino: monasterium Sancti Petri in Vivo Montis Amiati,
quemadmodum a predecessore nostro felicis memorie papa Celestino
diffinitum est. In Sardinie insula: / monasterium Sancte Trinitatis in
Saccaria, ecclesiam Sancte Eugenie in Samanar, ecclesiam Sancti
Michaelis et Sancti Laurentii in Vanari, ecclesiam Sancte Marie(a) et
Sancti Johannis in Altasar, ecclesiam Sancte Marie in Contra, ecclesiam
Sancti Johannis et Sancti Symeonis in Salvenero, ecclesiam Sancti
Niccholai in / Trulla, ecclesiam Sancti Petri in Scano, ecclesiam Sancti
Pauli in Con/diniano, ecclesiam Sancti Petri in Heolin. In marchia
Camerina: monasterium Sancti Georgii, monasterium Sancti Martini
in Accole cum ecclesia, que dicitur Heremite. In Galiata: monaste-
rium Sancte Marie in Insula, heremum / Faioli. In episcopatu Popu-
liensi: ecclesiam Sancti Paterniani in Ferracciano. In episcopatu
Faventino: monasterium Sancti Yppoliti iuxta civitatem. In episco-
patu Ravennate: monasterium Sancti Apollinaris in Classe. In episco-
patu Bononiensi: monasterium Sancti Michaelis: monasterium Sancte
Christine. In ipsa civitate: / ecclesiam Sancti Damiani. Item in episco-
patu Aretino: ecclesiam Sancti Savini in Chio, ecclesiam de Castil-
lione. Item monasterium de Morrona. Hec igitur omnia cum omnibus
ad ipsa monasteria pertinentibus statuimus, et apostolice sedis aucto-
ritate sancimus, tamquam corpus unum sub uno capite, idest sub pri/
ore Camaldulensis heremi temporibus perpetuis permanere, et in
illius discipline observatione persistere. Sub illo, inquam, priore, qui

(a)
La parola Marie è scritta in interlinea.

103
Valeria Schirru

ab ipsius congregationis abbatibus sive prioribus, et ab heremitis


regulariter electus prestante domino fuerit. Porro congregationem
ipsam ita sub apostolice sedis tutela perpetuo / confovendam decerni-
mus, ut nulli episcoporum facultas sit aliquod ex hiis monasteriis
absque prioris convenientia, vel apostolice sedis licentia excommuni-
care, vel a divinis officiis interdicere. Fratribus autem Camaldulensis
heremi licentia sit, a quo maluerint catholico episcopo consecratio-
num et ordinationum / sacramenta suscipere. Decernimus ergo, ut
nulli hominum liceat predictum heremum et congregationes iuramus
temere, perturbare, aut eius possessiones auferre, vel ablatas retinere,
minuere, seu quibuslibet vexationibus fatigare, sed omnia integra
conserventur religiosorum fratrum et / concessimus usibus omnimo-
dis profutura, salva sedis apostolice auctoritate et diocesanorum episco-
porum canonica iustitia. Si qua igitur in posterum ecclesiastica secula-
risve persona hanc nostre constitutionis paginam sciens contra eam te-
mere, venire, temptaverit secundo tertiove commonita si non reatum
suum con / digna satisfactione correxerit potestatis honorisque sui
dignitati careat reamque se divino iudicio existere de perpetrata ini-
quitate cognoscat et a sacratissimo corpore et sanguine Dei hac re-
demptoris nostri Jesu Christi aliena fiat, atque in extremo examine di-
vine ultioni subiaceat. Cunctis autem eisdem / locis sua iura servan-
tibus sit pax domini nostri Jesu Christi quatenus et hic fructum bone
actionis percipiant, et apud districtum iudicem premia eterne pacis
inveniant. Amen. Amen. Amen./
Ego Eugenius catholice Ecclesie episcopus subscripsi./
Ego Theodevinus Sancte Rufine episcopus subscripsi./
Ego Albericus Hostiensis episcopus subscripsi./
Ego Imarus Tuschulanus episcopus subscripsi./
Ego Guido presbiter cardinalis tituli Sancti Grisogoni subscripsi./
Ego Humbaldus presbiter cardinalis Sanctorum Jhoanni et Pauli
subscripsi./
Ego Guido presbiter cardinalis tituli Sanctorum Laurentii et Damasi
subscripsi./
Ego Guido presbiter cardinalis tituli Pastoris subscripsi./
Ego Hugo presbiter tituli in Lucina subscripsi./
Ego Julius presbiter cardinalis tituli Sancti Marcelli subscripsi./
Ego Jordanus presbiter cardinalis tituli Sancte Susanne subscripsi./

104
Appendice documentaria

Ego Oddo diaconus cardinalis Sancti Georgii ad Velum Aureum


subscripsi./
Ego Octavianus diaconus cardinalis Sancti Nicholai in Carcere
Tulliano subscripsi./
Ego Johannes diaconus cardinalis Sancti Adriani subscripsi./
Ego Johannes diaconus cardinalis Sancte Marie Nove subscripsi./
Ego Guido diaconus cardinalis Sancte Marie in Porticu subscripsi./
Ego Jacintus diaconus cardinalis Sancte Marie in Cosmydyn
subscripsi./
Datum apud Sanctum Genesium per manum Guidonis Sancte Romane
Ecclesie diaconi cardinalis et cancellarii, VII idus februarii, indictione
X, incarnationis Dominice anno M C XLVI, pontificatus vero domini
Eugenii III pape anno secundo./
(SN) Ego Marsoppus domini Guidalotti Pintacci de Signa imperiali
auctoritate iudex ordinarius atque notarius publicus florentinus civis
originale et autenticum privilegium huius exempli bullatam vera inte-
gra et solita bulla plumbea felicis recordationis domini Eugenii olim
pape tertii pendente per filos de serico non abrasum non abolitum /
non deturpatum nec prima facie in aliqua sua parte suspectum vidi et
legi totaliter de verbo ad verbum ac ipsum cum exemplo presenti, una
cum Benedicto Dionisio et Johanne certis et notis notariis publicis infra
scriptis de mandato reverendi viri domini Bartholomei plebani plebis de
Liburna vicarii generalis capituli ecclesie / Florentine vacantis et in eius
presentia diligenter et fideliter ascultavi, et quia ipsum originale et
dictum exemplum invicem in omnibus concordabant, de ipsius domini
Bartholomei vicarii supradictis mandato suam et officii auctoritatem
et decretum huic exemplo interponentis et ad maiorem cautelam
sigillum curie dicti capituli apponi mandatis / eidem, hic me in
testem cum meo solito signo subscripsi sub anno Dominice incarna-
tionis millesimo trecentesimo vigesimo secundo, indictione quinta,
die veneris septimodecimo, mensis septembris, secundum usum et
cursum civitatis Florentie, presentibus reverendis viris domino
Bencivenne archidiacono Fesulano decretorum doctore, et domino /
Scarpa priore ecclesie Sancti Stephani ad pontem Florentie, et domino
Altafronte iuris perito de Florentia, et ser Iohanne canonico ecclesie
Sancti Andree Florentine in claustro maiore ecclesie Florentine et
pluribus aliis litteratis et fide dignis et litteratis testibus ad predicta
vocatis et rogatis./

105
Valeria Schirru

(SN) Et Ego Benedictus magistri Martini imperiali auctoritate iudex


atque notarius florentinus et nunc Curie Capituli ecclesie Florentine
vacantis notarius originale sive autenticam privilegium huius exempli
dicta bulla bullatum non suspectum prima facie in aliqua parte sui vidi
et legi totaliter de verbo ad verbum / et ipsum cum exemplo presenti,
una cum Marsoppo supra scripto, et Dionisio, et Iohanne infrascriptis
notariis certis et publicis de mandato dicti domini Bartholomei vicarii
et in eius presentia fideleter ascultavi et quia invicem concordabant de
ipsius domini vicarii mandato suam divini offitii / dicte curie auctorita-
tem et decretum huic exemplo interponentis et ad maiorem fidem si-
gillum dicte curie hic appendi mandatis huic exemplo me in testem
cum solito signo subscripsi. Anno indictione, die, loco et coram testi-
bus suprascriptis./
(SN) Ego Dionisius Bindi de Calenzano apostolica et imperiali
auctoritate notarius et iudex ordinarius hoc exemplum sumptum per
Iohannem notarium infrascriptum ex auctentico privilegio predicto
vera bulla plumbea bullato, non suspecto prima facie, in aliqua parte
suis cum ipso auctentico coeva / dicto vicario, una cum Marsoppo et
Benedicto notarius certis et pubblicis suprascriptis, et Iohanne
pubblice notario subscripto diligenter ac fideliter ascultavi et quia
utrum concordare inveni de ipsius mandato vicarii suam dicte curie
auctoritatem et decretum huic exemplum interpo/nentis et ipsum
exemplum ad maiore fidem et cautelam muniri mandantis, in
eiusdem exempli plena fidem et testimonium me sub/scripsi et meum
signum apposui. Anno, indictione, die et loco predictis, presentibus
dictis testibus quo exemplum idem vicarius./
(SN) Ego Iohanne olim Arrigheti de Pomino imperiali auctoritate
iudex ordinarius publicusque notarius suprascriptum tenorem dicti
privilegi apostolici et omnia suprascripta ex originali autentico privile-
gio felicis recordationis domini Eugenii olim pape tertii vera integra et
solita bulla plumbea dicti domini pape pendente per filos de serico
roborato, non abraso, / non abolito, non deturpato nec prima facie in
aliqua sui parte suspecto set penitus in omnibus omni suspitione ca-
rente sumpsi et pro ut in ipso autentico repperiri; nihil addendo, vel
minuendo quod intellectum possit aliqualiter immutari, vel sensum
hic fideliter exemplando trascripsi et ea cum predicto originali et au-
tentico privilegio una cum / suprascriptis Marsoppo, Benedicto et

106
Appendice documentaria

Dionisio certis veris et publicis notariis in presentia domini Batrho-


lomei vicarii predicti vidi et legi ac diligenter de verbo ad verbum et
per ordinem ascultavi. Et quia dictum originale et presens exemplum
in omnibus invicem concordabant de mandato dicti domini vicarii
suam et sui offitii et curie dicti Capituli auctoritatem / interponentis
continuo, hiis omnibus et decretum et ad maiorem et testimonium
premissorum sigillum curie Capituli supradicti hic appendi mandan-
tis hic me cum solito signo subscripsi sub anno, indictione, die et loco
predictis et coram testibus suprascriptis tempore sanctissimi patris do-
mini Iohannes pape XXII. / Et per supra in/lineavi decima linea
interlineavi est mane propria manus interlineavi et scripsi. Et per
supra in tertia decima linea abrasum est rescriptum Sanctii Stephani
propria manus abrasi et rescripsi. Et etiam per in hac subscripte
abrasum et rescriptum est XXII propria manu abrasi et rescripsi./

XVII

< 1153-1178 >

Barisone II de Lacon, giudice di Torres, con il consenso della sua consorte,


Preziosa de Orrù, per la salvezza dell’anima sua e dei suoi parenti, assolve
i monaci camaldolesi da ogni obbligo verso il regno, verso il curatore e
verso il maiore, a cui è sottoposta la chiesa.

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CLXXXVII v., n. 3.

La prima menzione di Barisone II de Lacon in qualità di giudice è del 1147 (P.


TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. LVI, p. 216), mentre l’ultima è del 1186 (P. TOLA,
C.D.S., tomo I, sec. XII, n. CXIX, p. 258); Preziosa de Orrù compare come regnan-
te insieme a lui dal 1153 (P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. LIX, p. 218) al 1178
(P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XII, n. CVIII, p. 250). L’arco cronologico risultante
dagli anni di regno di Barisone II può essere ulteriormente ristretto in base alle
attestazioni relative alla sua consorte. In virtù di questi elementi i termini post quem
e ante quem utili per datare il documento in questione sono il 1153 e il 1178, anni
in cui Preziosa de Orrù compare come regina accanto a Barisone II de Lacon (L.L.

107
Valeria Schirru

BROOK, F.C. CASULA, M.M. COSTA et al., Genealogie medioevali di Sardegna, tav. VI e
p. 199). Se si accetta la datazione del doc. XIII della presente Appendice documen-
taria, il termine post quem del 1153 può ulteriormente essere spostato al 1134 (cfr. il
doc. XIII).

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 1244,
p. 269.

Ego iudice Barusone de Laccon chella fazu chesta carta ad Sancto Salva-
tore de Camalduli pro remedio anime mee / et parentum meorum cum
voluntate de Deus et de muchere mea Pretiosa regina, pro ca los vocos
ssos homines et sa casa chinchi / eat echomo et chinchi aet parare
advestara adsolvendo predictos ab omni opere et ab omni obedientia re-
gni sigilli et / curatoris et maioris ne a neunu opus, borche a sa ecclesia,
unde sum usque in finem / seculi. Amen. Amen. Fiat. Fiat./

XVIII

1154 < 12 luglio-31 dicembre >, Laterano

Papa Anastasio IV conferma alla Congregazione Camaldolese il possesso


delle chiese e dei monasteri nominati, tra cui sono compresi anche quelli
ubicati in Sardegna.

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CCXI r., n. 1.

Nella datatio chronica l’anno 1154 espresso nel documento è stato ulteriormente de-
finito in base all’indicazione dell’anno di pontificato: Anastasio IV venne infatti
eletto il 9 luglio 1153 e consacrato il 12 dello stesso mese; il suo secondo anno di
pontificato è compreso quindi tra il 12 luglio 1154 e l’11 luglio 1155.

108
Appendice documentaria

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 1106,
pp. 207-209.

Anastasius papa IIII precepit ut congregationes et loca que Camaldu-


lensis heremi disciplinam et ordinem susceperunt / et que hodie sub
illius regimine continentur, ab eius subiectione et unitate nullatenus
dividantur. Que vide/licet duxit propriis nominibus exprimenda. In
episcopatu Aretino: ecclesiam Sancti Donati que Fons / Bonus dicitur
cum hospitali et locis suis, in ipsa civitate monasterium Sancti Petri
Picculi et canonicam Sancti Michaelis cum bonis ei, concessis ab epi/
scopis Aretini, ecclesiam Sancti Martini iuxta Le Tarcle, monasterium
Silve Munde, Sancte Marie de Agnano, Sancti Petri in Ro/ta, Sancti
Salvatoris Berandingorum et cum eorum pertinentiis, Sancti Savini in
Chio, Sancti / Andree de Castillione, Sancti Quirici de Rosa, Sancti
Nicholai de curte Luponis, heremum de Fleri cum monasterio, /
monasterio Sancti Viriani, Sancti Bartholomei in Anglare cum castris
et pertinentiis suis, plebem / Sancte Marie de Micciano cum ecclesiis
suis et ecclesiam Sancti Johannis in Anglare, ecclesiam Montis Aurei,
eccle/siam de Viario, ecclesiam Sancte Marie in villa de Montione,
ecclesiam de villa Moiona, ecclesiam de castello Lorenza/no, ecclesiam
Sancti Vitalis prope ipsum, ecclesiam de villa de Agna, ecclesiam de
Soci et Condolese cum earum pertinentiis, / plebanias plebis de
Micciano, visitationes plebium de Buyano, Biblena de Partina, deci-
ma/tiones de Agna, Largnano, Pergentina, Corsignano et Avana et
quicquid habet in curte de / Toiano, decimam hominum que ab
aliquo episcopatu Aretino ordinata vel donata non fuerit, villam de
Mogiona, villam de Montione, quicquid iuris / habet ecclesiam Sancti
Donati in villa de Mogiona et villa de Montione. In episcopatu Cas/
tellano: monasterium de Dicciano, monasterium Sancti Sepulcri cum
toto burgo. In episcopatu Fesulano: monasterium / Sancte Marie in
Poplena et ecclesiam Sancti Michaelis iuxta ipsum, et ecclesiam Sancti
Bartholomei de castra Petronii, ecclesiam / Sancti Egidii de Gaviserre,
ecclesiam Sancti Nicholai de Monte Mezano, ecclesiam Sancti
Miniatis de Lonano, monasterium / Sancti Johannis de Prato Veteri,
monasterium Montis Muri. In episcopatu Florentino: monasterium

109
Valeria Schirru

Sancti Petri in Luco, Sancti Salvatoris iuxta civitate. / In episcopatu


Lucano: monasterium Sancti Petri in Putheolis cum cappella burgi
Porcarie, Sancti Salvatoris de Cantignano, hospitale / iuxta burgum
Sancti Genesii. In episcopatu Vulterrano: monasterium Sancti Iusti
civitate, Sancti Petri de / Cerreto, Sancte Marie in Puliciano, Sancti
Petri in Fontiniano. In episcopatu Pisano: monasterium Sancte /
Marie de Morrona, Sancti Stephani in Cintoria, Sancti Savini in
Montione, in ipsa civitate: monasterium / Sancti Michaelis, Sancti
Fridiani, Sancti Zenonis cum pertinentiis suis. In episcopatu Clu/sino:
monasterium Sancti Petri in Vivo Montis Amiati. In Marchia, in
episcopatu Esino: monasterium Heremite, ecclesiam Sancti / Georgii.
In episcopatu Ausimano: monasterium Sancti Decentii et Sancti
Appollenaris in Classe cum pertinentiis suis. In episcopatu Montisfe-
retrani: monasterium Sancte Trinitatis de Montercu/li. In episcopatu
Bononiensi: monasterium Sancti Archangeli iuxta castrum Britti et
Sancte Christi/ne, in ipsa civitate monasterium Sancti Damiani. In
episcopatu Foropopilliensi: hospitalem Aimerici, ecclesiam Sancti
Paterniani de / Ferraciano. In Galliata: monasterium Sancte Marie de
Insula, heremum de Faioli, iuxta Balneum / monasterium Sancte
Marie de Trivio. In episcopatu Faventino: monasterium Sancti Ypoliti
iuxta civitate. In / episcopatu Senensi: ecclesiam Sancti Georgii de
Appi, in ipso burgo ecclesiam Sancti Vigilii. In Sardinea: monasterium
Sancti Trinitatis de / Sacraria, ecclesiam Sancte Eugenie in Samanar,
Sancti Michaelis et Sancti Laurentii in Vana/ri, Sancte Marie et Sancti
Johannis in Altasar, ecclesiam Sancte Marie in Contra, ecclesiam / Sancti
Johannis et Sancti Symeonis in Salvenero, Sancti Nicolai in Trulla,
Sancti Petri in Scanno, Sancti Pauli / in Cotrognano, Sancti Petri in
Olim. In episcopatu Spoletano: monasterium Sancti Silvestri de Monte
Suavi. Que omnia sub / priore Camaldulensis et eius disciplina statuit
perpetuo permanere, dictam Congregationem apostolica auctoritate et /
tutela munivit, decernens ut nulli episcoporum liceat aliquod ex hiis
monasteriis excommunicare vel suppo/nere interdicto sine domni pape
et prioris Camaldulensis licentia. Fratribus autem camaldulensis licere /
statuit, ut a quo voluerint episcopi consecrationum et ordinationum
percipiant sacramenta, et quod possint celebrare divina / in communi
civitate vel parrochie interdicto. Et subiugavit excommunicationis
sententie fratrem egressus de / ordine Camaldulense admonitus redire

110
Appendice documentaria

contempserit. Subscripserunt omnes cardinales. Sub anno Domini /


M C L IIII, datum Laterani, pontificatus eius anno II./

XIX

1154 novembre 19, Laterano

Papa Anastasio IV concede a Gregorio, abate del monastero di Santa Tri-


nità di Saccargia insigni privilegi giurisdizionali, finanziari e liturgici,
elencando le chiese sarde dipendenti dallo stesso monastero.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1154 marzo 20.


Copia semplice [B] del sec. XV, pergam., mm. 480 x 410.
Inchiostro marrone chiaro tendente al rossiccio; stato di conservazione: mediocre.
L’inchiostro è sbiadito e il testo si presenta di difficile lettura.
Lo specchio di scrittura è delimitato da rigatura tracciata con inchiostro nero. La
scrittura corre parallela al lato maggiore della pergamena.
Note dorsali: in alto a sinistra con scrittura del XVIII secolo “1154 / ß Privilegium n.
34 c. 24 / Anastasii PP. IV”. Al centro è il regesto coevo al documento “Privilegium
Anastasii PP. IIII / (con)cessu(m) monasterio Saccarien(si) in favorem ordinis
Camal(dulens)sis”. Al di sotto un altro regesto “Copia privilegii Anastasii PP. IV /
c(on)cess(i) mon(asterio) Saccariensi / in favor(em) ordi(ni)s Cam(aldulensis)”.
Nella datatio chronica l’anno segue lo stile dell’incarnazione secondo il calcolo fio-
rentino. Trattandosi del 19 novembre non deve essere rettificato. Una conferma vie-
ne sia dall’indizione seconda che dall’anno di pontificato: Anastasio IV venne infatti
eletto il 9 luglio 1153 e consacrato il 12 dello stesso mese, il suo secondo anno di
pontificato è compreso quindi tra il 12 luglio 1154 e l’11 luglio 1155.

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. VI, p. XVII.

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 1111,
p. 211.

111
Valeria Schirru

Anastasius episcopus servus servorum Dei, dilectis filiis Gregorio


abbati monasterii Sancte Trinitatis de Sacharia eiusque rectoribus, a
Camaldulensis [priore eligendis] in perpetuum. / Religiosis desideriis
dignum est facile prebere assensum quatinus et devotionis sinceritas
laudabiliter enitescat et utilitas postulata in re indubitanter assumat.
Ea propter, dilecti / in Domini filii, vestris iustis postulationibus
clementer, annuimus et prefactum monasterium, in quo divino estis
obsequio mancipati sub beati Petri et nostra / protectione suscipimus
et presentis scripti privilegio communimus, statuentes et quascumque
possessiones quecumque bona in presentiarum iuste et canonice idem
monasterium / possidet aut in futurum maneant, huic quoque decreto
adicimus ne unquam tu, fili abbas successores tui absque Camaldulensis
prioris licentia ad epule offic[i]um presumatis accedere ne forte / bona
eiusdem monasterii servorum Dei usibus deputata hac occasione
aliquod exterminium patiantur. Proibemus etiam ne archiepiscopo
aut episcopo licentia pateat absque iam dicti / prioris largitione inde
tollendi et ad aliud officium promovendi, aut aliqua de causa invito
eodem priore, vel abbate eiusdem cenobii, quemlibet de fratribus
ipsius loco ad aliam ecclesiam transferendi. / Si quis sane fratrum
eiusdem loci ad regimen alterius ecclesie fuerit assumptus, in
monasterio ipso nullas ulterius habeat potestate[s] nisi quales
predeces[s]ores sui mihi habuerunt ecclesiis / ad quas fuerit ipse
translatus. Obeunte vero nunc eiusdem loci abbate vel tuorum
quolibet successorum nullus ibi qualibet subreptionis astutia, seu
violentia prep/onatus nisi quem prior Camaldulensis, secundum Dei
timorem, elegerit ordinam dumque previderit. Liceat etiam tibi
tuisque successoribus atque fratres et clericos cuiuscumque ordinis de
quolibet / episcopatu ad vos transire volentes cum rebus suis propriis
ad conversione suscipere et absque aliquorum contradictione,
episcoporum vel aliarum personarum, mon[a]cum, habitum iuxta
sanctorum patrum regulas / ei tradere. Nichilominus etiam si ipsius
loci fratribus, sit facultas tam monacos, quam conversos, clericos vel
laicos, liberos aut servos, eidem monasterio subditos iudicare absque
prohibitione / vel molestia cuiuslibet ecclesiastice aut secularis etiam
potestatis. Porro ordinationes monachorum, vel clericorum, qui ad
sacros gradus fuerint promovendi a quocumque malueritis catho/lico
suscipietis episcopo, nullosque episcoporum abbates, aut monachos,

112
Appendice documentaria

vel clericos in iam dicto monasterio vel ecclesiis sibi subditis consti-
tutos excommunicatione aut interdictio/ne subicere aut qualibet occa-
sione suspendere nisi forte abbas vel prelatus qui pro tempore fuerit
delinquentes / defecerit. Preterea decimas vel primitias rerum vestro
monasterio pertinentium, et omnia que a fratre nostro Azone bone
memorie Turritano archiepiscopo eidem loco concessa sunt et scripti /
sui pagina confirmata aut ab eius successoribus in posterum
concedenda sunt, nos quoque vobis auctoritate apostolica confirma-
mus. L[…] que […] quibuscumque placuerit tam / in vita quam in
morte monasterio vestro suas oblationes offerre, testamente facere et
corpora in ibi sepelire. Statuimus insuper ut in eodem monasterio /
missa[s] audeat celebrare nisi forte [ab] abbate vel fratribus ipsius loci
fuerit invitatus. Ad hec firmiter interdicimus ut de […] quocumque
tempore prefactum monasterium / a regimine vel gubernatione
Camaldulensis prioris temptet subtrahere vel auferre eius / quoque ad
eius eiusdem monasterii pertinentes videlicet. Ecclesiam Sancti
Symeonis / et ecclesiam Sancti Iohannis in Contra, ecclesiam Sancte
Marie in Altasar, ecclesiam Sancte Marie in Ocaai, ecclesiam Sancti
Georgii de Ovio, ecclesiam […] […] de [Ban]ari, vice omnibus earum
pertinentiis, / nichilominus vobis auctoritate apostolica confirmamus.
Prohibemus etiam ut de rebus monasterii vestri quas per quadraginta
annos iuste et canonice possidetis nullus / umquam vobis iniuriam,
seu molestiam audeat irrogare. Decernimus ergo ut nulli imperatori,
seu regi, nulli episcoporum aut curatorum, nulli prorsus aliqua
dignitate predicto fas sit de monasterium, temere, / perturbare aut
eius possessiones auferre vel ablatas retinere, minuere seu quibuslibet
vexationibus fatigare. Sed omnia integre conservare, pro quorum
gubernatione et sustentatione / concessa sunt usibus pro futura. San-
cimus etiam ut ordo monasticus qui secundum normam fratrum
Camaldulensium in eodem monasterio nos ibidem perpetuis futuris
temporibus / firmiter observetur. Si qua igitur in futurum ecclesiastica
secularisve persona hanc nostre constitutionis paginam sciens contra
eam temere, [venire, temptaverit, secundo] tertiove commonita / si non
presumptionem suam congrua satisfact[ione] correxerit honoris et
dignitatis sue periculum patiatur et a sacratissimo corpore ac sanguine
domini redemptoris nostri Iesu / Christi aliena fiat, atque in extremo
examine / districte ultioni subiaceat. Cunctis autem sua iura servan-

113
Valeria Schirru

tibus sit pax domini nostri Iesu Christi quatenus et hic fructum bone
/ actionis percipiant et apud gratitudine premia eterne pacis
inveniant. Amen. Amen. Amen./
Ego Anastasius catholice Ecclesie episcopus subscripsi./
Ego Imarus […] episcopus subscripsi./
Ego Nicolaus Albanus episcopus subscripsi./
Ego Oddo diaconus cardinalis Sancti Nicolai in Carcere Tulliano
subscripsi./
Ego Guido diaconus cardinalis Sancte Marie in Porticu subscripsi./
Ego Iohannes diaconus cardinalis Sanctorum Sergii et Bacchii
subscripsi./
Ego Iulius presbiter cardinalis tituli Sancti Marcelli subscripsi./
Datum Laterani, per manum Rolandi Sancte Romane Ecclesie presbi-
teri cardinalis et cancellarii, XIII kalendas decembris, / indictione II,
incarnationis dominice anno Domini MCLIIII, pontificatus vero do-
mini Anastasii pape IIII / anno secundo./

XX

1176 marzo 17, Anagni

Papa Alessandro III conferma alla Congregazione Camaldolese il possesso


delle chiese e dei monasteri nominati, tra cui sono compresi anche quelli
ubicati in Sardegna.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1175 aprile 17.


Copia autentica [B] del 17 settembre 1322, pergam., mm. 660 x 800.
(B.D.) residua il cordoncino di canapa al quale era applicato il sigillo nella plica del
margine inferiore della pergamena.
Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 17 aprile 1175”. Al cen-
tro è il regesto coevo al documento “Exemplum privilegii Alexandri PP. III”. Al di
sotto con mano moderna “Registrato in un quaderno di carta pecora dove sono altri
privilegii a far n. 460”. In basso a destra con scrittura del secolo XVIII in corsivo

114
Appendice documentaria

“1175 ß Privilegium n. 41 c. 17 Alexandri PP. 3 pro eremo Camald(ulensis)


transumptum ex exempluum”. Al di sopra in lettere capitali “Alexandri PP. III creati.
anno Domini 1159”. Accanto a questa data si trova scritto “1175” cancellato.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1198 maggio 4.


Copia semplice [B’] del sec. XII, pergam., mm. 460 x 600.
Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: buono.
Note dorsali: in alto la segnatura archivistica “Camaldoli 4 maggio 1198”. Al di sotto con
scrittura del XVIII secolo in corsivo “1198 ß Invalid(us) n. 24 c. 3 / Transumpti trium
privilegior(um) papalium pro eremo”. Al centro scritto con inchiostro più scuro rispetto a
quello del testo del documento “Privilegium PP. Paschalis II impres. Tom. III, 243, n.
CLXVII”. Al di sopra “Paschalis / Alexander / Innocentius / tria privilegia Pontificum”.

Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo fiorentino;


l’anno 1175 deve quindi essere rettificato al 1176, trattandosi del 17 marzo. Una con-
ferma viene dall’indizione nona e dall’anno di pontificato: Alessandro III venne infatti
eletto il 7 settembre 1159 e consacrato il 20 settembre, il suo diciassettesimo anno di
pontificato risulta quindi tra il 20 settembre 1175 e il 19 settembre 1176.
Per la datatio chronica della copia autentica [B] è usato lo stile dell’incarnazione secon-
do il computo fiorentino, come si legge nelle sottoscrizioni dei notai: “secundum usum
et cursum civitatis Florentie”; trattandosi del 17 settembre non deve perciò essere rettifi-
cato. L’anno 1322 è confermato anche dalla quinta indizione. La copia autentica [B] è
stata sottoscritta dai notai: Marsoppus domini Guidalotti Pintacci de Signa notaio impe-
riale, Benedictus magistri Martini notaio imperiale, Dionisius Bindi de Calenzano nota-
io apostolico e imperiale, Iohannes olim Arrighetti de Pomino notaio imperiale.

Per la presente edizione è stata utilizzata la copia autentica [B].

Edizioni:
– B. MITTARELLI-A. COSTADONI, Annales Camaldulenses, tomo IV, doc. n.
XXXVII, col. 52.
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. VII, p. XXI.

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 1197,
p. 248.

Hoc est exemplum unius autentici et originalis privilegii apostolici


cuius tenor talis est./

115
Valeria Schirru

Alexander episcopus servus servorum Dei dilectis filiis Camaldu-


lensium priori eiusque fratribus tam presentibus quam futuris
regularem vitam professis in perpetuum / officii nostri nos ammonet
et invitat auctoritas pro ecclesiarum statu satagere et earum quieti ac
tranquillitati salubriter auxiliante Domino providere. Dignum
namque et honestati conveniens esse dinoscitur ut qui ad earum
regimen Domino disponente as/sumpti sumus eas et a pravorum
hominum nequitia tueamur et beati Petri atque sedis apostolice patro-
cinio muniamus. Ea propter dilecti in Domino filii vestris iustis
postulationibus clementer annuimus et predecessorum nostrorum
felicis memorie Pasca/lis, Eugenii, Anastasii et Adriani Romanorum
pontificum vestigiis inherentes precipimus et presentis decreti
auctoritate sancimus: ne cuiquam omnino persone, clerico, monacho,
laico, cuiuscunque ordinis aut dignitatis presentibus aut futuris /
temporibus, liceat congregationes illas et loca illa que Camaldulensis
heremi sive cenobii disciplinam et ordinem susceperunt, queque
hodie sub illius regimine continentur ab eius ullo modo subiectione et
unitate dividere, que videlicet loca et congregationes / conservande
unitatis gratia singularibus visa sunt vocabulis annotanda. In episco-
patu Aretino: monasterium Sancti Salvatoris Berardingorum, Sancti
Petri in Rota, Sancte Marie in Agnano, Sancti Quirici in Rosa,
heremum Fleri, monasterium Sancti / Viriani, Sancti Bartolomei in
Anglare iusta Balneum, monasterium Sancte Marie in Trivio. In Gal-
liata: monasterium in Insula. In episcopatu Monti Ferentini: mo-
nasterium Montis Herculis. In episcopatu Forumpopuliensi: hospitale
Americi. In / episcopatu Pensauriensi: monasterium Sancti Vincentii,
heremus Saioli. In episcopatu Bononiensi: monasterium Sancti
Archangeli iuxta castrum Britti, Sancti Felicis. In episcopatu Floren-
tino: monasterium Sancti Petri in Luco, Sancti Salvatoris iuxta civita-
tem. In / episcopatu Fesulano: monasterium Sancte Marie in Poplena
et ecclesiam Sancte Margherite. In episcopatu Vulterrano: monaste-
rium Sancti Petri in Fontiano, Sancte Marie in Policiano, Sancti Petri
in Cerreto, Sancti Iusti prope civitatem. In episcopatu Pisano: mo-
nasterium / Sancte Marie de Morrone, monasterium Sancti Stephani
in Cintoria, Sancti Savini in Montione. In ipsa civitate: monasterium
Sancti Michaelis, Sancti Fridiani, Sancti Zenonis. In episcopatu
Lucano: monasterium Sancti Salvatoris in Cantiniano, Sancti Petri in

116
Appendice documentaria

/ Putheolis. Item in Sardinia in episcopatu Turritano: monasterium


Sancte Trinitatis de Saccaria, ecclesiam Sancte Eugenie in Samanar,
ecclesias Sancti Michaelis et Sancti Laurentii in Vanari, ecclesias Sancte
Marie et Sancti Johannis in Altasar, ecclesiam Sancte / Marie in Contra,
ecclesias Sancti Johannis et Sancti Symeonis in Salvenero, ecclesiam
Sancti Nicholai de Trulla, ecclesiam Sancti Petri in Scano, ecclesiam
Sancti Pauli in Cotrignano, ecclesiam Sancti Petri in Olim. Item in
Tuscia in episcopatu Clusino: here/mum Vivi in Monte Amiato cum
omnibus supradictorum locorum pertinentiis, villam Peterca de
Moione quam emistis ab Henrico preposito et reliquis canonicis cum
omnibus pertinentiis suis, villam de Montione quam ab abbate Sancte
Flore emi/stis quemadmodum in vestris cartulis continetur et vobis a
predecessore nostro bone memorie pape Anastasio mediante iustitia
adiudicata est et scripti sui sententia confirmata. Omnia igitur supra-
dicta monasteria cum omnibus ad ipsa pertinentibus / statuimus, et
apostolice sedis auctoritate sancimus, tamquam corpus unum sub uno
capite, id est sub priore Camaldulensis heremi, temporibus perpetuis,
permanere et in illius discipline observatione persistere, sub eo
inquam priore qui ab ipsius congregatio/nis abbatibus sive prioribus
et ab heremitis regulariter electus prestante Domino fuerit. Porro
Congregationem ipsam ita sub apostolice sedis tutela perpetuo
confovendam decernimus, ut nulli episcoporum facultas sit aliquod ex
his monasterium absque pri/oris conniventia vel apostolice sedis
licentia excommunicare, vel a divinis offitiis interdicere. Fratribus
autem ipsis licentia sit a quo maluerint catholico episcopo consecra-
tionum et ordinationum sacramenta suscipere. Ad hec monasterium
de vestrarum vobis et con/ventui vestro salvo iure Ravennatis ecclesie
auctoritate apostolica confirmamus. Decernimus ergo ut nulli omnino
hominum liceat prefata monasteria temere, perturbare, aut earum
possessiones auferre, vel ablatas retinere, minuere, seu quibuslibet
vexa/tionis fatigare, set illibata omnia et integra conserventur eorum
per quorum gubernatione et sustentatione concessa sunt usibus
omnimodis profutura, salva sedis apostolice auctoritate. Si qua igitur
in futurum ecclesiastica secularisve persona hanc nostre constitutio/
nis paginam sciens contra eam temere, venire, temptaverit, secundo
tertiove commonita nisi presumptionem suam digna satisfatione
correxerit potestatis honorisque sui dignitate careat reamque se divino

117
Valeria Schirru

iudicio existere de perpetrata iniquitate cognoscat / et a sacratissimo


corpore ac sanguine Dei ac domini redemptoris nostri Iesu Christi
aliena fiat atque in extremo examine districte ultioni subiaceat.
Cunctis autem eisdem locis sua iura servantibus sit pax domini nostri
Iesu Christi quatinus et hic fructum / bone actionis percipiant, et
apud districtum iudicem premia eterne pacis inveniant. Amen. Amen.
Amen./
Ego Alexander catholice Ecclesie episcopus subscripsi./
Ego Hubaldus Hostiensis episcopus subscripsi./
Ego Bernardus Portuensis Sancte Rufine episcopus subscripsi./
Ego Johannes presbiter cardinalis Sanctorum Johannis et Pauli tituli
Samachii subscripsi./
Ego Albertus presbiter cardinalis tituli Sancti Laurentii in Lucina
subscripsi./
Ego Bono presbiter cardinalis Sancte Pudentiane tituli Pastoris
subscripsi./
Ego Johannes presbiter cardinalis tituli Sancti Marci subscripsi./
Ego Manfredus presbiter cardinalis tituli Sancte Cecilie subscripsi./
Ego Petrus presbiter cardinalis tituli Sancte Susanne subscripsi./
Ego Iacobus cardinalis Sancte Marie in Cosmidin subscripsi./
Ego Cinthyus diaconus cardinalis Sancti Adriani subscripsi./
Ego Hugo diaconus cardinalis Sancti Custodii iuxta templum
subscripsi./
Datum Anagne per manum Gratiani Sancte Romane Ecclesie subdia-
coni et notarii XVI kalendas aprilis, indictione VIIII, incarnationis
Dominice anno MCLXXV, pontificatus vero domini Alexandri pape
tertii anno septimo decimo./
(SN) Ego Marsoppus domini Guidalotti Pintacci de Signa imperiali
auctoritate iudex ordinarius etcque notarius publicus Florentinus
cuius originale et autenticum privilegium huius exempli bullatam vera
integra et solita bulla plumbea felicis recordationis domini Alexandri
olim pape tertii pendente per filos de serico / non abrasum non
abolitum non deturpatum nec prima facie in aliqua sua parte
suspectum vidi et legi totaliter de verbo ad verbum. Ac ipsum cum
exemplo presenti una cum Benedicto, Dionisio et Johanne certis et
notis notariis publicis infra scriptis de mandato reverendi viri
cardinalis domini Bartholomei plebani / plebis de Liburna, vicarii

118
Appendice documentaria

generalis capituli ecclesie Florentine vacantis et in eius presentia


diligenter et fideleter ascultavi. Et quia ipsum originale et dictum
exemplum invicem in omnibus concordabant, de ipsius domini
Bartholomei vicarii mandato suam et officii auctoritatem et decretum
huic exemplo / interponentis et ad maiorem cautelam sigillum curie
dicti capituli apponi mandatis eidem, hic me in testem cum meo soli-
to signo subscripsi sub anno Dominice incarnationis millesimo
trecentesimo vigesimo secundo, indictione quinta, die veneris
septimodecimo mensis septembris, secundum usum et cursum
civitatis Floren/tie presentibus reverendis viris domino Bencivenne
archidiacono Fesulano decretorum doctore et domino Scarpa priore
ecclesie Sancti Stephani ad pontem Florentie et domino Altafronte
iuris perito de Florentia et ser Iohanne canonico ecclesie Sancti
Andree Florentine in claustro maiore ecclesie Florentine et pluribus /
aliis fide dignis et litteratis testibus ad predicta vocatis et rogatis./
(SN) Et Ego Benedictus magistri Martini imperiali auctoritate iudex
atque notarius Florentinus et nunc notarius curie Capituli ecclesie
vacantis originale sive autenticam privilegium huius exempli dicta
bulla bullatum non suspectum prima facie in aliqua parte sui vidi / et
legi totaliter de verbo ad verbum et ipsum cum exemplo presenti una
cum Marsoppo supra scripto et Dionisio et Iohanne infrascriptis
notariis notis et publicis de mandato dicti domini Bartholomei vicarii
et in eius presentia fideliter ascultavi et quia invi/cem concordabant
de ipsius domini vicarii mandato suam dicte curie auctoritatem et
decretum huic exemplo interponentis et ad maiorem fidem sigillum
dicte curie hic appendi mandatis huic exemplo me in testem cum soli-
to signo subscripsi anno, indictione, die, loco, et coram testibus
suprascriptis./
(SN) Ego Dionisius Bindi de Calenzano apostolica et imperiali
auctoritate notarius et iudex ordinarius hoc exemplum sumptum per
Iohannem notarium subscriptum ex auctentico privilegio sepe dicto
coram dicto vicario cum ipso auctentico una cum Marsoppo et
Benedicto suprascriptis et Iohanne subscripto / notarii diligenter et
fideliter ascultavi et quia ipsum exemplum cum dicto auctentico con-
cordare inveni, ideo de ipsius vicarii mandato suam dicte curie
auctoritatem huic exemplum interponentis et decretum in eiusdem
exempli plenam fidem et testimonium me sub/scripsi et meum

119
Valeria Schirru

signum apposui. Anno, indictione, die, et loco predictis presentibus


dictis testibus./
(SN) Ego Iohannes olim Arrigheti de Pomino imperiali auctoritate
iudex ordinarius publicusque notarius suprascriptum tenorem dicti pri-
vilegi apostolici et omnia suprascripta ex originali autentico privilegio
felicis recordationis domini Alexandri olim pape tertii vera integra et so-
lita bulla plumbea dicti domini pape pendente per / filos de serico
roborato, non abraso, non abolito, non deturpato, nec prima facie in
aliqua sui parte suspecto set penitus in omnibus omni suspitione caren-
te sumpsi et prout in ipso autentico repperi nihil addendo, vel
minuendo, quod intellectum possit aliqualiter immutari, vel sensum hic
fideliter exemplando trascripsi. Et ea cum / predicto originali et autenti-
co privilegio una cum suprascriptis Marsoppo, Benedicto et Dionisio
certis veris et publicis notariis in presentia domini Batrholomei vicarii
predicti vidi et legi ac diligenter de verbo ad verbum et per ordinem
ascultavi. Et quia dictum originale et presens exemplum in omnibus
invicem / concordabant de mandato dicti domini vicarii suam et sui
offitii et curie dicti Capituli auctoritatem interponentis continuo, hiis
omnibus et decretum et ad maiorem et testimonium premissorum
sigillum curie Capituli supradicti hic appendi mandantis hic me cum
solito signo subscripsi sub anno, indictione, die et / loco predictis et co-
ram testibus suprascriptis. Tempore sanctissimi patris domini Iohannes
XXII. Et quo supra in quarta decima linea abrasum est et rescriptum
cartulis et totum quod abrasum est in penultima manu propria manu
abrasi et rescripsi. Et etiam quod in hac subscriptione / abrasum et
rescriptum est XXII propria manu abrasi et rescripsi./

XXI

1186 marzo 15, Verona

Papa Urbano III conferma i privilegi emanati dai suoi predecessori in fa-
vore di tutta la Congregazione Camaldolese, elencando le chiese ad essa
affiliate, tra cui sono comprese anche quelle ubicate in Sardegna.

120
Appendice documentaria

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1186 marzo 15.


Originale [A], pergam., mm. 560 x 730.
(B.D.) residua il cordoncino di seta con fili gialli nella plica del margine inferiore della
pergamena. Quando lo Schiaparelli ha analizzato la pergamena il sigillo esisteva ancora
(L SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 1238, p. 267).
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato più stretto della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 15 m(ar)zo 1186”. Al
centro “Urban(us) pp. III anno 1185”. Al di sotto con scrittura del secolo XVIII in
corsivo “1185 § Privilegium n. 43 c. 20 / Urbani PP. III pro heremo Camald(ulensis)”.
Si tratta di un privilegio perpetuo emanato dalla cancelleria pontificia, che presenta
caratteri estrinseci di particolare solennità: la prima riga in litterae elongatae, la for-
mula di perpetuità abbreviata “in ppm” in lettere maiuscole capitali, la rota, il
benevalete, le sottoscrizioni del pontefice e dei cardinali separate secondo gli ordines.
Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo fiorenti-
no; l’anno 1185 deve essere quindi rettificato al 1186, trattandosi del 15 marzo.
Una conferma viene dall’indizione terza e dall’anno di pontificato: Urbano III ven-
ne infatti eletto il 25 novembre 1185 e consacrato il 1 dicembre , il suo primo anno
di pontificato risulta quindi tra il 1 dicembre 1185 e il 30 novembre 1186.

SOMMARIO:
Urbanus papa Placido Camaldulensis priori eiusque fratribus. Predecessorum
suorum Pascalis, Eugenii, Anastasii, Adriani, Alexandri et Lucii Romanorum
pontificum vestigiis / inherens precipit. In episcopatu Aretino: monasterium Sancti
Salvatori Berardingorum, / monasterium Sancti Petri in Rota, Sancte Marie in
Agnano, Sancti Quirici in Rosa, heremum Fleri, monasterium Sancti Viriani, Sancti
Bartholomei in Anglari, Sancte Marie de Pratallia, monasterium Silvemunde, Sancti
Petri Minoris, / Sancti Michaelis de Burgo, ecclesiam de curte Luponis, Sancti
Andree de Castellione, Sancti Savini in Retino, monasterium Sancte Marie in
Trivio. In Galiata: monasterium de Insula, heremum Novum, monasterium / de
Ferrazzano. In episcopatu Montis Feretranensis: monasterium Montis Herculis. In
episcopatu Foropuliensi: hospitale Americi, monasterium Sancti Vigilii. In
episcopatu Pesauriensi: monasterium Sancti Decentii, heremum Saioli. / In
episcopatu Bononiensi: monasterium Sancti Archangeli, Sancti Felicis, Sancte
Christine, Sanctorum Cosme et Damiani, hospitalem Sancte Marie in Ragone. In
episcopatu Faventino: monasterium Sancti Ippoliti. In episcopatu Esinensi: mona/
sterium Sancti Georgii, heremum Rainaldi, monasterium de Accoli. In episcopatu
Camerinensi: monasterium Sancte Helene, monasterium de Pirella. In episcopatu
Spoletinensi: monasterium Sancti Silvestri. In / episcopatu Fuliginensi:
monasterium de Landum. In episcopatu Castellano: monasterium Sancti Sepulcri,
monasterium Sancte Marie de Deciano, Sancti Petri de Planetto. In episcopatu
Florentino: monasterium Sancti Pe/tri in Luco, Sancti Salvatoris iuxta civitatem. In
episcopatu Fesulano: monasterium Montismuri, ecclesiam Sancte Margarite,
monasterium de Prato Veteri. In episcopatu Vulterrano: monasterium Sancte Marie

121
Valeria Schirru

in Policiano, / Sancti Petri in Fontiano, Sancti Petri in Cerreto, monasterium Sancti


Justi. In episcopatu Pisano: monasterium Sancte Marie de Morrona, Sancti Stephani
in Cinctoria, monasterium Sancti Savini, monasterium Sancti Mica/helis de Burgo,
Sancti Fridiani, Sancti Zenonis. In episcopatu Lucano: monasterium Sancti
Salvatoris in Cantignano, Sancti Petri in Puteolis. In Sardinia in episcopatu
Turritano: monasterium Sancte Trinitatis de Sacraria, / ecclesiam Sancte Marie in
Samanar, ecclesias Sancti Michaelis et Sancti Laurentii in Vanari, ecclesias Sancte
Marie et Sancti Johannis in Altasar, ecclesiam Sancte Marie in Contra, ecclesias
Sancti Johannis et Sancti Simeonis in Salvenero, ecclesiam / Sancti Nicholai de
Trulla, ecclesiam Sancti Petri in Scano, ecclesiam Sancti Pauli in Cotrognano,
ecclesiam Sancti Petri in Olim. In Tuscia in episcopatu Clusino: heremum Vivi in
Monte Amiato, cum omnibus supradictorum locorum / pertinentiis. Villam
preterea de Moiona, quae emistis ab Henrico preposito et reliquis canonicis cum
omnibus pertinentiis suis, villam de Montione, quae ab abbate Sancte Flore emistis,
quemadmodum in vestris cartulis con/tinetur, et vobis a predecessore nostro bone
memorie papa Anastasio mediante iustitia adiudicata est, et scripsi sui sententia
confirmata. Datum Verone, per manum Alberti Sancte Romane Ecclesie presbiteri
cardinalis et cancellarii, idus marcii, indictione III, anno MCLXXXV, pontificatus
Urbani pape III, anno I.

Regesti:
– L. SCHIAPARELLI-F. BALDASSERONI, Regesto di Camaldoli, vol. II, n. 1238,
p. 267.

Urbanus episcopus servus servorum Dei dilectis filiis Placido Camal-


dulensi priori eiusque fratribus tam presentibus quam futuris,
regularem vitam professis in perpetuum. / Pie postulatio voluntatis
effectu debet persequente compleri, ut et devotionis sinceritas
laudabiliter enitescat et utilitas postulata iures indubitanter assumat.
Ea propter dilecti in Domino filii vestris iustis / postulationibus
clementer annuimus, et ecclesiam Camaldulensis in qua divino estis
obsequio mancipati sub beati Petri et nostra protectione suscipimus et
presentis scripti privilegio communimus et predecessorum nostro-
rum feliciter / recordationis Paschalis, Eugenii, Anastasii, Adriani,
Alexandri et Lucii Romanum pontificum vestigiis inherentes precipi-
mus, et presentis decreti auctoritate sancimus, ne cuiquam omnino
persone, clerico, monacho, laico cuiuscumque ordi/nis seu dignitatis,
presentibus aut futuris temporibus, liceat congregationes illas et loca
illa, que Camaldulensis eremi disciplinam sive cenobii et ordinem
susceperunt, queque hodie sub illius regimine continentur, ab eius /

122
Appendice documentaria

ullo modo subiectione et unitate dividere, que videlicet loca et


congregationes conservande unitatis gratia singularibus visa sunt
vocabulis annotanda. In episcopatu Aretino: monasterium Sancti
Salvatoris Berardingorum, / monasterium Sancti Petri in Rosa, Sancte
Marie in Agnano, Sancti Quirici in Rosa, heremum Fleri, monasterium
Sancti Viriani, Sancti Bartholomei in Anglari, Sancte Marie de
Pratallia, monasterium Silvemunde, Sancti Petri Minoris, / Sancti
Michaelis de Burgo, ecclesiam de curte Luponis, Sancte Andree de
Castellione, Sancti Savini in Retino, monasterium Sancte Marie in
Trivio. In Galiata: monasterium de Insula, heremum Novum, mo-
nasterium / de Ferrazzano. In episcopatu Montis Feretranensis: mo-
nasterium Montis Herculis. In episcopatu Foropiliensi: hospitale
Americi, monasterium Sancti Vigilii. In episcopatu Pesauriensi: mo-
nasterium Sancti Decentii, heremum Saioli. / In episcopatu Bono-
niensi: monasterium Sancti Archangeli, Sancti Felicis, Sancte Christine,
Sanctorum Cosme et Damiani, hospitale Sancte Marie in Ragone. In
episcopatu Faventino: monasterium Sancti Ipoliti. In episcopatu
Esinensi: mona/sterium Sancti Georgii, heremum Rainaldi, monaste-
rium de Accoli. In episcopatu Camerinensi: monasterium Sancte
Helene, monasterium de Pirella. In episcopatu Spoletinensi: monaste-
rium Sancti Silvestri. In / episcopatu Fuliginensi: monasterium de
Landum. In episcopatu Castellano: monasterium Sancti Sepulcri,
monasterium Sancte Marie de Deciano, Sancti Petri de Planetto. In
episcopatu Florentino: monasterium Sancti Pe/tri in Luco, Sancti
Salvatoris iuxta civitatem. In episcopatu Fesulano: monasterium
Montismuri, ecclesiam Sancte Margarite, monasterium de Prato
Veteri. In episcopatu Vulterrano: monasterium Sancte Marie in
Policiano, / Sancti Petri in Fontiano, Sancti Petri in Cerreto, monaste-
rium Sancti Justi. In episcopatu Pisano: monasterium Sancte Marie de
Morrona, Sancti Stephani in Cinctoria, monasterium Sancti Savini,
monasterium Sancti Mica/helis de Burgo, Sancti Fridiani, Sancti
Zenonis. In episcopatu Lucano: monasterium Sancti Salvatoris in
Cantignano, Sancti Petri in Puteolis. In Sardinia in episcopatu
Turritano: monasterium Sancte Trinitatis de Sacraria, / ecclesiam
Sancte Marie in Samanar, ecclesias Sancti Michaelis et Sancti
Laurentii in Vanari, ecclesias Sancte Marie et Sancti Johannis in Altasar,
ecclesiam Sancte Marie in Contra, ecclesias Sancti Johannis et Sancti

123
Valeria Schirru

Simeonis in Salvenero, ecclesiam / Sancti Nicholai de Trulla, ecclesiam


Sancti Petri in Scano, ecclesiam Sancti Pauli in Cotrognano, ecclesiam
Sancti Petri in Olim. In Tuscia in episcopatu Clusino: heremum Vivi in
Monte Amiato, cum omnibus supradictorum locorum / pertinentiis.
Villam preterea de Moiona, quam emistis ab Henrico preposito et
reliquis canonicis cum omnibus pertinentiis suis, villam de Montione,
quam ab abbate Sancte Flore emistis, quemadmodum in vestris cartulis
con/tinetur, et vobis a predecessore nostro bone memorie papa Anasta-
sio mediante iustitia adiudicata est, et scripsi sui sententia confirmata.
Omnia igitur supradicta monasteria cum omnibus ad ipsa pertinentibus
sta/tuimus et apostolice sedis auctoritate sancimus, tamquam corpus
unum sub uno capite, idest sub priore Camaldulensis heremi
temporibus perpetuis permanere, et in illius discipline observatione per-
sistere, sub eo, inquam, / priore, qui ab ipsius congregationis abbatibus
sive prioribus et ab heremitis regulariter electus prestante Domino
fuerit. Porro Congregationem ipsam ita sub apostolice sedis tutela per-
petuo confovenda decernimus, ut nulli episcoporum / facultas sit
aliquod ex his monasterium absque prioris conniventia, vel apostolice
sedis licentia, excommunicare, vel a divinis officiis interdicere.
Fratribus quoque ipsis licentia sit, a quo maluerint catholico episcopo
consecrationum sacra/menta et ordinationum sacramenta suscipere.
Ad hoc monasterium de Urano vobis et conventui vestro, salvo iure
Ravennatis ecclesie, auctoritate apostolica confirmamus. Decernimus
ergo ut nulli omnino hominum / liceat prefata monasteria temere, per-
turbare vel eius possessiones auferre, vel ablatas retinere, minuere seu
quibuslibet vexationibus fatigare, sed omnia illibata et integra
conserventur eorum pro quorum gubernatione ac / sustentatione con-
cessa sunt, usibus omnimodis profutura salva sedis apostolice aucto-
ritate. Si qua igitur in futurum ecclesiastica secularisve persona hanc
nostre constitutionis paginam sciens contra eam temere, / venire,
temptaverit secundo tertiove commonita nisi presumptionem suam
congrua satisfactione correxerit potestatis, honorisque sui dignitate
careat reamque se divino iudicio existere de perpetrata iniquitate
cognoscat / et a sacratissimo corpore ac sanguine Dei et domini
redemptoris nostri Jesu Christi aliena fiat atque in extremo examine
divine ultioni subiaceat. Cunctis autem eidem loco iura servantibus
sit pax domini nostri Jesu Christi, quate/nus et hic fructum bone

124
Appendice documentaria

actionis percipiant et apud districtum iudicem premia eterne pacis


inveniant. Amen. Amen. Amen./
Ego Urbanus catholice Ecclesie episcopus subscripsi./
Ego Honorius Albanis episcopus subscripsi./
Ego Theobaldus Sancti Vellerensi episcopus subscripsi./
Ego Johannes presbiter cardinalis tituli Sancti Marci subscripsi./
Ego Laboratis presbiter cardinalis Sancte Marie Transiberii tituli
Calixti subscripsi./
Ego Pandussi presbiter cardinalis tituli XII Apostolorum subscripsi./
Ego Albinus presbiter cardinalis tituli Sancte Civas in Ierusalem
subscripsi./
Ego Guido presbiter cardinalis Sanctorum Johannis et Pauli subscrip-
si./
Ego Abelardus tituli Sancti Marcelli presbiter cardinalis subscripsi./
Ego Gratianus Sanctorum Cosme et Damiani diaconus cardinalis
subscripsi./
Ego Goffredus Sancte Marie in Via Lata diaconus cardinalis subscrip-
si./
Ego Rollandus Sancte Marie in Porticu diaconus cardinalis subscripsi. /
Ego Petrus Sancti Nicholai in Carcere Tullianus diaconus cardinalis
subscripsi./
Ego Radolfus Sancte Georgii diaconus cardinalis subscripsi./
Datum Verone per manum Alberti Sancte Romane Ecclesie presbiteri
cardinalis et cancellarii, idus marcii, indictione tertia, incarnationis
Dominice anno M C L XXXV, pontificatus nostro domini pape Ur-
bani pape tercii anno primo./

XXII

1205 luglio 10

Maria de Thori, con il consenso dei suoi figli Costantino, Mariano e Ba-
risone, del giudice di Torres Comita II de Lacon, di sua moglie donna
Specla e del loro figlio Mariano II de Lacon, di Preziosa de Orrù, madre

125
Valeria Schirru

dello stesso Comita, e con il consenso del vescovo di Ampurias, dona a don
Martino priore di Camaldoli le chiese di Santa Maria di Orrea Pichina e
di Santa Giusta di Orrea Pichina con tutte le loro pertinenze.

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CLXXXVIII v., n. 4.

Nel documento la donazione viene fatta dietro consenso di una serie di personaggi
della famiglia de Lacon. Tra questi sono ricordati: oltre che i figli della stessa Maria
de Thori, Costantino, Mariano e Barisone; il giudice di Torres, Comita II de Lacon;
sua moglie donna Specla, in cui si deve probabilmente individuare Ispella de Lacon
Serra figlia di Barisone I giudice di Arborea; il loro figlio Mariano II de Lacon; la
madre dello stesso Comita Preziosa de Orrù. Il documento permette di postdatare
l’ultima menzione di Ispella de Lacon Serra, figlia di Barisone I giudice di Arborea e
vedova di Ugone-Poncio de Cervera visconte di Bas, che risale al 1204, quando ve-
niva indicata ancora come moglie di Comita ma in procinto di divorziare (D.
Scano, Codice Diplomatico, vol. I, n. XXII, p. 15). Ancora permette di postdatare
l’ultima menzione documentaria di Preziosa de Orrù, madre di Comita II de Lacon,
e moglie di Barisone II de Lacon che risaliva invece al 1178 (P. TOLA, C.D.S., tomo
I, doc. CVIII, p. 250).

Regesti:
– E. LASINIO, Regesto di Camaldoli, vol. III, n. 1430, p. 25.

Maria de Thorri fazo christa(a) carta cum voluntate de Deus et de so


donno meo iudice Gomita de Laccon et dessa / murie donna Specla
regina de loco et desso fiio donno Mariano rege et desa mama donna
Pretiosa de Orruu, sa dona mea / et de fiios meos donno Guantine et
donno Mariane et donno Barosone, et cum voluntate de donno Petro
duxampiscopo de Ampori, chi / lla confirmaiti, et cum voluntate de
sos clericos donavit et optulit las im manu de so donno maiore /
donno Martino, sso priore de Camalduli ambas ssas clesiaas ad Sancta
Maria et ad Sancta Justa de Orrea / Pichina cum omia pertinentia
issoro, con servos et con ancillas, ad Petro Mancho et ad sa muer Su-
sanna, un dio / ebbas de vare ca duchella Johanni Campulle, et latus
de Mariane Forma et Pe/tro Mate mirego et cum so molino, cum

(a)
Si legga chusta.

126
Appendice documentaria

ortos et cum bineas et cum terras de agriles et domesticas et cum signo


de omnia batorpedia, ebbas et vaccas / et berbeches, porcos et capras.
Appant inde pro de sub priore cum sos here/mitas de Camalduli ipsore
usque in finem seculi. Amen. Et donavit ad Sancta Maria sa corte mea
peculiare / de Nugudui, que appi de parentes meos, cum servos, et cum
terras, et cum bineas, et cum saltos, et cum quadrupedia, que est apo /
sa domo, et omni pertinentia sua. Et liceat priori predicto et suis
successoribus predictas ecclesias et bona possi/dere et usufructare et ad
suam voluntatem eligere priores in predictis ecclesiis et ponere
monachos et apans erga sos servos de Sancta Ma/ria et quale avemos
ende servos de donno Petro de Marogno et dessa muliere. / Sub anno
Domini M CC V VI idus julii usque ad finem seculi amen./

XXIII

1205

Pietro, vescovo di Ampurias, concede a don Martino, priore generale del-


l’Ordine Camaldolese, e ai suoi successori le due chiese di Santa Maria di
Orrea Pichina e di Santa Giusta di Orrea Pichina con tutte le loro perti-
nenze, svincolando i monaci dall’obbedienza al vescovo.

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CLXXXVIII v., n. 3.

Regesti:
– E. LASINIO, Regesto di Camaldoli, vol. III, n. 1434, p. 27.

Petrus Emporiensis episcopus cum consensu suorum clericorum


videlicet Johannis presbiteri Serdonis, presbiteri Petri de Oliva, presbi-
teri / Johannis de Orrea, dedit et concessit donno Martino priori
Camaldulensis, eiusque successoribus, /in perpetuum, ecclesiam
Sancte Marie de Orrea Pichina et ecclesiam Sancte Juste, cum

127
Valeria Schirru

omnibus eorum iuribus et / pertinentibus. Reservato sibi iure episco-


pali, hoc apposito pacto, ut prefato priori eiusque successoribus et
Camaldulensis ordinis / fratribus liceat predictas ecclesias cum omnibus
suis rebus ordinare, instituere et destituere sine ipsius epscopi et eius /
successorum vocatione, et non teneantur predictus prior vel eius
successores ire ad capitulum vel crisma / episcopatus Emporiensis, nec
obedientiam episcopo promittere nec partem testamentorum ad /
episcopatum pertinentium largiri episcopo vel successoribus eius. Si
vero predictus prior vel eius / successores predicta dimiserint, episco-
patui et patronis remaneant. Sub anno Domini M CC V./

XXIV

< post 1205 > giugno 11

Comita II de Lacon, giudice di Torres e sua moglie Agnese, con il consenso


del figlio Mariano II de Lacon, donano al priore della chiesa di Santa
Maria di Orrea Pichina l’acqua delle fontane di Aghitu, di Cutathu e di
Santa Giusta per il mulino.

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CLXXXVIII, n. 4.

Il termine post quem è costituito dalla data del doc. XXII dell’Appendice documen-
taria che contiene la donazione delle chiese di Santa Maria e di Santa Giusta di
Orrea Pichina. Comita II de Lacon salì al trono nel 1198 (P. TOLA, C.D.S., tomo I,
sec. XII, n. CXLVIII, p. 282), la sua ultima menzione come giudice è del 1216 (P.
TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XIII, n. XXXI, p. 326). Sposò in seconde nozze Agnese,
figlia di Manfredo II, marchese di Saluzzo (L.L. BROOK, F.C. CASULA, M.M. COSTA et
al., Genealogie medioevali di Sardegna, tav. XVIII, lemma 6), la cui prima menzione
risaliva fino ad oggi al 1210 (P. TOLA, C.D.S., tomo I, sec. XIII, n. XX, p. 317). Già
era stato ipotizzato che il matrimonio tra Comita II de Lacon e donna Agnese fosse
avvenuto nel 1205, presumibilmente dopo l’annullamento del primo con Ispella de
Lacon Serra (B. BAUDI DI VESME, Guglielmo, giudice di Cagliari e l’Arborea, p. 29).
Questo documento permette così di retrodatare la comparsa di Agnese come moglie
di Comita II de Lacon al 1205.

128
Appendice documentaria

Regesti:
– E. LASINIO, Regesto di Camaldoli, vol. III, n. 1473, p. 49.

Iudex Comita de Laccon et donna Agnese regina cum consensu


Mariani regis, eorum filii, pro anima sua et / suorum parentum,
donaverunt et optulerunt priori ecclesie Sancte Marie de Orrea
Pichina, sabba dessas fontanas / de Aghitu, de Cutathu, et dessas
fontanas de Sancta Justa pro / regarsede su mulinu usque in finem
seculi. XI die mensis iunii. Carta manu Petri scriptoris judicis Comite./

XXV

1209 novembre 6, Fucecchio (Firenze)

L’imperatore Ottone IV riceve sotto la sua protezione l’eremo di Camaldoli,


i beni, i luoghi e i monasteri dal medesimo dipendenti, fra i quali sono no-
minati anche quelli ubicati in Sardegna.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1209 novembre 6.


Originale [A], pergam., mm. 570 x 690.
(B.D.) il margine inferiore della pergamena in cui si trovava il sigillo è stato asportato.
Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: al centro con scrittura coeva al documento “Otto imp(erato)r IIII
privilegium pro Eremo”. In basso a destra con scrittura del secolo XVIII in corsivo
“1209 Privilegium n. 50 c. 68”. Al di sotto con mano moderna “Originale”.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1209 novembre 6.


Copia autentica [B] del 17 settembre 1322, pergam., mm. 640 x 800.
(B.D.) residua il cordoncino di seta con fili gialli nella plica del margine inferiore.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: ottimo.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli n. 2, 6 Nov. 1209”. In
basso a destra “1209 ß Privilegium n. 50 c. 62 / Ottonis Imperator IV pro Eremo /

129
Valeria Schirru

Prima copia authentica ex anno 1322”. Al di sopra con mano moderna “1322 /
Privilegium Otonis IIII Imperatoris / 1209”.
La copia [B] è sottoscritta dai notai: Johannes olim Arrighetti de Pomino notaio impe-
riale, Benedictus magistri Martini notaio imperiale, Dionisius de Salençano notaio
apostolico e imperiale, Marsoppus olim Guidalotti Pintacci notaio imperiale.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1209 novembre 6.


Copia autentica [B’] del 29 novembre 1345, pergam. mm. 500 x 820.
(B.D.) residua il cordoncino di seta con fili gialli nella plica del margine inferiore
della pergamena.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: ottimo.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura tracciata con inchiostro nero. La
scrittura corre parallela al lato minore della pergamena.
Note dorsali: al centro con scrittura coeva al documento “Privilegium Octonis
imperatoris sup(er) i(m)munitate Camaldulensis e(r)emi totius Hordinis”. Al di sotto
con scrittura del secolo XVIII in corsivo “1209 ß. Privilegium n. 50 c. 64”. Sempre
con scrittura moderna ma con una mano diversa “Ottonis IV imperat(or) pro Eremo
secunda copia autentica ex anno 1345 Impressum in Tomo IV Annal. Camald. 283 n.
CLXXX” (B. MITTARELLI -A. COSTADONI, Annales Camaldulenses, tomo IV, doc.
CLXXX, col. 283 e segg).
La copia [B’] è sottoscritta dai notai: Nicolaus de Jacobi de Miniata notaio imperiale,
Matheus quondam Johannes de Banucho notaio imperiale, Johannes filius Nuti de
Martignana notaio imperiale.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1208 novembre 6.


Copia semplice [C] del secolo XIII, pergam., 590 x 670.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: al centro con mano moderna “1209 / Privilegium Ottonis quarti
imperatoris / dupplicatu(m)”. In alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 6 Nov.
1208”. Al di sotto “1209 ß Privilegium n. 50 c. 62 / Ottonis IV imperator pro eremo /
Copia”. In basso a sinistra “Impressum in Annalib(us) Tom. IV 283 n. CLXXX”.

Si tratta di un privilegio imperiale emanato da Ottone IV a favore della congregazio-


ne Camaldolese. Come tale presenta, nell’originale [A], caratteri estrinseci di parti-
colare solennità: la prima riga scritta in litterae elongatae e nell’escatocollo il signum
monogrammatico accompagnato dalla scritta “Signum domini Ottonis quarti
romanorum imperatoris invictissimi”.
Per la datatio chronica è usato probabilmente lo stile dell’incarnazione secondo il
computo fiorentino; l’anno 1209 non deve essere rettificato trattandosi del 6 no-
vembre, ed è confermato dall’indicazione del primo anno di regno di Ottone IV.
L’indizione utilizzata è quella bedana, in uso presso la cancelleria degli imperatori di
Germania nei secoli X-XIV (A. CAPPELLI, Cronologia, cronografia e calendario perpe-
tuo, p. 6), che dal 24 settembre al 31 dicembre segna un’unità in più rispetto a quel-

130
Appendice documentaria

la romana. Non si può ipotizzare l’uso dello stile dell’incarnazione pisana perché Ot-
tone IV venne incoronato imperatore il 27 settembre 1209.
Nel 1209 Ottone IV si trovava in Italia, dopo l’esilio in Inghilterra, per ricevere la
corona imperiale a Roma.

Per la presente edizione è stato utilizzato l’originale [A].

Edizioni:
– B. MITTARELLI-A. COSTADONI, Annales Camaldulenses, tomo IV, doc.
CLXXX, coll. 283-290.
– P. TOLA, Codex Diplomaticus Sardiniae, tomo I, sec. XIII, n. XVIII,
p. 316.

Regesti:
– E. LASINIO, Regesto di Camaldoli, vol. III, n. 1466, pp. 43-45.

In nomine sancte et individue Trinitatis. Otto quartus divina favente


clementia Romanorum imperator et semper augustus. / Cum
omnibus ecclesiasticis personis et viris religiosis imperialem favorem
clementer impendere teneamur, eorum precipue utilitatibus intendere
omnino debemus, quorum nos orationibus commendamus humiliter
et devote, et quos fervens religio et honesta conversatio serenitati no-
stre speciali devotione com/mendatos reddunt plurimum et acceptos.
Attendentes igitur religionem et devotionem Camaldulensis ordinis
omnium tam futurorum quam presentium Christi imperiique nostri
fidelium scire, volumus industriam, qualiter nos pro remedio anime no-
stre et omnium parentum nostrorum, et quia nos eorum orationibus
devote hac humi/liter commendamus, sanctam Camaldulensem
eremum, cum toto suo conventu, et cum universis suis locis et
possessionibus, et rebus atque pertinentiis, quas nunc habent, vel in
posterum concedente Domino, iuste poterunt adipisci, in specialem
nostre maiestatis protectionem recepimus, dignum et congruum
decernentes predicti conventus, / monasteriorum, et quorundam
locorum, eremi prefata nomina singulariter inferius annotare. In
episcopatu Aretino: monasterium Fontis Boni cum hospitali et
omnibus bonis suis; in ipsa civitate monasterium Sancti Petri in

131
Valeria Schirru

Picculo, ecclesiam Sancti Michaelis cum pertinentiis suis, ecclesiam


Sancti Laurenti prope civitatem Aretii, et omnia que ab episcopis
Aretine civitatis remo predicte concessa esse noscuntur, et ipsorum
scripti assertione firmata, ecclesiam Sancti Martini, que est iuxta
Letarcle, monasterium Silve Munde, monasterium de Pratalia,
monasterium Sancte Marie de Agnano, monasterium Sancti Petri de
Rota, monasterium Sancti Salvatoris Berardingarum, cum / omnibus
eorum pertinentiis, monasterium Sancti Savini in Chio, monasterium
Sancti Andree de Castellione, monasterium Sancti Quirici de Rosis,
ecclesiam Sancti Nicolai de Curte Luponis, heremum de Fleri cum
monasterio suo, monasterium Sancti Viriani cum omnibus pertinentiis
eorum, monasterium Sancti Bartholomei in Anglari cum toto castro
Anglari / et cum ecclesiis et villis, castellis et omnibus pertinentiis
suis, plebem Sancte Marie de Micciano cum ecclesiis et pertinentiis
suis, ecclesiam Sancti Johannis que est in Anglari, ecclesiam de
Monteaureo, que modo sita est in Castellione, et castrum de
Castellione, quod olim fuit in Monteaureo, cum omnibus suis
pertinentiis, et ipsum Montem Aureum, ecclesiam / de Viario,
castrum de Decciano cum ecclesia et suis pertinentiis, et eius quod
habet in castro de Capresa, et in toto eiusdem castri districtu, et
omnia, que iam fuerunt Bernardini olim filii Sidonie, et omnia, que
Quintavallis et Astuldus dederunt sive concesserunt per instrumenta
vel alio modo prefate eremo, ecclesiam Sancte Marie, que est sita in
Montione, / ecclesiam de Moiona, et totum castrum cum suis
omnibus pertinentiis, ecclesiam de castello Laurentiano, et loca sive
iura, que supradicta heremus habet in castro predicto, ecclesiam
Sancti Vitalis prope ipsum castrum cum omnibus pertinentiis suis,
ecclesiam de Agna cum curia et hominibus, quos habet in predicto
loco, et cum omnibus pertinentiis tam ecclesie, quam / eiusdem curie,
ecclesiam de Soci cum toto castro, et eiusdem castri curia et cum
omnibus suis pertinentiis, ecclesiam de Condolese cum omnibus suis
pertinentiis, et homines, quos habet predicta eremus in villa de
Lonnano, et in villam de Tegiano, et in toto Casentino atque Mucello,
et partem sive eius, quod habet predicta eremus in Partina, / et in toto
eiusdem districtu, et homines, quos habet in castro Serravalle, et
quidquid iuris habet in castro et eius curia, et venditionem factam ab
Henrico preposito Aretine canonice Sancti Donati, et eius canonicis,

132
Appendice documentaria

sicut in privilegio domini pape Innocentii III et domini Henrici VI


continetur, et omnes / curtes, quas habet predicta eremus in
episcopatu Aretino, et Castellano, vel Fesulano atque Florentino, et
quibuscumque aliis locis. In episcopatu Castellano: monasterium
Sancte Marie de Diciano, monasterium Sancti Sepulcri cum omnibus
ad ipsum pertinentibus, ecclesiam de Planetulo cum castello et
omnibus suis pertinentiis, / plebem Sancte Marie de Suara, ecclesiam
de Vallialla cum parte et toto iure, quod habet in ipso castro et eius
curia. In episcopatu Fesulano: monasterium Sancte Marie de Poplena,
et ecclesiam Sancti Michaelis iuxta ipsum cum omnibus eorum
pertinentiis, monasterium Sancti Johannis de Prato Veteri, ecclesiam
Sancti Bartholomei de castra Petronii, ecclesiam Sancti / Egidii de
Gaviferre, ecclesiam Sancti Nicolai de Montemezzano, ecclesiam
Sancti Miniatis de Lonnano, cum curte et eius pertinentiis, monaste-
rium Montis Muri, ecclesiam sive canonicam Sancte Margarite de
Tosina, et iuspatronatus eiusdem ecclesie, quod fuit concessum eremo
predicte a Raynerio quondam Guidalocti, et in plebe de Pomino, et in
/ plebe de Glaceto, et in aliis ecclesiis, sicut in publicis instrumentis
continetur, et quidquid predictus Raynerius eremo prefate concessit.
In episcopatu Florentino: monasterium Sancti Salvatoris de Camaldu-
lo iuxta civitatem Florentinam, monasterium Sancti Petri de Luco,
eremum Buldronis cum omnibus eorum pertinentiis. In episcopatu
Lucano: monasterium / Sancte Jucunde cum omnibus suis perti-
nentiis, monasterium Sancti Petri in Puteolis cum capella burgi
Porcarie, monasterium Sancti Salvatoris de Cantiniano cum illo statu-
to, et omni libertate, quam dominus Henricus VI imperator dicto
monasterio concessit, et in eius privilegio continetur, hospitale iuxta
burgum Sancti Ge/nesii cum omnibus suis pertinentiis. In episcopatu
Vulterrano: monasterium Sancti Justi prope civitatem Vulterranam,
monasterium Sancti Petri de Cerreto, monasterium Sancte Marie in
Puliciano, monasterium Sancti Petri in Fontiano. In episcopatu
Pisano: monasterium Sancti Stephani in Cintoria, monasterium
Sancte Marie de Morrona , monasterium / Sancti Savini in Montione
cum omnibus eorum pertinentiis et possessionibus; in ipsa civitate
Pisana monasterium Sancti Michaelis, monasterium Sancti Frigdiani,
monasterium Sancti Zenonis, hospitale Sancti Frigdiani cum omnibus
eorum pertinentiis. In episcopatu Clusino: monasterium Sancti Petri

133
Valeria Schirru

in Vivo Montisamiati. In Marchia, / in Esinensi episcopatu:


monasterium Eremite, ecclesiam Sancti Georgii. In episcopatu
Auximano: monasterium Sancte Marie in Serra. In episcopatu
Anconitano: ecclesiam Sancte Lucie. In episcopatu Camerinensi:
monasterium Sancte Helene Esini cum omnibus suis pertinentiis; et
similiter in Marchia: eremum Aque Perellis / et ecclesiam de
Quadrigaria cum eorum pertinentiis. In episcopatu Pensauriense:
monasterium Sancti Decentii, et eremum de Faioli. In episcopatu
Ariminensi: eremum de Montali. In episcopatu Cesenate: hospitale de
Roverreto. In episcopatu Ravennate: monasterium Sancti Apollinaris in
Classe cum omnibus suis pertinentiis. In episcopatu / Monte
Feretrano: monasterium Sancte Trinitatis Montis Herculis. In episco-
patu Foropopuliensi: hospitale Aymerici, in Cava de Colle monaste-
rium Sancti Paterniani de Ferracino, monasterium Sancte Marie de
Urano iuxta Bretonium. In Galiata: monasterium Sancte Marie de
Insula, eremum de Faiolo, mona/sterium Sancte Marie in Trivio. In
episcopatu Foroliviensi: ecclesiam Sancte Marie iuxta ipsam civitatem.
In episcopatu Faventino: monasterium Sancti Hippolyti iuxta civita-
tem. In episcopatu Imolensi: monasterium Sancti Eustachii. In
episcopatu Bononiensi: monasterium Sancti Archangeli iuxta castellum
Britti, monasterium Sancte Christine; in ipsa civitate monasterium
Sancti Damiani, eremum Camalduli iuxta ipsam civitatem, hospitale
Sancte Marie de Ravone. In episcopatu Tarvisino: monasterium Sancte
Christine. In episcopatu Veronensi: monasterium Sancte Marie de
Camaldulo. In episcopatu Vicentino: monasterium / Sancti Viti. In
episcopatu Senensi: monasterium Sancti Georgii de Api, monaste-
rium Sancti Vigilii infra civitatem Senensem. In insula Sardinie:
monasterium Sancte Trinitatis Sacraria, ecclesiam Sancte Eugenie de
Samanar, ecclesias Sancti Michaelis et Sancti Laurentii in Vanari,
ecclesias Sancte Ma/rie et Sancti Iohannis in Altasar, ecclesiam Sancte
Marie in Contra, ecclesias Sancti Iohannis et Sancti Simeonis in
Salvenero, ecclesiam Sancti Nicolai de Trulla, ecclesiam Sancti Petri in
Scano, ecclesiam Sancti Pauli in Cotrognano, ecclesiam Sancti Petri in
Olim et monasterium in Orrea. In episcopatu Spoletino: / monaste-
rium Sancti Silvestri de Monte Subasio cum omnibus pertinentiis suis.
In episcopato Perusino: possessionem, quam dedit Raynerius quondam
Bertrami civis Perusinus eremo prefate; necnon igitur omnia cum

134
Appendice documentaria

omnibus ad ipsa monasteria, loca vel ecclesias pertinentibus, et ea que


in antea iuste / Camaldulensis eremus poterit adipisci, sibi auctoritate
imperiali perpetuis temporibus confirmamus. Confirmantes etiam
singulis monasteriis, ecclesiis et locis camaldulensis conventus quidquid
iuste ac rationabiliter possident, vel in antea dante Domino sibi
poterunt obtinere. Eximimus / quoque predictam eremum, et eius
monasteria et loca sui conventus ab omni gravamine iniusto, preci-
pientes districte civitatum, castrorum, villarum, burgorum et aliorum
locorum, ducibus, marchionibus, comitibus, potestatibus, consulibus,
rectoribus, officialibus, et aliis ecclesiasticis seculari/busque personis,
quod predictam eremum et eius conventum ad dationem aliquam, vel
collectam seu libram, vel ad aliquam aliam nominetur ad fossata
facienda, ad muros edificandos, vel ad alia illicita munera aliquatenus
cogere non presumant; sed predicta / eremus et omnia loca sui
conventus a predictis gravaminibus imperiali auctoritate liberata in
Dei servitio liberius valeant immorari. Inhibemus etiam patronis
predictorum monasteriorum, ecclesiarum et locorum, quod sub
pretextu iurispatronatus et perversarum consuetudinum, quas sibi
contra sacros canones / et sacras leges usurpare consueverunt dicta
monasteria, ecclesiae et loca singula molestare, vel eis violentiam in
personis vel in rebus mobilibus seu immobilibus, vel alio iure
nequaquam auferre presumant. Prohibemus etiam, quod fratres et
nuncii predictorum locorum euntes et re/deuntes pro personis et
animalibus, et omnibus rebus eorum ab aliquo, vel ab aliquibus
pedagia vel passagia solvere non cogantur; sed stando, eundo et
redeundo auctoritate Dei et nostra perpetua et firma securitate fruan-
tur. Pro remedio autem anime nostre, et parentum nostrorum ad imi/
tationem concessionis nostri Henrici Romanorum imperatoris divi
augusti, sicut in ipsius privilegiis continetur, donamus ecclesie predicte
Sancti Salvatoris Camaldulensi eremi forum de curte Soci, et de
Moiona, et de hominibus in eisdem locis manentibus, sive curiis
eorumdem locorum cum an/gariis, perangariis, albergariis, quas nuncii
nostri ibidem accipere consueverunt. Volentes, ut predicti homines,
quia ipsi eremo vicini dicuntur, in lignis aliisque commodis familia-
ribus eo expeditius valeant ei providere. De aliis vero locis ipsius eremi
et monasteriorum sui or/dinis et hominibus iuxta concessionem ipsius
domini Henrici imperatoris inde factam, sicut in alio ipsius privilegio

135
Valeria Schirru

continetur, fratres Camaldulensis ordinis fodrum nostrum imperiale


competenter colligant, et cui tunc dandum fuerit, persolvant, nisi for-
te nobis placuerit illud eisdem Dei servis donare. / Concedimus
preterea et statuimus, ut nulla ecclesiastica seu secularis persona
aliquam possessionem Camaldulensi eremo seu alicui domui sui
conventus competentem vel aliquo iure pertinentem sine Camaldu-
lensis prioris licentia et iniuscuiusque domus, conventus, prelati et
fratrum consensu vendere, vel / alienare, donare vel permutare
presumant, nec aliquis eam accipere audeat; et quod alia statuta vel
consuetudines civitatum vel alius communitatis aut persone predicte
eremo, et sui conventus, monasteris, et domibus et personis
aliquatenus contra debitum non obsi/stant. Concedimus etiam eremo
nominate ecclesie, suique conventus monasteriis et domibus, quod
nulla alia prescriptio, quam octogenaria eis ab aliquo posso opponi vel
aliquod preiudicium facere, non obstante lege: quod quisque iuris vel
alia lege. Indulge/mus quoque, quod hominus Camaldulensis eremi et
monasteriorum et locorum sui conventus iniuste ab aliquo non
inquietentur. Pascua vero eremi iamdicte et Fontis Boni monasterii
animalibus, et ligna dicte eremo seu monasterio necessaria in Alpibus
absque aliorum / gravi iactura vel dampno concedimus, et ex nostra
benignitate largimur. Concedentes predicte eremo Camaldulensi
adinstar domini Henrici VI imperatoris, ut castris et villis suis, sicut
hactenus priores Camaldulenses et eorum officiales consueverunt, /
castaldiones seu vice comites quoscumque voluerint, preficiant,
eosque quoties ipsis placuerit, nostra auctoritate removeant, et alios
qui ipsis idonei videantur pro voluntate sua substituant. Molendina
quoque ipsius eremi ab omnibus exactionibus / libera reddimus et
penitus exempta; et licitum sit eis atque possible fratribus predicte
eremi facere novum atque ductum per competentia loca ubicumque
illis melius atque opportunius visum fuerit in fluvio Arno, et in fluvio
de Larclano, et in fluvio de / Soara, spetialiter in villa Viaio, et Sancte
Crucis, et in villa de Montione, et que habent in curte de Laurentiano
et statuta in fluvio Arno, et quod habent in castello de Biblena
similiter in fluvio Arno, et que habent in fluvio de Larclano, nulla /
prorsus contradicente seu resistente persona. Imperiali vero aucto-
ritate prohibemus, ut nullus infra unum a superiori ecclesia ipsorum,
que in eremo sita est, aut in inferiori monasterio Fontis Boni, eius

136
Appendice documentaria

specialiter obsequio pertinenti / iuxta concessionem domini Henrici


imperatoris in […] ipsis munitionem, aut villam, vel habitationem
cuiuscumque quantitatis audeat edificare de novo. Ad hec autem
nuntiis nostris per Italiam constitutis, qui modo sunt, / et pro
tempore erunt, firmiter precipiendo mandamus, quatenus preno-
minatam eremum et conventum sibi commissum, et omnia sibi perti-
nentia non audeant molestare, sed intuitu divine pietatis a male-
factoribus tueantur. Et cum fuerit eis aliqua / ex parte predictorum
querimonia preposita, sine gravamine faciant sibi iustitiam exhiberi.
Ut autem cuncta predicta irrefragabiliter ab omni persona penitus
observentur, nostre maiestatis sigillo presens privilegium iussimus
communiri. / Unde si quis contra hec fuerit ausus venire iamdicta,
centum libras auri puri pro pena componat, medietatem earum came-
re nostre, reliquam vero iniuriam passis. Huius rei testes sunt
Wolfherus patriarcha Aquile/iensis, Ubaldus Ravennas archiepisco-
pus, Lotharius Pisanus archiepiscopus, Ildebrandus Vulterranus
episcopus, Engelhardus Cesenensis episcopus, Petrus Urbis prefectus,
et Theobaldus frater eius, Azo marchio Estensis, Ildebrandus Palati-
nus comes, / Hartmarius comes de Hirch[..]c, Ezzelinus de Tarvisio,
Henricus marschalcus de Callendino, Henricus de Ravensberc, Gunze-
linus dapifer, et alii quamplures./
Signum domini Ottonis quarti Romanorum imperatoris invictissimi./
Ego Conradus Spirensis episcopus imperialis aule cancellarius vice do-
mini Theodorici Coloniensis archiepiscopi, et totius Italiae archicancel-
larii recognovi./
Acta sunt hec anno Dominice incarnationis M CC VIIII, indictione
XIII, / regnante domino Ottone IV Romanorum imperatore glo-
riosissimo, anno imperii eius primo. Data apud Ficiclum octavo idus
novembris, per manum Gualterii protonarii./

137
Valeria Schirru

XXVI

1210 luglio 1

Maria de Thori, col consenso di Comita II de Lacon, giudice di Torres, e


del di lui figlio Mariano II de Lacon, conferma la donazione delle due
chiese di Santa Maria di Orrea Pichina e di Santa Giusta di Orrea
Pichina, all’eremo di San Salvatore di Camaldoli aggiungendovi ampie
dotazioni di servi, ancelle, ville, terre, salti e vigne.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1210 luglio 1.


Originale [A], pergam., mm. 210 x 220.
(B.D.) sono visibili i fori che attraversava il cordoncino al quale era applicato il sigil-
lo, nella plica del margine inferiore della pergamena.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena. La prima lettera è elongata.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli p(ri)mo Lug(lio) 1210”.
Al di sotto con mano del secolo XVIII in corsivo “1210 § Donatio n. 371 c. 4 /
Ecclesiam S. Maria et S. Justa de Orrea Pichina in Sardinia pro eremo”. Al centro il
regesto coevo al documento “Car(tam) qua(m) fecit Ma(r)ia de Thori / de Ecc(lesiis)
S(an)ct(a) Ma(r)ia et S(an)ct(a) Justa de Ho(r)ea Pichina et aliis bo(n)is /
Cam(alduli)”.
Da notare nell’invocatio verbale la presenza della Trinità, tipica dei documenti pro-
dotti in Sardegna.
La datatio chronica, calcolata in base allo stile della natività, è divisa tra l’inizio del
documento dove, dopo l’invocazione si legge “Anno Domini millesimo ducentesimo
decimo” e la fine del documento dove abbiamo “intrante mense iulii prima die”.

SOMMARIO:
Anno MCCX. Ego Maria de Thori, ki la fatho custa carta cum boluntade de / Deus
et dessu donnu meu iudike Comita de Laccon et dessa muiere donna Agnesa regina
et dessu fiiu donnu Marine rege, et cum boluntate de fiios meos, las / do anbas sas
clesias meas Sancta Maria et Sancta Iusta de Orria Pithinna ad Sanctu / Salvatore
dessu heremu de Camaldula et oferio las in manu dessu priore maiore de
Camaldula, donnu Martine, custas clesias cum omnia pertinentia issoro, / cum
servos et cum ankillas et cum domos et cum saltos et cum vinias et cum terras de
fune et cum omnia battorpedia, canta est apus ecustas / clesias. Et do li sa domo
mea pecuiare de Tiugulbi, ki appo de parentes meos cum omnia pertinentia sua,
domos et saltos et servos et ankillas et binias / et terras de fune et cum omnia

138
Appendice documentaria

battorpedia, canta est appus ecusta domo, pro appat inde prode supriore de
Camaldula et issos heremitas, pro ssa anima mea et de maritu / meu et de fiios meos
et de tota sa domo mea. Et ego iudike Comita de Laccon ki fatho custa carta pro
precu, ki mi fekit donna Maria de Thori, / thia mea, et issos fiios et issu priore
donnu Rubertu, kivi fuit tando pro Camaldula in Sancta Maria. Et voio sos servos
de custas clesias ki / appant herga et ginithu da voie innanti, cale avean et tratavan
sutta donnu Petru de Maroniu et sutta sa muiere donna Maria de Thori usque in
sempiterna secula. / Amen. Et sunt testes primus Deus omnipotens, deinde Ithoccor
de Navithan, Comita de Serra, Mariane de Maroniu testes; Comita de Navithan,
Mariane de Laccon, Comita Pinna / testes; Gunnari de Maroniu, Gosantine
Dathen, Petru de Thori testes; dekita de maiores de Ianna, Iohanne Derthas e kita
sua testes. Petrus scriptor iudicis Comita. Iulii prima die./

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CLXXXIX r., n. 1.

Edizioni:
– B. MITTARELLI-A. COSTADONI, Annales Camaldulenses, tomo IV, doc.
CLXXXVI, coll. 305-306.
– P. TOLA, Codex Diplomaticus Sardiniae, tomo I, sec. XIII, n. XX, p. 317.

Regesti:
– E. LASINIO, Regesto di Camaldoli, vol. III, n. 1476, p. 51.

In nomine sancte et individue Trinitatis, et in nomine sancte Marie


semper virginis, anno Domini millesimo ducentesimo decimo. / Ego
Maria de Thori kila fatho custa carta cum boluntate de Deus et dessu
donnu meu iudike Comita de Laccon, / et dessa muiere donna Agnesa
Regina, et dessu suu donnu Marine rege et cum boluntate de fios
meos, las do anbas / sas clesias meas Sancta Maria et Sancta Justa de
Orria Pithinna ad Sanctu Salvatore dessu heremum de Camaldula, /
et oferiolas in manu dessu priore maiore de Camaldula donno
Martine custas clesias meas cum omnia pertinentia issoru, / cum
servos et cum ankillas et cum domos et cum saltos et cum vinias et
cum terras de fune et cum omnia battor pedia / carta est apus ecustas
clesias. Et doli sa domo mea pecuiare de Tiugulbi ki appo de parentes
meos, cum omnia / pertinentia sua. Domos et saltos et servos et ankillas
et vinias et terras de fune et cum omnia battor pedia carta est appus /

139
Valeria Schirru

ecusta domo, pro apa inde pro de superiore de Camaldula, et issos


heremitas de omnia cantu narat custa carta usque in sempiternum. /
Amen. Amen. Amen./
Et ecustu bene kili fatho ad Sanctu Salvatore de Camaldula pro ssa
anima mea, et de maritu meu, et de fiios meos et de / tota sa domo
mea, non appat potestate fiios meos, nec neunu homine mortale
distrumare lu. Ne dis mines kellu / sessiat firmu et istabile, a bolun-
tate dessu priore, dessos heremitos, promittit et provocapende priores,
et monachos assa / voluntate issoro, usque in fine seculi. Amen, amen,
amen. Et ego Judike Comita de Laccon ki fatho custa carta pro /
precu kimi fekit donna Maria de Thori thia mea et issos fiios et issu
priore donnu Rubertu ki vi fuit ando / pro Camaldula in Sancta Maria.
Et voiosos servos decustas clesias ki appan therga, et ginnthu davote
innanti, / cale avean, et tratavan, sutta donnu Petru de Maroniu et sutta
sa muiere donna Maria de Thori usque in / sempiterna secula. Amen.
Et si quis istam cartam iniuste destrure voluerit, habeat maledictio-
nem de Deo / patre omnipotente, et de sancta Maria matre Domini,
et de omnibus angelis et sanctis Dei. Amen. Et si quis eam audierit /
et dixerit, quia bene est, habeat benedictionem de Deo patre omnipo-
tente, et de sancta Maria matre Domini / et de omnibus angelis et
sanctis Dei. Amen, amen, amen, fiat, fiat, fiat. / Et sunt testes, primus
Deus omnipotens, deinde Ithocor de Navithan, Comita de Serra, /
Mariane de Maroniu, testhes Comita de Navithan, Mariane de Lac-
con, Comita Pinna, testes / Gunnari de Maroniu, Gosantine Dathen,
Petru de Thori, testes de kita de maiores de ianna, / Johanne Derthas
e kita sua testes. Et Ego Petrus scriptor domini mei iudicis Comita
scripsi et / complevi istam cartam, intrante mense iulii prima die./

XXVII

1219 marzo 26, Hagenau

L’imperatore Federico II conferma alla Congregazione Camaldolese il pos-


sesso delle chiese e dei monasteri nominati, tra cui sono compresi anche
quelli ubicati in Sardegna.

140
Appendice documentaria

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1219 marzo 26.


Originale [A], pergam. mm. 470 x 590.
(B.D.) sono visibili i fori che attraversava il cordoncino al quale era applicato il sigil-
lo nella plica del margine inferiore della pergamena.
Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 26 Marzo 1219”. Al cen-
tro “Ann(o) D(omi)ni M. CC. XVIIII VII kalendas ap(ri)lis”. Al di sotto “Frederici
imp(erato)r II”. In basso a destra in scrittura corsiva del secolo XVIII “1219 ß
Privilegium n. 51 c. 110”.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1219 marzo 26, n. 3.


Copia autentica [B] del 18 marzo 1382, pergam., mm. 550 x 780.
(S.I.D.) presenta a destra nella parte alta della pergamena un foro circolare in cui
presumibilmente si doveva trovare un sigillo.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “n. 3 Camaldoli 26 Marzo 1219”. Al
centro il regesto coevo al documento “Exemplum privilegii Federici imperatoris II /
pro h(er)emo camaldulen(sis) in M CC XVIIII”. In basso con scrittura del secolo
XVIII in corsivo “1219 § Privilegium num. 51 c. 110 / Imper(ator) Friderici II pro
heremo Camald(ulensis)”.
La copia è sottoscritta dai notai: Donatus olim Detaiuti de mandato Gerardi Detauiti
de Aretio notaio imperiale, Philippus filius quondam Manganelli notaio imperiale,
Michele filius Greppius notaio imperiale.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1219 marzo 26, n. 2.


Copia semplice [B’] del secolo XIII, pergam., mm. 430 x 530.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “N. II Camaldoli 26 marzo 1219”. Al
di sotto è il regesto coevo al documento “Copia privilegii Federigi impe(r)ato(r)is
p(ro) libertate he(re)mi Camld(ulensis) et eius bona”.
Si tratta di un privilegio imperiale emanato da Federico II a favore della congrega-
zione Camaldolese. Come tale presenta, nell’originale [A], caratteri estrinseci di par-
ticolare solennità: la prima riga scritta in litterae elongatae e nell’escatocollo il signum
monogrammatico accompagnato dalla scritta “Signum domini Fridericis regis
invictissimi et regis Sicilie”.
Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo fiorenti-
no; l’anno 1219 non deve perciò essere rettificato trattandosi del 26 marzo, ed è
confermato dall’indizione settima.

141
Valeria Schirru

SOMMARIO:
Fridericus secundus Romanorum rex et rex Sicilie. Camaldulensis heremum cum
toto conventu / et cum universis locis et possessionibus et rebus atque pertinentiis in
specialem / sue maiestatis protectionem recipit. In episcopatu Aretino: monasterium
Fontis Boni cum hospitali et omnibus bonis suis, in ipsa civitate monasterium
Sancti Petri in Picculo, ecclesiam Sancti Michae/lis cum pertinentiis suis, ecclesiam
Sancti Laurenti prope civitatem Aretii, et omnia que ab episcopis Aretine civitatis
predicte concessa esse noscuntur, et ipsorum scripti / assertione firmata, ecclesiam
Sancti Martini, que est iuxta Letarcle, monasterium Silve Munde, monasterium de
Pratalia, monasterium Sancte Marie de Ag/nano, monasterium Sancti Petri de Rota,
monasterium Sancti Salvatoris Berardingarum cum omnibus eorum pertinentiis,
monasterium Sancti Savini in Chio, monasterium Sancti Andree de Castel/lione,
monasterium Sancti Quirici de Rosis, ecclesiam Sancti Nicolai de Curte Luponis,
heremum de Fleri cum monasterio suo, monasterium Sancti Viriani cum / omnibus
pertinentiis eorum, monasterium Sancti Bartholomei in Anglari cum toto castro
Anglari et cum ecclesiis et villis, castellis et omnibus pertinentiis suis, plebem Sancte
Marie de Micciano cum ecclesiis et pertinentiis suis, / ecclesiam Sancti Iohannis que
est in Anglari, ecclesiam de Monteaureo, que modo sita est in Castel/lione, et
castrum de Castellione, quod olim fuit in Monteaureo, cum omnibus suis
pertinentiis, et ipsum Montem Aureum, ecclesiam de Viario, castrum de Decciano
cum / ecclesia et suis pertinentiis, et ius quod habet in castro de Capresa, et in toto
eiusdem castri districtu, et omnia, que iam fuerunt Bernardini olim filii Si/donie, et
omnia, que Quintavallis et Astuldus dederunt sive concesserunt per instrumenta vel
alio modo prefate eremo, ecclesiam Sancte Marie, que est sita in Montione,
ecclesiam de Moiona, / et totum castrum cum suis omnibus pertnentiis, ecclesiam
de castello Laurentiano, et loca sive iura, que supradicta eremus habet in / castro
predicto, ecclesiam Sancti Vitalis prope ipsum castrum cum omnibus pertinentiis
suis, ecclesiam de Agna cum curia et hominibus, quos habet in predicto / loco, et
cum omnibus pertinentiis tam ecclesie, quam eiusdem curie, ecclesiam de Soci cum
toto castro, et eiusdem castri curia et cum omnibus suis pertinentiis, ecclesiam de
Condolese cum / omnibus suis pertinentiis, et homines, quos habet predicta eremus
in villa de Lonnano, et in villam de Tegiano, et in toto Casentino atque Mucello, et
partem sive eius, / quod habet predicta eremus in Partina, et in toto eiusdem
districtu, et homines, quos habet in castro Serravalle, et quidquid iuris habet in ca-
stro et eius curia, et venditionem / factam ab Henrico preposito Aretine canonice
Sancti Donati, et eius canonicis, sicut in privilegio domini pape Innocentii III / et
domini Henrici VI continetur, et omnes curtes, quas habet predicta eremus in
episcopatu / Aretino, et Castellano, vel Fesulano atque Florentino, et quicquid sepe
dicta heremus sive ab ecclesiis suis sive ab aliis quibusque hominibus per emptionem
vel alio modo adepta est in loco que dicitur / Broylo. In episcopatu Castellano:
monasterium Sancte Marie di Diciano, monasterium Sancti Sepulcri cum omnibus
ad ipsum pertinentibus, ecclesiam de Planetulo cum castello et omnibus suis
pertinentiis, / plebem Sancte Marie de Suara, ecclesiam de Vallialla cum parte et
toto iure, quod habet in ipso castro et eius curia. In episcopatu Fesulano:
monasterium Sancte Marie de / Poplena, et ecclesiam Sancti Michaelis iuxta ipsum

142
Appendice documentaria

cum omnibus e/orum pertinentiis, monasterium Sancti Johannis de Prato Veteri,


ecclesiam Sancti Bartholomei de castra Petronii, ecclesiam Sancti Egidii de
Gaviferre, ecclesiam Sancti Nicolai de Montemezzano, / ecclesiam Sancti Miniatis
de Lonnano, cum curte et eius pertinentiis, monasterium Montis Muri, ecclesia sive
canoni/cam Sancte Margarite de Tosina, et iuspatronatus eiusdem ecclesie, quod
suit concessum eremo predicte e Raynerio quondam Guidalocti, et / in plebe de
Pomino, et plebe de Glaceto, et in aliis ecclesiis, sicut in publicis instrumentis
continetur, et quidquid predictus Raynerius eremo prefate concessit. In / episcopatu
Florentino: monasterium Sancti Salvatoris de Camaldulo iuxta civitatem Flo-
rentinam, monasterium Sancti Petri de Luco, eremum Buldronis cum omnibus
eorum pertinentiis. / In episcopatu Lucano: monasterium Sancte Jucunde cum
omnibus suis pertinentiis, monasterium Sancti Petri in Puteolis cum capella burgi
Porcarie, monasterium Sancti Salvatoris de Cantiniano cum illo sta/tuto, et omni
libertate, quam dominus Henricus VI imperator dicto monasterio concessit, et in
eius privilegio continetur, hospitale iuxta burgum Sancti Genesii cum omnibus suis
pertinentiis. In episcopatu Volaterrano: monasterium / Sancti Justi prope civitatem
Volaterranam, monasterium Sancti Petri de Cerreto, monasterium Sancte Marie / in
Puliciano, monasterium Sancti Petri in Fontiano. In episcopatu Pisano: monaste-
rium Sancti Stephani in Cintoria, monasterium Sancte Marie de Morrona, mo-
nasterium Sancti Savini in Montione cum omnibus eorum pertinentiis et posses-
sionibus. In ipsa civitate / Pisana: monasterium Sancti Michaelis, monasterium
Sancti Frigdiani, monasterium Sancti Zenonis, hospitale Sancti Frigdiani cum
omnibus eorum pertinentiis. / In episcopatu Clusino: monasterium Sancti Petri in
Vivo Montisamiati. In Marchia in Esinensi episcopatu: monasterium Eremite,
ecclesiam Sancti Georgii. In episcopatu Auximano: monasterium Sancte / Marie in
Serra. In episcopatu Anconitano: ecclesiam Sancte Lucie. In episcopatu Came-
rinensi: monasterium Sancte Helene Esini cum omnibus suis pertinentiis; et
similiter in Marchia: eremum / Aqueperellis et ecclesiam de Quadrigaria cum eorum
pertinentiis. In episcopatu Pensauriense: monasterium Sancti Decentii, et eremum
de Saioli. In episcopatu Ariminensi: eremum de Montali. In episcopatu Cesenate:
hospitale de Roverreto. In episcopatu Ravennate: monasterium Sancti Apollinaris in
Classe cum omnibus suis pertinentiis. In episcopatu Monte Feretrano: monasterium
Sancte Trinitatis / Montis Herculis. In episcopatu Foro Populiensi: hospitale
Aymerici. In Cava de Colle: monasterium Sancti Paterniani de Ferracino, monaste-
rium Sancte Marie de Urano iuxta Bretonorium. In Galiata: monasterium Sancte
Marie de Insula, eremum de Faiolo, monasterium Sancte Marie in Trivio. In
episcopatu Foro Liviensi: ecclesiam Sancte Marie iuxta ipsam civitatem. / In episco-
patu Faventino: monasterium Sancti Hippolyti iuxta civitatem. In episcopatu
Imolensi: monasterium Sancti Eustachii. In episcopatu Bononiensi: monasterium
Sancti Archangeli iuxta castellum Britti, monasterium Sancte Christine; in ipsa
civitate monasterium Sancti Damiani, eremum Camalduli iuxta ipsam civitatem,
hospitale / Sancte Marie de Ravone, monasteriun Sancte Marie in Bethlem. In
episcopatu Adrianensi: monasterium Sancte Marie de Vangadisia cum ecclesiis et
omnibus rebus sius. In episcopatu Tuderdino: monasterium Sancti Antonii. In
episcopatu Perusino: ecclesie Sancte Trinitatis prope ipsam civitatem. In episcopatu

143
Valeria Schirru

Tarvisino: monasterium Sancte Christine. In episcopatu Veronensi: monasterium


Sancte Marie de Camaldulo. In episcopatu Vicentino: monasterium Sancti Viti. In
episcopatu Senensi: monasterium Sancti Ge/orgii de Api, monasterium Sancti
Vigilii infra civitatem Senensem. In insula Sardinie: monasterium Sancte Trinitatis
Sacraria, ecclesiam Sancte Eugenie de Samanar, ecclesias Sancti Michaelis, et Sancti
Laurentii in Vanari, ecclesias Sancte Marie et Sancti Johannis in Altasar, ecclesiam
Sancte Marie in Contra, ecclesias Sancti Iohannis et / Sancti Simeonis in Salvenero,
ecclesiam Sancti Nicolai de Trulla, ecclesiam Sancti Petri in Scano, ecclesiam Sancti
Pauli in Cotrognano, ecclesiam Sancti Petri in Olim et monasterium in Orrea. In
episcopatu Spoletino: monasterium Sancti Silvestri de Monte Subasio cum omnibus
pertinentiis suis. In episcopato Perusino: possessionem, quam dedit / Raynerius et
Bernardus frater eius quondam Bertramini civis Perusinus eremo prefate; necnon
igitur omnia cum omnibus ad ipsa monasteria, loca vel ecclesias pertinentibus, et ea
que in antea iuste Camaldulensis eremus poterit adi/pisci, sibi auctoritate imperiali
perpetuis temporibus confirmat. Testes Gherardus Salburgensis archiepiscopus,
Albertus Magdeburgensis archiepiscopus, Hanricus / Basiliensis episcopus,
Rudegerus Chymensis episcopus, Chunradus marchio Montisferrati, Hermannus
marchio de Baden, Egeno comes de Ura, Eberardus et Ulricus / frater eius comites
de Helfenstein, Anselmus curie marscalcus, Fridericus chamerarius, Eberardus de
Tanne dapifer et alii quamplures. Signum Friderici / secundi Romanorum regis et
regis Sicilie. Chunradus Metensis episcopus imperialis aule cancellarius vice Sifridi
Magontini archiepiscopi et totius Ale/mannie archicancellarii recognivit. Datum
apud Hagenowe, anno MCCXVIIII, VII kalendas aprilis, indictione VII, regnante
Friderico Romanorum rege anno VII./

A.S.F., Corporazioni religiose soppresse, Camaldoli Appendice, Sommario di Istrumenti


n. 8, c. CCXLIIII r., n. 2.

Per la presente edizione è stato utilizzato l’originale [A].

Regesti:
– E. LASINIO, Regesto di Camaldoli, vol. III, n. 1628, pp. 121-122.

In nomine sancte et individue Trinitatis. Fridericus secundus divina


favente clementia Romanorum imperator et semper augustus et rex
Sicilie./
Timore illius qui auferre spiritum principim terribilis apud regese nec
non et ipsius amore quidest salvatos regibus nec regini et dominus
dominantium. Ecclesiasticis personis et viris religiosis imperialem
favorem clemen/tie impendere teneamur, eorum precipue utilitatibus
intendere omnino debemus, quorum nos orationibus commendamus

144
Appendice documentaria

humiliter et devote, et quos fervens religio et honesta conversatio


serenitati nostre speciali devotione / commendatos reddunt plurimum
et acceptos. Attendentes igitur religionem et devotionem Camaldulensis
ordinis omnium tam futurorum quam presentium Christi, imperiique
nostri fidelium scire volumus industriam, qualiter nos pro remedio ani-
me nostre et omnium parentum nostrorum sanctum Camaldulensis
heremum cum toto / suo conventu et cuius universis et precibus
nostram salutem ac regnum nostri tranquillitate speciatis conservari et
cum universis suis locis et possessionibus et rebus atque pertinentiis in
specialem sue maiestatis protectionem / recepimus dignum et congruum
decernentes predicti conventus monasteriorum, et quorundam locorum
eremi prefata nomina singulariter inferius an/notare. In episcopatu
Aretino: monasterium Fontis Boni cum hospitali et omnibus bonis suis,
in ipsa civitate monasterium Sancti Petri in Picculo, ecclesiam Sancti
Michae/lis cum pertinentiis suis, ecclesiam Sancti Laurentini prope
civitatem Aretii, et omnia que ab episcopis Aretine civitatis predicte con-
cessa esse noscuntur, et ipsorum scripti assertione firmata, ecclesiam
Sancti Martini, que est iuxta Letarcle, monasterium Silve Munde,
monasterium de Pratalia, monasterium Sancte Marie de Ag/nano,
monasterium Sancti Petri de Rota, monasterium Sancti Salvatoris
Berardingorum cum omnibus eorum pertinentiis, monasterium Sancti
Savini in Chio, monasterium Sancti Andree de Castellione, monaste-
rium Sancti Quirici de Rosis, ecclesiam Sancti Nicolai de Curte
Luponis, heremum de Fleri cum monasterio suo, monasterium Sancti
Viriani cum / omnibus pertinentiis eorum, monasterium Sancti Bartho-
lomei in Anglari cum toto castro Anglari et cum ecclesiis et villis,
castellis et omnibus pertinentiis suis, plebem Sancte Marie de Micciano
cum ecclesiis et pertinentiis suis, ecclesiam Sancti Iohannis que est in
Anglari, ecclesiam de Monteaureo, que modo sita est in Castel/lione, et
castrum de Castellione, quod olim fuit in Monteaureo, cum omnibus
suis pertinentiis, et ipsum Montem Aureum, ecclesiam de Viario,
castrum de Decciano cum ecclesia et suis pertinentiis, et ius quod habet
in castro de Capresa, et in toto eiusdem castri districtu, et omnia, que
iam fuerunt Bernardini olim filii Si/donie, et omnia, que Quintavallis et
Astuldus dederunt sive concesserunt per instrumenta vel alio modo
prefate eremo, ecclesiam Sancte Marie, que est sita in Montione,
ecclesiam de Moiona, et totum castrum cum suis omnibus pertinentiis,

145
Valeria Schirru

ecclesiam de castello Laurentiano, et loca sive iura, que supradicta


eremus habet in / castro predicto, ecclesiam Sancti Vitalis prope ipsum
castrum cum omnibus pertinentiis suis, ecclesiam de Agna cum curia et
hominibus, quos habet in predicto loco, et cum omnibus pertinentiis
tam ecclesie, quam eiusdem curie, ecclesiam de Soci cum toto castro, et
eiusdem castri curia et cum omnibus suis pertinentiis, ecclesiam de
Condolese cum / omnibus suis pertinentiis, et homines, quos habet
predicta eremus in villa de Lonnano, et in villam de Tegiano, et in toto
Casentino atque Mucello, et partem sive ius, quod habet predicta
eremus in Partina, et in toto eiusdem districtu, et homines, quos habet
in castro Serravalle, et quidquid iuris habet in castro / et eius curia, et
venditionem factam ab Henrico preposito Aretine canonice Sancti Do-
nati, et eius canonicis, sicut in privilegio domini pape Innocentii III et
domini Henrici VI continetur, et omnes curtes, quas habet predicta
eremus in episcopatu Are/tino, et Castellano, vel Fesulano atque
Florentino, et quicquid sepe dicta heremus sive ab ecclesiis suis sive ab
aliis quibusque hominibus per emptionem vel alio modo adepta est in
loco que dicitur Broylo. In episcopatu Castellano: monasterium Sancte
Marie di Diciano, monasterium Sancti Sepulcri cum omnibus ad ipsum
pertinentibus, ecclesiam de Planetulo cum castello et omnibus suis /
pertinentiis, plebem Sancte Marie de Suara, ecclesiam de Vallialla cum
parte et toto iure, quod habet in ipso castro et eius curia. In episcopatu
Fesulano: monasterium Sancte Marie de Poplena, et ecclesiam Sancti
Michaelis iuxta ipsum cum omnibus e/orum pertinentiis, monasterium
Sancti Johannis de Prato Veteri, ecclesiam Sancti Bartholomei de castra
Petronii, ecclesiam Sancti Egidii de Gaviferre, ecclesiam Sancti Nicolai
de Montemezzano, ecclesiam Sancti Miniatis de Lonnano, cum curte et
eius pertinentiis, monasterium Montis Muri, ecclesia sive canoni/cam
Sancte Margarite de Tosina, et iuspatronatus eiusdem ecclesie, quod suit
concessum eremo predicte a Raynerio quondam Guidalocti, et in plebe
de Pomino, et plebe de Glaceto, et in aliis ecclesiis, sicut in publicis
instrumentis continetur, et quidquid predictus Raynerius eremo prefate
concessit. In / episcopatu Florentino: monasterium Sancti Salvatoris de
Camaldulo iuxta civitatem Florentium, monasterium Sancti Petri de
Luco, eremum Buldronis cum omnibus eorum pertinentiis. In episco-
patu Lucano: monasterium Sancte Jucunde cum omnibus suis perti-
nentiis, monasterium Sancti Petri in Puteolis cum capella burgi Porcarie,

146
Appendice documentaria

monasterium Sancti Salvatoris de Cantiniano cum illo sta/tuto, et omni


libertate, quam dominus Henricus VI imperator dicto monasterio
concessit, et in eius privilegio continetur, hospitale iuxta burgum Sancti
Genesii cum omnibus suis pertinentiis. In episcopatu Volaterrano:
monasterium Sancti Justi prope civitatem Volaterranam, monasterium
Sancti Petri de Cerreto, monasterium Sancte Marie / in Puliciano,
monasterium Sancti Petri in Fontiano. In episcopatu Pisano: monaste-
rium Sancti Stephani in Cintoria, monasterium Sancte Marie de
Morrona, monasterium Sancti Savini in Montione cum omnibus eorum
pertinentiis et possessionibus. In ipsa civitate Pisana: monaste-
rium Sancti Michaelis, monasterium Sancti Frigdiani, monasterium
Sancti Zenonis, hospitale Sancti Frigdiani cum omnibus eorum
pertinentiis. / In episcopatu Clusino: monasterium Sancti Petri in Vivo
Montisamiati. In Marchia in Esinensi episcopatu: monasterium
Eremite, ecclesiam Sancti Georgii. In episcopatu Auximano: monaste-
rium Sancte Marie in Serra. In episcopatu Anconitano: ecclesiam Sancte
Lucie. In episcopatu Camerinensi: monasterium Sancte Helene Esini
cum omnibus suis pertinentiis; et similiter in Marchia: eremum /
Aqueperellis et ecclesiam de Quadrigaria cum eorum pertinentiis. In
episcopatu Pensauriense: monasterium Sancti Decentii, et eremum de
Saioli. In episcopatu Ariminensi: eremum de Montali. In episcopatu
Cesenate: hospitale de Roverreto. In episcopatu Ravennate: monaste-
rium Sancti Apollinaris in Classe cum omnibus suis pertinentiis. In
episcopatu Monte Feretrano: monasterium Sancte Trinitatis / Montis
Herculis. In episcopatu Foro Populiensi hospitale Aymerici. In Cava de
Colle monasterium Sancti Paterniani de Ferracino, monasterium Sancte
Marie de Urano iuxta Bretonium. In Galiata: monasterium Sancte Marie
de Insula, eremum de Faiolo, monasterium Sancte Marie in Trivio. In
episcopatu Foro Liviensi: ecclesiam Sancte Marie iuxta ipsam civitatem.
/ In episcopatu Faventino: monasterium Sancti Hippolyti iuxta civita-
tem. In episcopatu Imolensi: monasterium Sancti Eustachii. In
episcopatu Bononiensi: monasterium Sancti Archangeli iuxta castellum
Britti, monasterium Sancte Christine; in ipsa civitate monasterium
Sancti Damiani, eremum Camalduli iuxta ipsam civitatem, hospitale /
Sancte Marie de Ravone, monasteriun Sancte Marie in Bethlem. In
episcopatu Adrianensi: monasterium Sancte Marie de Vangadisia cum
ecclesiis et omnibus rebus suis. In episcopatu Tuderdino: monasterium

147
Valeria Schirru

Sancti Antonii. In episcopatu Perusino: ecclesie Sancte Trinitatis prope


ipsam civitatem. In episcopatu Tarvisino: monasterium Sancte
Christine. In episcopatu Veronensi: monasterium Sancte Marie de
Camaldulo. In episcopatu Vicentino: monasterium Sancti Viti. In
episcopatu Senensi: monasterium Sancti Ge/orgii de Api, monasterium
Sancti Vigilii infra civitatem Senensem. In insula Sardinie: monasterium
Sancte Trinitatis Sacraria, ecclesiam Sancte Eugenie de Samanar,
ecclesias Sancti Michaelis, et Sancti Laurentii in Vanari, ecclesias Sancte
Marie et Sancti Johannis in Altasar, ecclesiam Sancte Marie in Contra,
ecclesias Sancti Iohannis et / Sancti Simeonis in Salvenero, ecclesiam
Sancti Nicolai de Trulla, ecclesiam Sancti Petri in Scano, ecclesiam
Sancti Pauli in Cotrognano, ecclesiam Sancti Petri in Olim et monaste-
rium in Orrea. In episcopatu Spoletino: monasterium Sancti Silvestri de
Monte Subasio cum omnibus pertinentiis suis. In episcopato Perusino:
possessionem, quam dedit / Raynerius et Bernardus frater eius quondam
Bertramini civis Perusinus eremo prefate; necnon igitur omnia cum
omnibus ad ipsa monasteria, loca vel ecclesias pertinentibus, et ea que in
antea iuste Camaldulensis eremus poterit adi/pisci, sibi auctoritate im-
periali perpetuis temporibus confirmamus. Confirmantes etiam singulis
monasteriis, ecclesiis et locis Camaldulensis conventus quidquid iuste ac
rationabiliter possident, vel in antea dante Domino sibi poterunt
obtinere. Eximimus quoque predictam eremum, et eius monasteria et
loca sui conventus ab omni gravamine / iniusto, precipientes districte ci-
vitatum, castrorum, villarum, burgorum et aliorum locorum ducibus,
marchionibus, comitibus, potestatibus, consulibus, rectoribus,
officialibus, et aliis ecclesiasticis secularibusque personis, quod pre-
dictam eremum et eius conventum ad dationem aliquam, vel collectam
seu libram, vel ad aliquam aliam / exactionem illicitam quocumque no-
mine nominetur ad fossata facienda, ad muros edificandos, vel ad alia
illicita munera aliquatenus cogere non presumant; sed predicta eremus
et omnia loca sui conventus a predictis gravaminibus imperiali
auctoritate liberata in Dei servitio liberius valeant immorari. / Inhibe-
mus etiam patronis predictorum monasteriorum, ecclesiarum et
locorum, quod sub pretextu iurispatronatus et perversarum consuetudi-
num, quas sibi contra sacros canones et sacras leges usurpare consueve-
runt dicta monasteria, ecclesiae et loca singula molestare, vel eis violen-
tiam in personis vel in rebus mobilibus seu immobilibus, vel / alio iure

148
Appendice documentaria

nequaquam auferre presumant. Prohibemus etiam, quod fratres et


nuncii predictorum locorum euntes et redeuntes pro personis et
animalibus, et omnibus rebus eorum ab aliquo, vel ab aliquibus pedagia
vel passagia solvere non cogantur; sed stando, eundo et redeundo
auctoritate Dei et nostra perpetua et firma / securitate fruantur. Pro
remedio autem anime nostre, et parentum nostrorum ad imitationem
concessionis nostri Henrici Romanorum imperatoris divi augusti, sicut
in ipsius privilegiis continetur, donamus ecclesie predicte Sancti
Salvatoris Camaldulensis eremi fodrum de curte Soci, et de Moiona, et
de ho/minibus in eisdem locis manentibus, sive curiis eorumdem
locorum cum angariis, perangariis, albergariis, quas nuncii nostri ibidem
accipere consueverunt. Volentes, ut predicti homines, quia ipsi eremo
vicini dicuntur, in lignis aliisque commodis familiaribus eo expeditius
valeant ei providere. De aliis / vero locis ipsius eremite monasteriorum
sui ordinis et hominibus iuxta concessionem ipsius domini Henrici
imperatoris inde factam, sicut in alio ipsius privilegio continetur, fratres
Camaldulensis ordinis fodrum nostrum imperiale competenter
colligant, et cui tunc dandum fuerit, per/solvant, nisi forte nobis
placuerit illud eisdem Dei servis donare. Concedimus preterea et
statuimus, ut nulla ecclesiastica seu secularis persona aliquam possessio-
nem Camaldulensis eremo seu alicui domui sui conventus competen-
tem vel aliquo iure pertinentem sine Camaldulensis prioris licentia et
iniuscuiusque domus, conventus, prelati et fratrum consensu / vendere
vel alienare, donare vel permutare presumant, nec aliquis eam accipere
audeat; et quod alia statuta vel consuetudines civitatum vel alius
communitatis aut persone predicte eremo, et sui conventus, monasteriis,
et domibus et personis aliquatenus contra debitum non obsistant.
Concedimus / etiam eremo nominate ecclesie, suique conventus,
monasteriis et domibus, quod nulla alia prescriptio, quam octogenaria
eis ab aliquo possot opponi vel aliquod preiudicium facere, non obstante
lege, / quos quisque iuris vel alia lege. Indulgemus quoque, quod
homines Camaldulensis eremi et monasteriorum et locorum sui
conventus iniuste ab aliquo non inquietentur. Pascua vero eremi
iamdicte et Fontis Boni monasterii animalibus, et ligna dicte eremo seu
monasterio necessaria in Alpibus absque aliorum gravi iactura vel
dampno concedimus, / et ex nostra benignitate largimur. Concedentes
predicte eremo Camaldulensis adinstar domini Henrici VI imperatoris,

149
Valeria Schirru

ut castris et villis suis, sicut hactenus priores Camaldulenses et eorum


officiales consueverunt, castaldiones seu vice comites / quoscumque
voluerint, preficiant, eosque quoties ipsis placuerit, nostra auctoritate
removeant, et alios qui ipsis idonei videantur pro voluntate sua
substituant. Molendina quoque ipsius eremi ab omnibus exactionibus
libera reddimus et penitus exempta; et licitum sit eis atque possible
fratribus / predicte eremi facere novum aqueductum per competentia
loca ubicumque illis melius atque opportunius visum fuerit in fluvio
Arno, et in fluvio de Larclano, et in fluvio de Soara, spetialiter in villa
Viaio, et Sancte Crucis, et in villa de Montione, et que habent in curte
de Laurentiano constituta in / fluvio Arno, et quod habent in castello de
Biblena similiter in fluvio Arno, et que habent in fluvio de Larclano,
nulla prorsus contradicente seu resistente persona. Imperiali vero
auctoritate prohibemus, ut nullus infra unum milliare a superiori
ecclesia ipsorum, que in eremo sita est, aut in inferiori monasterio Fo/
ntis Boni, eius specialiter obsequio pertinenti iuxta concessionem domi-
ni Henrici imperatoris in ipsis munitionem, aut villam, vel habitatio-
nem cuiuscumque quantitatis audeat edificare de novo. Ad hec autem
nuntiis nostris per Italiam constitutis, qui modo sunt, et pro / tempore
erunt, firmiter precipiendo mandamus, quatenus prenominatam
eremum et conventum sibi commissum, et omnia sibi pertinentia non
audeant molestare, sed intuitu divine pietatis a malefactoribus tueantur.
Et cum fuerit eis aliqua ex parte predictorum querimonia preposita, sine
gravamine faciant sibi iustitiam exhiberi. / Ut autem cuncta predicta
irrefragabiliter ab omni persona penitus observentur, nostre maiestatis
sigillo presens privilegium iussimus communiri. Unde si quis contra hec
fuerit ausus venire iamdicta, centum libras auri puri pro pena
componat, medietatem earum camere nostre, reliquam vero iniuriam
passis. / Precipimus etiam ut nullus eorum, que modo habitant vel
aliquo tempore habitare vel vivere debent sub eiusdem loci regimine,
cogatur ire ad placitum ante quamlibet personam nisi ante domnum
papam vel ante nosmet ipsos ac successores nostros sive ante nuntios
nostros ad hoc destinatos, scilicet in omni libertate vivant et sua bona
absque ulla contradictione vel molestia possideant omni tempore. Huius
rei testes sunt Gherardus Salzbergensis archiepiscopus, Albertus
Magdeburgenis archiepiscopus, Hanricus Basiliensis episcopus,
Rudegerus Chymensis episcopus, Chunradus marchio Montisferrati,

150
Appendice documentaria

Hermannus marchio de Baden, Egeno comes de Ura, Eberardus et


Ulricus frater eius comites de Helfenstein, Anselmus curie marscalcus,
Fridericus chamerarius, Eberardus de Tanne dapifer et alii quamplures. /
Signum domini Friderici secundi Romanorum regis invictissimi et regis
Sicilie./
Ego Chunradus Metensis episcopus imperialis aule cancellarius vice
Sifridi Magontini archiepiscopi et totius Alemannie archicancellarii
recognovit./
Datum apud Hagenowe, anno MCCXVIIII, VII kalendas aprilis
indictione VII regnante Friderico Romanorum rege anno VII feliciter.
Amen./

XXVIII

1257 Ottobre 2, Soci

Don Martino, priore generale dell’Ordine Camaldolese, elegge il monaco


Andrea, figlio del fu Gomita di Sassari, vicario e rettore della chiesa e
della curia di San Nicola di Trullas e di tutte le sue pertinenze.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1257 ottobre 2.


Originale [A] redatto dal notaio imperiale Julianus, pergam., mm. 160 x 180.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: ottimo.
Lo specchio di scrittura è delimitato da rigatura tracciata con inchiostro nero. La
scrittura corre parallela al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 2 Ott. 1257”. Al di sotto
è il regesto coevo al documento “Electio do(n)ni Andree / vicaria de Trulla”. Al centro
con scrittura del secolo XVIII in corsivo “1257 Electio n. 71 c. 142”.
Per la datatio chronica, posta all’inizio del documento, subito dopo l’invocatio verba-
le, è usato lo stile della natività che faceva iniziare l’anno il 25 dicembre. L’anno
1257 è confermato dall’indizione quindicesima.

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. VIII, p. XXVII.

151
Valeria Schirru

In nomine Domini anno a nativitate eius millesimo duecenteximo


quinquageximo septimo, in/dictione XV, die secundo mensis
octubris, dominus Martinus venerabilis prior Camaldulensis, invocata
/ Spiritus Sancti gratia, elegit domnum Andream, monachum ca-
maldulensem, filium quondam Gomite de Sassari, in vi/carium et
rectorem ecclesie et curie Sancti Nicolai de Trulla et omnium ecclesia-
rum et locorum et servorum et ancillarum, / rerum et bonorum ad
dictam ecclesiam Sancti Nicolai, seu ad vicariam, spectantium, vel
pertinentium in hac for/ma, ad honorem Dei et beate virginis Marie
et sancti Nicolai, omnium sanctorum et heremi Camaldulensis. Nos
Martinus / prior Camaldulensis eligimus et constituimus domnum
Andream, nostrum monachum, in vicarium nostrum et / rectorem in
ecclesia nostra seu curia Sancti Nicolai de Trulla et omnium ecclesia-
rum et curiarum, locorum et posses/sionum servorum et ancillarum,
rerum et bonorum ad ipsam ecclesiam, seu vicariam spectantium, vel
pertinentium, / dictis fratribus ipsius ecclesie, tam monacis quam
conversis et familiaribus et etiam sacerdotibus, in eccle/siis subditis
dicte ecclesie commorantibus et servis et ancillis et omnibus et singulis
personis ad ipsam ecclesiam, / seu vicariam pertinentibus firmiter in
mandatis ut ei in omnibus et singulis obediant reverenter tamquam /
suo vicario et rectori quibus peractis. Dictus donnus Andreas flexis
genibus et clausis mani/bus reverenter, dicto priori recipienti pro se et
suis successoribus catholicis obtentu admini/strationis predicte sibi
commisse, obedientiam promisit et insuper tactis corporaliter sacris /
evangeliis adtendere, observare, et tenere, omnia et singula mandata et
precepta dicti prioris, / que ei fecerit, vel fieri fecerit personaliter vel per
suum nuntium, vel litteras, et quod non vendet, vel / alienabit aliquas
res stabiles dicte vicarie, vel ecclesie et quod mittet annuatim debi/tos
redditus heremi Camaldulensis apud Sanctum Michaelem pisanum pro
dicta heremo, et quod visitabit / semel in anno per totum mensem iunii
vel madii personaliter dictam heremum, nisi habuerit, / evidens
impedimentum et tunc visitabit eam per suum certum nuntium
iuravit./
Actum in palatio curie Camaldulensis de Soci. Interfuerunt domnus
Giunta, donnus Antolinus et domnus / Guido ad omnia predicta
testes rogati./

152
Appendice documentaria

(SN) Ego Julianus sacri palatii notarius et domini Friderici Romanorum


imperatoris iudex / ordinarius atque notarius predictis omnibus
interfui et rogatus scripsi, publicavi et subscripsi./

XXIX

1259 agosto 25, Camaldoli presso Firenze

Don Martino, priore generale dell’Ordine Camaldolese, conferisce a don


Consilio, visitatore generale dell’Ordine in Sardegna, e a don Enrico,
abate di Santa Trinità di Saccargia, il mandato di pagare a don Savino,
abate del monastero pisano di San Michele in Borgo, quattrocento libbre,
per i debiti contratti con la Curia romana in occasione della visita com-
piuta in quell’anno.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1259 agosto 25.


Originale [A] redatto dal notaio Ottavianus quondam Bonamici, pergam., mm. 110
x 240.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: ottimo.
Lo specchio di scrittura è delimitato da rigatura tracciata con inchiostro nero. La
scrittura corre parallela al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli n. 2, 25 agosto 1259”.
Nella datatio chronica l’anno segue lo stile dell’incarnazione secondo il calcolo fio-
rentino. In questo caso, trattandosi del 25 agosto, l’anno 1259 non deve essere retti-
ficato. Una conferma viene dall’indizione seconda.

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. IX, p. XXIX.

In Dei nomine amen. Anno incarnationis eiusdem / millesimo


duecentesimo quinquagesimo nono, indictione secunda, octavo /
kalendas septembris. Dominus Martinus venerabilis prior Camaldu-
lensis, / volens heremum Camaldulensem et monasterium Fontis
Bonis / et se ipsum, exhonerare a debito pecuniario quod / ipse prior

153
Valeria Schirru

heremus et monasterium tenentur et debent abbati / monasterii


Sancti Michaelis de Burgho de Pisis ut continetur / in scriptura
publica facta per me ipsum Ottavianum notarium / infrascriptum,
anno, indictione et die predictis. Voluit et iussit / et inrevocabile
mandatum fecit a donno Henrico abbati Sacrariensis et donno
Consilio visitatori in / Sardinea generali licet absentibus ut dent et /
solvant et dare et solvere teneantur et debeant a donno / Savino abbati
predicto pro dicto monasterio Sancti Michaelis, vel ipsius / monasterii
nuntio ad hoc deputato, libras quadrigentas / quas eidem domino
Martino priori dare tenentur pro / portionibus contingentibus dicto
monasterio Sacrariense, vica/riam et curiam de debitis communibus
in curia romana / contractis visitatione anni presentis predictorum
locorum. / Promictens se et dictum heremum Camaldulensem ratum
et firmum / omni tempore habiturum quicquid de predictis fecerint
et omne soluti/onem factam seu quam fecerit abbati predicto Sancti
Michaelis. / Actum apud monasterium de Camalduli propter Floren-
tiam presentibus testibus / donno Bartholomeo priore ipsius mo-
nasterii, donno Paulo scribano, / donno Martini prioris predicto, et
Martini conversi, et familiari eiusdem, / donno Cyrano hospitalario
hospitalis Sancti Fridiani de Pisis./
(SN) Ego Ottavianus quondam Bonamici / domini Friderici impera-
toris publicus notarius hec / omnia suprascripta scripsi et publicavi
ideoque subscripsi et signavi./

XXX

1261 Luglio 8, Camaldoli presso Firenze

Don Iacobo, priore generale dell’Ordine Camaldolese, decreta la rimozio-


ne di don Romano dall’amministrazione della vicaria di San Nicola di
Trullas.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1261 luglio 8.


Originale [A] redatto dal notaio Bonaventura de Fesulis, pergam, mm. 130 x 270.

154
Appendice documentaria

Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: mediocre.


Lo specchio di scrittura è delimitato da rigatura tracciata con inchiostro nero. La
scrittura corre parallela al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 8 lug(lio) 1261”. Al cen-
tro con scrittura coeva al documento “De Trulla i(n) Sardinia”.
Per la datatio chronica, posta all’inizio del documento, subito dopo l’invocatio verba-
le, è usato lo stile della natività che faceva iniziare l’anno il 25 dicembre. L’anno
1261, trattandosi dell’8 luglio, non deve perciò essere rettificato, una conferma è
data dall’indizione quarta.

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. X, p. XXX.

In nomine Domini, amen. Anno Domini millesimo du/centesimo


sexagesimo primo, die veneris, oc/tavo iulii, indictione quarta. Nos
donnus / Iacobus Dei gratia prior Camaldulensis, cupientes bo/no
statui et utilitati heremi Camaldulensis, inten/dere diligenter nobis ad
presentes de amotione donni / Romani ab amministratione vicarie de
Trul/la, magnum commodum Camaldulensis heremi et utili/tas
appareat manifeste et etiam pro salute / anime sue et corporis requie.
Ipsum don/num Romanum a vicaria prefata et eius / amministra-
tione, presenti pagina, duximus / sententialiter amovendum preci-
pientes eidem per hoc / publicum instrumentum ut de dicta vicaria et
eius / amministrante se deinceps nullatenus / intromittat et super
dicta vicaria et omnibus / eius pertinentiis perpetuum sibi silentium
imponen/tes./
Actum Camalduli de Florentia in testimonio donnorum / Benedicti et
Petri monachorum dicti loci et fratris U/gonis de Condicula ad hec
testium rogatorum./
(SN) Ego Bonaventura de Fesulis imperiali au/ctoritate iudex ordina-
rius et notarius predictis omnibus interfui / et ea de mandato dicti
domini prioris scripsi et publi/cavi./

155
Valeria Schirru

XXXI

1261 Luglio 8, Camaldoli presso Firenze

Don Iacobo, priore generale dell’Ordine Camaldolese, concede in locazio-


ne triennale a Gerardo, detto Gerardino, e a Nicolao, figli del fu Sighiero
di Volterra, la vicaria di San Nicola di Trullas con tutte le sue pertinenze.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1261 luglio 8.


Originale [A] redatto dal notaio Bonaventura de Fesulis, pergam., mm. 190 x 260.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: mediocre.
Lo specchio di scrittura è delimitato da rigatura tracciata con inchiostro nero. La
scrittura corre parallela al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 8 lug(lio) 1261”. Al cen-
tro con scrittura coeva al documento “Vicaria de Trulla”.
Per la datatio chronica, posta all’inizio del documento, subito dopo l’invocatio verba-
le, è usato lo stile della natività che faceva iniziare l’anno il 25 dicembre. L’anno
1261, trattandosi dell’8 luglio, non deve perciò essere rettificato, una conferma è
data dall’indizione quarta.

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. XI, p. XXXI.

In nomine Domine amen. Anno Domini millesimo duecentesimo


sexagesimo primo, die veneris / octavo iulii, indictione IIII. Donnus
Jacobus, venerabilis prior Camaldulensis in pre/sentia donni Bartholi
vicarii generalis Camaldulensis ordinis universi et monacho/rum
suorum, dedit, concessit et locavit ad fictum, Gerardo qui dicitur
Gerardinus / quondam Sighieri de Vulterris, vicariam de Trulla
Camaldulensis heremi cum omnibus que / ad dictam vicariam
pertinent et noscuntur modo aliquo pertinere videlicet cum curti/bus,
terris, vineis, pratis, saltibus, nemoribus, pascuis, servis et ancillis,
animalibus univer/sis et cum omnibus rebus mobilibus, immobilibus
et sesemoventibus ad dictam vicariam perti/nentibus ad habendum,
tenendum, fruendum meliorandum et non deteriorandum, a festo
Sancte Marie / de mense augusti proximi futuri ad tres annos et ad

156
Appendice documentaria

faciendum de ipsa vicaria et eius fructibus / quicquid sibi placuerit.


Salvo quod immobilibus, dicte vicarie servos nec ancillas vendere nec
ali/enare non possit de qua quidem vicaria et eius pertinentiis dictus
Gerardus et eius roga/tu Nicholaus dictus Caiucci quondam
Gerardini de Vulterris pro se et eorum heredibus promiserunt, / dicto
domino priori pro se et suis successores stipulantes, dare et solvere
annuatim sibi aut eius nuntio / apud Pisas libras quinquaginta
bonorum denariorum pisanorum in festo sancte Marie de mense
augusti et / solutionem vel absolutionem huius ficti non probare in
totum vel in partem nisi per scripturam publicam vel / per huius simi-
le restitutionem. Et quod ecclesiam Sancti Nicholai de Trulla cotidie
infradictum ter/minum facient officiare per unum monachum et
unum clericum quem monachum dictus dominus prior / aut eius
vicarius sibi concesserit et quod dictis monacho et clerico dabunt
victum et vestitum / etiam infra terminum pretaxatum et quod ipsam
vicariam cum omnibus prescriptis pertinentiis suis com/pleto
terminum restituent integraliter et cum servis, ancillis, animalibus et
rebus mobilibus et immobilibus uni/versis pro ut eidem Gerardinum
fuerint assignata. Quam vicariam cum suis pertinentiis dictus
dominus / prior pro se suosque successores promisit dicto Gerardino,
pro se et suis heredibus stipulanti, non tollere, non mi/nuere, non liti-
gare, sed legitime ab omni persona defendere infra terminum memo-
ratum. / Dans eidem licentiam eidem rei possessionem quantoque
voluerit ingredi corporaliter et hec omnia predicte partes promiserunt
/ sibi ad invicem observare sub pena quinquagintas libras totiens
solvenda parti predicta servanti quo/tidies contra predicta ventum
fuerit aut aliquod predictorum. Pro quibus omnibus et singulis
observandis obligaverunt / sibi ad invicem supra dictus Gerardus et
Nicholaus omnia eorum bonorum dicto domino priori et idem
dominus prior eidem / Gerardo bona Camaldulensis heremi et ea se
constituerunt unus pro altero possidere. Renuntiantes in hoc
contractu omni / iuris et legis auxilio. Insuper dictus Gerardinus tactis
sanctis evangeliis iuravit predicta servare. / Quibus precepi ego
notarius infrascriptus predicta omnia et singula per guarantisiam
observare./
Actum in claustro Camalduli de Florentie in testimonio donnorum
Petri et Benedicti monachorum / Camaldulensium de Florentie et
fratris Ugonis de Candiculis ad hec omnia testium rogatorum./

157
Valeria Schirru

(SN) Ego Bonaventura de Fesulis imperiali auctoritate, iudex


ordinarius et notarius predictis / omnibus interfui et ea de mandato
dicti domini prioris scripsi et pubblicavi et quod / superius interli-
neatum est scilicet ingredi manu propria interlineavi./

XXXII

1261 Luglio 9, Camaldoli presso Firenze.

Don Iacobo, priore generale dell’Ordine Camaldolese, nomina Gerardo,


detto Gerardino, procuratore e nunzio dell’eremo di San Salvatore di
Camaldoli in Sardegna e in qualsiasi altra curia ecclesiastica o secolare,
incaricandolo di esigere e recuperare i beni che furono della vicaria di San
Nicola di Trullas.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1261 luglio 9.


Originale [A] redatto dal notaio Bonaventura de Fesulis, pergam., mm. 110 x 250.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: mediocre.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 9 lug(lio) 1261”. Al cen-
tro “De Trulla insula Sardinie”.
Per la datatio chronica, posta all’inizio del documento, subito dopo l’invocatio verba-
le, è usato lo stile della natività che faceva iniziare l’anno il 25 dicembre. L’anno
1261, trattandosi del 9 luglio, non deve perciò essere rettificato, una conferma è
data dall’indizione quarta.

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. XII, p. XXXIII.

In nomine Domini amen. Anno Domini millesimo ducentesimo sexa/


gesimo, primo die sabati nono iulii, indictione quar/ta. Donnus Jacobus
venerabilis prior Camaldulensis fecit consti/tuit et ordinavit Gerardum,
qui Gerardinus vo/catur, presentem et recipientem suum et heremi

158
Appendice documentaria

Camaldulensis / procuratorem et certum nuntium, coram quocumque


iudi/ce Sardinia et in qualibet curia ecclesiasti/ca, vel seculari ad
repetendum, exigendum et procurandum res / et bona que sunt, vel
fuerint, vicarie de Trulla et ipsas / res et bona recipiendum ad abbate
Sacrariensi aut a / donno Andrea olim vicario de Trulla et a qualicet alia
persona ubicumque essent aut possent aliquate/nus in Sardinia inveniri
et ad omnia et singula / faciendum pro dictis bonis acquirendis et
recuperan/dis que ipsemet dominus prior si presens esset facere pos/set.
Promittens habere et tenere firmum et ratum quic/quid per ipsum
procuratorem factum fuerit in predictis et / singulis predictorum./
Actum Camalduli de Florentia in testimonio donni / Dominici, donni
Benedicti monachorum Camaldulensium et / Martini servientis dicti
domini prioris ad hec testium / rogatorum./
(SN) Ego Bonaventura de Fesulis imperiali / auctoritate, iudex
ordinarius et notarius predictis omnibus inter/fui et ea de mandato
dicti domini prioris scripsi / et publicavi et ab superius interliniatum
interlinia/vi manu propria./

XXXIII

1262 settembre 13, Sassari

Andreotto detto Lotto, figlio di Albertisco, restituisce a Iacobo, procuratore


di don Massario, priore generale dell’Ordine Camaldolese, la metà della
vicaria di San Nicola di Trullas, a lui precedentemente concessa.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1263 settembre 13.


Originale [A] redatto dal notaio Thomasinus filius quondam Adamini, pergam., mm.
130 x 350.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: mediocre.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 13 sett(embre) 1263”. Al
centro è il regesto coevo al documento “Trulla Sardinie pro eremo”. Al di sotto con
mano del secolo XVI in corsivo “Donatio Vicaria et eccl(esi)a S. Niccolai de Trulla
facta sac(ro) er(emo) a Locto Alberteschi”.

159
Valeria Schirru

Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo


pisano; l’anno 1263, trattandosi del 13 settembre, deve essere rettificato al 1262.
Una conferma viene dall’indizione che nel 1262 era la quinta. La città di Sassari
rimase legata alle tradizioni cronologiche pisane fino ai primi decenni del XVI se-
colo (L. D’ARIENZO, La «scribania» della curia podestarile di Sassari, pp. 192-193 e
ID., Gli Statuti sassaresi e il problema della loro redazione, p. 17).

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. XIII, p. XXXV.

In eterni Dei nomine amen. Noverint universi presentem pa/ginam


inspecturi quod Andrioctus dictus Loctus filius Alberteschi, nunc /
emancipatus ut dicebat ab ipso patre suo tempore potestarie domini
Fabritii tunc / pisanorum potestatis, habens medietatem vicarie et
ecclesie Sancti Nicholai / de Trulla cum servis et ancillis et animalibus
universis et iurium et actionum / et nominum omnium ad ipsam
vicariam et ecclesiam pertinentium. Ad honorem / omnipotentis Dei et
beate virginis Marie matris eius, pro salute sue / anime et remissione
omnium peccatorum suorum, rediens ad cor predictam / medietatem
cum pertinentiis et iuribus suis omnibus Jacobo notario filio / Purificati
sindico et procuratore domini Massarii Dei gratia prioris Camaldu/lensis
hordinis prout continentur in publico instrumento inde confecto per
Ca/strelionem notarium de Vico sub annis millesimo ducentessimo
sexagessimo tertio, / indictione quinta, quinto kalendas madii et a me
notario viso et lecto. Renuntiavit / et dedit et restituit et cessit et
mandavit inrevocabiliter inter vivos. Et per sollemni / stipulatione
convenit et promisit dicto sindico et procuratore recipienti pro dicto /
domino priori Camaldulensis quod dictam medietatem cum pertinentiis
et iuribus / suis vel aliquam eius partem nemini alienavit, vel dedit, vel
obligavit per se / vel per alium, preter medietatem fructuum et
proventum domus dicte / vicarie de Cotrignano. Et ipsam non nisi ab
isto festo Sancti Michaelis / mensis septembris proximi venturi ab inde
ad unum annum et quod inde erit actor de / predictis omnibus et
defensor ab omni persona et loco omnibus suis expensis / alioquin
penam dupli totius eius de quo ageretur et totius dampni et in/teresse
quod inde haberetur et fieret et omnes expensas quas si inde fecerit se /

160
Appendice documentaria

eas eis omnes per stipulationem dare et solvere convenit et promisit


obligans se suos heredes / et bona sua ad penam dupli. Renuntians omni
iuri et legibus et constitutionibus et auxi/liis et defensionibus et omni
alio iuri unde se ad dicta pena vel ab aliquo suprascriptorum / tueri vel
iuvare aut liberare potest. Et sic dictus Andrioctus precepit / et licentiam
et potestatem dedit dicto sindico et procuratore pro dicto pri/ori reci-
pienti intrandi et aprehendi possessiones totius predicte medietatis /
dicte vicarie et ecclesie cum suis pertinentiis omnibus sua libera
auctoritate / et eam suo nomine iure proprio pro dicto domino priore
possidendi. Ad hec / Gualterius filius quondam domini Sigerii de
Vulteris precibus et man/dato dicti Andriocti fideiubendo pro eo et
etiam suo nomine proprio princi/paliter in solidum eadem omnia
superscripta et singula ut dictus Andrioctus, in / omnibus et per omnia
supra scripto sindico pro dicto domino priore Camaldulensis / recipienti
si idem Gaulterius eidem sindico, pro dicto domino priori re/cipienti,
convenit et promisit ad easdem penam et obligationem renuntiantes
omnibus predictis. / Et taliter me notarium scribere rogantes. Actum in
Sassari in domo Antonii Pilalbi / presentibus donno Bartholomeo
camerario monasterii Sacrariensi et Puzolo / quondam Bonfancelli,
testibus ad hec rogatis. Dominice incarnationis anno millesimo /
ducentessimo sexagessimo tertio, indictione quinta, idus Septembris./
(SN) Ego Thomasinus filius quondam Adamini, domini / Friderici
Dei gratia excellentissimi Romanorum im/peratoris et incliti
Jerusalem et Sicilie regis / notarius predictis omnibus interfui et
rogatus scripsi / atque firmavi./

XXXIV

1265 Gennaio 6, Saccargia

Don Guido, abate della chiesa e del monastero camaldolese di Santa Tri-
nità di Saccargia, giura di osservare i precetti del priore generale dell’Or-
dine, del suo visitatore e di don Guido de Spina, vicario del priore genera-
le in Sardegna.

161
Valeria Schirru

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1365 gennaio 6.


Originale [A] redatto dal notaio Albertischus filius quondam Baronis, pergam., mm.
210 x 350.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 6 Gen(naio) 1365”. Al cen-
tro con scrittura coeva al documento “Iuramentu(m) p(re)statu(m) p(ro) abba(te)m /
ecc(lesie) et monasterii S(anc)te Trinitatis Sacrarie”. In basso con mano moderna “1365
§ Obedien(ti)a n. 5 c. 48 abbatis Sacrarien(sis) in Sardinia”.
Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo pisano;
l’anno 1265, trattandosi del 6 gennaio, non deve essere rettificato. Una conferma vie-
ne dall’indizione che nel 1265 era l’ottava. L’atto presenta la collocazione “Diplomatico
Camaldoli 1365 gennaio 6”; è probabile che questa indicazione abbia tratto in ingan-
no Virginia Zanetti che lo datò al 1365. Nel documento è invece riportata la dicitura
“millesimo tricentesimo ducentesimo quinto, indictione octava, octavo idus ianuari”, e una
conferma viene dall’indizione che nel 1265 era l’ottava, mentre nel 1365 era la terza
(A. CAPPELLI, Cronologia, cronografia e calendario perpetuo, p. 263 e p. 267).

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. XXIII [con l’anno 1365],
p. LXXII.

In eterni Dei nomine amen. Ex huius publici instrumenti clareat


lectiore quod donnus Guido Dei / gratia abbas ecclesie et monasterii
Sancte Trinitatis Sacrarie Camaldulensis ordinis coram me abbati /
predicto notarius et testibus infrascriptis. Iuravit ad sancta Dei evange-
lia bona fide sine frode conservare / omnia precepta domini prioris
Camaldulensis et heremi et eius visitatoris et specialiter ea que fecerit
eidem donnus / Guido de Spina vicarius pro dicto priore Camaldu-
lensis heremi in insula Sardinee dum erat in insula / predicta vicarius.
In primis precepit ei ut per ipsum conservetur monasterium pre-
dictum in bonum statum, tam in spiritua/libus quam in temporali-
bus, ac inlesum; et faceret observare a suis officialibus pro heremo
Camaldulensis. Et quod non / contrahat debitum ultra triginta libra-
rum, et hoc non sine inevitabili necessitate et adsensu fratrum / suo-
rum. Et quod non vendet per se, neque per aliquam personam, pos-
sessionem, sive saltum, curtem, sive / curtes, servos vel ancillas, nec
pignorabit, nec alienabit vel donabit, ullo modo et etiam curtes / que

162
Appendice documentaria

sunt in pignore, quando reverentur ad dictum monasterium reti-


neantur ad manus dicti monasterii. Et / precepit eidem ut aliquem
servum vel ancillam familiarem non faciat vel bono ginezzio. Et
precepit / ei ut archariam vel maiorem aliquam non committat, nec
det alicui persone nisi sit servus de / bono ginicio dicti monasterii.
Item precepit eidem ut non contrahat aliquod debitum nec vendat /
nec emat aliquod cum patre ipsius vel cum aliquo suo consanguineo
cum maximum iam dampnum accidisset / propter hoc dicto mo-
nasterio. Et cum iam a suis predecessoribus dicitur et est verum maxi-
mum / dampnum accidisset dicto monasterio de eorum ambictione id
est propter alicuis honoris dignitate. / Item precepit eidem ut non
daret aliquod bonum propter hanc causam, nec propter aliquam aliam
quod esset / dampno dicto monasterio. Et quod non locetur ab eo vel
ab aliqua persona pro eo aliqua curia sive / detur alicui titulo locatio-
nis. Et quod constituat officiales in monasterio secundum regulam
sancti Bene/dicti. Et eis permictat libere eorum officium exercere. Et
recipiat a camerario coram fratribus suis / singulis mensibus rationem.
Et quod censum quod abbathia de Sacraria annuatim tenetur dare /
heremo Camaldulensis dabit anno et mictat hospitalario Sancti Fridiani
de Pisis per totum mensem / semptembris. Et si capitulum generale
officitur per priorem Camaldulensis heremi et ipse huius litera teneatur
et / debeat ire ad dictum capitulum personaliter. Et si capitulum non
fieret ipse teneatur ire / personaliter apud heremum Camaldulensem a
festo sancti Michaelis mensis septembris ad annum unum proxime /
venturum. Et taliter predicta hec omnia me Albertischum notaium
scribere rogaverunt. Actum Sacrarie / in Capitulo ecclesie et monasteri
suprascripti presentis donno Bartholo priore Sancte Marie de Regno,
et Petro / Carta priore Sancte Marie Horria Piccina et presbitero cassa
eiusdem ecclesie et monasterio et Mariano clerico et Go/mita magistro
sutore et Johanne Dardo et aliis pluribus testibus ad hec rogatis,
Dominice incar/nationis anno millesimo ducentesimo sexagesimo
quinto, indictione octava, octavo idus ianuarii./
Qui Abbas Guido incontinenti coram me suprascripto notario et
testibus infrascriptis promisit flexis ge/nibus et manibus clausis obe-
dientiam et reverentiam manualem donno Guidoni suprascripto
heremite here/mi Camaldulensis et vicario in Sardinia pro dicto do-
mino priore Camaldulensis gerente omnes suas vices pro dicto priore /
Camaldulensis./

163
Valeria Schirru

(SN) Ego Albertischus filius quondam Baronis domini Frederigi Dei


gratia excellentissimi Romanorum imperatoris / notarius predictis
omnibus interfui rogatus scripsi atque firmavi./

XXXV

1271 Maggio 7, Camaldoli presso Firenze

Don Giovanni, priore generale dell’Ordine Camaldolese, rimuove don


Iacobo de Calcinaria dalla vicaria di San Nicola di Trullas e nomina vica-
rio, rettore ed amministratore della stessa e vicario dell’Ordine in Sardegna,
don Martino Pisano, col mandato della visitatio nel monastero di Saccargia
e nelle vicarie di San Nicola di Trullas e di Santa Maria di Orrea Pichina.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1271 maggio 7.


Originale [A] redatto dal notaio Deodatus Alamanni Cacciafuori, pergam., mm. 220
x 390.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 7 Maggio 1271”. In basso
con mano moderna “1271 § electio n. 138 c. 17 Vicarii de S(anc)ti Nicolai de Trulla”.
Per la datatio chronica, posta all’inizio del documento, subito dopo l’invocatio verba-
le, è usato lo stile della natività che faceva iniziare l’anno il 25 dicembre. L’anno
1271, trattandosi del 7 maggio, non deve perciò essere rettificato e viene confermato
dall’indizione quattordicesima.

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. XIV, p. XXXVI.

In Dei omnipotentis nomine amen. Dominice incarnationis anno


millesimo ducentesimo septuagesimo / primo, indictione quartade-
cima, die iuve septimo maii intrantis. Cum donnus / Johannes Dei
gratia prior heremi Camaldulensis et Ordinis universi poneret et

164
Appendice documentaria

institueret donnum / Jacobum de Calcinaria in vicarium Sancti


Niccolai vicarie de Trulla que ad mensam pertinet Camaldulensis /
heremi, pleno iure cridens ipsum virum providum et discretum et ipse
donnus Jacobus vicariam / illam dilapidaverit et destruxerit spiritualiter
et temporaliter ultra modum. Et idem donnus Jacobus / citatus ut
coram domino priore compareret predicto semel secundo et tertio et
noluit comparire immo eidem / priori Camaldulensis estitit contumax
inobediens et rebellis. Unde idem donnus prior Camaldulensis / volens
dictus dominus tanto obviare periculo iterum admonuit dictum don-
num Iacobum ut administ/rationem dicte vicarie resingnare deberet in
manibus donni Martini pisani sui monaci et nunc/tii specialis quod
facere ipse donnus Iacobus recusavit. Unde idem prior prefatum
donnum Iacobum inscriptis sic / monitum, sic citatum, sic inobedien-
tem, sic contumacem etiam et rebellem excommunicationis vinculo
inno/davit eundem ab administratione Sancti Nicolai vicarie predicte
de Trulla removens atque provans excommuni/cans omnes tam
monacos quam conversos, tam prelatos quam subditos, qui eidem
donno Jacobo participaverint / participio alicuius vel faverint contra
sententiam huiusmodi vel qui eidem dederint consilium, auxilium et
iuvamentum publicum, / vel privatum officio et beneficio eos privans
in cuius rei testimonio presens instrumentum idem dominus prior sui
sigilli / fecit munimine roborari./
Vacante vicario Sancti Niccolai de Trulla per privationem factam de
donno Iacobo ad mensam Camaldulensis / heremi, nullo medio
pertinentis dominus Johannes prior Camaldulensis heremi et Ordinis
universi ad quem institutio et / destitutio locatio et confirmatio Sancti
Niccolai de Trulla vicarie pertinet pleno iure cognoscens donnum /
Martinum pisanum, virum providum et discretum. Ipsum in vicaria
prefati Sancti Niccolai de Trulla instituit, creans / ipsum vicarium
rectorem et administratorem vicarie prefate mandans idem prior omni-
bus dicte vicarie tam servis / quam ancillis, tam clericis quam laicis, tam
prelatis quam subditis, ut donno Martino vicario debeant / tamquam
prelato suo in omnibus et per omnia obedire et quicumque contra
fecerit cum inscriptis excommunicationis vin/culo innodavit et privavit
eum officio et beneficio dicte domus in cuius intuitu administrationis /
vicarie prefate. Dictus donnus Martinus promisit domini Johanni priori
Camaldulensis, et suis successor/ibus canonice institutis, reverentiam et

165
Valeria Schirru

obedientiam manualem et iuravit tactis sacrosanctis evan/geliis semper


esse obediens priori Camaldulensis heremi et nullo modo esse rebellis
per se vel interpositam / personam dicto vel facto, neque dictam
vicariam submictet alteri, neque alienabit possessiones immobiles sive /
curtes, servos vel ancillas, neque sexus femineos aliquarum bestiarum
licet secundum usum dictus dominus / cum expedierit possit vendere
de angnis./
Frater Johannes, humilis monachus camaldulensis fratrum servus
dilecto in Christo filio donno Martino, / vicario in Sardinea Camaldu-
lensis heremi generali, salutem cum benedictionem perenni. De tua
provi/dentia provide confidentes tibi visitationem monasterii Sacra-
riensi et vicarie Sancti Niccolai de / Trulla et Horrea Picchine et recol-
lectionem entice nostre ab omnibus locis prefatis tibi com/mictimus,
procurandas, rehabendas et ad nos fideliter transmictendas. Igitur tibi
mandamus / districte quatenus in Sardineam personaliter quam citius
tibi aderit facultas, sic te transferas / et in illo monasterio et locis pre-
dictis visitare et corrigere debeas, que visitanda sunt et etiam / corrigen-
da secundum regulam sancti Benedicti et nostri Ordinis institutam tam
in capite quam / in membris contradictores auctoritate nostra per fletus
censura ecclesiastica regulariter compescendo. / Nos vero quicquid
super preditis decreveris ratum et firmum habebimus atque gratum et
faci/emus auctore Domino inviolabiliter observari./
Acta sunt hec et data iuxta civitatem Florentie in camera prioris
Camaldulensis de Florentia / presentibus testibus Boccio de Bocciis de
Pisis et Castalduccio converso camaldulensis et donno Phylippo /
sacrista Camaldulensis heremi et donno Noe et donno Ramualdo
monacis Camaldulensis / de Florentia./
(SN) Ego Deodatus Alamanni Cacciafuori imperiali auctoritate iudex
ordinarius atque notarius / publicus de Florentia, predicta omnia et
singula presente me acta et data man/dato dicti domini prioris scripsi
et in publicam formam redegi ideoque subscripsi./

166
Appendice documentaria

XXXVI

1272 settembre 15, Soci

Don Bono, priore generale dell’Ordine Camaldolese, elegge pastore e retto-


re della chiesa di Santa Maria di Orrea Pichina don Taddeo, monaco
camaldolese di Potheolis.
A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1272 settembre 15.
Originale [A] redatto dal notaio Bonaventura de Fesulis, pergam., mm. 110 x 190.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto a sinistra è la segnatura archivistica “Camaldoli n. 1, 15 Sett.
1272”. Al di sotto con mano del XVIII secolo “1272 § Obedien(tia) n. 79 c. 29
Prioris Pichina n. 2 cum eius electi(onis)”.
Per la datatio chronica, posta all’inizio del documento, subito dopo l’invocatio verba-
le, è usato lo stile della natività che faceva iniziare l’anno il 25 dicembre. L’anno
1272, trattandosi del 15 settembre, non deve perciò essere rettificato e viene confer-
mato anche dall’indizione quindicesima.

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. XV, p. XL.

In nomine Domini amen. Anno Domini millesimo ducentesimo


septu/agesimo secundo, die XV septembris, indictione XV. Vacante
rectore / Sancte Marie de Orrea Pichina de insula Sardinie, que ad Ca/
maldulensem heremum nullo medio pertinere dignoscitur, per remo/
tionem sententialiter factam a donno Bono priore Camaldulensis
heremi, / de Petro Carta dudum priore dicti loci. Nos donnus Bonus /
Dei gratia prior Camaldulensis heremi et eiusdem ordinis generalis, /
volentes ad ecclesie de pastore idoneo providere, non vidua/ta perma-
nere spiritualiter aut temporaliter detrimentum aliquod patiatur, /
Sancti Spiritus gratia invocata habito super hoc fratrum nostrorum
Camaldulensis / heremi heremitarum consilio et assensu ad honorem
Dei omni/potentis, beate et gloriose Marie virginis matris eius /
celebrantur ibidem et omnium sanctorum et sanctarum Dei, domine

167
Valeria Schirru

pape, Ca/maldulensis heremi et eiusdem ordinis universi eligendo et


nominan/do postulamus et postulando et nominan/do eligimus, virum
/ religiosum, providum et discretum, donnum Taddeum monachum /
de Potheolis nostri ordinis, in priorem, pastorem et rectorem / dicte
ecclesie de Orrea Pichina. Quam electionem ut poteri/te factam
auctoritate qua fungimur canonice confirmamus / committentes ad
administrationem spiritualium et temporalium bonorum / omnium
dicti loci. Qui donnus Taddeus iam prior factus elec/tioni predicte
consenties et eandem recipiens et acceptans, / flexis genibus iunctisque
manibus promisit, dicto domino priori / Camaldulensis, per pacis
osculum et per librum, pro se et suis successoribus, / universis canonice
instituendis, obedientiam et reveren/tiam manualem secundum
regulam beati Benedicti et Camaldulensis / ordinis instituta./
Actum Soci in palatio camaldulensis in testimonium Guidonis / con-
versi camaldulensis donni Clementis prioris ecclesie de Soci et / Ben-
venuti Iacobi de Perusio ad hoc testium rogato/rum./
(SN) Ego Bonaventura de Fesulis imperiali auctoritate / iudex
ordinarius et notarius predictis omnibus interfui et / ea de mandato
domini prioris Camaldulensis scrip/si et publicavi./

XXXVII

1272 settembre 15, Soci

Don Taddeo, neo vicario della chiesa di Santa Maria di Orrea Pichina,
giura di conservare, mantenere, custodire e ben amministrare la chiesa af-
fidatagli e tutte le sue pertinenze.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1272 settembre 15.


Originale [A] redatto dal notaio Bonaventura de Fesulis, pergam., mm. 90 x 210.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto a destra è la segnatura archivistica “Camaldoli n. 2 15 Sett.
1271”. Al centro è il regesto coevo al documento “iurame(n)tum p(ri)oris Orrea
Pichina in insula Sardinia”.

168
Appendice documentaria

Per la datatio chronica, posta all’inizio del documento, subito dopo l’invocatio verba-
le, è usato lo stile della natività che faceva iniziare l’anno il 25 dicembre. L’anno
1272, confermato dall’indizione quindicesima, trattandosi del 15 settembre, non
deve perciò essere rettificato.

In nomine Domini amen. Anno Domini millesimo ducentesimo /


septuagesimo secundo, die XV septembris, indictione / quintadecima.
Donnus Taddeus prior Sancte Ma/rie de Orrea Pichina tactis facto
sanctis evangeliis / corporaliter, iuravit illius ecclesia iuxta posse / con-
servare, manutenere et custodire, non vendere / non alienare, non
infeudare, nec pignorare, / aut actum deteriorare, nec debitum con/
trahere ultra soldos octum ianuinorum, sine / dicti domini prioris
Camaldulensis lectis specialiter et quod ipsam / domum semper pro
Camaldulensis heremo tenebit, nec ipsam / aliquatenus rebellabit seu
in aliquo preceptis priorum Cam/aldulensis et voluntati modo aliquo
contraibit / immo pro ut melius poterit ipsis prioribus et eorum
precep/tis obedire, curabit et quod dabit donec ipsam / ecclesiam
rexerit nomine pensionis annuatim / in festo omnium sanctorum pro
rebus temporalibus dicti loci eisque / prioribus aut ipsorum nuntiis
soldos centum ia/nuinorum ad voluntatem ipsorum priorum hec faci
/ et bona fide./
Actum Soci in palatio camaldulensis in testimonis / donni Clementi
prioris ecclesie de Soci, Guidonis con/versi camaldulensis et Benvenu-
ti Iacobi de Perusio / ad hoc testium rogatorum./
(SN) Ego Bonaventura de Fesulis imper/iali auctoritate iudex ordina-
rius et notarius predictis / omnibus interfui et ea de mandato domini
/ prioris Camaldulensis scripsi et pubblicavi./

XXXVIII

1279 giugno 18, Sassari

Bartolomeo, vicario del monastero di San Nicola di Trullas, consegna a


don Benedetto e a don Taddeo nunzi del priore generale dell’Ordine
Camaldolese, lire 58 di moneta genovese, 2 fiorini d’oro, 1 d’argento, ar-

169
Valeria Schirru

genti, gemme e biancheria, che erano stati depositati da don Stefano, suo
predecessore, presso lo speziale Bernardo.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1280 giugno 18.


Originale [A] redatto dal notaio Iacobus filius Salernii, pergam., mm. 140 x 200.
Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 18 giug(no) 1280”. Al
centro con scrittura coeva al documento “In Sardinia de Trulla”. Al di sotto con
mano del XVI secolo “1280 14 kal. Iulii”.
Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo pisano;
l’anno 1280 deve essere rettificato al 1279, trattandosi del 18 giugno. Una conferma
viene dall’indizione settima. La città di Sassari rimase legata alle tradizioni
cronologiche pisane fino ai primi decenni del XVI secolo (L. D’A RIENZO, La
«scribania» della curia podestarile di Sassari, pp. 192-193 e ID., Gli Statuti sassaresi e il
problema della loro redazione, p. 17).

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. XVII, p. XLIII [con l’anno
1280].

In Dei nomine amen. Noverint universi presentem paginam inspecturi


quod donnus / Benedictus et donnus Tadeus monachi Camaldulensis
heremi nuntii donni prioris / Camaldulensis heremi ut asserebant no-
mine et vice ipsius prioris confessi sunt in / veritati se accepisse et
habuisse a donno Bartholomeo, monacho heremi predicti, / vicario
monasterii de Trulla liras quinquaginta, octo denariorum ianuinorum
minutorum et florinos duos / auri et unum argenti et coclearia quinque
argenti et guasapia quattuor et ma/nutergia decem et par unum
linteaminum et cultram unam abbam et cannas octo / bragia tria unius
tele de lino nostrate et archas duas et lapidem unum dictum / agates que
res deposite fuerunt per donnum Stephanum olim monachum
Camaldulensis / heremi predecessorem ipsius vicarii predicti apud
Bernardum speziarum. De quibus omnibus et sin/gulis se nomine et
vice dicti prioris bene quietos et solutos seu contentos vocaverunt. Et /
ipsum vicarium inde penitus liberaverunt et absolverunt. Renuntiantes
exceptioni non habitarum seu / non receptarum rerum et omni alii iuri

170
Appendice documentaria

eis competentibus contra predicta. Et taliter me Jacobum / notarium


scribere rogaverunt. Actum in Sassaro sub porticu domus Barusonis
Corda in qua / abbas Sacrarie habitabat. Presentibus Iuncta spesiario
quondam Lutteringi, fratre Andrea conver/so Sacrarie et fratre Iohanne
converso Camaldulensis heremi, testibus ad hoc vocatis et rogatis. /
Anno Dominice incarnationis millesimo ducentesimo octuagesimo,
indictione septima, XIIII kalendas iulii./
(SN) Ego Iacobus Salerni filius imperialis aule notarius pre/dictis
omnibus interfui et rogatus scripsi et ideo meo / signo et nomine
publicavi./

XXXIX

1279 giugno 18, Sassari

Inventario degli animali e dei beni della vicaria di San Nicola di Trullas
spettanti all’eremo di San Salvatore di Camaldoli, fatto da don Bartolo-
meo, monaco e vicario dello stesso monastero.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1280 giugno 18.


Originale [A] redatto dal notaio Iacobus filius Salerni, pergam., mm. 210 x 330.
Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 18 Giu(gno) 1280”. Al
centro “1280 § Inventarium n. [..] c. 6 Rerum et animalium Vicaria de Trulla insula
Sardinie pro eremo”.
Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo pisano;
l’anno 1280 deve essere rettificato al 1279, trattandosi del 18 giugno. Una conferma
viene dall’indizione settima. La città di Sassari rimase legata alle tradizioni
cronologiche pisane fino ai primi decenni del secolo XVI (L. D’ARIENZO, La
«scribania» della curia podestarile di Sassari, pp. 192-193 e ID., Gli Statuti sassaresi e il
problema della loro redazione, p. 17).

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. XVIII, p. XLIV [con l’anno
1280].

171
Valeria Schirru

In Dei nomine amen. Noverint universi presentem paginam inspectu-


ri quod in presentia donnorum Benedicti et Tadei / monachorum
Camaldulensis heremi nuntiorum ut dicunt domini prioris Camaldu-
lensis heremi et mei Jacobo notarii / et testium infrascriptorum donnus
Bartholomeus venerabilis vicarius ecclesie Sancti Nicolay de Trulla
Camaldulensis / heremi Sorrane diocesis, huiusmodi inventarium de
bonis et rebus ipsius vicarie, fecit in hunc modum. Ego Bartholome/us
monachus Camaldulensis heremi, vicarius ecclesie Sancti Nicolai de
Trulla ordinis Camaldulensis heremi vicaria/tus nomine per hoc
publicum instrumentum de bonis et rebus et animalibus ipsius vicarie
facio inventarium. Dico quidem et confiteor me / invenisse in dicta
vicaria iumenta matricia ad mittendum in argola sive arca triginta et
pulletras femminas quattuor / et amessarios seu, stallones duos et
pullos equarum istius anni decem, ex quibus sunt quattuor maschuli
et femine / sunt sex. Item vacchas matrices ad creandum octuaginta
novem. Item traiulas que assument travos in martio adveniente /
decem et octo. Item boves ad capiendum in martio adveniente decem
et octo. Item boves sex vetustos. Item taurum unum. Item / anniculos
de anno preterito inter maschulos et feminas quinquaginta octo. Item
suves sive troias ad criandum centum / quadraginta novem. Item
maiales sedecim. Item verres quattuor. Item anniculos inter maschulos et
feminas duecentos viginti / unum. Item pecudes matrices trescentas
octuaginta. Item arietes octo. Item sacchaios novem. Item boves
domitos decem / et novem. Item asinos ad portandum somam sex et
pullum unum asine. Item bugnos sine capillos apud quindecim. Item
equos / duos domitos. Item iumentum unum domitum. Item in curia
de Usune pecudes matrices septuaginta unam et arietes tres et /
sacchaios masculos septem et sachaias quattuordecim et agnas feminas
istius anni viginti tres / et agnos istius anni viginti quinque / et boves
domitos tres. Item inveni in denarios receptis et habitis de redditibus et
fructibus ipsius vicarie et de prioriis eiusdem vicarie / libras triginta octo
et solidos quattuor et denarios quattuor ianuensium. Item raseria
centum octuaginta sex tritici, et raseria farine triginta / unum et raseria
tria zizerum et raseria triginta ordei. Item inveni bibiam unam in
duobus voluminibus. Item duo humi/liaria. Item passonarium unum.
Item antifonaria duo. Item sermonarium unum. Item missale unum.
Item epistolarium / unum. Item psalteria duo. Item manualem unum.

172
Appendice documentaria

Item sarisum unum. Item guasapia de altare rechamata ad setam tria.


Item / tunisellas de sirico quinque. Item dalmaticam unam de sirico.
Item piviales tres de sirico. / Item camisos sine fregiis quinque. / Item
camisos sollempnes tres. Item guasapia listratas ad altare quattuor. Item
guasapia de sirico duo. Item paleos de purpura sive de sirico de altare
tres. Item turibulum unum de argento. Item tabulam unam argenti.
Item planetas feria/les tres. Item paramentum unum sollempne
furnutum. Item planetam unam de samito gallo. Item calicem unum de
argento. Item / privilegia bullata cum bullis de plumbo quinquaginta
quinque. Item condachia quinque. Item privilegia cum bullis cere
quinque. Item privi/legia sine bullis duo. Que quidem omnia
suprascripta et singula suprascriptorum dico et confiteor me invenisse et
mihi per ordinem consignata fuisse / per manus predictorum donnorum
Benedicti et Tadei monachorum Camaldulensis heremi, nuntiorum
prioris heremi Camaldulensis et / taliter inde noticiam facere rogavi.
Actum in Sassaro sub portico domus in qua abbas Sacrarie habitabat
presentibus magistro Johanne / Mudo, magistro Nicoloso Bucchanio,
magistro Petro de Ruta et Guantino de Serra et fratre Johanne heremo
Camaldulensis / testibus ad hoc vocatis et rogatis. Anno Dominice
incarnationis millesimo ducentesimo octuagesimo, indictione septima,
XIIII kalendas iulii./
(SN) Ego Iacobus Salerni filius imperialis aule notarius huic recita-
tioni seu confessioni / et inventarii confectionis, interfui et rogatus
scripsi et ideo meo signo et nomine pu/blicavii./

XL

1279 Novembre 10, Castello di Anglari (Arezzo)

Don Gerardo, priore generale dell’Ordine Camaldolese, elegge Iacopo, mo-


naco e sacrista del monastero di San Bartolomeo, vicario, procuratore e
nunzio speciale della vicaria di San Nicola di Trullas.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1279 novembre 10.

173
Valeria Schirru

Originale [A] redatto dal notaio Rodulfinus Ugutii, pergam., mm. 120 x 580.
Inchiostro marrone chiaro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 10 Nov(embre) 1279”.
Per la datatio chronica è usato lo stile della natività che faceva iniziare l’anno il 25
dicembre. L’anno 1279, confermato dall’indizione settima, non deve essere rettifica-
to trattandosi del 10 novembre.

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. XVI, p. XLII.

In Christi nomine amen. Ex hac litterarum serie omnibus legentibus /


atque audientibus pateat evidentur quod religiosus / vir donnus
Bartholomeus prior monasteris Sancti / Bartholomei de Anglarii
Camaldulensis ordinis / habens plenam et liberam auctoritatem a ve-
nerabili pa/tre donno Gerardo priore heremi Camaldulensis, / et totius
ordinis generalis sicut de ipsa auctoritate appa/ret per litteras spetiales
munitas sigillo domini prioris / Camaldulensis predicti, per me
Rodulfinum notarium infra scriptum visas / et lectas, representandi
electionem factam per supra/dictum dominum priorem Camaldulensis,
tamquam per dominum ad quem / in mediate pertinet electio
institutuo et confirmatio / suprascripte vicarie sicut de ipsa electione
facta constat / per infrascriptum inde confectum manu Bartholomei
filii / Viviani de Pisis notarii, de religioso viro donno / Iacopo monacho
et sacrista monasterii Sancti Bartholo/mei predicti Camaldulensis
ordinis nominati in vica/rium, procuratorem, sindicum, actorem,
factorem et /nuntium specialem, vicarie Sancti Nicolay de Trulla /
Camaldulensis ordinis supradicti eidem donno Iacopo / nomine et
vice domini prioris Camaldulensis predicti ac ipsum con/firmandi et
intronizandi et obedientiam manualem / recipiendi et iuramentum
sicut modis est ordinis supra/dicti et inferius continetur. Existentes
predictus donnus / Bartholomeus prior Anglarii tamquam vicarius /
predicti domini prioris Camaldulensis in ecclesia Sancti Bartolomei /
predicti de Anglario, coram Rodulfino notario et testibus /
infrascriptis et monachis dicti monasterii ibidem ad capitulum /
convocatis, supradictam electionem lectam ibidem per me /

174
Appendice documentaria

Rodulfinum notarium infrascriptum predicto donno Iacopo repre/


sentavit. Qui donnus Iacopus supradictus humiliter / et devote
tamquam filius, vere obediente, preditam elec/tionem de se factam
aceptavit et benigne recepit, / petens a predicto donno Bartholomeo
benefitium con/firmationis electionis predicte. Qui donnus Bartholo /
meus auctoritate qua fungitur domini prioris Camaldulensis predicti, /
ipsam electionem factam de ipso donno Iacopo canonice / confirmavit
intronizando cum Te Deum laudamus / et ponendo ipsum donnu
Iacopum in sedem prioris nomine / vicarie seu auctoritatis predicte ut
moris est. Dictis denique / Te Deum laudamus versiculis et oratione
consuetis, intuitu ad/ministrationis tam spiritualium quam tempora-
lium, vicarie de Trul/la predicte, supradicto donno Iacopo vicario et
procuratori dedit /et contulit sigillum vicarie de Trulla predicte. Qui
donnus Jacopus / [predictus], vicarius et procurator vicarie de Trulla
predicte / predicto donno Bartholomeo priori Anglarii tamquam
nuntio / et vicario in hac parte domini prioris Camaldulensis predicti
reci/pienti et stipulanti nomine et vice eiusdem domini prioris Ca-
maldulensis et / successorum eius canonice instituitus obedientiam et
reverentiam / manualem et fecit et promisit secundum regulam beati
Benedicti / et Camaldulensis ordinis instituta iurans supradictus
donnus / Iacopus vicarius tactis sacrosantis evangeliis non vendere, /
non alienare de bonis immobilibus suprascripte vicarie, nec / in
feudum dare, neque curias et iura servos et ancillas/ vendere, nec alie-
nare, nec etiam vendere bestias matrices, neque servos / mali jenitii
reducere in bonum jenictium, et non deteriorare / contractus, non
permutare in dannum vicarie, nec etiam debitum / contrahere ultra
quantitatem in constitutione ordinis constituitam, sine / speciali
licentia domini prioris Camaldulensis predicti, ac etiam non esse
rebellis / supradicto domino priori Camaldulensis nec successoribus
suis, neque heremo, nec / ordini eiusdem. Et dare et reddere annuatim
per festum sancti Petri / mensis iunii iuxta suum posse eidem domino
priori Camaldulensi et eius / successoribus pro ipsa heremo pro censu
ipsius vicarie libras triginta / denariorum ianuinorum et caseis
ducentos cavallinos et dagas sive farganas / quattuor et mangnas etc./
Actum in castro Anglarii comitatus Aretii in ecclesia monasterii /
Sancti Bartholomei predicti in capitulo seu conventu dicti monasterii
/ convocatio ibidem coram donno Benedicto de Miciano, donno

175
Valeria Schirru

Bonacurso, / donno Symone de dicto castro, Johanne clerico Blanco


converso et aliis de / hiis rogatis convocatis testibus. Sub anno Domi-
ni millesimo ducentesimo LXXVIIII / indictione VII, domino
Nicolao papa residente, die X mensis nove/mbris intrantis./
(SN) Ego Rodulfinus Ugutii notarius predictis omnibus interfui /
rogatus subscripsi et publicavi./

XLI

1332 Gennaio 28, Oristano

Filippo Mameli, canonico arborense, dopo una permuta, libera il servo


Mariano Ardu, e l’ancella, Sardigna Ardu, entrambi figli di Orzocco
Ardu e servi del monastero di Santa Maria di Bonarcado.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1332 gennaio 28.


Copia autentica [B] del 10 novembre 1348, pergam., mm. 430 x 860.
Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: mediocre.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 28 Gen. 1332”. Al centro con
scrittura del secolo XVIII in corsivo “1332 § Permuta(ti)o n. 7 c. 11 seu venditio quattuor
/ servorum monasterii de Bonarchanto insula Sardinie monachis S. Zenonis Pisarum”.
Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo pisano.
Trattandosi del 28 gennaio, l’anno 1332 non deve essere rettificato; una conferma
viene dall’indizione quindicesima. Il documento originale era stato redatto dal notaio
Bartholomeus Deligia civis Arestaniensis.
Per quanto riguarda la data della copia è usato lo stile dell’incarnazione secondo il
computo fiorentino: “secundum consuetudinem florentinorum”. L’anno 1347, trattan-
dosi del 10 novembre, deve essere rettificato al 1348. Una conferma viene dall’indi-
zione che in quell’anno era la prima.
La copia è stata sottoscritta dai notai: Simon filius quondam Ciati de Gangalandi no-
taio imperiale, Gianninus Donatini de Cornivole notaio imperiale, Iohannes filius
Iohannes Nuti de Martignana notaio imperiale.

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. XX, p. XLIX.

176
Appendice documentaria

In nomine sancte Crucis venerande amen. Universis per presens pu-


blicum instrumentum sit notum ac manifestum quod sapiens et
discretus vir dominus Phylippus Mameli decretorum doctor canonicus
arborensis, cupiens Margianum / Ardu, servitorem suum, servum
ecclesie Sancti Gregorii de villa Paulati, membrum monasterii de
Bonarchato quod quidem monasterium est membrum Sancti Zenoni
de Pisis, tradere libertati, venerabili et religioso viro dompno fratri
Silvestro abbati suprascripti / monasterii Sancti Zenonis, humiliter
supplicatum quod dignaretur dare licentiam venerabili et religioso viro
Cipriano, priori suprascripti monasterii de Bonachato, pro ipso cum
sua licentia predictum Marianum permutare valeat cum suprascripto
domino Phylippo et eum tradat perpetue libertati. Prefatus autem
dominus Silvester abbas diligenter considerans grata et accepta servitia
que dominus Phylippus exibuit hactenus, continue exibet et exibere
poterit in futurum / suprascripto monasterio de Bonarchato, et consi-
derans dictum dominum Phylippum dictorum servitorum intuitu
maiori gratia fore dignum, predicto dompno Cipriano priori dedit et
concessit licentiam liberam permutandi dictum Maria/num su-
prascripto domino Phylippo. Et quamvis sit de iure quod pro uno ser-
vo debeant dari duo, suprascriptus dominus abbas concessit su-
prascripto priori, quod de uno servo pro dicto Mariano debeat
contentari, et pro alio servo qui deberet in / [per]mutatione servitia et
consilia predicti domini Phylippi, que dicto monasterio de Bonarchato
continue exibet nullo inde recepto salario debeat compensari. Ita quod
dominus Philyppus predictus / dictum monasterium suo posse pro-
tegere et ei consulere cum fuerit appositum, et dictus Marianus a iure
dicti monasterii sit penitus absolutus. Qui suprascriptus dompnus
Cyprianus prior suprascripti monasterii de Bonarcato, sequens /
licentiam et predicti domini Silvestri voluntate, eo ipso volente et
consentiente, dedit et tradidit suprascripto domino Phylippo, presenti et
recipienti, in permutationem et cambium et nomine permutationis et
cambii suprascriptum Marianum [Aro]zzi / Ardu, servum suprascripi
monasterii de Bonarchato, cum omni iure, usu, servitute, peculio,
bonis et rationibus suprascriptis omnibus. Insuper suprascriptus
dompnus Ciprianus priori […] / et nomine quo supra, in cambium et
permutationem et iure cambii et permutationis dedit, cessit, concessit,
atque mandavit, eidem domino Filippo presenti et recipienti, omnia

177
Valeria Schirru

iura et nomina omnesque actiones, rationes utiles / et [di]rectas, reales


et personales et mistas, nec non contrarias omnesque alias, nominato
priori pro dicto monasterio et ecclesia, in dicto vel pro dicto Mariano
servo dicti monasterii, in cambium et permutationem dato et tradito
vel aliqua eius occ[asione] / quoquo modo competentes et competentia
competituras et competitura quatenus de cetero suprascriptus dominus
Phylippus ac eius heredes, et cui vel quibus dederint vel habere
decreverint hiis omnibus et singulis eorum nomine perpetuo [utiliter et]
/ directe possint agere et curare ex opere et replicare et se tueri adversus
et contra suprascriptum priorem et successores et bona omnia dicti
monasterii et contra omnem aliam personam, locum et universitatem.
Et versa vice suprascriptus dominus Phylippus in cambium / et per-
mutationem et nomine cambii et permutationis dedit et tradidit,
eidem dompno Cipriano presenti et recipienti, eo modo nomine quo
supra pro suprascripto monasterio de Bonarchato, nomine permuta-
tionis et cambii suprascripti Margiani medietatem integram Nicole
Piu [servi] / suprascripti domini Phylippi in medietatem de villa
Calcargie, et medietatem Guillelmi Piu, filii Petri Piu servi suprascripti
domini Filippi, pro medietate de suprascripta villa Calcargie, cum
omni iure, usu et servitute, peculio, bonis et rationibus eorum.
Insuper suprascriptus dominus Phylippus in cambium et permuta-
tione et iure cambii et permutationis suprascripti Margiani, dedit,
cessit ,concessit atque mandavit eidem dompno Cipriano priori pre-
senti et recipienti et legiptime, stipulanti pro suprascripto monasterio
de Bonarchato eo modo / et nominequo supra, omnia iura et nomina
omnesque actiones, rationes, utiles et directas, reales et personales et
mista, nec non contrarias, omnesque alias, suprascripto domino Filip-
po in dictis vel pro dictis Niccola et Guillelmo servis in cambium datis
/ et traditis pro suprascripto Margiano vel aliqua eorum occasione
quoquo modo vel iure competentes et competentia et competituras et
competitura. Promictens dictus dominus Filippus eidem dompno
Cipriano priori presenti et recipienti eo modo et nomine / quo supra
consiliis et auxiliis dicto monasterio de Bonarchato semper assistere
suo posse, et quo pro dicte permutationis compensatione priori de
Bonarchato qui pro tempore fuerit pro ipso monasterio semper de iure
consulere quando fuerit requisitus sine aliquo / salario. Dicens de
cetero dictus prior pro dicto monasterio et qui pro tempore fuerit in

178
Appendice documentaria

dicto monasterio et eius successores et cui vel quibus dederint, vel


habere decreverint, hiis omnibus et singulis prioratus nomine pro
dicto monasterio utiliter et directe possint agere et causare, / excipere
et replicare et se tueri adversus et contra suprascriptum dominum
Filippum et eius heredes et bona et contra omnem aliam personam,
locum et universitatem. Quam permutationem et cambium et iura
permutationis et cambii et omnia suprascripta et infrascripta et singula
/ suprascriptorum et infrascriptorum suprascriptus dompnus Cipria-
nus prior prioratus nomine pro suprascripto monasterio de Bonarcha-
to presentia, consensu, consilio, mandato et auctoritate suprascripti
domini Silvestri abbatis et ipso presente, consentiente et volente et
suam auctoritatem et de/cretum interponente, ex una parte, et dictus
dominus Filippus, ex altera parte, nominibus et moribus quibus per
stipulationem solempnem convenerunt et promiserunt sibi ipsis ad
invicem et vicissim semper et omni tempore in perpetuum habere, te-
nere, et observare haberi que teneri / et observari facere, firmam et fir-
ma, ratam et rata, validam et valida. Et contra predicta vel aliquod
predictorum non facere, vel venire, per se vel alios, ullo unquam
tempore, aliquo modo, vel iure seu occasione, vel causa nec consentire
quod aliqui alius contra faciat vel veniat / procurare nec in una pars
alteram propterea de cetero imbrigare, vel molestare, seu per placitum
vel ullo alio modo fatigare, sed una pars alteram et altera alteram
nominibus et modis quibus supra rem a se permutatam legiptime
defendere, disbri/gare et auctorizare, ab omnibus brigantibus personis et
locis et auctor et defensor et principalis distrigator unus alteri et alter
ad invicem de re a se permutata in cambium et permutationem data
nominibus et modis quibus supra semper / et omni tempore perpe-
tuum esse et existere cum omnibus suprascriptis ipsius dompni
Cipriani et dicti monasterii suorumque successorum et dicti domini
Filippi suorumque heredum expensis. Sub ypotheca et ogligatione
eorum et cuiusque eorum nominibus et modis quibus/cumque
successorum et heredum et bonorum suorum omnium dicti mo-
nasterii et ad penam dupli totius eiusde quo ageretur inter dictas
partes sollempni stipulatione promissam et ab utraque parte legiptime
stipulatam cum refectione dampnorum et expensarum curie et
advocatorum / litis et extra, qua pena semel et pluries comissa et
exacta et non exacta sive generose remissa, nichilominus tamen pre-

179
Valeria Schirru

dicta omnia et singula firma et rata perdurent. Renuntiantes omni iuri


et exceptioni doli mali in metus et in factum et rei aliter / geste quam
ut superius et inferius continetur, privilegio fori impetrando con-
ditioni indebiti et sine causa et ob causam et legi prohibenti pecuniam
in contractibus, in fraudem usurarum apponi, commicti et exigi et
specialiter iuri per quod generales renuntiationes impugnature. / Et
iuri contradicenti renuntiationem ipsam non valere nisi specialiter
appareret et omnia alio iuri ecclesiastico et civili eis et cuique eorum
nominibus et modis quibus supra contra predicta, vel aliquod
predictorum competenti et competituro, et sic suprascripte partes
nominibuset, modis quibus supra, videlicet / unaqueque pars vicissim
alteri nomine rem a se permutatam et in cambium et permutationem
datam constituit possidere, donec unusquisque eorum rei supra
permutate et in cambium date possessionem acceperit quam accipien-
di propria auctoritate et retinendi deiceps / unus alteri ad invicem
licentiam omnimodam dedit et potestatem. Et taliter dicte partes
nominibus et modis quibus supra ser Petrum notarium infrascriptum
scribere rogaverunt ut inde conficere deberet publicum instrumen-
tum, et ipsum semel et plurius corrigendi / et emendandi ad sensum et
laudem convenientis sapientis, ita quod de iure valeat et teneat, non
mutato sensu vel intellectu ipsius./
Actum Arestani in camera nova curie suprascripti domini Philippi habi-
tationis, presentibus dompno Iacobo / monaco suprascripti ordinis, ser
Michele notario de Perusio quondam ser Bartholomey, sotiis et
familiaribus suprascripti domini abbatis, Laurentio Lollo quodam
Gomite, et Baldo de Crescie de Perusio quondam Crescie, testibus ad
hec vocatis(a) specialiter / et rogatis, Dominice incarnationis anno mille-
simo trecentesimo trigesimo secundo, indictione quintadecima, quin-
to Kalendas februarii./
In nomine sancte Crucis venerande amen. Universis per presens
publicum instrumentum sit notum ac manifestum quod venerabilis
vir dominus Phylippus Mameli decretorum doctor canonicus
arborensis pro honore Dei omnipotentis et beate virginis eius matris /
Marie et beati Gregorii omniunque sanctorum et pro salute
animarum patris sui et sue et pro remissione suorum delictorum et ob

(a)
La parola vocatis è scritta in interlinea.

180
Appendice documentaria

reverentiam et honorem suprascripti domini Silvestri abbatis et dicti


dompni Cipriani prioris, Marianum libe/ravit et ab omni jugo et
vinculo servitutis absolvit suprascriptum Marianum Ardu servum
suum ex predicta permutatione filium Arozzi Ardu presentem et
suscipientem tam ipsum quam eius heredes utriusque sexus natos et
nascituros et quos eum deiceps / concipere contigerit ac habere
universaliter et sinlariter et ipsum et ex eo usque in perpetuum de/
scendentes a sua manu et potestate seu dominio dimictendo; faciendo
et constituendo eum et ex eo usque in perpetuum descendentes
liberos homines et mulieres et cives romanos et romanas omneque ius
patronatus ei penitus remictendo. Dans concedens et mandans eidem
Margiano manumisso presenti recipienti et legiptime stipulanti / per
se et descendentes ab eo plenam baliam et liberam potestatem et
liberum et inrevocabile mandatum agendi testandi contrahendi in
iudicio standi et omens et singulas liberorum operas ubique libere
faciendi et exer/cendi et omnia et singula in curia et extra libere
facendi que quilibet ingenuus sive ingenua et romanus atque romana
civis et quilibet alius homo sui iuris facere et exercere potest vel posset,
pe/culium namque suum quod abet a ratione sui domini separatum et
totum et quidquid deinceps poterit modo aliquo aggregare. Illud
eidem manumisso inrevocabiliter simpliciter inter vivos, ita quod
aliqua ingratitudinis / causa in perpetuum revocari non possit,
donavit dedit cessit et concessit ut inde possit facere totum suum
beneplacitum atque velle tamquam et sicut quilibet paterfamilias et
quilibet alius homo sui iuris de bonis et rebus suis / facere potest vel
posset absque sua ipsius domini Philyppi suorumque heredum vel
alterius persone pro eis calumpnia vel contradictione. Quam
manumissionem seu libertatis dactionem et omnia suprascripta et
infrascripta et singulorum suprascriptorum et infrascriptorum /
suprascriptus dominus Phylippus manumissor convenit et promisit
suprascripto Margiano manumisso, presenti et recipienti et legiptime
stipulanti pro se et ex eo descendentibus, semper et omni tempore in
perpetuum habere tenere et observare haberique teneri et observari
facere firmam et firma, ratam et / rata, validam et valida et contra
predicta vel aliquid predictorum non facere vel venire per se vel alium
ullo unquam tempore aliquo modo vel iure seu occasione vel causa,
nec consentire quod aliquis alius contrafaciat vel veniat / procurare

181
Valeria Schirru

nec contra ipsum de cetero inbrigare vel molestare seu per placitum
vel ullo alio modo fatigare vel imbriganti consentire sub ypotheca et
obligatione sui suorumque heredum et bonorum suorum omnium, et
ad penam librarum centum / denariorum alfonsinorum minutorum
stipulatione promissa. Qua pena semel et lure commissa et exacta et
non exacta vel generose remissa, semper libertas et carta in earum
firmitate perdurent. Renuntiando omni iure sibi contra predicta vel
aliquod predictorum / competenti vel competituro renuntiavit etiam
legi qua cavetur quod manumissus sive manumissa propter vitium
ingratitudinis in servitium redigitur. Actum Arestani, eodem die loco
et testibus memoratis./
In nomine sancte Crucis venerande amen. Universis per presens
publicum instrumentum fit notum et manifestum quod sapiens et
discretus vir dominus Phylippus Mameli, decretorum doctor cano-
nicus arborensis, cupiens Sardignam Ardu filiam Arozi Ardu / servi-
toris sui et ancillam ecclesie Sancti Gregorii de Bauladu, membrum mo-
nasterii de Bonarchato, quod quidem monasterium est membrum
monasterii Sancti Zenonis de Pisis, tradere libertati venerabili et reli-
gioso viro fratri silvestro abbati suprascripti monasterii Sancti Zenonis
/ humiliter supplicavit quod dignaretur dare licentiam venerabili et re-
ligioso viro dompno fratri Cipriano priori suprascripti monasterii de
Bonarchato quod ipse cum sua licentia predictam Sardignam Ardu
que est trium annorum et dimidii filia suprascripti Arozzi / ancillam
suprascripte ecclesie Sancti Gregorii extimatam librarum octo dena-
riorum alfonsinorum minutorum permutare valeat cum suprascripto
domino Phylippo ut eam tradat perpetue libertati, predictus autem
dominus frater Silvester abbas diligenter considerans grata et / accepta
servitia que idem dominus Phylippus exibuit actenus continue exibet
et exibere poterit in futurum predicto monasterio de Bonarchato, et
considerans dictum dominum Filippum dictorum servitiorum intuitu
maiori gratia fore dignum predicto / fratri Cipriano priori dedit et
concessit licentiam et liberam bailiam et protestatem permutandi
ipsam Sardignam Ardu, que est trium annorum et dimidii, filiam
suprascripti Arozzi Ardu, ancillam suprascripte ecclesie sancti Gregorii
propter maculam extimatam libras octo / denariorum alfonsinorum
minutorum cum suprascripto domino Phylippo, ita tamen quod
dominus Filippus predictus teneatur dictum monasterium de

182
Appendice documentaria

Bonarchato suo posse protegere et ei consulere cum fuerit opportunum


et dicta Sardigna a iure dicti monasterii sit penitus ab/soluta. Qui
suprascriptus dompnus Ciprianus priori sequens dictam licentiam et
predicti domini Silvestri abbatis voluntate, eo presente volente et
consentiente dedit et tradidit suprascripto domino Filippo presenti et
recipienti in permutationem et cambium et nomine permutationis /
et cambi suprascriptam Sardiniam Ardu filiam Arozzi Ardu, ancillam
suprascripte ecclesie Sancti Gregorii, que est trium annorum et
dimidii, extimatam libras octo denariorum alfonsinorum minutorum
cum omni usu servitute ancillarum peculio et bonis et rationibus suis
omnibus. / Insuper suprasciptus dompnus Ciprianus prior, eo modo et
nomine quo supra, in cambium et permutationem et nomine cambi et
permutationis dedit cessit concessit atque mandavit eodem domino
Filippo presenti et recipienti omnia iura et nomina omnesque actiones
rationes utiles et / directas reales et personales et mistas nec non
contrarias omnesque alias eidem priori pro dicto monasteiro et
ecclesia vel pro dicta Sardigna ancilla dicti monasterii in cambium et
permutationem data vel aliqua eius parte seu occasione quoquo modo
vel iure competens et / competentia competituras et competitura
quatenus de cetero suprascriptis dominus Phylippus et eius heredes et
cui vel quibus dederint vel habere decreverint, hiis omnibus et singulis
eorum nomine proprio utiliter et directe possint agere et causare,
excipere et replicare / et se tueri adversus et contra suprascriptum
priorem et eius successores et bona omnia dicti monasterii et contra
omnem aliam personam locum et universitatem. Et versa vice
suprascriptus dominus Philippus dedit et tradidit suprascripto priori
presenti et recipienti eo modo / et nomine quo supra in cambium et
permutationem et nomine cambii et permutationis suprascripte
Sardigne trium annorum et dimidii, ancille sic extimate, ut dictum
est, librarum sedecim denariorum alfonsinorum minutorum pro
duabus ancillis extimatis libras / sedecim vel pro equipollenti quod ad
predictam quantitatem adscendat pro ut inter dictum dompnum
Ciprianum priorem et predictum dominum Phylippum convenit[ur].
De quibus duabus ancillis vel equipollenti dictus prior eo modo et no-
mine quo supra / sic a dicto domino Phylippo bene quietum et
pagatum vocavit et in ipsum et eius heredes liberavit et penitus absolvit.
Quam permutationem et cambium et iura permutationis et cambii et

183
Valeria Schirru

omnia suprascripta et infrascripta et singula / suprascriptorum et


infrascriptorum suprascriptus dominus Ciprianus prior prioratus no-
mine pro suprascripto monasterio de Bonarchato presentia consensu
consilio mandato et auctoritate suprascripti domini Silvestri abbatis et
ipso presente consentiente mandante et volente / et suam auctori-
tatem et decretum interponente ex una parte, et dictus dominus
Phylippus ex altera parte nominibus et modi[s] quibus supra per
stipulationem sollempnem convenerunt et promiserunt sibi ipsis ad
invicem et vicissim semper et omni tempore / in perpetuum habere
tenere ac observare haberique teneri et observari facerefirmam et fir-
ma, ratam et rata, validam et valida, et contra predicta vel aliquod
predictorum non facere vel venire per se vel alios ullo unquam
tempore aliquo modo / vel iure sive occasione vel causa nec consentire
quod aliquis alius contrafaciat vel veniat procurarenec contra una pars
alteram propterea de cetero ullo unquam tempore inbrigare vel mole-
stare seu per placitum vel ullo alio modo / fatigare, sed una pars
alteram nominibus et modis quibus supra rem se permutatam
legiptime defendere distrigare auctorizare ad omnibus intrigantibus
personis et locis et auctor et defensor et principalis di/sbrigator unus
alteri et alter alteri ad invicem de re a se permutata incambium et
permutationem data nominibus et modis quibus supra semper et
omni tempore in perpetuum esse et existere cum omnibus ipsius
dompni Cipriani et dicti monasterii / suorumque successorum et dicti
domini Phylippi suorumque heredum expensis sub ypotheca et
obligatione eorum et cuiusque eorum nominibus et modis quibus
supra eorumque successorumet heredum et bonorum suorum
omnium et dicti monasterii. Et ad penam dupli / totius eius de quo
ageretur inter dictas partes sollempni stipulatione promissam ab
utraque parte legiptime stipulata, cum refectione dapnorum et
expensarum curie et advocatorum litis et extra, qua pena semel et
pluries promissa et exacta et non exacta / sive generose [re]missa,
nichilominus tamen omnia et singula firma et rata permaneant.
Renuntiantes omni iuri et exceptioni doli mali vi metus et in factum
et rei aliter geste quam ut superius et inferius continetur privilegio fori
impetrando conditioni indebiti / sine causa et ob causam et legi
prohibenti pecuniam in contractibus in fraudem usurarum apponi
coniuncti et exigi et specialiter iuramento per quod generales

184
Appendice documentaria

renumptiationes impugnantur et iuramento etiam dicenti renuntiat-


ionem ipsam non valere nisi specialis appa/reat, et omni alii
iuramento ecclesiasticaet civili eis et cuique eorum nominibus et
modi[s] quibus supra contra predicta vel aliquod predictorum compe-
tenti et competituro. Et sic suprascripte partes nominibus et modis
quibus supra et unaqueque pars vicissim alterius nomine rem a se
permutatam / et permutationem in cambium datm constituit
possidere donec unusquisque eorum rei sibi permutate et in cambium
date possessionem acceperit, quam accipiendi propria auctoritate et
retinendi deinceps unus alteri ad invicem omnimodam licentiam
dedit et potestatem. / Et taliter dicte partes nominibus et modis qui-
bus supra ser Petrum notarium infrascriptum scribere rogaverunt et
publicum instrumentum inde conficere debeat, et ipsum semel et
pluries corrigendi et emendandi ad sensum et laudem convenientis
sapientis, ita quod de / iure valeat et teneat, non mutato sensu vel
intellectu ipsius. Actum eodem suprascripto die loco et testibus me-
moratis./
In nomine sancte Crucis venerande amen. Universis per presens
publicum instrumentum sit notum ac manifestum quod venerabilis
vir dominus Phylippus Mameli, decretorum doctor canonicus arbo-
rensis, pro honore Dei omnipotentis et beate virginis eius matris /
Marie et beati Gregorii omniumque sanctorum et pro salute anima-
rum patris et matris sui et pro remissione suorum delictorum et ob re-
verentiam suprascripti domini Silvestri abbatis et dicti dompni Cipriani
prioris, liberavit et ab omni jugo et vinculo servitutis / absolvit su-
prascriptam Sardignam Ardu filiam Arzoci Ardu ancillam suam ex
predicta permutatione licet absentem tamquam presentem, tam ipsam
quam eius heredes utriusque sexus quos ea deinceps concipere
contigerit, ac habere universaliter et singulariter / et ipsam et ex ea
usque in perpetuum descendentes, a sua manu et potestate seu domi-
nio, dimictendo et constituendo eam et ex ea usque in perpetuum
discendentes liberos homines et cives romanos et romanas / omneque
ius patronatus ei penitus remictendo. Dans concedens et mandans ser
Petro notario infrascripto tamquam persone publice agenti, recipienti
et legitime stipulanti pro suprascripta Sardigna manumissa licet
absenti plenam bailiam et liberam potestatem / et inrevocabile man-
datum agenti testandi contrahendi in iudicio stando et omnes et

185
Valeria Schirru

singula liberorum operas libere exercendi et omnia et singula in


iudicio et extra libere faciendi que quilibet ingenuus seu ingenua et /
romanus atque romana civis et quilibet alius homo sui iuris facere et
exercere potest vel posset peculium namque suum quod habet a
ratione sui domini separatum et totum et quidquid deinceps poterit
modo aliquo agregare illud eidem / Sardigne manumisse licet absenti
inrevocabilitersimpliciter inter vivos donavit cessit ut inde possit
facere totum beneplacitum atque velle tamquam et sicut quilibet
paterfamilias et quilibet alius homo sui iuris / de bonis et rebus suis
facere et exercere potest posset absque sua ipsiusdomini Phylippi vel
suorum herdum aut alteriuspersone pro eis calumpnia vel contra-
dictione. / Quam manumissionem seu libertatis dactionem et omnia
suprascripta et infrascripta et singula suprascriptorum et infrascripto-
rum / suprascriptus Phylippus manumissor per stipulationem sol-
lempnem convenit et promisit ser Petro notario infrascripto tamquam
persone publice agenti recipienti et stipulanti legiptime pro su-
prascripta manumissa et ipsi liceat absenti semper et omni tempore in
perpetuum habere, tenere et observare / haberique ac observari fa-
cere firmam et firma, ratam et rata, validam et valida et contra pre-
dicta vel aliquod predictorum non facere vel venire se vel alium ullo
unquam tempore modo vel iure seu occasione vel causa nec consentire
/ quod aliquis alius contrafaciat vel veniat procurare nec contra ipsam
manumissam vel suos heredes utriusque sexus de cetero inbrigare vel
molestare seu placitum vel ullo alio modo fatigare sub ypotheca et
obligatione sui / suorumque heredum et bonorum suorum. Et ad
penam librarum centum denariorum alfonsinorum minutorum
stipulatione promissa, qua pena semel et pluries commissa et exacta
sive generose remissa, semper libertas et presens carta in earum
firmitate per/durent. Renuntiando omni iuri sibi contra predicta vel
aliquod predictorum competenti et competituro et renuntiando etiam
illi legi qua cavetur quodmanumissus sive manumissa propter vitium
ingratitudinis in servitutem redigitur. Actum Arestani eodem su-
prascripto die / loco et testibus superius expressatis. Ego Bartholo-
meus nominatus atque vocatus Bartholus Deligia civis Arestaniensis,
natus quondam Iohannis Deligia, serenissimi domini regis Arago-
nensis auctoritate publicus notarius, suprascripta instrumenta / a ser
Petro de Scano dudum notario civitatis predicte, quondam Iacobi

186
Appendice documentaria

Penne rogata, ipsorum scedis a me visis et lectis ut in suis actis inveni,


ita ex commissione mihi facta de auctoritate et decreto nobilis/ viri
Johannis Villani prioris suprascripte civitatis et ordinariam jurisdictio-
nem habentis in ea predicte commissioni interpositis, scripsi atque fir-
mavi, meoque signo solito consignavi./
(SN) Ego Simon filius quondam Ciati de Gangalandi, Florentine
diocesis, imperiali auctoritate iudex ordinarius et notarius publicus,
hoc exemplum cum suo auctentico scripto manu dicti Bartolomei
notarii / sumptum per infrascriptum ser Johannem sumptum, una
cum infrascriptis ser Johanne e ser Giannino notariis, cum ipso
auctentico diligenter et fideliter abscultavi, et quia utrumque concor-
dare / inveni ut eidem exemplo adibeatur de cetero plena fides, me in
testem subscripsi sub anno Domini ab eius incarnatione millesimo
trecentesimo quadragesimo septimo indictione prima / die decimo
mensis novembris, secundum consuetudinem notariorum civitatis
Florentie./
(SN) Ego Gianninus Donatini de Cornivole, Florentine diocesis, im-
periali auctoritate iudex ordinarius publicusque notarius cum suo
autenticho scripto manu dicti Bartolomei / notarii per infrascriptum
Iohannem sumptum una cum suprascripto ser Simone et infrascripto
ser Iohanne notariis cum ipso autenticho diligenter et fideliter
abscultavi et quia utrumque / concordare invenii, ut eidem exemplo
adhibeatur decetero plena fides, me in testem subscripsi sub anno Do-
mini indictione et die predictis secundum/ consuetudinem notariorum
civitatis Florentie./
(SN) Ego Iohannes filius Iohannes filius Nuti de Martignana, Floren-
tine diocesis, imperiali auctoritate iudex ordinarius et notarius publicus
hoc exemplum ex suo autentico / scripto manu Bartholomei predicti
fideliter sum[p]si et post modum ipsum exemplum una cum supra
scriptis ser Giannino et ser Simone notariis diligenter / abscultavi et
quia utrumque concordare inveni, nicchil addendo vel minuendo preter
puntum vel virgulam quod sensum vel intelectum, / ut eidem exemplo
adhibeatur decetero plena fides et in ipsius exempli fidem et
testimonium sue subscripsi / sub anno Domini MCCCXLVII indictio-
ne prima die decimo mensis novembris secundum consuetudinem
florentinorum./

187
Valeria Schirru

XLII

1332 Febbraio 19, Oristano

Don Cipriano, priore generale dell’Ordine Camaldolese, cede Iusta,


ancella della chiesa di San Martino di villa Birore dipendente dal mona-
stero di Santa Maria di Bonarcado, a don Giorgio, canonico arborense,
per il prezzo di 30 libbre di alfonsini minuti, allo scopo di aiutare don
Silvestro, abate di San Zenone di Pisa, a pagare i debiti dai quali era
gravato il suo monastero.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1332 febbraio 18.


Copia autentica [B] del 10 novembre 1348, pergam., mm. 340 x 620.
Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 19 Feb(bbraio) 1332”.
Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo pisano.
Trattandosi del 19 febbraio, poiché il 1332 fu un anno bisestile (A. CAPPELLI, Crono-
logia, cronografia e calendario perpetuo, p. 92), l’anno non deve essere rettificato; una
conferma viene dall’indizione quindicesima.
Per quanto riguarda la data della copia è usato lo stile dell’incarnazione secondo il
computo fiorentino: “secundum consuetudinem florentinorum”. L’anno 1347, trattan-
dosi del 10 novembre, deve essere rettificato al 1348. Una conferma viene
dall’indizione che in quell’anno era la prima.
La copia è stata sottoscritta dai notai: Gianninus Donatini de Cornivole notaio impe-
riale, Simon filius quondam Ciati de Gangalandi notaio imperiale, Iohannes filius
Nuti de Martignana notaio imperiale.

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. XXI, p. LXIII.

In eterni Dei nomine amen. Ex hoc publico instrumento omnibus


pateat evidenter quod cum venerabilis et religiosis vir dompnus fratre
Silvester abbas monasterii Sancti / Zenonis de Pisis asereret dictum
monasterium magnis debitis agravatum, occasione servitiorum que
facere tenebantur abbates dicti monasterii romane Ecclesie, / occasio-

188
Appendice documentaria

ne provisionum factarum de ipsis abbatibus predecessoribus suis et


per provisione sua ipsius domini abbatis, facta de eo dicto monasterio
per apostolicam sedem et non haberet / dictum monasterium unde
posset comode predicta debita solvere, petiit subsidium a venerabili et
religioso viro dompno Cipriano priore monasterii de Bonarcato,
membri / predicti monasterii Sancti Zenonis. Et quia dictus prior non
habebat in prontu pecuniam ad iuvandum predictum monasterium
Sancti Zenonis, considerans Iustam pisanam / ancillam ecclesie Sancti
Martini de villa Birore, filiam Iuliani pisani servi ecclesie Sancti Martini
suprascripte, que est immediate subiecta predicto monasterio de Bonar/
chato, esse minus utilem suprascripto monasterio de Bonarchato et esse
utilius eam pro pecunis comutare ut dictum monasterium Sancti
Zenonis ad solvendum dictum debitum adiu/veretur. Et volens idem,
prior dictum monasterium, adiuvare dictam ancillam extimatam
communi extimatione libras quindecim denariorum alfonsinorum
parvorum, cum / venerabili viro dompno Georgio pisano canonico
Arborense, permutavit de licentia parabola et consensu suprascripti
venerabilis domini abbatis, presentis ibi et parabolam / et consensum
dantis et interponentis et licentiam concedentis, et eam nomine
permutationis et cambii, tradidit et dedit eidem dompno Georgio
presenti et / recipienti cum omni iure actione, ratione, proprietate usu
peculio, ancillam et bonis suis ut idem dompnus Georgius eam tradat
perpetue libertati hinc / ad unum mensem proxime venturum. Insuper
suprascriptus prior prioratus nomine, presentia, consensu, licentia et
parabula suprascripti domini abbatis ut supra et occasione predicta ex
e predicta / causa permutationis, dedit cessit et mandavit eidem
dompno Georgio, presenti et recipienti omnia iura et nomina
omnesque actiones et reales utiles / et directas reales personales et mixtas
nec non contrarias et omnes alia sibi suprascripto priori in dicta vel
predicta, re in cambium data competentes et compe/tentia, compe-
tituras et competitura, quatenus hiis omnibus et singulis de cetero
utiliter et directe dictus dompnus Georgius, vel eius heredes sive cui
vel quibus de/derint vel habere, decreverint eorum nomine proprio
possint agere causari excipere et replicare et se tueri / adversus et
contra dictum priorem et eius successores / et bona dicti monasterii et
adversus et contra omnem aliam personam, locum et universitatem.
Et versa vice suprascriptus dompnus Georgius eidem suprascripto

189
Valeria Schirru

priori presenti et / recipienti in permutationem et cambium et nomi-


ne permutationis et cambii suprascripte ancille dedit et tradidit
duplum extimationis predicte atque valoris, de quo / duplo
suprascripte extimationis et valoris suprascriptus prior prioratus no-
mine de voluntate parabole et consensu suprascripti domini abbatis
ibi presentis et consentientis se a suprascripto dompno / Georgio bene
quietum et contentum vocavit, et inde ipsum dompnum Georgium et
eius heredes et bona suprascriptas prior nomine quo supra et de
suprascriptis licentia parabola / et consensu liberavit penitus et
absolvit. Quam permutationem et cambium et omnia suprascripta et
infra scripta et singula suprascriptorum et infrascriptorum suprascripte
partes, / convenerunt et promiserunt sibi ipsis invicem et perpetuo
inviolabiliter habere, tenere et observare haberique teneri et observari
facere firmam et firma, ratam et rata, / validam et valida. Et contra
predicta vel aliquod predictorum non facere vel venire, per se ipsos vel
per alium ullo unquam tempore aliquo modo vel iure, occasione, vel /
causa nec se ipsos invicem, nomine quo supra, propterea de cetero
imbrigare vel molestare sive per placitum vel alio modo fatigare set
sese ipsos invicem, / defendere et disbrigare ab omnibus inbrigantibus
personis et autores defensores, et principales disbrigatores nominibus
quibus supra, / semper erunt et existent cum omnibus eorum
nominibus, quibus supra, et eorum et cuiusque eorum sucessorum et
eorum heredum, expensis, ad penam dupli extimationis dicte
permutationis / et cambii sibi ipsis invicem conventam et stipulatam.
Et dampnum seu expendium quod inde et propterea haberemur sibi
ipsis invicem per stipulationem dare, componere / et restituire,
nominibus quibus supra promiserunt et convenerunt, obligando sese
ipsos invicem nominibus quibus supra, presentia quoque parabola
licentia et voluntate / suprascripti domini abbatis et ipso domino
abbate ibi presente, consentiente et volente et eorum successores et
bona sibi ipsis invicem et eorum heredes. Renuntiando omni iuri sibi
/ ipsis invicem, nominibus quibus supra, contra predicta vel aliquod
predictorum competenti et competituro. Et sic dicte partes, nomini-
bus quibus supra, de predictis parabula licentia con/sensu et voluntate
preceperunt et plenam bailiam et liberam potestatem dederunt eas in
vicem ingredi possessionem et tenere suprascripte rei in cambium
datas quatenus eam suprascripte partes / eorum nomine iure proprio

190
Appendice documentaria

possideat et se pro eis nominibus quibus supra interim constituerunt


possidere et quasi. Actum Arestani in quadam camera curie venerabili
/ domini Filippi Mameli decretorum doctoris canonici arborensis,
presentibus suprascripto domino Phylippo, dompno Jacobo monacho
et sotio suprascripti domni abbatis, et Baldo quondam / Crestie de
Perusio, testibus ad hoc rogatis et vocatis, Dominice incarnationis
anno millesimo trecentesimo trigesimo secundo, indictione quintade-
cima, undecimo kalendas martii. Ego Nicolaus quondam Comite de
Arestano, regia auctoritate notarius, hanc cartam a Bartholo Matao
notario de Arestano quondam suprascripti Gomite rogatam, / ut in
eius actis inveni eius sceda, a me visa et lecta ex commissione, inde
mihi facta, a suprascripto Bartholo de universis actis suis et ex balia
auctoritate et decreto nobilis / viri dompni Mariani de Amirai
curatoris civitatis Arestani habentis ordinariam iurisdictionem in dicta
civitate, auctoritatem suam et decretum interponentis / omnibus
cartis extrahentis de dictis actis per me suprascriptum, dictam cartam
de dictis actis extrassi, scripsi et firmavi./
(SN) Ego Gianninus Donatini de Cornivole, Florentine diocesis, im-
periali auctoritate, iudex ordinarius, publicusque notarius, hoc exem-
plum / cum suo autenticho scripto manu dicti Nicholai notarii per
infrascriptum ser Johannem sumptum una cum infrascriptis ser
Johanne et ser Simone / notariis, cum ipso autenticho diligenter et fi-
deliter ascultavi, et quia utrumque concordare inveni, ut eidem
exemplo / adhibeatur de cetero plena fides, me in testem subscripsi
sub annis Domini millesimo trecentesimo quadragesimo septimo,
indictione prima, die decima mensis novembris, secundum consuetu-
dinem notariorum civitatis Florentie./
(SN) Ego Simon filius quondam Ciati de Gangalandi Florentine diocesis
imperiali auctoritate iudex ordinarius et notarius publicus, hoc
exemplum cum suo auctentico, / scripto manu dicti Niccholai notarii
per infrascriptum ser Iohannem sumptum una cum suprascripto ser
Giannino notario et infrascripto ser Iohanne notario, / cum ipso
auctentico diligenter et fideliter abscultavi, et quia utrumque concordare
inveni, ut eidem exemplo adhibeatur / de cetero plena fides me in testem
subscriptis sub anno Domini ab eius incarnatione millesimo trecente-
simo quadragesimo septimo, indictione / prima, die decima mensis
novembris, secundum consuetudinem notariorum civitatis Florentie./

191
Valeria Schirru

(SN) Ego Iohannes filius Nuti de Martignana Florentine diocesis, im-


periali auctoritate iudex ordinarius et notarius publicus, hoc exemplum
/ cum suo autentico scripto manu dicti Niccolay notarii sumpsi et post
modum ipsum exemplum una cum suprascriptis ser Giannino / et ser
Simone, notariis diligenter et fideliter abscultavi, et quia utrumque con-
cordare inveni nicchil addendo, / vel minuendo preter puntum vel
virgulam, quod sensum mutet vel intellectum, ut eidem exemplo
adhibeatur / de cetero plena fides et in ipsius exempli plenam fidem et
testimonium me subscripsi, sub anno Domini millesimo trecen/tesimo
quadragesimo septimo, indictione prima, die decima mensis novembris,
secundum consuetudinem notariorum civitatis Florentie./

XLIII

1332 Aprile 1, Oristano

Don Michele, priore del monastero di Santa Maria di Bonarcado, cede


Andrea, servo della chiesa di San Martino di villa Birore dipendente dal-
lo stesso monastero, a Giorgio Pisano, canonico arborense, in cambio di
30 libbre di alfonsini minuti, con l’obbligo di dare al servo, entro un
mese, la libertà perpetua.

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1333 aprile 2.


Copia autentica [B] del 10 novembre 1348, pergam., mm. 280 x 710.
Inchiostro marrone scuro; stato di conservazione: buono.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 2 Ap(ri)le 1333”.
Per la datatio chronica è usato lo stile dell’incarnazione secondo il computo pisano;
l’anno 1333 deve essere rettificato al 1332, trattandosi del 1° aprile. Una conferma
viene dall’indizione che nel 1332 era la prima.
Per quanto riguarda la data della copia è usato lo stile dell’incarnazione secondo il
computo fiorentino: “secundum consuetudinem florentinorum”. L’anno 1347, trattan-
dosi del 10 novembre, deve essere rettificato al 1348. Una conferma viene
dall’indizione che in quell’anno era la prima.
La copia è stata sottoscritta dai notai: Gianninus Donatini de Cornivole notaio impe-
riale, Simon filius quondam Ciati de Gangalandi notaio imperiale, Iohannes filius
Nuti de Martignana notaio imperiale.

192
Appendice documentaria

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. XXII, p. LXVII.

In eterni Dei nomine amen. Ex hoc publico instrumento omnibus


pateat evidenter quod cum venerabilis et religiosus vir dominus frater
/ Silvester abbas monasterii Sancti Zenonis de Pisis asereret dictum
monasterium magnis debitis agravatum, occasione servitiorum que
facere / tenebatur abbates dicti monasterii romane Ecclesie, occasione
provisionis facte de ipsis abbatibus predecessoribus suis et pro
provisione / sua ipsius domini abbatis facta de eo dicto monasterio per
apostolicam sedem, et non haberet dictum monasterium unde posset
comode / predicta solvere petiit subsidium a venerabili et religioso
viro, dompno Michaele, nono priore monasterii de Bonarchato, ab
eodem domino abbate facto et constituto per cartam rogatam a
Bartholo notario infrascripto, quod monasterium de Bonarcato / est
membrum dicti monasterii Sancti Zenonis et quod dictus dompnus
Michaele non habet in presentii pecuniam ad adiuvandum / dictum
monasterium Sancti Zenonis, considerans Andream, pisanum servum
ecclesie Sancti Martini de villa Birore, filium / Iuliani pisani servi
ecclesie sancti Martini predicti, que est immediate subiecta predicto
monasterio de Bonarcanto, est minus / utilem Sancte Marie de
Bonarcato et esse utilius, causa pecunie comutare, ut dictum
monasterium Sancti Zenonis ad solvendum dictum / debitum
adiuvetur. Et volens idem dompnus Michaele, prior dictum
monasterium, adiuvare dictum Andream, servum extima/tum, causa
extimationis libras quindecim denariorum alfonsinorum minutorum,
cum venerabili viro dompno Georgio pisano canonico Arborensi per/
mutavit de licentia parabola et consensu suprascripti venerabilis do-
mini abbatis presentis ibi et parabolam et consensum, / dantis et
interponentis, et licentiam concedentis et ipsum Andrea nomine
permutationis et cambii tradidit et dedit eidem / dompno Georgio,
presenti et recipienti cum omnium iurium actione rerum proprietate
usu peculio servitute et bonis suis, ut idem / dompnus Georgius
ipsum tradat perpetue libertati hinc ad unum mensem proximo
venturum insuper suprascriptus prior prioratus, / nomine presentia
consensu licentia et parabola supradictis domini abbatis et supra et

193
Valeria Schirru

predicta ex predicta causa permutationis dedit, / cessit, concessit, et


mandavit eidem dompno Georgio, presenti et recipienti omnia iura et
nomina omnes actiones et rationes / utiles et directas reales personales
et mixtas nec non contrarias et omnes alias sibi suprascripto priori in
dicta vel pro predicta / re in cambium data competentes et competen-
tia, competitura et pertinentia, que hiis omnibus et singulis de cetero
uti/liter et directe suprascriptus dompnus Georgius vel eius heredes
sive cui vel quibus dederint vel habere decreverint, / earum nomine
iure proprio possint agere causam excipere et replicare et se tueri
adversus et contra dictum priorem et eius succesores / et bona dicti
monasterii et adversus et contra aliam personam locum et universita-
tem. Et versa vice dictus dompnus Georgius / eidem suprascripto
priori presenti et recipienti in permutationem et cambium et nomine
permutationis et cambii suprascripti servi, dedit et tradidit duplum /
extimationis predicte atque valoris de quo duplo suprascripte
extimationis, suprascriptus prior nomine et voluntate parabula et con/
sensu suprascripti domini abbatis ibidem presentis, consentientis et
licentiam dantis se a dicto dompno Georgio bene quietum et con/
tentum vocabit, et inde ipsum dompnum Georgium et eius heredes et
bona suprascriptus prior nomine quo supra et de suprascriptis licentia
parabula / consensu liberavit penitus et absolvit. Quam permutatio-
nem et cambium et omnia suprascripta et infrascripta et singula
suprascriptorum et infrascriptorum / suprascripte partes nominibus
quibus supra presentia consensu et voluntate licentia atque parabula
suprascripti domini abbatis et ipso domino ibi / presente consentiente
et volente. Per sollempnem stipulationem promisit convenit sibi ipsis
invicem perpetuo inviolabiliter habere, / tenere et observare, haberique,
teneri et observari facere firmam et firma ratam et rata validam et vali-
da. Et contra predicta, / vel aliquod predictorum non facere, vel veni-
re per se ipsos, vel per alium, ullo unquam tempore, aliquo modo vel
iure occasione, vel causa / nec se ipsos invicem nomine quo supra
propterea de cetero inbrigare, vel molestare, sive per placitum, vel alio
modo fatigare. / Sed sese ipsos invicem nominibus quibus supra de-
fendere, auctorizare et disbrigare, ab omnibus imbrigantibus personis,
et / locis, cum omnibus eorum et cuiuscumque et succes-
soribus expensis ad penam dupli extimationi dicte permutationis et
cambii / sibi ipsis, invicem nominibus quibus supra conventa et stipu-

194
Appendice documentaria

lata et dampnum seu expendium quod inde et propterea haberetur. /


Sibi ipsis invicem nominibus quibus supra presentia consensu parabola
licentia dantes et eorum heredes et sucessore et bona suprascripti
dompni / Georgii et dicti monasterii sibi ipsis invicem nominibus
quibus supra contra predicta vel aliquod predictorum competentia et
competitura. Et sic dicte / partes nominibus quibus supra predictis
parabola licentia et consensu et voluntate preceperunt et baliam et
liberam potestatem sibi ipsis / invicem dederunt, videlicet suprascrip-
tum dompnum Georgium ingredi posse et tenere suprascriptum
servum in cambium et permutationem dati ut supra quandocumque et
eorum et cuiuscumque eorum heredum et successorum. Renuntiando
omni iure sibi ipsis invicem et suprascriptorum priorem prioratus no-
mine duplum predicte suprascripte extimationis et valoris, in
permutationem et cambium dati accipere, / et eum posse aprehendere
statim quam quilibet pars dictas res permutata suo nomine iure pro-
prio possideat, et se pro invicem / intentu precario constituerunt
possidere et quasi. Actum Arestani in camera quadam curie domini
Filippi Mameli de/cretorum doctoris, presentibus dompno Jacopo
monaco dicti ordinis et Baldo quondam Crescie de Perusio testibus ad
hec / rogatis et vocatis anno Domini ab incarnatione millesimo
trecentesimo trigesimo tertio, inditione quinta decima, quinto nonas
aprilis./
Ego Nicolaus quondam Gomite Matai de Arestano, regia auctoritate
notarius, hanc cartam a Bartolo Matao notaio de / Arestano quondam
suprascripti Gomite, rogata ut in eius actis inveni eius sceda a me visa
et lecta ex commissione inde mihi facta / a supra scripto Bartolo, de
universis actis suis et ex balia auctoritate et decreto nobilis viri
dompni Margianii de Donnai curatoris / civitatis Arestani, habentis
ordinariam iurisdictionem in dicta civitate, autoritatem suam et
decretum interponentis omnibus / cartis extraendis de dictis actis, per
me notarium suprascriptum dictam cartam de dictis actis extrassi
scripsi et firmavi./
(SN) Ego Gianninus Donatini de Cornivole, Florentine diocesis, im-
periali auctoritate, iudex ordinarius, / publicusque notarius, hoc
exemplum cum suo autenticho scripto manu dicti Nicholai notarii,
per / infrascriptum ser Johannem sumptum, una cum infrascriptis ser
Johanne et ser Simone notariis cum ipso auten/ticho diligenter et

195
Valeria Schirru

fideliter abscultavi, et quia utrumque concordare inveni, ut / eidem


exemplo adhibeatur de cetero plena fides, me in testem subscripsi sub
annis / Domini millesimo trecentesimo quadragesimo septimo,
indictione prima, die decima mensis / novembris, secundum consue-
tudinem civitatis Florentie./
(SN) Ego Simon filius quondam Ciati de Gangalandi Florentine dio-
cesi, imperiali auctoritate, iudex ordinarius et notarius publicus, / hoc
exemplum cum suo auctentico scripto manu dicti Niccholai notarii per
infrascriptum ser Iohannem sumptum, / una cum suprascripto ser
Giannino et infrascripto ser Iohanne notario, cum ipso auctentico
diligenter et fideliter / abscultavi, et quia utrumque concordare inveni,
ut eidem exemplo adhibeatur de cetero plena / fides, me in testem
subscriptis sub anno Domini incarnatione millesimo trecentesimo
quadragesimo septimo, indictione prima, / die decima mensis novem-
bris, secundum consuetudinem notariorum civitatis Florentie./
(SN) Ego Iohannes filius Nuti de Martignana Florentine diocesis, im-
periali auctoritate, iudex ordinarius et notarius publicus, / hoc exem-
plum, per me sumptum ex suo autentico scripto manu dicti Niccolay
notarii, / una cum suprascriptis ser Giannino et ser Simone notariis,
cum ipso autentico diligenter et fideliter / abscultavi, et quia utrumque
concordare inveni ut eidem exemplo adhibeatur de cetero / plena fides
et in ipsius exempli plenam fidem et testimonium, me subscripsi, /
sub anno Domini MCCC XLVII indictione prima, die decima mensis
novembris, secundum consuetudinem / notariorum civitatis
Florentie./

XLIV

1384 Ottobre 15, Soci.

Padre Giovanni, priore generale dell’Ordine Camaldolese, nomina abate,


rettore e governatore di Santa Trinità di Saccargia, don Filippo Bartolo,
monaco camaldolese di San Salvatore di Camaldoli presso Firenze, essen-
do rimasta vacante la carica per la morte dell’abate Giovanni Teotonico.

196
Appendice documentaria

A.S.F., Diplomatico Camaldoli 1384 ottobre 15.


Originale [A] redatto dal notaio Leonardus olim Francisci de Castilione, pergam.,
mm. 280 x 351.
Inchiostro marrone chiaro tendente al rossiccio; stato di conservazione: mediocre.
Lo specchio di scrittura è delimitato con rigatura a secco. La scrittura corre parallela
al lato minore della pergamena.
Note dorsali: in alto è la segnatura archivistica “Camaldoli 15 Ott. 1384”. In basso
con mano moderna “1384. § Electio n. 6 c. 35 / abbatis S. Trinitatis de Sacraria in
Sardinia”.
Per la datatio chronica, posta all’inizio del documento, subito dopo l’invocatio verba-
le, è usato lo stile della natività che faceva iniziare l’anno il 25 dicembre. L’anno
1384, trattandosi del 15 ottobre, non deve perciò essere rettificato e viene conferma-
to anche dall’indizione settima.

Edizioni:
– G. ZANETTI, I Camaldolesi in Sardegna, doc. XXIV, p. LXXV.

In nomine Domini amen. Anno Domini a nativitate millesimo tre-


centesimo otuagesimo quarto indictione VII in tempore sanctissimi
patris et domini domini(a) Urbani, / divina providentia, pape sexti die
quintadecima mensis octubris. Pateat omnibus evidentur hoc instru-
mentum publicum inspecturis quod monasterium Sancte / Trinitatis de
Sacraria insule Sardinee quod ad sanctam Camaldulensem heremum
que est caput totius Camaldulensis ordinis pleno iure et / manualiter
pertinere dignoscitur gubernatore solito presentialiter destituto per
obitum religiosi viri dompni Iohannis Thehotonici, olim / abbatis
eiusdem, qui nuper apud civitatem Pisis diem clausit extremum
reverendus pater dominus Iohannes, sancte Camaldulensis heremi
prior et totius / eiusdem ordinis generalis, ad quem de iure et antiqua
consuetudine spectat instituto, reformatio et quelibet alia dicti
monasterii dispositio, habito / super hoc consilio et assensu capituli
heremi prelibate pro ut dixit ne monasterium ipsum ex diutina
rectoris carentia, detrimentum, aliquod in spiritualibus vel tempora-
libus / patiatur, Spiritus Sancti gratia invocata in venerabilem virum
dompnum Philippum Bartoli de Florentia, monachum monasterii
Sancti Salvatoris de Florentia / eiusdem ordinis Camaldulensis, direxit

(a)
Nel documento la parola domini viene ripetuta.

197
Valeria Schirru

aciem mentis sue ipsumque dompnum Philippum virum utique


providum et discretum, monachum dicti ordinis, / expresse professum
in sacerdotio constitutum et in eo diutius laudabiliter conversatum,
etatis mature scientie competentis et aliarum virtutum merito /
preditum ad laudem et reverentiam sancte Trinitatis in cuius vocabulo
dictum monasterium dicitur esse fundatum et beate Marie virginis
matris domini nostri / Jesu Christi et beatorum apostolorum Petri et
Pauli et omnium aliorum sanctorum celestis curie nec non ad reve-
rentiam Sancte Romane Ecclesie, et santissimi domini Urbani / sexti
eiusdem generalis pastoris et ad onorem sancte Camaldulensis heremi
et ipsius ordinis universi ac et statum utilem et perfectum Sacrariensis /
monasterii supradicti, omni modo iure et forma, quibus magis et
melius potuit in abbatem rectorem et gubernatorem predicti mo-
nasterii Sancte Trinitatis de Sacraria / instituit et prefecit curam et
administrationem dicti monasterii et ipsius iurium et bonorum spiri-
tualium et temporalium, plenarie commictendo usque dumtaxat / ad
sue et dicti sui capituli beneplacitum voluntatis. Qui dompnus Philip-
pus genuflexus coram dicto domino priore dictam institutionem, de
se factam humiliter, / aceptavit et intuitu administrationis sibi com-
misse prefato domino priore, recipienti pro se et suis successoribus,
promisit obedientiam et reverentiam manualem / secundum regulam
sancti Benedicti et Camaldulensis ordinis instituta, et fidelitatis
prestitit solitum iuramentum promictens specialiter et expresse quod
censum, / debitum prefate heremo a supradicto monasterio iuxta
suum posse persolvere procurabit. Qui dominus prior commisit vene-
rabili viro priori monasteri de / Bonargato eisdem ordinis quatenus
dictum dompnum Philippum abbatem, per se vel alium in corporalem
possessionem dicti monasterii et eius iurium et bonorum canonice /
introducat a moto a quolibet alio inlicito detentore. Et predictum
dompnum Philippum dictus dominus prior de abatiatu dicti mo-
nasterii de Sacraria / per suum anulum presentialiter investivit./
Actum in castro Soci comitatus Florentie in domibus habitationis
dicti domini prioris presentibus venerabilibus viris dompno Petro
Senensi, abbate monasterii / Sancte Marie de Pratalia, dompno Johan-
ne Burgensi hospitalario hospitalis prope Sanctum Fridianum de Pisis
ordinis prelibati, et Luca Venturucii / de burgo Sancti Sepulcri testibus
ad predicta vocatis habitis et rogatis./

198
Appendice documentaria

(SN) Ego Leonardus olim Francisci de Castilione aretino publicus im-


periali auctoritate notarius atque iudex ordinarius predictis omnibus
dum / agerentur interfui et ea rogatus scripsi et publicavi signum que
meum apposui consuetum./

199
Indice

6
INDICE ONOMASTICO (*)

A Altafronte, iurisperito di Firenze: XVI, XX


Abelardo, presbitero cardinale di San Marcel- Anacleto II, antipapa: 18, 93
lo: XXI Anastasio IV, papa: XVIII, XIX, XX, XXI, 108,
Adelasia di Torres: 45 111, 122

Agalbursa, moglie di Barisone I de Lacon- Anastasio, presbitero cardinale di Beato


Serra giudice di Arborea: 47 Clemente: X
Andrea Pisano, servo della chiesa di San
Agnese, figlia di Manfredo II marchese di
Martino di villa Birore, figlio di Giuliano:
Saluzzo e seconda moglie di Comita II de
XLIII, 192
Lacon giudice di Torres: XXVI, XXIV, 23, 42,
128, 138 Andrea, converso della chiesa di Santa Trinità
di Saccargia: XXXVIII
Aimerico, diacono cardinale e cancelliere della
Chiesa di Roma: X, XIV Andrea, figlio del fu Comita di Sassari,
monaco camaldolese, vicario e rettore della
Alberico, vescovo di Ostia: XVI chiesa e della curia di San Nicola di
Albertisco, figlio di Friderico, notaio Trullas: XXVIII, 151
imperiale: XXXIV, 162 Andrea, vicario della chiesa di San Nicola di
Alberto, presbitero cardinale di San Lorenzo Trullas: XXXII
in Licina: XX Andreotto, detto Lotto, figlio di Albertisco e
Alberto, presbitero cardinale e cancelliere proprietario della metà della vicaria e della
della Chiesa di Roma: XXI, 122 chiesa di San Nicola di Trullas: XXXIII, 159
Anna de Zori, moglie di Costantino I de
Alberto, vescovo di Alba: XIV
Lacon-Serra giudice di Arborea: 47
Alberto, vescovo di Magdeburgo, testimone: Anselmo, mariscalco e testimone: XXVII, 144
XXVII, 144
Anselmo, presbitero cardinale di San Lorenzo
Alberto, vescovo di Sorres: VI, 74 in Licina: XIV
Albino, presbitero cardinale di Santa Civita Antolino, testimone: XXVIII
in Gerusalemme: XXI
Antonio Pilalbo: XXXIII
Alessandro III, papa: XX, XXI, 114
Arozzi Ardu, servo del monastero di Santa
Alessandro VI, papa: 50 Maria di Bonarcado: XLI

(*) I numeri romani si riferiscono ai documenti, i numeri arabi alle pagine

201
Valeria Schirru

Atone, vescovo di Castro: 27, 39, 40 Bartolomeo, figlio di Viviano di Pisa, notaio:
XL
Azo, arcivescovo di Torres: III, V, XII, XV, X, XIV,
XIX, 20, 26, 32, 33, 37, 44, 59, 64, 68,69, Bartolomeo, monaco dell’eremo di San
89, 97 Salvatore di Camaldoli e vicario del
Azo, marchese di Este, testimone: XXV monastero di San Nicola di Trullas: XXXVIII,
XXXIX, 169
Azo, priore dell’eremo di San Salvatore di
Camaldoli: XII, 88 Bartolomeo, pievano di Liburna e vicario
generale del Capitolo della Chiesa di
Azone, priore generale dell’Ordine Firenze: XVI, XX
Camaldolese: XV, XVI, 100
Bartolomeo, priore del monastero di San
Bartolomeo in Anglari: XL
B Bencivenne, arcidiacono di Fiesole: XVI, XX
Baldo, figlio del fu Crescie de Perusio, Benedetto de Miciano, testimone: XL
testimone: XLI, XLII, XLIII
Benedetto, abate del monastero di Santa
Baldovino Pisano, arcivescovo di Pisa e Trinità di Saccargia: XIV, 93
legato pontificio: XV, 39, 97
Benedetto, giudice imperiale e notaio di
Barisone Corda, casa di, in cui abitava
Firenze: XVI, XX, XXV, 100, 115, 130
l’abate di Santa Trinità di Saccargia:
XXXVIII Benedetto, monaco camaldolese e testimone:
XXX, XXXI, XXXII
Barisone de Setilo, testimone: I
Benedetto, monaco dell’eremo di San
Barisone de Ussan, testimone: VI
Salvatore di Camaldoli e nunzio del priore
Barisone I de Lacon-Serra, giudice di generale dell’Ordine Camaldolese: XXXVIII,
Arborea: 22, 41, 47 XXXIX, 169

Barisone II de Lacon, giudice di Torres: XIII, Benvenuto Iacobo de Perusio, testimone:


XVII, 22, 37, 91, 107 XXXVI, XXXVII

Barisone, figlio di Maria de Thori: XXII, 22, Bernardo de Capraia: 51


41, 125, 126
Bernardo, figlio del fu Bertramino, fratello di
Bartolo Matao, notaio di Oristano: XLII, XLIII Raynerius, cittadino di Perugia: XXVII
Bartolo, priore di Santa Maria del Regno e Bernardo, presbitero cardinale di San
testimone: XXXIV Grisogono: XIV
Bartolo, vicario generale dell’Ordine Bernardo, speziale: XXXVIII, 170
Camaldolese: XXXI
Bernardo, vescovo di Santa Rufina in Porto:
Bartolomeo, camerario di Santa Trinità di XX
Saccargia e testimone: XXXIII
Blanco, converso camaldolese e testimone: XL
Bartolomeo, detto Bartolo Deligia, figlio del
fu Giovanni Deligia, cittadino di Oristano, Boccio, figlio di Boccio di Pisa, testimone:
pubblico notaio del re d’Aragona: XLI, 176 XXXV

202
Indice onomastico

Bonacurso, testimone: XL Comita, donnicello e testimone: XIII, 91


Bonaventura de Fesulis, notaio imperiale e Comita, magistro sutore e testimone: XXXIV
giudice ordinario: XXX, XXXI, XXXII, XXXVI,
Consilio, visitatore generale in Sardegna per
XXXVII, 154, 156, 158, 167, 168
conto del priore generale dell’Ordine
Bono, presbitero cardinale di Santa Camaldolese: XXIX, 153
Pudenziana: XX
Corrado Metense, vescovo e vice cancelliere
Bono, priore generale dell’Ordine imperiale dell’arcivescovo Sifrido
Camaldolese: XXXVI, 43, 167 Magontino: XXVII, 144
Corrado Spirense, vescovo e vice cancelliere
C di Theodorico arcivescovo di Colonia: XXV

Castalduccio, converso camaldolese e Corrado, marchese di Monferrato e testimone:


XXVII, 144
testimone: XXXV
Castrelione de Vico, notaio: XXXIII Cosimo I, granduca di Toscana: 13

Cencio Camerario: 45 Costantino Dathen, testimone: XXVI, 139

Cinzio, diacono cardinale di Sant’Adriano: Costantino de Athen, fratello di Itoccorre e


XX
Pietro de Athen: VI, 73

Cipriano, priore del monastero di Santa Costantino de Seulo, testimone: VI


Maria di Bonarcado: XLI, XLII, 188 Costantino de Thori, testimone: VI
Clemente, priore della chiesa di Soci e Costantino de Thori, testimone: XIII, 92
testimone: XXXVI, XXXVII
Costantino I de Lacon, giudice di Torres: I,
Comita de Gunale, testimone: XIII, 91 III, IV, V, VI, IX, X, XI, 19, 20, 21, 26, 31, 32,

Comita de Iravitha, testimone: XIII, 91 35, 36, 37, 43, 44, 45, 59, 60, 62, 63, 64,
67, 68, 69, 73, 74, 83, 84, 87
Comita de Lacon, donnicello e testimone: I
Costantino I de Lacon-Serra, giudice di
Comita de Lacon, testimone: VI Arborea: 47
Comita de Lacon, testimone: XIII Costantino II de Lacon, re e figlio di
Comita de Martis, testimone: VI Barisone II de Lacon giudice di Torres: XIII,
22, 37, 91
Comita de Navithan, testimone: XXVI, 139
Costantino Verrica, vescovo di Pravazi (?): IX
Comita de Serra, testimone: XXVI, 139
Costantino, figlio di Maria de Thori: XXII,
Comita de Thori, marito di Vera de Athen: 22, 41, 125, 126
VI, 73
Crisostomo, diacono cardinale di Santa
Comita II de Lacon, giudice di Torres: XXII, Maria in Portico: XIV
XXIV, XXVI, 22, 23, 27, 41, 42, 125, 126,
128, 138, 139 Crisostomo, diacono cardinale: VIII
Comita Pinna, testimone: XXVI, 139 Crisostomo, notaio: VII

203
Valeria Schirru

Cyrano, ospitalario dell’ospedale di San Enrico, mariscalco di Callendin, testimone:


Fridiano di Pisa: XXIX XXV

Enrico, preposito della canonica di San


Donato di Arezzo: XXV, XXVII, 100, 122,
D 142
Deodato Alamanni Cacciafuori, notaio Enrico, vescovo di Basilea, testimone: XXVII,
imperiale, giudice ordinario e notaio 144
pubblico di Firenze: XXXV, 164
Ermanno, marchese di Baden testimone: XXVII,
Desiderio, presbitero cardinale di Santa 144
Prassede: X
Eugenio III, papa: XVI, XX, XXI, 39, 99, 100,
Dionisio Bindi de Calenzano, notaio 101
imperiale e giudice ordinario: XVI, XX, XXV,
Ezzelino de Tarvisio, testimone: XXV
100, 130
Donato, figlio del fu Detaiuto di Arezzo,
notaio imperiale: XXVII, 141 F
Drogo, vescovo di Ostia: XIV Federico II, imperatore: XXVII, 140, 141, 142,
144
Federico, camerario e testimone: XXVII, 144
E
Filippo Bartolo di Firenze, monaco di San
Eberardo de Tanne, testimone: XXVII, 144 Salvatore di Firenze, poi abate del
Eberardo, conte di Helfenstein, fratello di monastero di Santa Trinità di Saccargia:
XLIV, 196
Ulrico, testimone: XXVII, 144
Egeno, conte di Ura e testimone: XXVII, 144 Filippo Mameli, canonico arborense: XLI, XLII,
XLIII, 176
Egidio, vescovo di Tusculo: X
Filippo, figlio del fu Manganello, notaio
Elena de Thori (1), moglie di Itoccorre de imperiale: XXVII, 141
Athen: VI, 73
Filippo, sacrista camaldolese e testimone:
Elena de Thori (2), moglie di Nistoli de XXXV
Carbia: VI, 73 Francesco de Casillis, priore di Santa Maria
Elia, presbitero e rettore di San Gavino: VI, 73 de Iscalas: 52

Engelardo, vescovo di Cesena: XXV Furato, presbitero di Castro: VI, 74

Enrico de Ravensberc, testimone: XXV Furato, presbitero: I

Enrico VI, imperatore: XXV, XXVII, 142, 143


Enrico, abate del monastero di San G
Mamiliano dell’isola di Monte Cristo: VIII Gelasio II, papa: VIII, 18, 50, 81
Enrico, abate del monastero di Santa Trinità Gerardo, arcivescovo di Salzbergensis e
di Saccargia: XXIX, 153 testimone: XXVII, 144

204
Indice onomastico

Gerardo, detto Gerardino, figlio del fu Giovanni XXII, papa: XX


Sighiero di Volterra, procuratore e nunzio
Giovanni, canonico della chiesa di
dell’eremo di San Salvatore di Camaldoli in
Sant’Andrea di Firenze: XVI, XX
Sardegna, vicario della chiesa di San Nicola
di Trullas: XXXI, XXXII, 156, 158 Giovanni, chierico e testimone: XL
Gerardo, priore generale dell’Ordine Giovanni, converso dell’eremo di San
Camaldolese: XL, 173 Salvatore di Camaldoli: XXXVIII
Giacinto, diacono cardinale di Santa Maria Giovanni, diacono cardinale dei Santi Sergio
in Cosmidin: XVI e Bacco: XIX
Giannino Donatino de Cornivole, notaio Giovanni, diacono cardinale di Sant’Adriano:
imperiale e giudice ordinario della diocesi di XVI
Firenze: XLI, XLII, XLIII, 176, 188, 192
Giovanni, diacono cardinale di Santa Maria
Giordano, presbitero cardinale di Santa Nuova: XVI
Susanna: XVI
Giovanni, figlio del fu Arrigheto de Pomino,
Giorgia de Athen, sorella di Costantino, notaio imperiale e giudice ordinario: XVI,
Pietro e Itoccorre de Athen: VI XX, XXV, 100, 115, 130

Giorgio Pisano, canonico Arborense: XLII , Giovanni, figlio di Nuto de Martignana,


XLIII, 188, 192 notaio imperiale e della diocesi di Firenze:
XLI, XLII, XLIII, XXV, 130, 176, 188, 192
Giovanni Bichisanio, decano della chiesa di
Torres: 46 Giovanni, frate dell’eremo di San Salvatore di
Giovanni Burgensi, ospitalario dell’ospedale Camaldoli e testimone: XXXIX
di San Fridiano di Pisa, testimone: XLIV Giovanni, presbitero cardinale di San
Giovanni Campulle, confinante delle due Giovanni e Paolo: XX
chiese di Santa Maria e Santa Giusta di Giovanni, presbitero cardinale di San Marco:
Orrea Pichina: XXII XX

Giovanni Dardo, testimone: XXXIV Giovanni, presbitero e rettore della chiesa di


Giovanni de Orrea, presbitero: XXIII San Pietro di Sorres: VI, 73

Giovanni Derthas, testimone: XXVI, 139 Giovanni, priore dell’eremo di San Salvatore
di Camaldoli e priore generale dell’Ordine
Giovanni Derthas, testimone: XXXIX Camaldolese: XLIV, 196
Giovanni Mudo, testimone: XXXIX Giovanni, priore dell’eremo di San Salvatore
Giovanni Sargu, vescovo di San Pietro di di Camaldoli: X, 84
Sorres: XII, XIII, 21, 27, 37, 73, 90, 91 Giovanni, priore della chiesa di San Nicola di
Giovanni Serdonis, presbitero: XXIII Trullas: XIII
Giovanni Teotonico, abate del monastero di Giovanni, priore generale dell’Ordine
Santa Trinità di Saccargia: XLIV, 196 Camaldolese: XXXV, 42, 164
Giovanni Villani, priore e giudice ordinario Giovanni, scrivano di Costantino I de Lacon
della città di Oristano: XLI giudice di Torres: XI

205
Valeria Schirru

Giovanni, subdiacono della Sacra Basilica: X Gregorio, diacono cardinale dei Santi Sergio
e Bacco: XIV
Giovanni, vescovo di Ottana: V, 69
Gregorio, priore del monastero di Santa
Giovanni, vescovo di Sorres: XII, XV, 21, 27,
Trinità di Saccargia: XIII
39, 88, 89, 97
Giuliano di Bartholo da Stia, cancelliere di Gualfredo, vescovo di Ploaghe: XV, 39, 97
San Salvatore di Camaldoli: 13 Gualtiero, figlio di Sigerio di Volterra: xxxiii
Giuliano Pisano, servo della chiesa di San Gualtiero, protonotaio: xxv
Martino di villa Birore, padre di Giusta:
XLII Guantino de Serra, testimone: xxxix

Giuliano, notaio imperiale e giudice Guglielmo Piu, figlio di Pietro Piu e servo di
ordinario: XXVIII Filippo Mameli: XLI

Giuliano, servo della chiesa di San Martino di Guglielmo, vescovo di Preneste: XIV
villa Birore, padre di Andrea: XLIII Guido de Spina, vicario del priore generale
Giulio, presbitero cardinale di San Marcello: dell’Ordine Camaldolese in Sardegna:
XIX XXXIV, 161

Giulio, presbitero cardinale di San Marcello: Guido, abate della chiesa e del monastero di
XVI Santa Trinità di Saccargia: XXXIV, 161
Giunta, figlio del fu Lutteringio, speziale e Guido, diacono cardinale dei Santi Cosma e
testimone: XXXVIII Damiano: XIV
Giunta, testimone: XXVIII Guido, diacono cardinale di Sant’Adriano:
XIV
Goffredo, diacono cardinale di Santa Maria
in Via Lata: XXI Guido, diacono cardinale di Santa Maria in
Gonnario Comita de Gunale: 47 Portico: XVI, XIX

Gonnario de Lacon, donnicello e testimone: I Guido, presbitero cardinale di San Giovanni


e Paolo: XXI
Gonnario de Lacon, donnicello e testimone:
VI Guido, presbitero cardinale di San Grisogono:
XVI
Gonnario de Maroniu, testimone: XXVI, 139
Guido, presbitero cardinale di San Lorenzo e
Graziano, diacono cardinale dei Santi Cosma Damaso: XVI
e Damiano: XXI
Guido, priore dell’eremo di San Salvatore di
Graziano, subdiacono e notaio della Chiesa di Camaldoli: VI
Roma: XX
Guido, sacerdote: XIV
Gregorio IX, papa: 45, 49
Guido, testimone: XXVIII
Gregorio VIII, antipapa: 18, 81
Guido, vescovo di Arezzo: X
Gregorio, abate del monastero di Santa Santa
Trinità di Saccargia: XIX, 111 Guido, vescovo di Tivoli: X

206
Indice onomastico

Guidone, converso camaldolese e testimone: Iacopo, monaco e sacrista del monastero di


XXXVI, XXXVII San Bartolomeo in Anglari, vicario,
procuratore e nunzio speciale della vicaria
Guidone, diacono cardinale e cancelliere della
di San Nicola di Trullas: XL, 173
Chiesa di Roma: XVI, 101
Ildebrando, conte Palatino e testimone: XXV
Guidone, priore dell’eremo di San Salvatore
di Camaldoli: III, 64 Ildebrando, vescovo di Volterra e testimone: XXV
Guidone, priore generale dell’Ordine Imaro, vescovo di Tusculo: XVI, XIX
Camaldolese: VII, 74, 78
Innocenzo II, papa: XIV, XVI, 93
Gunzelino, testimone: XXV Innocenzo III, papa: XXV, XXVII, 142
Ispella (Specla), moglie di Comita II de
H Lacon giudice di Torres,: XXII, 22, 41, 125,
126, 128
Hartmario, conte di Hirch[..]c, testimone: XXV
Istephane Catha, vedi Stefano Catha
Itoccorre de Athen, fratello di Costantino e
I Pietro de Athen: VI, 73
Iacobo de Calcinaria, vicario della chiesa di Itoccorre de Athen, marito di Elena de
San Nicola di Trullas: XXXV, 164 Thori: VI
Iacobo, diacono cardinale di Santa Maria in Itoccorre de Athen, testimone: I
Cosmidin: XX
Itoccorre de Athen, testimone: VIV
Iacobo, figlio di Purificato, notaio, sindaco e
procuratore di don Massaro: XXXIII Itoccorre de Kerki, testimone: I

Iacobo, figlio di Salerno, notaio imperiale: Itoccorre de Lacon, donnicello e testimone: I


XXXVIII, XXXIX, 170, 171 Itoccorre de Lacon, donnicello e testimone: VI
Iacobo, monaco camaldolese e testimone: XLIII Itoccorre de Lacon, figlio di Costantino I de
Iacobo, monaco e testimone: XLII Lacon giudice di Torres: XI

Iacobo, notaio: XXXIX Itoccorre de Lacon, testimone: XIII

Iacobo, notaio: XXXVIII Itoccorre de Monte, priore: XIII, 91

Iacobo, priore generale dell’Ordine Itoccorre de Mura, testimone: VI


Camaldolese: XXX, XXXI, XXXII, 154, 156, Itoccorre de Navithan, testimone: XXVI, 139
158
Itoccorre, donnicello e testimone: XIII, 91
Iacobo, procuratore di don Massario priore
generale dell’Ordine Camaldolese: XXXIII, Itoccorre, priore di San Pietro di Sorres: XII,

159 37, 89

Iacobo, vescovo di Sorres: V, 69 Iusta, Pisana, ancella della chiesa di San


Martino di villa Birore, figlia di Guliano
Iacopo, monaco camaldolese: XLI Pisano: XLII

207
Valeria Schirru

L Mariano Ardu, servo della chiesa di San


Gregorio della villa di Paulati: XLI, 176
Laborato, presbitero cardinale di Santa
Maria Transiberii: XXI Mariano Ardu, servo: XLI
Latefredo, presbitero cardinale di San Vitale: Mariano de Amirai, curatore e giudice
XIV ordinario della città di Oristano: XLII

Leonardo, figlio del fu Francesco di Mariano de Athen, testimone: I


Castiglione, aretino, notaio imperiale e Mariano de Athen, testimone: VI, 73
giudice ordinario: XLIV, 197
Mariano de Donnai, curatore e giudice
Leone X, papa: 52 ordinario della città di Oristano: XLIII
Leopoldo II di Lorena: 10 Mariano de Lacon, testimone: XXVI, 139
Lorenzo Lollo, figlio del fu Comita, Mariano de Maroniu, testimone: XXVI, 139
testimone: XLI
Mariano de Thori, testimone: I
Lotario, arcivescovo di Pisa e testimone: XXV
Mariano de Thori, testimone: VI
Lotto Alberteschi, vedi Andreotto detto Lotto
Mariano de Valles, testimone: I
Luca Venturuci, di borgo San Sepolcro,
Mariano Forma, confinante delle due chiese
testimone: XLIV
di Santa Maria e Santa Giusta di Orrea
Luca, presbitero cardinale di San Giovanni e Pichina: XXII
Paolo: XIV
Mariano Galle, testimone: VI
Mariano II de Lacon, giudice di Torres, figlio
M di Comita II de Lacon: XXII, 22, 41, 125,
126, 128, 138
Mamiliano, arcivescovo di Palermo:
Mariano, chierico e testimone: XXXIV
Manfredo II, marchese di Saluzzo, padre di
Agnese: 23, 42, 128 Mariano, figlio di Maria de Thori: XXII, 22,
41, 125, 126
Manfredo, presbitero cardinale di Santa
Cecilia: XX Mariano, giudice di Torres e figlio di Comita
II de Lacon: XXIV, XXVI
Marcusa de Gunale (Maria de Gunale),
moglie di Costantino I de Lacon: I, III, IV, V, Mariano, vescovo di Ardara: XV, 97
VI, 20, 26, 31, 32, 35, 36, 43, 44, 45, 59, Marino, vescovo di Bosa: III, V, 65, 69
60, 62, 63, 64, 67, 69, 73, 74, 84
Marsoppo, giudice imperiale, notaio pubblico
Maria de Gunale, moglie di Costantino I de e cittadino di Firenze: XVI, XX, XXV, 100,
Lacon giudice di Torres (vedi Marcusa de 115, 130
Gunale): IX, 83, 84
Martino Pisano, monaco, vicario, rettore e
Maria de Thori, moglie di Pietro de amministratore di San Nicola di Trullas e
Maroniu, zia di Comita II de Lacon: XXII, vicario generale dell’Ordine Camaldolese in
XXVI, 22, 23, 27, 41, 125, 126, 138, 139 Sardegna: XXXV, 42, 164

208
Indice onomastico

Martino, converso camaldolese e testimone: Nicola, vescovo di Alba: XIX


XXIX
Nicola, vescovo di Ampurias: III, V, 65, 69
Martino, presbitero cardinale di Santo
Nicolao, figlio del fu Sighiero di Volterra,
Stefano: XIV
procuratore e nunzio dell’eremo di San
Martino, priore di San Salvatore di Salvatore di Camaldoli in Sardegna, vicario
Camaldoli: XXII, XXIII, 125, 127 della chiesa di San Nicola di Trullas: XXXI,
XXXII, 156
Martino, priore generale dell’Ordine
Camaldolese: XXVIII, XXIX, 151, 153 Nicoloso Bucchanio, testimone: XXXIX

Martino, priore maggiore di San Salvatore di Nistoli de Carbia, marito di Elena de Thori:
Camaldoli: XXVI VI, 73

Martino, servente di Iacobo priore generale Noe, monaco camaldolese di Firenze e


dell’Ordine Camaldolese: XXXII testimone: XXXV

Massario, priore generale dell’Ordine


Camaldolese: XXXIII, 159 O
Matteo, figlio del fu Giovanni de Banucho, Oddone, diacono cardinale di San Giorgio al
notaio imperiale: XXV, 130 Velo Aureo: XVI
Michele de Perusio, figlio del fu Bartolomeo, Oddone, diacono cardinale di San Nicola in
notaio: XLI Carcere Tulliano: XIX
Michele, figlio di Greppio, notaio imperiale: Oddone, notaio della Chiesa di Torres: III, 65
XXVII, 141
Oddone, notaio ecclesiastico: V, 69
Michele, nono priore del monastero di
Bonarcado: XLIII, 192 Odoardo Baroncini, monaco camaldolese:
13, 47
Onorio II, papa: X, XVI, 38, 44, 84, 85
N
Onorio III, papa: 49
Niccolò II, papa: XL
Onorio, vescovo di Alba: XXI
Nicola Piu, servo di Filippo Mameli: XLI
Orlando, monaco di Santa Trinità di
Nicola, detto Caiuccio figlio del fu Gerardino Saccargia: 45
di Volterra, vicario di San Nicola di Trullas:
XXXI
Orzocco Ardu: XLI, 176
Ottaviano, diacono cardinale di San Nicola
Nicola, figlio del fu Comita di Oristano,
in Carcere Tulliano: XVI
notaio regio: XLII
Ottaviano, figlio del fu Bonamico, notaio
Nicola, figlio del fu Comita Matao, notaio
pubblico e imperiale: XXIX, 153
regio di Oristano: XLIII
Ottaviano, notaio: XXIX
Nicola, figlio di Iacobo de Miniata, notaio
imperiale: XXV, 130 Ottone IV, imperatore: XXV, 129, 130, 131

209
Valeria Schirru

P Pietro Leopoldo di Lorena: 9


Padulesa, moglie di Pietro de Athen: VI, 72, Pietro Mancho, marito di Susanna e
73, 91 confinante delle due chiese di Santa Maria e
Pandussi, presbitero cardinale dei XII Santa Giusta di Orrea Pichina: XXII
Apostoli: XXI Pietro Mate, confinante delle due chiese di
Paolo Capite: 46 Santa Maria e Santa Giusta di Orrea
Pichina: XXII
Paolo IV, papa: 46
Pietro Pisano, cardinale presbitero di Santa
Paolo, scrivano e testimone: XXIX Susanna: X
Pasquale II, papa: III, V, VII, XX, XXI, 65, 77, Pietro Piu, padre di Guglielmo Piu: XLI
78, 84
Pietro Senese, abate del monastero di Santa
Pietro Carta, priore del monastero di Santa
Maria di Pratalia, testimone: XLIV
Maria di Orrea Pichina, presbitero della
cassa dello stesso monastero, testimone: Pietro, arcivescovo di Torres: XV, 97
XXXIV, XXXVI
Pietro, arcivescovo: XIII
Pietro de Athen, fratello di Costantino e
Itoccorre de Athen: VI, 72, 73, 91 Pietro, diacono cardinale di San Nicola in
Carcere Tulliano: XXI
Pietro de Athen, marito di Padulesa: VI
Pietro, monaco di San Salvatore di
Pietro de Athen, testimone: I Camaldoli presso Firenze e testimone: XXX,
Pietro de Athen, testimone: VI XXXI

Pietro de Margigno: 51 Pietro, prefetto dell’Urbe, testimone: XXV

Pietro de Marogno, servo: XXII Pietro, presbitero cardinale di Santa Susanna:


XX
Pietro de Maroniu, marito di Maria de
Thori: XXVI, 139 Pietro, scrivano di Comita II de Lacon giudice
di Torres: XXIV, XXVI, 139
Pietro de Maroniu, testimone: XIII, 91
Pietro, vescovo di Ampurias: XXII, XXIII, 27,
Pietro de Oliva, presbitero: XXIII
42, 127
Pietro de Ruta, testimone: XXXIX
Pietro, vescovo di Bisarcio: III, V, 65, 69
Pietro de Scano, figlio del fu Iacobo Penne,
notaio della città di Oristano: XLI Pietro, vescovo di Bosa: I, 60

Pietro de Serra, donnicello e testimone: I Pietro, vescovo di Cannetu (?): VI, 73

Pietro de Serra, donnicello e testimone: VI Pietro, vescovo di Ploaghe: III, V, 65, 69

Pietro de Thori, testimone: XXVI, 139 Pio II, papa: 52


Pietro Iscarpa, testimone: XIII, 91 Pio V, papa: 46
Pietro IV il Cerimonioso, re d’Aragona: 45, Placido, priore generale dell’Ordine
50, 51 Camaldolese: XXI, 121

210
Indice onomastico

Preziosa de Orrù, madre di Comita II de S


Lacon e moglie di Barisone II de Lacon
Sardigna Ardu, figlia di Arozi Ardu e ancella
giudice di Torres: XIII, XVII, XXII, 22, 37, della chiesa di San Gregorio di Bauladu: XLI
41, 91, 107, 125, 126
Savino, abate del monastero di San Michele
Purificato, padre del notaio Iacobo: XXXIII in Borgo di Pisa: XXIX, 153, 176
Puzolo, figlio del fu Bonfancello, testimone: Scarpa, priore della chiesa di Santo Stefano al
XXXIII Ponte di Firenze: XVI, XX
Sergio, presbitero cardinale di Santo Cristo: X
R Silvestro, abate del monastero di San Zenone
di Pisa: XLI, XLII, XLIII, 188
Rainerio, figlio del fu Bertramo di Perugia,
donatore di alcuni suoi possedimenti Simone di Anglari, testimone: XL
all’Ordine Camaldolese: XXV, 144 Simone, figlio del fu Ciato di Gangalando,
Rainerio, figlio del fu Guidalotto, donatore di notaio imperiale e giudice ordinario della
diocesi di Firenze: XLI, XLII, XLIII, 176, 188,
alcuni suoi possedimenti all’Ordine
192
Camaldolese: XXV, XXVII, 144
Simone, monaco camaldolese: 11
Rainerio, monaco camaldolese: 11
Sisto V, papa: 13
Roberto, priore del monastero di Santa Maria
di Orrea Pichina: XXVI, 139 Specla, vedi Ispella moglie di Comita II de
Lacon
Rodolfino Uguti, notaio: XL, 174
Stefano Catha (Istephane), arciprete: XIII ,
Rodolfo, diacono cardinale di San Giorgio: 37, 91
XXI
Stefano, arcivescovo: XII, 89
Rodolfo, subdiacono della Sacra Basilica: X
Stefano, monaco dell’eremo di San Salvatore
Rolando, diacono cardinale di Santa Maria di Camaldoli e vicario del monastero di
in Portico: XXI San Nicola di Trullas: XXXVIII, 170

Rolando, presbitero cardinale e cancelliere Susanna, moglie di Pietro Manca e


della Chiesa di Roma: XIX confinante delle due chiese di Santa Maria
e Santa Giusta di Orrea Pichina: XXII
Romano, vicario della chiesa di San Nicola di
Trullas: XXX, 154
T
Romualdo, monaco camaldolese di Firenze e
testimone: XXXV Taddeo, monaco dell’eremo di San Salvatore di
Camaldoli e nunzio del priore generale
Romualdo, santo fondatore dei Camaldolesi: dell’Ordine Camaldolese: XXXVIII, XXXIX, 169
23, 26, 28, 30
Taddeo, monaco di Potheolis, priore, pastore e
Ruggero, vescovo di Chymense, testimone: rettore della chiesa di Santa Maria di Orrea
XXVII, 144 Pichina: XXXVI, XXXVII, 43, 167, 168

211
Valeria Schirru

Teobaldo, fratello di Pietro prefetto dell’Urbe, Ugo, presbitero cardinale di Santa Lucina: XVI
testimone: XXV
Ugo, vescovo di Orotelli: XV, 27, 39, 96, 97
Teobaldo, vescovo di San Vellerense: XXI Ugone de Condicula, frate e testimone: XXX
Teodovino, vescovo di Santa Rufina: XIV, XVI Ugone Poncio de Cervera, visconte di Bas e
Tocoele, moglie di Gonnario Comita de marito di Ispella de Lacon Serra: 22, 41, 126
Gunale: 47 Ulrico conte di Helfenstein, fratello di
Tomasino, figlio del fu Adamino, notaio Eberardo, testimone: XXVII, 144
imperiale: XXXIII, 159 Urbano III, papa: XXI, 120, 121, 122
Torbeno de Gunale, testimone: VI Urbano VI, papa: XLIV
Torbeno de Lacon: 67
Torbeno, cognato di Costantino I de Lacon: IV V
Torbeno, donnicello e testimone: XIII Vassallo, diacono cardinale di Sant’Eustac-
chio: XIV
Torchitorio de Bosabe, testimone: I
Vera de Athen, moglie di Comita de Thori: VI,
73
U Vitale, abate del monastero di Santa Trinità
Ubaldo Visconti: 45 di Saccargia: V

Ubaldo, presbitero cardinale di San Giovanni Vitale, arcivescovo di Torres: V, 69


e Paolo: XVI Vitale, arcivescovo: IX
Ubaldo, vescovo di Ostia: XX Vitale, vescovo di Albano: X
Ubaldo, vescovo di Ravenna: XXV
Ugo, diacono cardinale di San Custode presso W
il Tempio: XX
Wolfherus, patriarcha di Aquileia, testimone:
Ugo, diacono cardinale di San Teodoro: X XXV

212
INDICE TOPONOMASTICO (*)

A Ardara, (Sardegna): I, VI, 33, 59, 60, 72


Accoli, monastero di (diocesi di Faenza): XXI, Ardara, diocesi di (Sardegna): XV
121
Arezzo, diocesi di: VII, X, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV,
Adriano, diocesi di: XXVII, 143 XXVII, 12, 31, 101, 121, 141, 142

Aghitu, fontana di (Sardegna): XXIV, 23, 42, Arezzo: città di, XL, 12, 18, 31
128
Arkennor, rio di (Sardegna): 38
Agna, chiesa della villa di (diocesi di Arezzo):
XVIII, XXV, XXVII, 100, 142
Arno, fiume: XXV, XXVII

Agna, villa di (diocesi di Arezzo): XVI, XVIII, 142 Asinara, isola dell’ (Sardegna): 27, 50

Aimerici (Americi, Aymerici), ospedale di Avana, (diocesi di Arezzo): XVIII


(diocesi di Forlimpopoli): XVIII, XX, XXI,: XXV,
XXVII, 121, 143
B
Alba, diocesi di: X
Banari, chiesa di, dipendente da Santa Trini-
Alemagna: 12 tà di Saccargia: XIX, 44
Alpi: XXV Benetutti, comune di (Sardegna): 40
Ampurias, diocesi di (Sardegna): V, 16, 43 Biblena di Partina, castello di (diocesi di
Anagni: VII, XX, 77, 78, 114 Arezzo): XXV, XXVII, XVIII
Ancona, diocesi di: XXV, XXVII, 143 Birore, villa di (Sardegna): XLII, XLIII
Anela, paese di (Sardegna): 40 Bisanzio: 24
Anglari, castro di (diocesi di Arezzo): XXV, Bisarcio, diocesi di (Sardegna): V
XXVII, XL, 142, 173
Bologna, diocesi di: VII, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV,
Anglona, curatoria di (Sardegna): 41 XXVII, 78, 101, 121, 143

Aque Perellis (Aqueperellis), eremo di (dio- Bonarcado, comune di (Sardegna): 46


cesi di Camerino): XXV,: XXVII, 143
Bonorva, (Sardegna): 38
Arborea, diocesi di (Sardegna): 48
Bosa, diocesi di (Sardegna): III, V, 33, 34, 45,
Arborea, giudicato di (Sardegna): 20, 25, 46 64

(*) I numeri romani si riferiscono ai documenti, i numeri arabi alle pagine

213
Valeria Schirru

Bosa, fiume di (Sardegna): I Cesena (Cesenate), diocesi di: XXV, XXVII, 143
Broylo, (diocesi di Arezzo): XXVII, 142 Chiaramonti, (Sardegna): 41
Buldrone, eremo di (diocesi di Firenze): XXV, Chiusi (Clusino), diocesi di: VII, XVI, XVIII, XX,
XXVII, 142 XXI, XXV, XXVII, 78, 100, 122, 143

Bultei, comune di (Sardegna): 40 Codrongianus, (Sardegna): 37, 43

Buyano, pieve di (diocesi di Arezzo): XVIII Condolese, chiesa di (diocesi di Arezzo): XXV,
XXVII, XVIII, 142

Corsica: VIII, 49, 81


C
Corsignano, (diocesi di Arezzo): XVIII
Cagliari, città di: 25
Cossoine, comune di (Sardegna): 51
Cagliari, giudicato di: 25
Calcargie, villa di (Sardegna): XLI
Cotroniano, vicaria di (Sardegna): XXXIII
Camaldoli di Santa Cristina, eremo di (dio-
cesi di Bologna): XXV, 143 Cutathu, fontana di (Sardegna): XXIV , 23,
42, 128
Camaldoli, vedi San Salvatore di Camaldoli
(diocesi di Arezzo)
D
Camerina, marchia: XVI, 100, 143
Decciano, castro di (diocesi di Castello): XXV,
Camerino, diocesi di: XXI, XXV, XXVII, 121,
XXVII, 142
143
Dore-Orotelli, curatoria di (Sardegna): 39
Campidano di Milis, curatoria di (Sarde-
gna): 46, 47, 49
Campidano di Simaxis, curatoria di (Sarde- E
gna): 48 Elba, isola: VIII
Campidano Maggiore, curatoria di (Sarde- Emilia Romagna: 23
gna): 48
Eremite, monastero di (diocesi di Jesi): XXV,
Capresa, castro di (diocesi di Arezzo): XXV, XXVII, 143
XXVII, 142

Cargeghe, (Sardegna): 38
F
Casentino, (diocesi di Arezzo): XXV, XXVII, 142
Faenza (Faventina), diocesi di: XVI, XVIII, XXI,
Castellione in Monteaureo, castro di (diocesi XXV, XXVII, 101, 121, 143
di Arezzo): XVI, XXV, XXVII
Faiolo, eremo di (Galiata): VII, XVI, XVIII, XXV,
Castello, diocesi di: XVI, XVIII, XXI, XXV, XXVII, XXVII, 78, 101, 143
100, 121, 142
Ferrazzano, monastero di (diocesi di Arezzo):
Cava di Colle, (diocesi di Arezzo): XXVII, 143 XXI, 121

214
Indice toponomastico

Fiesole, diocesi di: VII, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, I


XXVII, 78, 100, 121, 142
Imola, diocesi di: XXV, XXVII, 143
Firenze, città di: XVI, XXXV, 9, 10, 11, 12, Inghilterra: 131
14, 20, 26, 31, 35, 37, 40, 50, 100, 115
Insula, monastero di (Galiata): XX, XXI, 121,
Firenze, diocesi di: VII, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, 143
XXVII, 78, 100, 121, 142, 143

Fleri, eremo e monastero di (diocesi di Arezzo):


J
VII, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, XXVII, 78, 100,
121, 142 Jesi (Esinense), diocesi di: XVIII , XXI , XXV ,
XXVII, 121, 143
Foligno (Fuliginensi), diocesi di: XXI, 121
Fontebuono, monastero e ospedale di (diocesi
di Arezzo): XXV, XXVII, XXIX, 141 L

Forlì (Foro Liviensi), diocesi di: XXV, XXVII,


Landum, monastero di (diocesi di Foligno):
XXI, 121
143
Forlimpopoli (Foro Populiensi), diocesi di: Larclano, fiume di: XXV, XXVII
XX, XXI, XVI, XXV, XXVII, XVIII, 101, 121, 143 Largnano, (diocesi di Arezzo): XVIII
Fucecchio: XXV, 129 Laterano: X, XIX, XVIII, 84, 108, 111
Linayra, vedi Asinara: 51

G Logudoro, giudicato di (Sardegna): 25, 45

Galiata: VII, XVI, XXI, XXV, XXVII, XVIII, XX, 78, Lonnano, villa di (diocesi di Fiesole): XXV,

101, 121, 143 XXVII, 142

Gallura, giudicato di (Sardegna): 20, 25 Lorenziano, chiesa del castello di (diocesi di


Arezzo): XVIII, XXV, XXVII
Genova, città di: 40
Lorenziano, corte di (diocesi di Arezzo): XXV,
Germania: 18 XXVII

Glaceto, pieve di (diocesi di Fiesole): XXV, Lucca, diocesi di: VII, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV,
XXVII, 143 XXVII, 78, 100, 122, 143

Goceano, curatoria di (Sardegna): 39, 40 Luponis, chiesa della corte di (diocesi di


Arezzo): XVI, XXI, 100
Guilcier, curatoria di (Sardegna): 47, 48

M
H
Madonna delle Rose, vedi Santa Maria di
Hagenowe: XXVII, 140, 144 Anela: 40
Heremite, chiesa di (Marchia Camerina): Madonna di Bonacattu, chiesa di (Sarde-
XVI, XVIII gna): 46

215
Valeria Schirru

Marchia: XVIII, XXV, XXVII Nostra Signora di Mesumundu, vedi Santa


Maria di Anela: 40
Massa, diocesi di: 51
Nugudui, corte di (Sardegna): XXII
Mediterraneo: 24, 28
Micciano, pievania di (diocesi di Arezzo): Nuoro: 39
XVIII, 142 Nuovo, eremo (Galiata): XXI, 121
Moiona, chiesa di (diocesi di Arezzo): XVIII,
XXV, XXVII, 142
O
Moiona, villa e castro di (diocesi di Arezzo):
XVI, XVIII, XXI, XXV, XXVII, 122 Oiastra, domus di (Sardegna): 48

Mons Jovis: 49 Ollastra Simaxis, curatoria di (Sardegna): 48

Montali, eremo e monastero di (diocesi di Oristano: XLI, XLII, XLIII, 20, 176, 188, 192
Rimini): XXV, XXVII, 143 Orotelli, diocesi di (Sardegna): XV, 39
Monte Aureo di Castellione, chiesa di (dio- Orotelli, paese di (Sardegna): 39
cesi di Arezzo): XVIII, XXV, XXVII, 142
Osilo, comune di (Sardegna): 51
Monte Aureo, (diocesi di Arezzo): XXVII, 142
Osimo (Ausimano, Auximano), diocesi di:
Monte Cristo, isola di: 27, 31, 49, 50, 51, 52
XVIII, XXV, XXVII
Monte Ercole, monastero di (diocesi di
Ottana, diocesi di: V, 39
Montefeltro): XX, XXI, 121
Monte Muro, monastero di (diocesi di
Fiesole): XVIII, XXI, XXV, XXVII, 121, 142 P
Montecassino: 25 Partina, eremo di (diocesi di Arezzo): XXV,
XXVII, 142
Montefeltro (Monte Feretrano), diocesi di:
XVIII, XX, XXI, XXV, XXVII, 121, 143 Paulati, villa di (Sardegna): XLI
Montione, villa di (diocesi di Perugia): XVI, Penisola Iberica: 24
XVIII, XVIII, XX, XXI, XXV, XXVII, 100
Pergentina, (diocesi di Arezzo): XVIII
Montori, castro di (diocesi di Arezzo): XVI, 100
Perugia, diocesi di: XXV, XXVII, 143, 144
Morrona, monastero di (diocesi di Arezzo):
XVI, 101 Pesaro (Pensauriense), diocesi di: XX, XXI, XXV,
XXVII, 121, 143
Mucello, (diocesi di Arezzo): XXV, XXVII, 142
Peterca di Moione, villa di (diocesi di Chiu-
si): XX
N
Pirella, monastero di (diocesi di Camerino):
Norbello, comune di (Sardegna): 48 XXI, 121

Nostra Signora di Bonacattu, vedi Madon- Pisa, città di: VIII, XIV, XX, XXV, XXVII, XXXI, XLI,
na di Bonacattu: 46, 47 XLIV, 12, 18, 20, 25, 81, 93, 143

216
Indice toponomastico

Pisa, diocesi di: VII, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, Samassi, paese di (Sardegna): 50
XXVII, 78, 100, 122, 143
San Bartolomeo di Castro Petroni, chiesa di
Planetulo, castello di (diocesi di Castello): XXV, (diocesi di Fiesole): XVIII, XXV, XXVII, 142
XXVII, 142
San Bartolomeo in Anglari, monastero di
Planetulo, chiesa di (diocesi di Castello): XXV, (diocesi di Arezzo): VII, XVI, XVIII, XX, XXI,
XXVII, 142 XXV, XXVII, XL, 78, 100, 121, 142

Planusio: VIII San Damiano di Bologna, chiesa e monaste-


Ploaghe, curatoria di (Sardegna): 38, 43 ro di (diocesi di Bologna): XVI, XVIII, 101,
143
Ploaghe, diocesi di: V, XV, 38, 51, 69
San Damiano di Santa Cristina, monastero
Pomino, pieve di (diocesi di Fiesole): XXV,
di (diocesi di Bologna): XXV, XXVII
XXVII, 143
San Decenti, monastero di (diocesi di Pesaro):
Porcaria, capella del borgo di (diocesi di
XVIII, XXI, XXV, XXVII, 121, 143
Lucca): XVI, XVIII, XXV, XXVII, 100, 143
San Donato detta Fonte Bono, chiesa di
Potheolis: 43, 167
(diocesi di Arezzo): XVI, XVIII, 100
Pratalia, monastero di (diocesi di Arezzo): XXV,
XXVII, 142
San Donato di Mogiona, chiesa di (diocesi di
Arezzo): XVIII
San Donato, ospedale di (diocesi di Arezzo):
Q XVIII, 100

Quadrigaria, chiesa di (Marchia): XXV, XXVII, San Felice, monastero di (diocesi di Bologna):
143 VII, XX, XXI, 78, 121

San Fridiano di Pisa, monastero di (diocesi di


R Pisa): VII, XVI, XX, XXI, XXV, XXVII, 78, 100,
122, 143
Rainaldi, eremo di (diocesi di Jesi): XXI, 121
San Fridiano di Pisa, ospedale di (diocesi di):
Ravenna, diocesi di: XVI, XXV, XXVII, 101, 143
XXV, XXVII, XXIX, XXXIV, XLIV, 143
Rimini, diocesi di: XXV, XXVII, 143
San Genesio, chiesa di (diocesi di Lucca): XVI
Roma: 13
San Genesio, ospedale del borgo di (diocesi di
Romangia, curatoria di (Sardegna): 51 Lucca): XVI, XXV, XXVII, 100, 142
Roverreto, ospedale di (diocesi di Cesena): San Genesio: 99, 101
XXV, XXVII, 143
San Giorgio de Ovio, chiesa di, dipendente
da Santa Trinità di Saccargia: XIX, 44
S San Giorgio di Aneleto, chiesa di (Sarde-
Saccargia, (Sardegna): 20, 64, 65, 68, 69, 161 gna): 27, 39, 40, 41
Saioli, eremo di (diocesi di Pesaro): XX, XXI, San Giorgio di Api, monastero di (diocesi di
XXVII, 121, 143 Siena): XXV, XXVII, XVIII, 143

217
Valeria Schirru

San Giorgio di Calcaria, chiesa di, affiliata al San Lorenzo in Banari, chiesa di (Sardegna):
monastero di Santa Maria di Bonarcado: 47 X, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV , XXVII, 26, 52,
100, 122, 144
San Giorgio, chiesa di (diocesi di Jesi): XVI,
XVIII, XXI, XXV, XXVII, 121 San Mamiliano di Monte Cristo, monastero
di (isola di Monte Cristo): VIII, 27, 31, 49,
San Giovanni di Prato Veteri, monastero di
51, 53, 81
(diocesi di Fiesole): XVIII, XXI, XXV, XXVII,
121, 142 San Mamiliano di Samassi, chiesa di (Sarde-
gna): 27, 50
San Giovanni in Altasar, chiesa di (Sarde-
gna): X, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, XXVII, 26, 52, San Marco di Oiastra, chiesa di, affiliata al
100, 122, 144 monastero di Santa Maria di Bonarcado: 48
San Giovanni in Anglari, chiesa di (diocesi di San Martino di Le Tarcle, chiesa di (diocesi
Arezzo): XVIII, XXV, XXVII, 142 di Arezzo): XVIII, XXV, XXVII, 142
San Giovanni in Contra, chiesa di, dipen- San Martino di villa Birore, chiesa di, affi-
dente da Santa Trinità di Saccargia: XIX liata al monastero di Santa Maria di
Bonarcado: XLII, XLIII, 188
San Giovanni in Ollin, chiesa di (Sardegna):
XV San Martino in Accole, monastero di (Mar-
chia Camerina): XVI, 101
San Giovanni in Salvennor, chiesa di (Sarde-
gna): X, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, XXVII, 26, 52, San Michele del monastero di Santa Maria
100, 122, 144 di Poplena, chiesa di (diocesi di Fiesole):
XVIII, XVIII, XXV, XXVII, 142
San Giusto di Volterra, monastero di (diocesi
di Volterra): VII, XVI, XXI, XXV, XXVII, XVIII, San Michele di Arezzo, chiesa di (diocesi di
78, 100, 122, 143 Arezzo): XVI
San Gregorio di Bauladu, chiesa di, affiliata San Michele in Banari, chiesa di (Sardegna):
al monastero di Santa Maria di Bonarcado: X, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, XXVII, 26, 100,
XLI 122, 144
San Gregorio di Paulati, chiesa di (Sarde- San Michele in Borgo di Pisa, monastero di
gna): XLI (diocesi di Pisa): VII, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV,
XXVII, XXIX, 10, 50, 78, 100, 122, 143
San Gregorio di Solarussa, chiesa di, affiliata
al monastero di Santa Maria di Bonarcado: San Michele, chiesa e monastero di (diocesi di
48 Arezzo): XVI, XXV, XXVII, 100, 142
San Gregorio, chiesa di (Sardegna): VIII, 27, San Miniato di Lonnano, chiesa di (diocesi
50, 52, 81 di Fiesole): XVIII, XXV, XXVII, 143
San Ippolito di Faenza, monastero di (diocesi San Nicola di Curte Luponis, chiesa e mona-
di Faenza): XVI, XVIII, XXI, XXV, XXVII, 101, stero di (diocesi di Arezzo): XVIII, XXV, XXVII,
121, 143 121, 142
San Lorenzo di Arezzo, chiesa di (diocesi di San Nicola di Monte Mezano, chiesa di
Arezzo): XXV, XXVII, 142 (diocesi di Fiesole): XVIII, XXV, XXVII

218
Indice toponomastico

San Nicola di Trullas, chiesa e monastero di San Pietro in Cerreto, monastero di (diocesi
(Sardegna): VI, X, XII, XIII, XVI, XVIII, XX, di Volterra): VII, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, XXVII,
XXI, XXV, XXVII, XXVIII, XXX, XXXI, XXXVIII, 78, 100, 122, 143
XXXIII, XXXIX, 21, 26, 34, 35, 37, 38, 42,
San Pietro in Fontiano, monastero di (dioce-
43, 52, 72, 73, 74, 88, 90, 91, 100, 122,
si di Fiesole): VII, XVI, XX, XXI, XXV, XXVII,
144, 151
XVIII, 78, 100, 122, 143
San Nicola di Trullas, vicaria di (Sardegna):
San Pietro in Luco, monastero di (diocesi di
XXVIII , XXXI , XXXII , XXXV , XL , 154, 156,
Firenze): VII, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, XXVII,
158, 159, 164, 171
78, 100, 121, 142
San Paolo di Conca, chiesa di (Corsica): VIII
San Pietro in Ollin, chiesa di (Sardegna):
San Paolo di Cotroniano (Cotrinuanu, XVI, XX, XXI, XXV, XXVII, XVIII, 27, 39, 52,
Contraiano, Cotrinuanu), chiesa di (Sar- 96, 97, 100, 122, 144
degna): IX, X, XI, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, XXVII,
San Pietro in Picculo, monastero di (diocesi
21, 26, 35, 36, 37, 52, 83, 84, 87, 100,
di Arezzo): XVI, XVIII, XXV, XXVII, 100, 142
122, 144
San Pietro in Planeto, monastero di (diocesi
San Paolo di Lonlecio, monastero di (Corsi-
di Castello): XXI, 121
ca): VIII
San Pietro in Puteolis, monastero di (diocesi
San Paolo di Milis, chiesa di, affiliata al mo-
di Lucca): VII, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, XXVII,
nastero di Santa Maria di Bonarcado: 49
78, 100, 122, 143
San Paterniano in Cava di Colle di Ferra-
San Pietro in Rota, monastero di (diocesi di
ciano, chiesa e monastero di (diocesi di For-
Arezzo): VII, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, XXVII,
limpopoli): XVI, XVIII, XXV, XXVII, 101, 143
78, 100, 121, 142
San Pietro di Arkennor, chiesa di (Sarde-
San Pietro in Vivo di Monte Amiata, mo-
gna): XII, XIII, 21, 27, 37, 73, 88, 90, 91
nastero di (diocesi di Chiusi): XVI, XVIII,
San Pietro di Bidonì, chiesa di, affiliata al XXV, XXVII, 100, 143
monastero di Santa Maria di Bonarcado: 47
San Pietro Minore, monastero di (diocesi di
San Pietro di Milis Piccinnu, chiesa di, affi- Arezzo): XXI, 121
liata al monastero di Santa Maria di
San Quirico in Rosa, monastero di (diocesi di
Bonarcado: 47
Arezzo): VII, XVIII, XVI, XX, XXI, XXV, XXVII, 78,
San Pietro di Monticleta, chiesa di (Sarde- 100, 121, 142
gna): XII, XIII, 21, 27, 37, 73, 88, 90, 91
San Salvatore Berardingorum, monastero di
San Pietro di Scano, chiesa e priorato di (Sar- (diocesi di Arezzo): VII, XVI, XVIII, XX, XXI,
degna): I, III, VII, X, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, XXV, XXVII, 78, 100, 121, 142
XXVII, 20, 25, 26, 31, 32, 33, 34, 36, 52,
San Salvatore di Camaldoli presso Firenze,
59, 60, 62, 63, 64, 77, 78, 84, 100, 122,
monastero di (diocesi di Firenze): VII XVI,
144
XVIII, XX, XXI, XXV, XXVII, XXX, XXXI, XXXII,
San Pietro di Sorres, chiesa di (Sardegna): VI, XXIX, XLIV, 78, 100, 121, 142, 153, 154,
XII, 88 156, 158, 164, 196

219
Valeria Schirru

San Salvatore di Camaldoli, monastero e ere- San Vitale di Lorenziano, chiesa di (diocesi
mo di (diocesi di Arezzo): I, III, IV, VI, VII, X, IX, di Arezzo): XVIII, XXV, XXVII, 142
XII, XIII, XV, XVI, XVII, XVIII, XXII, XXIII, XXV, XXVI,
San Vito, monastero di (diocesi di Vicenza):
XXVII, XXVII, XXIX, XXXIV, XXXVI, XXXVII, XXXVIII,
XXV, XXVII, 144
XXXIX, XLIV, 10, 11, 13, 14, 15, 16, 17,21,
23, 26, 27, 31, 32, 35, 36, 37, 38, 39, 40, San Vittore di Marsiglia, monastero di: 25
44, 45, 52, 59, 60, 62, 63, 64, 67, 68, 72,
San Zenone di Pisa, monastero di (diocesi di
73, 83, 88, 90, 91, 96, 97, 129, 138
Pisa): XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, XXVII, XLI,
San Salvatore di Cantiniano, monastero di XLII, XLIII, 10, 27, 31, 47, 100, 122, 143,
(diocesi di Lucca): VII, XVI, XX, XXI, XXV, 176, 188
XXVII, 78, 100, 122, 143
Sant’Agostino di Austis, chiesa di, affiliata
San Salvatore di Cantiniano, ospedale di, al monastero di Santa Maria di Bonarcado:
presso il borgo San Genesio (diocesi di 47
Lucca): XVIII
Sant’Andrea di Castellione, chiesa e mona-
San Saturnino di Usolvisi, chiesa di (Sarde- stero di (diocesi di Arezzo): XXI, XVIII, XXV,
gna): 27, 39, 40 XXVII, 121, 142

San Saturnino Terme, vedi San Saturnino di Sant’Andrea di Firenze, chiesa di (diocesi di
Usolvisi: 40 Firenze): XVI
San Sepolcro, borgo di (diocesi di Pisa): XLIV Sant’Andrea nell’isola dell’Asinara, chiesa
di (Sardegna): 27, 50, 51
San Sergio di Suei, chiesa di, affiliata al mo-
nastero di Santa Maria di Bonarcado: 47 Sant’Antonio, monastero di (diocesi di Todi):
XXVII, 143
San Silvestro di Monte Suavi (Monte Suba-
sio), monastero di (diocesi di Spoleto): XVIII, Sant’Apollinare in Classe, monastero di
XXI, XXV, XXVII, 121, 144 (diocesi di Ravenna): XVI, XVIII, XXV, XXVII,
101, 143
San Simeone di Vesala, chiesa di, affiliata al
monastero di Santa Maria di Bonarcado: 47 Sant’Arcangelo presso castro Britti, mona-
stero di (diocesi di Bologna): VII, XVIII, XX,
San Simone in Contra, chiesa di, dipendente
XXI, XXV, XXVII, 78, 121, 143
da Santa Trinità di Saccargia: XIX, 44
Sant’Egidio di Gaviferre, chiesa di (diocesi di
San Simone in Salvennor, chiesa di (Sarde-
Fiesole): XXV, XXVII, XVIII, 142
gna): X XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, XXVII, 26,
52, 100, 122, 144 Sant’Elena di Jesi, monastero di (diocesi di
Jesi): XXI, XXV, XXVII, 121, 143
San Vigilio in Siena, chiesa e monastero di
(diocesi di Siena): XVIII, XXI, XXV, XXVII, 143 Sant’Elia, chiesa di (Sardegna): VIII, 27, 50,
52, 81
San Vincenzo, monastero di (diocesi di Pesa-
ro): XX Sant’Eustacchio, monastero di (diocesi di
Imola): XXV, XXVII, 143
San Viriano, monastero di (diocesi di Arezzo):
VII, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, XXVII, 78, 100, Santa Barbara di Turre, chiesa di, affiliata al
121, 142 monastero di Santa Maria di Bonarcado: 47

220
Indice toponomastico

Santa Corona di Rivia, chiesa di, affiliata al Santa Maria di Canovaria, monastero di
monastero di Santa Maria di Bonarcado: 47 (Corsica): VIII
Santa Cristina, monastero di (diocesi di Bolo- Santa Maria di Decciano, chiesa e monastero
gna): XVI, XVIII, XXI, XXV, XXVII, 101, 121, di (diocesi di Castello): XVI, XXV, XXVII, XVIII,
143 100, 121, 142
Santa Croce, villa di (diocesi di Perugia): XXV, Santa Maria di Decciano, monastero di (dio-
XXVII cesi di Arezzo): XXI, XXV, XXVII
Santa Eugenia in Samanar, chiesa di (Sarde- Santa Maria di Forlì (Foroliviensi), chiesa di
gna): X, XVI, XVIII, XX, XXV, XXVII, 26, 52, (diocesi di Forlì): XXV, XXVII, 143
100, 122, 144
Santa Maria di Micciano, chiesa di (diocesi
Santa Gioconda, monastero di (diocesi di di Arezzo): XVI, XVIII, XXVII, 100
Lucca): XXV, XXVII, 143
Santa Maria di Micciano, pieve di (diocesi di
Santa Giusta di Orrea Pichina, chiesa di Arezzo): XVIII, XXV, XXVII
(Sardegna): XXII, XXIII, XXV, XXVI, XXVII, 22,
Santa Maria di Morrona, monastero di (dioce-
23, 27, 40, 41, 125, 127, 138, 144
si di Pisa): XVIII, XX, XXI, XXV, XXVII, 122, 143
Santa Giusta, fontana di (Sardegna): XXIV,
Santa Maria di Norgillo, chiesa di, affiliata al
23, 42, 128
monastero di Santa Maria di Bonarcado: 49
Santa Lucia, chiesa di (diocesi di Ancona):
Santa Maria di Orrea Pichina, chiesa e mona-
XXV, XXVII, 143
stero di (Sardegna): XXII, XXIII, XXIV, XXV, XXVI,
Santa Margherita di Tosina, chiesa e canoni- XXVII, XXXIV, XXXVI, XXXVII, 22, 23, 27, 40,
ca di (diocesi di Fiesole): XX, XXI, XXV, XXVII, 41, 42, 43, 125, 127, 128, 138, 144, 168
121, 143
Santa Maria di Orrea Pichina, vicaria di
Santa Maria de Iscalas (Santa Maria de Sca- (Sardegna): XXXV
la, Santa Maria Iscalas), chiesa di (Sarde-
Santa Maria di Poplena, monastero di (dioce-
gna): VIII, 27, 50, 51, 81
si di Fiesole): XXV, XXVII
Santa Maria di Agnano, monastero di (dioce-
Santa Maria di Pratalia, monastero di (dioce-
si di Arezzo): VII, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV,
si di Arezzo): XXI, XLIV, 121
XXVII, 78, 100, 121, 142
Santa Maria di Ravone, ospedale di (diocesi
Santa Maria di Anela, chiesa di (Sardegna),
di Bologna): XXV, XXVII, 143
chiamata anche Nostra Signora di Mesu-
mundu o Madonna delle Rose: 27, 39, 40 Santa Maria di Saganza, chiesa di (Sarde-
gna): XII, XIII, 21, 27, 37, 73, 88, 90, 91
Santa Maria di Boele, chiesa di, affiliata al
monastero di Santa Maria di Bonarcado: 47 Santa Maria di Suara, pieve di (diocesi di Ca-
stello): XXV, XXVII, 142
Santa Maria di Bonarcado (Bonargato),
monastero di (Sardegna): XLIV, XLII, XLIII, 10, Santa Maria di Tergu, chiesa di (Sardegna): 51
27, 28, 31, 46, 47, 48, 49, 176, 188
Santa Maria di Urano iuxta Bretonorium,
Santa Maria di Camaldoli a Verona, mona- monastero di (diocesi di Forlimpopoli): XXV,
stero di (diocesi di Verona): XXV, XXVII, 143 XXVII, 143

221
Valeria Schirru

Santa Maria di Vangadizza, monastero di Santa Trinità di Perugia, chiesa di (diocesi di


(diocesi di Adriano): XXVII, 143 Perugia): XXVII, 143
Santa Maria in Altasar, chiesa di, dipendente Santa Trinità di Saccargia, chiesa e monaste-
da Santa Trinità di Saccargia: X, XVI, XVIII, ro di (Sardegna): III, IV, V, VII, X, XIII, XIV,
XIX, XX, XXI, XXV, XXVII, 26, 44, 45, 52,
XVI, XIX , XX , XXI , XXV , XVIII, XXVII , XXIX,
100, 122, 144
XXXIV, XXXV, XXXVIII, XLIV, 20, 26, 33, 36,
Santa Maria in Bethlem, monastero di (dio- 42, 43,45, 46, 52, 67, 68, 69, 77, 78, 84,
cesi di Bologna): XXVII, 143 93, 100, 122, 144, 161, 162, 196
Santa Maria in Contra, chiesa di (Sardegna): Santa Vittoria di Monte Santo, chiesa di,
X, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV , XXVII, 26, 38, affiliata al monastero di Santa Maria di
52, 100, 122, 144 Bonarcado: 47
Santa Maria in Insula, monastero di (Galia-
Santa Vittoria di Serla, chiesa di, affiliata al
ta): VII XVI, XVIII, XXV, XXVII, 78, 101
monastero di Santa Maria di Bonarcado: 47
Santa Maria in Montione, chiesa di (diocesi
di Arezzo): XVIII, XXV, XXVII, 142 Santi Cosma e Damiano, monastero di (dio-
cesi di Bologna): XXI, 121
Santa Maria in Morrona, monastero di (dio-
cesi di Arezzo): VII, 78 Santi Quirico e Giulitta di Norgillo, chiesa
di, affiliata al monastero di Santa Maria di
Santa Maria in Ocaai, chiesa di, dipendente
Bonarcado: 48
da Santa Trinità di Saccargia: XIX, 44
Santa Maria in Policiano, monastero di (dio- Santo Peregrino, chiesa di (Corsica): VIII
cesi di Volterra): VII XVI, XVIII, XX, XXI, XXV, Santo Savino in Cerasolo, monastero di (dio-
XXVII, 78, 100, 122, 143 cesi di Pisa): VII, 78, 122
Santa Maria in Poplena, monastero di (dio- Santo Savino in Chio, chiesa e monastero di
cesi di Fiesole): VII XVI, XVIII, XX, 78, 100
(diocesi di Arezzo): XVI, XVIII, XXV, XXVII,
Santa Maria in Ragone, ospedale di (diocesi 101, 142
di Bologna): XXI, 121
Santo Savino in Montione, monastero di
Santa Maria in Samanar, chiesa di (Sarde- (diocesi di Arezzo): XVI , XVIII , XX , XXV ,
gna): XXI XXVII, 100, 143

Santa Maria in Serra, monastero di (diocesi Santo Savino in Retino, chiesa di (diocesi di
di Osimo): XXV, XXVII, 143
Arezzo): XXI, 121
Santa Maria in Trivio iuxta Balneum, mo-
Santo Savino, monastero di (diocesi di Pisa):
nastero di (diocesi di Arezzo): VII, XVIII, XX,
XXI, 122
XXI, XXV, XXVII, 78, 121, 143

Santa Maria Maddalena di fiume Savo, Santo Sepolcro, borgo di (diocesi di Castello):
chiesa di (Sardegna): 50 XVIII

Santa Maria Maddalena, vedi Santa Maria Santo Sepolcro, monastero di (diocesi di Ca-
di Orrea Pichina: 40, 41 stello): XVI, XVIII, XXI, XXV, XXVII
Santa Trinità di Monte Ercole, monastero di Santo Stefano al ponte in Firenze, chiesa di
(diocesi di Montefeltro): XVIII, XXV, XXVII, 143 (diocesi di Firenze): XVI

222
Indice toponomastico

Santo Stefano in Cintoria, monastero di Tivoli, diocesi di: X


(diocesi di Pisa): VII XVI, XX, XXI, XXV, XXVII,
Todi (Tudirdino), diocesi di: XXVII
78, 100, 122, 143
Toiano, corte di (diocesi di Arezzo): XVIII
Sardegna: I, VII, VIII, X, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV,
XXVII, XXXII, XXXIV, XXXV, XXXVI, XLIV, 12, 14, Torino (Tarvisino), diocesi di: XXV, XXVII, 144
15, 19, 23, 24, 25, 26,27, 28, 29, 30, 31,
Torres, diocesi di: VII, XII, XIV, XV, XX, XXI, 33,
43, 46, 49, 51, 78, 81, 84, 85, 99, 100,
50, 51, 78
108, 120, 122, 129, 140, 144, 168, 170
Torres, giudicato di: IX, 15, 16, 19, 25, 38,
Sassari: XXXIII, XXXIX, XXXVIII, 19, 20, 38, 40,
39, 40, 41, 43, 45, 51, 59
43, 51, 159, 160, 169, 170, 171
Toscana: 10, 13, 14, 15, 23
Scano Montiferru, (Sardegna): 34
Tuscia: VII, XX, XXI, 78, 122
Scano, villa di (Sardegna): III, 65
Tusculo, diocesi di: X
Semestene, (Sardegna): 34
Seneghe, (Sardegna): 47
U
Serravalle, castro di: XXV, XXVII, 142
Umbria: 23
Sicilia: XXVII
Urano, monastero di (diocesi di Chiusi): XXI
Siena, diocesi di: XVIII, XXV, XXVII, 143
Silve Mundi (Silvemundi), monastero di
(diocesi di Arezzo): XVI , XVIII , XXI , XXV , V
XXVII, 100, 121, 142
Vallialla, chiesa di (diocesi di Castello): XXV,

Soara, fiume di: XXV, XXVII XXVII, 142

Soci, chiesa di (diocesi di Arezzo): XVIII, XXV, Vanari, vedi Banari


XXVII, 142
Veneto: 23
Soci, palazzo della curia camaldolese di (dio- Venezia, diocesi di: 12
cesi di Arezzo): XXV, XXVII, XXVIII, XXXVI,
XXXVII, XLIV, 151, 167, 168, 196 Verona, città di: XXI, 120, 122

Sorres, diocesi di: V, VI, XII, XV, XXXIX, 38 Verona, diocesi di: XXV, XXVII, 144

Spoleto, diocesi di: XXI, XVIII, XXV, XXVII, 121, Viaio, villa di (diocesi di Arezzo): XXV, XXVII
144 Viario, chiesa di (diocesi di Arezzo): XVIII, XXV,
XXVII

T Vicenza, diocesi di: XXV, XXVII, 144

Tegiano, villa di (diocesi di Arezzo): XXV , Vivi in Monte Amiato, eremo di (diocesi di
XXVII, 142 Chiusi): VII, XX, XXI, 78, 122

Tiugulbi, domus di (Sardegna): XXVI , 42, Volterra, diocesi di: VII, XVI, XVIII, XX, XXI, XXV,
138 XXVII, 78, 100, 143

223
ROBERTO CORONEO

ARCHITETTURA ROMANICA IN SARDEGNA:


SCHEDE BIBLIOGRAFICHE

SOMMARIO: 1. San Gavino di Porto Torres – 2. San Pietro di Galtellì – 3. San Pietro
di Bidonì – 4. San Giorgio di Decimoputzu – 5. San Pietro del Crocifisso (o
delle Immagini) a Bulzi – 6. Sant’Agata di Quartu Sant’Elena.

A distanza di cinque anni dalla pubblicazione di un lavoro com-


plessivo sull’architettura romanica in Sardegna (1), credo che il quadro
sistematico delineato a suo tempo non abbia subito sostanziali revisio-
ni, ma ritengo ugualmente opportuno procedere a un aggiornamento
bibliografico che dia conto degli apporti successivi e più significativi.
L’interesse disparato, per qualità e contenuto, dei vari contributi con-
siglia la formula della semplice elencazione (in appendice al presente
articolo) o della puntualizzazione per singoli monumenti, come si leg-
gerà nelle schede che seguono.

1. San Gavino di Porto Torres – Pur preceduto da un’autorevole tradi-


zione di studi, che qualifica il Romanico come il più conosciuto dei
fenomeni architettonici in Sardegna (2), il recente volume di Fernanda

(1) R. CORONEO, Architettura romanica dalla metà del Mille al primo ’300 =
Storia dell’arte in Sardegna, vol. IV, Nuoro, 1993.
(2) A partire dalla sistemazione di D. SCANO (Storia dell’arte in Sardegna dal
XI al XIV secolo, Cagliari-Sassari, 1907), attraverso quella di R. DELOGU (L’architettu-
ra del Medioevo in Sardegna, Roma, 1953), per giungere alla rilettura operata da R.
SERRA (La Sardegna = Italia romanica, vol. X, Milano, 1989).

225
Roberto Coroneo

Poli (3) costituisce il primo saggio organicamente e monograficamente


condotto su uno dei più importanti monumenti del Medioevo isolano.
La citazione che apre il volume («Essere stati è una condizione
per essere») è dello storico francese Fernand Braudel, esponente di
punta degli Annales, dunque di una linea di ricerca rivolta ai microe-
venti socio-economici e ai “tempi lunghi” della storia, e suona come
dichiarazione di intenti, da parte della Poli, verso una lettura dell’am-
biente giudicale sardo il più possibile inserita nel vasto quadro del-
l’Europa medioevale. A sostanziare questa posizione stanno, nel cor-
poso apparato di note, i molteplici rimandi a Marc Bloch, George
Duby, Jacques Le Goff, Raymond Oursel – per citare solo i nomi più
noti – fino a John Day, che al pari di Marcel Le Lannou figura nel
ristretto novero degli storici extraisolani che hanno dedicato alla Sar-
degna una parte significativa della propria ricerca.
Attraverso una fitta trama di parallelismi (o divergenze) fra Sar-
degna, Bisanzio e Occidente, il primo capitolo (“I luoghi e i tempi”)
delinea un’efficace sintesi della situazione sarda attorno all’anno Mille,
che supera la concezione di un ambito periferico per dimostrare inve-
ce la piena partecipazione dell’isola ai contemporanei sviluppi medi-
terranei ed europei, sia in positivo (la ripresa della produzione agricola
e dei mercati, con conseguente crescita delle città) sia in negativo (le
ricorrenti difficoltà endemiche, dovute alle epidemie, alle carestie e al
pericolo dal mare). Fin dai primi secoli altomedioevali conquistata,
occupata o frequentata da Bizantini, Longobardi, Arabi, Pisani e Ge-
novesi, fra il X e l’XI secolo la Sardegna rivendica un proprio status
autonomo, da un lato con la creazione dei quattro regni giudicali, dal-
l’altro con l’esplicita scelta di campo a favore del papato romano, e
conseguente insediamento nell’isola dei Cassinesi prima (1065) e de-
gli altri ordini benedettini in seguito.
Nel quadro dunque di un orizzonte storico così caratterizzato da
notevole mobilità interna la Poli chiarisce la posizione dell’antica colo-
nia romana di Turris Libissonis (fondata nel I sec. a.C.) secondo una di-
namica che esclude il totale abbandono del centro costiero nei secoli fra
il V e il X, e suggerisce piuttosto una sua polarizzazione attorno ai due

(3) F. POLI, La basilica di San Gavino a Porto Torres, La storia e le vicende


architettoniche, Sassari, 1997.

226
Architettura romanica in Sardegna: schede bibliografiche

fulcri rappresentati dal porto e dalla cattedrale, identificabile nell’area


cimiteriale del Monte Agellu, su cui verrà impiantata la fabbrica romani-
ca dell’XI secolo, preceduta dall’aula trinavata le cui strutture sono state
individuate (1963) sotto la navatella nord e dalla basilica absidata le cui
fondazioni sono più di recente (1988) affiorate all’esterno del fianco set-
tentrionale romanico e ancora attendono la conclusione dell’indagine
archeologica e una sua adeguata pubblicazione.
Giustamente si rimarca la peculiarità della situazione turritana
rispetto ad altre anche dell’isola (Carales-Santa Igia, Sulci-Sant’Antio-
co), dovuta al mancato ruolo poleogenetico della cattedrale – la sede
diocesana a Turris è documentata dal 484 – rispetto allo sviluppo di
una vera e propria città medioevale, impedito dall’emergere di altri
due centri nell’ambito del giudicato di Torres: Ardara, quale sede epi-
scopale ipotizzata per i secoli IX-X, corrispondenti al silenzio delle
fonti circa la lista dei vescovi di Torres, e Sassari, quale fulcro degli
interessi commerciali che la porteranno a guadagnare l’egemonia e
dunque l’insediamento della cattedra turritana ufficializzato nel 1441.
A ciò si aggiunga la constatazione del carattere itinerante della corte
giudicale logudorese, in osservanza delle consuetudini delle corti me-
dioevali europee: si pone pertanto “Il problema della capitale”, affron-
tato dalla Poli nel secondo capitolo del libro.
Se Torres fu il toponimo utilizzato per indicare il territorio affe-
rente al centro episcopale (archidiocesano entro il 1073), l’evidenza
delle fonti conduce infatti a ipotizzare che il sito dell’antica città ro-
mana di Turris si qualificasse come una delle diverse residenze alterna-
tive, rispetto a quella più facilmente difendibile di Ardara, ubicata
nell’entroterra e, anch’essa, capitale “mancata” rispetto a Sassari, per il
fatto che all’insediamento della corte giudicale turritana non corrispo-
se un effettivo sviluppo di un vero e proprio tessuto urbano, costruito
da ceti socialmente variati, bensì il semplice organizzarsi delle struttu-
re di potere all’interno di una cinta fortificata (sa corte e su casteddu de
Ardar) a ridosso di una chiesa palatina, la S. Maria del Regno, rico-
struita in forme romaniche entro il 1107.
Nel terzo capitolo (“Le fonti superstiti”) si passano in rapida
rassegna la Passio Sanctorum Martyrum Gavini Proti et Ianuarii, l’In-
ventio Corporum Sanctorum Martyrum Gavini Proti et Ianuarii e il
Condaghe della fondazione e consacrazione della basilica di S. Gavino.

227
Roberto Coroneo

Tutti apografi e di datazione non unanime fra gli studiosi, risultano


però basati su precedenti redazioni, con priorità cronologica per la
Passio, riconosciuta di età altomedioevale. Dal contesto si evincono,
tra realtà storica e fatti miracolosi interpolati con chiari intenti agio-
grafici, gli avvenimenti che nell’XI secolo produssero il rinvenimento
delle reliquie dei protomartiri turritani, la fondazione della basilica ro-
manica – a opera di Gonnario-Comita, giudice di Torres e di Arborea,
vissuto nella prima metà del’XI secolo –, l’avvenuto completamento
all’epoca di Torcotorio-Barisone I de Lacon-Gunale, attorno al 1065,
e una ripresa dei lavori sotto Mariano I de Lacon-Gunale, documenta-
to come giudice tra il 1073 e il 1082.
La disamina del Proceso original (giornale di scavo) e della Relazio-
ne del ritrovamento de’ Santi Martiri Turritani Gavino, Proto e Gianuario
ed altri nella chiesa dell’antica città di Torres consente di ricostruire la na-
tura dei ritrovamenti “archeologici” nell’ambito della campagna di scavo
promossa tra il 1614 e il 1616 sotto la supervisione dell’arcivescovo di
Sassari Gavino Manca de Cedrelles. Fra i dati più rilevanti è da segnala-
re l’individuazione di una memoria funeraria tardoantica, sottostante
l’altare martiriale collocato in medio nella navata centrale della chiesa, il
cui sottosuolo fu nell’occasione completamente sconvolto (anche per il
rifacimento seicentesco della cripta), sì da causare la perdita di gran par-
te dei dati relativi agli strati anteriori al romanico, che fino a quel mo-
mento dovevano conservarsi intatti. A questi, di fatto, si sono aggiunti
unicamente quelli recuperati grazie a un saggio archeologico operato nel
1963 da Guglielmo Maetzke nel settore orientale della navatella nord,
con messa in luce delle esigue strutture murarie di una basilica preesi-
stente alla grandiosa fabbrica romanica.
È con l’analisi di questa struttura altomedioevale che la Poli
conduce nel quarto capitolo (“Gli eventi architettonici”) alla rilettura
delle fasi edilizie nel sito della basilica di S. Gavino. La più antica aula
di culto, ascritta al V secolo, viene restituita ad impianto longitudinale
poco sviluppato in lunghezza, con tre navate divise da pilastri e abside
ad ovest, di raggio leggermente più ampio rispetto alla curva rilevata
dal Maetzke. Nella zona adiacente al fianco settentrionale della basili-
ca romanica le si sovrappose un secondo edificio di culto, ascritto al
VII-VIII secolo, con abside ad est, ampia e profonda, che sembra
chiudersi secondo un profilo planimetrico a semicerchio oltrepassato.

228
Architettura romanica in Sardegna: schede bibliografiche

La minuziosa disamina delle precedenti interpretazioni della


principale singolarità architettonica della basilica di S. Gavino, cioè
l’icnografia ad absidi contrapposte, introduce all’apporto più signifi-
cativo del contributo della Poli, focalizzato sulla puntuale e convin-
cente ricostruzione della fabbrica romanica. L’insufficienza dei dati
documentari, il silenzio delle fonti medioevali e la genericità degli
scritti dal Cinque all’Ottocento circa uomini o eventi in qualche
modo connessi alla storia dell’architettura chiariscono le ragioni che a
partire dal primo Novecento indirizzarono lo studio della basilica ro-
manica verso una metodologia di lettura sostanzialmente formale, ac-
compagnata dagli interventi di restauro che liberandola gradualmente
dalle superfetazioni l’hanno ridotta al puro nucleo strutturale – oltre il
quale, almeno, non sembra più possibile toglier nulla – delle nude su-
perfici lapidee. Giustamente la Poli storicizza le scelte di restauro, da
quelle dello Scano (1903-05) a quelle del Delogu (1939) e del Mossa
(1946-48), senza esimersi però dal biasimarle specie quando mostrano
di aver privilegiato la facies romanica del monumento, senza alcun ri-
spetto per aggiunte come il diaframma presbiteriale gotico-catalano,
di cui soltanto le immagini d’archivio documentano oggi la pertinen-
za alla storia autentica della basilica.
Sulla linea d’interpretazione inaugurata da Dionigi Scano (1907),
in merito alla fabbrica romanica secondo un progetto unitario ad absi-
di contrapposte, e sull’altra che deriva dalla diversa opinione espressa
da Carlo Aru (1908), in merito alla seriorità di un’abside rispetto al-
l’altra, procedono tutti i successivi interventi critici, principalmente
quello di Raffaello Delogu (1953), che decise per l’anteriorità dell’ab-
side occidentale rispetto all’orientale, e quello di Piero Sanpaolesi
(1975), che argomentò esattamente il contrario; alla posizione del De-
logu, ribadita più di recente da Renata Serra (1989), si allineò inizial-
mente Vico Mossa (1957), per poi aderire (1982, 1988) alla posizione
del Sanpaolesi, che peraltro già era stata dell’Aru e sarà in seguito di
Carlo Tosco (1992), del Maetzke (1989) nonché di chi scrive, che ha
tuttavia riproposto la programmaticità dell’impianto ad absidi con-
trapposte (4).

(4) R. CORONEO, Architettura, cit., pp. 13-25, sch. 1, con bibliografia prece-
dente.

229
Roberto Coroneo

L’analisi architettonica della grandiosa basilica romanica (lunga


quasi 70 metri e larga 19 circa, alta 15) viene condotta dalla Poli sul
vivo del monumento, con l’esplicita dichiarazione della rinuncia a so-
luzioni precostituite sul piano teorico e con il preciso intento di rico-
struire un iter di tempi edilizi solo ingannevolmente unitari – perché
riassorbiti nella coerenza dell’organismo finale –, in realtà distinti per
incongruenze e discontinuità della struttura, che attestano ripensa-
menti, interruzioni e riprese dei lavori. Secondo la Poli, lo stesso sbi-
lanciamento delle proporzioni a favore dell’accentuato sviluppo longi-
tudinale – sensazione visiva rimarcata all’interno dal ritmo ravvicinato
delle capriate lignee – trova giustificazione in un «progetto che, nato
per un edificio di medie dimensioni con abside e facciata canonica-
mente disposte secondo l’asse est-ovest, ha subito poi notevoli ripen-
samenti che hanno finito per travisarne l’impostazione definitiva».
Diventa perciò difficilmente sostenibile la tesi di una fabbrica in
continuità temporale, semmai si consolida quella di un graduale cam-
biamento di progetto intervenuto allorquando, nel procedere da est
con gli sterri per le fondazioni in direzione ovest, ci si imbatté nella
memoria funeraria tardoantica e si interruppero i colonnati con l’in-
serto della prima coppia di pilastri cruciformi, funzionali a reggere un
arco trasverso (mai realizzato) che, oltre a garantire maggiore solidità
alle murature portanti, avrebbe isolato e sottolineato liturgicamente lo
spazio del martyrium. Questa prima fase edilizia, relativa all’impianto
sotto il giudice Gonnario-Comita e per il cui inizio la Poli propone il
1030-40, poté anche contemplare l’erezione di una facciata (finora
non attestata archeologicamente); in ogni caso si concluse o fu inter-
rotta entro il 1065 – sotto Torcotorio-Barisone I – in corrispondenza
della seconda coppia di pilastri cruciformi, dove anche le fondazioni e
il paramento murario mostrano chiare tracce di sutura e varie soluzio-
ni di raccordo tra filari di conci di pezzatura diversa, originate da dif-
ferenti tecniche operative.
La seconda fase edilizia, a distanza di qualche decennio secondo
la Poli, si svolse probabilmente nell’ambito del programma di riforma
gregoriana del clero turritano avviato dall’arcivescovo Costantino de
Castra (documentato fra il 1073 e il 1087) con l’appoggio del giudice
Mariano I, cui spetta forse la committenza per l’ampliamento della
basilica secondo una nuova polarizzazione dei suoi spazi liturgici, det-

230
Architettura romanica in Sardegna: schede bibliografiche

tata dal crescente flusso devozionale alle reliquie dei protomartiri tur-
ritani: riservando all’abside e al corpo orientale le funzioni del culto
martiriale, si dotò l’aula di un’abside a conclusione di un corpo occi-
dentale, in cui potessero svolgersi le ordinarie funzioni presbiteriali.
L’adeguamento delle nuove strutture ovest alle preesistenti è rivelato
da alcune correzioni di allineamento dei setti divisori dell’aula, che in-
cludono una terza coppia di pilastri cruciformi oltre i quali, verso l’ab-
side, fu prevista una colonna destinata a reggere le volte di due campa-
telle contigue, cui presto si rinunciò (in corso d’opera, ma degli archi
d’innesto delle crociere resta la sagoma nei paramenti murari all’estre-
mità dei fianchi) per gettare grandi arcate fra i pilastri e le paraste della
testata occidentale, così da marcare una sorta di transetto sopraelevato
sulle navatelle sebbene non pronunciato all’esterno dei muri.
Nell’affrontare il problema tipologico e storico rappresentato
dall’icnografia ad absidi contrapposte, la Poli passa in rassegna la casi-
stica degli ambienti geografici e dei complessi architettonici in cui è
possibile riscontrare tale configurazione planivolumetrica, avvertendo
da un lato che nel S. Gavino essa è frutto di due distinte fasi edilizie,
dall’altro che non esiste la possibilità d’individuare una ragione comu-
ne per la scelta di edificare un’abside affrontata all’altra preesistente;
ogni monumento va chiarito con la logica del caso per caso, sulla base
di precise situazioni contingenti. È questa di fatto la conclusione cui
giunse Noël Duval nel suo studio delle chiese africane del V-VII seco-
lo à choeurs opposées (1973), come pure quella cui obbligano gli esem-
pi iberici del VI-VII (fino alle riprese in età mozarabica) e quelli deri-
vanti dalla genesi dell’organismo carolingio-ottoniano provvisto d’ab-
side orientale e Westwerk di elaborata articolazione strutturale. In que-
st’ultimo caso, entra in gioco la destinazione a tribuna imperiale per il
corpo occidentale, per inciso proposta anche come chiave di lettura
dell’adozione dell’impianto ad absidi affrontate nella basilica turrita-
na. È una tesi, questa, che la Poli tende a escludere, per la mancata
sopraelevazione di un fulcro absidale rispetto all’altro, senza però ne-
gare che modelli culturali di matrice ottoniana e latamente imperiale
possano aver giocato un ruolo nella decisione maturata nella seconda
fase costruttiva della chiesa.
Attraverso il rimando alla celebre pianta dell’abbazia di S. Gallo e
alla scomparsa Schola Francorum di Roma, l’attenzione si concentra su

231
Roberto Coroneo

quegli edifici italici dell’XI-XII secolo già più volte accostati al S. Gavi-
no di Porto Torres: anzitutto la basilica di S. Piero a Grado, con corpo
orientale triabsidato, impiantato alla fine del X e concluso da facciata
occidentale, crollata e sostituita da un’abside alla fine del XII secolo; poi
la pieve di S. Giorgio di Valpolicella, che vedrebbe la priorità dell’abside
occidentale, costruita dagli inizi dell’XI secolo, sul corpo orientale triab-
sidato, aggiunto in un momento più avanzato dello stesso secolo; quin-
di la chiesa di S. Pietro al Monte a Civate, con corpo orientale edificato
poco dopo la metà dell’XI secolo e abside occidentale risalente alla fine
dello stesso secolo; la rassegna si conclude con il richiamo ad altri mo-
numenti di minore rilevanza, che sembrano documentare in ambito ita-
lico una frequenza dello schema icnografico ad absidi contrapposte
maggiore di quella fin qui generalmente affermata.
Nel passare alla verifica delle “ragioni della forma” che indirizza-
rono a Porto Torres l’ampliamento della basilica secondo una conce-
zione spaziale e liturgica che di fatto duplicava l’abside e per giunta
dotava la chiesa di un corpo occidentale allorquando molte altre ad
absidi contrapposte venivano invece standardizzate con l’apertura di
un portale nello stesso, la Poli premette la constatazione empirica del-
la necessità, nella pratica del cantiere medioevale, di preservare quanto
più possibile l’esistente, nel nostro caso il corpo orientale della chiesa,
nel momento in cui si procedesse ad ampliamenti o trasformazioni
degli spazi liturgici. A questa si aggiunga l’esigenza di un’organica si-
stemazione degli ambienti dell’aula che consentisse l’espletamento
delle funzioni riservate all’arcivescovo turritano nel corpo occidentale
e di quelle invece deputate ai canonici in quello orientale, con la zona
martiriale occupata dall’altare collocato in medio. Nell’analisi del com-
plesso monumentale dell’area, che vede la basilica inserirsi fra due cor-
tili, il cosiddetto “atrio Metropoli” a meridione e l’“atrio Comita” a
settentrione, può leggersi ancora – nonostante le manomissioni anti-
che e recenti – una distribuzione dei corpi di fabbrica che riflette
l’ubicazione della domus canonicorum (a sud, oggi sacrestia) e della do-
mus episcopi (a nord, oggi casa di riposo per anziani); di quest’ultima si
conservano peraltro strutture murarie di fabbrica romanica.
«Resta pur sempre insoluto – rileva la Poli – il mistero delle ori-
gini delle absidi affrontate sotto il profilo della forma, perché non ci
sembra del tutto accettabile la tesi per cui solo ragioni di ordine prati-

232
Architettura romanica in Sardegna: schede bibliografiche

co, e cioè l’ampliamento funzionale ora esaminato, presiedano alla


creazione architettonica». Osservazione corretta, che obbliga a consi-
derare il contesto culturale in cui si adottò la soluzione della controab-
side occidentale e, come logica conseguenza, la ristrutturazione di un
organismo architettonico (già canonicamente orientato) secondo una
logica che, non incontrando nessuna possibilità di derivazione da pre-
esistenze locali, deve di necessità essere imputata a sollecitazioni ester-
ne al contesto isolano. «Una premeditata ripresa dei modelli ottonia-
ni», scrive la Poli, riferibile alla volontà dei committenti – il giudice
Mariano I, l’arcivescovo Costantino de Castra – di guardare all’attua-
lità politica dell’Impero nel momento in cui erano in atto l’abbando-
no dei referenti bizantini e il processo di legittimazione dell’istituto
giudicale autoctono (5).

2. San Pietro di Galtellì – Una recente monografia di Antonio Cam-


bedda (6) si apre con la rassegna delle fonti medioevali relative alla vil-
la di Galtellì documentata come appartenente al giudicato di Gallura
e sede diocesana per la prima volta nel Provinciale Romanum, databile
al decennio fra il 1120 e il 1130. Tra i documenti più importanti ai
fini della corretta interpretazione di alcune architetture di età romani-
ca superstiti nel centro (7), l’atto da cui si deduce che nel 1117 Galtellì
non è ancora sede vescovile, poiché è Villano vescovo di Civita (Ol-
bia) a donare all’Opera del Duomo di Pisa tre curtes nel territorio gal-
tellinese, e quello del 1138, quando la diocesi diventa suffraganea del-
la sede metropolitana pisana, poiché Innocenzo II concede a Ubaldo

(5) La monografia della Poli comprende anche l’analisi dell’apparato sculto-


reo della basilica turritana, in particolare dei capitelli e del portale romanico, per la
cui discussione rimando a R. CORONEO, San Gavino di Porto Torres: recenti studi e
nuove acquisizioni, in “Studi Sardi”, XXXI (1994-98), pp. 369-398.
(6) A. CAMBEDDA, L’architettura militare e religiosa a Galtellì dal Medioevo al-
l’Ottocento, Nuoro, 1995, con utile apparato di tavole grafiche ma insufficiente
quanto a corredo fotografico.
(7) Tralascio il castello medioevale di Pontes, o di Galtellì, le cui vicende sto-
riche e strutture in rovina vengono analizzate in apposito capitolo da A. CAMBEDDA,
L’architettura, cit., pp. 39-54.

233
Roberto Coroneo

arcivescovo di Pisa il titolo di primate di Sardegna e tre diocesi, fra cui


appunto quella di Galtellum. Rivestirebbe capitale importanza il recu-
pero di un’epigrafe rinvenuta nel 1905 e successivamente perduta, in
cui si sarebbe letto: Ad honorem S. Petri Ap[ostoli] / Costantinus Iud[ex]
/ A[nno] D[omini] MXC, in riferimento al titolo della cattedrale galtel-
linese e a Costantino I, giudice di Gallura nel 1073.
Il complesso monumentale di S. Pietro, in cui si identifica l’an-
tica cattedrale di Galtellì (8), sorge alla periferia orientale del paese in
un’area delimitata dalla cinta del cimitero comunale, che ingloba le
strutture murarie di una grande chiesa romanica, visibilmente rimasta
incompiuta per l’interrompersi della fabbrica in pietra alla medesima
altezza in ogni parte delle murature residue (fig. 1). Sull’abside di que-
sta prospetta la facciata di un’aula modesta quanto a dimensioni, ma
decorata all’interno con affreschi anch’essi di età romanica (9). La let-
tura dell’odierno campanile – una torre isolata nel medesimo sagrato,
il cui impianto è riferito da Cambedda al XII-XIII secolo – costituisce
un problema che accantonerò per concentrare l’attenzione sui tanti di
molteplice ordine, generati dall’emergenza qualitativa delle due strut-
ture romaniche, che denominerò rispettivamente “cattedrale incom-
piuta” e “chiesa affrescata”.
La “chiesa affrescata” è un’aula a tre navate coperte in legno, di
cui la centrale conserva affreschi su due registri nei setti divisori e nella
controfacciata. I riquadri, dipinti con scene vetero (a destra) e neote-
stamentarie (a sinistra dell’ingresso), sono tagliati da due ampie arcate
per parte, su pilastri. Manca l’abside semicircolare, sostituita da un
presbiterio quadrato, voltato a crociera al pari delle cappelle che con-
cludono a oriente le navate laterali e di quelle aperte lungo i fianchi.
Al restauro delle strutture e degli affreschi è seguita la totale intonaca-

(8) A. CAMBEDDA, L’architettura, cit., pp. 55-97.


(9) Su quest’importante nuova acquisizione nel campo della pittura medioe-
vale in Sardegna cfr. i recenti contributi di R. SERRA: La pittura medievale in Sarde-
gna, in “La pittura in Italia, L’Altomedioevo”, a cura di C. BERTELLI, Milano, 1994,
pp. 321-326; Pittura medievale in Sardegna tra Saccargia e Galtellì, in “Scritti e im-
magini in onore di Corrado Maltese”, Roma, 1997, pp. 413-422; In figura Christi,
Storie della salvezza nella pittura e nella scultura romaniche in Sardegna, in “Studi in
onore di Ottorino Pietro Alberti”, Cagliari, 1998, pp. 121-141.

234
Architettura romanica in Sardegna: schede bibliografiche

tura delle pareti interne non interessate da dipinti, fatto che impedisce
la piena verifica delle tecniche murarie; restano in vista soltanto due
monofore all’estremità est della navata meridionale e di quella centra-
le. Mentre la facciata è intonacata, le altre pareti esterne mostrano una
muratura non isodoma, in pietrame misto, difficilmente databile con
precisione; solo le cappelle sembrano derivare da aggiunte di fabbrica
seriore.
L’ipotesi di un’aula originariamente mononavata, caratterizzata
da una facciata con andamento diagonale rispetto all’asse longitudina-
le della chiesa, è ostacolata dall’identica tecnica costruttiva delle due
monofore, corte e non strombate, con mostra in pietra vulcanica, del-
le quali almeno la più interna coeva o preesistente alla decorazione a
fresco, in quanto organicamente inserita nel contesto iconografico:
sorgente di luce a manifestazione del divino, è sormontata dalla co-
lomba dello Spirito Santo presente all’atto della Creazione. Inoltre,
qualora la si pensi illuminata soltanto da questa monofora, l’aula do-
veva risultare insolitamente buia specie in rapporto alla necessità di
leggerne gli affreschi; altre luci potevano però aprirsi nella facciata cu-
spidata (che infatti conserva sopra il portale la sagoma d’una finestra
cruciforme) e nella parete orientale, probabilmente conclusa da abside
semicircolare. L’altra monofora potrebbe anche pensarsi in relazione a
un ambiente secondario, senza ulteriori indizi di una chiesa trinavata
fin dall’origine, che avrebbe comportato – per giungere all’attuale
conformazione – unicamente la modifica dei setti divisori con amplia-
mento e riduzione del numero degli intercolumni.
La “cattedrale incompiuta” fu condotta a partire dalle profonde
fondazioni in pietrame non squadrato (oggi in vista per buon tratto)
con muri di tecnica isodoma in cantoni di pietra locale (puddinga) di
grande e media pezzatura, perfettamente tagliati e messi in opera con
notevole accuratezza. Il fianco settentrionale si raccorda al braccio
nord del transetto poco sporgente, sul cui muro orientale rigonfia
l’abside; nelle testate si collocano due tombe privilegiate, ricavate nella
muratura e forse destinate entrambe a salme vescovili a giudicare dal
pastorale scolpito in quella di sinistra, cui corrisponde una croce in
quella destra. Il paramento murario si caratterizza per l’alto basamen-
to a scarpa leggermente concavo-convessa, per la presenza di un porta-
le nord con stipiti su basi modanate e per l’assenza di qualunque

235
Roberto Coroneo

membratura verticale a eccezione delle robuste paraste laterali. Nel-


l’abside si apre una monofora assiale strombata con centina semicirco-
lare; analoghe luci erano previste nella testata nord e in quelle orientali
del transetto. La faccia interna dei muri non è visibile perché intona-
cata o celata dalle cappelle cimiteriali che vi si addossano.
È possibile restituire un impianto a croce commissa, imponente
quanto a reali dimensioni: oltre 38 metri di lunghezza per 18,80 al tran-
setto e 12,80 all’aula, che Cambedda ipotizza trinavata per l’impossibili-
tà di pensare a capriate lignee in grado di coprire un’aula mononavata
larga 10,80 metri nella stima di uno spessore murario pari a un metro;
nulla può dirsi in merito al sistema di copertura e al tipo di sostegni
divisori. Nessun dato materiale, tantomeno documentario, aiuta a chia-
rire i motivi per cui la chiesa, senza dubbio destinata a fungere da catte-
drale (10), rimase incompiuta; un generico termine ante quem per la sua
erezione può ricavarsi dalla datazione al XIV secolo di alcuni elementi
di corredo funerario recuperati nello scavo archeologico delle sepolture
nell’area cimiteriale adiacente al suo fianco settentrionale.
I problemi nascono rispetto alla datazione e seriazione delle due
strutture chiesastiche. L’ipotesi sviluppata da Antonio Cambedda pro-
cede dall’ascrizione fra la metà del XII e la metà del XIII secolo dei
dipinti nella “chiesa affrescata”, che avrebbe pertanto ospitato il seggio
vescovile in tempi anteriori alla fabbrica della “cattedrale incompiuta”,
progettata come nuova primaziale, il cui impianto su scala monumen-
tale andrebbe collocato non prima del XIII secolo sulla base delle affi-
nità icnografiche con coevi edifici romanici e gotici in Sardegna, in
particolare con l’abbazia cistercense di S. Maria di Paulis in agro di
Uri, suggerendosi infine come causa della sua interruzione la conqui-
sta catalana dell’Isola, a partire dal 1326.
Su questa datazione non concordo, poiché trovo che i rimandi
tipologici alle architetture due-trecentesche sarde a croce commissa re-
stano generici e non assegnano il giusto peso alla presenza dell’abside

(10) Giustamente A. CAMBEDDA (L’architettura, cit., p. 73) osserva che «sicura-


mente la [“cattedrale incompiuta”] non fu iniziata prima della creazione della dioce-
si di Galtellì (1120-30); infatti il progetto, come mostrano le sue proporzioni, si
denota subito di tale ambizione da potersi collegare solo con la volontà di creare una
monumentale chiesa cattedrale».

236
Architettura romanica in Sardegna: schede bibliografiche

semicircolare, sostituita da presbiterio quadrangolare nella S. Maria di


Paulis (1205), nel S. Francesco di Stampace (1274) e nelle cattedrali
di Cagliari (ante 1326) e Oristano (metà XIV sec.). Quanto poi alla
definizione del paramento murario, degli edifici cagliaritani e del duo-
mo oristanese manca del tutto l’articolazione di superficie aggiornata
in senso gotico (lesene a fascio di colonnine, sostituzione degli spigoli
vivi con modanature a gola e toro, bifore) che li contraddistingue ri-
spetto alla locale tradizione romanica. Se è vero poi che nella citata
chiesa cistercense si riscontra l’assenza quasi totale di membrature ver-
ticali, distintiva della “cattedrale incompiuta” di Galtellì, è ugualmen-
te facile riscontrare in quest’ultima l’inesistenza di quelle soluzioni
tecniche (sagome di monofore e portali) e formali (in relazione all’ico-
nologia trinitaria della luce) peculiari delle fabbriche cistercensi.
Sento pertanto il bisogno di riproporre la lettura della “cattedra-
le incompiuta” nei termini già espressi nella scheda del mio volume
sul Romanico in Sardegna (11), dove si avanzava una datazione ante
1138 sulla base della constatazione di una fabbrica notevole quanto a
dimensioni e impegno qualitativo, come nella maggior parte delle cat-
tedrali che si costruiscono nell’Isola tra la metà dell’XI e i primi de-
cenni del XII secolo. Nel settentrione isolano, alcune di queste (S. Pie-
tro di Sorres e S. Antioco di Bisarcio, ante 1090) risultano peraltro
condotte con paramenti lisci e privi di membrature verticali, carattere
distintivo anche delle strutture di primo impianto della SS. Trinità di
Saccargia (ante 1116). Nel centro della Sardegna, ritrovare simile dato
nell’abside del S. Giovanni battista di Orotelli (fig. 2), che attorno al
1138 ospitò il vescovo di Ottana, suona a conferma della datazione
alta della “cattedrale incompiuta” di Galtellì, potendosi anche ipotiz-
zare un trasferimento delle maestranze da questa fabbrica interrotta ad
altra che si andava erigendo nell’entroterra, sviluppata in seguito con
decisa accentuazione dei partiti architettonici dedotti da Pisa. Che a
Galtellì, al contrario, non è possibile avvertire, fatto perlomeno singo-
lare nel caso si voglia collocare – come fa Cambedda (12) – la “catte-

(11) R. CORONEO, Architettura, cit., p. 84, sch. 15.


(12) A conferma dell’ascrizione della “cattedrale incompiuta” al XIII secolo,
A. CAMBEDDA (L’architettura, cit., p. 75) porta fra l’altro «la situazione socio-econo-

237
Roberto Coroneo

drale incompiuta” in un’epoca di molto successiva alla caduta della


diocesi galtellinese in mano pisana.
Sarebbe semmai da guardare in direzione di Lucca, per trovare
un’identica cura nel taglio e nella messa in opera dei conci, e nella defi-
nizione “purista” di paramenti romanici ai quali risulta estraneo il siste-
ma lombardo di scansioni verticali ottenute mediante paraste, ricondot-
ti invece al semplice impatto volumetrico delle superfici lisce: non a
caso, sotto il profilo tecnico, l’edificio più simile risulta il S. Giovanni di
Viddalba, ascritto a maestranze lucchesi della fine dell’XI secolo. Perma-
ne l’unicità in Sardegna di un impianto a croce commissa sviluppato a
Galtellì non secondo lo schema canonico del S. Giovanni di Orotelli e
del S. Nicola di Ottana (ante 1160), che comprende l’aula mononavata
nello spazio fra i bracci del transetto, bensì secondo uno schema di filia-
zione romana, che doveva concretizzarsi probabilmente in un transetto
continuo, poco sporgente sul filo dell’aula trinavata.
Restano le giuste osservazioni di Cambedda circa il rapporto fra
“cattedrale incompiuta” e “chiesa affrescata”, quest’ultima in posizione
sacrificata rispetto alla prima, talché risulta difficile pensare che derivi
da una soluzione architettonica di ripiego, motivata dall’interruzione
della fabbrica di una grandiosa cattedrale. Nulla osta, al contrario, ri-
spetto all’eventualità che un edificio preesistente, forse di fabbrica al-
tomedioevale poiché non condotto secondo la tecnica isodoma co-
stante nel Romanico sardo, abbia avuto un’importante decorazione a
fresco in tempi successivi all’abbandono del progetto di una nuova
cattedrale. L’ipotesi conclusiva vede, in sostanza, l’erezione della dio-
cesi di Galtellì in anni successivi al 1117; la collocazione del seggio
episcopale in una chiesa preesistente e l’avvio del cantiere edilizio per
una nuova cattedrale, che resta incompiuta attorno al 1138, determi-
nando la permanenza del vescovo nella vecchia cattedrale, affrescata
probabilmente agli inizi del XIII secolo, in anni che lo studio dei di-
pinti preciserà in definitiva.

mica del Giudicato di Gallura (e in specie della diocesi di Galtellì), che visse proprio
fra il 1200 e il 1324 il momento economico più florido; poiché, prima con la salita
al titolo giudicale dei Visconti e poi con la caduta in mano del Comune pisano, il
Giudicato si aprì totalmente verso Pisa e la penisola italiana sia dal punto di vista
commerciale che culturale».

238
Architettura romanica in Sardegna: schede bibliografiche

Nel libro di Antonio Cambedda sono esaminate altre due chiese


di Galtellì che possono risalire ad età romanica. Una è il S. Bartolo-
meo, ora allo stato di rudere, restituibile ad aula mononavata con ab-
side semicircolare, in conci subsquadrati (13); l’altra è la parrocchiale
galtellinese (14), descritta nell’aspetto precedente il restauro che con
l’asportazione degli intonaci esterni ha messo in vista un tratto del
fianco sud in conci subsquadrati con monofora di tecnica romanica,
residuo dell’aula appartenente alla S. Maria delle Torri menzionata nel
Liber Fondachi (1317-18) e ricostruita nelle forme attuali a partire dal
1491-1559, con nuova dedica al SS. Crocifisso.

3. San Pietro di Bidonì – Un contributo di Maria Picciau sulla chiesa


romanica di S. Pietro di Bidonì dichiara fin dal titolo (15) l’intenzione
di travalicare l’ambito dell’analisi formale del singolo edificio per am-
pliare i termini del dibattito in relazione alla dialettica fra emergenze
monumentali e casi di architettura “minore”, non per questo meno si-
gnificativi per una lettura storica del territorio. All’interesse dell’impo-
stazione dei termini sul piano teorico non corrispondono però risulta-
ti di rilievo su quello pratico, probabilmente perché la scelta è caduta
su un monumento per nulla inedito (16) – come invece dichiarato dal-
l’Autrice – e di età romanica, cioè della categoria meno opportuna al
fine di evidenziare la significatività delle architetture cosiddette “mi-
nori”. Nell’arco cronologico delle vicende edilizie dell’Isola, ben altri
casi si sarebbero potuti chiamare in causa, con molta maggiore effica-
cia rispetto alla necessità di restituire a pieno titolo al tessuto storico-
architettonico qualcuna, ad esempio, delle tuttora trascurate chiese sia
urbane sia campestri del primo Novecento, caratterizzate da un singo-

(13) A. CAMBEDDA, L’architettura, cit., pp. 99-103.


(14) A. CAMBEDDA, L’architettura, cit., pp. 105-127.
(15) M. PICCIAU, L’architettura sommersa, Note sulla chiesa camaldolese di S. Pie-
tro di Bidonì, in “Quaderni bolotanesi”, XXI (1995), pp. 165-182, ripubblicato in M.
PICCIAU, “La storia sommersa, Saggi di teoria dell’arte”, Cagliari, 1998, pp. 9-41.
(16) Cfr. R. CORONEO, Architettura, cit., p. 114, sch. 28, con bibliografia pre-
cedente.

239
Roberto Coroneo

lare eclettismo che innesta decori storicistici (neoromanici e neogoti-


ci) su prospetti ancora calibrati sulle coordinate del neoclassicismo
purista.
Nel caso del Romanico di età giudicale, l’assunto principale del-
l’articolo, cioè la trascuranza dell’architettura “minore” e delle infor-
mazioni che possono venirne per quella “maggiore”, non sussiste pro-
prio perché fin dalle prime sistemazioni del quadro storico complessi-
vo non si è data affatto tale distinzione, affermandosi semmai, nel cor-
so degli studi, una pari attenzione per i monumenti-cardine (santuari
martiriali, cattedrali, abbazie) come pure per gli edifici da essi in qual-
che modo dipendenti (parrocchiali e chiese monastiche) e meno signi-
ficativi rispetto alla dinamica delle innovazioni. A provarlo, bastino i
dati statistici: su 61 chiese romaniche sarde considerate dallo Scano
nel 1907, all’incirca 29 sono inquadrabili per motivi di vario ordine
nella categoria dei monumenti “maggiori” (17): restano 32 monumenti
“minori”, pari al 52,45%; la percentuale aumenta nella monografia
del Delogu del 1953 (38 su 67, pari al 56,71%) e sensibilmente in
quella della Serra del 1989 (61 su 90, pari al 67,77%), per giungere a
117 su 146 (pari all’80,13%) nel mio lavoro del 1993.
Se dunque tale necessità di non discriminare fra architetture
“maggiori” e “minori” è presupposto da lungo tempo acquisito e ben
consolidato nella storia degli studi sul Romanico in Sardegna, dove
invece è difficile consentire con il discorso della Picciau è sulla qualifi-
ca di “popolare” assegnata tout court a detti monumenti “minori”. Edi-
fici come il S. Pietro di Bidonì, sul quale si diffonde l’Autrice, non
rientrano affatto nell’insidiosa categoria del “popolare”, e stupisce che,
pur sottolineandosene l’altezza qualitativa, non la si legga nei termini
di allineamento all’architettura “maggiore”, che semplicemente qui si
esplica su una scala dimensionale ridotta, perché diverse sono le esi-

(17) Precisamente: S. Gavino di Porto Torres, S. Saturno di Cagliari, Sant’An-


tioco, S. Giovanni di Sinis, S. Lussorio di Fordongianus, S. Maria del Regno di Arda-
ra, S. Nicola di Trullas, Santa Giusta, S. Simplicio di Olbia, S. Nicola di Ottana,
S. Antioco di Bisarcio, S. Pietro di Sorres, S. Maria di Bonarcado, S. Michele di Plaia-
no, S. Pietro delle Immagini, SS. Trinità di Saccargia, S. Michele di Salvenero, S. Leo-
nardo di Siete Fuentes, S. Maria di Sibiola, S. Platano di Villaspeciosa, S. Maria di
Uta, S. Maria di Tratalias, S. Pantaleo di Dolianova, S. Maria di Castello, S. Maria di
Oristano, S. Paolo di Milis, S. Nicola di Sassari, S. Pietro di Zuri, S. Pietro di Bosa.

240
Architettura romanica in Sardegna: schede bibliografiche

genze di tipo funzionale che hanno orientato le scelte di committenti


e costruttori. Giustamente la Picciau riconduce il S. Pietro di Bidonì
(fig. 3) al gruppo di chiese arborensi di piccole dimensioni derivato
nella seconda metà del XII secolo dall’abbazia camaldolese di S. Maria
di Bonarcado (dalla quale fu pure dipendente sotto il profilo giuridi-
co); tuttavia non si comprende perché al momento dell’analisi tecni-
co-formale ne sottolinei la prossimità al S. Gregorio di Solarussa, che
pure fa parte del gruppo, e non alla S. Maria di Norbello (fig. 4) o al
S. Nicola di Sorradile senz’altro più affini non foss’altro che per la vi-
cinanza geografica.

4. San Giorgio di Decimoputzu – Si deve a Stefano Basciu una mono-


grafia sulla chiesa di S. Giorgio a Decimoputzu (18), che viene anzitut-
to contestualizzata in un territorio ricco di emergenze agiotoponoma-
stiche e materiali che indiziano un’intensa frequentazione in età bizan-
tina, mentre le fonti documentarie segnalano insediamenti vittorini
fin dalla prima età giudicale. La rilettura dell’edificio, anche sulla base
dei dati recuperati nel restauro del 1989-95, consente di confermare
l’identificazione della chiesa nel titolo sancti Georgii de Decimo, dona-
to nel 1089 ai monaci di S. Vittore di Marsiglia.
Le vicende edilizie della chiesa sono ricostruite sulla base delle
preesistenze, avanzando l’ipotesi del suo insistere su un’area forse cimi-
teriale in relazione a un villaggio di origini neolitiche recenti, la cui atti-
vità in epoca tardoromana si deduce dai lacerti di mosaico a pelte,
ascritti alla fine del II-inizi III secolo, mentre la sua continuità in epoca
tardoantica è attestata dal fonte battesimale quadrilobato, rinvenuto an-
ch’esso in prossimità del presbiterio (19). Sulla base delle attuali strutture
chiesastiche, risultanti da seriori modifiche, è possibile restituire un im-
pianto romanico ad aula trinavata, coperta in legno e conclusa da un’ab-

(18) S. BASCIU, La chiesa di San Giorgio a Decimoputzu, tra fascino e mistero,


Cagliari, 1997. Si tratta di un lavoro asciutto ed esemplarmente condotto, che risen-
te soltanto della qualità editoriale non soddisfacente sotto il profilo della leggibilità
delle immagini fotografiche.
(19) Rimane sostanzialmente inedita la tomba bizantina a camera con volta a
botte, retrostante l’abside della chiesa.

241
Roberto Coroneo

side della quale si sono ritrovate le fondazioni semicircolari. Schema


proporzionale della facciata, murature lisce caratterizzate da grandi spes-
sori, setti divisori con sostegni tozzi e stretti intercolumni permettono
di collocare questa chiesa in ambito protoromanico, assai vicino al
S. Efisio di Nora e dunque alla fine dell’XI-inizi XII secolo.
Dopo l’analisi delle fasi edilizie successive all’impianto romani-
co e la disamina degli arredi liturgici relativi alla chiesa, il lavoro di
Basciu non trascura un problematico “dado calcareo” con rilievi di
tipo protoromanico, già presente nel S. Giorgio ma oggi purtroppo
conosciuto soltanto da una fotografia (20), e si conclude con il catalogo
dei frammenti scultorei, sia di quelli reimpiegati nel fianco meridionale
della vicina parrocchiale di Nostra Signora delle Grazie (nn. 1-7), pub-
blicati, sia d’altri inediti custoditi a Decimoputzu (nn. 8-14). Si tratta
in gran parte di capitelli, fra i quali riveste particolare interesse il n. 8,
conservato in un’abitazione privata a breve distanza dalla parrocchiale.
Prudentemente Basciu ne rileva il carattere di unicum rispetto al qua-
dro isolano e continentale; in attesa di un organico corpus dei capitelli
altomedioevali in Sardegna, l’ascrizione può essere proposta ad età bi-
zantina sulla base del dato tipologico, che vede il mantenimento delle
volute angolari nel kalathos, e dell’ornato che trae origine dalla fusione
compositiva delle punte delle foglie d’acanto del capitello composito,
generante un piatto motivo cuoriforme.

5. San Pietro del Crocifisso (o delle Immagini) a Bulzi – Un’articolata mo-


nografia di Anna Maria Premoli (21) offre nella prima parte una lettura
iconologica del sistema di segni e simboli decifrabile nella chiesa roma-

(20) Pubblicata da F. FOIS, Una nota su tre chiese vittorine del Cagliaritano, in
“Archivio Storico Sardo”, XXIX (1964), pp. 282-284. Gli ornati fotografati si di-
spongono su due facce, una scolpita con figura di quadrupede, l’altra con la sagoma
di una bifora. Lungo gli spigoli s’indovina uno sguscio e forse la faccia superiore era
incavata: potrebbe dunque trattarsi di un’acquasantiera del S. Giorgio, ascrivibile
anch’essa alla fine dell’XI-inizi XII secolo.
(21) A. PREMOLI, Un segno nel tempo, La chiesa di S. Pietro delle Immagini a
Bulzi, Nuoro, 1997. La “Presentazione” del volume (pp. 7-10) è di Faustino
Avagliano, archivista dell’abbazia di Montecassino.

242
Architettura romanica in Sardegna: schede bibliografiche

nica di S. Pietro denominata “del Crocifisso” o “delle Immagini”, in


quanto ospitava fino ad anni recenti il gruppo ligneo duecentesco della
Deposizione dalla croce, oggi nella parrocchiale di S. Sebastiano a Bulzi.
La seconda parte ricostruisce la presenza monastica cassinese nell’Anglo-
na medioevale, focalizzando l’attenzione sul priorato di S. Pietro di
Nurchi, senz’altro relativo a un monastero che svolse un ruolo egemone
rispetto perfino al titolo abbaziale di S. Maria di Tergu.
Il problema della localizzazione del S. Pietro di Nurchi si ac-
compagna alla difficoltà di appurare l’intitolazione medioevale del S.
Pietro del Crocifisso. La Premoli decide per l’identificazione dell’uno
nell’altro e affronta la questione nella terza parte del libro, districan-
dosi fra spinose questioni relative alla corretta lettura dei documenti,
al riscontro dei toponimi e delle intitolazioni all’apostolo nel territorio
compreso fra Bulzi, Sedini e Nulvi, alle emergenze monumentali rap-
presentate dall’imponente chiesa romanica di S. Pietro del Crocifisso
in agro di Bulzi e dalle problematiche strutture romaniche (un’aula
voltata a botte ogivale) solo in un secondo tempo adattate a chiesa di
S. Pancrazio in agro di Sedini, nelle quali la Premoli propone di iden-
tificare un monastero benedettino adibito a hospitium.
Le pergamene cassinesi riportano notizia di un S. Pietro di Sim-
branos, localizzato nella periferia di Bulzi ed esistente fino al 1796,
quando dai suoi ruderi furono attinte pietre per la costruzione della
parrocchiale; di un S. Pietro di Nugulbi e di un S. Pietro di Nurchi,
non localizzati al pari del S. Pietro di Gulsevi documentato nel Conda-
ghe di S. Nicola di Trullas. La Premoli propone la localizzazione di
quest’ultimo titolo nel S. Pietro di Gulsei, forma generatrice del-
l’odierno Bultei, dunque fuori dell’Anglona (22). Riferisce poi al S.
Pietro di Simbranos la forma Vulsi, generatrice dell’odierno Bulzi, do-
cumentata un’unica volta nel 1287. Riconduce quindi al S. Pietro di
Nugulbi le forme toponomastiche Nugulvi, Gusulbi e Gulsubi, docu-
mentate fra il 1120 e il 1149 ma imputabili a varianti fonetiche o er-

(22) Rispetto a questa ipotesi, la Premoli non registra la difficoltà derivante


dalla menzione non semplicemente di Gulsevi, bensì di un priore di Gulsevi nel
Condaghe di S. Nicola di Trullas: di fatto, mentre non si ha notizia di un priorato
benedettino nel territorio di Bultei, erano invece priorati cassinesi il S. Pietro di
Nurchi e il S. Pietro di Simbranos in quello di Bulzi.

243
Roberto Coroneo

rori di trascrizione, e propone la derivazione da Nugulbi del toponimo


attuale Nulvi, nel cui territorio poteva ricadere in antico il S. Pancrazio
di Nursi, che pertanto potrebbe identificarsi nel S. Pietro di Nugulbi.
Per esclusione, resterebbe l’unica possibilità di localizzare il S. Pietro di
Nurchi nell’attuale S. Pietro del Crocifisso.

6. Sant’Agata di Quartu Sant’Elena – Nel suo contributo di taglio sto-


rico-artistico a una monografia (23) sulla chiesa di S. Agata nel centro
storico di Quartu Sant’Elena, a breve distanza dalla parrocchiale, Ida
Farci puntualizza le vicende architettoniche della chiesa sulla base sia
dei dati acquisiti durante il restauro (intrapreso a partire dal 1990) sia
della contestualizzazione del monumento nel territorio quartese e nel-
l’ambito sardo meridionale, come pure di un’impeccabile e lenticolare
conoscenza del Romanico in Sardegna. Alla rassegna storiografica e
delle fonti documentarie segue l’analisi puntuale delle fasi edilizie in-
dividuabili nell’edificio, ubicato in località Su idanu nel villaggio di
Quartu jus, uno dei quattro dalla cui aggregazione è derivato il nucleo
storico degli odierni comuni di Quartu Sant’Elena e Quartucciu.
La chiesa doveva preesistere alla data della prima attestazione
documentaria del titolo di S. Agata nel 1291: scavi all’interno dell’edi-
ficio hanno infatti riportato in luce le strutture di fondazione di
un’aula romanica mononavata con abside semicircolare poi sostituita
dall’attuale – di pianta quadrangolare, con volta a crociera – al mo-
mento della fabbrica gotica, collocata dalla Farci fra il 1280 e il 1300.
Delle strutture d’impianto residuano porzioni murarie particolarmen-
te evidenti nel fianco nord, in accurata opera isodoma di conci d’are-
naria di media pezzatura, e numerosi archetti del coronamento di sa-
goma semicircolare a doppia ghiera tagliata a spigolo vivo, differenti
dagli altri a sesto lievemente acuto e a una sola ghiera smussata; ugual-
mente reimpiegati nella fase tardoromanica appaiono i corposi peducci,
che la Farci assimila ad altri in edifici sardi della metà del XII secolo,
proponendo analoga datazione (al 1145-60) per l’impianto di S. Agata
in forme romaniche.

(23) I. FARCI , A. INGEGNO, La chiesa di Sant’Agata a Quartu Sant’Elena,


Rilettura dopo il restauro, Cagliari, 1994.

244
Architettura romanica in Sardegna: schede bibliografiche

Ad attestare la possibile preesistenza di una chiesa altomedioe-


vale stanno alcuni frammenti scultorei, fra i quali l’elemento litico riu-
tilizzato capovolto nella muratura gotica (tav. V) quale architrave della
monofora nel fianco nord dell’aula. In verità la Farci lo considera coe-
rente con la fabbrica romanica, ma – per quanto sfugga la ragione
funzionale della forma (centina di monofora?) – il suo ornato a larga e
piatta foglia d’acqua con la cima riversa e duramente geometrizzata
sembra simile a quello delle mensole forse di spoglio all’imposta del-
l’arco absidale del S. Pancrazio di Cagliari e del S. Saturno di Ussana
(primo quarto del XII secolo), non potendosi dunque escludere nem-
meno l’esecuzione in epoca protoromanica a imitazione di mensole e
capitelli a stampella documentati in Sardegna fin dall’età giustinianea.
Analogo ornato presenta nelle facce sgusciate un capitello a
stampella rinvenuto in località Sa Terra de Is Paras a Quartucciu, di cui
in un recente volume si pubblica un’immagine fotografica, assieme ad
altra che permette di appurare la presenza di un concio romanico con
alloggio per bacino ceramico nei ruderi della chiesa di S. Pietro Para-
diso (24), d’impianto probabilmente altomedioevale.

(24) Cfr. G. STEFANI, D. SALVI, Insediamenti e materiali dall’età punica al Medioe-


vo, in “Quartucciu, il suo patrimonio culturale”, a cura di Pietro Corona, Oristano,
1997, in particolare pp. 125-128 (D. Salvi, “Località: Sa Terra de Is Paras”), p. 127,
fig. 26 (capitello a stampella, con ascrizione al X-XI secolo), pp. 129-131 (G. Stefani,
“Località: S. Pietro Paradiso”), p. 129, fig. 28 (concio con alloggio per bacino). Nello
stesso volume cfr. inoltre la scheda sulla chiesa tardoromanica di S. Efisio nel saggio di
A. PASOLINI, L’architettura religiosa, pp. 145-146.

245
Roberto Coroneo

Appendice

Per qualche nuovo spunto di lettura sull’architettura romanica sarda in ge-


nerale, cfr. M.L. TESTI CRISTIANI, Orme pisane nell’architettura sarda medievale, in
G. PADRONI, “Orme pisane in Sardegna”, testi di M.L. TESTI CRISTIANI, M. TANGHE-
RONI, F.C. CASULA, Pisa, 1994, s. p.; A. SARI, Architettura monastica nel giudicato di
Torres, in “Il Regno di Torres”, Atti [dei convegni] “Spazio e Suono” (1992-94),
Sassari, 1995, pp. 121-136.
Per interventi su singoli edifici, ecclesiastici e non, cfr. fra gli altri i seguenti
contributi: M. MAXIA, I nomi di luogo dell’Anglona e della bassa valle del Coghinas,
Ozieri, 1994, pp. 113, 186 (a proposito della S. Vittoria di Erula, ne corregge la
denominazione toponimica in riferimento non al villaggio abbandonato di Gava-
zana, bensì a quello di Campos d’Ulimu); Architettura cistercense, Fontenay e le ab-
bazie in Italia dal 1120 al 1160, a cura di G. VITI, Firenze, 1995, pp. 293-297
(scheda su S. Maria di Corte, con bibliografia ferma al 1988); G. MURRU, L’opus
latericium in età giudicale. Alcuni esempi dal cagliaritano, in “La ceramica racconta
la storia” = Atti del Convegno: La ceramica artistica, d’uso e da costruzione nel-
l’Oristanese dal neolitico ai giorni nostri, Oristano, 1995, pp. 259-275; M.A.
AMUCANO, Alcune note sul Castéddu Pedrésu, in “Da Olbìa ad Olbia, 2500 anni di
storia di una città mediterranea”, Atti del Convegno internazionale di studi, Sassa-
ri, 1996, vol. II, pp. 71-83; B. FOIS, Donnos paperos, I “Cavalieri Poveri” della Sar-
degna medioevale, Cagliari, 1996, pp. 44-47 (precisazioni sulla lettura dell’epigrafe
dipinta all’interno della S. Maria di Norbello); W. PARIS, I restauri compiuti dalla
fine dell’Ottocento al primo trentennio del Novecento nella chiesa di S. Simplicio di
Terranova Pausania, in “Da Olbìa ad Olbia”, cit., pp. 345-365; M. PORCU GAIAS,
Sassari, Storia architettonica e urbanistica dalle origini al ’600, Nuoro, 1996, in par-
ticolare pp. 32-57, sch. 10 ss.; V. MOSSA, S. Maria del Regno, Cappella Palatina, in
“La chiesa di Santa Maria del Regno di Ardara, Corredo artistico e restauri”, Sas-
sari, 1997, pp. 7-10; Scavi archeologici nella Chiesa di S. Nicola [di Orroli], cata-
logo della mostra fotografica, testi di M. SANGES e S.I. DELEDDA, Bolotana, 1977
(impianto in età tardoantica con ampliamenti di età bizantina e romanica); I.
BUSSA, L’opera di Santa Maria de Sauccu (Marghine) nel Seicento, in “Quaderni
bolotanesi”, XXIV (1998), pp. 269-290 (con disamina delle fonti relative alla

246
Architettura romanica in Sardegna: schede bibliografiche

ecclesia sanctae Mariae de Sabucco, documentata dal 1122 fra i possedimenti cas-
sinesi in Sardegna ma priva, nell’aspetto attuale, di strutture riferibili all’impian-
to romanico); Ossi, Luoghi dell’archeologia, catalogo della mostra, a cura di P.M.
DERUDAS, Ozieri, 1998, pp. 45-46 (informa dell’esistenza dei ruderi di una chiesa
romanica – il S. Giovanni di Noale – che si aggiunge alle altre già segnalate nel
territorio di Ossi, correggendo in Nostra Signora di Sylvaro – o Sivvaru, dal nome
del villaggio medioevale – il titolo di quella nota come S. Silverio); G. SERRELI,
K. CONCAS, Nostra Signora d’Itria di Maracalagonis, Un raro esempio di architettu-
ra romanica arabeggiante nel Campidano di Cagliari, in “Quaderni bolotanesi”,
XXIV (1998), pp. 383-401, in particolare p. 398, nota 35, dove si precisa al
1280-1300 la cronologia della chiesa – già proposta alla seconda metà del XIII
secolo – senza però superare lo stadio riepilogativo dei dati già disponibili, rele-
gando in nota l’informazione potenzialmente più interessante, relativa al disegno
della demolita abside tardoromanica allegato a un progetto della fine dell’Otto-
cento nell’Archivio del Comune di Maracalagonis.

247
Roberto Coroneo

Fig. 1 - Galtellì, testata absidale della “cattedrale incompiuta” di San Pietro (foto D. Tore).

Fig. 2 - Orotelli, testata absidale dell’ex cattedrale di San Giovanni (foto D. Tore).

248
Architettura romanica in Sardegna: schede bibliografiche

Fig. 3 - Bidonì, facciata della


chiesa di San Pietro (foto D.
Tore).

Fig. 4 - Norbello, fianco setten-


trionale e facciata della chiesa
di Santa Maria della Mercede
(foto D. Tore).

249
Indice

6
BIANCA FADDA

I TOPONIMI DEL MEDITERRANEO NEL


COMPASSO DA NAVIGARE

SOMMARIO: 1. Il codice Hamilton 396 (a) – 2. Il Portolano di Grazia Pauli (g) – 3. Il


Portolano di Carlo di Primerano (p) – 4. Il manoscritto di Giovanni da
Uzzano (u).

Nel 1947 Bachisio Raimondo Motzo pubblicava il testo di un


portolano (1) medievale custodito presso la Biblioteca dello Stato

(1) Sull’origine e l’evoluzione dei portolani e sul loro rapporto con le carte
nautiche si rimanda a: P.G. DALCHÈ, Carte marine et portulan au XII siecle. Le liber de
existencia rivierarum et forma mari nostri Meditarranei, Collection de l’Ecole Francai-
se de Rome, Roma, 1995; M. CASTELNOVI, I portolani del Mediterraneo tra XIII e XVII
secolo, in “Miscellanea di storia delle esplorazioni geografiche, XIX”, 1994; ALBERTO
CAPACCI, La toponomastica nella cartografia nautica di tipo medievale, Genova, 1994;
M. QUAINI, Immagini del Mediterraneo nella cartografia e nei portolani medievali, in
“Tra geografia e storia. Un itinerario nella geografia umana”, Bari, Cacucci, 1992;
G. FERRO, Carte nautiche dal Medioevo all’Età moderna, Genova, Edizioni Colombo,
1992; U. TUCCI, La pratica della navigazione, in “Storia di Venezia XII, Il mare” (a
cura di U. Tucci e A. Tenenti), Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 1991; F.
MELIS, I trasporti e le comunicazioni nel Medioevo, Firenze, Le Monnier, 1985; C.
PALAGIANO-A. ASOLE-G. ARENA, Cartografia e territorio nei secoli, Roma, NIS, 1984;
W. BORGHESI, Il Mediterraneo tra due rivoluzioni nautiche (secc. XIV-XVII), Firenze,
La Nuova Italia, 1976; H. KAHANE-L. BREMMER, Glossario degli antichi portolani ita-
liani, Firenze, L. Olscki, 1967; G. GUARNIERI, Geografia e cartografia nautica nella
loro evoluzione storica e scientifica, Genova, 1956; ID., Il Mediterraneo nella storia del-
la cartografia nautica medievale, Livorno, 1933; K. KRETSCHMER, Die Italianischen
Portolane des Mittelalters, Berlino, 1909; C. DE SIMONI-L.T. BELGRANO, Atlante idro-

251
Bianca Fadda

Prussiano di Berlino, il codice Hamilton 396; un testo anonimo, data-


to 1296, intitolato Compasso da Navegare. Si tratta del più antico
portolano relativo alla totalità del Mediterraneo che sino ad oggi sia
stato rinvenuto. È un’opera italiana scritta in volgare, che non si può
però definire toscano, genovese o veneziano, essendo frequenti i voca-
boli catalani, provenzali, arabi e bizantini. Si potrebbe parlare, come
disse il Motzo, di una “lingua franca” derivante dalla fusione di diversi
idiomi e dialetti, che veniva parlata dai marinai di tutto il mondo lati-
no per intendersi tra loro.
Il lavoro del Motzo non si è limitato alla pubblicazione di tale
manoscritto, peraltro preziosissimo per la mole dei dati contenuti e
per la sua originalità, ma è stato accompagnato da una lunga parte
introduttiva nella quale è stata affrontata la questione relativa all’origi-
ne e all’evoluzione dei portolani e delle carte nautiche che, nati con-
temporaneamente, si completavano a vicenda durante la navigazione.
Il Motzo annunciava inoltre l’intenzione di curare la stampa di
altri tre portolani derivanti dal Compasso e far così un “Corpus” che
evidenziasse il contributo fornito dall’Italia alla Storia della navigazio-
ne. Si riferiva, in particolare, ai codici di Grazia Pauli (fine XIV seco-
lo), di Carlo di Primerano (metà XV secolo) e di Giovanni da Uzzano
(metà XV secolo), alcuni esemplari dei quali si trovano custoditi nella
Biblioteca Nazionale e in quella Riccardiana di Firenze e nella Biblio-
teca Universitaria di Cagliari.
L’avanzare dell’età impedì al Motzo di portare a compimento il
suo progetto, che si interruppe con la trascrizione dei tre manoscritti.
Tutto il materiale da lui elaborato pervenne in seguito nelle
mani della professoressa Angela Asole che nel 1987 pubblicava il
portolano di Grazia Pauli, il più antico dei tre. La Asole, seguendo
un’idea del Motzo, corredò l’opera di un indice toponomastico, riser-
vandosi di produrre un indice comparato dei quattro portolani nel
momento in cui fossero stati editi tutti gli esemplari esistenti.
Nel 1996 il Compasso da Navigare di Giovanni da Uzzano, cu-
stodito presso la Biblioteca Universitaria di Cagliari, è stato oggetto di
studio da parte nostra in occasione della tesi di laurea in Paleografia e

grafico del Medioevo posseduto dal Prof. Tammar Luxoro, in “Atti della società ligure di
storia patria”, vol. VIII, 1867.

252
Il toponimi del Mediterraneo nel Compasso da Navigare

Diplomatica, della quale è stata relatrice la prof.ssa Luisa D’Arienzo,


che ci ha poi incoraggiato a portare a compimento il progetto del
Motzo di realizzare un indice toponomastico che riunisse tutti i
toponimi dei quattro manoscritti del Compasso: il Portolano edito dal
Motzo nel 1947, che chiameremo codice (a), il Portolano di Grazia
Pauli, codice (g), il Portolano di Carlo di Primerano, codice (p), il
Portolano di Giovanni da Uzzano, codice (u).

1. Il codice Hamilton 396 (a) – Il cosiddetto codice Hamilton, che ab-


biamo contraddistinto con la lettera (a), è attualmente custodito nella
Biblioteca dello Stato Prussiano di Berlino. Scritto su buona pergame-
na, misura cm. 21 x 14 e consta di 107 carte. La scrittura è una gotica
libraria della fine del XIII secolo (2) .
Riguardo al contenuto, esso si divide in tre parti. Nella prima
sono descritte le coste da capo San Vincenzo in Portogallo a Gibilter-
ra; seguono le coste della Spagna mediterranea, Francia, Italia, della
penisola Balcanica fino ad Istambul, dell’Anatolia, Siria, Palestina e
ancora dell’Africa settentrionale fino a Capo Spartel, ed infine le coste
atlantiche del Marocco fino a Saffi. Sono precisate le distanze tra le
diverse località calcolate in miglia (3), sempre associate alle direzioni
date in base alla rosa dei venti (o compasso) (4). Si trovano poi infor-

(2) Trattasi del già citato portolano pubblicato da B. R. MOTZO sotto il titolo:
Il Compasso da Navigare, opera italiana della metà del secolo XIII, in: “Annali della
Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari” (vol. VIII), 1947. Tutte le
notizie qui riportate sono state tratte dall’opera sopraccitata.
(3) Si tratta di un’unità di misura non coincidente con quella omonima (mi-
glio romano) utilizzata dai romani negli “Itineraria Scripta”, e pari agli attuali 1480
metri, ma corrispondente a 5/6 (cinque sesti) di esso ossia 1230 metri, come ha sta-
bilito all’inizio di questo secolo H. WAGNER in Der Ursprung der “Kleinen Seemeile”
auf den mittelalterlichen Seekarten der Italiener, Gottingen, 1900.
(4) I dati di direzione da imprimere all’imbarcazione, sin dall’inizio di ogni rot-
ta, vengono sempre forniti in base al sistema della rosa dei venti con l’orizzonte scisso
in 128 direzioni. La necessità di ricorrere a tante direzioni era imposta dalle molteplici
sfaccettature che la provenienza dei venti può assumere nel regime barico discontinuo
e multiforme proprio del Mediterraneo. Le direzioni delle rotte vengono segnalate tra-
mite otto venti principali: tramontana, greco, levante, scirocco, mezzogiorno, libeccio,

253
Bianca Fadda

mazioni sui fondali marini, le correnti, le secche, i venti dominanti e


sui procedimenti di attracco e sbarco. La seconda parte ha un doppio
oggetto: da un lato raccoglie un gran numero di traversate o percorsi
attraverso il mare aperto (pelei o pileggi) da un punto all’altro general-
mente lontani di coste continentali e insulari, con menzione delle di-
stanze e delle direzioni; dall’altro descrive il periplo delle grandi isole:
le Baleari, la Sardegna, la Corsica, la Sicilia, le Egadi, le Eolie, Malta,
Creta, Milo, Cipro. La terza parte, contenente la descrizione delle co-
ste del Mar Nero, è sicuramente un’aggiunta successiva trovandosi
dopo l’explicit.
Il manoscritto è di origine italiana. Secondo il Motzo sarebbe sta-
to composto in Toscana, più precisamente a Pisa. Infatti la descrizione
delle coste catalane, di quelle francesi e provenzali, dell’Italia meridiona-
le e dell’Adriatico è piuttosto sommaria, rispetto a quella delle coste
liguri, toscane, corse e sarde. Ciò porta ad escludere Catalani, Francesi,
Provenzali, ma anche Italiani del meridione e Veneziani. Due lunghi se-
gni di richiamo al principio della carta 14, descrizione di Porto Pisano, e
all’inizio della carta 15, descrizione di Monte Argentario con porto
Ercole e porto Santo Stefano, che non hanno riscontro nel resto del
manoscritto, lo riconnettono con la Toscana. Con tutta probabilità do-
vette appartenere ad un navigatore pisano. Il fondo della lingua del
Compasso, pur con infiltrazioni di altri idiomi e dialetti, è sostanzial-
mente toscano, non ripulito dall’uso letterario, ma così come era parla-
to dai marinai abituati ad andare di porto in porto. Il Compasso non
comprendeva in origine la descrizione delle coste del Mar Nero. Se l’au-
tore fosse stato un genovese non avrebbe di certo omesso di descriverlo,
essendo fortissimi gli interessi genovesi in quel mare.
Il testo si apre con l’indicazione: “In nomine Domini Nostri Iesu
Christi, amen. Incipit Liber Compassuum .MCCLXXXXVI. de mense
ianuari fuit inceptum opus istud”. Ma si tratta della data della copia; il
testo primitivo del Compasso, secondo il Motzo, sarebbe stato compo-
sto quarant’anni prima, esattamente tra il 1250 e il 1265. Rispetto

ponente, maestro più otto venti intermedi: tramontana-greco, greco-levante, levante-


scirocco, scirocco-mezzogiorno, mezzogiorno-libeccio, libeccio-ponente, ponente-ma-
estro, maestro-tramontana; cfr. A. TERROSU ASOLE, Il Portolano di Grazia Paoli, opera
italiana del sec. XIV trascritta a cura di B.R. Motzo, Cagliari 1987, pp. XII-XIV.

254
Il toponimi del Mediterraneo nel Compasso da Navigare

all’originale, il testo presenta tutta una serie di aggiunte minori, di


ampliamenti e rifacimenti, oltre a contenere non pochi errori dovuti
alla trascuratezza dei successivi copisti e all’aver in più la descrizione
delle coste del Mar Nero.

2. Il Portolano di Grazia Pauli (g) – È un codice manoscritto di costru-


zione italiana (5), conservato attualmente nella Biblioteca Nazionale
di Firenze e contraddistinto dal n.468 del fondo Palatino. Misura cm.
31 x 32 e consta di 32 fogli cartacei. Risulta privo di datazione, ma
l’analisi paleografica ne riporta la composizione alla fine del XIV seco-
lo, trattandosi di una scrittura gotica corsiva di tipo notarile sviluppa-
tasi in Italia nel quattordicesimo secolo. Il nome dell’autore è invece
contenuto nell’incipit del manoscritto: “In nomine Domino. Amen.
Porttolano di Grazia Pauli di chartte XXXII”, dal quale risulta anche
l’argomento oggetto del codice. Contiene il testo del Compasso da Na-
vigare, ma senza questo titolo.
Il manoscritto presenta caratteri formali e contenutistici che lo
differenziano dal codice (a). Il linguaggio è più corrotto e tradisce nu-
merose influenze dialettali. I nomi che cominciano con s impura risul-
tano quasi sempre preceduti da una i, così le località intitolate a Santo
Stefano prendono l’appellativo di San Istefano; si ha un particolare
indurimento della c che, quando è seguita da a o da o presenta quasi
sempre una h, così ad esempio troviamo chapo e cholonna. Ci sono
inoltre innumerevoli raddoppi: santto, levantte, portto.
Per quanto riguarda il contenuto si nota l’assenza di qualsiasi ri-
ferimento al Mar Nero, il vuoto relativo all’isola di Malta, al golfo del-
la Grande Sirte, al golfo greco di Nauplia e ancora la riduzione a ben
poca cosa del discorso sulle rotte afferenti alla navigazione, sia costiera
sia d’altura, in partenza dalle coste italiane del Mar Adriatico. Il testo
dimostra invece un interesse particolare per la Sardegna, la Sicilia e le
coste della Liguria e della Toscana. Probabilmente un’attenzione parti-
colare veniva dedicata anche alla Corsica, ma il foglio relativo a que-
st’isola è andato perduto. L’area di provenienza è probabilmente

(5) Trattasi del già citato portolano pubblicato da A. Terrosu Asole, dal quale
sono tratte tutte le notizie qui riportate.

255
Bianca Fadda

pisana e lo si può affermare sulla base di una precisa notizia contenuta


nel testo. Dopo la distruzione, ad opera dei pisani, della villa di Santa
Igia nel 1258, la capitale del giudicato di Cagliari venne trasferita sul
colle che gli stessi pisani chiamarono Chastello di Chastro. Mentre nel
codice (a) si ha l’indicazione generica di un castello cui viene attribui-
to lo stesso nome della città: castello de Callari, Grazia Pauli riporta il
toponimo Chastello di Chastro per indicare la città, il castello e il por-
to. Quindi è lecito pensare che l’autore del manoscritto avesse delle
cognizioni precise circa l’evolversi della toponomastica sarda sotto
l’influenza pisana; probabilmente viveva e scriveva a Pisa.

3. Il Portolano di Carlo di Primerano (p) – Il terzo in ordine cronologi-


co è il codice cartaceo n. 765, custodito nella Biblioteca Nazionale di
Firenze (6). Il manoscritto, finora inedito, consta di 36 carte e misura
cm. 29 x 22. È privo di datazione, ma l’analisi paleografica consente
di riportarlo alla prima metà del XV secolo; la scrittura è uniforme,
con rarissime maiuscole, la punteggiatura è scarsa e le parole sono
spesso attaccate, o irrazionalmente divise.
Contiene il testo del Compasso da Navigare, ma reca sul foglio di
riguardo il titolo errato di Compasso da Misurare di mano più recente.
Spesso il copista non è stato in grado di leggere il modello, per cui
lascia spazi bianchi per le parole non decifrate. Si proponeva di minia-
re alcune lettere e ha lasciato lo spazio, ma poi non l’ha fatto.
Dalla carta 1 alla 23 si descrivono le coste mediterranee dell’Eu-
ropa, dell’Asia e dell’Africa; alla carta 23 si danno le traversate per
mare aperto (pelei o pileggi) e la descrizione delle coste delle grandi
isole del Mediterraneo; alla carta 35 comincia la descrizione delle co-
ste del Mar Nero, come in (a). Segue l’explicit nel quale è contenuto il
nome dello scrivano: E detto libro e iscritto per me Carlo di primerano
deo gratias amen.
La lingua è sicuramente toscana ed alle coste toscane è rivolta
particolare attenzione.

(6) Il manoscritto, finora inedito, venne trascritto ad opera del Motzo il qua-
le ne fornì anche una sommaria descrizione nel volume sopraccitato, pp. XII-XIII

256
Il toponimi del Mediterraneo nel Compasso da Navigare

4. Il manoscritto di Giovanni da Uzzano (u) – Disponiamo di due


esemplari del codice di Giovanni da Uzzano, sostanzialmente identici
tra loro: il codice n. 279 della Biblioteca Universitaria di Cagliari (7) e
il n. 1848 della Biblioteca Riccardiana di Firenze; entrambi contengo-
no la Pratica di Mercatura e il Compasso da Navigare, due testi di fon-
damentale importanza per il mercante.
La Pratica di Mercatura è un manuale in cui sono raccolte nu-
merose informazioni e notizie sulle piazze commerciali: gli usi, i co-
stumi, le merci prodotte e trattate, i pesi e le misure adoperati sul mer-
cato per la vendita delle diverse mercanzie, le monete e il rapporto di
cambio tra loro, le spese di viaggio e di vettura, gli usi commerciali e i
sistemi doganali vigenti. Il Compasso era uno strumento insostituibile
per i traffici commerciali che si svolgevano sul mare, sempre presente
sul tavolo del mercante per preparare i viaggi delle sue navi. Il codice
in questione nacque quindi dalla necessità da parte dei mercanti di
avere un manuale di facile consultazione che contenesse tutte le noti-
zie ed informazioni che potessero essere utili ad un’impresa mercanti-
le-bancaria (8).
Giovanni da Uzzano (9) era infatti membro di un’importante
società commerciale fiorentina che aveva i suoi affari in varie parti
d’Europa e del Mediterraneo con base a Pisa e Livorno: la Compagnia
Uzzano (10). Sicuramente, nell’archivio della compagnia di cui faceva
parte, raccolse il materiale di cui aveva bisogno per la realizzazione del
suo manuale, trovandovi, come è lecito supporre, anche il testo del
Compasso, vista l’utilità che rivestiva per un’azienda mercantile impe-
gnata in traffici in prevalenza sul mare.

(7) Come già accennato nella Premessa, il manoscritto di Giovanno da


Uzzano, custodito nella Biblioteca Universitaria di Cagliari, è stato da noi studiato
in occasione della Tesi di Laurea
(8) A. SAPORI, Il mercante italiano nel Medioevo, Milano, Jacca Book, 1990
(9) B. DINI, Nuovi documenti su Giovanni di Bernardo di Antonio da Uzzano,
in “Nuova rivista storica”, Firenze, Società editrice Dante Alighieri, 1980; id., Una
pratica di mercatura in formazione (1394-1395), Firenze, 1980.
(10) V.I. RUTENBURG. La Compagnia Uzzano, in “Studi in onore di Armando
Sapori”, Milano, Istituto editoriale Cisalpino, 1957.

257
Bianca Fadda

L’unica edizione del manoscritto di Giovanni da Uzzano venne


fatta ad opera dello storico Gian Francesco Pagnini nel 1766 (11), ma
è purtroppo insufficiente per uno studio appropriato, ed inoltre con
molte inesattezze.
Il manoscritto cagliaritano, interamente cartaceo, consta di 278
carte le cui dimensioni sono cm. 29,5 x 22. Ci riporta alla metà del
XV secolo, esattamente al 1440, come ci viene indicato dal suo autore
nell’explicit: “Finito per in fin qui per me Giovanni di Bernardo d’Anto-
nio da Uzzano nel .MCCCCXL. a dì 8 di novembre. Che Iddio ci dia
grazia farne qualche frutto di che pel cattivo temporale ne dubito e per
più altri rispetti”. Il testo del Compasso comincia alla carta 153r e ter-
mina alla carta 207r. Il da Uzzano riporta poi una serie di trattati nau-
tici minori:
– Ragione da navichare chon tutti i venti
– Ragione di fare vele
– Ragione di misura del papamundi
– Ghuardie di giorni che ffanno fortuna di mare
– Chongnizione di pietre preziose e modo da pulire e da inchol-
lare
– E più c’è alchuna cosetta che cierchando troverete
Sono testi di minore importanza che all’occorrenza potevano ri-
velarsi molto utili al navigante; danno una serie di indicazioni sulle
operazioni da compiere in rapporto ai venti, sui diversi tipi di vela,
sulle unità di misura del mappamondo, sui giorni fortunati per la na-
vigazione in base alle stelle, e simili.
Il testo del Compasso si presenta qui molto rimaneggiato, con
errori, correzioni, e travisamenti molteplici che lo allontanano di mol-
to dal testo più antico. Troviamo un particolare indurimento della c la
quale interpone quasi sempre una h: chapo, chatena, chastello, sciloccho,
boccha. Ci sono molti raddoppiamenti (versso) e spesso la lettera ini-
ziale di parola viene raddoppiata e unita alla precedente, ad esempio si

(11) G.F. PAGNINI, Della decima e di altre gravezze imposte dal Comune di Fi-
renze. Delle Decima e della Mercatura dei Fiorentini fino al sec. XVI, Lisbona-Lucca,
edit. Bouchard, 1765-1766. Dell’opera del Pagnini venne fatta una ristampa
anastatica, con lo stesso titolo, ad opera di L. DAL PANE nella Collana “Bibliografie e
Opere classiche di Economia Politica”, Bologna, Forni, 1967.

258
Il toponimi del Mediterraneo nel Compasso da Navigare

trovano frequentemente forme del genere: channome, chessichiama. È


importante sottolineare la presenza di alcune forme e desinenze di vo-
caboli e di nomi di origine spagnola o catalana. È lecito supporre che
tra il capostipite e il manoscritto del da Uzzano sia avvenuta una tra-
scrizione o una correzione per mano di uno scrivano non italiano, ma
spagnolo o catalano che ha lasciato tracce del suo idioma; ciò poté av-
venire nel porto di Pisa dove esisteva una florida colonia di mercanti
spagnoli. Frequentissimo è l’uso di à col significato di c’è che fa pensa-
re all’uso di hay spagnolo.
Riguardo al contenuto, si nota l’assenza della descrizione delle
coste del Mar Nero così come in (g).
Il codice conservato nella Biblioteca Riccardiana è sostanzial-
mente identico a quello cagliaritano sia dal punto di vista formale che
contenutistico. È cartaceo, di cm. 29 x 22, consta di 200 carte. Il tipo
di carta e la scrittura usata, la mercantesca, sono le stesse. Il Compasso
vi occupa le carte 135-188.

259
INDICE TOPONOMASTICO

Sono contenuti in quest’indice tutti i toponomi presenti nei quat-


tro manoscritti sopraccitati, identificati attraverso una sigla che ne met-
te in evidenza il codice di appartenenza:
(a) Codice Hamilton 396;
(g) Portolano di Grazia Pauli;
(p) Portolano di Carlo di Primerano;
(u) Manoscritto di Giovanni da Uzzano.
Per renderne più agevole ed immediata la consultazione si è pro-
ceduto inserendo a sinistra, in grassetto, i toponimi attuali corrispon-
denti disposti in ordine alfabetico, accompagnati dal termine geografico
che ne qualifica la funzione, seguiti dai nomi antichi, nelle diverse dizio-
ni, secondo l’ordine:
1) Codice Hamilton 396 (a);
2) Portolano di Grazia Pauli (g);
3) Portolano di Carlo di Primerano (p);
4) Manoscritto di Giovanni da Uzzano (u).
Nei casi in cui non è stato possibile individuare il corrispondente
toponomastico moderno, si è proceduto inserendo a sinistra il toponi-
mo medievale più antico, contrassegnato dalla sigla (a) e, a seguire, i
nomi desunti, nell’ordine, dagli altri portolani.
Ogni toponimo medievale reca inoltre il riferimento, per i mano-
scritti già editi, delle pagine di edizione, e, per quelli ancora inediti, del-
le carte del manoscritto.
Tutti i toponomi medievali, seguiti dalla sigla d’identificazione (a,
g, p, u) e, quando riconosciuti, dal corrispondente nome attuale, sono
dati in ordine alfabetico, in modo da semplificare la loro identificazio-
ne.

261
Bianca Fadda

Per la compilazione del suddetto indice sono stati utilizzati l’At-


lante Internazionale del Touring Club Italiano con l’allegato Indice dei
nomi, il Portolano del Mediterraneo edito dall’Istituto Idrografico della
Marina, Genova,1994, e l’indice toponomastico moderno relativo al
solo portolano di Grazia Pauli realizzato dalla prof.ssa A. TERROSU
ASOLE e contenuto nel citato volume Il Portolano di Grazia Pauli, opera
italiana del secolo XIV trascritta a cura di B.R. Motzo.

262
Indice toponomastico

A Acri (a) vedi Akko


Abattasara (p) vedi Arbatax Acri (p) vedi Akko
Abellana/Avellana (u) c. 165 località non Acri (u) vedi Akko
identificata, Grecia Aczo Pelago/Aio Pelago (a) pp. 48, 56; Agi-
Abruil (u) vedi El Burullus pelago (g) pp. 51, 59; Aio Pelago (p)
cc. 15, 17; isole della Grecia
Abu Ashafa, capo, Egitto; Ripe Bianche (g)
p. 76 Adano (a) vedi Pasalimani

Abu Ashafa, porto, Egitto; Fasallam (a) Adanu (g) vedi Pasalimani
p. 64; Fachalora (g) p. 70 Adanun (u) vedi Pasalimani
Abukir, torre, Egitto; Bocchiero (a) p. 63; Adde (g) vedi Agde
Bochiere/Bochieri (g) p. 69; Bochiere
Addi (p) vedi Agde
(p) c. 19; Bocchier/Bocion (u) cc. 179,
206 Ade (a) vedi Agde
Abyda, città, Turchia; Avedo (a) pp. 44, 46; Adena (p) c. 34; fiume non identificato, Tur-
Avio/Avu (g) pp. 47, 49; Avido (p) chia
c. 15; Aver (u) c. 172
Ador (g) vedi Dour
Acari (u) vedi Akko Affrega (a) vedi Ras-Mahdia
Acchari (u) vedi Akko Affrica (u) vedi Ras-Mahdia
Accri (a) vedi Akko Afia, punta, Algeria; Balafia (a) p. 75; Bala-
Accri (p) vedi Akko fia/Belafia (g) p. 81; Balafia (p) c. 22;
Balaffia (u) c. 183
Acde (u) vedi Agde
Afrega (a) vedi Ras-Mahdia
Achari (g) vedi Akko
Africa (p) vedi Ras-Mahdia
Achua freda (g) vedi Bagur
Africha (g) vedi Ras-Mahdia
Achua fredda (g) vedi Bagur
Africha (p) vedi Ras-Mahdia
Achua Morte (g) vedi Aigues Mortes
Africha (u) vedi Ras-Mahdia
Achuala (g) vedi Bec de l’Aigle Agagi (a) vedi Agay
Achuila (g) vedi Aguilas Agai (a) vedi Agay
Acinarra (u) vedi Asinara Agano (p) vedi Agay
Acqua (u), montagna non identificata, Tur- Agay, rada, Francia; Agagi/Agai/agazi (a)
chia p. 16; Ganu (g) p. 16; Agano/Gano (p)
Acqua frecda (a) vedi Bagur c. 5; Agazi/Agazo/Aguazi (u) c. 158

Acqua Morta (a) vedi Aigues Mortes Agazo (u) vedi Agay
Agde, capo, Francia; Ade (a) pp. 11, 96;
Acquamorte (a) vedi Aigues mortes
Adde (g) pp. 9, 123; Addi (p) c. 27;
Acque Morte (a) vedi Aigues Mortes Acde (u) c. 193

263
Bianca Fadda

Agel (a) p. 17; montagna nei pressi di Mona- Aguscino (p) vedi Ras-Abu Lahu
co, Monaco
Aguscizo (p) vedi Marsa Matruh
Aghustini (p) vedi Lagostini
Agusta (p) vedi Lagosta
Agipelago (g) vedi Aczo Pelago (a)
Aguzino (g) vedi Ras-Abu Lahu
Aglaza (a) vedi Ayas
Ahtopol, Bulgaria, Mar Nero; Gatopoli (a)
Agliaccio (p) vedi Ajaccio p. 130
Aglio (p) c. 35; località non individuata, Mar Aiaso (u) vedi Ayas
Nero Aiasso (a) vedi Ajaccio
Ago (p) vedi Kos Aiasso (p) vedi Ayas
Agosabgostin (u) vedi Ras-Abu Lahu Aiasso (u) vedi Ayas
Agosta (g) vedi Augusta, città Aiazo (g) vedi Ayas
Agostaira (u) vedi Augusta, città Aicque Fredde (p) vedi Bagur
Agostara (a) vedi Augusta, città Aigua Freda (u) vedi Bagur
Agostara (p) vedi Augusta, città Aigua Fredde (p) vedi Bagur
Agostaria (u) vedi Augusta, città Aigua morta (p) vedi Aigues Mortes
Agostine (a) vedi Lagostini Aigue Morte (a) vedi Aigues mortes
Agostini (g) vedi Lagostini Aigue morte (p) vedi Aigues Mortes
Agostis (u) vedi Lagostini Aigues Mortes, porto, Francia; Acqua Morta/
Agria Grambousa, porto, Creta, Grecia; Acquamorte/Acque Morte/Aigue Morte
Cambrosa (a) pp. 119, 126; Granbrosa (a) pp. 11, 12, 87, 88, 97, 103; Achua
(g) p. 115; Canbrosa/Canbrese (p) Morte (g) pp. 10, 94; Aigue morte/Ai-
c. 32; Cambrosa/Canbrosa/Cabrosa/ gua morta (p) cc. 3, 25, 26, 27, 29;
Canbranza (u) c. 203 Aqua Morta/Agua Morta (u) cc. 156,
188, 193, 194, 197
Agro Romano, spiaggia, Lazio, Italia; Placza
Romana (a) p. 21; Piagia Romana (g) Aio Pelago (a) vedi Aczo Pelago (a)
p. 23; Piage Romane/Piagie di Roma Aio Pelago (p) vedi Aczo Pelago (a)
(p) cc. 7, 8, 30; Piaggia Romana (u)
c. 161 Aique Fredde (p) vedi Bagur

Agua Fredda (u) vedi Bagur Ais (u) vedi Ajaccio


Aitos (a) p. 135; località non individuata,
Agua Morta (u) vedi Aigues Mortes
Turchia, Mar Nero
Aguazi (u) vedi Agay
Aj Todor, Mys, capo, Ucraina, Mar Nero; S.
Aguilas, porto, Spagna; Aquila (a) p. 7; Todero (a) p. 136
Achuila (g) p. 5; Aquiloso (p) c. 2;
Ajaccio, golfo, Corsica, Francia; Aiasso (a)
Aquela/Aquile (u) c. 154
p. 101; Agliaccio (p) c. 28; Ais (u)
Agura (g) vedi Orano c. 195

264
Indice toponomastico

Akçakoka, fiume, Turchia, Mar Nero; Zagari Alboran, isola, Spagna; Arborame (a) pp. 6,
(a) p. 132 79; Arbora (g) p. 86
Akiò, isola, Grecia; Malatro (a) p. 41; Fino- Albre Cucis (u) c. 187; isola non individuata,
chi/Melastro (g) p. 43; Meni/Fenigolo Baleari, Spagna
(p) c. 13; Fenicholi/Lamina/Malico (u)
Albrueil (u) vedi El Burullus
c. 170
Alcandra (a) vedi Dalìas
Akko, golfo e città, Israele; Acri/Accri (a)
pp. 62, 63, 64, 121, 128, 129; Achari Alcandra (u) vedi Dalìas
(g) pp. 67, 68, 69, 110, 116, 117, 121;
Alchandra (g) vedi Dalìas
Acri/Accri (p) cc. 19, 32, 33; Acri/Aca-
ri/Achari (u) cc. 178, 179, 203, 204, Alcharoccho (p) vedi Carchuna
206
Alchi (g) vedi Alice
Akritas, capo, Grecia; Gallo (a) p. 35; Gallo
Alchudi (g) vedi Alicudi
(g) pp. 38, 39; Gallo (p) c. 11; Gal/Ro-
gal (u) c. 167 Aleria, porto, Corsica, Francia; Aliere/Alieri/
Liere (a) pp. 99, 102, 104, 105; Liera/
Akté, penisola, Grecia; Monte Sancto (a)
Lera (p) cc. 28, 29; Liers (u) cc. 195,
p. 44; Montte Santto (g) p. 46; Monte
196, 197
San Michele (p) c. 14; Monte Santo (u)
c. 171 Alesandra (g) vedi Alessandria
Alacantera (p) vedi Alicante Alesandra (p) vedi Alessandria
Alanya, porto, Turchia; Candelore (a) pp. 59, Alesandretta (p) vedi Alessandretta
127; Chandeloro (g) pp. 63, 120; Can-
Alessandra (p) vedi Alessandria
delloro (p) cc. 18, 33; Candellora/Can-
delloro/Chandellor (u) cc. 177, 206, Alessandretta (Iskenderun), città, Turchia;
207 Alexandrecta (a) p. 60; Lesandretta (g)
p. 64; Alesandretta (p) c. 18; Allessan-
Alaria (g) vedi S. Eulalia
dretta (u) c. 177
Albagnio (p) vedi Sainte Baume
Alessandria (El Iskandariya), città, Egitto;
Albatail (u) vedi El-Amouch Alexandria (a) pp. 63, 64, 67, 121,
128; Alesandra (g) pp. 69, 70, 117,
Albenga, città, Liguria, Italia; Albengana (a)
121; Alesandra/Alessandra (p) cc. 19,
p. 18; Albingena/albengena (g) p. 18;
20, 32, 33; Alessandria/Allessandria (u)
Albinghana/Arbinghana (p) c. 6; Ar-
cc. 178, 179, 203, 206
bengha/Arbingha (u) c. 159
Alessandria (u) vedi Alessandria
Albengana (a) vedi Albenga
Alessandria, porto, Egitto; Faro (a) p. 64;
Albengena (g) vedi Albenga
Faro (g) p. 69; Faro (p) c. 19; Far (u)
Albingena (g) vedi Albenga cc. 179, 180
Albinghana (p) vedi Albenga Alessandria, porto, Egitto; Porto Vellio (a)
p. 64; Portto Vecchio (g) p. 69; Porto
Albo (p) vedi Ieriki
Vecchio (p) c. 19; Porto Vecchio (u)
Albol Trento (u) vedi Elbo Trento (u) c. 179

265
Bianca Fadda

Alexandrecta (a) vedi Alessandretta Aliveri (Alverion), capo, Grecia; Olivero/Uli-


vero (a) pp. 41, 42; Olive (g) pp. 41, 42,
Alexandria (a) vedi Alessandria
44; Ulive (p) c. 13; Oliveres/Oliviers
Alfabiba (u) vedi Rachgow (u) c. 170
Algeciras, baia, Spagna; Isalcadera (a) p. 4; Allessandretta (u) vedi Alessandretta
Izalgadar (g) p. 3
Allessandria (u) vedi Alessandria
Algeger (u) vedi Algeri Alma (u) vedi Armi
Algeget (u) vedi Algeri Almaria (a) vedi Almeria
Algeri (Alger), città, Algeria; Gigera/Gizera/ Almaria (g) vedi Almeria
Zizera (a) pp. 75, 76, 79, 80, 83, 86,
96; Zizera/Zizora (g) pp. 82, 86, 89, Almaria (p) vedi Almeria
93, 123; Zizera/Zizari (p) cc. 22, 23, Almarie (p) vedi Almeria
24, 25, 26, 27; Algeger/Algeget/Algie-
ger/Algiegier/Algieser/Gesar (u) cc. 183, Almarie (u) vedi Almeria
185, 186, 188, 193 Almeria, città, Spagna; Almaria (a) p. 6; Al-
Alghero, città, Sardegna, Italia; Lighiera (u) maria (g) p. 4; Almaria/Almarie (p) c. 2;
c. 190 Almarie (u) c. 154

Algieger (u) vedi Algeri Almina, penisola, Marocco; Mina (a) p. 77;
Mina (g) p. 84; Mina (p) c. 23; Emina
Algiegier (u) vedi Algeri (u) c. 184
Algieser (u) vedi Algeri Almiro (u) vedi Volos
Alhucemas, isola, Marocco; Mussema (a) Almunecar, città, Spagna; Malette/Moleta
p. 77; Meserna/Miserna (g) p. 84; Me- (g) p. 4
sema/Mesina (p) c. 23
Altea, isola, Spagna; Antillola (a) p. 9; Alti-
Alicante, porto, Spagna; Cantara (a) pp. 8, 9, gliola (g) p. 7; Monte Colonbero (p)
82; Chantara/Chantera (g) pp. 6, 7, c. 2; Auterona (u) c. 155
88; Alacantera/ Cantera (p) cc. 2, 24;
Chantara/Chantera/Catera (u) cc. 155, Altigliola (g) vedi Altea
186 Amandolea, porto, Calabria, Italia; Mando-
Alice, punta, Calabria, Italia; Lechia (a) p. 25; lea/Mandoleia (g) pp. 26, 27
Alichi/Alchi (g) p. 28; Lieque (p) c. 8; Amanopuli (p) vedi Monopoli
Liquns/Linquns (u) c. 162
Amantea (a) vedi Amantea
Alichi (g) vedi Alice
Amantea (g) vedi Amantea
Alicosa (u) vedi Licosa
Amantea (p) vedi Amantea
Alicudi, isola, Italia, Isole Eolie; Arcudi (a)
Amantea, Calabria, Italia; Amantea (a) p. 23;
p. 110; Alchudi (g) pp. 109, 128; Ar-
Amantea (g) p. 25; Amantea (p) c. 8;
cudi (p) c. 31; Archus (u) c. 200
Mathea (u) c. 162
Aliere (a) vedi Aleria
Amasra, Turchia, Mar Nero; Samastro/Sa-
Alieri (a) vedi Aleria maestro (a) p. 132; Savasto (p) c. 35

266
Indice toponomastico

Amcona (a) vedi Ancona Ancolle (u) vedi Porto Collo


Amer, punta, Spagna, Baleari; Artano (a) Ancolli (p) vedi Porto Collo
pp. 85, 87; Finogi/Finogui (g) p. 91; Ar-
Ancollo (a) vedi Porto Collo
tano/Artani (p) c. 25; Artan (u) cc. 187,
188 Ancona (a) vedi Ancona
Amiro (p) vedi Volos Ancona (p) vedi Ancona

Amorgos, isola, Grecia, Isole Cicladi; Margo Ancona, porto, Marche, Italia; Ancona/
(a) pp. 53, 54, 55; Margo (g) pp. 55, Amcona (a) pp. 29, 30, 31; Anchona
56, 57; Margo (p) cc. 16, 17; Margo/ (g) pp. 32, 33; Ancona (p) cc. 9, 10;
Margho/Malgo (u) c. 174 Anchona (u) c. 164

Ampurias, golfo, Spagna; Anpuria (a) p. 10; Anctiochecta (a) vedi Antiochia ad Gragum
Anpurie (g) p. 8; Paria (p) c. 3; Anpuli Andolo (a) vedi Porto Collo
(u) c. 155
Andora, Liguria, Italia; Mela d’Andola (a)
Amsoros, Burun, promontorio, Turchia, pp. 17, 18; Media Andora/Meta Ando-
Mar Nero; Erminio/Arminio (a) p. 130 ra (g) p. 18; Mele d’Andriola/Andriola
Amza (a) vedi Anzio (p) c. 6; Mela d’Andriola (u) c. 159
Andra (a) vedi Andros
Anadolukavak, Turchia, Mar Nero; Giro (a)
pp. 131, 135; Giro (p) c. 36 Andra (g) vedi Andros
Anafa, città abbandonata, Marocco; Niffe/ Andra (u) vedi Andros
Niffo (a) p. 78; Nisfe/Nisse (g) p. 85;
Andra villa (p) vedi Andrabida
Nife (p) c. 23; Nife (u) c. 184
Andrabida, città, Grecia; Andreville (a) p. 33;
Anafe, isola, Grecia, Isole Cicladi; Nafin/Na-
Andrenola (g) p. 37; Andra villa (p)
fino/Nifin (a) pp. 50, 55; Nafi/Naffi
c. 11; Andrevola (u) c. 166
(g) pp. 52, 57; Naffi (p) cc. 15, 17;
Nafi/Nanfi (u) cc. 173, 174 Andrag/Angrag (u) c. 187; località non indi-
viduata, Baleari, Spagna
Anaia/ Ania (u) cc. 175, 176; località non in-
dividuata, Grecia Andre (p) vedi Andros

Anamur, capo, Turchia; Stalemura/Stallemu- Andrenola (g) vedi Andrabida


ra (a) pp. 59, 127; Stalemura/Stallemu- Andreville (a) vedi Andrabida
ra (g) p. 63; Castello muro/Stallamura/
Stallemura (p) cc. 18, 33, 34; Stalime- Andrevola (u) vedi Andrabida
ne/Astalimene (u) c. 177 Andria (p) vedi Andros
Anaria (g) vedi Ariana Andriola (p) vedi Andora
Anchol (g) vedi Porto Collo Andros, isola, Grecia, Isole Cicladi; Andra
Anchona (g) vedi Ancona (a) pp. 40, 55, 56; Andra (g) pp. 41,
59; Andria/Andre (p) cc. 13, 17; Andra
Anchona (u) vedi Ancona (u) cc. 169, 174
Ancolle (p) vedi Porto Collo Angello (p) vedi Farmakousa

267
Bianca Fadda

Angelo (g) vedi Farmakousa Antiboli (u) vedi Antibes


Angho (a) vedi Kos Antibuli (p) vedi Antibes
Angholle (g) vedi Porto Collo Anticha (g) vedi Ustica
Angistro, capo, Turchia; Perdige (a) p. 57; Antigodio (p) vedi Gaudopoula
Pernici/Pronichi (g) p. 61; Pernicie (p)
c. 17 Antigouzi (u) vedi Gaudopoula

Angnello (a) vedi Farmakousa Antikythera, isola, Grecia; Sequilo/Sequillo/


Sechilo/Sichili (a) pp. 37, 52, 59, 80,
Ango (a) vedi Kos 119, 122, 123, 125; Scichilo/Sichilo
Ango (g) vedi Kos (g) pp. 54, 115, 118; Sechillo/Sichillo/
Scolis/Scilli/Scillis (p) cc. 12, 16, 32, 33;
Angoe (g) vedi Kos Sequillo/Squillo/Squillis (u) cc. 168,
Angrag (u) vedi Andrag (u) 169, 173, 205

Anguillette, capo, Francia; Manega (a) p. 14; Antillola (a) vedi Altea
Manicha (g) p. 14; Maneggia/Mangna Antimelos, isola, Grecia, Isole Cicladi; Er-
(u) c. 157 monmilo (a) pp. 49, 53, 55, 124, 126;
Ania (u) vedi Anaia (u) Ermomilo (g) p. 58; Lino (p) c. 16; Er-
moni/Remonil (u) cc. 173, 174
Annaba, città, Algeria; Bona (a) pp. 74, 86,
89, 96, 97; Buona (g) pp. 80, 93, 123, Antioceta (p) vedi Antiochia ad Gragum
124; Buona (p) cc. 22, 25, 26, 27;
Antiocheta (u) vedi Antiochia ad Gragum
Bona/Buona (u) cc. 182, 188, 189,
193, 194 Antiochetta (a) vedi Antiochia ad Gragum
Anpuli (u) vedi Ampurias Antiochia ad Gragum, rovine dell’antico abi-
Anpuria (a) vedi Ampurias tato, Turchia; Antiochetta/Anctiochecta
(a) p. 59; Atiocietta (g) p. 63; Antioceta
Anpurie (g) vedi Ampurias (p) c. 18; Antiocheta (u) c. 177
Ansa (p) vedi Anzio Antipoli (g) vedi Antibes
Ansa (u) vedi Anzio Anzio, capo, Lazio, Italia; Amza (a) p. 22;
Ansipo (u) vedi Nasipo (a) Anzo (g) p. 23; Ansa (p) c. 8; Ansa (u)
c. 161
Antalya, città, Turchia; Satalia (a) p. 59; Sat-
telia (g) p. 63; Settelia (p) cc. 18, 33; Anzo (g) vedi Anzio
Satalias (u) c. 177 Apicuare (p) vedi Cerbicales
Antegozo (a) vedi Gaudopoula Aqua Fredda (u) vedi Bagur
Antennicis (u) vedi Toukousch Aqua Morta (u) vedi Aigues Mortes
Antibes, città, Francia; Antiboli (a) p. 16;
Aquela (u) vedi Aguilas
Antipoli (g) p. 16; Antibuli (p) c. 5;
Antiboli (u) c. 159 Aquila (a) vedi Aguilas
Antiboli (a) vedi Antibes Aquila (a) vedi Bec de l’Aigle

268
Indice toponomastico

Aquila (u) vedi Bec de l’Aigle Archuroso (g) vedi Carchuna


Aquile (u) vedi Aguilas Archus (u) vedi Alicudi
Aquilis (p) vedi Bec de l’Aigle Arcire (a) vedi Cheiron
Aquiloso (p) vedi Aguilas Arco (p) vedi Carto (a)
Aragon (u) vedi Montanao (a) Arcudi (a) vedi Alicudi
Aragosa (u) vedi Ragusa Arcudi (p) vedi Alicudi
Aragosa Vecchia (u) vedi Ragusa Vecchia Arcuffo (g) vedi Arzufa (a)
Aransar (u) vedi Renzano Arcuffu (p) vedi Arzufa (a)
Arbatasara (a) vedi Arbatax Arcurozo (a) vedi Carchuna
Arbatax, porto, Sardegna, Italia; Arbatasara/ Arena (a) p. 119; capo non individuato, Gre-
Arbataxara (a) p. 93; Batasara (g) p. 99; cia
Abattasara (p) c. 26; Bataisero (u) c. 192
Arenzano (a) vedi Renzano
Arbataxara (a) vedi Arbatax
Argani (g) vedi Farruch
Arbengha (u) vedi Albenga
Argentaio (g) vedi Argentario
Arbesena (u) c. 194; località non individuata
Argentara (a) vedi Argentario
Arbingha (u) vedi Albenga
Argentara (a) vedi Argentiera
Arbinghana (p) vedi Albenga
Argentara (g) vedi Argentiera
Arbora (g) vedi Alboran
Argentara (p) vedi Argentiera
Arborame (a) vedi Alboran
Argentario, capo, Toscana, Italia; Argentara
Arcavi (a) vedi Arhavi (a) pp. 21, 104; Argentaio/Argentaro (g)
Arcelli (p) vedi Cheiron pp. 22, 103, 125, 127, 128; Argientara
(p) cc. 4, 28, 29; Argientaio (u) cc. 161,
Archandra (g) vedi Dalìas 195, 197
Archani (g) vedi Farruch Argentaro (g) vedi Argentario
Archentrìas, capo, Grecia; Descarcadore/De- Argentera (g) vedi Argentiera
scargadore (a) pp. 114, 115; Scarichato-
ro/Scarichator/Iscarichatoro (g) p. 111; Argentiera (g) vedi Argentiera
Scaricatoio/Scharichatoio (p) c. 31;
Argentiera, capo, Sardegna, Italia; Argentara
Carguador (u) c. 202
(a) pp. 90, 97, 99; Argentara/Argentie-
Archilui (g) vedi Cheiron ra/Argentera (g) pp. 96, 122; Argentara
(p) cc. 26, 27; Argientiera (u) cc. 190,
Archirozo (g) vedi Carchuna
194
Archona (g) vedi Cardak
Argha (u), isola non identificata, Sardegna,
Archuroggio (u) vedi Carchuna Italia
Archurogio (u) vedi Carchuna Argientaio (u) vedi Argentario

269
Bianca Fadda

Argientara (p) vedi Argentario Armiro (u) vedi Volos


Argientiera (u) vedi Argentiera Armo (a) vedi Armi
Argon (p) vedi Kos Armo (g) vedi Armi
Argonsi (a) vedi Ras-Abu Lahu Armo (p) vedi Armi
Argostoli (Argostolion), baia, Grecia; Trapa- Arna (u) vedi Enez
no (a) p. 32; Trapano (g) p. 36; Trapa-
Arnaoùtes, capo, Cipro; S. Beffano (a)
no (p) c. 10; Trapea (u) c. 166 pp. 121, 127, 128, 129; S. Beffanio/S.
Arhavi, Turchia, Mar Nero; Arcavi (a) p. 135 Befani (g) pp. 117, 119, 120, 121; S.
Bifani/S. Biffani/S. Bifano (p) cc. 32,
Ari (p) vedi Hyeres 33, 34; S. Beffani/S. Baffani/S. Befani/
Ariana, scoglio, Italia, Isole Eolie; Anaria (g) S. Baffam (u) cc. 204, 206
pp. 109, 128 Arni (u) vedi Cardak
Arichero (g) vedi Carchuna Arnno (u) vedi Arno
Arkìtsa, capo, Grecia; Spartivento (a) p. 42; Arno (a) vedi Arno
Spartte Ventto/Sparte Vetto (g) p. 44;
Spartevento (p) c. 14; Partevento (u) Arno (g) vedi Arno
c. 170 Arno (p) vedi Arno
Arma (u) vedi Enez Arno, fiume, Toscana, Italia; Arno (a) p. 20;
Armarro (p) vedi Armiro (a) Arno (g) p. 21; Arno (p) c. 7; Arno (u)
c. 160
Armi, capo, Calabria, Italia; Armo (a) p. 24;
Armo (g) pp. 26, 27; Armo (p) c. 8; Aroi (a) vedi Camarat
Alma (u) c. 162 Arroyo Vaquero, torre, Spagna; Vaquiero (a)
Armini (a) vedi Kumkale p. 5; Vachis (g) p. 3; Vacher (u) c. 153

Armini (g) vedi Kumkale Arsuf (u) vedi Arzufa (a)

Armini (p) vedi Kumkale Artan (u) vedi Amer

Arminio (a) vedi Amsoros, Burun Artani (p) vedi Amer

Armino (g) vedi Kumkale Artano (a) vedi Amer

Armirlo (p) vedi Armiro (a) Artano (a) vedi Farruch


Artano (p) vedi Amer
Armirlo (p) vedi Armiro (a)
Artemision, capo, Grecia; Pondiconese (a)
Armiro (a) vedi Volos
p. 42; Choniza/Ponte Chonize (g) p. 45;
Armiro (a) p. 134; Armirlo/Armiro/Armarro Conize (p) c. 14; Conise (u) c. 170
(p) cc. 35, 36; capo non individuato,
Aruino (g) vedi Camarat
Mar Nero
Arwad, isola, Siria; Tortosa (a) p. 60; Tortosa
Armiro (g) vedi Volos
(g) pp. 65, 120; Tortosa (p) cc. 18, 33;
Armiro (p) vedi Volos Tortosa/Tortesa (u) cc. 177, 206

270
Indice toponomastico

Arzau (a) vedi Arzew Asmara (p) vedi Asinara


Arzau (g) vedi Arzew Aspera (a) pp. 130, 131; località non indivi-
Arzau (p) vedi Arzew duata, Romania, Mar Nero

Arzen (u) vedi Arzew Aspine (g) vedi Esterel

Arzeu (u) vedi Arzew Aspro, capo, Cipro; Blanco (a) pp. 127, 128;
Biancho (g) pp. 119, 121; Bianco (p)
Arzew, golfo, Algeria; Arzau (a) pp. 76, 79; c. 33; Biancho (u) c. 206
Arzau/Arziau (g) pp. 83, 86; Arzau/
Zaro (p) c. 23; Arzeu/Arzen (u) cc. 184, Aspromonte (g) vedi Aspromonte
186 Aspromonte, monti, Calabria, Italia; Aspro-
Arziau (g) vedi Arzew monte (g) p. 28
Arzufa/Arzuffo (a) p. 62; Arcuffo (g) p. 67; Asse (a) vedi Porion
Arcuffu (p) c. 19; Arsuf (u) cc. 178,
Assentri (u); isola non identificata, Grecia
179; località non individuata, Israele
Astalimene (u) vedi Anamur
Arzuffo (a) vedi Arzufa (a)
Aschia (u) vedi Ischia Astola (g) vedi Stora

Ascia (u) vedi Ischia Astopoli (g) vedi Eleutheroupolis

Ascuri (u) vedi Portofino, promontorio Astoppoli (u) vedi Eleutheroupolis

Ashqelon, porto, Israele; Scalona (a) p. 63; Astor (p) vedi Astura
Scalona (g) p. 68 Astori (g) vedi Stora
Asi, fiume, Turchia; Soldino/Solino (a) Astura (a) vedi Astura
pp. 60, 129; Soldin/Solino (g) pp. 64,
122; Sod/Solino (p) cc. 18, 33; Soldin Astura, torre, Lazio, Italia; Astura (a) p. 22;
(u) cc. 177, 206 Asturi/Sturi (g) p. 23; Asturi/Astor (p)
c. 8; Sturi (u) c. 161
Asillo (a) vedi Pomorie
Asturi (g) vedi Astura
Asillo (u); località non individuata, Grecia
Asturi (p) vedi Astura
Asinaia (u) vedi Asinara
Asinara (g) vedi Asinara Atiocietta (g) vedi Antiochia ad Gragum

Asinara (p) vedi Asinara Atlit, porto, Israele; Castel Pelegrino (a) p. 60;
Chastello Pellegrino (g) p. 67; Castelo
Asinara, isola, Sardegna, Italia; Azenara (a) Pellegrino (p) c. 19; Castello Pelegrino
pp. 83, 86, 89, 90, 97, 103; Asinara (g) (u) c. 178
pp. 89, 93, 95, 96, 97, 101, 122;
Asmara/Asinara/Asinare (p) cc. 24, 25, Atrato (g) vedi Otranto
26, 27, 29; Asinarra/Acinarra/Asinaia Attairo (Atabyrion), monte, Grecia; Ladron
(u) cc. 186, 189, 190, 194, 196 (a) p. 51; Lidro (g) p. 53; Indi (u) c. 173
Asinare (p) vedi Asinara
Augusta, città, Sicilia, Italia; Agostara (a)
Asinarra (u) vedi Asinara pp. 105, 106, 108; Agosta (g) pp. 104,

271
Bianca Fadda

107; Agostara (p) cc. 29, 30; Agostaria/ Azemmour, città, Marocco; Zamore (a)
Agostaira (u) cc. 197, 198, 199 p. 78; Zamur (g) p. 85; Zamaris (p)
c. 23; Azamor (u) c. 184
Augusta, porto, Sicilia, Italia; Mare Morto
(a) pp. 106, 108; Mare Mortto (g) Azenara (a) vedi Asinara
p. 104; Marmorto (p) cc. 29, 30; Mar
Morto (u) c. 198
B
Aula (u) vedi Oro
Baba, capo, Turchia; S. Maria (a) pp. 45, 47,
Aurio (p) vedi Camarat
56; S. Maria (g) pp. 48, 60; S. Maria
Auterona (u) vedi Altea (p) cc. 14, 17; S. Maria (u) cc. 172,
175
Avedo (a) vedi Abyda
Bacticane (a) vedi Vaticano
Avedo (a) vedi Dardanelli
Bacticane (p) vedi Vaticano
Avellana (u) vedi Abellana (u)
Bactichane (p) vedi Vaticano
Aveo (p) vedi Dardanelli
Baffa (a) vedi Pafos
Aveo (u) vedi Dardanelli
Baffa (g) vedi Pafos
Aver (u) vedi Abyda
Baffa (p) vedi Pafos
Aver (u) vedi Dardanelli
Baffa (u) vedi Pafos
Avido (g) vedi Dardanelli
Bagascia (g) vedi Bagasse
Avido (p) vedi Abyda
Bagascia (p) vedi Bagasse
Avido (p) vedi Dardanelli
Bagassa (a) vedi Bagasse
Avio (g) vedi Abyda
Bagassa (u) vedi Bagasse
Avu (g) vedi Abyda
Bagasse (Lisan El Kahbe), punta, Turchia;
Ayancik (Istifan), Turchia, Mar Nero; Stefa-
Bagassa (a) p. 59; Bagascia (g) p. 63;
no (a) p. 133; Stefani (p) c. 35
Bagascia (p) cc. 18, 34; Bagassa/Ba-
Ayas, città, Turchia; Aglaza (a) p. 60; Aiazo guassa/Bagussa (u) cc. 177, 206
(g) p. 64; Aiasso (p) cc. 18, 33; Aiaso/
Bagnara (a) vedi Bagnara Calabra
Aiasso (u) c. 177
Bagnara Calabra, Calabria, Italia; Bagnara/
Ayia Marianì, isola, Grecia; Plana (a) p. 35;
Bangnara (a) p. 24; Bagniaria (g) p. 26;
Piana (g) pp. 38, 39
Bagniaria (p) c. 8; Bangnata (u) c. 162
Azamor (u) vedi Azemmour
Bagniaria (g) vedi Bagnara Calabra
Azeffoun, porto, Algeria; Iafon/Zaffon/Zaf-
Bagniaria (p) vedi Bagnara Calabra
fone (a) pp. 75, 83, 86, 89; Zafon/Za-
foni/Zaffoni (g) pp. 82, 86, 93; Zafone Baguassa (u) vedi Bagasse
(p) c. 22; Iafon/Iafona/Iofon (u)
Baguecto (a) p. 15; Laugucus (u) c. 158; isola
cc. 183, 185
non identificata, Francia

272
Indice toponomastico

Bagur, capo, Spagna; Acqua Frecda (a) pp. 10, Bantar (p) vedi El-Amouch
13, 87, 88, 96; Achua Fredda/Achua
Bar (u) vedi Bari
Freda (g) pp. 8, 9, 10, 11, 12, 123; Ai-
que Fredde/Aicque Fredde/Aigua Fred- Bara (p) vedi Cuevas de Vera
de (p) cc. 3, 4, 25, 26; Aqua Fredda/
Agua Fredda/Aigua Freda (u) cc. 155, Barca (a) vedi Barce
156, 157, 188, 189, 193 Barca (g) vedi Barce
Bagussa (u) vedi Bagasse Barce, monti, Libia; Barca (a) p. 66; Barca
Baia (a) vedi Baia (g) p. 72; Barche (p) c. 20

Baia (g) vedi Baia Barcellona (g) vedi Barcellona

Baia (p) vedi Baia Barcellona, città, Spagna; Barselona/Barsel-


lona/Barzelona (a) pp. 9, 10, 83, 87,
Baia (u) vedi Baia 96; Barcellona/Barcelona (g) pp. 8, 9,
Baia, porto, Campania, Italia; Baia (a) p. 22; 90, 94, 123; Barzalona (p) cc. 2, 24,
Baia (g) p. 24; Baia (p) c. 8; Baia (u) 25, 26, 27, 29; Barciellona/Barzelona
c. 161 (u) cc. 155, 186, 188, 189, 193

Balaffia (u) vedi Afia Barcelona (g) vedi Barcellona

Balafia (a) vedi Afia Barche (p) vedi Barce

Balafia (g) vedi Afia Barciellona (u) vedi Barcellona

Balafia (p) vedi Afia Barda (a) vedi Bardaa

Balaklava, Ucraina, Mar Nero; Cembali (a) Barda (g) vedi Bardaa
pp. 136, 137 Barda (u) vedi Bardaa
Balgano (g) vedi Vulcano
Bardaa, isola, Libia; Barda (a) p. 66; Barda/
Balma (a) p. 14; Balma (p) c. 5; monte non Barde (g) p. 71; Barde (p) c. 20; Barda
identificato, Francia (u) c. 179
Balma (p) vedi Balma (a) Bardairas (u) vedi Vardiani
Balonisi (p) vedi Leona Bardanello (p) vedi Dardan
Bandol, porto, Francia; Bendormi/Bemdor- Bardara (a) vedi Vardiani
mi (a) pp. 13, 14, Bendorme/Benedor-
Bardara (g) vedi Vardiani
me (g) p. 13; Bendorme (p) c. 4; Ben-
dormi/Bemdorm (u) c. 157 Bardare (a ) vedi Vardiani
Bangnara (a) vedi Bagnara Calabra Bardare (p) vedi Vardiani
Bangnata (u) vedi Bagnara Calabra Barde (g) vedi Bardaa
Baniyas, porto, Siria; Valanea/Valania (a) Barde (p) vedi Bardaa
pp. 60, 129; Valenea/Valinea/Vallinea
(g) p. 65; Valenea (p) cc. 18, 33; Vala- Bardras (u) vedi Vardiani
nea/Vallanea (u) cc. 177, 206 Bari (a) vedi Bari

273
Bianca Fadda

Bari (g) vedi Bari Batinto (u) vedi Ventotene


Bari (p) vedi Bari Batte Chane (g) vedi Vaticano
Bari, città, Puglia, Italia; Bari (a) p. 28; Bari Batticam (u) vedi Vaticano
(g) p. 31; Bari (p) c. 9; Bar (u) p. 164
Bec de l’Aigle, capo, Francia; Aquila (a)
Barla (u) c. 193; porto non identificato nel- pp. 13, 14; Achuala (g) p. 13; Aquilis
l’isola di San Pietro, Sardegna, Italia (p) c. 4; Aquila (u) c. 157
Barlecto (a) vedi Barletta Begelli (a) vedi Bisceglie
Barletta (g) vedi Barletta Beigua, monte, Liguria, Italia; Caval Morto
(a) p. 18; Chavallo Mortto (g) p. 19;
Barletta (p) vedi Barletta
Cavallo Morto (p) c. 6; Caval Mort (u)
Barletta (u) vedi Barletta cc. 159, 160
Barletta, città, Puglia, Italia; Barlecto (a) Beirut, capo e città, Libano; Baruti (a) pp. 61,
p. 28; Barletta (g) p. 31; Barletta (p) 129 ; Barutti (g) pp. 66, 121, 122; Ba-
c. 9 Barletta (u) c. 164 ruti (p) cc. 18, 33; Barut/Baruto (u)
cc. 178, 206
Barnallo (p) vedi Dardan
Beis (u) vedi El-Beith
Barsellona (a) vedi Barcellona
Beit (u) vedi El-Beith
Barselona (a) vedi Barcellona
Beito (g) vedi El-Beith
Barut (u) vedi Beirut
Beito (p) vedi El-Beith
Baruti (a) vedi Beirut
Belafia (g) vedi Afia
Baruti (p) vedi Beirut
Belardo (p) vedi Beloardo (a)
Baruto (u) vedi Beirut
Belat, monti, Libano; Belinaste (a) p. 61;
Barutti (g) vedi Beirut
Belline (g) p. 66; Libename (p) c. 19;
Barzalona (p) vedi Barcellona Bellinas (u) c. 178
Barzelona (a) vedi Barcellona Beleardo (g) vedi Beloardo (a)
Barzelona (u) vedi Barcellona Belen Gerectu (g) vedi Bengut
Bataisero (u) vedi Arbatax Belen Gerotto (g) vedi Bengut
Batal (a) vedi El-Amouch Belganello (g) vedi Vulcanello
Batal (g) vedi El-Amouch Beliardo (g) vedi Beloardo (a)
Batallo (a) vedi El-Amouch Beligeretto (g) vedi Bengut
Batar (p) vedi El-Amouch Belinaste (a) vedi Belat
Batasara (g) vedi Arbatax Bella Pella (p) vedi Belopoula
Bater (g) vedi El-Amouch Bella Pola (a) vedi Beloupola
Batincan (u) vedi Vaticano Bella Pola (g) vedi Beloupola

274
Indice toponomastico

Bella Pola (u) vedi Beloupola Bera (g) vedi Cuevas de Vera
Bellinas (u) vedi Belat Berengeret (a) vedi Bengut
Belline (g) vedi Belat Berengiret (a) vedi Bengut
Beloardo (a) p. 63; Beliardo/Beleardo (g) Berenguairet (u) vedi Bengut
p. 68; Belardo (p) c. 19; castello a Sud
del fiume Rubin, Israele Berengueret (a) vedi Bengut

Belopoula, isola, Grecia, Isole Cicladi; Bella Berligherotto (p) vedi Bengut
Pola (a) p. 53; Bella Pola (g) pp. 54, 55; Berlingeretto (p) vedi Bengut
Bella Pella (p) c. 16; Bella Pola (u)
c. 173 Berra (u) vedi Cuevas de Vera

Belosarajskaja, Kosa, lido, Ucraina, Mar Bes Adalar, isola, Turchia; Siledonie (a)
Nero; Palastra (a) p. 136 pp. 58, 59, 121, 127; Silidonie/Silido-
ne/Scilidone (g) pp. 61, 62, 63, 120;
Bemdorm (u) vedi Bandol Scelidoni/Scilidoni (p) cc. 17, 18, 33,
Bemdormi (a) vedi Bandol 34; Siredomes/Siridomes/Sireidones/
Sirodome (u) cc. 176, 177, 206
Benar (p) vedi Benat
Besiel (u) vedi Bisceglie
Benare (g) vedi Benat
Bestia (p) vedi Vieste
Benat (u) vedi Benat
Bestia (u) vedi Vieste
Benat, capo, Francia; Bennato (a) p. 15; Be-
nare (g) p. 15; Benar (p) c. 5; Benat (u) Bestie (g) vedi Vieste
c. 158 Bestii (a) vedi Vieste
Bendorme (g) vedi Bandol Bestria (u) vedi Vieste
Bendorme (p) vedi Bandol Beto (a) vedi El-Beith
Bendormi (a) vedi Bandol Betto (g) vedi El-Beith
Bendormi (u) vedi Bandol Beyoglu, capo, Turchia; Porta Auria (a)
Benedorme (g) vedi Bandol p. 45; Pietra (g) p. 48; Capo di Pietra
(u) c. 171
Benetiko, isola, Grecia; S. Venedego (a)
pp. 35, 36; Veneticho (g) p. 38; Vaneti- Bezert (u) vedi Biserta
cho (p) c. 11; Ventico (u) c. 167
Bezert (u) vedi Biserta
Bengut, capo, Algeria; Berengiret/Berenge-
Bezerto (a) vedi Biserta
ret/Berengueret (a) pp. 75, 83; Belen
Gerectu/Belen Gerotto/Beligeretto (g) Biancha (g) vedi La Chianca
pp. 82, 89; Birligerotto/Berligherotto/
Biancho (g) vedi Ieriki
Berlingeretto (p) cc. 22, 24; Berenguai-
ret/Brenguiret (u) cc. 183, 186 Biancho (g) vedi Aspro
Bennato (a) vedi Benat Biancho (g) vedi El Baijada
Bera (a) vedi Cuevas de Vera Biancho (p) vedi El Baijada

275
Bianca Fadda

Biancho (u) vedi Aspro Bisse (a) vedi Biscie


Biancho (u) vedi Ieriki Bizass (u) vedi Biscie
Bianco (p) vedi Aspro Bize (g) vedi Serpa
Bianco (u) vedi El Baijada Bizerta (a) vedi Biserta
Bibona (a) vedi Vibo Valenza Bizerti (u) vedi Biserta
Bibona (g) vedi Vibo Valenza Bizerto (a) vedi Biserta
Bibona (p) vedi Vibo Valenza Bizerto (a) vedi Biserta
Bibona (u) vedi Vibo Valenza Blacherna (a) vedi Istambul, sobborgo
Bicerto (a) vedi Biserta Blanco (a) vedi Ieriki
Bigilli (g) vedi Bisceglie Blanco (a) vedi Aspro
Biosa (u) vedi Hurma Blanco (a) vedi El Baijada
Birligerotto (p) vedi Bengut Boc (u) vedi Bour
Bisarti (g) vedi Biserta Bocchier (u) vedi Abukir
Bisarti (p) vedi Biserta Bocchiero (a) vedi Abukir
Bisarto (g) vedi Biserta Bocco (a) vedi Bour
Bisartti (g) vedi Biserta Bochiere (g) vedi Abukir
Bisceglie, porto, Puglia, Italia; Begelli (a) Bochiere (p) vedi Abukir
p. 28; Bigilli (g) p. 31; Besiel (u) c. 164
Bochieri (g) vedi Abukir
Biscia (u) vedi Serpa
Bocho (g) vedi Bour
Bisciaro (p) vedi Serpa
Bocinara (g) vedi Bozinare (a)
Biscie (p) vedi Biscie
Bocion (u) vedi Abukir
Biscie, isola, Sardegna, Italia; Bissa/Bisse (a)
pp. 91, 93; Bissa (g) pp. 97, 98; Biscie Boctaro (a) vedi El-Amouch
(p) c. 26; Bissa/Bizass (u) c. 191 Bocte (a) p. 38; Bocte (p) c. 12; Botas/Boffas
Biserta (Binzert), capo e città, Tunisia; Bizer- (u) c. 168; località non individuata,
ta/ Bizerto/Bicerto/Bezerto (a) pp. 73, Grecia
96, 97; Bisarti/Bisartti/Bisarto (g) Bocte (p) vedi Bocte (a)
pp. 79, 80, 122, 124; Bisarti (p) cc. 22,
27; Bezert/Bizerti (u) cc. 182, 193, 194 Bocza (a) vedi Hurma
Bissa (a) vedi Biscie Boczea (a) vedi Bugia
Bissa (g) vedi Biscie Boczea (a) vedi Rossa
Bissa (u) vedi Biscie Boffas (u) vedi Botas (a)
Bissara (a) vedi Serpa Bogia (a) vedi Bugia

276
Indice toponomastico

Boillonegne (u) vedi Sierra Bullones Bonel (u) c. 177; località non individuata a
Sud di Alessandretta, Turchia
Boillonesue (u) vedi Sierra Bullones
Boni Homeni (a) vedi Levant
Bojane (Buene), fiume, Albania; Dolcengno
(a) p. 31; Dolcino (g) p. 34; Duginio Bonifacio (a) vedi Bonifacio
(p) c. 10; Dolciegno (u) c. 165
Bonifacio, porto, Corsica, Francia; Bonifacio
Bolcanino (a) vedi Vulcanello (a) pp. 89, 100, 102, 103; Buonifazio
(g) pp. 95, 101; Bonifazio (p) cc. 26, 28,
Bolcano (a) vedi Vulcano
29; Bonifazio (u) cc. 189, 191, 195, 196
Bolgami (u) vedi Vulcanello Bonifazio (p) vedi Bonifacio
Bolganello (g) vedi Vulcanello Bonifazio (u) vedi Bonifacio
Bolganello (p) vedi Vulcanello Bonile/Bonili (a) p. 12; Bonis (u) c. 156;
Bolgano (g) vedi Vulcano porto non individuato, Francia
Bolgano (p) vedi Vulcano Bonis (u) vedi Bonile (a)

Bolgano (u) vedi Vulcano Bono (a) vedi Bon

Bolinisi (g) vedi Leona Bor (u) vedi Bour

Bolonnesi (a) vedi Sierra Bullones Borbolisse (p) c. 34; località non individuata,
Turchia
Bolzano (u) vedi Vulcano
Borbonello (p) vedi Porto Bonello (a)
Bon (u) vedi Bon
Bordj Castil, Tunisia; Gerbi cazale (a) p. 68;
Bon Nome (p) vedi Levant Gerbi cassar (g) pp. 73, 74; Gerbi aca-
Bon (Ras Addar), capo, Tunisia; Bono (a) sari (p) c. 20; Giergi casar (u) c. 180
pp. 71, 72, 98, 109, 110, 114; Buono Bort (u) vedi El-Beith
(g) pp. 76, 77, 78, 108, 125; Buono (p)
cc. 21, 30, 34; Bon/Buon (u) cc. 181, Borzano (g) vedi Bruzzano
199, 200, 201 Botas (u) vedi Bocte (a)
Bona (a) vedi Annaba Bote (a) vedi La Botte
Bona (u) vedi Annaba Botte (g) vedi La Botte
Bonaci (u) vedi Monaci Bottiera (u) vedi Butera
Bonadrea (p) vedi El-Hilal Bougaroun, capo, Algeria; Gibaramel/Gibare-
mel/Gibaramellis/Giberamel/Gibera-
Bonandrea (a) vedi El-Hilal
melle/Giberamellis (a) pp. 74, 75, 79,
Bonandrea (u) vedi El-Hilal 83, 86, 89, 96, 97; Gibarnabe/Gibar-
mua (g) pp. 81, 86, 89, 93, 123, 124;
Bonandria (u) vedi El-Hilal
Giberame/Gibarame/Gibartane (p)
Bondiniza (p) vedi Budonitza cc. 22, 23, 24, 25, 27; Gibaramel/Gi-
bramel/Gibarainel/Gibarmael/Gubara-
Bondonicza (a) vedi Maliakos
mel (u) cc. 183, 185, 188, 189, 193,
Bondoniza (a) vedi Budonitza 194

277
Bianca Fadda

Bougie (Bejaia), porto, Algeria; Mazachaldu- Brindisi, porto, Puglia, Italia; Brandiczo (a)
ne (g) p. 81; Marsacadun (u) c. 183 pp. 27, 28, 31, 32; Brandiza/Brandizia
(g) pp. 30, 31, 34; Brandizia (p) cc. 9,
Bour, porto, Francia; Bocco (a) p. 12; Bocho
10; Brandizio/Brandis (u) cc. 163, 165
(g) p. 11; Bor/Boc (u) c. 156
Bozea (a) vedi Bugia Bris (u) vedi Briesk

Bozea (a) vedi Rossa Brisca (a) vedi Briesk

Bozinare/Buczenare/Buzenare (a) pp. 91, 92, Brisco (a) vedi Brescou


93, 103, 105; Bucinara/Bocinara (g) Brisco (p) vedi Brescou
pp. 97, 98, 101, 103; Bucinara/Bucina-
re (p) c. 26; Bucinara (u) cc. 190, 191, Brise (u) vedi Briesk
194, 196; canale tra la Sardegna e l’isola Broillo (a) vedi El Burullus
di La Maddalena, Sardegna, Italia
Broilo (a) vedi El Burullus
Bracherna (p) vedi Istambul, sobborgo
Brondolo (a) vedi Brondolo
Brachurason (u) c. 158; località non indivi-
duata, Francia Brondolo, Veneto, Italia; Brondolo (a) p. 30
Braco (a) p. 131; località non individuata, Brossano (a) vedi Bruzzano
Mar Nero
Brozano (g) vedi Bruzzano
Braco (a) vedi Kapsul
Bruglio (g) vedi El Burullus
Brandiczo (a) vedi Brindisi
Bruglio (p) vedi El Burullus
Brandis (u) vedi Brindisi
Brusan (u) vedi Bruzzano
Brandiza (g) vedi Brindisi
Brusnik, isola, Costa Dalmata; Melogello (a)
Brandizia (g) vedi Brindisi pp. 30, 31; Melo Iscello/Meloscello (g)
Brandizia (p) vedi Brindisi p. 33; Morozello/Morozelo (p) c. 10;
Morsello/Morello (u) c. 164
Brandizio (u) vedi Brindisi
Brussan (u) vedi Bruzzano
Braquenna (u) vedi Istambul, sobborgo
Brussano (p) vedi Bruzzano
Brenguiret (u) vedi Bengut
Bruzzano, capo, Calabria, Italia; Brossano (a)
Bresca (g) vedi Briesk p. 24; Brozano/Borzano/Burzano(g)
Bresca (p) vedi Briesk pp. 27, 28; Brussano (p) c. 8; Brusan/
Brussan (u) c. 162
Brescha (p) vedi Briesk
Bucinara (g) vedi Bozinare (a)
Brescou, isola, Francia; Brisco (a) p. 11; Lo
Richos (g) p. 9; Brisco (p) c. 3; Los Bucinara (p) vedi Bozinare (a)
Eschuels (u) c. 156 Bucinara (u) vedi Bozinare (a)
Briesk, porto, Algeria; Brisca (a) pp. 76, 79; Bucinare (p) vedi Bozinare (a)
Bresca (g) pp. 82, 83, 86; Bresca/Bre-
scha (p) cc. 22, 23; Bris/Brise (u) c. 183 Buczenare (a) vedi Bozinare (a)

278
Indice toponomastico

Budelli, isola, Sardegna, Italia; Budello (a) Buonifazio (g) vedi Bonifacio
p. 103; Budello (p) c. 29; Budello (u)
Buono (g) vedi Bon
cc. 191, 196
Buono (p) vedi Bon
Budello (a) vedi Budelli
Buono Andrea (u) vedi El-Hilal
Budello (p) vedi Budelli
Buonomo (g) vedi Levant
Budello (u) vedi Budelli
Buosa (g) vedi Rossa
Budonitza, castello, Grecia; Bondoniza (a)
p. 43; Lanbordone (g) p. 45; Lanbon- Buosa (u) vedi Rossa
diniza/Bondiniza (p) c. 14; Labonda- Buoza (p) vedi Rossa
missa (u) c. 170
Burza (g) vedi Hurma
Bugea (g) vedi Bugia
Burzano (g) vedi Bruzzano
Bugea (p) vedi Bugia
Butera (g) vedi Butera
Buggiea (u) vedi Bugia
Butera (p) vedi Butera
Bugia (Bejaia), città, Algeria; Boczea/Bozea/
Bogia (a) pp. 74, 75, 89, 96; Bugea/ Butera, golfo, Sicilia, Italia; Butiera (a)
p. 106; Butera (g) p. 104; Butera (p)
Bugiea/Bugieia (g) pp. 81, 82, 123;
c. 30; Bottiera (u) c. 198
Bugea (p) cc. 22, 26, 27; Buggiea (u)
cc. 183, 185, 188, 189, 193 Butiera (a) vedi Butera
Bugiea (g) vedi Bugia Buyuk Cekmece, Turchia, Mar di Marmara;
Natura (a) p. 44; Natura (g) pp. 47, 48;
Bugieia (g) vedi Bugia
Natura (p) c. 14; Natro (u) c. 171
Bulcano (a) vedi Vulcano Buzenare (a) vedi Bozinare (a)
Bulonis (p) vedi Sierra Bullones
Bulonise (u) vedi Sierra Bullones C
Buon (u) vedi Bon Cabardi (a) vedi Tangarog
Buona (g) vedi Annaba Cabra (u) vedi Karvera
Buona (g) vedi La Garde Cabre (u) vedi Esagueta (a)
Buona (p) vedi Annaba Cabrera, isola, Spagna, Baleari; Graparola/
Buona (u) vedi Annaba Grapparola/Grappolara (a) pp. 83, 85,
86, 96; Chapranola/Chaprola/Cha-
Buona (u) vedi La Garde pruola (g) pp. 89, 92, 93; Graparola/
Cabriera/Chabriera (p) cc. 24, 25; Ca-
Buona Andrea (g) vedi El-Hilal
briera/Chabriera/Canbriera/Capraia
Buonadrea (g) vedi El-Hilal (u) cc. 186, 187, 188
Buonadrea (p) vedi El-Hilal Cabriera (p) vedi Cabrera
Buonandrea (g) vedi El-Hilal Cabriera (u) vedi Cabrera

279
Bianca Fadda

Cabrosa (u) vedi Agria Grambousa Cagliari, golfo, Sardegna, Italia; Callari (a)
p. 94; Callari (p) c. 27; Callari (u) c. 192
Cacavo (a) vedi Kekova
Cagnio (g) vedi Koufos
Cacavo (p) vedi Kekova
Caifa (Heifa), città, Israele; Caffa (a) p. 136;
Cacchavo (p) vedi Kekova
Chafas (g) p. 67; Giafa (p) c. 19; Caffas
Caccia, capo, Sardegna, Italia; Penne de San- (u) c. 178
t’Eramo (a) pp. 13, 83, 86, 89, 90, 97;
Cailas (u) vedi Kayio
Penne/Penne di Sant’Ermo/Penne di
Santto Ermo (g) pp. 7, 12, 89, 93, 96, Caillas (u) vedi Kayio
122; Penna Santi Iari/Penne Sant’Era-
mo/Penne Sant’Erami (p) cc. 4, 24, 25, Cala Gualtiere (a) p. 32; Chala Gualtieri (g)
26, 27; Penne di Santo Erminio/Penne p. 36; castello non individuato, Grecia,
di Santo Hermino/Pene di Santo Her- Isole Ionie
mino (u) cc. 157, 188, 189, 190, 194 Calabria, Italia; Calavria (a) pp. 24, 80, 81,
Cacio (p) vedi Kàsos 99, 110; Chalavra (g) pp. 26, 110; Ca-
lavria/Chalavria/Chalavra (p) cc. 24,
Cadaon (a) vedi Coudon 28, 30, 31; Calavria/Calauria/Chalau-
Cadaquès, porto, Spagna; Cadaquiero (a) ria (u) cc. 162, 180, 194, 199
p. 10; Chadachesi/Chadichessi (g) p. 9; Calamata (a) vedi Kalamata
Dacher/Dacer/Ducer (u) c. 155
Calamento (u) vedi Calolimno
Cadaquiero (a) vedi Cadaquès
Calami (a) vedi Kalamitskij, Zaliv
Caddaon (u) vedi Coudon
Calamio (p) vedi Calolimno
Cadeam (p) vedi Candia
Calauria (u) vedi Calabria
Cades (a) vedi Cadice
Calavria (a) vedi Calabria
Cadese (u) vedi Cadice
Calavria (p) vedi Calabria
Cadesse (a) vedi Cadice
Calavria (u) vedi Calabria
Cadice (Cadiz), città, Spagna; Cades/Cades-
se (a) pp. 3, 4; Chadise/Chadese (g) Calelimena (p) vedi Kaloi
pp. 2, 17; Candese/Chastacur (p) cc. 1, Calera (u) c. 194; località non individuata,
3; Cadese (u) c. 153 Grecia
Cadolar, punta, Spagna, Baleari; Mola (a) Caliacra (a) vedi Kaliakra, Nos
pp. 82, 83, 85; Mola (g) pp. 88, 89, 90;
Mola/Mora (p) cc. 24, 25; La Molla (u) Calillo (a) vedi Màkre
c. 186 Calillo (p) vedi Màkre
Cadora (p) vedi Cantor
Calimno (Kalimnos), isola, Grecia; Calimo/
Caffa (a) vedi Caifa Quilimo/Chilimo (a) pp. 49, 54, 123,
124; Chalamo (g) pp. 56, 57; Talamo/
Caffa (a) vedi Feodosija
Calion (p) c. 16; Calimo/Chalimo/
Caffas (u) vedi Caifa Callimo/ Calmo (u) cc. 174, 204

280
Indice toponomastico

Calimo (a) vedi Calimno Calt (u) vedi Korgos


Calimo (u) vedi Calimno Calvì, porto, Corsica, Francia; S. Maria de
Calvì (a) pp. 101, 102, 103; S. Maria di
Calion (p) vedi Calimno Chalvì (g) p. 101; S. Maria a Calvì (p)
Calipo (a) p. 134; località non individuata, cc. 28, 29; S. Maria di Calvì (u) cc. 195,
Turchia, Mar Nero 196, 197

Calisto (a) vedi Karystas Camaleira/Camelliera (a) pp. 70, 72; isoletta
non identificata, Tunisia
Calisto (p) vedi Karistos
Camarat, capo, Francia; Aroi (a) p. 15; Roi-
Calisto (u) vedi Karystas no/Aruino (g) p. 15; Aurio (p) c. 5;
Roin/Rois (u) c. 158
Calistro (u) vedi Kanastrion
Camarlese (a) vedi Castellum Palaia
Calla di Santo Bres (u) c. 190; porto nell’iso-
la dell’Asinara, Sardegna Camarlet (u) vedi Castellum Palaia
Callagutire (u) c. 166; località non indivi- Camaròn, capo, Spagna Atlantica; Elmendina
duata, Grecia (a) p. 3; Elmendina (g) p. 1; Elmendia
(p) c. 1; Elmendina/Elmandia (u) c. 153
Callari (a) vedi Cagliari
Cambriles, città, Spagna; Comino/Comin
Callari (a) vedi Castello di Cagliari (a) p. 6; Chomino (g) p. 4; Cimino (p)
Callari (p) vedi Cagliari c. 2; Chomino (u) c. 154

Callari (u) vedi Cagliari Cambrosa (a) vedi Agria Grambousa

Callari (u) vedi Castello di Cagliari Cambrosa (u) vedi Agria Grambousa
Camel (u) vedi Kofinos
Callimo (u) vedi Calimno
Camelera (u) vedi Gamelora
Calmo (u) vedi Calimno
Cameliera (a) vedi Gamelora
Calolimena (p) vedi Kaloi
Camelliera (a) vedi Gamelora
Calolimno (Kalolimnos), isola, Turchia; Calo-
mino (a) pp. 44, 46; Chalonunu/Chelo- Camello (a) vedi Kofinos
mina (g) pp. 47, 50; Calamio (p) c. 15; Campanella, punta, Campania, Italia; Miner-
Colomina/Calamento (u) cc. 171, 172 ba/Menerba (a) p. 23; Manerba/Moner-
Calomino (a) vedi Calolimno ba (g) pp. 24, 25; Minerva (p) c. 8; Mi-
nerva/Minerba (u) c. 162
Calonimela (a) vedi Kaloi
Canada (u) c. 187; località non individuata,
Calorimena (u) vedi Kaloi Spagna
Calormena (u) vedi Kaloi Canailla (u) c. 157; monte non identificato
situato presso Marsiglia, Francia
Calseraigne, isole, Francia; Praciero/Pradello
(a) p. 12; Provenzello (g) p. 12; Pra- Canaille, monte, Francia; Canalla (a) p. 13;
meio (p) c. 4; Pradues/Padries/Pradries Chanaia (g) p. 13; Caragia (p) c. 4; Ra-
(u) cc. 157, 158 nailla (u) c. 157

281
Bianca Fadda

Canale (p) vedi Chavalo (g) Cangno (a) vedi Koufos


Canalla (a) vedi Canaille Cangno (u) vedi Koufos
Canbranza (u) vedi Agria Grambousa Cani (a) vedi Cani
Canbrese (p) vedi Agria Granbousa Cani (p) vedi Cani
Canbriera (u) vedi Cabrera Cani, isola, Tunisia; Cani (a) p. 73; Chani (g)
Canbrosa (p) vedi Agria Grambousa p. 79; Cani (p) c. 22; Caus (u) c. 182

Canbrosa (u) vedi Agria Grambousa Canistro (p) vedi Kanastrion

Cancie (u) vedi Cazza Canna (u) c. 165; località non individuata,
Costa Dalmata
Candea (a) vedi Candia
Canogrir (u) vedi Canoubier
Candea (p) vedi Candia
Canoiero (a) vedi Canoubier
Candellora (u) vedi Alanya
Canoubier, secche, Francia; Canoiero (a)
Candelloro (p) vedi Alanya
p. 12; Chanuell (g) p. 11; Canuer (p)
Candelloro (u) vedi Alanya c. 3; Canogrir/Chanogier/Sorderah (u)
c. 156
Candelore (a) vedi Alanya
Cant (u) vedi Màkre
Candese (p) vedi Cadice
Cantara (a) p. 3; Chantara (g) p. 1; Cantera
Candia (a) vedi Candia
(p) c. 1; Cantara (u) c. 153; secca non
Candia (g) vedi Candia identificata, Spagna Atlantica
Candia (p) vedi Candia Cantara (a) vedi Alicante
Candia (u) vedi Candia Cantara (u) vedi Cantara (a)
Candia (u) vedi Saros Cantera (p) vedi Alicante
Candia, città, Creta, Grecia; Candia/Candea Cantera (p) vedi Cantara (a)
(a) pp. 50, 52, 53, 118; Candia/Chan-
dia (g) pp. 52, 55, 107, 114; Candea/ Cantor, torre, Spagna; Codora/Oro (a) p. 6;
Cadeam/Candia (p) cc. 15, 16, 32; Chapo d’Oro (g) p. 4; Chadora/Cado-
Candia (u) cc. 171, 173, 174, 203 ra (p) c. 2; Codora/Codro (u) c. 154

Candra (p) vedi Dalias Canuer (p) vedi Canoubier

Cane (a) p. 129; Chane (g) p. 122; Tano (u) Capaletti (p) vedi Capellecti/Capellecta (a)
c. 206; corso d’acqua nei pressi di Bei- Capellecti/Capellecta (a) p. 46; Chapellutti
rut, Libano (g) p. 50; Capaletti (p) c. 15; Capellet/
Canea/Cannea (u) c. 203; località non iden- Chapellet (u) c. 172; casale nei pressi
tificata nei pressi di Venezia, Italia della Baia di Eskel, Turchia
Cangna (u) vedi Koufos Capellet (u) vedi Capellecti/Capellecta (a)
Cangne (a) vedi Porcelli Capese (a) vedi Gabes

282
Indice toponomastico

Capis (u) vedi Gabes Capraia, isola, Toscana, Italia; Caprara (a)
pp. 20, 104; Chaprara (g) p. 22; Ca-
Capisi (p) vedi Gabes
praia/Chapraia (p) cc. 7, 29; Capraia
Capo (a) vedi Cope (u) cc. 160, 197
Capo (p) vedi Cope Caprara (a) vedi Capraia
Capo (u) vedi Cope Capre (p) vedi Gyaros

Capo Corto, Sicilia, Italia; Cortina (a) p. 107; Caprera, isola, Sardegna, Italia; Cravaira (a)
Chortino (g) p. 105 p. 91; Chavrara/Chavraria (g) pp. 97,
98; Caravalle (u) c. 191
Capo d’Estro (p) vedi Promontora
Capri (a) vedi Capri
Capo d’Orso, masso roccioso, Sardegna, Ita-
lia; Orsa (a) p. 91; Orsa/Ursa (g) pp. 97, Capri (p) vedi Capri
98; Orsa (u) c. 191 Capri (u) vedi Capri
Capo de Fer, isola, Algeria; Preta dell’Arabo Capri, isola, Campania, Italia; Capri (a)
(a) p. 89; Pietra de l’Arabo (g) pp. 80, pp. 23, 110; Chapri (g) pp. 24, 108,
81; Pietra de l’Arabo (p) cc. 22, 26; 126; Capri/Chapri (p) cc. 8, 30; Capri/
Pietra dell’Arebe/Pietra delle Erbbe (u) Grappi (u) cc. 162, 200
cc. 183, 189
Capro (u) vedi Rose
Capo de la Volpe (p) vedi Pezzo
Capudia (p) vedi Kapoudia
Capo di Pietra (u) vedi Beyoglu
Capudia (p) vedi Kerkennah
Capo Terra (p) vedi Capoterra
Capudia (u) vedi Kapoudia
Capoterra (a) vedi Capoterra
Capudia (u) vedi Kerkennah
Capoterra (u) vedi Capoterra
Capudia (u) vedi Khadidja
Capoterra, Sardegna, Italia; Capoterra (a) pp.
94, 95; Chapoterra (g) p. 100; Capo Capulia (a) vedi Kapoudia
Terra (p) c. 27; Capoterra (u) c. 192 Capulia (a) vedi Kerkennah
Cappisi (p) vedi Gabes Capulia (a) vedi Khadidja
Capra (a) vedi Gyaros Caquo (u) vedi Kekova
Capra (a) vedi Karvera Carabas (p) vedi Escampobariou
Capra (a) vedi Syros Carabassara (a) vedi Escampobariou
Capra (p) vedi Gyaros Carabi (p) vedi Kalamitskij, Zaliv
Capra (u) vedi Syros Caraca (p) vedi Karacali
Capraia (p) vedi Capraia Caragia (p) vedi Canaille
Capraia (u) vedi Cabrera Caramatta (p) vedi Kalamata
Capraia (u) vedi Capraia Caramella (a) vedi Iskenderun

283
Bianca Fadda

Caramella (p) vedi Iskenderun chin (g) p. 33; Carnagi/Carnagie/


Charnagie (p) c. 10; Cornagie/Cornag-
Caramella (u) vedi Iskenderun
gie (u) c. 164
Carase (p) vedi El-Taifa
Cardak, capo, Turchia; Carto (a) p. 44; Ar-
Caravalle (u) vedi Caprera chona (g) p. 47; Arni (u) c. 171
Caravasana (u) vedi Escampobariou Cardia (a) vedi Saros
Carbon, capo, Algeria; Monte Pertuzato (a) Cardia (p) vedi Saros
p. 75; Monte Pertusatto (g) p. 81;
Carena (a) vedi Garian
Monte Pertusato (p) c. 22; Monte Per-
tusato/Monte Pertuso (u) c. 183 Carena (p) vedi Garian
Carbona (a) p. 130; località non individuata, Carfael (u) vedi Gasr Tellil
Bulgaria, Mar Nero
Carguador (u) vedi Archentrìas
Carbonaia (p) vedi Carbonara
Caristo (a) vedi Karistos
Carbonara (a) vedi Carbonara
Caristo (u) vedi Karystas
Carbonara (p) vedi Carbonara
Caristos (a) vedi Karistos
Carbonara (u) vedi Carbonara
Carmalese (p) vedi Castellum Palaia
Carbonara, capo, Sardegna, Italia; Carbona-
Carmangiare (p) vedi Mazarròn
ra (a) p. 98; Charbonara/Charbonaia
(g) pp. 100, 124, 125, 126; Carbonaia/ Carmaniar (u) vedi Mazarròn
Carbonara/Carbonia (p) cc. 26, 27, 28;
Carmaniare (a) vedi Mazarròn
Carbonara (u) c. 194
Carmanzare (a) vedi Mazarròn
Carbonarola (a) vedi Carboneras
Carmelo (Karmil) monte, Israele; Carmeno
Carbonarolia (u) vedi Carboneras
(a) p. 62; Charmino (g) pp. 67, 68;
Carbonaroria (p) vedi Carboneras Carmino (p) c. 19; Carmino (u) c. 178
Carboneras, isola, Spagna; Carbonarola (a) Carmeno (a) vedi Carmelo
p. 7; Charbonarola/Charbonaiola (g)
Carmino (p) vedi Carmelo
p. 5; Carbonaroria (p) c. 2; Carbonaro-
lia/Charbonarolia (u) c. 154 Carmino (u) vedi Carmelo
Carbonia (p) vedi Carbonara Carnagi (p) vedi Carcine
Carchuna, punta, Spagna; Arcurozo (a) p. 6; Carnagie (p) vedi Carcine
Archirozo/Arichero/Archuroso (g) pp. 4,
Carnale (p) vedi Quarnero
86; Alcharoccho (p) c. 2; Archurogio/
Archuroggio (u) c. 154 Carnale (u) vedi Quarnero
Carcie (u) vedi Chersa Carnaro (a) vedi Quarnero
Carcine (Krmcime), punta, Costa Dalmata; Carnero, punta, Spagna; Isacaldera (a) p. 4;
Cornalle (a) p. 30; Chornachi/Corna- Isalcadra (g) p. 2; Gisal (u) c. 153

284
Indice toponomastico

Carobiero (a) vedi El Dab’a Carto (u) vedi Carto (a)


Carosa (p) vedi Gerze Casal (u) vedi Mersa El-Raccam
Carossa (a) vedi Gerze Casale (a) vedi Maltepe
Carpa (u) vedi La Botte Casale (a) vedi Mersa El-Raccam
Carpi (a) vedi Kerpe, Burun Casale (p) vedi Mersa El-Raccam
Carsaria (u) vedi Curzola Casale de Rossi (a) p. 136; località non indi-
Carse (a) vedi Chersa viduata, Turchia, Mar Nero

Carse (a) vedi El-Taifa Casale Romore (a) vedi Maharès

Carsidania (a) vedi Cassidaigna Casale Romoro (a) vedi Maharès

Carsilane (p) vedi Cassidaigna Casalganziro (p) vedi Khanzur

Cartadenia (a) vedi Cartagena Casar (a) vedi El-Zeguer

Cartaga (u) vedi Karacali Casar (p) vedi Caxine

Cartagen (p) vedi Cartagena Casar (u) vedi El-Taifa

Cartagena, porto, Spagna; Cartadenia (a) Casar (u) vedi Maltepe


p. 7; Chartaenia/Chartainea/Charte- Casar (u) vedi Mersa El-Raccam
nia/Chartinea (g) pp. 5, 6; Cartamia/
Cartagen (p) c. 2; Cartagienia/Charta- Casar Saieto/Casar Saieta (a) p. 70; località
gienia (u) c. 154 non individuata, Tunisia

Cartagienia (u) vedi Cartagena Casarchasolecche (p) vedi Gaphilese (a)

Cartagine, rovine, Tunisia; Cartania (a) p. 72; Casargasel (u) vedi Gaphilese (a)
Chartania/Chartaina (g) p. 78; Carta- Casargaser (u) vedi Gaphilese (a)
nia (p) cc. 21, 22; Cartaiana (u) c. 182
Casarrum (p) vedi Maharès
Cartaiana (u) vedi Cartagine
Casarteli (p) vedi Gasr Tellil
Cartamia (p) vedi Cartagena
Casartelli (a) vedi Gasr Tellil
Cartania (a) vedi Cartagine
Cascio (p) vedi Kàsos
Cartania (p) vedi Cartagine
Caser Pignataro (a) p. 70; località non indivi-
Cartelli (u) c. 196; località non individuata,
duata, Tunisia
Corsica
Cassa (a) vedi Cazza
Carto (a) pp. 65, 121; Charco (g) pp. 70,
116; Carto/Arco (p) cc. 19, 32; Carto/ Cassaro (a) vedi El-Zeguer
Quarto/Charto (u) c. 179; località non
Cassaro (p) vedi El-Zeguer
individuata, Egitto
Cassidaigna, scogli, Francia; Carsidania (a)
Carto (a) vedi Cardak
p. 13; Charsedania (g) p. 13; Carsilane
Carto (p) vedi Carto (a) (p) c. 4; Charsidano (u) c. 157

285
Bianca Fadda

Cassinas (u) vedi Caxine Castello di Cagliari, Sardegna, Italia; Callari


(a) p. 94; Chastello di Chastro (g)
Cassine (a) vedi Caxine
p. 100; Castello di Chastro (p) c. 27;
Cassola (a) vedi Curzola Callari/Chastello di Castri (u) c. 192
Castel Lombardo (a) vedi Kaleardi Castello di Chastro (p) vedi Castello di Ca-
gliari
Castel Lombart (u) vedi Kaleardi
Castello Lonbardo (p) vedi Kaleardi
Castel Pelegrino (a) vedi Atlit
Castello muro (p) vedi Anamur
Castel Roggio (u) vedi Kastellorizon
Castello Pelegrino (u) vedi Atlit
Castel Rugio (p) vedi Kastellorizon
Castello Roggio (u) vedi Kastellorizon
Castellamare del Golfo, golfo, Sicilia, Italia;
Castello a Mare (a) p. 107; Chastello a Castello Roso (a) vedi Kastellorizon
Mare (g) p. 105; Castello a Mare (p)
c. 30; Castello a Mare (u) c. 198 Castello Rosso (a) vedi Kastellorizon

Castellamare, golfo, Campania, Italia; Castel- Castello Ruggio (p) vedi Kastellorizon
lo a Mare (a) p. 22; Chastello a Mare di Castellum Palaia, antica località, Turchia;
Voltorno (g) p. 24; Chastello a Mare (p) Camarlese (a) p. 59; Chamardacie (g)
c. 8; Castello a Mare (u) cc. 161, 162 p. 63; Carmalese (p) c. 18; Camarlet
Castelle (a) vedi Le Castella (u) c. 177

Castello (a) vedi Kastron Castelo Pellegrino (p) vedi Atlit

Castello (a) vedi Krionero Castico (u) vedi Karystas

Castello (a) vedi Le Castella Castiglione della Pescaia, Toscana, Italia;


Chastiglione della Pescaia (u) c. 161
Castello (p) c. 15; castello situato nell’isola di
Milo, Grecia Castis (u) vedi Castro (a)

Castello (p) vedi Kastron Castizo (p) vedi Castro (a)

Castello (p) vedi Le Castella Castoreo (p) vedi Oreon

Castello (u) vedi Krionero Castorno (a) vedi Portofino, promontorio

Castello (u) vedi Le Castella Castorno (p) vedi Portofino, promontorio

Castello a Mare (a) vedi Castellamare Castrada (p) vedi Pyrgos

Castello a Mare (a) vedi Castellamare del Castrandriano (u) vedi Pyrgos
Golfo Castriso (g) vedi Castro (a)
Castello a Mare (p) vedi Castellamare del Castrixo (g) vedi Castro (a)
Golfo
Castro (a) pp. 40, 43, 44; Chasteso/Chasti-
Castello a Mare (u) vedi Castellamare so/Castriso/Castrixo (g) pp. 41, 42, 43;
Castello a Mare (u) vedi Castellamare del Castizo (p) c. 13; Castis (u) c. 169;
Golfo porto non individuato, Grecia

286
Indice toponomastico

Castro (a) vedi Kanastrion Caval Mort (u) vedi Beigua


Castro Andrea (a) vedi Pyrgos Caval Morto (a) vedi Beigua
Cata (p) vedi Cazza Cavala (u) vedi Torre Cavallo
Catal Ada, porto, Turchia; Pentale (a) p. 57; Cavalaire, capo, Francia; Cavallara (a) p. 15;
Pateli (g) p. 61; Postelli (p) c. 17; Pan- Cavallara (g) p. 15
talee (u) c. 176
Cavalarij (a) vedi Taky, Mys
Catalano, isoletta, Sardegna, Italia; Gamba
Cavalario (a) vedi Taky, Mys
de Donna (a) p. 90; Ganba di Donna
(g) p. 96; Ganba di Donna (p) c. 26; Cavaliere (Aptoteka), capo, Turchia; Malfe-
Ganba di Donna (u) c. 189 tano (a) p. 57; Malfetta (g) pp. 60, 61;
Mafetano (p) c. 17; Malefetan (u)
Cataleo (Katelios), capo, Grecia, Isole Ionie; c. 176
Leone (a) p. 32; Leo (g) p. 36; Leo (p)
cc. 10, 11 Cavallara (a) vedi Cavalaire

Catalogna (a) vedi Catalogna Cavallara (g) vedi Cavalaire

Catalogna, Spagna; Catalogna (a) pp. 78, Cavalli (u) c. 190; isola nei pressi dell’Asina-
96, 106; Chatelognia (g) pp. 7, 101; ra, Sardegna, Italia
Chatalognia (p) c. 29; Chatalongna (u) Cavallinas (u) vedi Kavaliani
c. 197
Cavalline (a) vedi Kavaliani
Catania (a) vedi Catania
Cavalline (p) vedi Kavaliani
Catania, città, Sicilia, Italia; Catania/Catta-
nia (a) p. 105; Chatania (g) p. 104; Cavallo (a) vedi Torre Cavallo
Cattania (p) c. 29; Cattania (u) c. 197 Cavallo Morto (p) vedi Beigua
Catera (u) vedi Alicante Caveta (p) vedi Gata, Cipro
Catis (p) vedi Kantin Cavoli, isola, Sardegna, Italia; Coltellazo (a)
Catona, Calabria, Italia; Catuna/Cotona (a) p. 93; Choltellacio (g) p. 100; Coltelac-
p. 24; Gatona/Gattona (g) p. 26; Gatu- cio (p) c. 26; Choltellaccio (u) c. 192
na (p) c. 8; Ghatuna (u) c. 162 Cavrara (a) vedi Karvera
Cattania (a) vedi Catania Caxine, capo, Algeria; Cassine (a) p. 76;
Cattania (p) vedi Catania Chasina/Chasana (g) p. 82; Casar (p)
c. 23; Cassinas (u) c. 183
Cattania (u) vedi Catania
Caxo (a) vedi Kàsos
Catuna (a) vedi Catona
Cazalimberto (a) p. 62; Lanbertto (g) p. 67;
Cauda, Mys, capo, Ucraina, Mar Nero; Za- Unbort (u) c. 178; casale nei pressi di
vida (a) p. 136 Akko, Israele
Caus (u) vedi Cani Cazar (u) vedi El-Zeguer
Caval (u) vedi Chavalo (g) Cazer (u) vedi Mersa El-Raccam

287
Bianca Fadda

Cazza (Susac), isola, Costa Dalmata; Cassa Ceraso, capo, Sardegna, Italia; Selexora (a)
(a) p. 31; Chagia (g) p. 33; Chate/Cata p. 92; Ceresora (g) p. 98
(p) c. 10; Cancie (u) c. 164
Cerbicales, isole, Corsica, Francia; Peconara/
Cchirra (u) vedi Quirra Pecorare (a) pp. 102, 105; Pacaria/Pa-
carie/Pagaria (g) pp. 94, 95; Picuare/
Cea (a) vedi Kea Apicuare (p) c. 29; Pichonara (u) c. 196
Cea (g) vedi Kea Cerboli, isola, Toscana, Italia; Cervio (p) c. 7
Cecilia (a) vedi Sicilia Cercelli (a) vedi Cherchell
Cederigo (a) vedi Kìthera Cercelli (a) vedi Circeo
Cedi (p) vedi Liman Cercelli (a) vedi Siciè
Cedri (g) vedi Kìthera Cercelli (g) vedi Cherchell
Cedri (p) vedi Kìthera Cercelli (g) vedi Circeo
Cedrigo (a) vedi Kìthera Cercelli (p) vedi Cherchell
Cedro (g) vedi Kitros Cercelli (p) vedi Circeo
Cefalonia (Kefallinia), isola, Grecia, Isole Io- Cercello (g) vedi Siciè
nie; Cifalonia/Chifalonia (a) pp. 32,
33, 80, 81, 108, 113; Cifalonia/Silipa- Cerver (g) vedi Kìnaros
nie (g) pp. 35, 36, 107; Cifalonia/Cia- Cervi (a) vedi Elaphònesos
falonia (p) cc. 10, 11, 24, 30, 35; Cifalo-
nia/Ciafalonia/Cinafalonia (u) cc. 166, Cervi (g) vedi Elaphònesos
180, 199, 201 Cervi (p) vedi Elaphònesos
Cefalù, porto, Sicilia, Italia; Chifalone (a) Cervia (a) vedi Cervia
p. 107; Cifalue (g) p. 106; Cifalù (p)
c. 30; Ciefalù/Cifalù (u) c. 199 Cervia, Emilia Romagna, Italia; Cervia (a)
p. 29
Cembali (a) vedi Balaklava
Cervio (g) vedi Cerboli
Cener (a) vedi Kìnaros
Cervo (g) vedi Elaphònesos
Ceo (p) vedi Gemlik
Cervo (g) vedi Toro, isola, Baleari
Cepet, capo, Francia; Pozallo/Pocallo (a)
p. 14; Pozallo/Puzallo (g) pp. 13, 14; Cervo, capo, Liguria, Italia; Mela de lo Servo
Possallo/Possuolo/Possala (p) c. 4; Po- (a) pp. 17, 103; Cierma/Mele di Servu
sal (u) c. 157 (g) pp. 18, 102; Servo/Mela Servo (p)
cc. 6, 29; Mela del Ciervio/Mele del
Cepolu (g) vedi Kefalos Servo (u) cc. 159, 167
Cepri (a) vedi Cipro Cesar (g) vedi Zahara
Cepro (a) vedi Cipro Cesara (g) vedi Cesarea
Ceresora (g) vedi Ceraso Cesaram (p) vedi Cesarea

288
Indice toponomastico

Cesarea (Qeisariya), rovine dell’antica città, Chafas (g) vedi Caifa


Israele; Cezaria (a) pp. 62, 128; Cesa-
Chagia (g) vedi Cazza
ria/Cesara (g) pp. 67, 120; Cezara/Ce-
saram (p) cc. 19, 33; Cezaria/Sesaria Chagnio (g) vedi Koufos
(u) cc. 178, 206
Chaillas (u) vedi Kayio
Cesaria (g) vedi Cesarea
Chala Gualtieri (g) vedi Cala Gualtiere (a)
Cetreli (g) vedi Kìthera
Chalamata (g) vedi Kalamata
Cetrelli (g) vedi Kìthera
Chalamata (u) vedi Kalamata
Cetrile (a) vedi Kìthera
Chalamo (g) vedi Calimno
Cettadella (a) vedi Ciutadella
Chalanine (p) vedi Kavaliani
Ceuta (Sebta), città, Marocco; Septa/Secta/
Chalauria (u) vedi Calabria
Sueta (a) pp. 4, 5, 8, 77; Setta/Sucha-
cho (g) pp. 2, 3, 84; Setti (p) cc. 1, 23; Chalavatta (g) vedi Kalamata
Setta (u) cc. 153, 184
Chalavra (g) vedi Calabria
Cevaro (p) vedi Zennaro (a)
Chalavra (p) vedi Calabria
Cevita Nova (a) vedi Civitanova
Chalavria (p) vedi Calabria
Cezara (p) vedi Cesarea
Chalia (u) c. 176; località non individuata,
Cezaria (a) vedi Cesarea Grecia
Cezaria (u) vedi Cesarea Chalido (g) vedi Màkre
Chabriera (p) vedi Cabrera Chalimo (u) vedi Calimno
Chabriera (u) vedi Cabrera Chalisto (g) vedi Karistos
Chachano (g) vedi Kekova Chalisto (g) vedi Karystas
Chachavo (g) vedi Kekova Chalistro (g) vedi Karystas
Chadachesi (g) vedi Cadaquès Chàlke, città, Grecia; Negrepo/Negreponte
(a) pp. 42, 43, 52, 53; Nagroponte/Ne-
Chadese (g) vedi Cadice
groponte/Negroponto (g) pp. 42, 44,
Chadichessi (g) vedi Cadaquès 45, 54, 55; Negropo (p) cc. 13, 14, 16;
Negroponte (u) cc. 169, 170, 173
Chadise (g) vedi Cadice
Chalke, isola, Grecia, Isole Sporadi; S. Nico-
Chadora (p) vedi Cantor
lao de Charcho (a) p. 51; S. Nicholao
Chae (g) vedi Kea di Charcho (g) p. 53; S.Nicolao di Car-
co (p) c. 16; S. Nicola del Carco (u)
Chafalo (g) vedi Kefalos
c. 173
Chafarinas, isole, Marocco; Iafarino/Zafari-
Chalolimena (g) vedi Kaloi
no (a) p. 77; Iafari (g) p. 84; Giaffarin
(p) c. 23; Iafarin/Ioiafarin (u) c. 184 Chalonunu (g) vedi Calolimno

289
Bianca Fadda

Chalormena (u) vedi Kaloi Chapo d’Oro (g) vedi Cantor


Chamardacie (g) vedi Castellum Palaia Chapo del Monte (g) vedi Chiappa
Chanaia (g) vedi Canaille Chapo di Monte (u) vedi Chiappa
Chanale (g) vedi Quarnero Chapodail (u) vedi Cheiron
Chandellor (u) vedi Alanya Chapoterra (g) vedi Capoterra
Chandeloro (g) vedi Alanya Chappo (g) vedi Cope
Chandia (g) vedi Candia Chapra (g) vedi Karvera
Chane (g) vedi Cane (a) Chapraia (p) vedi Capraia
Chani (g) vedi Cani Chapranola (g) vedi Cabrera
Chanistro (g) vedi Kanastrion Chaprara (g) vedi Capraia
Chanistro (p) vedi Kanastrion Chapri (g) vedi Capri
Chano (g) vedi Fanos
Chapri (p) vedi Capri
Chanogier (u) vedi Canoubier
Chaprola (g) vedi Cabrera
Chantara (g) vedi Alicante
Chapruola (g) vedi Cabrera
Chantara (g) vedi Cantara (a)
Chapudia (g) vedi Kapoudia
Chantara (u) vedi Alicante
Chapudia (g) vedi Kerkennah
Chantera (g) vedi Alicante
Chapudia (g) vedi Khadidja
Chantera (u) vedi Alicante
Chapudia (p) vedi Kerkennah
Chanuell (g) vedi Canoubier
Characha (g) vedi Karacali
Chanziri (g) vedi Porcelli
Charasse (p) vedi El-Taifa
Chapalo (g) vedi Kefalos
Charbasara (g) vedi Escampobariou
Chapellet (g) vedi Gaphilese (a)
Charbonaia (g) vedi Carbonara
Chapellet (u) vedi Capellecti/Capellecta (a)
Charbonaiola (g) vedi Carboneras
Chapelletto (g) vedi Gaphilese (a)
Charbonara (g) vedi Carbonara
Chapellutti (g) vedi Capellecti/Capellecta (a)
Charbonarola (g) vedi Carboneras
Chapi Sol (u) località non individuata, Cor-
sica, Francia Charbonarolia (u) vedi Carboneras
Chapisale (a) vedi Gaphilese (a) Charco (g) vedi Carto (a)
Chapisi (g) vedi Gabes Chardia (g) vedi Saros
Chapo (g) vedi Cope Charena (g) vedi Garian
Chapo d’Istria (u) vedi Promontora Charene (g) vedi Garian

290
Indice toponomastico

Charmagiar (g) vedi Mazarròn Chastangna (u) c. 160; località non indivi-
duata, Liguria, Italia
Charmangiar (g) vedi Mazarròn
Chastella (g) vedi Le Castella
Charmargiar (g) vedi Mazarròn
Chastello (g) vedi Kastron
Charmino (g) vedi Carmelo
Chastello (g) vedi Krionero
Charnagie (p) vedi Carcine
Chastello (u) vedi Kastron
Charo (g) vedi Tino, isola, Italia
Chastello a Mare (g) vedi Castellamare del
Charpi (p) vedi Kerpe, Burun
Golfo
Chars (g) vedi Chersa
Chastello a Mare (p) vedi Castellamare
Charse (g) vedi Chersa
Chastello a Mare di Voltorno (g) vedi Castel-
Charse (g) vedi El-Taifa lamare
Charsedania (g) vedi Cassidaigna Chastello di Castri (u) vedi Castello di Ca-
gliari
Charsidano (u) vedi Cassidaigna
Chastello di Castro (g) vedi Castello di Ca-
Chartaenia (g) vedi Cartagena
gliari
Chartagienia (u) vedi Cartagena
Chastello Lobardo (g) vedi Kaleardi
Chartaina (g) vedi Cartagine
Chastello Lombardo (g) vedi Kaleardi
Chartainea (g) vedi Cartagena
Chastello Pellegrino (g) vedi Atlit
Chartania (g) vedi Cartagine
Chastello Rogio (g) vedi Kastellorizon
Chartenia (g) vedi Cartagena
Chasteso (g) vedi Castro (a)
Chartinea (g) vedi Cartagena
Chastiglione della Pescaia (u) vedi Castiglio-
Charto (u) vedi Carto (a) ne della Pescaia
Charubieri (g) vedi El Dab’a Chastiso (g) vedi Castro (a)
Chasale (g) vedi Maltepe Chastorino (g) vedi Portofino, promontorio
Chasale (g) vedi Mersa El-Raccam Chastorno (g) vedi Portofino, promontorio
Chasana (g) vedi Caxine Chastoro (p) vedi Portofino, promontorio
Chasar (u) vedi Maltepe Chastro (p) vedi Kanastrion
Chasaro (g) vedi El-Zeguer Chastro Andrea (g) vedi Pyrgos
Chasartelli (g) vedi Gasr Tellil Chatalognia (p) vedi Catalogna
Chascio (g) vedi Kàsos Chatalongna (u) vedi Catalogna
Chasina (g) vedi Caxine Chatania (g) vedi Catania
Chastacur (p) vedi Cadice Chate (p) vedi Cazza

291
Bianca Fadda

Chatelognia (g) vedi Catalogna 75; Gerbi/Cherchine (p) cc. 20, 21;
Gierbis (u) c. 180
Chatto (g) vedi Leucade
Chavalieri (p) c. 34; località non individuata, Cherinas (u) c. 206; castello non individua-
Turchia to, Cipro

Chavalina (g) vedi Kavaliani Chersa, scogli, Libia; Carse (a) pp. 65, 66;
Charse/Chars (g) p. 72; Carcie (u) c. 180
Chavaline (g) vedi Kavaliani
Chiappa (p) vedi Kelibia
Chavalline (g) vedi Kavaliani
Chiappa, punta, Liguria, Italia; Monte (a)
Chavalline (p) vedi Kavaliani pp, 18, 19; Chapo del Monte (g) p. 19;
Chavallo (g) vedi Torre Cavallo Co di Monte (p) c. 6; Chapo di Mon-
te/Co di Monte (u) c. 160
Chavallo Mortto (g) vedi Beigua
Chiaro (g) vedi Claro (a)
Chavalo (g) p. 30; Canale (p) c. 9; Caval (u)
c. 164; secca non identificata, Puglia, Chiarola (g) vedi Fuengirola
Italia
Chibia (g) vedi Kelibia
Chavabra (g) (vedi Caprera
Chifallo (p) vedi Kefalos
Chavraira (g) vedi Caprera
Chifalo (a) vedi Kefalos
Chazar (u) vedi El-Zeguer
Chifalo (u) vedi Kefalos
Chazara (p) vedi Curzola
Chifalone (a) vedi Cefalù
Chazaria (g) vedi Curzola
Chifalonia (a) vedi Cefalonia
Chea (u) vedi Kea
Chilbi (g) vedi Skerki
Cheiron, monte, Francia; Arcire (a) p. 17;
Archilui (g) p. 17; Arcelli (p) c. 5; Cha- Chilbi (p) vedi Skerki
podail (u) c. 159
Chilbo (a) vedi Skerki
Chelomina (g) vedi Calolimno
Chilbo (g) vedi Skerki
Chelorita (g) vedi Columbretes
Chilimo (a) vedi Calimno
Cheo (a) vedi Gemlik
Chilli (p) vedi Skerki
Cherche (a) vedi Chergui
Chio (p) vedi Kea
Cherchell, capo, Algeria; Cercelli (a) pp. 76,
98; Cercelli (g) p. 82; Cercelli/Giercelli Chioggia, Veneto, Italia; Crocza (a) p. 30
(p) cc. 23, 28; Serzelli/Salciel (u) Chios, canale tra l’isola e la terraferma, Gre-
cc. 183, 194 cia; Sio (a) p. 56; Sio (g) p. 60; Scio (u)
Cherchine (g) vedi Chergui c. 176
Cherchine (p) vedi Chergui Chios, isola, Grecia; Sio (a) p. 56; Sio (g)
p. 60; Scio (u) cc. 175, 176
Chergui, isole, Tunisia; Gerbi/Cherche (a)
pp. 68, 69; Gerbi/Cherchine (g) pp. 74, Chipia (a) vedi Kelibia

292
Indice toponomastico

Chipia (p) vedi Kelibia Chomerzo (g) vedi Comerquio (a)


Chirra (g) vedi Quirra Chometissa (u) vedi Orfano
Chirra (p) vedi Quirra Chomino (g) vedi Cambriles
Chitto (g) vedi Kiti Chomino (g) vedi Comino, capo
Chiu (g) vedi Gemlik Chomino (u) vedi Cambriles
Chlarenza (u) c. 167; località non identifica- Choncha (g) vedi Conques
ta, Grecia
Chonigera (g) vedi Conejera
Cho di Fa (u) vedi Faro, capo, Liguria, Italia
Chonigere (g) vedi Conejera
Chocha (g) vedi Conques
Chonistabile (g) vedi El Batrum
Choda di Volppe (g) vedi Pezzo
Choniza (g) vedi Artemision
Choliuri (u) vedi Collioure
Chontesi (g) vedi Orfano
Cholliuri (u) vedi Collioure
Chontisa (g) vedi Orfano
Cholobi (g) vedi Colom
Choranto (p) vedi Corinto, golfo
Cholobi (g) vedi Colom
Chorato (g) vedi Corinto, golfo
Chololimena (g) vedi Kaloi
Choratto (g) vedi Corinto, città
Cholomp (u) vedi Colom, punta
Chorbo (g) vedi Corvo
Cholon (g) vedi Sunio
Chorchat (u) c. 190; località non individua-
Cholona (g) vedi Sunio ta, Sardegna, Italia
Cholonbi (g) vedi Colom, isola Chornachi (g) vedi Carcine
Cholonbi (g) vedi Colom, punta Chornachin (g) vedi Carcine
Cholonbi (g) vedi Ishaila Chornetto (g) vedi Corneto
Cholonbi (u) vedi Ishaila Chorone (g) vedi Korònis
Cholone (g) vedi Sunio Chorsicha (g) vedi Corsica
Cholonis (u) vedi Colombi Chorso (g) vedi Corso
Cholonna (g) vedi Sunio Chorsso (g) vedi Corso
Cholonna (u) vedi Colonne Chortino (g) vedi Capo Corto
Cholonna (u) vedi Sunio Choteli (g) vedi Kantin
Cholonne (g) vedi Colonne Chotile (g) vedi Kantin
Cholonne (g) vedi Sunio Chotoli (g) vedi Kantin
Choltellaccio (u) vedi Cavoli Chotri (g) vedi Livadhostra
Choltellacio (g) vedi Cavoli Chotrone (g) vedi Crotone

293
Bianca Fadda

Chrava (g) vedi Caprera Ciercielli (p) vedi Siciè


Chrava (g) vedi Gyaros Ciercielli (u) vedi Circeo
Chrava (g) vedi Syros Cierma (g) vedi Cervo
Christiana (g) vedi Christiane Ciervi (p) vedi Elaphònesos
Christiana (g) vedi Koufonesi, isola Cietreli (g) vedi Kìthera
Christiana (g) vedi Koufonesi, monti Cifalonia (a) vedi Cefalonia
Christiane, isola, Grecia, Isole Cicladi; Cri- Cifalonia (g) vedi Cefalonia
stiana (a) pp. 50, 55, 126; Christiana
Cifalonia (p) vedi Cefalonia
(g) pp. 51, 52, 58; Cristiana (p) cc. 15,
17; Cristiana (u) c. 172 Cifalonia (u) vedi Cefalonia
Christopoli (g) vedi Chrisopolis Cifalù (p) vedi Cefalù
Chrocie (g) vedi Creus Cifalù (u) vedi Cefalù
Chrysopolis, Grecia; Cristopoli (a) p. 44; Cifalue (g) vedi Cefalù
Christopoli (g) p. 46; Cristopoli (p)
Cifano (a) vedi Sifno
c. 14; Cristoppoli (u) c. 171
Cima (u) c. 180; località non individuata,
Chuaglie (g) vedi Kayio
Africa Settentrionale
Chunia (g) vedi Kuriate
Cimino (p) vedi Cambriles
Chunie (g) vedi Kuriate
Cinafalonia (u) vedi Cefalonia
Churdo (g) vedi Korgos
Cinillieras (u) vedi Conejera
Cia (a) vedi Kea
Cipre (a) vedi Cipro
Ciafalonia (p) vedi Cefalonia
Cipri (g) vedi Cipro
Ciafalonia (u) vedi Cefalonia
Cipri (p) vedi Cipro
Cialamella (g) vedi Iskenderun
Cipri (u) vedi Cipro
Cicilia (a) vedi Sicilia
Ciprico (a) p. 136; località non individuata,
Cicilia (g) vedi Sicilia Ucraina, Mar Nero
Cicilia (p) vedi Sicilia Cipro (Kipros), isola; Cipre/Cepri/Cepro (a)
pp. 121, 126, 128; Cipri (g) pp. 87,
Cicilia (u) vedi Sicilia
117, 118, 119; Cipri (p) cc. 32, 33; Ci-
Ciea (g) vedi Kea pri (u) cc. 177, 203, 204
Ciea (p) vedi Kea Circeo, capo, Lazio, Italia; Cercelli (a)
pp. 22, 99; Cercelli (g) pp. 23, 125,
Ciedri (p) vedi Kìthera
127; Cercelli/Ciercelli (p) c. 8; Cier-
Ciefalù (u) vedi Cefalù cielli (u) cc. 161, 194, 197
Ciercelli (p) vedi Circeo Ciresonda (a) vedi Giresun

294
Indice toponomastico

Cirio (g) vedi Krio Clare (a) p. 124; Eclare (u); isola non identi-
ficata, Grecia
Cirio (p) c. 36; località non individuata, Mar
Nero Claro (a) p. 59; Chiaro (g) p. 63; Loclar (u)
c. 177, monte nell’isola di Gelidonya,
Cirra (u) vedi Quirra Turchia
Citadella (a) vedi Ciutadella Clea (u) vedi Eregli
Citadella (p) vedi Ciutadella Clesedi (u) vedi Liman
Citrelli (g) vedi Kìthera Co di Faro (p) vedi Faro
Cittadella (p) vedi Ciutadella Co di Monte (p) vedi Chiappa
Cittadella (u) vedi Ciutadella Co di Monte (u) vedi Chiappa
Ciutadella, città, Spagna, Baleari; Citadella/ Coda de la Volpe (p) vedi Pezzo
Cettadella (a) p. 87; Citadella/Cittadella
Coda de Volpe (a) vedi Pezzo
(p) cc. 25, 26; Cittadella (u) cc. 188,
189 Coda di Volpe (u) vedi Pezzo
Civeta Vellia (a) vedi Civitavecchia Codora (a) vedi Cantor
Civita di Fermo (p) vedi Fermo Codora (u) vedi Cantor

Civita Nuova (g) vedi Civitanova Codro (u) vedi Cantor

Civita Nuova (p) vedi Civitanova Colar (g) vedi Salamina

Civita Nuova (u) vedi Civitanova Colars (p) vedi Salamina

Civita Vecchia (u) vedi Civitavecchia Colla (u) vedi Scuola

Civita Vechia (g) vedi Civitavecchia Collea (u) vedi Scuola

Civita Vechia (p) vedi Civitavecchia Collioure, capo, Francia; Olivero (a) p. 10;
Oliviere/Ulivieri (g) pp. 9, 124; Liurs
Civita Velia (a) vedi Civitavecchia (p) c. 3; Choliuri/Cholliuri (u) cc. 155,
156
Civita Vellia (a) vedi Civitavecchia
Colom, isola, Spagna, Baleari; Colombo/Co-
Civitanova, porto, Marche, Italia; Civeta lonbo (a) pp. 84, 185; Cholonbi/Cho-
Nova (a) p. 29; Civita Nuova (g) p. 32; lobi (g) p. 91; Moncolombrier (u) cc.
Civita Nuova (p) c. 9; Civita Nuova (u) 186, 188
c. 164
Colom, punta, Spagna; Colombo/Colonbo
Civitavecchia (p) vedi Civitavecchia (a) pp. 84, 85; Cholonbi/Cholobi (g)
Civitavecchia, porto, Lazio, Italia; Civeta Vel- p. 91; Colonbo (p) c. 25; Colomp/
lia/Civita Vellia/Civita Velia (a) pp. 21, Cholomp (u) c. 187
104; Civita Vechia (g) pp. 23, 103, 125, Colombi, isola, Algeria; Columbi (a) pp. 76,
127; Civitavecchia/Civita Vechia (p) 79; Palonbi/Palobia/Palombara (g)
cc. 7, 29; Civita Vecchia (u) cc. 161, pp. 83, 86; Colonbi (p) c. 23; Cholonis
197 (u) cc. 183, 185

295
Bianca Fadda

Colombiera/Santo Ermino dalla Colombaira Columbi (a) vedi Colombi


(u) c. 198; isola non identificata, Sici-
Columbretes, isole, Spagna; Colovriero (a)
lia, Italia p. 9; Chelorita (g) p. 7; Monscolourer
Colombo (a) vedi Colom, isola (u) c. 155

Colombo (a) vedi Colom, punta Comas (u) vedi Kuriate

Colomina (u) vedi Calolimno Comenso (u) vedi Comerquio (a)

Colomne (a) vedi Colonne Comensso (u) vedi Comerquio (a)


Comerchui (p) vedi Comerquio (a)
Colomp (u) vedi Colom
Comerquio (a) p. 47; Comerzodin/Comer-
Colonbi (a) vedi Ishaila
zin/Chomerzo (g) pp. 48, 50; Comer-
Colonbi (p) vedi Colombi chui/Commerso (p) cc. 14, 15; Co-
menso/Comensso/Giro (u) cc. 171,
Colonbi (p) vedi Ishaila 172; località non individuata, Turchia
Colonbo (a) vedi Colom, punta Comerzin (g) vedi Comerquio (a)
Colonbo (a) vedi Colom, isola Comerzodin (g) vedi Comerquio (a)
Colonbo (p) vedi Colom, punta Cometissa (a) vedi Orfano
Colonese (p) vedi Korònis Cometissa (u) vedi Orfano
Colonimera (a) vedi Kaloi Comin (a) vedi Cambriles
Colonna (u) vedi Sunio Comin (u) vedi Comino, isola
Colonne (a) vedi Colonne Comino (a) vedi Cambriles

Colonne (a) vedi Sunio Comino (a) vedi Comino, capo

Colonne (g) vedi Sunio Comino (a) vedi Comino, isola

Colonne (p) vedi Colonne Comino (p) vedi Comino, capo


Comino (p) vedi Comino, isola
Colonne (p) vedi Sunio
Comino (u) vedi Comino, capo
Colonne, capo, Calabria, Italia; Colonne/
Colomne (a) pp. 24, 81; Cholonne (g) Comino, capo, Sardegna, Italia; Comino (a)
p. 27; Colonne (p) c. 8; Cholonna (u) pp. 92, 93, 99; Chomino (g) pp. 99,
c. 162 127; Comino (p) cc. 26, 28; Comino
(u) cc. 192, 194
Colovriero (a) vedi Columbretes
Comino, isola, Malta; Comino/S. Maria de
Colsebe (u) c. 184; località non individuata, Comino (a) p. 111; Comino (p) c. 34;
Africa Settentrionale Comin (u) c. 200
Colso (a) vedi Corso Comitossa (p) vedi Orfano
Coltelaccio (p) vedi Cavoli Commerso (p) vedi Comerquio (a)
Coltellazo (a) vedi Cavoli Comquas (u) vedi Conques

296
Indice toponomastico

Con (u) c. 153; località non individuata, Contil (u) vedi Kantin
Spagna Atlantica
Contiri (a) vedi Kantin
Conca (a) vedi Conques
Contro (u) vedi Crotone
Conca (p) vedi Conques
Contron (u) vedi Crotone
Concha (p) vedi Conques
Copa (a) pp. 135, 136; località non indivi-
Coneil (u) vedi Kantin duata, Turchia, Mar Nero
Conejera, isola, Spagna, Isole Pitiuse; Coni- Cope, punta, Spagna; Capo (a) p. 7; Chapo/
liera/Coneliera/Conelliere (a) p. 82; Chappo (g) p. 5; Capo (p) c. 2; Capo
Chonigera/Chonigere/Conigerie (g) (u) c. 154
p. 88; Conigliera (p) c. 24; Conillieras
(u) c. 186 Coran (u) c. 200; località non individuata,
Malta
Coneliera (a) vedi Conejera
Coranto (a) vedi Corinto, città
Conelliere (a) vedi Conejera
Coranto (a) vedi Corinto, golfo
Conerto (u) c. 156; località non individuata,
Spagna Corbo (p) vedi Corvo
Conestavele (a) vedi El Batrum Corbo (u) vedi Corvo
Conia (a) vedi Kuriate Corfo (a) vedi Corfù
Conie (a) vedi Kuriate Corfu (a) vedi Corfù (Kerkira)
Conigerie (g) vedi Conejera Corfu (a) vedi Corfù (Stenon Kerkyras)
Conigliera (p) vedi Conejera Corfù (Kèrkira), isola, Grecia, Isole Ionie;
Coniliera (a) vedi Conejera Corfu/Corfo/Curfo (a) pp. 32, 80, 81,
113; Grifo (g) p. 35; Gurfo/Ghurfo/
Conise (u) vedi Artemision Gorfo/Gurfu (p) cc. 10, 24, 33; Gurfo/
Conistabile (p) vedi El Batrum Gurffo/Golfo/Gholfo (u) cc. 165, 166

Conize (p) vedi Artemision Corfù, (Stenon Kerkyras), canale, Grecia;


Corfu (a) p. 32; Grifo (g) p. 35; Curfo
Conostabele (g) vedi El Batrum (u) cc. 165, 166
Conquas (u) vedi Conques Corinte (u) vedi Corinto, città
Conques, capo, Francia; Conca (a) p. 11; Corinte (u) vedi Corinto, golfo
Choncha/Chocha (g) pp. 9, 10; Con-
cha/Conca (p) c. 3; Conquas/Comquas Corinto (Korinthiakos), golfo, Grecia; Co-
(u) c. 156 ranto (a) p. 34; Chorato (g) p. 37;
Choranto (p) cc. 11, 12; Corinto/Co-
Constabile (u) vedi El Batrum
rinte (u) cc. 167, 169
Constantinopoli (a) vedi Istambul
Corinto (Korinthos), città, Grecia; Coranto
Contarin (u) c. 203; località non individua- (a) p. 39; Choratto (g) p. 40; Corinte
ta, Grecia (u) c. 169

297
Bianca Fadda

Corinto (u) vedi Corinto, golfo Chorsso (g) pp. 22, 102; Corso/Corsi
(p) cc. 7, 26, 28, 29; Corso/Corsso (u)
Cornaggie (u) vedi Carcine
cc. 160, 196, 197
Cornagie (u) vedi Carcine
Corsso (u) vedi Corso
Cornalle (a) vedi Carcine
Cortezeto (a) vedi Sferracavallo
Corneto (a) vedi Corneto
Cortina (a) vedi Capo Corto
Corneto (p) vedi Corneto
Corvo (a) vedi Corvo
Corneto (u) vedi Corneto
Corvo (a) vedi Toro, isola, Baleari
Corneto, scalo, Lazio, Italia; Corneto (a)
pp. 21, 110; Chornetto (g) pp. 23, Corvo, punta, Liguria, Italia; Corvo (a) p. 19;
108, 127; Corneto (p) cc. 7, 30; Cor- Chorbo (g) p. 20; Corbo (p) c. 6; Cor-
neto (u) c. 161 bo (u) c. 160
Corno (p) vedi Toro, isola, Baleari Costa del Caval/Coza del Caval (u) c. 192; lo-
calità non individuata, Sardegna, Italia
Corona (u) vedi Sunio
Costantinopoli (a) vedi Istambul
Coronas (u) vedi Korònis
Costanza (a) vedi Costanza
Coronese (a) vedi Korònis
Costanza, Romania, Mar Nero; Costanza (a)
Coronose (a) vedi Korònis
p. 130
Corp (u) vedi Toro, isola, Baleari
Cotona (a) vedi Catona
Correnti (a) p. 106; Storrens (u) c. 198; isola
non identificata, Sicilia, Italia Cotrone (a) vedi Crotone

Corsega (a) vedi Corsica Cotrone (p) vedi Crotone

Corsi (p) vedi Corso Coudon, monte, Francia; Cadaon (a) p. 14;
Gudeio (g) p. 14; Gadori (p) c. 4; Cad-
Corsica (p) vedi Corsica daon (u) c. 158
Corsica, Francia; Corsega (a) pp. 99, 100, Coza del Caval (u) vedi Costa del Caval (u)
103, 104, 105; Chorsicha (g) pp. 87,
94, 95, 101, 128; Corsica/Corsicha (p) Crava (g) vedi Gyaros
cc. 28, 29; Corsicha/Curso (u) cc. 195, Cravaira (a) vedi Caprera
196, 197, 201
Crea (p) vedi Eregli
Corsicha (p) vedi Corsica
Crea (u) vedi Eregli
Corsicha (u) vedi Corsica
Creta (Krete), isola, Grecia; Creti (a) pp. 37,
Corso (a) vedi Corso
50, 52, 53, 108, 115, 116, 117, 118,
Corso (p) vedi Corso 120, 126; Cretti/Gretti/Greti (g) pp. 52,
54, 55, 87, 107, 110, 111, 112, 114,
Corso (u) vedi Corso
116; Creti/Greti (p) cc. 15, 16, 20, 24,
Corso, capo, Corsica, Francia; Corso/Colso 30, 31, 32; Creti (u) cc. 168, 172, 173,
(a) pp. 20, 88, 102, 103, 104; Chorso/ 201, 202, 203

298
Indice toponomastico

Creti (a) vedi Creta Crudon (u) c. 153; città distrutta nei pressi
di Cadice, Spagna
Creti (p) vedi Creta
Crutello (a) vedi Therasìa
Creti (u) vedi Creta
Cuaglie (p) vedi Kayio
Cretti (g) vedi Creta
Cuevas de Vera, Spagna; Bera (a) p. 7; Bera
Creus, capo, Spagna; Croce (a) pp. 10, 13;
(g) p. 5; Bara (p) c. 2; Berra (u) c. 154
Chrocie (g) pp. 9, 12; Crocie (p) cc. 3,
4; Crocie (u) cc. 155, 157 Cun (u) vedi Sigrion
Crio (a) vedi Krio Cunie (p) vedi Kuriate
Criovo (u) vedi Krio Curchedo (g) vedi Krikellos
Cristiana (a) vedi Christiane Curco (a) vedi Korgos
Cristiana (a) vedi Koufonesi, isola Curco (p) vedi Korgos
Cristiana (a) vedi Koufonesi, monti Curfo (a) vedi Corfù
Cristiana (p) vedi Christiane Curfo (u) vedi Corfù
Cristiana (p) vedi Cristiani Curso (u) vedi Corsica
Cristiana (p) vedi Koufonesi, isola Cursona (a) p. 137; località non identificata,
Turchia, Mar Nero
Cristiana (u) vedi Christiane
Curzola (Korcula) isola, Costa Dalmata;
Cristiana (u) vedi Koufonesi, isola
Cassola (a) p. 31; Chazaria (g) p. 33;
Cristiana (u) vedi Koufonesi, monti Chazara/Gazzara (p) c. 10; Carsaria (u)
c. 165
Cristoli (u) vedi Therasìa
Cristopoli (a) vedi Chrysopolis
D
Cristopoli (p) vedi Chrysopolis
Dacer (u) vedi Cadaquès
Cristoppoli (u) vedi Chrysopolis
Dacher (u) vedi Cadaquès
Croce (a) vedi Creus
Dactili (a) vedi Donousa
Crocie (p) vedi Creus
Dadena (p) vedi Enez
Crocie (u) vedi Creus
Daffa (u) vedi Yafo
Crocza (a) vedi Chioggia
Daghaso (p) vedi Leucade
Crotone, porto, Calabria, Italia; Cotrone (a)
pp. 24, 25, 81; Chotrone (g) p. 27; Co- Dalìas, llanos, Spagna; Alcandra (a) p. 6; Al-
trone (p) cc. 8, 24; Contron/Contro chandra/Archandra (g) p. 4; Candra
(u) cc. 162, 180 (p) c. 2; Alcandra (u) c. 154
Croze (a) vedi Tròodos Dama (u) vedi Sàmos
Cruce (p) vedi Tròodos Damiata (a) vedi Damietta

299
Bianca Fadda

Damiata (g) vedi Damietta Denio (a) vedi Enez


Damiata (p) vedi Damietta Dente Albagna (a) vedi Sainte Baume
Damiata (u) vedi Damietta Dente d’Albagna (a) vedi Sainte Baume
Damiatta (g) vedi Damietta Dente d’Albania (g) vedi Sainte Baume
Damietta (Dumjat), città, Egitto; Damiata Dente dalla Balmo (u) vedi Sainte Baume
(a) pp. 62, 63, 121, 128; Damiata/Da-
miatta (g) pp. 68, 117, 121; Damiata Dente de Albagnia (p) vedi Sainte Baume
(p) cc. 19, 32, 33; Damiata (u) cc. 178, Dente della Palma (u) vedi Sainte Baime
179, 203, 206
Depex (a) p. 123; isola non individuata, Gre-
Dardan, porto, Turchia; Dardanello (a) p. cia
46; Dardanello (g) p. 49; Bardanello/
Barnallo (p) c. 15; Dardano (u) c. 172 Dere (g) vedi Rousse

Dardanelli (Canakkale), stretto, Turchia; Deri (g) vedi Rousse


Avedo (a) p. 47; Avido (g) pp. 47, 48, Descarcadore (a) vedi Archentrìas
49, 50; Avido/Aveo (p) cc. 14, 15, 17;
Aveo/Aver/Ver (u) cc. 171, 172, 175 Descargadore (a) vedi Archentrìas

Dardanello (a) vedi Dardan Destrai/Destrui (p) c. 35; località non indivi-
duata, Mar Nero
Dardanello (g) vedi Dardan
Deus (a) c. 48; isoletta nei pressi dell’isola di
Dardano (u) vedi Dardan Milo, Grecia
Datali (g) vedi Donousa Dia, isola, Creta, Grecia; Standea (a) pp. 50,
Dattal (u) vedi Donousa 118, 122, 126; Standea/Istandea
(g) pp. 114, 117; Standea/Scanda (p)
Delmo (u) vedi Nio cc. 15, 32; Standia/Estandia (u) cc.
De-Mala (a) pp. 38, 39; Mala/Malla (g) 173, 203, 204
p. 40; Malea/Mala (p) c. 12; Mala/Ma- Diamont, monte, Egitto; Manone (g) p. 69;
lia (u) c. 169; località non individuata, Marinon (u) c. 179
Grecia
Diapotamo/Diopotamo (a) p. 131; fiume
Demiryeri, porto, Turchia; Stamire/Stamirre non identificato, Turchia, Mar Nero
(a) pp. 59, 127; Smirre/Ismirre (g)
p. 62; Stalemure (p) c. 18; S. Nicolao Diasona (a) p. 134; località non identificata,
della Stamira (u) c. 177 Turchia, Mar Nero
Denia (a) vedi Denia Dimondras (u) vedi Dimonidras (u)
Denia (a) vedi Enez Dimonidras/Dimondras (u) c. 176; località
non individuata, Grecia
Denia (g) vedi Denia
Dino (g) vedi Dino
Denia (u) vedi Denia
Dino, isola, Calabria, Italia; Dino (g) p. 25
Denia, porto, Spagna; Denia (a) p. 9; Denia/
Lenia (g) p. 7; Denia (u) c. 155 Ditelisi (g) vedi Tedlés

300
Indice toponomastico

Divato (u) c. 175; località non individuata, Dorasso (u) vedi Durazzo
Grecia
Dour, roque, Francia; Odore (a) p. 12; Ador
Djebel, capo, Tunisia; Rassalgibel/Rassagi- (g) p. 11; Odor (p) c. 3; Odor (u)
bel/Rasagibele (a) pp. 72, 73, 96, 97, c. 156
98, 109, 110; Rasal Gibel/Rasegibel/
Raso al Gibello/Rasagibel/Rasagibell/ Dragades (u) vedi Tròodos
Raso il Gibel/Rasol Gibel (g) pp. 78, Draghonare (p) vedi Dragonesi
79, 108, 124; Rasalgibello (p) cc. 22,
27, 30; Rasagibel/Ransagibel/Sagibe Dragodosso (g) vedi Tròodos
(u) cc. 182, 193, 194, 199, 200 Dragonaia (u) vedi Dragonesi
Djerba, isola, Tunisia; Gerbi (a) pp. 68, 112, Dragonara (a) vedi Dragonesi
114; Gerbi (g) p. 74; Gerbi/Gierbi (p)
cc. 20, 21, 34, 35; Gierbi/Gierbis (u) Dragonara, isola, Spagna, Baleari; Dragonie-
cc. 180, 181 ra (a) p. 85; Gragonara (g) p. 92; Dra-
goniera (u) c. 187
Djidjelli, città, Algeria; Gigea (a) pp. 74, 75;
Gigari/Zizari/Zigiari (g) p. 81; Gigari Dragonare (a) vedi Dragonesi
(p) c. 22; Giggiari (u) c. 183
Dragonare (g) vedi Dragonesi
Dnepr, fiume, Ucraina; Ellexe (a) p. 131
Dragonare (p) vedi Dragonesi
Dolcengno (a) vedi Bojane
Dragonesi, isolotti, Grecia, Isole Ionie; Dra-
Dolcengno (a) vedi Dulcigno (Kruci) gonare/Dragonara (a) pp. 37, 122;
Dolcengno (a) vedi Dulcigno (Ulcinj) Dragonare (g) p. 118; Gragonare/Dra-
ghonare/Dragonare (p) cc. 12, 33;
Dolciegno (u) vedi Bojane Dragonaia/Ragonaia (u) c. 168
Dolciegno (u) vedi Dulcigno (Kruci) Dragoniera (a) vedi Dragonara
Dolciegno (u) vedi Dulcigno (Ulcinj) Dragoniera (u) vedi Dragonara
Dolcigne (u) vedi Dulcigno (Kruci) Drea (g) vedi S. Andrea
Dolcigne (u) vedi Dulcigno (Ulcinj) Drigo (g) vedi Ragusio
Dolcino (g) vedi Bojane Drigo (u) vedi Ragusio
Dolcino (g) vedi Dulcigno (Kruci) Du Frati (p) vedi Due Frati
Dolcino (g) vedi Dulcigno (Ulcinj) Ducat (u) vedi Leucade
Donna (u) vedi S. Giorgio Ducato (a) vedi Leucade
Donne (a) vedi S. Giorgio Ducer (u) vedi Cadaquès
Donne (g) vedi S. Giorgio Duchatto (g) vedi Leucade
Donne (p) vedi S. Giorgio
Due Frati (a) vedi Due Frati
Donousa, isola, Grecia, Isole Cicladi; Dactili
Due Frati (a) vedi Los Frailes
(a) p. 54; Datali (g) p. 56; Dattal (u)
c. 174 Due Frati (a) vedi Les Frères

301
Bianca Fadda

Due Frati (u) vedi Due Frati E


Due Frati (u) vedi Les Frères Eba (g) vedi Elba
Due Frati, monte, Liguria, Italia; Due Frati Eclare (u) vedi Clare (a)
(a) p. 18; Due Fratti (g) p. 19; Du Frati
Efiar (u) vedi Sciro
(p) c. 6; Due Frati (u) c. 159
Egenas (g) vedi Egina
Due Fratti (g) vedi Due Frati
Egina (Aigina), isola, Grecia; Eginas (a) p. 39;
Due Fratti (g) vedi Les Frères
Egenas/Egonas (g) p. 40 Egine/Gine
Due Fratti (g) vedi Los Frailes (p) c. 12
Due Sorore (a) vedi Sorelle Eginas (a) vedi Egina
Due Sorori (g) vedi Sorelle Egine (p) vedi Egina
Due Suore (u) vedi Sorelle Egonas (g) vedi Egina
Dugati (p) vedi Leucade Ejsk, Russia, Mar Nero; Pexe (a) p. 136
Dugenio (p) vedi Dulcigno El Baijada, capo, Libano; Blanco (a) pp. 61,
62; Biancho (g) pp. 66, 67; Biancho
Dugienio (p) vedi Dulcigno
(p) c. 19; Bianco (u) c. 178
Duginio (p) vedi Bojane
El Bassite, capo, Siria; Polcino (a) p. 60; Por-
Dulcigno (Kruci), capo, Costa Dalmata; cino (g) p. 64; Pousin (u) c. 177
Dolcengno (a) p. 31; Dolcino (g) p. 34;
El Batrum, baia, Libano; Conestavele (a)
Dugenio (p) c. 10; Dolciegno/Dolci-
p. 62; Chonistabile/Chonostabele (g)
gne (u) c. 165
p. 65, 66; Conistabile (p) c. 18; Con-
Dulcigno (Ulcinj), baia, Costa Dalmata; stabile (u) c. 178
Dolcengno (a) p. 31; Dolcino (g) p. 34;
El Burullus, capo, Egitto; Broilo/Broillo (a)
Dugienio (p) c. 10; Dolciegno/Dolci-
p. 63; Bruglio (g) pp. 68, 69; Bruglio
gne (u) c. 165
(p) c. 19; Albrueil/Abruil (u) c. 179
Duraczo (a) vedi Durazzo
El Dab’a, isola, Egitto; Carobiero (a) p. 64;
Durasso (u) vedi Durazzo Charubieri (g) p. 69
Durazo (g) vedi Durazzo El Gimari (g) vedi Zembra
Durazo (p) vedi Durazzo El Maracheb, isola, Libia; Patriarcha (a) p. 66;
Patriarcha/Patracha (g) p. 71; Patriarca
Durazzo (Durres), città, Albania; Duraczo
(p) c. 20; Patriarcha (u) cc. 179, 201
(a) p. 31; Durazo (g) p. 34; Durazo (p)
c. 10; Durasso/Dorasso (u) c. 165 El Mrega, porto, Libia; Maczalomare (a)
p. 65; Masanar/Massanmar (g) p. 71;
Duropetra (u) vedi Nagar
Masolmar/Masalmar (p) c. 20; Masalo-
mar (u) c. 179
El-Amouch, capo, Algeria; Batal/Batallo/
Boctaro (a) p. 76, 83, 86; Batal/Bater

302
Indice toponomastico

(g) p. 82, 89; Batar/Bantar (p) cc. 23, Ellexe (a) vedi Ventilegne
24, 25 Albatail (u) cc. 183, 186, 188
Elleze (a) vedi Ventilegne
Elaphònesos, isola, Grecia; Cervi/Cervo (a)
Elmandia (u) vedi Camaròn
pp. 37, 52, 122; Cervi (g) pp. 54, 118;
Cervi/Ciervi (p) cc. 12, 16, 33; Servi/ Elmedina (p) vedi Medina Azzahira
Seni/Sieni/Sem (u) cc. 168, 173
Elmendia (p) vedi Camaròn
Elba (a) vedi Elba
Elmendina (a) vedi Camaròn
Elba (g) vedi Elba
Elmendina (g) vedi Camaròn
Elba (p) vedi Elba
Elmendina (g) vedi Medina Azzahira
Elba (u) vedi Elba
Elmendina (u) vedi Camaròn
Elba, isola, Toscana, Italia; Elba/Melba (a)
pp. 20, 21, 104; Elba/Elbba/Eba (g) Elmendina (u) vedi Medina Azzahira
pp. 21, 22, 102; Elba (p) cc. 7, 29; El-Taifa, scogli, Egitto; Carse (a) p. 65;
Elba (u) cc. 160, 197 Charse (g) p. 70; Tarfa/Carase/Charas-
Elbba (g) vedi Elba se (p) cc. 19, 20; Casar (u) c. 179

El-Beith, secche, Tunisia; Beto (a) pp. 68, El-Zeguer, alcazar, Marocco; Casar/Cassaro
69, 71, 114; Beito/Betto (g) pp. 74, (a) p. 77; Chasaro (g) p. 84; Cassaro
75, 76, 77; Beito (p) cc. 21, 34; Beit/ (p) c. 23; Cazar/Chazar (u) c. 184
Beis/Bort/Gitiges (u) cc. 181, 201 Embiez, isole, Francia; Lembiere/Lembieri
Elbo Trento/Albol Trento (u); località non (a) p. 14; Labello (g) p. 13; Label/Lan-
individuata, Grecia bel (p) c. 4; Sembiers (u) c. 157

Ele (u) c. 195; località non individuata, Cor- Embro (a) vedi Imbros
sica, Francia Emina (u) vedi Almina
Ele (u) vedi Lerici Enbro (g) vedi Imbros
Elefante (p) vedi Fate (a) Enez, porto, Turchia; Denio/Denia (a) p. 44;
Eleutheroupolis, città, Grecia; Stopoli (a) Stena/Istena (g) p. 47; Dadena (p) c. 14;
p. 44; Astopoli (g) p. 46; Astoppoli/ Arma/Arna (u) cc. 171, 180
Estoppoli (u) c. 171 Engoe (g) vedi Kos
Eleze (a) vedi Lerici Ennea (u) vedi Lébitha
El-Hilal, capo, Libia; Bonandrea (a) pp. 66, Entrecueis (a) vedi Toukousch
109, 121; Buonandrea/Buona Andrea/
Buonadrea (g) pp. 72, 107, 116; Bona- Envida (g) vedi Lébitha
drea/Buonadrea (p) cc. 20, 32; Bonan- Envidia (a) vedi Lébitha
drea/Bonandria/Buono Andrea (u)
cc. 180, 199, 203 Envinza (a) vedi Levanzo
Elleuze (u) vedi Ventilegne Enviza (g) vedi Ibiza
Ellexe (a) vedi Dnepr Enviza (g) vedi Levanzo

303
Bianca Fadda

Eou Mais (u) c. 168; località non individua- Escampobariou, capo, Francia; Carabassara
ta, Grecia (a) p. 14; Charbasara (g) p. 14; Carabas
(p) c. 5; Caravasana (u) c. 158
Episcopia (u) vedi Piskopè
Escrofa (u) vedi Scrofa
Era (u) vedi Hyeres
Espatire (a) vedi Spatire (a)
Eras (u) vedi Hyeres
Erbosa (u) vedi Saint Tropez, golfo Espigueta (a) vedi Espiguette

Ercoli (p) vedi L’Isolotto Espiguette, punta, Francia; Espigueta/Pinea/


Pineta (a) p. 11; Pigni/Pini (g) pp. 10,
Ere (g) vedi Hyeres 11; Pina (p) c. 3; Pina (u) c. 156
Eregli (Tekirdag), capo, Turchia, Mar di Mar- Espinello (a) vedi Esterel
mara; Greca/Grega/Recrea (a) pp. 44,
45; Grea (g) p. 47; Crea/Grea/Greta (p) Essa (a) vedi Lissa
cc. 14, 33; Clea/Crea (u) c. 171 Esta (u) vedi Kea
Eregli (Zonguldak), capo, Turchia, Mar Nero; Estandia (u) vedi Dia
Ponte Arachia/Pont’Arachia (a) p. 132
Estepona, porto, Spagna; Estopona/Stopona
Erei (p) vedi Hyeres (a) p. 5; Estopona/Stopona (g) p. 3;
Eres (u) vedi Hyeres Stoponam (p) c. 1; Stopona (u) c. 153

Eri (g) vedi Hyeres Esterel, capo, Francia; Espinello (a) p. 15;
Aspine/Spine (g) p. 15; Ospinello (p)
Eri (g) vedi Iera (a) c. 5; Sperel (u) c. 158
Eri (p) vedi Hyeres Estopona (a) vedi Estepona
Eri (p) vedi Iera (a) Estopona (g) vedi Estepona
Erici (p) vedi Lerici Estoppoli (u) vedi Eleutheroupolis
Erici (p) vedi Ventilegne Esturion (u) vedi Shibin
Eriovo (u) vedi Krio Etna, montagna, Sicilia, Italia; Mongibello
Ermendina (a) vedi Medina Azzahira (g) p. 28
Erminia (u) vedi Kumkale Euripos, forte, Grecia; Torrecta (a) pp. 41,
42; Toretta (g) p. 43; Turetta/Toretta
Erminio (a) vedi Amsoros, Burun
(p) c. 13; Torretta (u) c. 170
Ermomilo (g) vedi Antimelos
Evinza (a) vedi Ibiza
Ermoni (u) vedi Antimelos
Evinza (a) vedi Levanzo
Ermonmilo (a) vedi Antimelos
Evinza (g) vedi Ibiza
Esagueta (a) p. 11; Cabre (u) c. 156; località
Evisa (p) vedi Ibiza
non individuata, Francia
Evisa (p) vedi Levanzo
Escabolli (u) c. 206; centro situato nell’isola
di Cipro Eviza (g) vedi Ibiza

304
Indice toponomastico

Eviza (u) vedi Ibiza pp. 34, 35; Tano (p) cc. 10, 24; Tano
(u) cc. 165, 180
Examilia, porto, Grecia; Similia/Sinilia (a)
p. 39; Similia (g) p. 40; Schamilla/Sca- Fans (g) vedi Fate (a)
milla/Scilla (p) c. 12; Semilla/Semella
Faognana (a) vedi Favignana
(u) c. 169
Faqua (a) vedi Panagia
Faquia (a) vedi Panagia
F
Faquis (u) vedi Sfax
Fa.ru (u) vedi Frioul
Far (u) vedi Alessandria, porto
Fachalora (g) vedi Abu Ashafa
Far (u) vedi Raftis
Fachea (a) vedi Panagia
Far de Messina (a) vedi Messina, stretto
Fachia (p) vedi Panagia
Fara (g) vedi Fascia
Fachise (a) vedi Sfax
Farailons (u) vedi Kaballoi
Fachisse (a) vedi Sfax
Farconiera (u) vedi Falkonera
Fadala (u) vedi Sedala (a)
Fariglion (u) vedi Farillione (a)
Falchonare (g) vedi Falkonera
Fariglione (g) vedi Farillione (a)
Falchone (u) c. 184; località non identificata,
Algeria Fariglioni (g) vedi Kaballoi

Falconare (a) vedi Falkonera Farilions (u) vedi Kaballoi

Falconiera (u) vedi Falkonera Farillione (a) p. 52; Fariglione (g) p. 54; Fari-
glion (u) c. 173; isolotti presso Capo
Faliglioni (g) vedi Kaballoi Spada, Creta, Grecia
Falkonera, isola, Grecia, Isole Cicladi; Falco- Farillioni (a) vedi Kaballoi
nare (a) pp. 53, 125; Falchonare (g)
p. 54: Falconiera/Farconiera (u) cc. 173, Faris (p) vedi Palos
205 Farmakousa, isola, Turchia; Angnello (a)
Falogniana (g) vedi Favignana p. 56; Angelo (g) p. 60; Angello (p)
c. 17
Falogniana (p) vedi Favignana
Farmenea (p) vedi Thermia
Fana (g) vedi Fate (a)
Farmenter (g) vedi Formentera
Fanario (a) vedi Fanaro (a)
Farnetto (g) vedi Saint Tropez, golfo
Fanaro (p) c. 21; porto non identificato, Libia
Faro (a) vedi Alessandria, porto
Fanaro/Fanario (a) pp. 45, 129, 137; Faro (p)
Faro (a) vedi Faro, capo, Egitto
c. 35; capo non individuato, Turchia
Faro (a) vedi Faro, capo, Liguria, Italia
Fanos, isola, Grecia, Isole Ionie; Tano/Tino/
Teno (a) pp. 32, 80, 81; Chano (g) Faro (a) vedi Messina, stretto

305
Bianca Fadda

Faro (g) vedi Alessandria, porto Fatellea (u) vedi Stavros


Faro (g) vedi Faro, capo, Egitto Fatis (u) vedi Fate (a)
Faro (g) vedi Faro, capo, Liguria, Italia Fatsa, Turchia, Mar Nero; Vatiza (a) p. 134;
Vatissa (p) c. 36
Faro (g) vedi Messina, stretto
Fatta (g) vedi Raftis
Faro (p) vedi Alessandria, porto
Favignana, isola, Italia, Isole Egadi; Faogna-
Faro (p) vedi Fanaro (a)
na/Favongnana (a) pp. 107, 108; Falo-
Faro (p) vedi Faro, capo, Egitto gniana (g) pp. 105, 108; Falogniana (p)
c. 30; Favogniana (u) cc. 198, 199
Faro di Mesina (p) vedi Messina, stretto
Favogniana (u) vedi Favignana
Faro di Messina (g) vedi Messina, stretto
Favongnana (a) vedi Favignana
Faro di Messina (p) vedi Messina, stretto
Faxa (a) vedi Fascia
Faro, capo, Egitto; Faro (a) p. 64; Faro (g)
p. 69; Faro (p) c. 19; Farro d’Allessan- Faxo (a) vedi Supsa
dria (u) c. 179
Fazia (p) vedi Fascia
Faro, capo, Liguria, Italia; Faro (a) p. 18;
Fazoli (p) vedi Frixol
Faro (g) p. 19; Co di Faro (p) c. 6; Cho
di Fa (u) c. 159 Fedala (g) vedi Sedala (a)
Faro, capo, Sicilia, Italia; Torrecta (a) pp. 24, Fedala (p) vedi Fedhala
108, 110; Toretta (g) pp. 26, 106, 110;
Fedale (u) vedi Fedhala
Toretta (p) cc. 9, 30, 31; Torretta (u)
cc. 199, 200 Fedalia (a) vedi Fedhala
Farro d’Allessandria (u) vedi Faro, capo, Fedela (g) vedi Fedhala
Egitto
Fedhala, isola, Marocco; Fedalia (a) p. 78;
Farro di Messina (u) vedi Messina, stretto Fedela (g) p. 85; Fedala (p) c. 23; Feda-
le (u) c. 184
Farruch, capo, Spagna, Baleari; Artano (a)
p. 85; Argani/Archani (g) p. 91; Ferog Felicus (u) vedi Filicudi
(u) c. 187
Fenicholi (u) vedi Akiò
Fasallam (a) vedi Abu Ashafa
Fenigolo (p) vedi Akiò
Fascia, monte, Liguria, Italia; Faxa (a) p. 18;
Feno (a) vedi Feno
Fara (g) p. 19; Fazia (p) c. 6
Feno, capo, Corsica, Francia; Feno (a) p. 100;
Faso (p) vedi Supsa
Fieno (p) c. 28; Fieno (u) c. 195
Fata (a) vedi Raftis
Fenoiarolia (u) vedi Fuengirola
Fate (a) p. 57; Fans/Fana (g) p. 61; Elefante
Fenollarola (a) vedi Fuengirola
(p) c. 17; Fatis (u) c. 176; isola non
identificata, Grecia Fenosia (a) vedi Kefken
Fatelee (p) vedi Stavros Fenoxia (a) vedi Kefken

306
Indice toponomastico

Feodosija, Ucraina, Mar Nero; Caffa (a) Ferrato (a) vedi Ferrat
p. 136
Ferrato (p) vedi Ferrat
Ferara (g) vedi Porto Ferraio Ferrato (u) vedi Ferrat
Feraro (g) vedi Ferrato Ferrato, capo, Sardegna, Italia; Pali (a) p. 93;
Feratto (g) vedi Ferrat Par/Feraro (g) pp. 99, 100; Ferrara (p)
c. 26; Para (u) c. 192
Fermene (a) vedi Thermia
Fetelei (a) vedi Stavros
Fermenea (g) vedi Thermia
Fettelea (g) vedi Stavros
Fermenea (u) vedi Thermia
Fettelee (u) vedi Stavros
Fermense (a) vedi Thermia
Fia (p) vedi Raftis
Fermente (u) vedi Thermia
Ficareto (p) vedi Figareto (a)
Fermentera (g) vedi Formentera
Ficharetto (g) vedi Figareto (a)
Fermentiera (g) vedi Formentera
Fichari (g) vedi Figari
Ferminea (g) vedi Thermia
Ficho (u) vedi Figari
Ferminea (p) vedi Thermia
Fieno (p) vedi Feno
Fermo (a) vedi Fermo
Fieno (u) vedi Feno
Fermo (g) vedi Fermo
Figareto (a) p. 16; Ficharetto (g) p. 17; Fica-
Fermo (u) vedi Fermo reto (p) c. 6; capo a Est di Capo Ferrat,
Francia
Fermo, città, Marche, Italia; Fermo (a) p. 29;
Fermo (g) p. 31; Civita di Fermo (p) Figari, capo, Sardegna, Italia; Figarola (a)
c. 9; Fermo (u) c. 164 p. 92; Fichari (g) p. 98; Ficho (u) c. 191

Ferne (a) p. 53; Fernoe (u) c. 205; isola non Figarola (a) vedi Figari
individuata, Grecia Filea (a) vedi Karaburun
Fernoe (u) vedi Ferne (a) Filichutti (g) vedi Filicudi
Ferog (u) vedi Farruch Filicudi (a) vedi Filicudi
Ferraia (u) vedi Porto Ferraio Filicudi, isola, Italia, Isole, Eolie; Filicudi (a)
Ferraira (a) vedi Porto Ferraio p. 110; Filichutti (g) pp. 109, 128; Fili-
cuti (p) c. 31; Felicus (u) c. 200
Ferrara (a) vedi Porto Ferraio
Filicuti (p) vedi Filicudi
Ferrara (p) vedi Ferrato
Filoxia (a) vedi Kefken
Ferrara (p) vedi Porto Ferraio
Fim (u) c. 198; isola non identificata, Sicilia,
Ferraro (u) vedi Porto Ferraio Italia
Ferrat, capo, Francia; Ferrato (a) p. 17; Fe- Fìmaina, isola, Grecia, Isole Sporadi; Sezea
ratto/Firatto (g) p. 17; Ferrato (p) c. 5; (a) p. 54; Secca (g) p. 57; Seteia (p)
Ferrato (u) c. 159 c. 17; Setra (u) c. 174

307
Bianca Fadda

Finechiarola (g) vedi Fuengirola Forche de Saecto (a) p. 61; Forche di Saetto
(g) p. 66; Forche di Saecto (p) c. 18;
Finica (a) vedi Finike
Forca di Saetta (u) c. 178; monte alle
Finica (p) vedi Finike spalle di Sidone, Libano
Finicha (g) vedi Finike Forche di Saecto (p) vedi Forche de Saecto (a)
Finike, golfo, Turchia; Finica (a) p. 59; Fini- Forche di Saetto (g) vedi Forche de Saecto (a)
cha (g) p. 62; Finica (p) c. 18; Firica (u)
Forciello (u) vedi Fornelli
c. 177
Formagie/Formague (u) c. 176; isola non
Finochi (g) vedi Akiò
identificata, Grecia
Finogi (g) vedi Amer
Formague (u) vedi Formagie (u)
Finogliata (p) vedi Fuengirola
Formentera (a) vedi Formentera
Finogui (g) vedi Amer
Formentera, isola, Spagna; Formentera/For-
Firatto (g) vedi Ferrat mentiera (a) pp. 81, 82; Fermentiera/
Fermentera/Farmenter (g) pp. 87, 88,
Firica (u) vedi Finike
89; Formentiera (p) c. 24; Formentie-
Fiscardo (a) vedi Fiskàrdhon ra/Formentura (u) c. 186
Fiskàrdhon, porto, Grecia, Isole Ionie; Fiscar- Formentiera (a) vedi Formentera
do (a) p. 32; Guiscardo (g) pp. 35, 36;
Formentiera (p) vedi Formentera
Guiscardo (p) c. 10; Guiscart (u) c. 166
Formentiera (u) vedi Formentera
Florence, porto, Corsica, Francia; Forrense
(u) c. 196 Formentor (u) vedi Formentor
Foce di Roma (a) vedi Roma Formentor, capo, Spagna, Baleari; Premento-
re/Prementora (a) pp. 85, 87; Premen-
Focie di Roma (g) vedi Roma
toli/Prementuoli/Prementori/Premen-
Focie di Roma (p) vedi Roma tora/Promentoli/Mentorno (g) pp. 91,
92, 94; Prementorio/Mentorio/Permen-
Focie di Roma (u) vedi Roma
torio (p) c. 25; Formentor/Frementor
Fol, Turchia, Mar Nero; Viopoli (a) pp. 130, (u) cc. 187, 188
132
Formentura (u) vedi Formentera
Folea (u) c. 156; secca non identificata, Fran-
Formica (p) vedi Formicula
cia
Formica (u) vedi Formicula
Folegandros, isola, Grecia, Isole Cicladi; Po-
licandro (a) pp. 48, 50, 55, 126; Poli- Formica, isola, Sicilia, Italia; Formiguete (a)
chandro/Pulichandro (g) pp. 51,58; p. 107; Formiche (g) p. 105; Formiche
Pulicandro (p) cc. 15, 17; Policandro (p) c. 30; Formiche (u) c. 198
(u) cc. 172, 174, 205
Formicha (u) c. 166; secca situata nei pressi
Forca di Saetta (u) vedi Forche de Saecto (a) dell’isola di Corfù, Grecia
Forcelli (p) vedi Fornelli Formiche (g) vedi Formica
Forcello (g) vedi Fornelli Formiche (g) vedi Formiche di Grosseto

308
Indice toponomastico

Formiche (g) vedi Hormigas Fornello (a) vedi Fornelli


Formiche (g) vedi Formicula Fornello (a) vedi Fornelli (a)
Formiche (p) vedi Formica Forni (g) vedi Six Fours
Formiche (p) vedi Formiche di Grosseto Fornoli (g) vedi Fournoi
Formiche (u) vedi Formica Fornoli (u) vedi Fournoi
Formiche (u) vedi Formiche di Grosseto Forrense (u) vedi Florence
Formiche (u) vedi Hormigas Fosia (p) vedi Kefken

Formiche da Castiglione (p) vedi Formiche Fournoi, isola, Grecia, Isole Sporadi; Fornelli
di Grosseto (a) p. 54; Fornoli (g) p. 57; Fornelli (p)
c. 17; Fornoli/Fornal (u) cc. 174, 175
Formiche di Grosseto, isole, Toscana, Italia;
Formigue (a) pp. 21, 104; Formiche (a) Frasca, capo, Sardegna, Italia; Napoli (a)
pp. 22, 102; Formiche da Castiglione/ pp. 89, 90; Napoli (g) pp. 95, 96; Na-
Formiche (p) cc. 7, 29; Formiche (u) puli (p) c. 26; Napol (u) cc. 188, 189
cc. 161, 197 Frascia (g) vedi Panagia
Formichule da la Sodona (p) c. 7; isolette Frasneo (p) vedi Saint Tropez, golfo
non identificate, Lazio, Italia
Frasneto (a) vedi Saint Tropez, golfo
Formicula (Formikoula), isola, Grecia, Isole
Ionie; Formiche (g) p. 35; Formica (p) Frasqua (u) vedi Panagia
c. 10; Formica (u) c. 166 Frate (u) vedi Los Frailes
Formicule (p) vedi Hormigas Frauschia (u) vedi Panagia
Formigue (a) vedi Formiche di Grosseto Freddo (g) vedi Frioul
Formigue (a) vedi Hormigas Fregiuolo (p) vedi Fréjus
Formiguete (a) vedi Formica Fregius (u) vedi Fréjus
Fornal (u) vedi Fournoi Fregua (u) c. 201; località non individuata,
Fornel (u) vedi Fornelli (a) Africa Settentrionale

Fornelli (a) vedi Fournoi Fregure (a) vedi Fréjus

Fornelli (p) vedi Fornelli (a) Fregus (u) vedi Fréjus

Fornelli (p) vedi Fournoi Freiure (a) vedi Fréjus


Fréjus, golfo, Francia; Fregure/Freiure (a)
Fornelli, capo, Sardegna, Italia; Fornello (a)
pp. 15, 103; Frigole (g) pp. 15, 16; Fre-
pp. 92, 93; Forcello (g) p. 99; Forcelli
giuolo/Frigliuolo (p) cc. 5, 29; Fregus/
(p) c. 26; Forciello (u) c. 191
Fregius (u) cc. 158, 197
Fornelli/Fornello (a); Fornelli (p) c. 26; For-
Frementor (u) vedi Formentor
nel (u) c. 189; località non individuata,
Spagna, Baleari Freo (p) vedi Rodi

309
Bianca Fadda

Fresole (g) vedi Frixol Gadelonesi (g) vedi Gadaronese (a)


Frieo (a) vedi Frioul Gaderones (g) vedi Gaidhouronisi
Frigliuolo (p) vedi Fréjus Gaderonese (a) vedi Gàidoro
Frigole (g) vedi Fréjus Gaderonese (g) vedi Gaidhouronisi

Frigoli (a) vedi Frixol Gaderonesi (g) vedi Gadaronese (a)

Frioul, porto, Francia; Frieo (a) p. 12; Fred- Gaderonis (p) vedi Gaidhouronisi
do (g) p. 11; Fa.ru (u) c. 156 Gaderosa (p) vedi Gaidoro
Frissols (u) vedi Frixol Gadori (p) vedi Coudon
Frixol (Sur-Kenis), isola, Tunisia; Frigoli/Fri- Gaeta (a) vedi Gaeta
zoli (a) pp. 69, 70; Fresole (g) pp. 75,
76; Fazoli (p) c. 21; Frissols (u) c. 181 Gaeta (p) vedi Gaeta

Frizoli (a) vedi Frixol Gaeta (u) vedi Gaeta

Fuengirola, punta, Spagna; Fenollarola (a) Gaeta, porto e capo, Lazio, Italia; Gaeta (a)
p. 5; Finechiarola/Chiarola (g) p. 3; Fi- pp. 22, 23, 99, 105, 110; Gaetta (g)
nogliata (p) c. 1; Fenoiarolia (u) c. 153 pp. 23, 24, 109, 127, 128; Ghaeta/Ga-
eta (p) cc. 8, 28, 30; Gaeta/Ghaeta/Sa-
Fugara (a) p. 29; località non individuata, eta (u) cc. 161, 162, 194, 197, 200
Italia
Gaetta (g) vedi Gaeta
Furns (p) vedi Genovès
Gagio (g) vedi Gaudos
Furs (p) vedi Palos
Gaibo (a) p. 60; Gabue (g) p. 64; Ghalbo/
Fussasiri (g) p. 101; località non individuata, Gabbo (p) cc. 18, 33; Gaibo/Garbo (u)
Francia c. 177; montagna nei pressi di Ayas,
Turchia
Gaibo (u) vedi Gaibo (a)
G
Gaidalonese (a) vedi Gàidoro
Gabbo (p) vedi Gaibo (a)
Gaidalonisa (g) vedi Gàidoro
Gabes, città, Tunisia; Capese (a) p. 68; Cha-
pisi (g) pp. 74, 75; Cappisi/Capisi (p) Gaidalonza (g) vedi Gàidoro
cc. 20, 21; Capis (u) cc. 180, 181 Gaidalonze (g) vedi Gàidoro
Gabue (g) vedi Gaibo (a) Gaidalosia (g) vedi Gàidoro
Gaczera (a) vedi Ghaza Gaidaronese (a) vedi Gàidoro
Gadalonese (a) vedi Gàidoro Gaiderone (p) vedi Gaidhouronisi
Gadaronese (a) p. 117; Gadelonesi/Gadero- Gaiderones (u) vedi Gàidoro
nesi (g) pp. 111, 113; Gaideronis (p)
Gaideronese (a) vedi Gaidhouronisi
c. 32; Gharderones (u) c. 202; monte
nell’isola di Creta, Grecia Gaideronese (a) vedi Gàidoro

310
Indice toponomastico

Gaideronis (p) vedi Gadaronese (a) Galipoli (g) vedi Gelibolu


Gaideronis (p) vedi Gaidhouronisi Galipoli (g) vedi Pizzo
Gaidhouronisi, isola, Creta, Grecia; Gaide- Galipoli (p) vedi Gallipoli
ronese (a) p. 115; Gaderonese/Gadero-
Galipoli (p) vedi Gelibolu
nes (g) p. 111; Gaideronis/Gaderonis/
Gaiderone (p) c. 31; Guaiderones (u) Galipoli (u) vedi Gelibolu
c. 202
Gallapola (g) vedi Garoupe
Gàidoro (Patròklou), isola, Grecia; Gaidalo-
Gallipoli (a) vedi Gelibolu
nese/Gaideronese/Gaidaronese/Gailo-
nesi (a) pp. 39, 56; Gaidalonisa/Gaida- Gallipoli (a) vedi Gallipoli
lonza/Gaidalonze/Gaidalosia (g) pp. 41,
Gallipoli (a) vedi Pizzo
59, 124; Garderose/Gaderosa (p) cc. 13,
17; Gaiderones/Gharderones/Garde- Gallipoli (g) vedi Gelibolu
rones/Gharderone/Quiderones (u)
Gallipoli, porto, Puglia, Italia; Gallipoli (a)
cc. 169, 174
p. 26; Galipoli (g) p. 29; Galipoli (p)
Gaiffa (p) vedi Yafo c. 9; Ghalipoli (u) c. 163

Gailata (a) vedi Galata, Bulgaria Gallo (a) vedi Akritas

Gailata (a) vedi Galata, Turchia Gallo (a) vedi Gallo

Gailonesi (a) vedi Gàidoro Gallo (g) vedi Akritas

Gal (u) vedi Akritas Gallo (g) vedi Gallo

Gala Iudea (a) p. 112; località non identifica- Gallo (p) vedi Akritas
ta, Grecia Gallo (p) vedi Gallo
Galata (a) vedi Galata, Bulgaria Gallo, capo, Sicilia, Italia; Gallo/Gallore (a)
Galata (a) vedi Galata, Turchia pp. 99, 107; Gallo (g) pp. 105, 106,
126; Gallo (p) cc. 28, 30; Gual (u)
Galata (a) vedi La Galite c. 198
Galata (g) vedi La Galite Gallopa (a) vedi Garoupe
Galata (p) vedi La Galite Galloppa (g) vedi Garoupe
Galata, Bulgaria, Mar Nero; Galata/Gailata Galloppo (g) vedi Garoupe
(a) p. 130
Gallore (a) vedi Gallo
Galata, porto, Turchia; Galata/Gailata (a)
Galopa (g) vedi Garoupe
p. 45; Zalata (g) p. 48; Ghalata (p)
c. 14; Ghalletam (u) c. 171 Galopi (a) vedi Garoupe
Galeta (a) vedi La Galite Galoppa (p) vedi Garoupe
Galeta (g) vedi La Galite Galoppa (u) vedi Garoupe
Galipoli (g) vedi Gallipoli Gamba de Donna (a) vedi Catalano

311
Bianca Fadda

Gameliera (g) vedi Gamelora Garian (Gharyan), monte, Libia; Carena (a)
p. 67; Charena/Charene (g) p. 73; Ca-
Gamello (g) vedi Kofinos
rena (p) c. 20; Quarena (u) c. 180
Gamello (p) vedi Kofinos
Garoupe, capo, Francia; Gallopa/Galopi (a)
Gamelora, isola, Tunisia; Cameliera/Camel- pp. 16, 18; Galopa/Galloppa/Gallop-
liera (a) pp. 70, 72; Gameliera (g) po/Gallapola (g) pp. 16, 18; Galoppa/
p. 78; Gammelliera (p) c. 22; Camelera Ghaloppa (p) cc. 5, 6; Galoppa/Gha-
(u) c. 182 loppa (u) c. 159

Gammelliera (p) vedi Gamelora Garra (a) vedi Yaire

Ganba di Donna (g) vedi Catalano Gasr Tellil, Libia; Casartelli (a) p. 67; Cha-
sartelli (g) p. 73; Casarteli (p) c. 20;
Ganba di Donna (p) vedi Catalano Carfael (u) c. 180
Ganba di Donna (u) vedi Catalano Gata (a) vedi Gata, Spagna
Gannuto (a) vedi Giannutri Gata (Dogsa), capo, Cipro; Gavata/Gavatta
Gano (p) vedi Agay (a) pp. 121, 126, 127, 128; Gaveta (g)
pp. 110, 116, 117, 118, 119, 120, 121;
Ganu (g) vedi Agay Caveta/Gavata (p) cc. 32, 33; Guava-
Ganu (p) vedi Greco (a) tam/Guavatan/Guavatar/Gualvatam
(u) cc. 203, 204, 205, 206, 207
Ganzir (p) vedi Porcelli
Gata, capo, Spagna; Gata/Gira (a) pp. 6, 8,
Gaphilese/Gaphilesi/Chapisale (a) p. 67; 79; Gatta (g) pp. 4, 5, 87; Gatta (p)
Chapellet/Chapelletto (g) p. 73; Casar- cc. 2, 23; Gatte/Ghatte/Guata (u)
chasolecche (p) c. 20; Casargaser/Ca- cc. 154, 155, 185
sargasel (u) c. 180; castello non indivi-
duato, Libia Gatona (g) vedi Catona

Gaphilesi (a) vedi Gaphilese (a) Gatopoli (a) vedi Ahtopol

Garbo (a) p. 5; Garbo (g) p. 3; Gharbo (u) Gatta (g) vedi Gata, Spagna
c. 153; località non identificata, Spa- Gatta (p) vedi Gata, Spagna
gna Atlantica
Gatte (u) vedi Gata, Spagna
Garbo (g) vedi Garbo (a)
Gattona (g) vedi Catona
Garbo (u) vedi Gaibo (a)
Gatuna (p) vedi Catona
Garderones (u) vedi Gàidoro
Gaudopoula, isola, Creta, Grecia; Antegozo
Garderose (p) vedi Gaidoro (a) p. 120; Zigozo/Inazigozo/Nazigogo
Garfanoli (u) vedi Taifor (g) p. 116; Antigodio (p) c. 32; Anti-
gouzi (u) c. 202
Gargano (g) vedi Gargano
Gaudos, isola, Creta, Grecia; Gozo/Goczo/
Gargano, penisola, Puglia, Italia; Gargano Gozi de Creti (a) pp. 67, 80, 108, 113,
(g) p. 31 114, 119, 120, 121, 128; Gozo/Gagio/

312
Indice toponomastico

Gozo di Cretti/Gozo di Gretti (g) Genovès, porto, Spagna; Genovese (a) p. 6;


pp. 110, 116; Godio di Creti/Godi/ Gianesse (g) p. 5; Furns (p) c. 2
Godio di Greti (p) cc. 24, 30, 31, 32,
Genovese (a) vedi Genovès
35; Gouzi/Gouzi di Creti/Gousi di
Creti/Guzi di Creti (u) cc. 180, 199, Geo (g) vedi Gemlik
201, 202, 203
Gerace, porto, Calabria, Italia; Giraci (g)
Gaurae (g) vedi Orano p. 28
Gavalar (p) vedi Kavarna Gerbi (a) vedi Chergui
Gavata (a) vedi Gata, Cipro Gerbi (a) vedi Djerba
Gavata (p) vedi Gata, Cipro Gerbi (g) vedi Chergui
Gavatta (a) vedi Gata, Cipro Gerbi (g) vedi Djerba
Gaveta (g) vedi Gata, Cipro Gerbi (p) vedi Chergui
Gazara (a) vedi Ghaza Gerbi (p) vedi Djerba
Gazara (p) vedi Ghaza Gerbi acasari (p) vedi Bordj Castil
Gazikoy, porto, Turchia, Mar di Marmara; Gerbi cassar (g) vedi Bordj Castil
Longa (a) p. 44; Longone (g) p. 47;
Gerbi cazale (a) vedi Bordj Castil
Lungha (p) c. 14; Lone (u) c. 171
Gergente (a) vedi Rossello
Gazzara (p) vedi Curzola
Gergentti (g) vedi Rossello
Gebeltara (g) vedi Gibilterra
Gerusalemme, monti, Israele; Jerusalem (a)
Gelibolu, città, Turchia; Gallipoli (a) p. 44;
p. 63; Gierusalem (g) p. 68; Gierusa-
Gallipoli/Galipoli (g) p. 47; Galipoli/
lem (p) c. 19; Ierusalem (u) c. 178
Ghalipoli (p) c. 14; Galipoli (u) c. 171
Gerze, Turchia, Mar Nero; Carossa (a) p. 134;
Gemlik (Kiye), golfo, Turchia, Mar di Mar-
Carosa (p) c. 35
mara; Cheo (a) pp. 46, 47; Chiu/Geo
(g) p. 50; Ceo (p) c. 15; Queo (u) Gesar (u) vedi Algeri
c. 172
Ghaeta (p) vedi Gaeta
Gemmolo (a) vedi Zembra
Ghaeta (u) vedi Gaeta
Gemolino (a) vedi Zembretta
Ghalata (p) vedi Galata, Turchia
Gemolo (a) vedi Zembra
Ghalata (p) vedi La Galite
Genova (a) vedi Genova
Ghalbo (p) vedi Gaibo (a)
Genova (g) vedi Genova
Ghalea (u) c. 190; località non individuata
Genova, città, Liguria, Italia; Genova (a) nei pressi di Alghero, Sardegna, Italia
pp. 18, 20, 96, 103, 104; Genova (g)
Ghalea (u) vedi Scalea
pp. 19, 101, 102; Gienova (p) cc. 6,
29; Gienova (u) cc. 159, 197 Ghaletta (u) vedi La Galite

313
Bianca Fadda

Ghalipoli (p) vedi Gelibolu Giaffa (p) vedi Yafo


Ghalipoli (u) vedi Gallipoli Giaffarin (p) vedi Chafarinas
Ghalipoli (u) vedi Pizzo Giagiato (g) vedi Zante
Ghalletam (u) vedi Galata Giagiatto (g) vedi Zante
Ghalletta (u) vedi La Galite Gialova (Ghialova), porto, Grecia; Zonchi
(a) p. 35; Guncho (g) p. 38; Gunchi
Ghaloppa (p) vedi Garoupe
(p) c. 11; Giuncho/Giunchi (u) c. 167
Ghaloppa (u) vedi Garoupe
Gianesse (g) vedi Genovès
Gharbo (u) vedi Garbo (a)
Giannuti (g) vedi Giannutri
Gharderone (u) vedi Gàidoro
Giannutri, isola, Toscana, Italia; Gannuto
Gharderones (u) vedi Gadaronese (a) (a) p. 21; Giannuti (g) pp. 22, 103; Ia-
nuti (u) c. 161
Gharderones (u) vedi Gàidoro
Giansino/Giansoim (p) c. 36; località non
Gharfanoli (u) vedi Taifor
individuata, Mar Nero
Ghatte (u) vedi Gata, Spagna
Giatto (g) vedi Zante
Ghatuna (u) vedi Catona
Gibarainel (u) vedi Bougaroun
Ghaza, città, Israele; Gazara/Gaczera (a) p. 63;
Gibarame (p) vedi Bougaroun
Safarana/Zafarana (g) p. 68; Gazara (p)
c. 19 Gibaramel (a) vedi Bougaroun
Ghilbi (u) vedi Skerki Gibaramel (u) vedi Bougaroun
Gholfo (u) vedi Corfù Gibaramellis (a) vedi Bougaroun
Ghorghona (p) vedi Gorgona Gibaremel (a) vedi Bougaroun
Ghostantinopoli (p) vedi Istambul Gibarmael (u) vedi Bougaroun
Ghualeta (u) vedi La Galite Gibarmua (g) vedi Bougaroun
Ghualletta (u) vedi La Galite Gibarnabe (g) vedi Bougaroun
Ghuardia (u) vedi Gouraia Gibartane (p) vedi Bougaroun
Ghuardia del Bezert (u) vedi Ras El Albiadi Gibellecto (a) vedi Jebail
Ghurfo (p) vedi Corfù Gibelletta (u) vedi Jebail
Giacanto (p) vedi Zante Gibelletto (g) vedi Jebail
Giaciato (g) vedi Zante Gibeltane (u) vedi Gibilterra
Giadra (p) vedi Zara Gibeltara (g) vedi Gibilterra
Giafa (p) vedi Caifa Gibeltari (a) vedi Gibilterra
Giaffa (g) vedi Yafo Gibeltaria (g) vedi Gibilterra

314
Indice toponomastico

Giberallaria (p) vedi Gibilterra Giglio (g) vedi Giglio


Giberame (p) vedi Bougaron Giglio (p) vedi Giglio
Giberamel (a) vedi Bougaroun Giglio (u) vedi Giglio
Giberamelle (a) vedi Bougaroun Giglio, isola, Italia; Gillio/Gillo (a) pp. 21,
Giberamellis (a) vedi Bougaroun 104; Giglio (g) p. 22; Giglio (p) cc. 7,
29; Giglio (u) cc. 161, 197
Gibercarie (u) vedi Gibilterra
Gillio (a) vedi Giglio
Gibilterra (Gibraltar), Spagna; Gibeltari (a)
pp. 4, 5, 8; Gibeltara/Gebeltara/Gibel- Gillo (a) vedi Giglio
taria (g) pp. 2, 3, 6; Giberallaria (p) c. 1; Gimarello (p) vedi Zembretta
Gibeltane/Gibercarie (u) cc. 153, 155
Gimari (g) vedi Zembra
Gibramel (u) vedi Bougaroun
Gimari (p) vedi Zembra
Giemel (u) vedi Zembra
Gimaro (g) vedi Zembra
Giemol (u) vedi Zembra
Gimarra (a) vedi Gomaros
Giemolin (u) vedi Zembretta
Gimarra (g) vedi Gomaros
Gienova (p) vedi Genova
Gimelo (g) vedi Zembra
Gienova (u) vedi Genova
Gimolino (g) vedi Zembretta
Gienoveset (u) c. 177; località non indivi-
duata, Turchia Gine (p) vedi Egina
Gierbi (p) vedi Djerba Ginolu, Turchia, Mar Nero; Quitori/Quino-
Gierbi (u) vedi Djerba ri (a) p. 133; Quitolli/Quinoli (p) c. 35

Gierbis (u) vedi Chergui Gioia (g) vedi Gioia Tauro

Gierbis (u) vedi Djerba Gioia (p) vedi Gioia Tauro

Giercelli (p) vedi Cherchell Gioia Tauro, porto, Calabria, Italia; Ioiam
(a) pp. 23, 24; Gioia (g) p. 26; Gioia
Giergenti (p) vedi Rossello (p) c. 8; Iocha (u) c. 162
Giergi casar (u) vedi Bordj Castil Giorgenti (p) vedi Rossello
Gierusalem (g) vedi Gerusalemme Giorgienti (u) vedi Rossello
Gierusalem (p) vedi Gerusalemme Gioura, isola, Grecia, Isole Sporadi; Rossa (a)
Gigari (g) vedi Djidjelli p. 51; Rossa (g) p. 52; Rossa (p) c. 16;
Rossa (u) c. 173
Gigari (p) vedi Djidjelli
Giovanazo (g) vedi Giovinazzo
Gigea (a) vedi Djidjelli
Giovinazzo, porto, Puglia, Italia; Iovenaczo
Gigera (a) vedi Algeri
(a) p. 28; Giovanazo (g) p. 31; Iovanas/
Giggiari (u) vedi Djidjelli Ionanas (u) c. 164

315
Bianca Fadda

Gira (a) vedi Gata, Spagna Goam (a) p. 19; Mongir (g) p. 20; Guan (u)
c. 160; monte non identificato, Ligu-
Giraci (g) vedi Gerace
ria, Italia
Giraglia, isola, Corsica, Francia; Zenara (a)
Goczo (a) vedi Gaudos
p. 102; Laraira (u) c. 196
Godi (p) vedi Gaudos
Giralante (u) vedi Girolata
Godio (p) vedi Gozo
Girapetra (a) vedi Seteìa, golfo
Godio di Creti (p) vedi Gaudos
Giresun, Turchia, Mar Nero; Ciresonda (a)
p. 134 Godio di Greti (p) vedi Gaudos

Girilato (a) vedi Girolata Godio di Malta (p) vedi Gozo

Giro (a) vedi Anadolukavak Gogo de Malta (a) vedi Gozo

Giro (p) vedi Anadolukavak Golfo (u) vedi Corfù

Giro (u) vedi Comerquio (a) Gomago (g) vedi Tagomago

Girolata, golfo, Corsica, Francia; Girilato (a) Gomaros, baia, Grecia; Gimarra (a) p. 32;
p. 101; Groilata (p) c. 28; Giralante (u) Gimarra (g) p. 35; Lamantata (p) c. 10
c. 195 Gorfo (p) vedi Corfù
Giron (u) vedi Ischia, castello Gorgona (a) vedi Gorgona
Girone (g) vedi Ischia, castello Gorgona (g) vedi Gorgona
Girone (p) c. 8; isola non identificata, Cam- Gorgona (p) vedi Gorgona
pania, Italia
Gorgona (u) vedi Gorgona
Gisal (u) vedi Carnero
Gorgona, isola, Italia; Gorgona (a) pp. 20,
Gisar (p) vedi Zahara 104; Gorgona (g) pp, 21, 22, 102;
Gissar (u) vedi Zahara Ghorghona/Gorgona (p) cc. 7, 29;
Gorgona (u) cc. 160, 197
Gitiges (u) vedi El-Beith
Gorgozini (a) p. 134; località non individua-
Giunchi (u) vedi Gialova ta, Turchia, Mar Nero
Giuncho (u) vedi Gialova Goriate (p) vedi Ziarat
Gizalcandra (p) vedi Verde Gormera (u) c. 184; località non individuata,
Marocco
Gizalchandra (p) vedi Verde
Goro (a) vedi Goro
Gizera (a) vedi Algeri
Goro, Emilia Romagna, Italia; Goro (a) p. 30
Gloriata (a) vedi Ziarat
Gostantinopoli (g) vedi Istambul
Gloriata (u) vedi Ziarat
Gostantinopoli (p) vedi Istambul
Gniopuli (p) c. 35; località non individuata,
Mar Nero Gostantinopoli (u) vedi Istambul

316
Indice toponomastico

Gostin (u) vedi Marsa Matruh Granbrosa (g) vedi Agria Grambousa
Gouraia, monte, Algeria; Guardia (a) p. 73; Graparola (a) vedi Cabrera
Guardia (g) p. 81; Guardia di Bugea
Graparola (p) vedi Cabrera
(p) c. 22; Ghuardia (u) c. 183
Grapparola (a) vedi Cabrera
Gousi (u) vedi Gozo
Grappi (u) vedi Capri
Gousi di Creti (u) vedi Gaudos
Grappolara (a) vedi Cabrera
Gouzi (u) vedi Gaudos
Grasautin (u) vedi Tin
Gouzi (u) vedi Gozo
Grava (p) vedi Karvera
Gouzi di Creti (u) vedi Gaudos
Grea (g) vedi Eregli
Gouzi di Malta (u) vedi Gozo
Grea (p) vedi Eregli
Gouzi di Maluta (u) vedi Gozo
Greca (a) vedi Eregli
Gouzi di Mauta (u) vedi Gozo
Greca (a) vedi Helles
Gozi de Creti (a) vedi Gaudos
Greca (p) vedi Helles
Gozo (a) vedi Gaudos
Greche (u) vedi Helles
Gozo (a) vedi Gozo
Grecho (g) vedi Helles
Gozo (g) vedi Gaudos
Greco (a) p. 14; Ganu (p) c. 5; isoletta non
Gozo (g) vedi Gozo identificata, Francia
Gozo (Ghawdex), isola, Malta; Gozo/Gogo Greco (p) vedi Helles
de Malta (a) pp. 80, 106, 109, 11, 112,
113, 120; Gozo (g) p. 72; Godio/Godio Grega (a) vedi Eregli
di Malta (p) cc. 24, 30, 34, 35; Gouzi/ Grega (a) vedi Helles
Gousi/Gouzi di Malta/Gouzi di Mauta/
Gouzi di Maluta/Guzi di Malta/Mouzi Gregua (u) vedi Helles
di Mauta (u) cc. 181, 199, 200, 201 Greta (p) vedi Eregli
Gozo di Cretti (g) vedi Gaudos Greti (g) vedi Creta
Gozo di Gretti (g) vedi Gaudos Greti (p) vedi Creta
Graciola (g) vedi Therasìa Gretti (g) vedi Creta
Gragonara (g) vedi Dragonara Gricha (g) vedi Helles
Gragonare (p) vedi Dragonesi Grifo (g) vedi Corfù
Graliatta (g) vedi Ziarat Grifo (g) vedi Corfù
Gran Sirte, golfo, Libia; Tino (a) pp. 69, 79, Grinol (u) vedi Zembra
113; Tino/Tin (g) pp. 72, 73; Tino/
Groilata (p) vedi Girolata
Tim (p) cc. 24, 35; Tin (u) cc. 180,
199, 201 Groliatta (g) vedi Ziarat

317
Bianca Fadda

Grolietta (p) vedi Ziarat Guardia de Bizerto (a) vedi Ras El Albiadi
Groma (a) vedi Karaman Guardia di Bisarti (g) vedi Ras El Albiadi
Gros (u) vedi Port Cros Guardia di Bisarti (p) vedi Ras El Albiadi
Grosa, isola, Spagna; Pali (a) p. 8; Pali (g) Guardia (p) vedi Gouraia
p. 6; Pare (p) c. 2; Pali (u) c. 154
Guardia di Setta (g) p. 84; Guardia di Setti
Groser, capo con isola antistante, Spagna; (p) c. 23; collina alle spalle di Ceuta,
Palomiera/Palomiero/Palomera/Pamie- Marocco
ra (a) pp. 85, 86, 87; Palomiera/Palo-
mera (g) pp. 90, 92, 93, 94; Paromera/ Guardia di Setti (p) vedi Guardia di Setta (g)
Palomera (p) cc. 24, 25; Palomiera (u) Guata (u) vedi Gata, Spagna
cc. 186, 187, 188
Guavatam (u) vedi Gata, Cipro
Grosseto (u) vedi Grosseto
Guavatan (u) vedi Gata, Cipro
Grosseto, città, Toscana, Italia; Grosseto (u)
c. 161 Guavatar (u) vedi Gata, Cipro

Grossetto (a) vedi Istria Gubaramel (u) vedi Bougaroun

Grosso (a) vedi Port Cros Gucho (g) vedi Pylos

Grosso (g) vedi Port Cros Gudeio (g) vedi Coudon


Grucello (p) vedi Therasìa Guero (g) vedi Keros
Gruppo (u) vedi S. Pola, capo Guiscardo (g) vedi Fiskàrdhon
Guadalaviar, fiume, Spagna; Valenza, fiume Guiscardo (p) vedi Fiskàrdhon
(a) p. 9; Valenza, fiume (g) pp. 7, 90,
Guiscart (u) vedi Fiskàrdhon
94; Valenza, foce (p) c. 25; Valenza,
fiume (u) cc. 155, 188 Gunchi (p) vedi Gialova
Guadalquivir, fiume, Spagna; Sibilia, fiume Guncho (g) vedi Gialova
(a) p. 3; Sobilia, fiume (g) p. 1; Sibilia,
Guppo (g) vedi S. Pola, capo
fiume (p) c. 1; Sibilia, fiume (u) c. 153
Guaiderones (u) vedi Gaidhouronisi Gurffo (u) vedi Corfù

Gual (u) vedi Gallo Gurfo (p) vedi Corfù

Gualetta (u) vedi La Galite Gurfo (u) vedi Corfù

Gualtieri (g) p. 36; castello non individuato, Gurfu (p) vedi Corfù
Grecia, Isole Ionie Gusegin (g) vedi Marsa Matruh
Gualvatam (u) vedi Gata, Cipro Guzi di Creti (u) vedi Gaudos
Guan (u) vedi Goam (a) Guzi di Malta (u) vedi Gozo
Guardia (a) vedi Gouraia Gyaros, isola, Grecia, Isole Cicladi; Capra (a)
Guardia (g) vedi Gouraia pp. 40, 55, 56; Crava/Chrava (g)

318
Indice toponomastico

pp. 41, 59; Capra/Capre (p) cc. 11, 17; Maomecta (p) cc. 34, 35; Maometta/
Orau/Oraua (u) c. 169 Maumetta (u) cc. 181, 201
Helles (Mehmetcik), capo, Turchia; Greca/
Grega (a) pp. 44, 45; Grecho/Gricha
H (g) pp. 47, 48; Greca/Greco (p) c. 14;
Hadjaj, porto, Algeria; Marza de Giga (a) Gregua/Greche (u) cc. 171, 205, 206
p. 75; Mazatigegi (g) p. 82; Marsa di Hirasonu, Turchia, Mar Nero; Tio (a) p. 132
Gege (p) c. 22; Marsa di Gigie/Marsa-
geter (u) c. 183 Honaine, baia, Algeria; Une (a) pp. 77, 79;
Unino/Uinino (g) pp. 83, 86, 87;
Hagios Andreas, capo, Cipro; S. Andrea (a) Umin (p) cc. 23, 24; Une (u) cc. 184,
pp. 126, 127, 129; S. Andrea (g) 185
pp. 118, 121, 122; S. Andrea (p) cc. 33,
34; S. Andrea (u) cc. 205, 206, 207 Hormigas, isole, Spagna; Formigue (a) p. 9;
Formiche (g) p. 8; Formicule (p) c. 3;
Hàgios Georgios, isola, Grecia; S. Georgio/ Formiche (u) c. 155
S. Georgio della Bara (a) pp. 40, 53,
56; S. Giorgio di Lambra (g) pp. 41, Hurma, foce del canale, Turchia; Bocza (a)
p. 59; Burza (g) p. 64; Vaza (p) c. 18;
42, 55, 59; S. Gorgo/S. Giorgio/S.
Biosa (u) c. 177
Gorgio de la Barca (p) cc. 13, 16, 17;
S. Giorgio (u) cc. 169, 170, 173, 174 Hyeres, isole, Francia; Iera (a) pp. 14, 15, 16,
18, 87, 88, 97, 103; Ere/Eri/Iri/Lere/
Hàgios Gheorghios, capo, Grecia; S. Georzo
Leri/Teri (g) pp. 14, 15, 16, 19, 101,
(a) p. 43; S. Giorgio (g) p. 45; S. Gorgo
122, 124; Eri/Ari/Erei (p) cc. 4, 5, 6,
(p) c. 14; S. Giorgio (u) c. 170
25, 26, 27, 29; Ieres/Iera/Eres/Eras/
Hàgios Ioànnes, capo, Creta, Grecia; S. Era/Iieres (u) cc. 157, 158, 159, 185,
Johanne (a) pp. 117, 118; S. Giovanni/ 188, 189, 193, 194, 197
S. Ianni (g) pp. 113, 114; S. Giovanni
(p) cc. 31, 31; S. Iohannis/S. Giovan-
ni/Iohan (u) cc. 175, 176, 202, 203 I

Hàgios Nikòlaos, capo, Grecia; S. Nicola/S. Iachato (g) vedi Zante


Nicolao (a) p. 39; S. Nichola (g) pp. 40, Iafari (g) vedi Chafarinas
41; S. Nicholao (p) cc. 12, 13; S. Ni-
cholao (u) c. 169 Iafarin (u) vedi Chafarinas

Hamamat, capo, Libia; Rasausem/Rasaus- Iafarino (a) vedi Chafarinas


sem (a) pp. 66, 67, 79, 80, 81, 108, Iaffa (a) vedi Yafo
121; Rasauce/Rasaucen/Rasa Ucello/
Rasaucello/Rasa Alsen/Rasalcon/Raso Iaffa (u) vedi Yafo
Elcienem (g) pp. 72, 73, 78, 107, 108, Iafon (a) vedi Azeffoun
116; Rasalom/Rausansen/Rasausem
(p) cc. 20, 24, 30, 32, 35; Rasausem/ Iafon (u) vedi Azeffoun
Rasem (u) cc. 180, 199, 201, 203, 206 Iafona (u) vedi Azeffoun
Hammamet, golfo, Tunisia; Maomecta (a) Iamol (u) c. 205; isola non identificata, Gre-
pp. 71, 114; Machometta (g) p. 77; cia

319
Bianca Fadda

Iansente (u) vedi Zante Imbros (Gokceada), isola, Turchia; Embro


(a) pp. 44, 45; Enbro (g) p. 47; Nibio/
Ianuti (u) vedi Giannutri
Vipro (p) c. 14; Ibia (u) c. 171
Iara (g) vedi Yaire
Imoiza (g) vedi Vasilina
Iaras (u) vedi Yaire
Inag (u) c. 186; porto situato nel golfo di Ta-
Iasente (u) vedi Zante gomago, Spagna
Ibia (u) vedi Imbros Inazigozo (g) vedi Gaudopoula
Ibiza, isola, Spagna; Evinza (a) p. 84; Eviza/ Ince, Burun, Turchia, Mar di Marmara; Spi-
Evinza/Enviza/Vinza/Viza (g) pp. 87, ga (a) p. 44; Ispiga (g) pp. 47, 49; Spiga
88, 108; Evisa (p) cc. 24, 25; Eviza (u) (p) c. 14; Spigar/Spigara (u) cc. 171,
cc. 185, 186 172
Ieniu (g) vedi Porto Petro Ince, Burun, Turchia, Mar Nero; Lefiti (a)
p. 133
Ienu (g) vedi Porto Petro
Incir, Burun, Turchia, Mar Nero; Langissi
Iera (a) p. 15; Eri (g) p. 15; Eri (p) c. 5; Ires
(a) p. 134; Langisci/Langisco (p) c. 35
(u) c. 157; fortilizio non identificato
nelle isole Hyeres, Francia Indi (u) vedi Attairo
Iera (a) vedi Hyeres Inegrelli (p) vedi Nerja
Iera (u) vedi Hyeres Ingretti (g) vedi Nerja
Ieres (u) vedi Hyeres Iniah, punta, Turchia; Standea (a) pp. 56,
57; Stindia/Istindia (g) p. 60; Standia
Ieriki, capo, Grecia, Isole Ionie; Blanco (a) (p) c. 17; Scandia (u) c. 176
p. 33; Biancho (g) p. 37; Albo (p)
c. 11; Biancho (u) c. 166 Invida (p) vedi Lébitha
Ierusalem (u) vedi Gerusalemme Inzolo (a) vedi Lenzolo (a)
If, isola, Francia; Izeto (a) p. 12; Serttu (g) Iocha (u) vedi Gioia Tauro
p. 11; Ioste (p) c. 3; Izet/Sett (u) c. 156
Iofon (u) vedi Azeffoun
Igneada, Turchia, Mar Nero; Stangnara (a)
Iohan (u) vedi Hàgios Ioànnes
pp. 129, 130
Ioiafarin (u) vedi Chafarinas
Iieres (u) vedi Hyeres
Ioiam (a) vedi Gioia Tauro
Ikarìa (Nikarià), isola, Grecia; Nicarea/Nica-
lea/Micalea (a) p. 54; Nicharea/Nicha- Ionanas (u) vedi Giovinazzo
ra (g) pp. 56, 57; Iscarta/Nicalea/Nico-
Ioste (p) vedi If
lea (p) cc. 16, 17; Nichalia (u) c. 176
Iovanas (u) vedi Giovinazzo
Ilabes (u) c. 165; isola non identificata, Gre-
cia Iovenaczo (a) vedi Giovinazzo
Ilcho (u) vedi Léros Ipan (u) vedi Lissa
Ilicie (g) vedi Lerici Ipasso (g) vedi Paxoi

320
Indice toponomastico

Ipisa (p) vedi Lissa Iskenderun, golfo, Turchia; Caramella (a)


p. 60; Cialamella (g) p. 64; Caramella
Ires (u) vedi Iera (a)
(p) cc. 18, 33; Caramella (u) c. 177
Iri (g) vedi Hyeres
Ismirre (g) vedi Demiryeri
Isacaldera (a) vedi Carnero
Ispagna (u) vedi Spagna
Isalcadera (a) vedi Algeciras
Ispagnia (g) vedi Spagna
Isalcadera (a) vedi Verde
Isparaggi (g) vedi Spargi
Isalcadere (u) vedi Verde
Ispargi (g) vedi Spargi
Isalcadra (g) vedi Carnero
Ispartello (g) vedi Spartel
Isan (g) vedi L’Aguille
Ispateli (g) vedi Spatire (a)
Iscarichatoro (g) vedi Archentrìas
Ispatelli (g) vedi Spatire (a)
Iscarpato (g) vedi Scarpanto
Ispiga (g) vedi Ince, Burun
Iscarta (p) vedi Ikaria
Isportello (g) vedi Spartel
Ischia (p) vedi Ischia
Issa (g) vedi Lissa
Ischia (u) vedi Ischia
Istambul, città, Turchia, Costantinopoli/Con-
Ischia, castello, Campania, Italia; Girone (g) stantinopoli (a) pp. 38, 45, 46, 47, 52,
p. 24; Giron (u) c. 161 53, 56, 137; Gostantinopoli (g) pp. 48,
Ischia, isola, Campania, Italia; Iscla (a) p. 22; 50, 51, 54, 59; Gostantinopoli/Gho-
Iscia (g) pp. 24, 127; Ischia (p) c. 8; stantinopoli (p) cc. 14, 15, 16, 17, 35;
Ischia/Aschia/Ascia (u) c. 161 Gostantinopoli (u) cc. 171, 172, 173

Iscia (g) vedi Ischia Istambul, sobborgo, Turchia; Blacherna (a)


p. 45; Lucerna (g) p. 48; Bracherna (p)
Iscia Mortoro (g) vedi Mortoro c. 14; Braquenna (u) c. 171
Isciavonia (g) vedi Isclavonia Istambul, sobborgo, Turchia; Mangania (a)
Iscimie (g) vedi Simi p. 45; Mangana (g) p. 48; Magniada
(p) c. 14; Manegua (u) c. 171
Iscla (a) vedi Ischia
Istandea (g) vedi Dia
Iscla Mortore (a) vedi Mortoro
Istanfare (g) vedi Stamphani
Isclavonia, Penisola Balcanica; Sclavenia/Scra-
venia (a) pp. 31, 78; Isciavonia/Sciavo- Istena (g) vedi Enez
nia (g) p. 34; Schiavonia (p) c. 10; Istindia (g) vedi Iniah
Schiavona (u) c. 165
Istorione (g) vedi Shibin
Iscola (g) vedi Scuola
Istria (a) vedi Promontora
Iscorticetto (g) vedi Sferracavallo
Istria (g) vedi Promontora
Ishaila, isola, Egitto; Colonbi (a) p. 65; Cho-
lonbi (g) p. 70; Colonbi (p) c. 19; Istria, Romania, Mar Nero; Grossetto (a)
Cholonbi (u) c. 179 p. 130

321
Bianca Fadda

Istrongolo (g) vedi Stromboli Kalamitskij, Zaliv, golfo, Ucraina, Mar Nero;
Calami (a) p. 133; Carabi (p) c. 35
Itaca (Ithàke), isola, Grecia, Isole Ionie; Val
de Compare (a) p. 32; Val di Chonpare Kaleardi, castello, Turchia; Castel Lombardo
(g) p. 36; Val di Compare (p) c. 10; Val (a) p. 59; Chastello Lombardo/Chastel-
di Compare (u) c. 166 lo Lobardo (g) p. 63; Castello Lonbardo
Iuda (p) vediS. Ianni (p) c. 18; Castello Lombart (u) c. 177

Iupo (a) vedi S. Pola, capo Kaliakra, Nos, capo, Bulgaria, Mar Nero;
Caliacra (a) p. 130
Iuppo (p) vedi S. Pola, capo
Kaloi (Kaloilimenes), porto, Creta, Grecia;
Iva (g) vedi S. Ianni Calonimela/Colonimera (a) pp. 114,
Ivissa (u) vedi Levanzo 120, 121; Chalolimena/Chololimena
(g) pp. 110, 111, 117; Calolimena/Ca-
Izalgadar (g) vedi Algeciras
lelimena (p) cc. 31, 32; Calorimena/
Izet (u) vedi If Calormena/Chalormena (u) c. 202
Izeto (a) vedi If Kamcija, Bulgaria, Mar Nero; Vecina (a)
pp. 130, 131

J Kanastrion, capo, Grecia; Castro (a) p. 43;


Chanistro (g) p. 46; Chastro/Canistro/
Jacento (a) vedi Zante Chanistro (p) c. 14; Calistro (u) c. 171
Jalta, Ucraina, Mar Nero; Pagropoli (a) p. 136 Kanayis, capo, Egitto; Rassa (a) pp. 64, 66,
Jara (g) vedi Yaire 121, 128; Rasa/Rassa/Rasam/Rassam/
Rasse (g) pp. 70, 72, 116, 117, 121;
Jebail, porto, Libano; Gibellecto (a) p. 128; Raza/Razam/Razari/Rasa/Rasam (p)
Gibelletto (g) p. 120; Gibelletta (u) cc. 19, 20, 32, 33; Rasa/Raa (u)
c. 206
cc. 179, 203, 204, 206
Jerusalem (a) vedi Gerusalemme
Kanayis, golfo, Egitto; Raxore/Raxeto (a)
p. 64; Rasoli/Rasori/Rasoro (g) pp. 69,
70; Rasalus (p) c. 33; Razor (u) cc. 179,
K
206
Kaballoi, isole, Creta, Grecia; Farillioni (a)
p. 116; Fariglioni/Faliglioni (g) p. 112; Kantin, capo, Marocco; Contiri (a) p. 78;
Farilions/Farailons (u) c. 202 Choteli/Chotile/Chotoli (g) p. 86; Ca-
tis (p) c. 23; Contil/Coneil (u) cc. 184,
Kafereùs, capo, Grecia; Sirofa (a) pp. 39, 40, 185
42, 45, 46; Sirosa (g) pp. 41, 42, 45, 48,
59; Sirosa/Seroza/Sirofa (p) cc. 13, 14, Kapidagi, penisola, Turchia, Mar di Marma-
17; Sirofa/Sorofa/Sirofo (u) cc. 169, ra; Rodia (a) p. 46; Rodia (g) pp. 49,
170, 171, 174 50; Rodani (p) c. 15; Rodis (u) c. 172
Kalamata, porto, Grecia; Calamata (a) p. 36; Kapoudia, capo, Tunisia; Capulia (a) p. 68;
Chalamata/Chalavatta (g) p. 39; Cara- Chapudia (g) p. 74; Capudia (p) c. 20;
matta (p) c. 11; Chalamata (u) c. 167 Capudia (u) c. 180

322
Indice toponomastico

Kapsul, capo, Turchia, Mar di Marmara; glie/Quaglie (p) cc. 11, 12; Cailas/
Braco (a) p. 46; Larocho/Marocho (g) Caillas/Chaillas (u) c. 168
p. 49; Larco (p) c. 15; Rocca (u) c. 172
Kea, isola, Grecia, Isole Cicladi; Cia/Cea (a)
Kara, Burun, capo, Turchia, Mar Nero; Filea pp. 40, 55, 56, 125; Cea/Ciea/Chae (g)
(a) p. 129 pp. 41, 42, 58, 59; Ciea/Chio (p)
cc. 13, 17; Chea/Sca/Sessa/Esta (u)
Karacali, porto, Turchia, Mar di Marmara;
cc. 169, 174, 175
Characha (g) p. 50; Caraca (p) c. 15;
Cartaga (u) c. 172 Kefalos, capo, Grecia, Isole Sporadi; Chifalo
(a) p. 54; Chafalo/Chapalo/Cepolu (g)
Karaman, Turchia, Mar Nero; Groma (a)
pp. 132, 133 pp. 56, 57; Chifallo (p) c. 16; Chifalo
(u) c. 174
Karistos, castello, Grecia; Caristo (a) p. 40;
Chalisto (g) p. 42; Calisto (p) c. 13; Kefken, isola, Turchia, Mar Nero; Filoxia/Fe-
Caristos (u) c. 169 noxia/Fenosia (a) p. 132; Fosia (p)
c. 35
Karvera (Skhiza), isola, Grecia; Capra/Ca-
vrara (a) pp. 34, 35; Chapra (g) p. 38; Kekova, porto, Turchia; Cacavo (a) pp. 58,
Grava (p) c. 13; Cabra (u) c. 167 59, 127; Chachavo/Chachano (g)
pp. 62, 120; Cacavo/Cacchavo (p)
Karystas, baia, Grecia; Calisto (a) p. 41; cc. 17, 18, 33, 34; Caquo (u) c. 176
Chalisto/Chalistro (g) p. 42; Caristo/
Calisto/Castico/ (u) cc. 169, 170 Kelibia (Qelibia), porto, Tunisia; Quipia/
Quippia/Chippia (a) p. 71; Chibia (g)
Kàsos, isola, Grecia, Isole Sporadi; Caxo (a) p. 77; Chiappa/Chipia (p) c. 21; Qui-
p. 121; Chascio (g) p. 117; Cacio/Ca- pia (u) c. 181
scio (p) c. 32
Kemer, baia, Turchia, Mar di Marmara; Pari
Kastellorizon, porto, Grecia; Castello Roso/ (a) pp. 44, 46; Pari (g) pp. 47, 49; Pari/
Castello Rosso (a) pp. 58, 128; Chastel- Paris (p) c. 15; Paris (u) c. 172
lo Rogio (g) pp. 62, 120; Castel Rugio/
Castello Ruggio (p) cc. 17, 34; Castel Kerc, Turchia, Mar Nero; Pondicopera (a)
Roggio/Castello Roggio (u) cc. 176, p. 136
206 Kerc, Ucraina, Mar Nero; Vospro (a) p. 136;
Kastron, capo, Grecia; Castello (a) p. 33; Vospio (p) c. 36
Chastello (g) p. 37; Castello (p) c. 11; Kerion, porto, Grecia; Nacta (a) p. 33; Natta
Chastello (u) c. 166 (g) pp. 36, 37; Nata/Nacte (p) c. 11;
Kavaliani, isola, Grecia; Cavalline (a) pp. 40, Natta/Nat (u) c. 166
41; Chavaline/Chavalline/Chavalina (g) Kerkennah, secche, Tunisia; S. Patriarca (a)
pp. 42, 43; Chalanine/Chavalline/Ca- pp. 69, 71, 114; Patriarcha (g) pp. 75,
valline (p) c. 13; Cavallinas (u) cc. 169, 76, 77; S. Patriarcha/S.Patriarca (p)
170, 176
cc. 21, 34; Patriarca (u) c. 181
Kavarna, Bulgaria, Mar Nero; Gavalar (p)
Kerkennah, secche, Tunisia; Capulia (a)
c. 36
pp. 68, 69, 70, 71; Chapudia (g) pp. 75,
Kayio, porto, Grecia; Qualle/Quallie (a) 76, 77; Chapudia/Capudia (p) cc. 21,
p. 36; Chuaglie (g) pp. 39, 40; Cua- 34; Capudia (u) cc. 181, 201

323
Bianca Fadda

Keros, isola, Grecia, Isole Cicladi; Quero (a) Kos, isola, Grecia, Isole Sporadi; Angho/Ango
p. 53; Guero (g) p. 55; Quero (p) c. 16; (a) pp. 51, 54; Ango/Angoe/Engoe (g)
Quae/Quo (u) c. 174 pp. 52, 56; Argon/Ago (p) cc. 15, 16;
Lango/Langho/Lungho/Nigho (u)
Kerpe, Burun, Turchia, Mar Nero; Carpi (a)
cc. 173, 174, 176
pp. 131, 132; Charpi (p) c. 35
Kosetabya, porto, Turchia; Pasequia/Pasechia
Khadidja, torre, Tunisia; Capulia (a) pp. 69, (a) p. 46; Paspecia/Paspacia (g) p. 49;
70; Chapudia (g) pp. 75, 76; Capudia Papescia (p) c. 15; Pasequia/Partenqua
(u) c. 181 (u) c. 172
Khanzur, capo, Turchia; Rassacangiro/Rassa- Koufonesi, isola, Grecia; Cristiana (a)
canziro (a) p. 60; Rasachangir /Raso pp. 115, 116, 121, 128; Christiana (g)
Changir/Raso Chanzire(g) p. 64; Ca- pp. 111, 112; Cristiana (p) cc. 31, 32;
salganziro/Rasaganzir (p) cc. 18, 33; Cristiana (u) cc. 202, 203, 204
Rasatanzir (u) c. 177
Koufonesi, monti, Grecia; Cristiana (a)
Kìnaros, isola, Grecia; Cener (a) p. 54; Cer- p. 112; Christiana (g) p. 112; Cristiana
ver (g) p. 56; Tene (u) c. 174 (u) c. 202
Kìthera, isola, Grecia, Isole Ionie; Cederigo/ Koufos, porto, Grecia; Cangno (a) p. 44; Ca-
Cedrigo/Cetrile/Setrile (a) pp. 37, 52, gnio/Chagnio (g) p. 46; Cangno/Can-
81, 122, 125; Cedri/Cetrelli/Cetreli/ gna (u) c. 171
Cietreli/Citrelli (g) pp. 54.117; Cedri/
Ciedri (p) cc. 12, 32, 33; Setril/Sentril/ Krikellos, capo, Grecia, Isole Sporadi; Cur-
Scitril (u) cc. 168, 173, 180, 204, 205 chedo (g) p. 56

Kiti, capo, Cipro; Chitto (g) p. 119 Krio, capo, Turchia; Crio (a) p. 56; Cirio (g)
p. 60; Zido (p) c. 17; Criovo/Eriovo
Kitros, capo, Grecia; Sidron (a) p. 43; Cedro (u) c. 176
(g) p. 46; Roza (p) c. 14; Sidro/Sidros/
Sido (u) c. 171 Krionero, capo, Grecia; Castello (a) p. 33;
Chastello (g) p. 36; Castello (u) c. 205
Kizil, fiume, Turchia, Mar Nero; Lalli (a)
Kumeli (Asiyan), capo, Turchia, Mar di Mar-
p. 134
mara; S. Angelo (a) p. 45; S. Angelo (g)
Kofinos (Asterousia), monte, Creta, Grecia; p. 48; S. Angiolo (p) c. 15; S. Angnolo
Camello (a) pp. 114, 115; Gamello (g) (u) c. 171
p. 111; Gamello (p) c. 31; Camel (u)
Kumkale, capo, Turchia; Armini (a) p. 44;
c. 202
Armini/Armino (g) pp. 47, 49, 50; Ar-
Korgos, porto, Turchia; Curco (a) p. 59; mini (p) cc. 14, 15, 17; Erminia (u) c.
Churdo (g) p. 64; Curco (p) cc. 18, 34; 172
Calt (u) c. 177
Kuriate, isola, Tunisia; Conia/Conie (a) p. 71;
Korifi Pirgos, Grecia; Nio (a) p. 53; Nio (g) Chunia/Chunie (g) p. 77; Cunie (p)
p. 55; Nio (p) c. 16 c. 21; Comas (u) c. 181
Korònis, castello, Grecia; Coronese/Corono- Kurucaçile, Turchia, Mar Nero; Tripisilli/
se (a) p. 35; Chorone (g) p. 39; Colo- Tripissi (a) p. 132; Tripisilli/Trixilli (p)
nese (p) c. 11; Coronas (u) c. 167 c. 35

324
Indice toponomastico

L Lacte (a) vedi Montpellier


L’Aguille, capo, Algeria; Isan (g) p. 83 Ladron (a) vedi Attairo
L’Isolotto, isola, Toscana, Italia; Ercoli (p) c. 7 Lagosta (a) vedi Lagosta
La Botte (p) vedi La Botte Lagosta (g) vedi Lagosta
La Botte, isoletta, Toscana, Italia; Bote (a) Lagosta (Lastovo), isola, Costa Dalmata; La-
p. 21; Botte (g) p. 22; La Botte (p) c. 7; gosta (a) p. 31; Lagosta (g) p. 33; Agu-
Carpa (u) c. 160 sta (p) c. 10; Lagosto (u) c. 165
La Calle, porto, Algeria; Marsacalese (a) Lagostini (Vrhovnjaci), isolotti, Costa Dal-
p. 74; Marsa Chalice/Marsa Chalicie mata; Agostine (a) p. 31; Agostini (g)
(g) p. 80; Marsalcalicie (p) c. 22; Mar- p. 33; Aghustini (p) c. 10; Agostis (u)
saquar (u) c. 182 c. 165
La Chianca, spiaggia, Puglia, Italia; Biancha Lagosto (u) vedi Lagosta
(g) p. 30; Siribas blacha (u) c. 163
Lalli (a) vedi Kizil
La Figuella (u) c. 175; località non identifi-
cata, Grecia Lama (u) vedi Sàmos

La Galite, isola, Tunisia; Galeta/Galata (a) Lamantata (p) vedi Gomaros


pp. 73, 75, 86, 89, 96, 97; Galeta/Ga- Lameda (a) vedi Ramla el-Kebira
lata (g) pp. 79, 81, 93, 123, 124; Gha-
lata/Galata (p) cc. 22, 25, 27;Ghaletta/ Lamentra (u) c. 165; località non individua-
Ghalletta/Gualetta/Ghualeta/Ghual- ta, Grecia
letta (u) cc. 182, 188, 189, 193, 194 Lampedosa (a) vedi Lampedusa
La Garde, capo, Algeria; Buona (g) p. 80; Lampedosa (g) vedi Lampedusa
Buona (u) cc. 182, 183
Lampedusa, isola, Italia; Lampedosa/Lam-
La Maddalena, isola, Sardegna, Italia; Por- peosa/Lapemdosa (a) pp. 68, 69, 70,
caira (a) p. 91; Porcharia (g) p. 97 113, 114; Lampedosa/Lanpedosa/La-
La Molla (u) vedi Cadolar pedosa (g) pp. 74, 75, 76; Lanpedosa
(p) cc. 21, 34, 35; Lampeosa/Lanpeo-
La Riza (g) vedi Rica sa/Lampesa (u) cc. 180, 181, 201
La Siscie (p) vedi La Spezia Lampeosa (a) vedi Lampedusa
La Spezia, golfo, Liguria, Italia; Squis (a) Lampeosa (u) vedi Lampedusa
p. 19; Spezia (g) p. 20; La Siscie (p) c. 6;
Spezia (u) c. 160 Lampesa (u) vedi Lampedusa
La Viellas (u) vedi Vieilles Lanbel (p) vedi Embiez
Label (p) vedi Embiez Lanbertto, chasale (g) vedi Cazalimberto (a)
Labello (g) vedi Embiez Lanbondiniza (p) vedi Budonitza
Labondamissa (u) vedi Budonitza Lanbordone (g) vedi Budonitza
Labordone (g) vedi Maliakos Lanciu (g) vedi Lavezzi

325
Bianca Fadda

Landar (g) vedi Lardier Larza (g) vedi Rica


Langho (u) vedi Kos Larza (p) vedi Rica
Langisci (p) vedi Incir, Burun Lasenta (u) vedi Zante
Langisco (p) vedi Incir, Burun Lasente (u) vedi Zante
Langissi (a) vedi Incir, Burun Lassara (u) c. 175; isola non identificata,
Lango (g) vedi Lavezzi Turchia

Lango (u) vedi Kos Lattaquié (Ladhiqiyeh), porto, Siria; Licza


(a) p. 60; Lecia (g) p. 65; Leccia/Leccio
Lanpedosa (g) vedi Lampedusa (p) c. 18; Lica/Licca (u) c. 177
Lanpedosa (p) vedi Lampedusa Laugucus (u) vedi Baguecto (a)
Lanpeosa (u) vedi Lampedusa Laugucus (u) vedi Palag (a)
Lanziu (g) vedi Lavezzi Lavem (a) vedi Lavezzi
Laoreto (a) vedi Loreo Laverz (u) vedi Lavezzi
Lapani, scogli, Puglia, Italia; Travo (a) p. 27; Lavetes (u) vedi Lavezzi
Trano (g) p. 30; Trau (u) c. 163
Lavezi (p) vedi Lavezzi
Lapedosa (g) vedi Lampedusa
Lavezio (p) vedi Lavezzi
Lapemdosa (a) vedi Lampedusa
Lavezzi, isola, Corsica, Francia; Lavem (a)
Lapiana (p) vedi Planier pp. 102, 103; Lango/Lanziu/Lanciu (g)
Laquie (u) vedi S. Maria di Leuca p. 95; Lavezi/Lavezio (p) c. 29; Laverz/
Lavetes (u) c. 196
Laraira (u) vedi Giraglia
Le Castella, golfo, Calabria, Italia; Castello/
Larco (p) vedi Kapsul Castelle (a) pp. 24, 26; Chastella (g)
Lardier (u) vedi Lardier p. 27; Castello (p) c. 8; Castello (u)
c. 162
Lardier, capo, Francia; Lardiero (a) p. 15;
Landar (g) p. 15; Lardor (p) c. 5; Lar- Le Saline (g) vedi Salina
dier (u) c. 158 Le Squilli (a) vedi Xyli
Lardiero (a) vedi Lardier Lebette (p) vedi Trabel (a)
Lardor (p) vedi Lardier Lébitha, isola, Grecia, Isole Sporadi; Envidia
Largonsello (a) vedi Marsa Matruh (a) p. 54; Envida (g) p. 56; Invida (p)
c. 16; Ennea (u) c. 174
Largonsino (a) vedi Ras-Abu Lahu
Lecce, città, Puglia, Italia; Leczo/Lecho/Lic-
Larnaka, capo, Cipro; Saline (a) pp. 126, za (a) p. 27; Lecha/Lechor (g) p. 30;
127, 128; Saline (g) pp. 119, 121; Sale- Lica (u) c. 163
me/Saline (p) c. 33; Salis (u) c. 205
Lecce, spiaggia, Puglia, Italia; Lecha (a)
Larocho (g) vedi Kapsul
p. 25; Lecha (g) p. 30; Lica/Licha (u)
Larvielata (p) vedi Revellata c. 163

326
Indice toponomastico

Leccho (u) vedi Léros Lenzuolo (u) vedi Lenzolo (a)


Leccia (p) vedi Lattaquié Lenzuolo di Marsiglia (g) vedi Lenzolo (a)
Leccio (p) vedi Lattaquié Leo (a) vedi Leon
Lecco (a) vedi Léros Leo (g) vedi Cataleo
Lecha (a) vedi Alice Leo (g) vedi Leon
Lecha (a) vedi Lecce, spiaggia Leo (p) vedi Cataleo
Lecha (g) vedi Lecce, città Leo (p) vedi Léros
Lecha (g) vedi Lecce, spiaggia Leo (u) vedi Leon
Lechata (g) vedi Licata Leoche (a) vedi S. Maria di Leuca
Lechia (a) vedi S. Maria di Leuca Leon, porto, Grecia; Leo (a) p. 39; Leo (g)
Lecho (a) vedi Lecce, città p. 41; Lione (p) c. 13; Leo (u) cc. 166,
169
Lechor (g) vedi Lecce, città
Leona, punta, Marocco; Bolinisi (g) p. 84;
Lecia (g) vedi Lattaquié Balonisi (p) c. 23
Lecia (g) vedi S. Maria di Leuca Leone (a) vedi Cataleo
Leczo (a) vedi Lecce, città Lequie (a) vedi S. Maria di Leuca
Lefiti (a) vedi Ince, Burun Lera (p) vedi Aleria
Lelicque (p) vedi S. Maria di Leuca Lere (g) vedi Hyeres
Lembiere (a) vedi Embiez Lereci (u) vedi Lerici
Lembieri (a) vedi Embiez Leri (a) vedi Rousse
Lena (a) vedi Pallene Leri (g) vedi Hyeres
Lena (p) vedi Pallene
Lerici, porto, Liguria, Italia; Eleze (a) p. 19;
Lenia (g) vedi Denia Ilicie (g) p. 20; Erici (p) c. 7; Ele/Lereci
(u) cc. 160, 161
Lensol (u) vedi Lenzolo (a)
Léros, isola, Grecia, Isole Sporadi; Lecco (a)
Lensuol (u) vedi Lenzolo (a)
p. 54; Letto (g) p. 56; Leo (p) c. 16;
Lenzolo/Linzolo/Inzolo (a) pp. 12, 13, 14; Leccho/Ilcho (u) c. 174
Lenzuolo di Marsiglia (g) pp. 9, 12, 13;
Les Frères, scogli, Francia; Due Frati (a)
Lenzuolo (p) c. 4; Lenzuolo/Lensuol/
p. 14; Due Fratti (g) p. 13; Due Frati
Lensol (u) cc. 155, 156, 157, 193;
(u) c. 157
stretto tra Capo Croisette e l’isola di
Maire, Francia Lesandretta (g) vedi Alessandretta
Lenzuolo (p) vedi Lenzolo (a) Lestatar (u) vedi Scutari
Lenzuolo (p) vedi Vela Bianca Letto (g) vedi Léros

327
Bianca Fadda

Leucade (Leukas), isola, Grecia; Ducato/Lu- Licie (g) vedi S. Maria di Leuca
cata (a) pp. 32, 34, 80, 108, 113; Du-
Licosa (a) vedi Licosa
chatto/Chatto (g) pp. 35, 37; Dugati/
Daghaso (p) cc. 10, 11, 24, 30, 35; Licosa (p) vedi Licosa
Ducat (u) cc. 199, 201 Licosa, punta, Campania, Italia; Licosa/Li-
Leuze (u) vedi Ventilegne cusa (a) p. 23; Lichosa (g) p. 25; Licosa
(p) c. 8; Lichosa/Alicosa (u) c. 162
Levant, isola, Francia; Boni Homeni (a) p. 15;
Buonomo (g) p. 14; Bon Nome (p) c. 5; Licostoma (a) vedi Licostonzo
Sabros (u) c. 158 Licostonzo, Romania-Ucraina, Mar Nero;
Levanzo, isola, Italia, Isole Egadi; Enviza/ Licostoma (a) p. 131
Envinza (a) pp. 81, 82, 107, 109, 110; Licues (u) vedi S. Maria di Leuca
Evinza (g) p. 105; Evisa (p) c. 30; Ivissa
(u) cc. 198, 199, 200 Licusa (a) vedi Licosa

Levelara (a) vedi Revellata Licza (a) vedi Lattaquié

Li Echue (g) vedi S. Maria di Leuca Licza (a) vedi Lecce, città

Li Scillo (g) vedi Xyli Lidro (g) vedi Attairo


Lieque (p) vedi Alice
Libename (p) vedi Belat
Lieque (p) vedi S. Maria di Leuca
Lica (u) vedi Lattaquié
Liera (p) vedi Aleria
Lica (u) vedi Lecce, città
Liere (a) vedi Aleria
Lica (u) vedi Lecce, spiaggia
Liericas (u) vedi S. Maria di Leuca
Licas (u) vedi S. Maria di Leuca
Liers (u) vedi Aleria
Licata (a) vedi Licata
Lieucas (u) vedi S. Maria di Leuca
Licata (u) vedi Licata
Lighiera (u) vedi Alghero
Licata, porto, Sicilia, Italia; Licata (a) pp. 106,
109, 112, 113; Lechata/Lochata (g) Likhàdes, isola, Grecia; Litar (a) p. 42; Litare
p. 104; Liccata/Lichata (p) cc. 29, 30, (g) p. 44; Litaa (p) c. 14; Litar (u) c. 170
34, 35; Licata/Llicata (u) cc. 198, 199, Lilibeo, porto, Sicilia, Italia; Marsala (a)
201 pp. 106, 107; Marzara (g) pp. 105,
Licca (u) vedi Lattaquié 108; Marsaira (u) cc. 198, 199

Liccata (p) vedi Licata Lima (p) vedi Lithari

Licha (u) vedi Lecce, spiaggia Liman, capo, Turchia, Mar di Marmara; Pa-
ralimene (a) p. 44; Locendo (g) p. 48;
Lichandro (g) vedi Sicandro Cedi (p) c. 14; Clesedi (u) c. 171
Lichata (p) vedi Licata Limassol (Lemesòs), porto, Cipro; Limesso
(a) p. 127; Limiso/Limisoe (g) p. 119;
Lichosa (g) vedi Licosa
Limiso (p) c. 33; Limisso lo Vecchio
Lichosa (u) vedi Licosa (u) c. 205

328
Indice toponomastico

Limenia (a) vedi Semenli Linosa, isola Sicilia, Italia; Limosa/Limoza (a)
pp. 70, 112, 113; Limosa (p) cc. 21, 34,
Limesso (a) vedi Limassol 35; Limosa/Limoza/Molsa (u) c. 201
Liminia (p) vedi Semenli Linquns (u) vedi Alice
Limiso (g) vedi Limassol Linteame (a) vedi Vela Bianca
Limiso (p) vedi Limassol Linteame (u) vedi Vela Bianca
Limisoe (g) vedi Limassol Lintra (u) vedi Vedra
Limisso (g) vedi Lithari Linzolo (a) vedi Lenzolo (a)
Limisso lo Vecchio (u) vedi Limassol Lione (p) vedi Leon
Limosa (a) vedi Linosa Liparello (p) vedi Liparino (a)
Limosa (p) vedi Linosa Lipari (a) vedi Lipari
Limosa (u) vedi Linosa Lipari (g) vedi Lipari
Limoza (a) vedi Linosa Lipari (p) vedi Lipari

Limoza (u) vedi Linosa Lipari, isola, Italia, Isole Eolie; Lipari (a)
p. 110; Lipari (g) p. 109; Lipari (p) c. 31
Lina (g) vedi Pallene
Liparino (a) p. 110; Liparello (p) c. 31; iso-
Linar (a) vedi Linaro letta non identificata, Italia, Isole Eolie
Linar (u) vedi Linaro Liquns (u) vedi Alice
Linara (u) vedi Linaro Lissa (Vis), isola, Costa Dalmata; Essa (a)
p. 31; Issa (g) p. 33; Ipisa (p) c. 10;
Linare (g) vedi Lithari
Ipan (u) c. 164
Linari (g) vedi Linaro
Litaa (p) vedi Likhàdes
Linari (p) vedi Linaro
Litar (a) vedi Likhàdes
Linari (u) vedi Linaro Litar (a) vedi Lithari
Linaro (a) vedi Linaro Litar (u) vedi Likhàdes
Linaro (g) vedi Linaro Litar (u) vedi Lithari
Linaro, capo, Lazio, Italia; Linaro/Linar (a) Litare (g) vedi Likhàdes
pp. 21, 22; Linaro/Linari (g) p. 23; Li-
nari (p) cc. 7, 8; Linara/Linar/Linari Lithari, capo, Grecia; Litar (a) p. 42; Limiso/
(u) cc. 161, 200 Linare (g) p. 44; Lima (p) c. 14; Litar
(u) c. 170
Lino (g) vedi Santorino
Litro (a) vedi Loutros
Lino (p) vedi Antimelos
Liurs (p) vedi Collioure
Lino (p) vedi Vivara
Livadhostra, baia, Grecia; Ostria (a) p. 34;
Linopoli (a) vedi Poti Chotri (g) p. 37; Ostia (u) c. 167

329
Bianca Fadda

Lizuolo (g) vedi Vela Bianca Loreo, Veneto, Italia; Laoreto (a) p. 30
Llamp, capo, Spagna, Baleari; Tarfalenpa (a) Loro (p) vedi Rousse
p. 85; Trafalenfa (g) p. 92; Tarfalenpa
Los Eschuels (u) vedi Brescou
(p) c. 25; Tarfalempa (u) c. 187
Los Escullos, baia, Spagna; Raiba (a) p. 7;
Llicata (u) vedi Licata
Rabia/Raba (g) p. 5; Raba (p) c. 2; Rai-
Lo Lipai (a) p. 44; Lo Ripali (g) p. 47; Lo ba (u) c. 154
Ripalli (p) c. 14; Lo Tapali (u) c. 171;
località non individuata, Turchia, Mar Los Frailes, porto, Spagna; Due Frati (a)
di Marmara p. 7; Due Fratti (g) p. 5; Frate (u) c. 154

Lo Mirador (u) vedi Milliaro (a) Lo Richos (a) vedi Brescou

Lo Pebre (u) vedi Lo Pevere (a) Lospodels (u) vedi Porcelli

Lo Pevere (a) p. 111; Lo Pebre (u) c. 200; Lotro (g) vedi Loutros
isoletta non identificata, Malta Lotrot (u) c. 162; località non individuata,
Lo Ripali (g) vedi Lo Lipai (a) Calabria, Italia

Lo Ripalli (p) vedi Lo Lipai (a) Lotu (g) vedi Léros

Lo Tapali (u) vedi Lo Lipai (a) Loutros, porto, Creta, Grecia; Litro (a)
pp. 119, 120; Lotro (g) p. 116; Lucro
Locendo (g) vedi Liman (p) c. 32; Lutro (u) c. 202
Lochata (g) vedi Licata Lucata (a) vedi Leucade
Loclar (u) vedi Claro (a) Lucch (u) vedi Marsa Lukk
Logobardo (g) vedi S. Leonardo Lucerna (g) vedi Istambul, sobborgo
Lomandre (p) vedi Maura Lucho (g) vedi Marsa Lukk
Lombria (u) vedi Silivri Luco (a) vedi Marsa Lukk
Londres (u) vedi Rousse Luco (p) vedi Marsa Lukk
Lone (u) vedi Gazikoy Lucro (p) vedi Loutros
Longa (a) vedi Gazikoy Luna (u) c. 190; località non individuata,
Longa (g) vedi Spinalònga Sardegna, Italia
Longone (g) vedi Gazikoy Lungha (p) vedi Gazikoy
Longone (g) vedi Porto Longone Lungho (u) vedi Kos
Longone Sardo (g) vedi S. Teresa di Gallura Lunghone (p) vedi Porto Longone
Longuanel (u) c. 198; porto situato nel capo Lutro (u) vedi Loutros
Murro di Porco, Sicilia, Italia
Lutto (g) vedi Marsa Lukk
Longum Sardo (a) vedi S. Teresa di Gallura
Longun Sardo (a) vedi S. Teresa di Gallura

330
Indice toponomastico

M Maidos, porto, Turchia; Malato (a) p. 44;


Malitto (g) p. 47; Malito (p) c. 14; Ma-
Machalnera (g) p. 95; capo non individuato,
lico (u) c. 171
Corsica, Francia
Maigue (u) c. 186; porto situato nell’isola di
Machea (g) vedi Manree (a) Conejera, Spagna
Machometta (g) vedi Hammamet Maina (a) vedi Mani
Machri (g) vedi Megri Maina (g) vedi Mani
Machronise (g) vedi Makrònesos Maina (p) vedi Maire
Macri (a) vedi Megri Maiolicha (p) vedi Maiorca
Macri (p) vedi Megri Maiorca (Mallorca), isola, Spagna, Baleari;
Maiorica (a) pp. 11, 13, 84, 85, 86, 87;
Macri (u) vedi Megri
Maioricha (g) pp. 10, 12, 87, 90, 92;
Macronese (a) vedi Makrònesos Maiolicha/Maiorica (p) cc. 3, 4, 25;
Maioricha (u) cc. 156, 157, 187, 189
Macronesi (a) vedi Makrònesos
Maiorica (a) vedi Maiorca
Macronesi (p) vedi Makrònesos
Maiorica (a) vedi Palma di Maiorca
Maczalomare (a) vedi El Mrega
Maiorica (p) vedi Maiorca
Maczara (a) vedi Mazara del Vallo
Maiorica (p) vedi Palma di Maiorca
Madone (g) vedi Methone
Maioricha (g) vedi Maiorca
Madronese (p) vedi Makrònesos
Maioricha (g) vedi Palma di Maiorca
Mafetano (p) vedi Cavaliere
Maioricha (u) vedi Maiorca
Maghalona (u) vedi Montpellier
Maioricha (u) vedi Palma di Maiorca
Magniada (p) vedi Istambul, sobborgo
Maire (g) vedi Maire
Magonisa (g) vedi Makrònesos
Maire, isola, Francia; Matre (a) p. 12; Maire
Magra (p) vedi Megara (g) p. 12; Manestella vetera/Maina (p)
c. 4; Maref/Marref (u) c. 157
Magro (u) c. 158; porto situato nell’isola di
Port Gross, Francia Majean, golfo, Francia; Meczano (a) p. 14;
Mediano (g) p. 14; Mediano (p) c. 4;
Maharès, porto, Tunisia; Casale Romore/Ca- Meian/Moran (u) c. 157
sale Romoro (a) p. 68; Marzara (g)
p. 74; Casarrum (p) c. 20; Masar (u) Makhbez, capo, Libia; Rasamalbese/Rasa-
c. 180 mabese (a) pp. 67, 68; Rasabobes/Rasa
Malbese (g) pp. 73, 74; Rasamobete/
Mahon, porto e capo, Spagna, Baleari; Mao- Rasamebecho (p) cc. 20, 21; Rasama-
ne (a) pp. 13, 86, 88, 89, 96; Maone bes (u) cc. 180, 181
(g) p. 93; Maone (p) cc. 4, 25, 26;
Maon (u) cc. 157, 188, 189, 193 Màkre, capo, Grecia; Calillo (a) p. 44; Chali-
do (g) pp. 46, 47; Calillo (p) c. 14;
Maiana (u) vedi Mani Cant (u) c. 171

331
Bianca Fadda

Makrònesos, isola, Grecia; Macronese/Ma- Malea Mattapane (p) vedi Matapas


cronesi (a) pp. 40, 56; Machronise/
Malea Sancto Angiolo (p) vedi Maleas
Magonisa (g) pp. 41, 59; Macronesi/
Madronese (p) cc. 13, 17; Muero/ Malea Santo Angelo (p) vedi Maleas
Nuncrom (u) cc. 169, 174
Malea Santo Angnolo (u) vedi Maleas
Mal di Ventre, isola, Sardegna, Italia; Male-
Malea Santto Angelo (g) vedi Maleas
ventre (a) p. 90; Male in ventre (g)
p. 96; Malventre (p) c. 26; Maluentre Malea Santto Angielo (g) vedi Maleas
(u) c. 189
Malea Satto Angelo (g) vedi Maleas
Mala (g) vedi De-Mala (a)
Maleas, capo, Grecia; Mallea Sancto Angelo/
Mala (p) vedi De-Mala (a) Mallea de Sancto Angelo/Mallea Santo
Angelo (a) pp. 37, 38, 48, 52, 53, 119,
Mala (u) vedi De-Mala (a) 122, 125; Malea Santto Angelo/Malea
Malaga, città, Spagna; Maleca/Muleca/Mari- Santto Angielo/Malea Satto Angelo (g)
ca (a) pp. 5, 79; Malecha (g) pp. 3, 87; pp. 51, 53, 54, 115, 117, 118; Malea
Malicha/Mulecha/Muleca (p) cc. 1, 24; Sancto Angiolo/Malea Santo Angelo
Malicha/Maliqua/Moleca/Muleca (u) (p) cc. 12, 15, 16, 32, 33; Malea Santo
cc. 154, 185 Angnolo/Mallea Santo Angnolo (u)
cc. 168, 172, 180, 204
Malainatapan (u) vedi Matapas
Maleca (a) vedi Malaga
Malamocco, Veneto, Italia; Malamoco (a)
p. 30 Maleca (a) vedi Trypete

Malamoco (a) vedi Malamocco Malecha (g) vedi Malaga

Malato (a) vedi Maidos Malecha (g) vedi Trypete

Malatra (a) vedi Malatra, Burun Malefetan (u) vedi Cavaliere

Malatra, Burun, Turchia, Mar Nero; Malatra Maleia Mattapane (g) vedi Matapas
(a) p. 129 Malette (g) vedi Almunecar
Malatro (a) vedi Akiò Maleventre (a) vedi Mal di Ventre
Male in ventre (g) vedi Mal di Ventre Malfatano (a) vedi Malfatano
Malea (g) vedi Matapas Malfatano, capo, Sardegna, Italia; Malfeta-
no/Malfatano (a) p. 95; Malfetano (g)
Malea (p) vedi De-Mala (a)
p. 100; Malfetano (p) c. 27; Malfetan
Malea (p) vedi Matapas (u) c. 193
Malea Mactapane (a) vedi Matapas Malfecta (a) vedi Molfetta
Malea Matapam (u) vedi Matapas Malfetan (u) vedi Malfatano
Malea Matapan (u) vedi Matapas Malfetano (a) vedi Cavaliere
Malea Matapaz (u) vedi Matapas Malfetano (a) vedi Malfatano
Malea Mattapan (g) vedi Matapas Malfetano (g) vedi Malfatano

332
Indice toponomastico

Malfetano (p) vedi Malfatano Malonia (a) vedi Maròneia


Malfetta (g) vedi Cavaliere Malta (a) vedi Malta
Malfetta (g) vedi Molfetta Malta (p) vedi Malta
Malgo (u) vedi Amorgos Malta (u) vedi Malta
Malia (g) vedi Matapas Malta, isola; Malta (a) pp. 68, 70, 79, 80,
Malia (p) vedi Matapas 106, 109, 111, 112, 113; Maltta (g)
pp. 74, 76, 104, 107, 108; Malta (p)
Malia (u) vedi De-Mala (a) cc. 21, 24, 29, 30, 34, 35; Malta/Mau-
Malia Matapane (p) vedi Matapas ta/Maluta (u) cc. 198, 199, 200, 201

Malia Mattapane (g) vedi Matapas Maltepe, Turchia, Mar di Marmara; Casale
(a) p. 47; Chasale (g) p. 50; Casar/Cha-
Maliakos, golfo, Grecia; Bondonicza (a) sar (u) c. 172
p. 43; Labordone (g) p. 45
Maltta (g) vedi Malta
Malicha (p) vedi Malaga
Maluentre (u) vedi Mal di Ventre
Malicha (u) vedi Malaga
Maluta (u) vedi Malta
Malico (u) vedi Maidos
Malvagia (a) pp. 38, 126; Marvafisi (p) c. 12;
Maliqua (u) vedi Malaga Malvazia (u) c. 168; località non indi-
Malito (p) vedi Maidos viduata, Grecia
Malitto (g) vedi Maidos Malvazia (u) vedi Malvagia (a)
Malla (g) vedi De-Mala (a) Malventre (p) vedi Mal di Ventre
Mallea de Sancto Angelo (a) vedi Maleas Mamora (a) vedi Marmaris, capo
Mallea Mactapane (a) vedi Matapas Mandolea (g) vedi Amandolea
Mallea Sancto Angelo (a) vedi Maleas Mandoleia (g) vedi Amandolea
Mallea Santo Angelo (a) vedi Maleas Mandra (g) vedi Maura
Mallea Santo Angnolo (u) vedi Maleas Mandralea (g) vedi Menderes
Malli (u) vedi Trypete Mandralea (u) vedi Menderes
Mallo (a) vedi Mallos Mandre (g) vedi Maura
Mallo (g) vedi Mallos Mandre (p) vedi Maura
Mallo (p) vedi Mallos Mandrea (a) vedi Menderes
Mallo (u) vedi Mallos Mandrea (u) vedi Maura
Mallos, città abbandonata, Turchia; Mallo (a) Mandree (a) vedi Maura
p. 59; Mallo (g) p. 64; Mallo (p) cc. 18,
33; Mallo (u) c. 177 Mandrelea (g) vedi Menderes
Maloma (p) vedi Maròneia Mandrolea (p) vedi Menderes

333
Bianca Fadda

Manega (a) vedi Anguillette Mansoria (p) vedi Mansouria


Maneggia (u) vedi Anguillette Mansouria, punta, Algeria; Mansonia (a)
p. 75; Mansoria (g) p. 81; Mansoria (p)
Manegua (u) vedi Istambul, sobborgo
c. 22; Mansuria (u) c. 183
Manerba (g) vedi Campanella
Mansuria (u) vedi Mansouria
Manestella vetera (p) vedi Maire
Maomecta (a) vedi Hammamet
Manfredana (g) vedi Manfredonia
Maomecta (p) vedi Hammamet
Manfredonia (g) vedi Manfredonia
Maometta (u) vedi Hammamet
Manfredonia (u) vedi Manfredonia
Maon (u) vedi Mahon
Manfredonia, porto, Puglia, Italia; Manfre-
Maone (a) vedi Mahon
donia/Manfredana (g) p. 31; Manfre-
donia (u) c. 164 Maone (a) vedi Plana de Moon
Mangalia, Romania, Mar Nero; Pangalia (a) Maone (g) vedi Mahon
p. 130
Maone (g) vedi Plana de Moon
Mangana (g) vedi Istambul, sobborgo
Maone (p) vedi Mahon
Mangania (a) vedi Istambul, sobborgo
Maone (p) vedi Plana de Moon
Mangna (u) vedi Anguillette
Mar Morto (u) vedi Augusta, porto
Manguat (u) vedi Marqab
Mar Nero; Mare Maiore (a) pp. 45, 47, 129,
Manguis (u) c. 198; isola non identificata, 131, 137; Mare Magiore (g) pp. 48,
Sicilia, Italia 50, 51; Mare Magiore (p) cc. 14, 15,
35; Mare Maggiore (u) c. 172
Mani (Manes), penisola, Grecia; Maina (a)
p. 36; Maina (g) p. 39; Mania (p) c. 11; Marathonisi, isola, Grecia; Tienone (g) p. 38
Maiana (u) cc. 167, 168
Marbella (a) vedi Marbella
Mania (p) vedi Mani
Marbella (g) vedi Marbella
Manicha (g) vedi Anguillette
Marbella (p) vedi Marbella
Mannu, capo, Sardegna, Italia; Saline (a)
Marbella (u) vedi Marbella
pp. 90, 97; Saline (g) pp. 96, 122; Sali-
ne (p) c. 27; Salina (u) cc. 189, 194 Marbella, città, Spagna; Marbella (a) p. 5;
Marbella (g) p. 3; Marbella (p) c. 1;
Manone (g) vedi Diamont
Marbella (u) c. 157
Manopuli (p) vedi Monopoli
Mare Daua (g) vedi Molarotto
Manree (a) p. 45; Machea (g) p. 48; Mattea
Mare Maggiore (u) vedi Mar Nero
(p) c. 14; Mattea (u) c. 172; isola non
individuata, Turchia Mare Magiore (g) vedi Mar Nero
Mansonia (a) vedi Mansouria Mare Magiore (p) vedi Mar Nero
Mansoria (g) vedi Mansouria Mare Maiore (a) vedi Mar Nero

334
Indice toponomastico

Mare Morto (a) vedi Augusta, porto Marguat (u) vedi Marqab
Mare Mortto (g) vedi Augusta, porto Marica (a) vedi Malaga
Maredava (a) vedi Molarotto Marignera (a) p. 7; isola non identificata,
Spagna
Maref (u) vedi Maire
Marinon (u) vedi Diamont
Maremma (a) vedi Marettimo
Maresma (u) vedi Marettimo Marivola (u) c. 191; capo presso l’isola Mor-
torio, Sardegna, Italia
Maretima (g) vedi Marettimo
Marmaris, capo, Turchia; Marmora/Mamora
Marettima (g) vedi Marettimo (a) p. 56; Marmola (g) p. 60; Marmora
Marettimo (g) vedi Marettimo (p) c. 17; Marmora/Marmorea (u)
c. 176
Marettimo (p) vedi Marettimo
Marmaris, castello, Turchia; Marmora (a)
Marettimo, isola, Italia, Isole Egadi; Marem- p. 57; Marmora (g) p. 60; Marmora (p)
ma (a) pp. 98, 99, 109, 110, 112; Mare- c. 17; Marmora (u) c. 176
tima/Marettima/Marettimo (g) pp. 108,
109, 124, 125, 126, 127; Marettimo Marmaris, porto, Turchia; Sisco/Sisoe (a)
(p) cc. 27, 28, 30, 35; Maresma/Marse- p. 57; Siscio/Scio (g) p. 61; Sischo (p)
ma (u) cc. 193, 194, 199, 200, 201 c. 17; Sisco (u) c. 176

Marga (g) vedi Margarito (a) Marmola (g) vedi Marmaris, capo

Margacti (a) vedi Marqab Marmora (a) vedi Marmaris, capo

Margacto (a) vedi Marqab Marmora (a) vedi Marmaris, castello

Margarito (a) p. 43; Margatto/Marga (g) Marmora (a) vedi Marmora


p. 45; Margharito (p) c. 14; Margarito/ Marmora (g) vedi Marmaris, castello
Margharito (u) c. 170; isola non indivi-
duata, Grecia Marmora (g) vedi Marmora

Margarito (u) vedi Margarito (a) Marmora (p) vedi Marmaris, capo

Margatto (g) vedi Margarito (a) Marmora (p) vedi Marmaris, castello
Margatto (g) vedi Marqab Marmora (p) vedi Marmora
Margatto (p) vedi Marqab Marmora (u) vedi Marmaris, capo
Margharito (p) vedi Margarito (a) Marmora (u) vedi Marmaris, castello
Margharito (u) vedi Margarito (a) Marmora (u) vedi Marmora
Margho (u) vedi Amorgos Marmora, isola, Turchia, Mar di Marmara;
Marmora (a) p. 46; Marmora (g) pp. 47,
Margo (a) vedi Amorgos
49; Marmora (p) cc. 14, 15; Marmora
Margo (g) vedi Amorgos (u) c. 171
Margo (p) vedi Amorgos Marmorea (u) vedi Marmaris, capo
Margo (u) vedi Amorgos Marmorto (p) vedi Augusta, porto

335
Bianca Fadda

Marocho (g) vedi Kapsul Marzamuze (p) c. 23; Marsamusar (u)


c. 184
Maròneia, punta, Grecia; Malonia (a) p. 44;
Molona (g) p. 46; Maloma (p) c. 14; Marsamusa (g) vedi Marsamusa
Molonia (u) c. 171
Marsamusar (u) vedi Marsamusa
Marqab, porto, Siria; Margacti/Margacto (a)
Marsaquar (u) vedi La Calle
pp. 60, 129; Margatto (g) pp. 65, 122;
Margatto (p) c. 18; Marguat/Manguat Marsara (p) vedi Marsala
(u) cc. 177, 206
Marsaxlokk, Malta; Marsa Siloco (a) p. 115;
Marref (u) vedi Maire Marsa Sciloccho (p) c. 34; Marsa e Isa-
loch/Marso e Isaloch (u) c. 200
Marsa (p) vedi Marsala
Marseille Veyre, monte, Francia; Marsellia Ve-
Marsa Chalice (g) vedi La Calle
ira (a) p. 14; Marsiglia Vetre (g) p. 14;
Marsa Chalicie (g) vedi La Calle Marsilia Vecchia (p) c. 5
Marsa di Gege (p) vedi Hadjai Marsellia (a) vedi Marsiglia, città
Marsa di Gigie (u) vedi El Hadjade Marsellia (a) vedi Marsiglia, isole
Marsa e Isaloch (u) vedi Marsaxlokk Marsellia Veira (a) vedi Marseille Veyre
Marsa Lukk, Libia; Luco (a) pp. 65, 128; Marsema (u) vedi Marettimo
Lucho/Lutto (g) pp. 71, 121; Luco (p)
Marsiglia (g) vedi Marsiglia, città
cc. 20, 33; Lucch (u) cc. 179, 206
Marsiglia (g) vedi Marsiglia, isole
Marsa Matruh, porto, Egitto; Largonsello
(a) p. 64; Gusegin (g) p. 70; Aguscizo Marsiglia (Marseille), porto, Francia; Mar-
(p) c. 19; Gostin (u) c. 179 sellia (a) pp. 12, 13, 17, 87, 88, 97,
103; Marsiglia (g) pp. 11, 12, 14, 94,
Marsa Sciloccho (p) vedi Marsaxlokk
122, 123; Marsiglia/Marsilia (p) cc. 3,
Marsa Siloco (a) vedi Marsaxlokk 4, 5, 25, 26, 27; Marsilia (u) cc. 156,
157, 188, 189, 193, 194
Marsacadun (u) vedi Bougie
Marsiglia (p) vedi Marsiglia, città
Marsacalese (a) vedi La Calle
Marsiglia Vetre (g) vedi Marseille Veyre
Marsageter (u) vedi Hadjadj
Marsiglia, isole, Francia; Marsellia (a) p. 12;
Marsaira (u) vedi Lilibeo
Marsiglia (g) p. 11; Marsilia (u) c. 156
Marsala (a) vedi Lilibeo
Marsilia (p) vedi Marsiglia, città
Marsala, porto, Sicilia, Italia; Marsara/Marsa
Marsilia (u) vedi Marsiglia, città
(p) cc. 30, 34
Marsilia (u) vedi Marsiglia, isole
Marsalcalicie (p) vedi La Calle
Marsilia Vecchia (p) vedi Marseille Veyre
Marsale (g) vedi Morayra
Marso e Isaloch (u) vedi Marsaxlokk
Marsamusa (Almasa), porto, Marocco; Mar-
zamucza (a) p. 77; Marsamusa (g) p. 84; Marticarlo (p) vedi Martincaravo (a)

336
Indice toponomastico

Marticarno (p) vedi Martincaravo (a) Mastegue/Masteghue (u) c. 175; località non
individuata, Grecia
Marticharno (p) vedi Martincaravo (a)
Matapas (Tainaron), capo, Grecia; Mallea
Martin (u) vedi Sant Martin
Mactapane/Malea Mactapane (a)
Martin Caravea (u) vedi Martincaravo (a) pp. 36, 37, 80, 81, 108, 113, 120, 122;
Malea/Malia/Malia Mattapane/Malea
Martin, capo, Francia; S. Martino (a) p. 17;
Mattapan/Maleia Mattapane (g) pp. 39,
S. Martin (g) p. 18; S. Martino (p) c. 6;
40, 107; Malia Matapane/Malia/Ma-
S. Martino (u) c. 159
lea/Malea Mattapane (p) cc. 11, 12,
Martina (a) vedi Sant Martin 24, 30, 35; Malea Matapan/Malea Ma-
tapam/Malea Matapaz/Malainatapan
Martina (g) vedi Sant Martin
(u) cc. 167, 168, 199, 201, 204
Martincaravo (a) p. 38; Marticarno/Marti-
Mathea (u) vedi Amantea
charno/Marticarlo (p) c. 12; Martino
Caravea (u) c. 168; località non indivi- Matifou, capo, Algeria; Mectisuso/Mectifuso
duata, Grecia (a) pp. 75, 89; Mette Fuso (g) p. 82;
Mette Fuso (p) cc. 22, 26; Metifus/Me-
Martino (a) vedi Sant Martin
tifors (u) cc. 183, 189
Martino (g) vedi Sant Martin
Matre (a) vedi Maire
Martino (p) vedi Sant Martin
Matrega (a) vedi Taman
Martino (u) vedi Sant Martin
Matrica (p) vedi Taman
Marvafisi (p) vedi Malvagia (a)
Matrica (p) vedi Taman
Marza de Giga (a) vedi Hadjadj
Mattea (p) vedi Manree (a)
Marza Mosecto (a) p. 112; porto non indivi-
Mattea (u) vedi Manree (a)
duato, Malta
Maumetta (u) vedi Hammamet
Marzamucza (a) vedi Marsamusa
Maura, isola, Grecia, Isole Sporadi; Mandree
Marzamuze (p) vedi Marsamusa
(a) p. 54; Mandra/Mandre (g) pp. 56,
Marzara (a) vedi Mazara del Vallo 57; Lomandre/Mandre (p) cc. 16, 17;
Mandrea (u) c. 174
Marzara (g) vedi Lilibeo
Maurachia (a) p. 135; località non individua-
Marzara (g) vedi Maharès
ta, Russia, Mar Nero
Masalmar (p) vedi El Mrega
Mauta (u) vedi Malta
Masalomar (u) vedi El Mrega
Mazachaldune (g) vedi Bougie
Masanar (g) vedi El Mrega
Mazagan (El Jadida), punta, Marocco; Me-
Masar (u) vedi Maharès zegan (a) p. 78; Musigano/Musagano/
Musiganu (g) p. 85; Mesegano/Mese-
Masolmar (p) vedi El Mrega
ghano (p) c. 23; Mazeguam/Meza-
Massanmar (g) vedi El Mrega guan/Mezaguari/Meguam (u) c. 184

337
Bianca Fadda

Mazara (a) vedi Mazara del Vallo Media Andora (g) vedi Andora
Mazara (g) vedi Mazara del Vallo Mediana (g) vedi Port Cros, isola
Mazara (p) vedi Mazara del Vallo Mediana (p) vedi Port Cros, isola
Mazara (u) vedi Mazara del Vallo Mediano (g) vedi Majean
Mazara del Vallo, punta, Sicilia, Italia; Maza- Mediano (p) vedi Majean
ra/Maczara/Marzara (a) pp. 106, 109,
112, 113; Mazara (g) pp. 104, 105; Medie (g) vedi Mede (a)
Mazara (p) cc. 30, 34, 35; Mazara (u) Medier (g) vedi Medas
cc. 198, 201
Medina (g) vedi Medina Azzahira
Mazarròn, porto, Spagna; Carmaniare/Car-
manzare (a) p. 7; Charmagiar/Char- Medina Azzahira, città abbandonata, Spa-
mangiar/Charmargiar (g) p. 5; Car- gna; Ermendina (a) p. 3; Elmendina/
mangiare (p) c. 2; Carmaniar (u) c. 154 Medina (g) p. 1; Elmedina (p) c. 1; El-
mendina (u) c. 153
Mazatigegi (g) vedi Hadjadje
Megannome (a) vedi Meganom, Mys
Mazeguam (u) vedi Mazagan
Meganom, Mys, capo, Ucraina, Mar Nero;
Meccha (a) vedi Trypete
Megannome (a) p. 136
Mectifuso (a) vedi Matifou
Megara, porto, Grecia; Migra (a) p. 39; Me-
Mectisuso (a) vedi Matifou gra/Negra (g) p. 41; Nigro/Magra (p)
cc. 12, 13; Migra (u) c. 169
Meczana (a) vedi Port Cros, isola
Megra (g) vedi Megara
Meczano (a) vedi Majean
Meda (u) vedi Mede (a) Megri (Fethiye), golfo, Turchia; Macri (a)
p. 57; Machri (g) p. 61; Macri (p)
Medas, isole, Spagna; Mede (a) p. 10; Medier/ c. 17; Macri (u) c. 176
Media/Meder (g) p. 8; Mede (p) c. 3;
Mede (u) c. 155 Meguam (u) vedi Mazagan

Mede (a) p. 10; Medie (g) p. 8; Mede (p) c. 3; Meian (u) vedi Majean
Meda/Mede (u) c. 155; capo situato Meiana (u) vedi Port Cros, isola
nelle isole Medas, Spagna
Mela d’Andola (a) vedi Andora
Mede (a) vedi Medas
Mela d’Andriola (u) vedi Andora
Mede (p) vedi Medas
Mela de lo Servo (a) vedi Cervo
Mede (p) vedi Mede (a)
Mela del Ciervio (u) vedi Cervo
Mede (p) vedi Mesia
Mela Servo (p) vedi Cervo
Mede (u) vedi Mede (a)
Melaczo (a) vedi Milazzo
Mede (u) vedi Medas
Melada (Molar), isola, Costa Dalmata; Melo
Meder (g) vedi Medas
(a) p. 30; Melo (g) p. 33; Melio (p)
Media (g) vedi Medas c. 10; Merllo (u) c. 164

338
Indice toponomastico

Melagosa (p) vedi Meleda Melo Iscello (g) vedi Brusnik


Melas (u) vedi Milazzo Melogello (a) vedi Brusnik
Melasso (p) vedi Milazzo Melora (u) vedi Meloria
Melasso (u) vedi Milazzo Meloria (g) vedi Meloria
Melastro (g) vedi Akiò Meloria, torre, Toscana, Italia; Melliora (a)
Melata (p) vedi Trypete p. 20; Meloria (g) p. 21; Melora (u)
c. 160
Melazo (g) vedi Milazzo
Meloscello (g) vedi Brusnik
Melba (a) vedi Elba
Memoricha (g) vedi Minorca
Mele (p) vedi Oneglia
Menderes, Turchia, Stretto dei Dardanelli;
Mele d’Andriola (p) vedi Andora Mandrea (a) p. 46; Mandralea/Man-
Mele del Servo (u) vedi Cervo drelea (g) p. 49; Mandrolea (p) c. 15;
Mandralea (u) c. 172
Mele di Servu (g) vedi Cervo
Menerba (a) vedi Campanella
Melechosa (g) vedi Meleda
Menerica (a) vedi Minorca
Melechossa (g) vedi Meleda
Meni (p) vedi Akiò
Meleda (Mljet), isola, Costa Dalmata; Pela-
gosa (a) p. 31; Melechosa/Melechossa Menopoli (u) vedi Monopoli
(g) pp. 33, 34; Melagosa (p) c. 10; Pe-
Menorica (a) vedi Minorca
lagosta (u) c. 165
Menorica (g) vedi Minorca
Melilla (u) vedi Melilla
Mensa (a) vedi Mesa del Roldan
Melilla, porto, Marocco; Minella (a) p. 77;
Milera (g) p. 84; Minella (p) c. 23; Me- Mensan (u) vedi Mesa del Roldan
lilla (u) c. 184
Mentorio (p) vedi Formentor
Melio (p) vedi Melada
Mentorno (g) vedi Formentor
Melito (g) vedi Melito
Meralto (p) vedi Milavio (a)
Melito (Porto Salvo), porto, Calabria, Italia;
Melito (g) p. 26 Merllo (u) vedi Melada

Melleca (a) vedi Trypete Mersa El-Raccam, Egitto; Casale (a) p. 65;
Chasale (g) p. 70; Casale (p) c. 19; Ca-
Mellie (u) c. 200; porto situato nell’isola di sal/Casar/Cazer (u) c. 172
Malta
Mesa (g) vedi Mesa del Roldan
Melliora (a) vedi Meloria
Mesa del Roldan, porto, Spagna; Mensa (a)
Melo (a) vedi Melada p. 7; Mesa/Messa (g) p. 5; Mosso (p)
Melo (g) vedi Melada c. 2; Mensan (u) c. 154

Melo (g) vedi Milo Mese (a) vedi Miseno

339
Bianca Fadda

Mesegano (p) vedi Mazagan Metellino (a) vedi Mitilene


Meseghano (p) vedi Mazagan Metellino (u) vedi Mitilene
Mesem (a) vedi Miseno Methone, baia, Grecia; Motona/Motone (a)
Mesema (p) vedi Alhucemas pp. 34, 35, 36, 80, 81, 108, 113, 121;
Madone/Motone/Modone (g) pp. 37,
Meserna (g) vedi Alhucemas 38, 39, 107; Motone (p) cc. 11, 24, 30,
Mesi (a) vedi Mesia 35; Muto (u) cc. 167, 168, 180, 199,
201, 204
Mesi (g) vedi Mesia
Metifors (u) vedi Matifou
Mesia, porto, Turchia; Mesi/Messi (a) p. 57;
Mesi/Messi (g) p. 60; Mezi/Mede (p) Metifus (u) vedi Matifou
c. 17; Mezi (u) c. 176
Metri Recus (u) c. 191; isola non individua-
Mesina (p) vedi Alhucemas ta, Sardegna
Mesina (p) vedi Messina, porto Mette Fuso (g) vedi Matifou
Messa (g) vedi Mesa del Roldan Mette Fuso (p) vedi Matifou
Messeniakòs, golfo, Grecia; Sevari/Sevarone Mezaguan (u) vedi Mazagan
(a) p. 36; Sivaro/Sinaro (g) p. 39; Su-
var/Sivar (u) c. 167 Mezaguari (u) vedi Mazagan

Messi (a) vedi Mesia Mezan (u) vedi Sagra

Messi (g) vedi Mesia Mezano di Sagra (u) vedi Sagra

Messina (a) vedi Messina, porto Mezegan (a) vedi Mazagan

Messina (g) vedi Messina, porto Mezembre (a) vedi Nesebur


Messina (p) vedi Messina, porto Mezena (g) vedi Miseno
Messina (u) vedi Messina, porto Mezena (p) vedi Miseno
Messina, porto, Sicilia, Italia; Messina (a) Mezi (p) vedi Mesia
pp. 105, 108; Messina (g) pp. 24, 25,
Mezi (u) vedi Mesia
103, 106, 110; Messina/Mesina (p)
cc. 29, 30; Messina (u) cc. 162, 180, Mezin (u) vedi Miseno
197, 199, 200
Micalea (a) vedi Ikarìa
Messina, stretto, Sicilia, Italia; Faro/Far de
Messina (a) pp. 23, 24, 110; Faro/Faro Michesia (g) vedi Naxos
di Messina (g) pp. 25, 26, 110; Faro di Michisea (g) vedi Naxos
Messina/Faro di Mesina (p) c. 8; Farro
di Messina (u) c. 162 Michola (g) vedi Mikonos
Meta Andora (g) vedi Andora Micola (a) vedi Mikonos
Metelino (g) vedi Mitilene Migra (a) vedi Megara
Metellini (p) vedi Mitilene Migra (u) vedi Megara

340
Indice toponomastico

Mikonos, isola, Grecia, Isole Cicladi; Micola Milo (p) vedi Milo
(a) p. 55; Michola (g) pp. 58, 59; Nic-
Mina (a) vedi Almina
cola (p) c. 17; Nicolas/Nicholasa (u)
c. 174 Mina (g) vedi Almina
Mil (u) vedi Milo Mina (p) vedi Almina
Mila (u) vedi Milo Minella (a) vedi Melilla
Milavio (a) p. 90; Meralto (p) c. 26; golfo Minella (p) vedi Melilla
non identificato, Sardegna, Italia
Minerba (a) vedi Campanella
Milazzo, porto, Sicilia, Italia; Melaczo (a)
Minerba (u) vedi Campanella
pp. 99, 104, 108, 110; Melazo (g)
pp. 103, 106, 109, 128; Melasso (p) Minerva (p) vedi Campanella
cc. 28, 29, 30, 31; Melasso/Melas (u)
Minerva (u) vedi Campanella
cc. 194, 197, 199, 200
Minorca (Menorca), isola, Spagna, Baleari;
Milera (g) vedi Melilla
Menorica/Menerica (a) pp. 11, 13, 87;
Miliana (a) vedi Port Cros, isola Minoricha/Menorica/Memoricha (g)
pp. 10, 12, 87, 93; Minoricha/Minorica
Miliano (p) c. 34; località non identificata,
(p) cc. 3, 4, 25; Minoricha (u) cc. 156,
Malta
157, 188, 193
Milio (p) vedi Milo
Minorica (p) vedi Minorca
Millemogge (a) pp. 41, 42; Millemogia (g)
Minoricha (g) vedi Minorca
p. 44; Millemoggie/Millemogia (p) c. 13;
Millemueg (u) c. 170; località non Minoricha (p) vedi Minorca
identificata, Grecia
Minoricha (u) vedi Minorca
Millemoggie (p) vedi Millemogge (a)
Miseno, capo, Campania, Italia; Mese/Me-
Millemogia (g) vedi Millemogge (a) sem (a) p. 22; Mezena (g) p. 24; Meze-
na/Rezena (p) c. 8; Mezin (u) c. 161
Millemogia (p) vedi Millemogge (a)
Miserna (g) vedi Alhucemas
Millemueg (u) vedi Millemogge (a)
Mitilene (Lésbos), isola, Grecia; Metellino
Milliaro (a) p. 111; Lo Mirador (u) c. 200;
(a) pp. 47, 56; Metelino (g) p. 60; Me-
punta non identificata, Malta
tellini (p) c. 17; Metellino (u) c. 175
Milo (a) vedi Milo
Mo (u) vedi Nio
Milo (g) vedi Milo
Modone (g) vedi Methone
Milo (Mélos), isola, Grecia, Isole Cicladi;
Moiza (g) vedi Vasilina
Milo (a) pp. 48, 50, 53, 55, 118, 119,
123, 125, 126; Melo/Milo (g) pp. 51, Mol (u) vedi Nio
55, 58, 114, 115; Milo/Milio (p) cc. 15,
Mola (a) vedi Cadolar
16, 17, 32; Mil/Mila/Mul (u) cc. 172,
173, 174, 203, 204, 205 Mola (g) vedi Cadolar

341
Bianca Fadda

Mola (p) vedi Cadolar Monaco (p) vedi Monaco, castello


Molaria (g) vedi Molaria Monaco (p) vedi Monaco, porto
Molaria, isola, Sardegna, Italia; Morala/Mo- Monaco, castello, Monaco; Monaco (a) p. 17;
rara (a) pp. 92, 93; Molaria (g) p. 99; Monacho (g) p. 17; Monaco (p) c. 5;
Moraira/Morana (u) cc. 191, 192 Monacho (u) c. 159
Molarotto, isola, Sardegna, Italia; Maredava Monaco, porto, Monaco; Monaco (a) pp. 17,
(a) p. 92; Mare Daua (g) p. 99 103; Monacho (g) pp. 17, 18, 101;
Monaco (p) cc. 5, 6, 29; Monacho (u)
Moleca (u) vedi Malaga
cc. 159, 197
Moledario (p) vedi Torremolinos Moncolombrier (u) vedi Colom
Molendina (u) vedi Torremolinos Monerba (g) vedi Campanella
Moleta (g) vedi Almunecar Mongibello (g) vedi Etna
Molfetta, porto, Puglia, Italia; Malfecta (a) Mongir (g) vedi Goam (a)
p. 38; Malfetta (g) p. 31; Morfeta (u)
c. 164 Mongir (g) vedi Muzzerone

Moliczo (a) vedi Vasilina Monopoli (a) vedi Monopoli

Moline (a) vedi Torremolinos Monopoli, città, Puglia, Italia; Monopoli (a)
p. 28; Manopuli/Amanopuli (p) c. 9;
Moline (a) vedi Vasilina Menopoli (u) c. 164
Molino (g) vedi Torremolinos Monpeslieri (g) vedi Montpellier
Molona (g) vedi Maròneia Monpulliers (p) vedi Montpellier
Molonia (u) vedi Maròneia Monscolourer (u) vedi Columbretes
Molsa (u) vedi Linosa Monsen (g) vedi Monseny
Monacho (g) vedi Monaco, castello Monseno (a) vedi Monseny
Monacho (g) vedi Monaco, porto Monseny, monte, Spagna; Monseno (a) p. 10;
Monacho (u) vedi Monaco, castello Monsen (g) pp. 8, 9; Monsie (p) c. 3;
Monte Seno (u) c. 155
Monacho (u) vedi Monaco, porto
Monseratta (g) vedi Monserrat
Monaci (a) vedi Monaci
Monserrat, monte, Spagna; Monteserrato (a)
Monaci (p) vedi Monaci p. 10; Monseratta/Monteratta (g) pp. 8,
Monaci, isole, Corsica, Francia; Monaci (a) 9; Monte Serato (p) c. 3; Monserrato
p. 100; Monaci (p) c. 28; Bonaci (u) (u) c. 155
c. 195 Monserrato (u) vedi Monserrat
Monaco (a) vedi Monaco, castello Monsie (p) vedi Monseny
Monaco (a) vedi Monaco, porto Montalto (p) vedi Montalto di Castro

342
Indice toponomastico

Montalto di Castro, porto, Lazio, Italia; Monte Santu, capo, Sardegna, Italia; Sancto
Monte Alto (a) p. 21; Montte Altto (g) (a) pp. 93, 98, 99; Montesanto/Monte
p. 22; Montalto (p) c. 7; Monte Alto Santto/Montte Santo/Montte Santto
(u) c. 161 (g) pp. 99, 126, 127; Monte Santo (p)
cc. 26, 28; Monte Santo (u) cc. 192,
Montanao (a) p. 10; Monterragona (g) p. 9;
194
Aragon (u) c. 156; rilievo non identifi-
cato, Spagna Monte Seno (u) vedi Monseny
Monte (a) vedi Chiappa Monte Serato (p) vedi Monserrat
Monte Alto (a) vedi Montalto di Castro Montecristo (p) vedi Montecristo
Monte Alto (u) vedi Montalto di Castro Montecristo, isola, Toscana, Italia; Monte
Monte Christo (g) vedi Montecristo Cristo (a) pp. 21, 99, 104; Monte Chri-
sto/Montte Christo (g) pp. 22, 94, 102,
Monte Colonbero (p) vedi Altea 103, 126, 127, 128; Montecristo (p) cc. 7,
Monte Cristo (a) vedi Montecristo 28, 29; Monte Cristo (u) cc. 161, 197

Monte Cristo (u) vedi Montecristo Monteponi (u) vedi Monteponi

Monte Gaibo (a) vedi Sansego Monteponi, isola, Italia, Isole Eolie; Monte-
poni (u) c. 200
Monte Gallo (g) vedi Sansego
Monteratta (g) vedi Monserrat
Monte Giabo (p) vedi Sansego
Monterragona (g) vedi Montanao (a)
Monte Nero (a) vedi Nero
Montesanto (g) vedi Monte Santu
Monte Nero (g) vedi Nero
Monteserrato (a) vedi Monserrat
Monte Nero (p) vedi Nero
Montpellier, canale, Francia; Lacte (a) p. 11;
Monte Nero (u) vedi Nero Monpeslieri (g) p. 10; Monpulliers (p)
Monte Pertusato (p) vedi Carbon c. 3; Maghalona (u) c. 156

Monte Pertusato (u) vedi Carbon Montte Altto (g) vedi Montalto di Castro

Monte Pertusatto (g) vedi Carbon Montte Christo (g) vedi Montecristo

Monte Pertuso (u) vedi Carbon Montte Santo (g) vedi Monte Santu

Monte Pertuzato (a) vedi Carbon Montte Santto (g) vedi Akté
Monte Saibo (u) vedi Sansego Montte Santto (g) vedi Monte Santu
Monte San Michele (p) vedi Akté Mora (p) vedi Cadolar
Monte Sancto (a) vedi Akté Moraira (u) vedi Molaria
Monte Santo (p) vedi Monte Santu Morala (a) vedi Molaria
Monte Santo (u) vedi Akté Moran (u) vedi Majean
Monte Santo (u) vedi Monte Santu Morana (u) vedi Molaria
Monte Santto (g) vedi Monte Santu Morara (a) vedi Molaria

343
Bianca Fadda

Morayra, capo, Spagna; Marsale (g) p. 7 Mosche (p) vedi Mosche (a)
Morea (a) vedi Morea Moscugni (a) p. 132; monte nei pressi di
Amasra, Turchia, Mar Nero
Morea (g) vedi Morea
Mosso (p) vedi Mesa del Roldan
Morea (Pelopònnesos), Grecia; Morea (a)
pp. 33, 34; Morea (g) p. 37; Morecchio/ Moteros (p) vedi Morea
Moteros (p) c. 11; Morea (u) c. 167
Motolla (u) c. 163; centro non identificato
Morea (u) vedi Morea presso Taranto, Puglia, Italia
Morecchio (p) vedi Morea Motona (a) vedi Methone
Morello (u) vedi Brusnik Motone (a) vedi Methone
Morfeta (u) vedi Molfetta Motone (g) vedi Methone
Moriczo (a) vedi Vasilina Motone (p) vedi Methone
Morissa (u) vedi Vasilina Mouzi di Mauta (u) vedi Gozo
Moriza (p) vedi Vasilina Moyenne Corniche, rilievi, Francia; Nicza (a)
p. 17; Niza (g) p. 17; Nisse (u) c. 159
Morizo (p) vedi Vasilina
Muero (u) vedi Makrònesos
Morozello (p) vedi Brusnik
Mugeru (a) vedi Muzzerone
Morozelo (p) vedi Brusnik
Mul (u) vedi Milo
Morsello (u) vedi Brusnik
Mul (u) vedi Muro
Morssa (u) vedi Vasilina
Muleca (a) vedi Malaga
Mortella (a) vedi Rasocolmo
Muleca (p) vedi Malaga
Mortella (g) vedi Rasocolmo
Muleca (u) vedi Malaga
Mortella (p) vedi Rasocolmo
Mulecha (p) vedi Malaga
Mortella (u) vedi Rasocolmo
Mulo (a) vedi Muro
Mortorio (g) vedi Mortoro
Mulo (p) vedi Muro
Mortoro, isola, Sardegna, Italia; Iscla Morto-
re (a) p. 92; Iscia Mortoro/Mortorio Mungor (u) vedi Muzzerone
(g) p. 98; Sella Morta (u) c. 191
Murcia (a) vedi Murcia
Mosa (g) vedi Vasilina
Murcia, Spagna; Murcia (a) p. 79
Mosca (u) vedi Mosche (a)
Muro, capo, Corsica, Francia; Mulo (a)
Mosce (g) vedi Mosche (a) p. 100; Mulo (p) c. 28; Mul (u) c. 195
Mosche (a) p. 72; Mosce (g) p. 67; Mosche Murro di Porco, capo, Sicilia, Italia; Rasacan-
(p) c. 19; Mosca (u) c. 178; minareto gir (a) p. 106; Rasachanziri (g) p. 104;
di una moschea nella città di Akko, Sarganzir/Rasaganzir (p) c. 29; Rassa
Israele Camzil (u) c. 198

344
Indice toponomastico

Musagano (g) vedi Mazagan Napoli (p) vedi Napoli


Musigano (g) vedi Mazagan Napoli (u) vedi Napoli
Musiganu (g) vedi Mazagan Napoli de lo Siguro (p) vedi Napoli de Ro-
Mussema (a) vedi Alhucemas mania (a)

Muto (u) vedi Methone Napoli de Romania (a) p. 38; Napoli de lo


Siguro (p) c. 12; Napoli di Romania
Mutogorone (p) vedi Muzzerone (u); località non individuata, Grecia
Muzzerone, monte, Liguria, Italia; Mugeru Napoli di Romania (u) vedi Napoli de Ro-
(a) p. 19; Mongir (g) p. 20; Mutogoro- mania (a)
ne (p) c. 6; Mungor (u) c. 160
Napoli, città, Campania, Italia; Napoli (a)
p. 23; Napoli (g) pp. 24, 127; Napoli
N (p) c. 8; Napoli (u) c. 168
Nacta (a) vedi Kerion Napuli (p) vedi Frasca
Nacte (p) vedi Kerion Narbona (a) vedi Narbonne
Naffi (g) vedi Anafe Narbona (p) vedi Narbonne
Naffi (p) vedi Anafe Narbonne, città, Francia; Narbona (a) pp. 10,
Nafi (g) vedi Anafe 11, 103; Nerbona (g) pp. 9, 101; Nar-
bona (p) c. 3; Nerbona (u) cc. 156, 197
Nafi (u) vedi Anafe
Nasipo (p) vedi Nasipo (a)
Nafin (a) vedi Anafe
Nasipo (u) vedi Nasipo (a)
Nafino (a) vedi Anafe
Nasipo/Naxipo (a) pp. 36, 37; Nasipo (p)
Nagar, punta, Turchia; Vituperio/Vetiperio c. 12; Ansipo/ Nansipo/Nasipo (u)
(a) p. 46; Vitupervi (g) p. 49; Uropetio c. 168; porto non individuato, Grecia
(p) c. 15; Duropetra (u) c. 172
Nat (u) vedi Kerion
Nagroponte (g) vedi Chàlke, città
Nata (p) vedi Kerion
Nanfi (u) vedi Anafe
Natro (u) vedi Buyuk Cekmece
Nani (a) vedi Quarnero
Nansipo (u) vedi Nasipo (a) Natta (g) vedi Kerion

Nanzi (p) c. 35; località non individuata, Natta (u) vedi Kerion
Mar Nero Natura (a) vedi Buyuk Cekmece
Napol (u) vedi Frasca Natura (g) vedi Buyuk Cekmece
Napoli (a) vedi Frasca Natura (p) vedi Buyuk Cekmece
Napoli (a) vedi Napoli Naxipo (a) vedi Nasipo (a)
Napoli (g) vedi Frasca Naxos, isola, Grecia, Isole Cicladi; Nichesia/
Napoli (g) vedi Napoli Nichisia (a) p. 55; Michesia/Michisea

345
Bianca Fadda

(g) p. 58; Nighesia (p) c. 17; Nicosia Nezola (g) vedi S. Bainzo
(u) c. 174
Nibio (p) vedi Imbros
Nazogogo (g) vedi Gaudopoula
Nicalae (u) vedi Nisyros
Nebia (u) vedi S. Florance
Nicalea (a) vedi Ikarìa
Negra (g) vedi Megara
Nicalea (p) vedi Ikarìa
Negrelli (u) vedi Nerja
Nicalea (u) vedi Nisyros
Negrepo (a) vedi Chàlke, città,
Nicarea (a) vedi Ikarìa
Negrepo (a) vedi Negroponte
Niccola (p) vedi Mikonos
Negreponte (a) vedi Chàlke, città
Nichalia (u) vedi Ikarìa
Negreponte (a) vedi Negroponte
Nichara (g) vedi Ikarìa
Negropo (p) vedi Chàlke, città
Nicharea (g) vedi Ikarìa
Negropo (p) vedi Negroponte
Nichesia (a) vedi Naxos
Negroponte (Eùboia), isola, Grecia; Negre-
po/Negreponte (a) pp. 39, 40, 41, 45; Nichisia (a) vedi Naxos
Negroponte/Negropontte (g) pp. 41, Nicholasa (u) vedi Mikonos
42, 43, 44, 48, 59; Negropo (p) cc. 13,
16, 17; Negroponte (u) cc. 169, 170 Nichotena (g) vedi Nicotera

Negroponte (g) vedi Chàlke, città Nicolas (u) vedi Mikonos

Negroponte (g) vedi Negroponte Nicolea (p) vedi Ikaria

Negroponte (u) vedi Chàlke, città Nicosia (u) vedi Naxos

Negroponte (u) vedi Negroponte Nicotano (p) vedi Nicotera

Negroponto (g) vedi Chàlke, città Nicotena (a) vedi Nicotera

Negropontte (g) vedi Negroponte Nicotera (u) vedi Nicotera

Nerbona (g) vedi Narbonne Nicotera, Calabria, Italia; Nicotena (a) p. 23;
Nichotena (g) p. 26; Nicotano (p) c. 8;
Nerbona (u) vedi Narbonne Nicotera (u) c. 162
Nerja, capo, Spagna; Nigrelli (a) p. 5; Ingret- Nicza (a) vedi Moyenne Corniche
ti (g) p. 4; Inegrelli (p) c. 1; Negrelli (u)
c. 154 Nicza (a) vedi Nizza

Nero, monte, Toscana, Italia; Monte Nero Nife (p) vedi Anafa
(a) p. 20; Monte Nero (g) p. 21; Monte Nife (u) vedi Anafa
Nero (p) c. 7; Monte Nero (u) c. 160
Niffe (a) vedi Anafa
Nesebur, Bulgaria, Mar Nero; Mezembre (a)
p. 130 Niffo (a) vedi Anafa
Neu (u) vedi Riou Nifin (u) vedi Anafe

346
Indice toponomastico

Nige (g) vedi Salobrena Nizari (a) vedi Nisida


Nighesia (p) vedi Naxos Nizari (a) vedi Nisyros
Nigho (u) vedi Kos Nizari (g) vedi Nisida
Nigier (u) vedi Nisida Nizari (g) vedi Nisyros
Nigrelli (a) vedi Nerja Nizza (u) vedi Nizza
Nigro (p) vedi Megara Nizza, (Nice), città, Francia; Nicza (a) p. 17;
Niza (g) pp. 16, 17, 18; Nissa (p) c. 5;
Nilo di Rosetta (Rashid), fiume, Egitto; Ra-
xeto (a) p. 63; Rosetto (g) p. 69; Risca- Nizza (u) c. 159
to (p) c. 19; Raiset (u) c. 179 Nizzari (p) vedi Nisida
Nio (a) vedi Nio Noli (a) vedi Noli
Nio (a) vedi Nio Noli (g) vedi Noli
Nio (g) vedi Nio Noli (p) vedi Noli
Nio (g) vedi Nio Noli, capo e città, Liguria, Italia; Noli (a)
Nio (Nios), isola, Grecia, Isole Cicladi; Nio p. 18; Noli (g) pp. 18, 19; Noli (p) c. 6;
(a) pp. 50, 53; Nio (g) pp. 52, 55; Nio Noli (p) c. 6; Nori (u) c. 159
(p) cc. 15, 16; Mo/Mol/Delmo/Riode Nori (u) vedi Noli
(u) cc. 172, 174
Nuncrom (u) vedi Makrònesos
Nio (p) vedi Korifi Pirgos
Nio (p) vedi Nio
O
Nio, (a) vedi Korifi Pirgos
Odor (p) vedi Dour
Nio, (g) vedi Korifi Pirgos
Odor (u) vedi Dour
Nisfe (g) vedi Anafa
Odore (a) vedi Dour
Nisida, isola, Italia, Isole Partenopee; Nizari
(a) p. 23; Nizari (g) p. 24; Nizzari (p) Ogliastra, isola, Sardegna, Italia; Plombino/
c. 8; Nigier (u) c. 161 Plonbino (a) p. 93; Ogliastro/Oliastro
(g) p. 99; Ogliastro (p) c. 26; Oglia-
Nissa (p) vedi Nizza stro/Oliasso (u) c. 192
Nisse (g) vedi Anafa Ogliastro (g) vedi Ogliastra
Nisse (u) vedi Moyenne Corniche
Ogliastro (p) vedi Ogliastra
Nisyros, isola, Grecia, Isole Sporadi; Nizari
Ogliastro (u) vedi Ogliastra
(a) p. 51; Nizari (g) p. 52; Nicalea/Ni-
calae (u) c. 173 Oio (p) vedi Ovo
Niza (g) vedi Moyenne Corniche Oliasso (u) vedi Ogliastra
Niza (g) vedi Nizza Oliastro (g) vedi Ogliastra

347
Bianca Fadda

Oliole (a) vedi Villefranche Oreo (a) vedi Oreon


Oliva (u) vedi Villefranche Oreon, castello, Grecia; Oreo (a) p. 42; Reo/
Reio (g) pp. 44, 45; Castoreo (p) c. 14;
Olive (g) vedi Aliveri
Reo (u) c. 170
Oliveres (u) vedi Aliveri
Orfano (Strymonikos), golfo, Grecia; Come-
Olivero (a) vedi Aliveri tissa (a) p. 44; Chontisa/Chontesi (g)
p. 46; Comitossa (p) c. 14; Cometissa/
Olivero (a) vedi Collioure
Chometissa (u) c. 171
Olivi (u) vedi Villefranche
Orlanddo (u) vedi Orlando
Oliviere (g) vedi Collioure
Orlandi (p) vedi Orlando
Oliviers (u) vedi Aliveri
Orlando (a) vedi Orlando
Olivoli (a) vedi Villefranche
Orlando (g) vedi Orlando
Olivoli (g) vedi Villefranche
Orlando (u) vedi Orlando
Olivoli (p) vedi Villefranche
Orlando, capo, Sicilia, Italia; Orlando/Or-
Olivolio (g) vedi Villefranche lanno (a) p. 107; Orlando (g) p. 106;
Orlandi (p) c. 30; Orlando/Orlanddo
Oneglia, porto, Liguria, Italia; Primara Mela
(u) c. 199
(a) p. 17; Prima Metae (g) p. 18; Prima
Miela/Mele (p) c. 6; Primiera Villa (u) Orlanno (a) vedi Orlando
c. 159
Oro (a) vedi Cantor
Onio (a) vedi Unye
Oro, monte, Sicilia, Italia; Aula (u) c. 198;
Oram (u) vedi Orano
Orsa (a) vedi Capo d’Orso
Oran (a) vedi Orano
Orsa (g) vedi Capo d’Orso
Oran (u) vedi Orano
Orsa (u) vedi Capo d’Orso
Orane (p) vedi Orano
Ortrenta (u) vedi Otranto
Oranno (a) vedi Orano
Ospinello (p) vedi Esterel
Orano (p) vedi Orano
Ostia (u) vedi Livadhostra
Orano, città, Algeria; Oranno/Orano (a)
Ostria (a) vedi Livadhostra
pp. 76, 77, 79, 82, 86; Agura/Gaurae/
Ugarano/Uguara/Uguarano (g) pp. 83, Otranto (a) vedi Otranto
84, 87, 89, 92; Orano/Orane (p) cc. 23,
Otranto (p) vedi Otranto
24, 25; Oram/Oran (u) cc. 184, 185,
188 Otranto, capo e porto, Puglia, Italia; Otran-
to/Otrenta (a) pp. 26, 27; Otrato/Atra-
Orau (u) vedi Gyaros
to (g) pp. 29, 30; Otranto (p) c. 9; Or-
Oraua (u) vedi Gyaros trenta/Trenta (u) c. 163

348
Indice toponomastico

Otrato (g) vedi Otranto Palamor (a) vedi Palamos, porto


Otrenta (a) vedi Otranto Palamor (p) vedi Palamos, porto
Ovo (a) vedi Ovo Palamor (u) vedi Palamos, porto
Ovo o Avgo, isola, Creta, Grecia; Ovo (a) Palamor (u) vedi Palamos, secca
p. 118; Uovo (g) p. 114; Oio (p) c. 32;
Palamos, porto, Spagna; Palamor (a) pp. 9,
Uev (u) c. 203
12; Palamare (g) p. 8; Palamor (p) cc. 2,
3; Palamor (u) c. 155
P Palamos, secca, Spagna; Palamor (u) c. 155
Pacaria (g) vedi Cerbicales Palanesa (u) vedi Planier
Pacarie (g) vedi Cerbicales Palanua (a) vedi Palinuro
Pachiso (a) vedi Paxoi Palanuda (a) vedi Palinuro
Pachiso (p) vedi Paxoi Palapoli (p) vedi Papadula
Pacti (a) vedi Patti Palastra (a) vedi Belosarajskaja, Kosa
Pacti (p) vedi Patti Palenmo (g) vedi Palermo
Padries (u) vedi Calseraigne Paleocastro (a) vedi Palaikastron
Paeso (u) vedi Paxoi Palermo (a) vedi Palermo
Pafos, città, Cipro; Baffa (a) p. 127; Baffa (g) Palermo (g) vedi Palermo
p. 119; Baffa (p) c. 33; Baffa (u) c. 206
Palermo (p) vedi Palermo
Pagana (a) p. 35; Pagana (g) p. 39; isola non
Palermo (u) vedi Palermo
identificata, Grecia
Palermo, città, Sicilia, Italia; Palermo (a)
Pagana (a) vedi Pagana (g)
pp. 99, 107; Palermo/Palenmo (g) pp.
Pagaria (g) vedi Cerbicales 106, 127; Palermo (p) cc. 28, 30; Pa-
lermo (u) cc. 194, 198
Pagliocastre (u) vedi Palaikastron
Pali (a) pp. 59, 60; Pali (g) p. 64; Pali/Palis
Pagropoli (a) vedi Jalta
(p) cc. 18, 34; Pals/Plas (u) cc. 177,
Pal Nudo (p) vedi Palinuro 206; porto non identificato, Turchia
Palag (a) p. 15, isola non identificata, Francia Pali (a) vedi Ferrato
Palaikastron, capo, Creta, Grecia; Paleoca- Pali (a) vedi Grosa
stro (a) pp. 110, 116; Panichastro (g)
Pali (a) vedi Palos
p. 112; Poliocastro (p) c. 31; Paglioca-
stre (u) c. 202 Pali (g) vedi Grosa
Palamare (g) vedi Palamos, porto Pali (g) vedi Pali (a)
Palamit (u) vedi Palinuro Pali (g) vedi Palos

349
Bianca Fadda

Pali (p) vedi Pali (a) Palmiere (a) vedi Sanani


Pali (p) vedi Palos Palmocza (a) vedi Pàtmos
Pali (u) vedi Grosa Palmosa (u) vedi Pàtmos
Palinosa (g) vedi Pàtmos Palo (g) vedi Palos
Palinuro, capo, Campania, Italia; Palanua/ Palo Nuddo (g) vedi Palinuro
Palanuda (a) pp. 23, 99; Palo Nudo/
Palo Nudo (g) vedi Palinuro
Palo Nuddo (g) pp. 25, 128; Pal Nudo
(p) cc. 8, 28; Palamit (u) cc. 162, 194 Palobia (g) vedi Colombi
Paliros, porto, Grecia; S. Matheo (a) p. 36; Palombara (g) vedi Colombi
S. Mafeio/S. Maffeio (g) p. 39; S. Mat-
Palomera (a) vedi Groser
teo (u) c. 167
Palomera (g) vedi Groser
Palis (p) vedi Pali (a)
Palomera (p) vedi Groser
Palis (p) vedi Palos
Palomi (a) vedi Panderma
Palis (u) vedi Palos
Palomi (g) vedi Panderma
Pallene, punta, Grecia; Lena (a) p. 43; Lina
(g) p. 46; Lena (p) c. 14 Palomiera (a) vedi Groser
Palma di Maiorca, città, Spagna, Baleari; Palomiera (g) vedi Groser
Maiorica (a) p. 83; Maioricha (g) p. 89;
Palomiera (u) vedi Groser
Maiorica (p) cc. 24, 25; Maioricha (u)
c. 186 Palomiero (a) vedi Groser
Palmaiola, isola, Toscana, Italia; Palmaiuola Palonbi (g) vedi Colombi
(p) c. 7
Palos, capo, Spagna; Pali (a) pp. 8, 79, 82,
Palmaiuola (p) vedi Palmaiola 96; Pali/Palo (g) pp. 6, 88, 89, 123;
Furs/Faris/Pare/Pali/Palis (p) cc. 2, 23,
Palmara (g) vedi Palmarola
24, 27; Palis/Pals (u) cc. 159, 185, 186,
Palmara (p) vedi Palmarola 193
Palmaria (a) vedi Palmarola Pals (u) vedi Pali (a)
Palmaria (u) vedi Palmarola Pals (u) vedi Palos
Palmarola, isola, Italia, Isole Pontine; Palma- Pals (u) vedi Portopalo
ria (a) p. 22; Palmara (g) p. 23; Palmara
Pamiera (a) vedi Groser
(p) c. 8; Palmarolla/Palmaria (u) c. 161
Panagerio (a) p. 134; località non individua-
Palmarolla (u) vedi Palmarola
ta, Turchia, Mar Nero
Palmas, golfo, Sardegna, Italia; Solso (a)
Panagia, capo, Creta, Grecia; Faqua/Faquia/
p. 95; Solcio (g) p. 100; Solcio (p) c. 27;
Fachea (a) p. 118; Frascia (g) pp. 114,
Solcio (u) c. 193
115; Fachia (p) c. 32; Frauschia/Fra-
Palmier (g) vedi Sanani squa (u) c. 203

350
Indice toponomastico

Panaia (g) vedi Panaya Pantalarea (p) vedi Pantelleria


Panarea, isola, Italia, Isole Eolie; Panarie (a) Pantalea (u) vedi Pantelleria
p. 128; Panaria/Panarie (g) pp. 109,
Pantalee (u) vedi Catal Ada
128
Pantalinas (u) vedi Petaliòn
Panaria (g) vedi Panarea
Pantelaria (g) vedi Pantelleria
Panarie (a) vedi Panarea
Pantellaria (g) vedi Pantelleria
Panaya (Bogaz), isola, Grecia; S. Panaia (a)
p. 56; Panaia (g) p. 60; Scampanaria Pantelleria, isola, Italia; Pantalarea/Pantala-
(p) c. 17; S. Maria (u) c. 175 nea/Patalanea/Patanlanea (a) pp. 70, 71,
97, 98, 109, 112, 113; Pantellaria/Pan-
Panderma, golfo, Turchia, Mar di Marmara; telaria/Patellaria (g) pp. 76, 77, 108,
Palomi (a) p. 46; Palomi (g) p. 49; Po- 124, 125, 126; Pantalarea (p) cc. 21, 27,
lona (p) c. 15 28, 30, 34, 35; Pantalanea/Pantalea (u)
Pandio (a) vedi Panizo cc. 181, 194, 199, 201
Pandio (u) vedi Panizo Pantessa (u) vedi Persenti
Pando (g) vedi Panizo Paonar (g) vedi Prenses

Pando (p) vedi Panizo Paonar (u) vedi Prenses

Pane Iscuola (g) vedi Peniscola Paonare (p) vedi Prenses

Pangalia (a) vedi Mangalia Paonarie (a) vedi Prenses

Panicastre (u) vedi Policastro Papadola (a) vedi Papadula

Panicastro (g) vedi Palaikastron Papadominin (u) vedi Papadula

Panicastro (u) vedi Policastro Papadora (a) vedi Papadula

Panichastro (g) vedi Policastro Papadula (o Babadil), isolotti, Turchia; Papa-


dola/Papadora (a) pp. 59, 127; Papedo-
Panichastro (p) vedi Policastro la/Papedolla (g) p. 63; Palapoli/Pappa-
Panischola (u) vedi Peniscola dolla (p) cc. 17, 34; Papadominin (u)
cc. 177, 207
Paniza (p) vedi Pàtmos
Papedola (g) vedi Papadula
Panizo, porto, Turchia, Mar di Marmara;
Papedolla (g) vedi Papadula
Pandio (a) p. 44; Pando (g) p. 47; Pan-
do/Pedio (p) c. 14; Pandio (u) c. 171 Papescia (p) vedi Kosetabya
Panocastro (a) vedi Policastro Pappadolla (p) vedi Papadula
Panormo (u) c. 165; località non individua- Paquino (p) c. 35; località non individuata,
ta, Mar Adriatico Mar Nero
Pantalanea (a) vedi Pantelleria Par (g) vedi Ferrato
Pantalanea (u) vedi Pantelleria Para (u) vedi Ferrato
Pantalarea (a) vedi Pantelleria Paralimene (a) vedi Liman

351
Bianca Fadda

Paralinis (p) vedi Petaliòn Pasaro (a) vedi Passero


Parata (g) vedi Patrasso Pasaro (g) vedi Passero
Paratta (g) vedi Patrasso Pasechia (a) vedi Kosetabya
Pare (p) vedi Grosa Pasequia (a) vedi Kosetabya
Pare (p) vedi Palos Pasequia (u) vedi Kosetabya
Parenzo (g) vedi Parenzo Pasii (p) vedi Paros
Parenzo (Porec), isola, Costa Dalmata; Pa- Pàsman, isola, Costa Dalmata; Temple (a)
renzo (g) p. 32 p. 30; Tempio (g) p. 33; Tenpri (p)
Pari (a) vedi Kemer c. 10; Tenple (u) c. 164

Pari (g) vedi Kemer Pason (g) vedi Rouston

Pari (p) vedi Kemer Pason (u) vedi Rouston

Paria (p) vedi Ampurias Paspacia (g) vedi Kosetabya

Pario (a) vedi Paros Paspecia (g) vedi Kosetabya

Paris (g) vedi Paros Passa (u) vedi Spanta

Paris (p) vedi Kemer Passaor (u) vedi Spanta

Paris (u) vedi Kemer Passara (g) vedi Passero

Paris (u) vedi Paros Passari (p) vedi Passero

Paromera (p) vedi Groser Passaro (a) vedi Passero

Paros, isola, Grecia, Isole Cicladi; Pario (a) Passaro (g) vedi Passero
p. 55; Paris (g) p. 58; Pasii (p) c. 17; Passaro (p) vedi Passero
Paris (u) c. 174
Passcone (a) vedi Rouston
Partelli (u) vedi Spartel
Passer (u) vedi Passero
Partengo (a) p. 132; fiume non identificato,
Turchia, Mar Nero Passero, capo, Sicilia, Italia; Passaro/Pasaro
(a) pp. 80, 106, 108, 109, 112, 113,
Partenqua (u) vedi Kosetabya 120, 121; Passaro/Passara/Pasaro/Pasa-
Partevento (u) vedi Arkìtsa ra (g) pp. 104, 105, 107; Passaro/Passe-
ri (p) cc. 29, 30, 35; Passer (u) cc. 198,
Partevento (u) vedi Spartivento 199, 201
Partir (u) vedi Spatire (a) Passo (g) vedi Paxoi
Partivento (u) vedi Spartivento
Passone (a) vedi Rouston
Pasalimani, isola, Turchia, Mar di Marmara;
Patalanea (a) vedi Pantelleria
Adano (a) p. 46; Adanu (g) p. 49; Ada-
nun (u) c. 172 Pataline (a) vedi Petaliòn
Pasara (g) vedi Passero Patalline (a) vedi Petaliòn

352
Indice toponomastico

Patanlanea (a) vedi Pantelleria Patti (g) vedi Patti


Patara (Furnuz). città, Turchia; Patera (a) Patti (u) vedi Patti
pp. 57, 58; Patara/Patra/Patarala (g)
Patti, porto, Sicilia, Italia; Pacti (a) pp. 107,
pp. 61, 62; Patera (p) c. 17; Patera (u)
108; Patti (g) p. 106; Pacti (p) c. 30;
c. 176
Patti (u) c. 199
Patara (g) vedi Patara
Paulo (a) vedi S. Paolo
Patara e Asillo (p) vedi Patrasso
Pavaillom (u) c. 203; località non individua-
Patarala (g) vedi Patara ta, Grecia
Pateli (g) vedi Catal Ada Paxoi, isola, Grecia, Isole Ionie; Pachiso (a)
p. 32; Passo/Ipasso (g) p. 35; Pachiso
Pateline (g) vedi Petaliòn
(p) c. 10; Paeso/Pinoso (u) c. 166
Patellaria (g) vedi Pantelleria
Paza (u) vedi Spanta
Patelline (g) vedi Petaliòn
Pazano (p) vedi Rouston
Patera (a) vedi Patara
Pazar, Turchia, Mar Nero; Sentina (a) p. 135
Patera (p) vedi Patara
Peccato (a) vedi Pichacho
Patera (u) vedi Patara
Pechanas (u) vedi Pedagne
Patera e Assillo (a) vedi Patrasso
Peconara (a) vedi Cerbicales
Pàtmos, isola, Grecia, Isole Sporadi; Palmoc-
Pecorare (a) vedi Cerbicales
za/Pelmocza (a) p. 54; Palinosa (g)
pp. 56, 57; Paniza/Pramoza (p) cc. 16, Pedagne, scogli, Puglia, Italia; Pedangne (a)
17; Palmosa/Plamosa/Santo Iovanni di pp. 27, 28; Pedanie (g) p. 30; Pechanas
Palmosa (u) c. 174 (u) c. 163
Patra (g) vedi Patara Pedangne (a) vedi Pedagne
Patra e Asillo (p) vedi Patrasso Pedanie (g) vedi Pedagne
Patracha (g) vedi El Maracheb Pedio (p) vedi Panizio
Patras (u) vedi Patrasso Pelago (a) vedi Yerakas
Patrasso (Patraikòs), golfo, Grecia; Patera e Pelago (g) vedi Yerakas
Assillo (a) p. 34; Patara/Paratta (g)
Pelago (p) vedi Yerakas
p. 37; Patra e Asillo/Patara e Asillo (p)
c. 11; Patras (u) c. 167 Pelago (u) vedi Yerakas
Patriarca (p) vedi El Maracheb Pelagosa (a) vedi Meleda
Patriarca (u) vedi Kerkennah Pelagosta (u) vedi Meleda
Patriarcha (a) vedi El Maracheb Pelan (u) vedi Pellaro
Patriarcha (g) vedi El Maracheb Pelicor (u) vedi Policoro
Patriarcha (u) vedi El Maracheb Pelicore (a) vedi Policoro

353
Bianca Fadda

Pellari (a) vedi Pellaro Pera (a) vedi Pera


Pellari (g) vedi Pellaro Pera, capo, Spagna, Baleari; Pera (a) p. 85;
Pietra (g) pp. 90, 91; Pietra (p) c. 25;
Pellari (p) vedi Pellaro
Pietra (u) c. 187
Pellaro, punta, Calabria, Italia; Pellari (a)
Peraldo (a) p. 18; Petardo (p) c. 6; Peraldo
p. 24; Pellari (g) p. 26; Pellari (p) c. 8; (u) c. 159; monte non identificato, Li-
Pelan/Pene (u) c. 162 guria, Italia
Pelmocza (a) vedi Pàtmos Peraldo (u) vedi Peraldo (a)
Penas (u) c. 190; porto situato presso Capo Perda Liada, scogli, Sardegna, Italia; Preta
Caccia, Sardegna, Italia Legata (a) p. 94; Pietra Legatta (g)
Pene (u) vedi Pellaro p. 100; Pietra Favara (p) c. 27: Pietra
Favaria (u) c. 192
Pene di santo Hermino (u) vedi Caccia
Perdige (a) vedi Angistro
Pene Iscola (g) vedi Peniscola
Perese (a) p. 131; secca non identificata, Mar
Peniscola (a) vedi Peniscola Nero
Peniscola, porto, Spagna; Peniscola (a) p. 9; Perichore (p) vedi Policoro
Pene Iscola/Pane Iscuola (g) p. 7; Peni-
scolo (p) c. 2; Panischola (u) c. 155 Pericuore (p) vedi Policoro

Peniscolo (p) vedi Peniscola Permentorio (p) vedi Formentor

Penisola Balcanica, coste meridionali; Ro- Pernici (g) vedi Angistro


mania/Romagna (a) pp. 31, 40, 48, 53, Pernicie (p) vedi Angistro
120, 129, 137; Romania (g) pp. 34,
51; Romania (p) cc. 10, 15, 16; Roma- Perolla (u) vedi Pozzella
nia (u) cc. 151, 165 Persenti, Turchia; Ponta (a) p. 59; Punta (g)
Penna de Ferm (a) p. 26; capo non identifi- p. 63; Punta (p) c. 18; Pantessa (u) c. 177
cato, Puglia, Italia Pesaro (a) vedi Pesaro
Penna Santi Iari (p) vedi Caccia Pesaro, Marche, Italia; Pesaro (a) p. 29
Penne (g) vedi Caccia Pescopia (a) vedi Piskopè
Penne de Sant’Eramo (a) vedi Caccia Pescopia (g) vedi Piskopè
Penne di Sant’Ermo (g) vedi Caccia Pesopia (g) vedi Piskopè
Penne di santo Erminio (u) vedi Caccia Petaliòn (Megalonèsos), isole, Grecia; Patali-
ne/Patalline (a) p. 41; Pateline/Patelli-
Penne di Santo Hermino (u) vedi Caccia
ne (g) pp. 42, 43; Paralinis (p) c. 13;
Penne di Santto Ermo (g) vedi Caccia Pantalinas (u) cc. 169, 179
Penne Sant’Erami (p) vedi Caccia Petardo (p) vedo Peraldo (a)
Penne Sant’Eramo (p) vedi Caccia Petra (g) vedi Seteìa, golfo
Pentale (a) vedi Catal Ada Petra (u) vedi Seteìa, golfo

354
Indice toponomastico

Petralla (g) vedi Pozzella pp. 22, 102; Pianosa (p) cc. 7, 29; Pia-
nosa (u) cc. 160, 197
Petri (g) vedi Petro
Piccharo (u) vedi Pichacho
Petro (g) vedi Petro
Petro (p) vedi Petro Pichacho (g) vedi Pichacho

Petro (u) vedi Petro Pichacho, punta, Spagna Atlantica; Peccato


(a) p. 3; Pichacho (g) p. 1; Picharo (p)
Petro, porto, Spagna, Baleari; Porto Petro (a) c. 1; Piccharo (u) c. 153
p. 84; Petro/Petri (g) pp. 90, 91; Petro
(p) c. 25; Petro (u) c. 186 Picharo (p) vedi Pichacho

Petrolla (p) vedi Pozzella Pichonara (u) vedi Cerbicales

Petrulla (a) vedi Pozzella Picuare (p) vedi Cerbicales

Pexe (a) vedi Ejsk Pietra (g) vedi Beyoglu

Pexeria (a) p. 136; località non individuata, Pietra (g) vedi Pera
Mar Nero Pietra (p) vedi Pera
Pezonda (a) vedi Pitsunda
Pietra (u) vedi Pera
Pezonda (p) vedi Pitsunda
Pietra (u) vedi Seteìa, golfo
Pezzo, punta, Calabria, Italia; Coda de Volpe
Pietra de l’Arabo (g) vedi Capo de Fer
(a) pp. 24, 110; Choda di Volppe (g)
p. 26; Coda de la Volpe/Capo de la Pietra de l’Arabo (p) vedi Capo de Fer
Volpe (p) cc. 8, 31; Coda di Volpe (u)
cc. 162, 199, 200 Pietra dell’Arebe (u) vedi Capo de Fer

Pi, porto, Spagna, Baleari; Pino (a) p. 84; Pietra delle Erbbe (u) vedi Capo de Fer
Pino (g) p. 90; Pin (u) c. 186 Pietra Favara (p) vedi Perda Liada
Piage romane (p) vedi Agro Romano Pietra Favaria (u) vedi Perda Liada
Piaggia Romana (u) vedi Agro Romano Pietra Legatta (g) vedi Perda Liada
Piagia Romana (g) vedi Agro Romano Pigni (g) vedi Espiguette
Piagie di Roma (p) vedi Agro Romano Pigra (g) vedi Pigrano (a)
Piana (g) vedi Ayia Marianì Pigra (p) vedi Pigrano (a)
Piancha di Lecha (g) vedi Planea de Licza (a) Pigra (u) vedi Pigrano (a)
Pianeia (g) vedi Planier
Pigrano (a) pp. 46, 47; Pigra (g) p. 50; Pigra
Pianosa (g) vedi Pianosa (p) c. 15; Pigra/Spingna (u) c. 172; lo-
calità non individuata, Turchia, Mar di
Pianosa (p) vedi Pianosa
Marmara
Pianosa (u) vedi Pianosa
Pilau, isola, Tunisia; Rescalin (a) p. 72; Ra-
Pianosa, isola, Italia, Arcipelago Toscano; scelino (g) p. 78; Rascalino (p) c. 22;
Planosa (a) pp. 21, 104; Pianosa (g) Rascalin (u) c. 182

355
Bianca Fadda

Pin (u) vedi Pi Pisam (p) vedi Pisan


Pina (p) vedi Espiguette Pisan, isola, Algeria; Pizani (a) p. 85; Pisani
(g) p. 81; Pisam (p) c. 22; Piza (u) c. 183
Pina (u) vedi Espiguette
Pisani (g) vedi Pisan
Pinea (a) vedi Espiguette
Pischopia (p) vedi Piskopè
Pineta (a) vedi Espiguette
Piscopia (a) vedi Piskopè
Pinguera (u) c. 187; località non individuata,
Spagna, Baleari Piscopia (p) vedi Piskopè
Pini (g) vedi Espiguette Piscopia (u) c. 206; golfo situato nell’isola di
Cipro, Cipro
Pino (a) vedi Pi
Piscopia (u) vedi Piskopè
Pino (g) vedi Pi
Piscupia (p) vedi Piskopè
Pino (p) c. 34; porto non identificato, Tur-
chia Piskopè (Telos), isola, Grecia, Isole Sporadi;
Piscopia/Pescopia (a) p. 51; Pescopia/
Pinoso (u) vedi Paxoi Pesopia (g) pp. 52, 53; Piscupia/Pisco-
Piombino (g) vedi Piombino pia/Pischopia (p) c. 16; Piscopia/Epi-
scopia (u) c. 173
Piombino (p) vedi Piombino
Pitsunda, Georgia, Mar Nero; Pezonda (a)
Piombino, porto, Toscana, Italia; Plombino/ p. 135; Pezonda (p) c. 36
Plonbino (a) pp. 20, 21; Piombino/
Pionbino (g) pp. 21, 22; Piombino/ Piza (a) vedi Pisa, città
Pionbino (p) c. 7; Pionbino (u) cc. 160, Piza (p) c. 21, località non identificata, Tur-
161 chia
Pionbino (g) vedi Piombino Piza (u) vedi Pisan
Pionbino (p) vedi Piombino Pizani (a) vedi Pisan
Pionbino (u) vedi Piombino Pizzo, punta, Puglia, Italia; Gallipoli (a) p. 26;
Piper (p) c. 35; isola non identificata, Malta Galipoli (g) p. 29; Ghalipoli (u) c. 163

Pisa (g) vedi Pisa, città Placza Romana (a) vedi Agro Romano

Pisa (p) vedi Pisa, città Plamosa (u) vedi Pàtmos

Pisa (u) vedi Pisa, città Plana (a) vedi Ayia Marianì

Pisa, città, Toscana, Italia; Piza (a) p. 20; Pisa Plana de Moon, isola, Spagna, Baleari; Mao-
(g) p. 21; Pisa (p) c. 7; Pisa (u) c. 160 ne (a) p. 87; Maone (g) p. 12; Maone
(p) c. 25
Pisa, porto, Toscana, Italia; Porto Pizan/Por-
Planea de Licza (a) p. 27; Piancha di Lecha
to Pizano (a) pp. 20, 104; Porto Pisa-
(g) p. 30; secca non identificata, Puglia,
no/Portto Pisano (g) pp. 20, 21, 102;
Italia
Porto Pisano (p) cc. 7, 29; Porto Pisano
(u) cc. 160, 197 Planeta (a) vedi Planier

356
Indice toponomastico

Planier, isola, Francia; Planeta (a) p. 12; Pia- Policoro, porto, Puglia, Italia; Policore/Peli-
neia (g) p. 12; Lapiana (p) c. 4; Palane- core (a) p. 25; Pollichore (g) p. 28; Pe-
sa (u) c. 156 richore/Pericuore (p) c. 9; Pelicor (u)
c. 162
Planosa (a) vedi Pianosa
Polino (a) pp. 49, 124; Pollimo (u) c. 204;
Plas (u) vedi Pali (a)
isola non identificata, Grecia
Platena (a) vedi Polathane
Poliocastro (p) vedi Palaikastron
Plementor (u) vedi Promontora
Poll (u) vedi Pollo
Plombino (a) vedi Ogliastra
Polla (p) vedi Pola
Plombino (a) vedi Piombino
Pollença, baia, Spagna, Baleari; Polenza (a)
Plonbino (a) vedi Ogliastra p. 85; Pulenza/Pulezza (g) p. 91; Pulen-
sa (p) c. 25; Poilensa (u) c. 187
Plonbino (a) vedi Piombino
Pollichore (g) vedi Policoro
Po di Primaro, foce del Reno, Emilia Roma-
gna, Italia; Primaro (a) p. 30 Pollimo (u) vedi Polino (a)
Po di Volano, Emilia Romagna, Italia; Vola- Pollo (g) vedi Porto Pollo
na (a) p. 30
Pollo, porto, Corsica, Francia; Poll (u) c. 195
Pocallo (a) vedi Cepet
Polona (p) vedi Panderma
Poilensa (u) vedi Poilença
Pomago (g) vedi Pomegues
Pola (a) vedi Pola
Pomago (p) vedi Pomegues
Pola (p) vedi Pola
Pomega (g) vedi Pomegues
Pola, Costa Dalmata; Pola (a) p. 30; Polla/
Pomego (a) vedi Pomegues
Pola (p) c. 10
Pomegues, isole, Francia; Pomego/Pomigo
Polathane (Akçaabat), Turchia, Mar Nero;
(a) p. 12; Pomago/Pomega (g) p. 11;
Platena (a) p. 135
Pomago (p) c. 4; Pomengne (u) c. 156
Polcino (a) vedi El Bassite
Pomengne (u) vedi Pomegues
Polenza (a) vedi Pollença
Pomigo (a) vedi Pomegues
Policandro (a) vedi Folegandros
Pomorie, capo, Bulgaria, Mar Nero; Asillo
Policandro (u) vedi Folegandros (a) p. 130
Policastro, golfo, Campania, Italia; Panoca- Pomsa (u) vedi Ponza
stro (a) p. 23; Panichastro (g) pp. 25,
Poncairollas (u) vedi Porquerolles
109; Panichastro (p) cc. 8, 30; Panica-
stro/Panicastre (u) cc. 162, 200 Pondiconese (a) vedi Artemision
Polichandro (g) vedi Folegandros Pondicopera (a) vedi Kerc, Turchia
Policore (a) vedi Policoro Ponsa (a) vedi Ponza

357
Bianca Fadda

Ponsa (u) vedi Ponza Porci (a) vedi Procida


Ponso (p) vedi Ponza Porciello (u) vedi Syrna
Pont’Arachia (a) vedi Eregli (Zonguldak) Porcino (g) vedi El Bassite
Ponta (a) vedi Persenti Porco, isoletta, Sardegna, Italia; Vacca (a)
p. 91; Vacha (g) p. 98; Vaccha/Vaqua
Pontareta (a) vedi Ventotene (u) c. 191
Ponte Arachia (a) vedi Eregli (Zonguldak) Porion, isola, Grecia; Sei e Due e As/Asse (a)
Ponte Chonize (g) vedi Artemision pp. 37, 122, 123; Sei Asso (g) p. 118;
Sei Due (p) c. 12
Ponticia (g) vedi Porcara
Porquerolles, isole, Francia; Porcarola (a)
Ponticia (p) vedi Porcara p. 15; Porchuarola (g) p. 15; Poncairol-
Ponza (a) vedi Ponza las (u) c. 158

Ponza, isola, Italia, Isole Pontine; Ponza/Pon- Porrassa (u) c. 187; isola non identificata,
sa (a) pp. 22, 100, 105; Ponzi/Ponzo/ Spagna
Proza (g) pp. 23, 95, 126, 128; Ponso Porrata (u) vedi Porrecta (a)
(p) cc. 8, 28; Ponsa/Pomsa (u) cc. 161,
195, 197 Porrecta (a) pp. 48, 49, 123, 124; Porrata (u)
c. 204; isola non identificata, Grecia
Ponzi (g) vedi Ponza
Port Cros, porto, Francia; Grosso (a) p. 15;
Ponzo (g) vedi Ponza Grosso (g) pp. 14, 15; Porto Grosso (p)
Por Ponella (g) vedi Porto Bonello (a) c. 5; Gros/Ros (u) c. 158

Porbonello (p) vedi Porto Bonello (a) Port Cros, isola, Francia; Meczana/Miliana
(a) p. 15; Mediana (g) p. 14; Mediana
Porcaira (a) vedi La Maddalena (p) c. 5; Meiana (u) c. 158
Porcara, torrente, Sicilia, Italia; Potencia/Po- Porta (a) vedi Portas
tenzia (a) pp. 105, 106; Ponticia (g)
Porta (u) vedi Portas
p. 104; Ponticia (p) c. 29; Potensia (u)
c. 197 Porta Auria (a) vedi Beyoglu
Porcarola (a) vedi Porquerolles Portas, punta, Spagna, Baleari; Porta (a)
pp. 81, 82; Porte (g) p. 87; Porta (u)
Porcella (a) vedi Syrna
c. 186
Porcelli (p) vedi Syrna
Porte (g) vedi Portas
Porcelli, scogli, Sicilia, Italia; Cangne (a)
Portman, porto, Spagna; Porto Magno (a)
p. 107; Chanziri (g) p. 105; Ganzir (p)
pp. 7, 8; Portto Manno (g) p. 6; Porto
c. 30; Lospodels (u) c. 198
Grande (p) c. 2; Porto Mangno (u)
Porcetti (g) vedi Syrna c. 154

Porcharia (g) vedi La Maddalena Porto Alfino (p) vedi Portofino, porto

Porchuarola (g) vedi Porquerolles Porto Alfino (u) vedi Portofino, porto

358
Indice toponomastico

Porto Bonello (a) p. 60; Porbonello/Borbonel- Porto Morigi (u) vedi Porto Maurizio
lo (p) cc. 18, 33; Por Ponella (g) p. 64;
località non individuata a Sud di Ales- Porto Petro (a) vedi Petro
sandretta, Turchia Porto Petro, castello, Spagna, Baleari; S. Ve-
Porto Cervo, Sardegna, Italia; Servo/Servio/ nio (a) pp. 18, 84; Ienu/Ieniu (g) p. 91;
Servi (u) c. 191 S. Veni (u) c. 187

Porto Collo, Algeria; Ancollo/Andolo (a) Porto Picol (u) c. 197; porto non identifica-
p. 74; Anchol/Angholle (g) p. 81; An- to, Sicilia, Italia
colli/Ancolle (p) c. 22; Ancolle (u) c. Porto Pisano (g) vedi Pisa, porto
183
Porto Pisano (p) vedi Pisa, porto
Porto Dalfino (a) vedi Portofino, porto
Porto Pisano (u) vedi Pisa, porto
Porto de Sancto Stefano (a) vedi Porto Santo
Stefano Porto Pizan (a) vedi Pisa, porto
Porto Erchuli (p) vedi Porto Ercole Porto Pizano (a) vedi Pisa, porto
Porto Ercole, Toscana, Italia; Porto Erculi (a) Porto Pollo, Sardegna, Italia; Pollo (g) p. 97
p. 21; Portto Erchule (g) p. 22; Porto
Erchuli (p) c. 7 Porto Santo Stefano, Toscana, Italia; Porto
de Sancto Stefano (a) p. 21; Santo Ste-
Porto Erculi (a) vedi Porto Ercole fano (p) c. 7
Porto Ferraio, Toscana, Italia; Ferrara/Ferrai- Porto Vecchio (p) vedi Alessandria, porto
ra (a) pp. 20, 104; Ferara (g) pp. 21,
102; Ferrara (p) cc. 7, 29; Ferraro/Fer- Porto Vecchio (p) vedi Portovecchio
raia (u) cc. 160, 197 Porto Vecchio (u) vedi Alessandria, porto
Porto Grande (p) vedi Portman Porto Vecchio (u) vedi Portovecchio
Porto Grosso (p) vedi Port Cros Porto Veccho (p) vedi Portovecchio
Porto Longone, Toscana, Italia; Longone (g)
Porto Vechio (p) vedi Portovecchio
p. 21; Lunghone (p) c. 7
Porto Vellio (a) vedi Alessandria, porto
Porto Magno (a) vedi Portman
Porto Vellio (a) vedi Portovecchio
Porto Mangno (u) vedi Portman
Porto Venari (g) vedi Portovenere
Porto Maurizio, Liguria, Italia; Porto Mori-
gi/Porto Morige (a) p. 17; Portto Mau- Porto Venari (p) vedi Portovenere
reci/Portto Moreci (g) p. 18; Porto
Moricio/Porto Moricie (p) c. 6; Porto Porto Venaro (a) vedi Portovenere
Morigi (u) c. 159 Porto Venere (a) vedi Vendres
Porto Moricie (p) vedi Porto Maurizio Porto Veneri (p) vedi Portovenere
Porto Moricio (p) vedi Porto Maurizio Porto Veneri (u) vedi Portovenere
Porto Morige (a) vedi Porto Maurizio Portofino, porto, Liguria, Italia; Porto Dalfi-
Porto Morigi (a) vedi Porto Maurizio no (a) p. 19; Portto Alfino/Portto D’Al-

359
Bianca Fadda

fino (g) p. 19; Porto Alfino (p) c. 6; Por- Poti, Georgia, Mar Nero; Linopoli (a) p. 134
to Alfino (u) c. 160
Pousin (u) vedi El Bassite
Portofino, promontorio, Liguria, Italia; Ca-
Pozallo (a) vedi Cepet
storno (a) p. 19; Chastorno/Chastorino
(g) p. 19; Castorno/Chastoro (p) c. 6; Pozallo (g) vedi Cepet
Ascuri (u) c. 160
Pozzella, torre, Puglia, Italia; Petrulla (a)
Portopalo, Sicilia, Italia; Pals (u) c. 198 p. 28; Petralla (g) p. 31; Petrolla (p) c. 9;
Perolla (u) c. 164
Portovecchio, Corsica, Francia; Porto Vellio
(a) p. 102; Portto Vechio (g) p. 94; Por- Ppadora (a) p. 127; Sapraradona (g) p. 120;
to Vechio/Porto Vecchio/Porto Veccho Sparadonna (p) c. 33, località non in-
(p) cc. 28, 29; Porto Vecchio (u) c. 196 dividuata, Turchia
Portovenere, Liguria, Italia; Porto Venaro (a) Praciero (a) vedi Calseraigne
pp. 19, 20, 104; Porto Venari (g) pp. 20,
Pradello (a) vedi Calseraigne
21; Porto Veneri/Porto Venari (p) cc. 6,
7, 29; Porto Veneri (u) cc. 160, 197 Pradries (u) vedi Calseraigne
Portti (g) vedi Prote Pradues (u) vedi Calseraigne
Portto Alfino (g) vedi Portofino, porto Prameio (p) vedi Calseraigne
Portto D’Alfino (g) vedi Portofino, porto Pramoza (p) vedi Pàtmos
Portto Erchule (g) vedi Porto Ercole Prementoli (g) vedi Formentor
Portto Manno (g) vedi Portman Prementor (u) vedi Promontora
Portto Maureci (g) vedi Porto Maurizio Prementor (u) vedi Styra
Portto Moreci (g) vedi Porto Maurizio Prementora (a) vedi Formentor
Portto Pisano (g) vedi Pisa, porto Prementora (g) vedi Formentor
Portto Vecchio (g) vedi Alessandria, porto Prementore (a) vedi Formentor
Portto Vechio (g) vedi Portovecchio Prementore (a) vedi Styra
Portto Venari (g) vedi Vendres Prementori (g) vedi Formentor
Posal (u) vedi Cepet Prementori (u) vedi Styra
Possala (p) vedi Cepet Prementorio (p) vedi Formentor
Possallo (p) vedi Cepet Prementorio (p) vedi Styra
Possuolo (p) vedi Cepet Prementuoli (g) vedi Formentor
Postelli (p) vedi Catal Ada Premettorno (p) vedi Styra
Potencia (a) vedi Porcara Premontora (a) vedi Promontora
Potensia (u) vedi Porcara Premontore (a) vedi Promontora
Potenzia (a) vedi Porcara Premontorio (p) vedi Promontora

360
Indice toponomastico

Prenses, isole, Turchia, Mar di Marmara; Pao- Proprian (u) vedi Propriano
narie (a) p. 47; Paonar (g) p. 50; Paonare
Propriano, golfo, Corsica, Francia; Proprian
(p) c. 15; Paonar (u) c. 172
(u) c. 195
Prenses, isole, Turchia, Mar di Marmara; Reo-
Prosida (a) vedi Procida
lin (a) p. 47; Roclin (g) p. 50; Roali (p)
c. 15; Rooli (u) c. 172 Prote, isola, Grecia, Isole Ionie; Proti (a)
Preta dell’Arabo (a) vedi Capo de Fer p. 35; Portti (g) p. 38; Prochi (p) c. 11;
Prochi (u) c. 167
Preta Legata (a) vedi Perda Liada
Proti (a) vedi Prote
Prima Metae (g) vedi Oneglia
Provener (u) vedi Vendres
Prima Miela (p) vedi Oneglia
Provenza (a) vedi Provenza
Primara Mela (a) vedi Oneglia
Provenza (g) vedi Provenza
Primaro (a) vedi Po di Primaro
Provenza (u) vedi Provenza
Primiera Villa (u) vedi Oneglia
Provenza, Francia; Provenza (a) pp. 15, 71,
Primitero (g) vedi Styra 72, 78, 90, 93, 96; Provenza (g) pp. 11,
Primitor (g) vedi Promontora 13, 25, 78, 96; Provincia (p) c. 5; Pro-
venza (u) c. 159
Primitor (g) vedi Styra
Provenzello (g) vedi Calseraigne
Primitoro (g) vedi Styra
Provincia (p) vedi Provenza
Prochi (p) vedi Prote
Proza (g) vedi Ponza
Prochi (u) vedi Prote
Prunentor (u) vedi Styra
Procida (g) vedi Procida
Pruvinciali (p) c. 34; località non identifica-
Procida (p) vedi Procida ta, Turchia
Procida (u) vedi Procida Puglia (g) vedi Puglia
Procida, isola, Italia, Isole Flegree; Prosida/ Puglia, Italia; Pullia (a) p. 78; Puglia (g)
Porci (a) p. 22; Procida (g) p. 24; Proci-
pp. 17, 29
da (p) c. 8; Procida (u) c. 161
Pujols, cala, Spagna, Isole Pitiuse; Salo/Sale-
Promentoli (g) vedi Formentor
me (a) pp. 82, 84, 87, 88; Salem/Salen
Promontora (Kamenjak), capo, Costa Dal- (g) pp. 87, 90, 93; Salo (u) cc. 186,
mata; Premontore/Premontora/Istria 188, 189
(a) p. 30; Primitor/Istria (g) pp. 32, 33;
Pulano (p) c. 18; monte non identificato,
Premontorio/Capo d’Estro (p) c. 10;
Turchia
Prementor/Plementor/Chapo d’Istria
(u) c. 164 Pulensa (p) vedi Pollença
Promuentorio (p) vedi Styra Pulenza (g) vedi Pollença
Pronichi (g) vedi Angisro Pulezza (g) vedi Pollença

361
Bianca Fadda

Pulicandro (p) vedi Folegandros Quero (a) vedi Keros


Pulichandro (g) vedi Folegandros Quero (p) vedi Keros
Pullia (a) vedi Puglia Querques (u) c. 201; isola non identificata
Punta (g) vedi Persenti Quiderones (u) vedi Gàidoro
Punta (p) vedi Persenti Quilbo (a) vedi Skerki
Puzallo (g) vedi Cepet Quilimo (a) vedi Calimno
Pyla, capo, Cipro; S. Georgi (a) p. 126; S. Quinoli (p) vedi Ginolu
Giorgio (g) p. 119; S. Giorgio (p) c. 33;
S. Giorgio (u) c. 205 Quinori (a) vedi Ginolu

Pylos, isoletta, Grecia; Gucho (g) p. 38 Quiperico (p) c. 36; località non individuata,
Mar Nero
Pyrgos, punta, Grecia; Castro Andrea (a)
p. 43; Chastro Andrea (g) p. 46; Ca- Quipia (a) vedi Kelibia
strada (p) c. 14; Castrandriano (u) Quipia (u) vedi Kelibia
c. 170
Quippia (a) vedi Kelibia
Quira (a) vedi Quirra
Q
Quirra (o Murtas), isola, Sardegna, Italia;
Quae (u) vedi Keros
Quira (a) p. 93; Chirra (g) p. 99; Chir-
Quaglie (p) vedi Kayio ra (p) c. 26; Cchirra/Cirra (u) c. 192
Qualle (a) vedi Kayio Quitolli (p) vedi Ginolu
Quallie (a) vedi Kayio Quitori (a) vedi Ginolu
Quanquillosa (u) c. 156; località non indivi- Quo (u) vedi Keros
duata, Francia
Quvel (u) vedi Quep (u)
Quarena (u) vedi Garian
Quarentana (a) p. 34; golfo non identificato,
Grecia R

Quarnero (Kvarner), golfo, Costa Dalmata; Raa (u) vedi Kanayis


Carnaro/Nani (a) p. 30; Chanale (g) Raba (g) vedi Los Escullos
p. 33; Quarnale (p) c. 10; Carnale (u)
c. 164 Raba (p) vedi Los Escullos

Quarto (u) vedi Carto (a) Rabia (g) vedi Los Escullos
Quelp (u) vedi Quep (u) Rabut/Robaut (u) c. 158; isola non identifi-
cata, Francia
Queo (u) vedi Gemlik
Rachgow, isola, Algeria; Alfabiba (u) c. 184
Quep/Quelp/Quvel (u) cc. 194, 199, 200;
secca non individuata, Africa Setten- Raftis, porto, Grecia; Fata (a) p. 40; Fatta (g)
trionale p. 42; Fia (p) c. 13; Far (u) c. 169

362
Indice toponomastico

Ragonaia (u) vedi Dragonesi Rap (u) c. 180; località non individuata
Ragosa (g) vedi Ragusa Rapallo (a) vedi Rapallo
Ragosa (p) vedi Ragusa Rapallo (g) vedi Rapallo
Ragosa Vecchia (p) vedi Ragusa Vecchia Rapallo (p) vedi Rapallo
Ragosa Vechia (g) vedi Ragusa Vecchia Rapallo (u) vedi Rapallo
Ragusa (a) vedi Ragusa Rapallo, golfo, Liguria, Italia; Rapallo (a)
p. 19; Rapallo (g) pp. 19, 20, 22; Ra-
Ragusa (Dubrovnik), città, Costa Dalmata;
pallo (p) cc. 6, 7; Rapallo (u) c. 160
Ragusa (a) p. 31; Ragosa (g) p. 34; Ra-
gosa (p) c. 10; Aragosa (u) c. 156 Rapam (p) vedi Rapano (a)
Ragusa Vecchia (Cavtat), porto, Costa Dal- Rapan (u) vedi Rapano (a)
mata; Ragusa Vellia (a) p. 31; Ragosa
Rapano (a) p. 36; Rapam (p) c. 12; Rapan
Vechia (g) p. 34; Ragosa Vecchia (p)
(u) c. 168; castello non identificato,
c. 10; Aragosa Vecchia (u) c. 165
Grecia
Ragusa Vellia (a) vedi Ragusa Vecchia
Ras El Albiadi, capo, Tunisia; Guardia de Bi-
Ragusio (antico Orichii), porto, Albania; zerto (a) p. 73; Guardia di Bisarti (g)
Rigo (a) p. 31; Drigo (g) p. 34; Righo/ pp. 79, 125; Guardia di Bisarti (p) cc.
Rigo (p) c. 10; Drigo (u) c. 165 22, 27; Ghuardia del Bezert (u) c. 182
Raiba (a) vedi Los Escullos Ras El Kasrun, capo, Egitto; Rasacasale/Ras-
sacasale (a) p. 63; Rasal Calsar (g) p. 68;
Raiba (u) vedi Los Escullos
Rasalcassaro (p) c. 19
Raiset (u) vedi Nilo di Rosetta
Rasa (g) vedi Kanayis, capo
Ramade (g) vedi Ramla el-Kebira
Rasa (p) vedi Kanayis, capo
Rameda (a) vedi Ramla el-Kebira
Rasa (u) vedi Kanayis, capo
Rameda (p) vedi Ramla el-Kebira
Rasa Alsen (g) vedi Hamamat
Rameda (u) vedi Ramla el-Kebira
Rasa Charame (g) vedi Scaramia
Ramenda (p) vedi Ramla el-Kebira
Rasa Malbese (g) vedi Makhbez
Ramkin, isola, Libano; Roncino (a) p. 60;
Rasa Maxi (p) vedi Serrat
Ronchino (g) p. 65; Ronchin (p) c. 18;
Ronquis (u) c. 177 Rasa Ucello (g) vedi Hamamat
Ramla el-Kebira, capo, Libia; Rameda/La- Rasabobes (g) vedi Makhbez
meda (a) p. 65; Ramade (g) p. 71; Ra-
Ras-Abu Lahu, capo, Egitto; Argonsi/Lar-
meda/Ramenda (p) cc. 19, 20; Rameda
gonsino (a) p. 65; Aguzino (g) p. 70;
(u) c. 179
Aguscino (p) c. 19; Agosabgostin/Sa-
Ranailla (u) vedi Canaille gostens (u) c. 179
Ransagibel (u) vedi Djebel Rasacangir (a) vedi Murro di Porco

363
Bianca Fadda

Rasacarame (a) vedi Scaramia Rasamusar (g) vedi Serrat


Rasacarame (p) vedi Scaramia Rasatanzir (u) vedi Khanzur
Rasacasale (a) vedi Ras El Kasrun Rasaucaram (u) vedi Scaramia
Rasachangir (g) vedi Khanzur Rasauce (g) vedi Hamamat
Rasachanziri (g) vedi Murro di Porco Rasaucello (g) vedi Hamamat
Rasaganzir (p) vedi Khanzur Rasaucen (g) vedi Hamamat
Rasaganzir (p) vedi Murro di Porco Rasausem (a) vedi Hamamat
Rasagibel (g) vedi Djebel Rasausem (p) vedi Hamamat
Rasagibel (u) vedi Djebel Rasausem (u) vedi Hamamat
Rasagibele (a) vedi Djebel Rasaussem (a) vedi Hamamat
Rasagibell (g) vedi Djebel Rasautin (u) vedi Tin
Rasai Carai (u) vedi Scaramia Rasautino (a) vedi Tin
Rasal Calsar (g) vedi Ras El Kasrun Rascalin (u) vedi Pilau
Rasal Gibel (g) vedi Djebel Rascalino (p) vedi Pilau
Rasalcassaro (p) vedi Ras El Kasrun Rascarame (a) vedi Scaramia
Rasalcon (g) vedi Hamamat Rascelino (g) vedi Pilau
Rasalgibello (p) vedi Djebel Rasegibel (g) vedi Djebel
Rasalom (p) vedi Hamamat Rasem (u) vedi Hamamat
Rasaltin (g) vedi Tin Ras-Mahdia, capo, Tunisia; Afrega/Affrega
(a) pp. 68, 69, 70, 71, 112, 114; Afri-
Rasaltini (g) vedi Tin
cha (g) pp. 74, 75, 76, 77; Africa/Afri-
Rasaltino (g) vedi Tin cha (p) cc. 20, 21, 34, 35; Africha/Af-
frica/Fluria (u) cc. 180, 181, 201
Rasaltino (p) vedi Tin
Raso al Gibello (g) vedi Djebel
Rasalus (p) vedi Kanayis, golfo
Raso Altin (g) vedi Tin
Rasam (g) vedi Kanayis, capo
Raso Changir (g) vedi Khanzur
Rasam (p) vedi Kanayis, capo
Raso Chanzire (g) vedi Khanzur
Rasamabes (u) vedi Makhbez
Raso Elcienem (g) vedi Hamamat
Rasamabese (a) vedi Makhbez
Raso il Gibel (g) vedi Djebel
Rasamalbese (a) vedi Makhbez
Rasocolmo, capo, Sicilia, Italia; Mortella (a)
Rasamebecho (p) vedi Makhbez
pp. 102, 108; Mortella (g) p. 106;
Rasamobete (p) vedi Makhbez Mortella (p) c. 30; Mortella (u) c. 199

364
Indice toponomastico

Rasol Gibel (g) vedi Djebel Razam (p) vedi Kanayis, capo
Rasoli (g) vedi Kanayis, golfo Razari (p) vedi Kanayis, capo
Rasori (g) vedi Kanayis, golfo Razor (u) vedi Kanayis, golfo
Rasoro (g) vedi Kanayis, golfo Rebaldina (a) p. 14; Robandina (u) c. 158;
Rassa (a) vedi Kanayis, capo isola non identificata, Francia

Rassa (g) vedi Kanayis, capo Recrea (a) vedi Eregli


Rassa Camzil (u) vedi Murro di Porco Reggi (p) vedi Reggio Calabria
Rassa Carar (u) vedi Scaramia Reggio Calabria, porto, Calabria, Italia;
Rezo (a) p. 24; Regio (g) p. 26; Reggi
Rassa Misar (u) vedi Serrat
(p) c. 8; Riccho/Riegho (u) c. 162
Rassa Missara (u) vedi Serrat
Regio (g) vedi Reggio Calabria
Rassacangiro (a) vedi Khanzur
Reio (g) vedi Oreon
Rassacanziro (a) vedi Khanzur
Remomil (u) vedi Antimelos
Rassacarame (a) vedi Scaramia
Rensana (p) vedi Renzano
Rassacasale (a) vedi Ras El Kasrun
Renzano (g) vedi Renzano
Rassagibel (a) vedi Djebel
Renzano, montagna nei pressi del porto
Rassalgibel (a) vedi Djebel
omonimo, Liguria, Italia; Arenzano (a)
Rassam (g) vedi Kanayis, capo p. 17 Renzano (g) p. 19; Rensana (p)
Rassamuzal (a) vedi Serrat c. 6; Aransar (u) c. 159

Rassamuzar (a) vedi Serrat Reo (a) vedi Riou

Rasse (g) vedi Kanayis, capo Reo (g) vedi Oreon

Rasso Charame (g) vedi Scaramia Reo (g) vedi Riou


Rastello (u) c. 192; località non individuata, Reo (u) vedi Oreon
Sardegna sudorientale
Reolin (a) vedi Prenses
Rausansen (p) vedi Hamamat
Reosto (g) vedi Rodosto
Rauserauti (u) vedi Tin
Reosto (p) vedi Rodosto
Ravenna (a) vedi Ravenna
Reostro (g) vedi Rodosto
Ravenna, Emilia Romagna, Italia; Ravenna
(a) pp. 29, 30 Resaltino (a) vedi Tin

Raxeto (a) vedi Kanayis, golfo Resautino (a) vedi Tin


Raxeto (a) vedi Nilo di Rosetta Rescalin (a) vedi Pilau
Raxore (a) vedi Kanayis, golfo Revelara (a) vedi Revellata
Raza (a) vedi Kanayis, capo Revellaria (u) vedi Revellata

365
Bianca Fadda

Revellata, capo, Corsica, Francia; Revelara/ Rodani (p) vedi Kapidagi


Levelara (a) p. 101; Larvielata (p) c. 28;
Rodas (u) vedi Rodi
Revellaria/Revelloria (u) cc. 195, 196
Rodas, chastello (u) vedi Rode, castello (a)
Revelloria (u) vedi Revellata
Roddo (g) vedi Rodi
Rezena (p) vedi Miseno
Rode (a) vedi Rodi
Rezo (a) vedi Reggio Calabria
Rode, castello (a) p. 57; Rodi, chastello (g)
Rica (El Arish), golfo, Egitto; Riza (a) p. 63; p. 61; Rodo, chastello (p) c. 17; Rodas,
La Riza/Larza (g) p. 68; Larza (p) c. 19 chastello (u) c. 176; castello situato
Riccho (u) vedi Reggio Calabria nell’isola di Rodi, Grecia
Riczo (a) p. 68; Riso (g) p. 74; Riso (p) c. 20; Rodesta (u) vedi Rodosto
Riso (u) c. 180; località non individua- Rodesto (u) vedi Rodosto
ta, Tunisia
Rodi (g) vedi Rodi
Riegho (u) vedi Reggio Calabria
Rodi (p) vedi Rodi
Righo (p) vedi Ragusio
Rodi (u) vedi Rodi
Rigo (a) vedi Ragusio
Rodi, chastello (g) vedi Rode, castello (a)
Rigo (p) vedi Ragusio
Rodi, isola, Grecia; Rode (a) pp. 51, 52, 57,
Riode (u) vedi Nio 58, 122, 128; Rodi/Rodo/Roddo (g)
Riou, isola, Francia; Reo (a) p. 12; Reo (g) pp. 52, 53, 60, 61, 117, 120; Freo/
p. 12; Neu (u) cc. 157, 158 Rodo/Rodi (p) cc. 16, 17, 20, 32, 33,
34; Rodi/Rodis/Rodas (u) cc. 173,
Ripe Bianche (g) vedi Abu Ashafa 176, 204, 206
Riscato (p) vedi Nilo di Rosetta Rodia (a) vedi Kapidagi
Riso (g) vedi Riczo (a) Rodia (g) vedi Kapidagi
Riso (p) vedi Riczo (a) Rodis (u) vedi Kapidagi
Riso (u) vedi Riczo (a) Rodis (u) vedi Rodi
Riso, scala de le seche (g) vedi Zarzis Rodo (g) vedi Rodi
Rissa (a) vedi Rize Rodo (p) vedi Rodi
Riza (a) vedi Rica Rodo, chastello (p) vedi Rode, castello (a)
Rize, Turchia, Mar Nero; Rissa (a) p. 135 Rodosto (Tekirdag), porto, Turchia, Mar di
Marmara; Rosto (a) p. 44; Reosto/Reo-
Roali (p) vedi Prenses
stro (g) p. 47; Reosto/Rosto (p) c. 14;
Robandina (u) vedi Rebaldina (a) Rodesto/Rodesta (u) c. 171
Robaut (u) vedi Rabut (u) Rogal (u) vedi Akritas
Rocca (u) vedi Kapsul Roin (u) vedi Camarat
Roclin (g) vedi Prenses Roino (g) vedi Camarat

366
Indice toponomastico

Rois (u) vedi Camarat Rose, capo, Algeria; Rosso (a) p. 74; Rosa (g)
p. 80; Roza (p) c. 22; Capro (u) c. 182
Roissan (u) vedi Rossano
Rosetto (g) vedi Nilo di Rosetta
Rolland (a) vedi Salamina
Roso (p) vedi Rosas
Roma, foce del Tevere, Lazio, Italia; Foce de
Roma (a) pp. 21, 22, 99, 105; Focie di Roso (u) vedi Rosas
Roma (g) pp. 23, 103, 126, 128; Focie
Rossa (a) vedi Gioura
di Roma (p) cc. 8, 28, 29; Focie di
Roma (u) cc. 161, 2194, 197 Rossa (a) vedi Rossa, isola, Sardegna nord-
orientale
Romagna (a) vedi Penisola Balcanica
Rossa (a) vedi Rossa, isola, Sardegna sud-oc-
Romania (a) vedi Penisola Balcanica cidentale
Romania (a) vedi Penisola Balcanica Rossa (g) vedi Gioura
Romania (g) vedi Penisola Balcanica Rossa (g) vedi Rossa, isola, Sardegna nord-
Romania (g) vedi Penisola Balcanica orientale

Romania (p) vedi Penisola Balcanica Rossa (g) vedi Rossa, isola, Sardegna sud-oc-
cidentale
Romania (u) vedi Penisola Balcanica
Rossa (p) vedi Gioura
Romania (u) vedi Penisola Balcanica
Rossa (p) vedi Rossa, isola, Sardegna sud-oc-
Romquis (u) vedi Ramkin cidentale
Ronchin (p) vedi Ramkin Rossa (u) vedi Gioura
Ronchino (g) vedi Ramkin Rossa (u) vedi Rossa, isola, Sardegna nord-
Roncino (a) vedi Ramkin orientale

Rondina/Rondinara (u) c. 196; località non Rossa (u) vedi Rossa, isola, Sardegna sud-oc-
identificata, Corsica, Francia cidentale

Rondinara (u) vedi Rondina (u) Rossa, isola di Bosa, Sardegna, Italia; Boc-
zea/Bozea (a) p. 90; Buosa (g) p. 96;
Rooli (u) vedi Prenses Buoza (p) c. 26; Buosa (u) c. 190
Ros (u) vedi Port Cros Rossa, isola, Sardegna nord-orientale, Italia;
Rosa (g) vedi Rose Rossa (a) p. 92; Rossa (g) p. 99; Rossa
(u) c. 190
Rosa (p) vedi Rossano
Rossa, isola, Sardegna sud-occidentale, Ita-
Rosano (g) vedi Rossano lia; Rossa (a) p. 95; Rossa (g) p. 100;
Rosas, porto, Spagna; Rozo/Roze (a) pp. 10, Rossa (p) c. 27; Rossa (u) c. 193
103; Rose/Rosu (g) pp. 8, 9, 101; Rossano (a) vedi Rossano
Roso/Rosso/Rozum (p) cc. 3, 29; Ro-
Rossano, porto, Calabria, Italia; Rossano (a)
zas/Roso/Rosu (u) cc. 155.197
p. 25; Rosano (g) p. 28; Rosa (p) c. 8;
Rose (g) vedi Rosas Roissan (u) c. 162

367
Bianca Fadda

Rossello, capo, Sicilia, Italia; Gergente (a) S. Abraam (g) vedi S. Abraam (a)
pp. 106, 112; Gergentti (g) p. 104;
S. Abram (p) vedi S. Abraam (a)
Giorgenti/Giergenti (p) cc. 30, 35;
Giorgienti (u) cc. 198, 201 S. Abram (u) vedi S. Abraam (a)

Rosso (a) vedi Rose S. Agelo (g) vedi S. Angelo

Rosso (a) vedi Rosso S. Aglio (g) vedi S. Angelo

Rosso (p) vedi Rosas S. Agniolo (p) vedi S. Angelo

Rosso (p) vedi Rosso S. Alario (a) vedi S. Eulalia

Rosso (u) vedi Rosso S. Alia (g) vedi S. Elia


S. Alin (u) vedi Santorino
Rosso, capo, Corsica, Francia; Rosso (a)
p. 101; Rosso (p) c. 28; Rosso (u) S. Amanza (a) vedi S. Manza
c. 195
S. Ampedin (g) vedi S. Ampeglio
Rosto (a) vedi Rodosto
S. Ampegain (g) vedi S. Ampeglio
Rosto (p) vedi Rodosto
S. Ampeglio, capo, Liguria, Italia; S. Apielli
Rosu (g) vedi Rosas (a) p. 17; S. Ampedin/S.Ampegain (g)
p. 18; S. Apello (p) c. 6; S. Ampeli (u)
Rosu (u) vedi Rosas c. 159
Rousse, isola, Corsica, Francia; Leri (a) S. Ampeli (u) vedi S. Ampeglio
p. 102; Deri/Dere (g) p. 95; Loro (p)
c. 28; Londres (u) c. 196 S. Andrea (a) vedi Hagios Andreas

Rouston, canale, Francia; Passone/Passcone S. Andrea (a) vedi S. Andrea (Svetai Andrya)
(a) pp. 11, 12; Pason (g) p. 11; Pazano S. Andrea (a) vedi S. Andrea, capo, Italia
(p) c. 3; Pason (u) c. 156
S. Andrea (a) vedi S. Andrea, isola, Italia
Roza (p) vedi Kitros
S. Andrea (g) vedi Hagios Andreas
Roza (p) vedi Rose
S. Andrea (g) vedi S. Andrea (Svetai An-
Rozas (u) vedi Rosas drya)

Roze (a) vedi Rosas S. Andrea (g) vedi S. Andrea, capo, Italia

Rozo (a) vedi Rosas S. Andrea (g) vedi S. Andrea, isola, Italia

Rozum (p) vedi Rosas S. Andrea (p) c. 35; località non individuata,
Mar Nero
S. Andrea (p) vedi Hàgios Andreas
S
S. Andrea (p) vedi S. Andrea (Svetai Andrya)
S. Abraam (a) p. 63; S. Abraam (g) p. 68; S.
S. Andrea (p) vedi S. Andrea, capo, Italia
Abram (p) c. 19; S. Abram (u) c. 178;
monte non identificato, Israele S. Andrea (p) vedi S. Andrea, isola, Italia

368
Indice toponomastico

S. Andrea (Svetai Andrya), isola, Costa Dal- S. Baffani (u) vedi Arnaoùtes
mata; S. Andrea (a) p. 31; S. Andrea (g)
S. Bainzo, isola, Corsica, Francia; Nezola (g)
p. 33; S. Andrea (p) c. 10; S. Andrea
p. 95
(u) c. 164
S. Befani (g) vedi Arnaoùtes
S. Andrea (u) vedi Hagios Andreas
S. Befani (u) vedi Arnaoùtes
S. Andrea (u) vedi S. Andrea (Svetai Andrya)
S. Beffani (u) vedi Arnaoùtes
S. Andrea (u) vedi S. Andrea, capo, Italia
S. Beffanio (g) vedi Arnaoùtes
S. Andrea (u) vedi S. Andrea, isola, Italia
S. Beffano (a) vedi Arnaoùtes
S. Andrea, capo, Isola d’Elba, Italia; S. An-
S. Bifani (p) vedi Arnaoùtes
drea (a) p. 104; S. Andrea/Drea (g)
pp. 102, 103; S. Andrea (p) cc. 7, 29; S. Bifano (p) vedi Arnaoùtes
S. Andrea (u) c. 197
S. Biffani (p) vedi Arnaoùtes
S. Andrea, isola, Puglia, Italia; S. Andrea (a)
S. Eli (u) vedi Santorino
pp. 27, 28; S. Andrea (g) p. 30; S. An-
drea (p) c. 9; S. Andrea (u) c. 163 S. Elia, capo, Sardegna, Italia; S. Elino (a)
pp. 94, 95; S. Alia/S. Lia (g) p. 100
S. Angelo (a) vedi Kumeli
S. Elim (a) vedi Santorino
S. Angelo (a) vedi S. Angelo
S. Elin (a) vedi Santorino
S. Angelo (g) vedi Kumeli
S. Elin (u) vedi Santorino
S. Angelo (g) vedi S. Angelo
S. Elini (a) vedi Santorino
S. Angelo, monte, Puglia, Italia; S. Angelo
S. Elini (p) vedi Santorino
(a) pp. 28, 29; S. Angelo/S. Agelo/
S.Aglio (g) p. 31; S. Agniolo (p) c. 9; S. S. Elino (a) vedi S. Elia
Angnolo (u) c. 164
S. Elino (a) vedi Santorino
S. Angiolo (p) vedi Kumeli S. Elino (g) vedi Santorino
S. Angnolo (u) c. 162, monte non identifica- S. Elino (p) vedi Santorino
to, Campania, Italia
S. Eni (g) vedi S. Eugenio
S. Angnolo (u) vedi Kumeli
S. Estephe, isola, Francia; S. Stefano (a) p. 12;
S. Angnolo (u) vedi S. Angelo S. Istefano (g) p. 11; S. Stefano (p) c. 4;
S. Antioco, isola, Sardegna, Italia; Solso (a) S. Stefano (u) c. 156
p. 95; Solcio (p) c. 27; Solcio/Sole (u) S. Eufemia, golfo, Calabria, Italia; S. Femia
cc. 189, 193 (a) p. 23; S. Fomia (g) p. 25; S. Fimia
(p) c. 8; Santo Famia (u) c. 162
S. Apello (p) vedi S. Ampeglio
S. Eugeni (u) vedi S. Eugenio
S. Apielli (a) vedi S. Ampeglio
S. Eugenio, isola, Liguria, Italia; S. Venio (a)
S. Aularia (u) vedi S. Eulalia
pp. 18, 84; S. Eni (g) p. 19; S. Eugeni
S. Baffam (u) vedi Arnaoùtes (u) c. 159

369
Bianca Fadda

S. Eulalia, isola, Spagna, Isole Pitiuse; S. Ala- S. Georgio (a) vedi S. George (a)
rio (a) p. 82; Alaria (g) p. 88; S. Aularia
S. Georgio della Bara (a) vedi Hàgios Geor-
(u) c. 186
gios
S. Evegenii/S. Evegenio (a) p. 135; località
non individuata, Georgia, Mar Nero S. Georzo (a) vedi Hàgios Gheorghios

S. Felice (a) vedi S. Feliu de Guixols S. Georzo (a) vedi S, George (a)

S. Felicie (p) vedi S. Feliu de Guixols S. Giachino (p) vedi S. Jachim (a)

S. Feliu de Guixols, porto, Spagna; S. Felice S. Giorgio (g) vedi Hàgios Gheorghios
(a) p. 9; S. Filici/S. Filigi (g) p. 8; S. S. Giorgio (g) vedi Pyla
Fulicie/S. Felicie (p) c. 2; S. Filicie (u)
c. 155 S. Giorgio (p) vedi Hàgios Georgios

S. Femia (a) vedi S. Eufemia S. Giorgio (p) vedi Pyla

S. Filici (g) vedi S. Feliu de Guixols S. Giorgio (u) vedi Hàgios Georgios
S. Filicie (u) vedi S. Feliu de Guixols S. Giorgio (u) vedi Hàgios Gheorghios
S. Filigi (g) vedi S. Feliu de Guixols S. Giorgio (u) vedi Pyla
S. Fimia (p) vedi S. Eufemia S. Giorgio (u) vedi S. George (a)
S. Florance, porto, Corsica, Francia; S. Flo- S. Giorgio di Lambra (g) vedi Hàgios Geor-
renzo (a) p. 102; Nebia (u) c. 196 gios
S. Florenzo (a) vedi S. Florance S. Giorgio, isola, Turchia; Donne (a) p. 57;
Donne (g) p. 61; Donne (p) c. 17;
S. Fomia (g) vedi S. Eufemia
Donna (u) c. 176
S. Frediano (u) c. 196; porto non identifica-
S. Giovanni (g) vedi Hàgios Ioànnes
to, Corsica, Francia
S. Giovanni (p) vedi Hàgios Ioànnes
S. Fulicie (p) vedi S. Feliu de Guixols
S. Gabriel (u) cc. 178, 179; montagna che so- S. Giovanni (u) vedi Hàgios Ioànnes
vrasta la città di Gerusalemme, Israele S. Gorgio (p) vedi S. George (a)
S. George/S. Georzo/S. Georgio/S.Georgi/S. S. Gorgio de la Barca (p) vedi Hàgios Geor-
Zorzo (a) pp. 48, 49, 50, 123, 124, gios
125; S. Gorgio (p) c. 15; S. Giorgio (u)
c. 204; porto situato nell’isola di Milos, S. Gorgo (p) vedi Hàgios Georgios
Grecia S. Gorgo (p) vedi Hàgios Gheorghios
S. Georgi (a) p. 136; località non individua- S. Honorat, isola, Francia; S. Onorato (a)
ta, Mar Nero p. 16; S. Inoratta (g) p. 16; S. Unnora-
S. Georgi (a) vedi Pyla to/S. Onorato (p) c. 5; S. Onorato (u)
c. 158
S. Georgi (a) vedi S. George (a)
S. Hospice, capo, Francia; S. Ospigi (a)
S. Georgi (a) vedi Sfintu Gheorghe p. 17; S. Ispizio (g) p. 17; S. Spizio (p)
S. Georgio (a) vedi Hàgios Georgios c. 5; S. Suspizi (u) c. 159

370
Indice toponomastico

S. Ianni (g) vedi Hàgios Ioànnes S. Marcho (g) vedi S. Marco


S. Ianni della Luminaria (g) vedi Villa San S. Marcho (u) vedi S. Marco
Giovanni
S. Marco (a) vedi S. Marco
S. Ianni, scoglio, Calabria, Italia; Iva (g)
S. Marco (p) vedi S. Marco
p. 25; Iuda (p) c. 8
S. Inoratta (g) vedi S. Honorat S. Marco, capo, Sardegna, Italia; S. Marco (a)
pp. 83, 86, 89, 90, 97; S. Marcho (g)
S. Iohannis (u) vedi Hàgios Ioànnes pp. 89, 96, 122; S. Marco (p) cc. 24, 25,
S. Iovanni/S. Iovanne de Augento (a) p. 26; 26, 27; S. Marcho (u) cc. 186, 188, 189
capo non identificato, Puglia S. Margarita (a) vedi S. Marguerite
S. Ispizio (g) vedi S. Hospice S. Margarita (g) vedi S. Marguerite
S. Istefano (g) vedi S. Estephe S. Margherita (p) vedi S. Marguerite
S. Istefano (g) vedi S. Stefano S. Margherita (u) vedi S. Marguerite
S. Istefano (g) vedi Yesilkoy S. Marguerite, isola, Francia; S. Margarita
S. Jachim (a) p. 105; S. Giachino (p) c. 29; S. (a) p. 16; S. Margarita (g) p. 16; S.
Salvadore (u) c. 197; località situata nei Margherita (p) c. 5; S. Margherita (u)
pressi di Messina, Sicilia, Italia cc. 158, 159

S. Johanne (a) vedi Hàgios Ioànnes S. Maria (a) p. 26; capo non identificato, Pu-
glia, Italia
S. Leonardo, porto, Calabria, Italia; Logo-
bardo (g) p. 27 S. Maria (a) vedi Baba

S. Lia (g) vedi S. Elia S. Maria (a) vedi Vacca, penisola, Sardegna

S. Lino (p) vedi Santorino S. Maria (g) p. 31; S. Marie (p) c. 9; monta-
gna non identificata, Puglia, Italia
S. Lucido, porto, Calabria, Italia; S. Noceto
(a) p. 23; S. Noceto (g) p. 25; S. Noce- S. Maria (g) vedi Baba
to (p) c. 8; S. Nocietto (u) c. 162
S. Maria (g) vedi Vacca, penisola, Sardegna
S. Macario, isoletta, Sardegna, Italia; S. Mac-
S. Maria (p) vedi Baba
chari (u) c. 192
S. Maria (u) vedi Baba
S. Macchari (u) vedi S. Macario
S. Maria (u) vedi Panaya
S. Mafeio (g) vedi Paliros
S. Maria a Calvì (p) vedi Calvì
S. Maffeio (g) vedi Paliros
S. Maria de Calvì (a) vedi Calvì
S. Mansa (u) vedi S. Manza
S. Maria de Comino (a) vedi Comino
S. Manso (p) vedi S. Manza
S. Maria de Gozipal (u) c. 165; località non
S. Manza, golfo, Corsica, Francia; S. Aman-
individuata, Mar Adriatico
za (a) p. 102; S. Manso (p) c. 29; S.
Mansa (u) c. 196 S. Maria di Calvì (u) vedi Calvì

371
Bianca Fadda

S. Maria di Chalvì (g) vedi Calvì S. Nicola (a) vedi Hàgios Nikòlaos
S. Maria di Leuca, capo, Puglia, Italia; Le- S. Nicola Arcella, porto, Calabria, Italia; S.
chia/Leoche/Lequie (a) pp. 25, 26, 32, Nicholao (g) p. 25
81, 120; Lecia/Licie/Li Echue (g)
S. Nicola del Carco (u) vedi Chalke, isola
pp. 28, 29, 35; Lieque/Lelicque (p)
cc. 9, 10, 24; Lieucas/Liericas/Laquie/ S. Nicolao (a) vedi Hàgios Nikòlaos
Licas/Licues (u) cc. 163, 165, 180
S. Nicolao de Charcho (a) vedi Chalke, isola
S. Marie (p) vedi s. Maria (p)
S. Nicolao della Patera (u) c. 176; isola non
S. Martin (g) vedi Martin identificata, Grecia
S. Martino (a) vedi Martin S. Nicolao della Stamira (u) vedi Demiryeri
S. Martino (a) vedi S. Martino S. Nicolao di Carco (p) vedi Chalke, isola
S. Martino (g) vedi S. Martino S. Noceto (a) vedi S. Lucido
S. Martino (p) vedi Martin S. Noceto (g) vedi S. Lucido
S. Martino (p) vedi S. Martino S. Noceto (p) vedi S. Lucido

S. Martino (u) vedi Martin S. Nocietto (u) vedi S. Lucido

S. Martino (u) vedi S. Martino S. Olim (p) vedi Santorino

S. Martino, scoglio, Lazio, Italia; S. Martino S. Onorato (a) vedi S. Honorat


(a) p. 22; S. Martino (g) p. 23; S. Mar- S. Onorato (p) vedi S. Honorat
tino (p) c. 8; S. Martino (u) c. 161
S. Onorato (u) vedi S. Honorat
S. Matheo (a) vedi Paliros
S. Ospigi (a) vedi S. Hospice
S. Matteo (u) vedi Paliros
S. Panaia (a) vedi Panaya
S. Mazario (p) vedi S. Nazaire
S. Paolo, porto, Sardegna, Italia; S. Polo/
S. Misema (u) c. 158; località non individua- Paulo (a) p. 92; S. Paulo (g) p. 98; S.
ta, Francia Paulo (p) c. 26; S. Paulo (u) c. 192
S. Nazaire , porto, Francia; S. Nazario (a) S. Para (p) vedi S. Pola, isola
p. 14; S. Nazare (g) p. 13; S. Mazario
(p) c. 4; Sannazari (u) c. 157 S. Patriarca (a) vedi Kerkennah

S. Nazare (g) vedi S. Nazaire S. Patriarca (p) vedi Kerkennah

S. Nazario (a) vedi S. Nazaire S. Patriarcha (p) vedi Kerkennak

S. Nichola (g) vedi Hàgios Nikòlaos S. Paula (a) vedi S. Pola, isola

S. Nicholao (g) vedi S. Nicola Arcella S. Pauli (u) vedi S. Pola, isola

S. Nicholao (p) vedi Hàgios Nikòlaos S. Paulo (a) p. 38; S. Paulo (p) c. 12; S. Paulo
(u) c. 168; porto non identificato, Gre-
S. Nicholao (u) vedi Hàgios Nikòlaos cia
S. Nicholao di Charcho (g) vedi Chalke, isola S. Paulo (g) vedi S. Paolo

372
Indice toponomastico

S. Paulo (p) vedi S. Paolo p. 97; S. Riparata (p) c. 26; S. Riperata


(u) c. 190
S. Paulo (p) vedi S. Paulo (a)
S. Paulo (u) vedi S. Paolo S. Riparata (p) vedi S. Reparata

S. Paulo (u) vedi S. Paulo (a) S. Riparatta (g) vedi S. Reparata

S. Piero (a) vedi S. Pietro S. Riperata (u) vedi S. Reparata

S. Piero (g) vedi S. Pietro S. Romero (g) vedi Sanremo

S. Piero (p) vedi S. Pietro S. Romolo (g) vedi Sanremo


S. Piero (u) vedi S. Pietro S. Romolo (u) vedi Sanremo
S. Pietro (a) vedi S. Pietro S. Romulo (p) vedi Sanremo
S. Pietro, isola, Sardegna, Italia; S. Piero/S. S. Salvadore (u) vedi S. Jachim (a)
Pietro (a) pp. 11, 13, 83, 86, 89, 95,
S. Severa (a) vedi S. Severa
96, 97; S. Piero (g) pp. 10, 12, 89, 93,
95, 101, 122, 123, 124; S. Piero (p) S. Severa, porto, Lazio, Italia; S. Severa (a)
cc. 2, 3, 4, 24, 25, 26, 27; S. Piero (u) p. 110; S. Sovera (g) p. 109; S. Suvera
cc. 156, 157, 186, 188, 189, 193, 194 (p) c. 30; S. Sivera (u) c. 200
S. Pola (g) vedi S. Pola, isola S. Sivera (u) vedi S. Severa
S. Pola, capo, Spagna; Iupo (a) p. 8; Guppo S. Sovera (g) vedi S. Severa
(g) p. 6; Iuppo (p) c. 2; Gruppo (u)
c. 155 S. Spizio (p) vedi S. Hospice

S. Pola, isola nella baia omonima, Spagna; S. S. Stefano (a) vedi S. Estephe
Paula (a) p. 8; S. Pola (g) p. 6; S. Para S. Stefano (a) vedi S. Stefano
(p) c. 2; S. Pauli (u) c. 155
S. Stefano (a) vedi Yesilkoy
S. Polo (a) vedi S. Paolo
S. Stefano (p) vedi S. Estephe
S. Ponsa (a) vedi S. Ponsa
S. Stefano (u) vedi S. Estephe
S. Ponsa, porto, Spagna, Baleari; S. Ponsa (a)
p. 85; S. Ponza (g) p. 92 S. Stefano (u) vedi S. Stefano
S. Ponza (g) vedi S. Ponsa S. Stefano (u) vedi Yesilkoy
S. Rafaele (a) pp. 15, 16; porto situato nel S. Stefano, isola, Sardegna, Italia; S. Stefano
golfo di Frejùs, Francia (a) p. 91; S. Istefano (g) p. 97; S. Stefa-
S. Ranieri (g) vedi S. Ranieri no (u) c. 191

S. Ranieri, penisola, Sicilia, Italia; S. Ranieri S. Suspizi (u) vedi S. Hospice


(g) p. 103 S. Suvera (p) vedi S. Severa
S. Remolo (a) vedi Sanremo S. Tadari (p) vedi S. Todero (a)
S. Reparata (a) vedi S. Reparata
S. Teresa di Gallura, Sardegna, Italia; Lon-
S. Reparata, baia, Sardegna, Italia; S. Repa- gun Sardo/Longum Sardo (a) pp. 90,
rata (a) pp. 90, 91, 92; S. Riparatta (g) 91; Longone Sardo (g) p. 97

373
Bianca Fadda

S. Todero (a) p. 87; S. Tadari (p) c. 25; Santo p. 73; Tripuli Vechio/Sebrete (p) c. 20;
Dei (u) c. 189; località non individuata Tripoli lo Vechio (u) c. 180
situata nell’isola di Minorca, Spagna,
Sabros (u) vedi Levant
Baleari
Sacca (a) vedi Sciacca
S. Todero (a) vedi Aj Todor, Mys
Sachri (g) vedi Sagra
S. Unnorato (p) vedi S. Honorat
Sacra (u) vedi Sagra
S. Venedego (a) vedi Benetiko
Sacri (g) vedi Sagra
S. Veni (u) vedi Porto Petro
Saecto (a) vedi Saida
S. Venio (a) vedi Porto Petro
Saecto (p) vedi Saida
S. Venio (a) vedi S. Eugenio
Saeta (u) vedi Gaeta
S. Vicenzo (g) vedi S. Vincenzo
Saetta (p) vedi Saida
S. Vincenti (u) vedi S. Vincenzo
Saette (g) vedi Saida
S. Vincenzi (p) vedi S. Vincenzo
Saetto (a) vedi Saida
S. Vincenzo (a) p. 35; isola non identificata,
Grecia Saetto (g) vedi Saida
S. Vincenzo (a) vedi S. Vincenzo Safane (p) vedi Sérifos
S. Vincenzo, capo, Portogallo; S. Vincenzo Safarana (g) vedi Ghaza
(a) pp. 3, 4, 78; S. Vicenzo (g) pp. 1, 2,
Saffi (a) vedi Safi
86; S. Vincenzi (p) cc. 1, 23; S. Vin-
centi (u) cc. 153, 185 Saffi (u) vedi Safi
S. Vito (a) vedi S. Vito Safi (a) vedi Safi
S. Vito (p) vedi S. Vito Safi (g) vedi Safi
S. Vito (u) c. 163; località non individuata, Safi, città, Marocco; Safi/Saffi (a) p. 78; Safi/
Puglia, Italia Safie (g) pp. 85, 86; Zaffi (p) cc. 23,
24, 25; Saffi/Safin/Safia/Zafin/Zaffino
S. Vito (u) vedi S. Vito
(u) cc. 153, 184, 185
S. Vito, capo, Sicilia, Italia; S. Vito (a)
Safia (u) vedi Safi
p. 107; S. Vitto (g) p. 105; S. Vito (p)
c. 30; S. Vito (u) c. 198 Safie (g) vedi Safi
S. Vitto (g) vedi S. Vito Safin (u) vedi Safi
S. Zorzo (a) vedi S. George (a) Sagena (a) vedi Saseno
S.Maria de Calvi (a) vedi Calvì Sagibe (u) vedi Djebel
Sablettes, baia, Francia; Tolini (g) p. 13 Sagone, porto, Corsica, Francia; Santogon
(u) c. 195
Sabratha, città, Libia; Tripoli Vellio/Sobriero
(a) p. 67; Tripoli Vetatto/Sebrec (g) Sagostens (u) vedi Ras-Abu Lahu

374
Indice toponomastico

Sagra (a) vedi Sagra Salamone (g) vedi Sìderos


Sagra (u) vedi Sagra Salamone (p) vedi Sìderos
Sagra, monti, Corsica, Francia; Sagra (a) Salcadere (u) vedi Verde
pp. 88, 101, 103; Sacri/Sachri (g)
Salcadra (g) vedi Verde
pp. 95, 101; Sagri (p) cc. 26, 28, 29;
Sagra/Sacra/Mezano di Sagra/Mezan Salciel (u) vedi Cherchell
(u) cc. 189, 195, 197
Sale (a) vedi Salado
Sagri (p) vedi Sagra
Sale (a) vedi Salè
Saguenara (a) vedi Sanguinara Sale (g) vedi Salè
Saia (a) p. 136; località non individuata, Mar Sale (p) vedi Salè
Nero
Sale (u) vedi Salado
Saida, città, Libano; Saecto/Saetto (a) pp. 61,
128; Saetto/Saette (g) pp. 66, 121; Sa- Salè (Sla), città, Marocco; Sale (a) pp. 77, 78;
etta/Saecto (p) c. 18; Saietta (u) c. 178 Sale (g) p. 85; Sale (p) c. 23; Salle (u)
c. 184
Saietta (u) vedi Saida
Salef, fiume, Siria; Saleffo (a) p. 59; Saleffo
Saime (u) vedi Simi (g) p. 63; Salefe/Saleffe (p) cc. 18, 34;
Saint Tropez, golfo, Francia; Frasneto (a) Sales (u) c. 177
p. 15; Farnetto (g) p. 15; Frasneo (p) Salefe (p) vedi Salef
c. 5; Erbosa (u) c. 158
Saleffe (p) vedi Salef
Saint Tropez, porto, Francia; San Tropè (a)
p. 15; Santto Orppe (g) p. 15; Sancto Saleffo (a) vedi Salef
Olpe (p) c. 5; Santo Torpè (u) c. 158 Saleffo (g) vedi Salef
Sainte Baume, monti, Francia; Dente Alba- Salem (g) vedi Pujols
gna/Dente d’Albagna (a) p. 13; Dente
d’Albania (g) pp. 12, 14; Albangnio/ Saleme (a) vedi Pujols
Dente de Albagnia (p) c. 4; Dente dalla Saleme (p) vedi Larnaka
Balmo/Dente della Palma (u) cc. 157,
158 Salen (g) vedi Pujols

Sala (p) vedi Salou Saler (u) vedi Salerno

Sala Vinge (g) vedi Salobrena Salernno (u) vedi Salerno

Salado, foce del fiume, Algeria; Sale/Serem Salerno (a) vedi Salerno
(a) pp. 77, 78; Serene (g) p. 83; Seram Salerno (g) vedi Salerno
(p) c. 23; Sale (u) c. 184
Salerno (p) vedi Salerno
Salamina (Kouloris o Salamis), isola, Grecia;
Rollando (a) p. 39; Colar (g) p. 40; Co- Salerno, città, Campania, Italia; Salerno (a)
pp. 23, 98; Salerno (g) pp. 25, 125; Sa-
lars (p) c. 12
lerno (p) cc. 8, 28; Salernno/Saler (u)
Salamon (u) vedi Sìderos cc. 162, 194

375
Bianca Fadda

Sales (u) vedi Salef Salo (a) vedi Salou


Salina (a) vedi Salinas Salo (g) vedi Salou
Salina (u) vedi Mannu Salo (p) vedi Salou
Salina (u) vedi Salinas Salo (u) vedi Pujols
Salina, isola, Italia, Isole Eolie; Saline (a) Salo (u) vedi Salum
p. 110; Saline/Le Saline (g) pp. 109,
128; Salma (u) c. 200 Salobra (g) vedi Silivri

Salinas, capo, Spagna, Baleari; Salina/Saline Salobrena, isola, Spagna; Salovingna (a) pp. 5,
(a) p. 84; Saline (g) p. 90; Saline (p) 6; Nige/Sala Vinge (g) p. 4; Salovignia
c. 25; Salina (u) c. 186 (p) cc. 1, 2; Salovigna/Salovingna (u)
c. 154
Saline (a) vedi Larnaka
Salombria (a) vedi Silivri
Saline (a) vedi Mannu
Salon (p) vedi Salum
Saline (a) vedi Salina
Salone (a) vedi Salum
Saline (a) vedi Salinas
Salone (g) vedi Salum
Saline (a) vedi Sasyk
Salonic (u) vedi Salonicco
Saline (g) vedi Larnaka
Salonicco (Thessalonìke), golfo, Grecia; Sa-
Saline (g) vedi Mannu lonichi (a) pp. 43, 53; Salonichi (g)
Saline (g) vedi Salina pp. 45, 46, 54; Salonichi (p) cc. 14, 16;
Salonic (u) cc. 171, 173
Saline (g) vedi Salinas
Salonichi (a) vedi Salonicco
Saline (g) vedi Sérifos
Salonichi (g) vedi Kassandra
Saline (p) vedi Larnaka
Salonichi (g) vedi Salonicco
Saline (p) vedi Mannu
Salonichi (p) vedi Salonicco
Saline (p) vedi Salinas
Salou, capo e porto, Spagna; Salo (a) pp. 9,
Saline de Quirsona (a) vedi Sasyk
84, 87, 88; Salo (g) pp. 7, 8, 94; Salo/
Salis (u) vedi Larnaka Sala (p) cc. 2, 24, 25, 26; Sallo (u)
c. 155
Salle (u) vedi Salè
Salovigna (u) vedi Salobrena
Sallo (u) vedi Salou
Salovignia (p) vedi Salobrena
Sallona (g) vedi Salum
Salovingna (a) vedi Salobrena
Sallone (a) vedi Salum
Salovingna (u) vedi Salobrena
Salma (u) vedi Salina
Salum, baia, Egitto; Salone/Sallone (a) p. 65;
Salmon (u) vedi Sìderos
Salone/Sallona (g) p. 71; Salon (p)
Salo (a) vedi Pujols c. 20; Salo (u) c. 179

376
Indice toponomastico

Salunbra (g) vedi Silivri Sanlucar, capo, Spagna; Sirocca (a) p. 3; Si-
rocco/Sigurea (g) p. 1; Sirocha (p) c. 1;
Saluobra (p) vedi Silivri
Siroccha (u) c. 153
Samaestro (a) vedi Amasra
Sanmandracie (p) vedi Samothrake
Samastro (a) vedi Amasra
Sannazari (u) vedi S. Nazaire
Sammandraki (a) vedi Samothrake
Sano (a) vedi Zannone
Sàmos, isola, Grecia; Xamo (a) p. 56; Scia-
mo/Siamo (g) p. 60; Sarna (p) c. 17; Sanom (a) vedi Zannone
Dama/Lama (u) c. 176 Sanone (g) vedi Zannone
Samothrake, isola, Grecia; Sammandraki (a) Sanone (p) vedi Zannone
p. 45; Sanmandracie (p) c. 14
Sanoni (u) vedi Zannone
Sampallea (u) vedi Stampalia
Sanremo, rione della città, Liguria, Italia; S.
San Tropè (a) vedi Saint Tropez, porto Remolo (a) p. 17; S. Romolo/S. Rome-
Sanani, isola, Libano; Palmiere (a) p. 60; Pal- ro (g) p. 18; S. Romulo (p) c. 6; S. Ro-
mier (g) p. 65 molo (u) c. 159
Sanardo (g) vedi Skinari Sanrto Dei (u) vedi S. Todero (a)
Sanbolla (u) c. 158; località non individuata, Sansego (Susak), isola, Costa Dalmata;
Francia Monte Gaibo (a) p. 30; Monte Gallo
(g) p. 33; Monte Giabo (p) c. 10; Mon-
Sancak, capo, Turchia; Sechilo (a) p. 59; Se-
te Saibo (u) c. 164
chino (g) p. 63; Sechino (p) c. 18; Si-
quin (u) c. 177 Sansum, Turchia, Mar Nero; Sipipidimma/
Sipidimma (a) p. 136
Sancta Patriarca (a) vedi Kerkennah
Sant Martin, capo, Spagna; Martino /Marti-
Sancto (a) vedi Monte Santu
na (a) pp. 9, 82, 86; Martino /Martina
Sancto Olpe (p) vedi Saint Tropez, porto (g) pp. 7, 88, 93; Martino (p) cc. 2, 24;
Martin/Martino (u) cc. 155, 186, 188
Sanghuinara (p) vedi Sanguinara
Sanguenara (a) vedi Sanguinara Santipon (u) vedi Scropote (a)

Sanguinara (g) vedi Sanguinara Santo Ermino dalla Colombaria (u) vedi Co-
lombiera (u)
Sanguinara (p) vedi Sanguinara
Santo Famia (u) vedi S. Eufemia
Sanguinara (p) vedi Sanguinara
Santo Giorgio (u) c. 199; porto di Palermo,
Sanguinara (u) vedi Sanguinara Sicilia, Italia
Sanguinara, isola, Corsica, Francia; Sangue- Santo Iovanni di Palmosa (u) vedi Pàtmos
nara/Saguenara (a) pp. 89, 195, 196;
Sanguinara (g) pp. 95, 101; Sanguina- Santo Stefano (p) vedi Porto Santo Stefano
ra/Sanghuinara (p) cc. 28, 29; Sangui- Santo Torpè (u) vedi Saint Tropez
nara (p) c. 26; Sanguinara (u) cc. 189,
195, 196 Santogon (u) vedi Sagone

377
Bianca Fadda

Santorin (a) vedi Santorino Sarchino (p) vedi Xarchino (a)


Santorino (a) vedi Santorino Sardegna (a) vedi Sardegna
Santorino (Thera), isola, Grecia, Isole Cicladi; Sardegna, isola, Italia; Sardegna (a) pp. 83,
Santorin/Santorino/Satorino/S. Elim/S. 89, 90, 91, 92, 93, 94, 95, 96, 100,
Elin/S. Elino/S. Elini (a) pp. 50, 53, 55, 103; Sardegnia/Sardignia (g) pp. 87,
118, 126; S. Elino/Lino (g) pp. 52, 55, 89, 95, 96, 97, 98, 99, 101, 122, 128;
57, 58, 114; S. Olim/S. Elino/S. Lino/ Sardingnie/Sardignia/Sardigna (p)
S. Elini (p) cc. 15, 16, 17, 32; S. Eli/S. cc. 3, 24, 25, 26, 27, 28, 29; Sardingna
Elin/S. Alin (u) cc. 172, 174 (u) cc. 188, 191, 193, 195, 196, 197
Santta Civitatte (g) vedi Zara Sardegna, punta, Sardegna, Italia; Vite (a)
p. 91; Vite (g) p. 97; Vite (u) c. 190
Santto Torppe (g) vedi Saint Tropez, porto
Sardegnia (g) vedi Sardegna
Saona (a) vedi Savona
Sardigna (p) vedi Sardegna
Saona (g) vedi Savona
Sardignia (g) vedi Sardegna
Saona (p) vedi Savona
Sardignia (p) vedi Sardegna
Saona (u) vedi Savona
Sardignie (p) vedi Sardegna
Sapiencia (a) vedi Sapienza
Sardingna (u) vedi Sardegna
Sapienza (a) vedi Sapienza
Sarganzir (p) vedi Murro di Porco
Sapienza (g) vedi Sapienza
Sarna (p) vedi Sàmos
Sapienza (p) vedi Sapienza
Saros, golfo, Turchia; Cardia (a) p. 44; Char-
Sapienza (Sapièntza), isola, Grecia; Sapien- dia (g) p. 47; Cardia (p) c. 14; Candia
za/Sapiencia (a) pp. 34, 35; Sapienza (u) c. 171
(g) p. 38; Sapienza (p) c. 11; Sapienza
(u) cc. 167, 180 Sarragina (a) p. 107; scoglio non identifica-
to, Italia, Isole Egadi
Sapienza (u) vedi Sapienza
Sarsies (u) vedi Siciè
Sapraradona (g) vedi Ppadora (a)
Saseno (Sazan), isola, Albania; Sazena/Sage-
Sarafand, capo, Libano; Sarafenta (a) p. 61; na (a) pp. 31, 32; Suasina (g) pp. 34,
Sarasenti (g) p. 66; Sarafent (u) c. 178 35; Zezina/Sazina (p) c. 10; Suasena
Sarafent (u) vedi Sarafand (u) c. 165

Sarafenta (a) vedi Sarafand Sasyk (Kunduk), lago, Ucraina, Mar Nero;
Saline/Saline de Quirsona (a) pp. 131,
Saragosa (a) vedi Siracusa 137
Saragosa (g) vedi Siracusa Satalia (a) vedi Antalya
Saragosa (p) vedi Siracusa Satalias (u) vedi Antalya
Saragosa (u) vedi Siracusa Satorino (a) vedi Santorino
Sarasenti (g) vedi Sarafand Sattelia (g) vedi Antalya

378
Indice toponomastico

Savasto (p) vedi Amasra sai Carai/Rasaucaram (u) cc. 198, 199,
201
Savastopoli (a) vedi Sukhumi
Scarapente (u) vedi Scarpanto
Savastopoli (p) vedi Sukhumi
Scaricatoio (p) vedi Archentrìas
Savecha (p) vedi Zarrùq
Scarichator (g) vedi Archentrìas
Savona, città, Liguria, Italia; Saona (a) pp. 18,
104; Saona (g) pp. 19, 102; Saona (p) Scarichatoro (g) vedi Archentrìas
cc. 6, 28; Saona (u) cc. 159, 197
Scarpanti (p) vedi Scarpanto
Sazena (a) vedi Saseno
Scarpanto (g) vedi Scarpanto
Sazina (p) vedi Saseno
Scarpanto (Kàrpanthos), isola, Grecia, Isole
Sca (u) vedi Kea Sporadi; Scarpento (a) pp. 51, 52, 122,
128; Scarpanto/Iscarpato (g) pp. 53,
Scala de Ricza (a) vedi Zarzis
117, 120; Scarpanto/Scarpanti (p)
Scala de Riso (p) vedi Zarzis cc. 16, 32, 33, 34; Scarpanto/Scarpari-
to/Scarapente/Scampente (u) cc. 173,
Scalea (a) vedi Scalea
204, 206
Scalea (g) vedi Scalea
Scarpanto (p) vedi Scarpanto
Scalea, capo, Calabria, Italia; Scalea (a)
Scarpanto (u) vedi Scarpanto
pp. 23, 99, 105; Scalea/Scaleia/Schale-
ia (g) pp. 25, 126, 127; Schalea (p) Scarparito (u) vedi Scarpanto
cc. 8, 28; Schalea/Ghalea (u) cc. 162,
Scarpento (a) vedi Scarpanto
197
Scelidoni (p) vedi Bes Adalar
Scaleia (g) vedi Scalea
Scenardo (u) vedi Skinari
Scalona (a) vedi Ashqelon
Schalea (p) vedi Scalea
Scalona (g) vedi Ashqelon
Schalea (u) vedi Scalea
Scamilla (p) vedi Examilia
Schaleia (g) vedi Scalea
Scampanaria (p) vedi Panaya
Schamilla (p) vedi Examilia
Scampente (u) vedi Scarpanto
Scharichatoio (p) vedi Archentrìas
Scanardo (a) vedi Skinari
Schenardo (p) vedi Skinari
Scanda (p) vedi Dia
Schiavonia (p) vedi Isclavonia
Scandia (u) vedi Iniah
Schiavonia (u) vedi Isclavonia
Scanfarias (u) vedi Stamphani
Schortezeu (u) vedi Sferracavallo
Scaramia, capo, Sicilia, Italia; Rassacarame/
Rasacarame/Rascarame (a) pp. 106, Sciacca, porto, Sicilia, Italia; Sacca (a)
109, 112, 113; Rasa Charame/Rasso pp. 106, 109, 112; Sciacha (g) p. 104;
Charame (g) pp. 104, 108; Rasacarame Sciaccha/Sciacca (p) cc. 30, 35; Sciac-
(p) cc. 29, 30, 34, 35; Rassa Carar/Ra- cha (u) c. 198

379
Bianca Fadda

Sciaccha (p) vedi Sciacca Scorfa (p) vedi Scrofa


Sciaccha (u) vedi Sciacca Scortezeto (a) vedi Sferracavallo
Sciacha (g) vedi Sciacca Scortezeu (u) vedi Sferracavallo
Sciamo (g) vedi Sàmos Scorticeto (p) vedi Sferracavallo
Sciavonia (g) vedi Isclavonia Scorticetto (g) vedi Sferracavallo

Scichilo (g) vedi Antikythera Scorticuto (g) vedi Sferracavallo

Scilaci (g) vedi Squillace Scravenia (a) vedi Isclavonia

Scilidone (g) vedi Bes Adalar Scrofa (Syrna), isola, Grecia; Scrofa (a) p. 51;
Scrofa (g) p. 52; Scorfa (p) c. 15;
Scilidoni (p) vedi Bes Adalar Escrofa (u) c. 173
Scilla (p) vedi Examilia Scrofa (a) vedi Scrofa
Scilli (g) vedi Squilli (a) Scrofa (g) vedi Scrofa
Scilli (p) vedi Antykithera Scropote (a) p. 38; Sette Possi (p) c. 12; San-
tipon (u) c. 168; isole non identificate,
Scillis (p) vedi Antykithera
Grecia
Scimia (p) vedi Sigrion
Scudari (a) vedi Scutari
Scimia (p) vedi Simi
Scuola (g) vedi Scuola
Scimie (g) vedi Simi
Scuola (p) vedi Scuola
Scimie (u) vedi Simi Scuola, punta, Liguria, Italia; Scola (a) p. 19;
Scio (g) vedi Marmaris, porto Scuola/Iscola (g) p. 20; Scuola/Squola
(p) c. 6; Colla/Collea (u) c. 160
Scio (u) vedi Chios, canale
Scutal (g) vedi Scutari
Scio (u) vedi Chios, isola
Scutale (g) vedi Scutari
Scir (g) vedi Sciro
Scutali (p) vedi Scutari
Sciro (Skyros), isola, Grecia, Isole Sporadi;
Squiro (a) p. 45; Scir (g) p. 48; Scis (p) Scutari (a) vedi Scutari
c. 14; Efiar (u) c. 171 Scutari (Uskudar), porto, Turchia; Scutari/
Scis (p) vedi Sciro Scudari (a) p. 47; Scutale/Scutal (g)
p. 50; Scutali (p) c. 15; Lestatar (u)
Scitril (u) vedi Kìthera c. 172
Sclavenia (a) vedi Isclavonia Sea (a) vedi Seteìa, castello
Scola (a) vedi Scuola Sebrec (g) vedi Sabratha
Scola (p) c. 34; isola non individuata, Italia Sebrete (p) vedi Sabratha
Scolis (p) vedi Antykithera Secca (g) vedi Fìmaina
Scompolea (p) vedi Stampalia Sechillo (p) vedi Antikythera

380
Indice toponomastico

Sechilo (a) vedi Antikythera Senardo (g) vedi Skinari


Sechilo (a) vedi Sancak Senardo (u) vedi Skinari
Sechino (g) vedi Sancak Senelli (a) vedi Senello (a)
Sechino (p) c. 34, fiume non individuato, Senello/Senelli (a) p. 88; Setuere (u) c. 189;
Turchia porto non identificato, Spagna, Baleari
Sechino (p) vedi Sancak Seni (u) vedi Elaphònesos
Secta (a) vedi Ceuta Senigallia (a) vedi Senigallia
Secz Dris, scala (u) vedi Zarzis Senigallia, Marche, Italia; Senigallia (a) p. 29
Sedala (a) p. 64; Fedala (g) p. 70; Sedala (p) Sentina (a) vedi Pazar
c. 19; Fadala (u) c. 179; isoletta nel gol-
fo di Kanajis, Egitto Sentril (u) vedi Kìthera

Sedala (p) vedi Sedala (a) Septa (a) vedi Ceuta

Sefano (p) vedi Sifno Septa (a) vedi Sete

Seforni (p) vedi Six Fours Sequillo (a) vedi Antikythera

Sei Asso (g) vedi Porion Sequillo (u) vedi Antikythera

Sei Due (p) vedi Porion Sequilo (a) vedi Antikythera

Sei e Due e As (a) vedi Porion Seragosa (g) vedi Siracusa

Seiforni (a) vedi Six Fours Seram (p) vedi Salado

Selexora (a) vedi Ceraso Serecap (u) vedi Yedi Burunlar

Selfina (g) vedi Sérifos Serem (a) vedi Salado

Selfine (a) vedi Sérifos Serene (g) vedi Salado

Selfine (g) vedi Sérifos Serfane (u) vedi Sérifos

Seline (g) vedi Sérifos Serfanee (u) vedi Sérifos

Sella Morta (u) vedi Mortoro Serfene (a) vedi Sérifos

Selmona (a) vedi Sìderos Serfine (a) vedi Sérifos


Sem (u) vedi Elaphònesos Sérifos, isola, Grecia, Isole Cicladi; Serfene/
Serfine/Selfine (a) pp. 55, 125; Selfine/
Sembiers (u) vedi Embiez Selfina/Seline/Saline (g) pp. 55, 58; Sa-
Semel (u) vedi Zembra fane/Sofane (p) c. 17; Serfane/Serfa-
nee/Stifane (u) cc. 173, 174
Semella (u) vedi Examilia
Sermona (a) vedi Sìderos
Semenli, Turchia, Mar Nero; Limenia (a)
p. 134; Liminia (p) cc. 35, 36 Sermona (g) vedi Sìderos
Semilla (u) vedi Examilia Seroza (p) vedi Kafereùs

381
Bianca Fadda

Serpa (Iphalos Sérpas), scogli, Grecia, Isole Seteìa, castello, Creta, Grecia; Sea (a) p. 117;
Ionie; Bissara (a) p. 32; Bize (g) p. 35; Settina (g) p. 113; Setta (p) c. 31; Set-
Bisciaro (p) c. 10; Biscia (u) c. 165 ta/Sietta (u) c. 202
Serpentaia (p) vedi Serpentara Seteìa, golfo, Creta, Grecia; Girapetra (a)
p. 117; Petra (g) p. 116; Uropetro (p)
Serpentaia (u) vedi Serpentara
c. 31; Petra/Pietra (u) cc. 202, 205
Serpentara (a) vedi Serpentara
Setra (u) vedi Fìmaina
Serpentara (g) vedi Serpentara
Setril (u) vedi Kìthera
Serpentara (u) vedi Serpentara
Setrile (a) vedi Kìthera
Serpentara, isola, Sardegna, Italia; Serpenta-
ra (a) pp. 93, 94; Serpentara (g) p. 100; Sett (u) vedi If
Serpentaia (p) c. 26;Serpentara/Ser- Setta (g) vedi Ceuta
pentaia (u) c. 192
Setta (g) vedi Sete
Serrat, capo, Tunisia; Rassamuzar/Rassamu-
zal (a) pp. 73, 74; Rasamusar (g) p. 80; Setta (p) vedi Seteìa, castello
Rasa Maxi (p) c. 22; Rassa Misar/Rassa Setta (u) vedi Ceuta
Missara (u) c. 182
Setta (u) vedi Seteìa, castello
Serttu (g) vedi If
Sette Possi (p) vedi Scropote (a)
Servi (u) vedi Elaphònesos
Settecapi (a) vedi Yedi Burunlar
Servi (u) vedi Porto Cervo
Settechappi (g) vedi Yedi Burunlar
Servio (u) vedi Porto Cervo
Settelia (p) vedi Antalya
Servo (p) vedi Cervo
Setti (p) vedi Ceuta
Servo (u) vedi Porto Cervo
Settina (g) vedi Seteìa, castello
Serzelli (u) vedi Cherchell
Setuere (u) vedi Senello (a)
Sesaria (u) vedi Cesarea
Sevari (a) vedi Messeniakòs
Sessa (u) vedi Kea
Sevarone (a) vedi Masseniakòs
Sestri Levante, Liguria, Italia; Siestro (a)
p. 104; Siestro (g) p. 102; Siestri (p) Sezea (a) vedi Fìmaina
c. 29; Siestri (u) cc. 160, 197
Sfachas (g) vedi Sfax
Set/Sett (u) c. 156; isola non identificata,
Sfachasi (g) vedi Sfax
Francia
Sfachisi (g) vedi Sfax
Seta (u) vedi Sete
Sfachisi (p) vedi Sfax
Sete dei Capi (p) vedi Yedi Burunlar
Sfax, città, Tunisia; Fachise/Fachisse (a)
Sete, capo, Francia; Septa (a) p. 11; Setta (g)
pp. 68, 69, 70; Sfachas/Sfachasi/Sfa-
p. 10; Seta (u) c. 156
chisi (g) pp. 74, 75; Sfachisi (p) cc. 20,
Seteia (p) vedi Fimaina 21; Faquis (u) cc. 180, 181

382
Indice toponomastico

Sferracavallo, capo, Sardegna, Italia; Scorteze- Sichili (a) vedi Antikythera


to/Cortezeto (a) pp. 93, 98; Scorticetto/
Sichillo (p) vedi Antykithera
Iscorticetto/Scorticuto (g) pp. 99, 125,
126, 127; Scorticeto (p) cc. 26, 28; Sichilo (g) vedi Antikythera
Scortezeu/Schortezeu (u) cc. 192, 194
Siciè, capo, Francia; Cercelli (a) p. 14; Cer-
Sfintu Gheorghe, Romania, Mar Nero; S. cello (g) p. 13; Ciercielli (p) c. 4; Sar-
Georgi (a) p. 130 sies (u) c. 157
Shibin, foce del Nilo, Egitto; Storione (a) Sicilia, Italia; Cicilia/Cecilia (a) pp. 24, 104,
p. 63; Storione/Istorione (g) p. 69; Sto- 108; Cicilia (g) pp. 26, 87, 103, 106,
rione (p) c. 19; Esturion (u) c. 179 108, 128; Cicilia (p) cc. 8, 28, 29; Ci-
cilia (u) cc. 162, 197, 199, 200
Siamo (g) vedi Sàmos
Sicri (a) vedi Sigrion
Sibilia (a) vedi Siviglia
Sidea (u) vedi Sidera (a)
Sibilia (p) vedi Siviglia
Sidera (a) p. 38; Sidera (p) c. 12; Sidea (u) c.
Sibilia (u) vedi Siviglia
169; isola non identificata, Grecia
Sibilia, fiume (a) vedi Guadalquivir
Sidera (p) vedi Sidera (a)
Sibilia, fiume (p) vedi Guadalquivir
Sìderos, capo, Creta, Grecia; Selmona/Ser-
Sibilia, fiume (u) vedi Guadalquivir mona (a) pp. 52, 116, 117, 121, 122;
Salamone/Sermona (g) pp. 54, 112,
Siblas (u) vedi Siblasso (a)
113, 117; Salamone (p) cc. 16, 31, 32;
Siblasso (a) p. 14; Sibra (g) p. 14; Sibra (p) Salamon/Salmon (u) cc. 173, 202, 204
c. 4; Siblas (u) c. 158; monte sovrastan-
Sido (u) vedi Kitros
te Tolone, Francia
Sidro (u) vedi Kitros
Sibra (g) vedi Siblasso (a)
Sidron (a) vedi Kitros
Sibra (p) vedi Siblasso (a)
Sidros (u) vedi Kitros
Sic (g) vedi Sigrion
Sieni (u) vedi Elaphònesos
Sicandro (a) vedi Sicandro
Sierra Bullones (Gebel Beliunec), montagna,
Sicandro (g) vedi Sicandro
Marocco; Bolonnesi (a) p. 77; Bulonise
Sicandro (p) vedi Sicandro (g) p. 84; Bulonis (p) c. 23; Boillone-
sue/Boillonegne (u) c. 184
Sicandro (Sìkinos), isola, Grecia, Isole Cicla-
di; Sicandro (a) pp. 50, 55, 126; Sican- Siestri (p) vedi Sestri Levante
dro/Sicardo/Sichandro/Lichandro (g)
Siestri (u) vedi Sestri Levante
pp. 51, 52, 57, 58; Sicandro (p) cc. 15,
17; Sicandro (u) cc. 172, 174 Siestro (a) vedi Sestri Levante
Sicandro (u) vedi Sicandro Siestro (g) vedi Sestri Levante
Sicardo (g) vedi Sicandro Sietta (u) vedi Seteìa, castello
Sichandro (g) vedi Sicandro Sifano (a) vedi Sifno

383
Bianca Fadda

Sifano (g) vedi Sifno Sinilia (a) vedi Examilia


Sifano (p) vedi Sifno Sinop, Turchia, Mar Nero; Sinopi (a) pp. 133,
134
Sifano (u) vedi Sifno
Sifi (a) p. 134; località non individuata, Mar Sinopi (a) vedi Sinop
Nero Sinopuli (p) vedi Sozopol
Sifno, isola, Grecia, Isole Cicladi; Sifano/Ci- Sio (a) vedi Chios, canale
fano (a) pp. 53, 55, 125; Sifano/Sinfa-
no (g) pp. 55, 58; Sifano/Sefano (p) Sio (a) vedi Chios, isola
cc. 16, 17; Sifano (u) cc. 173, 174, 205 Sio (g) vedi Chios, canale
Sigrion, porto, Grecia; Sicri (a) p. 56; Sic (g) Sio (g) vedi Chios, isola
p. 60; Scimia (p) c. 17; Cun (u) c. 175
Sipanto (a) vedi Siponto
Sigurea (g) vedi Sanlucar
Sipanto (p) vedi Siponto
Sile, Turchia, Mar Nero; Silli (a) p. 131; Soli/
Sole (p) c. 35 Sipato (g) vedi Siponto
Siledonie (a) vedi Bes Adalar Sipatto (g) vedi Siponto
Silidone (g) vedi Bes Adalar Sipidimma (a) vedi Sansun
Silidonie (g) vedi Bes Adalar Sipipidimma (a) vedi Sansun
Silipanie (g) vedi Cefalonia Siponte (u) vedi Siponto
Silivri, baia, Turchia, Mar di Marmara; Sa- Siponto, città, Puglia, Italia; Sipanto (a) p. 28;
lombria (a) p. 44; Salobra/Salunbra (g) Sipato/Sipatto (g) p. 31; Sipanto (p)
p. 47; Saluobra (p) c. 14; Lombria (u) c. 9; Siponte (u) c. 164
c. 171
Siquin (u) vedi Sancak
Silli (a) vedi Sile
Siracusa, porto, Sicilia, Italia; Saragosa (a) pp.
Simi (Syme), isola, Grecia, Isole Sporadi; Si- 105, 106; Saragosa/Seragosa (g) p. 104;
mia (a) pp. 51, 52, 57; Scimie/Iscimie/ Saragosa (p) c. 29; Saragosa (u) cc. 198,
Somia/Simia (g) pp. 53, 60; Scimia (p) 204
cc. 16, 17; Simia/Scimie/Saime (u)
cc. 173, 176 Siralungha (u) vedi Spinalònga

Simia (a) vedi Simi Siredomes (u) vedi Bes Adalar

Simia (g) vedi Simi Sireidones (u) vedi Bes Adalar

Simia (u) vedi Simi Siretto (g) vedi Tinetto


Similia (a) vedi Examilia Siribas blacha (u) vedi La Chianca
Similia (g) vedi Examilia Siridomes (u) vedi Bes Adalar
Simizo (p) vedi Surmene Sirocca (a) vedi Sanlucar
Sinaro (g) vedi Messeniakòs Siroccha (u) vedi Sanlucar
Sinfano (g) vedi Sifno Sirocco (g) vedi Sanlucar

384
Indice toponomastico

Sirocha (p) vedi Sanlucar Schenardo (p) c. 11; Scenardo/Senardo


(u) c. 166
Sirodome (u) vedi Bes Adalar
Smirre (g) vedi Demiryeri
Sirofa (a) vedi Kafereùs
Sobilia (g) vedi Siviglia
Sirofa (p) vedi Kafereùs
Sobilia, fiume (g) vedi Guadalquivir
Sirofa (u) vedi Kafereùs
Sobriero (a) vedi Sabratha
Sirofo (u) vedi Kafereùs
Sirosa (g) vedi Kafereùs Sod (p) vedi Asi

Sirosa (p) vedi Kafereùs Sodania (a) vedi Sudak

Sisalcadere (u) vedi Verde Sofane (p) vedi Sérifos

Sischo (p) vedi Marmaris, porto Sogliari (g) vedi Soller

Siscio (g) vedi Marmaris, porto Soiaro (p) vedi Soller

Sisco (a) vedi Marmaris, porto Solari (a) vedi Soller

Sisco (u) vedi Marmaris, porto Solaro (a) vedi Soller

Sisoe (a) vedi Marmaris, porto Solcio (g) vedi Palmas

Sisopoli (a) vedi Sozopol Solcio (p) vedi Palmas

Sivar (u) vedi Messeniakòs Solcio (p) vedi S. Antioco

Sivaro (g) vedi Messeniakòs Solcio (u) vedi S. Antioco

Siviglia (Sevilla), città, Spagna; Sibilia (a) p. 3; Solcio, porto (u) vedi Palmas
Sobilia (g) p. 1; Sibilia (p) c. 1; Sibilia Soldania (a) vedi Sudak
(u) c. 153
Soldin (g) vedi Asi
Sivitante (u) c. 166; località non individuata,
Mar Adriatico Soldin (u) vedi Asi

Six Fours, castello, Francia; Seiforni (a) p. 14; Soldino (a) vedi Asi
Forni (g) p. 13; Seforni (p) c. 4; Vilfors
Sole (p) vedi Sile
(u) c. 157
Sole, isola (u) vedi S. Antioco
Sizequi/Sizenquia (p) c. 35; località non in-
dividuata, Mar Nero Soli (p) vedi Sile
Skerki, scogli, Tunisia; Chilbo/Quilbo (a) Solino (a) vedi Asi
pp. 73, 97, 98, 109, 110, 114; Chilbi/
Solino (g) vedi Asi
Chilbo (g) pp. 79, 108, 124, 125, 126;
Chilbi/Chilli (p) cc. 27, 28, 30; Ghilbi Solino (p) vedi Asi
(u) c. 199
Soller, porto, Spagna, Baleari; Solaro/Solari
Skinari, capo, Grecia, Isole Ionie; Scanardo (a) p. 85; Sogliari (g) p. 92; Soiaro (p)
(a) p. 33; Sanardo/Senardo (g) p. 36; c. 25; Sueiller (u) c. 187

385
Bianca Fadda

Solso (a) vedi Palmas 107, 116; Spada (p) cc. 12, 16, 30, 32;
Spaza/Paza/Passa/Passaor/Spator/Spa-
Solso (a) vedi S. Antioco
zor/Spatir (u) cc. 168, 173, 199, 203,
Somia (g) vedi Simi 204
Somma (u) c. 162; monte non identificato, Sparadonna (p) vedi Ppadora (a)
Campania, Italia Spargi (a) vedi Spargi
Sorderah (u) vedi Canoubier Spargi, isola, Sardegna, Italia; Spargi (a) p. 91;
Sorelle, scogli, Tunisia; Due Sorore (a) p. 73; Ispargi/Isparaggi (g) pp. 97, 98; Spada-
Due Sorori (g) p. 80; Due Suore (u) ra (p) c. 26
c. 182 Sparte Vento (g) vedi Spartivento
Sorofa (u) vedi Kafereùs Sparte Vetto (g) vedi Arkìtsa
Sorore (a) p. 117; isolette non identificate, Spartel (Sbartel), capo, Marocco; Sparteli (a)
Grecia p. 77; Ispartello/Isportello (g) pp. 84,
Sorrenti (u) vedi Zafferano 85; Spartelli (p) c. 23; Spertelli/Partelli
(u) c. 184
Sosente/Sozente (u) c. 175; località non indi-
viduata, Grecia Sparteli (a) vedi Spartel

Soùdas, porto, Creta, Grecia; Sua (a) p. 118; Spartelli (p) vedi Spartel
Suvara (g) p. 115; Sua (p) c. 32; Suda Spartevento (p) vedi Arkìtsa
(u) c. 203
Spartevento (p) vedi Spartivento
Sovera (p) vedi Suvero
Spartir (p) vedi Spatire (a)
Sozente (u) vedi Sosente (u)
Spartir (u) vedi Spatire (a)
Sozopol, Bulgaria, Mar Nero; Sisopoli (a)
p. 130; Sinopuli (p) c. 35 Spartivento (a) vedi Arkìtsa

Spada (a) vedi Spanta Spartivento (a) vedi Spartivento

Spada (g) vedi Spanta Spartivento (u) vedi Spartivento

Spada (p) vedi Spanta Spartivento, capo, Calabria, Italia; Sparti-


vento (a) pp. 24, 80, 81, 108; Sparte
Spadara (p) vedi Spargi Vento/Spartte Ventto (g) pp. 27, 106,
Spagna (a) vedi Spagna 107; Spartevento (p) cc. 8, 24, 30;
Spartivento/Spartovento/Partivento/
Spagna (g) vedi Spagna Partevento (u) cc. 162, 180, 199
Spagna; Spagna (a) p. 78; Ispagnia/Spagna Spartovento (u) vedi Spartivento
(g) pp. 86, 123; Spagnia (p) c. 1; Ispa-
Spartte Ventto (g) vedi Arkìtsa
gna (u) c. 193
Spartte Ventto (g) vedi Spartivento
Spagnia (p) vedi Spagna
Spata (a) vedi Spanta
Spanta, capo, Creta, Grecia; Spata/Spada (a)
pp. 37, 52, 108, 119; Spada (g) pp. 54, Spatili (g) vedi Spatire (a)

386
Indice toponomastico

Spatir (u) vedi Spanta Squilace (p) vedi Squillace


Spatire/Espatire (a) pp. 119, 122; Spatili/ Squilas (u) vedi Squillace
Ispateli/Ispatelli (g) pp. 115, 116, 117,
Squillace (p) vedi Squillace
118; Spartir (p) cc. 32, 33; Spartir/Par-
tir (u) c. 203; località non individuata, Squillace, golfo, Calabria, Italia; Squillaci (a)
Creta, Grecia p. 24; Scilaci (g) p. 27; Sqilace/Squilla-
Spator (u) vedi Spanta ce (p) c. 8; Squilas (u) c. 162

Spaza (u) vedi Spanta Squillaci (a) vedi Squillace

Spazor (u) vedi Spanta Squilli (a) p. 39; Scilli (g) p. 40; isola non in-
dividuata, Grecia
Sperdis (u) c. 176; isola non identificata,
Turchia Squillis (u) vedi Antikythera

Sperel (u) vedi Esterel Squillo (u) vedi Antikythera

Speron de Grillo (a) vedi Sprono Squiro (a) vedi Sciro

Sperone del Grillo (u) vedi Sprono Squis (a) vedi La Spezia

Spertelli (u) vedi Spartel Squola (p) vedi Scuola

Spezia (g) vedi La Spezia Stalemura (a) vedi Anamur

Spezia (u) vedi La Spezia Stalemura (g) vedi Anamur

Spiga (a) vedi Ince, Burun Stalemure (p) vedi Demiryeri

Spiga (p) vedi Ince, Burun Stalimene (u) vedi Anamur

Spigar (u) vedi Ince, Burun Stallamura (p) vedi Anamur

Spigara (u) vedi Ince, Burun Stallemura (a) vedi Anamur

Spinalònga, porto, Creta, Grecia; Stiralonga Stallemura (g) vedi Anamur


(a) pp. 117, 118; Stinalonga/Steledon- Stallemura (p) vedi Anamur
da/Longa (g) pp. 113, 114; Stiralunga
(p) cc. 31, 32; Siralungha/Stiralaggia Stamire (a) vedi Demiryeri
(u) cc. 202, 203 Stamirre (a) vedi Demiryeri
Spine (g) vedi Esterel Stampalea (a) vedi Stampalia
Spingna (u) vedi Pigrano (a) Stampalea (g) vedi Stampalia
Sprone da Grilli (p) vedi Sprono Stampalea (u) vedi Stampalia
Sprono, capo, Corsica, Francia; Speron de
Stampalia (Astypalaia), isola, Grecia, Isole
Grillo (a) pp. 102, 103; Sprone da
Sporadi; Stampalea/Stempalea/Stimpa-
Grilli (p) c. 29; Sperone del Grillo (u)
lea (a) pp. 50, 51, 55; Stampalea (g)
c. 196
pp. 52, 57; Scompolea (p) cc. 15, 17;
Spuere (p) c. 34; porto non individuato, Tur- Stampalea/Stampallea/Sampallea (u)
chia c. 173

387
Bianca Fadda

Stampallea (u) vedi Stampalia Stilo, punta, Calabria, Italia; Stillone (a) p. 24;
Stilo/Stile (g) p. 27; Stil (p) c. 8; Stil (u)
Stamphani, isola, Grecia, Isole Strofadi;
c. 162
Stanfare (a) p. 34; Stanfare/Istanfare
(g) p. 37; Stanfare (p) c. 11; Scanfarias Stimpalea (a) vedi Stampalia
(u) c. 167
Stinalonga (g) vedi Spinalònga
Standea (a) vedi Dia
Stindia (g) vedi Iniah
Standea (a) vedi Iniah
Stiralaggia (u) vedi Spinalònga
Standea (g) vedi Dia
Stiralonga (a) vedi Spinalònga
Standea (p) vedi Dia Stiralunga (p) vedi Spinalònga
Standia (p) vedi Iniah Stopoli (a) vedi Eleutheroupolis
Standia (u) vedi Dia Stopona (a) vedi Estepona
Stanfare (a) vedi Stamphani Stopona (g) vedi Estepona
Stanfare (g) vedi Stamphani Stopona (u) vedi Estepona
Stanfare (p) vedi Stamphani Stoponam (p) vedi Estepona
Stangnara (a) vedi Igneada Stora (a) vedi Stora
Stangol (u) vedi Stromboli Stora, porto, Algeria; Stora (a) p. 74; Sturi/
Stante (u) c. 175; località non individuata, Astola/Astori (g) p. 81; Sturi (p) c. 22;
Grecia Stuera/Tuera (u) c. 183

Stavros, capo, Grecia; Fetelei (a) p. 43; Fette- Storione (a) vedi Shibin
lea (g) p. 45; Fatelee (p) c. 14; Fatellea/ Storione (g) vedi Shibin
Fettelee (u) c. 170
Storione (p) vedi Shibin
Stefani (p) vedi Ayancik
Storrens (u) vedi Correnti (a)
Stefano (a) vedi Ayancik
Stranguli (p) vedi Stromboli
Stegua (u) vedi Ustica
Strogolo (g) vedi Strongoli
Steledonda (g) vedi Spinalònga
Stromboli, isola, Italia, Isole Eolie; Strongoli
Stempalea (a) vedi Stampalia (a) p. 110; Strongolo/Istrongolo (g) pp.
Stena (g) vedi Enez 109, 128; Stranguli (p) c. 31; Stangol
(u) c. 200
Stifane (u) vedi Sérifos
Strongoli (a) vedi Stromboli
Stil (p) vedi Stilo
Strongoli, punta, Calabria, Italia; Strogolo/
Stil (u) vedi Stilo Strongolo/Trongolo (g) pp. 27, 28
Stile (g) vedi Stilo Strongolo (g) vedi Stromboli
Stillone (a) vedi Stilo Strongolo (g) vedi Strongoli
Stilo (g) vedi Stilo Stuera (u) vedi Stora

388
Indice toponomastico

Sturi (g) vedi Astura Sukhumi, Georgia, Mar Nero; Savastopoli


(a) p. 135; Savastopoli (p) c. 36
Sturi (g) vedi Stora
Summesso (a) vedi Surmene
Sturi (p) vedi Stora
Sunio (Sunion), capo, Grecia; Colonne (a)
Sturi (u) vedi Astura
pp. 39, 40, 53, 56; Colonne/Cholon-
Styra, isola, Grecia; Prementore (a) p. 41; Pri- na/Cholonne/Cholona/Cholone/Cho-
mitor/Primitoro/Primitero (g) p. 43; lon (g) pp. 41, 42, 54, 55, 59; Colonne
Promuentorio/Premettorno/Premento- (p) cc. 13, 16, 17; Colonna/Cholonna/
rio (p) c. 13; Prementor/Prementori/ Corona (u) cc. 169, 173, 174, 175
Prunentor (u) c. 170 Supsa, fiume, Georgia, Mar Nero; Faxo (a)
Sua (a) vedi Soùdas p. 135; Faso (p) c. 36

Sua (p) vedi Soùdas Sur (u) vedi Sur

Suari (a) vedi Suvero Sur, città, Libano; Suri (a) pp. 61, 129; Suri
(g) pp. 66, 121; Suri (p) cc. 18, 33; Sur
Suasena (u) vedi Saseno (u) cc. 178, 206
Suasina (g) vedi Saseno Suri (a) vedi Sur
Sucha (p) vedi Zarrùq Suri (g) vedi Sur
Suchacho (g) vedi Ceuta Suri (p) vedi Sur
Suchalu (g) vedi Zarrùq Surmena (a) vedi Surmene
Sucqua (u) vedi Zarrùq Surmene, Turchia, Mar Nero; Surmena/
Suda (a) vedi Syra Summesso (a) pp. 134, 135; Simizo (p)
c. 35
Suda (g) vedi Syra
Susanna (a) p. 7; isola non identificata, Fran-
Suda (p) vedi Syra cia
Suda (u) vedi Soùdas Sussa (u) vedi Suza (p)
Sudak, Ucraina, Mar Nero; Sodania/Solda- Suvar (u) vedi Messeniakòs
nia (a) p. 136
Suvara (g) vedi Soùdas
Sueca (a) vedi Zarrùq
Suvaro (g) vedi Suvero
Sueca (u) vedi Zarrùq
Suvero, capo, Calabria, Italia; Suari (a) pp. 23,
Suecca (a) vedi Zarrùq 99; Suvaro (g) p. 25; Sovera (p) c. 28
Sueccha (a) vedi Zarrùq Suza (p) c. 21; Sussa (u) c. 181; località non
individuata, Tunisia
Sueccha (p) vedi Zarrùq
Suza (u) vedi Syra
Suecha (g) vedi Zarrùq
Syra, isola, Grecia, Isole Cicladi; Suda (a)
Sueiller (u) vedi Soller
p. 55; Suda (g) p. 59; Suda (p) c. 17;
Sueta (a) vedi Ceuta Suza (u) c. 174

389
Bianca Fadda

Syrna, isola, Grecia, Isole Sporadi; Porcella Taillada (u) vedi Taillat
(a) p. 51; Porcetti (g) p. 52; Porcelli (p)
Taillat, capo, Francia; Taillata (a) p. 15; Ta-
c. 15; Porciello (u) c. 173
gliatto (g) p. 15; Taglia (p) c. 5; Tailla-
Syros, isola, Grecia, Isole Cicladi; Capra (a) da (u) c. 158
pp. 40, 55, 56; Chrava (g) p. 59; Capra
Taillata (a) vedi Taillat
(u) c. 174
Taky, Mys, capo, Ucraina, Mar Nero; Cava-
lario/Cavalarij (a) p. 136
T
Talamo (p) vedi Calimno
Tabarca (a) vedi Tabarca
Talamone (g) vedi Talamone
Tabarca (p) vedi Tabarca
Talamone (p) vedi Talamone
Tabarca, isola, Tunisia; Tabarca (a) p. 74; Ta-
Talamone (u) vedi Talamone
barcha (g) p. 80; Tabarca (p) c. 22; Ta-
barcha (u) c. 182 Talamone, porto, Toscana, Italia; Talamone
(g) p. 22; Talamone (p) c. 7; Talamone
Tabarcha (g) vedi Tabarca
(u) c. 161
Tabarcha (u) vedi Tabarca
Talaria (g) vedi Tavolara
Tachosa (g) vedi Toukousch
Talfagar (a) vedi Trafalgar
Tagimagi (p) vedi Tagomago
Tallara (a) vedi Tavolara
Taglia (p) vedi Taillat
Taman, Russia, Mar Nero; Matrega (a) p. 136;
Tagliatto (g) vedi Taillat Matricha/Matrica (p) c. 36
Tago, chapo (u) c. 186; capo situato presso Tana (a) p. 136; località non individuata,
l’isola di Tagomago, Spagna Mar Nero
Tagomago (a) vedi Tagomago Tana (a) vedi Tanais
Tagomago (g) vedi Tagomago Tana (g) vedi Tanais
Tagomago (p) vedi Tagomago Tanais, antica città, Turchia; Tana (a) p. 136;
Tana (g) p. 51
Tagomago (u) vedi Tagomago
Tanese (g) vedi Ténès
Tagomago, isola, Spagna, Isole Pitiuse; Tago-
mago (a) pp. 82, 83, 84; Tagomago/ Tanga (g) vedi Tangeri
Togomago/Gomago (g) pp. 88, 89, 90;
Tangarog, Russia, Mar Nero; Cabardi (a)
Tagimagi/Tagomago (p) cc. 24, 25; Ta-
p. 136
gomago (u) c. 186
Tangeri, città, Marocco; Tania (a) p. 77; Tan-
Tagugia (p) vedi Toukousch
ga (g) p. 84; Tangie (p) c. 23; Tangha
Taifor, capo, Marocco; Tarfusnauli (a) p. 77; (u) c. 184
Tarfanoli (g) p. 84; Tarfanauli (p) c. 23;
Tangha (u) vedi Tangeri
Terstanoli/Garfanoli/Gharfanoli (u)
c. 184 Tangie (p) vedi Tangeri

390
Indice toponomastico

Tani (u) vedi Vivara Tarifa (a) vedi Tarifa


Tania (a) vedi Tangeri Tarifa (g) vedi Tarifa
Tanifa (p) vedi Tarifa Tarifa (u) vedi Tarifa
Tano (a) vedi Fanos Tarifa, città, Spagna; Tarifa (a) p. 4; Tarifa/
Tarifra/Trarifra (g) p. 2; Tanifa (p) c. 1;
Tano (p) vedi Fanos
Tarifa (u) c. 153
Tano (p) vedi Teneo (a) Tarifra (g) vedi Tarifa
Tano (u) vedi Cane (a) Tario (a) p. 136; località non individuata,
Tano (u) vedi Fanos Mar Nero

Taolara (a) vedi Tavolara Tarsus, fiume, Turchia; Terso (a) p. 59; Terzo
(g) p. 64; Terzo (p) c. 34
Taolato (a) vedi Teulada
Tauermena (g) vedi Taormina
Taormina, porto, Sicilia, Italia; Taurmena (a)
p. 105; Tauermena (g) pp. 103, 104; Tauermena (p) vedi Taormina
Tauermena (p) c. 29; Tauerna (u) c. 197 Tauerna (u) vedi Taormina
Taoro (a) vedi Toro, isola, Sardegna Taulara (a) vedi Tavolara
Taragona (a) vedi Terragona Taularia (g) vedi Tavolara
Tarante (u) vedi Taranto Taulato (a) vedi Teulada
Taranto (a) vedi Taranto Taulatra (g) vedi Tavolara
Taranto (p) vedi Taranto Taur (u) vedi Toro, isola, Sardegna
Taranto, golfo e porto, Puglia, Italia; Taranto Taurmena (a) vedi Taormina
(a) pp. 25, 26, 81; Tarato/Taratto (g)
pp. 27, 28, 29; Taranto (p) cc. 9, 24; Tavolara, isola, Sardegna, Italia; Taolara/
Torente/Tarante (u) cc. 162, 163, 180 Taulara/Tallara (a) pp. 92, 93, 98, 99;
Toraio/Talaria/Telaria/Teolara/Taula-
Tarato (g) vedi Taranto ria/Taulatra (g) pp. 98, 99, 127, 128;
Taratto (g) vedi Taranto Toraro (p) cc. 26, 28; Toraio (u) cc. 191,
192, 194
Tarfa (p) vedi El-Taifa
Tedel (u) vedi Tedlés
Tarfagar (u) vedi Trafalgar
Tedelis (u) vedi Tedlés
Tarfalempa (u) vedi Llamp
Tedelise (a) vedi Tedlés
Tarfalenpa (a) vedi Llamp
Tedlés, capo, Algeria; Tedelise (a) pp. 75, 86,
Tarfalenpa (p) vedi Llamp 96; Telesi/Ditelisi/Titelisi (g) pp. 82,
93, 123; Tintelepe/Titellisi (p) cc. 25,
Tarfanauli (p) vedi Taifor
27; Tedelis/Tedel/Thedalis (u) cc. 183,
Tarfanoli (g) vedi Taifor 188, 193
Tarfusnauli (a) vedi Taifor Tegolata (g) vedi Teulada

391
Bianca Fadda

Tegolatta (g) vedi Teulada Tennese (p) vedi Tineh


Tegon (u) vedi Ténès Teno (a) vedi Fanos
Tegone (a) vedi Ténès Tenple (u) vedi Pàsman
Tegulata (p) vedi Teulada Tenpri (p) vedi Pàsman
Telaria (g) vedi Tavolara Teolara (g) vedi Tavolara
Telesi (g) vedi Tedlés Teragona (g) vedi Terragona
Teme e Ama (p) vedi Timi Ama Teri (g) vedi Hyeres
Tempio (g) vedi Pàsman Termene (a) vedi Termini Imerese
Temple (a) vedi Pàsman Termile (p) vedi Termini Imerese
Tenda (a) p. 135; monte non individuato, Termine (g) vedi Termini Imerese
Georgia
Termine (p) vedi Termini Imerese
Tene (u) vedi Kìnaros
Termine (u) vedi Termini Imerese
Teneo (a) p. 45; Tano (p) c. 14; Tineo (u)
Termini Imerese, porto, Sicilia, Italia; Ter-
c. 171; isola non identificata, Turchia
mene (a) p. 107; Termine (g) p. 106;
Tenes (u) vedi Ténès Termine/Termile (p) c. 30; Termine (u)
c. 199
Ténès, capo, Algeria; Tenese/Tennese /Tego-
ne (a) pp. 76, 77, 79, 82, 86, 89, 128; Ternisa (p) vedi Trenesia (a)
Tenese/Tenesse/Tennese/Tenesa/Tane-
Terra Agona (g) vedi Terragona
se (g) pp. 83, 84, 87, 92; Tenese/Ten-
nese/Tonnese (p) cc. 23, 24, 25, 26, Terra Gona (g) vedi Terragona
33; Tenes/Tegon (u) cc. 183, 184, 185,
Terra Nuova (u) c. 198; località non identifi-
186, 188, 189, 206
cata, Sicilia, Italia
Tenesa (g) vedi Ténès
Terraghona (p) vedi Terragona
Tenese (a) vedi Ténès
Terragona (a) vedi Terragona
Tenese (a) vedi Tineh
Terragona (p) vedi Terragona
Tenese (g) vedi Ténès
Terragona (u) vedi Terragona
Tenese (g) vedi Tineh
Terragona, città, Spagna; Taragona/Terrago-
Tenese (p) vedi Ténès na (a) pp. 9, 10; Teragona/Terra Ago-
na/Terra Gona (g) pp. 8, 9; Terragho-
Tenesse (g) vedi Ténès
na/Terragona (p) cc. 2, 3; Terragona
Tenesse (g) vedi Tineh (u) c. 155
Tennese (a) vedi Ténès Terso (a) vedi Tarsus
Tennese (g) vedi Ténès Terstanoli (u) vedi Taifor
Tennese (p) vedi Ténès Terzo (g) vedi Tarsus

392
Indice toponomastico

Terzo (p) vedi Tarsus Rasaltin/Rasaltini/Rasaltino/Raso Al-


tin (g) pp. 71, 72, 116; Rasaltino/Tino
Testa (g) vedi Testa de Satalia (a)
(p) cc. 20, 30, 32; Rasautin/Grasautin/
Testa de Satalia (a) p. 59; Testa (g) p. 63; Te- Rauserauti (u) cc. 179, 180, 199, 203
sta de Satalias (u) c. 177; secca presso
Tineh (El Tina), fiume, Egitto; Tenese (a)
l’isola Gelidonja, Turchia p. 63; Tenesse/Tenese (g) pp. 68, 120;
Testa de Satalias (u) vedi Testa de Satalia (a) Tennese (p) c. 19

Teulada, capo, Sardegna, Italia; Taolato/Tau- Tineo (u) vedi Teneo (a)
lato (a) pp. 95, 97, 98; Tegolata/Tego- Tinetto, isola, Liguria, Italia; Tireto (a) p. 19;
latta (g) pp. 100, 124; Tegulata (p) Siretto (g) p. 20; Tirello (p) c. 6; Tieret
c. 27;Toraio/Troia (u) cc. 193, 194, (u) c. 160
195
Tini (p) vedi Tino, isola, Grecia
Thedalis (u) vedi Tedlés
Tino (a) vedi Fanos
Therasìa, isola, Grecia; Crutello (a) p. 53;
Graciola (g) p. 55; Grucello (p) c. 16; Tino (g) vedi Gran Sirte
Cristoli (u) c. 174 Tino (a) vedi Gran Sirte
Thermia (Kythnos), isola, Grecia, Isole Ci- Tino (a) vedi Tino, isola, Grecia
cladi; Fermene/Fermense (a) pp. 53,
55, 125; Fermenea/Ferminea (g) p. 58; Tino (p) vedi Gran Sirte
Farmenea/Ferminea (p) cc. 16, 17; Fer- Tino (p) vedi Tin
menea/Fermente (u) cc. 174, 205
Tino (Tenos), isola, Grecia, Isole Cicladi;
Tienone (g) vedi Marathonisi Tin/Tino/Tim (a) p. 55; Tin (g) p. 59;
Tier (u) vedi Tino, isola, Italia Tini (p) c. 17; Tin (u) c. 174

Tieret (u) vedi Tinetto Tino, isola, Liguria, Italia; Tiro (a) pp. 19,
22; Charo (g) p. 20; Tiro (p) c. 6; Tier
Tim (a) vedi Tino, isola, Grecia (u) c. 160
Tim (p) vedi Gran Sirte Tintelepe (p) vedi Tedlés
Timi Ama (a) vedi Timi Ama Tio (a) vedi Hirasonu
Timi Ama, scoglio, Sardegna, Italia; Timi Tirebolu, Turchia, Mar Nero; Tripoli (a)
Ama (a) p. 94; Teme e Ama (p) c. 26 p. 135
Tin (a) vedi Tino, isola, Grecia Tirello (p) vedi Tinetto
Tin (g) vedi Gran Sirte Tireto (a) vedi Tinetto
Tin (g) vedi Tino, isola, Grecia Tiro (a) vedi Tino, isola, Italia
Tin (u) vedi Gran Sirte Tiro (p) vedi Tino, isola, Italia
Tin (u) vedi Tino, isola, Grecia Tissam (u) c. 195; porto situato nel golfo di
Ventilegne, Corsica, Francia
Tin, capo, Libia; Resaltino/Rasautino/Re-
sautino (a) pp. 66, 67, 109, 121, 129; Titelisi (g) vedi Tedlés

393
Bianca Fadda

Titellisi (p) vedi Tedlés Torisella (u) vedi Torroella de Montgrì


Tito (a) vedi Vivara Toro (g) vedi Toro, isola, Sardegna
Tobruch, porto, Libia; Trabucco (a) pp. 65, Toro (p) vedi Toro, isola, Sardegna
66; Trabucho/Trabocho (g) p. 71; Tra-
Toro, isola, Spagna, Baleari; Corvo (a) p. 84;
bucco (p) c. 20; Trabuch (u) c. 179
Cervo (g) p. 90; Corno (p) c. 25; Corp
Togomago (g) vedi Tagomago (u) c. 186
Toissimois (u) vedi Ued-Kuss Toro, isola, Sardegna, Italia; Taoro (a) p. 95;
Toro (g) pp. 101, 124; Toro (p) c. 27;
Tolini (g) vedi Sablettes
Taur (u) c. 193
Tolon (u) vedi Tolone
Torpia (g) vedi Tropea
Tolone (a) vedi Tolone
Torre Cavallo, capo, Puglia, Italia; Cavallo
Tolone (g) vedi Tolone (a) p. 27; Chavallo (g) p. 30; Cavala (u)
c. 163
Tolone (p) vedi Tolone
Torre da Mare (a) vedi Torremare
Tolone (Toulon), porto, Francia; Tolone (a)
p. 14; Tolone (g) p. 14; Tolone (p) c. 4; Torre di Mare (g) vedi Torremare
Tolone/Tolon (u) cc. 157, 158
Torre di Mare (u) vedi Torremare
Tolone (u) vedi Tolone
Torrecta (a) vedi Euripos
Tomao (p) c. 36; località non individuata,
Torrecta (a) vedi Faro, capo, Sicilia, Italia
Mar Nero
Torregella (a) vedi Torroella de Montgrì
Toneze (a) vedi Tunisi
Torremare, Puglia, Italia; Torre da Mare (a)
Tonizi (p) vedi Tunisi
p. 25; Torre di Mare (g) p. 28; Tore di
Tonnese (p) vedi Ténès Mare (p) c. 9; Torre di Mare (u) c. 162
Toraio (g) vedi Tavolara Torremolinos, punta, Spagna; Moline (a)
p. 5; Molino (g) p. 3; Moledario (p)
Toraio (u) vedi Tavolara
c. 1; Molendina (u) c. 154
Toraio (u) vedi Teulada
Torrente (u) vedi Toranto (a)
Toranto (a) p. 13; Torrente (u) c. 157; isola
Torretta (u) vedi Euripos
non identificata, Francia
Torretta (u) vedi Faro, capo, Sicilia, Italia
Toraro (p) vedi Tavolara
Torricella (p) vedi Torroella de Montgrì
Tore di Mare (p) vedi Torremare
Torrigella (g) vedi Torroella de Montgrì
Torente (u) vedi Taranto
Torroella de Montgrì, porto, Spagna; Torre-
Toretta (g) vedi Euripos
gella (a) p. 10; Torrigella (g) p. 8; Torri-
Toretta (g) vedi Faro, capo, Sicilia, Italia cella (p) c. 3; Torisella (u) c. 155
Toretta (p) vedi Euripos Tortesa (u) vedi Arwad
Toretta (p) vedi Faro, capo, Sicilia, Italia Tortorosa (g) vedi Tortosa, capo, Spagna

394
Indice toponomastico

Tortosa (a) vedi Arwad Trabuch (u) vedi Tobruch


Tortosa (a) vedi Tortosa, capo, Spagna Trabucho (g) vedi Tobruch
Tortosa (a) vedi Tortosa, porto, Siria Trabzon, Turchia, Mar Nero; Trapezonda/
Trepezonda (a) p. 135; Trepizonda (p)
Tortosa (g) vedi Arwad
c. 36
Tortosa (g) vedi Tortosa, capo, Spagna
Trafagar (g) vedi Trafalgar
Tortosa (g) vedi Tortosa, porto, Siria
Trafagar (p) vedi Trafalgar
Tortosa (p) vedi Arwad
Trafagar (u) c. 183; capo nei pressi di Algeri,
Tortosa (p) vedi Tortosa, capo, Spagna Algeria
Tortosa (Tartus), porto, Siria; Tortosa (a) Trafalenfa (g) vedi Llamp
p. 60; Tortosa (g) p. 65; Tortosa (u)
c. 177 Trafalgar, capo, Spagna; Talfagar (a) p. 4;
Trafagar (g) p. 2; Trafagar (p) c. 1; Tar-
Tortosa (u) vedi Arwad fagar (u) c. 153
Tortosa (u) vedi Tortosa, capo, Spagna Trana (u) vedi Trani
Tortosa (u) vedi Tortosa, porto, Siria Trani (a) vedi Trani
Tortosa, capo, Spagna; Tortosa (a) pp. 9, 84, Trani (g) vedi Trani
87; Tortosa/Tortorosa (g) pp. 7, 90, 94;
Tortosa (p) cc. 2, 25; Tortosa (u) cc. 155, Trani (p) vedi Trani
188 Trani, porto, Puglia, Italia; Trani/Trano (a)
Tosimuzi (a) vedi Ued-Kuss p. 28; Trani (g) p. 31; Trani (p) c. 9;
Trana (u) c. 164
Tossimiczo (a) vedi Ued-Kuss
Trano (a) vedi Trani
Toukousch, baia, Algeria; Entrecueis (a)
p. 74; Tachosa (g) p. 80; Tagugia (p) Trano (g) vedi Lapani
c. 22; Antennicis (u) c. 183 Trapali (p) vedi Trapani
Trabel (a) p. 67; Trabet (g) p. 73; Lebette (p) Trapana (a) vedi Trapani
c. 20; Trabet (u) c. 180; isola non iden-
tificata, Libia Trapani (g) vedi Trapani

Trabet (g) vedi Trabel (a) Trapani, porto, Sicilia, Italia; Trapana/Trape-
na (a) pp. 105, 107; Trapani (g) pp. 103,
Trabet (u) vedi Trabel (a) 105; Trapali (p) cc. 29, 30; Trapano (u)
Trabisaccia (p) vedi Trebisacce cc. 197, 198

Trabisaccio (p) vedi Trebisacce Trapano (a) vedi Argostoli


Trabisacia (g) vedi Trebisacce Trapano (g) vedi Argostoli
Trabocho (g) vedi Tobruch Trapano (p) vedi Argostoli
Trabucco (a) vedi Tobruch Trapano (u) vedi Trapani
Trabucco (p) vedi Tobruch Trapea (u) vedi Argostoli

395
Bianca Fadda

Trapena (a) vedi Trapani Tripisilli (a) vedi Kurucaçile


Trapezonda (a) vedi Trabzon Tripisilli (p) vedi Kurucaçile
Trarifra (g) vedi Tarifa Tripissi (a) vedi Kurucaçile
Trau (u) vedi Lapani Tripoli (a) vedi Tirebolu
Travo (a) vedi Lapani Tripoli (a) vedi Tripoli di Siria
Trebesacze (a) vedi Trebisacce Tripoli (g) vedi Tripoli di Siria
Trebesaza (a) vedi Trebisacce Tripoli (p) vedi Tripoli
Trebesaze (a) vedi Trebisacce Tripoli (p) vedi Tripoli di Siria
Trebessasas (u) vedi Trebisacce Tripoli (Tarabulus), città, Libia; Tripoli de
Barbaria (a) pp. 67, 68, 80, 109, 112,
Trebisacce, porto, Calabria, Italia; Trebesac-
114, 121; Tripoli di Barbaria (g) pp. 73,
ze/Trebesaze/Trebesaza (a) p. 25; Trabi-
74, 107; Tripoli di Barbaria/Tripoli (p)
sacia/Trebisacia/Trebisacie/Trebisacio/
cc. 20, 21, 24, 30, 34, 35; Tripoli di
Trobisaci (g) p. 28; Trabisaccia/Trabi-
Barbaria/Tripoli di Barberia (u) cc. 180,
caccio (p) cc. 8, 9 Trebissa/Trebessasas
181, 199, 201
(u) c. 162
Tripoli de Barbaria (a) vedi Tripoli
Trebisacia (g) vedi Trebisacce
Tripoli di Barbaria (g) vedi Tripoli
Trebisacie (g) vedi Trebisacce
Tripoli di Barbaria (p) vedi Tripoli
Trebisacio (g) vedi Trebisacce
Tripoli di Barbaria (u) vedi Tripoli
Trebissa (u) vedi Trebisacce
Tripoli di Barberia (u) vedi Tripoli
Tremiti, isole, Puglia, Italia; Tremmeti (a)
p. 29; Tremuli (g) p. 31; Trimero (p) Tripoli di Siria (Trablus), porto, Libano; Tri-
c. 9; Tremolinas (u) c. 164 poli (a) pp. 60, 61; Tripoli (g) p. 65;
Tripuli/Tripoli (p) c. 18; Tripoli di So-
Tremmeti (a) vedi Tremiti
ria (u) cc. 177, 178
Tremolinas (u) vedi Tremiti
Tripoli di Soria (u) vedi Tripoli di Siria
Tremuli (g) vedi Tremiti
Tripoli lo Vechio (u) vedi Sabratha
Trenese (p) vedi Trenesia (a)
Tripoli Vellio (a) vedi Sabratha
Trenta (u) vedi Otranto
Tripoli Vetatto (g) vedi Sabratha
Trepezonda (a) vedi Trabzon
Tripuli (p) vedi Tripoli di Siria
Trepizonda (p) vedi Trabzon
Tripuli Vechio (p) vedi Sabratha
Tresnesia (a) pp. 135, 136; Trenese/Ternisa
Trixilli (p) vedi Kurucaçile
(p) c. 36; località non individuata, Mar
Nero Trobisaci (g) vedi Trebisacce
Trimero (p) vedi Tremiti Troia (u) vedi Teulada

396
Indice toponomastico

Trongolo (g) vedi Strongoli U


Tròodos, monte, Cipro; Croze (a) p. 127; Ued-Kuss, fiume, Marocco; Tosimuzi/Tossi-
Dragodosso (g) p. 119; Cruce (p) c. 33; miczo (a) p. 77; Tussimussi/Tussi Mus-
Dragades (u) c. 205 si (g) p. 85; Tusimile (p) c. 23; Toissi-
mois (u) c. 184
Tropea, porto, Calabria, Italia; Turpia (a)
p. 23; Torpia (g) pp. 25, 26; Turpia (p) Uev (u) vedi Ovo
c. 8; Turpia (u) c. 162 Ugarano (g) vedi Orano
Trypete, porto, Creta, Grecia; Maleca/Melle- Uguara (g) vedi Orano
ca/Meccha (a) pp. 118, 119; Malecha
(g) pp. 114, 115; Melata (p) c. 32; Uguarano (g) vedi Orano
Malli (u) c. 203 Uinino (g) vedi Honaine
Tuera (u) vedi Stora Ulive (p) vedi Aliveri
Tunisi (g) vedi Tunisi Ulivero (a) vedi Aliveri
Tunisi, porto, Tunisia; Toneze (a) p. 72; Tu- Ulivieri (g) vedi Collioure
nisi (g) p. 78; Tunizi/Tonizi (p) cc. 21,
Ulivo (u) vedi Villefranche
22; Tunizi (u) cc. 181, 182
Umin (p) vedi Honaine
Tunizi (p) vedi Tunisi
Unbort, casal (u) vedi Cazalimberto (a)
Tunizi (u) vedi Tunisi
Une (a) vedi Honaine
Turchia (a) vedi Turchia
Une (u) vedi Honaine
Turchia (g) vedi Turchia
Unino (g) vedi Honaine
Turchia (p) vedi Turchia
Unye, Turchia, Mar Nero; Onio (a) p. 134
Turchia; Turchia (a) p. 127; Turchia (g)
pp. 62, 120; Turchia (p) c. 33 Uovo (g) vedi Ovo

Turchio (p) vedi Turco (a) Uropetio (p) vedi Nagar

Turco (a) p. 101; Turchio (p) c. 28; Turchio Uropetro (p) vedi Seteìa, golfo
(u) c. 195; località non individuata, Ursa (g) vedi Capo d’Orso
Corsica, Francia
Ustega (a) vedi Ustica
Turetta (p) vedi Euripos
Ustegua (u) vedi Ustica
Turpia (a) vedi Tropea
Ustica, isola, Italia; Ustega (a) pp. 99, 104,
Turpia (p) vedi Tropea 107, 110; Ustiga/Usticha/Anticha (g)
Turpia (u) vedi Tropea pp. 103, 106, 109, 126, 127, 128;
Ustegua/Stegua (u) cc. 194, 197, 199,
Tusimile (p) vedi Ued-Kuss 200
Tussi Mussi (g) vedi Ued-Kuss Usticha (g) vedi Ustica
Tussimussi (g) vedi Ued-Kuss Ustiga (g) vedi Ustica

397
Bianca Fadda

V Valenza (g) vedi Valenza


Vacca (a) vedi Porco Valenza (p) vedi Valenza
Vacca (a) vedi Vacca, isola, Sardegna Valenza (u) vedi Valenza
Vacca (p) vedi Vacca, isola, Sardegna Valenza (Valencia), città, Spagna; Valenza (a)
pp. 9, 84, 86; Valenza (g) pp. 7, 94; Va-
Vacca, isola, Sardegna sudoccidentale, Italia;
lenza (p) c. 25; Valenza (u) c. 186
Vacca (a) pp. 95, 91; Vacha (g) pp. 100,
101; Vacca (p) c. 27; Vaccha (u) c. 193 Valenza, fiume (a) vedi Guadalaviar
Vacca, penisola, Sardegna, Italia; S. Maria (a) Valenza, fiume (g) vedi Guadalaviar
p. 91; S. Maria (g) p. 97
Valenza, fiume (u) vedi Guadalaviar
Vaccha (u) vedi Porco
Valenza, foce (p) vedi Guadalaviar
Vaccha (u) vedi Vacca, isola, Sardegna
Valinea (g) vedi Baniyas
Vacha (g) vedi Porco
Vallanea (u) vedi Baniyas
Vacha (g) vedi Vacca, isola, Sardegna
Vallinea (g) vedi Baniyas
Vacher (u) vedi Arroyo Vaquiero
Vallo (p) c. 18; località non individuata, Tur-
Vachis (g) vedi Arroyo Vaquiero chia
Vadi (a) vedi Vado Ligure Vaneticho (p) vedi Benetiko
Vado Ligure, porto, Liguria, Italia; Vadi (a) Vangat (u) vedi Variazze
p. 18; Vai (g) p. 19; Vari (p) c. 6; Vai
Vaqua (u) vedi Porco
(u) c. 159
Vaquiero (a) vedi Arroyo Vaquiero
Vai (g) vedi Vado Ligure
Vardiani (Vardianoi), isole, Grecia; Bardara/
Vai (u) vedi Vado Ligure
Bardare (a) pp. 32, 33; Bardara (g)
Val de Compare (a) vedi Itaca p. 36; Bardare (p) c. 11; Bardairas/Bar-
dras (u) c. 166
Val di Chonpare (g) vedi Itaca
Vari (p) vedi Vado Ligure
Val di Compare (p) vedi Itaca
Variazze, capo, Liguria, Italia; Varigoto (a)
Val di Compare (u) vedi Itaca
p. 18; Variotti (g) p. 18; Varoto (p) c. 6;
Valanea (a) vedi Baniyas Vangat (u) c. 159
Valanea (u) vedi Baniyas Varigot (a) vedi Variazze
Valania (a) vedi Baniyas Variotti (g) vedi Variazze
Valenea (g) vedi Baniyas Varna (a) vedi Varna
Valenea (p) vedi Baniyas Varna, Bulgaria, Mar Nero; Varna (a) p. 130
Valenza (a) vedi Valenza Varoto (p) vedi Variazze

398
Indice toponomastico

Varti (p) vedi Vati (a) Ventilegne, golfo, Corsica, Francia; Elleze/
Ellexe (a) p. 100; Erici (p) c. 28; Elleu-
Vasilina, capo, Grecia; Moline/Moriczo/Mo-
ze/Leuze (u) c. 195
liczo (a) p. 42; Mosa/Moiza/Imoiza (g)
pp. 44, 45; Moriza/Morizo (p) c. 14; Ventimiglia (p) vedi Ventimiglia
Morissa/Morssa (u) c. 170
Ventimiglia (u) vedi Ventimiglia
Vati (a) p. 135; Varti (p) c. 36; località non
individuata, Georgia, Mar Nero Ventimiglia, porto, Liguria, Italia; Vintimilia
(a) p. 17; Vittimiglia (g) p. 18; Venti
Vaticano, capo, Calabria, Italia; Bacticane (a) Miglia/Ventimiglia (p) c. 6; Ventimi-
p. 23; Batte Chane (g) p. 26; Bactica- glia (u) c. 159
ne/Bactichane (p) c. 8; Batincan/Batti-
cam (u) cc. 162, 194 Vento Tela (p) vedi Ventotene

Vatissa (p) vedi Fatsa Ventotene, isola, Italia, Isole Pontine; Ponta-
reta (a) p. 22; Ventto Tela (g) pp. 23, 24;
Vatiza (a) vedi Fatsa Vento Tela (p) c. 8; Batinto (u) c. 161
Vaza (p) vedi Hurma Ventto Tela (g) vedi Ventotene
Vecina (a) vedi Kamcija Ver (u) vedi Dardanelli
Vedra, isola, Spagna, Isole Pitiuse; Vetrano Verde, isola, Spagna; Isalcadera (a) p. 4; Sal-
(a) p. 82; Vetrano (g) p. 88; Vetrano (p) cadra (g) p. 2; Gizalcandra/Gizalchan-
c. 24; Vintra/Lintra (u) c. 186 dra (p) c. 1; Isalcadere/Salcadere/Sisal-
Vegia (g) vedi Vieilles cadere (u) c. 153

Vela (a) vedi Vieilles Vetiperio (a) vedi Nagar

Vela Bianca, torre, Spagna; Linteame (a) p. Vetrano (a) vedi Vedra
6; Lizuolo (g) p. 4; Lenzuolo (p) c. 2; Vetrano (g) vedi Vedra
Linteame (u) c. 154
Vetrano (p) vedi Vedra
Vendres, porto, Francia; Porto Venere (a)
p. 10; Portto Venari (g) pp. 9, 102; Vibo Valenza, porto, Calabria, Italia; Bibona
Provener (u) c. 155 (a) p. 23; Bibona (g) p. 25; Bibona (p)
c. 8; Bibona (u) c. 162
Venegia (a) vedi Venezia
Vieilles, isole, Francia; Vela (a) p. 16; Vegia
Venegia (g) vedi Venezia
(g) p. 16; La Viellas (u) c. 158
Venesia (p) vedi Venezia
Vieste, porto, Puglia, Italia; Bestii (a) p. 29;
Veneticho (g) vedi Benetiko Bestie (g) p. 31; Bestia (p) c. 9; Bestia/
Bestria (u) c. 164
Venezia, golfo e città, Veneto, Italia; Venegia
(a) pp. 30, 32, 81; Venegia (g) p. 32; Vilfors (u) vedi Six Fours
Vinegia/Venesia (p) cc. 9, 10, 24; Vi-
Villa San Giovanni, Calabria, Italia; S. Ianni
negia (u) cc. 164, 180
della Luminaria (g) p. 26
Venti Miglia (p) vedi Ventimiglia
Villefranche, porto, Francia; Oliole/Olivoli
Ventico (u) vedi Benetiko (a) pp. 16, 17, 97; Olivoli/Olivolio (g)

399
Bianca Fadda

p. 17; Olivoli (p) cc. 5, 27; Oliva/Oli- Vospro (a) vedi Kerc, Ucraina
vi/Ulivo (u) cc. 159, 194
Votri (p) vedi Voltri
Vinegia (p) vedi Venezia
Vulcanello, isola, Italia, Isole Eolie; Bolcani-
Vinegia (u) vedi Venezia no (a) p. 110; Bolganello/Belganello
(g) p. 109; Bolganello (p) c. 31; Bolga-
Vintimilia (a) vedi Ventimiglia
mi (u) c. 200
Vintra (u) vedi Vedra
Vulcano, isola, Italia, Isole Eolie; Bolcano/
Vinza (g) vedi Ibiza Bulcano (a) pp. 99, 110; Bolgano/Bal-
gano (g) pp. 109, 126, 127, 128; Bol-
Viopoli (a) vedi Fol
gano (p) cc. 28, 31; Bolgano/Bolzano
Vipro (p) vedi Imbros (u) cc. 194, 200
Vite (a) vedi Sardegna, punta
Vite (g) vedi Sardegna, punta X
Vite (u) vedi Sardegna, punta Xamo (a) vedi Sàmos
Vitello (u) c. 193; isoletta presso l’isola Vac- Xarchino (a) p. 78; Sarchino (p) p. 23; locali-
ca, Sardegna sudoccidentale, Italia tà non individuata, Marocco
Vittimiglia (g) vedi Ventimiglia Xyli, capo, Grecia; Le Squilli (a) p. 39; Li
Scillo (g) p. 40
Vituperio (a) vedi Nagar
Vitupervi (g) vedi Nagar
Y
Vivara, isola, Italia, Isole Flegree; Tito (a)
p. 22; Vivaro (g) p. 24; Lino (p) c. 8; Yafo (Tel Aviv), città, Israele; Iaffa/Zaffa (a)
Tani (u) c. 161 pp. 62, 63, 128; Giaffa (g) pp. 67, 68,
120; Giaffa/Gaiffa (p) cc. 19, 33; Iaffa/
Vivaro (g) vedi Vivara
Daffa (u) c. 178
Viza (g) vedi Ibiza
Yaire, isola, Francia; Garra (a) p. 12; Jara/
Volana (a) vedi Po di Volano Iara (g) p. 12; Iaras (u) c. 157
Volos, golfo, Grecia; Armiro (a) p. 43; Armi- Yedi Burunlar, capo, Turchia; Settecapi (a)
ro (g) p. 45; Amiro/Armiro (p) c. 14; p. 57; Settechappi (g) p. 61; Sete dei
Armiro/Almiro (u) c. 170 Capi (p) c. 17; Serecap (u) c. 176
Voltri (a) vedi Voltri Yerakas, capo, Grecia, Isole Ionie; Pelago (a)
p. 33; Pelago (g) p. 37; Pelago (p) c. 11;
Voltri, Liguria, Italia; Voltri (a) p. 18; Votri
Pelago (u) c. 166
(p) c. 6
Yesilkoy, capo, Turchia, Mar di Marmara; S.
Vona (a) pp. 134, 135; Vona (p) c. 36; locali-
Stefano (a) pp. 44, 45; S. Istefano (g)
tà non individuata, Mar Nero
p. 48; S. Stefano (u) c. 171
Vona (p) vedi Vona (a)
Vospio (p) vedi Kerc, Ucraina

400
Indice toponomastico

Z Zaro (p) vedi Arzew


Zadera (a) vedi Zara Zarrùq, capo, Libia; Sueca/Suecca/Sueccha
(a) pp. 67, 79, 109, 112; Suchalu/Sue-
Zafarana (g) vedi Ghaza cha (g) pp. 73, 107; Sucha/Sueccha/Sa-
Zafarino (a) vedi Chafarinas veccha (p) cc. 20, 24, 30, 35; Sueca/
Sucqua (u) cc. 180, 199, 201, 203
Zaffa (a) vedi Yafo
Zarzis, secche, Tunisia; Scala de Ricza (a)
Zafferano, capo, Sicilia, Italia; Sorrenti (u) p. 68; Riso, scala de le seche (g) p. 73;
c. 199 Scala de Riso (p) c. 20; Secz Dris, scala
(u) c. 180
Zaffi (p) vedi Safi
Zavida (a) vedi Cauda, Mys
Zaffino (u) vedi Safi
Zefalum (a) vedi Zephir
Zaffon (a) vedi Azeffoun
Zembra (Giamur), isola, Tunisia; Gemolo/
Zaffone (a) vedi Azeffoun Gemmolo (a) pp. 71, 72, 73, 97, 98,
Zaffoni (g) vedi Azeffoun 109; Gimaro/Gimari/Gimelo/El Gi-
mari (g) pp. 77, 78, 79, 108, 126; Gi-
Zafin (u) vedi Safi mari (p) cc. 21, 27, 28, 30; Giemol/
Zafon (g) vedi Azeffoun Grinol/Giemel/Semel (u) cc. 181, 194,
199
Zafone (p) vedi Azeffoun
Zembretta (Giamur Es Srir), isola, Tunisia;
Zafoni (g) vedi Azeffoun Gemolino (a) p. 72; Gimolino (g) p. 78;
Zagari (a) vedi Akçakoka Gimarello (p) c. 21; Giemolin (u) c. 182
Zahara, secca, Spagna; Zizar (a) p. 3; Cesar Zenara (a) vedi Giraglia
(g) p. 1; Gisar (p) c. 1; Gissar (u) c. 153 Zennaro (a) pp. 35, 36; Zuaro (g) p. 38; Ce-
Zalata (g) vedi Galata, Turchia varo (p) c. 11; golfo tra l’isola Sapientza
e Capo Akritas, Grecia
Zamaris (p) vedi Azemmour
Zephir, fiume, Turchia, Mar Nero; Zefalum
Zamore (a) vedi Azemmour
(a) c. 135
Zamur (g) vedi Azemmour
Zezina (p) vedi Saseno
Zannone, isola, Italia, Isole Pontine; Sano/
Ziarat, capo, Siria; Gloriata (a) pp. 60, 126;
Sanom (a) p. 22; Sanone (g) p. 23; Sa-
Graliatta/Groliatta (g) pp. 64, 65, 118,
none (p) c. 8; Sanoni (u) c. 161
120; Grolietta/Goriate (p) cc. 18, 33;
Zante (Zakinthos), isola, Grecia, Isole Ionie; Gloriata (u) c. 177
Jacento (a) pp. 33, 34, 81, 108; Giacia-
Zido (p) vedi Krio
to/Giagiato/Giagiatto/Giatto/Iachato
(g) pp. 36, 37, 107; Giacanto (p) cc. 11, Zigiari (g) vedi Djidjelli
30, 35; Iasente/Iansente/Lasente/Lasen- Zigozo (g) vedi Gaudopoula
ta (u) cc. 166, 167, 180, 199
Zizar (a) vedi Zahara
Zara, città, Costa Dalmata; Zadera (a) p. 30;
Zizari (g) vedi Djidjelli
Santta Civitatte (g) p. 33; Giadra (p)
c. 10 Zizari (p) vedi Algeri

401
Bianca Fadda

Zizera (a) vedi Algeri Zizora (g) vedi Algeri


Zizera (g) vedi Algeri Zonchi (a) vedi Gialova
Zizera (p) vedi Algeri Zuaro (g) vedi Zennaro (a)

402
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

ALDO PILLITTU

AGGIORNAMENTI, REVISIONI E AGGIUNTE


A SCIPIONE APRILE

Quella sorta di damnatio memoriae in cui sono incorsi gli scul-


tori attivi in Sardegna nei secoli XVI e XVII ha invece risparmiato il
più importante dell’ultimo ventennio del Cinquecento, Scipione
Aprile, continuatore di una plurisecolare tradizione di architetti, scal-
pellini, intagliatori e scultori noti dalla seconda metà del sec. XV al
XVIII, quella degli Aprile di Carona, nell’attuale Canton Ticino, allo-
ra inclusa nella diocesi di Como (1). Egli è ricordato in due epigrafi,

(1) Antonio, scultore e architetto, e Andrea di Carlo, scultore, si trovavano in


Genova nel 1470 (G. MERZARIO, I maestri comacini, Milano 1893, pp. 236-237, cita
anche i loro figli o nipoti Pietro, Anton Maria, Giovanni Battista di Giovanni, tutti
caronesi). Carlo potrebbe essere quel Carlo Aprile documentato nel sec. XV a Carona.
Giorgio, scultore e architetto, figlio di Andrea, è a Genova nel 1499. Nel Cinquecen-
to, più ricco di notizie, ritroviamo un altro Andrea, scultore e architetto, attestato a
Genova e Carrara dal 1504 al 1567. Un Giovanni, documentato nel 1509, risulta esse-
re il padre di Pietro, Antonio Maria e Giovanni Antonio. Pietro Aprile, o Pietro da
Carona, scultore, nato presumibilmente intorno al 1480, risulta fino al 1558 attivo fra
Genova, Carrara e la Spagna, dove operò anche Antonio Maria, scultore, noto dal
1522 al 1542 (i fratelli Antonio Maria, Pietro, Giovanni Antonio Aprile di Carona e
Pace Gaggini di Bissone furono fra i primi scultori e marmorari luganesi attestati in
Spagna, cfr. E. GOMEZ-MORENO, Escultores de Lugano y Como en España, in Arte e Arti-
sti dei laghi lombardi, I (Architetti e scultori del Quattrocento), a cura di E. ARSLAN,
Como 1959, pp. 375-380). Giovanni Antonio, scultore, è presente a Savona e Carrara
fino al 1527. Battista, scultore, figlio di Pietro, lavorò a Carrara nel 1524. Un Giovan-
ni Battista, architetto e intagliatore in legno, all’opera a Venezia insieme con Tullio
Lombardo fra il 1524 e il 1532, risulta essere figlio di Giovanni Antonio. I fratelli
Andrea e Battista furono al lavoro intorno al 1560 alla decorazione in stucco di am-

403
Aldo Pillittu

apposte l’una al monumento funebre di Emanuele Castelvì (1586)


nella chiesa di San Gemiliano di Samassi, l’altra alla lapide dedicatoria
della fontana nell’attuale piazza Carlo Alberto del Castello di Cagliari
(1603) (2), in una formula latina che ne rivela la coscienza di artista né
improvvisato né provinciale, padrone di forme decorative aggiornate
al gusto italiano. A dispetto di ciò, la sua attività e la sua stessa figura

bienti del Palazzo Carrega-Cataldi di Genova e nel 1567 ad una loggia della villa
Grimaldi in Sampierdarena (cfr. O. GROSSO, Genova e la Riviera ligure, Roma 1951,
p. 88). Su Leonardo, scultore ed architetto attestato a Como nel 1569, e su Martino,
scultore in Milano nel 1541, non abbiamo certezze riguardo l’appartenenza alla mede-
sima stirpe. Sugli Aprile cfr. inoltre M. GUIDI, Dizionario degli artisti ticinesi, Roma
1932, pp. 21-23, 26, 79; le singole voci Aprile, inU. THIEME, F. BECKER, Allgemeines
Lexicon der Bildenden Künstler, II, 1908; Dizionario Biografico degli Italiani, III, Roma
1961 e in Allgemeines Künstler-Lexicon, III, Leipzig 1990.
(2) La lapide di Samassi reca un’iscrizione metrica in castigliano, cfr. Appendi-
ce, 13. Quella cagliaritana ne ospita invece una latina, anch’essa metrica, cfr. Appendi-
ce, 27. Su Scipione Aprile cfr. V. ANGIUS, voce Samassi, inG. CASALIS, Dizionario geogra-
fico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, XVIII, Torino
1849, p. 11; R. DI TUCCI, Artisti napoletani del Cinquecento in Sardegna, in “Archivio
Storico per le Province napoletane”, X, 1924, pp. 379-381; D. SCANO, Forma Karalis,
Cagliari 1934, pp. 77-78, docc. XI e 15 rispettivamente alle pp. 150, 181; R. DELOGU,
Primi studi sulla storia della scultura del Rinascimento in Sardegna, in “Archivio Storico
Sardo”, XXII, 1941, pp. 3-26; R. DI TUCCI, Documenti e notizie per la storia delle arti e
dell’industrie artistiche in Sardegna dal 1570 al 1620, in “Archivio Storico Sardo”,
XXIV, 1954, p. 163; C. MALTESE, Persistenza di motivi arcaici tra il XVI ed il XVII secolo
in Sardegna, in “Studi Sardi”, XVII, 1961, pp. 466-467; ID., Arte in Sardegna dal V al
XVIII, Roma 1962, p. 25, scheda 109 di R. SERRA, p. 230; A. BOVERO, voce Aprile, in
Grande Dizionario Enciclopedico, vol. II, 19673; C. MALTESE, R. SERRA, Episodi di una
civiltà anticlassica, in Sardegna, Milano-Venezia 1969, pp. 335-337; J. ARCE, España en
Cerdeña, Madrid 1960, consultato nell’edizione italiana tradotta da L. Spanu, La Spa-
gna in Sardegna, Cagliari 1982, pp. 114, 312-313, 341, 527-529; R. SERRA, Pittura e
scultura dal Medioevo all’Ottocento, in La Sardegna, I, sez. 3 (Arte e Letteratura), Ca-
gliari 1982, p. 91; M. CORDA, Arti e mestieri nella Sardegna spagnola, Cagliari 1987,
pp. 40, 43-44, 48, 97-98, 102, 119, 145; R. SERRA, Pittura e scultura dall’età romanica
alla fine del ’500, (collana “Storia dell’arte in Sardegna”), Nuoro 1990, p. 165, schede
34 e 75 di R. CORONEO, rispettivamente alle pp. 80, 168-169; W. MÜLLER, voce Aprile,
Scipione, inAllgemeines Künstler-Lexicon, III, cit.; M.G. SCANO, Pittura e scultura del
’600 e del ’700, (collana “Storia dell’arte in Sardegna”), Nuoro 1991, pp. 15, 58-59,
61, 86, 89; S. NAITZA, La scultura del Cinquecento, in La società sarda in età spagnola, a
cura di F. MANCONI, vol. I, Cagliari 1992, pp. 114-115; ID., La scultura del Seicento,
ibidem, vol. II, Cagliari 1993, p. 156.

404
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

storica sfumano nell’indeterminatezza, per la penuria documentaria,


per l’imprecisione delle trascrizioni delle carte, per l’insufficiente at-
tenzione prestata dagli studiosi alle opere superstiti; la riedizione criti-
ca dei documenti, nuove ricerche d’archivio e un attento vaglio delle
sopravvivenze sono il contributo che si deve alla precisazione del suo
ruolo storico, ed è quanto ci si propone in questa occasione.
A tale scopo, occorre riesaminare preliminarmente la sottile di-
stinzione formulata dal Delogu nel XXII volume dell’Archivio Storico
Sardo (3) fra due diversi scultori, un “Serapio” Aprile, attestato fra il
1582 e il 1587, in familiarità con l’uso di materiali inconsueti nell’Iso-
la quali lo stucco, e uno “Scipio” (o Scipione), testimoniato negli anni
fra il 1580 e il 1603, cui attribuì un simulacro in terracotta della Ma-
donna, nella Cattedrale cagliaritana, oltre al monumento Castelvì di
Samassi (4). In quell’occasione egli riprendeva un breve paragrafo in
cui il Di Tucci (5) aveva raccolto alcune note archivistiche su un artista
cui dava “indifferentemente” – così lamenta il Delogu – “a volte il nome
di Scipione ed a volte quello di Serapio e la cosa sarebbe pienamente
giustificabile se i due nomi fossero intercambiabili o se, ad esempio, nello
stesso documento la medesima persona venisse chiamata congiuntamente
Scipione o Serapio oppure ora Scipione, ora Serapio” cosa, quest’ultima,
che non accadeva in nessun documento (6).
La questione relativa all’esistenza dei due scultori Aprile ha in
realtà aspetti assai singolari e, anche ad arrivare molto vicini a una
conclusione, mantiene pur sempre dei lati sfuggenti. Ad un esame at-
tento delle carte, si nota però che “Serapio Aprile” appare solamente
nei minutari del notaio Melchiorre De Silva e in un atto del notaio
Giovanni Battista Tamarit. Ulteriori ricerche svelano particolari curio-
si. Una strana commistione dei nomi è in un atto di battesimo del
1588, che vede un “mestre Sypirio Abril” (7). Ancor più sorprendente

(3) R. DELOGU, Primi studi, cit., p. 5.


(4) Ibidem, p. 15.
(5) R. DI TUCCI, Artisti napoletani, cit., pp. 379-381.
(6) R. DELOGU, Primi studi, cit., p. 5.
(7) Archivio della Curia Arcivescovile di Cagliari (d’ora in poi A.A.C.),
Quinque Libri, Marina, vol. 1, f. 52 v., 7 gennaio 1588; cfr. Appendice, 16.

405
Aldo Pillittu

l’analogo caso di Scipione Noffre, scrivano del De Silva e più tardi no-
taio egli stesso, che si firma in qualche documento “Scipio”, in talaltro
“Serapio” (8). Dovremo fare l’ipotesi anche in questo caso, seguendo il
Delogu, di un’altra coppia di quasi omonimi Scipio e Serapio dalla vita
parallela, esercitanti la medesima attività, dei quali alla fine prevarrà
solamente Scipio, presumibilmente in virtù delle fortunate doti insite
nel nome, visto che anche fra gli Aprile fu così. Il caso acquista
rilevanza per il fatto che fu proprio il Noffre a stendere un buon nu-
mero di atti in cui si nomina lo scultore Serapio Aprile e mai vi figura
Scipione. A ciò si aggiunga che, a fronte di tanti riscontri biografici di
Scipione (moglie, figli, decesso), Serapio Aprile è una meteora che
sfugge alle registrazioni anagrafiche dei registri parrocchiali.
Una nutrita serie di prove porta dunque a concludere che sia
esistito un unico Aprile, Scipione, il cui nome venne talvolta storpiato
in Serapio, per qualche ragione non del tutto chiara. L’autentico e, per
così dire, riunificato Scipione Aprile dimorava in una casa di Lapola
nel carrer dit de ritrasto, nei pressi di un’abitazione su cui vantava dirit-
ti il cognato, il maestro d’ascia Hieroni Vidal (9). Sposò infatti una
Monserrata Vidal, da cui ebbe Angelica Llucya Bernardina (1581), Lu-
cia Francisca (1584), Maria Madalena Lusia (1587), Allena (cresimata
nel 1602), Joan Batista (1602) (10). Morì il 12 agosto 1604 (11).

(8) Cfr. Appendice, 4, 6, 7, 8, 9 e il documento in Archivio di Stato di Ca-


gliari (d’ora in poi A.S.C.), Atti notarili legati, M. De Silva, vol. 639, f. 368 r., (31
dicembre 1582), in cui a distanza di tempo compaiono entrambi i nomi.
(9) La menzione della casa è in A.S.C., Atti notarili legati, G. Tamarit, vol.
2073, Lapola, 5 aprile 1584, inventario di Beatrice Pintor; cfr. Appendice, 10. La
denominazione corretta, usuale nei documenti coevi, è “carrer de Jordi Trasto”.
Gerolamo Vidal vendette il 15 settembre 1599 un censo su una casa nel “vico dicto
de Jordi Trasto”, cfr. A.S.C., Atti notarili sciolti, Girolamo Serpi, vol. 1113, f. 1166 v.
(10) L’atto di battesimo di Angelica Llucya Bernardina è registrato in A.A.C.,
Quinque Libri, Marina, vol. 1, f. 17 v., 23 aprile 1581; nello stesso volume vengono
annotati quelli di Lucia Francisca (f. 21 v., 18 ottobre 1584) e di Maria Madalena
Lusia (f. 45 v., 18 giugno 1587), mentre il decesso di un altro figlio, di cui non è
specificato nemmeno il sesso, compare al f. 167 v. (25 luglio 1588). Per la cresima di
Allena cfr. il vol. 3, al f. 100 v.; al f. 60 r. si troverà invece l’atto di battesimo di
Giovanni Battista (22 gennaio 1602), che è l’ignoto figlio del defunto Scipione
Aprile che, circa dodicenne, è affidato quale apprendista a un passamanaio dallo zio

406
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

Il suo scarno catalogo è arricchito dalle opere di cui è rimasta


memoria nelle carte d’archivio: un gruppo ligneo del Compianto su
Cristo morto per la parrocchiale di Samassi (1580); una fontana con
figure mitologiche (1581); tre statue lignee, di Sant’Alberto, San Nico-
la da Tolentino e San Vincenzo Ferrer (1585); un retablo in stucco per
una cappella nel convento di Santa Maria di Gesù in Cagliari (1587);
una fontana ottagona in pietra (1589); una statua lignea di San Diego
(1591); una statua lignea della Madonna d’Itria (1601); la scultura e il
restauro di stemmi in marmo per conto dell’amministrazione vicere-
gia (1602); probabilmente, un tabernacolo destinato alla parrocchiale
di Muravera, per la cui doratura il pittore Michelangelo Mainas avreb-
be ricevuto in cambio una statua lignea di San Sebastiano (1603). Pos-
siamo ancora ampliare l’elenco con le opere scelte a modello in alcuni
atti di commissione, quali il Compianto della Cattedrale di Cagliari
per il Compianto di Samassi e il tabernacolo della chiesa del Carmine
di Cagliari per quello di Muravera del 1603 (12).
Unico esempio sardo di monumento sepolcrale di foggia rina-
scimentale, il cosiddetto “Mausoleo Castelvì” (13) fu voluto da don

Gerolamo Vidal, cfr. M. CORDA, Arti e mestieri, cit., pp. 45, 145. Non mi sembra
motivata l’asserzione del Di Tucci secondo il quale l’Aprile ebbe un figlio chiamato
Nicola (ma “De Apila”!), cfr. R. DI TUCCI, Documenti e notizie, cit., p. 163. Cfr. Ap-
pendice, 2, 11, 15, 17, 22, 23.
(11) A.A.C., Quinque Libri, Marina, vol. 5, f. 173 r., cfr. Appendice, 29.
Morì senza avere fatto testamento e fu sepolto nella parrocchiale.
(12) I relativi documenti, inediti o emendati, quando già editi, sono pubbli-
cati in Appendice, rispettivamente ai nn. 1, 3, 12, 14, 18, 19, 21, 24, 25 e 26.
(13) Sul monumento funebre di Emanuele Castelvì cfr. V. ANGIUS, Samassi,
cit., p. 11; R. DELOGU, Primi studi, cit., pp. 11-14, figg. 1-2; R. SALINAS, L’architettu-
ra del Rinascimento in Sardegna. I primi esempi, in “Studi Sardi”, XIV-XV, parte II,
1955-57, pp. 362-363; C. MALTESE, Persistenza di motivi arcaici, cit., pp. 466-467;
ID., Arte in Sardegna, cit., p. 25, scheda 109 di R. SERRA, p. 230; C. MALTESE,
R. SERRA, Episodi, cit., pp. 335-337; R. SERRA, Retabli pittorici in Sardegna nel Quat-
trocento e nel Cinquecento, Roma 1980, p. 8; J. ARCE, España, cit., pp. 114, 527-529;
V. MOSSA, Dal Gotico al Barocco in Sardegna, Sassari 1982, pp. 40-41; R. SERRA, Pit-
tura e scultura dal Medioevo, cit., p. 91; EAD., Pittura e scultura dall’età romanica, cit.,
p. 165, scheda 75 di R. CORONEO, pp. 168-169; S. NAITZA, La scultura del Cinque-
cento, cit., p. 115.

407
Aldo Pillittu

Emanuele, signore di Samassi (14). Nonostante le notizie riportate


dall’Angius sulla primitiva collocazione in una chiesa rurale intitolata
a Sant’Agostino e l’osservazione del Delogu circa la sua disorganicità
compositiva siano state a fondamento della tesi di manomissioni e di
un trasferimento (15), l’attuale collocazione è originaria. Esso fu in-
fatti destinato alla chiesa rurale dedicata a San Gemiliano, concessa

(14) Discendente da una famiglia giunta in Sardegna nella seconda metà del
sec. XV, Emanuele nacque nel 1524 da Gerolamo. Furono suoi fratelli Artale, vi-
sconte di Sanluri, e Ludovico, cavaliere di Malta e governatore del Capo di Cagliari
dal 1561. Sposò Anna Cavaller, figlia di Mattia e di Teresia Castelvì, che gli portò in
dote i feudi, ereditati nel 1547, di Asuni e Nureci - già in possesso dei Castelvì dal
1479 al 1504 - e di Samassi e Serrenti. Il beneficio allodiale di Laconi, acquisito
dalla casata nel 1479, diede a lui il titolo comitale (1559) e, agli eredi, quello
marchionale (1605). Dal 1479 i Castelvì acquisirono il feudo di Sanluri e il relativo
titolo di visconte, rinnovato nel 1507. Dal matrimonio con Anna nacquero France-
sco, Angelo, Giovanni (che ereditò i feudi materni), Antonio.
Uomo di guerra, Emanuele ricoprì la carica di capitano delle marine di Ca-
gliari e fu insignito dell’Ordine di San Giacomo nel 1568. Era ancora in vita nel
1605, quando, nel timore di non poterne godere essendo oltre gli ottantotto anni di
età, sollecitò al Regio Consiglio Patrimoniale il pagamento delle spettanze di sua
competenza per il ruolo di trattatore in un parlamento non specificato, che è lecito
supporre fosse quello convocato nel 1602 da Filippo III durante il viceregno di Anto-
nio Coloma conte d’Elda, cfr. A.S.C., Antico Archivio Regio, vol. P 6, f. 138 r., 4 feb-
braio 1604; f. 243 r., 16 settembre 1605. Secondo altri morì nel 1604, cfr. D. SCANO,
Donna Francesca Zatrillas, marchesa di Laconi e di Sietefuentes, in “Archivio Storico
Sardo”, XXIII, (1940-41), 1942, p. 63; F. FLORIS, Feudi e feudatari in Sardegna, Ca-
gliari 1996, pp. 266-267, 298-299, 561-562, 567; F. FLORIS, S. SERRA, Storia della
nobiltà in Sardegna, Cagliari 1986, pp. 213-214.
Nell’Archivio di Stato di Cagliari esiste una raccolta delle concessioni feudali
dei Castelvì su una serie di ville abitate e spopolate del Logudoro, fatta stampare a
Mantova nel 1596 presso Ludovico Sanchez, su iniziativa del conte di Laconi don
Giacomo, a sostegno di una causa feudale; vi compare il blasone, cfr. A.S.C., Antico
Archivio Regio, Capibreviazioni, vol. L 3, f. 331.
(15) Sia nella scheda di R. SERRA in C. MALTESE, Arte in Sardegna, cit.,
n. 109, p. 230, sia in C. MALTESE, R. SERRA, Episodi, cit., pp. 335-337, si segue
l’opinione espressa dal Delogu nei Primi studi, cit., p. 12, circa i rimaneggiamenti,
mentre in R. SERRA, Pittura e scultura dall’età romanica, cit., p. 165, e alla scheda
75 di R. CORONEO, pp. 168-169, ricalcato in S. NAITZA, La scultura del Cinquecen-
to, cit., p. 115, è evidentemente una attenta e fiduciosa lettura dell’Angius a con-
durre alle medesime conclusioni del Delogu circa l’eventualità di uno spostamen-
to da altra chiesa.

408
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

nel 1583 dall’arcivescovo Gaspare Vincenzo Novella agli Eremitani


di Sant’Agostino per aderire all’intenzione di don Emanuele de Ca-
stelvì e del figlio Giovanni, “desiderantes terrena celestibus commutare
ac altissimo inservire”, di fondarvi nei pressi un monastero, con dirit-
to di sepoltura (16). Se pure può essere intervenuta qualche alterazio-
ne, il nucleo con l’arca funeraria, i peducci a mensola, i leoni reggi-
stemma e l’orante conservano la primitiva disposizione, testimoniata
dal monumento Bandini, oggi al Museo Nazionale di San Matteo di
Pisa ma in origine nella chiesa di Santa Croce in Fossabanda. Attri-
buito dal Ciardi a Pietro Aprili (Aprile) e datato da una dubbia epi-
grafe al 1511 (17), ripete uno schema ideato da Andrea Sansovino,

(16) Il 13 agosto 1583 l’arcivescovo Gaspare Vincenzo Novella confermò con


un atto di concessione il consenso, già verbalmente espresso in data 29 gennaio, alla
cessione ai Padri Agostiniani della antica parrocchiale di Samassi dedicata a San
Gemiliano, acconsentendo alla volontà di don Emanuele de Castelvì e del figlio
Giovanni di fondarvi una comunità monastica (A.A.C., Registrum commune, vol. 7,
f. 165 r., pagina 342 della numerazione originale). Il prelato autorizzò i capitoli sulla
fondazione del convento, già concordati il 29 gennaio fra i Castelvì e frate Francisco
de Segura, vicario generale degli Agostiniani nel Regno di Sardegna (Ibidem, f. 166
r., pagina 344 della numerazione originale), limitando la donazione alla chiesa, pri-
vata dei redditi spettanti alle chiese parrocchiali, e al territorio circostante. Inoltre vi
si proibiva la tumulazione, eccezion fatta per i monaci, per i fondatori e i loro fami-
liari. I patti fra gli Agostiniani e i Castelvì furono ratificati dal Generale Stefano
Vicentino con lettere patenti date a Roma il 4 marzo dello stesso anno (Ibidem,
f. 166 v., pagina 345 della numerazione originale; si veda anche la rubrica al f. 183
r., pagina 378 della numerazione originale). Cfr. inoltre G. SORGIA, Gli Agostiniani in
Sardegna in epoca moderna, in “Studi Sardi”, XXIX, (1990-91), 1991, p. 521, dove si
riporta al 1630 la fondazione del convento di Samassi. La chiesa tardoromanica di
San Gemiliano risale alla seconda metà del sec. XIII, cfr. R. SERRA, Sardegna, (collana
“Italia romanica”), Milano 1989, pp. 356-357; R. CORONEO, Architettura romanica
dalla metà del Mille al primo ’300, (collana “Storia dell’arte in Sardegna”), Nuoro
1993, pp. 136, 238, 240, 242, scheda 123, p. 235, in cui si raccoglie la notizia, da
D. SCANO, Storia dell’arte in Sardegna dal XI al XIV secolo, Cagliari-Sassari 1907,
p. 339, sulla denominazione di Su Cunventu del poggio sul quale si trova la chiesa.
(17) R.P. CIARDI, Il Cinquecento, IN C. CASINI, R.P. CIARDI, L. TONGIORGI
TOMASI, Scultura a Pisa tra Quattro e Cinquecento, Firenze 1987, pp. 117-119. Il
Ciardi propone di integrare l’epigrafe portando la data al 1521. Nell’attuale sistema-
zione museale a cura di Mariagiulia Burresi, successiva alla permanenza nel secondo
chiostro della chiesa di San Francesco, il sepolcro Bandini è ascritto a scultore pisano
dei primi del sec. XVI.

409
Aldo Pillittu

con il giacente recline su un fianco, il braccio reggente la testa penso-


sa (18). L’arca funeraria, sebbene non baccellata, è assai vicina a quella
di Samassi nell’impianto generale, nella lavorazione degli spigoli, nel-
la curvatura dei profili, mentre le mensole sono, oltreché molto simi-
li, nella medesima posizione di quelle del monumento Castelvì; sono
invece assenti i leoni. La figura del giacente di Pisa deriva da modelli,
sansovineschi, distanti da quelli assunti a Samassi per la figura del-
l’orante, iconografia diffusa piuttosto in area ispanica e, per mano di
artisti italiani (specie lombardi stanziati a Genova), anche a Napoli,
in Sicilia e nella stessa Genova (19). Il Ciardi coglie tuttavia in en-
trambi un comune gusto del contrappunto plastico quale segno di
continuità degli Aprile, nei termini in cui esso fu individuato dal
Maltese nel 1962 per il ritratto del Castelvì (20). Richiama quella in
San Gemiliano l’arca baccellata raffigurata in un disegno, attribuito a
Galeazzo Alessi, per il monumento sepolcrale del genovese Giovanni
Paolo Pinelli (1557), nel quale, soprattutto, sono effigiati due leoni
reggistemma che la sostengono volgendosi le terga (21). Lo schema
del sarcofago incorniciato da un arco rinascimentale, usato nel mau-
soleo Castelvì, non ha immediati prototipi: potrei solamente indicare
le nicchie dei sepolcri dei fanciulli (i “tabutetti”) della chiesa di San
Giorgio dei Genovesi di Palermo, che ne condividono la spazialità,

(18) I prototipi sono da rintracciarsi nei monumenti sepolcrali eseguiti dal


Sansovino per le chiese romane di Santa Maria in Aracoeli e di Santa Maria del Po-
polo.
(19) A Genova Bernardino de Novo promise il 20 febbraio 1579 di scolpire a
Lorenzo Landini una statua di marmo rappresentante un cardinale “in figura di
uomo d’altezza naturale di 7 palmi di Genova” inginocchiato su uno sgabello, esso
pure di marmo, come da modello eseguito in cera rossa per il prezzo di 80 scudi da 4
lire ciascuno in moneta corrente di Genova, cfr. L. ALFONSO, Tomaso Orsolino e altri
artisti di “Natione lombarda” a Genova e in Liguria dal secolo XIV al XIX, Genova
1985, p. 356.
(20) C. MALTESE, Arte in Sardegna, cit., p. 25; R.P. CIARDI, Il Cinquecento, cit.,
p. 119.
(21) E. PARMA ARMANI, Il secolo d’oro dei Genovesi: il Cinquecento, in La scultura a
Genova e in Liguria. I. Dalle origini al Cinquecento, Genova 1987, p. 333, fig. 361.
Osservo incidentalmente che il Museo Nazionale di San Matteo di Pisa conserva
alcuni esempi di leoni in pietra accosciati, sostenenti scudi con insegne araldiche.

410
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

pur nelle ridotte dimensioni (22). I tipi sepolcrali in uso a Napoli nel
Quattrocento e nel Cinquecento sono invece senz’altro differenti dal
monumento sardo (23).
La cornice dell’iscrizione è anch’essa simile a tipi utilizzati fra la
seconda metà del Cinquecento e gli inizi del Seicento nella chiesa del-
la Nazione genovese di Palermo (24). Curioso, ed apparentemente fuo-
ri luogo in tale contesto, il mascherone sulla fronte dell’arca, in cui
non si fatica a riconoscere il volto di un satiro, per le sfrangiature della
lanugine del viso e il trattamento caricaturale dei lineamenti (le narici
divaricate ed aperte, gli zigomi carnosi e cascanti, le orecchie animale-
scamente accentuate, l’apertura innaturale della bocca), che richiama-
no analogo trattamento, di diversa mano, in un volto di satiro raffigu-
rato in una vasca della fine del sec. XVI nella Certosa di San Lorenzo a
Padula (25). In ciò si rivela l’autentica natura di Scipione Aprile, realiz-

(22) Si tratta in realtà di arcosoli incornicianti i sarcofaghi (i “tabutetti”). Il


sepolcro Spinola, opera dello scultore Vincenzo Guercio, è del 1588, il sarcofago
Lomellino è del 1592 e quello Giustiniani del 1611, cfr. G. SPATRISANO, Architettura
del Cinquecento a Palermo, Palermo 1961, p. 148, fig. 187, p. 158; V. SAVONA, Geno-
va e i Genovesi a Palermo: i contenuti della mostra, in Genova e i Genovesi a Palermo.
Atti delle manifestazioni culturali tenutesi a Genova (13 dicembre 1978-13 gennaio
1979), Genova 1980, p. 92.
(23) Sulla scultura napoletana del XVI secolo cfr. O. MORISANI, Saggi sulla
scultura napoletana del Cinquecento, Napoli 1941; F. BOLOGNA, Il Cinquecento, in
B. MOLAJOLI, R. CAUSA, F. BOLOGNA, Sculture lignee nella Campania, (catalogo della
mostra, Napoli 1950), Napoli 1950, pp. 153-173; O. MORISANI, La scultura del Cin-
quecento a Napoli, “Storia di Napoli”, vol. V, parte II, Napoli-Cava dei Tirreni 1972,
pp. 721-780; R. PANE, Il Rinascimento nell’Italia meridionale, Milano 1975; M. ROTILI,
L’arte del Cinquecento nel Regno di Napoli, Napoli 1976, pp. 95-120; G. WEISE, Studi
sulla scultura a Napoli del primo Cinquecento, Napoli 1977; F. ABBATE, La scultura napo-
letana del Cinquecento, Roma 1992.
(24) R. PATRICOLO, Le iscrizioni sepolcrali in S.Giorgio dei Genovesi a Palermo,
in Genova e i Genovesi, cit., p. 35, fig. 30, p. 143 (lastra tombale di Sofonisba
Anguissola, dedicata nel 1632); p. 43, fig. 31, p. 144 (lastra tombale di Aloysio
Spinola, dedicata nel 1594). Non ha avuto seguito l’attenta lettura dell’iscrizione di
Samassi da parte dell’Arce, che ha fra l’altro individuato un erroneo “giaciesse” cor-
retto in un più ispanico “yaciesse”, cfr. J. ARCE, España, cit., nota 55, p. 529.
(25) Pietra, cm. 30 x 40, cfr. La Certosa ritrovata, (catalogo della mostra), Na-
poli 1988, scheda 30 a p. 63, p. 64.

411
Aldo Pillittu

zatore di fontane monumentali e di lapidi, ma a disagio nell’ideazione


e nella decorazione di un monumento sepolcrale.
Proprio a una fontana scomparsa, un tempo collocata nel-
l’odierna piazza Carlo Alberto del Castello di Cagliari, si riferisce la
lapide con la seconda menzione epigrafica dell’Aprile (1603), comme-
morante la realizzazione dell’opera pubblica; vi sono ricordati i cinque
consiglieri civici in carica, il sovrano Filippo III di Spagna, il viceré
Juan Coloma conte d’Elda. Essa è contenuta in un campo rettangolare
chiuso da una cornice modanata, al di là della quale una serie di bande
disegna le frange di un cartiglio, a rilievo sul fondo della lastra. Il ma-
stice che evidenzia le lettere è invece assente sui girali fitomorfi incisi
nei campi laterali di risulta. Una seconda lastra poggia, nell’attuale si-
stemazione, nel mezzo dell’estremità superiore della precedente, acco-
gliendo lo stemma civico cagliaritano entro un campo ovato, solcato
da altri girali, da cui fuoriescono le solite frange che vanno a confon-
dersi in un trionfo di frutti. Il colmo dell’ovato è rotto da un volto,
subsannante maschera orrida attinta al repertorio decorativo delle
fontane, ma per l’occasione muta di zampillanti scrosci d’acqua; cui
un altro volto corrisponde, all’estremo inferiore, paffuto e infantile.
La composizione è costruita in un discorso serrato sotto forma araldi-
co-allegorica e non è difficile afferrarne gli intenti celebrativi del buon
governo delle istituzioni spagnole, espressi in un tono solenne adegua-
to alla forma culta dell’iscrizione in esametri latini. La sommità della
lastra è sormontata da un sopracciglio, residuo di una corona, su cui
insiste la base di un elemento decorativo tronco.
Nel medesimo programma pubblico rientra la fontana di Santa
Lucia, nella piazza Indipendenza della rocca del Castello, corredata di
un’epigrafe del 1604 in cui compaiono i nomi degli stessi consiglieri
della Municipalità. Anch’essa collocata a muro e composta da due par-
ti, del tutto simili a quelle della precedente, è perciò inseribile, almeno
parzialmente, nella produzione di Scipione Aprile, come proposto da
M.G. Scano (26). Se infatti nella lastra superiore ne sono ripetuti con-

(26) M.G. SCANO, Pittura e scultura, cit., scheda 35, p. 59. L’iscrizione, pub-
blicata con numerose imprecisioni da G. SPANO, Guida della città e dei dintorni di
Cagliari, Cagliari 1861, p. 80 ed emendata da J. ARCE, España, cit., pp. 312-313,
con alcuni errori, recita: D.O.M. FOELICISSIME REGNANTE SERENISS(IMO) ET

412
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

tenuti e forme (27), e il sopracciglio vi si precisa in una corona regia


con una distorsione che presuppone un punto di vista molto ribassa-
to, i modi manifestati sia nella protome inferiore sia nel rilievo dello
stemma civico impongono una distinzione. I caratteri epigrafici sono
poi nettamente diversi da quelli usati dall’Aprile sia a Samassi sia nella
fontana del 1603, né vi compare la firma. Sarà avventata l’ipotesi che
essa sia stata completata da altri dopo la sua morte, avvenuta appunto
il 12 agosto del 1604?
Altre due opere idrauliche sono infine testimoniate dai documen-
ti: la nicchia o volta in stucco, decorata con figure anch’esse in stucco –
una ninfa, un satiro e una protome animale nel mezzo – da realizzarsi
per la vigna di Cristoforo Portugues (1581) (28) e la piccola fontana ot-
tagona in pietra, in due bacini concentrici sovrapposti, per la vigna del
canonico Aymerich (1589) (29). Se non altro, inedita testimonianza di
una abitudine al decoro comune a nobiltà e ceto mercantile.

INVICTISS(IMO) PHILIPPO HISPANIARUM ET SARDINIAE ETC REGE CATHOLICO


TERTIO ORBIS MONARCHA ORTHODOXAE FIDEI PROTECTORE CALARITANA
CIVITAS TOTIUS SARDINIAE REGNI CAPUT, PRIMAS PRAESIDIUM, ET EMPORIUM
CELEBRE HOC FONTIS BEATAE LUCIAE NO(M)I(N)E OPUS AERE PUBLICO FIERI
CURAVIT CONSULIBUS GASPARE FORTESA PETRO IOANNE OTGERIO STEPHANO
SATA QUENZA, ANTIOCHO MALTES ET MATHEO XINTO ANNO A CHRISTI NATA-
LI MDCIIII.
(27) La decorazione di entrambe le lastre superiori mostra strette relazioni
con una serie di frontespizi e di stemmi in opere a stampa pubblicate a Cagliari nella
seconda metà del secolo. In particolare, lo stemma dell’autore nel De Rebus Sardois
di Giovanni Francesco Fara (1580) con cui vi è comunanza d’impianto generale e
stretta affinità nei festoni di fiori e frutti, mentre il suo mascherone inferiore è pa-
rente in primo grado di quello nello stemma Aymerich della facciata della chiesa
della Speranza, che manifesta però caratteri differenti da quelli degli stemmi civici
ad ornamento delle fontane. Lo stemma del Fara è pubblicato in L. BALSAMO, La
stampa in Sardegna nei secoli XV e XVI, “Biblioteca di Bibliografia Italiana”, LI, Fi-
renze 1968, fig. 9.
(28) Cfr. Appendice, 3.
(29) Cfr. Appendice, 18. Il canonico Bartolomeo Aymerich, defunto fra 1592
e 1601, detenne le prebende di Sinnai e Settimo San Pietro. Non conosco la sua
parentela con Jayme Aymerich, di cui fu curatore testamentario (cfr. A.A.C.,
Registrum commune, vol. 7, f. 103 v., 5 settembre 1581, f. 288 v., 19 settembre
1586).

413
Aldo Pillittu

Nessuna delle sculture attestate nei documenti è stata finora rin-


tracciata ed è probabile che tutte siano andate perdute. La sola ecce-
zione potrebbe aversi, come suggerì per primo il Delogu (30), nella
Madonna in terracotta policroma nel Tesoro della Cattedrale di Ca-
gliari, unica superstite di un gruppo del Compianto sul Cristo morto
che potrebbe identificarsi in quello dato a modello per il Compianto di
Samassi e, perciò, anteriore al 1580 (31). L’ipotesi trova conferma nel
gusto per il contrappunto plastico, nella rilevanza data ai dettagli, nel-
la costruzione campaniforme e abbreviata, e in altri indici ancora,
quali quelli sottolineati dal Delogu. Suggestiva e per ora impossibile

(30) R. DELOGU, Primi studi, cit., pp. 9-11, fig. 3.


(31) Il Delogu stesso (Ibidem, p. 11) rafforza la sua ipotesi con la corretta os-
servazione circa l’usanza di proporre agli artisti, come modello per opere da realiz-
zarsi, lavori già da essi eseguiti per altri committenti. La Cattedrale conserva oggi
altre sette figure di un Compianto (le medesime segnalate anche dal Delogu), tutte
lignee, provenienti da almeno due (forse tre) gruppi diversi. Lo Spano ne segnala
uno, completo e caratterizzato da “due statue colossali di Nicodemo e Giuseppe” nella
cappella del Santo Sepolcro, nel transetto sinistro, in cui deve riconoscersi il nucleo
di quello tuttora esistente (cfr. G. SPANO, Guida al Duomo di Cagliari, Cagliari 1856,
pp. 21-22). Non so se fu eseguita la disposizione, emanata dall’arcivescovo
Berchialla durante la visita pastorale del 1884, di dare al fuoco il gruppo collocato
nella cappella “delle Anime”, con l’eccezione del simulacro del Salvatore, (A.A.C., Visite
Pastorali, vol. 1, cartella 10, 14 agosto 1884, f. 15). A proposito gioverà ricordare che
la figura del Cristo morto è stata giudicata estranea al gruppo della Cattedrale (cfr.
R. SERRA, Pittura e scultura dall’età romanica, cit., scheda 34 di R. CORONEO, p. 80). Fu
lo Spano a notare l’uso, che egli dice rispettato in quasi tutte le chiese parrocchiali
della diocesi, di dedicare al Santo Sepolcro una cappella prossima all’ingresso (Guida
al Duomo, cit., nota 1, p. 22). Per parte mia, posso precisare che fra Cinque e Sei-
cento i gruppi del Compianto trovavano canonicamente ospitalità nella cappella più
lontana dall’altare, dedicata alle Anime del Purgatorio, generalmente coincidente
con la base della torre campanaria e, perciò, più stretta e buia delle altre. Dei gruppi
del tutto simili a quelli descritti nel documento del 1580 per Samassi si trovavano
nelle parrocchiali di Santa Barbara a Sinnai e di San Biagio a Villasor (in A.A.C.,
Inventari, vol. 1, rispettivamente ai ff. 24 r., 68 r., trascritti in A. PILLITTU, Il patri-
monio pittorico e scultoreo negli inventari parrocchiali della Sardegna sud-orientale
(1599 - 1601 - 1604 - 1616), Tesi di Specializzazione in Studi Sardi, relatore Renata
Serra, A. A. 1990-91, rispettivamente alle pp. 29, 54; sui Compianti cfr. anche la
nota 1 a p. 10 in R. DELOGU, Primi studi, cit.). Nei suddetti inventari compare anche
il gruppo della parrocchiale di San Vito a Gergei, tuttora conservatovi (f. 141 v.,
riportato in A. PILLITTU, Il patrimonio pittorico, cit., p. 96).

414
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

da accertare, ma non priva di verosimiglianza, è invece la derivazione


dello scultoreo Sant’Alberto dipinto da Francesco Pinna nel pannello
centrale della pala nella chiesa del Carmine di Cagliari (1593-1607)
da quello intagliato dall’Aprile per un abitante dello stesso quartiere di
Stampace (32).
Se ora paiono senz’altro meglio definiti i contorni e l’importan-
za della sua attività, le sue matrici culturali sono ancora da discutere.
Nel testo del proprio contributo – privo di trascrizioni o di regesti an-
che perché pubblicato postumo – il Di Tucci riportò in corsivo la qua-
lifica “sculpidor napolità”, che ogni lettore interpreta come un’estrapo-
lazione da un documento e, perciò, come la prova definitiva e indiscu-
tibile dell’origine napoletana dello scultore (33). Sta di fatto, però, che
né nei documenti ivi citati, né in quelli successivamente scoperti,
compare mai una nota relativa alla sua nascita, provenienza o naziona-
lità (34). E se i confronti finora avanzati sembrano disperdersi in un
ampio arco, dalla Liguria alla Sicilia, una serie di riflessioni può sugge-
rire ulteriori indirizzi di ricerca. Innanzitutto, i legami intrattenuti a
Cagliari privilegiano i liguri (35). Genova era la sede storica di genera-

(32) Cfr. Appendice, 12. Sul dipinto del Pinna cfr. G. SPANO, Guida della cit-
tà, cit., p. 163; R. DELOGU, Cronaca dei ritrovamenti e dei restauri. R[egia] Soprinten-
denza ai Monumenti e Gallerie di Cagliari, in “Le Arti”, V, 1942, pp. 44-53; R. SER-
RA, Su taluni aspetti del Manierismo nell’Italia meridionale. Francesco Pinna, pittore
cagliaritano della maniera tarda, in “Annali della Facoltà di Lettere, Filosofia e Magi-
stero”, XXX, (1967), 1968, pp. 418-419, 425, 428, 435-439, 441, 446-447, 449,
figg. 11-13; R. SERRA, Retabli pittorici, cit., p. 38; J. ARCE, España, cit., p. 336;
D. PESCARMONA, voce Pinna, Francesco, in La Pittura in Italia. Il Cinquecento, II, Mi-
lano 19882, p. 805; R. SERRA, Pittura e scultura dall’età romanica, cit., pp. 255, 257,
261, scheda 32 di R. CORONEO, p. 257.
(33) R. DI TUCCI, Artisti napoletani, cit., p. 379.
(34) Il fatto che la medesima circostanza si verifichi quando il Di Tucci si oc-
cupa dello scultore Antonio Bonato, per lui genovese, induce la massima cautela sul-
la natura di queste affermazioni, cfr. A. PILLITTU, Antonio Bonato e la diffusione delle
forme rinascimentali in Sardegna, in “Studi Sardi”, XXXI, (1994-98), 1999, pp. 487-
488, 504.
(35) Cfr. Appendice, 9, 11, 14, 15, 16, forse il 19, 22, 23. Il solo Aprile in cui
mi sono imbattuto nei documenti cagliaritani del Cinquecento è Battista, mercante
di nazionalità genovese figlio degli alassini Serafino e Caterinetta Aurame, cfr.

415
Aldo Pillittu

zioni di artisti ticinesi e lombardi: a partire almeno dal Quattrocento,


i ticinesi Aprile vi tengono bottega, istituendo rapporti con Carrara in
virtù della commistione, usuale alle botteghe dei maestri lombardi
stanziati a Genova, fra i mestieri di scultore-scalpellino e di imprendi-
tore del marmo. Quivi era il fulcro della loro attività, che si irradiava
nelle terre affacciate sul Mediterraneo occidentale (36). Nel XVI secolo
alcuni di loro si stabiliscono anche in Sicilia, dove compaiono Gio-
vanni Battista, marmoraro, attivo a Palermo fra il 1597 e il 1600, An-
tonio Maria “de Aprile de valle Lugani” e Antonio de Aprile de Iegino,
a Palermo nel 1574 quali “piccapietra o sia ... scultori di pietre”, al ser-
vizio di miser Giacomo de Aprile de Iegino come anche lo scultore Fran-
cesco Maria de Aprile (37). Per tutto il Cinquecento sono documentati

A.S.C., Atti notarili legati, M. De Silva, vol. 639, ff. 135 r., 250 r., 414 v., 505 v.,
(tutti del 1582); G. Tamarit, vol. 2065, f. 183 v. (1585), vol. 2066, f. 24 r., f. 100 r.,
248 r. (del 1587). Questo Battista Aprile non è certo uno sconosciuto per Scipione,
poiché nel 1587 sarà padrino di battesimo della figlia Maria Maddalena Lucia, cfr.
Appendice, 15. A proposito di Genovesi e scultura, ricordo che lo Spano segnalò
due pile battesimali, con iscrizione, in due chiese in Cagliari: quella (distrutta nel
1943) dei Santi Giorgio e Caterina dei Genovesi (“Battista Corona 1590”), e quella
del Santo Sepolcro (“Batista Corona me fecit 1595”). L’unico Battista Corona finora
attestato nei documenti coevi è un mercante, per di più residente proprio in Lapola,
ma vale la pena di riferire la notizia perché in Sicilia accade che tale cognome na-
sconda la provenienza da Carona; cfr. G. SPANO, Guida della città, cit., pp. 222, 242.
(36) Sull’attività dei Luganesi in Spagna, fra cui sono numerosi e importanti gli
Aprile, cfr. J. DE CONTRERAS DE LOZOYA, Escultura de Carrara en España, Madrid 1957,
pp. 13-24; E. GOMEZ-MORENO, Escultores de Lugano, cit., pp. 375-380; C. KLAPISCH-
ZUBER, Les maîtres du marbre. Carrare. 1300-1600, Paris 1969, note 36, 38 rispettiva-
mente alle pp. 159, 228; R. LOPEZ TORRIJOS, La scultura genovese in Spagna, in La
scultura a Genova, cit., pp. 366-381. Un episodio capitale è la realizzazione del mo-
numento Cisneros ad Alcalà de Henares, disegnato da Domenico Fancelli, ese-
guito a Carrara da Bartolomeo Ordoñez e, alla sua morte (1520), concluso dal
caronese Pietro Aprili con la collaborazione di Raffaello da Montelupo. È possibile
che siano luganesi i fratelli “de Corona” attestati a Napoli nel 1561, cfr. O. MORISANI,
Saggi sulla scultura napoletana, cit., p. 73.
(37) Su richiesta dei maestri Domenico di Marco di Carabio e Antonio Maria
di Aprile, sia Cristoforo Enrico di Pietro Antonio, scultore di pietre, sia Pietro Anto-
nio de Curto fu Giacomo, entrambi scultori originari di Carona, testimoniarono in
Genova il 21 agosto 1576 di essere a conoscenza della permanenza a Palermo dal-
l’aprile del 1574 di Antonio Maria e Antonio de Aprile di Iegino, il secondo ormai

416
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

i contatti e le collaborazioni con i Gagini, del resto anch’essi ticinesi


ma di Bissone. Se fra le varie storpiature cui, in Sicilia, fu sottoposto il
cognome Gagini, si ammettesse anche quella in “Iegino”, ci si potreb-
be spingere fino all’ipotesi della sussistenza di legami di parentela (38).
Ulteriori cautele, nel giudizio dell’opera di Scipione Aprile, giun-
gono dalla considerazione che alcuni pezzi (quali l’arca del monumento
Castelvì) potrebbero essere stati prodotti da suoi referenti tosco-liguri e
poi importati in Sardegna, secondo una pratica imprenditoriale diffusis-
sima fra i Lombardi di Genova. Non è neanche corretto escludere del
tutto una componente culturale napoletana, ma è incerto se essa debba
essere interamente attribuibile all’Aprile o se vi entri in gioco la collabo-
razione, sostanziata da un rapporto di parentela (39), con Michelangelo
Mainas, il quale eseguì per l’Aprile lavori di doratura e di pittura delle
superfici di tabernacoli e statue. Figlio di Peroto, a sua volta figlio di
Antioco, che fu figura di una certa importanza nella cosiddetta “Scuola
di Stampace” orbitante intorno alla bottega di Pietro Cavaro, Michelan-

defunto, al servizio di Giacomo de Aprile di Iegino “a tutta la possanza della loro arte
di piccapietra o sia di scultori di pietre”, cfr. L. ALFONSO, Tomaso Orsolino, cit., pp. 44-
45 e p. 308 sull’appellativo “Iegino” o “Iogino”. Su alcuni Aprile da Carona scultori e
marmorari in Sicilia cfr. G. DI MARZO, I Gagini e la scultura in Sicilia nei secoli XV e
XVI, I, Palermo 1880, pp. 240, 241, 599-600, 637, 663, 822; su Scipione di
Carona, o Scipione Casella, figlio di Fedele marmoraro, stuccatore e argentiere e di
Giovannella Gagini, attestato anch’egli come marmoraro a Palermo fra 1533 e 1551
cfr. ID., Delle Belle Arti in Sicilia, IV, Palermo 1864, pp. 121, 134, 137-143, docc.
XLIII, p. 440, XXXVI, p. 428; ID., I Gagini, cit., I, pp. 239-243, 549-551, II,
p. 279, doc. CCXXVIII; M. GUIDI, Dizionario, cit., pp. 83-84. Su Giovanni Battista
Aprile e suo nipote Pietro Aprile marmorari cfr. G. DI MARZO, I Gagini, cit., I, nota
2, p. 240. Su Francesco Maria, alle dipendenze del suddetto Giacomo Aprile come
scultore, cfr. L. ALFONSO, Tomaso Orsolino, cit., p. 45. Sulla partecipazione di France-
sco Aprile ai lavori dell’Escorial cfr. G. DE ANDRÉS, Inventario de documentos sobre la
construccion y ornato del monasterio del Escorial existentes en el archivo de su real bi-
blioteca, (Istituto Diego Velazquez), Madrid s.d. Cfr. inoltre L. BRENTANI, Antichi
maestri d’arte e di scuola delle terre ticinesi, I, Como 1937.
(38) Sui Gagini in Sicilia cfr. G. DI MARZO, Delle belle arti in Sicilia, IV, Paler-
mo 1864, pp. 120, 134, 137, 138, 140-143.
(39) In un atto del 1613 il Mainas agisce quale procuratore della suocera
Monserrata Vidal Abril, che ho identificato nella moglie di Scipione Aprile; cfr.
M. CORDA, Arti e mestieri, cit., pp. 40-41.

417
Aldo Pillittu

gelo trascorse un periodo giovanile a Napoli, dove è attestato nel 1568,


verosimilmente attendendo alla propria formazione professionale di
scultore e pittore nella città che costituiva tradizionalmente il polo di
riferimento per gli artisti cagliaritani (40); luogo in cui forse si annodava-
no anche intrecci di parentela o di amicizia. Tornato a Cagliari, tardò a
conquistare una posizione indipendente e svolse la sua attività racco-
gliendo mansioni secondarie nelle botteghe di Scipione Aprile e del pit-
tore napoletano Ursino Bonocore (41).
Tornando all’Aprile, sarà quindi opportuno svolgere alcune
considerazioni finali. Non si conoscono né l’occasione né le modalità
della sua venuta in Sardegna, e neppure è lecito includerlo fra gli ar-
chitetti impegnati nei piani di fortificazione di Cagliari (42), anche se
sono evidenti le implicazioni militari del programma pubblico per la
costruzione di una serie di cisterne e di fontane nel Castello e se, an-
cora, la sua apparente attività di seminagione in Pula vi coincida con
l’edificazione della torre del Coltellazzo (43). Da scultore, opera su le-

(40) Il soggiorno napoletano di Michelangelo Mainas è attestato dalla regi-


strazione di una lettera di cambio proveniente appunto da Napoli, datata 27 dicem-
bre 1569, con la quale “Miquel Maynas” chiamava il padre Pere, pittore, a pagare
ben 25 ducati, due lire e sedici soldi, cfr. A.S.C., Atti notarili legati, G. Tamarit, vol.
2073, inventario di Johan Silvestre, eseguito in Lapola il 16 febbraio 1579.
(41) Su Ursino Bonocore, nel quale ho proposto di identificare il Maestro di
Gergei (cfr. A. PILLITTU, Antonio Bonato, cit., p. 501, nota 42) cfr. inoltre G. SPANO,
Storia dei pittori sardi e catalogo descrittivo della privata pinacoteca, Cagliari 1870,
pp. 19, 40, 45, 48, 49; R. DI TUCCI, Artisti napoletani, cit., pp. 376-378; C. ARU, La
pittura sarda nel Rinascimento II. I Documenti d’archivio, in “Archivio Storico Sar-
do”, XVI, 1926, pp. 213-223; R. DELOGU, Michele Cavaro (influssi della pittura ita-
liana del Cinquecento in Sardegna), in “Studi Sardi”, III, 1937, pp. 12-16, 71-73;
R. DI TUCCI, Documenti e notizie, cit., pp. 158-161; M. CORDA, Arti e mestieri, cit.,
pp. 18-35, 40, 63, 92-23, 105-106, 133-134; D. PESCARMONA, voce Bonocore,
Ursino, in La Pittura in Italia, II, cit.; R. SERRA, Pittura e scultura dall’età romanica,
cit., p. 265; M.G. SCANO, Pittura e scultura, cit., pp. 15, 25, 27, 29, 32; A. PILLITTU,
voce Bonocore, Ursino, in Allgemeines Künstler-Lexicon, XII, Leipzig 1996.
(42) Tesi sostenuta in D. SCANO, Forma Karalis, cit., pp. 77-78, lucidamente
contestata in R. DELOGU, Primi studi, cit., nota 1, p. 14.
(43) Nel settembre del 1582 era in costruzione la torre “en lo coltellas” di Pula,
ad opera dei maestri “picapedrers” Antiogo Frigado, Augustì Pixella, Pere Mora e Jaume
Casula, cfr. A.S.C., Atti not. legati, M. De Silva, vol. 639, f. 484 r., 22 settembre 1582.

418
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

gno, pietra, marmo e modella figure in stucco, ma richiede le presta-


zioni di un pittore quando sia necessaria la rifinitura col colore. Sfrut-
ta delle cave di sua proprietà (44), la cui localizzazione è ignota (45). È
specializzato in fontane (barquils, nella Sardegna di cultura catalana),
come i Lombardi a Genova (dove le fontane sono chiamate ancora
oggi barchili). L’intento di circoscrivere una sua matrice culturale nei
termini, talvolta artificiosi, di una specificazione geografica, si scontra
con l’atteggiamento pragmatico degli artigiani lombardi e ticinesi
emigrati, soprattutto quelli operanti nello sbocco mediterraneo di Ge-
nova, aperti ad innesti e contaminazioni con artisti e gusti differenti,
sulla radice della conquista di un linguaggio rinascimentale pronto a
flettersi alle esigenze della committenza e saldamente ancorato a una
maestria artigianale ultracentenaria, atteggiamento che potrebbe essere
scambiato per un generico eclettismo stilistico. Un linguaggio diffuso
dalle colonie di lombardi presenti nelle principali città costiere cristiane
del Mediterraneo occidentale. Se un tratto distintivo caratterizza il lin-
guaggio di Scipione Aprile, esso andrebbe certo riconosciuto in quel
senso della costruzione dei volumi per un plastico contrappunto, che
costituirebbe una preferenza costante della scultura degli Aprile.
La problematica della scultura di figura nella Sardegna meridio-
nale nell’ultimo quarto del Cinquecento e agli inizi del Seicento non
può, infine, fare a meno di accennare a due episodi di rilievo: la cop-
pia di ritratti marmorei alloggiata in nicchie nella facciata della par-
rocchiale di Guspini, nei quali si è ragionevolmente proposto di iden-
tificare Carlo V e Filippo II, e l’inedito fonte battesimale della parroc-
chiale di Villaurbana (46), datato al 1575 da un’iscrizione menzionante

(44) Cfr. Appendice, 18.


(45) La periferia urbana di Cagliari era tempestata di cave di pietra. Il marmo
poteva invece facilmente essere fornito via mare dalle cave possedute dai marmorari-
imprenditori lombardi di Genova, in parte artisti in parte commercianti; sull’attività
delle botteghe lombardo-ticinesi a Genova cfr. L. TAGLIAFERRO, Un secolo di marmo e
di pietra: il Quattrocento, in La scultura a Genova e in Liguria, cit., pp. 217-249.
Sugli scambi commerciali fra Carrara e le botteghe di Lombardi di Genova attive a
Napoli e Palermo, cfr. C. KLAPISCH-ZUBER, Les maîtres du marbre, cit., p. 293.
(46) Il busto in cui è stato riconosciuto Filippo II compare in La società sarda,
I, cit., fig. 221, p. 206; cfr. inoltre F. SEGNI P ULVIRENTI, A. SARI , Architettura

419
Aldo Pillittu

il rettore Giacomo Busquets. Testi singolari sotto il profilo tipologico,


spiccano per qualità formale nel contesto coevo. I caratteristici linea-
menti absburgici dei sovrani si costruiscono entro una tettonica di si-
cura plasticità, compatibile con il modellato dell’Aprile. Fuori dai ter-
mini cronologici della sua attività conosciuta è invece il fonte di Vil-
laurbana, testo d’eccezione nel Cinquecento sardo per il tono idealiz-
zato che ne fa un prodotto di un classicismo coltivato, generalmente
estraneo al modo di intendere la forma degli artisti sardi. Lontano an-
che dal classicismo formulare di Antonio Bonato, a proposito del quale
produco un frammento raffigurante Due Apostoli custodito nel Museo
Diocesano di Palermo, in precedenza non consultabile, che rafforza la
strada siciliana nell’individuazione delle sue componenti culturali, per
lo stretto confronto conducibile con i due elementi di predella nella
parrocchiale di Barumini (47).

tardogotica e d’influsso rinascimentale, (collana “Storia dell’arte in Sardegna”), Nuoro


1994, figg. 68 b, c, pp. 234, 235. L’iscrizione di Villaurbana recita: “IACOBVS
BVSQUETS RECTOR HVIVS VILLE MDLXXXV”; ringrazio Ivo Serafino Fenu per
questa segnalazione.
(47) Palermo, Museo Diocesano: frammento scultoreo con gli Apostoli, ambito
gaginesco (Archivio Fotografico Soprintendenza ai BB.AA.SS., Palermo, n. 20236),
sul quale cfr. V. ABBATE, Scheda 1, in V. ABBATE, V. SCUDERI, T. VISCUSO (a cura di),
Momenti del Cinquecento meridionale. Restauri e recuperi, (catalogo della mostra),
Palermo 1985, pp. 9-11, tav. I., che solamente ora ho potuto esaminare in una sod-
disfacente riproduzione fotografica. Sul Bonato cfr. A. PILLITTU, Antonio Bonato, cit.

420
APPENDICE DOCUMENTARIA
Aldo Pillittu

CRITERI DI EDIZIONE

I documenti sono stati trascritti secondo le norme dell’Istituto Storico


Italiano. Nel caso di lacune, l’integrazione è riportata entro parentesi quadre.
Le abbreviazioni sono state sciolte, salvo alcuni casi in cui la lezione è dub-
bia; in tal caso, lo scioglimento proposto figura entro parentesi tonde.
L’interpunzione segue l’uso moderno. Le lacune intenzionali del testo sono
state evidenziate con una fila di asterischi, per la lunghezza approssimativa
della lacuna stessa. Si è invece preferito anteporre il rimando cronologico a
quello topico per consentire un immediato e agevole orientamento nella se-
rie documentaria, in considerazione del carattere specifico di questo studio.

TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI

A.A.C. = Archivio della Curia Arcivescovile di Cagliari


A.S.C. = Archivio di Stato di Cagliari.

422
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

(1580), (luglio), 13. Cagliari.

Scipione Aprile si impegna con don Giovanni di Castelvì a scolpire


entro il primo gennaio successivo otto immagini lignee per la chiesa di
Samassi. Il compenso è fissato in otto scudi del valore ciascuno di 52
lire di Cagliari per ogni scultura. L’atto, i cui vincoli contrattuali sono
sottoscritti anche dal fuster Joanot Foxi, è cancellato il 23 settembre
1581 con reciproca soddisfazione.

A.S.C., Atti notarili legati, G. Orda’, vol. 1510, ff. 327 r. - 328 r.

Edizioni:
– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. VII, p. 22.
Cfr. R. DI TUCCI, Artisti napoletani, cit., p. 379, con numero errato di
volume.

Die XIII predictorum, Calari. Mestre Scipion Aprile sculptor habitant


en Caller, de son grat etc., per ferma valida y solemne stipulatio,
conve y ab bona fe promet al molt noble señor don Joan de Castellvi
en Caller domiciliat que per tot lo mes de janer primer vinent li dara
acabats ab tota perfectio vuyt personatjes, quals ha de sculpir de lenya,
sens enguixar, ço es: les Maries, sanct Ioan evangelista, lo Christo,
Nicodemus y Baramatia (1), del modo y factura que son los de la seu
de Caller, de manera que no hi falte res si no lo enguixar y pintar que
no es obligat fer dit mestre Scipio; los quals han de servir per la capella
de purgatori de la iglesia de Samassi. Las quals ymages promet fer a
raho de vuyt scuts la pessa, a raho de sinquentados sous moneda
callaresa per cascun scut la pes (a) de mans y lenyam que ha de posar
dit mestre Scipio, quals ha de pagar dit señor don Joan axi com anyra
fent fena, de manera que dat li hara dits personatges acabats com dit
es dit, mestre Scipio sia acabat de pagar de tot lo que muntara dits
personatges a la dita raho. E quant nols hagues acabat per tot lo dit

423
Aldo Pillittu

temps, promet restituir al dit señor don Joan de Castellvi tot lo que de
aquell haura rebut enco(n)tine(n)t passat dit mes de janer primer
vinent, es assaber dins lo present Castell de Caller, sens dilatio alguna
et.; ab restitutio de tots danys et.; sobre los quals et. E per que ne st[ig
?]a mes segur, ne dona per fermansa y principal obligat, iunctament
ab ell y sens ell per restituir lo que haura cobrat per dita fena, lo
honorable mestre Joanot Foxi fuster habitant de la Lapola predita, lo
qual acceptant lo carrech de dita fermansa per ell e per los seus, conve
y ab bona fe promet que iunctament ab dit son principal y sens ell sera
tingut a restituir y pagar tot lo que dit mestre Scipio haura rebut de
dit señor don Joan de Castellvi segons dit son principal dalt ho ha
promes. ÍÍ E dit señor don Joan de Castellvi promet que pagara lo
preu de dits personatjes a la dita raho com dit es. E totes dites coses les
dites parts vicissimdinariament prometen adimplir, es assaber (b) dins
lo present Castell de Caller, sens dilatio alguna et.; ab restitutio de tots
danys et.; sobre los quals et.; volen que la part fahent aquells sia
creguda et. E per attendre y adimplir les dites coses et., ne obligan
llurs persones y bens y de qualsevol de dites parts, in sol(idu)m,
mobles e immobles et.; ab totes les renuntiations opportunes et. y de
llur propri for et.; ab submissio del for del magnifich veguer real de
Caller y de altre qualsevol jutge, renuntiants quant ad aço a la ley si
convindrasse et. y dita fermansa renuntia a la ley die(n)t que primer
sia convingut lo principal et; y tanbe lo dit don Joan al privilegi mili-
tar y a la monicio hortatio de XXVI dies et. E tots renuntian a tot altre
dret et.; ab scriptura de ters y iurament largament. Testimonis son
mossen Bonito Fadda y mossen Joan Baptista Cerpi habitants de
Caller y mossen Hierony Cerpi scrivent que com ha substitut de mi
notari infrascrit ha rebut ditas fermas. (c)

(1) Con tale termine si intende designare Giuseppe d’Arimatea.


(a) La parola va completata in pessa.
(b) Nel testo: ascaber.
(c) Nel margine la nota con la quale si sancisce il buon fine dell’accordo: Die XXIII mensis septembris
anno a nativitate Domini MDLXXXI, Calari. Predicti don Joannes de Castellvi ex una et
Scipio(n) Aprile parte ex altera confessi sunt invicem fuisse satisfactos de pr[e]dictis, ideo can-
cellarunt ita et taliter et. Testes sunt Hieronimus Xera ville de Nurexi et Balthasar Cabra Calari
habitator.

424
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

(1581), (aprile), 23. Cagliari.

È battezzata Angelica Llucya Bernardina, figlia di mestre Scipio de Apri-


le e di Monserrada Aprille y Vidal; padrini sono mossen Pantali e Anna
Rams.

A. A. C., Quinque Libri, Marina, vol. 1, f. 17 v.

(1581, luglio, 6). Cagliari.

Lo scultore Scipione Aprile, abitante a Cagliari, si impegna a realizzare


nella vigna di mossen Cristoforo Portugues, cittadino cagliaritano, una
nicchia o volta in stucco decorata all’esterno con una ninfa e un satiro
delle dimensioni dello stesso Scipione. Tra di esse eseguirà una testa
animalesca secondo il gusto del Portugues. Il lavoro dovrà essere con-
cluso entro due mesi. il compenso è fissato in venticinque scudi, in
ragione di cinquantadue soldi per scudo.

A.S.C., Atti notarili legati, G. Valmagna, vol. 2182, ff. 448 v. - 449 r.

Edizioni:
– M. CORDA, Arti e mestieri, cit., doc. 8, pp. 97-98.
Cfr. R. DI TUCCI, Documenti e notizie, cit., p. 163.

Dicto die, Calari. Sobre les coses infrascrits entre lo magnifich mossen
Cristofol Portugues ciutada de Caller de una part y mestre Scipio
Aprile sculptor habitant de Caller de la part altra son stats fets los
capitols seguents. E primerament dit mestre Scipio promet que en la

425
Aldo Pillittu

viñya de dit mossen Portugues, hont ell designara, li fara una ninxa eo
volta de stuco obrada de part de fora, y fara dos personatges grans
com lo dit Scipio y ben formats tot de stuco, lo hu dels quals sera una
nynfa y l.altre un satiro, çoes mig cabra y mig home; y entre mig dels
dos personajes fara un cap de animal a contento y com sera la voluntat
y factura de dit mossen Portugues; y fara que dits personages brol(l)en
aygua per les parts que dit mossen Portugues volra; y sota dits
personages fara una pica com sera necessaria per la factio de dits
personatges. Les quals coses ha de dar bones y acabades a contento de
dit mossen Portugues dins dos mesos del die present comptadors e
immediate seguents. Item lo dit mossen Portugues acceptant dita
promesa promet que dara al dit mestre Scipio tot lo guix, cagaferro,
smalt, fil de ferro, arena, las v(er)gas de ferro, lo plom per los cano(n)s
que seran mester per dita fena; y per la manifactura de aquella li dara
tambe vynt y sinch scuts a raho de sinquanta dos sous per scut, quals
promet pagar çoes: de present sis scuts y lo restant acabada la fena.
Item son de pacte que totes les altres coses que seran mester,
exceptades les demunt dites coses, que dit mestre Scipio les haia de
posar a ses despeses. Totes les quals coses dits mossen Portugues y
mestre Scipio vicissimdinariament prometen adimplir dins lo present
Castell de Caller, sens dilatyo alguna et ab restitutio de tots danys,
messions y despeses, et sobre los quals et per attendre y adimplir les
dites coses, dits parts ne obligan lo hu a l.altra vicissimdinariament
lurs persones y bens, mobles y immobles, et ab totes les renuntiations
opportunes y de son propri for etc; ab submissio del for del magnifich
veguer real de Caller y de altre qualsevol jutge etc; renuntian quant ad
aço a la ley si convindrasse etc; y a tot altre dret; ab scriptura de ters;
jurament largament. Testimonis son mestre Augusti Regesta y Bernat
Gavar scuder habitants de Caller y mossen Hieroni Serpi, que com ha
substitut de mi notari infrascrit ha rebut ditas fermas.

426
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

(1582, maggio, 23). Cagliari.

Nanni Pisu di Sinnai riconosce di essere debitore di lire 10 verso


mestre Serapio de Aprile. Di ciò è testimone “Serapio Noffre scriptor”.
L’atto è cancellato il 13 novembre 1582 e ne sono testimoni “mestre
Perot Marras y Scipio Noffre”.

A.S.C., Atti notarili legati, M. De Silva, vol. 639, f. 269 v.

Edizioni:
– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. I, p. 19.

(1582), luglio, 30. Cagliari.

Joan Siddi carrador di Villanova riconosce di essere debitore di


lire 16 verso mestre Serapio de Aprile di Lapola. Promette di estinguere
il debito lavorando un terreno in Pula a favore del de Aprile. Fra i testi,
mestre Ursino Buoncore di Villanova.

A.S.C., Atti notarili legati, M. De Silva, vol. 639, f. 359 r.

Edizioni:
– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. II, p. 19.

427
Aldo Pillittu

(1582, luglio, 30). Cagliari.

Mestre Serapio de Aprile y Serapio Noffre scriptor compaiono come testi


in un atto.

A.S.C., Atti notarili legati, M. De Silva, vol. 639, f. 366 v.

(1582, agosto, 3). Cagliari.

Salvador Xirello carrador de Vilanova promette di coltivare in Pula per


il mestre Serapio de Aprile di Lapola in cambio di lire 10. Sono testi-
moni “mossen Ant(oni) Quirigo y Serapio Noffre scriptor”.

A.S.C., Atti notarili legati, M. De Silva, vol. 639, f. 372 r. - v.

Edizioni:
– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. III, p. 19.

(1582, ottobre, 27). Cagliari.

Nanni Usala di Ballao affida per sette anni il figlio quindicenne al


mestre Serapio de Aprile sculpidor affinchè gli insegni il mestiere. Lo
scultore si impegna, una volta terminato il periodo, a donare all’ap-
prendista l’attrezzatura necessaria per intraprendere una propria attivi-
tà.

428
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

A.S.C., Atti notarili legati, M. De Silva, vol. 639, f. 519 v.

Edizioni:
– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. IV, p. 20.

Dicto die, Calari. Nanni Usala de la vila de Ballau de Gerrei, per temps
de set a(n)is contadors de vuy avant, aferma y posa a carta a son fill
nomenat *****, de edat de quinze a(n)is vel circa, ab mestre Serapio de
Aprile sculpidor per apendre lo offiti, ab promesa que fara quel serve-
sca en sa casa axi en lo offiti com altraments be y degudament, no li
furtara ni consentira en furt, ni dies abans del temps no sen anira y
anantsen fara que los restituesca com es costum. E lo dit mestre Sera-
pio present accepta al dit ***** y li promet ensenia(r) lo offiti y lo ten-
dra en sa casa malalt, vestit, calsat, governat y alimentat de menjar y
beure; y a la fi del temps li donara tota la ferramenta necessaria per dit
offiti y mes lo vestira de mescla de Barcelona. Y aço sens dilatio; ab
restitutio de totes despeses etc. E per ço attendre y complir ne obligan
ad invicem et vicissim personas y tots sos bens, mobles e immobles,
haguts y per haver etc.; renuntiants a llur propri for y tot dret etc.; ab
scriptura de ters etc.; jurant etc.; fiat large etc. Testes predicti (a).

(a) I testimoni, indicati negli atti precedenti, sono Scipio Noffre y Joan Pau Catala scriptors.

(1582, dicembre, 17). Cagliari.

Mestre Serapio de Aprile imaginari residint en lo appendici de la Llapola


riconosce di essere debitore verso mestre Baptista Garibaldo di lire 12
prestategli per le necessità della coltivazione in Pula. Promette di
estinguere il debito fornendo il corrispettivo in frumento al prezzo
d’“afforo”. Sono testimoni “mestre Ant(oni) P(ere) Coni y Sipio Noffre”.

429
Aldo Pillittu

A.S.C., Atti notarili legati, M. De Silva, vol. 639, f. 583 r. - v.

Edizioni:
– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. V, p. 20.
Cfr. R. DI TUCCI, Artisti napoletani, cit., p. 379, in cui è però assente
l’indicazione del volume.

10

1584, aprile, 5. Cagliari.

Nell’inventario dell’eredità di Beatrice Pintor si menziona, fra le


affrontazioni di una casa situata in Lapola, nel “carrer dit de ritrasto”,
quella con la casa del “mestre Serapio de Aprile”.

A.S.C., Atti notarili legati, G. Tamarit, vol. 2073.

11

1584, ottobre, 18. Cagliari.

È battezzata Lucia Francisca, figlia di mestre Sipio de Abril e di


Monserrada Vidal y Abril; padrini sono mossen Salvador Faner e Gracia
Francisca Guaspa.

A.A.C., Quinque Libri, Marina, vol. 1, f. 21 v.

430
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

12

(1585, gennaio, 11). Cagliari.

Lo scultore Cipio de Aprile, abitante della Marina di Cagliari, si impe-


gna a scolpire al mercante Jaume Roger, abitante nell’appendice di
Stampace, le immagini lignee di Sant’Alberto carmelitano, San Nicola
da Tolentino e San Vincenzo Ferrer. Le figure, da realizzarsi entro due
mesi, dovranno essere alte quattro palmi e mezzo e pronte a essere di-
pinte. Il compenso pattuito è di 26 lire.

A.S.C., Atti notarili legati, G. Valmagna, vol. 2189, ff.48 r. - 49 v.

Edizioni:
– M. CORDA, Arti e mestieri, cit., doc. 12, pp. 102-103.
Cfr. R. DI TUCCI, Documenti e notizie, cit., p. 163, con indicazione erra-
ta del volume.

Dicto die, Calari. Mestre Cipio de Aprile sculptor habitant de la Marina


de Caller, gratiosament per ferma valida y solemne stipulatio, conve y
ab bona fe promet al magnifich mossen Jaume Roger mercader
habitant del appendici de Stampaix present que, donantli aquell vynt y
sis lliures moneda callaressa, dins dos mesos del die present en avant
comptadors li sculpira en lenya, de altaria de quatre pams y mig en
avant des dels peg fins al cap, tres ymages en lenya, y posara la lenya
necessaria per al sculpir y mollura de dites tres ymages, les quals han
desser la ymage de sanct Arberto del orde de Nostra Señora del Carme,
y de sanct Nicholao de Tolenti del orde de sanct Agosti y de sanct
Vicens Ferrer del orde de sanct Domingo, tot dret á dorar y axibe la
peana y sca(m)belo a cascuna de dites tres ymages necessaria a tota
voluntat y contento de dit magnifich Jaume Roger, volent y consentint
que sempre que ell dins dit termini no li sculpia dites tre ymages y fassa
los scalons eo peanes de aquells, que lo dit magnifich Jaume Roger se
las puga fer fer en lo present regne o portar y fer fer de fora de aquell, a

431
Aldo Pillittu

gastos y despesses de dit mestre Cipio de Aprile y dels se(us), y


compeller y forsarle lo que li haura bestret lo que iunctament ab dit[a]
bestreta y danys supportadors predits promet reffer y pagarli a sa
voluntat y requesta. E les dites coses promet fer y adimplir dins la
present ciutat de Caller; sens dilatio ni excusatio alguna y ab salari de
pr(oc)u(ra)d(o)r dins Caller y sos appendicis de X sous, fora de XX sous
moneda callaresa, ultra los quals y sobre los quals promettent mes avant
que en estas cosas no fermara de dret la pena es V sous moneda
callaresa, de la qual la qual paga dara. E perço attendre ne obliga sa per-
sona y tots sos bens mobles e immobles; ab totes les renuntiations
opportunes y de son propri for; ab submissio del for del noble señor
veguer real de Caller y de altre qualsevol jutge; fent y fermantne
scriptura de ters; ab jurament; e dit magnifich Jaume Roger acceptant
gratiosament conve y abbona fe promet a dit mestre Cipio de Aprile
que dites vynt y sis lliures li dara y pagara bestrent y servint y pagant a
tota sa voluntat y requesta, sens dilatio alguna y ab les matexes clausules
de salari de pr(oc)u(rad)or, pena de non fermar de dret; obligatio de sa
persona y bens; renuntiatio de son propri for a submissio del for del
noble señor veguer real de Caller; e ab scriptura de ters y jurame(n)t
allargadores fetes ut supra. Testimonis son mestre Gabriel de Massa
porter del rational y Gregori Adcori scrivent habitants de la Marina de
Caller. Item ab altre acte dit mestre Cipio de Aprile ferma apocha a dit
magnifich mossen Jaume Roger de tretse lliures moneda callaresa,
hagudes en compte de dites vynt y sis lliures, anticipades de comptants
a sa voluntat en presentia dels notari y testimonis infrascripts e perço
renuntiant. Testimonis los predits.

13

1586, marzo, 12. Samassi.

Epigrafe accompagnatoria del mausoleo di don Emanuele di Castelvì,


recante il nome dell’esecutore Scipione Aprile (Samassi, chiesa di San
Gemiliano).

432
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

Edizioni:
– V. ANGIUS in G. CASALIS, voce Samassi, cit., p. 11, con numerose impre-
cisioni;
– R. DELOGU, Primi studi, cit., p. 12; emendato da J. ARCE, España, cit., p.
529;
– R. CORONEO, scheda 75 in R. SERRA, Pittura e scultura dall’età romanica,
cit., p. 168.

DE DADIVAS DEL CIELO Y DE NATURA DON EMANUEL DE


CASTELVI ADORNADO ASPIRANDO A LOS BIENES DE LA ALTURA
EN CUIA PARTE FUE DE DIOS LLAMADO HIZO ESTE MONESTERIO
Y SEPULTURA DO YACIESSE QUAL YACE SEPULTADO DEXANDO
NOS EN HECHO TAL MEMORIA PARA ROGAR Q(UE) GOZE DE LA
GLORIA SIPIO APRILE OPUS FECIT A 12 DE MARCO ANNO 1586.

14

1587, marzo, 23. Cagliari.

Serapio de Aprile, intagliatore residente in Lapola, promette al mossen


Cristoforo Mallò di realizzare, nella cappella della Maddalena del con-
vento di Gesù extra muros, una nicchia in cui scolpirà in stucco La
Maddalena, il Cristo, al di sopra un Dio padre, più in basso una Di-
scesa dalla Croce con le Marie e altri personaggi. Il compenso è fissato
in 240 lire.

A.S.C., Atti notarili legati, G. Tamarit, vol. 2066, ff. 172 r. - 173 r.

Edizioni:
– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. VI, p. 21.
Cfr. R. DI TUCCI, Artisti napoletani, cit., p. 380, in cui è assente l’indica-
zione del numero del volume.

433
Aldo Pillittu

Dicto die, Calari. Mestre Serapio de Aprile entallador residint en la


llapola promet y se obbliga fer al magnifich mossen Cristofol Mallo la
faena seguent en la capella de la Magdalena que te en lo convent de
Hiesus extra muros: primo fara la nicha, en la qual fara la ymage de la
Madalena de relleu de stucco, ab un cap de mort y un cr(ist)o dret o
recolsat a contento de dit mossen Cristofol; mes fara los costats, tant
alts com la capella; mes fara lo altar, tant alt com la capella, tot de stuc-
co; y dalt de tot fara un d[e]u lo pare; mes baix un devallament de la
creu ab les maries y los altres personajes; tot de relleu tot de stucco ab
tota perfectio y les demes proportions fara conforme lo modello qual
resta en poder del notari infrascrit. En la qual faena y obra posara ma
encontinent y no ne llevara ma fins tant tota la dita faena sia acabada ab
tota perfectio a contento de dit mossen Mallo. Y no fent dita faena y
obra es content y li dona facultat que puga acordar y fer venir qualsevol
mestre per fer acabar dita faena, etiam que pague qualsevol altre preu
major. E lo dit magnifich mossen Cristofol Mallo accepta tot lo sobredit
y se obliga pagar a dit mestre Serapio per la faena infr(ascript)a, qual
sera tot a despeses de dit mestre Serapio, doscentes quaranta lliures
pagadores dest modo: la tersa part a requesta, l.altra tersa part a mija
faena, l.altra tersa part acabada la faena a son contento y ab perfectio.
Les quals coses prometen y se obligan adimplir ad invicem et vicisim,
sens dilatio, ab reffectio de totes despeses; ab obligatio ad invicem; et
vicisim de personas y bens ab les renuntiations necessaries; ters y
jurament large, etc. Testimonis son los magnifichs Hieronim Pintor y
Hieronim Brundo mercaders de la present ciutat.

15

1587, giugno, 18. Cagliari.

È battezzata Maria Madalena Lusia, figlia di mestre Sypio de Aprill e di


Monserada Abrill; padrini sono miser Batista Aprille e una señora
Micquela.

A.A.C., Quinque Libri, Marina, vol. 1, f. 45 v.

434
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

16

1588, gennaio, 7. Cagliari.

Mestre Sypirio Abril è padrino di battesimo del figlio di mestre


Fransesch Gentil.

A.A.C., Quinque Libri, Marina, vol. 1, f. 52 v.

17

1588, luglio, 25. Cagliari.

Si registra il decesso di un figlio di mestre Sipion Aprille.

A.A.C., Quinque Libri, Marina, vol. 1, f. 167 v.

18

1589, settembre, 4. Cagliari.

Mestre Scippio Aprile scultor promette al canonico Aymerich di realiz-


zare nella sua vigna una fontana ottagona in pietra con tre pilastri e
due bacini.

A.S.C., Atti notarili sciolti, G. Tamarit, vol. 1165.

Il documento è una frettolosa minuta di un atto notarile, ricca di anno-


tazioni a margine perlopiù prive di rimandi al testo. La sintassi è perciò
estremamente sommaria. Si trova inoltre in pessime condizioni.

Die 4° septembris 1589 Caller. Mestre Scippio Aprile (a) promet al


señor canonge Aymerich fer en la sua vinya, en lo lloch que hi te

435
Aldo Pillittu

designat, un barquil octavat de pedra picada (b) llavorat conforme lo


desegne, de altaria de 3 pams y mig xichs; y mes ava(n)t tres pilars
addos bassinas tot de mabre (c) conforme disegne, y darà la dita obra
acabada ad perfectio p(er) 14 de febrer; l.aygua major sobre lo
beolbador 3 pams xichs (d). Lo modo de la paga: ara de present 10
lliures; fet lo primer pilar de sota la bassina gran, obrats a son deuer,
10 lliures; y [mes] 10 starells de forment a 3 (sous?), posat en casa del
dit Scipio, posada tota la obra en la vinya y lo residuo acabada la
fahena a son deuer y perfectio. Testimonis mestre Antiogo Adzori
calaritanus y mossen Antiogo Toxeri clerque de Sinnah(y).

(a) A margine compare l’attributo di mestiere scultor.


(b) A margine compare, senza alcun segno di rimando al testo: vinent de las pedreras del mestre.
(c) A margine compare una annotazione iio non agevolmente collocabile nel testo né facilmente
interpretabile, se non come l’annotazione di una cifra relativa ad una somma corrispondente a una
rata di pagamento, in questo caso 110.
d
( ) A margine compare: 4 pams de amplaria de creu a m... creu.

19

(1591, novembre, 12). Cagliari.

Lo scultore Sipio de Aprile, abitante nell’appendice di Lapola, promet-


te al maestro d’ascia Andrea Gandulfo, anch’egli abitante in Lapola,
che entro il mese di dicembre eseguirà una scultura lignea di San Die-
go alta 5 palmi grandi compresa la base. La figura dovrà essere inchi-
nata verso il Cristo e reggere un Cristo nella mano sinistra; quella de-
stra dovrà essere fatta in modo da tenere un salterio. Il prezzo dell’im-
magine pronta a essere dipinta è di sedici lire cagliaresi.

A.S.C., Atti notarili legati, G. Tamarit, vol. 2069, ff. 737 v. - 738 r.

Edizioni:
– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. VIII, p. 23.

436
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

Dicto die, Calari. Lo honorable mestre Sipio de Aprile esculpidor


habitant en lo appendici de la Llapola promet y se obliga a mestre
Andria Gandulfo mestre de axa habitant en dit appendici que per tot
lo mes de dezembre primo vinent li fara una image de la invocatio del
benaventurat sanct Diego, de altaria de sinch pams grans compres lo
peu, tot de bulto de llenya. Y dita ymage ha de tenir un Cristo en la
ma esquerra; y la ma dreta a de tenir del modo que puga portar un
saltiri; y ha de estar la dita ymage inclinada en ves lo Cristo. Tot lo que
ha de fer ab perfectio y contento de dit Gandulfo, tot dret a pintar. Lo
preu es setze lliures moneda callaresa de les quals dit Aprile confessa
hauerne hagudes y rebudes del dit Gandulfo vuyt lliures per principi
de paga de dita faena, la qual promet fer dins lo dit temps ab tota
perfectio segons es dit. Y no fentla promet restituir les dites vuyt
lliures que de dit Gandulfo ha rebut lo die present incontinenti; passat
sia lo dit temps sens neguna dilatio, ab refectio de totes despeses, ab
salari de procurador de deu y vint so(us) essent present lo Gandulfo
promet y se obliga que les restants vuit lliures dara y pagara al dit de
Aprile en dines contants, sempre y quant li done la dita faena del
modo se conte per lo que la una part a l.altra ad invicem et vicissim ne
obligan sas personas y tots sos bens mobles e immobles, haguts y per
haver; renuntian llur propri for; tota ferma de dret y la llei; ab
sumissio del noble señor veguer real de Caller; ab ters; iurament; fiat
large. Testimonis mossen Domingo Dedoni y Melchior Dessi de
Caller habitants.

20

1598, (novembre, 4). Cagliari.

In un atto compare come testimone Sipio Aprile habitant en la marina


de Caller.

A.S.C., Atti notarili sciolti, M. Noffre, vol. 830.

437
Aldo Pillittu

21

(1601), (agosto), 17. Cagliari.

Lo scultore Scipio Aprile, abitante nell’appendice di Lapola, si impe-


gna con Vincenzo de Patxi, abitante in Cagliari, a realizzare una im-
magine lignea, non dipinta, di Nostra Signora d’Itria con il Bambino
fra le braccia, simile a quella posseduta dall’Aprile. La scultura dovrà
essere alta sei palmi piccoli, come una statua di San Sebastiano che si
trova in casa dell’Aprile. Il compenso è stabilito in 70 lire cagliaresi.

A.S.C., Atti notarili sciolti, D. Bonfant, vol. 63, ff. 242 v. - 243 v.

Edizioni:
– M. CORDA, Arti e mestieri, cit., doc.32, p. 119.
Cfr. R. DI TUCCI, Documenti e notizie, cit., p. 163, senza gli estremi del-
l’archivio, del notaio e del volume.

Die decimo septimo predictorum, Calari. Scipio Aprile scultor


habitant en lo appendici de la Llapola de Caller, de son grat y certa
scientia, promet y se obliga a Vincentio de Patxi habitant de Caller
que per tot lo mes de febrer del any primo vinent de mil y sis cents y
dos li fara una ymage de llegna de Nostre Señora de Itria ab sa caxa als
peus, ab los dos vells en la caxa, la qual caxa dit de Patxi la fara fer
assas despessas; e la dita ymagen sera ab son fill en brassos del modello
que dit Aprile te en sa casa y a mostrat a dit de Patxi, de altaria de un
ymagen de sant Sebastia que dit Aprile te en sa casa, qual es de altaria
de sis pams xichs; qual fara dit Aprile sens pintura ninguna e dit
Vincentio de Patxi acceptant dites coses conve y ab bona fe promet
que per la dita fena li dara settanta lliures moneda callaresa pagadores
desta manera, es a saber que trenta lliures dit Aprile hagut y rebut de
dit de Patxi en presentia dels notari y testimonis infrascrits y la meitat
del restant encontinent acabada la meitat de dita fena; y l.altra meitat
en ser acabada dita fena segons dalt se ha dit. Totes les quals coses

438
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

prometten adimplir es a saber dins lo present Castell de Caller; sens


dilatio alguna e ab salari de procurador dins Caller y sos appendicis de
X sous e fora de XX sous ultra los quals prometten restituir tots los
dan(n)ys, missions y des- pesses sobre aço supportadors; sobre los
quals; volen y concenten que la part fahent aquella sia creguda; e per
attendre y adimplir totes dites coses ne obligan llurs persones y bens
mobles e immobles; ab totes les renunciacions opportunes; y de son
propri for ab submissio del for del veguer real de Caller y de altre
qualsevol jutge; renunciant quant ad aço a la ley si convindra; e a tot
altre dret; ab scriptura de ters jurament llargament. Testimonis son
Jacomo Antonio de Cutis y Antoni Spano scrivent habitants de Caller.

22

1602. Cagliari.

Si annota la cresima di Allena, figlia di Sipio Abril e di Monserada. Il


padrino è Agustu Ricardu.

A.A.C., Quinque Libri, Marina, vol. 3, f. 100 v.

23

1602, gennaio, 22. Cagliari.

È battezzato Joan Batista, figlio di Sipio Abbrile e di Monserrada


Abrille; padrini sono Desiderio de Ferari e Catalina Ricarda.

A.A.C., Quinque Libri, Marina, vol. 3, f. 60 r.

439
Aldo Pillittu

24

(1602, agosto, 31). Cagliari.

Il Regio Consiglio Patrimoniale delibera il pagamento allo scultore


Scipio Aprile degli stemmi in marmo del Vicerè e di Sua Maestà.

A.S.C., Antico Archivio Regio, vol. P 6, f. 12 v. (f. 3 v. della numerazione originale) (a).

Edizioni:
– D. SCANO, Forma Karalis, cit., doc. 15, p. 181;
– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. IX, p. 24.

Dicto die. Haventse tractat sobre lo que se podia pagar a Scipio Aprile
sculptor per los servicis ha fet ala Regia Cort, axi en esculpir les armes
de sa Señoria Illustrissima ab son letrero sobra la pedra de mabre que
ha posat y dat lo dit Aprile, com per adobar y reedificar, o, a clarir les
armes reals posades eran per abans en altra pedra mabre en la porta del
Moll, fonch conclos que a dit Sipio Aprile se li donen, per la valor de
la pedra mabre ha posat y per sos traballs fets y sostenguts en dita
pedra fent en ella les sus dites armes y letrero, y per reformar les armes
reals estavan en altra pedra, cent lliures moneda del present Regne, per
les quals se despache m(anda)to en la forma deguda y acostumada;
qual conclusio y determinatio fonch presa y determinada en dit real
patrimonial consell en lo qual foren presents ab sa señoria illustrissima
los infrascrits nobles y magnifichs don Nofre Fabra p(ro)cur(ador)
real, Francesch de Ravaneda mestre rational, don Joan Naharro y de
Rueças regent la real g(e)n(er)al Thesor[e]ria, y lo doctor Jaume
Castañer advocat fiscal y patrimonial. ( b) Don Onovre Fabra y
Deyxer. Don Francisco de Ravaneda. Don Juan Nah(arr)o de Ruecas.
Lo doctor Jaime Castañer. Illustrissimus dominus l(ocumtenens)
g(eneralis) concludit cum omnibus. Joannes Franciscus Taray notarius
pro herede Serra scriba.

440
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

(a) La rubricazione del secolo XVIII o XIX a f. 1 r. dice: Per la paga di uno scultore che aveva fatto le
armi del Vicerè, e rinovate quelle del Re, che erano sopra la porta del Molo. 3 a tergo. Tale nota
è ripetuta a margine del f. 12 v. con le modifiche un scultore anzichè uno scultore; avea fatto
anzichè aveva fatto.
(b) Seguono le firme.

25

1603, ottobre, 6. Cagliari.

Michelangelo Mainas promette a Scipione Aprile di dorare un taber-


nacolo, in cambio di una statua di San Sebastiano e di 40 lire, quando
queste verranno pagate dalla villa di Muravera.

A.S.C., Atti notarili legati, G. B. De Murtas, vol. 1454, ff. 96 r. - v.; per un errore di
legatura, il documento prosegue ai ff. 124 r. - v.

Edizioni:
– R. DELOGU, Primi studi, cit., doc. X, p. 25.
Cfr. R. DI TUCCI, Artisti napoletani, cit., p. 380, senza l’indicazione del
numero del volume.

Die sexto mensis octobris anno a nativitate Domini MDCIII, Calari.


Miquel Angel Maynas pintor habitant en lo appendici de Vilanova, de
son grat y certa scientia, per ferma valida y solena stipulatio, convè y
ab bona fe promet a Sipio Aprille scultor (a) present que a tota
requesta de dit Aprille li daurara de or e inguixara y fara tot lo que fara
mester en unas andas eo tabernacle de la faictio y mollura que es
endaurat (b) lo tabernacle de nostra Señora del Carme, ab quatre
angels y quatre poms, tot a gastos y despeses de dit Maynas, promet-
tent que aquell endaurara be, segons y de la sobreditta manera li sta
endaurat dit tabernacle de nostra Señora del Carme (c) revist empero
de mestres si es ben endaurat no. E fent al contrari y no endaurant
aquell, de la sobreditta manera li dona facultat lo puga fer tornar
endaurar a sos gastos y despeses y a qualsevol preu lo porra haver. E lo

441
Aldo Pillittu

dit Sipio Aprile promet a dit Maynas darli per endaurar dit tabernacle
a ses despeses, com dalt se ha dit, quoranta lliures moneda callaresa y
una imagen de bulto de llenya sots invocatio de sanct Sebastià, la qual
imagen dit Maynas confessa haver rebuda a totes ses lliberes voluntats
y dittes quoranta lliures les hi dara y pagara dit Aprile a dit Maynas
encontinent (d) vingudes y trameses lis hatjan de [la vila de] Muravera
de Sarrabus. Totes les quals coses lo que a quiscuna de (e) dittes parts
ses guardan adimplir per les dittes parts attendran adimpliran y
observaran dins la present ciutat de Caller; sens dilacio alguna. E ab
salari de procurador dins Caller y sos appendicis de deu sous e fora de
vint sous ultra los quals e per les predittes coses attendre ne obbligan
invicem et vicissim llurs persones y tots llurs bens y de quiscu dells
respective mobles e immobles, ab totes les renuntiations opportunes y
de llur propri for sotsmetentse al for del veguer real de Caller o de
altre qualsevol jutge e ne ferman carta de ters; ab iurament llargament.
Testimonis son Sebastia Spada y Marti Spada habitants de Caller (f).

(a) A margine si annota: habitant en lo appendici de la Llapola.


(b) Endaurat è inserto interlineare.
(c) A margine si specifica: que sia conforme a q(ue)l propri.
(d) A dit Maynas encontinent è nota a margine.
(e) Il documento prosegue a f. 124 r.
( f) A f. 124 v. si annota: acte de Miquel Angel Maynas 1603.

26

(1603), (ottobre), 6. Cagliari.

Michelangelo Mainas promette a Scipione Aprile di dorare un taber-


nacolo, in cambio di una statua di San Sebastiano e di 40 lire, quando
queste verranno pagate dalla villa di Muravera (1).

A.S.C., Atti notarili sciolti, G.B. De Murtas, vol. 245.

Die sexto predictorum, Calari. Notat. Miquelangel Maynas pintor


habitant en Vilanova, de son grat y certa scientia, per ferma valida y

442
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

solena stipulatio, convè y ab bona fe promet a mestre Sipio Aprile


scultor habitant en lo appendici de la Llapola (a) present que a tota
requesta de dit Aprile li daurara de or e inguixara y fara tot lo que fara
mester en unas andas eo tabernacle de la faictio y mollura que es lo
tabernacle de nostra Señora del Carme ab quatre angels y quatre pons
(b) tot a sos gastos y despeses. E fent al contrari y no daurantlo be li
dona facultat lo puga fer fer tornar a endaurar. Emper dit mestres si es
ben daurat o no que sia com lo propri de nostra Señora del Carme. E
dit Aprile li dara per daurar aquell y tot lo demes necessari 40 lliures
moneda callaresa y una imagen de llenya de sanct Sebestia qual te
rebut y dites quoranta lliures les hi dara vingudes y trameses lis hatjan
de Sar- rabus y de Muravera ter comensant endaurar venunts la
moneda y no altrament. Testimonis son Sebastia Spada y Marti Spada.

(1) Si tratta della minuta dell’atto steso nel documento precedente. Non è possibile sapere a quale
dei due si riferisse R. DI TUCCI, Artisti napoletani, cit., p. 380.
(a) La nota scultor habitant en lo appendici de la Llapola è aggiunta interlineare.
(b) La nota ab quatre angels y quatre pons è aggiunta interlineare.

27

1603. Cagliari.

Epigrafe commemorante la realizzazione della fontana nella plazuela


del Castello di Cagliari; reca il nome di Scipione Aprile (Cagliari,
piazza Carlo Alberto).

Edizioni:
– G. SPANO, Guida, cit., p. 80, con errori.
– J. ARCE, España, cit., pp. 312-313, con emendamenti ma ancora con
imprecisioni.
Cfr. M.G. SCANO, Pittura e scultura, cit., fig. 35, p. 59.

443
Aldo Pillittu

D. O. M. CALARIS INSIGNIS REGNI CAPUT INCLYTA NOSTRI


SARDINIAE PRIMAS, SUB MAIESTATE PHILIPPI CATHOLICI REGIS
TERTII, SUMMIQUE MONARCHAE, PERVIGILI COMITE ELDAE SED
PROREGE COLOMA MUNIFICUM FONTIS OPUS URBS HOC EDIDIT:
ALMI IN MEDIO CASTRI, CELSAQUE IN PARTE LOCAVIT, PATRES
CONSCRIPTI GASPAR FORTESA, IOANNES OTGERIUS PETRUS,
STEPHANUS QUENZA, ANTIOCHUSQUE MALTES MATTHAEUS
XINTUS FIERI ID SATAGEBANT. SCIPIO APPRILIS HOC ... MDCIII.

28

(1604), aprile, 7. Cagliari.

Scipio Aprile scultor e Prospero Vallasllara di Lapola figurano in un atto


come testimoni.

A.S.C., Atti notarili legati, M. Conco, vol. 453, f. 148 r.

29

1604, agosto, 12. Cagliari.

Si annota il decesso di Sipio Aprile di Lapola. Morì dopo aver rice-


vuto i sacramenti e senza lasciare testamento. Fu seppellito nella chie-
sa parrocchiale.

A.A.C., Quinque Libri, Marina, vol. 5, f. 173 r.

444
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

Fig. 1 - Samassi, chiesa di San Gemiliano: Scipione Aprile, monumento sepolcrale


di Emanuele Castelvì, pietra, marmo, 1586 (foto Archivio Ilisso).

445
446
Aldo Pillittu

Fig. 2 - Pisa, secondo chiostro della chiesa di San Francesco (ora al Museo Nazionale di San
Matteo): monumento sepolcrale Bandini, marmo, sec. XVI ((foto C. Carretta; Archivio del Dipar-
timento di Storia delle Arti, Università degli Studi di Pisa).
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

Fig. 3 - Archivio di Stato di Genova: Galeazzo Alessi (attr.), disegno per il monumento
funebre di Giovanni Paolo Pinelli, 1557 (la riproduzione del documento è stata autoriz-
zata, con lett. Prot. 3051.V/9.99, n. 35, dall’Archivio di Stato di Genova).

447
448
Aldo Pillittu

Fig. 4 - Cagliari, piazza Carlo Alberto: Scipione Aprile, lapide dedicatoria della fontana, 1603 (foto
Archivio Ilisso).
Fig. 5 - Cagliari, piazza Indipendenza: Scipione Aprile (attr.), lapide dedicatoria della fontana di Santa Lucia,

449
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

1604 (conclusa da altro scultore) (foto Archivio Soprintendenza ai B.A.A.A.S. Cagliari e Oristano).
Aldo Pillittu

Fig. 6 - Cagliari, Duomo: Scipione Aprile (attr.), Vergine addolorata, terracotta


policroma, ante 1580 (foto Archivio Soprintendenza ai B.A.A.A.S. Cagliari e
Oristano).

450
Aggiornamenti, revisioni e aggiunte a Scipione Aprile

Fig. 7 - Guspini, chiesa parrocchiale di San Nicola di Mira: busto-ritratto di Filippo II


di Spagna, marmo, seconda metà del sec. XVI (foto Archivio Ilisso).

451
Aldo Pillittu

Fig. 8 - Villaurbana, chiesa par-


rocchiale: fonte battesimale, mar-
mo, 1575.

Fig. 9 - Palermo, Museo Diocesano: frammento con Due Apostoli, marmo, prima metà
del sec. XVI (foto Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali della Sicilia).

452
I francescani, S. Salvatore da Horta e l’origine dell’Università di Cagliari

LUISA D’ARIENZO

I FRANCESCANI, S. SALVATORE DA HORTA


E L’ORIGINE DELL’UNIVERSITA’ DI CAGLIARI (*)

Esistono alcuni documenti che consentono di istituire un colle-


gamento tra i francescani e l’Università di Cagliari, all’epoca della sua
fondazione; il materiale non è cospicuo, ma vale la pena approfondire
il tema in queste giornate di studio dedicate a San Salvatore da Horta
nei 60 anni della sua canonizzazione. Il Santo che oggi celebriamo vis-
se infatti in Sardegna (nov. 1565-18 marzo 1567) in un momento in
cui si chiedeva la creazione di una Sede accademica a Cagliari; ed inol-
tre, insieme ai suoi confratelli, ebbe un qualche ruolo nella nascita
della nostra Università. Si tratta di un aspetto assai poco conosciuto,
ma per noi di grande interesse, al quale vogliamo dedicare tutta l’at-
tenzione che merita, al fine di onorare degnamente S. Salvatore da
Horta ed i francescani in questa importante ricorrenza.
L’esigenza di istituire nella capitale del regno di Sardegna una
Sede universitaria era fortemente sentita, non solo da coloro che ri-
siedevano nell’isola, ma anche da parte dei governanti iberici, che
non gradivano la frequenza dei giovani sardi presso le Università ita-
liane, per il timore di possibili contatti con le idee luterane e calvini-
ste. Non mancavano, tra l’altro, i motivi di prestigio politico, dato
che i sardi preferivano iscriversi alle Università di Bologna, Pisa e Sie-
na, piuttosto che andare in Spagna, ritardando così l’auspicato pro-

(*) Questo saggio è stato presentato al “Convegno di Studi nel 60° anniversa-
rio della canonizzazione di San Salvatore da Horta”, svoltosi presso l’Università degli
Studi di Cagliari nei giorni 10-11 giugno 1998.

453
Luisa D’Arienzo

cesso di iberizzazione dell’isola. Per questo il re Filippo II ritenne op-


portuno emettere divieti di frequenza presso Atenei che non fossero
iberici (1).
Il problema fu affrontato anche in sede parlamentare, dove fu
avanzata in diverse occasioni la richiesta di creazione di uno Studio
Generale a Cagliari. La prima volta avvenne durante il Parlamento ce-
lebrato nell’isola negli anni 1542-1543, sotto la presidenza del viceré
Antonio de Cardona. Era il 16 settembre 1543. I rappresentanti del
Braccio reale cagliaritano, Giovanni Antonio Arquer e Michela Barbe-
ra, chiesero all’imperatore Carlo V di fondare a Cagliari uno Studio
Generale che andasse a beneficio di tutto il regno sardo; chiesero inol-
tre di destinare a questo scopo una somma congrua, tratta dai danari
gestiti dal Parlamento. La città avrebbe contribuito all’iniziativa con
un suo stanziamento (2). Alcuni giorni dopo, la stessa richiesta fu
avanzata dalla città di Sassari (3).
In quella fase non si giunse ad una definizione del problema, a
motivo delle numerose riserve che furono avanzate e per la mancanza di
unanimità. La richiesta fu nuovamente inoltrata dieci anni dopo, du-
rante il Parlamento del 1553-1554 presieduto dal viceré Lorenzo Fer-
nandez de Heredia. Il principe Filippo, reggente di suo padre Carlo V e
futuro re Filippo II (1556-1598), ordinò all’Heredia, in data 20 luglio
1553, di far votare nel Parlamento in corso un congruo stanziamento
per erigere a Cagliari uno Studio Generale, ritenendo che ciò fosse il
migliore rimedio per sanare l’ignoranza religiosa che imperversava, con i

(1) Sull’origine dell’Università di Cagliari cfr. G. DESSÌ MAGNETTI Notizie sto-


riche sulla regia Università degli studi di Cagliari, Cagliari 1879; A. GUZZONI DEGLI
ANCARANI, Alcune notizie sull’Università di Cagliari, In “Annuario dell’Università di
Cagliari”, 1897-1898; A. LATTES-B. LEVI, Cenni storici sulla regia Università di Ca-
gliari, in “Annuario dell’Università di Cagliari”, 1909-1910; M. PINNA, Gli atti di
fondazione dell’Università degli Studi di Cagliari, Cagliari 1931; M. CANEPA, Le Con-
stitutiones dell’Università di Cagliari, Cagliari 1925; L. D’ARIENZO, Università. Una
nascita difficile, in “Almanacco di Cagliari”, 1983; G. SORGIA Lo Studio generale ca-
gliaritano. Storia di una Università, Cagliari 1986, pp. 11-16; R. TURTAS, La nascita
dell’Università in Sardegna, Sassari s.a., pp. 75-81.
(2) La richiesta avanzata nel Parlamento Cardona è stata di recente riedita da
R. TURTAS, La nascita dell’Università, cit., doc. 1, p. 115.
(3) Ibidem, doc. 2, p. 116.

454
I francescani, S. Salvatore da Horta e l’origine dell’Università di Cagliari

prevedibili inconvenienti che potevano derivarne. Egli stesso, insieme


all’imperatore suo padre, assicurava un aiuto finanziario (4).
Il problema fu a lungo dibattuto da parte degli Stamenti, che
motivarono la necessità di uno Studio Generale in Sardegna per facili-
tare gli studi dei giovani sardi meritevoli, ma assai poveri, che non era-
no in grado di pagarsi i viaggi fuori dall’isola. Si chiese inoltre di far
funzionare a Cagliari tutte le Facoltà e si invitò il sovrano ad interve-
nire presso il pontefice, affinché concedesse l’autorizzazione canonica
ed assegnasse benefici ecclesiastici sufficienti a sopperire, almeno in
parte, alle spese di funzionamento dello Studio. Fu anche messo in
evidenza che, a fronte dei 100.000 ducati chiesti dal re come donativo
al Parlamento sardo, poteva ben essere previsto un congruo finanzia-
mento per l’Università.
Quantunque la volontà di creare una Sede accademica fosse una-
nime e godesse anche del parere favorevole del re, che ne aveva ricono-
sciuto l’esigenza facendosi promotore dell’iniziativa, tuttavia la risposta
sovrana, giunta dopo qualche anno, fu vaga. La Corte assicurò che il
problema era in fase di studio e, nel contempo, rimandò la questione ai
Parlamenti perché venissero definiti gli aspetti economici. Come vedre-
mo, Filippo II intendeva legare la fondazione dell’Università alla solu-
zione di un altro problema politico che gli stava a cuore e che, sul mo-
mento, non era in grado di risolvere. Così non si fece niente.
Trascorsero vent’anni prima che venisse nuovamente proposta al-
l’attenzione dei Parlamenti la richiesta di creare un Ateneo nella capitale
del regno sardo. Ciò avvenne durante le sessioni convocate nel 1573 dal
viceré Coloma, quando lo Stamento nobiliare chiese la fondazione di
una Università per tutto il regno, con sede a Cagliari, in considerazione
dei “grandi vantaggi che per esperienza sono derivati e derivano ogni
giorno a tutto il regno e in particolare agli ecclesiastici dalle scuole tenu-
te dai padri della Compagnia di Gesù nella città di Cagliari”. Nella peti-
zione si chiese esplicitamente di attivare “uno Studio generale nel quale
si potessero conferire i gradi accademici di teologia, canoni, leggi e me-
dicina”. Anche in questa occasione si chiese che le spese gravassero sui
benefici ecclesiastici, dato che fino ad allora era stato il clero a trarre i
maggiori vantaggi dalla diffusione dell’insegnamento. Si avanzò anche

(4) Ibidem, doc. 3, p. 117.

455
Luisa D’Arienzo

la proposta di affidare ai gesuiti di Cagliari il compito di dirigere lo Stu-


dio e di impartire le lezioni (5).
Il tentativo rimase ancora senza positivi riscontri. Il viceré rispo-
se che la richiesta doveva essere inoltrata al sovrano; questi, dal canto
suo, assicurò un generico interessamento. I problemi da superare era-
no in realtà complessi, sia in relazione agli aspetti economici, sia a mo-
tivo dei rapporti alquanto tesi tra Filippo II ed il pontefice Gregorio
XIII, al quale si sarebbe dovuto richiedere l’assenso per il conferimen-
to dei gradi in diritto canonico e in teologia.
Il problema venne nuovamente posto in evidenza all’epoca di
Filippo III, in occasione del Parlamento convocato a Cagliari nel 1602
dal viceré conte di Elda; in quella circostanza furono ribadite le diffi-
coltà che nascevano dal divieto di frequentare le Università italiane,
posto da Filippo II ai sardi. Si avanzò allora una nuova richiesta di
creare uno Studio pubblico per gli abitanti del regno di Sardegna. Lo
Studio avrebbe dovuto godere dei privilegi previsti per gli altri Atenei
del regno; in esso si sarebbero dovute attivare gradualmente tutte le
Facoltà, dando la precedenza alle più importanti. Fu affrontato anche
il problema finanziario e si stabilì che fossero destinate alla costruzio-
ne dell’Università ed al suo primo funzionamento le seimila lire che
venivano erogate in ogni Parlamento, come rimborso ai convenuti per
le spese di partecipazione; alla città di Cagliari fu consentito di accen-
dere un mutuo per sostenere le prime e più urgenti spese.
Il viceré, conte di Elda, appoggiò in modo convincente la propo-
sta e fu nominata una commissione per illustrare l’istanza al nuovo so-
vrano Filippo III (1598-1621), composta dall’arcivescovo di Cagliari,
monsignor Alonso Lasso Sedeño, da Melchiorre Aymerich per lo Sta-
mento militare, e da Melchiorre Dexart per quello reale. La risposta del
sovrano questa volta fu positiva e giunse dopo pochi mesi. Filippo III si
riservò “la sovrintendenza ed il patronato” della nuova Sede universita-
ria. Seguirono poi la bolla pontificia di Paolo V, datata 12 febbraio
1607, che sancì la fondazione canonica dell’Ateneo, ed il privilegio reale
del 31 ottobre 1620, che definì la volontà sovrana di creare a Cagliari
l’Università. Le Costituzioni per il suo funzionamento furono approvate
soltanto nel 1626, epoca dell’effettivo inizio dei corsi accademici.

(5) Archivo de la Corona de Aragón de Barcelona, Cancilleria, registro 4334,


f. 75v-76 r. Cfr. Turtas, La nascita dell’Università, cit., p. 57 e s.

456
I francescani, S. Salvatore da Horta e l’origine dell’Università di Cagliari

L’approvazione reale per la nascita dell’Università cagliaritana fu


dunque accordata soltanto nel 1603, ben 60 anni dopo la prima ri-
chiesta. Perché tanto tempo? È su questo periodo che vogliamo ora
soffermare un momento la nostra attenzione, non solo perché si tratta
dell’epoca che vide a Cagliari la presenza di San Salvatore da Horta,
ma anche perché emerge dalle fonti un aspetto che vale la pena evi-
denziare in questa sede. All’epoca del Parlamento Heredia, quando fu
fatta la seconda petizione per la fondazione dell’Università, nel 1553,
il principe Filippo scrisse alcune lettere al viceré della Sardegna, agli
amministratori di Cagliari e agli Stamenti del regno sardo, dalle quali
emerge la preoccupazione per lo stato di crisi politica e religiosa in cui
si trovava l’impero, per la divisione tra cattolici e protestanti, per il
pericolo turco incombente, per le scorrerie dei pirati barbareschi, per
la presenza ostile dei francesi nella vicina Corsica, allora in rivolta
contro la città di Genova, che era l’alleata della Spagna in materia
bancaria e finanziaria, oltre che marinara.
In questo caso, ed è l’unico che conosciamo, fu lo stesso princi-
pe Filippo a sollecitare il viceré Heredia perché chiedesse la fondazio-
ne dell’Università, in occasione dei lavori del Parlamento. Il motivo
del suo interessamento stava nel fatto che egli vedeva lo Studio Gene-
rale come uno strumento di stabilità politica, nel senso che avrebbe
potuto inviarvi come docenti dei maestri di “sana dottrina”, che
avrebbero potuto istruire il popolo con “sani e santi ordinamenti”,
prima che potesse mettere radice nell’isola il dissenso religioso, con le
devastanti conseguenze politiche che aveva prodotto in Europa. Era
dunque opportuno attaccare il male fin dal principio nel regno sardo,
anche in considerazione dell’ignoranza in materia religiosa assai diffu-
sa nell’isola. In questi termini si espresse il principe Filippo nella sua
lettera al viceré Heredia, datata 20 luglio 1553, comunicando poi le
sue intenzioni anche agli amministratori di Cagliari e agli Stamenti
del Parlamento sardo. La lettera sovrana che riporta questi dati è stata
pubblicata per la prima volta dal Putzulu, che la dà come esistente al-
l’Archivio Comunale di Cagliari. Di recente è stata riedita dal Turtas
insieme ad altri documenti dell’Archivio generale di Simancas (6)

(6) E. PUTZULU, Per la storia delle Università sarde. Una sconosciuta iniziativa
di Filippo II di Spagna, in “Nuovo Bollettino Bibliografico Sardo”, I (1955), fasc. 4,

457
Luisa D’Arienzo

Nell’ambito di questo suo progetto politico-culturale, il princi-


pe Filippo coinvolse i francescani. In una seconda lettera inviata il 20
luglio 1553 al viceré Heredia, in risposta alla richiesta sua e degli Sta-
menti di sottoporre i francescani di Sardegna alla provincia religiosa
d’Aragona, lo informò di aver scritto al Generale dell’Ordine perché
mandasse alcuni frati osservanti della provincia aragonese presso il
convento cagliaritano di Jesus (7), per aprirvi uno Studium dove si im-
partissero le lezioni ai religiosi, ma anche ai laici e a chiunque volesse
frequentarle. A tal fine aveva già disposto un contributo annuo di 120
ducati, a favore del convento, per il mantenimento dei docenti. Tale
Studium avrebbe potuto costituire il primo avvio dello Studio Genera-
le auspicato per il regno di Sardegna (8).
La preferenza accordata fin da quel momento dal principe Filip-
po agli osservanti fu un preludio alla politica di ostilità che egli, dive-
nuto re, avrebbe sviluppato nei confronti dei conventuali, i quali, ri-
spetto ai primi, furono più riottosi a sottomettersi alle rispettive pro-
vince religiose della Spagna. A quell’epoca, come sappiamo, era in atto

p. 9. Abbiamo controllato questa fonte presso l’archivio cagliaritano. Si tratta di una


copia e non di un originale. La sua ultima segnatura è la seguente: Archivio Comu-
nale di Cagliari, vol. 35, Carte di Carlo V, n. 11 bis. L’edizione del Turtas si basa su
una minuta dello stesso documento conservata in: Archivo General de Simancas,
Estado, leg. 312, 288 r. Cfr. R. TURTAS, La nascita dell’Università, cit., doc. 3, p. 117.
(7) Si tratta dello stesso convento che, come vedremo, ospitò San Salvatore da
Horta e custodì per alcuni secoli le sue spoglie. Il convento era ubicato nell’attuale
viale Regina Margherita, non distante dalla darsena, dove successivamente ebbe sede la
Manifattura Tabacchi. Venne bombardato nel 1707 dall’ammiraglio Lake e nel 1717
dagli spagnoli, quando il cardinale Alberoni, ministro di Filippo V, tentò di riportare
sotto il dominio iberico il regno di Sardegna che era stato attribuito all’Austria con il
trattato di Utrecht del 1713. In quella circostanza il corpo del Santo fu trasferito nella
chiesa di Santa Rosalia, dove tuttora si trova. Sulla vita del Santo cfr. G. SORGIA, San
Salvatore da Horta, Muros (SS), Edizioni Horta, 1991. Per l’ubicazione del convento
di Jesus, che dava il nome all’omonima via, oggi via Cavour, che a sua volta terminava
nella porta di Jesus, cfr. D. Scano, Forma Karalis, Cagliari, Società Editoriale Italiana,
1934, pp. 42, 50, 118 e s., 132. Per le vicende dello stesso convento cfr. L. ORTU, La
presenza sociale del convento di Gesù Maria in Cagliari. Note su alcuni documenti della
prima metà del Seicento, in “Archivio Storico Sardo”, n. 39 (1998), pp. 399-421.
(8) Archivo General de Simancas, Estado, leg. 312, 514 r.; edito in R. TURTAS,
La nascita dell’Università, cit., doc. 4, p. 118 e s.

458
I francescani, S. Salvatore da Horta e l’origine dell’Università di Cagliari

il tentativo di aggregare i francescani sardi alle province iberiche per-


ché la provincia sarda, fin dalle origini dipendente da Pisa (1220),
aveva dimostrato di non gradire la nuova soggezione ed ancora nel
XVI secolo poneva problemi ai regnanti spagnoli.
Si trattava di un problema antico, che era emerso fin dall’inizio
della dominazione iberica nell’isola, quando, soprattutto i conventuali,
continuarono ad avere una certa dipendenza dalla Toscana, e da Pisa
in particolare, giustificata dal fatto che la città dell’Arno era geografi-
camente più vicina; e così pure Assisi. Si legge nella Crónica di Ramon
Muntaner che nel 1326, durante le operazioni di conquista del Castel-
lo di Cagliari e delle sue appendici, fra le quali Stampace, il monastero
di San Francesco, che veniva considerato un covo dei nemici dell’Ara-
gona, fu preso di mira e la sua bella e ricca chiesa fu demolita. Le sue
pietre ed i legnami, riferisce ancora la Crónica, furono trasportati da
Stampace a Bonaria, dove nel frattempo i catalano-aragonesi si erano
insediati, per costruire una nuova chiesa in onore di San Francesco, da
assegnare però ai francescani della Catalogna. Così recita la Cronaca:

“Después de hacer esto (il saccheggio di Stampace), al día siguien-


te volvieron todos y destruyeron todos los muros y las casas y lo arra-
saron todo. Y dichos nobles decidieron que la piedra y la madera se
la llevaria cada uno a voluntad y que lo llevasen a Bonaire; y todo
el mundo se dedicó a acarrear, quien con barcas quien con carros, y
se lo llevaron a Bonaire y edificaron con ello buenos albergues. Or-
denaron que la iglesia de los frailes menores, que era muy rica, la
deshicieran y que en onor de mi señor san Francisco la trasladaran
a Bonaire y que fuese el convento de los frailes; y que de ahora en
adelante no hubiese más frailes que catalanes y que constituyeran
una provincia por ellos mismos y que igualmente fuesen catalanes
los de todas las órdenes que hubiera en Cerdeña y en Córcega” (9).

(9) Ramón Muntaner, Crónica, Introducción de Joan Fuster, Madrid, Alianza


Editorial, 1970, cap. 287, p. 598. La notizia riportata dal Muntaner non ha riscon-
tro, a nostra conoscenza, in altre fonti; si tratta però di un autore che la critica ritie-
ne autorevole, pur se di parte. Le sue informazioni relative alla chiesa dei francescani
di Stampace non sono state ancora oggetto di valutazione da parte degli storici del-
l’arte; sarà interessante poter stabilire se di quelle pietre e di quei legnami sia rimasta
traccia nella chiesa e negli edifici che, in quella stessa epoca, furono costruiti dai
catalani a Bonaria. Sulla chiesa di San Francesco di Stampace cfr. D. SCANO, Storia
dell’arte in Sardegna dal XI al XIV secolo, Cagliari-Sassari,1907, pp. 400-408; ID.,

459
Luisa D’Arienzo

Nel 1326 due confratelli del convento stampacino si erano reca-


ti a Barcellona, insieme agli ambasciatori pisani del Castello di Caglia-
ri, per negoziare la pace. La conclusione è nota: i pisani dovettero ab-
bandonare il Castello e le loro case furono attribuite ad elementi iberi-
ci (10) A niente valse la presenza dei frati, né migliorarono i loro rap-
porti con la Corte barcellonese. Nonostante le disposizioni dei re
d’Aragona e le suppliche da loro rivolte ai pontefici, al fine di far di-
pendere la provincia francescana sarda da una di quelle esistenti nei
loro regni peninsulari, ed anche al fine di ottenere benefici e prebende
a vantaggio di frati catalani ed aragonesi, tuttavia l’opposizione all’ele-
mento iberico non fu mai sradicata ed ancora perdurava nel XVI seco-
lo. Tra l’altro, gli osservanti ed i conventuali erano fra loro divisi, e que-
sti ultimi dimostravano di essere più legati alla provincia toscana e più
ostili ad un asservimento straniero. Per Filippo II si trattava di un pro-
blema di stabilità politica.
I francescani costituivano, dunque, per la Spagna una spina nel
fianco; in Sardegna, poi, erano un problema nel problema, tanto che
il viceré Heredia scrisse al principe Filippo per chiedergli a nome degli
Stamenti sardi di sottomettere i francescani di Sardegna alla provincia
religiosa d’Aragona; il principe rispose, in data 20 luglio 1553, come
sopra abbiamo detto, cioè disponendo l’erogazione di 120 ducati a fa-
vore del convento di Jesus, per il mantenimento di maestri francescani
osservanti, che sarebbero venuti dall’Aragona per dare vita ad uno Stu-
dium. Questo Studio avrebbe costituito il primo avvio di un giusto
indottrinamento degli abitanti della città e del regno e sarebbe potuto

Avanzi e ricordi in Cagliari di un insigne monumento francescano, in “Palladio”, II,


1938, pp. 121-127; R. DELOGU, L’architettura del Medioevo in Sardegna, Roma,
1953, pp. 212-214; R. CORONEO, Architettura romanica dalla metà del Mille al primo
’300, Nuoro, 1993, p. 267. La pratica di riutilizzare i materiali di spoglio per nuovi
edifici fu assai seguita in epoca catalana. Abbiamo, ad esempio, notizie documenta-
rie per un caso analogo. Si tratta della chiesa vittorina di San Saturno, le cui pietre
furono utilizzate nel XIV secolo per costruire il castello di San Michele di Cagliari.
Cfr. L. D’ARIENZO, San Saturno di Cagliari e l’Ordine militare di San Giorgio de Alfa-
ma, in “Archivio Storico Sardo”, vol. 34 (1983), p. 52 e s. e doc. 1, p. 61.
(10) Per la ripartizione delle case pisane del Castello di Cagliari ai nuovi do-
minatori catalano-aragonesi cfr. R. CONDE Y DELGADO DE MOLINA-A. M. ARAGÓ CA-
BAÑAS, Castell de Cáller. Cagliari catalano-aragonese, Cagliari, 1984.

460
I francescani, S. Salvatore da Horta e l’origine dell’Università di Cagliari

sfociare nello Studio Generale auspicato, sulla cui creazione erano sta-
te già avanzate proposte e si stava lavorando (11). L’esigenza di rifor-
mare i conventi francescani sardi, vista con la prospettiva di creare
uno Studio Generale nell’isola, fu ribadita nella stessa data dal reggen-
te Filippo agli amministratori di Cagliari e agli Stamenti del regno sar-
do, che peraltro avevano manifestato per primi questa esigenza (12).
Non abbiamo altri dati in merito alla possibile apertura di uno
Studium nel convento di Jesus. Il progetto non andò in porto; sappia-
mo però che nel 1565 fu inviata in Sardegna una delegazione di trenta
frati osservanti spagnoli, guidata da fra Vincenzo Ferri, con il compito
di tentare di sanare il dissenso e di controllare ciò che succedeva nella
provincia francescana sarda. La loro destinazione fu il convento caglia-
ritano di Jesus; tra questi vi era San Salvatore da Horta, la cui figura
carismatica poteva essere utile per ottenere dagli osservanti sardi il con-
senso per l’unione con le province iberiche. Altri venti frati furono in-
viati nell’isola pochi anni dopo, guidati da fra Giuseppe Anglés, che si
impegnò per raggiungere il suo obiettivo, tanto che la provincia sarda
degli osservanti, in occasione della congregazione generale tenuta a To-
ledo nel 1583, fu unita alla provincia di Valenza. I conventuali invece
riuscirono a sottrarsi ad ogni ingerenza spagnola e poterono continua-
re a mandare i loro migliori studenti nei collegi di Roma, Assisi, Bolo-
gna e Napoli (13).
Ebbe invece seguito l’iniziativa di attivare a Cagliari un collegio
gesuitico nel 1564, analogo a quello che era stato fondato a Sassari nel
1559, grazie ad un lascito testamentario che era stato fatto a tal fine da
Alessio Fontana, maestro razionale dell’isola di Sardegna (14). Le classi
del collegio erano di tre livelli: mayores, medianos, menores. Le discipli-
ne insegnate erano la filosofia, il greco, la retorica, la grammatica, il

(11) La richiesta del viceré si evince dalla risposta che gli diede il principe
Filippo, per cui vedi nota 8.
(12) Archivo General de Simancas, Estado, leg. 312, 514 v.; i due documenti
sono stati editi da R. TURTAS, La nascita dell’Università, cit., doc. 5 e 6, p. 120.
(13) P.C. DE VILLA, I frati minori conventuali in Sardegna, Sassari, Gallizzi,
1958, pp. 97-100.
(14) R. TURTAS, Scuola e Università in Sardegna tra ‘500 e ‘600, Sassari, Centro
interdisciplinare per la Storia dell’Università di Sassari, 1995, pp. 1-32.

461
Luisa D’Arienzo

latino e la teologia. I consiglieri di Cagliari si impegnarono nel 1565


al versamento perpetuo di 200 scudi d’oro larghi per il funzionamen-
to del collegio gesuitico della città.
Gli atti che sancirono la nascita dell’Università di Cagliari furo-
no la bolla di Paolo V del 1607 ed il privilegio di Filippo III del 1620;
ma l’Ateneo cominciò a funzionare soltanto dopo il 1626, quando fu-
rono emanate le prime Costituzioni, che dettarono le norme statutarie
della nuova Sede accademica. La maggior parte degli insegnamenti fu
impartita, a quell’epoca, dai gesuiti, specie nelle Facoltà di Teologia,
Filosofia ed Arte; ma anche la comunità minoritica di San Francesco
di Stampace diede un prezioso apporto di docenti (15).
Le Costituzioni prevedevano i concorsi per l’attribuzione delle
cattedre; ma in un primo avvio i docenti furono cooptati per chiamata
diretta. Così, oltre ai gesuiti, ai quali erano state affidate quattro catte-
dre nella Facoltà di Teologia, furono nominati nella stessa Facoltà il
padre vicario generale di San Domenico, frate Francesco Manca, ed
ancora il padre Maestro fra Salvatore Meli (o Melis), dell’ordine dei
minori conventuali di San Francesco, incaricati di tenere rispettiva-
mente le lezioni di teologia tomistica e su quella di Giovanni Duns
Scoto. Come dottore collegiato della stessa Facoltà fu scelto il padre
Maestro fra Bartolomeo Ariu, provinciale dei conventuali di San Fran-
cesco.
Per l’insegnamento di Filosofia aristotelica, nella Facoltà di Filo-
sofia ed Arte, fu chiamato il minore conventuale padre Maestro Gio-
vanni Domenico Meli; nella stessa Facoltà furono chiamati anche i
suoi confratelli padre Ludovico Ortu e padre Melchiorre Garau. Tutto
ciò occorreva nel 1626-1627, all’epoca dell’inizio dei primi corsi. I
francescani conventuali si affermarono in seguito nell’insegnamento
della teologia di Duns Scoto. Sappiamo che nel corso del ’600 e nei
primi decenni del ’700 furono docenti all’Università di Cagliari i con-
ventuali fra Bonaventura Cardia, di Iglesias, fra Angelo Maria Galce-

(15) Per l’insegnamento dei gesuiti all’Università di Cagliari cfr. E. PUTZULU, La


partecipazione dei Padri Gesuiti all’insegnamento nell’Università di Cagliari in un docu-
mento inedito del 1626, in “Studi Sardi”, vol. XII-XIII, p. II, Sassari, 1955, pp. 321-
326; P. LEO, I Gesuiti nell’Università di Cagliari, in “Atti del Convegno di Studi religio-
si sardi”, Padova 1963, pp. 127-130; G. SORGIA, Lo studio generale, cit., p. 16.

462
I francescani, S. Salvatore da Horta e l’origine dell’Università di Cagliari

rin, di Cagliari, e fra Sebastiano Siddi, successore del Galcerin. Con


l’avvento dei piemontesi e con la riforma dell’Università in senso lai-
co, attuata dal governo di Torino, il numero dei docenti appartenenti
agli ordini regolari mendicanti diminuì in modo progressivo, fino alla
totale scomparsa (16).
Tornando al beato San Salvatore da Horta e alla fondazione del-
l’Università di Cagliari, vogliamo mettere in evidenza, nel concludere,
che gli atti di fondazione del nostro Ateneo furono promulgati da un
papa e da un sovrano illuminati, che ebbero un ruolo importante nel
processo di canonizzazione del nostro Santo. Li abbiamo già menzio-
nati; si tratta del papa Paolo V e del re di Spagna Filippo III.
Nell’Archivio della Curia Arcivescovile di Cagliari sono custodi-
ti otto volumi, i numeri 3-10 della serie intitolata Culto dei Santi, che
contengono una copia delle indagini che furono svolte per conoscere
“vita e miracoli” di Salvatore da Horta, nei luoghi dove egli visse ed
operò. Le indagini, accompagnate dagli interrogatori dei testimoni
che avevano avuto conoscenza degli eventi miracolosi della sua vita,
furono fatte tra il 1600 ed il 1626 e riguardarono le città di Barcello-
na, Horta, Gerona, Tarragona, Tortosa e Cagliari.
In questi volumi, che abbiamo avuto occasione di leggere (due
riguardano la Sardegna), si trova la sintesi di una lettera scritta dal re
di Spagna Filippo III al papa Paolo V, nella quale gli chiedeva la cano-
nizzazione di Salvatore da Horta e gli allegava, a tal fine, un sommario
dei suoi principali miracoli. Il pontefice ordinò di portare avanti le in-
dagini e dispose che tutti i materiali sul frate francescano, fatti perve-
nire a Roma, fossero esaminati. Il responso pontificio fu emesso nel
1606 e previde la dispensa per poter stampare l’effige di Salvatore da
Horta e per chiamarlo Beato. Il processo di canonizzazione fu, invece,
assai più lungo e si completò dopo oltre tre secoli.
Il papa Paolo V, a cui dobbiamo la beatificazione di frate Salvato-
re, mi si consenta di ricordarlo in questa sede, è il grande Camillo Bor-
ghese, rimasto celebre per il suo amore per le opere d’arte, che era solito
collezionare; per il mecenatismo rivolto a talenti straordinari, quali il
Bernini, il Caravaggio, il Domenichino, il Rubens; per la politica svolta

(16) G. SORGIA, Frati minori conventuali all’Università di Cagliari, in “Biblio-


teca Francescana Sarda”, anno I, n.1, Oristano 1987, pp. 139-143.

463
Luisa D’Arienzo

nella tutela dei beni culturali della città eterna, che affidò al suo nipote
prediletto, Scipione Caffarelli Borghese. È il papa a cui dobbiamo uno
dei più famosi musei romani, la Galleria Borghese, di recente riaperta al
pubblico, che rivela, nell’importanza delle sue collezioni, la raffinatezza
culturale di colui che fu l’artefice di quell’iniziativa.
Grazie alla sensibilità di questo pontefice venne sancita, il 12
febbraio 1607, la fondazione canonica dell’Università di Cagliari, at-
traverso una splendida lettera solenne, detta anche bolla, emessa sotto
forma di fascicolo in pergamena, riccamente decorata a fogliami e ver-
gata in una elegante scrittura bollatica, retaggio delle antiche forme
gotiche di epoca medioevale (17). Al re di Spagna Filippo III, che pure
ebbe un ruolo determinante nel processo di canonizzazione di fra Sal-
vatore, dobbiamo invece il privilegio sovrano del 31 ottobre 1620, che
sancì la fondazione dello Studio Generale cagliaritano. Anche in que-
sto caso, il documento originale fu emesso sotto forma di fascicolo
pergamenaceo di pregevole fattura, e fu vergato in un’elegante scrittu-
ra umanistica (18). Gli originali di entrambi i documenti, dotati di
preziose legature in pelle con fregi in oro e stemmi acquarellati, sono
oggi conservati nell’Archivio Comunale di Cagliari. Di recente li ab-
biamo pubblicati in edizione diplomatistica, accompagnata da una
splendida riproduzione in fac-simile degli originali, che ricalca fin nei
minimi dettagli i documenti autentici (19).
Un sottile filo lega, dunque, San Salvatore da Horta, i francesca-
ni e l’Università di Cagliari. Insieme svolsero un ruolo significativo
nella vita politica, culturale e spirituale della Sardegna cinque-secente-
sca, e posero le basi di un costruttivo reciproco rapporto, capace anco-
ra oggi di produrre frutti benefici.

(17) Archivio Comunale di Cagliari, Sezione Antica, vol.21.


(18) Archivio Comunale di Cagliari, Sezione Antica, vol. 20.
(19) I documenti originali di fondazione dell’Università di Cagliari, a cura di
Luisa D’Arienzo, Università degli Studi di Cagliari, Centro Interdipartimentale dei
Musei e dell’Archivio Storico, ed. Ilisso, 1998.

464
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

LORENZO DEL PIANO

FRANCESCO COCCO ORTU


Contributo ad una biografia

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Francesco Cocco Ortu – 3. L’attività pubblicistica –


4. L’agitazione legale del 1875 – 5. I primi studi per la sistemazione idraulica –
6. L’inchiesta Pais Serra – 7. Le leggi speciali del 1897 e del 1902 – 8. Il proble-
ma sardo negli scritti di Sante Cettolini, di Gaetano Seghetti e di Edmondo
Sanjust di Teulada – 9. La legge speciale del 1907 – 10. La legislazione spe-
ciale nel giudizio di Antonio Scano – 11. Il congresso di Castel Sant’Angelo –
12. Le leggi speciali e la rivista “Sardegna”

1. Premessa – Non si può dire che Francesco Cocco Ortu senior sia una
personalità da riscoprire: come ricordiamo in questo lavoro, sono molti
gli articoli e i saggi che gli sono stati dedicati, e la sua figura è stata pun-
tualmente richiamata nelle opere di carattere generale dedicate al primo
periodo unitario: opere nelle quali è stato messo in giusta evidenza il suo
impegno politico in campo nazionale. Non minore è stato il suo impe-
gno in campo amministrativo comunale e provinciale, dopo un periodo
di attività pubblicistica nel quale operò a stretto contatto con personali-
tà quali Giovanni Battista Tuveri, Gavino Fara e Antonio Ponsiglioni.
Manca tuttavia, di uno dei più importanti uomini politici sardi,
un’ampia biografia critica, nell’elaborazione della quale possono riuscire
di indubbia utilità le memorie compilate dal Cocco Ortu dopo il suo
ritiro dalla politica attiva e tuttora inedite, per quanto messe liberalmen-
te dalla Famiglia a disposizione di giovani e meno giovani studiosi. Ed è
alla compilazione di detta ampia biografia critica che il presente lavoro
intende dare un contributo, raccogliendo elementi più e meno noti e

465
Lorenzo Del Piano

suggerendo implicitamente ulteriori ricerche specie per ciò che si riferi-


sce alla legislazione speciale per la Sardegna ed in particolare alla siste-
mazione idraulica: opera questa di importanza veramente storica, della
quale le leggi promosse da Francesco Cocco Ortu stabilirono le premes-
se, ed alla realizzazione della quale si impegnarono altre personalità che
è doveroso ricordare, dal più noto Angelo Omodeo ai meno noti Augu-
sto Brunelli, Carlo Bacco ed Emilio Bedendo e ad un tecnico di rilievo
non solo regionale ed appassionato studioso del problema sardo quale è
stato Edmondo Sanjust di Teulada.

2. Francesco Cocco Ortu – Nel 1922 il ministro di Stato Francesco


Cocco Ortu, nato a Cagliari il 19 ottobre 1842 dal consigliere d’ap-
pello Giuseppe Cocco Mulas, di Benetutti, e da Berta Ortu, di Caglia-
ri, compiva ottant’anni.
L’avvenimento venne celebrato a cura di un comitato promoto-
re composto dalle maggiori autorità dell’isola e dal comitato esecuti-
vo, del quale furono nominati presidenti e vice presidenti il prof. avv.
Francesco Atzeri Vacca ed il grand’uff. prof. Marcello Vinelli per Ca-
gliari, il prof. avv. Giuseppe Castiglia ed il comm. Ezechielle Pallavici-
ni per Sassari. Completavano il comitato esecutivo il tesoriere comm.
Vincenzo Sempronio, i segretari cav. uff. Gino Foletti di Sassari e cav.
uff. rag. Ciro Mereu di Cagliari, ed i membri comm. Raffaele Accar-
do, cav. Francesco Puggioni, cav. prof. Guido Costa, pittore Filippo
Figari, avv. Emilio Meloni Pintor di Cagliari e cav. uff. Gianuario
Marcellino, avv. Gavino Alivia, cav. uff. Gavino Clemente e cav. uff.
marchese Nicolò di Suni di Sassari.
Al Cocco Ortu vennero offerti, al cospetto delle rappresentanze
delle due province, un’artistica targa d’argento con la sua effigie, tratta
da una fotografia di Alfredo Ferri, ed uno stipo di cuoio ornato dagli
stemmi di Cagliari e di Sassari e contenente le schede con le firme di
decine di migliaia di cittadini che avevano voluto così manifestare la
loro ammirazione ed il loro affetto nei confronti del festeggiato.
Nell’occasione venne anche pubblicato un numero unico (1) nel
quale venivano riportate molte interessanti notizie e i testi dei discorsi

(1) Cfr. Ricordo delle onoranze a Francesco Cocco Ortu nel suo 80° compleanno
19 ottobre 1842-1922, Cagliari, 1922. Cfr. altresì la voce dedicata da Giuseppe Serri

466
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

pronunciati dal Cocco Ortu il 1° maggio 1898 per l’inaugurazione


dell’esposizione nazionale di Torino, presenti il re, la regina e i princi-

al Cocco Ortu nel 26° volume del Dizionario biografico degli Italiani. Cfr. anche la
voce del Dizionario biografico dei parlamentari sardi pubblicato da Tito Orrù nell’en-
ciclopedia La Sardegna, curata da Manlio Brigaglia, Antonello Mattone e Guido
Melis. Sempre utile il repertorio di M. MISSORI, Governi, alte curiche dello Stato, alti
magistrati e prefetti del regno d’Italia, Roma, 1973.
Un convegno di studio sulla legislazione speciale e sul Cocco Ortu è stato
tenuto a Cagliari il 26-27 novembre 1997, a cura dell’Archivio di Stato e del locale
Comitato dell’Istituto per la Storia del Risorgimento. Al convegno, presieduto da
Luigi Lotti, hanno presentato relazioni e comunicazioni Francesco Atzeni, Elio
D’Auria, Marinella Ferrai Cocco Ortu, Tito Orrù, Marco Pignotti, Laura Pisano,
Sandro Rogari, Marco Sagrestani e l’autore di queste note.
Come accennato, sono ancora inedite le memorie del Cocco Ortu, utilizzate
peraltro da Giovanni Curis nell’articolo Un grande parlamentare sardo: F.C.O., pub-
blicato ne “Il Ponte”, a VII, n. 9-10 del settembre-ottobre 1951, e da Marco Sagre-
stani per il saggio Un contributo per la ricostruzione dell’itinerario politico del leader
del liberalismo sardo. Note sul “Diario degli anni Venti” di F.C.O., pubblicato nel n. 20
del “Bollettino bibliografico della Sardegna”, diretto da Tito Orrù.
Nel fascicolo del “Ponte” citato interessa il nostro argomento anche l’articolo
di F. FANCELLO, Il fascismo in Sardegna. Sulla parte delle memorie che arriva fino al
1886 sono state condotte le tesi di laurea delle dott. G. PISANO (La vita e l’opera di
Francesco Cocco Ortu attraverso un suo diario inedito) e M.R. COCCO ORTU (Francesco
Cocco Ortu giovane 1842-1886. Contributo a una biografia), discusse alla Facoltà di
Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari negli anni accademici 1951-1952 e 1972-
1973, relatori Luigi Bulferetti e l’autore di queste note, che, una volta per tutte, rinvia
al proprio volume su La Sardegna nell’Ottocento, Sassari, Chiarella, 1984, ed ai saggi La
lotta politica nell’età della Destra e Domenico Bardari prefetto a Cagliari, pubblicati en-
trambi nel volume Politici, prefetti e giornalisti fra Ottocento e Novecento in Sardegna,
(Cagliari, Della Torre, 1975) nonché al saggio Francesco Cocco Ortu senior, pubblicato
in Cagliaritani illustri, a cura di Antonio Romagnino (2 voll., Cagliari, C.I.S., 1993).
Oltre che dalle memorie inedite molte utili notizie potranno trarsi dai circa
3.000 documenti donati dalla Famiglia all’Archivio di Stato di Cagliari ed ordinati
dalla dott. Marinella Ferrai Cocco Ortu, della quale cfr. l’articolo L’Archivio privato
di Francesco Cocco Ortu, nel n. 9 del “Bollettino bibliografico della Sardegna”. Alla
stessa autrice si deve il saggio La prima esperienza parlamentare di Francesco Cocco
Ortu, pubblicato nel n. 14 della stessa rivista. Utile anche il saggio di E. LECIS (ora
LECIS COCCO ORTU), L’impegno politico di Francesco Cocco Ortu senior, in “Nuovi stu-
di politici”, a. VII, n. 1 del 1977.
Frequenti riferimenti al Cocco Ortu nell’opera postuma del compianto ami-
co P. DE MAGISTRIS, Cagliari dal grigio-verde alla camicia nera 4 novembre 1918-28
ottobre 1922 (Cagliari, Della Torre, 1998) che fa seguito all’altro volume dello stesso
autore, Cagliari nella prima guerra mondiale, Cagliari, Fossataro, 1976.

467
Lorenzo Del Piano

pi reali; il 2 giugno 1902 a Caprera in memoria di Garibaldi; il 21


giugno 1907, a Montecitorio, nel corso della discussione della terza
legge speciale per la Sardegna; sempre nel 1907, a Catania, per l’inau-
gurazione dell’esposizione agrumaria siciliana, presente il re; il 20 set-
tembre 1909 a Brescia, anche qui alla presenza del sovrano, in memo-
ria dell’amico di sempre Giuseppe Zanardelli, e il 14 luglio 1919 a
Montecitorio sulla riforma elettorale con l’adozione del sistema pro-
porzionale: riforma alla quale il Cocco Ortu non era contrario in linea
di principio, ma che riteneva in quel momento inopportuna anche
per le modalità con le quali si intendeva attuarla.
Concludeva la raccolta il discorso pronunciato alla Camera dei
deputati il 10 agosto 1922 per illustrare l’ordine del giorno presentato
appunto dal Cocco Ortu e firmato anche dai deputati Rosadi, Augu-
sto Mancini, Bonardi, Andrea Torre, Olivetti, Pascale, Visco, Luigi
Macchi e Cocuzza, e cioè dai rappresentanti dei quattro gruppi della
democrazia e del gruppo riformista.
Con questo ordine del giorno la Camera, “convinta della supre-
ma necessità di preservare la Nazione dai danni e dai pericoli che col
protrarsi della presente situazione frustrerebbero gli sforzi tenaci e pa-
zienti del Paese per la ricostruzione civile ed economica; udite le di-
chiarazioni del governo”, confidava che esso avrebbe attuato “con si-
cura energia gli affermati propositi in tutti gli ordini e in tutte le fun-
zioni dello Stato”. A questo fine rivolgeva “fervido appello alla devo-

Di grande interesse, nel volume La Sardegna (Torino, Einaudi, 1998), a cura di


Luigi Berlinguer ed Antonello Mattone, i saggi di I. B IROCCHI , La questione
autonomistica dalla fusione perfetta al primo dopoguerra; di M.L. DI FELICE, La storia
economica della “fusione perfetta” alla legislazione speciale (1847-1905); di M. BRIGAGLIA,
La Sardegna dall’età giolittiana al fascismo, ed in particolare il saggio di G.G. ORTU, Tra
Piemonte e Italia. La Sardegna in età liberale (1848-1896).
Fondamentale anche per l’aggiornata bibliografia il volume di F. ATZENI, Ri-
forme e modernizzazione. Classe dirigente e questione sarda tra Ottocento e Novecento
(Milano, Franco Angeli, 2000), nel quale viene adeguatamente approfondito il tema
del progetto irriguo e dell’elettrificazione, affrontato negli ultimi anni da diverse
opere di grande interesse.
Dalla legislazione speciale sono rimaste a lungo in vigore nell’isola le norme
relative ai terreni ex ademprivili, ai Monti frumentari, alla prevenzione degli incendi
e dell’abigeato ed alle compagnie barracellari. Cfr. A. GHIANI, Le leggi speciali per la
Sardegna, Cagliari, Fossataro, 1952.

468
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

zione patriottica dei partiti e delle classi” perché unissero “volontà ed


energie in un’opera concorde di pacificazione”, che avrebbe dovuto es-
sere “fondamento di ogni fecondo lavoro e garanzia all’interno e al-
l’estero del prestigio del nome d’Italia”.
Il discorso col quale il presentatore illustrò l’ordine del giorno
riveste speciale interesse perché definisce con eccezionale lucidità, a
poco più di due mesi dalla marcia su Roma, la posizione del Cocco
Ortu nei confronti dei socialisti, dei nazionalisti e dei fascisti.
“Noi siamo oggi – diceva tra l’altro l’oratore – in presenza del cul-
minare di una lotta che, se chiara nelle sue forme negative, è incerta nel-
le sue aspirazioni positive, nei suoi propositi di ricostruzione. Perché,
mentre una parte del socialismo afferma di farsi collaborazionista, entra
cioè nell’orbita della società borghese, non abbandona d’altra parte i
mezzi rivoluzionari, nella forma tipica dello sciopero, che la forte dialet-
tica dell’onorevole Treves non vale a spiegare e giustificare.
Poiché non è vero, come ieri affermò un deputato nazionalista,
l’onorevole Rocco, che la democrazia ha chiuso il ciclo delle sue con-
quiste. Il programma della democrazia non ha tramonti, vive perenne
l’idea di progresso che la anima e la sospinge... Finché la destra del
socialismo non avrà superato questa contraddizione, la sua collabora-
zione rimarrà un gesto, una intenzione che non dubitiamo sincera, ma
senza risultato positivo. D’altra parte il fascismo, in quanto afferma di
volere uno Stato forte, un’organizzazione libera delle forze nazionali di
produzione e di lavoro, nulla afferma di più e di diverso da quello che
sempre ha affermato e voluto la democrazia”.
Precisava quindi Cocco Ortu che la ragion d’essere della demo-
crazia si fondava appunto sulla libertà di organizzazione della produ-
zione e del lavoro intesa come garanzia di una maggiore ricchezza e
della valorizzazione delle energie sociali. Si fondava altresì sulla fun-
zione dello Stato come organo supremo che rendeva possibili le orga-
nizzazioni economiche, sociali, civili dei diversi interessi in contrasto,
ma limitava ad un tempo i “soverchi appetiti partigiani” e impediva
“quelle tirannidi sociali o politiche che, acuendo ed esasperando le lot-
te, insidiavano le fonti della ricchezza e dell’economia nazionale, e
ostacolavano ogni progresso civile”.
“Ora il fascismo – proseguiva Cocco Ortu – rischia appunto di
dimenticare i suoi princìpi ideali, e quando afferma di sostituirsi al-

469
Lorenzo Del Piano

l’autorità dello Stato intende sostituire in sostanza il prevalere di una


parte a quel principio di libera concorrenza delle varie parti in contra-
sto, ma dominate da un sovrano interesse comune e nazionale che è
rappresentato dalla funzione statale. Il fascismo non può volere allo
stesso tempo l’ordine e il disordine; il ripristino dell’autorità dello Sta-
to e il soverchiare di una parte, né può consentire che ad altri se non
allo Stato sia affidata la tutela e la garanzia della vita sociale. Anche il
fascismo deve uscire dalla contraddizione.
Un oratore fascista disse ieri: o lo Stato ci assorbirà o noi ci im-
padroniremo dello Stato. Ebbene, la parte democratica è sicura che
per il bene del Paese lo Stato vi assorbirà, e che il senso della disciplina
e del dovere patriottico vi farà entrare nell’ordine. Voi potrete adem-
piere alla vostra missione nei limiti del vostro compito di parte, non
già come gli arbitri degli interessi generali della Nazione.
Da parti opposte si è parlato, e non ora soltanto, e purtroppo
con voce non sempre turbata da fremiti di commozione, con solennità
anzi, e tono da vittoriosi. Ma nessuno, onorevoli colleghi, può assu-
mere titolo di vincitore, nessuno vince quando le strade cittadine sono
bagnate di sangue fraterno.
La Nazione, onorevoli colleghi, dall’una e dall’altra estrema è
rappresentata da poteri dello Stato, che esprimono e rappresentano in-
teressi e idee complesse, spesso in contrasto fra loro, ma che hanno
ciascuna la propria ragione di vivere. È questo lo Stato democratico
che noi difendiamo e che non lasceremo sommergere; perché è nel-
l’interesse di tutti, nell’interesse dell’Italia che sia così.
Per queste ragioni di carattere ideale e di necessità pratica, nella
grave ora che volge – concludeva Cocco Ortu – i partiti democratici si
dichiarano pronti a fiancheggiare, nella Camera e nel Paese, l’opera
del Governo. La democrazia ha serrato le sue file non per spirito e per
difesa di parte, ma perché i suoi princìpi e i suoi ideali di libertà sono
quelli stessi che presiedettero alla costituzione della Patria e che l’ac-
compagnano nelle sue immancabili fortune. La democrazia è certa che
il suo invito ad un’opera concorde di pacificazione, di giustizia, trove-
rà pieno consenso nella maggioranza della Camera; e nell’attuale di-
battito che va oltre i confini del Parlamento essa ha voluto dire una
parola di pace”.

470
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

A conclusione quindi di quello che Giorgio Candeloro ha defini-


to un dibattito breve e stanco, il 10 agosto 1922 la Camera approvava
con 247 voti favorevoli e 121 contrari l’ordine del giorno Cocco Ortu,
che concedeva la fiducia al secondo governo Facta, il solo che era stato
possibile formare dopo le successive rinunce di Orlando, Bonomi,
Meda e De Nava e il fallimento dello “sciopero legalitario” indetto, ha
ricordato lo stesso Candeloro, dall’Alleanza del lavoro, un organo fede-
rale sorto il 20 febbraio 1922 da un accordo tra la CGIL, l’UIL, il Sin-
dacato ferrovieri, che era stato il promotore dell’iniziativa, e la Federa-
zione nazionale dei lavoratori dei porti, allo scopo di “opporre alle forze
coalizzate della reazione l’alleanza delle forze proletarie” (2).
Mentre peraltro il primo governo Facta era rimasto in vita appe-
na quattro mesi, dal 18 marzo al 19 luglio, all’esistenza del secondo,
durata meno di tre mesi, avrebbe posto fine, il 28 ottobre 1922, la
marcia su Roma.
L’autore del numero unico citato, sia questi Raffaele Di Tucci,
come ci è stato assicurato, od altri, non manca di ricordare che il Coc-
co Ortu, dopo le esperienze giornalistiche sulle quali ci riserviamo di
riferire ampiamente, fu, ancora giovanissimo, assessore comunale alle
Finanze e facente funzioni di sindaco di Cagliari.
A lui si dovette il riordino del bilancio comunale ed il reperi-
mento di nuove risorse, senza aumento delle imposte, che consentiro-
no la realizzazione di molte opere pubbliche, come la sistemazione
della via Roma, della piazza della stazione e del largo Carlo Felice,
nonché la costruzione del mercato monumentale risparmiato dalle
bombe americane ed improvvidamente demolito dopo la seconda
guerra mondiale. Si dovette in parte anche a lui se dopo la sua cessa-
zione dalla carica il Comune, vinta un’annosa lite con lo Stato, poté
disporre dei fondi coi quali vennero costruiti una scuola, il nuovo pa-
lazzo comunale, la terrazza di Saint Rémy e la passeggiata coperta.
Sempre sul piano locale Cocco Ortu si distinse anche come
membro e quindi come presidente del Consiglio provinciale.
Non senza una certa enfasi l’autore del saggio ricostruiva quindi
sommariamente la carriera politica e parlamentare del Cocco Ortu

(2) Cfr. G. CANDELORO, Storia dell’Italia moderna, vol. VIII, pag. 399 dell’ed.
Milano, Feltrinelli, 1987.

471
Lorenzo Del Piano

che, eletto deputato per la prima volta nel 1876, dopo la caduta della
Destra storica, nel collegio di Lanusei, fu in seguito costantemente
rieletto per quattordici legislature nei collegi di Cagliari 1° e 2° ed in
quello di Isili, finché, aggiungiamo, nel 1924 fu superato dal collega
di lista Mario Berlinguer.
“Quando F. Cocco Ortu entrò nel Parlamento, quantum hodie ab
illo mutatus – prosegue il saggio – questo comprendeva quanto di me-
glio vantasse allora la Nazione nel campo morale e intellettuale: Min-
ghetti, Biancheri, Farini, Cairoli, Depretis, Crispi, Baccarini, Ferrero,
Ricotti, Taiani, Bonghi, Coppino, Spaventa, De Sanctis, Vigliani, Vi-
sconti Venosta, Finali, Zanardelli, Nicotera, Mancini, Brin, Saint Bon,
Di Rudinì, G. Baccelli, Maiorana, Villa, Conforti e tanti tanti altri che,
veramente, illustravano e servivano la Nazione e il Parlamento. Eppure,
in mezzo a tale e tanta fioritura di uomini celebri, F. Cocco Ortu seppe
porsi subito in evidenza. Gliene offrì l’occasione la poderosa relazione
da Lui compilata sulla marina mercantile, che Ruggero Bonghi, uomo
assai parco di elogi, giudicò il lavoro più serio di quella sessione parla-
mentare...
Fu allora che strinse amicizia con Giuseppe Zanardelli il quale,
apprezzandone l’alto e reale valore, gliela conservò sempre più salda e
sincera sino alla morte, e ne fece il suo più fido collaboratore e consi-
gliere. La sua autorità morale e politica doveva essere ben grande se a
lui era dato di contribuire alla pacificazione tra Cairoli, Baccarini e
Zanardelli, e se a tutte le crisi di Gabinetto della Sinistra prese parte
notevole ed importante”.
Contrario al trasformismo di Depretis, Cocco Ortu fu segreta-
rio generale, o sottosegretario, alla Giustizia nel primo (1887-1889) e
nel secondo (1889-1891) governo Crispi, quindi ministro dell’Agri-
coltura nel governo di Rudinì (1897-1898), ministro della Giustizia
nel governo Zanardelli (1901-1903) con Giolitti agli Interni, e di
nuovo ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio nel lungo
governo Giolitti (1906-1909).
A Cocco Ortu come deputato si dovette un notevole contributo
ai lavori parlamentari, come ministro molte leggi di grande importan-
za sociale. Fu lui il primo ad occuparsi della protezione degli operai
con la legge sull’assicurazione contro gli infortuni e l’invalidità e con
quella sul riposo settimanale. A lui si devono il primo ordinamento

472
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

dell’istruzione professionale, le scuole pratiche di agricoltura per i


contadini e i piccoli proprietari, le leggi sugli zolfi che salvarono allora
la grande industria siciliana, “la legge agrumaria che consentì la fab-
bricazione dell’acido citrico, la nuova istituzione con cui si ordinarono
le statistiche agrarie, la legge sui pascoli e quella sul servizio zootecni-
co”.
Merito precipuo del Cocco-Ortu è la legislazione speciale per la
Sardegna.
“Fu nel 1897, sotto il Ministero Di Rudinì, al quale egli qual-
che mese dopo partecipava in qualità di Ministro di Agricoltura – ri-
corda il numero unico – che, per il suo interessamento, si promulgò la
legge 2 agosto 1897, n. 382, nella quale si disegnano le prime linee
della legislazione sarda attuale, da lui elaborata e promulgata nel
1907, essendo, per la seconda volta, Ministro di Agricoltura.
D’allora in poi la legislazione dell’Isola segue le sorti della car-
riera politica dell’on. Cocco Ortu, in modo tale che tutte le principali
leggi sarde coincidono perfettamente col suo avvento al potere, e, in
conseguenza, difettano del tutto nei periodi in cui egli non partecipò
al Governo. Così F. Cocco Ortu provvide con regolamento 29 maggio
1898, n. 336 all’applicazione della legge del 1897 per il miglioramen-
to agrario della Sardegna; col decreto 15 maggio 1898, n. 174, all’or-
ganizzazione e alla disciplina dei Monti di Soccorso; con la legge 30
gennaio 1898, n. 21, al credito fondiario; col regolamento 15 maggio
1898, n. 192, alla sistemazione idraulica; col regolamento 14 luglio
1898, n. 404, alla repressione dell’abigeato e del pascolo abusivo. In
detta epoca l’on. Cocco Ortu lasciava il Ministero di Agricoltura per
ritornarvi nel 1906. Durante questo periodo intermedio, non una leg-
ge venne fatta per la Sardegna. L’attività legislativa a favore dell’isola
riprendeva soltanto il suo corso con l’assunzione al governo dell’eco-
nomia nazionale di F. Cocco Ortu, ossia dal 1906 al 1909. Cominciò
col promulgare la legge 15 luglio 1906, n. 383, a favore del Mezzo-
giorno, Sicilia e Sardegna, alla quale faceva seguire la importante legge
del 14 luglio 1907, n. 562, che completava e modificava le leggi ante-
riori sulla Sardegna. Pochi mesi dopo pubblicava il Testo Unico 10 no-
vembre 1907, n. 844, che costituisce la legge fondamentale e più
completa dell’Isola, comprendente i provvedimenti relativi al credito
agrario, al miglioramento dell’agricoltura, alla sistemazione idraulica,

473
Lorenzo Del Piano

alla viabilità, alle opere portuali e alla pubblica istruzione con relativi
stanziamenti di bilancio. Negli anni seguenti questa legge generale,
che in Italia rappresenta l’unico esempio di una perfetta legislazione
regionale, in cui, inoltre, si attuano i più sani ed evoluti princìpi di
economia sociale, fra i quali quello del bene di famiglia, princìpi che
più tardi furono copiati ed applicati per altre regioni, ad esempio per
la Basilicata, venne integrata da nuove ed utili provvidenze. Così si di-
sciplinarono col regolamento 20 dicembre 1908, n. 59, le amministra-
zioni dei Monti di Soccorso, col regolamento 20 dicembre 1908 n. 832,
la sistemazione idraulica. Infine la legge 9 luglio 1908, n. 434, conces-
se l’esenzione dalla imposta fondiaria per le case dei contadini sardi.
Volendo, poi, meglio assicurare e sollecitare l’esecuzione della legisla-
zione sarda, con decreto 9 dicembre 1909, n. 773, istituiva presso il
Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio un Ufficio speciale
della Sardegna, ed al suo fianco una Commissione centrale, di cui sono
membri di diritto i rappresentanti delle due provincie di Cagliari e di
Sassari, per la vigilanza e l’esecuzione delle leggi sulla Sardegna. In tale
epoca, avendo l’on. Cocco Ortu abbandonato il Governo, la legisla-
zione sarda subì una lunga stasi, che dura tutt’ora, appena interrotta
da pochi provvedimenti sporadici, inorganici e di poca entità.
Come si vede, l’on. Cocco Ortu, negli anni che stette al potere,
esplicò a favore della Sardegna un’intensa e poderosa opera legislativa,
che abbraccia l’Isola in ogni manifestazione della sua vita economica e
sociale, come nessun altro Ministro poté spiegare per la propria regio-
ne natìa”.
Cocco Ortu morì a Roma il 4 marzo 1929. Nel darne notizia, il
giorno successivo, in un articolo non firmato che occupava un’intera
colonna della prima pagina, l’“Unione Sarda”, diretta da Raffaele
Contu, ricordava l’attività in favore dell’isola svolta dallo scomparso, e
così concludeva:
“Francesco Cocco Ortu finì per diventare nella Camera italiana
una specie di istituzione ed il Re gli volle dare onorata cornice nomi-
nandolo Ministro di Stato.
Nei comizi elettorali del 1924, presentatosi nella lista democra-
tica, insieme con l’avv. Berlinguer, fu da questi soppiantato con la ma-
novra delle preferenze. Si ritirò così a vita privata, non tralasciando
mai però di frequentare Montecitorio e di interessarsi alla vita politica

474
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

della Nazione. Non comprese né volle comprendere il Fascismo, e


neppure fu generoso verso i giovani ai quali, se non altro per legge di
natura, dovevansi pur affidare le sorti nuove della Nazione.
Il discorso da lui pronunziato alla Camera il 10 agosto 1922 e
che doveva rappresentare la riscossa della democrazia, dimostra appie-
no questa incomprensione. L’Uomo che per oltre un cinquantennio
aveva dominata la politica isolana ed in varie riprese era emerso nella
prima linea della politica nazionale, aveva ormai perduto il suo intui-
to, la sua preveggenza politica.
Il suo fisico gagliardo doveva sopravvivere ancora per molti anni
alla scomparsa della politica democratica che ebbe in lui uno dei suoi
migliori uomini.
Notevole la attività dell’on. Cocco Ortu a beneficio della Sarde-
gna; a lui si deve il testo unico 10 novembre 1907 n. 844 che doveva
costituire la legge fondamentale per la ricostruzione economica del-
l’Isola, ma che non trovò applicazione.
Il 19 ottobre 1922, in occasione del suo ottantesimo complean-
no, gli vennero tributate a Cagliari solenni onoranze. Una settimana
dopo le Camicie Nere d’Italia marciavano su Roma. Era morta la demo-
crazia, doveva finire anche l’attività politica di Francesco Cocco Ortu”.

3. L’attività pubblicistica – Non meno di dieci anni il giovane Cocco


Ortu dedicò, anche se non a tempo pieno, all’attività pubblicistica,
attestata oltre che da numerosi articoli, in gran parte ancora da indivi-
duare, dall’opuscolo Le elezioni in Sardegna. Ricordi e profili, datato
Cagliari, 1870 (3).
L’opuscolo reca anche un sottotitolo, Schizzi di un elettore non
eleggibile, a proposito del quale converrà ricordare che, secondo la leg-
ge elettorale del tempo, per poter essere eletti a far parte della Camera
dei deputati bisognava aver compiuto i trent’anni, essere maschi e
sudditi del re e godere di tutti i diritti civili e politici. Non potevano
tuttavia essere eletti gli ecclesiastici con cura d’anime, e il numero dei
deputati che fossero dipendenti dello Stato non poteva essere superio-
re ad un quarto del totale: se gli eletti erano di più si ricorreva al sor-

(3) Ampi accenni allo scritto giovanile del Cocco Ortu nel nostro La lotta
politica in Sardegna nell’età della Destra, in Politici, prefetti e giornalisti, cit.

475
Lorenzo Del Piano

teggio e l’elezione degli statali in soprannumero veniva quindi annul-


lata. I senatori erano invece di nomina regia e rimanevano in carica
tutta la vita.
Godevano solamente dell’elettorato attivo, e cioè potevano vo-
tare ma non essere votati, i sudditi che avevano compiuto i venticinque
anni e non ancora i trenta (era questo il caso del Cocco Ortu), che sape-
vano leggere e scrivere e che, secondo la provincia di appartenenza, pa-
gavano quaranta o venti lire di imposte, oppure che erano in possesso di
determinati requisiti (laureati, professori, ufficiali, impiegati).
Converrà ancora ricordare che le elezioni politiche del 1870 furo-
no precedute dal plebiscito del 2 ottobre, col quale gli abitanti dello Sta-
to pontificio, occupato come tutti sanno dall’esercito italiano il 20 set-
tembre, furono chiamati a dichiarare la loro volontà di entrare a far par-
te del regno d’Italia, “sotto il governo monarchico costituzionale del re
Vittorio Emanuele II e dei suoi successori”. Il diritto di voto era stato
riconosciuto a 167.548 individui, e cioè al venti per cento dei romani; i
votanti erano stati 135.188, pari all’80,7% degli elettori; i voti favorevo-
li 133.681, i voti contrari 1.507. Nella città leonina, e cioè nel quartiere
occupato solo il 21 settembre su richiesta di Pio IX per motivi d’ordine
pubblico, i voti favorevoli erano stati 1.566, nessuno contrario.
Sarebbe stato necessario far svolgere subito dopo a Roma e nel
Lazio le elezioni suppletive per la scelta di quindici nuovi deputati, il
numero complessivo dei quali sarebbe perciò passato da 493 a 508. Il
governo Lanza tuttavia preferì sciogliere la Camera e indire le elezioni
generali per avvantaggiarsi dell’entusiasmo suscitato dall’annessione di
Roma e consolidare così la sua posizione (4).
La decisione adottata dal Consiglio dei ministri il 16 ottobre
venne formalizzata col decreto reale del 3 novembre, che indiceva le
elezioni per il giorno 20 dello stesso mese, riducendo così la campagna
elettorale a poco più di due settimane. Il ballottaggio tra i candidati
non eletti al primo scrutinio perché non avevano raggiunto il numero
di voti prestabilito si sarebbe svolto il 27 novembre. Avevano diritto di
voto 530.018 elettori, solo 240.974 dei quali, pari al 45,5%, si recaro-

(4) Per un’utile sintesi degli avvenimenti nazionali cfr. G. CANDELORO, op. cit.,
vol. V, La costruzione dello Stato unitario (1868-1871), e VI, Lo sviluppo del capitali-
smo e del movimento operaio.

476
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

no a votare il giorno 20. Leggermente superiore (48%) il numero de-


gli elettori che parteciparono al ballottaggio. Il maggior numero di
astensioni si ebbe in Umbria, in Toscana ed in Emilia, dove votarono
il 31,3, il 32, ed il 32,7% degli aventi diritto. Più alta l’affluenza alle
urne nel Mezzogiorno e nelle isole, e particolarmente in Sicilia
(62,4%), Basilicata (58,2%) e Campania (50,9%).
I risultati delle elezioni furono favorevoli al governo, che di lì a
poco ottenne un’altra vittoria alla votazione per l’elezione del presidente
della Camera, quando i suffragi si divisero tra il candidato della maggio-
ranza moderata, Giuseppe Biancheri, e quello dell’opposizione di sini-
stra, Benedetto Cairoli. Fu eletto il primo, con 189 voti contro 106.
Molto più alta sarebbe stata la partecipazione alle elezioni politi-
che del 1874, quando su 571.939 elettori iscritti i votanti furono
318.517, pari al 55,7%, percentuale abbastanza alta, giustificata dall’in-
sofferenza per la politica della Destra, che, se aveva risanato la situazione
finanziaria, aveva suscitato un notevole malcontento, oltre che nel “Pae-
se reale”, che poteva esprimersi solo con manifestazioni di piazza, facil-
mente represse, anche nel “Paese legale”. In una ferma applicazione del-
la “politica della lesina” i maggiori sacrifici erano stati naturalmente sop-
portati dalle regioni meno ricche o meno protette. Forse anche per que-
sto nell’Italia settentrionale votarono per i candidati governativi 58.131
elettori, per i candidati d’opposizione 24.104 e nell’Italia centrale,
30.705 contro 12.606. Nell’Italia meridionale e nelle isole invece con-
tro 21.224 e 6.069 voti andati a candidati governativi ne andarono a
candidati d’opposizione rispettivamente 43.558 e 20.082. Furono così
eletti 276 deputati governativi (220 nell’Italia settentrionale e centrale,
56 nel Mezzogiorno e nelle isole) e 232 deputati d’opposizione (85 e
147). In Sardegna gli elettori di Destra e quelli di Sinistra si equilibraro-
no, ma di lì a un paio d’anni i rappresentanti dell’isola avrebbero dato il
loro contributo alla “rivoluzione parlamentare” del 18 marzo 1876 che
avrebbe portato la Sinistra al potere (5).
Le elezioni tuttavia che più appassionarono l’opinione pubblica
sarda furono quelle del 1857, che videro in tutto il regno un’afferma-
zione della Destra nelle sue due componenti, clericale una, conserva-
trice o addirittura reazionaria l’altra.

(5) Cfr. il nostro La Sardegna nell’Ottocento, cit.

477
Lorenzo Del Piano

L’affermazione della Destra nel primo turno elettorale, svoltosi


il 15 novembre, venne leggermente ridimensionata nel ballottaggio,
svoltosi il 19, ma la situazione nella nuova Camera non risultò egual-
mente troppo favorevole per il Cavour. Mentre infatti nella preceden-
te legislatura il governo era sostenuto da circa 140 deputati, e le oppo-
sizioni erano rappresentate da una trentina di deputati di sinistra e da
altrettanti di destra, nella nuova Camera il governo poteva contare
solo su 95 deputati, mentre gli oppositori di destra erano 80, quelli di
sinistra 20, gli incerti 9.
Per riequilibrare i rapporti di forza Cavour cercò di avvicinarsi ai
conservatori, invalidando allo stesso tempo l’elezione di alcuni canonici
ed annullando le elezioni svoltesi nei collegi nei quali era stata più evi-
dente la pressione del clero sugli elettori. Queste misure interessarono
anche la Sardegna, dove erano stati eletti tre sacerdoti, Diego Marongiu
e Antonio Sotgiu, sardi, e Giacomo Margotti, piemontese.
Le elezioni del 1857 si erano svolte nell’isola in un clima di viva
ostilità nei confronti dei piemontesi e del rigido accentramento da
questi stabilito, e ciò ad appena una decina d’anni dagli avvenimenti
del 1847-48.
Converrà ricordare a questo proposito che il Cocco Ortu accen-
na nelle sue memorie alle manifestazioni popolari in onore di Carlo
Alberto, di Pio IX, di Gioberti, ma accenna anche alle perplessità ma-
nifestate in famiglia e con gli amici da suo padre e dal nonno mater-
no, l’avvocato Giuseppe Ortu, a proposito della fusione incondiziona-
ta coi RR. Stati di Terraferma e della scomparsa del Regnum Sardiniae.
In particolare suo nonno ed altri vecchi che avevano partecipato alle
vicende della fine del Settecento e degli inizi dell’Ottocento avrebbero
voluto conciliare, in forme da stabilirsi, l’unificazione nazionale, della
quale avvertivano anch’essi la necessità, con la conservazione dei “pri-
vilegi” dell’isola e col ripristino dell’antico Parlamento.
Riaffioravano così quelli che sembrano essere stati gli ideali che
avevano ispirato la congiura cagliaritana di Palabanda del 1812, alla
quale l’avvocato Ortu aveva preso parte, evitando di essere coinvolto
nella dura repressione solo perché Raimondo Sorgia non aveva fatto il
suo nome nemmeno ai piedi della forca. Per gratitudine l’avvocato
Ortu aveva ospitato fino alla morte una figlia del Sorgia, la cui mente
era stata sconvolta dalla sciagura abbattutasi sulla sua famiglia.

478
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

Il risentimento contro il Piemonte ed i piemontesi, accentuatosi


nell’ultimo periodo del governo viceregio, non andò attenuandosi dopo
la fusione, né minore fu il risentimento della pubblicistica democratica
contro la camarilla filogovernativa che faceva capo ai fratelli Martini, a
Francesco Maria Serra, a Bernardino Falqui Pes e ad altri notabili, che
avevano come loro organi di stampa l’“Indicatore sardo” prima e secon-
da maniera, quindi lo “Statuto”. Parecchi i giornali d’opposizione, tra i
quali si distinse anche per la sua lunga durata la “Gazzetta popolare” di
Giuseppe Sanna Sanna, e prima di questa il “Popolo” di Gavino Fara,
personalità il cui nome ricorre spesso nelle memorie del Cocco Ortu.
Fu appunto Gavino Fara che nel suo secondo giornale, la “Favil-
la”, non si limitò a denunciare la difficile convivenza fra sardi e pie-
montesi, ma andò più oltre, proponendo una soluzione politica in ve-
rità di non agevole realizzazione (6).
“Formare un numeroso partito, ecco il grande scopo – si leggeva
tra l’altro nel programma del giornale – formarlo non solo numeroso,
ma amante della giustizia e della libertà. Ecco la sublime missione.
Senza tanto lusso di preamboli noi abbiamo accennato in poche
parole le nostre idee e formulato chiaramente la nostra professione di

(6) Cfr. il nostro Le origini dell’idea autonomistica in Sardegna (1861-1914),


Cagliari, Dalla Torre, 1975. Ci sarà consentito osservare, in tema di storia dell’auto-
nomismo, che mentre è vasta la letteratura sul periodo successivo al 1918, non al-
trettanto numerosi sono gli studi sul periodo precedente la Grande Guerra, tra i
quali si distingue il volume di I. BIROCCHI, La Carta autonomistica della Sardegna tra
antico e moderno. Le “leggi fondamentali” nel triennio rivoluzionario, Torino, Giappi-
chelli, 1992. Con particolare interesse si legge il recente volume di U. CARDIA, Auto-
nomia Sarda. Un’idea che attraversa i secoli, con prefazione di Giovanni Lilliu (Ca-
gliari, Cuec, 1999), che riprende temi già accennati nella precedente raccolta di
scritti, La Quercia e il Vento. Tradizione e modernità nel pensiero autonomistico sardo,
(Cagliari, Edizioni universitarie della Sardegna, 1991). Proposito dell’autore è dare
unità e originalità alla storia della Sardegna, individuandone il motivo conduttore
nell’aspirazione all’autonomia. Il discorso, che prende le mosse dal periodo dei Giu-
dicati, e nel quale non mancano i riferimenti a quel grande ed appassionato studioso
che è stato Francesco Loddo Canepa, si fa più convincente a partire dal pronuncia-
miento anticentralista che nella seconda metà del Seicento, portò all’assassinio del
viceré marchese di Camarassa e dalla cacciata, alla fine del Settecento, del viceré Bal-
biano e dei funzionari e militari piemontesi, nizzardi e savoiardi. Ricca di apporti
originali la storia del movimento autonomista negli ultimi decenni dell’Ottocento e
nel Novecento, ricostruita in stretta relazione con la storia del movimento operaio.

479
Lorenzo Del Piano

fede politica e religiosa. Noi tentiamo di tradurre in pratica i buoni


princìpi, ed a questo fine ci serviamo della stampa. Nella nostra Sarde-
gna sono sorti dal 1848 de’ buoni giornali che hanno diffuso idee di
libertà e di giustizia, noi non lo neghiamo. Anch’oggi la stampa della
Sardegna non è tutta prostituita e corrotta. Ma cosa ha saputo creare
questa stampa? È vissuta nella sfera delle astrazioni, ha sollevato delle
grandi questioni, si è travagliata ne’ grandi problemi sociali, ma non
ha ancora creato un partito. Eppure in Sardegna questo partito può
sorgere, può rannodarsi, può divenire gigante. Noi vogliamo creare un
partito sardo, per poter avere una rappresentanza veramente sarda,
unita, compatta, avente unità di pensieri, unità di scopo.
Ventiquattro Deputati uniti faranno in Parlamento rispettare sé
stessi e la loro patria. Oggi fatalmente non è così! E poteva essere altri-
menti!
Non recriminazioni però! Provvediamo al futuro, e provvedia-
moci in tempo!
Col creare un partito sardo non intendiamo farci campioni di
idee inattuabili, o diffondere idee separatiste. Le idee inattuabili sono
contrarie al nostro scopo: vogliamo essere eminentemente pratici. Le
dottrine separatiste a che ci gioverebbero oggi? Subire i fatti con rasse-
gnazione, se non è una virtù, è certamente una grande assennatezza.
Traduciamo dunque tutto nel terreno pratico, e godiamo della libertà
come meglio ci è dato.
Questo partito sardo sarà italiano, perché la Sardegna e per geo-
grafica posizione, e per lingua, e per costumi è italiana. Noi dunque
non negheremo i grandi princìpi, ma tenteremo di farli tradurre in
atto, e con profitto della nostra isola sventurata”.
Su questa stessa linea si mossero altri giornali, dalla “Gazzetta
popolare” di Giuseppe Sanna Sanna al “Capricorno” dei fratelli Gio-
vanni ed Anastasio Sulliotti, al “Flagello” di Eugenio Besson (7).

(7) Sui giornali sardi del periodo cfr. il lavoro non privo di mende di P. MARICA,
Stampa e politica in Sardegna 1793-1944, Cagliari, La Zattera, 1968. Più accurato ed
attendibile il volume di L. PISANO, Stampa e società in Sardegna dell’Unità all’età
giolittiana, Parma, Guanda, 1977. Cfr. altresì R. CECARO-F. FENU-F. FRANCIONI, I gior-
nali sardi dell’Ottocento, con ampia introduzione di Federico Francioni, Cagliari,
1991. Un’ampia schedatura degli stessi giornali è stata fatta da Giuseppe Della Maria
nel “Nuovo Bollettino bibliografico sardo” da lui diretto.

480
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

Né si trattava solo di battaglie cartacee. Il malcontento antipie-


montese ed antigovernativo era infatti giunto a tal punto a metà del
“decennio di preparazione” che bastava poco per farlo esplodere. Ri-
corda a questo proposito Cocco Ortu che la rappresentazione al Tea-
tro Diurno del quartiere cagliaritano di Stampace di un dramma di
autore continentale, I coltivatori di cristallo, suscitò vivaci rimostranze
da parte degli spettatori, perché i soli personaggi sardi che prendevano
parte all’azione erano raffigurati come delinquenti comuni. Sedie ed
altri proiettili di circostanza volarono sul palcoscenico, e gli attori fu-
rono costretti a darsi alla fuga (8).
Non sembra invece del tutto esatto il riferimento che Cocco
Ortu fa ad un altro episodio. “L’ira esplose ancora una volta al Civico
– scrive il Cocco Ortu – dove una ballerina piemontese era protetta
dagli ufficiali dello stazionario da guerra La Gulnara. Né gli animi si

Dei giornali cattolici si è interessato Francesco Atzeni, del quale cfr. La prima
stampa cattolica a Cagliari (1856-1875), in “Studi sardi”, XXIII (1973-74) ed il sag-
gio pubblicato nel f. 3, 1989, del “Bollettino dell’Archivio per la storia del movi-
mento cattolico in Italia”. Deve essere considerato a sé “L’Eco della Sardegna”, diret-
to da Stefano Sampol Gandolfo, che si pubblicò a Torino nel 1852. Sul Sampol,
considerato non solo dai democratici “un ‘insulare vergogna”, cfr. L. ORTU, Problemi
del periodo cavouriano nel pensiero di un cattolico conservatore, Cagliari, Edisar, 1988,
nonché L’Eco della Sardegna, a cura di G. Marci e L. Ortu, Cagliari, Ed. universita-
rie, 1991. Al Sampol ha dedicato un’ampia voce A. Parisella nel vol. III/2 del Dizio-
nario storico del movimento cattolico in Italia, Casale M., Marietti, 1984.
(8) Il titolo esatto del dramma al quale si accenna nel testo è Cagliari, Sassari e
Tarros nel 1700 ovvero i coltivatori di cristallo. Cfr. in merito la “Gazzetta popolare”,
n. 170 del 1° agosto 1857. Nel n. 6 del 7 agosto 1857 del “Flagello” la cronaca del-
l’episodio offre (quasi certamente ad Eugenio Besson) il pretesto ad un violento attac-
co al Piemonte ed ai piemontesi. “Un popolo - scriveva il giornale - può a lungo sop-
portare un’esosa tirannide, può lasciarsi smungere, può lasciarsi rodere fino alle midol-
la, perché forse mille circostanze possono impedirgli di togliersi di dosso peso cotanto.
Ma quando alle mille catene di cui viene aggravato questo popolo infelice si aggiunge
la viltà dello scherno; quando dopo averlo martoriato, derubato, grassato, per soprag-
giunta lo si sputa in faccia, gli si dice sul viso: siete un popolo di codardi, siete un
branco di assassini, siete un’orda di ladroni, siete una moltitudine d’infingardi, allora
questo popolo sente risollevarsi nell’animo la prostrata dignità, allora l’indegnazione
per l’immeritata ingiuria gli mette agli occhi una benda fatale, e può aver luogo uno di
quei funesti episodi di cui occorrono esempi anche nella storia della Sardegna.
“Noi andiamo da qualche tempo notando l’attitudine provocatrice del Pie-
monte governativo e dei suoi bracchi a riguardo della Sardegna. Insulti e derisioni

481
Lorenzo Del Piano

quietarono; il giorno appresso quegli ufficiali, reputatisi offesi da pub-


blicazioni d’un giornale, aggredirono sulla via alcuni pubblicisti”.

nella Camera, insulti nei giornali piemontesi, insulti nelle corrispondenze dalla Sar-
degna, insulti nei caffè, nelle piazze, insulti dappertutto. Di guisa che si direbbe che
sia partita dall’alto una parola d’ordine, che vi sia un disegno nascosto, un piano
concertato per provocare un atto illegale onde poi aver agio di comprimere, d’infie-
rire, secondo la umanissima frase del deputato Carlo Decandia, contro la Sardegna”.
Dopo aver accennato al soggetto del dramma, ed aver ricordato che orribili
delitti si commettevano anche in Piemonte, così continuava il giornale: “Ai continen-
tali che buffonescamente c’insultano rispondiamo che un giorno la barbara Sardegna,
stanca dei loro vituperj, senza torcer loro un capello, li accomodò in un bastimento e li
mandò ai fatti loro; che i nuovi vituperj possono provocare un nuovo consimile fatto,
il quale noi deploreremmo sotto ogni rapporto perché sarebbe inopportuno e impoli-
tico, ma che però verrebbe giustificato dalla loro intolleranda insolenza; che tali fatti
disonorano altamente la loro patria, perché noi potremmo a buon diritto impor loro il
silenzio quando si arrogano la missione di voler salvare l’Italia!... Salvare l’Italia!... Ma
per carità, se volete illudere ancora i milioni d’infelici che gemono sotto insopportabili
tirannidi, cambiate consiglio per riguardo alla Sardegna; che quelli infelici non odano
che voi ci trattate come un paese conquistato, che ci fate ad ogni momento oggetto
d’insulti e d’umiliazioni, che la vostra marmaglia può spiegare un’autorità dittatoria su
gente che è più civile di ciò che si creda; che non si dica che la Sardegna fertile, ricca e
fiorente per natura, agonizza per desolante miseria; le altre provincie italiane potrebbe-
ro argomentarne che tanto vale l’esser sotto ai croati, ai preti, ai lazzaroni, quanto l’es-
ser sotto gli italianissimi cavouriani; potrebbero argomentarne che ad esse è riservata la
stessa sorte; che appena cadrebbero sotto le unghie subalpine una turba di visir e di
pascià si verserebbe dalla Mecca sulle loro città a farla da padroni, e da screanzati pa-
droni; a divorare le loro sostanze, a ridurli al miserere mei, per poi poter far credere che
il Salvatore egemonico dà loro l’elemosina di parecchi milioni onde sostentarli. Oh! Si-
gnori padroni! Volgete l’animo a più savi consigli, l’esempio della Sardegna può essere
un terribile antidoto alle vostre decozioni narcotiche d’italianismo; badate bene che
questo mezzo milione di diseredati può mostrare le piaghe apertegli dal vostro capora-
lismo, e voi dovete sapere che la propaganda delle piaghe è una convincentissima pro-
paganda!”. Non deve essere risultato più gradito alle autorità di governo un articolo sul
“Credente”, il giornale democratico di Sassari, del quale viene riportato nel “Flagello”
un brano di aperta propaganda repubblicana.
Al nome di Eugenio Besson, morto giovanissimo, venne intitolato un opu-
scolo siglato C.S., nel quale si ricorda che in seguito all’ordine di lasciare i RR. Stati
partì da Cagliari il 27 novembre 1856. Rientrato dopo non molto riprese gli studi
interrotti. Nato l’11 dicembre 1836, morì il 26 marzo 1859, si disse a seguito della
malattia contratta a Tunisi durante l’esilio.
Nelle sue memorie Cocco Ortu scrive che la famiglia Sulliotti aveva lasciato
la Grecia, sua terra d’origine, e precisamente la città di Suli, dopo che questa era
stata occupata dal pascià Alì Telemeni. I due fratelli Sulliotti erano entrambi avvoca-

482
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

A parte il fatto che la nave da guerra non era La Gulnara, ma


L’Ichnusa, i giornali del tempo riferiscono che gli ufficiali credettero
che si volesse alludere a loro in un articolo del “Capricorno” nel quale
si invitava il direttore del Civico a non lasciar entrare in teatro persone
che avevano bevuto troppo.
La mattina del 23 ottobre si presentarono così alla redazione del
“Capricorno” il capitano Avogadro ed il tenente Baudini, i quali chiese-
ro ad Anastasio Sulliotti di precisare che nell’articolo incriminato non si
era voluta offendere la Marina. Sulliotti rifiutò, e dal canto loro gli uffi-
ciali insistettero per avere una riparazione della presunta offesa, minac-
ciando, in caso contrario, di insultarlo ogni volta che lo avessero incon-
trato.
La sera dello stesso giorno in viale Bonaria i due ufficiali incon-
trarono Anastasio Sulliotti, che il tenente Baudini colpì con un frusti-
no; Sulliotti reagì, strappando il frustino di mano all’ufficiale e schiaf-
feggiandolo. Intervenne allora anche il capitano, e mentre Sulliotti
gridava: “Vili, siete due contro uno”, Baudini estraeva uno stiletto e
cercava di colpirlo, ferendo invece ad un braccio un panettiere che era
intervenuto per separare i contendenti. Subito dopo un’altra pugnala-
ta di Baudini colpiva alla mano un doganiere.
Non sappiamo se l’episodio abbia avuto uno strascico giudizia-
rio, probabilmente no, perché qualche giorno dopo L’Ichnusa partì per
Genova. Ebbe invece gravi conseguenze per i due Sulliotti e per il Bes-
son, ai quali un dispaccio pervenuto da Torino impose di lasciare lo
Stato sardo in considerazione del fatto che coi loro giornali avevano
turbato l’ordine pubblico. L’indignazione in Sardegna fu enorme: se
infatti era vero che i tre erano rispettivamente sudditi della Turchia e
delle Due Sicilie, come i loro padri, era pur vero che di fatto erano
sardissimi. La conclusione alla quale si giunse era che attraverso loro si
voleva colpire la libertà di stampa.
Ebbe particolare rilievo nei giornali sardi anche un altro avveni-
mento: il ritorno a Cagliari, dopo quarantacinque anni di esilio, di

ti. Giovanni, dopo aver partecipato alla spedizione garibaldina del 1860, ed avere
combattuto a Maddaloni, venne nominato avvocato fiscale militare, ma lasciò la ca-
rica per tornare al giornalismo. Anastasio si dedicò invece all’insegnamento. Ottenu-
to a Porto Maurizio il posto di professore di Economia e di preside del locale Istituto
tecnico non rientrò più in Sardegna.

483
Lorenzo Del Piano

Gaetano Cadeddu, uno dei protagonisti della già citata congiura di


Palabanda del 1812 della quale ci sembra di dover sottolineare l’im-
portanza in quanto documenta, anche attraverso le persone coinvolte,
come i Cadeddu, Raimondo Sorgia e altri, una stretta relazione con i
moti del 1793-96, che non costituiscono pertanto un episodio o una
serie di episodi circoscritti, ma l’inizio di un periodo rivoluzionario
protrattosi dal tentativo di invasione francese dell’isola fino alla vigilia
della Restaurazione europea (9).

***

(9) La vicenda nel testo sommariamente accennata è stata rievocata per iniziati-
va del Rotary di Cagliari in una serie di conferenze e nell’opuscolo di E. MARCIALIS,
Una pagina di storia cagliaritana: la congiura di Palabanda, Cagliari, Sps, 1992, nel
quale, dopo un ampio inquadramento storico, si riportano parecchie utili notizie ed
il manifesto del 9 gennaio 1813.
Con questo manifesto si autorizzava chiunque ad arrestare i condannati lati-
tanti. A chi vi fosse riuscito erano concessi trecento scudi sardi di premio, ovvero l’im-
punità per qualunque delitto commesso da chi avesse effettuato l’arresto o da un suo
parente od affine in primo grado. Del premio o dell’impunità potevano godere anche
individui che avessero preso parte alla congiura, purché non si trattasse dei capi princi-
pali. Era inoltre proibito a chiunque, indipendentemente dal grado o condizione, di
ospitare o soccorrere in qualunque modo i ricercati. I contravventori sarebbero stati
colpiti dalla stessa pena comminata alla persona ricercata favorita o soccorsa.
L’opuscolo riferisce anche la voce, che non trova conferma nei giornali del
tempo, secondo la quale alle elezioni del 1857 gli amici cagliaritani avrebbero candi-
dato il Cadeddu nei quartieri di Villanova e della Marina. Sulla questione cfr., dello
scrivente, La Sardegna e la Rivoluzione francese, in “Annali della Facoltà di Economia
e Commercio dell’Università di Cagliari”, V, 1991, ed estr., Milano, Angeli, 1991.
Sempre ad iniziativa del Rotary veniva inaugurata all’Orto Botanico, anche
questo nella valletta di Palabanda, una lapide, della quale ecco il testo:
“Nell’anno 1812/ in questa località detta di Palabanda/ uomini di cultura e
popolani/ congiuravano contro il potere piemontese/ per una migliore giustizia/ e per
riguadagnare diritti perduti./ Delazioni e sfortuna fecero fallire/ la sommossa prepara-
ta per il 30 ottobre./ Morirono sulla forca:/ Salvatore Cadeddu,/ Raimondo Sorgia,
Giovanni Putzolo./ Condannati a morte in contumacia:/ Gaetano Cadeddu, Giuseppe
Zedda,/ Francesco Garau, Ignazio Fanni./ All’ergastolo:/ Giovanni Cadeddu, Antonio
Massa./ Al remo a vita:/ Giacomo Floris, Pasquale Fanni./ Banditi dall’isola o esiliati
all’interno/ gli altri imputati./ Onore e memoria eterna/ a questi concittadini che han-
no sacrificato/ la loro vita per difendere/ la dignità dei sardi./ Rotary per la città 1992”.
Cfr. altresì l’utile lavoro di M. PES, La rivolta tradita. La congiura di Palabanda
e i Savoia in Sardegna, introduzione di Giuseppe Serri, Cagliari, Cuec, 1994.

484
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

L’opuscolo elettorale di Francesco Cocco Ortu, che nell’edizio-


ne originale è di una cinquantina di pagine, reca la data del 12 no-
vembre. L’autore ebbe perciò a sua disposizione per compilarlo, tenu-
to presente che lo svolgimento delle elezioni venne disposto col decre-
to reale del 3 novembre, meno di dieci giorni: tempo comunque suffi-
ciente per chi come il Cocco Ortu aveva già alle spalle una decina
d’anni di attività giornalistica, durante i quali aveva certamente scritto
numerosi articoli, quasi mai firmati, che sarebbe interessante indivi-
duare e riprodurre per definire il suo pensiero, sia pure giovanile, sugli
avvenimenti nazionali e regionali del periodo. Ricorda infatti l’autore
nelle sue già citate memorie inedite che era ancora studente quando
pubblicava i suoi primi scritti.
Dieci anni di attività giornalistica consentirono al giovane Coc-
co Ortu di approfondire la conoscenza del problema sardo, per l’avvio
a soluzione del quale si sarebbero delineate due linee interpretative,
una che avrebbe puntato all’emanazione da parte dello Stato di leggi
speciali che tenessero conto della particolare situazione e delle partico-
lari esigenze dell’isola come di altre regioni meridionali, un’altra che
avrebbe invece puntato ad una completa riorganizzazione dello Stato
su basi regionaliste ed autonomiste.
Di queste due linee interpretative i maggiori esponenti sarebbe-
ro stati appunto Francesco Cocco Ortu e Giovanni Battista Tuveri, ed
è interessante rilevare che nel decennio 1861-1870 collaborarono en-
trambi a giornali diretti da un altro esponente di primo piano del pen-
siero autonomistico quale Gavino Fara.
Il primo giornale al quale Cocco Ortu collaborò fu “L’Imparzia-
le”, settimanale e per un breve periodo quotidiano, che comparve dal
20 gennaio 1861 al 19 giugno 1862.
Il giornale era diretto da Gavino Fara, che non solo pubblicò gli
articoli di Cocco Ortu, ma non mancò di approfittare della sua buona
volontà per scaricare su di lui e su un altro giovane destinato ad una
brillante carriera accademica, Antonio Ponsiglioni, l’onere della reda-
zione dell’“Imparziale”. I due divennero così persone importanti nel
ristretto ambiente cittadino del tempo, ed ebbero modo di fare molte
conoscenze. Conobbero tra gli altri Ippolito Pederzolli, confinato a
Cagliari per avere pronunciato a Pisa, dove era studente, un discorso
giudicato sedizioso.

485
Lorenzo Del Piano

Il Pederzolli, di Riva di Trento, repubblicano, era uno dei tanti


emigrati politici che dalle province continentali erano stati sbattuti in
Sardegna, dove si pensava creassero meno fastidi. Un suo fratello me-
dico aveva combattuto con Garibaldi, e sarebbe morto ad Ancona,
dove si era recato a prestare soccorso ai colerosi. Una sua sorella, Ma-
ria, sarebbe stata la maestra di Cesare Battisti. A Cagliari fondò una
società democratica studentesca, della quale era presidente onorario
Garibaldi e socio onorario Mazzini. Per il suo carattere focoso si scon-
trò spesso col Fara, specie quando, prima di lasciare l’isola, divenne
corrispondente di alcuni giornali continentali.
Il direttore dell’“Imparziale” era per principio contrario al lavo-
ro sistematico. Accadde così che durante un’assenza da Cagliari del
Cocco Ortu e del Ponsiglioni affidò la redazione del giornale al tipo-
grafo, che lo faceva con le forbici, ritagliando e riproducendo, impar-
zialmente appunto, articoli di giornali sia mazziniani, sia moderati,
fino a quando non ne ebbe abbastanza anche lui, e lo lasciò morire.
Trovatisi privi di un foglio sul quale esprimere le loro vedute,
Cocco Ortu e Ponsiglioni, nel giugno del 1862, mentre in viale Bona-
ria assistevano alle corse in onore dei principi Umberto, Amedeo e
Oddone di Savoia che visitavano la città e l’isola, decisero di fare un
giornale proprio, la “Bussola”, contando tra l’altro sulla collaborazione
dell’avvocato Giuseppe Dettori Murgia, che aveva buttato alle ortiche
la tonaca di seminarista per seguire Garibaldi.
La “Bussola” ebbe un certo successo, grazie anche agli scritti di
Giovanni Battista Tuveri e di Felice e Michele Uda. L’articolo piutto-
sto vivace che pubblicò in occasione dello scontro dell’Aspromonte,
nel quale come tutti sanno “Garibaldi fu ferito, fu ferito ad una gam-
ba”, costò la libertà al gerente, un onesto ciabattino, Giuseppe Pisano,
che sapeva fare appena la propria firma. Per quanto torchiato dal ma-
gistrato inquirente, il Pisano non volle rivelare il nome dell’autore del-
l’articolo, che era poi il Ponsiglioni, il quale sul giornale si divertì a
lungo a prendere in giro il giudice, ribattezzato “don Liborio”.
Una seconda disavventura la “Bussola” la ebbe quando l’autorità
giudiziaria dispose il sequestro del numero 80 del 13 ottobre 1863,
perché vi era stata riprodotta una lettera di Mazzini. Rendeva più
sconcertante l’episodio il fatto che la stessa lettera era stata pubblicata
anche dall’“Unità italiana” di Milano del 4 ottobre. Questo giornale

486
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

non era stato sequestrato, e i cagliaritani potevano tranquillamente


leggerlo in tutti i caffè.
L’episodio che determinò la fine della “Bussola” fu un altro, e
precisamente lo scontro con Giuseppe Sanna Sanna.
Già prima dell’unificazione nazionale il Sanna Sanna, partito da
posizioni ultrademocratiche, aveva dimostrato di non essere insensibile
al fascino di Cavour, come documenta l’ultima delle tre lettere del gran-
de ministro sull’istituzione di una banca sarda, e in termini più generali
di essere maturo per una conversione a destra, anche a causa del suo
matrimonio con la figlia di un imprenditore, Raimondo Manunta, che
dopo aver gestito il servizio delle diligenze tra Cagliari e Sassari avrebbe
assunto l’appalto della manutenzione delle strade nazionali e provincia-
li. Dopo l’unificazione nazionale il Sanna Sanna inoltre si legò alla so-
cietà italo-inglese che si era impegnata a costruire la strada ferrata Ca-
gliari-Terranova, con diramazioni per Iglesias e Sassari-Portotorres (10).
Nulla di male ovviamente in questo allontanarsi del Sanna San-
na e della “Gazzetta popolare” dalle posizioni di partenza, se è vero
che la Sardegna di allora, e non solo di allora, aveva estremo bisogno
di una borghesia imprenditrice che producesse tutto ciò di cui manca-
va e creasse occasioni di lavoro.
La polemica comunque fu dura, e ad essa partecipò in prima
linea il Ponsiglioni, pubblicando in occasione della nascita di un figlio
del Sanna Sanna una poesia di gusto discutibile, che piacque moltissi-
mo ai lettori e che irritò moltissimo il padre e il nonno del neonato, i
quali imposero al tipografo Alagna, che era anche cognato del Sanna
Sanna, di non stampare più il giornale. E poiché nessun’altra tipogra-
fia cagliaritana, da quella del Timon all’arcivescovile, volle mettersi
contro il Sanna Sanna ed il Manunta, la “Bussola” terminò la sua bre-
ve ma non ingloriosa esistenza (11).

(10) Le tre lettere del Cavour sono state ripubblicate dallo scrivente nel volu-
me I problemi della Sardegna da Cavour a Depretis (1849-1876), Cagliari, Fossataro,
1977. Nello stesso volume sono stati riprodotti altri testi di grande interesse, quali
gli scritti del Sanna Sanna sulla camarilla di Cagliari, l’articolo di G.B. TUVERI,
Initium sapientiae. Ma chi oserà attaccare i campanelli al gatto?, nonché il fondamen-
tale saggio di A. LEVI, Sardi del risorgimento.
(11) Il testo della poesia incriminata è il seguente: In paese da noi poco lontano/
la moglie partorì d’un ciarlatano/ e chiamata una balia immantinenti/ il bimbo addor-

487
Lorenzo Del Piano

Il terzo giornale al quale Cocco Ortu dedicò le ore lasciategli


libere dal suo impegno professionale di avvocato fu la “Cronaca”, fon-
data assieme a Gavino Fara, e vissuta più a lungo dell’“Imparziale” e
della “Bussola”. Il giornale, compilato dai due e da G. L. Mulas Ma-
meli e F. Murgia, era sostenuto anche dagli avvocati Giuseppe Fulghe-
ri, Lai Ciuffo ed Enrico Lai, il futuro fondatore dell’“Unione Sarda”;
per un certo tempo accolse le caricature di Francesco Grandi, uno dei
Mille, che, ricorda Cocco Ortu, lasciò poi Cagliari per andare a diri-
gere la scuola dell’intarsio di Sorrento; si avvalse della collaborazione
di Giovanni Battista Tuveri, di Felice Uda, di Carlo Brundo e di altri.
Il giornale, che si distinse nella lotta contro la consorteria e con-
tro Francesco Maria Serra, col quale Cocco Ortu ce l’aveva personal-
mente anche per i torti inflitti al padre magistrato, fu al centro di epi-
sodi clamorosi, come la polemica fra Giuseppe Fulgheri ed Antioco
Cadoni, sfociata in un grande processo (12). Polemizzarono in partico-
lare con la “Cronaca” due giornali di non lunga vita, il “Diavolo” e la
“Lucerna”, che trovarono validi antagonisti nel “San Michele” e nella
“Vecchia spada”.
Il gruppo della “Cronaca” fu particolarmente attivo nel 1869, in
occasione della venuta in Sardegna della Commissione parlamentare

mentò con questi accenti:// Dormi bambin, non piangere, /dormi su’ miei ginocchi, /a te
dinnanzi è un tramite/ cosparso di bajocchi,/ la tua carriera è splendida/ come una nube
d’or,/ dove son ghiaie e ciottoli/ giace per te un tesor.// Dove son ponti ed argini,/ fossi,
pantani e spini/ innalzerai la fabbrica/ di scudi e marenghini./ Salve, o creato a vincere/
dei secoli il dolor/ e nella Banca a tergere/ il nobile sudor!// Tu crescerai delizia/ del
genitor preclaro;/ sebben citrullo e tisico/ Ministro od impresaro/ diventerai nel volgere/
al sesto lustro il pié:/ io scorgo già il bernoccolo/ del deputato in te.// Dormi, bambin,
non piangere,/ dormi su’ miei ginocchi,/ sopra il tuo capo stridere/ non oseran gli sciocchi/
né scopriran la trappola/ costrutta del papà./ Per te dai torchi un gemito/ dovunque sor-
gerà. // Dormi, bambin, conservati/ per la tua patria Anela;/ frammezzo a ghiaie e ciot-
toli/ nuovi tesor disvela;/ cresci, e al tuo fin precipita/ siccome alla stazion/ sui ferrati
binari/ precipita un vagon.// Così cantà la balia, e al fanciullino/ discese lemme lemme
un sonnellino;/ socchiuse gli occhi e un demone maligno/ sopra le labbra gli schizzò un
sogghigno.
(12) Sul Fulgheri cfr. dello scrivente il saggio Le persone e i luoghi di “Paese
d’ombre” di G. Dessì, in “Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di
Cagliari”, VI, 1987, ora in Questione sarda e questione meridionale, Manduria-Bari-
Roma, Lacaita, 1997.

488
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

d’inchiesta presieduta da Agostino Depretis (13). Mentre Gavino Fara


pubblicava un libro sul problema sardo, il marchese di Laconi, Cocco
Ortu e Pietro Ghiani Mameli si davano da fare per mettere a disposi-
zione della Commissione il materiale necessario ad illustrare in modo
particolareggiato, e non senza riferimenti alle diverse realtà locali, la
situazione dell’isola. Elaborarono così una relazione nella quale “nulla
venne dimenticato di quanto serviva a porre in luce le penose condi-
zioni dell’isola e le provvidenze di varia indole invocate per rialzarne le
fortune”: mai prevedendo che il Depretis non avrebbe a sua volta pre-
sentato al Parlamento la tanto attesa relazione conclusiva.
“Partita la Commissione – scrive Cocco Ortu – ripigliammo le
nostre posizioni”, non sempre facili da difendere “di fronte al quoti-
diano “Corriere”, sostituito poi dall’“Avvenire di Sardegna”, ed ai va-
lenti giornalisti Peppino Turco, in collaborazione con un altro, venuto
come lui d’oltre mare. Io li battezzai i due soci, noti avventurieri, pro-
tagonisti del romanzo omonimo. Ma erano due avversari coi quali bi-
sognava fare i conti”: brano, questo di Cocco Ortu, che non può non
lasciare perplessi, dal momento che il secondo giornalista, del quale
non fa nemmeno il nome, non riusciamo ad immaginare perché, era
molto probabilmente Giovanni De Francesco, personalità di eccezio-
nale rilievo nella storia del giornalismo sardo, sia per la sua attività
protratta per diversi decenni, sia perché fu maestro di un’intera gene-
razione di giornalisti professionisti e di pubblicisti.
La “Cronaca” si avviò, dopo l’ennesima polemica contro Fran-
cesco Maria Serra, a concludere la sua esistenza, anche perché Gavino
Fara non dava la necessaria assidua collaborazione, limitandosi, quan-
do per caso capitava in tipografia, a scrivere qualche articolo su pezzi
di carta trovati qua e là, che poi man mano che li riempiva passava al
tipografo, senza rileggerli e meno che mai preoccupandosi di correg-
gere le bozze.
Più che il giornalismo, passione giovanile, anche se mai del tut-
to spenta, Cocco Ortu coltivò l’attività politica, interessandosi di ele-
zioni quando era ancora studente, come presidente di un’associazione

(13) Cfr. F. MANCONI, Le inchieste parlamentari sulla Sardegna dell’Ottocento –


I – L’inchiesta Depretis, Cagliari, Fossataro, 1984. Tra le altre pubblicazioni comparse
nell’occasione cfr. G. FARA, La Sardegna. Studi, Cagliari, 1869.

489
Lorenzo Del Piano

umanitaria di mutuo soccorso e come fondatore, assieme a due colle-


ghi studenti, di uno dei comitati di provvedimento per Roma e Vene-
zia istituiti da Federico Bellazzi. Il comitato cagliaritano fu rappresen-
tato al congresso di Genova da Giorgio Asproni.
Se nel 1870 non era eleggibile alla Camera, come già detto, per-
ché troppo giovane, il Cocco Ortu poteva però far parte dei Consigli
comunale e provinciale, ed in effetti dell’attività amministrativa locale
si interessò a lungo, osteggiato dalla Massoneria.
Il Cocco Ortu era stato cautamente invitato ad affiliarsi dall’ami-
co Ponsiglioni, che faceva già parte dell’Ordine, ma aveva lasciato cade-
re l’approccio perché non voleva compromettere la sua indipendenza.
Non si era limitato a questo Gavino Fara: invitato assieme ad altre per-
sonalità di rilievo, fra le quali il Padre Giorgio Piga, ad interessarsi della
costituzione di una società filantropica, quando si era accorto che l’asso-
ciazione avrebbe dovuto fare da schermo alla loggia cagliaritana “Vitto-
ria”, fondata dal magistrato Francesco De Lachenal, aveva mandato a
monte l’iniziativa (14). Di qui l’odio di molti massoni per Gavino Fara e
di conseguenza per Cocco Ortu che, nel corso di una campagna contro
le processioni, svolta in occasione della celebrazione del miracoloso arri-
vo a Cagliari del simulacro della Madonna di Bonaria, un giornale
umoristico raffigurò vestito da frate domenicano, intento ad appiccare il
fuoco ad una pira sulla quale avrebbe dovuto bruciare vivo un massone,
nel quale non è difficile riconoscere Giovanni De Francesco.
Appunto per sostenere la candidatura di Gavino Fara, col quale
avrebbe finito per bisticciare, come scrive nelle sue memorie, il Cocco
Ortu pubblicò il volumetto citato, nel quale ricorda le origini della
consorteria moderata, che aveva raccolto l’eredità della camarilla degli
anni Cinquanta avversata da Giuseppe Sanna Sanna.

(14) Cfr. L. DEL PIANO, Giacobini e massoni in Sardegna fra Settecento e Otto-
cento, Sassari, Chiarella, 1982, da integrarsi col saggio La storia della Massoneria in
alcuni recenti lavori, in “Archivio storico sardo”, XXXII. Sul Padre Giorgio Piga che,
come Cocco Ortu ricorda, divenne in seguito procuratore generale del suo Ordine,
cfr. L. PISANU, O.F.M., I frati minori della Sardegna dal 1858 al 1900, 2 voll., Caglia-
ri, Horta, 1992. Il p. Piga interessa la storia del movimento autonomistico per la sua
opera Primi passi della Sardegna, Cagliari, 1848, nella quale esprime il suo punto di
vista di federalista neoguelfo, contrario alla fusione incondizionata del Regnum
Sardiniae con i RR. Stati sabaudi di Terraferma.

490
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

“Io l’ho veduta sorgere e formarsi – scrive il Cocco Ortu della


consorteria, raffigurata come un’enorme piovra – l’ho seguita nelle sue
vicende, nei suoi avvolgimenti. L’ho anche combattuta. Ha le sue
braccia viscose nella rappresentanza nazionale e nel senato, nel Consi-
glio provinciale e nei Consigli comunali, nella stampa e nelle società
più o meno segrete...
La Sardegna è la preda al cui petto trovasi applicata la bocca, ed
alle cui membra stanno avvinte le braccia del mostro. Essa vuol mette-
re mano nella nomina di tutti i rappresentanti, dal sindaco al deputa-
to; di tutti gli impiegati, dall’usciere e dal commissario all’intendente
di finanza ed al procuratore generale del Re. In tutti gli uffici pubblici
tollera soltanto gli indifferenti finché non vi possa collocare un adep-
to, perseguita i sospetti di esserle avversari, si adopera a mandar via
coloro onde diffida. Costituisce una specie differente da tutte le altre
createsi in Italia. La consorteria toscana, la napoletana, la lombarda, la
piemontese sono moderate, governative, hanno un solo colore: la sar-
da non ne ha alcuno. Ve lo dissi: è il mostro”.
Dopo la trasformazione dei consigli divisionali in consigli pro-
vinciali, primo organizzatore della consorteria era stato il prefetto Do-
menico Elena, il cui nome, scrive Cocco Ortu, “non lo potrà dimenti-
care il mio paese, come non potrà obliare le cavallette del 1868. Una
disgrazia non viene mai da sola. È in questo periodo di anni che la
camarilla genera la consorteria, che la consorteria tocca il suo apogeo.
Nessun altro partito organizzato esiste che possa opporre resistenza, e
bel bello la consorteria assorbe la stampa.
È sotto siffatti auspici che si elessero i deputati dell’ultima legi-
slatura. Li elesse l’influenza della consorteria o nelle sue file, e combat-
tendo chi non le fosse indifferente... La consorteria mendicante favori
governativi, o croci per i compari, ostenta poi nell’isola indipendenza
di carattere ed opposizione al governo, e continua a far apparire la Sar-
degna come una mendicante”.
L’autore passa quindi in rassegna i deputati uscenti, tre dei quali
generali, Garibaldi, Efisio Cugia e Giovanni Serpi, un ex prefetto, Fran-
cesco Murgia, ed un ex consigliere d’appello, Enrico Garau. Particolar-
mente piccante la descrizione di Francesco Salaris, col quale Cocco
Ortu avrebbe avuto in seguito uno scontro memorabile per la suprema-
zia nella provincia di Cagliari. Completavano la pattuglia parlamentare
sarda Giuseppe Luigi Delitala, Marco Calvo, Nicolò Ferracciu, Antonio

491
Lorenzo Del Piano

Costa ed infine Giorgio Asproni, per il quale Cocco Ortu non nasconde
un’indubbia simpatia: rappresentanza parlamentare uscente che uno dei
membri della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’isola presiedu-
ta da Agostino Depretis, del quale Cocco Ortu non fa il nome, aveva
definito “uno dei mali della Sardegna”. Sarebbe stata migliore la rappre-
sentanza che i sardi erano chiamati ad eleggere?
Cocco Ortu non mancava a questo punto di passare in rassegna
i candidati, tra i quali l’ex giornalista e professore universitario Giu-
seppe Todde; Giovanni Antonio Sanna, principale azionista della mi-
niera di Montevecchio, ed un altro professore universitario, Francesco
Sulis, che nel collegio di Ozieri rivaleggiava con Garibaldi.
Le elezioni, celebratesi il 20 e 27 novembre, portarono in Parla-
mento Giorgio Asproni, Efisio Cugia, Gavino Fara, Raffaele Garzia,
Francesco Murgia, Salvatore Parpaglia, Francesco Salaris, Pietro Denti
Sanna, Francesco Sulis e Pasquale Umana. Nelle elezioni suppletive,
che si tennero il 12 febbraio 1871 e 24 e27 marzo 1872 furono invece
eletti Francesco Cugia e Giovanni Serpi.

4. L’agitazione legale del 1875 – Fu nella prima metà degli anni Settan-
ta che Francesco Cocco Ortu si mise in luce oltre che come pubblici-
sta come amministratore locale e, sul piano regionale, come segretario
del comitato presieduto dal senatore Ignazio Aymerich, marchese di
Laconi, che promosse l’agitazione per il completamento della strada
ferrata a scartamento normale: agitazione alimentata anche dallo
scontento largamente diffuso nell’isola per quello che lo stesso Cocco
Ortu definisce il malgoverno della Destra (15).
Alla vicenda il Cocco Ortu dedica molte pagine delle sue me-
morie, nelle quali ricorda tra l’altro che dopo il completamento dei
tronchi Cagliari-Oristano e Porto Torres-Sassari-Ozieri, inaugurati
senza la partecipazione di autorità ministeriali, né la Compagnia reale
delle ferrovie sarde, né il governo sembravano aver intenzione di pro-
cedere alla costruzione delle linee ancora mancati, e cioè dei tronchi
Oristano-Ozieri ed Ozieri-Terranova (Olbia).

(15) Cfr., dello scrivente, La Compagnia reale delle ferrovie sarde, ora in Que-
stione sarda e questione meridionale, cit., e Benjamin Piercy, industriale e imprenditore
agricolo, in “Bollettino bibliografico della Sardegna”, n. 15.

492
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

L’opinione pubblica sarda reagì con indignazione all’atteggiamento


del governo, e mentre si faceva evidente la necessità di esercitare una certa
pressione sul ministero Minghetti, si profilava il pericolo che incomposte
manifestazioni di protesta potessero fornire qualche giustificazione ad
eventuali interventi repressivi, anticipati da sintomi preoccupanti, quale il
trasferimento a sedi continentali disagiate degli impiegati statali che assu-
mevano pubblicamente atteggiamenti contrari al governo in carica.
Veniva così presa l’iniziativa di mantenere la protesta popolare
entro i limiti della più stretta legalità, compito affidato ad un apposito
comitato costituito a Cagliari. Presidente del comitato per l’agitazione
legale fu nominato come già accennato il marchese di Laconi, ma es-
sendo questi indisposto la presidenza fu affidata di fatto al vice presi-
dente avvocato Michele Carboni. Segretario fu nominato il Cocco
Ortu, col quale collaborarono diversi altri giovani.
L’iniziativa ebbe successo, ed all’agitazione legale aderirono
moltissimi Comuni, mentre una vasta azione di propaganda veniva
svolta dai comitati locali sorti in diversi centri.
Respinta la proposta piuttosto pericolosa di sospendere il paga-
mento delle imposte, la protesta popolare si manifestò con le dimissioni
di diverse amministrazioni locali, iniziative alle quali la prefettura cercò
di far fronte favorendo la formazione di amministrazioni di minoranza.
Grazie all’abile regia di Cocco Ortu, tutti i sardi si trovarono
una volta tanto d’accordo nel battersi per il completamento della stra-
da ferrata: risultato di grande valore anche politico, che ebbe uno sboc-
co pratico nella progettata costituzione di un’associazione permanente
denominata Unione Sarda: nome che sarebbe stato più tardi fatto pro-
prio dal quotidiano cagliaritano che si pubblica ormai da 110 anni.
Il compatto atteggiamento antigovernativo dei sardi, incorag-
giato dai parlamentari d’opposizione, creò qualche imbarazzo ai depu-
tati ed ai senatori che sostenevano il governo Minghetti.
Nelle sue memorie Cocco Ortu non entra nei particolari del-
l’agitazione legale, e in qualche modo si giustifica scrivendo di non
essere più in possesso del carteggio del comitato, affidato durante una
sua assenza da Cagliari all’avvocato Antonio Ballero Ciarella.
Le carte delle quali Cocco Ortu avrebbe avuto bisogno per fornire
più ampi particolari sull’agitazione legale furono viste, sicuramente per-
ché cedutegli dai Ballero, dei quali era amico, da Giovanni De France-

493
Lorenzo Del Piano

sco, che appunto a quella documentazione fa riferimento in uno degli


opuscoli che pubblicò dopo la chiusura dell’“Avvenire di Sardegna”, il
quotidiano del quale era stato proprietario e direttore (16).
Nel suo saggio De Francesco non manca di accennare al dissi-
dio, di antica origine, tra Sassari e Cagliari, ed all’ostilità nei confronti
del conte Serra degli ambienti politici sassaresi, che in lui vedevano “il
simbolo dell’assorbimento cagliaritano rivolto ai danni di Sassari”.
Il Cocco Ortu, che da tempo si adoperava, aggiunge De France-
sco, a “screditare il sistema elettorale politico svolgentesi sotto l’alta
direzione del conte Serra”, era nel 1875 la persona più qualificata a
promuovere un accordo politico tra Cagliari e Sassari per forzare il mi-
nistero a completare la rete ferroviaria, superando l’inerzia dei deputa-
ti della provincia di Cagliari succubi del governo.
Nacque così il comitato promotore dell’agitazione legale, nel
quale furono rappresentate tutte le classi di cittadini, dal carpentiere
Fadda, presidente della Società operaia, al presidente del comitato
marchese di Laconi, che anni prima, in vista della costruzione della
strada ferrata, aveva con una monografia propugnato il tracciato cen-
trale, detto della vallata del Tirso.
La situazione non fu esattamente percepita dal prefetto di Ca-
gliari Fasciotti, che in un rapporto al ministro Cantelli faceva risalire
l’agitazione in atto ai “concetti strategici” del partito repubblicano:
rapporto che un funzionario del ministero degli Interni che aveva di-
retta conoscenza dell’isola e dei suoi problemi, Giannetto Cavasola,
postillava con la frase: “Soliti artifizi di polizia” (17).
Qualche appiglio in questo senso poteva essere offerto in realtà
al prefetto Fasciotti dal fatto che dopo il grande comizio cagliaritano

(16) Cfr. G. DE FRANCESCO, Per la storia. Le agitazioni ferroviarie in Sardegna


nel 1875-76 e nel 1910, Cagliari, 1910. Sul De Francesco cfr. il nostro saggio pub-
blicato in Prefetti, politici e giornalisti, cit.
(17) Su Giannetto Cavasola, del quale avremo occasione di riparlare, cfr., ol-
tre la voce dedicatagli nel Dizionario biografico degli Italiani, il nostro Proprietà col-
lettiva e proprietà perfetta della terra: il caso di Orune 1874-1940, Cagliari, Della Tor-
re, 1979. Il Cavasola venne nominato sottoprefetto di Nuoro da Giuseppe
Zanardelli a seguito delle sollecitazioni dei deputati Pirisi Siotto, Umana, Garzia,
Garau, Ponsiglioni e Ferracciu, preoccupati per la situazione amministrativa e
giudiziaria di quel circondario.

494
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

del 28 marzo 1875 l’iniziativa di promuovere a Sassari un movimento


analogo era stata presa dal noto esponente repubblicano avvocato Ga-
vino Soro Pirino, che il 29 diffondeva un messaggio alla cittadinanza
esortandola a prendere posizione.
Il testo del messaggio, pubblicato integralmente dal “Corriere di
Sardegna”, era preceduto da un lungo ed enfatico “cappello” nel quale
si ricordava la posizione assunta dal senatore Giuseppe Musio nel
1862, quando la legge per la costruzione della strada ferrata stava per
naufragare. Scriveva il Soro Pirino:

“Cittadini,
nel pensiero che vi date delle cose della patria Voi pure avrete notato
senza dubbio la nuova prova d’abbandono che ne giunge dal Governo
col voler esso porre in dimenticanza assieme alle intraprese ferrovie
sarde la legge che ne ordinò la costruzione.
Il fatto, a dir vero, è troppo rimarchevole ed ingiurioso per noi,
e vi sarete anche voi compiaciuti del risveglio che ha destato nei nostri
fratelli di Cagliari, i quali hanno voluto lodevolmente accordarsi – po-
sponendo qualsiasi differenza di colore politico – per spingere l’Isola a
rispondere all’oltraggio che intenderebbe farle il Governo.
Il grido cagliaritano ha già trovato eco in Iglesias, in Oristano ed
in Ozieri: non manca se non l’espressione del popolo di Sassari per
doversi dire ridesta l’Isola dall’uno all’altro Capo.
Or converrà a noi di chiuderci nella sonnolenza e nell’apatia?
Ciò non può essere, perché non possiamo isolarci dai fratelli, perché le
questioni supreme nella comune sventura devono stare a cuore di tut-
ti, perché ci andrebbe dell’onore della città”.

Il messaggio di Soro Pirino terminava con l’invito alla cittadinan-


za a partecipare ad una riunione che in effetti si tenne in una sala del-
l’Istituto tecnico, sotto la presidenza del sindaco della città e presidente
del Consiglio provinciale comm. Nicolò Pasella. Si giunse così alla no-
mina di un comitato del quale fu eletto presidente il nobil uomo Simo-
ne Manca Insolero, vice presidente il Soro Pirino. Tra i membri, oltre il
Pasella, l’avv. Salvatore Manca Leoni, in seguito presidente, l’avv. Anto-
nio Marogna, il marchese di San Saturnino, il cav. Enrico Garau ed altre

495
Lorenzo Del Piano

personalità di primo piano della vita cittadina. Segretari furono nomi-


nati gli avvocati Francesco Rugiu e Filippo Garavetti.
Ricorda ancora De Francesco che “se il ministero era ingannato
dai rapporti d’un prefetto raggirato, l’opinione pubblica di tutta l’isola
era rischiarata dalle incessanti comunicazioni del Comitato di Cagliari,
dovute per la massima parte alla penna dell’avvocato Cocco Ortu, i cui
manoscritti in questi giorni mi sono passati sott’occhio. Doppio era in
lui l’ardore, quello del patriota sollecito della prosperità paesana, e quel-
lo dell’ambizioso, al quale gl’intrighi della fazione spadroneggiante ave-
vano chiuse le porte del Consiglio provinciale. Anche la stampa faceva il
proprio dovere, senza banalità e veemenza. Non ve n’era uopo: la causa
era buona. Intanto a Roma si raccoglieva una voce simpatica, quella del
deputato Mauro Macchi, venuto in Sardegna il 21 febbraio 1869 qual
segretario della commissione d’inchiesta, presieduta da Agostino Depre-
tis. L’amicizia che lo legava a Giorgio Asproni e le attestazioni di affetto
di cui gli si era stati prodighi durante il suo soggiorno nell’isola gli ave-
vano suscitato, in mezzo al tramestio generale, il ricordo de’ bisogni iso-
lani. Essendo relatore della legge per i fuligginosi terreni ademprivili,
colse il destro d’appaiare questo argomento con l’altro delle ferrovie che
avevano messo in sussulto tutti i sardi. Egli si fece scrupolo di rilevare
che, essendo stato membro della commissione d’inchiesta, aveva acqui-
stato la convinzione del supremo bisogno di avvicinare gl’isolani al con-
tinente mediante una ferrovia che dal Sud li trasportasse al Nord. Così i
terreni ademprivili, ch’eran serviti di base finanziaria alla cataclistica
convenzione del 1863, giovarono al deputato lombardo per inspirargli
un generoso memento”.
In sede parlamentare il problema fu formalmente sollevato a
giugno da due interpellanze, una del deputato Salaris, l’altra presenta-
ta dal deputato Umana anche a nome dei colleghi Sulis, Murgia, Salis,
Cugia, Asproni, Roberti e Marengo.
Nella sua risposta il Minghetti, presidente del Consiglio dei mi-
nistri e ministro delle Finanze, prendeva tempo, rinviando la soluzio-
ne del problema ferroviario sardo ad un futuro progetto di legge,
mentre il ministro dei Lavori pubblici Silvio Spaventa comunicava che
la Compagnia reale delle ferrovie sarde non poteva e non intendeva
costruire le linee mancanti alle stesse condizioni alle quali aveva realiz-
zato le linee già in funzione.

496
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

Su questo tema lo Spaventa sarebbe tornato in un colloquio che


ebbe con De Francesco nel 1882 a Torre del Greco, colloquio nel qua-
le lo Spaventa attribuì ad altri la volontà di procrastinare il completa-
mento della rete ferroviaria sarda, e precisò che personalmente voleva
solo “la crisi liberatrice del 18 marzo”.
Il problema ferroviario non era comunque ancora risolto agli
inizi del 1876, quando lo Spaventa invitava l’Asproni, che aveva solle-
citato una decisione del governo, a pazientare ancora un po’. Come
peraltro De Francesco scrive, si cominciava già a sentire “la puzza del
cadavere”: il 18 marzo 1876, celebrato in seguito come quello d’una
formidabile insurrezione parlamentare, era poco lontano, e si sapeva
che la maggioranza si era disgregata e che “i deputati toscani del Cen-
tro cospiravano con la Sinistra per abbattere il gabinetto”.
“L’interpellanza Morana sull’applicazione dell’impopolare legge
sul macinato – ricorda De Francesco – fu la piattaforma ove gli scisma-
tici avevano divisato di misurarsi col Ministero. Caloroso ne fu lo svol-
gimento, e da una parte e dall’altra si bruciava dalla voglia di venire ad
una votazione. Ad un ordine del giorno di recisa censura, da un deputa-
to ministeriale fu contrapposto un ordine del giorno di sospensiva. For-
se il presidente del Consiglio confidava di potere entro le ventiquattro
ore scongiurare il pericolo di detronizzamento. Si venne ai voti, e la so-
spensiva non fu suffragata che da 181 deputati, mentre 242 si pronun-
ciarono contro. Il marchese Edmondo Roberti, avolo materno dell’at-
tuale deputato di Cagliari Edmondo Sanjust, che era riguardato da tutta
la cittadinanza torrente perenne di beneficenza, e che quando era impo-
tente ad appagare smodate esigenze, in segno di conforto ed in garanzia
d’un ulteriore tenero interessamento, era solito dire dolcemente: speria-
mo, questa volta, convinto non esservi più nulla da sperare dall’ammi-
nistrazione Minghetti in favore della sua patria, all’appello nominale
pronunciò un no sonorissimo. Il dabben’uomo era stanco di trovarsi alla
mercè di ministri mentitori. Ed ugualmente risposero no l’Umana,
l’Asproni, il Cugia, il Parpaglia, il Salaris, il Serpi, il Sulis ed il Murgia.
Era assente il Salis. La frana de’ 242 coalizzati seppellì il gabinetto.
Come la sera ne pervenne in Cagliari l’annunzio telegrafico, fu uno
spopolamento di tutti i luoghi di ritrovo e perfino delle case ove, come le
galline, si era tolta l’abitudine di andare a dormir presto. Era da un anno
che durava l’agitazione, costanza così lunga era stata superiore all’indole

497
Lorenzo Del Piano

cagliaritana. Si sentiva il bisogno di mostrare pubblicamente il giubilo


provato per la catastrofe del ministero reprobo, ed anche l’altro bisogno di
dar tregua allo spirito, cotanto teso dall’annoso tema delle ferrovie. Final-
mente era dato respirare. In alcuni circoli persone disinteressate tanto in
politica che in affari, per la consolazione, vuotarono il portafoglio e ne
distribuirono il contenuto ai custodi e agli inservienti dei circoli. Va ricor-
dato che durante la notturna dimostrazione di gioia neppure un grido
sconcio fu emesso sotto le case di quelli che non avevano caldeggiato l’agi-
tazione, o l’avevano osteggiata, o l’avevano disertata”.
Come è noto l’eredità di Minghetti fu raccolta da Agostino De-
pretis, che affidò a Zanardelli il portafogli dei Lavori pubblici. Sciolta
la Camera con decreto del 3 ottobre 1876, vennero eletti a rappresen-
tare l’isola oltre il Cocco Ortu (Lanusei), Antonio Ponsiglioni (Caglia-
ri), Pietro Ghiani Mameli (Isili), Nicolò Ferracciu (Macomer), Salva-
tore Pirisi Siotto (Nuoro), Francesco Salaris (Nuraminis), Francesco
Sulis (Ozieri), Enrico Garau (Alghero) e Raffaele Garzia (Sassari).
Si imponeva ora con maggior vigore la soluzione del problema
ferroviario, che poteva essere raggiunta o affidando la costruzione dei
tronchi ancora mancanti ad una nuova società, o stipulando con la
Compagnia reale delle ferrovie sarde una nuova e più equa convenzio-
ne. Alle sollecitazioni dei deputati sardi peraltro Depretis oppose una
resistenza elastica, rinviando più volte la soluzione del problema, fin-
ché dovette cedere, garantendo ai parlamentari dell’isola di avere auto-
rizzato Zanardelli a predisporre una nuova convenzione.
“Il Cocco Ortu nei primi giorni della XIII legislatura – ricorda
De Francesco – era stato presentato affettuosamente dal Salaris allo
Zanardelli, e non aveva peranco guadagnate le grazie di questo valen-
tuomo. Era però diventato l’intimo di Alfredo Baccarini, segretario
generale al ministero dei lavori pubblici. Questi ebbe a confidargli
schiettamente che nel suo dicastero non si raccoglieva indizio veruno
del buonvolere del presidente del Consiglio. E qui nuova processione
della deputazione sarda presso il Depretis, stupito del vederla consape-
vole delle protratte lungaggini. A che stupirsi? Per esser messi sulla via
della verità non era necessaria un’indicazione del collaboratore di Za-
nardelli. Alla Società concessionaria non era stato fatto nessun invito
per tentare di porsi d’accordo su’ nuovi patti. Interrogata da’ deputati,
non poteva a meno di rispondere che non la si era chiamata. E poi

498
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

v’erano i creditori, i quali, per quanto molesti appaiano, dal loro inte-
resse son sospinti a farsi protettori del debitore.
Incalzando, incalzando, incalzando, finalmente fu messo sulla
carta tutto quello che fino a quel momento aveva avuto soltanto im-
portanza orale. Depretis n’era gongolante, e ad ognuno diceva d’essere
stato lui ad esaudire i voti dell’Isola. I deputati che sapevano quanto
avevano sudato per toccare la meta, per cortesia arieggiavano l’entu-
siasmo pel salvatore. A’ primi di maggio non era più un mistero che la
nuova convenzione era stata sottoscritta. Erano occorsi non meno di
cinque mesi per giungere a questo punto”.
Con la firma della nuova convenzione si apriva un altro proble-
ma, in quanto la strada ferrata non avrebbe più percorso la valle del
Tirso ed il Goceano, ma da Oristano avrebbe puntato su Macomer. Si
sarebbero così risparmiati molti milioni, ma la linea non avrebbe più
toccato il circondario di Nuoro, ciò che poteva creare nuovi contrasti
nell’isola e fra i membri della deputazione sarda. Ad evitare i quali si
ritenne di designare al posto di Cocco Ortu un altro relatore della leg-
ge con la quale veniva approvata la convenzione: soluzione che il Coc-
co Ortu agevolò cedendo al collega che lo avrebbe sostituito la relazio-
ne da lui già predisposta. Per prevenire inoltre l’opposizione del depu-
tato nuorese Salvatore Pirisi Siotto, che era subentrato all’Asproni, de-
ceduto poco dopo la “rivoluzione parlamentare” del 18 marzo, Cocco
Ortu presentò un ordine del giorno inteso a rassicurare i nuoresi.
“Fin d’allora il giovine deputato – scrive De Francesco – posse-
deva l’arte di non forzare molto la pazienza delle assemblee e deciderle
a votare nel momento in cui è visibile l’inclinazione alla condiscen-
denza. Poche parole proferì. Importava che trionfasse la legge, e non la
vanità personale: “Rinunzio alla parola. Non credo di poter fare mi-
glior ragionamento di questo in favore del progetto, tanto più perché
mi auguro che l’ordine del giorno da noi proposto assicuri la ferrovia
al Goceano ed a Nuoro”.
Il suo ordine del giorno, approvato alla quasi unanimità, era
così concepito: “La Camera confida che a compimento delle ferrovie
Sarde, di cui nel presente progetto di legge, e quando le condizioni
finanziarie lo permettano, il Governo provvederà affinché sia costruita
la diramazione che rannodi alla rete principale l’altipiano del Tirso nel
Goceano e la città di Nuoro, e passa alla votazione della legge”.

499
Lorenzo Del Piano

Presentato in un ambiente favorevole, non poteva non arridergli


la sorte. L’autore si rivelava stratega sagace. Impegnava la finanza a
scadenza indeterminata, e verosimilmente remota assai, disarmava il
Pirisi-Siotto, calmava gli scrupoli degli amici d’Asproni, carezzava gli
ideali del Ferracciu ed apriva uno spiraglio all’avvenire ferroviario del
suo paese d’origine, il Goceano. Forse in quell’istante gli sorse in men-
te il proposito di divenire l’Agamennone de’ suoi colleghi; certamente
preparò il caposaldo delle ferrovie secondarie nella provincia di Sassa-
ri, comprese nella successiva legge del 22 marzo 1885. La sua fortuna
politica s’iniziò con quell’abile manovra: sedici mesi dopo (ottobre
1878) era chiamato segretario generale al Ministero di Agricoltura e
Commercio nel gabinetto Cairoli.
Alle urne si raccolsero soltanto ventotto palle nere; le favorevoli
montarono a 188. L’Italia, per mezzo de’ suoi rappresentanti, aveva
dimostrato d’amare la Sardegna.
Questi i risultati definitivi dell’agitazione legale del 1875-1876”.
Mentre Cocco Ortu nel ricostruire la vicenda dell’agitazione le-
gale del 1875 sembra affidarsi solo alla memoria, De Francesco, come
già accennato, ebbe a disposizione il carteggio relativo, affidato da
Cocco Ortu all’avvocato Antonio Ballero e da questi non restituito,
così come ai Ballero non dovrebbe averlo restituito De Francesco, ed
in effetti quei documenti non fanno parte delle Carte Ballero dell’Ar-
chivio comunale e dell’Archivio di Stato di Cagliari, ai quali altri im-
portanti carteggi sono stati donati.
Ci sembra invece che la vicenda avrebbe meritato una più pun-
tuale anche se sintetica ricostruzione, ciò che sia il Cocco Ortu che il De
Francesco avrebbero potuto fare senza grave dispendio di energie con-
sultando i giornali del tempo, ed innanzitutto l’“Avvenire di Sardegna”
ed il “Corriere di Sardegna”. Avrebbero così potuto riferire interessanti
notizie sul comitato per l’agitazione legale, la costituzione del quale ven-
ne suggerita agli amici sardi da Agostino Depretis; accennare agli inter-
venti della Camera di commercio e della Società dei reduci dalle patrie
battaglie, nonché delle Società operaie di Cagliari e di Sassari, che solle-
citarono un intervento di Garibaldi; informare sulle assicurazioni date
in piena malafede da Minghetti a Salaris e sull’ambiguo atteggiamento
di Francesco Maria Serra, al quale proprio in quel periodo Vittorio
Emanuele II concesse il titolo di conte, trasmissibile agli eredi: occasio-

500
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

ne per gli amici di Serra di indire una sottoscrizione per far fare al neo
conte un ritratto ad olio a grandezza naturale.
Il comitato cagliaritano per l’agitazione legale era presieduto no-
minalmente come già accennato dal marchese di Laconi, ma poiché
questi non stava bene in salute era guidato dal vice presidente avvoca-
to Michele Carboni, già deputato di Isili nel 1865-67 e futuro deputa-
to di Cagliari. Altri comitati vennero costituiti in vari centri dell’isola.
L’iniziativa di maggior rilievo del comitato cagliaritano fu l’or-
ganizzazione di tre grandi comizi, il primo dei quali si svolse domeni-
ca 28 marzo alle ore 9, al teatro Cerruti, sotto la presidenza dell’avv.
Carboni, e con la partecipazione dell’avv. Luigi Dedoni in rappresen-
tanza della Camera di commercio e della Banca Agricola; di Pietro
Ghiani Mameli, direttore del Credito Fondiario; dell’avv. Giuseppe
Saggiante, direttore del Banco di Cagliari; di Nicolò Costa, direttore
del Credito Agricolo, presenti pure il cav. Satta Musio, il prof. Filippo
Vivanet, il marchese Delitala, il prof. Falconi, l’avv. Francesco Cocco
Ortu, il cav. Giovanni Agostino Varsi, l’avv. Gaetano Porru, Stefano
Rocca, i rappresentanti di diverse associazioni con le rispettive bandie-
re e di molti Comuni della provincia ed un folto pubblico.
“Il primo oratore – riferisce il “Corriere di Sardegna” – fu l’avv.
Michele Carboni, che con un discorso ben stringato, chiaro ed elegan-
te, inspirato a nobili e patriottici sentimenti, seppe conciliarsi l’atten-
zione di quel grande e scelto uditorio per cui fu meritatamente ap-
plaudito; il deputato Umana fu il secondo a prendere la parola: parlò
veramente senza passione, fu anch’egli applaudito: ei con molta fran-
chezza accentuò alcuni fatti, per cui forse fu scemato quell’effetto che
col suo bel dire avrebbe altrimenti ottenuto; seppe invece pienamente
conseguire il grandioso effetto della sua facile loquela il giornalista De
Francesco, che portò la questione in un terreno nel quale erano im-
mancabili i fragorosi applausi, le chiamate e le entusiastiche ovazioni.
Presero pure la parola il prof. G. Todde, il sig. avv. Floris, Gian Pietro
Chironi, l’avv. Carboni Boi, il sig. Luigi Solinas ed il giovine Luigi
Congiu i quali vennero pure tutti applauditi”.
Del comizio del 28 marzo dava notizia nell’“Economista” di Fi-
renze un G.T., nel quale è da identificare il prof. Giuseppe Todde, che
ricordava come l’isola chiedesse solo l’applicazione della legge 28 ago-
sto 1870, n. 5838, e quindi la costruzione delle linee Oristano – Ozie-

501
Lorenzo Del Piano

ri ed Ozieri-Terranova. La rete ferroviaria così completata, sosteneva il


Todde, non aveva un interesse solo regionale, poteva anzi presentare
un interesse nazionale e internazionale, perché avrebbe potuto abbre-
viare di 18-20 ore la durata del viaggio di chi dal continente intendeva
recarsi in Tunisia, dato che prendendo il treno da Terranova a Cagliari
si sarebbero percorse via mare solo le tratte Civitavecchia-Terranova e
Cagliari-Tunisi.
Un secondo comizio si tenne il 25 aprile, dopo la ripresa dei la-
vori della Camera, presente per l’amministrazione comunale il facente
funzioni di sindaco avv. Marcello, assenti il marchese di Laconi e Pie-
tro Ghiani Mameli. Anche questa volta parlò per primo l’avv. Carbo-
ni, il quale deplorò che nessuna risposta avesse dato il governo alle sol-
lecitazioni non solo dei cagliaritani, ma anche dei rappresentanti di un
centinaio di Comuni sardi con complessivi 300.000 abitanti. Esposta
minutamente la situazione, cedette la parola a Giovanni De France-
sco, che non mancò di ironizzare su Marco Minghetti, “uno dei più
venerandi santi padri della chiesa governativa”, il quale mentre racco-
mandava a tutti l’osservanza delle leggi non osservava la legge del
1870 per il completamento della rete ferroviaria sarda.
Dopo vari interventi, tra i quali quello del prof. Todde, venne
approvato l’ordine del giorno proposto dal comitato, col quale “la cit-
tadinanza cagliaritana, riunita in popolare comizio”, dichiarava di non
rinunciare alla speranza che il Parlamento avrebbe reso giustizia alla
Sardegna, gravemente offesa nella sua dignità e nei suoi diritti; si dice-
va lieta della solidarietà dimostratale da varie amministrazioni locali
pronte a dimettersi in segno di protesta; confidava che la cooperazione
di tutti potesse costringere il governo, sempre nei limiti della legalità,
a rispettare la legge.
Il terzo grande comizio si tenne sempre al teatro Cerruti il 24
giugno, con la partecipazione della Società Giovane Sardegna, del Cir-
colo Manno, della Fratellanza commerciale, della Società degli operai
e di altri sodalizi con le rispettive bandiere.
Ancora indisposto il marchese di Laconi, il comizio fu presiedu-
to dall’avv. Carboni, il quale ricordò l’impegno del comitato a convo-
care nuovamente la cittadinanza non appena ci fossero da fare impor-
tanti comunicazioni. Riferiva pertanto che ben 40 comitati locali e
300 Comuni avevano risposto all’appello del comitato cagliaritano ed

502
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

a cominciare da Sassari avevano aderito all’associazione Unione Sarda.


Dell’agitazione in atto avevano scritto i giornali continentali, in parti-
colare quelli romani. Dal canto loro i senatori sardi Villamarina, Siot-
to Pintor e Musio si erano interessati del problema ferroviario, e l’ulti-
mo aveva anzi pubblicato un opuscolo nel quale si dimostrava come
l’isola avesse diritto al completamento della rete.
Ricordava ancora l’avv. Carboni come a seguito delle sollecita-
zioni del comitato l’on. Salaris aveva presentato una sua interpellanza,
ed un’altra era stata presentata dall’on. Umana a nome suo e degli altri
deputati sardi. Nel corso della discussione alla quale le interpellanze
avevano dato origine l’on. Minghetti aveva riconosciuto il buon dirit-
to della Sardegna, fondato sulla legge del 1870. Sosteneva peraltro che
in questa legge esisteva una lacuna, che si proponeva di colmare con
un progetto di legge che avrebbe presentato a novembre.
L’avv. Carboni si chiedeva quindi cosa fosse ora opportuno fare,
e proponeva l’approvazione di questo ordine del giorno: “La cittadi-
nanza cagliaritana, riunita in popolare comizio, dichiara che non ripo-
ne cieca fede nelle promesse del ministero Minghetti; afferma la ne-
cessità che la Sardegna rimanga vigile fino a che non si esplichino in
guisa da soddisfare pienamente i diritti del paese riconosciuti dallo
stesso ministero, e sia per tal modo scongiurato il pericolo che un
nuovo disinganno sopraggiunga funesto a scuotere il già troppo esa-
cerbato spirito pubblico”.
“Dopo ciò – concludeva l’avv. Carboni – permettetemi un’ulti-
ma parola. Fu detto che noi abbiamo creato la presente agitazione.
Calunnia, calunnia di cui non noi, ma il paese si deve dolere. I nostri
diritti furono violati. Il dire che l’abbiamo creata è un supporre che il
paese non avesse coscienza dei suoi diritti. Noi l’agitazione l’abbiamo
trovata, raccolta, custodita dalle arti di chi avrebbe avuto interesse di
contaminarla.
Il primo stadio, o signori, è chiuso, e con ciò termina l’opera del
vostro comitato. Possiamo dirlo con orgoglio: abbiamo fatto il dover
nostro; rassegneremo il nostro ufficio quando sorga un altro comitato
il quale raccolga l’opera nostra”.
Il deputato Francesco Salaris pronunciava quindi un lungo di-
scorso nel quale esponeva quanto aveva fatto per sbloccare la questio-
ne ferroviaria, e ricordava i contatti avuti a questo fine con gli altri

503
Lorenzo Del Piano

esponenti politici dell’isola. Riferendosi quindi alla promessa di Min-


ghetti di presentare a novembre un nuovo progetto di legge sosteneva:
“In verità io non sono soddisfatto del ministero, il quale a forza
di tergiversazioni ha assonnato la questione. Prima che la legge passi
per la trafila degli uffici e del Parlamento trascorrerà il tempo utile del
1876 e i lavori non cominceranno che nel 1877. Dunque il ministro
ha conseguito la voluta sosta di due anni... Possiamo fare affidamento
sulle promesse di Minghetti? Come deputato dell’opposizione io non
tengo in gran conto le promesse di lui. La mia sfiducia in questo
uomo politico non data da oggi... Non basta, o signori: il programma
finanziario Minghetti fu mantenuto solo contro la Sardegna”.
Dopo ulteriori considerazioni dell’on. Salaris il comizio, nel corso
del quale vennero formulate gravi critiche nei confronti dei deputati
sardi ministeriali e del senatore Serra, approvò un ordine del giorno col
quale la cittadinanza cagliaritana “mentre applaudiva alla condotta del
deputato Salaris, non poteva approvare quella degli altri deputati”.
Solo dopo la caduta della Destra peraltro, come ricordava De
Francesco, sarebbe stato deciso il completamento della rete a scarta-
mento normale, integrata più tardi da tre reti a scartamento ridotto,
non collegate tra loro e con la rete principale, tanto che a Cagliari le
due stazioni, quella delle Reali, come si diceva, e quelle delle Comple-
mentari vennero costruite alle estremità opposte della città di allora.
Ricorderemo infine che nel corso dell’agitazione legale si ebbe
un avvicinamento tra il Cocco Ortu e Francesco Maria Serra.
Del conte Serra il Cocco Ortu traccia nelle sue Memorie un inte-
ressante profilo, ricordando che entrò giovanissimo nella magistratura
sarda e che percorse una rapida e brillante carriera non tanto per la sua
preparazione giuridica, quanto per le sue doti di equilibrio e per l’impe-
gno col quale svolse le mansioni affidategli. Ricorda a questo proposito
il Cocco Ortu che il Serra ebbe l’ardire di protestare a Torino contro il
pesante intervento del viceré in un processo in via di svolgimento.
Dopo la fusione con i RR. Stati di Terraferma il Serra fu eletto
più volte deputato ed infine nominato senatore. Fece parte dello
schieramento di maggioranza, ed a lui il Cavour affidò il compito non
facile di sostenere il punto di vista del governo nella complessa vicen-
da dell’abolizione degli usi civici detti ademprivi. Fu inoltre a capo
della consorteria contro la quale il Cocco Ortu polemizzò a lungo e

504
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

rivestì le cariche più alte, dalla vice presidenza del Senato alla presi-
denza della Corte d’appello e del Consiglio provinciale: carica que-
st’ultima nella quale fu sostituito, dopo l’agitazione legale, dal mar-
chese di Laconi.
Entrato in urto col ministro Taiani, dovette dimettersi, per evi-
tare rappresaglie trasversali che avrebbero nuociuto alla carriera dei fi-
gli anch’essi magistrati. Fu questo il principio della fine: abbandonato
da quanti aveva favorito e beneficato ai tempi della sua onnipotenza,
conobbe prima di morire un periodo di isolamento, nel quale gli fu di
conforto l’amicizia del Cocco Ortu e della sua famiglia (18).

5. I primi studi per la sistemazione idraulica – Nel riferire nelle sue me-
morie gli avvenimenti del 1884 Cocco Ortu non manca di ricordare
che appunto in questo periodo il Consiglio comunale da lui convoca-
to doveva scegliere l’area sulla quale costruire il nuovo palazzo del mu-
nicipio, non apparendo più sufficiente l’edificio del Castello nel quale
l’Amministrazione comunale aveva stabilito la sua sede nel lontano
1503 (19).

(18) Un utile anche se sintetico profilo di Francesco Maria Serra è stato trac-
ciato da Italo Birocchi nel volume Per la storia della proprietà perfetta in Sardegna,
Milano, Giuffrè, 1982.
(19) La prima pietra del nuovo palazzo municipale di via Roma fu posata il
14 aprile 1899 dal re Umberto I. La somma necessaria alla costruzione di un edificio
di indubbio pregio architettonico fu reperita a seguito della vittoria riportata dal
Comune in una pluridecennale lite con lo Stato.
Ricorderemo a questo proposito che la città di Cagliari godeva di particolari
diritti doganali e d’altra natura, a cominciare dalla giurisdizione di prima istanza nei
confronti dei propri debitori, vendutale nel 1633 dal re Filippo IV di Spagna per
8.000 scudi.
A seguito delle riforme della prima metà dell’Ottocento la città era stata
espropriata di questi suoi antichi diritti, ed aveva perciò ottenuto dallo Stato un in-
dennizzo di 138.725 lire annue, ridotto a 78.805 lire dato che lo Stato aveva assunto
a suo carico le spese relative a diversi servizi che avrebbero dovuto gravare sulle fi-
nanze comunali. Diventati questi servizi di competenza statale, avrebbe dovuto esse-
re pagata al Comune l’intera indennità a suo tempo stabilita. Poiché ciò non era
avvenuto, nel 1858 il Comune aveva intentato causa allo Stato, affidando la tutela
dei propri interessi all’avvocato Francesco Ballero.
Nel 1877 il tribunale di Cagliari diede ragione al Comune, e la sentenza,
contro la quale il ministero delle Finanze aveva presentato ricorso, venne confermata

505
Lorenzo Del Piano

In precedenza era stata individuata un’area tra Porta Villanova,


l’attuale piazza Costituzione, ed il giardino pubblico. A questo fine era-
no state acquistate dal Demanio, per demolirle, le casematte delle anti-

dalla Corte d’appello. Le due sentenze cagliaritane vennero peraltro annullate a se-
guito di un secondo ricorso presentato alla Corte di cassazione, che rinviò la causa
alla Corte d’appello di Roma.
Mancava appena un mese alla scadenza di certi termini quando il Comune
di Cagliari, per iniziativa di Cocco Ortu, riprendeva la causa, affidandola allo studio
cagliaritano dell’avvocato Antonio Ballero ed a quello romano di Giuseppe
Zanardelli. Chiamato questi al governo, il suo posto fu preso dall’avvocato Bruno
Chimirri.
Nel 1891 la Corte d’appello di Roma dette ragione al Comune, stabilendo in
113.000 lire annue la cifra della quale lo Stato era debitore. Un ulteriore ricorso del
ministero delle Finanze venne respinto nel 1896. Il Comune venne così a disporre di
oltre tre milioni (una lira del 1896 corrisponde a 6174,7344 lire attuali, e quindi tre
milioni ad oltre 18 miliardi), che vennero riscossi dall’Amministrazione Bacaredda.
Secondo Cocco Ortu la somma avrebbe dovuto essere impiegata per estin-
guere i debiti a suo tempo contratti a condizioni particolarmente onerose, e solo
quando la situazione finanziaria fosse stata così risanata si sarebbero potute affronta-
re le grandi spese delle quali era evidente la necessità. Bacaredda preferì invece impe-
gnare l’intera somma per alcune spese di non grande entità, quali quelle per l’am-
pliamento del cimitero e della manifattura dei tabacchi e la costruzione di case po-
polari. Venne inoltre concesso un contributo per la costruzione del palazzo della do-
gana, demolito dopo la seconda guerra mondiale. Più impegnativi altri interventi,
quali quelli per la costruzione del nuovo municipio, della passeggiata coperta, di di-
verse scuole e della fognatura.
Oltre le memorie di Cocco Ortu cfr. il volume di G. SORGIA e G. TODDE,
Cagliari. Sei secoli di amministrazione cittadina, Cagliari, Lyons, 1981.
Su Bacaredda, eletto sindaco per la prima volta nel 1889, e confermato con
qualche intervallo fino al 1921, data della morte, cfr. il volume miscellaneo Ottone
Bacaredda, pubblicato dal Comune di Cagliari in occasione del cinquantenario della
morte, nel quale sono raccolti saggi di F. ALZIATOR, La Cagliari di Bacaredda, G. DEL-
LA MARIA, L’Uomo Bacaredda, P. DE MAGISTRIS, O.B. amministratore, L. SALIS, O.B.
giurista e N. VALLE, O.B. letterato. A Paolo De Magistris si deve anche il profilo pub-
blicato nel primo dei due volumi su I cagliaritani illustri, curati da Antonio
Romagnino, autore anche del saggio Ottone Bacaredda e l’età che fu sua, introduzio-
ne all’opera omnia in corso di pubblicazione a cura del Comune di Cagliari.
Notevole interesse presenta il volume Cagliari (Roma-Bari, Laterza, 1996)
curato da Aldo Accardo, che comprende un ampio saggio dello stesso Accardo sul
periodo che va Dal fallimento dei moti angioyani alla Repubblica, nonché i saggi di
F. MASALA, La formazione della società borghese; G. TORE, Èlites, progetti di sviluppo ed
egemonia urbana, e di M.L. DI FELICE, Vocazioni associative e realtà industriale a Ca-
gliari tra l’età giolittiana e gli anni Sessanta.

506
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

che fortificazioni che qui sorgevano, al prezzo di 20.000 lire. Questo


progetto, come pure l’elevazione del bastione di Saint Rémy per portar-
lo all’altezza di quello di Santa Caterina, in modo da formare una co-
moda passeggiata, non poté essere realizzato per l’opposizione, scrive
Cocco Ortu, della Deputazione provinciale dominata dal Salaris.
Il problema della costruzione del nuovo palazzo municipale tor-
nò d’attualità appunto nel 1884 quando, scartata l’area prospiciente
l’attuale corso Vittorio Emanuele II già occupata dalla crollata chiesa
di San Francesco, vennero prese in considerazione altre tre aree, la pri-
ma delle quali tra la via del Condotto (l’attuale via Giovanni Maria
Angioy) e la piazza del Carmine, quella sulla quale è stata costruita in
seguito una scuola elementare. La seconda area era quella delimitata
da piazza Yenne, dalla via Azuni e dal primo tratto del corso Vittorio
Emanuele II. Il progetto prevedeva l’abbattimento di tutta una fila di
case, da quelle prospicienti piazza Yenne a quelle che sorgevano di
fronte alla chiesa di Sant’Anna: area molto vasta, che avrebbe consen-
tito anche la formazione di una grande piazza. La spesa relativa sareb-
be stata notevole, ma si sarebbe potuto contare su un contributo dello
Stato, al quale in compenso sarebbe stato ceduto il piano terra del
nuovo palazzo municipale, nel quale avrebbero potuto essere sistemati
gli uffici della posta e del telegrafo.
Entrambe queste aree vennero scartate, e si scelse l’area sulla
quale a fine secolo sarebbe stato costruito l’attuale palazzo municipale.
Se questo problema era importante, non lo era meno quello del-
la sistemazione idraulica del basso Campidano, del quale Cocco Ortu
si era interessato già nel 1881, tentando di imporre il concetto di
spendere meno per la costruzione di “strade elettorali”, e di investire le
somme rese così disponibili in opere di bonifica e di irrigazione (20).
Appunto nel 1881 gli ingegneri N. Bozzino e G. Costa si erano
posti il problema di “procurare al vasto bacino topografico dell’agro
campidanese la poderosa opera della trasformazione agraria col mezzo
dell’irrigazione”.
I risultati dello studio vennero pubblicati nel 1883 dal solo Boz-
zino in un opuscolo di una trentina di pagine dedicato “All’Onorevole

(20) Cfr. Consorzio per l’irrigazione del Campidano di Cagliari. Schema di Sta-
tuto, Cagliari, 1884.

507
Lorenzo Del Piano

Sig. Sindaco e Giunta municipale di Cagliari” (21). Lo scopo dello stu-


dio, precisato nelle pagine introduttive, era di “dotare i terreni della
Città di Cagliari e dei circostanti Comuni di Sinnai, Maracalagonis,
Settimo, Quarto, Quartucciu, Selargius, Pauli Monserrato e Pirri di
un’opera per sé stessa efficace a trasformare il terreno agrario in pro-
duttivo, affine di mettere in movimento tutte le sue forze vitali”.
“Il governo delle acque – proseguiva l’opuscolo – a stima dei più
valenti agronomi costituisce il fondamento dell’agricoltura razionale,
poiché elevando questa alla sua vera altezza di scienza e d’arte la rende
suscettibile di quel perfezionamento senza del quale il rapido e note-
vole accrescimento di popolazione e di civiltà diventa spesso, anzi che
beneficio, disavventura e rovina.
L’irrigazione specialmente, conosciuta ed apprezzata dalle più
colte e civili nazioni, racchiude in sé la parte immensa di progresso a
cui dovrebbe attendersi con ogni sforzo, sia perché è mezzo indispen-
sabile a poter coltivare con pieno successo, sia perché si riduce ad ope-
razioni le quali, fatte a dovere, non sono più da rinnovarsi senza estra-
nee e straordinarie cagioni.
Nessuno meglio dell’agricoltore è in caso di giudicare dell’im-
portanza e necessità dell’acqua sotto ogni rapporto. Essa gli abbisogna
per i propri usi domestici; essa gli è infine necessaria per salvare i rac-
colti dagli estivi ardori. D’altra parte però nessuno meglio dell’agricol-
tore è in condizione di conoscere quante perdite gli possono toccare
dalle acque non convenientemente regolate. Laonde se ha il diritto di
usufruttuarne i benefici effetti, ha pure il dovere di apprendere a miti-
garne i danni, sia col ripararne le offese, sia coll’espellere le acque sta-
gnanti”.
L’opuscolo proseguiva descrivendo le opere che avrebbero dovu-
to captare le acque della catena del monte Serpeddì, incanalarle verso
un grande serbatoio e distribuirle al basso Campidano, sfruttando an-
che i corsi d’acqua esistenti. Individuava quindi la superficie irrigabile,
per un totale di 20.000 ettari; calcolava l’incremento di produzione
che si sarebbe potuto avere grazie all’irrigazione ed il relativo valore e
stimava quindi l’utile che avrebbero potuto ricavarne i singoli proprie-

(21) Cfr. N. BOZZINO, Relazione dello studio di massima d’un primo progetto
d’irrigazione in Sardegna nella pianura del Campidano di Cagliari, Cagliari, 1883.

508
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

tari e, attraverso l’aumento del gettito fiscale, i Comuni, la Provincia e


lo Stato. Rilevava infine la necessità di costituire un consorzio, che
avrebbe dovuto provvedere tra l’altro alla ripartizione tra gli interessati
della spesa complessiva di sei milioni.
L’incarico di concretare l’iniziativa se lo assunse il Cocco Ortu,
che nell’aprile del 1884 convocò “i rappresentanti dei Comuni inte-
ressati all’attuazione dell’irrigazione del Campidano, che deliberarono
di costituirsi in consorzio e di stabilire i rispettivi contributi”, ma il
progetto non andò a buon fine perché, scrive il Cocco Ortu nelle sue
memorie, la carica di sindaco di Cagliari venne affidata al comm. Ra-
vot, “nominato per paralizzare ogni attività dell’amministrazione co-
munale per ostilità al nostro partito”, obiettivo che raggiunse convo-
cando la Giunta raramente ed a lunghi intervalli.
Del tentativo di promuovere l’irrigazione del Campidano rima-
ne fra l’altro traccia nella circolare a stampa, su carta intestata “Con-
sorzio per l’irrigazione del Campidano di Cagliari”, inviata in data 19
ottobre 1884 a tutti i sindaci dei Comuni interessati. Nella circolare
venivano sinteticamente ricordati gli aspetti tecnici ed economici del
progetto, e veniva proposto uno schema di statuto del consorzio fir-
mato dal Cocco Ortu.
Il problema della sistemazione idraulica non del solo Campida-
no ma di tutta la provincia e addirittura dell’intera Sardegna veniva
drammaticamente riproposto dalla grande alluvione del 1889, a segui-
to della quale il Genio civile di Cagliari svolgeva un’accurata indagine,
i cui risultati l’ingegnere capo Augusto Brunelli riferiva in un ampio
lavoro pubblicato solo nel 1894 nel “Giornale del Genio civile” ed in
estratto, ma datato Pisa, 20 giugno 1892 (22).
L’ing. Brunelli inquadrava il problema della sistemazione idrau-
lica nella storia remota e recente dell’isola, e rilevava che allo stesso
problema avevano ridato attualità il nubifragio scatenatosi presso Ca-
gliari il 5 ottobre 1889 e “le piene dell’invernata 1889-90, straordina-
rie per entità e per estensione”.

(22) Cfr. A. BRUNELLI, La sistemazione idraulica della provincia di Cagliari,


Roma, 1894. Cfr. altresì, dello stesso A., Meteorologia e sistemazione idraulica della
provincia di Cagliari, nell’”Avvenire di Sardegna”, n. 279 del 23 novembre 1891 ed
estr., Cagliari, 1891.

509
Lorenzo Del Piano

Scriveva Brunelli: “L’uragano, d’inaudita violenza, che nei gior-


ni 5 e 6 ottobre 1889 allagava quasi completamente il Campidano di
Cagliari, distruggendo ben 162 case e danneggiandone variamente
poco meno di 1.000, fu un vero flagello per quel centro agricolo [il
riferimento è a Quarto Sant’Elena], il più importante della provincia.
La miseria che susseguì alla perdita dei raccolti e dei bestiami, alla ro-
vina delle case ed alla devastazione dei campi, fu tanto grande che la
nazione intera se ne commosse e venne in aiuto dei danneggiati. Una
forte somma fu prodotta in pochi giorni da spontanee offerte di priva-
ti e corpi morali, e certo se non fu possibile compensare con essa i
danni grandissimi, pur nondimeno fu pel momento resa meno grave
la condizione miserrima delle famiglie colpite.
Ma occorreva evidentemente di provvedere perché tanta iattura
non dovesse ripetersi al possibile rinnovarsi di un simile fenomeno
meteorico; evidente perciò ed incontestabile l’opportunità di uno stu-
dio del regime idraulico del bacino tributario dei corsi d’acqua del
Campidano di Cagliari, e di ciò fu fatta proposta al ministero dei La-
vori pubblici, che l’approvò con dispaccio del 12 gennaio 1890”.
Al fine di svolgere lo studio nel miglior modo possibile furono
costituite diverse squadre, che facevano i rilevamenti del caso presso
gli stagni dell’Oristanese e quello cagliaritano di Santa Gilla “quando
accaddero le grandi piene prodotte dalle eccezionali piogge di quello
stesso inverno. Tutti i corsi d’acqua della provincia strariparono, cosa
del resto assai frequente, tutti essendo completamente disordinati; e
tali furono le inondazioni, che le persone viventi non ne ricordavano
d’uguali.
Le più interessanti furono appunto quelle del Tirso e del Man-
nu, delle quali furono spettatori, per buona combinazione, gli inge-
gneri delle anzidette squadre. Immantinente, cessati i rilievi, fu dispo-
sta una serie di escursioni per le terre invase dalle acque, affine di trar-
re il maggior profitto da quello straordinario avvenimento per la co-
noscenza, fino ad allora affatto manchevole, del regime dei principali
fiumi nel loro tronco di pianura”.
Cessate le piene dei fiumi, “altra vista tristissima fu quella delle
innumerevoli bassure ed avvallamenti del terreno, dispersi per un va-
stissimo territorio, tramutati in altrettanti paduli”, e quindi in focolai
di malaria.

510
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

“Il più potente centro d’infezione – spiegava a questo riguardo


l’ingegner Brunelli – non è in Sardegna costituito dagli stagni (questo
asserto è ben maturato e si stima non possa essere contraddetto), ma
bensì da quella grandissima estensione di terre prive di scolo che quasi
normalmente vengono anno per anno inondate in più o meno estesa
misura e restano per una maggiore o minore durata di tempo som-
merse...
In quel mezzo vivono per lunghi mesi migliaia d’individui, so-
stenendo per l’intera giornata le fatiche della mietitura ed altre analo-
ghe, sotto la sferza di un sole ardente e coricandosi a cielo scoperto in
quello stesso punto ove per tutto il giorno hanno profuso i loro sudori
e su quel suolo ove al cadere della notte e allo spuntare del giorno si
eleva una densa colonna di vapore, al contatto della quale le membra
si agghiadano”.
Osservava ancora l’autore che mentre il Campidano d’Oristano
era “tristemente famoso per l’avverso clima, che sembra minacciar di
morte chi vi si sofferma”, a Cabras, sullo stagno omonimo, “vive
un’aitante e balda popolazione, esclusivamente dedita alla pesca. Gli
uomini vi sono robusti e di ben sviluppata corporatura. Le donne
sono gradevolmente note per le guance rubiconde e i seni turgidi ed
opulenti. I ricchi Sardi ivi fanno ricerca delle balie che possano infon-
dere nuova vita e vigore negli organismi dei loro bambini”.
L’ing. Brunelli illustrava quindi minutamente i criteri seguiti
nello svolgimento del lavoro di rilevazione dei dati utili alla compila-
zione dei progetti di bonifica relativi dapprima agli stagni di Santa
Gilla e di Oristano, quindi al basso bacino del Tirso, al Flumendosa,
al basso bacino del Mannu ed agli stagni di Tortolì e di Cabras.
Veniva altresì approfondito con particolare impegno, nello stu-
dio al quale facciamo riferimento, anche il problema del disboscamen-
to, la cui importanza era accresciuta dal fatto che la maggior parte del
corso dei fiumi sardi si svolgeva in zone montuose, una volta ricche di
boschi, che frenavano l’impeto delle acque piovane. Ancora nel 1870
infatti la Sardegna era la regione italiana più ricca di boschi, che copri-
vano 1.045.522 ettari, contro una superficie boschiva italiana di
5.025.893 ettari, sicché mentre in tutta Italia era coperto di boschi il
17,64% della superficie del territorio, in Sardegna la percentuale sali-
va al 43,11%.

511
Lorenzo Del Piano

Le successive considerazioni dell’ing. Brunelli portavano un ar-


gomento di indubbia rilevanza a sostegno della tesi di quanti riteneva-
no nefasta l’unificazione legislativa. Le nuove disposizioni in materia
adottate nel 1877 per tutta l’Italia stabilivano infatti “la liberazione
dal vincolo di tutti i boschi al di sotto del limite superiore di vegeta-
zione del castagno”, mentre rimaneva vincolata la zona al di sopra di
quel limite: disposizioni che potevano avere un senso nelle regioni al-
pine ed appenniniche, ma che non avevano alcun senso in Sardegna,
dove solo le vette del Gennargentu e del Limbara superavano i 1.800
metri sul livello del mare.
“Gli oneri addossati ai Comuni per lavori di pubblica utilità negli
ultimi anni diedero il segno della distruzione dei boschi comunali”, con-
tro i quali cospiravano anche “le eccezionali strettezze in cui si trovarono
in questi ultimi anni ridotte le pubbliche e private sostanze in Sarde-
gna”. Accadde inoltre che spesso assieme al soprassuolo i privati vendet-
tero anche il suolo, che dopo l’abbattimento e la carbonizzazione delle
piante veniva abbandonato, andando incontro ad un sicuro degrado.
L’ing. Brunelli si poneva anche il problema della scarsità della
popolazione e della colonizzazione, giungendo alla conclusione che
nuovi insediamenti si sarebbero potuti stabilire non nei terreni ex
ademprivili, in genere di difficile accesso e di scadente qualità, ma nel-
le zone più fertili, vicine ai centri abitati e già servite da strade, come
la bassa valle del Mannu, nelle quali, per mancanza di capitali e di
braccia, veniva praticata pressoché esclusivamente la coltura estensiva.
Più che degli aspetti tecnici e finanziari, si interessava dei pro-
blemi giuridici ed amministrativi che la sistemazione idraulica com-
portava il prefetto di Cagliari Carlo Bacco, autore di una Proposta di
una legge speciale su pubblici lavori pel miglioramento agricolo ed igieni-
co della Sardegna, inviata oltre che al Cocco Ortu al presidente del
Consiglio ed ai ministri interessati (23).
L’opuscolo, di oltre trenta pagine di grande formato, dopo aver
accennato alle risorse naturali dell’isola, rilevava che nessun progresso

(23) Cfr. C. BACCO, Sul miglioramento agricolo ed igienico della Sardegna, Ca-
gliari, 1894. La grande alluvione del 1889, come già quella del 1882, venne ricorda-
ta nella poesia dialettale. Cfr. F. VACCA TIDU, Canzoni populari. Cumpendiu de su
disastru beniu a Casteddu e a su Campidanu, Cagliari, 1889.

512
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

sarebbe stato possibile rispetto alla situazione in atto se non si fossero


efficacemente combattuti i fattori che lo ostacolavano, e cioè le allu-
vioni causate dallo straripamento dei fiumi e torrenti, ancora allo sta-
to “naturale e selvaggio”, la malaria e la siccità.
Di fronte a queste cause di sottosviluppo, osservava corretta-
mente l’autore, perdevano importanza quelle altre alle quali si faceva
spesso riferimento, e cioè la mancanza di capitali e di braccia. Non era
infatti esatto che la Sardegna fosse del tutto priva di capitali: le cifre
dei depositi postali e bancari attestavano il contrario, ed era del resto
noto, come dimostrava la colonizzazione dell’America, che capitali e
braccia accorrevano dove c’erano reali possibilità di guadagno, al mo-
mento in Sardegna inesistenti.
Per promuovere lo sviluppo dell’isola erano perciò necessari
grandi lavori pubblici, che non avrebbero dovuto consistere come in
passato solo nella costruzione di strade ordinarie e ferrate e di porti,
dai quali l’economia sarda non aveva tratto nessun vantaggio.
“Dopo quanto sopra si è esposto – scriveva il prefetto Bacco – è
a domandarsi: e quali pubblici lavori finora si sono fatti per combatte-
re questi materiali nemici della produzione sarda, che sono fiumi e
torrenti, malaria, siccità?
Pur troppo devesi rispondere: nessuno.
Di pubblici lavori in Sardegna se ne sono fatti molti, grandiosi,
dispendiosissimi. Furono però due soli generi di pubblici lavori: stra-
de e porti. Opere di bonificazione, di sistemazione idraulica, d’irriga-
zione non se ne sono fatte.
In questo ultimo ventennio si costruirono nella sola Provincia
di Cagliari duecentotré chilometri di strade ferrate a sistema ordina-
rio; quattrocento sessantasette chilometri di strade provinciali: seicen-
totré chilometri di strade comunali obbligatorie; e si diede mano alla
costruzione di tre nuovi porti.
Ora quale fu l’effetto di queste opere nella Sardegna?
Doveva attendersene uno; quello cioè, che dati tanti mezzi per
trasportare da ogni parte dell’Isola i prodotti, si estendesse subito in
questa la coltivazione, e con ciò si sviluppasse un movimento com-
merciale ed un miglioramento nelle condizioni generali dell’Isola. Ma
niente di tutto questo si è verificato, ed è avvenuto invece qualche
cosa che rattrista profondamente, ma che nel tempo stesso è un gran-

513
Lorenzo Del Piano

de ammonimento per giudicare bene delle condizioni e dei bisogni


della Sardegna.
Le strade non riuscirono a promuovere l’agricoltura in Sardegna
e quello che si è verificato è questo.
In alcune strade costosissime, che causarono il disordine finan-
ziario di alcuni Comuni, ora non vi è solco di ruota, ma cresce l’erba.
Moltissime strade comunali, di cui gli abitanti sentono pochissimo
vantaggio, e che a mantenerle costerebbero molto, sono in rovina.
Alcune anzi, quasi incredibile a dirsi, che pur costarono ingenti
sacrifici ai Comuni, non praticate da viandanti ed abbandonate, fini-
rono con lo sparire, perché usurpate dai frontisti; ed ora sono a pasco-
lo, o ci corre sopra l’aratro.
Anche per le ferrovie che si sono costrutte si verifica qualche cosa
di doloroso. Forse la vaporiera, tanto sulle strade primarie, quanto sulle
secondarie, specie in quest’ultime, non porta in una settimana tanti pas-
seggeri quanti sono i chilometri che percorre: ed i vagoni merci non
sono carichi che di carbone, prodotto dei boschi precipitosamente per
poco venduti dai Comuni e dai privati più che mai bisognosi.
I nuovi porti poi che pur con tanti dispendi si sono costruiti,
stanno con le loro dighe ad abbracciare tratti di mare sempre privi di
bastimenti.
Ora tutto questo che ho accennato, se è una cosa dolorosissima,
è anche, come sopra dissi, una prova delle vere condizioni in cui si
trova la Sardegna.
Se ad onta di tanto incitamento alla produzione, come sono le
strade ed i porti, questa non è aumentata, vuol dire che la Sardegna è
proprio ammalata nelle sue stesse forze produttive: vuol dire che que-
ste non si sviluppano, perché vi è qualche cosa che lo impedisce”.
Questo qualcosa era il disordine idraulico, al quale non era faci-
le porre rimedio, dato che molti stagni e paludi erano al livello del
mare, e non sarebbe perciò bastato come in altre regioni scavare canali
di scolo, che peraltro non avrebbero impedito i danni che più ancora
che alle campagne causavano agli abitati le non infrequenti alluvioni.
Scriveva il prefetto Bacco:
“I danni veri, anzi i grandi disastri causati dai fiumi e torrenti
sardi non sono quelli apportati alle campagne, ma quelli apportati agli
abitati.

514
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

La prova di quanto affermo si è che tutti i Comitati di soccorso e


le leggi stesse votate per venire in aiuto dei danneggiati, ebbero per isco-
po il soccorrere non già i danneggiati pei momentanei allagamenti nelle
campagne, ma bensì i danneggiati negli abitati dei paesi; cioè i danneg-
giati con la perdita totale o parziale della casa e delle masserizie.
Infatti molti paeselli della Sardegna sono forniti di case per la
maggior parte costruite con mattoni di argilla mista a paglia, non cotti
in fornace, ma seccati al sole. Quando i fiumi e torrenti inondano i
paesi, i mattoni di argilla cruda, restando qualche ora nell’acqua e sot-
to l’impeto di questa, cedono, e le case crollano a diecine, a centinaia
Quando piove molto, ed i fiumi e torrenti ingrossano, in molti
paesi della Sardegna si passano ore di terrore, perché si tratta del peri-
colo di perdere la casa, le masserizie, le sostanze e la vita.
I Comuni che si trovano in questo pericolo sono molti.
In questa Provincia si ricordano ben dolorosi danni di piene, e
sono continuamente minacciati da danni nuovi i paesi seguenti: Pirri,
Monserrato, Selargius, Quartucciu, Quarto, Ussana, Monastir, San Spe-
rate, Assemini, Elmas, Decimomannu, Sestu, Barrali, Donori, Murave-
ra, S. Vito, Villaputzu, Palmas Suergiu, Santadi, Siliqua, Tratalias, Villa-
cidro, Villamassargia, Tortolì, Lotzorai, Girasole, Tertenia, Barisardo,
Oristano, Silì, Simaxis, S. Vero Congiu, Nuraxinieddu, Solarussa, Zer-
faliu, Milis, Bauladu, Bosa e Terralba. In tutto, abitanti 84.165”.
La conclusione alla quale il prefetto Bacco giungeva era che la
legislazione vigente non consentiva la contemporanea esecuzione, a
cura di un unico organismo, di tutte le opere necessarie a correggere il
disordine idraulico, ad eliminare la malaria ed a prevenire i danni cau-
sati dalla siccità, opere che andavano dal rimboschimento dei monti
all’arginamento dei fiumi e dei torrenti, dalla costruzione di grandi
serbatoi, atti tra l’altro a contenere le piene, alla bonifica ed all’irriga-
zione, opere che la legislazione vigente aveva viceversa consentito si
costruissero in altre regioni, che non avevano come la Sardegna spe-
ciali bisogni. Quella che era perciò necessaria era una legislazione spe-
ciale, che non avrebbe compromesso ma anzi reso “più forte ancora e
più fortunata la nostra Unità”.

6. L’inchiesta Pais Serra – La situazione dell’isola alla fine degli anni


Settanta e nei primi anni Ottanta è stata studiata dal deputato France-

515
Lorenzo Del Piano

sco Salaris nel quadro dell’inchiesta nazionale agraria e sulle condizio-


ni della classe agricola che ha preso nome da Stefano Jacini (24).
L’inchiesta Salaris, della quale sono stati posti in evidenza i limi-
ti (25), denunciava con particolare incisività la difficile posizione dei
piccoli e medi proprietari agricoltori, sempre sull’orlo della proletariz-
zazione a causa di un fiscalismo irrazionale ed impietoso, contro il
quale non erano mancate le proteste, talvolta violente, come il moto
popolare che sconvolse Sanluri nel 1881 (26).
A conclusione della sua inchiesta il Salaris elencava i provvedi-
menti a suo giudizio necessari o addirittura urgenti, quali la ricompo-
sizione fondiaria, che avrebbe dovuto porre rimedio all’eccessivo fra-
zionamento della proprietà terriera; la correzione degli errori dei quali
era pieno il catasto; la creazione di nuove possibilità di credito agrario
e fondiario; l’incremento dell’istruzione agraria.
Dopo il 1885 le condizioni economiche e sociali dell’isola, mai
troppo floride, si aggravarono a causa del fallimento di diverse banche
ed in misura certamente maggiore a causa della “guerra di tariffe” con
la Francia, determinata dal prevalere delle dottrine protezioniste, che
pose fine ad un lucroso commercio di esportazione del bestiame da
carne e del vino (27).
Su questo tema molto si è scritto, né si è mancato di sottolineare
una delle più preoccupanti manifestazioni della crisi, e cioè il molti-
plicarsi di gravi episodi di criminalità, dei quali si vollero individuare

(24) Cfr. Atti dell’inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola, vol. XIV,
fasc. 1 – 2, Relazione del commissario comm. Francesco Salaris sulla dodicesima circo-
scrizione (province di Cagliari e Sassari), Roma, 1885.
(25) Sui limiti dell’inchiesta Salaris cfr. L. PISANO, Una fonte per lo studio dei
rapporti sociali nelle campagne nella seconda metà dell’Ottocento, in “Archivio sardo
del movimento operaio, contadino e autonomistico”, q. 4 – 5 del dicembre 1975.
Un profilo del Salaris è stato pubblicato da M.M. Pau nel n. 19 del 1995 del “Bol-
lettino bibliografico della Sardegna”.
(26) Cfr. L. DEL PIANO, Il processo della fame e il verdetto della paura. I fatti di
Sanluri dell’agosto 1881 e l’epilogo giudiziario del febbraio 1883, Cagliari, Esa, 1982.
(27) Cfr. S. GERLAT, Les répercussions de la rupture commerciale franco-italienne
du 1887-1888: la crise économique sarde, in “Cahiers d’histoire pubbliés par les
Universités de Clermont-Lyon-Grenoble”, t. 3, 1966, pp. 257 ss. ed estr. Ricchissi-
mo di dati il volume di L. CODA, La Sardegna di fine secolo. Aspetti dell’economia e
della socità sarda nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, Sassari, Dessì, 1977.

516
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

le cause non nel disagio economico o nell’inefficienza dello Stato, ma


in certe particolarità razziali dei meridionali in genere, e specialmente
dei sardi delle zone interne.
La gravità della situazione economica e sociale venne segnalata
al governo nel 1888 dai deputati sardi, che sollecitarono l’adozione di
provvedimenti di emergenza, quali la riduzione delle tariffe ferroviarie
e marittime per favorire le esportazioni; la costruzione delle ferrovie
secondarie, che integrassero la rete principale finalmente portata a ter-
mine; la concessione di contributi ai centri capoluogo di provincia o
di circondario che intendessero istituire scuole agrarie; la colonizzazio-
ne interna; opere di bonifica e di irrigazione; la soluzione del proble-
ma del credito e così via (28).
Queste richieste, rimaste senza esito, vennero reiterate nel 1889,
allo scopo, dichiarava un memoriale dei deputati sardi, di “rendere
sempre minore la disparità di condizioni in cui l’isola doveva sostenere
la lotta economica sia per le cause di decadenza vecchie e nuove che
avevano peculiarmente influito su di essa diminuendone la potenziali-
tà, sia in special modo per la sua posizione geografica”.
Mentre si andava diffondendo la convinzione che per affrontare
la questione sarda la legislazione unitaria era del tutto insufficiente, ed
era perciò necessario ricorrere a leggi speciali, veniva presa in conside-
razione negli ambienti politici sassaresi l’opportunità di promuovere,
a vent’anni dalla prima, una seconda agitazione legale. L’iniziativa fu
presa questa volta da un comitato presieduto dal presidente del Consi-
glio provinciale avv. Michele Abozzi e composto dagli esponenti di di-
verse società operaie ed associazioni, tra i quali Alfonso Aroca, Emilio
Burzi, Pasquale Conca, Luigi Conti, Lorenzo Danesi, Candido Dore,
Salvatore Marcellino Sechi, Salvatore Marcellino Zuresi, Pietro Marti-
nez, Giovanni Merella, Giuseppe Pintus, Giacomo Pitzorno, Salvatore
Ribichesu, Antonio Salis, Giovanni Scanu Pattina, Antonio Solinas,
Pietro Solinas, Antonio Torazza e Pietro Volpi.
Il comitato pubblicava un manifesto nel quale denunciava le
cause naturali e storiche che, a suo giudizio, avevano ridotto e mante-

(28) I memoriali dei deputati sardi del 1888 e del 1889, così come la lettera
dell’Avv. Abozzi di cui appresso, sono stati pubblicati in appendice alla relazione
Pais. V. nota 30.

517
Lorenzo Del Piano

nevano la Sardegna “in uno stato di assoluta inferiorità pure in con-


fronto alle meno favorite regioni continentali”.
Il manifesto fu giudicato lacunoso dal repubblicano federalista
avv. Pietro Paolo Siotto Elias, perché ignorava il problema dell’auto-
nomia, senza la quale era inutile sperare in una soluzione della que-
stione sarda (29).
Ma non era solo questa omissione che limitava le possibilità di
azione del comitato sassarese. Mentre infatti nel 1875, come avrebbe
ricordato Giovanni De Francesco, la prudenza ed il senso politico di
Cocco Ortu avevano consentito di evitare gli scogli del provinciali-
smo, e stabilire i presupposti di una grande organizzazione regionale
unitaria quale avrebbe dovuto essere l’Unione Sarda, vent’anni dopo
veniva respinta l’eventuale istituzione anche in Sardegna, come in Si-
cilia, del Commissariato civile che, per quanto discusso, avrebbe pur
sempre sottolineato anche in campo amministrativo il concetto di
unità regionale, Commissariato che determinati ambienti sassaresi
probabilmente temevano potesse sminuire l’importanza di un’istitu-
zione, la Provincia, alla quale erano particolarmente attaccati.
Del profondo disagio dell’isola si era reso conto il presidente del
Consiglio dei ministri, Francesco Crispi, che nel 1894 con suo decre-
to incaricava un altro ex garibaldino, Francesco Pais Serra, deputato di
Ozieri, di svolgere un’inchiesta ministeriale sulle condizioni economi-
che e della sicurezza pubblica dell’isola.
Il Pais Serra svolgeva il compito affidatogli con la massima dili-
genza, ma portava a termine l’inchiesta solo nel 1896, quando l’amico
Crispi era stato costretto dalle vicende africane a lasciare il potere, e la
presidenza del Consiglio dei ministri era stata affidata ad un altro sici-
liano, il marchese Antonio Starabba di Rudinì.
La relazione Pais Serra (30), ricchissima di dati statistici, è costitui-
ta da una parte generale e da una parte speciale di quindici capitoli, il

(29) Cfr. dello scrivente Le origini dell’idea autonomistica, cit.


(30) Cfr. F. PAIS SERRA, Relazione dell’inchiesta sulle condizioni economiche e
della sicureza pubblica in Sardegna promossa con decreto ministeriale del 12 dicembre
1894, Roma, 1896.
La decisione di Crispi di promuovere una nuova inchiesta sull’isola non in-
contrò l’unanime approvazione dei sardi e sarebbe stata giudicata in termini negativi

518
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

dodicesimo dei quali è dedicato all’approfondimento del problema


idraulico, e da ben 43 allegati, tra i quali i memoriali dei deputati sardi
del 1888 e del 1889.
Già prima della pubblicazione della relazione il ministero dei La-
vori pubblici incaricava dell’esame della parte che si riferiva alla sistema-
zione idraulica una commissione della quale venivano chiamati a far
parte col prefetto Carlo Bacco due deputati, uno della provincia di Ca-
gliari ed uno di quella di Sassari, e precisamente Francesco Cocco Ortu
e Giuseppe Giordano Apostoli, genero, come altri due deputati, Gio-
vanni Maria Solinas Apostoli ed Alberto Castoldi, di Giovanni Antonio
Sanna, il maggior azionista della miniera di Montevecchio (31). Ed è ap-
punto all’on. Giordano Apostoli che l’avv. Abozzi telegrafava facendo-
gli presenti le esigenze della sua provincia, come avrebbe ricordato al-
l’on. Pais Serra in una sua lettera del 17 maggio 1896. Il testo della let-
tera è il seguente:
“Appena si seppe che al Ministero dei lavori pubblici si facevano
studi per l’attuazione di opere di bonifica in Sardegna si telegrafò al-
l’onorevole Giordano, chiamato a far parte della Commissione, onde

dal Cocco Ortu e dai suoi amici, come scriveva alla “Riforma” un anonimo corri-
spondente cagliaritano, al quale replicava un lungo articolo di fondo dell’ “Unione
sarda” siglato V. e da attribuirsi al direttore Marcello Vinelli, il quale confermava che
Cocco Ortu aveva giudicato non necessaria l’inchiesta, ed in via subordinata aveva
proposto che venisse affidata ad un deputato non sardo, e non a lui, come avevano
insinuato i suoi avverasi. Aggiungeva il giornale che era comunque un fatto che da
quando l’on. Pais aveva ricevuto l’incarico di svolgere l’inchiesta nessun nuovo prov-
vedimento era stato adottato in favore dell’isola, ed in effetti alle reiterate richieste
di interventi che certamente l’on. Pais gli aveva rivolto Crispi aveva sempre dato
risposte assolutamente negative od evasive “che non sapremmo se meglio chiamare
dilatorie o derisorie”.
(31) Cfr., oltre gli allegati all’inchiesta Pais, gli Atti della commissione nomina-
ta da S.E. il Presidente del Consiglio per esaminare la relazione dell’on, Pais sulle condi-
zioni della Sardenga e per avvisare sui provvediemnti da adottare in favore dell’isola,
Roma, 1896.
Sull’inchiesta Pais cfr. G. DE FRANCESCO, L’inchiesta sulla Sardegna e le prossi-
me elezioni, Cagliari, 1895; gli articoli pubblicati da Giuseppe Todde ne “L’Econo-
mista” di Firenze e quindi raccolti in volume col titolo La Sardegna considerata dal
lato economico, Firenze, 1895, e, dello stesso anno, il volume di M. VINELLI, Un lato
del problema economico sardo, seguito nel 1896 dal più ampio lavoro La Sardegna nel
problema economico.

519
Lorenzo Del Piano

esprimesse in seno alla medesima il convincimento che per questa


Provincia occorrono ben altri provvedimenti speciali essenzialmente
diversi da quelli della provincia di Cagliari.
Eguale premura si è presa questa Rappresentanza allorché parve
che intendimento del Governo fosse d’istituire in quest’Isola un Regio
Commissario al pari di quanto si è fatto per la Sicilia, onde distoglier-
lo da una determinazione che evocherebbe i dolorosi ricordi delle fu-
neste conseguenze dell’antico Vicereame riuscito pregiudizievole ai le-
gittimi interessi di questa Provincia.
A scongiurare il sempre crescente disagio economico di queste
popolazioni, come mezzi d’immediata esecuzione si suggeriva da vario
tempo al Governo una serie di provvedimenti che piacemi ripetere:
1° Parziale revisione del catasto per modificare il reddito dei fondi che
hanno perduto la primitiva coltura, essendo ingiusto che quelli ri-
dotti a nudo terreno seguitino a pagare il tributo come vigne ed
oliveti;
2° Pagamento delle imposte in una sola volta a scadenza annuale, an-
ziché a rate bimestrali;
3° Estensione della coltivazione del tabacco e aumento del contingen-
te delle piante assegnato a questa Provincia, accordando ai coltiva-
tori congrue anticipazioni da garantirsi sul prodotto;
4° Esecuzione dell’ordine del giorno, votato dalla Camera e accettato
dal Ministero, dell’impianto in Sassari di una succursale del Banco
di Napoli, senza pregiudizio della creazione di un Istituto di credi-
to fondiario sardo;
5° Riduzione delle tariffe e dei noli sulle ferrovie e sui piroscafi.
Credo opportuno informare di tutto ciò l’onorevole S.V. perché
assieme agli altri rappresentanti politici di questa Provincia voglia
presso il Governo patrocinare la giusta causa dei nostri voti”.
Mentre la commissione del ministero dei Lavori pubblici elabo-
rava un progetto di legge per la sistemazione idraulica che non avreb-
be avuto corso perché assorbito dalla prima legge speciale per l’isola,
l’on. Pais Serra portava a termine la sua relazione, a conclusione della
quale recepiva i suggerimenti dell’avv. Abozzi, limitandosi a chiedere
come provvedimenti urgenti solo la libera distillazione, la libera colti-
vazione del tabacco e la riduzione delle tariffe ferroviarie e dei noli
marittimi: provvedimenti giudicati insufficienti, oltre che da un gior-

520
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

nalista come Giovanni De Francesco, da economisti come Marcello


Vinelli e Giuseppe Todde.
Un esame approfondito del problema idraulico veniva quindi
svolto a Cagliari prima dalla Deputazione, quindi dal Consiglio pro-
vinciale, presieduto da Francesco Cocco Ortu, che nella seduta del 26
settembre 1896 sottolineava l’importanza e l’urgenza del problema
stesso.
Di fronte a così discordanti prese di posizione delle rappresentan-
ze provinciali dell’isola il Di Rudinì decideva di affidare l’esame della
relazione Pais Serra ad una seconda commissione da lui nominata, alla
quale affidava anche il compito di formulare proposte concrete.
La commissione, presieduta dal sottosegretario ai Lavori pubblici
Giacomo De Martino, era composta da alti funzionari quali l’ing. Tito
Pasqui, del ministero dell’Agricoltura; il comm. Giovanni Rossi del
Tesoro; l’ing. Enrico Bondi delle Finanze; il comm. Giuseppe De
Nava, consigliere di Stato e capo di gabinetto dei Lavori pubblici ed il
cav. Paolo Lonardi delle Poste e Telegrafi. Faceva inoltre parte della
commissione il prefetto di Cagliari Emilio Bedendo, e ne era segreta-
rio l’ing. Edmondo Sanjust di Teulada, profondo conoscitore del pro-
blema idraulico sardo.
La commissione De Martino non mancava di rilevare che l’on.
Pais Serra aveva esattamente rappresentato la situazione dell’isola, nella
quale gli oneri gravissimi affrontati dallo Stato, dalle Province e dai Co-
muni non avevano dato i risultati sperati, sicché “la popolazione, deci-
mata dalla malaria, non aveva sentito che la gravezza delle imposte, sen-
za quasi ricavare beneficio dalle ingenti opere compiute”, tanto che an-
che in Sardegna, ove il “male vero e reale era uno solo, l’assoluta scarsità
di popolazione”, si era manifestato il fenomeno dell’emigrazione.
“Questa peculiare condizione della Sardegna – osservava la
commissione – è stata con molto studio e con fine analisi osservata
dall’on. Pais nella sua relazione d’inchiesta, e la Commissione nomi-
nata da S. E. il Presidente del Consiglio, marchese di Rudinì, non ha
potuto riuscire in diversa sentenza. Ma se lo studio delle condizioni
della Sardegna rivela gli errori del passato in modo evidente, arduo è il
provvedere, quando pure di provvedere s’impone l’assoluta necessità.
L’on. Pais non esita a chiedere una riduzione dei tributi, riman-
dando a tempo lontano le opere idrauliche ed i progetti di colonizza-

521
Lorenzo Del Piano

zione; per contro il Consiglio provinciale di Cagliari, pur desiderando


un alleviamento nelle imposte, dichiara come primo e principale
provvedimento quello della sistemazione delle acque.
Alla Commissione è sembrato che il programma del Consiglio
provinciale di Cagliari fosse più pratico e più sicuro: esso è d’altronde
conforme alla iniziativa già presa dal Ministero dei lavori pubblici quan-
do, in seguito agli studi di una speciale Commissione, compilò un pro-
getto per la esecuzione di opere idrauliche nell’isola, progetto che lo
stesso onorevole Pais ha riprodotto a pag. 442 della sua relazione.
Se si esamina la carta della malaria in Italia si vedrà quale e
quanta sia la mortalità per febbri miasmatiche in Sardegna. Il triste
primato dell’isola in questa materia si afferma colle tinte cariche di cui
nella carta è quasi completamente macchiata, e la prima idea che s’af-
faccia alla mente dell’osservatore è quella della urgente necessità di un
risanamento generale dell’isola. Essa manca di braccia: potrebbe svi-
luppare tutta la potenzialità delle sue terre se dagli abitanti, o da colo-
ni continentali, fosse tutta lavorata. Invece per causa della malaria, e
solo per essa, è scarso e poco intenso il lavoro dei nativi; è impossibile
l’immigrazione dei forestieri; è assurdo lo sperare un qualsiasi miglio-
ramento agricolo od economico. Le stesse industrie non agricole sof-
frono della perversità del clima; infatti sono quasi tutte sospese nel pe-
riodo estivo, che è quello più malsano, e da questa sospensione scatu-
riscono cento altri impedimenti al rifiorimento del paese.
È noto che causa principale della malaria è il disordine delle ac-
que. E se si pon mente al fatto che questo disordine è massimo in Sar-
degna si vedrà che all’effetto disastroso che esso produce nelle condi-
zioni climatiche si aggiungono altri effetti non meno perniciosi quali
inondazioni, trasporti di materiali, rovine di abitati e simili. La Com-
missione si è quindi convinta che la base del risorgimento economico
della Sardegna stia nel problema idraulico, in quanto il risanamento
del clima renda possibile un graduale aumento di popolazione.
Ma lo studio della Commissione non si è fermato a questa parte
del grave problema, ed essa sottopone oggi alla considerazione del Go-
verno un complesso di provvedimenti per i quali se le imposte non
possono per le condizioni del bilancio dello Stato venir diminuite, si
tolgano subito almeno le più stridenti sperequazioni, provvedendo ad
una revisione dell’imposta fondiaria; si affretti la compilazione di un

522
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

catasto nuovo, si alleggerisca il peso delle sovraimposte comunali e


provinciali dando a comuni e provincie i mezzi per rendere meno one-
rosi i loro debiti.
La Commissione richiama poi in modo speciale l’attenzione del
Governo sui provvedimenti di ordine agrario, soprattutto in quanto si
propone la creazione di zone libere che potrebbero essere l’inizio di
una vera e propria colonizzazione. Questi provvedimenti tendono ad
apparecchiare un lento e graduale miglioramento nelle condizioni
economiche della Sardegna e si collegano e si completano fra di loro.
Un provvedimento pronto e radicale che avesse posto la Sarde-
gna in una posizione privilegiata tra le regioni d’Italia, diminuendo o
togliendo le imposte, creando colture speciali in particolari condizioni
o comunque adottando un rimedio non adeguato alle forze del paese e
quale può essere desiderato con eguale ragione da qualsivoglia provin-
cia del Regno, soddisfa chi lo propone per la certezza della riuscita e
può incontrare facile favore. Ma questo non era il compito nostro, ché
si sarebbero fomentate vane illusioni fondate su più vane speranze di
provvedimenti praticamente inattuabili! E siamo fiduciosi che il Go-
verno del Re e la popolazione della Sardegna giudicheranno l’opera
nostra come la sola pratica nelle attuali contingenze dello Stato”.
A conclusione di questa parte della sua relazione la commissio-
ne, prima di approfondire i diversi problemi, elencava i criteri che
avrebbero presieduto allo svolgimento dei suoi lavori, e dopo i verbali
delle sedute, nel corso delle quali aveva preso atto dei chiarimenti for-
niti dall’on. Pais Serra, riportava due allegati: un estratto della relazio-
ne Pais Serra, ed il verbale della seduta tenuta il 26 settembre 1896 dal
Consiglio provinciale di Cagliari, presieduto da Francesco Cocco
Ortu, durante la quale un’ampia relazione introduttiva sulle proposte
di provvedimenti speciali a favore della Sardegna era tenuta dal consi-
gliere Parpaglia, che in tema fiscale proponeva di commisurare l’impo-
sta fondiaria al 6 per cento del reddito come già fatto per la Liguria ed
il Piemonte. Sullo stesso tema parlava il consigliere Carboni Boy, che
non mancava di mettere in rilievo l’utilità dei Monti frumentari per la
lotta contro l’usura. Dal canto suo il consigliere Cao Pinna ricordava
che solo nell’anno corrente si erano già avute 2.000 devoluzioni al De-
manio di beni immobili per il mancato pagamento di imposte il cui
ammontare variava da 50 centesimi a venti lire, mentre il consigliere

523
Lorenzo Del Piano

Mulas faceva presente che a Tortolì l’usura era tale che i prestiti si con-
cedevano al 100, 150 ed anche 200 per cento di interesse all’anno.
Il Consiglio approvava quindi le proposte di interventi fatte dal-
la Deputazione provinciale e debitamente integrate, tra le quali occu-
pava un posto di rilievo la soluzione del problema idraulico. Veniva
inoltre proposto che il contributo dello Stato venisse elevato a tre
quarti della spesa, rimanendo l’altro quarto a carico della Provincia,
dei Comuni e degli utenti.
Interessanti anche gli interventi dei consiglieri Bacaredda, Mu-
las Mameli e Carboni Boy, il quale rilevava che la raggiunta unanimità
chiudeva un periodo di dissapori e di contrasti, e ricordava che molti
anni prima, “quando il malvolere del governo negava all’isola il bene-
ficio delle strade ferrate, un gruppo di giovani, anzi di ragazzi, aveva
fatto appello alla concordia, ed era sorto il Comitato dell’agitazione le-
gale che aveva unito il monarchico senatore di Laconi ed il repubblica-
no Tuveri, il suo compianto genitore e l’onorevole Cocco Ortu”.
Da ricordare in questo quadro anche il congresso degli agricol-
tori e degli economisti sardi, che si svolse a Cagliari dal 1° al 5 maggio
1897, sotto la presidenza onoraria del ministro dell’Agricoltura conte
Francesco Guicciardini, vice presidenti onorari i presidenti delle due
deputazioni provinciali avv. Eugenio Boi per Cagliari ed avv. Michele
Abozzi per Sassari (32).
Il congresso venne organizzato da un comitato presieduto dallo
stesso avv. Boi, presidente anche del Comizio agrario, vice presidenti
il prof. Sante Cettolini e l’avv. Giuseppe Siotto, membri diverse perso-
nalità di primo piano nella vita dell’isola, dai presidenti delle Camere
di commercio Nicodemo Pellas di Cagliari e Stefano Cavanna di Sas-
sari ai presidenti dei Comizi agrari di Sassari Francesco Loriga Sanna,
di Iglesias, Ignazio Sanfilippo, e di Lanusei, Luigi Mameli.
Componevano altresì il comitato promotore i presidenti delle
due commissioni provinciali di viticoltura e di enologia Giuseppe
Missaghi e Antonio Martinez, il direttore della Scuola di Agricoltura
di Sassari Ferdinando Vallese, diversi possidenti ed esperti quali Enri-
co e Giuseppe Aymerich di Laconi, Gavino Asquer, Efisio Cugusi,

(32) Cfr. gli Atti del I congresso fra gli agricoltori e gli economisti sardi tenutosi a
Cagliari nel maggio1897, Cagliari, 1898

524
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

Enrico Marongiu e molti altri, segretari il segretario del Comizio agra-


rio dott. Raimondo Girau ed il prof. Marcello Vinelli, direttore del
quotidiano “L’Unione Sarda”.
L’ufficio di presidenza del congresso era affidato al presidente
Salvatore Parpaglia, ai vice presidenti Filippo Vivanet, Enrico Maron-
giu, Francesco Mastino ed Ignazio Sanfilippo, ad alcuni membri ed al
segretario generale Andrea Cao Cugia.
Al congresso aderirono i ministri Guicciardini e Luzzatti, Cocco
Ortu ed altri deputati sardi e no, l’Accademia dei Georgofili, diversi
Comizi agrari e Municipi, oltre le immancabili Società dei reduci dal-
le patrie battaglie e Società operaie. Non meno interessante l’elenco
dei partecipanti alle sedute che comprende oltre trecento nomi di
agricoltori ed imprenditori.
Il congresso, che si proponeva di aprire una serie di incontri fra i
cultori delle discipline agrarie ed economiche “onde gli studiosi ed i
volenterosi si affratellassero, e dal comune lavoro le industrie ed il
commercio avessero ad avvantaggiarsene a pro della patria comune”, fu
caratterizzato dalla presentazione e dalla discussione di relazioni su
quattro temi: piccolo credito agrario (relatore Enrico Carboni Boy);
industrie agricole e relativi incoraggiamenti (Ferdinando Vallese);
commercio di esportazione dei prodotti agricoli (Giuseppe Palomba)
ed istruzione agraria (Giuseppe Tanchis).
Con particolare incisività venne denunciato, come aveva già fat-
to la commissione De Martino, il manifestarsi anche nell’isola del fe-
nomeno migratorio.
L’argomento venne affrontato nel discorso inaugurale dal
comm. Boi, che tra l’altro disse: “Ci fu auspicata la colonizzazione!
Amara irrisione! Emigriamo noi, cenciosi, sparuti e cadenti dalla
fame: emigriamo tutti, uomini, donne, adulti, vecchi e fanciulli. L’av-
venire è ben triste. Emigra non solo l’operaio. Emigra anche il pro-
prietario, il possessore di case. Non pochi hanno venduto a vil prezzo
od altrimenti abbandonato le casupole ed il campicello, sorgenti con-
tinue di illusioni e di torture, torture fisiche e morali con tutte le con-
seguenze che rendono più gravose le condizioni sociali.
Il fenomeno della emigrazione dei sardi, nuovo e contrario al-
l’indole degli isolani, più che altri attaccati alla loro terra, ha impres-
sionato e scosso. Se si fugge è per disperazione. Gli infelici emigranti

525
Lorenzo Del Piano

rispondono a chi li interroga: Qui si muore, morremo noi, le nostre


donne, i nostri figli; fuggendo ci resta la speranza”.
A sua volta il presidente del congresso on. Parpaglia riferiva:
“Due fatti gravi io voglio ricordare. La terra che forzatamente emigra
dal proprietario al Demanio per debito d’imposta od all’usurario per
mutui da strozzini e gli agricoltori sardi che non a piccoli drappelli ma
a fitte colonne emigrano in America e nel Brasile.
L’emigrazione in così larga scale, ed or pochi giorni sono partiti
oltre 300, è provocata dalle condizioni dell’isola. È sintomo grave per
noi perché il sardo è restio ad abbandonare il suo nido, sente più che
altri le affezioni nostalgiche. Eppure emigra, per non morire d’inedia.
Ci contribuiscono, è vero, compri incettatori che seducono con
false promesse di subiti guadagni e repentine fortune la credulità trava-
gliata dalla povertà e dalla miseria. L’emigrazione è per noi una moria di
braccia, abbastanza scarse, che si perdono alla produzione agraria”.
A conclusione del congresso vennero effettuate visite alla R. Scuo-
la di Viticoltura ed Enologia; alla grandiosa cantina in costruzione a
Pirri per la ditta Capra-Ritzu; alla cantina di Francesco Zedda Piras;
alla cantina e distilleria di Antonio Zedda, ed alla cantina e deposito
di macchine enologiche di G. Leonardi e C. A Monserrato venne in-
vece visitata la distilleria Larco. La sera del 4 maggio poi i congressisti,
imbarcati su due pontoni rimorchiati dal vaporino Carloforte, visitaro-
no l’azienda agraria annessa alla colonia penale di San Bartolomeo, ed
il 5 visitarono a Quartucciu la cantina di Antonio Vivanet ed a Quar-
tu la distilleria e la fabbrica di vini spumanti di Giovanni Battista Ca-
pra.

7. Le leggi speciali del 1897 e del 1902 – Il progetto della prima delle
leggi speciali per la Sardegna venne presentato alle Camere con una
relazione firmata dal presidente del Consiglio dei ministri e ministro
dell’Interno Di Rudinì nella quale si ricordava, come già osservato
dalla commissione De Martino, che dal 1860 lo Stato aveva speso nel-
l’isola per strade, ferrovie e porti oltre 200 milioni. Quelle opere tutta-
via non potevano di per sé “dar vita e prosperità a terre spopolate per
la malaria, coperte da paludi, solcate da fiumi e torrenti, che racco-
gliendo le acque dei monti denudati, le riversano liberamente pei pia-
ni; né le strade, né i porti, né le ferrovie potevano far crescere la popo-

526
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

lazione, dar braccia ai campi, attirare in Sardegna capitale e lavoro. Le


strade rimasero deserte, i porti senza navi, le ferrovie senza traffico; e
non poteva essere altrimenti dappoiché il commercio e l’industria na-
scono per l’esuberanza della vita di un popolo e ne sono la manifesta-
zione, ma non possono sorgere e prosperare solo perché crescono e si
migliorano i mezzi di comunicazione (33).
Ora è appunto questo che si è creduto di fare in Sardegna e gli
effetti non potevano essere diversi. Stato, Provincie e Comuni hanno
contratto oneri gravissimi; ma la popolazione decimata dalla malaria,
non ha sentito che la gravezza delle imposte senza quasi ricavare benefi-
cio dalle ingenti opere compiute: ed oggi emigra, quando pure il male
vero e reale della Sardegna è uno solo: assoluta scarsità di popolazione.
Questa peculiare condizione della Sardegna è stata con molto
studio e con fine analisi osservata dall’on. Pais nella sua relazione d’in-
chiesta: e la Commissione nominata per esaminarne le conclusioni
non ha potuto riuscire in diversa sentenza. Ma se lo studio delle con-
dizioni della Sardegna rivela gli errori del passato in modo evidente,
arduo è il provvedere, quando pure di provvedere si impone l’assoluta
necessità. L’onorevole Pais affronta la soluzione del problema chieden-
do una riduzione dei tributi e rimandando a tempo lontano le opere
idrauliche ed i progetti di colonizzazione; per contro il Consiglio pro-
vinciale di Cagliari, pur desiderando un alleviamento nelle imposte,
dichiara come primo e principale provvedimento quello della sistema-
zione delle acque”.
La relazione accennava anch’essa alla preoccupante diffusione
della malaria, causata dal disordine idraulico, all’origine anche di altri

(33) Sulla prima legge speciale cfr. oltre gli atti parlamentari l’estratto Legge 2
agosto – 11 settembre 1897 sui provvedimenti per la Sardegna coordinata alle disposi-
zioni di legge sul Commissariato civile per la Sicilia, Cagliari, 1897. L’opuscolo com-
prende anche la relazione Di Rudinì e le relazioni della Camera dei deputati (una di
carattere generale firmata Pantano e Gianolio ed una sulla sistemazione idraulica fir-
mata Romanin Jacur) e del Senato.
Un parallelo tra la situazione sarda e quella siciliana è stato tracciato dallo
scrivente in Regionalismo e autonomismo in Sardegna e in Sicilia (1848-1914), Ca-
gliari, Fondazione Sardinia, 1995 (opuscolo fuori commercio). Sulla legislazione
speciale cfr. tra l’altro L. PISANO, Orientamenti riformatori e politica delle leggi speciali.
Nota per una ricerca su Stato e Mezzogiorno dall’Unità al Fascismo, in Studi e ricerche
in onore di Girolamo Sotgiu, 2 voll., Cagliari, Cuec, 1992 e 1994.

527
Lorenzo Del Piano

“effetti non meno perniciosi, quali inondazioni, trasporti di materiali,


rovine di abitati e simili”.
“Ma lo studio – scriveva ancora il relatore – non si è fermato a
questa parte del grave problema ed il Governo ha considerato un com-
plesso di provvedimenti per i quali, semplificate le funzioni amministra-
tive, frenati i più comuni reati contro la proprietà, sistemate le acque, si
alleggerisce il peso delle sovraimposte comunali e provinciali dando a
Comuni e Province i mezzi per rendere meno onerosi i loro debiti”.
Il Di Rudinì svolgeva quindi un approfondito esame del proget-
to di legge, già approvato dalla commissione del Senato e dalla “com-
missione dei 18” della Camera, la quale presentava due relazioni, la
prima di carattere generale, firmata dai deputati Edoardo Pantano, il
noto meridionalista, e Gianolio, la seconda, sulla sistemazione idrauli-
ca, firmata dal deputato Romanin Jacur, che dopo aver dato ragione
delle modifiche apportate al progetto originario osservava che si stava
per fare in Sardegna un esperimento che, anche se non di grandi pro-
porzioni, era pur sempre tale da “dare degli utilissimi frutti e porgere
ammaestramenti opportuni non solo per la Sardegna, ma anche per
altre zone di territorio italiano che si trovano in condizioni non dissi-
mili alla Sardegna specie nel mezzogiorno d’Italia. Se i lavori saranno
condotti con quella avvedutezza che occorre e saranno fra loro bene
coordinati, se eseguiti sopra progetti maturamente studiati, noi confi-
diamo che daranno utili frutti e che lo Stato avrà meritato la gratitudi-
ne delle due nobili provincie a vantaggio delle quali sono decretati”.
La legge 2 agosto 1987, n. 382 pubblicata nella “Gazzetta ufficiale”
del 26 agosto 1897, n. 199, promulgata dal re Umberto I e controfir-
mata, oltre che dal guardasigilli G. Costa, dal presidente del Consiglio
Di Rudinì e dai ministri Prinetti, Luzzatti, Branca e Guicciardini, era
divisa in 38 articoli ed in quattro capi rispettivamente dedicati all’am-
ministrazione ed alla sicurezza pubblica, al miglioramento agrario, alla
sistemazione idraulica ed alla tassa sugli spiriti.
Quest’ultimo capo, il meno importante, che si proponeva forse
di non deludere l’attesa creata negli ambienti interessati dalle conclu-
sioni dell’inchiesta svolta dall’on. Francesco Pais Serra, era costituito
da cinque articoli, che concedevano l’esenzione fiscale per il solo alcool
distillato dal vino e dalle vinacce prodotto e consumato in Sardegna;
se però veniva esportato nelle altre province del regno era soggetto alla

528
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

tassa di fabbricazione. Analoghe disposizioni erano stabilite per le be-


vande alcoliche, mentre particolari norme disciplinavano il magazzi-
naggio ed il trasporto.
Il capo I, di tre articoli, estendeva alla Sardegna per due anni
parte delle disposizioni della legge che istituiva in Sicilia il Commissa-
riato civile ed assegnava ai prefetti di Cagliari e di Sassari alcune delle
attribuzioni del commissario. Dava quindi ai Comuni sardi la facoltà
di costituirsi in consorzi volontari per l’adempimento dei servizi ob-
bligatori, ed assegnava ai prefetti il potere di ordinare la riunione in
consorzi, a particolari condizioni, di Comuni contermini.
Il terzo articolo riveste particolare importanza, perché dava fa-
coltà al governo di provvedere con appositi regolamenti alla ricostitu-
zione dei Monti frumentari e nummari.
I Monti frumentari, che tanto bene avevano operato in passato in
favore dell’agricoltura, soprattutto perché prestavano ai contadini pove-
ri, a modico interesse, da pagarsi in natura all’epoca del raccolto, il gra-
no per la semina, sarebbero stati considerati istituzioni autonome, ed
alla ricostituzione del loro capitale avrebbero dovuto concorrere le con-
fraternite, in misura non superiore al dieci per cento della loro rendita
netta. Potevano invece essere interamente convertite a favore dei Monti
le rendite delle opere pie che non corrispondessero più al loro fine, e le
rendite che fossero esuberanti rispetto ai fini istituzionali.
Nei Comuni nei quali i Monti non esistevano più o avevano
fondi insufficienti era ripristinato l’antico istituto della roadia, e cioè
della coltivazione a titolo gratuito, a vantaggio dei Monti, di tratti di
terreno messi a disposizione senza retribuzione dai Comuni, dal De-
manio o da privati. Per tutta la durata della roadia il terreno sarebbe
stato esonerato dall’imposta fondiaria.
I crediti arretrati dei Monti avrebbero dovuto essere pagati a
rate in non più di dieci anni, mentre delle commissioni che ammini-
stravano gli stessi Monti, ad evitare gli abusi lamentati in passato, non
potevano far parte i sindaci e gli assessori comunali. Agli stessi ammi-
nistratori ed ai debitori morosi non potevano essere concessi mutui
nemmeno per interposta persona.
Non meno importanti le disposizioni per la repressione dell’abi-
geato, del pascolo abusivo e dei danneggiamenti delle proprietà priva-
te, considerati reati d’azione pubblica, e per la ricostituzione delle

529
Lorenzo Del Piano

compagnie barracellari, che a mezzo di loro agenti, i barracelli appun-


to, esercitavano la vigilanza sulle campagne e rifondevano agli assicu-
rati gli eventuali danni subiti.
Il capo II prevedeva la costituzione nei capoluoghi delle due
province di giunte d’arbitri per la soluzione delle controversie sui ter-
reni ademprivili, sui quali cioè le popolazioni esercitavano antichi di-
ritti d’uso detti ademprivi, che si era tentato senza esito di abolire.
Come è noto una parte di questi terreni, circa la metà, e precisa-
mente 200.000 ettari, avrebbe dovuto essere ceduta alla Compagnia
reale delle ferrovie sarde a titolo di sussidio per la costruzione della
strada ferrata Cagliari-Terranova (Olbia), con diramazioni a Decimo-
mannu per Iglesias e ad Ozieri per Sassari e Portotorres. Di fatto erano
stati consegnati alla società ferroviaria solo 18.200 ettari, poi restituiti
allo Stato, che concesse al posto dei 200.000 ettari un aumento della
garanzia chilometrica.
I terreni ex ademprivili, liberati dai vincoli di servitù e di con-
dominio, sarebbero stati messi a disposizione della Cassa ademprivile,
che li avrebbe divisi secondo le caratteristiche in due categorie: quelli
assegnati alla prima categoria sarebbero stati consegnati alle ispezioni
forestali, che avrebbero provveduto a rimboschirli; quelli assegnati alla
seconda categoria sarebbero stati suddivisi in quote di estensione non
inferiore ai tre ettari e con particolari modalità sarebbero stati quindi
concessi in enfiteusi, non riscattabile prima di vent’anni.
Particolare rilievo aveva l’articolo 8, che istituiva come ente mora-
le la Cassa ademprivile, alla quale sarebbe stato devoluto, assieme ad al-
tre entrate, il gettito dei canoni enfiteutici ed il prezzo dei riscatti. La
Cassa ademprivile avrebbe dovuto utilizzare i fondi a sua disposizione
per fare anticipazioni ai Monti frumentari ed agli enfiteuti che intendes-
sero costruire case coloniche o stalle razionali e acquistare strumenti da
lavoro o scorte, dando la preferenza agli enfiteuti più poveri che dessero
garanzie di probità e operosità ed alle società cooperative.
Interessante anche l’articolo 12, che riproponeva il tema della
colonizzazione interna, esentando per vent’anni da qualunque tassa
governativa o comunale i nuovi centri di popolazione con non meno
di cinquanta abitanti che sarebbero sorti entro dieci anni dalla data di
approvazione della legge nei terreni ex ademprivili od in qualunque
altra località dell’isola al momento incolta e disabitata.

530
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

Ai coltivatori che ne facessero richiesta per l’esecuzione di lavori


di bonifica, irrigazione e trasformazione fondiaria era concessa l’opera
dei condannati alla reclusione, mentre all’amministrazione carceraria
era concessa la facoltà di istituire colonie penali mobili che avrebbero
dovuto bonificare e ridurre a coltura i terreni ex ademprivili, per ce-
derli quindi a piccoli proprietari dopo averli ripartiti in lotti, in cia-
scuno dei quali sarebbero state costruite una casa ed una stalla propor-
zionate all’estensione del terreno.
Il capo III disponeva all’articolo 21 l’esecuzione delle opere
idrauliche di bonifica, di irrigazione e di correzione dei corsi d’acqua e
di rimboschimento in diversi bacini idrografici.
Venivano pertanto previste le spese di cui appresso:
a - nel bacino idrografico del Campidano di Cagliari: 400.000 lire per
la correzione dei torrenti, 70.000 lire per il bacino di irrigazione e
100.000 lire per rimboschimenti;
b - nel bacino idrografico di Santa Gilla e versante ovest del golfo di
Cagliari: 650.000 lire per la correzione del corso del Flumini Man-
nu, 100.000 lire per il rio di Sestu, 600.000 per il rio di Pula,
40.000 per i bacini d’irrigazione e 250.000 per lavori forestali;
c - nel bacino idrografico del Tirso: 1.500.000 per la correzione del
corso del fiume, 40.000 per il bacino d’irrigazione e 400.000 per
lavori forestali;
d -nel bacino idrografico del Coghinas; 1.000.000 per la correzione
del fiume e 400.000 lire per lavori forestali.
e - nel bacino del Cedrino: 500.000 lire per la correzione del corso del
fiume e 100.000 per lavori forestali.
Appositi stanziamenti venivano disposti per lo studio delle bo-
nifiche maggiori e per l’esecuzione di bonifiche minori, quali quelle
degli stagni di Tortolì; di Salinedde e di Corcò presso Terranova; di
Calik presso Alghero; di Pauli Scudo e Santa Lucia presso Bonorva; di
Padulo presso Tempio e di Sanluri, fra Sanluri e Samassi.
Risultavano pertanto complessivamente stanziati 4.750.000 lire
per la correzione dei corsi d’acqua, 2.000.000 per le bonifiche e
1.250.000 lire per rimboschimenti. Per le opere di irrigazione inoltre
lo Stato avrebbe corrisposto per quarant’anni un contributo annuo
non superiore a 150.000 lire.

531
Lorenzo Del Piano

Gli articoli 22 e seguenti stabilivano quindi la ripartizione fra lo


Stato, le Amministrazioni provinciali ed i privati interessati delle spese
di costruzione e di manutenzione delle opere considerate e le modalità
per la compilazione dei progetti.
Il concorso dei privati era obbligatorio, erano stabilite particola-
ri modalità per gli espropri di immobili ed era data facoltà al governo
di concedere a consorzi di interessati od anche a società private i lavori
di costruzione, manutenzione ed esercizio dei bacini di irrigazione e
dei relativi canali. Agli stessi consorzi e società poteva essere concessa
la facoltà di espropriare, nelle zone irrigate, i terreni i cui proprietari
rifiutassero di acquistare l’acqua per l’irrigazione.
L’articolo 30 disponeva infine che i lavori di rimboschimento
dei terreni ex ademprivili sarebbero stati eseguiti dal ministero del-
l’Agricoltura, Industria e Commercio. Ove si riscontrasse la necessità
di rimboschire terreni di proprietà privata, i proprietari che li rimbo-
schissero sarebbero stati esentati per trent’anni dall’imposta fondiaria.
Ove non provvedessero sarebbero stati espropriati.
Come già accennato, i regolamenti di attuazione della legge spe-
ciale del 1897 venivano approvati in tempi abbastanza rapidi. Erano
tuttavia passati cinque anni appena dall’entrata in vigore della legge
che si avvertiva la necessità di apportarvi alcune modifiche.
Veniva così elaborata ed approvata la legge 28 luglio 1902, n. 342,
pubblicata nella “Gazzetta Ufficiale” n. 195 del 21 agosto 1902, pro-
mulgata da Vittorio Emanuele III (e non II, come erroneamente indi-
cato nella raccolta ufficiale) e firmata oltre che dal guardasigilli Cocco
Ortu dal presidente del Consiglio Zanardelli e dai ministri Giolitti,
Baccelli, Carcano, Di Broglio e Balenzano.
La legge, che comprendeva una ventina di articoli e le relative
tabelle, modificava le precedenti disposizioni sul funzionamento dei
Monti frumentari e nummari e sulla composizione delle commissioni
che li amministravano. Venivano altresì leggermente modificate le di-
sposizioni sui beni ademprivili, e disposta l’istituzione di due sezioni
autonome della Cassa ademprivile con sedi rispettivamente a Cagliari
e a Sassari e se ne disciplinava il funzionamento.
Per ciò che riguardava la sistemazione idraulica la legge aumen-
tava la somma stanziata da 8.000.000 a 11.750.000 lire, ed aumenta-

532
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

va da 150.000 a 200.000 lire annue l’importo del contributo che per


l’irrigazione lo Stato si impegnava a concedere per 40 anni.
Successive disposizioni riguardavano la manutenzione dei lavori
che si sarebbero compiuti, la consegna agli interessati dei bacini e delle
bonifiche eseguiti, l’assunzione da parte dello Stato delle opere di cor-
rezione dei corsi d’acqua che avrebbero dovuto essere eseguite dai Co-
muni o dai consorzi.
Altre norme riguardavano l’assunzione del personale, la modifi-
ca dei termini già stabiliti ed i finanziamenti. Veniva infine data facol-
tà al governo di modificare i regolamenti già approvati.

8. Il problema sardo negli scritti di Sante Cettolini, di Gaetano Seghetti e


di Edmondo Sanjust di Teulada – La legge speciale del 1897 fu accolta
con particolare favore da Sante Cettolini, il direttore della R. Scuola
di Viticoltura ed Enologia di Cagliari, che in un suo ampio studio ri-
levava che molte delle norme della stessa legge riprendevano concetti e
proposte da lui espressi e difesi dalla cattedra e nella pubblicistica (34).
Nel suo saggio il Cettolini svolgeva innanzitutto un rapido esa-
me del problema sardo, anche allo scopo di rettificare le “leggende e
notizie mendaci, inspirate spesso a malafede e più spesso ad ignoran-
za” che correvano sul conto dell’isola.
A questa prima parte del saggio ne seguiva un’altra, dedicata ad
un esame particolareggiato della legge, ed una terza, nella quale l’auto-
re esprimeva alcune idee sui provvedimenti che si sarebbero dovuti an-
cora prendere in favore dell’agricoltura, “la base principale del risorgi-
mento sardo, per avviarla verso il progresso”.
Non mancavano nella premessa del saggio alcune considerazioni
di carattere generale, che ci sembra di dover riportare con una certa
larghezza, anche perché il saggio del Cettolini, un tecnico, si badi, e
sicuramente non un retore, è ormai difficile da reperire.

(34) L’opuscolo del Cettolini è intitolato Questione sarda e provvedimenti in


favore dell’isola, Cagliari, 1898. Cfr. altresì A. ROMAGNINO L’Istituto tecnico agrario, in
“Almanacco di Cagliari 1975”; F. CHERCHI PABA, Evoluzione storica dell’attività indu-
striale, agricoltura, caccia e pesca in Sardegna, vol. IV, Cagliari, Fossataro, 1977, pp. 143
ss.; F. ATZENI, Note sull’istruzione agraria e professionale in Sardegna alla fine dell’Otto-
cento, in “Risorgimento”, n. 8 del 1996, ed estr., Milano, 1996.

533
Lorenzo Del Piano

“È sorta oggidì – scriveva tra l’altro l’autore – una curiosa setta


di scrittori di sociologia che, giurando sulla parola del maestro, non
vedono nella Sardegna che una terra di degenerazione e di barbarie. Se
costoro viaggiarono la Sardegna, lo fecero per un periodo di tempo
insufficiente a raccogliere notizie certe, documenti esatti, e vennero
nell’isola con un concetto delle cose sarde bello e formato, e quel poco
che videro ed esaminarono apparve loro attraverso le lenti d’un can-
nocchiale costruito per loro uso e consumo.
Non pensarono costoro alla storia del passato, e se vi pensarono
a modo loro nulla da essa appresero, non pensarono costoro che nel
giudicare le cose dell’isola bisogna tener presente che questo popolo
mai o per ben poco fu padrone di sé, che nulla poté avere dai domina-
tori che non fosse martirio, abbrutimento; in mezzo secolo è possibile,
può un popolo scancellare le stigmate di dolore dovute a trenta secoli
di schiavitù? In soli cinquant’anni di libertà può una nazione rifarsi
un’educazione morale diversa da quella in cui visse lungamente?...
Ebbene, in questo periodo la Sardegna ha fatto progressi rapidi,
costanti, visibilissimi; la generazione anteriore al ’48 non aveva che in-
travveduto un barbaglio di luce; quella del 1898 è in piena alba di ri-
sorgimento... Prima non scuole, non comunicazioni coll’interno e col
continente, o rare e difficili; non agricoltura, non giustizia, non com-
mercio, non industrie; ora ogni villaggio ha un maestro, che non ot-
terrà i frutti che ottengono i maestri dell’Alta Italia, ma che prepara
l’avvenire; la vaporiera solca ora con le navi il mare, coi treni percorre
l’isola; quasi tutti i Comuni sono collegati fra loro e con i centri prin-
cipali, ed è perfino divenuto facilmente accessibile il centro dell’isola,
prima ignoto ai sardi stessi; l’agricoltura pare si risvegli dal lungo son-
no; la giustizia procede più sicura, e mentre i banditi un tempo si con-
tavano a migliaia ora son ridotti a casi isolati, né tarderanno a scompa-
rire, se la popolazione continua nel progressivo svolgimento attuale; i
commerci accennano ad incrementare, le industrie fanno capolino.
Che più? Il sardo ora viaggia, si istruisce, e capisce che deve risoluta-
mente avviarsi sulla via del progresso, con passo sicuro”.
Nella seconda parte del lavoro, tutto di interessante lettura,
Cettolini riassumeva le disposizioni della legge, e si intratteneva in
particolare sugli articoli relativi alla sistemazione idraulica ed alle ope-
re di irrigazione.

534
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

Per ciò che riguardava il primo punto, l’autore ricordava che il


problema aveva richiamato in passato l’attenzione degli ingegneri del
Genio civile, giustamente preoccupati per i danni causati ai centri abita-
ti dalle alluvioni e per l’imperversare della malaria. Non mancava a que-
sto proposito di fare riferimento agli studi del prefetto Bacco e dell’inge-
gner Brunelli, ripresi nella sua inchiesta dall’on. Pais Serra, ed assunti
come base dei lavori della commissione incaricata dal governo di elabo-
rare la parte della nuova legge relativa alla sistemazione idraulica.
“Questa commissione infatti – ricorda Cettolini – dopo esami-
nati i materiali raccolti dagli uffici locali e sentito il parere degli inge-
gneri capi del Genio civile delle due provincie, si convinse che le diver-
se categorie dei lavori idraulici occorrenti alla Sardegna si compenetrano
talmente da non potersi scindere nei riguardi tecnici ed in quelli ammini-
strativi”.
Il Cettolini considerava soddisfacente la legge nel suo comples-
so, anche se avrebbe preferito che si fosse dedicata maggiore attenzio-
ne ai problemi del rimboschimento e della fognatura dei terreni da
sistemare, nei quali il ristagno dell’acqua piovana faceva marcire i semi
e le piante già nate.
Altro tema affrontato era quello dell’irrigazione dei Campidani,
da realizzarsi ad opera di una o più società private, che avrebbero do-
vuto provvedere alla costruzione ed alla manutenzione dei bacini di
raccolta e dei canali di distribuzione delle acque.
A queste società lo Stato avrebbe corrisposto un contributo an-
nuo fisso, da sommarsi ai proventi della vendita dell’acqua, della quale
veniva stabilito il prezzo massimo. Un altro articolo concedeva poi la
facoltà di espropriare i terreni ricadenti nella zona irrigua i cui pro-
prietari rifiutassero di acquistare l’acqua necessaria all’irrigazione, ter-
reni che ad esproprio avvenuto avrebbero potuto essere rivenduti.
A questo proposito Cettolini non mancava di fare alcune consi-
derazioni critiche di indubbio interesse, scrivendo che era certamente
commendevole l’idea di servirsi dei fiumi della parte meridionale del-
l’isola per irrigare i Campidani, pianeggianti o lievemente inclinati
verso il mare. Osservava peraltro che un’agricoltura irrigua esigeva una
popolazione più densa di quella che l’isola aveva ed avrebbe avuto nel
futuro prossimo. Richiedeva inoltre una notevole disponibilità di ca-
pitali, la trasformazione delle colture, la conoscenza di nuove tecni-

535
Lorenzo Del Piano

che, la permanenza sul posto dei coltivatori, tutte cose che non si sa-
rebbero potute avere nei quarant’anni di applicazione della legge.
C’era inoltre da osservare che i prodotti che si sarebbero ottenu-
ti nei Campidani dopo tante e tanto costose innovazioni si ottenevano
già “con una spesa minore nel centro dell’isola e nella parte montuosa,
ove il clima mite e l’altitudine maggiore consentivano un’apprezzabile
freschezza del suolo e più facili ed abbondanti erano le piogge”, men-
tre nei Campidani era “tormento frequente” la siccità.
Dopo aver espresso queste perplessità, Cettolini presentava le
sue proposte alternative, scrivendo: “La coltura naturale dei Campida-
ni è l’arborea o l’arbustiva; la vite e il mandorlo ne sono la vera ric-
chezza; minore importanza ha la coltura del frumento, che si alterna
con l’orzo vernino da foraggio e con le fave, come coltura di prepara-
zione. Nel centro e nel capo superiore il frumento ed il pascolo pren-
dono una preponderanza maggiore. Ora, sembra economicamente
conveniente ricorrere all’irrigazione delle coltivazioni sopra accennate?
Non certo per la vigna e le piante fruttifere; bensì il frumento e le altre
colture in rotazione se ne avvantaggierebbero dal lato colturale; ma è
ciò acconsentito dal prezzo di queste derrate? La concorrenza che i
prodotti risentiranno dai consimili che si potranno avere, senza sussi-
dio alcuno d’artificio colturale, dai paesi meglio favoriti dalla natura
renderà economico per un lungo periodo di anni questo ramo speciale
e nuovo dell’agricoltura dei Campidani?
È ben vero che si potranno iniziare altre coltivazioni che attual-
mente la Sardegna ignora od appena appena conosce per qualche ti-
mido tentativo fatto qua e là; ma è pur vero, che questa parte dei
provvedimenti a favore dell’isola, o per meglio dire a favore di una
parte della provincia di Cagliari, non si presenta alla mente dell’osser-
vatore come una concezione limpida e geniale, poiché lascia intravve-
dere molti e gravi dubbi che ne annebbiano la purezza, ne offuscano i
contorni e rendono troppo indeciso l’assieme.
Se poi si pensa che questa parte dei provvedimenti a favore del-
l’Isola assorbe in 40 anni ben 6.000.000 dei 14 assegnati al complesso
delle bonifiche, rimboschimenti, prosciugamenti, inalveamenti ecc., si
è tratti a supporre che nella Commissione governativa, la quale ha ela-
borata la legge, predominasse troppo l’elemento amministrativo-poli-

536
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

tico e troppo poco l’agrario il quale, per lo contrario, avrebbe dovuto


predominare, portando nella questione la nota pratica.
Meglio che alla irrigazione dei Campidani era il caso di pensare
a quella dei terreni limitrofi alle dighe di sbarramento nelle vallate dei
paesi montanini o premontanini. Quivi già si hanno conoscenze rudi-
mentali di questa pratica agraria. E difatti gli orti, i campicelli a qual-
che coltura speciale irrigua ivi non sono infrequenti e sarebbe facile
indurre i coltivatori a tentarne altri rami quale quello dei prati artifi-
ciali, della patata, della barbabietola e via dicendo ed a questo arrive-
rebbe da sé l’industria privata. In questi luoghi i terreni costano poco
assai e ciò sarebbe già un incentivo perché trovassero acquisitori.
L’augurio nostro quindi, per quanto riguarda la sistemazione
idraulica dell’Isola, si è che i denari che si vogliono spendere per l’irri-
gazione vengano consacrati al rimboschimento, alla correzione dei fiu-
mi e alle opere di scolo per le acque che persistono nei terreni; l’irriga-
zione sarà un’utile appendice che verrà da sé col tempo e nei luoghi
ove essa devesi considerare quasi connaturale ai miglioramenti agrari
che vi introdurranno i privati, spontaneamente”.
Il saggio di Cettolini affrontava anche un altro tema di grande
attualità negli ultimi decenni dell’Ottocento e nel primo Novecento,
quello della colonizzazione dell’isola, che avrebbe dovuto tra l’altro
consentire l’estensione della zona destinata all’agricoltura, a danno ov-
viamente della pastorizia tradizionale. A questo scopo la legge stabiliva
particolari benefici intesi a favorire la creazione di nuovi centri di po-
polazione con almeno cinquanta abitanti, da erigersi in località incolte
e non abitate.
Osservava a questo proposito Cettolini: “Di terreni assolutamen-
te incolti (cioè mai coltivati, stando al senso letterale della parola), com-
presi in una superficie tale da permettere che vi si crei il primo nucleo
d’un futuro villaggio l’isola in effetti non ne ha, e se li ha sono in condi-
zioni tali da non renderne possibile la economica coltura che in un pe-
riodo di tempo molto lontano, quando cioè tutti gli altri terreni di ferti-
lità maggiore saranno stati sfruttati. Per trovarne occorre o salire sull’erte
dei monti, là dove un tempo esistevano i boschi, o scendere nei luoghi
semi-palustri”. La realtà era che tutti i terreni idonei, anche quelli più
lontani dai villaggi, venivano arati, sia pure per produrre solo un pugno
di grano o d’orzo. Era perciò necessario chiarire bene a quali terreni in-

537
Lorenzo Del Piano

tendeva riferirsi il governo; forse a quelli assegnati alle colonie penali,


che però non potevano considerarsi incolti, o forse ai terreni ex adem-
privili, ma su questi appezzamenti “grava una mole tanto sterminata di
liti, di contestazioni e di indebite appropriazioni che la commissione
chiamata a dipanare, secondo il progetto di legge, l’intricata matassa ci
metterà del bel tempo prima di venire ad una conclusione. Intanto i
dieci anni concessi passeranno rapidamente e nessuno, anche se lo aves-
se voluto, o ben pochi, ma pochi assai, ne potranno approfittare”.
Non meno interessanti le considerazioni che Cettolini faceva ri-
guardo agli abitanti dei nuovi centri che si sperava sarebbero sorti,
chiedendo come si sarebbe provveduto alla loro sicurezza ed al tra-
sporto dei loro prodotti ai centri di consumo od ai punti di imbarco.
Escludeva quindi che il legislatore intendesse trasferire nei nuovi cen-
tri gli abitanti di altri villaggi dell’isola, e ricordava di avere rilevato in
precedenza che esisteva un sia pur lento movimento migratorio verso
l’isola di italiani di altre regioni, piemontesi, lombardi, veneti, toscani,
siciliani, ma soprattutto liguri. Questi immigranti però non si dedica-
vano all’agricoltura, ma ad attività industriali, e ciò perché le condi-
zioni dell’agricoltura e della proprietà sarde non incoraggiavano ad oc-
cuparsi del lavoro dei campi.
“L’emigrante che va in America – scriveva a questo proposito Cet-
tolini – anche se povero di mezzi, purché ricco di buona volontà e di
braccia forti, trova il terreno pronto ad accoglierlo e a dargli largo com-
penso delle sue fatiche, in breve volgere d’anni divenendone padrone”:
in Sardegna invece i terreni più produttivi erano già di proprietà privata,
mentre l’isola, “troppo poco abitata per pensare da sé allo sfruttamento
dei terreni propri, lo era troppo per rendere possibile una forte corrente
di immigrazione esterna, la quale avrebbe avuto gravi difficoltà da vin-
cere per rendervisi stabile”. In conclusione, sarebbe stato meglio per il
momento lasciar perdere i terreni incolti e molto lontani dai villaggi, e
cercare di favorire la coltivazione intensiva dei terreni più fertili.
Altro problema da risolvere era quello dell’accorpamento delle
proprietà eccessivamente frazionate da promuovere con permute o
cessioni forzate, ciò che avrebbe favorito un aumento della produzio-
ne e quindi della popolazione.
Il tema della colonizzazione sarebbe stato più tardi affrontato, ol-
tre che dall’economista sassarese Gavino Alivia, anche da un altro tecni-

538
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

co, Gaetano Seghetti, che passava in rassegna i tentativi di colonizzazio-


ne spontanea o promossa dall’alto svoltisi negli ultimi secoli, e fermava
la sua attenzione sulle colonie agricole penali di Castiadas, di Cuguttu,
del Sarcidano, di Mamone o Bitti, di San Bartolomeo e dell’Asinara (35).
Con particolare riferimento alla legislazione speciale per l’isola
Seghetti riassumeva in breve le vicende di alcune borgate rurali create
da stranieri.
Ricordava così che nel 1885 la ditta Piercy aveva acquistato dal
Demanio terreni ademprivili nei pressi di Macomer, e precisamente
nelle località Badd’e Salighes e Padrumannu, per una estensione com-
plessiva di 4.000 ettari.
La prima iniziativa intesa a valorizzare quei terreni fu l’apertura di
una strada di oltre dodici chilometri che partiva dalla Campeda-Maco-
mer. Vennero poi costruite due borgate rurali per le quali, in base alla
legge del 1897, venne chiesta ed ottenuta l’esenzione dalle imposte.
“I caseggiati colonici, situati nel centro delle singole due tenute
– scriveva Seghetti – furono costruiti aggruppati, in modo da formare
con la Chiesa ed altre comodità civili sorte in seguito, delle unità de-
mografiche. Ciascun centro fu abitato da 18-20 famiglie con una po-
polazione di circa 100 persone. Le famiglie furono chiamate tutte dai
prossimi Comuni e non si ebbe alcuna introduzione di famiglie conti-
nentali. Solo la direzione tecnica ed amministrativa della vasta azienda
fu affidata ad esperti fatti venire dal continente.
Della grande estensione furono posti a coltura circa 1.000 ettari
e l’azienda tenne sempre un prevalente andamento forestale-zootecni-
co, in corrispondenza, del resto, dell’ambiente montuoso. Rinomato
vi fu l’allevamento dei cavalli, che costituì una delle principali attività
aziendali. Attualmente tutto è in decadimento e l’azienda ha perduto
la sua organica unità. In parte è affittata, in parte è posta in vendita ad
appezzamenti di circa 500 ettari”.
Altra iniziativa interessante quella di M. Mariani, che, venuto in
Sardegna quale agente della compagnia Fraissinet, specializzata nelle
lavorazioni forestali, acquistò dal Demanio un migliaio di ettari in lo-
calità Sas Baddes, nei pressi di Bonorva. Si dovettero poi all’iniziativa

(35) Cfr. G. SEGHETTI, La mano d’opera agricola e la colonizzazione in Sarde-


gna, Roma, 1929.

539
Lorenzo Del Piano

privata altri tentativi di colonizzazione, quali quelli promossi da Gari-


baldi e quelli che portarono alla costituzione delle aziende della socie-
tà Scalabrini, di Villa d’Orri, di Santa Margherita del conte Corinaldi,
di Pimpisu, di Su Daniele, di Assemini del conte Cecconi e di quella
della società Sarrabus.
Queste notizie di carattere particolare erano precedute da consi-
derazioni di carattere più generale sulla legislazione in materia di colo-
nizzazione della Sardegna, problema rimasto irrisolto per un difetto
insito nella legislazione stessa.
Ricordava a questo proposito Seghetti che in un primo tempo
nella legislazione unitaria non si era tenuto conto “delle differenti
condizioni del Mezzogiorno e delle isole che non potendo, allora, in-
vocare leggi speciali, e pur avendo bisogno di un regime giuridico
adatto alla loro natura ed alle loro condizioni geografiche, soprattutto
in materia di acque, foreste e bonifiche, si erano viste imprigionate nel-
le leggi generali del Regno”.
Erano venute in seguito le leggi speciali, “ma anche queste, so-
prattutto per ciò che si riferiva ai lavori pubblici ed all’agricoltura”,
erano riuscite inapplicabili: “viziate infatti all’origine da presupposti
assoluti di uguaglianza amministrativa”, avevano condotto di fatto “a
nuove e maggiori disarmonie economiche”. Pertanto secondo Seghetti
di “tale cumulo di provvidenze legislative erano rimaste, nel campo
della colonizzazione, oltre la benefica azione, ma non coordinata,
svolta dalle Casse provinciali di credito agrario per il sorgere di molte
case coloniche”, le colonie agricole penali e le borgate rurali sulle quali
abbiamo già riferito.
La rappresentazione sostanzialmente positiva del passato recente
dell’isola che dava Cettolini era condivisa da un altro tecnico che me-
riterebbe anch’esso uno studio biografico approfondito, l’ingegner
Edmondo Sanjust di Teulada, del quale Francesco Atzeni ha tracciato
un sintetico profilo (36).
Il progresso realizzato in Sardegna in campo industriale veniva
sottolineato dal Sanjust a conclusione di un volume curato da lui, da

(36) Cfr. la voce pubblicata nel Dizionario storico del movimento cattolico, cit.
Altre voci lo stesso autore ha dedicato ai due cugini di Edmondo Sanjust, l’avvocato
Enrico, conte di nomina pontificia ed esponente di primissimo piano del movimen-

540
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

Dionigi Scano e da Filippo Vivanet nel 1902, in occasione della cele-


brazione in città del decimo Congresso nazionale degli ingegneri ed
architetti italiani: progresso, scriveva, che era stato tanto rapido che
“mal si può prevedere quale esso possa essere nel secolo che nasce” (37).
Molti passi avanti si erano innanzitutto realizzati, nell’ultimo
quarto dell’Ottocento, nel settore agricolo, grazie al notevole aumento
nel Campidano della superficie destinata alla viticoltura. Il conse-
guente sviluppo dell’industria enologica, in tante parte, aggiungiamo,
dovuto al Cettolini ed alla sua scuola, poteva ormai contare su im-
pianti per la conservazione e la lavorazione del vino sorti in molti Co-
muni. L’agricoltura in genere si era poi avvantaggiata dalla diffusa
adozione di aratri razionali e da una più largamente praticata coltiva-
zione e conservazione dei foraggi.
Lo sviluppo agricolo aveva avuto come conseguenza un incre-
mento del commercio ed un aumento del benessere anche nelle città,
mentre Iglesias aveva beneficiato dello sviluppo dell’industria minera-

to cattolico sardo, ed Enrico, marchese di Neoneli e barone di Teulada. I tre erano


figli di tre fratelli, figli a loro volta di Enrico Sanjust Chabod.
Molte notizie su Edmondo Sanjust possono trarsi dalle memorie familiari
inedite rielaborate dal nipote Enrico, figlio del figlio Paolo, che qui ringraziamo per
avercele messe cortesemente a disposizione.
Il Sanjust ricorda tra l’altro di avere nel 1906 interessato ai problemi dell’iso-
la Angelo Omodeo, del quale cfr. la biografia tracciata da Costantino Fassò e pubbli-
cata nel 1995 dai Rotary Club cagliaritani. Cfr. altresì l’articolo pubblicato da Salva-
tore Pirastu nel n. 20 dei “Quaderni bolotanesi”. A La diga di Santa Chiara sul Tirso
Gabriele Tola ha dedicato un importante studio, presentato da Romano Mambrini e
pubblicato nel quaderno n. 18 di “Sardegna economica”. Nel saggio non mancano i
riferimenti alla legislazione speciale per l’isola promossa da Cocco Ortu e vengono
messe in luce adeguata la figura e l’opera di Edmondo Sanjust.
Molte utili notizie su Edmondo Sanjust nel volume fuori commercio sulla
“Sanjust convention”, tenutasi a Cagliari per iniziativa di Luisa Sanjust. Il volume
accoglie, oltre l’albero genealogico della famiglia, altra documentazione ed un’inter-
vista con l’organizzatrice, scritti di Vincenzo e Francesco Amat di San Filippo, Ser-
gio Serra, Paolo De Magistris, Ludovico Fraia e Gian Luigi Sanjust di Teulada.
A Edmondo Sajust ha dedicato uno dei suoi ultimi scritti il compianto
Achille Sirchia, del quale cfr. Cattolico scomodo e tecnico di valore seppe conciliare Ca-
gliari con il mare, pubblicato in “Sardegna economica”, n. 5 del 1999.
(37) Cfr. F. VIVANET-D. SCANO-E. SANJUST, Cagliari antica, medioevale e moder-
na, Cagliari, 1902.

541
Lorenzo Del Piano

ria anche se solo per l’aumentata occupazione, dato che gran parte dei
lauti guadagni derivanti dall’attività estrattiva veniva esportata.
Molto ancora tuttavia restava da fare, ed a questo riguardo il
Sanjust ricordava che quando si stava studiando il progetto della pri-
ma legge speciale era personalmente riuscito a “far accettare l’idea dei
grandi bacini di ritenuta al doppio scopo di invasare una parte delle
piene che devastavano il piano e di ottenere l’irrigazione di una certa
estensione di terreno”.
“Ma – aggiungeva il Sanjust a conclusione del suo saggio – non
bisogna illudersi: il bacino del Tirso potrà irrigare 4.000 ettari, altret-
tanti al maximum ne potranno irrigare ciascuno dei bacini del Campi-
dano e del Mannu, saranno quindi in totale 12.000 ettari circa ossia
meno che un centesimo della superficie totale della provincia che mi-
sura 13.683 chilometri quadrati. E non può essere diversamente e così
avviene pure in Spagna ed in Algeria. Per la prima di queste lo Zoppi
ed il Torricelli dicono che se sopra una carta si segnassero i terreni irri-
gui con tinta diversa da quelli a secco ne risulterebbe come una tigra-
tura appena visibile.
Ciò nonostante, questa modesta estensione ridotta a coltura in-
tensiva può dare risultati insperati: e se a ciò si unisce la produzione del-
la forza motrice a buon mercato, può avvenire che ogni bacino di irriga-
zione formi come un centro di benessere ed un esempio per molte prati-
che razionali che si possono applicare anche nei terreni non irrigui.
Cagliari avrà alle sue porte uno di questi bacini, quello di Mara-
calagonis, il quale potrà contemporaneamente fornire la irrigazione al
Campidano e la forza motrice alla città.
La forza motrice in città vuol dire l’illuminazione elettrica, la tra-
zione elettrica e quindi l’avvicinamento e la fusione delle diverse parti
della città fra loro e coi dintorni; vuol dire il facile impianto di piccole
industrie locali; vuol dire la certezza di aver in porto mezzi rapidi ed
economici di scarico e carico, e quindi maggior facilità degli scambi.
Se a questo si aggiungono i risultati delle possibili future scoper-
te si apre un vastissimo orizzonte alle nostre congetture. Se l’aeronau-
tica diventerà praticamente applicabile ai trasporti cesserà l’isolamen-
to della Sardegna, che potrà considerarsi al paro delle provincie conti-
nentali in quanto riguarda lo scambio di passeggeri e di merci coi
grandi centri di produzione e di consumo.

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Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

Col cresciuto benessere, raddoppiata la popolazione, io mi figu-


ro Cagliari nell’anno 2000 con una superba marina dalla stazione del-
le Reali a S. Bartolomeo, fiancheggiata da palazzi a portici, percorsa da
trams elettrici, col porto rigurgitante di merci e di navi, colla spiaggia
di Bonaria bonificata e ridotta a giardino come l’Ardenza di Livorno.
E poi ampliata la città verso S. Lucifero e Villanova e fino a S. Aven-
drace, m’immagino il Castello demolito e ridotto a parco e giardini; il
Buon Cammino al quale si ascenderà con una funicolare elettrica, il-
luminato da grandi lampade ad arco e formante il più gradito ritrovo
estivo dei Cagliaritani. Ed il quartiere operoso della Marina sventrato
e ricostruito con case modernamente concepite ed arredate.
Sogno poi col più vivo desiderio un nuovo e perfetto quartiere ope-
raio, colle case linde e pulite di proprietà del lavoratore e della sua famiglia
ed aboliti quindi per sempre i luridi sottani che formano la vergogna di
una città che pur si ritiene per tante altre ragioni altamente civile.
Ma di tutte queste migliorie, che pur non sono molto difficili,
dato il vertiginoso progredire di quanto ha tratto al benessere materiale,
io farei volentieri a meno se in loro luogo io potessi veder perfezionati i
miei concittadini ed in generale gli abitanti tutti della mia isola diletta.
Io vorrei una generazione di uomini operosi, costanti, disposti
ad ogni morale e civile progresso, uniti nel bene, alieni dalle sterili lot-
te personali, fidenti nella propria operosità e fieri in quanto ha di più
nobile la fierezza; ossia nel desiderio vivissimo di non chiedere, non
ottener nulla da nessuno e di dover tutto a loro stessi.
Questo io vorrei per i miei concittadini: e quando sarà così il
resto verrà da sé!”.
Edmondo Sanjust di Teulada, figlio di Giovanni, ufficiale della
R. Marina, e di Gabriella Roberti di Castelvero e S. Tommaso, nacque
a Cagliari il 21 febbraio 1858. Ammesso poco più che bambino a fre-
quentare l’Istituto tecnico di Genova diretto da Gerolamo Boccardo,
si laureò in Ingegneria a Torino il 21 settembre 1878, a poco più di
vent’anni.
Dal 1° gennaio 1879, vincitore di concorso, prestò servizio al
Genio civile di Cagliari, dove fu ospite del nonno materno marchese
Roberti, più volte sindaco della città. Edmondo Sanjust fu eletto con-
sigliere comunale nel 1889 con la lista di Ottone Bacaredda, e più vol-
te confermato in seguito, fino al suo trasferimento a Milano.

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Lorenzo Del Piano

Assegnato alla sezione opere marittime, compilò il progetto e


diresse i lavori per l’ampliamento del porto di Cagliari, affidati all’im-
presa Magrini e Zamberletti, che utilizzò massi del peso anche di tren-
ta tonnellate prelevati dalla cava di Bonaria, e trasportati fino alla ra-
dice del molo di levante a mezzo di una strada ferrata a scartamente
normale appositamente costruita. Diresse anche i lavori dei porti di
Bosa e di Arbatax e la costruzione di diversi fari.
Terminati questi lavori nel 1888 (nel 1886 mons. Berchialla
aveva benedetto le sue nozze con Maria Manca di Villahermosa e Nis-
sa, e lo stesso anno era nato Giovanni, primo di dieci figli e figlie)
collaborò col suo nuovo capo ing. Augusto Brunelli, del quale scrive
di essere stato il braccio destro, allo studio del problema idraulico del-
la provincia di Cagliari e dell’isola, diventato d’attualità a seguito della
grande alluvione del 1889.
I suoi studi, completi dei progetti di massima per la sistemazio-
ne dei vari bacini idrografici, destarono l’interesse del prefetto Carlo
Bacco, che ne parlò al sottosegretario ai Lavori pubblici De Martino, e
fu appunto questi che nel 1896 chiamò il Sanjust a Roma, dove si
trattenne diversi mesi in missione, per elaborare il disegno della prima
legge speciale per la Sardegna, che nelle memorie inedite definisce “la
mia legge”, né manca di precisare che la stessa legge “fu esclusivamen-
te opera mia personale. E fui io che pensai di comprendervi i bacini di
irrigazione che, trasformati in seguito, diedero origine alla costruzione
del grande bacino sul Tirso”: parole che potrebbero avere, ma sarebbe-
ro necessarie ulteriori indagini, una valenza polemica nei confronti di
Cocco Ortu, al quale è generalmente attribuito tutto il merito della
legislazione speciale per l’isola. Un giudizio definitivo potrebbe essere
pronunciato dopo l’esame degli altri scritti inediti del Sanjust, il quale
nel manoscritto citato, che comprende prevalentemente memorie fa-
miliari, nomina il Cocco Ortu solo due volte, la prima a proposito
delle elezioni del 1909 e la seconda a proposito di un’interpellanza fir-
mata anche da Carboni Boy, Castoldi, Congiu, Roth e Pais Serra, nel-
la quale si sollecitava l’esecuzione di certi lavori a Golfo Aranci.
Fu il suo impegno nell’affrontare la questione sarda che convin-
se Zanardelli (del quale sono noti gli stretti rapporti e la personale
amicizia con Cocco Ortu) ad invitarlo nella sua villa di Maderno e ad
affidargli il compito non lieve di predisporre una legge speciale per la

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Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

Basilicata, che Zanardelli aveva visitato personalmente e che Sanjust


visitò a sua volta nel 1903, percorrendola tutta a dorso di mulo (38).
A titolo di riconoscimento del suo impegno nel 1903 Edmondo
Sanjust venne nominato capo del Genio civile di Milano: compito as-
sai arduo, ma che gli consentì di assicurarsi un posto di primo piano
in campo nazionale ed anche internazionale, ciò che gli impose di
compiere frequenti viaggi all’estero, non esclusi gli Stati Uniti, il Ca-
nadà, la Russia e la Finlandia. In Italia elaborò tra l’altro il piano rego-
latore di Roma del 1908, dettò le direttive per il piano regolatore di
Udine e dei piani di ricostruzione di Reggio Calabria e di Messina di-
strutte nel 1908 dal terremoto e all’estero lavorò all’ampliamento o
alla sistemazione di diverse ambasciate italiane.
Nel 1909, dopo essersi consultato da buon cattolico, sia pure
non intransigente, con mons. Balestra, dato che formalmente era an-
cora in vigore il non expedit, accettò l’invito di Dionigi Scano e di altri
amici a candidarsi alle elezioni politiche per i liberali, in concorrenza
con Umberto Cao. Fu eletto nel marzo, ma poiché come capo di un
Genio civile era ineleggibile, l’elezione dovette essere ripetuta, ed è in
questa occasione che si rivolse a Cocco Ortu, membro del governo del
quale Giolitti era a capo, per sapere se avrebbe potuto contare sulla
promozione ad ispettore superiore, ciò che lo avrebbe reso eleggibile.
E poiché la risposta fu positiva, si candidò nuovamente e venne eletto
con larghissima maggioranza. Rappresentò l’isola a Montecitorio an-
che durante la lunga legislatura del periodo bellico, e nel 1919 si pre-
sentò di nuovo agli elettori cagliaritani come candidato del Partito po-
polare, del Consiglio nazionale del quale fece parte. Sottosegretario ai
Trasporti del governo Nitti dal 23 giugno 1919 al 14 marzo 1920, nel
1921 non presentò la sua candidatura, non essendo in grado di sop-
portare le spese che la campagna elettorale avrebbe comportato. Si
presentò al suo posto il figlio Giovanni, che fu sconfitto da un altro
candidato popolare, l’avvocato Guido Aroca.

(38) Sarà interessante aggiungere che, come ricorda Umberto Zanotti Bianco
a p. 110, n. 2, della sua Storia di una regione meridionale: la Basilicata, in Meridione e
meridionalisti, Roma, Collezione meridionale editrice, 1964, Giustino Fortunato
non votò a favore della legge speciale sulla Basilicata, per quanto Zanardelli fosse
stato suo ospite a Rionero in Vulture.

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Lorenzo Del Piano

Il 1° marzo 1923 fu nominato senatore e nel 1924 presidente


del Consiglio superiore dei Lavori pubblici. In questo stesso anno,
poco prima delle elezioni, fu tra i firmatari del manifesto di Filippo
Crispolti che assicurava al governo fascista l’appoggio di 150 esponen-
ti di primo piano del mondo cattolico. Nel 1925, anno nel quale fu
nominato fascista ad honorem, si dimise dall’impiego per raggiunti li-
miti di età, e ricevette dal ministro Sarrocchi l’incarico “lusinghiero
ma molto pesante” di “formare il programma per l’impiego del miliar-
do assegnato dal governo per lavori pubblici in Sardegna”.
Tra gli incarichi ricoperti da ricordare anche la presidenza del
Credito Fondiario Sardo, e la curatela di donna Ignazia Sanna vedova
Solinas, figlia di Giovanni Antonio Sanna.
Edmondo Sanjust di Teulada morì a Roma il 5 settembre 1936,
lasciando alla moglie ed ai figli il solo appartamento acquistato dieci
anni prima coi risparmi di tutta una vita.
Malgrado le rosee previsioni, del Sanjust il nuovo secolo, come è
noto, fu caratterizzato da un più vivace scontro sociale. Basterà accen-
nare a questo riguardo alle agitazioni del settore minerario che porta-
rono nel 1904 alla proclamazione del primo sciopero generale nazio-
nale. Le agitazioni, ripetutesi nel 1906, anche per l’attenzione dedica-
ta ad esse dalla grande stampa nazionale determinarono la nomina di
una commissione parlamentare d’inchiesta sulle miniere che peraltro
svolse i suoi lavori con molta calma, tanto che venne nell’isola solo nel
1908, mentre i quattro volumi della relazione vennero pubblicati solo
nel 1911 (39).

(39) Cfr. Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni degli operai


delle miniere della Sardegna, Atti della Commissione, Roma, 1910-1911.
Sui moti del 1904 e del 1906 si è formata una vasta letteratura ed una non
meno vasta pubblicistica. Ci limitiamo pertanto in questa sede a ricordare oltre l’op.
cit. di G. Sorgia e G. Todde, i lavori di O. BACAREDDA, L’89 cagliaritano, Cagliari,
1909; A. BOSCOLO, I moti del 1906 in Sardegna, in “Studi sardi”, a. VIII, fasc. I-III, e
ID., Sul movimento operaio nelle miniere di Sardegna, Cagliari, 1950; A. CORSI, L’azio-
ne socialista tra i minatori della Sardegna 1898-1922, Milano, Comunità, 1959, ope-
ra tuttavia compilata già da tempo; G. SOTGIU, Storia della Sardegna dopo l’Unità,
Roma-Bari, Laterza, 1986.
Tra i più recenti lavori il saggio di G. Murgia, Quel maggio del 1906: i moti
sociali nella Sardegna giolittiana, nel n. 50 (1998) dell’“Archivio sardo del movimen-

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Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

Non meno note sono le agitazioni cittadine e rurali dello stesso


1906, a seguito delle quali dovettero lamentarsi un morto a Bonorva,
due a Cagliari, Gonnesa e Nebida e addirittura cinque a Villasalto.
Protagonisti delle agitazioni cagliaritane furono i lavoratori por-
tuali, seguiti dai commessi di negozio e dalle sigaraie. Particolarmente
attivi anche i carrettieri dei vicini Comuni del Campidano, che in pre-
cedenza avevano realizzato buoni guadagni trasportando a Cagliari le
botti di vino destinate all’imbarco, e che in seguito erano stati grave-
mente danneggiati da una linea tramviaria, alcuni vagoni della quale
vennero gettati in mare nel corso delle agitazioni. Gli impianti fissi ed
il materiale rotabile vennero gravemente danneggiati anche a Quartu,
Quartucciu, Selargius, Monserrato e Pirri, mentre un po’ dappertutto
vennero presi di mira le esattorie, gli uffici del dazio, ed a Cagliari an-
che l’ufficio della Quarta regia, nel quale i pescatori dello stagno di
Santa Gilla erano tenuti a versare un quarto del pescato.
Le agitazioni, aggravate a Cagliari dallo scontro fra due fazioni
politiche, si estesero a molti paesi dell’interno, dove vennero presi di
mira i caseifici, i proprietari dei quali avevano imposto una riduzione
del prezzo del latte mentre rimaneva alto il prezzo del formaggio, tan-
to che correva il detto, riferito da Camillo Bellieni, secondo il quale
chi mangiava formaggio aveva denti d’oro.
Tra i centri nei quali si lamentarono manifestazioni represse du-
ramente, oltre quelli già nominati, ricordiamo Villasimius, Macomer,
San Vito, Muravera, Ozieri, Usini, Terranova, Abbasanta ed altri.

9. La legge speciale del 1907 – La discussione sulla terza legge speciale


per l’isola, o meglio sul disegno di legge intitolato “Modificazioni ed
aggiunte alle leggi 2 agosto 1897, n. 382, e 28 luglio 1902, n. 342,
portanti provvedimenti per la Sardegna”, si svolse a Montecitorio nel
corso della XII legislatura, e precisamente nei giorni 12 giugno 1907 e
seguenti.

to operaio, contadino e autonomistico”. Cfr. altresì A. Accardo, Cagliari, cit., ed


A. SIRCHIA-S. LUCCHESE, Cagliari. I ponti raccontano, Cagliari, Della Torre, 1999.
Il moto di Nebida è stato rievocato nel corso di apposita manifestazione da
G. Barone, F. Renda, F. Manconi ed A. Accardo, del quale cfr. l’articolo pubblicato
in “Almanacco di Cagliari 1997”.

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Lorenzo Del Piano

Dopo le formalità di rito, intervenne per primo l’on. Abozzi, il


quale parlò a lungo sul disagio dell’isola, che aveva dato luogo nel
1906 a clamorose manifestazioni di protesta (40).
L’on. Abozzi non mancò di accennare all’inchiesta Depretis, ri-
masta senza conseguenze pratiche; all’invasione della fillossera, che
aveva causato la distruzione dei vigneti; al memoriale presentato nel
1888 dai deputati sardi ed all’inchiesta Pais, insistendo particolarmen-
te sulle diverse esigenze delle due province dell’isola. Tracciò quindi in
breve la storia della legislazione speciale, esaminandone gli aspetti po-
sitivi e negativi, e richiamando i problemi ancora in attesa di soluzio-
ne, tanto che il presidente dell’assemblea dovette pregarlo di attenersi
al tema della discussione.
L’on. Abozzi ricordava anche che nello studio dei progetti relati-
vi alla sistemazione idraulica ed alla bonifica c’era stata una certa spe-
requazione tra le province di Cagliari e di Sassari, a svantaggio di que-
st’ultima, chiedendo stanziamenti più consistenti.
Prese quindi la parola l’on. Campus Serra, di Cagliari, che so-
stenne la necessità di bonificare la spiaggia di Bonaria.
Molte interruzioni suscitò l’intervento dell’on. Pala, che dichia-
rò il disegno di legge in discussione sbagliato nei metodi, ingiusto, in-
sufficiente nel suo contenuto, essenzialmente dannoso agli interessi
dell’isola, e non mancò di chiamare in causa personalmente Cocco
Ortu, accusandolo di non conoscere la Sardegna perché non conosce-
va i suoi dialetti, “mezzo principale di comunicazione affettuosa con
gli isolani”. Aggiungeva di essere uno dei pochi che conoscevano i vari

(40) Cfr. F. COCCO ORTU, Sui provvedimenti per la Sardegna. Discorsi tenuti
alla Camera dei deputati nelle tornate del 21, 22, 25 e 26 giugno 1907, Cagliari,
1907, e G. SOTGIU, L’Italia di Giolitti. Testi e documenti, Cagliari, Fossataro, 1972.
La politica delle leggi speciali ebbe la sua massima espressione nella legge 15
luglio 1906, n. 383, “portante provvedimenti per le provincie meridionali, per la
Sicilia e per la Sardegna”.
La legge, promulgata dal re Vittorio Emanuele III e firmata dal presidente
del Consiglio Giolitti e dai ministri A. Maiorana, Gianturco, Massimini, Gallo,
G. Fusinato e Cocco Ortu, comprende 84 articoli divisi in sei titoli, rispettivamente
dedicati alle disposizioni tributarie (5), al credito agrario (13), ai tributi locali (15),
alle disposizioni intese a favorire l’enfiteusi e la proprietà coltivatrice (11), alla viabi-
lità (14) e all’istruzione elementare e professionale (26).

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Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

dialetti sardi e che per conseguenza conosceva la Sardegna meglio di


Cocco Ortu: argomento opinabile, ed intrinsecamente demagogico,
che preso sul serio porterebbe a conseguenze paradossali: ad affermare,
per esempio, che non conoscevano l’isola studiosi come Alberto La
Marmora e Maurice Le Lannou, che indubbiamente non conoscevano
i dialetti o, come oggi si preferisce dire, la lingua sarda.
Primo fra i deputati non sardi prese la parola l’on. Raineri, che
esaminò il disegno di legge dal punto di vista della tecnica e dell’eco-
nomia agraria, occupandosi in particolare dell’irrigazione. Non meno
interessante l’intervento dell’on. Celli, noto malariologo, che appro-
fondiva il problema igienico, rilevando come fosse troppo alto il nu-
mero dei sardi che si ammalavano di malaria, e suggerendo alcuni
emendamenti del testo in esame.
Alla discussione generale parteciparono con brevi interventi, ol-
tre diversi deputati, i ministri delle Finanze Lacava e dei Lavori pub-
blici Gianturco, nonché il ministro dell’Agricoltura, Industria e Com-
mercio Cocco Ortu, che nella seduta del 21 giugno prese la parola per
raccomandare innanzitutto l’approvazione del disegno di legge, esau-
rientemente illustrato nella relazione dell’on. Galli, prima delle vacan-
ze estive. Elogiava altresì i precedenti interventi, ed in particolare
quelli degli onn. Raineri e Scano, rilevando che non intaccavano la
validità del suo programma in favore dell’isola le garbate osservazioni
dell’on. Abozzi e le proposte di carattere particolare da qualcuno avan-
zate.
“Ma soprattutto mi compiaccio – aggiungeva Cocco Ortu – che
al programma di riforme concretato nel disegno di legge, qui e fuori
di qui, non si è saputo né potuto contrapporre dagli incontentabili,
dagli oppositori irriducibili, un altro programma... Non meritano cer-
to di essere elevati a tale dignità quelli che farebbero consistere la riso-
luzione dell’arduo e secolare problema sardo nella costruzione di po-
che centinaia di chilometri in più di strade nazionali o provinciali o
nella sistemazione più o meno immediata di uno o due porti oltre
quelli compresi nella legge sottoposta all’esame del Parlamento, o nel-
l’alleviare ai Comuni le spese dell’istruzione primaria, oppure nei
provvedimenti per le quote minime.
Attraverso la lente di bisogni singoli o si vede o si crede di aver
scoperto una Sardegna molto diversa da quella che ho imparato a co-

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Lorenzo Del Piano

noscere nella lunga mia vita e parrebbe che noi avessimo riempito
l’Italia di vane doglianze, di clamori esagerati; o ci si accusa ingiusta-
mente di avere architettato una indegna mistificazione per far spende-
re i cinquanta e più milioni che oggi si domandano e si concedono,
come se tutto il problema dell’isola si potesse risolvere con metodi così
semplici come la costruzione di una strada in più o la sistemazione di
un porto.
Ma lasciamo le facezie e parliamo di cose serie, da uomini seri.
Questo disegno di legge, secondo fu ricordato, affronta la risoluzione
del problema sardo con concetti ed intenti che non sono nuovi; poi-
ché anzitutto si propone di perfezionare e rendere migliori le leggi del
1897 e del 1902. È noto che con esse si faceva un primo esperimento
di quelle leggi speciali, che servirono di modello alle altre, successiva-
mente promulgate per la Basilicata, per la Calabria e quella più larga
per le provincie meridionali del continente e delle isole.
La proposta odierna non si discosta dalle precedenti sia per il
metodo, sia per la natura varia dei provvedimenti. Neppure è mutata
la proporzione delle opere di bonifica, d’irrigazione, correzione dei
corsi d’acqua e rimboscamento dei bacini montani per le due provin-
cie sarde.
Solo vi figurano in più due bonifiche aggiunte nella provincia di
Sassari, nessuna in più in quella di Cagliari, nemmeno per la spiaggia
di Bonaria, la cui omissione provocò vivaci doglianze dell’onorevole
Campus-Serra.
A torto quindi – sosteneva Cocco Ortu – si parla di disparità di
trattamento, in una legge intesa principalmente a dare i mezzi per at-
tuare le leggi col fornire i maggiori mezzi necessari a compiere le ope-
re, a perfezionare ed eseguire quanto in quelle leggi era stabilito”.
Il Cocco Ortu osservava quindi che le speranze riposte nelle pri-
me due leggi speciali erano andate deluse a causa degli stanziamenti in-
sufficienti, diagnosi confermata dal fatto che i voti delle rappresentanze
locali e un memoriale dei deputati sardi chiedevano appunto che “quelle
leggi fossero rese attuabili, dando i mezzi ed i modi che occorressero a
tale scopo. Ricordo anzi – aggiungeva Cocco Ortu – che nessuno dis-
sentì dalla mia opinione allorché, discutendosi il disegno di legge sulla
Basilicata, io presentai un ordine del giorno col quale si facevano eccita-
menti al governo nello stesso senso e con identici scopi”.

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Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

Richiamato l’impegno in favore dell’isola preso nel 1904 dal


presidente del Consiglio dei ministri Giovanni Giolitti, impegno che
ora veniva mantenuto, aggiungeva che la relazione dell’on. Galli docu-
mentava come fossero state accuratamente studiate le deficienze che
per qualche aspetto avevano impedito o ritardato l’attuazione delle
leggi del 1897 e del 1902.
A questo proposito Cocco Ortu richiamava l’attenzione dell’as-
semblea sulle principali innovazioni che la legge in discussione intro-
duceva:
“Le Casse ademprivili – elencava – invece di avere il loro capita-
le per l’intermediario delle provincie, hanno una dotazione propria di
tre milioni, e invece di pagare l’interesse del tre per cento durante cin-
quant’anni, corrisponderanno solamente quello del due, ma solo dopo
il primo decennio, realizzando così durante il medesimo un vantaggio
di 900 mila lire e di un milione e 200.000 nel periodo successivo.
Le assegnazioni dei fondi per le sistemazioni idrauliche e il rin-
saldamento dei bacini montani, da 15 milioni che erano nella legge
del 1897, sono elevate a 33 milioni e di un altro milione è aumentato
il canone per i bacini d’irrigazione.
Inoltre per i rimboscamenti si stabilisce un sistema inteso ad in-
coraggiare le iniziative private; si concedono facilitazioni per coloniz-
zare le terre incolte; le agevolazioni e le esenzioni fiscali sono notevol-
mente estese, mentre diminuiscono i contributi degli enti locali per le
opere di bonifica ed altre.
Le leggi più volte ricordate non provvedevano affatto alla viabi-
lità, all’igiene ed alle scuole. I nuovi provvedimenti danno ai comuni
dell’Isola le facilitazioni già accordate a quelli della Basilicata per
l’istruzione secondaria, classica e normale, esonerando così gli enti lo-
cali da un contributo che supera le lire 150.000 annue.
All’insegnamento professionale si era già provveduto con la leg-
ge del Mezzogiorno, nella quale, a mia proposta, si stanziò un fondo
speciale per le provincie meridionali e le isole; e già sono in corso
provvedimenti per le scuole d’arti e mestieri in vari comuni.
Si aggiungono due cattedre ambulanti governative per irradiare
i buoni metodi di coltura nelle campagne.
Si provvede perché sia integrata la rete ferroviaria con una dispo-
sizione singolare in vista delle condizioni speciali dell’Isola. Oggi il mas-

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Lorenzo Del Piano

simo della sovvenzione, secondo la legge 9 luglio 1905, è conceduto sol-


tanto per allacciare alle linee esistenti i capoluoghi di circondario che
non sono in comunicazione con esse. La rete sarda, compiuta con tale
obiettivo, ha lasciato nell’isolamento vaste contrade, perché le sedi dei
nostri circondari si trovano nei punti estremi delle rispettive circoscri-
zioni. Si è esteso a quelle contrade il vantaggio dell’anzidetta legge.
Non meno provvida è la disposizione diretta a facilitare la co-
struzione di strade che pongano in diretta comunicazione i comuni
isolati colle stazioni ferroviarie ed i porti d’approdo delle linee postali,
addossando allo Stato tre quarti della spesa, preventivata in circa tre
milioni.
Questi ausili, insieme con le concessioni e le facilitazioni per le
tramvie e le automobili daranno all’Isola il modo di rendere più fre-
quenti e meno costosi i mezzi di trasporto. Si compie una strada nazio-
nale, la quale era interrotta in uno dei punti essenziali. Si pone, con giu-
sta riparazione, la spesa della costruzione del porto di Bosa a carico dello
Stato: proposta dovuta all’iniziativa del collega dei Lavori pubblici.
In ultimo merita speciale menzione un altro salutare provvedi-
mento. Nella maggior parte dei comuni sardi, specialmente in quelli
di pianura, le popolazioni sono deficienti di acqua potabile. Appena
pochi hanno un acquedotto; gli altri ne sono privi per insufficienza di
mezzi. Orbene, questa legge viene in loro aiuto col dare un contributo
dello Stato per facilitare la costruzione degli acquedotti, tanto necessa-
ri alla salute pubblica. E allo stesso intento, come a intensificare la lot-
ta contro la malaria, giovano gli stanziamenti di sovvenzioni più lar-
ghe per combatterla”.
Il ministro replicava all’intervento di Abozzi a proposito del-
l’imposta sui fabbricati e della sistemazione idraulica, rilevando come
nessuna preferenza fosse stata accordata alla provincia di Cagliari. Ac-
cennava quindi alle cause storiche, economiche e fisiche che rendeva-
no particolarmente complessa la questione sarda, studiata nell’inchie-
sta Pais e nelle altre che l’avevano preceduta.
“È vero – aggiungeva – che di quella ordinata dal Parlamento e
compiuta dal Depretis non fu presentata la relazione. Ma non per
questo riuscì inutile. Essa fu preceduta e accompagnata da un movi-
mento di studi, di indagini e di dati raccolti da un Comitato popola-
re, al quale diedero largo contributo tutti i comuni e le persone più

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Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

autorevoli e competenti dell’isola. E quel Comitato, del quale io, allo-


ra giovanissimo, fui segretario, pose in evidenza le sofferenze, le mise-
rie, i bisogni; additò i rimedi necessari per risollevare le sorti depresse
dell’isola.
Molti provvedimenti, allora invocati, si andarono mano a mano
attuando, e con maggiore sollecitudine nel periodo dal 1876 ai nostri
giorni, e gran parte degli altri si propongono nel nostro disegno di leg-
ge.
E qui mi si consenta di smentire la leggenda dell’abbandono e
dell’incuria del Governo, dell’inerzia dei deputati sardi. Sarebbe lunga
l’enumerazione delle leggi che tornarono a vantaggio della Sardegna e
che ricordano alla nostra gratitudine i nomi di Giuseppe Zanardelli,
di Alfredo Baccarini e di Agostino Depretis. Fu per legge proposta da
Giuseppe Zanardelli che si compì la rete principale delle ferrovie sar-
de; si iniziarono larghi miglioramenti nei servizi marittimi, che ebbero
maggiore sviluppo nelle convenzioni successivamente rinnovate, della
quale (sic) fui io il relatore. Alfredo Baccarini propose, fra l’altro, no-
tevoli opere portuali, idrauliche e stradali. Fu lui che ebbe la geniale
idea, applaudita da tutta l’Isola, di trasportare il punto di approdo del-
la Sardegna al Golfo degli Aranci.
Non basta; ed è bene rammentare che molto si fece per la viabi-
lità nei giorni nei quali tutte le aspirazioni e tutti i voti erano per una
sollecita costruzione di strade e per una più forte politica di trasporti.
Anzi, per lunghi anni parve che il segreto delle fortune sarde
fosse riposto solo nello svolgimento delle vie di comunicazione, che
tutti volevano numerose e tali che offrissero maggiori mezzi agli scam-
bi terrestri e marittimi. Queste aspirazioni d’allora si spiegano ram-
mentando le frequenti crisi della produzione agraria, superiore ai biso-
gni della popolazione. Oggi le condizioni sono mutate. La viabilità
ebbe tale sviluppo, da parere esuberante al bisogno; poiché, e potrei
appellarmene ai miei colleghi della Sardegna, vi sono strade punto o
poco battute e che parrebbero quasi inutili; e si giunse al punto, che la
provincia di Sassari si rifiutò a costruire quelle di serie, per le quali in
apposite leggi si era stanziato un forte contributo dallo Stato. Tanta
era la saturità delle strade in quella provincia!”.
Anche i servizi marittimi, ricordava Cocco Ortu, erano stati no-
tevolmente potenziati, ciò che aveva facilitato le esportazioni e quindi

553
Lorenzo Del Piano

rinvigorito l’economia dell’isola. Purtroppo si era avuta anche un’altra


conseguenza, quella di “portare la Sardegna al livello del caro dei viveri
del continente italiano; pretesto ed occasione ai moti dolorosi che or
volge l’anno agitarono le popolazioni sarde. E non trattasi di fenome-
no transitorio – aggiungeva il ministro – poiché il movimento espor-
tatorio fortunatamente tende a salire e la popolazione a crescere. È
chiaro che l’equilibrio fra questa e le sussistenze non potrà ottenersi
altrimenti che aumentando la produzione.
E non è che la terra ferace manchi a nutrire una popolazione
relativamente scarsa ed anche ad alimentare una più larga esportazio-
ne, ma difettano i mezzi ed i metodi evoluti, che valgono a fare la terra
stessa più rimuneratrice. È però vano attendersi che tale sia finché non
si rimuovano gli ostacoli che lo impediscono. E questi sono vari e
molteplici: l’assetto della proprietà è disordinato in molti punti del-
l’Isola, sicché le trasformazioni agrarie si rendono difficili o quasi im-
possibili; in molti punti il suolo sardo è tra i più fertili, invaso dalle
acque, in condizioni malariche tali che allontanano i coltivatori; man-
ca l’aiuto del credito; difettano le istituzioni agrarie, strumento poten-
te della diffusione di evoluti metodi di coltura. Mi dilungherei molto
al di là dei confini imposti dalla promessa brevità, se volessi analizzare
queste cause e dimostrare le loro conseguenze. Accenno solo a due fat-
ti che richiamarono anche di recente l’attenzione degli studiosi, e cioè
la litigiosità e i reati contro la proprietà, che danno all’Isola un doloro-
so primato sopra molte altre provincie. Orbene, essi derivano dall’in-
certezza dei domini, per la quale la proprietà è disordinata e indifesa,
aperta con mal sicuri confini, e perciò continuo l’incentivo alle liti ed
i reati contro la medesima.
La verità è questa.
Le stesse cause influiscono a dare un forte contingente alle
espropriazioni, specie di piccole frazioni di terreni, per debiti d’impo-
ste. Anche rispetto alle cause di questi espropri, si è lontani dal vero e
se ne dimentica la causa principale. Io ho dovuto studiare l’argomento
alcuni anni or sono quale relatore di un disegno di legge sulle quote
minime e potei convincermi che il mancato pagamento dipende solo
in piccola parte dalla pressione tributaria.
In parte, anzi in gran parte, forse per due terzi e più, si deve al
disordine della proprietà. Io stesso ho avuto occasione di verificare che

554
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

gli espropriati di piccoli appezzamenti erano gravati da pochi centesi-


mi d’imposta, che avrebbero potuto facilmente pagare. Invece,
l’espropriazione avvenne perché erano rimasti intestati ai possessori
originari di 50 o 60 anni or sono, senza che i successivi possessori
avessero fatto le volture catastali”.
Dopo aver approfondito diversi aspetti del problema tributario
Cocco Ortu parlava dei problemi che più direttamente lo interessava-
no come ministro dell’Agricoltura, facendo tra l’altro un raffronto tra
la situazione della Sardegna e quella della Sicilia; ricordando che la pa-
storizia prevaleva sull’agricoltura solo in una parte della sua isola; esa-
minando diversi problemi particolari, da quello del credito agrario a
quelli della colonizzazione, del rimboschimento e dell’irrigazione.
“Non poco – aggiungeva avviandosi alla conclusione del suo
lungo ed interessante discorso – mi resterebbe a dire e vorrei, se non
mi trattenesse la promessa brevità. Mi sia però consentito di affermare
che come ho studiato con cura affettuosa e diligente il problema sar-
do, così ho il convincimento che il disegno di legge contribuisce po-
tentemente, con mezzi efficaci, ad avviarlo verso una soluzione prati-
ca, e confido, in pari tempo, che esso corrisponda ai più vitali bisogni
dell’Isola, che conosco ed amo.
Non è l’Isola sulla quale si danno diuturni avventati giudizi,
spesso senza essersi spinti al di là di un porto, o appena dopo averla
fugacemente visitata in un rapido viaggio in ferrovia.
Non è l’Isola che hanno scoperto gli antropologi della scuola
lombrosiana, i quali immemori o ignari della sua storia la fantasticano
abitata da una razza a sé, diversa dalle genti che hanno popolato le
altre terre italiche bagnate dal Mediterraneo.
Noi possiamo a tutti questi giudizi rispondere con un pietoso
compatimento, e piuttosto che fermarci a dissipare errori e pregiudizi
preferiamo confortarci con la speranza e l’augurio che la gente sarda,
memore delle sue belle e fiere tradizioni e delle sue innate virtù, inten-
da che le sorti future dell’Isola dipendono, come ben diceva l’onorevo-
le Scano, dall’attività e dall’energia dei suoi abitatori. Essi debbono
volgere soprattutto lo sguardo fidente e sicuro all’auspicato avvenire,
pensando che poche terre trovansi nelle condizioni fortunate della
Sardegna, posta incontro all’Italia, fra l’Africa, la Francia e la Spagna,
con tante vie aperte ai suoi prodotti e ai suoi traffici. E la meta del-

555
Lorenzo Del Piano

l’agognata rigenerazione non può sfuggirle, se la ispiri ed animi quella


concordia d’intenti, onde dà prova la Camera, mossa dal sentimento
di solidarietà nazionale che la trae a votare con animo beneaugurante i
provvedimenti per la Sardegna dal Governo proposti.
L’onorevole Abozzi chiudeva il suo discorso invocando propizio
e fausto ai nuovi destini sardi il genio tutelare dell’Eroe che riposa fra i
massi granitici di Caprera, intorno a cui aleggia fulgida l’epica leggen-
da garibaldina.
Ma da quella tomba sorge una voce che è monito solenne con-
tro i neghittosi e gli inerti ed eccitatrice a quelle virtù operose che sole,
come ci diedero una patria, possono conquistarci le vittorie del lavo-
ro”.
Conclusa con il discorso di Cocco Ortu la discussione generale
si passò alla discussione degli articoli, che si svolse nei giorni 22, 25 e
26 giugno.
Il dibattito fu aperto da Cocco Ortu, che ringraziò Salandra per
la simpatia dimostrata nei confronti dell’isola. Da eguali sentimenti,
secondo l’oratore, doveva essere stato mosso l’onorevole Pantano, le
cui affermazioni rettificava in parte per ciò che riguardava il credito
agrario, facendo presente che la Cassa ademprivile avrebbe avuto a sua
disposizione tre milioni.
Il ministro dell’Agricoltura affrontava quindi con particolare
impegno la complessa questione dei beni ex ademprivili, ricordando
che secondo l’on. Pantano si voleva commettere una spoliazione asse-
gnando alla Cassa ademprivile terreni che a suo giudizio apparteneva-
no ai Comuni dell’isola.
“Non infliggerò alla Camera – dichiarava Cocco Ortu – il per-
ditempo di una discussione storico-giuridica sulle origini e sulle vicen-
de dei terreni ademprivili. Mi basta ricordare che lo Stato cede quelli
che per effetto di leggi anteriori divennero sua proprietà, e li cede per
aumentare la dotazione di quella Cassa a esclusivo vantaggio della Sar-
degna. E neppure è vero che si consumi una spogliazione a pregiudi-
zio dei comuni. Questi avevano il loro Demanio comunale affatto di-
stinto e separato, e che nessuno ha pensato o pensa di togliere.
I comuni inoltre ed i loro abitanti avevano larghi diritti d’uso
sui terreni feudali, che, dopo l’abolizione dei feudi avvenuta il 1839,
passarono al Demanio dello Stato.

556
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

Aboliti con la legge del 1863 gli ademprivi, dati i compensi ai


privati e ai comuni utenti, quattrocento mila ettari dei terreni rimasti
allo Stato (recte: duecentomila) furono conceduti per la costruzione
delle ferrovie sarde; e ciò con l’adesione di tutta l’Isola.
Nelle leggi che adottarono questi ed altri provvedimenti successi-
vi, si prescrisse che i comuni dovessero concedere per l’agricoltura o alie-
nare la parte dei beni ademprivili ad essi assegnata; e questo entro un
prestabilito termine. I terreni dei quali non avessero disposto rientrava-
no nel dominio dello Stato; e quindi in virtù di tali leggi sono patrimo-
nio della pubblica finanza. Or come si può dire che si consacra una spo-
gliazione a danno dei comuni, per il fatto che il Demanio dello Stato
cede anche questo patrimonio suo a beneficio della Sardegna?
Lasciamo dunque la parola spogliazione e prendiamo il fatto co-
m’è; ed il fatto è che la Sardegna acquista a suo vantaggio questi terre-
ni ex ademprivili.
L’onorevole Pantano vorrebbe che essi servissero per fare l’espe-
rimento delle affittanze collettive. Non parlo obbedendo a quello che
si potrebbe chiamare pregiudizio economico; non discuto se il colletti-
vismo sia praticamente attuabile nella coltivazione della terra, la quale
domanda energie e fatiche e sacrifici che difficilmente si può sperare e
pretendere siano sostenuti e durati per dividere con altri i frutti del
sudato lavoro.
A me basta esaminare se nella Sardegna siano desiderate e possa-
no attecchire le affittanze collettive. Non oso disputare con l’onorevo-
le Pantano se siano possibili ed utili nella Sicilia, ch’egli conosce me-
glio di me; nella Sardegna, no. Bene ha osservato l’onorevole Pala che
il sardo è eminentemente individualista, e non ama dividere con altri
la proprietà della terra che vuole sia tutta sua.
Lo stesso istituto giuridico della comunione dei beni non ebbe
mai larga applicazione pratica nell’Isola. Anzi questo sentimento della
proprietà individuale si spinge al punto, da creare uno dei maggiori
ostacoli a migliori colture agrarie: il lamentato frazionamento dei ter-
reni. Avviene spesso che se una eredità è formata di varie piccole pro-
prietà, ciascuno degli eredi vuole la sua porzione in ciascun appezza-
mento di terra. Si può sperare che popolazioni dominate da queste
tendenze, rinunzino a radicate abitudini, si adattino alle affittanze col-
lettive, è sperabile che esse possano attecchire? Rispetto tutte le ideali-

557
Lorenzo Del Piano

tà. Ogni epoca ha le sue, come pure ha le sue utopie. Il senso pratico
guida l’uomo di governo a distinguere l’utopia dalle idealità”.
Non meno interessanti la replica all’on. Pala, che aveva anch’egli
accennato alla situazione creatasi dopo l’abolizione del feudalesimo, e
le precisazioni fornite a proposito dei Monti frumentari, delle Casse
agrarie e dei Consorzi agrari. Più ampi i chiarimenti forniti a proposi-
to delle norme relative ai miglioramenti agrari ed ai centri di coloniz-
zazione, che davano agli interlocutori e particolarmente all’on. Panta-
no utili precisazioni.
Altri chiarimenti Cocco Ortu forniva a proposito dei bacini di
irrigazione e delle spese relative, confermando il suo proposito di favo-
rirne la costruzione, dato che a parere non solo suo il problema sardo,
come del resto il problema meridionale, era in gran parte un problema
di acqua, ed aggiungeva: “Fui io che ideai per primo e caldeggiai il
progetto di irrigazione del Campidano di Cagliari”.
Discussi gli altri articoli con la partecipazione di diversi deputati
e dei ministri interessati, il progetto di legge veniva approvato nel suo
complesso.
Nasceva così la terza legge speciale, data a Racconigi il 14 luglio
1907, n. 562, firmata dal re Vittorio Emanuele III, dai ministri Cocco
Ortu, Gianturco, Lacava, Carcano e Rava e dal guardasigilli Orlando.
La legge comprende 63 articoli, divisi in sette capi, rispettiva-
mente dedicati al Credito agrario (Cassa ademprivile; Monti frumen-
tari e nummari; Casse agrarie, Consorzi agrari); al miglioramento
agrario ed ai bacini di irrigazione; alla sistemazione idraulica; alla via-
bilità; alle opere portuali; all’istruzione pubblica ed alle disposizioni di
carattere generale.
Integrano la legge le tabelle relative agli stanziamenti finanziari,
e precisamente la tabella A (miglioramento agrario; provvedimenti per
l’agricoltura e bacini di irrigazione; spese a carico del ministero
d’Agricoltura); la tabella B (stanziamenti da farsi nel bilancio della
spesa del ministero d’Agricoltura pei rimboschimenti della Sardegna);
tabella C (lavori forestali in Sardegna che richiedono maggiori stanzia-
menti); tabella D (stanziamenti per la sistemazione idraulica e per le
bonifiche della Sardegna) e tabella E (ripartizione fra le varie opere dei
15 milioni di spese da autorizzare per la sistemazione idraulica della
Sardegna).

558
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

La legislazione speciale per l’isola veniva quindi coordinata in


un “Testo unico delle leggi 2 agosto 1897, n. 382; 28 luglio 1902, n.
342, e 14 luglio 1907, n. 562, per provvedimenti sulla Sardegna con
riferimento alle altre leggi, approvato con regio decreto 10 novembre
1907, n. 844”.

10. La legislazione speciale nel giudizio di Antonio Scano – Sia la legge


del 1907, sia il Testo unico, oltre che nelle raccolte ufficiali, venivano
pubblicati a Cagliari in estratto, non senza qualche svarione: così per
esempio la terza legge speciale risultava approvata, nel titolo del relati-
vo opuscolo, “con regio decreto 14 luglio 1907”.
Più ampia azione divulgativa svolgeva in campo nazionale l’on.
avv. Antonio Scano, che aveva partecipato alla discussione parlamen-
tare del 1907. All’argomento l’on. Scano, fine letterato e poeta, oltre
che uomo politico e valente professionista, dedicava sulla “Nuova An-
tologia” un lungo saggio, che meriterebbe di essere riprodotto inte-
gralmente perché documenta come l’opinione moderata nel pieno
dell’età giolittiana concepisse la questione meridionale, e come rite-
nesse di poterla avviare a soluzione in termini riformistici attraverso
leggi speciali regionali, considerate viceversa insufficienti a raggiunge-
re lo scopo da larga parte del pensiero meridionalista (41).
Non potendo qui rendere conto dell’intero saggio, al quale rin-
viamo, ci limiteremo a ricordare che secondo lo Scano la legislazione
speciale per l’isola promossa da Cocco Ortu affrontava tre grandi pro-
blemi: quello del credito e del miglioramento agrario; quello della si-
stemazione idraulica e delle bonifiche ed infine quello della viabilità e
dei mezzi di comunicazione. Lo stesso autore peraltro escludeva che
bastasse una legge a cambiare radicalmente la situazione dell’isola, o

(41) Cfr. A. SCANO, Per l’avvenire della Sardegna, in “Nuova Antologia” del 1°
agosto 1908, ed estr., Roma, 1908. Cfr. altresì P. MARICA, La Sardegna e i sardi nella
“Nuova Antologia”, in “Nuovo Bollettino bibliografico sardo”, n. 85 del 1° bimestre
1975, nel quale l’A. riferisce oltre che sul saggio di A. Scano su quelli di C. DE
STEFANI, Le condizioni economiche e sociali della Sardegna (n. del 1° marzo 1896); M.
FERRARIS sui trasporti marittimi (nn. del 16 ottobre 1906 e 18 maggio 1907) e sulla
miniera di Monteponi (n. del 10 luglio 1907) con illustrazioni; M. RICCIO, Francesco
Crispi, la Sardegna e la Sicilia (n. del 16 giugno 1914) e G. SOLINAS COSSU, Pro
Sardinia (n. del 16 ottobre 1906).

559
Lorenzo Del Piano

che “l’azione dello Stato potesse in ogni sua parte sostituirsi all’iniziati-
va privata”, o in altri termini, che “senza il buon volere e l’intrapren-
denza dei cittadini si potessero fare grandi passi nella via del migliora-
mento e del progresso”.
Precisava quindi lo Scano che il concetto seguito in tema di cre-
dito agrario era quello di “fondere in un solo istituto la Cassa provin-
ciale creata con la legge del 15 luglio 1906 pel Mezzogiorno e per le
isole con la Cassa ademprivile instituita con la legge portante provve-
dimenti per la Sardegna del 2 agosto 1897”.
Il nuovo organismo poteva contare, oltre che sulla metà dell’im-
posta erariale sui terreni, su un mutuo dello Stato di tre milioni, dei
quali 1.800.000 lire per la Cassa di Cagliari e 1.200.000 lire per la
Cassa di Sassari: questo capitale era aumentato dal ricavato dei terreni
di origine ademprivile liberi da servitù, condominio od altri oneri che
potevano essere venduti o ceduti in enfiteusi.
Le Casse ademprivili potevano fare anticipazioni in denaro o in
natura oltre che alle Casse ed ai Consorzi agrari ai Monti frumentari,
ricostituiti dove erano scomparsi e diventati autonomi.
Ai miglioramenti agrari avrebbero poi dato un importante con-
tributo le Cattedre ambulanti, i poderi sperimentali e le scuole agrarie
e d’arti e mestieri, nonché le esenzioni tributarie concesse per la co-
struzione di case coloniche e stalle razionali, e la formazione di poderi
nelle zone incolte o coltivate solo estensivamente.
Maggiore importanza lo Scano riconosceva alle disposizioni sul-
le bonifiche, con le quali e con i “conseguenti lavori di sistemazione
idraulica lo Stato adempiva ad un ufficio di conservazione sociale e di
pubblica difesa”. Ricordava quindi il quadro desolante delle condizio-
ni dell’isola che cinquant’anni prima aveva fatto Carlo Cattaneo, ed
aggiungeva che l’acqua, giudicata da Pindaro la migliore di tutte le
cose, era per la Sardegna “causa di mali infiniti”. Precisava infatti:
“Essa stagna e imputridisce nelle paludi, sgorga spesso inquinata nei
nostri villaggi assetati, e vagante senza regola ora mette in pericolo la
vita umana, ora distrugge in un momento il lavoro di tante braccia
con improvvisi straripamenti e inondazioni. Essa è il fomite principale
della malaria che, quando non uccide, infetta il sangue, sfibra e toglie
ogni fede e ogni ardimento; la razza, attaccata nel sangue, si svigorisce
e degenera”.

560
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

Precisava a questo riguardo lo Scano che un terzo della superfi-


cie della Sardegna era malarico, e che le cifre relative alla morbilità ed
alla mortalità, malgrado i progressi realizzati, erano ancora terribili:
pertanto la legislazione speciale stanziava circa trenta milioni per le
bonifiche e la sistemazione idraulica, ed altri tre per il rimboschimen-
to, dopo le devastazioni effettuate, a partire dal periodo cavourriano,
grazie anche a leggi che, “fatte per la salvaguardia e la tutela dei bo-
schi, ne affrettarono invece la distruzione”.
“I bacini di irrigazione – precisava quindi lo Scano – rappresen-
tano per la Sardegna il coronamento, e quasi sto per dire la sintesi di
tutte le opere che sono contemplate dalla nuova legge. A che cosa var-
rebbero le bonifiche e la correzione dei fiumi, se non si potesse, dopo
l’opera di risanamento delle terre e di riordinamento delle acque, tra-
sformare, per mezzo dei bacini di irrigazione, tutto il nostro sistema di
coltura agraria? Per mezzo di essi sarebbe resa anche più facile la co-
struzione delle condutture d’acque potabili ai paesi che ne mancano, e
per le quali la nuova legge ha provveduto con larghe ed opportune fa-
cilitazioni”.
Il risanamento ambientale raggiunto con la sistemazione idrau-
lica avrebbe inoltre consentito, sempre secondo lo Scano, l’immigra-
zione in Sardegna di lavoratori continentali.
Altre importanti considerazioni venivano svolte nel saggio a pro-
posito dei trasporti e delle comunicazioni. Da questo punto di vista in-
fatti la vita dell’isola si svolgeva ancora in condizioni anormali, sicché il
commercio ne risultava inceppato. A tale proposito lo Scano ricordava
quanto l’on. Maiorana aveva detto nel suo discorso di Catania: “La que-
stione meridionale non è soltanto una questione di istruzione pubblica
da diffondere, di privata economia da fomentare, di locale amministra-
zione da vigilare mediante una sana tutela di Stato; ma soprattutto è
questione di mezzi di comunicazione. Troppo lontani noi siamo dal
continente: troppa e dura strada la geografia oppone al nostro progres-
so, cospirando con l’ingratissima storia che ancora ci fa pesare il danno
di antichi regimi. Avvicinare bisogna le varie regioni d’Italia fra loro, in
modo che le mirabili loro energie si accomunino, e le virtù latenti siano
fecondate dal contatto di quelle da più tempo deste ed in contraccam-
bio le rinnovino. Avvicinare bisogna nell’ambito di una stessa provincia
i vari comuni fra loro e le campagne ai centri abitati, togliendo il dolo-

561
Lorenzo Del Piano

roso sconcio che contrade attigue per difetto di vie di accesso restino in
uno stato di reciproco selvatico isolamento”.
L’on. Scano affrontava anche il tema dell’industrializzazione, ri-
cordando al riguardo le disposizioni della legge del 1906 e i primi be-
nefici effetti prodotti a Napoli e nel Mezzogiorno continentale.
“Anche da noi – aggiungeva – molto si può fare, e qualche se-
gno dimostra già la buona intenzione. La Sardegna è ricca delle mate-
rie prime necessarie a molte industrie manifattrici; noi però ci conten-
tiamo di vendere le materie prime e di acquistare poi dal di fuori i
manufatti di cui abbiamo bisogno. Questo errore economico, come è
stato rilevato, rende perennemente i Sardi tributari dell’estero e defi-
ciente sempre la circolazione dei capitali perché col denaro noi dob-
biamo saldare la differenza di prezzo fra le materie prime che si vendo-
no e i manufatti che si acquistano.
E quale immensa serie d’industrie si potrebbero attuare nell’iso-
la nostra! Quale fonte di ricchezza potremmo ritrarre dalle svariate e
infinite produzioni locali! Lo stesso mare che ci circonda pare che non
esista per noi che per darci la gioia di contemplarne l’incomparabile
bellezza: cosa questa molto poetica, ma poco produttiva, e se qualcosa
si ritrae da un parziale sfruttamento delle sue ricchezze, come pesca,
tonnare, coralli, tutto ciò è in mani d’altri e non nostre. Quando si
pensi a che cosa si riducono le nostre industrie marinaresche, e come
sia trascurabile la quantità e la portata dei legni che si dedicano al ca-
botaggio; quando si consideri che nessun piroscafo di armatori sardi fa
servizio di merci e passeggeri, e che questo è in mano esclusivamente
della Navigazione generale, si vedrà di leggeri quale immenso campo
di attività ci si aprirebbe dinanzi ove sapessimo sfruttarlo; quale fonte
di profitti rimuneratori potrebbe essere il mare, che è il veicolo più
sicuro e meno dispendioso per i commerci.
E quali e quante altre industrie potrebbero sorgere fra noi, che
varrebbero a dar lavoro a migliaia di operai, e allo stesso tempo a far
largamente fruttare i capitali impiegati! Basterà accennarne qualcuna:
lavorazione del marmo, del granito, del ferro, del cemento, della pie-
tra litografica, del legno, del sughero, del tabacco; cartiere, vetrerie,
oleifici, zuccherifici, cotonifici, conserve alimentari di qualsiasi gene-
re, e moltissime altre industrie di grande e di lieve importanza che
non è qui il caso di specificare.

562
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

In qualunque modo si svolga l’attività individuale, nelle grandi


e nelle piccole imprese, essa è il primo coefficiente della ricchezza co-
mune che si forma per mille rivoli convergenti ad un unico punto; né
mai mi stancherò di ripetere ciò che già dissi: le leggi possono sopperi-
re ai bisogni generali con provvidenze instauratrici, che aiutino lo
svolgimento delle private energie, togliendo le remore di antiquati e ves-
satori fiscalismi, e facilitando, col miglioramento dei pubblici servizi,
l’espansione economica e commerciale: ma non altro possono fare. Ché
se attenderemo che lo Stato ci benefichi individualmente, e faccia fiori-
re, come per tocco di bacchetta magica, le industrie, i commerci, l’agri-
coltura, sì che a noi con le braccia conserte sia dato godere il frutto...
della nostra indolenza, allora non ci rimane altro che avvolgerci molto
dignitosamente nel lacero e bucherellato nostro mantello di hidalghi
spagnuoli e stendere di soppiatto la mano per vivere dell’altrui carità”.
L’on. Scano osservava peraltro che il problema sardo aveva an-
che un aspetto morale, come dimostrava il fatto che alla visita di leva
il 72% dei giovani sardi veniva scartato per malattie o denutrizione, il
65% risultava analfabeta, per non accennare ad altri se possibile più
dolorosi aspetti della questione sarda; mentre infatti in tutto il regno
si verificavano mediamente 476 furti e poco più di dieci omicidi ogni
100.000 abitanti, in Sardegna si lamentavano 1.310 furti e 21 omici-
di. Ricordava quindi ciò che aveva scritto Napoleone Colajanni, met-
tendo in guardia i sardi contro “disinganni affrettati” e facendo pre-
sente che una situazione determinata da molti secoli di storia non si
poteva modificare “né in un giorno né in un anno”, ma erano necessa-
ri decenni di perseveranza.
Analogo concetto aveva espresso Luigi Luzzatti, scrivendo che
“in un decennio forse, in un ventennio certamente, se il Governo sa-
prà compiere il suo dovere coll’aiuto delle popolazioni infelici, anche
queste Irlande che abbiamo nel Mezzodì, la Basilicata, le Calabrie, per
virtù delle provvidenze particolari loro largite, gradatamente scompa-
riranno, perché non vi possono essere popoli né pollici di terra italiani
destinati a decadenza insanabile”.
“Per noi ormai – concludeva lo Scano – è questione di vita o di
morte. Una ricaduta sarebbe fatale. Giunge, è bene ripeterlo, per tutti
i popoli, quel momento storico che può segnare la loro rovina o la
loro resurrezione. Sarà colpa comune se l’insuccesso terrà dietro alla

563
Lorenzo Del Piano

speranza: dello Stato, se non saprà mantenere l’impegno che solenne-


mente prende colle sue leggi, del paese stesso, se rimarrà in quello sta-
to di neghittosità, di abbandono, di sconforto, che rende vana ogni
provvidenza, che frustra ogni buon volere, che rende inefficace ogni
opera di salvamento e di redenzione”.

11. Il congresso di Castel Sant’Angelo – La gravissima situazione


nella quale l’isola venne a trovarsi alla vigilia della prima guerra mondia-
le a causa della perdurante siccità impose un riesame della questione sar-
da e della legislazione speciale con la quale si era pensato di avviarla a
soluzione: ciò che fu fatto in un “primo congresso regionale sardo” che
si svolse nel maggio 1914 a Roma, in Castel Sant’Angelo (42).
L’idea di questa manifestazione venne elaborata nel corso di una
bicchierata che l’associazione dei sardi residenti a Roma offrì al Caffè
Latour al tenore Bernardo De Muro. Ne dava notizia Orazio Sechi in
un articolo di fondo comparso nel numero dell’8-9 febbraio 1914 del-
l’“Unione Sarda”, articolo nel quale rilevava non senza un certo com-
piacimento che sembrava si stessero superando l’antica rivalità tra le
città più importanti dell’isola e l’avversione dei sardi ad un lavoro in
comune.
Sulla Sardegna, ricordava Sechi, non mancavano gli studi, spes-
so promossi dal governo per guadagnare tempo. Ma lo stesso governo
non avrebbe potuto non tener conto delle richieste che i sardi, una
volta tanto d’accordo tra loro, avrebbero presentato attraverso un co-
mitato in via di costituzione.
In effetti qualche giorno dopo la pubblicazione dell’articolo citato
veniva largamente diffusa una circolare, con la quale il comitato promo-
tore del congresso sollecitava la collaborazione sia dei sardi residenti nel-
l’isola, sia delle comunità sarde costituitesi fuori della Sardegna.
L’“Unione Sarda” tornava sull’argomento il 7 aprile, con un ser-
vizio pubblicato in prima pagina, datato Roma, 5 aprile, e siglato
G.C., nel quale si dava notizia di un articolo sulla Sardegna pubblica-
to dalla “Revue d’Italie”, diretta da Onorato Mereu, articolo nel quale
si ricordava che la Sardegna guardava a Roma con amaro scetticismo,

(42) Cfr. Atti del primo congresso regionale sardo tenuto in Castel Sant’Angelo dal
10 al 15 maggio 1914, Roma, 1914.

564
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

a causa dell’abbandono nel quale l’isola era stata lasciata, dato che
l’Italia si ricordava di essa solo per “inviarvi gl’impiegati più negligen-
ti, i maestri ignoranti, i magistrati incapaci”. Questo stato di cose era
apparso ai sardi “come un oltraggio che si voleva far loro, mentre non
era che la conseguenza di un’incoscienza senza pari”: di qui il proposi-
to dei sardi di indire un congresso che avrebbe suggerito al governo “la
via da seguire per riparare una grave colpa commessa in danno del-
l’isola generosa”.
Il corrispondente romano dell’“Unione Sarda” peraltro non ritene-
va che dal congresso potessero uscire la rigenerazione ed il rifiorimento
dell’isola. “E la mia diffidenza – aggiungeva – trova riscontro nell’espe-
rienza lunga che ho dei congressi regionali e regionalisti che ordinaria-
mente lasciano il tempo che trovano, quando non concorrano a risveglia-
re sopite avversità, a riaccendere gelosie mal celate. Più che nel congresso
di Roma io fido nell’opera di propaganda che devesi svolgere nell’isola,
dove è necessario destare il sentimento nelle proprie forze, nelle energie
individuali e collettive, non per usarle a scopo di ribellione, ma per far
comprendere al governo centrale che la Sardegna non è soltanto
un’espressione geografica, ha è vero un’anima in cui vi hanno generosi
sentimenti su cui troppo s’è fatto sino ad oggi assegnamento, ma pur sen-
te la forza del suo diritto che, per la sua vita, non deve essere oltre calpestato”.
Il congresso venne organizzato come già accennato dall’Associa-
zione dei sardi residenti a Roma, e più precisamente da un comitato
presieduto dal comm. Felice Crespo, coadiuvato dai vice presidenti
avv. Antonio Casulli per la stampa, prof. avv. Orazio Sechi per i pro-
blemi organizzativi, capitano Vincenzo Simula per i festeggiamenti.
Segretari erano l’avv. Mario Azzena, l’avv. Battista Bardanzellu, il dott.
Enrico Lombardi, il dott. Pasquale Marica, l’avv. Giosuè Muzzu ed il
dott. Alfonso Serpi. Erano membri del comitato Pietro Albano, l’avv.
Antonio Bellieni, l’avv. Alberto Cannas, l’avv. Pietro Cavasola, l’avv.
Cesare Cichi, il rag. Giuseppe Coronas, l’avv. Gesuino Costa, Ernesto
Cubeddu, l’avv. Nino Dore, Giuseppe Delogu, Giuseppe Dellacà, il
tenente generale Giuseppe Fadda, il prof. Efisio Lay, Cesare Orrù, il
dott. Michele Poddine, Gavino Rau e il dott. Vincenzo Uras.
A sottolineare l’importanza della manifestazione veniva istituito
un comitato d’onore presieduto dal senatore Salvatore Parpaglia e
composto, coi senatori, deputati ed ex deputati dell’isola, da persona-

565
Lorenzo Del Piano

lità di rilievo nazionale, come Grazia Deledda, lo scrittore Salvatore


Farina ed Ettore Pais, nonché dal presidente della deputazione provin-
ciale di Cagliari Giovanni Marcello; dal presidente e vicepresidente
della deputazione provinciale di Sassari Antonio Vincentelli e Raffaele
Sardella, e dai presidenti delle Camere di commercio delle due città,
Benvenuto Pernis e Gervasio Costa.
Vennero nominati anche due comitati provinciali, costituiti a
Cagliari da Mauro Angioni, Enrico Sanjust, Marcello Vinelli, Enrico
Nonnoi, Romolo Carro, Michele Cugusi e Guido Costa, a Sassari da
Mario Berlinguer, Pietro Moro, Giovanni Zirolia, Erminio Righi,
Ignazio Devilla, Luigi Castiglia, Giovanni Azzena e Michele Saba.
Sottocomitati locali vennero costituiti a Iglesias, Bosa, Lanusei, Maco-
mer, Oristano, Tempio, Ozieri e Alghero; il sottocomitato di Nuoro
fu costituito da Pietro Mastino, Sebastiano Satta e dal presidente della
Società operaia, Giuseppe Deffenu, padre di Attilio.
Un interessante “Chi è?” dell’emigrazione sarda è l’elenco dei
sottocomitati provinciali costituiti a Bologna, Cremona, Genova, Mi-
lano, Napoli, Padova, Palermo, Pavia (particolarmente numeroso),
Pisa, Torino e Venezia, per i quali rinviamo al volume degli atti, che
comprende anche la cronaca della seduta inaugurale, i verbali delle se-
dute dell’11, 12, 13 e 14 maggio, gli ordini del giorno approvati e bre-
vi cronache delle visite effettuate dai congressisti ai magazzini della
Società romana del pecorino ed alla Scuola agraria, nonché della gita
ai Castelli romani e del banchetto conclusivo.
La maggior parte del volume, di interessante lettura, è però co-
stituita dalle relazioni di Romualdo Ciccarelli ed Enrico Lombardi
sulla colonizzazione, la piccola proprietà e l’emigrazione; di Giuseppe
Fadda su problemi militari; di Armando Mereu e Giuseppe Dessì sul
credito agrario e la cooperazione; di Federico Chessa sull’usura; di An-
nibale Fiori sui trasporti e le comunicazioni; di Enrico Carboni Boy
sulle imposte; di Luigi Princivalle sui viaggi degli impiegati; di Nicoli-
no Federici sulla beneficenza ospedaliera; di Giuseppe Ciuffo sulla
lebbra e di Pasquale Azzena sul tracoma.
Paricolare interesse presentano le relazioni di Giovanni Loriga
sulla malaria e di Edmondo Sanjust.
Nella sua relazione il prof. Loriga ricordava innanzitutto che la
limitata estensione degli stagni e delle paludi rispetto alla superficie

566
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

dell’isola di 24.000 chilometri quadrati contrastava col fatto che la


malaria era diffusa in tutto il territorio, ed anche se era vero che si
presentava con particolare gravità nelle pianure e nelle vallate era pur
vero che era diffusa anche in collina ed in montagna, sicché sul Ge-
nargentu, e precisamente nei Comuni di Fonni e di Ollolai, si erano
riscontrati casi anche a 1.000 metri sul livello del mare.
Ritenuto poi che le zanzare malarigene che prosperavano nelle
paludi e negli stagni non volavano più che a qualche chilometro di
distanza, la conclusione alla quale doveva giungersi era che la maggio-
re importanza nella diffusione della malaria doveva attribuirsi alle
“transitorie raccolte di acqua che si formano dopo le piogge od in se-
guito agli straripanti torrentizi nei piccoli avvallamenti naturali del
suolo ed in tutte le fosse scavate dall’uomo, per esempio in quelle fatte
dai pastori per abbeverare il bestiame”, nonché “negli acquitrini che si
formano nella campagna mal tenuta attorno alle sorgenti e ad ogni
stillicidio della roccia”.
“Fino a pochi anni fa’ – aggiungeva il prof. Loriga – si è creduto
dai tecnici e dai profani di poter estirpare la malaria da un territorio
mediante l’esecuzione delle grandi bonifiche, quelle cioè che sono in-
dirizzate a colmare e prosciugare gli stagni e le paludi. Ma l’esperienza
ha dimostrato che questo mezzo non dava i risultati sperati se non
quando si potevano contemporaneamente sopprimere le cause dei
piccoli impaludamenti suindicati, quando cioè gli appezzamenti di
terreno racchiusi fra i canali di scolo della bonifica potevano essere li-
vellati e prosciugati in modo da impedire i ristagni parziali dell’acqua
piovana e l’affioramento dell’acqua sotterranea. E siccome questo
compito non può essere assolto convenientemente che dalla coltiva-
zione razionale del suolo, così è sorta in tutti gli igienisti la convinzio-
ne che la bonifica idraulica non è efficace se non è integrata dalla bo-
nifica agraria”.
“La Sardegna – proseguiva il prof. Loriga – anch’essa ha fatto la
dolorosa esperienza della scarsa utilità delle sole bonifiche idrauliche
dal punto di vista sanitario, anzi in qualcuna delle zone bonificate ha
davanti agli occhi la continua minaccia del ripristino della palude e
quindi di perderne anche i benefizi economici. La ragione di simili
insuccessi sta nel fatto che l’opera sapiente e faticosa dell’ingegnere
idraulico non è stata integrata da quella dell’agricoltore, mentre il pro-

567
Lorenzo Del Piano

prietario della terra non solo non concorre con la sua opera ad evitare
i piccoli impaludamenti che ancora possono formarsi sulle terre di re-
cente emerse, ma non si cura nemmeno di mantenere in buono stato i
canali e le altre opere d’arte costruite dallo Stato, perché questo com-
pito dispendioso non è necessario ai fini della sua industria che è la
pastorizia.
Questa industria è veramente una delle cause principali che
conservano la malaria tanto nei terreni bonificati idraulicamente
quanto in tanti altri che sarebbero per sé stessi sufficientemente
asciutti.
L’esercizio della pastorizia infatti, in quanto si limita a sfruttare
il pascolo spontaneo, non richiede alcun lavoro capace di modificare
la configurazione naturale della superficie del terreno, e neppure di li-
berarlo completamente e permanentemente né dalle acque stagnanti
che albergano le ninfe e le larve, né dagli arbusti che offrono comodo
asilo alle zanzare adulte. Poco dissimili sono i bisogni delle rudimenta-
li colture del frumento e dell’orzo, quali sono praticate ancora dalla
maggiore parte degli agricoltori sardi, poiché questi poco si curano di
prosciugare bene il terreno, livellandone la superficie, rompendolo
profondamente ed aprendo nuove vie allo scolo delle acque, ma spesso
non riconoscono neppure la necessità di procedere allo sradicamento
totale degli arbusti e delle erbacce che lo ingombrano ed all’asporta-
zione delle pietre.
L’adozione invece di sistemi di coltura più razionali potrebbe
completare la bonifica igienica od istituirla là dove non è stata già ese-
guita dallo Stato ed avrebbe per conseguenza certa la distruzione del-
l’ambiente malarigeno, perché non si possono eseguire buone coltiva-
zioni se non quando siasi ottenuto uno strato di terreno abbastanza
profondo nel quale al posto dell’acqua possa penetrare liberamente
l’aria, elemento indispensabile per ossidare le sostanze organiche e
renderle solubili. Resta con ciò dimostrato che il problema agricolo si
allaccia al problema sanitario e tutti e due influiscono sul problema
economico, perché la migliore coltura dei terreni mentre è l’unico
mezzo per redimere l’uomo dalla malaria, produce pure maggiore co-
pia di frutti vegetali ed animali. I due interessi sono indissolubili e si
completano a vicenda, come ci dimostra l’esempio dei benefizi in tal
guisa ottenuti in altre regioni d’Italia”.

568
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

Con non minore ampiezza ci sembra di dover riferire sulla rela-


zione dell’ingegner Sanjust, che era divisa in quattro paragrafi, rispet-
tivamente dedicati alle sistemazioni idrauliche ed alle bonifiche; alle
forze motrici ed impianti elettrici; alle comunicazioni marittime e ter-
restri ed ai trasporti, ed infine alla genesi ed allo sviluppo delle legisla-
zioni speciali per le isole e per il Mezzogiorno.
L’ing. Sanjust ricordava che poco o nulla si era fatto in Sardegna
per la bonifica fino alla legge speciale del 1897, che intendeva provve-
dere “alla sistemazione idraulica dell’isola con un criterio d’insieme
che mirasse a correggere i corsi d’acqua per modo che non producesse-
ro più oltre inondazioni; a togliere i ristagni, conseguendo la bonifica
idraulica e la conseguente bonifica agraria dei terreni redenti; ad uti-
lizzare le acque con grandi serbatoi di ritenuta per provvedere alle irri-
gazioni in quella misura che è possibile; a rimboschire le pendici de-
nudate dei bacini imbriferi dei corsi d’acqua per concorrere con ciò
alla loro sistemazione ed al miglioramento del loro regime idraulico”.
Ricordava quindi che la sistemazione dei corsi d’acqua riusciva
in Sardegna particolarmente difficile dato il loro regime torrentizio,
mentre non agevolava la bonifica dei grandi stagni il fatto che si trova-
vano tutti al livello del mare, salvo quello di Sanluri. Pertanto il pro-
blema che si poneva, date le difficoltà accennate e l’alto costo dei lavo-
ri, era di accertare se fosse conveniente per l’economia isolana conti-
nuare nella via intrapresa, o se questa comportasse uno spreco di de-
naro che avrebbe potuto essere speso in altro modo, con maggior van-
taggio dei sardi in generale, ed in particolare dei ceti meno abbienti. A
questo riguardo l’ing. Sanjust faceva presente che da qualcuno era sta-
ta negata l’efficacia degli interventi fino ad allora effettuati in base alla
legislazione speciale. Era pertanto opportuno ricordare che un primo
gruppo di lavori riguardava la raccolta delle acque di Monserrato, Se-
largius, Settimo San Pietro, Quartucciu e Quartu, dove danni enormi
erano stati causati dalle alluvioni del 1882 e del 1889: danni e perdite
di vite umane che non si erano più dovuti lamentare dopo i lavori ef-
fettuati.
Un secondo gruppo di lavori era in corso lungo il Flumendosa,
il rio Mannu, il Cixerri ed il Flumineddu di San Sperate, che tanti
danni aveva causato nel 1897. Era poi conclusa la bonifica di Sanluri,
che avrebbe consentito la valorizzazione di ben 2.400 ettari di terreno.

569
Lorenzo Del Piano

Egualmente in corso erano la bonifica degli stagni dell’Orista-


nese, collegata al bacino del Tirso, che avrebbe richiesto il lavoro di
due generazioni, ma che avrebbe portato alla creazione di una piccola
Lombardia, e la bonifica degli stagni di Terranova, nonché alcuni la-
vori di rimboschimento.
Per ciò che riguardava le forze motrici e gli impianti elettrici
l’ing. Sanjust ricordava che la legge del 1897 prevedeva la formazione
dei tre bacini o serbatoi del Campidano di Cagliari, della capacità di
venti milioni di metri cubi; del Flumini Mannu, di eguale capacità, e
del Tirso, della capacità di trenta milioni di metri cubi. I progetti rela-
tivi, studiati con la massima cura, avevano consentito di accertare che
non conveniva costruirli al solo scopo di distribuire l’acqua per l’irri-
gazione. Sulla base pertanto dell’esperienza che nel frattempo era stata
fatta nell’Italia settentrionale si pensò di abbinare “alla distribuzione
dell’acqua quella dell’energia elettrica. Da questa felice idea nacque il
nuovo progetto per il grande serbatoio del Tirso”.
“Se si pensa – proseguiva l’ing. Sanjust – che con questo serba-
toio (che ha la capacità di trecentotrenta milioni di metri cubi) si po-
tranno irrigare trentamila ettari di terreno nel basso Oristanese, e pro-
durre cinquemila cavalli di forza motrice, si potrà intuire quale mera-
vigliosa trasformazione apporterà quest’opera gigantesca alla regione
alla quale sovrasta. La pianura di Oristano, fra cinquant’anni, quando
siano compiute le bonifiche ed entrato nel suo pieno esercizio il serba-
toio, potrà diventare una delle plaghe più ricche e più salubri d’Italia.
Né il periodo di tempo abbastanza lungo che sarà necessario
perché le opere accennate acquistino la loro massima efficienza deve
rendere perplessa la presente generazione. Anzitutto il vantaggio loro
economico sarà progressivo e graduale; ed in un primo e immediato
periodo di tempo si manifesterà con la richiesta della mano d’opera
occorrente, col maggior movimento di denaro risultante dalla esecu-
zione di così ingenti lavori e col graduale sviluppo dell’industria agri-
cola e della produzione. Inoltre non bisogna, in opere così grandiose,
lavorare solamente per il presente, ma bisogna pensare con lodevole
altruismo alle generazioni future. Alla nostra generazione resterà il
merito di aver incominciato”.
Come conclusione di questa parte della sua relazione l’ing.
Sanjust proponeva che il congresso facesse sua la seguente deliberazio-

570
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

ne: “Il primo Congresso Sardo riunitosi a Roma nel maggio del 1914,
ritenendo che la questione idraulica sarda si connette intimamente al
problema agricolo, industriale ed economico dell’isola, fa voti perché:
a) siano intensificati i lavori di bonificazione e di correzione dei corsi
di acqua, estesi a tutte le loro ramificazioni, destinando alla loro
esecuzione mezzi finanziari ognora più larghi e rivedendo le dispo-
sizioni legislative vigenti in base all’esperienza già fatta coi lavori
finora intrapresi;
b) siano studiati, oltre il serbatoio del Tirso, quelli del Coghinas, del
Mannu e del Campidano di Cagliari, e gli altri possibili, avendo di
mira l’irrigazione, la distribuzione di acqua potabile, la possibile
difesa dai danni delle periodiche siccità e la produzione di forza
motrice nell’interesse dell’agricoltura, dell’industria e dell’econo-
mia isolana;
c) siano studiati gli opportuni provvedimenti legislativi per mettere in
pratica gli studi di cui al comma che precede”.
Nel terzo paragrafo l’ing. Sanjust affrontava il problema dei tra-
sporti, mentre il quarto era dedicato alla legge 2 agosto 1897, che rap-
presentava in Italia il primo esempio di legislazione speciale per una
determinata regione.
Ricordava l’ing. Sanjust: “La Commissione che studiò questo
primo progetto di legge era presieduta dall’allora sottosegretario di
Stato ai Lavori pubblici Giacomo De Martino (oggi Senatore del Re-
gno e Governatore del Benadir) ed aveva per componenti il Bedendo,
il De Nava, il Bondi, il Pasqui, il Rossi ed il Lonardi, mentre io ne fui
il segretario.
L’aver preso parte principale alla compilazione di questa legge,
l’aver proceduto alla sua applicazione nei primordi (il Bedendo andò
Prefetto ed io andai Capo del Genio civile di Cagliari, appunto a tal
fine) mi procurò l’onere e l’onore di esser inviato in Basilicata dallo
Zanardelli per preparar lo schema dell’analogo progetto di legge per
quella regione. E collo Zanardelli dapprima, e poi col Tedesco, presi
pure parte attivissima a questo lavoro. Questa mia collaborazione mo-
desta all’inizio delle legislazioni regionali speciali mi mette in grado di
chiarire il concetto loro informatore e mi spinge a chiedere la più am-
pia discussione sulle disposizioni sancite per provocarne una costante
ed utile revisione.

571
Lorenzo Del Piano

Le leggi speciali che ho accennato partono dai criteri fondamen-


tali seguenti:
1) chiedere la risoluzione dei problemi locali specialmente all’indu-
stria agricola e derivati, come quella che può provvedere ad un ef-
fettivo e costante aumento di produzione nel massimo interesse
specialmente delle classi più numerose e meno abbienti;
2) a questo scopo aumentare l’estensione del territorio conveniente-
mente sfruttabile, con la esecuzione di lavori di correzione dei corsi
d’acqua e di bonifica; rendere più sicuri i prodotti, nella misura del
possibile, con le irrigazioni e con la difesa dalle inondazioni. E cioè
difendersi, per quanto si possa, dalla siccità e dalle piogge troppo
intense che sono i due flagelli più temuti nell’isola. Promuovere i
rimboschimenti sia nell’interesse del regime delle acque, sia in
quello dell’aumento di produzione;
3) perfezionare l’agricoltura e derivati mediante l’insegnamento (cat-
tedre ambulanti e scuole agrarie), gli esempi (poderi modello) e gli
incoraggiamenti (premi per case coloniche, per riproduzione di be-
stiame, per poderi modello, ecc.);
4) sovvenire ai bisogni dei piccoli agricoltori col piccolo credito agrario
(casse ademprivili, monti frumentari) cercando così di metter freno
all’usura, che è una vera piaga sociale delle isole e del Mezzogiorno”.
A questi provvedimenti, che avevano di mira l’aumento della
produzione, se ne aggiunsero altri di carattere sociale (costruzione di
edifici scolastici, difesa contro l’abigeato e il pascolo abusivo) e igieni-
ci (acquedotti), o di carattere particolare, come la libera distillazione.
“Ora è evidente – dichiarava l’ing. Sanjust – che provvedimenti di
questo genere sono in generale a lunga scadenza. Per questo molti han-
no combattuto le leggi speciali come inutili e perfino come dannose.
Io penso il contrario: e sostengo (come sostenni in una confe-
renza tenuta a Cagliari nel 1903, su questo argomento) che se le leggi
speciali fossero integralmente e rigidamente applicate, un passo grande
farebbe il progresso in Sardegna e gli effetti se ne risentirebbero assai
più rapidamente di ciò che si creda.
Ora il male principale sta in ciò: che per contentare le popola-
zioni interessate le leggi si formulano con larghi programmi: ma intan-
to, per proporzionare l’onere dello Stato alla sua potenzialità finanzia-
ria, si prevedono stanziamenti insufficienti: nella pratica applicazione

572
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

poi non si spendono nemmeno le somme corrispondenti alle previsioni


delle leggi votate e ciò sia per ritardi nella compilazione dei progetti o
nelle pratiche burocratiche, sia perché gli stanziamenti di bilancio,
esercizio per esercizio, non corrispondono alle esigenze delle diverse
leggi speciali che, dopo ciò, non si possono mai eseguire nel periodo
di tempo prefissato.
Io vorrei che il nostro Congresso richiamasse l’attenzione del
Governo su questo argomento, votando il seguente ordine del giorno:
Il primo Congresso Sardo, riunitosi in Roma nel 1914, fa voti al
Governo:
a) perché la legge speciale per la Sardegna sia riveduta in base all’espe-
rimento fatto finora e nel senso già espresso col deliberato proposto
in relazione ai § 1° e 2° dalla presente relazione;
b) perché la legge vigente, e quella che si farà, siano integralmente ese-
guite sia rispetto al tempo come rispetto agli stanziamenti”.
I lavori del congresso furono seguiti con moderata attenzione
dall’“Unione Sarda”, il giornale più vicino a Cocco Ortu, e lo stesso
promotore della legislazione speciale del resto partecipò solo alla sedu-
ta inaugurale tenutasi il 10 maggio nonché alla seduta del mattino
dell’11, presieduta da Enrico Carboni Boy, a conclusione della quale,
dopo la discussione della relazione Sanjust, venne proposto un ordine
del giorno firmato appunto da Cocco Ortu, Congiu, Scano e Pala col
quale si auspicava che venissero “completati secondo la legge speciale
del 1907 sulla Sardegna, nei modi più opportuni, gli studi per i bacini
di irrigazione previsti dalla stessa legge, e per gli altri possibili, affin-
ché ne fosse promossa senza ritardo l’esecuzione, reintegrando i canoni
all’uopo stanziati ed ove occorresse aumentarli, ed in ogni caso prov-
vedere a cura diretta dello Stato, ove mancasse l’iniziativa privata e de-
gli enti interessati, e ciò avendo di mira la difesa dei territori attraver-
sati; la distribuzione dell’acqua potabile; la possibile difesa dai danni
delle periodiche siccità e la produzione di forza motrice nell’interesse
dell’agricoltura, dell’industria e dell’economia isolana”.
Alla discussione parteciparono il prof. Annibale Fiori, l’on. Ca-
vallera, l’avv. Lissia, il dott. Marica, l’on. Pala, l’avv. Muzzu ed altri,
ma non Cocco Ortu, che a causa dei suoi impegni parlamentari poté
assistere ancora solo alla seduta di martedì 12. Da rilevare la parteci-
pazione alla discussione della relazione di Ciccarelli e Lombardi, nella

573
Lorenzo Del Piano

seduta pomeridiana dell’11, di Francesco Fancello, il quale, ricordata


la scarsità dei mezzi a disposizione, dichiarò di ritenere che “il mezzo
efficace pel rinnovamento tecnico e sociale dell’isola” fosse il credito
indiretto, esercitato cioè per il tramite delle casse rurali, ed osservò che
a suo parere il sistema dei premi individuali stabilito dalle leggi in vi-
gore costituiva uno spreco di ricchezza ed un vantaggio per i più furbi.
Non meno interessante l’intervento dell’on. Edoardo Pantano, per il
quale rinviamo al volume degli atti.
Il congresso ebbe anche uno strascico polemico per così dire in-
terno. Del comitato d’onore aveva fatto parte tra gli altri l’on. Anto-
nio Cao Pinna (43), che tuttavia, a manifestazione conclusa, in una let-
tera pubblicata nella pagina sarda del “Giornale d’Italia” esprimeva
giudizi ritenuti avventati dal comitato organizzatore, il quale in una
lettera pubblicata dall’“Unione Sarda” del 6 giugno 1914 ricordava
che il congresso si era tenuto a Roma perché il governo fosse meglio
informato sui problemi dell’isola in un’ora particolarmente grave.
Maggior interesse l’“Unione Sarda” dimostrò per il progetto di leg-
ge del ministro dell’Agricoltura del governo Salandra, il senatore Giannet-
to Cavasola, che negli anni Ottanta era stato sottoprefetto a Nuoro.
Il progetto, che il giornale riproduceva e discuteva nell’intera
prima pagina del numero del 15 maggio 1914, venne esaminato ed
approvato dal Parlamento con eccezionale rapidità anche perché il mi-
nistro, accogliendo il suggerimento di Cocco Ortu, ne aveva sottoli-
neato l’urgenza, data la gravità della situazione nella quale l’isola si
trovava a causa di un periodo di siccità eccezionalmente lungo. Il pro-
getto divenne così la legge 16 luglio 1914, n. 665, che, come ricorda
Pasquale Marica, ricalcava in buona parte le leggi coccortiane (44).
La legge prevedeva l’incremento dell’istruzione agraria attraver-
so le Cattedre ambulanti; stanziamenti straordinari per il credito agra-
rio; mutui di favore; miglioramento della razza equina; ricerca di ac-

(43) Un profilo del Cao Pinna è stato pubblicato da M.M. Lepori nel volume
1997 dell’“Almanacco di Cagliari”. Sullo scontro con il direttore dell’“Avvenire di
Sardegna” cfr. il nostro saggio pubblicato in Politici, prefetti e giornalisti, cit.
Un ampio repertorio delle leggi particolari relative alla Sardegna è stato pubbli-
cato da Pasquale Marica nei nn. 51-52 ss. del “Nuovo Bollettino bibliografico sardo”.
(44) Sull’applicazione della legge Cavasola cfr. le tre relazioni elencate nella
Bibliografia sarda del Ciasca, vol. III, nn. 15138, 15139 e 15140.

574
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

que sotterranee per usi agricoli ed igienici; provvedimenti per i porti,


per le Università, per la lotta antimalarica ed infine “l’effettivo inizio
di serie opere di bonifica”.
Aggiunge Marica che al ministro Cavasola va riconosciuto il me-
rito di “un vivace e serio interessamento per l’isola”, manifestato anche
nella relazione ad un altro disegno di legge in favore della Sardegna fatta
alla Camera il 16 marzo 1916, anno nel quale il valore dimostrato dai
sardi in guerra riuscì a “far vibrare qualche corda ministeriale”.
La guerra peraltro fece sospendere ogni altro provvedimento
particolare per l’isola, che “dal 1916 in poi dovette contare solo sui
provvedimenti di indole generale dettati per il Mezzogiorno”.
Lo stesso Pasquale Marica non manca di riconoscere, in uno
sguardo d’assieme alla legislazione del primo periodo unitario, che con
Cocco Ortu “ha inizio una politica di interventi specifici non solo a fa-
vore della Sardegna, ma di tutto il Mezzogiorno”. Con lui inoltre “ebbe
anche un primo impulso quella che suol definirsi legislazione sociale a
difesa della salute e degli interessi delle classi operaie e contadine”. Pur-
troppo “inadeguati furono i mezzi messi a disposizione di chi quelle leg-
gi sulla Sardegna doveva applicare, ma l’orientamento era dato”.
Converrà aggiungere a questo proposito che con decreto del 9
dicembre 1909, n. 779, fu creato a Roma un ufficio speciale per la
Sardegna, e che con altro decreto del 9 agosto 1910, n. 798, fu creata
una commissione che doveva vigilare sull’applicazione della legislazio-
ne speciale per l’isola: questa commissione peraltro non fu mai convo-
cata fino al 1914, e poi ridotta “ad una semplice sezione dell’ufficio
per l’Agro romano”.
Tornando mezzo secolo dopo il congresso di Castel Sant’Angelo
sul tema della legislazione speciale, Pasquale Marica osservava che se a
Cocco Ortu non si poteva “onestamente togliere il demerito di aver
contribuito all’imperio delle consorterie”, era pur vero che ai suoi
tempi non v’era in Sardegna altro modo di affermazione elettorale.
Espressa questa riserva, sottolineava il fatto positivo che Cocco Ortu
ebbe “il grandissimo merito di mettere a profitto la sua crescente auto-
rità di parlamentare e la sua grande esperienza di studioso serio e at-
tento del problema sardo per varare un poderoso gruppo di leggi che
crearono le effettive premesse per il progresso economico e sociale non
solo della Sardegna ma di tutto il Meridione.

575
Lorenzo Del Piano

Le stesse leggi da lui promosse o appoggiate per mettere gli or-


gani centrali della burocrazia romana in grado, volenti o nolenti, di
dare esecuzione alla legislazione speciale – proseguiva Marica – posso-
no in un certo senso considerarsi un anticipato riconoscimento delle
istanze autonomistiche. Potrebbe sembrare un paradosso dare questo
merito a colui che fu il bersaglio più colpito dagli autonomisti, ma chi
potrebbe dire quali maggiori difficoltà si sarebbero dovute affrontare
per imporre il verbo autonomistico se pazientemente Francesco Cocco
Ortu non avesse da tempo abbattuto il ridotto dell’indifferenza per le
cose isolane? Penso che questo riconoscimento non tolga nulla al me-
rito che i reduci della guerra ’15-’18 ebbero nel porre con risolutezza e
chiarezza il problema autonomistico vero e proprio.
Quel che Cocco Ortu non volle o non poté fare fu di trasforma-
re la sua azione parlamentare in un moto popolare. Ma si poteva chie-
dergli tanto dati i tempi?
Col ritorno dei combattenti – concludeva Marica – ciò fu possi-
bile e, per fortuna, malgrado l’influenza degli elementi meno prepara-
ti che sconfinarono in teorie antiunitarie, la Sardegna ebbe uomini di
sicura competenza per l’affermazione del credo autonomistico”.

12. Le leggi speciali e la rivista “Sardegna” – La notizia della convoca-


zione del congresso romano del maggio 1914 fu accolta con molto fa-
vore dalla rivista “Sardegna” nel secondo fascicolo, pubblicato a Mila-
no, dove il direttore Attilio Deffenu si era trasferito, e dove sarebbe
diventato il legale dell’Unione sindacale di Filippo Corridoni. Mentre
pertanto riportava l’elenco delle personalità che costituivano il comi-
tato d’onore ed il comitato esecutivo nonché l’elenco delle relazioni
che sarebbero state discusse, la rivista esprimeva il suo compiacimento
per un’iniziativa che si proponeva di “unire in concordia d’intenti tutti
i sardi d’ogni pensiero; di ricercare, trovare e illuminare pratiche solu-
zioni ai più urgenti problemi regionali e di assicurare, con vigile opera
costante, una tale completa e complessa soluzione” (45).

(45) Cfr. L. DEL PIANO, Attilio Deffenu e la rivista “Sardegna”, Sassari, Gallizzi,
1963. Il saggio introduttivo è stato riprodotto in Questione sarda e questione meridio-
nale, cit. I quattro fascicoli della rivista sono stati integralmente riprodotti nel volu-
me “Sardegna”, la rivista di Attilio Deffenu, a cura di Manlio Birgaglia, con un saggio
introduttivo di Giovanni Maria Cerchi, Sassari, Gallizzi, 1970.

576
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

“Oggi speranza, augurio e fede – proseguiva la rivista – ci im-


pongono di ritenere non soltanto possibile ma anche probabile il rag-
giungimento del triplice scopo: possa il nostro ottimismo d’attesa du-
rare fino al giorno del congresso e trasformarsi nella letizia di consta-
tazione di positivi risultati”.
La rivista tornava sul tema del congresso nel terzo fascicolo con
un editoriale di “attesa neutra” e con un lungo articolo di Lucio Sec-
chi, preceduto da un “cappello” redazionale nel quale si lasciava all’au-
tore l’esclusiva responsabilità delle sue affermazioni.
Il problema che Lucio Secchi poneva era di riuscire ad imporre
al governo le soluzioni già elaborate di problemi regionali già studiati
a fondo, come quello della bonifica e della sistemazione idraulica. Il

L’apposizione anticoccortiana, aspetto locale dell’opposizione antigiolittiana


(sarà interessante ricordare che Giolitti, nato a Mondovì il 27 ottobre 1842 e dece-
duto a Cavour il 17 luglio 1928, era di soli otto giorni più giovane di Cocco Ortu)
non si attenuò nel dopoguerra.
Aggiungiamo che uno almeno dei giovani avversari del grande ministro, Pao-
lo Pili, dopo le vicende delle quali fu protagonista e dopo la guerra 1940-45 espresse
sul Cocco Ortu un più meditato giudizio. Di P. Pili cfr. Grande cronaca, minima
storia, Cagliari, 1946, e sul Pili cfr. L. O RTU , La figura di Paolo Pili ed il
sardofascismo, in Il sardo-fascismo fra politica, cultura ed economia. Atti del convegno
di studio tenutosi a Cagliari il 26-27 novembre 1993, a cura della Fondazione
Sardinia, Cagliari, s.a., pp. 101 ss. e relativa bibliografia.
Utile anche per la conoscenza della situazione dell’isola nel periodo prece-
dente il conflitto 1915-’18 il fondamentale lavoro di S. SECHI, Dopoguerra e fascismo
in Sardegna, Torino, Fondazione Luigi Einaudi, 1969, nel quale sono frequenti i ri-
ferimenti alla figura e all’opera di Francesco Cocco Ortu.
Di Cocco Ortu si sono interessati anche i poeti, a cominciare da Sebastiano
Satta: è infatti da ravvisare in lui l’“Eccellenza gialla” di cui alla (brutta) poesia scritta
in occasione dell’arresto dell’avvocato Efisio Orano a seguito dei moti popolari del
1906. Cfr. S. SATTA, Canti, a cura di M. Ciusa Romagna, Milano, Mondadori, 1955.
Esaltò invece l’opera del Cocco Ortu il poeta dialettale Antonio Fiori Solinas di
Bosa, del quale cfr. Lamentazione pro su famene in Sardigna. Dedicata a S. Eccellenza
il ministro di Agricoltura onorev. Francesco Cocco Ortu nella occasione in cui Egli si
adoperò per la legge sui provvedimenti per la Sardegna, Bosa, 1908.
Nel dopo guerra si distinse per gli attacchi violentissimi contro la vecchia
classe politica il “Solco”, giornale prima del movimento dei combattenti, poi del
Partito sardo d’azione, il quale, secondo il magistrato-poeta Gaetano Canelles
“dogna dì, senz’e arriposu / abbaulat a is carcangius de Cocco Ortu”. Il sonetto del
Canelles intitolato appunto Su Surcu è stato pubblicato da F. ALZIATOR in Testi
campidanesi di poesie popolareggianti, Cagliari, Fossataro, 1969.

577
Lorenzo Del Piano

discorso diventava così politico, e veniva approfondito dall’autore in


termini decisamente anticipatori di quella che sarebbe stata nel dopo-
guerra la posizione di alcune componenti del Partito sardo d’azione.
”Ma c’è ancora dell’altro. C’è – scriveva Lucio Secchi – che
quando pure il governo, in un’ora di incredibile resipiscenza, volesse
accettare nella sua lusinghiera integrità il completo programma di ri-
forme che i dotti del congresso sardo-romano avranno accortamente
combinato, si troverà nell’impossibilità di attuarlo, od almeno ciò po-
trà sostenere con molte apparenze di verità.
In cinquant’anni di vita nazionale, nella quale la Sardegna non ha
portato altro che la sua umiltà e la sua rassegnazione, il governo italiano
non è riuscito a risolvere alcuno dei problemi che la interessano; e, se
può esser dubbio che per risolverli in questo momento sia troppo tardi
o troppo presto, bisognerebbe essere ciechi e sordi per non vedere e non
sentire che l’ora che volge è poco propizia per parlare agli italiani della
Sardegna. Essi hanno da pensare alle loro nuove colonie, ed ognuno ca-
pisce che trascurare oggi la Libia per occuparsi di questa miserabile isola
nostra ben soggiogata e asservita, sarebbe delitto di lesa patria.
Vero è che ci fu un tempo nel quale molti rimproveravano al-
l’Italia di sperperare le sue migliori risorse nelle sabbie africane invece
di dedicarle alla vita delle sue più sfortunate regioni. Ma quei tempi
sono tanto lontani, e il linguaggio che allora diede commozioni e su-
scitò ire e tempeste, oggi farebbe solamente sorridere.
Verità è che in Italia non si è ancora riusciti a cementare in manie-
ra degna la sua cosiddetta unità, che la solidarietà nazionale è stata sem-
pre ed è ancora una favola buona pei gonzi, che non s’è fatto mai altro
che una politica regionale, una politica di favore, cioè, per le regioni più
ricche e più colte e più forti, a tutto danno delle più misere e deboli.
Verità è che la Sardegna non potrà sperar nulla di serio dall’Ita-
lia fino a tanto che dinanzi a lei continuerà a rimanere piegata, ignara
del diritto che le spetta d’esser trattata da eguale, della giustizia che la
vorrebbe partecipe a tutte le fortune conquistate col sangue e col de-
naro di tutti.
Chi dirà queste cose al Congresso di Roma, chi chiederà una
buona volta all’Italia, in nome della Sardegna, le ragioni ideali, i fini e
i vantaggi della sua dominazione? E chi, quando tutto sarà finito, e
finito nel nulla, si sentirà di tornare in mezzo a questa misera plebe

578
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

che aspetta ogni giorno un miracolo che non viene mai, per annuncia-
re che nulla è ancora mutato nel suo destino e nulla potrà mutare?”.
In questo stesso fascicolo della rivista veniva riprodotto un breve
saggio di Francesco Saverio Nitti nel quale, col corredo di tutta una
serie di dati statistici, veniva documentato lo stato di depressione eco-
nomica e sociale dell’isola. Alla questione sarda era poi dedicato un
lungo articolo di S. Spina, seguito da una postilla nella quale Attilio
Deffenu esprimeva il suo pensiero sulla legittimità e la necessità della
lotta contro il protezionismo doganale, nell’interesse non solo del
Mezzogiorno e delle isole, ma anche “della massa dei consumatori, e
cioè della grande maggioranza del popolo italiano”.
“Per la Sardegna, in particolare – aggiungeva Deffenu – l’abolizio-
ne del protezionismo significherebbe l’avviamento alla fine di quella
politica folle di distruzione che ha fatto un deserto della nostra Isola,
che ha isterilito le nostre fonti produttive, negato ai prodotti del nostro
suolo ogni capacità di traffico e d’espansione, perpetuata quella fase del-
la nostra economia che non conosce la crudele strapotente ma divina
tirannia del capitale re della produzione, che crea forme e valori, che
moltiplica la ricchezza e con essa l’intensità e la molteplicità e la possibi-
lità d’appagamento dei bisogni umani, che alimenta le vene e i polsi del
corpo sociale della sua linfa impetuosa, fecondante, trasformatrice!
La Sardegna incomincerà a vivere capitalisticamente. Poiché ci
sembra chiaro che la cappa di piombo del sistema protettivo agisca nel
senso d’impedire o d’allontanare il sorgere della vaticinata era capitali-
stica nell’Isola, crederemmo di tradire gli interessi della Sardegna se in
quest’ora critica, alla vigilia della rinnovazione dei trattati di commer-
cio che legano l’Italia colle altre nazioni, non prendessimo risoluta-
mente, senza dubbiezze o tentennamenti, posizione di battaglia con-
tro il ciclonismo devastatore che ha nome protezionismo”.
Più ampio spazio era dedicato al congresso nel quarto ed ultimo
fascicolo della rivista, nel quale erano riprodotte le relazioni di A. Me-
reu e G. Dessì sulla cooperazione, la mutualità e il credito e di G. Lo-
riga sulla malaria.
Al congresso era pure dedicata una lunga Lettera romana di
Massimo Orano, mentre Nicolò Fancello, ricordata l’avversione in ge-
nerale dei sardi ad un lavoro in comune, rilevava con un certo com-
piacimento che “il congresso, bene o male, era stato un tentativo di

579
Lorenzo Del Piano

accordo tra le centomila Sardegna che pretendevano rispetto fuori del-


l’isola, quando non riuscivano a rispettarsi a vicenda.
Ed è per questo – concludeva Fancello – che il congresso è stato
un’utile iniziativa, anche se, come affermano i malcontenti, ha servito
ad offrire una tribuna alle pretenziose autodifese delle mediocrissime
autorità della fungaia parlamentare sarda”.
Con molte delle idee espresse da Fancello, in una lunga postilla,
dichiarava di concordare Attilio Deffenu, secondo il quale Fancello
aveva finito con lo scrivere l’articolo “feroce, demolitore, contro que-
sta accademia della vanità politica e della nullatenenza intellettuale”
che gli era stato chiesto, ed aveva altresì fatto una “commossa esalta-
zione degli umili, degli oscuri artefici che pongono, pietra su pietra, le
fondamenta di una futura rinascita sarda, all’infuori e contro le con-
greghe e le chiesuole ove si accapigliano quotidianamente i venditori
di fumo elettorale e gli apostoli della sconcia demagogia e i ranocchi
del pantano parlamentare”.
Fancello aveva scritto che il congresso romano aveva rivelato
l’esistenza di una Sardegna nuova: “Lo sappiamo bene – commentava
Deffenu – esiste una Sardegna giovine desiderosa di rinnovare la co-
scienza isolana, di gettare le basi d’una palingenesi sarda non sempli-
cemente metaforica. Abbiamo fede in questa generazione novella: se
così non fosse non esisterebbe neppure questa rivista. Ma esiste – ed
impera oggi – un’altra Sardegna alla quale noi sardi cerebralmente e
spiritualmente nuovi non intendiamo concedere un attimo di tregua,
una vecchia – d’abiti e di forme, di sostanza e di spiriti – una decrepita
Sardegna che à da essere combattuta da noi, demolita, implacabilmen-
te. È quella Sardegna che trionfò nel recente convegno romano, la
Sardegna dei Cocco-Ortu e dei loro emuli in aspirazioni... montecito-
riali, la Sardegna dei fabbricanti di ricette e di empiastri parlamentari,
dei tristi figuri che antepongono le ragioni della propria fortuna poli-
tica, che è quanto dire gli interessi propri e delle loro clientele, alla
causa sacrosanta della loro terra, mistificatori ignobili contro i quali la
coscienza isolana tempo è si levi con gesto di titanica fierezza a difen-
dersi, a togliersi di soggezione, a vendicare l’offesa dignità sua!
Opera distruttiva, dunque, amico Francello, alla quale egregia-
mente conferisce – questo è ben vero! – l’azione positiva di quegli uo-
mini che, come Mereu, come Dessì, come i compilatori stessi di que-

580
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

sta rassegna – abbiamo la presunzione e l’orgoglio di crederlo – affer-


mano una loro volontà di costruzione e di ricostruzione fuori delle vie
battute da coloro che agiscono sul terreno delle competizioni, non
dirò politiche, ma elettorali, nell’Isola”.
Al tema della legislazione speciale era dedicata anche una gran-
de inchiesta che la rivista intendeva svolgere attraverso un questiona-
rio, pubblicato nel primo fascicolo, costituito da quattro domande:
I - Credete ad un reale, effettivo progresso economico della Sarde-
gna verificatosi nell’ultimo cinquantennio? Nel caso affermati-
vo, quali ne sono, secondo voi, gl’indici più significativi?

II - Constatato tale progresso, quali credete ne siano stati i fattori


probabili? Quale, comparativamente, l’influenza esercitata dal-
l’iniziativa locale e dall’azione positiva dello Stato?

III - Qual valore attribuite ai provvedimenti speciali per la Sardegna


– sia per la parte che ne fu applicata, sia per quella che è manca-
bile di applicazione – considerati come uno dei fattori del pro-
gresso economico sardo? E ai fini della risoluzione del problema
di risorgimento e di trasformazione della struttura economico-
sociale dell’Isola, ritenete più atta a contribuire l’elargizione di
provvedimenti speciali o di favore che la soluzione liberale dei
grandi problemi di politica generale (riforma tributaria elimina-
trice delle sperequazioni regionali, revisione delle tariffe dogana-
li in senso liberista)?

IV - In occasione della rinnovazione dei trattati di commercio, che


scadono, com’è noto, fra quattro anni, a quali criteri dovrebbe,
secondo voi, inspirarsi una politica dello Stato italiano che fosse
non ignara delle arretrate condizioni di vita dell’economia sarda
e sinceramente desiderosa di rialzarne le sorti?
Il questionario era preceduto da alcune considerazioni introdut-
tive, che ci sembra egualmente di dover riprodurre:
“La Sardegna progredisce? Il ritmo della sua vita economica-so-
ciale è rimasto qual’era ai primordi della vita unitaria, tardo, pigro,
assonnato, o ha subìto un acceleramento tale da farci credere ad un

581
Lorenzo Del Piano

reale progresso verificatosi nell’ultimo cinquantennio? Si può parlare


di una modificazione della struttura economica dell’Isola nel senso di
un effettivo miglioramento nelle condizioni della produzione, di uno
sviluppo dei traffici, di un aumento della ricchezza, di un potenzia-
mento dei fattori lavoro e capitale, di un elevato tenor di vita delle
plebi lavoratrici? E se progresso – reale, non illusorio, non fittizio – vi
è stato, quali se ne possono considerare fattori probabili? In quale mi-
sura vi ha contribuito la forza spontanea delle individuali iniziative, in
quale l’azione dello Stato?
Ecco tante domande alle quali gli studiosi di cose economiche, i
cultori di problemi regionali, i pubblicisti dell’Isola e del Continente
che si occupano, comunque, della Sardegna, danno tutti i giorni ri-
sposte discordi e contrastanti, inspirate in alcuni da una falsa e super-
ficiale visione della realtà, in altri da un ostinato preconcetto di apolo-
getica statale, in altri infine da un aprioristico sconsolato pessimismo
dissolvente.
Questa Rivista, che vuole essere critica e revisione degli attuali
valori della vita sarda, palestra di libere ed aperte discussioni sui vari
aspetti del problema regionale, al di fuori e al disopra d’ogni dogmati-
smo intransigente di partito, di setta, di dottrina, intende contribuire
alla illustrazione di tali problemi, che si presentano in una loro luce di
particolare attualità e interesse oggi che per tanti segni ne appare certo
l’avviamento verso un periodo decisivo della storia sarda.
E incominciamo col richiamare l’attenzione dei nostri amici e
lettori su uno dei problemi maggiormente discussi e, forse, meno sere-
namente ed equamente considerati dai cultori di cose sarde: il proble-
ma delle leggi speciali, di quel complesso, cioè, di provvedimenti a fa-
vore della Sardegna che, iniziati colla legge 2 agosto 1897, culminaro-
no, attraverso successivi ampliamenti e modificazioni, col famoso te-
sto unico 10 novembre 1907, n. 844.
Questi provvedimenti taluni salutarono come inizio di un’êra
nuova per l’Isola dimenticata ed esaltarono come un capolavoro di sa-
pienza legislativa, altri tacciarono di grettezza e di insufficienza relati-
vamente ai bisogni e alle reali condizioni dell’Isola, altri infine, inve-
stendo il sistema ed i criteri informatori, più che le forme e i modi
dell’attuazione, additarono come un atto di ignoranza e di malafede,
una mistificazione vera e propria, un espediente dilatorio di cui il Go-

582
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

verno s’era servito abilmente per impedire o allontanare – concedendo


favori particolari a determinate provincie – le riforme a beneficio di
tutta la regione considerata come organismo economico bisognoso di
conquistarsi le condizioni normali ed essenziali di un suo graduale au-
tonomo sviluppo.
È stata pronunziata la parola serena, è stata trovata la nota giu-
sta nel giudicare quel complesso legislativo in cui pure è tutto quanto
la Sardegna ha avuto dallo Stato italiano in un cinquantennio di vita
unitaria?
È quel che diranno i nostri lettori ed amici”.
La utilità ed anzi la necessità dell’inchiesta, come del resto quella
del congresso romano, era determinata dalla gravissima crisi che l’isola
attraversava, come già ricordato, a causa del protrarsi della siccità, come
documentavano le notizie pubblicate nella rubrica “Cronache di vita
sarda”, relative alla situazione di diversi centri quali Nuoro, Bultei, Bosa,
Lanusei, Orune, Portotorres, Ploaghe, Oristano e Tempio.
Non siamo in grado di avanzare ipotesi su un eventuale rappor-
to tra l’iniziativa romana alla quale abbiamo a suo luogo fatto riferi-
mento e l’inchiesta della rivista, anche perché non sappiamo esatta-
mente quando il primo fascicolo sia stato messo in circolazione, sic-
ché, in mancanza di precisi elementi, sembra prudente pensare al con-
temporaneo delinearsi nell’ambito sia del gruppo che faceva capo alla
rivista, sia dell’associazione dei sardi residenti a Roma, dell’esigenza,
giustificata dalla crisi gravissima che l’isola attraversava, di approfon-
dire anche alla luce di ormai diversi anni di esperienza il problema
della legislazione speciale.
Come che sia, già nel secondo fascicolo della rivista compariva
la risposta di Giovanni Sanna, il quale nel dopoguerra tanta parte
avrebbe avuto nell’organizzazione del Partito comunista, risposta che
è in realtà un breve saggio, che ci sembra di dover riprendere con una
certa larghezza, soprattutto nella parte che riguarda la terza domanda
del questionario (46).
Giovanni Sanna, di formazione meridionalista, dichiarava di ri-
ferirsi soprattutto al circondario di Oristano, dei problemi del quale

(46) Su Giovanni Sanna cfr. P. SPRIANO, Storia del Partito comunista italiano - I
– Da Bordiga a Gramsci, Torino, Einaudi, 1967, passim.

583
Lorenzo Del Piano

aveva conoscenza diretta. Scriveva pertanto che negli ultimi cin-


quant’anni c’era stato un certo progresso, ma era accresciuto il disli-
vello dell’isola rispetto alle altre regioni italiane.
L’azione dello Stato aveva avuto indubbiamente effetti benefici,
ma più gravi dei benefìci erano stati i danni arrecati all’economia sar-
da sia dalla politica delle grandi spese, sia dalla “infausta politica doga-
nale seguita dal 1887 in poi”.
Il Sanna si dichiarava non eccessivamente entusiasta in linea di
principio delle leggi speciali: riconosceva comunque che la legislazio-
ne per l’isola aveva dato qualche frutto, che sarebbe stato maggiore se
fosse stata integralmente applicata. Peraltro, aggiungeva, “di contro ai
modesti ed ipotetici vantaggi delle leggi speciali stanno i gravi e reali
danni congiunti necessariamente col sistema. Data la mancanza di ca-
pitale indigeno, è per lo più assai difficile all’iniziativa locale di profit-
tare delle leggi di favore, che perciò generalmente si rivolgono a van-
taggio immediato non della regione beneficata, ma del capitalismo di
regioni già economicamente superiori. Una prova evidente di questa
inversione di termini è data dal fallimento della legge per l’industria-
lizzazione di Napoli. Della zona franca ivi stabilita e di tutte le altre
agevolazioni fiscali non ha profittato il capitale locale, troppo scarso
per cimentarsi in imprese comunque aleatorie e per far sorgere intra-
prese in concorrenza con quelle già fortemente organizzate e da lungo
tempo protette e favorite del Nord, ma queste appunto, che non han-
no fatto che portare a Napoli i loro impianti, assorbendo per sé ogni
vantaggio delle concessioni di favore, che si sono trasformate così da
strumenti di risanamento dell’economia di Napoli – i cui vantaggi reali
si riducono all’impiego di poche migliaia di operai e di agenti subal-
terni – in una nuova forma di protezione alle già favoritissime indu-
strie settentrionali. Ora, quando si pensa che i favori delle leggi spe-
ciali sono pagati dallo Stato, sotto forma di minore entrata fiscale, di
premi ecc., coi quattrini di tutti i contribuenti, compresi quelli delle
regioni che si dice di beneficare, è chiaro che le leggi speciali si risolvo-
no spesso in una nuova ingiustizia”.
I provvedimenti speciali avevano poi conseguenze ancora più
gravi in campo politico, in quanto contribuivano a creare un inevita-
bile antagonismo tra la regione favorita e le altre, anch’esse in situazio-
ne disagiata.

584
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

“Col miraggio di un beneficio particolare, mai adeguato ai biso-


gni – scriveva Sanna – si tacita ora la Sardegna, ora la Basilicata, ora la
Puglia, e si impedisce così che tutte le regioni meno fortunate unisca-
no le loro forze per imporre allo Stato la cessazione della politica gene-
rale fin qui seguita di favoreggiamento verso le regioni e i gruppi più
forti politicamente ed economicamente, e l’inaugurazione di una poli-
tica di giustizia distributiva. È l’antico sistema del divide et impera
adattato alle competizioni economiche”. Pertanto “lo Stato, che di
fronte ad uno sforzo collettivo di tutte le regioni meno beneficate dal
regime nazionale unitario”, che non erano solamente al Sud, sarebbe
stato “forse costretto, per istinto di conservazione, a diventare in linea
principale strumento dell’elevamento di quelle regioni al livello ap-
prossimativo delle altre”, poteva riuscire viceversa “col sistema dei ta-
citamenti parziali a fungere da congegno di sfruttamento delle regioni
più povere a vantaggio delle più ricche”.
Né il Sanna si limitava a queste pur importanti considerazioni
ma accennando agli effetti della legislazione speciale all’interno delle
regioni di volta in volta favorite, aggiungeva che i benefìci accordati
andavano in realtà a vantaggio di quelle parti, individui o gruppi, che
erano già politicamente ed economicamente più forti, creando quindi
all’interno di ciascuna regione dei “gruppi d’interessi privilegiati, ag-
gravando relativamente l’inferiorità del resto”. Confermava pertanto il
suo giudizio negativo sulla legislazione speciale, ed indicava come
“unico e vero provvedimento speciale veramente rinnovatore della vita
economico-sociale dell’isola, come più o meno di tutto il Mezzogior-
no... la concessione di copiosi capitali a mite interesse e a lunghe sca-
denze”, ed auspicava in materia economico-finanziaria un’inversione
di tendenza: mentre fino ad allora lo Stato non aveva fatto che “ra-
strellare in cento modi gli scarsi risparmi meridionali, e largirli, sotto
forma di spese pubbliche, costruzioni ferroviarie, bonifiche, finanzia-
menti di imprese industriali ecc. ecc. alle più ricche regioni settentrio-
nali”, era ormai tempo di invertire le parti, e di chiamare il capitale
formatosi nel Nord a ravvivare la nostra economia.
Nel terzo fascicolo della rivista venivano quindi pubblicati i
contributi di Rinaldo Caddeo e di Lucio Secchi.
Caddeo non dava risposte distinte ai quattro quesiti, anche per-
ché ormai da undici anni viveva lontano dall’isola. Si limitava pertan-

585
Lorenzo Del Piano

to a riferire il contenuto di un rapporto del dottor Adolfo Vinci, agen-


te consolare a Briey, che descriveva le condizioni pietose nelle quali
arrivavano nel dipartimento di Meurthe et Moselle molti emigranti
sardi, “macilenti, denutriti, spesso consunti dalle febbri malariche, in-
capaci di affrontare i rudi lavori delle miniere e di sopportare i rigori
di questo clima”.
Le considerazioni del rapporto consolare, inviato al ministero
degli Esteri e pubblicato nel “Bollettino dell’emigrazione”, consenti-
vano, secondo Caddeo, di rilevare lo “stato di miseria dell’isola” che
costringeva ad emigrare “persino vecchi di cinquant’anni e uomini
lungamente denutriti”; il “deperimento e la degenerazione della razza,
stremata e logorata da una vita di sofferenze e di stenti”; le “tristi con-
dizioni sanitarie di molti distretti; l’enorme proporzione di analfabeti
tra i sardi; il basso regime di vita, senza paragone l’infimo di tutte le
popolazioni italiane, l’assoluta deficienza di educazione intellettuale e
morale nell’isola”.
La conclusione alla quale Caddeo giungeva era che il governo
italiano, “senza o con i provvedimenti in favore della Sardegna, aveva
lasciato l’isola, per confessione di un regio console, in uno stato così
umile di economia, di igiene, di istruzione e di educazione, da non
trovar paragone se non, forse, tra le popolazioni delle meno privilegia-
te regioni della Spagna e dell’Albania”.
Sulle insoddisfacenti condizioni fisiche dei giovani sardi che si
presentavano alla visita di leva insisteva anche, nel successivo fascicolo
della rivista, un S. V. che non ci è stato possibile identificare, mentre
estremamente sintetico era Claudio De Martis, uno dei primi sociali-
sti sardi, che attribuiva “grande valore ai provvedimenti speciali per la
Sardegna, applicati per ora saltuariamente ed in modo incompleto”.
Peraltro “l’estendersi delle provvidenze governative per le scuole, cre-
dito, bonifiche, bacini ecc. “avrebbe portato in Sardegna una vera ri-
voluzione economico-sociale”.
Interessante anche la risposta di Pasquale Marica, uno dei segre-
tari del congresso romano, che elencava gli elementi in base ai quali
non si poteva negare che negli ultimi cinquant’anni nell’isola si fosse-
ro realizzati, grazie agli interventi dello Stato ed all’iniziativa privata,
sensibili progressi. Secondo Marica peraltro i provvedimenti speciali,
buoni in sé, sarebbero stati ottimi se non avessero dovuto “restare

586
Francesco Cocco Ortu. Contributo ad una biografia

inefficaci per necessità di alta politica finanziaria. E siccome questo


ostacolo sarà permanente – aggiungeva – non vi è nessuno che non
abbia l’intimo convincimento che raggiungerebbe più immediata-
mente il suo fine la risoluzione dei grandi problemi liberali di politica
generale”.
Secondo poi Lucio Secchi il progresso determinato dall’aumen-
to del prezzo di alcuni prodotti quali il bestiame ed il formaggio era
fittizio, come dimostrava il fenomeno dell’emigrazione. Certo, preci-
sava, non si poteva negare ogni valore ai provvedimenti speciali raccol-
ti nel testo unico del 1907, ma un progresso reale si sarebbe avuto solo
con la soluzione dei problemi della bonifica e della viabilità, e soprat-
tutto col liberismo doganale.
Col quarto fascicolo la rivista concludeva la sua breve esistenza.
Non videro pertanto la luce, ma non sappiamo se già compilate e per-
venute alla redazione milanese di via Eustachi 30 (che era poi l’indiriz-
zo della pensione nella quale con Deffenu alloggiavano Corridoni, De
Ambris, Masotti e gli altri sindacalisti) le risposte, annunciate nella ri-
vista, di Nicolò Fancello, Edoardo Giretti, Gaetano Salvemini, Paolo
Orano, Giuseppe Cavallera, Maggiorino Ferraris, Ugo Guido Mon-
dolfo, Alfredo Niceforo, Angiolo Cabrini, Francesco Dore, Massimo
Stara ecc.
Anche in mancanza di queste risposte tuttavia ci sembra di po-
ter concludere che le motivazioni dell’atteggiamento della rivista nei
confronti della legislazione speciale, ed anche della manifestazione ro-
mana, possono essere ricercate in due direzioni, una tecnica, e cioè ri-
ferita alla impostazione ed alle soluzioni proposte ma non completa-
mente attuate dei diversi problemi, l’altra essenzialmente politica, rife-
rita cioè al regime vigente, che attraverso la legislazione speciale mani-
festava la sua disponibilità a fare ora a questa, ora a quella regione
concessioni parziali, ma non ad accogliere le istanze del movimento
meridionalista ed antiprotezionista. Regime che in campo nazionale
ebbe il suo più significativo esponente in Giovanni Giolitti ed in Sar-
degna in Francesco Cocco Ortu, che se ebbe molti sostenitori, anche a
livello popolare, ebbe molti fieri avversari, come abbiamo visto.
Ma così come uno dei più severi critici di Giolitti e del giolitti-
smo, Gaetano Salvemini, avrebbe a distanza di tempo rivisto le sue
posizioni del periodo precedente la prima guerra mondiale, così anche

587
Lorenzo Del Piano

la figura di Francesco Cocco Ortu, considerato nel primo dopoguerra,


dagli ex combattenti del Partito sardo d’azione, e non solo da questi,
l’uomo-simbolo di un regime che condannavano, sarebbe stata rivalu-
tata da un antico avversario, Paolo Pili, che nel suo libro di memorie
avrebbe dato di lui un più meditato giudizio.

588
NOTIZIARIO
Indice

6
Notiziario

LE CARTE VOLGARI DELL’ARCHIVIO ARCIVESCOVILE


DI CAGLIARI UN PROBLEMA ANCORA APERTO
(Cagliari 29 aprile 1998)

Il giorno 29 aprile 1998, nella moderna e accogliente Aula Ma-


gna dell’Archivio Arcivescovile di Cagliari, davanti a un folto pubbli-
co composto in gran parte da studenti dell’Università di Cagliari e
della Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica dell’Archivio di
Stato di Cagliari, si è svolto, per iniziativa della Deputazione di Storia
Patria per la Sardegna, un Seminario di studi dal titolo “Le carte vol-
gari dell’Archivio Arcivescovile di Cagliari: un problema ancora aper-
to”, sulla questione piuttosto spinosa delle carte volgari dell’archivio
cagliaritano pubblicate nel 1905 da Arrigo Solmi.
Ha aperto la manifestazione Monsignor Ottorino Alberti, arci-
vescovo di Cagliari, che ha sottolineato come la presenza di numerosi
giovani, fra il pubblico, sia una testimonianza dell’attenzione e dell’in-
teresse verso le carte volgari, “stupendo tesoro documentario” dell’Ar-
chivio Arcivescovile.
È poi intervenuto don Tonino Cabizzosu che, in qualità di di-
rettore dello stesso Archivio, ha posto l’accento sulla necessità di apri-
re il dialogo e la collaborazione tra Archivio e mondo accademico, per
fare luce sugli interrogativi “inquietanti” che si sono diffusi sull’auten-
ticità delle carte.
La prof.ssa Luisa D’Arienzo, presidente della Deputazione di
Storia Patria per la Sardegna, ha voluto tracciare, prima degli inter-
venti previsti per la mattinata, una breve introduzione sulle carte vol-
gari, un gruppo di ventuno pergamene, datate tra il 1070 e il 1226,
scritte in campidanese, quasi tutte relative alla diocesi di Suelli. Si trat-
ta di documenti di epoca giudicale, i più antichi che si conoscano, tut-

591
Notiziario

ti originariamente muniti di sigillo plumbeo pendente (manca in due


pergamene ma ne sono visibili le tracce), che riguardano in prevalenza
concessioni e donazioni a favore della chiesa di San Giorgio di Suelli.
La diocesi di Suelli, il cui nome deriva dal villaggio omonimo donato
al vescovo san Giorgio, altro non era che la diocesi di Barbagia, con
un’estensione territoriale più vasta rispetto a quella attuale, che per-
dette la sua autonomia nel 1420, quando venne incorporata a quella
di Cagliari. Ecco perché, attualmente, le carte si trovano conservate
nell’Archivio cagliaritano.
Fino alla fine dell’Ottocento erano conosciute solo parzialmen-
te: Pasquale Tola, nel suo Codex Diplomaticus Sardiniae, ne aveva pub-
blicato solamente una parte. Successivamente Enrico Besta, in uno
studio intitolato “La storia del giudicato di Cagliari dal principio del
XIII” pubblicato nel 1901 nella rivista “Studi Sassaresi”, avanzò alcu-
ni sospetti di falsità. Fu poi Arrigo Solmi che, nel 1905, ne fornì l’edi-
zione completa dandogli, dopo aver menzionato gli autori che aveva-
no avanzato dubbi sulla loro originalità, la patente di assoluta genui-
nità, lasciando così cadere l’argomento. Per circa 80-90 anni le carte
volgari, in seguito all’autorevole parere del Solmi, vennero utilizzate
per studi storici, linguistici, istituzionali, demografici senza alcun rife-
rimento ai dubbi avanzati inizialmente.
Il successivo intervento del prof. Ettore Cau, dell’Università di
Pavia, il primo ad aver indicato, in particolare, due pergamene “so-
spette” datate 1130 e 1225, ha fatto luce sulle incongruenze fra i ca-
ratteri paleografico-diplomatistici e le date dichiarate nei documenti.
Attraverso l’analisi di dieci pergamene, che contengono nove negozi
giuridici, perché due presentano lo stesso contenuto, il prof. Cau ha
posto alcuni interrogativi e proposto diverse ipotesi, surrogate anche
dal confronto con l’altra produzione documentaria isolana da lui esa-
minata, giungendo alla conclusione, ancora da verificare - ha sottoli-
neato l’autore -, che si tratti di un falso diplomatistico collocabile tra il
XII e il XIII secolo.
Il prof. Giulio Paulis, dell’Università di Cagliari, durante il suo
intervento, ha evidenziato gli influssi linguistici di matrice iberica che, a
suo parere, consentirebbero di datare le carte al XV secolo e potrebbero
dare come motivazione storica del falso l’alterazione dei confini della
diocesi di Suelli al momento dell’accorpamento a quella di Cagliari.

592
Notiziario

Sull’argomento è intervenuto poi il prof. Giampaolo Mele, della


Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, che ha analizzato la tradizio-
ne agiografica di san Giorgio di Suelli in relazione alla carta 11 (edizione
Solmi) contenente, nel protocollo, un brano della vita del santo vesco-
vo. Il relatore è giunto alla conclusione che si tratti di una possibile rie-
laborazione di un ufficio catalano-aragonese, di epoca successiva alla se-
conda metà del secolo XIV. L’ufficiatura di Giorgio suellense è stata ri-
presa, infatti, da un canto dell’innografia di san Severo di Barcellona, le
cui fonti più antiche risalgono al primo scorcio del 1400.

a cura di Valeria Schirru

593
Indice

6
Notiziario

L’ARCHIVIO SEGRETO VATICANO


UN PATRIMONIO DELLA CULTURA UNIVERSALE
(Cagliari 30 aprile 1998)

Il giorno 30 aprile 1998, nell’Aula magna della facoltà di Lette-


re e Filosofia dell’Università di Cagliari si è svolto un Seminario con-
dotto da monsignor Aldo Martini, Curatore dei sigilli dell’Archivio
Segreto Vaticano e un’autorità nel campo della sfragistica. Ha aperto il
Seminario la prof.ssa Luisa D’Arienzo, presidente della Deputazione
di Storia Patria per la Sardegna, che ha presentato la figura scientifica
di monsignor Aldo Martini e gli ha subito ceduto la parola.

«Vi ringrazio per questo invito che ho accettato volentieri anche


perché mi piace avere contatto soprattutto con i giovani.
L’Archivio Segreto Vaticano, il cui nome sembra evocare cose
misteriose e chiuse, è in realtà, dal punto di vista degli scambi cultura-
li, il luogo più aperto che io conosca. La parola “segreto” non deve
trarre in inganno, è semplicemente la cattiva traduzione del secretum
latino che significa “archivio personale del papa”. Di segreto c’è quello
che si trova in tutti gli archivi di questo mondo, cioè i documenti non
consultabili, relativi ad un periodo chiuso, che per noi parte dal 1922
e arriva sino ai giorni nostri.
Quando parliamo di Archivio Segreto Vaticano intendiamo il
moderno archivio della Santa Sede, cioè quello voluto, nella sua sede
attuale, da Paolo V Borghese, intorno al 1610, dopo che molti papi
prima di lui avevano tentato di concretizzare l’idea di un archivio cen-
trale della Chiesa cattolica.
L’Archivio Segreto non è l’unico archivio del Vaticano e della
Santa Sede. Avrete sentito parlare recentemente dell’apertura dell’Ar-
chivio dell’ex Santo Uffizio, ricco di documentazione sull’inquisizio-

595
Notiziario

ne, dell’Archivio della Congregazione “De Propaganda Fide” (cioè


della diffusione della fede tra le nuove popolazioni che si stavano sco-
prendo nel XVII secolo), che contiene 40 chilometri di scaffalature in
cui è racchiusa la storia dell’evangelizzazione moderna. Una parte dei
nostri archivi si trova inoltre in possesso dello Stato italiano: nel 1870
quando i piemontesi conquistarono Roma incamerarono infatti ciò
che non si trovava dentro la città del Vaticano, ad esempio una parte
dell’archivio della Camera Apostolica.
L’Archivio Segreto non è nato però nel 1610. La Chiesa di
Roma ha sempre avuto i suoi archivi, esemplati sul modello dell’orga-
nizzazione romana. Il mondo romano dava una grande importanza al-
l’archivio, al tabularium, in quanto conservava memoria non soltanto
dei fatti storici ma soprattutto dei documenti pubblici e privati con-
cernenti atti giuridici, amministrativi e finanziari.
I documenti che la Chiesa conservava nei suoi archivi erano in
primo luogo le Scritture: la Bibbia, i libri sacri, gli atti dei sinodi, le
memorie dei martiri, le liste dei poveri, delle vedove e degli orfani che
le chiese assistevano.
Di tutta questa documentazione, che abbraccia tre secoli fino
all’epoca di Costantino, non è rimasto praticamente nulla, special-
mente a Roma, a causa della persecuzione di Diocleziano il quale cer-
cò di annientare la religione cristiana mirando a cancellare la memoria
storica, quindi in primo luogo le Scritture e poi tutta la documenta-
zione relativa alla Chiesa. Nel 303 Diocleziano ordinò infatti la di-
struzione di tutte le scritture della Chiesa e così questa venne privata
della sua documentazione; anche se qualcosa si è salvato in Africa set-
tentrionale, nelle Gallie, in Spagna e nell’Asia Minore.
Quando la Chiesa uscì dal periodo di clandestinità e le venne
riconosciuto uno status giuridico particolare ebbe la possibilità di or-
ganizzarsi nuovamente. A Roma e precisamente in Laterano si formò
il suo centro amministrativo e di governo. Venne creato anche l’archi-
vio, chiamato scrinium, di cui sono rimaste testimonianze scritte solo
in san Gerolamo e nelle vite dei papi nel Liber Pontificalis. Assieme ai
documenti archivistici in senso stretto venivano anche conservate fon-
ti narrative, cronache, fonti patristiche, etc. libri liturgici.
Quindi l’archivio somigliava più ad un archivio-biblioteca, con-
tenendo tutto ciò che poteva servire per la vita di una chiesa. Inoltre

596
Notiziario

gli stessi documenti che potevano servire per la consultazione veniva-


no utilizzati anche come modello per la redazione di un nuovo atto.
C’era già, infatti, un’idea della fruibilità del documento. Per esempio
quando si trattò di preparare il Concilio romano contro l’eresia mo-
notelita, nel 649, vennero studiati i testi dei padri della Chiesa pro-
prio allo scrinium del Laterano.
Questo archivio rimase al Laterano, salvo temporanei spostamen-
ti, almeno fino all’inizio del XIII secolo. Probabilmente per motivi di
sicurezza altro materiale archivistico venne conservato altrove, per esem-
pio nello Scrinium Sancti Petri cioè nell’archivio di San Pietro, che si
trovava all’interno della Basilica Vaticana, quale luogo più custodito e
più protetto. Esisteva anche un altro archivio alle pendici del Palatino –
apud palatium – che era la torre cartularia, accanto all’arco di Tito, una
torre che normalmente serviva come difesa. Un altro archivio si trovava
nel guardaroba del Laterano, dove insieme ai paramenti sacri venivano
conservati anche rotoli e libri liturgici. Di questi molteplici archivi quasi
nulla è giunto sino a noi.
La perdita di tutto questo materiale documentario non imputa-
bile solamente alle vicende storiche ma anche alla fragilità del materia-
le scrittorio; si deve ricordare infatti che a Roma, ancora nella metà
dell’XI secolo la curia usava il papiro e i nostri climi umidi non sono
particolarmente adatti alla conservazione di questo materiale facil-
mente deteriorabile. Si deve inoltre tenere conto dei frequenti sposta-
menti dei papi, i quali portavano con sé tutta la documentazione ar-
chivistica, come materiale di consultazione. Il papa quando si spostava
aveva bisogno delle sue carte e, ovviamente, un archivio itinerante di
per sé non è ben custodito. Dobbiamo inoltre ricordare le lotte fra pa-
pato e impero e fra le antiche famiglie romane per la corsa al papato,
che costrinsero spesso i pontefici ad allontanarsi da Roma. E vanno
messe in atto poi le distruzioni, gli incendi e i saccheggi a cui Roma fu
soggetta più volte.
Occorre arrivare a Innocenzo III perché la situazione cambi. Il
papa convocò uno dei più grandi concili del medioevo, il concilio La-
teranense IV, che sancì la supremazia di Roma rispetto a tutto il mon-
do anche orientale. Non dimentichiamo che, con la IV crociata e la
distruzione di Costantinopoli, Roma era diventata l’unico polo per
tutto il mondo. Pensiamo inoltre ai movimenti di questo periodo, al

597
Notiziario

fenomeno dei crociati, alla nascita dell’Inquisizione. Possiamo imma-


ginare e intuire facilmente la ricchezza di documentazione scaturita da
tutti questi eventi. Fu con Innocenzo III che iniziò la serie regolare dei
registri delle lettere pontificie, uno dei tesori più preziosi che abbiamo
ancora oggi in Vaticano, miniera impressionante di informazione per
la storia di tutta Europa. Lo sa bene la prof.ssa D’Arienzo che conduce
tuttora una ricerca delle fonti della Sardegna proprio in questi registri.
Sempre più spesso questi papi del XIII secolo, per motivi di si-
curezza preferivano i palazzi vaticani, più protetti, alla sede del Latera-
no, attuando in tal modo uno spostamento geografico in Roma. Ven-
nero trasferiti tutti gli uffici, come la Cancelleria e la Camera Aposto-
lica, per cui anche l’archivio, considerato il tesoro del papa, passò nel
XIII secolo dal Laterano in Vaticano. Tra i fattori negativi nel XIII se-
colo vanno annoverati gli spostamenti dei papi, e di conseguenza an-
che dell’archivio che li seguiva sempre, molto più frequenti che nei
secoli precedenti. Ricordiamo ad esempio il trasferimento a Lione nel
1245, a Viterbo, ad Anagni dal 1294 al 1303, a Perugia con Benedet-
to XI per una decina di anni. Infine, alle soglie dell’esilio avignonese,
l’archivio venne smembrato in due tronconi: una parte andò ad Avi-
gnone, l’altra rimase depositata ad Assisi, nella sagrestia della basilica
di San Francesco: arriverà ad Avignone soltanto una quarantina di
anni dopo. Le cronache del tempo ci informano delle perdite cospicue
di documenti avvenute durante i viaggi.
Ad Avignone cominciò a formarsi un nuovo archivio in attesa che
arrivasse il resto della documentazione e anche in conseguenza del cam-
biamento di mentalità perché, a seguito dello spostamento della Curia e
delle attività della Corte pontificia, anche l’archivio mutò fisionomia.
Passarono circa settanta anni. Con il ritorno del pontefice nel
1377 a Roma, si aprì un nuovo drammatico capitolo. Il papa arrivò a
Roma e gli archivi rimasero invece ad Avignone; vi torneranno, ma
solo in parte, alla vigilia della Rivoluzione francese.
Dopo Avignone il papato subì un grosso travaglio in seguito allo
scisma d’occidente, con la presenza simultanea di tre papi. Solo il
Concilio di Costanza riuscì a risolvere questa situazione. In questa si-
tuazione confusa e drammatica, che si protrasse per quarant’anni, gli
archivi seguirono i vari papi e antipapi e ognuno cercò di portarne via
con sé una parte, una volta tornato alla sua terra, costituendo così al-

598
Notiziario

tre fonti di documentazione archivistica, che attualmente è difficile


raggruppare e far confluire a Roma.
Con Martino V (1417-1431) la normale attività della curia e
degli uffici a Roma riprese gradualmente anche se con molta lentezza
e si cominciò a ricomporre l’unità dell’archivio romano, in cui avreb-
be dovuto confluire tutto il materiale sparso per l’Europa.
Procedendo per grandi salti passiamo all’epoca moderna e con-
temporanea. È d’obbligo ricordare l’operato di Sisto IV (1471-1484),
fondatore della Biblioteca Vaticana, che destinò una parte della biblio-
teca all’archivio. In questo spazio dedicato all’archivio il papa fece de-
porre i più antichi registri di lettere che servivano alla consultazione
frequente, mentre il materiale documentario più prezioso, ma di mi-
nor consultazione, come i diplomi di sovrani, privilegi etc. venne fatto
custodire nella fortezza di Castel Sant’Angelo, talmente sicura che ne-
anche i lanzichenecchi riuscirono a espugnarla nel 1527 durante il
sacco di Roma.
Dalla fine del ’400 e per tutto il ’500 si avvertì da parte della
Chiesa la necessità sempre più urgente di costituire un archivio unico,
un archivio centrale della Santa Sede, anche a seguito di una coscienza
archivistica nuova, sia in campo civile che ecclesiastico.
Ricordiamo ad esempio che il Concilio di Trento stabilì che tut-
te le parrocchie tenessero regolari registri – i cosiddetti Quinque Libri
– che sono tutt’oggi la fonte più importante per la conoscenza delle
nostre realtà sociali. Non era stata ancora istituita l’anagrafe e neanche
i grandi comuni erano in possesso di questi dati, per cui la Chiesa ha
raccolto un impressionante patrimonio.
Dopo Sisto IV una grande figura degna di menzione è Pio V
(1559 1565), piemontese di Alessandria, che cercò di dar corpo ad un
sogno veramente utopistico: fondare nel palazzo Vaticano un archivio
moderno unificato di tutta la Santa Sede, che raccogliesse tutto il pa-
trimonio, in originale o in copia, riguardante l’attività della Chiesa
cattolica e della Santa Sede. A tal scopo si doveva inviare in tutto il
mondo una rete di studiosi per condurre la ricerca e trascrivere i docu-
menti. La morte non gli consentì di attuare questo progetto gigante-
sco ma chiaramente utopistico, anche se concepito con una finalità
piuttosto moderna. Così composto, infatti, l’archivio avrebbe dovuto
servire alla pubblica utilità, per la consultazione del pubblico e non

599
Notiziario

soltanto per l’uso personale dei pontefici o per il loro governo. Soltan-
to con la Rivoluzione francese sarebbe stato introdotto il principio che
l’archivio appartiene alla nazione e al popolo, non soltanto al sovrano.
I papi seguenti sostennero come poterono questo disegno, pres-
sati da problemi politici e religiosi gravi e urgenti, come ad esempio la
riforma e la lotta contro i turchi. Tra gli sforzi attuati dai papi per rea-
lizzare il progetto di Pio V, si può ricordare il divieto a Roma di riuti-
lizzare i documenti archivistici per usi impropri come materiale di le-
gatoria o più prosaicamente come involucro per incartare prodotti ali-
mentari o ancora per fabbricare strumenti musicali a percussione.
Clemente VIII (1592-1605) proseguì nella direzione di Sisto
IV, che aveva riunito il materiale a Castel Sant’Angelo, e incrementò
questo archivio nominandone responsabile il cardinale Bartolomeo
Cesi. Nacque così ufficialmente l’Archivum Arcis, che contiene il ma-
teriale documentario più importante come i diplomi, i privilegi, etc.
per un totale di 7-8.000 pezzi. L’Archivum Arcis prende il nome pro-
prio dalle mura Adriane di Castel Sant’Angelo.
Fu papa Paolo V Borghese (1605 1631) colui che cercò di dare
una soluzione definitiva a questo annoso problema dell’archivio cen-
trale della Santa Sede, spinto anche dal bisogno della ricerca storica.
Viene così a concretizzarsi il progetto di un archivio centrale della
Chiesa, accelerando il recupero delle carte disperse degli archivi ponti-
fici e dandogli spazio fisico all’interno del Vaticano, in tre stanze adia-
centi al salone Sistino, che prima erano la residenza dei cardinali bi-
bliotecari e che erano rimaste libere alla morte del cardinale Baroffio
nel 1607. In queste tre stanze venne trasferito il materiale costituente
il nucleo del nuovo archivio che, non ancora autonomo dalla bibliote-
ca vaticana, venne affidato ad un custode.
Solo Urbano VIII, nel 1630, renderà autonome e parallele le
due istituzioni, ciascuna con un prefetto che è l’autorità vera e pro-
pria, collegate nella persona del cardinale archivista e bibliotecario di
Santa Romana Chiesa, con prevalenti funzioni di rappresentanza.
Questa è la fase dell’istituzione del moderno archivio della San-
ta Sede, a cui naturalmente subentrò la fase dell’accrescimento e del-
l’incremento. Arrivarono in queste sale, tra gli altri, i registri della Se-
greteria dei Brevi, il carteggio diplomatico della Santa Sede, e piano
piano venne allargato lo spazio ai piani superiori.

600
Notiziario

Nel 1783 tornò a Roma ciò che ancora restava dell’archivio di


Avignone, dove si trovava sin dal 1330. Nel 1798, per motivi di sicu-
rezza (siamo all’epoca dei moti rivoluzionari e dell’occupazione fran-
cese di Roma) venne trasferita in Vaticano quella parte che si trovava
in Castel Sant’Angelo.
Napoleone, nel suo delirio di grandezza, in forza del trattato di
Tolentino impose il trasferimento forzato di tante opere d’arte, biblio-
teche e archivi della Santa Sede e anche dell’Archivio Segreto dal quale
vennero trafugate 3.200 casse di documenti depositati nel palazzo
Soubise, che doveva accogliere i più importanti archivi delle nazioni
europee cadute in mano all’imperatore francese. Solo dopo la disfatta
di Napoleone e il concordato di Vienna, tra il 1815 e il 1817, l’archi-
vio poté tornare a Roma. Ma, poiché non c’erano sufficienti fondi per
organizzare il trasporto a Roma, l’archivista Marino Marini vendette
una parte dei registri che a suo avviso erano meno importanti ricavan-
do i soldi per finanziare il trasporto del materiale recuperato. In defi-
nitiva l’avventura parigina causò enormi perdite: su 3.200 casse sol-
tanto 2.000 tornarono a Roma.
Nel 1835 circa l’archivio si arricchì di un fondo nuovo: l’Archi-
vio della Nunziatura Veneta, di cui è stato pubblicato recentemente
l’inventario curato dalla dott.ssa Roselli, che conserva oltre 17.000
documenti di monasteri soppressi da Clemente VIII per finanziare la
guerra contro i turchi alla fine del ‘600.
Nel 1870 Roma cadde nelle mani dei piemontesi e il governo
italiano requisì parte degli archivi che si trovavano a palazzo Salviati,
nella Camera Apostolica, causando ulteriori smembramenti.
Un capitolo fondamentale si aprì con Leone XIII (1878-1903),
molto attento ad avvicinare la Chiesa al mondo della cultura, che nel
1880 prese la storica decisione di aprire gli archivi agli studiosi. Fu
allora che l’Archivio Segreto divenne uno dei centri più importanti del
mondo per la ricerca storica. In conseguenza di questa iniziativa ven-
nero fondati con gli anni molti istituti culturali che ancora oggi esisto-
no, come l’Istituto Storico Germanico, la Scuola Francese, l’Accade-
mia Belga, l’Istituto Austriaco, etc. Il lavoro dei ricercatori di questi
istituti produsse centinaia di opere storiche di alto livello. In questo
periodo cominciò anche l’edizione sistematica delle fonti dei docu-
menti riguardanti determinate nazioni o periodi storici. Avvenne così,

601
Notiziario

nell’ambito della ricerca storica, un salto di qualità che rese i giusti


meriti all’intuizione di Leone XIII.
Un’altra iniziativa collegata all’apertura dell’Archivio fu la fon-
dazione, nel 1884, della scuola di Paleografia, Diplomatica e Archivi-
stica annessa all’Archivio stesso che ha come scopo proprio quello di
formare ricercatori dotati di validi strumenti e conoscenze.
Sotto il pontificato di Leone XIII e dei suoi successori si intensi-
ficò l’afflusso di versamenti all’Archivio Vaticano e i papi designarono
ad esso spazi sempre più ampi.
Paolo VI, uomo molto sensibile alla cultura, diede una nuova
sede alla Scuola di Paleografia e soprattutto avviò i lavori di costruzio-
ne di un grande deposito, poi inaugurato da Paolo II nel 1980, pro-
prio nel primo centenario dell’apertura dell’Archivio Segreto.
L’Archivio ha bisogno di spazio perché è un’entità viva, non è
una biblioteca che, soprattutto se specializzata in manoscritti come la
Biblioteca Vaticana, non conosce una crescita considerevole; l’archivio
è invece in continua espansione e quindi necessita di uno spazio sem-
pre crescente.
A parte singoli documenti legati ad avvenimenti di particolare
importanza o che suscitano interesse particolare presso il grande pub-
blico, tra cui possiamo ricordare il “Privilegium Othonis” di Ottone I
del 962, il concordato di Worms tra Callisto II e Enrico V, la lettera di
Enrico VIII per la richiesta di nullità del matrimonio con Caterina
d’Aragona, pezzi forti che il visitatore ha piacere di vedere, il materiale
storicamente più interessante e più importante dell’Archivio Segreto
Vaticano sono i Registri. Contengono copie di documenti e se si tiene
conto che la serie più antica risale al 1198 con Innocenzo III si può
dire che essi annoverano fra le loro pagine una gran parte di storia del-
l’Europa. La serie dei Registri Vaticani è composta di 2.047 volumi in
pergamena – i primi due sono i più antichi, uno è di Giovanni VIII
(872-882), l’altro è di Gregorio VII (1073-1085); ma la serie comple-
ta inizia con il Registro Vaticano 4 di Innocenzo III e giunge fino a
Pio V, quindi verso la fine del 1500. Contengono le lettere ufficiali,
cioè le bolle dei papi, che sono una delle fonti più importanti soprat-
tutto per il XIII e il XIV secolo.
Accanto ai Vaticani figurano i Registri Avignonesi, 353 volumi
cartacei che contengono lettere comuni e lettere segrete dei papi e de-

602
Notiziario

gli antipapi del periodo di Avignone; alcuni dei questi sono stati co-
piati su pergamena e poi inseriti nei Registri Vaticani.
Un’altra serie è costituita dai Registri Lateranensi, chiamati così
dal luogo in cui erano conservati, il Laterano: 2467 volumi in carta
che sono la continuazione dei registri avignonesi redatti a Roma. Que-
sti ultimi arrivano fino a Leone XIII, e costituiscono la serie che ha
subito le maggiori perdite a Parigi.
Ricordiamo ancora i Registri di Suppliche, cioè di lettere con le
richieste più disparate che arrivavano al papa: dalle dispense matrimo-
niali alle indulgenze, da un beneficio ad una nomina, che vennero re-
gistrate in 7.400 volumi che vanno dal 1250 circa fino al termine del
pontificato di Leone XIII cioè il 1900. In essi, miniera poco sfruttata
ancora, si può trovare veramente di tutto.
Ancora ci sono migliaia e migliaia di volumi contenenti altri
tipi di documentazione: ad esempio la raccolta delle minute (la minu-
ta è il documento che si redigeva in cancelleria prima di scrivere il
mundum che veniva spedito ed è importante perché permette di stu-
diare l’iter di formazione del documento), oppure copie di brevi (tipo
di documento pontificio in uso dal 1400 in poi), o ancora le epistole
ad principes (la documentazione inviata ai principi o alle personalità
europee), la produzione sterminata della Camera Apostolica (cioè il
Dicastero delle finanze pontificie dove sono state registrate tutte le
tasse che la Chiesa riscuoteva in l’Europa), etc.
I papi, soprattutto dopo il Concilio di Trento, per un migliore
funzionamento della Chiesa, crearono diverse congregazioni o dicaste-
ri. Così venne ristrutturata la Curia e tutti questi dicasteri o congrega-
zioni formarono nuovi archivi ciascuno secondo le proprie competen-
ze, che vengono in molti casi versati all’Archivio Segreto Vaticano.
Naturalmente poi, come in tutti gli archivi, c’è l’Archivio Diplomati-
co il cui nucleo più cospicuo è dato dall’archivio di Castel Sant’Ange-
lo (Archivum Arcis), che abbraccia un periodo cronologico di quasi
1000 anni di storia».
Dopo aver tracciato una sintesi storica dell’Archivio Segreto Va-
ticano, monsignor Martini ha illustrato, con la proiezione di numero-
se diapositive, alcuni temi di sigillografia.

a cura di Valeria Schirru

603
Notiziario

STUDI STORICI IN MEMORIA DI GIANCARLO SORGIA


PRESENTAZIONE DEL VOLUME
ARCHIVIO STORICO SARDO XXXIX
(Cagliari 24 maggio 1999)

Il giorno 24 maggio 1999, nell’Aula Magna del Rettorato del-


l’Università degli Studi di Cagliari, si è svolto un incontro per la pre-
sentazione del XXXIX volume dell’Archivio Storico Sardo: Studi Sto-
rici in memoria di Giancarlo Sorgia, promosso dalla Deputazione di
Storia Patria per la Sardegna.
Ha presieduto la serata, portando i saluti alle autorità e al folto
pubblico convenuto, la prof.ssa Luisa D’Arienzo, presidente della De-
putazione di Storia Patria per la Sardegna. Il dott. Gianni Filippini,
Assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Cagliari, ha aperto i
lavori della serata, esprimendo il suo consenso e plauso per l’impor-
tante iniziativa e rivolgendo ai presenti il saluto del Sindaco di Caglia-
ri, l’avvocato Mariano Delogu, da lui rappresentato. Il Magnifico Ret-
tore, prof. Pasquale Mistretta, ha quindi preso la parola, esprimendo
la sua piena approvazione per la manifestazione che vuole onorare la
memoria del prof. Giancarlo Sorgia, una presenza costante all’interno
dell’Università di Cagliari. Successivamente è intervenuto il dott. To-
nino Serra, Assessore alla Pubblica Istruzione della Provincia di Ca-
gliari, che ha portato i saluti dell’Amministrazione Provinciale.
Dopo l’introduzione della prof.ssa Luisa D’Arienzo, riguardante
l’intensa e costruttiva collaborazione scientifica del prof. Sorgia all’in-
terno della Deputazione di Storia Patria per la Sardegna, sono interve-
nuti tre illustri relatori: il prof. Raffaele Belvederi, docente dell’Uni-
versità di Genova, amico della Sardegna e della Scuola Cagliaritana,
ma soprattutto, profondamente legato al prof. Sorgia; il prof. Manlio

605
Notiziario

Brigaglia, intervenuto in qualità di rappresentante dell’Ateneo di Sas-


sari; il prof. Bruno Anatra, direttore del Dipartimento di Studi Stori-
co-Geografici e Artistici dell’Università di Cagliari.
Il primo a prendere la parola è stato il dott. Gianni Filippini,
Assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Cagliari: “Assolvo
con vero piacere il compito che mi è stato assegnato di rappresentare
anche il Sindaco di Cagliari, l’avvocato Mariano Delogu, ma sono al-
trettanto felice di dare una conferma istituzionale, come assessore alla
cultura, della stima che ci unisce tutti nel nome di Giancarlo Sorgia.
Ho avuto il desiderio e la fortuna di conoscere personalmente
Giancarlo Sorgia, ed è posto davvero nel mio patrimonio intellettuale.
Pur non essendo stato suo allievo, sono stato però destinatario di mol-
te sue lezioni, non solo di cultura, non solo della storia di Cagliari, ma
anche di rigore intellettuale, di linea etica. Confermo, nei suoi con-
fronti, un ricordo nitidissimo e affettuoso. Lo ricordo come studioso
di grande impegno e umanità, ma confermeranno ciò quanti gli sono
stati a fianco nella ricerca, i colleghi, gli amici. Per quanto mi riguarda
posso portare un’altra testimonianza. Come certo qualcuno sa, Gian-
carlo Sorgia è stato anche funzionario del Comune di Cagliari, prima
di dedicarsi alla ricerca storica e di fare la scelta sul versante dell’inse-
gnamento accademico. Ancora oggi, nel Municipio di Cagliari, quelli
che hanno vissuto con lui, sia pure indirettamente, un rapporto di
colleganza, lo ricordano per la sua signorilità, oltre che per il rigore e
la preparazione, ma anche per quella sua particolare capacità di inter-
pretare, magari con una battuta in dialetto campidanese o cagliarita-
no, le situazioni di tensione, i problemi e le difficoltà. Era un uomo
tollerante e di grande amabilità; riusciva a conservare la lucidità per
dare ad ogni circostanza, ad ogni emergenza il valore della relatività.
Ma lo ricordo perfettamente anche negli anni in cui sono stato
giornalista operativo nell’Unione Sarda, in particolare quando ho avu-
to la responsabilità della pagina della cultura, come uno dei collabora-
tori che dava maggior lustro e prestigio alla terza pagina del quotidia-
no cagliaritano, assieme a colui che è considerato, all’unanimità, il
capo di una scuola storica di ricerche rigorose, di studi approfonditi,
di una visione allargata ad alti orizzonti del nostro passato. Sto parlan-
do di Alberto Boscolo, al quale siamo tutti debitori di grandi momen-
ti di studio, di grandi scoperte scientifiche, di grandi capacità di essere

606
Notiziario

vero maestro degli studi storici. Voglio ricordare, tra i suoi più impor-
tanti collaboratori, la prof.ssa Luisa D’Arienzo, la quale, con rigore e
professionalità presiede la Deputazione di Storia Patria per la Sarde-
gna, e Francesco Cesare Casula.
Il volume che viene presentato deve essere considerato, a ragio-
ne e per molti motivi, un omaggio degno, per il suo alto livello, di
essere unito alla memoria di Giancarlo Sorgia. Gli studi storici svolti e
documentati nel libro da una serie importante e qualificata di saggi,
attestano che l’alto ricordo di Sorgia merita di essere confermato e col-
tivato come una delle voci più alte dell’Università e della città di Ca-
gliari.
Giancarlo Sorgia amava molto Cagliari, e per essa era disposto a
compiere grandi sacrifici, non solo nella ricerca, ma anche in quell’ap-
porto quotidiano e prezioso, che quelli che come lui amano veramen-
te questa città, si sforzano di dare, affinchè sia meglio conosciuta, ap-
prezzata, amata.
Ritengo che ci abbia lasciato un’importante eredità, sia come
studioso, sia come cittadino. Oggi siamo qui riuniti per testimoniare
che in nome di questa eredità ci impegniamo, per questa eredità con-
tinueremo a fare quanto è possibile affinchè sia valorizzata e conserva-
ta, ma soprattutto sia, come è stato per tutti Giancarlo Sorgia, un
esempio”.
Prende la parola la prof.ssa Luisa D’Arienzo, Presidente della
Deputazione di Storia Patria per la Sardegna, che ringrazia l’assessore
Gianni Filippini, e approfittando della sua presenza, come rappresen-
tante dell’amministrazione cittadina, sottolinea la necessità di intitola-
re una strada ad Alberto Boscolo ed a Giancarlo Sorgia.
Chiamato in causa, l’assessore Gianni Filippini risponde:
“Riprendo la parola perché sono molto sensibile nei riguardi di
questo argomento. La legislazione comporta tempi lunghi, per quanto
riguarda Giancarlo Sorgia devono trascorrere dieci anni dalla morte
perché gli possa essere intitolata una strada. Intanto si può giustamen-
te pensare all’intestazione di una scuola, ritengo che possa essere un
omaggio più vicino allo spirito dei due grandi storici e più strettamen-
te legato al ricordo che vogliamo conservare di loro.
Io non faccio parte della commissione che si occupa della topo-
nomastica cittadina, ma talvolta hanno la bontà di ascoltarmi; se que-

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Notiziario

sto capiterà, come mi auguro, credo che davvero arriveremo in tempi


non lunghissimi all’intitolazione di una scuola, che non esclude la
successiva intestazione di una strada di Cagliari”.
La prof.ssa D’Arienzo passa poi la parola al prof. Pasquale Mi-
stretta, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Cagliari:
“Voglio innanzitutto esprimere il mio pieno consenso e il mio
plauso per l’iniziativa di presentare il volume “Studi Storici in memo-
ria di Giancarlo Sorgia”. Credo che parlare di Sorgia in un ambiente
universitario, qual è questo, e soprattutto nell’Aula magna del Retto-
rato sia, per quanto mi riguarda, più che difficile, direi troppo ovvio.
Sorgia è stato infatti per l’Università una presenza costante come stu-
dioso, come docente, come uomo di scuola nel senso vero del termi-
ne; scuola storica del filone che risale ad Alberto Boscolo, ma soprat-
tutto di quella storia che consentiva anche ai non storici di capire, e in
un certo qual modo, anche di fantasticare sul racconto storico, di im-
maginare fatti che i non addetti ai lavori potevano non riuscire a co-
gliere. Sotto questo aspetto credo che Sorgia sia un uomo che non sol-
tanto meriti il ricordo e l’attenzione di tutti gli studiosi della nostra
Università, anche per quanto riguarda i suoi rapporti internazionali,
ma soprattutto un uomo che rappresenti proprio quel contatto tra il
ricercatore, l’uomo di cultura e la società nel suo insieme. Non va di-
menticato infatti che fu anche uomo d’amministrazione, uomo di
rapporti stretti con la città, sia per il suo passato preuniversitario, ma
anche per la sua presenza all’interno del nostro Ateneo. Vorrei ricorda-
re che è stato commissario dell’Opera Universitaria, un ente che, dopo
aver vissuto varie vicende, aver conosciuto diversi commissari e vice-
presidenti, ha finito per assestarsi oggi su una linea regionale. Sorgia
ha governato l’Opera Universitaria al servizio degli studenti, in un
momento, devo dire, anche abbastanza difficile, quando la società stu-
dentesca cagliaritana, anche in sintonia con quella europea e mondia-
le, viveva le esperienze della cosiddetta rilettura degli istituti universi-
tari, nel rapporto tra giovani e anziani, tra studenti e professori. Lo ha
fatto con saggezza, con la dignità dell’amministratore, ma, nello stesso
tempo, anche di uomo partecipe del governo della cosa pubblica. In
questo senso è stato anche Prorettore di questo Ateneo per parecchi
anni, insieme a Duilio Casula, qui presente e al quale rivolgo un affet-
tuoso saluto.

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Notiziario

Infine un’ultima considerazione: Giancarlo Sorgia è stato “uomo


di Cagliari”, “uomo di città”, nel senso più vero del termine. Ritengo
che sotto questo aspetto vada giustamente annoverato tra quei cagliari-
tani che hanno saputo interpretare la città attraverso le luci migliori del-
la sua espressione, quelle della cultura e della ricerca, quelle del processo
storico e del commento critico alla vita di tutti i giorni, anche attraverso
piccoli segni, quelli dell’Almanacco di Cagliari e della Sardegna Fieristi-
ca. Tali pubblicazioni, senza voler fare un torto a Vittorio Scano, pro-
motore e interprete delle due riviste e anch’egli punto di riferimento im-
portante per l’evoluzione di Cagliari in quest’ultimo scorcio di secolo,
possono essere considerate, in un certo senso, meno scientifiche e accre-
ditate di quanto lo siano, ad esempio, gli Studi Storici, ma Giancarlo
Sorgia si è servito anche di queste occasioni per significare il suo attacca-
mento alla città e soprattutto per farsi interprete ed espressione di una
fase della storia e dello sviluppo di Cagliari.
Con questo spirito, credo che tutto ciò che può essere ricordato
di lui sia comunque poco, ma nutro la speranza che, quanto espresso
nel suo affettuoso ricordo, sia senz’altro di riferimento e di attenzione
soprattutto per i più giovani, per quanti non l’hanno conosciuto.
Questi devono trovare negli attori della vita del nostro Ateneo il ri-
chiamo che solleciti nuove esperienze, che evidenzi un nuovo modo di
studiare, diverso forse da quello che oggi si va sempre più guardando e
sostenendo, finalizzato alle professioni e alle tecnologie, facendoci
spesso dimenticare qual è il nostro entroterra umanistico, che non va
né trascurato, né dimenticato.
Passo il microfono alla prof.ssa D’Arienzo, alla quale ho inteso
assegnare l’intera serata, e a coloro che, secondo la scaletta, devono
prendere la parola. Mi pare che anche questo sia un segno di affettuo-
sa deferenza, da parte mia, non solo nei confronti di Giancarlo Sorgia,
ma anche di tutti coloro che sono stati suoi allievi e colleghi”.
La prof.ssa Luisa D’Arienzo ringrazia il Magnifico Rettore per le
sue affettuose parole e sottolinea il legame antico e duraturo esistente
tra l’Università e la Deputazione, che si rinnova continuamente.
È di seguito intervenuto il dott. Tonino Serra, il nuovo Assesso-
re alla Pubblica Istruzione della Provincia di Cagliari:
“Anch’io, come diceva prima l’Assessore Filippini, non posso
che rivolgere un omaggio affettuoso ad un grande storico, qual era e

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Notiziario

resterà sempre Giancarlo Sorgia, storico d’assoluto rilievo e anche


uomo di grande umanità. Io ho avuto la fortuna di conoscerlo e di
essere onorato della sua amicizia per tantissimi anni.
La presentazione del XXXIX volume dell’ Archivio Storico Sardo,
che raccoglie gli studi dedicati alla sua memoria, sarà certamente l’oc-
casione per approfondire la sua figura di studioso, così come gli inter-
venti di prof. Anatra, di prof. Belvederi, di prof. Brigaglia e della
prof.ssa D’Arienzo. A noi politici e amministratori, che entriamo in
questi convegni in punta di piedi, consapevoli di vedere le cose in ter-
mini riduttivi e non globali, come invece voi uomini di cultura sapete
fare, spetta il compito e il dovere di imparare la lezione umana e di
scienziato di Giancarlo Sorgia, di far tesoro della testimonianza che lui
ha dato della sua capacità di studioso.
Era già direttore della scuola di specializzazione in Studi Sardi,
quando io ebbi l’occasione di rivederlo nel 1981. Ero allora sindaco di
un paese dell’interno della Sardegna. Dico rivederlo perché io, pur su
posizioni molto moderate, sono stato un ragazzo del ’68, in quel diffi-
cile periodo che, poco fa, ricordava il Rettore. In quegli anni facevo
parte dell’associazione degli studenti che governava la Casa dello Stu-
dente; ero il rappresentante degli studenti e, in più di un’occasione,
ebbi modo di lavorare con Giancarlo Sorgia, ammirando la sua capa-
cità, la sua apertura nei confronti di un mondo in tumultuosa evolu-
zione, come quello studentesco di quegli anni. Ci legava certamente
una concezione mite della politica; non era un giovanilista, non dava e
non chiedeva indulgenza, era una persona vivacissima, sempre pronta
a capire gli altri, ma anche a tenere fermo il suo argomento, la sua
linea politica. Lo rividi in quel di Ierzu nel 1981, quando ero sindaco
di questo paese che cercava di trovare una sua collocazione politica, in
una società dove già si intravedevano alcuni “filoni rossi” della violen-
za che poi, alcuni anni dopo, si sarebbe abbattuta su questi antichi
paesi. Ebbene, vidi subito in prof. Sorgia la capacità di dare spiegazio-
ni precise anche a processi che, forse, non conosceva in maniera ap-
profondita. Era innamorato dell’Ogliastra. Quando vedeva in me una
certa titubanza a governare processi politici estremamente complessi e
difficili, citava, con la bonomia che lo caratterizzava, fatti antichi e,
attraverso il loro ricordo, cercava d’infondermi coraggio. Mi ripeteva:
“Non si deve preoccupare troppo, deve capire che voi Ogliastrini siete

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Notiziario

tutti delinquenti, e lo siete sempre stati dal 1400 in poi”. Riusciva a


spiegare la dinamica dell’odio in paesi lontani attraverso il ricordo
vivo di avvenimenti del passato. Vedeva e utilizzava la storia in funzio-
ne didattica, per spiegare, governare e comprendere i processi attuali.
Allora io apprezzavo questa sua capacità d’incoraggiarmi, di essere
semplice, pur avendo un retroterra culturale terribilmente ampio, am-
miravo la sua semplicità unita alla grande cultura. Era sempre ironico
e sapeva stemperare la tensione con la battuta in sardo, sempre riferita
al momento giusto. Era un uomo di grande ottimismo, aveva l’ottimi-
smo proprio del cattolico che crede profondamente. Non mancava
mai di ricordare che anche la capacità di credere nell’uomo, perchè il
suo destino va al di là della dimensione storica contingente, può aiuta-
re a comprendere i processi politici e storici.
Quando lo vidi andare via piano piano e lentamente ritirarsi in
un dignitoso silenzio, sentii, pur essendo medico, l’offesa alla cultura e
all’umanità di quest’uomo; quando mi resi conto che ormai non poteva
esserci più nessuna soluzione, se non quella fatale, avvertii la sensazione
angosciosa di chiudere un libro, proprio nel momento in cui comincia-
va a diventare più interessante e più valido. Si perdeva un maestro, tutti
noi lo capimmo. Per uno strano caso del destino, io e l’amico Filippini,
quando prof. Sorgia morì, ci trovavamo insieme in Consiglio Comuna-
le, io appena eletto Consigliere, lui nominato Assessore alla Cultura e
insieme lo ricordammo davanti ad un Consiglio commosso e attonito,
perché la notizia giungeva improvvisa, anche se tutti già sapevamo della
lotta che il professore combatteva contro il suo destino. In quell’occasio-
ne io e Gianni Filippini ci demmo appuntamento per dedicare a questo
grande studioso, a quest’uomo, a quest’amico qualcosa che lo ricordas-
se. Chiudo quest’intervento con un cruccio. La legge non mi permette
di chiedere all’Assessore Filippini di intestare una strada di Cagliari a
Giancarlo Sorgia, ma credo comunque che intitolargli una scuola, il ter-
zo polo del Liceo Classico di Cagliari sia il modo più bello per ricordare
l’uomo e lo studioso, la bontà coniugata alla scienza storica”.
Riprende la parola la prof.ssa Luisa D’Arienzo:
“Saluto tutti i presenti, le autorità, i nostri ospiti e tutto il pub-
blico che oggi ci accompagna.
Sono arrivati diversi fax e telefonate da parte di colleghi e amici,
che, impossibilitati a venire, hanno però voluto esprimere il loro con-

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Notiziario

senso per l’importante iniziativa e perchè erano estimatori del prof.


Sorgia.
C’è poi un fax del prof. Alessandro Maida, Rettore dell’Università
di Sassari, che mi accingo a leggere: “Gentile prof.ssa D’Arienzo, un impe-
gno urgente mi impedisce di essere presente alla presentazione del volume
“Studi Storici in onore del prof. Giancarlo Sorgia”, in programma a Caglia-
ri il 24 maggio del corrente anno. Delego a rappresentarmi il prof. Manlio
Brigaglia del nostro Ateneo. Scusandomi per l’assenza, le invio i più fervidi
auguri per l’iniziativa”.
Da Sassari sono poi arrivati alcuni telegrammi, uno del Proretto-
re, prof. Attilio Mastino: “Impossibilitato a partecipare alla presentazione
del volume “Studi Storici in onore di Giancarlo Sorgia”, causa impegni ac-
cademici precedentemente assunti, auguro a tutti l’ottima riuscita della ma-
nifestazione”; uno del prof. Giuseppe Meloni, Preside della Facoltà di
Lettere dell’Università di Sassari: “Causa improrogabili impegni preceden-
temente assunti, sono spiacente non poter partecipare alla presentazione del
volume “Studi Storici in onore di Giancarlo Sorgia”. Porgo i miei più fervi-
di auguri per la buona riuscita della manifestazione”.
Voglio poi formulare una serie di ringraziamenti: al prof. Pa-
squale Mistretta, Magnifico Rettore dell’Università di Cagliari, che
oggi ci ospita; ai quotidiani sardi: La Nuova Sardegna e L’Unione Sar-
da, che hanno dedicato alla nostra manifestazione le pagine culturali;
alla prof.ssa Maria Luisa Plaisant, che ha curato e coordinato questo
volume e ha inoltre scritto, per la parte introduttiva, una biografia di
Giancarlo Sorgia, dove ha analizzato il suo percorso accademico e
scientifico, curando anche la sua bibliografia con l’aiuto di Marco Sor-
gia, figlio del professore. Grazie a Maria Luisa e Marco per questa col-
laborazione, fondamentale per la realizzazione del volume.
Prima di passare la parola ai relatori, voglio raccontare come è
nata l’iniziativa di ricordare il prof. Sorgia. Era il 2 ottobre 1994
quando il professore è venuto a mancare; abbiamo di lui un ricordo
vivo e, ancora oggi, parlare di lui, è per noi motivo di profonda com-
mozione. Bisogna ammettere che spesso si apprezza ciò che si possiede
solo quando ci viene a mancare. Giancarlo Sorgia ci dava un po’ di
incoraggiamento, era per noi quasi un fratello maggiore. Me ne sono
resa conto quando ho organizzato l’iniziativa odierna, i suoi studenti
sono venuti a chiedermi di collaborare, molti colleghi mi hanno chia-

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Notiziario

mato per raccontarmi della grande amicizia che li univa al professore,


numerosi esponenti politici non sono voluti mancare a questo appun-
tamento. A motivo della sua particolare competenza sulla storia citta-
dina, Sorgia era molto amato a Cagliari. Intratteneva intensi rapporti
scientifici con la Facoltà Teologica; studiava negli archivi dei france-
scani, dei domenicani; aveva uno stretto legame con l’amministrazio-
ne civica e aveva dedicato alla sua città uno studio, curato insieme al
compianto Giannino Todde, ricostruendo sei secoli di amministrazio-
ne cittadina a partire dal 1327, quando Cagliari divenne municipio
catalano ed entrò nella sfera d’influenza iberica. Per questo settore di
studi da lui coltivato, si può ben dire che rappresenti in qualche modo
un pezzo di storia della nostra città. Da qui nasce l’esigenza di dedi-
cargli una strada, magari nel quartiere di Villanova, dove era nato.
La collaborazione scientifica di Sorgia all’interno della Deputa-
zione di Storia Patria per la Sardegna fu intensa e costruttiva. Ricordo
uno dei suoi ultimi interventi, proprio in questa sala, quando presen-
tammo gli “Studi in memoria di Alberto Boscolo”, era il 19 ottobre
1993. Egli parlò del maestro con affetto e con un certo rimpianto per
i tempi passati. Noi ancora non lo sapevamo, però il male l’aveva già
colpito, ciò nonostante non era voluto mancare a quell’appuntamen-
to, da lui ritenuto molto importante. Ricordo che la commozione ave-
va più volte interrotto il suo parlare, che appariva già incerto.
Per quanto riguarda la sua partecipazione alle attività della De-
putazione, basta sfogliare gli indici delle nostre edizioni per rendersi
conto di quanto essa fosse intensa e costante. Possiamo trovare non
meno di dieci titoli, tra volumi, articoli e saggi.
Agli inizi degli anni cinquanta erano cominciate le prime mis-
sioni di studio a Barcellona, Madrid, Simancas per conto della Depu-
tazione di Storia Patria per la Sardegna, compiute dai professori Ba-
chisio Raimondo Motzo, Antonio Era, Francesco Loddo Canepa, Al-
berto Boscolo, attraverso le quali fu evidenziata la straordinaria ric-
chezza dei fondi documentali iberici. Nasceva così una nuova storio-
grafia, quella della storia mediterranea, nella quale emergeva il ruolo
strategico della Sardegna, posta al centro di importanti rotte commer-
ciali, luogo d’incontro di molteplici culture, rielaborate mirabilmente
nell’isola. A questi temi Giancarlo Sorgia, spinto dal maestro Alberto
Boscolo, si dedicò da subito, studiando a lungo negli archivi spagnoli,

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Notiziario

dove, peraltro, guidò nella ricerca delegazioni di giovani. Io stessa ho


fatto parte di queste missioni di studio a Barcellona. Ricordo che lui ci
guidava, ci faceva conoscere la città, ci aiutava.
Come dicevo prima, Sorgia ha pubblicato svariati studi nelle
edizioni della Deputazione, mi limiterò a ricordare i più importanti: Il
parlamento del vicerè Fernandez de Heredia, edito nel 1973, che fece
seguito a I parlamenti di Alfonso il Magnanimo, pubblicato dal Boscolo
nel 1953 e a I parlamenti sardi del 1481-1485, curati dall’Era nel
1955. Bisogna infatti ricordare che alla Deputazione si deve il primo
progetto di edizione degli Atti Parlamentari sardi, come si può leggere
nella relazione pubblicata nell’ Archivio Storico Sardo, vol. XXIV, del
1954, a firma del Loddo Canepa. Un progetto troppo complesso con-
siderata la vastità del tema, tanto che le edizioni si interruppero con il
volume del Sorgia, per essere poi riprese successivamente per iniziativa
del Consiglio Regionale della Sardegna, che sta portando avanti il pro-
getto.
È costume tradizionale della Deputazione di Storia Patria sarda
rendere omaggio agli storici, che hanno lasciato un segno nella storio-
grafia isolana. È stato fatto per molte persone; a suo tempo, venne fat-
to per il Motzo, il Loddo Canepa, l’Era, il Boscolo e Giannino Todde.
Era un dovere farlo anche per prof. Sorgia.
Passo la parola al prof. Raffaele Belvederi, docente dell’Universi-
tà di Genova, amico della Sardegna, della scuola cagliaritana, del Bo-
scolo, del Sorgia. Possiamo considerarlo come la memoria storica delle
vicissitudini dell’Istituto di Storia Medievale e Moderna dell’Universi-
tà di Cagliari”.
“In un certo qual modo io rappresento non solo l’Università di
Genova, ma anche quel complesso di ricercatori che, come Alberto
Boscolo e Giancarlo Sorgia, si sono incontrati lungo le vie importanti
della ricerca e quindi, nella ricerca, si sono affratellati, sono diventati
amici. Per cui non parlerò dell’uomo e dello studioso, perché ho visto
che tanto è già stato detto, ma dello stretto legame che ci univa, di
quel legame tipico di una razza che non si è spenta, né nella vostra
isola, né nella mia valle del Po. L’imperativo nostro era quello di essere
solidali e lo abbiamo dimostrato, io dico, nella maniera di Alberto e di
Giancarlo, la meno conosciuta, la più silenziosa. Direi che la testimo-
nianza più ampia viene proprio da questo fatto; ecco perché, anche sul

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Notiziario

piano storico, ci ha unito il desiderio non solo di cercare, ma anche di


internazionalizzare la nostra storia, di cambiare la nostra storia della
valle del Po, la nostra storia dell’isola di Sardegna.
Mi sia consentito dire che mi ha fatto tanto piacere sentire che
io sono un amico dei cagliaritani, anche se ne conosco pochi, però la
vostra presenza mi autorizza a dire che idealmente siamo in molti e,
forse, altri sarebbero venuti se impegni precedentemente assunti non
avessero creato impedimento. Quindi non mi vanto di essere qui,
sono venuto perché sentivo di dover venire e portare testimonianza
della nostra profonda amicizia. Effettivamente ci conoscevamo bene,
nelle pieghe più riposte, nei significati più curiosi, sia quando si era a
tavola a mangiare, allora si rideva, si scherzava, e la serietà dello stori-
co, la compostezza del ricercatore venivano meno, sia nei difficili e fa-
ticosi momenti della ricerca, allora bisognava dar prova di quella ne-
cessaria forza che si manifesta nella pazienza.
Chi fa il ricercatore deve essere, prima di tutto, paziente, non
deve mai fidarsi delle ricerche fatte, mai chiudere, ma andare sempre
avanti. C’è una sorta di relativismo nelle nostre conclusioni, noi vedia-
mo che in questo relativismo il passato si accosta al presente, né va riget-
tato perché esso è lezione, esperienza, dono, sacrificio, intelligenza. As-
sommando tutte queste cose insieme, ci rendiamo conto che in questo
sta la vita, la vita di ciascuno di noi, vita che è fatta di silenzio, di com-
prensione, ma anche di intuizione.
Vorrei soffermarmi sulla dote dell’intuizione, sulla capacità di
avvertire quando l’amico soffre; sono queste le caratteristiche della te-
stimonianza che nasce in questo momento nel mio cuore. Non posso
dimenticare l’ultima lettera che Giancarlo mi scrisse, talmente breve
che, chi la leggesse e non avesse avuto la fortuna di conoscerlo, direb-
be: “È una comunicazione, una delle tante comunicazioni. Cosa c’è in
questa lettera? In queste quattro righe?” Ma io avvertivo ciò che c’era,
quello che si sentiva. D’altra parte era una sua caratteristica, alla quale
si è già accennato questo pomeriggio, quella di soffrire e non dire, ma
lasciare all’altro il compito di capire, di entrare. Tuttavia questo è an-
che il nostro mestiere di storici, quando abbiamo in mano il docu-
mento, è sempre monco se non abbiamo la fantasia e l’intelligenza per
andare oltre, per entrare nel profondo. Così nella lettera di Giancarlo
io capivo che c’era qualcosa di irrimediabile. Mi ricordai allora di una

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Notiziario

sua espressione quando, durante una simpatica riunione conviviale


nel 1990, passammo agli scherzi e, sugli scherzi, venne anche il moti-
vo della lode, disse allora: “L’uomo non va lodato, le lodi non si addi-
cono all’uomo che è soltanto pulvis et umbra”. Risposi allora: “Capisco
correttamente questa tua cristianità, che balza viva attraverso l’espres-
sione pulvis et umbra”.
Certamente non si addicono all’uomo le lodi, ma l’operosità, il
lavoro continuo, l’intensità della ricerca. La ricerca è l’amore più pro-
fondo che trascina gli storici, un amore irrefrenabile e incontenibile.
In virtù dell’amore per la ricerca, ad un certo punto, ci siamo incon-
trati e collegati. I nostri raduni potevano essere a Roma come a Mila-
no, a Parigi come a Madrid, ma soprattutto a Barcellona, città partico-
larmente cara per chi, dopo aver lavorato intensamente per tutto il
giorno, finalmente dopo la cena, può andar fuori e fare tutto ciò che
la giovane età gli consente.
Ci univa anche l’amore per l’insegnamento, che è proprio di chi
sente che insegnare significa educare (da educere = portare su) cioè
portare gli altri alla nostra altezza, all’altezza di chi vuol lavorare e ama
la ricerca, ben sapendo che l’intelligenza è invece frutto di madre na-
tura e non un nostro merito.
Di questo siamo stati consapevoli e per questo siamo stati pro-
fondamente amici”.
È di seguito intervenuto il prof. Manlio Brigaglia:
“Come ha già detto la prof.ssa D’Arienzo, porto anche i saluti
del prof. Maida, Magnifico Rettore dell’Università di Sassari, perchè
Giancarlo Sorgia ha lavorato anche all’Università di Sassari: fu com-
ponente del comitato tecnico che doveva seguire, nei primi anni, la
nascita di quella che era allora la facoltà di Magistero. Si trattava del
testimone che, per così dire, gli aveva passato prof. Boscolo, partendo
dalla Sardegna.
Come tanti dei presenti, anch’io sono stato amico e collega del
Sorgia, come lui assistente volontario di Alberto Boscolo, all’epoca in
cui passava e diceva: “Venite con me. Vi farò pescatori di documenti!”
Abbiamo cominciato insieme una carriera che è poi andata in maniera
diversa, ma sempre alla sequela di prof. Boscolo.
L’ultima volta che ho visto Sorgia e Boscolo insieme, forse era
anche l’ultima volta in cui i due professori si videro, fu in occasione di

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Notiziario

una cena in ristorante che io stesso avevo organizzato, preoccupando-


mi di invitarli, dicendo a ciascuno dei due che c’era anche l’altro. Ven-
nero in un ristorante che prof. Boscolo aveva scelto perché più solita-
rio e tranquillo, dove, come lui disse, avrebbero potuto più facilmente
sgomitolare, sciogliere un groviglio di problemi e di incomprensioni
che c’erano tra di loro. Nonostante tutto, si parlarono con grande cal-
ma e tranquillità, erano maestri di calma e di apertura.
Vorrei parlare in particolar modo del volume che oggi presentia-
mo, non sarebbe giusto che, dopo aver realizzato un volume così im-
portante per commemorare la figura di Sorgia come studioso, non ri-
cordassimo anche in che modo hanno voluto ricordarlo gli autori dei
diversi saggi.
Ho innanzitutto diviso il sommario sulla base degli interessi di
Sorgia, ai quali ciascuno degli studi si riferisce.
Il primo è l’interesse per la Spagna vista come grande potenza
europea, al di là dei rapporti che poteva aver avuto con la Sardegna e a
cui aveva dedicato gli Studi di storia aragonese e spagnola, edito nel
1962. Vi si riferisce il saggio di Federico Udina Martorell, La greu ma-
laltia de Ferran d’Antequera i el Cisma d’Occident, nel quale si raccon-
ta, sulla base dei documenti, come e perché Fernando d’Antequera
non andò a rapporto a Perpignano con l’imperatore Sigismondo, la-
mentando una malattia finemente descritta nei minimi dettagli: aveva
pedres, arenes i mal de ronyons, vòmits, mal de ventre i del fetge. Sembra
proprio uno di quei certificati medici che si fanno per non dover an-
dare in un posto nel quale è più prudente non andare. Rientra nello
stesso campo d’interessi anche il saggio di Francesco Manconi, Il con-
te-duca di Olivares in un rapporto cifrato del 1637 della legazione tosca-
na a Madrid. Il rapporto segreto del 14 novembre 1637 si riferisce ad
un anno infausto che segna negativamente la parabola politica di que-
sto padrone assoluto del re e della corte; nasce in quel particolare cli-
ma di scoramento, sfiducia e odio che comincia a maturargli intorno e
i giudizi degli ambienti di corte sulla sua persona e sul suo operato
non possono che essere estremamente severi. Nei rapporti settimanali
inviati a Firenze, i diplomatici toscani, accanto ai puntuali resoconti
dello sfaldamento progressivo della Monarchia, riservano un spazio ri-
levante alle descrizioni minuziose delle feste e delle cerimonie religiose
e civili di Madrid, alle quali l’Olivares annette un valore propagandi-

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Notiziario

stico senza precedenti. Il conte-duca è il prodotto della cultura baroc-


ca e, come dice Manconi, le sue contraddizioni sono quelle dell’uomo
barocco.
Il secondo tema, che è implicito di Giancarlo, si riferisce alla
Sardegna spagnola, ad esso aveva dedicato Il parlamento del vicerè Fer-
nandez de Heredia, di cui ha già parlato la prof.ssa D’Arienzo, e, in
particolare, il volume intitolato La Sardegna spagnola, pubblicato nel
1982, facente parte della collana La Sardegna antica e moderna, diretta
da Alberto Boscolo. Si tratta di un lavoro nuovo, nel quale Sorgia fu
invitato a fare una cosa che già da tempo aveva in mente, un libro che
riunisse insieme il nome della scienza e la facilità della divulgazione.
Sotto questo titolo colloco il contenuto dell’articolo di Francesco Ce-
sare Casula, Considerazioni sul rapporto giuridico Arborea-Aragona da
un memoriale del 1405. È il memoriale redatto da Martino il Vecchio,
re della Corona d’Aragona e diretto al suo ambasciatore Giovanni de
Vallterra, che fu inviato in Sardegna per trattare la pace con Mariano
V d’Arborea e con il padre Brancaleone Doria. Si tratta di un’altra oc-
casione, dice Casula, non tanto per ripercorrere vicende che già si co-
noscono perfettamente, quanto piuttosto per rivedere, sulla base di
quella dottrina della statualità, di cui Casula è stato appassionato pro-
pagandista in questi anni, se è possibile acquisire nuovi apporti con-
cettuali soprattutto da L. Weckmann e dal suo studio sui più antichi
rapporti tra sovranità e sovranità e tra sovranità e vassallaggio nel Me-
dioevo. Rientra in questo argomento anche il saggio di Emilia Salva-
dor Esteban, Las tempranas preocupaciones hacendisticas de Fernando el
Católico. El caso sardo, dal quale risulta evidente come gli angosciosi
problemi della fiscalità, che già cominciavano a preoccupare il regno
spagnolo sul finire del XV secolo, rimbalzassero in Sardegna e contri-
buissero anche qui a mettere in seria difficoltà l’amministrazione del-
l’isola. Ancora il saggio di Josefina Mateu Ibars, Noticias documentales
sobre legislación correspondiente al gobierno de los Virreyes del Reino de
Cerdeña. De Carlos V de Austria (1516-1556) a Felipe III de Austria
(1598-1621). Si tratta di un accurato censimento di testi e leggi attra-
verso i quali emergono le figure dei Vicerè sardi nel periodo che va dal
1516 al 1556. Ancora Giuseppe Pala, Un aspetto della politica econo-
mica di Filippo II in Sardegna: l’introduzione delle pecore merinos, nel
quale si racconta del curioso tentativo spagnolo di acquartierare in

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Notiziario

Sardegna questo tipo di pecora, destinato ad esaurirsi cinque anni


dopo. Si cominciò con centoquaranta pecore e due pastori, si finì con
duemila pecore, scomparse misteriosamente insieme ai pastori, che ve-
nivano mandati nell’isola dalla Spagna.
Il terzo argomento riguarda la Sardegna e la Spagna legate tra
loro nel grande contesto mediterraneo, l’importantissimo tema verso
il quale prof. Boscolo voleva che fossero rivolti gli sforzi degli storici
isolani nuovi che lui immetteva, per così dire, sul mercato della scien-
za e della ricerca storica e al quale corrispondono i seguenti volumi
pubblicati da Giancarlo Sorgia: La politica nord-africana di Carlo V,
del 1963, Corsica, Genova e Aragona nel Basso Medioevo, del 1967,
Spagna e problemi mediterranei nell’età moderna, del 1973. Sotto que-
sto titolo va collocato il saggio di Maria Teresa Ferrer i Mallol, Antece-
denti e trattative per la pace del 1402 tra la Corona catalano-aragonese e
Genova: un tentativo per porre fine alla guerra di corsa. Si fa riferimento
ai numerosi trattati, 1378, 1386, 1390, fino alla pace firmata a Tarra-
gona nel 1402, inutili tentativi di porre fine alle scorrerie delle navi
corsare che infestavano il Mediterraneo e aggiungevano aggressività ad
imperi e potenze, che erano già aggressivi per conto loro. Il contributo
di Luisa D’Arienzo riguarda le Navigazioni mediterranee di Bartolomeo
Dias. Si parla del grande fluttuare di merci e uomini attraverso il Me-
diterraneo e del ruolo chiave rivestito da Lisbona, divenuta mercato di
selezione anche per le merci provenienti dalla Sardegna, con un am-
pliamento spaziale del Mediterraneo, che finisce nell’oceano Atlantico
e in qualche parte lo ingloba. Dias su un caraccone portoghese che
trasportava sardine e zucchero effettuò un viaggio verso l’Italia nel
1478 e ne ripartì con un carico di salnitro in direzione di Lisbona.
Bartolomeo Dias sarebbe proprio il grande navigatore e scopritore del
Capo di Buona Speranza. Bruno Anatra ha scritto un saggio intitola-
to: “L’India piena d’oro”. L’America spagnola nella politica italiana del
Cinquecento. Anatra ha esaminato ventidue relazioni di ambasciatori
veneti residenti in Spagna, nelle quali raccontano come veniva recepi-
ta l’idea della Spagna e della politica spagnola verso le Nuove Indie in
un periodo che va dal 1525 al 1598. È notevole la precisione con cui
gli ambasciatori veneti si rendono conto della straordinaria grandezza
del nuovo continente e delle sue inestimabili ricchezze rispetto a quel-
la che era allora l’attrezzatura burocratica e amministrativa della Spa-

619
Notiziario

gna e la sua capacità politica. Avevano già intuito, quando ancora la


grande crisi spagnola era lontana, quale sarebbe stato il destino di que-
sto magnifico impero. C’è poi il saggio di Raffaele Belvederi: Il Medi-
terraneo occidentale: sintesi di culture diverse, nel quale lo studioso, ri-
prendendo una conferenza tenutasi nella Facultad de Derecho della
Universitad de Granada, rilegge tutta la storia del Mediterraneo alme-
no fino alla fine del XVII secolo, proponendo tutta una serie di sugge-
stivi percorsi di lettura, marginali rispetto a quelli finora frequentati,
alla base dei quali c’è l’idea di un Mediterraneo che è molto di più che
un crogiuolo di razze e di culture diverse, perché elabora una cultura
unica che si dirama e si diffonde di paese in paese, e ciascun popolo fa
proprio un segmento di questo straordinario patrimonio e lo rielabora
in modo che l’osservatore colga più facilmente la specificità di questo
risultato che non l’unitarietà della radice. A questo filone d’interessi di
Giancarlo appartiene anche l’articolo di Giuseppe Doneddu, La que-
stione dell’ambiente nel Mediterraneo dell’età moderna, nel quale vengo-
no esaminati, a grandi linee, gli interventi dell’uomo nei confronti
della natura e dell’ambiente mediterraneo, i danni compiuti quando
la natura sembrava una risorsa inesauribile, come lo sfruttamento del
sale, il depauperamento del manto boschivo, lo sfruttamento delle mi-
niere.
Altro grande interesse di Giancarlo è la storia della Chiesa sarda,
che va dagli Studi sull’Inquisizione in Sardegna, del 1961, fino alla bre-
ve biografia di San Salvatore da Horta, del 1991. Rientra in questo
filone di interessi il contributo di Raimondo Turtas, Antonio Parragues
de Castillejo e Sigismondo Arquer a confronto. Turtas riporta un saggio
di Massimo Firpo sull’Arquer luterano e protestante e propone poi
una sua tesi che è l’esatto contrario di quanto dice e sostiene Firpo. Si
tratta di una vecchia diatriba che divide e unisce i due studiosi già da
tempo, da una parte Turtas, gesuita, dall’altra Firpo, grande socialista.
Angelo Rundine ha scritto un contributo su Gli inquisitori del Tribu-
nale del Santo Ufficio in Sardegna (1493-1718). C’è poi il saggio di
Leonardo Pisanu intitolato Due fondazioni religiose a Busachi. Il Colle-
gio dei Gesuiti (1577) e il convento dei Frati Minori di Santa Maria
delle Grazie (1588), nel quale lo studioso cerca di trovare una risposta
al perché i Gesuiti andarono incontro ad un rapido fallimento e come
mai, contro di loro, fu aperta la scuola annessa al convento dei Frati

620
Notiziario

Minori. Leopoldo Ortu ha dedicato il suo articolo a La presenza socia-


le del convento di Gesù e Maria in Cagliari. Note su alcuni documenti
della prima metà del Seicento. Si tratta di un preciso richiamo a Sorgia,
parte infatti dall’analisi di tre lettere che lo studioso aveva trovato e
poi dato ad Ortu perché le studiasse, secondo una tipica abitudine di
Giancarlo che, quando non aveva tempo per utilizzare egli stesso i do-
cumenti trovati, chiamava gli amici affinchè terminassero il lavoro da
lui intelligentemente cominciato. Tonino Cabizzosu ha scritto un sag-
gio su Spiritualità e santità sociale in Sardegna tra Ottocento e Novecen-
to, per lumeggiare il contributo offerto dai cattolici alla storia della
spiritualità nella società sarda negli ultimi secoli, in polemica con una
storia dei cattolici che è solo storia della beneficenza e delle organizza-
zioni religiose oppure dell’impegno dei cattolici in politica.
Ma gli interessi di Giancarlo riguardavano anche la storia con-
temporanea della Sardegna e ad essa aveva dedicato i seguenti volumi:
La Sardegna nel 1848: la polemica della fusione, del 1968, Banditismo e
criminalità nella seconda metà dell’Ottocento, del 1973. Sotto questa
voce possiamo collocare il contributo di Giorgio Puddu, intitolato
Aspetti e problemi politici nel Regno di Sardegna dopo l’assedio francese di
Cagliari (1792-93). Puddu ha esaminato una serie molto vasta di do-
cumenti che risalgono ai mesi immediatamente successivi al fallimen-
to del tentativo francese d’invasione dell’isola, soffermandosi sul-
l’umore che serpeggiava tra i diversi ceti sociali, ma anche tra i singoli
personaggi del mondo isolano di quel tempo. Lorenzo Del Piano ha
scritto un saggio La Corsica negli scritti di Camillo Bellieni, nel quale
sono riportati cinque articoli pubblicati sulla Muvra, una rivista corsi-
stica e nazionalistica degli anni venti.
Altri due temi trattati dal Sorgia riguardano Cagliari e, in parti-
colare, l’amministrazione della città, di cui si è occupato nel volume
intitolato: Cagliari. Sei secoli di amministrazione cittadina, del 1981,
scritto con Giannino Todde e la storia dell’Università cagliaritana alla
quale ha dedicato Lo Studio Generale cagliaritano. Storia di una Uni-
versità, del 1986. Sotto questa voce ho collocato il saggio di Maria-
Mercé Costa intitolato Acard De Mur, governador de Caller, nel quale
viene analizzato questo curioso personaggio nato nel 1384 e morto
prima dei trent’anni, il quale va e viene continuamente e forsennata-
mente dalla Catalogna a Cagliari in un momento particolare, quello

621
Notiziario

delle convenzioni tra l’Aragona e i Visconti di Narbona. Rientra sotto


la medesima voce anche l’articolo di Francesca Segni Pulvirenti su
L’edilizia ospedaliera in Cagliari, nel quale si parla dell’Ospedale di
Sant’Antonio ubicato in “Sa Costa”, aperto nel 1432 e passato ai Fate-
benefratelli nel 1615. Operò fino al 1848, quando venne costruito
l’Ospedale Civile, disegnato dal Cima. Maria Corona Corrias ha scrit-
to un saggio Sull’istituzione di una nuova “Cattedra di Commercio”
nell’Università di Cagliari: “quistioni di alta indagine e notizie positi-
ve”. La studiosa analizza una serie di documenti attraverso i quali mo-
stra come, di fronte al progetto di creare a Cagliari una facoltà di
Commercio, ci si dovesse poi acconciare, nel 1845, ad istituire una
cattedra di diritto commerciale.
Ci sono tre articoli extravagantes, che non sono riuscito a collo-
care sotto queste voci.
C’è il contributo di Paolo Melis: Carta archeologica del comune
di Sedini (Nu); il curioso ed interessante saggio di Carlo Pillai: L’im-
magine dei popoli balcanici nella stampa sarda e nazionale tra la fine
dell’Ottocento e i primi del Novecento.
Danilo Veneruso è l’autore dell’articolo finale: La distensione e la
creazione della Comunità Economica Europea (CEE) e della Comunità
Europea per l’Energia Atomica (CEEA). I problemi del progetto di unifi-
cazione europea dal 1953 al 1958. Sono gli anni compresi tra la morte
di Stalin (1953) e quella di Pio XII (1958), Veneruso rivendica l’im-
portanza del Cristianesimo come collante di una futura unione euro-
pea, che mai fu così vicina come allora, ma il mondo politico europeo,
soprattutto quello laico, non capì, in quel momento, il grosso contri-
buto per non legare i cristiani e i capi di stato cattolici all’unificazione
dell’Europa.
Il volume si chiude con due diversi contributi; il primo si riferi-
sce ad un convegno della Deputazione di Storia Patria per la Sardegna,
svoltosi nel 1996, per celebrare i novantanni di attività editoriale; il
secondo riguarda un Convegno di Studi, svoltosi ad Oristano nel di-
cembre del 1997, sul tema Giudicato d’Arborea e Marchesato d’Orista-
no: proiezioni mediterranee e aspetti di storia locale”.
La prof.ssa D’Arienzo, dopo aver ringraziato il prof. Brigaglia
per la sua relazione brillante ed esauriente, cede la parola al prof. Bru-
no Anatra, direttore del Dipartimento di Studi Storico-Geografici e

622
Notiziario

Artistici dell’Università di Cagliari:


“Piuttosto indegnamente mi trovo a concludere questa serata in
ricordo di Giancarlo Sorgia. Come tutti sanno, sono mediterraneo,
ma non sono sardo, anche se ormai da lungo tempo, più di trent’anni,
lavoro in questa città, presso questa Università.
Devo, prima di ogni cosa, sottolineare il fatto che Giancarlo
Sorgia è stata una delle mie prime conoscenze nell’ambiente del polo
umanistico di Sa Duchessa ed avvenne in circostanze singolari. Sorgia
saliva la rampa che porta all’ultimo piano dell’edificio, quando fu fat-
to oggetto di una violenta aggressione verbale da parte di un noto
energumeno. Mi colpì l’olimpica serenità con cui Sorgia passò oltre
quel fiume di improperi, che avrebbe potuto degenerare in un attacco
fisico. Questo senso di apparente distacco, in realtà di partecipata at-
tenzione nei confronti degli altri, chiunque essi fossero, purchè si pre-
sentassero su un piano di civile convivenza, ho avuto modo di apprez-
zare più volte sia nei corridoi e negli studi di Sa Duchessa, che nel suo
ufficio di Prorettore in via Università.
Mi voglio soffermare brevemente su alcuni suoi lavori. Innanzi-
tutto su quella sua prima raccolta di saggi sull’Inquisizione che uscì
nel 1961, gli Studi sull’Inquisizione in Sardegna. Bisogna tener presen-
te che, dietro questo tipo di ricerche, c’era un intenso lavoro d’archi-
vio. Giancarlo, per la Sardegna, fu uno dei precursori dell’indagine
presso gli archivi spagnoli, da Barcellona a Simancas, per l’Inquisizio-
ne, passando per l’Archivio Storico Nazionale di Madrid.
Non solo per quanto riguarda la Sardegna, questi studi di Gian-
carlo Sorgia hanno carattere di primizia. Allora si disponeva sostan-
zialmente della compilazione di Llorente, in assoluto la prima sull’In-
quisizione spagnola, ad opera del funzionario borbonico che aveva
presieduto alla messa in liquidazione della santa istituzione: avendo
avuto la possibilità di entrare in confidenza con i materiali, che costi-
tuivano l’archivio del Supremo Consiglio dell’Inquisizione, ne tracciò
una prima grande sintesi. A parte questo, si poteva disporre degli studi
molto puntuali e meticolosi di un grande storico americano, C.H.
Lea, molto importanti, fondamentali, sia per l’Inquisizione spagnola,
che per quella romana, nella sua fase medievale soprattutto.
L’Inquisizione sarebbe assurta al ruolo di argomento di grande
attrazione per la storiografia europea e per quella stessa spagnola, ben

623
Notiziario

dopo questi studi pionieristici di Giancarlo. Doveva infatti ancora


uscire il lavoro, che doveva rappresentare un notevole stimolo per le
giovani leve di ricercatori, dell’ inglese, oggi catalanizzato, H. Kamen,
mentre erano ancora in giovane età quegli studiosi che oggi costitui-
scono la spina dorsale della ricerca in questo settore come Jaime Con-
treras, Ricardo Garcia Carcel, il francese Dedieu, lo scandinavo Hen-
ningsen.
Quindi questi primi studi di Sorgia, incentrati su aspetti impor-
tanti della presenza dell’Inquisizione in Sardegna, sono pionieristici
sia per il loro impianto, sia per il fatto che, per la prima volta in Sarde-
gna, vengono condotti sulla base di materiali d’archivio, scovati in
Spagna; lo sono anche nel più vasto contesto europeo, in cui questa
materia dovrà aspettare ancora degli anni per venire alla ribalta storio-
grafica. Lo stesso si potrebbe fare anche a proposito dell’altro grande
tema che Giancarlo ha trattato e che testimonia una grande varietà e
pluralità di interessi di studio da parte sua, che vanno ben al di là del-
l’orizzonte isolano, pur toccandolo sempre. Mi riferisco al suo libro su
La politica nord-africana di Carlo V, uscito pochi anni dopo il volume
dedicato all’Inquisizione.
Per concludere questo approccio sommario alle problematiche
storiche, affrontate da Giancarlo Sorgia, desidero soffermarmi succin-
tamente sul lavoro realizzato in collaborazione con il comune caro
amico Giannino Todde; mi riferisco al volume, uscito nel 1981 sotto
il titolo Cagliari. Sei secoli di amministrazione cittadina. Si tratta di un
profilo storico, tuttora di vitale interesse, della vicenda politico-ammi-
nistrativa di Cagliari, dal medioevo ai giorni nostri, ancora una volta
tracciato attraverso uno spoglio sistematico della documentazione
d’archivio, questa volta di quella conservata presso l’Archivio di Stato
di Cagliari e soprattutto nell’Archivio Comunale della città, i quali
Todde conosceva fin nei più riposti faldoni e queste sue conoscenze
non le lesinava a nessuno.
Volevo soffermarmi da ultimo su questo lavoro, fra i tanti, di
Giancarlo Sorgia in quanto è il prodotto della collaborazione tra due
figure importanti nell’ambiente culturale cittadino, importanti sotto
il profilo del senso civico, della dimensione di respiro mediterraneo e
storica. Un senso della realtà cittadina che entrambi vissero sia in ter-
mini partecipativi della vita pubblica, sia sul terreno proprio della ri-

624
Notiziario

cerca scientifica, come anche, direi ancor più, sul piano della dimen-
sione umana, della qualità personale, della civiltà urbana, della pro-
pria capacità di apertura verso gli altri, nel senso di una schietta dispo-
nibilità, caratteristica, quest’ultima, comune ad entrambi. Vorrei sot-
tolineare proprio la volontà di Giancarlo e di Giannino di protendersi
verso gli altri per il mezzo del proprio lavoro scientifico, del proprio
mestiere di operatori culturali, sia come cifra di lavoro della cattedra,
sia come cifra della propria presenza nella vita quotidiana, nella civica
convivenza, una presenza che ha lasciato a noi e lascerà a chi verrà
dopo di noi una traccia indelebile”.

a cura di Bianca Fadda

625
RASSEGNE DI CONGRESSI E CONVEGNI
Indice

6
Convegno Internazionale sul tema Gli Anni Santi nella storia (16-19 ot-
tobre 1999), Università degli Studi di Cagliari - Cittadella dei Musei,
Aula Verde, Piazza Arsenale, Cagliari.

Nei giorni 16-19 ottobre 1999 si è svolto a Cagliari, presso


l’Aula Verde della Cittadella dei Musei in piazza Arsenale, il Conve-
gno Internazionale di Studi, organizzato dalla Deputazione di Storia
Patria per la Sardegna in collaborazione con la Biblioteca Apostolica
Vaticana, dal titolo “Gli Anni Santi nella storia”, che ha affiancato la
Mostra “Le medaglie pontificie degli Anni Santi. La Sardegna nei giu-
bilei”, allestita nella Sala Mostre temporanee della Cittadella dei Mu-
sei dal 16 ottobre 1999 al 9 gennaio 2000.
La cerimonia di inaugurazione della Mostra e del Convegno,
svoltasi nell’Aula Magna del Rettorato dell’Università di Cagliari, è
iniziata con un breve saluto dell’arcivescovo di Cagliari, monsignor
Ottorino Pietro Alberti, che ha sottolineato come l’iniziativa si collo-
chi perfettamente nel clima spirituale legato alla celebrazione dell’im-
minente Anno Santo, auspicando che la manifestazione non resti un
fatto isolato, ma si inserisca in una serie di iniziative culturali, volte a
sensibilizzare i sardi sulle tematiche giubilari.
Il Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Cagliari,
prof. Pasquale Mistretta, dopo aver ringraziato le autorità e il pubblico
intervenuti, ha elogiato il lavoro svolto dalla prof.ssa Luisa D’Arienzo
che, particolarmente attenta ai problemi e ai temi della ricerca umani-
stica, ha saputo coinvolgere l’Università di Cagliari, che ha ospitato la
sua pregevole iniziativa.
Il sindaco del Comune di Cagliari, l’avv. Mariano Delogu, si è
fatto portavoce dell’orgoglio cittadino di fronte all’eccezionalità del-
l’evento, essendo la prima volta nella storia che la Segreteria di Stato

629
Rassegne di congressi e convegni

Vaticana si è resa disponibile per far uscire dallo Stato Pontificio mate-
riali di così grande pregio e in numero così rilevante, per ospitare i
quali il Comune ha messo a disposizione delle apposite vetrine.
Hanno poi preso la parola il dott. Giancarlo Alteri, direttore del
Medagliere Vaticano, e il dott. Giovanni Morello, direttore del Museo
Sacro della Biblioteca Apostolica Vaticana, che ricordando la prece-
dente e fruttuosa collaborazione con la Deputazione sarda, hanno ma-
nifestato il loro plauso all’importante iniziativa per la realizzazione
della quale è stato fondamentale il loro sostegno.
La prof.ssa Luisa D’Arienzo, Presidente della Deputazione di
Storia Patria per la Sardegna, dopo aver ringraziato quanti hanno col-
laborato con entusiasmo e partecipazione all’iniziativa, ha ricordato
gli scambi culturali che da oltre quindici anni la Deputazione ha atti-
vato con la Biblioteca Apostolica Vaticana e l’Archivio Segreto Vatica-
no, che hanno prodotto importanti risultati, quali la Mostra “La Sar-
degna in Vaticano” svoltasi nel vestibolo del Salone Sistino dal 19 no-
vembre 1991 al 31 gennaio 1992.

Nel pomeriggio della giornata del 16 ottobre si è dato inizio ai


lavori con il saluto del dott. Gianni Filippini, assessore alla Cultura
del Comune di Cagliari. Sotto la presidenza della prof.ssa Luisa
D’Arienzo, la prima sessione del Convegno è iniziata con l’intervento
del prof. Mauro Maria Morfino, della Pontificia Facoltà Teologica del-
la Sardegna, sul tema “L’Anno Santo nella letteratura biblica veterotesta-
mentaria”. Il relatore ha analizzato il libro del Levitico che, tra tutti i
testi biblici, è, senza dubbio, il più importante, esteso e circostanziato
sull’argomento. In particolar modo si è soffermato sulla lettura del Lv.
25, 8-55, la lunga sezione dedicata alla celebrazione del giubileo e alle
relative norme riguardanti la terra, le proprietà e la persona, riscon-
trandovi, all’interno sei microunità letterarie fondamentali, così distri-
buite: data e celebrazione del giubileo (vv. 8-12); compravendita dei
terreni (vv. 13-17); maggese, ossia la terra che non viene lavorata per
un anno (vv. 18-22); riscatto della terra (vv. 23-28); riscatto delle cose
(vv. 29-34); riscatto della persona (vv. 35-55).
Viene subito messa in evidenza l’importanza che il redattore at-
tribuisce alla liberazione degli schiavi cui è dedicata la microsezione
più lunga; non si riferisce alla liberazione di tutti gli schiavi di qualsia-

630
Rassegne di congressi e convegni

si popolo, bensì ai soli ebrei che sono stati costretti a diventarlo per il
sopraggiungere della povertà.
Tutte le normative ebraiche presenti nel Levitico riecheggiano
quei provvedimenti legislativi miranti all’estinzione dei debiti contrat-
ti anteriormente, alla liberazione degli schiavi e all’annullamento delle
precedenti vendite dei terreni, ben attestati in Mesopotamia fin dal
terzo millennio e in Anatolia e in Siria nel secondo millennio, procla-
mati in genere per l’insediamento del nuovo re, il quale doveva dimo-
strare la propria clemenza e benevolenza nei confronti dei sudditi.
Nel testo biblico è Dio stesso che proclama l’anno giubilare,
progettato in forma ciclica, affinché la giustizia divina sia periodica-
mente ristabilita. Mediante l’attuazione dell’anno giubilare, la santità
di Dio può manifestarsi nell’esistenza concreta del popolo d’Israele,
attraverso il rispetto della terra e della persona che appartengono solo
al Signore.
La legislazione giubilare rappresenta di fatto la sintesi di valori
già presenti nell’Israele veterotestamentario. La terra, la famiglia e l’in-
dividuo vanno rispettati nella loro integrità in quanto appartenenti a
Dio, quindi in uno stato assoluto da tutte le altre potestà; neppure il
re d’Israele può contravvenire a questo principio. In realtà nell’Antico
Testamento non viene attestata la pratica dell’anno giubilare, ma la
sua continua violazione. Il legislatore sacerdotale, forse già consapevo-
le di questo scarto incolmabile tra la legge e la vita dell’uomo, si pro-
pone, mediante il Levitico 25, 8-55, di lanciare un messaggio di spe-
ranza per quanti non hanno più famiglia e terra e per coloro che non
credono neppure alla liberazione di se stessi. Il ritorno a equità patri-
moniale, da ristabilire ogni cinquant’anni secondo la legge del giubi-
leo, rappresenta un ideale per la vita dell’uomo attraverso il quale a
tutti viene offerta una possibilità di reintegrazione economica e socia-
le. Dietro l’insistenza sul ritorno alla dignità umana, alla famiglia, alla
terra, nel testo del Levitico si nasconde anche un manifesto nazionali-
stico che si esplicita con l’auspicato ritorno degli israeliti nella terra di
Canaan.
Il prof. Massimo Miglio dell’Università di Viterbo, ha incentra-
to il suo intervento su “Le Cronache degli Anni Santi”. Ha esordito con
l’analisi della relazione che il cardinale Iacopo Stefaneschi, personag-
gio eminente della Curia Pontificia e testimone oculare dell’avveni-

631
Rassegne di congressi e convegni

mento, scrisse relativamente al giubileo del 1300. Lo Stefaneschi è


uno storico attento e problematico e tenta qualche volta di dare delle
risposte concrete ai molti interrogativi che, prima del Natale 1299-
1300, si ponevano i personaggi più influenti della Curia Romana e,
primo fra tutti, Bonifacio VIII, davanti alla gran folla di pellegrini ac-
corsi a implorare l’indulgenza plenaria. Il cardinale informa come il
papa avesse ordinato che si ricercassero le fonti relative a un possibile
giubileo precedente; i libri della Biblioteca Pontificia avrebbero dovu-
to dire qualcosa in proposito e così i registri dei pontefici del passato.
Davanti al generale silenzio lo Stefaneschi cerca delle spiegazioni: for-
se la causa della dispersione va attribuita alla negligenza dei papi, o ai
numerosi scismi e guerre o, ed è la spiegazione più probabile, dietro
l’ansia religiosa popolare vi sarebbe molta fantasia e poca verità. Ma
non è attento solo agli aspetti religiosi dell’avvenimento; la sua voca-
zione di storico lo porta a indicare aspetti diversi dell’anno giubilare,
così il suo trattato contiene anche molti elementi di cronaca che, non
a caso, si ritrovano nelle successive memorie cronachistiche. In primo
luogo ci riferisce dei diversi problemi legati al pellegrinaggio: l’abitu-
dine, ad esempio, di portarsi quanto serviva per mangiare; la consue-
tudine delle fanciulle romane di visitare le basiliche di notte accompa-
gnate dalle madri; dato che di giorno, per virginale pudore, stavano in
casa, al riparo dagli sguardi degli uomini; l’ispessirsi delle presenze du-
rante le liturgie pasquali; la presenza di sardi, corsi e pugliesi nel perio-
do estivo, provenzali, francesi, ungheresi e tedeschi in autunno e in
inverno; la relativa presenza degli inglesi per la situazione di bellige-
ranza del paese; l’assenza di re e principi. Non ci riferisce dei prezzi di
grano e vino durante l’anno giubilare, ma si sofferma ampiamente sul-
l’abbondanza delle rendite alle basiliche romane e sulla conseguente
decisione del pontefice di utilizzare i proventi per acquistare casali e
castelli per le chiese. Lo Stefaneschi, uomo di chiesa, non si limita a
raccontare gli avvenimenti e accadimenti del giubileo, ma analizza a
fondo anche i motivi dell’indulgenza, l’intenzione di essa, la piena au-
torità del concedente. Le successive cronache raccontano quasi esclu-
sivamente i fatti dell’Anno Santo.
Il prof. Miglio ha proseguito con l’analisi della più famosa cro-
naca medioevale italiana, la Nuova Chronica di Giovanni Villani. Il
Villani, che per sua stessa dichiarazione era stato pellegrino a Roma

632
Rassegne di congressi e convegni

nel 1300, dedica alla narrazione degli avvenimenti giubilari il capitolo


26 del libro IX: Come Papa Bonifazio VIII diè perdono a tutti i Cristia-
ni, ch’andassono a Roma l’anno del giubbileo.
Nella prima parte del capitolo si trovano significative coinciden-
ze con la relazione del cardinale Stefaneschi: la convinzione popolare
dello svolgimento del giubileo negli anni secolari precedenti; l’esposi-
zione del velo della Veronica ogni venerdì; l’arrivo a Roma di tantissi-
mi pellegrini, uomini e donne; il tranquillo svolgimento dell’Anno
Santo; il grande tesoro che venne alla chiesa; l’arricchimento dei ro-
mani.
L’interessante relazione del prof. Miglio è proseguita con l’esame
della Chronica di Matteo Villani, il quale, relativamente al giubileo del
1350, registra le difficoltà del cammino lungo le strette viuzze di
Roma, gli incidenti, anche mortali, verificatisi a causa dell’affollamen-
to; ricorda l’offerta dei pellegrini alle singole chiese; registra i costi de-
gli alberghi e del mangiare per uomini e cavalli. La sensibilità di Mat-
teo, continua prof. Miglio, tiene conto della mutata situazione politi-
ca e religiosa in seguito al trasferimento della Curia pontificia ad Avi-
gnone, ma anche dell’incidenza della peste nera sulla situazione socia-
le europea e sulla celebrazione del giubileo; precisa con attenzione co-
sti e spese. La struttura del racconto ha acquisito una sua omogeneità,
rispetto alle cronache precedenti, la quale, secondo il relatore, non è
tanto da ricondurre alla dipendenza di un cronista dall’altro, quanto
piuttosto alla comune registrazione di quanto nasceva dalla personale
esperienza del pellegrinaggio e di quanto si trasmetteva nell’immagi-
nario collettivo.
La Cronaca Aquilana di Buccio di Ranallo racconta, in versi, gli
avvenimenti dell’anno giubilare 1350, mescolando tra loro fatti politi-
ci e credenze religiose. L’autore riferisce della sua presenza in un nu-
mero impressionante di iterazioni, che non sottolineano tanto la pre-
senza topica del cronista a Roma, quanto piuttosto la sua partecipa-
zione a un avvenimento eccezionale in una città eccezionale.
Anche nelle novelle il giubileo diventa in qualche modo sogget-
to e la sacralità momento della complessa didattica della città, che non
è solo religiosa, ma è più ampia. Gli attori delle Novelle di Giovanni
Sercambi rimangono a Roma dieci dì per prendere queste perdonanze e
per vedere le cose antiche. Roma è una città sacra, ma anche laica e so-

633
Rassegne di congressi e convegni

prattutto antica. Il viaggio verso l’Urbe non può essere soltanto reli-
gioso. Lo stesso Sercambi racconta nelle sue Cronache di ben tre giubi-
lei: 1300, 1350, 1400. Bonifacio VIII è accusato di aver indetto l’An-
no Santo per raccogliere denaro e far tesoro (17.000 fiorini d’oro è la
cifra da lui raccolta, secondo il cronista). Più complesso è il discorso
del Sercambi relativamente al giubileo del 1400. Interessante il fatto
che faccia due scelte, in qualche modo, complementari tra loro: deci-
de di non raccontare il pellegrinaggio a Roma nel 1400, perché sareb-
be stato impossibile narrare tutto quanto, ma anche di porre termine
con l’anno secolare al primo libro delle sue Cronache.
“La Veronica: l’immagine dei pellegrini” è il titolo della relazione
del dott. Giovanni Morello, direttore del Museo Sacro della Biblioteca
Apostolica Vaticana. Il relatore ha iniziato la sua esposizione ricordan-
do ai presenti che, come risulta dalle cronache medievali, l’ostensione
della Veronica rappresenta il momento centrale della visita giubilare.
La presenza del velo sul quale Cristo avrebbe lasciata impressa,
in modo miracoloso, la sua sembianza umana è attestata nella basilica
di San Pietro dagli inizi dell’VIII secolo. In quegli anni papa Giovanni
VII, greco, fece costruire un prezioso ciborio arricchito di mosaici e
marmi per custodirvi la reliquia, distrutto poi in seguito al successivo
allargamento della chiesa, a opera del Maderno. Lo conosciamo grazie
a un disegno di Giacomo Grimaldi, notaio e canonico di San Pietro, il
quale, all’inizio del XVII secolo, aveva ricevuto l’incarico di rendere
conto di tutti i lavori di trasformazione dell’antica basilica medioevale
di San Pietro. L’eccezionale testimonianza è relativa al momento che
precede la definitiva distruzione del ciborio. Il 25 gennaio 1606 infat-
ti, con un solenne rito, la Veronica, insieme alle altre reliquie maggio-
ri: la Santa Lancia e la Testa di Sant’Andrea, venne sistemata provviso-
riamente nella sagrestia, per poi essere collocata nelle tribune secondo
la sistemazione definitiva del Bernini.
Il disegno del Grimaldi mostra il ciborio nella sua trasformazio-
ne rinascimentale; da esso risulta che, in alto, in una cassa protetta da
una grata di ferro era conservata la Veronica, ma il notaio, nonostante
si fosse occupato a più riprese della preziosa reliquia, redigendo anche
un opuscolo a lei dedicato, non ci ha però lasciato nessun disegno del-
la Veronica, né una sua compiuta descrizione, limitandosi alla narra-
zione dell’accadimento miracoloso.

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Rassegne di congressi e convegni

Una veloce descrizione del velo è invece contenuta nel Breve con
il quale Paolo V Borghese concedeva l’indulgenza plenaria a tutti i fedeli
che, il 25 gennaio 1606, avessero partecipato alla traslazione delle reli-
quie. Dalla sommaria descrizione risulta che l’originale della Veronica
che, agli inizi del XVII secolo, veniva mostrato ai fedeli, presentava l’im-
magine di Cristo con il capo circondato di spine e gli occhi chiusi. Que-
sto tipo iconografico, affermatosi dopo il sacco di Roma, sconfisse quel-
lo più antico che rappresentava il Volto di Gesù secondo una tipologia
tipicamente bizantina: i capelli lunghi divisi a metà e la folta barba a
incorniciare il viso, così come risulta dai Mirabilia Urbis Romae, laddove
vediamo i pellegrini inginocchiati davanti alla Veronica; qui l’immagine
rappresentata sul velo, nonostante l’essenzialità del disegno, è chiara-
mente identificabile nella stessa tipologia di matrice orientale.
Secondo il dott. Morello era questa l’immagine del Volto Santo
che i pellegrini giubilari del 1300 devotamente veneravano nelle basi-
lica Vaticana. Tutte le testimonianze provenienti dalle insegne di pelle-
grinaggio concordano in questa direzione. Anche il pellegrino rappre-
sentato nell’affresco di Andrea di Bonaiuto, nella chiesa di Santa Ma-
ria Novella a Firenze, datato 1366-67, mostra sull’apice del cappello
l’immagine della Veronica nella tipologia orientale.
Si può quindi ipotizzare l’esistenza nel tempo di due diversi
esemplari della preziosa reliquia, così come suggerisce l’iconografia di-
vulgativa, che presenta due tipologie differenti. È difficile stabilire
quando si sia verificato il cambio. Il dott. Morello ipotizza che ciò sia
avvenuto dopo il sacco di Roma quando, secondo alcune cronache e
relazioni coeve, la venerata immagine avrebbe subito sacrilegio o addi-
rittura sarebbe stata bruciata in un’osteria da lanzichenecchi ubriachi
ma altri cronisti, tra i quali il Grimaldi, escludono categoricamente
tale ipotesi; resta il fatto che le copie circolanti nel XVII secolo mo-
strano un’immagine del Cristo con gli occhi chiusi, quindi dopo la
morte (immagine che potrebbe derivare dalla Sindone), mentre le te-
stimonianze medioevali concordano nel rappresentare il volto di Cri-
sto secondo la tipologia orientale. L’ipotesi che potesse trattarsi del
Mandilion di Edessa conservato nella chiesa di San Silvestro in Capite
non è, secondo Morello, da escludere del tutto.
Urbano VIII, rendendosi conto dell’incongruenza tra l’immagi-
ne che nel 1600 veniva mostrata ai pellegrini e la narrazione del mira-

635
Rassegne di congressi e convegni

colo della Veronica che asciugava il volto di Gesù ancora vivo, proibì,
sotto pena di scomunica, di fare copia della reliquia custodita nella
basilica Vaticana. Anche Gianlorenzo Bernini non si sottrasse a questa
disposizione quando realizzò la statua della Veronica, collocata nella
tribuna intorno all’altare papale, fece infatti sfumare il volto rappre-
sentato sul velo tanto che risulta difficilmente identificabile.
A conclusione della prima sessione dei lavori la prof.ssa Renata
Serra dell’Università di Cagliari, ritornando su un discorso da lei af-
frontato in diverse pubblicazioni, ha voluto dare nuovi apporti e pre-
cisazioni su “Il tema della Veronica nella pittura dei secoli XV e XVI in
Sardegna”.
Come ha ricordato la relatrice, la Veronica giubilare è quella che
ripete il modello dell’immagine acheropita di Cristo relativa alla leg-
genda secondo cui il Signore, poggiando il volto su un telo, vi avrebbe
lasciato miracolosamente impresso il proprio ritratto, poi inviato in
dono al re Abgar di Edessa. Nell’accezione corrente la Veronica è inve-
ce quell’immagine che si sarebbe formata nel momento in cui Cristo,
sulla via del Calvario, fu asciugato dal sangue e dal sudore, che gli ri-
coprivano il volto, da una sua pia discepola, successivamente identifi-
cata dalla tradizione cristiana con il nome di santa Veronica.
Nelle Veroniche sarde si constata immediatamente come i vari ar-
tisti si siano ispirati a entrambe le tradizioni. La relatrice ha evidenziato
che per Veronica, in Sardegna, si intende una piccola tavola rettangolare
dipinta su entrambe le facce – su una il ritratto di Cristo, sull’altra quel-
lo della Madonna – incorniciata e originariamente munita di un’asta
per essere portata in processione. Come oggetto liturgico non trova
confronti in Italia ma deriva dalla tradizione spagnola.
La pittura in Sardegna annovera due dipinti che raffigurano
esemplarmente il tema iconografico della Veronica, secondo entrambe
le lezioni appena indicate. Il primo, che rappresenta Gesù con il volto
intatto e sereno, si trova sul dritto dello stendardo processionale quat-
trocentesco del duomo di Sassari, di eccezionale interesse, sia per la
qualità del testo pittorico, ma anche come più antico documento di
questa tipologia di stendardo, in cui il pittore evidentemente sembra
ispirarsi alla leggenda di Abgar di Edessa. Il secondo tipo iconografico
compare invece sulla Veronica della chiesa di Santa Maria del Regno
di Ardara, dove l’autore ha voluto raffigurare sul panno il volto patiens

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Rassegne di congressi e convegni

di Cristo, coronato di spine e rigato di sangue, rifacendosi quindi alla


Veronica vera e propria. Entrambi i gonfaloni mostrano sul verso, se-
condo la tipologia canonica, l’immagine della Madonna col bambino.
Il discorso della Veronica di Sassari, finora rivolto quasi esclusi-
vamente all’immagine della Madonna, manda avanti una tortuosa vi-
cenda critica che ha avuto inizio nel 1907. Dopo aver analizzato tutte
le ipotesi che si sono succedute nel tempo sull’ignoto autore della Ve-
ronica di Sassari, la relatrice ha ribadito l’ipotesi di Ferdinando Bolo-
gna che collocava il dipinto nell’ambito della tendenza, degli ultimi
decenni del ’400, a riprendere i motivi antonelliani, istituendo un
confronto con la Madonna del polittico di San Gregorio di Messina,
eseguito da Antonello da Messina nel 1473.
Indipendente dai due tipi di immagine acheropita finora esami-
nati e tipologicamente improntata sul cosiddetto sacro retrato, molto
diffuso in area iberica, è invece la Veronica della parrocchiale di Villa-
mar, collegabile a un celebre retablo firmato da Pietro Cavaro nel
1518. Qui il volto di Cristo non è impresso su un panno, ma su fondo
oro bulinato e sul retro non appare più la madre col bambino, ma
semplicemente il volto di Maria con tratti che ne rivelano un’età or-
mai matura.
Altro tema iconografico presente nelle veroniche sarde è quello
del Cristo Salvator mundi di cui si conserva un significativo esempio
presso la cattedrale di Suelli. Sul dritto della tavola, anch’essa attribui-
bile alla bottega del Cavaro, Gesù appare benedicente e tiene con la
mano sinistra il globo crucifero. Il modello in questo caso può identi-
ficarsi, secondo il parere della prof.ssa Renata Serra, in area italica,
sfiorata però da suggestioni iberiche.
Nell’arte sarda il tema della Veronica non sembrerebbe aver tro-
vato applicazione al di fuori di questi contesti direttamente connessi
con la liturgia. L’unica eccezione è costituita da una struttura di deco-
razione architettonica, precisamente un pilastro della parrocchiale di
Santa Chiara a Cossoine, ove compare in rilievo una Veronica su velo i
cui lembi sono sorretti da angeli in volo. L’esecuzione di questo capi-
tello può essere fatta risalire alla fine del XVI secolo.
Durante la serata di domenica 17 ottobre i lavori sono prosegui-
ti sotto la presidenza del prof. Giancarlo Alteri direttore del Medaglie-
re della Biblioteca Apostolica vaticana.

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Rassegne di congressi e convegni

“Betlemme e il giubileo. Gli itinerari devozionali di Terra Santa” è


il titolo della relazione svolta dalla prof.ssa Tatiana Kirova, dell’Uni-
versità di Cagliari, e dal prof. Elias Diek, dell’Università di Birzeit-Pa-
lestina, i quali stanno portando avanti un progetto internazionale per
il recupero del paesaggio di Betlemme, considerata come una delle cit-
tà referenti più importanti del giubileo. Il papa, infatti, ha program-
mato una sua visita nel marzo del 2000 e tutti si stanno ultimamente
occupando del problema. La prof.ssa Kirova, parlando anche a nome
del collega relatore, ha innanzitutto illustrato il difficile progetto. Bet-
lemme è, infatti, una città che ha delle caratteristiche molto diverse
rispetto a quello che è il consolidamento di una cultura stratigrafica-
mente impostata come quella di Roma. È un piccolo villaggio diven-
tato città in maniera piuttosto veloce, secondo un inurbamento tipico
di molti paesi affacciati sul Mediterraneo, ma soprattutto ha avuto,
secondo la Kirova, il curioso scollamento del monumento della Nati-
vità, visitato quasi esclusivamente nei Tours, dal resto del villaggio,
che ha invece delle caratteristiche importantissime e delle tracce parti-
colarissime. Purtroppo, a causa degli ultimi interventi e delle più re-
centi iniziative, Betlemme rischia di perdere la sua identità. Un comi-
tato capeggiato dall’Unesco sta portando avanti, già da tre anni, un’or-
ganizzazione alla quale hanno aderito tutti i paesi del mondo; ciascu-
no ha contribuito con finanziamenti e progetti oppure offrendo ma-
nodopera, però manca purtroppo un piano d’insieme. Di qui la neces-
sità di intervenire e introdurre correttivi laddove questi progetti non si
inseriscono in maniera organica nella memoria storica, nel genius loci
di questa città. La relatrice ha ricordato anche l’importantissimo Con-
vegno tenutosi a Roma nello stesso periodo, organizzato dal Ministero
per i Beni Culturali, che ha portato alla luce le medesime problemati-
che. Il documento finale emerso dal Convegno ha sottolineato infatti
la necessità di arrivare assolutamente a una convenzione internaziona-
le per la tutela di tutto il territorio, non soltanto del tessuto urbano e
del centro storico, ma anche di tutte quelle categorie di beni culturali
che si riferiscono all’archeologia rurale, per i piccoli centri, e all’arche-
ologia industriale, per le periferie urbane. La prof.ssa Kirova e il prof.
Elias Dieck, alla luce di tutte queste problematiche, si propongono di
ritrovare il paesaggio e recuperare il villaggio di Betlemme, qual è sta-
to, prima che le sue tracce particolarissime scompaiano per sempre,

638
Rassegne di congressi e convegni

identificando gli itinerari religiosi che lo collegavano a Gerusalemme e


i luoghi sacri dislocati lungo queste strade, ricercando quel che ancora
rimane delle culture agricole che hanno contraddistinto questo am-
biente (gli uliveti terrazzati), riscoprendo gli itinerari urbani deputati
al passaggio dei pellegrini man mano che entravano in città. Si tratta
in sostanza di ritrovare, attraverso la loro storia, una serie di luoghi e
di edifici che rischiano di perdere la loro identità.
I relatori hanno, quindi, commentato a due voci una serie di
diapositive, immagini di un ipotetico viaggio all’interno di Betlemme,
mettendo subito in luce le problematiche politiche: il territorio intor-
no è di proprietà israeliana, l’interno è palestinese; di qui le notevoli
difficoltà legate alla possibilità di ampliamento della città. Le diaposi-
tive sono state suddivise discendendo di scala: il territorio, l’ambiente
naturale, la città e l’insediamento, i percorsi urbani.
È seguito l’intervento del prof. Antonio Piras della Pontificia
Facoltà Teologica della Sardegna, intitolato “I pellegrinaggi in Terra-
santa nelle lettere di Gregorio di Nissa”. Il docente, prima di iniziare la
sua esposizione, ha premesso l’impossibilità di parlare di Anni Santi
per il IV secolo, ma soltanto di peregrinationes ad Loca Sancta. Le fonti
documentano con sicurezza un fitto movimento di pellegrini alla volta
della Terra Santa, soprattutto asceti e monaci di entrambi i sessi. Il
relatore ha ricordato ai presenti il pellegrinaggio di Elena, madre di
Costantino, di Eutropia, madre di Fausto e moglie dell’imperatore, e
di tutte quelle donne romane, appartenenti al patriziato, alcune facen-
ti parte della cerchia di Girolamo, le quali, tra il IV e il V secolo si
trasferirono in Palestina: Melania senior, Paola e la figlia Eustochia,
Melania iunior.
Se l’intraprendere tali viaggi era considerato generalmente come
un atto di pia devozione, non mancarono tuttavia personaggi che le-
varono una voce dissona nei riguardi di una moda che non era esente
da gravi pericoli. Nell’esiguo epistolario di Gregorio di Nissa troviamo
due lettere nelle quali l’autore prende una netta posizione contro tali
pellegrinaggi. Il prof. Piras ha impostato la sua relazione sull’analisi di
queste due lettere la cui autenticità, proprio a causa della drastica po-
sizione assunta da Gregorio di Nissa, venne contestata, nel diciassette-
simo secolo, da parte cattolica, nell’ambito della polemica contro i Ri-
formati, che volevano vedere nel Nisseno un loro precursore. In realtà

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Rassegne di congressi e convegni

si deve riconoscere che il loro tenore consona perfettamente alla teolo-


gia dell’autore. Grazie ad alcuni riferimenti interni, si possono far risa-
lire agli anni 381-382. La prima delle due lettere è indirizzata a un
superiore di un monastero maschile, il quale aveva chiesto a Gregorio
la sua opinione sull’utilità spirituale del pellegrinaggio in Terra Santa
per i religiosi; destinatarie della seconda lettera sono invece tre donne,
probabilmente monache: Eustazia, Ambrosia, Basilissa. Gregorio ar-
gomenta il suo punto di vista in maniera articolata, dopo aver premes-
so che, quanti hanno scelto la vita ascetica, devono conformare la loro
condotta agli insegnamenti del Vangelo; invita quindi a esaminare se
il visitare i luoghi gerosolimitani rientri nei precetti dati dal Signore.
La risposta è negativa; infatti, laddove il Signore invita i benedetti al-
l’eredità del Regno dei Cieli, il pellegrinaggio a Gerusalemme non vie-
ne mai annoverato tra le opere buone, né si trova incluso tra le beati-
tudini. A questo punto c’è da chiedersi che senso abbia eseguire ciò
che non è stato ordinato e a che pro sobbarcarsi una fatica che non
rende beati né ben disposti al Regno, tanto più che, aggiunge Grego-
rio, il cambiamento di luogo non comporta un avvicinamento a Dio;
l’uomo infatti si troverebbe sempre alla stessa distanza da Dio, secon-
do un’idea risalente ad Anassagora. Non c’è nessun bisogno che i cri-
stiani e in particolare i monaci intraprendano il viaggio in Terra Santa
poiché non si trae da esso nessun giovamento e la fede non aumenta
in virtù del pellegrinaggio. All’argomento dottrinale si aggiunge una
motivazione più propriamente morale e pastorale. I viaggi ad Loca
Sancta, non sono soltanto inutili, ma possono risultare dannosi so-
prattutto per chi ha intrapreso la vita ascetica, a causa della inevitabile
promiscuità tra uomini e donne che si viene a creare durante il viag-
gio, ma anche per il fatto che nei paesi orientali regna la degenerazio-
ne morale (prostituzione, furti, adulterio, idolatrie, insidie, omicidi,
ecc.).
Al di là delle motivazioni dottrinali o pastorali, alle quali forse
bisogna aggiungere anche una vena di antigiudaismo e la preoccupa-
zione per il diffondersi dell’eresia, al giudizio negativo di Gregorio sul
pellegrinaggio è sottesa, secondo il prof. Piras, anche una ragione ca-
ratteriale. Il relatore ha posto l’accento sul suo temperamento intro-
verso, alquanto timido, pragmatico, poco adatto alla vita comunitaria,
solitario. Ha concluso il suo intervento ricordando ai presenti che solo

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Rassegne di congressi e convegni

dieci anni più tardi alla voce del Nisseno si accordò quella di Girola-
mo, il quale, in più punti dell’epistola n. 58 del 395, mostra di cono-
scere le lettere di Gregorio. Nella sua lunga epistola Girolamo, ripren-
dendo in parte le argomentazioni del grande cappadoce, dimostra
l’inutilità del viaggio in Terra Santa per un monaco; ma il suo discorso
risente profondamente di suggestioni bibliche, inevitabile conseguen-
za della sua fatica di traduttore, soprattutto laddove sostiene di non
osare rinchiudere l’onnipotenza di Dio in un angusto territorio e coar-
tare in un piccolo punto della terra quello che neanche il cielo può
contenere.
La serata è proseguita con l’intervento del prof. Natalino Spac-
capelo, preside della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, dal
titolo “Una testimonianza inedita del XVI secolo sui loca sancta in Egit-
to”. Il relatore ha incentrato il suo contributo sul singolare pellegri-
naggio compiuto, dietro diretto comando del re di Spagna Filippo II,
da Diego de Salazar (1539-1596), gesuita spagnolo del XVI secolo.
Dopo essersi distinto per alcuni incarichi di responsabilità nel-
l’Ordine dei Gesuiti, nel 1554, al gesuita giunse improvviso l’ordine
di recarsi a corte. Il re Filippo in persona voleva affidargli un’impor-
tante missione che lo avrebbe tenuto lontano da Alcalá dall’11 giugno
1587 fino ai primi di gennaio del 1593. Diego de Salazar, chiamato a
corte, fu nominato visitatore del re di Spagna e inviato come suo rap-
presentante nei santuari, con l’incarico di lasciarvi offerte e doni per il
bene spirituale e materiale di Filippo III.
Padre Diego, del suo pellegrinaggio comandato, scriverà per il re
un racconto preciso e dettagliato. Il viaggio viene concepito diviso in
tre parti: la prima riguarda i santuari di Spagna fino a Santiago di Ga-
lizia (2 giugno-17 settembre 1587), la seconda i santuari più celebri
d’Italia e alcuni della Germania fino a Napoli (21 maggio 1588-pri-
mavera del 1590) e la terza parte del viaggio iniziata con la partenza
da Venezia il 12 settembre 1590 e conclusa, dopo aver toccato Tripoli,
la Palestina e l’Egitto, il 16 gennaio del 1592, con il ritorno a Messina.
Prof. Spaccapelo ha sottolineato come, attraverso quest’itinera-
rio, è possibile condividere, insieme al protagonista, un tratto della
sua vita di pellegrino di mestiere che si è messo in viaggio al servizio e
al posto di una altro, mosso solo da puri motivi religiosi nel vero spiri-
to di pellegrinaggio, preghiera e penitenza. Padre Diego ci ha lasciato

641
Rassegne di congressi e convegni

una descrizione dettagliata e sicura dei loca sancta, probabilmente tra


le più ricche e le più varie dei tempi moderni. Di grande interesse
sono i dettagli: gli aspetti umani del viaggio, i problemi della lingua,
la ricerca degli interpreti, la navigazione con le sue incertezze di tem-
pi, partenze e arrivi, temporali, naufragi, vita di bordo, problemi igie-
nici, alimentari, sanitari, sfiducia, prepotenze, tranelli, fedeltà e infe-
deltà. In particolare colpisce la descrizione dei loca sancta dell’Egitto
visitati con ammirazione e devozione e la prospettiva da cui padre de
Salazar vede, riflette e scrive, una prospettiva di un uomo di Dio, di
un uomo santo che, nei luoghi materiali e attraverso i luoghi materia-
li, scopre la presenza viva e operosa della chiesa di Cristo e di Cristo
stesso in persona.
L’ultimo intervento della serata “El viaje a Tierra Santa de don
Fadrique Enríquez di Ribera, I marques de Tarifa y Adelantado de Anda-
lucía” è stato svolto dal prof. Manuel Gonzalez Jimenez dell’Università
di Siviglia.
Don Fadrique Enríquez de Ribera, Adelantado Mayor de Anda-
lucía, conte de Los Molares e marchese di Tarifa, che proveniva da due
famosi lignaggi castigliani, divenne uno dei membri più importanti
della società politica sivigliana della seconda metà del secolo XV, note-
volmente favorito in questo anche da una stretta parentela con i Re
Cattolici. Essendo il secondo dei figli dell’Adelantado don Pedro En-
ríquez e pertanto senza prospettiva di ricevere una rendita sostanziosa,
entrò nell’ordine di Santiago. Nel 1514 la regina Juana lo nominò
marchese di Tarifa e un anno più tardi gli conferì la signoria della villa
di Alcalá de Los Gazules. Alla morte di Ferdinando il Cattolico (23
gennaio 1516) don Fadrique de Ribera raggiunse l’apice del suo pote-
re e del suo prestigio.
Non si conoscono i motivi che portarono don Fadrique a com-
piere il pellegrinaggio in Terra Santa, di cui abbiamo notizia grazie a
una relazione minuziosa, quasi un diario, del quale si conservano co-
pie nella Biblioteca Nazionale di Madrid e nell’Archivio Ducale di
Medinaceli a Siviglia. Don Fadrique Enríquez iniziò il suo viaggio dal
suo possedimento andaluso nella Sierra de Cádiz il 24 novembre del
1518. Dopo essere passato per la Francia e numerose città italiane,
raggiunse Venezia dove si imbarcò in una nave della Serenissima,
l’unica potenza cristiana che in quel momento manteneva buone rela-

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Rassegne di congressi e convegni

zioni commerciali e politiche con la Turchia. Durante questa prima


tappa del viaggio visitò una serie di santuari dove si veneravano reli-
quie relazionate alla vita di Cristo. Tutti i luoghi italiani sono stati
puntualmente descritti e correlati di notizie sulle tradizioni locali,
come quella veneziana per cui prima di sposarsi le fidanzate venivano
esaminate da una donna della famiglia del suo sposo “por ver si tiene
algú defecto secreto”. Partì da Venezia il 1 luglio 1519 e il 12 arrivò a
Zante, proseguendo lungo la costa per evitare gli assalti di navi nemi-
che. Il 16 luglio arrivò all’isola di Citera dove, secondo don Fadrique,
“Paris robó a Helena”; dopo 20 giorni di navigazione prese quindi il
cammino per Gerusalemme.
A partire da qui la relazione di don Fadrique avanza con lentezza
annotando, con tutti i dettagli, i luoghi della vita di Cristo visitati, come
il Campo de Sangre o Hacéldama comprato con le 30 monete che rice-
vette Giuda per aver venduto Cristo, el lavatorio de Siloè ossia la fuente
donde la Virgen lavaba. Il 20 agosto riprese il mare alla volta dell’Italia
dove si trattenne fino al 9 gennaio 1520. La sosta a Genova fu partico-
larmente lunga perché contrattò con vari scultori la realizzazione del
mausoleo della sua famiglia. Senza alcuna precisazione cronologica il
diario si conclude bruscamente affermando che da Burgos giunse vicino
a Valladolid, passando poi per il monastero di Guadalupe “camino dere-
cho de Sevilla”. Don Fadrique Enríquez de Ribera soddisfò con questo
lungo viaggio attraverso la Spagna, l’Italia, il Levante mediterraneo e la
Terra Santa la sua devozione e la sua curiosità. Un viaggio accuratamen-
te preparato, a giudicare dalle molte opere di letteratura di viaggio e dei
portolani che si conservavano nella sua biblioteca, tra cui il libro di
Marco Polo e abbondante materiale cartografico.
La mattina di Lunedì 18 ottobre, sotto la presidenza del prof.
Massimo Miglio, si è aperta con al relazione del prof. Giovanni Che-
rubini, dell’Università di Firenze, su “La storiografia del pellegrinaggio
a Santiago”. Il relatore ha innanzitutto sottolineato la vastità della bi-
bliografia esistente sull’argomento, che non ha eguali per nessun altro
pellegrinaggio medioevale; la sua difficoltà di approccio dal momento
che mischia, con relativa facilità, la ricerca scientifica e quella di tipo
devozionale e turistico; la totale assenza di sintesi di carattere generale.
Las Peregrinaciones a Santiago de Compostela, in tre volumi, degli spa-
gnoli: Luis Vasquez De Parga, Josè Maria La Carra, Juan Uria Uriu,

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Rassegne di congressi e convegni

pubblicata nel 1948 e riedita nel 1992, a opera del governo di Navar-
ra, con una ricca appendice bibliografica relativa agli anni compresi
tra il 1948 e il 1992, rappresenta, sul piano europeo, l’opera più gran-
de e importante, ma la sua valenza è soprattutto spagnola. Il primo
volume tratta il pellegrinaggio jacopeo in senso generale, il secondo
contiene la descrizione delle strade che conducono a Santiago, ma de-
dica largo spazio alla descrizione delle tappe spagnole, trascurando le
vie francesi, infine il terzo volume è una raccolta di documenti. Sono
abbastanza numerose le opere collettive, generalmente atti di congres-
si scientifici o di buona divulgazione e cataloghi di mostre.
Il prof. Cherubini, dopo aver sottolineato l’impossibilità di dar
conto di tutto quanto è stato scritto, ha soffermato la sua attenzione
su alcune tematiche importanti affrontate dalla storiografia. Il proble-
ma del culto di San Giacomo, che comincia tardi; la scoperta, infatti,
dei tre corpi nella tomba a Compostella risalirebbe alla prima metà del
IX secolo e rimane locale molto a lungo. Solo a partire dall’XI, forse
XII secolo, diventa internazionale e di portata europea, anche se rela-
tivo alla sola cristianità latina; importante è anche il contesto politico-
religioso all’interno del quale si afferma il pellegrinaggio: il forte desi-
derio di avere un santo locale per contrastare la penetrazione dei mu-
sulmani, l’interesse della corte di Oviedo e della chiesa compostellana,
desiderosa di sottrarsi al controllo della chiesa di Braga. Tra gli altri
temi affrontati: l’ampiezza del richiamo del pellegrinaggio (il numero
dei pellegrini e la loro provenienza); le figure dei personaggi più im-
portanti; la viabilità; le tombe dei pellegrini; l’ospitalità (gli ospedali
istituzionalmente preposti all’accoglienza dei pellegrini, l’ospitalità
gratuita presso privati, gli alberghi e le taverne); le condizioni del pel-
legrino in viaggio (la tutela della legge, i pericoli, i mezzi di trasporto,
i tempi); le cerimonie di partenza e di ritorno; i costi; l’abbigliamento
e la sua simbologia; le ricadute del pellegrinaggio. In particolare, il re-
latore si è soffermato su quest’ultimo punto, sottolineando la presenza
di una ricchissima storiografia relativa agli effetti del pellegrinaggio,
immediati o a distanza, difficilmente padroneggiabile perché richiede
specifiche conoscenze di storia dell’arte e di storia tout court. La diffu-
sione del culto di San Giacomo è molto vasta e profonda, come atte-
stano le numerose confraternite, chiese, cappelle a lui intitolate, gli
ospedali, le navi (queste ultime soprattutto in Inghilterra), la diffusio-

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Rassegne di congressi e convegni

ne del nome Giacomo fra i battezzati (a Firenze, all’inizio del 1200, è


più frequente di Giovanni). Importante è anche la diffusione di culti
diversi lungo le strade di Santiago, ma soprattutto determinante è l’in-
fluenza del pellegrinaggio jacopeo nell’arte: nell’architettura (le cosid-
dette chiese di pellegrinaggio, che consentono ai pellegrini di circolare
tranquillamente al loro interno, senza disturbare le funzioni religiose
dell’altare, si ispirano alla chiesa di Santiago di Compostella), nella
scultura, nella pittura. San Giacomo viene rappresentato in varie for-
me: come apostolo, con il libro o il rotolo e con la spada, simbolo del
martirio, come pellegrino, come matamoros. Sono ben documentati
gli influssi del pellegrinaggio compostellano anche nella letteratura,
nello sviluppo delle economie locali, nella musica, nei modi di dire
popolari (presso i tedeschi “non sono mica l’oste di San Giacomo” signi-
fica “non ti posso dare da mangiare gratis”).
Il secondo intervento della mattinata, dal titolo “Una alternati-
va a la peregrinación jacobea. Privilegios pontificios al Hospital Real de
Santiago de Compostela”, è stato svolto dalla prof.ssa Emilia Salvador
Esteban, dell’Università di Valenza, che ha esordito mettendo in evi-
denza l’esistenza, accanto al pellegrinaggio reale, il più conosciuto e
studiato, di quello che potrebbe essere definito pellegrinaggio virtuale,
che non richiede la presenza del pellegrino nei luoghi tradizionali del
giubileo cristiano per ottenere i privilegi e le indulgenze a lui riservate.
La studiosa spagnola ritiene che la figura del pellegrino medioevale,
con il suo abito caratteristico, il suo grande cappello, la bisaccia, il
bordone e la zucca per l’acqua, che percorre, generalmente a piedi,
lunghi tragitti per raggiungere Roma, Gerusalemme o Santiago di
Compostella sia un’immagine stereotipata e riduttiva, anche se la più
classica e convenzionale. Ma la realtà è molto più complessa e variega-
ta. L’abito del pellegrino, riprodotto al giorno d’oggi come simbolo
inequivocabile del pellegrinaggio medioevale, non era una condizione
sine qua non. Era infatti quello che meglio rispondeva alle esigenze di
colui che procedeva a piedi, ma non era affatto necessario per coloro
che viaggiavano a cavallo o con qualsiasi altro mezzo di trasporto in
uso e che pertanto indossavano gli abiti comunemente utilizzati dai
viaggiatori contemporanei. Se lucrare le indulgenze era l’obbiettivo
principale dell’autentico pellegrino, le ragioni che spingevano gli uo-
mini a mettersi in viaggio erano straordinariamente diverse: sciogli-

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Rassegne di congressi e convegni

mento di voti e di penitenze inflitte da tribunali ecclesiastici e laici;


ansia di avventura; desiderio di conoscere luoghi e uomini diversi;
c’erano anche molti vagabondi senza arte né parte per i quali il pelle-
grinaggio, fittizio e senza fine, si trasformava in un modus vivendi che
consentiva loro di approfittare di tutti i privilegi e dei servizi che ospe-
dali, alberghi e istituzioni religiose di vario tipo offrivano gratuita-
mente ai pellegrini. Le strade dirette a Roma, Gerusalemme e Santia-
go di Compostella erano infatti disseminate di alberghi, ospedali,
chiese per l’assistenza dei pellegrini. In particolare gli ospedali non si
occupavano esclusivamente dei poveri pellegrini, ma offrivano ospita-
lità a chiunque avesse bisogno di un letto e di un pasto caldo. Spesso
le rendite ordinarie non erano sufficienti per coprire tutte le spese che
tali istituzioni dovevano sostenere. Erano necessari sistemi alternativi
per il reperimento del denaro. In questa direzione si collocano i privi-
legi concessi dai pontefici ai grandi ospedali del pellegrinaggio cristia-
no, secondo i quali, in cambio delle elemosine offerte per contribuire
al sostentamento dell’istituzione, i donatori ricevevano, integralmente
o parzialmente, gli stessi benefici spirituali ottenuti da coloro i quali
compivano effettivamente il pellegrinaggio. Sono questi i pellegrini
virtuali, che, senza compiere il cammino, rendevano più agevole il
pellegrinaggio di quelli reali e ne facilitavano l’assistenza ospedaliera.
La studiosa ha quindi enumerato i privilegi fondamentali con-
cessi dai papi all’Hospital Real de Santiago de Compostela, fondato dai
Re Cattolici nel 1499 per l’assistenza ai poveri pellegrini e per la cura
dei bambini abbandonati, e da questi posto sotto il Patronato Real. Pa-
recchi furono i papi che concessero privilegi a questa istituzione, molti
dei quali furono riuniti e ricompilati da Alessandro VII nel Breve
Summario. La studiosa, in particolare, ha avuto modo di consultare la
copia di questa relazione conservata nell’Archivio del Regno di Valen-
za, nella quale le concessioni dei diversi pontefici sembrano riunite
senza seguire un ordine cronologico, per cui, a volte, è difficile una
corretta attribuzione.
I primi privilegi furono concessi da Innocenzo VIII; seguirono
quelli di Alessandro VI e di Giulio II; quest’ultimo, in particolare,
estese all’ospedale di Santiago di Compostella tutte le grazie, le indul-
genze e i privilegi di cui godeva l’Ospedale di Santo Spirito in Sassia a
Roma. Ciò spiega perché nel Breve Summario si faccia riferimento a

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Rassegne di congressi e convegni

papi medioevali, anteriori alla fondazione dell’ospedale: Innocenzo II,


Alessandro IV, Onorio IV, Bonifacio VIII, Urbano V e Niccolò V, i
quali concessero grazie e indulgenze che, applicate inizialmente al-
l’Ospedale di Santo Spirito in Sassia, vennero poi estese, al principio
del XVI secolo, all’Hospital Real di Santiago. Queste vennero ulterior-
mente incrementate dai papi del XVI secolo (Leone X, Clemente VII
e Sisto V) e da uno del XVII secolo, Alessandro VII, l’autore del Breve
Summario.
Anche se viene specificato solo qualche volta, è implicito che
per ricevere tali indulgenze fosse necessario offrire un’elemosina al-
l’Hospital e, in alcuni casi, prepararsi spiritualmente con la confessio-
ne e la comunione. Il compito di riscuotere le elemosine era affidato a
esattori, nominati direttamente dall’autorità massima dell’Hospital
Real, che era, l’amministratore, i quali, a loro volta, potevano nomina-
re dei delegati, uno per ciascuna villa, città o località della Corona
d’Aragona. Tutti avevano l’obbligo di registrare per iscritto le quantità
di denaro versate.
Imagens de peregrinos e peregrinações medievais no ocidente penin-
sular” è il titolo dell’intervento del Prof. José Marques dell’Università
di Porto. Il relatore ha esposto le principali testimonianze relative alla
presenza di pellegrini originari delle estreme regioni occidentali della
Penisola Iberica, coincidenti con l’attuale Portogallo, nei tre grandi
centri di pellegrinaggio medievali: Gerusalemme, Roma e Santiago di
Compostella.
Per quanto riguarda il pellegrinaggio in Terra Santa, è necessario
distinguere due differenti cicli: uno anteriore all’invasione araba, ini-
ziata nel 711, l’altro coincidente con l’inizio delle Crociate d’Oriente
(1096) e con la formazione del Condado Portucalense (1095), destina-
to a trasformarsi in regno indipendente con il nome di Portogallo. Ri-
guardo al primo periodo, non sono molte le notizie di pellegrini por-
toghesi in Oriente, ma sono sufficienti per testimoniare la vitalità cri-
stiana nei confini occidentali d’Europa nei secoli IV-VI.
La prima notizia relativa alla presenza di pellegrini dell’occiden-
te peninsulare in Palestina si riferisce a Eteria, che, il 16 dicembre
383, fu sul Monte Sinai. Sebbene qualcuno la consideri originaria del-
l’Aquitania, la maggior parte degli studiosi ritiene, con sufficiente si-
curezza, che fosse originaria di Braga o, almeno, del Conventus Braca-

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Rassegne di congressi e convegni

raugustanus. Alcuni anni dopo partì alla volta della Terra Santa il pre-
sbitero Avito, desideroso di approfondire e perfezionare la sua prepa-
razione religiosa e culturale, al fine di poter combattere le idee priscil-
liane che si diffondevano rapidamente in Galizia. Fu a Costantinopoli
negli anni 393-409. Quantunque la sua partenza per l’Oriente non
avesse né l’intenzione né il carattere di un vero e proprio pellegrinag-
gio, tuttavia è fuor di dubbio che, quando Avito risiedette a Gerusa-
lemme, non poté rimanere inerte di fronte al fatto che si trattava di
Luoghi Santi, visitati da numerosissimi pellegrini, provenienti dai più
lontani paesi dell’Orbe cristiano. In Palestina incontrò il suo conterra-
neo Paolo Orosio, il quale risiedeva nel monastero di Betlemme, pove-
ro e ignorato pellegrino, insieme al grande maestro delle Sacre Scrittu-
re, San Girolamo. Nella galleria degli occidentali che visitarono i Luo-
ghi Santi della Palestina vengono inclusi anche Idacio, vescovo di
Chaves e Pascasio.
Non ci sono notizie sull’afflusso di pellegrini portoghesi a Geru-
salemme durante il periodo dell’occupazione araba. Durante la prima
fase della Reconquista, fino alla fine del secolo XI, sono rari i pellegri-
ni diretti in Terra Santa e identificati da un nome, si tratta perlopiù di
figure celebri: il conte D. Henríque, genero dell’imperatore Alfonso
VI, che compì il pellegrinaggio nel 1103; il vescovo di Coimbra D.
Mauricio Burdino, nel 1104; il suo successore D. Gonçalo e, qualche
anno più tardi, il celebre Teotonio, il quale fu pellegrino in Palestina
per due volte: nel 1121 e, probabilmente, nel 1130, così come ci rife-
risce il suo biografo, un anonimo discepolo.
Nel XIII secolo compì il pellegrinaggio in Oriente il vescovo di
Braga, D. Martinho Geraldes, inviato dal pontefice nel 1263.
Nel XIV secolo andò a visitare il Santo Sepolcro il vescovo di
Porto, D. Alfonso; nel 1411 fu la volta di D. Joao Esteves de Azam-
buja e del Conte di Ourem. Nel XV secolo nacque a Evora una con-
fraternita, la Confraria de palmeiros, della quale facevano parte tutti
coloro che erano stati in pellegrinaggio a Gerusalemme.
Relativamente al pellegrinaggio a Roma da parte dei portoghesi,
mancano, per il periodo medioevale, dati documentali. Sono parec-
chie le notizie di viaggi verso l’Urbe soprattutto da parte di chierici e
per i più svariati motivi, ma non si possono assimilare, con assoluta
certezza, ai veri e propri pellegrinaggi. Nel XV secolo il numero dei

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Rassegne di congressi e convegni

romei portoghesi aumenta sensibilmente, tanto da spingere alcuni di-


gnitari originari del Portogallo, residenti nella Città Eterna, a fondare
ospizi dove accogliere i compatrioti. Il cardinale D. Antonio, nel
1467, fece edificare un ospedale al quale diede il suo nome. Numerose
sono le notizie relative alla concessione di indulgenze giubilari, da par-
te del Romano Pontefice, a diversi personaggi, come se fossero andati
in pellegrinaggio.
Nella terza parte dell’intervento dal titolo “Santiago de Compo-
stela meta d’Europa”, il relatore, prendendo spunto dall’Anno Santo
compostellano vicino al termine, ha parlato dell’importanza di Santia-
go di Compostella nel contesto della cristianità occidentale sin dal X
secolo. Negli ultimi anni il cammino di Santiago si è trasformato in
una specie di moda da autentico pellegrinaggio, quale era in preceden-
za. Tra i fattori di rivitalizzazione dell’itinerario portoghese, il prof.
Marques annovera soprattutto il riconoscimento come bene culturale
europeo e come esempio di convivenza internazionale tra i pellegrini,
provenienti dai più remoti punti del vecchio continente, nonché la
sua importanza storica, religiosa, artistica, economica e assistenziale.
Anche la visita di Giovanni Paolo II a Santiago e i suoi appelli a favore
di un rinnovato spirito cristiano che ha animato i cammini di pellegri-
naggio, ha avuto forti ripercussioni, specialmente tra i giovani. A livel-
lo di ricerca universitaria si è dato un grosso apporto alla divulgazione
e alla conoscenza delle vie medioevali e degli itinerari religiosi, stimo-
lando iniziative simili fuori dall’ambito accademico.
Dopo aver analizzato i presupposti storici che hanno determina-
to il cammino di Santiago di Compostella, a partire dalla scoperta del-
la tomba di Santiago, da parte del vescovo Teodomiro de Iria, intorno
al 820-830, il relatore ha poi mostrato, con l’ausilio di alcune immagi-
ni, gli itinerari seguiti dai pellegrini portoghesi per Santiago di Com-
postella nel corso dei tempi. Chi si preparava a compiere un pellegri-
naggio, nel periodo medioevale e moderno, correva diversi rischi sia
spirituali che materiali: assalti di ladri, imbrogli dei commercianti, fal-
si chierici, pericoli nel guado dei fiumi, durante le tempeste che pote-
vano sorprendere i pellegrini isolati o in gruppo. Per questi motivi, sin
dall’alto medioevo, ci si rese conto della necessità di difendere i pelle-
grini con una serie di leggi o decreti a partire da quello che, alla fine
del 700, prevedeva una multa maggiorata in caso di omicidio di un

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Rassegne di congressi e convegni

pellegrino, per arrivare alla scomunica comminata da papa Gregorio


VII in caso di rapimento di un pellegrino.
L’ultimo intervento della mattinata, dal titolo “Pellegrinaggi e
giubilei in Catalogna: i monasteri di Monserrat e Sante Pere de Rodes e le
destinazioni più lontane” è stato svolto dalla prof.ssa Maria Teresa Fer-
rer, del Consejo Superior de Investigaciones Cientificas di Barcellona,
che ha esordito evidenziando come il gruppo montuoso di Santa Ma-
ria di Monserrat, sul quale sorge l’omonimo monastero, situato al
centro della Catalogna, per le sue strane forme modellate dall’erosione
e dal conglomerato di origine sedimentaria, abbia da sempre affascina-
to i pellegrini. Le origini del monastero risalgono fino al IX secolo, ma
la sua fama crebbe a partire dal XII e XIII secolo, allorquando comin-
ciò a diffondersi la notizia dei miracoli avvenuti grazie all’invocazione
della Madonna di Monserrat, rappresentata dall’immagine romanica,
che è giunta fino a noi annerita dal fumo dell’incenso. Le guarigioni e
gli altri fatti prodigiosi attrassero molti romei, dapprima gente locale,
poi forestieri provenienti dalla Linguadoca, dalla Guascogna, dall’Ita-
lia e da altre località. Di fatto si trasformò ben presto in una tappa per
i pellegrini che andavano o tornavano da Roma, Gerusalemme o San-
tiago di Compostella.
La crescita del pellegrinaggio a Monserrat venne favorita, non
solo dalla fama dei miracoli attribuiti alla Madonna, ma anche dalla
devozione della famiglia reale catalano-aragonese. Sono numerosissi-
mi i documenti che attestano la visita al santuario da parte dei sovrani
prima d’intraprendere spedizioni militari: Giacomo I, Pietro il Gran-
de, Giacomo II, Pietro il Cerimonioso, Giovanni I, Martino, ma an-
che i re della dinastia Trastámara visitarono il monastero e così le loro
regine Maria De Luna ed Eleonora di Sicilia. Ferdinando il Cattolico
vi si recò in visita con la moglie Isabella e i figli nel 1492, ma anche
Carlo V, Filippo II, Filippo III furono molto devoti alla Vergine nera.
La posizione elevata del monastero obbligava i pellegrini a dedi-
care almeno tre giorni alla visita; si cominciava con l’ascesa alla mon-
tagna, che i pellegrini generalmente compivano a piedi, spesso scalzi o
addirittura inginocchiati; solitamente vegliavano poi davanti all’im-
magine della Madonna. Tale abitudine, probabilmente, si diffuse per
risolvere i problemi legati all’alloggiamento di tanta gente e per il cli-
ma freddo che sconsigliava di dormire all’aperto. Nel Libro Rosso di

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Rassegne di congressi e convegni

Monserrat sono contenuti gli inni e le canzoni cantate dai pellegrini


durante le veglie, che potevano protrarsi per diversi giorni. Alle quat-
tro o alle cinque del mattino si celebrava la prima messa cantata e de-
dicata alla Madonna; i pellegrini che lo desideravano potevano confes-
sarsi e se avevano portato qualche offerta era il momento di conse-
gnarla; potevano poi visitare gli eremitaggi presenti nella montagna o
comperare piccoli oggetti ricordo (rosari di legno, medagliette di sta-
gno o di piombo con l’immagine della Madonna, cucchiaini d’argen-
to o di legno). Quelli che si ammalavano durante il cammino veniva-
no accolti nell’ospedale del santuario, che offriva loro cure e medicine.
La Corona vegliava sulla sicurezza dei pellegrini; il re Pietro IV fece
riparare le strade diverse volte.
Nel 1223 venne fondata la Confraternita di Monserrat, i cui
membri erano tenuti al versamento di un’elemosina annuale destinata
alle opere nel santuario, all’acquisto di ceri e all’ospitalità dei pellegrini.
Numerosi sono i privilegi e le indulgenze concessi dai papi. Nel
1397 Bonifacio IX, riconoscente per la fedeltà dimostrata dal mona-
stero durante lo Scisma d’occidente, concesse a Monserrat l’indulgen-
za plenaria in occasione della festa patronale dell’8 settembre. Nel
1408 il monastero passò sotto l’obbedienza avignonese e Benedetto
XIII gli concesse molti privilegi, che, alla fine dello Scisma, furono ri-
conosciuti anche da Roma.
I primi privilegi concessi dai papi al monastero di San Pere de Ro-
des, situato nel capo di Creus nella Catalogna settentrionale, risalgono
al 979; a questa data ci riporta la Bolla pontificia con la quale Benedetto
VII riconosceva al monastero le stesse indulgenze di Roma. La conces-
sione venne migliorata da Urbano II che, in un Breve datato 1088, con-
cedeva a tutti coloro che avessero visitato la chiesa durante le feste di
San Pietro e di San Felice straordinarie indulgenze, e ogni anno in cui la
festa della Santa Croce di maggio fosse caduta di venerdì si poteva otte-
nere l’indulgenza plenaria. Ma esisteva anche una Porta Santa, chiusa
normalmente, la Porta di Galilea, che si apriva in occasioni straordina-
rie. Le notizie relative a questo pellegrinaggio sono scarse perché la mag-
gior parte della documentazione del monastero scomparve in successive
spoliazioni subite durante le guerre napoleoniche.
I lavori del pomeriggio di lunedì 18 sono iniziati, sotto la presi-
denza della dott.ssa Gabriella Olla Repetto, con l’intervento del prof.

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Rassegne di congressi e convegni

Renato Stopani, direttore del Centro di Studi Romei di Firenze, che ha


analizzato le “Provenienze dei pellegrini e itinerari romipeti all’epoca dei
primi giubilei”, affrontando l’argomento dal punto di vista dei dati
numerici, delle provenienze e delle vie percorse dai pellegrini, sulla
base di dati emersi dall’analisi delle cronache e degli annali del tempo.
Un fatto che colpì i contemporanei fu l’enorme quantità di per-
sone che si riversarono sulle strade per Roma, perché i pellegrinaggi
fino ad allora erano stati svolti da singoli o da piccoli gruppi. Le fonti
dell’epoca parlano di innumerevoli persone che creavano notevoli pro-
blemi di traffico, tuttavia nessun cronista contemporaneo fornisce
dati numerici, tranne Giovanni Villani che, da buon mercante, era
abituato alle cifre: parla di 200.000 pellegrini. Il relatore, rifacendosi
ad alcuni dati emersi da uno studio sulla dogana della Valle d’Aosta,
ipotizza il passaggio di 20.000 pellegrini per ciascuno dei passi alpini
normalmente usati nel ’300, arrivando così a una cifra molto vicina a
quella data dal Villani.
Anche per quanto riguarda le provenienze vengono analizzate le
cronache e le novelle del tempo. Grazie a queste si è potuto constatare
che i pellegrini provenivano da tutte le regioni d’Italia e d’Europa; ma,
in modo particolare, un grosso apporto venne dato dai paesi dell’Eu-
ropa centrale, Germania e Ungheria. Da ulteriori testimonianze sem-
bra infatti che le correnti più intense di traffico si siano rilevate in lo-
calità tipo Ravenna, Orvieto e Perugia, toccate da strade che proven-
gono dalla parte centro-orientale delle Alpi.
Nella terza parte del suo intervento, lo studioso ha approfondito
il tema delle vie e dei percorsi seguiti dai pellegrini, sottolineando
come nel 1300, in qualunque parte d’Europa, si possedevano delle
fonti itinerarie, nelle quali sono ricordati i punti di accesso all’Italia
normalmente usati dai pellegrini diretti a Roma e al santuario di San
Michele Arcangelo al monte Gargano. In particolare il Moncenisio e il
Gran San Bernardo sono stati per molti secoli gli unici due passi a cui
facevano capo i due rami in cui si divideva la via Francigena, che poi
diventava un unico itinerario costituito da un fascio di percorsi alter-
nativi, che, convergendo su certi punti nodali, conservavano la stessa
direzione verso Roma. Anche se in realtà la via Francigena proseguiva
per la Puglia perché serviva sia per andare al santuario di San Michele
Arcangelo, sia per imbarcarsi verso la Terra Santa. Gli altri passi che

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Rassegne di congressi e convegni

vengono indicati dalle fonti sono quelli delle Alpi Centrali: il San
Gottardo e il Brennero, usati soprattutto dai pellegrini provenienti
dalla Germania e dall’Ungheria. La via Francigena non esauriva certa-
mente il quadro dei percorsi italiani; si devono considerare anche le
strade dell’Italia meridionale che ripercorrevano le antiche vie conso-
lari romane.
Il relatore ha poi concluso il suo intervento ricordando che, ac-
canto ai percorsi terrestri, esistevano anche degli itinerari marittimi,
utilizzati raramente, perché molto più costosi, soprattutto da francesi,
spagnoli e inglesi per giungere alle coste italiane.
Con l’ausilio delle diapositive Mauro Dadea ha analizzato
“L’epigrafe di consacrazione della cattedrale di Ardara e una possibile reli-
quia di Terrasanta nel giudicato di Torres”. L’epigrafe in oggetto si trova
attualmente murata sulla parete destra del presbiterio della chiesa,
mentre originariamente, come testimoniano gli autori ottocenteschi,
si trovava al centro del frontone della mensa dell’altare stesso, demoli-
to nel 1898. Il relatore ha evidenziato la contraddizione tra la data di-
chiarata dell’iscrizione e lo stile paleografico con la quale è stata realiz-
zata e il fatto che, pur essendo completo il supporto scrittorio, il testo
si presenti invece lacunoso. L’ipotesi da lui prospettata è che si tratti di
una copia di una iscrizione originaria del 1107, dipinta sulle pareti,
molto probabilmente deteriorata, poi ricopiata sulla lastra di calcare
nel XIII secolo. Mauro Dadea a sostegno della sua ipotesi porta due
elementi: alcuni particolari grafici della stessa iscrizione giudicati ana-
cronistici e la presenza di lacune non altrimenti giustificabili.
Nell’iscrizione vengono inoltre ricordate le reliquie collocate al-
l’interno dell’altare che, secondo lo studioso, dovevano essere fram-
menti di roccia del Santo Sepolcro, probabilmente giunti in Sardegna
o tramite i contatti tra la Curia romana e il giudicato di Torres oppure
tramite i pisani e i genovesi. Questi ultimi, in particolare, avevano in-
fatti fornito il naviglio per trasportare i crociati in Terra Santa.
La serata di lunedì 18 si è conclusa con l’intervento della
prof.ssa Cecilia Tasca dal titolo “Il sacco di Roma (1527) e la donazione
di Clemente VII alla cattedrale di Cagliari di alcune reliquie e di un tritti-
co fiammingo”. La relatrice ha fatto luce sulla provenienza della prege-
vole tavola fiamminga esposta nella mostra che ha affiancato il Conve-
gno, e di alcune reliquie custodite nella cattedrale di Cagliari.

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Rassegne di congressi e convegni

Nel 1527 i soldati di Carlo V, poco soddisfatti delle ricompense


dell’imperatore, si unirono alle compagnie di lanzichenecchi diretti a
Roma dove, il 6 maggio dello stesso anno, diedero inizio a un periodo
di saccheggi e profanazioni che durò fino al successivo mese di otto-
bre. Fu in questa occasione che un soldato imperiale di Barcellona,
Giovanni Barsena, trafugò dagli appartamenti privati del pontefice
una tavola fiamminga, raffigurante la Vergine col Cristo, sant’Anna e
santa Margherita, e che altri soldati trafugarono dalle chiese di Roma
diverse reliquie con l’intenzione di portarle in Spagna.
Grazie ai documenti custoditi nell’Archivio del Capitolo della
cattedrale di Cagliari, e in particolare agli atti dei processi canonici,
celebratisi a Cagliari fra il 27 settembre 1527 e il 15 maggio 1528, si
apprende che, salpati dal porto di Gaeta, i soldati che in quel momen-
to erano in possesso del prezioso bottino, terrorizzati da una forte
tempesta, giurarono di restituire i preziosi all’autorità ecclesiastica del
luogo dove la barca fosse eventualmente approdata. L’imbarcazione
approdò nel porto di Cagliari, dove, nello stesso periodo, ma in mo-
menti differenti, giunsero più navi con a bordo più carichi di reliquie,
rubate da più soldati che, spaventati da più tempeste, giurarono tutti
l’immediata restituzione delle rispettive refurtive.
L’arcivescovo di Cagliari si premurò di avvisare il pontefice del-
l’accaduto, inviandogli tutti gli atti relativi alle consegne di reliquie,
avvenute sino al 1529, e chiedendo la grazia di poterle trattenere. Il
pontefice desideroso di restituirle alle chiese che le conservavano e allo
stesso tempo accondiscendere alle suppliche dell’arcivescovo, con bre-
ve del 18 marzo 1531, ordinò che rimanessero con perpetua conces-
sione nella chiesa metropolitana di Cagliari le seguenti reliquie: una
delle otto spine della corona del capo di Nostro Signore Gesù Cristo,
una particella della cintura della Beata Vergine Maria, una particella
della pietra del sepolcro della Beata Vergine Maria, alcune singole ossa
dei beati apostoli Pietro e Paolo e di santa Cecilia, un pezzo della pelle
di san Pietro martire, un pezzo della tunica di san Domenico. La rico-
struzione degli eventi, offerta dalla relatrice, si chiude con il breve del
23 luglio 1531 con cui Clemente VII, nel ringraziare l’arcivescovo ca-
gliaritano per l’avvenuta restituzione delle reliquie, dichiarò di voler
ora concedere anche la “devota tavola, egregiamente dipinta, che raffigu-
ra nel mezzo la pietà di Nostro Signore Gesù Cristo e della Beata Vergine

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Rassegne di congressi e convegni

Maria e negli sportelli che servono per richiuderla, da una parte la beata
Anna che tiene in mano la Vergine figlia, e dall’altra la beata Margheri-
ta” in perpetuo alla chiesa metropolitana di Cagliari con l’ordine di
esporre le reliquie una volta all’anno, nei secondi vespri della festa del-
l’Assunzione della Beata Vergine Maria alla presenza del popolo, con-
cedendo l’indulgenza plenaria a tutti i fedeli che, pentiti e confessati,
avessero presenziato all’esposizione delle predette reliquie e avessero
recitato devotamente in ginocchio sette volte l’orazione domenicale e
altrettante volte la salutazione angelica.
La mattinata di martedì 19, apertasi con i saluti del dott. Toni-
no Serra, assessore alla Pubblica Istruzione della provincia di Cagliari,
è stata presieduta dal prof. Francesco Artizzu dell’Università di Caglia-
ri. Sui “Segni e oggetti del pellegrinaggio medioevale in Sardegna” sono
intervenuti il dott. Paolo Benito Serra, per il periodo altomedioevale e
il dott. Roberto Coroneo per l’età giudicale.
Il dott. Paolo Benito Serra, dell’Università di Cagliari, ha prima
di tutto posto l’accento sulla scarsità di fonti, sia materiali che docu-
mentarie, che non permette di tracciare un quadro della presenza de-
vozionale dei pellegrini nei santuari dell’antichità cristiana della Sar-
degna. Santuari che, come è noto, sono stati eretti prevalentemente
sui luoghi dove i santi subirono il martirio. Le fonti per la conoscenza
degli stessi sono il Martirologio Costantiniano e soprattutto le passio-
nes, che vengono generalmente attribuite a scriptoria vittorini attivi in
Sardegna dalla fine del secolo XI. In talune passiones si ritrovano le
prove indirette del culto dei martiri venerati nelle rispettive basiliche.
Il relatore ha esposto in particolare i dati desumibili dalle passiones e
dalle leggende che riguardano i santi Saturnino e Gavino.
La più antica testimonianza di Saturno-Saturnino è di ordine
cultuale ed è costituita da una basilica edificata verosimilmente sulla
tomba del martire nel corso del V-VI secolo d. Cr. Sappiamo che il
santuario era già noto e celebre in ambito regionale dal secolo VI, gra-
zie alle informazioni giunteci, al riguardo, dal biografo di Fulgenzio
vescovo di Ruspe. Nella Passio Sancti Saturni vi sono già dei riferimen-
ti ai poteri taumaturgici e salvifici di san Saturno, al cui santuario
convergevano devotamente i pellegrini per ottenere il remedium salutis
o remedium animae, che può essere inteso come una forma di pre-in-
dulgenza. I poteri taumaturgici di Saturno sono altresì attestati nella

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Rassegne di congressi e convegni

leggenda medioevale, dove si scorgono riferimenti ai miracoli e alle


guarigioni effettuate dal santo.
Anche sul luogo della depositio dei corpi dei santi martiri turri-
tani si registrarono avvenimenti miracolosi e i devoti pellegrini giun-
gevano da luoghi lontani, affetti da qualsiasi malattia, per averne be-
neficio. Il sacello funerario diventa oggetto di venerazione e di assiduo
pellegrinaggio anche dopo la traslatio dei corpi nella basilica romanica
voluta, nella prima metà del secolo XI, dal giudice Gonario Comita di
Torres che venne liberato dalla lebbra di cui soffriva grazie all’inter-
vento salvifico di san Gavino. La prima attestazione di questo santo si
ritrova in una lettera di Gregorio Magno del 599 al primate cagliarita-
no Gianuario, in cui viene menzionato un monastero femminile a Ca-
gliari, intitolato ai santi Gavino di Turres e Luxorio di Forum Traiani,
e retto da una badessa che ha lo stesso nome al femminile: Gavinia. La
cattedrale di San Gavino fu oggetto nel 1614 di una intensa e fruttuo-
sa campagna di scavi i cui risultati sono stati accuratamente descritti
in una relazione inviata al re di Spagna Filippo III.
Nel quadro della scarna documentazione materiale di età altome-
dioevale, afferente agli atti devozionali dei pellegrini, lo studioso ha pro-
posto in particolare uno degli oggetti del corredo funerario, rinvenuto
nel corso della campagna del 1614 promossa dall’arcivescovo di Sassari
Manca Cedrelles: un reliquiario in rame, decorato con l’effigie di Cristo
nostro Signore, di san Pietro, di san Paolo e dei quattro evangelisti, con
l’immagine della Madonna, all’interno del quale si rilevò la presenza di
polveri di reliquie mescolate con ossido di metallo di rame, giunte con i
pellegrini nel viaggio di ritorno dalla Terra Santa.
Riguardo alle eulogie fittili di san Mena, che rivelano legami dei
pellegrini sardi con l’Egitto cristiano, il relatore segnala un esemplare
integro rinvenuto a Cabras alla fine dell’800, attualmente conservato
al museo Sanna di Sassari, esposto nella Mostra affiancata al Conve-
gno, al quale si sono ora aggiunti altri due esemplari, ancora inediti,
acquisiti di recente a Porto Torres e a Cabras. Il commercio delle eulo-
gie è legato alla vendita dell’acqua miracolosa del santuario egiziano di
Karm Abu Mina diffusasi fra la fine del VI e il VII secolo d. C., quan-
do l’edificio cultuale assunse la massima frequentazione devozionale,
essendo divenuto uno dei luoghi di pellegrinaggio più celebri della
tarda antichità e dell’alto medioevo. Il relatore ha concluso afferman-

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Rassegne di congressi e convegni

do che i santuari stessi costituiscono dei rivelatori dei rapporti devo-


zionali fra gli homines religiosi della Sardegna e i grandi santuari della
Siria e dell’Egitto. Le eulogie di san Mena costituiscono una testimo-
nianza degli stretti rapporti dei fedeli sardi con il santuario sito nel
deserto di Alessandria, non escludendo che nel prossimo futuro altre
ricerche possano assicurare più significative documentazioni materiali
di pellegrinaggi interni ed esterni all’isola.
Ha poi preso la parola il dott. Roberto Coroneo, dell’Università
di Cagliari, evidenziando come la specifica qualità delle fonti sull’età
giudicale in Sardegna non consenta di rintracciare abbondanti e signi-
ficative attestazioni del fenomeno del pellegrinaggio, che pure lo stu-
dioso pensa dovette aver luogo nell’isola tra l’XI e il XIV secolo. Per la
massima parte il materiale documentario è relativo infatti ad atti di
fondazione e amministrazione dei monasteri a partire dalla metà del-
l’XI secolo. Sotto il profilo formale queste donazioni vengono motiva-
te con la pietà dei giudici e per la redenzione dei loro peccati. Da ciò
possiamo dedurre una certa attività devozionale e anche un flusso di
spostamenti interni all’isola, proprio nel circuito dei principali santua-
ri martiriali. Tuttavia dalla documentazione pergamenacea si riesce a
evincere poco che ci aiuti a definire con più precisione il quadro del
pellegrinaggio medioevale in Sardegna. Pertanto, anche per quanto ri-
guarda l’età giudicale, il quadro decisamente scarno è integrabile, da
un lato, con due importanti documenti apografi, dall’altro, con la me-
moria di un pellegrinaggio a Gerusalemme attestato da fonti giudicali
coeve e attraverso rinvenimenti di oggetti e di segni connessi al flusso
devozionale esterno e interno all’isola.
Il relatore ha evidenziato in modo particolare l’istituzione nell’XI
secolo della grandiosa basilica romanica di Porto Torres intitolata al
martire locale Gavino. Analizzando le fonti da cui si estrapola la vicenda
della fondazione della chiesa ne ha dedotto le circostanze che nell’XI se-
colo produssero il rinvenimento delle reliquie dei protomartiri, la co-
struzione della chiesa romanica, l’avvenuto completamento della stessa
attorno al 1065, la ripresa dei lavori tra il 1073 e il 1082 all’epoca in cui
i sogni premonitori o rivelatori erano frequenti come momenti di eva-
sione, desiderio di esperienze diverse e di risoluzione ai problemi.
Di accenti simili è il cosiddetto Condaghe della consacrazione
dell’abbazia della Santissima Trinità di Saccargia, fondata e dotata dal

657
Rassegne di congressi e convegni

giudice turritano Costantino I de Lacon e dalla moglie Marcusa de


Gunale. Il documento è giunto a noi apografo e il suo valore risiede
non tanto nel nucleo di verità storica, quanto nella viva descrizione di
un clima devozionale che possiamo comunque riferire all’epoca di re-
dazione del Condaghe, la stessa in cui venne elaborato il Condaghe di
San Gavino di Torres.
Se l’iniziativa del giudice Gonnario Comita, nella prima metà
dell’XI secolo, risulta finalizzata a consolidare l’immagine del potere
statale, mediante un rinnovato impulso al pellegrinaggio verso il san-
tuario dei protomartiri turritani, quella di Costantino I persegue lo
stesso scopo mediante la fondazione di un monastero che di fatto, a
partire dai primi decenni del XII secolo, rappresentò uno dei punti di
controllo e potenziamento del territorio.
Il relatore ha poi illustrato un reperto materiale in grado di atte-
stare, unico caso in Sardegna, un possibile pellegrinaggio ai luoghi di
devozione degli Apostoli a Roma. Nel centro storico di Selargius a po-
chi chilometri da Cagliari, in seguito a un’indagine archeologica, è sta-
ta rinvenuta in una sepoltura una placchetta decorata ed epigrafica.
Nel riquadro interno si individuano le mezze figure degli apostoli Pie-
tro e Paolo. Tali oggetti, chiamati quadrangula, costituiscono le inse-
gne del pellegrinaggio romeo. Anche la placchetta plumbea di Selar-
gius è, senza possibilità di dubbio, un’insegna di pellegrinaggio romeo
e sembra fabbricata in serie forse in una stessa bottega a Roma. Per
l’esemplare sardo l’arco cronologico può oscillare tra l’XI e il XV seco-
lo, ma il Coroneo ritiene opportuno circoscriverlo al XII-XIII, per pa-
rallelismi con un tipo di bolla plumbea che appare con Pasquale II. La
placchetta è stata rinvenuta all’altezza del bacino, dalla posizione si
può ipotizzare che fosse cucita alla borsa del pellegrino che, probabil-
mente, volle essere sepolto nella chiesa di san Giuliano, santo caccia-
tore detto l’ospedaliere per la protezione accordata a viandanti e pec-
catori.
Sempre nell’ambito delle testimonianze sui pellegrinaggi in Sar-
degna è intervenuto il dott. Gianpietro Dore, della Soprintendenza
archeologica per le provincie di Sassari e Nuoro, analizzando le “Le
“orme” dei pellegrini nei luoghi sacri della Sardegna”, costituite da graf-
fiti a forma di plantare dovuti ai pellegrini che vollero lasciare traccia
del proprio passaggio. Simili incisioni sono state individuate nelle

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Rassegne di congressi e convegni

chiese di Santa Maria di Tergu, San Pancrazio di Sedini, Sant’Antioco


di Bisarcio, San Pietro di Villamar, San Gavino Monreale, San Paolo
di Milis, San Lussorio di Fordongianus, Santa Maria di Perfugas, San
Francesco di Bonorva, San Michele di Salvennor, SS. Trinità di Sac-
cargia, San Pietro del Crocifisso a Bulzi. I graffiti raffiguranti le orme
si trovano, spesso in numero consistente, su uno stesso concio e pre-
sentano forme e dimensioni diverse con misure che variano da pochi a
circa 24 cm. Per questo motivo non sono da considerare opera di scal-
pellini. Il relatore sostiene che si siano voluti riprodurre, come una fir-
ma, i calzari di tutti i componenti del pellegrinaggio, probabilmente
di intere famiglie. Risulta diversa anche la tecnica incisoria per la for-
ma della punta dello strumento, per la pressione esercitata dallo stesso
e ancora per la precisione del segno derivante da una diversa consi-
stenza della pietra. Sono compresi entro una superficie del paramento
murario ad un’altezza corrisponde all’estensione del braccio umano. È
quindi da ritenere che la sagoma del piede rappresenti più semplice-
mente un simbolo, probabilmente a testimonianza del passaggio dei
pellegrini nei luoghi santi, forse il simbolo distintivo del pellegrinag-
gio in Sardegna, con un probabile riferimento alla sua forma che anti-
camente la fece denominare Sandalyon.
Un gruppo di edifici in cui sono stati rilevati graffiti con impron-
te di calzari è compreso in un vasto territorio nord occidentale dell’isola,
nell’ambito dell’archidiocesi metropolitana di Torres, in un’area com-
presa grossomodo tra la dorsale longitudinale che collegava Cagliari a
Porto Torres e la strada che si innestava a est per Olbia. Le altre struttu-
re, in cui sono state individuate orme, sono invece ubicate lungo la via
che partiva da Oristano verso est, passando per Fordongianus, l’antico
Forum Traiani, importante postazione strategica contro le popolazioni
barbaricine della terra isolana. Si può pensare che anche i pellegrini del-
l’isola seguissero un percorso che doveva concludersi con l’incontro di-
retto, tattile con le reliquie dei santi martiri, numerosi anche in Sarde-
gna, che si riteneva potessero intercedere per il conferimento delle gra-
zie. Il raggiungimento della meta oltre che nei punti estremi del grande
asse viario (San Saturno e Santa Restituta a Cagliari, i martiri turritani
Gavino Proto e Gianuario a Porto Torres, San Simplicio a Olbia) era
rivolto anche a tutti i santuari situati sia lungo le coste che nell’interno
(Sant’Efisio a Nora, Sant’Antioco a Sulci, San Giorgio a Suelli, San Lus-

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Rassegne di congressi e convegni

sorio a Fordongianus ecc.). Complessivamente si contano ben 196


orme di forme e dimensioni diverse.
Per quanto attiene alla datazione risulta difficile avanzare l’ipo-
tesi sul momento in cui queste orme iniziarono a essere raffigurate,
mentre si può facilmente determinarne il momento finale al XIII se-
colo. Si potrebbe appurare che almeno una parte delle orme fu inciso,
dai pellegrini seguendo il contorno della suola delle scarpe, in tal caso
l’analisi delle diverse forme consentirebbe di riconoscere diversi tipi di
calzari e conseguentemente permettere di determinare l’appartenenza
dei pellegrini a diversi ceti sociali e dare possibili indicazioni statisti-
che sulla loro età e sesso e, ancora, consentire l’individuazione di qual-
cuno di essi attraverso la sua forma-firma.
L’intervento fuori programma del dott. Calveri, studioso e ap-
passionato di medaglie, si è incentrato sulla figura di un importante
incisore camerale “Il Grechetto e una sua rarissima medaglia per il giu-
bileo del 1550”.
Prima di parlare della figura di Alessandro Cesati, detto il Gre-
chetto, il relatore ha inquadrato il momento storico e artistico in cui si
è svolta la sua attività, risalendo indietro negli anni fino ai tragici
1527-28 in cui Roma fu completamente saccheggiata sia dai prote-
stanti lanzichenecchi tedeschi che dai cattolicissimi spagnoli e italiani.
Morto Clemente VII, venne eletto il cardinale Alessandro Farnese, il
14 ottobre 1534, con il nome di Paolo III. Tre problemi caratterizza-
rono il suo pontificato: il Concilio, la pace in Europa per frenare lo
strapotere di Carlo V e i turchi sempre più minacciosi. Paolo III fu
uno dei più grandi pontefici del Rinascimento, elogiato da tutti per il
suo mecenatismo culturale e artistico. Alcuni dei più grandi artisti di
tutti i tempi lavorarono per lui: Tiziano fece una serie di ritratti per la
sua famiglia, Michelangelo terminò la decorazione interna della cap-
pella Sistina, progettò il cupolone, ristrutturò piazza del Campidoglio.
Roma rinacque dalle sue rovine e i lavori di abbellimento e di rafforza-
mento aumentarono in vista di un giubileo che doveva cancellare gli
orrori di vent’anni prima.
In questo contesto il relatore ha inserito il nome del Grechetto
con la sua medaglia, nella quale è rappresentata una veduta di Roma e
la scritta “alma Roma” che si riferisce ai grandiosi lavori fatti in previ-
sione del giubileo del 1550. Paolo III nominò incisore camerale a vita

660
Rassegne di congressi e convegni

Giacomo Bonzagni e, nel 1547, gli affiancò nella carica Alessandro


Cesati detto il Grechetto, così soprannominato perché nato nell’isola
di Cipro o, secondo un’altra teoria, perché amava firmare le sue opere
in greco. Fu uno dei più grandi incisori di monete e medaglie di tutto
il Rinascimento, descritto dal Michelangelo e da Giorgio Vasari come
un artista eccezionale per grazia e perfezione. Nell’inusuale medaglia,
da lui realizzata per il giubileo del 1550, sono rappresentati, nel rove-
scio tre personaggi con catene spezzate ai loro piedi, al diritto vi è una
complessa scena con circa una quarantina di personaggi che assistono
il pontefice mentre apre la Porta Santa.
Il prof. Giampaolo Mele della Pontificia Facoltà Teologica della
Sardegna, ha analizzato i rapporti tra i “Codici agiografici e pellegrini
nella Sardegna medioevale in epoca vittorina”, inquadrandoli nella se-
conda metà del secolo decimoprimo che rappresenta, per la Sardegna,
una profonda svolta storica, politica e culturale, grazie all’opera di
Gregorio VII e di Urbano II, per le ripercussioni nelle vicende dei pel-
legrinaggi e nella diffusione dei codici agiografici. Le riforme liturgi-
che della Curia Romana sono fondamentali nella storia del culto e
della cultura, perché hanno profondamente inciso nella circolazione
della tradizione manoscritta. In questo quadro va tenuto conto anche
del grande respiro storico che ha animato, a grandi ondate, l’evange-
lizzazione e le riforme monastiche. Le famiglie benedettine erano vere
fucine di agiografi, con la mente sistematicamente rivolta ai pellegrini
e alle loro esigenze liturgiche. Non si deve dimenticare inoltre l’im-
portanza delle committenze politiche locali, che richiedevano concre-
tamente messe e riti, quindi libri agiografici e libri liturgici.
La data della prima donazione ai Vittorini nel giudicato di Ca-
gliari può essere fissata in un periodo non molto anteriore all’agosto
del 1081, quando morì il giudice Orzocco Torchitorio I, fautore di
questa concessione. Le chiese da lui donate nel cagliaritano sono luo-
ghi di culto che hanno segnato profondamente il panorama della cul-
tura ecclesiastica nell’isola: San Saturno di Cagliari, Sant’Antioco di
Sulci, Sant’Efisio di Nora e San Lussorio a Maracalagonis.
Il relatore è passato poi all’analisi di alcuni codici agiografici, di
interesse storico-culturale e storico-cultuale, che riguardano i santi ci-
tati; in particolare un manoscritto cartaceo miscellaneo, conservato
presso l’Archivio Arcivescovile di Cagliari, in cui sono tracciate tre tra-

661
Rassegne di congressi e convegni

dizioni agiografiche: Saturno, Gavino, Proto e Gianuario, Simplicio.


Questa commistione si può spiegare con la volontà da parte dei Vitto-
rini di realizzare un libro agiografico che includesse le principali devo-
zioni dei tre giudicati in cui si erano insediati: Cagliari, Torres e Gal-
lura. Del resto la stessa committenza giudicale imponeva l’utilizzo di
codici agiografici o libri, quali graduali, con precisi formulari sui santi
locali. Un caso eclatante di propaganda agiografica, attraverso la con-
fezione di codici, è costituito dalla passio di sant’Antioco che è un cal-
co di quella di san’Antioco di Sebaste. I Vittorini, quindi, basandosi
su codici greci, con un paziente lavoro di cucitura, tagli e aggiunte,
trasformarono il fratello di Antioco di Sebaste, Platone, in Platano, a
cui qualche tempo dopo, gli stessi Vittorini, dedicarono una chiesa a
Villaspeciosa. Quindi, ha ribadito il prof. Mele, la presenza di qualche
codice agiografico greco tra i Vittorini ha creato un curioso fenomeno
da lui definito “dalla pergamena alla pietra”. Infatti, uscendo da un
codice greco per entrare in un lezionario latino, Platone-Platano, figu-
ra totalmente evanescente senza riscontri storici, si è quasi materializ-
zato nella pietra di un tempio sacro diventato oggetto di culto per fe-
deli e pellegrini. Ma è esistito anche il fenomeno opposto: sulla base
di un luogo di culto privo di libri è sorta scrittura di codici. È il caso
dello stesso sant’Antioco che, dotato di santuario, era privo di passio
per gli usi liturgici. Il testo, che venne creato appositamente, è un ca-
polavoro di propaganda religiosa rivolto soprattutto ai pellegrini. Un
altro caso di interpolazione, avvenuta in Sardegna, riguarda l’innogra-
fia di san Severo di Barcellona, calco di tradizioni agiografiche per san
Severo di Ravenna, da cui si è passati all’innografia per il vescovo san
Giorgio di Suelli a uso dei pellegrini. Ancora il relatore ha ricordato
l’autore vittorino della passio di sant’Antioco che ha copiato da un co-
dice latino di provenienza catalano-aragonese, trasformando san Gior-
gio in una femminuccia: il verso “vita mulcibris et gesta ardua” diventa
“vita muliebris et gesta ardua”. Il relatore ha poi citato il caso della pa-
tria di sant’Antioco, che da Galizia, nell’originario latino del monaco
vittorino, diventa Calatra nella stampa cinquecentesca in catalano, e
ancora Calabria nei testi devozionali che si declamano tuttora in alcu-
ni centri del nuorese.
I lavori sono proseguiti nel pomeriggio sotto la presidenza della
prof.ssa Luisa D’Arienzo. Il dott. Roberto Porrà, della Sovrintendenza

662
Rassegne di congressi e convegni

archivistica per la Sardegna, ha riferito su “I luoghi del pellegrinaggio in


Sardegna: il santuario di Bonaria a Cagliari” prendendo spunto dal
pellegrinaggio che si compie da Sinnai, la sera del 24 aprile, per 8 chi-
lometri, fino al santuario cagliaritano di Bonaria, in ricordo del mira-
coloso ritrovamento del simulacro mariano nel 1370.
Durante il suo intervento il relatore ha illustrato l’origine del
primo affermarsi della devozione alla Madonna di Bonaria, ripercor-
rendo le vicende della nascita del tempio mariano, prettamente legate
alla conquista catalano-aragonese del Regnum Sardiniae et Corsicae.
Il documento più antico finora reperito, attestante il culto del simula-
cro mariano, consiste in un atto notarile, rogato a Cagliari il 17 luglio
1454 dal notaio Garau, col quale vengono sanciti i patti tra i patroni
di due caravelle catalane in viaggio verso il Levante, una delle quali era
intitolata a Santa Maria di Bonaria. Si tratta di un fatto fortemente
significativo, attestante la profonda fede degli uomini di mare verso la
Madonna di Bonaria. All’Ottocento invece, l’autore ha datato un’altra
importante testimonianza: l’ex voto consistente in una navicella in
avorio, sospesa a una cordicella, davanti alla statua della Madonna, a
cui venne attribuito il potere di prevedere la direzione dei venti. Come
nel caso del ritrovamento del simulacro, anche le circostanze che por-
tarono al ritrovamento di questo ex voto, il più antico della chiesa,
sono avvolte nella leggenda. A conferma di quanto detto, il relatore ha
citato in particolare un documento e una pubblicazione: gli atti del
processo canonico celebrato nel 1592, per iniziativa dell’arcivescovo
di Cagliari, e un volume, stampato a Cagliari nel 1595, di cui fu auto-
re Antioco Brondo, teologo e predicatore mercedario, all’epoca priore
dello stesso convento di Bonaria. Per quanto attiene il processo, l’in-
dagine fu condotta con grande scrupolo da Monserrat Rossellò, illu-
stre giureconsulto cagliaritano, assessore ordinario e assistente legale
dell’arcivescovo, che raccolse numerose testimonianze sui miracoli
compiuti dalla Vergine di Bonaria.
Nell’opera del Brondo è evidente la venerazione di cui era og-
getto il sacro simulacro da parte dei cagliaritani, dei sardi in generale e
soprattutto della gente di mare. Nella seconda parte del libro vengono
trattati i circa 200 miracoli della Vergine, da cui emerge con evidenza
la funzione del santuario di Bonaria come luogo di pellegrinaggio,
presso il quale si recavano soprattutto marinai. Capitava spesso che,

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Rassegne di congressi e convegni

durante una tempesta, i marinai pronunciassero un voto alla Madon-


na di Bonaria, estraendo poi a sorte chi si sarebbe dovuto recare in
pellegrinaggio, a nome di tutti gli altri, portando in dono un ex voto e
un’offerta in denaro raccolta fra tutti i beneficiari del miracolo.
Rimanendo sempre nello stesso ambito tematico, ha poi preso
la parola la dott.ssa Gabriella Olla Repetto, del Ministero dei Beni
Culturali, che ha conferito su “La religiosità marinara nei documenti
d’archivio”.
L’autrice ha esposto i risultati di una sua indagine condotta ne-
gli archivi di Stato delle città portuali di Cagliari, Genova, Napoli e
Venezia. Tutti gli uomini che, nel periodo pre-settecentesco, abbrac-
ciarono il mestiere di marinaio, consapevoli delle disgrazie cui poteva-
no andare incontro, adottarono forme di aggregazione autofinanziate,
con funzioni di assistenza, solidarietà e muto soccorso. Accanto a que-
ste, e ancor prima, si poneva la funzione spirituale, espressa con la de-
vozione al santo a cui veniva intitolato il sodalizio. Le loro denomina-
zioni mutavano da zona a zona, confraternite a Cagliari, compagnie a
Genova, monti a Napoli, scuole a Venezia; ma gli scopi sociali erano
gli stessi: solidarietà fra gli uomini, devozione verso Dio. Tra i santi
chiamati a proteggere i sodalizi, in capo a tutti era sant’Erasmo, detto
anche Telamo o Elmo, universalmente pregato come protettore della
gente di mare. A Cagliari i marinai del porto, per la profonda devozio-
ne nei suoi confronti, erano chiamati appunto Santelmari. Intensa era
anche la devozione alla Madonna, sotto varie figurazioni, del Soccor-
so, dello Schiavo, delle Grazie e per altri santi come san Francesco,
santa Chiara d’Assisi, santa Caterina d’Alessandria, san Nicola di Bari.
Nel periodo esaminato sant’Erasmo però rimase oggetto della più lar-
ga devozione.
Un’altra spia rivelatrice della devozione marinara è rappresenta-
ta dagli atti mortis causa, presenti in tutte e quattro le città marinare,
costituiti anche da una parte spirituale, nella quale il testatore affidava
l’anima a Dio chiedendo perdono dei suoi peccati. L’aspirazione co-
mune a tutta la gente di mare era quella di non voler morire in mare,
come se, avendo lungamente sbattuto di qua e di là da vivi, volessero,
da morti, assicurarsi il riposo perpetuo in terraferma. La richiesta più
frequente riguardava l’inumazione nella terra natia, difficilmente rea-
lizzabile per l’alto costo; i più si dovevano accontentare del luogo del

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Rassegne di congressi e convegni

decesso, purché in terra consacrata o almeno in un cimitero di una


chiesa intitolata a un santo protettore dei marinai.
Capitava spesso che i marinai, durante una tempesta, implorasse-
ro l’intervento salvifico di sant’Elmo e, sbarcati incolumi, si affrettavano
a sciogliere il voto, recandosi in pellegrinaggio al santuario più vicino.
Anche il pellegrinaggio in Galizia, definito “il mestiere”, era alquanto
frequente e si praticava anche al di fuori dei momenti suggeriti dalla di-
sperazione. Per questo la promessa fatta a Santiago, ha ricordato la rela-
trice, non era mai da marinaio, bensì un voto che era sacrilego violare.
Il dott. Carlo Pillai, dell’Archivio di Stato di Cagliari, ha invece
affrontato l’età moderna parlando de “La Bolla della Crociata nel pri-
mo periodo della presenza sabauda in Sardegna (1720-1770)”, e della
Bolla della Composizione che consentiva ai peccatori di purgarsi dalle
pene, con una particolare elemosina, nel caso in cui non si conoscesse-
ro i danneggiati. La dinastia sabauda cercò, a più riprese, vista l’im-
possibilità di abolirle completamente, almeno di temperarle, elimi-
nandone gli elementi assurdi e incongruenti. La politica semplificatri-
ce e razionalizzatrice della dinastia Sabauda, in verità, era stata all’ini-
zio piuttosto cauta, sostanzialmente per due motivi: non bisognava
procedere con troppe novità perché la mentalità del potere regnante
era ormai consolidata, dopo diversi secoli di dominazione spagnola, e
le Bolle, in particolare quella della crociata, rendevano, dal punto di
vista finanziario, anche più di altre tasse e diritti minori.
Con il tempo l’Istituto della Bolla della Crociata entrò in crisi,
anche per l’anacronismo del concetto stesso di crociata: ormai le cro-
ciate risalivano a parecchi secoli prima e non si facevano più campa-
gne in grande stile all’insegna della guerra santa. Questo fatto non
sfuggì neanche ai contemporanei tanto che si assistette a numerose
proteste su questa contraddizione, anche nell’ambito ecclesiastico. Fra
i protestari, il dott. Pillai, ha ricordato, in particolare, un personaggio
curioso: padre Salvador Mara frate cagliaritano dell’Ordine della Mer-
cede, genitore del famoso rivoluzionario Jean Paul Marat. Nel 1739,
in qualità di guardiano del convento mercedario di Bono, si era spinto
a criticare anche la Bolla della Crociata, affermando che non valesse
niente. Il viceré, dovendo necessariamente prendere dei provvedimen-
ti, informò subito il re che convocò il frate, il quale nel frattempo ave-
va fatto perdere completamente le sue tracce.

665
Rassegne di congressi e convegni

Il relatore ha poi sottolineato i problemi legati alla divulgazione


della Bolla stessa. Le autorità sabaude, approfittando della presenza a
Torino dell’arcivescovo di Cagliari, riuscirono a convincerlo ad adot-
tare un provvedimento di estrema semplicità: sopprimere i predicatori
che erano soliti andare pubblicando per le ville la Bolla, incaricando
in loro vece i parroci e i curati. Eliminando i frati predicatori si limita-
vano le trasferte e quindi le indennità di missione.
Sempre all’epoca moderna si è riferito l’intervento della dott.ssa
Marinella Ferrai Cocco Ortu, direttrice dell’Archivio di Stato di Caglia-
ri, dal titolo “Echi del giubileo del 1825 in Sardegna. La politica ecclesia-
stica nell’isola in età feliciana”, su cui è poi intervenuto il prof. Tito
Orrù, della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Cagliari.
La relatrice ha affrontato il tema del giubileo del 1825 procla-
mato, da papa Leone XII, con l’intenzione di ristabilire il contatto tra
Chiesa e fedeli e incentivare la ripresa della pratica religiosa. Le finali-
tà del pontefice ebbero una sicura adesione nell’ambito del regno sa-
baudo e in particolare nell’isola di Sardegna. Il papa sosteneva un ri-
torno a politiche più reazionarie e aspirava a dare alla Chiesa un indi-
rizzo più religioso che politico, oltre che a riaffermare la piena autono-
mia del papato nei riguardi delle monarchie europee. In questa azione,
trovò piena identità di vedute con la monarchia sabauda e con Carlo
Felice, re di Sardegna.
L’Anno Santo del ’25 si contraddistinse per questo clima parti-
colare e per la lunga e intensa preparazione spirituale che lo precedet-
te.
Gli antichi e stretti legami tra i regnanti sabaudi e la Santa Sede,
consolidatisi a seguito della Rivoluzione e dell’Impero napoleonico, si
rafforzarono con Carlo Felice, asceso al trono nel 1821, per l’affinità
di vedute e di carattere con Leone XII. Lo spirito reazionario che ca-
ratterizzò il pontificato improntò anche il regno di Carlo Felice, che
governò da sovrano assoluto cercando di favorire la vita economica e il
progresso sociale e culturale del paese. Quando il papa indisse il giubi-
leo trovò, pertanto, da parte di Carlo Felice ampia collaborazione. Il
sovrano, ad esempio, accolse in pieno l’invito a rinunciare a tutti i di-
vertimenti, comprese le rappresentazioni teatrali e i balli, e prese una
serie di provvedimenti atti a infervorare i fedeli e a preparali alla cele-
brazione del giubileo.

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Rassegne di congressi e convegni

Nelle ricerche effettuate negli archivi e biblioteche di Cagliari, i


due relatori hanno reperito i testi di tre pastorali relative alle diocesi di
Cagliari, Sassari e Oristano contenenti le prescrizioni del vescovo e, in
particolare, il messaggio religioso e le intenzioni delle preghiere solle-
citate nella bolla papale: l’estirpazione delle eresie, la concordia dei
principi cattolici, la salute e la tranquillità del popolo cristiano.
Il prof. Tito Orrù ha poi sottolineato, riprendendo il discorso
della dott.ssa Cocco Ortu, come il giubileo del ’25, in Sardegna, ri-
fletta la situazione italiana, caratterizzata dalla consistente partecipa-
zione di fedeli, probabilmente anche perché, in questa occasione, le
indulgenze venivano offerte gratuitamente; bastava la partecipazione.
Dal punto di vista laico ha evidenziato, poi, come il diciannove-
simo sia stato un secolo di crescita per la Sardegna, ricordando grandi
figure di intellettuali, protagonisti della scena storico-politica del-
l’epoca, come Giuseppe Manno, Domenico Alberto Azuni, Giovanni
Maria Dettori.
Ancora sul secolo XIX è intervenuto monsignor Tonino Cabiz-
zosu, direttore dell’Archivio Arcivescovile di Cagliari, che ha conferito
su “I giubilei in Sardegna nel XIX secolo”. Il relatore ha ricordato che,
nel corso del 1800, la celebrazione degli Anni Santi è stata anomala,
in quanto fu celebrato solennemente solo quello del 1825 mentre gli
altri tre, per motivi storici contingenti, furono indetti in modo parzia-
le. Negli ultimi anni del pontificato di Pio VI i non facili rapporti con
Napoleone, le difficili trattative per il concordato tra Francia e Santa
Sede, la laboriosa ricostruzione della Curia pastorale, il lento ripristi-
no delle congregazioni religiose e la riorganizzazione della Curia Ro-
mana, erano motivi sufficienti per far si che la celebrazione dell’Anno
Santo del 1800 venisse rinviata a una data più serena. Il 24 maggio del
1800, quindi, Pio VII proclamò un giubileo spirituale della durata di
due settimane per lucrare l’indulgenza. Nel 1850 motivi di altro gene-
re consigliarono la Santa Sede a non solennizzare l’evento giubilare: il
24 novembre 1848 Pio IX si rifugiò a Gaeta, ospite di Ferdinando II
re di Napoli, mentre a Roma fu proclamata la Repubblica, destinata a
durare 138 giorni, che decretò la fine del potere temporale. Il giubileo
del 1850 non è compreso nella lista ufficiale; il pontefice si limitò a
proclamare un periodo particolare di indulgenza, in forma di giubileo,
che non conobbe manifestazioni esteriori. Il giubileo del 1875 venne

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Rassegne di congressi e convegni

indetto e inaugurato l’11 febbraio, nella basilica di San Pietro, senza


l’apertura delle Porte Sante, per cui viene definito dagli studiosi
“Anno Santo a porte chiuse”.
Gli storici della chiesa ritengono che quello del 1825 fu l’unico
vero giubileo del sec. XIX, perché, a differenza degli altri, poté svol-
gersi con sufficiente tranquillità, conseguendo gli obbiettivi prefissati
dallo zelante pontefice Leone XII. Anche in Sardegna arrivò l’eco del
giubileo attraverso una lettera pastorale dell’arcivescovo di Cagliari,
dove si sollecitavano i fedeli a prendere coscienza dei benefici spiritua-
li offerti dal pontefice e si indicavano le modalità per conseguirle. In
essa viene particolarmente sottolineato il bisogno urgente di istruire i
fedeli contro la diffusione dell’analfabetismo e dell’ignoranza religiosa.
L’autorità regia, in stretta collaborazione con quella ecclesiastica, ema-
nò provvedimenti pubblici finalizzati alla salvaguardia del “tempo sa-
cro” e delle consuetudini a esso legate. In periodo di Restaurazione il
giubileo venne assunto dall’autorità pubblica quale evento sociale di
rilievo, atto a educare e promuovere il bene comune in stretta sintonia
tra trono e altare.
Anche per l’Anno Santo 1875 l’eco, in Sardegna, fu forte e no-
tevole. Quasi tutti i vescovi, per invitare i propri fedeli a una presa di
coscienza, scrissero lettere pastorali da cui emerge la difficile situazio-
ne socio-ecclesiale: molte diocesi erano vacanti a causa del crescente
dissidio tra Stato e Chiesa, costante per tutto il secolo XIX, in seguito
all’abolizione delle decime e del foro ecclesiastico. L’analisi del magi-
stero episcopale del secondo ’800 evidenzia, infatti, una costante sof-
ferenza per gli aperti contrasti e per la frammentaria legislazione, che
privava la chiesa di quella libertà di azione che aveva sempre avuto.

a cura di Bianca Fadda e Valeria Schirru

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RECENSIONI
Indice

6
Pier Giorgio SPANU, La Sardegna della sua civiltà in Occidente nel-
bizantina tra VI e VII secolo, Ori- l’alto Medioevo”, in Centri e vie
stano, S’Alvure, 1998 di irradiazione della civiltà nell’al-
to Medioevo = atti della XI setti-
È nota la carenza di fonti sul- mana di studio del Centro Italiano
l’altomedioevo sardo e si è sottoli- di Studi sull’Alto Medioevo, Spole-
neato che, nel momento in cui se to, 1964, p. 110) quando, fra i
ne intraprende lo studio, è im- nodi critici troppo complessi per
mancabile trovarsi «in una situa- essere affrontati in una sintesi, tra-
zione che scacchisticamente po- lasciava «il problema della Sarde-
tremmo definire “di stallo”; oltre, gna bizantina», che «è questione
per le vie consuete, non sembra che andrebbe trattata di nuovo a
possibile andare, cosicché si fini- fondo».
sce in generale, quando se ne par- Se è vero che questa situazione
la, per ripetere vecchi schemi, tan- vale per la ricerca storica, sostan-
to più favorevolmente accolti in zialmente ferma ai risultati conse-
quanto bene si adattano a una guiti da Enrico Besta (La Sardegna
concezione della storia sarda come medioevale, vol. I, Palermo, 1908)
“lunghi secoli di isolamento”, del- e Arrigo Solmi (Studi storici sulle
la civiltà sarda come di una “civil- istituzioni della Sardegna nel medio
tà della resistenza” a partire dal- evo, Cagliari, 1917), con la debita
l’età cartaginese» (M. Tangheroni, sistemazione di Alberto Boscolo
“Archeologia e storia in Sardegna, (La Sardegna bizantina e alto-giu-
Topografia e tipologia, Alcune ri- dicale, Sassari, 1978) e, più di re-
flessioni”, in Atti del colloquio in- cente, le aperture in direzione del-
ternazionale di Archeologia medie- l’inquadramento della Sardegna
vale, Palermo, 1976, pp. 240- bizantina nel più vasto ambito
241). “Isolamento”, “povertà”, mediterraneo, procurate da André
“bizantinizzazione provinciale” Guillou (“La lunga età bizantina,
della Sardegna nei secoli prece- Politica ed economia”, “La diffu-
denti il Mille: in realtà si tratta di sione della cultura bizantina”, in
pregiudizi critici, accolti più come Storia dei Sardi e della Sardegna,
punti di partenza scontati che vol. I, Dalle origini alla fine del-
come conclusioni da verificare, e l’età bizantina, Milano, 1988,
ancor più motivata apparirebbe, pp. 329-423), bisogna però ri-
oggi, la decisione di Agostino marcare il consistente contributo
Pertusi (“Bisanzio e l’irradiazione giunto dal proporsi e dal consoli-

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Recensioni

darsi della disciplina, ormai nem- L’osservazione si applica anche


meno più tanto “nuova” nell’oriz- alla Sardegna, dove gli apporti
zonte degli studi, che va sotto il più significativi sulla storia (in
nome di archeologia medioevale senso lato) dei primi secoli del-
e che ha finito per comprendere, l’era cristiana sono venuti appun-
in una visione allargata, i limiti to, nell’ultimo trentennio, dal-
cronologici e tematici dell’arche- l’archeologia medioevale, e dove
ologia cristiana. Così, in parallelo bisognerebbe semmai rilevare che
con il rinnovato interesse per l’eredità dell’archeologia cristiana
l’approfondimento di temi tradi- sembra aver indirizzato gli esordi
zionalmente legati a quest’ultima di quella altomedioevale, di fatto
disciplina – i contesti cimiteriali, attestata sui livelli culturali dal
il culto dei martiri, le origini del- IV al VII secolo e complessiva-
l’architettura cristiana –, si sono mente poco dedita, tranne ap-
via via affermati nuovi interessi prezzabili eccezioni, allo studio
di studio, nello specifico l’insiste- degli strati successivi, talché per
re dell’impianto cultuale cristia- quanto attiene all’arco cronologi-
no in un tessuto già pluristratifi- co compreso fra l’VIII e il X seco-
cato in senso storico, il rapporto lo le testimonianze superstiti an-
che il santuario martiriale intrat- cora partecipano della generale
tiene con l’ambito urbanistico di condizione di “fossili-guida”, as-
pertinenza, la particolare dinami- segnabile ad altri relitti del super-
ca del conformarsi dell’edificio strato culturale greco-bizantino
chiesastico alle peculiari esigenze (cfr. G. Paulis, Lingua e cultura
di natura devozionale, liturgica o nella Sardegna bizantina, Testimo-
funzionale individuate caso per nianze linguistiche dell’influsso
caso. Un abbandono degli sche- greco, Sassari, 1983): «elementi,
mi precostituiti, dunque, che rintracciati nella lingua, nei nomi
mira a una definizione dell’am- di luogo e di persona della civiltà
biente culturale dei primi secoli e della storia bizantina in Sarde-
altomedioevali senz’altro più ade- gna … titoli bizantini di chiese
rente alla realtà storica, in quanto antiche anteriori al Mille, nomi
libera dagli schematismi e dalla di stazioni militari bizantine,
logica di sviluppo unitario, che tracce della ripartizione territo-
sembra invece aver guidato i pri- riale della Sardegna bizantina,
mi passi dell’archeologia cristia- nomi di luogo d’origine bizanti-
na. na, tracce nella lingua sarda di

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Recensioni

usi, credenze e tradizioni bizan- Il volume esce come dodicesi-


tine» (G. Serra, “L’elemento bi- mo di una collana, “Mediterra-
zantino nella onomastica sarda”, neo tardoantico e medievale, Sca-
in Studi Sardi, XVI, 1958-59, vi e ricerche”, diretta da Cosimo
p. 365). D’Angela, Anna Maria Giuntella,
In attesa dunque che nell’isola Mariarosa Salvatore e Letizia Pani
l’archeologia giunga alla piena Ermini; quest’ultima ne firma la
maturazione anche per il periodo prefazione, sottolineando che si
postclassico e affronti per intero tratta della «prima opera di sinte-
lo studio dell’arco cronologico si storico-archeologica sulla Sar-
abbracciato dalla disciplina, co- degna nel primo periodo bizanti-
stituisce – per il primo settore so- no. Un periodo che vede, all’in-
pra individuato – un utile ed domani della dominazione van-
esauriente status quaestionis il re- dala, l’isola entrare nell’orbita di
cente volume di Pier Giorgio Bisanzio e divenire di fatto parte
Spanu, La Sardegna bizantina tra integrante del confine occidenta-
VI e VII secolo (Oristano, S’Alvu- le del restaurato impero giusti-
re, 1998, 263 pagine complessi- nianeo; un periodo che … deve
ve, 216 illustrazioni in bianco e affidare le conoscenze quasi esclu-
nero, fra grafici e fotografie). Per sivamente alle testimonianze ar-
correttezza d’informazione, dicia- cheologiche, cioè alle fonti mate-
mo subito che il contenuto del- riali nell’assenza per lo più totale
l’opera, condotta con lo stile di fonti testuali». Dopo aver riba-
asciutto che contraddistingue il dito «il ruolo del tutto particolare
contributo d’alto valore scientifi- che l’isola si trovò a svolgere nella
co, travalica l’interesse confinato renovatio giustinianea», la Pani
alla lettura archeologica e i limiti Ermini rileva che la Sardegna, «a
cronologici dichiarati nel titolo e differenza di molti territori che
presenta funzionali sintesi, preci- nel giro di pochi decenni dalla
sazioni e proposte d’interpreta- morte di Giustiniano perderanno
zione anche rispetto al quadro il loro legame con l’impero, non
preesistente – la Sardegna tardo- sarà per lunghi secoli conquista-
antica, fra IV e V secolo – come ta, ma al contrario la dominazio-
pure in avanti, rispetto a contesti ne bizantina sfumerà lentamente
dall’VIII al XIII secolo, che non nell’età giudicale, giustamente ri-
costituiscono oggetto di analisi tenuta come forse l’unico mo-
specifica. mento di vera autonomia sarda»,

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Recensioni

e conclude lamentando il fatto médiévales d’Italie, Roma, 1996),


che «la pur ricca messe di studi e che dedica alcune schede – per la
di ricerche su singole scoperte … verità non troppo accurate – a
non sia ancora riuscita a entrare iscrizioni medioelleniche del Ca-
nei circuiti storiografici inerenti la gliaritano. Di contro, basti anche
tarda antichità e l’alto medioevo, a un fuggevole sguardo alle diverse
causa di una lunga consuetudine carte del Mediterraneo che visua-
ad ignorare le vicende isolane di lizzano i centri della cultura bizan-
età storica». tina dal IV al XIV secolo – una
Aggiungeremo soltanto che ciò per tutte, quella d’un “classico”
è accaduto non tanto – vogliamo per eccellenza come l’Architettura
credere – per una sorta di “sardo- paleocristiana e bizantina di Ri-
fobia” da parte degli studiosi ex- chard Krautheimer (in traduzione
traisolani, quanto appunto per la italiana: Torino, 1986, pp. 2-3) –
settorialità delle indagini locali su perché ci si renda conto che la
aspetti topografici, monumentali, Sardegna, pure rimasta formal-
culturali connessi alla realtà stori- mente e culturalmente greca per
ca della Sardegna bizantina, rileva- circa cinque secoli, figura tra i ter-
ta dallo Spanu nella premessa al ritori “muti” sotto il profilo delle
volume, nonché per la conseguen- testimonianze monumentali, che
te difficoltà di raggiungere quel li- invece conserva numerose, e di ri-
vello di divulgazione sia larga sia levanza in qualche caso non esclu-
specialistica, che possa consentire sivamente locale, anche per quan-
l’immissione dei risultati nel più to attiene alla “lunga età bizanti-
ampio circolo della comunicazio- na” inaugurata dalla conquista
ne scientifica. Apprezzabili ecce- giustinianea.
zioni, in questo senso, rappresen- Il campo d’indagine che lo
tano fra l’altro la sintesi di Raffael- Spanu si impone nel volume ab-
la Farioli Campanati, “La cultura braccia dunque l’arco cronologi-
artistica nelle regioni bizantine co compreso tra l’affermazione
d’Italia dal VI all’XI secolo”, nel del dominio di Bisanzio nell’isola
volume miscellaneo I Bizantini in (534) e la caduta dell’esarcato
Italia (Milano, 1982, pp. 216- d’Africa in mano araba (697),
218), dove non si trascurano i do- con il conseguente trasferimento
cumenti dell’isola, e la più recente della zecca da Cartagine a Caglia-
silloge epigrafica di André Guillou ri. Nell’introduzione, l’autore de-
(Recueil des inscriptions grecques linea un’efficace sintesi degli

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Recensioni

eventi storici che condussero le alla topografia storica delle città


armate di Belisario e Cirillo a im- di Carales-Cagliari, Nora, Sulci-
padronirsi della Sardegna nel- Sant’Antioco, Neapolis, Othoca-
l’ambito del programma politico- Santa Giusta, Aristianes-Orista-
economico e militare della reno- no, Forum Traiani-Fordongia-
vatio giustinianea. La restaurazio- nus, Uselis-Usellus, Tharros, Cor-
ne dell’impero romano entro i nus, Bosa, Turris Libisonis-Porto
suoi confini mediterranei si svol- Torres, Olbia, restituita attraver-
se, com’è noto principalmente da so una puntuale disamina delle
Procopio di Cesarea, in due fasi; fonti e della documentazione ar-
nella prima (narrata nel Bellum cheologica. «Varie difficoltà ren-
Vandalicum), volta alla riconqui- dono incompleto – sottolinea
sta dell’Africa caduta in mano ai opportunamente lo Spanu in
Vandali, si inquadra l’insedia- apertura – il quadro dell’assetto
mento del potere bizantino nel- delle città sarde durante i secoli
l’isola, che a differenza di gran altomedievali: tra queste si se-
parte dei territori italici acquisiti gnalano soprattutto gli ostacoli
con la guerra greco-gotica ma frapposti alla realizzazione di sca-
passati ben presto ai Longobardi vi sistematici in aree urbane e la
(dal 568 in avanti) resterà sotto la mancanza di dati emergenti dai
formale dipendenza dell’impero pochi scavi effettuati, nei quali
d’Oriente sino all’autonomia giu- spesso sono state prese in consi-
dicale, concretizzata nel X secolo derazione quasi unicamente le at-
come graduale e lenta emancipa- testazioni insediative di età classi-
zione dall’autorità suprema co- ca».
stantinopolitana. Pur nell’impossibilità di deli-
Nei sei capitoli del libro, che neare un modello insediativo ur-
si conclude con le abbreviazioni bano valido per la Sardegna come
delle fonti e della bibliografia, si per tutti i territori che ricadevano
passano in rassegna gli insedia- sotto l’egemonia di Bisanzio, tra
menti urbani, la viabilità, gli in- le dinamiche ricorrenti va co-
sediamenti rurali, le fortificazio- munque segnalata quella del nuo-
ni, il monachesimo, la produzio- vo assetto urbanistico che viene a
ne e gli scambi nella Sardegna bi- determinarsi per l’attrazione eser-
zantina fra VI e VII secolo. Un citata dalla chiesa cattedrale o da
giusto rilievo è conferito anzitut- quella del martire, ubicata in zona
to ad aspetti e problemi connessi cimiteriale e pertanto periferica

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Recensioni

rispetto all’estensione della città to a una primitiva chiesa episco-


antica, chiesa che viene invece a pale (cfr. Letizia Pani Ermini,
porsi come fulcro poleogenetico “Le città sarde nell’Altomedioe-
della rinnovata città medioevale. vo: una ricerca in atto”, in Mate-
Detto ruolo di accentramento riali per una topografia urbana,
insediativo è in evidenza nel sito Status quaestionis e nuove acquisi-
di Cagliari, in cui i centri cultua- zioni = atti del V convegno sull’ar-
li cristiani si collocano ai poli op- cheologia tardoromana e medieva-
posti della stretta fascia costiera le in Sardegna, Oristano, 1995,
di terrazzamenti ai piedi del si- pp. 55-67) ma in ogni caso ful-
stema collinare e a ridosso della cro generatore della cittadella ve-
linea di costa, lungo la quale si scovile di Santa Igia, sede privile-
stendevano i nuclei abitativi della giata dei giudici di Cagliari a
città fenicio-punica e romana, se- partire dall’XI secolo sino alla ca-
condo una logica urbanistica “a duta del giudicato in mano pisa-
macchia”, caratterizzata da visto- na (1258).
se discontinuità del tessuto mo- Particolare attenzione viene ri-
numentale, fortificatorio e abita- servata ai risultati degli scavi ar-
tivo. A sud-est, la necropoli di S. cheologici tuttora in corso nel
Saturnino, già interessata dal- quartiere della Marina, dove si
l’impianto del monastero di Ful- sono recuperate strutture fortifica-
genzio, conosce notevoli investi- te preesistenti alle chiese di S.
menti nell’edilizia chiesastica, Agostino nuovo (cfr. M.A. Mon-
come testimonia la facies bizanti- giu, “Il quartiere tra mito, archeo-
na del martyrium dedicato al san- logia e progetto urbano”, in Ca-
to cagliaritano (per la corretta di- gliari, Quartieri storici, Marina,
zione del nome cfr. da ultimo M. Cinisello Balsamo, 1989, pp. 13-
Dadea, “Il culto di San Saturni- 22) e S. Eulalia (cfr. D. Mureddu,
no”, in Cagliari: itinerari urbani “L’area archeologica di S. Eulalia”,
tra archeologia e arte, Cagliari, in Passeggiando a Cagliari con un
1999, pp. 42-43); a nord-ovest, archeologo = Quaderni didattici
l’altra area cimiteriale va incon- della Soprintendenza Archeologica
tro a consistenti modifiche d’uso, per le province di Cagliari e Orista-
funzionali alla creazione di un no, n. 5, 1993, pp. 12-15); in que-
polo ecclesiastico accentrato for- st’ultima, la mancata corrispon-
se sulla cattedrale di S. Cecilia, denza del tracciato viario altome-
probabilmente secondaria rispet- dioevale con l’attuale fa cadere,

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Recensioni

peraltro, l’ipotesi dell’esistenza di nel quartiere di Stampace alto; an-


un castrum romano del quale il che a voler accreditare l’allusione
quartiere avrebbe rispettato l’im- del toponimo a cerimonie di lu-
pianto all’incirca quadrangolare stratio all’ingresso della città e la
ad assi parallele e incrociate a per- connessione a un culto bizantino
pendicolo. Come in quest’area, dell’arcangelo custos civitatis, la
l’esistenza di strutture fortificato- notizia sembra piuttosto da riferi-
rie costruite o consolidate già in re all’aula di culto giunta a noi
età vandalica e rimaste in uso, con nella redazione romanica a due
adattamenti funzionali, in quella navate inglobata nelle strutture
bizantina è testimoniata nel quar- del castello di S. Michele, essendo
tiere di Stampace basso, attorno proprio quest’ultimo a guardia,
alla zona di Piazza del Carmine in appunto, dell’accesso dall’entro-
cui si accentravano le strutture terra all’insediamento di Santa
pubbliche maggiormente rappre- Igia, nel quale si identifica il polo
sentative della Carales romana, urbano emergente della città alto-
mentre non è possibile consentire medioevale.
circa l’insediamento in grotta a Strutture fortificatorie sono sta-
Stampace alto, in chiese ipogeiche te individuate nella stessa area di
nelle quali manca, per ora, il con- Santa Gilla, sulle rive dell’omoni-
forto del dato archeologico: di fat- ma laguna; lo Spanu richiama a
to, gli abbondanti reperti ceramici ragione un’importante epigrafe
nella cripta di S. Restituta accusa- con menzione di San Longino
no un vuoto assoluto rispetto ai centurione, santo militare nella
secoli dell’altomedioevo (cfr. M. tradizione agiografica bizantina, e
Dadea, “La cripta di Santa Resti- rispetto alla cattedrale la fonte
tuta”, in Cagliari cit., pp. 48-49), araba che riporta la notizia della
nei quali si è voluta collocare ap- scoperta fortuita, da parte di un
punto la fase di insediamento “ru- arabo nel corso dell’incursione a
pestre”. A mio avviso necessita di Cagliari documentata nel 711, del
ulteriore verifica l’ipotesi – che lo tesoro celato nell’«impalcatura«
Spanu accetta (pp. 24-25) – del- della chiesa più importante della
l’ubicazione della chiesa di S. Mi- città, che deduciamo fosse appun-
chele in praedio lustrensis, ricorda- to quella episcopale di S. Cecilia.
ta in una lettera di papa Leone IV In proposito occorre qualche pre-
(847-855), nel sito di quella gesu- cisazione. A differenza del parere
itica edificata tra il 1674 e il 1712 di Letizia Pani Ermini (accolto

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dallo Spanu, pp. 31-32), che ha nato, della navata della chiesa; la
ritenuto l’epigrafe di San Longino notizia pertanto documenterebbe
apposta a protezione d’una delle non il fatto che l’edificio fosse agli
porte urbiche di Santa Igia, riten- inizi dell’VIII secolo in costruzio-
go più corretta la lettura interpre- ne o in ristrutturazione, come
tativa del primo editore, Leone vuole lo Spanu, bensì il semplice
Porru (“Una caserma intitolata a dato materiale della copertura in
S. Longino centurione nella Ca- legno, relativa a un probabile im-
gliari bizantina”, in Quaderni del- pianto ad aula longitudinale.
la Soprintendenza Archeologica per La problematica del martyrium
le province di Cagliari e Oristano, cagliaritano di S. Saturnino, che
n. 6, 1989, pp. 205-213), che la vede contrapposte le due tesi del-
riferiva a una caserma bizantina l’impianto cruciforme cupolato in
posta sotto la protezione del santo età tardoantica (da ultima R. Ser-
militare, giustamente sottolinean- ra, Italia romanica, vol. X, La Sar-
do il riferimento all’istituto giuri- degna, Milano, 1989, pp. 30-40) o
dico del metatum e la casualità in età bizantina (cfr. L. Pani Ermi-
dell’associazione con il sito di ni, “Ricerche nel complesso di S.
Santa Gilla, dove fu rinvenuta, Saturno a Cagliari”, in Rendiconti
ma in un luogo deputato a disca- della Pontificia Accademia Romana
rica recente di materiali d’incerta di Archeologia, LV-LVI, 1982-84,
e varia provenienza (cfr. M. Da- pp. 111-128), è risolta dallo Spa-
dea, “Due reperti epigrafici bizan- nu in favore di quest’ultima, sulla
tini dell’Antiquarium Arborense base della lettura archeologica del-
di Oristano”, in La ceramica rac- l’area circostante, dove si è indivi-
conta la storia = Atti del II conve- duata in corrispondenza del di-
gno: La ceramica nel Sinis dal neo- strutto braccio settentrionale una
litico ai giorni nostri, Oristano, preesistente aula di culto absidata
1998, pp. 418-419, nota 40). ascritta al V secolo, e dell’analisi
Quanto alla deduzione, pur inte- metrologica condotta da Giorgio
ressante, dello Spanu circa il fatto Cavallo (esposta al VI convegno
che l’«impalcatura» nella quale era sull’archeologia tardoromana e
stata nascosta dai cagliaritani in medievale in Sardegna, Cagliari-
fuga parte del tesoro fosse in real- Cuglieri 23-25 giugno 1989), che
tà un ponteggio, mi sembra più dimostrerebbe l’adozione, nell’or-
verosimile che si trattasse del tetto ganismo quadrifido, del piede bi-
ligneo, a capriate e forse cassetto- zantino e di un sistema proporzio-

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Recensioni

nale assimilabile a quello di S. So- zio di un corso storicamente au-


fia a Costantinopoli. Purtroppo, tonomo, qual è quello dell’archi-
in quest’ultimo caso, il riferimen- tettura bizantina nei territori del-
to a uno studio in corso di stam- l’impero d’oriente (cfr. C. Man-
pa, dello stesso Cavallo, impedisce go, Architettura Bizantina, Mila-
di fatto la verifica della correttezza no, 1978). Sembra pertanto pru-
della dimostrazione, peraltro affi- dente, prima di trarre conclusioni
data a un metodo esegetico più in proposito, attendere di leggere
volte dimostratosi fallace, sulla da un lato il citato contributo di
base da un lato dello scarto esiguo Giorgio Cavallo, dall’altro l’edi-
fra piede romano (cm 29,6) e pie- zione finalmente completa dello
de bizantino (cm 31,23), dall’altro scavo di S. Saturnino, del quale
dell’approssimazione delle tecni- sono state pubblicate solo relazio-
che edilizie specie altomedioevali, ni preliminari, e a questo proposi-
rispetto a calcoli dimensionali al- to – poiché «è buona abitudine in-
lora effettuati con l’ausilio di stru- fatti degli archeologi fondare le
menti e nozioni largamente empi- proprie proposte su dati concreti e
riche. Resta la difficoltà, per lo oggettivi» – sarebbe molto impor-
storico dell’arte, di una collocazio- tante poter verificare, analisi chi-
ne del S. Saturnino – individuato miche di laboratorio alla mano,
da una stretta dipendenza da pro- l’affermazione della Pani Ermini
totipi tardoantichi e da una so- (“Contributo alla conoscenza del
stanziale continuità con la forma suburbio cagliaritano iuxta basili-
spaziale tardoromana – nel così cam sancti martyris Saturnini”, in
proposto e assai differente ambito Sardinia antiqua = Studi in onore
del programma edilizio giustinia- di Piero Meloni in occasione del suo
neo, che si caratterizza per l’ab- settantesimo compleanno, Cagliari,
bandono, appunto, di detta tradi- 1992, p. 487, nota 62), circa il fat-
zione, tanto che l’edificio accen- to che la malta con cui era legato
trato “a doppio involucro” vi si alla muratura il frammento epi-
presenta rinnovato a tal punto da grafico di fine V-VI secolo, inseri-
segnare non già l’apogeo – e il to a zeppa tra i conci di fondazio-
canto del cigno – dell’architettura ne del pilastro sud-est del corpo
tardoromana, come pure è stato cupolato, fosse effettivamente la
proposto (cfr. P. Sanpaolesi, La stessa utilizzata nel resto della mu-
chiesa di S. Sofia a Costantinopoli, ratura altomedioevale: argomento
Roma, 1978), bensì proprio l’ini- che, se debitamente comprovato,

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Recensioni

verrebbe a costituirsi come dato urbana lungo la strada di accesso


realmente probante, per un’ascri- alla città antica, il santuario mar-
zione della fabbrica del martyrium tiriale di S. Efisio, integralmente
monumentale almeno all’età di ricostruito nella prima età roma-
Fulgenzio – iuxta basilicam sancti nica; nell’ambiente semipogeico
martyris Saturnini – che sarebbe con funzione di cripta lo Spanu
peraltro maggiormente accettabi- individua, ma con apprezzabile
le, anche in base al carattere “afri- estrema prudenza, le strutture su-
cano” del contesto, rispetto a quel- perstiti di un impianto cultuale
la proposta ad età e committenza più antico, nel quale potrebbe
giustinianea. anche identificarsi il residuo del
Lo Spanu passa quindi alla di- primo martyrium intitolato al
samina del sito di Nora, osser- santo martire di Nora.
vando come alla qualifica di prae- Il rapporto della chiesa in area
sidium (“postazione militare”) as- cimiteriale con la basilica urbana
segnatagli nella Cosmographia sembra ripresentarsi analogo a
dell’Anonimo Ravennate (VII Tharros, dove il S. Giovanni di Si-
sec.) corrisponda l’evidenza dei nis sorge appunto extramuros e in
dati archeologici recuperati nel prossimità dell’area di capo San
corso delle ultime campagne di Marco, nella quale furono messi
scavo, che documentano sia con- alla luce – ma su livelli stratigrafici
sistenti trasformazioni d’uso in apparentemente diversi – un bat-
estesi settori della città antica fra tistero a vasca esagonale e un’aula
V e VI secolo, sia vere e proprie trinavata e absidata, in cui viene
strutture fortificatorie nell’area pure cautamente identificata una
delle Terme a mare, presso le chiesa monastica anziché la prima
quali è stato individuato il trac- cattedrale della diocesi di Sines,
ciato di una basilica trinavata e successivamente traslata a Orista-
absidata, preceduta da nartece no dopo aver forse dimorato nella
(cfr. G. Bejor, “Romanizzazione chiesa di S. Giovanni, problemati-
ed evoluzione dello spazio urba- ca quanto all’originaria intitola-
no in una città punica: il caso di zione, natura funzionale (sorta
Nora”, in L’Africa romana = Atti come martyrium o fin dall’origine
del X convegno di studio, vol. II, ecclesia baptismalis?) e corretta let-
Sassari, 1994, pp. 855-856). A tura delle fasi architettoniche. An-
questa doveva accompagnarsi, cora una volta in riferimento a
nella zona della necropoli extra- contributi in corso di stampa (E.

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Recensioni

Loi e S. Oppo, negli atti del VII sulcitano di S. Antioco, stavolta


convegno sull’archeologia tardo- però con più chiari indizi di una
romana e medievale in Sardegna, sua pertinenza alla prima età ro-
Cagliari-Cuglieri 28-30 settembre manica, pure proposta per la ri-
1990), lo Spanu accetta la tesi che strutturazione del S. Giovanni di
la genesi dell’edificio nelle forme Sinis (cfr. R. Coroneo, Storia del-
attualmente visibili si collochereb- l’arte in Sardegna, Architettura ro-
be per intero nell’età bizantina, manica dalla metà del Mille al pri-
come ampliamento e ristruttura- mo ’300, Nuoro, 1993, sch. 6).
zione longitudinale di un impian- Al complesso monumentale di
to accentrato e cupolato della se- Sant’Antioco – catacombe, cimi-
conda metà del VI-VII secolo. tero subdiale, battistero forse in
Non si affronta però il problema rapporto alla sede cattedrale, mar-
relativo all’originaria configura- tyrium cruciforme cupolato – lo
zione icnografica della chiesa qua- Spanu dedica la dovuta attenzio-
drifida, che Raffaello Delogu ne, rilevando anche qui la peculia-
(L’architettura del Medioevo in Sar- re dinamica di sviluppo urbanisti-
degna, Roma, 1953, pp. 13-14) co della città medioevale, che tro-
restituì a croce inscritta sulla base vò appunto nel santuario del mar-
del fatto che gli alveoli già ospi- tire, impiantato in area cimiteriale
tanti colonne, osservabili in tutti e extramuros, il suo nuovo fulcro di
quattro gli spigoli interni dei ro- aggregazione insediativa. La posi-
busti pilastri di sostegno del tam- zione strategica del sito nel quadro
buro della cupola all’incrocio dei del controllo bizantino delle risor-
bracci voltati a botte, si ripresenta- se economiche derivanti dal conti-
no identici nelle murature delle nuato sfruttamento e imbarco e
arcate oggi parietali ma in tal caso commercio nel porto di Sulci del
interpretate come varchi di pas- minerale argentifero estratto nel-
saggio alle originarie camere ango- l’entroterra iglesiente pare attesta-
lari. Se così fosse, la logica del- ta dall’impianto, appena superato
l’ampliamento longitudinale, che il ponte romano sulla strada di ac-
comportò la ricostruzione dell’au- cesso alla città antica lungo la li-
la con navata centrale voltata a nea di costa, del Castello Castro di
botte a un livello più alto rispetto cui resta memoria soprattutto nel-
a quello della copertura primitiva, l’accurata descrizione e nel rilievo
risulterebbe la stessa che guidò che ne diede Alberto Della Mar-
l’analogo intervento nel santuario mora nel secolo scorso. Spetta a

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Renata Serra (“La possibile me- diversa categoria del quadribur-


moria di una fortezza bizantina in gium o phrourion, cioè del forte al-
Sardegna, Il Castello Castro nel- l’incirca quadrato con torri agli
l’isola di Sant’Antioco”, in Archi- angoli ma non alla metà dei lati,
vio Storico Sardo, XXXVI, 1989, di superficie meno estesa (fra 800
pp. 83-90) e a Letizia Pani Ermini e 3800 mq) rispetto alle fortezze
(“Sulci dalla tarda antichità al me- comprese fra 5000 e 15.000 mq,
dioevo: note preliminari di una ri- destinate ad alloggiare stabilmente
cerca”, in Carbonia e il Sulcis, Ar- almeno un numerus di cavalleria.
cheologia e territorio, Oristano, Interessa rilevare che mentre Tha-
1995, pp. 369-347) la conferma mugadi, con i suoi 7700 mq, mi-
della già sostenuta pertinenza dei sura la metà di un grande campo
ruderi, visibili fino agli anni Cin- di comitatenses d’epoca classica, il
quanta del nostro secolo, a una Castello Castro (in base alle stime
fortezza giustinianea che, come di ottocentesche) era vasto all’incirca
norma nell’Africa mediterranea un quarto (3550 mq), cioè quan-
(cfr. N. Duval, “L’état actuel des to un grande quadriburgium e più
recherches sur les fortifications de o meno la metà di Timgad.
Justinien en Afrique”, in XXX cor- Di eccezionale interesse la pub-
so di cultura sull’arte ravennate e blicazione, nel volume dello Spa-
bizantina, Ravenna, 1983, pp. nu (pp. 91-96), di alcuni degli
149-204), si poneva rispetto alla ottanta circa sigilli plumbei bi-
città antica in una posizione del zantini con iscrizioni in caratteri
tutto particolare, isolandosi da e lingua greca o latina, rinvenuti
essa e collocandosi a presidio della in tempi diversi fra i ruderi della
principale via di accesso. Bisogna chiesa di S. Giorgio in agro di
semmai osservare che, mentre è Cabras e confluiti nell’Antiqua-
senz’altro puntuale il rimando rium Arborense di Oristano.
delle due studiose al campo forti- Dallo stesso sito proviene un ti-
ficato di Thamugadi-Timgad, pario fittile con figura ed epigrafe
eretto nel 539-540, qualche per- relative a San Giorgio megalo-
plessità avanzerei per quello, indi- martire, di cui si è data più di re-
cato dalla Pani Ermini e ripropo- cente una compiuta lettura (M.
sto dallo Spanu (pp. 192-194), al Dadea, “Due reperti” cit., pp.
castello di Limisa, oggi Ksar Lem- 403-411). Fra i sigilli ecclesiastici
sar in Tunisia, anch’esso di età giu- meritano attenzione una bulla
stinianea però da inquadrare nella dell’Ecclesia Caralitana del V-VI

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secolo, due con menzione degli matica relativa alla fase bizantina
arcivescovi Citonatus e Anastasius; di utilizzo delle terme denominate
fra quelli d’altre cancellerie, il si- “di re Barbaro”, sia quella relativa
gillo di un Giorgio cubicolario all’impianto, nell’area cimiteriale
imperiale nel VII secolo e quello del Monte Agellu, della chiesa in-
di un Pantaleone, mandatario titolata al martire locale Gavino,
imperiale nel VII-VIII secolo. Per in cui va identificata la sede catte-
i titolari di altri due, Salomone e drale della diocesi di Turris docu-
Sergio, si propone l’identificazio- mentata dal 484. Rispetto a que-
ne rispettivamente con il magister st’ultimo centro, sarebbe stata in-
militum di Giustiniano in Africa, teressante una verifica delle pro-
che sovrintese peraltro alla co- poste di lettura degli edifici cul-
struzione del castrum di Timgad, tuali messi in luce nel sito della
e con lo stratelates attestato nel VI cattedrale, sotto la basilica roma-
secolo. A documentare la primiti- nica di S. Gavino e, più di recen-
va appartenenza dei piombi al- te, nel cortile a nord dell’edificio,
l’archivio annesso alla chiesa di S. avanzate da Fernanda Poli in un
Giorgio e rimasto in efficienza volume (La basilica di San Gavino
dal VI all’XI secolo sta la bulla del a Porto Torres, La storia e le vicende
giudice arborense Zerchis, la più architettoniche, Sassari, 1997) la
antica finora conosciuta della serie cui importanza, sotto il profilo
di sigilli della cancelleria indigena, della storia degli studi, si pone su
che doveva utilizzare gli stessi un piano paritario rispetto a quel-
strumenti diplomatici di ascen- lo che qui si recensisce, in quanto
denza bizantina attestati presso i primi lavori monograficamente
primi giudici di Cagliari. condotti su temi e problemi del
La rassegna topografica dello medioevo sardo dei quali, finora,
Spanu annovera inoltre, fra i cen- si erano avuti solo interventi su
tri qui per brevità non considerati, aspetti specifici e parziali. La più
quadri di sintesi sulla situazione antica aula di culto, ascritta al V
della ricerca archeologica in corso secolo, viene restituita a impianto
nei complessi episcopali di Cornus longitudinale poco sviluppato in
– basilica cimiteriale e “cattedrale lunghezza, con tre navate divise da
doppia” con battistero, IV-VII se- pilastri e abside ad ovest; nella
colo – e Turris Libisonis, odierna zona adiacente al fianco setten-
Porto Torres, del quale viene pun- trionale della basilica romanica le
tualmente discussa sia la proble- si sovrappose un secondo edificio

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di culto, ascritto al VII-VIII seco- della Sardegna romana, Oristano,


lo, con abside ad est, ampia e pro- 1998), mentre nell’edificio in agro
fonda, che sembra chiudersi se- di Siligo noto con la denomina-
condo un profilo planimetrico a zione di Santa Maria di Mesu-
semicerchio oltrepassato. mundu, per lungo tempo ritenuto
Con il secondo capitolo, dedi- l’adattamento di terme romane ad
cato alla rete viaria di età romana aula di culto cristiano, viene rico-
rimasta sostanzialmente in uso, nosciuto sia l’impianto ex novo,
con modifiche locali, in quella bi- come chiesa fabbricata in età bi-
zantina, lo Spanu introduce al- zantina, sia il parziale riutilizzo di
l’esame degli insediamenti rurali murature del preesistente com-
(terzo capitolo), dapprima ponen- plesso termale, che potrebbe aver-
do l’accento sui casi di frequenta- ne condizionato la peculiare ico-
zione e riutilizzo funerario o mili- nografia. Nella rassegna, assumo-
tare di complessi preistorici e pro- no particolare rilievo i dati recu-
tostorici a partire dai primi secoli perati nel più recente restauro del
dell’altomedioevo (fra gli altri: i santuario di S. Maria di Bonarca-
nuraghi Cobulas di Milis, Canda- do; alla fase d’impianto risale pro-
la di Sorradile, Su Nuraxis di Siur- babilmente il riutilizzo di muratu-
gus, e il santuario “federale” di re pertinenti a terme romane, an-
Santa Vittoria di Serri), poi svi- date a formare uno dei bracci del
luppando l’analisi delle trasforma- piccolo organismo cruciforme cu-
zioni cui dovette andare incontro polato, rimaneggiato poi in epo-
l’assetto territoriale nel momento che diverse, nel 1242-68 (aggiun-
del passaggio dal sistema latifon- ta della facciata romanica) sino al-
dista dell’economia tardoromana l’intervento neomedioevale che
a quello dell’insediamento sparso comportò la realizzazione del pro-
affermatosi nell’età medioevale. spetto datato 1933.
Eloquenti in proposito sono alcu- Il paragrafo successivo è sulla
ni esempi di continuità d’uso do- diffusione del cristianesimo in
cumentati nello scavo archeologi- Sardegna e sull’evoluzione del-
co di ville rustiche come quella in l’organizzazione ecclesiastica fino
località San Cromazio a Villaspe- al VII secolo. Mentre si ha la pos-
ciosa, o di terme come quelle di sibilità di attestare sin dal conci-
Santa Maria a Vallermosa (per casi lio di Cartagine l’esistenza delle
analoghi, vedi ora C. Cossu, G. diocesi di Carales, Sulci, Forum
Nieddu, Terme e ville extraurbane Traiani, Senafer (Cornus?) e Tur-

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ris Libisonis, nonché di quelle di recuperata presso l’Archivio Cen-


Fausiane (Olbia) e Sines, integra- trale dello Stato. La sommaria
bili sulla base delle Notitiae epi- planimetria del contesto (fig.
scopatum orientalium di Leone il 158), allegata alla relazione del
Sapiente, sussiste la difficoltà di Vivanet e non pubblicata dal Fio-
ricostruire l’estensione dei vari relli, consente di precisare la scar-
territori, anche se l’assetto dioce- na descrizione dell’aula e dell’area
sano documentato nell’XI secolo cimiteriale circostante nei termi-
sembra in realtà riflettere una si- ni di una basilica triabsidata pre-
tuazione definita in precedenza. ceduta da nartece, dimensional-
All’individuazione delle cattedra- mente corta e larga, secondo una
li si accompagna, nel territorio, il tipologia d’impianto simile al-
recupero di fonti battesimali ti- l’apparenza a quella rilevata nelle
pologicamente ascritti al VI-VII basiliche urbane di Nora, Thar-
secolo, in grado di attestare il ros e Porto Torres, ascritte al V
ruolo di ecclesia baptismalis per secolo.
gli edifici cultuali di pertinenza: è Alla persistenza del paganesi-
il caso del S. Giovanni, parroc- mo vengono riferite notizie tratte
chiale di Nurachi, del S. Giorgio dalle fonti – tra cui quella, indivi-
di Decimoputzu (per il quale cfr. duata da tempo in una lettera di
inoltre la monografia di S. Ba- Gregorio Magno, relativa ai Bar-
sciu, La chiesa di San Giorgio a baricini adoratori dei ligna et lapi-
Decimoputzu, tra fascino e miste- des (se preso alla lettera, un topos
ro, Cagliari, 1997), nonché del S. letterario ma in realtà indicativo
Pantaleo di Dolianova, poi assur- della necessità di un “programma
to a chiesa episcopale. Nel qua- di conversione”) – come pure do-
dro della capillare diffusione del cumenti archeologici del riuso, da
cristianesimo nell’isola, operata parte della comunità cristiana, di
nella prima età bizantina, s’inse- preesistenti complessi soprattutto
risce pure il riesame della docu- del culto delle acque: così l’im-
mentazione relativa alla chiesa di pianto di chiese intitolate a santi
S. Nicola di Donori, condotto sia del menologio greco (fra tutte, S.
sull’articolo del Fiorelli nelle No- Anastasia di Sardara) su templi a
tizie degli Scavi (1885), sia sul- pozzo di età nuragica, o la dedica
l’inedita relazione manoscritta al Salvatore nel sito del santuario
utilizzata da quest’ultimo e stesa ipogeico in agro di Cabras, dedi-
in precedenza da Filippo Vivanet, cato a Ercole Soter. L’esame dei

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singoli casi e contesti territoriali alla luce della presenza, nello stes-
evidenzia in sintesi, anche per la so territorio, di pilastrini scultorei
Sardegna, il verificarsi della dina- recanti date precise ma dei secoli
mica attestata per altre aree del XVI e XVII, evidentemente molto
Mediterraneo e dell’Europa nei distanti dall’ambito altomedioeva-
primi secoli dell’altomedioevo, le cui li si è voluti ricondurre.
quando gli edifici pagani non an- Nel capitolo successivo, dedi-
darono incontro al totale abban- cato alle fortificazioni, si pone
dono o a deliberata distruzione, l’accento sul ruolo della Sardegna
piuttosto ad adattamenti struttu- quale avamposto dell’impero bi-
rali che ne resero possibile l’ade- zantino in Occidente, lungo quel
guamento alle esigenze del culto limes destinato via via a ritrarsi ma
cristiano in base alla necessità di ancora percepito come tale fino
mantenere quel flusso devoziona- alla conquista araba dell’Africa
le, già derivante dall’antichità del mediterranea. La politica militare
luogo sacro e ora dalla sua rifun- svolta da Bisanzio nell’isola viene
zionalizzazione nel vasto program- quindi individuata in relazione
ma di cristianizzazione delle zone alla necessità di contenere, nel
rurali. A processi di conversione corso del VI-VII secolo, la pressio-
cristiana viene pure assegnata ne esercitata dalle popolazioni del-
l’emergenza delle “pietre fitte” del- l’interno – le Civitates Barbariae –
la Trexenta, nelle quali Silvana Ca- sui centri di confine ai quali con-
sartelli Novelli ha voluto leggere la ducevano le vie commerciali irra-
“lunga durata” del betilo aniconi- dianti dai porti sulle coste. Di fat-
co sostituito dai “segni” della pe- to, è nell’ottica del controllo di
netrazione del cristianesimo: la tali postazioni che si chiarisce la
questione non è priva di risvolti presenza bizantina a Fordongia-
problematici, come già suggerito nus (Casteddu Ezzu), Samugheo
da altri e in altra sede (cfr. le diver- (castello di Medusa), Ales (castello
se posizioni riassunte in M. Da- di Barumele), Oschiri (fortezza di
dea, rassegna del “VII Convegno Castro), nonché i numerosi re-
sul tema: L’archeologia tardo-ro- perti di cultura materiale, princi-
mana e medievale in Sardegna, palmente fibbie bronzee da cin-
Cagliari-Cuglieri 28-30 settembre tura, provenienti da contesti fu-
1990", in Archivio Storico Sardo, nerari in siti anche interni del-
XXXVII, 1992, pp. 258-271), e l’isola. Tra le fortificazioni urbane
merita un riesame globale anche del limes costiero, viene opportu-

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namente richiamato il Castello Spanu si volge quindi con parti-


Castro a Sant’Antioco e si passa- colare interesse agli insediamenti
no in rapida rassegna le notizie bizantini in grotta, segnalati nu-
disponibili sulle strutture difensi- merosi specie in aree del Logudo-
ve altomedioevali di Cagliari, ro nord-occidentale. A Sassari, le
Nora, Tharros, Cornus, Porto chiese di Li Curuneddi e Fontana
Torres e Olbia, già illustrate nella Gutierrez non conservano memo-
prima parte del libro. ria del titolo, ma chiare tracce del-
Il capitolo sul monachesimo l’utilizzo altomedioevale come
greco fra VI e VII secolo si apre aule di culto cristiano, con ogni
con l’attenta rilettura critica delle probabilità utilizzate da monaci
fonti, anche in questo caso poco greci. Una particolare continuità è
numerose, perlopiù relative a ce- documentata poi nell’ipogeo della
nobi scomparsi, e soprattutto mu- necropoli preistorica e protostori-
te per ciò che concerne le princi- ca di Sant’Andrea Priu (Bonorva),
pali emergenze di tipo monastico noto come “Tomba del capo” e
che la documentazione archeolo- adattato dapprima a luogo di se-
gica è andata via via evidenzian- poltura in età tardoantica, come
do nel territorio. L’attenzione documenta l’affresco con croce,
cade fra l’altro sulla chiesa dei festoni, uccelletti e figura di de-
SS. Elia ed Enoch alla sommità funta (fine IV-inizi V secolo?) nel-
del Montesanto, in territorio di la prima camera superato l’atrio;
Siligo. L’intitolazione a santi del quindi a chiesa in età bizantina o
menologio greco suona a confer- già giudicale, nella camera più in-
ma dell’originaria appartenenza terna, anch’essa affrescata con ci-
dell’edificio a monaci orientali, clo di Storie dell’infanzia di Gesù,
prima della sua cessione ai Cassi- col Cristo in mandorla e tetra-
nesi nel 1065; la chiesa è biabsi- morfo, con figure intere di santi
data, ma non si tratta dell’im- (alle pareti) e con trama di orbico-
pianto primitivo, poiché la nava- li includenti rosette e volatili (nel
tella sud fu aggiunta nella secon- soffitto).
da metà del XII secolo a un’aula Il capitolo conclusivo del libro
già mononavata. Rilevata la non presenta i manufatti attraverso i
grande distanza di questo edifi- quali è possibile ricostruire i flussi
cio dal luogo di culto ipogeico di produzione e scambi nella Sar-
denominato Su Crastu de Santu degna bizantina. Fra le classi fittili
Liseu a Mores, la trattazione dello di VI-VII secolo più frequente-

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mente rinvenute nell’isola si collo- provenienze dall’Egeo orientale


ca anzitutto la ceramica con deco- (Grecia e Turchia asiatica), da Co-
razione stampigliata, prodotta for- stantinopoli, dall’area mediorien-
se localmente, come attestano le tale (Egitto e Palestina) e dai cen-
forme alle quali si applica (scono- tri italici, in special modo la To-
sciute o rare fuori dell’isola) e le scana, Roma, l’Italia meridionale e
terre utilizzate, nonché la tecnica in particolar modo la Sicilia. Tra i
caratterizzata da una manualità manufatti metallici, si segnalano
certo non raffinata. Assieme al- in primo luogo le patere argentee
l’opera a telaio frequentemente ri- da Nureci e Tharros, gli orecchini
scontrata nell’edilizia isolana di età in oro a pelta e la fibula aurea a di-
paleobizantina, le importazioni sco da Serdiana, quindi le fibbie in
ceramiche documentano la conti- bronzo delle più diffuse tipologie
nuità delle relazioni con l’Africa e, (con placca a U e di tipo Corinto,
nello specifico, la perdurante ege- Balgota, a pelta, Siracusa), riferibi-
monia del prodotto africano, con li tanto all’abbigliamento comune,
le varie tipologie della sigillata, che quanto all’equipaggiamento mili-
risulta evidentemente da flussi di tare di soldati bizantini di stanza
scambio ben consolidati nei secoli nell’isola.
precedenti. Seguono, sulla base del
criterio numerico dei reperti, le Roberto Coroneo

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P. FADDA, Avanguardisti della mo- amministrativo, denunciati come


dernità. Alle origini della trasforma- causa prima della formazione di
zione industriale della società agri- una gerarchia delle regioni, agli
cola sarda, Cagliari, Sanderson ultimi posti della quale si trova-
Craig, 1999. vano le regioni del Mezzogiorno
continentale e le isole.
Sono quasi tre secoli che si di- Almeno un accenno ci sembra
scute della questione sarda, anche poi di dover fare alla leggenda del-
se è solo da poco più di un secolo l’eccezionale fecondità dei suoli
che appunto con questo termine dell’isola, l’antico “granaio di Ro-
ci si riferisce allo stato di profonda ma”: leggenda dura a morire, se
depressione dell’isola. Ovvio il ancora nel 1958, nella 35ª edi-
collegamento con la questione zione “riveduta ed aggiornata”
meridionale, della quale la que- del Novissimo Melzi (parte scien-
stione sarda è parte integrante, an- tifica, p. 1166) la Sardegna veni-
che se esistono differenze talvolta va definita “fertilissima”.
rilevanti tra la Sardegna e il restan- È noto che contro questa leg-
te Mezzogiorno: differenze che pe- genda, riferita anche al Mezzo-
raltro sussistono anche all’interno giorno in generale, si batté a lungo
delle diverse regioni, per esempio Giustino Fortunato, che nel suo
tra la Campania Felix e la Conca discorso del 1904 su La questione
d’Oro da una parte, e le zone in- meridionale e la riforma tributaria
terne della stessa Campania e della (ripubblicato nel 1911 nel secon-
Sicilia dall’altro. do volume de Il Mezzogiorno e lo
Le cause della non lieta situa- Stato italiano) vedeva le radici del
zione dell’isola sono state via via problema nella costituzione geolo-
individuate nella troppo limitata gica dell’Italia meridionale e delle
diffusione (non nell’assoluta ine- isole, osservando tra l’altro che da
sistenza) della proprietà perfetta questo punto di vista la Sardegna
della terra; nella scarsa popolazio- era “in condizioni anche peggiori
ne; nella mancanza di capitali e, delle più squallide province del
per ciò che riguarda l’aspetto po- continente meridionale”, ed ag-
litico-istituzionale, nella sostan- giungeva: “L’antica credenza del-
ziale mancanza di autonomia del l’alma parens dev’essere abbando-
Regnum Sardiniae e, dopo il 1847 nata: la dolce predizione di Virgi-
ed il 1861, nell’uniformità della lio, secondo cui da per tutto in
legislazione e nell’accentramento Italia la terra avrebbe prodotto

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tutto, omnis feret omnia tellus, non zare, sia favorendo l’immigrazione
si è avverata. Un poeta greco pote- in Sardegna di coloni provenienti
va ben dire, sette secoli prima di da altre regioni o Paesi: concetto al
Cristo, che la Calabria fosse il pae- quale si sarebbe ispirato ancora nel
se più felice del mondo: oggi que- secondo dopoguerra il disegno di
ste parole desterebbero il riso. legge dell’on. Pietro Fadda e più,
Ogni nazione d’Europa ha le sue che prevedeva l’immigrazione in
plaghe sterili, le sue terre aduste: Sardegna di un consistente nume-
nessuna, meno la Grecia e la Spa- ro di contadini veneti.
gna, in proporzioni maggiori della Contro questa linea di inter-
nostra. Mezza Italia, sacra a’ terre- vento si pronunciarono uomini
moti ed ai vulcani, quella appunto politici come l’on. Francesco Sala-
che la leggenda immagina sia tutta ris, che collaborò all’inchiesta
una mirabile esibizione di un agraria che ebbe nome da Stefano
Eden che non esiste, agronomica- Jacini, e l’ing. Augusto Brunelli, il
mente val presso che nulla”. Il quale, in un suo scritto del 1892
grande meridionalista confermava (pubblicato due anni dopo) osser-
così il suo determinismo geografi- vava giustamente che in America
co, che Benedetto Croce amiche- in un primo tempo non c’erano
volmente gli avrebbe rimprovera- né capitali né braccia sufficienti a
to nelle pagine conclusive della promuovere lo sviluppo economi-
sua Storia del regno di Napoli. co degli Stati Uniti: braccia e capi-
Alle diverse diagnosi sulla que- tali che non tardarono ad affluirvi
stione sarda hanno fatto riscontro da tutto il mondo quando ci si av-
diverse terapie, rivelatesi tutte ora vide che vi esistevano non imma-
più, ora meno deludenti, dalla for- ginarie possibilità di lavoro e di
zata accelerazione del processo di guadagno.
completa privatizzazione della La prova della validità delle
proprietà della terra (ed anche dei considerazioni dell’ing. Brunelli
terreni sfruttabili solo col bosco ed (collaboratore del quale, al genio
il pascolo brado) ai numerosi ten- civile di Cagliari, era un giovane
tativi di colonizzazione, ora coro- tecnico, destinato ad un brillante
nati dal successo, ora miseramente avvenire, l’ingegnere Edmondo
falliti, effettuati sia col trasferi- Sanjust di Teulada) non era del re-
mento di aliquote di sardi dai pae- sto necessario andare a cercarla
si fino ad allora abitati alle zone tanto lontano: nella stessa Sarde-
spopolate che si intendeva valoriz- gna, al tempo della “perfetta fusio-

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ne” dell’antico Regnum Sardiniae Rispetto alle accennate meto-


con i Regi Stati sabaudi di Terra- dologie di approccio alla questio-
ferma, l’estensione all’isola della ne sarda sembra più promettente
legge mineraria sabauda del 1840, un’altra linea interpretativa, quella
che separava la proprietà del suolo che individua la causa causarum
da quella del sottosuolo, ed avoca- del sottosviluppo dell’isola nella
va questa allo Stato, aveva stabilito mancata formazione, o nella for-
le premesse dello sfruttamento di mazione in misura insufficiente,
ingenti risorse minerarie e del sor- di una moderna borghesia im-
gere di un’industria estrattiva di li- prenditrice che, superando le pur
vello europeo, grazie appunto al- innegabili difficoltà di varia natu-
l’afflusso nell’isola di imprendito- ra, creasse nuove occasioni di lavo-
ri, capitali, tecnici, ed anche di ro e nuova ricchezza: di qui l’inte-
manodopera idonea ai lavori del resse per le vicende degli impren-
sottosuolo, al momento non repe- ditori che con le loro intuizioni e
ribili in loco. con la loro attività hanno dimo-
Converrà ancora ricordare che strato come fosse possibile supera-
un altro mito, quello della scarsità re il sottosviluppo. Vero è peralto
numerica della popolazione, insuf- che, accanto ai vincitori non sono
ficiente a consentire lo sviluppo, mancati i caduti e gli sconfitti, dei
veniva smentito da un altro auto- quali pure merita occuparsi, come
re, Attilio Deffenu, che alla vigilia del resto qualcuno ha fatto o va fa-
della prima guerra mondiale osser- cendo.
vava che la Sardegna doveva con- È su questa linea interpretativa
siderarsi non sottopopolata, ma che si è mosso da tempo Paolo
sovrapopolata, come dimostrava il Fadda autore oltre che di numero-
fatto che anche nell’isola si era si saggi ed articoli giornalistici, di
manifestato, a partire dalla fine diversi capitoli delle due opere di
dell’Ottocento, il fenomeno mi- notevole interesse storico-econo-
gratorio, per di più con questa mico pubblicate recentemente
particolarità: che essendo già satu- dall’Associazione degli Industriali
re le zone nelle quali era relativa- e dalla Camera di Commercio di
mente facile trovare una buona si- Cagliari, nonché di un interessan-
stemazione, i sardi dovevano emi- te volume, Alla ricerca di capitali
grare in località disagiate, nelle coraggiosi. Vicende e personaggi del-
quali imperversavano la malaria e le intraprese industriali in Sardegna
la febbre gialla. (Cagliari, Sanderson Craig, 1990),

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nel quale venivano ricordate le “dovrebbe essere soprattutto di ca-


fortunate iniziative industriali di rattere storico prima ancora che
imprenditori sardi, continentali o economico”.
stranieri come Giovanni Antonio “Borghesie”, recita il titolo del
Sanna, Benjamin Piercy, Giulio quaderno n. 16, perché l’autore ri-
Dolcetta, Dionigi e Stanislao Sca- leva spesso la differenza ed il con-
no e Ferruccio Sorcinelli, mentre trasto tra borghesia redditiera e
la parte di eroe negativo veniva af- borghesia degli affari, questa a
fidata a Pietro Ghiani Mameli. Il lungo snobbata dalla prima, che
tema dello sviluppo capitalistico aveva come suo punto di riferi-
veniva ripreso in due successivi la- mento l’aristocrazia feudale e po-
vori di non minore interesse, quali stfeudale.
Sa cittadi avolotara: borghesi, majo- Non meno interessante il qua-
lus, poeti e palazzinari nella Caglia- derno n. 22 della stessa rivista, in-
ri del secolo scorso (Cagliari, Stef, titolato Economia e politica negli
1991), ed il quaderno n. 16 di anni dell’autonomia. La borghesia
“Sardegna economica”, la bella ri- industriale sarda tra ricostruzione e
vista della Camera di Commercio rinascita (1944-1960), anche que-
di Cagliari, intitolato Una difficile sto presentato da Romano Mam-
affermazione. Spunti per una storia brini, nel quale Paolo Fadda esa-
delle borghesie cagliaritane, con mina il rapporto politici-impren-
prefazione di Romano Mambrini, ditori in un momento cruciale
nel quale sono raccolti diversi della nostra storia recente.
scritti già pubblicati in preceden- Il volume, di non ampia mole,
za, in uno dei quali Paolo Fadda ma ricchissimo di considerazioni
non manca di ricordare che, se- di grande interesse, merita di esse-
condo l’autorevolissimo parere di re letto integralmente, e non ten-
uno storico dell’economia, Carlo teremo qui di riassumerne il con-
Maria Cipolla, la questione meri- tenuto. Dobbiamo tuttavia ricor-
dionale non è solo “come molti dare che, risolto in qualche modo
s’ostinano a credere, un problema il problema della ricostruzione, si
economico, affrontabile con aiuti pose quello della rinascita econo-
ed interventi straordinari ed ecce- mica e sociale dell’isola, di cui al-
zionali, ma è soprattutto un pro- l’art. 13 dello Statuto autonomi-
blema d’ordine culturale”. E poi- stico. Gli studi preliminari del pia-
ché la sua origine risale a secoli or- no di rinascita vennero svolti,
mai lontani, l’approccio ad essa come tutti sanno, da un’apposita

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commissione nominata nel 1951, censione nell’“Unione sarda” del


secondo la quale bisognava punta- 27 giugno 1999.
re principalmente sull’agricoltura. Aprono il libro una premessa
Secondo invece un gruppo di la- dell’Autore, che richiama le diret-
voro nominato nel 1959, la rina- trici alle quali si è attenuto nella
scita sarebbe stata assicurata dalla sua ricerca, ed un’ampia ed infor-
grande industria di base, alimenta- mata prefazione di Silvano Taglia-
ta dall’energia prodotta da una su- gambe che approfondisce il con-
percentrale che avrebbe dovuto cetto di città e, in tema di moder-
bruciare il carbone Sulcis, mentre nizzazione, rileva come uno dei
l’energia esuberante sarebbe stata problemi che si impongono oggi
esportata in continente attraverso all’attenzione dell’osservatore sia
la Corsica. quello del mancato apprezzamen-
Come andò a finire è noto: la to del tempo come risorsa: modo
supercentrale venne alimentata a elegante per dire che l’amministra-
nafta, e l’elettrodotto servì per im- zione pubblica oggi più vicina alla
portare energia dal continente, gente, quella regionale, dovrebbe
mentre i giovani sardi, stanchi sensibilmente ridurre i tempi dei
d’aspettare che i politici si mettes- suoi interventi, ad evitare che le
sero d’accordo tra loro e con gli somme delle quali è stata decisa
imprenditori sardi dettero luogo l’erogazione siano sensibilmente
ad un movimento migratorio sen- erose dagli interessi che gli opera-
za precedenti. Ben presto sarebbe- tori economici bisognosi di antici-
ro viceversa immigrati in Sardegna pazioni possono dover pagare alle
avveduti imprenditori continenta- banche. Altro rischio da evitare è
li , attirati dalle enormi somme che gli interventi decisi siano ad-
fino ad allora inutilizzate perché la dirittura vanificati dai tempi lun-
classe politica non era riuscita a ghissimi che lo svolgimento di de-
trasformarle in capitale. terminate pratiche sembrerebbe
Ai precedenti lavori Paolo Fad- esigere.
da ha ora aggiunto un nuovo li- Ampio e scientificamente ag-
bro, Avanguardisti della modernità, giornato è l’excursus storico-eco-
particolarmente curato per l’aspet- nomico che l’autore compie in
to grafico da Nanni Pes e stampa- quella che chiameremmo la parte
to in ottima veste dalla Cte di Igle- generale del volume nella quale
sias. Di detto volume Beniamino vengono individuate le ragioni del
Moro ha pubblicato un’ampia re- sottosviluppo dell’isola, con parti-

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colare riguardo al ruolo svolto dal- rato e lottato, dopo l’unificazione


la borghesia, classe o piuttosto nazionale, per lo sviluppo econo-
ceto non omogeneo, nel quale, se- mico dell’isola. Una prima ed im-
condo J. F. Bergier, sono ricono- portante sollecitazione in questo
scibili quattro gruppi sociali: quel- senso sarebbe venuta dall’aumen-
lo innanzitutto “dei cosiddetti pro- tata popolazione urbana e dalla
prietari assenteisti, titolari di ren- formazione di un mercato interno
dite fondiarie e di profitti da pre- prima pressoché inesistente.
stiti pubblici”, seguito da quello L’Autore non manca quindi di
“delle persone che esercitano una esaminare la situazione dei vari
professione liberale od una funzio- settori dell’economia dell’isola,
ne pubblica”. Gli altri due gruppi, principalmente basata, come scri-
“più legati al lavoro ed alle attività ve, sulla trinità dei campi: il gra-
d’impresa”, sono costituiti uno, “il no, il molino, la farina; sulla trini-
più parcellizzato e meno abbiente, tà dei pascoli: il latte, il caseificio,
da artigiani e bottegai”, l’altro dai il formaggio, e sulla trinità delle
“cosiddetti uomini d’affari, grandi vigne: l’uva, la cantina, il vino.
commercianti e banchieri in pri- Di ciascuno di questi tre settori
mo luogo, e poi ancora potenti vengono quindi esaminate le pos-
imprenditori agricoli e manifattu- sibilità di sviluppo in senso capita-
rieri”. Piccola, media e ricca bor- listico, non senza richiami di ca-
ghesia “sono le definizioni possibi- rattere tecnico e riferimenti stati-
li secondo l’ordine di grandezza stici ad altre regioni e Paesi sia del
dei loro patrimoni”, mentre un’al- Mediterraneo, sia dell’Europa cen-
tra distinzione è possibile fare, trale e settentrionale.
guardando alle radici dei loro pa- È appunto al tema del manca-
trimoni, tra borghesia rurale, lega- to sviluppo in senso capitalistico
ta alla terra, e borghesia urbana, dell’economia dell’isola, auspicato
legata alla mercatura ed alla indu- prima della Grande Guerra dal già
stria: mentre la borghesia rurale si citato Attilio Deffenu, che Paolo
sarebbe fossilizzata in una sorta di Fadda dedica nel suo libro molte
neofeudalesimo, chiedendo tutto pagine di grande interesse ed in
alla terra (ed a chi la lavorava) sen- qualche modo anche di indubbia
za nulla restituirle, la seconda, vin- attualità. In un panorama da que-
cendo le difficoltà di varia natura sto punto di vista abbastanza sco-
che Paolo Fadda puntualmente ri- raggiante spiccano tuttavia alcune
chiama ed analizza, avrebbe lavo- figure di pionieri alle quali è dedi-

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cata l’ultima, suggestiva parte del pria flotta mercantile, costituita


volume. Vengono così descritte le inizialmente da alcuni motovelie-
vicende biografiche ed imprendi- ri, quindi anche da piroscafi. Tro-
toriali di Luigi Merello, la cui atti- vava così attuazione, sia pure per
vità, dopo il suo ritorno in conti- un breve periodo, interrotto dallo
nente, venne proseguita dal fratel- scoppio della prima guerra mon-
lo Fortunato, e di Francesco Zed- diale, l’auspicio di Ludovico Bajl-
da Piras che, abbandonata la car- le, notissimo studioso e segretario
riera militare, dette vita all’azienda della Reale Società agraria ed eco-
tuttora fiorente, specializzandosi nomica, creata da Carlo Felice, il
nella esportazione in tutta Europa quale vedeva, in un futuro che si
e nel mondo dei vini fini del augurava prossimo, le “antenne
Campidano, puntando più alla sarde, nella libertà del commercio,
qualità che alla quantità. A questo recare all’estero le granaglie, i vini,
scopo mandò i figli in Francia, a le lane, le pelli, la cera, il miele, la
studiare i metodi di quelle indu- seta e quant’altre derrate ci sopra-
strie vinicole, e si mantenne sem- vanzano, per riportarne in cambio
pre in contatto con l’amico Sante quelle delle quali tuttora abbiso-
Cettolini, al quale tanto devono la gniamo”: sogno, quello di una
viticoltura e l’enologia della pro- flotta mercantile sarda, che sem-
vincia e dell’isola. brò realizzarsi dopo la seconda
Altro imprenditore di eccezio- guerra mondiale, con la Sardama-
nale importanza nella storia eco- re, dalla troppo breve esistenza.
nomica sarda è Amsicora Capra, Creatore della Vinalcool, la so-
di famiglia di origine genovese, fi- cietà anonima che nel 1908, al
glio di Giovanni Battista, garibal- momento della sua costituzione,
dino e patriota, che coerentemen- aveva un capitale di ben quattro
te alle sue idee politiche diede al milioni, mentre il capitale della
suo primogenito il nome dell’eroe Fiat era di sole 800.000 lire, Am-
dell’indipendenza sarda ed agli al- sicora Capra aprì filiali a Genova e
tri i nomi di Lincoln, Tuckory e Savona, operando anche in regio-
Franklin. Anche Amsicora Capra ni all’avanguardia nella produzio-
si interessò del commercio del ne e nel commercio dei vini, dalla
vino, puntando oltre che alla qua- Sicilia, dove impiantò un suo sta-
lità alla quantità dei vini sardi e bilimento, alla Puglia, dove pro-
non solo sardi esportati, tanto da gettava di aprire altri stabilimenti
avvertire la necessità di una pro- a Barletta ed a Gallipoli. Estese

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quindi la sua attività all’agricoltu- per sposare Teresa De Rosa, figlia


ra in generale oltre che alla viticol- di Gabriele, importante industria-
tura, e si interessò della nascente le pastaio di Gragnano. Donna di
industria della birra, dei trasporti eccezionali qualità, Teresa De
tramviari (linee del Campidano e Rosa Albano dopo una serie di
del Poetto) e seguì gli sviluppi del- lutti domestici assunse la direzio-
l’industria elettrica. ne dell’azienda, come molti a Ma-
A sottolineare la validità delle comer ricordano. Converrà ag-
iniziative di Amsicora Capra ba- giungere che gli Albano hanno
sterà ricordare che per molti anni conservato a differenza di altri im-
le azioni della Vinalcool fruttaro- prenditori un archivio nel quale
no dividendi di importo più che sono raccolti sulla loro attività
doppio rispetto al rendimento dei molti documenti che sarebbe inte-
titoli di Stato, dopo la conversione ressante studiare.
della rendita decisa da Giolitti. Nell’opera di Paolo Fadda non
Non minore interesse presenta mancano infine le considerazioni
la figura di un altro imprenditore, di ordine sociologico e le annota-
Vincenzo Albano, principale espo- zioni di costume, riprese nei com-
nente di quel gruppo di “formag- menti che accompagnano le foto-
giai” ai quali si dovette la produ- grafie d’epoca riprodotte nell’Ap-
zione nell’isola su vasta scala del pendice che completa il volume
pecorino tipo romano e la sua assieme alla bibliografia essenziale
esportazione in quantità sempre ed all’indice dei nomi.
crescenti in America, dove trovava Naturalmente le iniziative im-
sicuro smercio tra le numerose co- prenditoriali accennate e le altre
lonie italiane di New York e di al- che fiorirono nei primi decenni
tri centri. del secolo non incontrarono l’una-
Scelta Macomer, per la sua po- nime approvazione dei contempo-
sizione centrale, come sede della ranei, un po’ per il loro carattere
sua industria, Vincenzo Albano innovativo, un po’ perché ledeva-
ebbe validi collaboratori nei figli no interessi consolidati. È stato
Salvatore, che da Napoli curava le così ricordato, per esempio, che
spedizioni in America, e France- nei moti cittadini del 1906 si di-
sco, che da New York controllava stinsero i carrettieri dei centri vici-
il mercato americano. Dopo dieci ni a Cagliari, danneggiati dalla li-
anni di permanenza all’estero nea tramviaria che, invece dei loro
Francesco Albano tornò in Italia carrettonis, trasportava le botti di

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vino destinate all’esportazione, del sardofascismo tenteranno di


mentre ai caseifici impiantati dai riunire nelle stesse mani, mazzi-
continentali si attribuiva la colpa nianamente, capitale e lavoro. Co-
dell’aumentato prezzo del formag- me poi andarono le cose lo rac-
gio, diventato un alimento di lus- conta appunto Paolo Pili nel suo
so. libro Grande cronaca, minima sto-
Sarà ancora in polemica con le ria, che sarebbe interessante ri-
industrie molitorie e casearie, ac- pubblicare con opportuni com-
cusate di monopolizzare il com- menti ed approfondimenti.
mercio del grano e del formaggio,
che Paolo Pili ed altri esponenti Lorenzo Del Piano

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Finito di stampare, per conto delle EDIZIONI AV
Via M. De Martis, 6 -Tel. (segr. e fax) 070/27 26 22
09121 CAGLIARI
presso lo stabilimento tipografico
PRESS COLOR – VIA BEETHOVEN, 14
09045 QUARTU S. ELENA (CA)
nel mese di aprile 2000
ARCHIVIO
STORICO SARDO

DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA SARDEGNA

VOLUME XXXIX

STUDI STORICI IN MEMORIA DI


GIANCARLO SORGIA

A CURA DI
MARIA LUISA PLAISANT

CAGLIARI - 1998

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