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di Walter Catalano
Alla fine di un lungo peregrinare dal Messico, agli Stati Uniti, all’Europa,
Jodorowsky approda a Parigi dove, mentre frequenta i corsi di mimo tenuti
da Marcel Marceau, incontra nel 1960 due spiriti anarchici e geniali affini al
suo: lo spagnolo Fernando Arrabal e il franco-polacco Roland Topor. Si
riuniscono regolarmente al Cafè de la Paix, in piazza
dell’Opera, lo stesso in cui Gurdjieff scriveva i suoi
libri, dove, per loro ammissione, discutevano «di
tutto e di niente e anche di arte, di filosofia, delle
nuove tendenze». Un anno più tardi adottano fra loro
il nome di burlesque, in omaggio a Gongora ed ai
locali di strip-tease americani. Da questo iniziale sodalizio sorge nel 1962 il
movimento di ispirazione post-surrealista che chiameranno Movimento
Panico.
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Jodorowsky: lʼimbroglione sacro 16/04/19, 15*19
«La nostra generazione attuale – scrive Jodorowsky nel suo “manifesto” del
1965, Verso l’effimero panico o trarre il teatro fuori dal teatro – è un
circo in cui i personaggi si dividono in ‘augusti’, clown e pubblico.
L’uomo panico è il clown; il cittadino che afferma una sola idea alla volta,
cerca una sola soluzione per ogni problema e crede di ‘essere’, è l’augusto;
l’immensa massa di sfaccendati inerti è il pubblico. Tuttavia ogni pubblico è
un ‘augusto’ in potenza e ogni ‘augusto’ può evolversi in clown perché il
mondo è panico.»
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Jodorowsky: lʼimbroglione sacro 16/04/19, 15*19
Il film resta comunque notevole ed ancora oggi niente affatto datato, molte
scene sono geniali: la pantomima della Conquista del Messico inscenata da
rospi (i Conquistadores) ed iguana (gli Aztechi); l’accampamento dei falsi
guru in un cimitero alle pendici della Montagna Sacra, con il profeta delle
droghe (allusione esplicita all’allora famoso Timothy Leary) convinto che il
segreto sia tutto lì, o il ‘maestro’ capace di percorrere la Montagna, ma
“solo in senso orizzontale”; il finale estraniante e brechtiano in cui i nove
immortali in cima alla Montagna vengono smascherati rivelando solo dei
fantocci, l’Alchimista (impersonato da Jodorowsky stesso), guida della
spedizione, si fa beffe dei suoi discepoli:
«Siamo tutti ancora più mortali che mai e questo è solo un film. Macchina
indietro!».
Il film, girato in 70 mm., dovrebbe durare tre ore: tra gli attori protagonisti,
addirittura Salvador Dalì (pagato 100.000 dollari l’ora!); tra gli scenografi e
costumisti, Moebius, il più grande disegnatore di fumetti fantascientifici di
Francia e H. R. Giger, l’artista svizzero, visionario e “demoniaco”, più tardi
inventore del mostro del film di Ridley Scott Alien.
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vedere i suoi film censurati. […] Discutendo il mio onorario mi disse: “Puoi
anche essere un genio, ma non possiamo pagarti come un genio.” […]
4.000 franchi al mese. In verità un misero onorario per gli ideatori di un
progetto da 20 milioni. Mi spiegò per ore che buona pubblicità avrebbe
rappresentato per me, ecc.»
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Jodorowsky ripiomba nel silenzio per altri dieci anni. Solo nel 1989
finalmente, il produttore italiano Claudio Argento, fratello di Dario, gli
finanzia il film Santa Sangre. Per quanto sempre interessante, quest’ultima
fatica reca a tratti certe goffaggini da film di genere: l’invenzione visionaria
resta valida e multiforme, ma l’autentica ispirazione non sempre trionfa; si
ripetono con qualche stanchezza le ossessioni abituali dell’autore: il circo;
gli handicappati e i freaks; le metafore cristiche più o meno blasfeme; le
sette e le congreghe religiose o esoteriche. Ma dove un tempo vi era
genuina provocazione visiva ed intellettuale, ora sembra prevalere un
onesto artigianato da manierista del kitsch, da scrupoloso confezionatore di
horror con relativa, abbondante, esposizione di sanguinacci e macellerie
varie.
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«Qualsiasi terapia è solo parziale […] esiste solo una cura globale:
incontrare Dio».
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