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IL REGIME DEL CONSOLIDATO MONDIALE DI GIANMARCO BERTONE


Il regime del consolidato mondiale ha molte attinenze con la disciplina cfc, in quanto anche in
questo caso alla società controllante viene direttamente imputato il risultato reddituale generato
dalle società estere controllate, in termini sia di redditi che le perdite, proporzionalmente alla quota
di partecipazione in esse detenute ed indipendentemente dalla loro percezione.
Tuttavia nel consolidato mondiale ne differisce la ratio, che non è più quella antielusiva, conferendo
così carattere cogente alla normativa fiscale, bensì quella di favor per il contribuente, volta a
concedergli un’ulteriore facoltà.
Lo stesso viene trattato in fondo a questa guida, in quanto non contiene norme antielusive che
colpiscono gli operatori in Paesi black list, bensì norme che neutralizzano i regimi antielusivi.
Pertanto, nella pratica, i punti di contatto delle due normative possono essere forti e non vanno
sottovalutati, giacché, rendendo equivalente la condizione fiscale di tutte le consociate, l’adozione
del consolidato mondiale si applica anche alle consociate residenti in Paesi black list e quindi
paralizza la disciplina cfc (cfr., art. 140).
Parimenti, non si applica il regime di indeducibilità dei costi di cui all’art. 110, co. 10 e 11,
innanzitutto per la ratio della norma antielusiva, che viene meno nel caso di confluenza dei redditi
della controllata nella base imponibile della controllante (cfr., art. 110, co. 12, che esclude
l’operatività della norma per le operazioni intercorse con soggetti non residenti, cui risultino
applicabili gli artt. 167 o 168); ed in secondo luogo, in forza del disposto dell’art. 140, che appunto
esclude l’applicazione dell’art. 167, nel caso in cui si sia optato per il consolidato mondiale.
D’altro canto, l’applicazione della disciplina del consolidato, che ridetermina i redditi delle
consociate secondo i criteri di calcolo italiani, comporta la sterilizzazione dei regimi fiscali
privilegiati.
Resta invece applicabile la disciplina di cui all’art. 110, co. 7, in tema di transfer pricing.
Venendo alla normativa in commento, l’introduzione del consolidato mondiale consente alla
capogruppo di includere nella propria base imponibile le perdite delle controllate estere e delle
imposte versate da queste nello Stato estero. In questo modo le controllate estere vengono trattate
dal fisco italiano alla stregua di stabili organizzazioni all’estero dell’impresa italiana (cfr., art. 130).
Il primo presupposto per l’applicazione del regime del consolidato mondiale e quello soggettivo, nel
senso che sono ammesse alla sua fruizione le società controllanti che rivestano la forma giuridica
della società di capitali, della società cooperative o della società di mutua assicurazione nonché gli
enti, pubblici o privati, diversi dai trust ed aventi quale oggetto esclusivo o principale l’esercizio
dell’attività d’impresa.
L’opzione può essere esercitata esclusivamente dalla capogruppo residente: pertanto essa è preclusa
alla stabile organizzazione in Italia di una società estera. Qualora quindi la società che esercita
l’opzione non rappresenti il vertice del gruppo, quest’ultimo può costituire un’ulteriore società cui
conferire le partecipazioni delle controllate estere.
Il rapporto di controllo va qualificato ai sensi dell’art. 2359, co. 1, n. 1), c.c. (cd. controllo di
diritto), già visto nelle precedenti sezioni, così come ulteriormente specificato dall’art. 133, e
rappresenta lo strumento attraverso cui individuare le società da includere nel consolidato mondiale.
Pertanto è richiesta la maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria.
Infatti l’art. 130, co. 1, afferma che “le società e gli enti di cui all’art. 73, co. 1, lett. a) e b), possono
esercitare l’opzione per includere proporzionalmente nella propria base imponibile,
indipendentemente dalla distribuzione, i redditi conseguiti da tutte le proprie società controllate ai
sensi dell’art. 2359, co. 1, n. 1), c.c. non residenti e rientranti nella definizione di cui all’art. 133”.
L’art. 130, co. 2, poi, specifica che: “l’esercizio dell’opzione di cui al co. 1 è consentito alle società
ed agli enti: a) i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati; b) controllati ai sensi dell’art.
2359, co. 1, n. 1), c.c. esclusivamente dallo Stato o da altri enti pubblici, da persone fisiche residenti
che non si qualifichino a loro volta, tenendo conto delle partecipazioni possedute da loro parti
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correlate, quali soggetti controllanti ai sensi dell’art. 359, co. 1, n.ri 1) e 2), c.c. di altra società o
ente commerciale residente o non residente”.
Il rapporto di controllo viene, appunto, ulteriormente specificato nei requisiti dall’art. 133, per il
quale “si considerano controllate le società e gli enti di ogni tipo con o senza personalità giuridica
non residenti nel territorio dello Stato, le cui azioni, quote, diritti di voto e di partecipazione agli
utili sono posseduti direttamente o indirettamente dalla società o ente controllante per una
percentuale superiore al 50%, da determinarsi relativamente alla società controllante ed alle società
controllate residenti di cui all’art. 131, co. 2, tenendo conto della eventuale demoltiplicazione
prodotta dalla catena societaria di controllo.
Pertanto, accanto alla disponibilità della maggioranza dei diritti di voto esercitabili in assemblea, il
controllo rilavante ai fini del consolidato mondiale richiede anche la disponibilità della maggioranza
dei diritti di partecipazione agli utili prodotti dalla controllata nella misura superiore al 50%.
Ai sensi dell’art. 131, co. 2, nel caso in cui la partecipazione in una controllata non residente sia
detenuta in tutto o in parte attraverso uno o più controllate residenti, per la validità dell’opzione è
necessario che la società controllante e ciascuna controllata residente esercitino (anche) l’opzione
del consolidato nazionale, con la conseguenza che la quota di reddito della controllata non residente
considerabile nella base imponibile del gruppo viene a corrispondere alla somma delle quote di
partecipazione di ciascuna società residente in discorso.
Ne consegue che nel consolidato mondiale l’effetto demoltiplicativo opera con riguardo non solo
alle azioni, alle quote ed ai diritti di partecipazione agli utili, ma anche ai diritti di voto esercitabili
nella controllata.
Quanto all’individuazione del momento in cui detti requisiti devono sussistere l’art. 133, co. 2,
richiede che le partecipazioni devono sussistere alla fine dell’esercizio del soggetto controllante,
con l’esclusione di quei soggetti (controllati), il cui controllo sia stato acquisito negli ultimi sei mesi
del periodo d’imposta della controllante. La norma non parla di acquisto del controllo, bensì di
verifica del requisito, con la conseguenza che in dottrina si ipotizza la possibilità che la norma in
questione si applichi anche alle società che erano già soggette al controllo della capogruppo in
precedenti esercizi e per le quali erano poi stati persi transitoriamente i requisiti di cui all’art. 133.
Affinché l’opzione possa essere esercitata, l’art. 132 richiede anche:
a)- che tutte le controllate estere aderiscano al processo di consolidamento (cd. principio di “all in,
all out”), salva la deroga concessa dell’Amministrazione finanziaria in sede di risposta all’interpello
preventivo di cui all’art. 132;
b)- l’identica durata dell’esercizio sociale delle controllate con quello della controllante (cd.
allineamento dei periodi d’imposta), salvo che ciò non sia impedito dalla legislazione locale. Finché
non si realizza detto allineamento, si applica il disposto dell’art. 131, co. 2, secondo cui il reddito o
la perdita delle controllate estere vengono imputati alla controllante nel periodo d’imposta di
quest’ultima che risulta in corso alla data di chiusura dell’esercizio della controllata. In proposito
l’Amministrazione finanziaria (cfr., Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 20/12/04, n. 53)
precisa che il requisito si intende soddisfatto sia per quei soggetti che anticipano la chiusura
dell’esercizio allo scopo di renderla omogenea con quella delle altre società che aderiscono al
consolidato mondiale sia per quelli neo costituiti che presentano un primo periodo d’imposta
superiore all’anno, per chiudere alla stessa data;
c)- la revisione, da parte di una società iscritta all’albo Consob, del bilancio di ciascuna società
residente inclusa nel consolidato mondiale. Nel caso in cui la controllata estera non debba redigere
il bilancio, comunque questo deve essere predisposto su base volontaria ed assoggettato alla
medesima revisione;
d)- il consenso delle controllate ad assoggettarsi alla predetta revisione, a fornire alla controllante
ogni collaborazione necessaria alla determinazione della loro base imponibile ed a rispondere ad
eventuali richieste dell’Amministrazione finanziaria entro 60 giorni dalla notifica degli atti;
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e)- l’esito favorevole in un apposito interpello presentato all’Amministrazione finanziaria e volto a
verificare l’effettiva esistenza dei requisiti di legge.
L’esercizio dell’opzione deve essere comunicato all’Agenzia delle Entrate entro il mese successivo
a quello in cui scade il termine per la comunicazione della risposta di interpello (cd. preventivo)
inoltrato dalla controllante ai sensi dell’art. 132, co. 3 (cfr., art. 132, co. 2, lett. d-bis), secondo le
modalità previste dal decreto citato all’art. 142. Nell’attesa della sua emanazione, l’art. 9, co. 7, del
D.Lgs. 18/11/05, n. 247, valgono le disposizioni di cui al D.M. 09/06/04, in tema di consolidato
nazionale, in quanto compatibili.
Quanto all’interpello sopra citato, l’art. 132, co. 3, afferma che entro il primo esercizio in cui viene
scelta l’opzione la società controllante deve inoltrare all’Agenzia delle Entrate un interpello ai sensi
dell’art. 11 della legge 27/08/00, n. 212 (recante lo statuto del contribuente), in cui deve risultare:
a)- la qualificazione soggettiva del soggetto controllante all’esercizio dell’opzione ai sensi dell’art.
130, co. 2;
b)- la puntuale descrizione della struttura societaria estera del gruppo con l’indicazione di tutte le
società controllate;
c)- la denominazione, la sede sociale, l’attività svolta, l’ultimo bilancio disponibile di tutte le
controllate non residenti nonché la quota di partecipazione agli utili riferita alla controllante di cui
all’art. 131, co. 2, l’eventuale diversa durata dell’esercizio sociale e le ragioni che richiedono tale
diversità;
d)- la denominazione dei soggetti cui è stato attribuito l’incarico per la revisione dei bilanci e le
conferme dell’avvenuta accettazione di tali incarichi;
e)- l’elenco delle imposte relativamente alle quali verrà presumibilmente richiesto il credito di cui
all’art. 165.
Inoltre, continua l’art. 132, co. 4, la risposta positiva dell’Agenzia delle Entrate può essere
subordinata all’assunzione da parte del soggetto controllante dell’obbligo ad altri adempimenti
finalizzati ad una maggiore tutela degli interessi erariali. Con lo stesso interpello di cui all’art. 132,
co. 3, il soggetto controllante può, a sua volta, richiedere, oltre a quelle già previste, ulteriori
semplificazioni per la determinazione del reddito imponibile, tra le quali anche l’esclusione delle
società controllate di dimensioni non rilevanti, residenti negli Stati o territori white list.
Con le medesime modalità devono essere comunicate all’Agenzia delle Entrate le variazioni dei dati
di cui all’art. 132, co. 3, entro il mese successivo alla fine del periodo d’imposta durante il quale si
sono verificate.
Qualora l’Amministrazione finanziaria non fornisca una risposta entro 120 si intende il suo tacito
assenso (cfr., art. 11, co. 2, legge 27/07/00, n. 212). Diversamente l’esito negativo dell’interpello
preclude la possibilità di attivare l’opzione del consolidato mondiale: sicché l’interpello in
questione costituisce una condizione per l’applicazione del beneficio in discorso.
Una volta integratisi i requisiti richiesti dalla legge per l’adesione al regime del consolidato
mondiale, l’esercizio dell’opzione ha una durata minima obbligatoria, la prima volta, di 5 esercizi e
poi di 3 per ogni rinnovo.
Il suo più importante effetto consiste nell’imputazione alla controllante dei redditi e delle perdite
prodotti dalle controllate non residenti, in proporzione alla quota di partecipazione detenuta in esse
ed indipendentemente dalla effettiva distribuzione degli utili. In questa proporzionalità si riscontra
una prima differenza rispetto al consolidato nazionale, in cui invece i redditi e le perdite sono
interamente imputati alla capogruppo.
Il secondo effetto è l’obbligo, posto in capo alla controllante, di calcolare e versare gli acconti ed i
saldi delle imposte dovute sul reddito delle società consolidate.
I criteri di determinazione della base imponibile sono contenuti nell’art. 134. Innanzitutto la prima
preoccupazione del legislatore è che, indipendentemente dai criteri adottati per la relazione dei
singoli bilanci revisionati, i componenti positivi e negativi di reddito siano trattati in modo
uniforme, secondo i criteri indicati dalla legge italiana (vale a dire quelli del titolo III, sezione I, del
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Tuir) e consentendo nell’esercizio di competenza la deducibilità dei componenti negativi non solo
se imputati al conto economico di un esercizio precedente, ma anche successivo (cfr. art. 136, co. 1,
lett. b).
In secondo luogo, i valori risultanti dal bilancio relativo all’esercizio o al periodo di gestione
anteriore al primo sono riconosciuti ai fini a condizione che essi siano conformi a quelli derivanti
dall’applicazione dei criteri contabili adottai nei precedenti esercizi e vengano adempiuti gli
obblighi formali eventualmente previsti dal decreto citato all’art. 142 (cfr., art. 136, co. 1, lett. c).
Rispetto a questa enunciazione generale seguono alcune eccezioni:
1)- i fondi per rischi ed oneri risultanti dal bilancio revisionato ed istituiti con finalità analoghe a
quelli previsti dal Tuir rilevano fino alla concorrenza dell’importo massimo per gli stessi previsto e,
in difetto, per l’intero o per il minor ammontare degli accantonamenti che sarebbero stati deducibili,
a condizione che tale minor importo sia rideterminato dal soggetto controllante;
2)- i fondi per rischi ed oneri risultanti dal predetto bilancio istituiti con finalità diverse da quelli
previsti non si considerano fiscalmente deducibili;
3)- il valore delle rimanenze finali dei beni indicati all’art. 85, co. 1, lett. a) e b), si considera
fiscalmente riconosciuto in misura non superiore al valore nominale di cui all’art. 92, co. 5.
Inoltre sono esclusi dal reddito imponibile gli utili e le perdite di cambio, relativi a finanziamenti
attivi e passivi di durata superiore a 18 mesi, stipulati tra le società non residenti o tra queste e
quelle residenti, se denominati nella valuta utilizzata dal debitore o in quella utilizzata dal creditore
per la redazione del proprio bilancio di cui all’art. 132, co. 2 (cfr., art. 134, co. 1, lett. d). I redditi
delle controllate estere, così rideterminati, concorrono alla formazione dell’imponibile, (se non è già
così espresso) convertito in euro secondo il cambio del giorno di chiusura dell’esercizio o del
periodo di gestione della società non residente.
Sono inapplicabili gli artt. 95, co. 2, 3 e 5 (modalità di deduzione di alcuni canoni di leasing, delle
spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte del dipendente e dei compensi degli
amministratori), 99, co. 1, secondo periodo (deducibilità delle imposte), 100 (oneri di utilità
sociale), 102, co. 6 e 9 (ammortamento di alcuni beni materiali), 108, co. 2, secondo periodo
(deducibilità delle spese di rappresentanza), e 164 (limiti alla deducibilità di spese e componenti
negativi relativi a taluni mezzi a motore) (cfr., art. 134, co. 1, lett. f).
Relativamente al reddito imponibile delle controllate estere, l’art. 109, co. 1, lett. b), si applica nei
limiti in cui analoghe deduzioni dal reddito imponibile sono riconosciute dalle legislazioni locali. In
tal caso è ammessa la deducibilità dei componenti negativi ivi previsti, fino a concorrenza del minor
importo tra la misura prevista dalla legislazione nazionale e quanto effettivamente dedotto dalla
controllata estera, secondo le modalità ed alle condizioni di cui al decreto citato dall’art. 142. In
mancanza della predetta previsione nella legislazione locale e fermo restando quanto previsto dalla
precedente lettera b), non sono deducibili dal reddito complessivo del gruppo i componenti negativi
di reddito di cui al predetto articolo 109, co. 4, non imputati al conto economico della controllata
estera cui si riferiscono.
Ai fini dell’abbattimento del reddito della controllante, infine, l’art. 134, co. 2, afferma che non
rilevano le perdite delle controllate non residenti relative agli esercizi precedenti all’esercizio
dell’opzione del consolidato mondiale, per la ragione intuitiva che, tra l’altro, non vi è stato il
richiesto controllo sui bilanci; mentre in dottrina si ritene che le perdite pregresse siano utilizzabili
per la determinazione del reddito di ciascuna consociata.
E veniamo ora al meccanismo di calcolo dell’imposta dovuta, che è bene descritto dall’art. 136. In
particolare la società controllante, effettuando la somma algebrica del proprio imponibile e di quelli
delle controllate estere, determinati secondo i criteri di cui agli articoli precedenti (cfr. art. 134,
essendo abrogato l’art. 135), determina il reddito imponibile complessivo relativamente al quale
calcola l’imposta corrispondente. dall’imposta determinata secondo detto calcolo, oltre alle
detrazioni, alle ritenute ed ai crediti d’imposta relativi al soggetto controllante, sono ammesse in
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detrazione le imposte sul reddito pagate all’estero a titolo definitivo, secondo i criteri di cui all’art.
165 ed all’art. 136, commi da 3 a 6, che qui di seguito si riportano.
Al fine di determinare la quota d’imposta italiana relativa al reddito estero oggetto di imputazione
alla formazione del reddito imponibile complessivo di cui sopra, concorrono prioritariamente i
redditi prodotti dalle controllate estere mentre la quota d’imposta italiana, fino alla concorrenza
della quale è accreditabile l’imposta estera, è calcolata con riferimento a ciascuna controllata estera-
L’eventuale eccedenza dell’imposta estera è utilizzabile nei periodi d’imposta precedenti o
successivi secondo le disposizioni di cui all’art. 165.
Fino a concorrenza della quota d’imposta italiana relativa al reddito prodotto da ciascuna controllata
estera successivamente all’esercizio dell’opzione, il credito per imposte pagate all’estero viene
riliquidato negli esercizi in cui avviene il pagamento a titolo definitivo di ulteriori imposte sullo
stesso reddito, anche se distribuito.
Si rileva poi che, ai sensi dell’art. 136, co. 6, qualora nello Stato estero siano presenti più società
controllate e la legislazione locale preveda una forma di tassazione di gruppo analoga a quella del
consolidato nazionale, si assume come imposta estera (detraibile da reddito della controllante ai
sensi dell’art. 165) quella che sarebbe stata dovuta se tali imprese si fossero avvalse del consolidato,
anche quando le società controllate non abbiano optato per detto regime.
Come si è visto, il regime del consolidato mondiale ha una durata minima prevista dalla legge:
tuttavia vi sono casi in cui si può verificare la fuori uscita dal consolidato mondiale per perdita dei
requisiti. Essi sono: 1) la perdita dei requisiti soggettivi della società controllante (cfr., art. 137); 2)
la perdita del controllo qualificato sulle società estere (cfr, art. 138).
Il primo caso viene disciplinato dall’art. 137 e ricorre quando una modificazione della compagine
sociale della società controllante sottopone la holding al controllo di un’altra società, residente
all’estero ovvero di un ente pubblico o di una persona fisica che non si qualifichi come controllante
di altre società od enti ai sensi dell’art. 130, co. 2. In questo caso, assolto l’obbligo di
comunicazione all’Agenzia delle Entrate di cui all’art. 132, co. 3, gli effetti dell’opzione cessano dal
periodo d’imposta successivo a quello in cui la causa interruttiva si è verificata: in particolare il
contribuente deve prospettare alla medesima Agenzia la nuova situazione di fatto, con le
conseguenze che ne derivano. Nel caso in cui difettino i requisiti per la prosecuzione dell’opzione,
le perdite che residuano in capo alla vecchia holding, diminuite in proporzione al rapporto tra le
perdite complessivamente dal gruppo e le perdite prodotte dalle controllate estere, sono utilizzabili
da quest’ultima nei successivi esercizi (cfr. art. 137, co. 2). Se però, ad esempio, le perdite si
riferiscono unicamente alle controllate estere, queste non sono utilizzabili.
Se, invece, alla luce delle risultanze dell’interpello, la nuova società controllante esercita l’opzione
in discorso, i redditi delle controllate continuano a confluire nel reddito della precedente holding;
solo al termine dei 5 o 3 anni previsto dalla legge, la situazione si modifica e quindi, non essendo
possibile esercitare il rinnovo o un’ulteriore rinnovo, i redditi delle controllate confluiscono nel
consolidato mondiale della nuova holding. Inoltre, ai sensi dell’art. 131, co. 2, tra la nuova e la
vecchia holding, se entrambe residenti, va esercitata l’opzione del consolidato nazionale.
Si osserva inoltre che, allo spirare del termine dell’opzione esercitata dalla vecchia holding, si
verificherebbero gli effetti previsti dall’art. 139, con conseguente inutilizzabilità delle perdite
pregresse delle società estere.
Il secondo caso di fuoriuscita dal consolidato è quello in cui il controllo venga meno con riguardo
ad una o più società estere controllate: evidentemente ciò ricorre in quei casi in cui o vi sia
l’alienazione della partecipazione nella società estera ovvero in quest’ultima venga deliberato un
aumento del capitale sociale, che di fatto diluisca la partecipazione della società controllante sotto la
soglia di controllo richiesta dalla legge. Qui la cessazione degli effetti del consolidato non è
generale, ma opera pro quota, nel senso che il reddito del soggetto già consolidato non può essere
oggetto di imputazione in capo alla (ex) controllante; inoltre il reddito complessivo va aumentato in
misura corrispondente agli interessi passivi dedotti per effetto della disposizione di cui all’art. 97,
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co. 2, nei due esercizi precedenti, rientranti nel periodo di cui allo stesso art. 132, co. 1. (cfr., art.
138, co, 1), giacché, precedentemente all’abrogazione avvenuta ad opera dell’art. 1, co. 33, lett. l),
della legge 24/12/07, n. 244, nel calcolo dell’eccedenza del valore di libro delle partecipazioni che
danno diritto all’esenzione di cui all’art. 87 (cd. partecipation exemption) sul patrimonio netto
contabile non si consideravano le partecipazioni nella società controllata estera.
Nel caso però in cui il requisito del controllo cessi nei confronti di più dei 2/3 delle società estere
controllate, tra quelle incluse nel consolidamento, oltre all’effetto di cui sopra la società controllante
deve diminuire l’ammontare delle eventuali perdite residuali, secondo la proporzione già vista sopra
all’art. 137, co. 2.

Avv. Gianmarco Bertone


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