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PREFAZIONE

GLI ARTICOLI PRESENTI IN QUESTO VOLUME SONO TRATTI DAGLI INTERVENTI FATTI E SUL QUOTIDIANO LOCALE Il CORRIERE DI ROMAGNA E SU LA VOCE DI ROMAGNA A PARTIRE ESSENZIALMENTE, DAL 2006 E SUI QUALI CURAVO UNA RUBRICA DI CRITICA D ARTE (ATTUALMENTE ME NE OCCUPO SUL CORRIERE DI ROMAGNA). SONO RIFLESSIONI INCENTRATE SU EVENTI ARTISTICI ORGANIZZATI SUL TERRITORIO CESENATE, RIGUARDANO ARTISTI LOCALI E NON. QUANDO INIZIAI A FARE RECENSIONI, SIN DAL 1998, CRITICHE, PER LE QUALI NON HO MAI CHIESTO AGLI ARTISTI COMPENSI ONDE DIFENDERE LA MIA LIBERTA E INDIPENDENZA INTELLETTUALE, SPESSO LE ESPERIENZE ARTISTICHE PASSAVANO VIA SENZA CHE ALCUNO NE PARLASSE. MI ASSUNSI COSI IL COMPITO DI OFFRIRE, GRAZIE ALLA DISPONIBILITA DEL CORRIERE DAPPRIMA E DELLA VOCE DI ROMAGNA POI, UNA RIFLESSIONE SULL EVENTO ARTISTICO E PER LASCIARE UNA TESTIMONIANZA DEL SUO PASSAGGIO SUL TERRITORIO E, SOPRATTUTTO, GRATIFICARE, QUANDO LO RITENNI OPPORTUNO, LO SFORZO E IL LAVORO DELL ARTISTA DI QUEL MOMENTO: MI SEMBRAVA ASSURDO CHE TUTTO SCIVOLASSE VIA NELLA PIU ASSOLUTA INDIFFERENZA DEI MASS MEDIA LOCALI. PRIMA DI ESSERE CRITICO SONO PITTORE E COMPRENDO APPIENO LA NECESSITA CHE HA UNA ARTISTA DI

SENTIRSI, PUR PER UN BREVE MOMENTO, AL CENTRO DI UN ATTENZIONE QUALIFICATA. ORA DI CRITICI PIU O MENO PAROLAI, PIU O MENO QUALIFICATI CE NE SONO IN GRAN NUMERO CHE PARLANO O SPARLANO DEGLI EVENTI LOCALI. PER QUANTO RIGUARDA LA RACCOLTA DEGLI ARTICOLI, NON ESISTENDO ALCUNA PRATICA POSSIBILITA DI PUBBLICAZIONE PER MANCANZA - ALL INTERNO DI UN GRANDE RAGGIO ROMAGNOLO CHE HA COME CENTRO CESENA - DI QUEL SUBSTRATO CULTURALE, HUMUS FECONDO, CHE POSSA PROMUOVERE INIZIATIVE DEL GENERE, CONSTATAZIONE FATTA IN BASE ALLE MIE DIRETTE ESPERIENZE, AFFIDO, COME HO FATTO PER LE ALTRE OPERE, ALLA LIBRERIA MONDIALE SCRIBD.COM ANCHE QUESTA RACCOLTA, PER UN USO GRATUITO E DISINTERESSATO, DEDICATO A QUELLA PICCOLA FRAZIONE DI PUBBLICO AMANTE DELL ARTE. SPERO SOLO CHE LE MIE RIFLESSIONI POSSANO RISULTARE UTILI A FAR CRESCERE, NEL PUBBLICO, LA CAPACITA DI LETTURA DI UN OPERA ARTISTICA.

ANTONIO DAL MUTO


dalmuto_antonio@tin.it

RIFLESSIONI CRITICHE

Artisti e Argomenti

JORRIT TORNQUIST TERESA MACCARONE KEIZO MOROSHITA BOTTARELLI RIFLESSIONE GENERICA SULL ARTE LUCIANO NAVACCHIA DA CESENA DAVIDE BAROGGI MIRIA MALANDRI FABIO LUCCHI SULL ARTE SUGHI DOMENICO BACCARINI FELICE CASORATI SU ARTE E PAZZIA SCARABATTOLO SULL ESTETICA DELLA CITTA LODOLA

CESENA CITTA SU SAVIGNANO SULLA BELLEZZA DELLE CESENATI MEETING DI RIMINI: COSA E LA VERITA STUDIO ARTE LIVERANI ENRICO GUIDI ERICH TURRONI SGARBI E IL FUTURISMO COATTO GALLERIA VICOLO CESUOLA GIUSEPPE GIANNINI CONTEMPORANEA. KERMESSE FORLIVESE MOSTRA DI ARCHITETTURA CONTEMPORANEA SUL CONCETTO DI RESTAURO URBANO

SU JORRIT TORNQUIST
Dire Jorrit Tornquist equivale a dire Optical Art- I lavori di questo artista austriaco, esposti presso la Galleria Comunale dl Ridotto, non implicano significati simbolici ne argomentazioni tradizionali che fanno della pittura il modus operandi consueto, quanto storico mezzo di racconto o del paesag gio o della figura umana, per intenderci, bens latto compiuto, il risultato finale (ci pu mai essere un finale nellarte?) di una lunga ricerca iniziata negli anni 50 del secolo scorso. I piani colorati che vengono offerti in visione, alla percezion e per meglio dire, vogliono tutta quella serie di implicazioni mentali elaborate non in maniera emotiva ma razionale, i soli in grado da poter rendere fruibile il messaggio dellartista. La percezione sensitiva e la scoperta del rapporto tra colore e materia, intesa come mezzo e non come supporto, sono alla base dellopera di questo eclettico personaggio, che difficile definirlo pittore nel tradizionale modo che noi intendiamo. I lavori degli anni 50, degli anni 70, chiusi in ambienti -teca parlano di una ricerca chiaramente scolastica, vale a dire, impegnata sullanalisi scientifica e sullo studio delle differenti gradualit cromatiche della luce in rapporto anche alla materia. Potremmo confondere questa attivit con quelle normali che si svolgono allinterno dei laboratori dei vari Istituti dArte. La genialit sta nel risultato. Anche la piega di un supporto colorato diventa mezzo espressivo centrale e non marginale. Potremmo comparare il panneggio, dellartista austriaco, costretto nella geometria di un telaio che pone condizioni espressive rigide, al panneggio di un Pontorno, di un Bernini o di un Giaquinto per evidenziare come in questi illustri casi la ricerca plastica dello stesso sia in funzione di un complesso scenografico che trova il fulcro nel personaggio illustre rappresentato, quando in Tornquinst, il materiale colorato diventa lunico artefice, il centro dellespressione: non come simbolo, non come elemento narrante, ma come sommatoria di effetti cromatici a cui data lultima parola. Il quadro raffigurante Vista verso est con caff e brioches del 1996 e inserito nel pieghevole, ne la prova; e vero che ritroviamo Magritte in questo ribaltamento della normalit, ma anche vero che alla tela (leggi panneggio) affidato il compito di esprimere la conclusione espressiva del maestro: la piega (la materia) narra il colore e il colore narra se stesso. Tornquist risente nella sua opera delle sue concezioni sulla biologia, che lo ha visto studente interessato, o questultima ad influenzare la sua creativit? Il fatto che Tronquist sia architetto pu trovare una spiegazione alla sua ricerca della purezza cromatica o la sua creativit che ha condizionato la sua abilit progettuale? E difficile, ovviamente, dare una risposta, certo che la miscela culturale acquisita e sui banchi dello studio e nellesperienza di lavoro ha il suo complesso genetico in una sintesi di ampio respiro: la metodica progettuale svolge il suo ruolo accanto alla certezza che biologia significa colore e armonia biochimica, di

come levento biologico, dal pi semplice al pi complesso, espressione di una struttura semplice che, divenendo complessa nel suo interagire con lambiente, condiziona questultimo. Il tutto avviene nel mondo colorato della natura in cui il colore stesso riportato, dallartista, alla sua purezza intima. Victor Vasarely, pittore del secolo scorso, al pari di Tornqu ist, non rimase insensibile al rapporto tra colore e pensiero (gestaltpsycologie). Un esempio di come il colore nel percorso della storia della pittura affascina per la sua anima nascosta, lo troviamo sin dalle esperienze di Sisley e del divisionismo fin o ad arrivare al citato Magritte, che fa il cammino inverso rispetto a Tornquist: usa il colore per creare la metafisica del pensiero e quindi rendere evidente come il pensiero corrente, nella realt di Magritte, poggia le sue basi su articolati psichici semplici ma controversi allapparenza.

4 marzo 2006

SU TERESA MACCARONE in arte MACO e KEIZO MOROSHITA


La sovrapposizione di mostre d arte vede, da un lato, l aprirsi di sale a nuove proposte, mentre, dall altro, lavori esposti da qualche tempo in altri spazi espositivi che lasciano ad altri artisti il compito di arricchire l esperienza visiva degli habitu in materia di creativit . Chiude la mostra di Teresa MACCARONE negli spazi della Galleria Cesuola. E stata una esposizione ricca di elaborati che hanno dato modo agli amanti dell arte la possibilit di articolare riflessioni, le pi disparate, lungo percorsi sinuosi, caratterizzati dal poliedrico mondo creativo dell artista cesenate. Sebbene sia relativamente da poco che la Mac nome d arte della Maccarone usa esprimersi con la pittura, ha mostrato attraverso la sua dialettica una maturit di linguaggio che testimonia una innata e spiccata sensibilit interpretativa: segni veloci che ripercorrono la grammatica impressionista per sconfinare nei ritmi narrativi alla Piraccini; non v nessuna tensione razionale, ma una forte carica animica, arricchita da preziosit cromatiche che rendono, conferiscono alla pittura di questa artista, connotazioni poetiche personalissime. Interessanti sono le sculture: con le sue scatole bronzee - codici concettuali di futuri impegni la Mac s incammina verso il denso della narrativa tematica; non teme, infatti, di perdersi tra le forme poich sente chiara la spinta a riempire con contenuti fortemente sentiti i suoi elaborati, arrivando a quel traguardo concettuale che auspicabile nell arte contemporanea: l arte intesa come pura osservazione estatica tramontata da diversi lustri. Sempre nell ambito della scultura, la Mac dimostra di avere brillanti intuizioni collegate al linguaggio figurativo, prova ulteriore, questa, delle molte potenzialit presenti, che la porteranno sicuramente ad affrontare, in futuro, tematiche originali. Di tutt altra pasta, diremmo, l arte dell artista giapponese, recentemente scomparso, Keizo MOROSHITA presso la Galleria Comunale del Ridotto. Egli comunica attraverso la grammatica della geometria tutta la sua natura onirica, frutto di perfette forme geometriche all interno di ambienti razionali: non esistono contaminazioni emotive; queste ultime lasciano lo spazio alla progettualit di spazi e volumetrie idealizzati; diremmo che si pone trasversalmente al lingua ggio di D Orazio, passando per Mondrian, ma tenendo conto dell ultimo Cezanne, quello che ha ispirato il Cubismo. Certo che nella decodificazione dei messaggi di questo artista si arriva al paradosso che il paesaggio potrebbe essere progettato non

tenendo conto della antropizzazioni usuali, che modificano la natura trasformandola in angoli fortemente umanizzati , ma soltanto basandosi sul rapporto colore-forma. Ecco il ricordo, il profondo ricordo di antiche sensazioni che perdendo i legami con il reale, finiscono per idealizzare, come in un sogno, una regressione infantile, la densit dell esperienza vissuta chiss dove, chiss quando. L interessante in questa esposizione sono le conseguenze di una riflessione che inevitabilmente porta alla comparazione con la consueta attivit artistica a cui siamo abituati da tempo; questa esposizione senz altro un arricchimento visivo che non pu che far bene a chi crede che esistano solamente i Sughi, i Caldara, ecc. la cui opere, poi, paradosso dei paradossi, tipicamente provinciale, si ritrovano anche nei mercatini dell usato. Sovrabbondanza di produzione? Saturazione visiva? O semplicemente incapacit di valorizzare le opere dopo la scorpacciata della valutazione di mercato ? Due riflessioni, per concludere, vorrei dedicarle alla Cesena del domani, prendendo spunto dagli elaborati della facolt di Architettura, in mostra in Via Don Dilani presso la sconsacrata chiesa del S.Spirito. Cesena, come Firenze, inevitabilmente finita sul banco delle sperimentazioni progettuali degli studenti della Facolt; interessanti soluzioni, messe in mostra, danno, suggeriscono risposte su come questa antica citt potrebbe essere riacconciata per affrontare il futuro: lo spazio verde sotto Via della Diavolessa, antica impronta del fiume Savio, usato per un eventuale complesso dedicato al mondo del Teatro. Come sar la citt tra cent anni? Chi pu rispondere a questa domanda? Nessuno, nemmeno Vanna Marchi. Certamente avr la forma dell intelligenza o della stupidit delle amminist razioni comunali che si succederanno, in quanto - se le cose rimaranno come sono adesso - a dare il volto della citt non l architetto o l artista del bell ornato, ma la politica che persegue fini collaterali ai concetti di insieme. Per questo motivo la citt cresce a pezzature : quartieri concepiti in maniera tale da essere discontinui con il centro storico, che dovrebbe pur sempre rappresentare il mozzo attorno al quale ruotano le soluzioni moderne. Come sono lontani i tempi dei Malatesta che, vedendo la citt come il mezzo di espressione della loro concezione gestionale, finirono per anticipare i tempi attuando i concetti della moderna scienza dell ergonomia, ove tutto aveva un significato e serviva ad uno scopo corale. Concludendo: bei progetti. Siamo per ancora in attesa di vedere soluzioni che riqualifichino il Centro Storico tenendo conto di tutta la volumetria estetica.

29 maggio 2006

Sulla Galleria Pieri di Cesena Bottarelli


L apertura di un nuovo spazio espositivo in Galleria O.I.R. per l iniziativa del Dott. Pieri e della signora Fiorella, consorte, non pu non essere salutato che con favore: si aperta una nuova finestra su quel mondo imprevedibile, a volte familiare, della dimensione pittorica dell espressivit, e questo per la citt di Cesena non pu che essere un fattore di vanto, considerando il numer o degli spazi espositivi in rapporto alle dimensioni del centro storico. Ad inaugurare la prima personale stato il maestro Maurizio BOTTARELLI, docente presso le Accademie di Bologna e di Brera con importanti esperienze in Inghilterra e in America , originario di Fidenza: posside una grande esperienza, diremmo, operativa, nella creativit pittorica. La sua prima mostra risale al 1962. Per quanto riguarda la sua opera, si pu affermare che Bottarelli stato da sempre fedele alla sua visione espressionistica del mondo, ma di un espressionismo che rincorre i concetti dell informale: occorre leggere attentamente, dunque, le sue opere, per scorgere tra le croste della suo incedere materico espressioni antropiche o paesaggistiche. Le opere esposte nella Galleria si rifanno ad un tema narrativo legato al paesaggio della Tasmania, regione australiana. Mi viene spontaneo, in quest a riflessione, raffrontare il paesaggio di De Nittis, quello colto sulla Via Appia tra Napoli e Brindisi e il paesaggio del Bottarelli. A favorire questo confronto il quadro stesso di Bottarelli intitolato Stanley . Nel primo artista il paesaggio sembra immobile, come immobile era la concezione della societ ottocentesca, ritmata su alternanze antiche e cadenzate dietro ad una colonna sonora senza tempo . Il paesaggio in De Nittis appartiene alla visione comune e non solo a quella dell artista, che figur a da elemento stabilizzante, fissandone la concretezza temporale, per sempre, sulla tela; nel secondo artista, invece, tutto veloce: gli orizzonti sono manifestazioni emotive, non elementi di osservazione comuni a pi osservatori. La differenza sostanziale tra i due artisti che il paesaggio della Tasmania dell artista di Fidenza appartiene ad un mondo in continua fibrillazione, sembra cambiare anche sulla tela tanta la veemenza interpretativa. E il mondo della natura, apparentemente ritmico, ma in realt assai dinamico per le forze che entrano in gioco. L orizzonte, quella linea che demarca la terra dal cielo, in Bottarelli sembra essere solo un eufemismo all interno di enormi sommovimenti che fanno perdere i punti di riferimento naturali.

L opera di Bottarelli un opera di potente espressivit, collaterale, per la dinamicit, a quella esoterica di William Blake e al romanticismo di Turner. Interessanti le grandi tele ispirate all arte rupestre del Neolitico, ma come sempre interpretate con espressivit veemente di matericit. Se volessimo raccordare l opera del maestro con qualche pittore locale, mi sovviene, in questo raffronto, Piraccini; anch egli maestro dell espressivit paesaggistica affogata ed emergente al contempo da veloci passaggi di colore.

8 ottobre 2006

RIFLESSIONE GENERICA SULL ARTE

Ci sono dappertutto eventi, piuttosto frequenti, in cui incontrare l Arte diventa un eufemismo. E innegabile che la nostra attuale fase storica non user la solita espressione ma siamo nel 2006, perbacco! sia caratterizzata da esperienze medianiche dai pochi contenuti culturali, ma di grande effetto e che sorpassano in quantit eventi dal grande fascino intellettuale. Ci stiamo abituando, giorno dopo giorno, ai primi e, anche se non diamo loro il peso che vorrebbero, che pretenderebbero di avere, questi finiscono inevitabilmente di intasare i canali comunicativi che abbiamo a disposizione. Fortunatamente i limiti esistono, altrimenti saremmo vittime di esperienze soffocanti. Ma a tentare di scavalcare questi limiti, ora, la nuova generazione di telefonini che sta partendo per l assalto di quei spazi ove non arriva la televisione. Di Grande fratello il mondo pieno e ne gode quella parte che da esperienze simili trae giovamento economico sulla pelle di una massa di individui a cui stata negata la crescita di una coscienza critica che dovrebbe essere patrimonio comune e generalizzato. Ma pur vero che, in ultima analisi, ognuno libero di scegliersi il pane quotidiano che pi aggrada. Il mondo dell Arte, della pittura, della scultura non da meno. Specialmente la Pittura contemporanea, che comprendo essere in uno stato comatoso, mostra i segni di un fenomeno che non sarebbe mai dovuto accadere: la Pittura fenomeno di massa! Appena trent anni fa, chi si dedicava alla pittura, senza provenire da corsi di studio dedicati, subiva il timore riverenziale che la parola Pittura dava; mostrare le proprie opere in pubblico era un evento che passava la trafila di una lunga autocritica. Si aveva la consapevolezza che la Pittura, visto il calibro dei protagonisti che ne fecero la storia, possedesse la scintilla del divino, appartenesse ad una sfera superiore del sentire umano. Trent anni dopo siamo arrivati alla fase, dicevo, comatosa di questa musa: tutti espongono e grazie a mille critici prezzolati tutti si sentono maestri d arte: non contano pi gli Istituti d arte, i Licei artistici, la prospettiva, lo studio dell anatomia, il Disegno ornato, lo studio della Storia dell arte conta solo esporre. E l inquinamento della coscienza critica aumenta. Quanti si sentono maestri!!! A peggiorare la situazione, poi, il proliferare di scuole di pittura da parte di saccenti maestri che danno a garanzia il numero di

esposizioni fatte ma non certo la qualit delle loro opere; la pretesa di coinvolgere gli alunni di scuole medie inferiori per esempio, che dovrebbero crescere nell Arte avendo negli occhi i grandi Maestri: Caravaggio, Morandi, Rembrant in esperienze che deturperanno le loro capacit di conoscere l Arte grazie agli interventi di finti Maestri cresciuti sotto il campanile. Salvo qualche eccezione. Ecco questa l attuale mentalit in fatto di Arte, di estetica. Vittime di questa situazione sono anche quegli adulti che vorrebbero il rilancio del centro storico, notizia recentissima, trasformando la Piazza del Popolo, la Rocca Malatestiana in un grande ristorante. Palazzo Albornoz che offre nel men di oggi? Il quarto lato tutti lo vogliono, ma come scenografia cinematografica con tanto di laghetto e verdurina. Perch non trasformare un ala della Bibli oteca Malatestiana in un centro sperimentale culinario? La Biblioteca stessa sar sicuramente piena di libri sull argomento! Signori, non meravigliamoci se poi i nostri centri storici, fortemente caratterizzati dal momento storico che li ha visti ben floridi, siano diventati arlecchineschi: Bidoni della spazzatura messi in luoghi suggestivi, insegne luminose dalle pi disparate forme e colori, portoni arricchiti da campanelli condominiali delle forme pi disparate. La lista lunga. Non ci resta che piange re

22 ottobre 2006

NOTTE BIANCA E CITTA MALATESTIANA

Ho trovato particolarmente interessanti e stimolanti le riflessioni del Presidente del Consiglio comunale Ines Briganti recentemente pubblicate. Il leit motiv delle riflessioni, imperniato sul raffronto tra Notti bianche e Cultura; riporta in auge l antico dilemma di come far conciliare valenze culturali e quelle provenienti dalla filosofia del divertimentificio. E come voler mescolare l acqua con l olio . Siamo tutti d accordo nel definire Cesena una citt bella - concordo con il Sindaco una citt la cui belt facilmente godibile grazie alla fortunata conformazione urbana del centro storico, ma soprattutto, bella per la sua vivacit e per le belle ragazze che vi si incontrano, cos almeno affermano i forlivesi. Al di l, comunque, di consolidate caratteristiche ereditate dal passato, voler pensare, o ritornare a pensare alla Cultura come elemento chiave per valorizzare ulteriormente la Citt, contrapponendola alle dinamiche delle Notti bianche pu essere un modello vincente. Ma fino ad un certo punto. Occorre infatti tener presente come la Cultura sia di pochi, e come la Notte bianca sia di molti. A considerare, inoltre, l evento mondano, che ha richiamato in citt migliaia di giovani per la contentezza dei ristoratori, come un rifare il verso alle grandi citt secondo me si rischia di commettere un errore pacchiano: la grandezza di una citt non la si misura in termini di metri quadrati, ma in termini di presenza sul territorio , considerando la Cultura, la Produzione industriale e la generale laboriosit dei suoi cittadini con, dulcis in fundo, la capacit di relazionarsi con il resto del mondo. Credo che in questo Cesena potrebbe fare molto: le potenzialit non mancano. Si consideri la presenza di varie e significative Facolt universitarie, per esempio, come la chiave di volta di altrettanti potenziali quanto significative iniziative pensate in termini di dimensioni europee. Ma, inutile nasconderci dietro un dito, potremmo parlare di Cultura tutto il tempo che si vuole, ma se si riconduce il tutto ad un fritto misto con la tanto amata-odiata notte bianca, allora, dovremo fare i conti con una realt fatta da tutti coloro e sono i pi - in cerca di ben altra cosa che non una rappresentazione teatrale o un vernissage Non ci sono molte Pamela Villoresi sulla scena capaci di distogliere da una bottiglia di birra bevuta alle 24.00 tutta una massa in cerca di far l alba divertendosi controcorrente. E acuta, ricorda la Briganti, l osservazione di Denis Ugolini, come Cesena abbia gi una sua connotazione, quella di Citt malatestiana e che potrebbe aprire la porta a

molteplici e potenziali iniziative. Ma questo profilo storico della citt non toglie e non aggiunge nulla ad una notte bianca. Notte bianca e Cesena citt malatestiana con eventuali iniziative culturali corrono su due binari paralleli; possono forse incontrarsi se cos si volesse, ma le stazioni in cui scenderanno i passeggeri di questi treni hanno caratteristiche differenti. Secondo il mio parere non resta che chiederci soltanto se la notte bianca, ultima espressione di moda, di costume comportamentale generalizzato, possa avere un senso sociale e, quindi, continuare ad essere data a quei cittadini in cerca di provare l emozione di vivere la notte, con grande gioia, ripeto di pub, ristoranti, pizzerie e bar piuttosto che di Gallerie di cinema e di teatro. Si pu, al massimo, arricchirla di eventuali iniziative di valenza coreografica, che vadano oltre la mangiata o la bevuta. In conclusione: nulla toglie che la locale amministrazione pubblica,oltre ad organizzare una notte bianca, possa decidere delle grandi scelte , quelle che possono fare di Cesena un grande centro della Cultura e conseguentemente una grande citt. Cesena Citt malatestiana? Allora perch non istituire un premio: Il Malatesta Novello per esempio, da conferire annualmente a personaggi nazionali e internazionali che si sono distinti in vari campi ? Qui l Univer sit farebbe la parte del leone. Non mi meraviglio dunque di coloro che criticano la notte bianca, mi meraviglio piuttosto di coloro che per fare di Cesena un grande centro della Cultura si muovono con reverenziale timore e con provinciale condizione mentale.

6 novembre 2006

SU LUCIANO NAVACCHIA DA CESENA


1927 2005. Non due semplici numeri ma due date che danno inizio e fine al percorso umano di Luciano Navacchia da Cesena. Mi stato chiesto da coloro che serbano nel cuore e negli occhi la connotazione principale dell uomo pittore, di scrivere alcune parole sull anniversario della sua scomparsa ( il 15 dicembre 2005) , un piccolo impegno della riflessione per rammentare colui che ha contribuito con la sua opera, a costruire il percorso artistico di questa citt, un contributo che nasce lontano nel tempo. Attilio Barzanti , nella sua opera, meritevole di aver dato corpo alla memoria storica dell arte locale, lo ha giustamente inserito nella generazione di mezzo assieme a Sughi, Cappelli, Caldara, Gattavecchia, Gabellini e questa generazione rappresenta se non le fondamenta, sicuramente una struttura portante, e di grande significato, di quell edificio che attualmente sembra essere vigorosamente abitato da numerosi artisti locali. E si vede e si tocca con mano quel fermento culturale che affonda le sue radici proprio in questa generazione di mezzo . Tanto di cappello a Navacchia dunque. Rimarr nella storia della Pittura cesenate in maniera indelebile oltre che nei cuori di coloro che lo hanno e lo apprezzano ancora, soprattutto per la Galleria omonima - prima Galleria a Cesena che porta il nome di un pittore locale e che fu lo studio di Navacchia per lunghi anni e, ora, grazie alla volont della Sig.ra Anna Maion e continua come luogo espositivo e memoria storica dell attivit di quello che fu, nell atteggiamento, un discreto e silenzioso pittore. Un artista immerso nella sua colorata arte del paesaggio. E proprio in questa Galleria il 16 dicembre alle ore 17.00 ve rr inaugurata una mostra di pittura e grafica ad opera del pittore locale Antonio Dal Muto. Egli si presenter al pubblico con una serie di opere figure e paesaggi facenti parte del tema Punti di vista Una ricerca di linguaggio soprattutto all in terno del suo Cromatismo , ossia, un modo di ri-raccontare ci che da centinaia di anni la pittura racconta: il paesaggio e la figura attraverso un linguaggio contemporaneo. Un modo per ricordare anche Luciano Navacchia da Cesena nella maniera a lui pi congeniale: con la Pittura.

10 dicembre 2006

SU DAVIDE BAROGGI E MIRIA MALANDRI

Per comprendere al meglio un opera d arte saper leggere onde comprendere a volte, contrapposizioni stilistiche, linguaggi formali radicalmente diversi, contrapposte impostazioni di masse colorate aiutano meglio ad una lettura profonda a cui, uno spettatore-fruitore aspira o chiamato a riflettere dal momento che si trova davanti al risultato della creativit pittorica o di qualsiasi creativit artistica. Le due esposizioni, inaugurate il 27 scorso, sembrano, a mio parere, adatte a tale scopo. Parliamo delle opere di Davide BAROGGI, milanese, presso la Galleria Fiorella Pieri e delle opere di Miria MA LANDRI, forlimpopolese eclettica, esposte presso la Galleria del Cesuola. Il primo arista si pone come osservatore di un mondo semplificato al massimo; riduce le forme all essenziale, trascendendole da qualsiasi pretesa di disegno e affidandole a pure campiture di colore. Il mondo di Baroggi, appare evidente, il mondo della contrapposizione dei sentimenti: il nero, il giallo, il rosso o il celeste sono, nella realt intima dell artista, semplicemente riconducibili a stati d animo liberi da sovrastrutture fatte di ma , per ossia, emozioni libere da leziose ricerche che solo sfumature cromatiche potrebbero far sospettare: non esistono sfumature infatti. Ogni opera del Baroggi sembra esprime solo un perch? e basta. Pittura ridotta alla espressivit pi semplice, emotivamente e volutamente infantile - o furbescamente infantile - perch non conosce le furbizie e le maschere psicologiche ed emotive dell adulto. Ben articolata e culturalmente pi sofisticata , al contrario, la pittura della Malandri, non tanto perch l artista avvezza ad interpretare elementi, soggetti, che sono prima passati per l esperienza cinematografica e quindi gi carichi di densi significati, quanto per la cura con cui sceglie di riprodurre le ambientazioni psicologiche che hanno fatto da supporto al film. Ricerca del particolare quindi; studio attento delle luci; tensione narrativa e propensione scenografica. La caratteristica principale di questa mostra sembra essere lo sforzo di riprodurre un mondo esterno che non appartenente alla pittrice, trovando il prodotto gi confezionato nei fotogrammi

delle pellicole, quanto quello di veicolare attraverso il colore e le ricostruzioni le sensazioni e le emozioni che lo spettatore potrebbe aver provato guardando i film stessi. E riuscita la Malandri nel suo intento? A parer mio ha pi forza espressiva la pittura primitiva del Baroggi, forse perch appartiene alla sua anima e non alle sensibilit di altri soggetti come i registi, gli scenografi o gli attori, pur non negando l abilit esecutiva della pittrice.

28 gennaio 2007

SU FABIO LUCCHI

Parlare della pittura di Fabio Lucchi invita a profonde riflessioni; slegate dalle solite retoriche descrittive, quelle delle atmosfere vibranti , per intenderci e tanto care ai critici-parolai. E evidente sin dal primo impatto visivo che non siamo davanti ad un autodidatta, ma, vivaddio, abbiamo a che fare con un artista formatosi prima all Istituto d Arte di Ravenna e, in seguito all Accademia delle Belle Arti di Bologna. Un percorso formativo che ha conferito a Lucchi, quella struttura portante che manca ai pi: l artista cesenate sa raccontare le sue emozioni con abilit tecnica e con sicura impostazione narrativa. Una caratteristica, che emerge sin da subito, la tonalit dei suoi elaborati: questi vanno nella stessa direzione dei dipinti di Cappelli e di Sughi. Non a caso Luciano Bertaccini, tempo fa, accost la dialettica cromatica di Lucchi alla scuola cesenate e, per chi avvezzo a questo risvolto pittorico localizzato, non pu non avvedersi di come certe impostazioni riecheggino abbondantemente di quella pittura in penombra . I suoi nudi abbandonati presentano la stessa drammaticit esistenziale nascosta da morbide soluzioni - di quel neo-realismo romantico che fece di Sughi un protagonista di una scena in cerca di affermazione nazionale, ma anche vera la presenza di elaborazioni personalissime che fanno di Lucchi non un pedissequo inseguitore delle famose performance cesenati, ma un costruttore di sequenze animiche che raccontano le proprie immagini con fare personale e privato. Ecco, dunque i paesaggi circoscritti da coltri nebbiose all interno di cieli plumbei, intrisi di quella pacatezza vissuta nell attesa di una luce che squarci tensioni forse dolorose. Ma come nelle immagini di Cappelli anche le luci pi forte sono sopraffatte dalle dimensioni profonde del sentire umano, tanto da scomparire al di sotto di interrogativi che riecheggiano la lezione di Munch. Quello di Lucchi, di Cappelli e di Sughi il percorso dell animo, il sentiero accidentato della psicologia dell uomo-ambiente; la pittura dei perch , ove le immagini esteriori assumono significati simbolici di situazioni sprofondate nella dimensione spirituale dell individuo.

Dal 15 marzo fino al 14 aprile le opere di Fabio Lucchi saranno esposte nelle sale del Castello di Sorrisoli.

6 marzo 2007

SULL ARTE

Quando una testata giornalistica decide di dedicare un piccolo spazio alla Critica d Arte che, nel nostro caso, non si pone che come una riflessione sull Arte, non pu non ricevere che un plauso. E tendenza attuale, infatti, il considerare la Critica d Arte come qualcosa di superfluo, al pari della presenza dell arbitro nelle partite di calcio; tanto chi vede poi giudica da solo. Se in parte sacrosantamente vero che l utente di un prodotto della creativit al quale, peraltro, il prodotto stesso destinato, , sar il solo, nella sua solitudine intellettuale, a condannare o ad assolvere pur vero che lo stesso prodotto, spesso, non di facile lettura, nel senso che non trasmette in maniera diretta tutto il messaggio che contiene. Quando lo contiene. Ecco l utilit della riflessione, della critica: aprire all usufruitore dell Arte quelle porte, quei pertugi, attraverso i quali si pu comprendere appieno il senso creativo dell artista. Certamente ci che verr scritto in questo spazio rappresenter cosa se non un parere personale, ma al contempo le chiavi di lettura potranno essere cambiate, e ci sar possi bile per il semplice fatto che almeno si sar superata quella prima soglia che di solito si attesta sul mi piace, non mi piace o non mi convince . Una prima domanda: ma tutto Arte? Ecco, questa la prima chiave di lettura. Certamente no. Non si pu confondere ogni prodotto della creativit personale con un opera d Arte, per il semplice fatto che l Arte ha bisogno di contenuti, di narrazioni originali, di elaborazioni tecniche ed esecutive ineccepibili per essere tale. Certamente la miscela di questi elementi non sar, all interno di un prodotto artistico, in proporzione, uguale per tutti gli autori, ma non potendo andare oltre un minimo, manterr sicuramente quelle caratteristiche per essere considerata tale. E questo vale per la pittura come per la scultura, per l architettura come per la narrativa, per un film. Fare dell arte significa costruire , far emergere dalle proprie intime profondit intuizioni, narrazioni elaborate in modo personalissimo, ma soprattutto, frutto di concettualit innovativa. Potremmo fare molti esempi di arte finta nel nostro entourage cittadino, ma questo non il momento; avere le chiavi di lettura per uno spettatore che si pone davanti ad un opera, sar sufficiente per distinguere l arte finta da quella vera. Molti opera no nella creativit, ma pochi sono artisti. Gi questo sufficiente per osservare le cose con un minimo di spirito critico. Purtroppo, c da aggiungere, come il successo di un

artista non corrisponda alla qualit della sua opera. I tempi che stiamo viven do sono caratterizzati da esigenze di mercato e sono queste che muovono le fila anche nel campo dell arte. Oltre che casualit dovute al fatto di essere in un ambiente favorevole al dibattito. Se un artista avesse, inoltre, un sufficiente benessere economico, allora oltre a costruire la sua opera potrebbe costruire anche il suo successo: pagare per avere. Il fallimento della Critica d arte, perch passata dalla parte di chi paga per avere buoni apprezzamenti, cammina di pari passo alle leggi di mercato. Per non parlare dei galleristi. Quest ultimi hanno perso il senso dell arte a favore del senso del mercato. Quante volte un artista viene contattato da parole simile a queste: Abbiamo avuto modo di vedere le sue opere e le abbiamo trovate interessanti. La nostra Galleria per 1600 euro le offre Emergere oggi alquanto difficile per suddetti motivi. L arte non vive per se stessa, ma per i mediatori di mercato che, alla fine, esautorano l opera, l arte stessa, per raggiungere obbiettivi che sanno poco di a rtistico. Il parallelo con la televisione calzante: in questo mondo valgono pi le veline, il gossip ai quali i rotocalchi dedicano quintali di pagine, mentre le vere professionalit restano nell ombra a soffrire per il menefreghismo di operatori che tutto fanno meno quello che il loro ruolo indica. Ecco la necessit di una riflessione critica distaccata dai presupposti del mercato; se una inversione di tendenza si rende necessaria, questa pu solo partire da qui, da quella onest intellettuale a cui tutt i siamo chiamati per dare alle cose il loro giusto nome. Il prossimo appuntamento sar in occasione della mostra, alla Biblioteca Malatestiana il 24 prossimo, che l amministrazione comunale cesenate ha voluto per riscoprire Alberto Sughi.

19 marzo 2007

SU SUGHI

Il giorno 23 scorso ha visto l esaurirsi degli incontri, attraverso i quali, la citt di Cesena ha voluto esprimere la sua vicinanza al suo illustre cittadino Alberto Sughi, conferendogli il suo corale plauso: un riconoscimento, definitiv o ed ufficiale, che ha il sapore di una riconciliazione culturale. Riconciliazione significativa e di spessore, densa di cultura, se vista alla luce della nuova Galleria dell Immagine, all interno di una istituzione mondialmente riconosciuta come Memoria del Mondo : la Biblioteca Malatestiana. In occasione di questi incontri, supportati dalle immagini di Teleromagna, si parlato di tutto: si sono ripercorsi gli aspetti personali di Sughi; aneddoti legati alla sua giovinezza trascorsa a Cesena; ricordi legati alla conoscenza, per esempio, con altri artisti locali come Ilario Fioravanti, Caldari, Cappelli; le sue esperienze romane ecc. in aggiunta alle considerazioni generali espresse, poi, durante l inaugurazione della mostra, da Zavoli, Sgarbi, l asses sore alla cultura Gualdi, la direttrice della malatestiana d.ssa Savoia, il Sindaco Conti, Tonino Guerra Si parlato di Sughi come l interprete della solitudine o, per lo meno, di un attento osservatore della condizione umana, quella che lo circond neg li anni giovanili, tanto da farne un esponente del Neorealismo sociale, scaturito sicuramente da movimenti interiori all artista e, probabilmente assorbito dalle esperienze creative di famosi interpreti del momento come Franco Rosi, Pietro Germi, P.P.Pasolini, Gadda, Emilio Vedova che, con la sua pittura, denuncia il dovere dell artista di essere presente con le sue riflessioni nelle situazioni sociali e in Sughi presente nelle concettuali dinamiche geometriche del segno che si intravede al di sotto delle campiture colorate. Queste ultime considerazioni ci spingono, quindi, a riflettere sulla pittura sughiana, quella espressa attraverso le opere esposte alla malatestiana, attraverso le chiavi di lettura del neorealismo e dell espressionismo, le sole idone e a comprendere appieno l opera del maestro. Nella mostra si possono identificare due percorsi narrativi: il primo rappresentato dal concetto neorealista, mentre il secondo , possiamo azzardare, una divagazione poetica, intesa come una lettura pi distesa, calma, ove prevale il sentimento della speranza piuttosto che quello di una esistenza opprimente o per lo meno dura da vivere, perch arida, difficile,

egoica. Pur intersecandosi e sovrapponendosi i due aspetti possono essere considerati come incernierati dall opera Teatro Italia , una sorta di spartitraffico concettuale. Ritengo che la visita alla mostra dovrebbe iniziare da questa opera, di propriet della Cassa di Risparmio di Cesena. Non vero tutto quello che Sgarbi ha detto su di essa, intendendola come una profezia sugli eventi noti come mani pulite o sui recenti scandali legati a vallettopoli , a Fabrizio Corona. E puro istrionismo dialettico e fuorviante. Sughi ha chiamato Teatro Italia un opera concepita, osservando come i molti personaggi che la costruiscono hanno, avevano, all interno della scena italiana all epoca della realizzazione, il 1983, ruoli da attori. Pi o meno stanchi, pi o meno interessati. L Italia intesa come un palcoscenico su cui agire. Recitare. Troviamo esponenti della politica, della religione, dello spettacolo, dell industria, della degradazione morale, dell alta societ stretti tra lo sfondo romano del decadentismo e la giustizia che appare come una macchia rossa, la quale non va certo intesa come toga rossa di dipietrana memoria, bens come baricentro cromatico, concettualmente parlando, il punto di equilibrio tra le forze in campo. Poi, per dirla con Andreotti: A forza di parlare male di qualcuno spesso ci si azzecca allora, in questo senso, l aspetto profetico pu essere calzante. Certo, manca la classe proletaria, tanto da chiederci se sia l unica a fare sul serio e a non recitare. Teatro Italia cerniera, spartitraffico del percorso creativo e narrativo dell artista. Allontanandoci nel tempo, verso le opere degli anni 50, ecco trovare l ottica cara a Sughi, quella di Bacon: figure ricavate da veloci pennellate che impietosamente costruiscono volti, corpi rapportabili ad uno studio di Bacon su Innocenzo III (ne ha fatti pi di uno) realizzato su un opera di Velasquez. Il paragone calzante con L uomo seduto del 1963. Avvicinandoci alla nostra epoca, invece, ecco sparire sotto colori che si fanno pi caldi, terragni, quasi pompeiani, adagiati con delicatezza su poderosi strutture disegnate, come ne La Terrazza del 1992, quel senso di angoscia opprimente, silenziosa e serpeggiante che caratterizz per lungo tempo il periodo baconiano . Per certi versi narrativi, non mancano nel primo aspetto (vedi la morte del padre ) richiami all Edvard Munch della Pubert del 1895, tant che si pu parlare di Sughi, anche, come di un esponente del neorealismo espressionista. Laddove, invece i colori si fanno pi caldi e terragni, forte si f il richiamo a Toulouse-Lautrec. All interno di questo percorso di lettura non possiamo non notare due narrazioni considerabili come momenti di particolare riflessione ; ci riferiamo alle opere Il cipresso abbattuto e Scalinata sul Mare e il ciclo della Cena. Due momenti caratterizzati dalla piena campitura coloristica :

non ci sono spazi lasciati vuoti o occupati da tracce di segni. Sembrerebbero denunciare la voglia di Sughi di entrare nel particolare cosa questa che assente nella maggioranza delle sue opere ove prevale l essenzialit .

Contemporaneamente all esposizione malatestiana, nella Galleria F. Pieri di Cesena in corso una mostra di disegni del maestro.

26 marzo 2007

SU CESENA CITTA MALATESTIANA

L esposizione dei lavori, presenti in maniera articolata nella sala superiore del Palazzo del Ridotto di Cesena, promossi dalla Fondazione della Cassa di Risparmio della citt, e opera dell Universit di Bologna Facolt di Architettura, sede di Cesena, Aldo Rossi rappresenta un ulteriore occasione per fare alcune riflessioni sull odierno senso funzionale, sociale ed estetico della citt in generale e nello specifico della citt di Cesena. I lavori, costituiti da rilievi fotografici di un settore urbano infra moenia - dentro le mura - della citt di Cesena, sono stati elaborati secondo modalit moderne del rilievo architettonico, mettendo in luce, in evidenza, essenzialmente, l aspetto estetico degli edifici rilevati; non tralasciando, ove possibile, di comparare gli elaborati con foto d epoca degli anni 70 del 90 0. La mostra non vuole essere che una riflessione grafico-fotografica sulla costituzionale impronta quattrocentesca della Citt, definitasi al di sopra di strutture pi antiche, mantenendo come punto di riferimento la Biblioteca Malatestiana, e di ci che rimane di questa impronta rinascimentale. Appare cos evidente di come la citt attuale sia il risultato di una serie di interventi, lungamente diluiti nel tempo, che hanno snaturato in profondit la matrice malatestiana; risultando altres evidente di come intervenendo progettualmente in una citt antica, principalmente nel suo centro storico, ci si trovi, inevitabilmente, davanti ad un problema di matrice essenzialmente culturale. allorquando si intenda operare architettonicamente con modifiche varie o con costruzioni mirate a sostituire vecchi edifici. Il dilemma sostanziale ogni qualvolta si agir sar: Conservare o demolire modificando l assetto estetico originale? Esiste, inoltre, alla base della riflessione, una ragione di fondo essenziale: non potendo pi svolgere la funzione per la quale nacquero, gli edifici, la citt contemporanea sente il bisogno di svilupparsi sostituendo i vecchi bisogni con dei nuovi; e qui il problema. Laddove esisteva una bottega artigiana, per esempio, che giustificava la presenza di particolari espedienti architettonici, trasformandola in una abitazione, inevitabilmente verranno modificati gli antichi profili costruttivi, estetici, propri della bottega per conformarli alle nuove necessit abitative. Funzione ed estetica per lungo tempo hanno camminato insieme, onde per cui, trasformare il volto antico della citt, solo apparentemente un semplice atto costruttivo, poich, nella realt, si distrugge costruendo. Un paradosso che

molto presente e concreto nel nostre citt. Da lungo tempo. Purtroppo. Cesena, come la stragrande maggioranza delle citt italiane, ha sub to, subiscono, questo paradosso. La sensibilizzazione sul rispetto del volto antico della citt, i vincoli di legge, negli ultimi anni, stanno dando buoni frutti. Ma non completamente. Se da una parte si rispetta la volumetria dall altra si tralascia, il pi delle volte, il problema estetico nelle nuove costruzioni in rapporto all insieme. Questo aspetto, secondo me, rappresenta la cenerentola, l ultima preoccupazione, dei costruttori. L antico abitato di Cervia un classico esempio di come si possa stravolgere l aspetto estetico di questo borgo marinaro inaugurato, ex novo, nel 1698. Citt salinara, ha sempre avuto come colore fondamentale il bianco. Ora possibile ammirare lungo il corso principale, gustosissime spennellate di colori sgargianti che stanno trasformando Cervia in un arlecchino marinaro. Ecco perch si dice che intervenire in un centro storico non solo un fatto tecnico, ma, sostanzialment e, culturale. Buoni esempi accanto a pessimi, comuni a tutte le citt, sono anche in Cesena: il nuovo edificio che ha sostituito l antica sede dell Albergo Barriera, per esempio, ha concretizzato un intervento culturalmente valido, per il fatto che i progettisti hanno riutilizzato soluzioni estetiche che sposano perfettamente le realt dirimpettaie, rappresentate essenzialmente dalla Barriera Cavour e dagli edifici in corso Cavour costruiti a partire dal 1860. Se si vuole si pu salvaguardare l impronta estetica dei centri storici, e occorre poco: amare la propria citt! In una mia recente riflessione scrissi di come l amore per la citt passa anche attraverso l oculato controllo sulle minuterie che arredano la stessa: insegne luminose, acciottolato, placche metalliche usate con i citofoni, insegne stradali ecc tutte quisquiglie che possono peggiorare o migliorare quella che il Sindaco di Cesena, Giordano Conti architetto, nella prefazione al catalogo della mostra indica come la qualit della vita di una citt Non sono solo i servizi a migliorarla, la qualit della vita, ma anche quella parte destinata all occhio. Se vero che anche l occhio vuole la sua parte sono estremamente convinto che anche i bidoni, tanto per fare un esempio, destinati alla raccolta dei rifiuti solidi, almeno quelli nel centro storico, possano e debbano essere ri-progettati. L amministrazione comunale e la Facolt di Architettura locale, in pieno rispetto del volto antico della citt potrebbero avviare tutta una serie di riflessioni estetiche che avrebbero valenza nazionale. Cosa penserebbe uno straniero che, rimirando la finestra dello stanzino privato del papa Braschi - Pio VI, posta su quell archetto facente parte del Palazzo Braschi, finisse per vedere quell ingombrante p resenza di tre insolenti, quanto esteticamente degradanti, cassonetti dell immondizia circondati da forte

odore di orina? Cesena citt malatestiana? Io credo che la citt malatestiana ancora resista, ma il grido di dolore sempre pi forte e va ascolta to, cominciando da un pi oculato uso del colore, da una pi attenta sistemazione di targhe stradali, da una sistemazione globale dell acciottolato che sostituisca definitivamente l asfalto Veltroni invece vuole asfaltare tutta Roma Perch non ripristinare un Ufficio Ornato di ottocentesca memoria? Comunque, grazie anche a mostre come questa, perch danno sempre l opportunit di ulteriori riflessioni. Aspettiamo con interesse la prossima.

2 aprile 2007

SU ARTE E PAZZIA

Ci sono aspetti dell arte che vengono poco o punto tenuti di buon conto. Di un elaborato artistico, per esempio pittorico, si concentra l attenzione sul soggetto e sullo stile esecutivo e semantico il linguaggio usato si rapporta il tutto alle correnti artistiche, ai contenuti culturali del tempo, quelli che hanno fatto la Storia dell arte e si esprime un giudizio finale dal quale ne emerge l originalit, santificandola per l eternit. Quando emerge. La personalit dell autore viene presa in considerazione da un punto di vista culturale, a partire dal suo impegno nella riflessione intellettuale della Pittura o della sua specificit espressiva, ma mai, la Critica, entra nel merito della personalit dell artista in tutto il suo aspetto completo, fatto di anima e corpo. Forse cos che vanno le cose e forse cos debbono andare. Ma non sempre, a mio parere, cos. Dobbiamo tener presente, infatti, come qualsiasi elaborato artistico pu rilevare aspetti della personalit dell artista che, non vi scandalizzate, hanno a che fare con la Psicopatologia. Non si tratta di affermare che un artista possa esser o meno pazzo, sicuramente una piccola parte di schizofrenia, posso affermare con sicurezza, rilevabile, riscontrabile, nelle opere di molti artisti locali. Gli schizoidi per eccellenza, noti al grande pubblico, sono Van Gogh e Ligabue, e sono noti per i loro comportamenti strani e personalissimi. Si tenga presente che tali comportamenti strani appaiono tali solo all interno di un contesto culturale ben pre ciso: se Ligabue fosse vissuto oggi, invece che nella bassa padana degli anni 50, immersa tra le nebbie e le superstizioni di paese, sicuramente non sarebbe apparso cos strano, tant che il suo passato trascorso nel manicomio di Reggio Emilia non fu ric co di episodi da camicia di forza ma solo di eccentricit. Non forse eccentrico un Ficarra, artista dello spettacolo che va in giro con una capigliatura da schizofrenico agitato? E chi si meraviglia? Immaginate lo stesso artista nell anno 1953, mentre si aggira per le strade di Cesena Esistono molte collezioni di elaborati pittorici, datati per la verit (Collezione Prof. G.E. Morselli Dr P.L. Rosina Novara) studiati e analizzati per determinare l evoluzione della salute mentale degli autori, rin chiusi negli ex manicomi. Vi posso assicurare che nulla hanno da invidiare a certi elaborati nostrani, specialmente quelli che sono avvezzi ad usare un linguaggio espressionista . Munch, con la sua

famosa e pi volte derubata opera l Urlo appartiene co n estrema chiarezza al genere schizofrenico, che emerge da un profondo disagio esistenziale pi proprio all autore piuttosto che all ambiente circostante. Non quindi una interpretazione culturale fatta da un artista, ma l espressione pi genuina di una p siche in preda ad ansie e paure.

Certo, questo non vuol dire, affermare, che opera pittorica sia uguale a l quadro clinico della salute mentale dell artista, ma altres vero che la pittura, pi della scultura, pi della cinematografia, al pari della m usica (quella di Wagner, di Schopin, Rachmaninov ecc.. per intenderci) permette all artista stesso di esprimere totalmente le pulsioni dell animo e della psiche, e, quindi, renderlo pi leggibile. Il mondo del malato di mente -artista ( artistica-mente) non sempre qualcosa di caotico, partecipa al mondo tirando le sue conclusioni, spesso in maniera originale, maniera originale enfatizzata maggiormente quando usa i colori, poich, e non dimentichiamolo, ogni colore un simbolo di uno stato d animo. Come la nota musicale appunto. All interno di questa riflessione va mantenuto il concetto di valore estetico e di linguaggio culturale: chi apparve pazzo agli illustri medici dell ottocento, oggi sarebbe solo uno stressato e che, avendo a disposizione una miriade di mezzi espressivi, lo stesso potrebbe, finalmente, manifestare la sua tensione interna attraverso l elaborato artistico e, perch no, acquisire anche fama. Ma soprattutto sarebbe in grado di mascherare la sua natura schizofrenica , elaborandola dialetticamente grazie a quella cultura che oggi bene comune. Fortunatamente. Quanti analfabeti sono finiti in manicomio perch incapaci di parlare in maniera adeguata del proprio disagio? Un paio di esempi provengono dai disegni e dalle opere di Basquit, pitt ore graffitaro americano, morto a 28 anni per droga; rappresentano la quella tipica compulsivit che potrebbe essere letta clinicamente, scoprendo le sue tensioni schizoidi. Altro artista che potrebbe essere letto sotto questa luce Keith Haring. Cosa si vuole dimostrare? Solamente due cose: a) ci che ieri era pazzia (escludendo i casi limite ovviamente), disagio comportamentale, oggi pu benissimamente venir letto come un normale consueto aspetto eccentrico della personalit di un artista; b) se ci mettessimo a leggere con questi parametri, scopriremmo che la Storia dell Arte

e la contemporaneit stata costruita, viene costruita sulla schizofrenia per una percentuale cos alta da rimanere stupiti e arrivare alla conclusione che un artista, per essere tale, se non un poco pazzo, o per lo meno turbato e stressato, non potr mai produrre opere di grande significato. Freud insegna.

10 aprile 2007

SU DOMENICO BACCARINI E FELICE CASORATI

Ci che d pieno significato ad un elaborato della creativit artistica la sua contestualizzazione storica. La data di esecuzione rappresenta il momento storico , quel momento temporale che da solo pu rendere palese il significato dell opera stessa, e senza il quale l opera resta totalmente muta e incomprensibile. Si pu inoltre parlare tout court di opera contestualizzata, di quel prodotto che incarn totalmente il suo tempo, solo allorquando quel momento identificato o identificabile sia fuggito via per sempre. Definitivamente. Quando i linguaggi culturali, sociali, espressivi, che vivificarono il tessuto connettivo circostante l artista tacciono per sempre, al di sotto di ulteriori sedimentazioni semantiche. Leggere un opera vuol dire, allora, attuare una operazione di archeologia culturale: dietro i pigmenti colorati, le forme, la materia plasmata di una scultura o le linee di una architettura, come pure di un fotogramma cinematografico, si scopre l esistenza di un mondo che ha perso voce, ma che costituir, per sempre, l anima dell opera stessa, il suo inconscio. Conseguentemente, non esister pi grande differenza tra un vaso attico e un quadro del Caravaggio, nel senso che si render indispensabile applicare ai due esempi la stessa metodologia di lettura, che consiste nel ripercorrere l ambiente culturale che hanno visto i rispettivi artisti operare; decriptare il codice espressivo dell opera, il linguaggio tecnico per ricondurre il tutto ad una panoramica generale riferita a quel momento storico , il solo che pu aprire le porte alla comprensione. Ma questo sufficiente per poter parlare di opera d Arte ? No, certamente! Un opera d Arte sar tale solo se avr riempito dei vuoti creativi; avr aggiunto al percorso di formazione della Storia dell Arte, in un d eterminato periodo storico, elementi nuovi e originali. Il mondo della cultura, in genere fatto di cicaleggi articolati, intellettualmente parlando, ma che non possono fare a meno di ruotare attorno a dei caposaldi, a degli spartiacque che in una prospet tiva storica sono definitivamente stati consacrati come fondamentali per la crescita culturale di una societ. Di tutto ci che contenuto in questa premessa, lo si pu avvertire visitando due mostre interessanti presso la Loggetta Lombardesca del M.A.R. di Ravenna, riguardanti i pittori Domenico Baccarini e Felice Casorati. Le opere del primo pittore sono tutte riferite al primo decennio del 900. Un inizio di secolo che sente il richiamo dell accademismo ma, al contempo, non

indifferente alle spinte moderniste provenienti soprattutto dalla Francia e dalla Germania. Un momento storico caratterizzato da incertezze sociali: il vecchio che ha perso le sue certezze e il nuovo che non mostra ancora per intero le sue fattezze. Baccarini si muove in questo ribollire di elementi culturali e sociali tanto da non rimanere insensibile alle esperienze francesi del divisionismo, per esempio, che si fanno sentire nelle opere come Ritratto di Odoardo Neri del 1905 o L alba e il vaticano del 1906. Questa sua v oglia di comprendere un ambiente, del quale e nel quale Pica, suo contemporaneo, ravvede una avanzata decadenza artistico espressiva legata all illustrazione cosa direbbe lo stesso se fosse vivo oggi? - conduce il Baccarini a percorrere tematiche legate s al classicismo, ma a lasciarsi influenzare, al contempo, dalle novit espressive che arrivano in Italia. Anche la sua scultura, ove appare pi intuitiv A, risente di questo altalenare creativo: lo stile Liberty di certe soluzioni di arredamento rincorre l espressivit di Medardo rosso, il cui eclettismo plastico si ravvede nella Testa di Giovanni Costretto del 1901. Classicismo, Espressionismo ( La famiglia in lutto del 1903), il Liberty ( L umanit dinanzi alla vita del 1904 -06) sono le linee guida che hanno permesso a Baccarini di regalare alla Storia dell Arte Italiana opere pregevoli e significative di quei e dei suoi momenti storici . Momenti differenti, che si sovrappongono in certi periodi e legati da sottili fili, altres pregni di vita vissuta, quelli di Felice Casorati che stato testimone cosciente del trapasso dell 800 nel 900, con tutte le sue bellezze e tragicit. L esposizione accosta il suo nome al silenzio, definendolo il pittore che dipinse il silenzio . Direi piuttosto che nelle opere esposte, l artista torinese, abbia scelto la contemplazione metafisica che negli anni 40 del 900 si fa pi accesa. Ma come in tutte le cose dell umana espressione, non tutto nasce dal nulla ma si serve del tutto per creare il nuovo, l opera di Cas orati, a partire dagli anni del primo 900, sembra essere il risultato della contrapposizione forma-colore all interno di una dimensione reale, non mediata da alcun sogno; mi riferisco alle composizioni con le uova e con le scodelle. Il sogno si fa evident e nell opera La preghiera dove risulta evidente il richiamo a Klimt; forse perch siamo nel 1914? Forse perch il Futurismo di Martinetti ha gia contaminato la scena dell arte italiana? Altre influenze guidano la mano di Casorati: Mantegna riecheggia ne La fanciulla dormiente del 1921; l opera Le piantine del 21 sembra rendere omaggio alle scultura di Modigliani, il cui spirito silente ed estatico, a parer mio, permea gran parte della produzione di Casorati. Silenzio estatico che richiama da vicino le

opere del Lega esposte a Forl, in merito alle quali il rapporto con il Rinascimento italiano si impernia proprio su questo concetto espressivo. Ebbene, non troveremmo la stessa radice nei rapporti ritmico-spaziali e volumetrici anche nelle opere di Casorati? Il periodo bellico della seconda guerra mondiale sembra segnare l opera dell artista indelebilmente: la luce si allontana dalla realt teatrale per divenire metafisica, quasi spettrale per certe luminescenza, ma drammatica al contempo. Superato questo periodo, Casorati, si abbandona alla ricerca - le traumatizzazioni sociali ormai sono alle spalle - risentendo l inevitabile influenza del nuovo che avanza: ritornano le uova e le scodelle nelle sue composizioni, ma, ora, sono prive della pretesa di essere le sole protagoniste cromatiche per lasciarsi inghiottire da un ambiente di luce che detta la regia sulla totalit volumetrica. L ultimo Casorati, quello della fine degli anni 50 il pittore del pieno colore, anche se ammorbidito dalla sua sensibilit poetica che via via si fatta pi evidente con il trascorrere del tempo: non pi la durezza espressiva come in Marionette del 1914. Di certo la sua produzione stata caratterizzata molto meno dalle influenze artistiche del suo tempo, come fu invece per Baccarini, poich egli ha svelato una pittura interiorizzata, da qui il silenzio a cui stato accostato il nome di Casorati, ma che non fu il silenzio esteriore, nel mondo, ma quello che lui aveva dentro di se, ha cercato dentro di se, e che ha voluto esternare come tentativo per attenuare le urla della storia e delle tragedie di cui fu testimone.

30 aprile 2007

SU L ELOGIO DELLA FIGURA SCARABATTOLO


Interessanti esposizioni a Cesena: L Elogio della Figura. Identit e alterit presso il Palazzo del Capitano e presso la Galleria Pieri le opere dell illustratore milanese Scarabattolo. In cosa consiste l interessante ? Sicuramente perch inducono a riflessioni di ordine essenzialmente pragmatico oltre che estetico e contenutistico non uso la parola concettuale per motivi precisi. La prima esposizione, che mette in mostra opere di propriet della Banca Popola dell Emilia Romagna, stimola alcune riflessioni le quali, volutamente e onestamente, son fatte al di fuori delle righe dell ufficialit, vale a dire, della solita esposizione culturale fine a se stessa. Tra i miei obiettivi originali, premessi dal momento che ho iniziato a scrivere di Critica d Arte, c sempre stato quello di mettermi dalla parte dell utente e non dell intellettuale che non sono. L interessante che ho avuto, quindi, modo di cogliere nell esposizione, nell invito al confronto tra opere che vanno dal XVI secolo a quello in cui viviamo, risiede esclusivamente nella o nelle motivazioni che hanno dato vita alle opere stesse. Al di l dei linguaggi espressivi. Un esempio concreto: i pittori del passato, rispetto a quelli a noi contemporanei e mi riferisco a quelli del periodo preso in esame dalla mostra - dipingevano su commissione, infrequentemente si sollazzavano nella pittura fine a se stessa e questo per motivi assai pratici: i colori costavano, le tele andavano ordinate perch erano preparate artigianalmente, al di fuori delle misure standard che oggi noi conosciamo e per fare un ritratto occorrevano settimane. Primo aspetto interessante: opere storiche realizzate su commissione. Ora, il confronto con le opere moderne presenti. Massimo Pulini, Andrea Gustavino, Luca Piovaccari, Marco Neri, Vittorio D Agusta e Francesco Bocchini cosa c entrano con Tiarini, con il Guercino, con il Gambarini ecc. ? Se parliamo di linguaggi, di raffronto tra linguaggi espressivi nell Arte attraverso i secoli, allora possiamo anche trovare e dare un senso al percorso espositivo, nonostante la grande retorica espressa nelle prefazioni del catalogo - e la difficile possibilit di usufruire dell opera vista la difficile dislocazione dei titoli, autori e date - se invece parliamo di contenuti, allora, non ci siamo. Il motivo? I pittori del passato hanno soddisfatto delle committenze, mentre i pittori del presente hanno esternato dei pareri espressivi , senza tener conto che quest ultimi sono presenti all esposizione per caso , nel senso che sono l solo perch risultati vincitori in quella serie di concorsi

sotto l egida dell impropriamente denominata Biennale di Arte Romagnola. Inoltre, sottolineo per caso per due motivi a) sono risultati vincitori, se ben ricordo, dopo essere stati valutati da noti componenti della giuria, sempre la stessa giuria presente in tutte le edizioni; b) sono opere non commissionate. Non pu esserci raffronto. Inoltre: come non ci sono pi correnti culturali alla base dei pittori a noi contemporanei, .- esiste solo la possibilit di esprimere pareri relativi a riflessioni personalissime- cos non c erano libert espressive per i pittori dell epoca se non all interno delle iconografie ufficiali. La Conversione di Saulo del Caravaggio insegna molto in merito: il pittore fu costretto a rifare l opera poich la prima non soddisfece i canoni espressivi dell epoca. Troppa libert si prese il Caravaggio. Possiamo parlare di abilit esecutive? Si va dalle abilit riconosciute del Guercino a quelle meno abili del Mazzola o del Boulanger; meno applicabile il concetto per i pittori odierni: non esiste pi regola o prassi iconografica, tutto arte. Ma siamo sicuri? Un parere espressivo pu essere sempre arte? Credo di no, come credo che le opere, per esempio del Neri impallidiscono al confronto con i ritratti in bianco e in nero di Gerhard Richter, sia per abilit stilistica che per concettualit. L identit e l alterit sono pi evidenti quando si affronta il ritratto e con esso le regole esecutive, ma secondo l odierna opinione, che va per la maggiore, le regole non varrebbero pi. Se molti ritratti del passato sono stupendi solo perch c erano le regole esecutive. Il mondo dei pittori datati era un mondo ingessato, quello odierno senza regole. Tutto sommato, meglio non fare raffronti. Colgo l occasione sottolineando come le opere di Bocchini, presenti nell esposizione, icone di immagini mute, siano direttamente ricollegabili con quelle di Scarabattolo presenti nella Galleria F.Pieri a cui facevo riferimento all inizio. Anche se l artista milanese si rif direttamente all arte primitiva africana e sardo-nuragica, non esiste grande impegno di ricerca. Ed evidente. Bocchini, invece, crea sagome simili, come concetto estetico, ma le articola diversamente. Il primo le realizza su carta o le ritaglia, ricavandole da lastre di ferro, il secondo le imprime su lamin e ottonate, elaborandole con intercalari simbolici fatti di fori e graffi tanto da spingere l osservatore al ricordo di una icona di Monte Athos. Forse tra i moderni presenti presso il Palazzo del Ridotto, le opere di Bocchini hanno maggiore profondit di contenuti, probabilmente perch la riflessione alla quale invitano queste icone porta direttamente al raffronto tra il mondo fatto di immagini che vorrebbero parlare allo spirito, identificabili nella religiosit, con quelle mute, senza identit dell artista di Gambettola. Quasi una denuncia della perdita di quei valori spirituali

da sempre presenti nelle icone greco-bizantine con la sostituzione di sogni, progetti esistenziali, non identificabili ma presenti.

22 maggio 2007

SUL MERCATO DELL ARTE

Arte effimera esperienza o concreta essenza creativa? Probabilmente ambedue le cose, tenendo di buon conto come ambedue gli aspetti siano fortemente influenzati dal momento storico che vede venire alla luce i suoi prodotti. E il nostro momento storico? Che cosa ci riserva, cosa riserva all Arte il nostro momento storico ? Potrebbe essere riassunto, forse, nella secca constatazione sgarbiana che l Arte ormai morta ? Gli estremi lasciamoli da parte per un momento e soffermiamoci a riflettere su un particolare aspetto del nostro momento storico in relazione all evento Arte. Riferiamoci, ad esempio, alle vendite televisive di opere d arte; quelle telepromozioni che hanno la presunzione che si possa vendere e acquistare un manufatto artistico attraverso l etere, soprassedendo a quella che almeno dovrebbe - l emozione di porsi davanti ad un quadro, una scultura, assaporarne da vicino le caratteristiche cromatiche o della superficie scolpita. Il risultato? Guarda un po , anche le telepromozioni artistiche hann o iniziato la stagione delle svendite con grande scuorno degli artisti. Ma come, un quadro, per esempio, che costava fino a ieri 3000 euro, ora possibile acquistarlo a 1500 euro! Come un paio di scarpe o di mutande. Stesso meccanismo commerciale. Il venditore compra con lo stesso principio di chi compra la frutta dal contadino: paga poco e vende a tanto, anche per pagare le spese di gestione e di produzione televisiva. E ci meravigliamo? Questo ci sta regalando il nostro momento storico : un momento non pi articolato sulla dignit di opera d Arte ; su una sincera e disinteressata critica, bens sul concetto industriale del pezzo- l importante vendere un pezzo che uno tra i tanti; che pu essere svenduto per mantenere attivo il mercato. Infatti, attualmente, non possiamo parlare pi di opera d arte tout court diffidiamo inizialmente di chi ci dice il contrario per un semplice motivo: oggi, fare dell arte, o meglio, dipingere sostanzialmente, equivale ad entrare in una sovrapproduzione globale di opere di pittura, da renderla assimilabile alla produzione industriale ove il rischio di sovrapposizione creativa reale solo a Cesena, i pittori, sono, anzi, siamo in 300 . Il risultato che l Arte diventa arte, ossia si banalizza e finisce per essere trattata come merce di produzione. Anche da svendere. Un pittore che inizia a dipingere un suo inalienabile diritto deve sapere che entra in un mondo che non pu pi definirsi dell Arte ; un mondo in cui non esistono pi regole accademiche il saper ritrarre, il saper affrontare un nudo, il sapere cosa una velatura ecc.. ma avr

davanti a s il mercato in cui non richiesta l originalit della narrazione e lo spessore culturale della stessa, richiesto solo di superare il test vendibile? . Si tenga presente che la banalizzazione dell arte porta al degrado del gusto estetico. I galleristi sono ormai commercianti e il WEB testimonia questa realt. E sufficiente entrare in internet tramite quelle rare occasioni in cui ti offrono di e sporre gratis le tue opere, per essere bombardati da Galleristi virtuali e no, che ti dicono: abbiamo apprezzato le sue opere punto, per offrirti a pagamento un servizio di catering dedicato alle necessit di una esposizione.. Ma se volessimo parlare d Arte, allora, dove potremmo andare? Dovremmo rivolgerci al passato: Guttuso, De Chirico, Rotella, Manz e ora anche Sughi speriamo di vederlo, finalmente, in un libro di Storia dell Arte come protagonista del neorealismo espressionista ecc perch costoro hanno avuto l avventura di lavorare in un momento storico , il loro, in cui il rapporto artista-critico-gallerista era ancora fedele all Arte, come espressione culturale, come prodotto di riflessioni profonde e non rapportabili a sovrapproduzione, ma, soprattutto perch era il momento storico ove campare d arte era da gente strana gli anni 50, 60 e 70, dove il gallerista lanciava l artista, se credeva in lui, senza chiedere nulla se non la percentuale sul venduto. Oggi, dove sono questi galle risti? Fatemelo sapere. Non ci meravigliamo quindi se ci troveremo davanti a svendite di opere cosiddette d arte. E non si meraviglino gli artisti quando accettano di vendere le proprie opere a questi teleimbonitori per prezzi irrisori. Fanno parte inesorabilmente di un processo di produzione industriale nel quale l Arte non c entra pi. 1 4 giugno 2007

SULL ESTETICA DELLA CITTA


Recentemente apparso un manifesto, lungo le vie cittadine, dall invitante titolo COLORIAMO LA CITTA . Istintivamente, il primo pensiero che si affacciato alla mente fu quello di leggere nel titolo l invito a partecipare ad un concorso, bandito magari da qualche associazione culturale, per coinvolgere la cittadinanza ad una riflessione su come rendere pi bello il quartiere dove si abita. Influenzato, forse, dal fatto che nella Galleria dell Ex Pescheria in corso una mostra che comprende una sezione sul Volto della citt . Ad una pi attenta lettura del manifesto, per, emerso che non si trattava di bando di concorso, bens l invito di una banca locale ad accendere un mutuo per ritinteggiare la facciata della propria abitazione situata nel centro storico. Cosicch, di conseguenza alla prima riflessione se ne aggiunta un'altra, stimolata da questa invito bancario , che stata, per cos dire, di inquietudine. Mi spiego. Colorare la citt il centro storico - significa pensare ad un intervento di restauro, sempre auspicabile, dove, la tinteggiatura esterna non che l ultimo atto. L invito per se stesso degno di rispetto, ma quello che mi preoccupa la conseguenza se, e sottolineo se, l amministrazione comunale non si sia ancora dotata di un Piano per il colore . Il cittadino libero di tinteggiare la facciata della propria abitazione come meglio desidera? Se cos fosse e guardando i recenti interventi di restauro nel centro storico, sembrerebbe di si andremmo incontro, anzi, Cesena andrebbe incontro ad una fase arlecchinesca della sua storia. Un esempio concreto di quello che affermo, lo si pu vedere in Corso Cavour. Lungo questa via tra il n 28 e il n 24 abbiamo tre pezzature di colore che sbraitano tra loro per le accese quanto discontinue tonalit; il nuovo edificio che ha rimpiazzato il vecchio albergo Barriera se da un lato stato progettato con gusto neo-ottocentesco, miscelando elementi moderni con la giusta proporzionalit (la pennellatura in vetro), dall altro, il costruttore, ha optato per una tinteggiatura bianca che stride con la dirimpettaia Barriera e con l edificio all angolo opposto. In Corso Garibaldi, invece, l edificio prospiciente la Chiesa di S.Maria dei servi appare di un debilitante quanto piatto e convalescenziale colore, che nella sua debolezza espressiva ha spento gli stucchi che sarebbero dovuti emergere attraverso una tinteggiatura atta a richiamare il colore del cotto . Da queste testimonianze molte altre ce ne sarebbero, si evince che: a) l amministrazione comunale non ha un Piano per il colore b) se c gestito con pessimo gusto.

Si pu ovviare alla soggettivit delle scelte cromatiche solamente se si avesse sempre in mente la storicit della via nella quale si interviene; in prospettiva, forse le cose viaggerebbero verso la giusta direzione. Se gi nel 1817 il filosofo F.W. Schelling vide nella mancanza di colore nell architettura e nella scultura del quel periodo un segno di decadenza - la vera arte infatti poteva nascere soltanto dall unione e dalla collaborazione tra forma e colore l eccesso di colore, slegato dagli stili archiettonici degli edifici, quindi che non tengono conto del loro carattere storico, rappresenta cosa se non un segno della perdita del concetto estetico e del buon gusto? Lo scultore M. von Wagner durante i suoi studi sugli antichi templi greci (non bianchi ma splendidamente colorati), formul la teoria del ritorno all unit delle arti visive: architettura, scultura e pittura. Soltanto la pittura, per, intesa come la colorazione di tutte le parti architettoniche e scultoree, in grado di produrre l effetto unitario. La pittura applicata ad un centro storico, diventa cos, lo strumento per realizzare appieno le armonie compositive che l architettura porta naturalmente con s. Anche l architettura spontanea. Cesena citt malatestiana, questo il punto di partenza. Non resta che augurarsi di vedere un d una sequenza di abitazioni legate tra loro da tonalit che ne facciano un tutt uno, evitando cos l Effetto Cervia visitate il centro di Cervia per vedere come non si dovrebbe fare. Concludendo: Coloriamo pure la citt ma con le auspicabili indicazioni di una Piano del colore studiato appositamente per Cesena.

25 giugno 2007

SU SUGHI

Non mi ha colto di sorpresa la notizia che la mostra su Sughi, in corso alla Biblioteca Malatestiana, debba cessare con dodici giorni di anticipo: il 10 luglio anzich il 22. Non c stata sorpresa, perch la notizia la conoscevo sin dalla fine di aprile; una di quelle notizie che circolano sottovoce in quanto mancano di ufficialit, e come tali non possono essere prese che con le pinzette . L ufficialit, invece, arrivata ieri, a confermare che le cose stanno proprio come si sussurrava due mesi prima. Il motivo di questa chiusura anticipata? Una mostra al Quirinale, sede del Governo Italiano. E da qui parte la mia riflessione: mi vien da pensare all accoglienza fatta da Cesena al Maestro Sughi, un evento culturale che costato molto, in termini economici, all amministrazione locale; mi viene in mente la ridipintura notturna che tutti ricorderanno - per incontrare i gusti del Maestro in tema di ambiente espositivo; mi viene in mente la ressa che nel giorno dell inaugurazione ha affollato la Biblioteca; mi vengono in mente le parole entusiastiche spese da pi parti per celebrare, come giusto fu, l opera e il lavoro di Sughi; mi vengono in mente gli abbracci, i baci, le strette di mano di vecchi conoscenti che con il Maestro condivisero la strada, il bar, la scuola e le prime esperienze giovanili; mi viene in mente la diretta televisiva di Teleromagna, alla quale diedi il mio m odesto contributo, assieme all eclettico quanto entusiasta Valbonetti; mi vengono in mente tante immagini, parole che sommate tra loro hanno prodotto un solo risultato: una grande risonanza mediatica che trasmise i suoi echi a livello internazionale, facendo s che la mostra alla Malatestiana consacrasse definitivamente il Maestro, consegnandolo alla Storia dell Arte credo, infatti, che se il prossimo autore che scriver un compendio di Storia dell Arte che arrivi fino agli anni 80, non inserir Sughi, s ar solo per scelta e non per dimenticanza. Fatta la debita reminiscenza su ci che avvenne, ergo, si ha la sensazione, anzi la certezza, ci trovammo davanti ad un evento destinato a superare i confini nazionali, un evento di grande prestigio alla pari dei grandi eventi, come la mostra su Lega a Forl - un evento, insomma, che non pu essere assimilato alla solita mostra retrospettiva fatta ad un maestro qualsiasi. In fin dei conti lo stesso Sughi che ha recentemente riconosciuto come venne accolto nel la sua citt natale, con quel tributo che si d ad un lavoratore che, attraverso la sua opera, ha trovato la giusta e riconosciuta dimensione. Ma, e c un ma . Come le grandi mostre

chiamate soventemente a prolungare il periodo espositivo, paradossalmente quella alla Malatestiana viene chiamata ad accorciare lo stesso, perch un evento ben pi importante ha suggerito questa soluzione: la mostra al Quirinale. Cos, grazie a questa decisione, con lo stesso Sughi a decidere in tal senso, Cesena, ripiomba in quel ritmo provinciale in cui fatti del genere possono accadere tranquillamente, senza che nessuno si scandalizzi. E la provincia, intesa come aspetto comportamentale e mentale, che prevede che si possa fare ci. Memore di quella famosa battuta di Tot che sottolineava come la somma che fa il totale possiamo cos dedurre quanto segue: Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto e chi ha dato, ha dato, ha dato . Sughi ha avuto molto; Cesena ha dato molto il che equivale a dire che molto gli stato tolto. Anche la dignit di evento internazionale . Prima di ringraziare il Maestro Sughi, mi preme di sottolineare quanto sia dimensionato il pensiero che il concittadino ha svelato nel voler regalare un opera all Amministrazione Comunale: un opera. Leggasi: una. Di numero. Sono stato recentemente ad Ariccia (Roma) per un lavoro legato ad un opera fumetti sulla storia di questo paese, promossa dalla Provincia di Roma, in occasione dell incontro con l assessore alla Cultura, il Sindaco e il Presidente del locale Archeoclub, ho appreso la notizia che al Palazzo Chigi della stessa antica propriet di quello romano e pi famoso e ore di propriet della locale amministrazione un privato regaler ben 120 opere del barocco romano; a novembre l evento verr presentato dal Ministro dei beni culturali. Ho sottolineato questo evento per usarlo come mezzo di confronto e per sottolineare che l amministrazione comunale cesenate con quello che ha speso e con quello che ha subito meritava molto pi che un opera. Ripeto: una. Certamente questa una mia opinione personale; sono convinto per che possa essere sovrapponibile a quella di molti cesenati che traducono questo accorciamento espositivo in un atto di irriconoscenza e di svilimento di quello che era partito per essere co nsiderato un evento internazionale. C da augurarsi che la nuova data di chiusura venga tempestivamente divulgata onde evitare di fare la solita figura da italiani con coloro che partiranno chiss da dove per vedere le opere di Sughi.

5 luglio 2007

SU LODOLA

" Io ho una visione proletaria dell'arte. Mi sento realizzato solo quando manipolo i materiali e attacco i fili elettrici che, come d'incanto, accendono le mie sculture". Ecco, questa affermazione, dello stesso Marco LODOLA Solenoide Galleria Ex Pescheria, Cesena e Portocanale Cesenatico sintetizza in poche parole lo spirito che anima l artista. Ma, soprattutto, l affermazione trova affinit a quell osservazione che un mio amico mi rivolse guardando le o pere esposte alla Galleria Ex Pescheria, con la quale sottoline con sorpresa come potessero essere opere d arte delle insegne luminose. Ho dovuto imbastire un discorso per dimostrargli che l Arte, spesso e oggi sempre pi avendo abbandonato, anzi, meglio dire abbattuto , qualsiasi regola, qualsiasi punto di riferimento con la continuit stessa nella storia dell arte, diviene tale solo grazie al Critico d arte. Sinceramente, non ho potuto dare torto all amico quando paragonava le sculture lodoliane a delle insegne luminose, poich, moltissime delle stesse starebbero di un incanto all interno di agenzie di viaggio, se teniamo conto che quello che conta di solito, il primo impatto visivo Ho dovuto dimostrare, non senza fatica, che non l artista che fa l Arte ma il Critico d Arte. Infatti, artisti a livello nazionale e internazionale, tanto per citare un esempio, non nascono, crescono e maturano stando a Cesena o a Forl; possono nascere in queste realt, ma poi debbono emigrare, per il semplice fa tto che in queste realt non che non ci siano bravi artisti, mancano semplicemente Critici d Arte, del calibro di Renato Barilli, capaci di quel bacio che trasforma i rospi in principesse, rendendo ARTE semplici manufatti. Marco Lodola, a Milano ha avuto Renato Barilli che ha dato un senso alla sua opera; a Cesena o a Forl, al massimo avrebbero conferito allo stesso la fama di essere un buon, quanto eclettico, costruttore di insegne luminose. Ho dovuto spiegare all amico, inoltre che nelle opere di L odola non c particolare genialit, in quanto sono state concepite e realizzate a partire dagli anni 80, quando le tecniche illuministiche e cartellonistiche delle insegne pubblicitarie usavano da tempo il plexiglass materiale povero, come qualcuno scrisse per l artista. Io aggiungo: ma se costa quattro volte pi del vetro! - Se fare una scultura del genere fosse cosa geniale, allora tutti i cartellonisti sarebbero geniali

osserv l amico. Cominciava a capire la differenza tra chi ha alle spalle u n Critico d Arte e chi invece ha solo il committente che vuole un insegna luminosa, perch vende biglietti per Capo Cabana. Spiegai che se di genialit dovevamo parlare, questa, sarebbe emersa se tali opere fossero state concepite e fatte negli anni 60, quando la cartellonistica prevaleva sulle insegne luminose che, se c erano, erano semplici scritte al neon. Nulla nasce dal nulla. Lodola un po come l Americano Roy Liechtenstein che trasport sulla tela, immagini di fumetto, frame, come per dire: anche il disegno a fumetti arte! ; Lodola come Nespolo che ha trasportato sulla tela o su supporti rigidi il gioco ad incastro, quello di legno, per dire che anche questo arte; Lodola come Mimmo Rotella che ha idealizzato quello che gli attacchini fecero per decenni e fanno tuttora: strappare il crostone di manifesti quando questo si inspessito troppo. A questo punto, il mio amico si convinse che Arte, allora, anche mostrare all interno di uno spazio dedicato, quello che spesso, operai, artigiani fanno giornalmente; e fu cos convinto che esclam, con la stessa visione proletaria di Lodola: Il lavoro degli operai potenzialmente arte! . Comprese tutto l amico, e, con un lampo negli occhi tipico di chi ha totalmente afferrato il senso del discorso, aggiunse compiaciuto: Ma sar Arte solo se a dirlo sar un Critico d Arte . Mi ritenni soddisfatto, poich aveva, l amico, appena conquistato la chiave di lettura per comprendere le opere di Marco Lodola. Prima di uscire dalla sala espositiva, il mio amico, che per mestiere fa l idraulico, disse serafico: Penso che sia arrivato il momento di mettere su tela o supporto rigido, come dici tu, qualche tubo filettato, dei rubinetti da 1 quarto di pollice e della raffia Risposi: Fai pure, solo che io, essendo Critico d Arte di periferia culturale, anche se parlassi di te faresti poca strada. Dovresti emigrare anche tu, come ha fatto Sughi 12 luglio 2007

SU CESENA CITTA

La qualit della vita di una citt sicuramente determinata dal livello dei servizi offerti e dal grado di benessere presente fra i suoi abitanti L immagine della citt pu essere definita/individuata come il risultato di una costruzione mentale e figurativa Due definizioni - la prima appartenente al Sindaco Conti e la seconda all arch. Dino Coppo - tratte dal volume I Colori di Cesena. La scena urbana della Citt , il primo di una serie di volumi su Cesena. Due riflessioni che fan ben sperare a proposito delle basi concettuali che saranno alla base del nuovo quartiere che dovr nascere nell area dell ex mercato ortofrutticolo. Certo, il grado di benessere dei cittadini non nasce dal caso ma da una accorta gestione del territorio all interno del quale il senso di imprenditorialit individuale pu trovare gli strumenti idonei affinch si sviluppi, ma pur vero che la teoria, quasi sempre, viene sacrificata sull altare della speculazione immobiliare e i buoni propositi teorici vengono ridimensionati da una schiacciante legge burocratica. 500 appartamenti previsti significano almeno 1000 persone, 500 famiglie destinate ad allargarsi dando vita ad un piccolo paese. Questa, per Cesena, sar l occasione di dimostrare tutti i buoni intendimenti e superare i gap progettuali che si sono visti nel quartiere dell ex Zuccherificio, ove l omologazione estetica stata la linea di condotta su cui si articolato un progetto vecchio, concettualmente: il concetto da casa popolare o da blocco cimiteriale. Un giusto rapporto proiettato nel futurotra Verde e numero di abitanti, risparmio energetico pannelli solari integrati alla rete; acqua non potabile che scende dallo sciacquone, raccolta differenziata dei rifiuti attraverso punti di raccolta appositamente studiati che non siano gli antiestetici cassettoni - parcheggi interrati non solo sotto gli edifici ma anche sotto i camminamenti tra una palazzina e l altra; servizi che non debbano costringere gli abitanti ad emigrare per cose come la farmacia, il negozio di alimentari, l ufficio servizi anagrafe si potrebbe pensare ad uno collegato in rete con quello del Municipio; un asilo nido, una biblioteca decentrata della

malatestiana insomma un quartiere destinato ad accogliere tra 10 anni almeno 2000 2500 persone. Sulla stampa locale s parlato di un quartiere parimenti a quello che dovr sorgere a Sant Egidio simile al Centro storico, dando adito un tipo di prospettiva residenziale innovativa: come il centro storico offre tanti servizi cos i nuovi quartieri. L intenzione ottima, vedremo i risultati finali. Ma altro argomento che, purtroppo timidamente, s affacciato sulla stampa, sempre locale, quello sulla destinazione dello spazio al di sopra del tunnel della secante: una lunga fettuccia che fiancheggia la ferrovia e passa dentro l abitato della prima periferia. Cosa farne? Beh, gli amanti del Verde vedrebbero bene la creazione di un parco allungato di alberi odorosi e resinosi che possano restituire alla citt quell odore di pulito che il traffico sacrifica giornalmente; qualcuno magari ci vedrebbe all interno di questo parco allungato -cintura di verde anche una pista ciclabile con una per gli appassionati della corsetta; tante belle panchine per mamme e bambini, per anziani, per innamorati e per chi amerebbe leggere un bel libro in tutta tranquillit ma c chi vorrebbe trasformare questo spazio in una lunga cintura-parcheggio tutta asfaltata e far s che nei mesi estivi si possa ridire con Cicerone che Cesena d estate pi calda di un forno : una bella striscia di nero asfalto che non far che aumentare il puzzo e l effetto serra nel locale microclima. Magari la soluzione sta nel mezzo; magar i un bel parco interrotto da qualche pezza d asfalto per le, purtroppo, necessit quotidiane del parcheggio. Tutto evolve, la scienza di oggi, specialmente in campo medico, non uguale a quella di ieri o, perlomeno, non peggiore di quella di ieri, ma nell ambito dell urbanistica cos non . Troppo spesso vediamo che la speculazione stravolge e i principi della carta d Atene, sottoscritta dai maggiorenti dell architettura moderna, e i principi e i concetti dell evoluzione. Basti pensare all epoca ellenistica, tanto per fare un esempio, dalla morte di Alessandro nel 323 A.C. al principio dell era cristiana, un epoca di grandi comfort e delle sistemazioni pi raffinate: raffinatezza urbanistica e ordine furono alla base della progettazione della citt fornite di portici, templi, biblioteche, strade con fognature, centri commerciali e centri intellettuali che resero immortali citt come Alessandria e Atene. Basta vedere le periferie di certe nostre citt per capire come non esiste evoluzione scientifica nella progettazione della citt. C di mezzo la razionalit e la speculazione; la scelta di cosa dare ai cittadini e di che tipo di cittadini vogliamo che la citt sia abitata. Una cosa possibile fare: considerare un

nuovo quartiere come un modulo di socializzazione abitativa al pari di un piccolo paese, tipicamente italiano, con questa ottica avremo quartieri dove tutti si conoscono e tutti possono crescere tranquillamente evitando l estrema conseguenza di non conoscere chi abita nel nostro condominio.

11 agosto 2007

SU SAVIGNANO

La vicenda che sta interessando la comunit di Savignano mi riferisco alla volont dell amministrazione comunale di voler spostare il monumento ai caduti presente sulla piazza principale sembra fatta apposta per impegnare le menti, stressate e quindi distratte ma sembra di no - e dalla calura estiva e dalle solite tragiche macchiette italiche che vedono coinvolte la magistratura, i potenziali assassini, gli ubriachi al volante, le morti del sabato sera, gli sbar chi di clandestini e delle quali, in Italia, sembra che non ci sia via di uscita; cervelli pensanti di coloro che amano leggere la VOCE al bar o in una panchina. Quanti leggeranno il giornale in questo periodo? Periodo di vacanze e di ozio? Sicuramente il numero ridimensionato dalle partenze verso una breve vacanza, vacanza che sembra non interessare l amministrazione comunale di Savignano che ha scelto proprio un bel periodo per esternare alla sua ridimensionata comunit tale volont. Il caldo, infatti risaputo, deprime alcuni ma stimola altri. E questione di fisiologia. Ma al di l delle premesse, mi preme circoscrivere questa riflessione all evento in oggetto, chiedendo: dove il senso che giustifica lo spostare un monumento che parte integrante della memoria storica di una collettivit? Quante generazioni di savignanesi si sono sedute su quei gradini? Noi non conosciamo la reale motivazione per il semplice fatto, bench non siamo i destinatari delle decisioni della giunta savignanese, ci predisponiamo lo stesso a fare alcune riflessioni, condividendole con il lettore, onde individuare tra esse la pi logica anche se noto ai pi che certe scelte municipali hanno una logica che difficile da afferrare in prima battuta. Occorre sempre tenere a mente le diverse componenti che animano il dibattito di una giunta per poi sapere che il compromesso che vince su tutto; che nel compromesso stesso emerge sempre o quasi una pura il-logicit ideologica; che in essa c tutta l estraneit dei punti di vista, e di incomprensione che ricade sul cittadino molto pi pragmatico Quindi, chiediamoci: l amministrazione comunale ha inteso lo spostamento del monumento per un puro evento estetico? . Se fosse cos, guarderei con sospetto tale scelta per svariate ragioni. La prima: il concetto di estetica odierno va preso con le pinzette poich, oggigiorno, i motivi

che sono alla base di scelte estetiche passano cos velocemente che ci che appare bellissimo oggi fra sei mesi ha gi perso met del suo valore. Il design, i concetti urbanistici sono diventati come la moda: cambiano con le stagioni e la ragione di tutto ci sta nel fatto che non esiste pi quella cultura di fondo che possa, come si suol dire, godere di largo respiro , ossia, muovere scelte che testimoniano di essere strutturate su un comune senso estetico. Come accadeva nell era pre-sessantottina. Per avere una controprova basta sentire il parere di un altro studio di architettura per ricevere considerazioni e idee totalmente opposte a quelle che sono alla base della progettata risistemazione della piazza; una seconda ragione, in tal senso, che certe scelte, maturate dietro giustificazioni estetiche hanno spesso ragioni che con l estetica non hanno nulla a che vedere. Chiediamoci ancora: l amministrazione comunale ha inteso spostare il monumento perch ideologicamente obsoleto? Nel senso che se seguissimo la coerenza mnemonica degli eventi storici dovremmo anche commemorare i caduti delle guerre napoleoniche, o - e perch no? ancora per quanto tempo dobbiamo commemorare la Resistenza, la lotta antifascista, centralizzare la sua memoria ecc. ecc.? Se fosse una questione di svecchiamento dei fatti storici, allora, per coerenza dovremmo cominciare a sospettare che gli interventi commemorativi che si fanno, per esempio, sulla Resistenza vanno avanti per stanchezza ed abitudine tanto pi quando spariscono naturalmente i testimoni di quei lontani eventi - e guardare con sospetto chi li condivide con enfasi, poich fra quarant anni il monumento or a centrale potrebbe essere spostato in qualche altro angolo della citt per divenire piano piano oggetto di curiosit. Si verrebbe a palesare il concetto che l enfasi messa nella memoria dei fatti sia molto relativa. Sia tutta una recita, ma cos recita che si potrebbe obiettare che le generazioni che hanno vissuto in prima persona gli eventi monumentalizzati tanto non ci sono pi e, quindi, a chi interessa ricordare i caduti della Grande Guerra? Sta bene, ma i valori che essi, i monumenti, rappresentano dove li mettiamo? Il valore che rappresentato dall esser morti per un credo comune, per il senso della Patria viene venduto a chili o impalpabile ed immortale? Ma continuiamo le nostre riflessioni chiedendoci: l amministrazione comunale ha deciso che il monumento va spostato perch stanca di vedere le solite cose sulla piazza? . Non questione di estetica, allora, ma di ricerca della novit e di impegno economico. Se cos fosse, la stessa, sembrerebbe non tener conto del fatto che una

citt, un centro storico, quindi caratterizzato da antichi quanto consolidati scorci visivi, tale per il fatto che ci che appartenuto alle generazioni passate, ora appartiene a quelle presenti che hanno il dovere di passare la stecca a quelle future. Questo il cosiddetto centro storico per, appunto, le storie che gli edifici, le piazze, i vicoli, riescono ancora a raccontare: modificare il centro storico in una sua componente ormai consolidata, quale il monumento ai caduti, significa interrompere per sempre questo racconto; significa snaturare la piazza che nella coscienza dei savignanesi ha una sua radicata conformazione; significa demolire una parte della storia di quella piazza. Chiediamoci, in ultima analisi: l amministrazione comunale ha altre ragioni che ci sfuggono per le loro ampiezze e profondit culturali? . Pu darsi. Non possiamo sapere tutto; le spieghi e convinca la comunit savignanese, non quella di agosto, ma quella di fine settembre. E ci piacerebbe sapere anche il parere della Sovrintende nza delle belle arti che di solito dovrebbe intervenire prima e non dopo. Vedi Imola.

14 agosto 2007

SULLA BELLEZZA DELLE CESENATI

Questo interrogativo pu considerarsi il leit motiv su cui si articolato un sano gossip estivo, di quelli che risultano piacevoli a discuterne per via che d sfogo a mille naturali supposizioni, impegnando il lettore ad altrettante riflessioni. Tra il serio e il faceto, per, quando si parla di bel lezza fisica, c sempre di mezzo il mare della genetica: una enorme e sconfinata lotteria dove il calcolo delle probabilit ha antiche radici. Ponendo l assunto che tale osservazione sia vera vox populi vox deo non potremmo pi parlare di bellezze mediterranee in quanto le cesenati presenterebbero particolari estetici riscontrabili solo in loco un po come certi luoghi italici dove solo l si trovano gli ultracentenari. Bisogner, quindi, ricercare in loco le cause di questo privilegio. E dove? E mio parere che la risposta se c va ricercata nella storia di Cesena, poich Cesena, rispetto al resto delle citt romagnole ha subito un radicale ricambio generazionale circa 700 anni fa, in occasione di quella che nota come la strage dei Brettoni . Riassumiamo in breve, per in non avvezzi alla storia locale potrebbero leggersi la Storia a fumetti di Cesena, Rimini, Ravenna e Forl. Dalle Origini all Unit d Italia che ci che accadde in quel lontano febbraio del 1377. Il papato era, all epoca, ad Avignone, in Francia, uno Stato del Vaticano che rimase tale fino alle soppressioni napoleoniche. Sappiamo che il papato viveva sulle tasse versate dalle citt facenti parte dello Stato della Chiesa e da citt che avevano stipulato particolari accordi. Successe che i fiorentini, nel 1375, si rifiutarono di pagare tasse al papato e anzi, coinvolsero nella ribellione, inviando la loro bandiera con su scritto libertas , molti comuni vicini allo e nello Stato della Chiesa. La volont di non pagare pi tasse interess citt come Bologna, Citt di Castello, Gubbio, Ascoli, Fano, Forl, Faenza, Viterbo ecc,. Fu una cosa gravissima che il papa Gregorio XI volle risolvere inviando in Italia una masnada di mercenari assetati di bottino al comando di John Auckwood, noto come Giovanni Acuto la sua effige riportata in Santa Maria del Fiore a Firenze su un cavallo che ha ambedue le zampe destre sollevate. Alcuni dicono che Paolo Uccello fece un errore nel dipingerlo, io dico che, in quel reggersi in equilibrio volle sottolineare la pi grande peculiarit dei capitani di Ventura: reggersi in equilibrio tra i potenti. Giunti in quel di Cesena, dopo aver spazzolato per bene Faenza e Imola, i Brettoni

di Acuto furono fatti alloggiare a ridosso di Cesena in quella che fu nota come la grotta dei bretoni ove adesso c il tunnel con l intento di mangiare a sbafo alle spalle dei cesenati: 10.000 masnadieri affamati misero a dura prova forni e beccherie macellerie cesenati che, il 1 febbraio del 1377. decisero di non dare pi niente a gratis. Il legato pontificio, Cardinal Roberto di Ginevra, acquartierato in palazzo Albornoz, nonostante i cesenati avessero ribadito la loro fedelt al papato, dopo aver istruito l Acuto a dare una indimenticabile lezione ai cesenati, come monito a tutte le citt fedifraghe, se ne part per Roma. Il 3 febbraio, sbarrate le porte della citt inizi la mattanza dei 6.600 cesenati che ci vivevano. Non fu risparmiato nessuno: giovani violentate e uccise, neonati e fanciulli fat ti a pezzi, ammazzamenti senza distinzioni di et insomma. Chi riusc a fuggire cadde e si sfracello nei fossati. Pochi i superstiti che fecero in tempo a nascondersi nei cunicoli sotterranei. Galeotto Malatesta, signore di Rimini non mosse un dito: il suo obiettivo era quello di raccattare per pochi soldi la citt e ampliare il feudo. E cos avvenne. I Bretoni dopo aver spazzolato le colline e le campagne cesenati se ne andarono, carichi di bottino, a servire altri padroni in altri luoghi. Galeotto Malatesta si impossess della citt deserta ove solo topi e cani randagi con qualche sparuto superstite vivevano i cadaveri vennero sepolti in fosse comuni, come il pozzo che era nella antica chiesa di Santa Maria delle Rose e in un grande pozzo a Gattolino. Il signore di Rimini, furbacchione e calcolatore, per ridare vita a Cesena fece arrivare da varie parti del suo feudo, specialmente dalla Toscana, nuove famiglie che poterono impossessarsi di abitazioni, quelle non distrutte, lasciate libere. Si ebbe cos il ricambio generazionale a cui feci riferimento all inizio. Alle genti romagnole locali che avevano nella propria genetica la latinit dei romani e dei veterani a cui furono regalate terre, oltre alla genetica dell eterogeneo popolo dei goti, specialmente a Ravenna, vennero ad unirsi ceppi genetici di altre regioni, anche non italian i, dando vita ad un rimescolamento che a Cesena ebbe il suo picco maggiore per le suddette drammatiche ragioni. Ecco, questa , sarebbe secondo me, la ragione storica che potrebbe giustificare la differenza genetica, in fatto di bellezza, che interessa le donne cesenati , stando anche a quello che dicono i forlivesi. Un isola di bellezza all interno della solatia Romagna?

18 agosto 2007

MEETING DI RIMINI: COSA E LA VERITA

Cosa la Verit? . Questo interrogativo va di pari passo con un altro simile in natura, e mi riferisco a Cosa l Arte? . Da qui la mia presunzione a questa riflessione. Ambedue hanno natura impalpabile; ambedue si rendono presenti attraverso le opere soggette ai 5 sensi; ambedue sono soggette a discussione e dibattito, perch sempre diverse nelle loro manifestazioni. Abbiamo la verit dei mussulmani moderati e quella degli integralisti ( i mussulmani moderati sono solo in attesa di arrabbiarsi o sono tali perch la pensano diversamente dagli integralisti?); quella dei Testimoni di Geova; quella degli avventisti; quella degli scienziati e dei filosofi ; abbiamo la verit dell arte futurista, impressionista, dell arte povera e quella luminosa, perch illuminata dalla corrente elettrica, moderna concezione caravaggesca della luce, di Lodola Fra tante manifestazioni diventa naturale chiedersi Cosa ? Il meeting sulla Verit, che natura dell uomo, di Rimini ha dato diversi spunti sulla ricerca dell a stessa, ma se pensassimo, per un momento, di togliere dalla scenografia di fondo alla kermesse riminese la sua connotazione cristiana, vale a dire che la Verit prima ed ultima Cristo, di tutto ci che si detto ed stato trattato da eminenti della cultura, della scienza e della politica rimarrebbe solo un seminato di ipotesi e pareri, pareri autorevoli, ma pur sempre pareri. Sono convinto, infatti, che la Verit non pu essere che un parere fino a che essa non si manifesti motu proprio! Se un gruppo di persone, piccola comunit, faticosamente raggiungesse un compromesso accettato da tutti i componenti, su di una questione importante, questo compromesso rappresenterebbe la verit di quel gruppo; ma se un altro gruppo raggiungesse all unanimit conclusioni differenti sullo stesso argomento, allora, la verit del gruppo A sarebbe solo un parere rispetto a quella del gruppo B. E questo quello che accade nella nostra attuale societ ed quello che sempre accaduto nella storia del mondo. Quante guerre si sarebbero potute evitare se solo si fosse stati convinti che nessuno in grado di affermare verit ma solo pareri. La stessa verit cristiana, che ha radici nella persona di Cristo e sul suo pensiero, non ancora svelata completamente. E l apostolo Gi ovanni a riferirci che Cristo, dopo risorto, apparve loro e parl di cose che tutti li libri del mondo farebbero fatica a contenere. La verit cristiana in progress e rimane una esperienza intima e personale, che, quando si in grado di parlarne, dive nta un parere, appunto perch e rimane una esperienza personale. Certo i cristiani

guardano tutti allo stesso punto di riferimento eppure, quante correnti, quante scuole di pensiero. Ma se ad amalgamare tutte queste esperienze si ravvedono obiettivi comuni - riconosco appartenenti anche a coloro che non sono animati da spunti religiosi e che sono cartina di tornasole la crescita dell individuo, il rispetto della sua dignit, il rispetto della sua libert individuale, allora possiamo dedurre che la Verit quella con la v maiuscola, l unica e globalizzante sta facendosi strada. In caso contrario sono pareri personali che prepotentemente prendono il sopravvento e che vanno per percorsi opposti ai principi fondamentali dell esistenza. Quelli appena citati. Ed all interno di questa mia opinione personale che nascono interrogativi del tipo: Ma come si fa ad essere anglicani, sapendo che la chiesa anglicana stata fondata da un adultero omicida? ; Come si fa ad essere Testimoni di Geova, quando appaiono evidenti le manomissioni fatte sulla Bibbia per far coincidere quest ultima al loro punto di vista e non viceversa? ; Come si fa ad essere arrabbiati sostenitori di un partito, quando la storia insegna che di tutti gli arrabbiati politici non riman e che polvere e che le loro idee politiche, il pi delle volte, non sono altro che ricordi inservibili? E che la storia stessa dimostra che sono altro che pareri all interno di un determinato processo storico? Lo stesso accade nella scienza: gli irriducibili sostenitori di teorie scientifiche, il pi delle volte vengono sconfessati dall evolversi della scienza stessa. Credo che, appunto perch la Verit si manifesta motu proprio ( e lo Spirito di Dio vi condurr alla Verit intera) sono consapevole che per molti lettori, questo, non che un parere personale l unico atteggiamento non quello di essere arroccati alle proprie convinzioni valido in tutti i campi del sapere e del fare ma il porsi in una sorta di ascolto e attesa che le nostre convinzioni, modificate dalla collaborazione con altri -dialogo- possa perfezionarsi ed essere accettata tra e da tutti coloro con cui condividiamo l esperienza lavorativa, di studio e politica. Siamo fatti per la Verit solo perch siamo chiamati, almeno per la e dalla nostra natura antropologica - escludendo il concetto di fede la cosa non cambia perch la natura antropologica dell uomo, essendo la stessa per chi ha la fede e per chi non ce l ha, a condurci verso atteggiamenti comuni l esigenza a lavorare e costruire insieme. Forse una Verit assoluta e incontrovertibile quella che non potremo mai fare a meno dei nostri simili; siamo chiamati a costruire insieme il nostro futuro a partire dal presente. In ultimo: la Verit appartiene ai piccoli? A coloro che sono semplici nel percepire il mondo? A chi sa ancora stupirsi e meravigliarsi? Appartiene solo ai laureati in

Filosofia? Agli scienziati? O potrebbe appartenere anche al meccanico che mi ripara la macchina; al garzone della bottega dove vado a fare la sp esa; al barbiere che mi taglia i capelli? Se questo possibile, amerei assistere, al prossimo Meeting, all intervento di una figura come quest ultime citate a spegarci la sua esperienza di Verit assieme alle lezioni di uno Spaemann. E l Arte? Rimane, al pari della Verit, una esperienza personale che viene condivisa con tutti, anche se dobbiamo tenere sempre a mente che non sar mai da tutti condivisibile.

27 agosto 2007

STUDIO ARTE LIVERANI

La fine dell estate, quella vacanziera, coincide, e per fortuna, con la ripresa di iniziative artistiche nelle nostre citt: un ritorno all interno delle mura dopo aver vissuto o sognato vacanze, attivit disimpegnate il famoso stacco della spina al di l di esse. Ho visitato l esposizione di una collettiva, della quale, talaltro, la VOCE qualche giorno fa ne dette notizia, in quel di Forl: si tratta della riapertura dello Studio d Arte Liverani in via Fratti. Debbo dire, con sincerit, che Cesena non ha ancora uno spazio espositivo cos equilibrato e al contempo intimistico all essenza stessa dell Arte: si pu parlare di degna cornice alle opere esposte. E una conferma di quello che vado scrivendo da tempo, ossia, l esposizione di opere d arte ha bisogno di spazi pensati per tale fine: non si pu sempr e escogitare il rincorrere d occasioni espositive arrangiate come la Fiera del mobile a Pievesistina, o come lo spazio Endas di c.so Mazzini a Cesena o, peggio ancora, i vecchi locale della Cassa di Risparmio nell ex Piazza Pia. Lo so, meglio che niente. Questa visita stata l occasione per scambiare pareri e impressioni con la gentile Liverani, con le artiste Carla Poggi, Graziella Giunchedi e la Faedi Franca, ma soprattutto il ritrovarsi in una identit di idee con il prof. Maresca ex Preside dell Accademia delle Belle Arti di Bologna. Convinto stato il mio augurio alla Sig.ra Liverani a far s che il suo Studio possa, nel prossimo futuro, ospitare iniziative culturali legate all Arte a tutto campo e che possano inaugurare la stagione di quella urgente necessit di inversione di tendenza di cui l Arte stessa ha bisogno. Un punto di riferimento. E su questo concetto il Prof. Maresca ha pienamente concordato. La mia riflessione odierna, per, vuole partire da una analisi comparativa che pu sembrare azzardata e scontata al contempo: l Arte dei maestri del passato quella che ho avuto piacere di vedere esposta nel San Domenico e che fa riferimento ai lavori in possesso alla Pinacoteca forlivese confrontata per un attimo, con l Arte dei maestri contemporanei. E s, perch Poggi, Faedi, Giunchedi e Di Cicco sono, o sono stati, insegnanti d Arte presso l Istituto d Arte di Forl. Maestri, quindi, maestri di oggi e maestri del passato. Quale elementi in comune? Quali fonti ispiratrici in comune? Il primo a spetto che, in termine di paragone, salta all occhio il linguaggio espressivo. I maestri di oggi: la Poggi percorre composizioni visive e strutturali intimiste, illuminate dal pensiero di Casorati. L arte dell artista forlivese rivela come siano

personali stati d animo ad animare la mano dell artista stessa; la Faedi alla ricerca di equilibri estetici impreziositi da materiali solidi: una pittura che rasenta il design; Di Cicco si esprime attraverso il simbolismo: un linguaggio che, disinvoltamente, percorre i confini della grafica e della pittura nei due sensi; la Giunchedi, invece, esprime forza indagatrice, soffermandosi su corpi, torsi, che sembrarono incisi, pi che disegnati. per la veemenza del segno. Esistenzialismo pittorico, estetismo, simbolismo ed espressionismo ecco alcuni linguaggi dei maestri contemporanei che mostrano a tutto campo quella libert di espressione che manc ai maestri del passato. Lavori di pregio che, vivaddio, mostrano conoscenze tecniche e anatomiche da sempre alla base della buona Pittura. Pensando al passato e ai vari Maestro di Forl, Maestro di Carole, Mello da Gubbio, Maestro di Tossino, Federico Tedesco, e gi fino ai pittori seicenteschi come Gian Francesco Modigliani, invece, possiamo parlare solo di Iconografia che percorre strade espressive obbligate. Ricordiamoci, tanto per fare un esempio, cosa accadde al Caravaggio quando realizz l opera, per la Chiesa di Santa Maria del Popolo su commissione del monsignor Tiberio Cerasi: La conversione di San Paolo . Il maestro bergamasco fu costretto a rifarla, semplicemente perch la prima versione non coincideva con i canoni espressivi ed iconografici in voga in quel momento storico. Canoni espressivi, iconografia cosa sono se non la parte emergente, tangibile ed espressiva di un certo tipo di cultura? La differenza tra i maestri del passato e quelli odierni s annida proprio l, nel bagaglio culturale. E il raffronto indispensabile per comprendere dove va la pittura contemporanea. Certo, non consideriamo per un momento le abilit esecutive che nel caso di una rappresentazione verista della figura la conoscenza dell anatomia vale adesso come nel passato. Dovrebbe Almeno. La nostra cultura - e qui ha ragione il Prof. Maresca - avendo promosso e permesso la liberalizzazione totale dell espressione artistica ne ha causato anche la morte. Concetto Pozzati arriva a dire che tutti possono fare arte, ma questo che cosa se non la morte dell Arte stessa? Un maestro del passato era visto come un essere speciale, non a caso Guido Reni era considerato, al pari di Raffaello un divin Maestro, poich la loro Arte permetteva di toccare con mano sfere celesti altrimenti inimmaginabili; e lo facevano con grande maestria e perizia tecnica. Oggi, dopo aver rinunciato al disegno, allo studio dell anatomia, alla tecnica pittorica, alle norme basilari quali la prospettiva cosa rimane dell Arte? Semplicemente lo specchio della nostra societ, vale a dire squilibrio e disorientamento, disgregazione del vero e invenzione pura. Fate un

momento mente locale sulla pittura informale: con il senno di poi, riuscite a scorgere in questo tipo di espressione, gi presente negli anni 60, l anticipazione della disgregazione dei valori della nostra societ a partire da quegli anni? Certo, l arte pu anche essere anticipazione, grazie alle sensibilit degli artisti. Per questo, la comprensione dell arte contemporanea pu essere fatta solo dopo che gli elementi culturali di base saranno sedimentati. Ma, al contempo, forti dell insegnamento del passato, indispensabile per comprendere il presente, possiamo ritrovare la bussola per scoprire la buona Pittura. In definitiva: dall ordine concettuale dell arte di qualche secolo fa, regolata da canoni e regole precise, siamo arrivati all espressione priva di parametri e punti di riferimento. Risultato finale: la banalizzazione pi completa. L inverno dell Arte. Azzardo un paragone: cosa il meraviglioso fiorire dei colori autunnali, bellissimi e melanconici, se non l anticamera del freddo inverno, della morte periodica della natura? Probabilmente i capolavori dell Arte dell ottocento, a partire dalle prime esperienze impressioniste e di quel novecento tragico, fino agli anni 60, hanno rappresentato l autunno di una lunga estate: oggi, ossia dopo gli anni 60, nell Arte, scoppiato l inverno. Non ci resta che cercare, sperare di intravedere i segni di una nuova primavera. Sempre che la cultura lo permetta.

9 settembre 2007

SU ENRICO GUIDI

Appena inaugurata, presso la Galleria Carbonari, una mostra essenzialmente dedicata alla scultura, dell artista Enrico Guidi. Tanti conoscono l artista cesenate, per cui le presentazioni, ritengo, siano da ritenersi inutili. Del resto, ho sempre ritenuto e lo ribadisco: gli amanti dell Arte, tutti coloro che sanno quanto sia importante l Arte per il buon vivere, non hanno bisogno ne di curriculum ne di lista di premi e di mostre fatte, poich quello che conta ci che vediamo e ci che proviamo nel vedere. Il resto lasciamolo ai mercanti, ai commercianti, a chi vede nell arte un modo di investire soldi, tralasciandone i contenuti. Preferisco condividere, quindi, con il lettore una riflessione sulla scultura, sulla indiscussa capacit dell artista di trattare con pari sobriet e perizia tecnica il marmo, il legno e il bronzo; senza dimenticare che forse con il legno che Guidi esprime maggiore tecnicit, per il fatto che tale materia presenta aspetti sconosciuti al marmo: venature, nodi, stagionatura e differenti nature. E inconfutabile, inoltre, come la scultura, in generale, sia, tra le arti espressive, quella che rimasta meno contaminata dall iperproduzione, la qualcosa , invece, presente in pittura, condannata ad un inesorabile quanto asfissiante trionfo della banalit e del deja vue. Questo aspetto fondamentale, legato e collegato direttamente alla necessit di una, seppur minima, capacit tecnica dell artista di trattare la materia, all articolata necessit di avere a disposizione diversi strumenti, ma, soprattutto, all avere a disposizione uno spazio adatto, ha fatto si che le esposizioni di scultura riescono ancora a donare, al visitatore, elementi di originalit e di freschezza espressiva. Arriviamo alla specificit dell opera di Guidi. Il primo el emento comune a tutte le sculture risulta essere l aspetto intimistico delle forme espresse: non troveremo mai quelle caratterizzazioni particolari che possano indurre a pensare di trovarsi di fronte a manifestazioni emotive, insite nell oggetto, cos fort i da renderle isolate dalle altre forme, uniche nella loro espressione; sono tutte riconducibili ad un mondo discreto, ove la sofferenza quanto la gioia, la riflessione e i sentimenti pi nobili quanto umani, sono vissuti con la dignit di chi ha, una volta per tutte, rivolto lo sguardo dentro se stesso. Cercando risposte, sapendo di trovarle. Il mondo di Guidi un mondo pacato: non esistono le urla gioiose di un Medardo Rosso, tali da increspare e deformare le forme; non c la pretesa di lanciare messaggi nascosti da simbologie metafisiche come in Pomodoro; in Guidi non riusciremo mai a vedere i contorsionismi di Henry Moore, profeta di un

umanit ridotta a moduli e archetipi architettonici; vedremo solo la dignit del sentimento vissuto in silenzio, in un privato nobilitato dal mondo dello spirito. E , infatti in questa originale quanto unica iconofania, come la mancanza di tratti somatici evidenti renda pi comprensivo l atteggiamento dei personaggi, che hanno scelto, definitivamente, di nascondersi dietro un velo apparentemente omogeinizzante. Moderna espressione di pari sentimenti riscontrabili e riconducibili ad opere come la Donna velata o la La Pudicizia di Antonio Corradini. Non occhi, non bocche o volti segnati, ma solo posture di anime chiuse in se stesse. Michelangelo toglieva la materia per liberare il personaggio imprigionato in essa; Guidi non va oltre il velo, rispetta l anima pulsante, pacatamente pulsante dei suoi personaggi, ne rispetta i mondi interiori e li lascia, infine, abbandonati ad un silenzio che urla ma che non si lascia sentire, solo vedere. E il mito della ninfa Egeria sembra riecheggiare: un continuo fluire di acque che racchiudono un infelicit anticamente raccontata. Guidi, poeta della mestizia, cantastorie di sentimenti vissuti con discrezione. Il valore delle sue opere non sar mai nella quotazione di mercato, ma nella qualit di un racconto che si fatto morbida pietra o caldo legno levigato.

1 ottobre 2007

SU ERICH TURRONI

Certamente l occhio di un appassionato di arte, almeno nel panorama dell arte cesenate - nel senso di territorio e non di scuola da sempre abituato a vedere le stesse cose: proposte espressive immutabili per stili e concezioni tecniche: raramente si incontra una novit espressiva frutto di ricerca. A parer mio, se vogliamo vedere qualche cosa di originale, di originalmente raccontato, dobbiamo rivolgerci alle opere dello scomparso Amedeo Masacci. Fortunatamente, nel contemporaneo, esistono artisti che, amando la ricerca, non si soffermano sul proprio manierismo di successo ma stantio, e mettendo in discussione se stessi offrono al pubblico eventi espressivi raccontati in forma nuova. Mi riferisco alle opere di Erich TURRONI, esposte presso la Galleria Fiorella Pieri di Cesena. L originalit nell approccio alla figura; non una esposizione pittorica per definizione, ma grafica, in cui l aggiunta di elementi, di supporti in vetroresina conferiscono a questo antico soggetto, la figura appunto, un approccio narrativo di tutto rispetto. Anche se emerge in qualche opera la traccia grafica degli studi di anatomia di Leonardo (ma nulla nasce dal nulla) l insieme della ricerca descrittiva, focalizzata sul concetto allargato del diaframma , pone all attenzione elementi costruttivi che contribuiscono a vedere il corpus delle opere come il frutto di una attenta ricerca concettuale, analitica oltre che tecnica. La semplicit dei soggetti narrati viene arricchita da quel supporto moderno di tecnicismo sufficiente a dare all opera grafica il tocco dell intuizione indispensabile per uscire dall ormai banalit ( secondo il parere degli incapaci a disegnare ) del disegno accademico della figura umana. Di quel disegno che e sempre sar alla base della pittura, checch A dare quindi all arte grafica il segno dell intuizione non il gesto plateale, ma l accortezza narrativa unita all ingegno costruttivo del prodotto finale. Forse si potrebbe obiettare che l opera di Turroni , in fin d ei conti, un prodotto industriale in cui la colata di vetroresina ne la testimonianza ma non cos, poich esistono tracce eloquenti di quella casualit magmatica che arricchisce di elementi il percorso narrativo inseguito dall artista. Il prodotto industriale va ricercato nella noia e nella monotonia di pittori che da anni propongono e ripropongono gli stessi oggetti espressivi senza un minimo accenno alla ricerca. Certo che sono proprio questi accorgimenti aggiuntivi all antica espressivit grafica a conferire il senso

dell originalit di cui si ha bisogno onde evitare di cadere nella paranoia della ripetizione. Sempre pi spesso ci imbattiamo in artisti che sbagliano, credendo che il solo cambiare oggetto coincida con originalit; non cos: Sensi bilit e credere alla propria bravura, nelle proprie possibilit creative, fino ad un certo punto; attenta ricerca del segno e una nuova espressivit cromatica sono gli elementi indispensabili per ogni fatturato artistico. Ma raro trovare tale commist ura. Forse Massimo Pullini possiede le qualit suddette in quanto, apparentemente, sembra inseguire linguaggi contraddittori. L originalit di un opera, infatti, legata soprattutto al linguaggio, quel linguaggio fatto di segno e materia, non tanto al s oggetto: di paesaggi, di figure sono millenni che sono oggetto di attenzioni artistiche, e sempre lo saranno. L artista che si ritiene tale, ha l obbligo di conoscere la cultura del proprio tempo per coglierne le pi remote e nascoste vibrazioni emotive ed espressive e dar loro corpo. Questa ricerca; quasi un atto religioso di devozione verso obiettivi ai pi sconosciuti. L artista il mediatore che si pone tra il mondo sensoriale comune a tutti e il mondo, non tanto della fantasia, ma soprattutto di quello parallelo all apparente: il mondo emozionale che in continuo fermento. Chi riesce a cogliere la sua chiave di lettura ha la possibilit di entrare e possedere il linguaggio nuovo dell espressione. Pensate alla metafisica surrealista di Dal e agli anni in cui ha vissuto e vi renderete conto di cosa vuol dire essere geniali. Forse, solo allora potremo cominciare a distinguere, qui a Cesena, che l arte non solo quella di Sughi, Cappelli, Piraccini, Cancelli, Pasini ma che esistono linguaggi, al di fuori delle follie di mercato, degni di essere apprezzati. E quello di Turroni appartiene a questi.

22 ottobre 2007

Ci siamo. Sgarbi ha detto la sua!

SU SGARBI E IL FUTURISMO COATTO

La genialit una prerogativa dei fuorilegge. Il Prof Bastiancontr ario, in un suo contributo televisivo TG1, ore 1345 del 22 ottobre scorso - a proposito dell acqua rossa nella Fontana di Trevi, ha chiaramente fatto capire che solo perch costoro non hanno le autorizzazioni a fare ci che fanno sono dei delinquenti e non dei geni; andrebbero invece premiati. Gli imbrattamuri, e non importa se si tratta di muri di edifici storici o bisogna ricominciare a fare i distinguo prof Bastiancontrario? non sono vandali dunque, ma geniacci dell arte pittorica. Tutto sommato, c era da aspettarselo, il gesto di questo sparuto rappresentante del nuovo futurismo e che non nemmeno un artista, ma a suo dire, un cinquantenne superbamboccione precario che vive forzatamente con la madre, e che ha gi dato il via all emulazione da parte di delinquentelli di provincia, finir per essere assimilato dall italica procedura del volemose bene mentre il risvolto giudiziario, probabilmente, finir nel solito ritornello delle mille bolle blu di mazziniana (Mina) memoria. Per contro, in una cosa Sgarbi avrebbe dovuto soffermarsi: delinquenziale autorizzare a fare scempio della storia italiana - vedi la metropolitana a Roma, quella di Bologna, i parcheggi interrati che si faranno a Milano, ecc. ecc. delinquenziale al pari di chi imbratta i muri e le fontane. Aggiungo io. La genialit, da un po di tempo a questa parte cosa sconosciuta in Italia. Solo in politica si vedono imprese geniali nel gabbare le regole e la legge per poi impastoiare il tutto nel la polemica fatta per imbrogliare la matassa. Genialit italica che ci ha portato, nelle cose positive europee ad essere gli ultimi della lista. Ma rimanendo nel campo dell effimera espressione artistica, troviamo anche puerile lo sforzo del giornalista che parlando dell acquatico episodio romano usa il termine di genio riferendosi all esecutore, per cercare, con sforzo inutile, di creare il gossip per le prossime edizioni del TG, ma il fuorilegge sgarbiano contraddicendosi nel senso che negava di esserne l autore al TG1 afferm: io ho fatto questo gesto solo per denunciare l emergenza in cui viviamo dimostrando che di artistico aveva solo il colore

dell anilina rossa, di quel rosso che viene usato per avvertire di un pericolo o di una emergenza; una sorta di codice rosso da pronto soccorso. Se andasse premiato sarebbe solo per il fatto che ha parlato di quell emergenza sociale che Prodi, Schioppa e compagni vari sembra ancora non essersene accorti. La riduzione delle auto delle forze dell ordine ne lle citt un segno preoccupante. Il gesto romano rientra banalmente nella quotidianit dei gesti di protesta, protesta assai significativa non per genialit ma per la platealit della stessa, indubbiamente, ma sempre protesta al pari degli scioperi o dei proclami dei un sindacato che emerge solo quando c da pompare le classi sociali e portarle in piazza. E sicuramente un segnale di disagio che va preso per quello che realmente e a parlarne non dovrebbe essere Sgarbi, delle cui boutade ma non della sua cultura in materia di arte - ne abbiamo le gonadi piene, bens un Franco Ferrarotti, sociologo, che venga a spiegare, in un TG intelligente, ai nostri politici bamboccioni che l Italia ormai non pi nella zona euro, ma sotto il peso dell euro che si sta facendo, grazie ai delinquenti in libert d azione in tutti i settori dell economia, sempre pi pesante avete mai visto al mercato, quando c era la lira, un paio di scarpe a 160.000 lire? Beh, ora costano 80 euro

Temo, comunque, che i nostri signori politici dei palazzi romani e dalla panza piena ci stiano preparando un futuro in cui ne vedremo di tutti i colori e non solo rosso. Auguriamoci che sia solo l anilina a parlare. Signori, la genialit nell arte una cosa seria e non certo il Cat ellan della situazione ad esserlo quando attacca al soffitto un cavallo, o un adolescente in materiale sintetico impiccato al ramo di un albero la genialit in chi ha saputo convincere e vendere, a suo di milioni, l opera di Catellan per tale. E poi se volete vedere cavalli attaccati alle pareti basta andare in un macello pubblico... e gli adolescenti impiccati in Iran.

22 ottobre 2007

GALLERIA VICOLO CESUOLA

Fino al 2 dicembre, presso la Galleria d Arte Comunale Vicolo Cesuola, p ossibile visitare una collettiva di artisti romagnoli particolare. La particolarit dell evento dovuta al semplice fatto che i cinque artisti, maestri, rappresentano una parte di quelle colonne su cui poggia e si svilupper, dal dopoguerra in poi, il fut uro espressivo dell Arte in Romagna. Le cinque colonne sono: Ilario Fioravanti e Osvaldo Piraccini cesenati, Pier Claudio Pantieri meldolese, Giulio Ruffini da Bagnacavallo e Francesco Verlicchi da Fusignano. Fioravanti, personalit poliedrica dell Arte contemporanea - non dimentichiamo che crebbe e contribu a concretizzare, nel suo esordio, quella corrente locale, quel modus operandi, noto come Scuola cesenate caratterizzata da una spiccata personalit che lo spinse a sperimentare le pi disparate forme espressive: pittore, scultore, disegnatore e architetto sensibile alle argomentazioni di difesa ambientale: integrare pi che stravolgere sembra essere il suo motto progettuale. Ma fu nella scultura che Fioravanti trov la sua massima vicissitudine creativa: inizi con una tipologia scultorea tradizionale, ma dal tocco moderno di Medardo Rosso per arrivare alle concezioni policrome che sembrano affondare abbondantemente nella tradizione tirrenica dell arte etrusca tanto per la terragneit dei colori quanto per la solenne compostezza iconografica, cariatidi a guardia di un Naos intimistico. Le sculture in mostra sono da questo punto di vista esaustive. Pantieri, diplomatosi durante il periodo bellico all Istituto d Arte di Faenza, ha alternato l esperienza pittorica, che lo vide per stile vicino a Malmerendi (il Pescatore, 1952) con l esperienza ceramica. Quest ultima ebbe presto ragione sulle sue concezioni creative. Le opere esposte in Galleria mostrano una connaturata caratteristica espressiva cos incisiva tanto da forzare l inevitabile comparazione con la veemenza creatrice di Picasso. Se volessimo fare un raffronto tra Fioravanti e Pantieri potremmo comprendere meglio i due artisti pensando a Morandi e, appunto, a Picasso; metteremmo immediatamente in evidenza le differenti impostazioni che sono alla base del concetto creativo e, in ultimo, visivo dei due artisti romagnoli. Accostati ai due scultori i tre pittori, Piraccini, Ruffini e Verlicchi, maestri di narrazioni stilisticamente contrapposte: Piraccini, fedele al suo espressionismo dal segno fugace, in questa occasione si

mostra con opere recenti in cui la sua visione del paesaggio e della figura mettono a nudo un forte disagio esistenziale, fortemente condizionato da una visione drammatica dell esperienza quotidiana. Il suo paesaggio richiede uno sforzo interpretativo maggiore e questo fa pensare come siano lontani i tetti di una Cesena problematica ma pur sempre riscattata da colori caldi e da segni meno graffianti; nella figura, Piraccini si fa sofferente: la postura di uno spirito che sembra disgregarsi all interno di un ambiente ansioso di voler divorare ci che contiene. Abbiamo chiamato in causa Morandi poc anzi, ebbene, possiamo usare la sua concezione compositiva anche per Verlicchi, che per, oltre la cortina di quell eternizzata calma morandiana si intravede la veemenza espressiva di un Guttuso, anche se i rossi non hanno la forza caratteriale di diventare accesi come nella Crocifissione dell artista siciliano, si mostrano, per, con prepotenza, con accenni di forte terragneit che richiamano, sebbene lontanamente, lo stesso Fioravanti.

Ruffini, a differenza del forte coinvolgimento espressivo indotto dai quattro artisti di cui abbiamo appena parlato, vive una esperienza decisamente metafisica: l esperienza della poesia vissuta intimamente, che sembra non voler spartire alcunch con il mondo esterno. Ma il mondo esterno si fa sentire. Eccome. La ricerca di angoli romantici o onirici cosa se non una fuga da un mondo che , purtroppo per i sogni, presente con il suo peso: l opera Natura morta con personaggio ne la testimonianza; maschera deforme che sembra fare eco a l Urlo Di Munch, anche se al di fuori di strazianti tramonti, questo urlo riecheggia nell intimo dell artista- spettatore di un mondo costantemente oppressivo.

Concettualmente, Piraccini e Ruffini sono, almeno in questa produzione, assai affini e vicini pi di quanto essi stessi immaginano. In questa esposizione possiamo, quindi, toccare con mano come un artista possa essere visto e considerato quale interprete-decodificatore di sentimenti e di umori universali che poi vengono ri-codificati attraverso quei linguaggi espressivodescrittivi che sono alla base della Storia dell Arte locale quanto mondiale.

7 novembre 2007

SU GIUSEPPE GIANNINI

Il panorama dell arte contemporanea assai affollato di protagonisti che hanno mille motivi per raccontare se stessi o l ambiente che li circonda con colori e pennelli. E innegabile, al contempo, che non tutti sono adeguatamente idonei a romanzare i propri sentimenti, perch mancano della giusta sintassi o della necessaria accortezza dialettica per dare spessore alle proprie narrazioni cromatiche. La pittura pu avere valore estetico, pu acquistare valo re di mercato, ma se non ha un valore pittorico, fatto di contenuti e di corposit culturale, rimane un essere muto. Giannini s uno dei tanti protagonisti, ma, contemporaneamente alla sua consapevolezza di possedere limiti dialettici, dimostra in manie ra concreta di avere gli elementi adatti per dare alle stampe narrazioni di grande impegno e di corposo contenuto. Appartiene a quella schiera di artisti, confusa tra la folla di mestieranti e di dilettanti, che richiama impegno e attenta analisi per non passare inosservati o per non rimanere vittima di giudizi superficiali o volutamente pregni di indifferenza. E purtroppo vero che per essere osservati e valorizzati non pi indispensabile essere bravi; esistono causali indipendenti dalla bont del manufatto, spesso del tutto estranei al concetto di Arte, che permettono all artista di sgusciare fuori dalla massa e avere riflettori pi o meno grandi puntati su se stesso. Un attento lettore animato da interessi artistici e non in cerca di accendere mutui con alto rendimento di interessi con l acquisto di opere gonfiate da mercati emotivi, non pu non realizzare quanto e soprattutto con le sue grandi opere arazzo, rappresentanti gli ultimi , l artista sappia imprimere all opera pittorica tracce esistenziali sottolineate con sensibilit cromatica personalissima ma, soprattutto, originale: certe trasparenze non sono frutto di abilit tecniche da illustratore con anni di esperienza, sono invece le rime di un procedere poetico di chi sa immergersi nella problematica dei personaggi rappresentati. Questo conferisce alle opere di Giannini la certezza di non essere uno dei tanti ma lui quell artista , quel pittore che sa raccontare in maniera originale eventi che colpiscono la sua sensibilit di interprete delle pi disparate realt sociali che lo circondano. L uomo con il suo bagaglio di problematiche il suo oggetto narrativo e narrante prediletto, ed, egli, in grado di esprimerlo al meglio quando

abbandona la pretese figurativa, spinta alla ricerca del particolare, per rimanere sulla creazione di una impronta umana, elaborata da un disegno che affoga nel colore e che sembra emergere a fatica da un contesto si cromatico ma drammatico. E la drammaticit della sorte di una umanit che deve cavarsela d a sola che Giannini mostra di essere impegnato a raccontarla al meglio e, ripeto, in maniera originale, senza cadere in quel gi visto di cui siamo circondati. Giannini appartiene a quella corrente antropologista che ha l uomo, l essere umano, al centro delle sue ricerche: egli sembra aver superato quella pittura di intrattenimento che si abbina con la poltrona o con il divano del salotto tanto da meritare cornici ben pi degne e solenni. Ma dove sono i coraggiosi che ancora guardano all Arte e non al val ore commerciale?

18 novembre 2007

SU CONTEMPORANEA

A proposito di Contemporanea , la kermesse forlivese sull arte, prima di fare alcune riflessioni, occorre sottolineare per prima cosa come, ancora una volta, sia mancata quella accortezza organizzativa mirata a dare la giusta dignit alle opere stesse. Forse vale pi la preoccupazione di vendere pi spazi possibili? Fatto che il visitatore viene, da subito, assalito da una moltitudine di immagini che si accavallano tra loro in modo chiassoso, rendendo difficile una proficua lettura delle stesse che ne escono umiliate da un confronto che sa tanto di bancarella di mercato. Diventa, quindi prioritario, prima di porre piede in questo ambito espositivo mettersi d accordo su cosa cercare, su cosa pensare di trovare su quale Arte incontrare. L esposizione di quest anno sembra aver dato l addio definitivo alla Pittura, a quella pittura legata tenacemente alla tradizione italiana: il paesaggio e la figurazione di un certo tipo - ma anche le opere di Mimmo Rotella sembravano cartoline di altri tempi i pochi paesaggi presenti uscivano dal confronto distrutti da una globalizzazione dell espressione basata essenzialmente sul sensazionalismo pi che su una ricerca dialettica e semantica del linguaggio. Cosa pu interessare di quest arte? I valori estetici? Quelli che stupiscono o i valori tecnici? Quelli che strabiliano per la loro perfezione esecutiva o i contenuti culturali, difficili da rintracciare, ma che sono quelli che alla base della Storia dell Arte ne danno significato? Questa esposizione - non dimentichiamo promossa dalla partecipazione di galleristi di tutta Italia e quindi da coloro che fanno la tendenza nell arte, che creano i presupposti all arte, ha decretato che non esiste pi un arte italiana, collegata alla lunga tradizione, ma la globalizzazione de ll espressione: troviamo l iperrealismo degli anni 70 di scuola americana; troviamo l informale che, ancora una volta e fino a quando? si rif all action painting; troviamo l astrattismo, ormai astratto anche a se stesso. Qualche esempio espressionista presente, anch esso, ne uscito con le ossa rotte. Probabilmente, questa pi che arte contemporanea contemporaneit dell arte con l esplosione della carta stampata, con la proliferazione di film smielati come i romanzetti di Liala, con la saturazione da gossip televisivo costruito sulle avventure amorose delle veline o dei partecipanti del Grande Fratello; insomma, a Contemporanea si potuto vedere il gossip del colore, ma poco impegno culturale. La stessa esposizione sulle

sedie e sul loro cambio d uso poco ha a che fare con la famosa sedia di Gropius o con il design di Munari: tanta fantasia artigianale, come nelle maschere carnevalesche veneziane, ma poca ricerca concettuale. Siamo falene attratte da ci che pi luminoso? Di una cosa per siamo certi: sar la Storia a fare l Arte e non la contemporaneit fatta e mille volte sottolineato di arzigogolature banalmente concettuali che superano anche gli stessi manufatti per contenuti. Impera il deja-vue: si va dall Informale anni 60 70 all iperrealismo superabusato ma che stupisce per l abilit tecnica quando non si ricorre all uso del proiettore di istantanee fotografiche. La ritrattistica ha trovato un piccolo escamotage rappresentativo in Matteo Tenardi presentato dalla Galleria d Arte di La Spezia per pi illustratore, contaminato dalla fotografia, che ritrattista nel

senso tradizionale della parola, per intenderci, sulla scia delle illustrazioni americane degli anni 40 e 50; nell iperrealismo, Pellandi segue un filone compositivo parallelo a quello noto dei cesenati Pasini e Berardi, ma con maggiore arditezza compositiva una visione dei primi piani quasi cinematografica molto poetica quanto tecnica, ma priva di contenuti culturali, poich questi temi sono stati gi affrontati trenta anni fa. Si sono visti addirittura pannelli alla Mondrian ma inevitabilmente scialbi poich anacronistici. In definitiva, non posso non essere d accordo con quello che il collega Gianfranco

Angelucci ha scritto sulla Voce del 24 scorso: l abitudine di fornire il supporto concettuale ad un opera che monca del substrato culturale pu rendere interessante la stessa, ma tutto sommato diventa un operazione di falsificazione, tant che quando si vuole provare emozioni reali si va a vedere l arte esposta nei musei. Sulla responsabilit di questo stato di cose ne ho parlato a pi riprese, ma forse fa comodo cos poich se tutto non pu essere Arte pi facile che lo diventi basta aggiungere il giusto concetto.

5 novembre 2007

SU MOSTRA DI ARCHITETTURA

Che cosa una citt se non un villaggio cresciuto lungo una direttrice che tenne, tiene e terr sempre conto di un linguaggio costruttivo ? Cosa una citt se non un contenitore di convenzioni storicizzate ? Non nascondiamoci dietro un dito se, sottolineando come nella citt le implicazioni sociali e culturali saranno sempre legate omogeneamente al suo profilo urbano, affermiamo quanto importante sia la progettazione urbanistica quanto delicato rimanga l uso del territorio. Ecco che il senso di benessere e o di frustrazione diventa inesorabilmente legato alla qualit dell abitato. Vivere in centro o vivere in periferia , nella maggior parte dei casi, non sono modi di dire: quante sottolineature, implicitamente rivelano la condizione di un abitante in rapporto al suo habitat. Questo concetto di fondo il leit motiv della mostra in corso presso la sala espositiva dell ex-Chiesa di S.Spirito Via Milani, pensata dalla Facolt di Architettura, sede di Cesena, A.Rossi. Banlieu, Architettura e societ nella periferia di Parigi . Lo studio e l analisi dell agglomerato urbano, delle Grand Essemble, sono direttamente collegati ai recenti disordini che hanno caratterizzato questa parte della periferia parigina: esiste, quindi, un rapporto tra la dislocazione di un centro abitativo, la sua struttura abitativa e il sentimento sociale che si forma e anima i suoi abitanti. Razionalismo, utopia o qualsiasi altro concetto legato alla progettazione, sembrano, almeno nel caso analizzato, essere i motori culturali che paradossalmente non producono cultura, ma disadattamento. Sembrerebbe un concetto lineare e semplicistico, ma possiamo affermare che alla base di concezioni strutturali dal punto di vista abitativo, quando superano parametri strettamente legati alle dinamiche che facilitano l anonimato pi che l aggregazione si avr, come risultato, l aggregazione o delinquenziale o reazionaria, proletaria secondo una visione politica: da un processo culturale si passa direttamente ad un processo controculturale che pu degenerare in manifestazioni violente. Ma perch succede solo quando si parla di edilizia popolare? All inizio della nostra riflessione abbiamo accennato alle Convenzioni non a caso. Edilizia popolare , edilizia residenziale non sono al tro che convenzioni sociali basate e concretizzate grazie alla netta divisione della societ che, semplificando, intende, sostanzialmente, dividere la popolazione urbana in

categorie, la qual cosa appare molto stridente se a gestire il territorio una amministrazione di sinistra. La progettazione urbana asservita egregiamente e totalmente a questa convenzione. Ad una analisi pi corposa, vuoi vedere che non sono i palazzoni, i Grand Essemble che generano violenza, ma la convenzione che stabilisce le modalit di chi deve stare da una parte e chi da un altra? Forse gli abitanti delle Banlieu risentono di questa difficolt a traslocare dall altra parte usando gli strumenti abituali: la scuola, l universit, la carriera, gli incarichi direttivi, la libert di impresa ecc. per cui i Grand Essemble passano, forzatamente, da convenzione a simbolo di uno stato sociale diventando i motori di una specifica formazione mentale. Crediamo, in conclusione, che quelle caratteristiche urbane riscontrabili nella citt, in posizione centralizzata, vale a dire le funzioni amministrative, politiche, culturali e intellettuali non essendo presenti nella periferia finiscono per accentuare il senso di non appartenenza ai giochi sociali . La Francia, come l Italia hanno conosciuto da sempre il valore della Piazza , di quel luogo ricavato dall abbraccio storico-architettonico di edifici importanti quali la Chiesa, il Palazzo del Governo, i Palazzi Signorili alle spalle dei quali, vero, abitazioni pi modeste, ma direttamente collegate dalla via-intesa-comeprolungamento-di-attivit-produttive pur interdipendenti con la piazza, luogo di socializzazione, familiarizzazione e di contrattazione. A Cesena era di esempio il Borgo demolito di Chiesa Nuova. Riteniamo quindi che rivada ripensata la periferia, tenendo a mente che quanto pi la citt si espande tanto pi debbono essere decentralizzate, polarizzandole, le funzioni cittadine. Nelle periferie moderne, contemporanee delle grandi citt, invece, il pi delle volte esiste la netta sensazione di abbandono dalle centralit, quasi come se fosse un mondo diverso all interno dei quali la crescita sociale pu avvenire indipendentemente dalle dinamiche cittadine ; la sede del quartiere , tanto per fare un esempio, una soluzione validissima, ma andrebbe potenziata da tutti i punti di vista. Una ultima osservazione: la presenza di testate giornalistiche quali Il Manifesto Liberazione IU oggi , all interno dello spazio espositivo, se da un lato raccontano i fatti delle Banlieu dall altra fanno sospettare di una chiave di lettura condizionata da elementi politici che se non confrontata con altre sinergie possono portare a deduzioni scontate e anche contradditorie.

29 novembre 2007

SU CONTEMPORANEA

Il sacrosanto diritto del lettore di comprendere ci che si scrive, inducendolo a riflessioni che, ci si augura, siano le pi costruttive possibili, merita tutto il rispetto di questo mondo e, conseguenza naturale, quando necessita, diventa doveroso illustrare quei termini dietro i quali sonnecchiano concetti che spesso imbastiscono discorsi, nel mio caso, sull arte. Mi riferisco al mio intervento recente sull esperienza forlivese di Contemporanea. Una collega e non mia intenzione avviare un confronto ha ribaltato con il suo intervento le mie riflessioni, mettendo, suppongo, cos il lettore davanti ad una situazione a dir poco disorientante. Occorre sottolineare che, ovviamente, siamo sempre e comunque davanti a ipotesi personali. Ma occorre ribadire che nella contemporaneit, l Arte sar sempre arduo e impegnativo collocarla all interno di un significato culturale quando mancano evidenti rapporti con le correnti culturali stesse. E la storia che f di un opera un Masterpiece , un capolavoro; l ho se mpre sottolineato e rimango fedele a questa visione. Ma questo non toglie, forti delle esperienze storiche che hanno consacrato opere come capolavori, pensare di possedere una chiave di lettura da adoperarsi in occasioni come Contemporanea e fare alcune deduzioni. Se nell articolo, a cui ho fatto prima riferimento, parlai di mancanza di Cultura, fu, perch adoperando la mia personale chiave di lettura non ebbi modo di rilevare alcunch di coinvolgente dal punto di vista dialettico e in termini di ricerca. I linguaggi pittorici esposti formulavano ipotesi conosciute da tempo: iperrealismo, astrattismo, concettualismo, informale Si tenga presente che le opere erano per lo pi presentate da Galleristi! Perch sottolineo questo? Perch il Gallerista, nel presentare opere di indubbio valore estetico ma di scarso contenuto culturale, hanno ancora una volta dimostrato di aver perso quel primato che fu loro riconosciuto dalla storia: scopritori di talenti e di linguaggi nuovi. Non a caso la collega che si trovata in disaccordo con il mio punto di vista, per parlare di Cultura e di Arte, nel suo articolo non cit Navacchia o Maraldi, non cit Tenardi o Pellanda bravi senz altro - ma Amedeo Modigliani e Andy Warhol, ossia personaggi che hanno fatto la Storia dell Arte e che i loro lavori, presentati da una Galleria non possono essere interpretati come esperienze culturali non eravamo in un esposizione retrospettiva ma solo come eventi commerciali. Sappia il lettore che l accoppiata Arte-Pittura-Scultura e Cultura di fatto tramontata, se ci si riferisce alla grande massa si artisti; rimane confinata a quei

pochi che sono gi, da viventi, entrati nella Storia dell Arte. Il lettore potrebbe sfogliare un libro di Arte e leggere le esperienze ottocentesche della Pi ttura. Si prenda per esempio il Grand Tour d Italie che ha veduto i pi grandi artisti del tempo soffermarsi e riprendere, entusiasti, paesaggi ameni e ricchi di storia; ci hanno lasciato immagini che vanno dalle Alpi alla Sicilia, soprattutto i paesagg i romani e dintorni. Ebbene, il lettore non potr fare a meno di notare come costoro animassero vivaci dibattiti sulla luce e su come rendere al meglio tramonti, trasparenze con un appropriato uso dei colori. Questo modo di vedere le cose fin di caratterizzare scuole come i Nazareni (1810-15) scuola di pensiero fondata a Roma da pittori di lingua tedesca; oppure, scoprire come il Risorgimento stimol il verismo; la Societ degli Acquerellisti nel 1883 che ebbe forti rapporti con gruppi culturali sulla antica scia di Melozzo da Forl, pictor papae, che fond l Accademia di San Luca il 17 settembre del 1438 assieme ad altri pittori che operavano a Roma, ma strettamente legati all intellighenzia del tempo. Piccoli esempi per sottolineare una cosa importante - e che rende meglio il concetto di fare Cultura con l Arte e, quindi, evidenziarne anche la sua mancanza come i gruppi di pittori fossero uniti tra loro da scambi di vedute e dibattiti che spesso erano accesi e che non avvenivano solo nei salotti ma an che nelle bettole del tempo; come essi non fossero distaccati da associazioni culturali; come vivessero spesso di sinergie intellettuali. Il Futurismo di Marinetti ne un valido esempio. Accade oggi tutto questo? No! Rimango fermo sul mio punto di vista c he Contemporanea, in questa sua ultima edizione, non ha fatto che mostrare soliloqui distaccati da qualsiasi presupposto culturale, anzi, spesso, ripetizioni di lezioni che hanno fatto gi il loro tempo e che sono ormai sedimentate nella storia del costume. Le Gallerie hanno una forte responsabilit in questa situazione. Risale al 30 giugno del 2003 un articolo in cui ribadivo che la salvezza dell arte nel pensiero e al 11 febbraio del 2000 quando auspicai la nascita di una Scuola Cesenate dell iperrealismo rappresentata da Virz, Prati e Pasini. Ma ovviamente non se ne fece nulla poich non esistevano, come non esistono oggi, i presupposti culturali per uno scambio di sinergie tra artisti. L Arte oggi ridotta ad un soliloquio che parla a se stessa e in se stessa muore di manierismo! Forse la cultura dell individualismo, accentuato da una societ opulenta, quella che tiene le redini? 8 dicembre 2007

SUL CONCETTO DI RESTAURO URBANO


Le immagini che una citt pu offrire di s possono essere infin ite, cos come possono essere molteplici i percorsi della loro costruzione e il loro riconoscimento da parte di una comunit che in quelle immagini pu riconoscere la scena fissa delle proprie vicende e ancora Il tema del recupero della citt storica, come fenomeno di insieme, che va oltre le operazioni sui singoli edifici a carattere monumentale, si oramai compreso passare anche attraverso quell aspetto di insieme e di continuit ambientale urbana costituito dai fronti urbani che affacciano sugli spazi urbani: strade, piazze, vicoli, slarghi. Ecco, due introduzioni la prima di Gino Malacarne la seconda di Patrizia Falzone, nel secondo volume I colori di Cesena legato ad una mostra in corso a Palazzo Romagnoli - che chiariscono come la citt sia la carta di identit di un popolo e come il suo recupero o restauro rinsaldi l identit del popolo che la anima da generazioni. Non dester meraviglia, quindi, se nel nostro soffermarci su quegli aspetti che, a nostro parere sposano perfettamente il rapporto citt-identit, sottolineeremo quelle che possono sembrare minuzie, quisquiglie, inezie. Cesena, innegabile, presenta un volto sorridente e, questo, riconosciuto da tutti i centri limitrofi: molto stato fatto per uscire da quell antico grigior e, eredit di un passato storico che sembrava indelebile, legato agli intonaci scrostati delle case, ai selciati di vie che hanno sentito il peso di viandanti di ogni epoca ma - c sempre un ma ancora qualcosina rimarrebbe da fare per completare l opera. Per ora ci soffermiamo su uno di quegli scorci cittadini, importanti dal punto di vista storico, che aspettano una decisiva risistemazione: la Portazza , punto di ingresso del Cesuola all interno delle mura e che della sua esistenza, quanto del suo percorso, probabilmente, rimane sconosciuto alle nuove generazioni. Abbiamo appena letto ci che Malacarne dice sulla necessit di una corrispondenza tra citt e vita vissuta in quelle immagini pu riconoscere la scena fissa delle proprie vicende E la Portazza che immagini restituisce? Che sia un manufatto storico, risalente all azione restauratrice di Malatesta Novello XV secolo assai arduo rilevarlo: essa si trova affogata oltre che nel cemento anche dai cipressi cimiteriali che poco hanno a che fare con quel luogo, senza contare lo sporco che si accumula sul tetto cementificato del Cesuola; dalle strutture il cui uso trovava giustificazioni in epoche remote. Sicuramente un angolo che non conferisce alla citt quella dignit storica che merita. Anche l antico ponte che prospiciente ad essa andrebbe riportato alla luce e valorizzato; tanto pi che

l esistente volont di restituire al passato un po della sua voce, e il ricostituire il Giardino comunale al suo originale aspetto ottocentesco testimonia la voglia do restauro e che potrebbe e dovrebbe indurre l amministrazione comunale a pensare anche alla Portazza. Senza cadere nella tentazione di venderla a privati . Appartiene alla cittadinanza tutta. E a proposito del Giardino pubblico onestamente, dobbiamo sottolineare come la presenza delle ripristinate colonne ridoni alla strada l antica dignit e corposit strutturale, storicamente connaturale con la facciata del Teatro restaurata va sottolineato che l inferriata non sembra sposare il cancello una volta presso la Barriera. L ornato della stessa simile ma non uguale a quello originale dove elementi di arte applicata erano presenti e si rifacevano ad un cancello che ora non esiste pi: quest ultima invece sembra essere uscita non dalla bottega di un fabbro ferraio, ma da un capannone ove la lavorazione del ferro industriale. Quei bulloni di zinco o acciaio che tengono ferme le varie strutture, poi, sono un pugno nell occhio . Andava fatto un leggero sforzo in pi per fondere l ornato dell inferriata con quello del cancello, al pari del gazebo appena sistemato e che sembra presentare elementi riconducibili al cancello stesso. In ultimo, alcune perplessit sul muro di cinta posteriore al Giardino: appare smunto e troppo moderno. Perch non realizzare delle lesene con lo stesso materiale? Si sarebbe ottenito un disegno pi ottocentesco. Piccoli esempi, forse inezie, ma se ci troviamo a parlare di estetica non si pu fare a meno di sottolineare come piccoli accorgimenti possano restituire quella continuit urbana di cui parla la Falzone, e in corso d opera, possono rendere un restauro accettabile da tutti i punti di vista. Visto quel che costano questo genere di operazioni!

15 dicembre 2007

SU MASSIMO PULINI

Non avendo la possibilit di esprimere ammirazione nei confronti di Massimo Pulini nei modi espressi dal suo amico Davide Brullo dalle pagine della VOCE di Romagna - talaltro, autore anche di una sofisticata prosa introduttiva al catalogo della mostra del maestro cesenate per il semplice fatto che non ho legami di amicizia con l artista, debbo affidare la mia riflessione sulle ultime fatiche in mostra presso la Galleria della gentile signora Fiorella Pieri, all asciutta analisi, alla lettura critica degli elaborati. Come faccio sempre. Spontaneamente, in primis, mi vien da pensare: Quindi Pulini anche scultore ; dacch, in questa occasione, l alter ego della sua produzione pittorica sembra essere affidato a delle tecnosculture . Perdonatemi la definizione, ma sembrerebbe di s. La novit della mostra, inaugurata sabato 15 dicembre, ad un primo impatto, appare non essere propria alla sua produzione pittorica che, chiaramente, parte integrante, anche se postuma, della sua ultima quanto nota esposizione Solve et coagula , ma, novit, essa viene affidata alla tecnica scultorea computerizzata, strumento nuovo in mano ad un artista, in grado di tradurre i rilievi vettoriali, strutturati sulle diversit pigmentate, in dimensione del profondo: materia sintetica grattata via dal pantografo che insegue le armoniche cromatiche di un elaborato pittorico. Nello specifico, dei volti. Una nuova dimensione artistica? Un nuovo linguaggio espressivo? Decisamente una novit applicata alla pittura. Gi nel 1986, a Mil ano, ebbi modo di vedere all opera un computer collegato ad un pantografo-laser realizzare da un cubo di polistirolo la testa di un volenteroso pagante che desiderava vedersi in una traduzione sintetica. Pulini un artista e un uomo di cultura artistica indiscussa; abile disegnatore uno dei pochi in circolazione e come dovrebbero essere tutti i pittori - ma anche un ricercatore di essenze, intuizioni creative atte a testimoniare come l Arte possa ancora espandersi in territori timidamente o appena esplorati. Questa la sua forza ma anche la sua debolezza. Ho confessato all artista di aver notato, infatti, elementi di stanchezza nei suoi elaborati pittorici: i miasmi e le fusioni cromatiche, a differenza dei lavori presentati alla mostra Solve et coagu la che apparivano come fresche soluzioni, appena concepite dalla curiosit di chi, entusiasta, si addentra nel mondo dell immaginario, mostrano, ora, screziature e strisciate dovute all uso del pennello; stanchezza non letterale ma superamento

della fase termografica, come alcuni l hanno definita, dei volti? Forse, perch l attenzione del maestro si concentrata sulla nuova soluzione espressiva della tecnoscultora? Certo che Pulini avendoci abituati ad un veloce modus operandi della e nella ricerca, rende lecite queste riflessione tant che se si vuole conoscere l artista, occorre ripercorrere in prospettiva il suo excursus creativo, sempre, per, contaminato da una costante passione rinascimentale dell Arte: la sua portante di riferimento. Comunque, nella sua ultima veste di tecnoscultore non si pu fare a meno, per la semplice ragione quanto per il naturale processo di sovrapposizione concettuale, di accostare le sue immagini scavate alle sfere bronzee del romagnolo Arnaldo Pomodoro. Quest ultime lasciano intravedere, sotto la superficie liscia, articolati meandri che si fondono nell oscurit di un intimit che pu essere rapportata all animo umano: volto sorridente, animato da un inaspettato spirito tortuoso; al pari Pulini, ma con un percorso esattamente contrario, svuota il volto, toglie la superficie dermica, lasciandone vedere quelle strutture che animano il pianto, il sorriso e le mille altre espressioni, ma strutture secche e asciutte, quasi scheletriche, prive di polpa animica . Ecco l alter ego a cui facevo riferimento all inizio della mia riflessione: la scultura come anima messa a nudo di un volto celebrato dal colore. Questa la novit. Una nota dolente: l illuminazione delle sculture meritavano una luce obliqua, dall alto, e non diretta o ricevuta di riflesso.

17 dicembre 2007

SU ARTISTI FAENTINI

Sabato 22 dicembre si inaugurata presso lo Studio-Galleria d Arte Patrizia Liverani Via Fratti, Forl una collettiva di artisti faentini, quali Renato ALBONETTI, Silvano FABBRI e Nevio BEDESCHI. La collettiva stata aperta da una presentazione del pittore e critico d Arte Antonio Dal Muto. L esposizione delle opere dei tre artisti, riconosciuti e affermati da lungo tempo in molti ambienti anche esterni a Faenza, mostrano notevoli caratteri originali nel linguaggio espressivo che richiamano le forti connotazioni culturali insite alle personalit degli stessi artisti. Probabilmente in questa ottica l affermazione molto pi vera e meno condivisibile con le esperienze della stragrande maggioranza di artisti. Nevio Bedeschi - inizi l attivit artistica nel lontano 1955 dopo aver conseguito il Diploma presso l Istituto d Arte Ballardini di Faenza - stato a lungo insegnante e questa peculiarit, parallela alla sua feconda attivit espositiva, gli ha permesso di sperimentare razionalmente diversi linguaggi pittorici, rivelatisi poi, d avanguardia; riuscendo ad afferrare intuizioni espressive in grado ancor oggi, a distanza di venti anni e pi, di stupire per la loro impostazione narrativa. Non un caso se Carlo Giulio Argan, lasciando di Bedeschi una riflessione scritta, enfatizz come la sua ricerca rivela una riflessione e una prepa razione di carattere critico . Quindi una ricerca estremamente razionale. In questa collettiva, Bedeschi presenta una fase pittorica dedicata al graffitismo: una ricerca che affianca all arte primitiva del graffito lo sforzo espressivo contemporaneo dei graffitari di citt che, il pi delle volte, insozzano pi che arricchire culturalmente, le facciate degli edifici: una ricerca preziosamente curata attraverso la scelta di colori materici propri all arte primitiva. Pittore della poesia urbana, oserei defin ire l opera di Renato Albonetti: compagno di studi di Bedeschi, presenta opere focalizzate alla ricerca di armonie sociali all interno di paesaggi articolati da pezzature di colore decise, screziate da verticalismi che ne slanciano la struttura compositiva. Legata all opera di questo artista quel filone romantico dei paesaggisti ottocenteschi del Grand Tour, anche se Albonetti appare, in questo frangente espositivo, voler andare incontro al sogno della citt ideale: egli parte, occasionalmente, con la sua analisi da un luogo noto ai pi, come la rocca di Castrocaro, per costruire attorno ad essa espressioni urbane rese incontaminate

dal globalismo con l uso di colori vivi e brillanti, inseguendo, dicevo, il sogno della citt, del paese felice: piccola cerchia di volti conosciuti. E diretto il paragone con la citt ideale di Simone Martini Palazzo comunale di Siena. Il vezzo, inoltre, di isolare il costruito mediante sfumature chiare che scontornano, tagliando il tutto,

distanziandolo dai limiti imposti del telaio, rafforza l idea della ricerca di un isola felice dove vivere. Ma, sembra, che la realt venga richiamata dai quei verticalismi, spesso a sfondo scuro, quasi dei rabbiosi graffi all interno di un paesaggio lontano da violenze, che lasciano intuire come gli sforzi diretti a questo obiettivo debbono fare i conti con le problematiche di tutti i giorni. Di tutt altro registro Silvano Fabbri, scultore quanto abile ceramista - ha condiviso gli studi con Bedeschi e Albonetti - ha nel suo registro indagatore anche un lungo impegno nel campo dell archeologia svolto anche come Sovrintendente dei Beni Culturali. Questa esperienza, legata alla sua preparazione tecnica- e qui trovo conferma come la scultura sappia ancora mantenere freschezza e originalit guida la sua

mano che diventa strumento abile a ricevere le pi disparate, quanto intime e personali, tensioni creative, reminiscenze nascoste, ma attive e compartecipi all atto creativo di esperienze italiche quali la scultura nuragica ed etrusca. Nella ceramica, invece, si ravvede quel vezzo settecentesco, barocco, di creare estetiche alternanze di vuoti e di pieni che fanno delle opere di questo scultore un valido protagonista della scultura e della ceramica faentina e italiana. Bedeschi: acuto quanto razionale indagatore di forme espressive; Albonetti: poeta dell immagine e Fabbri: continuatore sensibile di quella antica italica anima creativa che forge con le mani la terra e la fissa per sempre con il fuoco.

27 dicembre 2007

FINE

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