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Dizionario del Lavoro

di Potito di Nunzio
ORARIO DI LAVORO

LEGISLAZIONE Lorario di lavoro viene definito come qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nellesercizio della sua attivit o delle sue funzioni; il periodo di riposo, invece, viene definito come qualsiasi periodo che non rientra nellorario di lavoro (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 1, comma 2, lett. a) e b)). Campo di applicazione - La disciplina dellorario di lavoro si applica a tutti i settori di attivit pubblici e privati con le uniche eccezioni del lavoro della gente di mare di cui alla dir. n. 1999/63/CE, del personale di volo nella aviazione civile di cui alla dir. n. 2000/79/CE e dei lavoratori mobili per quanto attiene ai profili di cui alla dir. n. 2002/15/CE. Nei riguardi dei servizi di protezione civile, ivi compresi quelli del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, nonch nellambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie e di quelle destinate per finalit istituzionali alle attivit degli Organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello Stato, le disposizioni non trovano applicazione in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio espletato o di ragioni connesse ai servizi di protezione civili, nonch degli altri servizi espletati dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, cos come individuate con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, delleconomia e delle finanze e per la funzione pubblica. Le disposizioni non si applicano al personale della scuola di cui al D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297. Non si applicano, altres , al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, nonch agli addetti al servizio di polizia municipale e provinciale, in relazione alle attivit operative specificamente istituzionali e agli addetti ai servizi di vigilanza privata. La disciplina sullorario di lavoro si applica anche agli apprendisti maggiorenni (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 2). Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni sullorario normale di lavoro, sulla durata massima dellorario di lavoro, sul lavoro straordinario, sul riposo giornaliero, sulle pause, sulla modalit di organizzazione del lavoro notturno e obblighi di comunicazione, sulla durata del lavoro notturno (di cui agli artt. 3, 4, 5, 7, 8, 12 e 13 del D.Lgs. 66/2003) non si applicano ai lavoratori la cui durata dellorario di lavoro, a causa delle caratteristiche dellattivit esercitata, non misurata o predeterminata o pu essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta: a) di dirigenti, di personale direttivo delle aziende o di altre persone aventi potere di decisione autonomo; b) di manodopera familiare; c) di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunit religiose; d) di prestazioni rese nellambito di rapporti di lavoro a domicilio e di telelavoro (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 17, comma 5). Lorganizzazione dellorario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporti regolamentato dal regime speciale contenuto nel D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 234. Principi in materia di organizzazione dellorario di lavoro Orario normale di lavoro - Lorario normale di lavoro fissato in 40 ore settimanali. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire lorario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore allanno (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 3). Durata massima dellorario di lavoro - I contratti collettivi di lavoro stabiliscono la durata massima settimanale dellorario di lavoro. La durata media dellorario di lavoro non pu in ogni caso superare, per ogni periodo di 7 giorni, le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario. La durata media dellorario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a 4 mesi anche se i contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il limite fino a 6 mesi ovvero fino a 12 mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti allorganizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 4). In caso di superamento delle 48 ore di lavoro settimanale, attraverso prestazioni di lavoro straordinario, per le unit produttive che occupano pi di 10 dipendenti il datore di lavoro tenuto a informare, entro trenta giorni dalla scadenza del periodo di riferimento (4, 6 o 12 mesi) la Direzione provinciale del lavoro - Settore ispezione del lavoro competente per territorio; i contratti collettivi di lavoro possono stabilire le modalit per adempiere al predetto obbligo di comunicazione (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 4, comma 5). Si segnala che a decorrere dal 25 giugno 2008, per effetto delle modifiche apportate dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, la disposizione che prevedeva lobbligo di comunicazione alla DPL del superamento delle 48 ore di lavoro settimanale stata abrogata, determinando, cos , il venir meno del predetto obbligo. Se ne mantiene il riferimento al solo scopo di assicurare i collegamenti con le interpretazioni ministeriali intervenute in materia nella vigenza della relativa disciplina.

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Criteri di computo - I periodi di ferie annue e i periodi di assenza per malattia non sono presi in considerazione ai fini del computo della media. Nel caso di lavoro straordinario, se il riposo compensativo di cui ha beneficiato il lavoratore previsto in alternativa o in aggiunta alla maggiorazione retributiva, le ore di lavoro straordinario prestate non si computano ai fini della media (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 6). Salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, rimangono non retribuiti o computati come lavoro ai fini del superamento dei limiti di durata i periodi di cui allart. 5, R.D. 10 settembre 1923, n. 1955, e successivi atti applicativi, e dellart. 4 del R.D. 10 settembre 1923, n. 1956, e successive integrazioni (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 8) come di seguito elencati: - 1 i riposi intermedi che siano presi sia allinterno che allesterno dellazienda; - 2 il tempo impiegato per recarsi al posto di lavoro; - 3 le soste di lavoro di durata non inferiore a dieci minuti e complessivamente non superiore a due ore, comprese tra linizio e la fine di ogni periodo della giornata di lavoro, durante le quali non sia richiesta alcuna prestazione alloperaio o allimpiegato; - 4 il tempo necessario per le martellature della falce, salvo patto in contrario. Tuttavia saranno considerate nel computo del lavoro effettivo quelle soste, anche se di durata superiore ai quindici minuti, che sono concesse alloperaio nei lavori molto faticosi allo scopo di rimetterlo in condizioni fisiche di riprendere il lavoro. Nelle miniere o cave la durata del lavoro si computa dallentrata alluscita dal pozzo. ammesso il recupero dei periodi di sosta dovuti a cause impreviste indipendenti dalla volont delloperaio e del datore di lavoro e che derivino da causa di forza maggiore e dalle interruzioni dellorario normale concordate fra i datori di lavoro e i loro dipendenti, purch i conseguenti prolungamenti dorario non eccedano il limite massimo di unora al giorno e le norme per tali prolungamenti risultino dai patti di lavoro (R.D. 10 settembre 1955, art. 5). Riposo giornaliero - Ferma restando la durata normale dellorario settimanale, il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attivit caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilit (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 7).Queste disposizioni non si applicano al personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, per il quale si fa riferimento alle vigenti disposizioni contrattuali in materia di orario di lavoro, nel rispetto dei princ pi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 17, comma 6bis). Pause - Qualora lorario di lavoro giornaliero ecceda il limite di 6 ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalit e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo. In difetto di disciplina collettiva che preveda un intervallo a qualsivoglia titolo attribuito, al lavoratore deve essere concessa una pausa, anche sul posto di lavoro, tra linizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a 10 minuti e la cui collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 8). Deroghe alla disciplina della durata settimanale dellorario - Fatte salve le condizioni di miglior favore stabilite dai contratti collettivi, sono escluse dallambito di applicazione della disciplina della durata settimanale dellorario normale di lavoro: a) le fattispecie previste dallart. 4 del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, e successive modifiche (lavori agricoli e altri lavori per i quali ricorrano necessit imposte da esigenze tecnicostagionali); b) le fattispecie come elencate nella tabella di cui al R.D. 10 settembre 1923, n. 1957, e successive modifiche, alle condizioni ivi previste, e le fattispecie di cui agli artt. 8 e 10 del R.D. 10 settembre 1923, n. 1955, come di seguito riportato: - per necessit tecniche o stagionali delle industrie stagionali e delle industrie a lavoro continuo; - per predisporre il funzionamento degli impianti e dei mezzi di lavoro, per apprestare le materie prime, per la pulizia, per lultimazione e lo sgombro dei prodotti e in genere per tutti gli altri servizi indispensabili ad assicurare la regolare ripresa e cessazione del lavoro nelle industrie a funzionamento non continuativo, limitatamente al personale addetto a tali lavori; - possono del pari essere eseguiti oltre i limiti della giornata normale di otto ore o delle quarantotto ore settimanali i seguenti lavori: a) riparazione, costruzione, manutenzione, pulizia e sorveglianza degli impianti e quegli altri servizi che non possono compiersi durante lorario normale senza inconvenienti per lesercizio o pericolo per gli operai; b) compilazione dellinventario dellanno; c) custodia o vigilanza dellazienda; d) verifiche e prove straordinarie.

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Per le industrie stagionali sono considerati lavori preparatori quelli che precedono la messa in attivit delle fabbriche e per i quali il prolungamento dellorario indispensabile per assicurare il tempestivo e regolare inizio e proseguimento della lavorazione. c) le industrie di ricerca e coltivazione di idrocarburi, sia in mare che in terra, di posa di condotte e installazione in mare; d) le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia elencate nella tabella approvata con R.D. 6 dicembre 1923, n. 2657, e successive modificazioni e integrazioni, alle condizioni ivi previste; e) i commessi viaggiatori o piazzisti; f) il personale viaggiante dei servizi pubblici di trasporto per via terrestre; g) gli operai agricoli a tempo determinato; h) i giornalisti professionisti, praticanti e pubblicisti dipendenti da aziende editrici di giornali, periodici e agenzie di stampa, nonch quelli dipendenti da aziende pubbliche e private esercenti servizi radiotelevisivi; i) il personale poligrafico, operai e impiegati, addetto alle attivit di composizione, stampa e spedizione di quotidiani e settimanali, di documenti necessari al funzionamento degli Organi legislativi e amministrativi nazionali e locali, nonch alle attivit produttive delle agenzie di stampa; l) il personale addetto ai servizi di informazione radiotelevisiva gestiti da aziende pubbliche e private; m) i lavori di cui allart. 1 della legge 20 aprile 1978, n. 154 (sezione Zecca nellambito dellIstituto Poligrafico dello Stato), e allart. 2 della legge 13 luglio 1966, n. 559 (Istituto Poligrafico dello Stato e Zecca); n) le prestazioni rese da personale addetto alle aree operative, per assicurare la continuit del servizio, nei settori appresso indicati: 1) personale dipendente da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste, delle autostrade, dei servizi portuali e aeroportuali, nonch personale dipendente da imprese che gestiscono servizi pubblici di trasporto e da imprese esercenti servizi di telecomunicazione; 2) personale dipendente da aziende pubbliche e private di produzione, trasformazione, distribuzione, trattamento ed erogazione di energia elettrica, gas, calore ed acqua; 3) personale dipendente da quelle di raccolta, trattamento, smaltimento e trasporto di rifiuti solidi urbani; 4) personale addetto ai servizi funebri e cimiteriali limitatamente ai casi in cui il servizio stesso sia richiesto dallautorit giudiziaria, sanitaria o di pubblica sicurezza; o) personale dipendente da gestori di impianti di distribuzione di carburante non autostradali; p) personale non impiegatizio dipendente da stabilimenti balneari, marini, fluviali, lacuali e piscinali. Le attivit e le prestazioni indicate alle lett. da a) a n) verranno aggiornate e armonizzate con i principi contenuti nel D.Lgs. n. 66/2003 mediante decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, mediante decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare sentite le Organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative, nonch le Organizzazioni nazionali dei datori di lavoro (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 16). Deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause, durata massima settimanale - Le disposizioni in materia di pause (art. 7), riposo giornaliero (art. 8) e gestione e organizzazione del lavoro notturno (artt. 12 e 13) possono essere derogate mediante contratti collettivi stipulati a livello nazionale con le organizzazioni sindacali comparativamente pi rappresentative. Per il settore privato, in assenza di specifiche disposizioni nei contratti collettivi nazionali le deroghe possono essere stabilite nei contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di disciplina collettiva, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, il Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su richiesta delle Organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente pi rappresentative o delle Associazioni nazionali di categoria dei datori di lavoro firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro, adotta un decreto, sentite le stesse parti, per stabilire deroghe al calcolo della durata media dellorario di lavoro nel limite di 6 mesi, al riposo giornaliero e alle pause con riferimento: a) alle attivit caratterizzate dalla distanza fra il luogo di lavoro e il luogo di residenza del lavoratore, compreso il lavoro "offshore", oppure dalla distanza fra i suoi diversi luoghi di lavoro; b) alle attivit di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessit di assicurare la protezione dei beni e delle persone, in particolare, quando si tratta di guardiani o portinai o di imprese di sorveglianza; c) alle attivit caratterizzate dalla necessit di assicurare la continuit del servizio o della produzione, in particolare, quando si tratta: 1) di servizi relativi allaccettazione, al trattamento o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi, comprese le attivit dei medici in formazione, da case di riposo e da carceri; 2) del personale portuale o aeroportuale;

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3) di servizi della stampa, radiofonici, televisivi, di produzione cinematografica, postali o delle telecomunicazioni, di servizi di ambulanza, antincendio o di protezione civile; 4) di servizi di produzione, di conduzione e distribuzione del gas, dellacqua e dellelettricit, di servizi di raccolta dei rifiuti domestici o degli impianti di incenerimento; 5) di industrie in cui il lavoro non pu essere interrotto per ragioni tecniche; 6) di attivit di ricerca e sviluppo; 7) dellagricoltura; 8) di lavoratori operanti nei servizi regolari di trasporto passeggeri in ambito urbano ai sensi dellart. 10, comma 1, n. 14), 2 periodo, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633; d) in caso di sovraccarico prevedibile di attivit, e in particolare: 1) nellagricoltura; 2) nel turismo; 3) nei servizi postali; e) per personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari: 1) per le attivit discontinue; 2) per il servizio prestato a bordo dei treni; 3) per le attivit connesse al trasporto ferroviario e che assicurano la regolarit del traffico ferroviario; f) a fatti dovuti a circostanze estranee al datore di lavoro, eccezionali e imprevedibili o eventi eccezionali, le conseguenze dei quali sarebbero state comunque inevitabili malgrado la diligenza osservata; g) in caso di incidente o di rischio di incidente imminente. Alle stesse condizioni, si pu derogare alla disciplina dei riposi giornalieri a) per lattivit di lavoro a turni tutte le volte in cui il lavoratore cambia squadra e non pu usufruire tra la fine del servizio di una squadra e linizio di quello della squadra successiva di periodi di riposo giornaliero; b) per le attivit caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata, in particolare del personale addetto alle attivit di pulizie. Le deroghe possono essere ammesse soltanto a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 17). Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni sul riposo giornaliero, sulle pause, sui riposi settimanali e sulla durata del lavoro notturno non si applicano al personale mobile. Per il personale mobile dipendente da aziende autoferrotranviarie, trovano applicazione le relative disposizioni di cui al R.D.L. 19 ottobre 1923, n. 2328, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, e alla legge 14 febbraio 1958, n. 138. (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 17, comma 6). Il datore di lavoro pu far fronte alle variazioni cicliche dellattivit produttiva mediante il ricorso alla flessibilit di orario, disciplinata esclusivamente dalla contrattazione collettiva. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore (delle 40 ore stabilite) e riferire lorario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore allanno (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 3, comma 2, e art. 16, comma 1, lett. a) e art. 4 del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692). Sanzioni La violazione delle disposizioni previste in merito alla durata massima dellorario di lavoro, come da D.Lgs. n. 66/2003 art. 4, commi 3 e 4, del medesimo decreto legislativo, punita con la sanzione amministrativa da 130 a 780, per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisca la violazione. In caso di violazione delle disposizioni previste dallarticolo 4, comma 2 (durata media dellorario di lavoro), e dallarticolo 9, comma 1 (riposo settimanale), si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 750 euro. Se la violazione si riferisce a pi di cinque lavoratori ovvero si verificata in almeno tre periodi di riferimento di cui allarticolo 4, commi 3 o 4, la sanzione amministrativa da 400 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a pi di dieci lavoratori ovvero si verificata in almeno cinque periodi di riferimento di cui allarticolo 4, commi 3 o 4, la sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro e non ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. In caso di violazione delle disposizioni previste dallarticolo 10, comma 1, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 600 . Se la violazione si riferisce a pi di cinque lavoratori ovvero si verificata in almeno due anni, la sanzione amministrativa da 400 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a pi di dieci lavoratori ovvero si verificata in almeno quattro anni, la sanzione amministrativa da 800 a 4.500 euro e non ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. La violazione delle disposizioni previste in merito al riposo giornaliero, come dallart. 7, comma 1, D.Lgs. n. 66/2003, D.Lgs. n. 66/2003, punita con la sanzione amministrativa da 50 a 150. Se la violazione si riferisce a pi di cinque lavoratori ovvero si verificata in almeno tre periodi di ventiquattro ore, la sanzione amministrativa da 300 a 1.000 euro. Se la violazione si riferisce a pi di dieci lavoratori ovvero si verificata in almeno cinque periodi di

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ventiquattro ore, la sanzione amministrativa da 900 a 1.500 euro e non ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. In caso di violazione delle disposizioni previste dallarticolo 7, comma 1 (ferie annuali), si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 150 euro. Se la violazione si riferisce a pi di cinque lavoratori ovvero si verificata in almeno tre periodi di ventiquattro ore, la sanzione amministrativa da 300 a 1.000 euro. Se la violazione si riferisce a pi di dieci lavoratori ovvero si verificata in almeno cinque periodi di ventiquattro ore, la sanzione amministrativa da 900 a 1.500 euro e non ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. La violazione delle disposizioni previste in materia di lavoro straordinario e orario normale di lavoro (art. 5, comma 3 e 5, D.Lgs. n. 66/2003), soggetta alla sanzione amministrativa da 25 a 154. Se la violazione si riferisce a pi di cinque lavoratori ovvero si verificata nel corso dellanno solare per pi di cinquanta giornate lavorative, la sanzione amministrativa va da 154 a 1.032 e non ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 18-bis). Al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di sospensione di unattivit imprenditoriale qualora riscontrino, tra laltro, reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli artt. 4, 7 e 9 del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, considerando le specifiche gravit di esposizione al rischio di infortunio (D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, art. 14). Disposizioni speciali per i lavoratori a bordo di navi da pesca marittima - Le disposizioni riguardanti la durata massima dellorario di lavoro, il riposo giornaliero, le pause, i riposi settimanali, le limitazioni al lavoro notturno, le modalit di organizzazione del lavoro notturno e gli obblighi di comunicazione, la durata del lavoro notturno, la tutela in caso di prestazioni di lavoro notturno e il trasferimento al lavoro diurno non si applicano ai lavoratori a bordo di navi da pesca marittima. Fatte salve le disposizioni dei contratti collettivi nazionali di categoria, la durata dellorario di lavoro a bordo delle navi da pesca stabilita in 48 ore di lavoro settimanale medie, calcolate su un periodo di riferimento di un anno, mentre i limiti dellorario di lavoro o di quello di riposo a bordo delle navi da pesca sono cos stabiliti: a) il numero massimo delle ore di lavoro a bordo non deve superare: 1) 14 ore in un periodo di 24 ore; 2) 72 ore per un periodo di 7 giorni; ovvero: b) il numero minimo delle ore di riposo non deve essere inferiore a: 1) 10 ore in un periodo di 24 ore; 2) 77 ore per un periodo di 7 giorni. Le ore di riposo non possono essere suddivise in pi di due periodi distinti, di cui uno almeno di 6 ore consecutive e lintervallo tra i due periodi consecutivi di riposo non deve superare le 14 ore. (D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 18) Apprendisti - La durata dellorario di lavoro degli apprendisti non pu eccedere le 8 ore giornaliere e le 44 settimanali, salvo per le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo (n.b. a seguito della legge 196/1997 il limite settimanale si intende fissato alle 40 ore).Per tali occupazioni i contratti collettivi possono prevedere limitazioni di orario per le prestazioni di lavoro degli apprendisti (D.P.R. 30 dicembre 1956, n. 1668, art. 14). Le ore nelle quali lapprendista riceve linsegnamento complementare sono considerate come ore di lavoro effettivo e computate a tutti gli effetti nellorario di lavoro (D.P.R. 30 dicembre 1956, n. 1668, art. 17). in ogni caso vietato il lavoro fra le ore 22 e le ore 6, a eccezione di quello svolto dagli apprendisti di et superiore ai 18 anni nellambito delle aziende artigianali di panificazione e di pasticceria, delle aziende del comparto turistico e dei pubblici esercizi (legge 19 gennaio 1955, n. 25, art. 10, comma 4, come integrato dal D.Lgs. 3 febbraio 2003, n. 14). Bambini e adolescenti Per bambini, liberi da obblighi scolastici, lorario di lavoro non pu superare le 7 ore giornaliere e le 35 settimanali. Per gli adolescenti lorario di lavoro non pu superare le 8 ore giornaliere e le 40 settimanali (legge 17 ottobre 1967, n. 977, art. 18). Linosservanza di tali disposizioni punita con larresto non superiore a sei mesi o con lammenda fino a 5.164,00 (legge 17 ottobre 1967, n. 977, art. 26, comma 2). Lorario di lavoro dei bambini e degli adolescenti non pu durare senza interruzione pi di quattro ore e mezza. Qualora lorario di lavoro giornaliero superi le quattro ore e mezza, deve essere interrotto da un riposo intermedio della durata di unora almeno. I contratti collettivi possono ridurre la durata del riposo a mezzora. Tale riduzione, in difetto di disposizioni di contratti collettivi, pu essere autorizzata dalla Direzione provinciale del lavoro, servizio ispezione del lavoro, sentite le competenti associazioni sindacali, quando il lavoro non presenti carattere di pericolosit o gravosit.

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La Direzione provinciale del lavoro, servizio ispezione del lavoro, pu proibire la permanenza nei locali di lavoro dei bambini e degli adolescenti duranti i riposi intermedi (legge 17 ottobre 1967, n. 977, art. 20). Linosservanza di tale disposizione punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 516,00 a 2.582,00 (legge 17 ottobre 1967, n. 977, art. 26, comma 3, come sostituito dal D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 345). In deroga a quanto sopra disposto, la Direzione provinciale del lavoro, servizio ispezione del lavoro, pu, nei casi in cui il lavoro presenti carattere di pericolosit o gravosit, prescrivere che il lavoro dei bambini e degli adolescenti non duri senza interruzione pi di tre ore, stabilendo anche la durata del riposo intermedio (legge 17 ottobre 1967, n. 977, art. 21). Linosservanza di tale disposizione punita con larresto non superiore a sei mesi o con lammenda fino a 5.164,00 (legge 17 ottobre 1967, n. 977, art. 26, comma 2, come sostituito dal D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 345). Lavoratori delle miniere - La durata massima normale dellorario di lavoro non potr eccedere, per tutti i lavoratori nel sottosuolo delle miniere o che partecipano al processo di estrazione del minerale, esclusi i lavoratori delle miniere di metano, petrolio e materiali lapidei, nonch delle cave o torbiere, fermo restando lammontare globale della retribuzione settimanale, le 40 ore settimanali di lavoro effettivo (legge 23 ottobre 1962, n. 1544, art. 1, comma 1). Lavoratori addetti ai cassoni ad aria compressa - Per la durata dellorario giornaliero di lavoro in aria compressa e per i periodi di compressione e di decompressione devono essere osservati i limiti indicati nella tabella allegata al D.P.R. n. 321/56. Qualora la pressione di lavoro ecceda le 3,2 atmosfere, la Direzione provinciale del lavoro stabilisce, di volta in volta, in base alle limitazioni previste nella precedente tabella, la durata complessiva dellorario giornaliero di lavoro, leventuale effettuazione del turno lavorativo in un unico periodo e i tempi di compressione e di decompressione, tenendo conto della pressione massima da raggiungersi e delle altre condizioni ambientali e di lavoro, che possono costituire causa di pericolo. Per i lavoratori che siano adibiti al lavoro in aria compressa per la prima volta o che lo riprendano dopo una interruzione di almeno un anno, la durata del lavoro deve essere ridotta a met: a) per il primo giorno, quando la pressione non superi le due atmosfere; b) per i primi due giorni, quando la pressione superi detto limite (D.P.R. 20 marzo 1956, n. 321, art. 36). Lorario giornaliero di lavoro di ciascun turno deve essere diviso in due periodi separati da riposi intermedi, da trascorrere allaria libera. La Direzione provinciale del lavoro pu consentire leffettuazione del turno in un unico periodo. In tal caso: a) per le pressioni fino a 2,5 atmosfere, deve essere concesso agli operai un riposo intermedio di almeno mezzora da trascorrere nel cassone, fermi restando i limiti di durata massima del lavoro in aria compressa; b) per le pressioni eccedenti le 2,5 atmosfere, deve essere ridotta di un quinto la durata massima del lavoro. Per il lavoro svolto a pressioni superiori a 1,5 atmosfere, i lavoratori, dopo luscita allaria libera, devono sostare nel cantiere per un periodo di tempo non inferiore a mezzora; per pressioni superiori a 2,5 atmosfere, tale periodo elevato a unora. Durante i periodi di riposo, i lavoratori non devono compiere attivit fisiche intense (D.P.R. 20 marzo 1956, n. 321, art. 37). Tra la fine di un turno giornaliero di lavoro, effettuato in uno o due periodi, e linizio del turno successivo per gli stessi lavoratori devono trascorrere di norma almeno 12 ore. In caso di cambiamento di turni, in lavori eseguiti a pressione non superiore a 1,5 atmosfere, detto intervallo pu ridursi fino a 8 ore, purch tale evenienza non si verifichi pi di una volta la settimana (D.P.R. 20 marzo 1956, n. 321, art. 38). La mancata osservanza dellorario di lavoro per i lavoratori addetti ai cassoni ad aria compressa punita con larresto da tre mesi a sei mesi o con lammenda da 7.745 a 20.655. Linosservanza dei periodi di riposo e degli intervalli previsti punita con larresto da due a quattro mesi o con lammenda da 2.580 a 12.910 (D.P.R. 20 marzo 1956, n. 321, art. 41 lett. a) e b); D.Lgs 19 dicembre 1994, art. 26, n. 758). Limporto delle citate sanzioni, in vigore prima del 1 gennaio 1999, riportato nella misura quintuplicata (legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1177). Sospensione dellattivit - Al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione delle Amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di sospensione di unattivit imprenditoriale qualora riscontrino, tra laltro, reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli artt. 4, 7 e 9 del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, considerando le specifiche gravit di esposizione al rischio di infortunio. (D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 14). Per quanto attiene al requisito della reiterazione, da intendersi come ripetizione di condotte illecite "gravi" nellarco temporale dellultimo quinquennio, lo stesso va individuato a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge n. 123/2007, e cio dal 25 agosto 2007, con esclusione, quindi, delle condotte antecedenti a tale data (Circ. Min. lav. 14 novembre 2007, n. 24).

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di Potito di Nunzio
PRASSI Con il D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, integrato e modificato dal D.Lgs. 19 luglio 2004, n. 213, stata data piena attuazione anche nel nostro ordinamento alla dir. com. n. 93/104/CE e successive modifiche. da sottolineare, in via preliminare, che la dir. n. 93/104/CE aveva gi trovato parziale attuazione nellart. 13 della legge n. 196/1997 (che aveva, tra laltro, fissato lorario normale di lavoro in 40 ore settimanali) e nellaccordo interconfederale Confindustria - CGIL - CISL e UIL del 12 novembre 1997. In seguito, la legge n. 409/1998, aveva disciplinato lesecuzione del lavoro straordinario nelle imprese industriali, mentre con il D.Lgs. n. 532/1999, relativo alla disciplina del lavoro notturno, era stata data attuazione, non solo alla direttiva 93/104, ma anche alla delega conferita al Governo dallart. 17, comma 2, della legge n. 25/1999. Pertanto, ladempimento agli obblighi derivanti dalla appartenenza alla Unione Europea ha fornito loccasione per dare un assetto organico e definitivo allintera materia dellorario di lavoro. Il decreto in esame unifica infatti la disciplina del tempo di lavoro e quella dei riposi, attuando in larga parte i contenuti del menzionato Accordo interconfederale del 1997 e garantendo un ampio spazio di intervento allautonomia collettiva per ci che riguarda la modulazione dei tempi di lavoro (orario normale multiperiodale, gestione degli straordinari, limiti di orario massimo ecc.) in rapporto alle esigenze produttive e organizzative (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005, n. 8/2005 punto 1). Finalit e definizioni - Il decreto detta una disciplina di carattere generale che definisce lapparato terminologico di cui lo stesso decreto fa uso. In proposito occorre evidenziare una novit sostanziale rispetto alla precedente disciplina dellorario di lavoro in ordine ai rinvii operati alla contrattazione collettiva. Infatti, alle varie definizioni viene aggiunta quella di "contratti collettivi di lavoro" che, conformemente alla prassi legislativa attualmente in vigore, sono individuati in quelli stipulati da organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente pi rappresentative. Non specificato alcun livello di contrattazione collettiva di riferimento. Salve diverse specifiche disposizioni come dalle deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno, durata massima settimanale (art. 17, comma 1, D.Lgs. n. 66/2003), dunque, il rinvio alla contrattazione collettiva deve intendersi come rinvio a tutti i possibili livelli di contrattazione collettiva: nazionale, territoriale, aziendale. Orario di lavoro - La nozione di orario di lavoro stata sinora ancorata al concetto di lavoro "effettivo", gi definito dallart. 3 R.D.L. 692/1923 come quel lavoro "che richieda unapplicazione assidua e continuativa". Il D.Lgs. n. 66/2003, nel riprendere la definizione dettata dalla direttiva europea, stabilisce (art. 2, punto a)), invece, che per orario di lavoro si intende "qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nellesercizio della sua attivit o delle sue funzioni". Tale formulazione ha una portata certamente pi ampia, cos come ha chiarito la stessa Corte di giustizia europea che ha ritenuto compresi nellorario di lavoro i periodi in cui i lavoratori "sono obbligati ad essere fisicamente presenti sul luogo indicato dal datore di lavoro e a tenervisi a disposizione di questultimo per poter fornire immediatamente la loro opera in caso di necessit" (sent. del 9 settembre 2003). Daltro canto ci confermato dalla circostanza che, nella nuova disciplina, non stata pi riproposta lesclusione dalla nozione di orario di lavoro e dalla disciplina sulla durata massima della prestazione di lavoro di "quelle occupazioni che richiedano per loro natura o nella specialit del caso, un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia" (art. 3 R.D.L. n. 692/1923); nella nuova disposizione, invece, tali lavorazioni vengono esplicitamente escluse solo dallambito di applicazione della disciplina della durata settimanale (art. 16 D.Lgs. n. 66/2003) (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005, n. 8/2005, punto 2). Campo di applicazione - La disciplina dellorario di lavoro di cui al D.Lgs. n. 66/2003 si applica a tutti i settori di attivit, pubblici e privati, in relazione a rapporti di lavoro subordinato. Si applica anche agli apprendisti che abbiano raggiunto la maggiore et che, pertanto, possono svolgere lavoro straordinario e notturno (gi possibile, per quanto attiene al lavoro notturno, nelle aziende artigianali di panificazione e di pasticceria e di quelle del comparto turistico e dei pubblici esercizi).Per gli apprendisti minorenni si applica la disciplina speciale di cui alla legge n. 977/1967 e successive modificazioni. La disciplina non si applica qualora "altri strumenti comunitari contengano prescrizioni pi specifiche in materia di organizzazione dellorario di lavoro per determinate occupazioni o attivit professionali". In particolare, non si applica al lavoro della gente di mare di cui alla dir. 21 giugno 1999, n. 1999/63/CE, che attua laccordo sullorganizzazione dellorario di lavoro della gente di mare concluso dallAssociazione armatori della Comunit Europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dellUnione Europea (FST). In forza di questo atto, espressamente richiamato dal D.Lgs. n. 66/2003, per "gente di mare" si intende ogni persona occupata o impegnata a qualunque titolo a bordo di una nave marittima di propriet pubblica o privata, registrata nel territorio di uno Stato membro. Il D.Lgs. n. 66/2003 non si applica inoltre al personale di volo nellaviazione civile di cui alla dir. 27 novembre 2000, n. 2000/79/CE, relativa allattuazione dellaccordo europeo sullorganizzazione dellorario di lavoro del personale di volo nellaviazione civile concluso da Association of European Airlines (AEA), European Transport Workers Federation (ETF), European Cockpit Association (ECA), European Regions Airline Association (ERA) e International Air Carrier Association (IACA). In forza di questo atto, espressamente richiamato dal D.Lgs. n. 66/2003, per

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di Potito di Nunzio
"personale di volo nellaviazione civile" si intendono i membri dellequipaggio a bordo di un aeromobile civile, impiegati da unazienda con sede in uno Stato membro. Il decreto non si applica neppure ai lavoratori mobili, per quanto attiene ai profili di cui alla dir. 11 marzo 2002, n. 2002/15/CE, concernente lorganizzazione dellorario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto. Per "lavoratori mobili" si intendono quelli impiegati quali membri del personale viaggiante o di volo presso una impresa che effettua servizi di trasporto passeggeri o merci su strada, per via aerea o per via navigabile, o a impianto fisso non ferroviario. In ragione della peculiare organizzazione del lavoro e della concorrente competenza regionale in materia di istruzione, il D.Lgs. n. 66/2003 non si applica al personale della scuola di cui al TU delle disposizioni legislative in materia di istruzione, n al personale delle Forze armate e di polizia, nonch gli addetti al servizio di polizia municipale e provinciale, in relazione alle attivit operative specificamente istituzionali. Infine, il decreto in oggetto non si applica nei confronti dei servizi di protezione civile, ivi compresi quelli del corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonch nellambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie e di quelle destinate per finalit istituzionali alle attivit degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello Stato. Nei confronti di queste attivit le norme del decreto non trovano applicazione in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio espletato o di protezione civile, nonch degli altri servizi espletati dal corpo nazionale dei vigili del fuoco, cos come individuate con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, delleconomia e delle finanze e per la funzione pubblica. Nelle more dellemanazione dei decreti ministeriali indicati si deve ritenere che continuino a trovare applicazione le attuali discipline, anche contrattuali, previgenti, ove compatibili (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005, n. 8/2005, punto 3). Orario normale settimanale - Il D.Lgs. n. 66/2003 riprende i contenuti dellart. 13, della legge n. 196/1997 e fissa in 40 ore settimanali lorario normale di lavoro, assegnando alla contrattazione collettiva la facolt sia di stabilire un orario inferiore che di riferire lorario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore allanno in modo tale che, nonostante la flessibilizzazione, nel dato arco temporale non venga superata la media riferita, ovviamente, allorario normale. Tale orario di lavoro, purch venga rispettata la media nei termini suddetti, orario normale di lavoro e leventuale superamento settimanale delle 48 ore, senza che concorrano ore di lavoro straordinario, non dovr essere oggetto di comunicazione, stante la chiara lettera della legge (purch ovviamente nel periodo di riferimento sia effettuato il relativo recupero). Si ricorda, a questo proposito, che in caso di organizzazione multiperiodale dellorario di lavoro, costituisce straordinario ogni ora di lavoro effettuata oltre lorario programmato settimanale. Pertanto, qualora ad esempio in una settimana sia svolto un orario programmato di 50 ore, la cinquantunesima ora di lavoro sar imputata a lavoro straordinario e quindi costituir motivo sufficiente per la comunicazione. Si evidenzia, inoltre, che anche nel caso di orario multiperiodale, pur non venendo in essere lobbligo di comunicazione (in quanto non siano state effettuate ore di lavoro straordinario che abbiano concorso al superamento delle 48 ore di lavoro settimanali) resta fermo il limite massimo delle 48 ore medie nel periodo di riferimento. da sottolineare come nella nuova formulazione si fa riferimento ai "contratti collettivi" e non ai contratti "collettivi nazionali" di cui al citato art. 13. Di conseguenza anche i contratti territoriali e aziendali, oltre quelli nazionali, possono stabilire - purch stipulati da organizzazioni sindacali comparativamente pi rappresentative (art. 1, comma 2, lett. m) - una durata minore ovvero prevedere orari multiperiodali. Ovviamente, in questo quadro di flessibilizzazione, i contratti collettivi dovranno, comunque, rispettare il limite massimo settimanale dellorario, come determinato dallart. 4 del decreto. Lorario normale di lavoro di 40 ore nellarco della settimana, da intendersi non necessariamente come settimana di calendario, salva la facolt della contrattazione collettiva, di qualsiasi livello, di introdurre il c.d. regime degli orari multiperiodali, cio la possibilit di eseguire orari settimanali superiori e inferiori allorario normale a condizione che la media corrisponda alle 40 ore settimanali o alla durata minore stabilita dalla contrattazione collettiva, riferibile a un periodo non superiore allanno. Il riferimento allanno non deve intendersi come anno civile (1 gennaio-31 dicembre) ma come un periodo mobile compreso tra un giorno qualsiasi dellanno e il corrispondente giorno dellanno successivo, tenendo conto delle disposizioni della contrattazione collettiva. Nel computo dellorario normale di lavoro, stante la definizione di orario di lavoro, non rientrano i periodi in cui il lavoratore non a disposizione del datore, ovvero nellesercizio della sua attivit e delle sue funzioni. Quindi le ore non lavorate potranno essere recuperate in regime di orario normale di lavoro. Laddove, pertanto, uno di questi eventi venga a coincidere con giornate in cui, a seguito della programmazione multiperiodale, sia stato previsto un orario superiore o inferiore a quello normale, le parti del rapporto sono tenute a concordare lo spostamento in altra data di un eguale incremento o riduzione della prestazione.

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di Potito di Nunzio
Le eventuali ore di incremento prestate e non recuperate assumono la natura di lavoro straordinario e devono essere compensate secondo le modalit previste dai contratti. I contratti collettivi possono stabilire che la durata dellorario normale sia ridotta rispetto al limite legale delle 40 ore. Questa facolt ha a oggetto una riduzione dorario valida ai soli fini contrattuali. La possibilit di modulare lorario di lavoro su base settimanale, mensile o annuale stata attuata dal D.Lgs. n. 66/2003 anche attraverso leliminazione del limite giornaliero di durata della prestazione lavorativa. Nel nostro ordinamento non vige pi, pertanto, un limite positivo alla durata giornaliera del lavoro ma, semmai, un limite che pu ricavarsi, a contrario, dal combinato disposto dagli artt. 7 e 8 del decreto nella misura di 13 ore giornaliere, ferme restando le pause. Tale individuazione risulta conforme al dettato costituzionale che impone alla legge di definire la durata massima della giornata lavorativa. La limitazione positiva della durata della prestazione lavorativa giornaliera, bench non sia disposta per legge, potrebbe essere disposta dalla autonomia privata, ma ai soli fini contrattuali, imponendo un limite anche alla modulazione, pertanto alla flessibilit, dellorganizzazione del lavoro nella sue caratteristiche temporali. Deroghe alla durata settimanale dellorario - Lart. 16 del decreto, che recepisce le corrispondenti disposizioni dellAccordo interconfederale del 1997, ampliandole con le fattispecie di cui alle lettere "m" e "n", riporta lelencazione delle ipotesi per le quali non si applica la disposizione sulla durata settimanale di 40 ore di lavoro. Per queste attivit, quindi, non esiste un orario settimanale normale stabilito per legge. Si tratta di una serie di attivit e di prestazioni suscettibili di aggiornamento e armonizzazione con i principi della nuova normativa mediante decreto del Ministero del lavoro, da adottare sentite le OO.SS. datoriali e dei lavoratori maggiormente rappresentative. Pertanto, tutte le attivit che rientrano tra le ipotesi dellarticolo in questione continuano a mantenere la loro specificit, salvo i necessari adeguamenti al principio della durata media settimanale di 48 ore che dovranno essere adottati con i decreti di armonizzazione previsti dal secondo comma dellart. 16 (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005, n. 8/2005, punto 4). Violazioni in materia di orario normale di lavoro Lart. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 66/2003 prevede che lorario normale di lavoro fissato in 40 ore settimanali. Ai soli fini contrattuali, i contratti collettivi di lavoro possono prevedere una minore durata. A tal proposito va chiarito che le 40 ore settimanali di lavoro sono calcolate non necessariamente sulla base della settimana lavorativa ma per ogni periodo di sette giorni. La violazione della previsione punita in via amministrativa con la sanzione da 25,00 a 154,00 inoltre, se la violazione si riferisce a pi di cinque lavoratori ovvero si verificata nel corso dellanno solare per pi di cinquanta giornate lavorative, la sanzione amministrativa va da 154,00 a 1.032,00 e non ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. Per tale violazione non trova applicazione listituto della diffida di cui allart. 13 del D.Lgs. n. 124/2004 (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005, n. 8/2005, punto 5). Durata massima dellorario di lavoro - Il decreto, al fine di tutelare la salute e sicurezza dei lavoratori, di consentire una pi attuale distribuzione dei tempi di vita e di lavoro e di garantire eque condizioni di concorrenza tra le imprese, nel mercato comunitario, prevede un sistema di limiti alla durata della prestazione lavorativa organizzati in modo flessibile. La durata massima settimanale dellorario di lavoro, comprensiva sia del lavoro ordinario sia di quello straordinario, stabilita dai contratti collettivi e riguarda, in generale, sia il settore pubblico sia il settore privato. Lorario settimanale, sia in presenza sia in assenza di contrattazione applicabile, non pu superare le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario, per ogni periodo di sette giorni calcolate, come media, su un periodo di riferimento non superiore a 4 mesi. A tale limite deve attenersi lautonomia individuale. Il limite delle 48 ore medie, nel periodo di riferimento, deve essere rispettato sia nel caso in cui il datore stabilisca un orario rigido e uniforme sia nel caso in cui lorario di lavoro venga disciplinato in senso multiperiodale mediante il rispetto del limite come media, per ogni periodo di sette giorni, in un determinato periodo. Quindi il decreto non vieta prestazioni che superino, nellarco di sette giorni, le 48 ore in quanto il periodo di riferimento sia un periodo pi ampio della settimana e non superiore a quattro mesi, salvi i pi ampi periodi che pu fissare la contrattazione collettiva. Nella settimana lavorativa si potr superare il limite delle 48 ore settimanali purch vi siano settimane lavorative di meno di 48 ore in modo da effettuare una compensazione e non superare il limite delle 48 ore medie nel periodo di riferimento. Lattivit potr essere concentrata in alcuni periodi e ridotta in altri in modo da realizzare una efficiente gestione dei fattori produttivi. Ad esempio, in un periodo di 4 mesi dal 1 gennaio al 30 aprile, lorario settimanale di lavoro del mese di gennaio potrebbe essere di 60 ore, di 40 ore il mese di febbraio e di 35 ore il mese di marzo e di 48 ore il mese di aprile.

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di Potito di Nunzio
Nel caso in cui la contrattazione collettiva non provveda a disciplinare lorario di lavoro multiperiodale, lautonomia individuale potr intervenire esclusivamente con riferimento allorario di lavoro straordinario. La contrattazione collettiva, oltre che determinare la durata massima settimanale dellorario di lavoro, ha facolt di elevare il periodo di riferimento, in relazione agli specifici interessi del settore cui i datori di lavoro e i lavoratori appartengono, da 4 fino a 6 mesi e, in caso di ragioni obiettive, tecniche o inerenti allorganizzazione del lavoro, fino a 12 mesi. La durata massima dellorario di lavoro, pari a 48 ore medie nel periodo di riferimento, si applica anche nei confronti degli apprendisti maggiorenni. I lavoratori adolescenti, anche non apprendisti, rimangono assoggettati alla disciplina della legge n. 977/1967 che, allart. 18, pone un limite orario settimanale di 40 ore e uno giornaliero di 8 ore. Di tale limitazione, anche giornaliera, deve tenersi conto anche nellipotesi di distribuzione dellorario di lavoro su base multiperiodale. Per i bambini, liberi da obblighi scolastici, la stessa disposizione legislativa prevede al primo comma che lattivit lavorativa non pu essere prestata per pi di 7 ore giornaliere e 35 settimanali (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005, n. 8/2005 punto 6). Violazione in materia di durata massima dellorario di lavoro Lart. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 66/2003 stabilisce che la durata media dellorario di lavoro non pu in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario. In base ai successivi commi 3 e 4, la durata media dellorario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi e i contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare tale limite fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti allorganizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi. La violazione di tale previsione punita con la sanzione amministrativa da 130,00 a 780,00 per ogni lavoratore e per ciascun periodo di riferimento cui si riferisca la violazione. Questa era la disposizione in vigore fino al 23.11. 2010, in quanto a far data dal 24.11. 2010 entrato in vigore il Cd. Collegato Lavoro 2010 che ha modificato gli importi delle sanzioni (v. in LEGSILAZIONE). Per quanto attiene alle modalit di computo delle 48 ore settimanali va tenuto presente che, ai sensi dellart. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 66/2003 i periodi di ferie e i periodi di assenza per malattia non sono presi in considerazione ai fini del computo della media. Sebbene la previsione normativa faccia esclusivo riferimento solo alle ferie e alla malattia, in considerazione della ratio della disposizione, sembra possibile equiparare a tali assenze quelle dovute a infortunio e gravidanza, che comunque si ricollegano allo stato di salute del lavoratore. Tutti i restanti periodi di assenza con diritto alla conservazione del posto restano pertanto ricompresi nellarco temporale di riferimento, sia pur con indicazione delle ore pari a zero. In riferimento invece allarco temporale di quattro, sei o dodici mesi sul quale va calcolata la media delle ore di lavoro effettuate, si precisa che lo stesso da considerarsi scorrevole limitatamente ai periodi di ferie e malattia e periodi equiparabili alla malattia a differenza di quanto avviene negli altri periodi di sospensione (per esempio, sciopero). In altre parole, larco temporale di riferimento pu superare il quadrimestre (ovvero il semestre o lanno) in quanto nella sua determinazione non vanno computate le assenze dovute a ferie e malattia o periodi equiparabili alla malattia; ad esempio, nel considerare il quadrimestre gennaio/aprile, tale periodo, in considerazione delle assenze dovute a malattia, potrebbe scorrere nel mese di maggio. Quanto alla procedura estintiva della violazione mediante diffida, trattandosi di condotta commissiva e non risultando comunque recuperabile linteresse sostanziale protetto dalla norma, si ritiene che la stessa non possa trovare applicazione. (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005, n. 8/2005, punto 7). Superamento della durata massima dellorario di lavoro - Si segnala che a decorrere dal 25 giugno 2008, per effetto delle modifiche apportate dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, la disposizione che prevedeva lobbligo di comunicazione alla DPL del superamento delle 48 ore di lavoro settimanale stata abrogata, determinando, cos , il venir meno del predetto obbligo. Se ne mantiene il riferimento al solo scopo di assicurare i collegamenti con le interpretazioni ministeriali intervenute in materia nella vigenza della relativa disciplina. In caso di superamento delle 48 ore di lavoro settimanale, questa volta da intendersi come valore assoluto, attraverso prestazioni di lavoro straordinario, entro trenta giorni dalla scadenza del periodo di riferimento di 4 mesi o di quello superiore previsto dai contratti collettivi, il datore di lavoro che occupa pi di dieci dipendenti nellunit produttiva interessata tenuto a informare la direzione provinciale del lavoro - Settore ispezione del lavoro competente per territorio (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005 n. 8/2005, punto 9). La previsione valida anche nellipotesi di ricorso a prestazioni straordinarie per eccezionali esigenze tecnicoproduttive e impossibilit a fronteggiarle attraverso lassunzione di altri lavoratori (Interpello Min. lav. 27 settembre 2006, prot. n. 25/I/0004137). La comunicazione pu essere effettuata entro il mese successivo a quello di scadenza del periodo di riferimento di quattro, sei o dodici mesi, di cui ai commi 3 e 4 dello stesso art. 4.

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di Potito di Nunzio
Strettamente connessa alle modalit della comunicazione la definizione di settimana lavorativa. A tale riguardo si fa presente che non potendosi dare di essa una nozione rigida, ai fini delladempimento di che trattasi, si pu considerare tale ogni periodo di sette giorni con conseguente possibilit per i datori di lavoro di far decorrere la settimana stessa a partire da qualsiasi giorno, ovvero considerare settimana lavorativa quella prevista dal calendario (dal luned alla domenica) con la conseguenza, in questo caso, che il periodo di riferimento limitato alla fine della settimana di calendario con il trasferimento dei giorni in eccedenza nel periodo successivo (Lett. circ. Min. lav. 11 settembre 2003). Qualora il superamento del limite delle 48 ore non avvenga attraverso prestazioni di lavoro straordinario non dovuta la comunicazione ex art. 4, comma 5. Lobbligo di comunicazione pu essere adempiuto secondo le modalit previste dai contratti collettivi, in questo caso il mancato rispetto delle disposizioni contrattuali non costituisce violazione dellobbligo di comunicazione purch sia comunque raggiunto lo scopo comunicativo (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005 n. 8/2005, punto 9). Qualora la contrattazione collettiva preveda una periodicit semestrale o annuale, ci che va garantito che, nel passaggio tra un periodo di riferimento di 4 mesi e un periodo di riferimento pi ampio, non restino "scoperte" alcune settimane che potrebbero essere oggetto di comunicazione ai sensi dellart. 4 del D.Lgs. n. 66/2003 (Interpello Min. lav. 23 febbraio 2006 n. 25/I/0001770). Ai fini del calcolo dei dipendenti non devono essere computati i lavoratori con contratto di somministrazione, mentre i lavoratori a tempo parziale devono essere computati in proporzione allorario svolto tranne che nel settore del pubblico impiego (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005 n. 8/2005, punto 9). Criteri di computo - Lart. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 66/2003 prevede che i periodi di ferie e di assenze per malattia non devono essere considerati ai fini del computo della media di cui allart. 4. Il riferimento alla malattia, coma gi accennato, si ritiene debba intendersi equivalente a quello di "stato invalidante" e comprendere quindi anche le assenze comunque legate alla salute del lavoratore (infortunio, gravidanza ecc.). Linterpretazione pi corretta sembra consistere nel considerare neutre tali assenze rispetto al calcolo della media, con il conseguente slittamento del periodo di riferimento sul quale calcolare la media. Lo "slittamento" del periodo di riferimento , ovviamente, riferito al solo calcolo della media delle ore settimanali lavorate (non superiore alle 48) ma non rileva ai fini della scadenza dei termini per la comunicazione di cui al comma 5 dellart. 4 (superamento tramite straordinario) che indipendentemente dalle assenze rester cristallizzato nei termini di legge o in quelli fissati dalla contrattazione collettiva. Il comma 2 dello stesso articolo prevede che non vengano computate, ai fini del calcolo della media in questione, le ore di lavoro straordinario per le quali il lavoratore abbia beneficiato del riposo compensativo. In questo caso sembra doversi ritenere che tale meccanismo di calcolo possa essere adottato solo qualora sia il lavoro straordinario sia il relativo riposo compensativo siano effettuati in un medesimo periodo di riferimento, dovendosi, al contrario, provvedere a computare le ore di straordinario effettuate qualora il riposo compensativo sia effettuato in un successivo periodo di riferimento. Diversamente, stante la lettera dellart. 6 che fa riferimento ai criteri di computo ai fini del solo calcolo della media, il lavoro straordinario effettuato nella settimana, qualora il relativo riposo compensativo non sia goduto nella stessa, sar computato ai fini della comunicazione, di cui al comma 5 dellart. 4, relativa al superamento delle 48 ore nella singola settimana a causa della prestazione di lavoro straordinario. Il criterio di calcolo basato sulla media individua il limite entro il quale deve considerarsi rispettato il principio della tutela della salute e della sicurezza del lavoro, indipendentemente dalla durata effettiva del rapporto di lavoro Va inoltre chiarito che, nel caso di rapporti a tempo determinato di durata inferiore al periodo di riferimento (4, 6 o 12 mesi), per il calcolo dellorario medio di lavoro necessario considerare leffettiva durata del contratto di lavoro a termine. Invece nei rapporti di lavoro risolti inaspettatamente prima della scadenza del periodo di riferimento, il periodo da prendere in considerazione quale base di calcolo della media pari a 4 mesi (ovvero 6 o 12 mesi qualora previsto dalla contrattazione collettiva) (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005, n. 8/2005, punto 11). Riposo giornaliero - Il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutive ogni 24 ore, calcolate dallora di inizio della prestazione lavorativa. Rimane ferma la durata del normale orario settimanale fissato in 40 ore o nel minor valore individuato dalla contrattazione. Il periodo di riposo di undici ore un periodo minimo, salvi i casi di deroghe previste, quindi leventuale accordo che diminuisca tale periodo nullo e sostituito di diritto dalla disposizione normativa. Le parti possono accordarsi per un periodo di riposo maggiore di quello di 11 ore stabilito dallart. 7 del D.Lgs. n. 66/2003, in questo caso il lavoratore ha facolt di rinunciare al periodo di riposo compreso tra la misura convenzionale e quella minima prevista. Il lavoratore ha diritto al periodo di riposo giornaliero anche qualora sia titolare di pi rapporti di lavoro.

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Peraltro, poich non esiste alcun divieto di essere titolari di pi rapporti di lavoro non incompatibili, il lavoratore ha lonere di comunicare ai datori di lavoro lammontare delle ore in cui pu prestare la propria attivit nel rispetto dei limiti indicati e fornire ogni altra informazione utile in tal senso. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo salvo che per le attivit caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata, ossia per quelle attivit che, per loro natura, sono svolte in tal modo come, in particolare, lattivit del personale addetto alle pulizie. Per queste ultime attivit, sar la contrattazione collettiva a disciplinare le pi opportune modalit di fruizione del riposo giornaliero. Nel periodo di riposo non si computano i riposi intermedi, nonch le pause di lavoro di durata non inferiore a dieci minuti e complessivamente non superiore a due ore, comprese tra linizio e la fine di ogni periodo della giornata di lavoro, durante le quali non sia richiesto alcun tipo di prestazione lavorativa in quanto non si tratta di un periodo di riposo continuativo. Questi periodi non rientrano nellorario di lavoro n nel periodo di riposo. Il comma 3 dellart. 8 del D.Lgs. n. 66/2003 recita testualmente che "Salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, rimangono non retribuiti o computati come lavoro ai fini del superamento dei limiti di durata i periodi di cui allart. 5, R.D. 10 settembre 1923, n. 1955, e successivi atti applicativi, e dellart. 4 del R.D. 10 settembre 1923, n. 1956, e successive integrazioni". Questi periodi, pertanto, non rientrano nellorario di lavoro. Il richiamo operato allart. 5 del R.D. 10 settembre 1923, n. 1955, ha la sola finalit di individuare i periodi suddetti. Deve, pertanto, ritenersi abrogato il disposto di cui al secondo comma del citato art. 5 il quale prevedeva che "i riposi normali, perch possano essere detratti dal computo del lavoro effettivo, debbono essere prestabiliti ad ore fisse ed indicati nellorario di cui allart. 12". Da ci deriva che, alla luce della vigente disciplina, la pausa intermedia di 10 minuti possa essere anche mobile. Allo stesso modo deve pure considerarsi decaduto lobbligo della esposizione dellorario "in modo facilmente visibile ed in luogo accessibile a tutti i dipendenti" cos come lobbligo di comunicarlo allIspettorato del Lavoro previsto dallart. 12 del citato regio decreto (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005, n. 8/2005 punto 12). Deroghe in materia di riposo giornaliero - Lart. 7, nella parte che determina la misura e la consecutivit del riposo giornaliero, pu essere derogato ai sensi dellart. 17. La deroga pu essere disposta da contratti collettivi o accordi conclusi a livello nazionale tra le organizzazioni sindacali nazionali comparativamente pi rappresentative e le associazioni nazionali dei datori di lavoro firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro o, conformemente alle regole fissate nelle medesime intese, mediante contratti collettivi o accordi conclusi al secondo livello di contrattazione. Per poter derogare alla disposizione in materia di riposo le parti devono accordare ai prestatori di lavoro periodi equivalenti di riposo compensativo. Se, in casi eccezionali e oggettivi, non possono essere previsti dei periodi di riposo compensativo ai lavoratori interessati, deve essere accordata loro una protezione appropriata. In presenza di una siffatta tutela devono considerarsi ancora in vigore le previgenti disposizioni collettive che regolamentano lorario di lavoro non rispettando il limite di 11 ore di riposo consecutivo. Nelle ipotesi di attivit frazionate le deroghe alla disciplina in materia di riposi alle condizioni di cui allart. 17, comma 4, possono avere a oggetto la durata del riposo (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005, n. 8/2005, punto 12). Pause - Il lavoratore ha diritto a un intervallo di pausa dallesecuzione della prestazione lavorativa quando la stessa ecceda le sei ore nellambito dellorario di lavoro. Le funzioni per le quali previsto il diritto alla pausa sono individuate nellesigenza di consentire il recupero delle energie, nelleventuale consumazione del pasto e nellattenuazione del lavoro ripetitivo e monotono. La durata e le modalit della pausa sono stabilite dalla contrattazione collettiva. In mancanza di contrattazione collettiva che preveda una pausa per una finalit qualsiasi, anche ulteriore rispetto a quelle previste dal decreto, il lavoratore ha diritto a un intervallo non inferiore a 10 minuti. Il periodo di pausa pu essere fruito anche sul posto di lavoro, in quanto la finalit della pausa quella di costituire un intervallo tra due momenti di esecuzione della prestazione, ma non pu essere sostituito da compensazioni economiche. La eventuale "concentrazione" della pausa allinizio o alla fine della giornata lavorativa, che determina in sostanza una sorta di riduzione dellorario di lavoro, pu essere ritenuta lecita come disciplina derogatoria, ex art. 17, comma 1, e per il legittimo esercizio della quale necessario accordare ai lavoratori degli equivalenti periodi di riposo compensativo o, comunque, assicurare una appropriata protezione. Quindi si ritengono superate, dalle disposizioni di legge, quelle regole collettive o individuali che prevedono al posto della pausa la sola compensazione economica. La determinazione del momento in cui godere della pausa rimessa al datore di lavoro che la pu individuare, tenuto conto delle esigenze tecniche dellattivit lavorativa, in qualsiasi momento della giornata lavorativa e non necessariamente successivamente al trascorrere delle 6 ore di lavoro. Quindi, nellipotesi in cui lorganizzazione del lavoro preveda la giornata c.d. spezzata, la pausa potr coincidere con il momento di sospensione dellattivit lavorativa.

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La pausa minima stabilita per legge e corrispondente a 10 minuti deve essere fruita consecutivamente affinch possa essere raggiunta la finalit per la quale prevista. I periodi di pausa, stante la definizione di orario di lavoro, non vanno computati come lavoro ai fini del superamento dei limiti di durata. I periodi di pausa non sono retribuiti, salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi. In particolare non sono retribuiti i riposi intermedi che siano presi sia allinterno che allesterno dellazienda; il tempo impiegato per recarsi al posto di lavoro; le soste di lavoro di durata non inferiore a dieci minuti e complessivamente non superiore a due ore, comprese tra linizio e la fine di ogni periodo della giornata di lavoro, durante le quali non sia richiesta alcuna prestazione (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005, n. 8/2005, punto 13). Pausa per alcune particolari attivit - I lavoratori che utilizzino unattrezzatura munita di videoterminali in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, hanno diritto, qualora svolgano tale attivit per almeno quattro ore consecutive, a una pausa stabilita, nelle modalit, dalla contrattazione collettiva. Qualora nulla disponga la contrattazione collettiva, questi lavoratori hanno diritto a 15 minuti di pausa ogni 120 minuti di applicazione continuativa al videoterminale, senza possibilit di cumulo allinizio e al termine dellorario di lavoro. Il tempo di pausa considerato orario di lavoro. Il periodo di pausa di cui allart. 8 assorbito da quello appena indicato quando questultimo comporti una interruzione dellattivit lavorativa e non consista in un cambiamento dellattivit (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005, n. 8/2005, punto 13). Violazioni in materia di riposo giornaliero e settimanale Lart. 7 del D.Lgs. n. 66/2003 stabilisce che ferma restando la durata normale dellorario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attivit caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata. La previsione stabilisce pertanto che il datore di lavoro non pu richiedere al lavoratore lo svolgimento di una prestazione lavorativa, sia a titolo di orario normale di lavoro (anche multiperiodale), sia a titolo di lavoro straordinario, la cui durata determini il mancato rispetto del limite di 11 ore di riposo consecutivo nellarco delle 24 ore. La previsione introduce anche un ulteriore obbligo per il datore di lavoro, relativo alla consecutivit del riposo, con la sola eccezione delle attivit caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata (per esempio le attivit di pulizie e quelle tipiche della ristorazione). Sotto il profilo sanzionatorio, la violazione della mancata concessione del riposo giornaliero e/o settimanale punita con la sanzione amministrativa da 105,00 a 630,00. Queste sono le sanzioni in vigore fino al 23.11.2010; dal 24.11.2010 sono applicabili le sanzioni introdotte dal cd. Collegato Lavoro 2010 riportate in LEGISLAZIONE. A tal proposito si rileva che la previsione normativa, pur non commisurata al numero delle giornate e dei lavoratori, trova applicazione con riferimento alla singola condotta datoriale che comunque si sostanzia nel non consentire i periodi di riposo a ciascun lavoratore coinvolto e in relazione a ciascun periodo considerato (giorno o settimana). Ne consegue che, in tali ipotesi, vadano applicate tante sanzioni quanti sono i lavoratori interessati e i riposi giornalieri o settimanali non fruiti, fermo restando quanto stabilito dallart. 8, comma 1, legge n. 689/1981. Va infine rilevato che, in tale fattispecie, non trova applicazione lipotesi di cui allart. 8, comma 2, della legge n. 689/1981, concernente la continuazione nellambito delle violazioni amministrative, in quanto tale previsione riferita alle sole violazioni in materia di previdenza e assistenza obbligatoria e la disciplina sullorario di lavoro non rientra in tale materia. Per tale violazione non trova applicazione listituto della diffida di cui allart. 13 del D.Lgs. n. 124/2004. Da ultimo si ritiene opportuno richiamare lattenzione sulla applicabilit delle sanzioni relative al rispetto degli obblighi in materia di riposo settimanale anche ai dirigenti e al personale direttivo, alla manodopera familiare, ai lavoratori del settore liturgico e ai lavoratori che operano a domicilio o in regime di telelavoro (ex art. 17, comma 5, D.Lgs. n. 66/2003) (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005, n. 8/2005 art. 15). Deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno, durata massima settimanale - La norma recepisce una serie di disposizioni contenute nella dir. n. 93/104/CE come modificata dalla dir. n. 2000/34/CE. Si tratta di una serie di deroghe alle norme contenute nello stesso decreto legislativo in materia di riposo giornaliero (art. 7), pause (art. 8), modalit di organizzazione del lavoro notturno (art. 12), durata del lavoro notturno (art. 13). La derogabilit affidata alla previsione dei contratti collettivi nazionali (comma 1) ovvero, ove abilitata da questi ultimi, anche alla contrattazione collettiva di secondo livello. In mancanza di contrattazione, ovvero qualora non risultasse possibile definire alcun accordo, previsto che le deroghe possano essere adottate con decreto del Ministero del lavoro, su richiesta delle OO.SS. nazionali di categoria comparativamente pi rappresentative, ivi compresa la eventuale previsione di un periodo di riferimento pi ampio di un quadrimestre, ma contenuto nel periodo di sei mesi, ai fini del calcolo della media della durata massima dellorario settimanale.

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Sempre mediante decreto del Ministero del lavoro e alle condizioni di cui al comma 2 dellarticolo in esame, si pu derogare alla disciplina del riposo giornaliero nelle ipotesi di cui alle lettere a) e b) del comma 3 (attivit di lavoro a turni e frazionate durante la giornata). Infine, sempre nel rispetto dei principi generali di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, viene previsto (comma 5) che gli artt. 3 (orario normale di lavoro), 4 (durata massima dellorario di lavoro), 5 (lavoro straordinario), 7 (riposo giornaliero), 8 (pause), 12 (modalit di organizzazione del lavoro notturno) e 13 (durata del lavoro notturno) non trovano applicazione nei confronti dei lavoratori e delle prestazioni di cui alle lettere a), b), c) e d) del richiamato comma 5 (dirigente e personale direttivo aziendale e altre persone aventi potere di decisione autonomo; manodopera familiare; lavoratori nel settore liturgico; rapporto di lavoro a domicilio e telelavoro) che, essendo delle esemplificazioni, come lascia intendere lespressione "in particolare", non sono ipotesi tassative. Relativamente alla categoria di lavoratori di cui alla lettera a) del citato comma 5 (dirigente, personale direttivo aziendale o di altre persone aventi potere di decisione autonomo) non pu sottacersi - come del resto gi fatto presente con circ. n. 10 del 15 febbraio 2000 - che nellampia formulazione della norma trovano ingresso nuove figure professionali che, sebbene prive di potere gerarchico, conservano, nel disimpegno delle loro attribuzioni, ampia possibilit di iniziativa, di discrezionalit e di determinazione autonoma sul proprio tempo di lavoro. Pi in generale, si ritiene, poi, che la deroga al limite delle 48 ore settimanali riguardi anche quelle attivit le cui peculiarit non consentono di predeterminarne la durata. Si tratta di attivit nelle quali la professionalit dei lavoratori, dotati di competenze specialistiche, condizione essenziale per il funzionamento del servizio, di modo che lattivit del personale impegnato, talora anche a ragione della continuit del servizio offerto, reso in alcuni casi anche allesterno dellazienda, si concreta in una serie di interventi che non consentono la pianificabilit, in termini di tempo, del lavoro necessario al funzionamento del servizio (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005, n. 8/2005, punto 20). Sanzioni - In base al principio di irretroattivit delle leggi che prevedono sanzioni amministrative di cui allart. 1 della legge n. 689/1981, alle violazioni riferite al periodo antecedente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 213/2004, sar applicata la sanzione prevista dalla precedente disciplina, anche se laccertamento avvenga in data successiva e anche nel caso di emissione di ordinanza ingiunzione. A tal riguardo peraltro possibile citare quanto dettato dalla sentenza della Suprema Corte 26 novembre 2002, n. 16699, la quale stabilisce che "in materia di illeciti amministrativi, ladozione del principio di legalit, di irretroattivit e di divieto di applicazione dellanalogia, risultante dallart. 1 della legge n. 689/1981, comporta lassoggettamento della condotta considerata alla legge del tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilit della disciplina posteriore pi favorevole"; inoltre la medesima pronuncia chiarisce che la nuova disciplina non opera "limitatamente ai rapporti non esauriti, per essere ancora in corso i relativi procedimenti, n in relazione alle violazioni commesse precedentemente, ma per le quali lordinanza ingiunzione stata emessa dopo lentrata in vigore della legge, atteso che lordinanza ingiunzione non esercizio di un potere e provvedimento amministrativo costitutivo, ma atto puramente esecutivo, preordinato soltanto alla riscossione di un credito gi sorto per effetto della violazione commessa". Per quanto riguarda le sanzioni di carattere penale si applicano i principi in materia. Il D.Lgs. n. 213/2004 ha confermato la natura amministrativa o penale che gi apparteneva alle sanzioni precedentemente in vigore, tenendo conto del principio contenuto nellultimo periodo dellart. 2, comma 1, lett. c), della legge delega 1 marzo 2002, n. 39, il quale afferma che "in ogni caso saranno previste sanzioni identiche a quelle eventualmente gi comminate dalle leggi vigenti per le violazioni che siano omogenee e di pari offensivit rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi" (Circ. 3 marzo 2005, n. 8/2005, punto 23). Sospensione dellattivit - Al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di sospensione di unattivit imprenditoriale qualora riscontrino, tra laltro, reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli artt. 4, 7 e 9 del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, considerando le specifiche gravit di esposizione al rischio di infortunio. (D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 14).Per quanto attiene al requisito della reiterazione, da intendersi come ripetizione di condotte illecite "gravi" nellarco temporale dellultimo quinquennio, lo stesso va individuato a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge n. 123/2007 e cio dal 25 agosto 2007, con esclusione, quindi, delle condotte antecedenti a tale data (Circ. Min. lav. 14 novembre 2007, n. 24). Personale dipendente da aziende autoferrotranviarie. Regime sanzionatorio Con riferimento al D.Lgs. n. 213/2004, correttivo delle disposizioni del D.Lgs. n. 66/2003, e, segnatamente, alla predisposizione di apposite sanzioni (v. art. 1, lett. f), relative, in particolare, alla violazione delle norme sulla durata del riposo giornaliero (art. 18-bis, comma 4, del D.Lgs. n. 66/2003), sul riposo settimanale (art. 18-bis, comma 4) e sulla durata del lavoro notturno (art. 18, comma 7), necessario chiarire che, in virt della speciale disciplina applicabile al settore

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di Potito di Nunzio
autoferrotranviario, ove ricorrano le fattispecie predette, continuano a trovare attuazione le sanzioni previste dallart. 11 del R.D.L. 19 ottobre 1923, n. 2328 e dallart. 14 della legge n. 138/1958 (disposizione questultima applicabile al solo personale mobile dei servizi automobilistici di linea extraurbani), in virt dellespresso richiamo effettuato a tali provvedimenti di legge nellart. 19, comma 3, dello stesso D.Lgs. n. 66/2003 (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005, n. 8/2005, punto 17). Cumulo giuridico di sanzioni - Lapplicazione del cumulo giuridico di sanzioni deve ritenersi preclusa allispettore del lavoro poich essa richiede delicate ed ampie potest discrezionali che possono essere esercitate solo dallAutorit competente a ricevere il rapporto a norma dellart. 17, Legge n. 689/1981. Pertanto nella fase procedimentale di contestazione/notificazione dellillecito amministrativo, gli organi ispettivi possono esclusivamente quantificare la sanzione ai sensi dellart. 16, Legge n. 689/1981 in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se pi favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo.Da ci consegue la possibilit di ammettere, mediante il successivo provvedimento di ordinanza ingiunzione, la rideterminazione dellimporto sanzionatorio, gi quantificato ai sensi dellart. 16, Legge n. 689/1981, a condizione che dagli atti istruttori emergano elementi atti a configurare lunicit della condotta illecita a fronte della pluralit di violazioni (Interpello Min. Lav. 20 ottobre 2009, n. 75) Deroghe alla contrattazione di secondo livello - La c.d. Manovra d'estate 2008 ha introdotto un' importante novit in materia di deroghe alla contrattazione di secondo livello. Infatti, dal 25 giugno 2008, contrariamente a quanto previsto fino a tale data, in assenza di specifiche disposizioni nei contratti collettivi nazionali, le deroghe alle disposizioni riguardanti i riposi giornalieri, le pause, le modalit di organizzazione del lavoro notturno e i relativi obblighi di comunicazione, la durata del lavoro notturno, possono essere stabilite nei contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale. Il dato normativo chiaro, secondo la posizione assunta dal Ministero del lavoro, nello stabilire che, qualora il contratto nazionale detti una specifica disciplina in materia (sia pure richiamando le procedure di confronto aziendale per lindividuazione delle concrete esigenze aziendali) le parti possono legittimamente derogare alla disciplina legale, senza necessit di un ulteriore accordo a livelli inferiori di contrattazione. Resta fermo che tali clausole possono considerarsi legittime solo ove si rispetti lobbligo di garanzia di cui allart. 17, comma 4, del D.Lgs. n. 66/2003, secondo cui le deroghe possono essere ammesse soltanto a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata. Tali riposi compensativi, come evidenziato dalla Corte di Giustizia delle Comunit europee nella sentenza del 9 settembre 2003, resa in causa C-151/02, caso Jaeger, devono essere immediatamente successivi allorario di lavoro che sono intesi a compensare, al fine di evitare uno stato di fatica o sovraccarico del lavoratore dovuti allaccumulo di periodo di lavoro consecutivi (Interpello Min. Lav. 15 maggio 2009, n. 36) Abrogazioni Le disposizioni di legge e di regolamento in materia di orario di lavoro sono abrogate salve quelle espressamente richiamate dal D.Lgs. n. 66/2003. In particolare da ritenersi abrogato lart. 12 del R.D. 10 settembre 1923, n. 1955, relativo allobbligo di esporre in luogo accessibile a tutti i lavoratori, lorario di lavoro, e il D.M. 3 agosto 1999, pubblicato sulla G.U. del 10 agosto 1999, n. 186, perch emanato in attuazione dellart. 1, comma 2-bis, della legge n. 409/1998, oramai abrogata (Circ. Min. lav. 3 marzo 2005, n. 8/2005, punto 24). ORIENTAMENTI Rientrano nellorario di lavoro, i tempi: - di timbratura del cartellino (Cass. 25 maggio 1983, n. 3629). La decisione, in realt, di contenuto contrario rispetto alla presente affermazione, va vista nellottica della nuova disciplina che parla di "qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro". Pertanto se si considera latto di timbratura del cartellino come latto che attesta la presenza al lavoro ai fini della valutazione di tutte le implicazioni che derivano dal sinallagma contrattuale, imposto da direttive del datore di lavoro, pu ritenersi che tale operazione rientri nellorario di lavoro. Inoltre, con la timbratura del predetto cartellino marca-tempo di presenza, il dipendente pone in essere un atto tipico univocamente diretto a dimostrare la sua presenza nel luogo di lavoro per la prestazione lavorativa. Pertanto, qualora in seguito ad accertamento risulti lassenza del lavoratore, la falsa timbratura integra gli estremi del delitto di tentata truffa aggravata ai sensi degli artt. 56 e 640 del c.p. (Cass. Sez. pen. 26 luglio 1995, n. 8461). - vestizione e svestizione, quando il datore di lavoro impone ai propri dipendenti di indossare una divisa aziendale e disciplina il tempo e il luogo di esecuzione delloperazione (Cass. 21 ottobre 2003, n. 15734). La reperibilit pur consistendo in una limitazione della libert di disporre del proprio tempo a vantaggio del datore di lavoro, non costituisce prestazione lavorativa fino a che non viene attivato lintervento richiesto (Cass. 7 giugno 1995, n. 6400).

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di Potito di Nunzio
Non computabile, n viene retribuito il tempo impiegato per recarsi al lavoro, a meno che esso sia funzionale rispetto alla prestazione, come nel caso in cui il dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia poi di volta in volta inviato in diverse localit per svolgere la sua prestazione lavorativa (Cass. 22 marzo 2004, n. 5701). Sono, in ogni caso, fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi (Cass. 3 febbraio 2000, n. 1170). Lorario individuale di lavoro deve essere indicato nella lettera di assunzione, tramite rinvio alla disciplina collettiva (anche aziendale) o mediante specifica regolamentazione dello stesso arco della giornata, della settimana, del mese e dellanno. esclusa, invece, la possibilit di un mero rinvio a eventuali usi aziendali (Pret. Milano, 2 aprile 1986). Laccordo specifico tra le parti pu essere validamente modificato solo da un successivo patto tra le stesse (Cass. 26 marzo 1983, n. 2108). Se il contratto individuale non contiene indicazioni sulla distribuzione dellorario, questultimo deve essere ricavato dal comportamento delle parti successivo alla stipulazione e dal tipo di mansione svolta dal lavoratore (Pret. Pistoia, 7 maggio 1985). In assenza di limitazioni di origine contrattuale (individuale e collettiva) il datore di lavoro, nellesercizio del suo potere direttivo e organizzativo, pu distribuire lorario di lavoro in modo libero e discrezionale (Pret. Milano, 3 maggio 1994) ma non arbitrario (Pret. Parma, 1 giugno 1991). Tra i poteri del datore di lavoro rientra, infatti, la regolamentazione dei tempi inerenti lorganizzazione produttiva dallazienda, compatibilmente per con lesigenza del lavoratore di gestire il proprio tempo libero (Pret. Milano, 1 dicembre 1984). Inoltre, nel modificare unilateralmente la distribuzione dellorario, il datore di lavoro non pu peggiorare le condizioni del lavoratore, per esempio, incrementando, a parit di retribuzione, le ore settimanali di lavoro (Cass. 22 gennaio 1987, n. 587). Il tempo impiegato giornalmente dal lavoratore per raggiungere il luogo di effettuazione della prestazione resta estraneo allesplicazione dellattivit lavorativa vera e propria, non facendo parte del cosiddetto "lavoro effettivo e non si somma quindi al normale orario di lavoro (cos da essere qualificato come lavoro straordinario), salva lipotesi in cui il tempo di viaggio sia connaturato alla prestazione lavorativa. A tal fine sono irrilevanti sia la predeterminazione del luogo di lavoro e la sua identificazione o meno con lazienda sia la distinzione tra i casi di spostamento occasionale o temporaneo allesterno della medesima e quelli in cui la prestazione di lavoro debba essere normalmente eseguita in localit diversa dalla sede dellazienda stessa (Cass. 1 settembre 1997, n. 8275). Tali considerazioni valgono anche durante il periodo della trasferta. Pertanto, il tempo del viaggio non fa sorgere il diritto a un compenso autonomo ma assorbito nellapposita indennit di trasferta, che in parte diretta a compensare il disagio psicofisico e materiale dato dalla faticosit degli spostamenti (Cass. 24 aprile 1990, n. 3434; in senso conforme Cass. 8 marzo 1990, n. 1878 e Cass. 21 novembre 1985, n. 5745; Trib. Milano 26 novembre 1993; Trib. Milano 8 settembre 1993). Infatti il tempo di viaggio computabile e viene retribuito solo nel caso in cui il dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia poi di volta in volta inviato in diverse localit per svolgere la sua prestazione lavorativa (Cass. 22 marzo 2004, n. 5701). Ci salvo diversa previsione dei contratti collettivi (Cass. 3 febbraio 2000, n. 1170). Il personale direttivo ha diritto al compenso per prestazioni di lavoro straordinario solo nel caso in cui le norme collettive prevedano anche per il medesimo un orario normale di lavoro e questo venga in concreto superato oppure nel caso in cui la durata della prestazione lavorativa ecceda i limiti della ragionevolezza. Con riguardo al primo aspetto, va rilevato che qualora il CCNL applicato faccia riferimento allorario dellunit produttiva cui il funzionario addetto, non si pu ritenere fissato un orario rigido, in quanto lorario dellunit produttiva non coincide con quello contrattuale. In merito al limite della ragionevolezza, occorre sottolineare che principio consolidato che, sebbene non si applichi al personale direttivo la disciplina limitativa dellorario di lavoro, sussiste, comunque, anche per esso un limite quantitativo globale, non stabilito dalla legge, in relazione alla necessaria tutela della salute e dellintegrit psicofisica garantita dalla Costituzione a tutti i lavoratori. Al Giudice spetta, quindi, esercitare un controllo sulla ragionevolezza della durata delle prestazioni e riconoscere, se del caso, al lavoratore il diritto al risarcimento del danno. A tal fine deve essere valutato, non tanto lelemento quantitativo del numero di ore lavorate, quanto lelemento quantitativo relativo allimpegno fisico e intellettuale richiesto al lavoratore (Cass. 29 gennaio 1999, n. 820; Cass. 20 marzo 1997, n. 2476; Trib. Milano 22 dicembre 1992). 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