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Il tema dei qualia promuove posizioni a volte molto radicali. Quali argomenti abbiamo per difendere tale nozione?

Come rispondereste alle obiezioni di Dennett?


Giuseppe Mirabella

Prima di addentrarci nell'oggetto della nostra ricerca sono doverose premesse enunciative di cosa siano la coscienza e la mente, dandone definizioni a volte univoche, a volte contraddittorie. Per A.I. Goldman, la coscienza ha modo di esistere come natura metafisica della mente, dove la mente, data la lezione di Cartesio, una sostanza completamente non-fisica e immateriale1; Cartesio sosteneva la possibilit di considerare la propria esistenza, per assurdo, come pura entit pensante senza un corpo o un cervello. La tripartizione delle idee secondo Cartesio, in innate, avventizie e fattizie, ha influito sullo studio della mente fino ai giorni nostri. Spiegando velocemente cosa si intende con questi tre termini e ponendo l'accento sul primo tipo di idea entreremo nel problema dei qualia. L'idea innata e da qui si potrebbe parlare lungamente di ontologia e psicologia del senso comune, ma anche della Scolastica che disse la sua sull'istinto proprio degli animali2 quella idea connaturata in me; l'idea avventizia quella idea prodotta dalle cose, oggetti, soggetti esterni da me; l'idea fattizia il prodotto, l'estro, si potrebbe dire, della propria mente. Julian Jaynes, psicologo che intreccia anatomia, antropologia e storia e voce sicuramente fuori dal coro, ha cercato di dare una definizione o una pluralit di definizioni
1 A.I. Goldman, Applicazioni filosofiche della scienza cognitiva, 1996 Bologna, pag.67 2 Per Cartesio gli animali sono macchine, la Scolastica piuttosto lasciava spiragli all'intellezione delle creature. Cfr Meditazioni metafisiche VI-105ss (nell'edizione per i tipi della Laterza, 2009 Roma-Bari, con traduzione e introduzione di Sergio Landucci)

della mente-coscienza: come per Cartesio che, nelle Meditazioni metafisiche, utilizza il termine mente alternandolo ad anima o addirittura ad animo, utilizzando sporadicamente il termine coscienza, Jaynes3 tenta di colmare un vuoto tutto dovuto a condizionamenti e sentir comuni accademici: l'idea di partenza che la coscienza sia propriet della materia (coinvolgendo Gilbert Ryle, si potrebbe dire che la mente sia parameccanica), un monismo chiamato compresenza, prensione, o comunque che la coscienza sia un albero e gli stati coscienti il terreno. Tale idea per non regge a quella esperienza chiamata dell'introspezione4, in quanto mette in discussione il materialismo che vi sotteso. (Qualcuno ricorder quel verso della canzone Mi fido di te di Lorenzo Jovanotti Dottore dottore, che sintomi ha la felicit?). Darwin entr nel dibattito, 150 anni dopo le sue evidenze, facendo pensare ad una mente protoplasmatica; alcuni animali hanno anch'essi le sinapsi che non sono peculiarit dell'essere umano ma come ben sa ogni ragazzo che ha infilzato un'esca in un amo, se si taglia in due un lombrico, non tanto la parte anteriore, col suo primitivo cervello, ha darsi pensiero della cosa, quanto la met posteriore, che si contorce 'per il dolore' 5 Altro presunto errore, che assimila l'uomo al topo del labirinto dei tentativi ad errore, quello che intende la coscienza come apprendimento, termini che si fondono ma come possibile?! - nella parola esperienza. E poi, infine la mente-coscienza gioco a volte provvidenziale, a volte puro rodeo competitivo per filosofi, o la coscienza, talvolta presentata secondo Goldman6, come imposizione metafisica: noi soli fra le varie specie ci
3 Si veda di J.Jaynes, Il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza, 1984 Milano, I capitolo 4 Capacit di far affiorare dalla coscienza le pi piccole sfumature di pensiero (scuola di Wrzburg); pensiero senza immagini (A. Binet); capacit di cogliere senza sperimentazioni applicative le impressioni e gli stati sempre mutevoli della coscienza (W. James); tout court guardare dentro se stessi. (Utile consultare il Manuale di Psicologia generale, [cur L.Mecacci], 2001 Firenze-Milano) 5 J.Jaynes, Il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza, pag. 19 6 Estenuante anche l'autoreferenzialit e i tecnicismi e un vocabolario che mal si sopporta degli autori anglosassoni di tradizione analitica che si occupano di filosofia della mente, financo tradotti.

sforziamo di capire noi stessi e il mondo; pi una affermazione esistenziale che una garanzia metafisica sulle nuove sfide della filosofia applicata. Altro elemento che dovrebbe spingere alla ricerca quello stupore (come non ricordare la parola greca teras prodigio e mostruosit, presente nel senso che qui ci interessa nel Parmenide 129b1-3; b6-c3!) di cui parla implicitamente Romano Guardini:
Chiunque pensi sa che continuamente gli si presentano alla mente cose che sembrano semplicissime, anzi banali, la cui apparente banalit tuttavia soltanto il rovescio della loro profondit e ricchezza di significati. Questa semplicit pu addirittura far velo alla loro rilevanza. Alla nostra attesa piace ricercare l'interessante e il grandioso; ma finch noi conserviamo questo desiderio, quant' veramente significativo si circonda del carattere della quotidianit e cos scompare dalla nostra vista. Chi pensa davvero deve imparare ad andare oltre l'apparenza dell'ovvio e a immergersi nelle profondit abissali. Prendiamo in considerazione una verit di questo genere, e cio quella che ci concerne pi da vicino: il fatto che io sono appunto quello che sono, che ciascuno di noi se stesso. Noi esprimiamo tale verit con la frase: io sono per me il dato per eccellenza: ci di cui m' evidente che esso sia, che costituisce il presupposto per tutto il resto, al quale tutto riferisco e a partire dal quale m'accosto a tutto. In tutto dunque presuppongo me stesso. Ogni asserzione che pronunzio contiene espresse o sottintesa la parola io. Ogni azione che compio sorretta da me. Ci che avviene nella mia sfera vitale mi investe. Io ci sono sempre: direttamente in attivit immediata, incontro, venendo influenzato; o indirettamente, essendo investito il mio ambiente, il mio paese, il mio mondo.

Cos facendo posso allontanarmi sempre pi dall'io immediato. 7 (corsivi miei)

Certo utilizzare un passo del Guardini (1885-1968) pu essere per alcuni quanto meno pericoloso (anche se fu vittima della censura nazista)8 o colonizzatore, con la sua piena cristianit cattolica9, ma ha da dirci cose che per molti possono sembrare ovvie (si scusi il triplex malum del sorite), ma in realt hanno una importanza cogente: l'essenzialismo che collegato al senso comune (o a quel utilissima espressione tomasiana simplex apprehensio); l'antropocentrismo debole del dato per eccellenza, ovvero noi stessi; il sano riduzionismo10 della quotidianit che non ha nulla a che spartire con gli iniziati della filosofia professionale e tutti gli specialisti della comunicazione mediata e non meditata. Lo stesso Thomas Nagel, di cui approfondiremo alcune idee pi in l, ha affermato che La coscienza come la Trinit; se spiegata in modo tale che tu possa capirla, allora non stata spiegata correttamente. 11 Volendo ridurre a schema quello di cui sopra, si guardi a presso: S (noi stessi) O(complessit)> senso comune > O' (sano riduzionismo della quotidianit) Molto simili, ma differenti per uditorio e fini rispetto a Guardini di cui contemporaneo, le conclusioni dello psicologo Sante De Sanctis (1862-1935) per cui la coscienza un complesso, una fusione di elementi conoscitivi, affettivi e motori, ovvero quel fenomeno interno per cui avvertiamo di essere noi stessi presenti e di avere pensieri, sentimenti, determinazioni di cui possiamo seguire il decorso. 12
7 R. Guardini, Accettare se stessi, 1992 Brescia 8 P. Engel-R. Rorty, A cosa serve la verit?, 2007 Bologna, pag. 26 Engel pone l'accento sul nesso Verit/Fanatismo 9 Condivido il Manifesto di Marcus Krienke, consultabile su http://www.cattedrarosmini.org/site/view/view.php? menu1=m1&menu2=m3 10 In un senso anti-filosofico e in una veste non-scientifica 11 T. Nagel, Questioni mortali, 1986 Milano 12 Sante De Sanctis. Tra psicologia generale e psicologia applicata (curr G.Cimino-G.P. Lombardo), 2004 Milano

Scrive Dennett nel saggio "Quainare i qualia":


La mia tesi non dice soltanto che i vari concetti tecnici o teorici dei qualia sono vaghi o ambigui, ma che il concetto madre o la nozione "preteorica" di cui quegli altri si ritiene siano un perfezionamento cos confusa che anche se ci incaricassimo di salvare un 'minimo comun denominatore' delle proposte dei teorici, qualunque versione accettabile sarebbe per forza di cose cos radicalmente diversa dalle nozioni malformate cui si fa appello di solito, che sarebbe tattica ottusa [...] restare aggrappati a quel termine. Da un punto di vista tattico molto meglio dichiarare che i qualia semplicemente non esistono. 13

Ma cosa sono i qualia: caratteri fenomenici di un'esperienza di qualsivoglia genere, ma in particolare di quelle di tipo percettivo (per intenderci i cinque sensi) ma i problemi sorgono da due elementi: (1) l'intenzionalit e soprattutto (2) i termini proposizionali: i qualia non sono contenuti (termine caro anche agli psicologi) ma hanno carattere di esperienza percettiva.14 Oppure, prendendo ad esempio l'espressione : Filippo un uomo presente a se stesso, intendiamo dire che fenomenologicamente o soggettivamente gli stati mentali di Filippo sono presenti; i nostri stati mentali ci sono presenti. Potremmo dire, con A.I. Goldman che questo concetto sia definibile come autoscrizione mentalistica. 15 E tuttavia altrettanto difficile concepire i qualia come qualcosa che letteralmente 'interno' agli individui non sembra ci sia qualcosa di rosso dentro di noi, quando vediamo una mela rossa; perci se esistono i qualia devono essere ontologicamente sui generis.16 Questa affermazione ha carattere peggiorativo rispetto al Dennett il quale parla quasi per
13 D. Dennett, Mente e corpo. Dai dilemmi della filosofia alle ipotesi delle neuroscienze, 2004 Torino 14 S.Gozzano, La Coscienza, 2009 Roma, pagg. 70 e ss. 15 A.I. Goldman, Applicazioni filosofiche della scienza cognitiva , pag. 89 16 F. Cappa, Intenzionalit e progetto. Tra filosofia e pedagogia, 2007 Milano, pag. 94

principio; qui Cappa addirittura immagina e smentisce all'unisono quei qualcosa chiamati qualia come entit interne agli individui e pone come alternativa che non esistano entit peculiari come i qualia e le funzioni della coscienza ne spieghino l'evoluzione. [] L'introduzione dei qualia riflette piuttosto una strategia teorica problematica. Per un verso, i qualia dovrebbero essere entit sui generis, delle quali difficile indicare le condizioni di identit. Per un altro, l'introduzione di un genere di entit tanto peculiari per spiegare la coscienza non l'ipotesi pi naturale, come si visto, e non affatto senza alternative ragionevoli: come la significativit delle espressioni non richiede un'ontologia di 'significati', la fenomenologia potrebbe non richiedere affatto un'ontologia di qualia.17 Come l'essere alla moda non ha sempre bisogno di Vogue Italia. E non questione di Tot homines quot sententiae: Date le difficolt che abbiamo pi volte richiamato nel trattare il lato fenomenico dell'esperienza (io penso subito a quel brutto libro di favole di Hofstadter e dello stesso Dennett, L'io della mente, nda) in un quadro naturalistico e scientificamente orientato, si pu pensare che la soluzione pi prudente consista nel concentrarsi sul lato funzionale della coscienza e di tralasciare senz'altro quello fenomenico. 18 In un libro a pi voci (Damasio, Searle, Rorty, Fodor e altri) la Carli pone il seguente quesito a Dennett:Se la coscienza, e in un certo senso il soggetto stesso, sono soltanto un'illusione filosofica, come si risolve la questione degli stati soggettivi della coscienza, i cosiddetti qualia, la paura, il dolore, la gioia, le impressioni sensoriali personali e private? E Dennett: Credo che il problema dei qualia sia legato a un modo artificioso di porre la questione del s e della coscienza.19
17 F. Cappa, Ibidem 18 P. Perconti, Coscienza, 2011 Bologna, pag. 184 19 D. Dennett, La coscienza: un eterno enigma filosofico in Cervelli che parlano. Il dibattito su mente, coscienza e intelligenza artificiale, (cur E. Carli) 2003 Milano, pag. 76

Dove dovremmo rifugiarci allora per comprendere la questione del S e della coscienza, se artificioso pensare ai qualia come ai nostri stati percettivi questo problema un minuscolo granello di sabbia confuso nelle dune degli addii alla verit dei nostri tempi? Nel ragguaglio periodico dell'estratto conto della banca? (Engel); tra the hope to trascend finitude and the hope for a world in which human beings live far happier lives than they live at the present time?20; nel litro di vino bordeaux quotidiano di Kant? Sar che confondo i campi di pertinenza filosofica, ma una coscienza ben predisposta alla virt (aret) quotidiana a mio avviso altamente funzionale (e non c' bisogno della De Monticelli per capirlo). E usando il termine riduzionismo nella versione ortodossa sarebbe utile pensare in termini di soggetto, relazione intenzionale e oggetto. Minimo sindacale. Tutto invece sembra andare verso il pensiero debole che rinuncia al problema della verit, verso la postmodernit smaliziata e predatoria nel suo approccio al mondo, dove Non esistono verit ma soltanto interpretazioni e il mondo della metafisica compiuta il mondo nel quale, secondo l'espressione di Nietzsche, il deserto cresce.21 Guerra, crisi economica, secondo M. Ferraris impegnano nell'assertivit tra vero e falso, giusto/ingiusto e quando arrivare alla fine del mese impossibile, la realt si realizza e lo Stimmung, diciamo cos, si fa meno virtuale. Oltre che filosoficamente inconsistente, appellarsi alla realt, in epoche ancora legate al micidiale slogan 'l'immaginazione al potere', appariva come il desiderio che nulla cambiasse. 22 E per quanto riguarda i qualia? Usando il metodo fenomenologico estrometterei dal discorso i qualia mettendo tra parentesi e facendo epoch del termine, riducendo eideticamente senza farmi troppe domande sull'esistenza e sulla modalit dell'esistenza, e
20 R. Rorty, An Ethics for Today. Finding Common Ground between Philosophy and Religion, 2011 New York, pag. 14 21 T. Di Bella, L'autenticit dell'esistenza e il problema di Dio in Martin Heidegger, 2004 Messina 22 M. Ferraris, Il ritorno al pensiero forte. Dalla Germania all'Italia la nuova filosofia realista, in la Repubblica, 8 agosto 2011. Cfr La Civilt Cattolica 2011 IV 131-140

mi appellerei al 1) paradosso di Moore, esistono ma non ci credo e viceversa, e 2) all'utilit esplicativa, al cash value (W. James) di pensare a queste entit in misura funzionale agli studi teorici sul fenomeno-coscienza.

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