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Universit degli Studi di Palermo - Facolt di Architettura Corso di Laurea in Architettura LM4 - A.A.

2011 2012 Laboratorio I di Progettazione Architettonica docente: prof. Michele Sbacchi Relazione sul libro: Vittorio Gregotti, Sulle orme di Palladio. Ragioni e pratica dellarchitettura, Laterza, Bari 2000. All. Arch. Giorgio Deleo

Vittorio Gregotti uno dei primi grandi personaggi con il quale mi sono dovuto approcciare, nella mia seppure ancora brevissima incursione nel mondo dellarchitettura tramite il mio corso di laurea. Cercher allora di scrivere qui le informazioni basilari sullautore del testo che mi stato consigliato, i punti che pi mi hanno colpito e spinto a riflessione e le mie opinioni su quanto ovviamente letto. Se dovessi definire il personaggio autore del libro con un aggettivo sarebbe sicuramente poliedrico. Si laurea in Architettura al Politecnico di Milano nel 1950. Inizia la sua carriera collaborando con la storica rivista Casabella, diretta da Ernesto Nathan Rogers, che in seguito dirige durante 14 anni a partire dal 1982. Dal 1953 al 1968 ha svolto la sua attivit in collaborazione con Ludovico Meneghetti e Giotto Stoppino (Architetti Associati). Nel 1974 crea il suo studio professionale Gregotti Associati International, che da allora ha realizzato opere in una ventina di paesi. Durante la sua carriera ha scritto ben diciassette libri senza mai scadere in qualit, che spaziano allinterno della saggistica come critiche e riflessioni sulla materia dellarchitettura. Egli stesso afferma, nel testo oggetto di questa relazione, di sentire come lesigenza di affrontare la sua professione dalla maggiore parte di punti di vista possibili proprio per trovare nuovi spunti alla sua crescita professionale1: Ho sovente riflettuto sulle ragioni per le quali, in tutta la mia vita, oltre che fare larchitetto e quindi progettare, disegnare e cercare di costruire, mi sono trovato continuamente a scrivere, a dirigere riviste di architettura, a partecipare a seminari e convegni, a insegnare. Eppure sono sicuro che non mi sarebbe piaciuto fare separatamente nessuno di questi nobili mestieri () Egli allora dimostra di scrivere testi di settore non per seguitare obbiettivi quali il successo e i soldi2, ma perch essendo un professionista completo riesce non solo a muoversi con disinvoltura allinterno del suo campo lavorativo, ma anche a distaccarsi da esso, per poterlo studiare, ponderare e in dichiarata umilt giudicare costruttivamente. Infatti in questa ottica egli tratta pi volte3 di un argomento solo apparentemente banale in quanto sicuramente basilare, e cio come si compone la cosa dellarchitettura, chi larchitetto oggi, quali sono i suoi compiti, quali dovrebbero essere i suoi obbiettivi e la sua etica. Il campo lavorativo dellarchitetto spazia agilmente tra lambito estetico-decorativo e la comprensione e regolazione di tutto ci che definibile tramite uno o pi spazi e che ha quindi una forma. Il raggio dazione definito da varie condizioni sociali e storiche dellarchitetto allora vario e non coincide necessariamente con il territorio dellarchitettura inteso

1. v. Vittorio Gregotti, Sulle orme di Palladio, ragioni e pratica dellarchitettura, Gius. Laterza & figli Spa, Bari 2000, p. 82 2. In effetti egli stesso afferma nel libro in questione che specie nella societ, pochi leggono ormai libri di settore. 3. cfr. Vittorio Gregotti, Il territorio dellarchitettura, Feltrinelli Editore, Milano, 1966

come pura progettazione edilizia4. Nellambito della progettazione, egli si trova a dover conciliare le richieste del cliente con una molteplicit di aspetti diversi relativi spesso contrastanti5, che seguendo letica professionale oramai sovente dimenticata, potrebbero portarlo anche alla remissione del mandato. Rimane pur vero che oggi il nostro campo di lavoro mitigato dal processo di specializzazione e scientifizzazione dei vari aspetti della costruzione, ma anche nella messa in opera di un lavoro apparentemente solo ingegneristico quale un infrastruttura, lazione dellarchitetto rimane importante in quanto controllore e regolatore generale del cantiere, poich egli possiede una cultura talmente vasta da potere dialogare efficacemente con i diversi specialisti e farne da arbitro durante lavanzamento del progetto. In definitiva il compito principe di un architetto quello di dar forma visibile e significativa alla risoluzione di un problema, come passare dalle questioni al loro modo di essere architettonico . Nonostante ci per quelle che sono le mansioni e i significati di questa professione rimangono molto confuse nellopinione comune, nonostante sia oggi di gran moda cominciare questa tortuosa carriera. La volont di intraprendere questo cammino, dovrebbe nascere da una vocazione, espressa tramite un talento naturale verso la costruzione, il disegno o larte in generale6, oppure tramite la presenza di un modello, esterno o interno alla famiglia, che ammiriamo. Secondo Vittorio Gregotti, importante apprendere ed esercitarsi per affinare le proprie abilit pratiche e intellettuali ed espandere la propria cultura, non solo tramite gli studi universitari, ma anche tramite letture personali, lezioni extra-ordinarie, confronti con i colleghi gi nello stesso ateneo, e con il lavoro subordinato ad un altro architetto che dovrebbe quanto pi possibile essere vicino ad un idea di maestro. Ci che risulta in breve essere essenziale nellapprendimento di questa professione, almeno una goccia di passione, perch lunica componente che non pu essere instillata in nessuno di noi. Quella che rimane comunque il suo compito primario oggi, resta la progettazione. Risulta necessario specificare il momento storico in quanto questo compito sempre mutato nel tempo di pari passo con la societ. In epoca greca-micenea gli architetti erano alle dirette dipendenze del tiranno prima, e della polis dopo, mentre in epoca ellenistica, si avvicinano molto ad imprenditori, tanto pi famosi quanto lo erano le dinastie alle quali si legavano, cos come in epoca Romana, dove possiamo prendere ad esempio Vitruvio che fu un amministratore tecnico dello Stato, un magistratus che dirigeva i lavori. Per tutto lAlto Medioevo fino al fiorire delle corporazioni, il magister ad muros appartiene al mondo delle arti meccaniche, che nonostante si occupi della coordinazione di diversi operai, lavora anche direttamente con le mani. Infine, a partire dal XII secolo, la figura dellarchitetto, viene a coincidere sempre di pi con quella del progettista, destinato a diventare sempre pi un intellettuale. Ma allora cosa produce, oggi, un architetto7? Nel caso specifico dellarchitettura, il termine progetto indica tutto il procedimento e gli elaborati che precedono lesecuzione di unopera, ma anche le ragioni di significato con cui tale procedimento stato scelto. () Ci significa che, nonostante le connessioni con il futuro oggetto reale, possibile riflettere intorno alla progettazione architettonica come prodotto in s, in modo operativamente separato dallesecuzione stessa dellopera: nel nostro contesto sociale, cio, larchitettura non produce cose ma progetti di cose.

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Gli architetti si occupavano anche di macchine e cannoni, erano scalpellini, pittori, decoratori, ma anche maghi e sacerdoti. Oggi sono archeologi, pianificatori, urbanisti, grafici, paesaggisti pubblicitari, disegnatori, imprenditori, insegnanti. Percorrono carriere istituzionali e, naturalmente, progettano.

5. Questo contrasto pu essere di natura tecnica, economica o morfologica. 6. Linteresse artistico del Gregotti adolescente per esempio era relativo soprattutto alla musica. 7. v. Vittorio Gregotti, Sulle orme di Palladio, ragioni e pratica dellarchitettura, Gius. Laterza & figli Spa, Bari 2000, pp. 35-39

Quando si pensa alla progettazione, non bisogna immaginare solo un palazzo o una costruzione specifica, in quanto la nostra pratica si rivolge spesso a considerare grandi ambienti quali complessi progetti di insieme. A questo proposito la citt sempre stata, nella storia, lo spazio privilegiato per la coltivazione dellarchitettura, essendo densamente abitata e costruita, e a volte isolabile quasi come un ambiente chiuso e completo. Proprio a questo proposito, uno dei grandi problemi dellarchitettura contemporanea lestendersi di quello spazio incerto tra area urbana consolidata e campagna. Mentre possiamo immaginare un ordinato borgo medioevale, dalle vie tortuose costruito sulla cima di una collina, difficile trovare una logica nelle sempre pi ampie zone periferiche delle grandi citt, disordinate e di bassa qualit. Quando ci si occupa di urbanistica spesso si cade nellerrore di eccedere in uno di due modi di operare ricorrenti, cio la frammentazione e la ricomposizione. Quando il principio della frammentazione si estende troppo diventa incomprensibile il rumore ed il disorientamento. Al contrario, quando si estende il principio della ricomposizione, il rischio della ripetitivit e della assenza di gerarchie percettive, si trasformano in una sensazione oppressiva, tipica delle periferie postbelliche di molte citt. Questo ragionamento conclude qui Gregotti deve far riflettere sul fatto che proprio la risoluzione di un problema urbano ancora di pi la risoluzione di un problema collettivo, ed quindi un problema architettonico che nelle relazioni di oggi diventa prova eccellente per il mestiere dellarchitetto perch in questo senso ogni architettura implica una diretta responsabilit pubblica. Tra i vari interessi che lautore del libro oggetto di questa relazione egli stesso segnala un interesse per la storia. Secondo Gregotti infatti la storia ha come scopo quello di farci interrogare sulla nostra condizione di oggi per indagare su come siamo diventati oggi partendo dagli eventi passati, ci fa prendere coscienza del terreno su cui camminiamo e sulle sue stratificazioni, quindi del nostro presente e in minima parte sul nostro futuro. Invece oggi, in questa societ che si evolve pi frenetica e caotica, nella sempre pi fine specializzazione della cultura, la teoria dellarchitettura ha perduto il suo modo principale di organizzarsi che stato per molti secoli il trattato oggi sostituito da forme frammentarie come riviste, saggi o piccoli libri. Larchitettura diventa allora una produzione che mira ad avere tutto e subito, mentre dovrebbe avere la propria qualit proprio nella prospettiva di essere apprezzabile dalle generazioni future, in quanto la progettazione e la messa in opera di un manufatto architettonico richiede tempi significativamente pi lunghi. Allora a fronte di una giovent sempre pi indifferente al nostro passato immersa in spazi virtuali e strumenti informatici, sarebbe opportuno recuperare non solo lesercizio del disegno con la matita, ma proprio il contatto con la carta, per potersi muovere meglio in questo mondo figurativo ed effimero formato da pubblicit, fotografia, cinema, televisione, in quanto diventa cos necessario comprendere la struttura delloggetto delle nostre tavole. Per un architetto, anche linsegnamento universitario potrebbe essere una parte importante del suo lavoro, in quanto significa mettere in discussione attraverso le nuove generazioni i propri punti di vista, per poterli trasformare in materiale utile allarchitettura. Quando un manufatto architettonico risultato tratto anche da riflessioni teoriche ma anche soggettive, diventa discusso e criticato dopo il suo completamento, diventa narrativo, eloquente, e a sua volta ottimo materiale per nuove architetture. Ma come si svolge a livello pratico il lavoro di un architetto professionista? Innanzi tutto un lavoro in grande parte collettivo, sia nella concezione che nellelaborazione, e il ruolo di ogni membro del gruppo cambia in continuazione per mantenere alta lefficienza. Uno studio di architettura assomiglia ad un atelier dartista o ad un ufficio o azienda: del primo ha i caratteri della libert di lavoro e i disegni appesi ai muri, modelli semicostruiti e computer, del secondo invece segreterie, appuntamenti, amministrazione, elaborazione di documenti. Ma occorre dire che il lavoro dellarchitetto un lavoro duro, faticoso, molto spesso messo in crisi da un concorso non vinto eppure tutte queste caratteristiche rendono questo lavoro interessante mettendo ogni volta alla prova le capacit di ognuno indipendentemente dai risultati ottenuti. importante notare su come lorganizzazione di uno studio professionale si sia evoluta cos come la professione stessa. Alla fine dellottocento erano presenti studi professionali piuttosto ampi come Otto Wagner o Peter Behrens. 3

Il periodo delle avanguardie ha visto in primo piano studi di piccole dimensioni talvolta in stretto collegamento con scuole sperimentali o studi tra loro interconnessi da interessi culturali comuni. Nel dopoguerra si sono instaurati studi grandissimi che svolsero un buon lavoro dal punto di vista funzionale ma di scarso interesse creativo e culturale, in quanto prevaleva la struttura aziendale sul carattere dellatelier che necessita comunque oggi di una seria organizzazione e di media dimensione per affrontare progetti impegnativi. Non bisogna per mai dimenticare laltra faccia del lavoro tipico di un architetto che quello svolto in un cantiere, come luogo di prova sia quando si debba improvvisare sul momento per risolvere un problema immediato e inatteso, sia come momento di verifica delle proprie capacit di progettazione e previsione del lavoro nella messa in opera, e infine della propria attitudine a distribuire e rendere efficaci le forze lavoro e i materiali a disposizione. Il progetto, a differenza di quanto sostengono alcuni, non cresce insieme al cantiere stesso, ma opportuno, nonostante le scadenze spesso non lo permettano, mettere appunto un disegno quanto meno di massima in collaborazione con tutti i specialisti del caso. Allinterno della bottega di Gregotti quando un committente, pubblico o privato, commissiona un progetto, la prima fase consiste nel chiarire se il lavoro sar realizzabile rapportandolo con le condizioni fisiche dellambiente circostante le norme istituzionali e con il budget previsto8. Contemporaneamente vengono ricercate altre opere simili da usare come esempi pratici per partire da idee sicuramente buone e non scadere in errori gi compiuti. Inoltre, un progetto deve sempre rapportarsi lungo la sua elaborazione con le normative vigenti e sulle offerte di mercato entro il quale deve muoversi. Riguardo luso dei sistemi informatici, la sua espressione visiva, ampliata dalla pubblicit e dai mezzi di comunicazione di massa, sembra evocare lidea che lo strumento la soluzione. In effetti i computer hanno il pregio di avere ampliato, da un lato, le possibilit di comunicazioni rapide ed esatte, oltre che ovviamente avere reso molto pi facile la rappresentazione delle superfici complesse tanto da rendere quotidiano se non addirittura scontato il loro uso. Per si deve tenere presente che specie nella parte pi creativa della progettazione, cio quella iniziale di ideazione e disegno iniziale, il computer presenta il disegno in scala al vero, e necessiterebbe una definizione nella concezione del lavoro che certamente in quella fase non si possiede. Si rende in questo modo difficile ogni procedimento per approssimazioni successive dove la figura si definisce ed emerge nella lenta modificazione delle parti per rapporto allinsieme, che sempre stato poi un procedimento tipico della pratica artistica dellarchitettura. Gregotti ritiene in definitiva che il modo migliore per cominciare la carriera di architetto di non abbandonare mai la condizione di apprendistato iniziando con il lavorare presso qualche studio professionale dotato di una reputazione culturale ma anche capace di farci scontrare con gli aspetti materiali del lavoro, di mettere alla prova la tenacia e la capacit di imparare le piccole cose del mestiere. Arrivati alla definizione della professione di architetto nel presente, come si evolver questa in futuro? Secondo Vittorio Gregotti a partire da tre elementi nuovi rispetto alla sua generazione sulle quali ha riflettuto. Il primo cambiamento si nota nella odierna mobilit. Sempre pi le giovani generazioni allentano il legame con le localit di origine come campo di lavoro che si tratta della necessit positiva di acquisire esperienze in condizioni culturali e di lavoro diverse. Questa nuova tendenza lascia intendere che in futuro parti abbastanza lunghe della propria carriera possano essere svolte lontani dalla propria terra di origine. In secondo luogo si nota come il rapporto generazionale si sia sviluppato in termini di indipendenza. Fino negli anni di giovent Gregotti si soleva prendere distanza critica dalla generazione precedente in un rapporto comunque di continuit culturale, e cos via tornando indietro nel tempo relativamente recente. I giovani di oggi invece si caratterizzano per una sostanziale indifferenza verso le ideologie e loperato dei predecessori. Infine si nota come i metodi di trasmissione del sapere sembrano non solo

8. Il rapporto di progetti portati avanti su quelli proposti nello studio di Vittorio Gregotti di circa uno a dieci.

pi incerti nella loro organizzazione istituzionale quale oggi luniversit, ma anche pi esposti ad influenze informative esterne quali i mass-media. Si assiste, inoltre, ad un certo indebolimento delle regole etiche che hanno governato la professione, derivate forse dalle incertezze ideali relative al mestiere dellarchitetto. Oggi, specie in Italia, la pratica artistica dellarchitettura viene appiattita da un sistema basato soprattutto su concorsi che trasforma gli studi in piccole aziende equiparabili atte ad offrire semplicemente servizi che rispettano certe prestazioni, nonostante si viva in un mondo che guarda sempre di pi alla globalizzazione e che si caratterizza per grandi diversit ed esigenze pertanto anche diametralmente opposte. Bisognerebbe allora soffermarsi a riflettere sulla pratica dellarchitettura come servizio civile, ponendosi il problema del ruolo sociale della nostra professione anche nella diversit delle condizioni in cui essa agisce9: Dobbiamo chiederci quale sia il ruolo dellarchitettura nelle societ del Terzo Mondo o in quelle in via di sviluppo, in quelle dove la condizione di povert non solo economica ma di conoscenze mette in primo piano la fornitura dei servizi elementari. Ma dobbiamo anche chiederci qual il compito dellarchitetto in quelle societ il cui sviluppo vertiginoso ha messo in crisi gli ideali del moderno che pensava che la quantit, come egualitaria giustizia sociale, potesse trasformarsi in qualit, quando invece i suoi principi sono diventati periferia colonizzata senza nome. Oggi il carattere che rispecchia di pi la nostra architettura contemporanea la leggerezza. Anzich fare appello allidea della costruzione come solidit, essa ne diventa fisicamente la sfida. Lobbiettivo odierno sembra diventare potersi isolare dal mondo, osservarlo e anche farsi osservare, attraverso lintermediazione del vetro o della telecomunicazione, riducendo nel contempo al minimo i contatti fisici. Ci che scompare anche lappoggio sul terreno o quanto meno si sottolinea la sua eliminazione sul piano dellespressione e la stessa idea della fondazione si trasforma in astratto posizionamento della costruzione. Naturalmente non necessario n utile fare una cosa solo per il fatto che possibile farla e ci che spinge la leggerezza ad essere la qualit cardine della pratica artistica dellarchitettura non la volont di vincere una sfida tecnica, ma piuttosto la tendenza a rendere visibili in costruzioni gli aspetti pi vistosi del nostro tempo, come la sopracitata esigenza di mobilit, frenesia e irrequietezza. Questo tipo di sviluppo nella progettazione diventa allora necessario per essere rappresentativi e alla moda, ma anche omogenei alla massa. Questa tradizione ha comunque dato opere di grande qualit la cui grandezza fondata per su un processo che metta in gioco la leggerezza e la trasparenza a partire da unidea di razionalit come progresso sociale e civile o come ricerca della bellezza in quanto verit del costruire. La pesantezza diventa allora simbolo di ordine e massa; i materiali tipici di queste architetture sembrano essere quelli che pi si avvicinano alla natura, quali la pietra, il legno, ma anche il cemento e lintonaco. La moderna architettura leggera evidenzia di pi gli spazi tra le parti, mentre quella pesante risalta proprio le parti che presentano fisicit. Quale sia la caratteristica migliore forse si vedr solo con gli occhi della storia. Infatti il moderno pioniere dellarchitettura moderna Auguste Perret diceva che la grande architettura quella che fa delle belle rovine . Invece i resti di unarchitettura moderna della leggerezza sono quasi sempre dei rottami ma il suo valore in realt anche la sua fragilit e dunque in ultima analisi se essa non nuova e perfetta, non pu essere.

9. v. Vittorio Gregotti, Sulle orme di Palladio, ragioni e pratica dellarchitettura, Gius. Laterza & figli Spa, Bari 2000, p. 128

Nella mia quasi inesistente esperienza su tali argomenti certamente di grande complessit, non posso sicuramente arrogarmi il diritto di giudicare la prosa di un uomo di esperienza e cultura qual Vittorio Gregotti, ma secondo le mie impressioni seguite ad una vorace seppure profonda lettura, la sua lucida analisi, scritta con un linguaggio sempre chiaro e mai eccessivamente elevato, stata di grande interesse e mi ha portato spunti di riflessione importanti che hanno sicuramente migliorato la mia opinione ed il mio approccio ai miei studi, e senzaltro chiarito molti punti bui nelle mie idee e su quello che loperato nella vita di tutti i giorni di un professionista dellarchitettura. Concludo citando quella che per Gregotti risulta essere la strada corretta del trattare la cosa dell architettura, per produrre manufatti di qualit, che noi adesso e per i posteri in futuro; un pensiero che per mia opinione racchiude il pensiero dellautore riguardo questa difficile materia10: Naturalmente esiste anche un quinta via, pi vicina alla tradizione del moderno, quella della semplicit, della chiarezza dellorganicit, della responsabilit, della durata, la via di unarchitettura che ha come compito la costituzione di una distanza critica nei confronti della realt; una via che conduce verso il progetto concepito come dialogo con lesistente ma anche come riconoscimento di una distanza tra esso e il nuovo, distanza che la soluzione del problema specifico ha il compito di colmare con la propria qualit.

10. v. Vittorio Gregotti, ibidem, p. 59

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