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Presocratics

Fragments
ILIESI Digital Edition
Presocratics
http://presocratics.daphnet.org
ILIESI-Daphnet 2009

The famous collection of Presocratic thinkers in ninety chapters edited by H. Diels and W. Kranz, with the parallel
Italian translation edited by G. Giannantoni.

Legenda

1-A Orpheus
1-B Orpheus
2-A Musaios
2-B Musaios

3-A Epimenides
3-B Epimenides
4-A Hesiodos
4-B Hesiodos
6-A Phokos-Kleostratos
6-B Phokos-Kleostratos

7-A Pherekydes von


Syros
7-B Pherekydes von
Syros
8-A Theagenes
9-A Akusilaos

9-B Akusilaos
10-A Die Sieben Weisen
11-A Thales
11-B Thales
12-A Anaximandros
12-B Anaximandros
12-C Anaximandros
13-A Anaximenes
13-B Anaximenes
14-A Pythagoras
15-A Kerkops
16-A Petron
17-A Bro(n)tinos
18-A Hippasos
19-A Kalliphon und
Demokedes
20-A Parm(en)iskos
21-A Xenophanes
21-B Xenophanes
21-C Xenophanes
22-A Herakleitos
22-B Herakleitos
22-C Herakleitos
23-A Epicharmos
23-B Epicharmos
24-A Alkmaion
24-B Alkmaion
25-A Ikkos
26-A Paron
27-A Ameinias
28-A Parmenides
28-B Parmenides
29-A Zenon
29-B Zenon
30-A Melissos
30-B Melissos
31-A Empedokles
31-B Empedokles
31-C Empedokles
32-A Menestor
33-A Xuthos
34-A Boidas
35-A Thrasyalkes
36-A Ion von Chios
36-B Ion von Chios
36-C Ion von Chios
37-A Damon
37-B Damon
38-A Hippon
38-B Hippon
39-A Phaleas u.
Hippodamos
40-A Polykleitos
40-B Polykleitos
41-A Oinopides

42-A Hippokrates v.
Chios. Aischylos
43-A Theodoros
44-A Philolaos
44-B Philolaos
45-A Eurytos
46-A Archippos. Lysis.
Opsimos.
47-A Archytas
47-B Archytas
48-A Okkelos
49-A Timaios
50-A Hiketas
51-A Ekphantos
52-A Xenophilos
53-A Diokles.
Echekrates.
Polymnastos. Phanton.
Arion.
54-A Proros. Amykias.
Kleinias.
55-A Damon und
Phintias
56-A Simos. Myonides.
Euphranor.
57-A Lykon
58-A Pythagoreische
Schule: A. Katalog des
Iamblichos
58-B Anonyme
Pythagoreer
58-C ,

58-D



58-E Pythagoristen d.
Komdie
59-A Anaxagoras
59-B Anaxagoras
60-A Archelaos
60-B Archelaos
60-C Archelaos
61-A Metrodoros v.
Lampsakos
62-A Kleidemos
63-A Idaios
64-A Diogenes von
Apollonia
64-B Diogenes von
Apollonia
64-C Diogenes von
Apollonia
65-A Kratylos

66-A Antisthenes der


Herakliteer
67-A Leukippos
67-B Leukippos
68-A Demokritos
68-B Demokritos
68-C Demokritos
69-A Nessas
69-B Nessas
70-A Metrodoros von
Chios
70-B Metrodoros von
Chios
71-A Diogenes von
Smyrna
72-A Anaxarchos
72-B Anaxarchos
73-A Hekataios von
Abdera
73-B Hekataios von
Abdera
74-A Apollodoros
75-A Nausiphanes
75-B Nausiphanes
76-A Diotimos
77-A Bion von Abdera
78-A Bolos
79-A LTERE
SOPHISTIK: Name und
Begriff
80-A Protagoras
80-B Protagoras
80-C Protagoras
81-A Xeniades
82-A Gorgias
82-B Gorgias
82-C Gorgias
83-A Lykophron
84-A Prodikos
84-B Prodikos
85-A Thrasymachos
85-B Thrasymachos
86-A Hippias
86-B Hippias
86-C Hippias
87-A Antiphon der
Sophist
87-B Antiphon der
Sophist
88-A Kritias
88-B Kritias
89-A Anonymus
Iamblichi
90-A
(Dialexis)

I. LA PI ANTICA POESIA COSMOLOGICA

A. ANFNGE

1. ORFEO
A. VITA E SCRITTI

I. KOSMOLOGISCHE DICHTUNG DER FRHZEIT

1[66]. ORPHEUS
1 A 1. SUID. s.v. Orfeo di Lebetra in Tracia ( la citt che si
trova sotto la Pieria), figlio di Eagro e di Calliope; Eagro, a sua
[I 1. 5 App.] A. LEBEN UND SCHRIFTEN
volta, era il quinto discendente da Atlante, tramite Alcione, una
delle figlie di questi. Nacque undici generazioni prima della
1 A 1. SUID. (
guerra troiana; dicono che fu discepolo di Lino e che la sua vita ),
dur 9, o, secondo altri, 11 generazioni. *1 Scrisse: Triagmi (si ,
dice per che siano di Ione, il poeta tragico [cfr. cap. 36]); di .
questi facevano parte : un poema Sulle sacre vesti, litanie
,
cosmiche. Sulla costruzione dei templi. Discorsi sacri, in 24
, . [I 1. 10 App.]
rapsodie (ma si dice che siano di Teogneto tessalo o, secondo ( [vgl. c.
altri, di Cercope pitagorico [cfr. cap. 15]). Oracoli che sono
36]) ,
attribuiti anche ad Onomacrito [cfr. A 1 b. B 11. 2 A 5. B 20 a]. . .
Iniziazioni (anche queste da alcuni sono attribuite ad
( ,
Onomacrito). <Lapidari>: tra i quali vi uno scritto che
[c. 15]). ,
concerne l'incisione delle pietre e che intitolato l'Ottantesima . [s. A 1 b. B 11. 2 A 5. B 20 a]
pietra. Cose salutari, che vengono attribuite anche a Timocle ( ). [I 1. 15
di Siracusa o a Persino di Mileto. Crateri [1 A 1 b. 2 A 7], che App.] ' ,
si dice siano di Zopiro. Insediamenti materni sul trono e
.
Bacchiche, che si dice siano di Nicia di Elea. Discesa nell'Ade, [I 2. 1
che di Erodico di Perinto [cfr. cap.15]. Peplo e Rete [cfr. B
App.] . [1 A 1 b. 2 A 7]
10 a], che alcuni attribuiscono a Zopiro di Eraclea e altri a
.
Brotino [cap.17, 4]. Onomastico, in 1200 versi. Teogonia, in
.
1200 versi. Astronomia, Ammoscopia, Intorno ai sacrifici, Dei [vgl. c.15].
sacrifici con le uova o Presagi tramite le uova, in stile epico.
[vgl. B 10 a]
Cinture sacre. Inni, Coribantico, Fisica, che si dice sia di
, [c.17, 4]. [I 2. 5 App.]
Brotino [Lobone, fr. 7 Crnert in fr Leo].
, . , . ,
Orfeo di Crotone, poeta epico, che fu in rapporti stretti con il [?], ,
tiranno Pisistrato, secondo quanto dice Asclepiade nel sesto
, . , ,
libro dei suoi Scritti grammaticali. Dodecaeteridi,
, , [Lobon fr. 7
Argonautiche e altri scritti.
Crnert in fr Leo].
Orfeo di Camarino, poeta epico, di cui si dice essere la Discesa ,
nell'Ade. *2
[I 2. 10 App.]
.
.
,
.
1 A 1 a. SUID. s.v. . ... ella Rete Orfeo dice 1 A 1 a. SUID. . . . .
che Nisa si trova nell'Eretria.
, .
1 A 1 b. CLEM. ALEX. strom. I 131 [II 81]. Gli Oracoli che 1 A 1 b. CLEM. str. I 131 (II 81, 7 St.) [I 2. 15 App.]
sono attribuiti a Museo [2 B 20 a-22] si dice che siano di
[2 B 20 a-22]
Onomacrito, che il Cratere di Orfeo sia di Zopiro di Eraclea e ,
la Discesa nell'Ade di Prodico di Samo*3. Ione, ecc. [cfr. 36 B ,
2].
. . s. 36 B 2.
1 A 2. ALCAEUS fr. 80 Diehl.
1 A 2. ALCAEUS fr. 80 Diehl
Al destino Orfeo fece violenza
[I 2. 20 App.] v. s.
mostrando agli uomini, che non sono pi, come fuggire la
,
morte,
[I 3. 1]
lui che era in ogni senso sapiente e per acuta mente eccelleva. .
Insensato! neppure un capello cade contro il destino di Zeus! , .
1 A 2 a. IBYC. fr. 17 Diehl. Orfeo dall'inclito nome*4.
1 A 2 a. IBYC. fr. 17 Diehl .
1 A 3. AESCH. Agam. 1629.
1 A 3. AESCH. Ag. 1629
Contraria a quella di Orfeo la tua parola;
[I 3. 5 App.]

Questi infatti tutto trascinava con l'incanto che sgorgava dalla ' . . .
sua voce.
Vgl. Simon fr. 27 D. Eur. Bacch. 561. Iph. A. 1211
Cfr. SIMON. fr. 27 Diehl. EURIP. Bacch. 561; Iph. A. 1211.
1 A 4. PAUS. X 30, 6 [quadro di Polignoto sugli Inferi]. Per chi 1 A 4. PAUS. X 30, 6 [Polygnots Unterweltsbild]
guardi di nuovo verso la parte bassa del quadro vi , subito dopo
Patroclo, Orfeo seduto sopra un'altura: con la destra regge la cetra [I 3. 10
e dalla parte della mano sinistra vi sono rami di salice, che egli
App.] ,
tocca; e si appoggia ad un albero. Il bosco sacro sembra essere di ,
Persefone, dove, ad opinione di Omero [Od. X 509] nascono
,
pioppi e salici. L'abbigliamento di Orfeo greco e n la veste n il ,
copricapo traci.
[ 509] .

.
1 A 5. PROCL. in Hesiod. opp. 631, 6. Ellanico nella
1 A 5. PROCL. Schol. Hesiod. Opp. p. 631, 6 Gaisf.: [I 3. 15
Foronide [F. Gr. Hist. 4 F 5 a I 109] dice che Esiodo <della App.] ' [F. Gr. Hist. 4 F 5 I 109]
decima generazione> dopo Orfeo. [Contro questa opinione, . Gegen
prevalente a lungo anche in seguito (cfr. per es. ARISTOPH. solche, auch spter durchaus herrschende (vgl. z. B. ARISTOPH.
Ran. 1030 sgg.; 86 B 6; PLAT. apol. 41 A) cfr. ]
Ran. 1030 ff., Hippias 86 B 6; PLAT. apol. 41 A) Anschauung
HERODOT. II 53. Ritengo che Esiodo ed Omero siano pi HERODOT. II 53.
antichi di me di quattrocento anni e non pi... quanto ai poeti [I 3. 20 App.]
che si dice siano vissuti prima di costoro, io ritengo che siano . . .
vissuti dopo... le ultime di tali narrazioni io dico che spettano
ad Esiodo e ad Omero*5 [HERODOT. II 81; cfr. cap. 14, 1]. . . .
. HERODOT. II 81 s. c. 14, 1.
1 A 6. EURIP. Alc. 357.
1 A 6. EURIP. Alc. 357
Se avessi la voce e il canto di Orfeo,
' ,
s da poterti trarre fuori dall'Ade, ammaliando
[I 3. 25 App.] '
con le melodie e la figlia di Demetra o il suo sposo,
' ,
ebbene io scenderei l sotto*6 [cfr. supra A 3, EURIP. Med.
. [Vgl. oben A 3; Med. 543].
543].
1 A 7. EURIP. Alc. 962.
1 A 7. EURIP. Alc. 962
Io, grazie alle Muse

mi sollevai in alto

e dopo aver saggiato la maggior parte dei ragionamenti
[I 3. 30 App.]
pi forte della Necessit nulla
-- 965
trovai, n alcun rimedio,
,
sulle tavole di Tracia,
,
che la voce orfica scrisse,

e nulla in ci che Febo don agli Asclepiadi
-- 970 [I 3. 35 App.] , '
recidendo erbe come antidoti per i mortali che molto soffrono.
.
1 A 8. EURIP. Hippol. 952 [Teseo a Ippolito].
1 A 8. EURIP. 952 [Theseus zu Hippolytos]
Ed ora va pieno di orgoglio e con preda vegetale
'
falsifica i cibi, e Orfeo avendo a tuo signore
[I 4. 1 App.] ' ', ' '
baccheggia, onorando il fumo di molte scritte.
.
1 A 9. EURIP. Cycl. 646.
1 A 9. EURIP. Cycl. 646
Ma conosco un magico canto di Orfeo, certo buono
' ' ,
a far s che un tizzone che da s al capo
[I 4. 5]
sollevandosi bruci il figlio della terra dall'unico occhio.
' .
1 A 9 a. EURIP. Hypsipyle [P. Oxy. VI n. 852 fr. 1 col. 3, 8 p. 36 Hunt; 51 1 A 9 a. EURIP. Hypsipyle [Ox. Pap. VI n. 852 fr.
Arnim].
1 col. 3, 8 p. 36 Hunt;
Ipsipile.
51 Arnim]
... presso l'albero di mezzo
d'Asia una triste elegia
() . . . '
inton la tracia cetra d'Orfeo
[I 4. 10 App.]
ai rematori delle navi dai lunghi piedi
'
cantando gli ordini, ora una veloce
navigazione, ora una pausa del remo di abete.
, ' .
1 A 9 b. EURIP. Hypsipyle [fr. 64 col. 2 p. 70 Hunt; 66
1 A 9 b. EURIP. Hypsipyle [fr. 64 col. 2 p. 70 Hunt; 66 Arnim]

Arnim].
Euneo. Argo port me e costui alla citt dei Colchi.
Ipsipile. Tormento del mio petto.
Eu. Dopoch, o madre, mor Giasone mio padre.
Ips. Ohim, cose tristi dici e lacrime agli
occhi miei tu dai, o figlio.
Eu. Orfeo condusse me e costui in terra tracia.
Ips. In che modo allo sventurato padre
compiacendo ? Dimmelo, o figlio.
Eu. A me il suono della cetra Asiana insegna,
costui ammaestra alle armi della
battaglia di Ares*7.
1 A 10. EURIP. Rhes. 943 [Muse, madre di Reso, ad Atena].

[I 4. 15 App.]
() ' '
() ' .
' ' , , ,
, ' ,
[I 4. 20 App.] , ' ' ,

; , .
,
[I 4. 25 App.] ' ' .

1 A 10. EURIP. Rhes. 943 [Muse, Mutter des Rhesos, zu


Athene]

,
' :
[I 4. 30] '
' .

Di arcani misteri la luce


svel Orfeo, cugino di questo cadavere
che tu uccidi; e Museo
il tuo santo cittadino che unico
su tutti si innalz,
Febo e noi sue sorelle educammo.
1 A 11. ARISTOPH. Ran. 1032.
1 A 11. ARISTOPH. Ran. 1032 [I 5. 1 App.]
Orfeo infatti ne mostr i misteri e il precetto
' '
di astenersi dalle uccisioni, e Museo rimedi dei
,
mali e vaticini.
' .
1 A 12. ARISTOPH. Av. 693 [coro degli uccelli].
1 A 12. ARISTOPH. Av. 693 [Chor der Vgel]
In principio vi era il Caos e la Notte e il nero rebo e l'ampio [I 5. 5]
Tartaro,
,
e non vi era la Terra n l'Aere n l'Oceano; negli infiniti recessi ' ' ' : '
di rebo

genera per primo la Notte dalle nere ali un uovo senza seme, ,
dal quale, con volgere delle stagioni, germoglia Eros desiderato
, .
splendente nella schiena per le ali dorate, simili a vortici
[I 5. 10 App.]
tempestosi

Questi unendosi all'alato Caos, di notte nel vasto Tartaro
.
procre la nostra stirpe e per prima la condusse alla luce.
' ,
Non esisteva la stirpe degli immortali, prima che Eros
:
mescolasse ogni cosa.
' '
Ma quando l'una cosa con l'altra fu mescolata, nacque Urano e
l'Oceano
.
e la Terra e la stirpe immortale di tutti gli di beati*8.
1 A 12 a. TIMOTH. Pers. 234 Wilamowitz.
1 A 12 a. TIMOTHEUS. Pers. 234 Wilamowitz [I 5. 15 App.]
235
figlio della pieria Calliope
.
e dopo di lui Terpandro in dieci
'
canti ordin la musica.
[I 5. 20 App.] .
1 A 13. CLEM. ALEX. strom. VI 15 [II 434, 19] [da Ippia: 86 1 A 13. CLEM. ALEX. Strom. VI 15 (II 434, 19 St.) aus
B 6]. Di queste cose forse alcune si trovano dette in Orfeo, altre HIPPIAS [86 B 6]
in Museo; in breve, alcune qua altre l; alcune in Esiodo, altre
in Omero.
, .
1 A 13 a. OLYMPIOD. ap. PHOT. bibl. c. 80 p. 61 a 31.
1 A 13 a. OLYMPIODOR. b. PHOT. bibl. c. 80 p. 61 a 31
[Oasi] Erodoto [III 26] la chiama isole dei beati, Erodoro *9 (Oasis) [I 5. 25 App.] [III 26]
invece, che scrisse la storia di Orfeo e di Museo, la chiama
' ',
Feacida.
.
1 A 14. PLAT. symp. 179 d. Rimandarono invece dall'Ade,
1 A 14. PLATO. Symp. 179 D
senza risultato, Orfeo, figlio di Eagro, mostrandogli un
, '
fantasma della donna per la quale era venuto, e non gi
, , ,
Per primo la lira costru
Orfeo dal variato canto,

restituendogli la donna stessa, poich sembr essere di animo ,


molle, da citaredo qual era, e non avere il coraggio di morire [I 5. 30 App.] ,
per amore come Alcesti, ma anzi aver macchinato per entrare .
vivo nell'Ade. Cosicch per questo gli inflissero una pena e
,
fecero in modo che la morte gli toccasse per mano di donne*10. .
1 A 14 a. PLAT. Ion 536 b. Da questi primi anelli alcuni poeti 1 A 14 a. PLATO. Ion 536 B
sono sospesi e si ispirano ad alcuni, altri ad altri; alcuni da
, ,
Orfeo, altri da Museo; ma la maggior parte sono invasati e
, , ' ,
presi da Omero.
.
1 A 14 b. ISOCR. 11, 38. Essi [i poeti] hanno pronunciato sugli 1 A 14 b. ISOCR. XI, 38 [I 5. 35 App.]
di discorsi tali che nessuno avrebbe osato pronunciarli nei
[nmlich die Dichter]
confronti di nemici; infatti li oltraggiarono non soltanto
[I 6. 1
rinfacciando loro furti, adulteri e lavori servili presso uomini App.] '
ma anche di aver divorato i figli, di aver mutilato i padri e di ,
aver incatenato le madri, e molte altre azioni empie narrano di
loro. (39) Di ci la giusta pena non pagarono, che anzi
' . (39)
scamparano impuniti, ma alcuni... [Omero, Esiodo], Orfeo che , ,
soprattutto aveva toccato questi discorsi, termin la vita
' . . . [Homer, Hesiod], [I 6. 5 App.] '
sbranato.

.
1 A 15. DIODOR. V 64, 4. Alcuni narrano - e fra questi vi
1 A 15. DIOD. V 64, 4 ' ,
anche Eforo [F. Gr. Hist. 70 F 104 II 68] - che i Dattili Idei si [F. Gr. Hist. 70 F 104 II 68],
trovavano presso il monte Ida nella Frigia e che passarono in ,
Europa sotto la guida di Migdone; essendo incantatori,

cominciarono a fare incantamenti, riti sacri e misteri, e,

soggiornando in Samotracia, avevano non poco stupito gli
, [I 6. 10]
abitanti di quel luogo. Nello stesso tempo anche Orfeo, che per '
natura eccelleva nella poesia e nel canto, divenne discepolo di ,
costoro e per primo introdusse tra i Greci le cerimonie sacre e i ,
misteri.
.
1 A 16. THEOPHR. charact. 16, 11. Quando [il superstizioso] 1 A 16. THEOPHR. char. 16, 11 [der
ha un sogno, va dagli interpreti di sogni, dagli interpreti di
], [I 6. 15 App.]
sacrifici, dagli uguri, chiedendo quale dio o dea debba pregare , ,
e va ogni mese a fare le iniziazioni dagli Orfeotelesti con la
,
moglie (e se questa non ha tempo, con la balia) e con i figli.

( ,
) . Vgl. Demosth. d. cor. 129.
259
B. FRAMMENTI DI ANTICA ATTESTAZIONE
1 B 1 [14 Kern]. PLAT. Phil. 66 C [dopo la enumerazione dei
cinque beni].
Alla sesta generazione - dice Orfeo - cessate l'ordine
del canto,

B. ALTBEZEUGTE FRAGMENTE
1 B 1 [14 Kern]. PLAT. Phileb. 66 C (nach Aufzhlung der
fnf Gter) [I 6. 20 App.] ' ' ',
, ' ',
.

giacch pu darsi che anche il nostro discorso termini alla sesta


sentenza*11.
1 B 2 [15]. PLAT. Cratyl. 402 B-C. Come anche Omero
1 B 2 [15]. PLAT. Cratyl. 402 BC '
Oceano generatore degli di dice e Teti madre [Il. XIV
[I 6. 25] ' ' '
201]. E cos penso anche Esiodo [theog. 337]. E anche Orfeo [ 201]. [Theog. 337].
dice in qualche luogo che

Oceano dalla bella corrente per primo dette inizio alle nozze,
egli che sposa la sorella di eguale madre Teti*12.
,
.
1 B 2 a [0]. PLAT. Phaedr. 252 B. Recitano..., a quel che
1 B 2 a [0]. PLATO Phaedr. 252 B ...
credo, certi Omeridi due versi su Eros, traendoli dai loro carmi ,
segreti; di tali versi il secondo certamente insolente e non del
tutto corretto dal punto di vista metrico; recitano infatti cos: - [252c]

Lui i mortali chiamano Eros che vola


e gli di l'Alato, perch fa crescere le ali*13.

1 B 3 [8]. PLAT. Cratyl. 400 B-C. E dicono alcuni che esso


[cio il corpo = ] sia il [segno, tomba] dell'anima,
quasi che essa vi sia sepolta nella vita presente; ed anche per
questa ragione, che con esso l'anima significa ci che significhi
e perci giustamente chiamato . Tuttavia a me sembra
che questo nome sia stato dato piuttosto dai seguaci di Orfeo,
quasi che l'anima, pagando la pena di quelle cose di cui deve
pagarla, abbia questa custodia, simile ad una prigione, affinch
[sia conservata, sia salvata]. E dunque il corpo ,
come lo stesso nome esprime, [custodia] dell'anima,
finch questa non abbia pagato tutto il dovuto; e non c' da
mutare neppure una lettera. Cfr. l'indicazione di Filolao [44 B
14]. Confermano anche gli antichi teologi e indovini che per
una qualche pena l'anima... come in una prigione sepolta nel
corpo*14 [cfr. anche 44 B 15].
1 B 4 [4]. PLAT. resp. II 363 C. Museo e il suo figliuolo da
parte degli di dispensano beni ancora pi splendidi ai giusti di
quanto non facciano costoro [Esiodo e Omero]: conducendoli
infatti con il canto nell'Ade, li fanno giacere e preparando il
banchetto dei beati li incoronano e fanno loro trascorrere tutto
il tempo nell'ebrezza, ritenendo che la pi grande ricompensa
della virt sia un'eterna ebrezza. Altri distribuiscono premi
ancora pi ampi da parte degli di: e dicono che colui che pio
e fedele ai giuramenti lascia dopo di s i figli dei figli e tutta
una schiatta; questi ed altri simili elogi essi dispensano alla
giustizia; gli empi invece e gli ingiusti li immergono in una
palude nell'Ade e li costringono a portare acqua in un setaccio
e ancora mentre vivono danno loro cattiva fama.
1 B 5 [3]. PLAT. resp. II 364 E. Esibiscono poi una grande
quantit di libri di Museo e di Orfeo, discendente di Selene e
delle Muse, a quel che dicono, sui quali fanno i loro sacrifici; e
persuadono non solo singoli individui ma anche citt intere che
non solo per i vivi ma anche per i defunti vi sono assoluzioni e
purificazioni dalle ingiustizie per mezzo di sacrifici e di
piacevoli giochi che chiamano iniziazioni, che ci liberano dalle
pene dell'aldil, mentre castighi terribili attendono coloro che
non hanno compiuti sacrifici.
1 B 5 a [11]. PLAT. legg. II 669 D. I poeti umani invece
avviluppando tutte queste cose [i toni sconvenienti] e
mescolandole senza criterio sarebbero ridicoli davanti agli
uomini, quelli, come dice Orfeo, che

' ,
, ' .
Da diese 'Homeriden' in ihren einen orphischen
Gedanken wiedergeben, ist deutlich (vgl. P. Friedlnder, Platon
I 222); die Verwendung der beweist es ebenso wie die
Namenerklrung, die ganz denen in B 3 und 13 entspricht.
1 B 3 [8]. PLATO Cratyl. 400 BC [I 7. 1 App.]
[nmlich, ],

, '' .
[I 7. 5
App.] ,
, , ,
. ,
, , []
'', ' . Vgl. das
Zeugnis des Philolaos (44 B 14) [I 7.
10 App.]
. . . (
) . Vgl. auch 44 B 15.
1 B 4 [4]. PLATO resp. II 363 C
[Hesiod und Homer]

[I 7. 15 App.]

,
. '


. [I 7. 20 App.]



.
1 B 5 [3]. PLATO resp. II 364 E
,
, , ' [I 7. 25 App.]
,

[I 8. 1 App.] ,
, ,
, .
1 B 5 a [11]. PLATO Legg. II 669 D
[unpassende Tne]
[I 8. 5 App.] '

.

ebbero in sorte la stagione della letizia.


1 B 6 [21]. PLAT. legg. IV 715 E. Il dio, come dice anche
1 B 6 [21]. PLATO Legg. IV 715 E ,
l'antico racconto, che possiede il principio, la fine e il mezzo ,
di tutte le cose che sono, percorre senza deviazioni, per sua
,
natura, la sua orbita circolare. E a questo sempre segue la
. [I 8. 10 App.]
giustizia punitrice di coloro che hanno abbandonato la legge
,
divina; e a questa attenendosi tien dietro con umilt e misura
chi vuol essere felice, mentre colui che gonfio di orgoglio o si , ,
imbaldanzisce per ricchezze ed onori o acceso di superbia
,

nell'anima per la bellezza del corpo e insieme per la giovinezza ' . . .,


e l'insensatezza... rimane abbandonato da dio; e cos, lasciato , [I 8. 15 App.]
solo, dopo aver radunato altri della sua specie si agita

sconvolgendo ogni cosa; e dopo aver dato a molti l'impressione , ,
di essere uomo di valore, nel breve volgere di tempo, pagata

una pena irreprensibile alla giustizia, distrugge completamente .
se stesso, la sua casa e la sua patria.
Vgl. PSEUDARIST. de mundo 7. [Orph. fr. 21a, 2 Kern].
Cfr. [ARISTOT.] de mundo 7. [Orph. fr. 21 a, 2 Kern].
, , ' [I 8. 20
Zeus la testa, Zeus il mezzo, da Zeus tutto quanto deriva*15. App.] .
1 B 6 a [12]. PLAT. legg. VIII 829 D-E. E neppure alcuno
1 B 6 a [12]. PLATO Legg.VIII 829 DE
oser cantare un canto non esaminato, senza che i custodi della ,
legge lo abbiano approvato, nemmeno se sia pi dolce degl'inni ' .
di Tamiri e di Orfeo.
1 B 7 [13]. PLAT. symp. 218 B. Tutti voi infatti avete in
1 B 7 [13]. PLATO Symp. 218 B [I 9. 1 App.]
comune la mania e l'esaltazione del filosofo: per questo voi
[Sokrates]
tutti ascolterete... ma voi servi, invece, e se qualche altro vi . . . ,
profano ed incolto, chiudete i battenti delle orecchie.
,
Cfr. IUSTIN. coh. 15 [Orph. fr. 245, 1 Kern]. A quelli cui
. Vgl. IUST. coh. 15 [Orph. fr. 245, 1 K.].
lecito dir:
[I 9. 5 App.] : '
.
Profani chiudete le porte.
1 B 8 [16]. PLAT. Tim. 40 D. Parlare delle altre divinit e 1 B 8 [16]. PLATO Tim. 40 D
conoscerne la genesi compito superiore alle nostre forze, e ' ,
perci bisogna credere a quelli che ne parlarono prima e
, ,
che, essendo discendenti dagli di, come dicevano,
, . . .
certamente ne sapevano di pi dei loro antenati... e cos
' [I 9. 10]
dunque sia stabilita e sia enunciata per noi la generazione di
questi di, secondo quanto essi sostengono:
,
,

Figli della Terra e di Urano furono Oceano e Teti, e di
, [I 9. 15 App.]
questi Forci, Crono, Rea e quanti nacquero con essi; da
Crono e da Rea nacquero Zeus, Era e tutti quanti sappiamo .
esser detti loro fratelli ed anche tutti gli altri loro
discendenti*16.
1 B 9 [24]. ARISTOT. metaph. 6. 1071 26. Ad una
1 B 9 [24]. ARIST. Metaph. 6. 1071 26
conclusione egualmente impossibile si perviene se come dicono i
teologi tutto si genera dalla Notte o come dicono i filosofi
' ' [59 B 1] ,
naturalisti "tutte le cose erano insieme" [59 B 1]. ARISTOT.
. ARIST. Metaph. N 4. 1091 b 4.
metaph. N 4. 1091 b 4. E gli antichi poeti sono in questo
,
egualmente d'accordo, e cio essi dicono che Zeus regna e governa [I 9. 20 App.]
e non quelli che furono prima di loro, la Notte e Urano o il Caos o , .
l'Oceano.
1 B 10 [25]. ARISTOT. metaph. A 3. 983 b 27. Vi sono poi
1 B 10 [25]. ARIST. Metaph. A 3. 983 b 27
alcuni i quali ritengono che anche i primi teologi, che vissero in
et antichissima e molto prima della presente generazione,
[wie Thales]
abbiano avuto intorno alla natura una concezione analoga [a

quella di Talete]: fecero infatti di Oceano e Teti padre e madre [s. B 2] [I 9. 25 App.]
della generazione [cfr. B 2] e dissero che gli di giurano su
, '
quell'acqua che dai poeti chiamata Stige; ora ci che pi

merita rispetto ci che pi antico, ma il giuramento la
.
cosa che pi merita rispetto. Se una tale opinione intorno alla , '
natura sia per avventura cos antica e remota, potrebbe non
[s. B 11].
essere chiaro [cfr. B 11].
1 B 10 a [26]. ARISTOT. de gen. anim. B 1. 734 a 16. O infatti 1 B 10 a [26]. ARIST. de gen. anim. B 1. 734 a 16 [I 10. 1]
tutte le parti, come il cuore, il polmone, il fegato, gli occhi e
,
ciascuna delle altre, si generano tutte insieme, oppure una di
,
seguito all'altra, come nei cosiddetti carmi di Orfeo: quivi

infatti si dice che l'animale si genera similmente alla trama di [I 10. 5] . [vgl. ob.
una rete.
S. 2, 3. 13].
1 B 11 [27]. ARISTOT. de an. A 5. 410 b 22. Appare chiaro
1 B 11 [27]. ARIST. de an. A 5. 410 b 22

che le piante vivono senza partecipare n della traslazione n '


della sensazione e che molti animali non posseggono pensiero .
discorsivo. Ma se anche si concedessero queste cose e si
,
ponesse che l'intelletto, come pure la sensibilit, una parte
, ' [I 10. 10 App.]
determinata dell'anima, neppure cos si parlerebbe in generale .
di ogni anima e nemmeno di qualche anima nella sua totalit.
Questo accade anche alla dottrina contenuta nei cosiddetti

carmi Orfici: vi si dice infatti che l'anima penetra dal tutto in , . Dazu PHILOP.
coloro che respirano, portata dai venti. Ma non possibile che p. 186, 24. '' ,
questo accada per le piante e per taluni animali, poich vero , [fr. 7
che non tutti respirano; il che sfugge a coloro che sostennero Rose] [I 10. 15 App.] ,
una tale dottrina*17. Su ci PHILOP. de an. 186, 24. Disse
[Vgl. unten c. 15
cosiddetti, perch non sembra che questi canti siano di
Z. 1]. AELIAN. V. H. VIII 6.
Orfeo, come egli stesso afferma nello scritto Sulla filosofia [fr. . . .
7 Rose]; ma di Orfeo sono le dottrine, che poi Onomacrito, a , '
quel che si dice, avrebbe espresso in versi [cfr. avanti cap. 15]. :
AELIAN. var. hist. VIII 6. Dicono che degli antichi Traci
[I 10. 20 App.] [fr. 36 F.H.G. I 375]. TATIAN. 41 p. 42,
nessuno conoscesse la scrittura... onde poi osano anche
4. ,
affermare che non vi stato un sapiente di nome Orfeo e di

stirpe tracia, ma che altrimenti i suoi canti sono stati falsificati:
queste cose afferma Androzione [fr. 36 F.H.G. I 375].

TATIAN. 41 p. 42, 4. Orfeo visse nello stesso tempo di Eracle; [580-577]. .
diversamente, i carmi a lui attribuiti dicono che siano stati
composti da Onomacrito ateniese, vissuto al tempo della
tirannide dei Pisistratidi, intorno alla 50.a olimpiade [580-77].
Di Orfeo fu discepolo Museo.
1 B 12 [28]. DAMASC. de princ. 124 [I 319, 8]. La Teologia 1 B 12 [28]. DAMASC. de princ. 124 [I 319, 8 Ruelle] [I 10.
descritta dal peripatetico Eudemo [fr. 117 Spengel] come opera 25 App.] [fr. 117
di Orfeo tace completamente intorno all'intellegibile... Prende Spengel]
invece inizio dalla Notte, dalla quale inizia anche Omero,
. . .
sebbene non abbia introdotto una geneaologia continuata: non , ' ,
deve essere infatti accolta l'affermazione di Eudemo che
,
Omero inizi da Oceano e da Teti [cfr. Il. XIV 302: Oceano e [I 10. 30]
la madre Teti generazione degli di]: sembra invero che egli [Homer 302
sia ben consapevole che la Notte a tal punto la massima
]:
divinit, che Zeus stesso la venera : Temeva infatti di
, : '
compiere cose spiacevoli alla Notte veloce [Il. XIV 261]. Ma ' [ 261] '
Omero stesso deve iniziare dalla Notte. Esiodo poi mi pare che .
sia stato il primo, narrando del Caos, che abbia chiamato il
[I 11. 1 App.]
Caos la natura incomprensibile dell'intelligibile e perfettamente
una e che vi introduca [per prima] la Terra, come principio, in , []
qualche modo, dell'intera generazione degli di. Se non forse il .
Caos quale secondo dei due princpi, la Terra poi, il Tartaro ed ,
Eros come il triplice intellegibile, ed Eros al terzo posto, in
[I 11. 5 App.] ,
quanto considerato secondo il ritorno (cos si esprime anche
, (
Orfeo nelle Rapsodie) ... DAMASC. de princ. 123 = 60 K. (I ) . . .
316, 18 Ruelle). In queste citate Rapsodie orfiche si trova in
[Vgl. 123 = 60 K. (316, 18 R.)
qualche modo quella teologia intorno all'intellegibile, di cui

anche i filosofi discutono, ponendo al posto dell'unico principio , ,
di tutte le cose Crono, al posto della diade Etere e Caos, e al
[I 11. 10 App.]
posto di ci che assolutamente computando l'uovo, e
, ,
componendo cos questa prima triade; e nella seconda triade
,
portando a compimento o il generato e generante uovo divino, :
o la candida tunica o la nube, perch da esse balza Fanes;

riguardo a ci che intermedio filosofeggiano chi in un modo , :
chi in un altro ... La terza triade comprende Metis come
[I 11. 15 App.]
intelletto, Erichepeo come potenza, e Fanes stesso come
. . . ,
padre ... Di tal genere la usuale teologia orfica. ACHILL.
, . . .
isag. I 4 p. 33, 17. La disposizione che abbiamo dato allo
. ACHILL. isag. I 4
sferoma, gli Orfici dicono che simile a quella nell'uovo:
p. 33, 17 Maass , ,
infatti la funzione che ha il guscio nell'uovo, l'ha il cielo
:

nell'universo, e come l'etere circolare sta attaccato al cielo, cos [I 11. 20 App.] ,
anche la pellicola al guscio.
,
, .]
1 B 13 [54]. DAMASC. de princ. 123 bis [I 317, 15]. La
1 B 13 [54]. DAMASC. 123 bis [I 317, 15 R.]
teologia tramandata da Ieronimo ed Ellanico [cio la teologia (nml.
orfica], se anche non si tratta dello stesso autore, si esprime in ), , '
questo modo: In principio vi era l'acqua e la materia, da cui si , , , [I 11. 25 App.]
condens la terra, ponendo innanzi tutto questi due princpi, , ,
l'acqua e la terra... Dopo questi due, cio l'acqua e la terra, il
. . .
terzo principio fu generato da essi, un dragone con due teste
, [I 12. 1 App.] ,
aderenti, una di toro e una di leone, nel mezzo con aspetto
,
divino e con ali sulle spalle, ed era chiamato Crono che non
,
invecchia ed Eracle. A lui si congiunse Ananke, che ha la
,
medesima natura di Adrastea, incorporea, diffusa in tutto il
. , [I 12.
cosmo fino a raggiungere i suoi limiti. E ci credo sia
5 App.] ,
designato come terzo principio, costituito per essenza, salvo il ,
fatto che fu posto come maschio-femmina, per indicare la
.
causa generatrice di tutto... E questo Crono, dragone, genera
,
una triplice generazione: l'Etere, dice, umido, il Caos infinito e . . .
terzo oltre questo rebo nebbioso... Ma in questi Crono gener [I 12. 10
un uovo... E come terzo accanto a quelli il dio incorporeo, con App.] , ,
ali dorate sopra le spalle e con teste taurine attaccate sui fianchi . . .
e sopra la testa un dragone immane sotto l'aspetto di forme di . . .
animali di ogni specie... E questa teologia celebra il Protogono , ,
e chiama Zeus ordinatore di tutte le cose e dell'intero cosmo, ,
onde chiamato anche Pan*19. ATHENAG. 18 p. 20. Orfeo, il [I 12. 15
quale per primo invent i loro nomi [degli di], ne spieg la
App.] . . . '
generazione, e narr le cose compiute da ciascuno di essi; e che
presso i Greci gode credito di aver teologizzato in modo pi
. ATHENAG.
veritiero e con il quale consente in molte cose anche Omero e 18 p. 20 Schw. ... [der
soprattutto riguardo agli di, quando pone la loro prima origine Gtter]
dall'acqua: Oceano, per avventura, generazione per tutte le
' [I 12. 20]
cose [Il. XIV 201]. L'acqua era per lui il principio di tutte le ,
cose, e dall'acqua si form il fango, e da entrambi nacque
,
l'animale dragone, con una testa di leone attaccata e nel mezzo ' ,
un aspetto di divinit, di nome Eracle e Crono. Questo Eracle ' [ 201]. '
gener un uovo straordinariamente grande, il quale, essendo
, ,
pieno, per la violenza di chi lo gener, fu spezzato in due dallo [I 12. 25 App.]
sfregamento. La met dalla parte della sommit divenne Urano ,
e quella in basso la Terra; ne procedette un dio dal doppio
, .
corpo. Urano, unendosi alla Terra, gener le femmine Cloto, ,
Lachesi, Atropo e i maschi Centimani, Cotto, Gige, Briareo e i .
Ciclopi Bronte, Sterope, Arge. E questi, avendoli legati, gett ,
nel Tartaro, avendo saputo che sarebbe stato scacciato dal
[I 12. 30 App.]
regno ad opera dei figli. Adiratasi per questo la Terra gener i .
Titani:
,
Figli celesti gener la veneranda Terra,

che chiam con il nome di Titani,
,
perch vindici del grande Urano stellato.
[I 13. 1]
.
' ,
,
[I 13. 5 App.]
.
1 B 14 [23]. [DEMOSTH.] c. Aristog. 25, 11. Orfeo, che a noi 1 B 14 [23]. [DEMOSTH.] c. Aristog. I 11
svel i santissimi misteri, dice che l'inflessibile e veneranda

Giustizia seduta presso il trono di Zeus a vigilare tutto quanto
concerne gli uomini.
.
1 B 15 [t. 221]. MARM. PAR. F.Gr.Hist. 239 A 14 II 995. 1 B 15 [t. 221]. MARM. PAR. F.Gr.Hist. 239 A 14 II 995 [I 13.
<Onde Orfeo, di Eagro e di Calliope> figlio, compose la
10 App.] '

propria poesia, il rapimento di Core, la ricerca di Demetra e ,


la semina da questa <compiuta di sua propria mano e
,
insegnata alla moltitudine [?]> di coloro che ne raccolsero il (?) . . . Vgl.
frutto... Cfr. THEMIST. or. 30 p. 422. ORPH. Argon. 26. Il THEMIST. or. 30 p. 422 Dind. ORPH. ARGON. 26. [I 13. 15
vagare di Demetra e il grande lutto di Persefone*20.
App.] ,
' .
1 B 15 a [49]. PAP. BEROL. n. 44 sec. II a. C. [Berl.
1 B 15 a [49]. PAPYR. BEROL. n. 44 s. II v. Chr. [Berl.
Klassikertexte V 1, 8] [Parafrasi di una versione orfica dell' Inno a Klassikertexte V 1, 8] (Paraphrase einer Orphischen
Demetra] col. 1, 1 sgg. Orfeo era figlio di Eagro e della Musa
Version des Demeterhymnus). col. 1, 1ff.
Calliope; costui il re delle Muse, Apollo, ispir, onde, invasato dal ,
dio, compose gli inni che Museo, con poche correzioni, mise per ,
iscritto. E offr i misteri di Orfeo alla venerazione dei Greci e dei [I 13. 20 App.]
barbari, e per ciascun rito era massimamente accurato riguardo alle ,
iniziazioni, ai misteri, alle purificazioni e ai vaticini. La dea

Demetra... col. 2, 1 sgg. Costei Orfeo tramanda essere sorella di
, '
Zeus, altri, invece, madre; ma di tutto ci non si deve fare alcuna
menzione ai pii. Infatti il racconto prende inizio da Zeus e dalla
. [I 14. 1
figlia di Demetra, Persefone, che intreccia narcisi alla presenza
App.] . . . col. 2, 1ff.
delle sorelle di Oceano, i cui nomi, secondo i versi di Orfeo, sono ,
questi [seguono i nomi dell'Inno omerico a Demetra 418. 420-23]. .
col. 3. Mentre coglie il narciso, Persefone rapita da Edoneo.
,
Zeus aiuta il fratello, perch fra tuoni e lampi manda un gregge di
maiali (?) neri, con i quali Artemide e Atena vengono messe in
[I 14. 5] . (Folgen
rapporto tra loro. Demetra accorre dalla Sicilia. col. 4. La
aus Homers Demeterhymn. 418. 420-423) col. 3: Beim
sventurata piange la figlia: Calliope, Clisidice e Demonassa [?],
Pflcken des Narkissos wird Persephone von Aidoneus
venute con la regina ad attingere acqua, interrogano Demetra come geraubt. Zeus hilft dem Bruder, indem er unter Donner und
una mortale qualunque, lei che era venuta spinta da un bisogno :
Blitz schwarze Schweine (?) mit aufldt, mit denen
cos dice Museo con i suoi versi. Significato dell'uso del Croco e Artemis und Athena in Verbindung gesetzt [I 14. 10]
del giacinto (?). Seguono i versi dell'Inno a Demetra, 8 sgg.
werden. Demeter eilt aus Sicilien herbei. col. 4.
(narciso). col. 5. Fuga di Edoneo = Inno a Demetra 17. 32-36.

Ecate. col. 6. La regina Baubo porge a Demetra suo figlio
(?)
Demofonte. Egli prospera meravigliosamente, unto di ambrosia, '
consacrato di notte dal fuoco. Baubo nota lo incantesimo e grida , '
(= Inno a Demetra 249. 250). Al che Demetra: O uomini insensati
che patite sventura, che non prevedete il male che incombe su di
. Sinn des [I 14. 15] Kultgebrauches von Krokos und
voi, n il bene. Il seguito differente. Poi il verso 263. Il fanciullo Hyakinthos (?). Folgen die Verse des Demeterh. 8ff
bruciato. col. 7. la dea si scopre: Io sono Demetra, che produce (Narkissos). col. 5: Flucht des Aidoneus = Demeterh. 17.
le stagioni e arreca bei frutti. Quale dio celeste o quale tra gli
32-36. Hekate. col. 6: Baubo (Knigin) bergibt Demeter
uomini mortali rap Persefone e ingann il suo amabile cuore?
ihren Sohn Demophon. Er gedeiht wunderbar, gesalbt mit
Segue il ritorno di Celeo e un altro brano guasto nel papiro fino a Ambrosia, nachts durch das Feuer geweiht. Baubo merkt [I
Trittolemo (?). Conclusione a 7, 20 : onde detto Ritorno.
14. 20] den Zauber und schreit (= D. -h. 249. 250). Darauf
Demeter:
' . Das
Folgende weicht ab. Dann V. 263. Der Knabe wird
verbrannt. col. 7: Die Gttin entdeckt sich:
. [I 14. 25
App.]
; Folgt des
Keleos Heimkehr und weiteres im Pap. Zerstrtes bis
Triptolemos (7, 19). Schlu 7, 20: .
1 B 16 [29]. APOLLON. RHOD. I 494.
1 B 16 [29]. APOLLON. RHOD. I 494
495 [I 14. 30 App.]
.
Ed Orfeo
'
con la sinistra sollevando la cetra tent un canto.
[I 15. 1] '
E cant come la terra, il cielo e il mare,

dapprima reciprocamente in un unico insieme,
'
da quel tutto discorde ciascuno fu separato dagli altri;
e come ormai un posto ben fisso per sempre nell'etere hanno 500
[I 15. 5 App.] ' ,
gli astri, la luna e le strade del sole;

e come i monti si sollevarono, e come i fiumi fragorosi


' . nacquero insieme alle loro ninfe e come nacquero tutti gli

[esseri che strisciano sulla terra


E cant anche come, dapprima, Ofione e Euronome,
l'Oceanina, comandarono sul nevoso Olimpo;
come poi con la violenza e la forza l'uno dovette
[cedere il potere a Crono
e l'altra a Rea, e precipitarono quindi nell'onde d'Oceano.
E questi regnarono sui beati, divini Titani,
finch Zeus, ancora fanciullo, ancora immaturo nell'animo,
abit nell'antro Ditteo, che non ancora
i Ciclopi nati dalla terra avevano fatto forte con la folgore
con il tuono e con il lampo: cose che arrecano gloria a Zeus*21.
1 B 17 [32 a]. Laminette d'oro da Petelia (Strongoli), IV-III
sec. a. C. [I. G. XIV n. 368 Kaibel; HARRISON-MURRAY,
Prolegomena, Cambridge 1903, pp. 661 sgg.; COMPARETTI,
Laminette orfiche, Firenze 1910, p. 32]. Troverai a sinistra
delle case di Ade una fonte,
e presso di essa piantato un bianco cipresso:
a questa fonte non ti accostare.
Ne troverai un'altra, dal lago di Mnemosine
fresca acqua sgorgante; d'innanzi vi sono custodi.
Dirai : Son figlia della Terra e di Urano splendente di astri,
celeste la mia stirpe, e questo sapete anche voi;
brucio di sete e muoio; ma voi datemi subito
la fresca acqua che sgorga dal lago di Mnemosine.
Quindi ti daranno da bere dalla fonte divina,
e allora tu regnerai con tutti gli altri eroi*22.

'

505 ,
[I 15. 10] , '
,
,
,
510
[I 15. 15 App.]
.

1 B 17 [32 a]. Goldplttchen von Petelia c. 4.-3. Jahrh. v. Chr.


[I. G. XIV n. 368 Kaib.; HARRISON-MURRAY,
Prolegomena 1. Auflage S. 661ff. COMPARETTI, Laminette
orfiche, (Fir. 1910) 32]. Weitere Literatur zu dieser und den
folgenden Nr. b. Kern Orph. S. 104; vgl. [I 15. 20 App.] auch
Rathmann Quaest. Pyth. Orphicae Emp. Diss. Hal. 1933, 134f.
' ' ,
' '
.
' ,
25 [I 15. 25 App.] '
.
' ,
'
' () '
'.
30 [I 15. 30 App.]
, ' ' ' .
1 B 17 a [32 b]. Laminette d'oro da Eleuterna (Creta), II sec. a. 1 B 17 a [32 b]. [I 16. 1 App.] Goldplttchen von Eleuthernai
C. [B. C. Hell., XVII, p. 121; HARRISON-MURRAY, p.
(Kreta), 2. Jahrh. v. Chr. B. C.Hell. XVII, p. 121. Harr.-Murr.
662; COMPARETTI, p. 37].
662. Comp. 37]
A. Brucio di sete e muoio.
B. Ors bevi alla mia
fonte eterna sulla destra, dove il cipresso.
Chi sei? Donde sei?
A. Figlio della Terra e di Urano splendente di astri.
1 B 18 [32 c]. Laminette d'oro da Thurii, IV-III sec. a. C. [I. G.
XIV 641, 1; COMPARETTI, p. 1].

. . .
, .
[I 16. 5 App.] ' ; ' ; .
.
1 B 18 [32 c]. Goldplttchen von Thurioi ders. Zeit wie n. 17
[I. G. XIV 641, 1; Comp. 1]

1 B 19 [32 d]. Laminette d'oro da Thurii [I.G. XIV 641, 2;


COMPARETTI, p. 21]:

, ,
,
[I 16. 10 App.]
,
()
5 * * * .
' ,
' ,
[I 16. 15 App.] ()

' .
10 ' , ' '.
' .
1 B 19 [32 d]. Goldplttchen von Thurioi ders. Zeit wie n. 17 [I.G.
XIV 641, 2; Comp. 21].

Vengo pura dai puri, o regina dei sepolti


o Eucle, o Eubuleo, e voi quanti siete di e demoni;

[I 16. 20 App.] [] ,
,

Vengo pura dai puri, o regina dei sepolti


o Eucle, o Eubuleo, e voi altri di immortali:
anch'io mi vanto di essere della vostra stirpe beata,
ma la Moira mi vinse, e gli altri di immortali
<* * *> e il fulmine che folgora dagli astri.
In volo sfuggii al ciclo doloroso e molesto
e alla desiderata corona giunsi con piedi veloci
al grembo scesi della regina, signora degli inferi;
alla desiderata corona giunsi con piedi veloci.
Te beato e felice, da mortale divino sarai.
Capretto caddi nel latte.

anch'io mi vanto di essere della vostra stirpe beata,


anche se una pena scontai per opere non giuste,
la Moira mi vinse [?] <* * *
* * *> col fulmine balenante.


,
' () () ,
() [?] * * *
[I 16. 25] * * * .
[I 17. 1 App.] ' '
,
.

Ora supplice vengo innanzi alla splendida Persefone


affinch benigna mi invii alle sedi dei beati.
1 B 19 a [32 g]. Laminette d'oro da Roma [HARRISON-MURRAY, 1 B 19 a [32 g]. Goldplttchen von Rom [Harr.-Murr. p.
p. 672; DIELS, in Kleinerts, Philotesia, Berlin 1907, p. 39;
672; Diels in Kleinerts Philotesia (Berlin 1907) 39. Comp.
COMPARETTI, p. 43].
43].
Giunge pura dai puri, o regina dei sepolti,
o Eucle, o Eubuleo, splendida figlia di Zeus, ho con me
di Mnemosine questo splendido dono per gli uomini.
Cecilia Scundina, entra, divenuta dea per la legge.
1 B 20 [32 f]. Laminette d'oro da Thurii [I.G. XIV 642;
COMPARETTI, p. 6].
Ma quando l'anima abbandoni la luce del sole,
la via destra deve seguire, che custodisce ogni bene.
Gioisci sopportando la prova, che mai prima provasti:
da uomo sei divenuto dio; capretto cadesti nel latte;
gioisci, gioisci, percorrendo la via a destra
per i sacri prati e i boschi di Persefone.

1 B 21 [47]. Laminette d'oro da Thurii [DIELS, Orphicher


Demeterhymnus, in Festschriften fr Gomperz, pp. 1 sgg.;
COMPARETTI, p. 10]. Cfr. supra B 15 e IUSTIN. coh. 17
[Orph. fr. 48 Kern].

[I 17. 5 App.] ,
,
, ',
.
' , '.
1 B 20 [32 f]. Goldplttchen von Thurioi [I.G. XIV 642. Comp.
6].
[I 17. 10 App.] '
,

.
' ()

.
, ,
[I 17. 15 App.] ()
.
1 B 21 [47]. Ebendaher [Diels, Orphischer Demeterhymnus
(Festschr. fr Gomperz) S. 1 ff.; Comp. 10]. Vgl. oben B 15
und Iustin. coh. 17 (Orph. fr. 48 Kern).
[I 18. 1 App.]

. . . . . . . . . . . . . . .
' ,
,
[I 18. 5 App.] ,
,
, ,
.
' (), ' ,
' (?).
[I 18. 10 App.] ,

....................

**
*
1 B 22 [33]. CLEM. ALEX. strom. V 49 [II 360]. E non
1 B 22 [33]. CLEM. Strom. V 49 (II 360 St.)
forse vero che Epigene nel suo scritto Sulla poesia di Orfeo,

spiegando le locuzioni proprie di Orfeo, dice che spole dalle ' [I 19. 1 App.] '
curve ruote" significa gli aratri, stami i solchi, filo indica ' , ''
allegoricamente il seme, lacrime di Zeus indica la pioggia, , '' '
Moira le fasi della luna, la trentesima, la quindicesima e la ' , ''
luna nuova? E per questo Orfeo le chiama anche vestite di
,
bianco, quasi fossero parti della luce. Ancora florido
[I 19. 5 App.] ''

esprime la primavera per la sua natura, inerte la notte per la


sua quiete, Gorgonio la luna, per il volto che si scorge in
essa, e Afrodite chiamato dal teologo il tempo in cui si
deve seminare [cfr. 58 C 1. 2].
1 B 23 [31]. Papiro dei misteri, inizio del III sec. a. C. [Greek
papyri from Gurob, edited by G. SMYLY, Cunnigham
Memoirs XII, Dublin 1921, n. 1; M.TIERNEY, The
Classical Quarterly, XVI, 1922, p. 77].

. '' ,
'' ''
, ' '
' .
Vgl. 58 C 1. 2.
1 B 23 [31]. [I 19. 10] Mysterienpapyrus aus dem Anfang des
3. Jahrh. v. Chr., z. T. Palimpsest nach Wilcken; rechts fehlt
ein groes Stck [Greek papyri from Gurob edited by G.
Smyly, Cunnigham Memoirs n. 12, Dublin 1921, n. 1;
M.TIERNEY, Classic. Quart. 16 (1922) 77].
[I 19. 15 App.]. . .
. . .



[I 19. 20]


.
[I 19. 25 App.]
.

[[]]
>
[I 19. 30 App.]
(vacat)

.
. .
[I 19. 35]

[I 20. 1 App.]



[I 20. 5 App.]


(vacat)
zum Verstndnis des Schlusses vgl. Kern bei Pauly-Wissowa
R.-E. [I 20. 10] XVI, 2 1238 (vgl. das ).
1952.

2. MUSEO

2 [67]. MUSAIOS

A. VITA E SCRITTI

A. LEBEN UND SCHRIFTEN


Vgl. I 2, 15; 4, 29; 5, 3. 33; 10, 24.

2 A 1. SUID. s. v. Museo eleusino, da Atene, figlio di


Antifemo, figlio di Eufemo, figlio di Ecfanto, figlio di
2 A 1. SUID. [I 20. 15 App.]
Cercione, che fu vinto in guerra da Teseo, e della donna
,
Selene. Compositore di canti, discepolo di Orfeo, sebbene pi , ,
vecchio di questi: fior infatti sotto il secondo Cecrope e scrisse . , ,
Ammonimenti al figlio Eumolpo, in quattro canti, e molte altre .
cose.

.
2 A 1 a. HARPOCR. s. v. : discorso di Lisia contro 2 A 1 a. HARPOCR. :
l'accusa di Mixidemo, se pure autentico [fr. 176, Sauppe O. , , [fr. 176, Sauppe O. A. 197 b
A. 197 b 17]: Aveva due servi che lo accompagnavano, l'uno 17]: ' , [I

di nome Museo e l'altro di nome Esiodo. Che colui che era


20. 20] , '.
sottoposto a giudizio escogitasse deliberatamente di chiamare ,
in tal modo i suoi servi, chiaro; quanto a Museo, Aristosseno [fr.
nei suoi Prassadimantei [fr. 51 F.H.G. II 284 = 91 Wehrli]
51 F.H.G. II 284] ,
dice che mentre alcuni affermavano che egli era di origine
, .
tracia, altri invece che egli era autoctono di Eleusi. Parlano di [fr. 1 F.H.G.II 23].
lui molti altri ed anche Glauco [fr. 1 F.H.G. II 23].
2 A 2. HERMESIAN. Leontion 15 sgg. [ap. ATHEN. XIII 597 2 A 2. HERMESIAN. Leontion 15 ff. [b. ATH. XIII 597 D] [I
D].
20. 25 App.]
Neppure il figlio di Mneme, Museo, protettore delle Cariti,
'
lasci senza onore Antiope;

lei che per gli iniziati presso la spiaggia di Eleusi

proffer il grido gioioso di oracoli segreti,
,
debitamente accompagnata da un sacerdote
[I 20. 30 App.]
per la pianura Raria, in onore di Demetra;
: ' .
lei che ben nota anche nell'Ade.
2 A 3. [ARISTOT.] mirab. 131. 843 b 1. Dicono che mentre gli 2 A 3. [ARIST.] Mirab. 131. 843 b 1
Ateniesi edificavano il tempio di Demetra in Eleusi, fu trovata
una statua bronzea, circondata di pietre, sulla quale era
, '
scolpito: Questa la tomba di Deiope, che alcuni dicono
' ',
essere la sposa di Museo, altri invece la madre di Trittolemo. , [I 20. 35]
.
2 A 3 a. SCHOL. SOPHOCL. Oed. Col. 1053.
2 A 3 a. SCHOL. SOPH. Oed. Col. 1053 [I 21. 1 App.]
Alcuni sostengono che fu Eumolpo ad inventare l'iniziazione
che si celebra ogni anno ad Eleusi in onore di Demetra e di
'
Core. Androne [F. Gr. Hist. 10 F 13 I 163] scrive che non fu . [F. Gr. Hist. 10 F 13 I 163]
<questo> Eumolpo ad inventare l'iniziazione, ma quello che, , '
quinto, discende da questo. Da Eumolpo infatti nacque Cerice,
da questi Eumolpo, da questi Antifemo, da questi il poeta
[I 21. 5 App.] , ,
Museo e da questi Eumolpo, che svel l'iniziazione e divenne , ,
ierofante.
.
2 A 4. DIOG. LAERT. proem. I 3. Presso gli Ateniesi nacque 2 A 4. DIOG. proem. I 3 .,
Museo e presso i Tebani Lino. Si dice che Museo fosse figlio . ,
di Eumolpo, che per primo avesse composto una Teogonia e
,
una Sfera e che avesse sostenuto che dall'uno tutte le cose si
[Lobon,
generano e nell'uno tutte si risolvono 1* [Lobone, fr. 5 Crnert]. fr. 5 Crn.].
2 A 5. PAUS. I 22, 7.
2 A 5. PAUS. I 22, 7 [I 21. 10 App.] [der
Pinakothek]
, ,
,
[] ,
:
[s. B 20].
2 A 5 [3]. PLAT. resp. II 364 E.
2 A 5 [3]. PLAT. resp. II 364 E.
Esibiscono poi una grande quantit di libri di Museo e di
,
Orfeo, discendente di Selene e delle Muse, a quel che dicono, , , ' ,
sui quali fanno i loro sacrifici; e persuadono non solo singoli ,
individui ma anche citt intere che non solo per i vivi ma anche [365a]
per i defunti vi sono assoluzioni e purificazioni dalle ingiustizie , ,
per mezzo di sacrifici e di piacevoli giochi che chiamano
, ,
iniziazioni, che ci liberano dalle pene dell'aldil, mentre
.
castighi terribili attendono coloro che non hanno compiuto
sacrifici.
2 A 5 a. PLAT. resp. II 363 C. Museo e suo figlio [Eumolpo] 2 A 5 a. PLAT. rep. II p. 363 C [I 21. 15]
elargiscono ai giusti, in nome degli di, beni ancora pi
[Hesiod u. Homer]
splendidi [di quanto non facciano Omero ed Esiodo]: nel loro (Eumolpos)
racconto, infatti, li guidano nell'Ade, li fanno giacere a mensa,
preparano il banchetto dei pii e, incoronatili, fanno loro

trascorrere tutto il tempo nell'ebrezza, ritenendo che una eterna ,
ebrezza sia la pi bella ricompensa della virt... gli empi,
...

[I 21. 20 App.]

. . . (vollstndig 1 B 4).
2 A 6. SCHOL. ARISTOPH. Ran. 1033. Filocoro [fr. 200
2 A 6. SCHOL. ARISTOPH. Ran. 1033
F.H.G. I 417] afferma che Museo figlio di Selene e di
[fr. 200 FHG I 417]
Eumolpo; introdusse le liberazioni [?] i misteri e le
. (?)
purificazioni. Sofocle, invece, lo chiama [fr. 1012] vaticinatore. . [fr.
1012]
2 A 7. SERV. in Vergil. Aen. VI 667. Museo fu un teologo
2 A 7. SERV. in VERG. Aen. VI 667 [I 21. 25 App.] theologus
posteriore ad Orfeo e su di lui molte sono le credenze: infatti fuit iste [Musaeus] post Orpheum et sunt variae de hoc
alcuni vogliono che sia figlio della luna, 2* altri di Orfeo, del opiniones: nam eum alii Lunae filium, alii Orphei volunt, cuius
quale risulta che fu discepolo. Infatti indirizzato a Museo il eum constat fuisse discipulum. nam ad ipsum [d. h. Musaeus]
primo carme che Orfeo scrisse [cfr. 1 A 1] e che intitolato
primum carmen scripsit [Orpheus 1 A 1], quod appellatur
Cratere.
Crater.
2 A 8. MARM. PAR. F.Gr. Hist. 239 A 15 II 995. <Eumolpo, 2 A 8. MARM. PAR. F.Gr. Hist. 239 A 15 II 995 '
figlio di quel Museo che fu iniziato ai misteri da Orfeo>,
'
introdusse i misteri in Eleusi ed espose pubblicamente le poesie [I 21. 30 App.]
del padre, <quando ad Atene regnava Eretteo figlio di

Pandione> [1373 a. C.].
[1373 v.
Chr.].
2 A 9. DIODOR. IV 25, 1. Eracle giunse ad Atene e prese
2 A 9. DIODOR. IV 25, 1 (Herakles) [I 22. 1]
parte ai misteri eleusini di Museo, figlio di Orfeo, che allora

presiedeva all'iniziazione.
.
2 A 10. SCHOL. DIONYS. THRAC. p. 183, 10. Secondo
2 A 10. SCHOL. IN DIONYS. THRAC. p. 183, 10 Hilg.
alcuni inventore delle lettere dell'alfabeto fu Museo, figlio di [I 22. 5] (der Buchstaben)
Mezione e di Sterope, ai tempi di Orfeo. [Su Museo come
' . Vgl. ber M.
inventore dell'esametro, cfr. 68 B 16.]
als Erfinder des Hexameters 68 B 16.
2 A 11. Sul Canto armonioso cfr. B 11.
2 A 11. ber die s. zu B 11.
invece, e gli ingiusti li immergono nel fango dell'Ade e li
costringono a portare acqua con un setaccio [cfr. 1 B 4].

B. FRAMMENTI

B. FRAGMENTE
. . .

TEOGONIA, LIBRI I, II, III ...


2 B 1 [4 Kern (Rostock 1898)]. SCHOL. APOLLON. RHOD.
2 B 1 [4 Kern (Rostock 1898)]. SCHOL. APOLLON. RHOD. III 1179 [I 22. 10 App.]
[?]
III 1179. Nella terza Titanografia [?] Museo narra come
.
Cadmo si incamminasse dalla terra delfica preceduto nel
cammino da una vacca.
2 B 2 [5]. SCHOL. APOLLON. RHOD. IV 156.
2 B 2 [5]. SCHOL. APOLLON. RHOD. IV 156
In questi e nei versi seguenti dice che Medea, spargendo un

farmaco sul ginepro, vi condusse col suo magico canto un
. . . [I 22. 15]
drago... e il ginepro un ramo spinoso, proprio di Apollo,

come si narra nel terzo dei carmi attribuiti a Museo.
.
2 B 3 [21]. ARISTOT. hist. anim. Z 6. 563 a 18. L'aquila
2 B 3 [21]. ARISTOT. hist. anim. Z 6, 563 a 18 '
genera tre uova e di questi ne sguscia due, come detto anche ,
nei versi attribuiti a Museo:

[I 22. 20 App.] , ' , '
.
Tre ne genera, due ne sguscia, di uno solo si cura.
2 B 3 a [22]. ARISTOT. pol. 5. 1339 b 21. Anche Museo
2 B 3 a [22]. ARISTOT. pol. 5. 1339 b 21.
dice dunque che per i mortali la cosa pi piacevole cantare.

2 B 4 [24]. CLEM. ALEX. strom.VI 5 [II 424, 26]. Avendo


Museo scritto che
sempre l'arte di gran lunga migliore della forza
Omero dice: n qualcosa... [Il. XVIII 315]; e di nuovo

' '.
2 B 4 [24]. CLEM. Str.VI 5 (II 424, 26 St.)

'
' ' . [ 315]

avendo Museo composto i versi seguenti:


2 B 5 [25].
Come appunto genera foglie il campo fecondo di biade ma le
une muoiono sui frassini, e le altre invece crescono; cos volge
anche la vicenda della razza e della stirpe umana,
Omero trascrive: le foglie in parte, ecc. [Il. VI 147- 8].
2 B 6 [p. 14]. CLEM. ALEX. strom. VI 25 [II 442, 3].
Completamente appropriandosi delle cose altrui, le
introducevano come proprie, nel modo che fece Eugamone il
cirenaico rispetto all'intero libro di Museo Sui Tesproti.
2 B 7 [23]. CLEM. ALEX. strom. VI 25 [II 442, 15]. Esiodo
[fr. 164 Rzach2] compose i versi seguenti, riferendosi a
Melampo:
Ma dolce il sapere, ci che per i mortali fecero
gli immortali, chiaro segno di ci che vile e di ci che
nobile.

2 B 5 [25]. [I 23. 1 App.] '



,
,
' ' . [ 147. 148].
2 B 6 [p. 14]. CLEM. Str. VI 25 [II 442, 3 St.] [I 23. 5 App.]


.
2 B 7 [23]. CLEM. Str .VI 25 (II 442, 15 St.)
[fr. 164 Rzach2]
[I 23. 10 App.] ,

,
e via di seguito, prendendoli alla lettera dal poeta Museo.
.
2 B 8 [3]. [ERATOSTH.] catast. 13. In questo luogo sono
2 B 8 [3]. [ERATOSTH.] catast. 13 '
raffigurati la Capra e i Capretti. Museo infatti dice che Zeus, .
appena nato, fu consegnato da Rea a Temi; che Temi dette il [I 23. 15] ,
neonato ad Amaltea; e che questa, che aveva una capra, lo
,
accolse e fece nutrire Zeus. Ma la Capra era figlia di Elios e
, '
tanto spaventevole, che gli di del tempo di Crono, atterriti
, ,
dall'aspetto della fanciulla, pregarono Gea di nasconderla in
,
qualcuna delle grotte sotterranee di Creta; e, una volta

nascosta, fu affidata alle cure di Amaltea, che con il latte di
[I 23. 20 App.]
quella nutr Zeus. Avviandosi il fanciullo alla giovinezza ed
,
essendo sul punto di combattere contro i Titani, poich non

aveva armi, gli fu ordinato di servirsi della pelle della capra
, ,
come arma, per il fatto che essa era invulnerabile e

spaventevole e per il fatto che essa aveva in mezzo al dorso il
volto della Gorgone. Avendo fatto queste cose, Zeus si mostr [I 23.
duplice nella sua abilit, nascondendo le ossa della capra
25] ,
insieme al resto della pelle, cui infuse vita immortale: dicono
che essa in tal modo un astro del cielo <divenne e che Zeus fu , [I 24. 1 App.]
chiamato egioco>.
[] <,
LACT. inst. div. I 21, 39. Museo afferma che Giove, quando >. LACT. inst. div. I 21, 39 huius
combatt contro i Titani, si serv come scudo della pelle di una capellae corio usum esse pro scuto Iovem contra Titanas
tal capretta, onde dai poeti detto egioco [cfr. Epimenide: 3 B dimicantem M. auctor est, unde a poetis nominatur.
24].
Vgl. Epimenides 3 B 24 [I 24. 5] I 37, 7.
2 B 9 [10]. HARPOCR. s. v. . Melite un demo della 2 B 9 [10]. HARPOCR. .
Cecropide. Filocoro nel terzo libro [fr. 74 F.H.G. I 396] dice [fr. 74 F.H.G.
che il demo prende il nome da Melite, moglie, secondo Esiodo I 396] [fr. 100
[fr. 100], di Mirmeco, o del dio, figlio di Apollo, secondo
Rz.2] , .
Museo.
2 B 10 [14]. PAUS. I 14, 3. E anche nei versi di Museo, se pure 2 B 10 [14]. PAUS. I 14, 3 [I 24. 10 App.]
sono suoi, si dice che Trittolemo figlio di Oceano e di Gea
, ,
[cfr. Ferecide ap. (APOLLOD.) bibl. I 32 F.Gr.Hist. 3 F 53 I [Vgl. Pherekydes b. APOLL.
76].
bibl. I 32 F.Gr.Hist. 3 F 53 I 76].
2 B 11 [13]. PAUS. X 5, 6. Vi tra i Greci una composizione 2 B 11 [13]. PAUS. X 5, 6 ,
poetica, cui dato il titolo di Eumolpica e che attribuita a
,
Museo, figlio di Antiofemo. Nei versi di questa composizione [I 24. 15 App.] .
si dice che vi [a Delfi] un oracolo in comune di Posidone e di
Gea, e che mentre Gea stessa che rende gli oracoli, a
[zu Delphi] ,
Posidone invece fa da ministro dei vaticini Picrone. Cos
.

dicono i versi:
Subito la voce della Ctonia profer un saggio detto,
e insieme vi era Picrone, ministro dell'inclito Ennosigeo.


[I 24. 20 App.]
.
2 B 12 [15]. PHILOD. de piet. 59, 1 p. 31. Ma Zeus, come
2 B 12 [15]. PHILOD. de piet. 59, 1 p. 31 >' <,
dicono, ebbe il capo spaccato da Efesto o da Palamaone,
>, ,
secondo il poeta che compose l'Eumolpo. SCHOL. PIND. Ol. < > <> <>
7, 66. Nei versi di Museo si dice che fu Palamaone a colpire il . SCHOL. PIND. Ol. VII 66
capo di Zeus, quando venne alla luce Atena.
[I 24. 25] ,
.
2 B 13 [8]. PHILOD. de piet. 97, 18 p. 47. [Argo] ha quattro
2 B 13 [8]. PHILOD. de piet. 97, 18 p. 47 G. (Argos) [I 25. 1
occhi. Museo invece dice che <Argo> gener da Celeno, figlia App.] . <
di Atlante, quattro Etiopi, re dei mortali.
> ' <>' '
<>' .
2 B 14 [1]. PHILOD. de piet. 137, 5 p. 61. Alcuni autori
2 B 14 [1]. PHILOD. de piet. 137, 5 p. 61 G. [I 25. 5 App.]
sostengono che tutte le cose derivano dalla Notte e dal Tartaro, ,
altri dall'Ade e dall'Etere; colui che scrisse la Titanomachia
:
dice dall'Etere, Acusilao [9 B 1] dal Caos primigenio; nei versi , [9 B 1] '
attribuiti a Museo scritto che in principio era il Tartaro e la :
Notte. PHILOD. de piet. 13, 16 p. 80. Nel secondo libro [del < >. PHILOD. de piet. 13, 16 p.
di Crisippo] si cerca di accordare con le loro
80 G. [I 25. 10 App.] [von Chrysippos
opinioni le composizioni attribuite ad Orfeo e a Museo.
] . . .
PHILOD. de piet. 14, 18 p. 81. Il secondo libro [ ] . PHILOD. de piet.
dice che la primissima dea la Notte.
14, 18 p. 81. <><><> [nmlich
] .
2 B 15 [2]. SCHOL. APOLLON. RHOD. III 1. Nei versi
2 B 15 [2]. SCHOL. APOLLON. RHOD. III 1
attribuiti a Museo si narrano due generazioni delle Muse, delle [I 25. 15 App.]
pi antiche, ai tempi di Crono, e delle pi recenti da Zeus e da , ,
Mnemosine.
.
2 B 16 [6]. SCHOL. APOLLON. RHOD. III 1035. Museo
2 B 16 [6]. SCHOL. APOLLON. RHOD. III 1035 .
narra che Zeus, innamoratosi di Asteria, si un con lei e che,

dopo essersi unito, la dette a Perseo, al quale ella gener Ecate. , . Vgl. zu III
SCHOL. APOLLON. RHOD. III 467. (Dice che Ecate figlia) 467 . ( [I 25. 20]
di Asteria e di Zeus.
).
2 B 17 [9]. SCHOL. APOLLON. RHOD. III 1377. Ma tali
2 B 17 [9]. SCHOL. APOLLON. RHOD. III 1377
apparenze [delle stelle cadenti] Museo dice che portate su
(n. ) .
dall'oceano si spengono sotto l'etere. Quelli che da Museo sono
chiamati astri giustamente Apollonio li chiama scintilli.
.
.
2 B 18 [7]. SCHOL. ARAT. 172 p. 369, 24. Talete dunque
2 B 18 [7]. SCHOL. ARAT. 172 p. 369, 24 Maass [I 25. 25]
sostiene che queste [le Iadi] sono due... Museo cinque. SERV. [n. ] . . .
in Vergil. Georg. I 138. Le Iadi... nutrici del padre Libero,
. SERV. in Georg. I 138. [Hyadas] ... nutrices
come scrisse Museo: sono cos chiamate dal fratello Ia, che
Liberi patris, ut M. scripsit, ab Hya fratre, quem in venatione
esse piansero quando fu ucciso durante una caccia. SCHOL.
interemptum fleverunt, unde Hyades dictae. SCHOL. GERM.
GERM. p. 75, 10 [ROBERT, Eratosthenes, p. 110]. Museo
p. 75, 10 [ROBERT Eratosth. 110]. [I 26. 1 App.] M. ita
riferisce in tal modo: Etra procre dall'Oceano dodici figlie,
refert: Aethra ex Oceano procreavit filias duodecim, ex quibus
delle quali cinque formarono la costellazione delle Iadi e sette quinque stellis figuratas Hyadas, septem autem Pliadas. his
quella delle Pleiadi. Loro unico fratello fu Ia, che tutte le
unus fuit frater Hyas, quem omnes sorores dilexere. quem in
sorelle amarono e che fu ucciso durante una caccia da un leone venatu alii ab leone, [I 26. 5 App.] alii ab apro interfectum
o, secondo altri, da un cinghiale; piangendolo esse
dicunt. quae flentes eum obierunt, Hyadas nuncupatas, alias
tramontarono, chiamate le une Iadi e le altre Pleiadi [cfr.
Pliadas. Vgl. SCHOL. AR. 254 p. 386, 13 M. HYGIN. II 21.
SCHOL. ARAT. 254 p. 386, 13; HYGIN. astron. II 21].
2 B 19 [19]. THEOPHR. hist. plant. IX 19, 2. Come dicono, il 2 B 19 [19]. THEOPHR. h. plant. IX 19, 2
tripolio , secondo Esiodo [fr. 229] e Museo, utile per ogni
' [fr. 229 Rz2]
cosa ed attivit; per questo lo scavano di notte dopo aver
[I 26. 10 App.] , '
piantato una tenda.
.
INNO A DIONISO

2 B 19 a [p. 13]. ARISTID. or. 41 [II 330, 16 Keil]. E dunque 2 B 19 a [p. 13]. ARISTID. Or. 41 [II 330, 16 Keil]

tra gl'inni e i discorsi dedicati a Dioniso quelli perfetti noi li


attribuiamo ad Orfeo, a Museo e ai pi antichi legislatori. Cfr.
Pap. Berol. n. 44, 2 [Berl. Klassikertexte V 1, 8; 1 B 15 a].
<Orfeo>, pieno di ispirazione <compose gl'inni>, che Museo
<trascrisse con poche correzioni>.
INNO A DEMETRA


. Vgl.
Pap. Berol. n. 44, 2 [I 26. 15 App.] (Berl. Klassikertexte V 1,
8; 1 B 15a).
, .

2 B 20 [20]. PAUS. IV 1, 5. Per primi dunque regnarono in


questa regione Policaone figlio di Lelego e sua moglie
Messene. Presso costei introdusse le iniziazioni delle grandi
Dee, venendo da Eleusi, Caucone, figlio di Celeno, figlio di
Flio. E Flio gli Ateniesi dicono che era figlio di Gea. Con ci
concorda l'Inno a Demetra composto da Museo per i Licomidi.

2 B 20 [20]. PAUS. IV 1, 5 '


[I 26. 20 App.]
.

.
.
. Vgl.
I 13, 16 Anm. [I 26. 25] 21, 24.

Vgl. 1 A 11. 2 A 6. c. 25, 1

ORACOLI
2 B 20 a. HERODOT. VII 6. Dopo aver posto termine alla
contesa, [i Pisistratidi] erano saliti a Susa, conducendo con s
Onomacrito di Atene, vaticinatore ed interprete degli Oracoli
di Museo. Onomacrito infatti era stato cacciato da Atene da
Ipparco, figlio di Pisistrato, per essere stato colto in flagrante
da Laso di Ermione, nell'atto di interpolare tra quelli di Museo
l'oracolo per cui le isole presso Lemmo sarebbero sprofondate
nel mare. Per questo Ipparco, che pure si era servito molto di
lui in precedenza, lo cacci 3* [cfr. 1 A 1 b].

2 B 20 a. HEROD. VII 6 (die Peisistratiden)



[I 26. 30 App.] [
] :
[I
27. 1 App.] '
,
.

. [Vgl. 1 A 1 b].
2 B 21 [17]. HERODOT. VIII 96. [Alla battaglia di Salamina] 2 B 21 [17]. HEROD. VIII 96. [I 27. 5 App.] [Schlacht bei
il vento Zefiro sorprese molte navi e le trascin verso la
Salamis]
spiaggia dell'Attica chiamata Coliade. Si comp, cos, non
.
meno di tutti gli altri, l'oracolo che su questa battaglia era stato
formulato da Bacide e da Museo.

. (folgt der Spruch des Lysistratos).
2 B 22 [18]. PAUS. X 9, 11. Gli Ateniesi sono concordi nel
2 B 22 [18]. PAUS. X 9, 11 [I 27. 10 App.]
sostenere che non fu giusta la sconfitta che loro tocc ad

Egospotami, giacch furono traditi per denaro dai generali:
.
Tideo e Adimanto, infatti, furono quelli che accettarono doni ,
da Lisandro. A dimostrazione della loro tesi essi esibiscono
.
l'oracolo della Sibilla... e rammentano altri versi degli oracoli . . .
di Museo:
[I 27. 15 App.]
Agli Ateniesi incombe fiera tempesta
per la malvagit dei capi, ma vi sar un compenso:
sufficienti a rovinare la citt, essi ne pagheranno la pena.


,
() , .

3. EPIMENIDE

3[68]. EPIMENIDES

A. VITA

[I 27. 20 App.] A. LEBEN

3 A 1. DIOG. LAERT. I 109 sgg. Padre di Epimenide, secondo 3 A 1. DIOG. LAERT. I 109 ff. ,
quanto attestano Teopompo [F.Gr.Hist. 115 F 67 II 548] e
[F.Gr.Hist. 115 F 67 II 548] ,
molti altri, fu Festio,1* secondo altri Dosiade, secondo altri
, , .
ancora Agesarco; era di origine cretese, da Cnosso, anche se
,
non ne aveva l'aspetto, a causa della lunghezza dei capelli.
. [I 28. 1]
Costui una volta fu mandato dal padre in un campo alla ricerca ,
di una pecora, ma, verso mezzogiorno, si allontan dalla strada '

e sotto una caverna si addorment: dorm cinquantasette anni. . ,


Risvegliatosi, si rimise a cercare la pecora, credendo di aver
' . ,
dormito solo per poco tempo. Non avendola trovata, ritorn al , [I 28.
campo, ma trov tutto quanto mutato ed anche la propriet del 5 App.] ' ,
campo era ormai di un altro. Pieno di dubbi si diresse allora
.
verso la citt. Qui entr nella sua casa, ma chiunque incontrava ,
gli chiedeva chi fosse, finch non incontr suo fratello minore, , '
ormai diventato vecchio, e da questi apprese tutta la verit.
. (110)
(110) Divenuto molto noto presso i Greci, godeva fama di
.
essere carissimo agli di. Cosicch gli Ateniesi, durante una

pestilenza che allora li travagliava e poich la Pizia aveva loro [I 28. 10 App.]
reso l'oracolo di purificare la citt, mandarono a Creta una nave , .
e con essa Nicia figlio di Nicerato, per chiamare Epimenide. Ed [596-593]
egli, arrivato nella 46.a olimpiade [596-3],2* purific la loro
,
citt e fece cessare la pestilenza in questo modo: raccolte delle ,
pecore dal vello nero e dal vello bianco, le condusse
, ,
sull'Areopago; di l le lasci andare dove volessero, ordinando ,
a coloro che le seguivano di sacrificarle al nume appropriato , [I 28. 15 App.]
nello stesso luogo dove ciascuna di esse si sarebbe fermata. E .
cos arrest la pestilenza. Onde ancora oggi possibile
,
rinvenire nei demi ateniesi altari anonimi, a ricordo della
.
purificazione di allora. Secondo altri, Epimenide avrebbe

attribuito la causa della pestilenza al sacrilegio di Cilene, di cui ,
essa indicava l'espiazione: per questo furono uccisi due
. (111)
giovani, Cratino e Ctesibio, e fu allontanata la sventura. (111) [I 28. 20
Gli Ateniesi votarono per lui una ricompensa di un talento e
App.] .
una nave che lo riconducesse a Creta. Egli non accett il

denaro; ma fu promotore di un patto di amicizia e di alleanza .
tra Cnosso ed Atene.
' ' ,
Tornato in patria, dopo non molto tempo Epimenide mor,
[FGrHist. 257 F 38 II 1191]
come dice Flegone nell'opera Sui longevi [F.Gr.Hist. 257 F 38
II 1191], dopo aver vissuto 157 anni. A quel che affermano i , [I 28.
Cretesi, visse 299 anni; Senofane di Colofone [21 B 20],
25] [21 B 20] ,
invece, dice di aver udito che visse 154 anni 3*.
.
Compose una Genesi dei Cureti e dei Coribanti e una

Teogonia, in cinquemila versi; la Costruzione della nave Argo ,
e il Viaggio di Giasone in Colchi, in seimilacinquecento versi.
(112) Scrisse altres in prosa un'opera Sui sacrifici e sulla
. (112)
costituzione di Creta e Su Minosse e Radamanto, per

complessive quattromila righe. Costru anche in Atene il
. [I 28. 30
tempio alle Eumenidi, come dice Lobone argivo nello scritto App.] ' ,
Sui poeti [fr. 16 Crnert]. Si dice anche che egli per primo
[fr. 16 Crn.].
introdusse la purificazione delle case e dei campi e la

costruzione dei templi. Vi sono anche alcuni i quali negano che . ' ,
egli si sia addormentato, ritenendo invece che egli si sia per un . . .
certo tempo appartato, occupando il tempo a tagliare radici... (Folgt 113 Brief an Solon.)
[segue nel 113 una lettera a Solone]4*.
(114)
(114) Dice Demetrio che alcuni raccontano che Epimenide
[I 28. 35 App.]
avesse ricevuto dalle Ninfe un cibo particolare e che lo
'
conservasse in uno zoccolo di bue. Ne prendeva poco alla volta .
ne mai evacuava; non fu mai visto mangiare. Fa menzione di [fr. 45 FHG I 201].
lui anche Timeo nel secondo libro [fr. 45 F.H.G. I 201].

Affermano alcuni che i Cretesi celebrano sacrifici in suo onore, .
come ad un dio; dicono infatti che eccelse nell'arte divinatoria. ' [I 29. 1 App.]
Onde, avendo osservato la collina di Munichia nel territorio
, ,
ateniese, egli disse che gli Ateniesi ignoravano di quanti mali [B 10].
sarebbe stato causa per loro questo piccolo territorio: altrimenti .
lo avrebbero distrutto con i loro denti [B 10]. E queste cose le
diceva tanti anni prima. Si dice anche che egli fu il primo a
,
chiamarsi Eaco, a predire ai Lacedemoni la conquista da parte . (115) [I 29. 5 App.] '

degli Arcadi e a fingere di essere ritornato a vivere molte volte. [FGrHist. 115 F 69 II 549]
(115) Teopompo nei suoi Mirabili [F.Gr.Hist. 115 F 69 II 549] , '
narra che, mentre Epimenide costruiva il tempio delle Ninfe, , , '.
prorompesse una voce dal cielo: O Epimenide, non delle
, (
Ninfe, ma di Zeus. Dice anche che egli predisse ai Cretesi la 114). .
sconfitta dei Lacedemoni ad opera degli Arcadi, come si

detto: in effetti furono catturati ad Orcomeno. Teopompo
. [I 29. 10 App.]
afferma inoltre che egli invecchi in un numero di giorni pari [fr. 1 FHG IV 454]
agli anni in cui aveva dormito. Mironiano nei suoi Simili [fr. 1
F.H.G. IV 454] dice che i Cretesi lo chiamavano Curete e
' ,
Sosibio Lacone [fr. 17 F.H.G. II 628] sostiene che i
[fr. 17 FHG II 628].
Lacedemoni, in conformit ad un oracolo, conservano il suo

corpo presso di loro.
. - Zu 109 vgl.
Ci furono altri due personaggi chiamati Epimenide, l'uno,
APOLLON. HIST. mir. 1; PLIN. N. H. [I 29. 15 App.] VII
scrittore di genealogie, e l'altro che scrisse in dialetto dorico
175.
un'opera sui Rodii. [Sul 109 cfr. APOLLON. mirab. 1; PLIN.
nat. hist. VII 175.]
3 A 2. SUID s. v. Epimenide, figlio di Festo, o di Dosiade, o di 3 A 2. SUID.
Agesarco, e della madre Blasta, cretese di Cnosso, compositore , .
di versi. (Su di lui esiste la leggenda per cui la sua anima
(
usciva dal corpo tutte le volte che lo volesse per il tempo

opportuno e poi nel corpo di nuovo rientrava; dopo la sua
.)
morte, a lunga distanza di tempo, fu ritrovato il suo corpo
[660-657], [I 29. 20 App.]
punteggiato di lettere.) Nacque nella 30.a olimpiade [660-57], e '
quindi visse prima o nella stessa epoca dei cosiddetti sette
.
sapienti. Purific Atene dal sacrilegio di Cilone quando era gi [604-601] .
vecchio, nella 44.a olimpiade [604-1]. Scrisse molte cose in

versi epici e in prosa alcuni misteri, purificazioni ed altre
.
composizioni di genere enigmatico.

A costui scrisse il legislatore Solone, biasimando la
[I 29. 25 App.] [aus Diog. I 64].
purificazione della citt [da DIOG. LAERT. I 64].
(?) , .
Visse 150 anni, e ne dorm 60.
' ' .
Donde il proverbio la pelle epimenidea, per le cose nascoste.
3 A 3. STRAB. X 479. Di Festo dicono che sia
3 A 3. STRAB. X 479
quell'Epimenide che fece purificazioni per mezzo di versi.

.
3 A 4. ARISTOT. Ath. resp. 1. <Sostiene l'accusa> Mirone;
3 A 4. ARIST. . . 1 ...[I 29. 30 App.] , '
<giudicarono i trecento>, scelti tra le famiglie nobili, dopo aver .
giurato sulle vittime dei sacrifici. Essendo stato riconosciuto il [Alkmaeoniden] ,
sacrilegio, i cadaveri dei colpevoli furono gettati fuori delle
. . '
loro sepolture e la loro discendenza fu cacciata in perpetuo
[I 30. 1] . PLUT. Sol. 12.
esilio. Poi il cretese Epimenide purific la citt.5*

PLUTARCH. Sol. 12. In quel tempo la guerra civile raggiunse
il suo punto culminante e il popolo era diviso tra le due fazioni.
Solone, grazie alla stima di cui godeva, dette mano ad un'opera
di mediazione e, con l'aiuto dei pi nobili tra gli Ateniesi, con .
le preghiere e con gli ammonimenti, persuase i cosiddetti
[I 30. 5]
sacrileghi a rendere conto della loro condotta e a sottomettersi , '
al giudizio dei trecento giudici, scelti tra i pi nobili cittadini. .
L'accusa fu sostenuta da Mirone, del demo di Flie: gli accusati
furono riconosciuti colpevoli. Quelli ancora vivi furono esiliati, .
di quelli gi morti i cadaveri furono dissotterati e gettati sui

monti. Approfittando di queste vicende sconvolgenti, i
,
Megaresi passarono all'attacco e gli Ateniesi persero Nisea e [I 30. 10 App.] .
furono nuovamente scacciati da Salamina. Nello stesso tempo . ,
terrori superstiziosi e apparizioni si impadronirono della citt;
gli indovini annunciarono che dall'esame delle vittime
.
apparivano crimini e contaminazioni che richiedevano
,
purificazioni. E cos, chiamato dagli Ateniesi, giunse da Creta .
Epimenide Festio, che incluso nel numero dei sette sapienti .

da coloro che non vi includono Periandro. Godeva fama di


[I 30. 15 App.]
essere persona cara agli di, sapiente intorno alle cose divine .
ed esperto nelle ispirazioni e nei misteri: onde i suoi

contemporanei lo chiamavano figlio della ninfa di nome Balte e ,
il nuovo Curete. Una volta giunto, mettendo a frutto l'amicizia ,
di Solone, molto lo aiut e lo favor nella sua opera di
. [Folgt B 10.] .
legislatore; e infatti rese pi sopportabili le spese per le

funzioni sacre e rese gli Ateniesi pi moderati nella
[I 30. 20 App.]
manifestazione del loro lutto, unificando certi sacrifici con le
esequie e togliendo quanto di duro e di barbarico praticavano in . ber den Zusammenhang mit Kreta s. THEOPHR. b.
precedenza la maggior parte delle donne [segue B 10]. E
Porhp. de abst. II 21 [31 B 128].
poich gli Ateniesi, pieni di ammirazione per lui, volevano
fargli dono di molto denaro e di grandi onori, Epimenide non
chiese altro che un ramo dell'olivo sacro e, ottenutolo, se ne
and [cfr. 31 B 128].
3 A 5. PLAT. legg. I 642 D [il cretese Clinia parla allo
3 A 5. PLATO legg. I 642 D [der Kreter Kleinias spricht zu
straniero ateniese] E qui infatti tu hai forse ascoltato che
dem athenischen Fremdling] , .
Epimenide era uomo divino (era nostro parente), il quale venne , , [I 30. 25 App.]
presso di voi dieci anni prima della guerra persiana,
'
conformemente all'oracolo del dio, e comp certi sacrifici che il ,
dio gli aveva ordinato. E poich allora gli Ateniesi erano pieni ,
di terrore per la spedizione dei Persiani, egli preannunci che , ,
essi non sarebbero venuti per dieci anni e che, quando lo
,
fossero, sarebbero stati ricacciati senza aver compiuto nulla di . '
ci che nelle loro speranze si ripromettevano, ma anzi
. Vgl. III 677 D. [nach
ricevendo danni maggiori di quanti non ne avrebbero fatti.
Erwhnung [I 30. 30 App.] von Daidalos, Orpheus, Palamedes,
Allora i nostri antenati si legarono a voi di ospitalit.
Marsyas, Olympos, Amphion] ' ', ,
Cfr. PLAT. legg. III 677 D [dopo la menzione di Dedalo,
; -
Orfeo, Palamede, Marsia, Olimpio, Anfione]. E sai, o Clinia, ; -
che hai dimenticato l'amico che soltanto di ieri? - Parli forse , ,
di Epimenide? - S, di costui. Per voi egli infatti di gran lunga ' [Epim.] .
super tutti gli altri con la sua invenzione, o caro; ci che
PLUT. sap.conv. p. 157 D. [I 30. 35]
Esiodo anticamente vaticinava con la parola, Epimenide
,
realizz con la sua opera.
' ,
PLUTARCH. conv. VII sap. 14 p. 157 D. Ed una certa legge . . .
che ordina di astenersi dagli altri cibi esiste anche per
,
Epimenide, ospite di Solone, il quale, portando alla bocca solo [Epim.]
una piccola quantit di un medicamento che ha il potere di
'
togliere la fame e che lui stesso aveva composto, passava il
[I 30. 40 App.]
giorno senza pranzo e senza cena ... Ma Solone disse di
[] ' [I 31. 1
meravigliarsi che Ardalo non avesse letto la legge del digiuno App.] ' ' [Opp. 41]' ' ',
di Epimenide, quale descritta nei versi di Esiodo: questi
, ' ,
infatti il primo che offr ad Epimenide i semi di un tale
,
nutrimento e che gli insegn a ricercare quanto grande
;
giovamento c' nella malva e nell'asfodelo [opp. 41]. Pensi
, ' '
infatti, disse allora Periandro, che Esiodo pensasse veramente [I 31. 5]
ad una cosa di questo tipo, o non piuttosto che, lodatore
. . . Vgl. I 28,
com'era della parsimonia, ci invitasse ai pi semplici dei cibi, 34.
in quanto pi piacevoli? giovevole infatti nutrirsi di malva e
dolce il gambo dell'asfodelo; ma queste cose che tolgono la
fame e che tolgono la sete ritengo che siano piuttosto medicine
che non cibi... [cfr. supra DIOG. LAERT. I 112 (3 A 1)].
3 A 6. THEOPHR. hist. plant. VII 12, 1. Commestibili ...
3 A 6. THEOPHR. hist. pl. VII 12, 1 ...
anche la radice dell'asfodelo e quella della cipolla: non tutta
,
per, bens quella detta epimedea, che cos chiamata dall'uso. ,
Cfr. THEOPHR. charact. 16, 13. Invitando le sacerdotesse a . Vgl. charact. 16, 13
purificarlo con la cipolla o con un cagnolino.
[I 31. 10] .
3 A 6 a. APUL. apol. 27. Coloro che con eccessiva curiosit
3 A 6 a. APUL. apol. 27 qui providentiam mundi curiosius
investigano la provvidenza del mondo e con maggior cura
vestigant et impensius deos celebrant eos vero vulgo magos
celebrano gli di, sono chiamati maghi dal volgo, quasi
nominent, quasi facere etiam sciant quae sciant fieri, ut olim
sappiano anche fare quelle cose che conoscono nel loro
fuere E. et Orpheus et Pythagoras et Ostanes ac dein similiter

accadere. A questa categoria appartennero un tempo


Epimenide, Orfeo, Pitagora e Ostane e in seguito anche le
purificazioni di Empedocle, il demone di Socrate e il bene di
Platone ebbero una fama analoga.
3 A 7. CLEM. ALEX. protr. 2, 26 [I 19, 25; dall'opera di
Posidonio Sugli dei]. L'antico Epimenide, che in Atene innalz
altari alla Superbia e alla Sfrontatezza [dalla stessa fonte
CICER. de leg. II 11, 28. Cfr. DIOG. LAERT. I 110. 112 (3 A
1)].
3 A 8. PAUS. I 14, 4. Davanti a questo tempio [l'Eleusinion in
Atene], dove anche la statua di Trittolemo, vi un bue di
bronzo nell'atto di essere condotto al sacrificio. E vi
raffigurato in figura di supplicante Epimenide di Cnosso, del
quale si dice, che andato in un campo ed entrato in una grotta,
si addorment e che il sonno non lo abbandon prima che
furono passati quaranta anni. E in seguito compose versi e
purific varie citt, tra cui Atene. [Eroe attico:] SERV. in
Vergil. Georg. I 19. Il fanciullo inventore dell'uncino e
dell'aratro... o Epimenide, il quale in seguito fu detto Buzige,
secondo Aristotele [fr. 386 Rose]. HESYCH. s. v. .
Eroe attico, il quale per primo aggiog i buoi sotto lo aratro;
era chiamato Epimenide.

suspectata Empedocli catharmoe, Socrati daemonion, [I 31. 15


App.] Platonis .

B. FRAMMENTI

B. FRAGMENTE

TEOGONIA O ORACOLI CRETESI

3 A 7. CLEM. protr. 2, 26 [I 19, 25 St.] [aus Poseidonios


] .
. Aus derselben Quelle Cic. de leg. II 11,
28. Vgl. I 28, 16. 29f.
3 A 8. PAUS. I 14, 4 [Eleusinion in
Athen] [I 31. 20] ,
.
. ,
.

.
. Attischer Heros: Serv. Georg. I
19 uncique puer monstrator [I 31. 25 App.] aratri ... vel
Epimenides, qui postea Buzyges dictus est secundum
Aristotelem [fr. 386 Rose]. HES. :
' .

3 B 1. PAUL. ad Tit. 1, 12. Disse uno di loro [Cretesi], un loro 3 B 1. PAUL. ad Tit. 1, 12. [I 31. 30]
profeta:
[Kreter], [I 32. 1 App.]
, , .
6
CLEM. Str. I 59 (II 37, 21 St.) [Weisen]
Sempre mentono i Cretesi, male bestie, ventri pigri. *

[
CLEM. ALEX. strom. I 59 [II 37, 21]. Come settimo [tra i
sette sapienti] alcuni enumerarono Periandro di Corinto, altri ], [I 32. 5]
Anacarsi scita, altri ancora Epimenide cretese, ricordato anche [folgt Zitat].
Aus dessen Quelle HIERON. comm. in ep. ad Tit. VII 606
dall'apostolo Paolo nella epistola a Tito [segue la citazione].
Dalla fonte del quale HIERON. comm. in ep. ad Tit. VII 606 Migne dicitur autem iste versiculus in Epimenidis Cretensis
Migne. Si dice poi che questo versetto si ritrova negli oracoli di poetae Oraculis reperiri ... denique ipse liber Oraculorum
Epimenide, poeta cretese... e infine lo stesso libro ha per titolo titulo praenotatur. Vgl. ep. 70, [I 666 M.], wo er zufgt: cuius
heroici hemistichium postea Callimachus [I 32. 10 App.]
Oracoli. Cfr. HIERON. ep. 70, I 666. Del cui emistichio in
usurpavit [h. 1, 8 ,
seguito si impadron Callimaco [1, 8: Sempre mentono i
, '
Cretesi; la tua tomba, o signore, costruirono i Cretesi; ma tu
non sei morto: sempre infatti vivi]. MAXIM. TYR. XXXVIII ]. MAXIM. TYR. c. 38 (p. 439, 14 Hobein = c. 22 p. 224
3 p. 439, 14 Hobein = 22 p. 224 Dav. Venne ad Atene anche un Dav.) .
altro cretese, di nome Epimenide; neppure costui fu in grado di '
indicare chi gli fosse maestro, e tuttavia era molto esperto nelle , [I 32. 15 App.]

cose divine, al punto da salvare con i suoi sacrifici la citt di
Atene, allora travagliata dalla pestilenza e dalla sedizione. Ed , '
era esperto in queste cose non avendole apprese da altri, ma, a . c. 10 (p. 110, 13 H. = c. 28 p. 286 Dav.)
quel che si narra, gli erano stati maestri un lungo sonno ed un .
sogno. MAXIM. TYR. X 1 p. 110, 13 Hobein = 28 p. 286 Dav.
Giunse allora ad Atene un uomo di Creta, di nome Epimenide, [I 32. 20 App.]

con un racconto difficile a credersi; narrava infatti che <a
mezzo il> giorno, sdraiatesi nell'antro di Zeus Dicteo, durante .
un sonno profondo di lunghi anni era venuto in contatto in
sogno con gli di e con i discorsi degli di e con la Verit e la
Giustizia.
3 B 2 [5 Kern de Orph. cett. theog. p. 64]. AELIAN. nat. anim. 3 B 2 [5 Kern de Orph. cett. theog. p. 64] AEL. n. anim. XII 7
XII 7. E invero anche il leone nemeo dicono che sia caduto gi
dalla luna. Dicono infatti anche i versi di Epimenide:
.

E infatti anch'io sono stirpe di Selene7* dalla bella chioma,


la quale, terribilmente fremendo, scosse da s un fiero leone:
che, per causa della veneranda Era, fu strangolato in Nemea
<e fu domato dalla forza divina della potenza di Eracle>.

[I 33. 1 App.]
,
'
' '
< >.

[cfr. 59 A 77]. HERODOR. ap.TATIAN. 28 p. 29, 10. E come


non sciocco credere ai libri di Erodoto sulla leggenda di
[I 33. 5 App.] [S. 59 A 77]. HERODOROS b.Tatian. 28
Eracle, che per la terra alto proclamano che dalla luna scese un '
leone, quello che poi fu ucciso da Eracle?
, [n. ]
' '
;
3 B 3. ARISTOT. pol. A 2. 1252 b 13. La comunit che si
3 B 3. ARIST. pol. A 2. 1252 b 13.
costituisce per la vita quotidiana per natura la famiglia, i cui [I 33. 10 App.]
componenti Caronda chiama compagni di mensa, e
, , .
Epimenide cretese chiama compagni di focolare.
.
3 B 4. ARISTOT. rhet. 17. 1418 a 21. Il parlare in pubblico 3 B 4. ARIST. rhet. 17. 1418 a 21
pi difficile del giudicare: ed naturale, dal momento che
, ,
riguarda il futuro; il giudicare invece riguarda l'accaduto, che ,
conoscibile ormai anche per gli indovini, come disse
, . [?] [I 33. 15]
Epimenide cretese: egli infatti vaticinava non riguardo al
, ,
futuro, bens riguardo alle cose accadute, ma oscure.8*
.
3 B 5 [1 K.]. DAMASC. de princ. 124; I 320, 17 [Eudemo, fr. 3 B 5 [1 K.]. DAMASC. 124 I 320, 17 R. [Eudem fr. 117]
117 Spengel]. Epimenide pose due princpi primi, l'Aere e la
Notte..., dai quali fu generato il Tartaro, terzo principio, a mio . . ., ,
avviso, e come un misto composto da entrambi; da questi si
, [I 34. 1 App.]
generarono i due Titani (chiam cos la mediazione
, (
intellegibile, perch si distende su entrambi, il culmine e il , ' ''
termine), dalla cui mescolanza reciproca si gener l'uovo... e da ), . . .,
questo poi inizi un'altra generazione. PHILOD. de piet. 47 a 2 . PHILOD. de piet. 47a, 2 p. 19
p. 19. Nei [versi attribuiti] ad Epimenide dall'Aere e dalla
[I 34. 5 App.] [nml.
Notte si sono formate tutte le cose <allo stesso modo che
]
anche> Omero <fa vedere> come Oceano genera da Teti gli di '
<dicendo>: Oceano genera gli di e loro madre Teti [Il.
'
XIV 201]; un <altro> pone al loro posto Crono e Rea, altri
' [ 201],
ancora invece ritengono che <Zeus e> Era siano padre e madre ,
degli dei.
.
3 B 6 [3 K.]. PAUS. VIII 18, 2. Anche Epimenide cretese
3 B 6 [3 K.]. PAUS. VIII 18, 2 [I 34. 10 App.] .
ritenne Stige la figlia di Oceano e che essa si congiungesse non ,
con Pallante, ma con Pirante, da cui gener Echidna, chiunque ,
fosse questo Pirante.
, .
3 B 7 [7 b K.]. PHILOD. de piet. 46 b 7 p. 18. Le Arpie, che
3 B 7 [7 b K.]. PHILOD. de piet. 46 b 7 p. 18 G.
erano <dee>, dai <figli di Borea> ... (18) Epimenide <infatti> < > < > ... 18
dice che sono <prole di Oce>ano e di G<ea e che furono uccise >< > [I 34. 15 App.] <
presso Reggio [?]>.
>' , < > (?) <
> (?) <>.
3 B 8 [4 K.]. PHILOD. de piet. 61 b 1 p. 46.
3 B 8 [4 K.]. PHILOD. de piet. 61 b 1 p. 46 G.
Dicono <che Tifone assalisse la reggia> di Zeus, <come
,
Eschilo> nel Prometeo [vv. 351 sgg.] e Acusilao [9 B 7] e
(V. 351ff.) [9 B 7]
Epimenide e molti <altri>. Secondo Epimenide Tifone,
. ' [I 34. 20
<essendo salito alla reggia> mentre Zeus <dormiva> ed
App.] '
<essendosi impadronito delle porte>, si istall nell'interno; ma ,
<Zeus>, essendo <accorso e vedendo la reggia occupata, lo
,
uccise con il fulmine, a quel che si dice>.
.
3 B 9 [7 a K.]. PHILOD. de piet. 92, 24 p. 43. Che le Arpie
3 B 9 [7 a K.]. PHILOD. de piet. 92, 24 p. 43 G.
custodiscano i pomi, lo dice Acusilao [9 B 5]; ed Epimenide
[I 34. 25] > [9 B
dice non solo questo, ma anche che esse erano con le Esperidi. 5], . .
3 B 10. PLUTARCH. Sol. 12 [su Epimenide: cfr. A 4]. Ma la 3 B 10. PLUT. Sol. 12 [ber Epimenides, nach A 4 I 30, 20]
cosa pi importante che egli con propiziazioni, purificazioni e ,
innalzamenti di statue consacr e santific la citt rendendola

docile alla giustizia e maggiormente incline alla concordia. Si [I 34. 30]


dice anche che, avendo osservato la penisola di Munichia, dopo .
aver riflettuto molto tempo, dicesse ai presenti: quanto cieco ,
l'uomo riguardo al futuro! Gli Ateniesi infatti avrebbero

mangiato con i loro stessi denti quel piccolo territorio, se in
,
precedenza sapessero quanti mali arrecher alla citt.
. [s. I 28, 39ff.].
3 B 11. PLUTARCH. de defect. or. 1 p. 409 E. Raccontano un 3 B 11. PLUT. def. or. 1 p. 409 E [I 34. 35]
mito, per cui aquile e cigni, portati dalle estremit della terra al ...
suo mezzo, in esso scendessero, a Delfi, presso il cosiddetto
[I 35. 1 App.]
ombelico. In seguito, Epimenide Pestio, indagando il mito
presso l'oracolo del dio e avendo ricevuto un responso oscuro e
ambiguo, disse :


[I 35. 5] , , ' .
3 B 12 [5 Mller FHG IV 405]. SCHOL. APOLL. RHOD. II
1122 [Shne des Phrixos] [FGrHist.
31 F 39 I 223] ,
[9 B 25]
[fr. 152 Rz2] [I 35. 10 App.]
. [APOLL. II 1155 f.]
, , , . .
.
3 B 13 [4 M.]. SCHOL. APOLLON. RHOD. III 242.
3 B 13 [4 M.]. SCHOL. APOLL. RHOD. III 242 .
Epimenide poi dice che Eeta era corinzio di stirpe e che sua
,
madre era Efira.
.
3 B 14 [8 K., 3 M.]. SCHOL. APOLLON. RHOD. IV 57.
3 B 14 [8 K., 3 M.]. [I 35. 15] SCHOL. APOLL. RHOD. IV 57
Epimenide dice che Endimione, intrattenendosi presso gli di, . [Endymion]
s'innamorasse di Era; essendosi Zeus adirato per questo, egli
supplic di cadere in sonno senza interruzioni.
.
3 B 15 [6 M.]. SCHOL. EURIP. Phoen. 13. Epimenide dice
3 B 15 [6 M.]. SCHOL. EURIP. Phoen. 13 .
che Laio spos Euriclea, figlia di Ecfanto, dalla quale nacque [Laios] ,
Edipo.
[I 35. 20] .
3 B 16 [7 M., 6 K.]. SCHOL. EURIP. Rhes. 36. Epimenide
3 B 16 [7 M., 6 K.]. SCHOL. EURIP. Rhes. 36 .
dice che da Callisto e da Zeus nacquero i gemelli Pane e

Arcade.
. SCHOL. THEOCR. AMBR. I 3 p. 28 W. .
SCHOL. THEOCR. AMBR. I 3 p. 28 Wilamowitz. Epimenide
nei suoi poemi dice che da Zeus e da Callisto nacquero i
.
gemelli Pane e Arcade.
3 B 17 [2 M.]. SCHOL. PIND. O1. 1, 127 [nomi dei tredici
3 B 17 [2 M.]. SCHOL. PIND. Ol. 127 [I 35. 25 App.] Namen
pretendenti uccisi da Enomao]. Su questo numero dei
der 13 von Oinomaos erschlagenen Freier:
pretendenti uccisi concordano le testimonianze di Esiodo [fr. [fr. 147
147] e di Epimenide.
Rz.] . .
3 B18 [1 M.]. SCHOL. PIND. Ol. 7, 24. Erofilo dice che Rodi 3 B 18 [1 M.]. SCHOL. PIND. Ol. VII 24
era figlia di Posidone e Afrodite; Epimenide la fa nascere da
, .
Oceano e da lei prese il nome la citt.
, ' [I 35. 30]
.
3 B 19 [2 K.]. SCHOL. SOPHOCL. Oed. Col. 42. Epimenide 3 B 19 [2 K.]. SCHOL. SOPHOCL. Oed. Col. 42. [I 36. 1
dice che le Eumenidi erano figlie di Crono:
App.] .
N della terra n del mare vi in mezzo un ombelico;
e se anche vi , manifesto agli di, ma nascosto agli uomini.
3 B 12 [5 Mller F.H.G. IV 405]. SCHOL. APOLLON.
RHOD. II 1122. Costoro [i figli di Frisso] Erodoro [F.Gr.Hist.
31 F 39 I 223] dice che nacquero da Calciope, figlia di Eeta;
Acusilao [9 B 25] ed Esiodo nelle Grandi Eoie [fr. 152] da
Iofossa, figlia di Eeta. E costui [APOLLON. RHOD. II 1155
sg.] dice che essi erano quattro: Argo, Frontis, Melana,
Citisoro. Epimenide come quinto aggiunge Presbone.

Da lui nacquero l'aurea Afrodite dalla bella chioma



e le Moire immortali e le Erinni dai vari doni.
' .
CRETICHE
[I 36. 5 App.]
3 B 20. DIODOR. V 80. Poich gli scrittori di cose cretesi per 3 B 20. DIODOR. V 80
la maggior parte dissentono tra loro, non ci si deve
,
meravigliare se diremo cose su cui non tutti sono d'accordo: noi ,
per abbiamo seguito coloro che dicono le cose pi persuasive
e che sono maggiormente degni di fede, in alcune cose
, [I 36. 10
avvicinandoci ad Epimenide teologo, in altre a Dosiade, a
App.] ,

Sosicrate e a Laostenide [cfr. VII 66-77].


3 B 21. ARAT. 163-164.

[Vgl. VII 66-77].


3 B 21. ARAT. 163. 164

Sacra Capra, che tradizione abbia offerto la mammella a


Zeus:
chiamandola Capra di Zeus costellazione l'intende.
3 B 22. ARAT. 30-35.

,
' .

se pure vero,
da Creta esse [Cinosura, Eliche], per volere del grande Zeus,
salirono al cielo, esse che, quando egli era fanciullo
in un antro profumato di dittamo presso il monte Ideo
e lo avevano accolto e nutrito, e per un anno
i Dittei Cureti allora avevano ingannato Crono.

,
[Kynosura, Helike]

3 B 23. SCHOL. ARAT. 46 p. 349, 23. Intorno al drago


tramandato un mito cretese, secondo il quale, avvicinandoglisi
una volta Crono, Zeus, che stava ben in guardia, si tramut in
dragone e tramut le sue nutrici in Orse; avendo cos ingannato
il padre, dopo avergli tolto il governo del mondo, fiss quanto
era accaduto a s e alle sue nutrici nel ciclo artico.
3 B 24. [ERATOSTH.] catast. 27. Capricorno. per forma
simile a Fan dal piede di capra, da cui deriva. Della bestia ha le
parti inferiori e le corna presso la testa. Fu onorato per essere
stato nutrito insieme a Zeus, secondo quanto testimonia
Epimenide nelle sue Cretiche, e cio che fu con lui nel monte
Ida, quando combatt contro i Titani; costui sembra aver
inventato il corno, in cui istru i suoi alleati, e chiamato Panico
per il tipo di suono, che mise in fuga i Titani. Avendo preso il
governo del mondo, Zeus lo pose tra gli astri insieme a sua
madre, la Capra. E per <aver trovato> il corno nel mare ha
come singolare segno <una coda> di pesce [cfr. 2 B 8.
DIODOR. XII 70].
3 B 25. [ERATOSTH.] catast. 5 (Marc. p. 5, 21 Olivieri) [sulla
Corona]. Questa si dice che sia quella di Arianna... colui che
compose le Cretiche dice che quando Dioniso giunse presso
Minosse, volendo corromperla, le mand un dono tale che
Arianna ne fu ingannata. Dicono infatti che fosse opera di
Efesto, fatta d'oro infuocato e di pietre dell'India... e che in
seguito egli pose questa corona tra gli astri. [cfr. DIODOR. VI
4 (TERTULL. de coron. 7)].
TARDE FALIFICAZIONI
3 B 26. LAUR. LYD. de mens. IV 17. Epimenide favoleggi
che i Dioscuri fossero maschio e femmina, e l'uno come
monade chiam tempo e l'altra come diade chiam natura:
dalla monade e dalla diade infatti derivano ogni numero
generatore di esseri viventi e di anime [cfr. 7 B 14].

POESIA ASTROLOGICA DEL SESTO SECOLO

3 B 22. ARAT. 30 [I 36. 15 App.]

,

,
[I 36. 20] .
3 B 23. SCHOL. ARAT. 46 [349, 23 M.] [I 37. 1]
,

,
[I 37. 5 App.]

.
3 B 24. [ERATOSTH.] catast. 27 .


[I 37. 10 App.] ,
. ,
,
, ,
, .
[Zeus]
. [I 37. 15 App.]

. Vgl. 2 B 8. DIODOR. XII 70.
3 B 25. [ERATOSTH.] catast. 5 (Marc.) p. 5, 21 Olivieri (
) ...
,
, [I 37. 20 App.]
, .

. . . .
Vgl. DIODOR. VI 4 [ TERT. de coron. 7].
SPTGEFLSCHTES
3 B 26. LAUR. LYD. de mens. IV 17
[I 37. 25] ,
,

. Vgl. 7 B 14.

II. ASTROLOGISCHE DICHTUNG DES SECHSTEN


JAHRHUNDERTS

4. ESIODO
4.[68a] HESIODOS
A. SCRITTI
A. SCHRIFT
4 A 1. PHILIPP. Epinom. 990 A. necessario che sia
sapientissimo il vero astronomo, e non come colui che fa

4 A 1. PHILIPP. Epinom. 990 A [I 38. 5 App.]

astronomia sulle tracce di Esiodo e di tutti gli altri dello stesso , '
genere, che si limita ad osservare i tramonti e le albe, ecc.1*

, .
4 A 2. CALLIMACH. ep. 27.
4 A 2. CALLIM. ep. 27
D'Esiodo questo il canto e lo stile: lui che dei poeti
' :
non certo l'ultimo; ma penso che il pi armonioso
[I 38. 10 App.] , '
dei suoi canti l'imit il poeta di Soli. Salve, o leggiadri
:
canti, veglie severe di Arato.
, .
4 A 3. PLUTARCH. de Pyth. or. 18 p. 402 F. In versi prima
4 A 3. PLUT. Pyth. or. 18 p. 402 F . . .
[di Aristarco e altri] scrissero Eudosso, Esiodo e Talete [11 B [als Aristarch u. a.] [11 B
1].
1] .
B. FRAMMENTI

[I 38. 15 App.] B. FRAGMENTE

ASTRONOMIA

4 B 1 [177 Rzach (1908)]. ATHEN. XI 491 C - D [da


Asclepiade di Mirlea]. Colui che compose l'Astronomia
attribuita ad Esiodo sempre le chiama Peleiadi:
Quelle che i mortali chiamano Peleiadi.
4 B 2 [178]. ATHEN. XI 491 C-D. E di nuovo:
Tramontano le invernali Peleiadi.
4 B 3 [179]. ATHEN. XI 491 C-D. E di nuovo:
Allora nascondono le Peleiadi.

4 B 1 [177 Rzach (1908)]. ATHEN. XI 491 CD [aus


Asklepiades v. Myrlea]

[I 38. 20] .
4 B 2 [178]. ATHEN. XI 491 CD
.
4 B 3 [179]. [I 39. 1] ATHEN. XI 491 CD :

.
4 B 4. PLIN. nat. hist. XVIII 213. Il tramonto mattutino delle 4 B 4. PLIN. N. H. XVIII 213 occasum matutinum
Pleiadi Esiodo (infatti anche sotto il nome di questi ci rimane Vergiliarum H. (nam huius quoque nomine exstat Astrologia)
un'Astrologia) sostiene che accade quando si compiuto
tradidit fieri, cum [I 39. 5] aequinoctium autumni conficeretur,
l'equinozio d'autunno; Talete [11 A 18] nel venticinquesimo
Thales [11 A 18] XXV die ab aequinoctio.
giorno dopo l'equinozio.
4 B 5 [180]. SCHOL. ARAT. 172 p. 370, 8. Esiodo dice infatti 4 B 5 [180]. SCHOL. ARAT. 172 (2 - 4 ebend. 254 .
intorno ad esse [le Iadi]:
) . [Hyaden]

[I 39. 10 App.]
ninfe simili alle Cariti

Fesile e Coronide, dalla bella corona, e Cleia


' ,
Faio amabile ed Eurodora dal lungo peplo,
' .
che le stirpi degli uomini sulla terra chiamano Iadi.
4 B 6 [181]. [ERATOSTH.] catast. 1. Della grande Orsa.
4 B 6 [181]. [ERATOSTH.] catast. 1 .
Esiodo dice che costei era figlia di Licaone e che abitava
,
nell'Arcadia. Fu scelta al seguito di Artemide per condurre al [I 39. 15 App.]
pascolo le fiere nei monti. Sedotta da Zeus, essa per qualche

tempo tenne la cosa celata alla dea, ma alla fine fu scoperta,

perch, essendo ormai prossima al parto, fu vista da Artemide '
mentre si lavava; adirata per questo, la dea la tramut in una
'
fiera e cos, diventata un'orsa, gener un figlio di nome Arcade.
Stando sui monti fu catturata da alcuni pastori di capre e
. ' [I 39. 20 App.]
consegnata con la sua prole a Licaone. Dopo qualche tempo,
opinione che essa entrasse nel sacro luogo inviolabile di Zeus,
ignorando la legge. Seguita da suo figlio e dagli Arcadi,
[] .
quando essa stava per essere uccisa secondo la legge, Zeus, in ,
virt della protezione accordata, la rap e la pose fra le stelle e
per tutto ci che le era capitato la chiam Orsa. COMM.
[I 39.
ARAT. Suppl. 8 p. 574. Intorno a costui [Boote] si narra che sia 25 App.] .
un arcade, figlio di Callisto e di Zeus; abitava sul monte Liceo. . COMM. ARAT. Suppl. 8 p.
Avendo Zeus sedotto Callisto, Licaone, come se nulla sapesse, 574 M [Bootes] ,
ospit Zeus, come dice Esiodo, e avendo ucciso suo figlio, lo .


, ., [I 40.
1] . [APOLLOD.] bibl. III 100
W. [fr. 14 K.]
.
, [fr. 9 K.] ,
[F.Gr.Hist. 3 F 157 I 100] .[I 40. 5]
HYGIN. astr. II 1.
4 B 7 [182]. [ERATOSTH.] catast. 32. Di Orione. Esiodo dice 4 B 7 [182]. [ERATOSTH.] cat. 32 . .
che nacque da Eriale, figlia di Minos, e da Posidone e che gli ,
fu concesso il dono di camminare sulle onde come sulla terra. ,
Essendo giunto a Chio, ebbro di vino, fece violenza a Merope, .
figlia di Enopione, ma questi, essendo venuto a conoscenza
, [I 40. 10 App.]
della cosa e non sopportando l'oltraggio, lo accec e lo scacci
dalla regione. Giunto mendicando a Lemno, si un ad Efesto, il .
quale provando per lui compassione gli fece dono di un suo
,
servitore, di nome Cedalione, perch lo guidasse nel cammino. []
Presolo con s, Orione lo trasportava sulle sue spalle e quello , [ ]
gli indicava la strada. Giunto ad oriente ed unitosi ad Elios
[I 40. 15
opinione che riacquistasse la vista; torn cos di nuovo da
App.] '
Enopione, per prendersi la sua vendetta. Ma questi fu dai suoi ,
concittadini nascosto sotto terra. Avendo perso la speranza di
ritrovarlo, se ne and a Creta e pass il tempo cacciando le
.
fiere in compagnia di Artemide e di Latona, promettendo, a

quel che sembra, di sterminare tutte le fiere nate sulla terra.
,
Adirata con lui, Gea suscit uno scorpione di grandi
[I 40. 20 App.]
dimensioni che lo colp con il suo pungiglione e lo uccise.
, '
Onde per il suo coraggio Zeus lo colloc tra gli astri, onorato
da Artemide e da Latona, e cos egualmente colloc lo

scorpione a ricordo loro e del fatto.
,
.
4 B 8 [183]. DIODOR. IV 85, 4 [a proposito dello stretto di
4 B 8 [183]. DIODOR. IV 85, 4 [Meerenge v. Messina] [I 40.
Messina]. Alcuni dicono che, essendosi prodotti grandi
25 App.]
terremoti, si spacc l'istmo della terra ferma e si form lo

stretto, mentre il mare separava la terra ferma dell'isola. Ma il ,
poeta Esiodo dice il contrario, e cio che, essendovi mare
. . ,
aperto, Orione protese il promontorio sul capo Pelorio e

innalz il tempio di Posidone, onorato in modo del tutto
[I 40. 30]
particolare dagli abitanti.
,
Dice ancora che, dopo aver compiuto queste imprese, Orione .
pass in Eubea e l soggiorn. Incluso nel novero degli astri per
la sua fama, ne ottenne eterno ricordo.
'
.
imband sulla tavola. [APOLLOD.] bibl. III 100. Eumelo [fr.
14 Kinkel] ed anche altri dicono che Licaone ebbe anche una
figlia di nome Callisto. Esiodo dice che essa era una delle
ninfe, Asio [fr. 9 Kinkel] che era figlia di Nitteo, Ferecide
[F.Gr.Hist. 3 F 157 I 100] di Ceteo. HYGIN. astron. II 1.

5 . FOCO

5 [69]. PHOKOS

ASTROLOGIA NAUTICA
Cfr. 11 A 1, 23. B 1.
_______


Vgl. 11 A 1, 23. B 1.
_______

6. CLEOSTRATO

6. KLEOSTRATOS
[I 41. 5 App.] A. LEBEN UND SCHRIFT

A. VITA E SCRITTI
6 A 1. [THEOPHR.] de sign. 4. Perci vi sono stati, a seconda
di vari luoghi, alcuni astronomi che, come Matriceta in
Metimna dal Lepetimno, Cleostrato in Tenedo dall'Ida e Faino
in Atene dal Licabetto osservarono i mutamenti degli astri;
essendone venuto a conoscenza, Metone ordin il grande anno

6 A 1. THEOPHR. de sign. 4



, '
[I 41. 10 App.]

con diciannove anni solari; Faino era meteco in Atene e


Metone era ateniese.
6 A 2. SCYLAX fr. 95. Di contro sta l'isola di Tenedo e il
porto; di qui originario l'astrologo Cleostrato.
6 A 3. VITA ARAT. 2, 5 p. 324, 10. Molti altri [oltre Arato]
scrissero Fenomeni: Cleostrato, Sminte e Alessandro Etolo,
ecc.
6 A 3 a. CATALOG. ASTRON. ed. Maass [WILAMOWITZ,
Philologische Untersuchungen, XII, p. 121]. Cleostrato di
Tenedo.
6 A 4. ATHEN. VII 278 A. Archestrato, valente nell'arte della
cucina, nella sua Gastrologia (che s'intitoli cos sostiene
Licofrone nel suo scritto Sulla commedia, allo stesso modo
dell'Astrologia di Cleostrato di Tenedo), ecc.


, .
6 A 2. SCYLAX 95
, .
6 A 3. ARAT. V. 2, 5 p. 324, 10 Maass
[I 41. 15 App.] [auer Arat]
.
6 A 3 a. CATALOGUS. astron. ed. Maass (WILAMOWITZ,
Philol. Unters. XII, p. 121) .

____________

____________

B. FRAMMENTI
ASTROLOGIA

B.

6 B 1. SCHOL. EURIP. Rhes. 528. Parmenisco dice che le


parti anteriori dello scorpione sono dette primi segni, perch
esse cos erano chiamate dagli antichi, per il fatto che con
queste Boote comincia a tramontare. Afferma inoltre che
Cleostrato di Tenedo, <antico astrologo, diceva cos:>

6 A 4. ATHEN. VII 278 A


(
, [I
41. 20 App.] ) .

6 B 1. SCHOL. EURIP. Rhes. 528


" "
,
[I 41. 25 App.]
.
< >

Ma quando nel terzo giorno dopo gli ottanta di indugio


<Artofilace appare, allora i primi segni>
[I 42. 1 App.] ' '
dello scorpione cadono in mare contemporaneamente alla alba
che appare.
< , >
' .
6 B 2. PLIN. nat. hist. II 31 [dopo Anassimandro: cfr. 12 A 5]. 6 B 2. PLIN. h. nat. II 31 [nach Anaximander vgl. 12 A 5] [I
Si tramanda che Cleostrato abbia poi osservato i segni nello
42. 5] signa deinde (traditur intellexisse) in eo [Zodiacus] Cl.,
zodiaco e le prime stelle dell'ariete e del sagittario.
et prima arietis ac sagittarii.
6 B 3. HYGIN. astron. II 13 [come fr. 1, da Parmenisco]. Si 6 B 3. HYGIN. astron. II 13 [wie 1 aus Parmeniskos] haedos
dice che Cleostrato di Tenedo abbia per primo mostrato tra le Cl. Tenedius dicitur primus inter sidera ostendisse.
stelle i capretti.
6 B 4. CENSORIN. de d. nat. 18, 5. Comunemente si credette 6 B 4. CENSOR. 18, 5 hanc octateridam vulgo creditum est
che questa octaeride fosse introdotta da Eudosso Cnidio, ma
ab Eudoxo [I 42. 10 App.] Cnidio institutam, sed hanc
altri tramandano che per primo la componesse Cleostrato di
Cleostratum Tenedium primum ferunt composuisse et postea
Tenedo e che poi anche altri in vario modo presentarono le loro alios aliter qui mensibus varie intercalandis suas octateridas
octaeridi, variamente intercalando i mesi, come fecero Arpalo, protulerunt, ut fecit Harpalus, Nauteles, Menestratus, item alii.
Nautele, Menestrato, e cos altri.1*
III. PRIMI DOCUMENTI DI PROSA COSMOLOGICA E
GNOMICA

III. FRHE KOSMOLOGISCHE UND GNOMISCHE


PROSA
[I 43. 1 App.]

7. FERECIDE DI SIRO
7 [71]. PHEREKYDES VON SYROS
A. VITA E SCRITTI
A. LEBEN UND SCHRIFT
7 A 1. DIOG. LAERT. I 116 sgg. Ferecide, figlio di Babis, di
Siro, fu uditore di Pittaco, 1 * secondo quanto dice Alessandro 7 A 1. DIOG. I 116ff. [I 43. 5 App.]
nelle sue Successioni [fr. 139 F.H.G. III 240]. Teopompo dice , [fr. 139 F.H.G.
[F.Gr.Hist. 115 F 71 II 550; cfr. A 6] che egli fu il primo a
III 240]. .
scrivere sulla natura e <sull'origine> 2 * degli di. Molte e
[F.Gr.Hist. 115 F 71 II 550; vgl. A 6]
meravigliose cose si tramandano sul suo conto: che
.
passeggiando lungo la spiaggia di Samo, vedendo una nave che

veleggiava con il vento favorevole, disse che dopo non molto


tempo sarebbe affondata: ed essa affond davanti ai suoi occhi; [I 43. 10 App.]
che, avendo bevuta dell'acqua tratta da un pozzo, predisse che .
l a tre giorni vi sarebbe stato un terremoto, e che questo ci fu; ,
che, andando da Olimpia a Messene, consigli il suo ospite
, .
Perilao a sloggiare con tutta la famiglia: e che questi si rifiut e
Messene fu conquistata. (117) Teopompo nei suoi Mirabili [fr. ,
71] scrive che egli esort i Lacedemoni a non onorare n l'oro . (117)
n l'argento; che questo gli era stato ordinato in sogno da
, [I 43. 15 App.]
Eracle, il quale nella stessa notte aveva ordinato ai re di
[fr. 71 s. o.]
ubbidire a Ferecide. Alcuni attribuiscono ci a Pitagora [cfr. A ,
6].
.
Narra Ermippo [fr. 19 F.H.G. III 40] che, essendovi guerra tra [s A 6].
Efesi e Magnesi, Ferecide, poich desiderava che gli Efesi
' [fr. 19 F.H.G. III 40]
vincessero, chiese ad uno che passava di dove fosse;

rispondendogli quello: Di Efeso, Trascinami dunque - disse , [I 43. 20 App.] '
- per le gambe e lasciami nella terra dei Magnesi e annuncia ai " ", " , ,
tuoi concittadini che dopo la vittoria mi seppelliscano l, (118) ,
e che queste cose le ha ordinate Ferecide. Quello fece

l'annunzio e gli Efesi il giorno dopo avanzano e vincono i
, (118) ".
Magnesi e quindi seppelliscono nel luogo indicato Ferecide,

che intanto era morto, e gli tributano onori straordinari. Altri
per dicono che, recatosi a Delfi, si gettasse dal monte Concio. .
Aristosseno nella sua opera Su Pitagora e i suoi discepoli [fr. 3 [I 43. 25 App.]
F.H.G. II 272] afferma che, ammalatosi, fu sepolto da Pitagora . '
a Delo. Altri sostengono che termin la vita consumato dai
[fr. 3 F.H.G. II 272]
pidocchi: quando Pitagora lo and a trovare e gli chiese come .
stesse, fece passare un dito attraverso l'apertura della porta e

disse: Appare la pelle. 3 * Di qui l'espressione adoperata dai , ,
filologi per le opere malriuscite: alcuni l'adoperano per quelle [I 44. 1 App.] ' '.
migliori, ma sbagliano. (119) Diceva che gli di chiamano la
tavola [B 12].
, ' .
Androne di Efeso afferma che ci furono due Ferecidi di Siro, (119) [B
l'astrologo e il teologo, figlio di Habis, di cui fu scolaro
12].
Pitagora. Eratostene ritiene che questi furono una stessa
'
persona e che l'altro fu un genealogo di Atene [F.Gr.Hist. 241 , , [I 44. 5 App.]
F 10 II 1014].
, .
Di Ferecide di Siro si conservato il libro che egli compose e il ' ,
cui inizio suona cos: ... [B 1]. Si conserva anche la sua
[F.Gr.Hist. 3. I 58ff. 386].
meridiana nell'isola di Siro [cfr. SCHOL. HOM. Od. XV 404].
[Seguono un epigramma di Duride (Anth. Pal. VII 93) un
. . . [B 1].
frammento di Ione di Chio (36 B 4) e un epigramma di
[vgl. SCHOL. in Od. 404]. Folgt Duris und
Diogene Laerzio (Anth. Palat. III 128 ).]
Ion s. 36 B 4. Dann Epigramm des Diog.
(121) Fior nella 59.a olimpiade [544-1; segue una lettera di
[I 44. 10] (121)
Ferecide a Talete]. 4 *
(544-41). Folgt Brief an Thales.
7 A 1 a. E USEB. chron. ol. 59 [59, 2 M 59, 4 gli altri]. in
7 A 1 a. E USEB. chron. zu Ol. 59 (59, 2 M 59, 4 d. br.)
fama lo storico Ferecide.
Ferecydes historicus clarus habetur.
7 A 2. S UID. s. v. Ferecide, figlio di Babis, di Siro (Siro
7 A 2. S UID. (
un'isola delle Cicladi, vicina a Delo). Visse sotto il regno di
[I 44. 15 App.] )
Aliatte sui Lidi, si da essere contemporaneo dei sette sapienti e ,
nacque intorno alla 45.a olimpiade [600-597]. tradizione che
Pitagora fosse istruito da lui, ma che lui non aveva avuto
[600-597]. ' ,
maestri, bens si fosse esercitato da solo, dopo aver acquistato i , '
libri apocrifi dei Fenici. Alcuni sostengono che egli per primo .
abbia pubblicato uno scritto in prosa, mentre altri attribuiscono ,
questo merito a Cadmo di Mileto; e per primo egli avrebbe
. [I 44. 20
anche svolto un discorso sulla metempsicosi. Era geloso della App.]
fama di Talete. E mor per una gran quantit di pidocchi [cfr. . .
IOSEPH. c. Ap. I 2 (11 A 11); DIOG. LAERT. II 46]. Queste . Vgl. IOS. c. Ap. I 2 (11 A
sono tutte le cose che scrisse: Heptamychos o Teogonia o
11); DIOG. II 46.

Teologia. Vi una Teologia in dieci [?] libri, che contiene la


nascita e le successioni degli di.
. [?]
Ferecide ateniese (pi vecchio di quello di Siro, di cui
.
tradizione che abbia raccolto gli scritti di Orfeo) scrisse
[I 44. 25 App.] (
un'opera Sugli autoctoni (concerne l'archeologia dell'Attica), in , )
dieci libri, ed Esortazioni, in versi. Porfirio non d'accordo che ( )
vi sia un altro Ferecide pi antico del precedente, ma soltanto , ' .
quello ritiene sia stato l'iniziatore dello scrivere in prosa.
, '
SUID. s. v. . Ecateo fu il primo a pubblicare una
.
storia in prosa, mentre Ferecide mise insieme una raccolta di s. v. . . .
materiali e documenti. Di quella di Acusilao si sospetta [cfr. 9 [Hekataios] , [I 44. 30 App.] .
A 1].
S. 9 A 1.
7 A 2 a. D IOG. L AERT. I 42. [Ermippo enumera Ferecide
7 A 2 a. D IOG. I 42 Hermippos zhlt Ph. unter d. 7 Weisen S.
tra i sette sapienti. Cfr. 9 A 1.]
9 A 1.
7 A 3. STRAB. X p. 487. la grafia per coloro che
7 A 3. STRABO X p. 487 '
allungano la prima sillaba: di quest'isola era Ferecide il figlio di , .
Babis, di cui il Ferecide ateniese pi recente.
' .
7 A 4. DIODOR. X 3, 4 [da Aristosseno: cfr. cap. 14, 8].
7 A 4. DIOD. X 3, 4 [aus Aristoxenos s. c. 14, 8]
Pitagora, avendo saputo che Ferecide, suo maestro, era malato [I 44. 35 App. ]
a Delo ed era in fin di vita, navig dall' Italia alla volta di Delo.
L si prese cura per qualche tempo di quel vecchio e gli prodig , .
ogni cura per salvarlo dalla malattia. Ma Ferecide fu vinto dalla [I 45. 1 App. ]
vecchiaia e dalla gravit della malattia e Pitagora lo seppell
,
con ogni zelo e, avendogli reso tutti gli onori che di norma un .
figlio attribuisce al padre, ritorn in Italia. PORPHYR. v. Pyth. ,
56 [dopo ci che riportato al cap. 14, 16]. Ferecide mor
,
prima della partenza da Samo.
. PORPHYR.
V. Pyth. 56 (nach [I 45. 5 App. ] c. 14, 16)
.
7 A 5 [10 Kern]. CICER. Tusc. disp. I 16, 38. E quindi io credo 7 A 5 [10 Kern]. CIC. Tusc. I 16, 38 itaque credo equidem
che anche altri in tanti secoli, ma, per quanto risulta dai
etiam alios tot saeculis, sed quod litteris exstet, Ph. Syrius
documenti scritti, per la prima volta Ferecide di Siro sostenne primum dixit animos esse hominum sempiternos, antiquus
che le anime degli uomini sono immortali. E certamente egli sane; fuit enim meo regnante gentili [Servius Tullius 578- 35].
antico: visse infatti quando regnava il mio lontano parente
Aus Poseidonios wie n. 6. APONIUS In Canticum [I 45. 10
[Servio Tullio, 578- 35; da Posidonio, come il n. 6]. APON. in App. ] Canticorum [ed. Bottino et Martini Rom 1843] V p. 95
Canticum Canticorum [ed. Bottino e Martini, Roma 1843] V. sq. zu Cant. 3, 5. In priore enim filiarum Jerusalem
95 sg. in Cant. 3, 5. Nel primo scongiuro delle figlie di
adiuratione caprearum et cervorum personas Thalesianae et
Gerusalemme per le capre e per i cervi noi dicemmo essere Ferecidensis philosophiae intellegi diximus ... de quibus
impersonate le filosofie di Talete e di Ferecide... dei quali colui Thales nomine initium omnium rerum aquam in suo esse
che ebbe il nome Talete afferm nella sua dottrina che l'acqua dogmate pronuntiavit, et inde omnia facta subsistere ab inviso
il principio di tutte le cose e quindi che tutte le cose che sono et magno. causam [I 45. 15 ] vero motus aquae spiritum
state fatte sussistono per un fattore invisibile e grande; afferma insidentem confirmat, simulque geometricam artem perspicaci
poi che causa del moto dell'acqua uno spirito che vi insito e sensu prior invenit, per quam suspicatus est unum rerum
contemporaneamente per primo scopr con acuto intendimento omnium creatorem. Ferecides autem vocabulo animam
l'arte geometrica, mediante la quale intravide che uno solo il hominis prior omnibus immortalem auditoribus suis tradidisse
creatore di tutte le cose. Di Ferecide poi si tramanda che per
docetur, et eam esse vitam corporis et unum nobis de coelo
primo insegn a tutti i suoi ascoltatori che l'anima dell'uomo spiritum, alterum credidit terrenis seminibus [I 45. 20 App. ]
immortale, che essa la vita del corpo e che uno spirito viene a comparatum. deorum vero naturam et originem ante omnes
noi dal cielo mentre un altro formato di semi terreni. Prima di descripsit. quod opus multum religioni nostrae conferre
chiunque altro descrisse la natura e l'origine degli di: la quale probatur, ut noverit turpiter natos turpioremque vitam duxisse,
opera provato che molto giova alla nostra religione, perch ha dedecorosius mortuos quos idolatriae cultor deos affirmat.
fatto sapere che sono nati turpemente e ancora pi turpemente
sono vissuti e ancora pi sconvenientemente sono morti coloro
che il cultore dell'idolatria afferma essere di. 5 *
7 A 6. PORPHYR. ap. 7 A 6. PORPHYR. b.
EUSEB. praep. evang. X 3, 6. Androne [fr. 6 F.H.G. II 347] EUSEB. P. E. X 3, 6 [I 45. 25]
nel suo scritto Tripode sul filosofo Pitagora testimonia ci che
concerne le sue profezie e dice, tra l'altro, che Pitagora una

volta, in Metaponto, sentendo sete e avendo attinto dell'acqua
da un pozzo, la bevve e predisse che di l a tre giorni vi sarebbe ,
stato un terremoto; ed a queste aggiunge altre poche cose. Di "'

tutte queste cose, dunque, che Androne aveva narrate di



Pitagora, Teopompo [F.Gr.Hist. 115 F 70 II 549] se ne
[F.Gr.Hist. 115 F 70 II 549] [I 45. 30 App.]
appropri; ma se egli lo avesse fatto parlando di Pitagora,
,
subito gli altri che ne erano a conoscenza avrebbero detto:
" "
Queste cose le ripete anche lui. Ora, per, proprio il
.
cambiamento del nome che rende manifesta l'appropriazione, , '
giacch i fatti sono gli stessi e vi introdotto soltanto un nome
diverso: a Ferecide di Siro infatti fa predire queste cose. Ma

non soltanto con questo nome cerca di nascondere
,
l'appropriazione, bens anche con il cambiamento dei luoghi. [I 45. 35 App.] '
Quella predizione del terremoto, infatti, che Androne vuole
,
esser pronunciata a Metaponto, Teopompo dice che fu espressa ,
a Siro e che la navigazione non fu vista da Megara di Sicilia
,
ma da Samo, e al posto della conquista di Sibari parla della
,
conquista di Messene. E per dare l'impressione di dire qualcosa
di pi, aggiunge anche il nome dell'ospite, asserendo che si
." Vgl. A 1. APOLLON. Hist. mirab.5. CICER. divin. I
chiamava Perilao.
[I 45. 40] 50, 112. MAX. TYR. 29, 5 HOB. .
Cfr. A 1. APOLLON. mirab. 5. CICER. de div. I 50, 112.
.
MAXIM. TYR. XIII 5 p. 163 Hobein. Ferecide preannunci ai
Samii un terremoto.
7 A 7. ARISTOT. metaph. N 4. 1091 b 8 [cfr. 1 B 9]. Coloro 7 A 7. ARIST. metaph. N 4. 1091 b 8 [s. 1 B 9] [I 46. 1 App.]
che stanno a met tra la teologia e la filosofia, per il fatto che [der Theologen]
non esprimono tutte in forma mitica, come Ferecide e altri, i
.
quali pongono il primo generatore come sommo bene; e cos [nmlich Zeus] .
anche i Magi.
7 A 7 a. PLOTIN. Enn. V 1, 9. Cos, coloro tra gli antichi che 7 A 7 a. PLOTIN. V 1, 9
sono stati dalla parte di Pitagora, dei suoi discepoli e di
[I 46. 5 App.] '
Ferecide si tennero ben fermi a questa natura [scil.: l'uno
, ,
eterno e intellegibile]; ma alcuni ne trattarono nei loro scritti, (nmlich. ) . '
altri non negli scritti, ma in lezioni orali, oppure la trascurarono , ,
del tutto.
' .
7 A 8. DAMASC. de princ. 124 b [I 321, da Eudemo fr. 117
7 A 8. DAMASC. de princ. 124 b [ I 321 R. aus Eudemos fr.
Spengel]. Ferecide di Siro sostiene che Zas, Chrono e Ctonia 117]
sono eternamente i tre primi principi... che Chrono produce dal [I 46. 10 App.]
proprio seme fuoco, aria e acqua..., e che da essi, divisi in
. . .
cinque recessi, derivi tutta la stirpe degli di, chiamata appunto . . .,
o, che la stessa cosa, di cinque mondi [cfr. B 1]. ,
6
*
, ,
. Vgl. B 1.
7 A 9. PROB. in Vergil. Buc. 6, 31 [App. Serv. p. 343, 18
7 A 9. PROB. ad Verg. Buc. 6, 31 [App. Serv. p. 343, 18
Hagen]. Anche Ferecide d'accordo, ma vi introduce elementi Hagen] [I 46. 15 App.] consentit et Ph. sed diversa affert
diversi: parla infatti di Zas, Ctonia e Crono, intendendo il
elementa: inquit , ignem ac
fuoco, la terra e l'aria, e sostiene che l'etere ci che governa, terram et tempus significans, et esse aethera qui regat, terram
la terra ci che governato e il tempo ci in cui tutte le cose quae regatur, tempus in quo universa pars moderetur.
sono regolate.
HERMIAS. irr. 12 (Dox. 654). .
HERM. irris 12 [Dox. 654]. Ferecide dice che i principi sono : ,
Zas, Ctonia e Crono: Zas l'etere, Ctonia la terra e Crono
, ,
[ ] il tempo [ ]; e l'etere ci che agisce, la
, [I 46. 20] ,
terra ci che patisce e il tempo ci in cui tutto accade. LAUR. . LYD. de mens. IV 3. [nmlich
LYD. de mens. IV 3. Elios [cio Zeus] secondo Ferecide.
] .
7 A 10. S EXT. E MP. Pyrrh. hypot. III 30. Ferecide di Siro
7 A 10. S EXT. P. Hypot. III 30 .
disse che la terra principio di tutte le cose.
.
7 A 11. MAXIM. TYR. X IV 4 p. 45 Hobein X p. 174 Reiske. 7 A 11. MAX. TYR. X p. 174 R.
Ma indaga anche la composizione del Sino: Zas e Ctonia ed
[I 46. 25]
Eros, e la generazione di Ofioneo, la battaglia degli di [B 4] e ,
l'albero e il peplo [B 2].
[B 4] [B
2].
7 A 12. PROCL. in Tim. 23c I 129, 15 Diehl.
7 A 12. PROCL. in Tim. 23 C I 129, 15 Diehl

.

B. FRAMMENTI

[I 47. 1 App.] B. FRAGMENTE

TEOLOGIA

7 B 1 [1 Kern de Orph. cett. theog. p. 84]. DIOG. LAERT. I


7 B 1 [1 Kern de Orphei. cett. theogon. p. 84] DIOG. I 119 [s. I
119 [cfr. A 1].
44, 7] :
Sempre erano Zas, Crono e Ctonia; ma il nome di Ctonia si
[I 47. 5 App.] ,
mut in Gea, dopo che ad essa Zas dette in dono la terra []. . Vgl. HEROD. . . . p. 6,
7
* Cfr. HERODIAN. . . . p. 6, 15. In Ferecide si
15.
trovano le forme , , e , con una loro propria
. Vgl. A 8.
flessione.
7 B 1a. ACHILL. isag. I 3 p. 31, 28. Talete di Mileto e
7 B 1a. ACHILL. Isag. 3 (31, 28 Maass)
Ferecide di Siro posero l'acqua come principio di tutte le cose, . ,
e ad essa Ferecide d anche il nome di Caos, verosimilmente ad [I 47. 10 App.] .,
imitazione di Esiodo, il quale dice cos [theog. 116]: Di certo [Th. 116]'
assolutamente primo fu il Caos. 8 *
' .
7 B 2 [4]. GRENFELL- HUNT, Greek Papyr., ser. II n. 11 p. 7 B 2 [4]. GRENFELL- HUNT GREEK PAPYR. Ser. II n. 11
23. Per lui ... il mantello. CLEM. ALEX. strom. VI 9 [ II
p. 23 ... . CLEM. Str.VI 9 ( II 528, 19 St.)
528, 19]. E poi, dicendo Omero a proposito dello scudo
: "
fabbricato da Efesto: in esso scolpiva la terra, il cielo e il mare [I 47. 15 App.] ', ' ,
e vi poneva la grande forza del fiume Oceano [Il. XVIII 483. : ' " [
607], Ferecide di Siro afferma: Zas... le case. CLEM. ALEX. 483. 607] . : " . . . ". ALEX. Str.
strom. VI 53 [ II 459, 4]. ... affinch imparino che cos' la
VI 53 ( II 459, 4) aus Isidoros . . .
quercia alata e il mantello ricamato su di essa, e tutte
' ,
quelle cose che Ferecide teologizz in forma allegorica,
.
prendendo fondamento dalla profezia di Cam.
[I 47. 20] .
[I 48. 1 App.] col. 1 >
Per lui [Zas] fabbricano dimore numerose e grandi e dopo che .
ebbero portato a compimento tutte queste cose, ricchezze servi
, ,
e ancelle e quanto necessario, dopo che tutto fu pronto,
. [I 48. 5 App.]
celebrano le nozze. E quando furono passati tre giorni dalle
nozze, allora Zas intesse un mantello grande e bello e in esso ,

ricama Gea e Ogeno e le case di Ogeno...
. . . col. 2 >
Volendo> infatti che le nozze siano tue, in questo modo ti
. .
onoro. Ma tu rallegrati con me e con me congiungiti. Questi
dicono che all'inizio sono stati i doni nuziali: e da ci venne la [I 48. 10 App.]
:
norma agli di e agli uomini. Ed essa lo <ricambi>
. < > <
accogliendo <bene il> mantello... 9 *
> . . .
7 B 3 [2]. PROCL. in Tim. 32 c; II 54, 28. Ferecide disse che 7 B 3 [2]. PROCL. in Tim. 32 C ; II 54, 28 Diehl .
Zeus, accingendosi a costruire il mondo, si trasform in Eros e ,
che, costituendo il mondo dai contrari, lo condusse all'accordo [I 48. 15]
e all'amore e che in tutte le cose infuse l'identit e l'unit che
penetra ovunque. 10 *
' .
7 B 4 [3]. O RIG. c. Cels. VI 42 [ II 11,13; da Celso].
7 B 4 [3]. ORIG. c. Cels. VI 42 [ II 11, 13 K; aus Celsus] [I
Ferecide, che molto pi antico di Eraclito, favoleggia di un 49. 1 App.]
esercito contrapposto ad un altro esercito, e dell'uno mette a

capo Crono e dell'altro Ofioneo; e narra delle loro sfide e delle ,
loro lotte, e come tra loro intercorressero accordi tali, per cui ' ,
quelli di loro che cadessero nell'Oceano, questi fossero i vinti, , [I 49. 5 App.] , '
mentre quelli che li avevano cacciati e sconfitti, questi
,
possedessero il cielo. Al disegno di costui si attengono sia i
, '
misteri riguardanti i Titani e i Giganti che annunciano la guerra .
contro gli di, sia, presso gli Egiziani, i misteri riguardanti

Tifone, Oro e Osiride. PHILO BYBL. Sanchuniath. ap. E
, '
USEB. praep. evang. I 10, 50. Anche Ferecide, prendendo
[I 49. 10 App.]
spunto dai Fenici [cfr. 11 A 11 e 7 A 2] teologizz intorno a
. PHILO BYBL. Sanchuniath.[ EUSEB. P. E. I 10,
colui che egli chiama il dio Ofioneo e agli Ofionidi.
50] . [vgl. 11 A
TERTULL. de coron. 7. Ferecide riferisce che prima di tutti fu 11 I 76, 21 7 A 2 I 44, 18 ] '

. TERTULL.
de coron. 7 Saturnum Ph. ante omnes refert coronatum, Iovem
Diodorus [VI 4] post devictos Titanas. [I 49. 15] PROCL. in
Tim. 20 D I 77, 15 D.
7 B 5 [6]. ORIG. c. Cels. VI 42 [ II 112, 20]. [Celso],
7 B 5 [6]. ORIG. c. Cels. VI 42 [ II 112, 20 K.]
esponendo i versi di Omero [Il. I 590, XV 18], dice che le
[A. 590 O 18] [Celsus]
parole di Zeus nei confronti di Era sono parole di Dio nei

confronti della materia e che queste parole sono espresse in
, ,
forma enigmatica, nel senso che avendo preso a s la terra, che [I 49. 20 App.]
dall'inizio si trovava in una condizione di caos, Dio la costrinse ,
in relazioni e proporzioni precise e la ordin; e che scacci,
, ,
punendoli con il passaggio in questo mondo, quelli tra i demoni .
terrestri che avevano peccato di superbia. Dice inoltre che

Ferecide, avendo inteso a questo modo questi versi di Omero, "
afferm:
' [I 49. 25 App.]

".
Sotto questa parte di terra vi la regione del Tartaro:
sorvegliano le figlie di Borea, le Arpie e la Procella; qui Zeus [ ]
[I 50. 1]
scaccia chi tra gli di insuperbisca.
. , , ' ,
E dice che a tale concezione si attiene anche il peplo di Atena,
da tutti osservato nella processione delle Panatenee: anche da .
incoronato Saturno, Diodoro [ IV 4] invece Giove, dopo la
vittoria sui Titani. PROCL. in Tim. 20 D I 77, 15.

esso, infatti, appare che una divinit non generata da madre e


incontaminata comanda sui terrestri che insolentiscono.
7 B 6 [5]. PORPHYR. de antr. nymph. 31. Ferecide di Siro,
7 B 6 [5]. PORPHYR. de antr. Nymph. 31
parlando di recessi, di fosse e di antri, mediante queste [I 50. 5]
espressioni vuole indicare in forma enigmatica le nascite e le
morti delle anime... PROCL. in Tim. 29 A I 333, 28. Gli antichi . . . PROCL. in Tim. 29
chiamano il mondo antro [cfr. A 8; 31 B 120] e custodia. 11 * A ; I 333, 28 D.
[44 B 15].
[vgl. A 8 m. Anm., auch 31 B 120] [44 B 15]
. . .
7 B 7 [0]. [ GALEN.] [cio PORPHYR.] ad Gaurum ed.
7 B 7 [0]. PSEUDOGAL. [d. i. P ORPHYR.] ad Gaurum ed.
Kalbfleisch [Abh. Berl. Ak., 1895] p. 34, 26. Numenio e gli Kalbfl. [Abh. [I 50. 10 App.] Berl. Ak. 1895] S. 34, 26
altri che seguono le allegorie pitagoriche interpretano come

sperma ci che in Platone [resp. X 621 A ] il fiume Amelete, , [rep.
in Esiodo e negli Orfici lo Stige e in Ferecide la corrente.
X 621 A ] ,
,
[I50. 15 App.] .
7 B 8 [9]. SCHOL. APOLLON. RHOD. I 645. Ferecide dice 7 B 8 [9]. SCHOL. APOLL. RHOD. I 645 .
che Etalide ebbe come dono da Ermes che la sua anima fosse
ora nell'Ade e ora sulla terra [cfr. cap. 14, 8 e supra A 5].

. Vgl. c. 14, 8 und oben A 5.
7 B 9 [8]. HERODIAN. . . . p. 7, 4. E se qualcuno
7 B 9 [8]. HEROD. [I 50. 20 App.] . . . p. 7, 4.
dice: Anche chiamata dal Sirio , sappia che questo " ",
un suo uso.
.
7 B 10 [11]. APOLLON. DYSC. de pron. p. 65, 15. Anche
7 B 10 [11]. APOLL. de pron. p. 65, 15 Schn. .
Ferecide nella Teologia e inoltre Democrito [68 B 13]... si
[68 B 13] . . .
servono molto frequentemente delle forme .
.
7 B 11 [12]. APOLLON. D YSC. de pron. p. 93, 1. da
7 B 11 [12]. APOLL. de pron. p. 93, 1 [I 50. 25 App.]
ammettere pure che non si divide la forma contratta del
[nm. ,
nominativo [scil. , , ] presso gli Ionici, come , ] ' [68 B
risulta da Democrito [68 B 29a], Ferecide ed Ecateo
29a]. , [F.Gr.Hist. 1 F 360 I 45].
[F.Gr.Hist. 1 F 360 I 45].
7 B 12 [7]. DIOG. LAER. I 119 [A 1]. Diceva che gli di
7 B 12 [7]. DIOG. I 119 [A 1]
chiamano la tavola .
.
7 B 13 [0]. PHILOD. de piet. 47 a 14 p. 19 [cfr. 3 B 5]. Alcuni 7 B 13 [0]. PHILOD. de piet. 47 a 14 p. 19 G. [vgl. 3 B 5] [I
ritengono Zeus ed Era padre e madre degli di, Pindaro invece 51. 1 App.]
ritiene che questi discendano dalla madre Cibele, come dice
, <> <> < >
nell'inno a Cibele madre [fr. 80 Schrder 2 ], Ferecide di Siro... > < > < > [fr. 80 Schr. 2 ] ,
<> ' <> . . .

7 B 13 a [F.Gr.Hist. 3 F 177]. PLUTARCH. de fac. in orb. lun.


24 p. 938 B. A meno che noi non vogliamo dire, per Zeus, che
come Atena istill del nettare e dell'ambrosia ad Achille che
non voleva prendere cibo, cos la luna, che detta ed
veramente Atena, nutra gli uomini infondendo loro ambrosia
ogni giorno, al modo in cui il vecchio Ferecide ritiene che si
nutrano gli di.
FALSO
7 B 14. LAUR. LYD. de mens. II 7. Ferecide chiam la diade
coraggio e la chiama anche impeto e opinione, perch il
vero e il falso sono nell'opinione [cfr. 3 B 26].

7 B 13 a [F.Gr.Hist. 3 F 177]. [I 51. 5 App. ] PLUTARCH. de


fac. i. orb. lun. 24 p. 938 B ,

, ,
,
,
.
[I 51. 10] UNECHTES
7 B 14. LAUR. LYD. II 7
,
. Vgl. 3 B 26.

8.TEAGENE
8 A 1. TATIAN. 31 p. 31, 16. Intorno alla poesia di Omero,
alla sua stirpe e al tempo in cui fior, i pi antichi che fecero
delle indagini furono Teagene di Reggio, nato ai tempi di
Cambise [529-2], Stesimbroto di Taso [F.Gr.Hist. 107 F 21 II
521], Antimaco di Colofone, Erodoto di Alicarnasso [II 53.
116 sg.] e Dionisio di Olinto, ecc. [cfr. cap. 61].l*

8 [72].THEAGENES

8 A 1. TATIAN. 31 p. 31, 16 Schw. [I 51. 15 App.]


'

[529-522]
[F.Gr.Hist. 107 F 21 II 521]
[II
53. 116 f.] . Vgl. c. 61.
8 A 1 a. SCHOL. DIONYS. Thrac. p. 161, 23. Duplice la
8 A 1 a. SCHOL. DIONYS. THRAC. p. 161, 23 Hilg. [I 51.
grammatica: l'una quella che concerne i caratteri e la
20] :
pronuncia delle lettere, e questa detta la grammatica antica, ,
anteriore ai tempi della guerra di Troia, e che si pu dire

proceda di pari passo alla natura; l'altra quella che concerne , :
la lingua greca, e questa la grammatica nuova, che ha inizio , ,
da Teagene e che stata portata a compimento dai peripatetici , [I
Prassifane e Aristotele.
51. 25] . Vgl. daselbst p.
448, 13.
8 A 2. SCHOL. HOM. B ad Il. XX 67 [PORPHYR. quaest.
8 A 2. SCHOL. HOM. B zu 67 [PORPHYR. I 240, 14
Hom. I 240, 14]. Su quanto vi di dannoso ed anche di
Schrad.]
sconveniente riguardo agli di vien fatto un discorso generale: , [I
dice infatti che non sono convenienti i miti che si narrano
52. 1 App.] .
intorno agli di. Per confutare una tale accusa, alcuni si
,
liberano dall'espressione letterale, ritenendo che tutto sia detto
allegoricamente sugli elementi, come si trattasse di contrariet , .
tra gli di. Dicono infatti che il secco combatte con l'umido, il
caldo col freddo, il leggero con il pesante; e inoltre che l'acqua . [I 52. 5
tale da spegnere il fuoco e il fuoco tale da essiccare l'acqua. App.] ,
Similmente in tutti gli elementi, dai quali costituito
. ,
l'universo, insita la contrariet e che talvolta pu bens darsi , ,
una parziale distruzione, ma l'universo dura eternamente. Ed ,
egli stabilisce battaglie, dando al fuoco i nomi di Apollo, Elios . ,
ed Efesto, all'acqua i nomi di Posidone e Scamandro e inoltre ,
alla luna il nome di Artemide, all'aria il nome di Era, e cos via. , ' ,
Similmente anche alle disposizioni mette talvolta il nome degli [I 52. 10 App.] . '
di, alla saggezza quello di Atena, all'insensatezza quello di
,
Ares, al desiderio amoroso quello di Afrodite, alla loquacit
, ' , '
quello di Ermes, appropriati a questi casi. Questo metodo di
, ,
difesa, antico e derivante da Teagene di Reggio, che per primo
scrisse intorno ad Omero, tale perch prende avvio
,
dall'espressione letterale.
,
.
8 A 3. SCHOL. HOM. A ad Il. I 381 [poich molto amico a 8 A 3. SCHOL. HOM. A (zu A 381 ).
lui venne ]. Seleuco nella Cipria e nella Cretica dice <che
[I 52. 15 App.]
l'espressione >: dopoch: dunque ora a lui venne amico. E ' '. .
Teagene enuncia allo stesso modo.
.
8 A 4. SUID. s. v. . Vi sono poi anche altri 8 A 4. SUID. : ...

due Teagene, l'uno che scrisse su Omero e l'altro che schern la , ,


mollezza.
.
9. ACUSILAO

9.[73] AKUSILAOS [I 52. 20 App.]

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND SCHRIFT

9 A 1. DIOG. LAERT. I 41. Alcuni aggiungono [ai sette


9 A 1. DIOG. I 41
sapienti] Acusilao, figlio di Caba o Scabra, di Argo. (42)
. (42) '
Ermippo nella sua opera Sui sapienti [fr. 8 F.H.G. III 37] dice [fr. 8 F.H.G. III 37] ... ,
che essi furono diciassette... Solone, Talete, Pittaco, Biante,
, , , , , ,
Chilone, <Misone>, Cleobulo, Periandro, Anacarsi, Acusilao, [I 52. 25 App.] , , ,
Epimenide [3 A], Leofanto, Ferecide [7 A 2 a], ecc.1*
[3 A], , [7 A 2 a] .
9 A 2. SUID. s. v. Acusilao, figlio di Caba, argivo, della citt di 9 A 2. SUID. . ,
Cercade, vicino ad Aulide, storico antichissimo. Scrisse
, .
Genealogia su tavolette di bronzo, che tradizione siano state ,
ritrovate da suo padre scavando un certo punto della sua casa. .
9 A 3. SUID. s. v ... Ecateo fu il primo a pubblicare 9 A 3. SUID. [I 52. 30 App.] ...
una storia in prosa, mentre Ferecide mise insieme una raccolta , :
di materiali e documenti. Di quella di Acusilao si sospetta [cfr. .
7 A 2].
9 A 4. CLEM. ALEX. strom. VI 26 [II 443, 2]. I poemi di
9 A 4. CLEM. Strom. VI 26 (II 443, 2 St.) [I 53. 1 App.]
Esiodo volsero in prosa e resero pubblici come propri Eumelo
[F.H.G. II 20] e Acusilao, storici.
[F.H.G. II 20] . .
9 A 5. SUID. s. v. . Sabino sofista, nato ai tempi
9 A 5. SUID.
dell'imperatore Adriano; scrisse memorie e altre opere
: ...
esegetiche su Tucidide, Acusilao e altri.
.
B. FRAMMENTI

B. FRAGMENTE [I 53. 5 App.]

GENEALOGIE, LIBRI I, II, III

9 B 1 [fr. 6 b. 5 Jacoby F.Gr.Hist. 2 F I 49 sgg. Cfr. anche


KORDT, de Acusilao, Basel 1903]. DAMASC. de princ. 124
[I320, 10]. Acusilao mi sembra supporre il Caos, il primo
principio, come del tutto inconoscibile, e poi dopo quest'unico
principio, due princpi: Erebo, il principio maschile, e Notte,
quello femminile... dall'unione di costoro egli dice che
nacquero Etere, Eros e Metis... oltre a questi e derivati da
questi e da altri, introduce un gran numero di di, secondo la
testimonianza di Eudemo [fr. 117 Spengel]. PHILOD. de piet.
137, 13 p. 61. Acusilao ritiene che dal primo Caos derivino
tutte le altre cose.
9 B 2 [6 a]. PLAT. symp. 178 B. Esiodo [theog. 116] dice che
innanzi tutto fu il Caos,
poi in seguito
la Terra dall'ampio seno, sede di tutte le cose eternamente
sicura,
ed Eros...
e dice dunque che dopo il Caos nacquero questi due esseri,
Terra ed Eros. Parmenide poi cos dice a proposito della
generazione: Primo di tutti... [28 B 13]. Con Esiodo
concorda anche Acusilao. E cos da molte parti si concordi
nel ritenere che Eros sia quanto di pi antico esiste.
9 B 3 [6 c]. SCHOL. THEOCR. XIII arg. [da Teone]. E'
incerto di chi sia detto essere figlio Eros: Esiodo [theog. 120]

9 B 1 [fr. 6 b. 5 Jacoby F.Gr.Hist. 2 F I 49 ff. vgl. auch. Kordt


de Acusilao Bas. 1903] DAMASC. de princ. 124 [I 320, 10 R.]
.
[I 53. 10 App.] ,
, ...

...
[fr.
117]. PHILOD. de piet. 137, 13 p. 61 G. . ' [I 53. 15
App.] . (Vgl. 2 B 14)
9 B 2 [6 a]. PLAT. Symp. 178 B. [Theog. 116]
[ '
, , ' ]
[],
. [ " ... [I
53. 20 App.] " 28 B 13].
.
.

9 B 3 [6 c]. SCHOL. THEOCR. arg. XIII [aus Theon]


, [Theog.

lo dice figlio di Caos e di Gea, Simonide [fr. 43 Diehl] di Ares 120] [I 53. 25 App.] , [fr.
e di Afrodite, Acusilao di Notte ed Etere [cfr. Antagora: DIOG. 43 D.] , . Vgl.
LAERT. IV 26].
Antagoras DIOG. IV 26.
9 B 4 [7]. ETYM. MAGN. s.v. [= SCHOL. HESIOD.
9 B 4 [7]. ETYM. M. s.v. [= SCHOL. HESIOD. Th.
theog. 134]. Questi chiamano Titani e Titanidi, come Acusilao. 134] , .
9 B 5 [9]. PHILOD. de piet. 92, 12 p. 43. Omero [Il. II 26] dice 9 B 5 [9]. PHILOD. de piet. 92, 12 p. 43 G. [I 54. 1]
che non soltanto i sogni sono messaggeri degli di ma che
[ 26]
anche Ermes sia messaggero di Zeus e cos Iride [ad es. Il. II ,
786]; altri poi ritengono che costei sia messaggera anche di Era [z. B. 786], ,
e Acusilao che lo sia di tutti gli di. Ferecide di Atene
. [I 54. 5 App.]
[F.Gr.Hist. 3 F 130 I 94] che lo sia Ermes. Acusilao afferma ' [F.Gr.Hist. 3 F 130 I 94]
che le Arpie sono le custodi dei pomi, Epimenide [3 B 9]
,
sostiene non solo questo ma anche che esse erano con le
[3 B 9]
Esperidi.
.
9 B 6 [13]. PHILOD. de piet. 42, 12 p. 14. Esiodo [theog. 306 9 B 6 [13]. PHILOD. de piet. 42, 12 p. 14 G. [Th.
sgg.] e Acusilao dicono che da Echidna e Tifone nacquero il
306 ff.]
cane Cerbero e altri mostri immortali, cos come immortale [I 54. 10 App.]
l'aquila che, secondo Esiodo [theog. 523], mangia il fegato di , ' [Th.
Prometeo.
523] .
9 B 7 [12]. PHILOD. de piet. 61 b 1 p. 46 = 3 B 8.
9 B 7 [12]. PHILOD. de piet. 61 b 1 p. 46 G. = 3 B 8.
9 B 8 [11]. PHILOD. de piet. 43, 1 p. 15. Proteo, bench
9 B 8 [11]. PHILOD. de piet. 43, 1 p. 15 G. , '
vecchio, ebbe in dono, l'immortalit, e alcuni dicevano che

costui era il padre di Forci. E cos dice anche Acusilao. Ed
, [I 54. 15 App.]
Omero, nei versi che gli sono attribuiti, dice che Titone era
.
immortale e alquanto vecchio; e delle divinit femminili ne

introducono alcune adulte, altre invece vergini e non ancora

sposate, altre ancora pi avanti negli anni, pi importanti e
,
sposate ed altre infine pi giovani, come Artemide, Atena,
, ,
Irene e Dike.
- [32c p. 5] [I 54. 20
App.] ,
.
9 B 9 [18] PHILOD. de piet. 45 b 5 p. 17. Esiodo [fr. 125] ha 9 B 9 [18] PHILOD. de piet. 45 b 5 p. 17 G.
scritto che Asclepio stato generato da Zeus, e lo stesso dicono ' [fr. 125]
anche Pindaro [Pyth. 3, 57?] e Ferecide di Atene [F.Gr.Hist. 3 [P. 3, 57?]
F 35 c I 72], Paniassi [fr. 19 Kinke1], Androne [F.Gr.Hist. 10 [F.Gr.Hist. 3 F 35 c I 72] [I 54. 25 App.] [fr.
F 17 I 165] e Acusilao.
19 K.] [F.Gr.Hist. 10 F 17 I 165]
.
9 B 9 a [8]. PHILOD. de piet. 60, 16 p. 32. Acusilao dice che 9 B 9 a [8]. PHILOD. de piet. 60, 16 p. 32 G. '
Urano, dopo averli legati, gett i Centimani nel Tartaro,

affinch non prevalessero, avendo saputo che di tali ingiustizie , , |'
si erano macchiati.
.
9 B 9 b [16]. PHILOD. de piet. 46 a p. 18, 8. Acusilao e Omero 9 B 9 b [16]. PHILOD. de piet. 46a p. 18, 8 G. [I 54. 30]
fanno un breve ricordo dei Giganti.
...... [I 55. 1]
.
9 B 9 c [32]. PHILOD. de piet. 34 c p. 7, 1. Acusilao dice che 9 B 9 c [32]. PHILOD. de piet. 34c p. 7, 1 G.
Eracle mor per il fuoco.
.
9 B 10 [19]. PHILOD. de piet. 63, 1 p. 34. Androne nel suo
9 B 10 [19]. PHILOD. de piet. 63, 1 p. 34 G. [I 55. 5 App.]
scritto Sulle parentele [F.Gr.Hist. 10 F 3 I 161] dice che
' [F.Gr.Hist. 10 F 3 I 161]
Apollo serv Admeto per ordine di Zeus. Esiodo [fr. 126] e
.
Acusilao sostengono che essendo sul punto di essere gettato nel [fr. 126 Rz.2] .
Tartaro ad opera di Zeus, per intercessione di Latona, and a ,
servire un mortale.
.
9 B 11 [25]. [APOLLOD.] bibl. II 2. Da Zeus e da Niobe, che 9 B 11 [25]. [APOLLOD.] bibl. II 2 [I 55. 10 App.]
fu la prima donna mortale con cui Zeus si congiunse, nacquero, , ,
secondo Acusilao, Argo e Pelasgo, dal quale presero il nome i , , , '
Pelasgi, abitanti del Peloponneso [cfr. HYGIN. fab. 124 p. 106,
3 Schmidt].
. Vgl. HYGIN. fab. 124 p. 106, 3 Schm.
9 B 12 [26]. [APOLLOD.] bibl. II 5. Esiodo [fr. 187] e
9 B 12 [26]. [APOLLOD.] bibl. II 5. [fr. 187]
Acusilao affermano che Io era figlia di Pirene.
. [I 55. 15] [Io] .
9 B 13 [27]. [APOLLOD.] bibl. II 6. Acusilao dice che Argo 9 B 13 [27]. [APOLLOD.] bibl. II 6. [Argos] .

.
9 B 14 [28]. [APOLLOD.] bibl. II 26 [Proetiden, Lysippe,
Iphino, Iphianassa] , ,
[fr. 27] ,
, . , [I 55. 20]
.
9 B 15 [29]. [APOLLOD.] bibl. II 94 [Arbeit des Herakles]
.
. ...
9 B 16 [33]. [APOLLOD.] bibl. III 30
[I 55. 25 App.] ,

.
, . ,
, ...
9 B 17 [41]. [APOLLOD.] bibl. III 133. Menelao dunque da 9 B 17 [41]. [APOLLOD.] bibl. III 133
Elena gener Ermione e, secondo alcuni [HESIOD. fr. 99],
[I 55. 30 App.]
Nicostrato, e dalla schiava della Pieria di stirpe etola, o, come [Hesiod. fr. 99] ,
dice Acusilao, da Tereide, Megapente.
, . , .
9 B 18 [21]. [APOLLOD.] bibl. III 156. Il fiume Esopo figlio 9 B 18 [21]. [APOLLOD.] bibl. III 156 [I 56. 1 App.]
di Oceano e di Teti o, come dice Acusilao, di Pero e di
, . ,
Posidone, o come dicono altri, di Zeus e di Euronome.
, , .
9 B 19 [31]. [APOLLOD.] bibl. III 199. Zete e Calai, alati, i 9 B 19 [31]. [APOLLOD.] bibl. III 199
quali, navigando con Giasone, morirono inseguendo le Arpie, , [I 56. 5]
oppure, come dice Acusilao, furono uccisi a Tenedo da Eracle. , . ,
' .
9 B 20 [23]. CLEM. ALEX. strom. I 102 [II 66, 5]. Ci fu in
9 B 20 [23]. CLEM. Str. I 102 (II 66, 5 St.)
Grecia ai tempi di Foroneo, successore di Inaco, il diluvio di
Ogige, quando a Sicione regn dapprima Egiale, e poi Europo, ,
Telchino e Creto a Creta. Acusilao dice che Foroneo fu il
, , [I 56. 10 App.] ,
primo uomo. IUL. AFRIC. ap. EUSEB. praep. evang. X 10, 7. .
Ogige, dal quale deriv il primo e grande diluvio dell'Attica, . IUL. AFRIC. b. EUSEB. P. E. X 10, 7
quando Foroneo regnava sugli Argivi, come narra Acusilao.
(Ogygos) '
, , .
.
9 B 21 [1]. DIDYM. p. 85 fr. 2 Schmidt ap. MACROB. sat. V 9 B 21 [1]. DIDYMOS. [p. 85 Schmidt] b. MACR. Sat. V 18, 9
18, 9. Meglio dire che, essendo Acheloo il fiume pi antico di [I 56. 15 App.] ,
tutti, gli uomini per rendergli onore chiamano senz'altro con il
suo nome le acque correnti. Acusilao, dunque, ha chiarito con
la sua prima storia che l'Acheloo il pi antico di tutti i fiumi; . .
dice infatti:
,
Oceano sposa Teti, sua sorella; da essi nascono tremila fiumi e
di essi Acheloo il pi antico ed il pi onorato.
[I 56. 20 App.]
,
.
9 B 22 [2]. HARPOCR. s.v. . ... stirpe di Chio, come 9 B 22 [2]. HARPOCR. ... , .
dice Acusilao nel terzo libro; Ellanico [F.Gr.Hist. 4 F 20 I 111] , [F.Gr.Hist. 4 F 20 I 111]
nell'Atlantide dice che essi prendono il nome dal poeta.
.
9 B 23 [46]. IOSEPH. ant. Iud. I 107. Testimoniano quanto io 9 B 23 [46]. IOSEPH. ant. Iud. I 107 [I 56. 25 App.]
dico tutti coloro che presso i Greci e presso i barbari scrissero '
di antichit... e infatti Manetone... e Beroso... concordano con ... ...
le cose dette da me [sulla longevit dei Patriarchi] Esiodo [fr. ... ' [Langlebigkeit
256], Ecateo [F.Gr.Hist. 1 F 35 I 16], Ellanico [F.Gr.Hist. 4 F der Patriarchen] [fr. 256 Rz.2]
202 I 152], Acusilao, e oltre a questi Eforo [F.Gr.Hist. 70 F
[F.Gr.Hist. 1 F 35 I 16] [I 56. 30] [F.Gr.Hist.
238 II 109] e Nicolao [F.Gr.Hist. 90 F 141 II 426] narrano che 4 F 202 I 152] . [F.Gr.Hist.
gli antichi vivevano mille anni.
70 F 238 II 109] [F.Gr.Hist. 90 F 141 II 426]
.
9 B 24 [24]. PAUS. II 16, 4 [Micene, secondo Esiodo, fr. 146]. 9 B 24 [24]. PAUS. II 16, 4 [Mykene nach Hesiod. fr. 146] [I
Da costei dunque dicono che sia venuto il nome alla citt. Ma 57. 1 App.]
io non potrei accettare, e del resto non lo accettano neppure i . ,
era nato dalla terra.
9 B 14 [28]. [APOLLOD.] bibl. II 26 [Sulle tre Pretidi,
Leucippo, Ifinoe e Ifianasse]. Quando esse furono adulte
impazzirono o perch, come dice Esiodo [fr. 27], non
accettarono le iniziazioni di Dioniso, e perch, come dice
Acusilao, oltraggiarono il simulacro di Era.
9 B 15 [29]. [APOLLOD.] bibl. II 94. Come settima fatica
impose ad Eracle di portare il toro di Creta. Questo toro,
secondo Acusilao, quello che trasport Europa a Zeus.
9 B 16 [33]. [APOLLOD.] bibl. III 30. Figlio di Autonoe e di
Aristeo fu Atteone, il quale, allevato da Chirone, impar l'arte
della caccia e infine sul Citerone fu dilaniato dai suoi cani. E
mor in questo modo, come dice Acusilao, essendosi Zeus
adirato perch quello pretendeva di sposare Semele.

Lacedemoni, il racconto che attribuiscono ad Acusilao, e cio


che Micene era figlio di Spartone e Spartone di Foroneo.
9 B 25 [38]. SCHOL. APOLLON. RHOD. II 1122 [3 B 12].
Acusilao ed Esiodo nelle Grandi Eoie [fr. 152] dicono che [i
figli di Frisso] nacquero da Iofossa, figlia di Eeta.
9 B 26 [36]. SCHOL. APOLLON. RHOD. IV 57. Latmo,
monte della Caria, in cui un antro nel quale si ferm
Endimione. anche una citt detta Eraclea... Esiodo [fr. 11]
dice che questo Endimione, figlio di Zeus e di Calice, ottenne
in dono da Zeus che a lui dispensasse la morte, quando lui
volesse perire. < ... > e lo stesso dicono Pisandro [F.Gr.Hist.
16 F 7 I 181] e Acusilao.
9 B 27 [42]. SCHOL. APOLLON. RHOD. IV 898. Acusilao
dice che Scilla nacque da Forci e da Ecate [cfr. B 8].
9 B 28 [4]. SCHOL. APOLLON. RHOD. IV 992. Acusilao nel
terzo libro dice che accadde che dalla mutilazione di Urano
stille, cio gocce di sangue, caddero sulla terra e da esse furono
generati i Feaci, secondo altri i Giganti. E Alceo [fr. 116
P.L.G. III 185] dice che i Feaci traggono la loro stirpe delle
gocce di Urano.
9 B 29 [37]. SCHOL. APOLLON. RHOD. IV 1146. E intorno
al vello molti raccontano che esso fosse d'oro. Acusilao,
invece, nelle Genealogie dice che esso si tinse di color porpora
a causa del mare [cfr. SCHOL. ad IV 176 e ad EURIP. Med.
5].
9 B 30 [15]. SCHOL. HESIOD. theog. 379 [Zefiro che scaccia
le nubi e Noto dal corso veloce]. Acusilao dice che tre sono i
venti secondo Esiodo [theog. 870], Bora, Zefiro, e Noto; e dice
che l'epiteto che scacci le nubi proprio di Zefiro.

, ,
, [I 57. 5 App.]
.
9 B 25 [38]. SCHOL. APOLLON. RHOD. II 1122 [3 B 12] .
(fr. 152)
. [die Shne des Phrixos].
9 B 26 [36]. SCHOL. APOLLON. RHOD. IV 57
, , [I 57. 10 App.]
. . ...
[fr. 11]
"'
, ". ...
[F.Gr.Hist. 16 F 7 I 181] .
9 B 27 [42]. SCHOL. APOLLON. RHOD. IV 898 .
[I 57. 15 App.] .
Vgl. B 8.
9 B 28 [4]. SCHOL. APOLLON. RHOD. IV 992 .
,
, [] , ,
, .
[fr. 116 P.L.G. III 185] [I 57.
20 App.] .
9 B 29 [37]. SCHOL. APOLLON. RHOD. IV 1146.
. .

. Vgl. SCHOL. zu IV 176 u. zu EURIP. Med. 5.

9 B 30 [15]. SCHOL. HES. theog. 379 [


[I 57. 25 App.] ' ] .
[Th. 870] ,
""
.
9 B 31 [39]. SCHOL. HOM. AB ad Il. XX 307. Afrodite,
9 B 31 [39]. SCHOL. HOM. AB zu 307
essendo stato reso un oracolo secondo il quale, dissoltosi il
,
dominio dei Priamidi, avrebbero regnato sui Troiani i
' [I 57. 30] ,
discendenti di Anchise, si congiunse con Anchise, bench
, [I 58. 1] '
avesse gi superato il fiore dell'et. Avendo generato Enea e

volendo predisporre un pretesto alla dissoluzione dei Priamidi,
instill in Alessandro desiderio amoroso per Elena e, dopo il ,
rapimento, in apparenza si alle ai Troiani, ma in realt
,
incoraggi la loro sconfitta, per evitare che, del tutto disperati, [I 58. 5] .
essi riconsegnassero Elena. La storia presso Acusilao.
.
9 B 32 [3]. SCHOL. HOM. T ad Il. XX 296. Acusilao nel libro 9 B 32 [3]. SCHOL. HOM. T z. 296 .
terzo delle Genealogie intese come nome proprio Echepolo
" "
cos:
" ' , ".
Di Cleonimo figlio Anchise, del quale figlio Echepolo.
9 B 33 [34]. SCHOL. HOM. HQ ad Od. X 2. Deucalione, ai
9 B 33 [34]. SCHOL. HOM. HQ z. 2 , '
tempi del quale ci fu il diluvio, era figlio di Prometeo ed ebbe [I 58. 10 App.] ,
come sua madre, secondo il racconto dei pi, Climene; secondo , , ,
Esiodo [fr. 3] Pronoe, e secondo Acusilao era figlia di Esione, [fr. 3] , .,
figlia di Oceano, e di Prometeo.
.
9 B 34 [40]. SCHOL. HOM. QV ad Od. XI 520. Euripilo, il
9 B 34 [40]. SCHOL. HOM. QV z. 520
figlio di Astioche e di Telefo, figlio di Eracle, essendogli

toccato il comando paterno govern sulla Misia. Priamo,
. [I 58. 15]
informato della sua potenza, gli mand ambascerie affinch
,
diventasse suo alleato. E poich quello sosteneva che non gli . ,
era possibile a causa della madre, Priamo mand alla madre
,
Astioche in dono una vite tutta d'oro: questa accolse la vite e
mand il figlio alla guerra, poi ucciso da Neottolemo, il figlio ,

[I 58. 20]
.
9 B 35 [30]. SCHOL. HOM. HV ad Od. XIV 533. Eretteo, re 9 B 35 [30]. SCHOL. HOM. HV z. 533.
degli Ateniesi, ha una figlia di nome Orizia e magnifica per la
sua bellezza. Avendola adornata, la manda una volta come
.
canefora a compiere un sacrificio sull'acropoli di Atena

Poliade. Innamoratosi di lei, il vento Borea, sfuggendo a coloro . [I 58.
che la custodivano e la sorvegliavano, rap la fanciulla.
25 App.]
Portatala in Tracia, la rese sua moglie. Da essa gli nacquero
. .
due figli Zete e Calai, che, per il loro coraggio, veleggiarono ,
insieme ai semidei sulla nave Argo alla volta della Colchide a '
caccia del vello. La storia presso Acusilao.
. .
9 B 36 [43]. SCHOL. HOM. HV ad Od. XVII 207. I figli di
9 B 36 [43]. SCHOL. HOM. HV z. 207 [I 58. 30 App.]
Pterelao, Itaco e Nerito, che avevano avuto la loro stirpe da

Zeus, abitavano a Cefalonia. Ma essi preferivano abbandonare .
le loro dimore e si recarono ad Itaca; avendo visto un luogo

adatto ad essere abitato, in quanto pi elevato di quelli

circostanti, vi fissarono la loro dimora e fondarono Itaca. Cos []
da Itaco l'isola prese il nome di Itaca e da Nerito il vicino
[I 58. 35 App.] .
monte prese il nome di Nerito. La storia presso Acusilao.
, [I 59. 1 App.]
.
.
9 B 37 [14]. SCHOL. NICANDR. Ther. 11. Acusilao dice che 9 B 37 [14]. SCHOL. NICANDR. Ther. 11 .
tutte le cose che mordono ebbero origine dal sangue di Tifone. .
9 B 38 [15]. SCHOL. PIND. Ol. 9, 70 a. Noti sono i fatti che 9 B 38 [15]. SCHOL. PIND. O. IX 70a [I 59. 5 App.]
concernono Deucalione e Pirra. E che essi crearono gli uomini .
gettando sassi all'indietro lo testimonia Acusilao.
, .
9 B 39 [17]. SCHOL. PIND. Pyth. 3, 25 c. Per qual motivo
9 B 39 [17]. SCHOL. PIND. Pyth. III, 25c
[Coronide] prefer Ischi ad Apollo? Acusilao dice che volle
[Koronis] ; . ,
unirsi con un mortale per timore di essere giudicata superba.
[I 59. 10 App.]
.
9 B 40 [20]. STRAB. X p. 472. Acusilao argivo dice che
9 B 40 [20]. STRAB. X p. 472 . '
Camillo discende da Cabiri e da Efesto, da esso nacquero i tre , ,
Cabiri, ai quali <* * *> <anche le tre> ninfe Cabiridi.2*
*** .
9 B 40 a [22]. PAP. OXYRH. 1611, fr. 1, 38-85 [da un
9 B 40 a [22]. PAP. OXYRH. 1611, fr. 1, 38-85 aus dem [I 59.
estratto, risalente al II sec. a. C., del libro di un alessandrino 15 App.] 2. Jahrh. v. Chr., Exzerpte aus dem Buche eines
di nome Litiro; P. Qxy ed. Grenfell.-Hunt, XIII p. 133 sg. Cfr. alexandrinischen Lytikos [Oxyrh. Pap. ed. Grenfell. u. Hunt
P. MAASS, Socrates, VII, 1919, p. 191; DEUBNER,
vol. XIII p. 133f. Vgl. P. MAASS Socrates VII, 1919, p. 191;
Bemerk. z. lit. Pap. aus 0xyrh., Heidelb. Sitz.-Ber. ph -h. Kl., DEUBNER, Bemerk. z. lit. Pap. aus 0xyrh. (Heidelb. Sitz.-Ber.
1919, n. 17]. Ci che da Teofrasto detto nel secondo libro Sul ph.-h. Kl. 1919, n. 17)]
regno sulla lancia di Ceneo questo:
[I 59. 20 App.]
"
, ,
Regna veramente colui che regna con lo scettro e non con la
lancia, come Ceneo; Ceneo ritenne infatti che fosse cosa degna , '
, , ,
comandare con la lancia e non con lo scettro, come i re che
" '
sono in trono; ma non pot.
[I 59. 25 App.]

Orbene questo dev'essere chiarito in riferimento alla storia
. ( [I
narrata da Acusilao argivo. Su Ceneo dice infatti cos:
60. 1 App.] ' '
) ,
Con Ceneo, figlia di Elate, si congiunse Posidone. In seguito
(non le era infatti lecito avere figli con violenza n da quello n ,
da alcun altro) Posidone la trasform in un uomo invulnerabile, [I 60. 5 App.] .
con una forza pi grande di quella degli uomini che allora
.
vivevano. E quando qualcuno provava a toccarlo con il ferro o .
con il bronzo toccava il massimo della pena. E cos divenne re ' ,
dei Lapiti e combatt contro i Centauri. Indi, avendo posto un , ,
piccolo dardo nella piazza del mercato ordin che lo si
[I 60. 10 App.]
annoverasse nel numero degli di. Questo non piacque agli di
e Zeus, vedendolo far questo, lo minaccia e gli eccita contro i
di Achille. La storia presso Acusilao.

" '
Centauri, i quali lo seppelliscono sotto terra in posizione eretta .
e sopra vi pongono una pietra come tumulo: e cos muore.
Questo vuol dire forse che Ceneo govern con la lancia.
DUBBIO
ZWEIFELHAFTES
9 B 41 [44]. SCHOL. PIND. Ol. VII 42a
9 B 41 [44]. SCHOL. PIND. Ol. 7, 42 a. Sembra che Pindaro [I 60. 15]
abbia consultato storico; questi infatti cos genealogizza: da ,
, , ,
Iperoche Euripilo, da cui Ormeno, da cui Fere, da cui
Amintore, da cui Astidamia, madre di Tlepolemo; e lo stesso
.
Amintore risale a Zeus per stirpe.3*

10. I SETTE SAPIENTI

10.[73a] DIE SIEBEN WEISEN [I 61. 1 App.]

10 A 1. DIOG. LAERT. I 40 sgg. Intorno ai sette sapienti (vale


la pena, anche di questi, in generale, fare menzione) si
tramandano queste notizie. Damone cirenaico, che scrisse
un'opera Sui filosofi [F.H.G. VI 277], critica tutti i sapienti, ma
soprattutto i sette. Anassimene [fr. 22 Jacoby] afferma che tutti
si applicarono alla poesia. Dicearco invece asserisce [fr. 28
F.H.G. II 243 = fr. 30 Wehrli; cfr. Hermes, XXVII, 1892,
pp. 120, 126] che essi non furono n sapienti n filosofi, ma
uomini esperti e legislatori. Archetimo di Siracusa [F.H.G. IV
318] rifer di un loro incontro presso Cipselo, al quale dice di
aver partecipato personalmente. Eforo [F.Gr.Hist. 70 F 181 II
95] dice che il loro incontro, eccezion fatta per Talete, avvenne
presso Creso; altri ancora a Panionio, a Corinto e a Delfi. (41)
Le loro affermazioni sono tramandate in modo diverso e
attribuite talvolta ad uno talvolta ad un altro, come la seguente
[86 B 7]:
Fu il saggio spartano Chilone a dire questo:
Nulla di troppo, tutto ci che bello proprio di ci che
opportuno.

10 A 1. DIOG. LAERT. I 40ff. (


)
.
[F.H.G. VI 277] ,
.
[fr. 22 Jacoby] [I 61. 5 App.]
[fr. 28 F.H.G. II 243
vgl. Hermes 27 (1892), pp. 120. 126]
,
. [F.H.G. IV 318]
,
[F.Gr.Hist. 70 F 181 II 95]
. [I 61. 10
App.]
. (41)
, [86 B 7]
, '
" ".

C' discordia anche intorno al loro numero. Leandrio [fr. 4


F.H.G. II 336] vi include, al posto di Cleobulo e di Misone,
Leofanto Gorgiade lebedio o efesio e Epimenide cretese;
Platone nel Protagora [cfr. n. 2] Misone al posto di Periandro;
Eforo [F.Gr.Hist. 70 F 182 II 95] Anacarsi al posto di Misone;
altri ancora aggiungono Pitagora. Dicearco [cfr. supra] ci
tramanda quattro nomi su cui vi consenso di tutti: Talete,
Biante, Pittaco e Solone. Ne nomina poi altri sei, tra i quali se
ne devono scegliere tre, e cio Aristodemo, Panfilo, Chilone
spartano, Cleobulo, Anacarsi e Periandro. Alcuni aggiungono
inoltre Acusilao [9 A 1] figlio di Caba o Scabra, argivo. (42)
Ermippo nel suo libro Sui sapienti [fr. 8 F.H.G. III 37] ne
enumera diciassette, tra i quali sono variamente scelti i sette; e
sono: Solone, Talete, Pittaco, Biante, Chilone, Misone,
Cleobulo, Periandro, Anacarsi, Acusilao, Epimenide [3 B 1],
Leofanto, Ferecide [7 A 2 a], Aristodemo, Pitagora, Laso figlio
di Carmantida o di Sisimbrino o, come dice Aristosseno [fr. 52
F.H.G. II 285 = fr. 86 Wehrli] di Cabrino, Ermioneo,
Anassagora [59 A 30. 33]. Ippoboto nella sua Lista dei filosofi:
Orfeo, Cleobulo, Misone, Talete, Biante, Pittaco, Epicarmo [23
A 6 c], Pitagora.

. [fr.
4 F.H.G. II 336] [I 61. 15 App.]


[s. nr. 2]
[F.Gr.Hist. 70 F 182 II 95]
. [s. o.]
, ,
, . [I 61. 20 App.] ,
, , ,
, , , .
[9 A 1] .
(42) ' [fr. 8 F.H.G. III
37] ,
, , , ,
, , , , , [I
61. 25] , [3 B 1], ,
[7 A 2 a], , ,
, [fr. 52
F.H.G. II 285 = fr. 86 Wehrli], , ,
[59 A 30. 33]
, , ,
, , , , ,
, , [23 A 6 c], [I 61. 30]
.

10 A 2. PLAT. Protag. 343 A. Nel numero di costoro [dei


10 A 2. PLAT. Protag. 343 A [I 62. 1] [nml.
filosofi laconizzanti] furono anche Talete di Mileto, Pittaco di ]
Mileto, Biante di Priene, il nostro Solone, Cleobulo di Lindo,
Misone di Chene, e settimo lo spartano Chilone; tutti costoro ,
furono emuli, ammiratori e discepoli della costituzione

spartana.
[I 62. 5
E chiunque potrebbe facilmente comprendere che la loro
App.]
sapienza di tipo spartano: frasi brevi, degne di ricordo,
,
pronunciate da ciascuno di essi. Costoro, essendosi riuniti,
.
consacrarono una primizia della loro sapienza ad Apollo, nel
tempio di Delfi, scrivendo queste espressioni che tutti esaltano: , ,
conosci te stesso e nulla di troppo. Perch dico questo?
, .
Perch questo stile era proprio degli antichi filosofi, e cio la ;
concisione laconica. Allo stesso modo, in privato, circolava
, [I 62. 10] .
questa frase di Pittaco, elogiata dai sapienti: E' difficile essere
buono. PLAT. Charm. 164 D sgg. Quasi quasi io direi che

proprio questo la saggezza, e cio il conoscere se stessi, e . PLAT. Charm. 164 D ff.
sono d'accordo con chi ha consacrato tale scritta a Delfi...

Infatti il conosci te stesso non vuol dire altro che sii
...
saggio, come dicono le parole e come sostengo io stesso,

anche se qualcuno potrebbe ritenere che esse significhino altro. [I 62. 15 App.] , '
Il che mi sembra sia appunto capitato a coloro che in seguito
consacrarono altre scritte, come nulla di troppo e

malleveria porta sventura. E infatti costoro ritennero che il ' .
conosci te stesso fosse un consiglio e non gi un saluto da
, ' []
parte del dio a chi entra, e quindi per non essere da meno nel '
consacrare consigli utili, consacrarono queste scritte.1*
, .
10 A 3. STOB. flor. III 1, 172. Demetrio Falereo [fr. 114
10 A 3. STOB. III 1, 172 [I 62. 20 App.]
Wehrli], Sentenze dei sette sapienti:
.
a) Cleobulo lindio, figlio di Evagoro disse:
[I 63. 1 App.] .
1. Ottima la misura. 2. Bisogna rispettare il padre. 3. Star
1. . 2. . 3.
bene nel corpo e nell'anima. 4. Essere avido di ascoltare e non . 4. . 5.
di cianciare. 5. Sapere molto piuttosto che essere ignorante. 6. . 6. . 7.
Avere una lingua che non bestemmia. 7. Amico della virt e
, . 8. ,
nemico della malvagit. 8. Odiare l'ingiustizia, salvaguardare la . [I 63. 5 App.] 9.
piet. 9. Consigliare il meglio ai cittadini. 10. Dominare il
. 10. . 11. .
piacere. 11. Non far nulla con violenza. 12. Educare i figli. 13. 12. . 13. . 14. .
Pregare la sorte. 14. Comporre le inimicizie. 15. Considerare 15. . 16.
nemico chi contro il popolo. 16. Con la donna non contendere
e non eccedere in affetto in presenza di estranei: la prima cosa , . 17. '
dimostrazione di stoltezza, la seconda di insania. 17. Non
, . 18.
punire i servi preso dal vino: altrimenti apparirai comportarti [I 63. 10 App.] ,
da ubriaco. 18. Prendere moglie dai tuoi pari: se infatti la
, . 19.
prenderai tra coloro che sono pi di te, avrai padroni, non
. 20.
parenti. 19. Non ridere di chi schernito: sarai infatti odioso a ,
coloro che sono scherniti. 20. Non essere superbo quando le
.
cose vanno favorevolmente e non essere abbattuto quando ci
sono difficolt.
.
b) Solone ateniese, figlio di Essecestide disse:
1. Nulla di troppo. 2. Non sedere come giudice, altrimenti sarai
inviso all'accusato. 3. Fuggi il piacere, che genera afflizione. 4.
Conserva la probit del carattere, pi degna di fede del
giuramento. 5. Suggella i discorsi con il silenzio e il silenzio
con l'opportunit. 6. Non mentire, ma sii veritiero. 7. Occupati
di cose oneste. 8. Non dire cose pi giuste dei genitori. 9. Non
fare amicizie in fretta e non interrompere frettolosamente
quelle che hai fatto. 10. Imparando ad ubbidire, imparerai a
comandare. 11. Se ritieni giusto che gli altri rendano conto,
assoggettati anche tu. 12. Consiglia ai cittadini non le cose pi
piacevoli, ma le migliori. 13. Non ti vantare. 14. Non

1. . 2. ,
. 3. [I 63. 15 App.] ,
. 4. .
5. , . 6.
, ' . 7. . 8.
. 9. , '
, . 10.
. 11.
. 12. [I 63. 20 App.] ,
. 13. . 14.
. 15. . 16. . 17.
, . 18. . 19. .

accompagnarti ai malvagi. 15. Sii in rapporto con gli di. 16. 20. .
Venera gli amici. 17. Ci che non sai, non dirlo. 18. Sapendo,
taci. 19. Sii benevolo con i tuoi. 20. Testimonia le cose
.
invisibili con quelle visibili.
[I 63. 25] 1. . 2.
c) Chilone spartano, figlio di Damageto, disse:
. 3.
1. Conosci te stesso. 2. Non cianciare a lungo bevendo: diresti . 4. , ,
sciocchezze. 3. Non minacciare uomini liberi: non giusto. 4. ' . 5.
Non dir male di chi ti vicino: altrimenti ascolterai cose di cui , . 6.
ti addolorerai. 5. Ai banchetti degli amici vai lentamente, alle . 7. . 8.
loro disgrazie rapidamente. 6. Fai nozze modeste. 7. Chiama . 9. . 10.
beato il morto. 8. Venera colui che pi vecchio. 9. Odia chi si [I 63. 30 App.]
impiccia delle cose altrui. 10. Scegli il danno piuttosto che un , . 11. .
guadagno turpe: per il primo ti addolorerai una sola volta, per il 12. ,
secondo tutta la vita. 11. Non irridere a chi sventurato. 12.
. 13. . 14.
Pur essendo violento, mostrati tranquillo, affinch provino
. 15. . 16.
piuttosto rispetto che timore. 13. Governa la tua casa. 14. La
. 17. . 18.
tua lingua non corra avanti al pensiero. 15. Domina l'impulso. . 19. . 20.
16. Non desiderare l'impossibile. 17. Non affrettarti ad andare [I 63. 35] , .
avanti per la strada. 18. Non agitare la mano: gesto da pazzi.
19. Ubbidisci alle leggi. 20. Se hai subito ingiustizia,
[I 64. 1 App.] .
riconciliati, se hai subito insolenza, vendicati.
d) Talete milesio, figlio di Examio, disse:
1. Malleveria porta sventura. 2. Ricordati degli amici presenti e
assenti. 3. Non abbellire il tuo aspetto, ma sii bello in ci che
fai. 4. Non arricchirti in modo disonesto. 5. Il tuo discorso non
ti renda odioso a coloro che ti sono vicini fiduciosamente. 6.
Non esitare a lusingare i genitori. 7. Del padre non accogliere
ci che non val nulla. 8. Quali benefici arrecherai ai genitori,
tali tu stesso riceverai in vecchiaia dai figli. 9. Difficile
conoscere se stesso. 10. La cosa pi piacevole ottenere quel
che si desidera. 11. Cosa molesta l'inazione. 12. Cosa
dannosa l'intemperanza. 13. Cosa gravosa la mancanza di
educazione. 14. Impara ed apprendi ci che meglio. 15. Non
essere inattivo, neppure se arricchisci. 16. Nascondi i mali in
casa. 17. Sii invidiato piuttosto che commiserato. 18. Usa della
misura. 19. Non credere a tutti. 20. Cominciando abbellisci te
stesso.

1. , ' . 2.
. 3. , '
. 4. . 5.
. 6.
[I 64. 5 App.] . 7.
. 8.
,
. 9. . 10.
. 11. . 12. .
13. . 14. .
15. , ' . 16.
. 17. . [I 64. 10 App.] 18.
. 19. . 20. .
.

1. . 2. ,
. 3. . 4.
e) Pittaco di Lesbo, figlio di Irra, disse:
, . 5.
1. Conosci ci che opportuno. 2. Ci che stai per fare non
. 6. [I
dirlo: se fallisci susciterai il riso. 3. Tratta con le persone
convenienti. 4. Ci che assegni al vicino, non sei tu a farlo. 5. 64. 15 App.] . 7.
. 8. '
Non riprendere chi ozioso: per gente simile c' la nemesi
. 9.
degli di. 6. Restituisci il deposito. 7. Sopporta di essere
danneggiato un poco dai vicini. 8. Non dir male dell'amico, n , . 10. ,
. 11. . 12. . 13.
bene del nemico: irragionevole una tal cosa. 9. Terribile
conoscere ci che accadr, ma conoscere ci che accaduto d , , , ,
sicurezza. 10. Degna di fiducia la terra, infido il mare. 11. Il , , , , ,
guadagno non sazia. 12. Possedere le cose proprie. 13. Coltiva , , [I 64. 20] .
la piet, l'educazione, la saggezza, la sapienza, la verit, la
fiducia, l'esperienza, l'abilit, l'amicizia, la sollecitudine, la
cura per la casa, l'arte.

[I 65. 1 App.] .

1. . 2. , ,
, ,
f) Biante di Priene, figlio di Teutamo, disse:
1. La maggioranza degli uomini sono malvagi. 2. E' necessario, ,
. 3. ' ,
disse, che ti guardi nello specchio e che, se appari bello, tu
faccia cose belle; se invece appari brutto, che tu corregga con . 4. [I 65. 5 App.] ,

la probit le deficienze della natura. 3. Lentamente poni


. 5. '
all'opera; ma perdura in ci che hai cominciato. 4. Odia il
. 6. . 7.
parlare svelto, per non errare: segue poi il pentimento. 5. Non . 8. , . 9. .
essere sciocco n malvagio. 6. Non accettare l'insensatezza. 7. 10. . 11. . 12.
Ama la sapienza. 8. Circa gli di, d che esistono. 9. Pensa a ci , . 13.
che hai fatto. 10. Ascolta molto. 11. Parla a proposito. 12. Se . 14. , 15.
sei povero non biasimare i ricchi, a meno che tu non ne abbia , , [I 65. 10 App.]
grande vantaggio. 13. Non lodare l'uomo indegno per la sua
. 16. ,
ricchezza. 14. Ottieni con la persuasione, non con la violenza. . 17. , ,
15. Metti in conto degli di, e non di te stesso, ci che fai di
, , ,
buono. 16. In giovent avere prosperit, in vecchiaia sapienza. , , , ,
17. Con applicazione avrai memoria, con opportunit
, , .
precauzione, con carattere nobilt d'animo, con fatica
temperanza, con timore piet, con ricchezza amicizia, con
.
discorso persuasione, con silenzio compostezza, con senno
giustizia, con audacia coraggio, con azione potenza, con fama [I 65. 15 App.] 1. . 2. . 3.
egemonia.
. 4. . 5. *
. 6. . 7.
g) Periandro corinzio, figlio di Cipselo, disse:
, ' . 8.
1. Occupati di tutti. 2. Cosa bella la tranquillit. 3. Cosa
, . 9.
pericolosa la temerariet. 4. Turpe il guadagno. 5. * accusa . 10
della natura. 6. La democrazia migliore della tirannide. 7. I . 11. ,
piaceri sono mortali, le virt immortali. 8. Se hai successo sii . 12. [I 65. 20 App.]
misurato, se hai insuccesso sii saggio. 9. E' meglio morire
. 13. ,
rispettato che vivendo aver bisogno. 10. Prepara te stesso ad
. 14.
esser degno dei genitori. 11. Sii lodato da vivo e considerato
. 15. [I 66. 1 App.]
beato da morto. 12. Sii lo stesso con gli amici, nella buona e
. 16. ,
nella cattiva sorte. 13. <Mantieni> ci che hai volontariamente . 17.
convenuto; gravoso <infatti il> trasgredire. 14. Non divulgare , . 18.
discorsi segreti. 15. Rimprovera in modo tale da diventare
, .
subito amico. 16. Serviti delle leggi antiche, ma anche dei cibi
freschi. 17. Non punire solo coloro che sbagliano, ma anche
coloro che stanno per sbagliare. 18. Nascondi le disgrazie, per
non far gioire i nemici.
10 A 4. Per gli scolii, cfr. CRNERT, De Lobone Argivo.
10 A 4. Die Skolien der Sieben Weisen s. bei CRNERT De
fr Leo, pp. 135 sgg.; DIEHL, Anthologia lyrica, II p. Lobone Argivo [I 66. 5] fr Leo pp. 135 ff. und
190 (cfr. WILAMOWITZ, Hermes, LX, 1925, pp. 300 sgg.). DIEHL, Anthol. lyr. II p. 190 (vgl. WILAMOWITZ Hermes
60, 1925, 300f.).

B. I FRAMMENTI
DEI FILOSOFI DEL SESTO E QUINTO
SECOLO
(E LORO IMMEDIATI SEGUACI)

B. DIE FRAGMENTE
DER PHILOSOPHEN DES SECHSTEN
UND FNFTEN JAHRHUNDERTS
(U. UNMITTELBARER NACHFOLGER)

11. TALETE

11[1]. THALES [I 67. 5 App.]

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHERE

11 A 1. DIOG. LAERT. I 22-44. (22) Il padre di Talete,


dunque, come vogliono Erodoto [1 170], Duride [F.Gr.Hist. 76
F 74 II 155] e Democrito [68 B 115 a] si chiamava Examio, la
madre Cleobulina, della stirpe dei Telidi che sono fenici, i pi
nobili tra i discendenti di Cadmo e di Agenore. (<Era uno dei
sette sapienti> 1* a quanto afferma anche Platone [Protag. 343
A] e per primo fu chiamato sapiente, essendo Damasio arconte
in Atene [582-81] al tempo in cui anche i sette sapienti ebbero
tale nome, come testimonia Demetrio Falereo nella Lista degli
arconti [F.Gr.Hist. 228 F 1 II 960]). Gli fu data la cittadinanza

11 A 1. DIOG. LAERT. I 22-44 (22) ,


[1 170] [F.Gr.Hist. 76 F 74 II 155]
[68 B 115 a ] , ,
, , [I 67. 10
App.] ,
. ( ,
[Protag. 343 A]
[582/1], '
,
[F.Gr.Hist. 228 F 1 II 960]).

,
[I 67. 15] : ' ,
. (23)
.

[c. 5
Vgl. 11 B 1]. '
[fr. 94, II 259 Schneid.; s.
A 3 a] [I 67. 20 App.] " . . . ",

E si diceva che avesse fissato
la figura stellata del carro, con la quale i Fenici guidano le navi. [B 4], ' .

, [I 68. 1 App.]
Secondo altri compose solo due libri, Sul solstizio e
Sull'equinozio [B 4], ritenendo che il resto era incomprensibile. [fr. 94 Speng.]
A detta di taluni fu il primo a studiare i corpi celesti e a predire [21 B 19]
[174] . '
le eclissi del sole e i solstizi, come asserisce Eudemo nella
Storia dell'astronomia [fr. 94 Spengel] - e perci l'ammirano [22 B 38] [68 B 115 a] (24)
anche Senofane [21 B 19] ed Erodoto [174]. Testimoniano tale
ammirazione anche Eraclito [22 B 38] e Democrito [68 B 115 [I 68. 5 App.] [p. 182 Naeke].
,
a].
(24) Alcuni riferiscono che egli per primo disse immortali le
anime: tra questi anche il poeta Cherilo [Kinkel 271 fr. 13]. Per
primo trov l'intervallo che corre da solstizio a solstizio e per .

primo secondo alcuni stabil che la grandezza del sole la
720.a parte dell'orbita solare <come pure che la grandezza della . , . [I 68.
luna nelle stesse proporzioni rispetto all'orbita lunare>. Per 10 App.]
di Mileto quando vi giunse insieme a Nileo esiliato dalla
Fenicia, ma, come i pi sostengono, era cittadino originario di
Mileto e di nobile famiglia. (23) Dopo la politica si dette agli
studi naturali. Secondo alcuni non lasci nessun'opera perch
l'Astrologia nautica che gli viene attribuita si dice appartenga a
Foco di Samo [cap. 5; cfr. 11 B 1]. Callimaco lo conosce come
scopritore dell'Orsa minore quando nei Giambi afferma [fr.
191, 54 sgg. Pfeiffer. Cfr. A 3 a]:

primo chiam trentesimo l'ultimo giorno del mese. Per primo


tratt della natura, come vogliono alcuni.
Aristotele [de an. A 2. 405 a 19] e Ippia [86 B 7] dicono che
[de anima A 2. 405 a 19] [86 B 7]
dette una parte di anima anche alle cose inanimate, arguendolo ,
dalla calamita e dall'ambra. Dice Pamfila [fr. 1 F.H.G. III 520]
che, avendo appreso la geometria dagli Egiziani, per primo
.
iscrisse in un cerchio un triangolo rettangolo e sacrific un bue. [fr. 1 F.H.G. III 520]
(25) Altri sostengono che fu Pitagora e tra questi Apollodoro il . (25)
matematico [cfr. DIOG. LAERT. VIII 12]. (Egli port avanti , [vgl.
moltissimo gli studi sulle figure che, a quanto attesta Callimaco DIOG. LAERT. VIII 12]. [I 68. 15 App.] (
nei Giambi [cfr. A 3 a], furono trovate dal frigio Euforbo, ad , [cfr. A 3 a]
esempio i poligoni e i triangoli e tutto quanto comprende la " "
teoria delle linee.) Sembra che anche nel campo politico sia
.)
stato un consigliere eccellente. Quando Creso mand ai Milesi .
un'ambasceria per un'alleanza, egli lo proib e ci salv la citt :
allorch Ciro vinse. A quanto testimonia Eraclide [Pontico: fr. . ,
7 Voss = fr. 45 Wehrli] egli dice di se stesso di essere solitario [Ponticus fr. 7 Voss] [I 68. 20 App.] ,
e appartato. (26) Taluni vogliono che spos ed ebbe un figlio, . (26)
Cibisto: altri che rimase celibe ed adott il figlio della sorella. : ,
Quando gli fu chiesto perch non facesse figli, rispose: Per
. ,
l'amore che porto ai figli. Dicono pure che, forzandolo la
, " " .
madre a sposarsi, disse: Non ancora tempo e, continuando "
ella a insistere, quand'egli aveva oltrepassato la giovinezza,
", "
osserv: Non pi tempo. Ieronimo di Rodi nel secondo
". [I 68. 25
libro dei Ricordi vari [fr. 8] dice che, volendo mostrare quanto App.] [fr. 8 Hiller],
sia facile arricchirsi, nell'imminenza della raccolta delle olive, ,
si accaparr previdentemente i frantoi e raccolse moltissime
,
ricchezze.
.
(27) Riteneva che l'acqua principio di tutto e che il mondo (27) ,
animato e pieno di divinit. Dicono che abbia fissato anche le .
stagioni e diviso l'anno in 365 giorni.
[I 68. 30
Nessuno gli fu guida: solamente and in Egitto e s'intrattenne App.] .
coi sacerdoti. Ieronimo [fr. 21] dice che misur anche l'altezza ,

delle piramidi dall'ombra, avendo osservato quando la nostra


ombra ha la stessa altezza del corpo. A quanto afferma Minia,
[fr. 3 F.H.G. II 335], visse in stretta familiarit con Trasibulo,
tiranno dei Milesi. Sono note le vicende del tripode trovato dai
pescatori e inviato ai vari sapienti dal popolo di Mileto. (28)
Dicono che dei giovani ionici comprarono dai pescatori milesii
il contenuto di una rete: essendo stato tirato su il tripode, sorse
una discussione finch i Milesi mandarono un'ambasceria a
Delfo: il dio sentenzi cos:
Figlio di Mileto, interroghi Febo per il tripode?
A chi tra tutti il primo per sapienza, a questo io il tripode
assegno.

. [fr. 21 Hill.]
[I 69. 1 App.] ,
.
,
[F.H.G. II 335, 3].

.
(28) [I 69. 5
App.] .
,

, ;
, ' .

Perci lo danno a Talete, il quale lo d a un altro e questo a un


altro ancora finch giunge a Solone: ma Solone disse che primo
per sapienza era il dio e lo mand a Delfi. Callimaco nei
[I 69. 10 App.]
Giambi racconta le cose diversamente, dietro informazione del .
milesio Meandrio [F.Gr.Hist. 492 F 18]. Secondo costui un
, [fr. 3
arcade di nome Baticle lasci una coppa e ordin di darla al F.Gr.Hist. II 335] .
migliore tra i sapienti. Fu data a Talete e, compiuto il giro
"
degli altri sapienti, torn a Talete. (29) Questi per la mand ad " [s. A 3a V. 132].
Apollo Didimeo, dicendo secondo l'espressione di Callimaco (29)
[fr. 191, 76 sgg. Pfeiffer]:
[I 69. 15 App.]
[fr. 95, II 260 Schn.]
Talete mi consacra al dio che veglia sul popolo di Nileo
dopo avermi ricevuto due volte come premio.

, .
Il che in prosa suona cos: Talete figlio di Examio, milesio, ad
Apollo delfico, dopo averla presa due volte come premio.
"
Colui che aveva portato in giro la coppa era il figlio di Baticle, ".
di nome Tirione, a quanto dice Eleusi nel libro Su Achille [F. [I 69. 20
Gr. Hist. 55 F 1 I 296] e Alessone di Mindo nel nono libro
App.] ,
delle Leggende [F.Gr.Hist. 25 F 1 I 189].
[F. Gr. Hist. 55 F 1 I 296]
Invece Eudosso di Cnido e Euante di Mileto [F.H.G. III 2*]
[F.Gr.Hist. 25 F 1 I 189].
sostengono che uno degli amici di Creso ricevette dal re un
' [F.H.G. III
calice d'oro perch lo desse al pi sapiente dei Greci: egli lo
2*]
dette a Talete; poi di mano in mano arriv a Chilone.
,
, .
(30) Questi chiese ad Apollo Pizio chi fosse pi sapiente di lui (30) [I 69. 25 App.] ,
e il dio indic Misone del quale parleremo. (Quelli che
, .
seguono Eudosso, dunque, pongono Misone al posto di
( ,
Cleobulo nella lista dei sapienti, mentre Platone [Protag. 343 [Protag. 343 A] ' .)
A] lo mette al posto di Periandro.) Di lui il Pizio profet:

l'eteo Misone che sta in Chene io dico
che ha lo spirito pi accorto del tuo.
()
Chi fece la richiesta era Anacarsi: Demaco il platonico
.
[F.Gr.Hist. 65 F 6 II 16] e Clearco [fr. 70 Wehrli] vogliono che
la coppa fu mandata da Creso a Pittaco e poi cos pass di
[I 69. 30 App.] . '
mano in mano.
[F.Gr.Hist. 65 F 6 II 16] [fr. 1
Androne nel Tripode [fr. 1 F.H.G. II 317] attesta che gli Argivi F.H.G. II 317]
decisero di premiare con un tripode l'eccellenza del pi
.
sapiente tra gli Elleni: fu scelto Aristodemo di Sparta il quale ' [fr. 1 F.H.G. II 347]
poi lo cedette a Chilone. (31) Di Aristodemo fa menzione

anche Alceo in questi termini [fr. 360 Lobel-Page]:
, [I 70. 1 App.]
. (31)
Come infatti dicono che una volta Aristodemo in Sparta tenne [fr. 101 Diehl]
discorso non sciocco: ricchezza l'uomo, nessun povero fu mai
buono.
' '

Alcuni dicono che da Periandro fu mandata a Trasibulo tiranno


dei Milesi una nave carica di merci: la nave fece naufragio nel
mare di Cos e pi tardi da alcuni pescatori fu trovato il tripode.
Fanodico [fr. 4 F.H.G. IV 473] dice che il tripode fu trovato
nel mare di Atene e portato in citt: radunata l'assemblea fu
mandato a Biante, (32) per quale motivo lo diremo parlando di
Biante.
Altri dicono che era opera di Efesto e che fu dato dal dio a
Pelope quando spos: venne poi a Menelao e, rapito da
Alessandro insieme ad Elena, fu gettato nel mare di Cos dalla
spartana perch disse che sarebbe stato oggetto di molte
contese. Pi tardi, avendo alcuni uomini di Lebedo comprato il
contenuto d'una rete, anche il tripode fu preso, ed essendo
venuti a contesa coi pescatori, fecero ritorno a Cos: e poich
non conclusero niente, li denunciarono alla madrepatria ch'era
Mileto. I Milesi mandarono un'ambasceria che per non fu
tenuta in alcuna considerazione: allora mossero guerra contro
quelli di Cos. Poich molti cadevano da entrambe le parti, un
oracolo intima di darlo al pi saggio. Entrambi si accordarono
su Talete.

(33) Questi dopo che il tripode ebbe fatto il giro di tutti i


sapienti, lo consacr ad Apollo Didimeo. Il responso dato a
quelli di Cos era del seguente tenore:
La lotta tra Meropi2* e Ioni non cesser
prima che il tripode d'oro che Efesto gett in mare
mandiate dalla citt e giunga in casa dell'uomo
che saggio sia nelle cose che sono, che saranno e che furono.

' , ' ' .


[I 70. 5]


. [fr. 4 F.H.G. IV
473]

(32) , [I 82]
.
[I 70. 10 App.]



, .

,
[I 70. 15 App.]
, . '
,
.

.
(33) .

[I 70. 20 App.]
,
, ,
,
' ' ' .

Quello dato ai Milesi, invece, diceva:

O figlio di Mileto, interroghi Febo per il tripode?


e il resto com' stato gi riferito. Cos stanno queste cose.
Ermippo nelle Vite [fr. 12 F.H.G. III 39] riporta a lui quel che
da altri, viene detto di Socrate: diceva infatti, a quanto
vogliono, che per tre motivi era riconoscente alla sorte: primo,
per essere uomo e non bestia, secondo, uomo e non donna,
terzo, greco e non barbaro.

[I 70. 25 App.] ,
;

. .
' [fr. 12 F.H.G. III 39]
.
, ,
,
(34) Si narra che, condotto da una vecchia fuori di casa per
[I 70. 30] ,
studiare le stelle, cadesse in un pozzo e che mentre egli gemeva .
la vecchia gli dicesse: Tu, o Talete, non riesci a scorgere quel (34) ' ,
che hai davanti ai piedi e pretendi conoscere le cose del
,
cielo?.
" , ,
Anche Timone conosce la sua opera di astronomo e nei Silli [fr.
23 Diels] lo esalta con queste parole:
;". ' ,
[fr. 23 D.]
Che saggio era tra i sette saggi, Talete, studioso del cielo!
Dice Lobone argivo [fr. 8 Crnert] che i suoi scritti
[I 70. 35 App.] '
comprendevano 200 versi e che sulla sua statua c'era
.
quest'iscrizione:
Mileto di Ionia nutr ed esalt Talete
[I 71. 1 App.] '
il pi venerando per sapienza tra tutti gli astronomi.
[fr. 8 Crn.] .
(35) e inoltre che tra i suoi detti cantati ci sono questi:
'
Le molte parole non rivelano mai un'opinione assennata:
cerca una sola cosa, la saggezza,

scegli una sola cosa, il bene,


perch scioglierai le lingue sfrenate dei chiacchieroni.3*
Di lui si tramandano anche queste sentenze: degli esseri il pi
antico dio, perch non ha nascita; il pi bello il mondo ch
opera di dio; il pi grande lo spazio, ch tutto contiene; il pi
veloce la mente, ch attraverso tutto corre; il pi forte la
necessit, ch su tutto ha dominio; il pi saggio il tempo, ch
tutto svela. Diceva che la morte non differisce in niente dal
vivere. Gli disse uno: E tu perch non muori?. Rispose:
Perch non c' nessuna differenza.

'
.
[I 71. 5 App.] (35)

,

.

[I 71. 10 App.]
: .
: .
. : .
.
. "
" " "; "", , "
[I 71. 15 App.] ".
(36) A chi gli chiedeva che cosa fosse nato prima, la notte o il (36) , ,
giorno, La notte - rispose, - un giorno prima. Uno gli chiese " " " ". ,
se sfugge agli di chi compie un'azione ingiusta. Rispose: Ma "' "
neppure se la pensa. Un adultero gli domand se poteva
. ,
giurare di non aver commesso adulterio: Lo spergiuro , " " " ".
rispose - peggio dell'adulterio. Interrogato che cosa sia
, " "
difficile, disse: conoscere se stessi; che cosa sia facile dare , " " , "
suggerimenti a un altro; che cosa sia pi gradito il riuscire; " [I 71. 20 App.] , "
che cosa sia il divino ci che non ha n inizio n fine; che
". ,
cosa avesse visto di singolare un tiranno vecchio, rispose.
" ". , "
Gli domandarono come uno pu sopportare nel modo pi
".
agevole la sventura: rispose: Se vede i propri nemici che
, " ,
stanno peggio di lui; come possiamo vivere nel modo
"
migliore e pi giusto, Se non facciamo quel che riprendiamo (37) , " ,
negli altri. (37) Gli fu chiesto: Chi felice?. Rispose: Chi , ".
di corpo sano, d'animo sagace, d'indole bene educata. Altri [I 71. 25]
suoi detti: ricordarsi degli amici sia presenti che assenti,
, . "
non cercare di apparire bello nell'aspetto, ma di essere bello " "
nelle azioni. Dice ancora: non arricchire in modo disonesto, ". " "
n la parola ti faccia tradire quelli che si fidano di te; l'aiuto " ,
che di ai genitori - diceva - attendilo nella stessa misura dai ".
figli. Sosteneva che il Nilo straripa perch le sue correnti sono .
sollevate dai venti etesii che soffiano in direzione contraria.
[I 71. 30 App.] '
Apollodoro nella Cronaca [F.Gr.Hist. 244 F 28 II 1028] dice [F.Gr.Hist. 244 F 28 II 1028]
che nacque nel primo anno della 25.a olimpiade [640]; (38) e [ ?]
mor a 78 anni (ovvero, come attesta Sosicrate [fr. 10 F.H.G. [640]. [I 72. 1 App.] (38) '
IV 501], a 90); infatti mor nella 58.a olimpiade [548-5] e
(, [fr. 10 F.H.G. IV 501] ,
visse ai tempi di Creso al quale sugger pure il modo di far
)
attraversare l'Halys senza ponti deviandone la corrente [cfr. A [548-5], ,
6].
,
Ci furono altri cinque personaggi dello stesso nome, come dice [546, vgl. auch A 6].
Demetrio di Magnesia negli Omonimi: un retore di Callatia, di [I 72. 5 App.] ,
cattivo gusto, un pittore di Sicione di nobili sensi, un terzo
,
molto antico, contemporaneo di Esiodo, di Omero, di Licurgo,
un quarto di cui fa menzione Duride nel libro Sulla pittura

[F.Gr.Hist. 76 F 31 II 147], un quinto pi giovane, di nessuna (
importanza e che menzionato da Dionigi nei suoi Scritti
[F.Gr.Hist. 76 F 31 II 147] ,
critici.
, ).
[I 72. 10 App.] (39) '
(39) Il nostro sapiente mor gi vecchio, mentre guardava una
, .
gara ginnica, per il caldo, la sete, la debolezza. Sul suo

[Anth. Pal. VII 84]


sepolcro inciso quest'epigramma [Anth. Pal. VII 84]:
Piccolo questo sepolcro (ma la fama arriva al cielo)
la tomba del sapientissimo Talete.
Anche noi nel primo libro degli Epigrammi o Poesie in ogni
metro gli abbiamo dedicato quest'epigramma [Anth. Pal. VII
85]:
Lui spettatore d'un agone ginnico, o Zeus Elio,
rapisti dallo stadio, il saggio Talete.
Hai fatto bene a condurtelo pi vicino: il vecchio
dalla terra non riusciva pi a vedere le stelle.
(40) Appartiene a lui anche il detto conosci te stesso, che
secondo Antistene nelle Successioni [F.H.G. III 182*] era di
Femonoe e che poi Chilone fece suo.4*

( )
.
[I 72. 15 App.] '
[Anth.
Pal. VII 85]
' , ,
.

[I 72. 20 App.] ' .

(40) ,
[F.H.G. III 182*] ,
.
Das folgende (40-42) s. c. 10, 1.
(43-44).
11A 2. SUID. s.v. [da Esichio]. Talete figlio di Examio e di
11 A 2. SUID. [Z. 25-30 aus Hesychios Onomatologos, Z. 31Cleobulina, di Mileto, ma fenicio, a quanto vuole Erodoto [cfr. S. 73, 2 aus A 1] [I 72. 25 App.]
A 4] nato prima di Creso nella 35.a olimpiade [640-37]:
, [s. 11 A 4] ,
secondo Flegonte, invece, aveva gi raggiunto la notoriet nella [640-37],
7.a olimpiade [752-49]. Scrisse in versi sui fenomeni celesti [B [752-49].
1], un libro Sull'equinozio [B 4] e molte altre opere. Mor
[B 1], [B 4]
vecchio mentre guardava un agone ginnico, schiacciato dalla . [I 72. 30]
folla e spossato dal caldo.
,
Per primo Talete si ebbe il nome di sapiente e per primo disse .
che l'anima immortale e spieg eclissi ed equinozi.

Moltissime sono le sentenze di lui, anche quella molto ripetuta
conosci te stesso: l'altra garanzia, disgrazia vicina
. [I 73. 1]
piuttosto di Chilone che l'ha fatta sua come questa terza niente " ". ", ' "
di troppo.
"
Talete, filosofo della natura, al tempo di Dario [!] predisse
" [vgl. Cedren. I 275, 14].
l'eclisse di sole.
[!]
.
11 A 3. SCHOL. PLAT. resp. 600 A [da Esichio]. Talete,
11 A 3. SCHOL. PLAT. in remp. 600 A [aus Hesych]
figlio di Examio, di Mileto, ma fenicio secondo Erodoto [A 4]. , [I 73. 5] ' [s. 11
Fu il primo ad essere chiamato sapiente. Trov che le eclissi
A 4]. .
solari sono causate dalla luna quando nel suo correre si trova
sotto il sole: scopr l'Orsa minore e i solstizi e primo tra i Greci
determin la grandezza e la natura del sole. Ma anche le cose .
inanimate secondo lui hanno in qualche maniera un'anima,
.
come si pu congetturare dalla calamita e dall'ambra. Disse che .
principio degli elementi l'acqua, e che il cosmo animato e . [I 73. 10]
pieno di divinit. Fu educato in Egitto dai sacerdoti. E' sua la . " ".
sentenza conosci te stesso. Mor solo e vecchio mentre
.
guardava un agone ginnico, disfatto dal caldo.
11 A 3 a. CALLIMACH. [fr. 191 Pfeiffer]. [Tirione figlio
11 A 3 a. CALLIMACH. Iamb. [fr. 94 (s. oben I 67, 18. 68,
dell'arcade Baticle] 5* fece vela per Mileto, perch il premio 16) + Pap. Oxyrh. VII 33 vgl. Pfeiffer Callimachi frag. nuper
apparteneva a Talete che era sapiente nel giudizio sulle cose e rep. S. 43ff.] Thyrion, der Sohn des Arkaders Bathykles, hat
di cui si diceva che avesse fissato la figura stellata del Carro, den Auftrag, den von seinem Vater hinterlassenen [I 73. 15]
con la quale i Fenici guidano le navi. Per sua buona sorte
Pokal dem Weisesten zu bergeben:
l'arcade trov il vecchio nel tempio del Didimeo mentre

raschiava il suolo con una canna e vi incideva la figura
, '
scoperta dal frigio Euforbo, che per primo disegn triangoli e P. O. 119
poligoni e il ricurvo cerchio ed insegn ad astenersi dalla carne 120 , .
degli animali - ed essi non l'ascoltarono, non tutti: non
[I 73. 20 App.] '
l'ascoltarono quelli che <un malvagio demone> possedeva. A
lui, dunque, parl <il figlio di Baticle:> Ricevi da me> questa ,

' ,
125
[I 73. 25 App.] (?)
' ' ,
, ' .
[I 74. 1 App.] '
130 ' ,

,
[I 74. 5 App.] , ' '.

135
" ' ,
'
[I 74. 10 App.] . . . . . . . . . . . . . . . .
11 A 4. HERODOT. I 170. Prima che la Ionia fosse distrutta, 11 A 4. HERODOT. I 170
Talete di Mileto, che per origine era di stirpe fenicia, aveva
[sc.],
dato un consiglio eccellente: egli voleva che gli Ioni avessero ,
un solo parlamento e che fosse a Teo (Teo al centro della
, (
Ionia) e che le altre citt pur continuando ad essere abitate
),
avessero nondimeno la stessa situazione che se fossero dei
. Vgl.
demi.6* Cfr. pure HERODOT. 1 146. I Mini di Orcomeno e i HERODOT. I 146 [I 74. 15 App.]
Cadmei e i Driopi... si sono mischiati a loro [= ai coloni ionici]. [den kolonisierenden Ioniern] .
11 A 5. HERODOT. 1 74. Nel sesto anno della guerra che
11 A 5. HERODOT. 1 74 (Krieg zwischen Alyattes und
[Medi e Lidi] trascinavano con uguale fortuna, essendo
Kyaxares) '
avvenuto uno scontro, capit che, mentre i soldati erano
,
impegnati nella battaglia, improvvisamente il giorno si fece
.
notte:7*questo mutamento del giorno Talete di Mileto aveva
[Sonnenfinsternis 28 Mai 685]. [I 74. 20]
predetto agli Ioni, fissandone anche l'epoca nei limiti dell'anno
in cui effettivamente avvenne. CLEM. ALEX. strom. I 65 [II , ,
41]. Eudemo nella Storia dell'astronomia [fr. 94 Spengel; cfr. . CLEM. Strom. I 65 [II 41
21 B 19] dice che Talete predisse l'eclissi di sole che avvenne St.] [fr. 94 Sp. vgl. 21 B 19]
quando si scontrarono in battaglia tra loro Medi e Lidi, essendo , '
re dei Medi Ciassare, padre di Astiage, e dei Lidi Aliatte padre
di Creso: si era intorno alla 50.a olimpiade [580-77]. TATIAN. [I 74. 25]
or. ad Graec. 41. Ora diremo dell'et dei sette sapienti: Talete, , ...
il pi antico di loro, visse intorno alla 50.a olimpiade [580-77]. [580-77] (das letzte aus
EUSEB. chron. ap. a) SYNC. Talete di Mileto predisse
Tatian 41
un'eclissi totale di sole [ol. 49, 2 = 583]. b) CYRILL. c. Iul. I
13 e. c ) HIERON. ed. Migne VIII p. 374. Si ebbe un'eclissi di ... EUSEB.
sole e Talete l'aveva predetta [anno di Abramo 1432 = 585 a. chron. a) SYNC. .
C.]. CICER. de div. I 49, 112. Si dice che Talete per primo
Arm. Ol. 49,2 [583]. [I 74. 30] b) Ol. 50 [587-77]
abbia predetto l'eclissi di sole che avvenne durante il regno di CYRILL. c. Iul. I p. 13 E. c) (Hieron.) solis facta defectio, [I
Astiage. PLIN. nat. hist. II 53. Presso i Greci, primo tra tutti, 75. 1] cum futuram eam Thales ante dixisset. . . Alyattes et
studi [la ragione dell'eclissi] Talete di Mileto nell'anno quarto Aatyages dimicaverunt a. Abr. 1432 [586 a. Chr.]. CIC. de div.
dell'olimpiade 48.a [= 585- 4 a. C.], avendo predetto l'eclissi di I 49, 112 primus defectionem solis, quae Astyage regnante
sole che ebbe luogo sotto il re Aliatte nell'anno 170 dalla
facta est, praedixisse fertur. PLIN. N. H. II 53 apud Graeco
fondazione di Roma.
autem investigavit [sc. defectus rationem] primus omnium
Thales [I 75. 5] Milesius olympiadis XLVIII anno quarto
[585-4 a. Chr.] praedicto solis defectu, qui Alyatte rege factus
est urbis conditae CLXX.
11 A 6. HERODOT. I 75. Giunto sulle sponde dell'Halys,
11 A 6. HERODOT. I 75
Creso prosegu il suo cammino traghettando l'esercito, come io , , ,
penso, su ponti gi esistenti, mentre, come vuole la voce
,
comune dei Greci, fu Talete di Mileto che glielo fece
, .
attraversare. Non sapendo infatti Creso come traghettare
, [I 75. 10]
l'esercito... si dice che Talete, presente al campo, fece s che il ...,
fiume che scorreva dalla parte sinistra dell'esercito scorresse

anche dalla destra - ed ecco come fece. A partire da un punto ,
alle spalle dell'esercito scav un canale profondo tracciandolo a
forma di semicerchio, in modo che il fiume deviato in tal modo ,
coppa d'oro: mio padre <in punto di morte> mi ha ordinato di
darla <al migliore> di voi, dei sette saggi, ed io te la d <come
premio >. Talete col bastone <colp> il suolo e lisciandosi la
barba <con l'altra> mano osserv: Questo regalo <io non
l'accetter:> tu, se vuoi rispettare le parole di tuo padre...
Biante...

dall'antico corso lungo il canale abbracciasse di dietro l'esercito ,


accampato, e, superatolo, si gettasse poi di nuovo nell'antico
, [I 75. 15]
alveo. Sicch, non appena il fiume fu diviso, divenne guadabile .
da entrambe le parti.
,
.
11 A 7. EUSEB. chron., ap. a ) CYRILL. c. Iul. I 12. Si dice 11 A 7. EUSEB. chron. a) bei CYRILL. c. Iul. I p. 12.
che Talete di Mileto, il primo filosofo della natura, nacque
[640-37] .
nella 35.a olimpiade [640-37] e affermano che la sua vita si
,
protrasse fino alla 58.a [548-5]. b) HIERON. ol. 35, 1 [= 640]. . [548-5]; [I
Fiorisce Talete di Mileto, figlio di Examio, il primo filosofo
75. 20 App.] b) HIERON. Ol. 35, 1 [= 640] (Armen. Ol. 35, 2
della natura: dicono che visse fino alla 58.a olimpiade.
[639]). Th. Milesius Examyis filius primus physicus
ABULFARAGIUS p. 33 Pococke. Cirillo nel libro in cui
philosophus agnoscitur [falsch, richtig nascitur], quem aiunt
risponde a Giuliano dice che ... Talete visse 28 anni prima che vixisse usque ad LVIII olympiadem. ABULFARAGIUS p. 33
Nebuchadnesar salisse al trono, ma Porfirio attesta che Talete Pococke: tradit Cyrillus in libro suo quo respondet Iuliano ...
fior 123 anni dopo Nebuchadnesar [cfr. HIERON. ed. Helm II fuisse Thaletem ante initium regni Nebuchadnesaris XXVIII
275].
annis. dicit autem Porphyrius floruisse Thaletem [I 75. 25
App.] post Nebuchadnesarem CXXIII annis (589-6 ?). Vgl.
HIERON. ed. Helm II 275.
11 A 8. Parisina [ANECD. PAR. ed.
11 A 8. Parisina [Cramer An. Par. II 263
Cramer II 263] [Sotto il re Hiskias, ol. 10 = 740]: in questi
vgl. Leo ed. Bekk. p. 36,4] unter Knig Hiskias J. 6 [um Ol. 10
tempi Talete di Mileto mor a Tenedo e la Sibilla eritrea godeva = 740] .
notoriet. CHRON. PASCH. 214, 20 Bekker. [Sotto il re
. CHRON. pasch.
Hiskias, ol. 10, 3 = 738]: in quest'anno muore a Tenedo il
214, 20 Bekk. unter Hiskias J. 5 [ol. 10,3. 738]
filosofo Talete di Mileto. PLUTARCH. Sol. 12. Un simile
. [I 75. 30 App.]
presentimento8* si dice ch'abbia avuto anche Talete. Egli
. PLUT. Sol. 12. (als die Prophezeiung
comand infatti di essere sotterrato in un angolo insignificante des Epimenides ber Munichia, vgl. 3 A 4)
e abbandonato del territorio di Mileto, avendo presagito che

quel luogo sarebbe diventato l'agor dei Milesi.
,
.
11 A 9. PLAT. Theaet. 174 A. Come successe anche a Talete, 11 A 9. PLAT. Theaet. 174 A
o Teodoro, che mentre osservava le stelle e guardava in alto, , , [I 75. 35 App.]
cadde in un pozzo, e si racconta che una servetta tracia,
, ,
intelligente e spiritosa, l'abbia preso in giro dicendogli che si ,
preoccupava di conoscere le cose del cielo e non s'accorgeva di , '
quelle che aveva davanti e tra i piedi. [cfr. PLAT. Hipp. mai. .
281 C; TERTULL. ad nat. II 4, 18; de an. 6, 8].
11 A 10. ARISTOT. pol. A 11. 1259 a 6 sgg. Per chi apprezza 11 A 10. ARISTOT. Pol. A 11. 1259 a 6ff.
la crematistica tutte queste osservazioni sono utili, per esempio ' ,
anche quella di Talete milesio: si tratta in realt di un
. [I 76.
accorgimento per arricchirsi, ma l'attribuiscono a lui per la sua 1] '
saggezza e pu avere un'applicazione universale. Siccome,
, .
povero com'era, gli rinfacciavano l'inutilit della filosofia,
,
dicono che, avendo previsto in base a computi astronomici un
abbondante raccolto di olive, ancora nel cuore dell'inverno,
,
disponendo di una piccola somma di denaro, si accaparr tutti i [I 76. 5]
frantoi di Mileto e di Chio, dando una cifra irrisoria perch non ' ,
ce n'era richiesta alcuna: ma quando giunse il tempo della
' . ' ,
raccolta, poich molti cercavano i frantoi, tutt'insieme e
,
d'urgenza, li dette a nolo al prezzo che volle e cos, raccolte
, ,
molte ricchezze, dimostr che per i filosofi davvero facile
, , '
arricchirsi, se lo vogliono - e invece non di questo che si
' . [Vgl. oben I 68, 24.
preoccupano [cfr. A 1 26; CICER. de div. I 49, 111].
CICER. div. I 49, 111].
11 A 11. PROCL. in Eucl. 65, 3 [EUDEM.
11 A 11. PROCL. in Eucl. 65, 3 Friedl. [EUDEM.
fr. 133 Wehrli]. Come presso i Fenici ebbe inizio lo fr. 84 Speng]. [I 76. 10]
studio accurato dei numeri a causa dei commerci e degli

scambi, cos presso gli Egizi fu trovata la geometria per il
, '
motivo suddetto.9* Talete, per primo, recatosi in Egitto, trasfer .
in Grecia questa disciplina ed egli stesso fece molte scoperte in .
tal campo e di molte guid gli inizi a quanti vennero dopo di ,
lui, dedicandovisi ora con intenti pi generali, ora pi empirici. [I 76. 15] '
PLUTARCH. Sol. 2. Dicono che anche Talete si sia dato al
,

. PLUT. Sol. 2.
[c. 42] ,

. PLUT. de Is. et Osir. 34 p. 364 C.
'
. IOSEPH. c. Ap. I 2 [I
76. 20]
'
[c. 7]


'
. ATIUS de plac. I 3, 1 [Dox. 276]. [I 76.
25 App.]
. IAMBL. V. Pyth. 12 [Thales den
Pythagoras]

, '
.
11 A 11 a. HIMER. ecl. 30 cod. Neap. [SCHENKL, Hermes, 11 A 11 a. HIMER. ecl. 30 Cod. Neap. [SCHENKL Hermes,
XLVI, 1911, p., 420]. Pindaro cantava sulla lira alle olimpiadi 46, 1911, 420] [I 76. 30 App.]
la gloria di Gerone, Anacreonte canta la fortuna di Policrate,
mentre i Sami mandavano10* sacrifici alla dea, e Alceo aveva
nelle sue odi il nome di Talete, quando anche Lesbo una
,
riunione...
. . .
DOTTRINA
LEHRE
commercio e Ippocrate il matematico e che Platone in Egitto
vendette l'olio per sovvenire alle spese del viaggio.
PLUTARCH. de Is. et Osir. 34 p. 364 C. Pensano [i sacerdoti
egizi] che anche Omero, come Talete, pose l'acqua inizio e
matrice di tutte le cose, avendolo appreso dagli Egizi: infatti
Oceano Osiride, Tetide Iside che tutte le cose alleva e
insieme nutre. IOSEPH. c. Ap. I 2. Ma anche quelli che per
primi presso i Greci filosofarono delle cose celesti e divine,
come Ferecide di Siro, Pitagora, Talete, furono per ammissione
generale discepoli degli Egizi e dei Caldei prima di comporre
le loro poche opere che agli occhi dei Greci sembrano le pi
antiche - e loro stessi stentano a ritenerle autentiche. AT. I 3,
1 [Dox. 276]. Dopo avere filosofato in Egitto, gi avanti negli
anni, Talete venne a Mileto. IAMBL. v. Pyth. 12. [Talete]
indusse [Pitagora] a far vela per l'Egitto e a incontrarsi coi
sacerdoti di Menfi e di Diospoli, perch erano stati loro a
istruirlo in quelle discipline per le quali aveva presso la gente il
nome di sapiente.

11 A 12. ARISTOT. metaph. A 3. 983 b 6 sgg. La maggior


11 A 12. ARISTOT. Metaph. A 3. 983 b 6
parte di coloro che per primi filosofarono ritennero che i soli [I 76. 35 App.]
princpi di tutte le cose fossero quelli di specie materiale,

perch ci da cui tutte le cose hanno l'essere, da cui

originariamente derivano e in cui alla fine si risolvono, pur
,
rimanendo la sostanza ma cambiando nelle sue qualit, questo ,
essi dicono che l'elemento, questo il principio delle cose e
,
perci ritengono che niente si produce e niente si distrugge,
' ,
poich una sostanza siffatta si conserva sempre... ARISTOT. . . . ARISTOT. metaph. 13. 983 b 17.
metaph. 13. 983 b 17. Ci dev'essere una qualche sostanza, o
[I 76. 40] ,
una pi di una, da cui le altre cose vengono all'esistenza,
. [I 77.
mentre essa permane. Ma riguardo al numero e alla forma di 1 App.]
tale principio non dicono tutti lo stesso: Talete, il fondatore di ,
tale forma di filosofia, dice che l'acqua (e perci sosteneva
( '
che anche la terra sull'acqua): egli ha tratto forse tale
),
supposizione vedendo che il nutrimento di tutte le cose

umido, che il caldo stesso deriva da questa e di questa vive (e [I 77. 5 App.] ( '
ci da cui le cose derivano il loro principio): di qui, dunque, , ' ),
egli ha tratto tale supposizione e dal fatto che i semi di tutte le
cose hanno natura umida - e l'acqua il principio naturale delle '
cose umide. Ci sono alcuni secondo i quali anche gli
.
antichissimi, molto anteriori all'attuale generazione e che per
primi teologizzarono, ebbero le stesse idee sulla natura: infatti
cantarono che Oceano e Tetide sono gli autori della
[Hom. 201] [I
generazione [delle cose]11* e che il giuramento degli di su 77.10 App.] ,
quell'acqua chiamata Stige dai poeti:12* ora, ci che pi
' [O 37 u. a.]
antico merita pi stima, e il giuramento la cosa che merita pi , . Vgl. 1 B
stima. Se dunque questa visione della natura sia in verit antica 10.
e primitiva potrebbe essere dubbio, ma Talete senz'altro si dice
che abbia descritto la prima causa in questo modo (nessuno
riterrebbe Ippone degno di essere annoverato tra questi per la
poca consistenza del suo pensiero).
11 A 13. SIMPLIC. phys. 23, 21 [THEOPHR. phys. opin. fr. 1; 11 A 13. SIMPLIC. Phys. 23, 21 [THEOPHRAST. Phys. Opin.
Dox. 475]. Di quanti asseriscono che il principio uno e in
fr. 1; Doxogr. 475, 1]

movimento, i quali Aristotele chiama propriamente fisici,


, [I 77. 15]
alcuni affermano che esso limitato:13* cos Talete, figlio di
[Aristoteles], , .
Examio, milesio, e Ippone, il quale sembra sia stato anche ateo, [c. 38],
dicevano che il principio l'acqua, spinti a tale conclusione
,
dall'esame sensoriale dei fenomeni - infatti il caldo vive

dell'umido e ci che incadaverisce si dissecca e i semi di tutte
le cose sono umidi e ogni alimento contiene liquido: e ci da
cui ogni cosa deriva, da questo trae per natura il suo
,
nutrimento; l'acqua, dunque, il principio della natura umida e [I 77. 20]
ci che tiene unita ogni cosa. Per questo supposero che l'acqua
il principio di tutto e dissero che la terra poggia sull'acqua.
' . SIMPLIC. Phys. 458, 23
SIMPLIC. phys. 458, 23. Altri supposero un elemento solo e
questo dissero illimite per grandezza, come Talete a proposito , . . SERV. ad. Aen. XI 186 (II
dell'acqua. SERV. in Vergil. Aen. XI 186. Diverse furono le
497,31) apud varias gentes diversa fuerunt genera sepulturae,
forme di sepoltura tra i vari popoli: perci alcuni inumano i
inde est quod alii obruntur, alii exuruntur ... Thales vero, qui [I
morti, altri li bruciano... Talete, il quale sostiene che ogni cosa 77. 25 App.] confirmat omnia ex umore creari, dicit obruenda
prodotta dall'acqua, dice che i corpi devono essere inumati
corpora, ut possint in umorem resolvi.
perch possano risolversi in acqua.
11 A 13 a. AT. I 17, 1 [Dox. 315]. Talete e i suoi discepoli
11 A 13 a. AT. I 17, 1 (D. 315) . '
[dicevano che] crasi sono le mescolanze degli elementi per
' .
alterazione.
11 A 13 b. AT. II 1, 2 [Dox. 327]. Talete e i suoi discepoli
11 A 13 b. AT. II 1, 2 (D. 327) . '
[dicevano che] uno il cosmo.
.
11 A 13 c. AT. II 12, 1 [Dox. 340]. Talete, Pitagora e i suoi 11 A 13 c. AT. II 12, 1 (D. 340) [I 77. 30] .,
discepoli hanno diviso la sfera dell'intero cielo in cinque parti '
che chiamano zone. Una di queste chiamata artica ed
,
sempre visibile: un'altra quella del tropico estivo: la terza . ' ,
l'equinoziale: la quarta quella del tropico d'inverno e l'ultima , , ,
l'antartica, mai visibile. Obliquo alle tre centrali si stende il
.
cosiddetto zodiaco, che le tocca tutt'e tre. Il meridiano, invece,
le taglia tutte dirittamente, dall'artico all'antartico.
. [I 77. 35]
.
11 A 14. ARISTOT. de cael. B 13. 294 a 28. Per altri [la terra] 11 A 14. ARISTOT. de cael. B 13. 294 a 28 ' '
poggia sull'acqua. E' questa la pi antica versione che ci stata [sc. ].
tramandata e che, dicono, fosse propria di Talete di Mileto, che ,
cio la terra, essendo galleggiante, rimane ferma come un

legno o altro del genere (perch di questi corpi nessuno tale ( ' , '
per natura da rimanere sull'aria, ma sull'acqua), quasi che poi lo ' ), [I 77. 40]
stesso motivo non valesse, come per la terra, anche per l'acqua . SIMPLIC. de
che sostiene la terra: neppure l'acqua ha natura tale da rimanere cael. 522, 14 [I 78. 1] [n.
sospesa, ma posta sopra qualcos'altro. SIMPLIC. de cael.
] '
522, 14. Aristotele riferisce [la posizione] di Talete di Mileto, il .
quale sostiene che la terra poggia sull'acqua come un legno o
un'altra cosa di quelle che per loro natura possono galleggiare '
sull'acqua. A questa posizione Aristotele obietta che ebbe forse [I 78. 5 App.]
importanza perch la si ripete sotto forma di mito anche presso . Vgl. PLUT. de Is. et Osir. 34 p. 364
gli Egizi e che Talete forse deriv di l la sua teoria [cfr.
C.
PLUTARCH. de Is. et Osir. 34 p. 364 c = A 11].
11 A 15. SENEC. nat. quaest. III 14 p. 106, 9 Gercke. E'
11 A 15. SENEC. Nat. Quaest. III 14 p. 106, 9 Gercke Thaletis
assurda la posizione di Talete. Ammette che la terra sostenuta inepta sententia est. ait enim terrarum orbem aqua sustineri et
dall'acqua, che trascinata come un'imbarcazione e che,
vehi more navigii mobilitateque eius fluctuare tunc cum dicitur
quando si dice che trema [per il terremoto], allora essa fluttua tremere. non est ergo mirum, si abundat humor ad flumina
per il movimento dell'acqua. Non strano perci se c' tanta
profundenda, cum mundus in humore sit [I 78. 10] totus. AT.
acqua da far straripare i fiumi, se il mondo tutto sull'elemento III 11, 1 (D. 377) .
umido. AT. III 11, 1 [Dox. 377]. I successori di Talete
[sostenevano che] la terra sta al centro.
11 A 16. HERODOT. II 20. Di queste [sono le tre spiegazioni 11 A 16. HERODOT. II 20 (Ansichten der Griechen ber die
date dai Greci a proposito delle piene del Nilo] una afferma
Nilschwelle)
che i venti etesii causano le piene del Nilo impedendo al fiume
di sfociare nel mare... AT. IV 1, 1 [Dox. 385]. Talete pensa ... AT. IV 1, 1 .

che i venti etesii, investendo di fronte l'Egitto, sollevino la



massa d'acqua del Nilo, perch il suo deflusso bloccato dal [I 78. 15 App.]
rigonfiamento del mare che lo contrasta [cfr. Dox. 384. 226

sgg.].
Vgl. Dox. 384. 226 ff.
G DIODOR. I 38. Talete, che chiamato uno dei sette sapienti, G DIODOR. I 38. ,
dice che i venti etesii soffiando contro le bocche del fiume
,
impediscono alla corrente di sfociare nel mare e per questo il
fiume gonfiandosi inonda l'Egitto che basso e pianeggiante. / , '
. /
11 A 17. DERCYLLID. ap. THEO SMYRN. p. 198, 14.
11 A 17. DERCYLLIDES. ap. THEON. astr. 198, 14 H.
Eudemo nella sua Astronomia [fr. 94 Spengel, 145 Wehrli]
[fr. 94 Sp.] ,
riferisce che Enopide per primo scopr l'inclinazione dello
[c. 41, 7]
zodiaco e il ciclo del grande anno, Talete l'eclissi di sole e che , .
il ciclo dei solstizi non sempre uguale.
[I 78. 20 App.]
, .
11 A 17 a. AT. II 13, 1 [Dox. 341]. Talete credeva che gli
11 A 17 a. AT. II 13, 1 (D. 341) . ,
astri fossero terrosi ma infocati. AT. II 20, 9 [Dox. 349].
. AT. II 20, 9 (D. 349) . . AT.
Secondo Talete il sole ha l'aspetto di terra. AT. II 24, 1 [Dox. II 24, 1 (D. 533) .
353]. Talete per primo disse che il sole si eclissa quando la
,
luna, di natura terrosa, gli passa sotto perpendicolarmente.
.
Allora la sua immagine, stando sotto al disco solare, si vede
.
riflessa.
11 A 17 b. AT. II 27, 5 [Dox. 358]. Talete per primo disse
11 A 17 b. AT. II 27, 5 (D. 358) [I 78. 25] .
che la luna illuminata dal sole.
.
11 A 18. PLIN. nat. hist. XVIII 213. Secondo Esiodo (perch 11 A 18. PLIN. N. H. XVIII 213 occasum matutinum
anche di lui rimane un'Astronomia), il tramonto mattutino delle Vergiliarum Hesiodus (nam huius quoque nomine exstat
Pleiadi si ha alla conclusione dell'equinozio d'autunno, secondo Astrologia [c. 4] tradidit fieri, cum aequinoctium autumni
Talete 25 giorni dopo l'equinozio [cfr. B 1-2; 12 A 20].
conficeretur, Thales XXV. die ab aequinoctio. Vgl. B 1-2; 12
A 20.
11 A 19. APUL. flor. 18. Talete di Mileto fu senza dubbio il
11 A 19. APULEIUS. Flor. 18 p. 37, 10 Helm [I 78. 30] Th.
pi importante tra quei sette uomini famosi per la loro sapienza Milesius ex septem illis sapientiae memoratis viris facile
(e infatti tra i Greci fu il primo scopritore della geometria,
praecipuus (enim geometriae penes Graios primus repertor et
l'osservatore sicurissimo della natura, lo studioso dottissimo
naturae certissimus explorator et astrorum peritissimus
delle stelle): con poche linee scopr cose grandissime, la durata contemplator) maximas res parvis lineis repperit temporum
delle stagioni, il soffiare dei venti, il cammino delle stelle, il
ambitus ventorum flatus, stellarum meatus, tonitruum sonora
prodigioso risuonare del tuono, il corso obliquo delle
miracula, siderum [I 78. 35 App.] obliqua curricula, solis
costellazioni, l'annuale ritorno del sole: fu lui a scoprire il
annua reverticulaidem lunae vel nascentis incrementa vel
crescere della luna che nasce, il diminuire di quella che cala e senescentis dispendia vel delinquentis obstiticula. idem sane
gli ostacoli di quella che s'eclissa. Sulla soglia ormai della
iam proclivi senectute divinam rationem de sole commentus
vecchiaia, riusc a stabilire il rapporto divino che io non solo ho est, quam equidem non didici modo, verum etiam experiundo
appreso ma comprovato con le mie esperienze tra la grandezza comprobavi, quoties sol magnitudine sua circulum quem
del sole e l'orbita che percorre. Si dice che tale sua nuova
permeat metiatur. id a se recens inventum Th. [I 78. 40]
scoperta egli insegn a Mandrolito di Priene, il quale,
memoratur edocuisse Mandrolytum Prienensem, qui nova et
oltremodo lieto della nuova e inaspettata nozione, lo preg di inopinata [I 79. 1 App.] cognitione impendio delectatus optare
aprirgli il suo desiderio, quale ricompensa cio voleva gli fosse iussit quantam vellet mercedem sibi pro tanto documento
data per una s grande dottrina. Il saggio Talete gli rispose:
rependi "satis" inquit "mihi fuerit mercedis" Th. sapiens,"si id
Come ricompensa mi baster se tu, quando comincerai a
quod a me didicisti cum proferre ad quosdam coeperis, tibi
mostrare ad altri quel che hai imparato da me, non ne
non adsciveris, sed eius inventi me potius quam alium
rivendicherai la paternit, ma dirai che io, pi d'un altro, l'ho repertorem praedicaris". Vgl. IULIAN. Or. III 162, 2 Hertl. [I
scoperto. IULIAN. or. III 162, 2 Hertlein. Uno gli chiese
79. 5 App.] ,
quale ricompensa dovesse dargli per quel che aveva imparato. "", , (Thales) '
Rispose: Ammettendo che l'hai appreso da me, pagherai la
' '.
ricompensa giusta.
11 A 20. PROCL. in Eucl. 157, 10 [da Eudemo]. Dicono che il 11 A 20. PROCL. in Eucl. 157, 10 Friedl. (aus Eudem.)
famoso Talete per primo dimostr che il cerchio diviso in due
parti dal diametro. PROCL. in Eucl. 250, 20. Anche questo
. PROCL. in Eucl. 250, 20
teorema si aggiudica all'antico Talete in grazia delle molte altre [I 79. 10 App.]
scoperte. Si dice che per primo egli abbia fissato e detto che gli .
angoli alla base di ogni triangolo isoscele sono uguali, ma in ,
maniera pi arcaica chiam simili [] gli uguali [
,

donde ]. PROCL. in Eucl. 299, 1. Questo


"" . PROCL.
teorema, dunque, dimostra che quando due rette si tagliano tra in Eucl. 299, 1 ,
loro, gli angoli opposti al vertice sono uguali: lo scopr per

primo Talete, come afferma Eudemo. PROCL. in Eucl. 352,
, , , [I 79. 15]
14. Eudemo nella Storia della geometria [fr. 87 Spengel = 134 . PROCL. in Eucl. 352, 14.
Wehrli] riporta a Talete questo teorema [che cio triangoli
[fr. 87]
aventi un lato e due angoli adiacenti uguali sono uguali],
[Identitt der Dreiecke, wenn sie eine Seite und die
perch il metodo col quale si dice che egli dimostrasse la
beiden anliegenden Winkel gleich haben]
distanza delle navi in mare esige, a suo parere, l'uso di tale
'
teorema.
, .
11 A 21. PLIN. nat. hist. XXXVI 82. Talete di Mileto riusc a 11 A 21. PLIN. N. H. XXXVI 82 [I 79. 20] mensuram
determinare la misura dell'altezza delle piramidi, misurandone altitudinis earum [scil. pyramidum] deprehendere invenit Th.
l'ombra nel momento in cui suole essere pari al corpo che la
Milesius umbram metiendo qua hora par esse corpori solet.
proietta [cfr. A 1 27]. PLUTARCH. conv. VII sap. 2 p. 147 (vgl. oben I 68, 32). PLUTARCH. Conv. VII sap. 2 p. 147 A.
A. Piantata un'asta al limite dell'ombra che la piramide

proiettava, poich i raggi del sole investendole [la piramide e ,
l'asta] formano due triangoli, tu [Nilosseno si rivolge a Talete] [Th. ist angeredet],
dimostrasti che piramide e asta stanno tra loro nella stessa
[I 79. 25 App.] ,
proporzione in cui stanno le loro ombre.
.
11 A 22. ARISTOT. de an. A 5. 411 a 7. Taluni sostengono
11 A 22. ARIST. de an. A 5. 411 a 7
che essa [l'anima] mescolata al tutto e di qui forse Talete
[sc. ] , .
suppose che tutte le cose sono piene di divinit [cfr. PLAT.
. Vgl. PLAT. Legg. X 899 B.
legg. X 899 B]. ARISTOT. de an. A 2. 405 a 19. E pare che
AR. ebend. A 2. 405 a 19 .,
anche Talete, a quanto ricordano, abbia supposto che l'anima , ,
sia qualcosa atto a muovere, se ha detto che la pietra
[Magnetstein] [I 79. 30 App.]
[magnesia, e cio la calamita] dotata di anima in quanto
.
muove il ferro.
11 A 22 a14*AT. IV 2, 1 [Dox. 386 a, 10]. Talete per primo ha 11 A 22 a AT. IV 2, 1 (Dox. 386 a, 10)
asserito che l'anima una sostanza eternamente in moto o
. Vgl. 24
semovente [cfr. 24 A 12].
A 12.
11 A 23. AT. I 7 11 [Dox. 301]. Talete afferm che dio la 11 A 23. AT. I 7 11 (Dox. 301) .
mente del mondo e che il tutto animato e insieme pieno di
, :
divinit - e infatti la potenza divina passa attraverso l'umido
[I 79. 35]
elementare, mettendolo in movimento. CICER. de nat. d. I 10, . CICER. de deor. n. I 10, 25 Th. enim
25. Talete di Mileto, che per primo fece ricerche in tale campo, Milesius qui primus de talibus rebus quaesivit, aquam dixit
disse che l'acqua il principio delle cose e che dio la mente esse initium rerum, deum autem eam mentem, quae ex aqua
che dall'acqua ha costruito ogni cosa.
cuncta fingeret.
APOPHTHEGMATIK. Vgl. Diog. 35ff. I 71, 10 und c. 10, 2.
3 I 64, 1
B. FRAMMENTI PRESUNTI
B. ANGEBLICHE FRAGMENTE [I 80. 1 App.]
ASTROLOGIA NAUTICA
11 B 1. SIMPLIC. phys. 23, 29. Secondo la tradizione Talete fu

il primo a mostrare ai Greci la ricerca nel campo fisico: egli
ebbe molti predecessori, come crede anche Teofrasto [fr. 1
11 B 1. DIOG. I 23 [vgl. ob. I 67, 17]. SUID. [vgl. I 72, 28]
phys. opin.; Dox. 475], ma li super molto s da oscurarli tutti SIMPLIC. Phys. 23, 29 .
quanti. Si dice che non lasci niente sotto forma di scritto ad , [I 80. 5]
eccezione della cosiddetta Astrologia nautica. PLUTARCH. de ,
Pyth. or. 18 p. 402 E. Dapprima i filosofi rendevano pubblici i [Phys. Opin. 1, D. 475] ,
loro pensieri e le loro teorie in versi - cos Orfeo, Esiodo,
.
Parmenide, Senofane, Empedocle e Talete... Ma non resero

spregevole l'astrologia i seguaci di Aristarco, di Timocare, di . PLUT. Pyth. or. 18. 402 E
Aristillo e di Ipparco, scrivendone in prosa, mentre prima ne
avevano trattato in versi Eudosso, Esiodo, e Talete, se Talete [c. 1] [I 80. 10
che compose veramente l'Astrologia che gli si attribuisce [cfr. App.] [vgl. c. 4] [28 A 15]
A 1 23; A 2].
[21 A 18] [31 A 25] ... '


,
, .

11 B 2. SCHOL. ARAT. 172 p. 369, 24. Talete disse che ci


sono due [Iadi], l'una di settentrione, l'altra di meridione.
DEI PRINCIPI LIBRI DUE
11 B 3. GALEN. in Hipp. de hum. I 1; XVI 37. Se anche
Talete dice che tutte le cose sono composte d'acqua, tuttavia
vuole pure questo [che cio gli elementi mutino tra loro]. E'
meglio riportare le sue parole tolte dal secondo libro Dei
principi, che suonano cos:
I tanto decantati quattro elementi, dei quali diciamo che l'acqua
il primo e lo poniamo quasi unico elemento, si mescolano tra
loro al fine di un'aggregazione e coagulazione e unione delle
cose terrestri. Come ci avvenga, l'ho detto nel primo libro.
SUL SOLSTIZIO - SULL'EQUINOZIO
11 B 4. DIOG. LAERT. I 23. Secondo alcuni compose solo
due libri, Sul solstizio e Sull'equinozio, ritenendo che il resto
era incomprensibile [cfr. A 1 23, A 2].

. Vgl. A 18-20.
11 B 2. SCHOL. ARAT. 172 p. 369, 24 (Hyaden) [I 80. 15
App.] ,
.

11 B 3. GALEN. in Hipp. de hum. I 1 [XVI 37 K.] .
, '
[sc. [I 80. 20 App.]
].

" ,
,
[I 81. 1
App.] .
, ."
.
11 B 4. DIOG. I 23 [vgl. ob. I 67,20]
[I 81. 5] , '
. Vgl. SUID. ob. I 72, 32.

12. ANASSIMANDRO

12.[2] ANAXIMANDROS

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

12 A 1. DIOG. LAERT. II 1-2. (1) Anassimandro figlio di


12 A 1. DIOG. II 1-2 (1) .
Prassiade, di Mileto. Costui diceva che principio ed elemento ,
[delle cose] l'infinito, senza definirlo aria o acqua o altro, che . [I 81. 10 App.]
le parti mutano ma il tutto immutevole e che la terra sta in
, .
mezzo ed ha posizione centrale, a forma di sfera (la luna non ,
ha luce propria ma illuminata dal sole, mentre il sole non (
inferiore alla terra ed purissimo fuoco).
,
Scopr per primo lo gnomone e lo pose a Sparta in luogo
).
sensibile all'ombra, a quanto dice Favorino nella Storia varia
[fr. 27 F.H.G. III 581], per indicare i solstizi e gli equinozi:
,
costru anche degli orologi. (2) E per primo disegn i contorni [fr. 27 F.H.G. III 581], [I 81. 15
della terra e del mare e costru anche una sfera [cfr. A 6].
App.]
Della sua dottrina egli compose un'esposizione sommaria che . (2)
poi capit in mano ad Apollodoro l'ateniese, il quale nella
, . Vgl. A 6.
Cronaca [F.Gr.Hist. 244 F 29 II 1028] afferma che

Anassimandro nel secondo anno della 58.a olimpiade [547-6] ,
aveva 64 anni e che dopo poco mor. (Fior pi o meno al
[F.Gr.Hist. 244 F 29 II
tempo di Policrate, tiranno di Samo.)
1028]
(Dicono che mentre cantava, dei ragazzi si misero a deriderlo e [547/6] [I 82. 1 App.]
che egli, accortosene, disse: Dobbiamo cantar meglio per via ' (
di questi ragazzi.)
).
Ci fu anche un altro Anassimandro, storico, anch'egli di Mileto, ( ,
che scrisse in dialetto ionico.
"
".)
[I 82. 5 App.]
[58 C 6].
12 A 2. SUID. s. v. Anassimandro, figlio di Prassiade, milesio, 12 A 2. SUID. .
filosofo, parente e discepolo e successore di Talete. Per primo .
trov gli equinozi, i solstizi e gli orologi e che la terra sta
,
perfettamente al centro. Introdusse anche lo gnomone e
.
abbozz in generale un'esposizione sommaria di geometria.
[I 82. 10 App.] . ,
Scrisse Intorno alla natura, Il giro della terra, Intorno alle

stelle fisse, La sfera e alcune altre opere.


12 A 3. AELIAN. var. hist. III 17. E Anassimandro guid una
colonia da Mileto ad Apollonia [nel Ponto].
12 A 4. EUSEB. praep. evang. X 14, 11. Di Talete discepolo
Anassimandro, figlio di Prassiade, anch'egli milesio di stirpe.
Costui per primo costru degli gnomoni per conoscere le
rivoluzioni del sole, il tempo, le stagioni e gli equinozi. [Cfr.
HERODOT. II 109. Il polo e lo gnomone e le dodici parti del
giorno i Greci le appresero dai Babilonesi].

.
12 A 3. AELIAN. V. H. III 17 .
.
12 A 4. EUSEB. P. E. X 14, 11
., , [I 82. 15 App.]
.

. (vgl. HERODOT. II 109

).
12 A 5. PLIN. N. H. II 31 obliquitatem eius [sc. zodiaci]
intellexisse, hoc [I 82. 20] est rerum foris aperuisse, A.
Milesius traditur primus olympiade quinquagesima octava
[548-545], signa deinde in eo Cleostratus, et prima arietis ac
sagittari [6 B 2], sphaeram ipsam ante multo Atlas.

12 A 5. PLIN. nat. hist. II 31. Si dice che Anassimandro di


Mileto nella 58.a olimpiade [548-5] abbia scoperto per primo
l'inclinazione dello zodiaco, spianando con ci la via alla
conoscenza delle cose. In seguito Cleostrato scopr le
costellazioni e per prime quella dell'ariete e del sagittario,
mentre la sfera tutta gi molto prima l'aveva scoperta Atlante.
12 A 5 a. CICER. de div. I 50, 112. I Lacedemoni furono
12 A 5 a. CICER. de div. I 50, 112 ab Anaximandro physico
avvertiti da Anassimandro, lo studioso della natura, a lasciare moniti Lacedaemonii sunt, ut urbem et tecta linquerent
la citt e le case e a vegliare in armi sui campi, poich era
armatique in agro excubarent, quod terrae [I 82. 25] motus
imminente un terremoto. Fu allora che la citt and
instaret, tum cum et urbs tota corruit et monte Taygeto extrema
completamente distrutta e che dal Taigeto fu divelta una falda montis quasi puppis avolsa est. Vgl. PLIN. N. H. II 191 und 12
di monte sporgente come la poppa d'una nave [cfr. PLIN. nat. A 28.
hist. II 191 e A 28].
12 A 6. AGATHEMER. I 1 [da Erastostene]. Anassimandro di 12 A 6. AGATHEMER. I 1 (aus Eratosthenes) .
Mileto, discepolo di Talete, per primo ard disegnare su una

carta la terra abitata: dopo di lui Ecateo di Mileto [F.Gr.Hist. I ' (F.Gr.Hist. I T
T 12 a I 3], viaggiatore instancabile, la perfezion s da farne 12 a I 3) ,
un'opera mirabile. STRAB. I 7. I primi [geografi] dopo Omero, [I 82. 30] . STRABO I p. 7 '
dice Eratostene, furono due, Anassimandro, conoscente e
,
concittadino di Talete, ed Ecateo di Mileto [F.Gr.Hist. I T 11 b
I 3]; l'uno per primo pubblic una carta della terra, mentre
(F.Gr.Hist. ebd. T 11 b)
Ecateo lasci uno scritto della cui autenticit fanno fede gli
,
altri suoi scritti.
.
12 A 7. THEMIST. or. 36 p. 317. Degli Elleni che conosciamo 12 A 7. THEMIST. or. 36 p. 317 [I 82. 35 App.]
primo Anassimandro os rendere pubblico un libro che aveva
scritto sulla natura.
.
12 A 8. DIOG. LAERT. VIII 70. Diodoro di Efeso scrivendo 12 A 8. DIOG. VIII 70 '
intorno ad Anassimandro dice che [Empedocle] l'aveva
,
invidiato, emulandone il piglio tragico e riprendendone il
[Empedokles]
vestito severo.
.
12 A 9. SIMPLIC. phys. 24, 13 [da THEOPHR. phys. opin. fr. 12 A 9. SIMPLIC. Phys. 24, 13 [I 83. 1 App.] (Z. 3-8 aus
2; Dox. 476]. Tra quanti affermano che [il principio] uno, in THEOPHR. Phys. Opin. fr. 2 Dox. 476).
movimento e infinito, Anassimandro, figlio di Prassiade,
.
milesio, successore e discepolo di Talete, ha detto che principio
ed elemento degli esseri l'infinito, avendo introdotto per
[I 83. 5]
primo questo nome del principio. E dice che il principio non , .
n l'acqua n un altro dei cosiddetti elementi, ma un'altra natura '
infinita, dalla quale tutti i cieli provengono e i mondi che in
, ' ,
essi esistono: da dove, infatti, ... del tempo [B 1], e l'ha

espresso con vocaboli alquanto poetici. E' chiaro che, avendo ... [B 1]
osservato il reciproco mutamento dei quattro elementi, ritenne .
giusto di non porne nessuno come sostrato, ma qualcos'altro

oltre questi. Secondo lui, quindi, la nascita delle cose avviene [I 83. 10] ,
non in seguito ad alterazione dell'elemento, ma per distacco dei
contrari [dall'infinito] a causa dell'eterno movimento. Per ci , '
Aristotele l'ha collocato accanto ai discepoli di Anassagora.
.
SIMPLIC. phys. 150, 24. Contrari sono caldo e freddo, asciutto . SIMPLIC.
e umido e cos via. Cfr. ARISTOT. phys. A 4. 187 a 20.
Phys. 150, 24 , , ,
Secondo gli altri dall'uno che li contiene, si separano i contrari, , . Vgl. ARISTOT. Phys. A 4. 187 a 20 '
come dice Anassimandro e quanti ammettono l'unit e la
[I 83. 15]

molteplicit dell'essere, ad esempio Empedocle e Anassagora: , '


anche costoro, infatti, fanno uscire dalla mistione le altre cose ,
per divisione.
.
12 A 9 a. SIMPLIC. phys. 154, 14. E Teofrasto, avvicinando 12 A 9 a. SIMPLIC. Phys. 154, 14
Anassagora ad Anassimandro, riporta le espressioni di

Anassagora nel senso ch'egli possa dire che il sostrato sia
, [I
un'unica natura. Cos scrive nelle Ricerche naturali [fr. 4; Dox. 83. 20 App.]
479]: Prendendo in tal modo le cose, parrebbe che Anassagora (fr. 4 D. 479)
ponga i princpi materiali infiniti, e la causa del movimento e "
del divenire una sola, l'intelletto. Ma se si suppone che la
, ,
mistione di tutte le cose sia una sola natura indefinita e per
.
forma e per grandezza, ne discende che lui ammette due
'
principi, la natura dell'infinito e l'intelletto: donde si vede che , ,
egli concepisce gli elementi corporei in modo simile ad
[I 83. 25]
Anassimandro [cfr. 59 A 41].
,
."
12 A 10. [PLUTARCH.] strom. 2 [Dox. 579; da Teofrasto].
12 A 10. [PLUT.] Strom. 2 (D. 579; aus Theophrast) '
Dopo lui [Talete] ci fu Anassimandro, amico di Talete: egli
[Thales]
afferm che l'infinito aveva la causa completa della nascita e
della distruzione del tutto: di l, egli dice, si sono separati i cieli ,
e in generale tutti i mondi che sono infiniti. Sosteneva che la [I 83. 30 App.]
distruzione e, molto prima, la nascita dei mondi avviene perch .
sono soggetti, tutti, da tempo infinito al movimento rotatorio.
Dice che la terra ha forma cilindrica e altezza corrispondente a .
un terzo della larghezza. Dice che quel che dall'eterno produce ,
caldo e freddo si separ alla nascita di questo mondo e che da .
esso una sfera di fuoco si distese intorno all'aria che avvolgeva
la terra, come corteccia intorno all'albero: spaccatasi poi questa [I 83. 35 App.]
sfera e separatasi in taluni cerchi, si formarono il sole, la luna e
gli astri. Dice pure che da principio l'uomo fu generato da

animali di altra specie perch, mentre gli altri viventi si nutrono
subito da s, solo l'uomo ha bisogno per molto tempo delle cure . , '
della nutrice: ora se all'inizio fosse stato tale [com' adesso]
,
non avrebbe potuto sopravvivere. G SIMPLIC. phys. 41, 17. ' ,
Pose come principiouna natura infinita, il cui eterno
[I 83. 40] '
movimento diceva causa della nascitadei cieli. /
. G SIMPLIC.
phys.41, 17. . . .
,
... /
12 A 11. HIPPOL. ref. I 6, 1-7 p. 10 sg. [Dox. 559]. (1)
12 A 11. HIPPOL. Ref. I 6, 1-7 (D. 559 W. 10). (1)
Dunque Anassimandro discepolo di Talete. Anassimandro, . .
figlio di Prassiade, di Mileto. Costui diceva che principio delle [I 84.
cose era una certa natura dell'infinito, dalla quale si producono 1 App.] ,
i cieli e l'ordinamento che v' in essi. Essa eterna e
. ' [B 2]
insenescente [B 2] e abbraccia tutti i mondi. E chiama tempo .
ci che ne determina la generazione, l'esistenza e la
. (2)
distruzione. (2) Costui dice che principio ed elemento delle

cose l'infinito, avendo per primo indicato il nome del
, [I 84. 5 App.] .
principio: che inoltre il movimento eterno e per esso di
,
conseguenza si formano i cieli. (3) Secondo lui la terra librata . (3)
in alto, non sostenuta da niente e rimane sospesa perch ha ,
uguale distanza da ogni cosa [che la circonda]. Ha la forma
. , ,
ricurva, sferica, simile a una colonna di pietra: delle sue
[B 5]
superfici l'una quella sulla quale noi ci muoviamo, l'altra sta , . (4)
dalla parte opposta. (4) Le stelle sono sfere di fuoco staccatesi , [I 84. 10
dal fuoco del cosmo, avvolte dall'aria: hanno degli sfiatatoi,
App.] , ' . '
una sorta di tubi a forma di aulo, da cui appaiono le stelle. Di , '
conseguenza, quando tali sfiatatoi sono otturati, si hanno le

eclissi. (5) Cos la luna talvolta appare piena, talvolta scema, in . (5)
rapporto alla chiusura o apertura di tali tubi. La sfera del sole ,
27 volte <quella della terra, 19 volte> quella della luna. Nella .

zona pi alta il sole, in quella pi bassa le sfere delle stelle


fisse. (6) Gli esseri viventi provengono <dall'umido> fatto
evaporare dal sole. All'inizio l'uomo era simile a un animale
diverso [da lui] e cio al pesce. (7) I venti sono prodotti dai
soffi leggerissimi che si staccano dall'aria e, raccoltisi, si
mettono in movimento: le piogge dal vapore che sotto l'azione
del sole si innalza dalla terra: i fulmini poi quando il vento,
piombando sulle nuvole, le squarcia. Costui era nato nel terzo
anno della 42.a olimpiade [610].

12 A 12. HERM. irris. 10 [Dox. 653]. Anassimandro, il


concittadino di Talete, dice che l'eterno movimento principio
pi antico dell'umido e che per esso talune cose si producono,
altre si distruggono.
12 A 13. CICER. ac. pr. II 37, 118. Costui [Anassimandro]
disse che infinita era la sostanza da cui tutto si prodotto.

** ,
[I 84. 15 App.] , **
** (6)
.
, , '
. (7)
,
'
[I 84. 20 App.] ,
.
[610].
12 A 12. HERM. Irris. 10 (D. 653) (des
Thales) .

.
12 A 13. CICER. Ac. pr. II 37, 118 [I 84. 25] is enim
[Anaximander] infinitatem naturae dixit esse, e qua omnia
gignerentur. Vgl. [ARIST.] de MXG 2, 10. 975 b 21 [30 A 5]
12 A 14. AT. de plac. I 3, 3 (D. 277) [I 85. 1 App.]


.
.
,
[I 85. 5] .
,
. ,
.
,
. Vgl. ARIST. Phys. 7. 207 b 35
, [I 85. 10 App.]
, '
.

. ARIST. Phys. 8. 208 a 8
,
...

12 A 14. AT. I 3, 3 [Dox. 277]. Anassimandro, figlio di


Prassiade, milesio, dice che principio di quel che esiste
l'infinito, che da questo tutte le cose provengono e in questo
tutte si distruggono. Perci si formano mondi infiniti e poi si
distruggono in ci da cui vengono. E dice che illimitato
perch non venga meno la generazione che ne consegue. Ma
sbaglia perch non dice che cosa l'infinito, se aria o acqua o
terra o un qualche altro corpo. E sbaglia perch ammette la
materia e sopprime la causa efficiente. In effetti l'infinito non
altro che la materia, e la materia non pu essere in atto se non
c' la causa efficiente. ARISTOT. Phys. 7. 207 b 35. Dal
momento che si sono distinti quattro tipi di cause, chiaro che
l'infinito causa come materia, che la sua essenza privazione
e che il sostrato in s ci che continuo e sensibile. E tutti gli
altri [pensatori], si vede chiaramente, utilizzano l'infinito come
materia: donde assurdo farne il contenente e non il contenuto.
ARISTOT. Phys. 8. 208 a 8. ... in realt, perch la
generazione non venga meno, non necessaria l'esistenza d'un
corpo sensibile che sia infinito in atto: possibile infatti che la
distruzione d'una cosa sia la generazione di un'altra, pur
rimanendo il tutto limitato.
12 A 15. ARISTOT. Phys. 4. 203 b 3 sgg. Si vede adunque 12 A 15. ARIST. Phys. 4. 203 b 6
da ci che tale esame conviene ai fisici. A ragione essi fanno , [I 85. 15 App.]
dell'infinito un principio, perch non possibile che esso esista .
invano e che abbia altro valore che quello di principio. In realt ,
ogni cosa o principio o deriva da un principio: ma
. ,
dell'infinito non c' principio, ch sarebbe il suo limite. Inoltre , '
ingenerato e incorruttibile, in quanto un principio, perch di ,
necessit ogni cosa generata deve avere una fine e c' un
[Anaxagoras]
termine di ogni distruzione. Perci, come diciamo, esso non ha [Empedokes]. ' [I 85. 20 App.]
principio ma sembra essere esso principio di tutte le altre cose [B 3],
e tutte abbracciarle e tutte governarle, come dicono quanti non . '
ammettono altre cause oltre l'infinito, quali, ad esempio,
'
l'intelletto o l'amicizia.1* Inoltre esso il divino perch
, ( )
immortale e indistruttibile, come vuole Anassimandro e la
(
maggior parte dei fisiologi. Fanno fede dell'esistenza
),
dell'infinito cinque ragioni, chi ben guarda: il tempo (perch , [I 85.
infinito), la divisione delle grandezze (anche i matematici
25] .
usano l'infinito), ancora: solo se infinita la fonte da cui tolta , ,
ogni cosa generata non vengono mai meno generazione e
. ,
distruzione; inoltre, ogni cosa limitata trova il suo limite

sempre rispetto a un'altra cosa, con la conseguenza che non ci
sar pi limite se sempre una cosa deve essere limitata da
'

un'altra. Ma soprattutto il motivo principale e che produce una , .


difficolt comune a tutti che, siccome non sono mai
; '
pienamente esauriti nel pensiero, e il numero e le grandezze
, . G '
matematiche e tutto quel che c' oltre i cieli pare che siano
, :
infiniti. G Ma se quel che c' oltre i cieli infinito, par che vi . Cfr.
debba essere un corpo infinito e mondi infiniti: perch, infatti, ARISTOT. metaph. I 2. 1053 b 15.
ci dovrebbe essere pi vuoto qui che l? Cfr. ARISTOT.
' . /
metaph. I 2. 1053 b 15. Tra loro [i fisiologi] c' chi dice che
l'uno l'amicizia, altri l'aria, altri l'infinito./
12 A 16. ALEX. metaph. 60, 8. Aristotele aggiunge nella sua 12 A 16. ALEX. Metaph. 60, 8 [I 85. 30 App.]
ricerca anche l'opinione di Anassimandro, il quale poneva
,
come principio una sostanza intermedia tra aria e fuoco o tra ,
aria e acqua: entrambe le vedute vengono ricordate...
, falsch aus Arist. de caelo
ARISTOT. Phys. A 4. 187 a 12. Gli uni, posto l'essere uno,
5 303b 12. Metaph. A 7. 988a 30 u. a. St. erschlossen; dagegen
corpo che fa da sostrato e che o uno dei tre elementi o un
ARIST. Phys. A 4. 187 a 12
altro pi denso del fuoco e pi sottile dell'aria, producono tutto
il resto per condensazione e per rarefazione ... ARISTOT.
[I 85. 35] ,
Phys. A 4. 187 a 20. Gli altri, invece, sostengono che dall'uno . . . ARIST.
si separano per divisione le contrariet in esso immanenti,
Phys. A 4. 187 a 20
come Anassimandro. ARISTOT. Phys. 5. 204 b 22. Ma
, .
neppure uno e semplice pu essere il corpo infinito n, secondo ARIST. Phys. 5. 204 b 22
che dicono alcuni [Anassimandro; cfr. SIMPLIC. ad loc.] come ,
qualcosa oltre gli elementi dal quale questi derivano, n
[Anaximander, s. SIMPLIC. z. d. St.] ,
semplicemente. Ci sono infatti alcuni che pongono in tal modo , ' .
l'infinito e non l'aria e l'acqua, per evitare che gli altri elementi [I 85. 40] , ' ,
siano distrutti da quello tra loro che infinito. Questi elementi [I 86. 1]
hanno tra loro contrariet - cos, ad esempio, l'aria fredda,
, , '
l'acqua umida, il fuoco caldo: se uno di questi fosse infinito, gli , ,
altri sarebbero ormai distrutti: dicono, quindi, che c'
' ,
qualcos'altro da cui questi derivano.
. Vgl. Metaph. 2 [59 A 61].
12 A 17. AUGUSTIN. de civ. D. VIII 2. Anassimandro non
12 A 17. AUGUSTIN. C. D. VIII 2 non enim ex una re sicut
ritenne, come Talete, che le cose provenissero da un'unica cosa, Thales ex umore, [I 86. 5 App.] sed ex suis propriis principiis
ma ciascuna dai suoi propri princpi. E questi princpi delle
quasque res nasci putavit. quae rerum principia singularum
singole cose pens che fossero infiniti e producessero
esse credidit infinita, et innumerabiles mundos gignere et
innumerevoli mondi e tutto quel che in essi viene alla luce, e quaecumque in eis oriuntur eosque mundos modo dissolvi
suppose che questi mondi ora si dissolvono ora di nuovo si
modo iterum gigni existimavit, quanta quisque aetate sua
producono, ciascuno per il tempo che pu durare. Ma neppure manere potuerit, nec ipse aliquid divinae menti in his rerum
lui attribu alcuna parte alla mente divina nella produzione di operibus tribuens. SIMPL. de cael. 615, 13 [I 86. 10] .
queste cose. SIMPLIC. de cael. 615, 13. Anassimandro,
. . . ,
concittadino e amico di Talete... suppose per primo l'infinito,
perch potesse usarne senza risparmio nella produzione delle
cose: suppose pure mondi infiniti, ciascuno dei quali, a quanto AT. I 7, 12 (D. 302)
pare, deriva da un siffatto infinito elemento primordiale. AT. . . CICER. de
I 7, 12 [Dox. 302]. Anassimandro sostenne che gli infiniti cieli nat. d. I 10, 25 Anaximandri autem opinio est nativos esse deos
sono di. CICER. de nat. d. I 10, 25. opinione di
longis intervallis orientis [I 86. 15 App.] occidentisque,
Anassimandro che gli di hanno la nascita, che a lunghi
eosque innumerabilis esse mundos. sed nos deum nisi
intervalli nascono e muoiono e che essi sono gli innumerevoli sempiternum intellegere qui possumus? AT. II 1, 3 (D. 327)
mondi. Ma noi come possiamo raffigurarci dio se non eterno? , , , , ,
AT. II 1, 3 [Dox. 327]. Anassimandro, Anassimene,
,
Archelao, Senofane, Diogene, Leucippo, Democrito, Epicuro . AT. II 1,
ammisero che infiniti mondi si producono e si distruggono
8 (D. 329) .
nell'infinito in ogni rotazione. AT. II 1, 8 [Dox. 329]. Tra
[I 86. 20] . AT. II 4, 6 (D.
quanti hanno ammesso che i mondi sono infiniti Anassimandro 331) . . . . . SIMPLIC. Phys. 1121, 5
sostiene che hanno tra loro uguale distanza. AT. II 4, 6 [Dox. ,
331]. Anassimandro [sostiene che] il mondo distruttibile.
.
SIMPLIC. phys. 1121, 5. Taluni, infatti, supposero che i mondi ,
sono di numero infinito, come i discepoli di Anassimandro, di ' ,
Leucippo, di Democrito e, pi tardi, di Epicuro, i quali

ammisero che si producevano e si distruggevano nell'infinito, [I 86. 25 App.] .
producendosi sempre altri e altri distruggendosi, e sostennero
che il movimento eterno, perch senza movimento non si d

n produzione n distruzione.
12 A 17 a. AT. II 11, 5 [Dox. 340]. Anassimandro [afferma 12 A 17 a. AT. II 11, 5 (D. 340) .
che il cielo deriva] dalla mescolanza del caldo e del freddo.
[sc. ].
12 A 18. AT. II 13, 7 [Dox. 342]. Anassimandro sostiene
12 A 18. AT. II 13, 7 (D. 342) . [sc. ]
[che gli astri sono] involucri spessi d'aria a forma di ruota,
, ,
pieni di fuoco, che in una parte dalle aperture spirano fiamme. . AT. II 15, 6 (D. 345). [I
AT. II 15, 6 [Dox. 345]. Anassimandro, Metrodoro di Chio e 86. 30 App.] .
Cratete sostengono che il sole sta pi alto di tutti gli astri, dopo , '
lui la luna e, sotto, le stelle fisse e i pianeti. AT. II 16, 5 [Dox. ,
345]. Anassimandro sostiene che [gli astri] sono trascinati dai . AT. II 16, 5 (D. 345) .
cerchi e dalle sfere sulle quali ciascuno collocato.
, ' [sc. ] ,
[sc. ].
12 A 19. SIMPLIC. de cael. 471, 1. Queste cose, dunque, egli 12 A 19. SIMPLIC. de caelo 471, 1 , [ARIST.
dice [ARISTOT. de cael. B 2. 291 a 29] bisogna esaminarle de cael. 291 a 29] " [I 86. 35]
sulla base di quanto s' detto a proposito dell'astronomia. L, ".
infatti, si parlato della posizione delle stelle vaganti, delle

loro grandezze e distanze. Anassimandro per primo ha trovato
il rapporto tra grandezze e distanze, come riferisce Eudemo [fr. , [fr. 95 Sp.]
95 Spengel = 146 Wehrli], che attribuisce ai Pitagorici di
.
averne per primi fissata la posizione. La grandezza e la

distanza del sole e della luna sono state conosciute finora
[I 86. 40]
prendendo le eclissi come punto di partenza dell'esame ed era ,
naturale che Anassimandro avesse fatto questa scoperta
,
confrontando il passaggio di Ermes e di Afrodite davanti a
.
loro.
12 A 20. PLIN. nat. hist. XVIII 213. Secondo Esiodo (perch 12 A 20. PLIN. N. H. XVIII 213 [I 87. 1 App.] occasum
anche di lui rimane un' Astronomia) il tramonto mattutino delle matutinum Vergiliarum Hesiodus ... tradidit fieri, cum
Virgilie2*si ha alla conclusione dell'equinozio d'autunno,
aequinoctium autumni conficeretur, Thales XXV. die ab
secondo Talete 25 giorni dopo l'equinozio [11 A 18], secondo aequinoctio [vgl. 11 A 18], Anaximander XXXI.
Anassimandro infine 31 giorni dopo.
12 A 21. ACHILL. isag. I 19 p. 46, 20 [da Posidonio]. Alcuni, 12 A 21. ACHILL. Is. I 19 (46, 20 M. aus Poseidonios)
tra i quali anche Anassimandro, dicono che [il sole] manda luce , ., [I 87. 5] [n.
e ha forma di ruota. Infatti, come nella ruota il mozzo
] .
incavato ma sostiene i raggi che da esso si dispiegano verso la , '
circonferenza esterna della ruota, cos anche il sole, mandando
luce da una cavit, dispiega i suoi raggi che risplendono
,
all'esterno in giro. Alcuni affermano che da un luogo cavo e

stretto, come da una tromba, il sole manda la luce, a guisa di . [vielmehr derselbe A.]
canna di aulo. AT. II 20, 1 [Dox. 348]. Anassimandro dice
[I 87. 10
che [il sole] una sfera ventotto volte la terra, molto simile alla App.] . AT. II 20, 1 (D.
ruota di un carro, col cerchio incavato e pieno di fuoco, che in 348) . [sc. ]
una parte attraverso l'apertura mostra il fuoco, come attraverso , ,
la canna di un aulo. Ecco che cos' il sole. AT. II 21, 1 [Dox. , ,
351]. Anassimandro dice che il sole uguale alla terra, ma che =. '
il cerchio dal quale ha la sua espirazione e dal quale
. AT. II 21, 1 (D. 351) .
trascinato ventisette volte la terra. AT. II 24, 2 [Dox. 354]. , , ' [I 87. 15]
Secondo Anassimandro [si ha eclissi di sole] quando chiusa ' , .
l'apertura dello sfiatatoio del fuoco.
AT. II 24, 2 (D. 354) . [sc. ]
.
12 A 22. AT. II 25, 1 [Dox. 355]. Anassimandro sostiene che 12 A 22. AT. II 25, 1 (D. 355) . [sc. ]
[la luna] una sfera 19 volte la terra, simile a <ruota> di carro, ,
che ha il cerchio incavato e pieno di fuoco come quello del
[I 87. 20]
sole, posta in posizione obliqua al pari di quello, ed munita , ,
di uno sfiatatoio, simile alla canna d'un aulo. Si eclissa in
, .
rapporto ai giri della ruota. AT. II 28, 1 [Dox. 358].
. AT. II 28, 1 (D.
Anassimandro, Senofane e Beroso ritengono che la luna abbia 358) ., , . AT.
luce propria. AT. II 29, 1 [Dox. 359]. Per Anassimandro [si II 29, 1 (D. 359) . [sc. ]
hanno le eclissi di luna] quando si ottura l'orifizio che sta sulla .
ruota.
12 A 23. AT. III 3, 1 [Dox. 367]. Riguardo ai tuoni, alle
12 A 23. AT. III 3, 1 (D. 367)

folgori, ai lampi, ai turbini, ai tifoni. Per Anassimandro tutti


[I 87. 25 App.] . .
questi fenomeni sono prodotti dal vento: infatti, quand'esso,

racchiuso in una nuvola spessa, riesce, per la sottigliezza e

leggerezza delle sue parti, a fuoriuscire con violenza, allora la , ' ,
rottura della nuvola produce il fragore, mentre la dilatazione

della massa nera il chiarore. SENEC. nat. quaest. II 18.
. SENEC. Nat. Qu. II 18 Anaximandrus omnia ad
Anassimandro riportava tutti questi fenomeni al vento. I tuoni, spiritum retulit. tonitrua, inquit, sunt nubis ictae sonus. quare
diceva, sono il fragore d'una nuvola lacerata. Perch sono
inaequalia sunt? quia et ipse spiritus [I 87. 30 App.]
diversi? Perch il vento stesso ha consistenza diversa. Perch inaequalis est. quare et sereno tonat? quia tunc quoque per
tuona pure a ciel sereno? Perch allora il vento s'abbatte
crassum et scissum aera spiritus prosilit. at quare aliquando
nell'aria densa che si lacera. Ma perch altre volte non ci sono non fulgurat et tonat? quia spiritus infirmior non valuit in
folgori ma tuoni? Perch il vento troppo debole non riuscito a flammam, in sonum valuit. quid est ergo ipsa fulguratio? aeris
risolversi in fiamma ma solo in suono. Che cos' allora il
diducentis se corruentisque iactatio languidum ignem nec
lampeggiare? Una scossa d'aria che si disperde e precipita
exiturum aperiens. quid est fulmen? acrioris densiorisque
lasciando apparire un fuoco debole e incapace di uscire. E il
spiritus cursus.
fulmine? Una corrente d'aria pi violenta e densa.
12 A 24. AT. III 7, 1 [Dox. 374]. Anassimandro dice che il 12 A 24. AT. III 7, 1 (D. 374) [I 87. 35 App.] .
vento una corrente d'aria provocata dalle particelle pi

leggere ed umide in essa contenute che, sotto l'azione del sole, .
si mettono in movimento o evaporano.
12 A 25. AT. III 10, 2 [Dox. 376]. Anassimandro dice che la 12 A 25. AT. III 10, 2 (D. 376) .
terra simile a una colonna [B 5] di pietra: delle superfici *** [B 5] *** [s. A 11, 3].
[cfr. A 11, 3].
12 A 26. ARISTOT. de cael. B 13. 295 b 10. Ci sono poi
12 A 26. ARIST. de caelo B 13. 295 b 10 [I 88. 1 App.]
alcuni i quali asseriscono che la terra sta ferma a causa
[sc. ] ,
dell'uguale distribuzione delle parti: cos tra gli antichi
..
Anassimandro. E in effetti quel che collocato al centro ed ha
uguale distanza dagli estremi non pu essere portato in alto pi '
che in basso o di lato: pure impossibile che il movimento
, ' [I 88. 5
avvenga contemporaneamente in direzioni opposte, sicch di App.] . THEO SMIRN. p. 198, 18 Hill.
necessit sta ferma. THEO SMIRN. p. 198, 18. Anassimandro (aus Derk.) [Eudem fr. 94 Speng.] .
sostiene che la terra sospesa nell'aria e si muove intorno al
.
centro del cosmo.
21 A 27. ARISTOT. meteor. B 1. 353 b 6. Dicono3* che
21 A 27. ARIST. Meteor. B 1. 353 b 6
dapprima tutta la zona intorno alla terra era umida, ma poi fu ,
seccata dal sole e la parte evaporata dicono che produsse i

venti, le rivoluzioni del sole e della luna, mentre quella che
,
rimase fu il mare: perci essi pensano che il mare diventi
[I 88. 10 App.]
sempre pi piccolo e che alla fine sar tutto secco. ALEX.
. ALEX. z. d. St. 67, 3
meteor. 67, 3. Alcuni di loro ritengono che il mare sia il

residuo della umidit originaria: infatti la zona intorno alla terra
era umida e poi una parte di questa umidit evapor sotto

l'azione del sole e ne vennero i venti e le rotazioni del sole e

della luna, come se anche questi compissero le loro rivoluzioni
a causa di tali vapori ed esalazioni e si volgessero in quei
[I 88. 15] ,
luoghi dove ce n' in abbondanza. Quel che di tale umidit
,
rimasto nelle zone cave della terra mare: perci diventa

sempre pi piccolo, disseccato di continuo dal sole e alla fine
sar del tutto asciutto. Di quest'opinione erano Anassimandro e
Diogene, a quanto attesta Teofrasto [phys. opin. fr. 23; Dox.
,
494]. AT. III 16, 1 [Dox. 381]. Anassimandro dice che il mare [Phys. opin. fr. 23; D. 494]
il resto dell'umidit originaria di cui la maggior parte ha
. AT. III 16, 1 (D. 381) . [I 88. 20
disseccato il fuoco, mentre la parte rimasta s' mutata per
App.] ,
l'ebollizione [in acqua salata].
,
.
12 A 28. AMMIAN. MARC. XVII 7, 12 [a proposito di
12 A 28. AMMIAN. XVII 7, 12 (Erdbeben, vgl. A 5a)
terremoti]. Anassimandro sostiene che la terra, inaridita
Anaximander ait arescentem nimia aestuum siccitate aut post
dall'eccessiva siccit dell'estate o dopo l'umidit delle piogge, madores imbrium terram rimas pandere grandiores, quas
si apre in grosse voragini, entro le quali penetra l'aria dall'alto penetrat supernus aer violentus et nimius, ac [I 88. 25 App.]
con gagliarda violenza, per cui, sconquassata dalle tremende per eas vehementi spiritu quassatam cieri propriis sedibus. qua
correnti d'aria cos infiltratesi, sconvolta dalle fondamenta. de causa tremores huius modi vaporatis temporibus aut nimia

Per questa causa siffatte scosse cpitano o nei periodi di caldo


o di eccessiva abbondanza di pioggia. Perci gli antichi poeti e
teologi dettero a Nettuno, che rappresenta la potenza
dell'elemento umido, gli attributi di Ennosigeo e di Sisichtone
[scuotitore della terra].
12 A 29. AT. IV 3, 2 [Dox. 387 n.]. Anassimene,
Anassimandro, Anassagora e Archelao hanno detto che la
natura dell'anima aerea.
12 A 30. AT. V 19, 4 [Dox. 430]. Anassimandro sostiene che
i primi viventi furono generati nell'umido, avvolti in membrane
spinose e che col passare del tempo approdarono all'asciutto e,
spezzatasi la membrana, poco dopo mutarono genere di vita.
CENSORIN. de d. nat. 4, 7. Anassimandro di Mileto afferma
che, a suo parere, dall'acqua e dalla terra riscaldate, nacquero o
dei pesci o degli animali molto simili a pesci; in questi
concrebbero gli uomini, e i feti vi rimasero rinchiusi fino alla
pubert. Quando questi si spezzarono, allora finalmente ne
uscirono uomini e donne che potevano gi nutrirsi.
PLUTARCH. quaest. conv. VIII 8, 4 p. 730 E. Ma i
discendenti dall'antico Elleno sacrificano anche a Posidone
Primigenio, poich pensano, come i Siri, che l'uomo nato da
una sostanza umida: perci venerano il pesce in quanto della
nostra stessa stirpe e insieme a noi nutrito. E in ci ragionano
meglio di Anassimandro. Costui, infatti, non ammette che nella
stessa matrice crebbero pesci e uomini, ma che dapprima gli
uomini nacquero nei pesci e furono nutriti come gli squali:
divenuti ormai capaci di pensare a se stessi, ne uscirono e
presero terra. Quindi, a quel modo che il fuoco divora la
materia a cui stato appiccato e che gli madre e padre, a
quanto dice chi nell'opera di Esiodo ha inserito Le nozze di
Ceice,4* cos Anassimandro, sostenendo che il pesce padre e
madre comune degli uomini, l'ha fatto aborrire quale cibo.
B. FRAMMENTI

aquarum caelestium superfusione contingunt. ideoque


Neptunum, umentis substantiae potestatem, Ennosigaeon et
Sisicthona poetae veteres et theologi nuncuparunt.
12 A 29. AT. IV 3, 2 (D. 387 not.)
[I 88. 30 App.]
.
12 A 30. AT. V 19, 4 (D. 430) .
,

'
. CENSORIN. 4, 7. A. Milesius videri sibi ex aqua
terraque calefactis exortos esse sive pisces [I 88. 35] seu
piscibus simillima animalia in his homines concrevisse
fetusque ad pubertatem intus retentos tunc demum ruptis illis
viros mulieresque qui iam se alere possent processisse. PLUT.
Symp. VIII 8, 4 p. 730 E ' ' [I 89. 1]
,



, '
[I 89. 5 App.]
, ,

. , ,
,
[fr. 158 Rz.2] ,
.
.
B. FRAGMENTE [I 89. 10 App.]

12 B 1. SIMPLIC. phys. 24, 13 [cfr. A 9]. Anassimandro ... ha 12 B 1. SIMPLIC. Phys. 24, 13 [vgl. A 9] . . . . . . . .
detto ... che
. . . .
,
:
principio degli esseri l'infinito... da dove infatti gli esseri
[I 89. 15] .
hanno l'origine, ivi hanno anche la distruzione secondo
necessit: poich essi pagano l'uno all'altro la pena e
l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo.
12 B 2.HIPPOL. ref. I 6, 1 [cfr. A 11]. Questa [la natura
12 B 2. HIPPOL. Ref. I 6, 1 [vgl. A 11] (sc.
dell'infinito] eterna e
) .
insenescente.
12 B 3. ARISTOT. phys. 4. 203 b 13 [cfr. A 15].
12 B 3. ARIST. Phys. 4 203 b 13 [vgl. A 15] . . .
( = ).
Immortale ... e indistruttibile [l'infinito = il divino].
12 B 4. AT. II 20, 1 [cfr. A 21].
12 B 4. AT. II 20, 1 [vgl. A 21 I 87, 13. 21] [I 90. 1 App.]
Canne di aulo.
[vgl. 22 B 31].
12 B 5. AT. II 10, 2 [cfr. A 11, 3].
12 B 5. AT. II 10, 2 [vgl. A 11. 25 II 84, 8. 87, 37]
Simile a una colonna di pietra la terra.
.
[I 90. 5 App.] Zu , , , vgl.
zu a 10. 11. 15. 30 I 83, 34. 84, 2. 85, 18. 88, 31; auch
A 21. 22 wohl echt.
C. FRAMMENTI DUBBI
12 C 1. SCHOL. DIONYS. THRAC. p. 183, 1. Alcuni, tra cui

C. ZWEIFELHAFTES

Eforo nel secondo libro [F.Gr.Hist. 70 F 105 II 68] dicono che


Cadmo fu l'inventore delle lettere dell'alfabeto: altri dicono che
non fu l'inventore ma il divulgatore tra noi della scoperta dei
Fenici ... Pitodoro e altri affermano che fu Danao a introdurle e ne fanno testimonianza gli scrittori di Mileto, Anassimandro,
Dionigi ed Ecateo [F.Gr.Hist. 1 F 20 I 12] che Apollodoro cita
nel Catalogo delle navi [F.Gr.Hist. 244 F 165 II 1092].

12 C 1. SCHOL. DIONYS. THRAC. p. 183, 1 Hilg.



[F.Gr.Hist. 70 F 105 II 68] ,
, [I 90. 10]
... ...


[F.Gr.Hist. 1 F 20 I 12]
[F.Gr.Hist. 244 F 165 II 1092] .

13. ANASSIMENE

13.[3] ANAXIMENES

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE [I 90. 15 App.]

13 A 1. DIOG. II 3
,
. .
, .
.
, [I 90. 20 App.] [F.Gr.Hist.
244 F 66 II 1039], ,
[528/5].
[I 91. 1] ,
,
. Folgen zwei geflschte
Briefe an Pythagoras.
13 A 2. SUID. s. v. Anassimene, figlio di Euristrato, milesio, 13 A 2. SUIDAS
filosofo, discepolo e successore di Anassimandro milesio: altri , [I 91. 5 App.]
dicono anche di Parmenide. Visse (nella 55.a olimpiade: [560- , .
57]) al tempo della presa di Sardi, quando Ciro il persiano
( [560/57])
distrusse Creso [546-5].
, [546/5].
13 A 3. EUSEB. chron. Il filosofo della natura Anassimene
13 A 3. EUSEB. Chron. ol.
godeva la notoriet [ol. 55, 4 = 557-6].
55, 4 (?) [557/6; 55, 1: Regierungsantritt des Kyros vgl. I 102.
II 298. 301f. Helm].
13 A 4. ARISTOT. metaph. A 3. 984 a 5. Anassimene e
13 A 4. ARIST. Metaph. A 3. 984 a 5 [I 91. 10] .
Diogene posero l'aria prima dell'acqua e la posero proprio
[Thales] '
principio dei corpi semplici [cfr. B 2].
Vgl. At. I 3, 4 (13 B 2).
13 A 5. SIMPLIC. phys. 24, 26 [THEOPHR. phys. opin. fr. 2; 13 A 5. SIMPL. Phys. 24, 26 (THEOPHR. phys. opin. fr. 2; D.
Dox. 476]. Anassimene, figlio di Euristrato, milesio, fu amico 476) . ,
di Anassimandro. Anch'egli dice che una la sostanza che fa ,
da sostrato e infinita, come l'altro, ma non indeterminata come ,
quello, bens determinata - la chiama aria. L'aria differisce
, [I 91. 15 App.] ,
nelle sostanze per rarefazione e condensazione. Attenuandosi
diventa fuoco, condensandosi vento, e poi nuvola, e, crescendo . ,
la condensazione, acqua e poi terra e poi pietre e il resto, poi, , , , ,
da queste. Anch'egli suppone eterno il movimento mediante il , .
quale si ha la trasformazione. SIMPLIC. phys. 22, 9. Bisogna , ' . SIMPL. Phys. 22, 9
sapere che altro l'infinito e il limitato quanto al numero, il che ,
proprio di coloro che ammettono molteplicit di princpi,
, [I 91. 20
altro l'infinito e il limitato quanto a grandezza, il che ...
App.] ,
conviene ad Anassimandro e ad Anassimene, i quali
, ...
ammettono s un unico elemento, ma infinito per grandezza.
,
SIMPLIC. phys. 149, 32. Solo a proposito di lui [di
. SIMPL. Phys. 149, 32
Anassimene] Teofrasto nelle sue Ricerche [fr. 2; Dox. 477]
[Anaximenes] [fr.
parla di rarefazione e di condensazione, ma chiaro che anche 2; Dox. 477] ,
gli altri ricorrevano ai due concetti: e in realt Aristotele disse, .
13 A 1. DIOG. LAERT. II 3. Anassimene, figlio di Euristrato,
milesio, fu discepolo di Anassimandro: taluni dicono che lo fu
pure di Parmenide. Egli afferm che principio [delle cose]
l'aria, che l'aria infinita1* e che le stelle si muovono non sotto
la terra ma intorno alla terra.
Usa un dialetto ionico semplice e non ricercato. Visse, come
attesta Apollodoro [F.Gr.Hist. 244 F 66 II 1039], all'epoca
della presa di Sardi e mor nella 63.a olimpiade [528-5].
Ci sono altri due Anassimene di Lampsaco, uno oratore e uno
storico, il quale ultimo fu figlio della sorella dell'oratore che
scrisse le imprese di Alessandro.2*

di tutti questi in comune, che producono le cose facendole nella


loro molteplicit per condensazione e rarefazione.
13 A 6. [PLUTARCH.] strom. 3 [Dox. 579]. Dicono che
13 A 6. [PLUT.] Strom. 3 (D. 579). [I 91. 25 App.]
secondo Anassimene l'origine di tutte le cose l'aria, che l'aria
infinita per grandezza ma definita nelle sue qualit, che tutte ,
le cose sono prodotte per condensazione e poi, di nuovo, per

rarefazione dell'aria, e che il movimento esiste dall'eternit.
.
Egli sostiene che, solidificatasi l'aria, per prima si forma la

terra la quale molto piatta - e pertanto a ragione si mantiene
sull'aria -: il sole, la luna, le altre stelle hanno il principio della [I 91. 30 App.]
nascita dalla terra. Afferma infatti che il sole terra, la quale
per la rapidit del movimento si molto infocata ed diventata . ,
incandescente.
'
.
13 A 7. HIPPOL. ref. I 7 [Dox. 560]. (1) Anassimene anch'egli 13 A 7. HIPPOL. Ref. I 7 (D. 560 W. 11) [I 92. 1 App.] (1) .
di Mileto, figlio di Euristrato, disse che il principio l'aria
, ' ,
infinita e che da essa vengono le cose che si producono, quelle ,
che si sono prodotte e quelle che si produrranno, gli di e le
,
cose divine, mentre le altre cose vengono da ci che suo
. (2)
prodotto. (2) L'aspetto dell'aria questo: quand' tutta
, ,
uniforme, sfugge alla vista, mentre si mostra col freddo e il
[I 92. 5 App.]
caldo, con l'umido e il movimento. E si muove sempre perch, .
se non si muovesse, tutto quel che si trasforma non si
, . (3)
trasformerebbe. (3) Condensata e rarefatta appare in forme

differenti: quando si dilata fino ad essere molto leggera diventa , ,
fuoco, mentre poi condensandosi diviene vento: dall'aria si
,
producono le nuvole per condensazione e se la condensazione , ,
cresce, l'acqua, se cresce ancora, la terra e all'ultimo grado le [I 92. 10 App.] .
pietre. Sicch i contrari fondamentali per la generazione sono il ,
caldo e il freddo. (4) La terra piatta e si sostiene sull'aria: cos . (4) '
pure il sole e la luna e le altre stelle tutte, che sono di natura
,
ignea, vengono sostenute dall'aria per la loro forma piatta. (5) .
Le stelle hanno origine dalla terra, a causa dell'umidit che da (5)
essa si leva e che, fattasi leggera, diventa fuoco e dal fuoco
, ,
sollevato in alto si formano le stelle. Nella zona delle stelle ci [I 92. 15 App.]
sono anche corpi di natura terrosa trasportati insieme ad esse. .
(6) Dice pure che le stelle non si muovono sotto la terra, come . (6)
altri ha supposto, ma intorno alla terra, al modo che il berretto , ,
si avvolge intorno al nostro capo. Il sole si cela ai nostri occhi ,
non perch sta sotto la terra, ma perch riparato dai luoghi
. ,
della terra molto alti e perch la sua distanza da noi molto
'
grande. Le stelle non riscaldano a causa della grande distanza. [I 92. 20]
(7) I venti si producono quando l'aria condensata spinta in
.
movimento3*: quando si comprime e si condensa ancor pi si . (7) ,
formano le nuvole e cos si trasforma in acqua. Si produce la (?)
grandine quando l'acqua, scendendo gi dalle nuvole, si gela, la
neve, invece, quando questa stessa acqua che si gela contiene . ,
una forte dose di umidit. (8) La folgore, quando le nuvole
,
sono squarciate dalla violenza dei venti; squarciate queste, si [I 92. 25 App.] . (8)
forma un bagliore luminoso e infocato. L'iride, quando i raggi '
del sole cadono sull'aria condensata; il terremoto, quando la
.
terra subisce una violenta alterazione in seguito a

riscaldamento e a raffreddamento. (9) Questo il pensiero di .
Anassimene. Egli fior nel primo anno della 58.a olimpiade
. (9) .
[548-7].
[I
92. 30 App.] [548-7].
13 A 8. HERM. irris. 7 [Dox. 653]. E quando penso di
13 A 8. HERM. Irris. 7 (D. 653)
possedere una convinzione incrollabile, ecco che Anassimene, , . '
prendendo la parola, mi grida: Eppure io ti dico: il tutto aria. : ,
L'aria, condensandosi e rapprendendosi, diventa acqua e terra, ,
rarefacendosi e dissolvendosi, etere e fuoco, e poi ritorna alla [I 93. 1 App.] ,

sua natura di aria. Quando si raref e si condensa, egli dice,


(?), ,
l'aria si trasforma.
.
13 A 9. CICER. ac. pr. II 37, 118. Dopo lui [Anassimandro], il 13 A 9. CIC. Acad. II 37, 118 [nach Anaximander] post eius
suo discepolo, Anassimene, sostenne che l'aria infinita, ma auditor Anaximenes infinitum aera, sed ea, quae ex eo
che definite sono le cose che da essa provengono: sono
orerentur, definita: gigni autem [I 93. 5] terram, aquam,
prodotte la terra, l'acqua, il fuoco e poi da queste tutto il resto. ignem, tum ex iis omnia.
13 A 10. CICER. de nat. d. I 10, 26. Dopo, Anassimene stabil 13 A 10. CIC. de nat. d. I 10, 26 post A. ara deum statuit
che l'aria dio, che generata, immensa e infinita e sempre in eumque gigni esseque immensum et infinitum et semper in
movimento, quasi che o l'aria senza alcuna forma possa essere motu, quasi aut aer sine ulla forma deus esse possit, cum
dio - il quale invece deve avere non dico una qualche forma,
praesertim deum non modo aliqua, sed pulcherrima specie
ma la pi bella - o che non sia destinato alla morte tutto ci che deceat esse, aut non omne quod ortum sit mortalitas
nato. AUGUSTIN. de civ. D. VIII 2. Costui [Anassimandro] consequatur. (Folgt 59 A 48.) [I 93. 10] AUGUSTIN. C. D.
lasci il suo discepolo e successore Anassimene che riport
VIII 2. iste [Anaximander] Anaximenen discipulum et
all'aria infinita tutte le cause delle cose, ma non neg n tacque successorem reliquit, qui omnes rerum causas aeri infinito
degli di: tuttavia credeva non che l'aria fosse stata fatta dagli dedit, nec deos negavit aut tacuit non tamen ab ipsis aerem
di, ma che gli di fossero nati dall'aria. AT. I 7, 13 [Dox.
factum, sed ipsos ex aere ortos credidit. AT. I 7, 13 (D.
302]. Anassimene sostenne che l'aria dio: ma bisogna
302). (nml. ) '
sottintendere in questa affermazione le forze che pervadono gli [I 93.
elementi o i corpi.
15] . Vgl. II 1, 3 (I 86, 16).
13 A 11. SIMPLIC. phys. 1121, 12. Soggetto alla nascita e alla 13 A 11. SIMPL. Phys. 1121, 12
distruzione fanno l'unico mondo quanti sostengono che esso
, ,
duri sempre, anche se non certo sempre lo stesso, ma diviene ,
ora in un modo ora in un altro, secondo determinati periodi di ,
tempo: cos Anassimene ed Eraclito e Diogene e pi tardi gli [s. oben 12 A 17
Stoici [cfr. 12 A 17].
I 86, 21].
13 A 12. AT. II 2, 4 [Dox. 329 b n.]. Gli uni [Anassimene]
13 A 12. AT. II 2, 4 (Dox. 329b not.) [I 93. 20 App.]
ritengono che il mondo si volga come una mola da mulino, altri [vgl. I 86, 19],
[Anassimandro] come una ruota.
[Anaximander s. 12 A 21], nmlich .
13 A 13. AT. II 11, 1 [Dox. 339]. Anassimene e Parmenide 13 A 13. AT. II 11, 1 (D. 339) . [28 A 37]
pensano che il cielo sia la circonferenza pi esterna della terra. .
13 A 14. AT. II 13, 10 [Dox. 342]. Anassimene riteneva che 13 A 14. AT. II 13, 10 (D. 342) .
le stelle sono di natura ignea, ma che questo fuoco abbraccia , [I 93. 25]
alcuni corpi di natura terrosa trascinati insieme ad esse e che . Ebenda AT. II 14, 3 (D.
non si vedono. AT. II 14, 3 [Dox. 344]. Anassimene riteneva 344) .
che le stelle fossero conficcate a guisa di chiodi [nel cielo] che . [?]
simile a ghiaccio. Alcuni che fossero foglie di fuoco simili a . AT. II 16, 6 (D. 346) . ,
pitture. AT. II 16, 6 [Dox. 346]. Anassimene riteneva che le . ARIST. Meteor. B. 1.
stelle si volgono non sotto la terra ma intorno ad essa.
354 a 28
ARISTOT. meteor. B. 1. 354 a 28. Molti degli antichi
, [I 93. 30]
meteorologhi erano convinti che il sole non passasse sotto la ,
terra ma intorno ad essa e alle sue zone, e che si nascondesse e . AT. II 19, 1. 2 (D.
facesse notte perch la terra si sollevava a settentrione. AT. II 347)
19, 1. 2 [Dox. 347]. Platone credeva che gli indizi dell'estate e
dell'inverno fossero in rapporto al sorgere e al tramontare delle . . ,
stelle, mentre Anassimene pensava che niente si ricava da
.
queste, ma soltanto dal sole.
13 A 14 a. PLIN. nat. hist. II 186. Cos avviene che per il
13 A 14 a. PLIN. N. H. II 186 sic fit ut vario lucis incremento
diverso crescere della luce il giorno pi lungo dell'anno a
in Meroe longissimus [I 93. 35] dies XII horas aequinoctialis
Meroe sia di 12 ore equinoziali e di otto parti di ora, ad
et octo partis unius horae colligat, Alexandriae vero XIIII
Alessandria di 13 ore, in Italia di 15, in Britannia di 17 ...
horas, in Italia XV, in Britannia XVII ... PLIN. N. H. II 187
PLIN. nat. hist. II 187. Un tale esame dell'ombra per calcolare umbrarum hanc rationem et quam vocant gnomonicen invenit
il tempo e la cosiddetta scienza gnomonica la scopr
A. Milesius, Anaximandri, de quo diximus (12 A 5), discipulus,
Anassimene di Mileto, discepolo di quell'Anassimandro di cui primusque horologium quod appellant sciothericon
abbiamo parlato, e fu lui che per primo mostr a Sparta
Lacedaemone ostendit. Vgl. ob. I 81, 13.
l'orologio che si chiama scioterico.4*
13 A 15. AT. II 20, 2 [Dox. 348]. Anassimene sostenne che il 13 A 15. AT. II 20, 2 (D. 348) [I 93. 40] .
sole era di natura ignea. AT. II 22, 1 [Dox. 352]. Anassimene . AT. II 22, 1 (D. 352) .
[disse che] il sole piatto come una foglia. AT. II 23, 1 [Dox. . AT. II 23, 1 [Dox. 352] .
352]. Anassimene sostiene che le stelle compiono i loro

rivolgimenti spinti dalla resistenza dell'aria condensata.
.

13 A 16. THEO SMYRN. p. 198, 14 [da Dercillide]. A quanto 13 A 16. THEO SMYRN. p. 198, 14 Hill. (aus Derkyllides) [I
narra Eudemo nella sua Storia dell'astrologia [fr. 94 = 145
94. 1 App.] [fr. 94
Wehrli], Anassimene trov per primo che la luna riceve la luce Sp.], [c. 41, 7] . . . . ,
dal sole e in che modo si eclissa. AT. II 25, 2 [Dox. 356].

Anassimene [afferma che] la luna di natura ignea.
. AT. II 25, 2 (D. 356) . .
13 A 17. AT. III 3, 2 [Dox. 368]. [Riguardo ai tuoni etc.]
13 A 17. AT. III 3, 2 ( D. 368, nach Anaximand. 12 A 23) [I
Anassimene la pensa come lui [Anassimandro] e vi aggiunge 94. 5] ( .)
l'immagine del mare che, tagliato dai remi, risplende. AT. III ,
4, 1 [Dox. 370]. Anassimene dice che le nuvole si formano
. AT. III 4, 1 (D. 370) .
quando l'aria subisce una maggiore condensazione: se la
, '
condensazione aumenta ne scaturisce la pioggia: si forma la
, ,
grandine quando l'acqua che cade gela, e la neve quando un po' , '
d'aria racchiusa nell'umidit.
. [I 94. 10]
13 A 18. AT. III 5, 10 [Dox. 373]. Anassimene dice che
13 A 18. AT. III 5, 10 (D. 373) . '
l'arcobaleno prodotto dal riflesso del sole su una nuvola

spessa e greve e nera, perch i suoi raggi, investendola, non

riescono ad attraversarla. SCHOL. ARAT. 940 p. 515, 27 [da . SCHOL. ARAT. p. 515, 27 (aus
Posidonio]. Anassimene dice che l'arcobaleno si produce
Poseidonios) . ,
quando i raggi del sole incontrano aria greve e spessa. Allora la [I 94. 15 App.]
parte anteriore appare rosseggiante, perch bruciata dai raggi .
del sole, l'altra nera, perch vi prevale l'umidit. Dice che
, , ,
anche di notte si forma l'arcobaleno per opera della luna, ma
.
non di frequente, perch non c' sempre il plenilunio e la luce , '
della luna pi debole di quella del sole.

.
13 A 19. GALEN. in Hipp. de hum. XVI 395 Khn [da
13 A 19. GALEN. in Hipp. de hum. III XVI 395 K. (mittelbar
Posidonio]. A quanto vuole Anassimene i venti sono prodotti aus Poseidonios) [I 94. 20 App.] .
dall'acqua e dall'aria e vanno violentemente con foga
[]
sconosciuta e velocissimamente volano come uccelli.

.
13 A 20. AT. III 10, 3 [Dox. 377]. Anassimene [dice che la 13 A 20. AT. III 10, 3 (D. 377) . [nmlich
terra] ha la forma di una tavola. ARISTOT. de cael. B 13. 294 ]. ARIST. de cael. B 13. 294 b 13 .
b 13. Anassimene, Anassagora e Democrito dicono che il

motivo della stabilit della terra la sua forma piatta, perch , '
essa non taglia l'aria sottostante ma la suggella a guisa di
, [I 94. 25 App.]
coperchio, come si vede che fanno i corpi di forma piatta, i

quali sono difficilmente scossi dai venti per la resistenza che .
oppongono. La stessa cosa farebbe la terra di fronte all'aria
. '
sottostante per la sua piattezza e l'aria, non avendo spazio

sufficiente per spostarsi, rimane ferma di sotto tutta raccolta, , . AT. III 15, 8
come l'acqua nelle clessidre. AT. III 15, 8 [Dox. 380].
(D. 380) . .
Anassimene [dice che la terra] per la sua forma piatta si
sostiene sull'aria.
13 A 21. ARISTOT. meteor. B 7. 365 b 6. Anassimene dice
13 A 21. ARIST. Meteor. B.7. 365 b 6 [I 94. 30] .
che la terra, quand' bagnata e disseccata, si spacca e di

conseguenza, poich le falde che si staccano precipitano nelle
crepe, scossa dal terremoto. Perci i terremoti avvengono nei
periodi di siccit e anche in quelli di grandi piogge: infatti nei ,
periodi di siccit, come s' detto, la terra disseccata si spacca e, ,
quand' saturata di acqua, si sgretola [cfr. AT. III 15, 3 (Dox. . Vgl. AT. III 15, 3
379); SENEC. nat. quaest. VI 10 e 12 A 28].
(D. 379); [I 94. 35] SENEC. Nat. Qu. VI 10 und 12 A 28 (I 88,
22).
13 A 22. GALEN. in Hipp. de nat. hom. XV 25 Khn [da
13 A 22. GALEN. in Hipp. de nat. h. XV 25 K. aus Sabinos
Sabino].
. ...
N dico, come Anassimene, che l'uomo completamente aria.
13 A 23. PHILOP. de an. 9, 9. Altri, come Anassimene e alcuni 13 A 23. PHILOP. de an. 9, 9 Hayd. [nmlich
Stoici, dicono che l'anima aerea [cfr. B 2. AT. IV 3, 2;
] . [Vgl. 87, 2 aus Ar.
PLAT. Phaed. 96 B].
d. an. A 2. 405a 21. Vgl. B 2; [I 94. 40] AT. IV 3, 2; PLAT.
Phaedo p. 96 B.
B. FRAMMENTI
B. FRAGMENTE

13 B 1 - PLUTARCH. de prim. frig. 7 p. 947 F. O come


13 B 1 - PLUT. de prim. frig. 7 p. 947 F [I 95. 1 App.]
pensava l'antico Anassimene non dobbiamo ammettere il
. ,
freddo e il caldo esistenti nella sostanza, ma affezioni comuni ,
della materia, che sopravvengono alle mutazioni. Dice infatti [I 95.
che la parte dell'aria che si contrae e si condensa fredda, la
5] , '
parte invece che dilatata e 'rilasciata'5* (cos in realt si
( )
esprime, con questo termine) calda. Donde non senza motivo .
si dice che il caldo e il freddo l'uomo li emette dalla bocca: si
raffredda in effetti il soffio d'aria stretto e compresso con le
,
labbra, mentre quello che esce dalla bocca aperta diventa caldo [I
per la rarefazione. Ma questo Aristotele [probl. 34, 7. 964 a
95. 10] .
10 ?] lo ritiene un errore del filosofo: perch, quando la bocca [Probl. 34, 7. 964 a 10 ?]
aperta, espiriamo l'aria calda che viene da noi, quando invece ,
soffiamo con le labbra serrate, allora non l'aria che sta nel
,
nostro interno ma quella che sta davanti alla bocca e che
,
fredda, ad essere spinta e mossa in avanti.
. Vgl A 5 I 91, 23.
13 B 2. AT. I 3, 4 [Dox. 278]. Anassimene, figlio di
13 B 2. AT. I 3, 4 (D. 278) [I 95. 15 App.] .
Euristrato, milesio, sostenne che l'aria il principio delle cose:
dall'aria tutto deriva e in essa poi tutto si risolve.
.
" , ,
Come l'anima nostra - egli dice - che aria, ci tiene insieme, , "
( ). [I
cos il soffio e l'aria abbracciano tutto il mondo.
95. 20] [vgl. 12 A 14]
(dice nello stesso senso aria e soffio). Ma sbaglia anch'egli [cfr.
12 A 14] credendo di formare gli esseri viventi dall'aria e dal ,
soffio che semplice e uniforme: impossibile che un unico
, ,
principio costituisca la materia delle cose, e bisogna pensare
pure alla causa efficiente. Ad esempio, l'argento non basta per . [I
fare una coppa, se non c' chi la fa e cio l'orafo: ugualmente 95. 25] .
per il bronzo, il legno e ogni altra materia.
13 B 2 a. AT. II 22, 1 [cfr. A 15]. Dice che il sole piatto
come una

13 B 2 a. AT. II 22, 1 [vgl. A 15. 14 I 93, 41. 26]


.
Vgl. auch A 7, A 14, A 6. 7. 20.

foglia.
SPURIO
GEFLSCHTES
13 B 3. OLYMPIOD. de arte sacr. lap. philos. c. 25 [Coll.
Alchim. gr. ed. Berthelot I 2 p. 83, 7]. Anassimene immagina 13 B 3. [I 96. 1 App.] OLYMPIOD. de arte sacra lapidis
che l'aria sia il principio unico, in movimento e infinito di tutte philosophorum. c. 25 (Berthelot Coll. Alchym. gr. I 2 p. 83, 7)
le cose. Dice cos:

. .
L'aria vicina all'incorporeo e poich noi nasciamo per il suo
fluire necessario che sia infinita e ricca per non venire mai
[I 96. 5] ' '
meno.
,
'.
14. PITAGORA
[Per le importanti indicazioni su Pitagora di
Senofane,Eraclito, Empedocle e Ione, cfr. 21B 7; 22 B 40,
81,129; 31B 129; 36B 2,4.]

14.[4] PYTHAGORAS
Da es keine Schriften des Pythagoras gab und berhaupt vor
der [I96. 10 App.] Zeit des Philolaos nur mndliche Tradition
der eigentlichen Schule bestand, so gibt es hier keine
<zuverlssige> Doxographie. Die Biographie mu sich bei der
frh beginnenden Legendenbildung im ganzen auf die ltesten
Zeugnisse bis Aristoteles und dessen Schule (mit Auswahl)
beschrnken. Die entscheidend wichtigen Zeugnisse des
Xenophanes [I96. 15] [21 B 7], Heraklit[22 B 40,81,129],
Empedokles [31B 129], Ion [36 B 2, 4] ber Pythagoras siehe
bei diesen!

VITA
LEBEN
14 A 1. HERODOT. II 123. Anche in questo gli Egiziani
furono i primi, nel dire che l'anima dell'uomo immortale, ed 14 A 1. HEROD. II 123
entra, quando il corpo perisce, nel corpo d'un altro animale

nascente, e che, quando passata per tutti gli animali della terra ,
e del mare e dell'aria, entra ancora nel corpo d'un uomo
,
nascente: il giro completo, dicono, lo compie in tremila anni. [I 96. 20] ,
Questa dottrina fu accolta da alcuni Greci, quali prima e quali ,
dopo; ma costoro la presentarono come loro propria: io
.
conosco i loro nomi, ma non li scrivo. HERODOT. II 81.
, ,
Hanno anche chitoni di lino ornati di frange intorno alle gambe
e li chiamano calasiri. Sopra questi chitoni portano, gettati su, . HEROD. II 81 [der gypter]
mantelli bianchi di lana. Tuttavia questi mantelli di lana non li
portano nei templi, n v'avvolgono i morti quando li
[I 97. 1 App.]
seppelliscono: ch sarebbe empiet. Questi usi s'accordano con , ,
quelli che son detti orfici e bacchici, ma sono egiziani e

pitagorici. Perch anche chi partecipa ai riti di costoro non pu .
essere sepolto con vesti di lana; ch sarebbe empiet. C' anzi .
un discorso sacro, come lo chiamano, su queste cose.
14 A 2. HERODOT. IV 95.
14 A 2. HEROD. IV 95
Ho per sentito raccontare dai Greci che abitano il Ponto e
[I 97. 5] ,
l'Ellesponto che questo Zalmossi era un uomo, e servo, a Samo, ,
di Pitagora di Mnesarco. Di l, raccontano, torn nella sua
.
patria, dopo avere, divenuto libero, acquistato grandi ricchezze. ,
Ivi questo Zalmossi, ch'era esperto del modo di vivere degli
.
Ioni e aveva modi pi civili degli altri Traci, uomini poveri e ,
incolti, come quello che era vissuto coi Greci e anzi con uno

degli uomini pi sapienti della Grecia, Pitagora, cominci ad , [I 97. 10 App.]
invitare a banchetto, in un appartamento che s'era fatto
,
costruire, i primi cittadini, e ad insegnare loro che n lui n i
,
suoi convitati n quanti sarebbero nati da loro sarebbero morti, ,
ma sarebbero pervenuti in un luogo, ove avrebbero continuato
a vivere eternamente godendo d'ogni bene.1* Raccontano poi , ' ,
che, mentre cos diceva e faceva, si fabbricava una casa
[] .
sotterranea, nella quale, come fu pronta, discese scomparendo , [I 97.
di tra i Traci, e visse tre anni: e i Traci lo piangevano come
15 App.] .
morto e ne sentivano rimpianto. Dopo i tre anni riapparve, e
, ,
cos rese credibili le cose che aveva detto. Questo raccontano '
ch'egli fece.2* Quanto a me, io n discredo n credo troppo al .
racconto e alla casa sotterranea; ma giudico che Zalmossi sia ,
vissuto molti anni prima di Pitagora.
. .
'
[I 97. 20 App.] ,
.
14 A 3. DIOG. LAERT. VIII 8. Anche Aristosseno [fr. 2
14 A 3. DIOG. VIII 8 [fr. 2 F.H.G.
F.H.G. II = 15 Wehrli] dice che Pitagora apprese la gran parte II 272]
delle sue dottrine morali da Temistoclea, sacerdotessa di Delfi. .
14 A 4. ISOCR. 11, 27-29. G (27) Se non avessi fretta, direi
14 A 4. G '
molte meravigliose cose della loro piet [degli Egiziani]. N io ,
sono il solo o il primo che la scorga; ma molti l'hanno
,
conosciuta, sia uomini d'oggi che uomini del passato. / (28)Tra , / ISOCR. Bus. (28)
questi anche Pitagora di Samo, il quale, andato in Egitto e
..
fattosi loro discepolo, port in Grecia, per primo, lo studio
[I 97. 25] [der gypter] '
d'ogni genere di filosofia, e pi degli altri si prese cura dei

sacrifici e delle cerimonie religiose, giudicando che, se anche
non avesse ricevuto per questo alcun bene dagli di, avrebbe ,
tuttavia conseguito gloria grandissima tra gli uomini. (29) E
, '
cos fu. Perch la sua gloria super di tanto quella degli altri
'
uomini, che i giovani tutti desideravano di diventare suoi
. (29) .
discepoli, e i vecchi preferivano che i loro figli stessero con lui [I 97. 30] ,
piuttosto che s'occupassero degli affari familiari. N si pu
,

dubitare di questa tradizione, perch, ancor oggi, quelli che si


vantano d'essere suoi discepoli, sono, anche se tacciono, pi
ammirati di quanti hanno conseguito con la parola fama
grandissima.


.
'

.
14 A 5. DIOG. VIII 56 [I 97. 35] [O. A. II 156b Sauppe]
' [vgl. 31 A 1, 56] . . .
[Empedokles]

, . ARIST. Rhet. B 23. 1398
b 9 [O. A. II 155 a 30 fr. 5 S.],
.
[I 97. 40] . . .

.

14 A 5. DIOG. LAERT. VIII 56 [fr. 6 0. A. II 156 b].


Alcidamante nel libro sulla Fisica dice che
contemporaneamente furono discepoli di Parmenide Zenone ed
Empedocle, i quali poi se ne staccarono; e Zenone allora
filosof per s, Empedocle si fece discepolo di Anassagora e di
Pitagora, di questo imitando la gravit della vita e del
portamento, da quello attingendo la dottrina fisica. ARISTOT.
rhet. B 23. 1398 b 9. Come dice Alcidamante [fr. 5 O. A. II
155 a 30] tutti onorano i sapienti. Cos i Pari onorarono
Archiloco, che pur era blasfemo, e i Chii Omero, ch'era d'altra
citt, e i Mitilenesi Saffo, bench fosse donna, e gli Spartani,
bench non studiosi della natura, fecero senatore Chilone... e
gli Italioti Pitagora; e i Lampsaceni seppellirono e ancora
onorano Anassagora, che pur era straniero.
14 A 6. DIOG. LAERT. IX 38 [fr. 5 F.H.G. III 504].
14 A 6. DIOG. IX 38 [I 98. 1] (Demokrit),
Democrito, secondo che dice Trasillo, emul i Pitagorici: di lui ,
stesso, di Pitagora, parla con ammirazione nel libro intitolato
col suo nome. Si direbbe anzi, secondo Trasillo, che tutte le sue (nmlich 46; vgl. 68 A
dottrine le apprese da lui e che fu suo discepolo, se non fosse 33. B I 1). '
d'impedimento il fatto che vissero in tempi diversi. Tuttavia
, [I 98. 5 App.] .
Glauco di Reggio [fr. 5 F.H.G. II 24] suo contemporaneo, dice
che ascolt qualcuno dei Pitagorici; e Apollodoro di Cizico che
ebbe familiarit con Filolao.3* PORPHYR. v. Pyth. 3. Duride . PORPH. V. P. 3 '
di Samo, nel secondo libro degli Annali [F.Gr.Hist. 76 F 23 II [F.Gr.Hist. 76 F 23 II 145] ' (des
145] scrive che Arimnesto fu figlio di Pitagora e maestro di
Pythagoras)
Democrito. Scrive anche che questo Arimnesto, ritornato in
. ' '
patria dall'esilio, dedic una statua di bronzo del diametro di [I 98. 10]
due cubiti nel tempio di Era, con iscritto questo epigramma:
,
Mi dedic il caro figlio di Pitagora, Arimnesto,

che molte scoperte fece sui rapporti matematici.
'
.
E che Simo, lo studioso d'armonia, lo cancell, e,
impadronitosi del canone, lo divulg come suo. Sette, racconta '
Duride, erano le formule iscritte; e per quell'una che Simo
[I 98. 15 App.] .
sottrasse, scomparvero anche le altre ch'erano iscritte nel dono. , ,
,
.
ber diese Flschung s. c. 56, 2.
14 A 6 a. PROCL. in Eucl. 65, 11 [da Eudemo, fr. 84 Spengel; 14 A 6 a. PROCL. in Eucl. 65, 11 Fr. [aus Eudem fr. 84; nach
cfr. 11 A 11]. Dopo Talete si ricorda come studioso della
11 A 11; vgl. 86 B 12] (Thales)
geometria Mamerco, fratello del poeta Stesicoro... Dopo
[I 98. 20 App.]
costoro si dedic allo studio della geometria e le diede forma di ...
educazione liberale Pitagora, ricercandone i princpi primi e
.
investigandone i teoremi concettualmente e teoreticamente: per
primo egli tratt poi dell'irrazionale e trov la struttura delle

figure cosmiche.4*
,
.
14 A 7. ARISTOT. metaph. A 5. 986 a 29. Alcmeone fior
14 A 7. ARIST. Metaph. A 5. 986 a 29 [I 98. 25 App.]
quando Pitagora era vecchio.5* APOLLON. mirab. 6. Venuto
dopo costoro [Epimenide, Aristea, Ermotimo, Abari, Ferecide] . Aus des Aristoteles Buch
Pitagora di Mnesarco dapprima si dedic alla matematica e ai [fr. 191 Rose] stammt die erste Aufzeichnung der
numeri, poi si dette a far miracoli come aveva fatto Ferecide. Pythagoraslegende. Excerpt bei APOLLON. mirab. 6.
Cos un giorno, in Metaponto, mentre una nave stava per
[Epimenides, Aristeas, Hermotimos, Abaris, Pherekydes],
entrare nel porto con un carico, e i presenti, preoccupati per il [I

carico, pregavano che entrasse salva, Pitagora apparve e disse: 98. 30] ,
Questa nave vi porter un morto [cfr. Androne, che

Teopompo trascrive PORPHYR. ap. EUSEB. praep. evang. X .
3, 6]. Un'altra volta, a Caulonia, racconta Aristotele,

preannunci l'arrivo dell'orsa bianca. E il medesimo Aristotele , "
scrive di lui molte altre cose: tra le altre questa, che,
" [vgl.
rispondendo con un morso al morso d'un serpente mortale, lo Andron, den Theopomp ausschreibt nach PORPHYR. bei
uccise. E che predisse la sedizione contro i Pitagorici. Fu
EUSEB. P. E.X 3, 6]. [I 98. 35 App.] ' ,
appunto per questo che pass a Metaponto, senza esser visto da .
nessuno: e, mentre passava vicino al fiume Casa con altri, fu
salutato da una gran voce che gli diceva: Salve, o Pitagora: e " , ,
i presenti si spaventarono. Una volta anche apparve, nello
".
stesso giorno e nella stessa ora, in Crotone e in Metaponto.
.
Aristotele racconta anche che una volta, in un teatro, si alz e ,
mostr agli spettatori che la sua coscia era d'oro. AELIAN.
[I 98. 40 App.]
var. hist. II 26. Aristotele [fr. 191 Rose] dice che Pitagora era ", ".
salutato dai Crotoniati col nome di Pizio o di Apollo Iperboreo. [I 99. 1 App.] .
AELIAN. var. hist. IV 17. Pitagora insegnava agli uomini

ch'era nato da semi migliori di quelli dai quali nascono quanti . ,
hanno natura mortale; raccontano infatti che fu visto in
,
Metaponto e in Crotone nello stesso giorno e nella stessa ora. E . AEL. V. H. II 26 [fr.
in Olimpia mostr che aveva una coscia d'oro. E ricord che
191] [I 99. 5]
Millia di Crotone era un tempo Mida di Gordia, frigio; e
. AEL. V. H. IV 17
accarezz l'aquila bianca che non fugg davanti a lui. IAMBL. . ,
v. Pyth. 31. Aristotele [fr. 192 Rose] racconta anche che tra i . Folgen die oben I
maggiori segreti custoditi dai Pitagorici questa distinzione: 98, 40ff. berichteten Beweise.
gli esseri viventi dotati di ragione si distinguono in di, uomini, ,
ed esseri come Pitagora.
,
. IAMBL. V. P. 31 [I
99. 10] [fr. 192]


, , .
14 A 8. CLEM. ALEX. strom. I 62 [II 39, 17]. Pitagora di
14 A 8. CLEM. AL. Strom. I 62 [II 39, 17 St.]
Mnesarco era, secondo Ippoboto, di Samo; secondo
, ,
Aristosseno, nella Vita di Pitagora [fr. 11 b Wehrli] e Aristarco [fr. 1 FHG II 272] [I 99.
[o Aristotele, secondo il Preller; fr. 190 Rose] e Teopompo
15 App.] [ Preller, fr. 190 Rose]
[F.Gr.Hist. 115 F 72 II 550] tirreno; secondo Neante
[F.Gr.Hist. 115 F 72 II 550] ,
[F.Gr.Hist. 84 F 29 II 198] sirio o tirio. Per la maggior parte [F.Gr.Hist. 84 F 29 II 198] .
degli scrittori Pitagora era dunque di stirpe barbara. DIOG.

LAERT. VIII 1. Secondo Ermippo era di Samo, secondo
. DIOG. VIII 1 ,
Aristosseno [fr. 11 a Wehrli] era tirreno, di una delle isole che
gli Ateniesi occuparono cacciandone i Tirreni. PORPHYR. v. [Lemnos, vgl. Neanthes b. PORPH. V. P. 2.] DIOG. I 118 [I
Pyth. 2. Neante [F.Gr.Hist. 84 F 29 II 198] afferma che
99. 20 App.] '
secondo altri il padre suo fu uno dei Tirreni che si stabilirono in [a. O. fr. 3]
Lemno.6* DIOG. LAERT. I 118. Aristosseno, nel libro Su
[Pherekydes 7 A 1] .
Pitagora e sui suoi discepoli [fr. 14 Wehrli] dice che Ferecide PORPHYR. V. P. 9 '
[cfr. 7 A 1] fu sepolto da Pitagora a Delo.7* PORPHYR. v.
[a. O. fr. 4]
Pyth. 9. Aristosseno [fr. 16 Wehrli] dice che a quarant'anni,
,
vedendo che la tirannide di Policrate era troppo dura perch un [] [I
uomo libero potesse sopportarne l'autorit e la signoria, lasci 99. 25 App.] ,
Samo e and in Italia.8* THEOL. ARITHM. p. 52, 8 de Falco . THEOL. ARITHM. (aus Anatolios) p. 40 Ast
[da Anatolio]. Ora, poich il cubo di 6 216, numero che

esprime, quando s'aggiungano i 6 giorni impiegati dal germe [fr.
per farsi schiumoso e iniziare la germinazione, il tempo
12 Wehrli] [F.Gr.Hist. 84 F 33 II
necessario alla nascita delle cose che nascono in 7 mesi, il
200]

pitagorico Androcide, autore del libro Sui simboli, e il
.
pitagorico Eubulide, e Aristosseno [fr. 12 Wehrli] e Ippoboto e [I 99. 30
Neante [F.Gr.Hist. 84 F 33 II 200] che ci tramandarono le
App.]
notizie su di lui, dissero che le sue reincarnazioni avvennero ad ,
intervalli di 216 anni. Pitagora rinacque dunque e rivisse,
' ,

secondo che tramandano costoro, dopo il primo sviluppo e il


ritorno del cubo del 6, numero generatore di vita e insieme

ricorrente per la sua sfericit: e ancora rinacque dopo altrettanti
anni. Tutto questo dimostrato dal fatto che l'anima di Euforbo
ritorn in vita nei tempi espressi da questo numero: si trova

invero che passarono appunto 514 anni dalla guerra di Troia a [I 99. 35]
Senofane fisico, e ai tempi di Anacreonte e di Policrate, e
, [I 100. 1 App.]
all'assedio degli Ioni per opera di Arpago Medo, e alla cacciata
dalla loro citt dei Focesi che allora, usciti dalla patria,
.
fondarono Marsiglia: e Pitagora appunto contemporaneo di ,
tutti costoro. Si racconta infatti che quando Cambise
,
s'impadron dell'Egitto, vi fece prigioniero Pitagora che ivi
,
dimorava insieme coi sacerdoti, e che Pitagora, venuto quindi a [I 100. 5] .
Babilonia, vi fu iniziato ai misteri; e Cambise visse appunto al ('
)
tempo di Policrate, per sfuggire alla cui tirannide Pitagora era .
DIOG. VIII 4
passato in Egitto. Ora, se si toglie [al numero 514] due volte il [Pythagoras] [fr. 37 Voss, vgl.
periodo ciclico, e cio due volte 216, restano gli 82 anni della 7 B 8] ,
vita di Pitagora. DIOG. LAERT. VIII 4. Eraclide Pontico [fr.
37 Voss; cfr. 7 B 8] tramanda ch'egli diceva questo di s, che .
una volta era stato Etalide e considerato figlio di Ermes, e che [I 100. 10 App.]
Ermes gli aveva permesso di domandargli qualunque cosa
.
volesse, tranne l'immortalit. Egli aveva allora domandato di ,
poter serbare ricordo degli avvenimenti durante il ciclo delle . '
nascite e delle morti. Cos ricordava tutto durante la vita, e
. ' ,
anche dopo la morte serbava il ricordo. In seguito era tornato in , '
vita nel corpo di Euforbo, ed era stato ferito da Menelao. Ed
,
Euforbo raccontava d'essere stato una volta Etalide, e d'aver
[I 100. 15
avuto quel dono da Ermes, e diceva quali erano state le
App.] .
peregrinazioni della sua anima, e in quante piante e in quanti (5) ,
animali era venuta, e che cosa aveva sofferto nell'Ade, e che
,
cosa sopportavano le altre anime. (5) Poi, dopo la morte di

Euforbo, l'anima era passata in Ermotimo, il quale, volendo

anche lui dar prova della sua memoria, s'era accostato
( , ' ,
all'oracolo dei Branchidi ed era entrato nel tempio d'Apollo e ) ,
aveva mostrato lo scudo, ch'egli diceva dedicato da Menelao al [I 100. 20] .
suo ritorno da Troia, gi marcito e con intatta soltanto la figura ,
in avorio. Morto Ermotimo, era rinato come Pirro di Delo,
, , '
pescatore: e Pirro a sua volta ricordava ogni cosa, d'essere stato , , .
un tempo Etalide, e poi Euforbo, e poi Ermotimo, e poi Pirro. ,
Morto Pirro, era rinato come Pitagora, e ricordava tutta la storia . Pherekydes Lehrer des P. s. 7 A 1-7a.
ora raccontata.
G GELL. noct. att. IV 11, 14. Pythagoram vero ipsum sicuti
G GELL. noct. att. IV 11, 14. E' noto che Pitagora stesso
celebre est Euphorbum primo fuisse dictasse, ita haec
soleva dire d'essere stato inizialmente Euforbo. Pi tarde sono remotiora sunt his, quae Clearchus et Dicaearcus memoriae
le notizie tramandate da Clearco [fr. 10 Wehrli] e da Dicearco tradiderunt, fuisse eum postea Pyrrum, deinde Aethaliden,
[fr. 36 Wehrli], che egli fu poi Pirandro, poi Etalide, poi una
deinde feminam pulcra facie meretriciem, cui nomen fuerat
bella donna, meretrice, che aveva nome Alco.9* /
Alco. /
14 A 8 a. PORPHYR. v. Pyth. 18. Dicearco [fr. 33 Wehrli]
14 A 8 a. PORPHYR. V. Pyth. 18
racconta che, come Pitagora giunse in Italia e si stabil a
, [I 100. 25] [fr.
Crotone, tanto i Crotoniati furono attratti da lui ch'era uomo
29 FHG II 244],
notevolissimo, e aveva molto viaggiato, e aveva ottenuto dalla
fortuna ottima natura, (come quello che aveva aspetto nobile e (
grande, e moltissima grazia, e grande decoro nel parlare e nel
comportarsi e in ogni altra cosa), che, dopo che egli si fu
),
cattivato il senato con molti e bei discorsi, i magistrati lo
, '
incaricarono di fare ai giovani dei discorsi suasori adatti alla

loro et. Parl anche ai fanciulli, raccoltisigli intorno appena , [I 100. 30]
tornati da scuola; e quindi alle donne. Istitu anzi anche

un'assemblea delle donne. (19) Per tal modo s'accrebbe la sua
fama, e molti gli divennero compagni, sia della citt (n solo .
uomini, ma anche donne; e una di esse, Teano, divenne
(19) ,
famosa), sia re e signori della circostante regione, abitata da

,
[I 100. 35 App.] , '
.
,
' ' .

,
,
, ' [I 100. 40]

.
.
14 A 9. PORPHYR. v. Pyth. 6. Quanto all'oggetto del suo
14 A 9. PORPHYR. V. P. 6
insegnamento, i pi dicono ch'egli apprese le cosiddette scienze
matematiche dagli Egizi e dai Caldei e dai Fenici: ch gi nei ' [I 101. 1 App.]
tempi pi antichi gli Egizi si dedicarono allo studio della

geometria, i Fenici allo studio dell'aritmetica e della logistica, i ,
Caldei all'osservazione degli astri. I riti intorno agli di e
,
quanto riguarda i costumi dicono che invece li apprese dai

Magi. Questo, dicono, molti gi lo sanno perch ne stata

lasciata memoria in opere scritte; ma per il resto i suoi costumi . [I 101. 5]
sono sconosciuti, tranne per quel che ne scrive nel settimo libro ,
del suo Giro della terra Eudosso [fr. 36 Gisinger], il quale dice
che tanto si guardava dal contaminarsi tenendosi lontano da

uccisioni e da uccisori, che non solo non si cibava di animali, [fr. 36 Gisinger VI 119]
ma neanche si avvicinava a macellai e a cacciatori. STRAB.
,
XV 716 [da Onesicrito F.Gr.Hist. 134 F 17 II 728]. G Quello ,
che Mandani disse, s'assomma in questo, che la migliore
. STRAB. XV 716 [I 101. 10 App.] [aus
dottrina quella che libera l'anima dal dolore e dal piacere... e Onesikritos fr. 10 Mll.] G ...
che essi esercitano i corpi alle fatiche per fortificare gli animi... ' ,
Dopo aver detto questo, domand se anche i Greci dicono cos:
/ed egli gli rispose che cos dicono e Pitagora (il quale anche
comanda di non cibarsi d'esseri animati) e Socrate e Diogene... , ' , ... '
DIOG. LAERT. VIII 20. Faceva soltanto sacrifici incruenti;

altri dicono che ne faceva anche con galli e capretti di latte e , ... / ' [Kalanos]
porcellini teneri: Aristosseno [fr. 29 a Wehrli] afferma invece [Askese] .
che permetteva di cibarsi di carne d'animali, eccezion fatta per DIOG. VIII 20 , ,
il bue aratore e il caprone. GELL. noct. att. IV 11, 1. Si diffuse
l'antica falsa opinione che il filosofo Pitagora non mangiasse , .
carne d'animali, e s'astenesse anche dalle fave, che i Greci
[fr. 7 FHG II 273]
chiamano cyami. (2) Per quest'opinione il poeta Callimaco
, '
scrisse [fr. 128 Schneider]: Anch'io, secondo il precetto di
[I 101. 15 App.] . GELL. IV 11, 1 opinio
Pitagora, ammonisco a non toccare le fave, cibo amaro. (4)
vetus falsa occupavit et convaluit Pythagoram philosophum
Ma il musico Aristosseno, discepolo del filosofo Aristotele e non esitavisse ex animalibus, item abstinuisse fabulo quem
ottimo conoscitore dell'antica letteratura, nel libro che lasci Graeci appellant. (2) ex hac opinione Callimachus
scritto su Pitagora, dice che, tra i legumi, egli us soprattutto le poeta scripsit [fr. 128] ,
fave, perch questo cibo a poco a poco gli liberava e gli
, , , . (4)
rendeva liscio il ventre. (5) Trascrivo le parole stesse
Sed Aristoxenus musicus, vir litterarum veterum
d'Aristosseno [fr. 25 Wehrli]: Pitagora apprezz la fava sopra diligentissimus, Aristoteli [I 101. 20 App.] philosophi auditor,
tutti gli altri legumi, dicendo ch' un cibo lassativo e
in libro quem de Pythagora reliquit [a. O.], nullo saepius
purificatore: e per questo ne fece un uso grandissimo. (6)
legumento Pythagoram dicit usum quam fabis, quoniam is
Riferisce ancora, lo stesso Aristosseno, che Pitagora si cibava cibus et subduceret sensim alvum et levigaret. (5) verba ipsa
della carne di porcellini minuscoli e di agnellini teneri. (7) Or Aristoxeni [fr. 7 FHG II 273] subscripsi: .
sembra che egli sia stato informato di questo dal pitagorico

Senofilo, suo familiare, e da alcuni altri pi vecchi di lui, che . (6) porculis
dall'et di Pitagora non erano tanto lontani. (12) Aristotele [fr. quoque [I 101. 25 App.] minusculis et haedis tenerioribus
194 Rose] dice che i Pitagorici non mangiano la matrice, il
victitasse idem Aristoxenus refert. (7) quam rem videtur
cuore, il pungiglione e alcune altre cose, ma non s'astengono cognovisse e Xenophilo Pythagorico familiari suo et ex
dal resto.
quibusdam aliis natu maioribus, qui ab aetate Pythagorae
<haud tantum aberant> ... (12) [fr. 194]

barbari. Quello ch'egli diceva ai suoi compagni, nessuno pu
dire con certezza, perch serbavano su questo grande segreto.
Ma le sue opinioni pi conosciute sono queste. Diceva che
l'anima immortale, poi ch'essa passa anche in esseri animati
d'altra specie, poi che quello ch' stato si ripete a intervalli
regolari e che nulla c' che sia veramente nuovo, infine che
bisogna considerare come appartenenti allo stesso genere tutti
gli esseri animati. Fu infatti Pitagora colui che per primo port
queste opinioni in Grecia.

,
. Vgl. c. 52
14 A 10. PLAT. resp. x 600 A. Si dice forse che Omero,
14 A 10. PLAT. de rep. X 600 A [I 101. 30]
mentre era in vita, se non pubblicamente, almeno privatamente ,
sia stato maestro ad alcuni, e che costoro lo amassero per il suo ,
insegnamento e poi tramandassero ai posteri un modo di vita ,
detto omerico, a quel modo che fu straordinariamente amato
,
per questo Pitagora, s che quanti in seguito e ancor oggi

vivono nel modo che dicono pitagorico si segnalano tra gli
; DIOG.
altri? DIOG. LAERT. VIII 45. Fior nella 60.a olimpiade [540- VIII 45. [I 101. 35 App.] (Pythagoras)
37], e la sua scuola dur per nove o dieci generazioni. (46)
[540-537],
Ultimi Pitagorici furono quelli conosciuti da Aristosseno [fr. 19 . (46)
Wehrli], Senofilo calcidese della Tracia, e Fantone di Fliunte, [I 102. 1 App.] ,
ed Echecrate e Diocle e Polimnesto, anch'essi di Fliunte.
[fr. 12 FHG II 275] ,
Costoro furono discepoli di Filolao e di Eurito tarentini.


. '
.
14 A 11 HIPPOL. ref. I 2, 12 p. 7, 2 [Dox. 557]. Diodoro
14 A 11 HIPPOL. Ref. I 2, 12 p. 7, 2 (D. 557) [I 102. 5 App.]
d'Eretria e il musico Aristosseno [fr. 13 Wehrli] dicono che

Pitagora and a conoscere il caldeo Zarata [Zarathustra], G e . G
che Zarata gli espose come due siano fin dal principio le cause ' ,
delle cose che sono, il padre e la madre: e che padre la luce, ,
madre la tenebra: e che della luce son parti il caldo il secco il , , ,
leggero il veloce, della tenebra il freddo l'umido il pesante il
, , ,
lento; e che da questi, femmina e maschio, composto tutto il , . /
cosmo. /
14 A 12. DIOG. LAERT. VIII 14. Fu lui che primo introdusse 14 A 12. DIOG. VIII 14 [Pyth.]
in Grecia le misure e i pesi, secondo che dice il musico
,
Aristosseno [fr. 24 Wehrli]. PORPHYR. v. Pyth. 22. Vennero [fr. 10 FHG II 274]. PORPH. V. P.
da lui, secondo che dice Aristosseno [fr. 17 Wehrli] Lucani e 22 ' , [fr. 5 FHG II
Messapi e Piceni e Romani [cfr. IAMBL. v. Pyth. 241].
273], [I 102. 10]
. Vgl. IAMBL. V. P. 241.
14 A 13. PORPHYR. v. Pyth. G (3) Duride di Samo, nel
14 A 13. PORPH. V. P. (3) G '
secondo libro degli Annali dice ch'ebbe un figlio, Arimnesto... / ' ... / 4
(4) Altri dicono che ebbe un figlio da Teano di Pitonatte, di
'
stirpe cretese, chiamato Telauge, e una figlia, Muia: altri

aggiungono anche Arignota (e dicono anche che si salvarono [vgl. 58 A geg. End.], (
alcuni scritti pitagorici dovuti a costoro). Timeo [F.Gr.Hist.
). [fr. 78 FHG I
566 F 131 III 639] racconta che la figlia di Pitagora guidava a 211] '
Crotone il coro delle fanciulle quando era fanciulla, e poi,
[I 102. 15 App.]
quando fu sposata, il coro delle donne: e che i Crotoniati
. '
consacrarono la sua casa a Demetra, e chiamarono Museo il
,
vicolo. G DIOG. LAERT. VIII 15. Fino a Filolao non fu
. Vgl. DIOG. VIII 15. G
possibile conoscere il pensiero di Pitagora; fu Filolao il solo

che divulg i tre famosi libri, che Platone si fece comperare al ,
prezzo di cento mine. Non erano meno di seicento quelli che . '
andavano ad ascoltarlo di notte: e chi era ammesso a vederlo,
scriveva ai familiari di aver ottenuto una concessione
,
straordinaria. I Metapontini chiamavano la sua casa tempio di .
Demetra e Museo il vicolo, come racconta Favorino.10* /
, .
IAMBL. v. Pyth. 170. Raccontano che Pitagora, che aveva
/ IAMBL. V. P. 170
ereditato la sostanza d'Alceo, morto al ritorno da un'ambasceria ,
a Sparta, fu ammirato per la sua amministrazione non meno
,
che per la sua filosofia, e che educ la figlia sua, in seguito
,
sposatasi con Menone di Crotone, in modo che fanciulla
[I 102. 20]
guidava il coro delle fanciulle, e poi, donna, era prima tra le

donne che si accostavano agli altari: e che i Metapontini,
,
ricordando Pitagora anche dopo la sua morte, fecero della sua . IUSTIN. 20, 4 [aus Timaios]
casa un tempio di Demetra, e chiamarono Museo il vicolo.
Pythagoras cum annos viginti Crotonae egisset, Metapontum
IUSTIN. coh. 20, 4 [da Timeo]. Pitagora, dopo aver trascorso emigravit ibique decessit: cuius tanta admiratio fuit ut ex domo

venti anni a Crotone, pass a Metaponto e ivi mor. E tanta fu eius templum facerent. Vgl. CIC. de fin. V 2, 4. PAP. HERC.
l'ammirazione per lui, che della sua casa fecero un tempio [cfr. 1788 [I 102. 25 App.] (Coll. alt. VIII fr. 4; CRNERT,
CICER. de fin. V 2, 4]. VOLL. HERC. 1788 [Coll. alt. VIII fr. Kolotes u. Mened. S. 147)
4; CRNERT, Kolotes und Menedemus, p. 147]. <A Creta,
............... .....
sceso nell'>antro <dell'Ida>... e, <apprese> le cose degli di...
<nei> misteri, <and> a Crotone, <e mor> a novant'anni <e> [nml.
fu sepolto in Metaponto.11*
Pythagoras].
14 A 14. DIODOR. XII 9, 2- 6. C'era a Sibari un certo Teli,
14 A 14. DIOD. XII 9, 2ff. [Ephoros ?] '
che, fattosi demagogo, indusse i Sibariti, movendo accuse ai
[Sybariten] [I 102. 30 App.]
pi importanti cittadini, a esiliare i cinquecento uomini pi

ricchi e a confiscarne i beni. (3) Gli esuli si rifugiarono a

Crotone e si accostarono come supplici agli altari ch'erano
. (3)
nella piazza: Teli allora mand ambasciatori a Crotone a

chiedere che fossero consegnati loro gli esuli; altrimenti Sibari ,
avrebbe mosso guerra a Crotone. (4) Fu quindi convocata
,
l'assemblea e fu messo in discussione se consegnare i supplici . [I 102. 35] (4)
ai Sibariti o affrontare una guerra contro una citt pi forte. Il ,
senato e il popolo erano incerti, e dapprima la moltitudine

propendeva a consegnare i supplici per evitare la guerra. Ma
,
poi, consigliando il filosofo Pitagora di salvare i supplici,
,
mutarono parere e decisero d'affrontare la guerra per salvarli.
(5) I Sibariti mossero contro di loro con trecentomila uomini, e .
i Crotoniati li affrontarono con centomila, sotto la guida
, [I
dell'atleta Milone, il quale fu il primo a volgere in fuga i nemici 102. 40]
che aveva di fronte con la sua forza straordinaria. (6) Di costui . (5) ' '
si racconta che aveva ottenuto sei vittorie nei giochi olimpici, e
che, valoroso quanto forte, and in battaglia cinto delle corone
olimpiche e armato al modo di Eracle, con una pelle di leone e
una clava; e che la vittoria gli merit l'ammirazione dei
' . (6) [I
concittadini... (10, 1) La maggior parte dei Sibariti fu distrutta, 103. 1 App.]
ch i Crotoniati, pieni di collera, non vollero far prigionieri, ma
uccisero tutti quelli che nella fuga caddero nelle loro mani; e la
citt fu saccheggiata e resa completamente deserta.
,

. (10,1) [I 103. 5]

,

[510]. Vgl.
IAMBL. V. P. 260
[ Bentley n. Diod. XII 22, 1]
.
14 A 15. DIOG. LAERT. II 46. Con lui [Socrate] contesero, 14 A 15. DIOG. II 46 [I 103. 10 App.] [Sokrates] ,
come dice Aristotele nel terzo libro della Poetica [fr. 75 Rose], [fr. 75],
Antiloco di Lemno e Antifonte, l'interprete di presagi, cos

come con Pitagora, Cilone e Onata.
[87 A 1. 5], [s. Z. 17] [58
A].
14 A 16. IAMBL. v. Pyth. 248-51. Che il complotto sia stato 14 A 16. IAMBL. V. P. 248ff.
fatto mentre Pitagora era assente, tramandano concordemente , ,
tutti: ma non tutti sono d'accordo nel dire dove egli fosse,
, [I 103.
perch per gli uni era andato presso Ferecide di Siro, per gli
15 App.] ,
altri era andato a stabilirsi a Metaponto. E pi cause del
.
complotto s'adducono. Tra le altre questa, che il complotto sia ,
stato fatto dai Cilonei per questa ragione. Cilone di Crotone era .
per nascita, per fama e per ricchezza, uno dei primi cittadini,
ma era anche aspro e violento e sedizioso e d'animo tirannico. ,
Costui era stato preso dal desiderio di entrare a far parte della
comunit dei Pitagorici, e s'era rivolto allo stesso Pitagora, ma [I 103. 20]
ne era stato respinto per le ragioni che ho dette. (249) Aveva
quindi, per questo fatto, intrapreso un'aspra guerra coi suoi

amici contro Pitagora e i suoi amici: e cos violenta fu la guerra . (249)

di Cilone e dei suoi compagni, che dur fino a che ci furono



Pitagorici. Pitagora fu costretto ad andarsene a Metaponto,
,
dove, secondo che si tramanda, mor. Intanto i cosiddetti

Cilonei continuarono a lottare con ogni forza contro i
' , [I 103. 25]
Pitagorici: e tuttavia per qualche tempo la nobilt dei Pitagorici .
e il volere delle citt ebbero il sopravvento, tanto che le citt

vollero essere governate da essi. Ma alla fine i Cilonei, che mai .
avevano desistito dal tramare contro i Pitagorici, dettero fuoco
alla casa di Milone, dove essi s'erano raccolti a deliberare sugli . '
affari della citt, e li bruciarono tutti, tranne due, Archippo e
Liside. Questi, ch'erano i pi giovani e i pi forti, riuscirono ad , ' [I
aprirsi una strada e a fuggire. (250) Rimasto impunito dalle
103. 30 App.] .
citt il delitto, i Pitagorici cessarono d'occuparsi degli affari
,
pubblici. Due furono le cause che li indussero a questo, la

trascuranza delle citt che non punirono gli autori di un tale e
tanto delitto, e la morte degli uomini pi adatti al comando. Dei ,
due che si salvarono, entrambi tarentini, Archippo si ritir a

Taranto, e Liside, che non voleva rimanere oscuro, pass in
. (250)
Grecia, ove dapprima visse nell'Acaia peloponnesiaca, e poi
[I 103. 35]
pass a Tebe, dove avevano mostrato desiderio di lui. Fu suo
discepolo Epaminonda, che lo chiamava col nome di padre. E a . ' ,
Tebe Liside mor. (251) Gli altri Pitagorici si raccolsero a
(
Reggio, e ivi per qualche tempo vissero insieme. Pi tardi per,
poich le condizioni politiche diventavano sempre peggiori,
)
s'allontanarono dall'Italia, tranne Archita di Taranto. I pi
.
celebrati furono Fantone ed Echecrate e Polimnesto e Diocle, [I 104. 1
di Fliunte; e Senofilo calcidese, dei Calcidesi della Tracia. Tutti App.] ,
costoro serbarono i costumi e le dottrine antiche, bench fosse
scomparsa la setta, e morirono nobilmente. Queste notizie le
,
tramanda Aristosseno [fr. 18 Wehrli]. Nicomaco nel resto del
racconto concorda con lui, ma dice che il complotto avvenne .
durante l'assenza di Pitagora [cfr. 44 A 4 a].
. (251)
PORPHYR. v. Pyth. 56. Dicearco [fr. 34 Wehrli] e i pi
[I 104. 5 App.]
accurati scrittori dicono che il complotto fu fatto mentre
' .
Pitagora era a Crotone, G ch Ferecide era gi morto quando
Pitagora s'allontan da Samo. E racconta che quaranta dei suoi .
amici furono assaliti e presi nella casa d'uno di essi; gli altri,

ch'erano i pi, furono uccisi qua e l per la citt, dovunque
,
fossero trovati. E che Pitagora, dopo la sconfitta dei suoi,
.
dapprima si rifugi nel porto di Caulonia e poi si diresse verso [I 104. 10 App.]
Locri, ove, appena giunta la notizia, gli furono mandati
, .
incontro, ai confini del territorio, alcuni anziani. Trovatolo, gli [fr. 11 FHG II 274] .
dissero:
,
Sappiamo, o Pitagora, che tu sei uomo intelligente e sapiente; . [Vgl.
ma noi siamo contenti delle nostre leggi e vogliamo che restino 44 A 4a und c. 46]. PORPH. V. P. 56 [fr. 31 FHG
cos come sono: tu dunque, se hai bisogno di qualche cosa,
II 245]
prenditela; ma vattene altrove.
. G
In questo modo fu allontanato da Locri; di l pass a Taranto, . '
ove ebbe pressappoco la stessa sorte che aveva avuto a Locri;
quindi pass a Metaponto. DIOG. LAERT. VIII 40. Dicearco ,
[fr. 35 b Wehrli] dice che Pitagora, rifugiatosi nel tempio delle .
Muse a Metaponto, vi mor dopo aver digiunato per quaranta
giorni. / POLYB. II 38, 10 sgg. Questo modo di vita e questa , .
costituzione di cui ora ho parlato, gli Achei li avevano gi

prima. Molti fatti lo dimostrano, ma, a provarlo, basteranno
.
una o due testimonianze. POLYB. II 39, 1. Nel tempo in cui ", ,
furono incendiati, in quella parte dell'Italia che allora era detta '
Magna Grecia, i sinedri ove si raccoglievano i Pitagorici, (2) ,
grandi sconvolgimenti ebbero luogo (com' naturale, dato che ' '
furono uccisi cos inaspettatamente i primi cittadini di ciascuna [ ] ." '
citt) (3) e le citt elleniche furono piene di stragi e di contese e ,

di lotte d'ogni genere. (4) Ora, in quei tempi, vennero nelle citt
della Magna Grecia ambasciatori da quasi tutte le parti
. DIOG. LAERT. VIII
dell'Ellade, per mettere pace, ma esse accettarono l'arbitrato dei 40. [fr. 35 b Wehrli]
soli Achei per porre fine ai loro mali. G IAMBL. v. Pyth. 254
sgg. Ma poich Apollonio in alcune parti si discosta da questo , ' . / POLYB. II 38,
racconto, e molto aggiunge non detto da altri, voglio riportare 10ff. [I 104. 15 App.]
anche la sua esposizione della ribellione contro i Pitagorici...
Fino a che Pitagora fu pronto a conversare con chiunque gli si . . . POLYB. II 39, 1 '
avvicinasse, fu gradito alla citt, ma dopo che cominci a

intrattenersi soltanto coi suoi discepoli, perdette il favore. Ch,
se accettavano di essere superati da lui, straniero, erano irritati , (2)
con quelli del luogo che apparivano privilegiati; e insieme
( ,
sospettavano che si unissero per sopraffarli.
[I 104. 20 App.]
S'aggiungeva poi che quei giovani venivano dalle famiglie pi ) (3) '
illustri e facoltose, e che, col passare del tempo, essi non solo
primeggiarono entro la famiglia, ma divennero insieme
. (4) ,
reggitori della citt, avendo costituito una grande societ (ch
erano pi di trecento) bench fossero soltanto una piccola parte ,
della citt... (255) E tuttavia, fino a che i Crotoniati non
. G IAMBL. v. Pyth. 254
s'impossessarono di terra straniera e Pitagora rimase nella citt, sgg.
l'ordine istaurato dopo che la societ s'era formata perdur,

bench fosse sgradito e si cercasse un'occasione per
,
rovesciarlo. Ma dopo che si furono impadroniti di Sibari e
,
Pitagora se ne fu andato, come i Pitagorici non vollero
....
distribuire la terra conquistata secondo i desideri del popolo
, ,
minuto, l'odio nascosto proruppe, e il popolo si ribell contro di , .
loro. Capi della sedizione furono coloro che avevano maggiori , '
legami d'affinit e parentela coi Pitagorici. E la causa era
, '
questa, che molte usanze dei Pitagorici li irritavano, cos come .
irritavano tutti gli altri, come quelle che avevano qualche cosa
di singolare e di diverso da quelle di tutti, ma soprattutto li
,
irritavano perch pensavano che su di loro soltanto cadesse il ,
disonore. Il fatto che nessun Pitagorico chiamava Pitagora col ,
suo nome, ma dicendolo divino finch era in vita, e poi,
( ),
dopo la sua morte, quell'uomo ... e similmente che non
, '
s'alzavan mai dal letto dopo sorto il sole, e che non portavano (255) .
anelli con immagini della divinit... (257) tutto questo, come ,
dissi, irritava tutti ugualmente... Per parte loro poi i parenti
,
erano irritati dal fatto che i Pitagorici si stringevano tra loro la .
mano ma non stringevano quella dei loro familiari, eccettuati i , ,
genitori, e usavano in comune delle sostanze, ma ne

escludevano loro. Furono questi gli iniziatori della ribellione: e , ,
gli altri prontamente li secondarono. Tra gli stessi mille, Ippaso .
e Diodoro e Teage domandarono che fosse concesso a tutti il
diritto di partecipare alle assemblee e di essere eletti alle
. ' ,
cariche pubbliche, e che fosse fatto obbligo ai magistrati di
,
rendere conto del loro operato a uomini designati dalla sorte di , ' ,
tra tutti; s'opposero Alcimaco e Dimaco e Metone e Democede, '
Pitagorici, dicendo che non doveva essere modificata la
.
costituzione patria: vinsero per quelli che favorivano il popolo , ,
minuto.12* (258) Dopo questo, raccoltasi la moltitudine, gli
, , ,
oratori Cilone e Ninone, il primo di ricca famiglia, il secondo , ... , , '
dei popolari, cominciarono ad accusare i Pitagorici,
,
dividendosi le parti. E dopo che un lungo discorso d'accusa fu (257) , ,
pronunciato da Cilone, l'altro continu l'accusa, vantandosi di ...
aver conosciuto i segreti dei Pitagorici, in realt per avendo ,
fatto lui stesso scrivere insidiosamente in un libello cose che ,
potessero servire a calunniarli, e dando poi da leggere il libello , ,
allo scrivano pubblico. (259) Il titolo del libro era Discorso
.
sacro; e v'erano scritte cose di tal genere: onora gli amici come
gli di, ma gli altri trattali come fiere... (260) Diceva insomma .

che la loro filosofia altro non era se non una congiura contro il
popolo, e li invitava a non lasciarli neppur parlare, e a pensare
che neppure si sarebbero radunati se quelli avessero persuaso i ,
mille ad approvare i loro consigli: non si doveva dunque

lasciare la parola a quelli che avevano cercato in ogni modo di
toglierla agli altri, ma piuttosto usare la forza contro di loro
, (258)
quando stavano per votare o per prendere la scheda del voto, .
ch era cosa vergognosa che quelli che al fiume Tetraente

avevano vinto 300 000 uomini fossero oppressi dalla millesima . '
loro parte. (261) Per dire in breve, eccit a tal punto con le sue , . ,
accuse gli ascoltatori, che pochi giorni dopo si raccolsero e si
prepararono ad assalire i Pitagorici celebranti una festa in
,
onore delle Muse, in una casa presso il tempio d'Apollo. I
,
Pitagorici, informati in tempo, si rifugiarono in un albergo, e ,
Democede con i giovani se ne and a Platea. Quelli intanto,
(259) . '
abrogate tutte le leggi, fecero un decreto, col quale, accusando " ",
Democede di aver raccolto i giovani per farsi tiranno,
. ,
promisero tre talenti a chi l'uccidesse... Democede fu vinto da ' . .. (260)
Teage, e a costui la citt dette i tre talenti. (262) Molti mali

tormentavano la citt e la regione; e i fuggiaschi furono rinviati ,
a giudizio; e incaricate del giudizio furono tre citt, Taranto,
' '
Metaponto e Caulonia: gli inviati di queste citt, ricompensati ,
con denaro per il giudizio, come si legge nelle memorie di
.
Crotone, decretarono che i colpevoli fossero esiliati. Riusciti
vincitori in giudizio [gli autori della sommossa], esiliarono
, '
anche altri che erano avversi al nuovo stato di cose, e insieme i ,
parenti dei condannati all'esilio, dicendo che non volevano
, ,
macchiarsi d'empiet, staccando i figli dai genitori. E

cancellarono i debiti, e distribuirono la terra. (263) Molti anni
dopo, periti in una battaglia Dinarco e i suoi seguaci e morto (261) . '
Ligate, uno dei pi importanti capi della ribellione, i cittadini si , '
pentirono e furono presi da compassione e decisero di
, ,
richiamare gli esuli sopravvissuti. Si servirono per questo di
' '
ambasciatori chiamati dall'Acaia e si riconciliarono con gli
. ,
esuli e a Delfi deposero il testo del giuramento di
,
riconciliazione. I Pitagorici ritornati, tolti i pi vecchi, furono .
circa sessanta. /
,
,
... []
, (262)
.
,
, ,
, ,
,
, .

,

. (263)
.
,
,
, ,
.
'
(264)
.

. /
SCRITTI - DOTTRINA
SCHRIFTEN, LEHRE

[I 104. 25 App.]
14 A 17. PHILOD. de piet. p. 66, 4 b 3. Alcuni negano che
Pitagora abbia scritto altre opere oltre <ai tre libri>. IAMBL. v. 14 A 17. PHILOD. de piet. p. 66, 4b 3 Gomp. '
Pyth. 199. S'ammira anche la cura che ebbero a tener segrete le
loro dottrine. Perch in tante generazioni fino a Filolao nessuno ? . IAMBL. V. P. 199 [verm. aus
conobbe memorie di Pitagorici: fu Filolao il primo a divulgare i Aristoxenos]
tre libri famosi, di cui si dice che furono acquistati per cento

mine da Dione siracusano per incarico di Platone, quando
[I 104. 30]
Filolao si trov in dura e grave povert. Filolao faceva parte
, '
della setta dei Pitagorici, e per questo aveva potuto avere i libri ,
[cfr. 44 A 1].
,

,
, . Vgl. 44
A 1 ( 85). c. 18, 4.
14 A 18. IOSEPH. c. Ap. I 163. Non c' opera che sia attribuita 14 A 18. IOSEPH. c. Ap. I 163 [I 104. 35] [Pyth.]
concordemente a lui: ma molti hanno tramandato notizie su di ,
lui: il pi celebre tra questi Ermippo, che s'occup con cura , . (vgl.
d'ogni genere di storia. PLUTARCH. de Alex. fort. I 4 p. 328. 11 A 11. c. 19, 2). PLUT. Alex. fort. I 4 p. 328
N Pitagora n Socrate n Arcesilao n Carneade lasciarono
[I 105. 1]
scritti. GALEN. de plac. Hipp. et Plat. V 459, 2 Mller.
. GALEN. de plac. Hipp. et Plat.
Posidonio afferma [che la psicologia, che poi Platone segu, la V 459 Mll. ,
segu] anche Pitagora, bench di lui non ci sia giunto alcuno

scritto, ma congetturandolo da quanto hanno scritto alcuni suoi ,
discepoli.
[I 105. 5 App.] . Vgl. in Hipp. de nat. hom.
XV 67 K.
14 A 19. DIOG. LAERT. VIII 6. Alcuni affermano che
14 A 19. DIOG. VIII 6
Pitagora non lasci neppure uno scritto; ma scherzano. Eraclito (.
fisico quasi grida quando dice [22 B 129]:
[22 B 129]
Pitagora di Mnesarco esercit la ricerca pi di tutti gli altri
'
uomini. E avendo fatto una scelta da questi scritti, cos si cre .
la sua scienza, ch' varia conoscenza e mala arte.
, , .'[I 105.
Disse cos perch Pitagora, nel principio del suo libro Della
10 App.] ' ,
natura, scrive:
"
Per l'aria che respiro e per l'acqua che bevo, non avr mai
, , , , '
biasimo per questo discorso.
."
Tre libri scrisse Pitagora: Dell'educazione, Del governo delle , , ,
citt, Della natura. (7) Quello che esiste ed attribuito a
) (7)
Pitagora di Liside di Taranto, pitagorico, fuggito a Tebe e

diventato maestro di Epaminonda. Eraclide di Serapione
[I 105. 15 App.] [vgl. c. 46].
nell'epitome di Sozione [fr. 9 F.H.G. III 169] afferma che egli '
scrisse anche un poema Intorno al tutto, e, secondo, il Discorso [fr. 9 F.H.G. III 169]
sacro, che comincia con le parole:
, ,
O giovani, onorate con animo sereno tutte queste cose;
" , ' ",
poi, terzo, un libro Intorno all'anima, poi, quarto, Della piet, , ,
poi, quinto, A Elotale (il padre di Epicarmo di Coo) [cfr. 23 A [vgl. 23 A 3, 8],
3, 8], poi, sesto, Crotone, e altri. Il Discorso mistico Eraclide lo . [I 105. 20 App.]
attribuisce ad Ippaso, e aggiunge che fu scritto per calunniare ,
Pitagora; e che molti altri discorsi, scritti da Astone di Crotone, [vgl. c. 18].
furono attribuiti a Pitagora. (8) Ione di Chio nei Triagmi dice . G CLEM.
che Pitagora scrisse alcuni libri e li attribu a Orfeo. G CLEM. ALEX. strom. I 131 [II 81, 11].
ALEX. strom. I 131 [II 81, 11]. Ione di Chio nei Triagmi dice
che anche Pitagora attribu alcuni suoi scritti ad Orfeo. /
. /
14 A 20. DIOG. LAERT. IX 23. Favorino, nel quinto libro
14 A 20. DIOG. IX 23 (Parmenides)
delle Memorie, scrive che Parmenide sembra essere stato il
[28 A
primo a dire che Vespero e Lucifero [28 A 1 23] sono la
1 23] . . . .
stessa stella... altri dicono che fu Pitagora.
14 A 21. AT. II 1, 1 [Dox. 327]. Pitagora fu il primo a
14 A 21. AT. II 1, 1 (D. 327, 8) .
chiamare cosmo la sfera delle cose tutte, per l'ordine che esiste [I 105. 25]
in essa.
.

15. CERCOPE

15.[5] KERKOPS App.

CICER, de nat. d. I 38, 107. Aristotele [fr. 7 Rose] insegna che CIC. de nat. d. I 38, 107 Orpheum poetam docet Aristoteles [fr.
il poeta Orfeo non esistette mai; e tramandano che questo
7] numquam [I 105. 30 App.] fuisse et hoc Orphicum carmen
carme orfico in realt fu composto da un certo Cercope
Pythagorei ferunt cuiusdam fuisse Cercopis. CLEM. Strom. I
pitagorico. l* CLEM. ALEX. strom. I 131 [II 81, 11]. Epigene, 131 [II 81, 11 Sthl.]
nell'opera Sulla poesia attribuita ad Orfeo, dice che di Cercope [I 106. 1 App.]
pitagorico sono il carme la Discesa nell'Ade e il Discorso

sacro, e di Brontino il Peplo e i libri della Fisica. SUID. s. v. [ang. Schriften des Pythagoras, s. 36 B 2],
. Scrisse ... Discorsi sacri in 24 rapsodie. Alcuni
[c. 17]. SUID. s. v.
dicono che questi discorsi sono di Teogneto tessalo, altri del
. .
pitagorico Cercope.
, [I 106. 5]
DIOG. LAERT. II 46. Cos Cercope rivaleggiava con Esiodo.2* . DIOG. II 46 [s. I 103, 10ff.]
. [nml. ]. Wohl ein anderer,
nmlich Kerkops von Milet, dem man, wie Hesiod, das Gedicht
Aigimios zuschrieb; vgl. Kinkel Epic. Graec. frag. S. 82 ff.,
Rzach fr. 1902.

16. PETRONE

16[6]. PETRON

PLUTARCH. de defect. or. 22 p. 422 B. Dice che i mondi sono PLUT. de defect. or. 22 p. 422 B [I 106. 10 App.]
183, disposti secondo la figura di un triangolo, e che in ogni
[n. ]
lato del triangolo ci sono 60 mondi: gli altri tre si trovano nei ,
tre angoli. E tutti si toccano secondo la loro successione, e tutti .
si muovono lentamente intorno, come in una danza.
,
PLUTARCH. de defect. or. 23 p. 422 D. Lo confuta il numero . PLUT. de defect. or. 23 p. 422
dei mondi, che non n egizio n indo, ma dorico della Sicilia, D '
di un imerese di nome Petrone. Il libro di costui io non lo lessi, [I 106. 15 App.]
e neppure so che si sia salvato, ma Ippis di Reggio, ricordato da ,
Fania di Ereso [fr. 22 F.H.G. II 300] riferisce che Petrone
,
opinava e diceva che i mondi sono 183, e che si toccano
, [fr. 22
secondo l'elemento, ma che cosa significhi questo toccarsi
F.H.G. II 300],
secondo l'elemento non chiarisce, n aggiunge alcuna
, ,
argomentazione.1*
' , '
" ", [I 106. 20]
' .

17. BRO(N)TINO

17[7]. BRO(N)TINOSApp.

17 A 1. IAMBL. v. Pyth. 267. Di Metaponto sono Brontino,


17 A 1. IAMBL. V. P. 267 p. 189, 5 Nauck
Parmisco... 194, 2. Teano, moglie di Brotino di Metaponto.
. 194, 2.
IAMBL. v. Pyth. 132. Vennero da Deinono, moglie di Brontino . IAMBL. V. P. 132 p. 96
pitagorico (donna saggia e magnanima, di cui il detto bello e , ,

famoso, da alcuni attribuito a Teano, che la donna deve, dopo , [I 106. 25]
essersi staccata dal marito, nello stesso giorno sacrificare agli
di) le donne di Crotone, e la pregarono di aiutarle a persuadere ,
Pitagora a parlare ai loro mariti esortandoli ad essere continenti ,
con loro. DIOG. LAERT. VIII 42. Pitagora aveva anche una
moglie, di nome Teano, figlia di Brontino di Crotone (altri

dicono che costei era moglie di Brontino e discepola di
. DIOG. VIII 42
Pitagora). E aveva anche una figlia, Damo, come dice Liside , ,
nella lettera ad Ippaso.
: , [I 106. 30] ,
[I 107. 1 App.] .
,
.
17 A 2. DIOG. LAERT. VIII 83. G 83. Alcmeone fu figlio di 17 A 2. DIOG. VIII 83 Alkmaion beginnt seine Schrift (24 B
Pinito; lo dice lui stesso nel principio del suo scritto [24 B 1]: / 1): G ,
Alcmeone di Crotone, figlio di Pirito, disse queste cose a
/
Brotino e a Leonte e a Batillo: delle cose oscure hanno

conoscenza certa gli di.
[I 107. 5 App.] .
17 A 3. DIOG. LAERT. VIII 55. La lettera attribuita a
17 A 3. DIOG. VIII 55
Telauge, ov' detto che Empedocle fu discepolo di Ippaso e di , [Empedokles]
Brotino, [Neante dice che] non degna di fede.
, .
17 A 4. SUID. s. v. [1 A 1]. Scrisse... il Peplo e la
17 A 4. SUID. s. v . [1 A 1]
Rete. Per alcuni queste opere sono di Zopiro Eracleota, per altri , ...
di Brotino... e i libri della Fisica, che alcuni attribuiscono a
, . CLEM. Strom. I 131 (II 81, 13
Brotino... CLEM. ALEX. strom. I 131 [II 81, 11]. Epigene
St.) [vgl. I 106, 2] [I 107. 10 App.]
dice... che il Peplo e i libri della Fisica sono di Brotino.
[Schriften des Orpheus] .
17 A 5. IAMBL. de comm. math. sc. 8 p. 34, 20 Festa. Perci 17 A 5. IAMBL. de comm. math. sc. 8 p. 34, 20 Festa
anche Brotino nel libro Sul pensiero intuitivo e sul pensiero

discorsivo, distinguendo l'uno dall'altro, dice: Il pensiero
' . Zitate aus der geflschten Schrift
discorsivo pi che quello intuitivo.1*
auch Syrian. Metaph. p. 926a 2 und fters [I 107. 15] [Ps.
Alex. Met. 821, 34 Hayd.]; Stob. b. Phot. bibl. 114a 29.

18. IPPASO
VITA

18[8]. HIPPASOS
LEBEN

18 A 1. DIOG. LAERT. VIII 84. Ippaso di Metaponto, anche 18 A 1. DIOG. VIII 84


lui pitagorico.1* Diceva che il tempo della trasmutazione del .
cosmo definito, e che il tutto limitato e sempre in
[I 107. 20]
movimento.
[Aus Theophrast, vgl. n. 7].
Demetrio negli Omonimi dice che non lasci scritto alcuno. Ci '
furono due Ippasi, questo e un altro, Lacone, che in cinque libri . ,
espose quale fu la costituzione dei Laconi.
.
.
18 A 1 a. SUID. s. v. [22 A 1 a] ... Alcuni dissero 18 A 1 a. SUID. s. v. [22 A 1a] ...
che Eraclito fu scolaro di Senofane e di Ippaso pitagorico.
[I 107. 25 App.]
.
18 A 2. IAMBL. v. Pyth. 267. Di Sibari furono Metepo,
18 A 2. IAMBL. V. Pyth. 267 p. 190, 11 N.
Ippaso... IAMBL. v. Pyth. 81 [cfr. de comm. math. sc. 25 p. 76, , . IAMBL. V. Pyth. 81 [Aus
16]. Quelli che seguivano la filosofia di Pitagora si dividevano Nickomachos]
in acusmatici e in matematici. E i matematici erano considerati [Pythagoreische Philosophie], ,
Pitagorici anche dagli acusmatici; essi per non ammettevano .
che lo fossero anche gli acusmatici, dicendo che costoro
, [I
seguivano non Pitagora, ma Ippaso.2* Quanto ad Ippaso, alcuni 107. 30] ,
dicono che fu di Crotone, altri di Metaponto. PORPHYR. v.
, '
Pyth. 36. Pitagora esponeva i suoi insegnamenti a chi lo
, .
frequentava o distesamente o per simboli. (37) Ch il suo
PORPH. V. P. 36
insegnamento era di due modi: e quelli che lo frequentavano si [Pythagoras], . (37)
distinguevano in matematici e in acusmatici. Matematici erano .
quelli che conoscevano la parte pi importante e pi
, '

. [I 108. 1]

, '

.
18 A 3. DIOG. LAERT. VIII 7. Eraclide dice che il Discorso 18 A 3. DIOG. VIII 7 [s. ob. I 105, 19]
mistico di Ippaso, e che fu scritto per calunniare Pitagora.
[des Pythagoras] [I 108. 5 App.]
.
18 A 4. IAMBL. de comm. math. sc. 25 p. 77, 18, e v. Pyth. 88. 18 A 4. IAMBL. V. P. 88 und de c. math. sc. 25 '
Dicono che Ippaso era un pitagorico, che divulg e descrisse la , ,
sfera formata dai dodici pentagoni, che mor, per questa sua

empiet, in un naufragio, e che ebbe fama d'aver fatta lui la
,
scoperta, mentre tutte le scoperte erano di quell'uomo, come, , "
senza nominarlo, chiamano Pitagora. Le matematiche, dopo
".
che furono divulgate... le condussero innanzi soprattutto
[I 108. 10 App.] .
Teodoro di Cirene e Ippocrate di Chio. I Pitagorici dicono che , ,
la geometria fu divulgata perch a un pitagorico che aveva
,
perduto la sua sostanza fu concesso, dopo tale sciagura, di

guadagnarsi denaro con essa. IAMBL. v. Pyth. 246. Dicono che [c. 43] [c. 42].
colui che per primo divulg la natura della commensurabilit e
dell'incommensurabilit a uomini che non meritavano d'essere , ' ,
messi a parte di queste conoscenze, venne in tal odio agli altri [I 108. 15] .
Pitagorici, che questi non solo lo cacciarono dalla comunit,
IAMBL. V. P. 246
ma anche gli costruirono un sepolcro come se fosse morto, lui
che una volta era stato loro amico. IAMBL. v. Pyth. 247. Altri ,
aggiungono che anche la divinit s'adir con quelli che
,
avevano divulgato la dottrina di Pitagora: ch per, come

empio, in mare colui che rese noto come la figura
' . IAMBL.
dell'icosagono (e cio del dodecaedro, che una delle
V. P. 247
cosiddette cinque figure solide) si pu iscrivere in una sfera.
[I 108. 20 App.] .
Altri ancora dicono che ebbe questa sorte colui che parl ad

altri dei numeri irrazionali e dell'incommensurabilit. CLEM. , ' ,
ALEX. strom. V 58 [II 364, 27]. Dicono che il pitagorico
,
Ipparco [sic!], colpevole di aver divulgato con gli scritti la
.
dottrina di Pitagora, fu bandito dalla comunit, e che gli fu fatta . CLEM. Strom.
una stele funebre come se fosse morto. G DIOG. LAERT. VIII V 58 (II 364, 27 St.) (sic)
42. Aveva anche una figlia, Damo, come dice Liside nella
[I 108. 25 App.]
lettera ad Ippaso, dove parla in questo modo di Pitagora:

' . G DIOG. LAERT. VIII 42.
Molti dicono che tu anche pubblicamente parli della filosofia, ,
violando il precetto di Pitagora, il quale, affidando le memorie , "
alla figlia Damo, le raccomand di non consegnarle a nessuno ,

che non fosse della famiglia. Ed essa, che pur poteva

guadagnare molto denaro divulgando i discorsi, non lo fece,
perch preferiva obbedire al padre e restar povera che acquistar .

denaro: ed era una donna. /

, ." /
18 A 5. IAMBL. v. Pyth. 257 [da Apollonio]. Tutte queste
18 A 5. IAMBL. V. P. 257 , [ 255]
cose, come dissi, irritavano tutti, ch vedevano i Pitagorici
, '
vivere separatamente dagli altri. Per parte loro poi i parenti
...
erano irritati per il fatto che i Pitagorici, mentre tra loro si
[nml. ]
stringevano la mano, non la stringevano ai loro parenti,
[I 108. 30 App.]
eccettuati i genitori, e perch, mentre usavano in comune le
,
loro sostanze, ne escludevano loro. Furono questi gli iniziatori
della ribellione; e gli altri prontamente li secondarono. Tra i

mille allora Ippaso e Diodoro e Teage sostennero che a tutti
,
doveva essere concesso il diritto di partecipare alle assemblee e
di essere eletti alle cariche pubbliche, e che i magistrati
[c. 19]
dovevano rendere conto del loro operato a uomini designati
[I 108. 35 App.]
dalla sorte di tra tutti; s'opposero i Pitagorici Alcimaco e
.
approfondita della sua dottrina, acusmatici quelli cui erano
insegnate soltanto le regole sommarie senza accurate
spiegazioni.

Metarco e Metone e Democede, dicendo che non si doveva


modificare la costituzione patria: alla fine vinsero quelli che
favorivano il popolo minuto. In seguito, radunatasi la
moltitudine, Cilone e Ninone, oratori, quello di famiglia ricca,
questo di famiglia popolare, dividendosi le parti, cominciarono
a parlare contro i Pitagorici.
18 A 6. CAEL. AURELIAN. morb. acut. I 1. Dicono che il
filosofo pitagorico Ippallo [sic!] richiesto che cosa facesse,
rispose: Nulla; e invero non mi si invidia ancora.
DOTTRINA


, [aus der Erzhlung des
Apollonios].

18 A 6. CAEL. AUREL. acut. pass. I 1 [I 109. 1 App.] aiunt


Ippallum (so) Pythagoricum philosophum interrogatum quid
ageret respondisse: 'nondum nihil; nondum quidem mihi
invidetur'.
LEHRE [Vgl. 1.]
18 A 7. ARIST. Metaph. A 3. 984 a 7 [I 109. 5] .
. SIMPL. Phys. 23,
33 [D. 745; THEOPHR. Phys. Opin. fr. 1] .
[22 A 6]
,


[I 109. 10] .
AT. I 5, 5 [D. 292] .

, .

18 A 7. ARISTOT. Metaph. A 3. 984 a 7. Ippaso di Metaponto


ed Eraclito di Efeso dicono che principio il fuoco. SIMPLIC.
phys. 23, 33 [THEOPHR. phys. opin. fr. 1; Dox. 475]. Anche
Ippaso di Metaponto ed Eraclito di Efeso dissero che l'uno
mosso e limitato, ma pensarono come fuoco il principio, e
dissero che dal fuoco nascono le cose per condensazione e per
rarefazione, e che in esso poi le cose si dissolvono, perch
questa sola per essi la natura che fa da sostrato. AT. I 5, 5
[Dox. 292]. Ippaso di Metaponto ed Eraclito, figlio di Blisone,
di Efeso, dissero che il tutto uno, e sempre in movimento e
limitato, e che principio il fuoco.
18 A 8. CLEM. ALEX. protr. 5, 64 [I 49, 3]. Ippaso di
18 A 8. CLEM. Protr. 5, 64 S. 49, 3 Sthlin
Metaponto ed Eraclito di Efeso considerarono dio il fuoco.
.
.
18 A 9. AT. IV 3, 4 [Dox. 388]. Parmenide e Ippaso ed
18 A 9. AT. IV 3, 4 [D. 388] [I 109. 15] .
Eraclito pensarono ignea la natura dell'anima. TERTULL. de [nml. ]. TERTULL. de
an. 5. Ipparco ed Eraclito dissero che l'anima di fuoco.
anima 5 Hipparchus (so) et Heraclitus ex igni.
18 A 10. CLAUDIAN. MAM. de an. II 7 p. 121, 14. Ippone di 18 A 10. CLAUDIAN. MAM. de anim. II 7 Hippon (so)
Metaponto, della medesima scuola di Pitagora, premessi
Metapontinus ex eadem schola Pythagorae praemissis pro
sull'anima argomenti che sono, secondo il suo credere,
statu sententiae suae insolubilibus argumentis de anima sic
inconfutabili, dice cos: Diversissimi sono il corpo e l'anima, pronuntiat "longe aliud anima, aliud corpus [I 109. 20] est,
che ha vigore anche quando il corpo intorpidito, e vede
quae corpore et torpente viget et caeco videt et mortuo vivit",
quand'esso cieco, e vive quand'esso morto; ma donde, e
unde autem, hoc est quo principio, nescire se dicit [wie n. 11
cio da qual principio, essa sia originata, dice di non sapere.
aus einer geflschten neupyth. Schrift].
18 A 11. STOB. ecl. I 49, 32 [probabilmente da IAMBL. de 18 A 11. IAMBL. de anima bei STOB. Ecl. I 49, 32 p. 364, 8
an.]. Alcuni Pitagorici collegano senz'altro il numero con
W. [nml. ]
l'anima. Che si muove da s dice Senocrate, che contiene in s i . [I 109. 25
rapporti dice il pitagorico Moderato, ch' strumento di
App.] ' ,
distinzione del dio ordinatore del cosmo dice l'acusmatico
?> ,
pitagorico Ippaso. IAMBL. in Nicom, arithm. 10, 20. Gli
.
acusmatici, discepoli di Ippaso, dicevano che il numero
. IAMBL. Nicom, arithm. 10, 20 Pistelli
primo modello della composizione del cosmo e strumento di
distinzione del dio ordinatore del cosmo.

. Vgl. Syr. in Ar. metaph. [I 109. 30] p. 902a 31
Us.
18 A 12. SCHOL. PLAT. Phaed. 108 D [scolio ad: arte di
18 A 12. SCHOL. PLAT. Phaed. 108 D [ ]
Glauco] S'usa questa espressione per le cose che non si fanno
facilmente o per quelle per cui ci vuole grande cura ed arte.
. .
Perch, avendo un certo Ippaso costruito in bronzo quattro
,
dischi di uguale diametro, ma di diverso spessore (ch lo
,
spessore del primo era i 4/3 di quello del secondo, i 3/2 di
, [I 109. 35]
quello del terzo, e doppio di quello del primo), e producendo , ,
questi dischi, quand'erano battuti, suoni armonici, Glauco, per .
quanto si dice, osservata l'armonia dei suoni prodotti dai dischi,
per primo si serv di essi per sonare: or appunto da questa sua ' ,
attivit che ancora si dice arte di Glauco. Cos tramandano
Aristosseno nel libro Sull'audizione della musica [fr. 90
.
Wehrli] e Nicocle nel libro Sulla teoria. EUSEB. c. Marc.
[fr. 77 FHG II 288]

XXIV 746 Migne. Un altro, dopo aver testimoniato che Glauco [I 109. 40] [vgl. Zenob. II 91].
ebbe somma abilit nella musica, dice che i quattro dischi di
Vgl. EUS. c. Marc. XXIV 746 Migne '
bronzo, costruiti da lui appunto a questo scopo, davano origine,
quand'erano battuti, a un armonioso concento di suoni.
[I 110. 1 App.] '

.
18 A 13. THEO SMYRN. p. 59, 4. Questi accordi alcuni
18 A 13. THEO SMYRN. p. 59, 4 Hill.
pensavano che fossero originati dai pesi, altri dalle grandezze, ,
altri dalle vibrazioni e dai numeri, altri dai vasi e dalle
[I 110.
grandezze. Laso di Ermione (e quelli della scuola di Ippaso di 5 App.] [ ]. ,
Metaponto), secondo che si tramanda, giudicando che la
,
velocit e la lentezza delle vibrazioni onde nascono gli accordi
fossero esprimibili secondo la serie dei rapporti numerici,
' ***
otteneva questi rapporti servendosi di vasi. Prendeva infatti
'
alcuni vasi tutti uguali, e, mentre ne lasciava uno vuoto,
,
riempiva il secondo d'acqua fino alla met; poi li percuoteva
, [I
entrambi e otteneva l'accordo d'ottava. Quindi, lasciando
110. 10]
ancora vuoto uno dei vasi, riempiva l'altro per una quarta parte,
e poi ancora li percoteva entrambi e otteneva l'accordo di
,
quarta: l'accordo di quinta l'otteneva, quando riempiva un vaso , ,
per la sua terza parte. Il rapporto tra il vuoto d'un vaso e quello
dell'altro era dunque di 2 a 1 nell'accordo d'ottava, di 3 a 2
,
nell'accordo di quinta, di 4 a 3 nell'accordo di quarta.3*
, .
18 A 14. BOH. inst. mus. II 19 [da Nicomaco]. Eubulide e
18 A 14. BOH. inst. mus. II 19 [aus Nikomachos] [I 110. 15]
Ippaso in altro modo ottengono l'ordine degli accordi. Dicono sed Eubulides [vgl. I 99, 27] atque Hippasus alium
che gli aumenti della moltiplicazione si susseguono in un
consonantiarum ordinem ponunt. aiunt enim multiplicitatis
ordine che risponde a quello della diminuzione dell'aliquota dei augmenta superparticularitatis deminutioni rato ordine
numeri epimori. Cos non ci pu essere doppio senza met, n respondere. itaque non posse esse duplum praeter dimidium
triplo senza terza parte. Essendoci il doppio, ne nasce l'accordo nec triplum praeter tertiam partem. quoniam igitur sit duplum,
d'ottava; essendoci la met, ne nasce la frazione di tre mezzi, ex eo diapason consonantiam [I 110. 20] reddi, quoniam vero
che in qualche modo la sua contraria, e che segna l'accordo di sit dimidium, ex eo quasi contrarium divisioonem
quinta. Se si mescolano questi due rapporti, quello dell'accordo sesquialteram, id est diapente, effici proportionem. quibus
d'ottava e quello dell'accordo di quinta, nasce il triplo, che
mixtis, scilicet diapason ac diapente, triplicem procreari, quae
contiene i due accordi. Poi dal triplo s'ottiene, per divisione
utramque contineat symphoniam. sed rursus triplici partem
contraria, la parte terza che d origine all'accordo di quarta. I tertiam contraria divisione partiri, ex qua rursus diatessaron
due rapporti del triplo e dei quattro terzi, uniti, danno origine al symphonia nascetur. triplicem vero atque sesquitertium [I 110.
rapporto del quadruplo: sicch si pu dire che dall'accordo
25] iunctos quadrupiam comparationem proportionis efficere.
unificato dell'ottava e della quinta e dall'accordo di quarta
unde fit, ut ex diapason ac diapente, quae est una consonantia,
nasce l'accordo semplice che, consistendo nel quadruplo, ha
et diatessaron una concinentia coniungatur, quae in quadruplo
preso il nome di doppia ottava. Anche cos l'ordine degli
consistens bis diapason nomen accepit. secundum hoc quoque
accordi questo: ottava; quinta; ottava e quinta; quarta; doppia hic ordo est: diapason, diapente, diapason ac diapente,
ottava.4*
diatessaron, bis diapason.
18 A 15. IAMBL. in Nicom. arithm. 100, 19. Anticamente, al 18 A 15. IAMBL. in Nic. p. 100, 19 Pist. [I 110. 30]
tempo di Pitagora e dei matematici della sua scuola, si

conoscevano soltanto tre medie proporzionali, l'aritmetica, la ' ,
geometrica e quella che, terza nell'ordine, originariamente era ,
detta subcontraria, e poi da Archita [47 B 2] e da Ippaso e dalle [47 B 2]
loro scuole fu chiamata armonica... In seguito, dopo il
...
mutamento del nome, i matematici della scuola di Eudosso
[I 110. 35]
scopersero altre tre medie proporzionali, e chiamarono la

quarta col nome che le si addice di subcontraria,... e le altre
, ...
due, secondo l'ordine, quinta e sesta.(93)
. Vgl. S. 113, 16. 116, 1
Pist.

19. CALLIFONTE E DEMOCEDE

19 [9]. KALLIPHON UND DEMOKEDES

19 A 1. HERODOT. III 125


19 A 1. HERODOT. III 125. Policrate disprezz tutti i
[I 110. 40]
consigli, e si rec da Orete conducendo seco molti amici, tra i ,

quali Democede di Callifonte, crotoniate, medico, anzi il pi


valente medico dei suoi, tempi... HERODOT. III 129. Non
' .
molto dopo avvenne che Dario, in una caccia, balzando da
HERODOT. III 129 [I
cavallo, si slog un piede... nell'ottavo giorno dall'inizio del
111. 1 App.] [Dareios]
male, un tale, che gi aveva sentito dire a Sardi dell'abilit di
Democede, ne parl a Dario: e Dario comand che gli fosse

subito condotto. Lo trovarono tra i servi d'Orete, lasciato in un ' .
canto, e ne lo trassero fuori trascinante i suoi ceppi e vestito di . . .
stracci... HERODOT. III 130. Come gli fu affidata la cura, us HERODOT. III 130. [I
medicamenti greci, prima forti e poi leggeri, e fece riacquistare 111. 5 App.]
il sonno a Dario e in breve tempo lo guar, quando gi pi non
sperava di poter camminare diritto. Quindi Dario gli fece dono
di due coppie di ceppi d'oro, ed egli gli domand se in
.
ricompensa di averlo guarito gli donava un male doppio.
,
Piacque la risposta a Dario, che lo mand dalle sue donne. E gli , .
eunuchi che lo conducevano dissero alle donne che era lui
Die Gemahlinnen des Dareios beschenkten ihn darauf auf
quello che aveva ridato a Dario la vita. Allora ciascuna attinse dessen Gehei [I 111. 10] so reichlich,
con un vaso oro dalla cassa; e glielo donarono; e il dono era
,
cos ricco, che il servo che lo seguiva, raccogliendo le monete [Quelle Herodots ?],
che cadevano dai vasi, se ne procur una grande quantit.
. HERODOT. III 131 .
HERODOT. III 131. Questo Democede veniva da Crotone, ed .
era divenuto familiare di Policrate in questo modo. A Crotone .
viveva col padre, uomo cos aspro, che Democede non poteva , .
sopportarlo, s che lo aveva lasciato ed era andato ad Egina.
[I 111. 15 App.]
Qui gi nel primo anno s'era mostrato superiore agli altri
,
medici, bench fosse sprovveduto e anzi non avesse alcuno
.
degli strumenti dell'arte sua. Un anno dopo gli Egineti lo
,
avevano assunto come medico pubblico con lo stipendio di un ,
talento; poi, nel terzo anno, lo avevano chiamato gli Ateniesi .
offrendogli lo stipendio di cento mine; e, nel quarto, Policrate,
offrendogli lo stipendio di due talenti. Per tal modo dunque era . [I
venuto a Samo. E fu soprattutto per opera sua che i medici di 111. 20]
Crotone acquistarono fama: ch questo avvenne quando si
, . Heilung der Atossa
diceva che i primi medici dell'Ellade erano quelli di Crotone, e (Brustgeschwr; vgl. Timaios unten n. 2a S. 112, 9). Flucht
secondi quelli di Cirene... G HERODOT. III 133. Poco tempo nach Tarent und Kroton 133ff. 137
dopo Atossa, figlia di Ciro e moglie di Dario, s'ammal per un [den persischen Begleitern] . ,
ascesso alla mammella, e questo ascesso, scoppiato, si estese.
Finch il male era lieve, Atossa per vergogna lo nascondeva e . [I 111. 25] [s. c.
non ne parlava a nessuno, ma, come s'aggrav, chiam
14, 12. 13. 15]
Democede e glielo mostr. E Democede promise di guarirla,
ma volle che gli giurasse di accogliere una sua domanda: non ,
le avrebbe, del resto, domandato cosa che le recasse vergogna. . Demokedes in der Reihe der
HERODOT. III 134. Cos, dopo ch'egli l'ebbe guarita, essa, per Pythagoreer, sein Tod durch Theages in Plataiai [Demos in
suo volere, parl in tal modo, nel talamo, a Dario:
Kroton ?] nach Apollonios IAMBL. V. P. 257. 261 [s. ob. I
O re tu, potente come sei, non conquisti alcun popolo... muovi 108, 34ff.]. Die Familie scheint [I 111. 30] weiter geblht zu
dunque contro la Grecia per me: desidero avere come serve
haben. Vgl. Inschr. aus Abydos . . II 2. 3
donne lacene e attiche e argive e corinzie. Tu hai un uomo
(1878) S 13 . G
adattissimo a farti conoscere ogni cosa della Grecia, e a
HERODOT. III 133.
guidarti: quello che ti ha guarito il piede.
. ,
E Dario rispose:
,
. ,
O donna, poi che tu vuoi ch'io per prima ti conquisti l'Ellade, ,
mi sembra che sia meglio mandarvi prima degli osservatori con , .

colui che tu dici...
,
HERODOT. III 135. Quindi, chiamati quindici Persiani
illustri, comand loro di perlustrare le coste dell'Ellade insieme . HERODOT. III 134.
,
con Democede, stando attenti a non lasciarselo sfuggire e a
riportarlo indietro ad ogni costo. HERODOT. III 136. Costoro

sbarcarono nella Fenicia, e a Sidone, citt della Fenicia... e
finalmente... giunsero a Taranto, in Italia. Qui, per far piacere a " , ,

Democede, il re dei Tarentini Aristofilide fece togliere i timoni ... ,


alle navi dei Medi, e trattenne i Persiani come spie. Intanto

Democede fugg a Crotone... HERODOT. III 137. Poi, dietro a ,
lui, giunsero a Crotone i Persiani, e lo trovarono in piazza e
."
tentarono di impadronirsene... Ma non persuasero i Crotoniati, ' .
e se ne tornarono in Asia senza Democede... Mentre partivano, " , .
Democede disse loro di far sapere al re ch'egli aveva sposato la
figlia di Milone: perch il nome del lottatore Milone era tenuto ... HERODOT. III 135.
in gran conto dal re. E io credo che Democede abbia con grandi ,
spese affrettato le nozze, per mostrare a Dario ch'egli era

illustre anche nella sua patria. IAMBL. v. Pyth. 257. Ippaso di ,
Crotone, e Diodoro e Teage domandarono che fosse concesso a ,
tutti il diritto di partecipare alle assemblee e d'essere eletti alle . HERODOT. III 136.
cariche pubbliche, e che i magistrati dovessero rendere conto
del loro operato a uomini scelti di tra tutti. Per contro Alcimaco ...
e Dimaco e Metone e Democede, pitagorici, volevano che non .
fosse modificata la costituzione patria... IAMBL. v. Pyth. 261.
Per dire in breve, a tal punto eccit gli ascoltatori con le sue
,
accuse, che, pochi giorni dopo si raccolsero, e si prepararono .
ad assalire i Pitagorici che celebravano una festa in onore delle ,
Muse in una casa presso il tempio d'Apollo. Costoro, informati ... HERODOT. III 137.
in tempo, si rifugiarono in un albergo, tranne Democede che

fugg a Platea coi giovani. Quelli intanto, abrogate tutte le
, ....
leggi, fecero un decreto, nel quale, accusando Democede d'aver , '
raccolto i giovani per farsi tiranno, promisero tre talenti a chi ...
l'uccidesse... Venuti a battaglia, Democede fu vinto da Teage e ,
a costui la citt dette i tre talenti. /

.


,
. IAMBL. v. Pyth. 257.


,


,
. IAMBL. v. Pyth. 261. '
, '
, ,
' '
. ,
,
.
,
,
, ,
, [] ,
. /
19 A 2. SUID. s.v. Democede, figlio di Callifonte ch'era stato 19 A 2. SUID.
sacerdote d'Asclepio a Cnido, fu un medico di Crotone, che
, ,
esercit la sua professione e si spos in Egina; poi fu medico di ,
Policrate, tiranno di Samo, con lo stipendio di due talenti d'oro; ,
poi fu chiamato da Dario persiano e visse con lui per parecchio [I 111. 35]
tempo: scrisse un libro di medicina. IOSEPH. c. Ap. II 163. Il . IOSEPH.
pi celebre Ermippo, che ricerc accuratamente ogni genere c. Ap. II 163 [nach c. 14, 8 ob. I 105, 2].
di storia. Costui racconta nel primo dei libri Su Pitagora, [fr. .
21 F.H.G. III 41] che Pitagora, dopo la morte di uno dei suoi [fr. 21 F.H.G. III 41],
familiari, di nome Callifonte, crotoniate di nascita, diceva che

l'anima di costui s'intratteneva con lui di giorno e di notte; e



che lo esortava a non passare per dove fosse accovacciato un [I 111. 40]
asino, a non toccare acque salate e a non dire mai parole
' , '
blasfeme. Poi aggiunge queste parole:
,
Nel fare e nel dire queste cose seguiva le opinioni dei Giudei e .
dei Traci, che presentava come proprie.
"
E in verit si dice che quell'uomo accolse veramente nella sua ."
filosofia molti usi dei Giudei [cfr. HERMIPP. fr. 2 da ORIG. c.
Cels. I 15 p. 67, 27].
[I 111. 45]
. [Vgl. HERMIPP. fr. 2 aus ORIG. c. Cels. I 15 p.
67, 27 K.].
19 A 2 a. ATHEN. XII 522 A. Anche i Crotoniati, come dice 19 A 2 a. ATHEN. XII 522 A [I 112. 1] ',
Timeo [F.Gr.Hist. 566 F 44 III 615], dopo aver distrutto
[F.Gr.Hist. I 212],
Sibari, scivolarono nel lusso, tanto che il loro magistrato
,
andava in giro per la citt vestito di una veste di porpora, e con
bianchi calzari, e con una corona d'oro sul capo. Altri per
,
dicono che questa usanza non dovuta ad amore del lusso, ma . ,
a quanto avvenne per causa del medico Democede. Costui,
[I 112. 5] .
crotoniate di nascita, viveva presso Policrate, tiranno di Samo; ,
egli, quando Policrate fu ucciso da Orete, fu fatto prigioniero
dai Persiani, e portato dal re. Qui egli cur Atossa, moglie di ,
Dario e figlia di Ciro, che soffriva, a una mammella, e
. '
domand come ricompensa a Dario d'essere mandato in Grecia , ,
donde prometteva di ritornare. Ottenuta la concessione e giunto
a Crotone, volle restarvi. Allora un persiano tent di
. [I 112. 10 App.]
impadronirsi di lui dicendo ch'era uno schiavo del re: ma i
. ,
Crotoniati lo liberarono, e spogliarono il persiano, e della sua ,
veste rivestirono il servo del magistrato. In seguito a questo
, ,
fatto, costui ogni sette giorni fa il giro degli altari col

magistrato; e questo fa non per lusso n per superbia, ma a
.
ricordo della sfida ai Persiani.

, , [I 112. 15 App.]
' .
19 A 2 b. AELIAN. var. hist. VIII 17. Cos non fece
19 A 2 b. AELIAN. V. H. VIII 17 (Skythes von Dareios in
Democede, e per questo Dario parlava male di lui, e diceva
seine Heimat beurlaubt kehrte wieder zu ihm zurck)
ch'era uomo turpissimo e ingannatore.
.
,
.
19 A 2 c. HIMER. ecl. cod. Neap. [SCHENKL, Hermes,
19 A 2 c. HIMER. cod. Neap. [SCHENKL Herm. 46, 1911,
XLVI, 1911, p. 426]. Raccontano che anche il famoso
426] [I 112. 20 App.]
Democede di Crotone, che fu il primo a portare la medicina
,
greca tra i barbari, venuto da Pitagora dopo essere stato a Susa ,
e tra i Medi, ammir la ricchezza della sapienza di lui pi che
le ricchezze del re.
.
19 A 3. STOB. flor. IV 50, 80-81. Di Democede. Mentre
19 A 3. STOB. Flor. 116, 45 M. .
cresce il corpo, crescono anche le facolt dell'anima; quando ,
invecchia, anch'esse invecchiano e s'ottundono ad ogni azione. [I
da HERODOT. III 134. Ammaestrata da Democede, Atossa 112. 25] aus HERODOT. III 134
nel talamo parl cos a Dario:

... " ,
. ...
... Ora che sei giovane tu puoi fare qualche opera grande.
". Vgl. Lucret. III 445 Heinze.
Perch quando cresce il corpo, crescono le forze dell'animo;
quando invecchia, invecchiano e s'ottundono all'azione.1*

20. PARM(EN)ISCO
20 A 1.IAMBL. v. Pyth. 267. Di Metaponto sono Brontino,
Parmisco, Orestada etc. [cfr. 58 A].

20 [10]. PARM(EN)ISKOS
20 A 1.IAMBL. V. P. 267 [I 112. 30 App.]
, [so die Hs.], , .
Vgl. 58 A.
20 A 2. DIOG. LAERT. IX 20. Sembra che Senofane sia stato 20 A 2. DIOG. IX 20 [Xenophanes, s. I 114, 10]

venduto da ... e riscattato dai pitagorici Parmenisco e


Orestada.1*
20 A 3. ATHEN. XIV 614 A. Parmenisco di Metaponto,
secondo che dice Semo nel libro quinto della Deliade
[F.Gr.Hist. 396 F 10 III 287], uno dei primi cittadini per
nobilt e ricchezza, sceso nell'antro di Trofonio e risalitone,
non pot pi ridere. Interrog su questo fatto la Pizia e la Pizia
gli rispose:
Del lieto riso mi chiedi, tu triste:
la madre in patria te lo ridar;
e tu la madre grandemente onora.
Egli sperava quindi di trovare il riso al suo ritorno in patria, ma
non fu cos; ed egli credette d'essere stato ingannato. Ma un
giorno venne per caso a Delo: e qui, mentre ammirava ogni
cosa nell'isola, and anche nel tempio di Latona, giudicando
che meritasse d'essere vista la statua della madre d'Apollo. E,
come vide che era un pezzo di legno senza forma, scoppi a
ridere. Cap allora il significato dell'oracolo del dio, e, liberato
dalla sua malattia, onor grandemente la dea. I.G. XI 2, 161 B
17 p. 49 [inventario del tempio d'Artemide a Delo]. Un cratere
d'argento, dono di Parmisco, del peso di 9572 dracme.

*
.
20 A 3. ATHEN. XIV 614 A [so die Hs.]
, [I 112. 35 App.]
[fr. 8 F.H.G. IV 493],

.

21. SENOFANE

21[11]. XENOPHANES

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

' , ,
.
[I 113. 1 App.] '
, ,

,
'
. [I 113. 5
App.]
.
Inventar des Artemistempels zu Delos IG XI 2, 161 B 17 p. 49
vgl. p. 54 , ,
.

21 A 1. DIOG. LAERT. IX 18 sgg. (18) Senofane di Colofone, 21 A 1. DIOG. IX 18ff. (18) [I 113. 10 App.]
figlio di Dexio1*, o, come dice Apollodoro [F.Gr.Hist. 244 F , [F.Gr.Hist. 244 F 68 a II 1039]
68 a II 1039], di Ortomeno, lodato da Timone: dice infatti [fr.
60 Diels; cfr. A 35]:
[fr. 60 Diels; vgl. 21 A 35] '
'.
e Senofane che senza superbia ha censurato le omeriche
menzogne.
[I 113. 15 App.]

, .
Lasciata la patria2*dimor a Zancle 3*di Sicilia e poi prese
' , '
parte alla colonia diretta ad Elea4*e quivi insegn; dimor
anche a Catania. Secondo alcuni non fu discepolo di nessuno, , , . ,
, ' .
secondo altri invece dell'ateniese Botone o, come vuole
' ,
qualcuno, di Archelao. E, come dice Sozione, fu
contemporaneo di Anassimandro. Ha scritto in versi epici, ed . [I 113. 20 App.]
elegie e giambi contro Esiodo e Omero [cfr. A 19] censurando .
quanto essi hanno detto degli di. Inoltre cantava egli stesso le [21 B 19] [B 7],
[B 20], ,
sue composizioni poetiche5*. Si dice che abbia polemizzato
" ... " [B 8].
contro Talete [B 19] e Pitagora [B 7] e che abbia attaccato
anche Epimenide [B 20]. Visse sino a tardissima et, come dice (19) ,
, .
egli stesso in un luogo della sua opera: Son gi
' [I 113. 25
sessantasette... [B 8].
(19) Dice che gli elementi delle cose sono quattro; che i mondi App.] . ,
,
sono infiniti6* ma non mutano; che le nubi si formano per

l'alzarsi di evaporazioni prodotte dal sole che si levano alla
sfera estrema; che la natura di dio sferica e che non ha nulla . ,
.
di simile all'uomo; che tutto intiero vede e tutto intiero ode,
per non respira7*; che tutto mente e sapienza e che eterno
[cfr. A 12]. Fu il primo8*a dichiarare che tutto ci che nasce [I 114. 1] . (20)

perituro e che l'anima soffio9*.
"" "
Disse anche che le cose molteplici sono subordinate
10
" [vgl. 31 A 20].
all'intelletto * e che coi tiranni bisogna essere o in nessun
[vgl. B
rapporto o nei migliori rapporti. (20) Dicendogli Empedocle

che il sapiente non si pu ritrovare: Naturalmente, disse,


perch bisogna che sia sapiente chi lo deve riconoscere [cfr.
31 A 20]. Sozione dice che stato lui il primo a dichiarare che
tutto inconoscibile [cfr. B 34]: ma sbaglia.
Cant anche La fondazione di Colofone e La deduzione di
colonia ad Elea, in duemila versi [Lobone, fr. 17 Crnert].
Fior nella 60.a olimpiade [540-37; APOLLOD. F.Gr.Hist. 244
F 68 b II 1039, cfr. B 8, 4]11*. Demetrio Falereo nel Della
vecchiezza [F.Gr. Hist. 228 F 37 II 969 = fr. 83 Wehrli] e
Panezio stoico nel Della tranquillit dell'animo [fr. 17 Fowler]
dicono che egli abbia sepolto i suoi figli con le proprie mani,
cos come anche Anassagora. Pare che sia stato comprato e
riscattato dai12* pitagorici Parmenisco e Orestade, come dice
Favorino nel primo libro dei Memorabili [fr. 2 F.H.G. III 577].
Ci fu anche un altro Senofane, di Lesbo, poeta giambico.
21 A 2. DIOG. LAERT. IX 21. Di Senofane fu scolaro
Parmenide, figlio di Pireto, eleata. Senofane detto da
Teofrasto, nell'Epitome [phys. opin. fr. 6 a; Dox. 482], scolaro
di Anassimandro [cfr. 28 A 1].
21 A 3. HERACLIT. [22 B 40]. La molta dottrina non insegna
ad avere intelligenza: infatti lo avrebbe insegnato a Esiodo e a
Pitagora e inoltre a Senofane13* e ad Ecateo.
21 A 4. CICER. ac. pr. II 37, 118 [da Teofrasto]. Senofane,
che anche un po' pi vecchio [cio di Anassagora], disse che
tutto uno.
21 A 5. DIOG. LAERT. VIII 56. Ermippo [fr. 27 F.H.G. III
52], invece14*, dice che egli [Empedocle] fu emulo non di
Parmenide, ma di Senofane, col quale fu a contatto e del quale
imit i componimenti epici.
21 A 6. [LUCIAN.] macrob. 20. Senofane, figlio di Dexino,
scolaro del fisico Archelao, visse novantun anni15*.

34], .
[I 114. 5 App.]
[Lobon, fr.
17 Crn.]. [540537; APOLLOD. F.Gr.Hist. 244 F 68 b II 1039. Vgl. B 8, 4].

[fr. 17 Fowler]
, [I
114. 10 App.] . *

,
[fr. 2 F.H.G. III 577].
.

21 A 2. DIOGENES IX 21
.
[fr. 6a; Dox. 482] [I 114. 15]
. Vgl. 28 A 1.
21 A 3. HERACLIT. [22 B 40]

.
21 A 4. CICERO Acad. II 118 (aus Theophr.) Xenophanes
paulo etiam antiquior (als Anaxagoras) unum esse omnia.

21 A 5. DIOG. VIII 56 [s. 31 A 1] [I 114. 20 App.]


,
(Empedokles),
[vgl. Z. 1].
21 A 6. [LUCIAN.] Macrob. 20 . ,

.
21 A 7. CENSORIN. de die n. 15, 3. Senofane, di Colofone,
21 A 7. CENSOR. 15, 3 [I 114. 25 App.] X. Colophonius
visse pi di cento anni.
maior annorum centum fuit.
21 A 8. CLEM. ALEX. strom. I 64 [II 40, 20]. L'indirizzo
21 A 8. CLEM. Strom. I 64 (II 40, 20 St.)
eleatico fu iniziato da Senofane di Colofone, che Timeo [fr. 92 . , [fr. 92
F.H.G. I 215] dice esistito all'epoca di Gerone [478/7-468/7], F.H.G. I 215]
signore di Sicilia, e di Epicarmo il poeta. Apollodoro
, [F.Gr.Hist.
[F.Gr.Hist. 244 F 68c II 1039] lo fa nascere nella 40.a
244 F 68c II 1039]
olimpiade [620-17] e lo fa arrivare fino ai tempi di Dario e di [620-617] [I 114. 30 App.]
Ciro16*. Dalla stessa fonte SEXT. EMP. adv. math. I 257.
. Aus derselben Quelle Sext.
Senofane di Colofone nacque intorno alla 40.a olimpiade.
adv. math. I 257: .
[vgl. B 8].
21 A 9. EUSEB. chron. a) ol. 56 [556-3]. Era in fama Senofane 21 A 9. EUSEB. chron. a) Ol. 56 [556-3] .
di Colofone. b) ol. 59-61 [esatto ARM. 60, 1 = 540]. Ibico il . b) Ol. 59-61 [richtig Arm. 60,1 = 540]
poeta melico e Ferecide lo storico e Focilide e Senofane il

fisico e Tespi il tragico.

. [I 114. 35] Vgl. A 1, oben Z. 6.
21 A 10. THEOL. ARITHM. p. 40 Ast. Infatti si calcolano con 21 A 10. THEOL. ARITHM. p. 40 Ast [c. 14, 8 I 99, 34].
la massima approssimazione 514 anni dalla guerra troiana fino
a Senofane il fisico e fino ai tempi di Anacreonte e Policrate e
fino all'aggressione e devastazione degli Ioni ad opera di
Arpago il Medo, fuggendo la quale i Focesi fondarono
Massalia. Pitagora infatti contemporaneo a tutti questi
individui e avvenimenti17*.
APOFTEGMATICA
APOPHTEGMATIK
[vgl. A 1, I 113, 29 - I 114, 4] [I 115. 1 App.]

21 A 11. PLUTARCH. reg. apophth. p. 175 C. A Senofane di 21 A 11. PLUT. Reg. apophth. p. 175 C
Colofone che diceva di potere a stento mantenere due servi:
"'
Omero, - disse [Gerone] - che tu dilaceri, ne mantiene, morto, " (Hiero), " ,
pi di diecimila.
".
21 A 12. ARISTOT. rhet. B 23. 1395 b 5. Un altro [luogo
21 A 12. ARIST. Rhet. B 23. 1399b 5 [I 115. 5 App.]
retorico] quello fondato sull'argomento: se identiche sono le [sc. ] , ,
conseguenze, identiche sono le premesse. Cos Senofane disse . "
che ugualmente empio tanto sostenere che gli di nascono
come dire che muoiono. Infatti nell'un caso e nell'altro
"
consegue che gli di in alcun tempo non sono.
.
21 A 13. ARISTOT. rhet. B 26. 1400 b 5. Cos Senofane, agli 21 A 13. ARIST. Rhet. B 26. 1400b 5 .
Eleati che gli domandavano se dovevano o no far sacrifici ed , [I 115. 10]
elevare lamenti per Leucotea, consigli di non elevare lamenti , , ,
se la ritenevano una dea, di non far sacrifici se la ritenevano
, ' , . Anders PLUT. Amat. 18,
mortale18*. Diversamente PLUTARCH. amat. 18, 12 p. 736 D. 12. p. 736 D .
Senofane consigli gli Egizi19*a non rendere onore ad Osiride, ,
se lo ritenevano mortale, appunto perch mortale; se invece lo . de Is. et Os. 70. 379 B .
ritenevano un dio di non elevare lamenti [cfr. 222 B 127].
, , ,
PLUTARCH. de superstit. 13 p. 171 E. Senofane il fisico,
, [vgl. 22 B 127]. PLUT. [I
vedendo che gli Egizi nelle feste religiose si battevano il petto 115. 15 App.] de superstit. 13 p. 171 E .
ed elevavano lamenti, li avvert opportunamente: Se costoro
sono di - disse - non dovete elevare lamenti per loro: se sono "" " ,
uomini non dovete per loro sacrificare.
' , " [vgl.
Cfr. [PLUTARCH.] apophth. lac. 26 p. 228 E.
Ps. PLUT. Apophth. Lac. 26 p. 228 E].
21 A 14. ARISTOT. rhet. A 15. 1377 a 19. E quadra bene
21 A 14. ARIST. Rhet. A 15. 1377a 19
l'osservazione di Senofane che non c' parit di condizioni
, [I 115. 20 App.]
quando chi empio invita al giuramento chi pio; sarebbe lo [zum Eid] , '
stesso che chi robusto invitasse chi debole a colpire o a
.
essere colpito.
21 A 15. ARISTOT. metaph. 5. 1010 a 4. Per cui parlano con 21 A 15. ARIST. Metaph. 5. 1010a 4
una certa apparenza di verit ma non dicono la verit; pi
,
giusto infatti dire cos che non come diceva Epicarmo di
.
Senofane.
21 A 16. PLUTARCH. de vit. pud. 5 p. 530 E. Non sconcertarti 21 A 16. PLUT. de vit. pud. 5 p. 530 E
e non lasciarti intimidire se ti deridono, ma fa come Senofane , [I 115. 25 App.] '- .
che, quando Laso figlio di Ermione20*a un suo rifiuto di

giocare ai dadi con lui lo chiam vile, fu pronto a convenire

con lui di essere straordinariamente vile e timido riguardo alle .
cose turpi.
21 A 17. PLUTARCH. de comm. not. 46, 3 p. 1084 F.
21 A 17. PLUT. de comm. notit. 46, 3 p. 1084 F .
Senofane a un tale che gli raccontava di aver visto delle

anguille che vivevano nell'acqua calda: Allora, - disse - le
"" " ".
faremo cuocere nell'acqua fredda.
POESIA
POESIE [I 115. 30]
21 A 18. DIOG. LAERT. IX 22. Anch'egli [Parmenide] fa
filosofia in versi come fanno e Esiodo e Senofane e
Empedocle. G PLUTARCH. de Pyth. or. 18 p. 402 E.
Dapprima i filosofi esposero in versi le loro dottrine e i loro
pensieri, come hanno fatto Orfeo, Esiodo, Parmenide,
Senofane, Empedocle, Talete [cfr. A 5]. /

21 A 19. DIOG. LAERT. IX 18 [cfr. A 1]; II 46. Fu in


polemica con Omero morto, Senofane di Colofone e Cercope
con Esiodo vivo: con lui morto, il predetto Senofane.
21 A 20. STRAB. XIV p. 643. Senofane il fisico, quello che
compose dei Silli in versi.

21 A 18. DIOG. IX 22 (Parmenides)


.
. Vgl. 11 B 1 (I 80, 8ff.), 21 A 5 (I 114, 20). G
PLUTARCH. de Pyth. or. 18 p. 402 E.

,
[ ] [cfr. A 5],
' . /
21 A 19. DIOG. IX 18 (oben I 113, 18). II 46 (vgl. I 103, 10)
[I 115. 35] [scil. ] .
,
.
21 A 20. STRABO XIV p. 643 .
.

21 A 21. APUL. flor. 20. Empedocle compone carmi, Platone 21 A 21. APUL. Florida c. 20 [I 116. 1 App.] canit enim
dialoghi, Socrate inni21*, Epicarmo commedie, Senofonte
Empedocles carmina, Plato dialogos, Socrates hymnos,
storie, Senofane satire.
Epicharmus comoedias, Xenophon historias, Xenophanes [?]
satiras.
21 A 22. PROCL. in Hesiod. opp. 284 [da Plutarco]. Si dice 21 A 22. PROCL. zu Hesiod. Opp. 284 (aus Plutarch) .
che Senofane evidentemente per un suo spirito di critica
[I 116. 5 App.] '
piccina riguardo ai filosofi e poeti suoi contemporanei, abbia
dato fuori dei Silli sconvenienti contro tutti i filosofi e poeti.
.
21 A 23. SCHOL. ABT ad Il. II 212. Non gi Senofane, ma
21 A 23. SCHOL. ABT zu 212 , '
Omero stato il primo a comporre Silli l dove satireggia
,
Tersite e i capi.
.
21 A 24. AR. DIDYM. ap. STOB. ecl. II 1, 18. Il primo a far 21 A 24. ARIUS DID. bei STOB. Ecl. II 1, 18 (p. 6, 14 W.)
sentire agli Elleni una parola degna di nota stato Senofane
[I 116. 10 App.]
che ad un tempo colp con l'arma del ridicolo l'altrui

presunzione e manifest la propria circospezione; ed questa:
dio solo conosce la verit, l'opinione... [B 34, 4; cfr. A 35]. , , " ...
" (B 34, 4) Vgl. 21 A 35.
21 A 25. CICER. ac. pr. II 23, 74. Parmenide, Senofane,
21 A 25. CICERO Acad. prior. II 23, 74 Parmenides, X.,
bench con versi meno buoni che non Empedocle, ma tuttavia minus bonis quamquam versibus (nmlich als Empedokles),
in versi anch'essi, riprendono quasi irati l'arroganza di coloro sed tamen illi versibus increpant eorum [I 116. 15]
che, mentre nulla si pu sapere, osano dire di sapere.
adrogantiam quasi irati, qui cum sciri nihil possit, audeant se
scire dicere.
21 A 26. PHILO de prov. II 39. Non in questo modo per
21 A 26. PHILO de provid. II 39 non ita tamen X. aut
Senofane o Parmenide o Empedocle o quanti altri teologi,
Parmenides aut Empedocles sive alii quicumque theologi a
uomini divini, si lasciarono attrarre dalla forma poetica
poesi capti sunt divini viri [sc. deos mendaces finxerunt], sed
immaginarono dei menzogneri, ma al contrario, immersisi
potius theoriam naturae gaudio amplexi et vitam omnem ad
gioiosamente nella speculazione della natura e dedicando tutta pietatem laudemque deorum dedicantes optimi quidem viri
la loro vita alla piet e alla lode degli di, si rivelarono uomini comperti [I 116. 20] sunt, poetae tamen non felices: quos
per certo ottimi, ma poeti tuttavia non felici; occorreva che
oportebat divinitus spiritum sortiri gratiamque de caelo
fosse loro largita dalla divinit l'ispirazione e, dal cielo, grazia metrum carmen rhythmumque caelestem ac divinum, ut
metro carme e ritmo celeste e divino, perch potessero lasciare poemata vera relinquerent velut prototypum libri perfectum et
delle genuine opere poetiche che fossero come modello
pulcrum cunctis exemplar. Ebend 42. at quare Empedocles,
originario di libro e magnifico esemplare per tutti. PHILO de Parmenides, X. aemulatorque istorum chorus non sortiti sunt
prov. II 42. Ma perch Empedocle, Parmenide e Senofane e il spiritum Musarum, cum [I 116. 25 App.] theologiam
concerto dei loro imitatori non ebbero in dono lo spirito delle exercuerunt?
Muse speculando di teologia?
21 A 27. ATHEN. XIV 632 C-D. Che gli antichi fossero
21 A 27. ATHEN. XIV 632 CD
felicissimamente dotati di musicalit risulta chiaro anche da
,
Omero, il quale, siccome compone melodiosamente tutta

quanta la sua poesia, fa senza preoccuparsene una quantit di []
versi acefali e sincopati e anche tronchi. Invece Senofane,
, . .
Solone, Teognide e Focilide e inoltre Periandro di Corinto,
, [I 116. 30
autore di elegie, e quanti altri non sanno infondere melodia
App.]
nelle loro composizioni, stanno a rifinire i loro versi quanto al
ritmo e l'ordine delle quantit e stanno ben attenti che nessuno
di essi riesca n acefalo n sincopato n tronco.

.
DOTTRINA
LEHRE
21 A 28. ARISTOT. de M. X. G.22* cc. 3-4 p. 977 a sgg.
c. 3 (1) Egli dice, applicando l'argomento a dio, che
21 A 28. [ARIST.] de Melisso Xenophane Gorgia cc. 3. 4. ed.
impossibile, se qualcosa , che sia nato. Infatti necessario che Bekker
ci che nato sia nato o dal simile o dal dissimile: ora, n l'una p. 977a c. 3 (1) , , ,
n l'altra alternativa possibile. Perch n si addice di pi al
[15]
simile di essere generato dal simile piuttosto che non generarlo
(infatti delle cose che sono appunto uguali, identiche sono le '
propriet e si comportano reciprocamente in modo uguale), n (
si pu ammettere che il dissimile sia nato dal dissimile. (2) Se ) '
infatti il pi forte nascesse dal pi debole o il maggiore dal
. (2) [20 App.]
minore o il superiore dall'inferiore o all'inverso l'inferiore dal
superiore, si avrebbe una nascita dell'essere dal non essere: il ,

che impossibile. Dio dunque per queste ragioni eterno23*(3).


Poi, se dio , tra tutte le cose, la suprema, deve, egli dice,
,
essere uno. Se infatti gli di fossero due o pi, esso cesserebbe . . (3) '
di essere fra tutto il supremo e ottimo. Infatti ciascuno dei
,
molti, essendo dio, dovrebbe avere questi attributi nella stessa . [25 App.] ,
maniera; perch questo essere dio e questa la prerogativa di .
dio, dominare ma non essere dominato, ed essere, fra tutte le .
cose, la suprema. Per cui, in quanto non il supremo, in tanto , ,
non dio. (4) Posto dunque che gli di siano molti, se fossero , .
per certi aspetti superiori e per altri inferiori gli uni agli altri, , . (4) [30
non sarebbero di: perch il divino ha la prerogativa intrinseca App.] ,
di non essere dominato. (5) Se poi fossero uguali, non
,
avrebbero natura divina, perch dio deve essere il supremo:
. (5) , ,
l'uguale invece non n migliore n peggiore dell'uguale.

Cosicch se dio e se una natura di tal genere, dio uno solo. . ' ,
Infatti neppure potrebbe tutto ci che volesse se fossero molti: [35 App.] .
dunque dio uno solo. (6) Se poi uno, uguale in ogni sua [ ]
parte, e vede e ode e ha gli altri sensi in ogni sua parte: se no, le . (6) '
parti di dio fra di loro dominerebbero e sarebbero dominate; il ,
che impossibile 24*.
, '
(7) Questo dio che uguale in ogni parte sferico: infatti non [], .
pu essere per un verso uguale e per l'altro no, ma per ogni
977b [1] (7) '
verso. (8) Se eterno e uno e omogeneo e sferico non pu
' , . (8)
essere n infinito n limitato25*. Quanto al primo punto, il

non essere che infinito: esso infatti non ha n principio n
.
mezzo n fine n alcun'altra distinzione di parti: tale appunto ' [5 App.]
l'infinito; ma non possibile che l'essere sia come il non essere. , ,
Quanto al secondo punto, c' limitazione reciproca se c'
, .
molteplicit. L'uno non pu essere simile n al non essere n ai
molti: infatti essendo uno non ha nulla con cui confinare. (9) , . (9) ,
Un tale uno quale egli dice essere il dio, n si muove n
, [10
immobile. Immobile infatti il non essere, perch n altro pu App.]
passare in lui, n lui in altro26*. Si muovono le cose che sono ' .
pi d'una: l'una infatti deve muovere verso l'altra. Dunque,
.
nulla pu essere mosso verso il non essere: (10) infatti il non . (10)
essere non in alcun luogo; e se ci fosse movimento di una
, ,
cosa verso l'altra, l'uno sarebbe pi d'uno. Per questa ragione, [15 App.] .
dunque, si muove ci che due o pi di uno, mentre statico e , .
immobile il nulla. (11) L'uno n sta immobile n si muove: non (11)
infatti uguale n al non essere n ai molti. Per tutto ci un dio
che sia cos come abbiamo detto, cio eterno e uno, uguale e , ,
sferico, non pu essere n infinito n limitato, n in stasi n in , [20 App.]
moto.
.
c. 4 (1) Prima di tutto, dunque, anche costui, come Melisso [30 c. 4 (1)
A 5] suppone che ci che nasce nasca dall'essere. Eppure che , [30 A 5].
cosa impedisce che ci che nasce non nasca n dal simile <n ' '
dal dissimile>, ma bens dal non essere? Inoltre dio
, ' ;
ingenerato per nulla pi che tutte le altre cose, se vero che
, [25 App.]
tutte le cose sono nate o dal simile o dal dissimile (che per ( ).
assurdo). Cosicch o non c' nulla oltre dio o anche le altre se . (2)
sono eterne. (2) Inoltre, egli considera dio come supremo,
,
intendendo con ci il pi potente e il migliore. Non questa
,
l'opinione normale, ma invece che in molte cose gli di siano .
superiori gli uni agli altri. Dunque questa credenza sulla
[30 App.]
divinit egli non l'ha presa dal pensiero comune. (3) E che dio . (3)
sia il supremo si dice che egli non lo intenda nel senso che la ,
natura di dio sia tale riguardo ad altro, ma riguardo al suo
, ,
proprio modo di essere, poich in verit nel caso della

relazione ad altro, nulla impedirebbe che egli fosse superiore , [35 App.] .
non in grazia della sua propria bont e forza, ma in grazia della ' ,
debolezza degli altri. Nessuno vorr dire che dio supremo in ' ,

questo senso, ma che il suo stesso modo d'essere il migliore


possibile, e che nulla gli manca per trovarsi e bene e

bellamente: infatti a chi si trovi in questa situazione spetta
. (4) [39]
anche insieme quell'attributo di supremo. (4) Nulla impedisce , 978a
che tale sia la loro condizione pur essendo molti, tutti
[1] , ,
trovandosi nella migliore situazione possibile ed essendo
. (5) ', , .
superiori a tutte le altre cose, ma non a se stessi. (5) E ci sono, ,
come pare, anche le altre cose. Dice infatti che dio supremo: '
questo in relazione, necessariamente, ad altro. Poi, per la
[5] ' ; , ' .
ragione che uno, non punto detto che debba vedere e udire ' ,
in ogni sua parte: infatti, se anche egli, in una sua parte, non
, . (6)
vede, non perci vede peggio, ma non vede. Ma forse, che egli , ' []
senta in ogni sua parte, non vuoi dire altro che questo, che cos , ;
si troverebbe nella pi felice condizione, quando fosse in ogni [10] ,
parte uguale. (6) Inoltre, perch dio, se uguale, dovrebbe

essere sferico e non potrebbe avere invece un'altra forma

qualsiasi pur considerando che in ogni sua parte vede e in ogni ,
sua parte domina? Infatti, come quando diciamo che la biacca , ' ;
bianca in ogni sua parte, nient'altro vogliamo dire se non che la [15 App.] ,
bianchezza imprime la sua propria tinta in tutte le sue parti,
. (7)
cos qui che cosa impedisce che vede e ode e domina in tutte le ,
sue parti si dica nel senso che, qualsiasi parte se ne prenda,
'
esso avr queste qualit? Come non necessario per queste
, '
ragioni che la biacca sia sferica, cos neppure necessario che , [20 App.]
lo sia dio. (7) Inoltre, come possibile che non sia n infinito ; (8)
n finito una volta che corpo e ha grandezza? Infinito
, ,
precisamente ci che non ha limite pur comportando un limite .
e il limite si verifica sempre nella grandezza e nella quantit e . (9)
in tutto ci che ha quantit; cosicch, se non ha limite, dal
' , . * * * [25
momento che grandezza, deve essere infinito. (8) Ancora: dal App.] ,
momento che sferico necessario che abbia un limite: infatti ; '
ha degli estremi, se ha in s un centro, l dove dista di pi [dal ;
centro]. Ma un centro lo ha, dato che sferico: infatti sferico ,
ci che ha uguale distanza dal centro agli estremi. (9) Che un * * *
corpo abbia degli estremi o dei limiti, la cosa la stessa ***
, [30 App.]
infatti se anche il non essere infinito, perch non pu essere , , ,
infinito anche l'essere? Che cosa impedisce che qualcosa

d'identico si predichi dell'essere e del non essere? ** [testo
[ ],
corrotto] ** ma l'uno e l'altro sono enunciabili e pensabili * e il []
non essere non bianco. Dunque, o tutti gli esseri sono bianchi, . (10)
perch non venga applicato uno stesso predicato all'essere e al [35 App.]
non essere, oppure nulla impedisce, come credo, che alcuni
, , , '
degli esseri non siano bianchi. Cos dunque essi accoglieranno . (11)
anche l'altra negazione, cio l'infinito, *** [testo corrotto] **. , ' ;
Cosicch anche l'essere o infinito o limitato. (10) Certamente , 978b [1 App.]
anche strano l'attribuire al non essere l'infinit: infatti non
. (12) ' ,
tutto ci che non ha limite noi lo diciamo infinito, cos come ,
non diremmo neppure disuguale ci che non uguale. (11)
.
Ancora: perch dio, se uno, non potrebbe avere limite, ben
, . [5]
inteso non riguardo a un altro dio? E se dio soltanto uno,
, ,
anche le parti di dio saranno soltanto uno. (12) Inoltre, anche , .
questo strano, che, perch ai molti avviene di avere un limite (13)
gli uni verso gli altri, per questo l'uno non debba avere limite. ; [28 B 8, 47]
Infatti molti attributi sono identici tanto per i molti quanto per " ,
l'uno, dal momento che anche l'essere ad essi comune.
". [10]
Sarebbe certo strano che, dal momento che i molti sono,
, ,
negassimo che dio , allo scopo che in questo modo non sia
, []
simile a loro. (13) Inoltre, che cosa impedisce che sia limitato e , ' , '
abbia dei limiti, se uno? Cos anche Parmenide [28 B 8, 47] [14 App.] . (14)
dice che essendo uno da ogni lato, simile alla massa di ben [14a App.] '
rotonda sfera, di ugual forza dal centro in tutte le direzioni.
, [14b] ,

Infatti il limite necessario che sia limite di qualche cosa, ma


non gi verso qualcosa, e neppure necessario che ci che ha . [15 App.] (15)
un limite lo abbia verso qualche cosa, come a dire limitato
[15a App.]
verso l'infinito che lo affianca, ma bens essere limitato avere , [16 App.] ,
degli estremi, e avendo degli estremi non necessario che li
.
abbia verso qualche cosa. (14) Alcune cose dunque sono
[18 App.]
limitate e confinano con qualcosa, altre invece sono limitate s , ,
ma non limitate verso qualche cosa. (15) Ancora:
, [20
quell'immobilit dell'essere e del <non> essere, <bisogna dire App.] , ,
che ritenere il non essere immobile> perch l'essere che si
, ,
muove, strano come erano strane le affermazioni precedenti. ,
E inoltre qualcuno potrebbe certo ritenere che non la stessa ;
cosa non muoversi ed essere immobile, ma che l'un termine , .
negazione del muoversi, come il non uguale, che pu essere
[25 App.] . '
predicato del non essere, l'altro, cio non si muove, si dice per ,
il fatto di trovarsi attualmente in una condizione determinata, , . (16)
cos come il disuguale, e si dice del contrario del muoversi cio , , ,
dell'essere in quiete, come in genere anche le altre negazioni
,
con privativa si dicono dei contrari. giusto dire del non
, [30 App.]
essere che non si muove, ma non gli appartiene l'essere in
. , ,
quiete. Allo stesso modo neppure lo essere immobile indica la .
stessa cosa dell'essere in quiete: invece Senofane lo adopera
, .
per indicare l'essere in quiete e dice che il non essere in
(17) '
quiete perch non ha mutamento. (16) Certamente strano,
[35 App.] ,
come abbiamo detto pi sopra, dire che sbagliato attribuire , ,
all'essere un predicato che attribuiamo al non essere,
'
specialmente quando questo predicato sia una negazione, quale , (18)
anche il non muoversi e il non spostarsi. Infatti, come gi , 979a
stato detto, molti sarebbero i termini a cui si negherebbe la
[1 App.] ,
possibilit di fungere da predicati degli enti. Neppure i molti ; , '
infatti si potrebbero dire non uno, se appunto anche il non
. (19) ,
essere non uno. (17) Inoltre, in certi casi * [testo corrotto]

** ... ; per esempio necessario che ci che o quantit o
; , , [5 App.]
grandezza sia o uguale o disuguale, e che ci che numero sia . ,
o pari o dispari; cos certamente anche l'essere, se corpo,

necessario che sia o in quiete o in moto. (18) Inoltre, se dio e ; (20) '
l'uno non si muove per la ragione che sono i molti che si
' ' ;
muovono gli uni verso gli altri, che cosa impedisce che anche , , ;
dio si muova verso altro? Infatti Senofane non dice per nulla
che c' solo uno, ma che c' un solo dio. (19) Ma, anche se
fosse cos, che cosa impedisce che, muovendosi le parti di dio
le une verso le altre, dio venga a muoversi circolarmente?
Infatti non potr, come fa Zenone, dire che una tale unit
molteplicit, perch lui stesso afferma che dio corpo, sia che
chiami dio questo tutto o altra cosa qualsiasi; e infatti come
potrebbe essere sferico se fosse incorporeo? (20) Inoltre
soltanto se incorporeo potrebbe essere n in moto n in stasi, in
quanto appunto non sarebbe in nessun luogo. Ma siccome
corpo, e lo abbiamo gi detto, che cosa rende impossibile che
egli sia in moto?
21 A 29. PLAT. soph. 242 C-D [parla lo straniero eleata]. Mi 21 A 29. [I 121. 1] PLATO Sophist. 242 C D [der Fremde aus
ha l'aria, ciascuno di loro, di raccontarci una favola, quasi
Elea spricht]
fossimo dei fanciulli: uno dice che gli enti sono tre, che talora , ,
alcuni di loro sono in lotta reciproca in qualche modo, talora ,
anche, divenendo amici, ci offrono lo spettacolo dei loro

sponsali, della generazione e dell'alimentazione dei figli [7 B 2, , [I 121. 5 App.]
3, 4]; un altro, dicendo che sono due, umido e asciutto oppure ,
caldo e freddo, li associa e li sposa 27*; la nostra setta eleatica [vgl. 60 A 4?] ' ,
che cominciata da Senofane e anche prima, concependo come [vgl. 1 B 6.
unit quello che si chiama il tutto, in questo senso viene
Phileb. p. 16 C D], ,
esponendo il suo mito. PHILOP. phys. 125, 17. Porfirio dice
. PHILOP. Phys. 125, 27 Vitell.


, , [I
121. 10] "
' ' ' " [B 29]
"'
" [ 99].
21 A 30. ARISTOT. metaph. A 5. 986 b 18. Pare infatti che
21 A 30. ARISTOT. Metaph. A 5. 986b 18
Parmenide sia pervenuto all'unit secondo il logo, Melisso
,
all'unit secondo la materia; perci il primo dice che finita, il , [I 121. 15]
secondo infinita. Senofane, che prima di loro ha sostenuto la ' .
tesi dell'unit (si dice infatti che Parmenide sia stato suo
( )
scolaro), non disse niente di preciso e non pare che abbia
,
toccato n dell'una n dell'altra specie di unit, ma, guardando , '
all'universo nel suo complesso, dice che l'uno dio. Costoro
[vgl. B 23] , ,
dunque, come dicemmo, sono da lasciar da parte ai fini della ,
nostra presente ricerca, due di essi poi del tutto in quanto sono , . .
un po' troppo rozzi, Senofane e Melisso.
21 A 31. SIMPLIC. phys. 22, 22 sgg. (1) necessario dunque 21 A 31. SIMPL. Phys. 22, 22ff. (1) [I 121. 20 App.]
che il principio sia o uno o non uno, che come dire
,
molteplici; e se uno che sia o immobile o mosso; e se
, , ,
immobile o infinito, come pare dica Melisso di Samo, o finito , ,
come dice Parmenide di Pireto, eleata: due filosofi questi che ,
non hanno parlato di un principio fisico, ma dell'essere
,
assoluto28*. (2) Che uno sia il principio o l'essere e il tutto (e n . (2) (
finito n infinito, n mosso n in quiete)29* ammise Senofane di [I 121. 25 App.]
Colofone il maestro di Parmenide30*, come dice Teofrasto
)
[phys. opin. fr. 5; Dox. 480] riconoscendo che la menzione

delle opinioni di costui appartiene a un altro ordine di ricerche [Phys. Op. fr. 5; D. 480]
piuttosto che non a una ricerca di fisica. (3) Infatti Senofane
. (3)
chiam dio questo uno e tutto31*, e lo dimostra uno con
.,
l'argomento che il supremo fra tutti. Posto che fossero molti, ,
dice, di necessit apparterrebbe ugualmente a tutti il dominare: , [I 121. 30]
ma dio il supremo e l'ottimo. (4) Lo dimostra ingenerato con . (4)
l'argomento che ci che nasce deve nascere o dal simile o dal
dissimile. Ma il simile dice che non patisce dal simile: infatti al .
simile non appartiene per nulla pi di generare il simile

piuttosto che essere generato da lui. Se poi nascesse dal

dissimile, l'essere verrebbe dal non essere. Cos lo dimostra
, [I 122. 1] .
ingenerato e imperituro. (5) Sostiene poi che non n infinito . (5)
n finito, perch il non essere che infinito come quello che ,
non ha n principio n mezzo n fine, e sono i molti che si
,
limitano reciprocamente. (6) Analogamente sopprime anche il . (6)
movimento e la quiete. Immobile infatti il non essere, perch .
nulla va verso di lui n esso va verso altro. (7) Cosicch, anche [I 122. 5 App.]
quando dice che permane l'identico luogo e non si muove,

sempre... nell'identico luogo [B 26], non vuol dire che esso . (7)
permane in quella quiete che si contrappone al movimento, ma , " ' ... " [B 26],
in quella permanenza che al di sopra del movimento e della
quiete. (8) Nicolao Damasceno lo menziona nel Degli di
,
facendogli dire che il principio infinito e immobile,
. (8)
Alessandro invece gli fa dire che finito e sferico. (9) Ma che [I 122. 10 App.]
egli sostenga che il principio non n infinito n finito,
,
chiaro da quanto si detto sopra: limitato e sferico lo dice per . (9) '
il fatto che in ogni parte uguale. E dice che pensa tutto con
,
queste parole: ma... senza fatica [B 25].

.
"' ... " [B 25].
21 A 32. [PLUTARCH.] strom. 4 [EUSEB. praep. evang. I 8, 21 A 32. [PLUT.] Strom. 4 [EUS. P. E. I 8, 4; D. 580] [I 122.
4; Dox. 580]. Senofane di Colofone, che ha percorso una via 15] .
sua propria che evita tutti i filosofi sopra nominati [Talete,
[Thales,
Anassimandro, Anassimene], non ammette n generazione n Anaximander, Anaximenes]
che Senofane ha ritenuto princpi l'asciutto e, l'umido, cio la
terra e l'acqua, e cita un passo di lui che lo prova: terra e
acqua tutto ci che nasce e cresce [B 25]; pare che anche
Omero sia di quest'opinione l dove dice: Ma voi tutti
diventereste terra ed acqua [Il. VII 99 ].

corruzione, ma dice che il tutto sempre uguale32*; se infatti , '


esso nascesse, dice, necessariamente prima di questo momento , ,
non sarebbe: ora, n il non essere pu nascere n il non essere '
pu creare qualche cosa, n dal non essere pu nascere
[I 122. 20 App.] ' .
qualcosa. Inoltre dichiara false le sensazioni e in genere svaluta
anche insieme ad esse il raziocinio stesso33*. Dichiara inoltre .
che la terra col tempo affondandosi continuamente e
'
gradatamente si dissolve nel mare. Dice anche che il sole
.
risulta dall'adunarsi di piccole e innumerevoli scintille. Intorno .
agli di, poi, si esprime nel senso che non c' tra di loro

egemonia di sorta: empio infatti che un dio abbia un padrone; [I 122. 25
e nessuno di loro ha bisogno di nulla assolutamente; e vede e App.] '
ode non con organi determinati, ma tutto intiero. Dichiara
.
anche che la terra infinita34* e che non avvolta in ogni parte
dell'aria; che tutto deriva dalla terra; che il sole e gli astri si

formano dalle nuvole.
.
21 A 33. HIPPOL. ref. I 14 p. 17, 12 [Dox. 565]. (1) Senofane 21 A 33. HIPPOL. Ref. I 14 [D. 565, W. 17] (1) .
di Colofone, figlio di Ortomeno, visse fino ai tempi di Ciro. Fu . [I 122. 30]
lui il primo a parlare dell'inconoscibilit di tutte le cose
.
dicendo: se infatti... [B 34, 3-4]. (2) Dice che nulla nasce n " ... " [B 34, 3. 4].
perisce n si muove e che uno il tutto esente da mutamento.
Dice anche che dio eterno e uno e uguale in ogni parte e
(2)
finito e sferico e dotato in tutte le sue parti di sensibilit. (3)
.
Che il sole nasce ogni giorno dall'adunarsi di piccole scintille.
Che la terra infinita e che n l'aria n il cielo l'avvolgono

tutta. Che ci sono infiniti soli e infinite lune, e che le cose tutte . (3) [I 122. 35 App.]
vengono dalla terra.
' ,
(4) Il mare, secondo lui, salato per il fatto che in esso si
'
riversano molteplici miscele; Metrodoro [70 A 19] invece dice .
che per il fatto che si filtra nella terra che diventa amaro. (5) , . (4)
Senofane ritiene che si verifichi mescolanza della terra col
.
mare e che la terra col tempo venga disciolta dall'elemento
[70 A 19] ,
umido35*. Dice di avere queste prove, che nella terra ferma e . [I 123. 1 App.] (5)
nei monti si trovano delle conchiglie, e dice che a Siracusa

nelle latomie si sono trovate impronte di pesci e di foche, a
,
Paro l'impronta di una sarda nella pietra viva e a Malta delle
, ,
impronte di ogni sorta di pesci. (6) Dice che questo avvenuto
quando anticamente tutto fu ridotto a fango e che l'impronta nel ,
fango si disseccata. Dice che la specie umana scompare
, [I 123. 5 App.]
quando la terra, sprofondatasi nel mare, diventa fango; che poi . (6) ,
di nuovo la terra ricomincia a formarsi, e che tale la
,
trasformazione a cui tutti i mondi sono soggetti.
. ,
,
,
. S. B 33.
21 A 34. CICER. ac. pr. II 37, 118 [cfr. A 4]. ... che uno il 21 A 34. CIC. Acad. II 118 [I 123. 10 App.] [vgl. A 4 (I 114,
tutto e che non mutabile e che dio e che non nato mai ed 18)] unum esse omnia neque id esse mutabile et id esse deum
eterno, di forma rotonda. CICER. de nat. d. I 11, 28. Inoltre, in neque natum umquam et sempiternum, conglobata figura. CIC.
qual modo questo dio [di Pitagora], se non altro che animo, d. n. deor. I 11, 28. tum X. qui mente adiuncta omne praeterea
pu essere o infisso o infuso nel mondo? Senofane che,
quod esset infinitum deum voluit esse, de ipsa mente item
aggiungendo la mente, volle inoltre che fosse dio tutto ci che reprehendetur ut ceteri, de infinitate autem vehementius, in
infinito36*, per la mente sar ripreso come gli altri, per
qua nihil neque sentiens neque [I 123. 15 App.] coniunctum
l'infinit poi ancor pi acerbamente, perch in essa non pu
potest esse Vgl. ARIST. Poet. 25. 1460b 35.
esserci nulla n di senziente n di aggiunto [cfr. ARISTOT.
poet. 25. 1460 b 35].
21 A 35. [GALEN.] hist. phil. 7 [Dox. 604]. ... Senofane che di 21 A 35. [GALEN.] Hist. phil. 7 (Dox. 604) ...
tutto ha dubitato e soltanto afferm dommaticamente che tutto ,
uno e questo dio, finito, ragionevole, immutabile. TIMON , ,
fr. 59 Diels [SEXT. EMP. Pyrrh. hypot. I 223]. Lodandolo
. TIMON fr. 59 [SEXT. P. H. I 223]
[cio Senofane] in molte cose, tanto da dedicargli i Silli
[ ],
[Timone] lo rappresent che si lamenta con queste parole:
, [I 123. 20 App.] [Timon]

Anch'io avrei ben dovuto, da persona circospetta, possedere


una mente coerente; invece mi lasciai traviare lungo una via
ingannevole vecchio di anni e dimentico di ogni spirito critico.
Dovunque infatti rivolgessi la mia mente tutto si risolveva
nell'uno e identico che, essendo sempre tutto, per quanto svolto
in tutti i sensi, si riduceva ad un'unica natura uniforme.



'
'
,
[I 123. 25 App.] '

' .

TIMON fr. 60 [SEXT. EMP. Pyrrh. hypot. I 224; DIOG.


LAERT. IX 18].

TIMON fr. 60 [SEXT. P. H. I 224; DIOG. IX 18, I 113, 12]

Il modesto Senofane, censore di omeriche menzogne,


credo, ha foggiato un dio di aspetto non umano, in ogni senso
uguale,
immobile, integro e pi spirituale dello spirito.
[Spiegazione di Sesto Empirico:] Perci anche lo chiama
e non del tutto in quei versi: ... . Infatti
dice chi in certo senso e
[sic] in quanto ha colpito la menzogna di Omero.
Senofane ha sostenuto in opposizione alle concezioni comuni
che uno il tutto e che dio connaturato col tutto e che
sferico e impassibile e immutabile e razionale.

21 A 36. THEODORET. IV 5 [da Aezio; Dox. 284]. Senofane,


figlio di Ortomeno, di Colofone, iniziatore dell'indirizzo
eleatico, disse che il tutto uno e sferico e limitato, non
generato ma eterno e del tutto immobile. Di nuovo ancora,
dimenticando queste sue affermazioni, disse che ogni cosa
nasce dalla terra; infatti appunto suo questo verso: Poich
tutto... viene dalla terra... [B 27]. [Dalle Allegorie omeriche]
STOB. ecl. I 10, 12. Senofane [dice] che principio di tutte le
cose la terra: scrive infatti nel Sulla natura: Poich tutto...
viene dalla terra [B 27]. OLYMPIOD. de arte sacr. lap.
philos. 24 [Coll. Alchim. gr. ed. Berthelot I 2] p. 82, 21. Infatti
nessuno ha mai pensato che la terra sia principio, se non
Senofane di Colofone. GALEN. in Hipp. de nat. hom. XV 25
Khn. Qualche esegeta ha malamente calunniato Senofane,
come per esempio Sabino, che dice cos pressappoco con
queste stesse parole:
Perch io non dico n che l'uomo sia interamente aria, come
Anassimene, n acqua come Talete, n terra come in un suo
passo [B 33 ?] Senofane.
Infatti da nessun luogo risulta che Senofane abbia detto
questo... e Teofrasto nelle Epitomi delle Opinioni dei fisici
avrebbe citato l'opinione di Senofane se fosse stata tale37*.
21 A 37. AT. II 4, 11 [Dox. 332]. Senofane [dice] che il
mondo ingenerato, eterno e imperituro. G AT. II 1, 3 [Dox.
327]. Anassimene... Senofane... [sostengono] che si formano e
si distruggono mondi infiniti nell'infinito in ogni periodo /
21 A 38. AT. II 13, 14 [Dox. 343]. Senofane [disse che gli
astri si formano] da nuvole infuocate e che spegnendosi ogni
giorno si riaccendono di notte come carboni, perch il levarsi e
tramontare un accendersi e spegnersi cosmico.

' , ,
[I 124. 1 App.] , ' '

.
wozu Sext. erkl. ''
, ' ' [so Sext.] ...
'. '' [I 124. 5 App.]
, ' ' [so] , '
.
,
,
. Sext. adv. math. VII 14
. .
, , [I 124. 10]
.
21 A 36. THEODORET. IV 5 aus Atios (D. 284 not.) .


, '
.
[I 124. 15]
" ... " [B 27]. Aus d.
homerischen Allegorien STOB. Ecl. I 10, 12 .
.
" ... ". OLYMPIOD. de arte sacr. 24
[Berthelot Collect. des Alchim. gr. I 2] p. 82, 21
, . .
GALEN. in Hippocr. d. nat. hom. XV 25 K. [I 124. 20]


"
[B
33 ?] " .
... '
, [I
124. 25] , . Vgl. Arist. Metaph. A 8.
989a 5.

21 A 37. AT. II 4, 11 (D. 332) .


. Vgl. II 1, 3 s. I 86, 16. G AT. II 1, 3
[D. 327]. ... ...
. /
21 A 38. AT. II 13, 14 (D. 343) .
[sc. ]
' [I 124.
30]
.
21 A 39. AT. II 18, 1 [Dox. 347]. Senofane [disse] che quelle 21 A 39. AT. II 18, 1 (D. 347) .

specie di stelle che appaiono sopra alle navi e che sono


chiamate anche Dioscuri, sono nuvole che brillano in seguito a
un particolare movimento38*.
21 A 40. AT. II 20, 3 [Dox. 348]. Senofane [disse] che il sole
formato di nuvole infuocate. Teofrasto nei libri di Fisica
[phys. opin. fr. 16; Dox. 492] scrisse [che egli ritiene] il sole
formato da scintille accumulatesi dall'evaporazione umida,
quando si raccolgono insieme39*.
21 A 41. AT. II 24, 4 [Dox. 354]. Senofane [disse che
l'eclissi di sole avviene] per spegnimento, e che di nuovo un
altro sole si forma ad oriente. Accenn anche a un'eclissi di
sole durata un intiero mese e, ancora, a un'eclissi totale, tanto
che il giorno sembrava notte.
21 A 41 a. AT. II 24, 9 [Dox. 355]. Senofane [disse] che ci
sono molti soli e lune a seconda dei climi, delle sezioni e zone
della terra, e che in determinate circostanze il disco [del sole e
della luna] declina in una sezione della terra non abitata da noi
e cos, quasi sprofondasse nel vuoto, d l'apparenza dell'eclissi.
Sempre lui sostiene che il sole procede all'infinito e che si pare
invece che volga in giro a causa della distanza.
21 A 42. AT. II 30, 8 [Dox. 362]. Senofane [dice] che il sole
utile per la nascita e l'economia del consumo e degli animali
che sono in lui, che la luna invece superflua.

,
, .
21 A 40. AT. II 20, 3 (D. 348) .
. [I 124. 35] [fr.
16 D. 492]
, .

21 A 41. AT. II 24, 4 (D. 354) [I 125. 1 App.] .


[sc. , richtiger , ],
.
'
, .
21 A 41 a. AT. II 24, 9 (D. 355) [I 125. 5 App.] .

,
'
'
,
.
21 A 42. AT. II 30, 8 (D. 362) [I 125. 10 App.] .

,
.
21 A 43. AT. II 25, 4 [Dox. 356]. Senofane [dice che la luna] 21 A 43. AT. II 25, 4 (D. 356) .
una nuvola condensata. AT. II 28, 1 [Dox. 358].
[sc. ]. AT. II 28, 1 (D. 358) , .,
Anassimandro, Senofane, Beroso, [dicono] che essa ha luce
. AT. II 29, 5 (D. 360) . [I
propria. AT. II 29, 5 [Dox. 360]. Senofane [dice] che anche la 125. 15 App.] [sc.
sua sparizione mensile [avviene] per spegnimento.
].
21 A 44. AT. III 2, 11 [Dox. 367]. Senofane [dice] che tutte 21 A 44. AT. III 2, 11 (D. 367) . [sc.
queste cose [comete, stelle cadenti, meteore] sono complessi o , , ]
movimenti di nuvole infiammate.
.
21 A 45. AT. III 3, 6 [Dox. 368]. Senofane [dice] che i lampi 21 A 45. AT. III 3, 6 (D. 368) .
sono prodotti da nuvole che si infiammano per il
.
movimento40*.
21 A 46. AT. III 4, 4 [Dox. 371]. Senofane [dice] che i
21 A 46. AT. III 4, 4 (D. 371) [I 125. 20] .
fenomeni che avvengono nelle regioni celesti derivano, come
da causa prima, dal calore del sole. Infatti, alzatasi l'umidit del .
mare per opera sua, l'acqua dolce, dissoltasi per la sottigliezza
delle sue parti, ridotta a nebbia forma le nuvole e mediante

condensazione distilla la pioggia41* ed esala i venti. Dice infatti .
precisamente: il mare fonte... dell'acqua [B 30, 1].
" ' . . . " [B 30, 1].
21 A 47. ARISTOT. de cael. B 13. 294 a 21. Perci gli uni
21 A 47. ARISTOT. de caelo B 13. 294a 21 [I 125. 25]
dicono infinita la parte inferiore della terra, dichiarando come , '
Senofane di Colofone [B 28] che essa estende le sue radici
.
all'infinito42*, per evitare una ricerca imbarazzante della causa [B 28], '
[dell'immobilit]. per ci che anche Empedocle lo ha
.
biasimato con queste parole: G Se vero che infiniti sono e le ... G ,
profondit della terra e l'abbondante atmosfera, che quanto
appunto stato formulato dalle lingue di molti e a casaccio , / [31 B
uscito dalla bocca di gente che poco ha visto del tutto... [31 B 39]. Vgl. SIMPL. ad Ar. l. c. p. 522, 7 Heib.
39]. / Cfr. SIMPLIC. ad loc. 522, 7. Io ignoro, per il fatto che , [I 125.
non ho mai trovati i versi di Senofane relativi a questo
30]
argomento, se egli sostiene l'immobilit della terra per il fatto
che la parte inferiore di essa infinita, o se invece infinito lo '
spazio e l'aria che al di sotto della terra, che sarebbe la
.
ragione per cui la terra che cade all'infinito pare essere in

quiete. Infatti n Aristotele spiega la cosa, n i versi di
"" "" .
Empedocle determinano con chiarezza: infatti si pu chiamare AT. III 9,4 (D. 376) . [I 125.
le profondit della terra anche ci verso cui essa discende. 35 App.] [] [scil. ],

AT. III 9, 4 [Dox. 376]. Senofane [dice che la terra] nella sua
parte inferiore profonda le sue radici all'infinito e [nella parte
superiore] premuta dall'aria e dal fuoco43*. AT. II 11, 1-2
[Dox. 377]. La scuola di Talete [pone la terra] nel mezzo,
Senofane al primo posto: infatti profonda le sue radici
all'infinito44* [cfr. B 28]. CICER. ac. pr. II 39, 122. Ma forse
che noi possiamo sezionare aprire dividere per vedere se la
terra confitta nel profondo e per cos dire sta salda sulle sue
radici45* oppure se sospesa nel mezzo? (123) Senofane46*
sostiene che la luna abitata e che una terra che ha molte
citt e monti. [cfr. HIPPOL. ref. I 14, 3 gi citato (A 33). Da
Aristotele de M. X. G. 2, 21. 976 a 32 (30 A 5). DIOG.
OENOAND. fr. 21, 10 p. 26 sg. William].
21 A 48. [ARISTOT.] mirab. 38, 833a 15 [forse da Timeo].
[Senofane dice che il fuoco] che a Lipari talora venuto
meno anche per sedici anni e che nel diciassettesimo
riaffiorato.
21 A 49. ARISTOCL. de philos. VII [EUSEB. praep. evang.
XIV 17, 1]. Ritengono infatti che le sensazioni e le
rappresentazioni debbano essere ripudiate e che si debba aver
fede proprio solo nel logo. Cose del genere dissero prima di
loro Senofane e Parmenide e Zenone e Melisso e poi gli scolari
di Stilpone e i Megarici. Da ci essi vennero nella convinzione
che l'essere uno e che l'altro non e che nulla nasce n
perisce n si muove in nessun modo47*. AT. IV 9, 1 [Dox.
369]. Pitagora, Empedocle e Senofane [ritengono] false le
sensazioni [cfr. B 34].
21 A 50. MACROB. S. Scip. I 14,19. Senofane [ritiene che
l'anima composta] di terra e acqua48*.
21 A 51. TERTULL. de an. 43. Anassagora insieme con
Senofane [ritiene il sonno] indebolimento.
21 A 52. CICER. de div. I 3, 5. Sono state raccolte49*
alcune ricercate argomentazioni dei filosofi sulla verit
della divinazione. Tra essi Senofane di Colofone l'unico
che, pur ammettendo l'esistenza degli di, neg
radicalmente la divinazione; invece tutti gli altri, eccetto
Epicuro, che sulla divinit ha concezioni infantili,
ammisero la divinazione, bench non allo stesso modo.
AT. V 1, 1 [Dox. 415]. Senofane ed Epicuro negano la
divinazione.
____________

. AT. II 11, 1-2 (D. 377)


, .
[vgl. B 28]. CIC. Acad. pr. II 39, 122 sed ecquid
nos eodem modo rerum naturas persecare aperire dividere
possumus, ut videamus, terra penitusne defixa sit et quasi
radicibus suis haereat [d. i. Xenophanes] an media [I 125. 40]
pendeat? (123) habitari ait Xenophanes [vielmehr Anaxagoras]
in luna eamque [I 126. 1] esse terram multarum urbium et
montium. Vgl. HIPPOL. I 14, 3 [I 122, 34]. Aus Aristoteles
Pseudar. de MXG 2,21 p. 976a 32 [30 A 5]. DIOG.
OENOAND. fr. 21, 10 p. 26f. William.

21 A 48. [ARIST.] Mirab. 38. 833a 15 [viell. aus Timaios]


' [I 126. 5] [scil. ] .
' , ' .

21 A 49. ARISTOCLES [EUS. P. E. XIV


17, 1]
,
.
, '
. [I 126. 10]

. AT. IV 9, 1 (D. 369)]
, , . ... .
Vgl. B 34.
21 A 50. MACROB. S. Scip. I 14, 19 ex terra et aqua [sc.
animam esse].
21 A 51. TERTULL. de anima c. 43 [ber den Schalf]
Anaxagoras cum Xenophane [I 126. 15 App.] defetiscentiam
[gr. ].
21 A 52. CIC. de divin. I 3, 5 philosophorum vero exquisita
quaedam argumenta cur esset vera divinatio collecta sunt, e
quibus, ut de antiquissumis loquar, Colophonius X., unus qui
deos esse diceret, divinationem funditus sustulit reliqui vero
omnes praeter Epicurum balbutientem de natura deorum [I
126. 20] divinationem probaverunt. AT. V 1, 1 (D. 415) .
.
____________

B. FRAMMENTI

B. FRAGMENTE

ELEGIE

21 B 1 [21 Karsten, 1 Diehl]. ATHEN. XI 462 C.

21 B 1 [21 Karsten, 1 Diehl]. ATHEN. XI 462 C

Ora ecco il pavimento terso e le mani di tutti e i calici. C' chi [I 126. 25 App.]
ci circonda il capo di ritorte ghirlande, e c' chi porge in una

tazza l'essenza profumata. Il cratere l, ripieno di allegria, e c' ' ,


pronto altro vino nei vasi, che dice che mai verr meno, dolce
'
come il miele, odorante di fiori; nel mezzo l'incenso emana il suo ' ,
sacro effluvio; c' acqua fresca e dolce e limpida; qui accanto
5 ' , ,
sono i biondi pani e la tavola sontuosa oppressa dal peso del
[I 127. 1 App.] '
cacio e del biondo miele; nel mezzo l'altare tutto quanto coperto '
di fiori e tutta la casa risuona del canto e del tripudio. Bisogna
'
anzi tutto, da uomini dabbene, levare canti di lode a dio con
'
racconti pii e con parole pure. Ma una volta che si libato e
[I 127. 5 App.] 10

' ,
' .


[I 127. 10 App.] 15

-
' .
' ,
[I 127. 15 App.] 20 ' ,
[I 128. 1 App.]
, ,
, '
.
21 B 2 [19 K., 2 D.]. ATHEN. X 413 F [dopo C 2]. Questi motivi 21 B 2 [19 K., 2 D.]. ATHEN. X 413 F nach 21 C 2
Euripide li trasse dalle elegie di Senofane che dice:
[I 128. 5 App.] '

Se qualcuno l dov' il santuario di Zeus presso le correnti del
Pisa in Olimpia, vincesse o per la velocit delle gambe o al
'
pentatlo o alla lotta o affrontando il doloroso pugilato o quella
,
temibile gara che chiamano pancrazio, certo apparirebbe pi
' ,
glorioso agli occhi dei suoi concittadini e ai giochi avrebbe il
[I 128. 10 App.] ,
posto d'onore e la citt gli offrirebbe il vitto a spese pubbliche e 5 ,
un dono che sarebbe per lui un cimelio; eppure, otterrebbe tutto '
questo, anche se vincesse alla corsa con i carri, senza esserne

degno come ne sono degno io. Perch val pi la nostra
'
saggezza54* che non la forza fisica degli uomini e dei cavalli. Ben [I 128. 15 App.]
sragionevole questa valutazione, e non giusto apprezzare pi 10 , la forza che non la benefica saggezza. Difatti, che ci sia tra il
[I 129. 1] .
popolo un abile pugilatore o uno valente nel pentatlo o nella lotta ' .
o nella velocit delle gambe - che la pi celebrata
' ,
manifestazione di forza tra quante prove gli uomini compiono
.
negli agoni -, non per questo ne avvantaggiato il buon ordine [I 129. 5 App.] 15
della citt. Una gioia ben piccola le verrebbe dal fatto che uno
' ,
vince una gara sulle rive del Pisa: non questo infatti che
,
impingua le casse della citt.
' ' ,
.
[I 129. 10] 20 ' ' ,
'
.
21 B 3 [20 K., 3 D.] ATHEN. XII 526 A. I Colofoni, come
21 B 3 [20 K., 3 D.]. ATHEN. XII 526 A ',
dice Filarco [F.Gr.Hist. 81 F 66 II 184], mentre dapprima
[F.Gr.Hist. 81 F 66 II 184]
conducevano un austero tenor di vita, dopo che, stretta amicizia , [I 129. 15 App.]
e alleanza coi Lidi, piegarono alla mollezza, procedettero
,
adorne le chiome di aurei ornamenti, come dice anche
, .
Senofane.

implorato di poter operare secondo giustizia (perch questa


invero la prima cosa), non eccesso peccaminoso bere fino a
tanto che chi non troppo vecchio possa giungere a casa senza la
guida del servo. da lodare quell'uomo che, dopo aver bevuto,
rivela cose belle, cos come la memoria e l'aspirazione alla
virt50* glielo suggeriscono. Non narrare le lotte dei Titani o dei
Giganti o, ancora, dei Centauri, parti della fantasia dei
primitivi51*, oppure le violente lotte di partito52*, che son cose
che non hanno pregio di sorta, ma bens rispettare e onorare gli
di, questo bene53*.

,
,
' ,
[I 129. 20 App.] ,
[I 130. 1 App.] ,
,
' .
21 B 4. POLL. IX 83. Il primo a battere monete fu o Fidone
21 B 4. POLLUX IX 83
argivo o la cumana Demodice moglie di Mida il frigio (era

figlia di Agamennone re dei Cumani), oppure Erittonio e Licio ( ' [I 130. 5
ateniesi, oppure i Lidi, come dice Senofane. Cfr. HERODOT. I App.] ) ,
Appreso dai Lidi un inutile fasto, finch furono liberi
dall'odiosa tirannide andavano alle adunanze indossando
mantelli tutti tinti di porpora, in genere non meno di mille,
pettoruti, facendo pompa delle chiome ben assettate, e
impregnati di profumo di raffinate essenze.

94. I Lidi furono i primi uomini di cui abbiamo notizia che


usarono monete coniate d'oro e d'argento.
21 B 5 [23 K., 4 D.]. ATHEN. XI 782 A.

, . Vgl. HEROD. I 94
,
.
21 B 5 [23 K., 4 D.]. ATHEN. XI 782 A

[I 130. 10 App.] , ' .

Neppure si mescerebbe nel calice versando prima il vino, ma


prima l'acqua e sopra il vino.
21 B 6 [22 K., 5 D.]. ATHEN. IX 368 E. Senofane di Colofone 21 B 6 [22 K., 5 D.]. ATHEN. IX 368 E . '
dice nelle elegie:


, ,
' ,
[I 130. 15 App.] ' .
21 B 7 [18 K., 6 D.]. DIOG. VIII 36
(Pythagoras)
, " ... ".
(Pythagoras) , " ... " Vgl. A 1, I
Or novellamente intraprender un altro discorso e mostrer la 113, 21.
via.
' , .
56
Quanto dice di lui [Pitagora] suona cos *:
***
Dicono che una volta sopraggiunto mentre si fustigava un cane, [I 131. 1 App.]

egli si commovesse e dicesse queste parole: Smettila, non



battere, perch proprio l'anima di un mio amico che io ho
" ',
riconosciuta sentendone le grida [cfr. A 1].
, ".
21 B 8 [24 K., 7 D.]. DIOG. LAERT. IX 18. 19. Ed ebbe
21 B 8 [24 K., 7 D.]. DIOG. IX 18. 19 (vgl. I 113, 21) [I 131. 5
[Senofane] lunghissima vita, come dice egli stesso in qualche App.] (Xenophanes),
parte:

Tu inviasti in regalo una coscia di capretto e ne ottenesti in
cambio una grassa gamba di bue impinguato, dono degno di un
uomo la cui gloria si estender per tutta l'Ellade e non verr
meno finch viva la progenie dei canti ellenici.
21 B 7 [18 K., 6 D.]. DIOG. LAERT. VIII 36. Delle
successive palingenesi [di Pitagora]55* testimonia Senofane
nell'elegia che comincia:

Sono gi sessantasette gli anni che spingono errabondo il mio


affanno attraverso la terra ellenica; allora57* dalla mia nascita
ne erano passati venticinque, seppure son capace di fare un
calcolo esatto.
21 B 9 [26 K., 8 D.]. ETYM. GEN. s.v. .
Molto pi debole di un uomo invecchiato.
___________
SILLI 58*
21 B 10 [9 D., 4 Wachsmuth Sillogr.]. HERODIAN.
p. 296, 6 [Anecd. Ox. ed. Cramer III].

' ' '


' '
' ,
[I 131. 10 App.] ' .
21 B 9 [26 K., 8 D.]. ETYM. GEN. s.v.
.
___________

21 B 10 [9 D., 4 Wachsm. Sillogr.]. HERODIAN . . p.


296, 6 [Cr. An. Ox. III]

[I 131. 15 App.] ' ,


. . .
21 B 11 [7 K., 10 D., 2 W.]. SEXT. Adv. math. IX 193 [I 132.
1]
Omero e Esiodo hanno attribuito agli di tutto quanto presso gli ' ,
uomini oggetto di onta e di biasimo: rubare, fare adulterio e ' ,
.
ingannarsi reciprocamente.
Poich fin dai tempi antichi tutti hanno imparato da
Omero... [che malvagissimi sono gli di].
21 B 11 [7 K., 10 D., 2 W.]. SEXT. EMP. adv. math. IX 193.

21 B 12 [7 K., 11 D., 2 W.]. SEXT. EMP. adv. math. I 289.


Omero e Esiodo, secondo Senofane di Colofone,
cos raccontarono un numero grandissimo di opere indecenti
degli di, rubare, fare adulterio e ingannarsi reciprocamente.

21 B 12 [7 K., 11 D., 2 W.]. SEXT. Adv. math. I 289 [I 132. 5


App.]

() ,

Infatti Crono, dal momento in cui dicono sia cominciata l'et .


felice, evir il padre e divor i figli, e suo figlio Zeus, dopo
averlo privato dello scettro lo pose al di sotto della terra [Il. '
XIV 204] etc.
[I 132. 10]

' ' ( 204) .
21 B 13 [31 K., 5 W.]. GELL. noct. att. III 11. Alcuni, tra i
21 B 13 [31 K., 5 W.]. GELL. N. A. III 11 alii Homerum
quali Filocoro [fr. 54b F.H.G. I 393] e Senofane scrissero che quam Hesiodum maiorem natu fuisse scripserunt, in quibus
Omero fu pi antico di Esiodo; altri, che fu meno antico.
Philochorus [fr. 54b FHG I 393] et X., alii minorem.
21 B 14 [5 K., 12 D.]. CLEM. ALEX. strom. V 109 [II 399,
21 B 14 [5 K., 12 D.].CLEM. Str. V 109 [II 399, 19 St.] nach
19; dopo B 23].
B 23 [I 132. 15 App.]
' ,
Ma i mortali credono che gli di siano nati e che abbiano abito .
linguaggio e aspetto come loro.
21 B 15 [6 K., 13 D.]. CLEM. ALEX. strom. V 110 [II 400, 1 21 B 15 [6 K., 13 D.]. CLEM. Str. V 110 [II 400, 1 St.] nach B
dopo B 14].
14
Ma se i buoi <e i cavalli> e i leoni avessero mani e potessero
con le loro mani disegnare e fare ci appunto che gli uomini
fanno, i cavalli disegnerebbero figure di di simili ai cavalli e i
buoi simili ai buoi, e farebbero corpi foggiati cos come
<ciascuno> di loro foggiato59*.
21 B 16 [14 D.]. CLEM. ALEX. strom. VII 22 [III 16, 6].

'
[I 133. 1 App.]
,
'
'
' .
21 B 16 [14 D.]. CLEM. Str. VII 22 [III 16, 6 St.] [I 133. 5
App.]

.

Gli Etiopi <dicono che i loro di sono> camusi e neri, i Traci


che sono cerulei di occhi e rossi di capelli.
21 B 17 [27 K., 15 D., 1 W.]. SCHOL. ARISTOPH. Equ. 408. 21 B 17 [27 K., 15 D., 1 W.]. SCHOL. ARIST. Equ. 408 (Vgl.
Bacchi... le ferule che portano gli iniziati. Ne fa menzione
Hesych. s. v. ) . . . ,
Senofane nei Silli:
. [I 133. 10 App.]

' .
Bacchi d'abete stanno intorno alla casa ben costrutta.
21 B 18 [16 K., 16 D.]. STOB. ecl. I 8, 2; flor. III 29, 41.
21 B 18 [16 K., 16 D.]. STOB. Ecl. I 8, 2; Flor. III 29, 41
' ' ,
Non che da principio gli di abbiano rivelato tutte le cose ai .
mortali, ma col tempo essi cercando ritrovano il meglio60*.
21 B 19. DIOG. LAERT. I 23 [cfr. A 1]. Sembra, secondo
21 B 19. DIOG. I 23 [vgl. I 67, 21; 21 A 1 I 113, 20] [I 133.
alcuni, che [Talete; cfr. 11 A 1 23] sia stato il primo a far
15] [Thales]
ricerche astronomiche e che predicesse eclissi solari e
,
evoluzioni, come dice Eudemo nella Storia dell'astronomia [fr. [fr. 94
94 Spengel; cfr. 11 A 5]; da ci l'ammirazione di Senofane e di Spengel; vgl. 11 A 5 I 74, 20], .
Erodoto.
.
21 B 20 [32 K]. DIOG. LAERT. I 111 [cfr. A 1]. Invece, come 21 B 20 [32 K]. DIOG. I 111 [vgl. I 113, 21] [I 134. 1 App.]
dice di aver udito Senofane di Colofone, centocinquantaquattro . ,
[anni visse Epimenide].
(sc. ). Vgl. 3
A 1 111.
21 B 21 [28 K]. SCHOL. ARISTOPH. Pax 697. Si rimprovera 21 B 21 [28 K]. SCHOL. ARISTOPH. Pac. 697
a Simonide la sua avarizia... e molto graziosamente con le
. . . [I 134. 5 App.]
stesse parole lo censura e ricorda che era avaro; per cui
[ ]
Senofane lo chiama [avaro].

. Vgl. 21 A 22.
21 B 21 a. SCHOL. HOM. OXYRH. 1087, 40 [P. Oxy. VIII p. 21 B 21 a. SCHOL. HOM. OXYRH. 1087, 40 [Ox. Pap. VIII
103]. L'Erico si trova menzionato in Senofane nel quinto libro p. 103] .
dei Silli.
PARODIE [= SILLI ? cfr. A 9]
[= ? vgl. 21 A 9] [I 134. 10 App.]
21 B 22 [17 K., 18 D., 3 W.]. ATHEN. epit. II p. 54 E.

21 B 22 [17 K., 18 D., 3 W.]. ATHEN. Epit. II p. 54 E .



Questi sono i discorsi da tenere presso il fuoco nella stagione , ,
invernale, stesi sopra un molle giaciglio, dopo aver mangiato a [I 134. 15 App.] , '
saziet, bevendo vin dolce e sgranocchiandoci sopra dei ceci:
Chi sei? Di qual paese? Quanti anni hai, ottimo amico? Che " , ' , ;
', ' ;"
et avevi quando sopraggiunse il Medo?61*.
Senofane di Colofone nelle Parodie:

SULLA NATURA 62*

21 B 23. CLEM. ALEX. strom. V 109 [II 399, 16]. Senofane 21 B 23. [I K., 19 D.]. CLEM. Strom. V 109 (II 399, 16 St.) [I
di Colofone, insegnando che dio uno e incorporeo, si esprime 135. 1 App.] . .
cos [cfr. A 30]:
[vgl. A 30]
Uno, dio, tra gli di e tra gli uomini il pi grande, n per
aspetto simile ai mortali, n per intelligenza.
21 B 24 [2 K., 20 D.]. SEXT. EMP. adv. math. IX 144 [cfr. A
1].
Tutto intiero vede, tutto intiero pensa, tutto intiero ode63*.
21 B 25 [3 K., 21 D.] SIMPLIC. phys. 23, 19 [A 31].
Ma senza fatica con la forza del pensiero tutto scuote64*.
21 B 26 [4 K., 22 D.]. SIMPLIC. phys. 22, 9 [A 31].

, ,
[I 135. 5 App.] .
21 B 24 [2 K., 20 D.]. SEXT. Adv. math. IX 144 [21 A 1 I 113,
26].
, , ' .
21 B 25 [3 K., 21 D.]. SIMPL. Phys. 23, 19 [A 31, 9]
' .
21 B 26 [4 K., 22 D.]. SIMPL. Phys. 23, 10
[A 31, 7] [I 135. 10 App.]

Sempre nell'identico luogo permane senza muoversi per nulla,


n gli si addice recarsi or qui or l65*.
'
.
21 B 27 [8 K., 23 D.]. THEODORET. [da Aezio; Dox. 392 n.] 21 B 27 [8 K., 23 D.]. AT. (THEODOR.) IV 5 [vgl. A 36]
IV 5 [cfr. A 36].
.
Poich tutto viene dalla terra e tutto ritorna alla fine alla terra.
21 B 28 [12 K., 24 D.]. ACHILL. isag. I 4 p. 34, 11 [cfr. A 33]. 21 B 28 [12 K., 24 D.]. ACHILL. Isag. I 4 p. 34, 11 Maass
[vgl. A 32. 33, 3 I 122, 26ff.] [I 135. 15 App.]

Questo limite superiore della terra lo vediamo ai nostri piedi
, ' .
che viene a contatto con l'aria, l'estremo inferiore invece si
stende indefinitivamente.
21 B 29 [10 K., 25 D.]. SIMPLIC. phys. 188, 32 [cfr. A 29].
21 B 29 [10 K., 25 D.]. SIMPL. Phys. 188, 32 [vgl. A 29 I 121,
10] [I 136. 1 App.]
66
' ' () .
Terra e acqua tutto ci che nasce e cresce *.
21 B 30 [11 K. 11 a, 26 D.]. AT. III 4, 4 [SCHOL. GENEV. 21 B 30 [11 K. 11a, 26 D.]. AT. III 4, 4 [= 21 A 46] SCHOL.
ad Il. XXI 196; cfr. A 46; da Cratete di Mallo, fr. 32 a Mette]. GENAV. 196 [aus Krates von Mallos] .
Senofane nel Sulla natura.

[I 136. 5 App.] ' () , '

Il mare fonte dell'acqua e fonte del vento; infatti n <si


formerebbe> nelle nubi <il soffiare del vento> che dall'interno

spira, senza il grande mare, n le correnti dei fiumi n
nell'atmosfera l'acqua piovana. il grande mare il generatore ' ,

delle nubi dei venti e dei fiumi.
[I 136. 10] .
21 B 31 [27 D.] HERACLIT. alleg. Hom. c. 44 [etimologia di 21 B 31 [27 D.]. HERACLIT. Alleg. Hom. c. 44 [Etymologie
].
v. ]
Il sole che si leva al di sopra della terra e la riscalda.
' ' .
21 B 32 [13 K., 28 D.]. SCHOL. BLT. EUSTATH. ad Il. XI 21 B 32 [13 K., 28 D.]. SCHOL. BLT EUST. ad Hom. 27
27.
' , ,
Quella che chiamano Iride anch'essa una nuvola che presenta [I 136. 15 App.]
alla vista delle colorazioni purpuree scarlatte e verdastre.
.
21 B 33 [9 K., 29 D.]. SEXT. EMP. adv. math. X 314.
21 B 33 [9 K., 29 D.]. SEXT. Adv. math. X 314
Poich tutti siamo nati dalla terra e dall'acqua67*.
.

21 B 34 [14 K., 30 D.]. SEXT. EMP. adv. math. VII 49, 110.
PLUTARCH. de aud. poet. 2 p. 17 E 68*.

21 B 34 [14 K., 30 D.]. SEXT. Adv. math. VII 49, 110 PLUT.
aud. poet. 2 p. 17 E [I 137. 1 App.]

Il certo nessuno mai lo ha colto n alcuno ci sar che lo colga e


relativamente agli di e relativamente a tutte le cose di cui

parlo. Infatti, se anche uno si trovasse per caso a dire, come
,
meglio non si pu, una cosa reale, tuttavia non la conoscerebbe [I 137. 5 App.] '
per averla sperimentata direttamente. Perch a tutti dato solo .
l'opinare.
21 B 35 [15 K., 31 D.]. PLUTARCH. quaest. conv. IX 7 p. 746 21 B 35 [15 K., 31 D.]. PLUT. Symp. IX 7 p. 746 B
B.
...
Si ammetta questo che verosimile.
21 B 36 [32 D.]. HERODIAN. 296, 9.

21 B 36 [32 D.]. HERODIAN. . . 296, 9


...

Quanto si mostrato alla vista dei mortali.


21 B 37 [33 D.]. HERODIAN. . . . 30, 30.
E in alcune caverne l'acqua stilla dall'alto.

21 B 37 [33 D.]. HERODIAN. . . . 30, 30 [I137. 10


App.]
.
21 B 38 [34 D.]. HERODIAN. . . . 41, 5.
21 B 38 [34 D.]. HERODIAN. . . . 41, 5 [I 138. 1
Se dio non avesse creato l'aureo miele, direbbero che i fichi
App.]
sono molto pi dolci.
,
.
21 B 39 [20 D.]. POLL. VI 46. In quanto ciliegio, l'albero, si 21 B 39 [20 D.]. POLLUX VI 46
trova nel Sulla natura di Senofane.
[I 138. 5] .
21 B 40. ETYM. GEN. s. v. . La rana [ ] 21 B 40. ETYM. GEN. s. v.
gli Ioni e in Senofane.
[ ] .
21 B 41.TZETZ. ad Dionys. Perieg. V 940 p. 1010 Bernhardy. 21 B 41.TZETZ. ad Dion. Perieg. V 940 p. 1010 Bernhardy
Legge delle parole in - [a prop. di ]:

(ber
)
Un sillografo scrive il lungo, in quanto, mi pare, lo rende
senz'altro luogo col .
Ora, sillografo Senofane e Timone e altri.
FRAMMENTI DUBBI
21 B 42 [17 D.]. HERODIAN. . . . 7, 11. Anche
presso Senofane nel quarto dei Silli: E un giovane
desidererebbe una giovane fanciulla.

[I 138. 10 App.]
, , .
.
ZWEIFELHAFTE FRAGMENTE

21 B 42 [17 D.]. HERODIAN. . . 7, 11



[I 138. 15 App.]
' .
21 B 43 [45]. SCHOL. HIPPOCR. in epid. I 13, 3 [KLEIN 21 B 43 [45]. SCHOL. HIPPOCR. ad Epid. I 13, 3
Erotian. p. 18]. : significa ; cos
[Nachmanson, Erotian. p. 102, 19] :
dice Bacchio69*; in certe copie per abbiamo trovato

senza il . Significa effettivamente .
[l'azione di gettare], secondo quanto dice anche Senofane di , [I 138. 20 App.]
Colofone: Io mi gettai qua e l [] peregrino di "
citt in citt, invece di [cfr. B 8].
" [vgl. B 8, 2].
C. IMITAZIONI
C. IMITATION [I 139. 1]
21 C 1. EURIP. Herc. 1341 [cfr. B 11. 12. A 32]. Io non credo n 21 C 1. EURIP. Herc. 1341 [vgl. B 11. 12. A 32 I 122, 23f.].
credetti mai n mai creder che gli di cerchino piaceri illeciti e '
che s'immobilizzino con catene, e neppure che un dio sia signore , '
di un altro dio. Infatti dio, se veramente dio, non ha bisogno di [I 139. 5 App.] ' ' ,
nulla70*. Queste son ciance sciagurate dei poeti.
' .
, ' ,
: .
21 C 2. ATHEN. X 413 C. Per cui, anche Euripide nel primo
21 C 2. ATHEN. X 413 C
Autolico dice [fr. 282]:
[fr. 282 N.]
[I 139. 10] '

Di mille e mille malvagi che ci sono per l'Ellade, non c' di


peggio della razza degli atleti...
Questi concetti Euripide li ha presi dalle elegie di Senofane che
dice: ...



' , '
' ,
[I 139. 15] ' ; ...
,
'
' .
, '
[I 139. 20 App.]
;

'
;
[I 139. 25 App.] [].
'

,
'
[I 139. 30] ' .
' .
'
'' ... ' [B 2].

22. ERACLITO

22 [12]. HERAKLEITOS

A. VITA E DOTTRINA

[I 139. 35 App.] A. LEBEN UND LEHRE

VITA

LEBEN

22 A 1. DIOG. LAERT. IX 1-17. (1) Eraclito, figlio di Blosone 22 A 1. DIOG. IX 1-17. (1) ,
o, secondo alcuni, di Eraconto, nacque ad Efeso. Fior nella
, .
69.a olimpiade [504-1]1*. Fu altero quant'altri mai e superbo, [504-501]. [I 140. 1 App.]
come chiaro anche dal suo scritto, nel quale dice: ...
' ,
[seguono i frammenti 40, 41, 42, 43, 44]. (2) E con tono di
,
rimprovero si esprime anche nei confronti degli Efesi, perch " ... " [B 40]. "
avevano cacciato il suo amico Ermodoro [cfr. B 121].
... " [B 41]. "" " " ...
Avendolo i suoi concittadini pregato di dar loro le leggi, rifiut, "" [B 42] . (2) " ... " [B
per la ragione che la citt era ormai dominata da una cattiva
43] " ... ". [I 140. 5 App.] [B 44]
costituzione. (3) Ritiratosi nel tempio di Artemide, si mise a

giocare ai dadi con i fanciulli: agli Efesi che gli si facevano
, " ... ' "
attorno, disse: Perch vi meravigliate, o malvagi? non forse [vgl. B 121].
meglio far questo che occuparsi della citt in mezzo a voi?2*.
Alla fine, per insofferenza verso gli uomini, ritirandosi dalla
. (3)
vita civile, visse sui monti, cibandosi di erbe e di piante. Ma, in '
conseguenza di ci, ammalatosi di idropisia, torn in citt e, in , ", , ;" [I 140. 10
forma di enigma, chiese ai medici se fossero capaci di far s
App.] " '
che dall'inondazione venisse siccit; e poich quelli non
;"
comprendevano, si seppell in una stalla sotto il calore dello
, .
sterco animale, sperando che l'umore evaporasse. Non

avendone, neppure cos, alcun giovamento, mor dopo essere ,
vissuto sessant'anni [segue un epigramma di Diogene Laerzio].
(4) Ermippo [fr. 28 F.H. G. III 42] dice ch'egli chiese ai medici ,
se qualcuno fosse capace di essiccare l'umore vuotando gli
. [I 140. 15 App.]
intestini; alla loro risposta negativa, si distese al sole e ordin ' . (Folgt
ai ragazzi di ricoprirlo di sterco animale. Stando cos disteso, il Epigramm des Lartios) (4) [ FHG III 42 fr. 28]
secondo giorno mor e fu seppellito nella piazza. Neante di
,
Cizico [F.Gr.Hist. 84 F 25 II 197] invece, dice che era rimasto
l non essendo pi riuscito a staccarsi lo sterco di dosso, e che,

divenuto irriconoscibile per la deformazione, fu divorato dai



cani. (5) Fin dalla fanciullezza suscit stupore: da giovane
. [I 140. 20
diceva di non sapere nulla; diventato adulto, diceva di sapere App.] ' [FGrHist. 84 F 25 II 197]
tutto. Non ebbe alcun maestro, ma asseriva di aver indagato se
stesso [cfr. B 101] e da se stesso di aver imparato tutto.
. (5)
Sozione riferisce che alcuni affermavano che egli avesse
,
ascoltato Senofane; e Aristone [fr. 28 Wehrli] nell'opera Su
, .
Eraclito dice che era stato guarito dall'idropisia e che era morto , ' [B 101]
per un'altra malattia; questo lo afferma anche Ippoboto. Il libro ' .
che gli attribuito intitolato, dal suo argomento principale, [I 140. 25 App.]
Sulla natura, ma si divide in tre discorsi: sul tutto, politico e

teologico3*. (6) Eraclito depose il suo libro nel tempio di
, '
Artemide, avendo deciso intenzionalmente, secondo alcuni, di .
scriverlo in forma oscura, affinch ad esso si accostassero
,
solo4* quelli che ne avessero la capacit e affinch non fosse ,
dispregiato per il fatto di essere alla portata del volgo. E questo . [I 141. 1 App.] (6) '
lo sottolinea anche Timone [fr. 43 Diels], allorch dice:
, ,
,
.
Tra di essi s'innalz con il suo acuto grido l'enigmatico
[fr. 43 D.] " '
Eraclito, dispregiatore della folla.
".
[I 141. 5 App.] ,
Teofrasto sostiene che, a causa del suo temperamento
. '
melanconico, egli compose il suo scritto per un verso senza
portarlo a termine e per altro in modo discontinuo. Antistene [FHG III
nelle Successioni [F.H.G. III 182*] riferisce un indizio della 182*] .
, '
sua generosit: rinunci infatti al potere regale in favore del
.
fratello. Il suo scritto godette una tale fama che alcuni se ne
(7)
fecero seguaci e furono chiamati Eraclitei. (7) In generale le
sue opinioni sono le seguenti: tutte le cose risultano dal fuoco e [I 141. 10 App.]
'
nel fuoco si dissolvono; tutte le cose accadono secondo il

destino e realizzano la loro armonia mediante il loro
.
mutamento nell'opposto; e tutte son piene di anime e di
,
dmoni. Parla anche di tutti i fenomeni che si verificano nel
. ( " ... " [B 45].
cosmo e sostiene che il sole grande quanto appare. (Dice
[B 46]
anche: ... [B 45-46]. Talvolta nel suo scritto si esprime
anche in modo evidente e chiaro, s che anche la persona pi . [I 141. 15 App.]
,
ottusa pu facilmente comprenderlo e riceverne elevazione

dell'anima; incomparabili sono la brevit e la profondit del
suo modo di esprimersi.) (8) Nel particolare, poi, queste sono .) (8)
'
le sue dottrine: il fuoco l'elemento di tutte le cose e tutte le
[B 90],
cose sono mutazioni del fuoco [B 90], producentisi per
[] .
rarefazione e condensazione: non d tuttavia un'esposizione
chiara su tutto ci. Tutto accade secondo l'opposizione e tutto ' [I 141. 20 App.]
scorre come un fiume [cfr. B 12. 91]; l'universo limitato ed [vgl. B 12. 91],

esiste un unico cosmo. Esso nasce dal fuoco e di nuovo sar
arso dal fuoco secondo periodi determinati e vicendevoli per
tutta l'eternit: il destino che determina questo accadere. E dei ' .
[B
contrari, quello che spinge alla nascita chiamato guerra e
80], ' ,
contesa [B 80], mentre quello che spinge alla distruzione ad
, [I
opera del fuoco chiamato accordo e pace e il mutamento,
141. 25 App.] ' . (9)
secondo cui viene a nascere il cosmo, prende il nome di via
,
all'in su e via all'in gi. (9) Il fuoco condensandosi diventa
umido e, fattosi ancora pi consistente, diventa acqua, la quale
solidificandosi si trasforma in terra: e questa la via all'in gi. . , ,
Di nuovo, poi, la terra si scioglie e da essa nasce l'acqua e da ,

questa tutto il resto: egli infatti riconduce quasi tutte le cose
. , [I
alle evaporazioni dal mare; e questa la via all'in su. Le
evaporazioni avvengono dalla terra e dal mare, e le une sono 141. 30] , .
luminose e pure le altre oscure: mentre il fuoco si accresce per ,
quelle luminose, l'umido si accresce per le altre. Di che natura .

sia ci che circonda la terra [la volta celeste] egli non chiarisce:
asserisce tuttavia che in esso si trovano [cavit a forma di]
,
catini, che volgono verso di noi le loro parti concave, nelle
, . (10)
quali si raccolgono le esalazioni luminose, che s'infiammano: e .
queste fiamme sono gli astri. (10) La fiamma del sole la pi [I 141. 35]
luminosa e la pi calda. E mentre gli altri astri sono molto
,
distanti dalla terra e per questo sono meno luminosi e meno
.
caldi, la luna invece, che pure la pi vicina, meno luminosa [I 142. 1 App.]
e meno calda perch non si muove nella regione pura; il sole, '
invero, si trova in una regione limpida e pura ed ha da noi una .
distanza appropriata: ed per questo che riscalda ed illumina di
pi. Le eclissi del sole e della luna sono prodotte dalla

rotazione verso l'alto [della parte concava] dei rispettivi catini, .
mentre le fasi mensili della luna avvengono per il graduale
[I 142. 5]
ruotare su se stesso del suo catino. I giorni, le notti, le stagioni,
le piogge annuali, i venti e tutti gli altri fenomeni dello stesso . (11)
genere si producono secondo le differenti evaporazioni. (11)
,
L'evaporazione luminosa, infatti, incendiandosi nel cerchio del
sole produce il giorno; quella contraria, invece, quando
,
prevale, produce la notte. E il caldo, accrescendosi per
.
l'evaporazione luminosa, porta l'estate; mentre l'umido,
[I 142. 10]
facendosi pi intenso per l'evaporazione oscura, porta l'inverno. .
Conformemente a queste dottrine Eraclito spiega le cause
, ' .
anche degli altri fenomeni. Nulla invece manifesta circa la
.
natura della terra, e neppure dei catini. E queste sono le sue

opinioni5*.
, , ,
Per ci che riguarda Socrate e le cose che disse quando gli
[s. A 4]. (12) (
capit il libro di Eraclito, che gli fu portato da Euripide,
[fehlt FHG III 500] [I
secondo la testimonianza di Aristone [fr. 29 Wehrli], abbiamo 142. 15 App.]
gi scritto nel libro che concerne Socrate [cfr. II 22 = A 4].
).
(12) (Il grammatico Seleuco [manca in F.H.G. III 500] afferma ,
che un tal Crotone attesta nel suo Tuffatore che un certo
. ,
Cratete port per primo il libro di Eraclito in Grecia.) E Socrate ,
diceva che avrebbe dovuto essere come un tuffatore delio colui
che non avesse voluto annegare in quel libro. Ad esso alcuni ,
danno come titolo Muse, altri Della natura; Diodoto invece
l'acuta guida per la linea della vita.
Altri ancora lo definiscono regola dei costumi, unico ordine
della vita di tutti. Si dice che una volta, interrogato perch
tacesse, rispose: Affinch voi possiate cianciare. Anche
Dario desider di averlo presso di s e cos gli scrisse.
[Seguono ai paragrafi 13-14 una lettera di Dario (in attico) e
la risposta di Eraclito (in ionico), che, come le sette lettere
seguenti (HERCHER, Epistolographi, pp. 280 sgg.) non
meritano, secondo Diels, di essere trascritte.]
(15) Tale fu l'uomo, anche nei confronti del re. Demetrio negli
Omonimi dice che Eraclito dispregi anche gli Ateniesi, presso
i quali godeva di grandissima fama, e che, pur essendo
dispregiato dagli Efesi, scelse piuttosto la sua patria. Fa
menzione di lui Demetrio Falereo nella sua Apologia di
Socrate [F.Gr.Hist. 288 F 40 II 970 = fr. 92 Wehrli].
Moltissimi sono coloro che hanno dato interpretazioni del suo
libro: Antistene, Eraclide Pontico [p. 88 Voss = fr. 39 Wehrli],
Cleante e Sfero stoico, e poi Pausania detto l'Eraclitista,
Nicomede e Dionisio. Tra i grammatici da ricordare Diodoto,
il quale nega che il libro trattasse della natura, e afferma che
invece riguardasse la politica, essendovi le questioni naturali
introdotte solo a mo' di esempi. (16) Ieronimo dice [fr. 23
Hiller] che il giambografo Scitino si adoper a mettere in versi

' , .
' , [I 142. 20] ,
"' ".
. Folgt 13-14 ein
Brief des Dareios (attisch) und Heraklits Antwort (ionisch), die
bringen sieben (Hercher Epistologr. 280ff.) nach Diels den
Abdruck nicht lohnen.
(15) .
[I 142. 25 App.]
, ,

.
[FGrHist. 288 F 40 II 970].

[p. 88 Voss],
, [I 142. 30
App.] ,
,
, ,
. (16)
[fr. 23 Hiller]
[vgl. C 3]
. '
, [I 142. 35 App.] [Anth. P. VII

il suo discorso. Si tramandano molti epigrammi su di lui, e tra


gli altri anche questo [Anth. Pal. III 128]:
128]
Sono Eraclito: perch, o illetterati, mi tirate in su e in gi? Non ' ' ;
per voi mi son affaticato, ma per quelli che mi comprendono. , ' ' .
[I 143. 1 App.] , '
Un solo uomo per me vale trentamila e la folla neppure uno.

Queste cose io intono anche dal regno di Persefone.


. ' .
e un altro questo [Anth. Pal. IX 540]:

[Anth. P. IX 540]

Non srotolare in fretta fino alla verga il libro di Eraclito


di Efeso: assai difficile a percorsi il cammino.
Oscurit e notte profonda in esso; ma, se un iniziato
ti conduce, pi luminoso del sole splendente.

'
[I 143. 5] .

, ' .
(17) '
,
, [I 143.
10 App.] ' ...
' [epigr. 2 Wil.]

.
22 A 1a. SUID. ,
, , ,
. , [I
143. 15 App.] .

, '
,
.
.
. [I
143. 20 App.] [504-1] ,
.
22 A 2. STRABO XIV p. 632. 633
(Pherekydes FGrHist. 3 F 155 I 99)
, ,
,
.
, [I 143. 25
App.] ,
,
, . vgl. I
141, 7.
22 A 3. CLEM. Strom. I 65 (II 41, 19 St.) .

. [I 143. 30
App.] .
22 A 3a. STRABO XIV 25 p. 642 '
[Ephesos] .
,
" ... " [B 121]. '
. PLIN. N. H. n. XXXIV
21 fuit et Hermodori Ephesii [nml. statua] [I 143. 35] in
comitio, legum quas decemviri scribebant interpretis, publice
dicata.
22 A 3b. THEMIST. . p. 40 [Rh. Mus. 27, 1872, 456
f.] [I 144. 1 App.] Die Ephesier waren an Wohlleben und
Vergngen gewhnt, als aber gegen sie Krieg sich erhob,
versetzte eine Umschlieung der Perser ihre Stadt in

(17) Vi furono cinque Eracliti: il primo questo; ecc.

22 A 1 a. SUID. s.v. Eraclito, figlio di Blosone, o di Bautore


(mentre altri sostengono che era figlio di Erachino), di Efeso,
filosofo della natura, fu chiamato l'Oscuro. Non fu discepolo di
alcun filosofo, ma tutto apprese da s, grazie alla sua indole e
al continuo studio. Ammalatosi d'idropisia, non consent ai
medici di curarlo come essi avrebbero voluto, ma, cosparsosi
tutto di letame animale, lasci che si essiccasse al sole, finch
le cagne non si avvicinarono a lui che stava sdraiato e lo
sbranarono. Altri invece sostengono che mor sepolto nella
rena. Vi chi afferma che avesse ascoltato Senofane e Ippaso
pitagorico. Visse intorno alla 69.a olimpiade [504-1], al tempo
di Dario, figlio di Istaspe, e scrisse molto in stile poetico.
22 A 2. STRAB. XIV 632-3. Dice [Ferecide; F.Gr.Hist. 3 F
155 I 99] che la colonia degli Ioni, poi eolica, fu comandata da
Androclo, figlio legittimo di Codro re degli Ateniesi, e che fu
lui il fondatore di Efeso. Per questo vi stata innalzata la
reggia degli Ioni ed anche ora i discendenti di quella stirpe
sono chiamati re ed hanno determinati onori, la proedria nelle
gare, la porpora segno di stirpe regale, il bastone invece dello
scettro, la possibilit di assistere ai riti sacri di Demetra
Eleusinia [cfr. DIOG. LAERT. IX 6 = A 1].
22 A 3. CLEM. ALEX. Strom. I 65 [II 41, 19]. Eraclito, figlio
di Blisone, persuase il tiranno Melancoma a cedere il potere.
Egli stesso rifiut l'invito del re Dario a recarsi presso i
Persiani.
22 A 3 a. STRAB. XIV 25 642. Nacquero in Efeso uomini
degni di menzione: tra gli antichi Eraclito chiamato l'Oscuro ed
Ermodoro, di cui lo stesso Eraclito dice: ... [B 121]. Questo
Ermodoro sembra aver dato leggi ai Romani. PLIN. nat. hist.
XXXIV 21. E nel comizio c'era [una statua] anche di
Ermodoro Efesio, dedicatagli a pubbliche spese come
interprete delle leggi scritte dai decemviri.
22 A 3 b. THEMIST. . p. 40 [trad. dal siriaco in
tedesco in Rhein. Mus., XXVII, 1872, pp. 456 sgg.]. Gli
Efesi avevano l'abitudine ad una vita lussuosa e di piaceri; ma
contro di essi si scaten una guerra ed i Persiani circondarono

ed assediarono la citt. Essi per continuarono nella loro vita di Belagerung. Sie aber vergngten sich auch so nach ihrer
piaceri secondo la loro abitudine. Tuttavia cominciarono a
Gewohnheit. Es [I 144. 5] fingen aber die Lebensmittel an in
scarseggiare nella citt i mezzi di sostentamento. Quando la
der Stadt zu mangeln. Als der Hunger stark auf ihnen lastete,
fame cominci a gravare fortemente su di loro, i cittadini si
versammelten sich die Stdter, um zu beraten was zu tun sei,
radunarono per consigliarsi sul da fare, in modo che non
da der Lebensunterhalt nicht fehle; aber zu raten, da sie ihr
venissero a mancare i mezzi di sostentamento; nessuno per
Wohlleben einschrnken mten, wagte keiner. Als sie darber
aveva il coraggio di proporre che limitassero i loro lussi.
alle versammelt waren, nahm ein Mann namens H.
Mentre essi erano tutti radunati, un uomo di nome Eraclito
Gerstengrtze, mischte [I 144. 10] sie mit Wasser und a sie
prese dell'orzo tritato, lo mescol con dell'acqua e lo mangi unter ihnen sitzend, und dies war eine stillschweigende Lehre
stando seduto in mezzo a loro, e questa fu una lezione
dem ganzen Volk. Es sagt die Geschichte, da die Ephesier
silenziosa per tutto il popolo. La storia narra che gli Efesi
sofort ihre Zurechtweisung merkten und keiner anderen
capirono immediatamente il rimprovero, senza che ne
Zurechtweisung bedurften, sondern fortgingen, indem sie
occorressero altri, ma se ne andarono, avendo visto nei fatti che tatschlich gesehen hatten, da sie etwas am Wohlleben
essi dovevano limitare i loro lussi, perch i viveri non
mindern mten, damit die [I 144. 15] Speise nicht abnehme.
mancassero. Allorch, per, i nemici vennero a sapere che essi Als aber ihre Feinde hrten, da sie gelernt htten,
avevano imparato a vivere in modo pi misurato e che
ordnungsmig zu leben, und die Mahlzeit nach des
uniformavano i loro pasti al consiglio di Eraclito, si
Herakleitos Rate hielten, brachen sie von der Stadt auf, und
allontanarono dalla citt, e, bench fossero vincitori con le
whrend sie Sieger waren durch die Waffen, rumten sie das
armi, tolsero il campo davanti all'orzo di Eraclito.
Feld vor der Grtze des Herakleitos. PLUT. de garr. 17 p.
PLUTARCH. de garr. 17 p. 511 B. Non meritano lode e
511B
ammirazione in modo tutto particolare coloro che esprimono [I 144. 20 App.] ;
ci che si deve fare per simboli, senza ricorrere alla parola?
. '
Come Eraclito, il quale, chiedendogli i concittadini di
,
esprimere la sua opinione sulla concordia, salito sul palco,

prese una tazza di acqua fredda, vi vers dell'orzo, e, dopo aver , ,
mescolato con un'erba odorosa, la bevve e ridiscese, mostrando
cos ad essi che la citt si mantiene nella concordia e nella pace . Vgl. Schol. Hom. BT z. K 149.
con l'accontentarsi di ci che ci capita di avere e senza aver
__________
bisogno di cose lussuose.
[I 144. 25] Rmische Mnzen von Ephesos zeigen im Rs. mit
der Umschrift den Philosophen
stehend, brtig, nach links blickend und die Rechte zum Reden
erhebend (vgl. die Titelvignette zu Band II und die Erklrung
dazu). Danach wollte G. Lippold Mitt. d. Ath. Inst. 36 (1911)
153 in einer Marmorstatue aus Gortyn (Candia, Museum) ein
Abbild [I 144. 30 App.] der ephes. Statue erkennen.
SCRITTO
SCHRIFT
[Cfr. A 1 5-7, 12, 15, 16]

Vgl. A 1 5-7, 12. 15. 16

22 A 4. ARISTOT. rhet. 5. 1407 b 11. In generale


22 A 4. ARIST. Rhet. 5. 1407b 11
necessario che lo scritto sia facile a leggersi e chiaro: i due

requisiti fanno tutt'uno. E lo posseggono, tale requisito, le
, '
molte congiunzioni, mentre la loro scarsezza lo fa perdere, cos '
come la difficolt della punteggiatura, qual quella degli scritti . [I 144.35 App.]
di Eraclito. Non impresa da poco punteggiare gli scritti di
, ,
Eraclito per il fatto che oscura la collocazione della parola, se ,
accanto a quella che precede o a quella che segue, come ad
' '
esempio proprio all'inizio del suo libro: dice infatti: Di questo '[B 1]
logos che sempre gli uomini non hanno intelligenza [B 1]; . DEMETR. 192
oscuro infatti rispetto a quale parola debba essere punteggiato [I 145. 1 App.] ,
sempre6*. DEMETR. 192. La chiarezza consiste in pi

fattori: in primo luogo in parole appropriate, poi nei loro

collegamenti; un costrutto slegato e spezzato rende oscuro il
,
tutto. Non chiaro infatti l'inizio di ciascun membro per la
. DIOG. II 22. '
mancanza di connessione, come nel caso degli scritti di
[Sokrates] [I 145. 5]
Eraclito, che la spezzettatura rende per lo pi oscuri. DIOG.
" "; " ,
LAERT. II 22. Dicono che Euripide, dandogli il libro di
:
Eraclito, chiedesse a Socrate: Che te ne sembra? e Socrate: ".
Ci che ho capito eccellente, e penso che lo sia anche ci

che non ho capito; ma forse bisognerebbe essere un tuffatore


delio [cfr. A 1, 15].
DOTTRINA
[Cfr. A 1 7-8, 11]

LEHRE
Vgl. die Auszge aus Theophrasts A 1, 7
(mittelbar) und 8-11 (unmittelbar).

22 A 5. ARIST. Metaph. A 3. 984a 7 [I 145. 10] [s. c. 18, 7 I


22 A 5. ARISTOT. metaph. A 3. 984 a 7 [cfr. 18, 7].
SIMPLIC. phys. 23, 33 [da THEOPHR. phys. opin. fr. 1; Dox. 109, 5]. SIMPLIC. Phys. 23, 33 [aus THEOPHR. Phys. Opin.
fr. 1, D. 475] [c. 18, 7] .
475]. Anche Ippaso di Metaponto ed Eraclito di Efeso
,
sostengono che unico il principio, in moto e limitato, ma
questo principio lo identificano con il fuoco; dal fuoco fanno ,
,
derivare, per condensazione e rarefazione, tutte le cose che

sono e nel fuoco tutte le risolvono, poich questa l'unica
natura che costituisce il sostrato. Tutte le cose, dice Eraclito, [I 145. 15 App.] . .

sono trasformazioni del fuoco e introduce anche un certo
ordine e un tempo definito del mutamento del cosmo, secondo . AT. I 3, 11 (D. 283) .
una necessit fatale. AT. I 3, 11 [Dox. 283]. Eraclito e Ippaso .

di Metaponto sostengono che principio di tutte le cose il
fuoco ed affermano che dal fuoco nascono tutte le cose e che .

nel fuoco tutte hanno fine. Man mano che il fuoco si viene
estinguendo si forma l'intero cosmo: dapprima, infatti, la parte [I 145. 20 App.] ,
pi densa del fuoco si raccoglie in se stessa e nasce la terra; in
seguito la terra si scioglie ad opera del fuoco e naturalmente si , .
produce l'acqua, che evaporando d luogo all'aria. Di nuovo,
. Vgl. 5, 5 I 109, 10. GAL. de
alla fine, il cosmo e tutti i corpi sono dissolti dal fuoco
nell'incendio universale [cfr. AT. I 5, 5 cap. 18, 7]. GALEN. elem. sec. Hipp. I 4 [I 443 K. 23, 1 Helmr.]
de el. sec. Hipp. I 4 [I 443 Khn]. Alcuni poi inferiscono che il [nmlich ]
fuoco l'elemento primordiale sostenendo che esso, quando si , ' [I 145. 25
App.] ,
addensa e si condensa, diventa aria; quando subisce questo
,
processo in misura pi accentuata e si inspessisce ancora di
pi, diventa acqua; e infine, quando si condensa al massimo, d ' .
luogo alla terra7*.
22 A 6. PLAT. Cratyl. 402 A. Afferma Eraclito in qualche
22 A 6. PLAT. Cratyl. 402 A
luogo che tutto scorre e nulla permane e, paragonando la realt
alla corrente di un fiume, dice che non potresti scendere due

volte nello stesso fiume [cfr. B 91. 12]. AT. I 23, 7 [Dox.
[vgl. B 91. 12]. AT. I 23, 7 (D. 320) .
320]. Eraclito nega assolutamente che le cose possano essere in [I 145. 30]
quiete e ferme: questa infatti la condizione propria dei morti; ,
attribu invece il movimento a tutte le cose, eterno alle cose
, .
eterne e corruttibile alle cose corruttibili8*.
22 A 7. ARISTOT. metaph. 3. 1005 b 23. impossibile
22 A 7. ARIST. Metaph. 3. 1005b 23
infatti che qualcuno possa pensare che la stessa cosa sia e non ,
sia, come alcuni ritengono che abbia sostenuto Eraclito.
.
22 A 8. AT. I 7, 22 [Dox. 303]. Eraclito identifica il fuoco
22 A 8. AT. I 7, 22 (D. 303) .
periodico con il dio eterno, il destino con il logos che produce [nmlich ], [I 145. 35]
tutte le cose dal concorso degli opposti [cfr. A 1, 7]. AT. I 27, [vgl. I 141, 10]. AT.
1 [Dox. 322, sulla base di Teofrasto]. Secondo Eraclito tutto
I 27, 1 (D. 322, nach Theophrast) . ' ,
avviene secondo il destino e questo la stessa cosa che la
. AT. I 28, 1 (D. 323,
necessit. AT. I 28, 1 [Dox. 323, sulla base di Posidonio].
nach Pseidonios) .
Eraclito mostr che l'essenza del destino il logos diffuso nella . '
sostanza dell'universo. Ed essa un corpo etereo, seme della ,
generazione universale e del cielo ordinato secondo misura
[I 145. 40] Vgl. c. 18, 8.
[cfr. 18, 8]9*.
22 A 9. ARISTOT. de part. anim. A 5. 645 a 17. Come si narra 22 A 9. ARIST. de part. anim. A 5. 645a 17 [I 146. 1]
a proposito di ci che Eraclito avrebbe detto ai suoi ospiti, i
.
quali, volendo fargli visita e vedendolo scaldarsi al calore del ,
forno, si erano fermati (li invit ad entrare senza timori, perch (
anche l, erano degli di), cos bisogna volgersi alla ricerca
),
intorno a ciascuno degli esseri viventi senza alcuna ripugnanza, [I 146. 5]

poich in tutti c' qualcosa di naturale e di bello10*.

,
.
Nach 9a. PHILO Qu. r. div. h. 43, 214 (III 19 W.) (zu dem Satz
' [I 491. 40]
) ' ,
'
' ;
Quaest. in Gen. III 5 (p. 178 Auch.) hinc H. libros conscripsit
de natura a theologo nostro mutuatus sententias de contrariis,
additis immensis atque laboriosis argumentis (vgl. ZellerNestle I 8232). [I 491. 45] Vgl. 22 C 1
22 A 10. PLAT. Soph. 242 D .. ..
[Heraklit und Empedokles] , ..
... , ,
. "
", [I 146. 10]
[B 10], '
,
' ,
[31 B 17]. - ARIST. de caelo A 10. 279b
12 [nmlich
], ,
[I 146. 15 App.]
,
,
. . ARIST.
Phys. 5. 205a 3 . .
SIMPLIC. de cael. 94, 4 Heib. .
,
[I
146. 20 App.] "
" [B 30].
. Vgl. B 31 AT. II 1. 2 (D. 327) . ...
. AT. II 4, 3 (D. 331) .
, ' . AT. II 11, 4 (D.
340) . ... .

22 A 10. PLAT. soph. 242 D. Certe Muse ... ioniche ... e


siciliane [Eraclito ed Empedocle] pensarono che ... la cosa pi
sicura ... fosse dire che la realt molteplice e una, e che
tenuta insieme dall'amicizia e dalla contesa. Pur discordante
infatti sempre concorda, dicono le pi severe di queste Muse
[B 10], mentre le pi arrendevoli concedono bens che le cose
stanno sempre cos, ma affermano poi che, di volta in volta, il
tutto ora uno e pervaso di amicizia ad opera di Afrodite, ora
molteplice e intrinsecamente discorde ad opera della Contesa
[31 B 17]. ARISTOT. de cael. A 10. 279 b 12. Tutti sono
concordi nel sostenere che il cielo generato, ma mentre
secondo alcuni eterno, secondo altri corruttibile come
qualsiasi altra cosa che risulta da una composizione naturale;
altri ancora, come Empedocle agrigentino ed Eraclito efesio,
sostengono che, corrompendosi, si trova vicendevolmente ora
in uno stato ora in un altro e che questo processo continua
eternamente cos. ARISTOT. phys. 5. 205 a 3.Come dice
Eraclito, il quale sostiene che, ad un certo momento, tutte le
cose diventano fuoco. SIMPLIC. de cael. 94, 4. Anche Eraclito
dice che talvolta il cosmo s'incendia e talvolta si ricostituisce
dal fuoco secondo determinati periodi di tempo, laddove
scrive: A misura incendiandosi, a misura spegnendosi [B
30]. Di questa opinione furono in seguito anche gli Stoici [cfr.
B 31]. AT. II 1, 2 [Dox. 327]. Secondo Eraclito il cosmo
uno. AT. II 4,3 [Dox. 331]. Eraclito dice che l'universo
generato non secondo il tempo, ma secondo un disegno
intelligente. AT. II 11, 4 [Dox. 340]. Parmenide ed Eraclito
sostenevano che il cielo di natura ignea11*.
22 A 11. AT. II 13, 8 [Dox. 342]. Parmenide ed Eraclito
22 A 11. AT. II 13, 8 (D. 342) [I 146. 25]
sostengono che gli astri sono ispessimenti di fuoco. AT. II
. . AT. II 17, 4 (D. 346) . ...
17, 4 [Dox. 346]. Eraclito ... sostiene che gli astri si nutrono
.
delle evaporazioni della terra.
22 A 12. AT. II 20, 16 [Dox. 351]. Eraclito sostiene che il
22 A 12. AT. II 20, 16 (D. 351) . ...
sole una massa infuocata intelligente che sorge dal mare.
. AT. II 22, 2 (D. 352) ,
AT. II 22, 2 [Dox. 352]. A forma di catino, curvo. AT. II
. AT. II 24, 3 (D. 354) ( )
24, 3 [Dox. 354]. (L'eclissi si produce) per il ruotare della
,
cavit a forma di catino, in modo tale che la parte concava
, [I 146. 30]
verso l'alto e la parte convessa verso il basso rispetto ai nostri . AT. II 27, 2 (D. 358) . (
occhi. AT. II 27, 2 [Dox. 358]. Eraclito dice che la luna a ). AT. II 28, 6 (D. 359) .
forma di catino. AT. II 28, 6 [Dox. 359]. La stessa cosa
.
accade per il sole e per la luna. Gli astri infatti hanno una figura ,
a forma di catino e, ricevendo i raggi che provengono dalle
, ,
esalazioni dell'umido, risplendono alla vista. Il sole tuttavia
pi splendente, perch si muove in una regione aerea pi
[I
limpida, mentre la luna si muove in una regione pi torbida e 146. 35 App.] . AT. II 29, 3 . ...
per questo appare pi scura.
( )
AT. II 29, 3 [Dox. 359]. Eraclito ... sostiene che (le eclissi
.
della luna) sono dovute alla rotazione della sua cavit a forma
di catino e alle sue inclinazioni.
22 A 13. AT. II 32, 3 [Dox. 364]. Secondo Eraclito [il grande 22 A 13. AT. II 32, 3 (D. 364) [I 147. 1 App.] .

anno] risulta di 10.800 anni solari. Cfr. CENSORIN. de d. nat.


10, 10. Questo anno da alcuni chiamato eliaco e da altri
[Eraclito?] anno del dio ... (11) Questo anno, secondo
Aristarco, risulta dal compiersi di anni ... secondo Eraclito e
Lino di 10.800.
22 A 14. AT. III 3, 9 [Dox. 369]. Eraclito ritiene che il tuono
dovuto alla condensazione dei venti sulle nubi; le folgori
sono dovute all'accensione dei vapori, i lampi all'accendersi e
allo spegnersi delle nuvole.
22 A 14 a. NICAND. Alex. 171 sgg. [cfr. B 84].
Anche tu t'immergerai nel salato, violaceo mare
che Ennosigeo destin a servire ai venti
insieme al fuoco.
E infatti anche questo dai venti nemici domato
il fuoco sempre vivente e il vasto mare temono
il vento, che disordinato e facile all'ira,
signoreggia sulle navi e sui giovani destinati a perire
e la materia obbedisce alla legge del fuoco nemico.

( ).
(Vgl. CENSORIN. 10, 1 hic annus etiam heliacos a quibusdam
dicitur, et ab aliis [Heraklit ?] ... (11) hunc
Aristarchus putavit annorum vertentium IICCCCLXXXIIII ...
H. et Linus [I 147. 5 App.] XDCCC.)
22 A 14. AT. III 3, 9 (D. 369) .

, ,
.
22 A 14a. NICAND. Alex. 171ff. [vgl. B 84]
[I 147. 10] ' ,

.

, ' ,
[I 147. 15] ,
' .

SCHOL. ,
,
, .
. .
SCHOL. ad loc. ... che il mare e il fuoco servano ai venti,
[I 147. 20]
evidentemente secondo una legge divina, lo dissero anche
. .,
Eraclito e Menecrate ... In questo modo Eraclito vuole
' . . . .
esprimere la sua opinione per cui tutte le cose si oppongono
,
reciprocamente ...
. ' .
22 A 15. ARISTOT. de an. A 2. 405 a 24. Anche Eraclito dice 22 A 15. ARIST. de anima A 2. 405a 24 .
che l'anima principio [come Diogene: cfr. 64 A 20], se vero (wie [I 147. 25 App.] Diogenes 64 A 20]
che l'evaporazione [B 12] da cui derivano tutte le altre cose. [B 12], .
MACROB. s. Scip. I 14, 19. Eraclito ritiene che l'anima sia una MACROB. S. Scip. 14, 19 (animam) H. physicus scintillam
scintilla dell'essenza stellare. AT. IV 3, 12 [Dox. 389].
stellaris essentiae. AT. IV 3, 12 (D. 389) .
Eraclito ritiene che l'anima del cosmo sia un'evaporazione
,
dell'umido che in esso, mentre quella che si trova negli esseri
viventi proviene dall'evaporazione esterna e da quella,
, . Vgl. B 12. (Vgl. c. 18, 9)
omogenea, che in loro stessi12*.
22 A 16. SEXT. EMP. adv. math. VII 126-34. Eraclito, a sua 22 A 16. SEXT. Adv. math. VII 126ff. (126) [I 147. 30 App.]
volta, poich riteneva che l'uomo avesse due strumenti per la ,
conoscenza della verit, e cio la sensazione e la ragione, da un ,
lato sosteneva che la sensazione non fosse attendibile, in questo ,
analogamente ai filosofi della natura di cui si parlato prima, e ,
dall'altro faceva della ragione il criterio della verit. Quanto
.
alla sensazione, egli la confuta dicendo letteralmente: ... [B " ... " [B 107],
107], che come se avesse detto: proprio delle anime
" [I 147. 35]
barbare prestar fede alle sensazioni irrazionali. (127) E la
". (127)
ragione, che egli fa criterio di verit, non una ragione
,
qualunque, ma quella comune e divina. Quale sia questa
. ' ,
ragione bisogna ora mostrare brevemente: il nostro filosofo
[I 148. 1]
della natura convinto che ci che ci circonda razionale e
. (128)
intelligente. (128) E questo lo aveva espresso assai prima
[ 163]
Omero, quando disse [Il. II 163]:
,
Tale la mente degli uomini che vivono sulla terra
' .
quale di giorno in giorno la guida il padre degli uomini e degli
di.
[I 148. 5 App.] [fr. 68 D.]
" ' ".
e Archiloco [fr. 68 Diehl] dice che gli uomini pensano
[Troad. 885]
secondo il giorno che Zeus li guida. La stessa cosa detta
anche da Euripide [Troad. 885]:
'
, ' ,

Chiunque tu sia, difficile a comprendere,


Zeus, o necessit della natura o mente dei mortali,
te supplicai.

[I 148. 10 App.] (129) '


' ,
(129) Poich, secondo Eraclito, assorbiamo con la respirazione ,
questa ragione divina, noi diventiamo intelligenti, e mentre nel
sonno ne diventiamo dimentichi, al risveglio ne abbiamo di
,
nuovo coscienza; nel sonno infatti i pori della sensibilit si
,
restringono e l'intelligenza che in noi si separa dal contatto

naturale con ci che ci circonda (resta solo, attraverso la
(130) [I 148. 15 App.]
respirazione, una congiunzione, come una radice), ed essendo
separata, perde quella capacit di ricordare che aveva prima; .
(130) al risveglio, di nuovo sporgendosi avanti attraverso i pori '
sensibili, quasi fossero piccole porte, e ricongiungendosi con , ,
ci che la circonda, riacquista la facolt razionale. Allo stesso
modo, infatti, che i carboni, accostati al fuoco, diventano per
mutazione incandescenti e, separati, si spengono, cos anche
, [I 148. 20 App.]
quella parte di ci che ci circonda e che colta nei nostri corpi . (131)
diventa, a causa della separazione, quasi del tutto incapace di
ragionare, mentre, in virt del contatto naturale attraverso la
, .
moltitudine dei pori, diviene omogenea al tutto. (131) Questa , ' (
ragione, dunque, comune, divina e per partecipazione della
),
quale diventiamo razionali, Eraclito dice che criterio della
. (132)
verit: onde ci che appare a tutti in comune degno di fede
[I 148. 25 App.]
(poich appreso con la ragione che comune e divina),

mentre ci che risulta ad uno soltanto non lo , per la ragione " ... " [B 1]. (133)
contraria. (132) Iniziando dunque il suo libro Sulla natura e

alludendo in certo senso a ci che ci circonda, il nostro filosofo
dice: ... [B 1]. (133) Avendo con queste precise parole
" ... " [B 2]. '
mostrato che per partecipazione alla ragione divina facciamo o ' .
pensiamo ogni cosa, poco pi avanti aggiunge: ... [B 2], il ' , [I 148. 30
che non altro che la spiegazione del modo in cui l'universo App.] , , . (134)
governato; onde, per quanto parteciperemo del ricordo di

quella ragione, saremo nel vero; per quanto invece ci
,
chiuderemo nella nostra individualit, saremo nel falso. (134) , '
Anche in ci, dunque, indica nel modo pi esplicito che la
. SEXT. Adv. math. VIII 286
ragione comune il criterio, che le cose che appaiono in
. , '
comune sono credibili, in quanto vagliate dalla ragione comune [s. VII 127]. Danach APOLL.
e invece quelle che appaiono individualmente a ciascuno sono TYAN. Ep. 18 [I 148. 35 App.] .
false. SEXT. EMP. adv. math. VIII 286. Esplicitamente
[= HERACLIT. fr. 133
Eraclito afferma che l'uomo non razionale e che solo ci che Byw.].
ci circonda possiede intelligenza [cfr. VII 127]. In
conseguenza APOLLON. TYAN. ep. 18. Eraclito, filosofo
della natura, afferma che l'uomo naturalmente irrazionale [=
HERACLIT. fr. 133 Bywater].
22 A 17. AT. IV 7, 2 [Dox. 392]. Eraclito afferma che
22 A 17. AT. IV 7, 2 (D. 392) .
l'anima immortale: uscendo, infatti, verso l'anima

dell'universo ritorna a ci che le omogeneo.
.
22 A 18. AT. V 23 [Dox. 434]. Eraclito e gli Stoici affermano 22 A 18. AT. V 23 (D. 434) [I 149. 1] .
che gli uomini cominciano ad essere perfettamente formati

intorno al secondo settennio, nel quale il liquido spermatico si , .
muove.
22 A 19 [fr. 87- 9 Byw.]. PLUTARCH. de defect. or. 11 p. 415 22 A 19 [fr. 87- 9 Byw.]. PLUT. def. orac. 11. 415 E
E. Coloro che leggono puberi [in HESIOD. fr. 171, 2]
"" [bei HESIOD. fr. 171, 2 Rz.2]
calcolano in trent'anni la generazione, in accordo con Eraclito, [I 149. 5 App.] '
a quell'et infatti il genitore presenta il figlio come a sua volta ,
capace di generare. PHILO fr. Harris [Cambridge 1886 p. 20]. . PHILO fr. Harris (Cambr. 1886) p.
L'uomo in grado di diventare nonno nel trentesimo anno:
20
raggiunge infatti la pubert, in cui pu generare, nel
, ,

quattordicesimo anno e suo figlio, nato un anno dopo dal suo ,


seme, pu a sua volta generare nel quindicesimo anno uno
. Vgl.
simile a s. Cfr. CENSORIN. de d. nat. 17, 2. Il secolo il pi CENSORIN. 17, 2 saeculum est spatium vitae humanae [I 149.
lungo spazio della vita umana, delimitato dalla nascita e dalla 10] longissimum partu et morte definitum. quare qui annos
morte. Sembra dunque che abbiano commesso un grave errore triginta saeculum putarunt multum videntur errasse. hoc enim
coloro che calcolarono il secolo in 30 anni. Questo tempo
tempus genean vocari Heraclitus auctor est, quia orbis aetatis
Eraclito lo chiama generazione, poich nella sua durata
in eo sit spatio; orbem autem vocat aetatis, dum natura ab
incluso il ciclo della vita; e il nome di ciclo della vita deriva dal sementi humana ad sementim revertitur. Miverstanden bei
fatto che la natura dal seme umano torna al seme. Frainteso in JOH. LYDUS. de mens. III 14 .
JOH. LYD. de mens. III 14. Onde a sproposito Eraclito chiama [I 149. 15 App.] .
generazione il ciclo mensile.
22 A 20. CHALCID. in Tim. c. 251 p. 284 [verosimilmente dal 22 A 20. CHALCID. c. 251 p. 284, 10 Wrob. [wahrsch. aus
commento al Timeo di Posidonio]. Eraclito, e con lui
dem Timaios comm. des Poseidonios.] H. vero consentientibus
consentono gli Stoici, connette la nostra ragione con la ragione Stoicis rationem nostram cum divina ratione conectit regente
divina che governa e ordina le cose del mondo: per questa
ac moderante mundana: propter inseparabilem comitatum
connessione indistruttibile la nostra ragione diviene
consciam decreti rationabilis factam quiescentibus animis [I
consapevole dei decreti della ragione divina e, ad opera dei
149. 20] ope sensuum futura denuntiare. ex quo fieri, ut
sensi, svela ci che accadr, quando l'anima riposa. Di qui
adpareant imagines ignotorum locorum simulacraque
dipende il fatto che appaiono immagini di luoghi sconosciuti e hominum tam viventium quam mortuorum. idemque adserit
di uomini sia vivi che morti. L'arte divinatoria asserisce la
divinationis usum et praemoneri meritos instruentibus divinis
stessa cosa ed afferma che coloro che lo hanno meritato sono potestatibus.
preavvertiti dalle potenze divine.
22 A 21. CLEM. ALEX. Strom. II 130 [II 184, 6]. Si dice che 22 A 21. CLEM. Strom. II 130 (II 184, 6 St.)
secondo Anassagora di Clazomene il fine della vita sia la
[I 149. 25 App.]
contemplazione e la libert che ne deriva; secondo Eraclito,

invece, la soddisfazione piacevole13*.
, .
22 A 22 [43 Byw.]. EUDEM. eth. [= ARISTOT. eth. Eud.] 22 [43 B.]. EUDEM. Eth. H 1. 1235a 25 .
H 1. 1235 a 25. Eraclito rimprovera chi compose il verso: " " [
Che la contesa perisca tra gli di e gli uomini [Il. XVIII 107]
107]. Non vi sarebbe infatti armonia, se non vi fosse l'acuto [I 149. 30]
e il grave, n esseri viventi senza l'opposizione di maschio e . SIMPL. Cat. 412, 26 Kalbfl. fgt dem Homerverse zu
femmina. SIMPLIC. categ. 412, 26 [dopo il verso di
. NUMEN. fr. 16 Thedinga (bei
Omero]. Dice infatti che tutte le cose svanirebbero.
CHALCID. c. 297) Numenius laudat Heraclitum
NUMEN. fr. 16 Thedinga [ap.CHALCID. c. 297].
reprehendentem Homerum qui optaverit interitum ac
Numenio loda Eraclito per aver rimproverato Omero, il
vastitatem malis vitae, quod non intelligeret mundum sibi
quale aveva augurato la morte e la fine ai mali della vita,
deleri placere, siquidem silva, quae malorum fons est,
perch non aveva compreso che il mondo si distruggerebbe exterminaretur. Vgl. PLUT. [I 149. 35] de Iside 48 p. 370.
da s, se la materia, che la fonte di tutti i mali, fosse
distrutta [cfr. PLUTARCH. de Is. et Osir. 48 p. 370]14*.
22 A 23 [14 Byw.]. POLYB. IV 40. Non sarebbe
22 A 23 [14 B.]. POLYB. IV 40
opportuno, riguardo alle cose che non conosciamo, servirsi
della testimonianza di poeti e mitografi, come facevano
, ,
nella maggior parte dei casi quelli che vissero prima di noi,
allegando garanti non degni di fede intorno a cose
. Vgl. B 40. 42. 56. 57. 104.
disputabili [cfr. B 40, 42, 56, 57, 104].
B. FRAMMENTI
B. FRAGMENTE [I 150. 1 App.]

22 B 1 [2 Bywater]. SEXT. EMP. adv. math. VII 132 [cfr. A 4.
16. B 51].
22 B 1 [2 Bywater]. SEXT. Adv. math. VII 132 [Vgl. A 4. 16. B
51] '
Di questo logos che sempre gli uomini non hanno intelligenza, [ 150. 5 App.]

sia prima di averlo ascoltato sia subito dopo averlo ascoltato;
bench infatti tutte le cose accadano secondo questo logos, essi ,
assomigliano a persone inesperte, pur provandosi in parole e in ,
opere tali quali sono quelle che io spiego, distinguendo secondo .
[I 150. 10]
natura ciascuna cosa e dicendo com' . Ma agli altri uomini
rimane celato ci che fanno da svegli, allo stesso modo che non , .
sono coscienti di ci che fanno dormendo15*.
22 B 2 [92]. SEXT. EMP. adv. math. VII 133.
22 B 2 [92]. SEXT. Adv. math. VII 133 [I 151. 1 App.]
, >

. '
.
Bisogna dunque seguire ci che comune. Ma pur essendo
questo logos comune, la maggior parte degli uomini vivono come
se avessero una loro propria e particolare saggezza16*.
22 B 3 [0]. AT. II 21, 4 [Dox. 351, sulla grandezza del sole]. 22 B 3 [0]. AT. II 21, 4 (D. 351, 20) [I 151. 5] (
Ha la larghezza di un piede umano17*.
) .
22 B 4 [journal of Philology, IX, p. 230]. ALBERT. MAGN. 22 B 4 [J. of phil. IX 230]. ALBERT. M. de veget. IV 401 p.
de veget. IV 401 p. 545. Eraclito disse che
545 Meyer H. dixit quod Si felicitas esset in delectationibus
corporis, boves felices diceremus, cum inveniant orobum [I
se la felicit s'identifica con i piaceri del corpo, diremmo felici 151. 10 App.] ad comedendum.
i buoi, quando trovano cicerchie da mangiare18*.
22 B 5 [130, 126]. ARISTOCRIT. theosoph. 68 [BURESCH, 22 B 5 [130, 126]. ARISTOCRITUS Theosophia 68
Klaros, p. 118]; ORIG. c. Cels. VII 62.
[BURESCH Klaros S. 118], ORIG. c. CELS. VII 62
'
Si purificano contaminandosi con altro sangue, come se uno, . ' ,
immersosi nel fango, si lavasse con il fango. Chi osservasse un [I 151. 15 App.]
. [I 152.
tale uomo far questo, lo riterrebbe pazzo. E si mettono a
1 App.] , ,
pregare siffatte immagini, come se uno si mettesse a
chiacchierare con le mura delle case, ignorando chi sono gli di ' .
e gli eroi19*.
22 B 6 [32]. ARISTOT. meteor. B 2. 355 a 13 [cfr. 68 B 158]. 22 B 6 [32]. ARISTOTELES Meteor. B 2. 355a 13 [vgl. 68 B
Il sole non soltanto, come dice Eraclito, nuovo ogni giorno, 158] , . , '
ma sempre continuamente nuovo.
, ' [I 152. 5 App.] .
22 B 7 [37]. ARISTOT. de sens. 5. 443 a 23.
22 B 7 [37]. ARIST. de sensu 5. 443a 23
Se tutte le cose diventassero fumo, sarebbero i nasi a
, .
discernerle20*.
22 B 8 [46]. ARISTOT. eth. Nic. 2. 1155 b 4.
22 B 8 [46]. ARIST. Eth. Nic. 2. 1155b 4
.
L'opposto concorde e dai discordi bellissima armonia [e tutto [ [I 152. 10 App.] '
= B 80].
accade secondo contesa = B 80]21*.
22 B 9 [51]. ARISTOT. eth. Nic. K 5. 1176 a 7.
22 B 9 [51]. ARIST. Eth. Nic. K 5. 1176a 7
Altro il piacere del cavallo, altro quello del cane, altro quello , .
dell'uomo; come dice Eraclito, gli asini sceglierebbero piuttosto '
lo strame che l'oro;
.
per gli asini infatti esso un cibo pi piacevole dell'oro22*.
22 B 10 [59]. [ARISTOT.] de mundo 5. 396 b 7. Forse la
22 B 10 [59]. [ARIST.] de mundo 5. 396b 7
natura desidera i contrari e da questi, e non dai simili, si
[I 152. 15]
realizza l'accordo... e questo coincide con quanto detto
,
dall'oscuro Eraclito:

Congiungimenti sono intero non intero, concorde discorde,
[I 153. 1 App.]
armonico disarmonico, e da tutte le cose l'uno e dall'uno tutte le , .
cose23*.



Cfr. PLAT. soph. 242 D [A 10; 31 A 29].
, [I 153. 5 App.]

,

' .
[I 153.
10 App.] ,
, ,
. Vgl. PLATO Sophist. 242 D [A 10; 31 A 29].
22 B 11 [55]. [ARISTOT.] de mundo 6. 401 a 8. Gli animali
22 B 11 [55]. [ARIST.] de mundo 6 p. 401a 8
selvatici e quelli domestici, quelli che vivono nell'aria, sulla

terra e nell'acqua nascono crescono e muoiono ubbidendo alle [I 153. 15 App.]
leggi del dio: come dice Eraclito,

, .
24
ogni animale condotto al pascolo dalla frusta [del dio] *.

22 B 12 [41- 42]. AR. DIDYM. ap. EUSEB. praep. evang. XV


20 [Dox. 471]. Zenone dice che l'anima un'evaporazione
sensibile, allo stesso modo di Eraclito; il quale, infatti, volendo
chiarire che le anime sempre diventano capaci di comprendere
evaporando, le paragon ai fiumi, dicendo cos:
Acque sempre diverse scorrono per coloro che s'immergono
negli stessi fiumi; ma anche le anime evaporano dall'umido
[?]25*.
[cfr. B 49 a. 91. A 6, 15].
22 B 13 [54]. ATHEN. V 178 F. necessario che l'uomo
raffinato non s'insudici n si copra di lerciume n sguazzi nel
fango, come dice Eraclito [cfr. B 9].
CLEM. ALEX. strom. I 2 [II 4, 3]. I porci godono del fango
pi che dell'acqua pura [cfr. B 37; 68 B 147. PLOTIN. Enn. I
6, 6. Aegypt. Ostrakon 12 319 Wilamowitz, in Berl. Sitz.Ber., 1918, p. 743, 12].
22 B 14 [124-125]. CLEM. ALEX. protr. 2, 22 [I 16, 24]. Per
chi Eraclito proclama i suoi vaticini? per i nottambuli, per i
maghi, per i bacchi, per le menadi, per gli iniziati; per costoro
annuncia ci che sar dopo la morte, per costoro vaticina il
fuoco:
Infatti le iniziazioni ai misteri che sono in uso tra gli uomini
sono empie.
22 B 15 [127]. CLEM. ALEX. protr. 2, 34 [I 26, 6].

22 B 12 [41- 42]. ARIUS DID. ap. EUS. P. E. XV 20 (D. 471,


1) [I 154. 1 App.]
, . ,
,
[I 154. 5]

(?)
[Vgl. B 49a. 91 und A 6. 15].

22 B 13 [54]. ATHEN. V 178 F


'
. [Vgl. B 9]. CLEM. Strom. I 2 (II 4, 3 St.) [I 154.
10] . [Vgl. B
37. 68 B 147. PLOTIN. I 6, 6. Aegypt. Ostrakon 12319
Wilamowitz in Berl. Sitz. Ber. 1918, 743, 12].
22 B 14 [124-125]. CLEM. Protr. 22 (I 16, 24 St.)
. ; , , ,
, [I 154. 15 App.]
,
' .

22 B 15 [127]. CLEM. Protr. 34 (p. 26, 6)



Se non fosse per Dioniso che fanno la processione ed intonano , [I 155. 1 App.] '
il canto del fallo, essi compirebbero le cose pi indecenti; ma ,
identici sono Ade e Dioniso, per il quale delirano e celebrano le .
Lenee26*.
22 B 16 [27]. CLEM. ALEX. paedag. II 99 [I 216, 28].
22 B 16 [27]. CLEM. Paedag. II 99 (I 216, 28 St.)
possibile, forse, nascondersi alla luce sensibile, ma a quella
,
intellegibile non possibile, o, come dice Eraclito:
, [I 155. 5 App.] .
;
Come potrebbe uno nascondersi a ci che non tramonta
mai27*?
22 B 17 [5]. CLEM. ALEX. strom. II 8 [II 117, 1].
22 B 17 [5]. CLEM. Strom. II 8 (II 117, 1 St.)
La maggior parte degli uomini non intendono tali cose, quanti , ,
in esse s'imbattono, e neppure apprendendole le conoscono, pur , .
se ad essi sembra28*.
22 B 18 [7]. CLEM. ALEX. strom. II 17 [II 121, 24].
22 B 18 [7]. CLEM. Strom. II 17 (II 121, 24 St.)
, [I 155. 10 App.] ,
Se non spera, non trover l'insperabile, perch introvabile e . [Vgl. B 27].
inaccessibile [cfr. B 27]29*.
22 B 19 [6]. CLEM. ALEX. strom. II 24 [II 126, 5].
22 B 19 [6]. CLEM. Strom. II 24 (II 126, 5)
Rimproverando alcuni di essere increduli, Eraclito dice:
. '
.
Incapaci e di ascoltare e di parlare.
22 B 20 [86]. CLEM. ALEX. strom. III 14 [II 201, 23].
22 B 20 [86]. CLEM. Strom. III 14 (II 201, 23) .
Eraclito sembra dunque considerare un male la nascita quando ,
afferma:
[ 155. 15 App.] ' ,
, .
Una volta nati desiderano vivere e avere il loro destino di
morte - o piuttosto riposare - e lasciano figli, in modo che altri
destini di morte si compiano.
22 B 21 [64]. CLEM. ALEX. strom. III 21 [II 205, 7]. Anche 22 B 21 [64]. CLEM. Strom. III 21 (II 205, 7) [I 156. 1 App.]
Eraclito chiama morte la nascita ... quando dice:
. ...
,

.
Morte quanto vediamo stando svegli, sonno quanto vediamo
dormendo30*.
22 B 22 [8]. CLEM. ALEX. strom. IV 4 [II 249, 23].
Coloro che cercano l'oro, scavano molta terra ma ne trovano
poco.
22 B 23 [60]. CLEM. ALEX. strom. IV 10 [II 252, 25].
Non conoscerebbero neppure il nome di Dike, se non
esistessero queste cose31*.
22 B 24 [102]. CLEM. ALEX. strom. IV 16 [II 255, 30].
Di ed uomini onorano coloro che sono morti in guerra.
22 B 25 [101]. CLEM. ALEX. strom. IV 50 [II 271, 3].
Maggiori destini di morte ottengono infatti maggiori
ricompense.
22 B 26 [77]. CLEM. ALEX. strom. IV 143 [II 310, 21].

22 B 22 [8]. CLEM. Strom. IV 4 (II 249, 23)


[ 156. 5 App.]
.
22 B 23 [60]. CLEM. Strom. IV 10 (II 252, 25)
, .
22 B 24 [102]. CLEM. Strom. IV 16 (II 255, 30)
.
22 B 25 [101]. CLEM. Strom. IV 50 (II 271, 3) [I 156. 10
App.]
.

22 B 26 [77]. CLEM. Strom. IV 143 (II 310, 21)



L'uomo nella notte accende una luce per s quando la sua vista [] ,
spenta; da vivo per tocca il morto dormendo e il dormiente , [ ],
[I 156. 15] .
stando sveglio.
22 B 27 [122]. CLEM. ALEX. strom. IV 146 [II 312, 15].
Per gli uomini che son morti sono pronte cose che essi non
sperano n immaginano.
22 B 28 [118]. CLEM. ALEX. strom. V 9 [II 331, 20].

22 B 27 [122]. CLEM. Strom. IV 146 (II 312, 15) [I 157. 1


App.]

.

22 B 28 [118]. CLEM. Strom. V 9 (II 331, 20)


,
Anche colui che alla prova il pi stimato conosce e conserva [I 157. 5 App.]
solo opinioni; ma invero Dike coglier sul fatto gli artefici e i .
testimoni di menzogne32*.
22 B 29 [111 b]. CLEM. ALEX. strom. V 60 [II 366, 11].
22 B 29 [111 b]. CLEM. Strom. V 60 (II 366, 11) [nach B 104]
vgl. IV 50 (II 271, 17)
Rispetto a tutte le altre una sola cosa preferiscono i migliori: la ,
gloria eterna rispetto alle cose caduche; i pi invece pensano
.
solo a saziarsi come bestie.
22 B 30 [20]. CLEM. ALEX. strom. V 105 [II 396, 10];
22 B 30 [20]. CLEM. Strom. V 105 (II 396, 10) [PLUT. d.
PLUTARCH. de an. procr. 5 p. 1014 A].
anim. 5 p. 1014 A] [I 157. 10 App.] ,
Quest'ordine universale, che lo stesso per tutti, non lo fece
, [I 158. 1 App.]
alcuno tra gli di o tra gli uomini, ma sempre era e sar fuoco , '
sempre vivente, che si accende e si spegne secondo giusta
,
misura33*.
.
22 B 31 [21]. CLEM. ALEX. strom. V 105 [II 396, 13]. Che 22 B 31 [21]. CLEM. Strom. V 105 (II 396, 13) [nach 30]
Eraclito ritenesse che l'universo fosse generato e corruttibile, lo [I 158. 5 App.]
chiarisce ci che segue:
,
Cangiamenti del fuoco: innanzi tutto mare, e del mare una met , ,
terra e l'altra met soffio infuocato.
.
Implicitamente egli dice, infatti, che il fuoco, ad opera del
'
logos e del dio che governa tutte le cose, trasformato,
, [I158.
passando per l'aria, in umido, che come il seme dell'ordine
10 App.] ,
universale e che egli chiama mare; da esso poi, a loro volta, .
nascono la terra, il cielo e le cose che vi sono contenute. Che ,
poi di nuovo ripercorra il cammino all'indietro e alla fine
[23] ,
s'infiammi, chiaramente lo mostra con queste parole:
, .
La terra si liquefa come mare e si espande fino a quel punto a
cui era prima di diventare terra.
22 B 32 [62]. CLEM. ALEX. strom. V 116 [II 404, 1].
22 B 32 [62] CLEM. Strom. V 116 (II 404, 1) [I 159. 1 App.]

L'unico, il solo saggio vuole e non vuole essere chiamato con il .

nome di Zeus34*.
22 B 33 [110]. CLEM. ALEX. strom. V 116 [II 404, 1].
Legge anche ubbidire alla volont di uno solo.
22 B 34 [3]. CLEM. ALEX. strom. V 116 [II 404, 1].
Assomigliano a sordi coloro che, anche dopo aver ascoltato,
non comprendono; di loro il proverbio testimonia: Presenti,
essi sono assenti.
22 B 35 [49]. CLEM. ALEX. strom. V 141 [II 421, 4].

22 B 33 [110]. CLEM. Strom. V 116 (II 404, 1)


.
22 B 34 [3]. CLEM. Strom. V 116 (II 404, 1)
[I 159. 5 App.]
.

22 B 35 [49]. CLEM. Strom. V 141 (II 421, 4)



necessario infatti, secondo Eraclito, che coloro che amano la ' .
sapienza [i filosofi] siano certamente esperti di molte cose.
22 B 36 [68]. CLEM. ALEX. strom. VI 16 [II 425, 35].
22 B 36 [68]. CLEM. Strom. VI 16 (II 425, 35)
,
, [I 159. 10] ,
Per le anime morte diventare acqua, e per l'acqua morte
diventare terra, ma dalla terra nasce l'acqua e dall'acqua nasce . [Vgl. B 76].
l'anima [cfr. B 76]35*.
22 B 37 [53]. COLUMELL. de re r. VIII 4. Se pure crediamo 22 B 37 [53]. COLUMELLA VIII 4 si modo credimus Ephesio
all'efesio Eraclito, il quale disse che
Heracleto qui ait sues caeno [vgl. B 13], cohortales aves
pulvere vel cinere lavari.
i porci si lavano nel fango [cfr. B 13] e i polli si lavano nella
polvere e nella cenere.
22 B 38 [33]. DIOG. LAERT. I 23 [Cfr. 11 A 1].
22 B 38 [33]. DIOG. I 23 [vgl. 11 A 1 Thales]
[I 159. 15] . . .
Secondo alcuni Talete sembra essere stato il primo ad indagare ' . .
gli astri. ... lo testimoniano anche Eraclito e Democrito.
22 B 39 [112]. DIOG. LAERT. I 88. In Priene nacque Biante, 22 B 39 [112]. DIOG. I 88 [I 160. 1 App.]
figlio di Teutamo, la cui fama maggiore di quella di tutti gli , .
altri [cfr. B 104].
[Vgl. B 104].
22 B 40 [16]. DIOG. LAERT. IX 1 [cfr. A 1 e ATHEN. XIII 22 B 40 [16]. DIOG. IX 1 [s. A 1 I 140, 2 vgl. ATHEN. XIII
610 B]. Sapere molte cose non insegna ad avere intelligenza: 610 B]
l'avrebbe altrimenti insegnato ad Esiodo, a Pitagora e poi a
[I 160. 5 App.]
Senofane e ad Ecateo36*.
.
22 B 41 [19]. DIOG.LAERT. IX 1. Un'unica cosa la
22 B 41 [19]. DIOG. IX 1 [anschl. an. 40]
saggezza, comprendere la ragione per la quale tutto governato , ,
attraverso tutto37*.
.
22 B 42 [119]. DIOG. LAERT. IX 1. Omero degno di essere 22 B 42 [119]. DIOG. 1
scacciato dagli agoni e di essere frustato, ed egualmente
[I 160. 10 App.]
Archiloco [cfr. A 22. B 56].
[Vgl. A 22 B 56].
22 B 43 [103]. DIOG. LAERT. IX 2. Bisogna spegnere la
22 B 43 [103]. DIOG. IX 2
superbia ancor pi dell'incendio38*.
.
22 B 44 [100]. DIOG. LAERT. IX 2. necessario che il
22 B 44 [100]. DIOG. IX 2
popolo combatta in difesa della legge come in difesa delle
.
mura39*.
22 B 45 [71]. DIOG. LAERT. IX 7. Per quanto tu possa
22 B 45 [71]. DIOG. IX 7 [I 161. 1 App.]
camminare, e neppure percorrendo intera la via, tu potresti mai ,
trovare i confini dell'anima: cos profondo il suo logos.
.
22 B 46 [132]. DIOG. LAERT. IX 7. Diceva che
22 B 46 [71]. DIOG. IX 7 [I 161. 5]
.
l'opinione un male caduco e che la vista inganna40*.
22 B 47 [48]. DIOG. LAERT. IX 73. Non giudichiamo a
22 B 47 [132]. DIOG. IX 73
casaccio delle cose pi grandi.
.
22 B 48 [66]. ETYM. GEN. s.v. .
22 B 48 [66]. ETYM. GEN. :
L'arco ha dunque per nome vita e per opera morte41*.
, . [Vgl C 2, 21].
22 B 49 [113]. GALEN. de dign. puls. VIII 773 Khn
22 B 49 [113]. GALEN. de dign. puls. VIII 773 K.

[SYMMACH. ep. IX 115, THEODOR. PRODR. ep. p. 20].


[SYMMACH. Ep. IX 115, THEODOR. PRODR. Ep. p. 20]
Uno per me diecimila, se il migliore [cfr. 68 B 98. 302
, . [I 161. 10 App.] [Vgl. 68
a]42*.
B 98. 302a].
22 B 49 a [81]. HERACLIT. alleg. 24.
22 B 49a [81]. HERACLIT. Alleg. 24 (nach 62)
Negli stessi fiumi scendiamo e non scendiamo, siamo e non
,
siamo [cfr. B 12]43*.
. [Vgl. B 12].
22 B 50 [1]. HIPPOL. ref. IX 9. Eraclito dunque dice che il
22 B 50 [1]. HIPPOL. Refut. IX 9 .
tutto divisibile indivisibile, generato ingenerato, mortale
[I 161. 15 App.] ,
immortale, eterno logos, padre figlio, dio giusto:
, , , ,
Ascoltando non me, ma il logos, saggio convenire che tutto " ,
uno.
" . .
22 B 51 [45; cfr. 56]. HIPPOL. ref. IX 9 p. 241 [dopo B 50]. E 22 B 51 [45; vgl. 56]. HIPPOL. Refut. IX 9 (nach B 50) [I 162.
quanto al fatto che non tutti sanno questo n su questo
1 App.] ,
convengono, egli lo riprova con queste parole:

Non comprendono come, pur discordando in se stesso,

concorde: armonia contrastante, come quella dell'arco e della . [Folgt B 1.]
lira44*.
22 B 52 [79]. HIPPOL. ref. IX 9 p. 241. Il tempo un fanciullo 2 B 52 [79]. HIPPOL. Refut. IX 9 [I 162. 5 App.]
che giuoca spostando i dadi: il regno di un fanciullo45*.
, .
22 B 53 [44]. HIPPOL. ref. IX 9 p. 241. Polemos [la guerra] 22 B 53 [44]. HIPPOL. Refut. IX 9
padre di tutte le cose, di tutte re; e gli uni disvela come di e gli , ,
altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi.
,
.
22 B 54 [47]. HIPPOL. ref. IX 9 p. 241. L'armonia nascosta
22 B 54 [47]. HIPPOL. Refut. IX 9 [I 162. 10 App.]
vale pi di quella che appare.
.
22 B 55 [13]. HIPPOL. ref. IX 9 p. 241. Preferisco quelle cose 22 B 55 [13]. HIPPOL. Refut. IX 9
di cui c' vista, udito ed esperienza.
, .
22 B 56 [47 n.]. HIPPOL. ref. IX 9 p. 241. Gli uomini - dice
22 B 56 [47 Anm.]. HIPPOL. Refut. IX 9 [I 163. 1 App.]
Eraclito - si lasciano ingannare rispetto alla conoscenza delle , ,
cose visibili, come capit ad Omero, che pure fu pi sapiente di ,
tutti i Greci. Fu infatti tratto in inganno con queste parole da
.
alcuni fanciulli che uccidevano dei pidocchi: tutto quello che [I 163. 5
abbiamo visto e abbiamo preso, lo abbiamo perduto; tutto
App.] , ,
quello invece che n abbiamo visto n abbiamo preso, lo
' , .
portiamo con noi.
22 B 57 [35]. HIPPOL. ref. IX 10 p. 243. Maestro dei pi
22 B 57 [35]. HIPPOL. Refut. IX 10
Esiodo: credono infatti che questi conoscesse moltissime cose, ,
lui che non sapeva neppure cosa fossero il giorno e la notte;

sono infatti un'unica cosa [cfr. B 106]46*.
. [Vgl. B 106].
22 B 58 [57, 58]. HIPPOL. ref. IX 10 p. 243. [Un'unica cosa 22 B 58 [57, 58]. HIPPOL. Refut. IX 10 [I 163. 10 App.]
sono] bene e male. I medici, infatti, dice Eraclito, tagliando, [nml. ]. ,
bruciando e tormentando malamente in ogni modo i malati, ., , ,
pretendono, pur non meritando nulla, di ricevere un
,
compenso dai malati, avendo fatto le stesse cose, cio
, ,
benefici e malattie47*.
.
22 B 59 [50]. HIPPOL. ref. IX 10 p. 243. Una e la stessa la 22 B 59 [50]. HIPPOL. Refut. IX 10 [I 164. 1 App.]
via dritta e quella curva per la vite nella gualchiera
(

) , ,
(il girare dello strumento della cosiddetta coclea nella
gualchiera dritto e curvo: esso avanza infatti in basso e, nello .
stesso tempo, in cerchio)48*.
22 B 60 [69]. HIPPOL. ref. IX 10 p. 243. Una e la stessa la 22 B 60 [69]. HIPPOL. Refut. IX 10 [I 164. 5]
via all'in su e la via all'in gi49*.
.
22 B 61 [52]. HIPPOL. ref. IX 10 p. 243. Il mare l'acqua pi 22 B 61 [52]. HIPPOL. Refut. IX 10
pura e pi impura: per i pesci essa potabile e conserva loro la ,
vita, per gli uomini essa imbevibile e esiziale.
, .
22 B 62 [67]. HIPPOL. ref. IX 10 p. 243. Immortali mortali, 22 B 62 [67]. HIPPOL. Refut. IX 10 ,
mortali immortali, viventi la loro morte e morienti la loro vita. , [I 164. 10 App.]
, .

22 B 63 [123]. HIPPOL. Refut. IX 10


, ,

'
. [I 164. 15]
[fr. B 64 = 28] [I
Si levano davanti a lui che l, e desti diventano custodi dei
165. 1 App.]
viventi e dei morti.
[28], ,
Dice anche che vi un giudizio dell'universo e di tutto quanto .
[I 165. 5 App.] [fr. B 65 = 24]
vi in esso ad opera del fuoco, quando dice [fr. B 64 = 28]:
[24]
' ,
il fulmine governa ogni cosa,
[fr. B 66 = 26] . , ,
[26] .
cio dirige, chiamando fulmine il fuoco eterno. Dice altres che
questo fuoco sapiente e causa del governo di tutte le cose; e
lo chiama [fr. B 65 = 24]: indigenza e saziet; indigenza
secondo lui l'ordinamento del mondo, saziet l'incendio
universale [fr. B 66 = 26]:
22 B 63 [123]. HIPPOL. ref. IX 10 p. 243. Parla anche della
resurrezione della carne, proprio di questa carne sensibile, in
cui siamo nati; e sa che di questa resurrezione dio la causa, l
dove dice:

Giacch il fuoco - egli dice - sopraggiungendo, giudicher e


condanner tutte le cose.
22 B 64 [24]. HIPPOL. ref. IX 10 p. 243. Dice anche che vi 22 B 64. HIPPOL. Refut. IX 10 [I 164. 15]
un giudizio dell'universo e di tutto quanto vi in esso ad opera [I 165. 1
del fuoco, quando dice [fr. B 64 = 28]:
App.]
[28], ,
.
il fulmine governa ogni cosa,
cio dirige, chiamando fulmine il fuoco eterno.
22 B 65. HIPPOL. ref. IX 10 p. 243. Dice altres che questo
fuoco sapiente e causa del governo di tutte le cose; e lo
chiama [fr. 65 = 24]: indigenza e saziet;

22 B 65. HIPPOL. Refut. IX 10


[I 165. 5 App.] [fr. 65 =
24]
[24]
22 B 66. HIPPOL. ref. IX 10 p. 243. indigenza secondo lui 22 B 66. HIPPOL. Refut. IX 10
l'ordinamento del mondo, saziet l'incendio universale [fr. 66 = ' , . ,
26]:
, [26].
Giacch il fuoco - egli dice - sopraggiungendo, giudicher e
condanner tutte le cose.
22 B 67 [36]. HIPPOL. ref. IX 10 p. 243.
Il dio giorno notte, inverno estate, guerra pace, saziet fame,
e muta come il fuoco, quando si mescola ai profumi e prende
nome dall'aroma di ognuno di essi.

22 B 67 [36]. HIPPOL. Refut. IX 10


, , ,
( ), [I 165. 10 App.]
,
, ' .
22 B 67 a [0]. HISDOSUS SCHOLAST. ad Chalcid. Plat.
22 B 67a [0]. [I 166. 1 App.] HISDOSUS SCHOLASTICUS
Tim. [cod. Paris. Lat. 8624 sec. XII f. 2]. Cos il calore vitale, ad Chalcid. Plat. Tim. [cod. Paris. Lat. 8624 s. XII f. 2] ita
procedendo dal sole, d la vita a tutti gli esseri viventi.
vitalis calor a sole procedens omnibus quae vivunt vitam
Concorde con questa dottrina Eraclito fornisce un'ottima
subministrat. cui sententiae Heraclitus adquiescens optimam
similitudine del ragno all'anima e della tela del ragno al corpo. similitudinem dat de aranea ad animam, [I 166. 5 App.] de
tela araneae ad corpus. sic<ut> aranea, ait, stans in medio
telae sentit, quam cito musca aliquem filum suum corrumpit
Come il ragno, - dice - stando nel mezzo della tela,
immediatamente avverte quando una mosca spezza qualche suo itaque illuc celeriter currit quasi de fili persectione dolens, sic
filo e cos l accorre celermente, quasi provasse dolore per la hominis anima aliqua parte corporis laesa illuc festine meat
rottura del filo, cos l'anima dell'uomo, ferita in qualche parte quasi impatiens [I 166. 10 App.] laesionis corporis, cui firme
del corpo, vi accorre celermente, quasi non riesca a sopportare et proportionaliter iuncta est.
la ferita del corpo, al quale congiunta saldamente e secondo
una precisa proporzione.
22 B 68 [129]. IAMBL. de myst. I 11. E per questo
22 B 68 [129]. IAMBL. de myst. I 11
opportunamente Eraclito chiam i riti misterici rimedi, nel .
senso che liberano dai mali e rendono le anime libere dalle

sventure proprie della generazione.


22 B 69 [128]. IAMBL. de myst. V 15. Pongo dunque una
duplice specie di sacrifici: gli uni propri degli uomini
completamente purificati, come talvolta, raramente, accade per
uno, come dice Eraclito, o per pochi uomini, facilmente
contabili; gli altri materiali, ecc.
22 B 70 [79 n.]. IAMBL. de an. [STOB. ecl. III 1, 16]. Assai
meglio Eraclito ritenne che le opinioni umane sono soltanto
giuochi di fanciulli.
22 B 71 [73 n.]. MARC. ANTON. IV 46. Ricordarsi anche

.
22 B 69 [128]. IAMBL. de myst. V 15 [I 166. 15 App.]
[I 167. 1]
, '
, .,
' .
22 B 70 [79 Anm.]. IAMBL. de anima [STOB. Ecl. III 1, 16]
[I 167. 5 App.] .
.
22 B 71 [73 Anm.]. MARC. ANTON. IV 46 (nach 76)
.

di colui che ha dimenticato dove porta la strada.


22 B 72 [93]. MARC. ANTON. IV 46. Da questo logos, con il 22 B 72 [93]. MARC. ANTON. IV 46
quale soprattutto continuamente sono in rapporto e che governa [I 167. 10 App.] ,
tutte le cose, essi discordano e le cose in cui ogni giorno si
, ' ,
imbattono essi le considerano estranee.
.
22 B 73 [94]. MARC. ANTON. IV 46.
22 B 73 [94]. MARC. ANTON. IV 46
Non bisogna agire e parlare come se si stesse dormendo;

anche dormendo, infatti, crediamo di agire e di parlare.
.
22 B 74 [97 n.]. MARC. ANTON. IV 46. Non si deve agire
22 B 74 [97 Anm.]. MARC. ANTON. IV 46
<come> figli dei propri genitori, vale a dire in parole
, ' [I 167. 15]
semplici: secondo quanto ci stato tramandato.
.
22 B 75 [90]. MARC. ANTON. VI 42. Eraclito, penso, chiama 22 B 75 [90]. MARC. ANTON. VI 42 [I 168. 1 App.]
coloro che dormono artefici e collaboratori di quanto accade .
nell'universo.
.
22 B 76 [25]. MAXIM. TYR. XLI 4 p. 481. Il fuoco vive la
22 B 76 [25]. MAXIM. TYR. XII 4 p. 489 [nach B 60. 62]
morte della terra e l'aria vive la morte del fuoco; l'acqua vive la [I 168. 5]
morte dell'aria e la terra la morte dell'acqua. PLUTARCH. de E , , .
18. 392 C. La morte del fuoco nascita per l'aria e la morte
PLUT. de E 18. 392 C ,
dell'aria nascita per l'acqua [cfr. de prim. frig. 10. 949 A].
. (Vgl. de primo frig. 10. 949 A).
MARC. ANTON. IV 46. La morte della terra acqua, la morte MARC. IV 46 (vor B 71)
dell'acqua aria e quella dell'aria fuoco, e cos di nuovo.
[I 168. 10
App.] .
22 B 77 [72]. NUMEN. fr. 35 Thedinga [ap. PORPHYR. de
22 B 77 [72]. NUMEN. fr. 35 Thedinga (bei PORPHYR. antr.
antr. nymph. 10]. Onde Eraclito dice:
nymph. 10]
Per le anime piacere o morte diventare umide;
.
e il piacere per esse il cadere nella nascita. Ed altrove egli
.
dice:
[I 168. 15 App.]
Viviamo la loro morte e vivono la nostra morte [B 62].
[B 62].
22 B 78 [96]. ORIG. c. Cels. VI 12, II 82, 23 [da Celso, come 22 B 78 [96]. ORIG. c. Cels. VI 12 (II 82, 23 Koetschau) [wie
B 79-80].
B 79-80 aus Celsus]
L'indole umana non ha saggezza, quella divina s.
, .
22 B 79 [97]. ORIG. c. Cels. VI 12.
22 B 79 [97]. ORIG. c. Cels. VI 12 [nach 78] [I 169. 1 App.]
L'uomo ha fama di fanciullo di fronte alla divinit, cos il

bambino di fronte all'uomo.
.
22 B 80 [62]. ORIG. c. Cels. VI 42 [II 111, 11].
22 B 80 [62]. ORIG. c. Cels. VI 42 (II 111, 11 Koetschau)
Bisogna per sapere che la guerra comune (a tutte le cose), , ,
che la giustizia contesa e che tutto accade secondo contesa e [I 169. 5 App.] ' .
necessit.
22 B 81 [cfr. 138]. PHILOD. rhet. I c. 57-62 p. 351- 354 [da 22 B 81 [vgl. 138]. PHILODEM. Rhet. I c. 57. 62 S. 351. 354
Diogene stoico]. Pitagora l'iniziatore della schiera di coloro Sudh. [aus d. Stoiker Diogenes]
che ingannano con le loro chiacchiere (i retori) [Cfr. SCHOL. '
EURIP. Hec. 131].
. SCHOL. in EURIP.
Hec. 131 [I 169. 10 App.]
[FHG IV p. 640b]
"
'
, '
".

22 B 82 [99]. PLAT. Hipp. mai. 289 A. La scimmia pi bella 22 B 82 [99]. PLAT. Hipp. maior 289 A [I 169. 15 App.]
turpe a paragone della stirpe umana.
.
22 B 83 [98]. PLAT. Hipp. mai. 289 B. L'uomo pi sapiente
22 B 83 [98]. PLAT. Hipp. maior 289 B
apparir come una scimmia di fronte alla divinit, per sapienza,
per bellezza e per ogni altro rispetto.
.
22 B 84 a [83]. PLOTIN. Enn. IV 8, 1.
22 B 84a [83]. PLOTIN. Enn. IV 8, 1 [n. B 60] [I 170. 1 App.]
Mutando riposa.
.
22 B 84 b [82]. PLOTIN. Enn. IV 8, 1. una penosa fatica
22 B 84b [82]. PLOTIN. Enn. IV 8, 1
servire gli stessi padroni ed esserne comandato.
.
22 B 85 [105]. PLUTARCH. Coriol. 22. difficile combattere 22 B 85 [105]. PLUT. Coriol. 22
contro il desiderio: ci che vuole, infatti, lo compra pagandolo , .
con l'anima.
22 B 86 [116]. PLUTARCH. Coriol. 38. La maggior parte
22 B 86 [116]. PLUT. Coriol. 38 [I 170. 5 App.]
delle cose divine, per, secondo Eraclito,
, ' ,
sfugge alla conoscenza per incredulit50*.
.
22 B 87 [117]. PLUTARCH. de aud. 7 p. 41 A. L'uomo
22 B 87 [117]. PLUT. de aud. 7 p. 41 A
stupido ama stupirsi di ogni discorso.
.
22 B 88 [78]. [PLUTARCH.] cons. ad Apoll. 10 p. 106 E.
22 B 88 [78]. [PLUT.] cons. ad Apoll. 10 p. 106 E '
La stessa cosa sono il vivente e il morto, lo sveglio e il
[ 170. 10 App.] []
dormiente, il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son [ 171. 1 App.]
quelli e quelli di nuovo mutando son questi.

[Cfr. SEXT. EMP. Pyrrh. hypot. IV 230.]
. [Vgl. SEXT. P. H. III 230.]
22 B 89 [95]. PLUTARCH. de superst. 3 p. 166 C. Eraclito
22 B 89 [95]. PLUT. de superst. 3 p. 166 C .
dice che unico e comune il mondo per coloro che son desti, ,
[I 171. 5 App.]
.
mentre nel sonno ciascuno si rinchiude in un mondo suo
proprio e particolare.
22 B 90 [22]. PLUTARCH. de E 8 p. 388 E. Mutamento
22 B 90 [22]. PLUT. de E 8 p. 388 E
scambievole di tutte le cose col fuoco e del fuoco con tutte le
cose, allo stesso modo dell'oro con tutte le cose e di tutte le
.
cose con l'oro.
22 B 91 [41. 40]. PLUTARCH. de E 18 p. 392 B.
22 B 91 [41. 40]. PLUT. de E 18 p. 392 B
[ 171. 10] '
[vgl.PLAT. Cratyl. 402 A = 22 A 6. ARISTOT. Metaph 5.
Nello stesso fiume non possibile scendere due volte
1010a 12 c. 65, 4 - 22 B 12. 49a]
'
secondo Eraclito [cfr. PLAT. Cratyl. 402 A = 22 A 6.
ARISTOT. metaph. 5. 1010 a 12 = 22 B 12 e 49 a] n toccare (
' , ' [I 171. 15]
due volte una sostanza mortale nello stesso stato. Ma per
l'impeto e la velocit del mutamento si allenta e di nuovo si ) .
raccoglie (piuttosto non si dovrebbe dire n di nuovo n dopo,
ma insieme si concentra e si allenta) si avvicina e si
allontana51*.
22 B 92 [12]. PLUTARCH. de Pyth. or. 6 p. 397 A. Non
vedi ... quanta grazia hanno i carmi di Saffo, che ammaliano e
incantano coloro che li ascoltano? La Sibilla che con bocca
delirante, secondo l'espressione di Eraclito, pronuncia cose
di cui non si ride, senza eleganze n profumi e che con la sua
voce supera i millenni ad opera del dio.
22 B 93 [11]. PLUTARCH. de Pyth. or. 21 p. 404 D.
Il signore, il cui oracolo a Delfi, non dice n nasconde, ma
indica.
22 B 94 [29]. PLUTARCH. de exil. 11 p. 604 A.
Elios [il sole] infatti non oltrepasser le sue misure; ch,
altrimenti, le Erinni, al servizio di Dike, lo troverebbero.
22 B 95 [108]. PLUTARCH. quaest. conv. III pr. 1 p. 644 F.
meglio nascondere la propria ignoranza, ma difficile
quando si rilassati o ebbri. STOB. flor. III 1, 175. meglio
nascondere la propria ignoranza che portarla in mezzo a tutti.

22 B 92 [12]. PLUT. de Pyth. or. 6 p. 397 A [I 172. 1 App.]


.., ,
;
'
[I 172. 5
App.] .
22 B 93 [11]. PLUT. de Pyth. or. 21 p. 404 D ,
,
.
22 B 94 [29]. PLUT. de exil. 11 p. 604 A
,
. [I 172. 10 App.]
22 B 95 [108]. PLUT. Sympos. III pr. 1 p. 644 F
, ' .
STOB. Flor. I 175
.

22 B 96 [85]. PLUTARCH. quaest. conv. IV 4, 3 p. 669 A.


22 B 96 [85]. PLUT. Sympos. IV 4, 3 p. 669 A
Bisognerebbe infatti buttar via i cadaveri ancor pi dello sterco. . [I 172. 15]
22 B 97 [115]. PLUTARCH. an seni resp. 7 p. 787 C.
22 B 97 [115]. PLUT. an seni resp.7 p. 787 C [I 173. 1 App.]
I cani infatti abbaiano a coloro che non conoscono.
.
22 B 98 [38]. PLUTARCH. de fac. in orb. lun. 28 p. 943 E.
22 B 98 [38]. PLUT. fac. lun. 28 p. 943 E [I 173. 5 App.]
Le anime aspirano profumi nell'Ade.
' .
22 B 99 [31]. PLUTARCH. aqu. et ign. comp. 7 p. 957 A; cfr. 22 B 99 [31]. PLUT. aqu. et ign. comp. 7 p. 957 A; vgl. de fort.
de fort. 3 p. 98 C.
3. p. 98 C ,
Se non ci fosse il sole, pur essendoci gli altri astri, sarebbe
.
notte.
22 B 100 [34]. PLUTARCH. quaest. Plat. 8, 4 p. 107 D. Il sole 22 B 100 [34]. PLUT. Qu. Plat. 8, 4 p. 107 D . . .
presiede e sorveglia i periodi ciclici dell'anno e ne definisce,

dirige, indica e mostra i mutamenti e le stagioni che portano
tutte le cose, secondo le parole di Eraclito, ecc.
' [I 173. 10 App.] .
22 B 101 [80]. PLUTARCH. adv. Col. 20 p. 1118 C.
22 B 101 [80]. PLUT. adv. Colot. 20 p. 1118 C
Ho indagato me stesso.
.
22 B 101a [15] POLYB. XII 27
,
, , '
[I 173. 15 App.]

.
22 B 102 [61]. PORPHYR. quaest. Hom. ad Il. IV 4 [I 69, 6]. 22 B 102 [61]. PORPHYR. zu 4 [I 69, 6 Schr.]
,
.
Per la divinit tutte le cose sono belle, buone e giuste; gli
uomini invece alcune cose ritengono ingiuste ed altre giuste.
22 B 103 [70]. PORPHYR. quaest. Hom. ad Il. XIV 200 [I
22 B 103 [70]. PORPHYR. zu 200 [I 190 Schr.] [I 174. 1
190].
App.]
[vgl. I 164, 3. 187, 23f.].
Comune infatti il principio e la fine nella circonferenza del
cerchio.
22 B 104 [111 a]. PROCL. in Alcib. I p. 525, 21.
22 B 104 [111a]. PROCL. in Alc. I p. 525, 21 (1864)
;
Qual infatti la loro mente e la loro intelligenza? danno retta [I 174. 5 App.]
agli aedi popolari e si valgono della folla come maestra, senza " , ". [vgl. Bias c. 10 3
].
sapere che i molti non valgono nulla e solo i pochi sono
buoni [cfr. Biante, cap. 10].
22 B 105 [119 n.]. SCHOL. HOM. AT ad Il. XVIII 251. (Era 22 B 105 [119 Anm.]. SCHOL. HOM. AT zu 251
amico di Ettore [scil. Polidamante], ed erano nati nella stessa ( ' , [nml. ], '
notte) per questo Eraclito chiama Omero astrologo, ed anche ) .
per quei versi nei quali dice:
" [I 174. 10 App.] '
" .
Nessuno degli uomini, dico, sfuggito al destino.
22 B 106 [120]. PLUTARCH. Camill. 19. Riguardo ai giorni 22 B 106 [120]. PLUT. Camill. 19 '
nefasti ... Eraclito rimprover Esiodo, che considerava alcuni
giorni buoni e altri cattivi [opp. 765 sgg.], di ignorare che
,
unica la natura di ogni giorno [cfr. B 40. 57]. SENEC. ep. [Opp. 765ff.],
12, 7.
, [I 174. 15 App.]
Ogni giorno eguale a tutti gli altri.
[vgl. B 40. 57]. SENECA Ep. 12, 7 unus dies par omni est.
22 B 107 [4]. SEXT. EMP. adv. math. VII 126.
22 B 107 [4]. SEXT. EMP. VII 126 [I 175. 1 App.]

[vgl. A 16 I 147, 30ff.; B 101 a].
Occhi ed orecchie sono cattivi testimoni per gli uomini che
hanno anime barbare [cfr. A 16; B 101 a].
22 B 108 [18]. STOB. flor. I 174. Di Eraclito.
22 B 108 [18]. STOB. Flor. I 174 Hense .
Di tutti coloro di cui ho ascoltato i discorsi nessuno arrivato [I 175. 5 App.] ,
al punto da riconoscere che ci che saggio separato da
,
tutti52*.
.
22 B 109 [108] = B 95.
22 B 109 [108] = B 95.

22 B 110 [104 a]. STOB. flor. III 1, 176.

22 B 110 [104 a]. STOB. Flor. I 176


[vgl. B 85].

Che si avveri tutto quanto desiderano non certo meglio per gli
uomini [cfr. B 85].
22 B 111 [104b]. STOB. flor. III 1, 177.
22 B 111 [104b]. STOB. Flor. I 177 [I 175. 10 App.]
, ,
.
La malattia rende piacevole e buona la salute, la fame la
saziet, la fatica il riposo.
22 B 112 [107]. STOB. flor. III 1, 178.
22 B 112 [107]. STOB. Flor. I 178 [I 176. 1 App.]
Massima virt esser saggi, e la sapienza consiste nel dire e
,
fare cose vere, comprendendole secondo la loro natura53*.
.
22 B 113 [91]. STOB. flor. III 1, 179.
22 B 113 [91]. STOB. Flor. I 179
Il pensare a tutti comune.
.
22 B 114 [91 b]. STOB. flor. III 1, 179.
22 B 114 [91 b]. STOB. Flor. I 179 [I 176. 5 App.]
necessario che coloro che parlano adoperando la mente si
,
basino su ci che comune a tutti, come la citt sulla legge, ed , .
in modo ancora pi saldo. Tutte le leggi umane infatti traggono
alimento dall'unica legge divina: giacch essa domina tanto

quanto vuole e basta per tutte le cose e ne avanza per di pi54*. .
22 B 115 [0]. STOB. flor. III 1, 180 a.
22 B 115 [0]. STOB. Flor. I 180a [I 176. 10 App.]
proprio dell'anima un logos che accresce se stesso.
.
22 B 116 [106]. STOB. flor. III 5, 6.
22 B 116 [106]. STOB. Flor. V 6
Ad ogni uomo concesso conoscere se stesso ed esser saggio. .
22 B 117 [73]. STOB. flor. III 5, 7.
22 B 117 [73]. STOB. Flor. V 7 [I 177. 1 App.]
L'uomo, quando ebbro, condotto barcollante da un fanciullo , ,
imberbe, senza comprendere dove va, dal momento che la sua , .
anima umida.
22 B 118 [74-76]. STOB. flor. III 5, 8.
22 B 118 [74-76]. STOB. Flor. V 8
Secco splendore l'anima pi saggia e migliore, o piuttosto:
[ 177. 5 App.] oder vielmehr:
l'anima secca la pi saggia e la migliore.
.
22 B 119 [121]. STOB. flor. IV 40, 23. Eraclito disse:
22 B 119 [121]. STOB. Flor. IV 40, 23 .
Per l'uomo il carattere il suo demone.
.
22 B 120 [30]. STRAB. I p. 3.
22 B 120 [30]. STRABO I 6 p. 3 ' .
I limiti dell'aurora e del vespero sono l'Orsa e, di contro l'Orsa,
il baluardo del raggiante Zeus55*.

[ 177. 10] .
,
.
22 B 121 [114]. STRAB. XIV p. 642. DIOG. LAERT. IX 2. 22 B 121 [114]. STRABO XIV 25 p. 642. DIOG. IX 2 [s. I
Bene farebbero gli Efesi ad impiccarsi tutti, quanti sono nell'et 140, 5] [I 178. 1 App.]
adulta, e a consegnare la citt ai fanciulli imberbi, essi che

hanno esiliato Ermodoro, il pi capace di tutti loro, con queste ,
parole: tra noi nessuno sia eccellente per capacit, ma se vi , [I 178. 5
vada altrove in mezzo ad altri.
App.] , , ' .
22 B 122 [9]. SUID. s.v. e .
22 B 122 [9]. SUID. s.v. und
Accostamento termine di Eraclito.
.
22 B 123 [10]. THEMIST. or. 5 p. 69. La natura delle cose, 22 B 123 [10]. THEMIST. Or. 5 p. 69 '
secondo Eraclito, ama celarsi.
.
22 B 124 [46 n.]. THEOPHR. metaph. 15 p. 7a 10. Ed anche 22 B 124 [46 Anm.]. THEOPHR. Metaphys. 15 p. 7a 10 Usen.
questo sembrerebbe del tutto irrazionale, se il cielo nella sua
[I 178. 10 App.] ,
totalit e tutte le sue parti fossero nell'ordine e secondo ragione, '
forme, potenze e periodi, mentre niente di simile vi fosse nei , ,
princpi, ma come un mucchio di rifiuti sparsi a caso, per
, '
dirla con le parole di Eraclito, fosse l'ordine pi bello56*.
, , [I 178. 15
App.] [] .
22 B 125 [84]. THEOPHR. de vertig. 9.
22 B 125 [84]. THEOPHR. de vertig. 9
Anche il ciceone si scompone se non agitato.
.
22 B 125 a [0]. TZETZ. ad Aristoph. Plut. 88.
22 B 125a [0]. TZETZES ad Aristoph. Plut. 88 [Ambr., Paris]
Che la ricchezza possa non abbandonarvi mai, o Efesi, affinch [I 179. 1 App.] ,

. .
, ,
, , ' [I 179. 5 App.]
.
22 B 126 [39]. TZETZ. Schol. in exeg. Il. I 1 p. 126.
22 B 126 [39]. TZETZES Schol. ad exeg. Il. p. 126 Herm.
Le cose fredde si scaldano, il caldo si fredda, l'umido si secca,
, , ,
ci che arido s'inumidisce57*.
.
ZWEIFELHAFTE, FALSCHE UND GEFLSCHTE FRAGMENTE
22 B 126a [0]. ANATOL. de decade p. 36 Heiberg (Annales d'histoire. Congrs de Paris
1901. 5. section) [I 179. 10 App.]
, , .
22 B 126 b [0]. ANONYM. IN PLAT. Theaet. [Berl. Klassikert. 2] 71, 12 zu p. 152 E [I 180. 1 App.] [23 A 6]

. " ". [I 180. 5]
, .
22 B 127 [0]. ARISTOCRITUS Theos. 69 [nach B 5] ,
; , .
22 B 128 [0]. ARISTOCRITUS Theos. 74 [I 180. 10 App.]
, , ,
.
22 B 129 [17]. DIOG. VIII 6
[ 181. 1 App.] , , .
22 B 130 [0]. GNOMOL. Monac. lat. I 19 (Caecil. Balb. Wlfflin p. 18) non convenit ridiculum esse ita, ut ridiculus
ipse videaris. [I 181. 5 App.] Heraclitus dixit.
22 B 131 [134]. GNOMOL. PARIS. ed. Sternbach n. 209 . .
22 B 132 [0]. GNOMOL. VATIC. 743 n. 312 Sternb. .
22 B 133 [0]. GNOMOL. VATIC. 313 [I 181. 10 App.] .
22 B 134 [135]. GNOMOL. VATIC. 314 .
22 B 135 [137]. GNOMOL. VATIC. 315 .
22 B 136 [0]. SCHOL. EPICTET. BODL. p. LXXI Schenkl [I 182. 1 App.]
(so) .
22 B 137 [63]. STOB. Ecl. I 5, 15 p. 78, 11 (nach At. I 27 1 s. 22 A 8) " ..."
22 B 138 [0]. COD. PARIS. 1630 s. XIV f. 191r [I 182. 5 App.] .
. = Anth. Pal. IX 359. STOB. IV 34, 57 = Posidipp. 21 p.79 Schott.
22 B 139 [0]. CATAL. CODD. ASTROL. GRAEC. IV 32 VII 106 .
... [I 182. 10 App.] .
C. IMITATION
22 C 1. HIPPOCRATES de victu I 5-24. [VI 476 ff. Littr]
(5)
, [I 182. 15 App.] , <>
. [I 183. 1 App.] , , ,
, , , ' .
, , , , , [I 183. 5 App.] '
' .
, .
' , ,
[I 183. 10 App.] .
(6) ' , , , . ,
, , , ,
. , , [I 183. 15 App.]
. , ,
, , , . ,
, .
[I 183. 20 App.] .
,
, , ' ,
. [I 183. 25 App.]
, ,
' . ,
possiate dar prova di quale infelice condizione la vostra.

' , .
[I 183. 30 App.] (7) , .
, [I 184. 1 App.] . (
.)
, .
[I 184. 5 App.] , ,
, . , , . '
<> ,
, [I 184. 10 App.] ,
.
(8) ,
. , ,
' , [I 184. 15 App.] ,
, .
, , ', , .
[I 184. 20
App.] , '
, .
(9) , (nmlich c. 27ff.).
, , [I 184.
25 App.] ,
,

. [I 184. 30 App.]
, ' ,
.
, , [I 184. 35 App.]
[I 185. 1 App.]
.
. ' , ,
, [I 185. 5 App.]
, ,
* * *, ,
.
(10) [I 185. 10 App.] ,
,
, , , .
, , [I
185. 15 App.] , , ,
, .
, ,
, [I 185. 20 App.] , ,
, , ,
, , . , , , , , ,
, , , .
[I 185. 25 App.] (11) .
. ,
, , ,
, [I 185. 30] ,
, . , [I 186. 1
App.] , . ,
, .
(12) [I 186. 5 App.] .
, ,
, .
,
[I 186. 10 App.] .
. . .
. ,
[] .
(13) [I 186. 15 App.] [ ] , ,

, , .
. , .
, , , [I 186. 20 App.] .
(14) , , (?)
, .
(15) , [I 186. 25 App.]
. .
. .
' .
, . [I 186. 30 App.] .
(16) , [ ]
, [I 187. 1 App.] .
, .
.
(17) [I 187. 5 App.] ,
, . .
, ,
.
(18) [ .] [I 187. 10 App.]
, , , .
, . , .
. ,
, [I 187. 15 App.] , ,
' , .
. , .
[ ] , [I 187. 20 App.]
, .
(19) , , , . .
. , .
(20) [I 187. 25 App.] , , , ,
. , , , .
, .
(21) [ ], ' [I 187. 30 App.] ,
, . [I 188. 1 App.] ,
.
, , .
(22) [I 188. 5 App.] , ,
. ,
.
, [I 188. 10 App.] .
(23) , ,
'
. ' , , [I 188. 15 App.] , ,
, , ,
.
(24) , , ,
, [] . [I 188. 20 App.] , .
' , ,
.
. . , [I 188. 25 App.] ,
, , .
, ,
, .
[I 188. 30] .
22 C 2. [I 189. 1] HIPPOCRATES de nutrimento [IX 98 ff. L.]
(1) . . .

(14) . . . , , [I 189. 10 App.] '


' , ' , , ' . (15) .
(17) .
(19)[I 189. 15 App.] , , .
(21) , , [] . ,
, .
(23) , , , [I 189. 20 App.]
.
(24) ,
.
(40) , , ,
, .
(42) [I 189. 25 App.] .
[betr. der Zeit der Schwangerschaft].
(45) .
22 C 3. SKYTHINOS von Teos (4. Jahrh.). Vgl. 22 A 1, 16. [I 189. 30 App.] 1. PLUT. de Pyth.
orac. 17 p. 402 A . . . ,

,
, .
2. STOB. Ecl. I 8, 43 p. 108, 6 W. [I 190. 1 App.] . . . , '

'
.
[I 190. 5 App.] , .
22 C 4. CLEANTH. fr. 537, 3-9 Arnim (Hymn. auf Zeus) b. STOB. I 12 p. 25 W.

,

[I 190. 10 App.]
'
,
.
22 C 5. LUCIAN. Vit. auct. 14 , ; [I 190. 15] . , ,
, '
,
, [I 190. 20 App.] ,
, , . - ; . , , . - ; - . . - ; . . - , , ;
. [I 190. 25] - . . - . - .
, . -
.
23. EPICARMO
A. VITA E SCRITTI

23[13]. EPICHARMOS
A. LEBEN UND SCHRIFTEN

23 A 1. SUID. s.v. Epicarmo di Titiro o di Chimaro e di Secide, 23 A 1. SUID. [I 190. 30 App.]


di Siracusa o di Crasto, citt dei Sicani. Costui con Formo

invent la commedia1*, a Siracusa. Rappresent 52 drammi, o, .
secondo che dice Licone [cfr. cap. 57], 35. Alcuni dicono
. , [S. cap. 57]
ch'egli era di Coo, di quelli che vennero in Sicilia con Cadmo, , . [I 191. 1 App.]
altri ch'era di Samo, altri ch'era di Megara di Sicilia.
,
Rappresentava drammi in Sicilia sei anni prima delle guerre
, .
persiane.
[480] .
23 A 2. ARISTOT. poet. 5. 1449 b 3. G Non si sa chi sia stato 23 A 2. ARIST. Poet. 5. 1449b 5 G
il primo a usare maschere nelle commedie e a introdurre i
, .
prologhi e a servirsi di pi attori, n chi sia stato il primo a
/ [nml. ] . [I
introdurre le altre cose di tal genere. / Quanto al comporne le 191. 5 App.] . . . ARIST.

favole, i primi furono Epicarmo e Formide. Dalla Sicilia infatti


venne la commedia . . .
ARISTOT. poet. 3. 1448 a 31. Si proclamano iniziatori della
commedia i Megaresi di qui, dicendo che nacque nella loro
democrazia, e i Megaresi di Sicilia, di quella citt essendo
Epicarmo, vissuto assai prima di Chionide e di Magnete.
23 A 3. DIOG. LAERT. VIII 78. Epicarmo di Elotale, di Coo.
Anche costui ascolt Pitagora. Aveva tre mesi quando fu
portato a Megara di Sicilia; di l poi venne a Siracusa, come
dice lui stesso nei suoi scritti. A lui son dedicati questi versi
iscritti nella sua statua:

Poet. 3. 1448a 31
'
[nml. ]
,
.

Di quanto supera gli astri del sole il grande splendore,


di quanto supera i fiumi la grande forza del mare,
di tanto, io dico, Epicarmo eccelle in sapienza su tutti,
che questa patria siracusana incoron.


' ,
[I 191. 15 App.]
,
' .

23 A 3. DIOG. VIII 78 .
. [I 191. 10 App.] '
, '
, .

Scrisse memorie in cui tratt di questioni naturali, di medicina,


di questioni morali2*. Nella maggior parte delle memorie us di ,
acrostici, mediante i quali rivela che le memorie erano sue.
, .
Mor a novant'anni.
,
. '
.
23 A 3 a. DIOMED. p. 489 Keil [p. 58, 170 Kaibel]. C' chi
23 A 3a. DIOMED. Gr. p. 489 K. (p. 58, 170 Kaib.) [I 191. 20]
vuole che sia stato Epicarmo, esule nell'isola di Coo, il primo a sunt qui velint Epicharmum in Co insula exulantem primum
scrivere componimenti di questo genere, e che quindi abbiano hoc carmen frequentasse et sic a Coo comoediam dici.
preso da Coo il nome di commedia.
23 A 4. IAMBL. v. Pyth. 266. Dicono che anche Epicarmo sia 23 A 4. IAMBL. V. P. 266
stato dei suoi ascoltatori esterni, ma che non abbia fatto parte , '
della sua setta. Costui, andato a Siracusa, si astenne dal
. [I
filosofare apertamente, per paura del tiranno Gerone, ma
191. 25 App.]
espose in versi il pensiero di quegli uomini, e cos,
, '
celatamente, divulg, in forma giocosa, le opinioni di Pitagora. ,
IAMBL. v. Pyth. 166. Chi fa menzione di questioni fisiche,
. IAMBL. V. P. 166.
mette innanzi Empedocle e Parmenide; chi invece vuole
,
pronunciare sentenze d'utilit pratica, mette innanzi le sentenze ,
di Epicarmo che sono accolte da quasi tutti i filosofi.

, [I 191. 30]
.
23 A 5. MARM. PAR. F.Gr.Hist. 239 A F 71 II 1001.
23 A 5. MARM. PAR. ep. 71 '
Duecento anni prima, Gerone, mentre era arconte in Atene

Carete [472-1], divenne tiranno di Siracusa. Al tempo di costui [472/1]. . Vgl.
visse anche Epicarmo. ANOM. BYZ. de com. II 4 [p. 7, 16
21 A 8 I 114, 28. ANOM. de com. II 4 S. 7, 16 Kaibel .
Kaibel]. Costui per primo, servendosi in essa di molti artifici, .
restaur la commedia ch'era stata sminuzzata. Fior nella 73. a . [I 191. 35]
olimpiade [488-5]; la sua poesia fu ricca di sentenze,
[488-5],
d'inventiva, d'artifici. Restano di lui quaranta drammi, quattro .
dei quali sono contestati.
, .
23 A 6. PLAT. Theaet. 152 D-E. Nulla c' mai, ma sempre
23 A 6. PLAT. Theaet. 152 DE [I 192. 1 App.]
diviene. E in questo possono accordarsi, tranne Parmenide, tutti ' , .
i sapienti che si succedettero, Protagora, Eraclito Empedocle, e ,
quelli che furono sommi nell'uno o nell'altro modo di poesia,
Epicarmo nella commedia, Omero nella tragedia [cfr. 22 B 126 , ,
b; 23 B 2]. ALEXIS ap. ATHEN. IV 164 c. Ci sono Orfeo,
. [I 192. 5 App.] Vgl. dazu 22 B 126b;
Esiodo, le tragedie, Cherilo, Omero, Epicarmo, scritti d'ogni
23 B 2. ALEXIS Linos bei ATH. IV 164 C. [II 345 K.]
genere.
Auswall beliebter Bcher: , ,
, , ' ,
.
23 A 6 a. THEOCR. ep. 18 Wilamowitz [sulla statua di
23 A 6a. THEOCR. Ep. 18 Wil. (auf die Bildsule des E. im
Epicarmo nel teatro di Siracusa]. La voce dorica; l'uomo Theater zu Syrakus)


[I 192. 10 App.]
'
'
, ,
'
[I 192. 15 App.] (?)
.

.
23 A 6 b. PLIN. nat. hist. VII 192. Aristotele [fr. 501 Rose]
23 A 6b. PLIN. N. H. VII 192 Aristoteles [Peplos; fr. 501
dice che le lettere antiche furono diciotto... e attribuisce
Rose] X et VIII [I 192. 20] [sc. litteras] priscas fuisse . . . et
l'aggiunta di due, e , a Epicarmo piuttosto che a Palamede. duas ab Epicharmo additas quam a Palamede mavolt.
23 A 6 c. DIOG. LAERT. I 42. Ippoboto nell'Elenco dei
23 A 6 c. DIOG. I 42 '
filosofi nomina Orfeo, Lino, Solone, Periandro, Anacarsi,
: , , , ,
Cleobulo, Musone, Talete, Biante, Pittaco, Epicarmo, Pitagora , , , , ,
[7 Weise].
, , (7 Weise; vgl. c. 10, 1).
23 A 7. PORPHYR. v. Plot. 24. G Ho voluto fare al modo di 23 A 7. PORPHYR. V. Plot. 24 [I 192. 25 App.] (Apollodoros
Apollodoro ateniese e di Andronico peripatetico, il primo dei aus Athen) G '
quali / raccolse in dieci tomi le opere di Epicarmo il
, /
commediografo, G il secondo divise quelle d'Aristotele e di
, G
Teofrasto secondo gli argomenti. / SUID. s. v. .

Dionisio, figlio del tiranno di Siracusa e tiranno lui stesso e
. / SUID. u.
filosofo. Scrisse lettere e un'opera Intorno ai componimenti

poetici di Epicarmo.
.
.
23 A 8. IAMBL. v. Pyth. 241. Metrodoro, fratello di Tirso, 23 A 8. IAMBL. V. P. 241
trasfer alla medicina la maggior parte degli insegnamenti del [I 192. 30 App.]
padre Epicarmo e di Pitagora. Spiegando al fratello i discorsi [Pythagoras]
del padre, dice che Epicarmo, e, prima di lui, Pitagora,

consideravano il dialetto dorico come il migliore.


. Metrodorus Buch ist nach der Zeit des
Arixostenos gefalscht. S. c. 14, 9 (I 105, 6)
23 A 9. COLUMELL. de re r. I 1. Anche i siculi Gerone ed 23 A 9. COLUMELL. I 1[I 192. 35] Siculi quoque non
Epicarmo dedicarono gran cura a questa attivit
mediocri cura negotium istud [d. h. die Landwirtschaft]
[l'agricoltura]. STAT. silv. V 3, 150. Dice di avere appreso prosecuti sunt Hieron et Epicharmus. STAT. Silv. V 3, 150
dal padre... quanto arricchirono i pii agricoltori il vecchio quantumque pios ditarit agrestes Ascraeus Siculusque senex
Ascreo e il vecchio Siculo [cfr. PLIN. nat. hist. ind. I 20- Vgl. PLIN. N. H. ind. I 20-27.
27].
23 A 10. ATHEN. XIV 648 D. Quelli che composero i
23 A 10. ATHEN. XIV 648 D [I 193. 1 App.]
carmi attribuiti a Epicarmo conoscono la voce 'anima'. E

infatti nel Chirone detto cos: E bere doppia quantit
, "
d'acqua tepida, due emine. Questi carmi pseudoepicarmei . . . " [B 58].
sono stati composti da uomini famosi; e dal flautista
,
Crisogono, dice Aristosseno nell'ottavo libro delle Leggi
[I 193. 5
politiche, fu composta la cosiddetta Repubblica [fr. 45
App.] [fr. 80 FHG II 289],
Wehrli]. Filocoro, nei libri Sull'arte mantica [fr. 193
' [fr. 193 I 416]
F.H.G. I 416] dice che il Canone e le Sentenze sono dovute
ad Axiopisto, locrese o sicionio di nascita. Lo stesso dice .
anche Apollodoro [F.Gr.Hist. 244 F 226 II 1108].
[FGrHist. 244 F 226 II 1108].
B. FRAMMENTI

[I 195. 1 App.]
DAI QUATTRO LIBRI DI ALCIMO CONTRO AMINTA
Echtheit nicht ganz sicher, besonders bei 3. 6. 7.
23 B 1- 6. DIOG. LAERT. III 9 Sgg. (9) Molte cose Platone ha
derivato anche da Epicarmo, il commediografo, e per la maggior 23 B 1- 6. DIOG. III 9-17 (9) '
parte le ha trascritte, secondo che dice Alcimo nei libri Contro
[Platon]
Aminta, che sono quattro. Ivi nel libro primo [F.Gr.Hist. 560 F 6 , [I 195. 5 App.]
III 571] dice cos:
, , [fr. 7
FHG IV 297] "
colui che primo compose commedie, Epicarmo. O Bacco, a te
dedicarono l'immagine in bronzo, a ricordo di quell'uomo, gli
abitatori di Siracusa, che ricordavano le sue parole sapienti.
premio adatto a un cittadino. Molte cose utili alla vita disse ai
fanciulli. A lui grande gratitudine.

E' evidente che anche Platone ripete molte cose d'Epicarmo.


Considera. Platone dice che percepibile ci che non conserva
mai la stessa qualit e la stessa quantit, ma sempre scorre e
muta. (10) Perch le cose cui una parte si pu sottrarre, per non
essere esse n identit n quiddit n quantit n qualit, sono
quelle di cui sempre c' generazione, ma mai sostanza.
Intellegibile invece Platone dice ch' quello cui nulla si pu
togliere o aggiungere, e che tale appunto la natura delle cose
eterne, sempre identica a se stessa. Or anche Epicarmo ha parlato
chiaramente delle cose percepibili e delle intelligibili:

.

, ' (10)
,
- ' , [I
195. 10 App.] .
. '
,
. .

1. Gli di furono sempre e mai vennero meno. E queste cose sono 1 [170a K.]
sempre uguali e nella stessa condizione.
- ' ,
- Si dice per che, degli di, il caos fu generato per primo.
[I 195. 15 App.] ' '
- Com' possibile? Impossibile che sia da qualche cosa quello .
che viene per primo.
- .
- ; ' ' .
- ' ; -
- Nulla dunque venuto primo? - No, per Zeus, e neppure per
secondo, almeno quando si parla delle cose di cui noi parliamo ' , ' ' .
ora; sempre esse furono3*.
[I 195. 20]
2. Se uno aggiunge un voto a un numero dispari di (11) voti, o, se
preferisci, a un numero pari, e similmente se ne sottrae uno a
[I 196. 1 App.] 2 [170b] - ,
quelli che ci sono, forse tu credi che il numero resterebbe il
,
medesimo?
(11) ,
' ' ; - .
- '
- No, certo.
[I 196. 5 App.] '
- E neppure se tu aggiungessi alla misura d'un braccio un'altra
,
lunghezza, o la togliessi, la misura rimarrebbe la stessa?
' ; - . -
', ,
- No, certo. - Or guarda anche agli uomini.
.
L'uno cresce, l'altro si consuma.
' ,
[I 196. 10 App.] ' ,
Tutti sempre mutano incessantemente.
,
' ."
E quello che per natura muta e non rimane mai nella stessa
condizione, si deve dire che altro ora da quello ch'era prima;
[Vgl. PLUT. d comm. not. 44 p. 1083 A.

,
, ' . PLUT. de sera num. vind. 15 p. 559
A [I 196. 15 App.] ,

Cfr. PLUTARCH. de comm. not. 44 p. 1083 A. Il discorso della
. ANON.
crescita antico. Lo ha gi fatto, in forma interrogativa,
IN [I 197. 1] PLAT. Theaet. 71, 26. [nach 22 B 126b]
Epicarmo, secondo che dice Crisippo.
PLUTARCH. de sera num. vind. 15 p. 559 A. Questo rassomiglia
,
alle argomentazioni di Epicarmo, onde nacque il discorso dei
,
sofisti, detto della crescita: colui che ha fatto un debito tempo
addietro, ora non debitore, perch diventato un altro; quello ,
, ].
che stato invitato a pranzo ieri, oggi, se viene, viene non
invitato, perch un altro.
ANON. in Plat. Theaet. 71, 26. Epicarmo si serv [del detto
(12) [I 197. 5 App.]
eracliteo] in una commedia, dove dice di uno che, richiesto di
pagare un debito, negava di essere la stessa persona che l'aveva "
fatto, per essersi aggiunte in lui alcune parti ed altre essere
, , ' '
scomparse; e allora il creditore lo picchi, e, chiamato in
, .
giudizio, disse a sua volta che colui che aveva picchiato e colui , .
che ora era accusato erano altri.

e tu ed io altri eravamo ieri e altri oggi, e poi ancora altri, e non
mai gli stessi, <secondo questo> discorso4*.

'

, [I 197. 10 App.]
'
.
I sapienti affermano che l'anima alcune cose percepisce
servendosi del corpo, come quando ascolta e vede, e altre pensa ,
per se stessa senza bisogno del corpo: e che perci alcune cose , '

sono percepibili, altre intellegibili. Per questa ragione appunto
,
anche Platone affermava che per conoscere i principi del tutto
bisogna prima discernere le idee che stanno per se stesse, come . [I 197. 15 App.]
[Parm.
uguaglianza e unit e pluralit e grandezza e stasi e moto, poi
postulare il bello in s e il buono e il giusto e le altre idee di tal 132 D] ,
' .
genere, in terzo luogo cogliere le idee nei loro rapporti, come
(13) .
conoscenza o grandezza o dominio, e pensare che le cose di
quaggi hanno medesimo nome di quelle perch ne partecipano:
vale a dire che son giuste le cose che partecipano del giusto, belle
quelle che partecipano del bello. Ora ogni idea eterna,
3 [171]. (14) - ' ; - .
pensiero, immutevole; per questo Platone dice anche [Parm.
[I 197. 20 App.] - ; - .
132 D] che nella natura le idee stanno come modelli, e che le
- () , ' ; ;
altre cose sono simili ad esse come loro copie. (13) Orbene,
, ; - . -
Epicarmo parla in questo modo del bene e delle idee:
;
' '
[I 197. 25 App.] (), .
3. (14) Non forse qualche cosa l'arte di sonare il flauto? [I 198. 1 App.] '
Certamente.
,
' ,
- Forse , quest'arte, un uomo? - No.
- Ors, vediamo: che cos' un flautista? che cosa credi ch'egli sia? , .
(12) E Alcimo continua cos:

un uomo o no? - Certo, un uomo.


- E non credi che lo stesso sia per il bene? che cio il bene la
cosa in s, e che chi ha imparato a conoscerlo, allora, quando lo
conosce, buono?
Perch, a quel modo che flautista chi ha imparato l'arte di
sonare il flauto, e danzatore chi ha imparato l'arte della danza, e
tessitore chi ha imparato l'arte di tessere, e lo stesso si pu dire
per qualsivoglia altra attivit, cos chi ha imparato artista, non
arte.

(15) [I198.5 App.]


[Phaed. 96 B] , ,

. "
, , ,
;
[vgl. Parm. p. 129] [I
198. 10 App.] , ,

".
.;

(15) Platone [Phaed. 96 B], dove costruisce la sua dottrina delle 4. [172] (16) , ' ,
idee, afferma che, se c' la memoria, anche ci devon essere le
' , .
idee nelle cose, perch ricordo si ha solo di ci che fermo e
,
rimane, e nulla rimane fermo, se non le idee. In qual modo mai - [I 198. 15 App.] ,
egli dice, - gli animali potrebbero conservarsi pur nel mutamento, (), ' .
se non partecipassero dell'idea, e non possedessero inoltre per
'
natura una mente?
.
Fa poi menzione [Parm. 129] della somiglianza e della crescita5*
come sono nelle cose, dimostrate dal fatto che in tutti gli animali
innata la facolt di scorgere le somiglianze, tanto che sanno
5 [173]. [I 198. 20 App.] '
riconoscere le cose che sono dello stesso genere.

Ordunque, come dice Epicarmo?



[I 199. 1 App.]
4. (16) O Eumeo, non in un solo essere si trova la sapienza, ma , ,
tutti gli esseri viventi possiedono conoscenza. Le galline,
() , . [Vgl. 21 B 15]
osserva, non partoriscono figli vivi, ma gli dnno vita covandoli.
In che stia poi questa sapienza, lo sa la natura soltanto; perch
(17)
essa soltanto non istruita da altro6*.
[I 199. 5 App.] ,
. ' '
. ,

E poi:

6 [254]. () - ; ',

' .
[I 199. 10 App.]
,
(17) Queste e altre siffatte somiglianze Alcimo raccoglie qua e l , ,
nei quattro libri, volendo dimostrare quanto da Epicarmo trasse .
Platone. Che poi Epicarmo fosse consapevole della sua sapienza,
si vede anche da quei versi ove vaticina il suo imitatore:
5. Nulla di strano che cos noi diciamo, e siamo soddisfatti di noi
stessi, e crediamo d'aver gran pregi da natura, perch anche il
cane crede che la cosa pi bella sia il cane, e il bue il bue, e
l'asino l'asino, e il porco il porco.

6. Secondo ch'io credo - anzi, perch dico credo? So sicuramente


che il ricordo di questi miei detti durer. Uno li riprender, li
spoglier del metro in cui sono, li rivestir di porpora, li adorner
di bei ragionamenti, e s riveler invincibile, deboli gli altri7*.
23 B 7. ANON. in Aristot. eth. Nic. 7 p. 155, 10. Nell' Eracle 23 B 7 [78]. EUSTRAT. z. Ar. Nic. 7 S. 155, 10 Heylb.
presso Folo:

Tutte queste cose io faccio, perch costretto. Nessuno, io credo,
volontariamente soffre e si d pena8*.
SENTENZE DI AXIOPISTO

23 B 8. STOB. flor. IV 31, 30. Di Menandro [fr. 537 Kock]:


Epicarmo dice che gli di sono venti acqua terra sole fuoco
astri.
Ma io sono persuaso che i soli di utili a noi sono oro ed
argento.
23 B 9. [PLUTARCH.] cons. ad Apoll. 15 p. 110 A.

[I 199. 15 App.]
' ' .
[I 200. 1]
Vgl. A 10 und Vorbemerkung 6 I 194
23 B 8 [239]. STOB. IV 31, 30 (fr. 537 Kock) vgl.
B 53.

[I 200. 5 App.] , , , , ,
'
.

23 B 9 [245]. [PLUT.] cons. ad Apoll. 15 p. 110 A [vgl. B 48]


, [I 200.
Si congiunsero e si separarono, tornando onde erano venuti, la 10 App.] , ' ;
.
terra nella terra, l'aria nell'alto. Che c' di male in questo?
9
Nulla *.
23 B 10. CLEM. ALEX. strom. IV 45 [II 268, 20].
23 B 10 [246]. CLEM. Str. IV 45 (II 268, 20 St.)
Che cos' dunque questa natura degli uomini? Otri gonfiati
; .
sono.
23 B 11. SEXT. EMP. adv. math. I 273.
23 B 11 [247]. SEXT. Adv. math. I 273 (vgl. Cic. Tusc. I 8,
Morire, che mai non sia: d'essere morto, non m'importa nulla. 15)
, ' .
23 B 12. PLUTARCH. de Alex. fort. II 3 p. 336 B.
23 B 12 [249]. PLUT. de fort. Al. II 3 p. 336 B [vgl. 21 B 24]
La mente vede, la mente ode: il resto sordo e cieco.
[I 200. 15 App.]
.
23 B 13. POLYB. XVIII 40, 4.
23 B 13 [250]. POLYB. XVIII 40, 4 [I 201. 1 App.]
Sii sobrio e diffida sempre: questo ci che tiene ben connessa ' .
la mente.
23 B 14. ARISTOT. metaph. M 9. 1086 a 16. Difficile da
23 B 14 [251]. ARIST. Metaph. M 9. 1086a 16 '
errate premesse concluder bene, come dice Epicarmo:
'
[I 201. 5 App.]
stato detto convenientemente; ma evidente subito che non . Hieraus versucht Crnert a. O. folgende Verse
herzustellen:
va bene.
'
.
23 B 15. ARISTOT. metaph. 5. 1010 a 5. G Verosimile, ma 23 B 15 [252]. ARISTOT. Metaph. 5. 1010a 5. S. 21 A 15 (I
non vero il loro discorso. Meglio dire cos che come disse 115, 23) G... ,
Epicarmo a Senofane.
(

23 B 16. ATHEN. VII 308 C.


Quello che prima dicevano due uomini, a dirlo basto io solo.
23 B 17. STOB. flor. III 37, 18.
Il carattere agli uomini buon dmone; ma anche il loro
cattivo dmone.
23 B 18. ANECDOTA GR. ed. Boissonade I 125.
Il miglior viatico per i mortali una vita pia.

).
23 B 16 [253]. ATHEN. VII 308 C [I 201. 10]
' , .
23 B 17 [258]. STOB. III 37, 18 H. Vgl. 22 B 119
, .

23 B 18 [261]. ANECD. Boiss. I 125


[I 201. 15 App.]
.
23 B 19. ARISTOT. rhet. B 21. 1394 b 13 [senza lemma].
23 B 19 [262]. ARIST. Rhet. II 21, 1394b 13 [ohne Lemma]
La miglior cosa per un uomo , per quel ch'io credo, la sanit. ' , ' .
23 B 20. ARISTOT. rhet. B 21. 1394 b 25 [cfr. eth. Nic. K 6. 23 B 20 [263]. ARIST. Rhet. II 21, 1394b 25
1177 b 31].
, .
Cose mortali, non cose immortali il mortale deve pensare.
23 B 20 a. ARISTOT. rhet. 9. 1410 b 3.
23 B 20a [147]. ARIST. Rhet. 9. 1410b 3 [I 201.20 App.]
A volte mi trovavo in casa loro, a volte da loro.
, .
23 B 21. CICER. ad Quint. fr. III 1, 23.
23 B 21 [264]. CIC. ad Qu. fr. III 1, 23 [I 202. 1 App.]
Sappi come si comporta con gli altri.
. . .
23 B 22. CLEM. ALEX. strom. IV 170 [II 322, 22].
23 B 22 [265]. CLEM. Str. IV 170 (II 322, 22 St.)
Se tu sei pio, nessun male ti porter la morte, perch lo spirito '
resta alto nel cielo.
[I 202. 5 App.] '
.
23 B 23. CLEM. ALEX. strom. V 101 [II 393, 10].
23 B 23 [266]. CLEM. Str. V 101 (II 393, 10 St.)
Nulla sfugge alla divinit; questo tu devi sapere. Dio ci
( )
sorveglia e pu tutto.

' , ' .
23 B 24. CLEM. ALEX. strom. VI 12 [II 432, 11].
23 B 24 [267]. CLEM. Str. VI 12 (II 432, 11) [I 202. 10 App.]
Tu devi pensare, giudicando che vivrai gran tempo e insieme , .
che vivrai poco.
23 B 25. CLEM. ALEX. strom. VI 21 [II 439, 21].
23 B 25 [268]. CLEM. Str. VI 21 (II 439, 21 St.). Vgl. 11 A 1
Garanzia figlia di cecit, pena figlia di garanzia.
(I 73, 1). c. 10, 2. 3 1
' , .
23 B 26. CLEM. ALEX. strom. VII 27 [III 20, 11].
23 B 26 [269]. CLEM. Str. VII 27 (III 20, 11 St.)
Se hai pura la mente, tutto il corpo hai puro.
[I 202. 15 App.] ,
.
23 B 27. CORNUT. theol. 14.
23 B 27 [270]. CORNUT. Theol. 14
Se vuoi prendere decisioni sagge, pensaci la notte.
, .
23 B 28. CORNUT. theol. 14.
23 B 28 [271]. CORNUT. Theol. 14
Le deliberazioni migliori sono quelle prese di notte.
[I 202. 20] .
23 B 29. GELL. noct. att. I 15, 15.
23 B 29 [272]. GELL. I 15, 15 [I 203. 1 App.]
Non gi che tu sia abile a dire, ma incapace di tacere sei.
' , .
23 B 30. [PLAT.] Axioch. 366 C.
23 B 30 [273]. [PLAT.] Axioch. 366 C
Una mano lava l'altra: d ed avrai.
: .
23 B 31. PLUTARCH. Popl. 15 a uno scialacquatore.
23 B 31 [274]. PLUT. Popl. 15 [I 203. 5 App.] (
Non gi che tu sia filantropo, ma ti diverti a dare.
)
' ', .
23 B 32. PLUTARCH. de aud. poet. 4 p. 21 E [senza lemma]. 23 B 32 [274]. PLUT. de aud. poet. 4 p. 21 E [ohne Lemma]
Contro un malvagio malvagit arma che serve.
[] .
23 B 33. STOB. flor. III 29, 54.
23 B 33 [284]. STOB. Flor. (III) 29, 54 H.
Giova pi l'esercizio che l'aver buona natura, o amico.
[I 203. 10 App.]
, .
23 B 34. STOB. flor. III 38, 21.
23 B 34 [285]. STOB. Flor. (III) 38, 21 H.
Chi vorrebbe non essere soggetto ad invidia, amici? Un uomo , ;
che nessuno invidia, nessuno tiene in qualche conto. Chi vede ' '
un cieco, ne ha compassione, ma non l'invidia.
' , ' .
23 B 35. STOB. flor. IV 23, 37.
23 B 35 [286]. STOB. Flor. (IV) 23, 37 H. [I 203. 15 App.]
Virt della donna saggia non offendere il marito.
[].
23 B 36. XENOPH. mem. II 1, 20. Lo testimonia anche
23 B 36 [287]. XENOPH. Mem. II 1, 20 .

Epicarmo l dove dice:

Gli di ci vendono ogni bene a prezzo delle nostre fatiche.

' .

E in altro luogo dice:



23 B 37. O sciagurato, non cercar vita facile, se non vuoi averla 23 B 37 [288]. XENOPH. Mem. II 1, 20 [I 203. 20 App.]
dura.
, , ' .
23 B 38. STOB. ecl. II 15, 7.
23 B 38 [277]. STOB. Ecl. II 15, 7 [I 204. 1 App.]
Fatti vedere con un mantello splendido, e i pi ti crederanno
,
sapiente, bench forse tu non lo sia.
, .
23 B 39. STOB. ecl. II 15, 18 [senza lemma].
23 B 39 [277]. STOB. Ecl. II 15, 18 [ohne Lemma]
A parole fai bene ogni cosa, a fatti male.
[I 204. 5 App.] , '
.
23 B 40. STOB. ecl. II 31, 25 [senza lemma].
23 B 40 [279]. STOB. Ecl. II 31, 25 [ohne Lemma]
Aver buone disposizioni naturali la prima cosa; la seconda , .
apprendere.
23 B 41. STOB. flor. III 1, 10.
23 B 41 [280]. STOB. Flor. (III) 1, 10 H.
Non gi pentirsi, ma prevedere deve l'uomo sapiente.
.
23 B 42. STOB. flor. III 20, 8.
23 B 42 [281]. STOB. [281]. Flor. (III) 20, 8 H. [I 204. 10
Non adirarti per cose da nulla.
App.]
() .
23 B 43. STOB. flor. III 20, 9.
23 B 43 [282]. STOB. Flor. (III) 20, 9 H.
Non le passioni, ma la mente deve sovrastare.
, .
23 B 44. STOB. flor. III 20, 10.
23 B 44 [283]. STOB. Flor. (III) 20, 10 H.
Nessuno pu ben deliberare quando in collera.
[I 204. 15 App.] '
.
23 B 44 a. Ostrakon 12319.
23 B 44a [0]. Ostrakon 12319 [Wilamowitz Berl. Sitz. Ber.
1918, 742, 1. 2 vgl. oben I 154, 12]. Zweite Hlfte des III.
Jahrh. v. Chr.
... il saggio. Perch cos: possedimenti, case, tirannide,
ricchezza, forza, bellezza, sono risibili, se li ha uno stolto.
Empi ladroni sono ai mortali i piaceri; chi ne preso subito
' '
naufraga.

[I 205. 1 App.]
.
_____________
'
.
23 B 45. Anth. Mahaff. [Petrie Pap. I t. 3 Flinders]. Di
23 B 45 [297]. ANTHOL. MAHAFF. [Flinders Petrie Pap. I t.
Epicarmo:
3] III. Jahrh. v. Chr. [I 205. 5 App.]
a)
Chi non mai colpito da sventura ed ha ricchezza, nulla di ' '
bello e di buono offre alla sua anima. Io costui non lo dir ,
,
beato, ma custode delle ricchezze per un altro.
[I 205. 10 App.]
.
b) [fr. 198 N.]
'
,
' ,
[I 205. 15 App.] .
23 B 46. PHILO qu. in Gen. IV 203 p. 406. Ottimamente disse 23 B 46 [299]. PHILO qu. in Gen. IV 203 p. 406 Auch. porro
davvero Epicarmo:
optime dixit Epicharmus "quicunque, ait, minus delinquit,
optimus est vir: nemo est enim innocens, nemo
L'uomo migliore quello che ha meno colpe; perch nessuno reprehensionis expers." et Euripides [fr. 954 N.] "quicunque
incontinentes sunt et redundat in eis malum [I 205. 20]
c' che sia senza colpe, nessuno che non meriti qualche
inimicitiae et iniustitiae, mali sunt; in quibus autem opposita
rimprovero.
praevalent, virtute praediti; in aliis vero ita, quasi aequalis sit
commixtio; ita ut nulli sint qui omnia mala habeant sine ullo

bono."
EPICARMO DI ENNIO

EPICHARMUS ENNI [I 206. 1 App.]


(Aus der Sammlung des Axiopistos?)

23 B 47. CICER. ac. pr. II 16, 51. Ennio raccont che nel
sogno gli sembrava d'essere Omero. Lui stesso dice
nell'Epicarmo: mi sembrava di sognare d'essere morto.

23 B 47 [1 Vahlen 1903]. CIC. Acad. II 16, 51 at cum


somniavit [nml. Ennius], ita narravit 'visus Homerus adesse
poeta' [Ann. 7]; idemque in Epicharmo
[I 206. 5 App.] nam videbar somniare med ego esse mortuum.
23 B 48. PRISC. VII 64.
23 B 48 [5]. PRISC. I 341 (mentis = mens) [vgl. B 9]
Terra il corpo, ma la mente fuoco.
terra corpus est, at mentis ignis est.
23 B 49. VARRO de re r. I 4, 1. I suoi princpi sono quelli
23 B 49 [3]. VARRO de re r. I 4, 1. eius [nml. agriculturae]
stessi che Ennio dice essere principi del mondo: acqua terra
principia sunt eadem, quae mundi esse Ennius scribit, aqua
aria sole.
terra anima et sol.
23 B 50. VARRO de orig. ling. lat. V 59. Per questo Epicarmo 23 B 50 [6, 52]. VARRO de ling. lat. V 59 [I 206. 10 App.]
dice della mente dell'uomo:
itaque Epicharmus dicit de mente humana. ait:
Cotesto fuoco preso dal sole.
istic est de sole sumptus ignis.
23 B 50 a. VARRO de orig. ling. lat. V 59-60. E dice del sole: 23 B 50a [6, 53]. VARRO de ling. lat. V 59-60 idem solem:
E cotesto tutto mente.
L'umidit fredda si trova nella terra, come ho mostrato sopra.
Or mediante la loro unione il cielo e la terra generarono ogni
cosa, perch, la natura per loro mezzo.
23 B 51. mescola il caldo col freddo e la secchezza con
l'umidit.
23 B 52. VARRO de orig. ling. lat. V 64. Si dice madre Ops,
perch madre la terra. Perch essa
che genera tutte le genti nel mondo e alla fine le riprende in
s... essa che d il cibo,

isque totus mentis est,


ut humores frigidae sunt humi, ut supra ostendi. 60. quibus
iunctis caelum [I 206. 15 App.] et terra omnia exgenuerunt,
quod per hos natura
23 B 51 [2]. frigori miscet calorem atque humori aritudinem.
23 B 52 [4, 48. 49]. VARRO 1. 1. 64 dicitur Ops mater quod
terra mater. haec enim
terris gentis omnis peperit et resumit denuo
quae . . . . . . dat cibaria,
[I 206. 20] ut ait Ennius. quae

come dice Ennio.


23 B 52 a. VARRO de orig. ling. lat. V 64.

23 B 52a [4, 50]. VARRO de ling. lat.V 64 [I 207. 1 App.]


quod gerit fruges, Ceres.

Essa si chiama anche Cerere, perch porta le messi.


antiquis enim, quod nunc G, C. 65 item hi dei Caelum et Terra
Gli antichi infatti si servivano del C per indicare quello che ora Iupiter et Iuno, quod ut ait Ennius
indicato dal G.
23 B 53. VARRO de orig. ling. lat. V 65. G E sono, questi di, 23 B 53 [7]. VARRO de ling. lat. V 65 G Idem hi dei Caelum
parimenti Cielo e Terra, Giove e Giunone; perch, come dice et Terra Iupiter et Iuno, quod ut ait Ennius: /
Ennio, /
istic est is Iupiter quem dico, quem Graeci vocant
cotesto quel Giove ch'io dico, quello che i Greci chiamano
[I 207. 5 App.] aerem qui ventus est et nubes, imber postea,
aere: vento e nubi e poi pioggia, e dalla pioggia freddo, e poi atque ex imbre frigus, ventus post fit, aer denuo.
ancora vento, infine aria. Per questo tutte coteste cose che dico haece propter Iupiter sunt ista quae dico tibi,
son Giove, perch Giove giova ai mortali e alle citt e a tutti gli quia mortalis <is> atque urbes beluasque omnis iuvat.
animali.
23 B 54. VARRO de orig. ling. lat. V 68. Quindi l'Epicarmo di 23 B 54 [8]. VARRO de ling. lat. V 68 hinc Epicharmus Enni
Ennio chiama la luna anche Proserpina, perch suole essere
Proserpinam quoque [sc. lunam] [I 207. 10] appellat quod
sotto la terra: Proserpina si chiama, perch come un serpente si solet esse sub terris; dicta Proserpina, quod haec ut serpens
muove ora verso destra, ora verso sinistra.
modo in dexteram modo in sinisteram partem late movetur.
CANONE DI AXIOPISTO

23 B 55. TERTULL. de an. 46. Del resto, con Filocoro
Unecht, vgl. A 10. Vorbem. I 194
ateniese, anche Epicarmo considera il sogno il miglior mezzo
di divinazione, perch, come potr un uomo essere causa a se 23 B 55 [289]. TERTULL. de anima 46 (377, 8 Wiss.) ceterum
stesso di una visione, se il sognare (cos pensa anche
E. etiam [I 207. 15] summum apicem inter divinationes somniis
Epicarmo) non in suo potere?
extulit cum Philochoro Atheniensi. 47 porro quia non est ex
arbitrio somniare (nam et E. ita sentit), quomodo ipsa erit sibi

causa alicuius visionis? Fr berhmte Traumerfllungen


vorher 377, 3 zitiert: Artemon, Antiphon, Strato, Philochorus,
Epicharmus usw.
REPUBBLICA DI CRISOGONO
[I 208. 1]
Unecht, vgl. A 10. Vorbem. I 194.
23
B
56
[255].
CLEM. Str. V 119 (II 405, 13 St.)
23 B 56. CLEM. ALEX. strom. V 119 [II 405, 13]. Il comico
.


Epicarmo parla chiaramente del logo nella Repubblica, in
[I 208. 5 App.]
questo modo:

La vita umana ha bisogno del numero e del calcolo; viviamo []


mediante il numero e il calcolo: son queste le cose che salvano .
i mortali.
23 B 57. CLEM. ALEX. strom. V 119 [II 405, 16]. E poi
23 B 57 [256. 257]. CLEM. Str. V 119 [II 256. 257]
aggiunge esplicitamente:

Il logo governa opportunamente gli uomini, e li salva.
E poi:
' .
L'uomo ha il calcolo, e c' anche un logo divino. Il logo umano
s'origina nel nascimento; quello divino accompagna tutti,
,
insegnando esso stesso le arti ad essi, quello insomma che
,
giova lor fare. Perch non l'uomo ha trovato le arti; il dio che .
gliele insegna: il logo dell'uomo nasce da quello del dio10*.
[I 208. 10 App.]

CHIRONE
23 B 58. ATHEN. XIV 648 D.
E bere doppia quantit d'acqua tepida, due emine.
23 B 58 a. ANECD. GR. ed. Bekker Lex. I 98, 32.
Emilitrio mezzo litro: Epicarmo nel Chirone.
23 B 59. CENSORIN. de d. nat. VII 6. Contro lui [Eurifonte di
Cnido] quasi tutti, seguendo Epicarmo, negano che si possa
nascere nell'ottavo mese.
23 B 60. COLUMELL. de re r. VII 3, 6. Ma Epicarmo di
Siracusa, che tratt con grandissima cura delle medicine del
bestiame, afferma che un ariete bellicoso lo si placa forandogli
con un succhiello le corna vicino alle orecchie, l dove si
piegano e si curvano.
23 B 61. PLIN. nat. hist. XX 89. Epicarmo afferma che nelle
malattie dei testicoli e dei genitali utilissimo metter sopra [un
cavolo].
23 B 62. PLIN. nat. hist. XX 94. Epicarmo dice che [il cavolo]
giova molto anche contro il morso d'un cane rabbioso: meglio
se usato insieme con succo di silfio e aceto forte; i cani, se
vien loro dato mescolato con carne, anche ne muoiono.
PREPARAZIONE DI CIBI
23 B 63. ANECD. GR. ed. Bekker Lex. I 99, 1. Emina: nel
libro di culinaria attribuito a Epicarmo.

,
, .
' , .
[I 209. 1]
Unecht, vgl. A 10. Vorbem. I 194.
23 B 58 [290]. ATHEN. XIV 648 D
, .

23 B 58a [291]. ANECD. Bekker Antiattic. 98, 32 [I 209. 5]


. .
23 B 59 [248]. CENSORIN. VII 6 [I 209. 5] contra eum
[Euryphon von Knidos] ferme omnes Epicharmum secuti
octava mense nasci negaverunt.
23 B 60 [292]. COLUMELL. VII 3, 6. E. autem Syracusanus,
qui pecudum medicinas diligentissime conscripsit, affirmat
pugnacem arietem mitigari [I 209. 10] terebra secundum
auriculas foratis cornibus, qua curvantur in flexu.
23 B 61 [293]. PLIN. N. H. XX 89 E. testium et genitalium
malis hanc [sc. brassicam] utilissime inponi etc.
23 B 62 [294]. PLIN. N. H. XX 94 E. satis esse eam [sc.
brassicam silvestrem] contra canis rabiosi morsum imponi,
melius si cum lasere et aceto acri, necari [I 209. 15] quoque
canes ea si detur ex carne.
II [I 209. 15]
Unecht, aus ? S. Vorbem. I 194.
23 B 63 [290]. ANECD. Bekker Antiattic. 99, 1
[= B 58? vgl. B
58a].

EPIGRAMMA

23 B 64. SCHOL. HOM. BT in Il. XXII 414. C' anche un


epigramma, che s'attribuisce a Epicarmo:

[I 210. 1]
Unecht, vgl. B 9. 48 Vorbem. I 194.
23 B 64 [296]. SCHOL. BT zu XXII 414

[I 210. 5 App.] , '


Sono cadavere; ma il cadavere polvere; e la polvere terra: se
' ', , .
la terra dio, non cadavere, ma dio io sono.

CONTRO ANTENORE
23 B 65. PLUTARCH. Num. 8. I Romani concessero la
cittadinanza a Pitagora, come racconta nel discorso Contro
Antenore Epicarmo, uomo dei tempi antichi, che fece parte
della setta dei Pitagorici.


Unecht
23 B 65. PLUT. Num. 8
, [I 210. 10]
,
.

24. ALCMEONE

24[14]. ALKMAION

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

24 A 1. DIOG. LAERT. VIII 83. Alcmeone di Crotone. Anche 24 A 1. DIOG. VIII 83 .


costui fu discepolo di Pitagora. Per lo pi tratta di medicina. E . [I 210. 15 App.]
tuttavia parla qualche volta della natura, come quando dice:
[] ,
La gran parte delle cose umane duplice. (Pare anzi che sia ' ' [vgl. I 211, 18].
stato il primo a scrivere un discorso sulla natura; cos dice
,
Favorino nelle sue Storie varie [fr. 25 F.H.G. III 581]), e che [FHG III 25].
la luna e tutto il cielo sopra di essa hanno natura eterna. Era .
figlio di Pirito, come dice lui stesso nel principio del suo
( ,
scritto: Alcmeone, figlio di Pirito... congetturare [B 1].
' . . . ' [I 210.
Diceva anche che l'anima immortale e che si muove
20 App.] . [B 1]). ,
continuamente come il sole.
.
24 A 2. CLEM. ALEX. strom. I 78 [II 51, 1]. Alcmeone di
24 A 2. CLEM. Strom. I 78 (II 51, 1 St.) [I 211. 1] .
Pirito, crotoniate, fu il primo a comporre un discorso sulla
.
natura. GALEN. de el. sec. Hipp. I 9 [I 487 Khn]. Tutte le
GAL. de elem. sec. Hipp. I 9. (I 487 K., 54, 18 Helmr.)
opere degli antichi furono intitolate Della natura: quella di
,
Melisso, quella di Parmenide, quelle di Empedocle e di
, ,
Alcmeone e di Gorgia e di Prodico e degli altri tutti. ISIDOR. [I 211. 5 App.]
etym. I 40, 1. I poeti trassero il nome di favole da fari
. ISIDOR. Orig. I 40, 1 fabulas poetae a fando
[parlare], perch non raccontano cose accadute, ma soltanto
nominaverunt, quia non sunt res factae, sed tantummodo
immaginate e dette. Sono state introdotte con lo scopo di far
loquendo fictae. quae ideo sunt inductae, ut ficto animalium
conoscere per immagine la vita degli uomini, facendo parlare mutorum inter se colloquio imago quaedam hominum vitae
tra di loro gli animali muti. Si dice che le abbia introdotte
nosceretur. has primus invenisse traditur Alcimon [sic]
Alcmeone [sic] di Crotone; e si chiamano esopiche, perch in Crotoniensis, appellanturque Aesopicae, quod is apud Phrygas
questo genere eccelse Esopo nella Frigia.
in hac re [I 211. 10] polluit.
24 A 3. ARISTOT. metaph. A 5. 986 a 22. Altri [Pitagorici] 24 A 3. ARIST. metaph. A 5 986a 22
dicono che i princpi sono dieci, ordinati secondo la serie:
[Pythagoreer]
limite e illimitato, dispari e pari, uno e molteplice, destro e
, ,
sinistro, maschio e femmina, fermo e mosso, diritto e curvo,
, , ,
luce e tenebra, buono e cattivo, quadrato e rettangolo di lati
, , ,
disuguali. Similmente sembra che pensasse anche Alcmeone di , , [I 211. 15 App.]
Crotone, sia che tale dottrina apprendesse lui da essi, sia che
. .
l'apprendessero essi da lui. Perch, quanto all'et, Alcmeone
, '
era giovane quando Pitagora era vecchio. Parlando in modo
simile a quello dei Pitagorici, diceva che duplici sono per lo pi ,

le cose riguardanti l'uomo. Ma, diversamente da essi, egli non


definiva quali fossero le contrariet, ma nominava quelle che ,
gli capitavano, bianco nero, dolce amaro, buono cattivo, grande , ,
piccolo. Senza definirle, gettava l dunque, alla rinfusa, le altre [I 211. 20 App.] , , .
contrariet; i Pitagorici invece dicevano quante e quali esse
,
sono. Comunque, e da essi e da lui si pu ricavare che le
.
contrariet erano per essi princpi delle cose che sono. ISOCR. ,
15, 268. Io consiglio ai giovani di dedicare un po' di tempo a [vgl. Arist. Schrift
queste discipline, senza per lasciare che il loro ingegno si
Diog. V 25]. ISOCR. 15, 268
dissecchi in esse, o si disperda nei discorsi degli antichi
,
sapienti, l'un dei quali diceva che infinito il numero delle cose [I 211. 25] ,
che sono, Empedocle che gli elementi son quattro e con essi la , ' ,
Contesa e l'Amicizia, Ione che non son pi di tre, Alcmeone
. SCHOL. BASIL. ed. Pasquali n. 3
che sono soltanto due. SCHOL. BASIL. ed. Pasquali, n. 3
[Gtt. Nachr. 1910, 196] . [ = Pseudoclem.
[Gtt. Nachr., 1910, 196]. Antitesi di Alcmeone.
Recogn. VIII 15 (Dox. 250)].
24 A 4. AT. II 16, 2-3 [Dox. 345]. Alcuni matematici dicono 24 A 4. AT. II 16, 2.3 (D. 345) ( )
che i pianeti si muovono in senso inverso a quello delle stelle [I 211. 30 App.]
fisse, da occidente verso oriente. Con costoro d'accordo
' . .
Alcmeone. AT. II 22, 4 [Dox. 352]. Alcmeone dice che il sole AT. II 22, 4 (D. 352) . . AT. II 29,
piatto. AT. II 29, 3 [Dox. 359]. Alcmeone, Eraclito,
3 (D. 359) ., [22 A 12], [87 B 28]
Antifonte dicono che l'eclissi della luna in rapporto alla

posizione dello scafo e alle sue inclinazioni.
(nmlich ).
24 A 5. THEOPHR. de sens. 25 sg. [Dox. 506]. (25) Tra quelli 24 A 5. THEOPHR. de sens. 25f. (D. 506)
che non credono che la percezione nasca da simiglianza
[I 211. 35] .
Alcmeone. Il quale prima di tutto definisce la differenza tra
.
uomo ed animali: l'uomo, egli dice, si distingue dagli altri
, '
animali perch capisce, mentre gli altri animali percepiscono , [B 1a],
ma non capiscono [B 1 a]; per lui, infatti, percepire e capire
, , ,
sono due attivit diverse, e non, come credeva Empedocle, una .
sola e medesima attivit. Poi parla delle singole percezioni.
,
Dice che udiamo con le orecchie perch in esse il vuoto:
( [I 212. 1 App.] ),
questo, dice, vibra, e cio emette un suono con la cavit, e l'aria ' .
ripete la vibrazione. Gli odori li percepiamo col naso,
.
conducendo al cervello l'aria mediante l'inspirazione.

Distinguiamo i sapori con la lingua, perch essa, essendo calda
e molle, col calore disfa, e mediante la rarefazione dovuta alla . (26) .
sua morbidezza accoglie e distribuisce i sapori. (26) Gli occhi [I 212. 5 App.] ' ,
vedono mediante l'umidit che li circonda. L'occhio, dice,
. ,
contiene fuoco, come mostrato dal fatto che manda scintille , , .
quando colpito. Vede dunque mediante la parte ignea e la

parte trasparente, e tanto meglio vede quanto pi puro. Tutte
le percezioni, dice, giungono al cervello e l s'accordano: ed , ' .
appunto per questo che anche s'ottundono quando il cervello si . ['] .
muove e cambia di posto: perch in tal modo ostruisce i canali [I 212. 10 App.] .
attraverso i quali passano le sensazioni. Del tatto non dice n
come n con che cosa si abbia. Questo dunque disse Alcmeone.
24 A 6. AT. IV 16, 2 [Dox. 406]. Alcmeone dice che udiamo 24 A 6. AT. IV 16, 2 (D. 406) .
mediante il vuoto ch' nell'orecchio; perch esso vibra quando
vi entra l'aria. Infatti tutto ci che cavo risuona [cfr. A 5.
vgl. A 5.
ARISTOT. de an. B 8. 419 b 34; HIPPOCR. de carn. 15 (VIII ARISTOT. de an. B 8. 419b 34. HIPP. de carn. 15 (VIII 603
603)].
L.).
24 A 7. ARISTOT. hist. anim. A 11. 492 a 13. La parte della 24 A 7. ARIST. Hist. anim. A 11. 492a 13 , '
testa con cui udiamo, l'orecchio, non respira. Sbaglia Alcmeone , , [I 212. 15] .
quando dice che le capre respirano con le orecchie.
, .
24 A 8. AT. IV 17, 1 [Dox. 407]. Alcmeone dice che nel
24 A 8. AT. IV 17, 1 (D. 407) .
cervello la guida; e che dunque odoriamo col cervello, che

trae a s gli odori mediante le inspirazioni.
.
24 A 9. AT. IV 18, 1 [Dox. 407]. Alcmeone dice che
24 A 9. AT. IV 18, 1 (D. 407) .
distinguiamo i sapori mediante l'umidit e il caldo della lingua,
in rapporto alla sua morbidezza.
.

24 A 10. AT. IV 13, 12 [Dox. 404]. Alcmeone dice che


24 A 10. AT. IV 13, 12 (D. 404) [I 212. 20 App.] .
vediamo mediante la parte trasparente. CHALCID. in Tim. c. ( ).
237 p. 279. Dobbiamo mostrare come fatto l'occhio, sul
CHALCID. in Tim. p. 279 Wrob. demonstranda igitur oculi
quale, con moltissimi altri, hanno rivelato molte cose mirabili natura est, de qua cum plerique alii tum Alcmaeo Crotoniensis
Alcmeone crotoniate, esperto di questioni fisiche e il primo che in physicis exercitatus quique primus exsectionem adgredi est
sezion animali viventi, Callistene, scolaro d'Aristotele, ed
ausus, et Callisthenes, Aristotelis auditor, et Herophilus multa
Erofilo. Dicono che ci sono due sentieri che partono dal
et praeclara in lucem protulerunt: [I 212. 25 App.] duas esse
cervello, dove la principalissima sede percettiva dell'anima, e angustas semitas, quae a cerebri sede, in qua est sita potestas
giungono alle cavit degli occhi ove contenuto lo spirito
animae summa ac principalis, ad oculorum cavernas meent
naturale. Questi due sentieri, che hanno medesima radice e
naturalem spiritum continentes. quae cum ex uno initio
partono da un medesimo punto, procedono per un po', nella
eademque radice progressae aliquantisper coniunctae sint in
parte pi interna della fronte, appaiati, poi si separano in una frontis intimis, separatae bivii specie perveniunt ad oculorum
specie di bivio, e giungono alle cavit degli occhi, dove si
concavas sedes, qua superciliorum obliqui tramites [I 212. 30]
protendono gli obliqui viottoli delle sopracciglia; e l,
porriguntur, sinuataeque illic tunicarum gremio naturalem
curvandosi, dove le membrane accolgono l'umidit naturale,
umorem recipiente globos complent munitos tegmine
riempiono i globi protetti dalle palpebre, e appunto da questo palpebrarum, ex quo appellantur orbes. porro quod ex una
loro curvarsi prendono il nome di orbite. Che i sentieri per i
sede progrediantur luciferae semitae, docet quidem sectio
quali passa la luce partano da una medesima sede, dimostrato principaliter; nihilo minus tamen intelligitur ex eo quoque,
principalmente dal taglio: ma lo si arguisce anche da questo,
quod uterque oculus moveatur una nec alter sine altero moveri
che i due occhi si muovono insieme, e mai l'uno senza l'altro. queat. oculi porro [I 212. 35] ipsius continentiam in quattuor
Notarono poi anche che gli occhi sono circondati da quattro
membranis seu tunicis notaverunt disparili soliditate. quarum
membrane o tuniche di diverso spessore. Quanto poi alle
differentiam proprietatemque si quis persequi velit, maiorem
differenze tra queste membrane e alle loro propriet, per
proposita materia suscipiet laborem. Vgl. HIPP. de loc. in
conoscerle ci vorrebbe pi fatica che non comporti la materia hom. 2 (VI 278 L.), de carn. 17 (VIII 606 L.) '
qui proposta. Cfr. HIPPOCR. de loc. in hom. 2 [VI 278], de
[I 213. 1]
carn. 17 [VIII 606]. Molte sono queste membrane davanti alla
parte dell'occhio che vede; e sono anch'esse, come quelle,
.
trasparenti. Per questa parte trasparente si riflette la luce e tutto . ARIST. de gen. anim. B 6. 744a 8
quello ch' lucente: per questo riflettersi l'uomo vede.

ARISTOT. de gen. anim. B 6. 744 a 8. Dall'umidit ch'
, '
intorno al cervello si separa la parte pi pura per le vie che
[I 213. 5] .
dagli occhi portano alla meninge circondante il cervello.
24 A 11. PLAT. Phaed. 96 A-B. Quando ero giovane [parla
24 A 11. PLAT. Phaed. 96 A B (Sokrates spricht)
Socrate] fui preso dal desiderio vivissimo di apprendere quella
sapienza che dicono conoscenza della natura. Perch mi pareva . . . '
meraviglioso conoscere le cause d'ogni cosa, perch ciascuna
cosa nasce e perch muore e perch . Dapprima mi
, [Archelaos];
domandavo pressappoco cos: forse che quando il caldo e il
[I 213. 10]
freddo dnno in qualche modo origine a un processo di
[Empedokles] [Anaximenes, Diogenes]
putrefazione, come alcuni dicevano, allora si formano e
[Heracleitos]; , '
crescono gli animali [Archelao]? e forse col sangue che

pensiamo [Empedocle] o con l'aria [Anassimene, Diogene
, ,
d'Apollonia] o col fuoco [Eraclito]? o con nessuna di queste
,
cose, ma il cervello quello che ci d le sensazioni dell'udito, ; vgl. A 5 I 212, 6f. HIPP. de morbo sacro
della vista e dell'olfatto, e da queste nascono memorie e
14 ' [I 213. 15 App.]
opinioni, e dalla memoria e dall'opinione, divenute ferme,
, . HIPP. de morbo
nasce conoscenza? HIPPOCR. de morbo sacr. 14 [IV 388].
sacr. 17
L'uomo pensa fintantoch il cervello fermo. HIPPOCR. de
. ARIST. Anal. post. B 19. 100a 3ff.
morbo sacr. 17. Perci io dico che col cervello noi
comprendiamo [cfr. ARISTOT. anal. post. B 19. 100 a 3 sgg.].
24 A 12. ARISTOT. de an. A 2. 405 a 29. Sembra che anche 24 A 12. ARIST. de anima A 2. 405a 29
Alcmeone abbia pensato l'anima in modo simile a costoro.
[Thales, Diogenes, Heraklit] .
Perch dice che, assomigliando alle cose immortali,

immortale; e che immortale perch sempre in movimento:
'
anche le cose divine, infatti, si muovono tutte
[I 213. 20] ,
ininterrottamente, la luna il sole gli astri e tutto il cielo. CICER. , , . CIC.
de nat. d. I 11, 27. Alcmeone crotoniate, attribuendo divinit al de n. d. I 11, 27 Crotoniates autem A., qui soli et lunae
sole alla luna e alle stelle tutte, e inoltre all'anima, non
reliquisque sideribus omnibus animoque praeterea divinitatem
s'accorse che faceva immortali cose mortali. CLEM. ALEX.
dedit, non sensit sese mortalibus rebus immortalitatem dare.
protr. 5, 66 [I 50, 15]. Alcmeone credeva che gli astri fossero CLEM. Protr. 66 (I 50, 20 St.) .
di, perch animati. AT. IV 2, 2 [Dox. 386]. Alcmeone pensa [I 213. 25 App.]

. AT. IV 2, 2 (D. 386 ) .


'
. Vgl. PLAT.
Phaedr. 245 C.
24 A 13. AT. V 3, 3 [Dox. 417]. Alcmeone [dice che il seme] 24 A 13. AT. V 3, 3 (D. 417) . (sc.
parte del cervello. CENSORIN. de d. nat. 5, 2 sgg. Alcuni
). CENSOR. 5, 2 ff. sed hanc opinionem (sc. e
per respingono quest'opinione [che il seme venga dal
medullis semen profluere) nonnulli [I 213. 30 App.] refellunt,
midollo]: cos Anassagora [59 A 107], Democrito [68 A 141], ut Anaxagoras [59 A 107], Democritus [68 A 141] et. A.
Alcmeone di Crotone. Obiettano che nei greggi i maschi, dopo Crotoniates: (3) hi enim post gregum contentionem non
lo sforzo, perdono non soltanto midollo, ma anche grasso e
medullis modo, verum et adipe multaque carne mares
molta carne. Anche su questo c' controversia tra gli scrittori, exhauriri respondent. illud quoque ambiguam facit inter
se il figlio nasca soltanto dal seme del padre, come scrissero
auctores opinionem, utrumne ex patris tantummodo semine
Diogene [64 A 27], Ippone [38 A 13] e gli Stoici, o anche da partus nascatur, ut Diogenes [64 A 27] et Hippon [38 A 13]
quello della madre, come giudicarono Anassagora Alcmeone Stoicique [I 213. 35 App.] scripserunt, an etiam ex matris,
Parmenide [28 A 54] Empedocle ed Epicuro. Alcmeone
quod Anaxagorae et Alcmaeoni nec non Parmenidi [28 A 54]
tuttavia confessava di non sapere niente di sicuro sul modo in Empedoclique et Epicuro visum est. de conformatione autem
cui si forma il feto, e giudicava che nessuno potesse trovare che partus nihilo minus definite se scire A. confessus est, ratus
cosa si formi per primo nel fanciullo. AT. V 17, 3 [Dox. 427]. neminem posse perspicere quid primum in infante formetur.
Alcmeone crede [che per prima cosa si formi nel ventre] la
AT. V 17, 3 (D. 427) . ,
testa, in cui la guida.
(sc. [I 213. 40]
).
24 A 14. CENSORIN. de d. nat. 6, 4. Alcmeone diceva che il 24 A 14. CENSORIN. 6, 4 ex quo parente seminis amplius fuit,
figlio nasce del sesso di quel genitore, di cui pi abbondante eius sexum repraesentari dixit A.
il seme.
24 A 15. ARISTOT. hist. anim. H 1. 581 a 12. Per lo pi il
24 A 15. ARIST. Hist. anim. H 1. 581a 12 [I 214. 1]
maschio comincia a portare il seme dopo aver compiuto i

quattordici anni: nel medesimo tempo comincia anche il fiorire
di peli ch' proprio della giovinezza, a quel modo che, come
,
dice Alcmeone di Crotone, le piante cominciano a fiorire
. [Schol. Plat.
quando stanno per portare il seme.
Alc. I p. 121 E]. Vgl. Solon 19, 3 D. [I 214. 5] '
' ,
. Heraklit 22 A 18 [I 149. 1].
24 A 16. ARISTOT. de gen. anim. 2. 752 b 22. Nei
24 A 16. ARIST. de gen. anim. 2. 752b 22
mammiferi il cibo, il cosiddetto latte, si forma in un'altra parte, ,
nelle mammelle. Negli uccelli invece la natura lo fa nelle uova. , '
Ma, contrariamente a quello che credono i pi e Alcmeone di ,
Crotone, il latte non , nell'uovo, il bianco, ma il giallo. Perch . [I 214. 10 App.]
in questo il nutrimento dei pulcini. Essi credono che sia il
, .
bianco per la somiglianza dei colori.
'
.
24A 17. AT. V 16, 3 [Dox. 426]. Alcmeone crede che il 24 A 17. AT. V 16, 3 (D. 426) . '
feto si nutra con tutto il corpo: con questo, come con una (nmlich )
spugna, assorbirebbe le parti nutritive del cibo. RUFUS ap. . [I 214. 15
ORIBAS. III 156 C. M. G. VI, 2. 2, 136. Quando si trovano App.] Anders RUFUS bei ORIBAS. III 156 C. M. G. VI, 2. 2,
in questo momento del loro sviluppo, c' un residuo
136
nell'intestino, che bisogna toglier via. Non dunque vero , .
quello che crede Alcmeone, che il figlio si nutra con la
.
bocca mentre nel ventre della madre. Non possibile che
sia cos.
24 A 18. AT. V 24, 1 [Dox. 435]. Alcmeone dice che il
24 A 18. AT. V 24, 1 (D. 435) .
sonno viene quando il sangue si raccoglie nelle vene, che ci ,
si sveglia quando il sangue si sparge, e che si muore quando , [I 214. 20
si ritira del tutto.
App.] .
B. FRAMMENTI
B. FRAGMENTE

24 B 1. DIOG. LAERT. VIII 83 [A 1, 1].
Alcmeone di Crotone, figlio di Pirito, disse questo a Brotino e a 24 B 1. [1 Wachtler]. DIOG. VIII 83 [s. A 1, 1]
Leonte e a Batillo: delle cose invisibili e delle cose visibili

soltanto gli di hanno conoscenza certa; gli uomini possono
[ 214. 25 App.] ,
soltanto congetturare1*.
,
che l'anima sia per sua natura dotata di movimento autonomo
ed eterno, e che perci sia immortale e simile agli di [cfr.
PLAT. Phaedr. 245 C].

.
24 B 1 a. THEOPHR. de sens. 25 [A 5]. Dice che
24 B 1a [2]. THEOPHR. d. sens. 25 [I 215. 1 App.] [A 5]

l'uomo differisce dagli altri animali perch esso solo comprende; , ' , .
gli altri animali percepiscono, ma non comprendono.
24 B 2. [ARISTOT.] probl. 17, 3. 916 a 33. Alcmeone dice che 24 B 2 [11]. [ARIST.] Probl. 17, 3. 916a 33
. [I 215. 5 App.] ,
.
per questo muoiono gli uomini, che non possono unire il
principio con la fine.
24 B 3. AT. V 14, 1 [Dox. 424]. Alcmeone dice che
24 B 3 [16]. AT. V 14, 1 (D. 424) .

i muli maschi sono sterili perch il loro seme sottile e freddo, ,
[I 215. 10 App.] .
le femmine perch il loro utero non si spalanca.
Cos s' espresso lui stesso.
24 B 4. AT. V 30, 1 [Dox. 442]. Alcmeone dice che la salute 24 B 4 [22]. AT. V 30, 1 (D. 442) .
dura fintantoch i vari elementi, umido secco, freddo caldo,
, , ,
amaro dolce, hanno uguali diritti [], e che le malattie , , , , '
vengono quando uno prevale sugli altri []. Il

prevalere dell'uno o dell'altro elemento, dice, causa di
. [I 215. 15]
distruzione. Le malattie egli dice che provengono, per quel che ' , [I
riguarda la causa, dall'eccesso del caldo o del freddo; per quel 216. 1 App.] , '
che riguarda l'origine, da eccesso o da difetto di cibo; per quel * .
che riguarda il luogo, nel sangue o nel midollo o nel cervello. , (?)
Possono essere originate anche da cause esterne, come acqua .
piante clima sforzo tormento e cose simili. La salute
. Vgl. [I 216. 5 App.] Hipp. d.
l'armonica mescolanza delle qualit (opposte).
prisc. med. 14. I 16, 2 Khlew. Plato Symp. 186 CD.
24 B 5. CLEM. ALEX. strom. VI 16 [II 435, 9]. Avendo detto 24 B 5 [23]. CLEM. Strom. VI 16 (II 435, 9 St.)
Alcmeone di Crotone:
'
'
(652) ' '
pi facile guardarsi da un nemico che da un amico,
;'.
Sofocle nell'Antigone scrisse: Quale piaga maggiore di un
amico cattivo?

25. ICCO
25 A 1. PLAT. Protag. 316 D. Io dico che l'arte dei sofisti
antica, e che gli antichi che l'esercitavano mettevano innanzi,
per rimaner celati e cos sfuggire all'odio ch'essa ingenerava,
chi la poesia, come Omero ed Esiodo e Simonide, chi i misteri
e gli oracoli, come Orfeo e Museo o i loro seguaci, e alcuni
anche, io so, la ginnastica, come Icco di Taranto e quel sofista
che ancor oggi non inferiore a nessuno, Erodico di Selimbria.

25 [15]. IKKOS [I 216. 10]

25 A 1. PLAT. Protag. 316 D


,

,
,
[I 216. 15]
,

.
25 A 2. PLAT. legg. VIII 839 - 840. Non abbiamo forse sentito 25 A 2. PLAT. de legg. VIII 839. 840 '
dire che Icco di Taranto, uomo che con la costanza e con l'arte
consegu quel valore che s'accompagna col vivere in
,
temperanza, non tocc mai n donna n fanciullo durante tutto , ,
il tempo dell'allenamento per le gare d'Olimpia e per le altre? [I 216. 20] '
PAUS. VI 10, 5. Icco di Nicolaide, di Taranto, vinse la corona ; PAUS. VI 10, 5. .
olimpica nel pentatlo; e si dice che poi sia divenuto il migliore
maestro di ginnastica del suo tempo. STEPH. BYZ. s. v.

. Icco di Taranto, medico nella 77.a olimpiade lo ricorda ' .[I 217. 1 App.] STEPH. BYZ. s. v.
anche Platone nel Protagora. EUSTATH. ad Hom. Il. V 815 p. . [?]
610, 28. Icco: il nome di un sapiente medico di Reggio; da lui . EUSTATH. zu
ha origine il modo di dire, 'il pranzo di Icco', perch viveva
Hom. p. 610, 28 [aus Steph. und d. Parmiencorpus] .
frugalmente. EUSTATH. in Dionys. Perieg. 376. Di l era Icco

di Taranto, medico, venuto in proverbio per la frugalit della " " . Z.


sua vita: ch di chi vive frugalmente si dice che fa un pranzo di Dionys. Per. 376. [I 217. 5] . ,
Icco.
"
" .
25 A 3. IAMBL. v. Pyth. 267. Di Taranto furono
25 A 3. IAMBL. v. Pyth. 267 in der Liste der Pythagoreer unter den
Filolao... Icco...1*.
steht .
26. PARONE
ARISTOT. phys. 13. 222 b 17. Alcuni dicevano
sapientissimo [il tempo]: Parone, il pitagorico, lo diceva invece
ignorantissimo perch in esso viene anche l'oblio; e aveva
ragione lui. SIMPLIC. ad loc. 754, 9. costui, forse, quello cui
allude, senza nominarlo, Eudemo [fr. 52 Spengel], quando
racconta che in Olimpia a Simonide, che lodava il tempo come
sapientissimo in quanto nel tempo s'apprende e si ricorda, un
saggio, l presente, obiett: E che, o Simonide, non forse
anche vero che nel tempo dimentichiamo?

26 [16]. PARON
ARIST. Phys. 13. 222b 17 [I 217. 10 App.]
[sc. ],
, ,
. SIMPL. z. d. St. 754, 9
, [fr. 52 Sp.]

,
, [I 217. 15] '
, , ;'

27. AMINIA

27 [17]. AMEINIAS
DIOG. LAERT. IX 21 [s. unten Z. 24]. G /
. . .
, ,
, .

, ' '
. /

DIOG. LAERT. IX 21. G Parmenide di Pirete, di Elea, fu


scolaro di Senofane... Sozione dice che ebbe consuetudine di
vita anche con Aminia di Diochete, pitagorico, uomo povero,
ma di nobile animo. Per questo appunto fu maggiormente
attratto da lui, e, quando mor, essendo di famiglia illustre e
ricca, gli dedic un eroo. Del resto, non da Senofane, ma da
Aminia fu indotto a vivere lontano dai negozi. /

28. PARMENIDE
A. VITA E DOTTRINA

28 [18]. PARMENIDES
A. LEBEN UND LEHRE

VITA

LEBEN

28 A 1. DIOG. LAERT. IX 21-23. (21) Di Senofane fu uditore


Parmenide figlio di Pireto, eleata (Teofrasto nell'Epitome
[phys. opin. fr. 6a; Dox. 482] dice che costui ascolt
Anassimandro; tuttavia, certo che, ascoltato anche Senofane,
non lo segu)1*. Ebbe intimit, come disse Sozione, anche con
Aminia figlio di Diochete, pitagorico, uomo povero invero, ma
nobile e probo; motivo per cui anche pi lo segu e quando
quello venne a morte, egli, che era di schiatta elevata e
possedeva notevoli ricchezze, gli costru un sacello. E fu
Aminia non Senofane a indurlo alla vita tranquilla. Fu lui il

28 A 1. DIOGENES IX 21-23 [I 217. 20 App.] (21)



( [Phys. Opin. fr. 6a. D.
482, 14] ). '
.
,
[I 217. 25 App.] , ,
.
,
' , '

primo a dire che la terra sferica e che occupa il centro


dell'universo2*. Disse che due sono i princpi, fuoco e terra, e
l'uno funge da demiurgo, l'altro da materia3*; (22) che gli
uomini ripetono la loro prima origine dal fango, e che in loro ci
sono il caldo e il freddo dei quali tutto composto; che l'anima
e l'intelletto sono la stessa cosa, come dice anche Teofrasto
nella Fisica [fr. 6 a; Dox. 483], dove espone le dottrine di quasi
tutti i filosofi4*. Disse duplice la filosofia: secondo verit e
secondo opinione; ed per questo che in un suo luogo dice:
Bisogna che tu impari... [B 1, 28-30]. Anch'egli espone la
sua filosofia in versi come Esiodo, Senofane e Empedocle.
Disse criterio della verit il ragionamento e che le sensazioni
non sono veritiere. Dice infatti: N... l'abitudine [B 8, 2-5].
(23) Perci anche Timone [fr. 44 Diels] dice di lui:
La solitaria possa di Parmenide dal grande animo,
che distolse la mente dall'inganno delle rappresentazioni.

. [I 218. 1 App.]
.
, , ,
. (22)
[?] ,
.
, [I 218. 5 App.]
[fr. 6a. D. 483, 2],
. ,
, .
' ... ' [B 1, 28-30].
,
.
. [I 218. 10 App.] ' ...
' [B 1, 34-36].
(23) [fr. 44 D.]

,
A lui si riferisce anche il dialogo di Platone intitolato
' .
Parmenide o Delle idee. Fior nella 69.a olimpiade [504-1;
F.Gr.Hist. 244 (Apollodoro), F 341 II 11215*]. Pare che sia
''
stato il primo a scorgere che Espero e Lucifero sono la stessa ' [I 218. 15 App.] '.
cosa, come dice Favorino nel quinto libro dei Memorabili; altri [504-501].
dicono che il primo sia stato Pitagora, ma Callimaco nega che
l'opera sia sua. Si dice anche che abbia dato leggi ai
,
concittadini, come dice Speusippo nel libro Sui filosofi, e che ( )
per primo abbia sollevato l'argomento detto l'Achille, come
.
dice Favorino nella Storia generale [fr. 14 F.H. G. III 579]. C' , .
stato anche un altro Parmenide, retore, che scrisse sull'arte
[I 218. 20] ,
retorica.
[fr. 14 F.H. G. III 579].
, .
28 A 2. SUID. s. v. Parmenide, figlio di Pireto, filosofo eleata, 28 A 2. SUIDAS ,
scolaro di Senofane di Colofone; secondo Teofrasto, invece, di ,
Anassimandro di Mileto. Suoi seguaci furono Empedocle6*,
.
che fu insieme filosofo e medico, e Zenone l'eleata. Scrisse di
scienza della natura in versi e altre cose in prosa come ricorda . [I 218. 25]
Platone7* [soph. 237 A; cfr. B 7].
' ,
[Soph. 237 A; vgl. B 7]. (aus Diog. abges.
vom Schlusatz, dessen erster Teil wohl aus Lobon vgl. fr. 18
Crn.).
28 A 3. DIOG. LAERT. II 3. Anassimene di Mileto, figlio di 28 A 3. DIOG. II 3 ,
Euristrato, ascolt Anassimandro; c' chi dice che ascolt
,
anche Parmenide.
. [vgl. A 1 I 217, 23].
28 A 4. IAMBL. v. Pyth. 166 [da Nicomaco]. E coloro che
28 A 4. IAMBLICHUS V. Pyth. 166 [aus Nikomachos] [I 218.
hanno fatto qualche cenno di cose di fisica, si trovano a
30] ,
menzionare innanzi a tutti Empedocle e l'eleata Parmenide.

(um den Einflu des Pythagoras
auf die Kultur Italiens zu erweisen). PROCLUS in Parm. I p.
PROCL. in Parm. I p. 619, 4. Durante la festa di cui sopra,
619, 4 (Cous. Par. 1864) '
giunsero ad Atene Parmenide e Zenone, maestro il primo,
,
scolaro il secondo, eleati l'uno e l'altro, non solo, ma facenti
anche parte della scuola pitagorica, come narr in qualche parte [I 219. 1 App.] . ' ,
' ,
anche Nicomaco.
,
PHOT. bibl. c. 249 [ v. Pyth.] p. 439 a 36. Zenone e Parmenide, . PHOT. bibl. c. 249 [VITA. Pyth.] p.
439a 36
gli eleati: anche costoro appartennero alla scuola pitagorica.
.
28 A 5 PLATO Theaet. 183 E. G Se io [Socrate], di fronte a 28 A 5 PLATO Theaet. 183 E [I 219. 5] G
Melisso e agli altri che dicono uno e immobile il tutto, provo , ,
un senso di vergogna all'idea che il nostro esame sia
,

grossolano, mi vergogno sempre meno che di fronte al solo


. / . [Sokrates]
Parmenide. / Parmenide mi sembra che sia, come dice Omero,
venerando insieme e terribile; infatti ebbi occasione di

trovarmi con quest'uomo - io ero molto giovane, lui molto
. PLATO Sophist. 217 C '
vecchio - e mi parve che ci fosse in lui una profondit
,
d'eccezione. PLAT. soph. 217 C. Per domande, che il metodo
che ebbi occasione, in altri tempi, di veder usare da Parmenide . PLATO Parm. 127
- io ero allora giovane e lui molto vecchio - in un'esposizione di A [I 219. 10 App.]
bellissimi ragionamenti. PLAT. Parm. 127 A. Antifonte

dunque riport che Pitodoro raccontava che una volta vennero .
alle grandi Panatenee Zenone e Parmenide. Parmenide era gi ,
molto vecchio, quasi completamente canuto e di aspetto nobile
e dignitoso: poteva avere all'incirca sessantacinque anni.
,
Zenone era allora vicino ai quarant'anni, e come figura era ben
proporzionato e aggraziato: si diceva che fosse stato l'amato di . [I 219. 15]
Parmenide. Alloggiarono da Pitodoro, fuori le mura al

Ceramico; quivi si adunarono Socrate e altri molti con lui,
'
desiderosi di sentir leggere l'opera di Zenone perch allora per ,
la prima volta questa, per opera loro, veniva introdotta8* [cfr. '
PROCL. in Parm. I p. 684 21]. ATHEN. XI 505 F. Che il
[vgl. PROCL. z. d. St.
Socrate di Platone sia venuto a colloquio con Parmenide, a
684, 21]. Dagegen: ATHEN. XI 505 F
stento l'et lo pu ammettere: ma non pu ammettere che egli [I 219.
fosse anche in grado di sostenere o ascoltare ragionamenti di 20 App.] ,
tal fatta. Ma quello che quanto di pi indegno e falso si pu .
immaginare dire, senza necessit alcuna, che Zenone, il

concittadino di Parmenide, sia stato il suo amato [MACROB. .
sat. I 1, 5]. DIOG. LAERT. IX 25. Zenone eleata. Costui,
[MACROB. Sat. I 1, 5]. DIOG. IX 25 .
secondo quanto dice Apollodoro nella Cronaca [F.Gr. Hist.
[F.Gr. Hist.
244 F 30 II 1028], fu per natura figlio di Teleutagora, per
244 F 30 II 1028] [ ] [I
adozione di Parmenide... Zenone ha ascoltato Parmenide ed 219. 25] , ...
stato il suo amato.
.
28 A 6. ARISTOT. metaph. A 5. 986 b 22. Si dice infatti che 28 A 6. ARIST. Metaph. A 5. 986b 22 .
Parmenide sia stato suo scolaro [di Senofane; cfr. 21 A 30].
[des Xenophanes; vgl. 21 A 30].
28 A 7. ALEX. metaph. 31, 7. Di Parmenide e della sua
28 A 7. ALEX. in Metaph. A 3. 984b 3 p. 31, 7 Hayd.
dottrina anche Teofrasto nel primo dei libri di Fisica [phys.
[I 219. 30 App.]
opin. fr. 6; Dox. 482] dice cos:
[fr. 6 D. 482,
5] " .
" ( [] ) "'
Parmenide figlio di Pireto, eleata, che venne dopo di lui
.
(intende dire di Senofane), batt l'una e l'altra strada. Infatti
,
dichiara che il tutto eterno e insieme vuole attribuire
un'origine agli enti. Non per dallo stesso punto di vista, ma, , '
, [I 219. 35 App.]
secondo verit ritenne che tutto uno e ingenerato e sferico,

secondo l'opinione dei molti invece, allo scopo di spiegare
, ,
l'origine dei fenomeni, pose due principi, il fuoco e la terra,
." SIMPL. Phys. 22, 27 . . .
l'uno come materia, l'altro come causa e principio agente.
SIMPLIC. phys. 22, 27. ... Senofane di Colofone il maestro di ,
(aus Theophr.).
Parmenide [cfr. SEXT. EMP. adv. math. VII 111; cfr. B 1].
28 A 8. SIMPLIC. phys. 28, 4 [THEOPHR. phys. opin. fr. 8; 28 A 8. SIMPL. Phys. 28, 4 (THEOPHR. Phys. Opin. fr. 8. D.
Dox. 483]. Leucippo eleata o milesio (si ha infatti l'una e l'altra 483, 11) [I 219. 40]
referenza) fu a contatto con la filosofia di Parmenide, ma non ( )
segu in metafisica la stessa via di Parmenide e Senofane,

bens, si direbbe, la via opposta. Mentre quelli infatti facevano , '
uno e immobile e ingenerato e limitato il tutto e concordavano .
nell'opinione che intorno al non essere neppure si pu indagare, [I 220. 1]
costui invece ammise gli atomi, elementi infiniti e sempre in
movimento.
.
28 A 9. DIOG. LAERT. VIII 55. Teofrasto [phys. opin. fr. 3; 28 A 9. DIOG. VIII 55 [Phys. Opin. fr. 3 D.
Dox. 477] dice che egli [Empedocle] cerc di emulare
477] [Empedokles]
Parmenide e di imitarlo nei componimenti poetici; infatti anche [I 220. 5]
lui ha esposto in versi la sua trattazione sulla natura9*.
.

28 A 10. SIMPL. Phys. 25, 19


,

[aus Theophr. vgl. n. A 9].
28 A 11. EUSEB. chron. a) HIERON. Furono in fama
28 A 11. EUSEB. Chron. a) HIERON. .
Empedocle e Parmenide filosofi fisici [anno di Abramo 1561; [I 220. 10] z. J. Abr. 1561;
ARM. ol. 81, 1 = 456]. b) A quest'epoca fu in fama Democrito arm. Ol. 81, 1 [456]. b)
di Abdera filosofo fisico, Empedocle di Agrigento Zenone e

Parmenide filosofi, e Ippocrate di Ceo [anno di Abramo 1581- .
436]. Cfr. CHRON. HENZENIAN. [Inscr. Sic. et It. I. G. XIV arm. Hier. z. J. Abr. 1581 [436]. Vgl. CHRON.
n. 1297, 30] [Fra Serse e la guerra peloponnesiaca, 480-32; il HENZEN. (Inscr. Sic. et It. [I. G. XIV] n. 1297, 30) zwischen
numero irriconoscibile] dall'epoca di Socrate il filosofo e
Xerxes und d. Peloponn. Krieg; Zahl unkenntlich: '
Eraclito di Efeso e Anassagora e Parmenide e Zenone, anni... [I 220. 15]
. . . .
28 A 12. STRAB. VI p. 252. Volgendo c' subito un'altra
28 A 12. STRABO VI p. 252 '
insenatura in cui posta una citt che i Focesi, che ne furono i , , ,
fondatori, chiamarono Iele, altri Ele dal nome di una certa
,
fonte, e i contemporanei Elea. Quivi nacquero i pitagorici
, .
Parmenide e Zenone. Io credo che per opera loro e anche prima . '
sia stata ben governata [cfr. A 1]. PLUTARCH. adv. Col. 32 p. [vgl. A 1 I 218, 18]. PLUTARCH. adv. Col. 32
1126 A. Parmenide ordin la sua patria con ottime leggi tanto p. 1126 A [I 220. 20 App.] .
che nei primi tempi ogni anno i cittadini prestavano giuramento , '
di rimaner fedeli alle leggi di Parmenide10*.

.
POESIA
POESIE
[Cfr. A 1-2]
[vgl. A 1. 2 I 218, 8. 25]
28 A 13. DIOG. LAERT. I 16. Altri [lasciarono] una sola
28 A 13. DIOG. LAERT. I 16 [sc. ]
opera: Melisso, Parmenide, Anassagora.
, ., [I 220. 25] .
28 A 14. SIMPLIC. de cael. 556, 25. ... o perch, sia Melisso 28 A 14. SIMPL. de caelo 556, 25
che Parmenide intitolarono le loro opere Sulla natura ... Poi
. . . .
nelle loro opere non trattarono soltanto delle cose iperfisiche, ,
ma anche delle cose della natura e per questo forse non si

fecero scrupolo di intitolarle Sulla natura.
.
28 A 15. PLUTARCH. de aud. poet. 2 p. 16 c. I poemi di
28 A 15. PLUTARCH. quomodo adul. aud. deb. 2 p. 16 C [I
Empedocle e Parmenide e le Teriache di Nicandro e le
220. 30App.] '
Gnomologie di Teognide sono componimenti che dalla poesia
prendono a prestito come un veicolo il metro e la quantit per
non adottare la forma prosastica [cfr. PLUTARCH. de Pyth.
, . [Vgl. 11 B 1 I 80, 10].
or. 18 p. 402 E].
28 A 16. PLUTARCH. de aud. 13 p. 45 B. In Archiloco si
28 A 16. PLUTARCH. de audiendo. 13 p. 45 A '
potrebbe biasimare il soggetto, in Parmenide la fattura dei
, [I 220. 35]
versi, in Focilide la puerilit, in Euripide la garrulit, in Sofocle , ,
la disarmonia [cfr. 21 A 25].
, . Vgl. 21 A
25f. (I 116, 13ff.).
28 A 17. PROCL. in Tim. I 345, 12. E Parmenide, bench sia 28 A 17. PROCL. in Tim. I 345, 12 Diehl .
oscuro11* a causa della forma poetica, tuttavia anche lui

sostiene queste stesse cose.
.
28 A 18. PROCL. in Parm. I 665, 17. Parmenide stesso nei
28 A 18. PROCL. in Parm. I 665, 17 .
suoi versi. Bench obbligato dalla forma stessa poetica a far
' [I 220. 40 App.]
uso di metafore figure e tropi, tuttavia am la forma di

esposizione disadorna, secca e semplice. Lo si vede da questi
passi [si citano B 8, 25. 5. 44. 45] e da tutti gli altri del genere: .
cosicch sembra che l'andamento del discorso sia piuttosto
(zitiert werden B 8, 25. 5. 44. 45)
prosaico che non poetico.

.
28 A 19. SIMPLIC. phys. 36, 25. Dal momento che noi
28 A 19. SIMPL. Phys. 36, 25 [I 221. 1]
sentiremo anche Aristotele confutare le dottrine dei primi

filosofi, e questo anche prima di Aristotele stato fatto da

Platone e prima ancora di loro da Parmenide e Senofane, da .
sapere che essi, preoccupandosi degli ascoltatori troppo
,
28 A 10. SIMPLIC. phys. 25, 19. Empedocle di Agrigento,
vissuto non molto dopo Anassagora, emulo e discepolo di
Parmenide e ancor pi dei Pitagorici [da Teofrasto; cfr. A 9].

superficiali, confutano ci che appare discutibile nei


ragionamenti degli antichi12*, dato che essi avevano l'abitudine
di esprimere le loro teorie in forma enigmatica.
28 A 20. SIMPLIC. phys. 146, 29. Se dice l'essere che uno
simile alla massa di ben rotonda sfera [B 8, 43], non c' da
meravigliarsene; infatti, dato che adopera la forma poetica, usa
anche qualche espressione mitica. C' qualche differenza forse
tra dire cos o dire come Orfeo [fr. 70, 2] argenteo uovo?
MENAND. [pi esattamente GENETHL.] rhet. I 2, 2. [Inni]
fisici quelli che hanno scritto Parmenide e Empedocle e i loro
seguaci. I 5, 2. Inni del genere si hanno quando, per esempio,
facendo un inno a Apollo, si dica che Apollo il sole e si
discorra della natura del sole; e quando parlando di Era si dica
che l'aria e di Zeus che il calore. Infatti tali inni sono di
scienza della natura. Adottano questa maniera eminentemente
Parmenide ed Empedocle... infatti Parmenide ed Empedocle
precedono tutti gli altri e Platone lo ricorda con brevi parole.
28 A 21. SIMPLIC. phys. 144, 25. Se non temessi di sembrare
puntiglioso volentieri unirei a queste mie note i non molti versi
di Parmenide sull'unit dell'essere, sia per dar fede a quanto ho
detto, sia perch lo scritto di Parmenide raro13* [cfr. ivi, 31,
20].
DOTTRINA
[Cfr. A 1. 7. 8]

[I 221.
5] ,
.
28 A 20. SIMPL. Phys. 146, 29 ' "
" [B 8, 43],

. [fr. 70,
2 Kern] [I 221. 10] " "; MENANDER.
[richtiger GENETHLIOS] Rhet. I 2, 2 [sc. ]
[vgl.
31 A 23]. Ebend I 5, 2 ,

,
.
[I 221. 15] .
. . . .
, .
28 A 21. SIMPL. Phys. 144, 25 ,


'
[I 221. 20] .
LEHRE
[Vgl. A 1. 7. 8]

PHILOP. phys. 65, 23. Si dice che egli [Aristotele] abbia scritto PHILOP. in Phys. 65, 23 Vit.
a parte un libro sulla dottrina di Parmenide.
[Aristoteles]
.
28 A 22. [PLUTARCH] strom. 5 [EUSEB. praep. evang. I 8, 28 A 22. [PLUT.] Strom. 5 (EUS. P. E. I 8, 5 D. 580) .
5; Dox. 580]. Parmenide l'eleata, che ebbe familiarit con
, [I 221. 25App.] ,
Senofane, non solo fece sue le dottrine di costui, ma nello
,
stesso tempo assunse un atteggiamento opposto. Dichiara
.
infatti che secondo la verit delle cose il tutto eterno e
[]
immobile: infatti esso tutt'intero, unico, immobile e
' .. ' [B 8, 4].
ingenerato [B 8, 7-8]; che il divenire invece delle cose che ' .
sembrano esistere da un falso punto di vista. Le sensazioni le .
scaccia dall'ambito della verit. Dice che se vi qualcosa oltre , [I 221. 30 App.]
l'essere, questo non essere: ma il non essere assolutamente
.
non esiste. In questo modo viene a porre l'essere come

ingenerato. Dice inoltre che la terra si formata per
[] [aus THEOPHR. Phys. Opin. wie im
precipitazione dell'elemento denso [da THEOPHR. phys. opin. folgenden n. 23. 28ff.].
come A 23 e 28 sgg.].
28 A 23. HIPPOL. ref. I 11 p. 16, 9 [Dox. 564]. (1) E infatti
28 A 23. HIPPOL. Ref. I 11 (D. 564 W. 16] (1) .
anche Parmenide pone il tutto uno eterno ingenerato e sferico
senza riuscire neppure lui a liberarsi dall'opinione dei molti in - ' [I 221. 35 App.]
quanto dice princpi del tutto il fuoco e la terra, la terra come ,
materia, il fuoco come causa e principio formativo. Disse che il .
cosmo soggetto a distruzione: in qual modo per non spiega. , , . (2)
Nello stesso tempo sostenne che il tutto eterno, non generato,
sferico, omogeneo e, in quanto non ha spazio in s, anche
, ,
immobile e limitato.
.
28 A 2414*. ARISTOT. phys. A 8. 191 a 24. G Infatti i primi 28 A 24. ARISTOT. phys. A 8. 191 a 24. G
che si diedero alla filosofia ricercando la verit e la natura degli ,
enti deviarono, per cos dire, per un'altra strada spinti
.
dall'imperizia. Dissero che nulla nell'essere n nasce n perisce,
perch credevano necessario che ci che nasce debba nascere o ,
dall'essere o dal non essere, e invece non possibile n l'uno n
l'altro caso. Infatti non l'essere che nasce (perch di gi) e
dal non essere nulla pu nascere: difatti bisogna che vi sia un ,

soggetto. Impostata cos la questione, aggravando le


( )
conseguenze, dissero che neppure esiste il molteplice, ma
.
soltanto l'essere in s. ARISTOT. metaph. A 3. 984 a 27. Ora, '
coloro che primissimi si diedero a questa indagine e dissero che . ARISTOT. metaph. A 3. 984 a 27.
il sostrato uno, non si preoccuparono minimamente del

problema; ma alcuni dei sostenitori dell'unit, sopraffatti per
cos dire da questa ricerca, dicono che l'uno e la natura tutta , ' ,
immobile, non solo quanto al nascere e perire (questa infatti ,
una concezione antica e che tutti i primitivi condividono), ma (
anche riguardo ad ogni altra trasformazione: e questo loro
)
proprio. Tra coloro dunque che sostengono che il tutto uno a
nessuno venne fatto di scorgere una causa di tal genere,
.
eccezion fatta di Parmenide, e a costui in tanto in quanto non
solo pone l'unit, ma insieme in certo modo due cause.
,
ARISTOT. metaph. A 5. 986 b 8. Altri trattarono del tutto
ARISTOT. metaph.
come fosse una natura unica, non per tutti allo stesso modo n A 5. 986 b 8.
quanto alla correttezza del ragionamento n quanto alla natura ,
di questa unit. Parlare di costoro non si addice alla presente .
indagine sulle cause, perch non che essi, come alcuni dei

fisiologi, pur ponendo come uno l'essere, tuttavia generino le (
cose dall'uno come da materia, ma l'intendono in altro modo: , '
quelli infatti aggiungono il movimento facendo in certo modo
nascere il tutto, costoro dicono che il tutto immobile.
, ,
Nondimeno c' da osservare qualcosa che ha connessione con )
l'attuale indagine. / Infatti pare che Parmenide sia pervenuto
. /
all'unit secondo il logo, G Melisso all'unit secondo la
, G (
materia; perci il primo dice che finita, il secondo infinita.
' )
Senofane che prima di loro ha sostenuto la tesi dell'unit (si
(
dice infatti che Parmenide sia stato suo scolaro)... Costoro
) ,
dunque, come dicemmo, sono da lasciar da parte ai fini della , '
nostra presente ricerca. Due di essi poi del tutto in quanto sono .
un po' troppo rozzi, e cio Senofane e Melisso. / Parmenide
, , ,
invece pare che parli in qualche modo con maggiore
,
penetrazione. Giudicando infatti che il non essere che altro /
dall'essere non sia nulla, di necessit ritiene che l'essere sia uno .
e nient'altro (di questo abbiamo parlato con maggiore chiarezza ,
nella Fisica). Costretto poi a seguire i fenomeni e ritenendo che ( ),
l'uno secondo il logo, ma che secondo l'opinione
'
molteplice, ecco che viene a porre due cause e due princpi, il ,
caldo e il freddo, come a dire fuoco e terra. Di questi due
,
princpi, l'uno, cio il caldo, lo pone dalla parte dell'essere,
, , .
l'altro dalla parte del non essere. G ARISTOT. phys. A 5. 188 a ,
19. Tutti pongono come princpi i contrari: sia quelli che
[vgl. Alex. z. d. St. p. 45, 2]. G ARISTOT.
dicono il tutto uno e non mosso (infatti anche Parmenide pone phys. A 5. 188 a 19.
come princpi il caldo e il freddo, chiamandoli fuoco e terra) (
sia... ARISTOT. de gen. et corr. A 3. 318 b 6. Come
,
Parmenide che pone una dualit, dicendo che esiste l'essere e il ) ...
non essere. / ARISTOT. metaph. 5. 1010 a 1. Ricercarono la ARISTOT. de gen. et corr. A 3. 318 b 6.
verit intorno agli enti, ma ritennero che gli enti fossero solo le , .
cose sensibili.
[vgl. Alex. z. d. St. p. 45,2]. /ARISTOT. Metaph. 5. 1010a 1
, '

28 A 25. ARISTOT. de cael. 1. 298 b 14. Alcuni di essi
28 A 25. ARISTOT. de caelo 1. 298b 14 [I 222. 5]
negarono del tutto la generazione e la corruzione; dicono infatti
che nulla tra gli enti n si genera n perisce, ma soltanto
,
sembra a noi. Sono costoro Melisso e Parmenide e i loro
,
seguaci, i quali, ammesso pure che per il resto parlino bene,
, , '
bisogna ritenere che almeno non parlano da fisici. Che infatti
alcuni degli enti siano ingenerati e del tutto immobili

appartiene piuttosto ad un'indagine diversa e antecedente
. [I 222. 10]
logicamente all'indagine fisica15*. ARISTOT. de gen. et corr.

A 8. 325 a 13. Sulla base di questi ragionamenti tenendo in non ,


cale la sensazione e svalutandola, dato che secondo loro
, ,
bisogna seguire il ragionamento, dicono uno e immobile il tutto . ARISTOT. de gen. et corr. A
e alcuni di essi infinito; infatti il limite confina col vuoto. In
8. 325a 13
questo modo dunque e per queste ragioni alcuni si espressero
sulla verit. Poi, stando ai ragionamenti, pare che queste

debbano essere le conseguenze, ma stando alle cose
[I 222. 15 App.]
pressoch follia pensare in questo modo. [PHILOP. de gen. et .
corr. 157, 27. Biasima Parmenide e i suoi seguaci perch
.
ritennero non si dovesse in nessun modo badare all'evidenza
,
delle cose, ma solo alla coerenza del ragionamento.]
. (PHILOP. z. d. St.
157, 27 ,
,
.)
28 A 26. G PLAT. Theaet. 180 E. E quant'altro i Melissi e i
28 A 26. G PLAT. Theaet. 180 E.
Parmenidi, contrapponendosi a tutti costoro [coloro che
,
sostengono che tutto si muove], affermano energicamente, e

cio che tutto uno e che esso permane in s non avendo
. / PLAT. Theaet. 181 A [I 222. 20]
spazio nel quale muoversi16*. / PLAT. Theaet. 181 A. Se gli
,
immobilizzatori [stasioti] del tutto ci sembrer che parlino con ' ' .
maggior verit, ripareremo presso di loro fuggendo da coloro SEXT. Adv. math. X 46 [sc. ]
che muovono ci che immobile. SEXT. EMP. adv. math. X , [in einem
46. Dissero che non esiste [cio il moto] Parmenide e Melisso seiner Dialoge mit Anspielung auf die Platonische Stelle]
coi loro seguaci: Aristotele li ha chiamati17* stasioti e afisici, " " ,
stasioti da stasi, afisici perch il principio del movimento la , [I 222. 25]
natura, quella natura che essi negarono dicendo che nulla si
,
muove.
.
28 A 27. G ARISTOT. phys. A 3. 186 a 6. Perch l'uno e
28 A 27. G ARISTOT. phys. A 3. 186 a 6.
l'altro, sia Melisso che Parmenide, fanno dei ragionamenti
,
eristici; infatti le loro premesse sono false e le deduzioni

arbitrarie. ARISTOT. phys. 6. 207 a 6. Dunque infinito ci . ARISTOT. phys. 6. 207 a 6.
di cui resta sempre fuori qualcosa da prendere, per chi ne
.
prenda quantitativamente. Ci di cui nulla fuori completo e , ' / ARIST.
tutto; cos infatti definiamo il termine 'tutto', ci di cui non
Phys. 6. 207a 9 ,
manca nulla: / ARIST. Phys. 6. 207a 9 per esempio tutto
. '
l'uomo, tutta la cassa. E lo stesso significato ha tanto come

predicato quanto inteso in senso primario: cos il tutto ci di ' , . [I 222.
cui nulla fuori: ci che manca di qualcosa che fuori di lui 30 App.]
non tutto, checch manchi. Tutto e completo, poi, o
. '
significano la stessa identica cosa o qualcosa di molto vicino. .
Completo non nulla che non sia terminato, e il termine
,
limite. Perci si deve ritenere che Parmenide abbia detto
" " [B 8, 44]. G ARISTOT.
meglio di Melisso: l'uno infatti dice che il tutto illimitato,
phys. A 3. 186 a 22.
l'altro che il tutto limitato dal mezzo ugualmente premente ,
[B 8, 48]. G ARISTOT. phys. A 3. 186 a 22. Anche contro
,
Parmenide, si pu argomentare nella stessa maniera seppure ci , ,
sono alcuni altri argomenti che colpiscono lui specificamente. , ,
L'equivoco del suo ragionare si risolve, per un verso facendo ,
notare che falso il punto di partenza, per l'altro che la

deduzione arbitraria. Falso in quanto si ammette che l'essere .
si dica in senso assoluto mentre si dice in molti sensi,
.
arbitrariamente dedotto perch se [per esempio] ci fosse

esperienza soltanto delle cose bianche, ammesso che il bianco . .
abbia un solo significato, nondimeno le cose bianche sarebbero
molte e non una: perch il bianco non sar uno n per
ARISTOT. phys. A 3. 187 a 3.
continuit n per il logo. Altro sar infatti il bianco in essenza e ,
l'essenza di ci che accoglie il bianco. Ma con ci non ci sar , ,
oltre il bianco nulla di separato: perch il bianco altro da ci a , . ,
cui inerisce non in quanto separato ma per l'essenza. Ma di
' , ,
questo Parmenide non si era ancora reso conto. ARISTOT.
.
phys. A 3. 187 a 3. chiaro anche che non vero che, se
; , ,

unico il significato dell'essere e non sono possibili insieme


affermazioni contraddittorie, non ci sar alcun non essere: nulla .
infatti impedisce che il non essere sia non gi assolutamente,
ma che sia un non essere determinato. Il dire poi che, se oltre ARISTOT. metaph. A 5. 986 b 27 [cfr. A 24].
l'essere in s considerato non ci sar nient'altro, tutto sar uno, , ,
strano. Che cosa intendere infatti per essere in s considerato , .
se non una specie dell'essere? Se cos, nulla tuttavia
impedisce che gli enti siano molti, come si detto.
ARISTOT. metaph. B 4. 1001 a 29. '
ARISTOT. metaph. A 5. 986 b 27 [cfr. A 24]. Giudicando
infatti che il non essere, che altro dall'essere, non sia nulla, di ,
necessit ritiene che l'essere sia uno e nient'altro. ARISTOT. , .
metaph. B 4. 1001 a 29. Ora, se c' un essere in s e un uno in ,

s, molto difficile giustificare come oltre questo ci possa
[metaph. N 2. 1089 a 2; cfr. B 7].
essere qualcosa d'altro. Intendo dire come gli enti possano
ALEX. metaph. 44, 10
essere pi d'uno. Infatti l'altro dall'essere non , cosicch
necessario che ne derivi secondo il ragionamento di Parmenide, ,
che tutti quanti gli enti sono uno e quest'uno l'essere [metaph. ,
N 2. 1089 a 2; cfr. B 7]. ALEX. metaph. 44, 10 [id. nell'altra . PORPHYR. in SIMPLIC.
recensione]. Il ragionamento di cui egli [Parmenide] si servir phys. 116, 8. " ,
, ,
il seguente: poneva come premesse che ci che altro
dall'essere non , come ci che altro dal bianco non bianco; , , .
.
ma ci che non non nulla. Ci posto riteneva che di
,
necessit ne derivasse che l'essere uno [da Teofrasto].
PORPHYR. in SIMPLIC. phys. 116, 8. Se c' qualcos'altro dal '
bianco, esso non bianco; se c' qualcos'altro dal bene, esso ( ,
non bene; se c' qualcos'altro dall'essere, esso non essere. Ma ,
il non essere non nulla; dunque solo l'essere ; dunque uno )
,
l'essere. Infatti, se gli enti sono molti e non uno, essi
differiscono o per l'essere o per il non essere; ma non possono
differire n per l'essere (infatti quanto all'essere sono uguali e ,
gli uguali in quanto uguali sono indifferenziati e non altri, ma ".
ci che non altro uno) n per il non essere (infatti ci che Cfr. SIMPLIC. phys. 236, 8. ,

differisce deve prima esistere; le cose che non sono non
differiscono affatto le une dalle altre). Se dunque, dice Porfirio, , ,
'
posto che le cose siano molteplici non possibile che
differiscano e che siano altre le une dalle altre n per l'essere n . /
per il non essere, chiaro che tutto sar uno, e quest'uno
ingenerato e imperituro. Cfr. SIMPLIC. phys. 236, 8. Posto
infatti che gli enti siano molti, evidentemente sono anche
diversi gli uni dagli altri e le differenze saranno altre
dall'essere; ma dato che ci sia qualcos'altro dall'essere, sar o
essere o non essere; ma n possibile che ci che altro
dall'essere sia l'essere, n che il non essere sia19*. /
28 A 28. SIMPLIC. phys. 115, 11. Il ragionamento di
28 A 28. SIMPL. Phys. 115, 11 ,
Parmenide, come informa Alessandro, esposto da Teofrasto , [I 222. 35]
in questo modo nel primo libro della Storia della fisica [phys. [Phys. Op. 7.
opin. fr. 7; Dox. 483]:
D. 483] '
Ci che altro dall'essere non : ci che non non nulla:
', ' ,
dunque l'essere uno.
".
Da Eudemo, in questo:
,
L'altro dall'essere non ; ma l'essere detto univocamente:
[fr. 11 Sp.]
dunque l'essere uno.
, [I 222. 40]
Se Eudemo ha scritto esattamente cos in qualche altra parte, '.
non saprei dire: nella Fisica [fr. 11 Spengel] dice di Parmenide , ,
queste parole, dalle quali forse possibile ricavare la formula
detta:
. '
Non pare che Parmenide abbia dimostrato che uno l'essere,
neppure se gli si concede che l'essere si dice univocamente, ma .
solo [che uno] ci che si predica di ciascuna cosa nella
[I 222. 45]
categoria della sostanza: per esempio, degli uomini l'uomo.
, ,
Quando si diano le definizioni delle cose particolari, si vedr ( [I 223. 1 App.]

che unico e identico in tutte il concetto dell'essere, allo stesso ),


modo come anche unico e identico il concetto di animale
, '
negli animali. Ma a quel modo che, se tutte le cose fossero
, .
belle e non si potesse ritrovare nulla che non fosse bello, tutto
certo sarebbe bello, ma con ci il bello non sarebbe uno ma
, (
molti (sar infatti bello tanto un colore, quanto un'occupazione, [I 223. 5 App.] ,
quanto un'altra cosa qualsiasi), - cos anche tutte le cose
, '
saranno enti, ma non una sola n un'identica cosa: altro infatti ) .
l'acqua, altro il fuoco. Non ci si deve meravigliare di

Parmenide se ha seguito dei ragionamenti non degni di fede e ,
si lasciato ingannare da ci che allora non era ancora in
. '.
chiaro (nessuno infatti aveva ancora parlato n di , fu il primo Platone a introdurre il 18* -, n di per s, e
per accidente): e pare che da questo si sia fatto ingannare.
Queste cose, e insieme la sillogistica, furono viste e studiate
attraverso l'esperienza dei logoi e delle antilogie: infatti non
avrebbe accolta la tesi se non gli fosse parsa logicamente
necessaria. Ma gli antichi non conoscevano le leggi della
rigorosa deduzione.
28 A 29. AT. I 24, 1 [Dox. 320]. Parmenide e Melisso
28 A 29. AT. I 24, 1 (D. 320) [I 223. 10] .
negarono la generazione e la corruzione in quanto ritennero

immobile il tutto. G SIMPLIC. phys. 79, 12. Alessandro
. G SIMPLIC. phys. 79, 12.
biasima chi segue Parmenide e Melisso per la dimostrazione

dell'immobilit dell'essere. Pare - dicono - che ci che si muove ,
debba uscire da ci in cui : se dunque anche l'essere si muove, ,
deve uscire da ci in cui : ma nell'essere e ci che esce
.
dall'essere perisce: ma l'essere imperituro20*. /
. /
28 A 30. AMMON. de interpr. 133, 16. Innanzitutto - come ci 28 A 30. AMMON. de interpr. 133, 16 Busse ,
insegn Timeo [Tim. 27 C] e dichiara lo stesso Aristotele l
[p. 27 C]
dove teologizza21* e prima di lui Parmenide, non solo quello .,
platonico [Tim. 137 A], ma anche quello storico nei suoi versi, [p. 137 A],
- non vi presso gli di alcun passato n futuro, dal momento [I 223. 15] ,
che ciascuno di essi non , l'uno non pi, l'altro non ancora, e ,
l'uno significa trasformazione compiuta e l'altro trasformazione , ,
che deve compiersi22*; ora impossibile poter adattare cose di ,
tal genere a ci che assolutamente e che non accoglie
'
mutamento, neppure idealmente.
.
28 A 31. AT. I 7, 26 [Dox. 303]. Parmenide dice [che dio] 28 A 31. AT. I 7, 26 (D. 303) .
l'immobile e limitato e sferico.
[sc. [I 223. 20 App.] ].
28 A 32. AT. I 25, 3 [Dox. 321]. Parmenide e Democrito
28 A 32. AT. I 25, 3 (D. 321) . '
dicono che tutto avviene secondo necessit: questa stessa
:
necessit fato e giustizia e provvidenza e principio fattore del .
cosmo.
G [Meglio ancora] THEODORET. VI 13 [Dox. 321].
G THEODORET. VI 13 [Dox. 321].
Parmenide ha chiamato la necessit dmone e giustizia e
: /
provvidenza. /
28 A 33. CLEM. ALEX. protr. 5, 64 [I 49, 2]. Parmenide
28 A 33. CLEM. Protr. 5, 64 (I 49, 2 St.) .
l'eleata introdusse come di il fuoco e la terra.
.
28 A 34. PLUTARCH. adv. Col. 13 p. 1114 D. Egli
28 A 34. PLUTAR. adv. Colot. 13 p. 1114D [I 223. 25 App.]
[Parmenide] non nega n l'una n l'altra natura23*, ma,
' [Parm.] [sc.
assegnando a ciascuna quello che le compete, pone
], '
l'intelligibile nella specie dell'uno e dell'essere (essere, in
,
quanto eterno e imperituro; uno, perch identico a se stesso e , '
perch non accoglie differenziazioni), il sensibile nella specie ,
disordinata e mossa. Di essi anche possibile vedere il criterio ,
[di verit]: l'animo inconcusso della ben rotonda Verit [B 1, ' ... ' [I 223. 30] [B 1, 29]
29] che coglie ci che intelligibile e nello stesso modo
' ... ' [B 1,
identicamente, e le opinioni dei mortali nelle quali non risiede 30]
legittima credibilit [B 1, 30] per il fatto che si aggira tra cose . G SIMPLIC.
che accolgono ogni sorta di trasformazioni e stati e
phys. 38, 20. ... "

differenze24*. G SIMPLIC. phys. 38, 2025*. Parmenide - dice , , ,


[Alessandro] - disegnando una fisica secondo l'opinione dei
,
molti e secondo i fenomeni, senza dire pi n che l'essere uno ,
n che ingenerato, pose come princpi del divenire il fuoco e , , ,
la terra, facendo fungere la terra da materia e il fuoco da causa ".
efficiente; e chiama - dice [Alessandro] - il fuoco luce, la terra ,
tenebra. Se Alessandro intende [le parole] secondo
,
l'opinione dei molti e secondo i fenomeni cos come vuole

Parmenide quando chiama il sensibile [= oggetto di ,
opinione], va bene; ma se ritiene quei discorsi completamente . / SIMPL. Phys. 39, 10
falsi e se pensa che la luce o il fuoco siano detti causa
,
efficiente, non nel vero. / SIMPLIC. phys. 39, 10. Questo
'
discorso lo chiama discorso di opinione e ingannevole, volendo . Ebend. SIMPL. Phys. 25,
dire con ci non completamente falso, ma che trapassa dalla
15 [I 223. 35] [sc. ]
verit intelligibile a ci che apparisce e sembra, cio al
, . ,
sensibile26*. SIMPLIC. phys. 25, 15. Di coloro che dicono
.
limitati i princpi alcuni ne pongono due, come Parmenide, il
quale, nella sezione della sua opera che concerne l'opinione,
pone il fuoco e la terra o piuttosto la luce e la tenebra.
28 A 35. ARISTOT. de gen. et corr. B 3. 330 b 13. Coloro che 28 A 35. ARIST. de gen. et corr. B 3. 330b 13 '
senz'altro ne pongono due di principi, come Parmenide che
. ,
pone il fuoco e la terra, considerano gli intermedi, per esempio . ARIST. de gen. et corr.
l'aria e l'acqua, come mescolanze di questi.
B 9. 336a 3 , ,
ARISTOT. de gen. et corr. B 9. 336 a 3. Dal momento che,
[I 223. 40]
come dicono, proprio del caldo di comporre e del freddo di ,
scomporre, e che in ciascuna delle altre opposizioni proprio
dell'un termine di agire, dell'altro di patire, dicono che da questi . CIC. AC. II 37, 118 P. ignem qui moveat, terram
e mediante questi tutto il resto nasce e perisce.
quae ab eo formetur [aus THEOPHR. Phys. Opin.; vgl. 28 A
CICER. ac. pr. II 37, 118. Parmenide pone il fuoco a
23].
imprimere il movimento, la terra ad essere plasmata da lui [da
THEOPHR. phys. opin.; cfr. A 23].
28 A 36. AT. II 1, 2 [Dox. 327]. Parmenide e Melisso
28 A 36. AT. II 1, 2 (D. 327) [I 224. 1 App.] .,
[dicono] ...uno il cosmo. AT. II 4, 11 [Dox. 332]. Senofane, . . . . AT. II 4, 11 (D. 332)
Parmenide e Melisso dicono ingenerato eterno e imperituro il , .,
cosmo.
.
28 A 37. AT. II 7, 1 [Dox. 335; cfr. B 12]. Parmenide dice
28 A 37. AT. II 7, 1 [D. 335; vgl. 28 B 12] .
che ci sono delle corone concentriche disposte
, , ,
alternativamente, l'una costituita dal rado, l'altra dal denso; fra [I 224. 5
queste altre miste di luce e di tenebra. Ci che tutte le avvolge App.] .
a modo di muro solido e al di sotto di esso vi una corona
, ' ,
ignea, e quello che sta pi al centro solido e intorno ad esso ,
di nuovo vi una corona ignea. Quella che tra le corone miste [sc. ].
occupa la posizione pi centrale il principio e la causa del ,
movimento e della generazione e la chiama anche dmone che [vgl. B 12, 3]
governa e che tiene le chiavi e Giustizia e Necessit27* [B 8,
[B 1, 14] [B 8, 30; 10, 6].
30; 10, 6]. Dice che l'aria secrezione della terra che la emana [I 224. 10 App.]
da s a causa di una compressione pi forte di lei; sono
,
esalazioni del fuoco il sole e la via lattea [cfr. B 11, 2]; un
[vgl. B 11, 2]
misto dell'una e dell'altra, cio dell'aria e del fuoco, la luna. . ' , '
Occupando l'etere la sfera estrema, al di sotto di esso posta . '
quella sezione ignea che abbiamo chiamato cielo; al di sotto
' '
ancora, ci che circonda la terra. CICER. de nat. d. I 11, 28.
, ' . CIC. de nat.
Poich invero Parmenide immagina una vera e propria
deor. I 11, 28 [I 224. 15 App.] nam P. quidem commenticium
fantasticheria. Costruisce avvolgendolo di etere un cerchio di quiddam: coronae simile efficit ( appellat),
luce simile a una corona (lo chiama ) che cinge il
continentem ardorum <et> lucis orbem qui cingit caelum,
cielo, da lui chiamato dio. In esso non si pu immaginare n
quem appellat deum in quo neque figuram divinam neque
figura divina n senso n le altre molte fantasticherie di tal
sensum quisquam suspicari potest. multaque eiusdem <modi>
genere; come fa lui che congiunge a dio la Guerra e la
monstra: quippe qui Bellum, qui Discordiam, qui Cupiditatem
Discordia e l'Amore [B 13] e altre cose di tal genere, le quali o [B 13] ceteraque generis eiusdem [I 224. 20] ad deum revocat,
per morbo o per sonno o per oblio o per vecchiezza svaniscono. quae vel morbo vel somno vel oblivione vel vetustate delentur;
Le stesse critiche valgono per gli astri e ora val la pena di
eademque de sideribus, quae reprehensa in alio iam in hoc

lasciarle da parte in quanto le abbiamo gi sollevate in altra


omittantur.
sede.
28 A 38. AT. II 11, 4 [Dox. 340]. Parmenide, Eraclito,
28 A 38. AT. II 11, 4 (D. 340) ., , ,
Stratone e Zenone dicono che il cielo di fuoco.
. Vgl. 11, 1 oben I 93, 23.
28 A 39. AT. II 13, 8 [Dox. 342]. Parmenide e Eraclito
28 A 39. AT. II 13, 8 (D. 342) .
dicono che gli astri sono masse di fuoco condensate.
.
28 A 40. ANON. BYZ. p. 52, 19 [isag. in Arat. II 14 p. 318, 28 A 40. ANONYM. BYZANT. ed. Treu p. 52, 19 [Isag. in
15]. Delle stelle fisse che si muovono in giro col tutto, alcune, Arat. II 14 p. 318, 15 Maass] [I 224. 25]
come disse anche Parmenide il fisico, non hanno un nome e

sono al di fuori delle nostre possibilit conoscitive; le altre che , .
hanno un nome fino alla settima grandezza sono, secondo
,
Arato, mille.
.
28 A 40 a. AT. II 15, 4 [Dox. 345]. Parmenide pone nell'etere 28 A 40a. AT. II 15, 4 (D. 345) .
dapprima la stella mattutina, ritenuta da lui identica ad Espero; , [I 224. 30] '
dopo di lei il sole, al di sotto del quale pone gli astri che sono , ' , '
nella regione del fuoco da lui chiamata cielo [B 10, 5].
, [B 10, 5]. DIOG.
DIOG. LAERT. VIII 14. E fu il primo [Pitagora] a sostenere VIII 14 (Pythagoras) [I 225. 1 App.]
che Espero e Lucifero sono la stessa cosa, come dice
, . Vgl. A 1
Parmenide [cfr. A 1 23].
23 (I 218, 16).
28 A 41. AT. II 20, 8 [Dox. 349]. Parmenide e Metrodoro
28 A 41. AT. II 20, 8 (D. 349) .
dicono che il sole di fuoco.
.
28 A 42. AT. II 25, 3 [Dox. 356]. Parmenide dice che [la
28 A 42. AT. II 25, 3 (D. 356) . [sc.
luna] di fuoco. AT. II 26, 2. Parmenide dice [la luna ]
]. AT. II 26, 2 (D. 357) . [I 225. 5 App.]
uguale28* al sole e che illuminata da lui29*. AT. II 28, 5
[sc. ] ' .
[Dox. 358]. Talete fu il primo a dire che la luna illuminata dal AT. II 28, 5 (D. 358)
sole. Parimenti Pitagora, Parmenide... [cfr. B 21].
. , . ... . Vgl. B 21.
28 A 43. AT. II 20, 8 a [Dox. 349]. Parmenide sostiene che il 28 A 43. AT. II 20, 8a (D. 349) .
sole e la luna si sono distaccati dalla via lattea: l'uno dalla
,
miscela pi rada che il caldo, l'altra da quella pi densa che , [I
il freddo.
225. 10 App.] .
28 A 43 a. AT. III 1, 4 [Dox. 365; via lattea]. la
28 A 43a. AT. III 1, 4 (D. 365 Milchstrae) .
mescolanza del denso col rado che forma il colore di latte.

.
28 A 44. DIOG. LAERT. VIII 48. [Pitagora] fu anche il primo 28 A 44. DIOG. VIII 48 (Pythagoras)
a chiamare cosmo l'universo e a dire che la terra di forma

convessa; secondo Teofrasto [phys. opin. fr. 17] invece fu
, (Phys. Opin. fr. 17)
Parmenide e secondo Zenone Esiodo [cfr. A 1].
, [I 225. 15 App.] . Vgl. A
AT. III 15, 7 [Dox. 380]. Parmenide e Democrito sostengono 1 I 218, 1. AT. III 15, 7 (D. 380) .,
che [la terra] per il fatto che dista ugualmente da tutti i punti [nml. ]
rimane in equilibrio, non essendoci una causa che la faccia
'
inclinare pi di qui che di l. Perci essa si agita soltanto, ma ,
non si muove. ANATOL. de dec. p. 30. Oltre a questo i
. ANATOL. p. 30 Heib.
Pitagorici dissero che nel mezzo dei quattro elementi sta un
[Pythagoreer]
cubo unitario di fuoco, della cui posizione centrale fu
[I 225. 20 App.] ,
informato anche Omero che dice: Tanto al di sotto dell'Ade,
quanto il cielo dista dalla terra [Il. VIII 16]. Pare che in
" ' ' " [ 16].
questo almeno abbiano seguito i Pitagorici Empedocle e

Parmenide coi loro seguaci e la maggioranza dei sapienti

antichi, in quanto dicono che la natura monadica sta nel mezzo ,
a modo di Estia e che essa mantiene lo stesso posto in grazia
dell'equilibrio [cfr. THEOL. ARITHM. p. 6 de Falco].
[I 225. 25 App.]
[daraus THEOL. ARITHM. p. 6 de Falco].
28 A 44 a. G ACHILL. isag. I 31 p. 67, 27. Il primo a parlare 28 A 44a. G ACHILL. isag. I 31 p. 67, 27 ...
di zone fu Parmenide l'eleata. / STRAB. I 94. Dice Posidonio . / STRABO. I 94.
che il primo ad adottare la divisione in cinque zone stato

Parmenide, il quale per la fa zona torrida doppia in larghezza, , '
sopravanzante l'uno e l'altro dei tropici all'esterno e verso le
[
zone temperate. AT. III 11, 4 [Dox. 377 a, 8]. Parmenide per ]
primo determin i luoghi abitati dalla terra al di sotto della due . Daraus Achill. Isag. 31. [I
zone temperate30*.
225. 30] (67, 27 M.) AT. III 11, 4 (D. 377a 8) .


.
28 A 45. MACROB. s. Sc. I 14, 20 Parmenides ex terra et
igne [sc. animam esse]. AT. IV 3, 4 (D. 388) .
. AT. VI 5, 5 (D. 391) . [I 226. 1]
. AT. IV 5,12 (D. 392) .
, '
.

28 A 45. MACROB. s. Scip. I 14, 20. Parmenide disse [che


l'anima composta] di terra e di fuoco.
AT. IV 3, 4 [Dox. 388]. Parmenide e Ippaso [dissero che
l'anima ] ignea.
AT. VI 5, 5 [Dox. 391]. Parmenide [disse] che l'egemonico
occupa tutto il petto.
AT. IV 5, 12 [Dox. 392]. Parmenide, Empedocle e Democrito
identificano intelletto e anima; per loro quindi non c' nessun
animale del tutto irrazionale.
28 A 46. THEOPHR. de sens. 1-3 [Dox. 499]. Sulla sensazione 28 A 46. THEOPHR. de sensu 1ff. (D. 499) '
le molte opinioni generali si riducono a due: gli uni dicono che '
la sensazione avviene col simile, gli altri col contrario.
, . . [I 226. 5]
Parmenide, Empedocle e Platone col simile, Anassagora coi
,
suoi seguaci e Eraclito col contrario. (3) Parmenide in generale . (3) .
non ha determinato nulla, ma soltanto che, essendo due i
,
princpi, la conoscenza secondo l'elemento prevalente. Infatti .
se aumenta il caldo o il freddo il pensiero diventa diverso, ed ,
migliore e pi puro quello che ha luogo mediante il caldo; non ,
solo, ma anche questo ha bisogno di una certa proporzione:
"
Quale - dice - di volta in volta... [B 16]. Infatti identifica
, [I 226. 10 App.] , ... " [B 16].
sentire e pensare, ragion per cui anche la memoria e l'oblio

dipendono dal caldo e dal freddo e dalla loro mescolanza. Oltre
a questo, se possibile o no il pensare quando i due elementi ' ,
entrano nella mescolanza nella stessa quantit, e quale stato sia , , .
questo, non ha determinato. Che egli ammetta come possibile ' ,
la conoscenza anche col solo contrario del caldo, chiaro da
quel passo in cui dice che il cadavere non sente il caldo e la
[I 226. 15 App.] ,
voce perch gli manca il caldo, ma sente invece il freddo e il .
silenzio e questa serie di contrari: cos ogni essere
.
indistintamente viene ad avere qualche conoscenza. In questo
modo dunque egli sembra troncare con affermazioni le
.
difficolt che nascono dalla sua concezione.
28 A 46 a. AT. V 30, 4 [Dox. 443]. Parmenide [dire che] la 28 A 46a. AT. V 30, 4 (D. 443, 12) .
vecchiaia prodotta dalla diminuzione del caldo.
.
28 A 46 b. TERTULL. de an. 45. Empedocle [31 A 85] e
28 A 46 b. TERTULL. de anima 45 [I 226. 20 App.] somnum .
Parmenide dicono che il sonno raffreddamento.
. . Empedocles (31 A 85) et P. refrigerationem.
28 A 47. AT. IV 9, 6 [Dox. 397 b, 1]. Parmenide, Empedocle, 28 A 47. AT. IV 9, 6 (D. 397b 1) ., ,
Anassagora, Democrito, Epicuro ed Eraclito sostengono che le , , ,
sensazioni particolari avvengono in dipendenza della

proporzione dei meati, in quanto ciascun sensibile proprio

proporzionato a ciascuna sensazione.
.
28 A 48. AT. [?] IV 13, 9-10 [Dox. 404]. Ipparco dice che da 28 A 48. AT. [?] IV 13, 9. 10 (D. 404) [I 226. 25]
ciascun occhio si protendono dei raggi che con le loro
'
estremit, quasi con prese di mani, si applicano ai corpi esterni
e cos producono la conoscenza di questi riguardo alla vista.

Alcuni fanno seguace di questa opinione anche Pitagora, come .
quello che ritenuto una garanzia della giustezza delle

conoscenze, ed oltre a lui anche Parmenide, che esprimerebbe
quest'opinione nei suoi versi.
.
28 A 49. PHILOD. rhet. fr. inc. 3, 7 [II 169]. E neppure in 28 A 49. PHILOD. Rhet. fr. inc. 3, 7 [II 169 Sudh.] [I 226. 30]
accordo con Parmenide e Melisso che affermano che il tutto .
uno e che perci le sensazioni sono fallaci. AT. IV 9, 1 [Dox. . AT. IV 9, 1 (D. 396,
396]. Pitagora, Empedocle, Senofane e Parmenide [affermano 12). , , , .
che] le sensazioni sono fallaci.
.
28 A 50. AT. IV 9, 14 [Dox. 398]. Parmenide ed Empedocle 28 A 50. AT. IV 9, 14 (D. 398) .,
sostengono che l'appetito [ dovuto] alla mancanza di cibo.
[sc. ].
28 A 51. CENSORIN. de d. nat. 4, 7- 8. Empedocle... sostiene 28 A 51. CENSORIN. 4, 7- 8 [I 226. 35 App.] Empedocles . . .
una tesi del genere e cio che dapprima le singole membra
tale quiddam confirmat. primo membra singula ex terra quasi

sparsamente vennero fuori dalla terra che ne era come pregna; praegnate passim edita, deinde coisse et effecisse solidi
poi si unirono e formarono la materia dell'uomo completo, la hominis materiam igni simul et umori permixtam . . . haec
quale un misto di fuoco e di acqua... Questa stessa opinione eadem opinio etiam in Parmenide Veliensi fuit pauculis
segu anche il veliense Parmenide che, eccettuate poche cose e exceptis ab Empedocle dissensis. Vgl. AT. V 19, 5 (31 A
di poca importanza, non dissente da Empedocle.
72).
28 A 52. ARISTOT. de part. anim. B 2. 648 a 25. Alcuni
28 A 52. ARIST. de part. anim. B 2. 648a 25 [I 227. 1]
sostengono che gli animali acquatici sono pi caldi di quelli
,
terrestri con l'argomento che il calore della loro natura deve

compensare la freddezza del luogo, e gli animali senza sangue ,
sono pi caldi di quelli con sangue e le femmine pi dei
, .
maschi. Per esempio Parmenide ed alcuni altri dicono che le
, [I 227. 5]
donne sono pi calde degli uomini, in quanto le mestruazioni ,
verrebbero a causa del calore e a quelle donne che hanno molto .
sangue. Empedocle tutto al contrario.
28 A 53. AT. V 7, 2 [Dox. 419]. All'inverso Parmenide: le
28 A 53. AT. V 7, 2 (D. 419 nach 31 A 81) .
regioni settentrionali producono maschi (infatti hanno pi del (
denso), quelle meridionali producono femmine in dipendenza ),
del rado. AT. V 7, 4 [Dox. 420]. Anassagora e Parmenide
. AT. V 7, 4 (D. 420)
dicono che [i semi] di destra discendono nella parte destra
, . [I 227. 10 App.] [sc.
dell'utero, quelli di sinistra a sinistra; se si inverte l'ordine
] ,
nascono femmine. Cfr. ARISTOT. de gen. anim. 1.763 b 30 ' . '
[59 A 17]. G Infatti alcuni dicono che tale opposizione
, . Vgl. ARIST. de gen. anim.
[maschio-femmina] c' gi nei semi: cos pensano Anassagora e 1.763b 30 [59 A 17]. G
altri fisiologi. Infatti, secondo loro, il seme viene dal maschio ,
mentre la femmina d il luogo [che lo deve ricevere], e il

maschio viene da destra, la femmina da sinistra, e nell'utero il , ,
maschio a destra, la femmina a sinistra. / CENSORIN. de d. ,
nat. 5, 2. Di dove esca il seme coloro che fanno professione di
scienza non sanno. Parmenide infatti ora pensa che esca da
. / CENSORIN. 5, 2 igitur semen unde exeat
destra, ora da sinistra. G CENSORIN. de d. nat. 5, 3. Anche su inter sapientiae professores non constat. P. enim tum ex dextris
questo c' discordia tra le opinioni degli autori, se cio il parto tum e laevis partibus oriri putavit. Vgl. 24 A 13. G
nasca soltanto dal seme del padre, come scrissero Diogene [61 CENSORIN. de d. nat. 5, 3. Illud quoque ambiguam facit inter
A 27], Ippone [38 A 13] e gli Stoici, oppure anche dal seme
auctores opinionem, utrumne ex patris tantum modo semine
della madre, come parve ad Anassagora e ad Alcmeone e
partus nascatur, ut Diogenes [61 A 27] et Hippon [38 A 13]
inoltre a Parmenide, Empedocle, Epicuro. /
stoicique scripserunt, an etiam ex matris, quod Anaxagorae et
Alcmaeoni nec non Parmenidi Empedoclique et Epicuro visum
est. /
28 A 54. AT. V 11, 2 [Dox. 422]. Quando il seme
28 A 54. AT. V 11, 2 (D. 422) [I 227. 15 App.] .
proviene dalla parte destra dell'utero, i figli somigliano al ,
padre, quando si localizza a sinistra, alla madre.
, , [sc.
CENSORIN. de d. nat. 6, 8. Del resto opinione di
]. CENSORIN. 6, 8 ceterum
Parmenide che quando i semi escono da destra, allora i figli Parmenidis sententia est, cum dexterae partes semina dederint,
somigliano al padre, quando escono da sinistra, alla madre. tunc filios esse patri consimiles, cum laevae, tunc matri.
CENSORIN. de d. nat. 6, 5. Parmenide sostiene che c'
CENSORIN. 6, 5 at inter se certare feminas et maris et, [I 227.
lotta tra il maschio e la femmina e che i figli somigliano a 20] penes utrum victoria sit, eius habitum referri auctor est
quello di loro che riporti la vittoria.
Parmenides. Vgl. LACTANT. de opif. 12, 12 dispares quoque
Cfr. LACT. de opif. d. 12, 12. Le nature disparate si pensa naturae hoc modo fieri putantur: cum forte in laevam uteri
che si formino in questo modo. Quando avviene che il seme partem masculinae stirpis semen inciderit, marem quidem
di genere mascolino venga a cadere nella parte sinistra
gigni opinatio est, sed quia sit in feminina parte conceptus,
dell'utero, allora si pensa che nasca s un maschio, ma
aliquid in se habere femineum supra quam decus virile
siccome stato concepito nella parte femminile, ha in s
patiatur, [I 227. 25] vel formam insignem vel nimium
qualcosa di femmineo pi di quanto non comporti la maest candorem vel corporis levitatem vel artus delicatos vel
virile e cio o una bellezza non comune o eccessiva
staturam brevem vel vocem gracilem vel animum inbecillum
bianchezza o leggerezza di corpo o membra delicate o
vel ex his plura. item si partem in dexteram semen feminini
bassa statura o voce debole o animo fiacco o parecchie di generis influxerit, feminam quidem procreari, sed quoniam in
queste caratteristiche insieme. Parimenti, se un seme di
masculina parte concepta sit, habere in se aliquid virilitatis
genere femminile rifluisce a destra, nasce s una femmina, ultra quam sexus ratio permittat, aut valida [I 227. 30]
ma per il fatto che stata concepita nella parte mascolina, membra aut immoderatam longitudinem aut fuscum colorem
ha in s qualcosa di virile pi di quanto non lo ammetta la aut hispidam faciem aut vultum indecorum aut vocem
natura del sesso e cio membra forti o un'altezza eccessiva robustam aut animum audacem aut ex his plura [vgl. B 18].
o colore scuro o volto peloso o aspetto brutto o voce

robusta o animo audace o parecchie di queste caratteristiche


[cfr. B 18].
B. FRAMMENTI
SULLA NATURA

B. FRAGMENTE

28 B 1. 1-30 SEXT. EMP. adv. math. VII 111 sgg.31*. Il suo [di 28 B 1. [1-32 Karst., 1-32 Stein.]. 1-30 SEXT. VII 111 ff. [I 227.
Senofane] discepolo Parmenide condann il discorso di opinione, 35 App.] [des Xenophanes] .
cio quello costituito di rappresentazioni non salde, e pose come ,
criterio il discorso scientifico, cio quello che non pu essere
, ' , ,
rovesciato, rifiutando anche ogni credibilit alle sensazioni.
,
Difatti al principio del libro Sulla natura dice in questo modo:

Le cavalle... [vv. 1-30 e fr. 8, 1-6]. Parafrasi di Sesto, 112- : ' ... ' (anschlieend [ 227. 40]
114. In questi versi infatti Parmenide dice che lo conducono
... jetzt B 7, 2-7). Folgt seine Paraphrase 112-114:
cavalle, cio gli impulsi e le brame irrazionali dell'anima (l);
che procedono per la via molto celebrata della dea, cio la
[I 228. 1 App.]
speculazione fondata sul ragionamento filosofico, il quale
(1),
ragionamento a modo di dea che accompagna guida alla
,
conoscenza di tutte le cose (2-3); che lo guidano fanciulle, cio (2. 3),
le sensazioni (5); tra le quali allude all'udito quando dice: perch ' (5),
premuto da due rotanti cerchi [vv. 7-8], che sono i cerchi degli ' ... ' (7. 8),
orecchi con i quali essi ricevono il suono;
[I 228. 5 App.] , '
, (9),
chiama la vista fanciulle figlie del Sole (9), che abbandonano (9), '
le case della Notte (9), e spingono verso la luce (10), perch ' (10)
. ''
senza la luce non c' l'uso della vista. Dice che si dirigono alla
Giustizia, che molto punisce e fornita delle chiavi che aprono ' ' (14),
. (22)
e chiudono (14), cio la ragione che ha comprensione sicura
[I 228. 10 App.] '
delle cose.
' (29),
La quale Giustizia, accogliendolo (22), dichiara di insegnargli , ' . . .
' (30), ,
queste due cose: una, l'animo inconcusso della ben rotonda
. 28-32 SIMPL. d. cael. 557, 20.
Verit (29) che il saldo edificio della scienza, l'altra, le
,
opinioni dei mortali etc. [v. 30], cio tutto il campo delle
, ,
opinioni che non saldo.
[I 228. 15 App.] , .
, .
28-32 SIMPLIC. de cael. 557, 2032*. Questi uomini posero una . " . . . " (28ff.).
duplice ipostasi: l'una ci che realmente , l'intelligibile; l'altra
ci che diviene, il sensibile, che non credettero di chiamare
essere assoluto, ma essere apparente. Ragione per cui dicono che , ' ,
, '
dell'essere c' verit, di ci che diviene opinione. Dice infatti
Parmenide: Bisogna che tu impari a conoscere... [vv. 28-30]. , '
[I 228. 20]
[5]
[v. 5] , ' .
[I 229. 1 App.] '
Le cavalle che mi trascinano, tanto lungi, quanto il mio animo lo (
poteva desiderare
),
mi fecero arrivare, poscia che le dee mi portarono sulla via molto , ,
celebrata
[v. 10] [I 229. 5 App.] ,
che per ogni regione guida l'uomo che sa.
.
,
L fui condotto: l infatti mi portarono i molti saggi corsieri

che trascinano il carro, e le fanciulle mostrarono il cammino.
'
L'asse nei mozzi mandava un suono sibilante,
.
tutto in fuoco (perch premuto da due rotanti cerchi
[v. 15] [I 229. 10 App.]
da una parte e dall'altra) allorch si slanciarono
.
le fanciulle figlie del Sole, lasciate le case della Notte,
,
a spingere il carro verso la luce, levatisi dal capo i veli.

'
[I 230. 1 App.]
L la porta che divide i sentieri della Notte e del Giorno,

[v. 20] '


' .
,
[I 230. 5 App.] , '

' ,
[v. 25] ,
',
' ( ' ),
[I 230. 10 App.] .


[v. 30] , .
' ,
.

e un architrave e una soglia di pietra la puntellano:


essa stessa nella sua altezza riempita da grandi battenti,
di cui la Giustizia, che molto punisce, ha le chiavi che aprono e
chiudono.
Le fanciulle allora, rivolgendole discorsi insinuanti,
la convinsero accortamente a togliere per loro la sbarra
velocemente dalla porta. La porta spalancandosi
apr ampiamente il vano dell'intelaiatura, i robusti bronzei
assi facendo girare nei loro incavi uno dopo l'altro:
gli assi fissati con cavicchi e punte. Per di l attraverso la porta
subitamente diressero lungo la carreggiata carro e cavalli.
La dea mi accolse benevolmente, con la mano
la mano destra mi prese e mi rivolse le seguenti parole:
O giovane, che insieme a immortali guidatrici
giungi alla nostra casa con le cavalle che ti portano,
salute a te! Non un potere maligno quello che ti ha condotto
per questa via (perch in verit fuori del cammino degli
uomini),
ma un divino comando e la giustizia. Bisogna che tu impari a
conoscere ogni cosa,
sia l'animo inconcusso della ben rotonda Verit
sia le opinioni dei mortali, nelle quali non risiede legittima
credibilit.
Ma tuttavia anche questo apprenderai, come le apparenze
bisognava giudicasse che fossero chi in tutti i sensi tutto indaghi.
28 B 2. PROCL. in Tim. I 345, 18 [dopo B 1, 30]. E di nuovo:
... orbene io ti dir... [vv. 1-6] e: perch il non essere... [vv.
7-8]. SIMPLIC. phys. 116, 25. E se qualcuno desidera sentire
queste proposizioni da Parmenide stesso quella che dice che
l'altro dall'essere non essere e nulla - che lo stesso che dire
l'essere univocamente33*- la trover in quei versi: l'una che ...
[vv. 3-8].
Orbene io ti dir e tu ascolta attentamente le mie parole,
quali vie di ricerca sono le sole pensabili34*:
l'una che dice che e che non possibile che non sia35*,
il sentiero della Persuasione (giacch questa tien dietro alla
Verit);
l'altra che dice che non e che non possibile che non sia36*,
questa io ti dichiaro che un sentiero del tutto inindagabile:
perch il non essere n lo puoi pensare (non infatti possibile),
n lo puoi esprimere37*.
28 B 3. CLEM. ALEX. strom. VI 23 [II 440, 12]. Aristofane
disse: Infatti il pensare vale quanto l'agire [fr. 621] e prima
di lui l'eleata Parmenide: ... infatti.
PLOTIN. Enn. V 1, 8. Anche Parmenide fu, prima d'ora, di
quest'opinione, in quanto identific l'essere e l'intelletto e non
pose l'essere tra i sensibili. Dicendo: infatti... , lo dice anche
immobile, nonostante che, avendogli aggiunto il pensare, gli
venga a togliere ogni movimento corporeo [da unire a B 2].

2 (frher 4). 28 B 2 [33-40 K., 43-50 St.]. [I 231. 1] PROCL. in


Tim. I 345, 18 Diehl [nach B 1, 30] ' ' . . .
' ' ... '. 3-8 SIMPL. Phys. 116, 25

,
, [I 231. 5]
, ' . . .
'. B 3 schliet an.

' ' , ,

,
[I 231. 10] ( ),
5 ' ,

( )
.
3 (frher 5) 28 B 3 [40 K., 50 St.]. CLEM. Strom. VI 23 (II
440, 12 St.) [I 231. 15] "
" [fr. 621 K.]
. ' ... '. PLOTIN. Enn. V 1, 8.
. ,

. ' ... ' ,
[I 231. 20]
' . An B 2 anzuschlieen.

... infatti il pensare implica l'esistere [del pensato]38*.


... .
28 B 4. CLEM. ALEX. strom. 5, 15 [II 335, 25, dopo 31 B 17- 4 (frher 2) 28 B 4. [89-92 K., 37-40 St.]. [I 232. 1] CLEM.
21]. Anche Parmenide nel suo poema alludendo alla speranza Strom. 5, 15 (II 335, 25 St., nach Emp. [31 B 17, 21])
dice cos: ... [vv. 1- 4], poich anche chi spera, come chi
.

crede, vede con la mente l'intelligibile e il futuro. Difatti


diciamo che c' un giusto e diciamo che c' un bello e poi
anche diciamo che c' un vero, e nessuna mai di queste cose
vedemmo con gli occhi, ma solo con la mente.

' ... ',



. [I 232. 5 App.] ,
,
, '
.

Queste cose, bench lontane, vedile col pensiero saldamente


presenti:
non infatti distaccherai l'essere dalla sua connessione con
'
l'essere

n quando sia disgregato in ogni senso completamente con cura
sistematica
[I 232. 10] .
n quando sia ricomposto.
28 B 5. PROCL. in Parm. I p. 708, 16 [dopo B 8, 25].
5 (frher 3) 28 B 5. [41.42 K. St.]. PROCL. in Parm. I p. 708,
16 [nach B 8, 25]
per me lo stesso,
da qualsiasi parte cominci: l infatti di nuovo far ritorno.
,
.
28 B 6. SIMPLIC. phys. 117, 2. Che proposizioni
28 B 6. [43-51 K., 51-59 St.]. SIMPL. Phys. 117, 2 (nach B 2)
contraddittorie non sono vere contemporaneamente lo dice con [I 232. 15 App.] , '
quei versi nei quali biasima coloro che identificano gli opposti. '
Infatti dicendo: dato infatti essere... [1-3], aggiunge:
' . . .
eppoi inoltre da quella... [4-9]. SIMPLIC.phys. 78, 2.
' ' . . . '. SIMPL.
Biasimati coloro che nell'intelligibile unificano l'essere e il non Phys. 78, 2
essere: da cui l'essere e il non essere... [8-9] e dopo aver
' . . . ' (B 6, 8. 9)
scostato dalla via che ricerca il non essere: ma tu da questa via . . .
di ricerca allontana il pensiero [fr. 7, 2], aggiunge: resta
(B 7, 2), ' .' [I 232. 20 App.] (B 8,
ancora solo ... [fr. 8, 1 sgg]. G SIMPLIC. phys. 86, 25. Che di 1ff.). G SIMPL. Phys. 86, 25.
tutte le cose uno e identico il concetto, quello dell'essere,

Parmenide lo dice in questo passo: bisogna che... [1-2]. Se ... [1-2]. ...
dunque ci che uno dice o pensa l'essere, di tutte le cose uno , ,
solo sar il concetto, quello di essere: null'altro infatti o sar [] [fr.
eccetto l'essere... [fr. 8, 36-38]39*. /
8, 36-38]. /
Bisogna che il dire e il pensare sia l'essere: dato infatti essere, ' ,
' ' .
mentre nulla non ; che quanto ti ho costretto ad ammettere. [I 233. 1 App.] ' '
Da questa prima via di ricerca infatti ti allontano, eppoi inoltre ,
da quella per la quale mortali che nulla sanno vanno errando, ' ,
gente dalla doppia testa. Perch l'incapacit che nel loro
[v. 5]
petto dirige l'errante mente; ed essi vengono trascinati
.
insieme sordi e ciechi, istupiditi, gente che non sa decidersi,
[I 233. 5 App.]
da cui l'essere e il non essere sono ritenuti identici
,
e non identici, per cui di tutte le cose reversibile il cammino.
, .
28 B 7. Perch non mai questo pu venir imposto, che le cose 7.
che non sono siano: ma tu da questa via di ricerca allontana il ' '
pensiero. Ma tu da questa via di ricerca allontana il pensiero n ' ,
l'abitudine nata dalle molteplici esperienze ti costringa lungo
questa via, a usar l'occhio che non vede e l'udito che rimbomba [I 235. 1 App.] ,
di suoni illusori e la lingua, ma giudica col raziocinio la

pugnace disamina che io ti espongo.


.
28 B 7. 8 PLAT. soph. 237 A. Il grande Parmenide, o
7. 8 [52-120 K. 60-61. 34-37; 62-124 St.]. 7, 1-2 28 B 7.
giovanetto, quando eravamo giovani noi, sostenne questo
PLAT. Soph. 237 A vgl. 258 D . , ,
energicamente, dal principio alla fine, dichiarandolo in prosa e [I 233. 10 App.]
in verso: No, non mai questo in nessun modo dice che le cose ,
che sono non siano, ma tu da questa via di ricerca allontana il ' (so die Hss.),
pensiero. ARISTOT. metaph. N 2. 1089 a 2. Infatti parve loro , . . . . ARISTOT. Metaph.
che tutti gli esseri fossero uno, esso stesso l'essere, se non si
N 2. 1089a 2. ' ,
risolveva e affrontava l'argomento di Parmenide: Perch non ,
mai assolutamente... [V. 1], ma fosse necessario mostrare che ' . . . ', '

il non essere .

[I 233. 15] .

SEXT. EMP. adv. math. VII 114 [di seguito alla parafrasi cit. 7, 2-7 (frher 1, 33-38) 28 B 8. SEXT. Adv. math VII 114
al fr. 1]. Alla fine dichiara che non bisogna affidarsi alle
[nach B 1 I 227, 39. 228, 12 ]
sensazioni, ma al raziocinio (1-4). Che l'abitudine nata dalle ,
molteplici esperienze - dice - non ti... [vv. 2-4]. Anche costui, , ' . . . ' (7, 3-7, 6 im Text 111come chiaro, proclamando il ragionamento scientifico canone ), ' ,
della verit delle cose, non volle far conto delle sensazioni.
,
6-57 SIMPLIC. phys. 144, 29 [dopo A 21]. Questo quanto
[I
segue alla negazione del non essere: (145) resta solo da
233. 20] . 8, 1-52 SIMPL. Phys. 144, 29 [nach 28
parlare....
A 21]
6-19 SIMPLIC. phys. 78, 5 [dopo B 7, 2]. Aggiunge: resta
(145) ' . . . '. 8, 1- 14 DERS. 78, 5 [nach B 7,
solo da parlare... in gran numero ed espone in seguito le
2] ' . . . '
caratteristiche dell'essere inteso eminentemente: essendo
' . . . '.
ingenerato... disciogliendo i legami. Dicendo questo

dell'essere inteso in senso eminente, dimostra chiaramente che , [I 233. 25]
esso ingenerato. Non deriva infatti dall'essere, perch non

pu essere esistito prima di lui un altro essere; non deriva dal [I 234. 1] . ,
non essere, perch il non essere non : e poi, perch mai
; '
nacque in un dato momento e non prima o dopo? Ma neppure ,
deriva da ci che per un verso e per l'altro non , che il
(neuplatonische Vorstellung)
modo nel quale nasce ci che nato, perch ci che per un
, '
verso e per l'altro non , non pu essere esistito prima
. 3- 4 CLEM. Strom. V 113 (II 402, 8 St.) [I 234. 5]
dell'essere assoluto, ma venuto all'esistenza dopo di lui.
. . . . ' . . .
7- 9 CLEM. ALEX. strom. V 113 [II 402, 8]. E Parmenide... ' '. 38 PLAT. Theaet. 180 D
dice di dio all'incirca cos: in gran numero... immobile e
' . . . ' '
ingenerato. 42 PLAT. Theaet. 180 D. Altri poi fecero

dichiarazioni opposte a quelle di costoro: il tutto viene ad
. 39 vgl. MELISSOS 30 B 8
avere il nome di unico e immobile e quant'altro i Melissi e
. . . ,
Parmenidi sostengono accanitamente opponendosi a tutti
42 vgl. SIMPL. Phys. 147, 13 [I 234. 10]
costoro. 43 Cfr. 30 B 8. Se infatti esiste la terra e l'acqua... e
' '(5) ' '. 37-45 PLAT. Soph.
quante altre cose gli uomini dicono che sono reali. Cfr.
244 E , . ,
SIMPLIC. phys. 147, 13. E appunto uno insieme il tutto
' . . . ',
(10) vi anche un limite estremo (47). 47-49 PLAT. soph. . EUDEM. bei. SIMPL. Phys. 143, 4 '
244 E. Se appunto tutto intero come dice anche Parmenide ' ,
"in ogni parte... qui o l ", in quanto l'essere tale ha e centro [fr. 13 Sp.]
ed estremi. EUDEM. ap. SIMPLIC. phys. 143, 4. Cosicch
' . . . [ 234. 15] '
quanto egli dice non va bene neppure se riferito al cielo, come , ' ,
qualcuno ritiene, secondo quanto dice Eudemo [fr. 13
. 44 ARIST. Phys. 6. 207a 15
Spengel], di fronte a quelle parole: da ogni parte simile alla
massa di ben rotonda sfera. Infatti il cielo non indivisibile, , ,
n simile a una sfera, ma delle sfere materiali la pi esatta. 48 ' '. 50-61. SIMPL. Phys. 38, 28
ARISTOT. phys. 6. 207 a 15. Bisogna ritenere che

Parmenide abbia parlato pi esattamente di Melisso. L'uno
. . . ' . . . [ 234. 20 App.] '.
infatti dice il tutto infinito, l'altro che limitato dal centro
50-59 SIMPL. Phys. 30, 13
ugualmente premente. 54-65. SIMPLIC. phys. 38, 28. Al
. , ,
termine del suo discorso intorno all'intelligibile, Parmenide
' . . . ',
aggiunge: Con ci interrompo.... 54-63 SIMPLIC. phys. 30,
13. Parmenide, trapassando dall'intelligibile al sensibile o,
,
come dice lui, dalla verit all'opinione, l dove dice: con ci... ,
l'ingannevole andamento delle mie parole, i principi di ci che ' . . . [ 234. 25]
generato li pone anche lui in forma di elementi, quanto
'. 52 SIMPL. Phys. 147, 28
all'antitesi primaria che chiama luce e tenebra, o fuoco e terra o . 53-59
denso e raro o identico e altro, dicendo, subito dopo i versi
SIMPL. Phys. 179, 31
prima citati: Perch i mortali... denso e pesante. 56
'
SIMPLIC. phys. 147, 28. Ingannevole chiama l'andamento [ARIST. Phys. A 5. 188a 20]
delle parole relativo alle opinioni dei mortali. 57-63
(p. 180)
SIMPLIC. phys. 179, 31. Anche costui in quella che tratta
' . . . '. - Das Ganze [I 234. 30 App.]
dell'opinione pone come principi il caldo e il freddo
vielleicht an B 6 anzuschlieen.
chiamandoli fuoco e terra [ARISTOT. phys. A 5. 188 a 20] e
luce e notte o tenebra. Dice infatti dopo la sezione sulla verit

[p. 180]: Perch i mortali... denso e pesante.


28 B 840*. Non resta ormai che pronunciarsi sulla via
8. . '
che dice che . Lungo questa sono indizi
' '
in gran numero. Essendo ingenerato anche imperituro,
', ,
tutt'intero, unico, immobile e senza fine.
[I 235. 5 App.] '
Non mai era n sar, perch ora tutt'insieme,

uno, continuo. Difatti quale origine gli vuoi cercare?


[v. 5] ' ' , ,
Come e donde il suo nascere? Dal non essere non ti permetter , ;
n
; '
di dirlo n di pensarlo. Infatti non si pu n dire n pensare
[I 236. 1 App.] '
ci che non . E quand'anche, quale necessit pu aver spinto
lui, che comincia dal nulla, a nascere dopo o prima?
. '
Di modo che necessario o che sia del tutto o che non sia per [v. 10] , , ;
nulla.
.
Giammai poi la forza della convinzione verace conceder che [I 236. 5 App.] '
dall'essere
'
alcunch altro da lui nasca41*. Perci n nascere
' ,
n perire gli ha permesso la giustizia disciogliendo i legami,
[v. 15] ' '
ma lo tien fermo. La cosa va giudicata in questi termini;
' , ,
e o non . Si giudicato dunque, come di necessit,
[I 236. 10 App.] (
di lasciar andare l'una delle due vie come impensabile e

inesprimibile (infatti non


), ' .
la via vera) e che l'altra invece esiste ed la via reale.
' ' ; ' ;
L'essere come potrebbe esistere nel futuro? In che modo mai [v. 20] ', (), ' .
sarebbe venuto all'esistenza?
[I 237. 1 App.]
Se fosse venuto all'esistenza non e neppure se per essere nel .
futuro.
,
In tal modo il nascere spento e non c' traccia del perire.
, ,
Neppure divisibile, perch tutto quanto uguale.
, ' .
N vi in alcuna parte un di pi di essere che possa impedirne [v. 25] [I 237. 5App.]
la contiguit,
.
n un di meno, ma tutto pieno di essere.

Per cui tutto contiguo: difatti l'essere a contatto con l'essere. ,
' , .
Ma immobile nel limite di possenti legami
' '
sta senza conoscere n principio n fine, dal momento che
[v. 30] [I 237. 10 App.]
nascere e perire

sono stati risospinti ben lungi e li ha scacciati la convinzione , ,
verace.
[I 238. 1 App.]
E rimanendo identico nell'identico stato, sta in se stesso
e cos rimane l immobile; infatti la dominatrice Necessit
[] ' .
lo tiene nelle strettoie del limite che tutto intorno lo cinge;
' .
perch bisogna che l'essere non sia incompiuto:
[v. 35] , ,
infatti non manchevole: se lo fosse mancherebbe di tutto.
[I 238. 5 App.]
la stessa cosa pensare e pensare che :

perch senza l'essere, in ci che detto,


, '
non troverai il pensare: null'altro infatti o sar
' ' () ,
eccetto l'essere, appunto perch la Moira lo forza
,
ad essere tutto intiero e immobile.
[v. 40] , ,
Perci saranno tutte soltanto parole,
[I 238. 10 App.]
quanto i mortali hanno stabilito, convinti che fosse vero:
.
nascere e perire, essere e non essere,
,
cambiamento di luogo e mutazione del brillante colore.
, ,
Ma poich vi un limite estremo, compiuto

da ogni lato, simile alla massa di ben rotonda sfera
[I 239. 1 App.] [v. 45]
di ugual forza dal centro in tutte le direzioni;
.
che egli infatti non sia n un po' pi grande n un po' pi
,
debole qui o l necessario.
, '
N infatti possibile un non essere che gli impedisca di
' ,
congiungersi
[I 239. 5 App.] ,
al suo simile, n c' la possibilit che l'essere sia dell'essere
.

qui pi l meno, perch del tutto inviolabile.


[v. 50]
Dal momento che per ogni lato uguale, preme ugualmente nei '
limiti.
.
Con ci interrompo il mio discorso degno di fede e i miei

pensieri
[I 239. 10 App.] -
intorno alla verit; da questo punto le opinioni dei mortali
impara
[v. 55] ' '
a conoscere, ascoltando l'ingannevole andamento delle mie
[I 240. 1 App.] ' ,
parole.
,
Perch i mortali furono del parere di nominare due forme,
, ' [] , ,
una delle quali non dovevano - e in questo sono andati errati -; ' '
ne contrapposero gli aspetti e vi applicarono note
' ' , .
reciprocamente distinte: da un lato il fuoco etereo
[v. 60] [I 240. 5 App.]
che dolce, leggerissimo, del tutto identico a se stesso,
,
ma non identico all'altro, e inoltre anche l'altro [lo posero] per .
s
con caratteristiche opposte, [cio] la notte senza luce, di aspetto
denso e pesante.
SCHOLION zu 56-59. Simpl. Phys. 31, 3
Quest'ordinamento cosmico, apparente come esso , io te lo

espongo compiutamente,
"
cosicch non mai assolutamente qualche opinione dei mortali ,
potr superarti.

[I 240. 15]
.
28 B 9. SIMPLIC. phys. 180, 8 [dopo B 8, 63]. E poco dopo
28 B 9 [121-124 K., 125-128 St.]. SIMPL. Phys. 180, 8 [nach
aggiunge: Ma... nulla. Se con nessuno dei due vi nulla, B 8, 59] ' ' ... '.
dichiara con ci che e l'uno e l'altro sono princpi e che sono
' '
contrari.
.
[I 240. 10 App.]

[I 241. 1 App.]
,

, .
28 B 10. CLEM. ALEX. Strom. V 138 [II 419, 12]. Giunto
28 B 10 [132-138 K., S. 797 St.]. CLEM. Strom. V 138 (II
dunque alla vera conoscenza [di Cristo] ascolti chi vuole ci 419, 12 St.) [I 241. 5]
che promette l'eleata Parmenide: Conoscerai ... degli astri. [Christi]
' ... '. Vgl. PLUT.
adv. Col. 1114 B (ber Parmenides)
Cfr. PLUTARCH. adv. Col. 1114 B. Il quale [Parmenide]
appunto tracci una cosmologia e, mescolati quali elementi la

luce e la tenebra, da questi e mediante questi ricava tutti i
fenomeni. E infatti disse molte cose intorno alla terra e intorno
al cielo e il sole e la luna e gli astri e descrive la nascita degli [I 241. 10 App.]

uomini; e sotto silenzio, come uomo scaltrito nell'indagine
, ,
naturalistica che scrive un'opera tecnica..., non tralasci
.
nessuna cosa importante.
Ma dal momento che tutto denominato luce e tenebra
e queste, secondo le loro attitudini sono applicate a questo e a
quello,
tutto pieno insieme di luce e di tenebra invisibile,
pari l'una e l'altra, perch n con l'una n con l'altra c' il nulla.

Conoscerai l'eterea natura e quanti astri sono


nell'etere e della pura e tersa lampada
del sole l'opera distruttrice, e di dove derivarono;
e apprenderai l'errabondo agire della luna dal tondo
occhio
e la sua natura; conoscerai inoltre di dove la volta
celeste che tutto circuisce
nacque e come la Necessit guidandola la costrinse
a osservare i limiti degli astri.
28 B 11. SIMPLIC. de cael. 559, 20. Parmenide intorno alle
cose sensibili dice di cominciare a descrivere:
come la terra e il sole e la luna e l'etere che tutto abbraccia e la

' '

' ,
[I 241. 15 App.]
[v. 5] ,
[ ] ()

' .
28 B 11 [139-142 K., 129-132 St.]. SIMPL. de cael. 559, 20 .
[I 241. 20 App.]

celeste via lattea e l'olimpo estremo e la calda forza degli astri


si mossero al nascere,

ed espone la genesi delle cose che nascono e si corrompono
'
fino alle particelle degli animali.
[I 242. 1 App.] '

.

.
28 B 12. 1-3 SIMPLIC. phys. 39, 12 [dopo B 8, 70]. Poco pi 28 B 12 1-3 [125-130 K., 133-138 St.]. 1-3 SIMPL. Phys. 39,
innanzi dopo aver parlato dei due elementi introduce anche la 12 [I 242. 5] (nach B 8, 61) '
causa efficiente dicendo cos: Giacch... dirige. 2-6

SIMPLIC. phys. 31, 10. E chiaramente Parmenide espose la
' . . . '. 2-6 Ebenda 31, 10
causa efficiente non solo dei corporei che sono soggetti al

nascere, ma anche degli incorporei che producono il nascere, l
dove dice: Giacch... .
. ' ' . . . '. [I 242.
10 App.] 4 Ebenda 34, 14

4 SIMPLIC. phys. 34, 14. Egli pone unica causa comune e
. Vgl. A 37.
causa efficiente la dea che sta in mezzo a tutto ed causa di
ogni nascere.
,
Giacch le pi strette vennero riempite di non mescolato fuoco, [I 243. 1 App.] ' ,

le altre dopo di queste di tenebra e vi s'insinua una porzione di



fuoco;
[v. 5] ' '
in mezzo a queste la dea che tutto dirige;
per ogni dove infatti essa guida la dolorosa nascita e l'unione [I 243. 5] .
spingendo la femmina ad unirsi col maschio e di nuovo
all'inverso
il maschio ad unirsi con la femmina.
28 B 13. ARISTOT. metaph. A 4. 984 b 23. Qualcuno potrebbe 28 B 13 [131 K., 139 St.]. PLATO Symp. 178 B .
dire che tale causa l'ha ricercata per primo Esiodo42*, e
' . . . '. ARISTOT. Metaph.
chiunque altro abbia posto tra gli enti l'amore o il desiderio
A 4. 984b 23. '
come princpi, cos come fa anche Parmenide. Questi infatti, ,
delineando la genesi del tutto: Primo - disse - ... di tutti.
.
PLUTARCH. amat. 13 p. 756 F. Perci Parmenide dichiara
[I 243. 10]
l'Amore la prima delle opere di Afrodite, scrivendo nella
' , , . . . '. PLUT. Amat.
cosmogonia: Primo... . SIMPLIC. phys. 39, 18 [dopo B 12, 13 p. 756 F .
3]. E questa anche dice causa degli di, con queste parole:

Primo... e che spinge le anime talora dal visibile
'. SIMPL. Phys. 39, 18 [nach B 12, 3] (nmlich d.
all'invisibile, talora all'inverso.
Daimon) ' . . .
Primo di tutti gli di essa cre l'Amore.
.
[I 243. 15 App.] ,
.
. . .
28 B 14. PLUTARCH. adv. Col. 15 p. 1116 A. E cos, neppure 28 B 14 [143 K., 140 St.]. PLUT. adv. Col. 15 p. 1116 A
colui che nega che il ferro infuocato sia fuoco, o che la luna sia
un sole, ma come dice Parmenide,
,
luce che brilla di notte di uno splendore non suo e si aggira
intorno alla terra,
viene a negare l'uso del ferro o la natura della luna.
28 B 15. PLUTARCH. de fac. in orb. lun. 16, 6 p. 929 A. Tra
gli astri del cielo che sono cos numerosi, essa sola [la luna] si
volge intorno bisognosa della luce di un altro astro,
sempre riguardando verso i raggi del sole.
28 B 15 a. SCHOL. BASIL. 25 [ed. Pasquali, Gtt. Nachr.,

[I 243. 20]
.
28 B 15 [144 K., 141 St.]. PLUT. de fac. lun. 16, 6 p. 929 A [I
244. 1 App.]
[Mond] .
.
28 B 15a. SCHOL. BASILII 25 [ed. Pasquali, Gtt. Nachr.

1910 p. 201, 2; ad loc.: qualora ti immagini che sia acqua ci


che sottost alla terra]. Parmenide nei suoi versi dice che la
terra radicata nell'acqua.
28 B 16. ARISTOT. metaph. 5. 1009 b 21 [cfr. A 46].

1910 p. 201, 2 Zu [I 244. 5 App.]


]. .
.
28 B 16 [145-148 K., 149-152 St.]. ARISTOT. Metaph. 5.
1009b 21 vgl. A 46

Quale infatti la mescolanza che ciascuno ha degli organi


molto erranti,
,
tale mentalit si ritrova negli uomini; perch sempre lo stesso
[I 244. 10]
ci che appunto pensa negli uomini, la costituzionalit degli
.
organi:
in tutti e in ognuno; il di pi infatti pensiero.
28 B 17. GALEN. in Hipp. epid. XVII A 1002 Khn. Che il
28 B 17 [149 K., 142 St.]. GALEN. in Epid. VI 48 (XVII A
feto mascolino si forma per la fecondazione della parte destra 1002 K.)
dell'utero, lo hanno detto anche altri tra gli antichi. Parmenide .
disse infatti cos:
.
A destra i maschi, a sinistra le femmine.
[I 244. 15 App.] ,
. . .
28 B 18. CAEL. AURELIAN. morb. chron. IV 9 p. 116.
28 B 18 [150-155 K., 143-148 St.]. 1-6 CAEL. AURELIANUS
Parmenide nei libri che scrisse Sulla natura dice che talora
Morb. chron. IV 9 p. 116 Sichard. (Bas. 1529) Parmenides
nascono, per quanto avviene nella concezione, uomini molli e libris quos de natura scripsit, eventu inquit conceptionis
fiacchi. Siccome il suo un epigramma greco lo render pure molles aliquando seu subactos homines generari. cuius quia
in versi. Li ho composti latini in maniera simile per quanto ho graecum est epigramma, et hoc versibus intimabo. [I 245. 1
potuto, perch non si mescolasse la natura delle lingue:
App.] latinos enim ut potui simili modo composui, ne
Quando.... Il suo parere dunque che il seme oltre le materie linguarum ratio misceretur. "femina ... sexum". vult enim
abbia delle virt che se si mescolano in modo da formare una seminum praeter materias esse virtutes (vgl. B 9, 2),
virt sola del medesimo corpo, generano una volont congrua quae si se ita miscuerint, ut eiusdem corporis faciant unam,
al sesso; se invece, mescolato il seme corporeo, le virt
congruam sexui generent voluntatem; si autem permixto
rimangono separate, ne viene ai nati cupidigia dell'una e
semine [I 245. 5 App.] corporeo virtutes separatae
dell'altra venere.
permanserint, utriusque veneris natos adpetentia sequatur.
femina virque simul Veneris cum germina miscent,
venis informans diverso ex sanguine virtus
Quando la femmina e il maschio mescolano insieme i semi
temperiem servans bene condita corpora fingit.
venerei,
[I 245. 10 App.] nam si virtutes permixto semine pugnent
la forza che si forma nelle vene dal diverso sangue
se ritiene un'opportuna mescolanza plasma corpi ben formati. nec faciant unam permixto in corpore, dirae
nascentem gemino vexabunt semine sexum.
Se invece le forze pugnano, quando i semi siano mescolati,
e non formano un'unit nella mescolanza corporea,
acerbamente
tormenteranno il nascente sesso mediante il duplice seme.
28 B 19. SIMPLIC. de cael. 558, 8. Esposto l'ordine e la
28 B 19 [157-159 K., 153-155 St.]. SIMPL. De cael. 558, 8
conformazione delle cose sensibili, passa a dire:

Cos secondo opinione nacquero queste cose ed ora sono
e da ora in poi cresceranno e verranno alla lor fine.
A ciascuno di esse gli uomini posero un nome distintivo.
FRAMMENTI DUBBI
28 B 20. HIPPOL. ref. V 8 p. 115, 76. Son da poco, dice [uno
gnostico], i misteri di Persefone sotterranea, intorno ai quali
misteri e intorno alla via che conduce l e che larga e comoda
e porta i morti a Persefone... anche il poeta dice:

[I 245. 15]
'
' ' ' .
ZWEIFELHAFTES

28 B 20. HIPPOL. Ref. V 8 p. 97, 2 W. , [ein


Gnostiker], [I 245. 20 App.]
,
" "
Ma l sotto c' un sentiero orribile, incassato, melmoso. Esso . . ..
il migliore per giungere all'amabile bosco della molto venerata
Afrodite.
[I 246. 1 App.] '
,
, '
.

FALSI

FALSCHES
28 B 21. AT. II 30, 4 (D. 361 b 24) [I 246. 5 App.]
28 B 21. AT. II 30, 4 [Dox. 361 b, 24]. Dell'immagine della , . . . .
luna, perch appare terrigna... Parmenide dice che per il fato
. Vgl. B 14. Das Wort stammt
che all'elemento igneo che la circonda si affianca e mescola
l'elemento tenebroso; per cui egli chiama l'astro dotato di luce von Theophrast, s. 59 A 77.
falsa [: cfr. B 14. La parola deriva da Teofrasto:
cfr. 59 A 77].
28 B 22. SUID. s. v. : . Parmenide: Mirabilmente
28 B 22. SUID. s. v. : . "
difficile a convincersi [= PLAT. Parm. 135 A].
" [I 246. 10 App.] = PLAT. Parm. 135 A.
28 B 23. SUID. s. v. . Ab antico l'acropoli di
28 B 23. SUID. s. v. :
Tebe in Beozia, come dice Parmenide.
, .
28 B 24. SUET. ed. Miller p. 417.
28 B 24. SUETONIUS (Miller Ml. 417) . . .
Telchini...costoro da alcuni sono detti figli del mare, Parmenide , '
dice che sono venuti dai cani di Atteone trasformati in uomini [I 246. 15]
da Zeus.
.
28 B 25. STOB. ecl. I 15, 2. Ma esso era per ogni lato uguale 28 B 25. STOB. Ecl. I 144, 19 ' .
etc. [31 B 28].
= 31 B 28.

29. ZENONE

29 [19]. ZENON

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

VITA

LEBEN

29 A 1. DIOG. LAERT. IX 25-29. (25) Zenone Eleata.


29 A 1. DIOG. IX 25ff. (25) .
Apollodoro nella Cronaca [F.Gr. Hist. 244 F 30 a II 1028]
[I 247. 5 App.] [FGr
dice che costui fu per natura figlio di Teleutagora, per adozione Hist. 244 F 30 II 1028] ,
di Parmenide1* (Parmenide poi di Pireto). Di lui e di Melisso ( ).
Timone dice cos [fr. 45 Diels]:
[fr. 45 D.]
La grande non battibile possa di Zenone dalla lingua che
afferma e nega, di tutti censore, e Melisso che molte illusioni
ha superato, da poche si lasciato vincere...



[I 247. 10 App.] ,
...

Zenone dunque ascolt Parmenide e fu il suo amato. Era anche


ben fatto, come dice Platone nel Parmenide [127 B; cfr. A 11].
Lo stesso Platone nel Sofista [215 A] e nel Fedro [261 D] fa . ,
menzione di lui2 * e lo chiama Palamede eleatico. Aristotele [127 B; vgl. A 11]. ' [p.
[fr. 65 Rose; cfr. A 10] lo dice inventore della dialettica, come 215 A] [p. 261 D]
dice Empedocle inventore della retorica. (26) Fu uomo
. ' [fr.
eminentissimo e in filosofia e in politica. Certo circolano di lui 65; vgl. A 10] [I 247. 15]
libri ripieni di molte acutezze. Avendo tentato di rovesciare il , . (26) '
tiranno Nearco (altri dicono Diomedonte), fu preso, come dice
Eraclide nell'Epitome di Satiro [fr. 7 F.H.G. III 169]. Fu in
.
questa circostanza che, interrogato sui complici e sulle armi
(
che aveva condotto a Lipari, denunci tutti gli amici del
) ,
tiranno, nell'intento di fargli il vuoto intorno; poi disse che
[fr. 7 FHG III 169].
voleva parlargli di qualcuno all'orecchio: addentatoglielo, non ,
lasci la presa finch non fu trafitto, subendo la stessa sorte di [I 247. 20 App.] ,
Aristogitone il tirannicida. (27) Invece Demetrio negli

Omonimi dice gli mozz il naso coi denti. Antistene nelle

Successioni [F.H.G. III 182*] dice che egli, dopo che ebbe
,
denunziati gli amici del tiranno, fu da questi interrogato se c'era . (27)
qualcun altro. Egli rispose: Tu, la rovina della citt; e poi ai .
presenti disse: Mi meraviglio della vostra vilt, se per
[FHG III 182*]
timore di questo che io ora sopporto che siete servi della
[I 247. 25 App.] ,
tirannide. Da ultimo, mozzatasi coi denti la lingua, gliela
" ",

"
, , ,
",

.
. [fr. 30 FGH III 43] [I 247. 30 App.]
[vgl. 72 A
13]. (28) . [Folgt
Zenone fu in tutto persona di pregio, e, in particolare,
Epigramm des Diog.]
dispregiatore dei potenti allo stesso modo di Eraclito. Infatti
,
egli quella che prima fu Vele, poi Elea, colonia focese, sua
'
patria (una citt umile e in grado solo di allevare uomini
buoni), la prefer alla boriosa grandezza degli Ateniesi; difatti , , [I 248. 1
non si rec per nulla presso costoro, ma visse l3*. (29) Fu lui a App.] , ,

sollevare per primo l'argomento detto l'Achille; Favorino
,
invece [fr. 39 F.H.G. III 583; cfr. 28 A 1 in fine] cita
, ' .
Parmenide ed altri molti.
Le sue dottrine sono queste4*. Esiste un solo mondo e il vuoto (29)
non esiste5*; la natura del tutto stata formata da caldo, freddo, [fr. 39 FHG III 583; vgl. [I 248. 5 App.]
oben I 218, 19] .
secco e umido6*, trapassando questi gli uni negli altri7*; gli
8
uomini nascono dalla terra * e l'anima una mescolanza degli '

elementi detti, senza che nessuno di essi prevalga9*. Dicono
che egli, insultato, si adirasse; siccome un tale lo rimproverava, ,
rispose: Se non me ne dar per inteso quando vengo offeso, ,

neppure mi far impressione la lode10*.
. [I 248. 10 App.]
Che ci sono stati otto Zenone, abbiamo detto nel capitolo su
"
Zenone Cizico [D. L. VII 35]. Questo di cui parliamo fior
nella 79.a olimpiade [464-1; APOLLOD. F.Gr.Hist. 244 F 30 b , '
".
II 1028].
, [VII 35]
.
[464-461; APOLLOD. fr. 30 a.
O.].
29 A 2. SUID. s. v. Zenone, figlio di Teleutagora, filosofo
29 A 2. SUIDAS [I 248. 15 App.]
eleata dell'epoca di Pitagora e Democrito: visse infatti intorno
alla 78.a olimpiade [468-5], e fu scolaro di Senofane o di


Parmenide. Scrisse: Dispute11*, Esegesi empedoclea, Ai
[468-465], .
filosofi12*, Sulla natura [da Esichio].
, ,
Lo dicono inventore della dialettica, come Empedocle della
, [aus Hesych].
retorica. Nel tentativo di abbattere Nearco (alcuni dicono

Diomedonte), tiranno di Elea, fu preso. Interrogato dal tiranno, , [I 248. 20 App.]
si tronc coi denti la lingua e gliela sput addosso. Gettato in ( ), , .
un mortaio fu stritolato [da Diogene].
'

[aus Diog.].
29 A 3. EUSEB. chron. ol. 81, 1-3 [456-4]. Fiorirono Zenone e 29 A 3. EUSEB. Chron. zu Ol. 81, 1-3 [456-454] .
Eraclito l'oscuro [cfr. 28 A 11; 41 A 1 a].
. Vgl. 28 A 11. 41 A 1a.
29 A 4. [PLAT.] Alcib. I 119 A. Citami degli altri Ateniesi o 29 A 4. [PLATO] Alcib. I p. 119 A [I 248. 25]
degli stranieri uno schiavo o un uomo libero che sia diventato ,
pi saggio per aver frequentato Pericle, cos come io [Socrate]
posso citarti per aver frequentato Zenone, Pitodoro figlio di
, [Sokrates]
Isoloco [cfr. 28 A 5] e Callia figlio di Calliade, ciascuno dei
[z. 28 A 5]
quali pag a Zenone cento mine e divent sapiente e illustre. ,
SCHOL. ad loc. Zenone l'eleata, scolaro di Parmenide, filosofo . SCHOL. z. d. St. .
fisico e vero politico: perci anche vien confrontato con Pericle [I 248. 30] ,
che notoriamente era politico. Di lui fu uditore quel Pitodoro di
cui nel Parmenide si fa menzione come di colui che riport ad .
Antifonte quella conversazione, e Cefalo di Clazomene, che da ,
lui ne fu edotto, divent suo discepolo. PLUTARCH. Pericl. 4, , '
5. Pericle ud anche Zenone che trattava della natura come
. PLUT.
Parmenide, ma coltivando una particolare attitudine alla
Pericl. 4, 5 [I 249. 1]
sput addosso. I cittadini allora, incitati da questo esempio,
subito abbatterono il tiranno. Questo quanto per lo meno
corre sulla bocca dei pi. Ermippo poi [fr. 30 F.G.H. III 43]
dice che egli fu gettato in un mortaio e pestato [cfr. 72 A 13].
(28) Per lui abbiamo scritto quest'epigramma... [segue
l'epigramma di Diogene].

confutazione, per cui rinserrava in difficolt mediante antilogie. ,


'
. Vgl. 28 A 12
29 A 5. ARISTOT. rhet. A 12. 1372 b 3. E (pensano di poter 29 A 5. ARISTOT. Rhet. A 12. 1372b 3
commettere ingiustizia) coloro per cui, al contrario, l'ingiustizia [I 249. 5 App.] [sc.
si converte in una lode; per esempio, se si ottiene insieme di
, ],
vendicare il padre o la madre, come fece Zenone.
, .
29 A 6. DIODOR. X 18, 2. Siccome la sua patria era
29 A 6. DIODOR. X 18, 2
duramente tiranneggiata da Nearco, ord una congiura contro il ,
tiranno. Scoperto e interrogato da Nearco nei tormenti della
.
tortura chi fossero i suoi complici: Magari - disse - allo stesso ,
modo che sono padrone della lingua cos fossi padrone del
[I 249. 10 App.] " , ,
corpo! Allora il tiranno lo sottopose a tormenti molto pi
,
violenti e Zenone fino a un certo punto resistette; poi, volendo ".
essere liberato dai tormenti e nello stesso tempo punire Nearco, .
medit un inganno di questo genere. Alla massima tensione

dello strumento di tortura, fingendo di esalare l'anima, grid: .
Lasciate! dir tutta la verit. Sospesa la tortura, richiese che
il tiranno si avvicinasse per ascoltarlo da solo a solo perch
[I 249. 15 App.]
molte delle cose che stava per dire era opportuno che
" ". '
rimanessero segrete. Il tiranno si avvicin con gioia e accost , ' .
l'orecchio alla bocca di Zenone il quale con un morso
,
gliel'afferr coi denti. I servi subito accorsero e usarono contro .
il torturato ogni tormento perch lasciasse la presa; ma egli
.
molto pi si attaccava. Alla fine, non potendo vincere la sua
.
forza d'animo, lo trafissero ai lati perch lasciasse la presa. Con [I 249.
questo espediente fu liberato dai tormenti e sub da parte del
20] ,
tiranno l'inevitabile punizione.
. '
, ,
.
.
29 A 7. PLUTARCH. adv. Col. 32 p. 1126 D. Zenone, il
29 A 7. PLUT. adv. Colot. 32 p. 1126 D .
discepolo di Parmenide, non essendo riuscito nel suo tentativo [I 249. 25 App.]
contro il tiranno Demilo, pose alla prova del fuoco come oro ,
puro e genuino la dottrina di Parmenide e mostr coi fatti che
la turpitudine che temuta da un uomo grande, mentre il dolore ,
temuto dai fanciulli, dalle donne e dagli uomini che hanno
,
anima di donna. Egli infatti si mozz coi denti la lingua e la

sput sul tiranno [cfr. de Stoic. rep. 37 p. 1051 C; de garr. 8 p. . Vgl. de Stoic.
505 D].
rep. 37 p. 1051 C, de garr. 8 p. 505 D.
29 A 8. CLEM. ALEX. strom. IV 57 [II 274, 1]. Non solo i
29 A 8. CLEM. Strom. IV 57 (II 274, 1 St.) [I 249. 30 App.]
Beoti, i Macedoni e i Laconi hanno resistito alla tortura, come (?)
dice Eratostene nei libri Del bene e del male, ma anche Zenone ,
l'eleata quando lo si voleva costringere a svelare alcuni segreti , .
resistette ai tormenti senza nulla confessare, tanto che alla fine,
troncatasi coi denti la lingua, la sput sul tiranno che da alcuni ,
detto Nearco, da altri Demilo [cfr. VAL. MAX. III extr. 2
,
(Falaride), 3 (Nearco); NEMES. de nat. hom. 30 (Dionisio; cfr. , . [I 249. 35 App.]
A 19)].
Vgl. VAL. MAX. III ext. 2 (Phalaris), 3 (Nearchus); NEMES.
30; (Dionys.; vgl. A 19).
29 A 9. PHILOSTR. v. Apoll. VII 2. Zenone l'eleata (che
29 A 9. PHILOSTR. V. Apoll. Tyan. VII 2 .
colui che pare iniziasse la dialettica) nel tentativo di rovesciare ( )
a Miso13* la tirannide di Nearco, fu preso e sotto i tormenti non
fece parola dei suoi complici, ma accus come non fidi coloro , '
che erano fidi al tiranno. Cos costoro perirono come se le
[I 249. 40]
accuse fossero veritiere, ed egli riport alla libert i Misi
, ' , '
traendo in inganno relativamente a se stessa la tirannide.

.
29 A 10 DIOG. LAERT. VIII 57 [cfr. A 1]. Aristotele nel
29 A 10 DIOG. VIII 57 [vgl. A 1, I 247, 14] [I 250. 1]
Sofista [fr. 65 Rose] dice che per primo Empedocle scopr la ' [fr. 65]

retorica, Zenone la dialettica. SEXT. EMP. adv. math. VII 6.


Non pare che Parmenide fosse digiuno di dialettica dal
momento che Aristotele giudic il suo scolaro Zenone
iniziatore della dialettica.
OPERA

, .
SEXT. adv. math. VII 6
,
.
SCHRIFT [I 250. 5 App.]

29 A 11. PLAT. Parm. 127 A-B. Dunque Antifonte riport che 29 A 11. PLAT. Parm. 127 A B
Pitodoro raccontava che una volta vennero alle grandi

Panatenee Zenone e Parmenide. Parmenide era gi molto
.
vecchio, quasi completamente canuto, di aspetto nobile e
, ,
dignitoso; poteva avere all'incirca sessantacinque anni. Zenone ,
era allora vicino ai quarant'anni e come figura era ben
[I 250. 10] ,
proporzionato e aggraziato; si diceva che fosse stato l'amato di ,
Parmenide. Alloggiarono da Pitodoro, fuori delle mura al
.
Ceramico. Quivi si adunarono Socrate e altri molti con lui,

desiderosi di sentir leggere lo scritto di Zenone (infatti era
'
allora la prima volta che il lavoro, per opera loro, veniva
,
introdotto in Atene); Socrate era allora molto giovane. Zenone ( '
stesso dunque dava lettura della sua opera ai convenuti;
), .
Parmenide in quel momento si trovava fuori. Diceva Pitodoro [I 250. 15] ,
che restava degli argomenti da leggere ancora ben poco,

quando arrivarono di fuori lui stesso e con lui Parmenide e
,
Aristotele quello che fu dei Trenta e poterono ascoltare alcun
poco dell'opera. Quanto a lui, Zenone gli aveva gi letto in
' ,
precedenza il suo lavoro [cfr. A 1 e 28 A 5. ATHEN. XI 505 F. ' . [Vgl. I
il colmo della perfidia e della falsit dire, senza che ce ne sia 219, 5. 247, 11. Dagegen ATHEN. XI 505 F [I
nessuna necessit, che Zenone, il compatriota di Parmenide, sia 250. 20 App.]
stato il suo amato].

. .]
29 A 12. PLAT. Parm. 128 B. - S, o Socrate - disse Zenone. 29 A 12. PLAT. Parm. 128 B , ,
Ma tu allora non hai colto affatto la vera intenzione dell'opera, . '
sebbene, come fanno i cani di Laconia, tu bene persegui e
.
rintracci ci che vien detto. Prima di tutto ti sfugge questo, che
la mia opera per nulla affatto si d tante arie da essere scritta [I 250. 25 App.] ,
con l'intenzione che tu dici ma dissimulandola alla gente per
,
sembrare di fare qualcosa di grande. Quel che tu dici qualche ,
volta capita, ma in realt questo scritto una difesa del
,
ragionamento di Parmenide contro coloro che impresero a
[ ]
metterlo in ridicolo, dicendo che se l'essere uno, le

conseguenze a cui il ragionamento costretto sono molte e
, ,
ridicole e contrarie al ragionamento stesso. Dunque questo
[I 250. 30] .
scritto si contrappone a coloro che affermano la molteplicit e ,
rende loro la pariglia e ancor pi, volendo mostrar questo, che , ,
l'ipotesi della molteplicit sbocca a conseguenze pi ridicole ,
che l'ipotesi dell'unit, quando le conseguenze siano tratte
, , .
opportunamente. per tal umor battagliero che io, che ero
,
giovane, scrissi quest'opera, e qualcuno mi derub il
, '
manoscritto, di modo che non ci fu pi luogo a deliberazione se . [I 250. 35]
fosse il caso di darla in luce o no. In questo, o Socrate, consiste , ,
il tuo errore, nel credere che sia stata scritta non dall'umor
, ' ,
battagliero di un giovane, ma dal desiderio di gloria di un uomo ' , .
non pi giovane. Ragione per cui, come ho detto, ne hai colto
male il carattere.
29 A 13. G PLAT. Parm. 127 D-E. Terminata la lettura,
29 A 13. G PLAT. Parm. 127 D-E.
Socrate richiese che gli si rileggesse la prima ipotesi14* del

primo ragionamento. Ci fatto: - Cosa - disse - intendi dire con , , , ,
questo, o Zenone? Che, se gli enti sono molti, essi vengono ad , ; ,
essere necessariamente uguali e disuguali, e che questo certo ,
impossibile; non infatti possibile n che il disuguale sia

uguale n che l'uguale sia disuguale. Non questo quello che ; ; / PLAT. Phaedr. 261 D
intendi dire? / PLAT. Phaedr. 261 D. L'eleatico Palamede non

sappiamo che parlava con tanta arte che a chi lo ascoltava le


stesse cose apparivano uguali e disuguali, una e molte, e,
ancora, immobili e in movimento? G ISOCR. 10, 3. ... o
Zenone che tenta, le stesse cose, di dimostrarle possibili e
insieme non possibili15*. /
29 A 14. ARISTOT. soph. el. 10. 170 b 19. Se si ritiene, sia da
parte dell'interrogante che dell'interrogato, che un nome che ha
pi significati ne abbia uno solo - l'essere e l'uno, per esempio,
hanno certo molti significati, ma sia l'interrogato che Zenone
interrogante pongono la questione pensando che ne abbiano
uno solo e il risultato del discorso che tutto uno -, in questo
caso il discorso segue tanto la parola quanto il pensiero. Cfr.
PLAT. soph. 217 C; di qui DIOG. LAERT III 48. Il primo a
scrivere dialoghi dicono che sia stato Zenone eleata; Aristotele
invece, nel primo libro del Sui poeti [fr. 55 Rose] dice
Alessandro di Stiria o di Teo [cfr. ATHEN. V 505 B;
OLYMPIOD. proleg. V, in fine].
29 A 15. PROCL. in Parm. I p. 694, 23 [ad PLAT. p. 127 D].

,
, ; G ISOCR. 10, 3.
...
. /

APOFTEGMATICA

APOPHTHEGMATIK

29 A 14. ARISTOT. Soph. el. 10. 170b 19 [I 250. 40 App.]



,
,
, [I 251. 1]
,
. Vgl. PLATO Soph.
217 C. Daraus DIOG. III 48
, '
[fr. 55] . [I 251. 5
App.] Vgl. A 10 u. ATHEN. V p. 505 B.

29 A 15. PROCL. in Parm. I p. 694, 23 [zu PLAT. p. 127 D]



Socrate, dei molti argomenti formulati da Zenone che sono in
tutto quaranta, prende uno, il primo, e obietta contro di esso... : . . . ,
se gli enti sono molti, lo stesso ente uguale e disuguale: ma ,
impossibile che la stessa cosa sia uguale e disuguale: dunque [I 251. 10
App.] . ELIAS in categ. p. 109, 6 Busse
gli enti non sono molti. ELIAS in categ. p. 109, 6. Zenone
Cizico, non l'eleata o parmenideo... fu detto , . . .
non perch era dialettico, come il Cizico, e riprovava e provava ' ,
, , '
la stessa cosa, ma perch era dialettico nella vita pratica in

quanto altro diceva e altro pensava. Costui una volta,
interrogato dal tiranno chi fosse che pi di ogni altro cospirasse ,
,
contro la sua tirannide, indic i suoi armati; il tiranno,
credutogli, li tolse di mezzo e quella fu la sua rovina. Questo [I 251. 15 App.]

fece perch ritenne che fosse bene mentire allo scopo di
abbattere il tiranno. Al suo maestro Parmenide che diceva che .

l'essere uno quanto al concetto e che invece quanto
all'evidenza sensibile gli enti sono molti diede la sua adesione , ,
,
una volta, con quaranta argomentazioni nella tesi che uno
l'essere, ritenendo che fosse bello portare aiuto al suo maestro. .
[I 251. 20 App.]
Un'altra volta, appoggiando la tesi dello stesso maestro che
, ,
l'essere immobile, con cinque argomentazioni prov che
l'essere immobile. A questi argomenti non potendo Antistene
,
il Cinico rispondere, si alz in piedi e si mise a camminare,
ritenendo che pi sicura di ogni contestazione di ragionamenti
.
fosse la dimostrazione mediante l'evidenza sensibile.

29 A 16. EUDEM. phys. fr. 7 [SIMPLIC. phys. 97, 12]. Si


29 A 16. EUDEM. Phys. fr. 7 [SIMPL. Phys. 97, 12 vgl.
narra che Zenone dicesse che, se qualcuno gli avesse mostrato Schbe Quaest. Eudem. S. 54] [I 251. 25]
che cosa mai era l'unit, avrebbe potuto affermare la
, ,
molteplicit degli enti.
.
29 A 17. PLUTARCH. Pericl. 5. Coloro che chiamavano
29 A 17. PLUT. Pericl. 5, 3
desiderio di considerazione o superbia la gravit di Pericle,
.
furono esortati da Zenone ad avere un analogo desiderio di
,
considerazione, in quanto la simulazione stessa delle cose belle
produce a poco a poco inavvertitamente riguardo ad esse un
.
certo zelo e una certa consuetudine.
29 A 18. PHILO quod omn. prob. lib. II 14 [II 460 M.]. A
29 A 18. PHILO quod omn. prob. lib. II 14 [II 460 M.] [I 251.
proposito di tali sentenze e opinioni non il caso di citare quel 30 App.] '
detto di Zenone che pi facile mandare sott'acqua un otre
"
pieno d'aria che costringere una qualsiasi delle persone virtuose
a fare contro volont qualcosa di riprovevole?
;" Gehrt wohl

29 A 19. TERTULL. apol. 50. Zenone eleata, interrogato da


Dionisio quale fosse il pregio della filosofia, avendo risposto:
Il disprezzo della morte, sottoposto ai tormenti dal tiranno,
impassibile conferm la sua sentenza fino alla morte.
29 A 20. STOB. flor. III 7, 37. Zenone eleata torturato dal
tiranno perch svelasse i suoi complici: Se ve ne fossero, disse - saresti ancora al potere?.
DOTTRINA

dem Stoiker fr. 218 [I 53 Arnim].


29 A 19. TERTULL. Apologetic. 50 Zeno Eleates consultus a
Dionysio, quidnam [I 251. 35] philosophia praestaret, cum
respondisset "contemptum mortis", impassibilis flagellis
tyranni obiectus sententiam suam ad mortem usque signabat.
29 A 20. STOB. Flor. III 7, 37 H. .
, "
, , ;"
LEHRE [I 252. 1 App.]

[Cfr. lo scritto di Aristotele Contro gli argomenti di Zenone, un Vgl. die Schrift des Aristoteles (Diog. V
libro (DIOG. LAERT. V 25) e quello di Eraclide Pontico
25), Herakleides Pontikos (Diog. V 87).
Contro l'opera di Zenone, un libro (V 87).]
29 A 21. ARISTOT. Metaph. B 4. 1001b 7
29 A 21. ARISTOT. metaph. B 4. 1001 b 7. Inoltre, se l'uno in , [I 252. 5 App.]
s indivisibile, secondo il ragionamento di Zenone, non
.
sarebbe nulla. Ci infatti che n aggiunto n sottratto non porta ,
n aumento n diminuzione, questo egli dice che non un
,
ente22* in quanto, chiaro, ritiene che l'ente sia grandezza; e se , .
grandezza corporeo; il corporeo infatti che esiste
, ' ,
assolutamente. Le altre cose non corporee invece, aggiunte in . G
un determinato modo portano aumento, in altro modo no. Per ' . / SIMPL. Phys. 97, 13
esempio, la superficie e la linea; ma il punto e l'unit in nessun [aus Eudem. fr. 7 nach A 16] [I 252. 10]
modo. G Ma poich costui ragiona rozzamente ... / SIMPLIC.
phys. 97, 13 [da Eudemo fr. 7 cit.]. La sua aporia, come pare, ,
dipende da questo, che ciascuno dei sensibili detto molteplice ,
e per la molteplicit dei predicati e per divisione, mentre
. Ebend. SIMPL. Phys. 99, 10
dall'altra parte sostiene che il punto non sia neppure unit. Ci , , [Zenon]
infatti che n aggiunto porta aumento n sottratto porta
( ),
diminuzione non riteneva che fosse un ente. SIMPLIC. phys. . [I 252. 15]
99, 10. Qui, come dice [Eudemo], Zenone annulla anche l'uno
(infatti chiama uno il punto) e ammette invece l'esistenza del . ' , () [fr. 7], .
molteplice. Alessandro ritiene che anche qui Eudemo parli di
Zenone come negatore del molteplice. Come racconta
,
Eudemo, - egli dice - Zenone, scolaro di Parmenide, tent di
.'
dimostrare che non possibile che gli enti siano molti per il
,
fatto che nulla tra essi uno e invece i molti sono una

molteplicit di unit. Che Eudemo qui faccia menzione di
[I 252. 20]
Zenone non come negatore del molteplice chiaro dalle sue
. PHILOP. Phys. 42, 9 .
stesse parole e io ritengo che neppure nell'opera di Zenone si
trovi un'argomentazione come quella che dice Alessandro.

PHILOP. phys. 42, 919*. Infatti Zenone l'eleata, opponendosi a
coloro che mettevano in ridicolo l'opinione del suo maestro

Parmenide, che l'ente uno, e difendendo l'opinione del
. , , ,
maestro, tent di dimostrare che impossibile che ci sia una
,
molteplicit di enti. Se infatti, dice, vi la molteplicit, poich [I 252. 25] .
la molteplicit costituita di molte unit, necessario che vi ,
siano le molte unit di cui composta la molteplicit. Ora, se .
riuscissimo a dimostrare che impossibile che ci siano pi
, ,
unit, chiaro che impossibile che ci sia la molteplicit:
, . SENEC. Ep.
infatti la molteplicit costituita di unit. Se impossibile che 88, 44 Parmenides ait ex his quae videntur nihil esse universo;
ci sia la molteplicit (ed necessario che vi sia o l'unit o la
Z. Eleates omnia negotia de negotio deiecit ait nihil esse . . .
molteplicit; ma che ci sia la molteplicit impossibile) resta (45) [I 252. 30] si Parmenidi [sc. credo], nihil est praeter
che ci sia l'unit... SENEC. ep. 88, 44. Parmenide dice che dei unum si Zenoni, ne unum quidem. ISOCR. 10, 3 [82 B 1].
fenomeni nulla fa parte del tutto; Zenone l'eleata si sbarazz di
ogni difficolt dicendo che nulla esiste... (45) Se [credo] a
Parmenide non esiste altro che l'unit; se credo a Zenone,
neppure l'unit.
29 A 2116*. G [Aporia del divisibile e indivisibile17*: a) Tesi] 29 A 21. G ARISTOT. phys. A 3 '
ARISTOT. phys. A 3. 187 a 1. Alcuni fecero concessioni
, ,

all'uno e all'altro argomento: a quello che dice che l'essere ha , , ,


un solo significato, concedettero che esiste il non essere, a
.
quello della dicotomia fecero la concessione di ammettere delle
grandezze indivisibili. SIMPLIC. phys. 97, 12 [da Eudemo fr. SIMPL. Phys. 97, 12 [da Eudemo fr. 7; cfr. A 16].
7; cfr. A 16]. Si narra che Zenone abbia detto che se qualcuno , ,
gli avesse saputo mostrare che cosa mai era l'unit avrebbe
.
potuto affermare la molteplicit degli enti. L'aporia da lui

sollevata consiste, come pare, in questo, che da un lato
,
ciascuna delle cose sensibili dichiarata molteplice e per la
, ,
molteplicit dei predicati18* e per divisione, e dall'altro lato il ...
punto non , per lui, neppure unit... SIMPLIC. phys. 99, 1. Se
fosse qui Zenone gli diremmo che l'uno in atto non
SIMPLIC. phys. 99, 1. ,
molteplicit; infatti l'unit gli appartiene propriamente, la
:
molteplicit invece potenzialmente; in questo modo allora la , .
stessa cosa viene ad essere una e molteplice, ma in atto ha
,
soltanto una delle determinazioni; tutte e due insieme, invece, , [cfr. PHILOP. phys. 83, 23].
non mai [cfr. PHILOP. phys. 83, 23]. ALEX. metaph. 334, 17.
Alcuni accettarono l'argomento della dicotomia che mostra che
ALEX. metaph. 334, 17.
nulla uno. SIMPLIC. phys. 138, 3. Il secondo argomento,
,
quello della dicotomia, Alessandro dice che di Zenone il
SIMPLIC. phys. 138, 3.
quale sostiene che se l'essere avesse grandezza e fosse
divisibile sarebbe molteplice e non pi uno, dimostrando con ,
ci che non esiste unit tra gli enti... A questo argomento dice ,
,
[Alessandro] che fece delle concessioni Senocrate il
Calcedonio [fr. 22 sgg. Heinze], che ammise che tutto ci che ... " , ,

divisibile molteplice (la parte infatti altra dal tutto) ...
(
esistono infatti secondo lui delle linee indivisibili delle quali
non vero dire che sono molteplici. THEMIST. phys. 12, 1 ... ) ... , '
sostenendo [Zenone] che se l'essere divisibile neppure sar .
propriamente uno, a cagione della divisione all'infinito dei
corpi. SIMPLIC. phys. 139, 11. Se l'essere fosse divisibile - THEMIST. phys. 12, 1 ... ,
dice Temistio - neppure sarebbe propriamente uno, a cagione ,
.
della divisione all'infinito dei corpi; ma pare piuttosto che
Zenone dica che non sarebbe neppure molteplice. SIMPLIC. SIMPLIC. phys. 139, 11.
phys. 40, 19. In questo che dice Porfirio, che sia opportuna la

menzione dell'argomento della dicotomia che introduce
l'indivisibile e l'uno in base alle assurdit che la divisione porta " , ,
con s, d'accordo; ma il caso di vedere se il ragionamento di ' ".
.
Parmenide e non di Zenone come anche pare ad Alessandro.
SIMPLIC. phys. 40, 19.
Infatti nell'opera di Parmenide non c' nulla di simile e la

migliore informazione attribuisce l'aporia della dicotomia a

Zenone. PHILOP. phys. 42, 919*. Infatti Zenone l'eleata,
opponendosi a coloro che mettevano in ridicolo l'opinione del ,
. ,
suo maestro Parmenide, che l'ente uno, e difendendo
, .
l'opinione del maestro, tent di dimostrare che impossibile

che ci sia una molteplicit di enti. Se infatti, dice, vi la
molteplicit, poich la molteplicit costituita di molte unit,
. PHILOP. phys. 42, 9.
necessario che vi siano le molte unit di cui composta la
molteplicit. Ora, se riuscissimo a dimostrare che impossibile
che ci siano pi unit, chiaro che impossibile che ci sia la
,
molteplicit: infatti la molteplicit costituita di unit. Se
impossibile che ci sia la molteplicit (ed necessario che vi sia . , ,
, ,
o l'unit o la molteplicit; ma che ci sia la molteplicit
20
impossibile) resta che ci sia l'unit... Questo stesso * dimostra .
,
partendo dalla considerazione del continuo. Infatti, se il
: .
continuo uno, dal momento che il continuo sempre
divisibile, sempre possibile dividere in pi parti il gi diviso; ,
...
se cos, il continuo allora il molteplice, di modo che la
stessa cosa sar uno e molti, il che impossibile. Ma se nessun . ,
continuo uno, ed necessario, se c' la molteplicit, che essa ,
sia composta di unit, dal momento che non possibile che ci : , .

siano pi unit di cui si componga la molteplicit, non ci sar


la molteplicit. PHILOP. phys. 80, 23. Il suo [di Parmenide] , .
scolaro Zenone, venendo in aiuto del maestro, dimostr che
. ,
l'essere di necessit e uno e immobile e lo dimostr mediante , '
la dicotomia all'infinito dei continui. Se infatti l'essere non
.
fosse uno e indivisibile, ma venisse diviso in una molteplicit,
nulla sarebbe propriamente uno (se infatti il continuo venisse PHILOP. phys. 80, 23.
diviso sarebbe divisibile all'infinito); ma se nulla

propriamente uno, neppure molteplice, se vero che la
, '
molteplicit costituita di pi unit21*. [Aporia del divisibile e .
indivisibile: b) Antitesi] ARISTOT. metaph. B 4. 1001 b 7.
, ,
Inoltre, se l'uno in s indivisibile, secondo il ragionamento di ( , '
Zenone, non sarebbe nulla. Ci infatti che n aggiunto n
), , ,
sottratto non porta n aumento n diminuzione, questo egli dice .
22
che non un ente * in quanto, chiaro, ritiene che l'ente sia
grandezza; e se grandezza corporeo; il corporeo infatti che
ARISTOT. metaph. B 4. 1001 b 7.
esiste assolutamente. Le altre cose non corporee invece,
, .
aggiunte in un determinato modo portano aumento, in altro

modo no. Per esempio, la superficie e la linea; ma il punto e
l'unit in nessun modo. Ma poich costui ragiona rozzamente ... , ,
: , :
EUDEM. phys. fr. 7 [cfr. A 16]. Si narra che Zenone abbia
detto che se qualcuno gli avesse saputo mostrare che cosa mai .
era l'unit, avrebbe potuto affermare la molteplicit degli enti. , ' , :
ALEX. metaph. 227, 31. [Aristotele] fa menzione dell'opinione : ' .
di Zenone come quella che annulla del tutto l'uno. ASCLEP.
metaph. 206, 23. Si sforza [Zenone] di confutare gl'indivisibili EUDEM. phys. fr. 7 [cfr. A 16]. ,
, .
adoperando questo argomento: ci che n aggiunto n tolto
rende maggiore o minore, questo non esiste. SIMPLIC. phys.
97, 13 [da Eudemo fr. 7 cit.]. La sua aporia, come pare,
ALEX. metaph. 227, 31.
dipende da questo, che ciascuno dei sensibili detto molteplice .
e per la molteplicit dei predicati e per divisione, mentre
dall'altra parte sostiene che il punto non sia neppure unit. Ci ASCLEP. metaph. 206, 23. ... ...
infatti che n aggiunto porta aumento n sottratto porta
.
diminuzione non riteneva che fosse un ente. SIMPLIC. phys.
99, 10. Qui, come dice [Eudemo], Zenone annulla anche l'uno , .
(infatti chiama uno il punto) e ammette invece l'esistenza del SIMPLIC. phys. 97, 13.
molteplice. Alessandro ritiene che anche qui Eudemo parli di
Zenone come negatore del molteplice. Come racconta
, :
Eudemo, - egli dice - Zenone, scolaro di Parmenide, tent di
, ,
dimostrare che non possibile che gli enti siano molti per il
.
fatto che nulla tra essi uno e invece i molti sono una
SIMPLIC. phys. 99, 10. ,
molteplicit di unit. Che Eudemo qui faccia menzione di
( ),
Zenone non come negatore del molteplice chiaro dalle sue
.
stesse parole e io ritengo che neppure nell'opera di Zenone si .
trovi un'argomentazione come quella che dice Alessandro.
" , , ,
SENEC. ep. 88, 44. Parmenide dice che dei fenomeni nulla fa ,
parte del tutto; Zenone l'eleata si sbarazz di ogni difficolt
,
dicendo che nulla esiste... (45) Se [credo] a Parmenide non
."
esiste altro che l'unit; se credo a Zenone, neppure l'unit.
,
:
, .
SENEC. ep. 88, 44. Parmenides ait ex his quae videntur nihil
esse universo Z. Eleates omnia negotia de negotio deiecit ait
nihil esse ... (45) si Parmenidi [sc. credo], nihil est praeter
unum si Zenoni, ne unum quidem.
29 A 22.
29 A 22. [ARISTOT.] de lin. insec. 968a 18
,

' , '
[I 252. 35] ,
. ARISTOT. Phys. A 3. 187a 1 '

, . . .,
. SIMPL.
dazu. 138, 3
. . .
, [Alexander],
[I 252. 40] [fr. 42ff Heinze]
(
) . . .
, '
.
29 A 2323*. SIMPLIC. phys. 134, 2. Dice che alcuni hanno
29 A 23. SIMPL. Phys. 134, 2 (zu Ar. A 3. 187a 1)
ceduto all'uno e all'altro argomento, a quello gi citato di
,
Parmenide e a quello di Zenone... che volle portare aiuto al
, [I 253. 1
ragionamento di Parmenide contro coloro che impresero a
App.]
metterlo in ridicolo dicendo che se l'essere uno il
, ,
ragionamento viene a sboccare a molte e ridicole conclusioni e ,
contrarie al ragionamento stesso. La difesa di Zenone
.
consistette in questo, nel provare che la loro ipotesi che dice: " " ,
L'essere molteplice, quando venga sviluppata
. [PLUT.] Strom. 5 [D. 581 hinter Parmenides] [I 253.
convenientemente, soggetta a conseguenze ancora pi
5 App.] . ,
ridicole che non l'ipotesi dell'unit dell'essere. [PLUTARCH.] . AT. IV 9, 1. Vgl. 28
strom. 5 [Dox. 581]. Zenone l'eleata di proprio non espose
A 49.
nulla, ma sollev su questo argomento nuove aporie [AT. IV
9, 1; cfr. 28 A 49].
29 A 24. ARISTOT. phys. 3. 210 b 22. L'aporia di Zenone, 29 A 24. ARISTOT. Phys. 3. 210b 22 . ,
che se lo spazio qualcosa in che sar?, pu essere risolta
" , ;" .
senza difficolt. Nulla infatti impedisce che il primo spazio sia ,
in un altro, ma l tuttavia non come in un luogo, ma come la
. ARISTOT. Phys. 1. 209a 23 G
sanit, in quanto stato, nelle cose calde, il caldo, in quanto
, . /
affezione, nel corpo. Cosicch non necessario andare
[I 253. 10 App.]
all'infinito. ARISTOT. phys. 1. 209 a 23. G Inoltre lo spazio , ,
stesso, se uno degli enti, dove sar? / Perch l'aporia di
. EUDEM. Phys. fr. 42
Zenone ha bisogno di qualche discussione. Se infatti l'essere, [SIMPL. Phys. 563, 17]
tutto quanto, nello spazio, chiaro che ci sar uno spazio
.
anche dello spazio, e cos all'infinito. EUDEM. phys. fr. 42
, ;
[SIMPLIC. phys. 563, 17]. Allo stesso punto sembra condurre . . .
anche l'aporia di Zenone. Questi infatti ritiene che l'essere tutto [I 253. 15 App.]
quanto sia in qualche dove; ma se lo spazio uno degli enti,
,
dove sar? Non certo in altro spazio e questo in un altro e cos
via... Contro Zenone diremo che il dove si dice in molti sensi. .
Se dunque egli ha pensato che gli enti siano nello spazio non ,
pensa giusto: non infatti la sanit o il coraggio o mille altre
.
cose si pu dire che siano nello spazio, e certo neppure lo
spazio, se quel che si detto. Se invece il dove si intende in
altro senso, anche il luogo in qualche dove: infatti il limite del
corpo in qualche dove del corpo: difatti l'estremo24*.
29 A 25. ARISTOT. Phys. Z 9. 239 b 9. Quattro sono gli
29 A 25. ARIST. Phys. Z 9. 239b 9 '
argomenti di Zenone intorno al movimento che offrono
[I 253. 20]
difficolt di soluzione25*. Primo, quello sulla inesistenza del
,
movimento26* per la ragione che il mosso deve giungere prima
alla met che non al termine27*, del quale abbiamo discorso
, ,
precedentemente. ARISTOT. Phys. Z 2. 233 a 21. Ragione per nmlich ARIST. Phys. Z 2. 233a 21:
cui il ragionamento di Zenone assume arbitrariamente che non
si possano percorrere elementi spaziali infiniti o toccare nella '
traslazione uno per uno infiniti elementi spaziali in un tempo . [I 253. 25]
determinato. In due sensi infatti si dicono infiniti tanto la
, ,
lunghezza quanto il tempo e in genere ogni continuo: o per
.
divisione o per gli estremi. Degli infiniti quantitativamente non ,
possibile nella traslazione contatto in un tempo determinato,
ma degli infiniti per divisione possibile: infatti anche il tempo .
infinito in questo senso. Di modo che nell'infinito tempo e
,

non in un tempo determinato si percorre l'infinito, e nella


, . (Paraphrase d. St. bei
traslazione si viene a contatto degli infiniti elementi spaziali in SIMPL. Phys. 947, 3ff.). [I 253. 30 App.] ARISTOT. Top.
elementi temporali, infiniti, non finiti28* [Parafrasi ap.
8. 160b 7 ,
SIMPLIC. phys. 947, 3 sgg.]. ARISTOT. top. 8. 160 b 7.
,
Molti sono gli argomenti contrari all'opinione comune, come .
per esempio quello di Zenone che non possibile il moto n
percorrere lo stadio29*.
G [ARISTOT.] de lin. insec. 968 a 18. Inoltre, secondo il
G [ARISTOT.] de lin. insec. 968 a 18.
ragionamento di Zenone necessario che vi sia qualche
,
grandezza indivisibile, dal momento che impossibile
,
percorrere l'infinito quando gli elementi infiniti si percorrano ' , '
uno per uno, ed inoltre necessario che il mosso prima giunga ,
alla met mentre di ci che non indivisibile c' sempre la
. ARISTOT. phys. 8. 263 a 5.
met. ARISTOT. phys. 8. 263 a 5. Allo stesso modo bisogna
rispondere a coloro che argomentano in base al ragionamento , [ ,] , '
di Zenone sostenendo che, se sempre bisogna percorrere le
, ' ,
met, queste sono infinite, ma impossibile esaurire l'infinito; ,
o, come altri argomentano in base a questo stesso
'
ragionamento, sostenendo che durante il processo di traslazione ,
il mosso deve prima contare la met di ogni met che
: '
raggiunge, cosicch percorsa tutta la linea viene ad aver
. /
enumerato un numero infinito: il che concordemente
impossibile. /
29 A 26. ARISTOT. phys. Z 9. 239 b 14. Secondo
29 A 26. ARIST. Phys. Z 9. 239b 14 '
l'argomento detto Achille. Questo sostiene che il pi lento non . '
sar mai raggiunto nella sua corsa dal pi veloce. Infatti

necessario che chi insegue giunga in precedenza l di dove si [I 253. 35] ,
mosse chi fugge, di modo che necessariamente il pi lento avr , '
sempre un qualche vantaggio. Questo ragionamento lo stesso .
di quello della dicotomia, ma ne differisce per il fatto che la
, '
grandezza successivamente assunta non viene divisa per due. G . G
Dunque il ragionamento ha per conseguenza che il pi lento
,
non viene raggiunto ed ha lo stesso fondamento della
(
dicotomia (nell'un ragionamento e nell'altro infatti la

conseguenza che non si arriva al termine, divisa che si sia in
qualche modo la grandezza data; ma c' di pi nel secondo che ),
la cosa non pu essere realizzata neppure dal pi veloce
' . /
corridore immaginato drammaticamente nell'inseguimento del
pi lento), di modo che la soluzione sar, per forza, la stessa. /
29 A 27. ARISTOT. phys. Z 9. 239 b 30. Terzo questo
29 A 27. ARIST. Phys. Z 9. 239 b 30 ' ,
argomento: che la freccia in moto sta ferma. Esso poggia
.
sull'assunzione che il tempo sia composto di istanti: se infatti [I 253. 40 App.]
non si concede questo il ragionamento non corre. Cfr. 239 b 5. .
Zenone paralogizza. Se, dice, tutto in quiete o si muove, e Vgl. 239b 5 , ,
nulla si muove quando sia lungo uno spazio uguale a s, dato , < >, [I 254. 1
che per tutto il tempo il mosso nell'istante, la freccia che si
App.] , '
muove ferma.
, < >,
.
G THEMIST. phys. 199, 5. Se, dice, tutto in quiete quando G THEMIST. phys. 199, 5. , ,
sia in uno spazio uguale a s, e sempre il mosso in uno spazio , , , '
uguale a s, necessario che la freccia che si muove sia
,
ferma30*. SIMPLIC. phys. 1011, 19. Il ragionamento di
, . SIMPLIC. phys.
Zenone, assumendo che tutto ci che lungo uno spazio uguale 1011, 19. ,
a s o si muove o in quiete, e che nulla si muove nell'istante, ,
e che sempre il mosso lungo uno spazio uguale a s in ogni ,
istante31*, pare che proceda cos: la freccia che si muove, che ' ,
in ogni istante lungo uno spazio uguale a s, non si muove dal ,
momento che nulla si muove nell'istante; ma ci che non si

muove in quiete, dal momento che tutto o si muove o in
,
quiete; allora la freccia che si muove finch si muove in
,
quiete per tutto il tempo della traslazione32*. Ma che c' di pi , ,

paradossale di una cosa simile? Aristotele, dopo detto che


. ;
tutto o in quiete o si muove quando sia lungo uno spazio
, ,
uguale a s, aggiunge: Ma per tutto il tempo ci che si
.
muove nell'istante: che ci che si muove nell'istante, lungo , .
uno spazio uguale a s chiaro33*. SIMPLIC. phys. 1015, 29. SIMPLIC. phys. 1015, 29. ...
La freccia che si muove, nel suo moto ferma, dal momento , ,
che necessario che tutto o si muova o sia in quiete: ma ci
.
che si muove sempre lungo uno spazio uguale a s: ma ci
. PHILOP.
che sempre lungo uno spazio uguale a s non si muove: allora phys. 816, 30. , ,
fermo34*.
,
PHILOP. phys. 816, 30. Tutto ci, dice, che lungo uno spazio , .
uguale a s o in quiete o si muove: ma impossibile che si
'
muova lungo uno spazio uguale a s: dunque in quiete. Ora, ,
la freccia che si muove, siccome si trova lungo uno spazio
, . '
uguale a s in ciascuno degli spazi di tempo durante i quali si . /
muove, sar in quiete; se in quiete in tutti gli istanti di tempo
che sono infiniti, sar in quiete anche in tutto il tempo. Ma si
era posto che essa fosse in movimento: dunque la freccia in
movimento sar in quiete35*. /
29 A 28. ARISTOT. phys. Z 9. 239 b 33. Il quarto
29 A 28. ARISTOT. Phys. Z 9. 239b 33 '
ragionamento quello delle masse uguali che si muovono
'
lungo masse uguali in senso contrario, le une dalla fine dello , ' [I 254.
stadio, e le altre dalla met con uguale velocit. In esso crede 5] , ,
che si provi che sono un tempo uguale il tempo met e il tempo . '
doppio. Il paralogismo consiste in questo, nel ritenere che con '
la stessa velocit si percorra nello stesso tempo la stessa
.
grandezza presa in un caso lungo un mosso e nell'altro lungo ' .
un immobile. Questo invece falso. Siano, per esempio, AA le ' , ' '
masse uguali fisse di cui si parla, e le altre siano BB che
, , [I
cominciano dal mezzo delle A, pari a queste in numero e
254. 10 App.] ' ' ,
grandezza, e le altre ancora , che cominciano dall'estremo, , .
pari a queste in numero e grandezza e dotate della stessa

velocit delle B. Avviene che il primo B e il primo giungano , ' .
insieme all'estremo, movendosi gli uni lungo gli altri. Avviene ,
inoltre che abbia trascorso lungo tutti i B e i B invece lungo
la met. Di conseguenza il tempo met; infatti ugual tempo ' .
sta ciascuno lungo ciascuno. Insieme avviene che i B sono
[I 254. 15]
passati lungo tutti i ; infatti saranno insieme il primo e il
, '
primo B agli estremi contrari, stando [] lungo ciascuno dei B , ,
ugual tempo quanto lungo ciascuno degli A, come dice, in
. SIMPL. Phys.
quanto gli uni e gli altri sono per un tempo uguale lungo gli
1019, 32 ,
A36*.
(fr. 68),
. . .
[I 254. 20]
,
, . Alexanders Figur [bei
Simpl. Ph. 1016, 14ff. Vgl. 1019, 27]:

[I 254. 25 App.] BBBB ----->


-----




G SIMPLIC. phys. 1016, 9 sgg.37*. Il quarto dei ragionamenti G SIMPLIC. phys. 1016,9 sgg.
di Zenone sul moto, diretto anch'esso a negare il moto, era

questo. Se c' il moto, di grandezze uguali e dotate della stessa ,
velocit l'una si muover, nello stesso tempo, di un moto

doppio dell'altra e non uguale. E questo impossibile, ma
.
anche impossibile la conseguenza che se ne trae, e cio che lo ,
stesso e ugual tempo insieme doppio e met. Fa la

dimostrazione assumendo come concesso che grandezze uguali .


e dotate di uguale velocit percorrano uno spazio uguale in un
tempo uguale; inoltre che di grandezze uguali e dotate di
,
uguale velocit, se l'una percorre uno spazio met e l'altra uno , ,
spazio doppio, la met viene percorsa in un tempo met e il
,
doppio in un tempo doppio. Ci posto immagin uno stadio . ,
E e quattro grandezze, o quante si vuole purch siano pari in
, ,
modo da avere le met costituite di un numero uguale di masse ( , )'
(o, come dice Eudemo, cubi) e siano esse A e siano immobili e ,
poste in modo da occupare l'intervallo medio dello stadio.
.
........ AAAA
, ,
...........

............
' ,
Di queste grandezze immobili chiama prima quella che
,
rivolta verso il principio dello stadio, quello che verso ,
,
ultima invece quella che verso E. Prende poi quattro masse o .
cubi uguali a quelle fisse e per grandezza e per numero, e siano
B, che cominciano dal principio dello stadio e terminano alla . ,
met dei quattro A; queste per in moto verso la fine dello
, .
stadio e cio E. Ragione per cui chiama primo quello che alla ,
met degli A in quanto sta innanzi agli altri nel movimento
, ,
verso E. Perci assume un numero pari di masse, perch ci sia , '
met; occorre infatti che ci sia la met, come vedremo. Perci . ,
anche pone il primo B alla met delle masse fisse A. Poi pone ,
altre masse uguali alle masse B e, come chiaro, anche alle A, , ,
in grandezza e numero e assume che queste, che saranno , si ,
muovano in direzione contraria alle B. Mentre infatti le B si
, '
muovono dalla met dello stadio, in cui c' anche il mezzo
.
delle A, verso la fine dello stadio e cio E, i si muovono dalla
parte estrema in cui E verso che al principio dello stadio,
ed chiaro che il primo dei quattro quello che piega verso ,
A a cui diretto il moto dei ; pone poi il primo accanto al (
primo B. Posta dunque questa collocazione iniziale, se,
" ,"
immobili gli A, i B si muovono dal mezzo sia degli A che dello ,
stadio al termine dello stadio cio E, e invece i si muovono , ),
dall'estremo dello stadio evidentemente verso il principio (e
.
non invece dall'estremo dei B, che ci che a quanto sembra , '
Alessandro trov in certi manoscritti, per cui fu costretto a dire
che quello che Aristotele ha chiamato il primo B ora lo chiama .
l'estremo), avviene che il primo B arriva insieme al primo I`
,
all'estremo del suo moto, in quanto si muovono in senso
, ,
contrario e alla stessa velocit, oppure all'estremo l'uno
.
dell'altro. Infatti essendo inizialmente il primo accanto al

primo B, movendosi essi alla stessa velocit in senso contrario ' '
gli uni lungo gli altri, il primo B arriver all'estremo e il
. , ,
primo a estremo B. Questo vorr dire l'espressione avviene che , ,
il primo B e il primo arriva all'estremo muovendosi gli uni , .
contro gli altri. Infatti il movimento degli uni lungo gli altri fa
s che si pervenga agli estremi gli uni degli altri. Avviene
, ,
anche, dice, che (il primo, come chiaro) passato lungo
,
tutti gli A e B lungo la met A. E che il B che comincia dal
.
mezzo degli A si mosso per due A o per la met degli A, a
,
seconda del numero delle masse pari, nel tempo in cui si

muove per un numero doppio di B, chiaro. Infatti il primo B
ha cominciato il moto dalla met degli A e invece il primo , .
movendosi in senso contrario ai B corre lungo quattro B. Infatti .
i due moti delle serie che si muovono in senso contrario
; ,
compiono un intervallo doppio di quello del moto unico che
, ' , ' ,
spinge B lungo gli A fissi. E questo chiaro. Ma come I`
. .
passato lungo tutti gli A? Non si mosse infatti lungo questi, ma ,
lungo i B, e neppure dal principio degli A, ma dal principio dei .

B che era anche il mezzo degli A. Certo dice cos perch i B


,
sono anche uguali agli A. dunque, in quel tempo in cui si ,
mosso lungo i B si sarebbe mosso anche lungo gli A che sono . ,
in numero uguale ai B. Il paralogismo consiste in questo che ha ,
posto in senso assoluto che ci che si muove lungo grandezze ,
uguali si muove in ugual tempo, senza riflettere che degli
,
uguali gli uni erano in movimento e gli altri fissi. Assumendo ,
tuttavia che i percorrono in ugual tempo e i B e gli A, dal
,
momento che nel tempo in cui il primo B percorre due A, in
,
altrettanto il percorre quattro B e quattro A, conclude che B, ' ,
bench dotato di velocit uguale a , percorre nello stesso
, ,
tempo la met dello spazio che percorre ; il che contro le
,
premesse e contro l'evidenza. Infatti due masse dotate della
. , ,
stessa velocit percorrono nello stesso tempo lo stesso spazio, ,
ma quando si trovino nelle stesse condizioni, cosicch o tutte e , ,
due si muovono lungo masse fisse o tutte e due lungo masse in . ,
moto e non quando le une (come B) corrono lungo masse fisse, ,
le altre (come ) lungo masse che si muovono in senso
.
contrario. Inoltre anche il tempo nel quale si muove B lungo
,
due A la met del tempo in cui si muove lungo quattro B se , ,
A e B sono in numero uguale e B e hanno uguale velocit.

Pare anche che sia uguale o lo stesso il tempo in cui B si
, ,
muove lungo due A e quello in cui si muove lungo quattro B. , ,
Avverr dunque anche che la stessa grandezza sar doppia e
, . '
met, se vero che nello stesso tempo, di due masse dotate

della stessa velocit, l'una B, percorre due A, e l'altra, ,
' , '
percorre quattro B, essendo uguali i B agli A. E lo stesso tempo . , ,
sar doppio e met se il tempo in cui B cammina lungo due A , , ,
anche met del tempo in cui va lungo quattro B, e insieme
, ,
identico. L'espressione: uguale [tempo] sta ciascuno lungo
. ,
ciascuno, dichiara che anche B e avendo la stessa velocit , .
impiegano ugual tempo lungo ciascuna delle serie per cui
,
passano e cio B e A. Se uguale, chiaro che doppio il
, ,
tempo in cui percorre quattro B, met invece il tempo in cui
B percorre due A, e maggiore quello in cui I` percorre quattro ,
A del tempo in cui B, che ha la sua stessa velocit, percorre
,
due A. Si detto infatti che nello stesso tempo in cui B
.
percorre percorre anche A. Dopo aver detto: avviene che ,
passato lungo tutti gli A, perch passato lungo tutti i B e
, ,
dopo aver introdotto le difficolt che conseguono (cio che una . ,
distanza met identica a una distanza doppia e il tempo met
e uguale al tempo doppio), aggiunge che insieme avviene che i , '
B siano passati lungo tutti i come i lungo tutti i B. Insieme , ' ,
infatti il primo e il primo B saranno agli estremi contrari, al ,
principio dello stadio e B alla fine che sono l'uno e l'altro
, .
estremi. Movendosi infatti in senso contrario con la stessa
,
velocit ed essendo uguali e movendosi l'uno dal principio
,
dell'altro, raggiungeranno insieme gli estremi rispettivi,
,
impiegando lungo i B lo stesso tempo che impiega lungo A, ,
anche se non si muove lungo gli A, per il fatto che gli uni e . '
gli altri, sia i che i B essendo uguali e dotati della stessa
. ,
velocit stanno ugual tempo lungo gli A. Con ci dimostra
,
perch assume che i si muovano lungo gli A bench in realt '
questo non sia, e la ragione la corrispondenza di numero e
, ,
velocit rispetto ai B; insieme dimostra anche che il

paralogismo sta qui, in quanto aggiunge il come dice; infatti ,
non sta per un tempo uguale lungo ciascuna delle masse che .
si muovono in senso opposto e lungo gli A fissi. possibile, ,
dice Alessandro, che ad avviene che ha percorso tutti gli A , ,
segua rimanendo lungo ciascuno dei B tanto tempo quanto
,
rimane lungo gli A e poi ancora e B lungo la met fino a e , ,

insieme saranno il primo e il primo B agli estremi contrari, ,


e poi di seguito a questo la frase: per il fatto che l'uno e l'altro
stanno per un tempo uguale lungo A.
,
Questo ragionamento estremamente infantile, come dice
, . /
Eudemo, in quanto mostra chiaro il paralogismo: perch ritiene
che masse uguali e dotate di uguale velocit, se l'una si muove
lungo un mosso e l'altra lungo un immobile, si muovano nello
stesso tempo per la stessa distanza, il che chiaramente
assurdo. Infatti ci che si muove in senso contrario con la
stessa velocit si distanzia di un intervallo doppio in quello
stesso tempo in cui ci che si muove lungo masse fisse si
distanzia della met anche quando abbia la stessa velocit. /
29 A 29. ARISTOT. phys. H 5. 250 a 19. Perci non esatto il 29 A 29. ARISTOT. Phys. H 5. 250a 19
ragionamento di Zenone, che fa rumore cadendo ogni particella ,
del grano di miglio. Nulla infatti vieta che essa in nessun tempo
muova quell'aria che invece fa muovere nella sua caduta tutto . Dazu SIMPL.
intiero il medimno. SIMPLIC. phys. 1108, 18. Con ci risolve 1108, 18 [I 254. 30 App.]
anche il ragionamento di Zenone l'eleata che domand a
, .
Protagora il sofista: Dimmi, Protagora, un sol grano o la
" , , ,
decimillesima parte di un grano fanno rumore cadendo?.
;"
Protagora rispose di no. E un medimno di grani, - disse, - fa " , ,
rumore cadendo o no?. Protagora rispose che il medimno
;"
faceva rumore. E che - disse Zenone - non c' una proporzione " , ,
tra un medimno di grani e un grano solo o la decimillesima

parte di un grano solo?. Quegli rispose che c'. E che - disse ;" " , ,
Zenone - non ci sar anche tra i suoni la stessa proporzione?
[I 255. 5]
Infatti la proporzione che c' tra i corpi sonori ci deve anche
; ,
essere tra i suoni. Se cos , dato che un medimno di grano fa , ,
rumore, far rumore anche un sol grano e la decimillesima
".
parte di un grano. Tale l'impostazione che dava Zenone al .
ragionamento.
29 A 30. AT. I 7, 27 [Dox. 303]. Melisso e Zenone
29 A 30. AT. I 7, 27 (D. 303)
[dissero che dio] l'uno e il tutto e che solo eterno e
[sc. ] .
infinito l'uno.
B. FRAMMENTI
[I 255. 10 App.] B. FRAGMENTE
SULLA NATURA

29 B 1. SIMPL. Phys. 140, 34 [nach B 3]


[nmlich ]
. ' ,
' ', [I 255. 15 App.] ' ,

.
Se esiste, necessario che ciascuna cosa abbia una certa
. .
grandezza e spessore e che in essa una parte disti dall'altra. Lo
stesso ragionamento vale anche della parte che sta innanzi: anche
[I 255. 20 App.]
questa infatti avr grandezza e avr una parte che sta innanzi.
Questo vale in un caso come in tutti i casi: nessuna infatti di tali . ,

parti sar l'ultima e non possibile che non ci sia una parte a
, '.
precedere l'altra38*. Cos, se sono molti, necessario che essi
siano piccoli e grandi: piccoli fino a non avere grandezza, grandi
fino ad essere infiniti.
29 B 2. SIMPLIC. phys. 139, 5. Nel suo scritto, che contiene
29 B 2. SIMPL. Phys. 139, 5
molte argomentazioni, mostra in ciascuna di esse che colui che ' ,
sostiene l'esistenza della molteplicit viene ad ammettere tesi
[I 256. 5]
contraddittorie. Una delle argomentazioni quella nella quale
, " ,
mostra che se c' il molteplice, questo molteplice grande e

piccolo: grande fino ad essere infinito in grandezza, piccolo fino , " [B 1].
a non avere grandezza di sorta [B 1]. In questa argomentazione ,
poi mostra che ci che non possiede n grandezza n spessore n , ' . [I 256. 10 App.] '
29 B 1. SIMPLIC. phys. 140, 34 [dopo B 3]. Quanto all'infinit
per la grandezza la mise in evidenza prima con la stessa
argomentazione. Dopo aver in precedenza mostrato che qualora
l'essere non avesse grandezza neppure sarebbe [B 1], aggiunge:

massa alcuna neppure esiste. Dice:


, , ,
Se infatti venisse aggiunto a un altro essere non lo renderebbe per , ,
nulla maggiore. Difatti, non avendo esso grandezza alcuna,
.
quando venga aggiunto non possibile che nulla aumenti in
.
grandezza. E cos senz'altro ci che venne aggiunto non sarebbe , [I 256. 15 App.]
nulla. Se poi, quando venga sottratto, l'altro essere non diventer ,
per nulla minore, e neppure, d'altro canto, quando quello venga .' [I 257. 1 App.]
aggiunto questo diventer maggiore, chiaro che non era nulla n , '
ci che venne aggiunto n ci che venne sottratto.

E questo Zenone non lo dice per negare l'uno, ma perch ognuno '
dei molti e infiniti ha grandezza per la ragione che davanti alla
parte che prendiamo vi sempre qualcosa per via della divisione .
all'infinito. Il che egli sostiene dopo aver mostrato che nulla ha
grandezza con l'argomento che ciascuno dei molti identico a s
e uno.
29 B 3. SIMPLIC. phys. 140, 27. A che scopo tante parole dal 29 B 3. SIMPL. Phys. 140, 27 [I 257. 5 App.]
momento che tutto questo si trova anche nello scritto di
,
Zenone? Infatti, venendo a mostrare che se sono molti sono
; , ,
insieme limitati e illimitati, dice letteralmente:
,
.
Se gli enti sono molti necessario che siano tanti quanti sono e
non pi n di meno. Ma se sono tanto quanti sono saranno
' , [I
limitati.
258. 1] .
Se gli enti sono molti sono infiniti: sempre infatti in mezzo agli , .
enti ve ne sono altri e in mezzo a questi di nuovo degli altri. E ,
in tal modo gli enti sono infiniti.
,
. [I 258. 5] '.
E cos mette in evidenza mediante la dicotomia l'infinit per il
numero.

.
29 B 4. DIOG. LAERT. IX 72. Zenone nega il movimento
29 B 4. DIOG. IX 72 .
dicendo:
' [Pyrrhoneer]
. . . . "
Ci che si muove non si muove n in quel luogo in cui , n in ' [I 258. 10]
' ".
quello in cui non .
Fge auf Grund von Calogeros Darlegung Studi sull. El. S.
93ff. hinzu: 5. SIMPL. Phys. 562, 3
"
,
, ,
' [I 498. 10] .'
Vgl. A 24.

30. MELISSO

30 [20]. MELISSOS [I 258. 11 App.]

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

30 A 1. DIOG. LAERT. IX 24. Melisso, figlio di Itagene, di


30 A 1. DIOG. IX 24 .
Samo. Fu scolaro di Parmenide. (Per frequent anche
. (
Eraclito, e in questa occasione lo rivel agli Efesii che lo

ignoravano,1* cos come Ippocrate rivel agli Abderiti
, [I 258. 15]
Democrito.) Fu anche uomo politico e godette il favore dei suoi ).
concittadini; per cui, eletto navarca, anche pi fu oggetto di

ammirazione per il suo coraggio.
.
Pens che il tutto fosse infinito e immutabile e immobile e uno,
omogeneo in se stesso e pieno; che il moto non esiste, ma

soltanto un'apparenza. Afferm che sugli di non bisogna
, . [I 258. 20]
pronunciarsi, perch di essi non possibile conoscenza.2*
.
Apollodoro [F.Gr.Hist. 244 F 72 II 1040] dice che fior
' [F.Gr.Hist. 244 F 72 II 1040]


[444-41]. Vgl. EUSEB. ol. 84, 1.
30 A 2. SUID. s. v. ...
.
. [I 258. 25]

,
[444/1].
30 A 3. PLUTARCH. Pericl. 26-27. (26) Dopo che egli
30 A 3. PLUTARCH. Pericl. 26ff. (26) [I 259. 1]
[Pericle] fu salpato, Melisso, figlio di Itagene, filosofo, allora a [Perikles] ,
capo delle forze di Samo, spregiando o l'esiguo numero delle ,
navi o l'imperizia dei capi, convinse i cittadini ad attaccare gli ,
Ateniesi. Impegnatasi la lotta i Samii riportarono la vittoria e .
fecero molti prigionieri e distrussero molte navi, cosicch
[I 259. 5]
furono padroni del mare e poterono procurarsi il necessario alla
guerra che prima non avevano. Aristotele dice [fr. 577 Rose;
dalla Costituzione dei Samii] che Pericle stesso era stato in
.
precedenza sopraffatto da Melisso. I Samii impressero sulla
[fr. 577 aus d. ]
fronte dei prigionieri Ateniesi l'impronta della civetta,
.
ricambiando oltraggio con oltraggio; infatti gli Ateniesi

avevano impresso sulla fronte dei Samii una samena... Si dice [I 259. 10]
che a tali impronte alludano le parole di Aristofane: E' il
...
popolo dei Samii. Quanto letterato! [ARISTOT. ivi, fr. 575 " -
Rose]. (27) Pericle dunque, venuto a conoscenza della sciagura " [ARISTOT. a. O. fr. 575]. (27) '
dell'armata, port immediatamente aiuto, e, sopraffatto Melisso
che gli si era contrapposto e messi in fuga i nemici, subito

circond di un muro la citt, perch preferiva vincere e

prenderla con tempo e con spesa piuttosto che con ferite e con ,
pericolo dei concittadini... (28) Nel nono mese [estate del 440] [I 259. 15 App.]
i Samii si arresero e Pericle distrusse le mura, cattur le navi e ... (28)
inflisse una grave multa, di cui una parte fu dai Samii pagata [Sommer 440]
subito e l'altra pattuirono, dietro cessione di ostaggi, di pagarla
entro un tempo determinato. Duride di Samo [F.Gr.Hist. 76 F , , '
67 II 154] esagera molto nel raccontare queste cose accusando .
Pericle e gli Ateniesi di grande crudelt, della quale non
' [F.Gr.Hist. 76 F 67 II 154]
parola n in Tucidide [I 117] n in Eforo [F.Gr.Hist. 70 F 195 [I 259. 20]
II 98] n in Aristotele [fr. 578 Rose]. Cfr. PLUTARCH.
, [I 117]
Themist. 2. Eppure Stesimbroto [F.Gr.Hist. 107 F 1 II 516]
' [F.Gr.Hist. 70 F 195 II 98] '
dice che Temistocle ascolt Anassagora e fu assiduo presso
[fr. 578] . Vgl. THEMIST. 2
Melisso il fisico, commettendo un errore di cronologia. Infatti [F.Gr.Hist. 107 F 1 II 516]
fu contro Pericle - che era molto pi giovane di Temistocle -
che all'assedio di Samo Melisso fu stratego, e fu con Pericle
, .
che Anassagora ebbe dimestichezza [cfr. adv. Col. 32 p. 1126 , , [I 259.
B; AELIAN. var. hist. VII 14].
25] ,
. Vgl. adv. Col. 32 p. 1126 B.
AELIAN. V. H. VII 14.
OPERA
SCHRIFT
[Cfr. A 2]
[vgl. 30 A 2]
nell'84.a olimpiade [444-13*]. Cfr. EUSEB. chron. ol. 84, 1. E'
in fama Melisso il fisico.
30 A 2. SUID. s. v. ... Contemporaneo di
Zenone l'eleata e di Parmenide. Scrisse Dell'essere e avvers la
politica di Pericle e a capo dei Samii combatt una battaglia
navale contro Sofocle il tragico, nell'84.a olimpiade [444-1].

30 A 4. SIMPLIC. phys. 70, 16. Il titolo che Melisso pose al


suo libro Della natura o dell'essere. SIMPLIC. de cael. 557,
10. Se il titolo che Melisso pose al suo libro Della natura o
dell'essere, chiaro che ritenne che la natura fosse l'essere.
GALEN. de el. sec. Hipp. I 9 [I 487 Khn. Cfr. 24 A 2]; in
Hipp. de nat. hom. XV 5 [= C.M.G. V 9, 1 p. 5, 11].
DOTTRINA

30 A 4. SIMPL. Phys. 70, 16 .


[I 259. 30
App.] .,
. GALEN. de el. sec. Hipp. I 9 (I 487 K.,
54, 19 Helmr. Vgl. 24 A 2); in Hipp. de nat. h. XV 5 = C.M.G.
V, 9, 1 p. 5, 11.
LEHRE

30 A 5. ARISTOT. de M. X. G. c. 1-2 ed. Diels [cfr. lo scritto


di Aristotele Della dottrina di Melisso, un libro (DIOG.

30 A 5. ARISTOT. q. f. de Melisso Xenophane Gorgia c. 1-2


nach d. Ausg. von Diels [I 259. 35] Abh. d. Berl. Ak. 1900 [vgl.

LAERT. V 25)].
des Aristoteles Schrift DIOG. V 25].
c. 1. (1) Dice che se qualcosa esiste eterna, dato che nulla pu
nascere dal nulla. Sia infatti che tutte le cose siano nate, sia che
[] [974a. 1 App.]
siano nate solo in parte, l'un caso e l'altro impossibile,
giacch esse nascendo nascerebbero dal nulla. Infatti, se
Ed. Bekker 974a
nascono tutte, nulla esisterebbe in precedenza; se, esistendo
c. 1. (1) ,
alcune cose, ad esse se ne aggiungessero sempre delle altre,

l'essere diventerebbe pi e maggiore: ma ci per cui
[I 259. 40] ,
diventerebbe pi e maggiore nascerebbe dal nulla, perch nel . [974a. 5 App.]
meno non c' il pi come nel minore non c' il maggiore. (2) '
Dal momento poi che eterno, infinito perch non ha
,
principio da cui sia nato, n termine in cui divenendo sia una ,
volta venuto a termine. (3) Se tutto e infinito uno: se
, '
infatti fosse due o pi essi avrebbero limite gli uni negli altri. , . (2) ,
(4) Se uno del tutto omogeneo: se infatti non fosse
[974a. 10 App.] ,
omogeneo essendo molteplice non sarebbe pi uno, ma molti. . (3)
(5) Se eterno e infinito e del tutto omogeneo, l'uno
, '
immobile; infatti non pu essere mosso se non procede verso . (4)
qualche cosa: ma necessario che proceda o andando nel pieno , , . (5)
o andando nel vuoto, dei quali l'uno non lo pu accogliere,
[974a. 15 App.]
l'altro non nulla. (6) Tale essendo l'uno, non soffre n dolore
n pena ed sano e privo di mali e non assume un'altra
.
disposizione nelle sue parti, n cambia aspetto n si mescola ad [
altro: infatti per tutto questo l'uno diventerebbe per forza
], [ ]. (6)
molteplice e dovrebbe formarsi il non essere e l'essere

dovrebbe distruggersi; ma tutto ci impossibile. (7) Infatti, se [974a. 20 App.]
con la parola mescolarsi si vuol dire che l'uno deriva dai molti,
le cose sarebbero molte e si muoverebbero le une nelle altre e
inoltre la mescolanza sarebbe o una riunione dei molti in uno o,
mediante disposizione alternata, una sovrapposizione degli
. (7)
elementi della mescolanza. Ora, nel primo caso si vedrebbe che , [974a. 25 App.]
la mescolanza formata di elementi separati, nel caso invece ,
della sovrapposizione, mediante sfregamento si vedrebbe,

togliendo sempre la parte superficiale, la disposizione a strati
della mescolanza. Invece non si verifica n l'una n l'altra
, '
alternativa. (8) In questi modi soltanto egli riteneva che le cose
potessero essere molte e tali apparire a noi, cosicch, siccome [974b. 1 App.] '
cos non possibile, neppure possibile che le cose siano
. (8)
molte, ma tali appaiono non rettamente. Ci si presentano infatti
anche molte altre apparenze per via dei sensi; invece il
. ,
ragionamento non pu ammettere n che queste cose
, [974b. 5 App.]
avvengano, n che l'essere sia molteplice, ma dimostra al
.
contrario che uno e eterno e infinito e del tutto omogeneo
[] ' ' ' ,
esso stesso con se stesso. (9) Ora, vero o no che bisogna
, ,
innanzi tutto non cominciare con l'accogliere ogni opinione, ma . (9) '
quelle che sono pi salde di ogni altra? Allora se tutte le
, '
opinioni non sono rette, neppure forse conviene accettare
[974b. 10 App.] ; '
questa convinzione, che mai nulla pu venire dal nulla.
,
Anche questa infatti una opinione, e precisamente una di
,
quelle non rette che noi abbiamo formulato in termini assoluti . ,
sulla base di certe esperienze di molti casi particolari. (10) Ma ,
se le cose che ci appaiono non sono tutte false, ma ci sono
. (10) [974b. 15 App.]
anche tra queste delle rette opinioni, queste appunto bisogna
,
accogliere dopo aver mostrato o che sono tali o che sono quelle , , ,
che pi di ogni altra sembrano rette; ed esse saranno per forza ,
sempre pi salde che non quelle che dovranno essere ammesse
partendo da quei ragionamenti. (11) Infatti, se anche ci fossero . (11)
due opinioni tra loro contrarie, come egli ritiene (se c' la
[974b. 20 App.] , ( ,
molteplicit dice che necessario che essa derivi dal non

essere; se questo non possibile gli enti non sono molti: infatti , ,

, . ' , ),
se qualcosa esiste essendo ingenerato infinito: ma se cos

anche uno), quando venga da noi attribuito all'una e all'altra


premessa lo stesso grado di credibilit, non si dimostra per , , .
nulla pi che sia uno piuttosto che molti. Se invece una delle [974b. 25 App.] ,
due pi sicura le sue conseguenze sono pi dimostrate. (12) . (12)
Ora, noi ci troviamo ad avere l'una e l'altra di queste opinioni: [974b. 27] ,
che nulla pu venire dal nulla e che gli enti sono molteplici e ' [] [974b. 27a]
[] .
mossi. Delle due questa la pi credibile, e con maggiore
,
facilit che non quella tutti ammetterebbero quest'opinione.
. ' [975a. 1]
Cosicch anche concessa la contraddittoriet delle due
,
proposizioni e che sia impossibile la nascita dal non essere e
che le cose non siano molte, le due tesi verrebbero a confutarsi , '
. (13) ;
a vicenda. (13) Ma che ragione c' di preferire la tesi di
Melisso? Certo si potrebbero anche portare degli argomenti in . [975a. 5
App.] , ' ,
contrario. Perch argomenta senza mostrare che retta
opinione quella dalla quale parte, e senza assumere qualcosa di , .

pi saldo della tesi che confuta. Infatti si pi inclinati a
. (14)
ritenere verosimile la nascita dal non essere che non la
negazione della molteplicit. (14) Si sostiene vigorosamente in ,
, [975a. 10] ,
favore di questa tesi e che ci che non nasce e inoltre che
. (15) '
molte cose nascono da ci che non , e questo l'ha detto non
della gente qualsiasi, ma anche alcuni di coloro che vengono ' , , ,
giudicati sapienti. (15) Per esempio, Esiodo dice [theog. 116, , '
, ' [Theog. 116. 117.
117, 120]:
Di ogni cosa primo fu il Caos, poi la terra dall'ampio petto di 120]. ' ,
.
ogni cosa sede eternamente inconcussa, ed Eros che tra tutti gli
[975a. 15] ,
immortali si distingue.
, [975a. 16 App.]
E dice che le altre cose sono nate da questo, ma questo dal
nulla. Ci sono anche molti altri che sostengono che nulla , ma . [975a. 16a]
che tutto diviene, affermando con questo che ci che diviene . ,
.
non viene dall'essere: difatti, in caso diverso non potrebbero
pi affermare che tutto diviene. Cosicch questo chiaro che c. 2. (1) ' , ,
alcuni almeno pensano che ci sia anche nascita dal non essere. , ,
[975a. 20 App.] ,
c. 2. (1) Non il caso di lasciar da parte se quello che dice
possibile o impossibile e di indagare invece se conseguenza ; ' . (2)
rigorosa delle premesse o se nulla vieta che la cosa stia anche , ,
, ,
in altro modo? Giacch par proprio che si tratti di indagini
diverse. (2) E posta come premessa quella che egli assume, che ,
nulla cio possa venire dal non essere, proprio necessario che ; (3) [975a. 25 App.] ,
tutto sia ingenerato, o nulla impedisce che una cosa sia nata da ,
; (4)
un'altra e che tale processo vada all'infinito? (3) O si d una
reversione circolare per cui una cosa nata da un'altra di modo
,
che cos sempre esiste qualche cosa in precedenza e le cose
[975a. 30 App.]
derivano ininterrottamente le une dalle altre? (4) In questo
.
modo si renderebbe possibile il generarsi di tutte le cose pur
restando fermo il principio che nulla viene dal nulla, e, posto . ,
, . (5)
che siano infinite, nulla impedisce di attribuire loro quei
predicati che secondo Melisso accompagnano l'uno. All'infinito , , ,
; [975a. 35
infatti anche lui applica i predicati: tutte le cose ed:
App.] . , , ,
detto tutte le cose. E d'altra parte nulla vieta, se non sono
, ,
infinite, che la loro genesi si svolga in circolo. (5) Inoltre, se
. (6)
tutte le cose divengono e nulla come dicono alcuni, come
[ ] ,
potrebbero essere eterne? Perch il fatto di avere una
determinazione implica l'esistenza e la stabilit. Se infatti - dice , ' ,
[31 B 12] ; [975b. 1 App.]
- non nacque ma , deve essere eterno, in quanto ritiene che
, "
l'essere appartenga necessariamente alle cose. (6) Inoltre, se
,
anche di necessit il non essere non pu nascere, n l'essere
perire, tuttavia che cosa impedisce che alcune delle cose siano , ' , ",
generate e le altre eterne, come dice anche Empedocle [31 B , [975b. 5
App.] , '
12]? Difatti, bench egli sia d'accordo in tutto questo, che

. (7) , ,
nascita dal non essere non possibile, e che l'essere perisca , "
ineffettuabile e inattuabile, perch si deve essere sempre dove ' "
poter sempre poggiare, tuttavia degli enti alcuni dice che sono [B 8, 3-4]. (8)
, [975b. 10 App.]
eterni (e cio fuoco acqua terra e aria) e che gli altri invece
nascono e sono nati da questi. (7) Giacch, egli pensa, non vi . , , "
" [31 B 17, 32];
altra generazione degli esseri, ma solo mescolanza e
spostamento nella mescolanza; nascita solo un termine usato
dagli uomini [B 8, 3-4]. (8) Il nascere, per le cose eterne e per ,
, [975b. 15 App.]
l'essere, dice che non avviene secondo la sostanza, dal
,
momento che questo appunto riteneva impossibile; come
infatti, dice, qualcosa potrebbe accrescere il tutto? e di dove . (9) ,
, ,
verrebbe [31 B 17, 32]? Invece con la mescolanza e la
combinazione del fuoco e degli altri elementi nascono le cose
, ,
molteplici, con lo spostamento e la separazione di nuovo si
[975b. 20 App.] '
corrompono. Esse sono molteplici per mescolanza, ma per
. (10)
natura sono quattro (escluse le cause agenti) oppure uno. (9)
Oppure, se anche fossero senz'altro infiniti gli elementi con la ,
cui composizione si d nascita e dalla cui scomposizione si d ,
morte, come si dice che abbia sostenuto anche Anassagora che , , , ,
[975b. 25 App.] ,
ci che nasce nasce da elementi che sempre sono e sono
,
infiniti, anche cos non sarebbero eterne tutte le cose; ma
,
alcune cose nascerebbero da altre che sono e si
corromperebbero in altre sostanze. (10) Inoltre nulla impedisce , . (11)
, ,
che il tutto abbia un solo aspetto determinato, come dicono
anche Anassimandro e Anassimene, - l'uno sostenendo che il . (12) [975b. 30]
,
tutto acqua, l'altro, Anassimene, che aria - e quanti altri
hanno ritenuto che fosse uno il tutto, e che esso mediante figura ,
e quantit maggiore e minore e divenendo raro o denso, possa ;

costituire molte e anzi infinite cose che sono e che nascono.
(11) Anche Democrito dice che l'acqua e l'aria e ciascuna delle [975b. 33a App.] , '
cose molteplici, pur essendo una stessa cosa, differiscono per ' ;
forma. (12) Che cosa allora impedisce che anche il molteplice (13) [975b. 35 App.] ,
nasca e perisca cos, con la trasformazione dell'uno, dall'essere , ;
sempre nell'essere, mediante le differenziazioni sopra dette e , ,
senza che il tutto diventi per nulla maggiore o minore? Inoltre . (14)
che cosa mai impedisce che i corpi nascano da altri corpi e si ;
, [976a. 1 App.]
dissipino in corpi e cos sempre dissolvendosi, nella stessa
. , ,
maniera, di nuovo nascano e periscano? (13) Ma se anche si
, , ,
accettassero queste sue affermazioni e l'essere fosse e fosse
; (15)
ingenerato, un argomento questo a favore dell'infinit?
Perch dice che infinito, se e non nato, giacch principio e , [976a. 5]
,
fine sono i limiti del crescere. (14) Tuttavia, da quanto si
detto, che cosa impedisce che essendo ingenerato abbia limite? ; ,
,
Qualora infatti fosse nato egli ritiene che avrebbe quel
" ,
principio dal quale ha cominciato a nascere; che cosa
impedisce che abbia un principio anche se non nato, non gi
certo un principio da cui sia nato, ma un altro e che gli enti pur [976a. 10 App.] " [28 B 8, vv. 43essendo eterni si limitino reciprocamente? (15) Inoltre che cosa 45]. (16) , ,
, , , ,
impedisce che il tutto ingenerato sia infinito, e che invece le
cose che in lui nascono siano limitate, avendo principio e fine , . (17)
(
del loro nascere? Ancora, come anche dice Parmenide, che
[976a. 15 App.]
cosa impedisce che il tutto pur essendo uno e ingenerato, sia
anche da ogni parte simile etc. [28 B 8, vv. 43-45]. (16) Dal ,
), '
momento che ha mezzo e estremi, ha limite pur essendo
ingenerato, dal momento che se anche, come dice egli stesso, , , ,
. (18)
uno e quest'uno corpo, ha in se stesso delle parti che per
sono tutte uguali. (17) E infatti in questo senso dice che il tutto ,
uguale, non nel senso che uguale ad altra cosa ( concetto [976a. 20 App.] .
confutato da Anassagora questo che l'infinito uguale: infatti . (19)
, ;
ci che uguale uguale ad altro, cosicch l'essere essendo

, , '
. , '
due o pi non sarebbe n uno n infinito), ma forse vuole
indicare l'uguaglianza di s con s e dice che il tutto uguale in , ' [976a. 25 App.] (
),
s perch costituito di parti uguali, cio che tutto acqua o
' , ' '
terra o altra cosa del genere. (18) chiaro infatti che egli
,
ritiene che l'essere sia uno in questo senso e allora ciascuna
delle parti essendo corpo non infinita: infinito infatti il tutto. ' . (20)
,
Di modo che queste parti si limitano le une con le altre pur
[976a. 30 App.] ;
essendo ingenerate. (19) Inoltre, se eterno e infinito come
potrebbe essere uno, dal momento che corpo? Se infatti fosse ; (21)
una delle cose non omogenee sarebbe molti ed egli stesso lo ; [21 A 47]
.
riterrebbe tale; se invece tutto acqua o tutto terra o quella
qualunque cosa che questo essere , avrebbe molte parti (anche
, [976a. 35
Zenone si d a dimostrare che cos ci che uno in questo
modo); ci sarebbe dunque in lui una certa molteplicit di parti, App.] , "
le une pi grandi e <le altre> pi piccole tra di loro, di modo ,
, "
che in tal modo l'essere sarebbe del tutto diverso senza
aggiunzione n sottrazione di altri corpi. (20) Se poi non ha n [31 B 39]. (22) ,
corporeit n lunghezza n larghezza di sorta, come l'infinito . [976b. 1 App.]
sarebbe uno? Che cosa impedisce che esseri di tal sorta siano ,
, . (23)
molti, innumerevoli? (21) Inoltre che cosa impedisce che
, , ,
essendo pi di uno siano infiniti per grandezza? Cos anche
Senofane [21 A 47] dice che infinita la profondit della terra . [976b. 5
e dell'aria. Tale atteggiamento indicato anche da Empedocle: App.] ,
, ( '
infatti, come se alcuni sostenessero questa tesi, egli fa il
rimprovero che impossibile che essendo molteplici possano ,

essere infiniti [31 B 39]:
), '
Se proprio infinita la profondit della terra e copioso l'etere, . (24) ,
parole dette alla leggera che sono sfuggite dalla bocca di molti
[976b. 10 App.] [] ,
mortali che poco hanno visto del tutto.
; ** (25) ,
, ;
(22) Inoltre, se anche uno, non c' niente di strano se non in ' ,
tutto omogeneo. Se infatti tutto acqua o fuoco o un altro
. (26)
qualsiasi degli elementi, nulla vieta che si attribuiscano a ci , ' [976b. 15 App.] ,
che uno pi forme ciascuna per s simile a se stessa. (23) Poi , '
nulla vieta che l'essere per una parte sia rado e per l'altra denso, ,
pur non essendoci il vuoto nel raro. Infatti nel raro non che ci
sia in alcune parti separatamente a s il vuoto, in modo che una , . (27)
parte del tutto sia densa e l'altra non densa (ci che in
, .
quest'ultimo modo, questo gi rado), ma essendo tutto
[976b. 20 App.]
ugualmente pieno ugualmente meno pieno del denso. (24)
,
Ancora, se anche esiste ed ingenerato, e con ci fosse posta ,
la sua infinit e l'impossibilit di mutarsi, perch anche lo si
. (28)
dovrebbe dichiarare senz'altro uno e immobile? *** (25) Dice
che immobile se il vuoto non esiste: tutto infatti si muove per , , " cambiamento di luogo. (26) Innanzi tutto, molti non son
()
convinti di questo, ma ritengono che ci sia un vuoto; non gi, [976b. 25 App.] ' ;" [31
beninteso, che ritengano che esso sia un corpo, ma nel senso di B 14] , ' ,
Esiodo, quando dice che nella genesi fu primo il caos,
", , " [31 B 13].
esprimendo l'esigenza che prima vi debba essere uno spazio per (29)
gli enti; tale anche il vuoto, un recipiente, per cos dire, di
, ,
cui ricerchiamo il contenuto. (27) Ma anche ammesso che ; (30) [976b.
non ci sia il vuoto, nondimeno pu esserci il movimento.
30 App.]
Difatti anche Anassagora, trattando l'argomento del vuoto e
, ' ,
non bastandogli di affermare soltanto che non esiste, dice
,
nondimeno che gli enti si muovono pur non esistendo il vuoto. ;
(28) Analogamente anche Empedocle sostiene che gli enti

sempre si muovono separandosi continuamente per tutto il
. [976b. 35 App.] (31) ' '
tempo, ma che non esiste il vuoto, dicendo cos: Nel tutto
[' ] ' (' ,
non vi vuoto alcuno: di dove dunque qualcosa potrebbe

), , ' , ' . ' '


' .
sopravvenire? [31 B 14]. E quando il tutto sia adunato in
'
un'unica forma, in modo da essere uno: Nulla - dice - il
, [977a. 1 App.]
vuoto, n lo strapieno [31 B 13]. (29) Che cosa infatti
impedisce che si muovano gli uni verso gli altri e che ciascuno , ,
prenda il posto di un altro, e questo quello di un altro e un altro '
, ,
il posto del primo, in un movimento continuo? (30) Quel
cambiamento di aspetto che si compie rimanendo la cosa nello .
(32) ' [977a. 5 App.]
stesso luogo e che gli altri e lui stesso chiamano alterazione,
,
che cosa, di quanto ha detto, gli impedisce di attribuirlo alle
cose, quando, per esempio, dal bianco viene il nero e dal dolce , '
l'amaro? Giacch non vieta per nulla la trasformazione il fatto , '
'
che non esiste il vuoto e che il pieno non d ricetto. (31)
Cosicch non necessario n che sia tutto quanto eterno n
infinito n uno n uguale n immobile; e questo, tanto se uno,

quanto se una molteplicit qualsiasi. Posto questo, nulla di


. [977a. 10 App.] ' .
quanto egli dice vieta che l'essere cambi disposizione o si
[] ,
alteri: nell'ipotesi che sia uno il tutto, essendoci il moto, col
.
diversificarsi mediante il pi e il meno e con l'alterarsi pur
senza che gli si aggiunga un corpo o gli si sottragga;
nell'ipotesi che sia molti, con l'unione e la disunione dei molti
gli uni con gli altri. (32) Infatti non verisimile che la
mescolanza sia n quella sovrapposizione n quella
composizione che dice, in modo che i componenti siano
senz'altro distinti o anche, mediante raschiamento, quei
componenti che stanno davanti ad altri diversi appaiono distinti
da questi. E' verisimile invece che gli elementi siano collocati
nella sintesi in modo che ciascuna particella di ci che entra
nella mescolanza sia unita ad ogni particella a cui viene
mescolata, in modo tale che non si possano individuare nella
composizione, ma solo mescolate, e neppure vedere quanto
siano numerose le parti. Difatti, dal momento che non c' un
corpo minimo, ogni parte si mescola ad ogni parte allo stesso
modo che il tutto.
30 A 6. HIPPOCR. de nat. hom. 1 [IV 34]. Pare a me che
30 A 6. HIPP. de nat. hom. 1 [IV 34 L.] [I 266. 1 App.] '
questi uomini si confutino tra di loro nei nomi delle tesi stesse
per inintelligenza e che vengano a dar ragione alla tesi di
.
Melisso. GALEN. de nat. hom. [C.M.G. V 9, 1 p. 17, 16].
, . GAL. CMG V
chiaro che in tutto questo passo si oppone a coloro che
9, 1 p. 17, 16
ritengono che l'uomo sia uno solo dei quattro elementi e dice [I 266. 5 App.]
che si sbagliano. Non dice infatti che non dimostrano nulla, ma .
che la loro tesi era straordinariamente inverosimile. Infatti non , '
riescono a dimostrare che l'uomo uno dei quattro elementi e
danno invece ragione alla tesi di Melisso, che anche lui
,
riteneva che uno fosse l'uomo, ma non uno tra gli elementi,
,
cio di aria e terra, di acqua e fuoco. Pare che quest'uomo abbia ' ,
pensato che esistesse una sostanza comune sottostante ai
.
quattro elementi, ingenerata e imperitura, che dopo di lui fu
[I 266. 10]
chiamata materia, che per non abbia saputo dichiarare questo , , '
con nettezza. E cos questa sostanza la chiama l'uno e il tutto. ,
. '
.
30 A 7 . ARISTOT. metaph. A 5. 986 b 25. Costoro dunque, 30 A 7 . ARISTOT. metaph. A 5. 986 b 25 ,
come dicemmo, sono da lasciar da parte ai fini della nostra
, ,
presente ricerca. Due di essi poi del tutto in quanto sono un po' , [I
troppo rozzi, e cio Senofane e Melisso [28 A 24]. ARISTOT. 266. 15] .,
phys. A 3. 186 a 6. Perch l'uno e l'altro, sia Melisso che
. [28 A 24]. ARIST. Phys. A 3. 186 a 6
Parmenide, fanno dei ragionamenti eristici: infatti le loro
, .
premesse sono false e le deduzioni arbitrarie. Ma pi

grossolano e di facile soluzione quello di Melisso: posta
' , '
arbitrariamente una cosa il resto vien dietro; in questo modo '

assai facile.
.
30 A 8. ARISTOT. phys. 6. 213 b 12. Melisso dimostra
30 A 8. ARIST. Phys. 6. 213 12 [I 266. 20] .
anche che tutto immobile con questo argomento: se si

movesse necessario, dice, che ci sia vuoto: ma il vuoto non , , , ,
uno degli enti. ARISTOT. de gen. et corr. A 8. 325 a 2. Ad
. ARISTOT. de gen. et corr. A 8. 325 a 2
alcuni degli antichi infatti parve che l'essere fosse di necessit
uno e immobile. Infatti il vuoto non esiste e non c' il moto se , '
non c' distinto e separato dal resto il vuoto. E neppure pu
. '
darsi che l'essere sia molteplice se non c' qualcosa che separi. . ' [I 267. 1]
Non fa differenza ritenere che il tutto non sia continuo ma che , '
essendo differenziato sia contiguo, dal dire che molteplice e ,
non uno e vuoto. Se infatti interamente divisibile, nulla uno, . , ,
cosicch neppure molteplice e il tutto sar vuoto. Se invece , , ,
per certe parti divisibile e per certe parti no, in questo caso
'
pare di trovarsi di fronte a una fantasticheria. Fino a che punto [I 267. 5 App.] ,
infatti e perch una parte dell'essere cos ed piena e l'altra ; '
invece distinta? Inoltre in ogni caso necessario dire che il .
movimento non c'. Per questi argomenti dunque procedendo
oltre la sensazione e tenendola in nessun cale in quanto si deve ,
seguire il ragionamento, dicono che l'essere uno e immobile e . Vgl. 28 A
alcuni che infinito: difatti il limite limita verso il vuoto [cfr. 25.
28 A 25].
30 A 9. CICER. ac. pr. II 37, 118. Melisso [dice] che ci che 30 A 9. CIC. Acad. II 37, 118 M. hoc quod esset infinitum et
infinito sempre stato e sempre sar anche immutabile. AT. inmutabile et fuisse [I 267. 10] semper et fore. AT. II 1, 2 (s.
II 1, 2 [ cfr. 28 A 36]. I 3, 14 [THEODORET. IV 8; Dox. 285]. I 224, 1). I 3, 14 [THEODORET. IV 8; D. 285]. .
Melisso di Mileto figlio di Itagene, fu suo [di Parmenide]
(so!) [Parmenides]
scolaro. Non mantenne per inalterato l'insegnamento ricevuto: ,
infatti egli disse che il mondo infinito mentre quelli dicevano .
che era finito.
. AT. II 6 (D. 328)
AT. II 6 [Dox. 328]. Diogene e Melisso dicono che il tutto . ,
infinito e che il mondo invece ha limite. AT. II 4, 11 [cfr. 28 . AT. II 4, 11 s. I 224, 1.
A 36].
30 A 10. ARISTOT. soph. el. 5 167 b 13. Per esempio il
30 A 10. ARISTOT. Soph. el. 5. 167 b 13 [I 267. 15]
ragionamento di Melisso sull'infinit del tutto, che assume che , ,
il tutto sia ingenerato (infatti nulla pu esser nato dal non
( ),
essere) e che d'altra parte ci che nato nato da un principio. . ,
Se dunque non nato, il tutto non ha un principio, dunque
, ' .
infinito. Ma l'argomentazione non rigorosa: infatti, se tutto ,
ci che nato ha un principio, con ci non detto che se
. ARISTOT. Soph. el. 6. 168 b 35
qualcosa ha un principio debba essere nato. ARISTOT. soph. , [I 267. 20]
el. 6. 168 b 35. Come nel ragionamento di Melisso in cui si
,
identifica l'esser nato e l'aver principio o nel ragionamento che . ,
divenir uguali vuol dire assumere la stessa grandezza. Giacch ,
infatti ci che nato ha un principio, stima anche che ci che , . Vgl.
ha principio sia nato, quasi che fossero lo stesso per il fatto di ARISTOT. Soph. el. 28. 181a 27. Phys. A 3. 186a 10.
aver principio ci che nato e ci che limitato [cfr.
ARISTOT. soph. el. 28. 181 a 27 e phys. A 3. 186 a 10; cfr. B
2].
30 A 11. ARISTOT. phys. A 2. 185 a 32. Melisso dice che
30 A 11. ARISTOT. Phys. A 2. 185 a 32 .
l'essere infinito. Dunque l'essere quantit... infatti il
. [I 267. 25] ...
concetto di infinito utilizza la categoria della quantit, ma non , '
quella di sostanza n di qualit [cfr. metaph. A 5. 986 b 18 (21 . Vgl. metaph. A 5. 986 b 18 (21 A 30); Phys. 6.
A 30); phys. 6. 207 9 (28 A 27)].
207 9 (28 A 27).
30 A 12. EPIPHAN. adv. haer. III 2,12 [Dox. 590]. Melisso
30 A 12. EPIPHAN. adv. haer. III 2,12 (D. 590) .
figlio di Itagene, di stirpe samia, disse che uno il tutto, che
,
nulla in natura fisso, ma tutto corruttibile in potenza. AT. I ,
24, 3 [28 A 29].
. AT. I 24, 1 (s. I 223, 10).
30 A 13. AT. I 7, 27 [Dox. 303]. Melisso e Zenone
30 A 13. AT. I 7, 27 (D. 303) [I 267. 30 App.] .
[dissero che dio] l'uno e tutto, e che solo eterno e infinito [sc. ],
l'uno. OLYMPIOD. de arte sacr. [Coll. Alchem. gr. ed. . OLYMPIOD. de arte sacra (Collection des Alchym.

Berthelot] p. 81, 3. Melisso ritenne che il divino fosse unico grecs Berthelot II) p. 81, 3 Ruelle
immobile e infinito principio di tutti gli enti.

.
30 A 14. PHILOD. rhet. fr. inc. 3, 7 [II 169]. E neppure 30 A 14. PHILODEM. Rhet. fr. inc. 3, 7 (II 169 Sudhaus) ...
secondo Parmenide e Melisso che dicono che uno il tutto [I 267. 35]
e per il fatto che le sensazioni sono false. ARISTOCL. ap .
EUSEB. praep. evang. XIV 17, 7. Melisso, volendo
ARISTOCL. b. EUS. P. E. XIV 17, 7 .
mostrare perch dei fenomeni e di queste cose che sono

sotto gli occhi nulla esiste realmente, lo dimostra attraverso ,
i fenomeni stessi. Dice per esempio: Se infatti ... [B 8, 2- ' ... '
3]. A lui che fa queste affermazioni ed altre molte del
[30 B 8, 2. 3].
genere, molto ragionevolmente si potrebbe domandare: E' [I 267. 40] "'
vero o no che lo hai saputo attraverso la sensazione che ci
che ora caldo in seguito questo diventa anche freddo? E ;" .
analogamente per le altre cose. Infatti alle affermazioni che , '
egli fece non si pu arrivare se non negando e confutando . Vgl. AT. IV
le sensazioni in conseguenza di una piena fiducia in esse. 9, 1 [28 A 49].
Cfr. AT. IV 9, 1 [28 A 49].
B. FRAMMENTI
B. FRAGMENTE [I 268. 1]
DELLA NATURA O DELL'ESSERE

30 B 1. SIMPLIC. phys. 162, 24. Anche Melisso adoper questo 30 B 1. [1 Covotti Stud. Ital. VI 217]. SIMPL. Phys. 162, 24
ben noto argomento per dimostrare che l'essere ingenerato. Egli .
scrive:
[I 268. 5 App.]
' . ,
,
Sempre era ci che era e sempre sar. Infatti se fosse nato
necessario che prima di nascere non fosse nulla. Ora, se non era '.
nulla, in nessun modo nulla avrebbe potuto nascere dal nulla.
30 B 2. SIMPLIC. phys. 29, 22; 109, 20.
30 B 2. SIMPL. Phys. 29, 22; 109, 20 ' ,
Dal momento dunque che non nato ed e sempre era e sempre [I 268. 10 App.]
sar cos anche non ha principio n fine, ma infinito. Perch se [ 269. 1 App.] , '
fosse nato avrebbe un principio (a un certo punto infatti avrebbe . ,
cominciato a nascere) e un termine (a un certo punto infatti
( ) (
avrebbe terminato di nascere); ma dal momento che non ha n
)
cominciato n terminato e sempre era e sempre sar, non ha n , [I 269. 5 App.]
principio n termine. Non infatti possibile che sempre sia ci ,
che non esiste tutt'intiero.
'.
30 B 3. SIMPLIC. phys. 109, 29. Con queste parole egli mette 30 B 3. SIMPL. Phys. 109, 29 "
in chiaro che allo stesso modo che dice limitato
" [B 2] ,
sostanzialmente ci che una volta nato [B 2] cos anche
" " ,
dice infinito sostanzialmente ci che sempre :
"' [I 269. 10] ,
Ma come sempre , cos anche deve essere sempre infinito in ".
grandezza.
[vgl. B 10].
Per grandezza per non intende l'estensione spaziale.
30 B 4. SIMPLIC. phys. 110, 2 [dopo B 9]. E all'eternit fece 30 B 4. SIMPL. Phys. 110, 2 [nach B 9]
seguire l'infinit sostanziale con le parole:

Ci che non ha principio e fine di sorta, non n eterno n
'
infinito.
', [I 269. 15 App.]
Cosicch ci che non l'ha infinito.
.
30 B 5. SIMPLIC. phys. 110, 5 [dopo B 4]. Dall'infinit
30 B 5. SIMPL. Phys. 110, 5 [nach B 4]
dedusse l'unit con l'argomento: Se non fosse uno avrebbe
' ,
limite in altro. Eudemo, rimproverando a questo argomento '. [I 270. 1] [fr. 9 Sp.]
una mancata distinzione, dice [fr. 9 Spengel]:
"
, ;
Ammesso che l'essere sia infinito, perch anche uno? Certe , .
[I 270. 5
limitazioni reciproche non ci saranno anche se molteplice.
Infatti il tempo trascorso par bene che sia infinito pur avendo App.] .
, .
limite nel presente. Di conseguenza il molteplice non pu
essere senz'altro infinito in tutti i sensi, ma per un certo verso , , "

pare che lo possa essere. Occorre dunque determinare in che


senso l'essere non pu essere infinito se molteplice.
30 B 6. SIMPLIC. de cael. 557, 14. Infatti, mentre il sensibile 30 B 6. SIMPL. de caelo 557, 14
pare manifestamente esistere, se uno l'essere, non pu oltre di , ,
questo esservi altro. Melisso dice:
. [I 270. 10 App.] . "
Se infatti infinito deve essere uno: perch se fosse due, i due , ,
non potrebbero essere infiniti, ma l'uno avrebbe limite
, ' ",
nell'altro.
' ... ' [28 B 8, 4].
Parmenide: Tutto intiero... ingenerato [28 B 8, 4].
30 B 6 a. G [Dimostrazione che l'essere ].4*
30 B 7. SIMPLIC. phys. 111, 18. Dice dunque Melisso
30 B 7. SIMPL. Phys. 111, 18 ' .
concludendo con queste parole quanto ha detto

precedentemente e introducendo gli argomenti sul movimento: [I 270. 15 App.] (1) "
(1) In questo modo dunque eterno e infinito e uno e uguale . (2) '
tutto quanto. (2) E non pu perire n diventare maggiore n

mutare disposizione, n soffre n prova pena. Perch se fosse ,
soggetto a qualcuna di queste cose, non sarebbe pi uno.
. ,
Infatti, se si trasforma, necessariamente non uguale, ma deve , [I 270. 20]
perire ci che prima era e ci che non deve nascere. Ora, se in , . [I 271. 1 App.]
diecimila anni dovesse trasformarsi di un solo capello, in tutta ,
la durata dei tempi deve andar distrutto totalmente. (3) Ma
. (3) '
neppure che muti disposizione possibile: infatti la

disposizione che c'era prima non perisce e quella che non c' . [ 271. 5 App.]
non nasce. Ma dal momento che nulla n si aggiunge n perisce ,
n diventa diverso, come potrebbe alcunch mutare
;
disposizione? Difatti se una cosa diventasse diversa con ci
, . (4)
sarebbe gi mutata la disposizione. (4) Neppure prova

sofferenza: perch non potrebbe essere tutto se soffrisse; infatti [I 271. 10 App.]
non potrebbe esistere sempre una cosa che soffre e neppure ha ' ,
una forza pari a una cosa sana. Neppure sarebbe uguale, se
,
soffrisse; infatti soffrirebbe o perch qualcosa viene a mancare . (5) ' [I 272. 1
o perch qualcosa sopravviene: e in questo modo non sarebbe App.] ,
pi uguale. (5) Neppure potrebbe ci che sano provar
. (6)
sofferenza: perch perirebbe ci che sano e ci che , e ci . (7)
che non nascerebbe. (6) Ancora, per il provar pena vale la
. [I
stessa dimostrazione che per il soffrire. (7) E non c' vuoto
272. 5]
alcuno: perch il vuoto non nulla: dunque non pu esistere
, . ,
ci che appunto non nulla. Neanche si muove, perch non ha
luogo ove subentrare, ma pieno. Giacch se ci fosse il vuoto . (8) .
subentrerebbe nel vuoto: non essendoci il vuoto non ha dove [I
subentrare. (8) Non pu essere denso o rado, perch non
272. 10 App.] , '
possibile che il rado sia pieno allo stesso modo del denso, ma il . (9)
rado, appunto perch rado, pi vuoto del pieno. (9) Questa
la distinzione che bisogna fare tra pieno e non pieno: se
,
qualcosa fa luogo e d ricetto, non piena, se n fa luogo n d [I 273. 1] , . (10)
ricetto, piena. (10) Cosicch necessario che sia pieno se il , . ,
vuoto non c'. Se dunque pieno non si muove.
.
30 B 8. SIMPLIC. de cael. 558, 19 [cfr. A 14]. Infatti
30 B 8. SIMPL. de caelo 558, 19 [vgl. A 14] [Mel.]
[Melisso], dopo aver detto dell'essere che uno e ingenerato e [I 273. 5 App.]
immobile e non intersecato da alcun vuoto, ma tutto quanto
, '
pieno di essere, aggiunge:
, (1)
, . (2)
, ,
(1) Questo che abbiamo detto dunque massima prova che
l'essere soltanto uno. Ma sono prove anche le seguenti. (2) Se . [I 273. 10 App.]
ci fossero molte cose dovrebbero essere cos come appunto io ,
,
dico che l'uno. Infatti, se c' la terra e l'acqua e l'aria e il
fuoco e il ferro e l'oro e una cosa viva e l'altra morta e nera , ,
, ,
e bianca e quante altre cose gli uomini dicono essere, se
dunque tutto questo esiste e noi rettamente vediamo e udiamo, , [I 274. 1 App.]

,
bisogna che ciascuna di queste cose sia tale quale precisamente , , .
ci parve la prima volta e che non muti n diventi diversa, ma (3)
che ciascuna sempre sia quale precisamente . Ora noi diciamo [ 274. 5 App.]
di vedere udire intendere rettamente. (3) Invece ci sembra che
il caldo diventi freddo e il freddo caldo, il duro molle e il molle
duro e che il vivente muoia e venga dal non vivente e che tutte ,
queste cose si trasformino e che ci che era e ci che ora per ,
nulla siano uguali; anzi che il ferro che pure duro, si logori a , '
, [I 274. 10 App.]
contatto col dito, e cos l'oro e le pietre e ogni altra cosa che
,
sembra essere resistente, e che all'inverso la terra e le pietre
vengano dall'acqua. Cosicch ne viene di necessit che noi n
. (4)
vediamo n conosciamo la realt. (4) Perch non c' certo
accordo in tutto questo. Mentre infatti diciamo che le cose sono .
molte ed eterne e che hanno certi aspetti e resistenza, ci sembra (?) , [I 275. 1]
che tutto si trasformi e si muti da quel che ogni volta l'occhio ci
fa vedere. (5) E' chiaro dunque che non rettamente vedevamo e . (5) ,

che quelle cose non rettamente sembrano essere molteplici;
, ' [I
infatti non si trasformerebbero se fossero reali, ma ciascuna
sarebbe tale quale precisamente sembrava. Nulla infatti pi 275. 5 App.] .
. (6) ,
possente di ci che esiste realmente. (6) Ma se si trasforma,
ecco che l'essere per e il non essere nacque. Cos dunque se ci , . ,
fosse un molteplice esso dovrebbe essere tale quale appunto , , .
l'uno.
30 B 9. SIMPLIC. phys. 109, 34 [dopo B 10; conclus. in 87, 6]. 30 B 9. SIMPL. Phys. 109, 34 [nach B 10] Schlu Simpl. a. O.
87, 6 [I 275. 10 App.]
Che egli [Melisso] voglia che l'essere sia incorporeo lo ha
[Mel.], ' ,
dichiarato dicendo:
' .
, , '.
Se dunque , bisogna che esso sia uno: ma se uno bisogna che
esso non abbia corpo; se invece avesse spessore avrebbe parti e
non sarebbe pi uno.
30 B 10. SIMPLIC. phys. 109, 32 [dopo B 3]. Ma non intende 30 B 10. SIMPL. Phys. 109, 32 [nach B 3]
per grandezza l'estensione: infatti dimostra che l'essere
[I 275. 15]
indivisibile.
' , , ,
'.
.
Se infatti l'essere divisibile - dice - si muove: ma se si
movesse non sarebbe pi.
Intende invece per grandezza la sublimit dell'ipostasi.
FRAMMENTI FALSIFICATI
GEFLSCHTE FRAGMENTE [I 276. 1 App.]
30 B 11 [11]. PALAEPHAT. de incredib. p. 22, 1 Festa. S, io
sempre lodo gli scrittori Melisso e Zamisco di Samo
30 B 11 [11]. PALAEPHAT. de incredib. p. 22, 1 Festa
[pitagorico, cfr. DIOG. LAERT. III 22] che in principio hanno
detto: Ci che stato ora e sempre sar.
[Pyithagoreer, s. DIOG. III 22]
' '. Vgl. B 1.
PARAFRASI DEI FRAMMENTI 1, 2, 6, 7
PARAPHRASE DER FRAGMENTE 1, 2, 6, 7
30 B 11 [10]. G SIMPLIC. phys. 103, 13. Vediamo ora il
30 B 11 [10]. G SIMPL. Phys. 103, 13
ragionamento di Melisso al quale precedentemente si oppone , [ARIST. Phys. A 3.
[ARISTOT. phys. A 3. 186 a 4]. Melisso infatti, utilizzando le 186 a 4].
argomentazioni dei fisici intorno alla generazione e corruzione,
cos comincia il suo scritto:
.
1. Se nulla esiste, di esso che cosa potrebbe essere detto come
se fosse alcunch? Se poi qualcosa esiste, o nato o sempre
esistente. Ma se , nato o dall'essere o dal non essere; ma n
dal non essere possibile che sia nato qualcosa (n altra cosa
che non sia, n tanto meno ci che assolutamente ), n
dall'essere. In questo modo infatti sarebbe e non nascerebbe.

[I 268. 15 App.] 1. ' ,


; ,
. ' ,
' (
, )
. .

. , .
[I 268. 20]
( ) .
.
. 2.
' ,
, , .
. ,
.
. [I 268.
20] . . 6. , .
, , '
.
.
7. (1) , .
(2) ' '
[I 270. 25]
. , .

. ,
. (7) '
. .
. . [I 272. 15]
. (8) '
.
. .
. '

. ,
[I 272. 20]
, . , .
, , ,
,
, '
( ' )
."
[I 273. 15]

"
,
Queste citazioni sono sufficienti per la critica di Aristotele. Le '
sue proposizioni, a volerle compendiare, sono: l'essere non , ' '.
nato; ci che non nato non ha principio, dal momento che ha
principio ci che nato; ci che non ha principio infinito; ci
che infinito non pu essere secondo con un altro, ma uno;
ma l'uno e infinito immobile.
30 B 12 [12]. Massime greco siriache, sull'anima, trad. Ryssel 30 B 12 [12] [I 276. 5] GRIECHISCH-SYRISCHE
[Rh. mus. LI, 1896, 539, n. 31]. Melisso ha detto:
PHILOSOPHENSPRCHE ber die Seele bers. von Ryssel
[Rhein. Mus. 51, 1896, 539 n. 31]: Melissos hat gesagt: Sehr
Molto mi dispiace l'inutile lavoro in cui i viventi si affaticano e rgerlich bin ich ber die unntze Arbeit, durch die die
stancano: viaggi notturni e pensose peregrinazioni, quando essi Lebenden sich abmhen und ermden: durch nchtliche Reisen
addirittura corrono attraverso i tempestosi flutti del mare e in und mhselige Wanderungen, indem sie sogar zwischen den
wildbewegten Wogen des Meeres [I 276. 10] hinfahren und
mezzo ad essi ondeggiano tra morte e vita e si indugiano
mitten darin verharrend zwischen Tod und Leben schweben
stranieri e a gran distanza dalle loro abitazioni, solo per
adunare ricchezze di cui non sanno chi dopo la loro morte sar und fremd und weit entfernt von ihren Wohnungen weilen, nur
l'erede, e non vogliono venire in possesso dei tesori magnifici um Gewinn zusammen zu bringen, von dem sie nicht wissen,
della sapienza che da essi mai si discompagnerebbe nel futuro wer ihn bei ihrem Tode erben wird, und nicht wollen sie die
herrlichen Schtze der Weisheit erwerben, deren sie nicht
dal momento che essa mentre viene lasciata in eredit agli
entuert werden, da dies, whrend sie es ihren [I 276. 15]
amici, tuttavia va con loro nel mondo sotterraneo e non vien
Freunden als Erbe hinterlassen, doch auch mit ihnen zur
Dunque l'essere non nato: dunque sempre esistente.
Neppure potr, l'essere, andare distrutto: perch non possibile
n che l'essere trapassi nel non essere (anche questo infatti
accettato dai fisici), n all'essere. Infatti in questo caso di
nuovo permarrebbe e non perirebbe. Dunque l'essere n nato
n andr distrutto; allora sempre era e sempre sar. 2. Ma dal
momento che ci che nato ha un principio, ci che non nato
non l'ha: ma l'essere non nato: dunque non ha principio.
Inoltre, ci che perisce ha un termine, ma se c' qualcosa di
imperituro non ha termine. L'essere, dunque, che imperituro,
non ha termine. Ma ci che non ha n principio n termine
viene a essere infinito. Dunque l'essere infinito. 6. Se
infinito uno. Perch se fosse due essi non potrebbero essere
infiniti, ma si limiterebbero reciprocamente. Ma l'essere
infinito: dunque l'essere non molteplice: dunque l'essere
uno. 7. (1) Poi, se uno anche immobile: infatti l'uno
sempre simile a se stesso. (2) Ma ci che simile non pu
perire n pu diventare maggiore n pu mutare disposizione,
n soffre n prova pena. Infatti se fosse soggetto a qualcuna di
queste cose non sarebbe pi uno. Difatti ci che mosso di un
moto qualsiasi trapassa da qualche cosa e in qualcosa di
diverso. Invece non c' nient'altro oltre l'essere; dunque esso
non si muover. (7) Anche con un altro ragionamento; non vi
nulla di vuoto nell'essere: infatti il vuoto non nulla: dunque
ci che appunto nulla non pu esistere: dunque l'essere non si
muove: non ha infatti ove subentrare non essendoci il vuoto.
(8) Ma neppure possibile che si contragga in se stesso; in
questo modo infatti sarebbe in certe parti pi rado e in certe
altre pi denso; ma questo impossibile: infatti impossibile
che il rado sia pieno allo stesso modo del denso. Invece il rado,
appunto perch tale, pi vuoto del denso: ma il vuoto non
esiste. Se l'essere sia pieno o no lo decide il fatto di accogliere
o meno qualcosa d'altro: se infatti non lo accoglie pieno, se
invece lo accoglie non pieno. Se dunque non esiste il vuoto
necessario che sia pieno. Se cos non si muove, non gi
perch non sia possibile il movimento nel pieno quale lo
attribuiamo ai corpi, ma perch tutto l'essere non pu n essere
mosso all'essere (non vi infatti alcuna cosa oltre di lui), n al
non essere: il non essere infatti non esiste.

Unterwelt fhrt und ihnen nicht verloren geht. Und es bezeugen


mai perduta. E questo attestano gli intelligenti, quando dicono: dies die Verstndigen, indem sie sagen: 'der und der Weise ist
gestorben und nicht seine Weisheit'.
Questo e quel sapiente morto, ma la sua sapienza no.

31. EMPEDOCLE

31 [21]. EMPEDOKLES

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

VITA

LEBEN

31 A 1. DIOG. LAERT. VIII 51-77. Empedocle agrigentino 31 A 1. DIOG. VIII 51 ff. [I 276. 20 App.] ,
era, come dice Ippoboto, figlio di Metone, a sua volta figlio di ,
Empedocle. La stessa cosa dice anche Timeo nel
. '
quindicesimo libro delle Storie [fr. 93 F.H.G. I 215]
[fr. 93 F.H.G. I 215]
aggiungendo che l'Empedocle nonno del poeta divenne un
[I 277. 1 App.]
uomo illustre. Ma anche Ermippo dice le medesime cose [fr. 27 . [fr. 27 F.H.G.
F.H.G. III 42]. Similmente Eraclide nel libro Sulle malattie [fr. III 42] .
74 Voss] dice che Empedocle era di splendida casata, dal
[fr. 74 Voss],
momento che il nonno allevava cavalli da corsa. E anche
.
Eratostene negli Olimpionici [F.Gr.Hist. 241 F 7 II 1014] dice [F.Gr.Hist. 241 F 7 II 1014]
che il padre di Metone vinse nella 71. a olimpiade [496 a. C.], [I 277. 5 App.] [496]
servendosi della testimonianza di Aristotele [fr. 71 Rose]. (52) ,
Apollodoro il grammatico nelle Cronache [F.Gr.Hist. 244 F 32 [fr. 71]. (52) '
II 1028] dice che
[F.Gr.Hist. 244 F 32 II 1028]
era figlio di Metone, e a Turii
da poco compiutamente fondata
Glauco dice [fr. 6 F.H.G. II 24] che egli venne

,

[I 277. 10 App.] [fr. 6 F.H.G. II 24]
.

aggiungendo in seguito:
'
e coloro che narrano che esule dalla patria
venne a Siracusa e per essa combatteva
contro gli Ateniesi, sbagliano completamente,
come io credo; egli infatti era o morto o assai
vecchio, il che non sembra probabile.

' ,
'
,
[I 277. 15 App.] '
, .

Aristotele [fr. 71, cfr. 74] dice infatti che egli (come pure
Eraclito) mor all'et di sessanta anni. Colui che poi vinse nella [fr. 71, vgl. 74] (
71.a olimpiade
) .

col celete era il nonno a lui omonimo,
,
cosicch insieme anche di costui viene indicato il tempo da
Apollodoro.1* (53) Satiro nelle Vite [fr. 11 F.H.G. III 162] dice [I 277. 20 App.] '
che Empedocle era figlio di Exeneto, e che lui stesso lasci un . (53)
figlio di nome Exeneto; e che nella medesima olimpiade lui
[fr. 11 F.H.G. III 162] ,
vinse con il cavallo da corsa e suo figlio nella lotta, o come
,
dice Eraclide nell'Epitome [fr. 6 F.H.G. III 169], nella corsa. ,
Io poi trovai nei Memorabili di Favorino [fr. 3 F.H.G. III 578] , [fr.
che Empedocle sacrific in onore dei teori un bue impastato di 6 F.H.G. III 169] .
miele e farina, e che ebbe un fratello di nome Callicratide.
[I 277. 25 App.] [fr. 3 F.H.G. III 578]
Telauge, il figlio di Pitagora, nell'Epistola a Filolao, dice che
Empedocle era figlio di Archinomo. (54) Che fosse di
, . '
Agrigento di Sicilia lo dice egli stesso all'inizio delle

Purificazioni [segue B 112]. E questo, per quanto riguarda la . (54) '
sua stirpe.2*
,

Testimonia Timeo nel nono libro [fr. 81 F.H.G. I 211] che egli ' . . . ' [B 112].
ascolt Pitagora, dicendo che riconosciuto una volta colpevole [I 277. 30] . '
di furtiva divulgazione delle dottrine (come poi anche Platone) [fr. 81 F.H.G. I 211]
gli fu impedito di esserne partecipe; e che egli stesso fa ricordo ,
di Pitagora, dicendo: ... [B 129]. Altri affermano che egli .
disse ci riferendosi a Parmenide. (55) Dice Neante [F.Gr.Hist. ' . . . ' [B 129].
81 F 26 II 197] che fino a Filolao e ad Empedocle i Pitagorici . (55)
comunicavano le loro dottrine; ma che quando Empedocle le [I 277. 35] [F.Gr.Hist. 81 F 26 II 197]
rese pubbliche attraverso la sua poesia, stabilirono la norma
[I 278. 1 App.]
che non fossero comunicate a nessun poeta (e questo dice che '
dovette subirlo anche Platone: anche costui infatti ne rest
,
escluso). Quale poi dei Pitagorici Empedocle ascolt, non
( '
disse, non essendo degna di fede l'epistola nota come di
).
Telauge [la quale dice] che fu discepolo di Ippaso e di Brotino. ,
Teofrasto invece dice [phys. opin. fr. 3; Dox. 477, 18 n.] che fu [I 278. 5
seguace e, nei suoi poemi, imitatore di Parmenide: anche egli App.] , .
infatti espose in versi la sua dottrina sulla natura. (56) Ermippo [Phys. Opin. fr. 3; D. 477, 18 not.]
invece dice [fr. 27 F.H.G. III 42] che egli fu seguace non di

Parmenide ma di Senofane, col quale fu anche in relazioni
. (56)
personali e ne imit la poesia; e che dopo fu in relazione con i [fr. 27 F.H.G. III 42] ,
Pitagorici. Alcidamante nel Fisico [fr. 6 O. A. II 156 b 6] dice ,
che contemporaneamente Zenone ed Empedocle furono

discepoli di Parmenide e che poi in seguito si divisero, e
.
mentre Zenone coltiv una sua propria filosofia, l'altro divenne [I 278. 10] ' [OA II 156 b 6
discepolo di Anassagora e di Pitagora, e di questo emul
Sauppe]
l'austerit della vita ed il portamento, di quello la teoria sulla , '
natura.3* (57) Aristotele nel Sofista [fr. 65 Rose; cfr. A 10] dice , ' ,
che Empedocle per primo invent la retorica e Zenone la

dialettica. Nel libro Sui poeti [fr. 70], inoltre, dice che nella
,
poesia fu omerico e di grandi capacit espressive, poich
.
immaginoso nelle metafore e si serve di tutti gli altri ritrovati (57) [fr. 65; vgl. A 10]
relativi alla tecnica poetica; e aggiunge che, avendo egli scritto [I 278. 15 App.] ,
anche altri poemi, e cio la Spedizione di Serse e il Proemio ad . [fr. 70]
Apollo,una sua sorella (o una figlia, come dice Ieronimo [fr. 24
Hiller]) bruci in seguito queste opere, involontariamente il
,
Proemio, volontariamente invece quella di argomento persiano,
perch era incompiuta. (58) Inoltre aggiunge che scrisse anche
tragedie e discorsi politici; ma Eraclide, figlio di Serapione,4* , '
dice che le tragedie erano di un altro. Ieronimo dice che ne
( , [I 278. 20 App.]
trov quarantatr e Neante [F.Gr.Hist. 84 F 27 11 197] che
[fr. 24 Hiller]), ,
Empedocle scrisse le tragedie quando era giovane e che egli
. (58)
stesso ne reper sette. Satiro poi nelle sue Vite [fr. 12 F.H.G.

III 162] dice che fu ottimo medico e retore. E fu suo discepolo .
Gorgia di Leontini [82 A 3], uomo eccellente nella retorica e ,
che ci ha lasciato un'arte retorica; che questi sia poi vissuto
[F.Gr.Hist. 84 F 27 11 197]
centonove anni lo testimonia Apollodoro nelle Cronache
[I 278. 25 App.]
[F.Gr.Hist. 244 F 33 II 1029]. (59) Riferisce poi Satiro che
. [fr. 12 F.H.G.
Gorgia avrebbe detto di essere stato personalmente presente
III 162], .
mentre Empedocle compiva un rito magico. Ma lo stesso
[82 A 3] ,
Empedocle proclama questo ed altro nei suoi poemi, dove dice:
... [B. 111]. (60) Anche Timeo nel diciottesimo libro [fr. 94 [F.Gr.Hist. 244 F 33 II
F.H.G. I 215] ricorda che quest'uomo per molti rispetti fu
1029] . (59)
oggetto di meraviglia. E infatti, poich una volta i venti etesii , [I 278.
soffiavano con tale violenza da mandare in rovina i raccolti,
30 App.] .
ordin di scuoiare degli asini e di fare degli otri, che pose sui , '
colli e sulle alture con lo scopo di frenare la corrente d'aria: ed ' . . . ' [B 111]. (60)
essendosi il vento interrotto, egli fu chiamato domatore dei
[fr. 94 F.H.G. I 215]
venti. Eraclide nell'opera Sulle malattie [fr. 75 Voss] dice che .
rivel anche a Pausania tutto ci che riguardava la donna
,
rimasta senza respiro. E Pausania era il suo amato, secondo

quanto riferiscono Aristippo e Satiro, al quale, altres, cos


[I 278. 35 App.]
dedic il poema Sulla natura: ... [B1] e per cui compose
.
anche un epigramma: (61) ... [B 154]. Della donna rimasta [fr. 75 Voss]
senza respiro Eraclide [fr. 72 Voss] dice che si trattava di
[I 279. 1]
questo, e cio che pass trenta giorni senza respirare e senza
. ' ,
battiti di polso: onde chiama Empedocle medico e indovino,
, ,
desumendolo nello stesso tempo anche da questi versi: (62)
' . . . " [B1].
... [B 112]. (63) Riferisce poi Timeo che egli chiama
(61) " . . .
grande Agrigento, poich la abitavano ottocentomila uomini; ' [fr. 72 Voss]
e che cos egli disse dei suoi concittadini dediti al lusso: Gli [I 279. 5 App.] ,
Agrigentini vivono voluttuosamente come se dovessero morire
l'indomani, mentre poi costruiscono delle dimore come se
,
dovessero vivere sempre. Si narra che il rapsodo Cleomene (62) ' . . . ' [B 112].
abbia cantato ad olimpia il Poema lustrale, come riferisce
(63) [ ],
anche Favorino nelle sue Memorie. Aristotele [fr. 66 Rose]

afferma che egli era di sensi liberali e alieno da ogni comando, "
dal momento che rifiut il regno a lui offerto, come dice anche , [I279. 10 App.]
Xanto nella sua opera su Empedocle, preferendo chiaramente
una condizione modesta. (64) Le stesse cose afferma anche
". []
Timeo [fr. 88 a E.H. G. I 214], adducendo in pari tempo la
,
ragione che egli era di tendenze popolari. Narra infatti che,
. '
invitato da uno dei magistrati, poich, pur essendo gi avanzato [fr. 66]
il banchetto, non veniva portato da bere, e mentre tutti gli altri ,
se ne stavano tranquilli, egli, che era mal disposto verso i
, ,
soprusi, ordin che si portasse da bere; ma l'ospite disse che
[I 279. 15 App.] . (64)
bisognava aspettare l'ufficiale del Consiglio. Quando questi
' [fr. 88 a E.H. G. I 214] ,
giunse fu fatto simposiarco, certo per proposta dell'ospite, e
.
diede inizio ad un regime dispotico; comand infatti che
,
bevessero o che, altrimenti, si versasse il vino sulla testa <di
, [']
chi rifiutava>. Per il momento Empedocle stette tranquillo: il ,
giorno dopo per, trascinandoli in giudizio, li fece condannare
a morte entrambi, l'ospite e il simposiarco. Questo dunque
. , [I 279. 20 App.]
l'inizio della sua attivit politica.5* (65) Un'altra volta, poich il , ,
medico Acrone chiedeva un'area dal Consiglio, per innalzare
un monumento funebre al padre in riconoscimento della sua
.
eccellenza nell'arte medica, Empedocle, che frattanto era
'
sopraggiunto, gliela fece negare; e dopo aver parlato
,
dell'uguaglianza politica, fece ancora questa domanda: quale . . (65)
iscrizione in metro elegiaco vi porremo? forse questa: ... [B [I 279. 25]
155] ? Altri riferiscono il secondo verso in questo modo:


,
;
Di somma vetta sommo sepolcro copre.6*
' . . . ' [B 157];
Alcuni dicono che questo epigramma sia di Simonide. (66) Poi
Empedocle fece sciogliere l'assemblea dei Mille, che era durata
tre anni; onde risulta che egli era nel numero non soltanto dei
ricchi, ma anche di quelli che avevano sensi democratici. E
Timeo nei libri undicesimo e dodicesimo [manca in F.H.G.]
(spesso infatti lo ricorda) dice che egli aveva un atteggiamento
contrastante nella vita politica <e nella poesia: nella prima
infatti> si mostra <misurato e equo>,7* nella seconda invece
ostentatore e pieno di s; dice infatti: ... [B 112, 4. 5] e cos
via. Quando poi si rec ad Olimpia fu oggetto di molta
ammirazione, cosicch nessuno era tanto spesso menzionato
nei discorsi quanto Empedocle. (67) Pi tardi <mentre egli era
lontano dalla patria> si opposero al suo ritorno i discendenti dei
suoi avversari; onde mor nel Peloponneso, dove si era
rifugiato. Neppure costui risparmi Timone [fr. 42 Diels], ma
lo attacc dicendo:

Empedocle, che strepita


' .'
parole da piazza; quante ne conosceva, tante ne ammucchiava,
egli che stabil dei princpi bisognosi di altri princpi.
[I 279. 30 App.] . (66)
'
Intorno alla sua morte ci sono narrazioni differenti:8* Eraclide ,
[fr. 76 Voss], infatti, dopo aver narrato l'episodio della donna , .
esanime, e quindi che Empedocle era venuto in grande fama,

[fehlt FHG] (
avendo rimandata viva quella donna morta, dice che egli
) [I 280. 1
celebr un sacrificio in un podere di Pisianatte. Furono invitati App.]
anche alcuni degli amici, e tra questi anche Pausania. (68)
,
Dopo il banchetto, mentre gli altri se ne andavano in disparte a [ ] '' ...
riposare, gli uni sotto gli alberi, dal momento che l vicino c'era ' [B 112, 4. 5]. '
aperta campagna, e gli altri poi dove volessero, egli solo invece , ,
rimase nel luogo dove aveva banchettato. Quando, sul far del [I 280. 5
giorno, essi si alzarono, lui solo non fu ritrovato. Ricercato e App.] . (67)
interrogati i servi, questi dissero di non saperne nulla; ad
[?]
eccezione di uno, il quale afferm che nel mezzo della notte si
era udita una voce fortissima che chiamava Empedocle, e che, . '
alzatosi, vide una luce celeste e un bagliore di torce, e poi
[fr. 42 Diels vgl. 31 A 43], ' '
niente altro. Meravigliandosi i presenti dell'accaduto, Pausania,
disceso, mand gente a ricercarlo. Dopo per li fece smettere
dal continuare, dicendo che erano accadute cose degne
'
piuttosto di preghiera e che bisognava sacrificare a lui, come ad [I 280. 10 App.] ' , '
uno che diventato un dio. (69) Ermippo [fr. 27 F.H.G. III 42] ,
dice che Empedocle cur una certa Pantea, di Agrigento, della ' '.
cui sorte i medici ormai disperavano, e che per questo celebr
un sacrificio: gli invitati erano circa ottanta. Ippoboto

[Eraclide:fr. 77 Voss] dice che Empedocle, alzatosi,
[fr. 76 Voss]
s'incammin verso l'Etna e che, giunto ai crateri del vulcano, vi ,
si gett e scomparve, volendo accreditare la voce, circolante su ,
di lui, che era diventato un dio; ma poi tutto si venne a sapere, [I 280. 15 App.] .
avendo il vulcano rigettato uno dei suoi calzari: soleva infatti , . (68)
portarli di bronzo. Pausania si pronunci contro questa
,
tradizione. (70) (Diodoro di Efeso, scrivendo di Anassimandro, , ' ,
dice che Empedocle lo imit, assumendone l'atteggiamento
' .
tragico e riprendendone il modo pomposo di vestire.) Essendo , .
scoppiata una pestilenza e banchettando i Selinuntini presso il
fiume, apparve Empedocle: ed essi, alzatisi, lo venerarono e lo , [I 280. 20 App.]
adorarono come un dio. Volendo egli dar credito a questa

supposizione, si gett nel fuoco del vulcano. (71) A tutti
,
costoro si oppose Timeo [fr. 98 F.H.G. I 218] dicendo
,
espressamente che Empedocle se ne and nel Peloponneso e

pi non torn: per questo la sua morte avvolta nell'oscurit. . ,
Facendone poi espressamente il nome, polemizza nel

quattordicesimo libro contro Eraclide, asserendo che Pisianatte . (69) [fr. 27 F.H.G. III 42] [I 280. 25
era di Siracusa, che non aveva alcun podere ad Agrigento e che App.]
Pausania, se si fosse realmente diffusa una tale fama [sulla

morte di Empedocle], avrebbe fatto innalzare un monumento
per l'amico o una statua o un sacello, come per un dio; egli
. [Heraclides fr. 77 Voss]
infatti era ricco.
,
Come dunque possibile - dice - che si sia gettato nel cratere
se [Pausania], pur essendo uno di quelli che gli stavano vicino,
non ne fa mai ricordo? Mor dunque nel Peloponneso.
(72) N strano che non se ne mostri la tomba: ci accade
anche per molti altri.
Dopo aver detto queste cose Timeo prosegue:


,
[I 280. 30 App.] , ,
[I 281. 1 App.]
. '
. (70) ( '
,
).

, [I 281. 5 App.]
,

.
Ippoboto afferma che una statua velata di Empedocle stava
prima in Agrigento, la quale, poi, tolto il velo, si ergeva davanti
, '
al senato in Roma, certamente trasportata l dai Romani. Ed

infatti ancora vanno in giro sue immagini dipinte.Neante di
Cizico, che scrisse anche dei Pitagorici, dice [F.Gr.Hist. 84 F . [I 281. 10
28 II 197] che, morto Metone, ebbe inizio la tirannide, e che App.] . (71) '
[fr. 98 F.H.G. I 218]
infine Empedocle persuase gli Agrigentini a por fine alle
9

discordie e ad istituire l'eguaglianza politica. * (73) Dice
ancora che Empedocle dot delle proprie ricchezze molte sue .

concittadine povere. Perci vestiva di porpora e portava un

serto aureo, come ricorda Favorino nelle Memorie, e calzari di
bronzo e una corona apollinea. Aveva lunga la chioma e servi
[I 281. 15 App.] ,
che l'accompagnavano, era sempre severo e di aspetto
,
impassibile. Cos passeggiava e a chi lo incontrava appariva
. ' , ,
insignito di una dignit quasi regale. In seguito recandosi a
Messina, ad una festa solenne, cadde dal cocchio e si ruppe un ;
femore; ammalatosi per questo incidente, mor a settantasette . (72)

anni. [Dice pure che] a Megara c' la sua tomba.
.' '
(74) Sulla sua et dissente Aristotele: dice infatti che mor a
, [I 281.
sessanta anni. Altri a centonove. Fior nell' 84. a olimpiade
[444-1]. Demetrio di Trezene nel libro Contro i sofisti [F.H.G. 20 App.] '.
IV 383] dice, con espressione omerica [Od. XI 278], che lui,
,
,
fissando un alto braccio ad un aereo corniolo
.
s'impicc per la gola, e l'anima all'Ade discese.
. '
[F.Gr.Hist. 84 F 28 II 197]
Nella lettera di Telauge sopra ricordata [ 53, 55] si dice che, [I 281. 25 App.]
caduto in mare per la sua debolezza senile, vi mor. Queste

cose dunque [sinarrano] della sua morte. [Seguono due
,
epigrammi di Diogene Laerzio.] (76) Queste furono le sue
. (73)
dottrine: quattro sono gli elementi: fuoco, acqua, terra, aria; vi
poi l'Amicizia, per la quale questi elementi stanno insieme, e
la Contesa, per la quale si separano. Dice cos: ... [B 6, 2- , ,
3], per Zeus intendendo il fuoco, per Era la terra, per Edoneo ' . [I 281. 30
l'aria, per Nesti l'acqua, ... [B 17, 6], essendo eterna questa App.]
vicenda cosmica; infatti aggiunge: ... [B 17, 7-8]. (77) E
' .
afferma che il sole una gran massa di fuoco, maggiore della ,
luna; che la luna ha forma di disco, e che il cielo cristallino. E .
che l'anima riveste ogni specie di animali e di piante; dice
'
infatti: ... [B 117].
'
. '
Il poema Sulla natura e le Purificazioni comprendono
. [I 281. 35 App.] (74)
cinquemila versi; lo scritto Sulla medicina seicento [Lobone, fr.
18 Crnert]. Delle tragedie abbiamo gi parlato [ 58].
. [vgl. 58].

[444/1]. ' [I 282. 1 App.]
[F.H.G. IV 383] '
[ 278]
Del resto, in generale, Eraclide uomo tale da narrare storie
incredibili, lui che dice che un uomo caduto dalla luna.

'
' , ' .
[ 53, 55]
[I 282. 5 App.]
.
. [Folgen zwei Epigramme des Diogenes.] (76)

' , , , ,
.
' ' ... ' [B 6, 2-3],
, , ,
. ' , [I 282. 10] , . . .
' [B 17, 6],
' . . . ' [B 17, 7-8]. (77)

,
.
' . . . ' [B 117].
[I 282. 15 App.]
,
[Lobon fr. 19 Crn.].
[ 58].
31 A 2. SUID. s. v. Empedocle figlio di Metone, ma secondo 31 A 2. SUIDAS ,
altri figlio di Archinomo [da Esichio], secondo altri ancora
[aus Heysich], ' .
figlio di Exeneto. Ebbe un fratello di nome Callicratide [da A 1 [aus A 1 53]. [I 282. 20 App.]
53]. Come primo maestro ebbe Parmenide, del quale, a quel , ,
che afferma Porfirio nella sua Storia della filosofia [fr. 8
[fr. 8 Nauck], .
Nauck], divenne anche l'amato. Altri invece dicono che fu
, ,
discepolo di Telauge, il figlio di Pitagora. Fu di Agrigento,
.
filosofo della natura e poeta [da Esichio]. Visse al tempo della [aus
79.a olimpiade [464-60].
Heysich].
Costui, con una corona aurea sulla testa, calzari di bronzo ai
[464/0 aus der Chronik s. I 91,
piedi e infule delfiche nelle mani, visitava le citt, volendo che 5. 6 m. Anm.].
si rinsaldasse la convinzione che egli era un dio. Allorch
[I 282. 25 App.]
divenne vecchio, di notte si gett nel fuoco del cratere, s che il
suo capo pi non apparve. Cos egli mor, ma il suo sandalo fu ,
eruttato dal fuoco del cratere. Fu anche chiamato domatore
.
dei venti per aver liberato Agrigento da un vento molto
, ,
impetuoso, facendo disporre pelli d'asino attorno alla citt [da .
Porfirio: cfr. A 16].
.
Discepolo di costui fu Gorgia, il retore di Leontini [da A 1 [I 282. 30 App.]
58].

Scrisse anche in versi 2 libri Sulla natura delle cose che sono [aus Porph., vgl. A 16].
(e sono circa duemila versi). L'opera Sulla medicina in prosa e . [A
molte altre [Lobone, fr. 19 Crnert].
1 58].
' (
).
[Lobon, fr. 19 Crn.].
31 A 3. PLIN. nat. hist. XIXX 1, 5. Un altro indirizzo (che
31 A 3. PLINIUS. N. H. XIXX 1, 5 [I 283. 1 App.] alia factio
dall'abitudine alla sperimentazione chiamato empirico)
(ab experimentis cognominant empiricen) coepit in Sicilia,
cominci in Sicilia, con Acrone di Agrigento raccomandato
Acrone Agragantino Empedoclis physici auctoritate
dall'autorit di Empedocle fisico. SUID. s.v. . Acrone, di commendato. SUID. s.v. , , ,
Agrigento, medico, figlio di Senone. Dava dimostrazione della . .
sua sapienza contemporaneamente ad Empedocle. dunque
. [I 283. 5 App.]
pi vecchio di Ippocrate. Scrisse un'opera Sulla medicina, in ,
dialetto dorico, Sul vitto delle cose salutari in un libro. Anche .
costui uno di quelli che diagnosticarono un certo tipo di
. .
respiro. Per lui Empedocle compose un epigramma mordace [B [B 157]. PLUT. de Is. et Os. 79 p. 383 D
157]. PLUTARCH. de Is. et Osir. 79 p. 383 D. Dicono che il
medico Acrone divenne famoso ad Atene al tempo della grande
pestilenza, per aver dato disposizione di ardere un fuoco presso [Vgl. M. Wellmann Fr. d. gr. rzte I 108 ff. ] [I 283.
i malati [cfr. Fr. gr. erzte I 108 sgg. Wellmann]. GALEN. de 10] GALEN. Meth. med. I 1 [X 5 Khn]
meth. med. X 5 Khn. Anche precedentemente vi era una gara
non trascurabile nel vincersi reciprocamente con il numero

delle scoperte, contendendo i medici di Cos e quelli di Cnido;
ed erano anche costoro la duplice discendenza degli Asclepiadi ' ,
d'Asia, succeduta a quella di Rodi; e con essi contendevano in (Opp. 24), ,

quella nobile gara, lodata da Esiodo [opp. 24], anche i medici [I 283. 15
italici, Filistione, Empedocle, Pausania ed i loro compagni.
App.] .
31A 4. ARISTOT. de an. A 2. 405 b 1. Alcuni, tra i filosofi pi 31 A 4. ARISTOT. de anima A 2. 405 b 1
grossolani, indicarono anche l'acqua [come principio], come ad [nml.
esempio Ippone: sembra che ne fossero persuasi dalla
] '
considerazione dal seme genitale, giacch in tutti umido: egli
infatti confuta coloro che sostengono che il sangue l'anima, , .
perch il seme non sangue.10*
31 A 5. SUID. s. v. [29 A 2]. ... Scrisse Dispute, Esegesi 31 A 5. SUIDAS s. v. [29 A 2] [I 283. 20] . . .
delle dottrine di Empedocle, Contro i filosofi intorno alla
, ,
natura. Costui dicono che fu l'inventore della dialettica, come . -
Empedocle lo fu della retorica.
, . Vgl. 29 A 1 25.
31 A 6. ARISTOT. metaph. A 3. 984 a 11. Anassagora di
31A 6. ARISTOT. metaph. A 3. 984 a 11
Clazomene, precedente a costui [Empedocle] per et, ma a lui [als
posteriore per le opere, dice che infiniti sono i princpi.
Emped.], ' [I 283. 25
App.] .
31 A 7. SIMPLIC. phys. 25, 19 [da THEOPHR. phys. opin. fr. 31 A 7. SIMPLIC. Phys. 25, 19 [aus THEOPHR. Phys. Opin.
3; Dox. 477]. Empedocle di Agrigento, nato non molto dopo di fr. 3; D. 477]
Anassagora, fu emulo e discepolo di Parmenide, ma ancor di ,
pi dei Pitagorici.
.
31 A 8. EUSEB. praep. evang. X 14, 15 [da anonimi biografi]. 31 A 8. EUS. P. E. X 14, 15 [aus d. anonymen Biographen]
Empedocle ascolt gli insegnamenti di Telauge, nel tempo in . [I 283. 30] , '
cui divenne famoso Eraclito l'oscuro [cio ol. 69 = 504-1,
(d. h. Ol. 69 [504-1]
secondo il Chronicon].
nach d. Chron.).
31 A 9. EUSEB. chron. ol. 81, 1 [456]. Diventano famosi
31 A 9. EUSEB. Chron. ol. 81, 1 [456] .
Empedocle e Parmenide filosofi naturalisti. GELL. noct. att. . GELL. XVII 21, 14
XVII 21, 14 [probabilmente dalla Cronaca di Cornelio Nepote; [vermutlich aus der Chronik d. Nepos] zwischen d. Schlacht a.
tra la battaglia al Cremera (477) e il decemvirato (450)].
d. Cremera [477] u. d. Decemvirat [450]: iuxta ea tempora [I
Proprio in quei tempi Empedocle agrigentino eccelse nello
283. 35] E. Agrigentinus in philosophiae naturalis studio
studio della filosofia naturale.
floruit.
31 A 10. EUSEB. chron. ol. 86, 1 [436] [= 28 A 11 b]. G
31 A 10. EUSEB. chron. ol. 86, 1 [436] vgl. 28 A 11 b. G
Allora divennero famosi anche Democrito abderita, filosofo
.
naturalista, Empedocle agrigentino, i filosofi Zenone e

Parmenide e Ippocrate di Cos.
.

31 A 11. ATHEN. I 5 E [da cui SUID. s.v. ].
31 A 11. ATHEN. I 5 E [daraus SUID. s.v. ] [I 284.
Empedocle di Agrigento, avendo vinto i giochi olimpici con il 1 App.] . '
cocchio equestre, poich era pitagorico e si asteneva da cibi

animali, imband a coloro che erano convenuti alla festa un bue
da lui impastato con mirra, incenso e i pi preziosi aromi [cfr. .
A 1 51.53].
(Vgl. A 1 51.53).
31 A 12. ATHEN. XIV 620 D. Come afferma Dicearco
31 A 12. ATHEN. XIV 620 D [I 284. 5 App.] '
nell'Olimpico [fr. 47 F.H.G. II 249 = fr. 87 Wehrli], il rapsodo
Cleomene cant ai giochi olimpici le Purificazioni di
,
Empedocle.
(fr. 47 F.H.G. II 249).
31 A 13. NICOM. [ricostruito da PORPHYR. v. Pyth. 29;
31 A 13. NICOMACHUS (rekonstruiert aus PORPH. V. P. 29,
IAMBL. v. Pyth. 135: sui prodigi compiuti da Pitagora]. Di
IAMBL. V. P. 135, ber die Wundertaten des Pythagoras]
questi prodigi parteciparono Empedocle agrigentino,

Epimenide di Creta e Abari Iperboreo, che spesso ne portarono
a termine di simili. Manifeste poi sono le loro opere,
[I 284. 10 App.]
specialmente perch Empedocle fu soprannominato baluardo . ' ,
dei venti, Epimenide purificatore e Abari aerambulo.
,
, .
31 A 14. PLUTARCH. de curios. 1 p. 515 C. Empedocle,
31 A 14. PLUTARCH. de curios. 1 p. 515 C
filosofo naturalista, avendo sbarrato una gola montana da cui
soffiava greve e pestilenziale sulla pianura il vento del sud,
[I 284. 15
ebbe fama di aver impedito che la pestilenza entrasse nella sua App.] . PLUTARCH.
terra. PLUTARCH. adv. Col. 32, 4 p. 1126 B. Empedocle,
adv. Col. 32, 4 p. 1126 B .
avendo convinto i primi tra i cittadini del delitto di prepotenza
e di dissoluzione dei beni pubblici li mand in esilio e liber

la regione da carestia e pestilenza, avendo sbarrato le gole


' .
montane, attraverso le quali il vento del sud piombava sulla
CLEM. Strom.VI 30 (II 445, 11 St.) .
pianura. CLEM. ALEX. strom. VI 30 [II 445, 11]. Empedocle . [I
agrigentino fu chiamato colui che sbarra i venti. Si dice in 284. 20]
effetti che egli abbia interrotto un vento che soffiava dal monte ,
di Agrigento, greve e pestilenziale per gli abitanti, e per di pi . Folgen die B 111, 3-5;
causa di sterilit per le loro donne [seguono B 111, 3-5; 112, 112, 10-12. PHILOSTR. V. Apoll. VIII 7, 8 p. 158 '
10-12]. PHILOSTR. v. Apoll. VIII 7, 8 p. 158. Quale mai
,
saggio tu credi che vorrebbe sottrarsi alla gara per una tale

citt, tenendo presente che Democrito liber una volta dalla
, ,
pestilenza gli Abderiti, pensando che Sofocle ateniese calm [I 284. 25 App.]
dei venti che soffiavano fuori stagione, e avendo sentito dei
,
prodigi di Empedocle, il quale fren il movimento di un nembo ' ; Vgl.
che incombeva su Agrigento? Cfr. PHILOSTR. v. Apoll. I 2. PHILOSTR. V. Apoll. I 2 .
Empedocle, lo stesso Pitagora e Democrito, che frequentarono i
Magi e dissero molte cose sovrumane, non subirono
. PLIN. N. H. XXX 1, 9
persecuzione per quest'arte. PLIN. nat. hist. XXX 1, 9.
certe Pythagoras, E., Democritus, Plato ad hanc [sc. magicen]
Certamente Pitagora, Empedocle, Democrito, Platone
discendam navigavere exsiliis verius [I 284. 30] quam
navigarono per apprendere quest'arte [magica], affrontando dei peregrinationibus susceptis. hanc reversi praedicavere, hanc
veri e propri esili, piuttosto che dei viaggi. Quest'arte
in arcanis habuere.
predicarono, quando tornarono, quest'arte ebbero fra le dottrine
arcane.
31 A 15. IAMBL. v. Pyth. 113 [da Nicomaco]. Avendo un
31 A 15. IAMBLICH. V. P. 113 [aus Nicomachos] .
giovane impugnato la spada contro Anchito, ospite di

Empedocle [cfr. B 1], perch, giudice in un pubblico giudizio, [vgl. B 1],
gli aveva condannato a morte il padre, ed essendo a tal punto , ,
pieno di passione e d'ira da volerlo uccidere, quasi che non
[I 284. 35 App.] ,
giudice ma assassino fosse stato del padre, Empedocle, subito ,
mutando tono sulla lira e dando l'avvio ad un canto atto ad

addolcire e a rasserenare, inton il farmaco d'ira e di dolori, e
oblio di tutti i mali, come dice il poeta [Od. IV 221], e cos
" , "
salv l'ospite suo Anchito da morte e il giovane dal commettere [ 221],
un omicidio. Si afferma che poi il giovane sia diventato il pi .
insigne fra i discepoli di Empedocle.11*
' [I 284. 40]
.
31 A 16. STRAB. VI p. 274. Da una tale esplorazione dell'Etna 31 A 16. STRABO VI p. 274 [I 285. 1] '
si persuasero che molte favole si narrano, quali in particolare
sono quelle che si dicono su Empedocle, e cio che egli si
,
gettasse nel cratere e perdesse uno dei calzari, che egli portava
di bronzo, e che questo svel l'accaduto; perch sarebbe stato .
rinvenuto poco lungi dalla bocca del cratere, eruttato dalla
[I 285. 5]
violenza del fuoco [cfr. p. 276]. HORAT. de art. poet. 458 sgg. . [vgl. p. 276]. HORAT. Ars poet. 458ff.
Come se un cacciatore, intento ai merli, cada in un buco o in si veluti merulis intentus decidit auceps
una fossa, e gridi pure ad alta voce: Aiutate, o cittadini!, non in puteum foveamve, licet "succurrite" longum
vi sar certo chi si prender cura di tirarlo su. E se anche ci sar clamet "io cives!", non sit qui tollere curet.
chi si prender cura di aiutarlo e di gettargli una fune, potr
si curet quis opem ferre et demittere funem
ben dire: Chi pu sapere se egli si buttato volontariamente e [I 285. 10] "qui scis, an prudens huc se deiecerit atque
non vuole essere salvato?. E narrer la morte del poeta
servari nolit?" dicam, Siculique poetae
siciliano. Desiderando Empedocle di essere ritenuto un dio
narrabo interitum. deus immortalis haberi
immortale, freddo si gett nell'Etna ardente. Sia a buon diritto dum cupit Empedocles, ardentem frigidus Aetnam
lecito ai poeti di morire: colui che salva uno che non vuole fa insiluit. sit ius liceatque perire poetis
azione simile a colui che uccide.
[I 285. 15] invitum qui servat, idem facit occidenti.
31 A 17. [ARISTOT probl. 30, 1. 953 a 26]. Empedocle,
31 A 17. [ARISTOT] Probl. 30, 1. p. 953 a 26
Platone, Socrate e molti altri fra gli uomini celebri [furono
.
melanconic. Cfr. LUCIAN. fugit. 2].
(waren Melancholiker) vgl. LUC. Fug. 2.
31 A 18. AELIAN. var. hist. XII 32. Empedocle agrigentino 31 A 18. AELIAN. V. H. XII 32
portava veste di porpora e sandali di bronzo [cfr. A 1 73].
.
PHILOSTR. v. Apoll. VIII 7. Empedocle, cinta la chioma di
[vgl. A 1 73]. PHILOSTR. V. Ap. VIII 7 p. 156 . [I
una benda della pi splendida porpora, incedeva maestoso per 285. 20]
le vie delle citt degli Elleni, e proclamava nei suoi versi che [sc. ]
egli da mortale sarebbe divenuto un nume [cfr. B 112, 6 sgg.]. , .

[Vgl. B 112, 6 ff.]


31 A 18 a. PHILOD. de vitiis X, col. 10, 21 sg. Jensen.
31 A 18 a. PHILOD. de vitiis X, col. 10, 21 sg. Jensen.
Eraclito, Pitagora, Empedocle, Socrate ed alcuni dei poeti, che [ ] []
gli antichi comici posero in ridicolo [furono considerati
[] . . . [ ]
superbi].12*
.
31 A 19. SEXT. EMP. adv. math.VII 6. Dice Aristotele [nel
31 A 19. SEXT. adv. math. VII 6
Sofista, cfr. A 1 57] che Empedocle per primo promosse la (im Sophistes vgl. A 1 57)
retorica. [Dalla di Aristotele (cfr. fr. 137
. Aus desselben [I 285. 25]
Rose)] QUINTIL. inst. or. III 1, 8. Si dice infatti che
(vgl. fr. 137 Rose). QUINT. III 1, 8 nam primus post
Empedocle sia stato il primo, dopo coloro di cui parlano i
eos quos poetae tradiderunt movisse aliqua circa rhetoricen E.
poeti, che abbia dato un impulso all'arte retorica. I pi antichi dicitur. artium autem scriptores antiquissimi Corax et Tisias
scrittori di retorica furono poi i siciliani Corace e Tisia, ai quali Siculi, quos insecutus est vir eiusdem insulae Gorgias
segu un uomo di quella medesima isola, Gorgia di Leontini, Leontinus, Empedoclis, ut traditur, discipulus. ARISTOT.
che fu, si dice, discepolo di Empedocle. ARISTOT. soph. el. Soph. el. 33. 183 b 31 [sc. ]
33. 183 b 31. Quei [retori] che in quest'arte sono ora famosi, [I 285. 30]
avendo seguito la tradizione di molti, succedutisi gli uni agli

altri, che, parte a parte, promossero questi studi, cos estesero [Redner bei Homer],
l'arte stessa: e sono Tisia, dopo gli antichi [gli oratori in
. SCHOL. IAMBLICH. V. P. p. 198 Nauck
Omero], Trasimaco dopo Tisia, ecc. SCHOL. IAMBL. v. Pyth.
p. 198. Anche Parmenide l'eleate era pitagorico. Donde
"" (vgl. I 247, 8)
manifesto che pitagorico fu anche Zenone colui che sa parlare .
pro e contro [cfr. 29 A 1 25: Timone, ap. DIOG. LAERT. , [I 285. 35]
IX 25], il quale pose pure i fondamenti della dialettica. Cos

dunque da Pitagora provenne la dialettica, allo stesso modo che .
la retorica: perch discepoli di Empedocle pitagoreo furono
Tisia, Gorgia e Polo.
APOFTEGMATICA
APOPHTHEGMATIK
31A 20. GNOMOL. PARIS. n. 153 [Ac. Cracov. XX 152].
Empedocle, interrogato perch si adirasse tanto quando
ascoltava cattivi apprezzamenti su di lui, rispose: Perch non
potrei godere della lode, se non soffrissi quando ascolto cattivi
apprezzamenti su di me [cfr. 29 A 1]. GNOMOL. PARIS. n.
158. Ad uno che diceva: Non posso trovare un uomo saggio,
Empedocle rispose: E ben a ragione, perch bisogna anzitutto
che chi indaga la saggezza altrui sia egli stesso saggio [cfr. 21
A 1].
31 A 20 a. ARISTOT. eth. Eud. H 1. 1235 a 9. I filosofi
naturalisti ordinarono tutta la natura nel suo insieme;
assumendo come principio che il simile va verso il simile,
perci Empedocle [cfr. A 86; B 22, 5; 62, 6; 90; 109 ecc.]
diceva che una cagna si sedeva sempre su una terracotta, con la
quale aveva grandissima somiglianza di effigie. Cfr.
[ARISTOT.] m. mor. B 11. 1208 b 11. Dicono che stando una
cagna sdraiata sempre sulla medesima piastrella, Empedocle,
interrogato perch la cagna stesse sdraiata su quella medesima
piastrella, rispose perch aveva qualcosa di simile con la
piastrella.
POESIA

31 A 20. GNOMOL. PARIS. n. 153 [Ac. Cracov. XX 152]


,
, " , [I 285.
40] " [vgl. 29 A 1 I 248,
10]. GNOMOL. PARIS. n. 158 . ,
, " " "
". [21 A 1 I
114, 1].

[Cfr. A 1 55 sgg. 65, 77; A 2. 12]

(Vgl. A 1 55ff. 65, 77; ferner A 2. 12) [I 286. 5]

31 A 20 a. EUDEM. Eth. H 1. 1235 a 9


[I 285. 45]
, . [vgl. A 86; B 22, 5; 62,
6; 90; 109 u. .] '
[I 286. 1 App.] . Vgl.
[ARISTOT.] Magna Mor. B 11. 1208 b 11
,
.
, .
POESIE

31 A 21. LUCRET. I 714 sgg. Per cui, coloro che ritennero che 31 A 21. LUCRET. I 714ff.
il fuoco fosse il sostrato di tutte le cose e che il tutto potesse
et qui quattuor ex rebus posse omnia rentur
consistere derivando dal fuoco, e coloro che posero l'aria come ex igni terra atque anima procrescere et imbri.
principio della generazione delle cose, o ancora coloro che
quorum Acragantinus cum primis Empedocles est,
ritennero che l'acqua di per s potesse formare tutte le cose, o [I 286. 10 App.] insula quem triquetris terrarum gessit in oris,
che fosse la terra a crearle tutte e a trasformarsi nella natura di quam fluitans circum magnis anfractibus aequor
tutte le cose, tutti costoro sembrano in gran misura aver errato Ionium glaucis aspargit virus ab undis
lontano dal vero.13* E aggiungi ancora coloro che raddoppiano angustoque freto rapidum mare dividit undans

i principi delle cose, aggiungendo l'aria al fuoco e la terra


all'acqua e coloro che ritengono che da quattro sostanze
Italiae terrarum oras a finibus eius.
possano svilupparsi tutte le cose: dal fuoco, dalla terra, dall'aria [I 286. 15 App.] hic est vasta Charybdis, et hic Aetnaea
e dall'acqua. Dei quali, tra i primi Empedocle agrigentino,
minantur
che l'isola dai tre vortici port sulle sponde della terra:
murmura flammarum rursum se colligere iras,
quell'isola che il mare Ionio, ricingendola tutt'intorno con
faucibus eruptos iterum vis ut vomat ignis
grandi anfratti, asperge di acre umore salato con le sue glauche ad caelumque ferat flammai fulgura rursum.
onde e dai cui confini ondeggiando per angusto varco, il rapido quae cum magna modis multis miranda videtur
mare divide le spiagge d'Italia. Qui l'ampia Cariddi e qui i
[I 286. 20] gentibus humanis regio visendaque fertur,
brontolii dell'Etna minacciano di accogliere ancora le ire delle rebus opima bonis, multa munita virum vi,
fiamme, per gettare di nuovo dalle sue fauci i fuochi eruttati e nil tamen hoc habuisse viro praeclarius in se
per lanciare al cielo le folgori della fiamma. Grande appare
nec sanctum magis et mirum carumque videtur;
questa regione e mirabile per molti aspetti agli occhi degli
carmina quin etiam divini pectoris eius
uomini, e tale che merita di esser veduta, opima di molti beni, [I 286. 25] vociferantur et exponunt praeclara reperta,
ricca di molta forza di uomini, ma che tuttavia non sembra aver ut vix humana videatur stirpe creatus.
avuto in s nulla di pi illustre di quest'uomo, n di pi santo,
n di pi mirabile e di pi caro; ch anzi i canti del suo petto
divino fanno risuonare armoniosamente ed espongono
splendidi insegnamenti, s che a stento sembra generato da
stirpe di uomini.
31 A 22. ARISTOT. poet. 1. 1447 b 17. Nulla hanno in
31 A 22. ARISTOT. Poet. 1. 1447 b 17
comune Omero ed Empedocle, all'infuori del metro: perci
giusto chiamare l'uno poeta e l'altro piuttosto filosofo della
,
natura che poeta.14*
.
31 A 23. MENAND. [o, meglio, GENETHL.] rhet. I 2, 2.
31 A 23. MENANDER [ vielmehr GENETHLIOS] I 2, 2 [I
Naturalistici [sono gli inni], come quelli che composero
286. 30] [sc. ] '
Parmenide ed Empedocle, che espongono quale sia la natura di , [vgl.
Apollo [cfr. A 1 57 e AMMON. 31 B 134] o di Zeus [B 6, 2]. A 1 57 u. AMMON. 31 B 134], [B 6, 2]
E cos pure la maggior parte degli inni di Orfeo. I 5, 2. Sono
.
tali [questi inni] quando noi, inneggiando ad Apollo, diciamo . Ebenda 5, 2 ,
che esso il sole e del sole esponiamo la natura, e di Era

diciamo che l'aria e di Zeus che l'elemento caldo [B 6, 2]. [I 286. 35]
Di questo tipo sono gli inni naturalistici: e di esso si servono [B 6, 2].
Parmenide ed Empedocle ... Parmenide ed Empedocle
.
distesamente espongono, Platone brevissimamente ricorda.
. . . . .
, .
31 A 24. LACT. inst. div. II 12, 4. Empedocle, che non sapresti 31 A 24. LACT. Inst. Div. II 12, 4 Empedocles, quem nescias
bene se porre tra i poeti o tra i filosofi, perch scrisse in versi utrumne [I 286. 40] inter poetas an inter philosophos numeres,
intorno alla natura delle cose, come gi fecero Lucrezio e
quia de rerum natura versibus [I 287. 1] scripsit ut apud
Varrone presso i Romani, stabil quattro elementi [come
Romanos Lucretius et Varro, quattuor elementa constituit.
principi]. QUINTIL. inst. or. I 4, 4. ... a causa di Empedocle QUINT. I 4, 4. ... propter Empedoclea in Graecis, Varronem
tra i Greci, di Varrone e di Lucrezio tra i Latini, i quali
ac Lucretium in Latinis, qui praecepta sapientiae versibus
mandarono in versi i precetti della loro sapienza.
tradiderunt.
31 A 25. SCHOL. DIONYS. THRAC. p. 168, 8. Questi quattro 31 A 25. SCHOL. ad DIONYS. THRAC. p. 168, 8 Hilgard
sono gli elementi di cui si adorna l'arte del poeta: il metro, il
[I 287. 5 App.]
mito, la narrazione dei fatti, l'espressione conveniente. Una
, , ,
poesia che ne sia priva non poesia, anche se fa uso del metro. , .
Cos, ad esempio, non chiamiamo poeti Empedocle e Tirteo [?] [?]
e coloro che scrissero di astronomia, perch, anche se fanno
,
uso del metro, non fanno uso degli elementi caratteristici della
poesia. SCHOL. DIONYS. THRAC. p. 166, 13. Non poeta . SCHOL. DIONYS. THRAC. p. 166, 13
chi fa uso soltanto della forma metrica: non lo perci

Empedocle che scrisse il Poema fisico n lo sono quelli che
[I 287. 10] '
trattano di astronomia, n il vate di Pito che in versi espone gli
oracoli. PLUTARCH. de aud. poet. 2 p. 16 C. G Vi sono riti . PLUTARCH. quom. d. poet. aud. 2 p. 16 C [28
sacri senza danze e senza suono di flauti, ma non v' poesia
A 15]. G ,
senza mito e finzione. I poemi di Empedocle e di Parmenide, i ' ' . '
Theriaca di Nicandro e le Gnome di Teognide sono in realt

discorsi che prendono a prestito dalla poesia il metro e la

nobilt dello stile, quasi come un cocchio, per evitare
,
l'andamento pedestre della prosa. / ARISTOT. rhet. 5. 1407 a . / ARISTOT. Rhet. 5. 1407 a 31

31. In secondo luogo bisogna esprimersi con parole


appropriate... in terzo luogo con parole non ambigue; le parole
ambigue saranno bens adoperate quando uno deliberatamente
le scelga: cosa che fanno quelli che, non avendo nulla da dire,
fanno finta di dire qualcosa. Persone del genere si esprimono
cos in poesia, come Empedocle. Le circonlocuzioni elaborate
infatti, ingannano; e gli ascoltatori provano quello che i pi
provano davanti agli oracoli: essi infatti approvano, quando gli
oracoli dicono cose ambigue, come ad esempio: Se Creso
attraverser l'Halys, roviner un grande impero. ARISTOT.
meteor. B 3. 357 a 24. Allo stesso modo ridicolo che alcuno,
come Empedocle [B 55], avendo detto che il mare sudor
della terra, creda di essersi espresso in modo chiaro. Come
poeta, cos scrivendo, si pu dire che si sia espresso
convenientemente (la metafora qualcosa che appartiene alla
poesia), ma non si espresso convenientemente per ci che
concerne la conoscenza della natura. CICER. de orat. I 50,
217. Allo stesso modo si dovrebbe dire che proprio della
scienza giuridica saper giocare bene a palla o al gioco delle
dodici caselle, perch in entrambi questi giochi era abilissimo
P. Mucio; e per la medesima ragione si dovrebbero chiamare
poeti quei filosofi che i Greci chiamano fisici, perch
Empedocle fisico compose un egregio poema.
31 A 26. DIONYS. de comp. verb. 22. Molti perseguirono
questa armonia [cio quella austera] nella poesia, nella storia e
nell'eloquenza politica, distinguendosi per essa nella poesia
epica Antimaco di Colofone e Empedocle fisico, nella lirica
Pindaro e nella tragedia Eschilo...

. . .,
, ,
, .
. [I
287. 15] ,
.
, "
". ARISTOT. Meteor. B 3. 357 a 24

, . [B 55]
[I 287. 20]
( ),
. CICER. de oratore I 50, 217 licet ista
ratione dicamus pila bene et duodecim scriptis ludere
proprium esse iuris civilis, quoniam utrumque eorum P.
Mucius optime fecerit; eademque ratione dicantur ei quos
Graeci nominant, eidem poetae, quoniam
Empedocles physicus egregium poema fecerit.

[Cfr. A 1 76-77; A 4. 6]

(Vgl. A 1 76-77; A 4. 6)

31 A 28. ARISTOT. metaph. A 3. 984 a 8. Empedocle pone


quattro elementi, aggiungendo la terra come quarto, oltre i tre
gi detti [cio acqua, aria, fuoco]. Dice infatti che essi
permangono sempre identici e non divengono, fuorch per
quantit e piccolezza, in unit aggregandosi e da un'unit
separandosi. SIMPLIC. phys. 25, 21 [dopo A 7: da Teofrasto].
Costui pone quattro elementi corporei, il fuoco, l'aria, l'acqua e
la terra, realt eterne, mutabili solo rispetto alla quantit e alla
piccolezza a seconda che si aggreghino o si separino, e poi i
princpi propriamente detti, da cui gli elementi sono mossi, e
cio l'Amicizia e la Contesa. Perch necessario che, sempre
alternativamente muovendosi, gli elementi permangano, ora
unendosi per opera dell'Amicizia, ora disgiungendosi per opera
della Contesa. Cosicch, secondo lui, i principi sono sei. Ed
infatti talora attribuisce energia attiva alla Contesa e alla
Amicizia, quando dice: ... [B 17, 7. 8], talora equipara
anche questi, come elementi, agli altri quattro, quando dice:
... [B 17, 17-20].
31 A 28 a. G SIMPLIC. categ. 158, 29. Empedocle fa derivare
le qualit delle cose dall'armonica mescolanza degli
elementi.15*
31 A 29. PLAT. soph. 242 C-D. Mi pare che ciascuno ci

31 A 28. ARISTOT. metaph. A 3. 984 a 8 .


[I 287. 35 App.] [nml. , ,
] :
'
. SIMP. Phys. 25, 21 [nach;
A 7; aus Theophr.]
, , , [I
288. 1 App.]
, , '
, .
,
,
' . [I 288. 5
App.]
' . . ' [B 17, 7. 8],

" . . . " [B 17, 17-20].

31 A 26. DIONYS. de comp. verb. 22 [I 287. 25 App.]


[nmlich ]

,
,
, ' . . .
31 A 27. CICER. ad Quint. fr. II 9, 3. Il poema di Lucrezio 31 A 27. CICER. ad Qu. fr. II 9, 3 [I 287. 30 App.] Lucreti
proprio come tu stesso scrivi: di molta luce di ingegno e anche poemata, ut scribis, ita sunt: multis luminibus ingeni, multae
di molta arte; ma quando verrai [ne parleremo]. Ti stimer un etiam artis; sed cum veneris -. virum te putabo, si Sallusti
eroe, se leggerai gli Empedoclea di Sallustio, ma non certo un Empedoclea legeris, hominem non putabo.
uomo.
DOTTRINA
LEHRE

31 A 28 a. G SIMPLIC. categ. 158, 29.



:
31 A 29. PLAT. Soph. 242 CD

racconti come una favola, quasi fossimo fanciulli; e l'uno che , ,


tre sono gli esseri, e che di questi alcuni si azzuffano talvolta [I 288. 10 App.]
tra loro, e talora, conciliatisi, fanno nozze e figli e allevano la ,
prole; e un altro invece, dicendo che sono due, l'umido e il
. ,
secco, o il caldo e il freddo, li congiunge e li sposa [cfr. 60 A ,
4?]; mentre la famiglia nostra eleatica, che prende le mosse da [vgl. 60 A 4?]. ' ,
Senofane e anche prima [cfr. 1 B 6. Phil. 16 C-D], come se un [vgl. 1 B 6.
solo essere fossero tutte le cose che hanno nome,
PLAT. Phil. p. 16 CD],
conformemente procede favoleggiando. Le muse ioniche e
.
certe muse Siciliane, infine, riconobbero che pi sicuro
[I 288. 15] [Heraklit und
intrecciare l'uno all'altro, e dissero che ci che , insieme
Empedokles] ,
molti e uno, ed unito lo tengono la Contesa e l'Amicizia.
, ,
Perch il discorde sempre concorde dicono le muse pi
. "
saldamente intonate [22 B 10]; le altre, pi molli, questa eterna ", [22 B 10],
armonia rilassano e dicono invece che in alterna vicenda il tutto ' ,
talora uno ed amico per opera di Afrodite, talora molti ed '
esso stesso in guerra con s, per causa di una certa Contesa [31 , [I 288. 20 App.]
B 17].
[31 B 17].
31 A 30. [PLUTARCH.] strom. ap. EUSEB. praep. evang. I 8, 31 A 30. [PLUT.] Strom. ap. EUSEB. P. E. I 8, 10 [D. 582; aus
10 [Dox. 582; da Teofrasto come nn. 31 sgg]. Empedocle
Theophrast wie n. 31ff.] .
agrigentino pone quattro elementi: il fuoco, l'acqua, l'aria, la
, .
terra e, come loro causa, l'Amicizia e la Contesa. Dice che
.
l'aria, separatasi dalla mescolanza originaria degli elementi, si
diffuse tutt'intorno: dopo l'aria il fuoco, fuggendo fuori dalla
[I 288. 25 App.]
mescolanza e non avendo un'altra regione in alto, si rifugia
.
sotto la massa solida dell'aria.16* Vi sono dunque due emisferi
ruotanti in circolo attorno alla terra, uno tutto di fuoco, l'altro di ,
aria mista a poco fuoco, che egli pensa essere la notte. L'inizio , .
del moto di rotazione accade per il fatto che il fuoco preme la
propria massa in un punto. Il sole non fuoco nella sua natura, .
ma un riflesso di fuoco, simile a quello che si produce
, '
dall'acqua. Dice poi che la luna si costitu per suo conto
[I 288. 30 App.] .
dall'aria occupata dal fuoco. Si era infatti solidificata a modo di '
grandine. Essa riceve la sua luce dal sole. L'egemonico non . .
nel capo n nel petto, ma nel sangue. Perci (egli pensa che
.
l'egomonico)17* a seconda che in un membro del corpo pi , ' . '
diffuso, allora in questa parte del corpo che gli uomini sono (
prestanti.
), ' .
31 A 31. HIPPOL. ref. I 3 p. 9, 3 [Dox. 558]. (1) Empedocle, 31 A 31. HIPPOL. Ref. I 3 p. 9, 3 (D. 558, W. 9) [I 288. 35
che venne dopo costoro [i Pitagorici] disse anche molte cose App.] (1) . [Pythagoreer]
intorno alla natura dei demoni, e cio che essi si aggirano
,
occupandosi delle cose terrestri e che sono numerosissimi. Egli , .
considera come principio dell'universo la Contesa e l'Amicizia [I 289. 1 App.]
e l'intelligente fuoco divino della monade; crede altres che

tutte le cose risultino dal fuoco e che nel fuoco saranno risolte, .
alla quale opinione si conformano in certa misura anche gli
. (2)
Stoici, i quali attendono, essi pure, una conflagrazione ignea.
(2) Pi di ogni altro professa la dottrina della
' . . . ' [B 117]. (3)
metensomatosi,18* nel momento in cui si esprime cos: ... [B [I 289. 5 App.] .
117]. (3) Egli sostiene che le anime tutte trapassano nei corpi di
tutti gli esseri viventi. Ed appunto il maestro di tutti costoro,
,
Pitagora, disse di essere stato l'Euforbo che prese parte alla
.
spedizione di Troia e affermava di riconoscerne lo scudo.
31 A 32. AT. I 7, 28 [Dox. 303; cfr. STOB. ecl. I 35, 17].
31 A 32. AT. I 7, 28 (D. 303 vgl. STOB. I 35, 17 W.)
Empedocle afferma che l'uno sferico, eterno e immobile e
che l'uno la necessit, di cui i quattro elementi sono la
,
materia e la Contesa e l'Amicizia sono i princpi formali.
, .
Chiama altres di gli elementi e cosmo la loro mescolanza e [I 289. 10 App.]
dice che oltre a questi vi lo Sfero, nel quale tutti questi
, '
elementi saranno separati, essendo esso uniforme. E ritiene
, . ,
divine le anime, e divini coloro che, puri, partecipano di esse .

con purezza.19*
31 A 33. AT. I 3, 20 [Dox. 286]. Empedocle, figlio di
31 A 33. AT. I 3, 20 (D. 286)] .
Metone, agrigentino, dice che quattro sono gli elementi, fuoco [I 289. 15] , ,
aria acqua e terra, e due le forze originarie, l'Amicizia e la
, ,
Contesa, di cui l'una unificatrice e l'altra separatrice. Dice , .
cos: ... [B 6]. Chiama infatti Zeus la sostanza ignea e
' . . . ' [B 6].
l'etere, Era avvivatrice l'aria, Edoneo la terra, Nesti fonte , ,
mortale il seme e l'acqua.20* ALLEG. HOM. SCRIPT. [forse ,
Plutarco] ap. STOB. ecl. I 10 11 b [Cfr. PLUTARCH. vit.
. ALLEG. HOM. SCRIPT. (viell.
Hom. 99]. Empedocle chiama Zeus la sostanza ignea e l'etere, PLUTARCH) bei [I 289. 20] STOB. Ecl. I 10, 11 b p. 121 W.
Era avvivatrice la terra, Edoneo l'aria, perch non ha luce
(vgl. PLUT. Vit. Hom. 99) .
propria, ma brilla grazie al sole alla luna e agli astri, Nesti
, ,
fonte mortale il seme e l'acqua. Da quattro elementi dunque , ,
deriva il tutto, consistendo la loro natura da contrari, il secco e ,
l'umido, il caldo e il freddo, e producendo essa per le loro
.
reciproche proporzioni e mescolanze il tutto, sopportando
,
mutamenti particolari, ma non permettendo la completa
, [I 289. 25]
dissoluzione del tutto. Dice infatti cos: ... [B 17, 7-8].
,
HIPPOL. ref. VII 29 p. 211 [dopo B 6. Dallo scritto di

Plutarco su Empedocle? Cfr. V 20 p. 122, 5]. Zeus il fuoco, ,
Era avvivatrice la terra che produce i frutti per la vita,
. ' ... '[B 17,
Edoneo l'aria, perch pur vedendo tutto grazie a lui, soltanto lui 7-8]. HIPPOL. Ref. VII 29 (p. 211 W.) nach B 6 [aus Plutarchs
non vediamo, Nesti l'acqua, perch l'unico veicolo per il cibo Schr. b. Emped. ?, vgl. V 20 p. 122, 5] ,
per tutti coloro che si nutrono, bench per se stessi non possa [I 289.
nutrirli. Se infatti li nutrisse, dice, i viventi non sarebbero mai 30 App.] , , '
presi dalla fame, essendovi sempre abbondanza di acqua nel
,
mondo. Per questo chiama Nesti l'acqua, poich pur essendo []
causa di nutrimento, non in grado di nutrire. PHILOD. de
, '
piet. c. 2 c p. 63 [PHILIPPSON, Hermes, LV, 1920, p. 277]. . , ,
Empedocle nei suoi inni sostiene che Era l'aria e Zeus il
,
fuoco [cfr. A 23].
. ,
[I 289. 35]
. PHILODEM. de pietate 2 p. 63 G. (PHILIPPSON
Herm. 55, 1920, 277). '
' (vgl. A
23).
31 A 34. GALEN. in Hipp. de nat. hom. XV 32 Khn [C.M.G. 31 A 34. GALEN. in Hipp. nat. hom. XV 32 K. C.M.G. V 9, 1
V 9, 1 p. 19, 7]. Empedocle riteneva che dai quattro elementi p. 19, 7 .
immutabili si produce la nascita dei corpi composti, essendo i [I 290. 1 App.] ,
primi elementi cos mescolati tra loro, come se uno, triturando ,
minutamente e riducendo in polvere ruggine di ferro e calcite e
cadmio e terra vetriolica, le mescolasse insieme, come tali che ,
nessuna di esse pu essere maneggiata indipendentemente dalle . Ebenda p. 27, 22
altre. GALEN. in Hipp. de nat. hom. XV 32 p. 27, 22. Primo di . . .
quelli che conosciamo Ippocrate mostr che gli elementi si
[I 290. 5 App.]
mescolano... e in ci si distingue da Empedocle: anche questi ,
dice infatti che dagli stessi elementi di cui [parla] anche
,
Ippocrate nasciamo noi e tutti gli altri corpi che sono nella
, '
terra, non in quanto gli elementi si mescolano tra loro, ma in .
quanto si dispongono vicini e si sfiorano per piccole parti [cfr.
IV 762: frazionati in piccole parti.]
31 A 34 a. G ARISTOT. de an. A 2. 404 b 11. Empedocle dice 31 A 34 a. G ARISTOT. de an. A 2. 404 b 11.
che l'anima risulta da tutti e quattro gli elementi e che poi
,
ciascuno di essi anima, dicendo cos: ... [B 109].21*
, . . . [B 109].
31 A 35. AT. II 7, 6 [Dox. 336]. Empedocle diceva che i
31 A 35. AT. II 7, 6 (D. 336) .
luoghi degli elementi non sono fissi n definitivi, ma che tutte ' ,
le cose li mutano reciprocamente. ACHILL. isag. I 4 p. 34, 20. . [I 290. 10]
Empedocle invece non d agli elementi luoghi definiti, ma dice ACHILL. IS. 4 p. 34, 20 M. .
che se li scambiano vicendevolmente, s che la terra trascinata , ' ,
in alto e il fuoco in basso.
.
31 A 36. ARISTOT. de gen. et corr. B 3. 330 b 19. Alcuni
31 A 36. ARISTOT. de gen. et corr. B 3. 330 b 19 '

dicono che gli elementi sono senz'altro quattro, come


.
Empedocle; ma poi anche questi li riduce a due: contrappone [I 290. 15 App.]
infatti tutti gli altri al fuoco.
.
31 A 37. ARISTOT. metaph. A 4. 985 a 21. Ed Empedocle fa 31 A 37. ARISTOT. metaph. A 4. 985 a 21 .
un maggior uso delle causa che non costui [scil.: Anassagora], [als Anaxagoras] , '
ma non ancora in maniera sufficiente, n in esse ritrova quanto '
prima gi stato stabilito: spesso in effetti per lui l'Amicizia
,
separa, mentre la Contesa unisce. Quando infatti il tutto a causa .
della Contesa si distingue negli elementi, allora il fuoco si
, [I 290. 20
riunisce in un'unica massa e cos ciascuno degli altri elementi; App.]
quando poi, a causa dell'Amicizia, gli elementi si riuniscono di ,
nuovo nell'uno, necessario che di nuovo si separino parti da . .
ciascuno di essi. Empedocle, a differenza di quanti lo
,
precedettero, per primo introdusse la distinzione all'interno
' .
della causa, ponendo non gi un unico principio del

movimento, ma altri due diversi e contrari. E ancora per primo . , '
disse che quattro sono gli elementi considerati sotto la specie , [I 290. 25] ' , '
materiale. E tuttavia non fa uso di tutti e quattro, ma come se , . '
fossero due soltanto, il fuoco di per s da un lato, e quelli ad
.
esso contrapposti, come fossero di una sola natura, e cio la
terra l'aria e l'acqua. Questo possibile supporlo osservando
quanto risulta dai suoi versi.
31 A 37 a. ARISTOT. metaph. B 4. 1000 a 19. G Da coloro
31 A 37 a. ARISTOT. metaph. B 4. 1000 a 19. G
che invece argomentano secondo una linea dimostrativa
'
bisogna informarsi chiedendo loro perch mai degli enti che
'
derivano dai medesimi [princpi] alcuni sono per natura eterni, .
mentre altri si corrompono. Ma poich essi non ne espongono ,
la causa n ragionevole che le cose stiano a questo modo, .
chiaro che non possono essere identici i principi e le cause di , ,
essi. Ed anche ad Empedocle, del quale si potrebbe pensare che
parlasse con maggiore coerenza di chiunque altro, capita il
, '
medesimo inconveniente: pone infatti un qual certo principio
come causa della corruzione, la Contesa, ma potrebbe apparire .
poi che essa, per nulla di meno, produca il nascere delle cose,
ad eccezione dell'uno. Tutti gli altri esseri, infatti, vengono da "..." [B 21, 9-12].
essa, ad eccezione di dio. Dice dunque: ... [B 21, 9-12]. Il , ,
che chiaro, anche prescindendo da tutto ci; se infatti nelle , ' " " [B 36].
cose non ci fosse la Contesa, tutte le cose sarebbero uno (come
dice) quando infatti esse si riuniscono, allora la Contesa

occupa l'estremo confine [B 36]. Per cui gli succede che quel , . ". . ." [B
suo beatissimo dio sia meno saggio degli altri; non conosce
109]. ' , ,
infatti tutte le cose: non possiede infatti la Contesa e la

conoscenza del simile con il simile: ... [B 109]. Ma, per ' ' ,
tornare al punto da cui il nostro discorso ha preso le mosse,
.
questo chiaro, che a lui capita che la Contesa causa della
'
corruzione non meno che della realt delle cose; similmente
". . ." [B 30]
neppure l'Amicizia la causa della realt delle altre cose,
poich le distrugge raccogliendole nell'uno.

Contemporaneamente, di questo mutamento egli non indica
. '
alcuna causa, ma dice soltanto che naturalmente accade cos:
... [B 30]: come se il mutamento fosse necessario; ma non .
dice la causa di tale necessit. Tuttavia egli il solo che parli ' ,
cos coerentemente: non pone infatti alcune delle cose
.
corruttibili adeccezione degli elementi. Ma il problema di cui
stiamo trattando ora concerne invece il perch alcune lo siano e
altre no, se derivano dagli stessi princpi.22*
31 A 38. ARISTOT. phys. 1. 252 a 7. Empedocle sembra
31 A 38. ARISTOT. Phys. 1. 252 a 7 .
dire che per necessit spetta alle cose il fatto che l'Amicizia e la
Contesa alternativamente predominino e producano
,
movimento, e che ci sia quiete nel tempo intermedio.
.
G ARISTOT. phys. 1. 250 b 26. Come dice Empedocle, che G ARISTOT. phys. 1. 250 b 26.

l'universo ora in moto ora di nuovo in quiete: in moto quando ,


l'Amicizia dalle cose molteplici forma l'uno o quando la
, '
Contesa dall'uno forma le cose molteplici, in quiete nei periodi , " . . . [B 17, 9-13 = 26, 8di tempo intermedi, dicendo: ... [B 17, 9-13 = 26, 8-12].23* 12].
31 A 39. ARISTOT. metaph. A 4. 984 b 32. Poich appariva 31 A 39. ARISTOT. metaph. A 4. 984 b 32 [I 290. 30]
che in natura esistevano anche le cose contrarie ai beni, e non ,
soltanto l'ordine e il bello ma anche il disordine e il brutto, e

che i mali erano in maggior numero dei beni e le cose
,
spregevoli di quelle belle, cos un altro filosofo ancora
, ,
introdusse l'Amicizia e la Contesa, ciascuna come causa
.
rispettivamente delle une e delle altre. Se infatti uno va fino in
fondo e interpreta secondo ragione e non secondo quanto
., [I 290. 35 App.]
balbetta Empedocle, trover che l'Amicizia causa dei beni e , '
che la Contesa causa dei mali. Cosicch, se qualcuno dicesse
che Empedocle ha in qualche modo affermato ed affermato per , ' ,
primo, che princpi sono il male e il bene, parlerebbe forse in [
modo appropriato, se pure lo stesso bene causa di tutti i beni ].
[e il male di tutti i mali].
G ARISTOT. metaph. 10. 1075 a 37. Alcuni poi giustamente G ARISTOT. metaph. 10. 1075 a 37. ' '
sostengono questo punto, e cio che il bene principio, ma in
qual modo lo sia non lo spiegano: se come fine o come causa . ,
motrice o come forma. quindi strano anche quel che afferma ,
Empedocle: pone infatti l'Amicizia come bene ed essa poi
.
come principio, sia nel senso di causa motrice (essa infatti
, '
unifica) sia nel senso di materia (essa infatti parte della
( ) .
mescolanza). Tuttavia, se pure ad una medesima cosa accade di
essere principio, sia come materia sia come causa motrice,
, ' .
queste due non hanno per un identico modo d'essere. Secondo ; '
quale dei due, dunque, l'Amicizia? Egualmente strana anche .
l'affermazione di Empedocle che la contesa incorruttibile:
essa infatti per lui la natura stessa del male.24*
31 A 40. ARISTOT.de gen. et corr. B 6. 333 b 19. Ma quello 31 A 40. ARISTOT. de gen. et corr. B 6. 333 b 19 [Emp.]
[Empedocle] loda soltanto la mescolanza; e invero l'Amicizia, e .[I 290. 40]
non la Contesa, separa gli elementi, anteriori per natura al dio; ' ,
e anche questi sono di.
.
31 A 41. PHILOP. de gen. et corr. 19, 3. Egli [Empedocle] si 31 A 41. [I 291. 1] PHILOP. de gen. et corr. 19, 3 Vitelli
contrappone nelle sue dottrine alle apparenze sensibili negando
la trasformazione qualitativa [degli elementi], che pure
,
evidente, e contraddice poi a se stesso, perch afferma bens
,
che gli elementi sono immutabili, che essi non si generano

l'uno dall'altro ma tutte le altre cose da questi; e tuttavia poi
[I 291. 5]
afferma che, dominando l'Amicizia, tutte le cose diventano uno ,
e si realizza lo Sfero che senza qualit, cosicch in esso non ,
si salvano n la propriet del fuoco n quella di alcun altro
.
elemento, prendendo ciascuno di questi la sua propria forma.
31 A 42. ARISTOT. de cael. 2. 301 a 14. Non ragionevole 31 A 42. ARISTOT. de caelo 2. 301 a 14
dire che la generazione si produce da princpi divisi e in
. .
movimento. Per cui anche Empedocle lascia da parte quella
[I 291. 10]
generazione che si dovrebbe produrre nel periodo

dell'Amicizia: non avrebbe potuto infatti costituire il cielo
,
formandolo da princpi separati ed effettuando la loro unione .
mediante l'Amicizia: il cosmo infatti consiste di elementi
' .
distinti, cosicch necessario che sia nato da un tutto unico, in ARISTOT. de gen. et corr. B 7. 334 a 5
cui gli elementi sono commisti. ARISTOT. de gen. et corr. B
7. 334 a 5. E inoltre egli dice che il cosmo si trova in una
.
identica situazione ora nel periodo della Contesa, come prima
nel periodo dell'Amicizia.
31 A 43. ARISTOT. de gen. et corr. B 7. 334 a 26. Per coloro 31 A 43. ARISTOT. de gen. et corr. B 7. 334 a 26 [I 291. 15
che sono dello stesso parere di Empedocle quale sar il genere App.] . ;
[di formazione]? E' necessario che sia una sintesi, cos come il

muro lo di pietre e di mattoni; e questa mescolanza sar di



elementi che si conservano, sovrapposti l'uno all'altro, parte per , '
parte; cos sar per la carne e per ciascuna delle altre cose.
. AT. I 13, 1 (D. 312)
AT. I 13, 1 [Dox. 312]. Empedocle parlava di frammenti

minimi, anteriori ai quattro elementi, come dire, cio, di
[I 291. 20 App.]
elementi similari anteriori agli elementi. AT. I 17, 3 [Dox.
. AT. I 17, 3 (D. 315) .
315]. Empedocle e Senocrate compongono gli elementi da
,
masse pi piccole, le quali sono minime e quasi elementi degli .
elementi.
GALEN. in Hipp. de nat. h. XV 49 K. CMG V 9, 1 p. 27, 24
[Emp.] ,
,
, [I 291. 25 App.]
' ,
[vgl. IV 762
].
31 A 43 a. ARISTOT. de cael. 6. 305 a 1. Se la dissoluzione 31 A 43 a. ARISTOT. de caelo 6. 305 a 1
avr un termine, il corpo in cui si arrester sar o un atomo o , ,
bens divisibile, ma tale che nel fatto non sar mai diviso, come ,
sembra voler dire Empedocle [cfr. B 159].
. Vgl. B 159.
31 A 44. AT. I 24, 2 [Dox. 320]. Empedocle, Anassagora,
31 A 44. AT. I 24, 2 (D. 320) [I 291. 30] ., ,
Democrito, Epicuro e tutti coloro che costituiscono l'universo ,
per aggregazione di minuscole particelle corporee, introducono ,
la mescolanza e la disgregazione, ma non propriamente la
,
generazione e la corruzione: giacch queste cose [secondo
: ,
loro] si hanno non per mutazione secondo qualit, ma per
. Vgl. ARISTOT. de
aggregazione secondo quantit. [cfr. ARISTOT. de cael. 5]. caelo 5.
31 A 45. AT. I 26, 1 [Dox. 321]. Empedocle dice che la
31 A 45. AT. I 26, 1 (D. 321) [I 291. 35 App.] .
sostanza della necessit una causa che opera sui princpi e
.
sugli elementi. PLUTARCH. de an. procr. 27, 2 p. 1026 B. La PLUT. de an. procr. 27, 2 p. 1026 B ,
necessit, che i pi chiamano destino, per Empedocle ,
, . .
insieme, l'Amicizia e la Contesa.
G HIPPOL. ref. VIII 29. Chiama la necessit la mutazione
G HIPPOL. ref. VIII 29.
dall'uno al molteplice, secondo la Contesa, e dal molteplice

all'uno, secondo l'Amicizia.25* /
/
31 A 46. ARISTOT. phys. A 4. 187 a 20. Altri ritengono che i 31 A 46. ARISTOT. Phys. A 4. 187 a 20 '
contrari si separino dall'uno in cui sono insiti, come sostiene
,
Anassimandro e quanti sostengono l'esistenza dell'uno e del
' , [I
molteplice, come Empedocle e Anassagora. Infatti anche questi 291. 40] .
separano tutte le altre cose dalla mescolanza. Differiscono per . '
tra loro in questo, che l'uno [Empedocle] stabilisce di ci un
[Emp.] , ' [Anaxag.] [I 292. 1
periodo ciclico; l'altro [Anassagora] invece un unico processo; App.] ,
questi inoltre ammette infiniti elementi simili e i loro contrari, , .
quello invece i cosiddetti [quattro] elementi.
31 A 47. AT. I 5, 2 [Dox. 291]. Empedocle dice che vi un 31 A 47. AT. I 5, 2 (D. 291)
solo mondo, ma che tuttavia questo mondo non costituisce il , ,
tutto, bens solo una piccola parte del tutto, mentre il resto
, .
materia inerte.
31 A 48. PLAT. legg. X 889 B. Dicono che il fuoco, l'acqua, la 31 A 48. PLAT. Leg. X 889 B [I 292. 5 App.]
terra e l'aria esistono per natura e per caso, ma nessuna di

queste cose, invece, per arte; e quindi i corpi che ne derivano e [Anhnger des Empedokles], ,
cio la terra, il sole, la luna e gli astri nascono grazie a questi ,
elementi che sono del tutto inanimati. Muovendosi per a caso, ,
secondo la tendenza propria a ciascuno, essi si urtano cadendo .
in modo tale da aggregarsi secondo una certa convenienza, i
,
caldi con i freddi, i secchi con gli umidi, i molli con i duri e
[I 292. 10]
quante cose nella mescolanza dei contrari di necessit, secondo ,
il caso, si mescolarono; in tal modo, grazie a questi elementi si ,
generano il cielo tutto e tutti quanti i corpi celesti, e tutti gli

animali e i vegetali, e da essi nacquero tutte le stagioni, non
' , ,
secondo intelligenza, come dicono, n per opera divina n per , , ,

, ,
.
31 A 49. PHILO de prov. II 60 p. 86.26*
31 A 49. PHILO de prov. II 60 p. 86 [I 292. 15] [Aucher, mit
AT. II 6, 3 [Dox 334]. Empedocle dice che per primo si
Verbesserungen n. Conybeare] eodem modo etiam mundi
separ l'etere, in un secondo tempo il fuoco e poi la terra, dalla partes confici videntur, ut dicit Empedocles. postquam enim
quale, eccessivamente compressa dall'impeto della rotazione, secretus est aether (d. i. ), aer
sgorg l'acqua; da questa evapor l'aria, e dall'etere e dal
et ignis sursus volaverunt et caelum formatum quod in
fuoco deriv il cielo, dal fuoco il sole e dagli altri elementi si latissimo spatio circumferebatur. ignis autem, qui caelo paulo
form per condensazione la superficie della terra.
inferior [I 292. 20] manserat, ipse quoque in radios solis
coacervatus est. terra vero in unum concurrens et necessitate
quadam concreta () in medio apparens consedit.
porro circa eam undique aether, quia multo levior erat,
volvitur neque umquam desistit. quietis autem inde causa per
deum [?], non vero per sphaeras multas super se invicem
positas, quarum circumrotationes [I 292. 25 App.] poliverint
figuram, quia circa eam [sc. terram] circumiectus est
() typi cuiusdam gyrus mirabilis (magnae enim et
multiplicis formae vim habet), ideo nec huc nec illuc cadit ista.
AT. II 6, 3 (D. 334) . ,
, ' ,

[I 292. 30 App.] ,
,
, .
31 A 50. AT. II 31, 4 [Dox. 363]. Empedocle disse che
31 A 50. AT. II 31, 4 (D. 363) .
l'estensione secondo larghezza maggiore dell'altezza dalla
, ' ,
terra al cielo, cio dell'elevazione da noi ad esso, essendo il
,
cielo maggiormente esteso secondo questa dimensione per il
fatto che il cosmo conformato in modo simile ad un uovo.
[I 292. 35] . AT. II 1, 4
AT. II 1, 4 [Dox. 328]. Empedocle disse che l'orbita del sole (D. 328) .
circoscrive il limite del cosmo. AT. II 10, 2 [Dox. 339].
[I 293. 1 App.] . AT. II 10, 2 (D. 339)
Empedocle disse che la parte destra del cosmo quella verso il . [sc. ]
tropico estivo, la parte sinistra quella verso il tropico invernale. , .
31 A 51. AT. II 11, 2 [Dox. 339]. Empedocle dice che il cielo 31 A 51. AT. II 11, 2 (D. 339) .
solido, derivato dall'aria condensata come un cristallo a causa ,
del fuoco, e contenente in entrambi gli emisferi l'elemento

igneo e quello aereo. ACHILL. isag. I 5 p. 34, 29. Empedocle [I 293. 5 App.] . ACHILL. Is. I 5 p. 34, 29 M. .
dice che il cielo cristallino, condensato dall'elemento

ghiacciato. SCHOL. BASIL. 22 [ed. Pasquali, Gtt. Nachr., . SCHOL. BASIL. 22 [ed. Pasquali Gtt. Nachr.
1910, pp. 200, 219]. Empedocle dice che il cielo condensato 1910, pp. 200, 219] . [nml. ]
di acqua e come un feltro cristallino. LACT. de opif. d. 17, 6. . LACTANT. de opif. dei 17, 6
Forse che se qualcuno mi dir che il cielo bronzeo o vitreo o, an si mihi quispiam dixerit aeneum esse caelum aut vitreum
come dice Empedocle, di aria ghiacciata, io gli creder
aut, ut Empedocles ait, aerem [I 293. 10 App.] glaciatum,
immediatamente? [dal Tubero di Varrone; cfr. 5, Dox. 1981]. statimne assentiar? [aus Varros Tubero vgl. 5. DOX. 1981].
31 A 52. AT. II 4, 8 [Dox. 331]. Empedocle dice che il cosmo 31 A 52. AT. II 4, 8 (D. 331) .
si distrugge per l'alterno prevalere della Contesa e
.
dell'Amicizia. SIMPLIC. de cael. 293, 18. Altri invece dicono SIMPL. de caelo 293, 18
che alternativamente lo stesso cosmo nasce e si distrugge, che
di nuovo nato di nuovo si distrugge e che questa successione [sc. ] ,
eterna; come Empedocle quando dice che, prevalendo
, . [I 293. 15]
l'Amicizia e la Contesa oltre i loro limiti, la prima unifica tutte
le cose nell'uno, distrugge il cosmo della Contesa e da esso

produce lo Sfero, mentre la Contesa separa di nuovo gli
,
elementi e produce questo mondo cos fatto [segue B 17, 7-13]. [dann folgt B 17,
SIMPLIC. phys. 305, 21. Platone, Empedocle, Anassagora e
7-13]. SIMPL. Phys. 305, 21 .
tutti gli altri filosofi della natura sembrano tramandare la

generazione delle cose composte da quelle semplici in questo [d. h.
modo ipotetico [cio per insegnamento: cfr. 304, 5]... come se [I 293. 20] 304, 5]
producessero col tempo le cose da cui si generano quelle
. . .
generate.
.
ARISTOT. Metaph. 4. 1000b 18 ,
arte, ma, come si dice, per natura e per caso.

' , '
.
31 A 52 a. G EPIPHAN. adv. haer. III 19 [Dox. 591].
31 A 52 a. G EPIPHAN. adv. haer. III 19 [D. 591]
Empedocle, figlio di Metone, agrigentino, introdusse quattro
elementi primevi: il fuoco, la terra, l'acqua e l'aria. Disse che ,
prima vi fu inimicizia fra gli elementi: perch, dice egli, prima . ,
d'ora furono separati, ora per sono congiunti, e, come egli si , , , ,
esprime, fra loro s'amano. Vi sono, secondo lui, due principi e . '
forze, la Contesa e l'Amicizia, l'una unisce, l'altra disgiunge.27* , , ,
.
31 A 53. AT. II 13, 2 [Dox. 341]. Empedocle dice [che gli
31 A 53. AT. II 13, 2 (D. 341) . [sc.
astri sono] di fuoco per la loro provenienza dall'elemento
] , [I 293. 25 App.]
igneo, che l'aria contenendo in se stessa fece sprizzare nella
.
primitiva separazione.
31 A 54. AT. II 13, 11 [Dox. 342]. Empedocle dice che le
31 A 54. AT. II 13, 11 (D. 342) .
stelle fisse sono conficcate nel cristallo, mentre i pianeti sono ,
invece liberi.
.
31 A 55. ACHILL. isag. I 16 p. 43, 2. Vi sono poi alcuni i
31 A 55. ACHILL. Is. 16 p. 43, 2 M.
quali sostengono che il primo posto del sole, il secondo della , ,
luna e il terzo di Crono. Ma l'opinione dei pi che per prima . [I 293. 30 App.]
venga la luna, poich affermano che essa una parte staccata , .
del sole. E cos anche Empedocle: ... [B 45].
. ' . . . ' [B 45].
31 A 56. AT. II 20, 13 [Dox. 350]. Empedocle sostiene che vi 31 A 56. AT. II 20, 13 (D. 350) .
sono due soli: l'uno che l'archetipo, fuoco che si trova
, ,
nell'altro emisfero del cosmo, e che questo emisfero tutto
, '
ricolma, eternamente situato agli antipodi della sua immagine ,
riflessa; l'altro che invece quello apparente, immagine riflessa [I 293. 35]
nell'altro emisfero (quello ricolmo di aria e di elemento igneo), ,
che prodotta dalla rotondit della terra per riflessione [della ' [vgl. PLUT. zu B 44]
luce] verso il sole cristallino, spinta in rotazione nel movimento ,
dell'elemento igneo. Per dirla in breve, il sole immagine
. [I 294. 1
riflessa del fuoco attorno alla terra. AT. II 21, 2 [Dox. 351]. App.] [],
E' uguale alla terra il sole secondo l'immagine riflessa.
. AT. II 21, 2 (D. 351)
.
31 A 57. ARISTOT. de an. B 6. 418 b 20. Non giusto quanto 31 A 57. ARISTOT. de anima B 6. 418 b 20 .
afferma Empedocle e chiunque altro sia d'accordo con lui, e
' ,
cio che la luce si muove e che talvolta si trova nel mezzo tra la , [I
terra e ci che la circonda senza che noi ce ne accorgiamo... in 294. 5 App.] . . .
un piccolo intervallo potremmo anche non accorgercene, ma , ' '
che non ce se ne accorga dal mattino alla sera un postulato
. ARISTOT. de sensu 6. 446 a
troppo ardito. ARISTOT. de sens. 6. 446 a 26. Come dice
26 .
Empedocle, la luce che parte dal sole giunge dapprima nello
, .
spazio intermedio, prima ancora di arrivare alla vista e sulla
Vgl. PHILOP. de anima 334, 34 (zu Ar. 418b 20) .
terra. Cfr. PHILOP. de an. 334, 34. Empedocle diceva che la
luce (che corpo) scorrendo dal corpo luminoso, giunge nello [I 294. 10 App.]
spazio intermedio tra la terra e il cielo e che poi perviene a noi; , ,
ma tale suo moto ci sfugge per la sua velocit. COD.
.
ATHENIENS. 1249 sec. XVIIIin. [trattato ottico] f. 110r . Una COD. ATHENIENS. 1249 s. XVIIIin. (optischer Traktat) f. 110r
seconda opinione quella di coloro che sostengono che la luce
fiamma di splendore composta di parti piccolissime, scagliata
con grandissimo slancio: e questa sembra essere l'opinione di . [I
Empedocle. Ed essi asseriscono di dimostrarlo con questi
294. 15 App.]
argomenti: ci in cui convergono le propriet di un corpo
, ,
questo un corpo; ma propriet della luce sono l'essere riflessa ,
e l'essere spezzata, che sono appunto propriet spettanti
.
soltanto a ci che corpo; dunque essa corpo.
31 A 58. AT. II 8, 2 [Dox. 338]. Empedocle dice che,
31A 58. AT. II 8, 2 (D. 338) .
essendosi l'aria ritirata davanti all'impeto del sole, il polo
,
settentrionale s'inclin, si sollevarono le regioni boreali e si
, , ' [I 294. 20]
abbassarono quelle meridionali e in conseguenza di ci tutto il . AT. II 23, 3 (D. 353) .

cosmo si inclin. AT. II 23, 3 [Dox. 353]. Empedocle dice


[che il sole si muove in giro] essendo impedito ad andare
secondo una continua linea retta dalla sfera che lo circonda e
dai circoli tropicali.
31 A 59. AT. II 24, 7 [Dox. 354]. [Empedocle dice che il sole
si nasconde] per il fatto che la luna gli passa sotto.
31 A 60. AT. II 25, 15 [Dox. 357]. Empedocle disse che [la
luna] aria condensata, a forma di nuvola, resa compatta dal
fuoco, cosicch un corpo composto. PLUTARCH. de fac. in
orb. lun. 5, 6 p. 922 C. E infatti malamente tollerano
Empedocle, quando fa della luna una massa rappresa di aria,
simile alla grandine, circondata dalla sfera del fuoco. AT. II
27, 3 [Dox. 358]. [La luna ] a forma di disco. PLUTARCH.
quaest. Rom. 110 p. 288 B. La figura apparente della luna,
quando piena, non sferica, ma essa in realt simile ad una
lenticchia e ad un disco, come pensa Empedocle. AT. II 28, 5
[Dox. 358]. Talete per primo afferm che [la luna] riceve la
sua luce dal sole. Pitagora, Parmenide, Empedocle... affermano
la medesima cosa.
31 A 61. AT. II 31, 1 [Dox. 362]. Empedocle disse che la
luna dista dal sole il doppio che dalla terra [Plutarco]; la
distanza della luna dalla terra doppia di quella dal sole [il
senso dev'essere: il sole dista dalla terra il doppio di quanto ne
disti la luna].
31 A 62. HIPPOL. ref. I 4, 3 p. 9 [Dox. 559]. Empedocle
sostenne che tutta la nostra zona piena di mali, e che i mali si
diffondono dalla zona che circonda la terra fino alla luna, ma
pi oltre non vanno, essendo tutta la zona al di l della luna
molto pi pura. E questa anche l'opinione di Eraclito.


[sc.
].
31 A 59. AT. II 24, 7 (D. 354)
[sc. ].
31 A 60. AT. II 25, 15 (D. 357) . ,
, [I 294. 25] ,
[sc. ]. PLUT. de fac. in orbe lun. 5, 6 p. 922 C


. AT. II 27, 3 (D. 358) . PLUT.
Quaest. Rom. 110 p. 288 B
, ,
, ' . [I 294. 30] ,
. AT. II 28, 5 (D. 358)
. , , . ...
.

31 A 61. AT. II 31, 1 (D. 362) .


(Plut.) . .
(Stob.) [sollte
heien: .
].
31 A 62. HIPPOL. Ref. I 4, 3 p. 9 (D. 559, W. 9) [I 294. 35]
' . '

, ,

.
31 A 63 ARISTOT. meteor. B 9. 369 b 12 [sul lampo]. Alcuni 31 A 63 ARISTOT. Meteor. B 9. 369 b 12 (ber )
sostengono che vi fuoco nelle nubi. Questo fatto poi da
[I 294. 40] .
Empedocle spiegato con l'assorbimento dei raggi del sole.
' . [I 295. 1
AT. III 3,7 [Dox. 368]. Empedocle dice che vi una caduta App.] . AT. III 3,7 (D. 368) .
di luce in una nuvola e che questa luce scaccia l'aria che le si
oppone: donde lo spegnersi [del fuoco] e il lacerarsi [della
,
nube] producono il rumore,28* il balenio produce il lampo e
, ,
l'intensit del lampo produce il fulmine.
.
31 A 64. OLYMPIOD. meteor. p. 102, 1. Perch mai essi [cio 31 A 64. OLYMPIOD. in Meteor. A 13, 102, 1 Stve
i venti] si muovono di un movimento obliquo? Non perch
[Winde] [I 295. 5 App.] ;
l'elemento della terra e l'elemento del fuoco si muovono di un ,
movimento contrario, come pensava Empedocle, ma perch . , ' .
l'aria che si muove circolarmente.
31 A 65. AT. III 8, 1 [Dox. 375]. Empedocle e gli Stoici
31 A 65. AT. III 8, 1 (D. 375) .
sostengono che si produce l'inverno per il fatto che prevale

l'aria, la quale per la sua densit spinge pi in alto [il sole],
, ,
mentre l'estate dipende dal prevalere del fuoco, quando esso .
spinto pi in basso.
31 A 66. PHILO de prov. II 61 p. 86 [cfr. A 49]. TZETZ.
31 A 66. PHILO de prov. II 61 p. 86 [nach Aucher und
schol. exeg. Iliad. p. 42, 17. Secondo Empedocle il fisico,
Conybeare] deinde [I 295. 10 App.] ratiocinatus [sc.
infatti, anche dopo la comparsa della terra e del fuoco, gli
Empedokles] de mari ait: postquam concretum est id quod erat
elementi hanno continuato ancora a muoversi
in extremitate orae maxime grandinis more [vgl. A 30 I 288,
disordinatamente, essendo talvolta il fuoco a prevalere e ad
31], aqua limosa <facta est>. quidquid enim in terra humidi
incendiare, e talvolta l'acqua a traboccare e a inondare con la est, in demissis depressisque eius locis a ventis certatim
sua corrente. AT. III 16, 3 [Dox. 381]. Empedocle dice che flantibus nexibus quam fortissimis undique [I 295. 15 App.]
l'acqua deriva dalla terra riarsa dal sole, a causa della maggiore comprimi solebat. TZETZ. Exeg. Iliad. p. 42, 17 ed. Herm.
condensazione [cfr. A 49 e B 55]. AELIAN. nat. anim. IX 64. .
Dice Aristotele, e Democrito prima di lui, e in terzo luogo
[]
anche Teofrasto che non con l'acqua salata si nutrono i pesci, ,
ma con l'acqua dolce che vi presente [cfr. THEOPHR. de
.

AT. III 16, 3 (D. 381) .


[I 295. 20 App.]
[vgl. II 6, 3 u. B 55]. AELIAN. Hist an. IX 64
, ,
[cf.
THEOPHR. de caus. pl.VI 10, 2].
, '
[Hist an. 2. 590 a 24] [I 295.
25] ,

,
,
,
.
, ,
. [I 295. 30]
, .
31 A 67. ARISTOT. de cael. B 13. 295 a 13. Per cui tutti
31 A 67. ARISTOT. de caelo B 13. 295 a 13
coloro che sostengono che il cielo generato affermano anche
che la terra si raccolta nel centro. Del fatto poi che
. ,
immobile, essi ricercano la causa e dicono alcuni a questo
,
modo, che ne causa la sua superficie piatta o la sua
, ' .
grandezza, altri, come Empedocle, sostengono che il moto del [I 295. 35
cielo, roteando in cerchio ed essendo pi veloce, impedisce il App.]
movimento della terra, come accade all'acqua nei vasi: e infatti,
facendo roteare velocemente in cerchio un vaso, l'acqua, pur
venendosi a trovare spesso al di sotto del vaso, tuttavia non .
tratta a cadere in basso per la medesima causa, pur essendo
naturalmente portata a cadere.
31 A 68. SENEC. nat. quaest. III 24, 1. Empedocle ritiene che 31 A 68. SENEC. Nat. Quaest. III 24, 1 E. existimat ignibus,
a causa dei fuochi, che in molti luoghi la terra copre tenendoli quos multis locis terra opertos tegit, aquam calescere, si
nascosti, l'acqua si scalda, qualora essa scorra per quei luoghi subiecti sunt ei solo, per quod [I 295. 40] aquis transcursus
sotto cui vi sono fuochi. Anche noi siamo soliti costruire
est. facere solemus dracones et miliaria et complures [I 296. 1
serpentine, vasi di bronzo e molte altre cose dello stesso
App.] formas, in quibus aere tenui fistulas struimus per declive
genere, nei quali poniamo dei tubicini di bronzo sottile e
circumdatas, ut saepe eundem ignem ambiens aqua per tantum
discendenti, affinch essa, passando e ripassando attraverso il fluat spatii quantum efficiendo calori sat est; frigida itaque
medesimo fuoco, scorra per tanto spazio quanto sufficiente a intrat, effluit calida. idem sub terra E. existimat fieri.
produrre il calore; cosicch essa vi entra fredda e ne esce calda.
La medesima cosa Empedocle ritiene che accada sotto terra.
31 A 69. [ARISTOT.] probl. 24, 11. 937 a 11. Per qual ragione 31 A 69. [ARISTOT.] Probl. 24, 11. 937 a 11 [I 296. 5]
a causa delle acque calde le pietre rassodano meglio che a

causa delle acque fredde? Forse perch la pietra deriva dalla
;
sparizione dell'elemento liquido e l'elemento liquido sparisce ,
pi a causa del caldo che del freddo; e la pietrificazione
, .
avviene a causa del caldo, come anche Empedocle dice che

accade per i sassi le pietre e le acque termali [cfr. 68 A 164]. [vgl. 68 A 164]. PLUTARCH. d. prim. frig.
PLUTARCH. de prim. frig. 19, 4 p. 953 E. Empedocle sostiene 19, 4 p. 953 E [I 296. 10] ,
che questi dirupi e rocce e sassi che noi vediamo si formarono , .
per opera del fuoco che arde nella profondit della terra e

sorsero sospinti da esso.
. Vgl. auch A 89.
31 A 69 a. THEOPHR. de sens. 59 [Dox. 516]. Empedocle
31 A 69 a. THEOPHR. de sens. 59 (D. 516, 9) .
parla anche dei colori e dice che il bianco il colore del fuoco (nml. )
e il nero dell'acqua [cfr. A 86 7 e B 94].
, . [I 296. 15] Vgl. auch A 86
7. B 94.
31 A 70. AT. V 26, 4 [Dox. 438]. Empedocle sostenne che
31 A 70. AT. V 26, 4 (D. 438) [I 296. 16 App.] .
primi degli esseri viventi gli alberi nacquero dalla terra, prima ,
che il sole si svolgesse tutt'intorno e prima che il giorno e la

notte si distinguessero: a causa della simmetria della

mescolanza, infatti, essi abbracciano tanto la caratteristica del .
maschio che quella della femmina. Ed essi poi crescono
, [I 296. 20
sospinti dal caldo che vi nella terra, cosicch son parti della App.]
caus. plant. VI 10, 2]. E poich ci appare in certo senso
incredibile, il figlio di Nicomaco, volendo confermare quanto
detto per mezzo dei fatti stessi, afferma [hist. anim. 2. 590 a
24] che vi dell'acqua potabile in tutto il mare e che ci si
prova in questo modo: se uno, avendo fatto un vaso di cera
cavo e sottile, lo immerge vuoto nel mare, avendolo legato
onde poterlo ritirare su, passati un giorno e una notte lo attinge
ricolmo, pieno di acqua dolce e potabile; ed anche Empedocle
di Agrigento sostiene che vi nutrimento dei pesci. Ed espone
una causa dell'esistenza di questa acqua dolce in mezzo a
quella salata del mare, che potrete vedere l.

terra come gli embrioni nel ventre son parti della matrice. I

frutti poi sono escrezioni dell'acqua e del fuoco che sono nelle
piante; ed alcune delle piante, avendo scarso elemento liquido , ,
ed evaporando questo nell'estate, perdono le foglie, mentre
[vgl. B 77. 78]
altre, che hanno maggior quantit di elemento liquido, le

conservano [cfr. B 77. 78], come avviene per l'alloro, per
[I
l'ulivo e per la palma; le differenze dei sapori derivano poi
296. 25 App.]
dalla molteplice variet della terra e delle piante, che

succhiano differentemente le parti simili dal suolo che le nutre. , '
THEOPHR. de caus. plant. I 12, 5. Una la causa generante, e . THEOPHR. d. c. p. I 12, 5
non come pensa Empedocle che la divide e la spezzetta, e cio . ,
la terra per le radici e l'etere per i germogli - quasi si trattasse di '
cose separate l'una dall'altra -, ma esse derivano da un'unica
, ' '
causa generatrice. ARISTOT. de an. B 4. 415 b 28. N sta bene . ARISTOT. de anima B 4. 415 b 28 [I 296. 30
quanto dice Empedocle, il quale aggiunge che la crescita
App.] . ' ,
avviene per le piante con le radici verso il basso, per essere

naturalmente la terra portata in questo senso, mentre per il resto , .
crescono in alto, perch tale la direzione del fuoco.
PLUT. Quaest. conv. VI 2, 2 p. 688 A [sc.
PLUTARCH. quaest. conv. VI 2, 2 p. 688 A. Per le piante,
] ,
come dice Empedocle, la natura si conserva insensibilmente, ., [I 297. 1 App.] .
assorbendo quanto loro utile dall'ambiente circostante.
[ARISTOT.] de plant. A 1. 815 a 15 [d. i. NIKOLAOS v.
[ARISTOT.] de plant. A 1. 815 a 15 [i.e. Nicolao Damasceno, Damask. ed. Meyer p. 5, 4] Anaxagoras autem et Abrucalis
ed. Meyer p. 5, 4]. Anassagora poi e Abrucali [cio
desiderio eas [nml. plantas] moveri dicunt, sentire quoque et
Empedocle] sostengono che [le piante] son mosse da un
tristari delectarique asserunt . . . Abr. autem sexum in his
desiderio, e asseriscono che provano sensazioni, tristezza e
permixtum opinatus est. [ARISTOT.] de plant. A 1. 815 b 16
allegria... Abrucali poi ritiene che in esse sia commisto anche il [p. 6, 17 M.] [I 297. 5] Anaxagoras autem et Democritus et
secco. [ARISTOT.] de plant. A 1. 815 b 16 [p. 6, 17].
Abr. illas intellectum intellegentiamque habere dicebant.
Anassagora poi e Democrito e Abrucali dicevano che esse
[ARISTOT.] de plant. A 1. 817 a 1 [p. 10, 7 M.] quod dixit
hanno anche intelletto e intelligenza. [ARISTOT.] de plant. A Abr. videlicet si invenitur in plantis sexus femineus et sexus
1. 817 a 1 [p. 10, 7]. Ci che disse Abrucali, e cio se si ritrova masculinus sive species commixta ex his duobus sexubus.
nelle piante il sesso femminile e il sesso maschile o una forma [ARISTOT.] de plant. A 1. 817 b 35 [p. 13, 2 M.] dixitque Abr.
commista di questi due sessi. [ARISTOT.] de plant. A 1. 817 b quod plantae habent generationem, mundo tamen diminuto et
35 [p. 13, 2]. Disse Abrucali che le piante hanno una
non perfecto in [I 297. 10 App.] complemento suo; et eo
generazione, ma quando tuttavia il mondo non era ancora
completo generabatur animal [vgl. B 79].
realizzato e perfezionato nel suo completamento, e che quando
esso fu completato si generarono gli animali [cfr. B 79].
31 A 71. HIPPOCR. de prisc. med. 20 [C.M.G. I 1] p. 51, 6.
31 A 71. HIPPOCR. de prisc. med. 20
Dicono alcuni medici e sofisti che non sarebbe possibile
,
conoscere la medicina se uno ignora che cosa l'uomo, ma che ,
proprio questo necessario apprendere per colui che si
.
appresta a curare efficacemente gli uomini. Tuttavia il loro
, . ,
discorso va a finire nella filosofia, come il caso di Empedocle , , [I 297. 15 App.]
o di altri che hanno scritto sulla natura, i quali cominciano a

parlare di che cosa l'uomo, di come dapprima si gener e
,
donde fu composto. Ma io ritengo che tutto quanto stato detto ,
o scritto da un sofista o da un medico intorno alla natura pi .
conveniente ad una pittura che all'arte medica. Ritengo del
.
resto che non sia possibile conoscere nulla chiaramente della
natura in altro modo che non sia tramite la medicina.
31 A 72. AT. VI 19, 5 [Dox. 430]. Empedocle sostiene che 31 A 72. AT. VI 19, 5 (D. 430) .
nel primo ciclo di generazione gli animali e le piante non
[I 297. 20 App.]
nacquero completi di tutte le loro parti, ma monchi, per il fatto , ,
che non tutte insieme nascevano le parti; nel secondo nacquero ,
simili ad immagini fantastiche; nel terzo nacquero d'un sol
,
pezzo; nel quarto poi essi non nacquero pi da elementi
[?] , ' ,
assimilati,29* come dalla terra e dall'acqua, ma da generazione [ ] ,
reciproca, a causa per gli uni dell'abbondanza di nutrimento e
per gli altri della bellezza femminile, che produsse in loro
[I 297. 25 App.]
l'eccitamento dell'atto della fecondazione. I generi di tutti gli
animali si distinsero per le diverse mescolanze [degli elementi] ,
per cui alcuni hanno una tendenza pi connaturata verso
, ' ,

l'acqua, altri a sollevarsi nell'aria (e sono tutti quelli in cui


,
l'elemento igneo ha la prevalenza), altri ancora, e sono i pi
[?] vgl. PHILO de gig.7ff. [II
pesanti, verso la terra, altri infine, egualmente partecipi degli 43 W.]. CENSORIN. 4, 7. E. autem egregio suo carmine ...
elementi nella mescolanza, possono vivere in ogni luogo. Cfr. tale quiddam confirmat. primo membra singula ex [I 298. 1
PHILO de gig. 7 sgg. [II 43]. CENSORIN. de d. nat. 4, 7.
App.] terra quasi praegnate passim edita, deinde coisse et
Empedocle poi nel suo eccellente poema... fa delle
effecisse solidi hominis materiam igni simul et umori
osservazioni di tal genere. Dapprima le singole membra furono permixtam [vgl. 28 A 51]. VARRO Eumenid. sat. fr. 27 Bch.
generate dalla terra sparsamente, quasi essa fosse gravida, poi E. natos homines ex terra ait ut blitum.
si riunirono e costituirono la sostanza dell'intero corpo umano,
mista contemporaneamente di fuoco e di acqua [cfr. 28 A 51].
VARRO Eumenid. sat. fr. 27 Bcheler. Empedocle dice che gli
uomini sono nati dalla terra come bietole.
31 A 73. ARISTOT. de respir. 14. 477 a 32. Non va bene quel 31 A 73. ARISTOT. de resp. 14. 477 a 32 . '
che dice Empedocle e cio che gli animali pi caldi e che
' [I 298. 5]
hanno la maggior quantit di elemento igneo sono acquatici,

sfuggendo cos l'eccesso di calore che c' nella loro natura. Cfr. . Vgl. ARISTOT. de part. anim. B
ARISTOT. de part. anim. B 2. 648 a 25. G Cfr. ARISTOT. de 2. 648 a 25. G
part. anim. B 2. 648 a 25. Alcuni sostengono che gli animali ,
acquatici sono pi caldi di quelli terrestri, dicendo che il calore ,
della loro natura deve compensare la freddezza del luogo, e che ,
gli animali senza sangue sono pi caldi di quelli con sangue e ,
le femmine pi dei maschi. Come ad esempio Parmenide ed

alcuni altri sostengono che le donne sono pi calde degli
, . / THEOPHR. de
uomini, per il fatto che le mestruazioni si producono a causa
caus. pl. I 21, 5 .
del calore e a quelle donne che hanno molto sangue.
[vgl. 22, 2].
Empedocle crede il contrario. / THEOPHR. de caus. plant. I
21, 5. Come anche Empedocle dice a proposito degli animali,
che quelli che hanno una natura pi ricca di elemento igneo
tendono all'umido [cfr. 22, 2].
31 A 74. AT. IV 22, 1 [Dox. 411]. Empedocle sostiene che la 31 A 74. AT. IV 22, 1 (D. 411) .
prima respirazione del primo animale si prodotta per l'uscita [I 298. 10 App.] [in seiner Kosmogonie,
dell'umidit che si trova nei neonati: per il vuoto cos formatosi vgl. v 7, 1]
si verificato l'ingresso dell'aria esterna nelle cavit dei vasi; ,
dopo di ci, per il fatto che il calore interno, a causa della sua [ ]
tendenza all'esterno, scacci l'aria, si produsse l'espirazione,

mentre poi, ritirandosi verso l'interno e lasciando entrare l'aria,
si produsse l'inspirazione. Attualmente, pulsando il sangue
, '
verso la superficie della pelle e scacciando l'aria attraverso i
[I 298. 15
pori della pelle con i suoi efflussi, per l'uscita dell'aria si
App.] .
produce l'espirazione; rifluendo invece indietro e rientrando

l'aria nelle cavit prodotte dal sangue, si produce l'inspirazione.
E a questo proposito fa menzione della clessidra [B 100, 9].

Meno bene AT. V 15, 3 [Dox. 425].
,

[B 100, 9].
Schlechter V 15, 3 (D. 425).
31 A 75. AT. V 18, 1 [Dox. 427; sulle cause dei parti
31 A 75. AT. V 18, 1 (D. 427) [I 298. 20] (
settimini]. Empedocle dice che quando si gener dalla terra la ) .
stirpe degli uomini, allora, a causa della lunghezza del tempo ,
per il lento scorrere del sole, una giornata durava tanto quanto ,
ora dura un periodo di dieci mesi. Con il passare del tempo, la
giornata arriv a durare tanto quanto ora un periodo di sette
,
mesi: per questo i parti sono di dieci mesi e di sette mesi,
,
essendosi la natura dell'universo preoccupata di far s che il
, [I 298. 25 App.]
feto giungesse a compimento nello stesso giorno in cui era
[] .
stato concepito.
31 A 76. PLAT. Phaed. 96 A-B [parla Socrate]. Io infatti, o
31 A 76. PLAT. Phaedo 96 AB , (Sokrates)
Cebete, essendo giovane mi appassionai meravigliosamente a ,
questa sapienza che chiamano osservazione della natura. Mi
, .
sembrava infatti magnifico sapere le cause di ciascuna cosa,
,
perch nasce perch perisce e perch . E spesso io mi trovavo .

[I 298. 30 App.]
'
, [Empedokles,
Archelaos] , ;
[Empedokles]
[Anaximenes, Diogenes] [Heraklit];
, ' [Alkmaion]; .
31 A 77. AT. V 27, 1 [Dox. 440]. Secondo Empedocle, gli
31 A 77. AT. V 27, 1 (D. 440) [I 298. 35 App.] .
animali si nutrono per sedimento di ci che omogeneo,
,
crescono per la presenza del caldo e invece decrescono e si
,
corrompono per il venir meno di entrambi i fattori. E gli
.
uomini di adesso, paragonati ai primi, assomigliano a embrioni.
[GALEN.] defin. med. 99 [XIX 372 Khn]. In qual modo
. [GALEN.] d. def. med. 99 (XIX 372 K.)
Ippocrate, Erasistrato e Empedocle e Asclepiade dicono che
[I 299. 1] .
avviene la digestione dell'alimento... secondo Empedocle per ... .
putrefazione. GALEN. in Hipp. aph. VI 1 [XVIII A 8 Khn]. . Vgl. oben I 298 30, B 81. u. c. 32, 7. GALEN. in Hipp.
Era antica consuetudine per questi uomini chiamare non
aph. VI 1 (XVIII A 8 K.)
putrefatte quelle cose che noi diciamo non digerite.
, .
31 A 78. AT. V 22, 1 [Dox. 434]. Empedocle dice che le carni 31 A 78. AT. V 22, 1 (D. 434) [I 299. 5 App.] .
nascono dai quattro elementi egualmente mescolati, i nervi dal
fuoco e dalla terra mescolati con il doppio di acqua, mentre le ,
unghie nascono agli animali dai nervi, per quel tanto che si
,
raffreddano all'aria, mentre le ossa nascono da due parti di
' ,
acqua e di terra e quattro di fuoco, essendosi tutte queste
, ,
mescolate dentro la terra. Il sudore, infine, e le lacrime
.
derivano dal sangue, quando deperisce e si diffonde fino a
[I 299. 10]
estenuarsi. ARISTOT. de part. anim. A 1. 642 a 17. Principio . ARISTOT. de part. an. A 1. 642 a
infatti la natura pi che non la materia, e con essa finisce per 17 ,
urtarci anche Empedocle talvolta, spinto dalla stessa verit e
. , ' ,
costretto ad affermare che la sostanza e la natura sono

proporzione, come quando spiega che cos' l'osso: a questo
,
proposito, infatti, non parla n di un elemento, n di due o tre, ,
n di tutti, ma della proporzione della loro mescolanza.
. ARISTOT. de anima A 4. 408 a 13
ARISTOT. de an. A 4. 408 a 13. Ugualmente assurdo che
[I 299. 15 App.]
l'anima sia la proporzione della mescolanza: non ha infatti la
stessa proporzione la mescolanza degli elementi da cui risulta ' '
la carne e quella da cui risultano le ossa. Accadr allora che vi
sono molte anime e per ciascuna parte del corpo, se vero che , ,
ciascuna parte risulta dalla mescolanza degli elementi, e se la . '
proporzione della mescolanza armonia ed anima. Si potrebbe ' [I 299. 20 App.]
obbiettare la stessa cosa anche ad Empedocle: anche lui, infatti,
dice che ciascuna parte del corpo risulta da una certa
,
proporzione. Dunque l'anima forse una proporzione oppure, ;
essendo qualcosa di diverso, nasce nelle membra? E ancora:
;
l'Amicizia forse causa di una mescolanza accidentale oppure ; vgl. ARISTOT. metaph. A 10. 993 a 15.
di quella secondo proporzione? Ed essa stessa proporzione o [ARISTOT.] de spiritu 9. 485 b 26 .
qualcosa di diverso dalla proporzione? [Cfr. ARISTOT.
*** [I 299.
metaph. A 10. 993 a 15]. [ARISTOT.] de spirit. 9. 485 b 26.
25 App.] ,
Per Empedocle semplicemente una la natura dell'osso ma
. PLUTARCH. Quaest. nat. 20, 2 p. 917 A
non a ragione, poich se tutte le ossa hanno la medesima

proporzione di mescolanza, non dovrebbero differire quelle del , .
cavallo, del leone e dello uomo. PLUTARCH. quaest. nat. 20,
2 p. 917 A. Alcuni, come Empedocle, affermano che come dal
latte il siero, cos dal sangue scosso si separa l'umore lacrimale.
31 A 79. SORAN. Gynaec. I 57 p. 42, 12. [L'ombelico]
31 A 79. SORANUS Gynaec. I 57 p. 42, 12 I 1b. (Nabel)
consiste di quattro vasi, due venosi e due arteriosi, mediante i ' ,
quali l'elemento sanguigno e quello aereo sono comunicati
, ' [I 299. 30
come nutrimento ai feti. Empedocle ritiene che questi vasi si App.]
inseriscono nel fegato, Fedro nel cuore.
.
, .
31 A 80. SORAN. Gynaec. I 21 p. 14, 9. [La mestruazione]
31 A 80. SORANUS Gynaec. I 21 p. 14, 9 (Menstruation)
disorientato indagando in primo luogo cose di questo genere: e
cio se, dopo che il caldo e il freddo abbiano prodotto in certo
modo una decomposizione, come dicono alcuni, gli animali se
ne nutrano e se il sangue ci per cui noi pensiamo o l'aria o il
fuoco, o se non nessuna di queste ma il cervello, ecc.


.
,
[FG I 197 fr. 171 [I 299. 35] Wellmann]
, , .,
.
,
. [Vgl. ARISTOT. de anim. hist. H
2. 582 a 34].
31 A 81. ARISTOT. de gen. anim. 1 764 a 1. [La
31 A 81. [I 300. 1] ARISTOT. de gener. anim. 1 764 a 1
differenziazione dei sessi] alcuni dicono che avviene nella
(Geschlechtsunterschied) ' , .
matrice, come Empedocle; confluendo infatti nell'utero, quando
questo caldo, alcuni - egli dice - nascono maschi, quando
, ' ,
invece freddo, nascono femmine; e la causa del calore e del
freddo dell'utero nel flusso delle mestruazioni, che pi
[I 300.
freddo o pi caldo, pi remoto o pi recente;... e questo
5] ... .
Empedocle lo suppone troppo facilmente come fosse vero,

pensando che differiscono tra loro solo per il freddo e il caldo, ,
pur vedendo che gli interi organi hanno una grande differenza, .
quella che c' appunto tra i genitali maschili e l'utero.
Ebenda de gen. anim. 1 765 a 8
ARISTOT. de gen. anim. 1 765 a 8. Ed necessario altres ,
rispondere al ragionamento di Empedocle, il quale stabilisce la . AT. V 7, 1 (D.
distinzione del sesso maschile da quello femminile sulla base 419) . [I 300. 10 App.]
del calore o della freddezza dell'utero. AT. V 7, 1 [Dox. 419].
Secondo Empedocle i maschi e le femmine nascono in

relazione al caldo e al freddo; donde si osserva che i primi
, . AT.
maschi nacquero dalla terra piuttosto a levante o a
V 8, 1 (D. 420) .
mezzogiorno, mentre le femmine a settentrione. AT. V 8, 1 '
[Dox. 420]. Empedocle sostiene che i parti mostruosi nascono .
o per eccesso o per scarsezza di seme, o per un turbamento del [I 300. 15 App.]
suo moto o per una sua divisione in pi parti o per una
. AT. V 10, 1 (D. 421) .
deviazione. Cos egli sembra aver preveduto ogni sorta di
.
causa. AT. V 10, 1 [Dox. 421]. Empedocle sostiene che i parti AT. V 11, 1 (D. 422)
gemellari o trigemini avvengono per eccesso o frazionamento ; . '
dello sperma. AT. V 11, 1 [Dox. 422]. Donde derivano le
,
somiglianze dei genitori o dei progenitori? Secondo Empedocle . [Vgl. HIPPOCR.
le somiglianze derivano dal prevalere dei semi genitali, le
de genit. 8 VII 480 L.]. AT. V 12, 2 (D. 423)
differenze invece dall'evaporazione del calore che nel seme [I 300. 20 App.]
[cfr. HIPPOCR. de genit. 8 VII 480]. AT. V 12, 2 [Dox.
; .
423]. Come mai i figli assomigliano ad altri e non ai genitori?
Secondo Empedocle, nel periodo della concezione i feti sono
conformati secondo l'immaginazione della madre. Spesse volte, [vgl. SORAN. p. 27, 30 I 1b; [GAL.] XIV 253; DIONYS. de
infatti, le donne s'innamorano di statue e di immagini e
imit. p. 17, 18 Usen.]. CENSORIN. 5, 4 [s. 24 A 13] G Illud
partoriscono figli simili a queste [cfr. SORAN. Gynaec. I 39 p. quoque ambiguam facit inter auctores opinionem, utrumne ex
27, 30; (GALEN.) ad Pis. de Ther. XIV 253; DIONYS. de
patris tantum modo semine partus nascatur, ut Diogenes et
imit. p. 17, 18]. CENSORIN. de d. nat. 5, 4. G ... anche su
Hippon stoicique scripserunt, an etiam ex matris, quod
questo c' controversia tra gli autori, se il figlio nasca soltanto Anaxagorae et Alcmaeoni nec non Parmenidi Empedoclique et
dal seme del padre, come sostennero Diogene [64 A 27],
Epicuro visum est. / CENSORIN. 6, 6 ex dextris partibus
Ippone [38 A 13] e gli Stoici, o anche da quello della madre, profuso semine marea gigni, at e laevis feminas. [I 300. 25
come ritennero Anassagora, Alemeone, Parmenide [28 A 54], App.] Anaxagoras Empedoclesque consentiunt. quorum
Empedocle e Epicuro. / CENSORIN. de d. nat. 6, 6.
opiniones, ut de hac specie congruae, ita de similitudine
Anassagora ed Empedocle sono d'accordo nel ritenere che i
liberorum dispariles; super qua re Empedodis, disputata
maschi sono concepiti per il seme profuso dal lato destro, le
ratione, talis profertur. si par calar in parentum seminibus fuit,
femmine dal lato sinistro. Ma le loro opinioni, bench concordi patri similem marem procreari; si frigus, feminam mairi
per questo aspetto, divergono poi circa il problema della
similem. quodsi patria calidius erit et frigidius matris, puerum
somiglianza dei figli. E su questa questione, dopo aver
fore qui matris vultus repraesentet: [I 300. 30 App.] at si
argomentato il pro e il contro, Empedocle ragiona cos: se era calidius matris, patria autem fuerit frigidius, puellam futuram
uguale il calore nei sensi dei genitori il maschio procreato
quae patris reddat similitudinem. CENSORIN. 6, 9. 10
simile al padre; se era uguale il freddo, la femmina procreata sequitur de geminis, qui ut aliquando nascantur modo seminis
simile alla madre. Se invece era pi caldo quello del padre e
fieri Hippon ratus <est>: id enim cum amplius est quam uni
pi freddo quello della madre, nascer un figlio con le fattezze satis fuit, bifariam deduci. id ipsum ferme E. videtur sensisse:
talvolta anticipa e talvolta ritarda di alcuni giorni. E avviene, in
generale, nel giorno stabilito per ciascuna, che non cade
sempre nello stesso periodo per tutte, come dice Diocle [fr.
171 Fr. gr. Aertze I 197 Wellmann] e anche Empedocle, cio
quando la luna calante. Alcune infatti si liberano prima del
ventesimo giorno altre nel ventesimo, alcune quando la luna
crescente altre quando calante [cfr. ARISTOT. hist. anim. H
2. 582 a 34].

del volto della madre: e se infine pi caldo il seme della


nam causas quidem cur divideretur non posuit; partiri tantum
madre e pi freddo quello del padre, nascer una figlia che
modo [I 300. 35] ait et si utrumque sedes aeque calidas
ripeter le sembianze del padre. CENSORIN. de d. nat. 6, 9-10. occupaverit, utrumque marem nasci, si frigidas aeque,
Segue la questione dei gemelli: per i quali Ippone ritiene che utramque feminam, si vero alterum calidiorem, alterum
quando nascono, ci avviene per la quantit del seme. Esso
frigidiorem, dispari sexu partum futurum.
infatti, se pi abbondante di quanto necessario per uno, si
bipartisce. La stessa cosa sembra aver ritenuto Empedocle: egli
infatti non espone le cause per cui si dividerebbe; dice soltanto
che si divide e se l'una e l'altra parte occupano posti
egualmente caldi, nascono due maschi, se egualmente freddi,
due femmine, se invece l'una occupa un posto pi caldo e l'altra
uno pi freddo, il parto sar di sesso diverso.
31 A 82. ARISTOT. de gen. anim. B 8. 747 a 24. La specie dei 31 A 82. ARISTOT. de gen. anim. B 8. 747 a 24
muli del tutto sterile. Quale ne sia la causa non ben detto n . ,
da Empedocle n da Democrito, bench Empedocle non sia
. , [I 300. 40]
chiaro mentre Democrito si fa capire meglio. Danno infatti
, ,
egualmente la stessa spiegazione per tutte le cose accoppiate .
contro la loro affinit [per il seguito cfr. B 92]. AT. V 14, 2 ... . [I 301. 1
[Dox. 425; perch i muli sono sterili?]. Secondo Empedocle, a App.] ' . Vgl. B 92. AT. V 14, 2 (D. 425
causa del fatto che la matrice piccola, bassa e stretta, posta in ;) . [?]
modo distorto rispetto al ventre, e quindi il seme non vi pu

affluire direttamente, e, se anche vi arriva, essa non lo accoglie.
, ,
.
31 A 83. AT. V 21, 1 [Dox. 433; in quanto tempo si formano 31 A 83. AT. V 21, 1 [I 301. 5 App.] (D. 433
gli esseri viventi che sono nel ventre?]. Secondo Empedocle, ;) .
per gli uomini l'articolazione incomincia dal trentaseiesimo

giorno e si compie un giorno prima del cinquantesimo.
,
ORIBAS. III 78, 13 da Ateneo [DIOCL. fr. 175 Wellmann].
. ORIBASIUS aus Athenaios III 78, 13
Intorno alla quarta enneade [trentaseiesimo giorno] si comincia [DIOCLES fr. 175 Wellm.]
a vedere per la prima volta ben distinto tutto il corpo, o al

massimo, aggiunta una tetrade, intorno al quarantesimo giorno. [I 301. 10]
Concorda con i tempi della completa distinzione dei feti anche .
Empedocle il fisico e dice che il maschio si conforma pi
. ,
rapidamente della femmina e quelli che sono nella parte destra
pi presto di quelli che sono nella parte sinistra. CENSORIN. . CENSORIN. de d. nat. 7, 5
de d. nat. 7, 5. La maggior parte afferma che la donna pu
septimo mense parere mulierem posse plurimi adfirmant ut ...
partorire nel settimo mese... come Empedocle, Epigene e molti Empedocles, Epigenes multique praeterea.
altri.
31 A 84. CENSORIN. de d. nat. 6, 1. Empedocle, con cui su 31 A 84. CENSORIN. 6, 1[I 301. 15 App.] E., quem in hoc
questo punto si accorda Aristotele, ritiene che prima di tutto
Aristoteles secutus est, ante omnia cor iudicavit increscere,
cresca il cuore, perch massimamente contiene la vita
quod hominis vitam maxime contineat.
dell'uomo.
31 A 85. AT. V 24, 2 [Dox. 435]. Secondo Empedocle il
31A 85. AT. V 24, 2 (D. 435) .
sonno deriva da un moderato raffreddamento del caldo che ,
nel sangue, la morte da un raffreddamento assoluto. AT. V
. AT. V 25, 4 (D. 437) .
25, 4 [Dox. 437]. Empedocle afferma che la morte deriva da

una separazione dell'elemento igneo di quello aereo, di quello , [I 301. 20 App.]
umido e di quello terrestre30* per la cui unione sussiste l'uomo;
cosicch per ci comune la morte del corpo e dell'anima; il
sonno invece deriva dalla separazione dell'elemento igneo.
.
31 A 85 a. G AT. IV 7 [THEODORET. V 33; TERTULL. de 31 A 85 a. G AT. IV 7 [THEODORET. V 33; TERTULL. de
an. 54; Dox. 392]. Pitagora... Platone, Empedocle... afferma
an. 54; Dox. 392]. . . . ,
che l'anima immortale.31*
.
31 A 86. THEOPHR. de sens. 1.2 [Dox. 499 sgg]. Parmenide, 31 A 86. THEOPHRAST. de sensu 1ff. (D. 499ff.)
Empedocle e Platone [sostengono che la sensazione si ha] ad . [sc.
opera del simile, mentre Anassagora ed Eraclito ad opera del ],
contrario... (2) quanto a ciascuna delle sensazioni particolari, ... (2)
mentre tutti gli altri le trascurano quasi del tutto, Empedocle
[I 301. 25 App.] , .
invece si sforza di ricondurre anche queste alla simiglianza.
.

7-24 [Dox. 500 sgg.]. Riguardo a tutte le sensazioni Empedocle (D. 500) (7 ) .
fa affermazioni simili, e sostiene che la sensazione avviene in
virt dell'adattamento a quei pori che sono propri di ciascuna ,
sensazione degli altri, perch si d il caso che essi siano ora in ,
certo modo troppo larghi, ora troppo stretti, cosicch ora vi , '
passaggio senza contatto, ora impossibilit completa di
. [I 301. 30 App.]
penetrazione. Egli cerca poi di dire anche quale sia la natura
,
della vista; e afferma che il suo interno fuoco [cfr. B 84. 85] e [vgl. B 84. 85]
la sua parte esterna acqua e32* terra e aria, attraverso le quali '
il fuoco, essendo sottile passa, come la luce nelle lanterne. I
.
pori del fuoco e dell'acqua sono alternati, e noi possiamo
, ,
distinguere il bianco mediante quelli del fuoco e il nero

mediante quelli dell'acqua: vi infatti un adattamento di
. [I 301. 35
ciascuna ai rispettivi pori. E anche i colori sono portati alla
App.] [vgl. A 69 a].
vista mediante questo effluvio [cfr. A 69 a].
(8) ' ,
(8) Gli occhi non sono tutti costituiti in modo eguale, ma gli , ' , ,
uni da elementi in proporzione uguale,33* altri invece da
'
elementi in proporzione contraria, e in alcuni occhi il fuoco sta ,
nel mezzo, in altri sta all'esterno; e questa la ragione per cui , [I 302. 1 App.] '
alcuni esseri viventi vedono pi acutamente alla luce del
,
giorno, altri di notte: quanti infatti hanno una minore quantit
di fuoco vedono pi acutamente di giorno, perch la loro luce .
interna compensata da quella dell'ambiente esterno; quanti
'
invece hanno una quantit maggiore di fuoco vedono meglio di [I
notte, perch anche per costoro il difetto [della luce esterna]
302. 5 App.] ,
risulta cos compensato. Nei casi contrari, poi, ciascuno di
.
questi si comporta in modo contrario. 34* Vedono in modo
,
confuso quelli ai quali il fuoco sovrabbonda: accresciuto,
, ' .
infatti, ulteriormente dalla luce del giorno, esso ostruisce e
.
comprime i pori dell'acqua. Al contrario, per quelli in cui
.
sovrabbonda l'acqua, la medesima cosa si verifica di notte: il .
fuoco infatti compresso dall'acqua. E questo avviene35*
(9) [I 302. 10 App.] '
finch per gli uni l'acqua non sia dissolta dalla luce esterna, e ,
per gli altri finch il fuoco non sia dissolto dall'aria. Nell'uno e . [?]
nell'altro caso infatti l'elemento contrario che produce il
, [B 99; vgl. A 93]
rimedio: la vista migliore, quella in cui si ha una perfetta

mescolanza quella che risulta conformata da entrambi gli
. .
elementi in eguale proporzione. Queste sono dunque, pi o
,
meno, le cose che dice intorno alla vista.
[I 302. 15 App.]
(9) L'udito si produce ad opera dei rumori interni: quando
.
infatti l'aria 36* mossa dal suono, essa riecheggia dentro
' '
l'orecchio; l'orecchio infatti , per cos dire, un sonaglio che
,
ripete i suoni in modo eguale e ad esso d il nome di

germoglio carneo [B 99; cfr. A 93]: ripercuote l'aria mossa , .
contro le pareti solide e produce la risonanza. L'odorato invece . (10)
si riproduce con la respirazione: per questo hanno l'odorato pi [I 302. 20 App.] , '
sviluppato proprio quegli esseri viventi nei quali pi intenso ,
il movimento della respirazione; l'odore, poi, emana soprattutto . ,
dai corpi sottili e leggeri. Riguardo al gusto e al tatto, egli non , '
d una definizione particolare per ciascuno, n come n perch ... ' [B 107].
si producono: eccetto che, per ci che hanno di genericamente []
comune, la sensazione risulta da un armonizzarsi ai pori. Si
.
prova piacere di cose simili, o nelle parti o nelle mescolanze, e (11) [I 302. 25]
dolore delle cose contrarie. Nello stesso senso egli parla anche ' '
della conoscenza e dell'ignoranza.
,
(10) La conoscenza infatti del simile e l'ignoranza del
,
dissimile, cosicch la stessa cosa, o strettamente analoga, sono , ' , .
la conoscenza e la sensazione. Dopo aver enumerato infatti i
,
modi onde con ciascun elemento conosciamo ciascun
,
elemento, alla fine aggiunge: ... [B 107]. Onde noi
[I 302. 30 App.]
conosciamo soprattutto in virt del sangue, perch nel sangue [I

sono mescolati al massimo gli elementi delle parti.


303. 1] '
(11) Coloro, dunque, nei quali la mescolanza di particelle
,
eguali e simili, non troppo distanti tra loro e neppure troppo
, ,
piccole o troppo grandi, costoro sono quelli che conoscono di , '
pi e che hanno le sensazioni pi acute; vengono poi coloro
.
che, proporzionalmente, sono pi vicini a questi, mentre
(12) [I 303. 5 App.] .
coloro, nei quali la mescolanza ha caratteri opposti, sono i pi , '
ignoranti. Coloro le cui particelle elementari sono rare e sottili, ,
sono inclini al languore e alla stanchezza. Quelli invece le cui .
particelle sono fitte e assai sminuzzate, per la conseguente

rapidit del movimento del sangue, poche cose portano a
[vgl.
termine, pur essendo impetuosi e pieni di iniziative. Coloro
B 91],
infine che hanno un'appropriata mescolanza di elementi in una . [I 303. 10]
parte del corpo, in questa risultano particolarmente abili ed

esperti; per questo alcuni sono bravi retori ed altri bravi
,
artigiani, appunto perch gli uni hanno un'opportuna
.
mescolanza di elementi nella lingua e gli altri nelle mani: e lo (13)
stesso si dica per tutte le altre capacit.
,
(12) Queste dunque sono le opinioni di Empedocle riguardo
; .
alla sensazione e alla conoscenza; un primo dubbio, per,
,
potrebbe nascere da ci che egli dice, e cio quale sia la
[I 303. 15] , '
differenza tra gli esseri forniti di anima e gli altri riguardo alla ' , .
sensazione: anche negli esseri privi di anima, infatti, vi un
; ,
adattamento ai pori, e in generale egli fa risultare la mescolanza
dalla simmetria dei pori. Onde l'olio e l'acqua non si mescolano ,
[cfr. B 91], mentre si mescolano gli altri liquidi e le altre
, , .
sostanze di cui Empedocle enumera le mescolanze appropriate. (14) ,
Cosicch tutte le cose saranno fornite di sensibilit e la stessa [I 303. 20 App.]
cosa saranno mescolanza, sensazione e accrescimento, poich , ' , ,
in ogni caso si ha simmetria di pori, se non intervenga qualche ,
differenza.
,
(13) Un secondo dubbio potrebbe nascere a proposito degli
. '
stessi esseri forniti di anima, e cio perch ha maggiore
, ,
sensibilit il fuoco interno all'essere vivente di quello esterno, , ;
dal momento che vi adattamento reciproco. In questo caso
. [I 303.
infatti vi simmetria e omogeneit. Tuttavia necessario che 25 App.] ,
sussista una qualche differenza, se vero che il fuoco interno ,
non pu riempire i pori, mentre li riempie il fuoco che viene
'
dall'esterno; cosicch se l'omogeneit fosse assoluta e totale, .
non vi sarebbe sensazione. E infine un ultimo dubbio: i pori
(15) , ,
sono vuoti o pieni? Se sono vuoti, allora Empedocle
, '
contraddice se stesso, dal momento che nega, in generale, che [I 303. 30
vi sia il moto; se sono pieni, allora gli esseri viventi avrebbero App.] '' . '
sensazioni ininterrotte: chiaro infatti, come dice, che vi si
, .
adatta l'elemento simile.
,
(14) Ed invero lo stesso dubbio potrebbe ancora sussistere se .
fosse possibile che gli elementi eterogenei avessero grandezze , '
tali da adattarsi, soprattutto tenendo presente che pu accadere, ,
come egli dice, che gli occhi, la cui mescolanza degli elementi
asimmetrica, perdano la chiarezza della vista perch i pori
[I 303. 35 App.] , '
sono ostruiti ora dal fuoco ora dall'aria. Se dunque pu esservi
simmetria anche tra elementi eterogenei ed i pori possono
.
esserne riempiti, come e quando si produce la sensazione e
(16)
dove questi elementi eterogenei si ritraggono? Bisogna infatti ,
che si produca un certo trasferimento di parti, cosicch in ogni '' , ' . . .
caso vi sono difficolt: infatti necessario che o s'introduca il ' [B 22, 6-7]. '
vuoto, o che gli esseri viventi abbiano sensazioni ininterrotte di [I 303. 40 App.] [Empedokles un
ogni cosa, o che vi sia adattamento ai pori anche di particelle Anaxagoras nach 17 ?] ,
eterogenee, senza che si produca sensazione n trasferimento .
appropriato per le particelle che producono sensazione.
[I 304. 1 App.] , ,
(15) E ancora: se pure non vi fosse adattamento del simile, ma '

solo contatto, in ogni caso sarebbe del tutto ragionevole


. (17)
ammettere che si produca sensazione: da queste due condizioni '
egli infatti fa dipendere la conoscenza, la somiglianza ed il
, ' ,
contatto; e per questo egli adopera il termine di adattamento. . '
In tal modo, se il minore viene a contatto con il maggiore, vi [I 304. 5 App.]
sar sensazione. In generale, secondo Empedocle, non da

tener conto della omogeneit, ma solo la simmetria
, '
sufficiente: per questo egli afferma che non vi sensazione
,
reciproca, perch, i pori non sono simmetrici; ma non
;
determina, oltre a ci, se il flusso sia simile o dissimile.
' '
Cosicch o la sensazione non avviene per omogeneit o non .
alla asimmetria che dovuta l'impossibilit della sensazione
(18) [I 304. 10 App.] ,
reciproca, ed necessario che tutte le sensazioni e tutti i
.
sensibili abbiano la stessa natura.
,
(16) Ma inadeguata anche la spiegazione analoga del piacere ' .
e del dolore, quando cio spiega che si gode del simile e si
, '
prova dolore del dissimile: ... [B 22, 6-7]. Essi [Empedocle , , ,
e Anassagora, in base al 17 ?] ritengono infatti che il piacere ' [I
e il dolore siano sensazioni o conseguano a sensazioni,
304. 15 App.] ,
cosicch non in ogni caso risultano dal simile. Inoltre se sono . '
le cose congeneri che producono piacere nel contatto, come
. ' '
egli dice, allora sarebbero soprattutto le cose della stessa natura ,
a godere e a sentire: dalle stesse cose infatti egli fa risultare la .
sensazione e il piacere.
(19) ' ,
(17) Tuttavia spesse volte, nell'atto della sensazione, proviamo ' ,
dolore e anzi, secondo Anassagora, non vi in generale
. [I 304. 20
sensazione senza dolore. Altre osservazioni potrebbero farsi nei App.]
dettagli. Posto infatti che la conoscenza avviene per il simile e .
che l'occhio consiste di fuoco e del suo contrario, non c'
; .
problema nella possibilit di conoscere il bianco e il nero
'
mediante il simile, ma come si conoscono il grigio e gli altri
, .
colori misti? Non per mezzo dei pori del fuoco n di quelli

dell'acqua, n di altri comuni, risultanti da entrambi; pur

tuttavia noi vediamo i colori misti non meno di quelli semplici. [I 304. 25 App.]
(18) Ed strano anche ci che egli sostiene, e cio che alcuni , .
esseri viventi vedono meglio di giorno e altri di notte. Infatti la (20) ,
minor quantit di fuoco sopraffatta dalla quantit maggiore, ,
onde avviene che non possibile guardare dritto al sole e in
.
generale ad una luce splendente. In conseguenza quegli occhi,
in cui minore la quantit di fuoco, dovrebbero vedere di meno ; [I 304. 30 App.]
di giorno. Inoltre, se vero quel che egli dice, e cio che il
, .
simile accresce e il contrario danneggia o ostacola, allora
' ,
necessariamente dovrebbe succedere che tutti, minore o
,
maggiore che sia la quantit del fuoco, vedano meglio il bianco , '
di giorno e il nero di notte; e invece, salvo poche eccezioni,
.
tutti gli esseri viventi vedono meglio tutte le cose di giorno. Ed .
del tutto ragionevole supporre che questo dipenda per loro dal [I
fuoco loro proprio, giacch alcuni sono, soprattutto di notte,
304. 35 App.]
fosforescenti in superficie.
.
(19) Inoltre quegli occhi, la cui mescolanza dei due elementi (21)
risulta di parti eguali, necessario che ciascuno si accresca a ,
sua volta; cosicch, se la sovrabbondanza che impedisce
, .
all'uno o all'altro elemento di vedere, tutti gli occhi si
' ,
troverebbero in una situazione analoga. Tuttavia troppo
; .
difficile analizzare ora tutte le affezioni della vista; ma riguardo .
alle altre sensazioni, come potremo spiegarle mediante il
'
simile? Il simile infatti privo di determinazioni. Noi non
. [I 305. 1 App.]
percepiamo infatti il rumore con il rumore, l'odore con l'odore
n le altre cose con quelle congeneri, ma piuttosto, per cos

dire, con i contrari; necessario che gli organi di senso
.
producano sensazione essendo essi stessi esenti da ogni
.

affezione: se in effetti c' un suono negli orecchi, un sapore nel


gusto o un odore nell'odorato, tutti i sensi diventano pi ottusi e [I 305. 5 App.] .
tanto pi quelli che sono pieni dei simili, a meno che non sia . (22) '
fatta un'ulteriore distinzione su questo punto.
, ,
(20) Per quanto poi concerne l'emanazione, anche se

accettabile per tutte le altre sensazioni (per quanto non
'
sufficientemente esposta), non pu essere facilmente condivisa ' . . .
per ci che riguarda il tatto e il gusto. Come sostenibile infatti ' [B 102].
che noi percepiamo con l'emanazione il ruvido e il liscio e che , [I 305. 10 App.]
vi adattamento ai pori? Del fuoco soltanto, tra tutti gli
. ,
elementi, sembra che vi sia emanzione e di nessun altro.
.
Inoltre, se il deperimento avviene attraverso l'emanazione
(23) ' ,
(questo infatti l'indizio pi evidente di cui si serve), e se
.
vero anche che gli odori si producono per emanazione, allora .
dovrebbero pi rapidamente deperire quei corpi che sono
;
maggiormente odorosi; e invece si pu dire che accada proprio [I 305. 15 App.] .
il contrario. Infatti i pi odorosi, tra i vegetali e gli altri corpi,
sono quelli che durano di pi. Consegue anche che nel periodo .
in cui prevale l'Amicizia non vi dovrebbe essere in generale
. '
sensazione, o dovrebbe esservi in minore misura per il fatto che , .
gli elementi si raccolgono e che non vi emanazione.

(21) Ma anche riguardo all'udito, quando egli afferma che si
[]
produce per i suoni interni, strano che egli ritenga che ci sia . ' [I 305. 20 App.]
evidente a coloro che provano in qualche modo tale sensazione, , .
assimilando il rumore interno a quello di un sonaglio: se infatti (24)
sentiamo i rumori esterni per mezzo di esso, questo rumore per ,
mezzo di che cosa lo ascoltiamo? Questo un punto che resta
da esaminare. Strano anche quello che ha detto riguardo
, ' .
all'odorato: in primo luogo non d una spiegazione che valga
per tutti i casi, giacch alcuni degli esseri viventi, che pure
, [I 305. 25]
hanno odorato, non respirano. In secondo luogo da ingenui . .
affermare che maggiore l'odorato in quelli che pi respirano, .
perch questa condizione non di alcun giovamento se
l'organo del senso non sano o ben aperto. A molti poi accade
di aver delle lesioni e di non sentire assolutamente nulla. Oltre
a ci coloro che soffrono d'asma, che faticano, che dormono
dovrebbero sentire gli odori pi degli altri, perch inspirano
una quantit maggiore d'aria: e invece accade proprio il
contrario.
(22) E' dunque probabile che l'inspirazione, di per s, non sia la
causa dell'odorato, ma solo accidentalmente, come
testimoniato dall'esempio di altri esseri viventi e dalle affezioni
di cui abbiamo parlato. Eppure egli conclude come se fosse
questa la vera causa, quasi mettendo il suggello: ... [B 102].
E non nemmeno vero che si avverte odore soprattutto delle
cose leggere, ma anche queste devono avere odore. L'aria e il
fuoco infatti sono le sostanze pi leggere, ma non producono
sensazione di odori.
(23) Nello stesso senso si potrebbero sollevare obbiezioni
anche a proposito della conoscenza, dal momento che la fa
risultare da fattori identici a quelli della sensazione. Tutte le
cose infatti parteciperebbero della conoscenza. E nello stesso
tempo possibile che la sensazione si produca per una
modificazione qualitativa e ad opera del simile? Il simile non
modificato dal simile. altres del tutto assurdo che la
conoscenza avvenga per mezzo del sangue: molti degli esseri
viventi, infatti, sono privi di sangue, e in coloro che ne sono
forniti le parti che interessano le sensazioni sono le pi povere
di sangue. E inoltre anche le ossa ed i peli avrebbero
sensazioni, poich sono composti di tutti gli elementi. E la
conseguenza che la stessa cosa sarebbero il conoscere, il

sentire, il godere, il provare dolore e l'ignorare: le due ultime


cose hanno infatti, secondo Empedocle, come causa il
dissimile; in modo che per l'ignoranza dovrebbe prodursi
dolore e per la conoscenza piacere.
(24) Ma altrettanto incongruo far risultare le capacit di
ciascuno per mezzo della mescolanza del sangue nelle varie
parti, come se la lingua fosse la causa dell'oratoria o le mani
dell'abilit artigiana, e non avessero invece il ruolo di
strumenti. Per cui pi opportuno sarebbe dare come causa la
forma, anzich la mescolanza del sangue, che del tutto
irragionevole; e cos stanno le cose anche riguardo agli altri
esseri viventi. Empedocle sembra dunque essere incorso in
errore su molte questioni.
31 A 87. ARISTOT. de gen. et corr. A 8. 324 b 26. Sembra ad 31 A 87. ARISTOT. de gen. et corr. A 8. 324 b 26
alcuni che ciascuno provi ogni sorta di affezione mediante il

passaggio attraverso pori dell'agente ultimo e pi proprio;37* a ,
questo modo essi dicono che noi vediamo, ascoltiamo e

sentiamo tutte le altre sensazioni. E affermano inoltre che noi [I 305. 30] ,
vediamo attraverso l'aria, l'acqua e i corpi diafani, perch i loro ,
pori sono invisibili per la piccolezza, fitti nella loro
, ,
disposizione, e tanto pi numerosi quanto pi diafani sono i
.
corpi. Alcuni poi, come ad esempio anche Empedocle, svolsero , .,
definizioni di questo tipo rispetto a casi singoli, non solo in
, ,
riferimento a ci che agisce e a ci che patisce, ma affermano . PHILOP. ad h. c. p. 160, 3
altres che si mescolano solo quei corpi i cui pori sono
Vitelli , [I 305. 35 App.] ,
simmetricamente reciproci. PHILOP. de gen. et corr. 160, 3. E'
necessario, per Empedocle, ammettere che vi sono corpi solidi .
e indivisibili, dal momento che non vi sono in ogni parte del
.
corpo pori contigui: e questo appunto impossibile, perch
,
altrimenti tutto il corpo sarebbe poro e vuoto. Cosicch, se
, , .
questo impossibile, necessario che le parti del corpo, che
. ib. 178, 2
sono in contatto, siano solide e indivisibili, e vuote quelle
, [I 305. 40]
intermedie tra di esse, le quali Empedocle chiama appunto pori.
PHILOP. de gen. et corr. 178, 2. Sappiamo che coloro i quali . .
fecero l'ipotesi dei pori non li supposero vuoti ma pieni di una 154, 5 ,
certa sostanza corporea pi sottile, del tipo dell'aria; ed in ci . Vgl. ARISTOT.
differivano da coloro che supponevano l'esistenza del vuoto. de gen. et corr. A 8. 326 b 6ff. [PHILOP.] in Ar. de gen. anim.
PHILOP. de gen. et corr. 154, 5. Differiscono i pori dal vuoto, 123, 13 [I 306. 1 App.] .
perch coloro che parlavano di pori negavano che esistesse il , , , ,
vuoto [cfr. ARISTOT. de gen. et corr. A 8. 326 b 6 sgg.].
[vgl. B 92] ,
[PHILOP.] de gen. anim. 123, 13. Empedocle disse che in tutti ,
i corpi che si trovano al di sotto della luna, come nelle acque, , .
nei liquidi oleosi e altri, si trova, secondo la testimonianza del
libro Della generazione e della corruzione [cfr. B 92],
mescolanza di pori e parti solide e chiam i pori cavit e le
parti solide cose fitte.
31 A 88. AT. IV 14, 1 [Dox. 405: intorno alle immagini degli 31 A 88. AT. IV 14, 1 [I 306. 5 App.] (
specchi]. Empedocle dice che si formano per le emanazioni che . D. 405) . '
si condensano sulla superficie dello specchio, compresse
, '
dall'elemento igneo che esce dallo specchio e che trascina l'aria
intermedia, su cui finiscono gli effluvi.
, ,
.
31 A 89. ALEX. quaest. II 23 p. 72, 9 [verosimilmente da
31 A 89. ALEX. Quaest. II 23 p. 72, 9 Bruns (vermutlich aus
THEOPHR. phys. opin.]. Intorno al magnete, per quale ragione THEOPHR. Phys. Opin.) [I 306. 10 App.]
attrae il ferro. Empedocle ritiene che il ferro sia attratto verso il . .
magnete per gli effluvi che si sprigionano da entrambi e per il '
fatto che i pori del magnete sono simmetrici agli effluvi che

partono dal ferro. Gli effluvi che partono dal magnete, infatti,
scacciano e rimuovono l'aria che sta sui pori del ferro e che li
chiude come un coperchio; tolta la quale, il ferro tien dietro

all'effluvio che scorre incessante. E muovendosi gli effluvi che

partono dal ferro verso i pori del magnete, poich sono


[I 306. 15] '
simmetrici ad essi e si adattano a loro, anche il ferro si muove ,
con essi e li segue. Qualcuno per, pur essendo d'accordo con
la teoria degli effluvi, potrebbe porre il problema del perch il . ' ,
magnete non tien dietro ai propri effluvi e non si muove verso ,
il ferro. Giacch da quanto detto dovrebbe risultare che il
, .
magnete si muove verso il ferro non meno di quanto il ferro si
muova verso il magnete. Un ulteriore problema concerne il
[I 306. 20 App.]
perch, anche indipendentemente dal magnete, il ferro non si .
muove verso qualunque altro corpo, dato il movimento dei
' '
continui effluvi che partono da esso; e inoltre: perch soltanto .
gli effluvi che partono dal magnete possono rimuovere l'aria

che come un coperchio chiude i pori del ferro e che trattiene gli ;
effluvi. E infine: perch questo movimento non si verifica tra , '
altri corpi, dal momento che egli afferma che molte altre cose [I 306. 25 App.]
hanno reciprocamente simmetrici i pori agli effluvi? Dice
; . [B
infatti: ... [B 91]. PSELL. de lapid. 26 [IDELER, Physici, I, 91]. PSELL. de lapid. 26 (IDELER Physici I p. 247, 24;
p. 247, 24; MLY, Lapidaires, p. 204, 12]. Molti ebbero
MLY Lapidaires p. 204, 12)
l'ardire di spiegare le cause di questi poteri che emanano dalle ,
pietre, e tra i saggi pi antichi Anassagora, Empedocle,
.
Democrito; tra quelli vissuti poco prima di noi Alessandro di ,
Afrodisia.
.
31 A 90. AT. IV 13, 4 [Dox. 403]. Empedocle spiega la
31 A 90. AT. IV 13, 4 (D. 403) [I 306. 30 App.] .
sensazione della vista ora per mezzo dei raggi ora per mezzo
degli idoli,38* ma per lo pi in questo secondo modo:
[nml. ].
ammette infatti gli effluvi. Cfr. AT. IV 9, 6 [28 A 47].
. AT.
IV 9, 6 [28 A 47].
31 A 91. ARISTOT. de sens. 2. 437 b 9 [sul fuoco che
31 A 91. ARISTOT. de sensu 2. 437 b 9 (ber das Feuer im
nell'occhio]. A quel modo l'occhio vede se stesso, come nel
Auge) ' ,
riflesso della luce; e se l'occhio fuoco, come dice Empedocle , , [I 306. 35
e come scritto nel Timeo [68 A] e se la vista conseguisse
App.] . [68 A] ,
all'uscita del fuoco come da una lucerna [31 B 84, 3], perch
l'occhio non vede anche nell'oscurit? ARISTOT. de gen.
[31 B 84, 3], ;
anim. E 1. 779 b 15. Il supporre da un lato che gli occhi celesti ARISTOT. de gen. anim. E 1. 779 b 15
siano pi ricchi di fuoco, come sostiene Empedocle, e dall'altro [sc. ] ,
che quelli neri sono ricchi pi di acqua che di fuoco e che per . , ,
questo gli uni, quelli celesti, non vedono acutamente di giorno, , , '
per la penuria di acqua, e gli altri non vedono acutamente di
, [I 307. 1] '
notte per la penuria di fuoco, non detto esattamente, poich la , , ,
vista non si deve attribuire al fuoco ma all'acqua in tutti gli
' .
occhi.
31 A 92. PLAT. Men. 76 C. - Vuoi tu che ti risponda al modo 31 A 92. PLAT. Meno 76 C [82
di Gorgia [82 B 4], in modo che tu possa pi facilmente
B 4] ; seguirmi? - Voglio, come no? - Non sostenete dunque, secondo ; - [I 307. 5
quanto dice Empedocle, che vi sono effluvi di tutte le cose che App.] ; - . sono? - Certamente. - E che vi sono pori ai quali e attraverso i ' ; quali scorrono gli effluvi? - Assolutamente. - E degli effluvi
. -
alcuni si adattano a determinati pori, altri sono o pi piccoli o , ; - . pi grandi? - E' cos. - E dunque c' qualcosa che tu chiami
; - . - "
vista? - S.- Da ci, intendi ci che dico, disse Pindaro, il
" ,
colore un effluvio dei corpi, simmetrico alla vista e sensibile. . AT. I 15, 3 (D.
AT. I 15, 3 [Dox. 313]. Empedocle mostr che il colore ci 313) [I 307. 10 App.] .
che si adatta ai pori dell'occhio e che esso quadruplice, eguale .
in numero agli elementi, bianco nero rosso giallo.
, .
31 A 93. AT. IV 16, 1 [Dox. 406]. Secondo Empedocle
31 A 93. AT. IV 16, 1 (D. 406) .
l'udito deriva dal battere dell'aria sulla cartilagine, che, egli
,
dice, attaccata all'interno dell'orecchio, sospesa e percossa

come un sonaglio.
[vgl. B 99].
31 A 94. AT. IV 17, 2 [Dox. 407]. L'odore penetra insieme 31 A 94. AT. IV 17, 2 (D. 407) [I 307. 15] .
all'aria inspirata dal polmone; quando dunque l'inspirazione

diventa greve, per la difficolt non avvertiamo sensazione,
,

, .
ARISTOT. de sensu 4. 441 a 3 .
. '

, [I 307. 20 App.] . , . Vgl.
ALEX. z. d. St. 67, 19.
31 A 95. AT. IV 9, 14 [Dox. 398]. Secondo Parmenide ed
31 A 95. AT. IV 9, 14 (D. 398) , .
Empedocle il desiderio nasce per il difetto di nutrizione. AT. . AT. IV 9, 15. .
IV 9, 15. Secondo Empedocle il piacere nasce nel simile dal
,
simile e per compensazione di ci che scarseggia; onde il
,
desiderio del simile in ci che ne scarseggia. Il dolore deriva . '
dai contrari, e sono contrarie tra loro tutte le cose che
[I 307. 25
differiscono per la composizione e la mescolanza degli
App.] . AT. V 28 (D. 440) .
elementi. AT. V 28 [Dox. 440]. Secondo Empedocle i

desideri degli esseri viventi derivano per difetto degli elementi ,
che costituiscono ciascuno; e i piaceri derivano da ci che
,
conveniente secondo la mescolanza di elementi congeneri e
.
simili; i dolori invece e le molestie derivano da ci che non
conveniente.
31 A 96. AT. IV 5, 12 [Dox. 392]. Parmenide, Empedocle e 31 A 96. AT. IV 5, 12 (D. 392) .
Dernocrito identificano mente e anima, cosicch per essi non vi [I 307. 30] , '
sarebbe alcun essere vivente privo di ragione.
.
31 A 97. AT. IV 5, 8 [Dox. 391]. Secondo Empedocle [la
31 A 97. AT. IV 5, 8 (D. 391) .
parte egemone dell'anima] sta nel sangue. Cfr. THEODORET. [sc. ]. Vgl. THEODOR. V 22.
V 22. Empedocle..., assegnano il cuore a questa funzione; ed . . . '
alcuni di essi la fanno risiedere nella cavit del cuore, altri nel , .
sangue.
31 A 98. CAEL. AURELIAN. morb. chron. I 5 p. 25 [a
31 A 98. CAELIUS AUREL. Morb. chron. I 5 p. 25 Sich.
proposito del furore]. Seguendo Empedocle affermano che (furor) Empedoclem [I 307. 35] sequentes alium dicunt ex
una forma di esso deriva da un'impurit dell'animo e
animi purgamento fieri, alium alienatione mentis ex corporis
un'altra forma da un'alienazione della morte dovuta ad una causa sive iniquitate, de quo nunc scripturi sumus; quem
causa o ad un'imperfezione corporea, di cui tratteremo ora: Graeci, siquidem magnam faciat anxietatem, [quam] adpellant
ed questa che i Greci chiamano mania, perch produce .
grande ansiet.
B. FRAMMENTI39*
B. FRAGMENTE [I 308. 1 App.]
come accade a coloro che sono raffreddati. ARISTOT. de sens.
4. 441 a 3. Il gusto una sorta di tatto; occorre quindi che
quello dell'acqua abbia in se stesso le specie dei sapori, non
avvertibili per la loro piccolezza, come dice Empedocle, che,
ecc. [cfr. ALEX. de sens. 67, 19].

SULLA NATURA

31 B 1 [54 Karsten, 1 Stein]. DIOG. LAERT. VIII 60 [A 1].


Pausania, come dicono Aristippo e Satiro, era il suo amato, al
quale dedic il poema Sulla natura con queste parole:
Pausania, ascolta, o figlio del saggio Anchito.


Die Fragmente werden in der Reihenfolge gebracht, die ihnen
Diels gab (nur da 3 hinter 5 gestellt wurde), ohne
Buchabteilung. Die antiken [I 308. 5] Zitate beweisen, da Frag.
8. 17 und 96 (dann auch 97-102) dem ersten, Frag. 62 (dann auch
seine Umgebung) dem zweiten Buche angehrten; Frag. 6 hat
Tzetzes aus eigener (richtiger) Vermutung dem ersten Buche
zugewiesen; vgl. Poet. Phil. Fr. z. St. ber das angebliche dritte
Buch s. z. I 282, 33. Zur Bucheinteilung vgl. auch Wilamowitz
Berl. Sitz. Ber. 1929, 627; [I 308. 10] Herm. 66 (1930) 246.
Bignone Empedocle (Torino 1916) ordnet die Fragmente so; 1, 2,
4, 5-7, 18, 16, 19, 17, 20-22, 26, 8-12, 14, 15, 24, 25, 71, 72, 23,
34, 73, 75, 76, 26 a (cfr. B 27), 35, 96, 98, 57-61 [86, 87, 95,
83 ?] 77, 78, 104 ?, 54 ?, 33 ?, 36, 27, 27 a, 13, 28-31, 38, 53, 51,
52, 55, 56, 37-40, 39, 41, 44-47, 43, 42, 48-50, 61 a, 82, 79-81,
62, 32, 74, 97, [I 308. 15] 64, 66, 63, 65, 67, 69, 70, 84-95, 99103, 109, 107, 106,105, 108, 109 a, 109 b, 109 c, 109 d (= 131134 Diels), 110, 111, 3.
31 B 1 [54 Karsten, 1 Stein]. DIOG. VIII 60 [A 1 I 279, 1ff.]
' , ,
,

[I 308. 20 App.] , ,
.
31 B 2 [32-40 K., 2-10 St.]. SEXT. EMP. adv. math. VII 122-4. 31 B 2 [32-40 K., 2-10 St.]. SEXT. VII 122-4
Vi sono altri che dicono, sulla base di Empedocle, che criterio di
verit non sono le sensazioni, ma la retta ragione, e di questa retta , ,
ragione parte divina, parte umana; delle quali, quella divina .
incomunicabile, quella umana comunicabile. Sul non essere le
, .
sensazioni un punto di distinzione del vero, egli dice cos ... [I 308. 25 App.]
[vv. 1-8], riguardo all'essere non del tutto incomprensibile la
' ... ' [1-8],
verit, ma bens comprensibile fin dove giunge la ragione umana, ,
dice chiaramente aggiungendo a quando detto prima: ... [vv. ' ' ,
8-10].
' ' ... '
[8-9].
Deboli poteri infatti son diffusi per le membra;
molti mali repentini, che ottundono i pensieri.
[v.1]
Scorgendo una misera parte della vita nella loro vita
[I 309. 1 App.] ' , '
di breve destino, come fumo sollevandosi si dileguano,
.
questo solo credendo, in cui ciascuno si imbatte
'
per tutto sospinti, si vantano di scoprire il tutto;

cos queste cose non sono vedute n udite dagli uomini
[v.5] ,
n abbracciate con la mente. Tu dunque, essendoti qui straniato, [I 309. 5 App.] ' , '
non saprai di pi di ci a cui si solleva la mente umana.

' ' '
. ' , ' ,
.
31 B 3 [41-53 K., 11-23 St.]. SEXT. EMP. adv. math. VII 124 31 B 3 (4) [41-53 K., 11-23 St.]. SEXT. VII 124 [nach B 2, 9]
[dopo B 2, 9]. E attraverso quello che segue, rimproverando
[I 309. 10 App.]
coloro che troppo si vantano di conoscere, dichiara che ci che '
si apprende attraverso ciascuna sensazione degno di fede,

prestando a ci la ragione il suo aiuto, pur essendo andato
, [B 2] '
prima [B 2] contro la fiducia che da esso ne viene. Dice infatti: . ' ... '.
Ma, o di, distogliete dalla mia bocca la follia di costoro,
,
e da sante labbra effondete una pura fonte
[I 310. 1 App.] '
e te, o molto contesa dalle candide braccia vergine Musa,

io supplico: tra quelle cose che giusto che gli uomini dalla
, ,
vita di un giorno sentano,
, ,
guidami, reggendo il mio carro docile alle redini dalla parte
[v.5] ' ' .
della Piet.
[I 310. 5 App.] '
N [il desiderio di] cogliere dai mortali i fiori dell'inclita gloria , ' '
ti forzi a parlare al di l dei limiti della Piet,
- ' .
nella tua fierezza - e allora assiderti sulle alte vette della
' ' , ,
saggezza.
[v.10] ' '
Ma ors, considera con ogni tuo potere, in qual modo ciascuna [I 310. 10]
cosa chiara,
,
senza accordare pi fiducia alla vista che all'udito
[I 311. 1 App.] ,
o all'orecchio sonoro oltre la chiara fede del gusto,
,
e non negar fede a nessuna delle altre membra, dove sono vie , ' .
per conoscere,
ma conosci ogni cosa per quanto chiara.
31 B 4 [84-6 K., 55-7 St.]. CLEM. ALEX. Strom. V 18 [II 338, 31 B 4 (5) [84-6 K., 55-7 St.]. CLEM. Strom. V 18 [II 338, 1
1]. Ma ... di ragione. Ai malvagi abituale questo, dice
St.] ' ... '. ,
Empedocle, il voler prevalere negando fiducia a ci che vero. ., [I 311. 5 App.]
.
Ma saldo costume dei vili diffidare dei forti;
ma tu come t'invita la fida saggezza della mia musa,

apprendi penetrando il discorso nell'intimo.
' ,
.
31 B 5 [0]. PLUTARCH. quaest. conv. VIII 8, 1 p. 728 E.
31 B 5 (3) [0]. PLUT. Quaest. conv. VIII 8, 1 p. 728 E

Diceva questo essere segno di onore al silenzio, chiamare i


pesci iniziati per il fatto che hanno la voce come ristretta e
chiusa. E il mio omonimo [dice Empedocle, personaggio del
dialogo di Plutarco] pitagoricamente raccomanda a Pausania il
dogma
guarda nell'intimo del muto petto.
31 B 6 [55-7 K., 33-5 St.]. AT. I 3, 20 [cfr. A 33]; SEXT.
EMP. adv. math. X 315.

[I 311. 10 App.]

.
[Empedokles, Plutarchs Dialogperson]

.
31 B 6 [55-7 K., 33-5 St.]. AT. I 3, 20 [A 33 I 289, 14];
SEXT. X 315

Per prima cosa ascolta che quattro son le radici di tutte le cose: [I 311. 15]
Zeus splendente e Era avvivatrice e Edoneo

e Nesti, che di lacrime distilla la sorgente mortale.40*


[I 312. 1 App.] '

', .
31 B 7 [0]. Immortali: gli elementi secondo Empedocle.
31 B 7 [0]. . ' . HESYCH.
HESYCH. Cfr. B 16.
Vgl. B 16 (I 315, 2)
31 B 8 [77-80 K., 36-9 St.]. PLUTARCH. adv. Col. 10 p. 1111 1 B 8 [77-80 K., 36-9 St.]. PLUT. adv. Col. 10 p. 1111 F. AT.
F sg. AT. I 30, 1 [Dox. 326]. Empedocle dice che non vi
I 30, 1 [I 312. 5 App.] (D. 326, 10) . ,
nascita di alcuna cosa, ma mescolanza degli elementi e

separazione: cos scrive infatti nel primo libro del Poema

fisico:

Ma un'altra cosa ti dir: non vi nascita di nessuna delle cose , ,
mortali, n fine alcuna di morte funesta,

ma solo c' mescolanza e separazione di cose mescolate,
[I 312. 10 App.] , '
ma il nome di nascita, per queste cose, usato dagli uomini.41* .
31 B 9 [342-86 K., 40-84 St.]. PLUTARCH. adv. Col. 11 p.
31 B 9 [342-86 K., 40-84 St.]. PLUT. adv. Col. 11 p. 1113 AB
1113 A-B [cfr. B 10].
[vgl. zu B 10]
Essi, quando [gli elementi] mescolandosi o in forma d'uomo
' ' ' [?]
sorgono all'etere [?],

in forma di belve ferine, o di arbusti,
' , ,
o di uccelli, allora questo dicono nascere,
[I 313. 1 App.] ' , '
quando poi si disgiungono, questo allora disgraziata morte;

le quali cose non giusto chiamarle [cos], ma anche io parlo , ' .


secondo il costume.
31 B 10 [452 K]. PLUTARCH. adv. Col. 11 p. 1113 A. Tanto 31 B 10 [452 K]. PLUT. adv. Col.11 p. 1113 A
fu lontano [Empedocle] dal rimuovere gli enti e dal contrastare [Empedokles]
con ci che appare ai sensi, che non tolse neppure il termine
, [I 313. 5] [sc. ]
[cio: nascita] dall'uso abituale, togliendo solo quanto crea
, '
inganno e impaccio per le conoscenze, di nuovo ripigliando
,
l'uso comune per i nomi in questi versi: essi... io stesso [B 9]. ' ' ... ' [B
Pur avendo riportate queste cose, Colote non intese che
9]. ,
Empedocle non toglieva via gli uomini, le fiere, gli arbusti, gli . ,
uccelli, le quali cose egli dice che vengono a compimento per il ,
mescolarsi degli elementi, ma, pur mostrando la ragione per cui [I 313. 10] [B
sbagliano coloro che a questa commistione e a questa
8, 1] [B 9, 4]
separazione danno il nome di nascita [B 8, 1] di disgraziata
morte [B 9,4] e di morte vindice, non sopprimeva per l'uso di ... ...
queste parole per queste cose.
Morte... vendicatrice...
31 B 11. [347-9 K., 45-7 St.]. PLUTARCH. adv. Col. 12 p.
31 B 11. [347-9 K., 45-7 St.]. PLUT. adv. Col. 12 p. 1113 C
1113 C [dopo B 10]. A me dunque non sembra che Empedocle [nach B 10] [I 313. 15]
abbia voluto rimuovere l'espressione, ma come si detto prima, ., ' ,
che differisca sostanzialmente circa la genesi dal non ente, che ,
alcuni chiamano nascita [B 8, 1]. Questo soprattutto chiaro [B 8, 1].
dai seguenti versi:
,


[I 313. 20 App.]
.
,
,
Questi sono i versi infatti di uno che grida forte a chi ha
orecchie, che nega non la nascita, ma la nascita dal non essere, ,
.
n la morte del tutto, ma quella che distrugge fino al non
essere.
31 B 12 [81-3 K., 48-50 St.]. [ARISTOT.] de M.X.G. 2, 6 p.
31 B 12 [81-3 K., 48-50 St.]. [ARISTOT.] de MXG 2, 6 p. 975
975 b 1 [30 A 5]. 1-2 PHILO de aet. mund. 2 p. 3, 5. Come
b 1 [30 A 5] [I 313. 25 App.] 1. 2 PHILO de aet. mund. 2 p. 3,
nulla nasce dal non ente, cos nulla si corrompe nel non ente: 5 Cum. , '
da... non udita prima:
" ... ".
Fanciulli: non certo solleciti sono i loro pensieri,
essi che si aspettano che nasca ci che prima non
o che qualcosa muoia e si distrugga del tutto

'
[I 314. 1 App.] '

' , .
31 B 13 [63 K., 91 St.]. AT. I 18, 2 [Dox. 316]. [ARISTOT.] 31 B 13 [63 K., 91 St.]. AT. I 18, 2 (D. 316, 1). [ARISTOT.]
de M. X. G. 2. 28 p. 976 b 26 [30 A 5].
de MXG 2. 28 p. 976 b 26 [30 A 5]
Da ci che infatti non impossibile che nasca
ed cosa irrealizzabile e non udita che l'ente si distrugga;
sempre infatti sar l, dove uno sempre si poggi.42*

Nel tutto nulla vi di vuoto n di sovrabbondante.


31 B 14 [0]. [ARISTOT.] de M. X. G. 2. 28 p. 976 b 23.

[I 314. 5 App.]
.
31 B 14 [0]. [ARISTOT.] de MXG 2. 28 p. 976 b 23

Nel tutto nulla vi di vuoto: donde dunque qualcosa


potrebbe sopraggiungere?43*
31 B 15 [350-3 K., 51-4 St.]. PLUTARCH. adv. Col. 12 p.
1113 D [dopo B 11]. Ci che dice Empedocle in seguito pu
dar modo anzi di rivolgergli un'obbiezione opposta:

' ' ;

Un uomo saggio non avrebbe supposto nel suo animo


che fin tanto che essi vivono, quella che dicono vita,
allora dunque essi sono e loro dato il bene e il male,
ma prima che siano fatti uomini e poi che sono dissolti, nulla
essi sono.

[I 314. 10 App.]
,
, ,
, ,
, '
.

31 B 15 [350-3 K., 51-4 St.]. PLUT. adv. Col. 12 p. 1113 D


(nach B 11) '

Queste son parole non di chi nega l'esistenza dei passati e dei
viventi, ma anzi di chi crede piuttosto esistere coloro che non
sono ancora nati e quelli che sono gi morti.44*


, [I 314. 15]
.
31 B 16 [0 K., 110-1 St.]. HIPPOL. ref. VII 29 p. 211. Di tutte 31 B 16 [0 K., 110-1 St.]. HIPPOL. Ref. VII 29 (p. 211 W.)
le cose generate la funesta Contesa artefice e operatrice della
nascita, e l'Amicizia invece artefice e operatrice della fine e ,
della mutazione del mondo degli esseri generati e del loro
[I 315. 1
ritornare nell'unit [cosmica]. Di esse Empedocle dice che sono App.] [sc. ]
due cose immortali e ingenerate e che mai non incominciarono .
ad essere, e altre cose dice in questo senso: in verit... tempo.
' ... '. ;
Chi sono? La Contesa e l'Amicizia: non cominciarono infatti ad ,
essere, ma erano prima e saranno sempre.
.
[I 315. 5 App.] (?), ,
', ,
.
31 B 17 [88-123 K., 61-95 St.]. 1-8, 10-35 SIMPLIC. phys.
31 B 17 [88-123 K., 61-95 St.]. 1-8, 10-35 SIMP. Phys. 157, 25
157, 25. Empedocle... cos indica nel primo libro del poema
....
Sulla natura: doppia... uguale. 1-2 SIMPLIC. phys. <9 da B '' ... '. 1-2 SIMPL. Phys.161, 14
26, 8>. 20-21 PLUTARCH. amat. 13 p. 756 D. Ma quando
' ... [ 315. 10] ' <9
E in verit anche prima erano, e saranno, n mai, penso,
di ambedue vuoto sar l'infinito tempo.

senti Empedocle dire, o amico, e... stupito, allora bisogna


pensare che parli di amore: non visibile infatti ma solo
opinabile per noi questo dio, tra quelli molto antichi. 21
CLEM. ALEX. strom. V 15 [II 335, 22]. Empedocle enumera
nei princpi anche l'Amicizia intendendo una certa forma di
amore che unisce: lei... stupito.
Duplice cosa dir: talvolta l'uno si accrebbe ad un unico essere
da molte cose, talvolta poi di nuovo ritornarono molte da un
unico essere.
Duplice la genesi dei mortali, duplice la morte:
l'una generata e distrutta dalle unioni di tutte le cose,
l'altra, prodottasi, si dissipa quando di nuovo esse si separano.
E queste cose continuamente mutando non cessano mai,
una volta ricongiungendosi tutte nell'uno per l'Amicizia,
altra volta portate in direzioni opposte dall'inimicizia della
Contesa.
Cos come l'uno ha appreso a sorgere da pi cose45*
cos di nuovo dissolvendosi l'uno ne risultano pi cose,
in tal modo esse divengono e la loro vita non salva;
e come non cessano di mutare continuamente, cos sempre
sono immobili durante il ciclo.
Ma ascolta le mie parole: la conoscenza infatti accrescer la
mente:
come infatti gi prima ho detto preannunciando i limiti delle
mie parole,
duplice cosa dir: talvolta l'uno si accrebbe ad un unico essere
da molte cose, talvolta di nuovo molte cose si disgiungono da
un unico essere,
fuoco e acqua e terra e l'infinita altezza dell'aria,
e la Contesa funesta da essi disgiunta, egualmente tutt'intorno
librata,
e l'Amicizia fra essi, eguale in lunghezza e larghezza:
lei scorgi con la mente e non stare con occhio stupito;
lei, che dagli uomini si crede sia insita nelle membra
e per lei pensano cose amiche e compiono opere di pace,
chiamandola con vario nome Gioia o Afrodite;
ma nessun uomo mortale la conobbe aggirantesi fra essi
[elementi]:
ma tu ascolta l'ordine che non inganna del mio discorso.
Tutte queste cose sono eguali e della stessa et,
ma ciascuna ha la sua differente prerogativa e ciascuna il suo
carattere,
e a vicenda predominano nel volgere del tempo.
E oltre ad esse nessuna cosa si aggiunge o cessa di esistere:
se infatti si distruggessero del tutto, gi non sarebbero pi;
e quale cosa potrebbe accrescere questo tutto? e donde venuta?
e dove le cose si distruggerebbero, dal momento che non vi
solitudine [vuoto] di esse?
ma esse son dunque queste [che sono], e passando le une
attraverso le altre,
divengono ora queste ora quelle cose sempre eternamente
eguali.
31 B 18 [p. 375 K]. PLUTARCH. de Is. et Osir. 48 p. 370 D.
Empedocle chiama il principio benefico Amore e spesso
Amicizia e lo chiama Armonia dal tranquillo e austero sguardo
[B 122, 2].

aus B 26, 8.> 20. 21 PLUT. Amat. 13 p. 756 D '


, , ' ...
', '

. 21 CLEM. Strom. V 15 [II 335, 22 St.] .

' ...[ 315. 15 App.] '.
[v. 1] '
, ' ' .
, '
' ,
[I 315. 20 App.] [v. 5]
.
' ,
[I 316. 1 App.] '
,
' ' .

[v. 10] ' ,
[I 316. 5 App.]

,
' .
'
[v. 15]
,
[I 316. 10 App.] '

, ' ' ,
,
' , ,
[I 317. 1 App.] [v. 20] ,

, '
,
,
[I 317. 5 App.] '

[v. 25]
' .
,
' , ' ,
[I 317. 10 App.]
.
[v. 30] ' '

, '
[I 318. 1 App.] ' ;
;
, ' ;
' () , '
[v. 35] .
31 B 18 [p. 375 K]. PLUTARCH. de Is. et Osir. 48 p. 370 D
. [I 318. 5 App.]
, ' (B
122, 2).
.

Amicizia.
31 B 19 [p. 349 K., 209 St.]. PLUTARCH. de prim. frig. 16 p. 31 B 19 [p. 349 K., 209 St.]. PLUT. de prim. frig. 16 p. 952 B
952 B. E in generale il fuoco ci che dissolve e disgrega, e
[I 318. 10 App.]

l'acqua invece ci che agglutina e rapprende, tenendo con


l'umidit le cose congiunte e compatte. Al che anche
Empedocle allude nei singoli casi, chiamando il fuoco
Contesa funesta [B 17, 19] e Amicizia che avvince
l'elemento umido.

, '
.
[B 17, 19],
.
.

L'Amicizia che avvince.


31 B 20 [335-41 K., 247-53 St.]. SIMPLIC. phys. 1124, 9. E
perci Empedocle dice che la Contesa e l'Amicizia comandano
a vicenda sugli uomini, sui pesci, sulle belve e sugli uccelli
scrivendo cos:

31 B 20 [335-41 K., 247-53 St.]. SIMPL. Phys. 1124, 9 [I 318.


15 App.]

.

Questo [conflitto fra le due forze] ben visibile nella massa



delle membra mortali;
'
una volta stringendosi per l'Amicizia nell'uno tutte
[I 318. 20 App.] , ,
le membra, che formano il corpo, al sommo della vita fiorente;
altre volte invece separate dalle infauste contese
' '
vagano ciascuna separatamente alla sponda della vita.
[I 319. 1 App.] [v. 5] '
E cos egualmente per gli arbusti e per i pesci che abitano le
.
onde
'
per le belve che abitano i monti e per gli smerghi che volano. ' .
31 B 21 [124-37 K., 96-109 St.]. 1-14 SIMPLIC. phys. 159, 13 31 B 21 [124-37 K., 96-109 St.]. 1-14 SIMPL. Phys. 159, 13
[dopo B 17]. Dopo aver detto molte altre cose, aggiunge anche (nach B 17) [I 319. 5]
i caratteri delle cose dette, chiamando il fuoco sole [v. 3],
,
l'aria splendore [v. 4] e cielo [22, 2] e l'acqua pioggia [v. 3] , [v. 4] [22, 2]
[v. 5] e mare [22, 2]. Dice cos: ma... mutano. 3-5
[v. 5] [22, 2]
ARISTOT. de gen. et corr. A 1. 314 b 20. GALEN. de simpl. '' ... '. 3. 5 ARISTOT. de gen. et corr. A 1.
med. temp. II 1. PLUTARCH. de prim. frig. 13 p. 949 F. 9-11 314 b 20. [I 319. 10 App.] GALEN. de simpl. med. temp. II 1.
ARISTOT. metaph. B 4. 1000 a 29. Ma ors scorgi la prova
PLUT. de prim. frig.13 p. 949 F. 9-11 ARISTOT. metaph. B 4.
delle cose prima dette,
1000 a 29
se mai in ci che ti ho detto prima vi qualcosa deficiente
riguardo alla forma,
[v. 1] ' , '
[scorgi] il sole chiaro a vedersi e caldo dappertutto,
,
e quante forme immortali vi sono46* e irrigate dal calore e dallo ,
splendore
,
e la pioggia ovunque nubilosa e rabbrividente;
' ' ,
e dalla terra sgorgano le cose compatte e solide.
[I 319. 15 App.] [v. 5] '
Nell'Odio esse sono tutte diverse di forma e separate,

ma si riuniscono nella Concordia e si desiderano
[I 320. 1 App.] '
reciprocamente.
.
E da queste infatti quante cose furono, sono e saranno,
,
germinarono, gli alberi, gli uomini e le donne,
' .
le belve, gli uccelli e i pesci che abitano nell'acqua,
' ' ' ,
e gli di dalla lunga vita massimamente onorati.
[I 320. 5 App.] [v. 10] '
Son queste dunque le cose che sono e passando le une
,
attraverso le altre,
' ,
divengono varie di aspetto: tanto mescolandosi mutano.
.
, '
.
31 B 22 [326-34 K., 186-94 St.]. 1-9 SIMPLIC. phys. 160, 26. 31 B 22 [326-34 K., 186-94 St.]. 1-9 SIMPL. Phys. 160, 26 [I
E da ci qualcuno potrebbe pensare che si allude ad un duplice 320. 10]
ordine: connesse... origine. Che infatti questi elementi si
: ' ... '.
connettono armonicamente nelle cose mortali [v. 3], risulta
(3) , ,
chiaro, ma ancor pi si unificano nelle cose intellegibili e
' ... ', (5)
reciprocamente... Afrodite [v. 5], e inoltre che se anche
,
questo accade in generale, tuttavia le cose intellegibili sono
, [I
rese simili dall'Amicizia, quelle sensibili, invece, dominate e 320. 15 App.]
per lo pi disperse ad opera della Contesa nella generazione
(7)
secondo la mescolanza in forme impresse [v. 7] e riproduttive, (vgl. 9) (8)
sottostanno a nascite ostili [cfr. v. 9] e si trovano in situazione . 6-7 THEOPHR. de sens.

inusitata rispetto all'unificazione reciproca. 6-7 THEOPHR. de 16 [A 86 I 303, 38]


sens. 16 [A 86].
[v. 1] ,
Amici sono infatti tutti questi [elementi] delle lor parti,
,
lo splendore del sole, la terra e il cielo e il mare,
[I 321. 1 App.]
quante di essi negli esseri mortali errano disgiunte.
.
Cos quante sono maggiormente disposte alla mescolanza
' ,
reciprocamente si amano rese simili ad opera di Afrodite.
[v. 5] ' .
Massimamente nemiche sono invece tutte quelle cose che pi ' '
differiscono tra loro
[I 321. 5 App.]
per generazione, per mescolanza e per forme impresse,
,
completamente estranee ad ogni unione e il loro dolore nasce
dall'ordine imposto dalla Contesa, che dette loro origine [?].
, [?].
31 B 23 [154-64 K., 119-29 St.]. SIMPLIC. phys. 159, 27. E d 31 B 23 [154-64 K., 119-29 St.]. SIMPL. Phys. 159, 27
un chiaro modello del fatto che dagli stessi elementi [B 21, 13] [B 21,
derivano le differenze:
13]
Ma come allorch i pittori dipingono le tavolette votive,
[v. 1] [I 321. 10 App.] '
uomini ben esperti nella loro arte grazie alla loro sapienza,

i quali, dopo aver preso con le loro mani le tinte multicolori,


,
armonicamente mescolandole le une in misura maggiore le
' ,
altre in misura minore,
, ' ,
da esse preparano forme simili a tutte le cose,
[v. 5] ,
componendo alberi, uomini, donne, fiere, uccelli e pesci che
[I 321. 15 App.]
dimorano nell'acqua,

e divinit che vivono a lungo e massimi per il loro onore;


'
cos non lasciare che l'inganno ti prenda la mente che altrimenti
sia l'origine
[I 322. 1 App.] '
degli esseri mortali, i quali in numero infinito sono diventati

manifesti,
[v. 10] , , ,
ma chiaramente questo sappi ascoltando la parola che viene
' , .
dalla divinit.
31 B 24 [447-8 K., 58-9 St.]. PLUTARCH. de defect. or. 15 p. 31 B 24 [447-8 K., 58-9 St.]. PLUT. de defectu orac. 15 p. 418
418.
C ' [I 322. 5 App.] , ,
Ma affinch io non sembri, per dirla con Empedocle,

congiungendo le une alle altre vette
,
dei discorsi, non percorrere un solo sentiero
.
lasciate che io concluda in modo conveniente alle premesse.
31 B 25 [446 K., 59 bis St.]. PLAT. Gorg. 498 E. Concludi
31 B 25 [446 K., 59 bis St.]. PLAT. Gorg. 498 E
dunque insieme con me che cosa consegue dalle premesse
' [I 322. 10 App.]
concordemente accettate; dicono infatti che anche per due e tre
volte sia bello ripetere e riesaminare le cose belle. Su ci cfr. . Dazu SCHOL.
SCHOL. [da Lucillo] il proverbio dice: due, tre volte ci che (aus Lukillos) ' ',
bello, perch si deve parlare spesso di ci che bello. Ed di . , '
Empedocle il verso, da cui deriva il proverbio; dice infatti:
' ... '.
... bello ripetere, infatti, anche due volte, ci che necessario. ... , , .
31 B 26 [138-49 K., 112-8 (senza 8-12) St.]. 1-12 SIMPLIC. 31 B 26 [138-49 K., 112-8 (ohne 8-12) St.]. 1-12 SIMPL. Phys.
phys. 33, 18. E poco pi avanti [dopo B 21, 12] dice:
33, 18 [I 322. 15 App.] (nach B 21,
12) ' ... '.
A vicenda predominano [gli elementi] nel ciclo ricorrente,
periscono l'uno nell'altro e si accrescono nella vicenda del loro [v. 1] ,
destino.
.
Questi soli, appunto, sono gli elementi, ma, precipitando l'uno [I 323. 1 App.] , '
nell'altro,

nascono gli uomini e le altre stirpi di fiere,


()
una volta riuniti ad opera dell'Amicizia in un solo cosmo,
[v. 5] ' ,

una volta separati ciascuno per s ad opera dell'odio della


' ' ,
Contesa,
[I 323. 5 App.]
fino a che essi, combinati insieme in un unico tutto, vengono .
risospinti in basso.

E cos, come l'uno ha appreso ormai a nascere dal molteplice ' ,
e il molteplice, di nuovo, dal dissolversi dell'uno,
[v. 10]
in tal modo essi divengono e la loro vita non salda;
' ,
e come non cessano di mutare continuamente, cos sempre
[I 323. 10] ' .
sono immobili durante il ciclo.
31 B 27 [72-3. 59-60 K., 135-38 St.]. 1-2 PLUTARCH. de fac. 31 B 27 [72-3. 59-60 K., 135-38 St.]. 1-2 PLUT. de fac. lun. 12
in orb. lun. 12 p. 926 D. Bada che non ti capiti di reintrodurre p. 926 D ... ...
nelle cose la Contesa di Empedocle o piuttosto di muovere
,
contro la natura gli antichi Titani e Giganti e di rinnovare

quella mitica e terribile disordinata confusione, ponendo

separatamente da una parte tutto il pesante e dall'altra tutto il [I 323. 15 App.]
leggero [da qui deriva il brutto verso 71 K., 143 St.], l... il [daraus stammt der schlechte Vers 71 K., 143 St.], '' ...
mare, come dice Empedocle. N la terra partecipava del
', ., ,
calore, n l'acqua del soffio aereo, n in alto vi era alcuno dei , ,
gravi n in basso alcuno dei corpi leggeri, ma non mescolati, , ' [daraus der Vers 144 St.]
non pervasi d'amore [di qui il verso 144 St.] e solitari erano i ...
princpi delle cose... finch alla natura non sopraggiunse lo

spirito d'amore, per la comparsa provvidenziale dell'Amicizia, , [I 323. 20] .
di Afrodite e di Eros, come dicono Empedocle, Parmenide ed . 1. 3. 4 SIMPL. Phys. 1183, 28
Esiodo. 1. 3-4 SIMPLIC. phys. 1183, 28. Eudemo [fr. 71]
[fr. 71]
interpreta il periodo dell'immobilit nella supremazia
,
dell'Amicizia, rispetto allo Sfero, quando tutti gli elementi sono '' ... ', ' ' ... '.
uniti:
[I 324. 1 App.] ' '
L n del sole si scorgono le agili membra,
'
n la potenza vellosa della terra n il mare;

cos nei compatti recessi di Armonia sta saldo
.
lo Sfero circolare, che gode della solitudine che tutto
l'avvolge.47*
31 B 27 a [0]. PLUTARCH. c. princ. philos. esse diss. 2 p. 777 31 B 27 a [0]. PLUT. c. princ. philos. esse diss. 2 p. 777 C [I
C. [Il discorso] che attraverso la filosofia finisce nella virt
324. 5 App.]
rende sempre l'uomo armonico con se stesso, irreprensibile a se '
stesso e colmo di pace e di amabilit verso se stesso:


N nelle sue membra vi la discordia n la lotta che consuma.
.
31 B 28 [61-2 K]. 1-2 STOB. ecl. I 15, 2 a-b; cfr. 28 B 25.
31 B 28 [61-2 K]. 1-2 STOB. Ecl. I 15, 2 a-b [I 144, 20 W.];
vgl. 28 B 25
Ma dappertutto eguale a se stesso48* e assolutamente infinito
lo Sfero circolare, che gode della solitudine che tutto
[I 324. 10 App.] '
l'avvolge.

.
31 B 29 [0]. 1-3 HIPPOL. ref. VII 29 p. 212. Riguardo alla
31 B 29 [0]. 1-3 HIPP. Ref. VII 29 (p. 212 W.)
forma del cosmo, quale essa nell'ordine che le dato
,
dall'Amicizia, dice in tal modo: non... a se stesso. Una tale , ' ... '.
bellissima forma del cosmo l'Amicizia la rende una dal

molteplice; la Contesa invece, che causa della disposizione [I 324. 15] ,
delle cose parte per parte, da quell'unit introduce la divisione e ,
produce il molteplice. 3 SIMPLIC. phys. 1124, 1. L'Amicizia . 3 SIMPL. Phys. 1124, 1
produce, attraverso l'unificazione, lo Sfero, che chiama anche [I 325. 1 App.]
dio [B 31], e talvolta usa anche la forma neutra.
, [B 31],
' '.
Non infatti dal suo dorso si slanciano due braccia,
n ha piedi, n veloci ginocchia, n membra per la generazione, ,
, (), ,

[I 325. 5 App.]
.
31 B 30 [66-8 K., 139-41 St.]. 1-3 ARISTOT. metaph. B 4.
31 B 30 [66-8 K., 139-41 St.]. 1-3 ARISTOT. metaph. B 4.
1000 b 12. E insieme non espone alcuna causa di tale
1000 b 12
mutamento, ma dice solo che avviene naturalmente cos: ma... ' '' ... '.
giuramento. SIMPLIC. phys. 1184, 12. Ancora questo dice
SIMPL. Phys. 1184, 12 .
Empedocle circa il predominio della Contesa: ma...
' ... '.
giuramento.
[I 325. 10 App.]
Ma allorch molto si accrebbe nelle membra la Contesa

e giunse in onore al compiersi del tempo,


' ,
che ad esse vicendevolmente concesso, per ampio
' ...
giuramento.
31 B 31 [70 K., 142 St.]. SIMPLIC. phys. 1184, 2 [dopo B 27, 31 B 31 [70 K., 142 St.]. SIMPL. Phys. 1184, 2 [nach B 27, 4]
4]. Allorch di nuovo comincia il predominio della Contesa,

allora di nuovo si produce il movimento dello Sfero:

ma era Sfero e d'ogni parte eguale a se stesso.

Tutte infatti, l'una dopo l'altra, vibrarono le membra del dio.


[I 325. 15 App.] .
31 B 32 [457 K., 63 St.]. [ARISTOT.] de lin. insec. 972 b 29. E 31 B 32 [457 K., 63 St.]. [ARISTOT.] de lin. insec. 972 b 29
inoltre la giuntura in qualche modo una differenza; per cui
. '
anche Empedocle poet:
'.
Due cose congiunge una giuntura [?]
31 B 33 [265 K., 279 St.]. PLUTARCH. de amic. multit. 5 p.
95 A. L'Amicizia infatti unisce, congiunge e tiene insieme
connettendoli con la familiarit e l'amorevolezza,

(?).
31 B 33 [265 K., 279 St.]. PLUT. de amic. multit. 5 p. 95 A [I
326. 1 App.] (sc. )

come allorch il caglio leg e inchiod il bianco latte

' ' ...

secondo Empedocle (giacch una tale unit e connessione che [I 326. 5] ' (
la Amicizia vuole produrre); l'amicizia molteplice, invece,
),
separa divide e distoglie, ma richiamando e rivolgendo l'uno da ,
una parte e l'altro dall'altra non consente mescolanza n
[vgl. B
agglutinamento [cfr. B 34. 96, 4] d'amore.
34. 96, 4]
.
31 B 34 [208 K., St.]. ARISTOT. meteor. 4. 381 b 31. Come 31 B 34 [208 K., St.]. ARISTOT. Meteor. 4. 381 b 31
Empedocle si espresse nel suo Poema fisico:
[I 326. 10 App.]
Agglutinando la farina con l'acqua... 49*
.

...
31 B 35 [165-81 K., 169-85 St.]. 1-15 SIMPLIC. de cael. 528, 31 B 35 [165-81 K., 169-85 St.]. 1-15 SIMPL. de caelo 528, 30
30. Giammai, anche quando la Contesa domina in questo
[sc. ]
[mondo], il suo dominio paragonabile a quello dell'Amicizia [I 326. 15] , '
nello Sfero, ma entrambi son detti nascere l'uno dall'altro. E
' .
nulla impedisce che siano citati alcuni dei versi di Empedocle
che chiariscono questo punto: ed ora... sentieri. 3-17
' ... '. 3-17 SIMPL. Phys. 32, 11
SIMPLIC. phys. 32, 11. E prima di questi versi [B 98] mostra [B 98]
l'attivit di entrambe le forze nello stesso mondo, dicendo:
' ...
quando... a vedere. 5. 10-13 SIMPLIC. de cael. 587, 8. Ma '. 5. 10-13 SIMPL. Ders. de caelo 587, 8
come possibile, si potrebbe osservare, che Aristotele dica che , , [I 326. 20]
queste cose accadano nel periodo dell'Amicizia, per la quale
., ' . '
Empedocle dice che tutto quanto si riduce ad unit: in essa... ... '[v. 5];
una sola unit [v. 5]? Ma Empedocle non dice mai che queste ., ,
cose accadono quando prevale l'Amicizia, come interpret
, ' ... '. 14-15
Alessandro, bens in quella fase in cui non ancora la Contesa ARISTOT. Poet. 25. 1461 a 23 [sc. ]
tutto... impeto. 14-15 ARISTOT. poet. 25. 1461 a 23. Alcune . ' ... '. ATHEN. X 423 F '
difficolt invece bisogna risolverle con una diversa divisione [I

delle parole, come nel caso dei versi di Empedocle: subito... 326. 25] ' ...
sentieri. ATHEN. X 423 F. Teofrasto nel suo scritto
'. Aus derselben nachtheophrastischen Mittelquelle
Sull'ebrezza dice che pi gagliardo il vino mescolato, citando PLUT. Quaest. conv. V 4, 1 p. 677 D ' ,
questi versi di Empedocle: subito... sentieri. [Dalla stessa

fonte intermedia post-teofrastea] PLUTARCH. quaest. conv. V ' '
4, 1 p. 677 D. Il poeta Sosicle, ricordatosi che Empedocle
.
diceva che nel mutamento universale diventano mescolate le
cose prima non miste, disse che per non miste quello
[v. 1] [I 326. 30 App.]
intendeva ben mescolate piuttosto che non mescolate.
,
, ,
Ed ora, io tornando a ritroso, ripercorrer la via dei canti,

che prima percorsi, derivando discorso da discorso,
[I 327. 1 App.] ,
cio questa: quando la Contesa giunse al pi profondo abisso ,
del vortice, e l'Amicizia invece stette al centro del turbine,
[v. 5] ,
allora in esso tutte queste cose convergono in una sola unit, , ' .
ma non istantaneamente, bens riunendosi di buon grado una da ' (?)
una parte, un'altra dall'altra.
[I 327. 5 App.] ' '
Mescolandosi queste cose, infinite stirpi di mortali si
,
effondono [?];
'
ma molte cose rimanevano non mescolate alternativamente con [v. 10] ' ,
quelle mescolate,
' ' .
quante cio la Contesa tratteneva ancora in alto: non ancora,
' ,
infatti perfettamente
[I 327. 10 App.]
si era ritirato del tutto da esse agli estremi confini del ciclo,

ma in alcune delle membra rimaneva, da altre si era ritirato.
' , ' ,
E sempre di quanto esso si ritraeva, di tanto sempre
[I 328. 1 App.] [v. 15]
sopraggiungeva
.
l'eterno e dolce impulso della perfetta Amicizia;
' ,
e subito diventavano mortali, quelle cose che prima avevano , .
conosciuto l'immortalit,
[Vgl. B 60ff.]
e, prima non miste, si mescolavano mutando i loro sentieri.
Mescolandosi queste cose, infinite stirpi di mortali si
effondono,
fornite delle forme pi varie, meravigliose a vedersi.
[Cfr. B 60 sgg.]
31 B 36 [58 K., 175 St.]. STOB. ecl. I 10, 11 [dopo B 6].
31 B 36 [58 K., 175 St.]. STOB. Ecl. I 10, 11 [p. 121, 14 W.]
unendosi... Contesa. ARISTOT. metaph. B 4. 1000 b 1. Se [nach B 6] ' ... [ 328. 5 App.] '. ARISTOT.
infatti la Contesa non fosse insita in tutte le cose, tutte le cose metaph. B 4. 1000 b 1
sarebbero uno, come dice; quando infatti esse si riuniscono,
, , ,
allora all'estremo... Contesa [il verso probabilmente da
' ... ' [der Vers ist vermutlich in B 35 statt V. 7
inserire in B 35, al posto del verso 7 (= 16)].
(= 16) einzufgen].
Unendosi queste cose, all'estremo limite si poneva la Contesa.
31 B 37 [270-1 K., 197- 8 St.]. ARISTOT. de gen. et corr. B 6.
333 a 35. Ma non vi potrebbe essere accrescimento, secondo
Empedocle, se non per addizione: col fuoco infatti si accresce
il fuoco,

.
31 B 37 [270-1 K., 197- 8 St.]. ARISTOT. de gen. et corr. B 6.
333 a 35 [I 328. 10 App.] ' '
, '
,

accresce la terra il proprio corpo, e l'etere accresce l'etere.


, ' .
31 B 38 [182-5 K., 130-3 St.]. 1-4 CLEM. ALEX. strom. V 48 31 B 38 [182-5 K., 130-3 St.]. 1-4 CLEM. Strom. V 48 [II 358,
[II 358, 20].
20 St.].
Ors dunque io ti parler dei primi ed uguali quanto al
principio [gli elementi ?]50*
dai quali divennero manifeste tutte le cose che ora vediamo,
la terra e il mare dalle molte onde e l'umido aere
e il Titano etere serrando con il suo ciclo tutt'intorno tutte le
cose.
31 B 39 [199-201 K., 146-8 St.]. 1-2 ARISTOT. de cael. B 13.
294 a 21 [cfr. 21 A 47].

[I 328. 15 App.] ' '


,
' ,
[I 329. 1 App.] '

' .
31 B 39 [199-201 K., 146-8 St.]. 1-2 ARISTOT. de caelo B 13.
294 a 21 [I 125, 25].

Se infiniti fossero le profondit della terra e l'etere copioso,


come vanamente fu espresso dalla lingua di molti
e si effonde dalle bocche di coloro che ben poco hanno visto
dell'universo...
31 B 40 [186 K., 149 St.]. PLUTARCH. de fac. in orb. lun. 2
p. 920 C. Come in qualche luogo Empedocle esprime bene la
loro differenza: sole... luna:
Il sole che acuto saetta e la lieta luna.
31 B 41 [188 K., 150 St.]. APOLLOD. ap.
MACROB. sat. I 17, 46.
Ma esso, raccoltosi, percorre in cerchio il grande cielo.

[I 329. 5 App.]
,

...
31 B 40 [186 K., 149 St.]. PLUTARCH. de fac. in orb. lun. 2 p.
920 C .
: ' ... ', [I 329. 10 App.]
.
' .
31 B 41 [188 K., 150 St.]. APOLLODOROS bei
MACROB. Sat. I 17, 46 (
ut ait Emp. '' ... ') und den
Etymologen wie Barocc. 50 (Cramer A. O. II 427, 29) u. a.

[I 329. 15 App.] '


.
31 B 42 [194-6 K., 157-9 St.]. PLUTARCH. de fac. in orb.
31 B 42 [194-6 K., 157-9 St.]. PLUT. de fac. in orb. lun. 16 p.
lun. 16 p. 929 C. Quando [la luna], dice Democrito [68 A 89 929 C , [68 A 89 a],
a], si trova proprio di contro alla sorgente luminosa, essa
[sc. ]
intercetta e riceve la luce del sole; ma, in conseguenza, sarebbe ' [I
verosimile non soltanto che la luna risplenda, ma anche che,
330. 1] .
attraverso di essa, traspaia la luce del sole. Tuttavia essa, oltre
al fatto che ben lungi dal produrre tali effetti, talvolta oscura ' '
e spesso nasconde e cela e a lui intercetta i raggi, come dice . ' ... ',
Empedocle, ... dal chiaro occhio, come se la luce del sole si , ...
fosse imbattuta nelle tenebre e nel buio e non in un altro astro... [I 330. 5 App.] ,
Resta vera dunque l'opinione di Empedocle, che per un riflesso
del sole sulla luna, si produce qui il chiarore che viene da essa. ' .
Onde si spiega come essa non irraggi n calore n splendore
, ,
verso di noi, come sarebbe verosimile se ci fosse accensione e , '
mescolanza di raggi, ma come le voci, ripercuotendosi,

rendono l'eco del suono pi debole.... come il raggio... della ..., ' ... ' [B 43]
luna [B 43] debole e oscuro riflesso ha verso di noi per la
[I 330. 10 App.]
rifrazione della sua potenza [cfr. A 59].
. Vgl. A 59.
A lui intercetta i raggi
fintanto che passa sopra di lei e della terra copre di ombra
tanto quanto si estende l'ampiezza della luna dal chiaro occhio.
31 B 43 [192 K., 153 St.]. PHILO de prov. II 70 p. 92
[dall'armeno]. PLUTARCH. de fac. in orb. lun. 16 p. 929 E
[cfr. B 42].
Come il raggio del sole, percuotendo l'ampio cerchio della
luna...

,
' ,
' .
31 B 43 [192 K., 153 St.]. PHILO de prov. II 70 ex armen.
Aucher p. 92 [I 330. 15 App.] lunae vero lumen nonne inepte
putatur a sole iuxta providentiam desumere lucem, cum potius
instar speculi casu in se incidentem formam recipiat?
quemadmodum Empedocles: 'lumen accipiens lunaris globus
magnus largusque [= B 43?] mox illico reversus est ut
currens caelum attingeret'. PLUT. [zu B 42] 929 E

[I 330. 20 App.]
...
31 B 44 [188 K., 151 St.]. PLUTARCH. de Pyth. or. 12 p. 400 31 B 44 [188 K., 151 St.]. PLUT. de Pyth. or. 12 p. 400 B
B. Voi invece vi prendete gioco di Empedocle il quale, dopo
aver affermato che il sole deriva dal riflesso della luce celeste [vgl. A 56 I 293, 36]
attorno alla terra, dice poi irraggia... volto:
' ... '.
Irraggia di centro all'Olimpo con intrepido volto.
.
31 B 45 [190 K., 154 St.]. ACHILL. isag. I 16 p. 43, 6 [cfr. A 31 B 45 [190 K., 154 St.]. ACHILL. Is. I 16 p. 43, 6 M [vgl. A
55].
55] [I 331. 1 App.]
Una luce circolare estranea circola intorno alla terra.

31 B 46 [189 K., 155 St.]. PLUTARCH. de fac. in orbe lun. 9 31 B 46 [189 K., 155 St.]. PLUT. de fac. in orbe lun. 9 p. 925
p. 925 B. [La luna lontanissima dal cielo]: ed essa in qualche B der Mond ist vom Himmel sehr weit entfernt,
modo passa radente alla terra e ruotandole vicina come il
[I 331. 5 App.]
mozzo del carro si rivolge, dice Empedocle che all'estremo * ' ', ., '
* *. N spesso essa supera l'ombra della terra di poco
*** '.
sollevandosi, a causa della grandezza del sole che la illumina, e
sembra quasi che giri intorno sulla superficie e quasi nel
, '
grembo della terra... cosicch bisogna avere il coraggio di dire , ' '
che la luna nei confini della terra, oscurata dalle sue

estremit.
, [I 331. 10 App.]
.
.
Come il mozzo del carro si rivolge, che all'estremo... [?].51*
[anschlieend an B 45 ?].
' ... (?).
31 B 47 [191 K., 156 St.]. ANECD. GR. ed. Bekker Lex. I 337, 31 B 47 [191 K., 156 St.]. ANECD. Bekk. I 337, 13
13.
[ .] :
.
Di contro rimira del signore il sacro disco.
[I 331. 15 App.]
.
31 B 48 [197 K., 160 St.]. PLUTARCH. quaest. Plat. 3 p. 1006 31 B 48 [197 K., 160 St.]. PLUT. Quaest. Plat. 3 p. 1006 F.
F. Gli gnomoni delle meridiane, non gi spostandosi con le

ombre, ma stando fermi, diventano strumenti e misure del
'
tempo imitando l'opposizione della terra rispetto al sole, che

attorno ad essa ruota passandole sotto, come dice Empedocle: , .
[I 331. 20 App.]

.
31 B 49 [198 K., 168 St.]. PLUTARCH. quaest. conv. VIII 3, 31 B 49 [198 K., 168 St.]. PLUT. Quaest. conv. VIII 3, 1 p.
1 p. 720 E. Essendo l'aria oscura, secondo Empedocle,
720 E '
della notte solitaria e cieca
quanto toglie alla sensibilit degli occhi, lo d tramite le
...
orecchie.
la terra che fa la notte, opponendosi ai raggi del sole .52*

31 B 50 [0]. TZETZ. Alleg. O 83. Come dice Empedocle o


qualcun'altro,
Iride porta dal mare vento o grande pioggia.
31 B 51 [202 K., 168 St.]. HERODIAN. schematismi Hom.
cod. Darmstadt in ETYM. GUDIAN. p. 475 Sturz [ad ETYM.
MAG. p. 111, 10]. : alcuni intendono questo termine
nel senso di invisibilmente, altri nel senso di essere portato
in alto, come Empedocle ... in riferimento al fuoco [cfr. B
54]:
Celermente in alto...
31 B 52 [207 K., 162 St.]. PROCL. in Tim. II 8, 26. E infatti
sotto terra scorrono correnti di fuoco, come in qualche luogo
dice Empedocle [cfr. A 68]:
Sotto il terreno molti fuochi bruciano.
31 B 53 [204 K., 167 St.]. ARISTOT. de gen. et corr. B 6. 334
a 1. La separazione fu opera della Contesa; l'etere per fu
portato in alto non dalla Contesa, ma talvolta come
casualmente cos... altrimenti; talvolta invece dice che il
fuoco naturalmente portato in alto e l'etere invece... radici

[I 331. 25]
.
31 B 50 [0]. TZETZ. Alleg. O 83 [I 332. 1 App.]

' .
31 B 51 [202 K., 168 St.]. HERODIAN. schematismi Hom.
cod. Darmstadini in Sturzii ETYM. GUDIAN. p. 475 [ad
ETYM. MAG. p. 111, 10] , [I 332. 5]
. '
' .
. Vgl. B 54.
' ...
31 B 52 [207 K., 162 St.]. PROCL. in Tim. II 8, 26 Diehl
, . Vgl. A
68.
[I 332. 10 App.] ' () .
31 B 53 [204 K., 167 St.]. ARISTOT. de gen. et corr. B 6. 334
a 1 , '
, '
' ... ',
, ' ', , ... ' [B 54].

[B 54]. Contemporaneamente egli dice che anche il cosmo in


una situazione simile ora rispetto alla Contesa e prima rispetto
all'Amicizia; che cos' dunque il primo motore e la causa del
movimento? ARISTOT. phys. B 4. 196 a 19. E' strano che essi
non abbiano supposto l'esistenza [della sorte] oppure pur
opinandola abbiano trascurato di parlarne, quantunque talvolta
se ne servano, come Empedocle, il quale dice che l'aria sta
separata nel luogo pi alto, ma non sempre bens casualmente.
Afferma infatti nella sua cosmogonia: ... [B 53]:

[I 332. 15]

; Phys. B 4. 196a 19

, ' ,
, '
. '
... '.

[I 332. 20 App.] ,
Cos infatti accade che corresse, ma spesso altrimenti.
' .
31 B 54 [203 K., 166 St.]. ARISTOT. de gen. et. corr. B 7. 334 31 B 54 [203 K., 166 St.]. ARISTOT. de gen. et. corr. B 7. 334
a 5 [a B 53]:
a 5 [zu B 53]
L'etere affondava nella terra con grandi radici.
' .
31 B 55 [451 K., 165 St.]. ARISTOT. meteor. B 3. 356 a 24 [A 31 B 55 [451 K., 165 St.]. ARISTOT. Meteor. B 3. 356 a 24 [A
25]:
25]
... il mare sudore della terra.
.
31 B 56 [206 K., 164 St.]. HEPHAEST. ench. 1 p. 2, 13. Di
31 B 56 [206 K., 164 St.]. HEPHAEST. Ench.1 p. 2, 13
Empedocle:
Consbr. [I 332. 25]
Il mare si solidific scacciato dai raggi del sole.
31 B 57 [232-4 K., 244-6 St.]. 1-3 SIMPLIC. de cael. 586, 29.
Come potrebbero essere qualcosa di significativo della
mescolanza la tempia senza collo e tutte le altre cose di cui
parla Empedocle prive... fronte e ancora altre, che non sono
certo esempi di mescolanza? 1 ARISTOT. de cael. 2. 300 b
25. E ancora qualcuno potrebbe chiedersi se sia possibile o no
che, pur muovendosi disordinatamente, alcuni [elementi] si
mescolino in modo tale che da quelle mescolanze si formino
corpi quali sono i corpi formati secondo natura. Intendo, ad
esempio, ossa e carni, come Empedocle dice essere accaduto
nell'epoca dell'Amicizia: dice infatti:

.
31 B 57 [232-4 K., 244-6 St.]. 1-3 SIMP. de caelo 586, 29 [I
333. 1 App.]

' ... ' ,
; 1 ARISTOT. de caelo 2. 300 b 25
' , [I 333. 5 App.]
'

. ' ,
.
' ... '.

,
[I 333. 10 App.] '
,
' () .
31 B 58 [0]. SIMPLIC. de cael. 587, 18 [dopo B 35, 13]. In
31 B 58 [0]. SIMP. de caelo 587, 18 (nach B 35, 13)
questa condizione [della Contesa non ancora completamente [als der Streit noch nicht ganz
respinta ai margini] membra solitarie erravano per la
zurckgetreten] '
separazione della Contesa, cercando la mescolanza reciproca.
[I 333. 15] '.
31 B 59 [234-7 K., 254-6 St.]. 1-3 SIMPLIC. de cael. 587, 20 31 B 59 [234-7 K., 254-6 St.]. 1-3 SIMPL. de caelo 587, 20
[dopo B 58]. Ma poi - dice - ... demone, quando l'Amicizia [nach B 58] ' , , ...... ',
domina per il rimanente sulla Contesa, queste... nasceranno. , ' ...
Empedocle disse queste cose non a proposito del dominio
'.
dell'Amicizia, ma in riferimento al periodo in cui l'Amicizia , , '
sul punto di dominare e ancora rende manifeste cose non
[I 333. 20 App.] ,
mescolate e membra solitarie.
.
Ad essa [la terra] spuntarono molte tempie senza collo,
e prive di spalle erravano braccia nude
e occhi solitari vagavano senza fronti.53*

Ma poi che sempre pi si mescolava demone a demone,


queste membra insieme s'accordavano, come ciascuna
s'incontrava
e molte altre, oltre queste, continuamente nascevano.
31 B 60 [242 K., 261 St.]. PLUTARCH. adv. Col. 28 p. 1123
B. Queste e molte altre ancora pi atroci simili ai mostri di
Empedocle, di cui essi si prendono giuoco,

,
, ,
.
31 B 60 [242 K., 261 St.]. PLUT. adv. Col. 28 p. 1123 B [I
334. 1 App.]


dai piedi striscianti e con innumerevoli mani

'

e stirpi di buoi con volto umano [cfr. B 61, 2].


31 B 61 [238-41 K., 257-60 St.]. 1-4 AELIAN. nat. anim. XVI
29. Empedocle, parlando anche lui del carattere specifico degli
esseri viventi, sostiene che nascono alcuni esseri per natura
uniti e tuttavia difformi per la mescolanza delle forme, ma
congiunte dall'unit del corpo. Ci che egli dice questo:
Molti ... organi sessuali. 2 SIMPLIC. phys. 371, 33.
Empedocle dice che sotto il regno dell'Amicizia nascono come
capita membra dei primi esseri viventi, ad esempio teste, mani
e piedi, e che poi queste si congiungono stirpi di buoi...
sorgono viceversa, cio a dire stirpi umane con volti bovini,
cio un composto da un bue e da un uomo. E quanti si
costituirono in tal modo reciprocamente, s da raggiungere una
condizione di stabilit, nacquero esseri viventi e sopravvissero
in virt del mutuo soddisfacimento delle esigenze... e invero la
testa dell'uomo congiungendosi con il corpo dell'uomo rende
possibile la salvezza dell'intero composto; congiungendosi
invece con il corpo di un bue non produce un composto
armonico e si estingue: quanti infatti non si congiunsero in
modo appropriato perirono. ARISTOT. phys. B 7. 198 b 29.
Quegli esseri poi, in cui tutto si formato come se fosse
accaduto in vista di un fine, si sono conservati per il fatto che
dal caso sono stati costituiti in modo appropriato; quegli esseri
viventi, invece, in cui tutto ci non accaduto, sono periti o
stanno perendo, come quelle stirpi bovine con volti umani di
cui parla Empedocle [cfr. A 72].
Molti esseri nacquero con due volti e con due petti,
stirpi bovine con volti umani, e altre, al contrario, sorgono
viceversa
stirpi umane con volti bovini, mescolate da un lato forme
maschili
e dall'altro forme femminili provviste di ombrosi organi
sessuali.
31 B 62 [248-55 K., 262-9 St.]. 1-8 SIMPLIC. phys. 381, 29.
Empedocle nel secondo libro della sua opera Sulla natura
prima dell'articolazione dei corpi maschili e femminili, dice:
Ora, ors, da ci ascolta come di uomini e di donne dalle molte
lacrime
notturni germogli fece spuntare il fuoco separandosi;
non infatti un discorso inutile n sciocco.
Dapprima infatti integri tipi, fatti di terra, spuntarono,
ed avevano giusta parte di entrambi gli elementi, di acqua e di
calore ed essi il fuoco spingeva, volendo raggiungere il simile;
n ancora lasciavano apparire l'amabile superficie delle
membra
n voce n l'organo sessuale, che usuale nell'uomo.
A queste affermazioni di Empedocle Aristotele aggiunge che
Empedocle verisimilmente asserisce che lo sperma si genera
prima degli esseri viventi; infatti l'espressione dapprima
integro da lui adoperata indicava appunto lo sperma che non
ancora lascia apparire l'amabile superficie delle membra. Ma
se questa espressione indicava lo sperma, mi sembra che
stranamente gli convenga il termine integro. Integro infatti

[I 334. 5] ' ' (B 61, 2).


31 B 61 [238-41 K., 257-60 St.]. 1-4 AEL. Nat. anim. XVI 29
.

, ,
' ... '. 2 SIMP. Phys. 371, 33
. [I 334. 10]

, ' ... ',
,
.
,
,
[I 334. 15] ,
, .

,
,
. ARISTOT. Phys. B 7. 198 b 29
,
[I 334. 20 App.]
, ,
. ' '. Vgl. A 72.
,
, '
, '
[I 334. 25 App.]
.

31 B 62 [248-55 K., 262-9 St.]. 1-8 SIMPL. Phys. 381, 29 [I


335. 1 App.]


[v.1] ' ',

[I 335. 5 App.]
,
' ' .
,
[v.5]
,
[I 335. 10 App.]

' ' .
(Arist.),
(Emp.)
. ' ' '

...[I 335. 15 App.] ,

propriamente ci che interamente ci che esso , senza che in '' .


esso sia ancora comparsa la distinzione [cfr. PHILOP. phys.
, ' ,
319, 29]. 3 ARISTOT. phys. B 8. 199 b 7. E inoltre
, [vgl. PHILOP. zu
necessario che si generi prima lo sperma e non subito gli esseri Ar. a. O. 319, 29]. 3 ARISTOT. Phys. B 8. 199 b 7
viventi e lo sperma era il dapprima integro. Inoltre anche
,
nelle piante presente la causa finale, ma meno articolata.
' ' . [I 335. 20]
Forse dunque anche nelle piante si produssero, analogamente , .
alle stirpi bovine con volti umani [B 61, 2], stirpi di viti con '
aspetto di olivo, oppure no? Certo sarebbe strano, eppure
' [B 61, 2] '
dovrebbero essersi prodotte, se si sono prodotte negli animali ' ; . ,
[cfr. A 72. 77].
. Vgl. A 72. 77.
31 B 63 [257 K., 270 St.] ARISTOT. de gen. anim. A 18. 722 b 31 B 63 [257 K., 270 St.] ARISTOT. de gen. anim. A 18. 722 b
10. Dice infatti Empedocle che nel maschio e nella femmina vi 10 [I 336. 1 App.] (Emp.)
rispettivamente come una parte di un contrassegno, mentre un , ' ' ,
intero non proviene da nessuno dei due, per s,
: ...
ma divisa la natura delle membra, parte [nel seme]
dell'uomo...
31 B 64 [256 K., 272 St.]. PLUTARCH. quaest. nat. 21. p. 917 31 B 64 [256 K., 272 St.]. PLUT. Quaest. nat. 21. p. 917 C [I
C. Anche il fatto che le femmine crescono insieme ai maschi e 336. 5 App.]
stanno con loro produce nei maschi il ricordo dei piaceri

d'amore e richiama il desiderio; come Empedocle disse nei suoi ' .
versi, riferendosi agli uomini [cfr. AT. V 19, 5; A 72]:
[vgl. AT. V 19, 5 A 72 I 297, 19]
Ad esso s'aggiunge il desiderio, memore grazie agli occhi [?]. ' ' (?).
31 B 65 [259-60 K., 273-4 St.]. ARISTOT. de gen. anim. A 17. 31 B 65 [259-60 K., 273-4 St.]. ARISTOT. de gen. anim. A 17.
723 a 23. Se vero che il feto femminile e quello maschile
723 a 23 [I 336. 10 App.]
differiscono nella gravidanza, come dice Empedocle [cfr.
. ' ... '. Vgl.
ARISTOT. de gen. anim. 1. 764 a 1 = A 81].
ARISTOT. de gen. anim. 1. 764 a 1 = A 81 I 300, 1.
In pure sedi si effusero; in un caso nascono femmine,
quando occupano la parte fredda in un altro, al contrario
[nascono maschi, quando occupano la parte calda.54*
31 B 66 [261 K., 275 St.]. SCHOL. EURIP. Phoen. 18.
Empedocle fisico allegorizzando dice: le fessure dei prati di
Afrodite, nei quali avviene la generazione dei figli. Euripide
pur dicendo la stessa cosa evit ogni significato vergognoso e
si serv di termini appropriati e di metafore tecniche, dicendo
seme e vulva:
Fessure dei prati... di Afrodite.

31 B 67 [262-4 K., 276-8 St.]. 1-3 GALEN. in Hipp. epid. IV


48 [XVII A p. 1002 Khn]. Che il feto maschile sia fecondato
nella parte destra dell'utero lo hanno detto anche altri dei pi
antichi. Parmenide dice infatti: ... [28 B 17] ed Empedocle:
nella... ... vellosi [cfr. A 81].
Nella parte pi calda il ventre fecondo di maschi
e per questo essi sono bruni e hanno pi forti le membra
e sono pi vellosi.

'
' .
31 B 66 [261 K., 275 St.]. SCHOL. EURIP. Phoen. 18
[I 336. 15] ' ': .
' ',
.

,
.
[I 336. 20 App.] ... .
31 B 67 [I 337. 1] [262-4 K., 276-8 St.]. 1-3 GALEN. ad Hipp.
Epid. IV 48 [XVII A p. 1002 K.]


' ... ' [28 B 17] ' .
' ... '. Vgl. A 81.

[I 337. 5 App.]
(?)

.
31 B 68 [266 K., 280 St.]. ARISTOT. de gen. anim. A 8. 777 a 31 B 68 [266 K., 280 St.]. ARISTOT. de gen. anim. A 8. 777 a
7. Il latte sangue fermentato ma non corrotto. Empedocle o 7 , '
non ebbe una giusta opinione o non la espose bene nei suoi
. . ' [I 337. 10
versi dicendo che il sangue
App.]

nel decimo giorno dell'ottavo mese diventa bianco siero.


31 B 69 [0]. PROCL. in remp. II 34, 25. Anche Empedocle
sapeva che duplice il periodo della generazione [ di 7 e 9
mesi secondo Proclo]. Onde chiama le donne
bifeconde.

.
31 B 69 [0]. PROCL. in Rep. II 34, 25 Kroll .
[von 7 und 9 Monaten
nach Proklos].
[I 337. 15]
.

,



,

, '
. [I 337.
20] Vgl. freilich AT. V 18, 1 [A 75 I 298, 20].

.
31 B 70 [p. 474 K]. RUF. EPHES. de nom. part. hom. 229 p. 31 B 70 [p. 474 K]. RUFUS EPHES. d. nom. part. hom. 229 p.
166, 11. Il feto circondato di due pelli, delle quali l'una pi 166, 11 Daremb. ,
sottile e tenera, che Empedocle chiama
. .
[I 337. 25] .
31 B 71 [150-3 K., 210-3 St.]. SIMPL. de caelo 529, 28 [I 338.
1 App.]
Ma se la tua convinzione ancora imperfetta su queste cose, ,

come cio dall'acqua, dalla terra, dall'etere e dal sole,

insieme mescolati, nacquero specie e colori di esseri mortali
[I 338. 5 App.] ', '
tanti quanti ora ne nascono resi armoniosi da Afrodite...
. . .
31 B 72 [234 K., 214 St.]. ATHEN. VIII 334 B. Ma non mi
31 B 72 [234 K., 214 St.]. ATHEN. VIII 334 B
sfugge che tutti i pesci sono da Empedocle fisico designati con
il comune termine di camaseni:

Come alti alberi e marini camaseni.
...
31 B 73 [209-10 K., 215-6 St.]. SIMPLIC. de cael. 530, 5
31 B 73 [209-10 K., 215-6 St.]. SIMPL. de caelo 530, 5 (nach
[dopo B 71]. E poco dopo:
B 71) ' [I 338. 10 App.]
pelliccia.
31 B 71 [150-3 K., 210-3 St.]. SIMPLIC. de cael. 529, 28.

Cos allora la Cipride, dopo aver imbevuta la terra di pioggia


ed aver impresso le forme, le consegn al fuoco veloce perch
le [consolidasse.
31 B 74 [205 K., 163 St.]. PLUTARCH. quaest. conv. V 10, 4
p. 685 F. Tra gli esseri viventi, tu non potresti indicarne uno
terrestre o volatile cos fecondo come qualsiasi pesce. Onde
Empedocle disse nei suoi versi:

, ' ,
...
31 B 74 [205 K., 163 St.]. PLUT. Quaest. conv. V 10, 4 p. 685
F
[I 338. 15 App.]

Guidando la stirpe invisa alle muse dei fecondi camaseni.


.
31 B 75 [230-1 K., 217-8 St.]. SIMPLIC. de cael. 530, 8 [dopo 31 B 75 [230-1 K., 217-8 St.]. SIMPL. de caelo 530, 8 (nach B
B 73, 2]:
73, 2)
Degli esseri viventi, quanti sono densi all'interno e poco
compatti all'esterno,
avendo ottenuto dalle mani di Cipride un'acquosit di tale
specie.
31 B 76 [220-2 K., 233-5 St.]. PLUTARCH. quaest. conv. I 2,
5 p. 618 B. E tu vedi che la divinit, che Pindaro [fr. 57]
chiama ottimo artefice, non dappertutto pose il fuoco in alto
e la terra in basso, ma a seconda di come richiedessero le
necessit dei corpi questo... - dice Empedocle - ... le parti pi
alte [cfr. anche PLUTARCH. de fac. in orb. lun. 14 p. 927 F].

' ' , ' ,


...
31 B 76 [220-2 K., 233-5 St.]. [I 339. 1] 1-3 PLUT. Quaest.
conv. I 2, 5 p. 618 B , ''
[fr. 57] ,
'
' ... ', ., '' ...
' 2. 3. DERS. de fac. i. orb. 1. 14 p. 927 F [I 339.
5 App.]

, '
, ' .
' ... ' ,
'' ... '.
,
[I 339. 10 App.]

' .
31 B 77-78 [366-7 K., 423-4 St.]. PLUTARCH. quaest. conv. 31 B 77-78 [366-7 K., 423-4 St.]. PLUT. Quaest. conv. III 2, 2
III 2, 2 p. 649 C. Questo loro essere sempre verdi e, come dice p. 649 C ' .
Empedocle, di fronda perenne non opera del calore, n il
perdere le fronde opera del freddo... alcuni ritengono che il ....
perdurare delle fronde dipenda da un certo equilibrio della
[I 339. 15 App.] . .
mescolanza. Oltre a ci Empedocle adduce come causa una

simmetria dei pori, che succhiano il nutrimento in modo
. THEOPHR.
determinato ed equilibrato, s che esso scorra a sufficienza.
de caus. plant. I 13, 2
THEOPHR. de caus. plant. I 13, 2. Se l'aria si accompagna
[sc. ],
costantemente agli alberi forse non sembrer del tutto assurdo ' .
quanto detto dai poeti, e neppure ci che dice Empedocle: di ' ... ', [I
fronda perenne... tutto l'anno, supponendo una comune
339. 20 App.] ,
temperatura dell'aria, quella primaverile.
, .
Questo si verifica nelle conchiglie dal dorso pesante tra gli
esseri che vivono nel mare,
e particolarmente tra i buccini e le testuggini dal dorso di
pietra:
in essi vedrai la terra tenere della superficie del corpo le parti
pi alte.

Alberi fiorirono di fronda perenne e di frutta perenne


nell'abbondanza dei frutti per la temperatura dell'aria per tutto
l'anno.
31 B 79 [245 K., 219 St.]. ARISTOT. de gen. anim. A 23. 731
a 1. Nelle piante sono mescolate le stesse potenze e non c'
separazione di maschile e femminile. Onde i cosiddetti semi
generano s da se stessi e non emettono il germe, bens il feto.
E questo lo espresse bene anche Empedocle, dicendo nei suoi
versi cos... dell'ulivo. L'uovo infatti un seme fecondato e
da una parte di esso nasce il feto, mentre il resto nutrimento,
cos da una parte del seme nasce ci che generato, mentre il
resto nutrimento, che si produce contemporaneamente
all'inizio, come nelle uova. In questo senso non disse bene
Empedocle che gli alti alberi producono uova: la natura dei
semi infatti analoga a quella delle uova.
Cos in principio producono uova gli alti alberi di ulivo.

'
' ' .
31 B 79 [245 K., 219 St.]. [I 340. 1] ARISTOT. de gen. anim.
A 23. 731 a 1
.
,
. .
' ... '. [I 340. 5 App.]
,
, []
,
. THEOPHR. de caus. plant. I 7, 1
,
.
[I 340. 10
App.]
.

' ...
31 B 80 [246 K., 220 St.]. PLUTARCH. quaest. conv. V 8, 2 p. 31 B 80 [246 K., 220 St.]. PLUT. Quaest. conv. V 8, 2 p. 683
683 D. Queste cose noi dicemmo che erano state dette
D '
giustamente; e che, affermando poi Empedocle:

Onde lentamente maturano i melograni e succosi sono i pomi,
egli intende l'epiteto dei melograni nel senso che maturano il
frutto quando l'autunno viene meno e si spegne il calore ed il
sole non consente che la loro umidit, che tenue e scarsa,
prenda consistenza... quanto ai pomi, in base a quale
intendimento quel sapiente li dicesse succosi, dubbio...
[seguono B 148-50].
3. Affermando dunque io queste cose, alcuni grammatici
sostennero che i pomi erano detti molto succosi [=
] per il loro vigore: infatti l'essere molto vigorosi e
l'essere verdeggianti sono detti dai poeti [essere in
vigore; vengono poi menzionati Antimaco, Arato e Dionisio
Fleo]. Poich dunque il verdeggiare dei frutti e l'essere in fiore

[I 340. 15] ,


...
'
, ... (es folgen B 148-50). 3.
[I 340. 20]


[zitiert werden Antimachos u. Arat, ].

,

durano a lungo soprattutto nei pomi, il filosofo adopera


l'espressione .
31 B 81. [247 K., 221 St.]. PLUTARCH. quaest. nat. 2 p. 912
C. La facilit a mutarsi in nutrimento, propria delle acque
piovane, indicata dalle putrefazioni: non dubbio infatti che
le acque piovane sono pi soggette alla putrefazione di quelle
di fiume o di pozzo: e la digestione [] sembra appunto
essere una putrefazione [], come testimonia Empedocle,
dicendo: vino... acqua [cfr. PLUTARCH. quaest. nat. 31 p.
919 C]. ARISTOT. top. 5. 127 a 17. Egualmente neppure il
vino acqua putrefatta, come dice Empedocle: esso,
semplicemente, non acqua.

.
31 B 81. [247 K., 221 St.]. PLUT. Quaest. nat. 2 p. 912 C [I
340. 25 App.] '
,

' ... '. PLUT. Quaest. nat. 31 p.
919 C .
.
ARISTOT. Top. 5. 127 a 17 [I 340. 30 App.] ' '
, . '
'. .

Il vino acqua putrefatta nel legno e [proveniente] dalla


.
corteccia.
31 B 82 [233-4 K., 236-7 St.]. ARISTOT. meteor. 9. 387 b 4. 31 B 82 [233-4 K., 236-7 St.]. ARISTOT. Meteor. 9. 387 b 4
[I 341. 1 App.]
La stessa cosa sono i capelli, le foglie e le folte ali e le
scaglie che nascono sulle membra robuste.

.
31 B 83. [225-6 K., 238-9 St.]. PLUTARCH. de fort. 3 p. 98 D. 31 B 83. [225-6 K., 238-9 St.]. PLUT. de fort. 3 p. 98 D
Alcune specie sono armate di corna, di denti, di pungiglioni,
[I 341. 5 App.]
,
....e poi i ricci hanno
chiome di acuti strali, che spuntano loro sul dorso.

.
31 B 84 [302-11 K., 316-24 St.]. 1-11 ARISTOT. de sens. 2. 31 B 84 [302-11 K., 316-24 St.]. 1-11 ARISTOT. de sens. 2.
437 b 23. Empedocle sembra ritenere che la vista ci sia allorch 437 b 23 . ' ,
il fuoco esce dall'occhio, come si gi detto; dice infatti cos: , . [I 341. 10]
come... sottile. Talvolta dunque egli dice che la vista avviene ' ... ', ,
in questo modo, talaltra mediante effluvi che partono dagli
. ALEX. z. d. St. p. 23, 8
oggetti veduti. ALEX. de sens. 23, 8. E dapprima egli cita i
Wendl. , '
suoi versi, nei quali espone la sua opinione che la luce sia

fuoco, che essa si diffonda e venga emessa dagli occhi e che

per essa si, produce il vedere. Con i suoi versi egli pone
.
un'analogia tra la luce che emessa dalla vista e quella che si
effonde dalle lucerne. Come infatti colui che di notte sta per
[I 341. 15] .
intraprendere un cammino dopo essersi preparato il lume lo
(
introduce nella lanterna (la lanterna infatti respinge e impedisce ,
i venti che sono all'esterno e all'esterno lascia uscire la parte
,
pi sottile del fuoco, che appunto la luce), cos, egli dice,
), , ,
anche il fuoco che racchiuso nelle membrane si effonde da
,
sottili pellicole, le quali respingono tutto ci che provenendo
dall'esterno pu essere dannoso per il fuoco e non consentono [I 341. 20] ,
che possa arrecare fastidio alla pupilla, nello stesso tempo che .
lascia uscire all'esterno la parte pi sottile del fuoco. Lampade
che proteggono potrebbe essere detto nel senso che
'
respingono, per il fatto che respingono i venti e proteggono il .
fuoco circondato da essi; oppure che proteggono potrebbe
esser detto nel senso che sono densi e per il loro spessore
. [I 341.
respingono i venti. Il fuoco poi detto sottile perch disteso 25] . '
per la sua sottigliezza e capace di effondersi attraverso corpi
, ' ' [ 23].
densi. L'espressione sulla soglia sta per sul cielo. Omero
dice: afferratolo l'avrebbe scagliato dal cielo finch non fosse ' ',
giunto sfinito sulla terra [Il. XV 23]. L'espressione con sottili
veli si acquatta nella rotonda pupilla sta per con sottili
.
pellicole ricinge la rotonda pupilla, servendosi poeticamente , ' , [I 341.
dei termini e parlando di veli invece di pellicole. Dopo aver 30] '
mostrato attraverso i suoi versi che Empedocle dice questo,
, ,

Aristotele aggiunge la frase talvolta dunque la vista avviene in ,


questo modo, tal altra mediante effluvi che partono dagli
.
oggetti veduti: e cio che esistono degli effluvi, i quali
[I 342. 1 App.]
sopraggiungendo alla vista, quando si armonizzano con i pori [A 92 I 307, 3]
di questa per esserle commisurati, si effondono dentro e cos si
produce il vedere. Di questa opinione anche Platone fa ricordo . Vgl. A 86 I 301, 30ff.
nel Menone [cfr. A 92] come propria di Empedocle e secondo
l'opinione di questi definisce il colore come un effluvio di corpi [v. 1] ' [
commisurato alla vista e sensibile [cfr. A 86].
342. 5 App.] ,
,
Come quando qualcuno, avendo in animo di intraprendere
,
cammino si munisce di un lume
' ,
nella notte invernale, splendore di fuoco ardente,
[v. 5] ' , ,
adattando lanterne che proteggono dai venti di ogni specie,

e che dissipano il soffio dei venti che spirano,
[I 342. 10 App.] '
e la luce effondendosi all'esterno, quanto pi sottile,

lampeggia sulla soglia con raggi infaticabili;
' ,
cos allora il fuoco primitivo, racchiuso nelle membrane

con sottili veli si acquatta nella rotonda pupilla,
[v. 10] ' ,
i quali sono forati da canali meravigliosi
' , .
che la proteggono dalla profondit dell'acqua che circola
tutt'intorno
lasciando effondere fuori il fuoco, quanto pi era sottile.
31 B 85 [193 K., 152 St.]. SIMPLIC. phys. 331, 3. Le parti
31 B 85 [193 K., 152 St.]. SIMPL. Phys. 331, 3 [I 343. 1 App.]
degli animali si producono per lo pi casualmente, come egli
dice quando afferma: ... [B 98, 1] e poi ancora:
' ... ' [B 98, 1].

Ma la lieta luce ebbe in sorte una piccola parte di terra;



e ancora in altri luoghi: ... [B 75, 2]. E ancora molti altri
casi del genere si potrebbero addurre, traendoli dall'opera di
[I 343. 5] ' ... ' [B 75, 2].
Empedocle Sulla natura [cfr. A 86].

. Vgl. A 86 I 301, 30f.
31 B 86 [227 K., 240 St.]. SIMPLIC. de cael. 529, 21 [dopo B 31 B 86 [227 K., 240 St.]. SIMPLIC. de caelo 529, 21 (nach B
35, 1-15]. Ma anche riguardo alla generazione degli occhi
35, 1-15)
corporei aggiunge:

Da ci la divina Afrodite costitu gli occhi infaticabili.
' ' .
31 B 87 [228 K., 241 St.]. SIMPLIC. de cael. 529, 24 [dopo B 31 B 87 [228 K., 241 St.]. SIMPL. de caelo 529, 24 (nach B
86]. E poco dopo:
86) [I 343. 10] '
Con legami d'amore connettendoli Afrodite.
.
31 B 88 [311 K., 326 St.]. ARISTOT. poet. 21. 1458 a 4.
31 B 88 [311 K., 326 St.]. ARISTOT. Poet. 21. 1458 a 4
Esempi di parole abbreviate: [invece di (= orzo)] ' ... '.
[invece di (= casa)], [invece di (= vista)] come STRABO VIII 364 (aus. Apollodoros) [I 343. 15 App.] '
in Empedocle [cfr. STRAB. VIII 364 da Apollodoro].
' ... ', .
... da entrambi nasce un'unica vista.
.
31 B 89 [267 K., 281 St.]. PLUTARCH. quaest. nat. 19 p. 916 31 B 89 [267 K., 281 St.]. PLUT. Quaest. nat. 19 p. 916 D.
D. Secondo Empedocle:
'
Sapendo che vi sono effluvi di tutte le cose, quante nascono...

, , ' ...

e infatti non soltanto dagli animali e neppure soltanto dalle


piante, dalla terra e dal mare, ma anche dalle pietre, dal bronzo
e dal ferro sgorgano continuamente molte correnti. E infatti
tutto si corrompe e muore, per il fatto che qualcosa sempre
scorre e continuamente trascinato.
31 B 90 [268-9 K., 282-3 St.]. 1-2 PLUTARCH. quaest. conv.

[I 343. 20]
,

.
31 B 90 [268-9 K., 282-3 St.]. 1-2 PLUT. Quaest. conv. IV 1, 3

IV 1, 3 p. 663 A. O infatti la natura prende da ci che simile p. 663 A


quanto le conviene e da l, a tutta la massa del corpo il cibo
[I 343. 25]
vario infondendo molte qualit, dispensa a ciascuno per sua

parte ci che utile; cosicch accade ci che dice Empedocle:
cos... ardente.
' ... ' [ 344. 1 App.]
Da ci MACROB. sat. VII 5, 17. Sappiamo che il simile si
' . Daraus MACROB. Sat.VII 5, 17 scimus autem
nutre con il simile... e che ogni singola cosa afferra ci che le similibus similia nutriri ... singula ad se similitudinem sui
somiglia, secondo la testimonianza di Empedocle, il quale dice: rapere testis Empedocles qui ait ' ... , '
cos... il caldo.
'.
Cos il dolce afferra il dolce, l'amaro si slanci verso l'amaro
l'acido and all'acido e l'ardente era attratto verso l'ardente.

31 B 91 [272-3 K., 284 St.]. ALEX. quaest. II 23 [cfr. A 89].


L'acqua

, '
,
[I 344. 5 App.] ' ' , '
.
31 B 91 [272-3 K., 284 St.]. ALEX. Quaest. II 23 [oben I 306,
16ff.]

... ,
.
31 B 92 [450 K.] ARISTOT. de gen. anim. B 8. 747a 34 [I 344.
10] (ber die Aporie
vgl. A 82 I 300, 38) . '


,
,
' [I 344. 15 App.]
... '
.

; [vgl. B 91].
31 B 93 [274 K., 286 St.]. PLUTARCH. de defect. or. 41 p.
31 B 93 [274 K., 286 St.]. PLUTARCH. de defect. or. 41 p.
433 B. Alcune cose sono appropriate e convengono ad alcune, 433 B
altre ad altre, come l'azzurro scuro mescolato sembra produrre [I 344. 20
la tintura della porpora e il salnitro del rosso,
App.] ,
al vino... pi omogenea, ma all'olio
non vuole unirsi.
31 B 92 [450 K.] ARISTOT. de gen. anim. B 8. 747a 34 [a
proposito del problema: perch la specie dei muli sterile.
Cfr. A 82]. Secondo Empedocle la causa nella mescolanza
dei semi, che, pur essendo entrambi molli, diventano duri;
perch vicendevolmente le parti cave si armonizzano con
quelle solide ed in tal modo dalla mescolanza di parti tenere si
produce qualcosa di solido, come mescolando lo stagno con il
rame; ma non esatta la causa che egli adduce per il rame e
per lo stagno.

al bisso si mescola il rosso del biondo sambuco

[I 345. 1 App.]
,

come disse Empedocle.


31 B 94 [p. 50 St.]. PLUTARCH. quaest. nat. 39. Perch
l'acqua bianca nella parte superiore e invece si vede scura nel
fondo? Forse perch la profondit produce oscurit, nel senso
che smorza e spegne i raggi del sole prima che essi arrivino
fino a lei? La superficie, invero, poich continuamente toccata
dal sole, non pu non accogliere il candore della luce. Il che,
poi confermato dallo stesso Empedocle:

. .
31 B 94 [p. 50 St.]. PLUT. Quaest. nat. 39 cur aqua in summa
parte alba, in fundo vero nigra spectatur? an quod profunditas
nigredinis mater est, [I 345. 5] ut quae solis radios prius quam
ad eam descendant, obtundat et labefactet? superficies autem
quoniam continuo a sole afficitur, candorem luminis recipiat
oportet. quod ipsum et Empedocles approbat:

et niger in fundo fluvii color exstat ab umbra,


Nero per l'ombra il colore sul fondo del fiume,
atque cavernosis itidem spectatur in antris.
e tale si vede negli antri cavernosi.
31 B 95 [229 K., 242 St.]. SIMPLIC. de cael. 529, 26 [dopo B 31 B 95 [229 K., 242 St.]. SIMPL. de caelo 529, 26 (nach B
87]. E dicendo la ragione per cui alcuni occhi vedono meglio di 87) [I 345. 10 App.]
giorno e altri di notte [cfr. A 86], afferma:
[vgl. A 86 I 301,
37ff.]
Quando nelle mani di Cipride per la prima volta si produssero
insieme.
, , ' .
31 B 96 [211-4 K., 199-202 St.]. 1-4 SIMPLIC. phys. 300,19. 31 B 96 [211-4 K., 199-202 St.]. 1-4 SIMPL. Phys. 300, 19
Con una determinata proporzione produce la carne, l'osso e
[I 345. 15]
ciascuna delle altre cose. Dice dunque Empedocle nel primo
.

libro della sua opera Sulla natura: la terra... Armonia, cio


ad opera di cause divine e soprattutto dell'Amicizia e
dell'Armonia; con i legami di questa infatti sono resi armonici.
1-3 ARISTOT. de an. A 5. 410 a 1. Ciascuna di queste cose ha
infatti gli elementi non gi disposti a caso ma con proporzione
e connessione determinata, come dice Empedocle per l'osso:
la terra... le ossa [cfr. la parafrasi di SIMPLIC. phys. 68, 5;
cfr. A 78].
Ma la terra benevola nel suo ampio seno
accolse due delle otto parti della splendida Nesti
quattro parti di Efesto: e nacquero le bianche ossa
connesse per i mirabili legami di Armonia.55*

' ... '



. 1-3 ARISTOT. de anima A 5. 410 a 1

, . ' ...
'. [I 345. 20] Paraphrase bei SIMPL. zu d. St. 68, 5
Hayd. '' , ,


.
'' ,
, ' '
[I 345. 25] ' [ 470], ''
. [I 346. 1]
,
,
,
' ' ,
, . Vgl. A 78 I
299, 8.

[I 346. 5 App.]

,
' '
.
31 B 97 [p. 452 K]. ARISTOT. de part. anim. A 1. p. 640 a 18. 31 B 97 [p. 452 K]. ARISTOT. de part. anim. A 1. p. 640 a 18
La genesi infatti in vista della sostanza, e non la sostanza in [I 346. 10] , '
vista della genesi. Per cui non esatta l'affermazione di
.
Empedocle quando dice che molte particolarit sono proprie

degli esseri viventi per il fatto che sono prodotte nella loro

genesi cos come sono e che, per esempio, la colonna
.
vertebrale fatta in tal modo perch si spezzata torcendosi.
31 B 98 [215-9 K., 203-7 St.]. 1-5 SIMPLIC. phys. 32, 3.
31 B 98 [215-9 K., 203-7 St.]. 1-5 SIMPL. Phys. 32, 3
Empedocle chiama il fuoco anche Efesto [B 96, 3], sole [B 21, (B 96, 3) (B 21, 3 u.
3 ecc.], fiamma [B 85], e l'acqua pioggia [B 73, 1 ecc.] e l'aria a.) (B 85), [I 346. 15 App.] (B
etere [B 100, 7 ecc.]. In molti luoghi dice questo ed anche nei 73, 1 u. a.), (B 100, 7 u. a.).
versi seguenti: la terra... carne [cfr. AT. V 22 (A 78)].
' ...
1 SIMPLIC. phys. 331, 3. Empedocle afferma che la maggior ' vgl. AT. V 22 [A 78 I 299, 5]. 1 Ebend. SIMPL.
parte degli organi degli animali nascono a caso, come quando Phys. 331, 3
dice: la terra... al massimo.
' ... '.
Ma la terra con questi s'incontr in parti eguali al massimo,
con Efesto, con la pioggia e con l'etere luminoso,
ormeggiando nei porti perfetti di Cipride,
in quantit sia poco maggiore sia minore rispetto agli altri di
maggior misura,
onde nacque il sangue ed ogni specie di carne.
31 B 99 [p. 483 K., 315 St.]. THEOPHR. de sens. 9 [A 86].
Cfr. A 93.

[v. 1] ,
[I 346. 20 App.] '
,
,
' [?]
[v. 5] .
31 B 99 [p. 483 K., 315 St.]. THEOPHR. de sens. 9 [A 86 I
302, 11ff.]. Vgl. A 93. [I 347. 1 App.]

Sonaglio, germoglio carnoso.56*


31 B 100 [275-99 K., 287-311 St.]. ARISTOT. de respir. 7.
473 a 15. Riguardo alla respirazione anche Empedocle fa delle
affermazioni, ma non dice nulla sul suo fine e non chiarisce
neppure, riguardo a tutti gli animali, se respirano o no. E
parlando della respirazione attraverso le narici [v. 4]57* ritiene
di parlare della respirazione nel senso proprio... ARISTOT. de
respir. 7. 473 b 1. Sostiene che la inspirazione e l'espirazione
avvengano per il fatto che ci sono delle vene, nelle quali c'

. .
31 B 100 [275-99 K., 287-311 St.]. ARISTOT. de respir. 7. 473
a 15 ., '
[I 347. 5]
.
[v. 4]
... ARISTOT. de respir. 7. 473 b 1
,
, (v. 1)

bens del sangue, ma non sono piene di sangue [v. 1]: esse
hanno dei pori per ricevere l'aria esterna, pi piccoli delle
particelle dei corpi e pi grandi di quelle dell'aria; onde,
muovendosi naturalmente il sangue in su e in gi, quando esso
si porta verso il basso l'aria entra e si produce l'inspirazione;
quando invece esso si muove verso l'alto, l'aria esce fuori e si
produce l'espirazione. Ed Empedocle paragona questo
fenomeno alle clessidre.

,
, [I 347.
10 App.] ,
,
' ,
' ...
'.

[v. 1] '
Cos inspirano ed espirano tutti gli esseri: a tutti, vasi
,
carnosi e poveri di sangue si distendono alla superficie del
[I 347. 15 App.]
corpo

e alle loro piccole imboccature da fitte fessure traversata


,
la superficie pi esterna della pelle da parte a parte, cosicch [v. 5] , ' .
mentre il sangue
' ,
trattengono, all'aria invece schiusa una facile via attraverso i ,
passaggi.
[I 347. 20 App.] ' , ,
Onde, dopoch il sangue leggero si abbassato,

l'aria gorgogliando si slancia con fiotto impetuoso,
[I 348. 1 App.]
allorch invece [il sangue] risale di nuovo, l'essere vivente di [v. 10] '
nuovo espira,
,
come quando una fanciulla, giocando con una clessidra di rame ' ,
ben lavorato,
[I 348. 5 App.]
finch essa, otturando con la bella mano l'apertura del tubo
,
l'immerge nel corpo leggero dell'acqua argentea,
'
l'acqua non entra nel vaso, ma la respinge
[v. 15] .
la massa interna dell'aria che preme sui fitti pori,
' , '
finch essa non lascia entrare il denso flusso: allora,
,
venendo meno l'aria, vi entra l'acqua destinata.
[I 348. 10 App.] '
Cos di nuovo, quando l'acqua raggiunge la sommit del vaso ,
di bronzo,
,
restando occlusi da una mano umana il canale e l'apertura,
[I 349. 1 App.] [v. 20] , '
l'aria che fuori, tentando di entrare dentro, trattiene l'acqua, , ,
attorno all'apertura del canale, che risuona sordamente,
.
occupandone il sommo,
'
finch la mano non la lasci libera, allora di nuovo, all'inverso di ,
prima,
[I 349. 5 App.]
precipitandosi l'aria, ne esce fatalmente l'acqua.
,
Cos di nuovo il sangue leggero, gorgogliando attraverso le
[v. 25] ' , .
membra,
quando, invertendo il flusso, si ritira all'interno,
subito la corrente dell'aria vi scende con fiotto impetuoso
finch il sangue non risalga: allora espira un'eguale quantit di
aria.
31 B 101 [300 K., 312 (313) St.]. 1-2 PLUTARCH. de curios. 31 B 101 [300 K., 312 (313) St.]. 1-2 PLUT. de curios. 11 p.
11 p. 520 E. E come i cacciatori non lasciano che i cani si
520 E
volgano e vadano dietro ad ogni odore ma li trattengono con
,
collari e li arrestano stando ben attenti a che rimanga inalterata
e intatta la loro sensibilit, in vista della loro utilizzazione
[I 349. 10] , '
appropriata, affinch siano naturalmente pi vigorosi sulle
' ... ',
orme, le particelle... erba, cos, ecc. PLUTARCH. quaest.
. DERS. PLUT. Quaest. nat. 23 p. 917 E
nat. 23 p. 917 E. Forse che i cani, come dice Empedocle, le , ., ' [!] ... '
particelle... investigando afferrano gli effluvi, che le fiere
,
lasciano nella selva e che in primavera i molteplici profumi ,
delle piante e degli arbusti affievoliscono e confondono? 2.
. 2.
[ALEX.] probl. III 102 p. 22, 7 [sull'aporia: perch le cagne [ALEX.] q. f. problem. III 102 (p. 22, 7 Usen., zur Aporie [I
non fiutano le orme, quando la lepre morta]. Perch fintanto 349. 15 App.] ,
che la lepre viva, l'odore avvertito dall'animale per il fatto )
che ininterrotto; morendo, invece, l'odore cessa di emanare; ,
non rimane, infatti, nel senso in cui Empedocle dice lasci... : , .,
erba . Cfr. ANON. in Plat. Theaet. 70, 48. Empedocle dice
' ... [!]',

che i cani fiutano le particelle delle membra ferine, ma


impossibile tutto ci quando sono morti gli animali.
Le particelle di membra ferine fiutando con le narici,
quanta gli esseri viventi lasciano dai loro piedi sulla tenera
erba.

, ' [die
riechenden Partikeln] [I 349. 20 App.] [die
Witterung] . ANON. in Plat. Theaet.70, 48 .
,
' '. '
.

,
' ' [?] ...
31 B 102 [301 K., 314 St.]. THEOPHR. de sens. 22 [31 A 86]. 31 B 102 [301 K., 314 St.]. THEOPHR. de sens. 31 A 86 (I
305, 8) [I 350. 1 App.]
Cos dunque a tutti gli esseri tocc respiro ed odorato.
.
31 B 103 [312 K., 195 St.]. SIMPLIC. phys. 331, 10 [a
31 B 103 [312 K., 195 St.]. SIMPL. Phys. 331, 10 ( des
proposito della sorte in Empedocle]. E ancora molti casi si Emp.)
potrebbero trovare nell'opera di Empedocle Sulla natura che
offrono esempi di tal genere, come anche questo:
[I 350. 5 App.]
E per tale volere della Sorte tutte le cose sono assennate.
31 B 104 [414 K., 196 St.]. SIMPLIC. phys. 331, 13 [dopo B
103]. E poco dopo:

.
31 B 104 [414 K., 196 St.]. SIMPL. Phys. 331, 13 [nach. B
103] '

E per quanto le cose meno dense si unirono cadendo.


31 B 105 [315-7 K., 327-9 St.]. PORPHYR. de Styge ap.
STOB. ecl. I 49, 53. Empedocle sembra parlare come se
l'organo dell'intelligenza fosse il sangue: nei flutti... pensiero
[cfr. A 84 e 86].

' ...
31 B 105 [315-7 K., 327-9 St.]. PORPHYR. de Styge ap.
STOB. Ecl. I 49, 53 W. [I 350. 10 App.] .

' ... '. Vgl. A 84 (I 301, 15). 86 (I 302, 23). Von
gesagt:

Nei flutti del sangue pulsante nutrito [il cuore],


dove principalmente ci che gli uomini chiamano pensiero;
per gli uomini, infatti, il sangue che circonda il cuore il
pensiero.
31 B 106 [318 K., 330 St.]. ARISTOT. de an. 3. 427 a 21.
Gli antichi sostengono che pensiero e sensazione sono
un'identica cosa, come disse anche Empedocle: rispetto...
mente e in altro luogo: ... [B 108]. ARISTOT. metaph.
5. 1009 b 17. Empedocle dice che mutando la condizione si
muta anche il pensiero: rispetto... mente e in altro luogo
dice: ... [B 108].

,

[I 350. 15 App.]
.
31 B 106 [318 K., 330 St.]. ARISTOT. de anima 3. 427 a 21

, . ' ... '
' ... ' [B 108]. ARISTOT. metaph. 5.
1009 b 17 .
' ... [ 350. 20 App.] '.
' ... ' [B 108].

Rispetto a ci che presente cresce infatti agli uomini la


.
mente.
31 B 107 [324-5 K., 336-7 St.]. THEOPHR. de sens. 10 [A 86]. 31 B 107 [324-5 K., 336-7 St.]. THEOPHR. de sensu 10 [A 86
I 302, 22] [I 351. 1 App.]
Da questi elementi tutte le cose risultano connesse e
armonizzate

e per essi pensano, godono e soffrono.
' ' .
31 B 108 [319-20 K., 331-2 St.]. ARISTOT. metaph. 5. 1009 31 B 108 [319-20 K., 331-2 St.]. ARISTOT. metaph. 5. 1009
b 18 [cfr. B 106]. de an. 3. 427 a 24 [cfr. B 106]. PHILOP. b 18 [vgl. zu B 106] [I 351. 5]
de an. 486, 13. Empedocle, parlando delle differenze dei sogni, ' ... '. de anima 3. 427 a 24 [vgl. zu B 106]
sostiene che dalle attivit giornaliere nascono le fantasie
' ... '. PHILOP. z. d. St.
notturne: e questa fantasia la chiama pensiero in quei versi 487, 1 .
in cui dice quanto... accade. Cfr. PHILOP. de an. 487, 1.
'
SIMPLIC. de an. 202, 30. E il pensare nei sogni cose

diverse accade ecc. [HERODOT. VII 16, 2. HIPPOCR. de
' ... '. Vgl. 487, 1; [I 351. 10 App.]
morb. sacr. 17 (VI 392)].
SIMPLIC. z. d. St. 202, 30
. [HEROD. VII 16, 2. HIPP. de
morbo sacro 17]
Quanto essi diventano diversi, tanto ad essi sempre

di pensare cose diverse accade...


31 B 109 [321-3 K., 333-5 St.]. 1-3 ARISTOT. de an. A 2. 404
b 8. Coloro, invece, che riguardano l'essere vivente rispetto al
conoscere e all'avere sensazione, identificano l'anima con i
principi, alcuni ponendone molteplici, altri uno solo, come
Empedocle che la fa risultare da tutti gli elementi, dicendo che
anche ciascuno di essi anima, in questo modo: con la terra...
funesta.
ARISTOT. metaph. B 4 1000 b 5. La conoscenza del simile
con il simile; dice infatti Empedocle:
Con la terra infatti vediamo la terra, l'acqua con l'acqua,
con l'aria l'aria divina, e poi col fuoco il fuoco distruttore,
con l'amore l'amore e la contesa con la contesa funesta.
31 B 109 a [0]. PAP. OXYRH. 1609 XIII 94 [II sec. d. C.;
Eutoro?].

' ,
...
31 B 109 [321-3 K., 333-5 St.]. 1-3 ARISTOT. de anima A 2.
404 b 8 [I 351. 15] '
[sc. ],
,
, . ,
' ... '.
ARISTOT. metaph. B 4 1000 b 5
' , , ... '.
[I 351. 20 App.] , '
,
' , ,
, .

31 B 109 a [0]. PAP. OXYRH. 1609 XIII 94 (II. Jhdt. n. Chr.,


Eudorus ?) [I 352. 1 App.] :
' , '
.....o come Empedocle potrebbe dire che effluvi si dipartono \ .
.
da ciascuno degli oggetti riflessi e che agli occhi come
[I 352. 5 App.]
fossero immagini si adattano [cfr. A 88].


. Vgl. A 88.
31 B 110 [222-31 St.]. 1-10 HIPPOL. ref. VII 29 p. 214. Tale 31 B 110 [222-31 St.]. 1-10 HIPPOL. Ref. VII 29 (p. 214 W.)
la genesi, la distruzione e la costruzione del cosmo, formata dal
bene e dal male, quale teorizzata da Empedocle. E dice

inoltre che vi una triplice potenza intellettuale, che pu essere .
compresa anche da ci, come egli stesso dice in qualche luogo: , [I 352. 10]
se infatti... destinata. HIPPOL. ref. VII 30 p. 216 [contro
, ' ... '. . . . HIPPOL.
Marcione]. Non ti accorgi di aver imparato dalle Purificazioni Ref. VII 30 (p. 216) (gegen Marcion)
di Empedocle:58* sciogli le nozze congiunte da Dio, andando ...
dietro alla dottrina di Empedocle... secondo Empedocle, infatti
le nozze dividono l'uno e producono il molteplice, come
,
abbiamo dimostrato. 10 HIPPOL. ref. VII 12 p. 138 [dopo B .
109]. [Simone] osserva che [Empedocle] riteneva che tutte le , . [I 352. 15 App.] 10
parti del fuoco quelle visibili e quelle invisibili avessero
ebenda HIPPOL. Ref. VI 12 (p. 138) (nach. B 109) ,
eguale intelligenza e conoscenza. SEXT. EMP. adv. math. VIII (Simon) , (Empedokles)
286. Ancor pi stranamente, Empedocle ritenne che tutte le

cose fossero fornite di ragione, non soltanto gli animali ma
(statt ). SEXT. Adv. math. VIII 286 .
anche le piante, quando scrive letteralmente cos: tutte le

cose... destinata.
' ... '.
Se infatti stai saldamente appoggiato grazie al tuo forte senno [v. 1] [I 352. 20 App.] '
e benevolmente contempli con attenzione non contaminata,

allora tutte queste cose, per tutta la tua vita, ti saranno presenti ,
e molte altre ancora da queste acquisterai; per s infatti si
' ,
accrescono
' '
queste cose secondo il carattere individuale, ove a ciascuno la [v. 5] ' , .
sua vera natura,
[I 353. 1 App.] ' , '
ma se tu desidererai altre cose, quali sono solite fra gli uomini,
infiniti dolori si presentano, che offuscano il pensiero,
' ,
perch esse immediatamente ti abbandoneranno, con il volgere '
del tempo

desiderose come sono di raggiungere la loro propria origine:
[v. 10] [I 353. 5 App.]
o sappi infatti che tutte le cose hanno conoscenza e la parte
.
destinata di pensiero.
31 B 111 [424-8 K., 24-32 St.]. 1-9 DIOG. LAERT. VIII 59 31 B 111 [424-8 K., 24-32 St.]. 1-9 DIOG. VIII 59 aus Satyros

[A 1]. 3-5 CLEM. ALEX. strom. VI 30 [II 445, 16; cfr. A 14]. ( [nml. ] . . .) [A 1 I 278,
30] 3-5 CLEM. Strom. VI 30 [II 445, 16 St.; s. A 14 I 284, 18]
Quanti sono i rimedi dei mali e la difesa dalla vecchiaia
apprenderai, giacch per te solo io compir tutto questo.
[v. 1] '
Farai cessare l'impeto dei venti infaticabili, che sulla terra
[I 353. 10 App.] ,
sollevandosi, con i loro soffi devastano i campi;
.
e poi di nuovo, se lo vuoi, benefici soffi susciterai,
' '
da nera procella farai sortire opportuna siccit

per gli uomini, e farai sortire dalla siccit estiva
[v. 5] , , ()
piogge che nutrono gli alberi e che nell'etere abiteranno [?]

e trarrai dall'Ade la forza di un uomo morto.


'
[I 353. 15 App.] ,

[I 354. 1 App.] , '


[?],
' .
PURIFICAZIONI

31 B 112 [389-400 K., 352-63 St.]. 1-2. 4-11 DIOG. LAERT. Bignone a. O. behlt die Reihenfolge der Fragmente bei, nur
VIII 62 [A 1]. 1-2 DIOG. LAERT. VIII 54 [A 1]. Che
da er [I 354. 5] 131-134 zu rechnet; vgl. oben I
Empedocle fosse di Agrigento di Sicilia lo afferma egli stesso 308, 16. Wilamowitz Berl. Sitz. Ber. 1929, 646f. setzt Frag. 77.
iniziando le Purificazioni [3 DIODOR. XIII 83]. 10-12 CLEM. 78 in die , wie Karsten, wahrscheinlich richtig; vgl.
ALEX. strom. VI 30 [II 445, 19; dopo B 111, 5; cfr. A 1].
oben I 399, 21 Anm.
31 B 112 [389-400 K., 352-63 St.]. 1-2. 4-11 DIOG. VIII 62
(A 1 I 279, 7). 1-2 ebd. VIII 54 (A 1 I 277, 28) '
[I 354. 10
App.] ' ... '. [3
DIODOR. XIII 83] 10-12 CLEM. Strom. VI 30 (II 445, 19 St.;
nach B 111, 5)
, '
(so!).
O Amici, che la grande citt presso il biondo Acragante
abitate sul sommo della rocca, solleciti di opere buone,
porti fidati per gli ospiti, ignari di malvagit,
salve! Io tra voi come un dio immortale, non pi mortale
mi aggiro fra tutti onorato, come si conviene,
cinto di bende e di corone fiorite.
Con i quali59* quando io giunga alle citt fiorenti
da uomini e da donne sono venerato; ed essi mi seguono
in folla, desiderosi di sapere dove sia il sentiero che porta al
guadagno,
e gli uni hanno bisogno di vaticini, altri invece per mali
di ogni genere chiedono di ascoltare una voce di facile
guarigione
da lungo tempo trafitti da aspri dolori.

[v. 1] ,
[I 354. 15 App.] ' ' ,
,
, ,
' ' ,
[v. 5] , ,
[I 355. 1 App.]
.
' ,
, ' '
, ,
[v. 10] [I 355. 5 App.] ,
'
,
' .
31 B 113 [401-2 K., 364-5 St.]. SEXT. EMP. adv. math. I 302 31 B 113 [401-2 K., 364-5 St.]. SEXT. adv. math. I 302 (nach
[dopo B 112, 5].
B 112, 5)
Ma perch incalzo su queste cose, quasi facessi cosa di
grande merito se mi elevo sui mortali, uomini dalle molte
sofferenze?
31 B 114 [407-9 K., 366-8 St.]. CLEM. ALEX. strom. V 9 [II
331, 14].

' ' ,
[I 355. 10 App.]
;
31 B 114 [407-9 K., 366-8 St.]. CLEM. Strom. V 9 [II 331, 14
St.]

Amici, so che la verit nelle parole


che io vi dir; ma assai ardua
per gli uomini e pieno di invidia l'impeto della persuasione
sulla mente.
31 B 115 [1-6. 16-19. 7-8 K., 369-82 St.]. 13-14. 4-12. 1-2.

, ' ,
[I 356. 1 App.] '

.
31 B 115 [1-6. 16-19. 7-8 K., 369-82 St.]. 13. 14. 4-12. 1-2.

HIPPOL. ref. VII 29 p. 121. E questo ci che dice


HIPPOL. Ref. VII 29 (p. 121 W.)
Empedocle riguardo alla sua nascita: uno di essi... vagabondi [I 356. 5 App.] . ' ...
[v. 13], cio chiamando dio l'uno e la sua unit, in cui era prima ' [v. 13]
di esser scisso dalla Contesa e di nascere nella molteplicit che ,
consegue allo ordinamento cosmico della Contesa: alla Contesa
- dice infatti - furiosa ho prestato fede, e Contesa furente,
'', , '
sconvolta, instabile chiama Empedocle il demiurgo di questo ',
cosmo. Questa infatti la condanna e la necessit delle anime, . .
che la Contesa strappa dall'uno e costruisce e opera, dicendo in , [I 356. 10
tal modo: spergiuro... vita [v. 5], chiamando demoni dalla App.]
lunga vita le anime, perch sono immortali e vivono lunghi
, '
periodi di tempo; tre volte... errando [v. 6] beati
... ' [v. 5],
chiamando coloro che dal molteplice, ad opera dell'Amicizia, ,
sono ricondotti all'unit del cosmo intellettuale. Questi dunque ' ... ' [v. 6]
dice che vagano e nascendo... della vita i sentieri [vv. 7-8].
Dolorosi sentieri egli dice che sono i passaggi e le
.
trasformazioni delle anime nei corpi. Questo ci che egli
' ... [ 356. 15] ' (vv. 7chiama dolorosi... sentieri [v. 8]. Trasmutano infatti le
8).
anime di corpo in corpo, trascinate e punite dalla Contesa,
. '
senza che ad esse sia consentito rimanere nell'uno. Ma sono
' ... ' (v. 8).
sottoposte ad ogni sorta di punizioni, ad opera della Contesa, le ,
anime trascinate di corpo in corpo: la forza dell'etere - dice
, .
- ...tutti [vv. 9-12]. Questa la punizione che infligge loro il
demiurgo, come un fabbro che lavora il ferro e dal fuoco lo
[I 356. 20]
immerge nell'acqua: fuoco infatti l'etere, donde il demiurgo , , ... (vv. 9-12).
tuffa le anime nel mare e suolo la terra, onde dice
,
dall'acqua alla terra, dalla terra nell'aria. Vale a dire la terra
nelle vampe del sole.. tutti [vv. 10-12]. Le anime odiate
,
dunque... le riunisce l'Amicizia, che buona ed impietosita , , '
per i loro lamenti e per la disposizione caotica e misera della , '. ' '
furente Contesa... A causa di tale ordinamento della funesta ... ' (vv. 10-12). [I 356.
Contesa, essendo il cosmo spezzettato nelle sue parti,
25 App.] ... ,
Empedocle invita i suoi discepoli a tenersi lontani dagli esseri
viventi. Dice infatti che i corpi degli esseri viventi sono le
...
abitazioni consunte delle anime punite. Ed insegna altres a

coloro che ascoltano tali discorsi ad essere temperanti nei

rapporti con le donne, per non collaborare e cooperare a quelle
opere che la Contesa produce, sciogliendo e sempre dividendo
l'opera dell'Amicizia; questa dice Empedocle la legge pi
[I 356. 30] .
importante della struttura dell'universo, dicendo cos: ...

giuramenti [vv. 1-2], chiamando necessit la trasformazione ,
dell'uno nel molteplice, ad opera della Contesa, e del
, ,
molteplice nell'unit, ad opera dell'Amicizia. Quanto agli

di, come dice, quattro sono mortali, fuoco acqua terra aria,
due invece sono immortali, ingenerati e tali che si combattono ' ... ' (vv. 1-2)
reciprocamente in tutto l'universo, la Contesa e l'Amicizia. 1. 3. [I 357. 1]
5. 6. 13. PLUTARCH. de exil. 17 p. 607 C. Empedocle,
.
all'inizio della filosofia, annunciando: ... vagabondi, mostra
che non soltanto egli stesso ma tutti noi siamo qui come
. , , ,
emigrati, stranieri ed esuli... Va in esilio [scil. l'anima] ed
, , ,
errabonda spinta dal volere e dalle leggi degli dei. 9-12
, . 1. 3. 5. 6. 13.
PLUTARCH. de Is. et Osir. 28 p. 361 C. Empedocle dice che PLUT. de exil. 17 p. 607 C ' .
le anime pagano la pena dei loro errori e dei loro peccati
[I 357. 5 App.] ' ... '
dell'etere... tutti, finch cos punite e purificate non
, ' '
raggiungono nuovamente il loro posto e il loro ordine naturale. ...
13-4 PLOTIN. Enn. IV 8, 1. Anche Empedocle, dicendo che [sc. ]
legge per le anime che hanno errato di cadere in questo mondo . 9-12 PLUT. de Isid. 361 C .
e che egli stesso divenuto esule dal dio giunto avendo

prestato fede alla furente Contesa, non svel niente di pi di ' ... ',
quanto, ritengo, abbiano fatto Pitagora e gli altri che, al suo
[I 357. 10]
seguito, parlarono per enigmi su queste e su altre cose.
. 13-4 PLOTIN. Enn. IV 8, 1. .


' '
E' vaticinio della Necessit, antico decreto degli di

ed eterno, suggellato da vasti giuramenti:
'
se qualcuno criminosamente contamina le sue mani con un
. Vgl. 31 C 1.
delitto
o se qualcuno per la Contesa abbia peccato giurando un falso
giuramento,
[I 357. 15 App.] [v. 1] ,
i demoni che hanno avuto in sorte una vita longeva,
,
tre volte diecimila stagioni lontano dai beati vadano errando
,
nascendo sotto ogni forma di creatura mortale nel corso del
,
tempo
' () ,
mutando i penosi sentieri della vita.
[v. 5] ,
L'impeto dell'etere invero li spinge nel mare,
[I 357. 20 App.]
il mare li rigetta sul suolo terrestre, la terra nei raggi
,
del sole splendente, che a sua volta li getta nei vortici dell'etere: [I 358. 1 App.]

ogni elemento li accoglie da un altro, ma tutti li odiano.


.
Anch'io sono uno di questi, esule dal dio e vagante
,
per aver dato fiducia alla furente Contesa.
[v. 10] ' , '

[I 358. 5 App.] , '

' , .
, ,
.
31 B 116 [69 K., 232 St]. PLUTARCH. quaest. conv. IX 5 p. 31 B 116 [69 K., 232 St]. PLUT. Quaest. conv. IX 5 p. 745 C
745 C. E' strano che Platone [resp. X 617 B] collochi nelle
[I 358. 10 App.] [Rep. X 617 B] ,
orbite eterne e divine, al posto delle Muse, le Sirene che non
sono certamente divinit benefiche ed utili e invece tralasci

completamente le Muse oppure d ad esse i nomi delle Moire e ,
le chiama figlie di Ananke. Alle Muse infatti estranea

Ananke, ma non la Persuasione e a maggior ragione credo
. , ,
della Grazia di cui parla Empedocle:

Aborre l'intollerabile Ananke.

[I 358. 15 App.] .
31 B 117 [380-1 K., 383-4 St.]. DIOG. LAERT. VIII 77 [A 1]. 31 B 117 [380-1 K., 383-4 St.]. DIOG. VIII 77 [A 1 I 282, 14].
HIPPOL. ref. I 3 [A 31].
HIPPOL. Ref. I 3 [A 31 I 289, 4]
[I 359. 1 App.] '

' .
31 B 118 [13 K., 385 St.] CLEM. ALEX. strom. III 14 [II 201, 31 B 118 [13 K., 385 St.] CLEM. Strom. III 14 [II 201, 25 St.]
25]. Con costui [Eraclito: 22 B 20] conviene chiaramente
[Heraklit, 22 B 20]
anche Empedocle, quando dice: piansi... abituato. Cfr.
' ... [ 359. 5 App.] '
SEXT. EMP. adv. math. XI 96. Alcuni che provengono dalla vgl. SEXT. adv. math. XI 96 '
scuola di Epicuro [Ermarco?] sostengono solitamente... che
[? Hermarchos]...
naturalmente, e senza che alcuno glielo insegni, ogni essere
,
vivente fugge il dolore e tien dietro al piacere; dunque appena
nato e non ancora asservito ad alcuna opinione, non appena
colpito da un soffio freddo d'aria a cui non abituato piange e [s. LUCRET. V 226].
si lamenta [cfr. LUCRET. V 226].
[I 359. 10 App.]
Piansi e mi lamentai, vedendo un luogo a cui non ero abituato. .
31 B 119 [11 (12) K., 390 (391) St.]. CLEM. ALEX. strom. IV 31 B 119 [11. (12) K., 390. (391) St.]. CLEM. Strom. IV 12 [II
12 [II 254, 8]. Ironizzando, a quel che credo, e biasimando di 254, 8 St.] ' ...
quale... felicit, come dice Empedocle, cos lasciata la casa di ', .,
Zeus? si aggira tra i mortali. PLUTARCH. de exil. 17 p. 607 D . PLUT. de exil. 17 p. 607 D (nach B 115, 1 ff.)
[dopo B 115, 1 sgg.]. E come in un'isola percossa tutt'intorno ' ,
dal mare, sta invece legata al corpo come un'ostrica secondo (Phaedr. 250 C) [I 359. 15 App.] ' '
Un tempo io fui gi fanciullo e fanciulla,
arbusto, uccello e muto pesce che salta fuori dal mare.

l'espressione di Platone [Phaedr. 250 C], perch non si riabbia


e non rammenti di quale... felicit ... e avendo [l'anima]
cambiata sede, in terra e nella vita terrena invece che in cielo e
nella luna, quando passi da quel luogo a questo piccolo luogo
quaggi, soffre e patisce cose nuove.
[cfr. STOB. flor. III 40, 5 p. 737, 11].


' ... ' ...
[sc. ] ,
,
. Vgl. STOB. Flor. III 40, 5 p.
737, 11 H.

Di quale onore e di quanta ampiezza di felicit ... 60*


...
31 B 120 [31 K, 392 St.]. PORPHYR. de antr. nymph. 8 p. 61, 31 B 120 [31 K, 392 St.]. PORPHYR. de antro nymph. 8 p. 61,
19. Presso Empedocle le potenze che guidano le anime dicono: 19 Nauck [I 360. 1 App.]

Giungemmo sotto questa caverna coperta...
' ' ...
31 B 121 [13. 21-2 K., 385-8 St.]. 1. 2. 4 HIEROCL. in Pyth. 31 B 121 [13. 21-2 K., 385-8 St.]. 1. 2. 4 HIEROCL. ad c. aur.
carm. aur. 24 [STOB. ecl. ed. Gaisford II 143, 1]. Desiste e
24 [STOB. Ecl. ed. Gaisf. II 143, 1]. [I 360. 5]
abbandona l'antica condizione, fuggendo la terra e il luogo
,
funesto, come egli stesso dice, dove... Sciagure, nel quale ' ' , ' ... ',
coloro che vi precipitano della Sventura... errano. 2. 4
' ... '
PROCL. in remp. II 157, 24. 2. 3 PROCL. in Crat. p. 103. 2. 4
SYNES. de prov. 1 [66, 1213 a Migne].
[31 C 1],
[I
360. 10] [31 B 158]. 2. 4 PROCL. in Rep. II 157, 24
... funesto giorno
Kroll. 2. 3 PROCL. in Crat. p. 103 Boiss. 2. 4 SYNES. de
dove Uccisione e Odio e le altri stirpi delle Sciagure
provid. 1 (66, 1213 a Mign.)
aridi Morbi, Putrefazioni e i liquidi che sono prodotti
,
scorrono nel buio per i prati di Ate.
,

, [I 360.
15 App.]

' . . . '.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ,


[I 360. 20 App.]
.
31 B 122 [24-7 K., 393-6 St.]. PLUTARCH. de tranq. an. 15 p. 31 B 122 [24-7 K., 393-6 St.]. PLUT. de tranq. an. 15 p. 474 B
474 B. O piuttosto, come dice Empedocle, ciascuno di noi,
, .,
nascendo, preso e guidato da due destini e demoni [cfr. B
[vgl.
120. 123]: l...oscura, cosicch, accogliendo la nostra nascita B 120. 123] '' . . . ',
i semi di ciascuna di queste affezioni e per ci stesso avendo
molteplici anomalie l'uomo assennato si augura bens le cose [I 360. 25]
migliori, ma si aspettale altre, e di entrambe si serve evitando , [I
l'eccesso [su = dallo sguardo grave cfr. HESYCH. 361. 1 App.] , '
s. v.].
. Zu V. 2 vgl. HESYCH. s. v.
L vi era la dea Ctonia e la dea Solare dall'acuto sguardo
la Discorde sanguinosa e l'Armoniosa dal grave sguardo,
la Bella, la Brutta, la Veloce e la Lenta
la Vera amabile e l'Oscura dai neri capelli.
31 B 123 [28-30 K., 397-400 St.]. CORNUT. theol. 17. Questi
[i Titani] potrebbero essere l'espressione delle differenze degli
eventi. Come Empedocle infatti enumera Nativa.... Maestosa
e poi la Sordida, la Silente, la Profetica e molte altre, alludendo
enigmaticamente alla variet delle cose che sono, cos Giapeto
ecc.
La Nativa, la Mortale, la Sonnolenta e la Vigilante

' ,
' ,
[I 361. 5 App.] ' ,
,
' ' .
31 B 123 [28-30 K., 397-400 St.]. CORNUTUS Epidrom. 17
[die Titanen] '
. ' . . . '
, [I 361.
10 App.] ,

'
, ( ),

. Setzt B 122 fort.


la Mobile e la Quieta e la Maestosa molto coronata
la Sordida, la Silente e la Profetica...

31 B 124 [14-5 K., 400-1 St.]. 1-2 CLEM. ALEX. strom. III
14 [II 202, 1; dopo B 125]. E di nuovo ahim... nasceste
[cfr. TIMON fr. 10 Diels].
Ahim, o infelice stirpe dei mortali, o sventurata,
da quali contese e gemiti nasceste.

31 B 125 [378 K., 404 St.]. CLEM. ALEX. strom. III 14 [II
201, 29; dopo B 118].
Da vivi li rendeva morti mutando le specie
e da morti vivi.61*
31 B 126 [379 K., 402 St]. PLUTARCH. de esu carn. 2. 3 p.
998 C [palingenesi] la nascita muta e trasferisce tutte le cose
di carni... rivestimento [senza nome di autore]. PORPHYR.
ap. STOB. ecl. I 49, 60. Il destino e la natura della stessa
trasformazione sono chiamate da Empedocle demone, di
carni... rivestimento e rivestendo diversamente le anime.

, ,
' ,
[I 361. 15 App.] , . . .
31 B 124 [14-5 K., 400-1 St.]. 1-2 CLEM. Strom. III 14 [II
202, 1 St.] (nach. B 125) ' . . . '.
TIMON fr. 10 Diels , ' ,
' . . . '.
, , ,
[I 361. 20 App.] '
.
31 B 125 [378 K., 404 St.]. CLEM. Strom. III 14 [II 201, 29
St.] (nach B 118) [I 362. 1 App.]
' ,
.
31 B 126 [379 K., 402 St]. PLUT. de esu carn. 2. 3 p. 998 C
(Palingenesie) [I 362. 5 App.]
' ... '(ohne Autornamen).
PORPHYR. ap. STOB. Ecl. I 49, 60 [I 446, 7 W.]

' ... '
.

Circondandoli di un rivestimento ad essi ignoto di carni.


.
31 B 127 [382-3 K., 438-9 St.]. AELIAN. nat. anim. XII 7.
31 B 127 [382-3 K., 438-9 St.]. AEL. N. H. XII 7 [I 362. 10
Empedocle dice che la migliore trasformazione dell'uomo se la App.] .
sorte lo indirizza verso un animale, di nascere leone; se verso , ,
una pianta, alloro. Ci che Empedocle dice questo [cfr. B
, . .
146]:
' ... '. Vgl. B 146.

[I 362. 15] , '
.
31 B 128 [368-77 K., 405-14 St.]. PORPHYR. de abst. II 21 31 B 128 [368-77 K., 405-14 St.]. PORPHYR. de abst. II 20
[dal De pietate di Teofrasto]. Testimonia tutto ci [scil.: il fatto (aus Theophrast. de pietate)
che nei sacrifici pi antichi non si usava vino, ma acqua, miele ' ,
ecc.]... anche Empedocle, il quale esponendo la nascita degli
di, fa dichiarazioni anche riguardo ai sacrifici, dicendo: N... '
regina, cio l'Amicizia, lei... suolo, il che anche ora
. ' [I 362. 20 App.]
conservato da alcuni, come vestigia della verit, di tori...
. . . 21
altari.
[] [],
,
' ,
[ ]
' . . . ', ' ' . . . ',
' [I 362. 25]
, ' ' . . . '.

PORPIIYR. de abst. II 27: di tori ... membra.
,
.
N per essi vi era ancora un dio Ares n Tumulto
,
n Zeus, n Crono n Posidone,
. PORPHYR. de abst. II
ma Cipride regina.
27 ' . . . '.
Lei con pi doni essi si propiziavano
con animali dipinti e profumi dall'odore sottile
[I 363. 1 App.] [v. 1]
con offerte di mirra pura e di incenso odoroso

e spargendo al suolo libagioni di biondo miele;
Tra le fiere, leoni abitatori dei monti e dormienti per terra
essi diventano; allori, invece, fra gli alberi dalle belle foglie.

,
.
'
[I 363. 5 App.] [v. 5]

' ,

' ,
' ,
[I 363. 10 App.] [v. 10]
.
31 B 129 [440-45 K., 415-20 St.]. PORPHYR. v. Pyth. 30. Egli 31 B 129 [440-45 K., 415-20 St.]. PORPHYR. V. Pyth. 30.
[Pitagora] udiva l'armonia dell'universo, intendendo la
(Pythagoras)
generale armonia delle sfere e degli astri mossi da queste, che '
noi non possiamo ascoltare per l'insufficienza della natura. Di ,
ci d testimonianza anche Empedocle, dicendo di lui: Vi
. .
era... et mortali. Le espressioni immensa e scorgeva
' . . . '. [I 363. 15]
ciascuna delle cose che sono e ricchezza di intelligenza e
simili massimamente significative nell'eccelsa e assai sottile

conformazione di Pitagora, superiore a quella di tutti gli altri
nel vedere, nell'udire e nel pensare [da Nicomaco, come
(aus
IAMBL. v. Pyth. 15]. 1-2 DIOG. LAERT. VIII 54 [cfr. A 1]. Nikomachos wie IAMBL. V. P. 15). 1-2 DIOG. VIII 54 [vgl.
A 1 I 277, 33]
Vi era tra quelli un uomo di immenso sapere,
il quale possedeva massima ricchezza di intelligenza
[I 364. 1 App.] [v. 1]
e soprattutto d'ausilio in opere sagge di ogni specie;

quando infatti egli si tendeva con tutta la sua intelligenza,
,
facilmente scorgeva ciascuna delle cose che sono, nessuna
' :
esclusa
,
come possono solo dieci o venti et di uomini.
[I 364. 5 App.] [v. 5] '

' ' .
31 B 130 [364-5 K., 421-2 St.]. SCHOL. NICANDR. Ther.
31 B 130 [364-5 K., 421-2 St.]. SCHOL. NICANDR. Ther.
452 p. 36, 22.
452 p. 36, 22
l 'altare non era bagnato dal sangue puro dei tori
giacch questo era tenuto dagli uomini massimo obbrobrio,
dopo aver strappato loro la vita, mangiarne le nobili membra.

Ed erano tutti mansueti e benigni nei confronti degli uomini


fiere ed uccelli, e la benevolenza brillava.
31 B 131 [338-41 St.]. HIPPOL. ref. VII 31 p. 216. Dice
Empedocle che vi un mondo governato dalla malvagia
Contesa e un altro cosmo intellegibile, governato
dall'Amicizia... e che intermedio tra i diversi princpi un
discorso giusto per il quale sono unificate e armonizzate
nell'unit, ad opera dell'Amicizia, le cose divine dalla Contesa.
Questo stesso discorso giusto, dunque, che viene in aiuto
dell'Amicizia, Empedocle, dandogli il nome di Musa, lo esorta
a venire in suo aiuto dicendo cos:

,
' , .
31 B 131 [338-41 St.]. HIPPOL. Ref. VII 31 (p. 216 W.) [I
364. 10] .

. . .
, '
.

[I 364. 15 App.] .

Se infatti, per qualcuna delle cose che hanno vita di un sol


giorno, o Musa immortale,
sei stata indotta a lasciare che le nostre cure passassero nel tuo
animo,
ora di nuovo assisti me che t'invoco, o Calliope,
e che rivel un retto discorso sugli di beati.
31 B 132 [354-5 K., 342-3 St.]. CLEM. ALEX. strom. V 140
[II 420, 28].

, ,
[I 365. 1 App.]
,
, ,
.

Felice, colui che possiede ricchezza di intelligenza divina,


misero invece, colui al quale sta a cuore un'oscura opinione
sugli di.

[I 365. 5 App.] ,
,
', .

31 B 132 [354-5 K., 342-3 St.]. CLEM. Strom. V 140 [II 420,
28 St.]

31 B 133 [356-8 K., 344-6 St.]. CLEM. ALEX. strom. V 81 [II 31 B 133 [356-8 K., 344-6 St.]. CLEM. Strom. V 81 [II 380, 5
380, 5]. Il divino, dice il poeta di Agrigento,
St.] , ,
non possibile avvicinarlo, in modo che giunga ai nostri occhi
o che si possa afferrarlo con le nostre mani, per dove la
maggiore
via di persuasione giunge agli uomini nella mente.
31 B 134 [359-63 K., 347-51 St.]. 1-5 AMMON. de interpr.
249, 1. Per questo anche il sapiente di Agrigento, biasimando i
miti narrati dai poeti intorno agli di, quasi fossero di forma
umana, introduce innanzi tutto ci che riguarda Apollo [cfr. A
1, 57], di cui tratta immediatamente, in questo modo
esprimendosi sulla divinit in generale: N... veloci,
alludendo congiuntamente con la espressione sacra una
causa al di sopra della mente [da ci TZETZ. Chil. VIII 522,
con la citazione: nel terzo libro dell'opera Sulla natura, con
cui secondo Karsten e altri sono da intendere le Purificazioni].
Cfr. B 133.
N provvisto di una testa umana sulle membra
n due braccia si allungano dal suo dorso,
non piedi, n veloci ginocchia n pelosi organi sessuali,
ma soltanto mente sacra e ineffabile,
che con i suoi pensieri veloci si slancia per tutto il cosmo.62*

31 B 135 [404-5 K., 426-7 St.]. ARISTOT. rhet. A 13. 1373 b


6. Vi infatti un giusto e un ingiusto per natura che in qualche
modo tutti intuiscono come qualcosa di comune, anche se non
vi nessuna comunanza reciproca e neppure un accordo [segue
una citazione di SOPHOCL. Antig. 450 sgg.]... cos come
Empedocle si esprime riguardo al non uccidere alcun essere
animato: questo infatti non pu essere giusto per alcuni e non
giusto per altri: ma... la terra. CICER. de rep. II 11, 19 [sul
diritto di natura]. Pitagora ed Empedocle sostengono che vi
un'unica situazione di diritto per tutti gli esseri viventi e
proclamano che pene inespiabili sovrastano a coloro che
violano un essere animato. SEXT. EMP. adv. math. IX 126
[prima di B 136: dal commento al Timeo di Posidonio]. Se la
giustizia ha la sua ragione nel commercio degli uomini tra loro
e in rapporto agli di chiaro che se non vi sono gli di,
neppure la giustizia sar. Cfr. IAMBL. v. Pyth. 108 [dopo aver
esposto il precetto pitagorico di astenersi da cibi animali]. I
quali, animali, per la comunanza di vita e degli stessi elementi
componenti, ... sono congiunti a noi per un vincolo simile alla
fratellanza.
Ma ci che ha valore di legge per tutti, per il largamente
dominante
etere ovunque si estende e per l'immenso raggio.
31 B 136 [416-7 K., 428-9 St.]. SEXT. EMP. adv. math. IX
127 [cfr. a B 135]. Pitagora ed Empedocle come pure tutta la
restante schiera dei filosofi italici ritengono che vi una
comunanza non solo reciproca e rispetto agli di, ma anche
rispetto agli animali che non hanno il dono della parola. Vi
infatti un unico spirito, come un'anima, diffuso per tutto
l'universo e che ci unifica con essi [cfr. B 134, 5]. Onde,


[I 365. 10 App.] ,

.
31 B 134 [359-63 K., 347-51 St.]. 1-5 AMMON. de interpr.
249, 1 Busse

, [I
365. 15 App.] [vgl. A 1 57 I 278, 19
und 23 I 286, 31ff.], ,

' . . . ' ''
. [Hieraus Io.TZETZ. Chil.
VIII 522 u. a. mit dem Zitate . ,
womit nach Karsten u. a. die gemeint sind.] [I 365.
20 App.] Schliet wohl an B 133 an, obwohl Z. 14 f. zu
widersprechen scheint.
[v. 1] ,
[I 366. 1 App.]
,
, (), ,
,
[v. 5] .
31 B 135 [404-5 K., 426-7 St.]. ARISTOT. Rhet. A 13. 1373 b
6 [I 366. 5]
,
(Zitat der Antigone 450 ff.) .

' ' . . . '. CICER. de rep.
II 11, 19 (Naturrecht) Pythagoras et Empedocles [I 366. 10]
unam omnium animantium condicionem iuris esse denuntiant
clamantque inexpiabilis poenas impendere iis a quibus
violatum sit animal. SEXT. IX 126 (vor B 136; aus dem
Timaioskommentar d. Poseidonios)

, ,
. Vgl. IAMBL. V. Pyth. 108 [I 366. 15 App.]
(Pyth.)

.

,

[I 366. 20 App.]
;
'
' . . .
31 B 136 [416-7 K., 428-9 St.]. SEXT. IX 127 [s. zu B 135] [I
367. 1 App.]


, .
[I 367. 5]
(vgl. B 134,

uccidendoli e nutrendoci delle loro carni, commetteremo


ingiustizia ed empiet, come se uccidessimo dei consanguinei;
di qui la loro esortazione ad astenersi dagli esseri animali e la
loro affermazione che commettono ingiustizia quegli uomini
che arrossano l'altare con il caldo sangue dei beati, e
Empedocle dice in qualche luogo:

5).

.

' ',
. ' ... '.

Non cesserete dall'uccisione che ha un'eco funesta? Non vedete [I 367. 10 App.] ;

che vi divorate reciprocamente per la cecit della mente?


;
31 B 137 [410-15 K., 430-35 St.]. 1-6 SEXT. EMP. adv. math. 31 B 137 [410-15 K., 430-35 St.]. 1-6 SEXT. IX 129 (nach B
IX 129 [dopo B 136, 2]: forma... divorano. 1-2 ORIG. c.
136, 2) ' ... '. 1-2 ORIG. c. Celsum V 49
Cels. V 49 [da Celso]. Essi [i Pitagorici] in virt del loro mito (wohl aus Celsus) [Pythagoreer]
dell'anima che muta il corpo, si astengono dagli esseri animati: [I 367. 15 App.]
amato... stolto.
' ... '.
Il padre sollevato l'amato figlio, che ha mutato aspetto,
lo immola pregando, grande stolto! e sono in imbarazzo
coloro che sacrificano l'implorante; ma quello sordo ai clamori
dopo averlo immolato prepara l'infausto banchetto nella casa.
E allo stesso modo il figlio prendendo il padre e i fanciulli la
madre
dopo averne strappata la vita mangiano le loro carni.
31 B 138 [0]. ARISTOT. poet. 21. 1457 b 13. [La metafora
consiste in un trasferimento] da specie a specie, come per
esempio:

[v. 1] '
'
'
.
[I 367. 20] [v. 5] ' '

.
31 B 138 [0]. ARISTOT. Poet. 21. 1457 b 13 [I368. 1 App.]
' (findet Metapher statt)

con il bronzo avendo attinto la vita


e anche tagliando con il bronzo indistruttibile [B 143], dove
attingere usato per dire tagliare e tagliare per
attingere.
31 B 139 [9-10 K., 436-7 St.]. PORPHYR. de abst. II 31.
Poich nessuno senza peccato, non resta infine ad essi che
curare con purificazioni i precedenti errori riguardo al cibo. E
questo pu avvenire anche se, dopo aver commesso l'atto
sventurato davanti agli occhi, gridiamo con Empedocle
dicendo:
Ahim, perch l'impietoso giorno non mi distrusse prima
di meditare le funeste opere della voracit attorno alle mie
labbra?
31 B 140 [419 K., 440 St.]. PLUTARCH. quaest. conv. III 1, 2
p. 646 D. Non soltanto, come sembra secondo Empedocle:

' ' [B 143]


, [I 368. 5 App.] .
31 B 139 [9-10 K., 436-7 St.]. PORPHYR. de abst. II 31
' ,
.
' ,

[I 368. 10 App.]
,
' .
31 B 140 [419 K., 440 St.]. PLUT. Quaest. conv. III 1, 2 p.
646 D '
,
.
[I 368. 15 App.] .

Astenersi sempre dalle foglie dell'alloro,


ma anche astenersi da tutti gli altri alberi.
31 B 141 [418 K., 441 St.]. GELL. noct. att. IV 11, 9. Sembra 31 B 141 [418 K., 441 St.]. GELLIUS IV 11, 9 videtur autem
che riguardo al [= fava] non mangiato vi sia una causa de non esitato causam erroris fuisse, quia in
di errore, poich in quel poema in cui Empedocle segue le
Empedocli carmine qui disciplinas ythagorae secutus est,
dottrine di Pitagora, si trova questo verso: sventurati ...
versus hic invenitur ' ... ' GELLIUS IV 10.
astenete. GELL. noct. att. IV 10. La maggior parte infatti
opinati enim sunt lerique legumentum dici ut a vulgo
ritiene che con il termine indicano i testicoli e che
dicitur. sed [I 368. 20] qui diligentius scitiusque carmina
questi velatamente e simbolicamente, secondo l'uso di Pitagora, Empedocli arbitrati sunt, hoc in loco testiculos
sono chiamatidi Empedocle, affermano che in questo luogo
significare dicunt eosque more Pythagorae operte atque
indicano itesticoli e che questi velatamente e
symbolice appellatos, quod sint et
simbolicamente, secondo l'uso di Pitagora, sono chiamati
geniturae humanae vim praebeant; idcircoque Empedoclen
perch sono causa del fecondare [= ] e versu isto non a fabulo edendo, sed a rei veneriae proluvio
danno impeto alla generazione umana; ragion per cui, essi
voluisse homines deducere. DIDYMUS in GEOPON. II 35, 8

dicono che Empedocle in questo verso ha voluto allontanare gli [I 368. 25 App.]
uomini non dal cibarsi di fave ma dall'eccesso nelle cose
'
veneree. DIDYM. in Geopon. II 35, 8. Ma si tramanda anche ' ... '. CALLIM. fr. 128 [oben c. 14, 9. I
questo verso di Orfeo: sventurati... astenete. CALLIMACH. 101, 17]; CRATES fr. 17 (I 35 K.) '
fr. 128 [cfr. supra, cap. 14, 9]. CRATES fr. 17 [I 35
.
Kock].
, , .
Sventurati, totalmente sventurati! dalle fave le mani astenete!
31 B 142 [0]. VOLL. HERC. n. 1012 col. 18 [coll. alt. VII f. 31 B 142 [0]. VOLL. HERC. n. 1012 col. 18 [coll. alt. VII f.
15].
15] [I 369. 1] [Callim. Epigr. 7, 3. 4; ber das
] | , |
' . | -| (5).
Costui n il palazzo coperto dell'egioco Zeus
[] ' -|[] -|[][]
n quello di Ade lo accoglierebbe, n la dimora dell'oracolo
' [I 369. 5 App.] ' ' |
funesto.
. . . . . . .| .|. . . . . . . | .
. . . . . . . . . | . . . \ . . .

31 B 143 [442-3 K., 442-3 St.]. THEO SMYRN. p. 15, 7.


ARISTOT. poet. 21. 1457 b 13 [cfr. B 138].
Recidendo da cinque fonti nel bronzo indistruttibile.

' '
' ' ' - .
31 B 143 [442-3 K., 442-3 St.]. THEO SMYRN. p. 15, 7 Hill.
[I 369. 10]

.
. ' , , '
. ARISTOT. Poet. 21. 1457 b 13 [B 138]

' ...
31 B 144 [406 K., 444 St.]. PLUTARCH. de coh. ira 16 p. 464 31 B 144 [406 K., 444 St.]. PLUT. de coh. ira 16 p. 464 B [I
B. Grande e divina ritengo la frase di Empedocle:
369. 15 App.]

Siate digiuni di colpa.
.
31 B 145 [420-1 K., 445-6 St.]. CLEM. ALEX. protr. 2, 27 [I 31 B 145 [420-1 K., 445-6 St.]. CLEM. Protr. 2, 27 (I 20, 13
20, 13]. Perci noi, figli dell'iniquit una volta... siamo
St.) ...
diventati figli di Dio; ma per voi anche il vostro poeta
[I 369. 20]
Empedocle di Agrigento dipinge questo quadro:
.
Ecco perch, turbati da gravi colpe,
mai alleggerirete l'animo dalle tristi angosce.
31 B 146 [384-6 K., 447-9 St.]. 1-3 CLEM. ALEX. strom. IV
150 [II 314, 25]. Dice anche Empedocle che le anime dei saggi
diventano di, scrivendo in qualche luogo [subito dopo B 130]:
Al fine indovini, poeti e medici
e principi diventano fra gli uomini che popolano la terra,
donde rigermogliano di, massimi per onore.

31 B 147 [387-8 K., 450-1 St.]. CLEM. ALEX. strom. V 122


[II 409, 8]. Se noi saremo vissuti santamente e giustamente,
saremo bens felici in questo mondo, ma ancora pi felici
saremo dopo la dipartita da qui, in possesso della felicit non
per un tempo determinato, ma per l'eternit potendo essere
sollevati tra gli immortali... indistruttibili, come dice la
poesia filosofica di Empedocle:
Tra gli altri immortali abitando e mangiando
delle angosce umane non pi partecipi, indistruttibili.


.
31 B 146 [384-6 K., 447-9 St.]. 1-3 CLEM. Strom. IV 150 [II
314, 25 St.] .
' ... [ 369. 25] '.
Stand bald nach B 130.
[I 370. 1 App.]

,
.
31 B 147 [387-8 K., 450-1 St.]. CLEM. Strom. V 122 [II 409,
8 St.] [I 370. 5 App.] ,
,
, , '
' ... ',
. Schliet wohl an B
146 an.
,
[I 370. 10 App.] , ,
.

31 B 148. 149. 150 [403. 243 St., 453 K]. PLUTARCH.


quaest. conv. V 8, 2 p. 683 E [dopo B 80]. E soprattutto
quell'uomo [Empedocle] non essendo solito adornare per bello
stile le cose con i pi speciosi epiteti come fossero colori
fioriti, ma d singoli segni di un modo d'essere o d'una capacit
come per esempio:
terra che cinge l'uomo

31 B 148. 149. 150 [403. 243 St., 453 K]. PLUT. Quaest. conv.
V 8, 2 p. 683 E (nach B 80)
[Emped.]

, '
[I 370. 15 App.] ' '
''
'' .

il corpo che circonda l'anima,

. .. .

adunatrice di nembi

l'aria, e
ricco di sangue
il fegato.
31 B 151 [p. 347 K]. PLUTARCH. amat. 13 p. 756 E.
Empedocle chiama
dispensatrice di vita... Afrodite.

31 B 152 [458 K]. ARISTOT. poet. 21. 1457 b 22. La


vecchiaia sta alla vita come la sera al giorno. Si dir dunque la
sera vecchiaia del giorno, oppure come disse Empedocle, la
vecchiaia sera della vita o tramonto della vita.
31 B 153 [455 K]. HESYCH. s. v. . Nutrice di Demetra.
Significa anche:
ventre
come in Empedocle [cfr. Orph. fr. nn. 49, 89. 52. 53 Kern].
31 B 153 a [p. 475 K]. THEO SMYRN. p. 104, 1. Sembra
dunque che il feto sia del tutto compiuto in sette settimane,
come Empedocle dice enigmaticamente nelle Purificazioni
[cfr. A 83].

31 B 151 [p. 347 K]. PLUT. Amat. 13 p. 756 E


[sc. ] [I 370. 20] .,
. Vgl. B 17, 24. 22,
5. 71, 4 u.
... .
31 B 152 [458 K]. ARISTOT. Poet. 21. 1457 b 22 [I 371. 1
App.] .
, .,
.
31 B 153 [455 K]. HESYCH. : .
[I 371. 5 App.] ' .
Vgl. Orph. Frag. 49, 89. 52. 53 K.
.

31 B 153 a [p. 475 K]. THEO SMYRN. p. 104, 1 H.


, .
. Vgl. A 83.
ZWEIFELHAFTES
31 B 154 PLUT. de esu carn. I 2 p. 993 C. [I 371. 10 App.]
[vielleicht aus Poseidonios vgl. Schmekel Mittelstoa S. 2884]


'
'
, ' [I 371.
15 App.]
,
, ,
, ,
.
.
,
[I 371. 20 App.]
,

. ' '
,

, ()
[I 372. 1 App.]

, ' '


[I372. 5
App.]

' . ,
, ' ' '
' '
; '
[]
[I 372. 10 App.] . (994)
, '
.

; .
31 B 154a [0] PLUT. de esu carn. II 1 p. 996 E
,
[I 372. 15] '
.
31 B 154b = Arat. Phaen. 131f.
31 B 154c [0]. SUIDAS s. v. . :
' ... '
. Vgl. Liban. Ep. 30, Boissonade
Anecd. II 413f.
[I 372. 20 App.] ,
' .
31 B 154d [0]. Vgl. 28 B 20
31 B 154d [0] Bignone = Orph. Frag. 354 K.
UNECHTES [I 373. 1]
31 B 155 [439 K., P. 18 St.]. DIOG. VIII 43
(Pythagoras und Theano; vgl. A 1 I 277, 26; 2
282, 21),
: [I 373. 5
App.]
, .
31 B 156 [435-9 K., p. 9 St.]. DIOG. LAERT. VIII 60 [dopo B 31 B 156 [435-439 K., p. 9 St.]. DIOG. VIII 60 nach B 1 [A 1
1. Cfr. A 1]. E compose anche un epigramma indirizzato a lui I 279, 3] :
[cfr. Anth. Pal. VII 508, con il lemma: di Simonide]:
' ... '. ANTHOL. P. VII 508 mit dem
Lemma . Vgl. Z. 18.
Pausania medico a buon diritto chiamato, figlio di Anchito, e
Asclepiade, lo nutr la patria Gela,
[I 373. 10 App.]
lui che molti, consunti da penose malattie,

distolse dalle dimore impenetrabili di Persefone.


' ,

.
31 B 157 [433-4 K., p. 9 St.]. DIOG. LAERT. VIII 65
31 B 157 [433-4 K., p. 9 St.]. DIOG. VIII 65 [vgl. A 1].
[cfr. A 1].
'
Il sommo medico Acrone, agrigentino, cui padre era

Acrone,
nasconde il sommo tumulto della somma patria.
Altri tramandano il secondo verso cos:

.
'
'.
.

Custodisce il sommo sepolcro della somma vetta.


Questo distico alcuni dicono che di Simonide.
31 B 158 [I 374. 1 App.] [389 St.] HIEROCL. ad c. aur. 24
[Stob. Ecl. ed. Gaisf. II 143, 8 nach Anfhrung von 31 B
121]
,

.
31 B 159 [145 St.]. ARISTOT. de gener. et corr. 8. 325 b 19
[I 374. 5 App.] ,
,

. Vgl. A 43a.
31 B 160 [0]. Die von Stein Philol. 15 (1860) 143 aus Cramers
An. Ox. III 184 [I 374. 10 App.] zugefgten Empedoklesverse
sind Spielereien des Michael Italicus (s. XII); vgl. Diels Herm.
15 (1880) 177, M. Treu Byz. Zeitschr. IV 1 ff., C. Horna Wien.
Stud. 48 (1930) 8ff.
31 B 161 [0]. ber die sog ed. F. Wiek (diss. Gryph. 1897) s. E.
Maa Comm. in Arat. reliqu. p. 154ff. und A. Elter [I 374. 15 App.] Analecta Graeca Bonn
1899 (Natalic. reg.) S. 41.
___________
C. ANKLANG
31 C 1. PLATO Phaedr. 248 Bff. [vgl. B 155] ' '
[] ,

, , , [I
374. 20 App.] . .
,
,
, :
,
,
, [I 374.
25 App.] ,

,
,
,

, [I 374. 30 App.]
:
, ,
, .

, ' , :
[I 375. 1 App.]
( )

, ,
,
. , [I 375. 5]
, ,

, '

.

:
, [I 375. 10]
.
31 C 2. s. jetzt zu B 121.

32. MENESTORE
32 A 1. IAMBL. v. Pyth. 267 p. 190, 11 [58 A]. Di Sibari
Metopo, Ippaso... Menestore.

32 [22]. MENESTOR
[I 375. 12 App.]

32 A 1. IAMBL. V. P. 267 p. 190, 11 N. [58 A]


, , , , ,
.
32 A 2. THEOPHR. hist. plant. I 2, 3. Evidente v' l'elemento 32 A 2. THEOPHR. H. pl. I 2, 3 [I 375. 15]
umido, che alcuni, tra i quali anche Menestore, chiamano
, ,
senz'altro succo in tutte le piante, altri designano senz'alcun
., ,
nome specifico in alcune, e chiamano succo in altre, lacrima in .
altre.
32 A 3. THEOPHR. hist. plant. V 9, 6. Combustibili si
32 A 3. THEOPHR. H. pl. V 9, 6
ricavano da molte piante, ma i migliori, come dice Menestore, , , .,
sono quelli che si ricavano dall'edera; perch questi prendono .
fuoco pi presto e danno fiamma pi viva.
32 A 3 a. THEOPHR. hist. plant. V 3, 4. Calde sono le piante 32 A 3 a. THEOPHR. H. pl. V 3, 4 [I 375. 20 App.]
dell'alloro e dell'edera, e in generale quelle onde si ricavano i . .
combustibili. Menestore vi comprende anche il sicomoro.
.
32 A 4. THEOPHR. de caus. plant. I 17, 3. Il sicomoro ha
32 A 4. THEOPHR. de caus. pl. I 17, 3
[crescita] precoce perch, come dice Menestore, mentre tarda a [nml. ] . .
germogliare per la freddezza del luogo, matura rapidamente per ,
la debolezza della pianta.
, .
32 A 5. THEOPHR. de caus. plant. I 21, 5-7. Dall'essere le
32 A 5. THEOPHR. de caus. pl. I 21, 5 [I 375. 25 App.]
piante calde o fredde dipendono anzitutto la loro feracit e la
loro sterilit, perch feraci sono le piante calde, sterili le
,
fredde; per le stesse cause sono fecondi o sterili gli animali, ,
sia mammiferi che ovipari.1* Dipende poi il loro durare nei

luoghi caldi o nei luoghi freddi, perch le piante resistono
. ' ,
quando hanno qualit opposte a quelle del terreno, le calde nel
terreno freddo, le fredde nel terreno caldo. La natura infatti le , [I 375. 30] ,
genera in modo che periscono quando hanno qualit uguali a .
quelle del terreno, perch allora un contrario sovrabbonda,

mentre, se hanno qualit contrarie, si salvano per l'equilibrio ,
che ne nasce. Cos dice anche Empedocle [31 A 73] parlando [31 A
degli animali: che la natura spinge quelli troppo caldi a cercare 73]
l'umidit. (6) Della stessa opinione fu anche Menestore;
. (6) .
Menestore per non si limit a pensar cos degli animali, ma , . [I 375.
espresse quest'opinione anche parlando delle piante. Dice che 35]
le piante pi calde sono quelle pi umide, come il giunco, la
, , [I 376. 1] '
canna, il cipero; per questo tali piante non si ghiacciano
,
neanche per il freddo invernale: poi nomina anche quelle che , , ,
possono vivere nei luoghi freddi, come l'abete, il pino, il cedro, , , .
il ginepro, l'edera. A proposito della quale afferma che neppure .
la neve resiste al suo calore, e dice che curva perch la fa
. (7) '
curvare il calore suo interno. (7) Dipende poi, in terzo luogo, [I 376. 5 App.]
secondo Menestore, la precocit dei germogli e dei frutti:

Menestore ne trova la prova ancora nell'edera e in alcune altre .
piante. Dipende, in quarto luogo, il perdurare delle foglie negli ' .
alberi sempreverdi, perch il calore, dice Menestore, le

conserva, la mancanza di calore le fa cadere. A tutto questo
, .

Menestore aggiunge, e porta esempi, che i combustibili tratti ,


dalle piante umide danno fuoco pi bello e pi vivo, pi
[I 376. 10 App.]
rapidamente accendendosi le piante che hanno in s maggior
calore.
.
32 A 6. THEOPHR. de caus. plant. II 4, 3. La [terra] grassa 32 A 6. THEOPHR. de caus. pl. II 4, 3 [nml. ]
non giova alle piante, perch, come dice Menestore, le dissecca
troppo. Tale la terra alcalina, di colore biancastro.
, . . '
, ' . Vgl. a. O. II 4, 5.
32 A 7. THEOPHR. de caus. plant. VI 3, 5. Ci son poi
32 A 7. THEOPHR. de caus. pl. VI 3, 5
differenze secondo la quantit: di l il gran numero di sapori
[I 376. 15 App.] [nml.
simili, siano secchi o grassi o amari o dolci. Per questo appunto ]. ,
gli antichi fisiologi, tra i quali Menestore, dicevano che
, , .
infinito il numero dei sapori, essendo il sapore in relazione alla ,
mescolanza, e alla putrefazione dell'umido.

, .

33. XUTO
ARISTOT. phys. 9. 216 b 22.1* Secondo alcuni
l'esistenza del vuoto provata dall'esistenza del raro e
del denso. Perch, se non ci fosse, gli elementi non
potrebbero raccogliersi e pigiarsi; e se non potessero,
allora o non ci sarebbe affatto movimento, o il mondo
ondeggerebbe nella sua interezza, come dice Xuto.
SIMPLIC. phys. 683, 24. Xuto, il pitagorico: e si
riverser e pi s stender, come il mare che trabocca sui
lidi con le sue onde. Cfr. IAMBL. v. Pyth. 267. Di
Crotone... Timeo, Buto [forse Xuto].
33 [23]. XUTHOS
ARIST. Phys. 9. 216 b 22 [I 376. 20]

.
, .
,
, . SIMPL. z. d. St. 683,
24 . ,
,
[I 376. 25] .
Vgl. IAMBL. V. P. 267 [c. 58 A] ...
, [ ?] und 36 A 1 I 377, 17 [?].
34. BOIDA
SCHOL. ARISTOPH. vulg. Nub. 96. In primo luogo,
infatti, Difilo [P.L.G. II 504 Bergk] compose un intero
poema, nel quale il filosofo subiva l'oltraggio della
schiavit. Ma non per questo gli era ostile.
Secondariamente, Eupoli, anche se fece un ricordo
brevissimo di Socrate, tuttavia lo attacc pi di quanto
non abbia fatto Aristofane in tutte le Nuvole.
34 [24]. BODAS
SCHOL. ARISTOPH. vulg. ad Nub. 96
[der Iambograph PLG II 504 Bergk]
[I 376.
30] , '
. .
, ' ,

.

35. TRASIALCE
35 [24a]. THRASYALKES
35 A 1. STRAB. XVII 790. Dice [Posidonio] che Callistene
[I 377. 1 App.]
affermava che causa [scil. delle piene del Nilo] sono le piogge 35 A 1. STRABO XVII p. 790 '
estive e che questo argomento egli lo desumeva da Aristotele, (des Nils)
questi da Trasialce di Taso (si tratta di uno degli antichi filosofi .
della natura) e questi da un altro, che a sua volta lo aveva preso
da Omero, il quale aveva indicato il Nilo con l'epiteto di
[I 377. 5 App.] ,
discendente da Zeus [Od. IV 581].
(
), ' , '
' '
' ( 581).
35 A 2. STRAB. I 29. Vi sono alcuni i quali affermano che due 35 A 2. STRABO I p. 29
sono i venti principali, Borea e Noto... Della tesi che due sono i , ...
venti adducono come testimoni Trasialce e lo stesso Omero... [I 377.
[Il. XI 306; XXI 334; IX 5].
10 App.]
' ' ( 306 334),
' ,
' ( 5).
36. IONE DI CHIO

36. ION VON CHIOS

A. VITA SCRITTI E DOTTRINA

A. LEBEN, SCHRIFTEN UND LEHRE

36 A 1. HARPOCR. s. v. . Isocrate, nel discorso Sulla permuta


[ISOCR. 15, 268]. L'oratore forse qui allude a Ione il tragediografo,
ch'era di Chio, figlio di Ortomene chiamato Xuto. Scrisse anche
liriche e tragedie e un'opera filosofica, intitolata Triagmo, che
Callimaco dice considerata spuria, come di Epigene.1* In alcuni il
titolo al plurale, Triagmi: cos in Demetrio di Scepsi e in
Apollonide di Nicea. Le attribuiscono queste parole ... [B 1].

36 A 1. HARPOCR. u. [I 377. 15 App.] .


[s. A 6].
,
, ,
.

,
.
, [I 377. 20]
.
. [s. B 1].
36 A 2. ARISTOPH. Pax 832-37. Forse che non vero
36 A 2. ARISTOPH. Pax 8 [Frhj. 421] 832 ff.
quanto dicono che, quando moriamo, diventiamo stelle nel ' ' ,
cielo? - Anzi verissimo. - E qual astro ora lass Ione di
', ;
Chio? - Quello di cui una volta poet quaggi, il Mattutino. - . -
Appena arriv, tutti subito cominciarono a chiamarlo l'astro [I 377. 25 App.] ; -
mattutino. SCHOL. ARISTOPH. Pax 835. Ione di Chio.
, ' ' ',
Scrisse ditirambi, tragedie, e liriche. Compose un canto che .
comincia cos: Aspettiamo l'astro mattutino che attraversa Dazu SCHOL. ARISTOPH. Pax 835 [I 378. 1 App.]
l'aere e con l'ala bianca precorre il sole [fr. 9 Diehl]. E forse .
il canto finiva con questi stessi versi. Per questo Aristofane , "
scherzando dice che fu chiamato astro mattutino. Fu
" [fr. 9 Diehl].
famosissimo. Scrisse anche commedie, epigrammi, peani,
.
inni, scolii, encomi, elegie, e, in prosa, il discorso detto
. [I 378. 5 App.]
Sull'ambasceria,che alcuni considerano spurio. Di lui si
.
ricordano anche una Fondazione, e il Cosmologico e
,
memorie, e alcune altre opere. Era celebratissimo.
,
Raccontano che partecip, nell'Attica, a una gara con un
.
ditirambo e con una tragedia insieme, e che riusc vincitore: e [nml. ] [d. i. ]
che per gratitudine mand in dono agli Ateniesi del vino di [d. i. ] . -
Chio. C' anche un discorso del filosofo Socrate che lo
. [I 378. 10]
riguarda, intitolato Ione. Anche Callimaco lo ricorda nei
,
Coliambi [fr. 83 b Schneider], e dice che scrisse molte opere. (
).
[fr. 83 b

Schneider], . Vgl. SUID. u.


.
36 A 3. SUID. s. v. . Tragico e lirico e filosofo, figlio di
36 A 3. SUID. .
Ortomene soprannominato Xuto. Cominci a rappresentare le sue
, , [I 378. 15 App.]
tragedie nell'olimpiade 82.a [452-49]. Alcuni affermano che compose .
dodici drammi, altri trenta, altri quaranta. Scrisse anche sulle meteore,
[452-49].
e compose discorsi non pronunciati. Il comico Aristofane,
,
, . (
scherzando, lo chiama astro mattutino. In Atene vinse una gara con
una tragedia, e mand a ciascun ateniese un vaso di Chio.
.

.)
36 A 4. ANON. de subl. 33, 5. E che? Preferiresti tu, nella
36 A 4. [LONGIN.] de subl. 33, 5 [I 378. 20] ';
lirica, essere Bacchilide o Pindaro? e, nella tragedia, Ione di ,
Chio o, per Zeus, Sofocle? Quelli sono eleganti e raffinati, ma ;
non hanno ali, Pindaro e Sofocle invece talvolta pare che
,
brucino ogni cosa nel loro trasporto, poi spesso si spengono
stranamente e cadono infelicissimamente. Ma nessun uomo di , '
senno preferirebbe tutte le opere di Ione messe insieme a una .
sola tragedia, l'Edipo.
, [I 378. 25 App.] ,
.
36 A 5. C.I.G. I 395. Ione dedic... ad Atena.
36 A 5. C.I.G. I 395 = ed. min. 604 (Mitte v. Jahrh.) [ ]
[ ] .
36 A 6. ISOCR. 15, 268. ... i discorsi degli antichi sofisti,
36 A 6. ISOCR. XV 268
alcuni dei quali affermavano che infinito il numero delle
,
cose che sono, Empedocle che sono quattro con in pi la
, [I 378. 30]
Contesa e l'Amore, Ione non pi di tre. PHILOP. de gen. et , ' . PHILOP. de gen. et
corr. 207, 18. Parmenide diceva che gli elementi sono fuoco corr. p. 207, 18 Vit. ,
e terra, Ione di Chio questi stessi e l'aria, Empedocle i
,
quattro.
. Vgl. 31 A 29 ?
36 A 7. AT. II 25, 11 [Dox. 356]. Ione diceva che il corpo [della luna] 36 A 7. AT. II 25, 11 (D. 356) (
da una parte trasparente e lucente, dall'altra oscuro.
) ,
' .
B. FRAMMENTI
[I 378. 35] B. FRAGMENTE
Von den Prosaschriften [62-64 bei E. S. Koepke de Ionis Chii
vita et fragm. Berol 1836], [65-76, dazu Plut. de prof. in virt. 8 p.
36 B 1 [77 Kpke]. HARPOCR. s. v. [dopo A 1]. 79 B und E und Ioann. Alexandr. Articella (Venet. 1493) f. 105] enthlt
keine etwas Philosophisches auer dem Triagmos.
Dicono che c'era scritto:
DAI TRIAGMI

Questo il principio del mio discorso: tutto tre, n


pi n meno di questo tre. Virt d'ogni cosa la triade:
intelligenza e forza e fortuna.2*

[I 379. 1 App.]
Vgl. ARISTOT. de caelo A 1. 268a 10 (s. 58 B 17)

36 B 1 [77 Koepke]. HARPOCR. unter [nach A 1]


[ 379. 5 App.]
.
. Vorher stand wohl
.
36 B 2. DIOG. LAERT. VIII 8. Ione di Chio nei Triagmi dice 36 B 2 [78]. DIOG. VIII 8
che Pitagora aveva composto alcuni carmi e li aveva attribuiti [Pythagoras] .
ad Orfeo. CLEM. ALEX. strom. I 131 [II 81, 11]. Ione di Chio CLEM. Strom. I 131 [II 81, 11 St.] [I 379. 10 App.]
nei Triagmi racconta che anche Pitagora attribu ad Orfeo alcuni
scritti. Epigene invece nell'opera Sulla poesia attribuita ad
. . [s. 105, 31]. Miverstanden
Orfeo dice che La discesa nell'Ade e il Discorso sacro sono di Harpocr. A 1 und SUIDAS u. : ,
Cercope pitagorico, il Peplo e la Fisica di Brontino. SUIDAS s.
v. . Scrisse i Triagmi; ma si dice che sian opera di Ione, [vgl. 1 A 1 I 1, 10].
il tragediografo: in quest'opera contenuto il cosiddetto In vesti
sacre [cfr. 1 A 1].
36 B 3. PLUTARCH. de fort. Rom. 1 p. 316 D. Il poeta Ione Unbestimmt aus welcher Prosaschrift:
nelle sue opere scritte in prosa dice che la fortuna
36 B 3 [79]. PLUT. de fort. Rom. 1 p. 316 D [I 379. 15]
dissimilissima dalla sapienza, ma opera cose similissime a


.
Vgl. PLUT. Quaest. conv. VIII 1, 1

.
36 B 3 a. VARRO de orig. ling. lat. fr. 36 Goetz. C', come scrive 36 B 3 a [0]. VARRO de origine linguae Latinae S. 201
Ione, una venticinquesima lettera, detta agma, che non ha alcuna
Goetz [I 380. 1 App.] ut Ion scribit, quinta et vicesima
forma, ma pronunciata sia dai Greci che dai Latini, come in
est littera quam vocant agma, cuius forma nulla est et vox
'angolo'...
communis est Graecis et Latinis ut aggulus ...
36 B 3 b. LEX. SABB. ed. Papadopulos s. v. 36 B 3 b [0]. LEX. SABBAITICUM ed. Papadopulos
. Ione disse: di concordi e
[I 380. 5 App.] .
associati.
Von der Poesie Ions enthalten die Dramen [Nauck FT2 732ff., Trag. dict. ind. S.
XXV, Reitzenstein D. Anf. d. Lex. d. Photios pass.] nichts Philosophisches. Von
der Lyrik [Anth. L. I 68 Diehl] gehrt hierher folgendes: in Frag. 1, 15 D. zitiert
der Versschlu (Dionysos) [I 380. 10 App.] Emp. B 129,
3 (Pythagoras); ferner
36 B 4. DIOG. LAERT. I 119. Duride nel secondo 36 B 4 [5 D.]. DIOG. I 119ff.
libro degli Annali [F.Gr.Hist. 76F 22 II 144] dice che [nml. fr. 51 F.Gr.Hist. II 481]
nel sepolcro di Ferecide scritto questo epigramma [Pherekydes; vgl. 7 A 1ff.] [daraus Anth. P. VII 93.
[Anth. Pal. VII 93]:
Preger Inscr. Gr. Metr. 251]
(120) ' ,
In me la perfezione della sapienza tutta: ma se c' [I 380. 15 App.] [?] ',

sapienza maggiore, d al mio Pitagora ch'egli il


' ' .
primo nella Grecia. Queste parole non sono
' [Pherekydes]
menzognere.
quelle della sapienza. Cfr. PLUTARCH. quaest. conv. VIII
1, 1. Diceva che Ione non aveva torto a dire della fortuna,
che, dissimilissima dalla sapienza, opera moltissime cose
simili a quelle della sapienza.


,
Cos, segnalato tra tutti per virt e senso d'onore, egli [I 380. 20 App.]
...
vive con l'anima, anche dopo la morte, una vita
piacevole, se Pitagora, il pi sapiente degli uomini, ber die Glaubwrdigkeit des Duris s. unten c. 56 SIMOS; doch ist
davvero conosceva e aveva appreso le opinioni... 3*. keine Veranlassung, die letzten Verse aus Duris abzuleiten.
E Ione di Chio dice di lui [Ferecide]:

FRAMMENTI DUBBI
36 C 5. CLEONID. is. harm. 12 [Mus. scr. ed. Jan p.
202, 9]. Di questo nome si servono per indicare il suono
quelli che chiamano la cetra cetra dai sette toni, come
Terpandro e Ione... Ione dice:
O lira dalle undici corde, che contieni undici intervalli in
triplici armonie consonanti, prima avevi soltanto sette
suoni, e i Greci, percotendo le corde con intervalli di
quarta, ottenevano un misero canto ...

ZWEIFELHAFTES [I 381. 1]
36 C 5 [6 D.]. CLEONID. Is. harm. 12 [Mus. scr. ed.
Jan p. 202, 9]
[nml. ]
.
' ... ' [I 381. 5 App.] [fr. 4
Diehl],
,
[?] ,
'

...

37. DAMONE
A. VITA
37 A 1. STEPH. BYZ. s. v. . L'abitante di questo demo si
chiama Oate - Damone, figlio di Damonide, Oate.1*
37 A 2. PLAT. Lach. 180 D. Proprio per me, poco fa,
introdusse uno straniero come maestro di musica di mio figlio,
Damone, discepolo di Agatocle, uomo raffinatissimo non
soltanto nella musica, ma anche degno di insegnare ai giovani
di questa et in qualsivoglia argomento. SCHOL. PLAT. Alcib.
I 118 C. Pitoclide era un esperto di musica, maestro di musica
seria e pitagorico, di cui fu discepolo Agatocle e di questi
Lamprocle e di questi Damone.

37 [25a]. DAMON [I 381. 10 App.]


A. LEBEN
37 A 1. STEPH. BYZ. .
' '.
37 A 2. PLAT. Laches 180 D
[I 381. 15 App.]
, ,
[I 382. 1] ,

. SCHOL. PLAT. Alcib. 118 C

, , ,
.
37 A 3. ISOCR. 15, 235. Pericle fu discepolo di due maestri, 37 A 3. ISOCRAT. XV 235 [I 382. 5]
Anassagora di Clazomene e Damone, che a quel tempo aveva ,
fama di essere uno dei cittadini pi sapienti.
'
.
37 A 4. PLUTARCH. Pericl. 4. Quasi tutti affermano che suo 37 A 4. PLUTARCH. Pericl. 4 ' [Per.]
[scil. di Pericle] maestro di musica fu Damone, il cui nome essi ,
dicono che deve essere pronunciato abbreviando la prima
[I 382. 10]
sillaba. Aristotele [fr. 401 Rose] asserisce che egli abbia
. [fr. 401 R.]
studiato musica presso Pitoclide. Ma Damone sembra essere
.
stato un insigne sofista, il quale si rivest della fama nel campo
della musica per celare la sua capacit, e fu in rapporto con

Pericle, come maestro e istruttore di un atleta di gare politiche. ,
Ma non rimase a lungo nascosto che Damone si serviva della .
lira come di uno schermo e perci per il suo ingerirsi negli
, '
affari e per il suo favorire l'avvento di un regime tirannico fu [I 382. 15 App.]
condannato all'ostracismo e offr materia agli attacchi dei
.

comici. Platone, infatti [fr. 191 I 655 Kock] rappresenta un


personaggio che gli chiede:

[fr. 191 I 655 Kock]


Innanzi tutto dimmi, ti supplico: tu infatti,


, ,
come dicono, novello Chirone, hai allevato Pericle.
, [] .
37 A 5. PLAT. Alcib. I 118 C. Si dice invero, o Socrate, che
37 A 5. PLAT. Alcib. I 118 C , ,
egli [scil. Pericle] non sia diventato sapiente, facendo tutto da [I 382. 20]
solo, ma che anzi abbia frequentato molti sapienti come
(Perikles), [I 382. 20]
Pitoclide e Anassagora, ed anche ora, alla sua et, per lo stesso
motivo frequenta Damone.
.
37 A 6. ARISTOT. Ath. resp. 27, 4. Pericle, che non aveva
37 A 6. ARISTOT. Ath. r. p. 27, 4
mezzi sufficienti per questa coregia [di Cimone], ricevette da (Kimons)
Damonide del demo di Oa (il quale sembrava essere l'ispiratore [I 382. 25]
della maggior parte delle azioni di Pericle; ragion per cui alla (
fine fu condannato all'ostracismo) il consiglio di dare al popolo ),
quanto ad esso spettava, dal momento che le sue personali
,
ricchezze erano sufficienti; ed istitu un'indennit per i giudici. . PLUT. Per. 9 Perikles, um Kimons
PLUTARCH. Pericl 9. [Pericle, per reagire alla generosit di Freigebigkeit entgegenzuwirken,
Cimone] si volse alla distruzione delle sostanze pubbliche,
,
consigliandolo a ci Damonide di Oa, come narra Aristotele. , .
37 A 7. DIOG. LAERT. II 19. Essendo stato [Socrate]
37 A 7. DIOG. LAERT. II 19 [I 382. 30]
uditore di Anassagora secondo alcuni, ma anche di
(Sokrates) , ,
Damone, come dice Alessandro nelle Successioni [fr. 141 ... [fr. 141 F.H.G. III 243].
F.H.G. III 243].
37 A 8. GALEN. de plac. Hipp. et Plat. V 453 Mller.
37 A 8. GALEN. de Hipp. et Plat. V 453 Mll.
Damone musicista, essendo una volta presente quando una
suonatrice di flauto suonava secondo lo stile frigio ad

alcuni fanciulli i quali, ebbri per il vino, compivano atti
:
insensati, le ordin di suonare secondo lo stile dorico: ed [I 382. 35] . Vgl. Martian.
essi subito cessarono quel loro agitarsi sconsideratamente. Cap. IX 126.
B. FRAMMENTI
B. FRAGMENTE DES AREOPAGITIKOS
AREOPAGITICO

37 B 1. CICER. de orat. III 33, 132 num geometriam Euclide


aut Archimede, num musicam Damone aut Aristoxeno, num
ipsas litteras Aristophane aut Callimacho tractante tam
37 B 1. CICER. de orat. III 33, 132. Ritieni forse che la
geometria nella trattazione di Euclide o di Archimede, la musica discerptas fuisse [I 382. 40] (scil. existimas), ut nemo genus
nella trattazione di Damone o di Aristosseno, e le stesse lettere in universum complecteretur?
quella di Aristofane o di Callimaco siano state a tal punto
sminuzzate, che nessuno pu abbracciarle completamente?
37 B 2 [3 Wilamowitz Verskunst p. 64]. PHILOD. de mus. IV 33, 37 B 2 [3 Wilamowitz Verskunst S. 64]. PHILOD. de mus. IV
37 p. 104. Molti sono dell'opinione che si addica alle persone di 33, 37 (S. 104 Kemke) [I 383. 1 App.] '
fine intelligenza occuparsi o essersi occupati di musica e
(nml. )
Damone, se espresse queste idee davanti ad areopagiti veri e non (col. 34)
immaginari, li ingann in modo funesto.
[I 383. 5 App.]
, .
37 B 3 [1]. PHILOD. de mus. I fr. 11 p. 7. Coloro che
37 B 3 [1]. PHILOD. de mus. I fr. 11 (S. 7 Kemke)
giuocano... un giuoco sregolato, secondo Damone.
... .
37 B 4 [2]. PHILOD. de mus. I fr. 13 p 7. ... e rendere la
37 B 4 [2]. PHILOD. de mus. I 13 (S. 7 K., Gomperz zu Phil.
propria disposizione la pi armoniosa e la pi ritmica; e ad uno v. d. Musik 10).
che voleva sapere se la musica incita a tutte le virt o solo ad [v. 1] ... alcune, Damone il musicista a sua volta disse che, a suo avviso, [I 383. 10]
essa incita a quasi tutte. Diceva infatti che al fanciullo che
, canta e che suona la cetra si addice dare prova non solo di
,
coraggio e di saggezza, ma anche di giustizia.2*
[v. 5]
,
[I 383. 15 App.]
,
[v. 10]


,
.
37 B 5 [4]. [PLUTARCH.] de mus. 16. E dicono che sia stato 37 B 5 [4]. [PLUT.] de mus. 16
inventato da Damone ateniese lo stile lidio di tono pi basso, , ,
anche se all'opposto dello stile mixolidio e vicino invece a
,
quello iastio.3*
.
37 B 6 [8]. ATHEN. XIV 628 C. Non a torto diceva Damone 37 B 6 [8]. ATHEN. 628 C '
ateniese che necessariamente i canti e le danze implicano un
[I 383. 20]
certo moto dell'anima, e che i canti e le danze liberi e belli
,
rendono tali le anime, mentre quelli contrari, contrarie anche le , '
anime.
.
37 B 7 [5]. ARISTID. QUINTIL. II 14. Damone chiar che con 37 B 7 [5]. ARISTIDES QUINTIL. II 14 '
la loro omogeneit i suoni formano melodie continue che

suscitano nei giovani inclinazioni non ancora formate e nei
[I 384. 1]
vecchi inclinazioni latenti nel loro intimo.
,
'

'
' , [I 384. 5 App.]
.
37 B 8 [6]. PLAT. Lach. 197 D [a proposito
37 B 8 [6]. PLAT. Laches 197 D Nikias: = .
dell'identificazione di coraggioso e sapiente fatta da
Darauf Sokr. ,
Nicia, Socrate dice:] Ed infatti mi sembra che non si sia

accorto di aver attinto questa sapienza dal nostro amico
, [I 384. 10 App.]
Damone; ma Damone sta molto a contatto con Prodico, il quale ,
sembra che meglio di qualunque altro sofista oper tali
. Vgl. B 4; 84 A 17.
distinzioni di nomi [cfr. B 4; 84 A 17].
37 B 9 [9]. PLAT. resp. III 400 A [parla Glaucone].
37 B 9 [9]. PLAT. de rep. III 400 A '
Avendo indagato il problema, potrei dire che tre sono le
, (scil. , ,
specie, di cui sono intrecciate le basi ritmiche [scil. eguale, ) [I 384. 15 App.]
doppia e accresciuta di una met], cos come quattro sono (Proportionen der Intervalle?), ,
le specie nei suoni [le proporzioni degli intervalli?], donde ' ,
derivano tutte le armonie; non sono per in grado di dire
. , ' ,
quali sono imitazioni e di quali genere di vita. - Ma su
,
questo, dissi io, ci potremo consigliare con Damone, quali ,
cio le basi ritmiche conformi a illiberalit, a superbia, a
.
follia e ai vizi, e quali ritmi vanno riservati alle qualit
[I 384. 20]
contrarie. Ho l'impressione di averlo sentito, ma non mi ,
chiaro, chiamare composto un certo verso enoplio e
, , ,
discutere di un dattilo e di un eroico, ma non so bene come , , ' ,
li strutturava e poneva eguali l'alto e il basso del tono e
.
l'uscita in breve e lunga; e cos pure di un giambo, mentre [I 384. 25]
ad altro verso dava il nome di trocheo, applicandovi
, .
quantit lunghe e brevi. E di alcuni di questi biasimava o
. , ,
lodava, credo, i tempi del piede e gli stessi ritmi o qualche .
loro composto. Non sono in grado di dirlo. Ma, come
dicevo, queste cose lasciamole a Damone: non possibile in
poche parole esaminarle.
37 B 10 [7]. PLAT. resp. IV 424 C. Bisogna guardarsi
37 B 10 [7]. PLAT. de rep. IV 424 C
dall'introdurre un nuovo genere di musica, come da un pericolo

completo; giacch mai si mutano i modi musicali senza mutare le [I 384.
pi importanti leggi della citt, come dice Damone e come anch'io 30] ,
sono persuaso [cfr. anche ci che segue].
. Vgl. auch das dort
Folgende.

38 [26]. IPPONE

38 [26]. HIPPON

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

38 A 1. IAMBL. V. P. 267 [Kat. der Pythagoreer, 58 A]


... , . CENSORIN. 5, 2 Hipponi vero
Metapontino sive ut Aristoxenus [I 385. 5] auctor est [fr. 38
FHG II 282] Samio etc. [s. I 387, 9. 389, 10]. SEXT. P. h. III
30 . . [s. I 385, 25].
Zeit (nach Empedokles) ergibt sich aus ARISTOT. de anim. A
2. 405 b 1 [s. 31 A 4].
38 A 2. SCHOL. ARISTOPH. VEN. ad Nub. 94 sgg.
38 A 2. SCHOL. ARISTOPH. VEN. ad Nub. 94ff. [vgl. Av.
1001]
[I 385. 10] '
Delle anime sapienti questo il pensatoio: qui abitano gli
uomini i quali con la parola persuadono gli altri che il cielo ' ' ,
,
un coperchio e ci sta intorno e noi siamo carboni.
, ' .
Questi versi li ha scritti per primo Cratino nel dramma Panopti [fr. 155
Kock] [I 385. 15 App.]
[fr. 155 p. 61 Kock] sul filosofo Ippone per metterlo in
ridicolo. SCHOL. CLEM. protr. VI 103. Cratino fa menzione . SCHOL. CLEM. Protr. VI 103 Klotz

di Ippone soprattutto per la sua empiet.
.
38 A 3. HIPPOL. ref. I 16 p. 18, 15 [Dox. 566]. Ippone di
38 A 3. HIPPOL. Ref. I 16 (D. 566, W 18) .
Reggio disse che princpi sono, come freddo, l'acqua, come
.
caldo, il fuoco. Una volta che il fuoco prodotto dall'acqua,

supera la potenza del genitore e forma il mondo. Quanto
.
all'anima, talora dice che il cervello, talaltra che l'acqua - e [I 385. 20 App.] ,
infatti i germi che ci appaiono derivano dall'umido e da questo ,
egli dice che derivi l'anima.
.
38 A 4. SIMPLIC. phys. 23, 22. [A proposito dei veri 'fisici'
38 A 4. SIMPL. Phys. 23, 22 [s. oben I 77, 16] ...
per i quali il principio uno e mobile] cos Talete... e Ippone, il ., ,
quale sembra sia stato anche ateo, dicevano che il principio
l'acqua, spinti a tale conclusione dall'esame sensoriale dei
.
fenomeni, etc. [cfr. 11 A 13].
38 A 5. SEXT. EMP Pyrrh. hypot. III 30; adv. math. IX 361. 38 A 5. SEXT. Pyrrh. hypoth. III 30. IX 361 [I 385. 25] .
Ippone di Reggio [disse che principi] sono il fuoco e l'acqua. .
38 A 6. ALEX. metaph. 26, 21. Ritengono che Ippone abbia
38 A 6. ALEX. (zu n. 7 ) 26, 21
posto come principio semplicemente l'umido, in maniera

indeterminata, senza chiarire cio se sia acqua, come Talete, o
aria, come Anassimene e Diogene. IOANN. DIAC. alleg. in
. IOANN. DIAC. Alleg. in Hes. Theog. 116
Hesiod. theog. 116. E lui [pone quale principio] la terra,1*
[!, nml. ] .
come Ippone l'ateo.
38 A 7. ARISTOT. metaph. A 3. 984 a 3. Nessuno riterrebbe 38 A 7. ARISTOT. metaph. A 3. 984 a 3 [I 385. 30 App.] nach
Ippone degno di essere annoverato tra questi per la poca
Thales [11 A 12]
consistenza del suo pensiero [cfr. 11 A 12].
.
38 A 8. CLEM. ALEX. protr. 2, 24. Mi viene da meravigliarmi 38 A 8. CLEM. Protr. 2, 24 (I 18, 7 St.) ,
come mai abbiano chiamato atei Evemero di Agrigento,

Nicanore di Cipro e Ippone e Diagora di Melo e, oltre questi, il
filosofo di Cirene - si chiama Teodoro - e altri molti che
( )
vissero saggiamente e videro con pi acutezza degli altri
[I 385. 35]
uomini l'errore a proposito di questi di. PHILOP. de an. 88, [I 386. 1]
23. Costui fu denominato ateo per questo motivo, che la causa
di tutto a nient'altro riport se non all'acqua.
. PHILOP. de anima 88, 23
[cfr. AELIAN. var. hist. II 31; PLUTARCH. de comm. not. 31, ' ,
4 p. 1075 A]
. Vgl. AEL. V. H. II 31
[64 A 3]; fr. 33 PLUT. de comm. not. 31, 4 p. 1075 A.
38 A 9. [ALEX.] metaph. 462, 29. Ippone dapprima fu detto
38 A 9. [ALEX.] in Metaph. 462, 29 [I 386. 5]
l'ateo, perch riteneva che non ci fosse niente oltre le cose dei (
sensi [cfr. B 2].
) ... Vgl. B 2.
38 A 10. AT. IV 3, 9 [Dox. 388]. Ippone dice che l'anima
38 A 10. AT. IV 3, 9 (D. 388) . .
[viene] dall'acqua. ARISTOT. de an. A 2. 405 b 1. G Altri pi ARISTOT. de an. A 2. 405 b 1 (s. I 283, 16) G
38 A 1. IAMBL. v. Pyth. 267. I samii Melisso... Eloride e
Ippone. CENSORIN. de d. nat. 5, 2. A Ippone metapontino o,
come attesta Aristosseno [fr. 38 F.H.G. II 282], samio. SEXT.
EMP. Pyrrh. hypot. III 30. Ippone di Reggio.
Per la determinazione del tempo cfr. ARISTOT. de an. A 2.
405 b 1 = A 10.

rozzamente dissero che l'anima acqua, come Ippone: pare che ,


siano giunti a tale persuasione considerando che il seme in
' , .
tutti umido. E infatti Ippone confuta quanti ammettono che
,
l'anima sangue, col dire che il seme non sangue e che
' . . . / ARISTOT. de
invece la prima anima... / ARISTOT. de an. A 2. 405 b 24. anima A 2. 405 b 1 b 24 ,
Chi invece ammette come principio l'uno o l'altro dei contrari, ,
per esempio il caldo o il freddo o un altro dello stesso genere, [I 386. 10]
riduce ugualmente l'anima all'uno o all'altro di questi. E perci ,
ricorrono pure ai nomi, alcuni identificandola col caldo [
,
], poich per questo stata creata la parola [=
. PHILOP. z.
vivere], altri col freddo [ ] per il fatto che, a causa
d. St. 92, 2 .
della respirazione e del raffreddamento, stata chiamata ,
[= anima]. PHILOP. de an. 92, 2. Ippone ed Eraclito ricorrono , .
rispettivamente a ciascuno dei contrari - l'uno al caldo, perch , ,
dice che il fuoco il principio, l'altro al freddo, in quanto pone [I 386. 15] ,
come principio l'acqua. E ognuno di loro, egli dice, cerca di
, ,
dare del vocabolo [= anima] un'etimologia in conformit , ,
al proprio pensiero: infatti l'uno sostiene che gli esseri animati .
si dicono vivere [] da scaldare [] il che proprio del
,
caldo [ ], l'altro invece sostiene che anima [] ( ),
prende il nome dal freddo [ ] donde ha l'essere,
in quanto per noi la causa del raffreddamento mediante
[I 386. 20]
l'inspirazione. Poich dunque la vita viene dall'anima e l'anima , . HERM. Irris. 2 (D. 651)
dal freddo (e infatti viene dall'acqua), per questo c' bisogno di [nml. , am Rande fgt der
inspirazione, che col freddo tempera il calore che sta intorno al Patm. richtig das Lemma zu].
cuore e non gli permette di prevalere sulla sostanza psichica,
cio sulla sostanza fredda. HERM. irris. 2 [Dox. 651]. Altri
[dissero che l'anima ] l'acqua generativa.
38 A 11. MENON ap. ANON. LONDIN. 11, 22. Ippone [o
38 A 11. MENON ANONYMI LONDIN. 11, 22 [Suppl.
Ipponatte]2* di Crotone ritiene che in noi c' una umidit
Aristot. III 1, 17] [oder ]
conveniente in rapporto alla quale sentiamo e per la quale
, ' [I
viviamo: quando tale umidit in misura conveniente, l'essere 386. 25]
animato in buona salute, quando si dissecca, l'essere animato , ,
non ha sensazione e muore. Per questo i vecchi sono asciutti e , .
non hanno sensazioni: sono senza umidit. Analogamente le
,
piante dei piedi non hanno sensazioni perch prive di umidit. ,
E di tale argomento egli parla fin qui. In un altro libro lo stesso . .
filosofo dice che la cosiddetta umidit muta per eccesso di

calore o eccesso di freddo e in tal modo produce le malattie - e [I 386. 30 App.] '
dice che si muta in una maggiore umidit o aridit o in una
' ,
maggiore turgidit o asciuttezza o in altro: in tal modo egli

spiegava la malattia nella sua causa, ma non enumerava le

malattie che si producono. [cfr. PLUTARCH. de Is. et Osir. 33 ,
p. 364 B]
, .
Vgl. PLUTARCH. de Iside 33 p. 364 B.
38 A 12. CENSORIN. de d. nat. 5, 2. Ippone... ritiene che lo 38 A 12. CENSORIN. 5, 2 [s. I 385, 4] [I 386. 35 App.]
sperma scende dal midollo, e ci provato, secondo lui, dal
Hipponi ... ex medullis profluere semen videtur idque eo
fatto che, se si ammazzano i montoni dopo che hanno coperto probari, quod post admissionem pecudum, si quis mares
le pecore, non si trova pi in essi il midollo, in quanto ne sono interimat, medullas utpote exhaustas non reperiat.
del tutti privi.
38 A 13. AT. V 5, 3 [Dox. 418]. Secondo Ippone le donne
38 A 13. AT. V 5, 3 (D. 418) .
non meno degli uomini emettono sperma, anche se non serve ,
alla generazione per il fatto che cade fuori dell'utero: per tale [I 386. 40 App.]
motivo alcune donne emettono di frequente sperma, anche se
non stanno con gli uomini, soprattutto le vedove [e le ossa
. [
derivano dall'uomo, la carne dalla donna]. Cfr. CENSORIN. 5, ,
4.
.] CENSOR. 5, 4.
38 A 14. AT. V 7, 3 [Dox. 419]. Ipponatte [cfr. A 11] dice
38 A 14. AT. V 7, 3 (D. 419) [s. ob. Z. 24]
che [nascono uomini o donne] in rapporto al seme compatto e [I 387. 1 App.]
forte o fluido e pi debole. CENSORIN. de d. nat. 6, 4. Ippone [nml.
asserisce che da semi pi deboli nascono le donne, da semi pi ]. CENSOR. 6, 4 ex seminibus autem tenuioribus

compatti gli uomini. AT. V 7, 7 [Dox. 420]. Ipponatte: se


prevale il seme, nasce maschio, se il nutrimento, femmina.

feminas, ex densioribus mares fieri Hippon adfirmat. AT. V


7, 7 (D. 420) [so hier vgl. I 386, 43]
, , ' , .
38 A 15. CENSORIN. de d. nat. 6, 1. Ippone dice che per
38 A 15. CENSOR. 6, 1 [I 387. 5] H. vero caput, in quo est
primo si forma il capo in cui la parte principale dell'anima. animi principale [nml. primum crescere].
38 A 16. CENSORIN. de d. nat. 9, 2. A quanto scrive Ippone, 38 A 16. CENSOR. 9, 2 H. qui diebus LX infantem scribit
il feto si forma in 60 giorni, nel quarto mese si rassoda la carne, formari et quarto mense carnem fieri concretam quinto ungues
nel quinto spuntano unghie e capelli e nel settimo l'uomo gi capillumve nasci septimo iam hominem esse perfectum.
perfetto. CENSORIN. de d. nat. 7, 2. Ippone di Metaponto
CENSOR. 7, 2 H. Metapontinus a septimo ad decimum
ritenne che si pu nascere dal settimo al decimo mese. In realt mensem [I 387. 10] nasci posse aestimavit. nam septimo
nel settimo mese il parto gi maturo, perch il numero sette partum iam esse maturum eo quod in omnibus numerus
ha in ogni cosa grandissimo potere. Infatti ci formiamo in sette septenarius plurimum possit, siquidem septem formemur
mesi: a quattordici cominciamo a stare diritti, dopo il settimo mensibus additisque alteris recti consistere incipiamus et post
mese ci spuntano i denti, e cos pure ci cadono dopo il settimo septimum mensem dentes nobis innascantur idemque post
anno, a quattordici anni, poi, di solito, entriamo nella pubert. septimum cadant annum, quarto decimo autem pubescere
Ma questa maturit che comincia da sette mesi si protrae fino soleamus. sed hanc a septem mensibus [I 387. 15] incipientem
al decimo, per il motivo che anche tutte le altre funzioni
maturitatem usque ad decem perductam ideo quod in aliis
mostrano tale andamento, di esigere, cio, oltre i setti anni o i omnibus haec eadem natura est, ut septem mensibus annisve
setti mesi, altri tre mesi o anni per raggiungere il pieno
tres aut menses aut anni ad consummationem accedant: nam
sviluppo. Cos i denti spuntano al bimbo di sette mesi, ma sono dentes septem mensum infanti nasci et maxime decimo perfici
pienamente formati nel decimo: cos a sette anni i primi denti mense, septimo anno primos eorum excidere, decimo ultimos,
cadono, a diecigli ultimi: cos per la pubert taluni vi entrano post quartum decimum annum nonnullos, sed omnes intra [I
dopo il quattordicesimo anno, ma tutti entro il diciassettesimo 387. 20 App.] septimum decimum annum pubescere. Vgl. 22 A
[cfr. AT. V 23].
18. B 126a. 31 B 153a.
38 A 17. CENSORIN. de d. nat. 6, 3. Ma Diogene e Ippone
38 A 17. CENSOR. 6, 3 at Diogenes [64 A 25] et H.
ritennero che nel ventre c' un qualcosa di sporgente che il
existimarunt esse in alvo prominens quiddam, quod infans ore
bimbo riesce ad afferrare con la bocca e da cui trae l'alimento, adprehendat <et> ex eo alimentum ita trahat, ut, cum editus
come fa dalle mammelle della madre quand' nato.
est, ex matris uberibus.
38 A 18. CENSORIN. de d. nat. 6, 9. Rimane da parlare dei
38 A 18. CENSOR. 6, 9 sequitur de geminis, qui ut aliquando
gemelli la cui nascita, secondo Ippone, dovuta alla
nascantur, modo seminis [I 387. 25 App.] fieri H. ratus <est>.
consistenza del seme. E infatti, quando il seme pi
id enim cum amplius est quam uni satis fuit, bifariam deduci.
abbondante di quanto basta per uno, si scinde in due.
38 A 19. THEOPHR. hist. plant. I 3, 5. Perch ogni pianta, 38 A 19. THEOPHR. Hist. plant. I 3, 5
dice Ippone, diventa selvatica o domestica, a seconda che .
riceva o non riceva cure: quelle non fruttifere e quelle
,
fruttifere, quelle che portano fiori e quelle che non li
,
portano a causa del luogo e dell'aria ambiente, e allo stesso [I 387. 30] .
modo quelle che perdono le foglie e quelle sempreverdi.
THEOPHR. Hist. plant. III 2, 2 .
THEOPHR. hist. plant. III 2, 2. Eppure Ippone dice che
, ,
ogni pianta domestica e selvatica, se curata domestica, ,
se non curata selvatica: ma dice in parte bene, in parte no. .
Se la si trascura, ogni pianta peggiora e si inselvatichisce, , ,
mentre, come si detto, non ogni pianta migliora se la si
.
cura.
B. FRAMMENTI
B. FRAGMENTE
38 B 1. SCHOL. HOMER. GENEV. p. 197, 19 ad Il. XXI 195.
Ma non ci si pu opporre a Zeus figlio di Crono:
a lui non si eguaglia neppure il potente Acheloo
n la gagliarda possanza d'Oceano dalla cupa corrente
donde tutti i fiumi sgorgano e tutti i mari
e tutte le sorgenti e i pozzi profondi.

38 B 1. SCHOL. HOMER. GENEV. p. 197, 19 Nicole zu Homer


195: [I 387. 35 App.]

'

,
[I 388. 1 App.]
Cratete, nel secondo libro delle Questioni Omeriche, dimostrando .
che l'Oceano il Grande Mare, dice:
, '
Queste espressioni potrebbero convenire solo al mare esterno che ' ' , ,
ancor oggi taluni chiamano 'Grande Mare', altri 'Distesa
[I 388. 5 App.] ,
Atlantica' altri infine 'Oceano'. E in realt quale fiume potrebbe ' ', ' ',
avere tale potenza? Eppure alcuni [e cio Zenodoto e Megaclide], .

; ' [Zenodotos,
Megakleides] [also 195]
,
[I 388. 10 App.] ,
, .
[195-197], ,
,
, . '
[ 388. 15
Le acque potabili derivano tutte dal mare, perch i pozzi dai quali App.]
si attinge acqua per bere non sono affatto pi profondi del mare:
solo in tale caso l'acqua [che beviamo] non deriverebbe dal mare, , ' .
ma da altro luogo. Ora invece, il mare pi profondo delle acque. .
Quindi le acque che stanno sopra il mare, derivano tutte quante , ' '.
dal mare.
[I 388. 20 App.] '.
In tal modo egli dice le stesse cose che Omero.
38 B 2. CLEM. ALEX. protr. 2,55 [I 43, 1]. E non giusto
FALSCHES
prendersela neppure con Ippone che immortala la sua morte. Egli 38 B 2. CLEM. Protr. 55 (I 43, 1 St.)
fece incidere sul suo monumento questo distico:
.
[I 389. 1]
[Anth. L. I 74 D.] ' ...
E' questa la tomba di Ippone che dopo la morte
'. ALEX. in Metaph. 27, 1
pari agli di immortali rese la Moira.
[Arist.] ,
... .
ALEX. metaph. 27, 1. Questo potrebbe dire [Aristotele] al suo
soppresso il verso riguardante l'Oceano [= 195], riferiscono tutto
quanto all'Acheloo, il quale non solo inferiore al Mare [= Mare
Grande], ma anche a talune insenature che in esso si aprono, ad
esempio quella tirrenica e ionica. In quei tre versi [195-7]
[Omero] dice quanto in seguito esposero, pienamente concordi
con lui, i filosofi naturalisti, che cio l'acqua che per la massima
parte abbraccia la terra l'Oceano, da cui deriva l'acqua potabile.
Cos Ippone:

riguardo, che era ateo: e l'epitafio sulla sua tomba cos suonava:
E' questa la tomba etc.
38 B 3. ATHEN. XIII 610 B. Poich tutti restavano ammirati
della sua [= di Mirtilo] memoria, il Cinulco disse
del molto sapere, di cui non c' niente di pi vano
*** disse Ippone l'ateo.
38 B 4. CLAUDIAN. MAM. de an. 7 p. 121, 14. Ippone di
Metaponto, della stessa scuola di Pitagora, dopo avere
premesso sull'anima alcuni argomenti che a suo modo di
vedere erano incrollabili, dice cos:

[I 389. 5 App.] ,

.
38 B 3. ATHEN. XIII 610 B [Myrtilos]
'
' *** . Folgt
22 B 40.

38 B 4. CLAUDIAN. MAMERT. de anima 7 p. 121, 14 [I 389.


10] H. Metapontinus ex eadem schola Pythagorae praemissis
pro statu sententiae suae insolubilibus argumentis de anima
sic pronuntiat 'longe aliud anima, aliud corpus est, quae
corpore et torpente viget et caeco videt et mortuo vivit'.

Cosa molto diversa dal corpo l'anima che piena di vigore


anche quando il corpo torpido, e vede quand'esso cieco, e
vive quand'esso morto.

39. FALEA E IPPODAMO


39 A 1. ARISTOT. pol. B 7. 1266 a 36. (1) Alcuni credono che
importi soprattutto regolare bene la divisione degli averi,
perch, dicono, di l nasce ogni discordia. Perci Falea di
Calcedonia, per primo, espresse l'opinione che tutti i cittadini
dovessero avere uguali sostanze. (2) Giudicava che non fosse
difficile attuare questa distribuzione in citt di nuova
fondazione; nelle citt gi fondate pensava che le difficolt di
uguagliare tutte le sostanze fossero maggiori, ma non
insormontabili, se i ricchi avessero concesso la dote e non
l'avessero ricevuta, e i poveri l'avessero ricevuta e non data.
ARISTOT. pol. B 7. 1267 b 20. Di qui si pu vedere se Falea
ha detto bene o male sulla miglior costituzione dello Stato.

[I 389. 15] 39 [27]. PHALEAS UND HIPPODAMOS


39 A 1. ARISTOT. Polit. B 7. 1266 a 36 (1)

.
' .
. (2)
[I 389. 20] , '
, '

,
. ARISTOT. Polit. B 7. 1267 b 20

ARISTOT. pol. B 8. 1267 b 22. (1) Ippodamo di Eurifonte, di


Mileto ( quello che per primo pens di dividere in parti
, .
regolari le citt, e divise il Pireo: era uomo cos vanitoso in
ARISTOT. Polit. B 8. 1267 b 22 [I 389. 25 App.] (1)
ogni manifestazione della vita da apparire ricercato; aveva
(
capelli lunghi e riccamente adorni, portava una veste di poco ,
prezzo ma calda, sia d'estate che d'inverno: si dedic tuttavia
allo studio della natura in ogni sua parte), primo tra quanti non
si dedicarono alla vita politica disse della migliore costituzione. ,
(2) Voleva che la citt fosse di diecimila uomini, divisi in tre [I 390. 1 App.]
classi, operai agricoltori guerrieri. Anche la terra doveva essere ,
divisa in tre parti, sacra, pubblica e privata: la sacra per i
)
bisogni del culto, la pubblica per il sostentamento dei guerrieri,
la privata per gli agricoltori. Pensava poi che ci dovessero
. (2)
essere soltanto tre specie di leggi, perch tre, diceva, sono le
,
cause dei processi, violenza, danno, uccisione. (3) Voleva poi , , [I 390. 5 App.]
che ci fosse un tribunale supremo cui ricorrere quando le
'
sentenze fossero giudicate ingiuste: e doveva essere formato da , '
anziani eletti tra tutti. Le sentenze non si sarebbero dovute dare
in seguito a votazione; ma ogni giudice avrebbe dovuto avere , ' ' ,
una tavoletta, e su essa scrivere la pena quando avesse
. '
giudicato colpevole l'accusato, non scriver nulla quando
, '
l'avesse giudicato innocente, o dichiarare se giudicava
, . (3) [I 390.
l'accusato per una parte innocente e per l'altra colpevole. Le
10 App.] ,
leggi attuali le condannava, perch, imponendo l'obbligo di
.
giudicare innocente o colpevole l'accusato, costringono i
.
giudici a spergiurare. (4) Diceva che doveva esserci una legge
che imponesse d'onorare chi avesse fatto cosa utile alla citt, e , ,
di allevare a spese pubbliche i figli dei caduti in guerra (come , , , '
se questa legge non ci fosse gi in qualche citt; invece esiste , [nml. ], ,
in Atene e altrove). Tutti i magistrati diceva che dovevano
. [I 390. 15]
essere eletti dal popolo, e considerava popolo l'insieme delle tre
classi: gli eletti avrebbero dovuto occuparsi degli affari interni, .
dei rapporti con le altre citt, e degli orfani. (5) Queste sono le (4)
pi importanti (e quasi tutte) proposte di Ippodamo per l'ottima ,
costituzione.
,
'
[I 390. 20]
. '
' '

. (5)
' .
39 A 1 a. STOB. flor. IV 1, 93. Di Ippodamo pitagorico dal
39 A 1 a. STOB. flor. IV 1, 93.
trattato sulla Repubblica: io dico che tutta la citt divisa in tre . '
parti.
:
39 A 2. ARISTOT. pol. H 11. 1330 b 21. La disposizione delle 39 A 2. ARISTOT. Polit. H 11. 1330 b 21
abitazioni quando la citt sia divisa secondo il modo moderno, [I 390. 25]
introdotto da Ippodamo, appare pi utile e pi piacevole per
,
ogni altro rispetto, ma in guerra pi sicura quella d'una volta. ,

.
39 A 3. HESYCH. s. v. . Il Pireo lo divise 39 A 3. HESYCH. s. v. :
agli Ateniesi Ippodamo, figlio di Eurifonte, che studi anche i
corpi celesti. Era di Mileto, e and ad abitare a Turii.
. [I
390. 30 App.] .
39 A 4. HARPOCR. s. v. . Demostene, nel discorso 39 A 4. HARPOCR. s. v. :
contro Timoteo [49, 22], dice che nel Pireo c' una piazza detta [49, 22]
Ippodamia, da Ippodamo di Mileto, architetto, che costru agli
Ateniesi il Pireo. ANECD. GR. ed. Bekker Lex. V 266, 28.

Ippodamia o piazza d'Ippodamo. E un luogo nel Pireo, cos . BEKK. ANECD. I 266, 28.

[I 390. 35]

. Falsch
identifiziert SCHOL. ARISTOPH. Equ. 327 ' ' '

.
(!) ... ,
, .
39 A 5. STRAB. XIV 654. La citt di Rodi, come ancora, fu 39 A 5. STRABO XIV 654 [I 391. 1] [Rhodos]
fondata durante la guerra del Peloponneso; dicono che sia

opera dello stesso architetto che costru il Pireo. DIODOR.
, , ' . DIODOR.
XIII 75 [ol. 93, 1 = 408]. Gli abitanti dell'isola di Rodi e di
XIII 75 [Ol. 93, 1. 408]
Ialiso e di Lindo e di Camiro si riunirono in una sola citt, che
ora si chiama Rodi.
.
chiamato da Ippodamo di Mileto, architetto, che costru agli
Ateniesi il Pireo e tagli le strade della citt ad angoli retti.
SCHOL. ARISTOPH. Equ. 327. Il figlio di Ippodamo. Costui
abitava nel Pireo, e vi aveva una casa che cedette allo Stato. Fu
lui che costru il Pireo al tempo delle guerre persiane... Alcuni
dicono ch'era di Turii, altri di Samo, altri di Mileto.

40. POLICLETO

40 [28]. POLYKLEITOS [I 391. 5 App.]

A. VITA E SCRITTI

A. LEBEN UND SCHRIFT

40 A 1. PLAT. Protag. 311 C. - Se tu andassi da Policleto


40 A 1. PLAT. Prot. 311 C
argivo e da Fidia ateniese, e li pagassi per avere l'opera loro, e
uno ti chiedesse: Qual genere d'opera quello per cui paghi . PLAT. Prot. 328 C
Policleto e Fidia?, che cosa risponderesti? - Opera di scultori. ,
PLAT. Protag. 328 C. Anche i figli di Policleto, coetanei di
, [I 391. 10 App.]
Paralo e di questo Santippo, son nulla a paragone del padre.
.
40 A 2. PLIN. nat. hist. XXXIV 55. Policleto di Sicione,
40 A 2. PLIN. N. H. 34, 55 Polyclitus Sicyonius, Hageladae
discepolo di Agelada, fece la statua del fanciullo che s'annoda discipulus, diadumenum fecit molliter iuvenem centum talentis
mollemente i capelli, divenuta famosa perch pagata cento
nobilitatum; idem et doryphorum viriliter puerum. fecit et
talenti; fece anche la statua del doriforo, fanciullo in
quem Canona artifices vocant liniamenta artis ex eo petentes
atteggiamento virile. opera sua anche quello che gli artisti
veluti a lege quadam, solusque hominum artem [I 391. 15]
chiamano Canone, dove, come in una legge, cercano le regole ipsam fecisse artis opere iudicatur.
dell'arte; fu il solo uomo che, facendo un'opera d'arte, fece
l'arte stessa.
40 A 3. GALEN. de temper. I 9 p. 42, 26. Questo il
40 A 3. GALEN. de temper. I 9 p. 42, 26 Helmr.
metodo. Ma non tutti possono imparare a riconoscere
'
prontamente il giusto mezzo per ciascun genere d'animali e
in ogni cosa: per farlo, ci vuole grandissima fatica e lunga , '
esperienza e grande conoscenza di tutte le parti. I

modellatori e i disegnatori e gli scultori e insomma i
. [I 391. 20]
ritrattisti disegnano e plasmano, in ciascun genere, ci che
v' di pi bello (il pi bell'uomo o il pi bel cavallo o il pi '
bel bue o il pi bel leone), perch vedono in ciascun genere ,
il giusto mezzo. Si loda appunto una statua di Policleto
, .
detta Canone per l'esatta simmetria di tutte le parti tra di

loro. GALEN. de plac. Hipp. et Plat. V p. 425, 14. Lo

dimostr con evidenza Crisippo nel discorso di cui ho
.
parlato or ora, dove dice che la salute del corpo nasce
GALEN. de plac. Hipp. et Plat. V p. 425, 14 Mll. [I 391. 25
dall'esatta proporzione di quelli che sono i suoi elementi, App.] [Chrysippos]
caldo freddo secco umido, la bellezza dall'esatta
,
proporzione non degli elementi, ma delle parti, di un dito
rispetto a un altro dito, di tutte le dita rispetto al carpo e al ,
metacarpo, di questi rispetto all'avambraccio, di questo
, ,
rispetto al braccio, e insomma di tutte le parti tra di loro,
,
com' scritto nel Canone di Policleto. Perch Policleto,
[I 391. 30]
dopo aver detto in questo scritto quali sono le esatte

proporzioni del corpo, volle provare con un'opera la verit
del suo discorso, e compose una statua secondo i precetti ,
che aveva scritti, e la chiam con lo stesso nome del
.
discorso, Canone. Del resto, che la bellezza del corpo stia .

nell'esatta proporzione delle parti, opinione comune a tutti


i medici e a tutti i filosofi.
[I 391. 35
App.] .

.
B. FRAMMENTI
B. FRAGMENTE
[I 392. 1 App.]
CANONE

40 B 1. PLUTARCH. de prof. virt. 17 p. 86 A. Coloro che
progrediscono ir virt, e gi fanno risonare i loro passi
40 B 1. PLUT. de profect. virt. 17 p. 86 A [wie A 3 aus
sull'aureo basamento [PIND. fr. 194 Schrder] di un edificio e Chrysipp]
di una vita regali, nulla lasciano al caso, ma tutto quello che
[I 392. 5 App.]
fanno lo fanno come sul filo della ragione, in modo che si
" " [PIND. fr. 194 Schr.],
convenga alla loro vita, giudicando che Policleto abbia detto
, '
benissimo, che la maggior difficolt s'incontra quando con la
,
creta si giunge all'unghia. PLUTARCH. quaest. conv. II 3, 2 p.
636 C. Gli artisti prima plasmano senza dar forma e figura
, . PLUT.
definite, poi completano e definiscono la forma. Per questo
Quaest. conv. II 3, 2 p. 636 C
Policleto disse che la parte pi difficile dell'opera quando con la , ' [I 392. 10
creta si arriva all'unghia. Bisogna dunque ascoltare la natura, la App.] .
quale dapprima lentamente muove la materia pi inerte traendone ,
fuori cose prive di forma e finitezza, come le uova, e poi, dando .
forma e figura definite, crea l'animale.
,
,

La parte pi difficile dell'opera quando con la creta si arriva
.
all'unghia.
[I 392. 15 App.] (?)
.
40 B 2. PHILO MECHAN. IV 1 p. 49, 20. Molti, dopo aver
40 B 2. PHILO MECHAN. IV 1 p. 49, 20 (ed. R. Schne Berl.
costruito strumenti d'ugual grandezza, fatti con legni uguali e con 1893)
ferro uguale, e dello stesso peso, e averli disposti nello stesso

modo, a volte fecero lanci lunghi e precisi, a volte lanci pi corti.
N sapevano, quando si chiedeva come mai fosse avvenuto, dirne , [I 392. 20]
la causa. Bisogna dunque ricordare a chi s'accinge a tali opere le ,
parole dello scultore Policleto:
,
.
.
La perfezione s'ottiene con molti numeri e badando ai minimi
. . .
particolari.


Medesimamente avviene in quest'arte, che, molti numeri
servendo alla perfezione dell'opera, piccoli errori nei particolari, .
sommati dnno origine a un errore grande.

[I 393. 5 App.]
.

41. ENOPIDE
41 [29]. OINOPIDES
41 A 1. PROCL. in Eucl. p. 65, 21 [dopo Pitagora: cap. 14, 6
a]. Dopo costui Anassagora di Clazomene si applic a molti
41 A 1. PROCL. in Eucl. S. 65, 21 [nach Pythagoras: c. 14, 6 a
problemi di geometria, e cos Enopide di Chio, che era di poco (I 98, 24)]
pi giovane di Anassagora.

.
41 A 1 a. VIT. PTOLEM. NEAPOL. [ROHDE, Kleine
41 A 1a. VIT. PTOLEM. NEAPOL. [I 393. 10] [ROHDE, Kl.
Schriften, I, p. 1234: su Enopide di Chio]. Divenne noto sul
Schr. I, p. 1234 von Oinopides von Chios]
finire della guerra del Peloponneso, nello stesso tempo in cui lo , '
furono Gorgia il retore, Zenone di Elea e, come sostengono
,
alcuni, Erodoto, lo storico di Alicarnasso.
, .
41 A 2. [PLAT] amat. 132 A. [Due di quei giovani]
41 A 2. [PLAT.] Erast. 132 A [nmlich

] [I 393. 15 App.]
.

' .
41 A 3. DIOG. IX 41 [Demokritos] '
.
[des Oinopides ?] .
41 A 4. GNOMOL. VAT. 743 ed. Sternbach n. 420 .
[I 393. 20]
' , '.
41 A 5. SEXT. Pyrrh. hyp. III 30 .
[nmlich ].
41 A 6. AT. I 7, 17 (D. 302) [v. Apollonia]
. [nmlich
].
41 A 7. THEO SMYRN. p. 198, 14 [11 A 17, aus Derkyllides]
[fr. 94 Sp.] [I 393. 25 App.]
.
. AT. II
12, 2 (D. 340) [I 394. 1]
, .
. DIODOR. I 98, 2

. . .
.
' [I 394. 5]
.


,
. MACROB. Sat. I 17, 31 [aus Apollodoros
] cognominatur [nmlich Apollo], ut ait
Oenopides, [I 394. 10]
' , id est quod obliquum
circulum ab occasu ad orientem pergit.
41 A 8. CENSORIN. de d. nat. 19, 2 [da Varrone]. Enopide
41 A 8. CENSORIN. 19, 2 [aus Varro] Oenopides [nmlich
[sostenne che l'anno solare composto di giorni] CCCLXV e annum naturalem dies habere prodidit] CCCLXV et dierum
la cinquantanovesima parte di ventidue giorni.
duum et viginti partem undesexagesimam.
41 A 9. AELIAN var. hist. X 7. Enopide di Chio, astronomo, 41 A 9. AEL. V. H. X 7 [I 394. 15 App.] .
offr nei giochi olimpici una tavola di bronzo su cui iscrisse la
sua teoria astronomica dei cinquantanove anni, affermando che
di questo periodo il grande anno. Metone, del demo di

Leuconoe, astronomo, offr una stele su cui iscrisse il solstizio .
d'inverno [17 giugno 432] e, come disse, scopr il grande anno, [17. Juni
affermando che esso era di diciannove anni. AT. II 32, 2
432]
[Dox. 363]. Alcuni pongono il grande anno nell'octaeride [cfr. [I 394. 20 App.] . AT. II
6 B 4], altri in un periodo di diciannove anni, altri in un
32, 2 (D. 363)
numero quadruplo di anni [76 anni: il ciclo di Callippo], altri in [vgl. 6 B 4],
un periodo di cinquantanove anni, tra i quali vi sono Enopide e [Meton], '
Pitagora. Altri nella cosiddetta Sommit del cosmo:
[76 j. Cyclus d. Kallippos],
espressione che indica il ritorno dei sette pianeti nelle stesse
, . . '
costellazioni di partenza [?].
'
(?)
.
41 A 10. ARISTOT. meteor. A 8. 345 a 13. Alcuni dei
41 A 10. ARISTOT. Meteor. A 8. 345a 13 [I 394. 25 App.]
cosiddetti Pitagorici affermano che questa [scil.: la via lattea]
la via percorsa, secondo gli uni, da uno degli astri che caddero [nmlich ]
al momento della catastrofe di Fetonte, mentre altri sostengono ,
che allora fu proprio il sole ad essere trascinato per tale ciclo:
quasi che questo luogo fosse stato infiammato o avesse subito
sembravano contendere a proposito di Anassagora o di
Enopide: sembravano infatti che tracciassero dei cerchi e che
cercassero di imitare con le mani le inclinazioni, stando piegati
e impegnandosi con grande zelo.
41 A 3. DIOG. LAERT. IX 41. Sarebbe dunque vissuto [scil.:
Democrito] ai tempi di Archelao, il discepolo di Anassagora, e
di Enopide. E infatti anche di questi fa menzione.
41 A 4. GNOMOL. VAT. 743 ed. Sternbach n. 420. Enopide,
vedendo un giovane senza cultura che acquistava molti libri,
disse: Non con la cassa, ma con l'animo.
41 A 5. SEXT. EMP. Pyrrh. hypot. III 30. Enopide [scil.:
ritenne che principi fossero] il fuoco e l'aria.
41 A 6. AT. I 7, 17 [Dox. 302]. Diogene di Apollonia,
Cleante ed Enopide [ritennero che dio fosse] l'anima del
mondo.
41 A 7. THEO SMYRN. p. 198, 14 [11 A 17: da Dercillide].
Eudemo [fr. 94 Spengel] nelle sue Astrologie testimonia che
Enopide per primo scopr la fascia dello zodiaco e il volgersi
del grande anno. AT. II 12, 2 [Dox. 340]. Pitagora per primo
intu l'obliquit dello zodiaco, intuizione che Enopide di Chio
usurp come propria. DIODOR. I 98, 2. Pitagora aveva
appreso dagli Egiziani ci che concerne il Sacro discorso, i
teoremi della geometria e i problemi sui numeri. Suppongono
che anche Democrito abbia soggiornato presso di loro per
cinque anni e che da essi apprese le questioni concernenti la
geometria. Similmente anche per Enopide, il quale, stando a
contatto con sacerdoti e astrologi, apprese molte cose e innanzi
tutto che il giro del sole ha un percorso obliquo e che compie
un movimento contrario a quello degli altri astri. MACROB.
sat. I 17, 31 [dal di Apollodoro]. nominato [scil.:
Apollo] Loxia [Obliquo, Ambiguo] perch, come dice Enopide,
compie il suo cerchio obliquo da oriente ad occidente.

qualche analoga vicenda a causa di quella catastrofe. ACHILL. . ACHILL. Is. I p.


isag. I 24 p. 55, 18 [da Posidonio]. Altri sostengono, e tra
55, 18 M. [aus [I 394. 30 App.] Poseidonios] ,
questi vi anche Enopide di Chio, che prima per la via lattea . , [nmlich
passava il sole, ma che poi, a causa dei banchetti tiestei, gli fu ] ,
invertito il cammino e gli fu fatta compiere un'orbita contraria, ,
quella che ora descrive lo zodiaco [cfr. AT. III 1, 2; 58 B 37 . Vgl. AT. III 1, 2 [58 B
c].
37c].
41 A 11. DIODOR. I 41, 1 [Dox. 228: da ARISTOT. de Nilo, 41 A 11. DIODOR. I 41, 1 (D. 228, aus Aristoteles de Nilo, fr.
fr. 248 Rose p. 196, 19 attraverso Agatarchide]. Enopide di
248 Rose p. 196, 19 [I 394. 35] durch Agatharchides] .
Chio afferma che nella stagione estiva le acque alla superficie
della terra sono fresche, mentre d'inverno, al contrario, sono
, ,
calde e che ci diventa assolutamente chiaro nei pozzi

profondi. Nel culmine dell'inverno, infatti, minima in essi

l'acqua fredda; quando invece sono pi forti le vampe estive si ,
trae da essi acqua freschissima. Onde a ragione d'inverno il
.
Nilo si impicciolisce e si abbassa, giacch il calore sotterraneo [I 395. 1]
consuma la maggior parte della sua umidit e per di pi in
,
Egitto non vi sono piogge; d'estate, invece, non essendovi pi ,
nei luoghi profondi questo consumo sotterraneo, la sua corrente
si fa naturalmente piena senza impedimenti.

. [I
395. 5 App.] Vgl. SCHOL. APOLL. RHOD. IV 269 ff.
Wendel.
41 A 12. PROCL. in Eucl. p. 80, 15. Zenodoto, che fa parte dei 41 A 12. PROCL. in Euclid. p. 80, 15
seguaci di Enopide di Chio, uno dei discepoli di Androne,
,
distinse il teorema dal problema, ecc.
,
,
, , .
41 A 13. PROCL. in Eucl. p. 283, 4 [ad prop. 12, probl. 7:
41 A 13. PROCL. in Euclid. p. 283, 4 [I 395. 10 App.] (ad
rispetto ad una retta data infinita e da un punto dato che non prop. 12, probl. 7:
si trova in essa, tracciare una perpendicolare]. Enopide
' ,
indag questo problema ritenendolo utile per l'astronomia; ma ).
arcaicamente chiamava la perpendicolare secondo il
.
gnomone, per il fatto che il gnomone in linea retta per colui ,
che definisce.
.
41 A 14. PROCL. in Eucl. p. 333, 1 [ad prop. 23, probl. 9:
41 A 14. PROCL. in Euclid. p. 333, 1 [I 395. 15] (ad prop. 23,
rispetto ad un particolare caso di costruzione di angolo
probl. 9:
retto]. Anche a questo problema e ancor pi alla scoperta

collegato Enopide, come dice Eudemo [fr. 86 Spengel].
).
. [fr. 86 Sp.].
42. IPPOCRATE DI CHIO. ESCHILO

42 [30]. HIPPOKRATES VON CHIOS. AISCHYLOS [I 395.


19 App.]
42 A 1. PROCL. in Eucl. p. 66, 4 [I 395. 20] (aus Eudems
42 A 1. PROCL. in Eucl. p. 66, 4 [dalla Storia della geometria Geschichte der Geometrie fr. 84 Sp.; s. I 396, 2] '
di Euclide, fr. 84 Spengel; cfr. infra n. 3]. Dopo dei quali [scil.: [Anaxagoras, Oinopides] ,
,
Anassagora, Enopide] divennero illustri nella geometria
. . . .
Ippocrate di Chio, che scopr la quadratura della lunula e
Teodoro di Cirene... Il primo di quelli ora ricordati, Ippocrate, . Folgt
Platon.
scrisse Elementi1*.
42 A 2. ARISTOT. eth. Eud. H 14. 1247 a 17. Come esperto di
geometria Ippocrate era valente, ma per il resto d
l'impressione di essere stato pigro e sciocco, e perse molto
denaro a causa della sua scempiaggine, come dicono, durante
un viaggio per mare per opera degli esattori di Bisanzio.
PLUTARCH. Sol. 2 [= 11 A 11. Cfr. cap. 18, 4]. PHILOP.
phys. 31, 3. Un tale Ippocrate di Chio, commerciante, essendo
incappato in una nave pirata e avendo perso tutti i suoi beni,
venne ad Atene per intentare un processo ai pirati e

42 A 2. ARISTOT. EUDEM. Eth. H 14. 1247a 17 [I 395. 25]


.

' , .
PLUT. Sol. 2 (s. I 76, 16. 108, 12). PHILOP. in Phys. 31, 3 .

,
[I 395. 30 App.]

trattenendosi a lungo in Atene per il giudizio, cominci a


,
frequentare i filosofi e giunse a tal punto di abilit nella
.
geometria, da tentare di trovare la quadratura del cerchio.
42 A 3. ARISTOT. soph. el. 11. 171 b 12. Le figure fallaci
42 A 3. ARISTOT. Soph. el. 11. 171b 12
della geometria non sono soggette a controversie (i paralogismi (
sono infatti tecnicamente corretti) e neppure se si tratta di una ), '
figura fallace rispetto ad una conclusione vera, come quella di , [
Ippocrate [scil.: la quadratura con il metodo delle lunule].
]. ARISTOT. Phys. A 2. 185a 16 [I 395. 35]
ARISTOT. phys. A 2. 185 a 16. compito del geometra
[I 396. 1]
confutare la quadratura col metodo dei segmenti, non quella di , ' [87 B 13]
Antifonte [87 B 13]. Su ci SIMPLIC. phys. 55, 26. Il metodo . Dazu SIMPLIC. Phys. 55, 26 "
dei segmenti quello delle lunule, che fu inventato da
" , .
Ippocrate di Chio: la lunula infatti il segmento di un cerchio. . SIMPLIC. Phys. 60, 22
SIMPLIC. phys. 60, 22. Eudemo nella Storia della geometria [fr. 92 Sp.]
[fr. 92 Spengel] afferma che Ippocrate dimostr la quadratura
della lunula non rispetto al lato del quadrato, ma, per cos dire, , ,
in generale. Se infatti ogni lunula ha l'arco esterno o eguale o . [I 396. 5]
maggiore o minore del semicerchio e se Ippocrate riesce a
,
trovare la quadratura sia di quelle che hanno l'arco eguale ad un .
semicerchio sia di quelle che l'hanno maggiore o minore,
, . . .
darebbe una dimostrazione di carattere generale, a quel che

sembra... Ancora, nel secondo libro della Storia della
[fr. 92 Sp.] '
geometria [fr. 92] scrive cos:

Anche le quadrature delle lunule, pur sembrando concernere
' [I 396. 10
figure di immediata evidenza per la loro somiglianza con il
App.]
cerchio, furono per la prima volta tracciate da Ippocrate e
'. Folgt der ausfhrliche Beweis p. 61, 5-68, 32.
sembrarono essere condotte secondo un metodo esatto.
42 A 4. [ERATOSTH.] ep. ad Ptolem. [EUTOC. in Archim.
42 A 4. PSEUDERATOSTH. Epist. ad Ptolem. [EUTOC. in
sphaer. et cyl. III 104, 11]. Dopo che per lungo tempo tutti
Archim. III 104, 11 Heib.]
erano rimasti in difficolt riguardo a questo problema [scil.: del [betr. Verdoppelung des Wrfels] .
raddoppio di un cubo], per primo Ippocrate di Chio pens che , ,
se si fossero trovate due rette, di cui la maggiore doppia della [I 396. 15 App.] ,
minore e due medie proporzionali in proporzione continua, il ,
cubo sarebbe stato raddoppiato: e cos trasform questa
,
difficolt in un'altra non minore.
.
42 A 5. ARISTOT. meteor. A 6. 342 b 29 [sulla cometa].
42 A 5. ARISTOT. Meteorol. A 6 ( ) 342b 29
Alcuni dei filosofi italici chiamati Pitagorici dicono che la
'
cometa uno degli astri vaganti [scil.: dei pianeti], ma che le , [I 396. 20]
sue apparizioni avvengono attraverso lunghi periodi di tempo e
che la sua elevazione sull'orizzonte piccola, come accade
,
anche nel caso dell'astro di Ermes; e per il fatto che si solleva
poco sull'orizzonte, essa nasconde molte sue fasi, cosicch
. .
appare attraverso lunghi intervalli di tempo. Assai vicini alle
dottrine di costoro sono anche Ippocrate di Chio e il suo
.
discepolo Eschilo: senonch costoro sostengono che essa ha la , [I
chioma non per se stessa, ma che invece la prende, vagando
396. 25]
nello spazio, quando il nostro raggio visivo riflesso verso il '
sole dall'umidit che essa si trascina dietro. Essa infatti, col
.
tempo, avanza lentamente, retrocedendo [rispetto alla sfera
,
celeste] e per questo le sue apparizioni sono pi rare di quelle
degli astri celesti, cosicch, quando essa torni ad apparire allo . '
stesso punto [della sfera celeste], perch retrocessa di
.
un'intera orbita. Essa compie in tal modo il suo percorso sia
[I 396. 30 App.]
verso il settentrione sia verso il meridione. Nella zona

intermedia dei tropici, quindi, essa non trascina con s umidit, , ,
dal momento che tale zona essiccata dalla rivoluzione del
,
sole. Quando invece passa verso il settentrione, essa ha grande ,
abbondanza di tale umidit, ma, essendo piccolo il tratto

dell'orbita superiore all'orizzonte terrestre e di gran lunga
' .
superiore quello inferiore, non possibile che il raggio visivo [I 396. 35]
degli uomini sia riflesso verso il sole, n quando questo si
,

avvia verso meridione n nel solstizio estivo. Onde in questi


luoghi essa apparirebbe senza chioma. Quando invece essa si
trova a procedere verso settentrione, allora prende la chioma,
perch grande il tratto della sua orbita al di sopra
dell'orizzonte e piccolo quello inferiore: e allora facile che il
raggio visivo degli uomini sia riflesso verso il sole.
OLYMPIOD. meteor. 45, 24. Pitagora e Ippocrate (non quello
di Cos ma quello di Chio, che fu prima commerciante e che poi
escogit il paralogismo della quadratura del cerchio) dissero
che la cometa un sesto pianeta che ha un percorso eguale a
quello dell'astro di Ermes: e come questo appare raramente,
cos anche quella. Ma mentre Pitagora diceva che sia l'astro sia
la coda derivano dalla quinta sostanza, Ippocrate invece che
l'astro deriva dalla quinta sostanza, ma la chioma si forma per
l'umidit trascinata in alto dalla cometa e per il riflettersi del
nostro raggio visivo verso il sole.
42 A 6. ARISTOT. meteor. A 8. 345 b 9. Sulla via lattea esiste
una terza ipotesi: alcuni infatti dicono che il riflettersi del
nostro raggio visivo verso il sole, come la cometa. ALEX.
meteor. 38, 28. Chiama terza opinione riguardo alla via lattea
quella che dice che essa una riflessione del nostro raggio
visivo verso il sole da una qualche evaporazione, quale sembra
essere appunto la via lattea, che riflette alla nostra vista la luce
che vediamo provenire dal sole, al modo cio in cui Ippocrate
diceva accadere per la cometa.
G Cfr. OLYMPIOD. meteor. 68, 30. La quarta, opinione
quella di Ippocrate di Chio; questi afferma che la galassia
dipende da una riflessione [del nostro raggio visivo] verso il
sole, ma questa riflessione non prodotta dall'umidit, come
abbiamo detto a proposito della cometa, ma dagli astri. Dice
infatti che il raggio visivo si dirige verso gli astri e che di l
riflesso verso il sole, tornando cos verso di noi. /


,

. OLYMPIOD. z. d. St. 45, 24
[I 397. 1 App.] . ( '

)

,
'
[I 397. 5] , .
,
,

.
42 A 6. ARISTOT. Meteor. A 8. 345 b 9 '

[I 397. 10 App.]
. ALEXANDER in Met.
38, 28

, ,
, '
,
.
G OLYMPIOD. meteor. 68, 30.
.
, '
, , '
. , , ,

. /

43. TEODORO

43 [31]. THEODOROS [I 397. 15]

43 A 1. IAMBL. v. Pyth. 267 p. 193, 4 [Catalogo dei


Pitagorici: cfr. 58 A]. Di Cirene erano Proro... Teodoro.
43 A 2. EUDEM. fr. 84 Spengel. Dopo costoro [Anassagora,
Enopide] acquistarono fama nello studio della geometria
Ippocrate di Chio... e Teodoro di Cirene.
43 A 3. DIOG. LAERT. II 103. Venti furono i Teodori. Il
primo era di Samo e figlio di Reco... il secondo di Cirene,
studioso di geometria, ascoltato da Platone.
43 A 4. PLAT. Theaet. 145 C [Socrate e Teeteto]. - Dimmi: da
Teodoro tu impari geometria. - Certo. - E anche astronomia e
armonia e calcolo. - Mi sforzo. - E anch'io, ragazzo imparo da
lui e da chi altro io creda conoscitore. PLAT. Theaet. 147 D.
[Teeteto:] Teodoro ci costruiva alcune potenze, mostrando che
la radice quadrata del tre e quella del cinque non sono
commensurabili a quella dell'uno, e cos andava innanzi fino a
quella del diciassette. PLAT. Theaet. 148 A. [Teeteto:] Tutte le
linee, il cui quadrato un numero piano ed equilatero, le
chiamammo lunghezze; quelle il cui quadrato un numero di
lati disuguali, potenze, perch, non commensurabili per
lunghezza alle prime, lo sono per la superficie che da esse si
forma. E qualche cosa di simile facemmo per i solidi. PLAT.
Theaet. 161 B. [Socrate:] - Sai, o Teodoro, che cosa mi
stupisce nel tuo amico Protagora? PLAT. Theaet. 162 A.

43 A 1. IAMBL. V. P. 267 p. 193, 4 [Katalog der Pythagoreer;


vgl. 58 A] . . ., .
43 A 2. EUDEM. fr. 84 Spengel [s. I 395, 18] '
[Anaxagoras, Oinopides] . . . .
.
43 A 3. DIOG. II 103 [I 397. 20 App.]
. . . .
, . III 6 [44 A 5].
43 A 4. Dialogperson in Platons Theaetet, Sophistes, Politikos,
vgl. z. B. PLAT. Theaet. 145 C Sokr.
. - Theaet. . -
[I 397. 25]
; - . - , ,
' , . PLAT.
Theaet. 147 D


. PLAT. Theaet.
148 A
[I 397. 30] , ,
, ,
' .
. PLAT. Theaet. 161 B ' , ,

[Teeteto:] - O Socrate, mio amico Protagora, come dicevi


poco fa.
43 A 5. XENOPH. mem. IV 2, 10. Non desideri tu forse disse di diventare valente come Teodoro nello studio della
geometria?

44. FILOLAO

; PLAT. Theaet.
162 A Theod. , [nmlich Protagoras],
.
43 A 5. XENOPH. Mem. IV 2, 10 [I 397. 35]
, ,
;
44 [32]. PHILOLAOS
[I 398. 1 App.]

A. VITA APOFTEGMATICA SCRITTI DOTTRINA


A. LEBEN, APOPHTHEGMA, SCHRIFTEN UND LEHRE
VITA
LEBEN
44 A 1. DIOG. LAERT. VIII 84-85. Filolao di Crotone,
pitagorico. Da costui Dione comper, per incarico di Platone, i 44 A 1. DIOG. VIII 84. 85
libri pitagorici. Fu accusato di aspirare alla tirannide e ucciso. . [I 398. 5 App.]
Su di lui ho composto questo epigramma:

( .

A tutti io dico di guardarsi dal generar sospetti.
Perch se anche tu non fai nulla ma si crede che tu faccia, cadi
in rovina.

Cos da Crotone, sua patria, fu ucciso Filolao,
, , .
perch si credeva che volesse farsi tiranno.
,
[I 398. 10 App.] ).
Pensava che tutto accadesse secondo necessit ed armonia. Fu
il primo che disse che la terra si muove di movimento
' .
circolare; altri dicono che primo fu Iceta siracusano.
, '
Scrisse un libro. Secondo che riferisce Ermippo [fr. 25 F.H.G. .
III 42] uno storico racconta che il filosofo Platone, venuto da . ( [fr. 25 FHG III
Dionisio in Sicilia, lo comper dai parenti di Filolao al prezzo 42]
di quaranta mine alessandrine d'argento, e di l trascrisse il
[I 398. 15 App.]
Timeo. Altri dicono che Platone l'ebbe in dono per aver

ottenuto la liberazione di un giovinetto, scolaro di Filolao,

ch'era stato messo in carcere.
.
Demetrio negli Omonimi dice che Filolao fu il primo a
,
pubblicare i libri dei Pitagorici, col titolo Sulla natura1*.

Cominciano cos: La natura... ogni cosa [B 1].
.)

[I 398. 20 App.]
, ' ' . . .
' [B 1].
44 A 1 a. PLAT. Phaed. 61 E. Ho ascoltato Filolao, quando si 44 A 1a. PLATO Phaedo 61 E [Kebes],
trovava presso di noi [a Tebe; cfr. B 15]. SCHOL. ad loc.
' [Theben] (Vgl. B 15). Dazu SCHOL.:
Questo Filolao era un pitagorico. Fugg dall'Italia in seguito
.
all'incendio fatto appiccare da Cilone, perch cacciato dalla
[I 398.
sala delle riunioni dei Pitagorici come nemico della filosofia. 25]
Insegnava anche per enigmi, secondo il costume dei Pitagorici. '
Venne in Italia per versare libagioni sul sepolcro del suo
.
maestro, Liside. Ipparco e Filolao furono i soli Pitagorici che si .
salvarono dalla sciagura di cui ho detto.
(= c. 46)
.
44 A 2. DIOG. LAERT. IX 38. Anche Apollodoro di Cizico 44 A 2. DIOG. IX 38
dice che Democrito ebbe familiarit con Filolao.
[I 398. 30] [Demokritos] .
44 A 3. CICER. de orat. III 34, 139. G Forse che altre da
44 A 3. CIC. de orat. III 34, 139 G aliisne igitur artibus hunc
quelle di cui si serv Platone per educare Dione, furono le arti Dionem instituit Plato, aliis Isocrates clarissimum virum
di cui si serv Isocrate per educare il famosissimo Timoteo,
Timotheum, Cononis paestantissimi imperatoris filium,
figlio di Conone, grandissimo capitano, lui stesso capitano
summum ipsum imperatorem hominemque doctissimum? aut
grandissimo e uomo dottissimo? o altre quelle con cui Liside, aliis Pythagoreus ille Lysis Thebanum Epaminondam, haud
pitagorico, educ Epaminonda, forse il pi grande di tutti i
scio an summum virum unum omnis Graecae? aut Xenophon

Greci? o quelle di Senofane con Agesilao, / o di Filolao con


Archita di Taranto?
44 A 4. DIOG. LAERT. VIII 46. Gli ultimi Pitagorici furono
quelli che anche Aristosseno [fr. 19 Wehrli] conobbe, Senofilo,
calcidese della Tracia, e Fantone di Fliunte, ed Echecrate e
Diocle e Polimnesto, pure di Fliunte. Furono discepoli di
Filolao e di Eurito tarentini.

Agesilaum? / aut Philolaus Archytan Tarentinum? [nmlich


instituit].
44 A 4. DIOG. VIII 46 [I 399. 1 App.]
, [fr. 12
FHG II 275] ,

. [vgl. I 104, 7].
.
44 A 4 a. PLUTARCH. de gen. Socr. 13 p. 583 A. Dopo che, 44 A 4a. PLUT. de genio Socr. 13 p. 583 A [I 399. 5 App.]
scoppiata una guerra civile, le stte dei Pitagorici furono vinte
e cacciate dalle citt, i Cilonei appiccarono il fuoco alla casa , '
ove si trovavano riuniti i Pitagorici che ancora si trovavano

insieme in Metaponto, e li uccisero tutti, tranne Filolao e

Liside, che, essendo ancor giovani, riuscirono, per la loro

agilit e la loro robustezza, a salvarsi gettandosi attraverso il
, .
fuoco. Filolao quindi si rifugi nella Lucania, e di l ripar tra [I 399. 10]
gli amici che di nuovo si raccoglievano e gi avevano il
. Romanhaft,
sopravvento sui Cilonci.
vgl. IAMBL. V. P. 250 (oben I 103, 38ff.). 266.
44 A 5. DIOG. LAERT. III 6. Platone, che aveva allora
44 A 5. DIOG. III 6 (Platon)
ventotto anni, secondo che dice Ermodoro, pass a Megara,
, ,
ove fu accolto da Euclide, con alcuni altri discepoli di Socrate. .
Poi and a Cirene dal matematico Teodoro, e di l pass in

Italia dai pitagorici Filolao ed Eurito. G CICER. de rep. I 16, , [I 399. 15]
10. Io credo che tu sappia, o Tuberone, che Platone, dopo la
. G CICER. de rep. I
morte di Socrate, and, per imparare, in Egitto, e poi in Italia e 16, 10. sed audisse te credo Tubero, Platonem Socrate mortuo
in Sicilia per apprendervi le scoperte di Pitagora; e che visse a primum in Aegyptum discendi causa, post in Italiam et in
lungo con Archita di Taranto e Timeo di Locri; e che trov gli Siciliam contendisse, ut Pythagorae inventa perdisceret,
scritti di Filolao. /
eumque et cum Archyta Tarentino et cum Timaeo Locro
multum fuisse et Philolai commentarios esse nanctum. /
44 A 6. VITRUV. I 1, 16. ... quelli cui la natura concesse di
44 A 6. VITR. I 1, 16. quibus vero natura tantum tribuit
conoscere profondamente la geometria, l'astrologia, la musica e sollertiae acuminis memoriae, ut possint geometriam
tutte le altre discipline... Ma di uomini siffatti, come furono un astrologiam musicen ceterasque disciplinas penitus habere
tempo Aristarco di Samo e Filolao e Archita tarentini e
notas . . . hi autem inveniuntur raro, ut aliquando fuerunt
Apollonio di Perge... che scopersero e spiegarono e
Aristarchus Samius, Philolaus et Archytas Tarentini,
tramandarono ai posteri molte cose sugli strumenti e sui
Apollonius Pergaeus [I 399. 20 App.] . . . qui multas res
gnomoni, studiati in rapporto ai numeri e alle ragioni della
organicas et gnomonicas numero naturalibusque rationibus
natura, se ne trovano raramente.
inventas atque explicatas posteris reliquerunt.
44 A 7. ATHEN. IV 184 E. Anche molti Pitagorici sapevano 44 A 7. ATHEN. IV 184 E
suonare il flauto: cos Eufranore e Archita e Filolao, e altri non
pochi.
.
APOFTEGMATICA E SCRITTI
APOPHTHEGMA UND SCHRIFTEN
44 A 7 a. PLUTARCH. quaest. conv. VIII 2, 1 p. 718 e.
44 A 7a. PLUTARCH. Quaest. conv. VIII 2, 1 p. 718 E [I 399.
Secondo Filolao la geometria principio e madre... delle altre 25] . . .
[scienze].
().
44 A 8. GELL. noct. att. III 17, 4. Il maligno Timone scrisse 44 A 8. GELL. III 17, 4 Timon amarulentus librum
un libro pieno di maldicenze, intitolato Scherzo. In quel libro maledicentissimum conscripsit, qui inscribitur. in eo
copre di contumelie il filosofo Platone, che avrebbe comperato libro Platonem philosophum contumeliose appellat, quod
a gran prezzo il libro della sapienza pitagorica, e se ne sarebbe inpenso pretio librum Pythagoricae disciplinae emisset [I 399.
servito per costruire il famoso dialogo intitolato Timeo. I versi 30 App.] exque eo Timaeum, nobilem illum dialogum,
di Timone su questo fatto sono i seguenti [fr. 54 Diels]: Anche concinnasset. versus super ea re Timonos hi sunt [fr. 54 D.]
tu, Platone. Perch, come ti prese desiderio d'apprendere,
comprasti a gran prezzo un libro piccolo, e, cominciando di l, ,
imparasti a scrivere il Timeo. DIOG. LAERT. III 9. Alcuni
' ,
per, e tra questi Satiro [fr. 16 F.H.G. III 163] dicono che
.
affid a Dione, ch'era in Sicilia, l'incarico di comperargli i tre
libri pitagorici. EUSEB. adv. Hierocl. p. 64 [380, 8 Kayser]. ... DIOG. III 9 [I 400. 1] ,
e neppure il famosissimo Platone, che pi d'ogni altro apprese [fr. 16 FHG III 163],
dalle dottrine di Pitagora, n Archita, n lo stesso Filolao, che
affid alla scrittura gli insegnamenti di Pitagora.
. EUSEBIUS adv. Hierocl. p. 64 [380, 8 Kayser]
'

[I 400. 5 App.] '


'
. Vgl. A 1 I 398, 4 13 und I 404,
28ff.; 277, 35.
DOTTRINA
LEHRE
44 A 9. AT. I 3, 10 [Dox. 283]. Filolao, pitagorico, disse
44 A 9. AT. I 3, 10 (D. 283 ber die Prinzipien) .
princpi il limite e l'illimite. PROCL. in Tim. I 76, 27. Secondo . PROCL. in Tim. I 76,
Filolao le parti pi divine governano quelle pi imperfette, e se 27 Diehl [I 400. 10]
ne forma un cosmo, costituito armonicamente dai contrari,

elementi limitanti ed elementi illimitati [B 1. 2].
,
[B 1. 2].
44 A 10. THEO SMYRN. p. 20, 19. Archita e Filolao
44 A 10. THEO SMYRN. p. 20, 19 Hill. .
chiamano indifferentemente l'uno monade, e la monade uno. .
44 A 11. LUCIAN. de laps. in sal. 5. Alcuni chiamarono
44 A 11. LUC. de lapsu in sal. 5
massimo giuramento la tetractys, che per essi compie il numero [I 400. 15] [Der Pythagoreer],
perfetto, altri la chiamarono principio della salute: fra questi ,
anche Filolao.
. .
44 A 12. THEOL. ARITHM. p. 74, 10 de Falco [da
44 A 12. THEOL. ARITHM. p. 74, 10 de Falco (aus
Nicomaco]. Filolao, dopo aver detto che la grandezza
Nikomachos) .
matematica si esprime, con triplice intervallo, nella tetrade, la ,
qualit e il colore nella pentade, il principio della vita nella
, ,
esade, la mente e la salute e quella ch'egli chiama luce nella
' [I 400. 20 App.]
ebdomade, dice ancora che nella ogdoade s'esprimono amore e ,
amicizia e senno e pensiero delle cose2*.
' .
44 A 13. THEOL. ARITHM. p. 82, 10 de Falco. Speusippo,
44 A 13. THEOLOG. ARITHM. p. 82, 10 ,
figlio della sorella di Platone, Potone, e successore di Platone, ,
prima di Senocrate, nella direzione dell'Accademia, studiate
,
attentamente le dottrine esposte dai Pitagorici, e soprattutto gli ,
scritti di Filolao, compose un grazioso libretto, che intitol Sui , [I 400. 25 App.]
numeri dei Pitagorici [fr. 4 Lang]. Nella prima met di questo
libro tratta con grande eleganza dei numeri lineari e dei
[fr. 4 Lang Bonn 1911 S. 53 ff.], '
poligonali, e d'ogni specie di numeri piani e solidi3*, e delle

cinque figure solide attribuite agli elementi cosmici e delle loro
propriet e delle loro relazioni, e della proporzione continua e ,
di quella discontinua. Poi, nella seconda met tratta senz'altro , ,
del dieci, dicendo ch'esso pi d'ogni altro numero conforme , [I 400. 30
alla natura, e creatore delle cose, essendo come una specie che App.] ,
d origine ai compimenti cosmici di per se stessa (e non in
[]
quanto noi cos la concepiamo o la poniamo a caso),
,
fondamento e modello perfettissimo al dio facitore del tutto.
,
Parla d'esso cos:
' ('
Il dieci numero perfetto; ed conforme a ragione e a natura )
il fatto che noi Greci e gli altri uomini tutti, sempre, nel trattare
i numeri, ci incontriamo spontaneamente in esso. Perch
. [I 401. 1 App.]
esclusivamente sue sono molte propriet del numero perfetto; e ' ,
molte altre propriet esso possiede che, se non sono

esclusivamente sue, tuttavia il numero perfetto deve possedere.
Perch il numero perfetto deve essere pari, s da contenere in ,
ugual misura, e non quali pi e quali meno, i pari e i dispari:
, ,
infatti, il dispari precedendo il pari, l'ultimo numero, quello che . [I 401. 5 App.]
conclude la serie, deve essere pari; altrimenti il dispari
, ,
prevarrebbe sul pari. Poi deve avere un ugual numero di

numeri semplici e composti e il dieci li ha in ugual numero ed , ,
il pi piccolo dei numeri che hanno questa propriet. Perch, se .
vero che anche altri numeri, come il dodici e alcuni altri,

l'hanno, il dieci la base loro. Ordunque il dieci, essendo il
,
primo e il pi piccolo dei numeri che hanno questa propriet, , [I 401. 10 App.] (
ed essendo d'altra parte il solo ad aver la propriet d'essere il
), .
primo tra quanti hanno ugual numero di numeri semplici e di ,

numeri composti, ha, in questo, perfezione. Poi, oltre a questa,


ha la propriet di contenere un ugual numero di multipli e
,
sottomultipli, di cui i multipli son multipli: sottomultipli sono i
numeri fino al cinque, eccettuato il quattro che multiplo del ,
due, multipli quelli fino al dieci, eccettuato il sette che non , [I 401. 15
multiplo di alcun numero: e dunque in ugual numero sono i
App.] []
multipli e i sottomultipli. Poi, nel dieci sono compresi tutti i
, ,
rapporti, quello d'uguaglianza, quello di maggioranza, quello di , [].
minoranza, quello del superparticolare, e tutti gli altri. Ci sono ,
inoltre i numeri lineari e quelli piani e quelli solidi, perch
,
l'uno punto, il due linea, il tre triangolo, il quattro
.
piramide: e questi son tutti primi, e principi di ciascun numero , , , [I 401. 20]
dello stesso genere. E, delle proporzioni, prima quella che si '
scorge in questi numeri, quella cio per cui ogni numero supera .
di un'unit il numero precedente, e che ha perfezione nel dieci. , ,
Poi, primi tra i numeri piani e i numeri solidi sono questi:
.
punto, linea, triangolo, piramide: e questi compiono il numero , , , ,
del dieci e vi hanno perfezione; perch negli angoli e nelle

facce della piramide il numero quattro, negli spigoli il sei,
, ,
onde si compie il dieci; e il quattro medesimamente nelle
[I 401. 25 App.]
distanze e negli estremi del punto e della linea, il sei nei lati e ,
negli angoli del triangolo, onde ancora si compie il dieci 4*. Il , .
dieci si trova poi anche nelle figure piane se sono considerate '
secondo il numero. Perch prima figura piana il triangolo
,
equilatero, che in certo modo ha un solo lato e un solo angolo: ,
dico uno solo, perch il triangolo equilatero ha lati e angoli
[I 401. 30
uguali, e l'uguale, non ammettendo distinzione, della specie App.]
dell'uno. Seconda figura piana il semiquadrato: questo,

avendo una sola differenza tra lati e tra angoli, si esprime nel ' ,
due. Terzo il triangolo ch' met dell'equilatero, o
.
semitriangolo: ivi ogni elemento diverso dagli altri, sicch il ,
suo numero il tre. La medesima progressione fino al quattro [I 402. 1 App.]
nei solidi, se tu li esamini, s che anche cos si raggiunge il
,
numero dieci. La prima piramide, costruita su di un triangolo ,
equilatero, ha spigoli e facce tutti uguali, e dunque si pu dire ,
una sola faccia e un solo spigolo. La seconda, costruita su di un , ,
quadrato, si esprime col numero due, perch, avendo una sola ,
differenza (quella tra gli angoli alla base, chiusi, ciascuno, da [I 402. 5 App.] ,
tre facce, e l'angolo al vertice chiuso da quattro facce) da

questo resa simile al due. La terza, costruita sul

semiquadrato, espressa dal numero tre; perch, oltre alla
, ,
differenza che abbiamo visto esserci nel triangolo

semiquadrato ch' la sua base, ha un'altra differenza, quella tra ,
l'angolo al vertice e quelli alla base: questa piramide dunque, ,
che ha l'angolo sulla perpendicolare abbassata sul centro
. [I 402. 10
dell'ipotenusa della base, rassomiglia al tre. Al quattro per la App.] , ,
stessa ragione comparabile la quarta piramide, quella costruita , .' Vgl. THEOL. Ap. 81, 15
sul semitriangolo. Queste figure per tal modo hanno perfezione [sc. ],
nel dieci5*. Lo stesso nella generazione: principio primo

riguardo alla grandezza il punto, secondo la linea, terzo la
.
superficie, quarto il solido. Cfr. THEOL. ARITHM. p. 81, 15 ' , [I 402. 15 App.] '
de Falco. Fede si chiama [la decade], perch, secondo Filolao, . LAUR. LYD. de mens. I
abbiamo salda fede in essa e nelle sue parti, se le cose le
15 .
studiamo profondamente. Perci si pu chiamare anche
. Vgl. B 11.
Memoria, per le ragioni per cui anche la monade fu detta
Mnemosine. LAUR. LYD. de mens. I 15. A ragione dunque
Filolao la chiam decade, come quella che accoglie l'infinito
[cfr. B 11].
44 A 14. PROCL. in Eucl. p. 130, 8. Troveremo cos, nei
44 A 14. PROCL. in Eucl. p. 130, 8
Pitagorici, alcuni angoli attribuiti ad alcuni di, altri ad altri:

come fece anche Filolao, che consacr ad alcuni l'angolo del .

triangolo, ad altri quello del quadrato ed altri ad altri, e il



medesimo angolo attribu a pi di, e pi angoli a uno stesso [I 402. 20 App.]
dio secondo le diverse propriet. PROCL. in Eucl. p. 166, 25. E
dunque a ragione Filolao attribu l'angolo del triangolo a
. PROCL. in Eucl. p. 166, 25
quattro di, Crono, Ade, Ares e Dioniso... Perch Crono
. ,
causa di tutta la sostanza umida e fredda, Ares della natura
. . .
ignea, Ade abbraccia tutta la vita terrestre, Dioniso
,
sovraintende alla generazione umida e calda, di cui il vino,
,
umido e caldo, appunto simbolo. Or tutti questi di, che son , [I
diversi tra loro per le loro attivit secondarie, sono uniti [per la 402. 25] ,
loro prima attivit]. Per questo Filolao raccoglie in un solo
.
angolo la loro unificazione. PROCL. in Eucl. p. 173, 11. Oltre ,
a questo, Filolao, con altra attribuzione, chiama angolo di Rea .
e di Demetra e di Estia l'angolo del quadrato. PROCL. in Eucl. . PROCL. in Eucl. p. 173, 11
174, 12. Filolao dice che di Zeus l'angolo del dodecagono,
. '
perch Zeus abbraccia in unit tutto il numero della duodecade. . PROCL. in Eucl. 174,
DAMASC. de princ. 261 II 127, 7. Perch mai i Pitagorici
12 [I 402. 30
consacravano a un dio il cerchio, a un altro il triangolo, a un
App.] .,
altro il quadrato, ad altri altre figure a linee diritte, oppure
. DAMASC. II 127,
figure a linee miste, come, ad esempio il semicerchio ai
7 Ruelle [nml. ]
Dioscuri? E sapiente Filolao nell'attribuire spesso al
, ,
medesimo dio pi figure secondo i suoi molteplici attributi; e , []
non vero, per dire in generale, che il cerchio sia figura di tutti , ,
gli di dotati d'intelligenza in quanto tali, e che per contro siano ;
proprie di ciascun dio le figure poligonali, secondo le propriet [I 402. 35] ' .
dei numeri e degli angoli e dei lati (ad esempio, il triangolo
,
d'Atena, il quadrato di Ermes). Dice anzi Filolao: Degli angoli
del quadrato, questo di Rea, quello di Era, il terzo di un'altra ,
dea, il quarto di una quarta. Teologica in generale la
,
definizione delle figure. PLUTARCH. de Is. et Osir. 30 p. 363 , .
A. Anche i Pitagorici considerano potenza demonica Tifone. . '
Dicono infatti che Tifone sta nel numero cinquantasei, misura , , [I 403. 1 App.]
pari: e poi che l'angolo del triangolo di Ade e di Dioniso e di .'
Ares, quello del quadrato di Rea e d'Afrodite e di Demetra e di . Vgl. PLUT. de Is. et Osir. 30 p. 363 A
Estia e di Era, quello del dodecagono di Zeus, quello del

poligono di cinquantasei lati di Tifone, secondo che racconta .
Eudosso6*.

[I 403. 5 App.]


' ,
.
44 A 15. AT. II 6, 5 [Dox. 334; da THEOPHR. phis. opin.]. 44 A 15. AT. II 6, 5 (D. 334 aus THEOPHRASTS Phys.
Pitagora, essendo cinque le figure solide dette anche
Opin. wie A 16-22]
matematiche, dice che dal cubo nata la terra, dalla piramide il , , [I 403.
fuoco, dall'ottaedro l'aria, dall'icosaedro l'acqua, dal
10] ,
dodecaedro la sfera del tutto7* [cfr. B 12].
, ,
, .
Vgl. B 12.
44 A 16. AT. II 7, 7 [Dox. 336]. Filolao mette il fuoco nel
44 A 16. AT. II 7, 7 (D. 336 vermutlich Theophrast im
mezzo, intorno al centro, che chiama focolare del tutto [B 7] e Poseidonios-Excerpt) .
casa di Zeus e madre degli di e altare e congiungimento e
[B 7] [I 403. 15 App.]
misura della natura. E poi un altro fuoco alla sommit, quello
che circonda il tutto. Dice che per natura primo il mezzo, e . .
che intorno a questo girano i dieci corpi celesti, e sotto la sfera ' ,
delle stelle fisse i cinque pianeti, e sotto questi il sole, e sotto , []
questo la luna, e sotto questa la terra, e sotto questa l'antiterra, e , ' , ' , '
dopo tutti questi il fuoco del focolare che ha la sua sede intorno , ' , '
al centro. E chiama Olimpo la parte estrema di ci che sta
. [I 403. 20 App.]
intorno, nella quale sono gli elementi nella loro purezza, e
,
cosmo la parte che sta sotto il movimento dell'Olimpo, quella , ,

dove dice che stanno i cinque pianeti col sole e con la luna, e
cielo la parte che sta sotto questi, e cio sotto la luna e intorno
alla terra, e in cui sono le cose soggette a incessante
generazione. Dice anche che la sapienza ha come oggetto
l'ordinamento delle cose celesti, e che la virt ha come oggetto
il disordine delle cose divenienti; e che quella perfetta, questa
imperfetta8* [cfr. 58 B 37; ALEX. metaph. 38, 22 e PLAT.
Gorg. 508 A].
44 A 17. AT. III 11, 3 [Dox. 377]. Il pitagorico Filolao dice
che nel mezzo sta il fuoco (quello infatti, dice, il focolare del
tutto), e che seconda l'antiterra, terza la terra abitata che le sta
di contro e si muove in senso contrario ad essa: onde anche,
dice, gli abitatori di questa non vedono gli abitatori di quella.
STOB. ecl. I 21, 6 d p. 186, 27 [Dox. 332]. La guida nella
parte pi centrale del fuoco, che il dio creatore pose innanzi a
guisa di scafo del tutto.

, '
, , '
, ,
.
, [I 403. 25]
, .
Vgl. 58 B 37; ALEX. in Metaph. A 4 p. 38, 22 Hayd.

44 A 17. AT. III 11, 3 (D. 377 aus Theophrast) .


(
), ,

' [I 403. 30 App.]
. Vgl. II 4, 15. STOB. I 21, 6d
nach A 18 (D. 332 Theophr. Poseid.)
,
.
44 A 18. AT. II 5, 3 [Dox. 333]. Filolao dice che per due
44 A 18. AT. II 5, 3 (D. 333) [I 404. 1 App.] .
cause perisce il cosmo: per il fuoco che dal cielo precipita gi e , ,
per l'acqua lunare che si riversa per il movimento circolare
,
dell'aria; e dice che i loro vapori sono nutrimento del cosmo9*.
.
44 A 19. AT. II 20, 12 [Dox. 349]. Il pitagorico Filolao dice 44 A 19. AT. II 20, 12 (D. 349) .
che il sole come un cristallo, perch accoglie il riflesso del
, [I 404. 5 App.]
fuoco ch' nel cosmo, e rimanda a noi la luce e il calore. Sicch ,
in certo modo vi sono due soli: quello di fuoco ch' nel cielo, e , ,
quello che, rispecchiandolo, reso simile al fuoco; a meno che '
uno non voglia dire che ce n' un terzo, il bagliore che per
,
riflessione si diffonde dallo specchio su di noi. Perch anche '
questo noi chiamiamo sole, come immagine di un'immagine.
.
44 A 20. AT. II 30, 1 [Dox. 361]. Alcuni Pitagorici, tra i quali 44 A 20. AT. II 30, 1 (D. 361) [I 404. 10 App.]
Filolao, dicono che si deve giudicare la luna fatta di terra per il , .,
fatto che abitata da animali e da piante come la nostra terra, '
ma che quelli sono pi grandi e pi belli: dice infatti che gli

animali che si trovano in essa possono essere quindici volte pi '
grandi di quelli della terra, e che non espellono alcun rifiuto: e ,
che il giorno d'altrettanto pi lungo.
.
44 A 21. AT. III 13, 1-2 [Dox. 378]. Alcuni affermano che la 44 A 21. AT. III 13, 1.2. (D. 378) [I 404. 15 App.] (
terra ferma: invece il pitagorico Filolao dice che gira intorno ) .
al fuoco secondo il cerchio dell'eclittica, in modo simile al sole
e alla luna.
.
44 A 22. CENSORIN. de d. nat. 18, 8. C' anche l'anno del
44 A 22. CENSORIN. 18, 8 est et Philolai Pythagorici annus
pitagorico Filolao, composto di cinquantanove anni, con
ex annis LIX, in quo sunt menses intercalares XXI.
ventun mesi intercalari. CENSORIN. de d. nat. 19, 2. Filolao CENSORIN. 19, 2 Ph. annum naturalem dies habere [I 404.
disse che l'anno naturale di trecentosessantaquattro giorni e 20] prodidit CCCLXIIII et dimidiatum.
mezzo.
44 A 23. MACROB. s. Scip. I 14, 19. Pitagora e Filolao
44 A 23. MACROB. S. Scip. I 14, 19 Pythagoras et Philolaus
[dissero che l'anima ] armonia. ARISTOT. de an. A 4. 407 b harmoniam [nmlich animam esse dixerunt]. ARISTOT. de
27. stata tramandata un'altra opinione sull'anima... Dicono
anima A 4. 407b 27
che essa armonia, perch l'armonia mescolanza e sintesi di . . .
contrari, e di contrari composto il corpo [cfr. PLAT. Phaed.
86 B-C].
. [I 404. 25] Vgl. PLATO Phaedo 86
B C].
44 A 24. NICOM. intr. arithm. 26, 2 p. 135, 10. Alcuni,
44 A 24. NICOM. Arithm. 26, 2 p. 135, 10 H.
seguendo Filolao, pensano che tale mediet [cfr. 47 B 2] si
[nmlich vgl. 47 B 2]
chiami armonica perch accompagna ogni armonia geometrica,
e dicono armonia geometrica il cubo perch armonicamente
,
composto secondo tre intervalli: tante volte tanto tante volte. In
ogni cubo infatti si rispecchia questa mediet. Perch gli
[I 404. 30]

.
,
,

. IAMBL. in Nicom.
118, 23 Pist.
' [nml. die 'musikalische' Proportion]

[I 405. 1 App.] .

[c. 47] .

[p. 36 A B].
44 A 25. PORPHIR. in Ptolem. harm. 5 p. 91. Movendo di qui, 44 A 25. PORPHIR. in Ptol. 5 p. 91 Dring.
alcuni della scuola d'Eratostene dissero eccedenza l'intervallo; [I 405. 5 App.] '
cos Eliano platonico. Anche Filolao us questa
[Eratosthenes] ,
denominazione per tutti gli intervalli.
. '
. Vgl. c. 46, 4.
44 A 26. BOTH. inst. mus. III 5 p. 276, 15. Il pitagorico
44 A 26. BOTHIUS Inst. mus. III 5 p. 276, 15 Friedl. Ph.
Filolao tent invece di dividere in altro modo il tono, facendolo vero Pythagoricus alio modo tonum dividere temptavit,
derivare dal numero che primo d il cubo del primo impari,
statuens scilicet primordium toni ab eo [I 405. 10] numero, qui
tenuto in grandissimo conto dai Pitagorici. Il primo numero
primus cybum a primo impari, quod maxime apud
impari il tre: or se tu prendi il tre per tre volte e moltiplichi Pythagoricos honorabile fuit, efficeret. nam cum ternarius
per tre il numero ottenuto, avrai il ventisette, che, formando col numerus primus sit impar, tres tertio atque id ter si duxeris,
ventiquattro, dal quale il ventisette dista di tre unit, un
XXVII necessario exsurgent, qui ad XXIIII numerum tono
rapporto, d origine al tono. Perch il tre, che l'ottava parte, distat, eandem ternarii differentiam servans. ternarius enim
del ventiquattro, aggiunto ad esso, d origine al primo cubo del XXIIII summae octava pars est, quae eisdem addita primum [I
tre. Filolao poi divideva questo numero in due parti, chiamando 405. 15] a ternario cybum XX ac VII reddit. ex hoc igitur Ph.
l'una, maggiore della met, apotome, e l'altra, minore della
duas efficit partes, unam quae dimidio sit maior, eamque
met, diesis [B 6], chiamato in seguito semitono minore. La
'apotomen' vocat, reliquam quae dimidio sit minor eamque
differenza tra le due la chiam comma [B 6]. Pensa poi che il rursus 'diesin' dicit [B 6], quam posteri semitonium minus
diesis consti di tredici unit, anzitutto perch in esso fu vista la appellavere; harum vero differentiam 'comma' [B 6]. ac
differenza tra duecentocinquantasei e duecentoquarantatre, e primum diesin in XIII unitatibus constare arbitratur eo, quod
poi perch esso, il tredici, costituito dal nove, dal tre e
haec inter [I 405. 20 App.] CCLVI et CCXLIII pervisa sit
dall'unit; e l'unit esprime il punto, il tre la prima linea dispari, differentia, quodque idem numerus, id est XIII, ex novenario,
il nove il primo quadrato dispari. Ponendo quindi il diesis, or ternario atque unitate consistat, quae unitas puncti obtineat
detto semitono, come tredici, l'altra parte del ventisette,
locum, ternarius vero primae inparis lineae, novenarius primi
costituita da quattordici unit, la chiama apotome. Poi,
inparis quadrati. ex his igitur causis cum XIII diesin ponat,
essendoci tra il tredici e il quattordici la differenza di un'unit, quod semitonium nuncupatur, reliquam XXVII numeri partem,
fa consistere il comma nell'unit. Il tono intero lo pone in
quae XIIII unitatibus [I 405. 25] continetur, apotomen esse
ventisette unit, perch il ventisette la differenza tra il
constituit. sed quoniam inter XIII et XIIII unitas differentiam
duecentosedici e il duecentoquarantatre, che distano tra loro di facit, unitatem loco commatis censet esse ponendam. totum
un tono10*.
vero tonum in XXVII unitatibus locat eo quod inter CCXVI
ab CCXLIII qui inter se distant tono, XXVII sit differentia.
44 A 27. MENON ap. ANON. LONDIN. 18, 8 p. 31. Filolao di 44 A 27. MENON ANONYMI LONDIN. [Suppl. Arist. ed. Ac.
Crotone dice che i nostri corpi sono composti dal caldo e non Bor. III 1] 18, 8 p. 31 [I 405. 30 App.] .
partecipano del freddo. Argomenta pressappoco cos: il seme, .
che appunto d vita all'animale, caldo; e il luogo dov'esso ,
gettato, la matrice, pure caldo, e simile ad esso; or il simile ha ,
la medesima potenza di ci cui simile; quindi, non
, ( ),
partecipando del freddo n il seme che produce n il luogo

dove esso gettato, ne consegue che anche l'animale prodotto
partecipa del caldo. Sulla composizione dell'animale argomenta , [I 405. 35] ,
cos: l'animale, appena partorito, aspira l'aria esterna, che
,
fredda; poi la rimanda fuori secondo necessit: or appunto
.
desidera l'aria esterna per raffreddare, introducendola, il corpo,
che troppo caldo. Dice dunque che tale la costituzione del
nostro corpo. E dice anche che le malattie vengono o dalla bile .
o dal sangue o dal catarro, e che questi appunto sono princpi ,
delle malattie. Dice che il sangue si fa denso per compressione [I 406. 1]
interna della carne, sottile per la dilatazione dei vasi sanguigni .
che stanno nella carne. E che il catarro composto dalle orine; .
e che la bile il liquido della carne. In questo per, nel dire
,
ch' un liquido della carne e non che risiede nel fegato, dice
.
spigoli d'ogni cubo sono dodici, gli angoli otto, le facce sei.
Ora otto medio, secondo la proporzione armonica, tra sei e
dodici. IAMBL. in Nicom. arithm. 118, 23. Dicono che essa [=
la proporzione 'musicale'] fu scoperta dai Babilonesi, e
introdotta in Grecia da Pitagora. Certo comunque che l'hanno
usata molti Pitagorici: Aristeo di Crotone, Timeo di Locri [cap.
49] Filolao e Archita di Taranto e altri molti; e in seguito
Platone nel Timeo [36 A-B].

cosa contraria alle opinioni comuni. Quanto al catarro [flegma], ,


mentre quasi tutti dicono che freddo, egli giudica che sia
[I 406. 5 App.]
caldo per sua stessa natura e dice che si chiama cos appunto
per il fatto che arde [] e che perch hanno catarro sono . .
infiammate le parti infiammate. Questi son dunque, per lui, i
princpi delle malattie: e concause sono l'eccesso di
,
riscaldamento, di nutrimento, di raffreddamento, o la scarsit . '
di questi o di cose simili a questi [cfr. 84 B 4; 68 A 159].
.
[I 406. 10 App.]

,
, ,
. Vgl. 84 B 4; 68 A 159.
44 A 28. MENON ap. ANON. LONDIN. 20, 21.
44 A 28. MENON ANONYMI LONDIN. [Suppl. Arist. ed. Ac.
Pressappoco come Filolao, anche costui [Petrone] pensa
Bor. III 1] 20, 21 [Petron] .
che la bile in noi sia soltanto dannosa.
.
44 A 29. SEXT. EMP. adv. math. VII 92. I Pitagorici
44 A 29. SEXT. adv. math. VII 92 [I 406. 15]
dicono che [guida ] la ragione: non la ragione in
[nml. ],
qualunque sua forma, ma quella che pone i fondamenti
, ,
nella matematica. Cos anche Filolao diceva che la ragione, .,
contemplando la natura dell'universo, affine ad essa,
,
perch il simile compreso dal simile [segue 31 B 109].
. (folgt. 31 B
109).
B. FRAMMENTI
B. FRAGMENTE
[I 406. 20 App.]


SULLA NATURA
Vgl A 1 (I 398, 5. 13), 8 (I 399, 33). DIOG. VIII 55 (oben I 277,
35), IAMBL. V. P. 199 (oben I 104, 27)

44 B 1. [Bckh Philolaos S. 45]. DIOG. VIII 85 [A 1 I 398, 20]


44 B 1. DIOG. LAERT. VIII 85 [A 1]. Sulla natura. Il principio [ 406. 25 App.]
questo:
' '
,
La natura nel cosmo composta di elementi illimitati e di
'.
elementi limitati: sia il cosmo nel suo insieme che tutte le sue
parti.
44 B 2. STOB. ecl. I 21, 7 a p. 187, 14. Da Filolao intorno al
cosmo:

44 B 2. [B. 47] STOB. Ecl. I 21, 7a [p. 187, 14 Wachsm.] [I 407.


1 App.] .

Tutte le cose sono necessariamente o limitanti o illimitate o



limitanti e illimitate. Soltanto cose illimitate o soltanto cose

limitanti non ci potrebbero essere11*. Ordunque, essendo
> . [I 407. 5 App.] '
evidente che le cose che sono non possono essere composte
' ,
soltanto da elementi limitanti n soltanto da elementi illimitati,
anche evidente che il cosmo e tutte le cose che sono in esso
.
furono composte da elementi limitanti e da elementi illimitati. Lo .
prova quanto accade nei fatti: perch ci che formato da
, ' [I 407. 10
elementi limitanti limitato, ci che composto da elementi
App.] , '
limitanti e da elementi illimitati illimitato e limitante, ci che . (Vgl. DAMASC. I 101, 3 Ru.
composto da elementi illimitati apparir illimitato12*. Cfr.
, [p. 23 C]
DAMASC. de princ. 50 I 101, 3. Ci che , dal limite e
. . Vgl. A 9). Folgen bei
dall'illimite, come dice Platone nel Filebo [23 C] e Filolao nei
STOB. B 4-7.
libri Sulla natura [cfr. A 9].
44 B 3. IAMBL. in Nicom. p. 7, 24. Secondo Filolao
44 B 3 [B. 49]. IAMBL. in Nicom. p. 7, 24 Pist. [I 408. 1
assolutamente impossibile che ci sia oggetto conoscibile, se
App.]
tutti gli elementi sono illimitati.
.
44 B 4. STOB. ecl. I 21, 7 b p. 188, 5. Tutte le cose che si
44 B 4 [B. 58]. STOB. Ecl. I 21, 7b [p. 188, 5 W.]
conoscono hanno numero: senza il numero non sarebbe
[I 408. 5 App.]


.
44 B 5. STOB. ecl. I 21, 7 c p. 188, 9. Il numero ha due specie 44 B 5 [B. 58]. STOB. Ecl. I 21, 7 c [p. 188, 9]
sue proprie, il dispari e il pari: e terza il parimpari, formato da , ,
queste due mescolate. Molte forme ci sono dell'una e dell'altra, '
e ogni cosa per se stessa le rivela13*.
[I 408. 10 App.] ,
.
44 B 6. STOB.ecl.I 21, 7 d p. 188, 14 [integrato da NICOM. 44 B 6 [B 62]. STOB. Ecl. I 21, 7 d [p. 188, 14 ergntz aus
harm. 9 p. 252, 17 Jan]. Riguardo alla natura e all'armonia le NICOM. Harm. 9 p. 252, 17 Jan]
cose stanno cos. La sostanza delle cose, che eterna, e la

natura stessa, richiedono conoscenza, non umana, ma divina;
tranne per questo che nessuna delle cose che sono e noi
[I 408. 15 App.]
conosciamo sarebbe potuta venire all'esistenza, se non ci fosse '
la sostanza delle cose che compongono il cosmo, delle limitanti ' [
e delle illimitate. Ora, non essendo i princpi n uguali n della 409. 1 App.] ,
stessa specie, non si sarebbero potuti ordinare in un cosmo, se , .
non si fosse aggiunta l'armonia, in qualunque modo vi si sia
' ,
aggiunta. Se fossero stati simili e d'egual specie, non avrebbero ,
avuto bisogno dell'armonia: ma gli elementi che sono dissimili [I 409. 5 App.] .
e di specie diversa e diversamente ordinati, devono essere

conchiusi dall'armonia che li pu tenere stretti in un cosmo.
,
L'armonia completa costituita dall'intervallo di quarta e da
,
quello di quinta. La quinta maggiore della quarta di un tono; . perch la quarta s'estende dalla nota pi alta (hypate) a quella [I 409. 10 App.]
di mezzo (mese), la quinta dalla mese alla nota pi bassa
' '
(nete): dalla nete alla terza [poi paramese] c' una quarta, dalla . ,
terza alla hypate una quinta. L'intervallo tra la mese e la terza ' ,
di nove ottavi: quello d'un accordo di quarta di quattro terzi: , '
quello d'un accordo di quinta di tre mezzi: quello d'ottava di ' [I 409. 15 App.]
due unit. Cos la scala s'estende per cinque toni e due diesis, la , [I 410. 1 App.]
quinta per tre toni e un diesis, la quarta per due toni e un diesis. ' , .
Cfr. BOTH. inst. mus. III 8 p. 278, 11. Filolao definisce cos , '
questi intervalli e gli intervalli minori di questi. Dice:
, '
. Vgl. BOTHIUS Inst. mus. III 8 p. 278, 11 Friedl.
Il diesis l'intervallo minore di due toni al rapporto di quattro Philolaus igitur [I 410. 5] haec atque his minora spatia talibus
terzi. Il comma l'intervallo minore di due diesis (vale a dire di definitionibus includit: diesis, inquit, est spatium quo maior
due semitoni minori), al rapporto di nove ottavi. Lo schisma est sesquitertia proportio duobus tonis. comma vero est
la met di un comma, il diaschisma la met di un diesis (vale a spatium, quo maior est sesquioctava proportio duabas
diesibus, id est duobus semitoniis minoribus. schisma est
dire di un semitono minore)14*.
dimidium commatis, diaschisma vero dimidium dieseos, [I
410. 10 App.] id est semitonii minoris.
44 B 7. STOB. ecl. I 21, 8 p. 189, 17. Il primo armonizzato,
44 B 7 [B 91]. STOB. Ecl. I 21, 8 [p. 189, 17 W.]
l'uno, nel mezzo della sfera, e si chiama focolare.
, ,
.
44 B 8. IAMBL. in Nicom. p. 77, 9. La monade, come quella 44 B 8 [B 150]. IAMBL. in Nic. p. 77, 9
che , secondo Filolao, principio di tutte le cose (non dice egli: (
l'uno il principio di tutte le cose?)...
;) . [I 410. 15]
44 B 9. IAMBL. in Nicom. p. 19, 21. In altro momento si
44 B 9 [B 189]. IAMBL. in Nic. p. 19, 21
ricercher pi accuratamente come altre conseguenze sicure e
di non minore importanza si traggano quadrando un numero

col disporre in serie le unit componenti, e secondo natura, non , .
per legge, come dice Filolao.
44 B 10. NICOM. arithm. II 19 p. 115, 2. L'armonia nasce solo 44 B 10 [B 61]. NICOM. Arithm. II 19 p. 115, 2 [I 410. 20
dai contrari;
App.]

. THEO. SMYRN. p. 12, 10 [I 411. 1 App.]
perch l'armonia unificazione di molti termini mescolati, e
, ,
accordo di elementi discordanti.

THEO. SMYRN. p. 12, 10. I Pitagorici, che Platone segue
.
spesso, dicono che la musica armonia di contrari e
unificazione dei molti e accordo dei discordanti.
possibile pensare n conoscere alcunch.

44 B 11. THEO SMYRN. p. 106, 10. Molte cose dicono sulla 44 B 11 [B 139. 160]. THEO SMYRN. p. 106, 10
decade Archita nel libro Sulla decade e Filolao nel libro Sulla [ber die Dekas] [I 411. 5 App.]
natura [cfr. A 13]. STOB. ecl. I pr. cor. 3 p. 16, 20. Di Filolao. . [vgl. A
13]. STOB. Ecl. I proem. cor. 3 [p. 16, 20 W.] .
Bisogna esaminare i compimenti e la sostanza del numero in
rapporto alla potenza che nel dieci. Perch grande , e

perfettissima e onnipotente e principio e guida della vita divina [ 411. 10 App.]
e celeste e di quella umana, la natura del numero, partecipando
della potenza del dieci. Senza di essa tutte le cose sarebbero
* * * .
illimitate e oscure e incomprensibili.
' .
Perch la natura del numero che fa conoscere ed guida e

insegna ad ognuno tutto ci che dubbio e ignoto. Nulla
[ 411. 15 App.]
sarebbe comprensibile, n le cose in s n le loro relazioni, se .
non ci fossero il numero e la sua sostanza. Ma questo,
'
armonizzando nell'anima tutte le cose con la percezione, rende , .
conoscibili esse e le loro relazioni secondo la natura dello

gnomone, col dar corpo e distinguere le determinazioni delle [I 412. 1 App.]
cose, di quelle illimitate e di quelle limitanti.

La natura del numero e la sua grande potenza le si vedono non
soltanto nelle azioni dei dmoni e degli di, ma anche in tutte le .
attivit e in tutte le parole degli uomini, sia nelle attivit
[ 412. 5 App.]
tecniche che nella musica.
,
Nessuna menzogna accolgono in s la natura del numero e

l'armonia: non cosa loro la menzogna. La menzogna e

l'invidia partecipano della natura dell'illimitato e
.
dell'inintellegibile e dell'irrazionale.

Nel numero non penetra menzogna: perch la menzogna
[ 412. 10 App.] .
avversa e nemica alla natura, cos come la verit connaturata
e propria alla specie dei numeri.
.

, '
.
44 B 12. THEO SMYRN. [STOB. ecl. I pr. 3 p. 18, 5; cfr. A 44 B 12 [B 160]. THEO SMYRN. [I 412. 15 App.] [p. 18, 5
15]. I corpi [nella sfera] son cinque: quelli nella sfera son
W. unmittelbar nach B 11 vgl. A 15]
fuoco acqua terra aria; e, quinto, il volume della sfera15*.
, [I 413. 1 App.]
<> ,
(?), .
44 B 13. THEOL. ARITHM. p. 25, 17 de Falco. I princpi
44 B 13 [B 159]. THEOL. ARITHM. p. 25, 17 de Falco
dell'animale dotato di ragione sono quattro: cervello, cuore,
, .
ombelico, vergogne. Cos dice anche Filolao nel libro Sulla
[I 413. 5 App.] , , ,
natura:
, ' ,
,
Il cervello principio del pensiero, il cuore dell'anima e della , []
.
percezione, l'ombelico del radicarsi e dello svilupparsi
, , [I 413. 10 App.]
dell'embrione, le vergogne del getto del seme e della
generazione. Il cervello mostra il principio dell'uomo, il cuore ,
quello dell'animale, l'ombelico quello della pianta, le vergogne .'
quello di tutte le cose. Tutte le cose, infatti, fioriscono e
germogliano dal seme.
44 B 14. CLEM. ALEX. strom. III 17 [II 203, 11]. Val la pena 44 B 14 [B 181]. CLEM. Strom. III 17 [II 203, 11 St.]
di ricordare il detto di Filolao. Il pitagorico dice cos:


Anche gli antichi teologi e gli antichi vati testimoniano che per ' . . . .' PLATO Gorg. 493 A
espiare qualche colpa l'anima unita al corpo, e in questo come , [I 413. 15 App.]
,
sepolta.

.
PLAT. Gorg. 493 A. Anch'io ho sentito dire una volta da un
, [31 B 115ff. ?]
uomo sapiente che la nostra vita presente vita di morti e il
[Philolaos ?],
nostro corpo un sepolcro, e che quella parte dell'anima ove
stanno i desideri si lascia facilmente persuadere e sconvolgere ,
, '

[I 414. 1] , ,
da essi. E un uomo arguto, forse un siciliano e forse un italico, , . . .
costruendo una favola, gioca sulle parole e chiama otre []
. ,
questa parte dell'anima, perch si lascia persuadere [
] e convincere: e chiama non iniziati gli stolti, e quella , . Cratyl. 400 C [Orpheus 1 B
3]. Vgl. ATHEN. IV 157 C [I 414. 5 App.]
parte dell'anima di costoro dove sono i desideri, quella che
. . .
nulla ferma e trattiene in s, dice che un otre forato,
[fr. 2 FHG II 303]
esprimendo con un'immagine la sua insaziabilit. E,
contrariamente a quello che sostieni tu, o Callicle, egli dice che
,
nell'Ade - e vuol dire nell'invisibile - costoro, i non iniziati,
, ,
sono i pi sventurati, e portano acqua a un otre forato
servendosi di un arnese ugualmente forato, un setaccio. E per .
setaccio intende dire, come mi spieg colui che mi raccontava, [I 414. 10
l'anima, l'anima forata degli stolti, che, cieca e dimentica, non App.]
,
sa trattenere nulla in s16*. Cfr. ATHEN. IV 157 C. Euxiteo
.
pitagorico... diceva, secondo che racconta il peripatetico
Clearco [fr. 38 Wehrli] nel secondo libro delle Vite, che tutte le ,
anime sono legate al corpo e alla vita di quaggi per espiare, e
.
che il dio ha loro minacciato, se non vogliono espiare fino a
che lui stesso non le liberi, pi tormenti e pi grandi: e che
per questo che gli uomini, temendo la collera degli di, non si
tolgono la vita e desiderano di morire in vecchiaia, persuasi che
la liberazione dell'anima sar allora conforme al volere degli
di.
44 B 15. ATHENAG. 6 p. 6, 13. Quando Filolao dice che ogni 44 B 15 [B 131. 178]. ATHENAG. 6 p. 6, 13 Schw. [I 414. 15]
cosa dal dio chiusa come in un carcere, mostra che c' l'uno e .
ci che sta sopra la materia.

PLAT. Phaed. 61 D. E che, o Cebete, non avete sentito parlare . PLAT. Phaedo 61 D , ;
di queste cose, tu e Simmia, quando foste con Filolao? - S, o
Socrate, ma niente di preciso abbiamo sentito. - Certo, anch'io [Verwerflichkeit des Selbstmords] ; parlo solo per sentito dire, ma quello che ho sentito dire, nulla , . -
m'impedisce di ripeterlo ... (61 E) quello che tu dianzi mi
[I 414. 20 App.] . . . (61 E)
domandavi, io l'ho gi sentito dire da Filolao, quando si trovava [Kebes], , ,
presso di noi, e da altri, che non bisogna uccidersi: ma niente di ' [Theben] , ,
chiaro da nessuno mai ho sentito dire... (62 B) Il discorso che si
tiene nei misteri, che noi uomini siamo in un posto di guardia e . (62 B)
che non dobbiamo scioglierci e fuggir via, troppo profondo e ,
difficile mi sembra. E tuttavia mi par che si dica bene questo, '
che ci sono gli di, e che si prendono cura di noi, e che noi
, [I 414. 25 App.]
siamo cose degli di... (82 D-E). Dunque, o Cebete, quelli che . ,
hanno cura della loro anima, e non passano la vita ad
,
accarezzarsi il corpo, si staccano da chi va innanzi ignorando
ove va, e prendono un'altra via, e, convinti che non bisogna far (82 D)
cose contrarie a quelle che la filosofia insegna, ma cercare la , , ,
liberazione e la purificazione che essa ci offre, questa via son [I 415. 1] ,
contenti di percorrerla, seguendo la filosofia, per dove che essa ,
li conduca.
,

, .
Vgl. Klearchos I 414, 5.
44 B 16. ARISTOT. eth. Eud. B 8. 1225 a 30. Ci sono dunque 44 B 16 [B 185]. ARISTOT. EUDEM Eth. B 8. 1225a 30 [I
pensieri e passioni che non dipendono da noi, cos come anche 415. 5 App.] '
non dipendono da noi le azioni che nascono da tali pensieri e ,
da tali ragionamenti: ma, come disse Filolao,
, ' .
.
ci son ragioni pi forti di noi.

BACCANTI

44 B 17. STOB. ecl. I 15, 7 p. 148, 4. Baccanti di Filolao.


44 B 17 [B 90]. STOB. Ecl. I 15, 7 [p. 148, 4 W.] [I 415. 10
Il cosmo uno, e cominci a formarsi dal mezzo, con distanze App.] .
uguali dal mezzo all'alto e dal mezzo al basso. Le parti che si ,
trovano sopra la parte centrale sono dalla parte opposta rispetto .
a quelle che si trovano sotto. Perch la parte centrale rispetto .

a quelle che si trovano nell'estremit inferiore alla stessa
. [I 415. 15]
distanza che rispetto a quelle che si trovano nell'estremit
, .
superiore: e il resto ugualmente. Le une e le altre si trovano
insomma, rispetto alla parte centrale, nello stesso rapporto: se
non che sono da parti opposte17*.
44 B 18. STOB. ecl. I 25, 8 p. 214, 21. Dalle Baccanti di
44 B 18 [B. 35]. STOB. Ecl. I 25, 8 [p. 214, 21 W.]
Filolao.
. Zitat ( ) ausgefallen.
44 B 19. PROCL. in Eucl. p. 22,9. Per questo Platone si serv 44 B 19 [B. 36]. PROCL. in Eucl. p. 22, 9 Friedl. [I 416. 1]
delle figure matematiche, per insegnarci molte cose

meravigliose sugli di; e i filosofi pitagorici si servirono di

questi veli per dissimulare l'iniziazione alla conoscenza dei

dogmi divini. Tale tutto il Sacro discorso, e cos fa Filolao
. [I 416. 5
nelle Baccanti; tale infine sempre il modo delle spiegazioni App.]
teologiche dei Pitagorici.

.
FRAMMENTI DUBBI
ZWEIFELHAFTES
44 B 20 [B 151]. I. LYDUS de mens. II 12
.
44 B 20. LAUR. LYD. de mens. II 12. A ragione dunque
[I 416. 10 App.]
Filolao disse senza madre il numero sette. Perch solo il

sette non genera e non generato. Ora ci che non genera e

non generato immobile, perch movimento comporta la
generazione, non potendo essere immobile n ci che genera n , ,
,
ci che generato: ma il generante si muove per generare, il
' . . . .'Aus derselben
generato per essere generato. E tale il dio, come disse lo
unzuverlssigen Urquelle (Proros ?) PHILO
stesso retore di Taranto. Dice cos: ... uguale. PHILO de
d. opif. 100 [I 34, 10 Cohn] ' [I 416. 15]
opif. I 34, 10. Per questa ragione, mentre gli altri filosofi
paragonano questo numero a Nice, vergine senza madre, che si
,
racconta sia uscita dal cervello di Zeus, i Pitagorici lo
,
paragonano alla guida di tutte le cose: perch ci che non
genera e non generato immobile... il solo che non muove e
non mosso colui che la guida e il signore pi antico, di cui . . . '
si pu ben dire che il sette immagine adeguata. Prova quanto , '
. . [I 416. 20
io dico anche Filolao l dove dice: .. dalle altre cose.
App.] ' , , . . . '. ANATOL.
ANATOL. de dec. p. 35. Solo il sette, tra i numeri compresi
de decade p. 35 Heiberg
nella decade, non genera e non generato da altro numero
'
tranne che dall'uno. Perci appunto i Pitagorici lo dicono

vergine senza madre.
.
, , ,
signore e guida di tutte le cose, dio, uno, eterno, fermo,
, , , ,
immobile, uguale a se stesso, diverso dalle altre cose.
.
44 B 20 a. LAUR. LYD. de mens. IV 12. E dunque a ragione 44 B 20a. I. LYDUS de mens. IV 12 [I 417. 1]
Filolao dice la diade sposa di Crono, che evidentemente si
. ,
potrebbe dire anche Chrono.
.
FRAMMENTI SPURI
UNECHTES
SULL'ANIMA

44 B 21. STOB. ecl. I 20, 2 p. 172, 9. Di Filolao pitagorico, dal 44 B 21 [B. 164]. STOB. Ecl. I 20, 2 p. 172, 9 W. [I 417. 5
libro Sull'anima. Filolao dice che il cosmo incorruttibile. Dice App.] . .
cos nel libro Sull'anima:
.

Perci anche rimane incorruttibile e infaticabile per l'eternit.


Perch nessuna causa ci pu essere pi forte d'esso, n nel suo
interno n fuori d'esso, che sia capace di distruggerlo. Ma da
sempre fu questo cosmo, e per sempre durer, uno, governato
dall'uno congenere e onnipotente e incomparabile. Il cosmo,
[I 417. 10 App.] '
uno e continuo e per natura animato in ogni sua parte e fin
'
dall'eterno mosso circolarmente, ha in s anche il principio del ,
movimento e della trasformazione. Una sua parte

immutevole, l'altra mutevole. La parte immutevole si estende .
dall'anima che circonda il tutto fino alla luna, la parte mutevole
dalla luna fino alla terra. Ora, poich ci che muove compie il
suo corso dall'eternit nell'eternit, e ci che mosso si dispone [I 417. 15 App.] ,
secondo che lo spinge ci che lo muove, l'uno muover sempre
e l'altro sar sempre mosso. E l'uno sede della mente e
,
dell'anima, l'altro della genesi e del mutamento. E l'uno per .
potenza primo e soverchiante, l'altro secondo e soverchiato.
,
Quello che risulta dalle due parti, la divina che sempre corre e , [I 418. 1 App.] ,
la generata che sempre muta, il cosmo.
,
Perci anche si deve dire che il cosmo attivit eterna di dio e ,
della genesi, la natura mutevole seguendo [il dio]. E l'uno

rimane eternamente nella stessa condizione e resta com'; il
, '
resto molteplicit che nasce e muore. Le cose che son
, [I 418. 5 App.]
soggette a corruzione serbano tuttavia la loro natura e le loro ,
forme, e restituiscono alla generazione la stessa forma del
.
padre e demiurgo che le ha generate.
,

.
,
.
[I 418. 10 App.]

. . .
DEI RITMI E DELLE MISURE LIBRI TRE


44 B 22 [B 177]. CLAUD. MAM. II 3 p. 105, 5 Engelbr.
Pythagorae igitur, quia nihil ipse scriptitaverat, a posteris
quaerenda sententia est. in quibus [I 418. 15] vel potissimum
floruisse Philolaum reperio Tarentinum, qui multis
voluminibus de intellegendis rebus et quid quaeque significent
oppido obscure dissertans, priusquam de animae substantia
decernat, de mensuris ponderibus et numeris iuxta
geometricam musicam atque arithmeticam mirifice disputat
per haec omne universum extitisse confirmans. CLAUD.
MAM. II 7 p. 120, 12 [I 418. 20] nunc ad Philolaum redeo, a
quo dudum magno intervallo digressus sum, qui in tertio
voluminum, quae praenotat, [I
419. 1 App.] de anima sic loquitur: 'anima inditur corpori per
L'anima unita al corpo dal numero e dall'armonia immortale e numerum et immortalem eandemque incorporalem
convenientiam.'item post alia: diligitur corpus ab anima, quia
incorporea.
sine eo non potest uti sensibus. a quo postquam morte
deducta est, agit in mundo incorporalem [I 419. 5 App.]
E alquanto dopo:
vitam'.
44 B 22. CLAUDIAN. MAM. II 3 p. 105, 5. Il pensiero di
Pitagora che non lasci nulla di scritto, lo si deve ricavare dai
filosofi che vennero dopo di lui. Tra i quali trovo che fu
principalissimo Filolao di Taranto, che disserta in molti
volumi, in modo oscurissimo, delle cose intellegibili e del
significato di ciascuna, e, prima di dire della sostanza
dell'anima, discute in modo mirabile delle misure e dei pesi e
dei numeri nella geometria, nella musica, e nell'aritmetica, e
afferma che per opera loro ebbe origine tutto l'universo.
CLAUDIAN. MAM. II 7 p. 120, 12. Ritorno ora a Filolao, dal
quale m'ero allontanato assai: nel terzo dei volumi che intitola
Dei ritmi e delle misure parla dell'anima cos:

L'anima ama il corpo, perch senza di esso non potrebbe


servirsi dei sensi: e, dopo che la morte l'abbia separata da esso,
vive nel mondo una vita incorporea.
44 B 23. IAMBL. in Nicom. p. 10, 12 [SYRIAN. 10, 22].
44 B 23 [B 137]. IAMBL. in Nicom. p. 10, 12 [SYRIAN. 10,
Filolao dice che il numero il legame possente che tiene
22] .
perfettamente salde le cose del cosmo.
.
ATHEN. MECHAN. p. 4 Wescher. Hanno detto bene gli
__________

antichi filosofi, che bisogna conoscere le misure


dell'opportunit, in questa essendo racchiusa la filosofia:
perch ne viene giovamento alla condotta pratica, e per essa
uno impara a governarsi secondo il famoso precetto di Delfi, e
quelli di Stratone e di Estieo e di Archita e di Aristotele e degli
altri che hanno scritte cose simili a costoro. [Nell' ANON. che
lo sunteggi, p. 201, 16 Wescher, sono invece nominati:
Filolao Aristotele Isocrate Aristofane e Apollonio.]
THEOPHYL. ep. 71 [ P. G. ed. Migne 126 col. 493 A B]. ...
come avrebbe potuto dopo Archita, dopo Filolao, dopo Elio
Adriano, dopo Giuliano l'apostata, congiungere la scienza
militare e la geometria e unire ci che anticamente era diviso
da grande intervallo.

ATHENAEUS MECHAN. p. 4 Wescher


[I 419. 10]





. Der Anonymus, der dies exzerpiert (p.
201, 16 Wescher, Schneider [I 419. 15] Gr. Poliork. II S. 10),
nennt statt dieser Autoren
. Auf
Taktika der genannten Pythagoreer deutet Theophyl. Ep. 71
(Migne P. G. 126 col. 493 A B) '

' , ,
[I 419. 20] ,
.

45. EURITO

45 [33]. EURYTOS
45 A 1. IAMBL. V. P. 148 ,
45 A 1. IAMBL. v. Pyth. 148. Eurito di Crotone, discepolo di ,
Filolao, avendogli un pastore detto che a mezzogiorno gli era
,
giunta dal sepolcro la voce di Filolao, e pareva che cantasse
(questo avvenne molti anni dopo la sua morte), domand: E ' [I 419. 25 App.] ' ''; Als
ebenda IAMBL. V. P. 266 [p. 188, 7 N.] und
qual divina armonia, per gli di, egli cantava?. IAMBL. v.
267 [58 A], als 267 [58 A] bezeichnet. Vgl.
Pyth. 267. Di Metaponto Brontino... Eurito... di Taranto
DIOG. III 6. VIII 46 [oben 44 A 4. 5]; APUL. de dogm. Plat.
Filolao, Eurito. DIOG. LAERT. III 6. Furono discepoli di
3 heit der Verfasser des geflschten Buches
Filolao e di Eurito, di Taranto.
STOB. Ecl. I 6, 19. CLEM. Strom. V 29 [II 344, 19 St.].
45 A 2. THEOPHR. metaph. 11 p. VI a 19 Usener. Questo [il 45 A 2. THEOPHR. Metaphys. 11 p. VIa 19 Usener (Rossnon fermarsi prima di giungere al termine] proprio di chi Fobes) [I 420. 1 App.] [nmlich
veramente uomo sapiente. Ed quello che Archita [47 A 13] ] ,
una volta disse che faceva Eurito, quando disponeva i suoi
[47 A 13] '
sassolini. Eurito diceva: questo il numero dell'uomo, questo ,
quello del cavallo, questo il numero d'un altro animale. Ora per , ' . [I 420. 5 App.]] '
lo pi gli uomini, giunti a un certo punto, si fermano: cos
,
quelli che parlano dell'uno e della diade illimitata1*, e, detta la
generazione dei numeri e delle superfici e dei corpi, quasi tutto
il resto lasciano da parte, o solo vi accennano limitandosi a

mostrare che alcune cose, come lo spazio e il vuoto infinito,
,
vengono dalla diade illimitata, altre, come l'anima e qualche
, '
altra cosa, vengono dai numeri e dall'uno, e [insieme il tempo e ' [ '
il cielo e altre pi cose]2* ma al cielo e alle altre cose non
[I 420. 10] ,] '
accennano poi pi.

.
45 A 3. ARISTOT. metaph. N 5. 1092 b 8. Ma neppure stato 45 A 3. ARISTOT. Metaphys. N 5. 1092b 8
definito come i numeri siano cause delle sostanze e dell'essere,
se come limiti, al modo che i punti son limiti delle grandezze, e , ,
cio al modo seguito da Eurito quando, dicendo che ciascun
, ,
numero causa di ciascuna cosa, questo numero dell'uomo e [I 420. 15 App.] ,
quello del cavallo, disponeva i suoi sassolini in modo da
,
ottenere, cos come quelli che ottengono dai numeri le figure
del triangolo e del quadrato, le figure degli animali e delle
. [ALEX.] z. d. St. p. 827, 9
piante3*. [ALEX.] metaph. 827, 9. Siano, a mo' d'esempio,
,
definizione dell'uomo il numero duecentocinquanta e

definizione della pianta il numero trecentosessanta. Posto
,
questo, egli prendeva duecentocinquanta sassolini, verdi e neri [I 420. 20]
e rossi e insomma di tutti i colori, e poi, spalmato di calce viva
un muro e disegnatovi un uomo o una pianta, metteva alcuni

sassolini nelle linee del volto, altri in quelle delle mani, altri in , , ,
altre parti, e portava a termine la figura, ritratta con un numero
di sassolini uguale a quello delle unit che egli diceva definire , .
l'uomo.

46. ARCHIPPO LISIDE OPSIMO

46 [34]. ARCHIPPOS. LYSIS. OPSIMOS

46 A 1. IAMBL. v. Pyth. 250. Dei due che si salvarono,


entrambi di Taranto, Archippo si rifugi a Taranto, e Liside,
non volendo vivere oscuramente, fece vela per l'Ellade, e visse
dapprima nell'Acaia peloponnesiaca, poi pass a Tebe, ove era
stato chiamato. Ivi fu suo discepolo Epaminonda, che lo
chiam padre [cfr. NEP. Epam. 2; DIODOR. X 11, 2].

46 A 1. IAMBL. V. P. 250 [s. I 103, 38] [I 420. 25 App.]



,

,
,
.
. [I 420. 30] Vgl. NEP. Epam. 2. DIODOR.
X 11, 2.
Erfundene Anekdote aus dem Roman des Apollonios ber
Lysis IAMBL. V. P. 185 vgl. 256. Flucht und Tod erzhlt
romanhaft PLUT. de genio Socr. 13.
ZWEIFELHAFTE SCHRIFTEN

46 A 2. PORPHYR. v. Pyth. 57. Pitagora non lasci alcuno


scritto. Quelli che fuggirono, Archippo e Liside, e quelli che si
trovavano fuori del paese, conservarono poche scintille della 46 A 2. PORPH. V. P. 57 [I 420. 35]
sua filosofia, oscure e mal comprensibili.
, '

.
46 A 3. DIOG. LAERT. VIII 7. Quello che si attribuisce a
46 A 3. DIOG. VIII 7 [s. oben I 105, 13] [I 421. 1]
Pitagora, di Liside di Taranto, pitagorico, fuggito a Tebe, ed
ivi divenuto maestro di Epaminonda.

.
46 A 4. ATHENAG. 5 p. 6, 15 [dopo 44 B 15]. Liside e
46 A 4. ATHENAG. 5 p. 6, 15 Schwartz [nach 44 B 15 I 414,
Opsimo: l'uno definisce il dio come numero ineffabile, l'altro 17] [I 421. 5 App.]
come differenza tra il numero massimo e quello che lo segue ,
immediatamente. Ora, poich il numero massimo per i

Pitagorici il dieci, che la tetractys e abbraccia tutti i rapporti
aritmetici e armonici, e poich subito dopo viene il nove, il dio
la monade, e cio l'uno. Di un'unit infatti, che il numero
, ,
pi piccolo, il numero pi alto supera il numero pi vicino.
, '
[I 421. 10] .
46 A 5. IAMBL. v. Pyth. 267 [cfr. 58 A]. Di Reggio: Aristide... 46 A 5. IAMBL. V. P. 267 [58 A] . . .
Opsimo.
. Apokrypher Brief des Lysis an Hipparchos =
Hippasos bei IAMBL. V. Pyth. 75ff., EPISTOLOGR. p. 601
Hercher, DIOG. VIII 42 (= c. 17, 1 I 106, 29), den Delatte
tudes sur la litt. Pythag. (Paris 1915) als echt oder [I 421. 15]
jedenfalls alt (aus pythagoreischen Kreisen vor Timaios
stammend) erweisen will. Vgl. auch oben I 108, 24 Anm. und
unten I 448, 15ff. Anm.

47. ARCHITA

47 [35]. ARCHYTAS

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

VITA

LEBEN

47 A 1. DIOG. LAERT. VIII 79 sgg. Archita di Mnesagora, di


Taranto. Secondo Aristosseno [fr. 47 Wehrli] fu invece figlio
di Estieo. Anche lui pitagorico. Fu lui che con una lettera salv
Platone, quando Dionisio stava per ucciderlo.

47 A 1. DIOG. VIII 79 [I 421. 20]


, [fr. 13 FHG II 275 vgl. A 7.
9] , .
'

Era ammirato anche dai popolani perch dotato di ogni genere


di virt. Fu stratego della citt sette volte, mentre nessun altro
lo fu per pi d'un anno, essendo la rielezione vietata dalla
legge. Anche Platone gli scrisse due lettere, in risposta a una
lettera sua, scritta cos:
G Archita manda il suo augurio a Platone [cfr. 48, 4]. (80)
Sono contento che tu sia guarito. Delle Note che mi chiedi mi
son dato cura, e sono andato in Lucania, dove ho incontrato i
discendenti di Ocello. Quello ch'egli scrisse sulla legge, sul
regno, sulla piet, e sulla genesi del tutto, l'ho e te lo mando. Il
resto non l'ho potuto trovare; se lo trover, te lo mander1*... /

.

,
. [I 421. 25 App.]
,
. [Folgen 80. 81 die
vom Verfertiger der Okkelosschriften geflschten Briefe.]
G . (80) '
...

.

'
, ... /

(82) Quattro furono gli Archita: primo costui, secondo un


musico di Mitilene, terzo colui che scrisse un trattato
Sull'agricoltura, quarto lo scrittore d'epigrammi. Alcuni dicono
(82) ,
che ce ne fu un quinto, l'architetto cui si attribuisce un libro
Sulla meccanica che comincia cos: Queste cose io appresi da ,
, . [I 421.
Teucro cartaginese. Del musico si ricorda anche che,
30 App.] ,
rimproverato perch non faceva sentire la sua voce, rispose:
'
Per me parla e combatte il mio strumento.
'. (
Del pitagorico, Aristosseno [fr. 48 Wehrli] dice che, quando fu , '
').
stratego, non fu mai sconfitto; e che una volta si ritir dal
comando, cedendo all'invidia, e allora la citt pat subito una [fr. 14]
[I 421. 35 App.] '
sconfitta.
, .
(83) lui che per primo tratt questioni di meccanica
(83)
servendosi dei princpi matematici, e si serv del movimento
unito al disegno geometrico per trovare, mediante il taglio del
semicilindro, due medie proporzionali e raddoppiare il cubo. E ,
[I 422. 1 App.]
primo nella geometria scoperse il raddoppiamento del cubo,
.
come dice Platone nella Repubblica [VII 528 B ?].
,
[VII 528 B ?].
47 A 2. SUID. s.v. Archita di Taranto, figlio di Estieo o di
47 A 2. SUIDAS
Mnesarco o di Mnesagete o di Mnesagora, filosofo pitagorico. [I 422. 5] ,
Salv Platone che il tiranno Dionisio voleva uccidere2*. Fu a .
capo della comunit degli Italioti, eletto stratego con pieni
.
poteri dai suoi concittadini e dai Greci di quei luoghi.
,
Insegnava, anche, filosofia, ed ebbe scolari illustri e scrisse
.
molti libri [da Esichio].
'
Fu maestro, sicuramente, di Empedocle. passata in proverbio [aus Hesychios].
la frase la nacchera di Archita, perch Archita l'inventore [I 422. 10 App.]
delle nacchere, uno strumento che risuona rumorosamente.
(!). ' ', .

[aus A 10].
47 A 3. HORAT. carm. I 28. Misurasti, Archita, il cielo e la
47 A 3. HORAT. c. I 28
terra e l'innumerabile arena, ed ora ti tiene racchiuso il piccolo te maris et terrae numeroque carentis arenae
dono d'un po' di sabbia presso il lido del Matino. Non ti giova [I 422. 15] mensorem cohibent, Archyta,
aver tentato le case celesti e aver percorso con la mente il cielo pulveris exigui prope litus parva Matinum
rotondo: eri destinato a morire. Mor il padre di Pelope,
munera, nec quicquam tibi prodest
commensale degli di, e mor Titone, trasportato lontano nel
aerias temptasse domos animoque rotundum
cielo, e Minosse, ammesso ai segreti di Giove; racchiuso nel percurrisse polum morituro.
Tartaro anche il Pantoide, due volte sceso nell'Orco, bench, [I 422. 20] occidit et Pelopis genitor, conviva deorum,
staccando lo scudo e domandando la testimonianza dei tempi di Tithonusque remotus in auras
Troia, all'atra morte dicesse che spettano soltanto i nervi e le et Iovis arcanis Minos admissus, habentque
ossa, conoscitore non spregevole, a tuo giudizio, della natura e Tartara Panthoiden iterum Orco
della verit. Ma tutti sono destinati a una stessa notte, e alla via demissum, quamvis clipeo Troiana refixo
della morte, che una sola volta si pu percorrere.
[I 422. 25] tempora testatus nihil ultra
nervos atque cutem morti concesserat atrae
iudice te non sordidus auctor

naturae verique. sed omnis una manet nox,


et calcanda semel via leti.
47 A 4. STRAB. VI p. 280. Grande potenza ebbero una volta i 47 A 4. STRABO VI p. 280 [I 422. 30]
Tarentini, governati democraticamente... E accolsero la
' . . .
filosofia di Pitagora, sopra tutti Archita, che a lungo, anche,
,
ebbe il governo della citt [cfr. A 1].
' . .
[Vgl. A 1 I 421, 21. 34].
47 A 5. PLAT. ep. 7 338 C. Quanto a me, non ignoravo che
47 A 5. PLATO EP. VII p. 338 C '
spesso i giovani si trovano in questa disposizione di spirito
[vor der dritten Reise nach Syrakus
riguardo alla filosofia: e tuttavia mi sembrava pi sicuro, per 361] [I 422. 35]
allora, di non occuparmi pi di Dione e di Dionisio; sicch

risposi che ero vecchio e che nessuno degli accordi era stato

rispettato. Cos m'inimicai entrambi. Sembra per che in
.
seguito sia andato da Dionisio Archita, il quale, con la citt di [einige Zeit
Taranto, era divenuto, prima ch'io partissi, ospite e amico di
nach 367, zweite Reise]
Dionisio, per opera mia... (339 A) Devo ora dire la verit,
. . . (339 A)
anche se poi qualcuno, udito il mio racconto, disprezzer la mia '
filosofia e giudicher intelligente il tiranno. Dionisio m'invit [I 422. 40] ,
per la terza volta, e mi mand, per facilitarmi il viaggio, una
,
trireme, con Archedemo, un familiare d'Archita, ch'egli

giudicava ch'io apprezzassi sopra tutti gli altri Siculi, e altri
. . . [Brief des Dionysios an
Siculi ancora, miei conoscenti. E tutti mi ripetevano la stessa Platon] [I 423. 1]
cosa, che Dionisio aveva compiuto straordinari progressi nella
filosofia. Mi mand anche una lunghissima lettera... Mi
, , ,
giungevano intanto anche altre lettere, di Archita e dei
'
Tarentini: e tutte esaltavano l'amore di Dionisio per la filosofia, .
e tutte dicevano che, se non andavo subito, si sarebbe rotta
(340 A) . . .
l'amicizia, di grande importanza politica, che, per opera mia, . (350 A) [I423. 5]
avevano stretta con Dionisio... (340 A) Vi andai dunque,

nascondendomi la verit.... ma, com' naturale, con grandi

timori e con cattivi presentimenti: e per la terza volta dovetti , , .
ringraziare Zeus salvatore... (350 A) Vennero da me, oltre ad '
altri, alcuni addetti d'Atene, miei concittadini, e mi dissero che ,
mi si calunniava presso i peltasti, e che alcuni avevano
.
dichiarato di volermi uccidere se mi prendevano. Per salvarmi, [I 423.
escogitai questo mezzo: feci sapere ad Archita e agli altri miei 10] ,
amici di Taranto in che situazione mi trovavo. Ed essi,
,
cogliendo il pretesto di un'ambasceria, mandarono una
. . .
triacontoro con Lamisco, uno di loro. Costui and da Dionisio [Ol. 105. 360]
e lo preg per me e gli disse ch'io volevo partire e che non mi . Hieraus alle
mettesse ostacoli. Dionisio accondiscese, e mi lasci partire
Spteren z. B. CIC. de rep. I 10, 16 audisse te credo, Tubero,
dandomi il denaro per il viaggio... Arrivato in Olimpia [Ol. 105 Platonem Socrate mortuo primum [I 423. 15] in Aegyptum
= 360] nel Peloponneso, tra gli spettatori trovai Dione, e gli
discendi causa, post in Italiam et in Siciliam contendisse, ut
raccontai quello ch'era avvenuto. CICER. de rep. I 10, 16.
Pythagorae inventa perdisceret, eumque et cum Archyta
Credo, o Tuberone, che tu sappia che Platone, dopo la morte di Tarentino et cum Timaeo Locro multum fuisse et Philoleo
Socrate, se ne and dapprima in Egitto per amor di conoscenza, commentarios esse nanctum. [DEMOSTH.] Erotic. or. 61
e poi in Italia e in Sicilia per apprendere le scoperte dei
46 . . .
Pitagorici, e che ivi stette a lungo con Archita di Taranto e con ,
Timeo di Locri, e vi trov i commentari di Filolao.
' [I 423. 20]
[DEMOSTH.] erot. or. 61, 46. ... Archita di Taranto, ricevuto il
governo della sua citt, lo resse cos bene e con tanta umanit, .
che la sua fama si diffuse ovunque. Da principio egli era
disprezzato: poi, per essere venuto a contatto con Platone,
crebbe in considerazione.
47 A 6. PROCL. in Eucl. prol. II p. 66, 14 [dalla Storia della 47 A 6. PROCL. in Eucl. prol. II p. 66, 14 (aus Eudems
geometria di Eudemo]. In quel tempo vissero anche
Geschichte der Geometrie) [Platons]
Leodamante di Taso e Archita di Taranto e Teeteto di Atene. .
Costoro accrebbero il numero dei teoremi e li ordinarono pi , '
razionalmente.
[I 423. 25 App.] .
47 A 7. IAMBL. v. Pyth. 197 [da Aristosseno]. Spintaro
47 A 7. IAMBL. V. P. 197 (aus Aristoxenos)
raccontava spesso di Archita di Taranto, che una volta, poco

tempo dopo il suo ritorno da una spedizione della citt contro i


Messapi, and in un suo podere, dove da parecchio tempo non
andava, e trov che il fattore e i servi non s'erano data gran
cura della terra, che anzi l'avevano grandemente trascurata; e
che, irritatosi e sdegnatosi, per quanto a lui era possibile, disse
ai servi (per quel che si racconta) ch'era per loro una fortuna
ch'egli si fosse irritato; perch altrimenti non sarebbe rimasta
impunita la loro cos grave colpa [cfr. CICER. Tusc. VII 36,
78].
47 A 8. ATHEN. XII 519 B. Atenodoro, nel suo libro Sulla
seriet e sullo scherzo, racconta che Archita di Taranto, ch'era
insieme filosofo e uomo di stato, aveva moltissimi servi, e
sempre si divertiva a tavola con essi, facendoli partecipare al
simposio. AELIAN. var. hist. XII 15. Anche Archita di
Taranto, che fu filosofo e uomo di stato, avendo molti servi, si
divertiva molto coi loro figli, giocando con quelli nati in casa.
E amava soprattutto divertirsi con essi nei simposi [cfr. A 10].

47 A 9. ATHEN. XII 545 A. Il musico Aristosseno nella Vita


d'Archita [fr. 50 Wehrli] racconta che Dionisio il Giovane
mand alla citt di Taranto ambasciatori, tra i quali era
Poliarco, soprannominato il gaudente, un uomo che non solo
nei fatti amava i piaceri del corpo, ma anche ne discorreva
volentieri. Costui, gi noto ad Archita, e non del tutto avverso
alla filosofia, incontr nel sacro recinto Archita e i suoi amici,
e cominci a passeggiare con essi e ad ascoltare i loro discorsi.
Sorta una discussione sui desideri e in generale sui piaceri del
corpo, Poliarco disse... CICER. Cat. m. 12, 39 sgg. [parla
Catone]. Ascoltate, ottimi giovani, l'antico discorso di Archita
di Taranto, uomo tra i pi grandi e i pi illustri. Questo
discorso mi fu riportato quando, giovane, ero a Taranto con
Quinto Massimo. Diceva che nessun malanno pi funesto dei
piaceri del corpo la natura ha inflitto agli uomini, perch gli
appetiti avidi di siffatti piaceri spingono gli uomini a
procurarseli ciecamente e senza freno: (40) e che da essi
vengono i tradimenti della patria, da essi le rivoluzioni nelle
citt, da essi gli abboccamenti clandestini coi nemici; che
nessuna scelleratezza, infine, e nessun delitto si commette, che
non sia suscitato dal desiderio del piacere: che a stupri, ad
adulteri, e ad ogni vergogna nessun'altra attrattiva, se non il
desiderio del piacere, induce l'uomo. Nessun dono, diceva,
stato concesso dalla natura o da un dio, che valga pi della
mente, e a questo dono divino nulla nuoce tanto quanto il
piacere: (41) perch l dove domina la brama non v'
possibilit che ci sia temperanza, n altra virt possibile nel
regno del piacere. Per rendere evidente quest'affermazione,
voleva che si immaginasse un uomo eccitato dal massimo
piacere corporale percepibile; a nessuno, pensava, poteva
essere dubbio che quest'uomo, finch prova tal piacere, non
pu n meditare n ragionare n pensare. Per questo dichiarava
che nulla c' che sia tanto detestabile e tanto funesto quanto il
piacere, se vero che esso, quando troppo vivo e prolungato,
spegne ogni luce di ragione. Questo discorso, il nostro ospite
Nearco di Taranto (colui che rimase sempre fedele all'amicizia
del popolo romano) diceva che Archita lo aveva tenuto
conversando con Gaio Ponzio Sannita, padre di colui che
sconfisse a Caudio i consoli Sp. Postumio e T. Veturio [321 a.
C.]; e che a questo colloquio era stato presente Platone, ch'io
trovo essere venuto a Taranto durante il consolato di L.

()
, ,

[I 423. 30] ,
,
, , ,
(?), , ,
,
. Daraus
CIC. Tusc. VII 36, 78 u. v. a.
47 A 8. ATHEN. XII 519 B [I 423. 35]



AEL. V. H. XII 15
.

[I 423. 40]
. Vgl.
A 10.
47 A 9. ATHEN. XII 545 A [I 424. 1 App.] '
[fr. 15 FHG II 276]

,
,
[I
424. 5 App.] .


.

. Die Widerlegung des Polyarchos, die
bei Ath. nicht mehr erhalten ist, benutzt, wie Anklnge an
Arist. N. Eth. 12 zeigen, zu seiner Fiktion CIC. Cat. m. 12,
39 [I 424. 10] accipite enim, optimi adulescentes, veterem
orationem Archytae Tarentini, magni inprimis et praeclari viri,
quae mihi [Cato spricht] tradita est, cum essem adulescens
Tarenti cum Q. Maximo. nullam capitaliorem pestem quam
voluptatem corporis hominibus dicebat a natura datam, cuius
voluptatis [I 424. 15] avidae libidines temere et ecfrenate ad
potiendum incitarentur. (40) hinc patriae proditiones, hinc
rerum publicarum eversiones, hinc cum hostibus clandestina
colloquia nasci; nullum denique scelus, nullum malum facinus
esse, ad quod suscipiendum non libido voluptatis inpelleret:
stupra vero et adulteria et omne tale flagitium nullis excitari
aliis inlecebris nisi voluptatis. [I 424. 20] cumque homini sive
natura sive quis deus nihil mente praestabilius dedisset, huic
divino muneri ac dono nihil tam esse inimicum quam
voluptatem. (41) nec enim libidine dominante temperantiae
locum esse neque omnino in voluptatis regno virtutem posse
consistere. quod quo magis intellegi posset, fingere animo
iubebat tanta incitatum aliquem voluptate corporis [I 424. 25]
quanta percipi posset maxima: nemini censebat fore dubium
quin tam diu, dum ita gauderet, nihil agitare mente, nihil
ratione, nihil cogitatione consequi posset. quocirca nihil esse
tam detestabile tamque pestiferum quam voluptatem, si quidem
ea, cum maior esset atque longior, omne animi lumen
extingueret. haec cum C. Pontio Samnite patre eius, a quo
Caudino proelio [I 424. 30 App.] Sp. Postumius T. Veturius
consules [321 a. C.] superati sunt, locutum Archytam Nearchus
Tarentinus, hospes noster, qui in amicitia populi Romani

Camillo e di Appio Claudio [349]: e che lui l'aveva sentito


ripetere dai suoi maggiori.

47 A 10. ARISTOT. pol. 6. 1340 b 26. Si deve pensare che


fu utile invenzione quella delle nacchere d'Archita, che si
sogliono dare ai fanciulli, affinch, mentre giocano con esse,
non rompano gli oggetti domestici: perch i fanciulli non
possono star fermi.
47 A 10 a. GELL. noct. att. X 12, 8. Non meno straordinario, e
tuttavia non altrettanto inutile si deve giudicare l'oggetto che si
dice sia stato pensato e costruito da Archita pitagorico. Perch
moltissimi scrittori greci illustri, e tra essi Favorino, ricercatore
diligentissimo delle antiche memorie, scrissero, dicendola cosa
sicuramente accertata, che una colomba di legno, costruita da
Archita secondo le regole della scienza meccanica, vol.
Evidentemente era tenuta sospesa da contrappesi, e piena d'aria
compressa. Voglio, per Ercole, in una cosa tanto poco
credibile, riportare le parole di Favorino stesso [fr. 62 Marres]:

permanserat, se a maioribus natu accepisse dicebat, cum


quidem ei sermoni interfuisset Plato Atheniensis, quem
Tarentum venisse L. Camillo Appio Claudio consulibus [349!]
reperio.
47 A 10. ARISTOT. Pol. 6. 1340b 26 [I 424. 35 App.]
,

.

47 A 10a. GELL. X 12, 8 sed id, quod Archytam Pythagoricum


commentum esse atque fecisse traditur, neque minus
admirabile neque tamen vanum aeque [I 424. 40] videri debet.
nam et plerique nobilium Graecorum et Favorinus
philosophus, memoriarum antiquarum exsequentissimus,
affirmatissime scripserunt simulacrum columbae e ligno ab
Archyta ratione quadam disciplinaque mechanica factum
volasse; ita erat scilicet libramentis suspensum et aura spiritus
inclusa atque occulta concitum. libet hercle super re tam
abhorrenti a fide [I 425. 5 App.] ipsius Favorini verba ponere
[fr. 62 Marres]: .
,
Archita di Taranto, che, oltre il resto, era studioso di
meccanica, costru una colomba di legno che volava: una volta , . * * *
fermatasi, per, non si rialzava pi. Fino a tal punto***
47 A 11. AELIAN. var. hist. XIV 19. Anche in questo, oltre
47 A 11. AELIAN. V. H. XIV 19 .
che nel resto, Archita era uomo saggio, che evitava di dire
.
parole sconvenienti. E una volta, volendo altri costringerlo a
, [I 425. 10 App.]
dire una cosa sconveniente, non si lasci smuovere, e non la
, ' ,
disse, ma la scrisse su di una parete, mostrando ci che lo si
, ,
costringeva a dire, ma senza pronunciare la parola.
.
47 A 12. ARISTOT. rhet. 11. 1412 a 12. Archita disse che un 47 A 12. ARISTOT. Rhet. 11. 1412a 12 .
altare e un giudice sono la stessa cosa, perch presso di essi
'
cercano rifugio quelli che patiscono ingiustizia.
.
DOTTRINA
LEHRE
47 A 13. HESYCH. [Catalogo degli scritti aristotelici: Rose p. 47 A 13. HESYCH. Katalog der Aristotelischen Schriften
14, n. 83]. Tre libri sulla filosofia di Archita; [Rose p. 14, n.
[Rose2 p. 14 n. 83]: [I 425. 15 App.]
85] un libro di estratti dalle opere di Timeo e da Archita.
, [Rose2 p. 14, n. 85]
DIOG. LAERT. V 25 [Rose p. 6, n. 92]. Tre libri sulla filosofia . DIOG. V 25 [R. 6, n. 92]
di Archita.
. Vgl. DAMASC. de princ. II 172, 20 Ruelle
[fr. 207 R.]

. [I 425. 20] Vielleicht daher Theophr.
Metaph. 11 p. VI a 19 [s. oben c. 45, 2].
G Cfr. DAMASC. In Parm. 172, 13. Meglio attenersi alla sua G Cfr. DAMASC. In Parm. 172, 13.
definizione, conforme alla consuetudine dei Pitagorici e di
,
Platone, che pensano come altre le cose materiali e la materia ,
stessa: nel Fedone, infatti, cos le chiama Platone, dicendo che .
sono altre, e in altro, le specie percepibili. Aristotele d'altra
,
parte racconta nei libri su Archita [fr. 207 Rose] che anche
' '.
Pitagora chiamava altro la materia, come quella che scorre e
[fr. 207 R.]
diviene sempre altra. /
.
/
47 A 14. EUTOC. in Archim. sphaer. et cyl. III2 84. La
47 A 14. EUTOC. in Archim. sphaer. et cyl. (III2 84 Heib.)
scoperta d'Archita, secondo che racconta Eudemo [fr. 90
, [fr. 90 Speng.] .
Spengel]. Siano le due rette date A e . Bisogna trovare due , . ,
medie proporzionali ad A e . Si costruisca sulla retta
.
maggiore A il cerchio ABZ, e vi si prenda una corda, AB, , ,
uguale a . Questa, prolungata, s'incontri con la tangente del [I 425. 25]
cerchio in in un punto . Si conduca, parallela a O, la
.
retta BEZ; e si consideri un semicilindro retto, innalzato
,
perpendicolarmente sul semicerchio AB; e, su A, un
,

semicerchio retto giacente sul parallelogramma del


semicilindro. Se questo semicerchio, restando fermo il punto
A, estremo del diametro, gira dal punto in direzione di B,
taglier, nel girare, la superficie del semicilindro, e vi traccer
una linea.
Quindi se, restando fermo A, si fa
girare il triangolo A in senso
contrario a quello del semicerchio, col
lato A dar origine a una superficie
di cono; e il lato, nel girare, incontrer
in un punto la linea tracciata sul
semicilindro (e nello stesso tempo B
traccer sulla superficie del cono un
semicerchio).

,


[I 425.
30] :
,
[I 426.
1]
,
,


:

.

Sia la posizione del semicerchio mosso, quando le due linee


s'incontrano, quella di 'KA, e quella del triangolo fatto girare
in senso contrario, quella di A; e si chiami K il punto
d'incontro. Sia BMZ il semicerchio descritto da B, e BZ la
corda comune ad esso e al cerchio BZA.


[I 426. 5]
, ,
.
,
.

:
. [I 426. 10]
,
,
. , , .
,
,
:
. , , [I 426.
15] , , .
, :
. .
, ,
, ,
:
, , , .
[I 426. 20] , .
, , .
Zur Verdeutlichung wird eine moderne bersetzung und
Zeichnung Paul Gohlkes gegeben. Vgl. auch Hoppe
Mathematik und Astronomie im klass. Altert. [I 426. 25]
(Heidelberg 1911) S. 138. Gesucht sind zwei mittlere
Proportionale zu den gegebenen Strecken und . [I 426.
30]
ber als Durchmesser sei in der Grundebene der Kreis
gezeichnet, in ihn als Sehne = eingetragen, [I 426.
35] deren Verlngerung die Kreistangente des Punktes in
schneide. Ferner sei || gezogen. Man denke ber [I
426. 40] dem Halbkreis einen geraden Halbzylinder und
ber der Strecke einen Halbkreis in der Ebene des
Rechtecks [I 426. 45] () jenes Halbzylinders.
Wenn dieser Halbkreis um den Punkt [I 427. 1] (besser: um
die Achse ) gedreht wird und zwar in Richtung auf , so

Da K si conduca la perpendicolare al piano del cerchio BA:


per essere retto il cilindro, cadr sulla circonferenza. Si chiami
essa KI ; e si chiami il punto d'incontro con BZ della corda
mandata da I ad A, M, il punto in cui A incontra il
semicerchio BMZ. Si uniscano K con ', M con I, M con .
Ora, poich i due semicerchi 'KA e BMZ s'alzano retti sul
piano soggiacente, M, corda di BMZ, trovantesi anche nel
piano di 'KA, sar perpendicolare al piano del cerchio, e
dunque perpendicolare a BZ. E dunque il rettangolo B. Z, e
pertanto anche il rettangolo A. , sar equivalente al
quadrato di M. Quindi il triangolo AMI sar simile a
ciascuno dei triangoli MI e MA; e l'angolo IMA sar retto.
Ma anche l'angolo 'KA retto. Dunque K' e MI sono
parallele. Pertanto come 'A sta ad AK, e KA sta ad AI, cos
IA sta ad AM per la simiglianza dei triangoli. Le quattro rette
'A, AK, AI e AM son dunque successivamente proporzionali.
Ma AM uguale a perch uguale ad AB. Alle due rette date
A e si son dunque trovate le due medie proporzionali AK
ed AI.

wird er dabei auf der Zylinderoberflche eine gewisse Kurve


beschreiben [I 427. 5] (). Anderseits: wenn das Dreieck
entgegengesetzt um die Achse gedreht wird, so wird
die Seite einen Kegelmantel beschreiben und dabei in
irgendeinem Punkte jene [I 427. 10] Kurve auf der
Zylinderflche schneiden. (Die Seite oder der Kegelmantel
bildet eine zweite Kurve - - auf der Zylinderflche). In dem
Augenblick, in dem Kurve und [I 427. 15] Dreiecksseite sich
schneiden, habe der gedrehte Halbkreis (schraffiert) die Lage
, das entgegengesetzt gedrehte Dreieck die Lage , der
Schnittpunkt sei .
[I 427. 20] Der Punkt , welcher auf dem Kegelmantel einen
Halbkreis ber in einer zur Grundebene senkrechten Ebene
beschreibt, liegt jetzt in .
Von werde auf die Grundebene das Lot gefllt, das die
Kreislinie trifft (in ), da der Zylinder gerade ist. Der
Schnittpunkt von und sei . Endlich sind noch zu
ziehen , und . Da nun die [I 427. 25] beiden
Ebenen der Kreise und , senkrecht stehen auf der
Grundebene, steht ihre Schnittlinie ebenfalls senkrecht auf
allen Geraden der Grundebene, die durch den Fupunkt
hindurchgehen. Also auch _|_. Mithin ist das Rechteck
aus und oder (nach dem Sehnensatz) aus und
gleich dem Quadrat ber . Also ist (nach dem [I 427.
30] Hhensatz) ein rechter Winkel, wie auch (nach dem
Satz des Thales). Daher ist || , und es ergibt sich die
Proportion : = : = : aus der
hnlichkeit der Dreiecke. Nun ist = = , = ;
folglich sind und mittlere Proportionale zu und .
- Zur Erluterung der Figuren: Der Text des Archimedes
unterschied [I 427. 35] nicht die beiden Lagen des Punktes ;
hier ist die zweite durch einen Strich gekennzeichnet. Die
moderne Darstellung (Fig. 1) bedient sich der
Zentralprojektion, die Griechen (Fig. 2) legten alle Ebenen in
die Zeichenebene und nur, wenn anders die notwendigen
Schnittpunkte nicht zu erzielen waren, wurde an Stelle des
Halbkreises ein kleinerer Kreisbogen gezeichnet.
47 A 15. ERATOSTH. Epigramma di dedica sul problema di 47 A 15. ERATOSTH. [I 427. 40 App.] Weihepigramm ber
Delo per il raddoppiamento del cubo [EUTOC. in Archim.
das Delische Problem von der Verdoppelung des Wrfels
sphaer. et cyl. III2 112, 19]. Non cercherai n le difficili opere (Eutoc. in Archim. sphaer. et cyl. II. III in 112, 19 Heib.)
dei cilindri d'Archita, n d'ottenere, con le sezioni coniche, le
triadi di Menecmo, n se si descrive in linee una forma ricurva,
'
come fece il divino Eudosso. Cfr. [ERATOSTH.] [ivi III 106,

1]. Tra quelli che si dedicarono appassionatamente alla
, '
risoluzione del problema, cercando di trovare due medie
[I 427. 45] .
proporzionali a due segmenti dati, si dice che Archita di
Taranto le abbia trovate servendosi dei semicilindri, ed
[I 428. 1] Vgl. PSEUDERATOSTH. das. III 106, 1 Heib.
Eudosso delle cosiddette linee curve. Ora costoro dimostrarono
disegnando, ma non riuscirono a far costruzioni s da
.
servirsene, tranne, parzialmente, Menecmo; e anche Menecmo, ,
quello che fece, lo fece con difficolt. PLUTARCH. quaest.
.
conv. VIII 2, 1 p. 718 E. Perci appunto Platone mosse
, [I 428. 5]
biasimo a Eudosso e ad Archita e a Menecmo, che del

raddoppiamento del solido cercavano di servirsi per costruire . Dies ist Paraphrase des
strumenti e meccanismi, sembrandogli che irrazionale fosse il Epigramms unter Benutzung von Eratosthenes Platonikos, aus
loro sforzo per trovare, come potevano, due medie
dem PLUT. Quaest. conv. VIII 2, 1 p. 718 E
proporzionali; perch, diceva, in questo modo distruggevano e
corrompevano quello che il bene della geometria,

riconducendola a cercare oggetti sensibili, e non pi mirando , [I 428.
verso l'alto, per cogliere le immagini eterne e incorporee,
10] ' ,
presso le quali il dio essendo sempre dio3* [cfr. PLUTARCH. ,

Marc. 14; VITRUV. IX 3, 13].



'
,
. Vgl. PLUTARCH.
Marc.14; VITRUV. IX 3, 13 u.a.
47 A 16. PTOLEM. harm. I 13 p. 30,9 [cfr. BOTH. inst. mus. 47 A 16. PTOLEM. Harm. I 13 p. 30, 9 Dring [daraus
V 17 sgg.]. Archita di Taranto si dedic allo studio della musica BOTH. de mus. V 17ff.] [I 428. 15] .
pi d'ogni altro pitagorico. Egli si sforza di mantenere le

proporzioni dei rapporti non soltanto negli accordi, ma anche

nelle divisioni interne ai tetracordi giudicando che la simmetria
degli intervalli nella natura stessa dell'armonia... Egli distingue ,
tre gamme, la enarmonica, la cromatica, e la diatonica. E cos
. . .
distingue in ciascuna gli intervalli: l'ultimo rapporto lo stabilisce , [I 428. 20]
uguale nei tre generi, e lo fa consistere in 28/27 ; quello medio,
nel genere enarmonico lo fa consistere in 36/35, nel diatonico in
8/7, sicch l'intervallo primo nel genere enarmonico di 5/4, e (28/27),
nel diatonico di 9/8. Poi stabilisce nel genere cromatico il suono (36/35),
secondo a partire dal pi acuto, servendosi di quello che ha la sua (8/7),
stessa posizione nel genere diatonico, dicendo che il suono
(5/4),
secondo nel genere cromatico sta al secondo (dal pi acuto) nel (9/8).
genere diatonico nel rapporto di 256 a 243. In rapporto a questi [I 428. 25]
intervalli compone questi tetracordi servendosi di numeri primi:
se daremo ai suoni pi acuti dei tetracordi il numero 1512, ai pi
gravi, che stanno a quelli nel rapporto di 4/3 daremo il numero
2016; e questo dar, nel rapporto di 28/27, il numero 1944.
.
Questo numero rappresenter dunque il secondo suono, a partire
dal pi grave, in tutti e tre i generi. I numeri dei suoni secondi a
partire dal pi acuto saranno, nel genere enarmonico il 1890 che , [I 428. 30] ,
nel rapporto di 36/35 col numero 1944 e di 5/4 col numero
,
1512, nel genere diatonico il 1701 che nel rapporto di 8/7 col
1944 e di 9/8 col 1512, nel genere cromatico il 1792 che nel
[nml. ]
rapporto di 256/243 col 1701.
'
.
,
[I 428. 35]



, . [= fr. 5 Blass]. Folgt
die Tabelle der Intervallenverhltnisse:
INTERVALLE

la
1512 |
1512 |
1512 |
> 5/4
> 32/27
> 9/8
sol
1890 |
1792 |
1701 |
>
36/35
>
243/224
> 8/7
fa
1944 |
1944 |
1944 |
> 28/27
> 28/27
> 28/27
mi
2016 |
2016 |
2016 |
5/4 x 36/35 x 28/27 = 32/27 x 243/224 x 28/27 = 4/3
9/8 x 8/7x 28/27 = 4/3
4/3
47 A 17. PORPHYR. in Ptolem. harm. I 6 p. 107.
47 A 17. PORPHYR. in Ptolem. harm. I 6 p. 107 D. [I 429. 1]
Alcuni Pitagorici, secondo che raccontano Archita e , . ,
Didimo, dopo aver stabilito i rapporti degli accordi,
li paragonavano per determinare quali erano pi

perfetti, in questo modo. Prendevano, dei numeri che , [I 429.
costituiscono i rapporti degli accordi, quelli pi
5] , . . .
bassi, da essi chiamati numeri base, e li assegnavano '
agli accordi: poi da ciascuno dei numeri che
, '

costituivano i termini dei singoli rapporti toglievano ,


una unit, e quindi guardavano quale numero
,
risultava dalla sottrazione: per esempio, toglievano ,
un'unit al 2 e all'1, che costituiscono il rapporto
. [I 429. 10 App.] , ,
dell'accordo d'ottava, e poi guardavano quel che

restava, e cio un'unit; poi toglievano un'unit al 4 e , '
al 3, che costituiscono il rapporto dell'accordo di

quarta, e avevano, dopo la sottrazione, dal 4 il 3, dal . , ,
3 il 2, sicch quel che restava era il 5; toglievano al 3 ,
e al 2, che costituiscono il rapporto dell'accordo di , [I 429. 15]
quinta, un'unit, trovando cos dal 3 il 2 e dal 2 l'uno, . ,
sicch il resto era il 3. Chiamavano elementi simili le , ,
unit sottratte, elementi dissimili i numeri che

rimanevano dopo la sottrazione: per due ragioni,

perch uguali e simili sono i numeri sottratti a
. ,
entrambi i termini, e l'unit uguale all'unit; e
. , [I 429. 20]
perch, sottratte queste unit, necessariamente
, , '
dissimili e disuguali sono i resti, dato che disuguali .
sono i resti quando a elementi disuguali si tolgano
parti uguali. Or di termini disuguali sono costituiti .
rapporti multipli e superparticolari, in cui stanno gli '
accordi; sicch i loro resti, sottratte parti uguali, sono , , . [I 429.
disuguali. Gli elementi dissimili dunque si trovano 25] ' ' , , ,
per mescolanza; mescolare, infatti, i Pitagorici
,
chiamano il togliere le unit a entrambi i termini.
' ,
Quindi gli elementi dissimili sono messi a paragone, , [= fr. 4
e risultano, per i vari accordi, questi: 1 per quello
Blass].
d'ottava, 5 per quello di quarta, 3 per quello di
quinta. Essi dicono poi che, quanto minore
l'elemento dissimile, tanto pi perfetto l'accordo:
accordo perfetto dunque quello d'ottava, perch 1
il dissimile suo proprio; vien poi quello di quinta,
perch 3 il dissimile suo proprio; ultimo l'accordo
di quarta, perch il dissimile suo proprio 5 [fr. 4
Blass].
47 A 18. PORPHYR. in Ptolem. harm. I 6 p. 104. Archita
47 A 18. PORPHYR. in Ptolem. harm. I 6 p. 104
diceva che, negli accordi, l'udito coglie un suono solo [fr. 3
[I 429. 30
Blass].
App.] [fr. 3 Bl.].
47 A 19. BOTH. inst. mus. III 11. Il rapporto superparticolare 47 A 19. BOTH. de. mus. III 11 superparticularis proportio
non pu essere diviso in due rapporti proporzionali per
scindi in aequa medio proportionaliter interposita numero non
l'interposizione di un numero medio... La dimostrazione
potest . . . quam enim demonstrationem ponit Archytas, nimium
d'Archita troppo vaga. E' di tal modo. Sia, egli dice, il
fluxa est. haec vero est huiusmodi. sit, inquit, superparticularis
rapporto superparticolare AB. Prendo i numeri minimi che
proportio A B . sumo in eadem proportione minimos [I
stanno in quel rapporto: C e DE. Ora, essendo C e DE i numeri 429. 35] C DE . quoniam igitur sunt minimi in eadem
minimi in quel rapporto, ed essendo il rapporto
proportione C DE et sunt superparticulares, DE
superparticolare, il numero DE superer il numero C di una
numerus C numerum parte una sua eiusque transcendit. sit
parte comune a s e ad esso: sia questa sua parte D. Dico che D haec D . dico quoniam D non erit numerus, sed unitas. si
non sar un numero, ma l'unit. Perch se D numero ed
enim est numerus D et pars est eius qui est DE , metietur
divisore del numero DE, il numero DE sar divisibile per D: e D numerus DE numerum; quocirca et E numerum
quindi anche il numero E sar divisibile per D; e perci anche metietur. quo fit, ut C quoque metiatur. utrumque igitur, C
C. Pertanto sia C che DE saranno divisibili per D, il che
et DE , numeros [I 430. 1] metietur D numerus, quod
impossibile: perch i numeri minimi che si trovano in un
est impossibile. qui enim sunt minimi in eadem proportione
rapporto uguale a quello di qualsivoglia altro numero, sono
quibuslibet aliis numeris, hi primi ad se invicem sunt, [I 430. 5
primi tra loro, e hanno come differenza l'unit. D quindi
App.] et solum differentiam retinent unitatem. unitas igitur est
unit, e il numero CD superer il numero C di un'unit. Perci D . igitur DE numerus C numerum unitate
non c' numero medio che scinda quel rapporto in due rapporti transcendit. quocirca nullus incidit medius numerus, qui eam
uguali4*[fr. 6 Blass].
proportionem aequaliter scindat [fr. 6 Bl.].
47 A 19 a. THEO SMYRN. p. 61, 11. Eudosso ed Archita
47 A 19a. THEO SMYRN. p. 61, 11 Hill.
giudicavano che i rapporti che costituiscono gli accordi fossero
esprimibili in numeri: e pensavano che tali rapporti consistono [I 430. 10 App.]
in movimenti, e che il movimento veloce d suono acuto come

quello che continuamente e rapidamente batte l'aria, e che


quello lento d suono grave, come quello che meno veloce.

47 A 19 b. QUINTIL. inst. or. I 10, 17. Archita ed Eveno


giudicavano che anche la grammatica fosse soggetta alla
musica.
47 A 20. THEO SMYRN. p. 20, 19. Archita e Filolao
chiamano indifferentemente l'uno anche monade e la monade
uno.
47 A 21. THEO SMYRN. p. 22, 5. G Dividono i numeri
dapprima in due generi, quello dei numeri pari a quello dei
numeri dispari... primo dei numeri dispari alcuni dissero che
l'unit. / Ma Aristotele, nel libro sui Pitagorici [fr. 199 Rose],
dice che l'uno partecipa della natura d'entrambi, perch
aggiunto al pari d il dispari e aggiunto al dispari d il pari; e
questo non potrebbe fare se non partecipasse della natura dei
due generi. Perci chiama l'uno anche parimpari. D'accordo in
questo anche Archita.

,
. Vgl. B 1 I
433, 16. 434, 17ff. 435, 13; EUCLID. Sect. canonis Einl. VIII
128 Heiberg.
47 A 19b. QUINTIL. I 10, 17 A. atque Euenus etiam
subiectam grammaticen [I 430. 15] musicae putaverunt.
47 A 20. THEO SMYRN. p. 20, 19 .
.

47 A 21. THEO SMYRN. p. 22, 5 G '


.
,

. /
[fr. 199 Rose [Grad und Ungrad]
[I 430. 20]
, , ,

. .
47 A 22. ARISTOT. metaph. H 2. 1043 a 19. chiaro infatti 47 A 22. ARISTOT. metaph. H 2. 1043a 19
che la definizione mediante differenza riguarda la forma e
,
l'atto, quella che si serve degli elementi componenti riguarda ' [I 430. 25] .
piuttosto la materia. Lo stesso si pu dire anche delle
.
definizioni di Archita, che partecipano dei due modi. Per
. ; .
esempio: che cos' il sereno? tranquillit nella massa dell'aria; , . ;
l'aria materia, la tranquillit atto e sostanza. Che cos' la
, ,
bonaccia? uniformit nella superficie del mare; qui il mare ' .
il sostrato come materia, e l'uniformit della superficie atto e
forma.
47 A 23. EUDEM. phys. fr. 27 [SIMPLIC. phys. 431, 8].
47 A 23. EUDEM. Phys. fr. 27 (SIMPL. Phys. 431, 8)
Platone dice che nel grande-piccolo e nel non ente e nel
[I 430. 30 App.]
disuguale e insomma in tutto ci che di questo modo consiste
il movimento. Ma sembra assurdo far consistere il movimento
in questo, perch, quando c' movimento, c' un soggetto
.
mosso. E ridicolo dire che l dove sono disuguaglianza e

irregolarit anche movimento. Meglio dire che queste son .
cause, come dice Archita5*.
47 A 23 a. [ARISTOT.] probl. 16, 9. 915 a 25. Perch mai le 47 A 23a. [ARISTOT.] Probl. 16, 9. 915a 25
parti delle piante e degli animali che non servono come organi [I 430. 35] , ,
sono tutte arrotondate, nelle piante il tronco e i rami, negli
, ,
animali le gambe le cosce le braccia e il busto? e perch n
, , ,
l'intero corpo n le singole sue parti sono triangoli o poligoni? ; ,
forse perch, come diceva Archita, nel movimento naturale il . ,
rapporto dell'identico (giacch tutto per natura si muove di
( ),
moto uniforme), e questo il solo movimento che ritorna su se ,
stesso, s che, quando c', d origine a cerchi e ad altre figure , [I 430. 40] ;
rotonde?
47 A 24. EUDEM. phys. fr. 30 [SIMPLIC. phys. 467, 26].
47 A 24. EUDEM. Phys. fr. 30 (SIMPL. Ph. 467, 26) . ,
Archita, come dice Eudemo, svolgeva l'argomento servendosi ,
di domande:
' [I 431. 1
App.]
S'io mi trovassi all'estremit dello spazio, ad esempio nel cielo ;
delle stelle fisse, potrei tendere la mano o un bastoncino fuori ,
( , ).
di quella? o non potrei?

, . [I 431. 5] ' ,
Dire che non si pu assurdo: ma se si ammette che si pu
tendere la mano fuori, quello ch' fuori sar corpo o spazio (e . ,
non c' differenza, come vedremo). Si proceder dunque nello ,
' ,
stesso modo, da estremit raggiunta ad altra estremit

, .
raggiunta, sempre ripetendo la domanda. E cos, trovandosi che
c' sempre qualche cosa ove pu giungere il bastoncino,
evidente che questo qualche cosa infinito. Ora, se esso
corpo, l'assunto dimostrato; se spazio, dato che lo spazio
ci in cui o pu essere un corpo, e che quando si parla delle
sostanze eterne s'ha da dire senz'altro che quello che in
potenza, anche cos sar dimostrato che infiniti sono corpo e
spazio.
47 A 25. APUL. apol. 15. E che dire dell'affermazione che per 47 A 25. APUL. Apol. 15 quid, quod nec ob haec debet
queste ragioni il filosofo non dovrebbe neppur guardarsi, mai, tantummodo philosophus speculum invisere nam saepe oportet
allo specchio? Anzi deve non solo guardare la propria
non modo similitudinem suam, verum [I 431. 10] etiam ipsius
immagine, ma anche esaminare le cause dell'immagine,
similitudinis rationem considerare: num, ut ait Epicurus [fr.
domandandosi se, come dice Epicuro [fr. 320; p. 221, 22; cfr. I 320; p. 221, 22; vgl. I 46 p. 10, 2 Usen.], profectae a nobis
46 p. 10, 2 Usener], le immagini, partendo da noi, come una
imagines velut quaedam exuviae iugi fluore a corporibus
specie di spoglie emananti dai nostri corpi con un flusso lieve, manantes, cum leve aliquid et solidum offenderunt, illisae
quando incontrano un corpo levigato e solido, colpendolo,
reflectantur et retro expressae contraversim respondeant an, ut
vengono riflesse, e, rimandate, corrispondono, in senso
alii philosophi disputant, radii nostri seu mediis oculis
contrario, ai nostri corpi; o se siano, come sostengono altri
proliquati [I 431. 15] et lumini extrario mixti atque ita uniti, ut
filosofi, raggi nostri, che o partono dai nostri occhi e si
Plato [Tim. 64 A] arbitratur, seu tantum oculis profecti sine
mescolano e s'uniscono con la luce esterna, al modo che pensa ullo foris amminiculo, ut Archytas putat.
Platone [Tim. 64 A], o partono dai nostri occhi ma senza
trovare al di fuori alcun incremento, secondo che pensa
Archita.
47 A 26. Aus spter (neupythagoreischer ?) berlieferung
stehen bedenkliche Mitteilungen ber des 'Architas'
Berechnung des rechtwinkligen und stumpfwinkligen Dreiecks,
die mensa Pythagorea (abacus) u. dgl. bei [I 431. 20]
[BOTH.] Ars geom. p. 393, 7; 408, 14; 412, 20; 413, 22; 425,
23 Friedl. Ebenso ber die Tetraktys bei HONEIN (Sinnspr.
bers. von Loewenthal) c. 20 u. d. Namen Qitos (?).
B. FRAMMENTI GENUINI
B. ECHTE FRAGMENTE
ARMONICO

47 B 1. PORPHYR. in Ptolem. harm. p. 56. Si considerino


47 B 1 [1 Blass Ml. Graux p. 574] PORPHYR. in Ptolem.
anche, ora, le parole di Archita pitagorico, i cui scritti sono
Harm. [I 431. 25] p. 56
giudicati i pi sicuramente genuini. Nel libro Sulla matematica, ,
nel principio stesso, dice cos: Ottime conoscenze... ci
'
manifestato da molte cose. NICOM. intr. arithm. I 3, 4 p. 6, : ' . . . '. Vgl. p.
16. E anche Archita di Taranto, nel principio del suo libro
81. NICOM. Inst. Arithm. I 3, 4 p. 6, 16 Hoche [I 431. 30]
Sull'armonia dice lo stesso, in questo modo: Ottime
.
conoscenze... le primissime forme dell'ente, che sono sorelle ' . . . ' Vgl.
[cfr. PHILOP. schol. ad Nicom. p. 8, 24]. IAMBL. v. Pyth. 160, auch PHILOP. Schol. z. Nicom. p. 8, 24 Hoche. [IAMBL. Vit.
in Nicom. arithm. p. 6, 20. Quelli che hanno buone conoscenze Pythag. 160, in Nic. p. 6, 20 Pist.
degli universali [dice Archita] non possono non veder bene
(so!). . . . . . . IAMBL.
anche come sono le cose particolari.
in Nic. p. 9, 1 (de comm. math. sc. 7 p. 31, 4 Fest.) 1, 14. 15 [I
IAMBL. in Nicom. arithm. p. 9, 1 [de comm. math. sc. 7 p. 31, 431. 35 App.] . . . ].
4 Festa]. Queste... sorelle.
,
[I 432. 1 App.] ,
Ottime conoscenze mi sembra che abbiano acquisito quelli che ,

si sono dedicati alle matematiche. E non strano che essi
, , .
pensassero correttamente sulle propriet delle singole cose:
perch, conoscendo la natura del tutto, non potevano non veder [I 432. 5 App.]

bene anche come sono le cose particolari. Cos essi ci hanno

fornito chiare nozioni sulla velocit degli astri e sul loro
.
sorgere e sul loro tramontare; e inoltre sulla geometria e

sull'aritmetica e sulla scienza delle sfere e soprattutto sulla
musica; perch queste scienze sembrano essere sorelle, come . [ 432. 10]
quelle che si occupano delle due primissime specie dell'ente, , [I 433.

che sono sorelle. Videro dunque, anzitutto, che non ci pu


1 App.] ' . '
essere rumore se non ci son cose che s'urtano tra di loro. E
,
quest'urto dissero che avviene quando, nel loro movimento, le
cose si incontrano e si uniscono: perch, quando cose che si
, '
muovono in senso contrario si incontrano e si impediscono a , [I 433. 5 App.] ,
vicenda, oppure quando, movendosi nella stessa direzione ma
con velocit diversa, sono raggiunte le une dalle altre, allora, .
urtandosi, producono rumore. Dissero poi che molti suoni noi ,
non li percepiamo, o perch l'urto debole, o perch avviene a ,
molta distanza, o, alcuni, perch son troppo grandi: cos come ' , [I 433.
non entra in vasi stretti quello che uno voglia versarvi, quando 10 App.]
sia troppo grande. E dei suoni che possiamo percepire, quelli ,
prodotti da urti rapidi e forti sono acuti, quelli prodotti da urti ' , ,
lenti e deboli son gravi. Cos, se uno prende una verga e la
.
scuote lentamente e debolmente, produce, coi suoi colpi, suoni
gravi: se invece la scuote rapidamente e con forza, produce
, [I 433. 15 App.] ,
suoni acuti. N soltanto in questo modo possiamo renderci
, .
conto che le cose stanno cos, ma anche in quest'altro: quando [I 434. 1 App.]
vogliamo, parlando e cantando, mandare una voce forte e
,
acuta, mandiamo fuori l'aria con forza***. E questo avviene
, .
nel modo che vediamo per le armi da getto: quelle che sono
,
lanciate con forza vanno lontano, quelle che sono lanciate
, [I
debolmente cadono vicino: perch, quando vanno forte, l'aria 434. 5 App.] * * *
cede di pi, quando vanno piano, l'aria cede di meno. Lo stesso
accade anche per le voci: quelle prodotte da un forte soffio son , ' , .
forti e acute, quelle prodotte da un soffio debole son deboli e
gravi. Che le cose siano cos, mostra chiaramente anche questo , .
altro fatto: se un uomo parla con forza, lo udiamo anche di
[] [I 434. 10 App.]
lontano; se il medesimo uomo parla piano, non lo udiamo
,
neanche da vicino. Cos anche nei flauti. Il soffio che viene
.
dalla bocca, quando entra nei fori che le son vicini, per la gran ,
forza produce un suono pi acuto; quando entra nei fori
'
lontani, produce un suono pi grave. dunque evidente che il , ' .
movimento rapido produce suoni acuti, quello lento suoni
[I 434. 15 App.]
gravi. Lo stesso accade nei tamburelli che si scuotono durante
le cerimonie d'iniziazione: scossi piano, mandano un suono

grave; scossi con forza, mandano un suono acuto. Cos lo
, , [I 435. 1]
zufolo: se uno vi soffia ostruendone la parte inferiore, ci dar ,
un suono grave; se lo ostruisce a met o in qualunque altro
.
punto, mander un suono acuto: perch il medesimo soffio nel
primo caso esce debole per la lunghezza dello spazio che
, , [I 435. 5
attraversa, nel secondo caso esce forte per la lunghezza minore. App.] . ,
,

Quindi, dopo aver detto anche altre cose sui rapporti
proporzionali dei movimenti che producono i suoni, conclude ,

cos:
, .
[I 435. 10 App.]
Molti esempi dunque ci dimostrano che i suoni acuti sono
prodotti da movimenti pi rapidi, quelli pi gravi da movimenti
,
pi lenti.
, .
47 B 2 [2]. PORPH. in Ptol. harm. p. 92 [I 435. 15 App.]
Ci sono tre medie proporzionali nella musica: la prima quella , [nmlich
= ],
aritmetica, la seconda quella geometrica, la terza quella
subcontraria, detta armonica. La media aritmetica si ha quando . . . .

tre termini si susseguono superandosi l'un l'altro di una
medesima quantit: e cio, di quanto il primo supera il
secondo, di tanto il secondo supera il terzo. In questa
, ,[I
proporzione il rapporto tra i termini maggiori minore, quello 435. 20] , ' ,
tra i termini minori maggiore. La media geometrica si ha
[I 436. 1 App.] . ,


,
.
[I 436. 5 App.]
, .
,
, . '
. '
, ,
[I 436. 10 App.]
,
. '
,
.
47 B 3. STOB. flor. IV 1, 139 p. 88, 5. Dal libro di Archita
47 B 3 [7]. STOB. Flor. IV 1, 139 Hense
Sulla matematica: Bisogna... fanno torto altrui . IAMBL. de [I 436. 15 App.] ' . . . '.
comm. math. sc. 11 p. 44, 10. Perci Archita nel libro Sulle
IAMBL. de comm. math. sc.11 p. 44, 10 Fest. .
scienze matematiche dice: Bisogna... impossibile.
' . . . '.
quando i termini stanno in questo modo: come il primo sta al
secondo, cos il secondo sta al terzo. In questa proporzione il
rapporto tra i termini maggiori uguale a quello tra i termini
minori. La media subcontraria, che diciamo armonica, si ha
quando i termini stanno cos: di quanta parte di s il primo
termine supera il secondo, di altrettanta parte del terzo il
secondo supera il terzo. In questa proporzione il rapporto dei
termini maggiori maggiore del rapporto dei termini minori6*.

[I 437. 1 App.] '


, ,
. ' ,
' [I
437. 5 App.] ,
,
.
,


[I 437. 10 App.] .
,
,
.

, [I 438. 1 App.]
, '
, ,
.
DIATRIBE

47 B 4 [8]. STOB. I pr. 4 (p. 18, 8 W.) [I 438. 5 App.]


47 B 4. STOB. ecl. I pr. 4 p. 18, 8. Dalle Diatribe di Archita. .

La scienza del calcolo sembra essere superiore, e di molto, alle ,
. * * *
altre scienze in rapporto alla sapienza; e spiegare quello che
,
vuole pi chiaramente anche della geometria... E quelle
[I 438. 10 App.] ,
dimostrazioni che la geometria non riesce a compiere, le
compie la scienza del calcolo; e anche spiega quanto riguarda , . . .
le forme, se di queste c' trattazione7*.
SCRITTI DUBBI
ZWEIFELHAFTE SCHRIFTEN
Bisogna che tu, o apprendendo da altri o trovando da te stesso,
impari a conoscere le cose che ancora non conosci. S'apprende
da altri e con aiuto altrui, si trova da soli e con le sole proprie
forze. Trovare senza cercare difficile e raro, trovare cercando
facile e pronto; ma, se non si conosce, cercare impossibile.
La scoperta del calcolo ha fatto cessare le discordie e ha
accresciuto la concordia. Non possibile che ci sia
sopraffazione da che esso stato trovato; c' invece parit. Per
esso infatti ci accordiamo nelle relazioni d'affari. Per mezzo
suo i poveri ricevono dai ricchi e i ricchi dnno ai poveri,
avendo fiducia e gli uni e gli altri di avere la parte loro. Il
calcolo strumento di giudizio e impedisce i torti, trattenendo
dalla colpa quelli che sanno contare, col mostrare che la loro
colpa non rimarr celata quando si ricorra ad esso; e impedisce
del pari quelli che non lo conoscono, mostrando che in esso
fanno torto altrui.

SULLA DECADE
47 B 5. THEO SMYRN. p. 106, 7. La decade compie
perfettamente il numero, contenendo in s tutta la natura del
pari e del dispari, del mosso e dell'immobile, del buono e del
cattivo. Di essa hanno trattato ampiamente Archita nel libro
Sulla decade e Filolao nel libro Sulla natura [44 B 11].


47 B 5. THEO SMYRN. p. 106, 7 Hill.
[I 438. 15]
,
.
[44 B 11]
.

SUL FLAUTO
47 B 6. ATHEN. IV 184 E. Anche molti Pitagorici hanno
esercitato l'auletica: cos Eufranore e Archita e Filolao e altri
non pochi. Eufranore lasci anche uno scritto Sul flauto: e
anche Archita.

SULLE MACCHINE

47 B 7. VITRUV. VII praef. 14. [Scrissero] anche sulle


macchine: cos Diade, Archita, Archimede, Ctesibio,
Ninfodoro, Filone di Bisanzio etc.
SULL'AGRICOLTURA
47 B 8. VARRO de re r. I 1, 8. Coloro che ne scrissero in
greco... tra i filosofi Democrito fisico, Senofonte socratico,
Aristotele e Teofrasto peripatetici, e Archita pitagorico.

SCRITTI SPURI

[I 439. 1]
47 B 6. ATHEN. IV 184 E
, .
. '
. Vgl. B 1, I 434, 14. [I
439. 5] Doch s. , Chamaielon b. Ath. XIII 600
F und oben I 421, 29. 31.

Vgl. DIOG. VIII 82, I 421, 30.
47 B 7. VITRUV. praef. VII 14 non minus de machinationibus
[nmlich conscripserunt] uti Diades, Archytas, Archimedes,
Ctesibios, Nymphodorus, [I 439. 10 App.] Philo Byzantius etc.

Vgl. DIOG. VIII 82, I 421, 29.
47 B 8. VARRO de re r. I 1, 8 [daraus Colum. I, 1,7] qui
graece scripserunt [nmlich de re rustica] . . . de philosophis
Democritus physicus, Xenophon [I 439. 15] Socraticus,
Aristoteles et Theophrastus peripatetici, Archytas Pythagoreus.
UNECHTE SCHRIFTEN
Titel (s. Zeller III b 4 1191):

47 B 9. 1. STOB. ecl. I 41, 2: Sui princpi. 2. STOB. ecl. II 2,


4: Sull'ente. 3. SIMPLIC. [e altri commentatori]: Sul tutto o
47 B 9. 1. bei Stob. Ecl. I 41, 2 W. 2.
Sulle ragioni universali o Sui generi o Per le categorie. 4.
bei Stob. Ecl. II 2, 4. 3. oder
SIMPLIC. Sui contrapposti. 5. STOB. ecl. I 48, 6 [IAMBL.
oder [I 439. 20] oder
protr. 10 p. 55, 8]: Sul pensiero e sulla percezione. 6. STOB. (Kategorien) bei Simplic. u. a. Commentatoren ; vgl.
ecl. II 31, 120; flor. III 1, 105-106: Sull'educazione morale
ed. Orelli Opp. sent. II 273. 4.
(PHILOSTR. v. Apoll. VI 31 sgg.: Sull'educazione dei
bei Simpl. 5. bei Stob.
fanciulli). 7. STOB. flor. III 1, 107; 3, 65; IV 50, 28:
Ecl. I 48, 6 (Iambl. Protr. 10 p. 55, 8 Pist.) 6.
Sull'uomo buono e felice. 8. IAMBL. protr. 4 p. 16,17 sgg.:
bei Stob. Ecl. II 31, 120. Flor. III 1, 105. 106 H. ( =
Sulla sapienza. 9. STOB. flor. IV 1, 135-138; 5, 61: Sulla
Philostr. V. Apoll. VI 31ff.) 7. [I
legge e sulla giustizia. 10. IAMBL. in STOB. ecl. I 369, 9:
439. 25] bei Stob. Fl. III 1,
Sull'anima. 11. ATHEN. XII 516 C: Arte culinaria. 12. Lettere 107. 3, 65. IV 50, 28. 8. bei Iambl. Protr. 4 p. 16,
in DIOG. LAERT. III 22 e VIII 80.
17ff. Pist. 9. bei Stob. Flor. IV
1,135-138 (132 ?). 5, 61. 10. (?). Vgl. - Iambl. b.
Stob. Ecl. I 369,9. I. Lyd. d. mens. II 9. Claud. Mam. II 7 in eo
opere quod magnificum de rerum natura prodidit (
?). 11. bei [I 439. 30] Athen. XII 516 C.
12. Briefe an Dionysios und Platon bei Diog. III 22. VIII 80
[47 A 1; c. 48,4; 30 B 11].
Die Fragmente bei F. Schulte Archytae q. f. de notionibus
universalibus et de oppositis lib. rel. Diss. Marb. 1908; J. Nolle
Ps.-Archytae Fragmenta Diss. Monast. Tbingen 1914.

48. OCELLO
48 A 1. IAMBL. v. Pyth. 267 [58 A]. Lucani: Occelo ed
Occilo1*, fratelli... Occelo ed Eccelo, lucane.

48 [35a.] OKKELOS
[I 440. 1 App.]

48 A 1. IAMBL. V. P. 267 [58 A]


[so] . Im Frauenkatalog ebend.
, [so hier] .
48 A 2. CENSORIN. de d. nat. 4, 3 [da Varrone]. Ma
48 A 2. CENSORIN. 4, 3 [aus Varro] [I 440. 5 App.] sed prior
l'opinione precedente, che il genere umano sia sempre esistito, illa sententia qua semper humanum genus fuisse creditur
ebbe sostenitori Pitagora di Samo, Occelo lucano, Archita di auctores habet Pythagoran Samium et Occelum Lucanum et
Taranto e cos tutti i Pitagorici.
Archytan Tarentinum omnesque adeo Pythagoricos.
48 A 3. PHILO de aet. mund. p. 5, 2. Alcuni dicono che non fu 48 A 3. PHILO de aetern. mund. p. 5, 2 Cumont '
Aristotele il primo ad avere questa opinione, ma alcuni

. [so] [I 440. 10
App.] , ,
,
, '
.
48 A 3 a. SEXT. EMP. adv. math. X 316. Da cinque elementi 48 A 3a. SEXT. adv. math. X 316 (sc.
[fecero derivare] ogni cosa Occelo lucano ed Aristotele. Ch ai )
quattro elementi aggiungevano il quinto corpo, dotato di
[I 440. 15 App.]
movimento circolare, e dicevano che da questo sono le cose

celesti [Cfr. SCHOL. BASIL. 28 ed. Pasquali, Gtt. Nachr., . Vgl. SCHOL. in BAS. XXVIII ed. Pasquali
1910, p. 201].
Nachr. d. Gtt. Ges. 1910, 201.
48 A 4. DIOG. LAERT. VIII 80-1 [lettera di Archita a
48 A 4. DIOG. VIII 80-1 [geflschter Brief d. Archytas an
Platone, cfr. 47 A 1].
Platon, vgl. 47 A 1, I 421, 26]
Sono contento che tu sia guarito. Della tua guarigione ho
.
saputo dalla tua lettera e da Lamisco. Delle Note che mi chiedi . [I
mi sondato cura, e sono andato in Lucania, dove ho incontrato i 440. 20 App.]
discendenti di Ocello. Quello che egli scrisse sulla legge, sul .
regno, sulla piet e sulla genesi del tutto, l'ho avuto e te lo

mando. Il resto non l'ho potuto trovare; se lo trover, te lo
. . . (81)
mander.
Antwort Platons:

,
Cos Archita. Platone gli rispose cos:
[I 440. 25] .
( '
Platone saluta Archita. (81) Ho ricevuto con grandissimo
), ,
piacere le Note che mi hai mandate, e ne ho ammirato
. . .
moltissimo l'autore, che mi sembrato degno di quei suoi
Pitagorici. Ho trovato anche uno scritto di Ocello, di stirpe
lucana, intitolato Sulla natura del tutto; in esso egli non solo
dice che il tutto ingenerato e indistruttibile, ma anche
dimostra che il cosmo.

antichi progenitori.. Si dice che fossero Mirei, parte dei Troiani


emigrati al tempo di Laomedonte, uomini dabbene, secondo la
tradizione2*.
48 A 5. SYRIAN. metaph. 175, 7. N lasciavano [i Pitagorici] 48 A 5. SYR. in Metaph. 175, 7 Kroll
completamente da parte lo studio delle cose sensibili; lo
[Pythagoreer],
dimostrano non solo gli scritti di Ecello Sulla natura del tutto, [so die Hs.] [I 440. 30]
quasi plagiati, per quel che sembra, nell'opera Sulla
, [des
generazione e sulla corruzione3*, ma anche la maggior parte Aristoteles] ,
delle opere di Timeo.
(!).
48 A 6. STOB. ecl. I 20, 3 p. 173, 19. Di Ocello. Ocello dice 48 A 6. STOB. Ecl. I 20, 3 . . .
che il cosmo eterno. Dice infatti cos nei libri Sulla natura
. I 13, 2 . G
del tutto: Che, la forma non perisce... . G STOB. ecl. I 13, 2
p. 139, 15. Di Ocello. Ocello dice che la causa ci per cui una . . . . . . .
cosa avviene. Nel libro Sulla legge dice infatti cos: La vita STOB. ecl. I 13, 2 p. 139, 15. '
tiene insieme i corpi degli animali... . /
.
, '
... /
48 A 7. Di Ocello lucano Sulla natura del tutto [titolo dello
48 A 7. Titel der auf seinen Namen geflschten Schrift
scritto falsificato col suo nome].
(mit Kommentar her.
v. Harder a. O.)
48 A 8. LAUR. LYD. de mens. II 8. Sappiamo infatti che la
48 A 8. I. LYD. de mens. II 8 [p. 27, 4 W.] [I 441. 5 App.]
triade mosse la processione delle cose celesti, e che ad essa si ,
deve la loro posizione eterna nel modo come dice Ocello, il
,
quale usa queste parole: La triade diede prima principio,
'
mezzo e fine.
, '.
49. TIMEO
49 A 1. PLAT. Tim. 19 E. Soltanto gli uomini della vostra
condizione [i Pitagorici] si dedicano ancora, per natura e per
educazione, alla filosofia e alla politica insieme. Timeo, qui
presente, cittadino di Locri d'Italia, citt governata
ottimamente, a nessun altro inferiore per ricchezza e nobilt di
stirpe, ha avuto le pi alte cariche e i maggiori onori nella sua

49 [36]. TIMAIOS App.


49 A 1. PLAT. Tim. 19 E [I 441. 10]
[Pythagoreer] [nml.
]
.
,

, ' ' ' [I


441. 15] .
49 A 1a. SUID. . , .
, , [aus
HESYCH. vgl. SCHOL. PLAT. zu Tim. a. O.].
49 A 2. ARISROT. Schriftenkatalog des DIOG. V 25 [Rose
Frag. S. 6] n. 94 ;
des HESYCH. [Rose S. 14] n. 85 [I 441. 20]
. Bezieht sich auf eine Epitome des
Platonischen Dialogs vgl. SIMPLIC. de caelo p. 296, 16

' ' . [ARIST. fr. 206 Rose]. S. auch p. 379, 15.
49 A 3. PROCL. in Tim. II 38, 1. Occelo ... la processione di 49 A 3. PROCL. in Tim. II 38, 1 Diehl [c.
Timeo.
48] .
49 A 4. Di Timeo di Locri Sull'anima sul cosmo e sulla natura 49 A 4. [I 441. 25] Angebliche Vorlage Platons [vgl. I 398, 16]
[titolo di uno scritto tramandato nei manoscritti di Platone]. die uns in Platohss. berlieferte, geflschte Schrift
.
citt, e inoltre arrivato, secondo il mio giudizio, al sommo di
tutta la filosofia.
49 A 1 a. SUID. s. v. Timeo di Locri. Filosofo pitagorico.
Scrisse: Matematica, Sulla natura, Sulla vita di Pitagora [da
Esichio; cfr. SCHOL. PLAT. Tim. 19 E].
49 A 2. DIOG. LAERT. V 25 [Catalogo degli scritti
d'Aristotele: Rose p. 6 n. 94]. Estratti da Timeo e dai libri di
Archita. HESYCH. [Catalogo degli scritti d'Aristotele: Rose p.
14 n. 85]. Un libro di estratti dalle opere di Timeo e di Archita.
SIMPLIC. de cael. p. 296, 16. Quindi, riassumendo il Timeo di
Platone, scrive: dice... [ARISTOT. fr. 206 Rose].

50. ICETA
50 [37]. HIKETAS
50 A 1. CICER. ac. pr. II 39, 123. Iceta siracusano, come dice
Teofrasto [phys. opin. fr. 18; Dox. 492], pensa che il cielo il
50 A 1. CIC. Acad. Pr. II 39, 123 [I 441. 28 App.] Hicetas
sole la luna e le stelle, e infine tutte le cose celesti, stiano fermi, Syracusius, ut ait Theophrastus [Phys. Opin. fr. 18, D. 492],
e che nel mondo soltanto la terra si muova; la quale terra,
caelum solem lunam stellas, supera denique [I 441. 30] omnia
rotando con grandissima celerit intorno al suo asse, d origine stare censet neque praeter terram rem ullam in mundo moveri:
a tutti quei fenomeni, che ci sarebbero se essa fosse ferma e il quae [I 442. 1] cum circum axem se summa celeritate
cielo si movesse [cfr. AT. III 13, 2].
convertat et torqueat, eadem effici omnia quae si stante terra
caelum moveretur. Vgl. AT. III 13, 2 [s. Zeile 23]. DIOG.
VIII 85 = 44 A 1 [I 398, 12].
50 A 2. AT. III 9, 1-2 [Dox. 376]. Talete e quelli che lo
50 A 2. AT. III 9, 1. 2 (D. 376) '
seguirono dicevano ch'esiste una sola terra, Iceta pitagorico
, [I 442. 5] ,
diceva che ce ne sono due, questa e l'antiterra.
.
51. ECFANTO
51 [38]. EKPHANTOS
[I 442. 6 App.]
51 A 1. HIPPOL. ref. I 15 p. 18 [Dox. 566]. Un certo Ecfanto,
di Siracusa, affermava che non possibile avere conoscenza
51 A 1. HIPPOL. Ref. I 15 p. 18 (D. 566, W. 18) zwischen
certa delle cose che sono, e che egli diceva quello che gli
Xenophanes und Hippon:
pareva il vero. Gli elementi primi, onde hanno origine le cose ,
sensibili, sono, diceva, indivisibili, e diversi tra loro per tre
. [I 442.
modi, per grandezza e per forma e per potenza: il loro numero 10 App.] ,
limitato, e <lo spazio> illimitato:1* i corpi son mossi non dal , .
loro peso o da urti, ma da una potenza divina che egli chiama [?] .
anima e mente. Che il cosmo dotato di mente, egli diceva, si , '
pu arguirlo dal fatto che, per la sua potenza divina, ha forma , .
di sfera: centro del cosmo la terra, che si muove intorno al
, '
suo asse in direzione d'oriente.
.
[I 442. 15] .
51 A 2. AT. I 3, 19 [Dox. 286]. Ecfanto siracusano diceva che 51 A 2. AT. I 3, 19 (D. 286) ,
[princpi] di tutte le cose [sono] i corpi indivisibili e il vuoto: ,
costui per primo disse che sono corporee le monadi dei
[nmlich ]
Pitagorici.
.
51 A 3. AT. II 1, 2 [Dox. 327]. Talete Pitagora Empedocle
51 A 3. AT. II 1, 2 (D. 327)
Ecfanto Parmenide... [dissero] uno il cosmo.
. . . [I 442. 20 App.] .
51 A 4. AT. II 3, 3 [Dox. 330]. Ecfanto [disse] che il cosmo 51 A 4. AT. II 3, 3 (D. 330) .
costituito di atomi, e governato da un'intelligenza.
, .
51 A 5. AT. III 13, 3 [Dox. 378]. Eraclide Pontico ed Ecfanto 51 A 5. AT. III 13, 3 (D. 378)
siracusano dicono che la terra mossa, ma non per traslazione, ,
s invece per rotazione: essa gira, dicono, intorno al proprio
, ,
asse come una trottola, da occidente verso oriente.
[I 442. 25] '

.
52. SENOFILO

52 [39]. XENOPHILOS

52 A 1. DIOG. LAERT. VIII 46. Gli ultimi Pitagorici furono


quelli conosciuti da Aristosseno [fr. 19 Wehrli]: Senofilo,
calcidese della Tracia, e Fantone... IAMBL. v. Pyth. 251. I pi
stimati furono Fantone Echecrate Polimnesto e Diocle, tutti di
Fliunte, e Senofilo, calcidese dei Calcidesi della Tracia.
IAMBL. v. Pyth. 267. Di Cizico: Pitodoro... Senofilo.

52 A 1. DIOG. VIII 46 [s. I 101, 36. 399, 2] [I 442. 27 App.]


,
,
. IAMBL. V. P. 251
[I 442. 30]
,
. IAMBL. V. P. 267 p. 193,5
[nicht der I 248, 31 erwhnte] ... [ein
anderer ?].
52 A 2. VAL. MAX. VIII 13 ext. 3 [I 443. 1] biennio minor
[als Gorgias] Xenophilus Chalcidensis Pythagoricus, sed
felicitate non inferior, si quidem, ut ait Aristoxenus musicus [fr.
16 FHG II 277], omnis humani incommodi expers in summo
perfectissimae doctrinae splendore extinctus est. [LUC.]
Macrob. 18[I 443. 5] ,
,
. PLIN. N. H. VIII
168 ergo pro miraculo et id solitarium reperitur exemplum
Xenophili musici centum et quinque annis vixisse sine corporis
incommodo.
52 A 3. SUID. s. v. ...
[Spintharos] [I 443. 10] ,
. Vgl.
GELL. IV 11 [I 101, 26].

52 A 2. VAL. MAX. VIII 13 extr. 3. Di due anni pi giovane


[di Gorgia] fu Senofilo calcidese, pitagorico, ma non meno
fortunato di lui, se vero che mor senza aver mai sofferto
malattie e nel massimo splendore di una dottrina perfettissima,
secondo che racconta il musico Aristosseno [fr. 20 a Wehrli].
[LUCIAN.] macrob. 18. E musico Senofilo, che aveva
abbracciato la filosofia di Pitagora, mor, secondo che racconta
Aristosseno [fr. 20 a Wehrli] in Atene a oltre centocinque anni.
PLIN. nat. hist. VIII 168. E' dunque cosa straordinaria, e se ne
trova il solo esempio del musico Senofilo, vivere centocinque
anni senza malattie.
52 A 3. SUID. s. v. . Aristosseno ... fu scolaro del
proprio padre [Spintaro] e di Lampro di Eritre, poi del
pitagorico Senofilo, e infine d'Aristotele. [cfr. GELL. noct. att.
IV 11].

53. DIOCLE. ECHECRATE. POLIMNESTO.


FANTONE. ARIONE

53 A 4. PLAT. Phaed. 88 D. [Echecratis:] - Mi attrae, e


sempre mi ha attratto questo discorso, che la nostra anima
una specie d'armonia: e ad ascoltarlo mi venne in mente che
una volta anch'io credevo cos [cfr. 44 A 23]. CICER. de fin. V
29, 87. Perch mai Platone and poi a Taranto, da Archita? e
poi dagli altri Pitagorici, Echecrate e Timeo e Arione di Locri?
[Cfr. PLAT. ep. 9 358 B.]

53 [40]. DIOKLES. ECHEKRATES. POLYMNASTOS.


PHANTON. ARION
53 A 1. DIOG. VIII 46. G
, [fr. 19 Wehrli],

,
.
. / IAMBL. V. P. 251 [s. I 399, 3;
442, 29].
53 A 2. IAMBL. V. P. 267 [s. I 447, 14] [I 443. 15]
, , , .
53 A 3. Zu Echekrates vgl. auerdem IAMBL. V. P. 267 [s. I
446, 26] unter den Vgl. dagegen I 448, 1. 12
. PLAT. Phaedo 57 A Echekrates:
[Sokrates]; .
[I 443. 20]
.
53 A 4. PLAT. Phaedo 88 D (Echekrates
spricht) ,
,
. [I 443. 25]
[Vgl. 44 A 23] Daher nennt als Platons Lehrer neben Archytas
CIC. de fin. V 29, 87 Echecratem, Timaeum, Arionem, Locros.
Vgl. [PLAT.] Ep. 9 p. 358 B.

54. PRORO AMICLA CLINIA

54 [41]. PROROS. AMYKLAS. KLEINIAS

53 A 1. DIOG. LAERT. VIII 46. G Gli ultimi Pitagorici


furono quelli conosciuti da Aristosseno [fr. 19 Wehrli]:
Senofilo, calcidese della Tracia, e Fantone di Fliunte, ed
Echecrate e Diocle e Polinmesto, pure di Fliunte: erano scolari
di Filolao e di Eurito, tarentini [cfr. IAMBL. v. Pyth. 251]. /
53 A 2. IAMBL. v. Pyth. 267. Di Fliunte: Diocle Echecrate
Fantone Polimnesto.
53 A 3. IAMBL. v. Pyth. 267. Di Taranto: Filolao...
Echecrate... Donne pitagoriche... Echecratia di Fliunte. PLAT.
Phaed. 57 A. [Echecratia:] - Come mor [Socrate]? mi
piacerebbe saperlo. Perch ora nessuno viene da Fliunte in
Atene...

54 A 1. IAMBL. v. Pyth. 127. Questo gli diceva [Dionisio il

54 A 1. IAMBL. V. P. 127

[Aristoxenos] [d. jngere Dionys]


[s. c. 55] , [I 443.
30 App.] [s. I 446, 28].
54 A 2. DIOG. LAERT. IX 40. Aristosseno nei suoi
54 A 2. DIOG. IX 40 '
Commentari storici [fr. 131 Wehrli] racconta che Platone
[fr. 83 FHG II 290]
voleva bruciare tutti gli scritti di Democrito che aveva potuti ,
raccogliere; e che lo dissuasero Amicla e Clinia pitagorici,

dicendogli che non sarebbe servito a nulla, perch i libri erano ,
gi in mano di molti.
.
54 A 3. DIODOR. X 4, 1 [da Aristosseno]. Clinia di Taranto. 54 A 3. DIODOR. X 4, 1 [aus Aristoxenos] [I 443. 35]
Appartenendo a detta scuola, una volta, avendo saputo che
, ,
Proro di Cirene in seguito a un accidente politico aveva perduto ,
le sue sostanze e si trovava nell'indigenza, salp dall'Italia e

and a Cirene con molto denaro, e ricostru a Proro la sua
, [I 444. 1]
sostanza, bench non l'avesse mai visto; ma sapeva ch'era
,
pitagorico.
,
, .
54 A 4. ATHEN. XIV 624 A. Il pitagorico Clinia (secondo che 54 A 4. ATHEN. XIV 624 A ,
racconta Cameleonte pontico), uomo di vita e di costumi
[I 444. 5 App.] ,
eccellenti, se era preso dalla collera prendeva la lira e si
,
metteva a sonare; e a chi gliene domandava il perch, Mi
' ,
calmo, rispondeva.
.
"".
54 A 5. PLUTARCH. quaest. conv. III 6, 3 p. 654 B. Mi piace 54 A 5. PLUT. Quaest. conv. III 6, 3 p. 654 B
moltissimo, diceva, il detto di Clinia, che, avendogli uno
:
domandato qual il momento migliore per avvicinarsi a una
, [I 444. 10]
donna, Quando - rispose - hai pi voglia di guai.
'' '
.'
54 A 6. [Un'opera Sull'Ebdomade attribuita a Proro da
54 A 6. Flschung auf den Namen des Proros (schon
NICOM. ap.THEOL. ARITHM. p. 57 de Falco, SYRIAN.
alexandrinisch ?) NICOM. in Theol. arithm.
methaph. p. 192, 5; a Clinia da SYRIAN. p. 168, 18.]
p. 56 de Falco, SYRIAN. in Arist. Metaph. p. 192, S Kroll,
[vgl. I 416, 14]; auf den Namen des Kleinias ebenda: THEOL.
ARITHM. p. 21 de Falco, SYR. p. 168, 18 Kr.
Giovane ad Aristosseno] e gli raccontava di Finzia e di
Damone, di Platone e d'Archita, e di Clinia e di Proro.

55. DAMONE E FINZIA


DIODOR. X 4, 3 [da Aristosseno]. Quando Dionisio era
tiranno, un pitagorico, Finzia, aveva attentato alla sua vita.
Condannato a morte, domand a Dionisio di concedergli
un po' di tempo per mettere in ordine i suoi affari privati:
diceva che un suo amico avrebbe garantito, con la vita, il
suo ritorno. Il tiranno non credeva che ci fosse un amico
disposto ad andare in carcere per lui: ma Finzia fece
chiamare un suo amico, di nome Damone, anche lui
filosofo pitagorico; e questi senza indugio garant con la
sua vita il ritorno di Finzia. Ci fu allora chi lod il
mallevadore, per la grandezza del suo amore per l'amico; e
ci fu chi lo tacci di temerit e di follia. Verso l'ora
stabilita tutto il popolo accorse per vedere se colui che
aveva dato l'amico come garante avrebbe mantenuto la
parola data. E gi il momento s'avvicinava e tutti
disperavano, quando, proprio all'ultimo, mentre Damone
era condotto al supplizio, e nessuno l'attendeva pi, Finzia
giunse di corsa. Mirabile giudicarono tutti quell'amicizia;
e Dionisio grazi il condannato e chiese di essere accolto
dai due come terzo amico.

55 [42]. DAMON UND PHINTIAS


[I 444. 15 App.]
DIODOR. X 4, 3 [aus Aristoxenos vgl. c. 54, 1.
58 D 7]
,
,
[]

' [I 444.
20 App.] .
,
'
,
,
,
.

,
.
[I 444. 25]
,
.
,


.


[I 444. 30]

56. SIMO MIONIDE EUFRANORE

56 [43]. SIMOS. MYONIDES. EUPHRANOR

56 A 1. IAMBL. v. Pyth. 267. Di Posidonia Atamante, Simo. 56 A 1. IAMBL. V. P. 267 p. 191, 8 N. [I 444. 32 App.]
, .
56 A 2. PORPHYR. v. Pyth. 3. Cancellato
56 A 2. PORPHYR. V. P. 3 [nach dem Epigramm oben I 98, 12] '
l'epigramma e impadronitosi del canone, il musico [?]
Simo lo pubblic come proprio. Sette erano le
[I 445. 1 App.]

formule iscritte, e per quell'una che Simo rub


, , ,
scomparvero anche le altre iscritte nella statua.
.
56 A 3. IAMBL. in Nicom. arithm. p. 116, 1. Abbiamo 56 A 3. IAMBL. in Nic. p. 116, 1 Pistelli
detto anche delle tre mediet che seguono le prime, di cui ,
si servirono i matematici da Platone a Eratostene, e che , [I 445. 5]
furono scoperte, come s' detto, dai matematici Archita [47 B 2] [c. 18,15]
[47 B 2] e Ippaso [18, 15]. N si devono dimenticare le . '
altre quattro, scoperte pi tardi dai Pitagorici pi recenti,
Mionide ed Eufranore.
[also die 7. 8. 9. 10]
.
57. LICO(NE)

57 [44]. LYKON (LYKOS)

57 A 1. IAMBL. V. P. 267 [I 445. 10 App.] . . .


. DIOG. V 69
.
57 A 2. ATHEN. II 69 E [aus Heracleides von Tarent]
(?) '

,
[I 445. 15]
.
57 A 3. ATHEN. X 418 E '
,
.
57 A 4. ARISTOCL. b. EUS. P. E. XV 2, 8 '
[I 445. 20]
.
,
, [I 446. 1]

,
.
57 A 5. SCHOL. NICANDR. Ther. 585. Demetrio Cloro dice 57 A 5. SCHOL. NICANDR. Ther. 585
che il bupleuro un albero; non un albero, ma un erbaggio... ,
Antigono dice che anche Licone ricorda l'erbaggio.
... [I 446. 5]
.
57 A 1. IAMBL. v. Pyth. 267. Di Taranto: ... Licone. DIOG.
LAERT. V 69. Ci furono anche altri di nome Licone: primo fu
il Licone pitagorico.
57 A 2. ATHEN. II 69 E [da Eraclide di Taranto]. Il
pitagorico Lico dice che la lattuga senza gambo e dalle foglie
larghe e tese, che ostacola la generazione, era detta eunuco
dai Pitagorici, e svirilizzante dalle donne: rende infatti gli
uomini diuretici e deboli ai piaceri d'amore. E' per ottima a
mangiarsi.
57 A 3. ATHEN. X 418 E. Anche Pitagora di Samo era
frugale: cos racconta Lico di Iaso nel libro Sulla vita di
Pitagora.
57 A 4. ARISTOCL. [ap. EUSEB. praep. evang. XV 2, 8].
Non ci sono sciocchezze maggiori di quelle dette da Licone, il
sedicente pitagorico. Il quale dice che Aristotele faceva in
onore della moglie morta gli stessi sacrifici che gli Ateniesi
fanno in onore di Demetra, e che si lavava con olio caldo e poi
lo vendeva: e poi che, quando and a Calcide, i gabellieri
trovarono nella sua nave settantaquattro tegami.

58. SCUOLA PITAGORICA


A. CATALOGO DI GIAMBLICO

58 [45]. PYTHAGOREISCHE SCHULE


A. KATALOG DES IAMBLICHOS

58 A 1. IAMBL. v. Pyth. 267. Che di alcuni Pitagorici si


sia perduta la memoria e il nome, cosa naturale. I nomi
di quelli conosciuti son questi. Di Crotone erano
Ippostrato, Dimante, Egone, Emone, Sillo, Cleostene,
Agelao, Episilo, Ficiada, Ecfanto, Timeo, Buto, Erato,
Itaneo, Rodippo, Briante, Enandro, Millia, Antimedonte,
Agea, Leofrone, Agilo, Onata, Ippostene, Cleofrone,
Alcmeone, Damocle, Milone, Menone. Di Metaponto:
Brontino, Parmisco, Orestada, Leonte, Damarmeno, Enea,
Chilante, Melesia, Aristea, Lafone, Evandro, Agesidemo,
Senocade, Eurifemo, Aristomene, Agesarco, Alcia,
Senofante, Traseo, Eurito, Epifrone, Erisco, Megistia,
Leocide, Trasimede, Eufemo, Procle, Antimene, Lacrito,
Damotage, Pirrone, Ressibio, Alopeco, Astilo, Dacida,
Alioco, Lacrate, Glicino. D'Agrigento: Empedocle. Di
Elea: Parmenide. Di Taranto: Filolao, Eurito, Archita,
Teodoro, Aristippo, Lcone, Estieo, Polemarco, Astea,
Cenia, Cleone, Eurimedonte, Arcea, Clinagora, Archippo,
Zopiro, Eutino, Dicearco, Filonide, Frontida, Liside,
Lisibio, Dinocrate, Echecrate, Pactione, Acusilada, Icco,
Pisicrate, Clearato, Leonteo, Frinico, Smichia, Aristoclide,
Clinia, Abrotele, Pisirrodo, Briante, Elandro, Archemaco,
Mimnomaco, Acmonida, Dicante, Carofantida. Di Sibari:
Metopo, Ippaso, Prosseno, Evanore, Leanatte, Menestore,
Diocle, Empedo, Timasio, Tolemeo, Endio, Tirseno. Di
Cartagine: Milziade, Anteno, Odio, Leocrito. Di Paro:
Eezio, Fenecle, Dessiteo, Alcimaco, Dinarco, Metone,
Timeo, Timesianatte, Eumero, Timarida.Di Locri: Gittio,
Senone, Filodemo, Evete, Eudico, Stenonida, Sosistrato,
Eutinunte, Zaleuco, Timare. Di Posidonia: Atamante,
Simo, Prosseno, Cranoo, Mie, Batilao, Fedone. Lucani:
Occelo ed Occilo fratelli, Oresandro, Cerambo. Dardanio:
Malione. Argivi: Ippomedonte, Timostene, Eveltone,
Trasidemo, Critone, Polittore. Laconi: Autocarida,
Cleanore, Euricrate. Iperboreo: Abari. Di Reggio:
Aristide, Demostene, Aristocrate, Fizio, Elicaone,
Mnesibulo, Ipparchida, Eutosione, Euticle, Opsimo, Calai,
Selinunzio. Di Siracusa: Leptine, Finzia, Damone. Di
Samo: Melisso, Lacone, Archippo, Elorippo, Eloride,
Ippone. Di Caulonia: Callibroto, Dicone, Nasta, Drimone,
Senta. Di Fliunte: Diocle, Echecrate, Polimnesto, Fantone.
Di Sicione: Poliade, Demone, Strazio, Sostene. Di Cirene:
Proro, Melanippo [cfr. 58 E 1, v. 15], Aristangelo,
Teodoro. Di Cizico: Pitodoro, Ippostene, Butero, Senofilo.
Di Catania: Caronda, Lisiade. Di Corinto: Crisippo.
Etrusco: Nausitoo. Ateniese: Leocrito. Pontico: Liramno.
In tutto furono duecentodiciotto.

58 A 1. IAMBL. V. P. 267

,
[I 446. 10
App.] .
, , , , ,
, , , ,
[s. I 442, 6], [s. I 441, 9],
, , , ,
, [?], , ,
, , , [s. I 103,
12], , , [s. I
210, 12], , [s. I 102, 18. 111,
24], [I 446. 15 App.] .
[s. I 106, 21], [s. I 112,
29], [s. I 112, 30], ,
, , , ,
, , , ,
, , ,
, , , ,
[s. I 419, 21], , ,
, , ,
, , , ,
, [I 446. 20 App.] ,
, , , ,
, , .
[s. I 276, 18].
[s. I 217, 18].
[s. I 398, 1],
[s. I 419, 21], [s. I 421, 17],
[s. I 448, 3], , [s.
I 445, 9], , , ,
, , , ,
, [I 446. 25 App.] [s. I
420, 24], , , ,
, , [s. I 420, 24],
, , [vgl. I
448, 1], , , [s. I
216, 10], , , ,
, , ,
[s. I 443, 33], , ,
[vgl. ob. Z 12], , ,
, , , [I 446. 30
App.] . [?]
[Stob. Flor. 1, 115 H.], [s. I
107, 16], , , ,
[s. I 375, 12], , ,
[I 447. 1 App.] , ,
, . ,
, , . ,
, , , ,
, [I 441, 9 gehrt in Z. 4],
, , .
[?], [vgl. I 283, 3 ?],
, , , [I 447. 5 App.]
, , ,
, . ,

Le pi celebri donne pitagoriche furono Timica, moglie di


Millia di Crotone, Filti, figlia di Teofri di Crotone e
sorella di Bindaco, Eccelo ed Occelo, lucane, Chilonide,
figlia di Chilone spartano, Cratesiclea, della Laconia,
moglie di Cleanore spartano, Teano, moglie di Brontino di
Metaponto, Muia, moglie di Milone di Crotone, Lastenia,
dell'Arcadia, Abrotelea, figlia di Abrotele di Taranto,
Echecratia di Fliunte, Tirsenide di Sibari, Pisirrode di
Taranto, Nisteadusa, della Laconia, Boio argiva, Babelica

argiva, Cleecma, sorella di Autocarida lacone. In tutto


furono diciassette.

, , , , ,
. [I 440, 1]
, , .
. ,
, , , ,
. ,
, . [I 447.
10 App.] . ,
, , ,
, , ,
[?], , [I 420, 24],
, .
, , [I 444, 15],
[I 258, 11], , ,
, , [I 385, 1],
, , ,
, . [I 448. 1]
, [I 442, 12],
, [I 443, 13].
, , , .
[I 443, 27],
[vgl. E 1 V. 15], , [I
397, 15]. [nicht = 29 A
4] , , , [I 442,
26] . [I 448. 5 App.] ,
. .
. .
. .


,
,
, ,

, [I 448. 10
App.]
,
[I 106, 21],
,
,
,
, ,
, [?] ,
, ,
[I 448. 15 App.]

.

B. PITAGORICI ANONIMI

B. ANONYME PYTHAGOREER

SECONDO LA TRADIZIONE PROTO-PERIPATETICA

NACH ALTPERIPATETISCHER BERLIEFERUNG


Vgl. Aristoteles aund
, Diog. V 25 (fr. 190-205 Rose)

58 B 1. PROCL. in Eucl. p. 65, 15. Dopo costoro, Pitagora


trasform lo studio della geometria in un modo di educazione
liberale. Ne investigava i princpi dall'alto, ed esaminava i
teoremi astrattamente e concettualmente. Fu lui che introdusse
lo studio delle proporzioni e trov la struttura dei corpi celesti.
Dopo di lui toccarono molti argomenti della geometria
Anassagora di Clazomene ed Enopide di Chio, un po' pi
giovane di Anassagora... In seguito si segnalarono nella

58 B 1. PROCL. in Eucl. S. 65, 15 Friedl. [nach c. 14, 6a I 98,


20] [I 448. 20]
[sc. ]
,
,

geometria Ippocrate di Chio [cap. 42, 3] che trov la


. [I 448. 25]
quadratura della lunula, e Teodoro di Cirene [cap. 43].

Ippocrate fu anche il primo, tra quanti abbiamo ricordati, a

scrivere Elementi. Platone venne dopo costoro... in quel tempo [c. 41 I 393, 6] ... ' ,
vissero anche Leodamante di Taso e Archita di Taranto [47 A [cap. 42, 3],
6] e Teeteto ateniese. Costoro accrebbero il numero dei teoremi [cap. 43]
e li ordinarono pi razionalmente.
.
. [I 448. 30 App.] '
...
[47 A
6] , '
.
58 B 1 a. DIOG. LAERT. VIII 24. Nelle Successioni dei
58 B 1 a. DIOG. VIII 24
filosofi Alessandro dice [fr. 140 F.H.G III 240] di aver trovato [I 449. 1 App.] [fr. 140 F.H.G III
anche questo nelle memorie pitagoriche. (25) Che principio di 240]
tutte le cose la monade, che dalla monade nasce la diade
(25) ,
infinita, soggiacente come materia alla monade ch' causa, che
dalla monade e dalla diade infinita vengono i numeri, e dai
,
numeri i punti, e da questi le linee, e da queste le figure piane, , ,
e da queste le figure solide, e da queste i corpi percepibili, i cui , [I 449. 5 App.] ,
elementi sono quattro, fuoco acqua terra aria, che mutano e si ,
muovono attraverso il tutto. Che da questi formato il cosmo , , ,
animato e pensante e sferico, il quale ha nel suo centro la terra, , , , ' .
anch'essa sferica, e abitata. (26) Che ci sono anche degli
, , ,
antipodi, e che quello che per noi sotto sopra per quelli che
sono ai nostri antipodi. Che ugual parte hanno nel cosmo luce e (26)
tenebre, caldo e freddo, secco e umido; che quando prevale, di . [I 449.
questi, il caldo, allora estate, e quando prevale il freddo
10 App.]
inverno, e quando caldo e freddo sono in parti uguali allora ci , ' ,
sono le stagioni pi belle, la primavera e l'autunno; e che la
' .
primavera, fiorendo, porta salute, e che l'autunno tramontando , ,
causa di malattie. E che cos anche per il giorno, in cui
, .
l'aurora fiorisce e la sera tramonta, onde la sera pi insalubre. ,
Che l'etere intorno alla terra fermo e malsano s che tutte le , .
cose viventi in esso sono mortali, e invece pi in alto
[I 449. 15 App.]
perpetuamente mosso e puro e salubre, s che tutte le cose che ,
vivono in esso sono immortali e perci divine. (27) Che il sole ,
e la luna e gli altri astri sono di, perch in essi domina il caldo, . (27)
ch' principio di vita; e che la luna illuminata dal sole. Che ,
l'uomo congenere agli di, perch partecipa del caldo; e che . ' .
appunto per questo il dio si prende cura di noi. Che il destino
governa le cose e nell'insieme e nelle parti. Che dal sole emana [I 449. 20 App.]
un raggio il quale, attraversando l'etere freddo e l'etere denso .
(chiamano etere freddo l'aria, etere denso il mare e tutto ci che .
umido) e penetrando anche negli abissi, d vita a tutte le cose. (
(28) Che dotate di vita sono tutte le cose che partecipano del ,
caldo (onde anche le piante sono esseri viventi), e che tuttavia ).
non tutte hanno anima. Che l'anima una particella dell'etere . (28)
freddo e dell'etere caldo, e differisce dalla vita appunto perch ( ),
partecipa anche dell'etere freddo: ed immortale, perch
[I 449. 25 App.] .
immortale ci da cui si staccata. Che gli animali sono

generati dagli animali mediante il seme; e che la terra non pu .
generare. Che il seme una goccia di cervello, contenente
, '
vapore caldo; esso, quando entra nella matrice, vi immette dal [] [I 450. 1 App.] .
cervello icore e umidit e sangue, onde poi si formano le carni ,
e i nervi e le ossa e i peli e insomma tutto il corpo, mentre dal .
vapore nascono anima e senso. (29) Che l'embrione prende

forma in quaranta giorni; poi il fanciullo si completa e viene

alla luce in sette o nove o, al massimo, dieci mesi, secondo i
,
rapporti dell'armonia. Che il fanciullo ha in s tutti i rapporti [I 450. 5 App.]

della vita; e che questi, connettendosi, lo tengono unito,


, . (29)
aggiungendosi ciascuna parte al momento dovuto secondo i

rapporti dell'armonia. Che i sensi in generale, e la vista in
,
particolare, sono costituiti da un vapore molto caldo, mediante
il quale possiamo vedere attraverso l'aria e l'acqua; perch il
. ,
caldo tenuto compatto dal freddo [circostante], mentre se il
vapore che negli occhi fosse freddo, si disperderebbe a
. [I 450. 10
contatto dell'aria similmente fredda; e che talvolta chiamano gli App.] , ' ,
occhi porte del sole. Le stesse cose dicono anche degli altri
, '
sensi. (30) E che l'anima dell'uomo si divide in tre parti,
'
intelletto mente animo, l'intelletto e l'animo essendo comuni
, ,
anche agli altri animali, la mente essendo propria dell'uomo
,
soltanto. Che l'anima comincia dal cuore e giunge al cervello; e '
che la parte ch' nel cuore animo, quella che nel cervello

intelletto e mente. E che i sensi sono come gocce che vengono . [I 450. 15 App.] (30) '
da tali parti; e che la parte razionale immortale, le altre
, .
mortali. Che l'anima nutrita dal sangue; e che i ragionamenti ,
sono respiri dell'anima; e che invisibili sono l'anima e i
.
ragionamenti, perch anche l'etere invisibile. (31) Che l'anima ,
tenuta insieme dalle vene, dalle arterie e dai nervi; ma che se ,
ha forza e se ne sta racchiusa in se stessa, allora la tengono
. '
unita i ragionamenti e le opere. Che quando cacciata dal
, [I 450. 20 App.]
corpo, vaga sopra la terra nell'aria, simile a corpo. E che Ermes .
il custode delle anime, e che per questo appunto chiamato . '
Accompagnatore e Portinaio e Ctonio, perch lui che manda , . (31)
le anime uscite dai corpi nei luoghi loro destinati, sia dalla terra .
che dal mare. Che le anime purificate vanno verso l'alto,
' ' ,
mentre quelle impure n s'avvicinano ad esse n s'uniscono tra .
di loro, ma sono legate dalle Erinni in ceppi infrangibili.< (32) [I 450. 25 App.]
Che tutta l'aria piena di anime; e che tali erano considerati i .
dmoni e gli eroi: e che da essi sono mandati agli uomini i
,
sogni e i segni delle malattie ; n solo agli uomini, ma anche [I
alle greggi e agli altri armenti. E che per essi ci sono le
451. 1 App.]
purificazioni e le cerimonie apotropaiche e tutta l'arte mantica e ,
i vaticini e tutto ci che di tal genere. E che il pi grande
,
compimento degli uomini quello di persuadere un'anima al ' . (32)
bene, stornandola dal male. Che l'uomo felice quando abbia
avuto anima buona; ma che non mai tranquillo n segue

sempre la stessa corrente. (33) Che la giustizia fedelt ai
[I 451. 5 App.]
giuramenti; e che per questo Zeus detto protettore dei
, ,
giuramenti. E che la virt armonia; e cos la salute e il bene e .
dio: e che per questo il tutto composto secondo armonia. Che
l'amicizia uguaglianza armonica. Che bisogna onorare gli di .
e gli eroi, non per nello stesso modo: ma gli di con lodi, e in .
veste bianca, e in purit; gli eroi dalla met del giorno. Che la , ,
purit s'ottiene mediante i riti della purificazione e i lavacri e le [I 451. 10 App.]
abluzioni, e col tenersi lontani da lutti e da contatti sessuali e da . (33) ,
ogni altra impurit, e con l'astenersi da carni gi toccate e da .
quelle di animali morti di morte naturale e dalle triglie e dai
'
melanuri e dalle uova e dagli animali ovipari e dalle fave e
.
dalle altre cose dalle quali invitano ad astenersi anche coloro . ,
che nei templi compiono le iniziazioni.
'
, [I 451. 15
App.]

,

[ ]

.
58 B 2. STOB. ecl. I pr. 6 p. 20, 1. Dai libri d'Aristosseno
58 B 2. STOB. I pr. 6 [p. 20, 1 W.] [I 451. 20 App.]

[fr. 81 FHG II 289].




,
.
.
[I 451. 25] , ,

[Philippos Epin. 978c].
,
.
, .

[I 451.30 App.] ,
,
. Vgl. ARIST. metaphys. M 8.
1083 b 28.
58 B 3. DIODOR. X 6, 4. Callimaco [fr. 83 a Schneider; cfr. 11 58 B 3. DIODOR. exc. X 6, 4 [fr. 83 a
A 3a] disse di Pitagora, che alcuni problemi di geometria trov Schneider; vgl. oben 11 A 3a I 73, 12] ,
lui stesso, altri introdusse in Grecia dall'Egitto, l dove scrive:
,
G Lo trov che raschiava la terra e disegnava la figura trovata [I 451. 35] ... .
dal frigio Euforbo, che, primo tra gli uomini, disegn triangoli
e poligoni e il cerchio delle sette lunghezze, e insegn a non
G ,
cibarsi di esseri animati. Essi non l'ascoltarono, non tutti. /

....
' ' /
58 B 4. ARISTOT. metaph. A 5. 985 b 23. Al tempo di
58 B 4. ARISTOT. metaph. A 5. 985 b 23
costoro, e prima di costoro [Leucippo e Democrito ], si
[Leukippos und Demokritos]
dedicarono alle matematiche e per primi le fecero progredire [I 452. 1 App.]
quelli che son detti Pitagorici. Questi, dediti a tale studio,
,
credettero che i princpi delle matematiche fossero anche
.
princpi di tutte le cose che sono. Or poich princpi delle
,
matematiche sono i numeri, e nei numeri essi credevano di

trovare, pi che nel fuoco e nella terra e nell'acqua, somiglianze , ,
con le cose che sono e divengono (giudicavano, per esempio, , [I452. 5]
che giustizia fosse una determinata propriet dei numeri, anima ,
e mente un'altra, opportunit un'altra; e similmente, per cos
,
dire, ogni altra cosa), e poich inoltre vedevano espresse dai
,
numeri le propriet e i rapporti degli accordi armonici, poich , '
insomma ogni cosa nella natura appariva loro simile ai numeri, ,
e i numeri apparivano primi tra tutto ci ch' nella natura,
,
pensarono che gli elementi dei numeri fossero elementi di tutte
le cose che sono,1*e che l'intero mondo fosse armonia e
[I 452. 10]
numero. E tutte le propriet che potevano mostrare, nei numeri
e negli accordi musicali, corrispondenti alle propriet e alle
,
parti del cielo, e in generale a tutto l'ordine cosmico, le
. ,
raccoglievano e gliele adattavano. Che se qualche cosa
. '
mancava, si sforzavano d'introdurla, perch la loro trattazione ,
fosse compatta. Per chiarire con un esempio: poich il dieci
,
sembra essere numero perfetto e contenere in s tutta la natura [I 452. 15] ,
dei numeri, dicevano che anche i corpi che si muovono nel

cielo sono dieci; e poich se ne vedono soltanto nove,
.
aggiungevano, come decimo, l'antiterra. Ma di questo abbiamo . ALEX. z. d. St. S. 41, 1
discorso pi accuratamente in altra opera. ALEX. metaph. 41, [s. 58 B 37]
1. Parla pi accuratamente di queste cose nei libri Sul cielo [58 . ALEX. metaph. 75,
B 37] e nelle Opinioni dei Pitagorici. ALEX. metaph. 75, 15. 15. ,
Dell'ordine celeste costruito coi numeri dai Pitagorici parla nel ,
secondo libro dell'opera Sulle opinioni dei Pitagorici. G
[I 452. 20] . G [ARISTOT.] m. mor.
[ARISTOT.] m. mor. A 1. 1182 a 7. Bisogna sapere che cos' A 1. 1182 a 7. (
la virt. Perch non possibile sapere in che consista e come ,
Sull'aritmetica [fr. 23 Wehrli]. Pare che Pitagora apprezzasse
sopra ogni altro lo studio dei numeri, e che, traendolo fuori dal
servizio dei mercanti, lo facesse progredire, e tutte le cose
paragonasse ai numeri. Perch il numero contiene tutte le altre
cose, e tutti i numeri sono in rapporto tra di loro. I Greci ne
attribuiscono l'invenzione a Prometeo; gli Egizi ad Ermes, che
chiamano Thot. Altri dicono che la scoperta fu dovuta
all'esame del movimento circolare delle cose celesti. Principio
del numero l'unit; e numero un insieme composto da unit.
Dei numeri sono pari quelli che si dividono in parti uguali,
dispari quelli che si dividono in parti disuguali e hanno un
mezzo tra le due parti. Cos nelle malattie le crisi e i
cambiamenti sembra che si compiano in giorni dispari, perch,
come il dispari ha principio e mezzo e fine, cos esse
cominciano e raggiungono il culmine e poi se ne allontanano
[cfr. ARISTOT. metaph. M 8. 1083 b 28].

sia, se non si sa che cosa essa sia (e lo stesso si deve dire delle , ' ).
altre conoscenze). N bisogna dimenticare chi ne ha gi
'
parlato. / [ARISTOT.] m. mor. A 1. 1182 a 11. Fu Pitagora il . / [ARISTOT.] M. Mor. A 1. 1182 a 11
primo a trattare della virt: ma non ne tratt bene. Ch,
,
riferendo le virt ai numeri, non le esamin convenientemente.
La giustizia non un numero uguale, preso un ugual numero di
volte. ARISTOT. metaph. M 4. 1078 b 21. Prima avevano
. ARISTOT. metaph. M 4.
cercato di definire le cose i Pitagorici; e per definire s'erano
1078 b 21 ,
serviti dei numeri (ad esempio, che cos' l'opportunit, che cosa , [I 452. 25]
la giustizia, che cosa le nozze2*); lui [Democrito] invece
, [Demokrit] '
cercava, a ragione, la sostanza. ARISTOT. eth. Nic. E 8. 1132 . ARISTOT. Eth. Nic. E 8. 1132 b
b 21. Alcuni pensano che la giustizia sia contraccambio. Cos 21 ,
dicevano i Pitagorici che definivano la giustizia appunto

soltanto come contraccambio di quello che uno ha avuto.
. Zur vgl.
auch SEXT. adv. math. VII 95ff.
58 B 5. ARISTOT. metaph. A 5. 986 a 15 [cfr. 44 B 15]. Pare 58 B 5. ARISTOT. metaph. A 5. 986 a 15 [I 452. 30 App.]
che anche costoro, che pensavano che principio fosse il
[vgl. 44 B 15]
numero, pensassero il principio sia come materia e sia come

qualit accidentale e condizione delle cose che sono. Elementi ,
del numero ponevano il pari e il dispari, l'uno pensato come
, , ,
infinito e l'altro come limitato;3* l'unit la consideravano
' (
derivante da entrambi4* (dicevano quindi che essa pari e
), ' , ,
dispari); e dall'unit pensavano che nascesse il numero e che , .
nei numeri consistesse, come ho detto, tutto il mondo.
[I 452. 35 App.]
Altri Pitagorici5* dicevano che i principi sono dieci, quelli che
secondo la serie son detti: limite e illimitato, dispari e pari, uno
e molteplice, destro e sinistro, maschio e femmina, fermo e

mosso, diritto e curvo, luce e tenebre, buono e cattivo, quadrato
e rettangolo. Similmente pare che pensasse anche Alcmeone di [I 452. 40]
Crotone [24 A 3], sia che questo pensiero l'accogliesse lui da
essi, sia che l'accogliessero essi da lui: ch Alcmeone fior

quando Pitagora era vecchio, e parl in modo simile ad essi.

Dice che di due modi la maggior parte delle cose umane; e

intende parlare delle contrariet, che non definisce come i
[I 452. 45]
Pitagorici, ma prende a caso: ad esempio, bianco e nero, dolce .
e amaro, buono e cattivo, grande e piccolo. Costui dunque delle [I 453. 1 App.]
varie contrariet parl buttando gi quel che gli veniva, senza [24 A 3] '
distinzione: i Pitagorici invece dissero quante e quali esse

erano. Comunque, l'uno e gli altri sono d'accordo in questo, che
i contrari son princpi delle cose che sono: quanti e quali essi , .
siano, soltanto i Pitagorici hanno detto. Ora, come si possano , [I
ricondurre tali cause a quelle di cui ho parlato, non chiaro:
453. 5]
perch essi non ne hanno discorso con nitidezza; sembra
, , ,
tuttavia che pongano gli elementi nel genere della materia;
, .
perch dicono che compongono e formano la sostanza essendo ,
immanenti ad essa.
.

, , .
Per quello che riguarda gli antichi che dicevano essere pi
[I 453. 10 App.]
d'uno gli elementi della natura, basta conoscere quello che
hanno pensato. Alcuni per, parlando del tutto, hanno mostrato , '
di concepire come una la natura, se pure non tutti nello stesso , '

modo, per essersi gli uni espressi meglio e gli altri peggio, e
.
per aver gli uni parlato in modo pi conveniente, gli altri in

modo meno conveniente a quello che la natura. Perch,
supponendo uno l'ente, non hanno fatto come alcuni fisiologi
che dall'uno fanno nascere le cose come da materia, ma hanno [I 453. 15]
,
parlato in altro modo, ch quelli aggiungono il movimento e
parlano della generazione del tutto, questi dicono che l'uno .

immoto.

, '


, ,
.
58 B 6. ARISTOT. eth. Nic. A 4. 1096 b 5. Pi persuasivo il 58 B 6. ARISTOT. Eth. Nic. A 4. 1096 b 5 [I 453. 20]
discorso dei Pitagorici, che mettono l'uno nella serie dei beni. ' ,
.
58 B 7. ARISTOT. eth. Nic. B 5. 1106 b 29. Il male, come
58 B 7. ARISTOT. Eth. Nic. B 5. 1106 b 29
pensavano i Pitagorici, partecipa dell'infinito, il bene del
, , '
limitato.
.
58 B 8. ARISTOT. metaph. A 5. 987 a 9. Ordunque, fino agli 58 B 8. ARISTOT. metaph. A 5. 987 a 9
Italici e prima di essi, gli altri ne hanno parlato oscuramente, [I 453. 25 App.]
tranne in questo che, come dicemmo, hanno usato due specie di , , ,
cause, pur considerando gli uni unica e gli altri duplice una di ,
queste, quella ond' il movimento. Nello stesso modo hanno
,
pensato che due sono le cause i Pitagorici,6* ma essi hanno in
pi pensato, e in questo la loro singolarit, che il limitato e
, ,
l'infinito e l'uno non siano attributi d'altre sostanze, come il
,
fuoco e la terra e qualunque altra cosa simile a queste, ma che , [I 453.
lo stesso illimitato e lo stesso uno siano sostanza delle cose che 30] , '
da essi sono predicate: e che perci il numero sia sostanza di
tutte le cose. Tale era dunque il loro pensiero su questo: quanto .
poi alla causa formale, cominciarono s a parlarne, e a definire, ,
ma lo fecero con troppa ingenuit. In verit definivano
, ' .
superficialmente, e il primo termine cui s'addiceva una
,
definizione, quello dicevano che la sostanza della cosa: come , ' [I 453. 35]
se uno pensasse essere la stessa cosa il doppio e il due, perch ,
il due il primo termine cui s'addice la definizione di doppio. ,
Ma essere due ed essere doppio sono cose diverse: se no l'uno . '
sarebbe molte cose: e questo appunto accadeva loro di dire
. , , .
[cfr. anche B 5. 1002 a 8].
Vgl. ebend. anche B 5. 1002 a 8.
58 B 9. ARISTOT. metaph. M 6. 1080 b 16. Anche i Pitagorici 58 B 9. ARISTOT. metaph. M 6. 1080 b 16
pensano che il numero sia d'un modo solo, e cio [numero]
' , [I 453. 40] [nmlich
matematico: se non che non lo considerano separato dalle cose, ], '
ma dicono che da numeri sono composte le sostanze
.
percepibili. Di numeri infatti compongono l'intero cielo; ma
, ,
non di numeri formati da unit senza grandezza,7* ch essi

attribuiscono grandezza alle unit. Quanto alla prima unit
, .
dotata di grandezza, come essa sia composta, sembra che non
sappiano dire.
58 B 10. ARISTOT. metaph. M 8. 1083 b 8. Il modo [di
58 B 10. [I 454. 1] ARISTOT. metaph. M 8. 1083 b 8
concepire il numero] dei Pitagorici comporta meno difficolt di
quelle di cui ho parlato finora, ma ne comporta altre sue
, .
proprie. Perch, se il concepire il numero come non separato
elimina molte difficolt, assurdo tuttavia dire che i corpi sono ,
composti di numeri e concepire nello stesso tempo questi
, [I
numeri come matematici. infatti errato parlare di grandezze 454. 5] . '
indivisibili: e d'altra parte, se sono soprattutto in questo modo ,
[come grandezze], almeno le unit non hanno grandezza. Ora, . '
com' possibile che una grandezza sia composta di indivisibili? ; '
E tuttavia il numero formato da unit.8* Essi invece dicono .
che il numero le cose che sono, o almeno applicano i loro

teoremi ai corpi, come se i numeri fossero dei corpi.
.
58 B 11. ARISTOT. metaph. 7. 1072 b 30. Errano quanti
58 B 11. ARISTOT. metaph. 7. 1072 b 30 [I 454. 10]
credono, come i Pitagorici e Speusippo, che il sommo della
, ,
bellezza e del bene non sia nel principio, per il fatto che i
,
principi sono causa anche degli animali e delle piante, e dicono ,
che il bello e il compiuto sono in ci che deriva dai princpi.9* , .
58 B 12. ARISTOT. metaph. A 6. 987 b 10. [Platone] cambi 58 B 12. ARISTOT. metaph. A 6. 987 b 10
soltanto il nome, usando quello di partecipazione. Perch i
[Platon]. [I 454. 15]
Pitagorici dicono che le cose sono per imitazione dei numeri, ,

Platone per partecipazione. Ma in che consista l'imitazione o la


partecipazione, n l'uno n gli altri ricercano.
, .
58 B 13. ARISTOT. metaph. A 6. 987 b 22. Dicendo che
58 B 13. ARISTOT. metaph. A 6. 987 b 22
sostanza l'unit, e non un'altra cosa di cui si dice che una, , ,
[Platone] d'accordo coi Pitagorici; e ancora s'accorda con essi [Platon]
quando dice che i numeri sono causa dell'essere delle altre
[I 454. 20 App.]
cose. Suo proprio invece l'aver sostituito la diade all'infinito .
concepito come uno, e aver creduto che l'infinito consti del
, , '
grande e del piccolo. Inoltre egli pose i numeri fuori delle cose , '
percepibili, mentre essi dicono che le cose stesse sono numeri, ,
e non pongono nel mezzo gli enti matematici. Questo, il porre, .
diversamente da quanto fanno i Pitagorici, l'uno e i numeri
,
fuori delle cose, e introdurre le specie, egli pot fare perch
, [I 454. 25 App.]
nella ricerca si serviva della dialettica, che i filosofi precedenti (
non conoscevano.
).
58 B 14. THEOPHR. metaph. 33 p. XI a 27 Usener. Platone e i 58 B 14. THEOPHR. Metaph. 33 p. XI a 27 Usener (RossPitagorici dicono che grande la distanza*** e che tutte le
Fobes)
cose tendono ad imitare.10* E tuttavia in qualche modo mettono
in antitesi la diade e l'uno, e in quella dicono che sta l'infinito, ' .
il non ordinato, e, per cos dire, tutta la bruttezza in s. N
[I 454. 30 App.]
pensano possibile che la natura del tutto possa stare senza di
,
essa, ma che essa deve essere in certo modo in parti uguali o ' .
anche superare l'altra, in quanto che, dicono, i princpi sono
[nmlich ], '
contrari. Per questo appunto quanti fanno dio causa del tutto
.
pensano che neppur esso possa condurre ogni cosa al sommo , ,
bene; che se anche tenta di condurla, la conduce solo per
' , ' , '
quanto pu.
.
58 B 15. AT. I 3, 8 [Dox. 280]. Pitagora di Mnesarco, di
58 B 15. AT. I 3, 8 (D. 280) [I 454. 35]
Samo, il primo che abbia chiamato la filosofia con questo

nome, diceva che principi sono i numeri e le simmetrie che

sono in essi, che chiamava anche armonie, e che elementi,
, ,
ch'egli chiamava geometrici, sono le cose composte da
, .
entrambi.11*Poneva poi tra i princpi l'unit e la diade
.
indefinita. Di questi, il primo tende alla causa attiva e formale,
e cio a dio, ch' intelletto, l'altro alla causa passiva e materiale, , [I 454. 40 App.] ,
e cio al mondo visibile. Diceva che la natura del numero si
, .
trova nella decade: infatti tutti i Greci e tutti i barbari contano .
fino al dieci, e poi, giunti ad esso, ritornano all'unit. E la
, , '
potenza del dieci, diceva, nel quattro e nella tetrade. E la
. [I 455. 1 App.]
causa questa: se uno parte dall'unit e poi aggiunge numeri , ,
arrivando fino al quattro, compie il numero dieci: se supera il . []
quattro, superer anche il dieci. In altri termini, se si pone l'uno
e poi si aggiungono il due e il tre, e a questi il quattro, si

compie il numero dieci. Sicch il numero , per le unit, nel
,
dieci, ma, secondo potenza, nel quattro. Per questo appunto i [I 455. 5 App.]
Pitagorici anche dicevano che nella tetrade il massimo
,
giuramento [Pyth. vers. fr. 4 Nauck]:
.
No, per colui che diede alla nostra anima la tetractys,
, .
in cui la fonte e la radice dell'eterna natura.

E la nostra anima, dice, composta dalla tetrade, essendo
[Pyth. vers. fr. 4 Nauck (hinter Iambl. V. P. p. 229)]
intelletto, conoscenza, opinione, percezione, donde a noi
vengono ogni arte e ogni conoscenza e la facolt di ragionare.
[Cfr. 44 A 13; THEO SMYRN. 97, 14; SEXT. EMP. adv.
[I 455. 10] ' .
math. VII 94 sgg.]
, , .
,
. Vgl. 44 A 13; THEO
SMYRN. 97, 14 Hill.; SEXT. adv. math. VII 94ff. nebst
Parallelstellen.
58 B 16. [ARISTOT.] probl. 15, 3. 910 b 36. G Perch tutti gli 58 B 16. [ARISTOT.] probl. 15, 3. 910 b 36 ber die Dekas G

uomini, Greci e barbari, contano fino al dieci e non fino a un , ,


altro numero?... / forse perch in dieci proporzioni si compiono , ; ... /
quattro numeri cubici, dai quali numeri i Pitagorici pensano che ,
sia composto il tutto?
.
58 B 17. ARISTOT. de cael. A 1. 268 a 10. Come anche i
58 B 17. ARISTOT. de caelo A 1. 268 a 10
Pitagorici dicono, il tutto e ogni cosa hanno il loro limite nel
,
tre: perch in principio mezzo e fine, che sono tre, il numero [I 455. 20
del tutto.12*
App.] ,
.
58 B 18. EUDEM. fr. 83 [PORPHYR. in Ptolem. harm. I 7 p. 58 B 18. EUDEM. fr. 83 [PORPHYR. z. Ptolem. Harm. I 7 p.
115, 4]. Nel primo libro della Storia dell'aritmetica dice
115, 4 Dr.]
esattamente queste parole sui Pitagorici: I rapporti degli
"
accordi armonici di quarta, di quinta e d'ottava, sono compresi
nei primi nove numeri; perch 2 e 3 e 4 fanno 9.13*

[I 455. 25 App.]
".
58 B 19. PROCL. in Eucl. I 47 p. 426, 6. Nei triangoli
58 B 19. PROCL. in Eucl. I 47 p. 426, 6 Fr. (
rettangoli il quadrato costruito sull'ipotenusa equivalente alla
somma dei quadrati costruiti sui lati che formano l'angolo retto.
Se s'ascoltano i ricercatori delle cose antiche, che attribuiscono )
questo teorema a Pitagora, si trover anche che alcuni dicono
che egli sacrific un bove per questa scoperta.
[I 455. 30 App.]
.
58 B 20. PROCL. in Eucl. I 44 p. 419, 15. Applicare a un
58 B 20. PROCL. in Eucl. I 44 p. 419, 15 (
segmento dato in un angolo uguale a un angolo dato un

parallelogrammo equivalente a un triangolo dato. Eudemo [fr. ,
89 Spengel] dice che queste scoperte, l'applicazione delle
) ,
figure e l'iperbole e l'ellissi, sono antiche, e dovute alla musa [fr. 89 Speng.],
dei Pitagorici.14*
[I 455. 35]
.
58 B 21. PROCL. in Eucl. I 32 p. 379, 2. Se si prolunga uno
58 B 21. PROCL. in Eucl. I 32 p. 379, 2 [I 456. 1] (
dei lati di un qualsiasi triangolo, l'angolo esterno uguale alla
somma dei due angoli interni opposti, e la somma dei tre angoli ,
interni del triangolo uguale a due angoli retti. Il peripatetico )
Eudemo [fr. 88 Spengel] attribuisce ai Pitagorici la scoperta di [fr. 88 Spengel]
questo teorema, che in ogni triangolo la somma degli angoli
[I 456. 5] ,
interni uguale a due retti, e dice che lo dimostravano in

questo modo:

Sia il triangolo AB, e sia condotta per A la E parallela a B.


Poich B e E sono parallele, gli angoli alterni sono uguali.
L'angolo AB dunque uguale all'angolo AB e l'angolo EA
all'angolo AB. L'angolo BA comuune. Gli angoli AB,
BA, AE, e cio AB e BAE, vale a dire i due retti, sono
uguali ai tre angoli del triangolo AB. Dunque la somma dei
tre angoli del triangolo uguale a due angoli retti.
58 B 22. ARISTOT. metaph. A 8. 989 b 29. I principi e gli

" ,
. ,
[I 456. 10 App.]
, .
. ,
,
.
".
58 B 22. ARISTOT. metaph. A 8. 989 b 29 [I 456. 15 App.]

elementi di cui si servono i filosofi che sono detti Pitagorici,



sono assai lontani da quelli dei fisiologi. E la causa in questo, ( '
che essi non li hanno presi dalle cose sensibili; gli enti

matematici infatti, se si eccettuano quelli che riguardano
, ),
l'astronomia, sono senza movimento. E tuttavia anche i

Pitagorici discutono e si occupano di tutto quello che riguarda , [I 456. 20]
la natura; e parlano della generazione del cielo ed esaminano .
quello che avviene nelle sue parti e quali sono le sue vicende e ,
quale la sua attivit. E dei loro princpi e delle loro cause si
'
servono esclusivamente per condurre quest'indagine, come se si
trovassero d'accordo con gli altri fisiologi nel pensare che ente . ' , ,
soltanto ci che percepibile e si trova entro quello ch'

chiamato cielo. Eppure le cause e i principi di cui parlano sono, , .
come dicemmo, tali da permettere di salire anche agli enti che [I 456. 25]
stanno pi in alto; anzi meglio s'addicono a quest'indagine che ,
a quella sulla natura. Invece essi non dicono da che possa aver ,
origine il movimento quando ci siano soltanto il limite e

l'illimitato e il pari e il dispari, o come possano esserci
.
generazione e corruzione e le attivit degli enti che si muovono ,
nel cielo senza che ci siano movimento e mutamento. Inoltre, ;
anche se si concedesse loro, o fosse dimostrato, che da questi [I 456. 30 App.] ,
princpi sono le grandezze, come mai i corpi possono essere

alcuni leggeri e altri pesanti? Perch, da quanto dicono e

suppongono, chiaro che essi, quando parlano dei corpi
' ,
matematici, intendono parlare nello stesso tempo dei corpi
.
sensibili (ed per questo che nulla hanno detto del fuoco e

della terra e degli altri corpi simili a questi, perch nulla essi
,
hanno detto di appropriato sui corpi percepibili). E ancora: in ' [I 456. 35 App.]
che senso si deve intendere che il numero e le propriet dei
;
numeri sono causa delle cose che sono e si muovono nel cielo e ,
sempre si sono mosse, pur non essendoci altro numero oltre
,
quello onde composto il cosmo? Se infatti, come essi dicono, ,
in questa parte sono opinione e opportunit, e in un'altra, un po' ,
pi in alto o un po' pi in basso, sono ingiustizia e separazione
o mescolanza (e, per dimostrarlo, essi dicono che ciascuna di [I 456. 40] ,
queste cose numero e che in quei luoghi gi una certa
,
quantit di grandezze composte di numeri, per il fatto che le
, ;
qualit dei numeri che le costituiscono devono trovarsi in quei Vgl. ARISTOT. metaph. N 3. 1090 a 20.
luoghi), forse questo numero (e cio il numero in cui consiste
ciascuna di esse) il medesimo che nel cielo, o un altro
numero che esiste oltre quello? [Cfr. ARISTOT. metaph. N 3.
1090 a 20.]
58 B 23. ARISTOT.metaph. Z 2. 1028 b 16. Alcuni pensano 58 B 23. ARISTOT. metaph. Z 2. 1028 b 16 [I 457. 1]
che i limiti del corpo, come superficie e linea e punto e
,
monade, siano sostanze, e che lo siano pi che il corpo e il
, ,
solido. Ancora: alcuni credono che non esistano tali cose fuori .
dalle cose sensibili, altri che esistano, e che anzi siano in
,
maggior numero e pi veramente eterne, come, ad esempio,
' .
Platone dice che sono le forme etc.15*.
58 B 24. ARISTOT. metaph. N 3. 1090 b 5. Alcuni, per essere 58 B 24. ARISTOT. metaph. N 3. 1090 b 5 [I 457. 5]
il punto limite ed estremo della linea, la linea del piano, il

piano del solido, pensano che nature tali devano esistere.
, ' , ,
.
58 B 25. ARISTOT. metaph. Z 11. 1036 b 8. Alcuni si
58 B 25. ARISTOT. metaph. Z 11. 1036 b 8
pongono il problema anche per il cerchio e per il triangolo, e ,
pensano che le linee e il continuo non devono essere
, [I
considerati come elementi che li definiscono, ma devono essere 457. 10]
considerati rispetto al cerchio quello che le carni e le ossa sono .
rispetto all'uomo, e il bronzo e la pietra rispetto alla statua. E ,
tutto riconducono ai numeri, e dicono che il concetto della linea .
quello del due.16*

58 B 26. ARISTOT. metaph. N 3. 1091 a 13. N ci pu essere 58 B 26. ARISTOT. metaph. N 3. 1091 a 13
dubbio su questo, se i Pitagorici pensino che ci sia generazione. ,
Perch dicono chiaramente che, una volta costituitosi l'uno, o
da superfici o da colore o da seme o da altra cosa ancora, ch , [I 457. 15 App.] ' '
su questo sono incerti, subito dopo le parti dell'infinito pi
' ' ,
vicine all'uno furono attratte e limitate dal limite. Ma, dato che
dicono della generazione e vogliono parlare della natura, la
. '
loro dottrina bisogna esaminarla quando si fanno ricerche sulla , ,
natura, e intanto, in questa ricerca, lasciarla da parte... Della
...
generazione del dispari non parlano, perch, evidentemente,
, .
per essi la generazione del pari.
58 B 27. ARISTOT. metaph. N 6. 1092 b 26. Si potrebbe
58 B 27. ARISTOT. metaph. N 6. 1092 b 26 [I 457. 20]
domandare in che consiste il bene che viene dai numeri,
'
quando una mescolanza sia fatta in un numero o razionale o
,
dispari. Ora non affatto vero che l'idromele sia pi giovevole .
alla salute quando mescolato in modo da dare tre volte tre;
,
ma forse, quando contiene acqua, e non importa in che
,
rapporto, giova pi che quando, puro, esprimibile in un
,
numero. Inoltre nei miscugli il rapporto per addizione, non , [I 457. 25 App.] , '
per moltiplicazione: per esempio, tre parti e due parti, e non tre . .
volte due. Ch nelle moltiplicazioni i termini devono essere
'
dello stesso genere; ad esempio, nella serie AB divisore
.
dev'essere A, nella serie EZ dev'essere ; in modo,
, . '
insomma, che tutti i termini siano divisi dallo stesso termine. , ,
Non ci potr pertanto essere un numero del fuoco come BE Z . ' '
e un numero dell'acqua come due volte tre. 17* Che se poi
[I 457. 30] , ;
ogni cosa partecipa del numero, allora molte cose saranno
,
identiche, avendo questa e quella lo stesso numero. Si pu
,
dunque dire che la causa d'una cosa il numero, e che per esso ,
la cosa ? O non oscuro tutto questo? Ad esempio, c' un
, ; ,
numero dei movimenti del sole, e ce n' uno dei movimenti
' ,
della luna, e uno della vita e dell'et di ciascun animale. Ora

che cosa pu impedire che alcuni di questi numeri siano
. ' [I 457. 35 App.]
quadrati, altri cubi e uguali, altri doppi? Nulla; e anzi tra questi ,
numeri devono volgersi tutte le cose se partecipano per
, .
necessit del numero e c' la possibilit che cose diverse
; ,
cadano sotto lo stesso numero. Sicch se alcune cose hanno lo , ,
stesso numero, esse, avendo numero della stessa specie,
( , ' ), . ' ,
saranno identiche tra loro: ad esempio, il sole e la luna
,
potranno essere la stessa cosa. Ma perch poi i numeri devono ; [I 457. 40]
essere cause? Sette sono le vocali, sette le corde che formano la ,
scala musicale, sette le Pleiadi, in sette anni gli animali
; [I 458. 1 App.] ,
mettono i denti (alcuni s e alcuni no), sette erano i guerrieri
. ,
che assalirono Tebe. Ora, costoro furono sette o la Pleiade
, . ,
formata di sette stelle, perch questo numero ha la natura che . '
ha, o non piuttosto quelli furono sette perch sette erano le
, ' ,
porte, e la Pleiade ha sette stelle, perch tante ne contiamo noi? ' , [I
Perch, per esempio, nell'Orsa, alcuni contano dodici stelle e 458. 5 App.] , '
altri di pi. Dicono poi anche che le consonanti doppie , '
sono accordi, e che sono tre perch tre sono gli accordi. E non .
pensano che potrebbero essere moltissime; basta, per esempio, , ,
usare un segno solo per e . Se poi dicono cos perch
. ,
ciascuna di queste consonanti doppia delle altre, e oltre ad
, ,
esse non ci sono altre consonanti doppie, la ragione che tre '
sono i luoghi onde escono le consonanti, e che alla consonante , [I 458. 10 App.] .
di ciascun posto s'aggiunge il sigma; per questa ragione, e non
perch gli accordi sono tre, le consonanti doppie sono tre:
, []
infatti gli accordi sono pi di tre, e le consonanti doppie non
, [?] .
possono essere di pi. Costoro sono appunto simili agli antichi ,
interpreti d'Omero, i quali scorgevano le somiglianze piccole e ' , .
trascuravano quelle grandi. Alcuni dicono che ci son molte
'

altre somiglianze di tal modo: ad esempio, sono simili le corde [I 458. 15] ,
di mezzo e il verso epico, perch quelle sono l'una di otto e
,
l'altra di nove misure, questo di diciassette sillabe, nove nella [I 459. 1 App.] '
destra e otto nella sinistra. E dicono che la distanza dall'A all'
la stessa che tra la nota pi bassa e la nota pi alta del
.
flauto, il cui numero lo stesso che esprime l'interezza del
,
cielo: s'osservi per che di tali somiglianze nessuno farebbe
, [ ]
fatica a trovarne altre, e a dirle poi esistenti nelle cose eterne in . [I
quanto sono anche nelle cose corruttibili. Ma le propriet che si 459. 5]
lodano o si condannano nei numeri, e in generale le propriet .
degli enti matematici, se, quando sono considerate (come da
, ' ,
alcuni sono considerate) cause della natura, sfuggono a chi

considera i princpi come diciamo noi (perch nessuna d'esse , , ,
causa in nessuno dei modi che abbiamo definito parlando dei , .
princpi), tuttavia mostrano talvolta che il bene esiste, e che
nella serie delle cose belle stanno il dispari, il diritto, l'uguale
[le potenze di alcuni numeri];18* (stanno insieme, infatti, le
stagioni e un tal numero). E anche tutte le altre conclusioni che
traggono dai teoremi matematici hanno questa possibilit.
Perci sembra che si tratti di coincidenze: perch accidenti ci
sono, ma sono comuni a cose diverse; la qualit fondamentale
invece una per ciascuna categoria dell'ente, e le qualit
fondamentali sono analoghe tra di loro: ad esempio, quello che
il diritto per la lunghezza, il piano per la superficie, e forse
il dispari per il numero, e il bianco per il colore.
58 B 28. ARISTOT. phys. 4. 203 a 1. Tutti quelli che si sono 58 B 28. ARISTOT. phys. 4. 203 1 [I 459. 10 App.]
occupati seriamente di tale ricerca, hanno discorso dell'infinito,
e tutti l'hanno considerato un principio delle cose che sono.

Alcuni, come i Pitagorici e Platone, credono che l'infinito sia ,
principio per se stesso, non come attributo di altro, ma come
' ,
sostanza esso medesimo: con questa differenza, che i Pitagorici , ' .
pensano che sia nelle cose sensibili (ch non pensano al
(
numero come a cosa separata), e che infinito sia anche ci che ), [I 459. 15]
fuori del cielo, e Platone invece pensa che fuori non ci sia
...
alcun corpo sensibile, e neanche le idee che non sono in nessun
luogo, e che l'infinito sia nelle cose sensibili e nelle idee. Poi '
essi dicono che l'infinito il pari: perch questo, accolto e

limitato dal dispari, quello che d infinit alle cose. Una

prova di questo si trova, per essi, in ci che accade nei numeri: , . Vgl. PLUT. (?) STOB. Ecl.. I pr. 10 p. 22,
se si pongono i gnomoni intorno all'uno, e, separatamente,
16 W. [I 459. 20 App.]
intorno al due, in questo caso l'aspetto della figura sempre

diverso, in quello sempre lo stesso. STOB. ecl. I pr. 10 p. 22,
16. Se si dispongono intorno all'uno i gnomoni dispari
, . SIMPL.
successivi, la figura che ne risulta sempre un quadrato: se
Phys. (z. d. St.) 455, 20 [die Pythagoreer]
invece si dispongono nello stesso modo i gnomoni pari, le
,
figure che ne risultano sono sempre di lati disuguali e diverse, e , ,
non quadrate: nessuna uguale un ugual numero di volte.
[I 459. 25]
SIMPLIC. phys. 455, 20. Costoro [i Pitagorici] dicevano che il '
numero pari infinito, perch ogni numero pari, come
...
spiegano gli esegeti, si divide in parti uguali, e ci che si divide ' '
in parti uguali infinito per dicotomia, la divisione in parti
' .
uguali potendo procedere all'infinito: il dispari invece,
aggiungendosi al pari, lo limita, impedendo la divisione in parti
uguali. chiaro che questa divisione, che procede all'infinito,
la pensavano nelle grandezze, non nei numeri.
58 B 29. ARISTOT. phys. 5. 204 a 29. L'infinito dunque
58 B 29. ARISTOT. Phys. 5. 204 a 29
come attributo. Ma, se cos, abbiamo detto che non si pu
. ' ,
dire principio, dovendosi dire principio quello di cui esso
, ' , [I
attributo: l'aria, ad esempio, o il pari. Sicch sbagliano quelli 459. 30 App.] .
che parlano come parlano i Pitagorici, i quali nello stesso

tempo dicono che l'infinito sostanza e lo dividono.
.

58 B 30 ARISTOT. phys. 6. 213 b 22. Anche i Pitagorici


58 B 30 ARISTOT. Phys. 6. 213 b 22 '
dicevano che c' il vuoto; dicevano che esso giunge nel cielo ,
stesso dall'infinito19* perch il cielo respira il respiro e il vuoto , [I 460.
che distingue le nature, come quello che in certo modo
1 App.] ,
separazione e distinzione delle cose che si susseguono. E che si [] '
trova anzitutto nei numeri, perch il vuoto che distingue la

natura loro. STOB. ecl. I 18, 1 C p. 156, 11 [Dox. 316]. Nel
. STOB. Ecl. I 18, 1 C p. 156, 11 (D. 316) nach der
primo libro della Filosofia di Pitagora [fr. 201 Rose], scrive
Aristotelesstelle
che il cielo uno, e che trae a s dall'infinito il tempo e il
[fr. 201 Rose] [I 460. 5 App.]
respiro e il vuoto, onde sono sempre distinti i luoghi delle
,
singole cose.20* ARISTOT. de cael. B 2. 284 b 6. Alcuni, come ,
i cosiddetti Pitagorici (perch loro questo discorso) dicono
. ARISTOT. de cael. B 2. 284 b 6
che c' una destra e una sinistra del cielo. SIMPLIC. de cael. ,
386, 20. La parte destra, e in alto e davanti, la chiamavano
(
anche buona, la parte sinistra, in basso e dietro, la dicevano
) . SIMPL. z. d. St. 386, 20
anche cattiva, come lo stesso Aristotele riferisce nella raccolta ,
Sulle opinioni dei Pitagorici [fr. 200 Rose].
[I 460. 10] ,

[fr. 200 R.].
58 B 31. ARISTOT. de cael. B 2. 285 a 10. Suscita perci
58 B 31. ARISTOT. de caelo B 2. 285 a 10
meraviglia anche l'affermazione dei Pitagorici, che ci sono

soltanto due principi, quello che a destra e quello che a
, ,
sinistra; essi trascuravano cos gli altri che non lo sono meno. [nmlich , , , ]
ARISTOT. de cael. B 2. 285 b 22. evidente che il polo
. ARISTOT. de caelo B 2. 285 b 22 [I 460.
invisibile in alto, e che quelli che v'abitano sono nell'emisfero 15] .
superiore e a destra; e noi nell'emisfero inferiore e a sinistra;

che il contrario di quello che dicevano i Pitagorici, secondo i , ' ,
quali noi siamo in alto e a destra, e quelli in basso e a sinistra.
SIMPLIC. de cael. 392, 18. Secondo che egli riferisce nel
, '
secondo libro della raccolta Sulle opinioni dei Pitagorici [fr.
. SIMPLIC. z. d. St. 392, 18
205 Rose], essi dicono che v' una parte superiore e una parte [I 460. 20]
inferiore del cielo tutto, e che la parte inferiore a destra,
, ,
quella superiore a sinistra, e che noi abitiamo nella parte
, ,
inferiore.
[ verbessert
Alexander richtig ebenda 392, 24] .
58 B 32. EUDEM. phys. fr. 27 [SIMPLIC. phys. 431, 13 dopo 58 B 32. EUDEM. Phys. fr. 27 [SIMPLIC. Ph. 431, 13 nach 47
47 A 23]. A ragione attribuivano l'indefinitezza al movimento i A 23]
Pitagorici e Platone, i soli che hanno parlato del movimento; ( [I 460. 25 App.]
perch indefinite sono le cose che non sono e l'incompiuto e il )
non ente; divengono infatti, e, divenendo, non sono.
, ,
.
58 B 33. ARISTOT. phys. 10. 218 a 33. Gli uni dicono che 58 B 33. ARISTOT. Phys. 10. 218 a 33
[il tempo] il movimento del tutto, gli altri la stessa sfera.
[nmlich ],
AT. I 21, 1 [Dox. 318]. Pitagora diceva che il tempo la sfera . AT. I 21, 1 (D. 318)
di ci che avvolge le cose.
.
58 B 34. EUDEM. phys. fr. 51 [SIMPLIC. phys. 732, 26]. Se il 58 B 34. EUDEM. Phys. B III fr. 51 [SIMPLIC. Phys. 732, 26]
tempo stesso divenga, come dicono alcuni, o no, si pu
[I 460. 30 App.]
dubitare... Se uno crede ai Pitagorici, che le cose saranno di
, ...
nuovo le stesse per il numero, e che io di nuovo racconter
, ,
miti, tenendo un bastoncino in mano, a voi seduti ancora cos, e ,
tutto il resto sar nello stesso modo in cui ora, evidente che ,
per lui il tempo sar il medesimo. Perch, se il movimento
. ,
uno e lo stesso, e similmente sono le stesse le cose molteplici, [I 460. 35]
il prima e il dopo saranno una sola cosa e la stessa, e il loro
,
numero sar il medesimo. Tutte le cose saranno dunque le
, .
stesse, e quindi anche il tempo.
58 B 35. ARISTOT. de cael. B 9. 290 b 12. Risulta di qui che 58 B 35. ARISTOT. de caelo B 9. 290 b 12 '
chi dice che dal movimento [degli astri] nasce armonia, in
, [nmlich
quanto dal movimento sono prodotti dei suoni e questi sono
] , ,
consonanti, dice certamente con singolare eleganza, ma non
,
dice il vero. C' infatti chi crede che, movendosi corpi cos
[I 460. 40] .

grandi, ne nasca un suono, perch suono prodotto dal


,
movimento dei corpi che sono quaggi, i quali pure sono meno , '
grandi e meno veloci di quelli. Non pu, dicono, non nascere [I 461. 1]
un suono straordinariamente grande dal movimento del sole e ,
della luna e degli astri, che sono tanti e tanto grandi e
,
procedono con tanta velocit. Cos essi credono, e che i
.
rapporti delle velocit degli astri in relazione alle distanze siano
i medesimi degli accordi musicali; e perci dicono che
, [I 461.
armonico il suono degli astri rotanti. Poi, a giustificare il fatto 5] . '
che questo suono noi non lo udiamo, dicono che la causa sta in ,
ci, che esso c' sempre dal nostro nascere; manca per questo,
dicono, ogni contrasto col silenzio, e quindi non possiamo
,
distinguerlo, ch suono e silenzio si discernono appunto perch
sono in contrasto. Insomma accade, per tal suono, agli uomini ,
quello che accade ai fabbri, che, per l'abitudine fatta al rumore, ,
non lo distinguono pi.21* ALEX. metaph. 75, 15. Ne secondo . [I 461. 10 App.] ALEX. metaph. 75, 15
libro Sulle opinioni dei Pitagorici [fr. 202 Rose] egli ricorda
,
l'ordine celeste che i Pitagorici facevano consistere nei numeri , [Ar.]
[cfr. 58 B 22].
[fr. 202 Rose]. ber die
vgl. auch 58 B 22, ferner Eudem. fr. 95 (oben 12 A 19).
58 B 36. AT. II 29, 4 [Dox. 360]. Alcuni Pitagorici, secondo 58 B 36. AT. II 29, 4 (D. 360)
che riferisce Aristotele e afferma Filippo d'Opunte, dissero che [I 461. 15]
[il venir meno della luce della luna] dovuto all'interposizione
e al brillare contrapposto ora della terra e ora dell'antiterra.
, [nmlich
Altri pi recenti credettero che esso sia dovuto alla
]. '
distribuzione della fiamma che s'accende a poco a poco e

cresce ordinatamente fino al perfetto plenilunio, e poi nello
,
stesso modo diminuisce fino alla congiunzione in cui si spegne , '
del tutto.
.
58 B 37. ARISTOT. de cael. B 13. 293 a 18. Per i pi [la terra] 58 B 37. ARISTOT. de caelo B 13. 293 a 18 [vgl. 44 A 16. 17]
nel centro... Il contrario affermano gli Italici, detti Pitagorici. [I 461. 20]
Essi dicono che nel centro il fuoco, che la terra un astro e [nmlich ] ... ,
che essa, rotando intorno alla parte centrale, d origine al

giorno e alla notte. Poi, di contro a questa, dicono che c' una ,
seconda terra, ch'essi chiamano antiterra: e questo affermano
non gi ricercando le cause e le ragioni nei fenomeni, ma
. ' ,
sforzando il significato dei fenomeni e cercando d'accordarli [I 461. 25] ,
con alcune loro ragioni e opinioni preconcette. E molti altri, se ,
non cercassero di trovare certezza nella considerazione dei

fenomeni piuttosto che nei discorsi, si troverebbero d'accordo . '
con loro nel negare che la terra si trovi nel centro; perch essi ,
dicono che il posto di maggior onore spetta alle cose che pi
sono degne d'onore, e che il fuoco pi pregevole della terra, e .
gli estremi pi pregevoli delle parti comprese tra essi: ed
, [I 461. 30]
estremi sono la circonferenza e il centro. ARISTOT. de cael. B , , '
13. 293 b 1. I Pitagorici, anche perch deve essere custodita la . ARISTOT. de caelo B 13. 293 b 1 '
parte pi importante del tutto (e tale appunto il centro, ch'essi
chiamano custodia di Zeus) dicono che nel centro il fuoco:

come se ci che semplicemente centro, o centro d'una cosa in , ,
quanto estensione, fosse centro anche della cosa in quanto

attivit e centro della natura: mentre, come negli animali non .
sono la stessa cosa il centro dell'essere vivente in quanto tale e [I 461. 35 App.]
il centro del suo corpo, cos, e a maggior ragione, si deve
,
pensare che sia nell'universo. SIMPLIC. de cael. 511, 26.
. SIMPLIC. z. d. St. 511, 26
Dicono che nel centro dell'universo il fuoco, e che intorno al ,
fuoco si muove l'antiterra (che terra anch'essa, ma si chiama ,
antiterra perch sta dirimpetto a questa terra), e che dopo

l'antiterra questa terra pure moventesi intorno al centro; e
,
dopo la terra la luna. Cos riferisce lui stesso nel libro Sui
, [I 461. 40]
Pitagorici [fr. 204 Rose]. E che la terra un astro; e che essa, [Arist.
rotando intorno al centro, d origine al giorno e alla notte
fr. 204 Rose]


.
'
...
[I 462. 1]


,
,
, , , [I
462. 5] .


, '
.
, .
58 B 37 a. ARISTOT. de cael. B 13. 293 b 18. Non tutti
58 B 37 a. ARISTOT. de caelo B 13. 293 b 18 '
pensano nello stesso modo: alcuni dicono che la terra non nel [I 462. 10] [nmlich
centro dell'universo, ma ruota intorno ad esso; n solo la terra, ], , ,
ma anche l'antiterra.
.
58 B 37 b. ARISTOT. meteor. A 8. 345 a 13. G Dei cosiddetti 58 B 37 b. ARISTOT. Meteor. A 8. 345 a 13 [c. 41, 10 I 394,
Pitagorici, alcuni dicono che la via lattea una strada; e c' chi 25] G
aggiunge che la via un tempo percorsa da uno degli astri
,
caduto nella rovina che si dice avvenuta ai tempi di Fetonte,
,
altri che la via un tempo percorsa dal sole stesso nel suo moto
circolare, e che fu arsa o ebbe qualche altra vicenda quando il
sole la percorreva. /
. /
58 B 37 c. AT. III 1, 2 [Dox. 364]. Alcuni Pitagorici dissero 58 B 37 c. AT. III 1, 2 (D. 364)
che la via lattea dovuta all'incendio di un astro, il quale,
[die Milchstrae]
caduto dal suo posto, bruci il luogo che attraversava
, ' [I 462. 15]
movendosi di moto circolare, durante l'incendio di Fetonte.

Altri dissero che la strada inizialmente percorsa dal sole. Altri
che un'immagine riflessa del sole, i cui raggi sarebbero
' .
respinti dal cielo, fenomeno identico a quello che si osserva

nelle nuvole quando c' l'arcobaleno.
,
.
58 B 38. ARISTOT. de cael. 1. 300 a 14. La medesima cosa 58 B 38. ARISTOT. de caelo 1. 300 a 14 '
accade a quelli che vogliono il cielo composto di numeri. C' [I 462. 20]
infatti chi dice, come alcuni Pitagorici, che la natura
,
composta di numeri. Ora evidente che i corpi fisici hanno
.
peso e leggerezza, e che le unit non possono, unendosi, dar
,
origine a un corpo, n avere peso.
.
58 B 39. ARISTOT. de an. A 3. 407 b 20. Altri cercano
58 B 39. ARISTOT. de anima A 3. 407 b 20
soltanto di dire di che modo l'anima, senza aggiunger nulla ,
sul corpo che deve riceverla, come se fosse possibile quanto
, [I
dicono i miti pitagorici, che qualsiasi anima pu entrare in
462. 25]
qualsiasi corpo.
.
58 B 40. ARISTOT. de an. A 2. 404 a 16. Lo stesso senso pare 58 B 40. ARISTOT. de anima A 2. 404 a 16
che abbia anche quello che dicono i Pitagorici. Alcuni di essi
dissero infatti che anima sono le particelle di pulviscolo che si
trovano nell'aria, altri che anima quello che le muove. Cos , .
dissero, evidentemente perch le particelle si muovono
, [I 462. 30] ,
continuamente, anche quando l'aria completamente ferma.
.
58 B 41. ARISTOT. pol. 5. 1340 b 18. Per questo molti
58 B 41. ARISTOT. Polit. 5. 1340 b 18
filosofi dicono che l'anima armonia o che ha in s armonia. , '
[cfr. ARISTOT. de an. A 4. 407 b 27; 44 A 23].
. Vgl. ARISTOT. de anima A 4. 407 b 27; [44 A 23].
58 B 42. ARISTOT. de sens. 3. 439 a 30. Il colore o nel
58 B 42. ARISTOT. de sens. 3. 439 a 30
limite o il limite: per questo appunto i Pitagorici chiamavano .
colore la superficie.
.
58 B 43. ARISTOT. de sens. 3. 445 a 16. Non vero quello 58 B 43. ARISTOT. de sens. 3. 445 a 16 [I 462. 35 App.]
secondo la sua posizione rispetto al sole. E l'antiterra, che si
muove intorno al centro e segue la terra, noi non la vediamo
perch sempre s'interpone il corpo della terra... I pi genuini
appartenenti alla scuola dicono che il fuoco centrale la
potenza creatrice che dal centro d vita a tutta la terra, e
riscalda le parti che di volta in volta si raffreddano. Perci
alcuni lo chiamano torre di Zeus, come lo stesso Aristotele
riferisce nel libro SuiPitagorici, altri custodia di Zeus, come
ancora scrive in quest'opera, altri trono di Zeus, come altri
riferiscono. E dicevano che la terra un astro in quanto
anch'essa artefice del tempo, come quella ch' causa dei
giorni e delle notti; al giorno d infatti origine la parte rivolta
verso il sole e illuminata da esso, alla notte la parte che sta nel
cono d'ombra da essa originata. Antiterra, e anche terra eterea i
Pitagorici chiamavano la luna.

che dicono alcuni Pitagorici: dicono che ci sono degli



animali che si nutrono d'odori [cfr. DIOG. LAERT. IX 43 e Vgl. DIOG. IX
68 A 28-29].
43 und 68 A 28-29].
C. PRECETTI E SIMBOLI
C.
58 C 1. ARISTOT. Anal. post. B 11. 94 b 33 [sc.
], ,
, .
58 C 2. PORPH. V. P. 41 [I 462. 40]
, [fr. 196
Rose] , [I 463. 1 App.]
, ,
,
, '

. AELIAN. V. H. IV 17
. [I 463. 5 App.]
,
.
,

.
58 C 3.DIOG. LAERT. VIII 34 sgg. (34) Nel libro Sui
58 C 3. DIOG. VIII 34 ff. (34) ' [fr. 195
Pitagorici Aristotele [fr. 195 Rose] dice che Pitagora vietava di Rose] [I 463. 10 App.]
mangiare fave, forse perch le fave sono simili alle vergogne,
forse perch sono simili alle porte dell'Ade (ch soltanto questa . ***
pianta manca d'articolazioni), forse perch corrompono, o

perch sono simili alla natura del tutto, o perch sono proprie .
dei governi oligarchici (ove si trae a sorte servendosi di fave). ,
Vietava di raccogliere i cibi caduti a terra, e questo per abituare
a temperanza o perch pensava che essi servissero a qualche
, [I 463. 15 App.]
morto; anche Aristofane negli Eroi [fr. 305 Kock] diceva che i [fr. 305 Kock]
cibi caduti a terra appartengono agli eroi:
Non mangiate quello che cade entro lo spazio della tavola.
' ' .
Vietava di mangiare le carni dei galli bianchi, perch il gallo
bianco sacro al Mese e suo supplice; e supplici sono i buoni: ,
sacro al Mese era considerato perch segna le ore; e il bianco '
diceva che partecipa della natura del bene, il nero di quella del ,
male. E vietava di mangiare pesci sacri, perch cose diverse
, .
devono avere gli di e gli uomini, cos come i liberi e i servi. , [I 463. 20 App.]
(35) Vietava di spezzare il pane, perch era anticamente usanza , '
(e l'usanza esiste ancor oggi tra i barbari) che gli amici si
. (35) , [sc.
raccogliessero intorno ad un solo pane e non bisognava
] ,
rompere ci che congiunge: altri mettono questo divieto in
,
relazione al giudizio nell'Ade; altri dicono che cos prescrivesse , ' ,
perch lo spezzare il pane renderebbe vili in guerra; altri perch . (
dal pane ha principio il tutto. Diceva che le figure pi belle
[I 463. 25 App.] ,
sono, tra le solide la sfera, tra le piane il cerchio: e che
' .
vecchiaia e decrescita, giovinezza e crescita sono la stessa
.
cosa; e che salute persistenza della forma, malattia corruzione , .) ,
della forma. Del sale diceva che dobbiamo mettercelo innanzi
perch ricorda la giustizia, come quello che conserva tutte le ,
cose in cui messo, ed generato da ci che esiste di pi puro, , . (36)
il sole e il mare. (36) Queste cose Alessandro dice d'aver
[I463. 30]
trovato nelle memorie dei Pitagorici [fr. 140 F.H.G. III 242]; e [fr. 140 F.H.G. III 242 vgl. oben I 448, 33]
Aristotele altre simili a queste.
. Vgl.
58 C 1. ARISTOT. anal. post. B 11. 94 b 33. E se tuona, come
dicono i Pitagorici, per minaccia a quelli che sono nel Tartaro
tuona, affinch temano.
58 C 2. PORPHYR. v. Pyth. 41. Alcune cose diceva anche
mediante simboli, al modo di quanto avviene nei misteri.22* La
maggior parte di questi simboli ci riferita da Aristotele [fr. 196
Rose]: cos, ad esempio, chiamava il mare lacrima di Crono, le
Orse mani di Rea, la Pleiade lira delle Muse, i pianeti cani di
Persefone, il rumore prodotto dal bronzo battuto voce di qualche
dmone accolta nel bronzo. AELIAN. var. hist. IV 17. Diceva
che la cosa pi sacra la foglia della malva, la cosa pi sapiente
il numero e, subito dopo, colui che ha dato il nome alle cose.
Spiegava l'origine del terremoto dicendo ch'esso una riunione
dei morti; diceva che l'arcobaleno splendore del sole, e che il
rumore che spesso risuona nelle orecchie voce della divinit.

oben c. 14, 9 Zu. Z. 17ff. vgl. 464, 31ff.


58 C 4. IAMBL. v. Pyth. 82-86. (82) La filosofia degli
58 C 4. IAMBL. V. P. 82-86
acusmatici consiste in precetti: questi sono impartiti senza che
sia mostrato il perch, e detta la ragione per cui si deve agire in , , , ' [I

un determinato modo. Gli acusmatici si sforzano anche di


464. 1 App.] ,
custodire tutti gli altri suoi detti, e considerano le sue parole
, '
opinioni divine, e di lor proprio non dicono niente e credono ,
che niente si deva dire; anzi massimamente sapienti giudicano ,
quelli che conoscono pi precetti e insegnamenti. Tutti i cos .
detti insegnamenti sono di tre specie: s'insegna che cos' una [I 464. 5
determinata cosa, e qual cosa sta sopra le altre dello stesso
App.] , ,
modo, e che cosa si deve fare o non fare. Quelli che riguardano . ,
il che cos', sono di tal modo: quali sono le isole dei beati? sole ; .
e luna; che cos' il santuario di Delfi? la tetractys, che
; ,
l'armonia delle Sirene.Quelli che dicono qual cosa sopra le . , ; .
altre dello stesso modo, sono tali: qual la cosa pi giusta? il ; ,
sacrificare; quale la pi sapiente? il numero, e, dopo esso, chi . ' ; [I 464. 10
pose il nome alle cose; quale la pi sapiente tra quelle degli
App.] . ; . ; .
uomini? la medicina; quale la pi bella? l'armonia; quale la pi ; . ;
forte? il pensiero; e quale la migliore? la felicit; quale la pi .
vera? che gli uomini sono malvagi; per questo dicono anche
,
ch'egli lodasse il poeta Ippodamante di Salamina, il quale
compose questi versi:
, , ' ;
O di, donde siete, donde siete nati tali? o uomini, donde siete, , , ' ;
donde siete nati cos cattivi?
(83) Questi e simili a questi sono gli insegnamenti di questo
[I 464. 15 App.] (83)
genere: ciascuno dice qual cosa sopra tutte le altre. lo

stesso modo di sapienza di quello attribuito ai sette sapienti.
. '
Perch anche costoro non si ponevano questa domanda: che
. ,
cos' il bene? ma questa: qual la cosa migliore? e non questa: ; , ;
che cos' il difficile? ma: qual la cosa pi difficile? il
,
conoscere se stessi; e non che cos' il facile? ma: qual la cosa ; . [I 464.
pi facile? seguire il costume. Tali insegnamenti sembrano
20 App.]
dunque imitati da tale sapienza; perch i sette furono prima di .
Pitagora. Infine, gli insegnamenti che riguardano quello che si ,
deve e quello che non si deve fare, sono siffatti: bisogna far

figli per lasciare chi dopo di noi onori la divinit; mettersi i
,
calzari cominciando dal piede destro; non camminare per vie ,
frequentate n bagnarsi in un vaso d'acqua lustrale n lavarsi in , .
un bagno pubblico, perch non si sa, in tutti questi casi, se
[I 464. 25] ,
siano puri gli altri che se ne servono. (84) E questi altri: non
. (84) .
aiutare uno a togliersi un peso, perch non bisogna far nascere .
pigrizia, ma aiutare a caricarlo; non unirsi, per aver figli, con .
una donna ricca; non parlare quando non c' luce; libare agli
.
di dalla parte dell'ansa del calice, per augurio e per non bere .
dalla stessa parte dalla quale si versa il libame; non portare
,
come sigillo in un anello l'immagine di un dio, perch non sia [I 464. 30 App.] ,
contaminata (l'immagine dev'essere onorata e custodita in
. ,
casa); non maltrattare la moglie, perch supplice (per questo ' , .
appunto togliendola dal suo focolare la conduciamo a casa

nostra, e la prendiamo dandole la destra); non sacrificare un . (85)
gallo bianco, perch supplice e sacro al Mese (per questo

appunto segna l'ora). (85) Dare a chi lo chiede soltanto il
. ,
consiglio migliore, perch cosa sacra un consiglio. Le fatiche [I 464. 35]
sono cosa buona, i piaceri sempre un male, perch, venuti al
.
mondo per espiazione, dobbiamo espiare. Sacrificare e andare .
al tempio scalzi: andandovi, non deviare, perch a nulla si deve .
posporre il dio. Buona cosa morire, quando si combatte, feriti , .
di fronte; male il contrario. L'anima di un uomo entra soltanto ,
negli animali che non lecito sacrificare: per questo si pu
[I 465. 1 App.]
mangiare soltanto la carne degli animali destinati a essere
( ),
vittime nei sacrifici, e degli altri animali no. Tali sono, per una . ,
parte, gli insegnamenti. Altri sono lunghissimi e riguardano il , '
modo di fare, in ciascuna congiuntura, i sacrifici e le altre *** e , ***
la dipartita da questo mondo, e come deve essere fatta la
,

sepoltura. (86) In alcuni casi si aggiunge la ragione per cui si


deve fare in un determinato modo: ad esempio, bisogna far figli . (86) ' [I 465. 5 App.]
per lasciare chi dopo di te onori gli di. Altre volte nessuna
,
giustificazione aggiunta. E delle giustificazioni alcune
'
sembrano adatte, altre no, come quando si dice che non bisogna .
spezzare il pane, perch questo non giova al giudizio nell'Ade. , ,
Le ragioni verosimili aggiunte al precetto non sono dei
,
Pitagorici, ma di alcuni che non facevano parte della scuola e .
tentavano di trovare qualche giustificazione, come nel caso di , ' [I 465. 10 App.]
cui ora s' detto, del perch non bisogna spezzare il pane: gli
uni dicono che non bisogna spezzarlo per non dividere ci che , ,
congiunge (anticamente infatti tutti gli amici si raccoglievano . ,
intorno a un solo pane al modo dei barbari); altri che non

bisogna spezzarlo per evitare, quando si domanda un augurio, '
di averne uno cattivo, col rompere e spezzare.
.
58 C 5. [ARISTOT.] oec. A 4. 1344 a 8. Ci devono essere,
58 C 5. [ARISTOT.] Oec. A 4. 1344 a 8 [I 465. 15 App.]
anzitutto, leggi che vietino di far offesa alla moglie: cos

neppure l'uomo ricever offesa. Del resto, anche i buoni
' . ' []
costumi insegnano a non offendere in alcun modo colei che,
, ,
come dicono i Pitagorici, tratta fuori dal suo focolare e si
'
trova nella condizione di una supplice.
[] .
23
G 58 C 5 a. IAMBL. v. Pyth. 96-100. * Dir ora quello che
58 C 5 a. IAMBL. v. Pyth. 96-100
durante il giorno gli amici dovevano fare, secondo il suo
, ' ,
insegnamento. Quelli che seguivano la via indicata da lui,
: (96)
facevano questo. Di buon mattino passeggiavano soli andando ' .
nei luoghi ove erano tranquillit e pace loro adatte, e ove si

trovavano templi e boschi e altro che potesse rallegrare il
,
cuore. Perch pensavano di dover disporre convenientemente ,
l'animo loro prima di venire a contatto con altri, e tale pace
. ,
giudicavano adatta a disporre bene l'animo; mentre

giudicavano che fosse causa di turbamento l'andare tra la folla :
appena alzati. Per questo i Pitagorici sceglievano sempre i
.
luoghi pi sacri. Dopo la passeggiata mattutina s'incontravano, .
il pi sovente nei templi; o, se no, in luoghi simili. Allora
.
insegnavano, imparavano, correggevano i loro costumi. (97)

Dopo essersi cos intrattenuti, si prendevano cura del corpo: i , , ,
pi si ungevano e correvano; altri, in minor numero, lottavano .
in giardini e boschi; altri si esercitavano coi manubri o
. (97)
movevano le braccia cadenzatamente, scegliendo gli esercizi
pi adatti a irrobustire il corpo. Facevano colazione con pane, .
miele o decotto di miele, ma, durante il giorno, non prendevano ,
vino. Dopo la colazione si prendevano cura degli affari della , ,
citt, sia di quelli che riguardavano i rapporti con le altre citt,
sia di quelli che riguardavano i forestieri, secondo che le leggi . ,
ordinavano.
' .
Perch ogni decisione essi la prendevano nelle ore dopo la
,
colazione. Alla sera riprendevano le passeggiate, non pi per ,
da soli, come il mattino, ma in due o tre; e richiamavano alla : '
mente gli insegnamenti, e s'esercitavano in buone occupazioni. .
(98) Dopo la passeggiata facevano il bagno, e quindi andavano , ' ,
alle mense comuni, in ciascuna delle quali non potevano essere ,
in pi di dieci uomini. Quando s'erano riuniti tutti, facevano
, (98)
libagioni e sacrifici con profumi ed incenso. Poi andavano a
.
pranzo, e finivano di pranzare prima del tramonto. Prendevano ,
vino focaccia pane carne e verdure cotte e crude. Mangiavano '
la carne degli animali ch' lecito sacrificare: raramente
.
mangiavano pesce, perch pensavano, per alcune loro ragioni, .
che alcuni pesci non si dovessero mangiare. Pensavano
,
parimenti che non lecito far male o uccidere gli animali che .
non sono dannosi all'uomo. (99) Dopo il pranzo libavano; poi .
leggevano. Era consuetudine che il pi giovane leggesse, il pi [],

vecchio sovraintendesse alla lettura, dicendo che cosa e come [] '


bisognava leggere. Quando stavano per andarsene, il coppiere (99) .
versava vino per libare; dopo la libagione, il pi vecchio diceva , . '
queste parole:
,
. ,
Non danneggiate le piante coltivate e le piante da frutto; inoltre ,

abbiate animo pio e rispettoso della divinit e dei demoni e
degli eroi; e medesimamente abbiate animo pio verso i genitori , ,
e i benefattori; portate aiuto alla legge e combattete contro la , (100)
.
licenza.

(100) Dopo che egli aveva detto queste parole, ciascuno
tornava a casa. Usavano vesti bianche e pulite, coperte bianche ,
,
e pulite, fatte di lino; non usavano coperte di lana. Non
apprezzavano la caccia e s'astenevano da questo esercizio. Tali .
erano le consuetudini di vita e di tali cose si cibavano ogni
giorno quegli uomini.
58 C 6. SUID. s. v. . Anassimandro il
58 C 6. SUID.
giovane, di Anassimandro, di Mileto, storico [F.Gr.Hist. 9 [I 465. 20 App.] [F.Gr.Hist. 9 T 1. 2 I
T 1. 2 I 159]. Fior al tempo di Artaserse, detto Mnemone 159]
[405-359]. Scrisse la Spiegazione dei simboli pitagorici,
[405-359]
quali non passare sopra il giogo, non attizzare il fuoco , '
col coltello, non mangiare da un pane intero etc. DIOG. ', ' ', '
LAERT. II 2. Ci fu anche un altro Anassimandro, anche lui ' . DIOG. II 2 [s. I 82, 5].
di Mileto, storico; scrisse in dialetto ionico. PORPHYR. v.
Pyth. 42 sgg. C'era anche un altro genere di simboli. Ad
. Probe [I 465. 25 App.] aus
esempio: non passare sopra il giogo della bilancia, vale a PORPH. V. P. 42
dire, non prevaricare; non attizzare il fuoco col coltello, , ' ', ,
vale a dire, non eccitare con discorsi aspri chi gonfio di ' ',
collera; non sfrondare la corona, vale a dire, non violare ,
le leggi, perch le leggi sono le corone delle citt. Poi altri, ' ',
di questo modo: non divorarti il cuore, che vuol dire non . '
affliggerti con amarezze; non sedere sopra il moggio, che ' ', [I 465. 30 App.]
vuoi dire non vivere senza far nulla; non volgerti indietro , '' ',
quando t'allontani dal paese, che vuole dire non attaccarti , '' ',
a questa vita quando stai per morire; non camminare per , '
vie frequentate, con le quali parole consigliava di non
', ' [I
seguire le opinioni dei pi, ma quelle dei pochi che sanno; 466. 1 App.] ,
non accogliere rondini in casa, cio non accogliere sotto , '
il proprio tetto uomini ciarlieri, che non sanno frenare la
',
lingua; aiuta a caricare un peso, non aiutare a deporlo,
, '
con le quali parole esortava a favorire non la pigrizia, ma il ,
valore e la fatica; non portare immagini di di negli
/', ' , [I 466. 5]
anelli, vale a dire non accogliere le opinioni e i discorsi
, '
sugli di del primo capitato, e non crederci e non divulgarli; ',
fare le libagioni agli di dalla parte dell'ansa (orecchia) del ,
calice, con le quali parole raccomandava per enigma di
, '
onorare gli di e di lodare la musica, perch la musica entra ',
attraverso gli orecchi; non mangiare quello che non
. '
lecito, nascita crescita principio fine e quello che
, , [I 466. 10] ,
fondamento di tutte le cose: (43) vietava infatti di
, , '
mangiare lombi testicoli midollo piedi e testa delle
. (43) '
vittime... Vietava anche di mangiare fave, come la carne

umana... (45) Anche altre cose vietava di mangiare: la
...
matrice, la triglia, l'ortica marina, e quasi tutto quello che ... (45)
viene dal mare. IAMBL. protr. 21 p. 106, 18. Questi sono i ,
simboli che devono essere indicati: 1) quando vai al tempio, [I 466. 15] .
inchinati, e durante il cammino non occuparti, n con
IAMBL. Protr. 21 [p. 106, 18]
parole n con azioni, di alcun affare; 2) quando sei in
. ,
istrada per un'altra ragione, non andare la tempio, e non
. .
inchinarti, neppure se passi davanti alle sue porte; 3)

sacrifica, e venera gli di scalzo; 4) evita le strade
, ' . .

frequentate e va per i sentieri; 5) astienti dal melanuro,


. .
perch appartiene agli di di sotterra; 6) frena la lingua
. . [I 466.
davanti agli altri, e cos obbedirai agli di; 7) quando i venti 20 App.] . .
spirano, venera il suono; 8) non attizzare il fuoco col
. .
coltello; 9) tieni lontana da te ogni ampolla d'aceto; 10)
. . . .
aiuta chi si carica un peso, ma non chi lo depone; 11) calza . .
prima il piede destro; lava prima il sinistro; 12) non parlare , . .

delle cose dei Pitagorici quando non c' luce; 13) non
,
passare sopra il giogo della bilancia; 14) quando esci dal
. .
[I 466. 25
tuo paese, non voltarti indietro, perch ti seguono le Erinni; App.] . .
. .

15) non orinare con la faccia rivolta al sole; 16) non
, . .

asciugare la seggiola con una fiaccola; 17) il gallo, nutrilo . .
.
pure, ma non sacrificarlo, perch sacro al Mese e al Sole; .
, .
18) non sedere sopra il moggio; 19) non allevare animali
. .
. .

dalle unghie ricurve; 20) in strada, non tagliare; 21) non
. . . .

accogliere in casa una rondine; 22) non portare anelli; 23) . .
. .

[I
non scolpire in un anello l'immagine d'un dio; 24) non
466. 30] . .

specchiarti presso una lucerna; 25) anche se t'appare strana, . .

non dubitare di qualche cosa che riguardi gli di e le
. .
. .

credenze negli di; 26) non ridere smodatamente; 27)
. .

mentre assisti a un sacrificio, non tagliarti le unghie; 28)
. .

non dare con facilit la destra a chiunque; 29) quando ti alzi . . . .

dal letto, avvolgi le coperte e rigoverna il luogo; 30) non
. .

divorare il cuore; 31) non mangiare il cervello; 32) sui tuoi .[I 466. 35 App.] .
.
capelli e sulle tue unghie recise, sputaci; 33) non prendere .
. .

un eritrino; 34) cancella dalla cenere le tracce della pentola; . .

35) per far figli non unirti con una donna ricca; 36) onora la ' '. .
. .

figura e il fondamento della figura e triobolo24*; 37) non , . .
. (Andere
mangiare fave; 38) la malva, piantala pure, ma non
Symbole bei Iambl. V. P. 109. 152-156. DIOG. VIII 17-19.
mangiarne; 39) non mangiare carni di esseri animati.
Hippol. Ref. 25-27. S. zu I 462, 37).
[I 467. 1 App.] D.

58 D 1. IAMBL. v. Pyth. 163-66. (163) Dicono che, tra le
58 D 1. IAMBL. V. P. 163ff. '
scienze, i Pitagorici coltivavano soprattutto la musica, la

medicina e la divinazione. Che erano silenziosi e abituati ad
ascoltare: e che lode riceveva da loro chi sapeva ascoltare. Che . [I 467. 5 App.]
' .
della medicina apprezzavano soprattutto la dietetica, e che in

questa erano scrupolosissimi; che davano il primo posto alla
.
conoscenza della giusta proporzione di bevande, di cibi e di
riposo; e il secondo posto alla preparazione delle vivande, di cui
tra i primi s'occuparono e per cui tra i primi dettero prescrizioni. .
Che si dedicarono allo studio degli empiastri pi che non fosse
stato fatto fino allora, e apprezzarono invece poco le medicine, . [] [I 467. 10
usando solo quelle che servivano a curare le ferite; e che meno di App.]
chiunque altro accolsero l'uso di bruciare e di tagliare. (164) Per , ,
alcune malattie si servivano anche di incantesimi. Pensavano che ,

anche la musica giova assai alla salute, se uno se ne serve nei
. (164)
modi dovuti: per la cura dell'anima si servivano anche di una
.
raccolta di detti di Omero e di Esiodo. Pensavano che si deve
imparare a memoria tutto quello che s'insegna e si spiega, e che si ,
[I 467. 15 App.] .
deve continuare ad ascoltare e a imparare fino a che la parte

dell'anima in cui la facolt di imparare e ricordare (perch
questa , per essi, la parte con cui si conosce e in cui si custodisce .
,
il giudizio) pu accogliere quello che ascolta. Apprezzavano
assai la memoria e se ne prendevano gran cura, e l'esercitavano
,
molto, ch non si distoglievano dallo studio di ci che
s'insegnava loro fino a che non si fossero saldamente impadroniti , ,
[I 467. 20 App.] .
dei primi elementi, e richiamavano alla memoria quello che si
diceva giorno per giorno, in questo modo. (165) Il pitagorico non
,
si alzava dal letto prima di aver ricordato le cose avvenute il
,
giorno innanzi. In questo modo le richiamava alla memoria: si

sforzava di ricordare le prime parole dette o ascoltate o i primi


, '
ordini dati ai familiari appena alzato; poi le parole dette o
[ ]. (165)
ascoltate o gli ordini dati come secondi; poi i terzi, e cos di
[]
seguito: poi, chi, uscendo di casa, aveva incontrato per primo e . [I 467. 25]
chi per secondo, e che discorsi s'eran fatti per primi e per secondi, . , [I 468. 1 App.]
e per terzi, e cos di seguito. Cercava insomma di ricordare quello ,
che era avvenuto durante tutta la giornata, e di ricordarlo
.
nell'ordine in cui era avvenuto. Se poi, quando si svegliava,
.
aveva pi tempo, si sforzava di ricordare nello stesso modo anche ,
quello che era avvenuto due giorni prima. (166) E tanto pi si
, .
sforzavano di esercitare la memoria, in quanto giudicavano che [I 468. 5 App.]
non ci fosse cosa pi utile alla conoscenza, all'esperienza e
,
all'intelligenza.Per questi loro costumi l'Italia tutta si riemp di
, .
filosofi, e, mentre prima era sconosciuta, poi, per merito di
,
Pitagora, fu chiamata Magna Grecia, ed ebbe gran numero di

filosofi, di poeti e di legislatori. E fu da loro che l'arte retorica e i . (166)
discorsi epidittici e le leggi scritte passarono in Grecia. Inoltre,
quanti vogliono far menzione di fisici, subito mettono innanzi
[I 468. 10] .
Empedocle e Parmenide di Elea; quanti vogliono sentenziare sui
casi della vita, ricordano le sentenze di Epicarmo, che quasi tutti i ,
filosofi accolgono. ANECD. PAR. ed. Cramer I 172. I Pitagorici, ,
come disse Aristosseno, purificavano il corpo con la medicina, '
l'anima con la musica. IAMBL. v. Pyth. 111. Usava soprattutto .
questo modo di purificazione, come egli chiamava la medicina
esercitata mediante la musica. SCHOL. HOM. V Il. X 391. La
' [I 468. 15] .
musica, anticamente e fino ai Pitagorici, era ammirata e detta
,
purificazione.

,
,
. Zu 163 vgl. Cramer
ANECD. PAR. I 172 , ,
[I 468. 20]
, . IAMBL. 110 (vgl.
111) [Pythagoras]

. SCHOL. V HOM. 391

. Vgl. auch IAMBL. 64. STOB. III 1, 71 H. [I 468.
25 App.] DIOD. X 5, 1.
58 D 2. IAMBL. v. Pyth. 137. Queste sono le prove della sua
58 D 2. IAMBL. V. P. 137
piet. Ma voglio mostrare quali sono i princpi sui quali Pitagora ,
e i suoi discepoli fondavano il culto degli di. Tutto quello che ' .
essi dicevano doversi fare o non fare aveva per fine la comunione ,
con la divinit. Questo era il loro principio: e tutta la vita era
,
ordinata secondo l'obbedienza che si deve al dio, e la sostanza
[I 468. 30 App.]
stessa della loro filosofia era questa, che gli uomini che cercano il ,
bene da altri che dagli di, fanno cosa ridicola. Fanno come chi in ,
una citt governata da un re onorasse e servisse un suddito e
,
trascurasse colui che re e signore di tutto. Perch evidente
,
che, dato che dio esiste ed signore di tutte le cose (e tutti son
.
d'accordo che il bene bisogna chiederlo a chi signore) e d'altra .
parte il bene si fa a quelli che s'amano e di cui ci si compiace, e il , [I 468. 35 App.]
contrario a quelli per cui si hanno sentimenti contrari, bisogna
, ,
fare quello di cui il dio si compiace.
, ,
, , ,
.
58 D 3. IAMBL. v. Pyth. 174 sgg. (174) Pensando che la
58 D 3. IAMBL. V. Pyth. 174ff. (
giustizia meglio si stabilisce l dove imperano gli di, ordin la
costituzione della citt e le leggi e la giustizia e il diritto,
, ' [I
rifacendosi a quel principio superiore che il governo degli
468. 40] , .)

di. Vale per la pena di ricordare partitamente i suoi


[I 469. 1] '
insegnamenti. I Pitagorici impararono da lui che utile pensare . ,
che la divinit esiste e tiene il suo sguardo sul genere umano e ,
non lo trascura. Perch noi abbiamo bisogno di un governo
,
tale, da pensare che sia dannoso ribellarci ad esso; e tale
' .
appunto il governo degli di, essendo la divinit degna di
, ,
governare il tutto. L'uomo, dicevano a ragione, portato a
[I 469. 5 App.] '
prevaricare, ed pieno di impulsi e di desidri e di passioni
,
d'ogni genere; pertanto ha bisogno che ci sia un potere supremo .
che imponga moderazione e ordine. (175) Giudicavano che,
, ,
consapevole della propria incostanza, ogni uomo dev'essere pio
e onorare dovutamente gli di, pensando sempre che gli di
,
guardano e osservano quello che gli uomini fanno. Dicevano ' . (175)
poi che, dopo la divinit e i dmoni, bisogna rispettare
[I 469. 10 App.]
soprattutto i genitori e la legge, e farsi loro sudditi, non

simulatamente ma con sincerit. E in generale pensavano che , '
bisogna giudicare l'anarchia il peggiore dei mali, essendo

l'uomo per sua natura incapace di salvarsi se non ha chi lo
.
governa. (176) Dicevano inoltre che bene conservare i
,
costumi e le istituzioni patrie, anche se sono un po' peggiori di , ,
quelli di altre citt, perch il facile abbandono delle leggi
. , [I 469.
vigenti e l'abitudine di innovare non sono n utili n salutari. 15 App.]

. (176)
,


.
58 D 4. STOB. flor. IV 25, 45. Dalle Massime Pitagoree di
58 D 4. STOB. IV 25, 45 H. [I 469. 20 App.]
Aristosseno [fr. 34 Wehrli]. Dopo la divinit e i dmoni
[fr. 19 FHG II 278].
bisogna rispettare soprattutto, dicevano, i genitori e le leggi, e
farlo non simulatamente, ma con sincerit: e giudicavano che
sia bene conservare i costumi e le leggi patrie, anche quando . '
sono un po' peggiori di quelli di altri. STOB. flor. IV 1, 49.
,
Dalle Massime Pitagoree di Aristosseno [fr. 35 Wehrli]. In
. STOB. IV 1, 49 H. . . . . . [fr.
generale pensavano che bisogna giudicare l'anarchia il peggiore 18] [I 469. 25]
dei mali, essendo l'uomo per sua natura incapace di salvarsi se
non ha chi lo governa. Sui governanti e sui cittadini pensavano .
cos: dicevano che i governanti non solo devono essere

sapienti, ma anche amare i cittadini, e i cittadini non solo essere
obbedienti, ma anche amare i governanti. E giudicavano che

bisogna aver cura degli uomini di tutte le et; che i fanciulli
.
devono esercitarsi nelle lettere e nelle scienze; i giovani
[I 469. 30 App.]
apprendere a rispettare le leggi e i costumi della citt; gli

uomini dedicarsi alle varie attivit, e alle liturgie pubbliche; gli
anziani conoscere le varie necessit e prendersi cura e guidare e .
consigliare i fanciulli perch non agiscano come bambini, i

giovani perch non agiscano come fanciulli, gli uomini perch
non agiscano come giovani, i vecchi perch non facciano
,
pazzie. Dicevano che fin da fanciulli bisogna abituarsi

all'ordine anche nel mangiare, perch l'ordine e la misura sono [I 469. 35 App.]
cose belle e utili, il disordine e la mancanza di misura cose
.
brutte e dannose [cfr. D 8 203].
,
, '
. [Vgl. D 8 203].
58 D 5. IAMBL. v. Pyth. 180 sgg. (180) Anche nel modo dei 58 D 5. IAMBL. V. P. 180ff. [I 470. 1]
rapporti tra le persone c' una forma di giustizia. Per i
,
Pitagorici consisteva in questo. Dicevano che nei rapporti con .
gli altri uno pu comportarsi in modo conveniente o in modo ,
sconveniente, e che i due modi si distinguono perch ci pu
,
essere differenza d'et e di condizione, e perch ci pu essere , [I 470. 5

parentela e perch uno pu essere stato beneficato, e per altre App.]


differenze di tal genere. Perch quello che pu andar bene
. ,
quando un giovane si trova con un giovane, non va bene
,
quando un giovane si trova con uno pi vecchio di lui: di fronte
ad un vecchio il giovane non solo non deve lasciarsi trascinare ** ,
da collera e far minacce ed essere insolente, ma in nessun

modo deve mancargli di riguardo. (181) Pressappoco le stesse . (181)
cose dicevano per quel che riguarda l'opportunit quando c' [I 470. 10 App.]
differenza di condizione: che cio non n bello n
' '
conveniente parlare troppo liberamente e fare qualcuna delle
cose or ora dette quando ci si trova di fronte a un uomo che ha .
fama verace di grandezza morale. E anche sul contegno che
,
uno deve tenere coi propri genitori e coi benefattori dicevano .
cose simili. Insomma affermavano che molteplici e vari sono i
modi della convenienza, essendo a volte ben fatto e a volte mal [I 470. 15 App.]
fatto che uno s'adiri e si irriti, e a volte ben fatto e a volte mal , ,
fatto che si dia ascolto a chi desidera e brama e vuole qualche '
cosa: lo stesso dicevano per ogni genere di passioni, di azioni, , .
di disposizioni, di relazioni e di rapporti. (182) Dicevano anche '
che, se fino a un certo punto si pu insegnare e spiegare e
. (182)
trattare della convenienza, insegnarla perfettamente e spiegarla
razionalmente e trattarne completamente non possibile.
, [I 470. 20]
Aggiungevano che simili alla convenienza e della sua natura .
sono l'eleganza, il decoro, la propriet e le altre qualit dello
,
stesso genere. Affermavano che sempre si deve tenere il

massimo conto del principio nelle scienze e nell'esperienza e ,
nella generazione, e cos anche nella famiglia e nella citt e nei .
campi militari e in ogni altro complesso di tal genere: ma che
difficile trovarlo, e abbracciare con un solo sguardo, in queste , [I 470. 25 App.]
cose, la natura del principio. Non , dicevano, di un'intelligenza ,
comune saper riconoscere e ben giudicare, in una scienza,
'
guardando alle varie sue parti, quale di esse il principio. (183) . []
Ma riconoscevano che ha grande importanza il conoscerlo, e
che anzi, quando non si conosce bene, tutta la scienza messa , .
in pericolo; perch, quando si ignora il principio vero, nessuna (183) '
parte della scienza che ne dipende, per cos dire, rimane intatta. , [I 470. 30]
Dicevano poi che lo stesso s'ha da dire di quell'altro modo di , ,
principio che il comando, perch n famiglie n citt possono ,
essere ben governate quando non ci sia un vero reggitore, e
. '
questo non comandi e governi volentieri: bisogna, dicevano,

che il governo lo vogliano medesimamente entrambi, colui che
governa e colui che governato, cos come gli insegnamenti
.
sono efficaci quando l'insegnamento voluto ugualmente da [I 470.
entrambi, l'insegnante e il discepolo, non potendosi compiere 35] ,
bene alcuna opera dove c' uno che contrasta, quale che esso ,
sia. STOB. ecl. II 13, 119. Dalle Massime Pitagoree di
,
Aristosseno [fr. 36 Wehrli]. Dicevano anche che tutti gli

insegnamenti delle scienze e delle arti sono buoni e

raggiungono il loro fine, quando sono dati e ricevuti di buon
. STOB. Ecl. II 13, 119 . . . . . [fr.
volere; e che valgono poco e sono inutili quelli che sono dati e 22].
ricevuti contro voglia.
[I 470. 40 App.]
,
.
58 D 6. IAMBL. v. Pyth. 196 sgg. (196) Anche questi suoi
58 D 6. IAMBL. V. P. 196ff. (
propri insegnamenti Pitagora impart ai Pitagorici. Costoro si , ).
sforzavano di mantenere sempre il corpo nella stessa
, [I 471. 1 App.]
condizione, e non a volte macilento e a volte troppo grasso,
, ,
perch giudicavano che questo fosse indizio di vita irregolare. .
E nello stesso modo si sforzavano di avere sempre una stessa ,
disposizione di spirito, non a volte lieti e a volte tristi, ma
, ' .
uniformemente lieti di letizia moderata. Frenavano la collera, , , ,

non s'abbandonavano a scoraggiamento, evitavano i


[I 471. 5 App.]
turbamenti. Ed era per essi un precetto, che nessun
,
accadimento pu giungere inaspettato all'uomo che ha senno, , .
ma che dobbiamo aspettarci qualunque cosa, quando non
,
dipenda dalla nostra volont. Che se li prendeva la collera o un '
dolore o qualche cosa di simile, s'allontanavano dagli altri e si . (197)
racchiudevano in se stessi e si sforzavano di placare e guarire ,
la passione. (197) Si racconta anche questo dei Pitagorici, che [I 471. 10
nessuno di essi, mentre era preso da collera, pun mai un servo App.] , '
o rimprover (il rimproverare lo dicevano correggere) un uomo .
libero; ma tutti sempre aspettavano di avere l'animo placato e
passavano il tempo dell'attesa in silenzio e solitudine.
. [von Tarent, Vater des
Spintaro25* cos raccontava di Archita di Taranto, che, essendo Aristoxenos]
stato parecchio tempo lontano dai suoi campi, e tornatovi dopo , () ,
una spedizione della citt contro i Messapi, come vide che il
, [I 471.
fattore e i servi non s'erano presa cura dei lavori dei campi, ma 15 App.] ,
li avevano grandemente trascurati, adiratosi e sdegnatosi

moltissimo, disse, come sembra, ai servi, che era per essi una ,
fortuna che egli si fosse irritato: perch, se non fosse stato cos, , ,
non sarebbero rimasti impuniti di colpe tanto gravi. (198)
, , (?), ,
Diceva poi che anche di Clinia si raccontavano aneddoti simili: ,
ch anche lui rimandava i rimproveri e i castighi al momento in ,
cui fosse stato sereno. Diceva anche che quegli uomini non si . [I 471. 20 App.] (198)
lamentavano e non piangevano n facevano alcuna cosa di

questo genere, e che n amor di guadagno n desiderio n

collera n ambizione n alcuna altra passione suscitavano
.
discordie tra di loro, ch al contrario i rapporti dei Pitagorici tra ,
di loro erano simili a quelli di un buon padre coi figli. Bello
anche che attribuissero a Pitagora ogni loro scoperta e lo
,
chiamassero lo scopritore, e non cercassero fama dalle
, [I
scoperte loro proprie, se non di rado: pochissimi sono infatti
471. 25 App.] .
quelli di cui si ricordano scritti portanti il loro nome.

,
,
, .
Folgt 199 [c. 14, 17 I 104, 27].
58 D 7. IAMBL. v. Pyth. 233 sgg. (233) Che i Pitagorici
58 D 7. IAMBL. V. P. 233-239 (
evitavano con ogni cura di stringere amicizie con altri, e se ne [I 471. 30 App.]
guardavano e le evitavano, e che per molte generazioni
,
mantennero pura l'amicizia tra di loro, lo si pu ricavare da
,
molte testimonianze, e soprattutto da quello che Aristosseno,
nella Vita Pitagorica [fr. 31 Wehrli] dice d'aver sentito
,
raccontare da Dionisio, tiranno di Sicilia, quando, sbalzato dal [fr. 9 FHG II
trono e venuto a Corinto, vi insegnava a leggere e a scrivere. 273]
(234) Dice dunque Aristosseno:
,
[I 471. 35] . (234)
Quegli uomini non si lamentavano, non piangevano e null'altro ). '
di simile facevano per quanto era possibile, e similmente non
,
adulavano, non pregavano, non supplicavano n facevano
alcuna altra cosa di tal genere. E Dionisio, cacciato dal regno e [I 472. 1 App.] .
[]
venuto a Corinto, ci raccontava spesso la storia di Finzia e

Damone [55], e la malleveria per la morte, data in questo
modo. Alcuni cortigiani, raccontava Dionisio, facevano spesso [c. 55] .
menzione dei Pitagorici, e li deridevano e li beffeggiavano e li .
chiamavano millantatori e dicevano che la loro gravit e la loro .
, [I 472. 5 App.]
simulata lealt e la loro impassibilit si sarebbero ridotte in
frantumi, se qualcuno gli avesse messo una grande paura. (235)
,
Altri contraddicevano, e ne era sorta una contesa. Era stata

quindi ordita questa commedia per provare Finzia e i suoi
amici. Dionisio aveva fatto chiamare Finzia, e alla sua presenza , . (235)
uno degli accusatori aveva dichiarato ch'era stato scoperto un


[I 472. 10 App.]
complotto di Finzia contro di lui: i presenti avevano
confermato l'accusa, e lo sdegno era stato ben simulato. Finzia, , ,
raccontava Dionisio, s'era stupito per quel discorso: ma dopo ,
che lui stesso aveva dichiarato che le prove erano sicure e che
egli doveva subire la pena capitale, aveva chiesto che, se cos .
. ,
era stato deciso, gli fosse concesso il resto del giorno per
mettere in ordine gli affari suoi e quelli di Damone (perch lui ,
, [I 472. 15]
e Damone vivevano insieme, e per la gran parte
l'amministrazione se l'era assunta Finzia, ch'era il pi vecchio): ,
aveva dunque domandato d'essere lasciato andare, e aveva dato , '

come mallevadore Damone. (236) Dionisio, meravigliato,
, '
aveva domandato se c'era mai un uomo disposto a farsi
.
mallevadore della morte d'un altro; e poich Finzia aveva
, . (236)
risposto di s, era stato chiamato Damone; e Damone,
, [I 472. 20]
informato di quello ch'era avvenuto, aveva accettato di farsi
,
garante e di restar li fino al ritorno di Finzia. Quindi, mentre
lui, Dionisio, era stato colpito da questo fatto, gli altri, quelli .
,
che avevano voluto mettere Finzia alla prova, avevano
,
cominciato a farsi beffe di Damone che sarebbe rimasto nei
guai, e a chiamarlo per derisione la cerva espiatoria. Ma ecco . ,
che, quando il sole stava per tramontare, Finzia era tornato, per
[I 472. 25
lasciarsi uccidere; e tutti s'erano stupiti ed erano come
App.] . '
soggiogati. Raccontava quindi Dionisio che egli li aveva
abbracciati e baciati, e aveva chiesto che lo accogliessero tra
, '
loro come terzo amico, ma che essi non avevano voluto, per
. ' , ,
quanto li pregasse, accondiscendere.
(237) Questo Aristosseno racconta, e dice d'averlo saputo da
Dionisio stesso. Dicono anche che i Pitagorici erano pronti a , ,
prestare aiuto a quelli che non conoscevano e neppure avevano , '. (237)
' [I 472. 30 App.]
mai visti, quando avevano qualche indizio che erano della
. ,
stessa scuola; e questo rende credibile quel detto, che gli
uomini dabbene, anche se abitano nei luoghi pi lontani, sono
,
amici ancor prima di conoscersi e di aver parlato tra di loro.
, '
Raccontano, per esempio, che un pitagorico, che stava
compiendo da solo un lungo viaggio, si ferm in un albergo, e ' , '
l, colpito da una malattia lunga e grave, in un certo momento
si trov senza denari. (238) L'oste tuttavia, o per compassione o , [I 472.
35 App.] .
per ospitalit, continu a dargli tutto quello di cui aveva
bisogno, senza risparmiare n fatica n spesa. Aggravatasi la
malattia, il pitagorico, gi sul punto di morire, scrisse in una

tavoletta un segno di riconoscimento e raccomand
,
all'albergatore che, se egli moriva, appendesse la tavoletta

davanti alla porta nella strada, e stesse attento se nessuno
, ' . (238)
riconoscesse il segno: diceva che chi l'avesse riconosciuto lo ,
avrebbe rimborsato di quanto aveva speso, ed egli avrebbe
, , [I 472. 40]
avuto gratitudine per lui. L'albergatore, come quello mor, lo .
seppell ed ebbe cura del suo corpo, bench non avesse alcuna ,
speranza di riavere quanto aveva speso, e tanto meno d'ottenere [I 473. 1 App.] ,
un premio da uno che riconoscesse il segno della tavoletta. E , ,
tuttavia, meravigliato per la raccomandazione, volle fare la
,
prova, ed esporre la tavola in pubblico. Pass molto tempo, e ,
finalmente un pitagorico, che passava di l, si ferm e cap chi , .
aveva fatto il segno, e si inform di quanto era avvenuto, e

all'albergatore dette molto pi denaro che egli non avesse
, [I 473. 5]
speso. (239) Raccontano ancora che Clinia di Taranto, venuto a ,
sapere che Proro di Cirene [54], uno zelante osservatore dei
.
precetti di Pitagora, correva il pericolo di perdere tutti i suoi
,
averi, mise insieme una certa quantit di denaro, e pass a
.
Cirene, e riassest gli affari di Proro senza preoccuparsi della
perdita che subiva, e per di pi affrontando il pericolo di una ,

traversata per mare.E raccontano che allo stesso modo Testore [I 473. 10]
di Posidonia, solo per aver sentito dire che Timarida di Paio era .
un pitagorico, quando costui da ricchissimo che era cadde in
indigenza, and a Paro con molto denaro e gli ricomper tutto (239) ,
quello che un tempo aveva posseduto. Cfr. IAMBL. v. Pyth.
[c. 54],
127. Dionisio gli raccontava questo, e la storia di Finzia e
, ,
Damone, e di Platone e Archita, e di Clinia e Proro [cap. 54, 3].
E ancora gli raccontava di Eubulo di Messina, che era stato
,
preso da pirati etruschi mentre per mare ritornava in patria, e da , [I
questi fatto sbarcare in Etruria; e che l'etrusco Nausitoo,
473. 15 App.] .
pitagorico, avendo saputo ch'egli era discepolo di Pitagora, lo
sottrasse ai pirati e lo rimand con buona scorta a Messina. E ,
che quando i Cartaginesi stavano per mandare in un'isola
,
deserta pi di cinquemila soldati mercenari, il pitagorico
,
cartaginese Milziade, essendo venuto a sapere che tra essi era il ,
pitagorico Poside argivo, and da lui e gli consigli, pur senza . Vgl. IAMBL. V. P. 127 (nach groer
svelargli quanto stava per accadere, di tornare al pi presto in Lcke). [I 473. 20] [Aristoxenos]
patria, e lo imbarc su di una nave di passaggio, dandogli
[der jngere Dionysios in Korinth]
anche il denaro per il viaggio, e lo salv in tal modo dal
, ,
pericolo.
[s. oben c. 54, 3]

,
, ,
, [I 473. 25 App.]
'
.
, ' ,
,
,
,
, [I 473. 30 App.]
' ,

.
58 D 8. IAMBL. v. Pyth. 200-13. (200) Questo dicevano, per 58 D 8. IAMBL. V. P. 200-13
quanto si tramanda, dell'opinione. Che stolto dar ascolto a
.
qualsiasi opinione e di qualsiasi, e soprattutto all'opinione dei ,
pi, essendo il pensare e l'opinare bene solo di pochi: perch,
dicevano, evidente che il pensar bene solo di quelli che
. [I 473. 35]
sanno, e questi son pochi; onde anche evidente che tale
.
capacit non possono averla i pi. Che per stolto anche
. '
sprezzare qualsiasi giudizio e qualsiasi opinione: chi fa cos

sar sempre, dicevano, ignorante, e non corregger mai la sua
ignoranza. E che dunque necessario a colui che ignora
. '
imparare quello che ignora e non sa, e a colui che vuole
,
imparare, ascoltare il giudizio e l'opinione di chi sa e ha
[I 473. 40]
capacit di insegnare: e che dunque i giovani, che vogliono
,
giungere a salvamento, devono ascoltare i giudizi e le opinioni ,
dei pi vecchi che abbiano trascorso bene la loro vita. (201)

Dicevano che nella vita umana, considerata nella sua interezza, . (201)
si distinguono alcune et (in tal modo si dice che essi
(
s'esprimevano), e che non di tutti l'armonizzarle: perch esse ),
tendono a essere corrotte l'una dall'altra, se l'uomo non
[I 474. 1] '
guidato opportunamente e saggiamente fin dalla nascita. E che ,
pertanto l'educazione del fanciullo, rivolta a renderlo buono, e .
temperante e valoroso, non deve arrestarsi, ma continuare, per [I 474. 5 App.]
la gran parte, nell'adolescenza; e l'educazione dell'adolescente,
rivolta a renderlo buono e temperante e valoroso, non deve
,
arrestarsi, ma continuare per la gran parte nell'et dell'uomo,
perch assurdo e ridicolo quello che avviene ai pi. (202) I

quali credono che, finch s' fanciulli, si deva essere


,
disciplinati e temperanti e tenuti lontani da tutto ci ch'
. (202)
volgare e indecoroso, e poi, divenuti adolescenti, si possa fare
per lo pi quello che si vuole. Per tal modo in quest'et

confluiscono gli errori delle due altre et, commettendo i
,
giovani molte colpe che son proprie dei fanciulli e molte che , . [I 474. 10 App.]
sono proprie degli uomini. Il rifuggire da ogni seriet e

compostezza, per dire in breve, e il pensare ai giuochi e

l'abbandonarsi a piaceri smodati e l'essere fanciullescamente .
insolenti, tutto questo dell'et del fanciullo, ed da questa et , ,
che tale disposizione dell'animo passa all'et che segue; per

contro le brame veementi e l'ambizione e le altre inclinazioni e , .
passioni violente e tumultuose vengono all'et dei giovani
[I 474. 15]
dall'et degli uomini: questa dunque, dicevano, l'et che ha . ,
maggior bisogno di cure. (203) In generale per, dicevano, non ,
deve mai essere permesso all'uomo di fare quello che vuole, ma ,
sopra di lui ci dev'essere sempre un governo e un reggimento ,
onesto e rispettoso della legge; perch ogni animale, lasciato .
fare e trascurato, diventa rapidamente perverso ed inetto. E a . (203)
questo proposito domandavano spesso perch noi abituiamo i ' , [I 474.
fanciulli a mangiare con compostezza e con garbo, e diciamo 20] , , '
loro che l'ordine e la compostezza sono cose belle, e i modi
,
contrari a questi, e cio disordine e scompostezza, sono cose .
brutte, s che grande biasimo riceve chi mangia e beve troppo:
se nulla di questo dovesse giovare, dicevano, quando i fanciulli .
siano divenuti uomini, sarebbe sciocco abituarli a tale
,
compostezza quando sono fanciulli: e lo stesso discorso
, [I
dicevano che si pu fare per gli altri costumi. (204) Non cos si 474. 25 App.]
fa, osservavano, con gli altri animali, allevati dall'uomo; ma fin , ,
dal principio il cucciolo e il puledro sono abituati e imparano ,
quello che dovranno fare quando saranno giunti a maturit. E .
in generale, si tramanda, i Pitagorici esortavano quelli che

venivano a conoscere e di cui divenivano familiari, a guardarsi, ,
sopra ogni altra cosa, dal piacere: perch, dicevano, nulla ci
. .
induce in peccato e ci danneggia tanto quanto il piacere. In
(204) [I 474. 30 App.]
generale, come sembra, sostenevano che nulla bisogna fare per , ' ,
il piacere, perch tale fine ignobile e per lo pi dannoso, ma '
fare quello che s'ha da fare guardando in primo luogo al bello e ,
all'onesto, e poi all'utile e al vantaggioso: e tuttavia anche
.
notavano che giudicare di questo non cosa facile. (205) Dei
cosiddetti piaceri del corpo, per quello che si tramanda,
, ,
dicevano questo. Che il desiderio un movimento dell'anima e [I 474. 35]
un impulso e una tendenza a soddisfare i bisogni o a cercare
' .
alcune sensazioni o a trovarsi in una determinata disposizione , ,
dei sensi. E che ci sono anche desidri contrari a questi, quello ,
di vuotare il corpo, quello di non trovarsi in una determinata
,
disposizione, e quello di non aver alcune sensazioni. Che

insomma vari sono i desidri dell'uomo, anzi che nulla v'
, ,
nell'uomo di tanto vario. Aggiungevano che per la gran parte i [I 474. 40] . (205)
desidri sono acquisiti e creati artificiosamente dagli stessi

uomini: sicch, dicevano, gran cura ci vuole per questo genere .
d'affezioni, e sorvegliarsi, ed esercitare il corpo costantemente.
Perch, se conforme a natura che si abbia desiderio di cibo

quando il corpo vuoto, e conforme a natura anche che si
.
desideri vuotarlo convenientemente quando stato riempito, il
desiderio di cibo raffinato, quello di vesti e coperte finemente . ' [I 474.
lavorate e lussuose, quello di abitazioni ricche e suntuose ed
45] .
adorne, e quello di suppellettili e di coppe e di servi e d'animali [I 475. 1]
da mangiare superflui, sono desidri acquisiti. (206) E in
'
generale dicevano che di tutte le passioni umane il desiderio

del lusso quello che meno ha posa, ma procede infinitamente:

onde bisogna prendersi cura dei fanciulli fin dal principio, a ci


che desiderino quello che devono, e si tengano lontani dal
,
desiderio di cose vane e superflue, e restino puri e non siano
[I 475. 5] '
trascinati da tali impulsi, e disprezzino i desidri che meritano .
d'essere disprezzati e chi schiavo d'essi. Aggiungevano che i
desidri vani e dannosi e superflui e smodati si trovano
,
soprattutto in quelli che vivono nell'abbondanza; e che non c'
nulla di tanto anormale, cui non tenda l'animo di fanciulli e
.
uomini e donne, cos abituati. (207) Dicevano anche, in
(206)
generale, che i desidri degli uomini sono straordinariamente [I 475. 10 App.]
vari, e che questo dimostrato dalla variet delle cose di cui
, .
essi si cibano: perch infinita la quantit dei frutti e delle erbe ,
di cui si nutrono; che anzi mangiano anche carni d'ogni genere, ,
tanto che difficile trovare un animale terrestre o un uccello o ,
un pesce dal quale essi s'astengano. E osservavano che questi
cibi sono preparati nelle maniere pi varie, e che sono state
.
inventate salse d'ogni genere; e che di qui nasce che i
' [I 475. 15]
movimenti dell'animo umano sono cos folli e vari. (208)

Perch ogni cibo causa di una particolare disposizione (e di
questo tutti s'accorgono quando osservano gli effetti di quei
, '
cibi che causano immediatamente grandi mutamenti, come, ad
esempio, il vino, che, bevuto in grande quantit, dapprima
. (207)
rende allegri, e poi rende pazzi e toglie ogni senso di decoro;
non s'accorgono invece degli effetti di quei cibi che non hanno [I 475.
altrettanta forza; e tuttavia ogni cibo causa di una particolare 20 App.] ,
disposizione). Perci, dicevano, grande sapienza occorre per ,
saper riconoscere di quali cibi ci dobbiamo nutrire e in quale , ,
quantit: questa, dicevano, era anticamente la scienza di Apollo
e di Peone, e poi quella di Asclepio. (209) Sulla generazione si .
tramanda che pensavano questo: in generale, che bisogna

evitare che sia precoce, perch n gli animali n le piante

precoci producono buoni frutti: se si vuole che il seme e il
[I 475. 25] . (208)
frutto vengano da corpi vigorosi e sani deve passare un certo
tempo prima che fruttifichino. Bisogna dunque, dicevano,
.
allevare i fanciulli e le fanciulle facendo loro sostenere fatiche , ,
e fare esercizi e sforzi loro adatti, e ristorarli con cibo adatto a ,
una vita laboriosa e sana e paziente delle fatiche. Dicevano poi
che molte cose, nella vita degli uomini, meglio impararle

tardi, e che tra queste sono i piaceri d'amore. (210) E che
[I 475. 30 App.] .
quindi il fanciullo dev'essere educato a non cercare tali rapporti
prima d'aver raggiunto i venti anni, e a usare moderatamente , .
dei piaceri d'amore dopo averli raggiunti: questo risultato si

pu ottenere, dicevano, se si stima e s'apprezza la buona salute, , . (209)
perch nessuno pu essere ad un tempo intemperante e sano. .
Tramandano anche che essi approvavano il costume gi

esistente nelle citt greche, di vietare che uno stia con la madre [I 475. 35 App.]
o con la figlia o con la sorella in un luogo pubblico o in luogo ,
sacro, perch giudicavano buono e utile che a tal cosa ci
,
fossero quanto pi impedimenti fosse possibile. Pensavano che
i concepimenti contro natura e nella lussuria devono essere
.
evitati, e che degli altri, secondo natura e senza lussuria,

devono essere permessi quelli che hanno come scopo la
,
procreazione legittima e sana di figli. (211) Dicevano che chi . [I 475. 40]
vuol procreare deve prendersi gran cura dei nascituri: e che il ,
primo e pi importante modo di previdenza quello di
,
prepararsi a generare conducendo vita sana e temperante, senza . (210)
riempirsi ingordamente, senza mangiare cibi dannosi alla
.
salute, e soprattutto non ubriacandosi; perch giudicavano che i ' ,
semi prodotti da una cattiva e inopportuna e torbida unione
,
sono cattivi. (212) In generale consideravano che da
[I 475. 45]
sconsiderato e imprevidente non fare, quando si sta per
. '

procreare e trarre alla vita e all'essere un figlio, tutto quello che [I 476. 1]
necessario a che il figlio nasca nelle condizioni migliori: gli ,
allevatori di cani, dicevano, si prendono grandissima cura dei ' ' '
nascituri, e, perch i cuccioli nascano mansueti, badano alla

scelta dei genitori, e che questi si trovino nelle migliori
.
condizioni, e generino nel momento opportuno: e lo stesso
', ,
fanno gli allevatori d'uccelli. (213) Nello stesso modo chi vuole [I 476. 5] '
avere altri animali di pregio mette ogni cura a che la
,
procreazione non avvenga a caso; gli uomini invece,

osservavano, non si prendono in alcun modo cura dei figli, e li . (211)
concepiscono del tutto a caso e alla ventura, e poi li allevano e
li educano con grande trascuranza. Ora il procreare al modo
.
delle fiere e a caso, come fanno i pi, , dicevano, la prima e
pi vera causa dell'esserci al mondo uomini malvagi e dappoco. [I 476. 10 App.]
Questi precetti e questo modo di vita temperante, tramandati , ,
dal tempo di Pitagora, quegli uomini li seguivano nelle parole e , '
nelle opere, e consideravano gli ammonimenti di lui come
, , '
oracoli di Delfi. G DIOG. LAERT. VIII 10. Divide anche la
vita dell'uomo, in questo modo: fanciullo per vent'anni,
. (212)
adolescente per venti, giovane per venti, vecchio per venti. /
,
STOB. flor. III 10, 66 p. 424, 13. Dalle Massime Pitagoree di [I 476. 15 App.]
Aristosseno [fr. 17 Wehrli]. Del desiderio dicevano questo.
,
Che ci sono moltissime e varie forme di desiderio; e che ci
,
sono desidri acquisiti e creati artificiosamente, e desidri
,
innati. Che il desiderio un movimento e un impulso e una
,
tendenza dell'anima a soddisfare a bisogni, o a provare

sensazioni, o a vuotare il corpo o a non avere determinate
, . (213) '
sensazioni o a non avere sensazioni affatto. Che tre sono le
[I 476. 20]
forme pi comuni di desidri cattivi e colpevoli: oscenit,

dismisura, sconvenienza. Perch un desiderio pu essere di per , '
se stesso indecoroso e basso e volgare; o pu non essere tale, , '
ma eccessivamente violento e costante; o, terzo dopo questi

modi, pu essere inopportuno e di cose che non si dovrebbero .
desiderare. STOB. flor. IV 37, 4 p. 878, 13. Dalle opere di

Aristosseno pitagorico [fr. 39 Wehrli]. Sulla nascita dei figli
[I 476. 25]
diceva questo. Che in generale bisogna evitare la cosiddetta

precocit, perch n le piante n gli animali precoci dnno
. (
buoni frutti: frutti e semi buoni essi possono dare soltanto se

son preparati alla generazione per un tempo sufficiente a che si ,
rafforzino e giungano a maturit. Diceva che molte cose ci
'
sono che meglio apprendere tardi, e tra queste il piacere
.)
d'amore. Che il fanciullo dev'essere tenuto costantemente attivo Zu 201 vgl. DIOG. VIII 10. DIOD. X 9, 5.
con esercizi, in modo che fino a venti anni non solo non cerchi, Zu 203 vgl. oben I 469, 35 [I 476. 30]
ma, se possibile, neppure sappia di tali unioni: e che quando G DIOG. LAERT. VIII 10.
abbia raggiunto tale et, ne goda di rado, perch la temperanza ' , ,
in questo piacere giova molto alla buona salute di chi genera e , . / Zu 205 vgl. STOB. Flor. III
di chi sar generato. Diceva che non bisogna avvicinarsi a
10, 66 H. [fr.
donne per averne figli dopo aver mangiato o bevuto troppo,
17 Wehrli].
perch da una unione cattiva e disarmonica e torbida giudicava
che nascono cose non solo prive d'armonia e bellezza, ma
,
neppur buone affatto.

[I 476. 35]

.
,

,

, [I 476. 40 App.] .
Zu 209-213 vgl. Ocellus 4, 9-14 (aus derselben Bearbeitung
wie Iambl. 209 ff.) und den zum Teil treueren Auszug STOB.

Flor. IV 37, 4 (p. 878, 13 H.)


[fr. 20].
[I 477.
1 App.]

,

.
[I 477. 5 App.]
.
,
, '

,

.
[I 477. 10 App.]

, '
.
58 D 9. IAMBL. v. Pyth. 230 sgg. (230) Anche per queste cose 58 D 9. IAMBL. V. P. 230-233 (
bisogna ricordare l'educazione voluta da Pitagora, e i precetti ,
ch'egli dava ai suoi discepoli. I Pitagorici dicevano che dalla ).
vera amicizia devono essere tenute lontane contese rivalit: se
possibile, da ogni amicizia; se non possibile, almeno da
, [I 477. 15 App.] ,
quella che lega il figlio al padre, e in generale i pi giovani ai , ,
pi vecchi; cos pure da quella che lega ai benefattori. Perch, ,
dicevano, quando ci sono contese e rivalit, una volta che uno
sia preso da collera o da altra simile passione, l'amicizia non si
conserva pi. (231) Nelle amicizie, dicevano ancora, le
. (231)
incrinature e le ulcerazioni devono essere evitate per quanto
possibile, e questo s'ottiene se entrambi gli amici sanno
, [I 477. 20] ,
cedere e frenare la collera, e soprattutto se sa cedere colui ch' , ,
pi giovane o si trova in una delle condizioni di cui abbiamo
ora detto. E gli ammonimenti e i rimproveri (che essi
. ,
chiamavano correzioni) gli anziani devono muoverli ai giovani, ,
dicevano, con molto tatto e riguardo, e con chiara

dimostrazione di affetto e di benevolenza: ch solo cos il
,
rimprovero bello ed utile. (232) E la sincerit tra amici,
[I 477. 25]
dicevano, non deve mai venir meno, n quando giocano n
. (232)
quando trattano di cose serie; perch non facile che l'amicizia
si conservi, una volta che la menzogna si sia introdotta nelle

consuetudini di quelli che dicono d'essere amici: l'amicizia poi ,
non si deve rinnegare per una sventura o per altro di quei mali .
che sogliono colpirci; solo quando l'amico dimostri grande e [I 478. 1 App.]
incorreggibile cattiveria, si pu apprezzare chi rompe l'amicizia ,
con lui. N mai bisogna farsi volontariamente nemico di

qualcuno, che non sia estremamente malvagio: per, una volta .
fattisi nemici di qualcuno, se costui non muta costume e non ,
diviene buono, si deve combattere nobilmente fino alla fine. E ,
non con le parole, ma coi fatti dicevano che bisogna
[I 478. 5 App.]
combattere: e che un'inimicizia pia soltanto se si combatte da . , ,
uomo contro uomo: e che non bisogna dare inizio, per quanto ,
possibile, a un'inimicizia, ma guardarsi dal farlo, sempre e con .
tutte le forze. (233) Un'amicizia vera, dicevano poi, solo in ,
condizioni ben definite e chiare e non casuali: e solo con chi ha . (233)
costumi simili si deve stringerla, se si vuole che non sia

sconsiderata e contro ragione, ma decorosa e consapevole e ben , ' [I 478. 10 App.]
regolata, e che non ne nascano passioni irragionevoli e cattive e ,
colpevoli, come collera e desiderio. Lo stesso discorso
,
dicevano poi che si deve fare per le altre passioni e disposizioni , '

,
, .

. Krzerer Auszug von 2. 5 und 24 101. 102. [I
478. 15 App.] Quelle hier angedeutet:

.
58 D 10. STOB. flor. III 1, 101 p. 50, 17. Dalle Massime
58 D 10. STOB. Flor. III 1, 101 p. 50, 17 H. . . . . .
Pitagoree di Aristosseno [fr. 40 Wehrli]. Diceva che il vero
[fr. 17a].
amore del bello si rivela nei costumi e nelle scienze. Perch

l'amore e il voler bene fanno parte dei buoni costumi e delle

attivit buone. E cos, delle scienze e delle esperienze, amanti [I 478. 20 App.]
del bello sono quelle buone ed oneste; mentre quello che i pi ,
intendono per amore del bello, e cio quello che ha scopi
,
pratici nelle necessit e nei bisogni, soltanto una spoglia
,
dell'amore vero.
.
58 D 11. STOB. ecl. I 6, 18 p. 89, 10. Dalle Massime
58 D 11. STOB. Flor. I 6, 18 p. 89, 10 W. . . . . . [fr.
Pitagoree di Aristosseno [fr. 41 Wehrli]. Della fortuna
21]. '
dicevano questo, che una parte di essa demoniaca,
[I 478. 25 App.]
essendoci una specie d'ispirazione al male o al bene che

viene dai dmoni ad alcuni uomini, ed agli uni causa di '
buona, agli altri di cattiva fortuna. Lo dimostra
, .
chiarissimamente, dicevano, il fatto che alcuni, pur agendo
sconsideratamente e a caso, riescono ad ottenere quello che ,
vogliono, ed altri, pur riflettendo prima di fare qualche cosa .
e pur sforzandosi d'essere previdenti, falliscono. Dicevano , ' [I 478. 30
poi che c' anche un'altra specie di fortuna, favorevole agli App.] ,
uni, cui essa concede buona natura, sfavorevole agli altri, , '
che hanno per essa natura cattiva: perch i primi portano a ,
compimento qualunque cosa intraprendano, gli altri
,
falliscono sempre lo scopo, non giungendo mai a buon fine,
ma essendo sempre sovvertiti e sconvolti i loro disegni.
.
Questo modo di sfortuna, dicevano, connaturato e
ineliminabile.
E. PITAGORISTI NELLA COMMEDIA DI MEZZO
E. PYTHAGORISTEN IN DER MITTLEREN KOMDIE
dell'animo.

THEOCR. 14, 5. Tale venne poco fa un pitagorista, pallido e


scalzo.

THEOCR. 14, 5 [I 478. 35 App.]


,
.
SCHOL. z. d. St.
SCHOL. ad loc. I Pitagorici curano molto il loro corpo, i
,
Pitagoristi vivono una vita misera e squallida.
.
58 E 1. ATHEN. IV P. 160 F. Perch non emuli i famosi
58 E 1. ATHEN. IV P. 160 F [I 479. 1 App.]
Pitagorici? Di essi Antifane nei Sepolcri [II 76 Kock] dice
;
cos:
[II 76 Kock]
'
C'erano alcuni miserandi Pitagorici, che nella fossa si pasceano
[I 479. 5 App.] .
d'erbe, e raccoglievano nella bisaccia simili malanni.
'' ' [S. 67]

E nella commedia intitolata appunto Bisaccia [II 67 Kock]
,
dice:
.
[I 479. 10] ' [S. 378]
Anzitutto, come pitagorizzante, non mangia carne di cose
, ,
animate, ma prende la crosta di un pane d'orzo, da un obolo
' ' '
tutt'al pi, e se la mangia.
, ' .
- ,
E Alesside nei Tarentini [II 378 Kock]:
[I 479. 15 App.] . -
' .
I Pitagorizzanti, dicono, non mangiano pietanza, n altra cosa

animata, e soli non bevono vino.



[I 479. 20 App.] ' , '

- Epicaride per mangia carne di cani, e pure un pitagorico. ,


Certo, ma dopo averli uccisi; e allora non sono pi animati.
. -

E pi avanti dice:
;
[I 479. 25 App.] - . ' '
Si nutrono di pitagorismi e di discorsi sottili e di pensieri

raffinati. Quanto al cibo quotidiano, questo: pane soltanto, un


pane per ciascuno, e un bicchier d'acqua; e niente pi. - E' una , ' []
vita da carcerati, codesta: ma tutti i sapienti vivono cos e
;
patiscono tanto? - Guarda che questi qui vivono nel lusso a
[S. 370]
paragone di altri. Non sai che della setta fanno parte
[I 479. 30 App.] '
Melanippide e Faone e Firomaco e Fano, che mangiano una

ciotola di farina in cinque giorni?
. - ', ,
' .
'
E nella commedia La Pitagorizzante [II 370 Kock]:
[I 479. 35 App.] ' , ,
, , ', .
Il pranzo sar questo: fichi secchi, olive spremute e cacio,
perch soltanto questo permesso ai Pitagorici di sacrificare. Per Zeus, una vittima questa, che non ce ne potrebbe essere
una migliore o pi bella.
E poco oltre:
Questo bisognava sopportare: scarso cibo, sudiciume, freddo,
silenzio, e avere sempre la faccia scura, e non lavarsi mai.
58 E 2. ATHEN. IV p. 161 E. Aristofonte nel Pitagorista [II
279 Kock]:

58 E 2. ATHEN. IV p. 161 E '


[II 279 K.]
,
,
Per gli di, dobbiamo proprio credere che gli antichi, i
Pitagoristi, proprio volessero essere sporchi, e fossero contenti [I 480. 1] ;
,
di portare mantelli logori? Non cos, io credo. Verano
' ,
costretti, perch non avevano quattrini; e allora trovarono
questo bel pretesto alla loro frugalit, e stabilirono dei limiti,
utili ai poveri. Ma mettigli davanti del pesce o della carne, e se [I 480. 5 App.]
,
non si mangiano anche le dita, voglio farmi impiccare dieci
,
volte.
.
58 E 3. DIOG. LAERT. VIII 37-38. Si fece beffe di loro anche 58 E 3. DIOG. VIII 37. 38 [7 II
Cratino nella commedia La Pitagorizzante; e anche nei
291 K.] [I 480. 10 App.]
Tarentini dice cos [fr. 7 II 291 Kock]:

, ()
,
Quando uno s'avvicina loro per provare la forza dei loro

discorsi, usano sbigottirlo e fargli perdere il cervello con
l'abilit delle antitesi dei limiti delle corrispondenze dei sofismi , , ,
[I 480. 15 App.] ,
e delle grandezze.
.
' [II 436 K.]
E Mnesimaco nell'Alcmeone [II 436 Kock]:

.
Sacrifichiamo al Loxia pitagoristicamente, senza mangiare
(38) [II 280 K.]
esseri animati.
[I 480. 20 App.] []
,
(38) E Aristofonte nel Pitagorista [fr. 12.13 II 280 Kock]:


Raccontava che, sceso, sotterra, vi vide tutti, ma che massimo ' . - ,
spicco avevano tra i morti i Pitagoristi; perch essi soli, per la [I 480. 25 App.] .

loro piet, erano accolti alla mensa di Plutone. - Un dio di


stomaco buono allora, se ama stare con gente tanto sudicia.
E nella stessa commedia:


[ ]

'
[I 480. 30 App.] .

... verdure, e dopo bevono acqua. Ma nessuno di quelli d'oggi


sopporterebbe i pidocchi e i mantelli logori e il non lavarsi mai.

59. ANASSAGORA

59 [46]. ANAXAGORAS

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

VITA

LEBEN

59 A 1. DIOG. LAERT. II 6-15. (6) Anassagora, figlio di


59 A 1. DIOG.II 6-15. (6)
Egesibulo o di Eubulo, di Clazomene. Fu discepolo di
. [II 5. 5 App.]
Anassimene e per primo prepose alla materia l'intelletto dando , ,
cos inizio al suo libro che scritto in forma piacevole e
,
sostenuta: Tutte le cose erano insieme: poi sopraggiunse
'
l'intelletto e le pose in ordine. [B 1]. Perci fu soprannominato ' [= fr. 17 Schaubach; vgl.
Intelletto e Timone parla cos di lui nei Silli [fr. 24 Diels]:
59 B 1]. ,
[fr. 24 D.]
E dicono che c' Anassagora, gagliardo eroe
Intelletto, giacch per lui l'intelletto che svegliatosi d'un tratto [II 5. 10 App.] ' ,

tutte le cose che prima erano confuse, le raccolse insieme.


, ,
.
Era superiore per nobilt di natali e per ricchezza e anche per
magnanimit di sentire, egli che cedette ai familiari le sostanze ,
paterne. (7) Accusato da loro di trascurarle osserv: E perch ,
non le curate voi?. Alla fine se ne and e si dette allo studio . (7) ' [II 5. 15]
dei fenomeni naturali senza preoccuparsi degli affari politici. ' , , ;'
Una volta uno gli domand: Non t'importa niente della

patria?. Taci, - rispose - m'importa e molto della patria e
. '
indic il cielo. Si dice che al tempo del passaggio di Serse
;' ', ,
avesse venti anni e che ne visse 72. Apollodoro nella Cronaca ' .
[F.Gr.Hist. 244 F 31 II 1028] afferma che nacque nella 70.a
,
olimpiade [500-497] e mor il primo anno della 88.a [428].
[II 5. 20 App.] . '
Cominci a filosofare in Atene sotto l'arcontato di Callia [456; [F.Gr.Hist. 244 F 31 II
oppure di Calliade 480], alla et di 20 anni, come dice
1028] [500Demetrio Falereo nella Lista degli arconti [F.Gr.Hist. 228 F 2 497],
II 960]: dicono pure che qui si ferm per trent'anni.
[428].
(8) Ecco quel che diceva: il sole una massa incandescente e [456; oder = 480] ,
pi grande del Peloponneso (per altri, per, si tratterebbe di

Tantalo [cfr. A 20 a]): la luna contiene abitazioni ed anche colli [F.Gr.Hist. 228 F 2 II 960], [II 5. 25 App.]
e burroni [cfr. B 4]. Gli inizi delle cose sono le omeomerie:
.
infatti, come l'oro risulta delle cosiddette pagliuzze d'oro, cos (8) [= fr. 24
il tutto composto di piccoli corpi omeomeri. L'intelletto
Schaub.] (
principio del movimento. Quanto ai corpi, i grevi occupano la [vgl. A 20 a]) ,
zona bassa come la terra, i leggeri, come il fuoco, la zona
[vgl. B 4].
alta, l'acqua e l'aria la zona centrale: cos sulla terra che piatta
si depositato il mare, quando le parti umide sono evaporate , [II 5. 30 App.]
sotto l'azione del sole. (9) Le stelle dapprincipio erano
.
trascinate [in cielo] come in una cupola s che il polo celeste, ,
che sempre visibile, si trovava in posizione verticale sulla
, ,
terra, mentre successivamente sub un'inclinazione. La via
.
lattea la rifrazione della luce delle stelle non illuminate dal

sole. Le comete sono l'incontro di pianeti che emettono fiamme . (9) ' '
e le stelle cadenti sono sprigionate come scintille dall'aria. I
, [II 6. 1 App.]
venti si producono quando l'aria rarefatta dal sole. I tuoni
,
sono un cozzare di nuvole, i lampi attrito di nuvole: il
.
terremoto un ritorno d'aria sulla terra. I viventi nascono
[,] .
dall'elemento umido, caldo e terroso, in seguito, poi, l'uno

dall'altro, i maschi dalla parte destra, le femmine dalla parte
.
sinistra.
[II 6. 5 App.]
(10) Dicono ch'abbia predetto la caduta d'un meteorite
.
avvenuta ad Egospotami - a suo parere sarebbe caduto dal sole .
-, che di qui Euripide, suo discepolo, nel Fetonte [fr. 783]
,
chiam il sole massa d'oro, e che recatosi ad Olimpia si
,
sedette avvolto in una pelle, come se dovesse piovere: e
.
avvenne cos. Uno gli chiese se le montagne di Lampsaco
(10) '
sarebbero diventate mare, quando che sia. Dicono che abbia
[II 6. 10 App.] ,
risposto: Senz'altro, purch ci sia tempo. Fu interrogato una . , ,
volta per quale fine era nato. Rispose: Per contemplare il sole, [FTG fr.
la luna, il cielo. Uno gli disse: Non hai pi gli Ateniesi, e 783; vgl. A 20a].
lui: No, davvero: piuttosto sono loro che non hanno me.
, .
Avendo visto il sepolcro di Mausolo disse: Un sepolcro
, ,
sfarzoso l'immagine della ricchezza pietrificata. (11) C'era ' '. ,
uno che si crucciava di morire in terra straniera. Gli disse: Da , [II 6. 15 App.] ' , ,
qualsiasi luogo uguale la discesa verso l'Ade [cfr. A 34a]. A '. '
quanto afferma Favorino nella Storia varia [fr. 26 F.H.G. III ' , , ' '. (
581] sembra sia stato il primo a insegnare che la poesia di
'
Omero verte sulla virt e sulla giustizia e che molto avanti
'.) (11)
port il discorso Metrodoro di Lampsaco che era suo familiare, ', ,
e che per primo s'interess della dottrina fisica del poeta. Per ' [vgl. A 34a]. ,
primo Anassagora pubblic anche un libro in prosa. Sileno nel [II 6. 20 App.] [fr. 26
primo libro delle Storie [F.Gr.Hist. 27, 2 I 212, 7] afferma che F.H.G. III 581],
sotto l'arconte Demilo [?] cadde una pietra dal cielo: (12)

Anassagora disse che tutto il cielo composto di pietre, che [c. 61],
tenuto insieme dalla rotazione turbinosa e che sarebbe
,
precipitato quando fosse diminuita. Sul suo processo ci sono .
versioni differenti. Sozione nella Successione dei filosofi dice [?].
che fu accusato da Cleone di empiet, perch affermava che il [F.Gr.Hist. 27, 2 I 212, 7] [II 6. 25
sole una massa incandescente: difeso da Pericle suo
App.] [?] (12)
discepolo, fu condannato a pagare cinque talenti e ad andare in
esilio. Satiro nelle Vite [fr. 14 F.H.G. III 163] attesta che

l'accusa fu sostenuta da Tucidide, avversario della politica
. .
periclea, e non si trattava solo di empiet ma anche di

medismo, e che fu condannato a morte in contumacia. (13)
, [II 7. 1]
Quando gli furono dati i due annunci, della condanna e della
morte dei figli, riguardo alla condanna disse: Contro quelli e ,
contro me la natura ha emesso da tempo la sua sentenza,
. ' [fr. 14 F.H.G. III
riguardo ai figli: Sapevo di averli generati mortali (ma altri 163]
riportano il detto a Solone, altri a Senofonte). Demetrio Falereo ,
nel libro Sulla vecchiaia dice che li seppell con le sue proprie [II 7. 5 App.]
mani. Ermippo nelle Vite [fr. 31 F.H.G. III 43] attesta che fu . (13)
rinchiuso nella prigione perch vi morisse. Pericle allora
,
presentatosi al popolo chiese se avessero qualcosa da
, , '
rimproverargli nella sua vita, e poich quelli dissero di no,
', ,
Ebbene, - continu, - io sono discepolo di costui. Non
' '. ( '
uccidetelo, quest'uomo, infatuati dalle calunnie, ma datemi
, .)
retta e liberatelo. E fu liberato: ma non potendo sopportare
[II 7. 10 App.]
l'affronto, si diede la morte. (14) Ieronimo nel secondo libro dei . '
Ricordi sparsi [fr. 9 Hiller] dice che Pericle lo trascin in
[fr. 31 F.H.G. III 43] ,
tribunale sfinito e distrutto dalla malattia, s che fu liberato pi . ,
per compassione che per una sentenza giudiziaria. Tanto si dice
a proposito del processo. Sembra pure che fu in qualche modo ' , ,

rivale di Democrito, essendo stato escluso dalle sue lezioni.


Alla fine ritiratosi in Lampsaco vi mor. Quando gli arconti
della citt gli chiesero che cosa volesse avere, egli rispose che
concedessero ogni anno ai giovani una vacanza nel mese in cui
era morto. E l'usanza si conserva anche oggi. (15) Morto, i
Lampsaceni lo seppellirono con onore e posero sul suo
sepolcro questa scritta [Anth. Pal. VII 94]:
Qui giace Anassagora che moltissimo s'accost
al limite della verit intorno al mondo celeste.
Ce n' anche una nostra in suo onore [Anth. Pal. VII 95]:
Disse un giorno che il sole era una massa infocata
Anassagora e per questo doveva morire:
ma l'amico Pericle lo salv e lui, da s,
usc di vita con la serenit del saggio.

, '
'.
[II 7. 15 App.] . (14) '
[fr. 9 Hill.] ,
,
,
. .
.
.
[II 7. 20 App.]
.
, ,
' .
. (15)

,
[II 7. 25 App.] , .

Ci sono stati altri tre Anassagora: di questi il primo fu un retore


isocrateo, il secondo uno scultore di cui fa menzione Antigono
[p. 10 Wilam.], un altro un grammatico, discepolo di Zenodoto.
,

' , '
[II 7. 30 App.] .
, [
, '] [II 8. 1]
, [p. 10 Wilam.]
.
59 A 2 . HARPOCR. s. v. Anassagora, sofista, figlio di
59 A 2 . HARPOCR. .
Egesibulo, di Clazomene, discepolo del milesio Anassimene. . '
Era soprannominato Intelletto poich la materia e l'intelletto
, .
disse difesa di tutte le cose. E' lui a dire che il sole una massa [II 8. 5 App.]
incandescente.
.
59 A 3. SUID. s. v. Anassagora... incandescente [A 2] e 59 A 3. SUID. .... [A 2],
cio una pietra di fuoco. Fu esiliato da Atene nonostante .
che Pericle patrocinasse la sua causa. E recatosi a
.
Lampsaco pose fine all'esistenza lasciandosi morire di

fame. Usc di vita a 70 anni poich fu gettato in prigione . ,
dagli Ateniesi, per avere avanzato una nuova idea su dio. '
G Si dice pure che fece questo, e cio che durante le
. Aus Hesych. G
olimpiadi, nonostante non piovesse affatto, si present
, ,
allo stadio coperto di un mantello, prevedendo un

temporale. E molte altre cose si dice che abbia predetto. . . ,
Costui, nativo di Clazomene, lasci le sue cose alle greggi ,
e ai cammelli. Di lui Apollonio di Tiana dice che
.
filosofasse pi per le greggi che per gli uomini. /
. /
59 A 4. CYRILL. c. Iul. I p. 12 b [da EUSEB. chron. =
59 A 4. CYRILL. c. Jul. I p. 12 B [aus EUS. Chron. =
HIERON. a. Abr. 1520 = ol. 70, 1 = 500]. Nella 70.a
HIERON. a. Abr. 1520 = Ol. 70, 1 = 500]
olimpiade dicono che nacquero Democrito e Anassagora,

filosofi naturalisti e insieme anche Eraclito soprannominato
l'Oscuro.
.
EUSEB. (HIERON.) a. Abr. 1557 [ol. 80, 1 = 460].
EUS. (HIER.) a. Abr. 1557 [Ol. 80, 1 = 460] A. moritur.
Anassagora muore [cfr. A 18].
Vgl. A 18.
59 A 4 a. MARM. PAR. ep. 60 [F.Gr.Hist. 239 A 60 II
59 A 4 a. MARM. PAR. ep. 60 [F.Gr.Hist. 239 A 60 II
1000, 22]. Euripide all'et di 44 anni [?] vinse per la prima 1000, 22] [II 8. 15 App.] '
volta ai concorsi tragici... essendo arconte in Atene Difilo [?]
[442-1]: erano suoi contemporanei Socrate e Anassagora.
[442/1] '

.
59 A 5. DIOG. LAERT. IX 41. Per quanto riguarda la
59 A 5. DIOG. IX 41 [Demokrit] ,
cronologia, Democrito], come afferma egli stesso nella Piccola ,
Cosmologia, era giovane quando Anassagora era anziano, e
, [II 8. 20
cio aveva 40 anni di meno. E dice che la Piccola Cosmologia App.] .
fu composta da lui 730 anni dopo la conquista di Troia. DIOG.
LAERT. IX 34. In seguito [Democrito] s'incontr con
. DIOG. IX 34.
Leucippo e, secondo alcuni, con Anassagora del quale aveva [Demokrit]
40 anni di meno. A quanto afferma Favorino nella Storia varia .
[fr. 33 F.H.G. III 582] Democrito sosteneva a proposito di
[fr. 33 F.H.G. III 582]
Anassagora che le dottrine intorno al sole e alla luna non erano ,
di lui ma antiche: egli se n'era appropriato. E scherniva le sue , [II 8. 25]
concezioni sull'ordinamento del mondo e sull'intelletto,
. 35
essendo maldisposto verso lui, che non l'aveva accolto [nella ,
sua scuola]. Ma allora, come pot essere suo discepolo, a
.
quanto dicono alcuni?
;
1
59 A 6. PHILOSTR. v. Apoll. II 5. Sentendo, * o Apollonio, 59 A 6. PHILOSTR. V. Apoll. II 5 p. 46, 22 Kayser ,
che Anassagora di Clazomene osservava dal monte Mimante in ,
Ionia i fenomeni celesti e Talete milesio dal vicino promontorio [II 8. 30]
di Micale... PHILOSTR. v. Apoll. I 2. Chi non sa che
,
Anassagora un giorno che non pioveva affatto si present ad . Ebenda PHILOSTR. V. Apoll. I 2 p. 3, 6 Kays
Olimpia nello stadio coperto di un mantello perch aveva
.
pronosticato un acquazzone? e avendo predetto che sarebbe

crollata una casa non and errato? Ch in effetti cadde. E
(vgl. A 1 10 II 6, 12)
avendo preannunciato che da giorno si sarebbe fatta notte e che
a Egospotami sarebbero caduti sassi dal cielo, colse il vero?
(vgl. A 18 II 11, 9)
[cfr. A 11].
[II 8. 35]
; vgl. A 11.
59 A 7. STRAB. XIV 645. Di Clazomene fu uomo in vista
59 A 7. STRAB. XIV 645 '
Anassagora il naturalista, che stette insieme ad Anassimene
. ,
milesio: furono suoi discepoli Archelao il naturalista ed

Euripide il poeta. EUSEB. praep. evang. X 14, 13. Archelao in . EUSEB. P. E. X 14, 13
Lampsaco succedette ad Anassagora nella direzione della
. CLEM. Strom. I 63
scuola.
[II 40, 2 St.] ' [Anaximenes] [II 8. 40] .
CLEM. ALEX. strom. I 63 [II 40, 2]. Dopo il quale

[Anassimene] Anassagora di Clazomene, figlio di Egesibulo: . ,
costui trasfer la scuola dalla Ionia ad Atene. Gli succede
. [GALEN] Hist. phil. 3 (D. 599) ...
Archelao, di cui fu discepolo Socrate. [GALEN] hist. phil. 3

[Dox. 599]. [Anassimandro] procur che Anassimene
[Anaximander]
diventasse guida di Anassagora. Costui, lasciata Mileto, venne
ad Atene e per primo spinse Archelao ateniese agli studi
[s. 60 A 1-5].
filosofici [cfr. 60 A 1-5].
59 A 8. SIMPLIC. phys. 25, 19. Empedocle di Agrigento che 59 A 8. SIMPL. Phys. 25, 19 [II 9. 1]
visse non molto dopo Anassagora. G DIOG. LAERT. VIII 56. .
Alcidamante nel libro Fisico attesta che Zenone ed Empedocle Vgl. 31 A 1 I 278, 12. ARISTOT. metaph. A 3 [s. 31 A 6. 59 A
furono contemporaneamente discepoli di Parmenide e che pi 43]. G DIOG. LAERT. VIII 56. '
tardi se ne separarono: Zenone si mise a filosofare per conto

suo, l'altro and ad ascoltare Anassagora e Pitagora - e di
, ' ,
questo emul la gravit nella vita e nel comportamento, di
' ,
quello la dottrina sulla natura [cfr. ARISTOT. metaph. A 3.

984 a 11]. /
,
[cfr. ARISTOT. metaph. A 3. 984 a 11]. /
59 A 9. PROCL. in Eucl. p. 65, 21. Dopo di lui [Pitagora]
59 A 9. PROCL. ad Eucl. p. 65, 21 [s. oben I 393, 7]
Anassagora di Clazomene tratt molte questioni riguardanti la [Pythagoras] [II 9. 5 App.] .
geometria e anche Enopide di Chio, che era un po' pi giovane
di Anassagora.
.
59 A 10. CEDREN. I 165, 18 Bekker. E infatti, come
59 A 10. CEDREN. I 165, 18 Bekk. ,
osservano gli Elleni, anche Ferecide di Siro e Pitagora di Samo ,
e Anassagora di Clazomene e Platone di Atene si recarono da .
costoro [gli Egiziani], sperando di apprendere da loro una
[gypter]

dottrina pi esatta sugli di e sulla natura. AMMIAN. MARC.


XXII 16, 22. Per mezzo di questi [i libri arcani degli Egiziani]
Anassagora aveva predetto la caduta dei sassi dal cielo e le
scosse telluriche esaminando il fango dei pozzi [cfr. pure
AMMIAN. MARC. XXII 8, 5].
59 A 11. MARM. PAR. ep. 57 [F.Gr.Hist. 239 A 57 II 1000].
Nel fiume Egospotami cadde la pietra e il poeta Simonide mor
all'et di 90 anni essendo arconte in Atene Teagenide [468-7].
PLIN. nat. hist. II 149 sg. (149) I Greci esaltano Anassagora di
Clazomene che nel secondo anno della 78.a olimpiade [= 4676], fondandosi sullo studio delle cose celesti, predisse in quali
giorni sarebbe caduta una pietra dal sole: ci avvenne poi in un
angolo della Tracia presso l'Egospotami - e la pietra ancor oggi
si mostra per la grandezza della mole e il colore bruciato -;
anche una cometa rifulse in quelle notti. Se si crede che tale
predizione fu fatta, bisogna con ci ammettere che veramente
portentosa fu la capacit divinatoria di Anassagora e che
l'intelligenza della natura viene distrutta e tutto si confonde se
si ritiene che il sole una pietra o che contiene pietre. In ogni
caso che precipitino spesso [pietre] non pu essere dubbio:
(150) nel ginnasio di Abido per lo stesso motivo se ne venera
ancora oggi una di modeste proporzioni, la cui caduta, per, in
mezzo alla terra, Anassagora stesso, a quanto dicono, aveva
predetto. EUSEB. chron. [HIERON. a. Abr. 1511; ol. 78, 3 =
466]. Una pietra cadde dal cielo nell'Egospotami.
59 A 12. PLUTARCH. Lys. 12. Altri poi dicono che la caduta
d'una pietra fu indizio di questo disastro: in effetti, com'
opinione di molti, una pietra grossissima cadde gi dal cielo
nell'Egospotami - e la si mostra ancor oggi tra la venerazione
degli abitanti del Chersoneso. A quanto si dice, Anassagora
predisse che, quando si ha un franamento o uno scotimento dei
corpi incastrati nella volta celeste, qualcuno di questi,
staccandosi, cade e precipita gi. Perch, in realt, nessun astro
sta nella posizione originaria: essendo di pietra e grevi, essi
brillano, perch offrono resistenza e si sfregano contro l'etere e
sono trascinati a forza, serrati dal vorticoso e gagliardo
rivolgimento del cielo, come anche dapprincipio, assoggettati a
tale forza, non caddero, quando i corpi freddi e pesanti si
staccarono dal tutto ... E Demaco suffraga la teoria di
Anassagora: nel suo trattato Sulla piet [F.Gr.Hist. 65 F 8] egli
osserva come, prima che cadesse la pietra, per settantacinque
giorni di seguito fu visto in cielo un corpo infocato molto
grande a guisa di nuvola infiammata... G PSELL. de lapid. 26
[IDELER, Physici, I, p. 247, 24; MLY, Lapidaires, p. 204,
12]. Perch le pietre hanno tali propriet molti tentarono di
dimostrarlo: tra gli antichi sapienti Anassagora, Empedocle e
Democrito, tra quelli non molto anteriori a me Alessandro di
Afrodisia. /

59 A 13. PLUTARCH. Pericl. 16. Chi badava con tanta cura


alle cose di lui [Pericle] era un servo solo, Evangelo, come
nessun altro ben disposto per natura o preparato da Pericle
all'amministrazione domestica. Queste cose sono contrarie alla
sapienza di Anassagora, che preso dall'ispirazione divina e dai
suoi alti pensieri abbandon la casa e lasci la sua terra incolta,
pascolo per le bestie. PLAT. Hipp. mai. 283 A. Essendogli [ad
Anassagora] stati lasciati molti beni, se ne disinteress e li
mand in malora tutti: tanto follemente amava la sapienza!
59 A 14. TERTULL. apol. 46. Se dovessi fare un confronto a

[II 9. 10] ' .


AMM. MARCELL. XXII 16, 22 hinc (sc. ex Aegyptiorum
scriptis arcanis) A. lapides e caelo lapsuros et putealem limum
contrectans tremores futuros praedixerat terrae. Vgl. XXII 8,
5.
59 A 11. MARM. PAR. ep.57 [F.Gr.Hist. 239 A 57 II 1000]
' ,
[II 9. 15] ,
[468/7]. PLIN. N. H. II 149 f.
(149) celebrant Graeci Anaxagoran Clazomenium olympiadis
LXXVIII secundo anno [467/6] praedixisse caelestium
litterarum scientia, quibus diebus saxum casurum esset e sole,
idque factum interdiu in Thraciae parte ad Aegos flumen, qui
lapis etiam nunc ostenditur magnitudine vehis, colore adusto,
[II 9. 20 App.] comete quoque illis noctibus flagrante. quod si
quis praedictum credat, simul fateatur necesse est maioris
miraculi divinitatem Anaxagorae fuisse, solvique rerum
naturae intellectum et confundi omnia, si aut ipse sol lapis esse
aut umquam lapidem in eo fuisse credatur. decidere tamen
crebro non erit dubium. (150) in Abydi gymnasio ex ea causa
colitur hodieque modicus [II 9. 25] quidem, sed quem in media
terrarum casurum idem A. praedixisse narratur. [Danach I.
Lyd. d. ost. 7 S. 14, 15 W.]. EUS. Chron. [HIER.] lapis in
Aegis fluvio de caelo ruit a. Abr. 1511 [Ol. 78, 3 = 466]. Vgl. A
1 11 II 6, 24ff.
59 A 12. PLUT. Lys.12
,
, [II 9. 30]
.

,



[II 9. 35]
,
,

... '
[fr. 5 F.Gr.Hist. II 441] ,
'
, [II 9.
40] . Aus der Erwhnung des
Meteors stammt die Erwhnung des A. bei Psell. de lapid. 26
[s. oben I 306, 26]. G PSELL. de lapid. 26 [IDELER, Physici,
I, p. 247, 24; MLY, Lapidaires, p. 204, 12]

, .
,
... /
59 A 13. PLUT. Pericl. 16 [aus Ion ?]
,
[II 10. 1
App.] .
,

' . PLAT.
Hipp. m. 283 A
[II 10. 5 App.]
.
59 A 14. TERTULL. Apolog. 46 Si de fide comparem,

proposito di lealt, Anassagora neg di rendere il deposito agli Anaxagoras [?] depositum hos<pi>tibus denegavit: Christianus
ospiti: il cristiano chiamato leale anche dagli estranei.
etiam extra fidelis vocatur.
59 A 15. PLAT. Phaedr. 269 E. Socr. - C' caso, ottimo amico, 59 A 15. PLAT. Phaedr. 269 E - , ,
che Pericle, a ragione, sia il pi perfetto di tutti nella retorica.
Fedr. - E come? Socr. - Tutte quante le arti grandi hanno
. - ; - [II 10. 10 App.]
bisogno di verbosit e di elucubrazioni sublimi intorno alla

natura, perch l'altezza di pensiero e la piena efficacia par che
le traggono in qualche modo di qui. Ora tutto questo Pericle se .
l' acquistato, oltre ad avere l'inclinazione naturale: infatti,

incontratosi con Anassagora, che, penso, aveva tali qualit,
,
riempitosi di quelle elucubrazioni sublimi e giunto all'essenza ,
dell'intelligenza e dell'inintelligenza, su cui teneva grandi
.,
discorsi Anassagora, trasse di qui per la tecnica dei discorsi
[II 10. 15 App.] . ISOCR. XV 235
quel che ad essa era utile. ISOCR. 15, 235. Pericle ebbe due
,
maestri, Anassagora di Clazomene e Damone che aveva fama '
di essere il pi saggio tra i cittadini suoi contemporanei.
. PLUT. Pericl. 4
PLUTARCH. Pericl. 4. Ma chi stette moltissimo insieme a

Pericle e gli dette una dignit e intendimenti pi seri di quelli
dei demagoghi comuni, che, insomma, sollev ed elev il
. ,
valore del suo carattere, fu Anassagora di Clazomene, che i
[II 10. 20] ' ,
contemporanei chiamavano Intelletto, o perch ammiravano la
sua intelligenza che nel campo delle scienze naturali appariva '
grande, anzi superiore, o perch primo pose come principio
' ,
ordinatore del tutto non la sorte o la necessit, ma l'intelletto

puro e semplice in mezzo a tutte le altre cose mescolate, che
. Vgl. hierzu 37 A 3 ff.
separa le omeomerie. CICER. de orat. III 34, 138. A Pericle CIC. d. orat. III 34, 138 Periclem non declamator aliquis ad
non un retore qualunque aveva insegnato a strepitare presso la clepsydram [II 10. 25] latrare docuerat, sed ut accepimus
clessidra, ma, come abbiamo appreso, il famoso Anassagora di Clazomenius ille A.
Clazomene.
59 A 16. PLUTARCH. Pericl. 6. Si dice che una volta fu
59 A 16. PLUT. Pericl. 6
portata a Pericle dalla campagna la testa di un montone con un
corno solo. L'indovino Lampone, come vide il corno forte e
,
robusto che spuntava da mezzo la fronte disse che, essendoci in ,
citt due partiti, di Tucidide e di Pericle, il potere sarebbe

passato nelle mani di uno solo, e cio di quello al quale era
' [II 10. 30]
capitato il presagio. Ma Anassagora, spaccato il cranio della
'
bestia, mostr come il cervello non riempiva la sua sede
, '
naturale, bens da tutta la cavit s'era raccolto aguzzo come un
uovo in quel luogo da dove aveva inizio la radice del corno.
,
Sul momento fu Anassagora a riscuotere l'ammirazione dei
.
presenti, ma poco dopo Lampone, allorch l'autorit di
, '
Tucidide fu distrutta [primav. 442] e gli affari pubblici furono [Frhj. 442], [II 10. 35 App.]
assunti tutti indistintamente da Pericle.

.
59 A 17. PLUTARCH. Pericl. 32. In questo tempo [inizio
59 A 17. PLUT. Pericl. 32 [Anfang
della guerra del Peloponneso] ... Diopite propose anche un
des peloponn. Kriegs] ...
decreto che fossero deferiti in giudizio quanti non credevano
alle cose divine o insegnavano dottrine sulle cose celesti - e
'
con ci attirava i sospetti su Pericle per mezzo di Anassagora... ...
[Pericle] temendo per Anassagora lo allontan dalla citt.
. [II 10. 40] DIODOR. XII 39
DIODOR. XII 39. Inoltre accusavano Anassagora il sofista
[Archon Euthydemos 431; nach dem Proze des Pheidias, den
maestro di Pericle in quanto reo di empiet verso gli di..
er Ephoros nacherzhlt XII 41, 1]

. Vgl. A 1 II 6, 27.
59 A 18. PLUTARCH. Nic. 23. Il primo che pose in scritto nel 59 A 18. PLUTH. Nic. 23 [II 11. 1 App.]
modo pi chiaro di tutti e pi audace la teoria sulle fasi lunari
fu Anassagora. Ma lui non aveva l'autorit che viene dall'et e .
la sua teoria non era divulgata ma segreta e circolava tra poche ' '
persone e con un certo timore pi che con credito. In realt,
' '
non li tolleravano allora i naturalisti o ciarlatani di cose celesti, .
come li chiamavano, perch riducevano il divino a cause
[II 11. 5 App.] ,

irrazionali, a forze imprevidenti, a fenomeni inevitabili. Per



questo anche Protagora and in esilio e Anassagora chiuso in ,
prigione fu salvato a stento da Pericle. EUSEB. chron. arm. a.
Abr. 1554 [ol. 79, 3 = 462-1]. Si ebbe una eclissi di sole:
. EUSEB. chron. arm. a. Abr. 1554
muore Anassagora [in HIERON. a. Abr. 1557 = ol. 80, 1 =
[Ol. 79, 3 = 462/1] sol defecit. Anaxagoras moritur (bei
460-59].
HIERON. a. Abr. 1557 = Ol. 80, 1 = 460/59).
59 A 19. IOSEPH. c. Ap. II 265. Anassagora era di Clazomene, 59 A 19. IOSEPH. c. Ap. II 265 [II 11. 10 App.] .
ma poich afferm che il sole era una pietra infocata, mentre , '
gli Ateniesi lo riguardavano dio, lo condannarono a morte per ' ,
pochi voti. OLYMPIOD. meteor. p. 17, 19. Solo gli astri sono ' . OLYMPIOD. in
infocati, tanto che Anassagora chiam il sole massa
Meteor. p. 17, 19 Stve ,
incandescente [] per l'eccesso del calore - e in effetti

ferro infuocato. Perci Anassagora fu ostracizzato

dagli Ateniesi, in quanto aveva osato fare tale affermazione.
. [II 11. 15]
Pi tardi fu richiamato per l'abilit oratoria di Pericle: infatti

Pericle era stato discepolo di Anassagora.
.
.
59 A 20. PHILOD. rhet. fr. inc. 7 [II 180]. Uno schiavo di
59 A 20. PHILOD. Rhet.II 180 Sudh. fr. 7 [
Cleone fustigato, denunci ai giudici Anassagora, mentre
][] [ ][?] []
Cilone crotoniate, avendo mosso delle accuse a Pitagora, lo
[II 11. 20 App.]
band dalla citt e bruci i discepoli raccolti insieme.
[] ,
. Vgl. II 6, 28.
59 A 20 a. SCHOL. PIND. Ol. 1, 91 p. 38, 6 Dr. Tantalo,
59 A 20 a. SCHOL. PIND. Ol. 1, 91 p. 38, 6 Dr.
datosi allo studio della natura, avendo detto che il sole una

massa infocata, dovette pagare il fio di questo, sicch gli
,
tenuto sospeso in alto il sole dal quale atterrito e spaventato. , '
Intorno al sole i naturalisti sostengono che con sasso si indica il . [II 11. 25 App.]
sole e che Euripide, diventato discepolo di Anassagora, chiam ,
pietra il sole in questi versi: Perch il felice ... Tantalo

temendo la pietra che gl'incombe sul capo, nell'aria librato e ' ...
sconta questa pena [EURIP. Or. 4-7]. In altri versi poi lo

chiama massa: Potessi levarmi alla pietra sospesa in mezzo tra ' [EURIP. Or. 4-7] '
cielo e terra, trascinata dai vortici con catene d'oro, massa che '
pende d'Olimpo, perch nel lugubre canto invochi il vecchio
[II 11. 30 App.]
padre Tantalo [Or. 982 sgg. Cfr. SCHOL.: Euripide diventato , '
discepolo di Anassagora chiama il sole pietra incandescente]. ' [Or. 982ff.
Vgl. d. SCHOL.:
.].
59 A 20 b. THEOL. ARITHM. p. 6, 18 de Falco. Ed Euripide, 59 A 20 b. THEOL. ARITHM. p. 6, 18 de Falco
poich era discepolo di Anassagora, fa menzione della terra in
questo modo: Focolare ti ritengono i saggi tra gli uomini.
' ' [II 11. 35]
Cfr. EURIP. fr. 944. E la madre terra: focolare ti chiamano i (?)'. Vgl. EURIP. fr. 944
saggi tra gli uomini, collocata nell'etere.
' .
59 A 20 c. [Nel sesto libro della sua Descrizione di vite, Satiro, 59 A 20 c. Satyros hat im sechsten Buche seiner
dove tratta delle vite dei tre tragici, rappresenta sotto forma di , da wo er die Viten der drei Tragiker behandelte,
dialogo i rapporti tra Anassagora ed Euripide, con una dotta
daa Verhltnis des Euripides zu [II 12. 1 App.] Anaxagoras in
interpretazione del poeta, e cita numerosi luoghi che nel papiro gelehrter Ausdeutung des Dichters dialogisch dargestellt
(P. Oxy. XI n. 1176; ARNIM, Suppl. Eurip. pp. 3 sgg.) solo in und zahlreiche Stellen zitiert, die im Papyrus (Ox. P. IX n.
parte si possono riconoscere e leggere: fr. 37, c. 1, 22 (p. 139) 1176, Arnim Suppl. Eur. S. 3f.) nur teilweise kenntlich und
ma in seguito ammir [?] straordinariamente Anassagora.
lesbar sind: fr. 37 c. 1. 22 (p. 139)
Dopo la citazione del Piritoo di Crizia (88 B 19) come
... Nach [II 12. 5 App.]
euripideo, citato EURIP. fr. 912, fr. 37, c. 3, 9: A te, che
Anfhrung des Peirithoos von Kritias 88 B 19 (als
tutto curi, verdura e libame io porto, abbia tu nome Zeus o
euripideisch) wird EURIP. fr. 912, fr. 37, c. 3, 9 zitiert: '
Ade: con precisione assoluta egli riassume l'ordinamento
'
anassagoreo, esponendolo in tre versi. E altrove pone la
'
questione che cos' mai che presiede le cose celesti. Zeus, sia .
tu necessit di natura o intelletto dei mortali (cfr.64 C 2). Poi , '
riportato il fr. 38, c. 1, 16 EURIP. fr. 913: E l dice: "Chi ' ' ' (vgl. 64 C 2). [II
empio e nemico degli di [?] che, al veder ci, non insegni
12. 10 App.] Dann wird fr. 38, c. 1, 16 EURIP. fr. 913
all'anima sua a credere in dio, e non scagli lontano i tortuosi
angefhrt: ' [?],
raggiri dei meteorologi? La loro lingua audace congettura sulle ,

cose invisibili, pur non avendo mai partecipato il senno". Poi


con l'esaltazione della fatica [] e il disprezzo delle
ricchezze [] si passa ad Euripide scolaro di Socrate (fr.
38 col. 2. 3. 4. fr. 39 col. 2)].
59 A 21. GELL. noct. att. XV 20. Alessandro Etolo ha scritto
[fr. 7 Anth. Lyr. II 231 Diehl] su Euripide questi versi:
Il discepolo del venerando Anassagora era rozzo, mi sembra,
nel parlare: non gli piaceva ridere e non sapeva scherzare
neppure tra il vino, ma quel che ha scritto, l'ha fatto di miele e
di sirene.
AELIAN. var. hist. VIII 13. Dicono che Anassagora di
Clazomene non fu mai visto n ridere n accennare un sorriso,
assolutamente.

' ;
'
'. Dann mit dem Lob des , Verachtung des
bergang zu Euripides als Schler des [II 12. 15
App.] Sokrates fr. 38 col. 2. 3. 4. fr. 39 col. 2.
59 A 21. GELL. XV 20 Alexander autem Aetolus hos de
Euripide versus composuit [fr. 7 Anth. L. II 231 Diehl]:
'

' ,
[II 12. 20 App.] ' , '
.

AELIAN. V. H. VIII 13
.
59 A 22. ATHEN. V 220 B. Il Callia di lui [di Eschine
59A 22. ATHEN. V 220 B '' [Aesch.
Socratico; cfr. fr. 16] tratta della divergenza tra Callia e il
Socr. fr. 16 Krauss]
padre e la beffa contro i sofisti Prodico e Anassagora [?]. Dice [?] [II
infatti che Prodico fece suo discepolo Teramene, l'altro [e cio 12. 25] .
Anassagora] Filosseno, figlio di Erisside, e Arifrade fratello di , '
Arignoto il citaredo, volendo mostrare dalla cattiveria delle
[nml. Anax.]
loro azioni e dalla loro spregevole avidit l'insegnamento dei ,
maestri.

.
59 A 23. ALCIDAM. ap. ARISTOT. rhet. B 23. 1398 b 15. I 59 A 23. ALCIDAM. bei ARISTOT. Rhet. B 23. 1398 b 15
Lampsaceni seppellirono Anassagora ch'era loro ospite e
[II 12. 30 App.]
l'onorano ancora.
.
59 A 24. AELIAN. var. hist. VIII 19. Anche un altare
59 A 24. AELIAN. V. H. VIII 19 (nach dem II 7, 24 angef
dedicato a lui e c' stata messa l'iscrizione, secondo alcuni,
Epigr.)
all'Intelletto, secondo altri, alla Verit.
.
59 A 25. DIOG. LAERT. II 46. Come dice Aristotele nel terzo 59 A 25. DIOG. II 46 [vgl. I 103, 10. 115, 34]
libro della Poetica [fr. 75 Rose] Sosibio era rivale di
[fr. 75 Rose]
Anassagora.
... .
59 A 26. DIOG. LAERT. X 12. A quanto dice Diocle,
59 A 26. DIOG. X 12 [II 12. 35]
[Epicuro] accettava tra gli antichi soprattutto Anassagora anche [Epikur Epicurea p. 365, 16 Us. vgl. dessen Ind. S. 400]
se in taluni punti lo contraddiceva, e Archelao, maestro di
, ,
Socrate [cfr. Epicurea p. 365, 16].
,
.
59 A 27. [Monete di Clazomene (con la scritta
59 A 27. Mnzen von Klazomenai (Umschr.
) mostrano probabilmente riproduzioni di ) zeigen wahrscheinlich Nachbildungen dort
statue ivi esistenti. Un primo tipo (100 a. C. circa) mostra
aufgestellter Statuen. 1. Typus (etwa um [II 12. 40] 100 v.
Anassagora da sinistra, seduto su un tronco di colonna, la
Chr.) zeigt Anaxagoras linkshin sitzend auf einer
destra levata in atto di ammaestrare, la sinistra sul ginocchio. Sulentrommel, [II 13. 1] die Rechte zum Lehren erhoben, die
Un secondo tipo (et imperiale) lo mostra da destra in piedi, Linke auf dem Knie; 2. Typus (Kaiserzeit) rechtshin stehend,
col busto scoperto, il piede sinistro sopra un cippo, la mano
Oberkrper nackt, den linken Fu auf Cippus gesetzt, die
destra distesa che regge il globo e la sinistra poggiata sul
rechte Hand ausgestreckt hlt den Globus, die linke ist in die
fianco.]
Seite gesttzt. Vgl. Poole Cat. of gr. coins of Ionia n. 101. 125
t. [II 13. 5 App.] VII 4. 9. Typus 1 als Vignette des III.
Bandes.
APOFTEGMATICA
APOPHTHEGMATIK. Vgl. A 1 10. 13.
59 A 28. ARISTOT. metaph. 5. 1009 b 25. Di Anassagora
poi, si ricorda anche un detto ad alcuni amici che le cose
sarebbero state quali le avessero supposte.

59 A 28. ARISTOT. metaph. 5. 1009 b 25 [nach 28 B 16]



, '
.
59 A 29. CLEM. ALEX. strom. II 130 [II 184, 6]. Sostengono 59 A 29. CLEM. Strom. II 130 [II 184, 6 St.] [II 13. 10]
che Anassagora di Clazomene dicesse che il fine della vita sia
la contemplazione e la libert che ne consegue.

59 A 30. ARISTOT. eth. Nic. Z 7. 1141 b 3. Perci dicono che


Anassagora e Talete e gli altri come loro sono sapienti ma non
accorti perch vedono che ignorano il loro utile: dicono che
sanno cose straordinarie e meravigliose e difficili e divine, ma
non giovevoli perch non cercano i beni umani. ARISTOT.
eth. Nic. K 9. 1179 a 13. E pare che anche Anassagora non
ritenesse l'uomo felice ricco e potente poich diceva che non si
sarebbe meravigliato se apparisse ai pi stravagante [cfr.
ARISTOT. eth. Eud. A 4. 1215 b 6]. ARISTOT. eth. Eud. A 5.
1216 a 11. Dicono che uno rimaneva incerto su tali questioni e
chiedeva perch era preferibile il nascere al non nascere.
Anassagora gli rispose: Per contemplare il cielo e l'ordine che
esiste nell'universo intero. EURIP. fr. 910. Felice colui che
della ricerca possiede la scienza e non si mette a recar danno ai
cittadini n in imprese scellerate, ma dell'immortale natura
contempla l'ordine insenescente quando unita essa permane e
dove e come. A costoro non posa mai vicino la preoccupazione
di turpi imprese.
59 A 31. VAL. MAX. VIII 7 extr. 6. Di quale ardore per la
sapienza pensiamo dunque bruciasse Anassagora? Egli che,
tornato da un lungo viaggio, visti i suoi possessi in rovina,
esclam: Non sarei salvo io, se tutto questo non fosse andato
distrutto! O parole paghe d'una sapienza bramata! Se si fosse
dedicato a coltivare i campi pi che lo spirito, sarebbe rimasto
tra le pareti domestiche padrone delle sue sostanze, ma, certo,
Anassagora non sarebbe tornato da loro cos grande.
59 A 32. PLUTARCH. Pericl. 16. E dicono che Anassagora
trascurato da Pericle ch'era tanto occupato si mise a letto col
capo velato, ormai vecchio, col proposito di morire. Giunta la
notizia a Pericle, si precipit subito da lui sconvolto e gli
rivolse ogni preghiera compiangendo non lui ma se stesso,
qualora perdesse un tale consigliere di stato. Scopertosi il capo
allora Anassagora gli disse: Pericle, anche coloro che hanno
bisogno delle lucerne vi versano sopra l'olio.

.
59 A 30. ARISTOT. Eth. Nic. Z 7. 1141 b 3
, '
, ' ,

[II 13. 15] , '
. ARISTOT. Eth. Nic. K 9. 1179a
13 .
,
. Vgl. EUDEM. Eth. A 4. 1215 b 6. Eb. A
5. 1216a 11
' ,
' [II 13. 20 App.]
, '' '
'. Vgl. II 5, 15ff. Danach EURIP. fr.
910
' , '
,
. '
.
59 A 31. VAL. MAX. VIII 7 ext. 6 [II 13. 25] quali porro
studio Anaxagoram flagrasse credimus? qui cum e diutina
peregrinatione patriam repetisset possessiones - "que desertas
vidisset, non essem, inquit, ego salvus, nisi istae perissent".
vocem petitae sapientiae compotem! nam si praediorum potius
quam ingenii culturae vacasset, dominus rei familiaris intra
penates mansisset, non tantus [II 13. 30] A. ad eos redisset.

59 A 32. PLUT. Pericl. 16



:


, ' , [II 13. 35 App.]
.
: ' ,
'.
59 A 33. GALEN. de plac. Hipp. et Plat. IV 7 p. 392 sg. [da 59 A 33. GALEN. de plac. Hipp. et Plat. IV 7 p. 392f. Mller
Posidonio]. Perci intende per preassuefarsi2* usare le cose [aus Poseidonios; vgl. 21 A 1 (I 114, 10)]
non ancora presenti come se fossero presenti. Vuole infatti che ''
la parola preassuefarsi per Posidonio significhi quasi un
. ''
premodellare e un preformare in s la cosa che pu avvenire, [II 14. 1]
produrre insomma in s per mezzo dell'abitudine un

atteggiamento nei suoi riguardi come se gi fosse avvenuta.

Perci ha citato a questo punto l'espressione di Anassagora il . ,
quale, avendogli uno annunziato che gli era morto il figlio,

nient'affatto scomposto, osserv: Sapevo di averlo generato ' ' [II 14. 5 App.]
mortale. Ed Euripide riprende questo pensiero quando

rappresenta Teseo che dice [fr. 964]:
[fr. 964]
Ammaestrato da un saggio, io pensavo sempre ai casi della vita
e mi mettevo dinanzi l'esilio dalla patria, la morte immatura, le
altre vie dei mali, perch, se avessi subto una di quelle cose
che avevo pensato, non mi addolorasse troppo colpendomi
inattesa.
Cfr. pure EURIP. Alc. 903. Avevo un congiunto a cui manc
l'unico figlio ch'aveva in casa, ben degno di compianto - e
tuttavia sopport il male con coraggio, pur non avendo pi
figli, prossimo gi all'et canuta e molto avanti nella vita.


'
'
' ,
[II 14. 10 App.] ', ' ,
.
Vgl. Alkestis [438 aufgefrt] 903 Chor:
' '
, ,

. Vgl. A I II 7, 6ff.
59 A 34. STOB. flor. IV 52 b, 39. Anassagora diceva che due 59 A 34. STOB. Flor. IV 52b, 39 [II 14. 15] .
cose danno l'idea della morte, il tempo anteriore alla nascita e il ,
sonno.
.
59 A 34 a. CICER. Tusc. I43, 104. Mentre Anassagora moriva 59 A 34 a. CIC. Tusc. I 43, 104 praeclare A qui cum Lampsaci
a Lampsaco, gli amici gli chiesero se volesse essere portato a moreretur, quaerentibus amicis velletne Clazomenas in
Clazomene, in patria, se mai succedeva l'inevitabile, ed egli
patriam, si quid accidisset, auferri: 'nihil necesse est' inquit;
dette questa magnifica risposta: Non ce n' affatto bisogno,
'undique enim ad inferos tantundem viae [II 14. 20] est'. Vgl. II
perch da ogni luogo il viaggio per gli inferi ha la stessa
6, 18.
lunghezza [cfr. DIOG. LAERT. II 11].
SCRITTI
SCHRIFT
Vgl. A 1 6.
59 A 35. PLAT. apol. 26 d. G Socr. - O meraviglioso Meleto, 59 A 35. PLAT. Apol. 26 D - G ,
perch dici questo? Neppure il sole, neppure la luna credo che ;
siano di, come gli altri uomini? Mel. - Per Zeus, o giudici,/ se , ; - ',
dice che il sole pietra e la luna terra! Socr. - Pensi di accusare , / ,
Anassagora, G caro Meleto, e tieni in tanto poco conto costoro . - ,G
[i giovani] / e li stimi cos digiuni delle lettere da ignorare che i ; /
libri di Anassagora clazomenio sono pieni di tali ragionamenti? , ,
E cos i giovani imparano da me quel che, se vogliono, possono
; '
comprare nell'orchestra3* a una dracma, a dir molto, per poi
, ,
mettersi a ridere di Socrate, se sostiene ch' roba sua?
,
.
59 A 36. CLEM. ALEX. strom. I 78 [II 50, 26]. Tardi, in
59 A 36. CLEM. Strom. I 78 [II 50, 26 St.]
verit, la prosa scientifica pass tra i Greci. Aclmeone

crotoniate, figlio di Perito, fu il primo a comporre un'opera
. . [I 211, 1], [II 14. 30 App.]
sulla natura, mentre altri sostengono che il primo a pubblicare
un libro fu Anassagora di Clazomene, figlio di Egesibulo.
[s. II 6, 23, anders 11, 2].
59 A 37. DIOG. LAERT. I 16. Altri scrissero un'opera sola,
59 A 37. DIOG. I 16 ,
Melisso, Parmenide, Anassagora.
, .
59 A 38. PLUTARCH. de exil. 17 p. 607 F. Ma Anassagora
59 A 38. PLUT. de exil. 17 p. 607 F ' .
nella prigione descrisse la quadratura del cerchio.
. Vgl.
c. 42, 2. 3 I 395, 25ff.
59 A 39. VITRUV. VII praef. 11. Per la prima volta in Atene, 59 A 39. VITRUV. VII 11 [II 14. 35] primum Agatharchus
dovendo Eschilo rappresentare una tragedia, Agatarco fece una Athenis Aeschylo docente tragoediam scaenam fecit et de ea
scena e ne lasci memoria. Spinti da ci Democrito e
commentarium reliquit. ex eo moniti [II 15. 1] Democritus [68
Anassagora scrissero sullo stesso argomento, come cio,
B IX 4] et A. de eadem re scripserunt, quemadmodum oporteat
stabilito un punto fisso quale centro, le linee rispondano alla
ad aciem oculorum radiorumque extentionem certo loco centro
capacit degli occhi e alla direzione dei raggi secondo il
constituto lineas ratione naturali respondere, uti de incerta re
rapporto che c' in natura, in modo che immagini vere create certae imagines aedificiorum in scaenarum picturis redderent
con cose non vere rendano nell'allestimento scenico l'apparenza speciem et quae in directis planisque [II 15. 5 App.] frontibus
di case, e quelle cose che sono raffigurate su pareti piane o
sint figurata alia abscedentia alia prominentia esse videantur.
diritte appaiano talune rientranti, altre sporgenti.
59 A 40. COD. MONAC. 490, s. XV f. 483 V. Intorno ad
59 A 40. COD. MONAC. 490, s. XV f. 483 V [Miscellanea
Anassagora: dicono taluni che Anassagora compose uno scritto vgl. Hardt V 141] .
intorno a questioni di difficile soluzione e lo chiam Cinto

perch, a quanto pensava, irretiva i lettori nelle difficolt [cfr. ,
Hom. Il. XIV 214].
, [Zum Titel vgl. Hom. 214
zum Autor [II 15. 10] II 8, 2 ?].
DOTTRINA
LEHRE. Vgl. A 1 8ff. n. 10-12
THEOPHR. [Schriftenindex bei Diog. V 42]
Cfr. DIOG. LAERT. V 42 [tra le opere di Teofrasto]. Contro . vgl. unten Z. 36.
Anassagora in un libro; Della dottrina di Anassagora in un
libro.
59 A 41. SIMPL. Phys.27, 2 [aus THEOPHRAST Phys.
Opin.fr. 4; D. 478] . [II 15. 15]
59 A 41. SIMPLIC. phys. 27, 2 [THEOPHR. phys. opin.fr. 4; , ,

Dox. 478]. Anassagora, figlio di Egesibulo di Clazomene,
,

avendo condiviso la filosofia di Anassimene, per primo


trasform la dottrina dei princpi, aggiunse la causa che vi
,
mancava e i princpi corporei fece infiniti: infatti tutti gli
, ,
omeomeri, come acqua o fuoco o oro, sono ingenerati e
,
incorruttibili, ma appaiono prodursi e distruggersi solo
, [II 15. 20
mediante composizione e separazione, giacch tutti si trovano App.] .
in tutte le cose e ogni cosa caratterizzata da ci che in essa
,
predomina. Cos oro appare ci in cui c' molto oro, anche se vi . . '
si trovano tutti. Infatti dice Anassagora: In ogni cosa c' parte ' ' ,
di ogni cosa e ogni cosa ed era le cose pi appariscenti che ' [B 12].
in essa sono in misura massima4* [B 12]. E Teofrasto afferma
che su questo punto Anassagora dice pi o meno come
[Anaxagoras]
Anassimandro: egli,5* infatti, sostiene che nella separazione
[II 15. 25]
dell'infinito le particelle congeneri si portano l'una verso l'altra , ,
e, poich nel tutto c'era oro, si produce l'oro, poich c'era terra, , , ,
si produce la terra: ugualmente le altre cose, una per una, non ' .
in quanto divengono, ma in quanto gi prima ci stavano. Quale .,
causa del movimento e della nascita Anassagora prepose
'
l'intelletto dal quale [gli omeomeri] separati dettero origine ai . ' , ,
mondi e alla natura di tutto il resto. Dice Teofrasto:
. [II 15. 30] ,

Prendendo in tal modo le cose, parrebbe che Anassagora ponga
i principi materiali infiniti e la causa del movimento e del
' ,
divenire una sola, l'intelletto. Ma se si suppone che la mistione
di tutte le cose sia una sola natura indefinita e per forma e per
grandezza, ne discende che lui ammette due principi, la natura .' Vgl. SIMPL. Phys. 166, 15
dell'infinito e l'intelletto: donde si vede che egli concepisce gli ' [ 15. 35]
elementi corporei in modo simile ad Anassimandro [cfr. 12 A ' [B 3]
9a].
( ,

Cfr. SIMPLIC. phys. 166, 15. Poich Anassagora dice che del ' ,
piccolo non c' il minimo, ma sempre un pi piccolo [B 3] e ,
,
neppure il pi grande (come dimostrano le parole stesse di
') .
Anassagora, e del resto Teofrasto nel secondo libro su
Anassagora scrive: E poi non argomento pienamente
convincente dire che tutte le cose sono in ogni cosa per questo,
che illimiti sono in grandezza e in piccolezza e che non
possibile cogliere il pi piccolo e il pi grande in assoluto
etc.).
59 A 42. HIPPOL. ref. I 8, 1 sgg. p. 13 sg. [Dox. 561]. (1)
59 A 42. HIPPOL. Ref. I 8, 1ff. [II 15. 40] [D. 561, W. 13; aus
Dopo questo [Anassimene] c' Anassagora di Clazomene, figlio Theophrast. mit Ausnahme von 3] (1)
di Egesibulo. Costui disse inizio del tutto l'intelletto e la
[Anaximenes] . [II 16. 1 App.]
materia, l'intelletto in quanto fa, la materia in quanto diviene - .
e, in effetti, stando tutte le cose insieme, l'intelletto
, , .
sopravvenendo, le pose in ordine. E i principi materiali dice
, . '
che sono infiniti e infiniti anche quelli pi piccoli di questi [B
1]. (2) Tutte le cose partecipano del movimento in quanto
[?, vgl. B 1]. (2)
mosse dall'intelletto e quelle simili si raccolgono insieme.
[II 16. 5 App.]
Queste sono state poste in ordine negli spazi celesti dal
.
movimento circolare: il denso, l'umido, lo scuro, il freddo e,

insomma, tutti i grevi si raccolsero al centro e, una volta

induriti, prese consistenza la terra, quelli opposti a questi, il
, '
caldo, il fulgido, l'asciutto, il leggero, si spinsero alla periferia ,
dell'etere. (3) La terra ha forma piatta e rimane librata in forza , .
della sua grandezza e perch non c' vuoto e perch l'aria che (3)
molto gagliarda sorregge la terra appoggiata sopra. (4) Quanto [II 16. 10 App.]
alle parti liquide che stanno sulla superficie della terra, il mare
si form dalle acque che erano in essa, evaporate le quali, il
. (4) '
resto di conseguenza si deposit, e dai fiumi che vi si gettano. ,
(5) I fiumi prendono consistenza anche dalle piogge e dalle
,
acque sotterranee. Infatti, la terra cava e contiene acqua nelle . (5)

cavit. Il Nilo cresce d'estate per le acque che vi sono


,
trasportate in seguito allo scioglimento delle nevi nelle zone
. [II 16. 15 App.]
antartiche. (6) Il sole, la luna e tutte le stelle sono pietre
.
infocate, mosse insieme in circolo dalla rotazione dell'etere. Al
di sotto delle stelle ci sono alcuni corpi trascinati in giro
. (6)
insieme al sole e alla luna, invisibili a noi. (7) Il calore delle

stelle non lo avvertiamo per la loro grande distanza dalla terra: . '
e poi esse non hanno calore come il sole, perch occupano una
regione pi fredda. La luna pi bassa del sole, pi vicina a
. (7) [II 16. 20
noi. (8) Il sole per grandezza supera il Peloponneso. La luna
App.] [ ]
non ha luce propria, ma la riceve dal sole. La rivoluzione delle
stelle avviene sotto la terra. (9) Si hanno eclissi di luna quando .
le si oppone la terra o talvolta anche i corpi pi bassi della
. (8)
luna; di sole, invece, durante il novilunio, quando gli si oppone .
la luna. Il sole e la luna compiono le loro rivoluzioni spinti
, .
dall'aria: la luna si volge di frequente perch non riesce a
. (9) [II 16. 25]
superare il freddo. (10) Anassagora per primo determin le
,
questioni riguardanti le eclissi e l'illuminazione [del sole e
,
della luna]. Diceva che la luna di terra ed ha in s pianure e .
scoscendimenti e che la galassia la rifrazione della luce delle .
stelle non illuminate dal sole. Le stelle vaganti sono, per cos . (10)
dire, delle scintille che sprizzano a causa del movimento della
volta celeste. (11) I venti si producono quando l'aria rarefatta .
dal sole e la parte infiammata si spinge verso il polo e ne
. [II 16. 30 App.]
respinta. I tuoni e i fulmini sono prodotti dal calore che irrompe
nelle nuvole. (12) I terremoti sono prodotti dall'aria soprastante .
la terra che cade su quella sottostante: muovendosi questa,
[II 17. 1 App.]
anche la terra che vi poggia sopra subisce una scossa.
. (11)
Dapprincipio i viventi nacquero nell'umido, in seguito l'uno

dall'altro: e vengono maschi quando lo sperma emesso dalla

parte destra si deposita nella parte destra dell'utero della donna, .
in caso contrario femmine. (13) Costui fior *** il primo anno . (12)
dell'88.a olimpiade [428], nel tempo in cui dicono sia nato
[II 17. 5 App.]
Platone. Dicono pure che fosse dotato di facolt profetiche.

' .
,
,
,
. (13) ***
[II 17. 10]
[428], ' .
.
59 A 43. ARISTOT. metaph. A 3. 984 a 11. Anassagora di
59 A 43. ARISTOT. metaph. A 3. 984 a 11 . '
Clazomene, che per et gli [a Empedocle; cfr. 31 A 6]
[Emped.
anteriore ma posteriore per attivit, dice che i princpi sono
vgl. 31 A 6], ' ,
infiniti; e infatti quasi tutti gli omeomeri, come l'acqua o il
. (
fuoco, egli dice che nascono e periscono solo per composizione ) [II 17. 15 App.]
e separazione e che in altro modo non nascono n periscono, , ' '
ma durano eterni. ARISTOT. de cael. 3. 302 a 28. A
, . ARISTOT. de caelo 3.
proposito degli elementi Anassagora la pensa in modo opposto 302 a 28 . '
a Empedocle. Questo, infatti, dice che il fuoco e gli altri
.
elementi dello stesso ordine sono gli elementi dei corpi e che ' ,
tutti i corpi si formano da questi: Anassagora il contrario:
. , '
elementi sono gli omeomeri, voglio dire ad esempio la carne, [II 17. 20 App.]
l'osso e ciascuno di questi, mentre l'aria e il fuoco sono

mistione di questi e di tutti gli altri semi; entrambi questi sono
un aggregato di tutti gli invisibili omeomeri. Perci dice che
. '
tutte le cose nascono da questi e chiama la stessa cosa fuoco .
ed etere. G ARISTOT. de cael. 3. 302 b 11. E innanzi tutto G ARISTOT. de cael. 3. 302 b 11
bisogna osservare che [gli elementi] non sono illimitati, come , , ,
ritengono alcuni e in primo luogo quelli che pongono elementi ,

tutti gli omeomeri, come anche Anassagora. Nessuno di coloro .


che cos pensano intende rettamente il termine elemento.

Infatti vediamo molti dei corpi composti dividersi in
, '
omeomeri, ad esempio la carne e l'osso e il legno e la pietra. Di . '
conseguenza, se vero che il composto non elemento, non
, ,
tutto quel che omeomero elemento, ma solo quel che
,
indivisibile in cose diverse da s per specie, come si gi detto. . /
/
59 A 44. LUCRET. I 830 sgg. Ed ora esaminiamo l'omeomeria 59 A 44. LUCRET. I 830 ff.
di Anassagora, come la chiamano i Greci, e che la povert della 830 nunc et Anaxagorae scrutemur homoeomerian,
lingua materna non ci permette di rendere nel nostro idioma: ad [II 17. 25 App.] quam Grai memorant nec nostra dicere
ogni modo facile chiarire con le parole di che si tratta. Prima lingua
di tutto, quel che egli chiama omeomeria delle cose consiste in concedit nobis patrii sermonis egestas,
ci ch'egli ritiene che le ossa, ad esempio, risultano di ossa
sed tamen ipsam rem facilest exponere verbis.
piccolissime e minute e i visceri di visceri piccolissimi e
principio, rerum quam dicit homoeomerian,
minuti, e che il sangue prodotto da molte gocce di sangue che 835 ossa videlicet e pauxillis atque minutis
si raccolgono insieme, che l'oro formato di briciole d'oro, che [II 17. 30] ossibus hic et de pauxillis atque minutis
la terra deriva dall'agglomeramento di piccole parti di terra, che visceribus viscus gigni sanguenque creari
il fuoco risulta dal fuoco, l'acqua dall'acqua - e tutte le altre
sanguinis inter se multis coeuntibus guttis,
cose pensa e immagina allo stesso modo. Tuttavia non ammette ex aurique putat micis consistere posse
assolutamente che nelle cose esista il vuoto e che ci sia un
840 aurum et de terris terram concrescere parvis,
termine alla divisione dei corpi. G Quindi per l'uno e per l'altro [II 17. 35 App.] ignibus ex ignis, umorem umoribus esse,
punto mi sembra che sbagli come quelli di cui parlammo
cetera consimili fingit ratione putatque.
prima. Aggiungi che immagina i princpi troppo deboli, se sono nec tamen esse ulla de parte in rebus inane
princpi quelli che risultano forniti della stessa natura delle
concedit neque corporibus finem esse secandis...
cose e come le cose patiscono e muoiono e niente li sottrae alla G 845 quare in utraque mihi pariter ratione videtur
rovina. E infatti, quale di essi potr resistere sotto una stretta errare atque illi, supra quos diximus ante.
gagliarda s da sfuggire alla distruzione, gi tra i denti della
adde quod imbeciha nimis primordia fingit;
morte? Il fuoco o l'acqua o l'aria? Quale di questi? il sangue o si primordia sunt, simili quae praedita constant
le ossa? Nessuno, io penso, dal momento che ogni cosa sar
natura atque ipsae res sunt acqueque laborant
nella stessa misura intimamente mortale come quel che alla
850 et pereunt neque ab exitio res ulla refrenat.
luce vediamo sparire ai nostri occhi sopraffatto da una qualche nam quid in oppressu valido durabit eorum,
forza. Ma che le cose non possano crollare nel nulla n d'altra ut mortem effugiat, leti sub dentibus ipsis?
parte crescere dal nulla, io l'affermo in forza di quanto s' gi ignis an umor an aura? quid horum? sanguen an ossa?
dimostrato. Inoltre, poich il cibo accresce il corpo e l'alimenta, nil, ut opinor, ubi ex aequo res funditus omnis
si pu dedurre che in noi le vene e il sangue e le ossa *** 6* o 855 tammortalis erit quam quae manifesta videmus
se diranno che tutti i cibi sono di sostanze miste ed hanno in s ex oculis nostris aliqua vi victa perire.
piccole parti di nervi e ossa e, ovviamente, vene e particelle di at neque reccidere ad nilum res posse neque autem
sangue, ne verr che ogni cibo, sia solido sia liquido, si ritenga crescere de nilo testor res ante probatas.
esso pure composto di parti d'altra natura, di ossa e di nervi e di Praeterea quoniam cibus auget corpus altque,
sanie e di sangue commisti. Inoltre, se tutti i corpi che nascono 860 scire licet nobis venas et sanguen et ossa
dalla terra sono contenuti nella terra, necessario che la terra sive cibos omnis commixto corpore dicent
consti di parti d'altra natura che nascono dalla terra. Applica il esse et babere in se nervorum corpora parva
ragionamento ad un altro oggetto: potrai usare le stesse parole: ossaque et omnino venas partisque cruoris,
se nel legno si celano la fiamma, il fumo, la cenere,
fiet uti cibus omnis, et aridus et liquor ipse,
necessario che il legno consti di parti d'altra natura. Insomma la 865 ex alienigenis rebus constare putetur,
terra accresce ed alimenta con parti d'altra natura tutti i corpi, i ossibus et nervis saneque et sanguine mixto.
quali nascono da parti di altra natura. /
praeterea quaecumque e terra corpora crescunt
si sunt in terris, terram constare necessest
ex alienigenis, quae terris exoriuntur.
A questo punto si presenta ad Anassagora una piccola
scappatoia a cui s'appiglia, di ritenere cio che tutte le cose si 870 transfer item, totidem verbis utare licebit.
nascondono mischiate in tutte le cose, ma che appare soltanto in lignis si fiamma latet fumusque cinisque,
ex alienigenis consistant ligna necessest.
quella di cui ve ne sono mescolate di pi e pi in vista e
praeterea tellus quae corpora cumque alit, auget
piazzate in prima fila. G Ora questo pienamente respinto
dalla verit: in tal caso infatti bisognerebbe che il grano,
quand' franto dalla minacciosa potenza della mola, desse una
*
qualche traccia di sangue o di qualcosa che trae origine dal
ex alienigenis, quae lignis exoriuntur.
nostro corpo: quando poi stritoliamo il grano con la pietra
875 Linquitur hic quaedam latitandi copia tenvis, /
contro la pietra, dovrebbe gocciare il sangue. Per la stessa
876 id quod Anaxagoras sibi sumit, ut omnibus omnis
ragione converrebbe pure che spesso le erbe e le acque
[II 17. 40] res putet immixtas rebus latitare, sed illud
mandassero gocce dolci e di sapore simile al latte grasso delle apparere unum cuius sint plurima mixta

et magis in promptu primaque in fronte locata.


G 880 quod tamen a vera longe ratione repulsumst.
conveniebat enim fruges quoque saepe, minaci
robore cum saxi franguntur, mittere signum
sanguinis aut aliquid, nostro quac corpore aluntur,
cum lapidi in lapidem terimus, manare cruorem.
885 consimili ratione herbas quoque saepe decebat
et latices dulcis guttas similique sapore
mittere, lanigerae quali sunt ubere lactis,
scilicet, et glebis terrarum saepe friatis
herbarum genera et fruges frondisque videri
890 dispertita inter terram latitare minute,
postremo in lignis cinerem fumumque videri,
cum praefracta forent, ignisque latere minutos. /
59A 45. ARISTOT. phys. 4. 203 a 19. Quanti poi fanno gli 59 A 45. ARISTOT. Phys. 4. 203 a 19 [II 18. 1] '
elementi infiniti [di numero] come Anassagora e Democrito, , . ,
l'uno con gli omeomeri, l'altro con l'universale riserva seminale , '
di figure, dicono con ci che l'infinito continuo per contatto, e , .
l'uno vuole che ogni parte sia una mescolanza come il tutto,

perch vede che ogni cosa viene da ogni cosa: per questo
. G ARISTOT. phys.
motivo pare ch'egli affermi che un tempo tutte le cose erano
4. 203 a 19.
insieme, ad esempio questa carne e quest'osso e cos
, ,
quest'altro, sia quel che sia: e insomma tutto - e lo erano,

beninteso, contemporaneamente, perch l'inizio della
,
separazione non si verific soltanto per ciascuna cosa, ma per .
tutte. G ARISTOT. phys. 4. 203 a 19. E poich ci che
, ' ,
prodotto prodotto da un corpo di determinata natura e di tutte , ' ,
le cose c' generazione, solo che non contemporaneamente,
, '
anche per tale generazione ci dev'essere un principio, e un

principio unico ch'egli chiama Intelletto e l'Intelletto lavora da . ARISTOT. de gen. et corr. A 10. 327 b 18.
un certo inizio pensando: sicch di necessit a un certo

momento tutte le cose erano insieme e a un certo momento
, ' .
cominciarono ad essere mosse. ARISTOT. de gen. et corr. A
10. 327 b 18. Ma non possibile che il bianco e la scienza
, '
entrino nel miscuglio, come pure ciascun'altra [di quelle

qualit e propriet] che non sono separabili. Commettono
. / SIMPL. z. d. St. 460, 4 [II 18. 5]
quindi un errore quanti sostengono che una volta tutte le cose . ,
erano insieme: in effetti non ogni cosa pu essere mischiata a ,
ogni cosa, ma bisogna che ciascuno dei due componenti del

miscuglio sussista in modo da poter essere separato: ora
, ' . ,
nessuna delle qualit pu essere separata dal suo supporto. /

SIMPLIC. phys. 460, 4. Dal momento che Anassagora pone
,
come princpi le omeomerie e Democrito gli atomi, infiniti per [II 18. 10] ,
numero l'uno e l'altro, indagando dapprima l'opinione di
. '
Anassagora, [Aristotele] ci indica anche il motivo per cui
.
Anassagora giunto a tale supposizione e dimostra che lui
.
deve dire che non solo il miscuglio intero infinito per
,
grandezza, ma anche ciascuna omeomeria, in quanto ha allo
(
stesso modo del miscuglio intero tutti i componenti e non solo ,
infiniti, ma infinite volte infiniti. A tale concezione Anassagora [II 18. 15 App.]
giunse perch riteneva che niente si produce dal non ente e che ,
ogni cosa si nutre del simile. Vedeva infatti che tutto viene dal ,
tutto, anche se non immediatamente ma secondo un ordine (in ).
realt dal fuoco l'aria, dall'aria l'acqua, dall'acqua la terra, dalla ,
terra la pietra e dalla pietra di nuovo il fuoco e anche dando lo , .
stesso cibo, ad esempio il pane, molte cose e dissimili si
.
producono, la carne, le ossa, le vene, i nervi, i capelli, le
[II 18. 20]
unghie, le ali, e, se se ne d il caso, anche le corna, e in effetti il '
simile si accresce mediante il simile). Perci suppose che
. '
fossero nel cibo e che anche nell'acqua, se di questa si nutrono
gli alberi, ci fossero legno, corteccia, frutta. Quindi diceva che ,
pecore lanute, naturalmente, e che, quando si polverizzano le
zolle di terra, si vedessero nascondersi mescolati nella terra
minuzzoli d'erba di vario genere e frutti e fronde: e infine si
dovrebbero vedere cenere e fuoco nel legno quando
scheggiato in piccole parti e, insieme, impercettibili fuochi
latenti. /

ogni cosa mescolata in ogni cosa e che la nascita avviene per ,


separazione. A questo lo spingeva forse anche il fatto che, pur .
se talune cose rimangono in quiete, altre si formano da loro,
' [ 18. 25 App.]
cos dalla pietra il fuoco e dall'acqua quando gorgoglia l'aria. ' [B 1] ''
Vedendo dunque che da ciascuna di quelle cose che adesso
'
risultano dalla divisione tutte le cose si separano, ad esempio '. [daraus fr. 16 Schaub. !] SIMPLIC. phys. 1123, 21
dal pane la carne, l'ossa e il resto, quasi che in esso pane tutte le .,
cose si trovino nello stesso tempo e mescolate insieme, da ci
egli supponeva che tutte le cose fossero mescolate insieme
,
prima della separazione. Perci egli ha dato inizio in tal modo , .
al suo scritto: Insieme erano tutte le cose [B 1] sicch
qualsiasi cosa, ad esempio questo pane, mescolanza di questa
carne e di quest'osso in maniera uguale al tutto. SIMPLIC.
phys. 1123, 21. Pareva che Anassagora dicesse che, essendo
insieme tutte le cose e rimanendo ferme per l'infinito tempo
anteriore, l'intelletto facitore del mondo, volendo separare le
diverse specie che, egli chiama omeomerie, impresse ad esse il
movimento.
59 A 46. ARISTOT. de gen. et corr. A 1. 314 a 18. Anassagora 59 A 46. ARISTOT. de gen. et corr. A 1. 314 a 18 [II 18. 30]
pone come elementi gli omeomeri, ad esempio l'osso, la carne,
il midollo e delle altre cose quelle di ciascuna delle quali una ,
parte sinonima [del tutto]. G ARISTOT. de gen. et. corr. A 1. . G ARISTOT. de gen. et. corr. A 1. 314 a 24.
314 a 24. Gli Anassagorei par che sostengano una tesi contraria
agli Empedoclei. Empedocle dice che il fuoco, l'acqua e l'aria e
la terra sono quattro elementi, corpi semplici pi che la carne e
l'osso e gli altri simili omeomeri: i discepoli di Anassagora,
,
invece, gli omeomeri li considerano semplici ed elementi, la
,
terra, il fuoco, l'acqua e l'aria composti: di questi c'
. / AT. I 3, 5 (D.
un'universale riserva seminale. /AT. I 3, 5 [Dox. 279].
279) .
Anassagora, figlio di Egesibulo, di Clazomene, ha detto che le .
omeomerie sono principi delle cose. Gli sembrava un problema ,
affatto irresolubile che qualcosa potesse prodursi dal non ente e . [II 18. 35 App.]
distruggersi nel non ente. Noi usiamo un cibo semplice e
, ,
omogeneo, pane e acqua, e di questo si nutrono i capelli, le

vene, le arterie, la carne, i nervi, le ossa e le altre parti. Di
.
fronte a tale fatto si deve convenire che nel cibo da noi preso ci ,
sono tutte le cose e che da queste si accrescono tutte le cose. In .
quel cibo, quindi, ci sono particelle produttrici di sangue, di

nervi, di ossa e di tutto l'altro: tali particelle si possono cogliere . [II 18. 40]
con la ragione. Non si deve riportare tutto all'esperienza
,
sensoriale, che cio il pane e l'acqua producono tutto questo, , [II 19. 1] '
ma nel pane e nell'acqua ci sono particelle che si colgono con .
la ragione. E poich le parti esistenti nel cibo sono uguali

[] a ci che si produce, le chiam omeomerie e disse che , ,
erano principi delle cose, e che le omeomerie erano materia e la .
causa efficiente intelletto, il quale tutto dispone. Incomincia
' , [II 19. 5
cos: Insieme erano tutte le cose e l'intelletto le separ e le
App.] ',
pose in ordine: cose disse ci che ha una realt. E va
,
accettato perch alla materia congiunse un artefice.
.
59 A 47. PLAT. Phaed. 97 B. Ma avendo udito una volta un
59 A 47. PLAT. Phaedo 97 B '
tale che, a quanto disse, leggeva un libro di Anassagora e
, ,
affermava che l'intelletto l'ordinatore e la causa di tutte le
,
cose, godetti di tale causa e mi parve che in certo modo stava ,
bene che causa di tutte le cose fosse l'intelletto e pensai che, se [II 19. 10 App.]
la cosa era in questi termini, l'intelletto ordinatore ordinasse
, ' ,
tutto e disponesse ogni cosa nel modo migliore G ...per

conseguenza, se di ciascun essere uno volesse trovare la causa ... G
per la quale viene alla luce o perisce o esiste, deve trovare qual ,
il suo modo migliore di esistere o di subire o di fare alcunch. ,
In forza dunque di tale ragionamento nient'altro conviene

all'uomo indagare e intorno a se stesso e intorno agli altri esseri

se non ci che il meglio e l'ottimo, ed necessario che costui ' .


conosca anche il peggio, perch la stessa la scienza dell'uno e
dell'altro. /Ragionando cos, credevo tutto contento d'aver
.
trovato in Anassagora il maestro della causa degli esseri
/
secondo il mio intendimento, e che egli mi avrebbe detto in

primo luogo se la terra piatta o rotonda e, dopo avermelo

detto, me ne avrebbe spiegato la causa e la necessit,
, ,
indicandomi il meglio e che bene per essa essere cos e se
, [II 19. 15 App.]
avesse detto che sta al centro m'avrebbe spiegato che bene
,
per essa stare al centro e se me l'avesse dimostrato mi
,
preparavo a non desiderare pi alcun genere di cause. Cos
.
pure riguardo al sole ero pronto a imparare le stesse cose e alla ,
luna e agli altri astri e alla velocit che hanno gli uni verso gli
altri e ai rivolgimenti e agli altri fenomeni, in che modo bene , '
che ogni corpo faccia e subisca quel che subisce. Non avrei mai . [II 19. 20]
pensato in realt che lui, dicendo che tutte queste cose sono
, ,
ordinate dall'intelletto, aggiungesse ad esse un'altra causa se

non questa, che cio il meglio per loro di stare come stanno: e
perci pensavo che egli, avendo attribuito a ciascuna cosa in

particolare e a tutte in comune questa causa, avrebbe pure

spiegato quel che il meglio per ciascuna e il bene comune a ,
tutte. E non avrei ceduto queste speranze a nessun prezzo, ma ' , [II 19. 25 App.] '
presi quei libri con somma cura e quanto pi presto potei li
.
lessi per imparare al pi presto quel che il meglio e il peggio. , '
Ed ecco, amico mio, che da quella meravigliosa speranza
. , ,
crollai trascinato gi, perch, andando avanti nella lettura, vedo ,
che il mio eroe non si serviva affatto dell'intelletto e non gli

attribuiva nessuna causa nell'ordinamento delle cose e ricorreva ,
all'aria, all'etere, all'acqua e ad altre molte e strane cose.
.
ARISTOT. metaph. A 4. 985 a 18. Anassagora si serve
Vgl. ARISTOT. metaph. A 4. 985 a 18 .
dell'intelletto come di un deus ex machina per rendere conto
[II 19. 30]
della costruzione del mondo e quando non sa spiegare per
' ,
quale motivo una cosa di necessit [quel che ], allora lo fa ,
intervenire, mentre per gli altri casi indica come causa tutto
. SIMPL. Phys. 327, 26 .
fuorch l'intelletto. SIMPLIC. phys. 327, 26. E Anassagora,
, [fr. 21],
trascurando l'intelletto, come dice Eudemo [fr. 21, 53 Wehrli], .
mette insieme le cose appellandosi anche alla generazione
spontanea [ : cfr. , A 66].
59 A 48. AT. I 7, 5 [Dox. 299]. Anassagora dice che
59 A 48. AT. I 7, 5 (D. 299) . , '
dapprincipio i corpi stavano immobili e l'intelletto di dio li pose , [II 19. 35 App.]
in ordine e produsse la generazione di tutte le cose. AT. I 7, .
15 [Dox. 302]. Anassagora [definisce] dio l'intelletto, facitore AT. I 7, 15 (D. 302) . . Vgl.
del cosmo. Cfr. EURIP. fr. 1018. L'intelletto dio in ciascuno EURIP. fr. 1018 .
di noi [cfr. pure Troad. 884, IAMBL. protr. 8 p. 48,
Troad. 884 [64 C 2]. IAMBL. Protr. 8 FILOD. de piet. c. 4 a p.
16].FILOD. de pie. c. 4 a p. 66 [Dox. 532]. [Anassagora dice] 66 G. (D. 532) []
che stato,7* e sar e che su tutti comanda ed ha dominio. E .
che l'intelletto ha posto in ordine tutte le cose che sono infinite [] [II 19. 40 App.] [vgl.
e mescolate [cfr. B 12]. CICER. de nat. d. I 11, 26 [Dox. 532]. B 12]. CIC. de nat. d. I 11, 26 (D. 532) inde A., qui accepit ab
Quindi Anassagora, che apprese la dottrina da Anassimene,
Anaximene disciplinam, primus omnium rerum discriptionem
primo tra tutti volle che la disposizione e l'ordinamento di tutte et modum mentis infinitae vi ac ratione dissignari et confici
le cose fosse preparato e compiuto dall'attivit intelligente d'un voluit in quo non vidit neque motum sensu iunctum et
intelletto infinito. Ma non s'accorse che non pu aversi nessun continentem infinito ullum esse posse [II 20. 1 App.] neque
movimento legato a sensazione e connesso con l'infinito n
sensum omnino, quo non tota natura pulsa sentiret. deinde si
sensazione che la natura intera avverta senza riceverne
mentem istam quasi animal aliquod esse voluit, erit aliquid
l'impulso. Inoltre, se volle che codesto intelletto fosse una
interius ex quo illud animal nominetur. quid autem interius
specie di essere animato, ci sar qualcosa di pi interno, da cui mente? cingatur igitur corpore externo. quod quoniam non
l'essere animato prenda nome. Ma che cosa pi interno
placet, aperta simplexque mens nulla re adiuncta, qua [II 20.
dell'intelletto? Sia dunque circondato da un corpo esterno. Ma 5] sentire possit, fugere intellegentiae nostrae vim et rationem
poich ci non si ammette, un intelletto puro e semplice, senza videtur.
alcun'altra cosa con la quale possa avere sensazioni, sembra
sottrarsi alla capacit di concepire della nostra intelligenza.

59 A 49. CICER. ac. pr. II 37, 118 [Dox. 119]. Anassagora


59 A 49. CICER. Acad. Pr. II 37, 118 (D. 119) A. materiam
[disse] che la materia infinita, ma che da essa [derivano]
infinitam, sed ex ea particulas similes inter se minutas eas
particelle simili tra loro, piccolissime: queste dapprima erano primum confusas postea in ordinem adductas mente divina.
confuse e poi furono ridotte all'ordine da un intelletto divino.
59 A 50. ARISTOT. phys. 5. 205 b 1. Anassagora parla in
59 A 50. ARISTOT. Phys. 5. 205 b 1 . '
maniera assurda dell'immobilit dell'infinito: egli dice che
[II 20. 10]
l'infinito ferma saldamente se stesso, e cio in se stesso - e
,
infatti niente lo circonda - come se il luogo attuale d'un essere , , .
fosse il suo luogo naturale. Vgl. [ARISTOT.] de M. X. G. 2.
Vgl. [AR.] de MXG 2. 975 b 17 und 976 a 14 [oben I 264]. G
975 b 17 und 976 a 14. G [ARISTOT.] de M. X. G. 2. 975 b 16. [ARISTOT.] de M. X. G. 2. 975 b 16.
Oppure se anche fossero infinite le cose dalla cui connessione , ,
si ha la nascita e dalla cui divisione la distruzione, come,
,
secondo alcuni, voleva Anassagora, che cio da cose sempre . ,
esistenti e infinite si produce quel che si produce anche se cos ,
fosse, non dovrebbero essere tutte eterne, ma potrebbero talune ' .
prodursi venendo da enti e distruggersi in altre sostanze.
[ARISTOT.] de M. X. G. 2. 976 a 13.
[ARISTOT.] de M. X. G. 2. 976 a 13. Cos dunque egli dice
... ,
che il tutto simile, ma non a qualcos'altro (la qual cosa
. ,
Anassagora critica, che cio l'infinito sia simile - il simile
' . '
infatti simile a un altro, sicch due o pi enti non possono
,
essere uno n infinito), ma forse egli allude al simile rispetto a ,
se stesso e dice che tutto simile, perch di parti simili,
. /
essendo tutto acqua o terra o altra cosa di questo genere./
59 A 51. AT. I 14, 4 [Dox. 312]. Per Anassagora gli
59 A 51. AT. I 14, 4 (D. 312) .
omeomeri sono di molte forme.
.
59 A 52. ARISTOT. phys. A 4. 187 a 20 G Gli altri, invece,8* 59 A 52. ARISTOT. Phys. A 4. 187 a 20ff. G '
sostengono che dall'uno che li contiene escono per divisione i ,
contrari, come Anassimandro e quanti sostengono che gli esseri , ' ,
sono uno e molti, come Empedocle e Anassagora: anche

costoro, infatti, fanno uscire dalla mistione tutte le cose per
.
divisione. Differiscono per tra loro in ci che l'uno immagina , ' ,
un rinnovarsi periodico di tale separazione, l'altro che avvenne , ,
una sola volta: l'uno pone infiniti gli omeomeri e gli opposti, ... )/
l'altro parla solo dei cosiddetti elementi.../Sembra che
[II 20. 15 App.]
Anassagora ritenga infiniti [gli omeomeri] perch accettava
,
come vera la dottrina comune dei naturalisti, che niente nasce (
dal niente: per questo dice: Insieme erano tutte le cose [B 1] , [B 1],
e stabilisce che il venire all'esistenza di tale o tale genere di
. [vgl. B 17]. G '
cose un'alterazione, mentre altri parlano di unione e di

separazione. G Altro motivo era che gli opposti si producono
l'uno dall'altro e dunque vi erano contenuti in precedenza. Se ,
infatti tutto quel che si produce deve prodursi o da ci che o (
da ci che non , ed impossibile che sia prodotto dal non
), ,
essere (su questo punto tutti i naturalisti sono d'accordo),
,
pensarono che di necessit era vera l'altra parte dell'alternativa, (187 b) .
che cio fosse prodotto da esseri e da esseri preesistenti,
,
inattingibili, per, dai nostri sensi per la piccolezza delle

masse. (187 b) Pertanto essi affermano che tutto mischiato in '
tutto perch vedevano che ogni cosa prodotta da ogni cosa.
Ma le cose appaiono differenti e i loro nomi cambiano in
,
rapporto a ci che per quantit prevale nella mistione degli
, .
illimiti: non c', per, nessuna cosa che sia assolutamente tutta ,
bianca o nera o dolce o carne o osso, ma ci di cui ciascuna
,
cosa contiene di pi, questa appare essere la sua natura. Ora, se ' . '
l'infinito in quanto infinito inconoscibile, l'infinito secondo il ' ,
numero o la grandezza una quantit inconoscibile e l'infinito .
secondo la specie una qualit inconoscibile, e se i principi
, .
sono infiniti secondo il numero e la specie, impossibile
' ,
conoscere ci che da essi deriva, perch supponiamo di
, (
conoscere il composto solo quando conosciamo la natura e il ,
numero dei suoi elementi. Ancora, se ci di cui la parte pu
),

essere come si voglia in grandezza o in piccolezza, deve


,
poterlo essere anch'esso - parlo di quelle parti esistenti in un
.
tutto e in cui il tutto si divide - ma se impossibile che un
, .
animale o una pianta sia come si voglia in grandezza o in

piccolezza, chiaro che neppure una delle sue parti lo sar,

perch allora il tutto avr la stessa sorte. Ora la carne e l'osso e .
simili sono parti dell'animale, come i frutti sono parte delle
, ' ,
piante: evidente dunque che la carne e l'osso o un'altra cosa , (
del genere non possono essere come si voglia in grandezza o in ),
pi o in meno. Ancora: se le cose di questo genere si trovano
tutte le une nelle altre e non vengono all'esistenza ma si
,
separano dal tutto in cui preesistevano e prendono il nome da . ,
ci che prevalente, e qualsiasi cosa viene a essere da qualsiasi ,
cosa (ad esempio, dalla carne si separa l'acqua e la carne
, '
dall'acqua) e ogni corpo limitato distrutto9* da un corpo
. ' ,
limitato, chiaro che non possibile che ciascuna cosa si trovi (
in ciascuna cosa. Infatti, sottratta all'acqua la carne, ed altra poi ), '
provenendone per separazione dalla restante acqua, se anche ,
sempre pi piccola sar la parte estratta, tuttavia non potr
' .
superare una certa misura in piccolezza. Di conseguenza, se
,
l'estrazione si fermer, allora non tutto sar nel tutto (ch nella ,
rimanente acqua non ci sar pi carne): se non si fermer ma si , (188 a)
avr sempre separazione, allora in una grandezza limitata ci

saranno grandezze limitate uguali di numero illimitato - il che . '
impossibile. Inoltre, se ogni corpo, quando gli sottratto
,
qualcosa, di necessit diventa pi piccolo e la quantit della
' , ' ,
carne definita in grandezza e piccolezza, chiaro che dalla ' .
minima parte (188 a) di carne non si estrarr alcun corpo,
,
perch quella parte sar minore della minima. Ancora: nei
,
corpi infiniti ci sarebbe carne infinita e sangue e cervello,
,
separati10* l'uno dall'altro e nondimeno esistenti e ciascuno
' .
infinito - e questo illogico. Che poi le cose non saranno mai , ,
del tutto separate detto senza piena scienza ma giusto:
,
infatti le qualit sono inseparabili. Se dunque i colori e i modi ,
di essere sono mischiati, qualora si separino, ci sar un bianco .
e un sano che non sono altro se non bianco e sano e non in un .
soggetto.
, ' . ,
Di conseguenza assurdo questo intelletto e cerca l'impossibile , []
volendo separare - ed impossibile far ci a proposito di
.
quanto e di quale: nel quanto, perch non esiste una grandezza , .
minima, nel quale, perch le qualit sono inseparabili. E
/ARISTOT. de gen. et corr. A 1. 314 a 11.
neppure il prodursi degli omogenei concepisce bene: vero
,
infatti che in un senso l'argilla si divide in argilla: ma in un
, [nmlich
altro no. E il modo in cui i mattoni vengono dalla casa e la casa ]. [II 20. 20] .
dai mattoni non lo stesso che anche l'acqua e l'aria sono e

vengono ad essere l'uno dall'altro. Quindi meglio prendere
,
meno principi e limitati, come fa Empedocle. / ARISTOT. de , . vgl. HIPPOCR. de victu I 4 [VI
gen. et corr. A 1. 314 a 11. Invece quanti ammettono la materia 474]
molteplice, come Empedocle, Anassagora e Leucippo, devono
dire che [generazione e alterazione]sono cose diverse. Eppure . Vgl. A 112.
Anassagora non ha capito il senso esatto delle parole, perch
dice che nascere e perire sono lo stesso che alterarsi, e ammette
come gli altri che gli elementi sono molti. HIPPOCR. de victu I
4 [VI 474]. Di tutte le cose, dunque, nessuna perisce, nessuna
nasce, che non fosse anche prima: e si alterano componendosi e
separandosi [cfr. A 112].
59 A 53. SIMPLIC. phys. 461, 20. Perci Anassagora afferma 59 A 53. SIMPLIC. Phys. 461, 20 [= fr. 10 Schaub.]
che non possibile che tutte le cose si separino: la separazione . ' [II 20. 25]
non un distacco totale: l'incedere o il colore o insomma le
.
qualit e le propriet non si possono separare dai soggetti.
59 A 54. AT. I 17 , 2 [Dox. 315]. I seguaci di Anassagora e di 59 A 54. AT. I 17 , 2 (D. 315)

Democrito [dicono] che le mistioni avvengono per



giustapposizione degli elementi.
.
59 A 55. PLAT. Cratyl. 413 C ... e che invece il giusto quel 59 A 55. PLAT. Cratyl. 413 C .
che dice Anassagora, l'intelletto: sostiene infatti che, essendo :
arbitro assoluto e a niente mischiato, ordina tutte le cose,
[II 20. 30]
andando attraverso tutte.
. ARISTOT. de anima A 2. 405 a
ARISTOT. de an. A 2. 405 a 15. ... e soprattutto egli
15 [Anaxag.] :
[Anassagora] pone come principio l'intelletto: esso solo, infatti,
egli sostiene, tra tutti gli esseri semplice, non mescolato e
. '
puro. E allo stesso principio egli riferisce ambedue, il
, .
conoscere e il muovere, dicendo che l'intelletto muove tutto.
59 A 56. ARISTOT. phys. 5. 256 b 24. Perci dice
59 A 56. ARISTOT. Phys. 5. 256 b 24 .
giustamente Anassagora quando afferma che l'intelletto non
[II 20. 35 App.]
subisce niente ed privo di mistione, dal momento che lo fa
, .
principio del movimento. Soltanto cos potrebbe muovere,
.
essendo immobile, e dominare, essendo privo di mistione. G G ARISTOT. Metaph. 6. 1072 a 4. '
ARISTOT. Metaph. 6. 1072 a 4. Che l'atto sia anteriore
, ( ). /
l'attesta Anassagora, perch l'intelletto atto. /
59 A 57. CLEM. ALEX. Strom. II 14 [II 120, 1 St.].
59 A 57. CLEM. Strom. II 14 [II 120, 1 St.] .
Anassagora per primo prepose l'intelletto alle cose, ma neppure . '
lui s' preso cura della causa efficiente, se descrive certi vortici ,
inintelligenti insieme all'inerzia e all'inintelligenza
.
dell'intelletto.
59 A 58. ARISTOT. metaph. A 3. 984 b 15. In effetti chi disse 59 A 58. ARISTOT. metaph. A 3. 984 b 15 [II 20. 40]
che come negli esseri viventi cos nella natura c' l'intelletto, ,
causa del cosmo e dell'ordine universale, apparve un uomo di , [II 21. 1
senno di contro a coloro che l'avevano preceduto e parlavano a App.] ' .
caso. Sappiamo che Anassagora tratt manifestamente di tali
argomenti, ma ci sono motivi di credere che Ermotimo di
, '
Clazomene ne parl prima.
. [s. Diog. VIII 5, oben I 100, 16].
59 A 59. SIMPLIC. phys. 1185, 9. Eudemo [fr. 111 Wehrli]
59 A 59. SIMPL. Phys. 1185, 9 [fr. 71]
critica Anassagora non soltanto perch dice che a un certo
[II 21. 5] ,
momento ebbe inizio il movimento che prima non esisteva, ma , '
anche perch ha tralasciato di parlare del permanere e del
,
cessare, pur essendo argomento non chiaro: Che cosa
. ' , ,
proibisce di pensare - egli dice - che tutte le cose si fermarono ,
per opera dell'intelletto, come sostiene che l'intelletto le pose in ;'
movimento? E anche in questo Eudemo riprende Anassagora: '
Com' possibile che ci sia una privazione antecedente alla
; [II 21. 10]
propriet opposta ? Se in effetti la quiete privazione di
, '.
movimento, non potr essere anteriore al movimento.
59 A 60. ARISTOT. metaph. I 6. 1056 b 28. Perci non bene si 59 A 60. ARISTOT. metaph. I 6. 1056 b 28
svi Anassagora dicendo che insieme erano tutte le cose,
.
illimiti per quantit e per piccolezza [B 1], ma invece che per [B 1]. '
piccolezza doveva dire per pochezza: infatti non potevano ' ' ,
essere infinite, giacch il poco non si spiega coll'uno, come
, , .
dicono alcuni, ma col due.
59 A 61. ARISTOT. metaph. 2. 1069 b 19. Dall'essere si
59 A 61. ARISTOT. metaph. 2. 1069 19 [II 21. 15]
producono tutte le cose, ma dall'essere in potenza e dal non
, ,
essere in atto. E questo l'uno di Anassagora, perch, meglio di . ' (
tutte le cose insieme e del miscuglio di Empedocle e di
)
Anassimandro G o di come si esprime Democrito, era dire
. ... G '
erano tutte insieme in potenza, non in atto. Sicch costoro
, ' '
avrebbero intravisto la materia. / ARISTOT. metaph. A 8. 989 . / ARISTOT. metaph. A 8. 989 a 30 '
a 30 sgg. Se uno suppone che Anassagora ammette due
, '
elementi, farebbe una supposizione ragionevole, G ... che egli ...G ,
in realt non formul, ma che in ogni caso avrebbe accettato di ' .
necessit, se qualcuno ve l'avesse condotto. Intanto illogico
dire che tutte le cose all'inizio erano mescolate, se non altro
, (989 b)
perch succede che le cose non mescolate devono preesistere

[alla mescolanza], e anche perch non naturale che una cosa ,


qualunque si mescoli con una qualunque. / (b 4) e tuttavia chi ' (
lo seguisse, combinando logicamente quel che egli vuol dire, ). / b 4
forse troverebbe che parla pi modernamente di quanto non
, [II 21.
creda G... Oltre a ci le qualit e gli accidenti sarebbero
20] ... G ,
separati dalle sostanze (perch delle stesse cose si ha mistione e , .../...b 16
separazione) .../... (b 16) Di qui egli si trova ad ammettere

come principi l'uno (semplice, questo, e non-mescolato) e
( ) ,
l'altro che noi poniamo come l'indefinito, prima che sia definito . G
e partecipi di una forma. G E infatti, quando niente era
'
separato, chiaro che di quella sostanza non si poteva dire con , '
verit n che era bianca, n nera, n grigia, n d'altro colore,

ma che di necessit non aveva colore, ch altrimenti avrebbe ,
avuto uno di questi colori. Cos pure per lo stesso
.
ragionamento sarebbe dovuta essere senza sapore, e senza
,
nessun'altra di simili propriet: non poteva avere n qualit n , '
quantit n un qualcosa di determinato. Perch allora avrebbe ,
avuto in parte una delle forme sopradette, il che era
. /
impossibile, essendo tutte le cose mescolate. Avrebbe dovuto
gi esserci la separazione, ma egli dice che tutto era mescolato,
ad eccezione dell'intelletto e che questo solo non-mescolato e
puro. /
59 A 62. DIODOR. I 7, 7. Pare che intorno alla natura del tutto 59 A 62. DIODOR. I 7, 7
neppure Euripide disapprovi quanto stato detto, lui che fu
'
discepolo di Anassagora il naturalista. Nella Melanippe [fr.
[II 21. 25
484] pone cos:
App.] [fr. aus M. n. 484]

che il cielo e la terra erano un'unica forma:


ma dopo che si separarono l'uno dall'altra,
producono ogni cosa e danno alla luce
alberi, volatili, fiere e i figli nutriti dal mare
e la razza dei mortali.
59 A 63. AT. II 1, 2 [Dox. 327]. Talete... Anassagora,
Platone, Aristotele, Zenone [dissero] che uno il mondo.
59 A 64. SIMPLIC. phys. 154, 29. Anassagora dice che una
volta prodotto dalla mescolanza [originaria] il mondo permane
per il resto governato e distinto dall'intelletto che lo presiede.
SIMPLIC. phys. 1121, 21. Anassagora, Archelao e Metrodoro
di Chio par che dicano che il mondo fu prodotto all'inizio del
tempo. Essi affermano che pure il movimento ebbe inizio:
infatti, mentre gli esseri erano in quiete, prima del tempo,
dicono che il movimento fu immesso dall'intelletto e che da
questo movimento fu prodotto il mondo. Pare anche che
costoro abbiano supposto l'inizio della formazione del mondo
per esigenze didascaliche.
59 A 65. AT. II 4, 6 [Dox. 331]. Anassimandro, Anassimene,
Anassagora, Archelao, Diogene e Leucippo [ritennero] che il
mondo distruttibile. G AT. I 24, 2 [Dox. 320]. Empedocle,
Anassagora, Democrito, Epicuro e tutti quanti formano il
mondo mediante l'aggregazione di corpuscoli sottili,
introducono combinazioni e separazioni ma non propriamente
nascite e morti: in effetti queste ultime non sono prodotte da
un'alterazione qualitativa ma da un accumularsi quantitativo. /

, ' ,
'
' ,

[II 21. 30] , , , '
.
59 A 63. AT. II 1, 2 (D. 327) ... ,
, , .
59 A 64. SIMPL. Phys. 154, 29
[II 21. 35]

. SIMPL. Phys. 1121, 21 '
.
.

, '
. [II 21. 40]
.

59 A 65. AT. II 4, 6 (D. 331) [II 22. 1 App.] ,


, ., , ,
. I 24, 2 (D. 320; 31 A 44). G AT. I
, , ,
,
, ,
.
,
. /
59 A 66. AT. I 29,7 [Dox. 326b, 7 n.]. Anassagora,
59 A 66. AT. I 29, 7 (D. 326b, 7 n.) .
Democrito e gli Stoici [dissero che] la causa [delle cose]

rimane oscura all'umano ragionamento, perch talune
' , ' , [II 22. 5
avvengono per necessit, altre per fatalit, altre per proposito, App.] , ,
altre per fortuna, altre da s. ALEX. de fat. 2. Dice Anassagora . ALEX. de fato 2 [II 165, 22 Bruns]

[Anaxag.] '
, ' . SCHOL.
ARISTID. VATIC. GR. 1928 (zu Arist. II 80, 15 Dindorf. ed.
B. Keil, Hermes, LV, 1920, p. 651) .
,
[II 22. 10 App.] (so!) .
Vgl. 68 A 66.
59 A 67. AT. II 8, 1 [Dox. 337]. Secondo Diogene e
59 A 67. AT. II 8, 1 (D. 337) .
Anassagora, dopo che il mondo fu formato e gli esseri viventi
vennero su dalla terra, il mondo in qualche modo si inclin da
s verso il suo lato meridionale (probabilmente per calcolo
( ,
provvidenziale, onde cio talune parti fossero disabitate, altre
invece abitate, per il freddo o per il calore o per buona
).
temperanza di clima).
59 A 68. ARISTOT. de cael. 2. 309 a 19. Taluni di quelli che 59 A 68. ARISTOT. de caelo 2. 309 a 19 [II 22. 15]
negano l'esistenza del vuoto non hanno definito niente intorno
al leggero e al pesante, come Anassagora e Empedocle.
. .
ARISTOT. Phys. 6. 213 a 22 sgg. Taluni, dunque, tentando ARISTOT. Phys. 6. 213 a 22
di dimostrare che [il vuoto] non esiste, non confutano quel che [nml. ],
gli uomini intendono quando dicono 'vuoto', ma dicono
' , '
sbagliando, come Anassagora e quanti seguono il suo modo di . .
confutare. In effetti essi mostrano che l'aria una realt
[II 22. 20 App.] ,
pressando degli otri e facendo vedere che l'aria resistente

anche rinchiudendola nelle clessidre. G Ora gli uomini per
. G
'vuoto' intendono l'intervallo in cui non si trova nessun corpo
sensibile, ma poich ritengono che l'essere tutto quanto
,
corporeo, dicono che vuoto ci in cui non c' assolutamente , ' ,
niente: quindi quel che pieno d'aria dicono vuoto. /
. /
59 A 69. [ARISTOT.] probl. 16, 8. 914 b 9. Dei fenomeni
59 A 69. [ARISTOT.] Probl. XVI 8. 914 b 9
connessi con la clessidra, il motivo pare, in generale, sia quello
che Anassagora ha indicato: l'aria in essa racchiusa causa per .
cui non entra l'acqua quando tappato il tubo. E tuttavia non
questa la sola causa, perch, se qualcuno immerge la clessidra , [II 22. 25 App.]
trasversalmente nell'acqua, tappando il tubo, l'acqua entra. Per
questo Anassagora non dimostra a sufficienza in che modo
, . '
l'aria causa. L'aria, come si detto, senza dubbio la causa: , . ,
quando compressa e si muove da s, senza che le si faccia
, '
violenza, portata naturalmente in linea retta, come gli altri
[II 22. 30 App.] '
elementi. Ma quando la clessidra immersa trasversalmente

nell'acqua, l'aria, impedita dall'acqua di andare in linea retta,
fuoriesce attraverso i fori opposti a quelli che stanno in acqua '
e, uscita l'aria, entra l'acqua. Quando invece la clessidra
,
immersa diritta nell'acqua, l'aria, non potendo sfuggire in linea
retta dal momento che la parte superiore otturata, rimane

intorno ai primi fori - e infatti non pu per sua natura
.
comprimersi in se stessa. Argomento che l'aria, quando non si . '
muove, pu respingere l'acqua proprio quel che accade alla '
clessidra: se infatti uno, riempito d'acqua il ventre della
. [II 22. 35]
clessidra e otturato il tubo, la capovolge col tubo in basso,
,
l'acqua non si porta attraverso il tubo alla bocca, e quando si
, .
stappa la bocca, non corre subito attraverso il tubo, ma dopo un
certo tempo, giacch non si trovava nella bocca stessa del tubo, ,
ma ci viene portata pi tardi, dopo che il tubo stato aperto.
, '
Quando invece la clessidra piena e in posizione verticale,
.
aperto il tubo, subito l'acqua scorre attraverso il crivello, perch [II 22. 40]
si trova a contatto del crivello mentre non lo era con la parte
,
estrema del tubo.
.
Dunque l'acqua non entra nella clessidra per il motivo suddetto: , [II 23. 1]
esce poi, quando si apre il tubo, perch l'aria che vi si trova

dentro muovendosi in su e in gi provoca una vigorosa

espulsione dell'acqua che sta nella clessidra. L'acqua spinta in .
che niente di ci che avviene, avviene per fatalit - questo un
nome vuoto. SCHOL. ARISTID. VATIC. GR. 1928 [ed. B.
Keil, Hermes, LV, 1920, p. 65] II 80,15 Dindorf. E
Anassagora diceva che assolutamente non si d provvidenza
degli di per gli uomini, ma che tutte le dose umane sono
guidate dal caso [!] [Cfr. ARISTOT. phys. B 4. 195 b 36].

, (915 a)

[II 23. 5 App.] ,


, ,
,
.
.
(nml. ) [II 23. 10 App.]

,
, ,

.
.
, < >
. [II 23. 15]
,
.
,
' . ,
. Vgl. A 68 (II 24, 10).
115 und Emped. 31 B 100.
59 A 70. THEOPHR. de sens. 59 [Dox. 516]. Per quanto
59 A 70. THEOPHR. de sens. 59 (D. 516) [II 23. 20 App.]
riguarda gli oggetti del tatto, essi [i filosofi] parlano del pesante ,
e del leggero, del caldo e del freddo, ad esempio che il raro e , . .
fine caldo, il compatto e greve freddo, che la distinzione
fatta da Anassagora tra aria e etere.
59 A 71. AT. II 13, 3 [Dox. 341]. Anassagora [asserisce] che 59 A 71. AT. II 13, 3 (D. 341) .
l'etere ambiente infocato per sua essenza e che per la violenza ,
della rotazione trascina in alto le pietre dalla terra e, bruciatele,
le converte in astri.
.
59 A 72. AT. II 20, 6 [Dox. 349]. Anassagora [dice che] il
59 A 72. AT. II 20, 6 (D. 349) [II 23. 25] .
sole una massa incandescente o una pietra infocata [cfr. A 19 [s. A 19ff.]. AT. II 21, 3
sgg.]. AT. II 21, 3 [Dox. 351]. Anassagora [dice che il sole ] (D. 351) . . AT. II 23, 2 (D.
molte volte pi grande del Peloponneso. AT. II 23, 2 [Dox. 352) . ,
352]. Anassagora dice che [il rivolgimento del sole avviene]
[nml.
perch lo respinge l'aria presso i poli, aria che il sole
]. Vgl. SCHOL. zu APOLL. RHOD. I 498. G
comprimendo fa resistente per condensazione. Cfr. SCHOL.
,
APOLLON. RHOD. I 498. G Anassagora afferma che il sole . /
una massa incandescente, da cui si producono tutte le cose. /
59 A 73. XENOPH. mem. IV 7, 6 sgg. (6) In generale,
59 A 73. XENOPH. Memor. IV 7, 6ff. [II 23. 30]
riguardo ai fenomeni celesti, egli [Socrate] deprecava la
,
curiosit di apprendere in che modo la divinit li ha
... G...
congegnati... G ... e infatti riteneva che non potessero

essere scoperti dall'uomo e credeva che non fosse accetto ... / '
agli di chi cercava quel che essi non hanno voluto
.
rivelare... / C'era pericolo, secondo lui, che chi si dedicava a
tali problemi cadesse in vaneggiamenti non meno di
. (7)
Anassagora, il quale oltre modo insuperb per le sue
,
ricerche sulle opere degli di. (7) Infatti, quando
[II 23. 35] ,
Anassagora affermava che il fuoco e il sole hanno la stessa ,
natura, ignorava che gli uomini guardano senza difficolt il ,
fuoco mentre non possono volgere lo sguardo al sole, e che,
bruciata dal sole, si annerisce la pelle, dal fuoco no:
,
ignorava pure che nessun prodotto della terra pu crescere
bene senza i raggi del sole, mentre il calore del fuoco li
,
distrugge tutti. Inoltre, quando affermava che il sole una [II 24. 1 App.] ,
pietra infocata, ignorava pure questo, che una pietra nel
. ARISTOT. de caelo A
fuoco non risplende n resiste a lungo, il sole invece, brilla 3. 270 b 24 . [nml.
gi e correndo nella stessa direzione naturale fuoriesce,
facendo violenza (915 a) all'aria che sta fuori della clessidra:
quest'aria anch'essa in movimento e per potenza pari all'aria
che spinge l'acqua da sopra ma poi, per l'opposizione
dell'acqua, perde vigore nei confronti di quella che, correndo
attraverso lo stretto tubo, si muove con pi velocit e potenza e
si abbatte sull'acqua. Che poi, chiuso il tubo, l'acqua non scorra
pi, ne causa il fatto che l'acqua, entrando nella clessidra,
spinge a forza l'aria da s. Ne sono segni i soffi e i gorgogli che
si producono nella clessidra. Quando l'acqua entra, spinta a
forza si rovescia nel tubo e come piccoli cunei di legno
innestati o un cuneo di bronzo compresso nella spaccatura,
rimane ferma senza alcun altro sostegno, venga colpita
dall'altra parte come fanno saltar via i cunei spezzati negli
alberi. E ci avviene quando si apre il tubo per le ragioni
sopraddette. Dunque o verosimile che l'acqua non scorra via
per questi motivi o che fuoriesca, pur contrastandola l'aria che
violentemente si agita. E il rumore dimostra che l'acqua
spinta in alto dall'aria come succede in molti casi. Ma essendo
raccolta e tutt'unita in s, l'acqua sta ferma sotto la pressione
dell'aria, finch tenuta indietro da essa. E se il primo strato
dell'acqua sta fermo, lo stesso per il resto, in quanto da quello
dipende ed con esso uno e tutt'unito.

sempre di uno splendore incomparabile. ARISTOT. de


] . [vgl. B 1
cael. A 3. 270 b 24. Anassagora adopera malamente questo und fter]. SIMPL. z. d. St. 119, 2
vocabolo [etere = ]: egli dice etere al posto di fuoco [II 24. 5]
[cfr. B 1]. SIMPLIC. de cael. 119, 2. [Aristotele] critica
, ,
Anassagora perch con etimologia non buona deduce il
.
nome [etere] da , cio bruciare, e per questo
l'usa al posto di fuoco.
59 A 74. [ARISTOT.] probl. 11, 33. 903 a 7. Perch la notte pi 59 A 74. [ARISTOT.] Probl. 11, 33. 903 a 7
del giorno adatta alla percezione dei suoni? Forse perch, come
; , .
dice Anassagora, di giorno l'aria riscaldata dal sole sibila e risuona, ,
mentre di notte resta calma, giacch venuto meno il calore e
,
maggiore la ricettivit, giacch non c' nessun rumore?
[II 24. 10 App.] ;
PLUTARCH. quaest. conv. VIII 3, 3 p. 722 A. Anassagora dice
PLUT. Quaest. conv. VIII 3, 3 p. 722 A
che l'aria mossa dal sole d'un movimento pieno di tremolii e di

vibrazioni, come dimostrano le pagliuzze e i frammenti minuscoli ,
che la trascorrono continuamente e che alcuni chiamano
,
pulviscolo: questo pulviscolo, dice il filosofo, sibilando e
'
risuonando per il calore, rende difficile di giorno col suo rumore la '
percezione dei suoni, mentre di notte la sua agitazione e il suo
,
rimbombo si placano .11*
[II 24. 15] .
59 A 75. PROCL. in Tim. III 63, 26. Platone... stabilisce che il
59 A 75. PROCL. in Tim. III 63, 26 D (p.
procedere di loro [e cio del sole e della luna] verso il mondo sia
38D) ... [nml.
congiunto, ma non fu il primo a prospettare tale ipotesi, ch ci aveva ] .
gi pensato Anassagora, come dice Eudemo [fr. 98 = 147 Wehrli]. , ' .
, [fr.
98].
59 A 76. PLAT. Cratyl. 409 A. - G E la luna ()?
59 A 76. PLAT. Cratyl. 409 A [II 24. 20] G '';
Socr. - Ecco un vocabolo che pare turbi Anassagora. Erm. - . .
Perch? Socr. - Sembra indicare che risale a tempo assai
. ; . ... /
antico... /quel che egli dice da poco, che cio la luna riceve [Anax.],
luce dal sole. Erm. - E come? Socr. - Chiarezza ( ) e . (409 B)
luce () sono la stessa cosa. Erm. - Certo. Socr. - E nuova ,
( ) e antica () sempre questa luce () se gli
,
Anassagorei dicono il vero: infatti il sole, volgendosi
. Vgl. PLUT. de fac. in orb. lun.
continuamente intorno ad essa, le proietta sopra sempre una 16, 7 p. 929.
luce nuova () e antica () quella del mese
precedente [cfr. PLUTARCH. de fac. in orb. lun. 16, 7 p.
929].
59 A 77. SCHOL. APOLLON. RHOD. I 498. Lo stesso
59 A 77. SCHOL. APOLL. I 498 [II 24. 25 App.]
Anassagora dimostra che la luna una terra piatta, dalla
. ,
quale pare che sia caduto il leone Nemeo. AT. II 25, 9
. AT. II 25, 9 (D. 356). .
[Dox. 356]. Anassagora e Democrito [ritengono che la luna]
sia un corpo solido infocato che ha in s pianure, montagne, [sc. ]. ACHILL. Isag. I 21 p. 49, 4 M.
burroni. ACHILL. isag. I 21 p. 49,4. Altri [pensano che la [nml.
luna] sia un corpo solido infocato, che contiene fuoco, e che ] ' [II
in essa siano altre abitazioni e fiumi e quante cose stanno
24. 30 App.] ,
sulla terra: favoleggiano pure che il leone Nemeo sia caduto . AT. II 30, 2 (D. 361) .
di l. AT. II 30, 2 [Dox. 361]. [Anassagora parla]
,
dell'eccezionalit della combinazione perch l'elemento
.
freddo si mescola al terroso, ed essa ha parti alte, basse e
,
avvallate. E all'elemento infocato commisto quello opaco,
la cui azione produce l'oscurit - per questo l'astro [la luna] [n. , vgl. 28 B 21]. AT. II 28, 5 (D. 358)
detto risplendere di luce falsa [cfr. 28 B 21]. AT. II 28, 5 [II 24. 35] ... .
[Dox. 358]. Talete per primo disse che la luna illuminata . AT. II 29, 6-7 (D. 360 aus Poseidonios) , . ...
dal sole... e cos pure Anassagora. AT. II 29, 6-7 [Dox.

360, da Posidonio]. Talete, Anassagora, Platone, gli Stoici, ,
concordando coi matematici, ritengono che la luna si occulta ' ,
mensilmente perch in congiunzione col sole, da cui
,
illuminata tutt'intorno; si eclissa, poi, perch cade nell'ombra . ., [Phys. Opin. fr. 19,
della terra, la quale quindi si viene a trovare in mezzo ai due [II 24. 40] '
astri, mentre il sole si eclissa quando gli si oppone la luna. .

Anassagora, come dice Teofrasto [phys. opin. fr. 19; Dox.


492] ritiene che si eclissa pure quando gli si oppongono dei
corpi che si trovano pi in basso della luna.
59 A 78. AT. II 16, 1 [Dox. 345]. Anassagora, Democrito e
59 A 78. AT. II 16, 1 (D. 345) ., ,
Cleante [dicono] che tutte le stelle si muovono da oriente a
'
occidente.
.
59 A 79. ACHILL. isag. I 1, 13 p. 40, 26. Che gli astri siano esseri 59 A 79. [II25. 1] ACHILL. Isag. I 1, 13 p. 40, 26 M.
viventi non pare n ad Anassagora n a Democrito nella Grande

Cosmologia [67 B 1].
[67 B 1] .
59 A 80. ARISTOT. meteor. A 8. 345 a 25. I discepoli di 59 A 80. ARISTOT. Meteor. A 8. 345 a 25
Anassagora e di Democrito dicono che la via lattea la luce
di alcune stelle: infatti, quando il sole sta sotto la terra, non [II 25. 5]
illumina talune stelle. Ora di quelle che sono illuminate dal . '
sole la luce non appare (ci impedito dai raggi del sole), , (
mentre quelle a cui la terra si oppone in modo che non sono ) '
illuminate dal sole, la luce propria di queste dicono sia la
,
via lattea. AT. III 1, 5 [Dox. 365: a proposito della via
. AT. III 1, 5 (D. 365; ) .
lattea]. Anassagora dice che l'ombra della terra si leva
,
contro questa parte del cielo allorch il sole, stando sotto la [II 25. 10]
terra, non abbraccia tutto con la luce.
.
59 A 81. ARISTOT. meteor. A 6. 342 b 25.
59 A 81. ARISTOT. Meteorol. A 6. 342 b 25 ... .
Quanto alle comete... Anassagora e Democrito [68 A 92]
[68 A 92] sostengono che le comete sono
,
l'apparizione simultanea di stelle erranti quando, . AT. III 2, 2 (D. 366) .,
per avvicinarsi l'una all'altra, sembra si tocchino. . Vgl. [II 25. 15 App.] SCHOL. ARAT. p.
AT. III 2, 2 [Dox. 366]. Anassagora e
545, 20 M.
Democrito [sostengono che le comete] sono
l'incontro di due o pi stelle nell'emettere raggi
luminosi [cfr. SCHOL. ARAT. p. 545, 20].
59 A 82. AT. III 2, 9 [Dox. 367]. Anassagora dice che 59 A 82. AT. III 2, 9 (D. 367) .
le cosiddette stelle cadenti sono trascinate gi dall'etere a
guisa di faville: per questo si spengono all'improvviso. .
59 A 83. SENEC. nat. quaest. VII 5, 3. Anche Carmandro12* nel
59 A 83. SENEC. Nat. qu. VII 5, 3 Charmander quoque
libro che scrisse sulle comete dice che Anassagora vide nel cielo una in eo libro, quem de cometis composuit, ait Anaxagorae
luce grandiosa e insolita, della grandezza d'una grossa trave, che
visum grande insolitumque caelo lumen magnitudine [II
rifulse per molti giorni.
25. 20] amplae trabis et id per multos dies fulsisse.
59 A 84. ARISTOT. meteor. B 9. [a proposito della folgore e 59 A 84. ARISTOT. Meteorol. B 9 (
del tuono] 369 b 14. Alcuni sostengono che nelle nuvole c' ) 369 b 14 [nach 31 A 63] . ,
fuoco... Anassagora [dice che ] una parte dell'etere superiore , .
che egli chiama fuoco, trascinato dall'alto in basso. Il
,
lampeggiare di questo fuoco la folgore, il rumore e lo
,
stridere quando si spegne il tuono, e come si vede avviene , [II 25. 25]
pure, e cos la folgore precede il tuono. AT. III 3, 4 [Dox. . AT. III 3, 4 (D. 368)
368]. Quando il caldo si scontra col freddo (e cio l'etere con ( '
l'aria) produce con l'attrito il tuono, col colore di fronte al
), ,
nereggiare delle nuvole il lampo, con l'abbondanza e la
,
potenza della luce la folgore, col fuoco dai molti corpi13* il ,
tifone, col mescolarsi delle nuvole l'uragano. SENEC. nat.
,
quaest. II 12, 3. Anassagora dice che il fuoco precipita
. SENEC. Nat. qu. II 12, 3 [II 25. 30 App.] A. ait
dall'etere e da tanto divampare di cielo cadono gi molti
illum [nml. ignem] ex aethere destillare et ex tanto ardore caeli
fuochi, che le nuvole tengono chiusi in s per molto tempo. multa decidere, quae nubes diu inclusa custodiant. SENEC. Nat.
SENEC. nat. quaest. II 19. Anassagora sostiene che tutto
qu. II 19 [nach Anaximandros s. 12 A 23] Anaxagoras ait omnia
questo avviene in tal modo, e cio che una forza dall'etere
ista sic fieri, ut ex aethere aliqua vis in inferiora descendat ita
precipita nelle zone inferiori e cos il fuoco, scontratosi nelle ignis impactus nubibus frigidis sonat. at cum illas interscindit,
nuvole fredde manda un suono. Ma quando poi le fende,
fulget et minor vis ignium fulgurationes facit, [II 25. 35 App.]
brilla, e se i fuochi sono modesti, producono dei
maior fulmina.
lampeggiamenti, se maggiori, fulmini.
59 A 85. AT. III 4, 2 [Dox. 371]. Riguardo alle nuvole e 59 A 85. AT. III 4, 2 (D. 371) .
alla neve Anassagora [pensa] in modo simile [ad
[nmlich dem Anaximenes I 94, 7] '
Anassimene; cfr. 13 A 17]: quanto alla grandine [egli
,

sostiene che si formi] allorch dalle nuvole gelate ne viene . ARISTOT.


spinta gi in terra una parte e tale parte durante il percorso Meteorol. A 12 (ber Hagel) 348 b 13 [nml. Anaxag.]
raffreddatasi prende forma rotondeggiante.
[II 25. 40] [nml.
ARISTOT. meteor. A 12 [a proposito della grandine] 348 b ], , '
13. E invece avviene proprio il contrario di quel che dice
. ARISTOT. meteor. A 12. 348 a 14
Anassagora: egli afferma che ci si verifica quando la
,
nuvola sale verso l'aria fredda, noi invece quando scende

verso l'aria calda. ARISTOT. meteor. A 12. 348 a 14. Ad ,
alcuni sembra che la causa di tale fenomeno e del suo
' .
prodursi si abbia in genere quando la nuvola spinta verso [II 26. 1] ,
la zona alta, che fredda, perch non vi arriva la riflessione . Des
dei raggi solari dalla terra e l'acqua, come vi giunge, gela: Anaxagoras Namen bringt ALEX. z. d. St. p. 49, 13. G SENEC.
perci soprattutto d'estate e nelle regioni calde si produce la nat. quaest. IV b 3, 6. ... grando nihil aliud est quam suspensa
grandine, perch il calore solleva di pi dalla terra le nuvole glacies, nix [in] pruina pendens [congelatio]. Illud enim iam
[ALEX. APHR. meteor. 49, 13 riporta il nome di
diximus, quod inter rorem et aquam interest, hoc inter pruinam et
Anassagora]. G SENEC. nat. quaest. IV b 3, 6. Anassagora glaciem nec non inter nivem et grandinem interesse. /
sostiene che la grandine non altro che ghiaccio sospeso, la
neve brina cadente. Gi dicemmo che tra la rugiada e
l'acqua c' la stessa differenza che tra brina e ghiaccio e tra
neve e grandine. /
59 A 86. AT. III 5, 11 [Dox. 373; a proposito dell'arcobaleno]. 59 A 86. AT. III 5, 11 (D. 373; ) .
Secondo Anassagora l'arcobaleno la rifrazione da parte di una

nuvola spessa della luce solare irradiantesi in ogni parte e si ha
,
sempre dalla parte opposta all'astro che la genera. In maniera simile [II 26. 5] .
Anassagora spiega i cosiddetti pareli che avvengono nel Ponto.
,
.
59 A 86 a. SCHOL. A AESCH. Prom. 88 [ed. Dindorf,
59 A 86 a. SCHOL. A zu AESCH. Prom. 88 [ed. Dindorf (Oxford
Oxford 1851, III, p. 181, 30]. I venti, secondo Anassagora, 1851) III p. 181, 30]
nascono dalla terra, secondo Omero, invece, dalle nuvole , ' ' ' [
del padre Zeus [Il. II 146]. Ma Anassagora indica la causa 146]. ' . [II 26. 10]
materiale dei venti, Omero la causa efficiente; meglio
, ,
entrambe quella materiale e quella efficiente.
.
59 A 87. EXC. ASTRON. cod. Vat. 381 [ed. Maass, Aratea p. 143]. 59 A 87. EXC. ASTRON. cod. Vatic. 381 [ed. Maass,
Che la terra non cava come vuole Democrito [68 A 94] n piatta, Aratea p. 143] [68 A
come Anassagora.
94] .
59 A 88. G ARISTOT. de cael. B 13. 294 b 13 sgg.
59 A 88. G ARISTOT. de cael. B 13. 294 b 13 sgg.
Anassimene, Anassagora e Democrito dicono che il motivo
della stabilit della terra la sua forma piatta, perch essa . '
non taglia l'aria sottostante ma la suggella a guisa di
,
coperchio, come si vede che fanno i corpi di forma piatta, i
quali sono difficilmente scossi dai venti per la resistenza
.
che oppongono. La stessa cosa farebbe la terra di fronte
, ( '
all'aria sottostante per la sua piattezza, e l'aria, non avendo [] ,)
spazio sufficiente per spostarsi, rimane ferma di sotto tutta .
raccolta, come l'acqua nelle clessidre. Per dimostrare che , .
l'aria racchiusa e ferma possa sopportare tanto peso,
,
adducono molte prove. Anzitutto se la terra non avesse
.
forma piatta non potrebbe stare ferma. Eppure, da quel che ,
dicono, il motivo della sua immobilit non sembra la

piattezza ma piuttosto la grandezza, perch per mancanza di '
spazio l'aria, non avendo una strada per uscire, rimane
. , ,
ferma a causa del suo volume - ed molta perch a sua
.
volta trattenuta dalla terra che di immensa grandezza.

Ma questo avverrebbe anche se la terra fosse sferica,
,
sempre, per, di uguale grandezza - secondo il loro
.
ragionamento starebbe ferma. E tuttavia la mia discussione , ,
con coloro che sostengono tali idee sul movimento non
' . (295 a)
riguarda questioni particolari ma il problema in tutta la sua , .
ampiezza. Bisogna prima di tutto definire se i corpi hanno ,
per natura un movimento o no, e se non l'hanno per natura ,
ma per forza. Ora, poich (295 a) di tali questioni si
,

parlato gi prima secondo la possibilit che avevamo,


, '
dobbiamo fare appello a quelle conclusioni. Se i corpi non , .
hanno nessun movimento naturale, non ne avranno neppure ,
per forza: se poi non avranno nessun movimento n per
' / ARISTOT. de caelo B 13. 295 a 9
natura n per forza, niente si muover assolutamente. Che ' , [II 26. 15]
in proposito debba esser cos, si gi stabilito e inoltre che i
corpi non possono stare fermi. Perch, come il movimento
o per forza o per natura, cos pure la quiete: ma se c' un
movimento naturale, non pu esserci solo un movimento n .
una quiete dovuti alla forza. / ARISTOT. de cael. B 13. 295 , .
a 9. Di conseguenza, se la terra adesso sta ferma a forza,
SIMPL. z. d. St. 511, 23
dev'essersi raccolta, portata al centro dal vortice: questa la , ... [II 26. 20] .
causa che tutti additano deducendolo da quel che accade nei SIMPL. de caelo 520, 28
liquidi e nell'aria: in questi infatti i corpi pi grandi e pi
,
grevi si portano sempre al centro del vortice. Perci quanti
ritengono il cielo generato dicono che anche la terra si
. .
raccolta al centro. SIMPLIC. de cael. 511, 23. I pi dicono . Vgl. ARISTOT. de caelo B 13 [13 A 20].
che la terra giace al centro, come Empedocle e ...
Anassagora. SIMPLIC. de cael. 520, 28. ... di quanti
sostengono che [la terra] sta ferma, sostenuta dall'aria
sottostante, la quale la terra, essendo piatta e a forma di
tamburo, suggella come un coperchio e a cui non permette
di fuoriuscire. In tal modo par che pensino Anassimene,
Anassagora e Democrito [cfr.].
59 A 89. ARISTOT. meteor. B 7. 365 a 14. In seguito si deve
59 A 89. ARISTOT. Meteor. B 7. 365 a 14
parlare delle scosse e dei movimenti tellurici... Ci sono state
... a 19 [II 26. 25] .
tramandate finora in proposito tre teorie da tre parti: infatti ne
, '
parlarono Anassagora di Clazomene, e prima di lui Anassimene di
Mileto e dopo costoro Democrito di Abdera. Anassagora, dunque, ,
dice che l'etere, che per natura tende a salire, cadendo nelle parti
,
basse e cave della terra, la scuote: perch la parte superiore resa
compatta dalle piogge - per natura la terra tutta ugualmente
' ,
porosa - come se ci fosse di tutta la sfera la parte superiore e
. ARISTOT. Meteor. B 7. 365 a 31 ()
l'inferiore, e la parte superiore fosse quella su cui abitiamo, l'altra [II 26. 30]
quella inferiore... ARISTOT. meteor. B 7. 365 a 31. Ma
,
ugualmente ingenuo dire che [la terra] sta sopra l'aria per la sua
' .
grandezza e sostenere che scossa quando viene colpita dal basso . AT. III 15, 4 (D.
verso l'alto in tutta la sua ampiezza. Oltre a ci, non rende ragione 379; ) .
di nessuna delle circostanze che accompagnano i terremoti. AT. ,
III 15, 4 [Dox. 379; a proposito dei terremoti]. Anassagora afferma
che avvengono a causa dell'aria, la quale cadendo penetra nella
. SENEC. Nat. qu. VI 9, 1 ignem causam
compattezza della superficie terrestre e non riuscendo a trovare una motus [nml. terrae] quidam [II 26. 35 App.] et quidam
via d'uscita scuote con sussulti l'involucro. SENEC. nat. quaest. VI non unicam causam iudicant. inprimis A. qui existimat
9, 1. Taluni ritengono che la causa del terremoto il fuoco, altri
simili paene ex causa et ara concuti et terram, cum in
invece non lo ritengono . Tra i primi c' Anassagora, il quale
inferiore parte spiritus crassum ara et in nubes coactum
suppone che per un motivo quasi simile sono scosse l'aria e la terra, eadem vi, qua apud nos quoque nubila frangi solent, rupit,
quando il vento zona a noi sottostante14* spezza l'aria densa e
et ignis ex hoc collisu nubium cursuque elisi aris emicuit.
raccolta in nubi con la stessa violenza con cui di solito da noi si
hic ipse in obvia incurrit exitum quaerens ac divellit
vedono lacerate le nuvole, e il fuoco sprizza da tale collisione di
repugnantia, donec per [II 26. 40] angustum aut nactus est
nuvole e dalla corrente d'aria. Questo stesso fuoco si slancia contro viam exeundi ad caelum aut vi et iniuria fecit. Vgl. AMM.
ci che gli si para davanti cercando un'uscita e distrugge ogni
MARC. XVII 7, 11.
ostacolo, finch o trova una via sia pure stretta verso il cielo o se la
procura da s con forza e con danno.
59 A 90. AT. III 13, 2 [Dox. 381; a proposito del mare, come si 59 A 90. AT. III 13, 2 (D. 381;
formato e perch salato]. Secondo Anassagora, una volta
) . '
prosciugato il primitivo umido stagnante dalla rivoluzione solare,
essendo evaporata la parte pi leggera, il resto si depositato in [II 27. 1 App.]
sostanza salata e amara. ALEX. meteor. 67, 17 [cfr. THEOPHR.
phys. opin. fr. 23; Dox. 495]. La terza opinione riguardo al mare . ALEX. in meteor. 67, 17 (auch aus THEOPHR.
che l'acqua che filtra attraverso la terra e la lava diventa salata
fr. 23; D. 495)
perch la terra contiene in s tali umori: a prova di ci essi


[II 27. 5 App.]

.
[70 A 19]. Vgl.
HIPPOCR. de are aqu. loc. 8 CMG I 1p. 62, 9 - CMG V 10,
1 (arabische bersetzung des Galenischen Kommentars zu
Epid. II) S. 193, 6 Pfaff: Wir finden ja auch das Wasser,
wenn das Feuer oder die [II 27. 10] Sonne es bermig
erhitzt, sozusagen zur Salzigkeit neigend, nur da die Arten
des Wassers im Annehmen von Salzgeschmack sich nach
ihrer ersten Natur unterscheiden; Wasser nmlich, das
schnell Salzgeschmack annimmt, wenn es erhitzt wird, und
in dem er dann grndlich vorherrscht, kann man nicht
trinken. Anaxagoras nennt diesen Geschmack "natronisch''
[II 27. 15] von dem Wort "Natron", weil Natron auch Salz
ist. Und Hippokrates sagt von diesem Geschmack, da er
von der Hitze erzeugt werde, aber die ihn erzeugende Hitze
sei nicht bermig stark wie die Bitterkeit erzeugende
Hitze. Darin liegt aber ein Beweis, da man bei der
Benennung dieses Geschmackes mit "natronisch" nicht
richtig verfahren ist, weil das [II 27. 20 App.] Bittere im
Natron das Salzige berwiegt. Wer aber diesen Geschmack
mit dem brauchbarsten Namen bezeichnet hat, ist
Hippokrates und Platon. Denn Hippokrates nennt ihn
salzreich und Platon "salzig".
59 A 91. AT. IV 1, 3 (D. 228, 385; ber die Ursache der
Nilschwelle) .
, . [II 27. 25] Vgl. ARISTOT.
de Nilo fr. 248 p. 193, 1 Rose. G Anaxagoras autem Egisiboli
Clasomenius propter liquefieri nivem estate repleri fluvium ait. /
SENEC. Nat. qu. IV a 2, 17 A. ait ex Aethiopiae iugis solutas nives
ad Nilunt usque decurrere. in eadem opinione omnis vestutas fuit.
hoc Aeschylus [Suppl. 559 Wil., fr. 300 N.], Sophocles [fr. 797],
Euripides [Hel. 3, fr. 228] tradunt. Dagegen HEROD. II 22 G ...
,
,
[] ; /
[II
27. 30 App.] ' ,
.

portavano il fatto che dalla terra si estraggono sali e nitrati e che


in molte parti della terra vi sono umori acidi. Di questa opinione
erano anche Anassagora e Metrodoro [70 A 19]. C.M.G. V 10, 1
[traduzione araba di GALEN. comm. in epid. II] 193,6 Pfaff. Noi
troviamo che anche l'acqua, se il fuoco o il sole la riscaldano
eccessivamente, inclina, per cos dire, alla salinit, solo che nel
prendere tale sapore salato le acque si comportano in diversa
maniera a seconda della loro originaria natura, e cio l'acqua che
prende rapidamente il sapore salato se viene riscaldata, e in cui
esso sapore domina fondamentalmente, non si pu bere.
Anassagora chiama questo sapore 'natronico' da natron, perch
anche il natron un sale. E Ippocrate dice di questo sapore che
prodotto dal calore, ma il calore che lo produce non dev'essere
eccessivamente forte, come quello che produce l'amaro. Qui per
c' una prova che nel definire natronico questo sapore non ci si
comportati a dovere, poich nel natron l'amaro supera il salato.
Chi dunque ha indicato questo sapore con un nome pi adatto
stato Ippocrate e Platone: e infatti Ippocrate lo chiama 'ricco di
sale', Platone 'salato'.

59 A 91. AT. IV 1, 3 [Dox. 228, 385; sull'origine delle


inondazioni del Nilo]. Anassagora [dice che provengono]
dalle nevi d'Etiopia che si sciolgono d'estate e che
d'inverno si gelano. ARISTOT. de Nilo fr. 248 p. 193, 1
Rose. G Anassagora, figlio di Egesibulo, di Clazomene,
sostiene che d'estate il fiume in piena per lo sciogliersi
della neve. / SENEC. nat. quaest. IV a 2, 17. Anassagora
dice che le nevi sciolte dalle catene montuose di Etiopia
vanno verso il Nilo: della stessa opinione fu tutta
l'antichit: questo dice Eschilo [Suppl. 559 sgg. e fr. 300],
Sofocle [fr. 797], Euripide [fr. 228 e Hel. 1 sgg]. [Al
contrario:] HERODOT. II 22. La terza delle spiegazioni,
pur essendo di molto la pi speciosa, la pi falsa: non
dice in realt niente, quando sostiene che il Nilo proviene
da neve sciolta. G ... Il Nilo scorre dalla Libia, attraversa
gli Etiopi e sfocia in Egitto. Ma allora come potrebbe
provenire dalla neve, se scorre da luoghi pi caldi verso
luoghi pi freddi? /
59 A 92. THEOPHR. de sens. 27 sgg. [Dox. 507]. (27) Anassagora 59 A 92. THEOPHR. de sens. 27ff. (D. 507) .
[afferma che le sensazioni] si producono mediante i contrari perch ( .)
il simile non patisce dal simile, e tenta di fare un esame dettagliato ' '
per ogni sensazione. Il vedere [si produce] mediante l'impressione ,
della pupilla, ma non si ha impressione in ci che di colore
. ' .
uguale bens diverso. Per i pi la diversit dei colori si ha di
' ,
giorno, per taluni di notte, sicch allora hanno la vista pi acuta. In [II 27. 35 App.] .
genere la notte ha piuttosto colore uguale agli occhi. L'impressione .
[avviene] di giorno perch la luce concausa dell'impressione e il ' ,
colore dominante s'imprime sempre sull'altro. (28) Nello stesso

modo giudicano il tatto e il gusto: quel che caldo e freddo
. (28)
esattamente [come noi] non ci riscalda n ci raffredda col suo

contatto: cos pure non percepiamo il dolce e l'amaro per se stessi, [II 28. 1 App.]
ma col caldo il freddo, col salato l'amabile, coll'amaro il dolce,
'
secondo la mancanza di ciascuno [dei contrari], perch egli
, , '
afferma che si trovano tutti in noi. Allo stesso modo esercitiamo
, '
l'olfatto e l'udito, il primo insieme alla respirazione, il secondo

quando il suono penetra fino al cervello perch l'osso che l'avvolge .


e in cui penetra il suono cavo. (29) Ogni sensazione implica
, [II 28. 5 App.]
sofferenza, il che sembrerebbe derivare dalla premessa: ogni cosa
dissimile col suo contatto produce una pena - e ci diventa chiaro , . (29) '
quando la durata lunga e il sensibile eccessivo: i colori violenti ,
e i rumori troppo forti producono dolore e non li possiamo

sostenere a lungo. Pi adatti a cogliere le sensazioni sono gli
.
animali pi grandi e in genere la sensazione proporzionata alla .
grandezza del sensorio. Quelli che hanno occhi grandi, puri,
[II 28. 10
limpidi, vedono gli oggetti grandi e da lontano, il contrario succede App.]
a quelli che li hanno piccoli. Lo stesso vale per l'udito: (30) gli
.
animali grossi ascoltano suoni forti e da lontano, ma non

percepiscono i pi tenui, mentre quelli piccoli odono suoni piccoli .
e da vicino. Allo stesso modo per l'odorato, perch l'aria sottile
,
odora di pi: infatti l'aria odora quando si scalda e si dilata. Ora
, , .
l'animale grosso inspirando trae insieme all'aria dilatata quella
. (30)
densa, il piccolo invece l'aria dilatata solo. E perci gli animali
, [II 28. 15 App.] '
grossi avvertono pi odori, ch l'odore pi forte da vicino che da , .
lontano in quanto pi denso - disperdendosi diventa debole. Il che
come dire che gli animali grossi non avvertono l'aria sottile, i
,
piccoli, invece, quella densa.15*
.
.... (37) Anassagora quindi come si detto si riporta a quest'antica ,
e comune dottrina, solo che dice qualcosa di proprio a proposito di .
ogni sensazione e soprattutto della vista, perch il senso pi

grande, ma non spiega le sensazioni che pi sono legate al corpo. , [II 28. 20 App.] .
G (31) Pensare che la sensazione avviene per mezzo dei contrari ha
una qualche ragione, come si detto, perch pare che l'alterazione , . (37) . ,
si produce non per effetto dei simili ma dei contrari. E tuttavia
,
anche questo punto richiede una prova sicura, se cio la sensazione .
davvero un'alterazione e se il contrario tale da distinguere il
,
contrario. Che per ogni sensazione avvenga con sofferenza non , . (59)
confermato n dall'uso (perch talune avvengono con piacere e la . [II 28. 25] [nml.
maggior parte, poi, senza dolore) n da motivi ragionevoli. La
]. G (31)
sensazione secondo natura, e niente di quel che naturale
,
avviene per violenza e con sofferenza, anzi piuttosto con gioia - il , '
che del resto appare verificarsi cos. Nel maggior numero dei casi, . ,
infatti, e spesso, godiamo della sensazione per se stessa, messa da
parte qualsiasi brama possiamo avere per lo specifico oggetto
. [] '
sentito. (32) Inoltre, poich piacere e dolore si producono mediante , '
la sensazione e tutto quel che per natura rivolto al meglio, come , ' .
ad esempio la conoscenza, anch'essa dovrebbe trovarsi piuttosto
,
col piacere che col dolore. Perch, se in genere il ragionare non si , ' ,
ha col dolore, neppure il sentire - infatti l'uno e l'altro hanno lo
.
stesso motivo in rapporto alla stessa necessit. Del resto n un

sensibile troppo intenso n una lunga durata di tempo indicano che . (32) '
la sensazione si ha con sofferenza, ma piuttosto che essa in un
,
certo rapporto e proporzione col sensibile. Per questo forse
, ,
l'eccessivamente piccolo sfugge alla sensazione mentre
' . '
l'eccessivamente grande porta dolore e distruzione. (33) Ora ad
,
Anassagora cpita di studiare ci che naturale da quel che
.
innaturale: perch l'eccesso innaturale. In effetti, che per talune
sensazioni talvolta si soffra, come pure si goda, evidente e
,
ammesso, ma non ne consegue che la sensazione si abbia pi col
dolore che col piacere, ma forse che nella sua veracit essa non si .
ha n con l'uno n con l'altro: perch, se fosse congiunta al dolore e , '
al piacere, non potrebbe giudicare, come non lo potrebbe neppure . (33)
il ragionamento. Piuttosto egli ha esteso questo caso da un piccolo .
principio a tutta la sensazione. (34) Quando poi afferma che gli
' ,
animali pi grossi sentono di pi e che generalmente le sensazioni , '
sono in rapporto alla grandezza dei sensori, una di queste
' ,
asserzioni contiene una difficolt, se cio i piccoli non sono pi
' '

adatti dei grossi a cogliere la sensazione: in realt sembrerebbe


,
essere proprio di una sensibilit pi precisa non lasciarsi sfuggire .
le piccole cose. D'altra parte non irragionevole pensare che chi ' . (34)
pu giudicare le cose pi piccole possa con ci stesso giudicare le
pi grandi, e insieme pare che per talune sensazioni gli animali pi ,
piccoli siano in migliore condizione di quelli grossi: pertanto, da ,
questo punto di vista, minore apparirebbe la sensibilit degli

animali pi grossi. (35) Se poi appare che anche agli animali
,
piccoli sfuggono molte cose, migliore sarebbe la sensibilit dei pi
grossi: ma nello stesso tempo sarebbe ragionevole che quanto
.
vero dell'intera mescolanza del corpo, lo stesso sia delle questioni ,
connesse con la sensazione. Si pu, senz'altro, dubitare come si . (35) '
detto, se davvero si debba dire cos16* perch in casi analoghi le
[
cose non si sono determinate in rapporto alla grandezza - e tuttavia , ],
gli elementi pi importanti sono probabilmente la disposizione del , ,
corpo e la sua mescolanza. Nel riportare alla grandezza la
. ,
proporzione tra oggetti sensibili [e i sensi] pare che si esprima
, ,
come Empedocle, il quale fa consistere la sensazione nell'adattarsi
delle cose ai pori. Solo che sorge una difficolt a proposito
,
dell'olfatto: egli dice che odora soprattutto l'aria sottile e che sono .
pi acuti nell'odorare quanti traggono a s l'aria densa che quella
rarefatta. (36) Riguardo all'impressione delle immagini la dottrina
comune: i pi per la maggior parte suppongono che il vedere si .
produce a causa dell'impressione che si forma negli occhi. Ma non
hanno ancora considerato che le grandezze viste non sono
,
commisurate alle immagini impresse, inoltre che impossibile che . (36)
nello stesso tempo si abbia l'impressione di molti oggetti e contrari
tra loro, infine che il movimento, la distanza e la grandezza sono s
visibili, ma non producono un'impressione. In taluni animali non si .
forma nessun'impressione, ad esempio in quelli che hanno gli occhi
duri e negli acquatici. Inoltre molte delle cose inanimate secondo ,
questa spiegazione dovrebbero vedere, perch anche nell'acqua e ,
nel bronzo e in molti altri corpi c' la rifrazione. (37) Dice pure che .
i colori s'imprimono tra loro e di pi quello forte sul debole: di
,
conseguenza dovrebbero vedere e l'uno e l'altro e di pi il nero e .
del tutto quello pi debole. Per questo egli fa la pupilla dello stesso
colore della notte e la luce causa dell'impressione: eppure prima di . (37)
tutto noi vediamo la luce per se stessa senza alcuna immagine, e
,
poi gli oggetti neri non hanno affatto meno luce di quelli bianchi. ,
Inoltre anche nelle altre cose noi vediamo l'impressione avvenire .
su ci che pi lucente e puro, come del resto egli stesso afferma
che le membrane degli occhi sono sottili e luminose. E i pi
. '
suppongono che la pupilla sia di fuoco, giacch i colori soprattutto ,
partecipano di quest'elemento. /
.

,
.
,
. /
59 A 93. AT. IV 3, 2 [Dox. 387; a proposito del
59 A 93. AT. IV 3, 2 (D. 387;
problema se l'anima un corpo e quale ne la sostanza]. ) , ., , . AT. IV
Anassimene, Anassagora, Archelao, Diogene [la
5, 11 (D. 392) , . ... .
ritenevano] aerea. AT. IV 5, 11 [Dox. 392]. Pitagora,
AT. IV 7, 1 (D. 392 n.) . ...
Anassagora... l'intelletto penetra dal di fuori. AT. IV 7, 1 . Vgl. 28 A 47. G AT.
[Dox. 392 n.]. Pitagora, Anassagora e Diogene... sostennero IV 9, 6 [Dox. 397]. , , ,
che l'anima incorruttibile. G AT. IV 9, 6 [Dox. 397].
, ,
Parmenide, Empedocle, Anassagora, Democrito, Epicuro, ,
Eraclide dicono che le sensazioni particolari avvengono in . /
rapporto alla dimensione dei pori, in quanto che ciascun
sensibile proprio17*si adatta a ciascuna dimensione. /
59 A 94. ARISTOT. eth. Nic. H 15. 1154 b 7. L'essere
59 A 94. ARISTOT. Eth. Nic. H 15. 1154 b 7 [II 28. 30 App.]

vivente pena sempre, come testimoniano anche i filosofi



della natura18*, i quali affermano che il vedere e l'ascoltare , . ASPAS. z. d. St.
sono cosa dolorosa. ASPAS. eth. Nic. 156, 14. Anassagora 156, 14 .
diceva che l'essere vivente pena sempre a causa delle
. , '
sensazioni. Ma queste cose egli dice non in quanto le
,
approva, ma riportandole, giacch essi non ritengono che . , [II
l'essere vivente sia sempre in mezzo alle pene. E critica19* 28. 35] ,
Anassagora fa Teofrasto nei libri dell'Etica, dicendo che il . nach Aristot. weiterer Ausfhrung. AT. IV 9, 16
piacere caccia il dolore etc.
(D. 398) . .
AT. IV 9, 16 [Dox. 398]. Anassagora afferma che ogni
sensazione si ha con pena.
59 A 95. CICER. ac. post. I 12, 44. Arcesilao, come sappiamo,
59 A 95. CIC. Acad. post. I 12, 44 [II 29. 1 App.] earum
ingaggi ogni sua battaglia contro Zenone non per ostinazione o
rerum obscuritate quae ad confessionem ignorationis
desiderio di primeggiare, ma per l'oscurit di quelle cose che
adduxerant Socratem et [vel ut] iam ante Socratem
avevano indotto Socrate a confessare la sua ignoranza e gi prima Democritum, Anaxagoram, Empedoclem, omnes paene
di Socrate, Democrito, Anassagora, Empedocle e quasi tutti gli
veteres, qui nihil cognosci, nihil percipi, nihil sciri posse
antichi, i quali sostennero che niente si pu conoscere, niente
dixerunt angustos sensus [31 B 2, 1], imbecillos [II 29. 5
percepire, niente sapere, che i sensi sono limitati [31 B 2, 1], lo
App.] animos [59 B 21], brevia curricula vitae et ut
spirito debole [59 B 21], breve la durata della vita e che la verit, Democritus in profundo veritatem esse demersam [68 B
come vuole Democrito, nascosta nel profondo [68 B 117], che
117], opinionibus et institutis omnia teneri, nihil veritati
tutto dipende dalle opinioni e dalle convenzioni, che per la verit relinqui, deinceps omnia tenebris circumfusa esse dixerunt.
non c' posto: insomma dissero che tutto avvolto nelle tenebre.
59 A 96. AT. IV 9, 1 [Dox. 396]. Anassagora, Democrito ...
59 A 96. AT. IV 9, 1 (D. 396) ., ...
[dissero che] false sono le sensazioni [cfr. A 28].
. Vgl. A 28.
59 A 97. SEXT. EMP. Pyrrh. hypot. I 33. [E opponiamo]
59 A 97. SEXT. Pyrrh. hypot. I 33 [II 29. 10]
dati dell'intelletto a dati del senso, come Anassagora a chi
[nml. ] .
affermava che la neve bianca opponeva che la neve
,
acqua ghiacciata, che l'acqua nera e che, dunque, anche la , . CIC. Acad. II 31,
neve nera. CICER. ac. pr. II 31, 100. ... e sar pi
100 faciliorque erit, ut albam esse nivem probet, quam erat A.,
propenso ad ammettere che la neve bianca di quanto non qui id non modo ita esse negabat, sed sibi, quia sciret aquam
fosse Anassagora, il quale non solo lo negava, ma
nigram esse, unde illa concreta esset, [II 29. 15 App.] albam
[sosteneva] che non gli pareva neppure bianca, poich
ipsam esse ne videri quidem. Anders B 10 II 37, 8f.
sapeva che l'acqua da cui essa condensata nera [cfr. B
10].
59 A 98. SCHOL. HOM. (A) Il. XVI 161. Acqua nera:
59 A 98. SCHOL. HOM. (A) zu 161 : .,
Anassagora, perch nera per natura. Ed anche il fumo nero :
che si sprigiona dall'acqua del legno.
.
59 A 98 a. PSELL. de lapid. 26 [cfr. 31 A 89]. Molti
59A 98 a. PSELL. de lap. 26 (vgl. 31 A 89 I 306, 26)
tentarono di spiegare le propriet che si trovano nelle
,
pietre e tra i pi antichi sapienti Anassagora, Empedocle [II 29. 20 App.] .
e Democrito.
...
59 A 99. ARISTOT. de an. A 2. 404 a 25. Allo stesso modo anche 59 A 99. ARISTOT. de anima A 2. 404 a 25
Anassagora dice che anima quel che muove e chiunque altro ha
,
affermato che l'intelletto ha messo in movimento il tutto, G non per , G
assolutamente come Democrito. /
' . /
59 A 100. ARISTOT. de an. A 2. 404 b 1 sgg. Anassagora 59 A 100. ARISTOT. de anima A 2. 404 b . '
invece meno chiaro intorno ad essi [sono i concetti di

anima e di intelletto]: in molti luoghi dice che l'intelletto , : [II
causa del bello e dell'ordine, in altri l'identifica con l'anima, 29. 25]
giacch si trova in tutti gli animali, grandi e piccoli,
. '
superiori e inferiori. Non sembra per che l'intelletto inteso
come ragione appartenga ugualmente a tutti gli animali, anzi , ' . ARISTOT. de anima
neppure a tutti gli uomini. ARISTOT. de an. A 2. 405 a 13. A 2. 405 a 13 . '
Anassagora, invece, come abbiamo detto, sembra distinguere ... ' ,
anima e intelletto e tuttavia tratta i due termini quasi fossero :
un'unica natura, solo che pone l'intelletto assolutamente
[II 29. 30 App.] .
quale principio: certo, per, dice che esso, solo tra le cose, ' ,
semplice, immescolato, puro. Allo stesso principio egli
, . ARISTOT. de anima A 2.
attribuisce entrambe queste funzioni, la conoscenza cio e il 405 b 19 ,
movimento, quando dice che l'intelletto muove l'universo. . ARISTOT. de anima

ARISTOT. de an. A 2. 405 b 19. Soltanto Anassagora


sostiene che l'intelletto impassivo e non ha niente in
comune con alcuna delle altre cose. ARISTOT. de an. 4.
429 a 18. Di qui necessario che l'intelletto, poich pensa
tutte le cose, sia non mescolato, come dice Anassagora [B
12] per dominarle, e cio per conoscerle. G ARISTOT. de
an. A 2. 405 b 19 Ma se tale la sua natura, come conoscer
e per quale causa? Anassagora non l'ha detto, n si pu
inferire con chiarezza da quel che ha detto. /

4. 429 a 18 , , ,
[B 12], , '
. G ARISTOT. de an. A 2. 405 b 19 '
' , ' '
. /

59 A 101. AT. V 20, 3 [Dox. 432]. Secondo Anassagora, tutti gli


59 A 101. AT. V 20, 3 (D. 432) [II 29. 35 App.] .
animali hanno il logo attivo, ma il logo e cio l'intelletto passivo non , '
l'hanno, quello che definito l'interprete dell'intelletto.20*
[?],
.
59 A 101 a. PSELL. de omnif. doctr. 15. Anassagora non
59 A 101 a. PSELL. de omnif. doctr. 15 [II 30. 1 App.] .
pone in tutti gli uomini l'intelletto in quanto ragione, e non
,
perch non hanno un'essenza intellettiva, ma perch non
, '
l'usano sempre: invece l'anima caratterizzata da queste due
qualit: la capacit di muovere e di conoscere.
.
59 A 102. ARISTOT. de part. anim. 10. 687 a 7.
59 A 102. ARISTOT. de partt. anim. 10. 687 a 7 [II 30. 5] .
Anassagora dice che l'uomo il pi sapiente dei viventi

perch ha le mani - ma ragionevole dire che ha le mani

perch il pi sapiente. Le mani, in effetti, sono uno
. ,
strumento e la natura, come un uomo sapiente, d ogni cosa
a chi pu usarla. G GALEN. de usu part. III 5 Khn. Come . Vgl. Gal. d. usu partt. I 3 (III 5 Khn I 4, 3 Helmr.), B
l'uomo il pi sapiente dei viventi, cos anche possiede le 21 und c. 61, 6. G GALEN. de usu part. III 5 Khn.
mani che sono strumenti adatti a una creatura sapiente. Non ,
perch ebbe le mani il pi sapiente, come dice
. ,
Anassagora, ma in quanto era il pi sapiente ricevette le
, , ' ,
mani, come afferma Aristotele, dando un giudizio esatto
,
della questione. /
. /
59 A 103. AT. V 25, 2 [Dox. 437]. Anassagora dice che il sonno 59 A 103. AT. V 25, 2 (D. 437) [II 30. 10] .
si produce in quanto cessa l'attivit del corpo - e infatti

un'affezione del corpo, non dell'anima - e che la separazione [del , :
corpo dall'anima] morte anche dell'anima.
.
59 A 104. GALEN. de nat. facult. II 107 Khn. E,
59 A 104. GALEN. de natur. facult. II 8 [II 107 Khn., III 79, 12
infatti, se si dubita a ragione di ci, perch non
Helmr.] ,
esaminiamo anche a proposito del sangue se prende
[II 30. 15 App.]
origine nel corpo o se disseminato nei cibi, come
,
dicono quelli che sostengono le omeomerie?
;
59 A 105. ARISTOT. de part. anim. 2. 677 a 5. Par che non 59 A 105. ARISTOT. de partt. anim. 2. 677 a 5 '
suppongono rettamente gli Anassagorei che [la bile] causa
delle malattie acute - infatti, quando in eccedenza, si
[nml. ]
espanderebbe nel polmone, nelle vene, nei fianchi. Ma quasi [II
tutti gli animali a cui cpita di subire tali mali, non hanno la 30. 20] .
bile, come chiaro negli esami anatomici.
, ,
.
59 A 106. AT. IV 19, 5 [Dox. 409]. Anassagora dice che la voce si 59 A 106. AT. IV 19, 5 (D. 409) .
produce quando il soffio si scontra con aria solida, e per il rimbalzo , '
provocato dall'urto, viene portato fino alle orecchie. Cos si produce
anche quel che si chiama eco.
.
59 A 107. ARISTOT. de gen. anim. 1. 763 b 30. Dicono 59 A 107. ARISTOT. de gen. anim. 1. 763 b 30 [II 30. 25]
alcuni che quest'opposizione si trova gi nei semi, ad

esempio Anassagora e altri dei fisiologi: e infatti il seme , .
prodotto dal maschio mentre la femmina offre solo il luogo, , ,
e il maschio viene da destra la femmina da sinistra, e i
,
maschi si formano nella parte destra dell'utero, la femmina ,
in quella sinistra. G CENSORIN. de d. nat. 5, 2. Ma
, . CENSOR. 5, 2 [II 30. 30]
quest'opinione [che il seme viene dal midollo] non pochi la [vgl. oben 24 A 13 I 213, 29ff.]. G Sed hanc opinionem nonnulli
respingono, come Anassagora, Democrito e il crotoniate
refellunt, ut Anaxagoras Democritus et Alcmaeon Crotoniates: hi

Alcmeone: costoro infatti oppongono che i maschi, dopo la enim post gregum contentionem non medullis modo verum et
monta delle greggi, sono privi non solo di midollo ma anche adipe multaque carne mares exhauriri respondent. Illud quoque
di grasso e di molta carne. C' pure un altro punto di
ambiguam facit inter auctores opinionem, utrumne ex patris
discussione tra gli studiosi, se cio il figlio nasca soltanto
tantum modo semine partus nascatur, ut Diogenes et Hippon
dal seme del padre, come vogliono Diogene, Ippone e gli
stoicique scripserunt, an etiam ex matris, quod Anaxagorae et
Stoici, o anche della madre, come pensarono Anassagora, Alcmaeoni nec non Parmenidi Empedoclique et Epicuro visum
Alcmeone e inoltre Parmenide, Empedocle ed Epicuro. /
est. /
59 A 108. CENSORIN. de d. nat. 6, 1 [Dox. 190; a proposito del problema
59 A 108. CENSOR. 6, 1 (D. 90; quid primum
che cosa si formi prima nel feto]. Anassagora [suppone] il cervello donde
in infante formetur) A. cerebrum unde omnes
derivano tutte le sensazioni.
sunt sensus.
59 A 109. CENSORIN. de d. nat. 6, 2. Ci sono taluni i quali, dietro
59 A 109. CENSOR. 6, 2 sunt qui aetherium calorem
Anassagora, suppongono che vi sia un calore etereo, che organizza le inesse arbitrentur, qui membra disponat, Anaxagoran
membra.
secuti.
59 A 110. CENSORIN. de d. nat. 6, 3 [Dox. 191].
59 A 110. CENSOR. 6, 3 (D. 191) [II 30. 35 App.] Anaxagorae
Anassagora e molti altri ritengono che il cibo venga dato
enim ceterisque compluribus per umbilicum cibus administrari
attraverso l'ombelico.
videtur.
59 A 111. AT. V 7, 4 [Dox. 420]. CENSORIN. de d. nat. 6, 6.
59 A 111. AT. V 7, 4 (D. 420) s. 28 A 53 I 227, 9.
CENSORIN. de d. nat. 6, 8. Anassagora pens che i figli
CENSOR. 6, 6. [vgl. 31 A 81 I 300, 24]. 6, 8 A. autem eius
riproducono l'aspetto di quel genitore che nell'unione ha contribuito parentis faciem referre liberos iudicavit, qui seminis
con pi quantit di sperma.G AT. V 7, 4 [Dox. 420]. Anassagora amplius contulisset. G AT. V 7, 4 [Dox. 420]
e Parmenide ritengono che il seme che viene dalla parte destra si
porta nella parte destra dell'utero, quello che viene da sinistra nella , '
parte sinistra: se il flusso si scambia, si hanno femmine.
'
CENSORIN. de d. nat. 6, 6. Quando il seme viene emesso dalla
, . CENSORIN. de d. nat. 6, 6.
parte destra nascono maschi, dalla sinistra femmine: su questo
Ex dextris partibus profuso semine mares gigni, at e laevis
Anassagora ed Empedocle vanno d'accordo. Ma le loro idee, come feminas, Anaxagoras Empedoclesque consentiunt, quorum
sono concordi su quest'argomento, cos sono discordi a proposito opiniones, ut de hac specie congruae, ita de similitudine
della simiglianza che i figli ritraggono... /
liberorum dispariles. /
59 A 112. AT. V 10, 23 [Dox. 430]. I seguaci di Epicuro... [ritengono] che gli 59 A 112. AT. V 10, 23 (D. 430) [II 31. 1
esseri viventi vengono alla luce per trasformazione reciproca: in realt sono
App.] ...
parti del cosmo, come dicono anche Anassagora ed Euripide: Niente di ci...
mostra.
, .
Cfr. EURIP. Chrysip. 839.
' ... '.
Vgl. dessen Chrysippos. 839 N.2 :
Gaia grandissima ed Etere di Zeus, lui genitore degli uomini e degli di, lei
accolte le umide gocce d'acqua genera i mortali, genera il cibo e le stirpi delle ,
fiere, donde non senza ragione ritenuta madre di tutti. Ritorna infatti alla terra [II 31. 5 App.]
quel che dalla terra prodotto e quel che germoglia da seme etereo nella volta ,
celeste rifluisce: niente di ci che nasce muore, ma separandosi l'uno dall'altro '
nuova forma mostra.
,
[v. 5] ,

[II 31. 10] .
'
[v. 10] ' ,
' '

[II 31. 15 App.] '
,
'
. [Vgl. fr. 52 V. 4;
59 B 17.]
59 A 113. IRENAEUS c. haer. II 14, 2 [Dox. 171]. Anassagora, poi,
59 A 113. IRENAEUS II 14, 2 (D. 171) A. autem, qui
che fu soprannominato l'ateo, stabil che gli animali nacquero in seguito et atheus cognominatus est, dogmatizavit facta
alla caduta di semi dal cielo in terra.
animalia decidentibus e caelo in terram seminibus.
59 A 114. ARISTOT. de gen. anim. 6. 756 b 13. Ci sono taluni i
59 A 114. ARISTOT. de gen. anim. 6. 756 b 13 [II 31.
quali dicono che i corvi e l'ibis si congiungono per la bocca e che tra i 20 App.]
quadrupedi la puzzola genera per la bocca. Cos dice Anassagora e
alcuni altri naturalisti, ma parlano in modo troppo semplice e
.
superficiale.
.

.
59 A 115. ARISTOT. de respir. 2. 470 b 30. Poich
59 A 115. ARISTOT. de respir. 2. 470 b 30 .
Anassagora e Diogene sostengono che tutti gli animali
[II 31. 25]
respirano, anche a proposito dei pesci e delle ostriche dicono . .
in che modo respirano. Dice dunque Anassagora che quando , ,
emettono l'acqua attraverso le branchie, i pesci respirano
.
traendo l'aria che si forma nella bocca. Perch non c' affatto .
vuoto.
59 A 116. PLUTARCH. quaest. nat. 1 p. 911 D. I discepoli di Platone, di 59 A 116. PLUT. Quaest. phys. 1 p. 911 D
Anassagora, di Democrito pensano che la pianta sia un animale legato alla
terra.
.
59 A 117. THEOPHR. hist. plant. III 1, 4.
59 A 117. THEOPHR. H. plant. III 1, 4 [II 31. 30] .
Anassagora dicendo che l'aria contiene i semi di

tutto e che questi trascinati gi insieme all'acqua
... [vgl. d. caus. pl. I 5, 2; daraus Varro R. R. I
generano le piante. G THEOPHR. hist. plant. III 1, 40, 1] G THEOPHR. hist. plant. III 1, 4. .
4. Bisogna perci ammettere che queste sono le
,
forme di prodursi delle piante selvatiche e che vi
... THEOPHR. de caus. plant. I 5, 2
sono pure quelle spontanee di cui trattano anche i

fisiologi... THEOPHR. de caus. plant. I 5, 2. Ma se .
veramente anche l'aria d i semi portandoli via con VARRO de re r. I 40, 1. Primum semen, quod est principium genendi,
s, come vuole Anassagora e molto di pi:
id duplex, unum quod latet nostrum sensum, alterum quod apertum.
ammetterebbero altri tipi di princpi e di generazione Latet, si sunt semina in are, ut ait physicos Anaxagoras, et si aqua, quae
- inoltre i fiumi e le correnti e lo straripamento delle influit in agrum, inferre solet, ut scribit Theophrastus. / [ARISTOT.] de
acque conducono da ogni parte semi di alberi e di
plantis A 1. 815 a 15 [31 A 70 I 297, 1] . autem ... desiderio eas [nml.
arbusti. VARRO de re r. I 40, 1. E dapprima il seme, plantas] moveri dicunt, sentire quoque et tristari delectarique asserunt.
che il principio della generazione, doppio: uno quorum A. animalia [II 31. 35 App.] esse has laetarique et tristari dixit
sfugge ai nostri sensi, l'altro ci manifesto. Ci
fluxum foliorum argumentum assumens. b 16 [c. 2]. A. autem ... illas
sfugge se vi sono semi nell'aria, come vuole
intellectum intellegentiamque habere dicebant. [ARISTOT.] de plant. A
Anassagora il naturalista, e se l'acqua che scorre nel 1. 816 b 26 [II 32. 1 App.] licet A. dixerit ipsam habere spiritum.
campo suole trascinarne, come scrive Teofrasto. /
[ARISTOT.] de plant. A 1. 817 a 23 [c. 6] estque principium cibi
[ARISTOT.] de plant. A 1. 815 a 15. Anassagora poi plantarum a terra et principium generationis fructuum a sole. et ideo A.
... dicono che le piante sono mosse dal desiderio e dixit quod earum frigus est ab are et ideo dicit lechineon quod terra
affermano che hanno anche sensazioni, che si
mater est plantarum et sol pater.
rattristano e si rallegrano. E di esse Anassagora disse
che sono animate e che si rallegrano e si attristano
prendendo ad argomento il mutare delle foglie.
[ARISTOT.] de plant.. A 1. 815 b 16 [= NIC.
DAMASCEN., ed. Meyer]. Anassagora poi ...
dicevano che esse hanno l'intelletto e l'intelligenza.
[ARISTOT.] de plant. A 1. 816 b 26. Anche se
Anassagora disse che [la pianta] ha il respiro.
[ARISTOT.] de plant. A 1. 817 a 23. Il principio del
nutrimento per le piante viene dalla terra e il
principio della generazione per le frutta viene dal
sole. E per questo Anassagora disse che il loro
freddo viene dall'aria e perci... dice che la terra
madre delle piante e il sole padre.
B. FRAMMENTI
B. FRAGMENTE
[II 32. 5]
[ ?]
DAL LIBRO DELLA NATURA
59 B 1. [1 Schaubach]. SIMPL. Phys. 155, 23 .
59 B 1. SIMPLIC. phys. 155, 23. La sua veduta che

omeomeri infiniti per quantit si separano da un unico
, ,
miscuglio, essendo tutti in ciascuna cosa, ma
[II 32. 10 App.] '
caratterizzandosi ciascuna in rapporto a ci che in essa
prevale, Anassagora la dimostra nel primo libro della Fisica,
dicendo all'inizio:
' ,
21
.
Insieme erano tutte le cose, * illimiti per quantit e per

piccolezza, perch anche il piccolo era illimite. E stando

tutte insieme, nessuna era discernibile a causa della


, [II 32. 15]
piccolezza: su tutte predominava l'aria e l'etere, essendo
'. Vgl. A
entrambi illimiti: sono infatti queste nella massa totale le pi 60-61 II 21, 11ff.
grandi per quantit e per grandezza [cfr. A 60-61].
59 B 2. SIMPLIC. phys. 155, 30 [dopo B 1]. E poco dopo:
59 B 2. [II 33. 1] [2]. SIMPL. Phys. 155, 30 [nach B 1]
' '
,
Perch l'aria e l'etere si separano dal molto che li avvolge e tale
'.
avvolgente illimite per quantit.
59 B 3. SIMPLIC. phys. 164, 16. E che non c' il minimo nei 59 B 3. [5] SIMPL. Phys. 164, 16
princpi n il massimo: In effetti del piccolo, dice, non c'... [II 33. 5] , '
piccolo [cfr. 166, 15]. Se infatti tutto in tutto e tutto da tutto , , ... ' [vgl. 166, 15].
si stacca, anche da quel che appare minimo si staccher
,
qualcosa pi piccolo di esso e quel che appare massimo si
,
staccato da qualcosa pi grande di esso [cfr. 461, 7]. E dice

chiaramente che in ogni [cosa]... l'intelletto [B 11]. E ancora: [vgl. 461, 7]. ' ... ' [B 11 II 37,
Tutte le altre cose... ad altra [B 12]. E altrove dice cos: E 12]. ' ... ' [B 12 II 37, 18].
poich... separazione [B 6]. E per questo Anassagora ritiene [II 33. 10] ' ...
che ciascuno degli omeomeri sensibili sia prodotto e
' [B 6]. .
caratterizzato per la sintesi degli uguali. Dice cos: Ma ognuna
... massima [B 12].
. '' ...
' [B 12 II 39, 6].
In effetti del piccolo non c' il minimo ma sempre un pi
piccolo ( impossibile in realt che ci che non sia) - ma
, ' [II 33.
anche del grande c' sempre un pi grande: e per quantit
15 App.] (
uguale al piccolo e in rapporto a se stessa ogni [cosa] e
) - .
grande e piccola.
,
.
59 B 4. SIMPLIC.phys. 34, 28. Poco dopo l'inizio del primo
59 B 4. [ 3. 10. 4] SIMPL. Phys. 34, 28 '
libro Della natura, Anassagora dice cos: Stando questo cos... [II 33. 20] .
altrove. Forse a taluno sembrer che egli non si riporti alla
' . . . '.
separazione noetica che avviene all'origine, ma mette a
,
confronto le regioni da noi abitate con altri luoghi della terra. '
Ma di altri luoghi egli non direbbe e il sole... come da noi, e . ' . . .
non chiamerebbe le cose di l semi ... forme. SIMPLIC. phys. ' ' . . . ' . SIMPL.
156, 1. E dopo un po' [dopo B 2]. Di queste cose... sapori.
Phys. 156, 1 ' [nach B 2] ' . . . .
Prima che si separassero -aggiunge - ... all'altro. SIMPLIC.
, , [II 33. 25] . . .
phys. 34, 21. Prima che si separassero queste ... cose.
'. SIMPL. Phys. 34, 21
SIMPLIC. phys. 157, 9. E avendo poi detto: Molte cose vi
. . . [ohne . . . II 35, 2 !]
sono ... sapori, e uomini sono stati composti e le altre creature SIMPL. Phys. 157, 9 ' . . .
quante hanno vita, aggiunge: E questi uomini... usano. E
,
che copertamente alluda a un altro ordinamento da quello che ', ' . .
esiste presso di noi, lo dimostra l'espressione come da noi, . '.
non una volta sola usata. E che non pensi a un ordinamento
' , ' [ 33. 30] ' '
sensibile che nel tempo precedette il nostro, lo dimostra la frase .
che essi usano portando le migliori a casa. Non ha detto
, ,
usavano, ma usano. Ma neppure parla di un ordinamento '
simile a quello che presso di noi in altre terre, perch non ha '. , .
detto: Essi hanno il sole e la luna come l'abbiamo noi, ma: ' '
Il sole e la luna come da noi, quasi parlasse di altri. E certo [II 34. 1] ' . '
varrebbe la pena di esaminare se queste cose stanno cos o
' '
diversamente.
', ' ' , ' ',
.
Stando questo cos, bisogna supporre che in tutti gli aggregati , .
[II 34. 5 App.]
ci siano molte [cose] e di ogni genere e semi di tutte le cose
aventi forme d'ogni sorta e colori e sapori. E che uomini siano
stati composti e le altre creature quante hanno vita, e che questi
uomini abbiano citt abitate ed opere costruite, come da noi, e .
abbiano il sole e la luna e tutto il resto, come da noi, e che la
terra produca per loro molte [cose] e di ogni genere, che essi . [ 34. 10 App.]

,
' ,
usano portando le migliori a casa. Questo io ho detto a
proposito della separazione, che cio non solo da noi si avrebbe , ' ,
,
il processo di separazione, ma anche altrove.
Prima che queste [cose] si separassero, essendo tutte insieme, .
[II 34. 15 App.] ,
nessun colore era discernibile: lo proibiva la mescolanza di
tutte le cose, dell'umido e del secco, del caldo e del freddo, del ' , .
luminoso e dell'oscuro, e della terra molta che c'era e dei semi

illimiti per quantit e in niente simili l'uno all'altro. Perch
neppure delle altre [cose] l'una simile all'altra. Stando questo , [II
34. 20]
cos, bisogna supporre che nel tutto ci siano tutte le cose.
[ 35. 1 App.] ,
.

.
[II 35. 5 App.] .
59 B 5. SIMPLIC. phys. 156, 9 [dopo B 4]. Che non si produce 59 B 5. [14] SIMPL. Phys. 156, 9 [nach B 4]
n si distrugge alcuno degli omeomeri, ma sono sempre gli
, '
stessi, lo dimostra quando dice:
, '
,
( [ 35. 10] ),
Divisesi queste [cose] in tal modo, bisogna riconoscere che
'.
tutte [le cose] non sono n di meno n di pi (perch non
.
possibile che siano pi di tutte) ma tutte sempre uguali.
Cos dunque intorno al composto e alle omeomerie.
59 B 6. SIMPLIC. phys. 164, 25 [dopo B 12]. E altrove dice
cos:

59 B 6. [12] SIMPL. Phys. 164, 25 [nach B 12]



,
E poich uguali parti sono del grande e del piccolo, anche cos [II 35. 15 App.] ,
in ogni [cosa] ci potranno essere tutte [le cose]: non possibile .
, , ' '
che alcunch esista disgiuntamente, ma tutte [le cose] hanno
, '
parte a tutto. E poich non pu esistere il minimo, niente
potrebbe starsene disgiunto n venire a essere in s ma, come .
[II 35. 20]
all'inizio, cos anche adesso tutte le [cose] insieme. In tutte
molte [cose] si trovano e uguali per quantit e nelle pi grandi .
e nelle pi piccole delle [cose] che si formano mediante
separazione.
59 B 7. SIMPLIC. de cael. 608, 23 [dopo insieme...
59 B 7. [0] SIMPL. de caelo 608, 23 [II 36. 1 App.] (nach
piccolezza (B 1) e nel tutto ... cose (B 4)]. Forse dice che ' ... ' [B 1] ' ...
l'infinito incomprensibile e inconoscibile per noi - e questo ' [B 4 Ende]).
viene dimostrato da ci:

' [ 36. 5
Di conseguenza, delle [cose] che si formano per separazione, App.] '.
,
non si conosce la quantit n in teoria n in pratica.
, ,
Che poi le pensasse limitate per la forma lo dimostra dicendo . '
. ... ' [B 12 II 38, 8].
che l'intelletto le conosce tutte: ora, se fossero veramente
infinite, sarebbero del tutto inconoscibili; la conoscenza infatti
delimita e definisce il conosciuto. Dice che e le [cose] che si
mescolano insieme... e qualunque fu [B 12].
59 B 8. SIMPLIC. phys. 175, 11. Avendo Anassagora detto:
Ma nessuna si divide... dall'altra [B 12] per il fatto che tutte
[le cose] sono in tutte [le cose], e altrove: N sono tagliate...
dal caldo. SIMPLIC. phys. 176, 28. E che non stanno
disgiunte ... scure, come dice in un altro luogo.

59 B 8. [11] SIMPL. Phys. 175, 11 [II 36. 10]


' ... ' [B 12 II 39, 2]
, '
... '. SIMPL. Phys. 176, 28
... , .
[II 36. 15]

Non stanno disgiunte le une dalle altre le [cose] nell'unico
ordine di mondo n sono tagliate con la scure, non il caldo dal .
freddo, non il freddo dal caldo.

59 B 9. SIMPLIC. phys. 35, 13 [dopo B 4]. Senti che dice dopo 59 B 9. [21] SIMPL. Phys. 35, 13 [nach B 4]
un po' mettendoli a confronto entrambi [si riferisce ai due
' [nmlich der einheitlichen
mondi di B 4]:
und der auseinander getretenen Welt]
... [II 36. 20]
... mentre queste [cose] ruotavano e si separavano formandosi .
per l'azione della forza e della velocit. La forza, in effetti, la .
velocit a produrla. Ma la loro velocit non simile a nessuna
cosa rispetto alla velocit delle cose che si trovano adesso tra , '.
gli uomini, ma veloce senza dubbio molte volte di pi.
59 B 10. SCHOL. GREGOR. NAZ. XXXVI 911. Anassagora, 59 B 10. [0] SCHOL. IN GREGOR. XXXVI 911 Migne [II
trovato l'antico principio che niente nasce da niente, soppresse 36. 25 App.] . [II 37. 1]
la nascita e introdusse la divisione al posto della nascita.
, ,
Farneticava che tutte [le cose] sono mescolate tra loro e che
.
crescendo si dividono. E infatti anche nel germe ci sono capelli , .
e unghie e vene e arterie e nervi e ossa, ma si trovano ad essere
invisibili per la piccolezza delle parti, mentre crescendo a poco [II 37. 5]
a poco si dividono. In effetti - egli dice - come potrebbe
,
nascere capello da non-capello e carne da non-carne? E non . ' , ,
solo dei corpi predicava tali cose, ma anche dei colori: in realt ';
nel bianco c' il nero e il bianco nel nero. Lo stesso poneva .
per i pesi, immaginando che il leggero mescolato al grave e .
questo a quello [cfr. SIMPLIC. phys. 460, 16].
[II 37. 10 App.] ,
. Vgl.
SIMPL. Phys. 460, 16.
59 B 11. SIMPLIC. phys. 164, 22. E dice chiaramente:
59 B 11. [7. 15] SIMPL. Phys. 164, 22 , '
,
'.
In ogni [cosa] c' parte di ogni [cosa], ad eccezione
dell'intelletto: ma ci sono [cose] nelle quali c' anche
l'intelletto.
59 B 12. SIMPLIC. phys. 164, 24 [dopo B 11]. E poi che tutte 59 B 12. [8. 9. 13] SIMPL. Phys. 164, 24 [nach B 11] [II 37.
le altre cose ... mischiato. SIMPLIC. phys. 156, 13 [dopo B 15 App.] ' ... '.
5]. Intorno all'intelletto ha scritto: L'intelletto ... in misura SIMPL. Phys. 156, 13 [nach B 5]
massima [cfr. 176, 32]:
' . . . '. Vgl. 176, 32.
Tutte le altre [cose] hanno parte a tutto, mentre l'intelletto
,
alcunch di illimite e di autocrate e a nessuna cosa mischiato, ,
ma solo, lui in se stesso. Se non fosse in se stesso, ma fosse [II 37. 20 App.] ' .
mescolato a qualcos'altro, parteciperebbe di tutte le cose, se
' , ,
fosse mescolato a una qualunque. Perch in ogni [cosa] c'
,
parte di ogni [cosa], come ho detto in quel che precede [B 11]: ,
le [cose] commiste ad esso l'impedirebbero di modo che non [B 11]
avrebbe potere su nessuna cosa come l'ha quand' solo in se
, [II 38. 1 App.]
stesso. Perch la pi sottile di tutte le cose e la pi pura: ha ' .
cognizione completa di tutto e il pi grande dominio e di
,
quante [cose] hanno vita, quelle maggiori e quelle minori, su
tutte ha potere l'intelletto. E sull'intera rivoluzione l'intelletto
ebbe potere s da avviarne l'inizio. E dapprima ha dato inizio a , [II 38. 5 App.] .
tale rivolgimento dal piccolo, poi la rivoluzione diventa pi
,
grande e diventer pi grande. E le [cose] che si mescolano
.
insieme e si separano e si dividono, tutte l'intelletto ha
, ,
conosciuto. E qualunque [cosa] doveva essere e qualunque fu .
che ora non , e quante adesso sono e qualunque altra sar,
[II 38. 10
tutte l'intelletto ha ordinato, anche questa rotazione in cui si
App.] . ,
rivolgono adesso gli astri, il sole, la luna, l'aria, l'etere che si
, ,
vengono separando. Proprio questa rivoluzione li ha fatti
, ,
separare e dal raro per separazione si forma il denso, dal freddo
il caldo, dall'oscuro il luminoso, dall'umido il secco. In realt .
molte [cose] hanno parte a molte [cose]. Ma nessuna si separa [II 38. 15] .
o si divide del tutto, l'una dall'altra, ad eccezione dell'intelletto.
L'intelletto tutto uguale, quello pi grande e quello pi
[ 39. 1]
piccolo. Nessun'altra [cosa] simile ad altra, ma ognuna ed .

era le [cose] pi appariscenti che in essa sono in misura


massima.

59 B 13. SIMPLIC. phys. 300, 27. [Aristotele], dice


Alessandro, non ha ricordato Anassagora anche se ha posto
l'intelletto tra i princpi, forse, dice, perch non lo usa nella
generazione. Ma che lo usi evidente, se afferma che la
generazione non altro che distacco e che il distacco avviene a
causa del movimento e che del movimento causa l'intelletto.
Anassagora infatti dice cos:

.
.
[ 39. 5 App.]
. , '
,
.
59 B 13. [18] SIMPL. Phys. 300, 27 ' ,
, [Arist. Phys. B 2. p. 194 a 20]
[II 39. 10] , ,
, '. '
, ,
, ,
. . '
,
[ 39. 15 App.] , ,

'.

Dopoch l'intelletto dette inizio al movimento, dal tutto che era


mosso cominciavano a formarsi [le cose] per separazione, e
quel che l'intelletto aveva messo in movimento, tutto si divise.
E la rotazione di quanto era mosso e separato accresceva di
molto il processo di separazione.
59 B 14. SIMPLIC. phys. 157, 5. Che supponga un duplice
59 B 14. [23] SIMPL. Phys. 157, 5
ordinamento, uno intellettivo e uno sensibile da quello, chiaro , ,
da quanto si detto [B 12] ed chiaro anche da quel che segue: ' , [II 39. 20 App.]
[B 12], ' ,
E l'intelletto, che sempre, tanto pi anche adesso dove sono , [II 40. 1 App.]
tutte le altre [cose], nel molto che avvolge e nelle [cose] che si ,
'.
aggregano e in quelle che si formano per separazione.
59 B 15. SIMPLIC. phys. 179, 3 [dopo B 12]. E dopo un po': 59 B 15. [19] SIMPL. Phys. 179, 3 [nach B 12] '
Il denso, dice, ... e dell'etere.
' . , ... '. Vgl. Hipp. oben II, 16,
5ff. [II 40. 5 App.]
Il denso e umido e freddo e l'oscuro si raccolto qui, dove ora , ,
< la terra>, mentre il raro, il caldo e l'asciutto si allontanato
.
verso le regioni esterne dell'etere.
59 B 16. SIMPLIC. phys. 179, 6 [dopo B 15]. E dice che questi
corpi primordiali e semplicissimi si separano, e altri pi adatti
di questi ad aggregarsi dice che a volte si compaginano come
composti, a volte si separano come la terra. Dice cos infatti:
Da questi ... freddo. SIMPLIC. phys. 155, 21. Dice dunque
Anassagora nel primo libro della Fisica: dalle ... acqua.

59 B 16. [20] SIMPL. Phys. 179, 6 [nach B 15]


[II 40. 10 App.]
,
[?],
. ' ... '. SIMPL.
Phys. 155, 21 .
' ... '

Da questi che si separano si compagina la terra: dalle nuvole si


forma l'acqua, dall'acqua la terra, dalla terra si compaginano i .
sassi sotto l'azione del freddo e questi tendono a muoversi
[II 40. 15 App.] ,
all'esterno pi dell'acqua.
,
,
.
59 B 17. SIMPLIC. phys. 163, 18. Nel primo libro della Fisica 59 B 17. [22] SIMPL. Phys. 163, 18 .
Anassagora dice chiaramente che il nascere e il perire sono

comporsi e separarsi. Scrive cos:
[II 40. 20 App.]
'

Del nascere e del perire i Greci non hanno una giusta
concezione, perch nessuna cosa nasce n perisce, ma da cose [ 41. 1] , '
esistenti [ogni cosa] si compone e si separa. E cos dovrebbero .
propriamente chiamare il nascere comporsi, il perire separarsi.
'.
59 B 18. PLUTARCH. de fac. in orb. lun. 16 p. 929 B. L'amico 59 B 18. [0] PLUT. de fac. in orb. lun. 16 p. 929 B [II 41. 5
allora nella discussione, citando il detto anassagoreo: Il sole App.]
manda la sua luce alla luna, si fece onore.
, '
', .
59 B 19. SCHOL. HOM. BT Il. XVII 547. Anassagora
59 B 19. [0] SCHOL. HOM. BT zu 547 . '

.
[ 41. 10 App.]

Noi chiamiamo arcobaleno il riflettersi del sole nelle
nuvole. E' dunque segno di temporale, perch l'acqua che '.
versata dalla nuvola tutt'intorno produce vento o fa cadere
pioggia.
59 B 20. GALEN. in Hipp. de ar. aqu. loc. VI 202 ed. Chartier
59 B 20. [0] GALEN. in Hippocr. de ar. aqu. loc. VI 202
[W. SCHULTZ, Archiv. f. Gesch. d. Phil., XXIV, 1911, pp. 325 ed. Chartier [W. SCHULTZ, Archiv. f. Gesch. d. Phil. 24
sgg]. Tutti gli uomini dicono che il sole sorge al mattino e tramonta (1911) 325 ff.]. Und alle Menschen sagen, da die Sonne
la sera. Per quanto riguarda le aurore, gli astronomi le conoscono e aufgehe am Morgen und untergehe [II 41. 15] am Abend.
ne hanno una conoscenza generale. E precisamente, se una stella
Was nun die Aufgnge betrifft, so kennen die Astronomen
non appare all'inizio dei venti giorni, o in cielo al cadere del sole dieselben und haben von ihnen ein allgemeines Erkennen.
o vale per essa quel che vale per la luna durante la congiuntura,
Und zwar wenn ein Stern nicht erscheint am Anfange von
vedi, tutto quel che di essi appare o si allontana dall'orizzonte,
den 20 Tagen oder am Himmel ist bei Untergang des
viene chiamato apparire e sorgere. E di questo molto parl Ansaros Sonnenlichtes, oder nach der Art dessen, was vom Monde
[Anassagora?], il sapiente. Quando sorge la costellazione delle
whrend der Konjunktion [II 41. 20 App.] gilt: siehe,
Pleiadi, l'uomo d inizio alla mietitura, quando tramonta all'aratura alles, was von ihnen erscheint, und sich entfernt vom
e all'erpicatura. Dice pure che quella costellazione rimane nascosta Horizonte, wird genannt Erscheinen und Aufgang. Und
quaranta giorni e quaranta notti. E rimane nascosta, com'egli attesta Vieles sprach darber ANSAROS (=
delle Pleiadi, unicamente in questi quaranta giorni. Poi diventa
Anaxagoras ?), der Weise. Wenn der ( das
visibile di notte, talvolta diventa visibile al tramontare del sole, e Plejadengestirn ?) aufgeht, beginnt der Mensch die
talvolta due o tre ore dopo il tramonto. Diventa per visibile solo Ernte; wenn er untergeht, beginnt er mit dem Pflgen
dopo l'equinozio, come noi lo chiamiamo. Ma quando il sole
und Eggen. Er sagte auch, da der [II 42. 1 App.] ;
tramonta e la notte coperta, le Pleiadi appaiono in piena visibilit, (das Plejadengestirn) vierzig Tage und vierzig Nchte
mentre per tutto il giorno erano tenute nascoste dall'orizzonte
verborgen [II 42. 5] bleibe. Und er bleibt verborgen,
occidentale. Quando l'equinozio passato, la costellazione appare wie er von ihr (der Pleias ?) behauptete, lediglich in
in primavera con minor luce. Poi tramonta e non pi in alcun
diesen vierzig Tagen. Dann aber wird er nachts
modo visibile; essa tramonta nello stesso tempo del sole prima che sichtbar, und bisweilen wird er bei Sonnenuntergang
la notte sia giunta alle tenebre complete. E non diventa pi visibile sichtbar, und bisweilen wird er um zwei oder drei
prima che sopraggiunga la tenebra della notte che oscura, a causa Stunden nach dem [II 42. 10] Untergang sichtbar. Er
d'una piccola stella che si pone tra essa e l'osservatore. Perci essa wird aber erst nach der Tag- und Nachtgleiche, die wir
non pi visibile e non si mostra pi in molte delle quaranta notti, erwhnten, sichtbar. Wenn aber die Sonne untergeht
come ha detto Ansaros [Anassagora?], il sapiente. Perch egli dice und die Nacht verhllt wird, erscheint sie (die Pleias) in
che tra le stelle nessuna ce n' di questo tipo a eccezione di
deutlicher Sichtbarkeit, whrend sie den ganzen Tag
quell'unica che si chiama Guardiano della Gazzella. E vicino a lei, vom westlichen Horizonte [II 42. 15] verborgen
ma sotto, c' una stella che si chiama 'Porta della Sera'. Il popolo la gehalten wird. Wenn die Gleiche von Nacht und Tag
chiama 'Cane'. Per quanto riguarda i dotti famosi vissuti pi tardi, vorber ist, wird er (das Pl.-Gestirn) im Frhling in
essi sono d'accordo in questo, che la primavera sia l'equinozio dopo schwacher Sichtbarkeit erscheinen. Dann senkt er (wie
l'inverno, il principio dell'estate il nascere delle Kimah e il principio oben) sich und ist in keiner Weise sichtbar; denn sie
della maturazione dei frutti il sorgere del Cane. E questo lo disse
(die Pleias) geht gleichzeitig mit Sonnenuntergang [II
Anassagora perch aveva conoscenza in altri campi della scienza, e 42. 20] unter, bevor die Nacht zu vollkommener
cio che l'inizio dell'estate il sorgere delle Kimah [le Pleiadi] e il Finsternis gelangt ist. Sie wird aber nicht wieder
loro tramontare l'inizio dell'inverno. E anche Omero, il poeta, aveva sichtbar, bevor die Finsternis der Nacht, die verfinstert,
gi detto che la stella chiamata Cane, e che il ...., si leva al tempo eintritt, wegen eines kleinen Sternes, der zwischen sie
dei frutti con un sorgere pieno di luce.
und die Sehstrahlen tritt. Und deshalb wird sie nicht
wieder [II 42. 25] sichtbar und kommt nicht zum
Vorscheine in vielen Nchten von den vierzig Nchten,
wie ANSAROS ( = Anaxagoras ?) der Weise, der
Gelehrte, gesagt hat. Denn er sagte, da unter den
Sternen keiner dieser Art sei mit Ausnahme eines
einzigen, welcher "Wchter der Gazelle"[II 42. 30]
heit. Und ein Stern ist in seiner Nhe unter ihm, der
"Pforte des Abends" heit. Das Volk nennt ihn "Hund". ...
Was aber die berhmten spteren Gelehrten betrifft, so
stimmen sie darin berein, da der Frhling die Gleiche
von Nacht und Tag nach dem Winter, der Beginn des
Sommers der Aufgang der Kimah und der [II 42. 35]
Beginn der Fruchtreife der Aufgang des "Hundes" sei. Und
es sagte ( Anaxagoras ?) dies, weil er Kenntnis
hatte in anderen Wissenschaften, nmlich da der Anfang
des Sommers [II 43. 1] der Aufgang der Kimah
dice:

(Plejaden) und der Anfang des Winters ihr Untergang


sei. Und auch schon HOMEROS [X 26-31], der Dichter,
sagte, da der Stern, welcher "Hund" genannt wird - und
das ist der - aufgeht in der Zeit der [II 43. 5] Frchte
mit helleuchtendem Aufgange.
59 B 21. SEXT. EMP. adv. math. VII 90. Il fisicissimo
59 B 21 [25]. SEXT. VII 90 .
Anassagora, criticando la debolezza dei sensi dice che
'' , ,
',
a causa della loro opacit non siamo capaci di giudicare il .
[II 43. 10] , ,
vero.
,
,
A fede della loro infedelt egli reca l'impercettibile
trasformazione dei colori. Se prendiamo due colori, il nero e .
il bianco, e li mescoliamo l'un l'altro, a goccia a goccia, la
vista non potr distinguere il mutamento impercettibile,
anche se esistente realmente in natura.
59 B 21 a. SEXT. EMP. adv. math. VII 140. Diotimo diceva che
secondo lui [Democrito; cfr. 68 A 111] tre erano i criteri di
giudizio:
le parvenze fenomeniche per la comprensione delle cose non
appariscenti:
le parvenze fenomeniche, infatti, sono l'aspetto visibile delle [cose]
non appariscenti,
come dice Anassagora, che Democrito loda. Cfr. SEXT. EMP. adv.
math. VII 374. III 23. 58. Append. proverb. 4. 50 [Paroemiogr. I
444]. Aspetto delle [cose] non appariscenti sono le parvenze
fenomeniche.
59 B 21 b. PLUTARCH. de fort. 3 p. 98 F. In tutte queste cose
siamo inferiori agli animali, ma sappiamo usare, secondo
Anassagora

59 B 21 a [0]. SEXT. VII 140 [c. 76, 3]


' [Demokritos, 68 A 111] ,
[II 43. 15 App.]
' ',
., . Vgl.
SEXT. EMP. adv. math. VII 374. III 23. 58. APPEND.
proverb. 4. 50 (Leutsch Paroemiogr. I 444)
. Vgl. c. 10, 3 nr. 20 I 63, 22.

59 B 21 b [p. 188]. PLUT. de fort. 3 p. 98 F '


[II 43. 20 App.] ,

[ 44. 1
App.]
di esperienza, di memoria, di sapere e di arte
e togliamo il miele, li mungiamo, li portiamo e li conduciamo dopo .
averli raccolti.
59 B 22. ATHEN. epit. II p. 57 D. Anassagora nella Fisica 5 9 B 22 [p. 183]. ATHEN. epit. B p. 57 D .
sostiene che il cosiddetto latte d'uccello il bianco

dell'uovo.
[II 44. 5] .
UNECHTES
59 B 23 [0]. Ryssel graeco-syr. Philosophensprche 30 [Rhein. Mus. 51, 1898, 538] : Anaxagoras sagt: Der Tod, der
den Menschen dem Augenschein nach bitter erscheint, ist bei nherer Untersuchung sehr schn: er verschafft [II 44.
10] Ruhe dem Greisenalter, das keine Kraft hat, und dem Jnglingsalter, das Schmerzen umlauern, und dem
Knabenalter, da es sich nicht abqult und abmht und baut und pflanzt und einrichtet fr andere; er befreit Schuldner
von den Glubigern, die Kapital und Zins fordern. Denn ber etwas, was feststeht, sollen wir uns [II 44. 15] nicht
rgern; denn der rger kann es nicht beseitigen, heiterer Sinn aber kann es verdecken, wenngleich nur zeitweilig.
Denn nicht gibt es mehr Beschwerde im Hafen, wenn du darin weilst. Und wenn er [nmlich der Tod] auch
unangenehm erscheint den Augen der Zuschauer, so drcke deine Augen eine Zeit lang zu. Und siehe ich [II 44. 20]
habe gesehen, wie schn der Tod ist, um den die bitten, welche hier geqult und gepeinigt sind. Dies legt Zeugnis ab
dafr, wie ruhig und herrlich die Wohnung der Unterweit ist.
59 B 24 [0]. AELAN. V. Hist. IV 14 = Anaxarchos 72 B 2

60. ARCHELAO

60 [47]. ARCHELAOS

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE


Vgl. 59 A 7. 26 [II 44. 25 App.]

60 A 1. DIOG. LAERT. II 16-17. (16) Archelao di Atene o di


Mileto, figlio di Apollodoro, secondo alcuni invece di Midone, 60 A 1. DIOG. II 16. 17 ,
discepolo di Anassagora, maestro di Socrate. Costui per primo , , ,

trasport ad Atene dalla Ionia la filosofia della natura e fu


, [II 45. 1
chiamato naturalista in quanto che con lui ebbe termine la
App.]
filosofia naturalistica, avendo Socrate introdotto la filosofia
, ,
etica. Ma pare che anch'egli abbia trattato di etica - e in effetti , .
filosof sulle leggi, sul bello e sul giusto: si poi supposto che .
Socrate ne sia stato l'inventore perch, ripresala da lui, la
'
svilupp al . Diceva che due sono le cause del divenire, il caldo [II 45.
e il freddo, che gli esseri viventi sono generati dalla melma e 5 App.] . ,
che il giusto e il brutto esistono non per natura ma per legge.
(17) Questa la sua teoria: dice che l'acqua liquefatta dal caldo, , .
in quanto si raccoglie 1* dell'elemento infocato, produce la
(17) .
terra: in quanto si effonde tutt'intorno, genera l'aria. Perci la ,
terra dominata dall'aria, l'aria a sua volta dal fuoco che le
, , [II 45. 10 App.]
rotea intorno. Dice che gli esseri animati sono generati dalla
. ,
terra quand' calda e produce una melma simile a latte come
.
cibo: cos produsse anche gli uomini. Per primo disse che la

voce prodotta dalla percussione dell'aria, che il mare si
.
raccoglie nelle cavit penetrando attraverso la terra, che la pi .
grande delle stelle il sole e che il tutto infinito.
.
, [II 45. 15 App.] .
Ci sono altri tre Archelai: il corografo che illustr le regioni
percorse da Alessandro, un altro che compose un libro sulle

propriet della natura, un terzo oratore che scrisse dell'arte
, ,
[retorica].
.
60 A 2. SUID. s. v. Archelao, figlio di Apollodoro o di Midone, 60 A 2. SUID. s. v. .
milesio, che si disse appartenere alla setta dei filosofi fisici
,
poich per primo condusse dalla Ionia lo studio della natura, fu [II 45. 20] ,
discepolo di Anassagora di Clazomene mentre di lui fu
,
discepolo Socrate, e anche Euripide, secondo altri. Scrisse una , .
Fisiologia e ritenne che il giusto e il brutto non esistono per

natura ma per legge. Scrisse anche dell'altro.
, . . Aus Hesych und
dem fons ignotus Adae Adler.
60 A 3. PORPHYR. hist. phil. fr. 12 p. 11, 23 [da CYRILL. c. 60 A 3. PORPHYR. Hist. phil. fr. 12 Nauck2 p. 11, 23 (aus
Iul. VI 186 d]. A proposito di Socrate si diceva che, ancora
CYRILL. c. Iul. VI 186 d) [II 45. 25]
fanciullo, non facesse vita buona e ordinata ... a 17 anni [nel
[Sokrates]
452] gli si present Archelao, il discepolo di Anassagora,
... [also 452]
dicendogli che era innamorato di lui. Socrate non rifiut n la , ,
conversazione n la compagnia di Archelao, anzi rimase con
lui parecchi anni. E cos fu spinto da Archelao alla filosofia.
,
Da PORPHYR. anche SUID. s. v. . Aristosseno [fr. ' .
25 F.H.G. II 280] dice che Socrate fu dapprima discepolo di . [II 45. 30 App.]
Archelao e che fu anche il suo amore. DIOG. LAERT. II 23. [Aus PORPH. auch SUIDAS s. v. : [fr.
Ione di Chio [fr. 73 Kpke] attesta che Socrate, ancora
25 F.H.G. II 280]
giovane, si rec a Samo con Archelao.
]. DIOG. II 23
[fr. 73 Kpke] [Sokrates]
.
DOTTRINA
LEHRE
Cfr. DIOG. LAERT. V 42 [tra le opere di Teofrasto]. Sulla
Vgl. DIOG. V 42 [Theophrasts Schrift]
dottrina di Archelao in un libro.
.
60 A 4. HIPPOL. ref. I 9 p. 15 [Dox. 563]. (1) Archelao era
60 A 4. HIPPOL. Ref. I 9 p. 15 (D. 563, W. 15) (1)
ateniese di nascita, figlio di Apollodoro: egli parl della
, .
mistione della materia come Anassagora e dei princpi nella
[II 46. 5 App.]
stessa maniera: disse che nell'intelletto c' senz'altro una certa .
mistione. (2) L'inizio del movimento la separazione l'uno . (2) '
dall'altro del caldo e del freddo - e il caldo si muove, il freddo ' ,
sta fermo. L'acqua liquefatta corre verso il centro ove, poi,
,
bruciata, si trasforma in aria e in terra, delle quali l'una
,
trascinata in alto, l'altra si ferma in basso. (3) Per queste ragioni , , . (3)
la terra ha origine, sta ferma e giace al centro, parte, per cos , [II 46. 10

dire, insignificante dell'universo. L'aria, invece, domina tutto App.] ' , ,


prodotta dalla combustione: da essa, infocata, deriva la
. '
sostanza dei corpi celesti di cui il pi grande il sole, il
, '
secondo la luna, mentre gli altri sono taluni pi piccoli, altri pi , ,
grandi. (4) Egli sostiene che la volta celeste inclinata e, cos, , . (4)
che il sole fa lume sulla terra, rende l'aria trasparente, e asciutta
la terra. Questa in origine era una palude, perch elevata alla
periferia e cava al centro. A prova di tale cavit della terra egli [II 46. 15 App.] . ,
adduce il fatto che il sole non si leva n tramonta
, .
contemporaneamente per tutti gli uomini - ci che dovrebbe
,
fare se la terra fosse piatta. (5) Riguardo agli animali dice che, , , . (5)
appena la terra si riscald nella parte bassa dove il caldo e il
,
freddo erano mescolati, apparvero numerose creature viventi e , ,
anche gli uomini, che avevano tutti la stessa forma di vita ed ,
erano nutriti dalla palude (erano del resto di vita breve); pi
[II 46. 20 App.]
tardi ci fu la generazione dell'uno dall'altro. (6) E gli uomini si ( ),
distinsero dagli altri e si crearono capi e leggi e arti e citt e
. (6)
tutto il resto. Dice che l'intelletto innato in tutti gli esseri

viventi senza distinzione, e ciascuno, anche degli animali, usa .
l'intelletto, taluni con pi lentezza, altri con pi vivacit.
.
, , .
60 A 5. SIMPLIC. phys. 27, 23 [da THEOPHR. phys. opin. fr. 60 A 5. SIMPL. Phys. 27, 23 [aus THEOPHR. Phys. Opin. fr.
4]. Archelao d'Atene, insieme al quale, a quanto si dice, fu
4] [II 46. 25] . ,
Socrate e che era stato discepolo di Anassagora, riguardo alla ,
nascita del mondo e ad altri punti cerca di dire qualcosa di suo,
mentre come princpi mette gli stessi di Anassagora. Costoro ,
dicono che i princpi sono infiniti di numero e non dello stesso .
genere in quanto pongono come princpi le omeomerie.

.
60 A 5 a. HEPHAEST. ench. 1, 5 p. 3, 20. Sofocle nelle elegie 60 A 5 a. HEPHAEST. Ench. p. 3, 20 Consbr. [II 46. 30 App.]
pensava che il nome di Archelao [] non entrasse n
nel verso epico n in quello elegiaco: perci dice : '
questa la misura metrica conveniente.
'.
60 A 6. SEXT. EMP. adv. math. VII 14. Archelao di Atene
60 A 6. SEXT. adv. math. VII 14
[persegu] gli studi naturali ed etici.
[nml. ].
60 A 7. SEXT. EMP. adv. math. IX 360. Archelao di Atene,
60 A 7. SEXT. adv. math. IX 360 [II 46. 35] . ,
maestro di Socrate... [sostiene che] l'aria [ principio ed
... [nml.
elemento di tutto]. AT. I 3, 6 [Dox. 280: a proposito del
]. AT. I 3, 6 (D. 280; ber die ) [II
principio]. Archelao, figlio di Apollodoro, ateniese, sostiene
47. 1 App.] . ,
che l'aria infinita e la sua condensazione e rarefazione: di
.
queste l'una il fuoco, l'altra l'acqua.
' .
60 A 8. HERM. irris. 11[Dox. 653]. Ma non lascia a costoro
60 A 8. HERM. Irris. 11 (D. 653)
avere buona rinomanza Archelao, il quale insegna che princpi .
delle cose tutte sono il caldo e il freddo [cfr. PLAT. soph. 242 . Vgl. PLAT. Soph. 242 D [II 47. 5 App.]
D].
oben I 121, 4.
60 A 9. EPIPHAN. adv. haer. III 2, 9 [Dox. 590]. Archelao,
60 A 9. EPIPHAN. adv. haer. III 2, 9 (D. 590, 1) .
figlio di Apollodoro, secondo altri di Miltone (fu un fisico
, (
ateniese) sostiene che tutte le cose sono prodotte dalla terra:
) .
essa, egli dice, principio di tutto.
, .
60 A 10. AUGUSTIN. de civ. D. VIII 2 [Dox. 174]. Ad
60 A 10. AUGUSTIN. de civ. d. VIII 2 (D. 174) Anaxagorae
Anassagora successe il suo discepolo Archelao. Anch'egli
successit auditor [II 47. 10 App.] eius Archelaus. etiam ipse
ritenne che tutte le cose erano composte di particelle uguali tra de particulis inter se similibus [d. i. ] quibus
loro [le omeomerie], ma in modo tale che in esse, a suo parere, singula quaeque fierent ita putavit constare omnia, ut inesse
fosse anche l'intelletto che, congiungendo o separando i corpi etiam mentem diceret, quae corpora aeterna, id est illas
eterni, e cio quelle particelle, faceva tutto. [Di qui SID.
particulas, coniungendo et dissipando ageret omnia. Daraus.
APOLL. carm. 15, 94 sgg.].
SID. APOLL. carm. 15, 94 Archelaos usw.
60 A 11. CLEM. ALEX. protr. 5, 66 [I 50, 15]. Questi due
60 A 11. CLEM. Protr.5, 66 (I 50, 15 St.) [II 47. 15]
[Anassagora e Archelao] preposero l'intelletto all'infinit [cfr. [Anaxagoras und Archelaos]
59 A 57].
. Vgl. 59 A 57 (II 20, 37).
60 A 12. AT. I 7, 14 [Dox. 302]. Archelao [ritiene] che aria e 60 A 12. AT. I 7, 14 (D. 302) . ,

intelletto siano dio e che non l'intelletto sia il facitore del


[sondern vgl. n.
mondo [ma il calore; cfr. A 14].
A 14].
60 A 13. AT. II 1, 3 [Dox. 327]. Anassimandro [cfr. 12 A
60 A 13. AT. II 1, 3 (D. 327) , , .
17], Anassimene, Archelao ... ammettono infiniti mondi
... [II 47. 20]
nell'infinito in ogni direzione.
. S. I 86, 16.
60 A 14. AT. II 4, 5 [Dox. 331]. Archelao [sostiene] che il
60 A 14. AT. II 4, 5 (D. 331) .
mondo sia prodotto dal calore e dall'animazione interna. AT. . AT. II 4, 6 ... . ...
II 4, 6. Anassimandro ... Archelao [sostennero che] il cosmo . Vgl. oben. II 21, 37.
soggetto alla distruzione [cfr. 59 A 64].
60 A 15. AT. II 13, 6 [Dox. 342]. Archelao disse che le stelle 60 A 15. AT. II 13, 6 (D. 342) .
sono masse di ferro, ma infocate.
, .
60 A 16. AT. III 3, 5 [Dox. 368; di seguito a 59 A 84]. Lo
60 A 16. AT. III 3, 5 (D. 368) nach 4 [oben II 25, 29] .
stesso dice Archelao confrontando quel che succede alle pietre [II 47. 25 App.]
infocate se vengono buttate nell'acqua gelata.
.
60 A 16 a. SENEC. nat. quaest. VI 12, 1 sgg. Archelao,
60 A 16 a. SENEC.Quaest. nat. VI 12, 1 ff. A. antiquitatis
indagatore diligente dell'antichit, dice cos: I venti si portano diligens ait ita venti in concava terrarum deferuntur; deinde,
in una zona avvallata, poi, quando ormai tutto lo spazio
ubi iam omnia spatia plena sunt et in quantum aer potuit
colmo e l'aria si addensata per quanto ha potuto, la corrente densatus est, is qui supervenit spiritus priorem premit et elidit
che sopravviene comprime quella che gi c' e l'urta dapprima ac frequentious plagis primo cogit, deinde proturbat; tunc [II
e la spinge con colpi frequenti, poi la sconvolge: quella allora, 47. 30 App.] ille quaerens locum omnes augustias dimovet et
cercando una via d'uscita, scuote tutte le strettoie e tenta di
claustra sua conatur effringere: sic evenit ut terrae spiritu
spezzare i suoi impedimenti; di qui la terra scossa a causa del luctante et fugam quaerente moveantur. itaque cum terrae
vento che si dibatte e tenta di fuggire. Pertanto, quando sta per motus futurus est, praecedit aeris tranquillitas et quies,
venire un terremoto, si nota in precedenza calma e tranquillit videlicet quia vis spiritus quae concitare ventos solet, in
d'aria, ovviamente perch la forza che suole scuotere i venti, inferna sede retinetur'.
trattenuta in basso.
60 A 17. AT. IV 3, 2 [Dox. 387]. Anassimene,
60 A 17. AT. IV 3, 2 (D. 387) . , . .
Anassagora, Archelao... hanno detto che [la natura
. . [nml. [II 47. 35] ].
dell'anima ] aerea [cfr. 12 A 29].
60 A 18. PHILOP. de an. 71, 17. Quanti hanno sostenuto 60 A 18. PHILOP. de anima 71, 17 Hayd. (zu Ar. A 2 p. 404a
che il tutto mosso dall'intelletto, e costoro par che dicano 25) , , ,
che il muovere proprio dell'anima - tra questi c' anche
:
Archelao.
.
B. SCRITTI
B. SCHRIFTEN
POESIE
ELEGIE

60 B 1. PLUTARCH. Cim. 4. Cimone era nato da Milziade e da


Egesipile, di stirpe tracia, figlia del re Oloro, come risulta nelle 60 B 1. PLUTARCH. Cimon 4 [aus Didymos]
poesie indirizzate da Archelao e Melantio a Cimone stesso...
, [II 48. 5] ,
Appare anche che Cimone amava morbosamente la moglie
,
legittima Isodice, figlia di Euriptolemo figlio di Megacle, e che
fu distrutto quando ella mor, se bisogna giudicare dalle elegie
... '
indirizzate a lui per alleviargli il dolore [P.L.G. II 259 Bergk] e , '
che secondo il filosofo Panezio sarebbero state composte dal

naturalista Archelao ed supposizione che s'accorda alla
,
cronologia.
[II 48. 10 App.]
[PLG II 259 Bergk] ,
,
.
FISIOLOGIA
PROSA
[Cfr. A 3]

60 B 1 a. PLUTARCH. de prim. frig. 21 p. 954 F. Sicch non


(vgl. II 45, 21)
solo riguardo al luogo essa [la terra] immobile nella sua sede, 60 B 1 a. PLUT. de primo frig.21 p. 954 F [II 48. 15]
ma anche immutabile nell'essenza - e gli antichi la dissero Estia, (nml.
come quella che rimane nella casa degli di [PLAT. Phaedr. ), ' ,
246 E] *** a causa del suo stare ferma e fissa. E infatti il freddo ' '
per lei un laccio, come dice Archelao il fisico, e niente
(PLAT. Phaedr. 246 E)
l'allenta o lo mitiga, in quanto non pi calda o infocata.
, [II 48. 20
App.] , ,

.
GEFLSCHTES

60 B 2. BERTHELOT Coll. des Alchim. gr. I p. 25, 6 ,
60 B 2. BERTHELOT Coll. Alchim. gr. I p. 25, 6. Conosci, o , [II 48. 25]
[Goldmacher] ... , ,
caro, anche i nomi degli alchimisti, Platone... Teofrasto,
Archelao, Petasio etc. [Ci sono rimasti 336] giambi di un'opera . Erhalten
(Goldmacherkunst) , 336 frhbyzantinische
intitolata Dell'arte sacra [e cio dell'alchimia] del filosofo
Iamben [abgedr. Physici et med. gr. m. ed. Ideler II 343 ff.].
Archelao.
C. [II 49. 1 App.]
Berhrungen des [Hippocr.] de victu I 9. 10 und de hebdom. c. 13 mit Archelaos vermutet Fredrich Hippokr. Unters. S.
135. 139 (doch bedarf dies erneuter Prfung); ebenso des Petron von Aigina Anon. Londin. 20, 2 [II 49. 5] und
Herodikos von Selymbria ebend. 9, 34.
FRAMMENTI FALSI
DELL'ARTE SACRA [E CIO DELL'ALCHIMIA]

61. METRODORO DI LAMPSACO

61 [48]. METRODOROS VON LAMPSAKOS [II 49. 6App.]


61 A 1. PLAT. Ion p. 530 C (Ion spricht)
,

61 A 1. PLAT. Ion 530 C [parla Ione]. Ritengo di parlare su
Omero meglio di chiunque altro; n Metrodoro di Lampsaco n [II 49. 10] ,
. Vgl. XENOPH. Conv. 3, 6. SCHOL. HOM. 636.
Stesimbroto di Taso n Glaucone n alcun altro fu capace di
dire su Omero argomenti cos numerosi e belli, come me [cfr.
XENOPH. symp. 3, 6. SCHOL. HOM. Il. I 636].1*
61 A 2. DIOG. LAERT. II 11 [cfr. 59 A 1, 11]. In misura
maggiore [di Anassagora] questa indagine fu ampliata da
Metrodoro di Lampsaco, che fu suo discepolo e che per primo
indag le dottrine fisiche di Omero.
61 A 3. TATIAN. 21 p. 24, 5. E Metrodoro di Lampsaco nella
sua opera Su Omero troppo semplicisticamente discute,
interpretando tutto allegoricamente. N Era, n Atena, n Zeus,
egli dice, sono ci che credono coloro che per loro hanno
innalzato recinti e templi, ma ipostasi della natura e
disposizioni degli elementi. E cos anche Ettore ed Achille e
Agamennone e in una parola tutti i Greci e i barbari con Elena
e Paride voi dite che sono raffigurati in una lite domestica,
sebbene costituiti della stessa natura: ma non mai esistito
alcuno di questi.

61 A 2. DIOG. II 11 [oben II 6, 21] [als


Anaxagoras]
,
.
61 A 3. TATIAN. c. 21 [II 49. 15] .

.
'
,
.

[II 49. 20]


.
61 A 4. HESCH. s. v. . Allegoricamente Metrodoro 61 A 4. HESCH.
interpret Agamennone come l'etere. PHILOD. in Voll. Herc. . PHILOD. Voll. Herc. c. alt. VII 3 fr. 90
coll. alt. VII 3 fr. 90 [GOMPERZ, Wien. Sitz. Ber. h. Kl., p. [GOMPERZ, Wien. Sitz. Ber. h. Kl. 116, 14]
116, 14]. Agamennone l'etere, Achille il sole, Elena la terra, ' ,
Alessandro l'aria, Ettore la luna e cos via analogamente tutti [II 49. 25App.] , ' ,
gli altri. Quanto agli di, Demetra il fegato, Dioniso la milza, ,
Apollo la bile.
.
,
, .

61 A 5. PORPHYR. quaest. hom. ad Il. X 252, I p. 147, 18.


Metrodoro [?] dice che il termine pi [] ha due
significati in Omero: quello abituale [cfr. Od. VIII 475; Il. I
165] e quello di pieno [: cfr. Il. IV 262, II 226].

61 A 5. PORPHYR. Quaest. hom. zu. 252 ( ) I p.


147, 18 Schrad. [?] ''
' [II 49. 30App.]
, ' ,
' [ 475] '
' [ 165], [II

50. 1] '
' [ 262] ' ' [
226]. '' . Folgt
Zitat aus Chrysippos.
61 A 6. SYNCELL. chron. 140 C. I p. 282, 19. Gli
61 A 6. SYNCELLUS Chron. 140 C. I p. 282, 19 Dind.
Anassagorei interpretano gli di del mito nel senso che Zeus [II 50. 5App.]
la mente e Atena l'arte [cfr. Orph. fr. 347 Kern].
, ,
' '
[Orph. Frag. 347 K.].

62. CLIDEMO

62 [49]. KLEIDEMOS
[II 50. 7 App.]
62 A 1. ARISTOT. meteor. B 9. 370 a 10. Vi sono alcuni,
62 A 1. ARISTOT. Meteor. B 9. 370 a 10
come Clidemo, i quali affermano che il fulmine non qualcosa , ,
di reale, ma solo un'apparenza e, facendo un paragone,
, [II 50. 10]
sostengono che si tratta di un fenomeno analogo a quello che si
ha quando qualcuno percuota con una verga l'acqua del mare:
di notte infatti essa sembra che emetta bagliori; allo stesso

modo, in una nuvola, il fulmine non altro che l'apparenza del . Daraus Senec. N. Q. II 55.
bagliore quando l'umidit percossa.
62 A 2. THEOPHR. de sens. 38 [Dox. 510; tra Anassagora e 62 A 2. THEOPHR. de sens. 38 (D. 510) zwischen Anaxagoras
Diogene]. Clidemo fu l'unico a dire cose appropriate riguardo und Diogenes: .
alla vista: sostenne infatti che noi abbiamo sensazioni mediante [II 50. 15 App.]
gli occhi perch sono trasparenti; mediante le orecchie, perch '
l'aria colpendole le muove; mediante le narici, perch aspirano
l'aria, che mescolata appunto agli odori; mediante la lingua,
infine, avvertiamo i sapori, il caldo e il freddo, perch porosa.
Con ci che rimane del corpo oltre questi organi non
' ,
percepiamo alcuna sensazione, e di essi sono propriet il caldo,
l'umido e i loro contrari. Solo le orecchie, poi, per s non
, , [II 50.
giudicano nulla, ma si limitano a trasmettere all'intelletto,
20] .
anche se non fa dell'intelletto il principio di tutte le cose, come
Anassagora.
62 A 3. THEOPHR. hist. plant. III 1, 4 [dopo 59 A 117; 64 A 62 A 3. THEOPHR. H. plant. III 1, 4 [nach 59 A 117; 64 A 32]
32]. Clidemo invece sostenne che le piante risultano dagli
[nml. ]
stessi princpi da cui risultano gli animali: quanto pi essi sono , ,
fangosi e freddi, tanto pi difficile che nascano animali.
.
62 A 4. THEOPHR. de caus. plant. I 10, 3. Le piante fredde
62 A 4. THEOPHR. Caus. plant. I 10, 3
germogliano d'estate e quelle calde d'inverno, cosicch
[II 50. 25 App.]
ciascuna natura corrispondente a ciascuna stagione: questa ,
l'opinione di Clidemo.
.
62 A 5. THEOPHR. de caus. plant. III 23, 1-2. Alcuni
62 A 5. THEOPHR. Caus. plant. III 23, 1-2
esortano a seminare prima della stagione delle Pleiadi... altri
... '
quando esse calano all'orizzonte, tra i quali Clidemo:
.
sopravviene infatti grande abbondanza di acqua a partire da
... (2)
una settimana dopo quel tramonto... (2) Le semine fatte invece . [II 50. 30]
nel periodo del solstizio invernale, Clidemo dice che non sono
sicure: la terra, infatti, che bagnata e pesante diventa
'
vaporosa e assomiglia alla lana malamente intrecciata; n

possibile trarre e mandar via il vapore finch non si sia
.
riscaldata a sufficienza.
62 A 6. THEOPHR. de caus. plant. V 9, 10. Per l'abbondanza 62 A 6. THEOPHR. Caus. plant. V 9, 10
[scil.: di acqua] la vite si copre di foglie... come per lo pi per [nml. ] ...
le stesse ragioni accade che il fico si ammali di scabbia, l'ulivo ,
di impetigine e la vite perda le foglie, come dice anche
, [II 50. 35] , .
Clidemo: giacch il frutto gracile quando non maturo e cade .
facilmente dalla pianta.

63. IDEO
SEXT. EMP. adv. math. IX 360. Anassimene, Ideo di Imera,
Diogene di Apollonia e Archelao di Atene, maestro di Socrate
[sostennero che principio ed elemento di tutte le cose ] l'aria.
Cfr. ARISTOT. metaph. A 7. 988 a 23. Alcuni infatti parlarono
del principio nel senso della materia... tutti costoro si
riferiscono ad una causa di questo genere e anche quanti la
identificarono con l'aria e il fuoco o l'acqua o con un elemento
pi denso del fuoco e pi sottile dell'aria. Anche una sostanza
di questo genere infatti alcuni [Ideo ?] dissero che era
l'elemento primo di tutte le cose.1* ARISTOT. de cael. 5.
303 b 10. Alcuni supposero un solo elemento e lo
identificarono o con l'acqua o con l'aria o con il fuoco o con
qualcosa di pi sottile dell'acqua e di pi denso dell'aria; ma
quando da questo fanno derivare tutte le cose per
condensazione e rarefazione, ad essi sfugge che, cos facendo,
introducono qualcos'altro che prima di quell'elemento. Cfr.
ARISTOT. phys. A 4. 187 a 12 [12 A 16]. SIMPLIC. phys.
149, 5. Tutti costoro ammettono questo unico principio
corporeo, ma alcuni lo identificano con uno dei tre elementi:
Talete ed Ippone con l'acqua, Anassimene e Diogene con l'aria,
Eraclito e Ippaso con il fuoco (nessuno ritenne valida l'ipotesi
di identificarlo con la sola terra, per le sue scarse possibilit di
mutamento); ma altri supposero che esso fosse qualcos'altro
rispetto ai tre elementi, pi denso del fuoco e pi sottile
dell'aria, o come Aristotele dice altrove, pi denso dell'aria e
pi sottile dell'acqua. Alessandro ritiene che colui che ha
supposto come principio una natura corporea diversa dagli
elementi sia Anassimandro, mentre Porfirio, sulla base del
fatto che Aristotele oppone coloro che hanno introdotto un
sostrato materiale in modo indefinito a coloro che hanno
parlato o di uno dei tre elementi o di qualcos'altro intermedio
tra il fuoco e l'aria, dice che Anassimandro parl in modo
indefinito del sostrato materiale, giacch non definisce
specificamente l'indefinito, se fuoco o acqua o aria; quanto
poi al sostrato intermedio, Porfirio, come anche Nicolao
Damasceno, lo attribuisce a Diogene di Apollonia [64 A 5].

64. DIOGENE DI APOLLONIA

63 [50]. IDAIOS [II 51. 1 App.]


SEXT. IX 360.

. . . [nml.
]. Damit setzt man vermutungsweise den
Philosophen [II 51. 5] des in Verbindung bei
ARISTOT. metaph. A 7. 988 a 23
...
, ,
.
. ARISTOT. de caelo
5. 303 b 10
, [II 51. 10] ' , '

.

, '
,
.
ARISTOT. Phys. A 4. 187 a 12 [s. I 85, 33]. SIMPL. z. d. St.
149, 5 [II 51. 15]
, '
,
,
(
), ,
[II 51. 20]
, ,
.

,


[II 51. 25]
,

, ,
,
[64 A 5] .

, '
[II 51. 30]
' ' '
',
, '
', ,
, ,
.
64 [51]. DIOGENES VON APOLLONIA
[II 51. 35 App.]

A. VITA E DOTTRINA
A. LEBEN UND LEHRE
VITA
LEBEN
64 A 1. DIOG. IX 57
64 A 1. DIOG. LAERT. IX 57. Diogene di Apollonia, figlio di , .
Apollotemide, filosofo della natura e molto famoso. A quanto , [vgl. F.H.G. III 182], . [II

51. 40 App.] '


[II 52. 1]
[F.Gr.Hist. 228 F 42 II 970]
.
,

[II 52. 5 App.]

, ,

.
' ... ' [B
1].
64 A 2. DIOG. LAERT. VI 81 [da Demetrio di Magnesia]. Ci 64 A 2. DIOG. . VI 81 [aus Demetrios Magnes]
sono stati cinque Diogene: il primo, di Apollonia, filosofo della : [II 52. 10 App.]
natura: l'inizio del suo scritto questo: chi incomincia...
, ' ' ...
indiscusso [cfr. B 1].
' [B 1].
64 A 3. STEPH. BYZ. s. v. p. 106,13.
64 A 3. STEPHAN. s. v. p. 106, 13
Ventitreesima l'Apollonia di Creta, l'antica Eleuterna, patria ,
di Lino: di qui il filosofo della natura Diogene.
. Das phrygische Apollonia (

AELIAN. var. hist. II 31. Evemero di Messina o Diogene
Stephn. 106. 11) versteht AEL. V. H. II 31
frigio o Ippone... [catalogo degli atei].
[II 52. 15 App.]
[Katalog der ].
SCRITTI
SCHRIFT
64 A 4. SIMPLIC. phys. 151, 20. Poich molti affermano che 64 A 4. SIMPL. Phys. 151, 20
secondo le loro ricerche Diogene di Apollonia pone, al pari di
Anassimene, come primo elemento l'aria, Nicolao nel suo
,
lavoro Sugli di sostiene che egli ammise come principio

qualcosa di intermedio tra fuoco e aria ... bisogna sapere che [II 52. 20 App.] [s. oben
parecchie opere furono composte da questo Diogene (com'egli c. 63]. . .,
stesso ricorda nel libro Sulla natura, quando dice d'avere scritto (
anche Contro i fisici, che egli pure chiama sofisti, e d'avere
composto una Meteorologia, in cui dice d'avere parlato del
,
principio, e anche Della natura dell'uomo) ma nel libro Sulla , ,
natura, l'unico tra i suoi giunto fino a me, si propone di
),
dimostrare con molti argomenti che nel principio da lui posto , [II 52. 25] ,
c' molta intelligenza [cfr. B 3-5].
, '
... [vgl. B 3-5] . . . vgl. II
59, 15.
DOTTRINA
LEHRE
dice Antistene [F.H.G. III 182] fu discepolo di Anassimene.
Visse ai tempi di Anassagora. Demetrio Falereo nell'Apologia
di Socrate [F.Gr.Hist. 228 F 42 II 970] dice che, a causa della
grande invidia suscitata, poco manc che rischiasse la vita in
Atene. Ecco i punti fondamentali del suo pensiero: l'elemento
originario l'aria, i mondi sono infiniti e il vuoto infinito: l'aria
condensandosi e rarefacendosi produttrice dei cosmi: niente
viene dal non essere n si distrugge nel non essere: la terra
rotonda, saldamente collocata al centro, avendo raggiunto la
sua costituzione in forza del movimento circolare dovuto al
caldo e del congelamento dovuto al freddo. L'inizio della sua
opera il seguente: chi incomincia ... e sobria [cfr. B 1].

DIOG. LAERT. V 42. G [Teofrasto] ha lasciato anche lui


moltissimi libri... sono questi ... / Raccolta delle Sentenze di
Diogene in un libro. SIMPLIC. phys. 25, 1 [THEOPHR. phys.
opin. fr. 2; Dox. 477]. Diogene di Apollonia, che fu forse
l'ultimo di quanti si occuparono di tali problemi, ha scritto il
pi delle sue opere raccogliendole parte da Anassagora e parte
da Leucippo. Anch'egli dice che la natura del tutto aria,
infinita e eterna, e che da questa in seguito a condensazione o
rarefazione o mutazione di qualit si producono le altre cose
nelle loro forme. Cos si esprime Teofrasto a proposito di
Diogene e il suo libro intitolato Sulla natura giunto fino a me
dice apertamente che l'aria ci da cui tutto il resto si produce.
Ma Nicolao asserisce che egli pose come elemento qualcosa di
intermedio tra fuoco e aria. Costoro ritennero che l'aria per
essere facilmente impressionabile e alterabile ben si adattasse
ai cambiamenti e perci non pensarono affatto di porre come
principio la terra che difficilmente si muove e difficilmente si
muta. In tal modo dunque si distinguono quelli che pongono

DIOG. LAERT. V 42. G


,
.
... / , SIMPL. Phys. 25, 1
(D. 477 THEOPHR. Phys. Opin. fr. 2) . [II 52. 30
App.] ,
,
,

,

.
, [II 52. 35]

. [s. II 51, 27]

.

unico il principio.

64 A 6. [PLUTARCH.] strom. 12 [Dox. 583]. Diogene


d'Apollonia pone come elemento l'aria e [dice] che tutte le cose
si muovono e che infiniti sono i mondi. Costruisce il mondo in
tal guisa: poich il tutto si muove e da una parte si raref e
dall'altra si condensa, dove il denso si raccolse in massa, fece
la terra e cos le altre cose nello stesso modo: le parti pi
leggere, guadagnata la zona alta, formarono il sole.

[II 53. 1]

.
64 A 6. [PLUT.] Strom. 12 (D. 583) . .

. [II 53. 5
App.]
,
,

.
64 A 7. AT. I 3, 26 (D. 289) .
[nml. ] Vgl. 13 A 4 (I 91, 10).
ARISTOT. de gen. et corr. A 6. 322 b 12 [II 53. 10]
, .,
,
' ,

, .

64 A 7. AT. I 3, 26 [Dox. 289]. Diogene d'Apollonia disse


principio l'aria infinita [cfr. 13 A 4]. ARISTOT. de gen. et
corr. A 6. 322 b 12. Eppure bisogna dire che le cose sono
prodotte da un unico principio e giustamente afferma Diogene
che, se tutte le cose non venissero da un unico principio, non
sarebbe possibile l'agire e il patire reciproco come, ad esempio,
che il caldo si raffreddi e questo poi si scaldi, perch non il
calore n il freddo che si trasformano tra loro, ma ovviamente
il sostrato.
64 A 8. PHILOD. de piet. c. 6 b p. 70 [Dox. 536]. Diogene
64 A 8. PHILOD. de piet. c. 6 b (D. 536) .
esalta Omero perch parla del divino non in maniera favolosa [II 53. 15 App.] '
ma verace: dice infatti che secondo Omero Zeus l'aria poich .
afferma che Zeus sa tutto. CICER. de nat. d. I 12, 29. E poi? , . CIC. de d. nat. I 12,
L'aria che Diogene di Apollonia considera dio, quale sensibilit 29 quid? aer quo D. Apolloniates utitur deo, quem sensum
pu avere o quale forma divina? AT. I 7, 17 [Dox. 302].
habere potest aut quam formam dei? AT. I 7, 17 (D. 302)
Diogene [d'Apollonia] e Cleante ed Enopide [dicono dio]
[nicht der Stoiker, der in den Placita nicht vorkommt]
l'anima del mondo [cfr. 13 A 23]. AUGUSTIN. de civ. D. VIII [nml.
2 [Dox. 174]. Anche Diogene, l'altro discepolo [insieme ad
[II 53. 20] ] vgl. oben 13 A 23 (I 94, 38).
Anassagora] di Anassimene, disse certo che l'aria la materia AUGUSTIN. de civ. d. VIII 2 (D. 174) D. quoque Anaximenis
delle cose, da cui tutte le cose derivano, ma la dot di ragione alter auditor [neben Anaxagoras] arem quidem dixit rerum
divina perch senza questa niente poteva derivarne. [Di qui
esse materiam, de qua omnia fierent sed eum esse compotem
deriva SID. APOLL. c. 15, 91.]
divinae rationis, sine qua nihil ex eo fieri posset. [Daraus
SIDON. AP. c. 15, 91.] Vgl. B 8. 68 B 30.
64 A 9. ARISTOT. meteor. B 2. 355 a 21. Lo stesso assurdo
64 A 9. ARISTOT. Meteor. B 2. 355 a 21 [II 53. 25] '
cpita a costoro1* e a quanti dicono che dapprincipio anche la
terra era umida e che la parte del cosmo intorno alla terra
,
riscaldata dal sole divent aria, che il cielo tutto quanto ne fu ,
accresciuto e che quest'aria produce i venti e causa le
,
conversioni del cielo stesso.
.
64 A 10. AT. II 1, 3 [Dox. 327]. Diogene [disse] che infiniti 64 A 10. AT. II 1, 3 (D. 327; s. oben I 86, 16) . ...
mondi [nascono e si distruggono] nell'infinito in ogni
[II 53. 30 App.]
direzione. AT. II 1, 6 [Dox. 328]. Diogene e Melisso dissero [sc. ]. AT. II 1, 6 (D.
che il tutto infinito, che il cosmo ha invece dei limiti. AT. II 328) . ,
4, 6 [Dox. 331]. Anassimandro ... Diogene e Leucippo dissero . AT. II 4, 6 (D. 331) ... .,
che il mondo corruttibile [cfr. 13 A 11].
. Vgl. 13 A 11 (I 93, 16).
64 A 11. AT. II 8, 1 [Dox. 337]. Cfr. 59 A 67.
64 A 11. AT. II 8, 1 (D. 337) ber die .
Vgl. oben II 22, 11.
64 A 12. AT. II 13, 5 [Dox. 341]. Diogene [dice che] gli astri 64 A 12. AT. II 13, 5 (D. 341 f.) . ,
sono simili alla pietra pomice e li ritiene respiri del cosmo.
[II 53. 35] .
Sono infocati. Insieme agli astri visibili sono trascinate in giro .
anche pietre invisibili che per questo non hanno nome. Talvolta ' '
cadono sulla terra e si spengono come quel bolide di pietra

precipitato gi nell'Egospotami tutto infocato [cfr. 59 A 11 . Vgl. 59
12].
A 11-12.
64 A 13. AT. II 20, 10 [Dox. 349]. Diogene [dice che] il sole 64 A 13. AT. II 20, 10 (D. 349) . ,
simile a una pietra pomice e che in esso si fissano i raggi che [II 53. 40] .
vengono dall'etere. AT. II 23, 4 [Dox. 353]. Diogene [dice
AT. II 23, 4 (D. 353) .
che] il sole spento dal freddo che si scontra nel caldo.
.
64 A 14. AT. II 25, 10 [Dox. 356]. Diogene [dice che] la luna 64 A 14. AT. II 25, 10 (D. 356) [II 54. 1 App.] .

una massa infocata dall'aspetto di pietra pomice.


.
64 A 15. AT. III 2, 8 [Dox. 367]. Diogene [dice che] le
64 A 15. AT. III 2, 8 (D. 367) .
comete sono astri.
.
64 A 16. AT. III 3, 8 [Dox. 368]. Diogene [dice che] il cadere 64 A 16. AT. III 3, 8 (D. 368) .
del fuoco in una nuvola umida produce col suo spegnersi il
, ,
tuono, col suo risplendere il lampo: ne concausa il vento.
. SEN. Nat. qu. II 20
SENEC. nat. quaest. II 20. Diogene di Apollonia dice che
[II 54. 5] D. Apolloniates ait quaedam tonitrua igne, quaedam
alcuni tuoni sono prodotti dal fuoco, altri dall'aria: i primi li
spiritu fieri illa ignis facit, quae ipse antecedit et nuntiat illa
produce il fuoco, quelli che esso precede e annunzia, gli altri spiritus, quae sine splendore crepuerunt.
l'aria, quelli che rumoreggiano senza bagliori.
64 A 16 a. SCHOL. BASIL. cod. Marc. 58. Diogene di
64 A 16 a. SCHOL. BASIL. cod. Marc. 58 .
Apollonia [sostiene che] la terra portata dall'aria.
. Vgl. unten C 2.
64 A 17. ALEX. meteor. 67, 1. Dice dei fisici: costoro fanno 64 A 17. ALEX. in Meteor. 1 (zu p. 353a 32) p. 67, 1
iniziare la generazione dal mare, ma non ritengono, come i
Hayduck [II54. 10 App.]
teologi, ch'esso sia ingenerato e con proprie sorgenti. Alcuni di , '
loro ritengono che il mare sia il residuo dell'umidit originaria: , .
infatti la zona intorno alla terra era umida e poi una parte di

quest'umidit evapor sotto l'azione del sole e ne vennero i
.
venti e le rotazioni del sole e della luna, come se anche questi
compissero le loro rivoluzioni a causa di tali vapori ed
[II 54. 15 App.]
esalazioni e si volgessero in quei luoghi dove ce n' in
,
abbondanza. Quel che di tale umidit rimasto nelle zone cave
della terra mare: perci diventa sempre pi piccolo,
, ,
disseccato di continuo dal sole e alla fine sar del tutto asciutto.
Di quest'opinione erano Anassimandro [12 A 27] e Diogene, a
quanto attesta Teofrasto [phys. opin. fr. 23; Dox. 494]. Diogene
indica una causa anche della sua salinit e cio che, traendone . , [II 54. 20
il sole quel che dolce, ci che resta e permane di necessit si App.] [Phys. Opin.fr. 23; D. 494],
trova ad essere salato.
. .
,
.
Vgl. ebend 73, 22. Auerdem vgl. Hippocr. de are aqu. loc. 8
(CMG I, 1 p. 62, 11). Porphyr. zu Hom. 53. 54 p. 161 Schr.
64 A 18. SCHOL. APOLLON. RHOD. IV 269 [Dox. 228].
64 A 18. SCHOL. APOLLON. RHOD. IV 269 (D. 228) [II 54.
Diogene di Apollonia dice che l'acqua del mare sollevata dal 25 App.] . .
sole e poi scaricata nel Nilo: infatti ritiene che il Nilo si gonfia ,
d'estate perch il sole convoglia in esso l'umidit tratta su dalla
terra. SENEC. nat. quaest. IV a 2, 28-30. (28) Diogene di
. SENEC. N. quaest. IV
Apollonia dice: Il sole trae a s l'umidit che la terra arsa
a 2, 28 ff. D. Apolloniates ait sol humorem ad se rapit hunc
prende dal mare e dalle altre acque. Ora impossibile che una adsiccata tellus ex mari ducit, tum ex ceteris [II 54. 30 App.]
terra ne sia affatto priva, l'altra ne abbondi. In effetti tutte le
aquis. fieri autem non potest, ut una sicca sit tellus, alia
terre sono permeabili e in comunicazione tra loro e quelle
abundet. sunt enim perforata omnia et invicem pervia, et sicca
secche prendono l'umidit da quelle umide: in caso contrario, ab humidis sumunt. alioquin, nisi aliquid terra acciperet,
se la terra non la ricevesse, si sarebbe inaridita. Perci il sole exaruisset. ergo undique sol trahit, sed ex his, quae premit,
trae tale umidit da ogni parte, ma soprattutto dalle terre su cui maxime haec meridiana sunt. (29) terra, cum exaruit, plus ad
batte e sono quelle esposte a mezzogiorno. (29) Quando la terra se humoris adducit. ut in lucernis oleum illo fluit, ubi [II 54. 35
arsa l'attira a s in maggiore quantit. Come nelle lucerne
App.] exuritur, sic aqua illo incumbit, quo vis caloris et terrae
l'olio corre l dove si brucia, cos l'acqua si porta l dove la
aestuantis arcessit. unde ergo trahit? ex illis scilicet partibus
vampa del caldo e della terra ardente la sollecita. Da dove,
semper hibernis septentrionales exundant. ob hoc Pontus in
dunque la prende? Naturalmente da quelle parti in cui c'
infernum mare assidue fluit rapidus [II 55. 1 App.] (non ut
sempre inverno: le parti settentrionali ne hanno in abbondanza. cetera maria alternatis ultro citro aestibus) in unam partem
Per questo il Ponto scorre sempre rapido nel mare meridionale semper pronus et torrens. quod nisi factis itineribus quod
(perch non soggiace come gli altri mari all'alternanza del
cuique deest redderetur, quod cuique superest emitteretur, iam
flusso e del riflusso) spingendosi impetuoso sempre in un'unica aut sicca essent omnia aut inundata. (30) interrogare
direzione. Ch, se per queste strade non si restituisse a ciascuna Diogenem libet, quare, cum pertusa sunt cuncta et invicem [II
terra quel che le manca e non si espellesse quel che ciascuna ha 55. 5 App.] commeant, non omnibus locis aestate maiora sint
di troppo, gi tutte sarebbero o disseccate o infradiciate. (30) flumina. Aegyptum sol magis percoquit, itaque Nilus magis
Ora, poich tutte le terre sono porose e in comunicazione tra
crescit.
loro, si potrebbe chiedere a Diogene perch non in ogni luogo i
fiumi d'estate sono pi abbondanti di acqua. Il sole brucia di
pi l'Egitto e perci il Nilo cresce di pi.

64 A 19. THEOPHR. de sens. 39 sgg. [Dox. 510]. (39)


64 A 19. THEOPHR. de sens. 39ff. (D. 510) . '
Diogene, come il vivere e il pensare, cos anche le sensazioni
riporta all'aria. Parrebbe quindi che egli le spieghi mediante il (
simile (perch non sarebbe possibile che le cose agissero o
, )
patissero se non derivassero tutte da un unico principio). Cos [II 55. 10 App.]
la sensazione olfattiva mediante l'aria che circonda il cervello:
quest'aria compatta e commisurata all'odore: il cervello
, '
molle, le sue vene sottilissime, e dove la disposizione dell'aria , [?]
non commisurata [agli odori] non si mescola ad essi, poich, , .
se ci fosse una disposizione commisurata alla mescolanza,
(40) ' ,
chiaro che avrebbe percezione. (40) La sensazione uditiva,
. []
quando l'aria che sta nelle orecchie mossa da quella esterna
[II 55. 15 App.] ,
penetra fino al cervello. La sensazione visiva, quando le

immagini si presentano alla pupilla e questa mescolandosi con ,
l'aria interna produce la sensazione. Ed eccone il segno: se si ' .
verifica un'infiammazione delle vene, [la pupilla] non si
.
mescola pi con l'aria interna e non vede pi, nonostante la
.
presenza dell'immagine. La sensazione gustativa mediante la ,
lingua, perch molle e morbida. Quanto al tatto, egli non ha . [II 55. 20 App.] (41)
definito niente n come si genera n a quali organi appartiene.
Invece dopo ci cerca di dire perch succede che talune

sensazioni sono pi esatte e chi le possiede. (41) L'olfatto, egli
dice, acutissimo in quelli che hanno pochissima aria nella

testa perch allora la mescolanza rapidissima, tanto pi se

l'odore viene trascinato attraverso un condotto piccolo e stretto
- perch cos giudica pi rapidamente: per questo alcuni
. ' , [II 55.
animali sono dotati di odorato pi sottile che gli uomini.
25 App.] ,
Nondimeno, quando l'odore commisurato all'aria in maniera
conveniente alla mescolanza, l'uomo ha sensazioni vivacissime.
Ascoltano nel modo pi acuto coloro che hanno vene sottili , . ,
come per l'odorato, cos anche per l'udito hanno un condotto

breve, sottile e retto e inoltre l'orecchio diritto e grande, perch . (42) '
l'aria che nelle orecchie messa in movimento muove l'aria
,
interna. Se invece i condotti sono troppo grandi, quando l'aria , [II 56. 1 App.]
mossa, viene fuori un rimbombo e il suono inarticolato
. '
perch non si scontra con aria ferma. (42) Vedono nel modo
'
pi acuto quanti hanno aria e vene sottili, come a proposito
, ' .
delle altre sensazioni, e quanti hanno l'occhio pi luminoso.
, ,
Meglio di tutti appare il colore opposto: perci chi ha occhi
' '
neri vede di giorno e di preferenza le cose lucenti, chi li ha di . [II 56. 5 App.] (43)
colore contrario di notte. E un segno che ad avere le sensazioni
l'aria interna, piccola parte di dio, che spesso, quando

abbiamo la mente ad altro, non vediamo n ascoltiamo. (43)
,
Piacere e dolore nascono in questo modo: quando molta aria si
unisce al sangue ed essendo conveniente alla sua natura e
, .
penetrando in tutto il corpo l'alleggerisce, si ha piacere: quando .
invece contraria alla natura del sangue e non si mescola,
[II 56. 10 App.]
allora, condensandosi il sangue e diventando pi debole e

compresso, si ha dolore. Ugualmente per l'audacia, la salute e i ' ,
loro contrari. Adattissima a giudicare il piacere la lingua,
,
perch la parte pi morbida e molle e tutte le vene salgono ad .
essa: perci in essa si scorgono moltissimi indizi di malattie e . (44) ', ,
le denunciano i colori dei vari animali, perch quanti e quali

essi sono, vi appaiono tutti. Cos dunque e per questo si
[II 56. 15 App.]
produce la sensazione. (44) Il pensare, come si detto, avviene
mediante l'aria pura e secca: infatti l'umidit ostacola la mente: , ,
per questo durante il sonno o negli stati di ubriachezza o di

saziet si pensa di meno. E una prova che l'umidit toglie la
.
mente si ha in ci, che gli altri animali sono inferiori all'uomo ,
nell'intelligenza: essi infatti respirano l'aria che viene dalla terra , ,
e hanno un cibo pi umido. Gli uccelli respirano s aria pura, [II 56. 20

ma hanno una natura simile a quella dei pesci, perch sono di App.] , '
carne dura e l'aria non pu penetrare attraverso tutto il corpo
ma si ferma all'addome: perci digeriscono rapidamente il cibo, .
ma non hanno intelligenza. Vi contribuiscono in parte oltre il
cibo anche la bocca e la lingua, perch gli animali non possono . (45) '
stare insieme.2* Altrettanto prive di pensiero sono le piante
,
perch non hanno cavit e non possono accogliere l'aria. (45) , [II 56.
Per questo stesso motivo anche i fanciulli non sono assennati: 25 App.]
infatti hanno molta umidit, sicch l'aria non pu penetrare in
tutto il corpo, ma bloccata intorno al petto: per questo sono
indolenti e dissennati. E poi sono irosi e del tutto instabili e

mobilissimi per il fatto che molta aria mossa da piccoli petti.
E questo anche il motivo dell'oblio: poich l'aria non pu
, ,
passare attraverso tutto il corpo, non pu raccogliersi. Ed ecco . Vgl.
il segno: chi si sforza di ricordare sente la difficolt nel petto: ARISTOPH. [II 56. 30] Thesm. 14ff.
quando poi ha ricordato l'aria si spande ed egli liberato dal
tormento [cfr. ARISTOPH. Thesm. 14 sgg.].
64 A 20. ARISTOT. de an. A 2. 405 a 21. Per Diogene, come 64 A 20. ARISTOT. de anima A 2. 405 a 21 . '
anche per taluni altri, l'anima aria, giacch, secondo lui, l'aria [n. ],
la pi sottile di tutte le cose e il principio: per ci l'anima

conosce e muove: in quanto la prima cosa, da cui procede il ,
resto, conosce, in quanto la pi sottile, atta a muovere.
[II 57. 1 App.] , ,
AT.IV 7, 1 [Dox. 392 n.]. Pitagora, Anassagora e Diogene
, . AT. IV 7, 1 (D. 392 not.)
dissero che l'anima indistruttibile. AT. IV 5, 7 [Dox. 391]. . ...
Diogene dice che la parte principale dell'anima nella cavit . Ebenda IV 5, 7 (D. 391)
arteriosa del cuore che piena d'aria.
, [n.
].
64 A 21. AT. IV 16, 3 [Dox. 406]. Diogene dice che [si ha
64 A 21. AT. IV 16, 3 (D. 406) [II 57. 5] .
sensazione uditiva] quando l'aria che nella testa colpita e

messa in movimento dalla voce.
[nml. ].
64 A 22. AT. IV 18, 2 [Dox. 407]. Diogene pensa che,
64 A 22. AT. IV 18, 2 (D. 407) .
siccome la lingua morbida e molle e in essa si raccolgono le
vene dal corpo, i sapori si spargono e vengono portati alla

sensazione e cio alla parte principale dell'anima, come da una
spugna.3*
.
64 A 23. AT. IV 9, 8 [Dox. 397]. Gli altri dicono che gli
64 A 23. AT. IV 9, 8 (D. 397) [II 57. 10 App.]
oggetti percepiti esistono per natura, mentre Leucippo,
,
Democrito e Diogene per uso e cio secondo l'opinione e le
, '
condizioni in cui ci troviamo. G E che niente c' di vero n di . G '
comprensibile al di fuori dei primi elementi, gli atomi e il
,
vuoto. Questi soli esistono per natura, mentre le cose che ne
, ' ,
derivano, differenti per posizione, ordine e figura, sono tutte
, . / Das Folgende [67 A
opere del caso.4*/
32] bezieht sich nur auf die Erstgenannten.
64 A 24. CLEM. ALEX. paedag. I 6, 48 [I 119, 2]. Alcuni
64 A 24. CLEM. Paedag. I 6, 48 [I 119, 2 St.]
suppongono che anche il seme dell'essere vivente nella sua '
essenza schiuma [] del sangue che, agitato e infiammato , [II 57. 15 App.]
durante il coito del maschio, schiumeggia e si posi nei canali
spermatici. Di qui Diogene di Apollonia vuole che prendano
nome i piaceri afrodisiaci [ = ; cfr. B 6].
. .
. Vgl. B 6.
64 A 25. ARISTOPH. BYZ. epit. hist. anim. I 78. Sbaglia
64 A 25. ARISTOPHANES epit. hist. anim. I 78 [Suppl. Arist.
Diogene di Apollonia nel dire che il feto nutrito dai
I 1 p. 23, 13]
cotiledoni che sono nell'utero. [cfr. 38 A 17 e ARISTOT. de
[II 57. 20]
gen. anim. B 7, 746 a 19].
. CENSOR. 6, 3 [oben I 387, 21] Vgl.
ARISTOT. de gen. anim. B 7, 746 a 19 (68 A 144).
64 A 26. CENSORIN. de d. nat. 9, 2. Diogene di Apollonia
64 A 26. CENSOR. 9, 2. D Apolloniates qui masculis corpus
vuole che il corpo dei maschi si formi in quattro mesi, quello ait quattuor mensibus formari et feminis quinque. Vgl. B 9.
della donna in cinque [cfr. B 9].
64 A 27. CENSORIN. de d. nat. 5, 4 [Dox. 190]. ... se il parto 64 A 27. CENSOR. 5, 4 (D. 190) utrumne ex patris
nasca soltanto dal seme paterno, come vuole Diogene... o
tantummodo semine partus [II 57. 25 App.] nascatur, ut D....,

anche da quello della madre. CENSORIN. de d. nat. 6, 1.


an etiam ex matris. CENSOR. 6, 1 . Apoll. ex umore primum
Diogene di Apollonia che dall'umido in primo luogo si forma la carnem fieri existimavit, tum ex carne ossa nervosque et
carne e che poi dalla carne nascono le ossa, i nervi e le altre
ceteras partes enasci.
parti.
64 A 28. AT. V 15, 4 [Dox. 426]. Diogene dice che i fanciulli 64 A 28. AT. V 15, 4 (D. 426) .
nascono senza anima e caldi: perci il caldo innato, appena il , [?]
bambino stato tratto fuori, trae a s nel polmone il freddo.

.
64 A 29. AT. V 24, 3 [Dox. 436]. Secondo Diogene se il
64 A 29. AT. V 24, 3 (D. 436) [II57. 30 App.] .
sangue, diffondendosi dappertutto, riempie le vene e respinge ,
l'aria in esse contenuta verso il petto e di sotto nel ventre, si

produce il sonno e il tronco diventa pi caldo: se poi tutta l'aria ,
si ritira dalle vene, sopraggiunge la morte.

, .
64 A 29 a. [GALEN.] de humor. XIX 495 Khn. Inoltre dal
64 A 29 a. [GALEN.] de humor. XIX 495 K.
colore si conosce la prevalenza cos dell'umore come anche
[II 57. 35 App.] []
della malattia. Ed questa, non meno delle diagnosi pi
.
importanti, accuratissima, riguardata da Diogene e dai saggi del
suo tempo come una mantica. In realt quegli studiosi
[II 58. 1 App.] '
parlarono a lungo dei colori, distinguendo le malattie dai
.
diversi colori e chiamarono eritrocroi [di color rosso] i
,
sanguigni, pirrocroi [di color fuoco] quelli che hanno in
,
abbondanza umore amaro, melanocroi [di colore nero] quelli ,
che hanno umore nero, leucocroi [di colore bianco] i
, , ,
flemmatici e in rapporto a questi dissero le malattie eritrocroe, [II 58. 5 App.] ,
pirrocroe, melanocroe e leucocroe: trascurando poi, non so

perch, i molti indizi dell'arte, anche quelli che soprattutto
'
possono offrire una precisa diagnosi del male, riportarono ai

soli colori la diagnosi completa dell'infermit.

,
.
64 A 30. AT. V 20, 5 [Dox. 432]. Diogene dice che gli
64 A 30. AT. V 20, 5 (D. 432) . [nml.
animali partecipano di intelligenza e di aria, ma che siccome ] [II 58. 10 App.] ,
non ragionano n percepiscono, alcuni per la densit, altri per ,
l'abbondanza dell'umidit, si trovano in condizione molto

simile ai folli, essendo stravolta la parte principale dell'anima .
loro.
64 A 31. ARISTOT. de respir. 2. 471 a 3. Secondo Diogene, 64 A 31. ARISTOT. de respir. 2. 471 a 3 [nach 59 A 115] . '
quando [i pesci] mandano via l'acqua attraverso le branchie, per [nml. ]
mezzo del vuoto che hanno in bocca trascinano aria dall'acqua [II 58. 15]
che circonda la bocca come se nell'acqua ci fosse aria...

ARISTOT. de respir. 2. 471 b 12. E per quale motivo all'aria ... ARISTOT. de respir. 2. 471 b 12 '
muoiono e li si vede sobbalzare quasi fossero soffocati, se

vero che respirano? Ch non lo fanno certo per mancanza di
, ;
cibo. Ma la causa che Diogene reca davvero inconsistente.
. . ,
Dice che quando sono all'aria ne traggono troppa, quando
,
invece sono nell'acqua ne traggono una quantit giusta: per
, ' .
questo muoiono.
64 A 32. THEOPHR. hist. plant. III 1, 4. Diogene dice [che
64 A 32. THEOPHR. Hist. pl. III 1, 4 [nach 59 A 117] [II 58.
l'aria produce le piante] quando l'acqua imputridisce e si
20 App.] .
mescola alla terra.
[sc. ].
64 A 33. ALEX. quaest. II 23. [II 73, 11. Sulla pietra di
64 A 33. ALEX. Quaest. II 23 ( ,
Eracle: perch trae a s il ferro]. Diogene di Apollonia
) [II 73, 11 Bruns] . .
dice che tutti i metalli duttili per loro propria natura
'
mandano fuori da s dell'umidit e ne traggono dall'esterno, ,
quali pi, quali meno: moltissima ne mandano fuori il
[II 58. 25 App.] ,
bronzo e il ferro e ne indizio il fatto che una loro parte si '
brucia e si consuma nel fuoco e che, cosparsi di aceto e di ,
olio, si arrugginiscono - subiscono tale fenomeno perch

l'aceto trae a s la loro umidit. E infatti l'uno, il fuoco,
. , ,

brucia l'umidit che ne trasuda, l'altro [l'aceto], penetrando ,


in ogni parte, trae a s e consuma l'umidit che c' in essi. [II 58. 30 App.] .
Mentre dunque il ferro trae a s l'umidit e pi ne manda

fuori, la calamita che pi rada e terrosa del ferro, trae a s
dall'aria che la circonda pi umidit di quanto non ne mandi .
fuori: trae dunque e accoglie in s quel che le congenere, ,
respinge quel che non le congenere. Ora congenere ad . ' ,
essa il ferro, per ci dal ferro essa trae e accoglie in s e,
,
traendo l'umidit, anche il ferro trascina a s, proprio in

forza di quell'attrazione completa esercitata sull'umidit che [II 58. 35 App.] ,
sta nel ferro: non cpita mai per che il ferro attragga la
'
calamita, n che il ferro sia cos poroso da poter accogliere '
tutt'intera l'umidit che vien dalla calamita.
.
B. FRAMMENTI
[II 59. 1] B. FRAGMENTE
SULLA NATURA

64 B 1. DIOG. LAERT. IX 57. Il principio del suo libro questo: Diels urteilte: Die Selbstzitate des Diogenes [A 4] beziehen sich
alle auf dieselbe Schrift, die in hellenistischer Zeit in mindestens
zwei Bcher [II 59. 5] geteilt wurde.
Chi incomincia un qualunque discorso, mi pare necessario che
scheint Hinweisung auf [vgl. B 9]; ob im Anfang desselben
offra un inizio indiscusso e una spiegazione poi semplice e
oder in einem besondern (dritten) Buche die behandelt
sobria.
waren, ist unsicher. Vgl. E. Krause Diog. v. Ap. I 7 (Progr.
Gnesen 1908). Dazu vgl. aber jetzt Theiler a. O. S. 6f.
64 B 1 [1 Panzerbieter]. DIOG. IX 57 [s. A 1. 2]
[II 59. 10 App.]

,
.

64 B 2-5. SIMPLIC. phys. 151, 28. Nel libro Sulla natura, l'unico 64 B 2-5. SIMPL. Phys. 151, 28 [vgl. A 4]
tra i suoi giunto fino a me, si propone di dimostrare con molti
, ,
argomenti che nel principio da lui posto c' molta intelligenza.
' [II 59. 15 App.]
Subito dopo il proemio [B 1] scrive:
.
[B 1]
2.
2. Per dirla insieme, mi pare che tutte le cose risultano
dall'alterazione della stessa cosa e sono la stessa cosa. E questo .
chiaro: infatti, se le cose che sono adesso in questo mondo, terra, [II 59. 20
App.] ,
acqua, aria e fuoco e tutte le altre, quante si vedono esistere in
questo mondo, dunque, se una di queste fosse diversa dall'altra ,
perch diversa per sua propria natura e non fosse lo stesso che si , ,
,
muta in molte forme e si altera, non si potrebbero affatto
[II 60. 1 App.] ,
mescolare tra loro, n all'una utilit o rovina, n mai pianta
potrebbe nascere dalla terra n animale n alcun altro essere se
non fossero composte in modo da essere lo stesso. Piuttosto tutte , '
queste cose nascono ora in una forma ora in un'altra in quanto si ,
. [II 60. 5]
alterano dallo stesso e in esso ritornano.

.
Anch'io, quando m'imbattei in queste prime parole, pensai che

egli volesse alludere al sostrato comune al di l dei quattro
,
elementi, dal momento che dice che questi non potrebbero n
mescolarsi tra loro n mutarsi l'uno nell'altro se uno di essi fosse ,
il principio, con una sua propria natura, e non soggiacesse a tutti , [II 60. 10
App.] , ' .
uno stesso sostrato dal quale tutte le cose derivano per
alterazione. In seguito, per, dopo avere dimostrato che in questo ,
principio c' molta intelligenza, dice:
3 [4 a]. , ,
, ,
3. Infatti non sarebbe possibile senza intelligenza una divisione [II
tale che di ogni cosa la misura realizzi, e d'inverno e d'estate, e di 60. 15 App.] ,
notte e di giorno, e di piogge e di venti e di sereni: e tutte le altre ,
cose, se uno vuole esaminarle, le trover disposte nel miglior
modo possibile.
,
, , ,
Aggiunge che anche gli uomini e le altre creature da questo

principio, e cio dall'aria, e vivono e hanno l'anima e il pensiero.
Dice cos:
4 [4 b]. . [II 60.
4. Ci sono inoltre anche questi indizi importanti. Gli uomini e le
altre creature vivono respirando l'aria. Essa per loro anima e
pensiero, come si dimostrer chiaramente in quest'opera, e se
essa s'allontana, l'uomo muore e il pensiero l'abbandona.

20]
. , [II
61. 1 App.] ,
,
.

Dopo un po' aggiunge chiaramente:


'
5. Mi sembra che sia dotato d'intelligenza quel che gli uomini
chiamano aria, che tutti siano da esso governati e che tutti esso 5 [6].
domini. Questo stesso mi sembra che sia dio e giunga dovunque e [II 61. 5 App.] ,
tutto disponga e in tutto sia. E non c' niente che non ne partecipi:
tuttavia niente ne partecipa in modo uguale, questo come quello,
ma molti sono i modi e dell'aria e dell'intelligenza. Poliforme
.
essa , pi calda e pi fredda, pi asciutta e pi umida, pi ferma
o dotata di pi veloce movimento: e ci sono in essa molte altre
[ 61. 10 App.] ,
differenziazioni e un numero infinito di sapori e di odori. E di

tutti i viventi l'anima la stessa cosa, aria pi calda di quella
,
esterna in cui viviamo, ma molto pi fredda di quella che sta

presso il sole. Per questo calore non uguale in nessun essere ,
vivente (come neppure in un uomo rispetto all'altro) e differisce . [II 61. 15]
non molto, ma in modo che rimangano simili. Tuttavia nessuna ,
delle cose che si differenziano pu divenire perfettamente uguale ,
all'altra, senza diventare la stessa. Poich la differenziazione
. [II 62. 1 App.]
multiforme, multiformi devono essere anche gli esseri viventi e (

molti e, dato il gran numero delle differenziazioni, non simili


l'uno all'altro n per forma n per condotta di vita n per
intelligenza. Eppure tutti per la stessa cosa vivono e vedono e
odono, e dalla stessa cosa tutti hanno intelligenza differente.

), , '
.
,
[II 62. 5] .


.
,
[II 62. 10] .
64 B 6. SIMPLIC. phys. 153, 13. In seguito [dopo B 5]
64 B 6 [7]. SIMPL. Phys.153, 13 [nach B 5]
dimostra che il seme degli animali ricco d'aria, e che i

pensieri sono prodotti dall'aria, la quale col sangue pervade

tutto il corpo mediante le vene, l dove presenta un'accurata
,
descrizione delle vene. In questa parte egli dice chiaramente
.
che quel che gli uomini dicono aria il principio. ARISTOT. , [II 62. 15 App.]
hist. anim. 2. 511 b 30. Diogene di Apollonia dice questo: le , . ARISTOT. Hist. anim.
vene nell'uomo... schiumoso. VINDICIAN. q. d. 1 sgg. [Fr. d. 2. 511 b 30 . . ' ...
gr. Aerzte ed. Wellmann I 208, 2]. Alessandro detto Amante '. VINDICIAN. q. f. 1 ff. [M. Wellmann Fr. d. gr.
del Vero [il Filalete] discepolo di Asclepiade nel libro primo rzte I 208, 2] Alexander Amator veri [d. i. ]
Sul seme sostiene che l'essenza del seme la schiuma del
appellatus, discipulus Asclepiadis libro primo De semine
sangue, accettando la veduta di Diogene... (3) Similmente
spumam sanguinis eius essentiam dixit Diogenis placitis
Diogene di Apollonia nel libro Sulla natura disse che l'essenza consentiens ... (3) Diogenes autem Apolloniates [II 62. 20
del seme la schiuma del sangue: infatti l'aria attirata nel
App.] essentiam <seminis> similiter spumam sanguinis dixit
corpo mediante la respirazione fa sollevare il sangue di cui una libro physico etenim spiratione adductus spiritus sanguinem
parte assorbita dalla carne, l'altra, che in eccedenza, cade
suspendit, cuius alia pars carne bibitur alia superans in
nelle vie seminali e produce il seme, il quale altro se non
seminales cadit vias et semen facit quod <non> est aliud
schiuma di sangue agitato dall'aria [cfr. A 24].
quam spuma sanguinis spiritu collisi. Vgl. A 24.
[II 63. 1 App.] '

Le vene dell'uomo hanno tale disposizione. Ce ne sono due
molto grandi le quali si stendono attraverso l'addome lungo la , ,
spina dorsale, una a destra, l'altra a sinistra, ciascuna verso la ' ' , '
gamba corrispondente e in alto verso il capo lungo la clavicola [II 63. 5 App.]
. '
attraverso la gola. Da queste si dipartono le vene per tutto il
corpo, da quella di destra quelle che vanno a destra, da quella ,
/, /,
di sinistra quelle che vanno a sinistra, e due, molto grandi,
arrivano al cuore presso la spina dorsale stessa, altre, un po' pi
in alto, attraverso il petto sotto le ascelle, a ciascuna delle due , ' [II
63. 10]
mani corrispondenti: l'una si chiama splenica, l'altra epatica.
Ciascuna di esse all'estremit si scinde, e una parte va verso il ' ,
pollice, l'altra verso la palma, e da queste altre se ne staccano . ' ,
/, ' ,
sottili e ramificate verso il resto della mano e le dita. Dalle

prime vene altre [due] si diramano pi sottili, da quella di
. [II 63. 15]
destra verso il fegato, da quella di sinistra verso la milza e i
reni. Quelle che si stendono verso le gambe si scindono in due ,
,
all'attaccatura e corrono attraverso tutta la coscia. La pi
grande di esse corre nella parte posteriore della coscia e appare . [II 64. 1 App.]
,
grossa: l'altra che corre nel mezzo della coscia appare un po'
.
meno grossa di questa. Poi si stendono lungo il ginocchio in

direzione del polpaccio e del piede, come quelle che vanno
.
verso le mani: arrivano alla pianta del piede e di qui si
stendono verso le dita. Da quelle [due vene grandi] si dipartono [II 64. 5 App.]
.
altre vene sottili verso l'addome e i fianchi. Quelle che si
stendono verso la testa attraverso la gola appaiono grandi nel
.
collo. Da ciascuna di esse, poi, al punto terminale, se ne
' . '
staccano molte in direzione della testa, quelle da destra
[ 64. 10]
orientandosi a sinistra, quella da sinistra verso destra: ed
' '
entrambe terminano presso l'orecchio. C' nel collo un'altra
vena che corre nell'una e nell'altra parte vicino a quella grande, , , ,
ma un po' pi piccola, in cui confluiscono la maggior parte /, '
delle vene che vengono dalla testa. Ed [entrambe] si spingono

. ' [II
attraverso la gola nell'interno e da ciascuna di esse si dipartono 64. 15 App.] ,
,
vene che passano sotto la clavicola e tendono verso le mani.
Altre vene appaiono presso quella splenica e quella epatica, un
po' pi piccole, che si dilatano quando qualcosa fa male sotto la '
pelle, quando invece qualcosa fa male al ventre si dilatano la .
vena splenica e quella epatica. Da queste partono altre vene che [II 65. 1 App.] ,
giungono fin sotto il petto. Ce ne sono altre sottili che partono
da ciascuna delle due e attraverso il midollo spinale giungono , .
ai testicoli. Altre sotto la pelle e attraverso la carne si stendono . '
[II 65. 5 App.]
verso i reni e terminano per gli uomini nei testicoli e per le
donne nell'utero (le prime vene che partono dal ventre sono pi '

larghe, poi si fanno pi sottili finch trapassano da destra a
,
sinistra e da sinistra a destra): si chiamano spermatiche. Il
sangue, quello molto denso, assorbito dalle carni: quello che . (
,
in pi cade in questi luoghi e diventa leggero, caldo e
, [ 65. 10 App.]
schiumoso.
.)
. '


.
64 B 7. SIMPLIC. phys. 153, 17 [dopo quel che gli uomini
64 B 7 [5]. SIMPL. Phys. 153, 17 [II 65. 15] [nach
dicono aria il principio, B 6]. E' strano che, pur dicendo che oben II 62, 15] ,
le cose sono prodotte da quello per trasformazione, lo definisca ' ,
tuttavia eterno []:
' [ 66. 1 App.]
, ,
E proprio questo un corpo eterno ed immortale, mentre delle '.
cose alcune nascono, altre vengono meno.
64 B 8. SIMPLIC. phys. 153, 20. E altrove:
64 B 8 [3]. SIMPL. Phys. 153, 20 [nach B 7]
' ,
[II 66. 5 App.]
Ma questo mi sembra chiaro che grande e forte ed eterno e
'.
immortale e sa molte cose.
64 B 9. GALEN. in Hipp. epid. VI comm. II [XVII A 1006, 8 64 B 9 [S. 126]. GALEN. in Epid. VI comm. II [XVII A 1006,
Khn].
8 Khn]
,
...
E tuttavia in questo convengono quasi tutti i medici: che il
[II 66. 10]
maschio non solo si forma prima della femmina, ma che si
muove anche prima... Rufo dice che solo Diogene di Apollonia .
. Vgl. A 26.
si oppone a tale veduta nel secondo libro Sulla natura. Ma
questo libro non m' capitato in mano [cfr. A 26].
64 B 10. HERODIAN. . . I p. 7, 8. [piena] 64 B 10. HERODIAN. . . . Ip. 7, 8 ''
detto da Diogene di Apollonia al posto di femminile,
aggettivalmente, sconosciuto agli altri.
.
C. IMITAZIONI
C. NACHWIRKUNG
64 C 1. ARISTOPH. Nub. 225 sgg.
[II 66. 15 App.]
64 C 1. ARISTOPH. nub. 225ff. [vgl. auch II 68, 5]

Socr. Cammino in aria e il mio acume appunto sopra il sole.


[225] .

Strep. E poi dal canestro il tuo disprezzo appunti sugli di, ma


' ,
non dalla terra, vero?
' , ;

Socr. Non avrei mai fatto tante scoperte vere sulle cose celesti se
non avessi appeso il mio pensiero e non avessi mischiato la mia [II 66. 20] ,
mente leggera all'aria congenere. Se stando in terra mi fossi

messo a speculare dal basso quel ch' in alto, non le avrei mai
[230] .
fatte quelle scoperte. No certo, perch la terra trascina a forza
[II 67. 1 App.] ' ,
l'umore del pensiero: proprio lo stesso quel che succede al
' '
crescione.
.

ARISTOPH. Nub. 828 sgg.

[II 67. 5 App.] [235] ;


' ;

Strep. Turbine regna, dacch ha cacciato Zeus.

ARISTOPH. nub. 828ff.

Strep. Che dici? Il pensiero trascina l'umore nel crescione?

' .

Strep. Sappi che cos.


;

Fidip. E chi lo dice?


' .

[II 67. 10 App.] [830] ;


Strep. Socrate di Melo e Cherefonte che conosce le impronte

delle pulci.

, .
64 C 2. HIPPOCR. de flatib. 3 p. 92. Il soffio nei corpi si chiama 64 C 2. HIPPOCR. de flatib. 3 (CMG I, 1 92)
respiro, fuori dei corpi aria. Esso in tutte le cose il signore pi ,
grande di tutti. Vale la pena di considerarne la potenza. Il vento .
corrente o flusso d'aria: quindi, allorch molta aria produce una .
corrente gagliarda, gli alberi sono svelti dalle radici per la
[II 67. 15 App.]
violenza del soffio, il mare si gonfia e le navi onerarie di
,
grandezza smisurata vengono scaraventate qua e l. Tale la
,
potenza ch'esso ha in questo campo. Esso, certo, non si mostra
,
alla vista ma appare al pensiero. Che cosa infatti potrebbe esserci .
senza esso? Da che cosa lontano, a che cosa non s'accompagna? ,
Tutto lo spazio che sta tra terra e cielo pieno di soffio: esso
;
causa dell'inverno e dell'estate, diventando d'inverno denso e
; ; [II67. 20 App.]
gelato, d'estate mite e immobile. Anche il cammino del sole,
.
della luna e degli astri si effettua mediante il soffio, perch il
,
soffio nutrimento del fuoco e il fuoco, privo d'aria, non
, .
potrebbe vivere: di conseguenza l'aria che sottile offre vita

eterna anche al sole. chiaro che anche il mare partecipa del

soffio, perch gli animali nuotanti non potrebbero vivere se non
ne partecipassero: e com'altro potrebbero parteciparne, se non
[II 67. 25 App.]
traendo a s l'aria attraverso l'acqua e dall'acqua? E poi la terra fa .
da base all'aria e questa sostegno della terra e niente c' che sia ,
privo di aria.
,
, ' ,
Cfr. EURIP. Troad. 884 sgg. Ecub. O tu che sei sostegno della ; ,
terra e che sulla terra hai sede, chiunque tu sia, impenetrabile al , .
pensiero, Zeus, forse legge di natura, forse mente dei mortali, io Vgl. EURIP. Troad. 884 ff.
invoco te, che per silenziosa via venendo, le cose mortali guidi [II 67. 30] ,
' , ,
secondo giustizia. Menel. Che c'? Quali nuove preghiere levi
[II 68. 1 App.] , ' ,
agli di?
'
' .
ARISTOPH. Nub. 264.
. ' ; .
O Signore, o sovrano,
Fidip. Ohib, che vaneggi?

Aere infinito,
che tieni la terra sospesa.

ARISTOPH. Nub. 264 [II 68. 5]


'
' ,

.
64 C 3. HIPPOCR. de carnib. 2 [VIII 584]. Mi sembra che
64 C 3. HIPPOCR. de carnib. 2 [VIII 584 L.]
quel che chiamiamo caldo sia immortale e pensi tutto e veda e ,
ascolti e sappia tutto, quanto e quanto sar. La pi gran parte
di esso, quando tutte le cose furono sconvolte, si ritir verso la , ,

[II 68. 10]


.
64 C 3 a. HIPPOCR. de morbo sacr. 16


,
.
[II 68. 15
App.] ,
, .

,
,
,
[II 68. 20
App.]
,

, '
, . (17)

...
[II 68. 25] ,

, ,


.
64 C 3 b. HIPPOCR. de morb. IV 34 [VII 544]. Cos infatti la 64 C 3 b. HIPPOCR. de morb. IV 34 [VII 544 L.]
terra ha in se stessa forze d'ogni genere e innumeri: a tutte le [II 68. 30 App.]
cose che in essa nascono, offre umidit conveniente a ciascuna, . ,
come pure ci che nasce ha e trae dalla terra ciascuno il
,
nutrimento conveniente in rapporto al genere, e cio della
,
stessa qualit che esso ha ... [cfr. A 33].
, ., vgl. 64 A 33. C 1 (II 67,
1ff.).
64 C 4. PHILEM. fr. 91 [II 505 Kock]. Quegli a cui nessuno 64 C 4. PHILEM. fr. 91 [II 505 Kock]
sfugge n in quel che fa n in quel che far o ha fatto un tempo, [II 68. 35 App.] ,
sia dio sia uomo, quegli son io, Acre, che si potrebbe chiamare ' , ,
anche Zeus. Ed io - ci ch' prerogativa di dio - sono
' , ' ,
dovunque, qui in Atene, a Patrasso, in Sicilia, in tutte le citt, , .
in tutte le case, in tutti voi: non c' luogo in effetti ove non c' [v. 5] ', ' , ,
Acre, e quegli che presente dovunque, di necessit tutto
[II 69. 1 App.] ' , , ,
conosce perch presente dovunque.
,
, ,
'
[II 69. 5] [v. 10] ' .
periferia pi lontana ed questo che a mio parere fu detto etere
dagli antichi.
64 C 3 a. HIPPOCR. de morbo sacr. 16 [VI 390]. Per questo io
ritengo che il cervello abbia la pi grande importanza
nell'uomo. Esso infatti, se sano, ci interpreta le cose che
provengono dall'aria - e l'aria ci d l'intelligenza. Gli occhi, le
orecchie, la lingua, le mani e i piedi compiono quel che il
cervello stabilisce: in tutto il corpo c' un po' d'intelligenza, in
quanto partecipa dell'aria, ma il cervello che ci trasmette i
mezzi per la comprensione. Quando l'uomo trae a s il soffio,
questo giunge dapprima al cervello e poi l'aria si disperde in
tutto il corpo, dopo aver lasciato nel cervello la parte migliore
di s e quel che ha intelligenza e pensiero. In effetti, se l'aria
arrivasse prima al corpo e poi al cervello, lasciata nelle carni e
nelle vene la capacit di conoscere, se ne andrebbe al cervello
essendo calda e non schietta, ma mischiata all'umidit
proveniente dalle carni e dal sangue, sicch non sarebbe pura.
(17) Perci io affermo che il cervello che ci spiana la
comprensione... quindi come il cervello avverte, prima tra le
parti del corpo, l'intelligenza dell'aria, cos, se nell'aria c' un
mutamento gagliardo dovuto alle stagioni, anch'esso diventa
diverso da se stesso, e per questo io dico che in esso cadono le
malattie pi acute e grandi e mortali e difficilmente
riconoscibili dagli inesperti.

65. CRATILO

65 A 1. PLAT. Cratyl. 429 D. Socr. - Forse il tuo discorso


vuole esprimere questo, e cio che non assolutamente
possibile dire il falso?... Crat. - Come sarebbe possibile, o
Socrate, che uno, dicendo ci che dice, dica ci che non ? o
non forse proprio questo il dire il falso, cio il dire le cose
che non sono? Socr. - Troppo raffinato questo discorso per
me e per di pi alla mia et, caro amico. Tuttavia dimmi
questo: forse non ti sembra possibile dire il falso, ma
esprimerlo verbalmente s? Crat. - No, neppure esprimerlo

65 [52]. KRATYLOS

65 A 1. PLAT. Cratyl. 429 D .


, ; ...
. , ,
;
[II 69. 10 App.] ; -
' , .

, ; - . -
; ,

verbalmente. Socr. - E neppure parlarne n rivolgere la parola?


come se, per esempio, uno incontrandoti in un paese straniero,
prendendoti la mano, ti dicesse: Salve o Ermogene, straniero
di Atene, figlio di Smicrione, costui direbbe queste cose o le
esprimerebbe o ne parlerebbe o su di esse rivolgerebbe la
parola non a te, ma a questo Ermogene qui, o a nessuno? Crat.
- A me, o Socrate, sembra che questi non faccia altro che
emettere suoni. PLAT. Cratyl. 440 D [Socrate a Cratilo]. Sei
ancora giovane e hai l'et adatta.1*
65 A 2. ARISTOT. rhet. 16. 1417 b 1. Come Eschine
[Socratico: cfr. fr. 22] dice di Cratilo, e cio che fischia e
scuote le mani: queste cose sono credibili, perch diventano
simboli ben noti di cose che non si sanno.

',
',
[II 69. 15 App.]
, ; ; -
, , . 440
D Sokr. zu Krat. .

65 A 2. ARISTOT. Rhet. 16. 1417 b 1


[der Sokratiker, fr. 22 Krauss],
, [II 69. 20
App.]
.
65 A 3. ARISTOT. metaph. A 6. 987 a 29. Dopo la filosofia di 65 A 3. ARISTOT. metaph. A 6. 987 a 29
cui si parlato [quella presocratica], venne l'insegnamento di [Vorsokratik]
Platone, che per molti aspetti si attiene a quello dei Pitagorici, [Pythagoreer]
ma che ha anche aspetti propri, che non rientrano nella filosofia ,
degli Italici. Da giovane infatti dapprima frequent Cratilo e
.
prese consuetudine con le dottrine eraclitee, per cui tutte le
, [II 69.
cose sensibili sempre scorrono e di esse non vi scienza; e di 25]
questa opinione egli rimase anche in seguito. DIOG. LAERT. ,
III 6. Da allora - ed egli [Platone] aveva venti anni - fu
. DIOG. III 6
discepolo di Socrate, come dicono; morto Socrate, segu
, , [Plato]
Cratilo eracliteo ed Ermogene, interprete di Parmenide.
'

.
65 A 4. ARISTOT. metaph. 5. 1010 a 7. Inoltre, vedendo che 65 A 4. ARISTOT. metaph. 5. 1010 a 7 [II 69. 30]
questa realt naturale in movimento, poich di ci che muta ,
nulla possibile dire di vero, essi conclusero che di ci che
,
muta per ogni rispetto e in ogni maniera non possibile dire
.
nulla di vero. Da questa supposizione deriv l'opinione pi

radicale tra quelle menzionate, quella cio di coloro che
, .
affermano di essere seguaci di Eraclito e che anche Cratilo
, ,
condivise: il quale, alla fine, ritenne che non si dovesse dire
[II 69. 35 App.] ,
nulla, ma muovere soltanto il dito e rimproverava perfino
[22 B 91],
Eraclito quando diceva [22 B 91] che non possibile scendere ' .
due volte nello stesso fiume; egli riteneva infatti che non fosse
possibile neppure una volta.
65 A 5. PLAT. Cratyl. 383 A. Erm. - Cratilo sostiene, o
65 A 5. PLAT. Cratyl. 383 A [II 70. 1] ,
Socrate, che vi innata per ciascuna delle cose che sono una ,
naturale esattezza dei nomi e che non propriamente nome

quello con cui si esprimono coloro che si sono messi d'accordo ,
di fare cos, emettendo una parte della loro voce, ma che la ,
stessa per i Greci e per i barbari quell'esattezza che per natura . [II
propria dei nomi [cfr. AMMON. de interpr. 34, 22].
70. 5] Vgl. AMMON. d. interpr. 34, 22 Busse.

66. ANTISTENE ERACLITEO

66 [53]. ANTISTHENES DER HERAKLITEER


[II 70. 6 App.]
66 A 1. DIOG. VI 19 [auer dem
66 A 1. DIOG. LAERT. VI 19. Vi furono altri tre Antistene
Sokratiker]
[oltre il socratico]: l'Eracliteo, l'Efesio e lo storico di Rodi
[F.H.G. II 177 sgg.]. Cfr. DIOG. LAERT. IX 15 [22 A 1, 15]. [F.H.G. II 177 ff.]. Vgl.
DIOG. IX 15 [22 A 1, 15].
66 A 2. [ARISTOT.] probl. 23, 30. 934 b 33. Per cui alcuni
66 A 2. ANDERE HERAKLITEER [ARISTOT.] Probl. 23, 30.
degli eraclitei sostengono che dall'acqua che si essicca e si
934 b 33 [II 70. 10]
solidifica derivano le pietre e la terra e che dal mare evapora il
sole.
,
.

66 A 3. PLAT. Theaet. 179 D. E i seguaci di Eraclito fanno da 66 A 3. PLAT. Theaet. 179 D


corifei con straordinario zelo a questa dottrina [dell'identit di [sc.
sensazione e conoscenza].
].
67-78. ABDERITEN [II 70. 15 App.]
67. LEUCIPPO

67 [54]. LEUKIPPOS

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

67 A 1. DIOG. LAERT. IX 30 sgg. Leucippo nacque ad Elea; A. 67 A 1. DIOG. IX 30 ff. , ,


secondo certuni, ad Abdera; secondo altri, a Mileto.1* Fu
, ' .
scolaro di Zenone.
[II 70. 20 App.] '
Egli afferma2* che le cose sono infinite di numero.3 e si
,
trasformano le une nelle altre; e che l'universo consta di vuoto .
e di pieno. I mondi si formano per il penetrare4* di corpi

[primi] nel vuoto ed il loro mutuo intrecciarsi; e dal movimento
di questi, a seconda della quantit che se ne accumula, deriva la .
materia degli astri. Il sole gira intorno alla luna, quindi con

un'orbita maggiore; la terra rimane sospesa [nell'aria],
. [II 70. 25 App.]
aggirandosi con moto vorticoso intorno al centro.5*La forma . .
della terra quella di un tamburo. Leucippo fu il primo e porre . (31)
come princpi delle cose gli atomi. Questa la sua dottrina per ,
sommi capi; nei particolari, poi, essa si presenta come segue. , , .
(31) Afferma che l'universo infinito, come si detto avanti; e .
che una parte di esso il pieno e l'altra il vuoto, che egli

chiama anche elementi. Perci vi sono infiniti mondi 6*e si
[II 70. 30]
dissolvono poi in quegli elementi primordiali. E i mondi si
, [II
generano cos:7* molti corpi di ogni forma, mediante una netta 71. 1 App.] , '
separazione dallo spazio infinito,8*vengono portati in un
.
grande vuoto e sono essi appunto che, raccolti insieme,

producono un unico vortice, pel quale, urtandosi
, ,
reciprocamente e muovendosi in giro in ogni senso, vengono a
separarsi, i simili unendosi coi simili. Quando poi sono in
[II 71. 5App.]
equilibrio per la loro quantit e non possono pi continuare a . (32) '
muoversi circolarmente, quelli minuti si espandono nel vuoto
esteriore, come passati al vaglio, mentre tutti gli altri restano
riuniti e intrecciandosi si stringono insieme e cos formano un '
primo complesso che sferico. (32) Questo distacca da s una . ,
specie di membrana che contiene entro di s corpi d'ogni
.
genere: e, continuando questi (data la resistenza che trovano al
centro) a girare intorno a vortice, la membrana esterna si
[II 71. 10App.]
assottiglia, perch i corpi in contatto che la compongono
, , .
defluiscono da essa incessantemente, trascinati dal passaggio ,
del vortice. E in questo modo si form la terra, per il permanere ,
insieme dei corpi che erano stati portati al centro. Ma anche
, '
quella specie di membrana che costituisce l'involucro si
. (33) ,
accresce di nuovo, a mano a mano che vi affluiscono i corpi
,
provenienti dall'esterno; ed essendo trascinata anch'essa dal
. [II 71. 15App.]
vortice, si appropria tutti i corpi con cui viene a contatto.
,
Alcuni di questi, collegandosi, formano un aggregato9*che

dapprima umido e melmoso; essi poi, disseccandosi e
. **.
venendo trascinati col vortice che trascina tutto il complesso e
quindi incendiandosi, vengono a costituire la materia degli

astri. (33) L'orbita del sole la pi esterna, quella della luna .
la pi vicina alla terra, mentre quelle dei rimanenti astri sono , [II 71. 20App.]
intermedie tra queste. E tutte le stelle s'infiammano per la
.
velocit del loro movimento; il sole inoltre viene acceso dalle ,
stelle; e la luna poi [ne] riceve fuoco in quantit ben piccola. Il , .

sole e la luna subiscono eclissi [cfr. 68 A 89 a] <***.


L'obliquit dello zodiaco dipende> dal fatto che la terra
inclinata verso sud;10*le regioni del nord sono sempre soggette
alla neve, al freddo intenso e al gelo. Le eclissi del sole sono
rare, quelle della luna invece frequenti, appunto perch sono
diseguali le loro orbite. Come il mondo 11* ha processi di
formazione, cos anche accrescimenti, diminuzioni e processi
di distruzione, secondo una necessit12* che egli non spiega
quale propriamente sia.
67 A 2. DIOG. LAERT. X 13 [Epicurea p. 365, 19].
67 A 2. DIOG. X 13 [Epicurea p. 365, 19 Usen.]
Apollodoro nelle sue Cronache [fr. 75 Jacoby] dice che egli
[Epikur] [FGrHist. 244 F. 41 II
[Epicuro] fu scolaro di Nausifane e di Prassifane;13* Epicuro, 1032]
per, nella lettera Ad Euriloco [fr. 123] afferma che non di
, '
costoro, ma di se stesso fu scolaro. Inoltre tanto lui14* quanto [fr. 123]. [II 72. 1] '
Ermarco affermano che non mai esistito un Leucippo
,
filosofo15*, che alcuni - e tra questi anche Apollodoro
( )
l'epicureo - dicono essere stato maestro di Democrito.
.
67 A 3. SIMPLIC. phys. 25, 2 [cfr. 64 A 5]. [Di Diogene di
67 A 3. SIMPL. Phys. 25, 2 [vgl. oben 64 A 5] Diogenes v. Ap.
Apollonia dice che] ha scritto la pi parte delle sue cose senza ,
coerenza, seguendo in parte Anassagora, in parte Leucippo.16* .
67 A 4. CLEM. ALEX. strom. I 64 [II40, 24]. Di Senofane 67 A 4. CLEM. Strom. I 64 [II 40, 24 St.] [II 72. 5]
scolaro Parmenide, di lui Zenone, quindi viene17* Leucippo,
,
quindi Democrito [cfr. DIOG. LAERT. I 15; IX 34].
, ., . Vgl. DIOG. I 15; IX 34.
67 A 5. [GALEN.] hist. phil. 3 [Dox. 601]. Leucippo di
67 A 5. [GALEN.] Hist. phil. 3 (D. 601, 9) [Zeno v.
Abdera, scolaro di costui [Zenone d'Elea], per primo arriv alla Elea] .
scoperta degli atomi. IAMBL. v. Pyth. 104. I discepoli di
. IAMBL. V. P. 104
questa scuola, e specialmente i pi antichi, vissuti al tempo di ,
Pitagora stesso e che in giovane et furono discepoli di lui gi [II 72. 10App.]
vecchio, Filolao ed Eurito... Leucippo18* ed Alcmeone.
...
TZETZ. chil. II 980. Leucippo scolaro di Melisso.19*
. TZETZ. Chil. II 980
.
67 A 6. ARISTOT. metaph. A 4. 985 b 4. Leucippo e il suo
67 A 6. ARISTOT. metaph. A 4. 985 b 4 .
discepolo Democrito pongono come elementi20* il pieno e il

vuoto, chiamando l'uno essere e l'altro non essere,21* e
, , [II 72. 15 App.]
precisamente chiamano essere il pieno, e il solido, non essere il , ,
vuoto e il raro (onde essi affermano che l'essere non affatto , (
pi reale del non essere, perch neanche il vuoto meno reale ,
22
* del corpo), e pongono questi [elementi] come cause
), .
materiali degli esseri. E come quei filosofi che, considerando
unica la sostanza che serve di sostrato,23* ricavano tutto il resto ,
da modificazioni di quella, ponendo il raro e il denso come
,
principi delle modificazioni, cos anche costoro dicono che le [II 72. 20 App.] .
differenze [originarie]24* son causa di tutte le altre cose. E
,
quelle [originarie] essi affermano che sono tre, la figura,

l'ordine e la posizione; infatti essi cos si esprimono: l'essere
. ,
pu presentare differenze soltanto per la misura [ ],25*
,
per il contatto reciproco [] e per la direzione [ ]; e, , , .
di questi, la misura equivale alla forma, il contatto reciproco
, [II 72. 25] ,
all'ordine, la direzione alla posizione: per esempio A differisce . [Folgt 58
da N per la forma, AN differisce da NA per l'ordine,
B 4] ALEX. in Metaph. z. d. St. 36, 21...
differisce da H per la posizione. Quanto poi al movimento26*,
donde [provenga] e come appartenga alle cose, anche costoro,
suppergi come gli altri, sbrigativamente trascurarono di
,
cercare. ALEX. metaph. 36, 21.... questo dice intorno a
, .
Leucippo e Democrito: che essi affermano che gli atomi si
,
muovono perch si urtano e si spingono reciprocamente, donde . [II 72. 30App.] PHILOP. de anima 68, 3
per tragga principio il movimento naturale non dicono. Perch , .
il movimento derivante dall'urto reciproco forzato e non
naturale, e il moto forzato posteriore a quello naturale27*
PHILOP. de an. 68, 3. [misura] locuzione abderitica,
e significa la forma.

67 A 7. ARISTOT. de gen. et corr. A 8. 324 b 35; 325 a 1.


67 A 7. ARISTOT. de gen. et corr. A 8. 324 b 35
Leucippo e Democrito hanno spiegato la natura delle cose
(325a 1) .
sistematicamente, per lo pi, e ambedue con una medesima
, .
teoria, ponendo un principio che proprio conforme alla

natura.28* Perch alcuni degli antichi filosofi concepirono
, '
l'essere come necessariamente uno ed immobile: dicevano,
, [II 73. 1App.] '
infatti, che il vuoto il non essere, e non poteva quindi esserci ... [folgt die 28 A 25
il movimento, non esistendo il vuoto distinto [dalla materia]; mitget. St.] ARISTOT. de gen. et corr. A 8. 325 a 23 . '
n poteva esistere la molteplicit, non esistendo nulla che
,
separasse le cose...29* ARISTOT. de gen. et corr. A 8. 325 a

23. Leucippo, invece, ritenne d'aver trovato la via di
.
ragionamenti30* i quali, dando una spiegazione in accordo con , [II 73.
la percezione sensibile, non portassero a negare n la
5App.]
generazione n la distruzione n il movimento n la
,
molteplicit delle cose. Mentre da un lato egli accorda le sue . '
dottrine con i fenomeni, dall'altro a coloro che sostengono
, '
l'Uno perch non pu esistere il movimento senza il vuoto, egli . '
concede che il vuoto non essere e che dell'essere nulla non ( ), ,
essere: giacch l'essere in senso proprio l'assolutamente
.
pieno. Ma questo assolutamente pieno non Uno, bens un
[II 73. 10] .
infinito numero di corpi, indivisibili per la piccolezza del loro
volume.31* E questi corpi sono in movimento nel vuoto (per lui ' [s. 28 A 25] '
infatti esiste il vuoto) e riunendosi dan luogo alla generazione e , ' ' ',
separandosi alla distruzione. Essi esercitano e ricevono azioni [31 A 87]
in quanto accade che vengano in contatto: che , difatti, la
,
prova che non sono uno. E generano le cose collegandosi ed
,
intrecciandosi; mentre da quell'Uno secondo verit32* non
[II 73. 15App.] ,
deriva molteplicit n dalla reale molteplicit l'unit, ch ci , .
impossibile; ma, come Empedocle [31 A 87] ed altri33* dicono .
che i corpi subiscono modificazioni attraverso i pori, cos
. , ,
[Leucippo dice che] ogni cangiamento e ogni effetto subto34* . '
si produce in questo modo, cio per la separazione e la
, .
distruzione che si determina per mezzo del vuoto, e per
,
l'accrescimento che analogamente si verifica quando nei vuoti , [Empedokles] [II 73. 20App.]
si insinuano altri solidi. Suppergi anche Empedocle deve
. .
quindi necessariamente dire lo stesso che Leucippo.35* Vi sono . ... ARISTOT. de gen. et corr. A 8. 325 b 24
infatti dei solidi, ma indivisibili, se vero che i pori non sono
assolutamente ininterrotti. Che siano ininterrotti impossibile: , ,
perch non esisterebbe pi altro solido tranne i pori stessi, cio ,
tutto sarebbe vuoto. I corpi dunque che vengono in contatto
,
debbono di necessit essere indivisibili;36* e vuoti i loro
,
intervalli (che quegli [Empedocle] chiam pori). E cos anche . [II 73. 25]
Leucippo si esprime intorno all'esercitare e al ricevere azioni...
ARISTOT. de gen. et corr. A 8. 325 b 24. Proprio come, nel
( ),
Timeo [53 C sgg.], scrive Platone: il quale assai lontano

dall'esprimersi nello stesso modo di Leucippo, tanto che questi . [Aus A 7 oben Z. 2ff . [AR.] de MXG. 6. 980 a 7
dice solidi i corpi indivisibili, Platone superficie, per Leucippo ].
i solidi indivisibili sono determinati ciascuno in infinite figure, Zu vgl. PHILOPON. de gener. et corr. p. 158, 26 ...
per Platone in figure di numero limitato, poich l'uno e l'altro [II 73.
parlano di corpi indivisibili e determinati quanto alle figure. Da 30App.] ...,
quanto si detto, per Leucippo la generazione e la
,
disgregazione sarebbero due processi che si compiono e
.
mediante il vuoto e mediante il contatto (perch divisibile
ib. p. 160, 10 . .
ciascun corpo in cui esistano parti in contatto), per Platone
solamente per contatto poich egli nega l'esistenza del vuoto.
[Da 325 a 23 sgg. deriva (ARISTOT.) de M.X.G. 6. 980 a 7].
Nei cosiddetti ragionamenti di Leucippo.37*
67 A 8. SIMPLIC. phys. 28, 4 [cfr. THEOPHR. phys. opin. fr. 67 A 8. SIMPL. Phys. 28, 4 [aus THEOPHR. Phys. Opin. fr. 8;
8; Dox. 483]. Leucippo, di Elea o di Mileto (perch su di lui c' D. 483] . (
l'una e l'altra tradizione), parteggiando per la filosofia di
) [II 74. 1App.]
Parmenide, non segu per la stessa via di Parmenide e di
,

Senofane nella spiegazione delle cose, ma, secondo che si


, '
ritiene comunemente,38*una via del tutto contraria. Infatti,
.
mentre quelli concepivano l'universo come uno e immobile e
non generato e limitato e non accedevano neppure a porre
,
l'ipotesi del non essere, egli [Leucippo] mise innanzi come
[II 74. 5]
elementi infiniti ed in eterno movimento gli atomi ed afferm
che le loro forme sono pur esse in numero infinito, sia perch
nulla possiede questa forma qui a maggior ragione di
. ,
quest'altra, sia perch egli osservava che generazione e
.
cangiamento sono ininterrotti negli esseri. Inoltre egli non

ammise che l'essere esistesse a maggior ragione che il non
,
essere, e consider l'uno e l'altro egualmente come cause delle . [II 74. 10]
cose che si generano. Infatti, poich supponeva che la sostanza
degli atomi fosse solida e piena, la chiam essere e disse che si . CIC. Acad. pr. II 37, 118 (D.
muove nel vuoto, al quale diede appunto il nome di non essere, 119) L. plenum et inane Democritus huic in hoc similis,
dicendo ch'esso esiste non meno dell'essere. Analogamente
uberior in ceteris.
anche il suo discepolo Democrito di Abdera pose come princpi
il pieno e il vuoto, ecc. CICER. ac. pr. II 37, 118 [Dox. 119].
[Tra Parmenide e Democrito] Leucippo pose come princpi il
pieno e il vuoto; Democrito su questo punto non differisce da
lui, ma molto pi diffuso sulle altre questioni.
67 A 9. ARISTOT. de gen. et corr. A 1. 314 a 21. Democrito e 67 A 9. ARISTOT. de gen. et corr. A 1. 314 a 21
Leucippo affermano che per mezzo di corpi indivisibili [cfr. A . ,
13] sono composte tutte le altre cose, che questi indivisibili
' [II 74. 15]
sono infiniti sia per il numero sia per le forme, che le cose
,
differiscono tra loro per gli elementi39* di cui sono costituite e . ARISTOT. de gen. et corr. A 2.
per la posizione e l'ordine di essi. ARISTOT. de gen. et corr. A 315 b 6 . .
2. 315 b 6. Democrito e Leucippo, ponendo come base la
,
variet delle forme [degli atomi], fanno derivare da queste il
,
cangiamento e la generazione, ossia con la disgregazione e
. ' ,
l'aggregazione spiegano la generazione e la distruzione, e con ,
l'ordine e con la posizione spiegano il cangiamento. E poich , [II 74. 20App.]
pensavano che la verit sta in ci che appare, e gli oggetti che ,
appaiono sono contrari ed infiniti, ritennero infinite le figure
[degli atomi]: onde lo stesso oggetto, per le modificazioni della
sua composizione, a persone diverse appare [addirittura] il
.
contrario - e un oggetto vien modificato solo che vi si aggiunga
un componente, sia pur piccolo, e sembra interamente diverso
per lo spostarsi anche di un solo elemento: infatti una tragedia
e una commedia si compongono con le medesime lettere
dell'alfabeto.
67 A 10. HIPPOL. ref. I 12 p. 16, 16 [Dox. 564]. (1) Leucippo, 67 A 10. HIPPOL. Ref. I 12 (D. 564, 16 W.) (1) .
scolaro di Zenone, non conserv la stessa dottrina di lui, anzi ,
afferma che gli elementi sono infiniti ed in eterno movimento e [II 74.
che vi ininterrottamente generazione e cangiamento; e pone 25App.] .
come elementi il pieno e il vuoto. (2) Dice che i mondi si
. (2)
formano in questo modo40*: quando numerosi elementi,

staccandosi dall'infinito contenente, si ammassano e
,
confluiscono in un grande vuoto, avviene che, nel reciproco
,
urtarsi, s'intrecciano insieme quelli di forma simile o almeno ,
analoga e, quando [alcuni di essi] s'incendiano nel movimento, . ' , .
si formano gli astri, e [i corpi cos composti] crescono e
diminuiscono, sempre in forza della necessit. Ma quale poi sia
questa necessit, egli non definisce.
67 A 11. CICER. de nat. d. I 24, 66. Giacch queste sono le
67 A 11. [II 74. 30App.] CIC. Acad. pr. II 37, 118 (D. 119)
riprovevoli opinioni di Democrito, oppure anche,
zwischen Parmenides und Demokrit) L. plenum et inane. CIC.
anteriormente, di Leucippo: dicono che vi sono dei corpuscoli, de deor nat. I 24, 66 ista enim flagitia Democriti, sive etiam
parte lisci, parte scabri, parte rotondi, parte poi angolosi o
ante Leucippi, esse corpuscula quaedam levia, alia aspera,
uncinati, altri ricurvi e quasi adunchi, e che da essi stato
rutunda alia, partim autem angulata vel hamata, curvata
prodotto il cielo e la terra, non perch natura alcuna li
quaedam et quasi adunca, ex iis effectum esse caelum atque
costringesse, ma solo perch s'incontrano in modo puramente terram nulla cogente natura, sed [II 74. 35] concursu quodam

casuale: e questa opinione, o Gaio Velleio, tu te la sei tirata


fortuito hanc tu opinionem, C. Vellei, usque ad hanc aetatem
dietro sino a questa et [cfr. LACT. de ira 10, 3; inst. div. III perduxisti. Vgl. LACT. de ira 10, 3; inst. div. III 17, 22 und 68
17, 22; 68 A 80].
A 80.
67 A 12. AT. I 3, 15 [Dox. 285]. Leucippo di Mileto
67 A 12. AT. I 3, 15 (D. 285) [II 75. 1App.] .
considera come principi ed elementi il pieno ed il vuoto [cfr. . vgl. AT. I 14,
AT. I 14, 3; CLEM. ALEX. protr. 66 (I 50, 15)].
3; CLEM. Protr. 66 (I 50, 15 St.).
67 A 13. SIMPLIC.phys. 925, 10. Quelli41* che hanno
67 A 13. SIMPL. Phys. 925, 10 '
abbandonato la divisione all'infinito, per la ragione che noi non , '
possiamo dividere all'infinito e assicurare per questa via la
[II 75. 5App.]
continuazione indefinita della divisione, dicono che i corpi
,
sono costituiti di elementi indivisibili e si decompongono poi . .
in questi indivisibili. Tranne che, mentre Leucippo e Democrito
reputano che la causa dell'indivisibilit dei corpi primi sia non , ,
soltanto l'inalterabilit ma anche la loro piccolezza e l'esser
[fr. 268 Us.] ,
privi di parti, Epicuro [fr. 268] pi tardi non ammise che i corpi .
primi fossero privi di parti e disse ch'essi sono indivisibili
[II 75. 10App.]
soltanto per la inalterabilit. E Aristotele confut in molti
, '
luoghi l'opinione di Leucippo e Democrito, e forse proprio per
effetto di quelle confutazioni relative alla mancanza di parti nei ,
corpi primi, Epicuro, che venne dopo e che aderiva alla
,
concezione atomistica42* di Leucippo e Democrito, mantenne , ,
agli atomi l'inalterabilit, ma neg loro l'assenza di parti,
.
ammettendo che, per quest'ultima, Leucippo e Democrito erano
stati confutati da Aristotele.
67 A 14. SIMPLIC. phys. 36, 1. I seguaci di Leucippo e
67 A 14. SIMPL. Phys. 36, 1
Democrito, che chiamano atomi i corpi primi e di dimensioni [II 75. 15App.]
minime, affermano che, a seconda delle loro differenze di

forma e di posizione e di ordinamento, si formano vuoi quei

corpi che sono caldi ed ignei (quelli cio che sono composti di ,
corpi primi pi aguzzi e pi minuti e disposti tutti in modo

simile), vuoi quelli freddi ed acquosi (quelli cio che sono
, , ,
composti da atomi colle propriet contrarie)43*, e gli uni sono ,
rilucenti e luminosi, gli altri opachi ed oscuri. SIMPLIC. de
. SIMPL. de caelo 242, 15 [II 75. 20]
cael. 242, 15. Neppure possibile che i corpi elementari, in

quanto separati [mediante il vuoto], siano infiniti di numero,
,
come pretendevano i seguaci di Leucippo e Democrito, vissuti ' .
prima di lui [Aristotele];e dopo di lui Epicuro. Essi infatti
,
dicevano che i princpi sono infiniti di numero e ritenevano che
fossero atomi, cio indivisibili, ed inalterabili pel fatto che

sono solidi e cio non contengono vuoto: giacch dicevano che ,
la divisione possibile nei corpi in ragione del vuoto che c' in [II 75. 25App.]
essi. Questi atomi, che nel vuoto infinito sono separati tra loro
e che differiscono per forme e per grandezze e per ordine e per
posizione, si muovono nel vuoto e, incontrandosi, si urtano: e
parte rimbalzano e vengono spinti dove capita, parte invece si , ,
collegano a seconda della convenienza di forma, grandezza,

ordine e posizione, e restano uniti; e cos si svolge la

generazione di tutto ci che composto.
.
67 A 15. AT. I 18, 3 [Dox. 316]. Leucippo, Democrito, ...
67 A 15. AT. I 18, 3 (D. 316) [II 75. 30] . ...
Epicuro dissero gli atomi infiniti di numero e il vuoto infinito ,
per grandezza. ARISTOT. de cael. 4. 303 a 4. E invero
. ARISTOT. de caelo 4. 303 a 4 '
neppure si debbono considerare razionali gli accidenti, come , . . ,
fanno certi altri, per esempio Leucippo e Democrito di Abdera:
costoro dicono infatti che le grandezze elementari44* sono
, , '
infinite di numero, ma indivisibili per dimensione, escludendo ,
che dall'uno derivi la molteplicit o dal molteplice l'uno, e
[II 75. 35App.]
sostenendo invece che tutto si genera per il collegamento o
.
rimescolamento di queste elementari grandezze. Ora anche
costoro, in certo qual modo, di tutte le cose fanno numeri e
, . ,
derivati di numeri: ch, se anche non lo esprimono
, [II 76. 1]
apertamente, tuttavia proprio questo intendono dire. Inoltre,
, .

siccome i corpi differiscono per la forma e le forme sono


, ,
infinite, essi affermano che sono infiniti anche i corpi semplici.
Ma quale sia la forma di questi elementi, o meglio quale sia per ,
ciascuno di essi, non precisarono affatto, e soltanto attribuirono .
al fuoco la forma sferica; l'aria poi e l'acqua e le altre sostanze
le distinsero per mezzo della grandezza e della piccolezza,
considerando la materia loro come una panspermia45* di tutti
gli elementi.
67 A 16. ARISTOT. de cael. 2. 300 b 8. Perci a Leucippo e 67 A 16. ARISTOT. de caelo 2. 300 b 8 [II 76. 5]
a Democrito, i quali affermano che i corpi primi si muovono
eternamente nel vuoto e cio nell'infinito, toccherebbe dire di ,
quale specie questo movimento e qual il movimento dei
. SIMPL. z. d. St.
corpi primi conforme a natura. SIMPLIC. de cael., 583, 20.
583, 20 ' ,
Dicevano che i corpi primi (primi secondo loro) e cio gli
, .
atomi si muovono eternamente nel vuoto infinito per una forza
che li costringe.
67 A 17. HERM. irris. 12 [Dox. 654]. Ed ecco che Leucippo, 67 A 17. HERM. Irris. 12 (D. 654) [II 76. 10App.]
stimando tutto ci vana ciarla, pone come principi gli elementi .
infiniti e in eterno movimento e piccolissimi; e dice che i

composti di particelle minute, espandendosi verso l'alto,
,
divengono fuoco ed aria, i composti di particelle pi grosse,
.
distendendosi in basso, acqua e terra.
67 A 18. ARISTOT. metaph. 6. 1071 b 31. Perci alcuni,
67 A 18. ARISTOT. metaph. 6. 1071 b 31
come Leucippo e Platone, ritengono che tutto sia eternamente [II 76. 15App.] .
in atto: 46* affermano infatti che il movimento eterno; ma non . ,
spiegano il perch del movimento n di quale specie esso sia n ', , .
la causa per cui il movimento avviene in un modo o in un
altro.
67 A 19. ARISTOT. de cael. A 7. 275 b 29. Se l'universo non 67 A 19. ARISTOT. de caelo A 7. 275 b 29
fosse continuo, ma come vogliono Democrito e Leucippo,
, ' .,
composto di atomi separati dal vuoto, ci sarebbe
, .
necessariamente un unico movimento per tutti gli atomi. Infatti
essi differiscono per le forme; ma la loro sostanza (dicono) , [II 76. 20App.]
unica, come se ciascuna di queste parti separate fosse d'oro.
. ARISTOT. Phys. 6. 213 a 27 [nach 59 A
ARISTOT. phys. 6. 213 27. La gente pretende che sia
68] ' ,
vuoto l'intervallo nel quale non c' alcun oggetto sensibile: essi
pensano che l'essere sia tutto quanto corporeo e dicono che sia , , ' .
vuoto ci in cui non c' assolutamente nulla. Per cui dicono che . ,
sia vuoto ci che [invece] pieno di aria. Ora non vi proprio , '
bisogno di dimostrare che l'aria qualche cosa di reale, bens [II 76. 25 App.] ,
che non esiste, n separabile n in atto, nessun intervallo di
, ' ,
natura diversa da quella dei corpi, il quale attraversi l'intero
. (213 b)
corpo s da renderlo discontinuo - come vorrebbero Democrito ,
e Leucippo e (213 b) parecchi altri dei fisiologi - o anche se al .
di fuori dell'intera natura corporea che continua esiste ancora , ' [nml.
qualche cosa.47* Questi,48* dunque, non arrivano neppure alle ] . ' [1]
soglie del problema; laddove coloro che affermano che esiste ( ' ) [II 76. 30
[il vuoto] lo affrontano pi direttamente. Dicono questi, in
App.] ...
primo luogo, [1] che il movimento locale (cio traslazione e
. ' [2]
accrescimento) non esisterebbe ... In un primo modo, dunque, ... [3]
in base a queste considerazioni, dimostrano che il vuoto ha
... [4]
esistenza. Un altro argomento [2] che si vedono dei corpi
, .
contrarsi e condensarsi ... Aggiungasi: [3] anche
l'accrescimento si ritiene da tutti che si compia merc del
vuoto... E come prova adducono anche [4] l'esempio della
cenere, la quale accoglie tant'acqua quanta il recipiente [ov'
contenuta] ne conterrebbe se fosse vuoto.
67 A 20. SIMPLIC. phys. 648, 12. ... i seguaci di Democrito e 67 A 20. SIMPL. Phys. 648, 12 . . .
Leucippo affermavano che non soltanto nel mondo esiste il
, [II 76. 35]
vuoto, ma anche fuori del mondo.
, .

67 A 21. SIMPLIC. de cael. 202, 16. Leucippo e Democrito


dicono che i mondi sono infiniti di numero nel vuoto infinito e
che derivano da atomi infiniti di numero. G AT. II 1, 3 [Dox.
327]. Anassimandro, Anassimene... Diogene, Leucippo,
Democrito ... affermano che vi sono infiniti mondi nello spazio
infinito in ogni direzione. SIMPLIC. phys. 1121, 5.Quelli che
sostennero che i mondi sono infiniti di numero, come i seguaci
di Anassimandro e Leucippo e Democrito e pi tardi la scuola
di Epicuro, affermarono che essi nascono e si dissolvono
all'infinito, poich ne nascono e se ne dissolvono
incessantemente; e dicevano che il movimento eterno: infatti
senza movimento non possibile generazione e distruzione. /

67 A 21. SIMPL. de caelo 202, 16 .



.
Vgl. 12 A 7. G AT. II 1, 3 [Dox. 327]. ,
... , , ...
.
SIMPLIC. phys. 1121, 5.
,

'
,

. /
67 A 22. AT. II 2, 2 (D. 329) .
. AT. II 3, 2 (D. 330) [II 76. 40] .
'
, [II 77. 1App.] ,
[nmlich ]. AT. II 4, 6 (D.
331) ... . .

67 A 22. AT. II 2, 2 [Dox. 329]. Leucippo e Democrito


affermano che il mondo di forma sferica. AT. II 3, 2 [Dox.
330]. Leucippo e Democrito ed Epicuro affermano che [il
mondo] non animato n governato dalla provvidenza, ma
sorto dagli atomi, per opera di una forza irrazionale. AT. II 4,
6 [Dox. 331]. Anassimandro... e Leucippo ritengono il mondo
perituro.
67 A 23. AT. II 7, 2 [Dox. 336]. Leucippo e Democrito
67 A 23. AT. II 7, 2 (D. 336) .
distendono intorno al mondo, tutto in giro, una tunica o una

membrana [A 1, 32], che risulterebbe da un intreccio di atomi .
di forma uncinata.
67 A 24. AT. I 4, 1-4. [Dox. 289; Epicurea fr. 308; estratto 67 A 24. AT. I 4, 1ff. [II 77. 5App.] (D. 289; Usen. Epicur.
della Grande Cosmologia di Leucippo]. (1) Il mondo pertanto fr. 308 Auszug aus dem ) (1)
si costitu assumendo una figura ricurva; e la sua formazione
segu questo processo: poich gli atomi sono soggetti a un

movimento casuale e non preordinato e si muovono

incessantemente e con velocit grandissima, parecchi di essi (e, , []
appunto per ci, delle pi varie forme e grandezze) si
. (2)
raccolsero in uno stesso luogo. (2) Raccoltisi questi atomi nello [II 77. 10App.] '
stesso luogo, una parte, quelli che erano pi grossi e pi

pesanti, si andarono a collocare completamente al fondo; gli
,
altri, quelli piccoli e rotondi e lisci e facilmente scorrevoli,

venivano espulsi in seguito all'affluire di altri atomi e spinti
. '
verso l'alto. Come poi venne a cessare quella forza repulsiva
che li sollevava e l'urto non riusc pi a spingerli verso l'alto, , ,
mentre d'altro lato essi trovavano ostacolo [in quelli sottostanti] [II 77. 15App.]
e non potevano pi discendere, essi vennero a comprimersi nei ,
luoghi che potevano accoglierli, cio nei luoghi tutt'intorno
.
[alla massa centrale] 49*: e in questi si dispose in giro la
. (3) '
moltitudine degli atomi sottili, i quali, intrecciandosi lungo
, ,
tutta la curvatura, generarono il cielo. (3) Siccome gli atomi, .
pur essendo della medesima sostanza, erano di varie sorte,

come sopra detto, questi respinti nella regione pi alta
. [II 77. 20App.]
formarono la materia degli astri.50* La moltitudine dei

corpuscoli che salivano continuamente per mezzo

dell'evaporazione percuoteva l'aria e la comprimeva; e questa,
trasformatasi in vento per il movimento che le veniva imposto , , , . (4)
e avvolgendo interamente gli astri, li trascin con s nel suo

giro51* e mantenne poi sempre e determina anche ora il loro

movimento rivolutivo nella regione pi alta. In seguito, dagli [II 77. 25]
atomi rimasti a giacere al fondo, fu prodotta la terra, mentre da
quelli portatisi nella regione pi alta furono formati il cielo, il
fuoco, l'aria. (4) E poich vi era ancora parecchia materia
,
accumulata nella terra e si andava condensando sotto gli urti
'
dei venti e per le esalazioni degli astri, tutta la parte di essa

avente una configurazione minuta venne maggiormente
. EPIC. EP. II 88 [Diog. X 88 ff. p. 37, 7 Us.]
compressa52* e cos diede origine alla materia liquida; la quale, [II 77. 30
essendo di natura fluida, scese nelle cavit, nei luoghi pi adatti App.] , [vgl.

cio a contenerla e a serbarla; oppure, altrove, l'acqua


A 1; II 70, 29] [
depositatasi scav da s i luoghi su cui si trovava. Seguendo

questo processo, dunque, si formarono le principali parti del
]
mondo. EPIC. ep. II 88 sgg. p. 37, 7. Il mondo una

determinata porzione circoscritta di cielo, contenente astri e
. (89)
terra e tutti quanti gli oggetti sensibili, avente netta separazione , , [II 77. 35App.]
dall'infinito [cfr. A 1] [e terminante in un limite o raro o denso,
e la cui dissoluzione produrr la rovina di tutti i corpi ch'essa [II 78. 1 App.]
contiene], o con questo limite soggetto a moto rotatorio oppure
in quiete53* ed avente perimetro o rotondo o triangolare o
, ,
qualsivoglia. (89) facile intendere che siffatti mondi sono
'
infiniti di numero e che ciascuno di codesti mondi pu prodursi
in un mondo54* o in un intermundio (come noi chiamiamo
' ... (90) [II
l'intervallo tra i mondi), insomma in uno spazio dove ci sia
78. 5App.]
molto vuoto, e non in un grande e puro vuoto, come vorrebbero
alcuni: giacch o da un solo mondo o intermundio o anche da , ,
parecchi affluiscono, a poco a poco, degli atomi appropriati e ,
producono accrescimento di materia e nuove connessioni e
. .
spostamenti da luogo a luogo... (90) Non basta infatti che si
raccolga soltanto un ammasso di atomi, e neppure basta un
vortice, in quel vuoto nel quale possibile che un mondo si
formi (secondo che si crede) conforme a necessit, ed aumenti
fino a quando non va ad urtarsi in un altro, come afferma
qualcuno di coloro che sono detti fisici.55* Perch ci in
contrasto con i fenomeni.
67 A 25. AT. III 3, 10 [Dox. 369]. Leucippo afferma che il 67 A 25. AT. III 3, 10 (D. 369) .
tuono prodotto dalla violenta caduta del fuoco racchiuso nelle [II 78. 10App.]
nubi pi dense [cfr. 68 A 93].
. Vgl. 68 A 93.
67 A 26. AT. III 10, 4 [Dox. 377; sulla forma della terra].
67 A 26. AT. III 10, 4 (D. 377; ) .
Leucippo la reputa a forma di tamburo [cfr. 68 A 94].
. Vgl. 68 A 94.
67 A 27. AT. III 12, 1 [Dox. 377; sull'inclinazione della
67 A 27. AT. III 12, 1 (D. 377; ) .
terra]. Leucippo dimostra che la terra inclinata verso la parte
meridionale per la maggiore rarefazione dell'aria in quella
,
parte, poich le regioni settentrionali [dell'atmosfera] sono
,
condensate per il freddo che le fa congelare, mentre le regioni . [II 78. 15App.] Vgl. A 1 (II 71, 17) und 68 A
opposte sono ardenti [cfr. A 1; 68 A 96].
96.
67 A 28. ARISTOT. de an. A 2. 404 a 1. Democrito56* dice che 67 A 28. ARISTOT. de anima A 2. 404 a 1
essa [l'anima] una sorta di fuoco e di calore: poich, essendo [nml. ]
infinite le forme e gli atomi [egli denomina fuoco ed anima gli [
atomi di forma sferica, immaginandoli nella stessa guisa del

pulviscolo sospeso nell'aria, che appare nei raggi di sole
, ]
penetranti dalle finestre,57* e] dice che la loro58* panspermia [II 78. 20App.]
quella che costituisce gli elementi di tutta la natura (e
( .)
similmente si esprime anche Leucippo): quelli, degli atomi, che ,
sono sferici, costituiscono l'anima per la grandissima facilit
che hanno tali configurazioni [] ad insinuarsi
,
dappertutto e a muovere gli altri atomi mentre si muovono essi .
stessi, poich si suppone da costoro che l'anima sia ci che d .
agli esseri viventi il movimento [cfr. 68 A 101-106]. Perci il [II 78. 25]
segno caratteristico della vita dato dalla respirazione. Infatti, ' ,
siccome l'aria ambiente comprime il corpo e ne espelle parte di
quegli atomi che dnno all'essere vivente il movimento, tanto
pi facilmente in quanto essi non stanno neppure un momento ,
fermi, viene un aiuto dal di fuori, poich mediante la
, . AT.
respirazione penetrano nel corpo altri atomi della stessa forma; IV 3, 7 (D. 388) . .
e cos questi impediscono che vengano espulsi gli altri atomi
sferici che si trovano nell'interno del vivente [cfr. 68 A 106],
facendo resistenza, insieme, a ci che tende a comprimerli [per
espellerli] e a ci che tende a condensarli;59* e gli animali
vivono finch possono compiere questa funzione. AT. IV 3, 7
[Dox. 388]. Per Leucippo l'anima composta di fuoco.

67 A 29. AT. IV 13, 1 [Dox. 403]. Leucippo, Democrito,


67 A 29. AT. IV 13, 1 (D. 403) [II 78. 30App.] .,
Epicuro ritengono che la sensazione visiva sia dovuta
,
all'introdursi di idoli60*[nell'occhio]. ALEX. de sens. 24, 14.
. ALEX. de sensu 24, 14
Dice infatti Democrito che il vedere consiste nel ricevere

l'immagine proveniente dall'oggetto che vediamo: e

quest'immagine la figura che appare nella pupilla, come pure , ,
in tutti gli altri corpi diafani capaci di conservare sopra di s
.
l'immagine. Ed egli, e prima di lui Leucippo e dopo di essi tutti [II 78. 35] .
i seguaci di Epicuro, ritengono che degli idoli continuamente
emananti dai corpi e di forma simile agli oggetti donde
' ( )
emanano (che sono appunto i corpi visibili) penetrino negli
[II 79. 1App.]
occhi di colui che vede e cos si produca il vedere. ALEX. de . ALEX. de sensu 56, 12
sens. 56, 12. Essi infatti considerano come causa del vedere

quei certi idoli, che hanno la medesima forma delle cose ed
.
emanano continuamente dagli oggetti che vediamo e penetrano ,
nell'organo della vista. Erano di tale opinione i seguaci di

Leucippo e Democrito, i quali facevano anche derivare
[II 79. 5] .
l'apparire dei colori intermedi61*dalla giustapposizione di quei
corpuscoli che sono invisibili per la loro piccolezza.
67 A 30. AT. IV 8, 5 [Dox. 394]. Leucippo e Democrito
67 A 30. AT. IV 8, 5 (D. 394) .,
ritengono che le sensazioni e i pensieri siano modificazioni del . AT. IV 8,
corpo. AT. IV 8, 10 [Dox. 395]. Leucippo, Democrito ed
10 (D. 395) ., ,
Epicuro affermano che la sensazione e il pensiero si producono
via via che penetrano in noi idoli dall'esterno; n l'una n l'altro .
infatti possono sorgere in alcuno, indipendentemente dall'idolo
che entra in noi.
67 A 31. AT. IV 14, 2 [Dox. 405]. Leucippo, Democrito ed 67 A 31. AT. IV 14, 2 (D. 405) [II 79. 10App.] .,
Epicuro dicono che le immagini nello specchio si generano per ,
la resistenza che oppongono ad esso gli idoli, i quali
' , ' ,
provengono da noi [che ci specchiamo] e sono raccolti dallo
' .
specchio che li rimanda nel senso contrario.
67 A 32. AT. IV 9, 8 [Dox. 397]. Mentre per gli altri filosofi 67 A 32. AT. IV 9, 8 (D. 397)
gli oggetti sensibili sono per natura quali appaiono, per
, . ,
Leucippo, Democrito e Diogene [di Apollonia] invece sono tali ' . ' [II
subbiettivamente, cio secondo le opinioni e le impressioni
79. 15]
nostre. Nulla per costoro vero e comprensibile all'infuori
, . ,
degli elementi primi, cio atomi e vuoto. E soltanto questi sono '
per natura, mentre le cose che derivano e che differiscono tra .
loro per posizione ordine e figura sono puramente accidentali.
67 A 33. EPIPHAN. adv. haer. III 2, 9 [Dox. 590]. Leucippo 67 A 33. EPIPHAN. adv. haer. III 2, 9 (D. 590) .
di Mileto, o di Elea, secondo alcuni, fu anche lui eristico.62*
, , .
Anch'egli disse che l'universo nello spazio infinito, e che tutto , [II 79.
soggetto al divenire secondo l'apparenza e l'opinione e non 20App.]
secondo verit, ma cos ci appare nella stessa guisa del remo , '
immerso nell'acqua.
.
67 A 34. AT. V 25, 3 [Dox. 4327: a chi appartengono il
67 A 34. AT. V 25, 3 (D. 437;
sonno e la morte, se all'anima o al corpo]. Leucippo dice che il , ;) .
sonno si produce nel corpo quando ne escano63* particelle

sottili in maggiore quantit del calore vitale64* che vi entra; e
quando ne escano eccessivamente, ci a causa di morte; e
[II 79. 25] , . Vgl. A
queste sono affezioni del corpo e non dell'anima [cfr. A 28].
28.
67 A 35. AT. V 4, 1 [Dox. 417: se il seme animale corpo]. 67 A 35. AT. V 4, 1 (D. 417; ) .
Leucippo e Zenone dicono che corpo; perch materia che si : .
distacca dall'anima.
67 A 36. AT. V 7, 5 a [Dox. 420: come vengono generati i
67 A 36. AT. V 7, 5 a (D. 420;
maschi e le femmine]. Leucippo attribuisce la causa alla
;) . '
differenza delle membra, per cui avviene che l'uno riceve il
, : [II 79.
membro virile, l'altra la matrice; e non aggiunge altro [cfr. 68 30App.] . Vgl. 68 A 143.
A 143].
67 A 37. CLEM. ALEX. strom. II 129 [II 183, 19]. Proprio 67 A 37. CLEM. Strom. II 129 [II 183, 19 St.]

cos, Lico peripatetico diceva che il fine della vita la vera


gioia dell'anima, come Leucimo [Leucippo?] diceva che , [?] . Vgl. 68 B 207.
quella gioia che si prova per le cose belle.65*
B. FRAMMENTI
[II 80. 1App.] B. FRAGMENTE
GRANDE COSMOLOGIA.66*


Vgl. 68 A 33 (Tetral. III. IV); B 4 b.

67 B 1. ACHILL. isag. I 13 p. 40, 26 [da Eudoro 67*]. Che gli


astri siano esseri animati, non lo ammette n Anassagora [59 A
59] n Democrito nella Grande Cosmologia.

67 B 1. ACHILL. Isag. 1, 13 (aus Eudoros)


[II 80. 5] [59 A 59]
.
67 B 1 a. PAP. HERC. 1768 [coll. alt. VIII 58-62] fr. 1 [Crnert 67 B 1 a. PAP. HERCUL. 1768 [Coll. alt. vol. VIII] fr. 1
Kolot. p. 147]. ... scrivendo68* che ... le medesime cose erano gi (Crnert Kolotes u. Mened. S. 147):
state dette prima nella Grande Cosmologia, che dicono essere
opera di Leucippo. Ed biasimato per essersi appropriato a tal

punto le dottrine altrui, non solo ponendo nella Piccola
[II 80. 10App.] . . . . . . . . .
Cosmologia le dottrine che si trovano anche nella Grande...

[Altre citazioni dalla Grande Cosmologia non ci sono pervenute, ,
tuttavia le esposizioni dei dossografi ci autorizzano ad attribuire .
a quell'opera termini atomi ( femm.; usato anche il

neutro), corpi solidi (), grande vuoto ( ),
'
scissione (), misura (), contatto reciproco

(), direzione (), rimescolamento (),
.
vortice (). Estratti epicurei: 67 A 24.]

DELL'INTELLETTO

Weitere wrtliche Zitate aus dem sind nicht


[II 80. 15] erhalten - wohl aber eine Inhaltsangabe, vgl. A 7 II 73,
16ff. -, einzelne Termini wie , , ,
, , , , , , u. a. sind
aus den doxographischen Berichten (unter A) nachweisbar.
Epikureische Excerpte 67 A 24.
[II 81. 1 App.]
Vgl. 67 A 28ff., 68 A 33; B 5e.

67 B 2. AT. I 25, 4 [Dox. 321]. Leucippo dice che tutto


avviene conforme a necessit e che questa corrisponde al fato. 67 B 2. AT. I 25, 4 (D. 321) ' ,
Dice infatti nel libro Dell'intelletto:
' .

[II 81. 5App.] ,


Nulla si produce senza motivo, ma tutto con una ragione e
' .
necessariamente.

68. DEMOCRITO

68 [55]. DEMOKRITOS

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

VITA

LEBEN

68 A 1. DIOG. LAERT. IX 34 sgg. Democrito, figlio di


Egesistrato, secondo altri invece di Atenocrito, secondo altri
ancora di Damasippo, nacque ad Abdera o, stando a certuni, a
Mileto.1* Egli ebbe come maestri alcuni Magi e Caldei,2*
poich il re Serse aveva lasciato dei sapienti presso il padre di
lui, allorquando fu da lui ospitato (come narra anche Erodoto);
e per opera loro Democrito, ancora fanciullo, fu istruito nelle
dottrine teologiche ed astrologiche. Pi tardi entr in rapporti
con Leucippo e, a detta di alcuni, anche con Anassagora,
avendo quarant'anni meno di lui [APOLLOD. F.Gr.Hist. 244 F
36 b]. Favorino per nella Storia varia [fr. 33 F.H.G. III 582],
riferisce che a proposito di Anassagora Democrito diceva che
non erano sue le dottrine circa il sole e la luna, bens antiche, e

68 A 1. DIOG. IX 34 ff. [II 81. 10 App.]


, ,
, , [vgl. 67 A 1 30; A 33 ].
,
,
' , '
.
[II 81. 15]
,
[FGrHist. 244 F 36 b II 1030].
[fr. 33 F.H.G. III 582]
,
, ' ,

che quegli se le era semplicemente appropriate; (35) e derideva (35)


le sue dottrine sull'ordinamento del mondo e sull'intelletto, per , [II 81. 20]
spirito di ostilit verso di lui, perch [Anassagora] non lo
, .
aveva accolto tra i suoi discepoli. Come mai, dunque, secondo ;
alcuni sarebbe stato scolaro di Anassagora?

Demetrio negli Omonimi e Antistene [F.H.G. III 183 n.] nelle [F.H.G. III 183 n.]
Successioni dei filosofi narrano che egli viaggi a lungo,

recandosi in Egitto dai sacerdoti (per apprendere la geometria),
dai Caldei in Persia e and pure al Mar Rosso. Alcuni
.
narrano3*che egli pratic i Ginnosofisti nell'India e che si rec [II 81. 25 App.]
pure in Etiopia. Era l'ultimo di tre fratelli; e, quando si tratt di .
dividere le sostanze paterne, riferiscono i pi che egli volle per
s la parte minore, quella che consisteva in denaro liquido, di , ,
cui aveva necessit a cagione dei suoi viaggi, proprio come
(36)
avevano accortamente supposto i suoi fratelli. (36) Demetrio, , .
per, fa ammontare la parte di lui a pi di cento talenti; e dice [II 82. 1 App.] ,
che li spese tutti. Racconta, poi, che era cos amante dello

studio che, presa per s una casetta nel giardino che circondava
la casa, se ne stava chiuso l dentro; e, una volta che suo padre [vgl. A 15; II 86, 31],
aveva portato l un bue per un sacrificio e ve lo aveva legato, ,
pass parecchio tempo senza ch'egli se ne accorgesse [cfr. A . ' , ,
15], finch il padre lo fece alzare a motivo del sacrificio e gli [II 82. 5 App.]
raccont anche la faccenda del bue. Consta pure - dice
. ,
[Demetrio]- che egli and ad Atene e, tenendo in non cale la ' ' , ,
fama, non si cur affatto di essere conosciuto; e conobbe
[B 116].'
Socrate, senza che quegli sapesse chi era [B 116]. Andai sono sue parole - ad Atene e nessuno mi conobbe.
(37) (' , ,
(37) (Se veramente Gli amanti sono di Platone, dice Trasillo, ,
egli sarebbe l'interlocutore non nominato, diverso dai seguaci , [II 82. 10 App.]
di Enopide e di Anassagora, che in conversazione con Socrate ,
discute intorno alla filosofia, dicendo che per lui il filosofo
, [Anterast. p. 136 A;
somiglia al lottatore del pentatlo [Amat. 135 e 136 B]. Ed era vgl. c. 41, 2].
egli veramente in filosofia lottatore di pentatlo: studiava infatti ,
le questioni fisiche e quelle morali, ma anche la matematica e ,
gli argomenti di cultura generale ed aveva completa esperienza ') '
delle arti.) suo anche quel detto: Il discorso l'ombra
' [B 145]. [II 82. 15 App.]
dell'azione [B 145]. Demetrio Falereo, poi, nella sua Apologia [F.Gr.Hist. 228 F 41 II 970]
di Socrate [F.Gr.Hist. 228 F 41 II 970] dice che egli non si
. ,
rec neppure ad Atene. 4*E ci anche pi notevole, se vero ,
che egli disdegn una tale citt perch non voleva da una
,
localit trarre la sua fama e preferiva anzi dar lui fama ad una . (38) (
localit. (38) (Quale egli fu si ricava anche dai suoi scritti.
. , ,
Sembra, dice Trasillo, che egli sia stato grande ammiratore dei ,
Pitagorici, anzi fa menzione dello stesso Pitagora, parlandone [II 82. 20]
con ammirazione nell'opera che s'intitola dal nome di lui.5*E [s. B 0a Schriftentitel I 1].
parrebbe che Democrito avesse tratto da Pitagora tutte le
' ,
proprie dottrine e che ne fosse stato anche scolaro, se la
.
cronologia non facesse ostacolo. Che in ogni modo per egli ,
sia stato alla scuola di qualcuno dei Pitagorici, ci attestato da .
Glauco di Reggio, vissuto nella stessa epoca di Democrito. E ).
anche Apollodoro di Cizico, dice che frequent Filolao.)
[II 82. 25 App.] , [F.H.G. III
Si esercitava pure, riferisce Antistene [F.H.G. III 173 n.], a
173 n.], ,
mettere alla prova in maniere singolari le immaginazioni,
. (39)
vivendo in certi periodi in luoghi deserti e perfino
,
soggiornando tra le tombe. (39) Ritornato dai suoi viaggi,

prosegue [Antistene], viveva in estrema miseria, poich aveva .
dato fondo a tutte le sue sostanze; e fu sostenuto nell'indigenza ,
dal fratello Damaso. Acquist poi rinomanza per aver predetto . [II 82. 30 App.]
in alcuni casi il futuro [cfr. A 17, 18, 19]; e da allora fu dai pi ,
circondato di una fama quasi divina. E siccome era legge, narra , ,

Antistene, che chi avesse scialacquata la sostanza paterna non


avesse diritto all'onore della sepoltura in patria, come
Democrito ebbe visto il pericolo, per non essere chiamato a
render conto dinanzi a taluni che erano invidiosi e dediti alla
delazione, lesse dinanzi a loro la Grande Cosmologia, che il
pi notevole tra tutti quanti i suoi scritti; e fu onorato con la
ricompensa di cinquecento talenti; non solo, ma gli fu reso
onore con statue di bronzo; e quando mor, in et di pi che
cent'anni, fu seppellito a pubbliche spese. (40) Demetrio,
invece, dice che furono i suoi familiari a leggere la Grande
Cosmologia,6*e che il libro fu ricompensato soltanto con cento
talenti. E lo stesso dice Ippoboto.7*

,
,

,
. [II 82. 35 App.]
. (40)
,
. .

' [fr. 83
F.H.G.II 290]
, . [II
83. 1 App.] [c.
Aristosseno nei Commentari storici [fr. 83 F.H.G. II 290] narra 54, 2] ,
.
che Platone voleva dar fuoco a tutte le opere di Democrito,

quante aveva potuto procurarsene, ma ne fu distolto dai
, ' ' ,
pitagorici Amicla e Clinia [cfr. cap. 54, 2] che gli fecero
osservare che non c'era frutto, perch quei libri eran gi nelle
mani di moltissimi. E si capisce: infatti lo stesso Platone, che fa [II 83. 5 App.]
menzione di quasi tutti gli antichi filosofi, non ricorda mai il [fr. 46 D.]
nome di Democrito, neppure l dove proprio dovrebbe
polemizzare con lui, ben sapendo che si sarebbe cimentato col , ,
migliore dei filosofi; e basta ricordare l'elogio fattone da
.
Timone [fr. 46 Diels], che suona cos:
(41) ,
Come Democrito il gran saggio, signore della parola,
[68 B5], ,
io riconosco tra i migliori acutissimo nel conversare.
. [II 83. 10 App.]

(41) Quanto ai tempi in cui visse, come dice egli stesso nella . '
Piccola Cosmologia [B 5], era giovane quando Anassagora era , [FGrHist. 244 F 36 II
1030]. [460-457],
vecchio, avendo egli quarant'anni meno di lui; e dice di aver
composto la Piccola Cosmologia 730 anni dopo la distruzione
di Troia. Egli sarebbe nato, secondo che dice Apollodoro nelle ,
Cronache [F.Gr.Hist. 244 F 36 a] nella 80.a olimpiade [460- [470-69], , [II 83. 15
App.] , . '
57]; secondo Trasillo, che ne parla nello scritto intitolato

Introduzione alla lettura delle opere di Democrito, nel terzo
anno della 70.a olimpiade [470-69], essendo [Democrito]- egli [c. 41, 3]. (42)

dice - di un anno pi vecchio di Socrate. Sarebbe vissuto
'
dunque ai tempi di Archelao discepolo di Anassagora;
contemporaneo pure di Enopide, che egli infatti nomina [cap. , ,
. [II 83. 20 App.]
41, 3]. (42) Fa anche menzione della dottrina dell'uno,
' [Zeller IIIa 6302] ,
professata da Parmenide e Zenone, che egli nomina come
filosofi che godevano ancora fama grandissima al tempo suo; e ,

ricorda Protagora di Abdera, che per consenso comune

contemporaneo di Socrate.
.
Racconta Atenodoro nell'ottavo libro delle sue Discussioni

[Peripatoi] che una volta si era recato da lui Ippocrate;
' ', ' ' '.
Democrito fa portare del latte, lo guarda e dice che latte di
[II 83. 25 App.] .
una capra primipara e nera di pelo; onde Ippocrate ebbe ad
ammirare la sua acutezza. E un'altra ancora: Ippocrate era
accompagnato da una ragazza, e Democrito il primo giorno la (43) [fr. 29
salut cos: Ciao, fanciulla; il giorno seguente, invece:
F.H.G. III 43; vgl. Anm. zu A 28] .
Ciao, donna; e infatti la ragazza durante la notte era stata
.
deflorata.

(43) Secondo la narrazione di Ermippo [fr. 29 F.H.G. III 43;
cfr. A 28], la morte di Democrito avvenne cos. Arrivato a
[II 84. 1 App.]
tarda vecchiezza, egli era sul finire, e intanto la sorella si
.
affliggeva perch sarebbe morto durante la festa delle

Tesmoforie ed essa non avrebbe potuto compiere il suo dovere ( ' ).

verso la dea [Demetra]; ma egli la tranquill e la preg di


portargli tutti i giorni dei pani caldi. Egli, ogni giorno, si
limitava ad accostarli alle nari; e cos riusc a sostenersi per
tutta la durata della festa; passati che furono i giorni della
solennit (che erano tre), egli spir senza dar alcun segno di
dolore, come narra Ipparco, in et di 109 anni.
E noi nel Pammetro gli abbiamo dedicato questi versi:
E chi fu tanto sapiente, chi lasci un'opera s grande,
come Democrito che di niuna dottrina manc?
Per tre giorni trattenne in casa la Morte presente per lui,
e offrendole solo il caldo odore dei pani la ospit!

, ,
.

[II 84. 5 App.] ,
.
;
'
.

.
(44) [II 84. 10 App.]
, ' .
Tale fu la sua vita.
.

.
(44) Le sue dottrine sono queste: principi di tutte le cose sono , ' ,
, , , ,
gli atomi e il vuoto, e tutto il resto opinione soggettiva; vi
sono infiniti mondi,8* i quali sono generati e corruttibili; nulla [II 84. 15 App.]

viene dal non essere, nulla pu perire e dissolversi nel non
9
.
essere. * E gli atomi sono infiniti sotto il rispetto della
,
grandezza e del numero, e si muovono nell'universo
. ' '
aggirandosi vorticosamente e in tal modo generano tutti i
. (45) ' ,
composti, fuoco, acqua, aria, terra; poich anche questi sono
, .
dei complessi di certi particolari atomi: i quali invece10* non
' , [II 84. 20App.]
sono n scomponibili11* n alterabili appunto per la loro
solidit. Il sole e la luna sono pure composti di tali atomi, [di , ,
' ,
quelli cio] lisci e rotondi;12* e ugualmente l'anima, che
tutt'uno con l'intelletto. Noi vediamo per effetto degli idoli [cfr.
67 A 29, 30, 31] che penetrano nei nostri occhi. (45) Tutto si . '
produce conforme a necessit, poich la causa della formazione [B 3]. , '
[B 125]. .
di tutte le cose quel movimento vorticoso che egli chiama
. 46-49 = 68 A 33.
appunto necessit. Il fine supremo della vita la tranquillit
dell'animo [], che non la medesima cosa del piacere, (49) [II 84. 25 App.]
,
come credevano certuni che avevano frainteso, bens quello
stato in cui l'animo calmo ed equilibrato, non turbato da paura , , [S.
alcuna o da superstizioso timore degli di o da qualsiasi altra 10 Wilamowitz],
passione. A tale stato dell'anima egli d il nome di benessere [F.H.G. IV 383,
384], ,
[] e parecchie altre denominazioni [B 3]. Le qualit
sensibili sono puramente soggettive [], in realt [] .
esistono solo atomi e vuoto [cfr. B 9]. E queste sono le sue
dottrine. I suoi libri ecc. [ 46-49 = A 33].
(49) Vi sono stati sei Democriti: primo questo nostro, secondo
il musico di Chio contemporaneo di questo, terzo lo scultore, di
cui fa menzione Antigono [p. 10 Wilamowitz], quarto quello
che scrisse intorno al tempio di Efeso e anche alla citt di
Samotracia [F.H.G. IV 383, 384], quinto il chiaro e fiorito
poeta di epigrammi, sesto quello di Pergamo, famoso per i
suoi libri di retorica.
G 68 A 1 a. DIOG. LAERT. IX 50. Protagora fu scolaro di
G 68 A 1 a. DIOG. LAERT. IX 50 '
Democrito. 13* (E questi era soprannominato 'Sapienza', come . ,
dice Favorino [fr. 36 F.H.G. III 583] nella sua Storia varia.) [fr. 36 F.H.G. III 583].
68 A 2. SUID. s. v. Democrito figlio di Egesistrato (secondo
68 A 2. SUIDAS [II 84. 30] (
altri di Atenocrito o di Damasippo), nato nel tempo in cui
)
nacque anche Socrate il filosofo, nella 77.a olimpiade [472-69], [472-469] (
secondo altri nella 80.a [460-57], filosofo, di Abdera nella
[460-457] ) , ,
Tracia, secondo alcuni scolaro di Anassagora e di Leucippo; a , ,
detta di altri, poi, anche di Magi e di Caldei della Persia.

Giacch egli si rec fino ai paesi dei Persiani e degli Indi e
' [II 84. 35 App.]

degli Egizi, e presso quei popoli fu istruito nella sapienza a loro .


propria; poscia, ritornato dai viaggi, convisse coi fratelli
.
Erodoto e Damaste. Partecip al governo in Abdera, essendo .
tenuto in onore per la sua sapienza. Divenne illustre, poi, il suo ,
discepolo Metrodoro di Chio, il quale, a sua volta, ebbe scolari [II 85. 1] .
Anassarco e il medico Ippocrate. Democrito fu soprannominato
'Sapienza' ed anche 'il Derisore'14* per la sua abitudine di

deridere gli uomini nel loro attaccamento alle vanit; i suoi
, .
libri autentici sono due, la Grande Cosmologia e quello Sulla . Soweit aus Hesych.
natura del mondo. Scrisse anche delle Lettere. [Deriva in tutto
da Esichio.]
68 A 3. AT. I 3, 16 [Dox. 285; cfr. ivi Teodoreto]. Democrito 68 A 3. AT. I 3, 16 (D. 285; vgl. das. Theodor.) [II 85. 5
figlio di Damasippo, di Abdera, ecc.
App.] . .
68 A 4. EUSEB. chron. a) CYRILL. c. Iul. I 13. Si dice che
68 A 4. EUSEB. chron. a) CYRILL. c. Iul. I 13 Spanh.
nella 70.a olimpiade [500-497] nacquero Democrito ed
[500-497]
Anassagora, filosofi fisici, e in quello stesso tempo anche

Eraclito, soprannominato l'oscuro. b) [Acme:] CYRILL. Si dice . b) Akme: CYRILL.
che nella 86.a olimpiade [436-3] fiorirono Democrito di
[II 85. 10] [436-433]
Abdera, Empedocle ed Ippocrate, ecc. [ARM. a. Abr. 1581; ol. ,
86, 2 = 435; cfr. 28 A 11]. c) [Morte:] ol. 94 [404-1]: HIERON. . ARM. a. Abr. 1581; [Ol. 86, 2. 435] vgl. 28
a. Abr. 1616 [ol. 94, 4 = 401]. ARM. a. Abr. 1613 [ol. 93, 2 = A 11. c) Tod Ol. 94 [404-401]: HIERON. a. Abr. 1616 [Ol. 94,
403]. CHRON. PASCH. 317, 5. Democrito mor in et di
4. 401]. ARM. a. Abr. 1613 [Ol. 93, 2. 403]. CHRON. PASCH.
cent'anni [ol. 105, 2 = 359].
317, 5 . . [Ol. 105, 2. 359].
68 A 5. DIODOR. XIV 11, 5. Intorno a quel tempo [ol. 94, 1 = 68 A 5. DIODOR. XIV 11, 5 [II 85. 15]
401] mor anche il filosofo Democrito in et di novant'anni.
[Ol. 94, 1. 401] .
.
68 A 6. [LUCIAN.] macrob. 18. Democrito di Abdera, arrivato 68 A 6. [LUCIAN.] Macrob. 18 .
in et di 104 anni, si lasci morire di fame. CENSORIN. de d.
nat. 15, 3. Anche di Democrito di Abdera e del retore Isocrate . CENSOR.15, 3 Democritum quoque Abderiten et
si dice che giungessero quasi alla medesima et di Gorgia
Isocraten rhetorem ferunt prope ad id aetatis pervenisse quo
Leontino, il quale, come si sa, arriv ad et non raggiunta da Gorgian [II 85. 20] Leontinum, quem omnium veterum maxime
nessuno degli antichi, ad oltre 108 anni.
senem fuisse et octo supra centum annos habuisse constat. Vgl.
II 82, 35. 84, 3.
68 A 7. ARISTOT. meteor. B 7. 365 a 17 [del terremoto].
68 A 7. ARISTOT. Meteor. B 7 ( ) p. 365 a 17
Infatti Anassagora di Clazomene e anteriormente Anassimene .
di Mileto e dopo di loro Democrito di Abdera trattarono del

terremoto. [Anassagora lodato da Democrito, cfr. 59 B 21 a; . Anaxagoras von Demokrit gelobt
biasimato, cfr. 68 B 5.]
59 B 21 a, getadelt [II 85. 25] 68 B 5.
68 A 8. SEXT. EMP. adv. math. VII 389. ... ci che
68 A 8. SEXT. VII 389 .
sostenevano Democrito e Platone, confutando Protagora.
[vgl. B 156].
68 A 9. ATHEN. VIIIC 354 C. E nella medesima lettera [fr. 68 A 9. ATHEN. VIII 354 C [fr.
172 p. 153, 2].15* Epicuro dice che anche il sofista Protagora, 172 p. 153, 2 Us.]
da facchino che era e portatore di legna divenne dapprima
[II 85. 30]
scriba di Democrito; poich aveva suscitato l'ammirazione di ' '
Democrito con una sua arte originale di comporre insieme le
legna, e questo fu origine che egli fosse preso in casa da lui e '
andasse poi ad insegnare l'abbicc in un villaggio; e da qui
, ' . PHILOSTR.
prese lo slancio per darsi alla sofistica. PHILOSTR. v. soph. I Vit. soph. I 10 p. 13, 1 Kayser
10 p. 13, 1. Protagora di Abdera fu sofista e scolaro di
,
Democrito in patria, ma venne in contatto anche coi Magi
[II 85. 35]
persiani al tempo della spedizione di Serse in Grecia.
. Vgl. II 81, 12. 86, 38. 94, 30
68 A 10. SUID. s. v. ... Costui fu dapprima
68 A 10. SUID. s. v. ...
scolaro del proprio padre, successivamente di Erodico di
,
Selimbria e di Gorgia di Leontini retore e filosofo, e, a detta di [II 86. 1 App.]
alcuni, anche di Democrito di Abdera; ed era giovane quando , ,
s'incontr con lui che era vecchio.

.
68 A 10 a. SUID. s. v. ... era schiavo, e Democrito di 68 A 10 a. SUID. s. v. . . . .
Abdera, vistolo ben dotato d'ingegno, lo compr per 10000

dramme e lo fece suo scolaro.16* Egli inoltre, vissuto poco
. [II 86. 5]

dopo di Pindaro e di Bacchilide, pi vecchio per di


,
Melanippide, si dedic anche alla lirica; fior pertanto nella


78.a olimpiade [468-5].
[468-465]. Vgl. zum [68 B 299e].
68 A 11. VAL. MAX. VIII 7 extr. 4. Dimorando parecchi anni 68 A 11. VAL. MAX. VIII 7 ext. 4 Athenis autem conpluribus
ad Atene e dedicando tutte le sue ore ad acquistare dottrina e ad annis moratus omnia temporum momenta ad percipiendam et
esercitarsi negli studi visse ignoto a quella citt, come egli
exercendam doctrinam conferens [II 86. 10 App.] ignotus illi
stesso attesta in un suo volume [B 116].
urbi vixit, quod ipse quodam volumine testatur [B 116].
68 A 12. STRAB. XV 703 [da Megastene]. Nella parte
68 A 12. STRAB. XV 703 [aus Megasthenes]
montuosa [dell'India] c' il fiume Sila, nel quale nessun oggetto [Indiens] , .
pu stare a galla. Democrito per, avendo viaggiato per gran
parte dell'Asia, non ci crede. E neppure ci crede Aristotele.
. .
68 A 13. CICER. de fin. V 19, 50. Che dire di Pitagora, di
68 A 13. CIC. de fin.V 19, 50 quid de Pythagora? quid de
Platone, di Democrito, che vediamo aver viaggiato, per
Platone aut de [II 86. 15] Democrito loquar? a quibus propter
desiderio di apprendere, sino agli estremi confini della terra? discendi cupiditatem videmus ultimas terras esse peragratas.
TESTIMONIANZE DI CARATTERE ROMANZESCO
ROMAN
68 A 14. PHILO de prov. II 13, 52. E il secondo [con
68 A 14. PHILO de prov. II 13, 52 D. autem alter [neben
Anassagora] Democrito: ricco e possessore di molti beni di Anaxagoras, vgl. Z. 31] opulentus et possessor multorum, eo
fortuna, poich era nato di famiglia illustre, ma tutto preso dal quod ortus esset ex [II 86. 20] illustri familia, desiderio
desiderio della sapienza, allontan da s quella ricchezza cieca sapientiae familiarissimae deditus caecam invisamque
e odiosa che suole toccare ai malvagi ed ai vili; e si procur
opulentiam quae pravis et vilibus tribui consuevit inhibuit eam
invece quella che non cieca e che costante, perch adusata a vero quae haud caeca est ac constans eo quod cum bonis solis
stare soltanto coi buoni. Proprio a cagione di questo fu creduto assuescat acquisivit. propterea universas patriae leges
un sovvertitore di tutte le leggi patrie e reputato una specie di dimovere visus est et quasi malus genius reputatus, ita ut
spirito perverso, tanto da correre il rischio di esser privato
periclitatus fuerit ne sepulcro ipso privaretur ob legem [II 86.
anche della sepoltura in base alla legge vigente presso gli
25] apud Abderitas vigentem quae insepultum proiciendum
Abderiti, secondo la quale si doveva lasciare insepolto colui
statuebat qui patrias leges non observasset. id sane subeundum
che non avesse osservato le leggi patrie. E davvero a
erat Democrito, nisi misericordiam sortitus esset benignitate,
Democrito sarebbe toccato questo, se non avesse ottenuto
quam ergo eum habuit Hippocrates Cous aemulatores enim
indulgenza per la benignit che us verso di lui Ippocrate di
sapientiae inter se erant. porro ex suis operibus celebratis
Coo: giacch, in fatto di dottrina, erano emuli l'uno dell'altro. quod appellatur Magnus diacosmus centum, ut nonnulli dicunt
Inoltre, tra le sue opere famose, quella che s'intitola Grande
adhuc amplius [II 86. 30 App.] Atticis talentis ccc, aestimatum
Cosmologia fu stimata cento talenti attici, e, a detta di alcuni, fuit. Vgl. A 1, 39-40.
anche pi di trecento talenti [cfr. A 1, 39-40].
68 A 15. PHILO de vita contempl. VI 49, 12 [473 M.].
68 A 15. PHILO de vita contempl. p. 473 M. (VI 49 C.-W.)
Anassagora e Democrito sono celebrati dai Greci perch,
.
accesi dall'amore della filosofia, lasciarono che i loro beni
.
divenissero libero pascolo al bestiame. DIO CHRYSOST. 54, 2 DIO 54, 2 p. 113, 21 Arn. CIC. de fin. V 29, 87 [s. A 169].
p. 113, 21. CICER. de fin. V 29, 87 [cfr. A 169]. HORAT. ep. I HORAT. EP. I 12, 12 miramur, si Democriti pecus edit agellos
12,12. Qual meraviglia, se il bestiame entra nei campi di
cultaque, dum peregre est [II 86. 35] animus sine corpore
Democrito e guasta le messi, mentre l'animo di lui, immemore velox.
del corpo, se ne va errando veloce?
68 A 16. AELIAN. var. hist. IV 20. Si narra che Democrito di 68 A 16. AEL. V. H. IV 20
Abdera non solo acquist grande dottrina, ma anche desider di
vivere ignorato e mise in pratica questo suo divisamento con , .
ogni sforzo. Perci fece anche viaggi per gran parte della terra, .
recandosi presso i Caldei e a Babilonia e presso i Magi e i

sapienti dell'India [cfr. A 40, 1]. Del patrimonio lasciato dal
[vgl. A 9. A 40, 1]. [II 86. 40]
padre suo Damasippo, e diviso in tre parti fra i tre fratelli, egli
prese soltanto il denaro liquido, come viatico per i suoi viaggi, ,
lasciando ai fratelli tutto il resto; e di ci lo loda anche
[II 87. 1]
Teofrasto,17* perch egli viaggiava procurandosi una ricchezza [in ?]
migliore assai di quella di Menelao e di Ulisse [Od. III 301; IV ,
80, 90]. Quelli infatti viaggiavano come uomini non diversi, in [ 301; 80, 90]. ,
realt, da mercanti fenici, giacch andavano raccogliendo

ricchezze, e i loro viaggi di terra e di mare non avevano altro [II
scopo che questo.
87. 5 App.] .
68 A 17. PLIN. nat. hist. XVIII 273. Di Democrito, il quale
68 A 17. PLIN. N. H. XVIII 273 ferunt Democritum, qui
per primo comprese e dimostr i rapporti che corrono tra il
primus intellexit ostenditque caeli cum terris societatem,
cielo e la terra, si narra quest'episodio: siccome i pi ricchi tra i spernentibus hanc curam eius opulentissimis civium praevisa

suoi concittadini dispregiavano queste ricerche, egli una volta, olei caritate futura ex vergiliarum ortu (qua diximus ratione
avendo previsto che ci sarebbe stata una carestia d'olio a partire ostendemusque iam planius) magna tum vilitate propter spem
dal tempo delle Pleiadi (nel modo gi da noi detto e che ora
[II 87. 10 App.] olivae coemisse in toto tractu omne oleum,
spiegheremo anche pi chiaramente), compr, a prezzo
mirantibus qui paupertatem quietemque doctrinarum ei
bassissimo per la speranza che si nutriva nel raccolto, tutto
sciebant in primis cordi esse. atque ut adparuit causa et ingens
l'olio che pot trovare in tutta la regione, con stupore di coloro divitiarum cursus, restituisse mercedem anxiae et avidae
che sapevano come a lui pi d'ogni cosa stesse a cuore una vita dominorum poenitentiae, contentum ita probavisse opes sibi in
modesta e la tranquillit degli studi. Quando poi la cagione
facili, cum vellet, fore.
divenne manifesta e quelle sue ricchezze ebbero un immenso
rialzo di valore, egli, dinanzi al pentimento dei proprietari
ansiosi e avidi, rifuse loro la perdita, accontentandosi di aver
cos dimostrato che non gli era difficile procurarsi delle
ricchezze, quando ne avesse volute.
68 A 17 a. PLUTARCH. quaest. conv. I 10, 2 p. 628 C. Ci
68 A 17 a. PLUT. Quaest. conv. I 10, 2 p. 628 C [II 87. 15
capiter, col nostro desiderio di sapere, lo stesso che al sapiente App.]
Democrito. Infatti una volta, a quanto si dice, egli, mangiando . ,
del cocomero, not che aveva un certo sapore di miele. Allora , ,
chiama la serva e vuol sapere dove l'ha comperato: quella gli ,
indica un orto; e Democrito, alzatosi per andare, le comanda di
condurlo e di mostrargli il luogo. La donnicciola resta tutta
' '
meravigliata e gli chiede per che fare. E lui: - Per cercare la
' [II 87. 20 App.] ,
causa di questo sapore dolce; e la trover di certo, esaminando .'' ''
il luogo direttamente. - E allora puoi star seduto - risponde la , ''
donnicciola sorridendo - perch io, senza badarci, avevo messo ''. ' ''
il cocomero in un vaso dove c'era stato del miele. E quello in '
atto di fastidio, replica: - Mi hai punto sul vivo; e nondimeno io ',
far il mio ragionamento e cercher la causa. E si mise a
.
cercarla, come se il sapore dolce fosse il sapore proprio e
naturale del cocomero.
68 A 18. CLEM. ALEX. strom. VI 32 [II 446, 28]. Democrito, 68 A 18. CLEM. Strom.VI 32 [II 446, 28 St.] [II 87. 25] .
per aver predetto molti fenomeni, come gli consentiva il suo

studio delle regioni celesti, fu soprannominato 'Sapienza' [cfr.
A 2]. Una volta, per esempio, al fratello Damaso (giacch

questi lo aveva benevolmente accolto) egli preannunzi che,
.
per gli indizi che aveva tratto da alcune stelle, vi sarebbe stata (
una grande pioggia. Ebbene, coloro che gli diedero ascolto
),
riposero i raccolti (che erano ancora nelle aie, perch era
[II 87. 30] . PLIN. N. H.
estate), mentre gli altri perdettero tutto, quando si abbatt con XVIII 341 tradunt eundem Demoritum metente fratre eius
violenza sul paese la pioggia abbondantissima e improvvisa.
Damaso ardentissimo aestu orasse, ut reliquae segeti parcerei
PLIN. nat. hist. XVIII 341. Si narra che lo stesso Democrito, raperetque desecta sub tectum, paucis mox horis saevo imbre
mentre suo fratello Damaso mieteva sotto una calura immensa, vaticinatione adprobata. Vgl. 68 A 1 39].
lo esort a lasciare stare l'altra messe e a riporre al coperto alla
svelta quella che aveva gi mietuta; e, dopo qualche ora, la
predizione fu confermata da una tremenda pioggia [cfr. A 1,
39].
68 A 19. PHILOSTR. v. Apoll. VIII 7 p. 313, 17. E quale
68 A 19. PHILOSTR. V. Apoll. VIII 7 p. 313, 17 Kayser '
sapiente ti pare che abbia mai tralasciato di prodigarsi per una [II 87. 35]
citt come questa, pensando che Democrito liber una volta
,
dalla peste gli Abderiti, e ricordando l'ateniese Sofocle, di cui ,
narrano che calmasse i venti che spiravano fuori stagione ecc.? ,
.
68 A 20. IULIAN. ep. 201. Democrito di Abdera, non sapendo 68 A 20. IULIAN. EP. 201 B.-C.
pi con quali parole trovar modo di consolare Dario addolorato ,
per la morte della moglie bellissima, gli promise di fargli
[II 87. 40]
ritornare alla luce la scomparsa, qualora il re volesse fargli
, ,
apprestare tutto quanto era a ci necessario. Il re diede l'ordine
che nulla si risparmiasse e, lasciando a Democrito libert di
. ' [II 88. 1
prendere tutto ci che gli occorresse, lo impegn a confermare App.]
coi fatti la sua promessa; poco tempo dopo, Democrito gli fece , ,
sapere che era fornito ormai di tutte le cose occorrenti meno
,
una; e quest'unica che mancava, egli da solo non aveva modo

di procurarsela, ma Dario, essendo re di tutta l'Asia, l'avrebbe


forse trovata senza difficolt. Chiese il re che fosse mai questa
cosa s grande che soltanto il re poteva arrivare a scoprirla; e
Democrito, raccontano, rispose che si trattava di scrivere sulla
tomba della morta il nome di tre i quali fossero vissuti senza
aver mai provato dolore, e tosto ella sarebbe tornata in vita,
docile alla legge del rito. E poich Dario era fortemente in
impaccio e non poteva trovare nessun uomo al quale non fosse
mai accaduto di provare qualche dolore, Democrito, ridendo
secondo il suo costume, gli disse: Perch, o
irragionevolissimo uomo, piangi senza ritegno come se tu fossi
il solo a cui toccata una tale sventura, tu che non potresti
trovare tra tutte le passate generazioni neppure un uomo solo
che sia vissuto senza provare la sua parte di dolore?
68 A 21. CICER. de orat. II 58, 235. E, prima di tutto, che
cosa sia propriamente il riso, e in qual modo venga suscitato...
se la veda Democrito. HORAT. ep. II 1, 194. Ne riderebbe
Democrito, se fosse al mondo... SOTION [maestro di
Seneca]18*dell'ira, II ap. STOB. flor. III 20, 53. I sapienti
hanno altre manifestazioni invece dell'ira: a Eraclito venivano
le lacrime, Democrito scoppiava a ridere. IUVENAL. 10, 33.
Un riso incessante soleva agitare il petto di Democrito ... ; (47)
anche allora trov argomento di riso ad ogni passo colui che
con la sua saggezza mostra che uomini di alta virt e capaci di
lasciare grandi esempi possono nascere anche in paese di
castroni e sotto l'oppressione di un'aria pesante.
SCHOL. ad loc. Infatti Democrito fu di Abdera, dove
solitamente nascono idioti [cfr. CICER. ad A 74 e].
68 A 22. CICER. Tusc. disp. V 39, 114. Democrito, perduta la
vista, non poteva, naturalmente, distinguere il bianco dal nero;
ma non perdeva perci la facolt di discernere il bene ed il
male, il giusto e l'ingiusto, il dignitoso e l'abbietto, l'utile e
l'inutile, il grande ed il piccolo; e anche senza vedere tutta la
variet dei colori poteva vivere felice, mentre non avrebbe
potuto senza la conoscenza del vero. Anzi egli riteneva che la
vista interiore dell'anima ricevesse impedimento dalla vista
corporea e, mentre tanti spesso non vedono neppure ci che
hanno dinanzi ai piedi, egli percorreva tutto l'infinito col solo
intelletto, senza trovare mai alcun limite che lo arrestasse.
68 A 23. GELL. noct. att. X 17. Nei libri di storia greca
riferito che il filosofo Democrito, uomo degno di venerazione
oltre ogni altro e tra i pi autorevoli degli antichi, si priv
spontaneamente dell'uso della vista, perch riteneva che le
riflessioni e le lunghe meditazioni dell'animo suo nell'indagare
i princpi e le cause della natura sarebbero divenute pi spedite
e pi esatte, se le avesse liberate dalle attrattive che offre la
vista e dagli ostacoli che provengono dagli occhi. Il poeta
Laberio, in un suo mimo intitolato Il cordaio, narr con versi a
dir vero abbastanza curati ed efficaci il fatto e la maniera scelta
da Democrito, con una trovata genialissima, per procurarsi
facilmente la cecit; il poeta per finse diversa la causa del
volontario accecamento, riconducendola all'argomento che egli
allora poneva sulla scena, in modo abbastanza acconcio. Infatti
il personaggio che in Laberio narra ci, una figura di ricco
avaro e taccagno, che sta deplorando l'eccessivo spendere e la
corruzione del figlio giovinotto. I versi di Laberio sono questi
[C.R.F. 72 sgg. p. 353 Ribbeck]:
Democrito di Abdera, filosofo fisico,
rivolse uno scudo proprio verso la parte dove sorge Iperione,
per potersi togliere la vista con lo splendore celeste.

,
. ' , [II 88. 5
App.] ,
,
,
.

,
, '
, [II 88. 10 App.] ,

;'.
68 A 21. CIC. de orat. II 58, 235 atque illud primum quid sit
ipse risus, quo pacto concitetur ... viderit Democritus.
HORAT. EP. II 1, 194. si foret in terris, rideret D. SOTION
[Leherer Senecas] , bei STOB. Flor. III 20, 53 [II
88. 15 App.]
, [vgl. A 40 End.].
IUVEN. 10, 33 perpetuo risu pulmonem agitare solebat D...;
(47) tunc quoque materiam risus invenit ad omnis occursus
hominum, cuius prudentia monstrat summos posse viros et
magna exempla daturos vervecum in patria crassoque sub aere
nasci. SCHOL. z. d. St. Abderita nam fuit [II 88. 20 App.] D.,
ubi stulti solent nasci. Vgl. A 74 am Ende.

68 A 22. CIC. Tusc.V 39, 114 D. luminibus amissis alba


scilicet discernere et atra non poterat at vero bona mala,
aequa iniqua, honesta turpia, utilia inutilia, magna parva
poterat, et sine varietate colorum licebat vivere beate, sine
notione rerum non licebat. atque hic vir impediri etiam animi
aciem [II 88. 25 App.] aspectu oculorum arbitrabatur, et cum
alii saepe quod ante pedes esset non viderent, ille <in>
infinitatem omnem peregrinabatur, ut nulla in extremitate
consisteret.

68 A 23. GELL. X 17 Democritum philosophum in


monumentis historiae graecae scriptum est, virum praeter
alios venerandum auctoritateque antiqua [II 88. 30]
praeditum, luminibus oculorum sua sponte se privasse, quia
existimaret cogitationes commentationesque animi sui in
contemplandis naturae rationibus vegetiores et exactiores fore,
si eas videndi inlecebris et oculorum impedimentis liberasset.
id factum eius modumque ipsum, quo caecitatem facile
sollertia subtilissima conscivit, Laberius poeta in mimo quem
scripsit [II 88. 35 App.] RESTIONEM versibus quidem satis
munde atque graphice factis descripsit, sed causam
voluntariae caecitatis finxit aliam vertitque in eam rem, quam
tum agebat, non inconcinniter. est enim persona, quae hoc
apud Laberium dicit, divitis avari et parci, sumptum plurimum
asotiamque adulescentis filii deplorantis. versus Laberiani sunt
[C.F3 72ff. p. 353 Ribbeck]:
[II 89. 1] Democritus Abderites physicus philosophus
clipeum constituit contra exortum Hyperionis,
oculos effodere ut posset splendore aereo.
ita radiis solis aciem effodit luminis,
[II 89. 5 App.] malis bene esse ne videret civibus.

Cos coi raggi del sole egli si priv della luce degli occhi,
sic ego fulgentis splendorem pecuniae
per non vedere i cattivi cittadini vivere fortunati.
volo elucificare exitum aetati meae,
Similmente, con lo splendore delle rilucenti monete
ne in re bona esse videam nequam filium.
io voglio ottenebrare questi ultimi giorni di mia vita
per non vedere nell'abbondanza un cattivo figlio.
68 A 24. LUCRET. III 1039 [da LACT. inst. div. III 18, 6].
68 A 24. LUCRET. III 1039 [daraus LACT. Inst. III 18, 6]
E Democrito infine, allorch la vecchiaia avanzata
[II 89. 10] denique Democritum postquam matura vetustas
lo fece accorto che s'illanguidiva nel suo animo la forza della admonuit memores motus languescere mentis,
memoria,
sponte sua leto caput obvius optulit ipse.
spontaneamente si fece innanzi ed offr il proprio capo alla
morte.
68 A 25. HIMER. ecl. 3, 18. Volontariamente Democrito
68 A 25. HIMER. Ecl. 3, 18
rendeva infermo il corpo, per dar salute a ci che ha pi valore. , .
68 A 26. TERTULL. apol. 46. Democrito, con l'accecarsi
68 A 26. TERTULL. Apol. 46 D. [II 89. 15 App.]
perch non poteva guardare le donne senza concupiscenza e
excaecanndo semetipsum, quod muli concupiscentia aspicere
soffriva se non poteva possederle, fa aperta dichiarazione di
non posset et doleret, si non esset potitus, incontinentiam
incontinenza con la pena stessa che si scelta.
emendatione profitetur.
68 A 27. PLUTARCH. de curios. 12 p. 521 D. falsa quella 68 A 27. PLUT. de curios. 12 p. 521 D
storia che Democrito volontariamente si privasse della luce

degli occhi, fissando uno specchio posto contro un fuoco
' [II 89. 20
acceso e affrontandone il riflesso, affinch gli occhi non gli
App.] ,
rubassero l'intelletto col richiamarlo troppo spesso al di fuori e , '
lo lasciassero invece chiuso in se stesso - come finestre ben

chiuse verso la strada - e tutto rivolto alle cose intelligibili.
.
68 A 28. ANON. LONDIN. 37, 34 sgg. E a tal proposito
68 A 28. ANON. LONDIN. 37, 34 ff.
[Asclepiade]19* dice che corre questo racconto: che Democrito, [Asklepiades],
astenutosi dal cibo per quattro giorni, era gi prossimo a morire [II 89.
e che fu esortato da alcune donne a voler restare in vita ancora 25 App.]
qualche giorno, ed egli, perch non venissero loro interrotte
,
incresciosamente le Tesmoforie che si celebravano proprio in
quei giorni, ordin ad esse di trasportarlo o di collocarlo vicino , ,
ai pani, i quali riempivano il luogo di una esalazione continua; ,
e cos Democrito, aspirando l'esalazione proveniente dal forno, . .
riacquist le forze e sopravvisse quanto bastava. CAEL.
.
AURELIAN. morb. acut. II 37. Si impregni d'aceto della
CAELIUS. AURELIAN. Acut. morb. II 37 [II 89. 30 App.] sit
polenta e del pane abbrustolito, o si prendano pomi cotogni o igitur polenta infusa atque panis assus aceto infusus vel mala
mirti o qualcosa di simile. Tutte queste sostanze, infatti,
cydonia aut myrta et his similia. haec enim defectu extinctam
mantengono al corpo la forza anche se essa quasi distrutta
corporis fortitudinem retinent, sicut ratio probat atque
dallo sfinimento, come ci confermato dalla scienza e anche Democriti dilatae mortis exemplum fama vulgatum.
dall'esempio, notissimo, di Democrito che protrasse in tal modo
il morire.
68 A 29. ATHEN. epit. II 46 E. Si racconta che Democrito di 68 A 29. ATHEN. epit. II p. 46 E
Abdera, a cagione della vecchiaia, aveva deliberato di togliersi [II 89. 35]
la vita e si diminuiva gradualmente il cibo giorno per giorno; '
ma, venuti i giorni delle Tesmoforie, le donne di casa lo
[II 90. 1 App.]
scongiurarono di non voler morire durante la solennit,
,
affinch esse potessero partecipare ai sacri riti, ed egli
, ,
acconsent, chiedendo solo che gli mettessero l vicino un vaso
di miele; e cos visse i giorni che occorrevano col solo aiuto

dell'esalazione proveniente dal miele, e, trascorsi quei giorni,
allontanato il miele, mor. Sempre piacque assai il miele a
[II 90. 5 App.] .
Democrito e, a chi s'informava da lui sul modo di condurre una . , ,
vita sana, raccomandava d'inumidire il di dentro col miele e il , , , '
di fuori con l'olio.
.
68 A 30. MARC. ANTON. III 3. Democrito [fu consunto] dai 68 A 30. MARC. ANTON. III 3
pidocchi.20*
[nmlich . Verwechslung mit Pherekydes 7 A 1
118.]
SCRITTI
SCHRIFTEN S. A 2
68 A 31. SUID. s. v. [A 2]... I suoi libri autentici sono due, la 68 A 31. SUID. [II 90. 10 App.] [A 2; II 85, 2]...

Grande Cosmologia [67 B 1] e quello Sulla natura del mondo , [67 B 1]


[B 5 c]. Scrisse anche delle Lettere [C 2-6; da Esichio].
[B 5 c].
[68 C 2-6]. Aus Hesych.
68 A 32. SUID. s.v. ; [elenco delle opere]. Tavola 68 A 32. SUID. [Schriftenverzeichnis].
delle locuzioni e delle opere di Democrito [da Esichio].
. Aus Hesych.
STEPH. BYZ. p. 640, 5. Egesianatte grammatico, il quale
STEPH. BYZ. p. 640, 5 Mein [II 90. 15 App.]
scrisse Sull'elocuzione di Democrito, in un libro, e
[Susemihl. Al. L. II 31]
Sull'elocuzione poetica. Era nativo della Troade [da Esichio]. .
. Aus Hesych.
68 A 33. DIOG. LAERT. IX 45-49. DISPOSIZIONE DELLE 68 A 33. DIOG. IX 45-49 TETRALOGIEEN - ORDNUNG
OPERE DI DEMOCRITO IN TETRALOGIE SECONDO
DES THRASYLLOS [Vgl. 68 B 0a-28c].
TRASILLO.

[II 90. 20 App.]
.
E i suoi libri furono classificati anche da Trasillo nell'ordine
seguente, in tetralogie come pure quelli di Platone.
(46)
(46) Libri etici:
I 1. 2. 3.
4. ( ,
(I) 1. Pitagora 2. Sulla disposizione d'animo del saggio 3.
Degli i inferi 4. Tritogenia21* (e la ragione del nome questa, )
[II 90. 25 App.] II 1. 2.
che da essa provengono le tre cose che comprendono tutto
3. 4.
quanto vi di fondamentale nel vivere umano).
[Bcherzahl fehlt]. .
.
(II) 1. Della bont dell'uomo o Della virt 2. Il corno di
Amaltea 3. Sulla tranquillit dell'animo 4. Appunti di etica,
libri [manca il numero dei libri]; l'opera Sul benessere
perduta. (E questi sono i libri etici.)

[II 91. 1 App.] III 1. (


) 2. 3.
4. .
IV 1. 2. (
(III) 1. Grande Cosmologia (che la scuola di Teofrasto
attribuisce a Leucippo) 2. Piccola Cosmologia 3. Cosmografia ) [II 91. 5 App.] 3. 4.
(
4. Sui pianeti22*
).
V 1. 2. (47) 3.
(IV) 1. Sulla natura, libro primo 2. Sulla natura dell'uomo
4. .
(ovvero Della carne), libro secondo23* 3. Sull'intelletto24*4.
VI 1. (
Delle sensazioni (a queste ultime due opere, alcuni danno il
) 2. [II 91. 10 App.]
titolo unico: Dell'anima).
3. 4.
[Bcherzahl fehlt]. .
(V) 1. Dei sapori 2. Dei colori (47) 3. Delle differenze di forma
[negli atomi] 4. Dei cangiamenti di forma.

Libri fisici:

(VI) 1. Libri probativi (che quanto dire riesame critico delle 1. 2. 3. 4.


teorie precedentemente esposte) 2. Degli idoli o della
5. 6.
previsione 3. Dei ragionamenti, o Canone, libri 3 4. Aporie,
[II 91. 15 App.]
libri [manca il numero dei libri]. (E questi sono i libri di fisica.) 7. 8. 9.
Opere non classificate:
(VII) 1. Questioni astronomiche25* 2. Questioni atmosferiche
3. Questioni circa la superficie terrestre 4. Questioni circa il
fuoco e i corpi in combustione 5. Questioni intorno ai suoni 6.
Questioni intorno alle semenze, alle piante e ai frutti 7.
Questioni intorno agli animali, libri 3 8. Questioni diverse 9.
Questioni intorno alla calamita. (E queste sono le opere non
classificate.)


VII 1.
2. 3. [Bcherzahl ?]
4. .
[II 91. 20 App.] VIII 1.
2. (48) 3. ,
4. [?].
IX 1. 2. 3. 4.

Libri matematici:
(VII) 1. Sulla conoscenza differenziale [?] o sulla tangente al
cerchio e alla sfera 2. Sulla geometria 3. Questioni
geometriche [seguiva il numero dei libri?] 4. Numeri.
(VIII) 1. Sulle linee e i solidi incommensurabili, libri 2 2.
Proiezioni [di solidi sul piano] (48) 3. Il grande anno o
Astronomia: accompagnato da un calendario astronomico
[Parapegma] 4. Gara della clessidra [?].

. .

[II 91. 25 App.] X 1. 2.
3. 4.
.
XI 1. 2.
3. 4. [Bcherzahl?].
.

(IX) 1. Descrizione del cielo26* 2. Geografia 3. Descrizione del



polo27* 4. Costruzione prospettica dei raggi. (Tanti sono i libri
matematici.)
[II 92. 1 App.] XII 1. 2.
3. [] 4.
Libri musici:
.
XIII 1. 2. 3.
(X) 1. Dei ritmi e dell'armonia 2. Sulla poesia 3. Sulla bellezza [II 92. 5 App.] 4. .
.
delle parole 4. Sulle lettere dell'alfabeto: le eufoniche e le
'
cacofoniche.
[B 298 a - 299 h]
(XI) 1. Su Omero ovvero Sulla propriet dell'espressione e le (49) 1. 2.
locuzioni dialettali 2. Del canto 3. Sulle parole 4. Vocabolario, 3. 4. 5.
6. [II 92. 10 App.] 7.
8. 9.
libri [numero dei libri?]. (Tanti sono i libri musici.)
[?] .
' , ,
Libri tecnici:
, ' .
.
(XII) 1. Prognosi 2. Della dieta o Dietetico 3. Sui giudizi dei
medici 4. Questioni intorno ai giorni sfavorevoli e favorevoli.
(XIII) 1. Dell'agricoltura o Georgico 2. Della pittura 3. Della
tattica 4. Sui combattimenti ad armi pesanti. (Tanti sono anche
questi libri.)
Alcuni poi classificano a parte anche le seguenti opere, di tra i
suoi appunti [B 298 a - 299 h]:
(49) 1. Sugli scritti sacri di Babilonia 2. Sugli scritti sacri di
Meroe 3. Descrizione delle coste dell'Oceano 4. Sulla storia. 5.
Dottrina caldaica 6. Dottrina frigia 7. Sulla febbre e sulla
tosse di malattia 8. Questioni giuridiche 9. Rimedi artificiali
[?], Problemi.
Di tutti gli altri libri che gli vengono attribuiti, alcuni sono
compilazioni tratte da opere sue originali, altri sono
concordemente riconosciuti come apocrifi. Questo tutto
quanto era da dire intorno alle opere di Democrito.
STILE
[II 92. 15] STIL
68 A 34. CICER. de orat. I 11, 49. Se il famoso fisico
68 A 34. CIC. de orat. I 11, 49 si ornate locutus est, sicut et
Democrito si espresso in forma ornata, come si dice e come a fertur et mihi videtur, physicus ille D., materies illa fuit physici
me pure sembra, la materia di cui egli si occupava era da fisico, de qua dixit, ornatus vero ipse verborum oratoris putandus est.
ma l'ornato dell'elocuzione esige che lo si consideri come
CIC. orat. 20, 67 quicquid est enim, quod sub aurium
oratore. CICER. orat. 20, 67. Qualunque espressione, infatti, in mensuram aliquam cadat, etiamsi abest a versu (nam id
cui l'orecchio ravvisi in qualche modo musicalit, anche se quidem [II 92. 20] orationis est vitium), numerus vocatur, qui
ben lungi dal verso vero e proprio (ch i versi in un discorso in graece dicitur. itaque video visum esse non nullis
prosa sono un vero difetto), si chiama grecamente 'ritmo'. Ed Platonis et Democriti locutionem etsi absit a versu, tamen

per questo che vedo non pochi persuasi che l'espressione di


Platone e di Democrito, sebbene non abbia a che fare coi versi,
tuttavia, solo pel fatto che procede impetuosa e adorna di
locuzioni bellissime da stimare poetica a preferenza di quella
dei poeti comici. CICER. de div. II 64, 133. Molto oscuro
Eraclito, per nulla affatto Democrito. DIONYS. de comp. verb.
24. [Nello stile medio o comune sono eminenti] tra i filosofi, a
mio avviso, Democrito e Platone e Aristotele: impossibile
veramente trovare degli altri che meglio di costoro sapessero
dar giusta misura ai discorsi.
DOTTRINA
68 A 34 a. SIMPLIC. de cael. 294, 33. Una breve citazione dal
libro di Aristotele Su Democrito [A 37]. DIOG. LAERT. V 26
[Catalogo degli scritti aristotelici, fr. 124 Rose]. Problemi da
Democrito, libri 2. DIOG. LAERT. V 49. Catalogo degli scritti
di Teofrasto, Su Democrito, un libro. DIOG. LAERT. V 43.
Sull'astronomia di Democrito, un libro. DIOG. LAERT. V 87
[Catalogo degli scritti di Eraclide Pontico]. Dell'anima e della
natura e degli idoli, contro Democrito. DIOG. LAERT. V 88.
Contro Democrito, commentari, un libro. PHILOD. schol.
Zenon. de lib. dic. Voll. Herc. V 2 fr. 20 [Epicurea p. 97, 10].
Come, nei libri Contro Democrito, Epicuro gli si oppone da
cima a fondo. DIOG. LAERT. X 24 [Catalogo degli scritti di
Metrodoro epicureo]. Contro Democrito [cfr. Colote, B 1 e
156]. DIOG. LAERT. VII 174 [Catalogo di Cleante]. Contro
Democrito. DIOG. LAERT. VII 178 [Catalogo di Sfero28*].
Intorno ai corpi minimi, Contro gli atomi e gl'idoli.

quod incitatius feratur et clarissimis verborum luminibus


utatur, potius poema putandum quam comicorum potarum. de
divin. CIC. de div. II 64, 133. valde Heraclitus obscurus,
minime D. DIONYS. de comp. verb. 24 im mittleren [II 92. 25]
Stile ragen hervor ' .

. Vgl. Timon A 1
(II 83, 5)

LEHRE
Vgl. durchweg Leukippos [c. 67] !
68 A 34 a. SIMPL. de caelo 294, 33
[II 92. 30 App.] [s. II 93,
20]. DIOG. V 26 [Katal. der Arist. Schr. n. 124 Rose]
. DIOG. V 49 [Katal. der
Schr. des Theophrast] . Ebenda DIOG. V
43 . DIOG. V 87 [Katal.
der Schr. des Herakleides Pontikos]
. Ebenda DIOG.
V 88 . PHILOD. schol. [II
93. 1] Zenon. de lib. dic. VH1 V 2 fr. 20 [Usener Epic. p. 97,
10]
. DIOG. X 24 [Katal. der Schr. des Epikureers
Metrodoros] Vgl. Kolotes zu B 1. 156.
DIOG. VII 174 [Katal. des Kleanthes] .
DIOG. VII 178 [Katal. des Sphairos] [II 93. 5 App.]
, .
68 A 35. ARISTOT. de gen. et corr. A 2. 315 a 34. In generale 68 A 35. ARISTOT. de gen. et corr. A 2. 315 a 34
poi nessuno rivolse la sua meditazione ad alcun problema al di
l dell'aspetto superficiale delle cose, tranne Democrito. Questi . ' ,
sembra essersi occupato di tutti i problemi e si distingue gi per .
la guisa di procedere.
68 A 35 a. PLUTARCH. de virt. mor. 7 p. 448 A. Lo stesso
68 A 35 a. PLUT. de virt. mor. 7 p. 448 A
Aristotele e Democrito e Crisippo abbandonarono senza
[II 93. 10 App.]
turbamento o rimpianto, anzi con piacere, alcuni dei concetti da
loro precedentemente seguiti.
' .
68 A 36. ARISTOT. de part. anim. A 1. 642 a 24. La ragione 68 A 36. ARISTOT. de partt. anim. A 1. 642 a 24
per cui i pensatori precedenti non arrivarono a questo metodo
[il metodo scientifico di Aristotele] sta nel fatto che essi non
[die wissenschaftliche Methode des Ar.],
avevano idea dell'essenza e del modo di definire la sostanza; , ' .
invece vi si accost per primo Democrito, non gi perch
, [II 93. 15]
ritenesse che questo metodo fosse necessario nella scienza
, ' '
della natura, s perch trattovi dall'argomento stesso; questo
,
metodo poi ebbe notevole incremento al tempo di Socrate, per .
furono lasciate da parte le ricerche intorno alla natura, ed i
. ARISTOT. metaph.
filosofi si rivolsero alla virt, perch utile alla vita e alla
M 4. 1078 b 19 .
politica. ARISTOT. metaph. M 4. 1078 b 19. Ch, dei fisici,
.
Democrito aveva soltanto toccato appena tale questione e
definito, in qualche modo, il caldo e il freddo.
68 A 37. SIMPL. de cael. 294, 33. Una breve citazione del
68 A 37. SIMPL. de caelo 294, 33 Heib. [II 93. 20]
libro di Aristotele Su Democrito [fr. 208 Rose] mostrer la
[fr. 208 Rose]
differenza di concezione tra quei due pensatori.29*
.
'.
Democrito ritiene che la materia di ci che eterno consiste in
piccole sostanze infinite di numero; e suppone che queste siano .
contenute in altro spazio,30* infinito per grandezza; e chiama lo
spazio coi nomi di vuoto e di niente e di infinito, mentre , [II 93. 25 App.]
d a ciascuna delle sostanze il nome di ente 31* e di solido .
e di essere. Egli reputa che le sostanze siano cos piccole da , .

.

sfuggire ai nostri sensi; e che esse presentino ogni genere di
figure [e forme] e differenze di grandezza. Da queste sostanze, .
dunque, in quanto egli le considera come elementi, fa derivare [II 93. 30 App.]
e combinarsi per aggregazione i volumi visibili e in generale ,
,
percettibili. Esse32* lottano e si muovono nel vuoto, a causa
della loro diseguaglianza e delle altre differenze ricordate, e nel ,
muoversi s'incontrano e si legano in un collegamento tale che ' '
le obbliga a venire in contatto reciproco e a restare contigue, .
ma non produce per con esse veramente una qualsiasi natura '
unica: perch certamente un'assurdit il pensare che due o pi [II 93. 35 App.]
possano mai divenire uno. Del fatto che le sostanze rimangano ,
, , ,
in contatto tra di loro per un certo tempo, egli d la causa ai
collegamenti e alle capacit di adesione degli atomi: alcuni di
,
questi, infatti, sono irregolari,33* altri uncinati, altri concavi,
altri convessi, altri differenti in innumerevoli altri modi; ed egli
reputa dunque che gli atomi si tengano attaccati gli uni agli altri '.
e rimangano in contatto solo fino a quando, col sopraggiungere ,
[II 93. 40]
di qualche azione esterna, una necessit pi forte34* non li
[II 94. 1] .
scuota violentemente e li disperda in varie direzioni.
Ed attribuisce il nascere ed il suo contrario, il disgregarsi, non ,
soltanto agli animali, ma anche alle piante e ai mondi, insomma ,
.
a tutti quanti gli oggetti sensibili. Se dunque il nascere
aggregazione di atomi e il dissolversi disgregazione, anche
per Democrito il divenire non che modificazione di stato.35*
68 A 37 a. G ARISTOT. de gen. et corr. A 2. 316 a 14. Perch 68 A 37 a. G ARISTOT. de gen. et corr. A 2. 316 a 14.
c' una grave difficolt, se si ammette che esista un corpo e una ,
grandezza assolutamente [all'infinito] divisibile e che questa
, .
divisione sia possibile.36* Che cosa infatti ci sar, che sfugga ; ,
alla divisione? Se il corpo infatti assolutamente divisibile e , ,
tale divisione possibile, esso sarebbe anche insieme
, .
interamente diviso, anche se non venisse compiuta la divisione;
e se ci fosse, nessuna divisione pi sarebbe impossibile. E
, ,
similmente dunque se si divida per met; e in generale se una , ,
cosa per natura assolutamente divisibile ed essa venga [di
, ' ,
fatto] divisa, non ci sar [in ci] nulla d'impossibile, poich
.
neppure se si trattasse di dividerla in diecimila volte diecimila , .
ci sarebbe nulla d'impossibile, bench forse nessuno possa fare ; ;
una tale divisione.
, .
Poich dunque il corpo assolutamente tale [divisibile], lo si , ' ,
divida. Che cosa allora rester? una grandezza? Non
, , ,
possibile, perch allora vi sarebbe qualcosa di non diviso,
,
mentre era interamente divisibile. Ma ammesso che non resti ' .
n corpo n grandezza e tuttavia si proceda alla divisione, o il , .
corpo conster di punti e le parti di cui composto saranno
,
prive di grandezza, oppure queste parti saranno null'affatto:
.
sicch, se risulter o sar composto di nulla, anche il tutto sar ,
null'altro che apparenza.
, ,
E similmente, se conster di punti, non vi sar quantit.
.
Giacch, quando i punti si toccassero e formassero una sola

grandezza e fossero tutti insieme [in un punto solo], non
, ,
farebbero maggiore il tutto. Diviso infatti in due parti o pi ,
, .
37
*il tutto non sar n pi piccolo n pi grande di prima:
' ,
sicch, anche se si riuniscano tutti quanti punti, non
,
comporranno una grandezza.
.
Ma anche se, nella divisione del corpo, si ottiene qualcosa
, ;
come una segatura e in tal modo un corpo si allontana dalla
,
grandezza, il problema il medesimo, come sia divisibile ci. .
Se poi non corpo ma una forma separabile o una propriet

quella che si distaccata dal corpo e la grandezza consiste in , .
punti o in contatti forniti di tale propriet, assurdo che la
, .

grandezza derivi da cose prive di grandezza. E inoltre, dove


' .
saranno questi punti, sia che vengano concepiti immobili sia in .
movimento? Per due cose qualsiasi [in contatto] vi sempre un ; ,
solo contatto, e ci vuol dire che esiste qualcosa oltre il
; ;
contatto e la divisione e il punto. Se dunque si ammetter che ' ,
un corpo qualsiasi o di qualsiasi dimensione sia interamente
.
divisibile, si arriva a tutte queste conseguenze.
.
Inoltre se, dopo di averlo diviso, io ricompongo il legno o altro .
oggetto, esso di nuovo uno ed uguale. Dunque evidentemente .
ci si verifica anche se io taglio il legno in qualsiasi punto. In '
potenza dunque il corpo assolutamente divisibile. Che cosa ,
rimane allora oltre la divisione? Se rimane infatti qualche
' . '
propriet, in qual modo il corpo si dissolve in queste propriet . ,
e deriva da queste? e come queste possono esser separate [dal ,
corpo]? Sicch, se impossibile che le grandezze constino di , ' .
contatti o di punti, necessario che ci siano corpi e grandezze ,
indivisibili.
, '
Tuttavia anche coloro che affermano questi [indivisibili, atomi] . ;
si trovano di fronte ad una impossibilit non meno grave.

Abbiamo gi discusso intorno a loro negli altri libri. Ma
, .
bisogna cercare di risolvere tale questione: per cui si deve
,
esporre ancora dal principio la difficolt. Orbene, non affatto ( ), .
assurdo che qualunque corpo sensibile sia divisibile e
,
indivisibile in un punto qualsiasi: potr essere infatti divisibile .
in potenza, indivisibile in atto. Ma che sia insieme [in ogni
(317 a)
punto] assolutamente divisibile in potenza, parr assurdo.
,
Giacch se fosse possibile [dividere il corpo all'infinito], ne
, .
verrebbe la conseguenza, qualora questa divisione si
effettuasse, non gi che il corpo sia insieme indivisibile e
divisibile in atto, ma che sia divisibile in qualsiasi punto. Ma
allora non rester pi nulla e il corpo verr ad essere dissolto
nell'incorporeo. E di nuovo il corpo risulterebbe composto o di
punti o addirittura di nulla. E ci come sar possibile?
Tuttavia evidente che il corpo si divide in grandezze
separabili e sempre minori e che si allontanano [le une dalle
altre] e restano separate. N infatti chi divide in parti potr
arrivare ad uno sminuzzamento infinito; n si riuscir a
dividere il corpo in ogni punto (perch non possibile) ma solo
fino ad un certo punto. E dunque necessario che ci siano
grandezze indivisibili e invisibili, posto che ci sono
generazione e distruzione, l'una per separazione e l'altra per
aggregazione. Tale dunque il ragionamento che sembra
costringere (317 a) ad ammettere l'esistenza degli atomi. Ora
dimostreremo che vi si nasconde, e in qual parte di esso si
nasconde, un paralogismo.
68 A 38. SIMPLIC. phys. 28, 15 [dopo 67 A 8: da THEOPHR. 68 A 38. SIMPL. Phys. 28, 15 nach 67 A 8 [aus THEOPHR.
phys. opin. fr. 8, come A 39 e 40, 2-4]. Analogamente, anche il Phys. Opin. fr. 8 wie A 39. 40, 2-4]
suo [di Leucippo] discepolo Democrito di Abdera pose come [Leukippos] . [II 94. 5 App.]
princpi il pieno e il vuoto, chiamando essere il primo e l'altro ,
non essere: essi, infatti, considerando gli atomi come materia
dei corpi, fanno derivare tutte le altre cose dalle differenze
.
degli atomi stessi. Le differenze sono: misura, direzione,
, ,
contatto reciproco, che quanto dire forma, posizione e ordine. .
Essi ritengono infatti che per natura il simile posto in

movimento dal simile e che le cose congeneri sono portate le [II
une verso le altre e che ciascuna delle forme, andando a
94. 10]
disporsi in un altro complesso, produce un altro ordinamento;
di modo che essi, partendo dall'ipotesi che i princpi sono
, '
infiniti di numero, promettevano di spiegare in modo razionale
le modificazioni e le sostanze e da che cosa e come si generano .
i corpi; perci essi anche dicono che soltanto per coloro che

considerano infiniti gli elementi tutto si svolge in modo


. [II 94. 15]
conforme a ragione. Ed affermano che infinito il numero
. ARISTOT. de gen. et corr. A 9. 327 a 16
delle forme negli atomi perch nulla possiede questa forma qui
a maggior ragione di quest'altra [cfr. 67 A 8]: tale infatti la
,
causa che essi adducono della loro infinit. ARISTOT. de gen. , .
et corr. A 9. 327 a 16. Noi vediamo lo stesso corpo, saldamente .
unito, presentarsi ora allo stato liquido, ora solidificato, senza
che si sia verificata in esso separazione o riunione di parti, e
senza che ci si debba alla direzione o al contatto reciproco,
come dice Democrito: perch il corpo da liquido si trasforma in
solido senza spostamento interno e senza modificazione della
sua struttura.
68 A 39. [PLUTARCH.] strom. 7 [Dox. 581]. Democrito di
68 A 39. [PLUTARCH.] Strom. 7 (D. 581) .
Abdera suppose l'universo infinito perch esso non stato
[II 94. 20 App.]
prodotto dall'opera di alcun artefice; e lo dice anche
.
immutabile; ed in generale espone in modo razionale quale sia
la costituzione dell'universo. Le cause dei corpi che
,
attualmente nascono e si dissolvono38* non hanno avuto alcun '
principio, ma via via da tempo infinito tutte assolutamente le '
cose passate presenti e future sono governate dalla necessit. . . '
Dice poi che il sole e la luna ebbero nascimento. Essi si
[II 94. 25 App.]
muovevano gi ciascuno col suo proprio movimento, quando , ,
non possedevano ancora affatto natura calorifica e neppure in
generale luminosa, bens al contrario una natura simile a quella '
della terra; poich s l'uno che l'altro pianeta,
,
antecedentemente, erano stati prodotti in seguito a un
.
particolare assestamento del mondo e solo successivamente,
avendo il globo del sole acquistato di grandezza, trov luogo in
esso il fuoco.
68 A 40. HIPPOL. ref. I 13 p. 16, 24 [Dox. 565]. (1) Democrito 68 A 40. HIPPOLYT. Ref. I 13 p. 16, 24 (D. 565, W. 16) (1)
scolaro di Leucippo. Democrito di Abdera, figlio di
. [II 94. 30] . .
Damasippo, venne a contatto con parecchi Gimnosofisti

nell'India, con sacerdoti in Egitto e con astrologi e magi in

Babilonia.
.
(2) ,
(2) Si esprime come Leucippo riguardo agli elementi, che sono [67 A 6], ,
il pieno e il vuoto [67 A 6], ritenendo come essere il pieno, non
essere il vuoto; per lui, le sostanze sono in eterno movimento .
nel vuoto. I mondi sono infiniti e sono differenti per grandezza: [II 94. 35 App.] ,
in taluni non vi n sole n luna, in altri invece sono pi grandi ' . (3)
che nel nostro mondo, in altri ancora ci sono pi soli e pi lune. ,
(3) Le distanze tra i mondi sono disuguali, sicch in una parte , ,
, , ' .
ci sono pi mondi, in un'altra meno, alcuni sono in via di
accrescimento, altri al culmine del loro sviluppo, altri ancora in ' .
via di disfacimento, e in una parte nascono mondi, in un'altra . (4)
ne scompaiono. La distruzione di un mondo avviene per opera ' [II 94. 40]
di un altro che si abbatte su di esso. Alcuni mondi sono privi di , ,
, . '
esseri viventi e di piante e di ogni umidit. (4) E nel nostro
. ,
mondo la terra si formata prima degli astri: la luna si trova
. ,
nella parte pi bassa [del cielo], pi su c' il sole, pi in alto
ancora le stelle fisse. I pianeti neppur essi si trovano tutti alla .
medesima altezza. Un mondo si sviluppa sino a quando non
pu pi ricevere nessun incremento dall'esterno.
Democrito soleva ridere di tutto [A 2], stimando degna di riso
ogni cosa umana.
68 A 41. G ARISTOT. phys. 4. 203 a 16. Tutti i filosofi
68 A 41. G ARISTOT. Phys. 4. 203 a 16
naturalisti attribuiscono sempre all'infinito il carattere di
[]
qualche altra materia, traendola da quelli che si sogliono
,
chiamare elementi, come l'acqua o l'aria o ci che intermedio .
tra queste; di quelli, invece, che ritengono gli elementi in
' ,
numero limitato, nessuno li ritiene infiniti39*; quelli, poi, che , , '

considerano infiniti gli elementi, come Anassagora e


,
Democrito, [spiegando la realt] l'uno con le omeomerie,

l'altro con la panspermia delle forme molteplici,40* dicono che
l'infinito continuo per contatto. E il primo sostenne che ogni
cosa una mescolanza di parti, tal quale come l'universo,
... / ARISTOT. Phys. 4. 203 a 33 [II
giacch si vede qualsiasi cosa generarsi da qualsiasi cosa...
95. 1 App.] . '
/ARISTOT. phys. 4. 203 a 33. Democrito invece sostiene che '
gli elementi primi non possono venir fuori gli uni dagli altri; e . .
che, ci nonostante, la medesima sostanza corporea, a tutti
comune, principio di tutte le cose, in quanto presenta nelle
varie parti differenze di grandezza e di forma.
68 A 42. ARISTOT. metaph. Z 13. 1039 a 9. Dice [Democrito] 68 A 42. ARISTOT. metaph. Z 13. 1039 a 9
infatti esser impossibile che da due sostanze ne venga una o
[II 95. 5]
che una si sdoppi in due: perch egli considera le grandezze
, , . Vgl. ARISTOT. de
indivisibili come sostanze. Cfr. ARISTOT. de gen. et corr. A 3. gen. et corr. A 3. 318 b 6 ...
318 b 6. ... Parmenide afferma i due contrari, il fuoco e la terra, , .
dicendo che l'uno essere e l'altro non essere.
68 A 43. DIONYS. [vescovo di Alessandria] ap. EUSEB.
68 A 43. DIONYS. bei EUS. P. E. XIV 23, 2-3
praep. evang. XIV 23, 2-3. Gli uni, i quali danno il nome di

atomi a corpi indistruttibili estremamente piccoli e infiniti di , [II
numero e presuppongono l'esistenza di uno spazio vuoto di
95. 10] ,
grandezza illimitata, dicono che questi atomi si muovono come
cpita nel vuoto e s'incontrano casualmente pel loro impeto

disordinato e si collegano perch, per la loro variet di figure,
s'impigliano gli uni negli altri: cos formano il mondo e tutto , ,
ci che vi nel mondo, o meglio infiniti mondi. Professarono .
questa dottrina Epicuro e Democrito; discordarono per su
.
questo punto, che Epicuro reput piccolissimi tutti gli atomi e [II 95. 15 App.]
perci assolutamente impercettibili, mentre Democrito suppose , .
che vi fossero anche atomi grandissimi. Ma l'uno e l'altro
.
affermarono che esistono gli atomi e che sono cos denominati . Vgl. EPICUR. EP. I 55 [p. 15, 12
per la loro solidit inscindibile.
Us.]
Cfr. EPIC. I 55 p. 15,12. Ma non bisogna neppur credere che , ,
negli atomi ci possano essere tutte le grandezze, se non si vuole .
andar contro l'attestazione dei fenomeni; che vi siano per delle
differenze di grandezza [tra gli atomi] da ammettere.
68 A 44. HERM. irris. 13 [Dox. 654]. Democrito pone come 68 A 44. HERM. Irris. 13 (D. 654) [II 95. 20 App.] . . . .
princpi l'essere e il non essere, considerando come pieno
,
l'essere e vuoto il non essere. E il pieno produce tutte le cose .
nel vuoto mediante la direzione e la misura [A 38].
.
68 A 45. ARISTOT. phys. A 5. 188 a 22. Democrito [Pone
68 A 45. ARISTOT. Phys. A 5. 188 a 22 .
come principi] il solido [il pieno, SIMPLIC. phys. 44, 16] e [ SIMPL. 44, 16] , , '
il vuoto, dei quali considera il primo come essere e il secondo , , . [II
come non essere; inoltre [si vale] di posizione, figura ed ordine. 95. 25 App.] ,
E i contrari che tali princpi contengono sono di questo genere: , .
della posizione, in alto, in basso, davanti, di dietro; della figura,
angolare, retta, circolare.
68 A 46. AT. I 3, 16 [Dox. 285]. Democrito [afferma] i solidi 68 A 46. AT. I 3, 16 (D. 285) .
e il vuoto [essere principi]. GALEN. de dign. puls. VIII 931 [nmlich ]. GALEN. VIII 931 K.
Khn. Che cosa significhi il vocabolo '' [in
'' (bei Archigenes)
Archigene] non saprei dire chiaramente, perch non neppure
nelle abitudini dei Greci l'applicare questo nome a una cosa di [II 95. 30 App.]
tal genere. Infatti sogliono chiamare una sorta di pane, ,
n io conosco alcun altro oggetto che presso di loro abbia
. . . .
questo nome. E, quanto ad Archigene... mi pare che usi il
.
termine '' [solido] invece di 'pieno' [].
68 A 46 a. ARISTOT. de cael. 7. 305 b 1. I seguaci dunque 68 A 46 a. ARISTOT. de caelo 7. 305 b 1
di Empedocle e di Democrito non si accorgono di dare, in
.
luogo di una generazione delle cose le une dalle altre, una
. . . [II 95.
generazione apparente... (12) Ci che costituito di parti pi 35 App.] (12)

minute richiede uno spazio pi grande. E questo evidente


.
anche nel cangiamento di stato: infatti, quando il liquido

evapora e si trasforma in aria, il recipiente che ne conteneva il .
volume si spezza per la ristrettezza dello spazio. Cosicch, se ' '
non esiste assolutamente il vuoto e i corpi non si dilatano,
, [Empedeokles,
come asseriscono i sostenitori di questa teoria [Empedocle,
Anaxagoras], '
Anassagora], risulterebbe manifesta l'impossibilit del fatto; [II 95. 40] [Demokrit],
ma, se esiste il vuoto e la dilatazione, assurdo che il corpo
.
che viene a separarsi occupi sempre necessariamente uno
spazio maggiore di prima.
68 A 47. AT. I 3, 18 [Dox. 285]. Democrito nomina soltanto 68 A 47. AT. I 3, 18 (D. 285) [II 96. 1 App.] .
due qualit, grandezza e figura, mentre Epicuro ne aggiunge
, ,
una terza e cio il peso: necessario, egli disse, che i corpi
, ,
primi si muovano per impulso del proprio peso.
. AT. I 12, 6 (D. 311) .
AT. I 12, 6 [Dox. 311]. Democrito dice che i corpi primi (o, ( ' )
com'egli diceva, i corpi solidi) non hanno peso e si muovono , ' [II 96. 5
nel vuoto infinito in forza degli urti reciproci; e dice ch'
App.] . '
possibile che esista un atomo grande quanto un mondo.
. CIC. de fato 20, 46 declinat, inquit, atomus. primum
CICER. de fato 20, 46. L'atomo, egli dice, devia. E perch,
cur? aliam enim quandam vim motus habebant a Democrito
prima di tutto? Perch [gli atomi] avevano da Democrito una impulsionis quam plagam ille appellat, a te Epicure gravitatis
diversa e non ben determinata forza di moto impulsivo, che
et ponderis [vgl. Usener Epicur. p. 378]. SIMP. Phys. 42, 10 .
egli chiama plaga [urto], e da te, Epicuro, quella della
.
gravit e del peso [cfr. pp. 378 sgg.]. SIMPLIC. phys. 42, 10. AT. I 23, 3 (D. 319) [II 96. 10 App.] .
Democrito dice che gli atomi, per loro natura immobili, si
.
muovono per impulso esterno. AT. I 23, 3 [Dox. 319].
Democrito dimostrava che esiste una sola specie di movimento,
quello per impulso esterno.
68 A 48. AT. I 16, 2 [Dox. 315]. Gli atomisti ritenevano di
68 A 48. AT. I 16, 2 (D. 315) ,
doversi fermare a corpi non pi composti di parti e che non vi .
fosse divisione all'infinito.
68 A 48 a. SCHOL. EUCL. X 1, V 436, 16. Non esiste una
68 A 48 a. SCHOL. in EUCL. X 1; V 436, 16 Heib.
grandezza minima, come affermano i seguaci di Democrito.
, .
68 A 48 b = 37 a.
68 A 48 b. ARISTOT. de gen. et corr. A 2. 316a 13 [II 96. 15
App.] . '
. ' .
, ,
.
;
, ,
. , [II 96. 20 App.]
. .
, ,
, '
,
. - .
. ; ;
, . [II 96.
25] ,
' , , ,
,
, ' .
, .
,
,
[II 96. 30 App.] ,
, .
,
; ,
' ,
,

. [II 96. 35]


;
, [II 97. 1 App.]
.
, .
,
. '
. . [II 97.
5 App.] ;
, ;
; -'
,
.
68 A 49. GALEN. de el. sec. Hipp. I 2 [I 417 Khn].
68 A 49. GALEN. de elem. sec. Hipp. I 2 [I 417 K., 3, 20
Opinione il colore, opinione il dolce, opinione l'amaro,
Helmr.] ' , , ,
verit gli atomi e il vuoto [B 125], dice Democrito, ritenendo ' ' [B 125] [II 97. 10 App.] .
che tutte quante le qualit sensibili, ch'egli suppone relative a
noi che ne abbiamo sensazione, derivino dalla varia

aggregazione degli atomi, ma che per natura non esistano
, '
affatto bianco, nero, giallo, rosso, dolce, amaro: infatti
''
l'espressione 'per convenzione' [] equivale, per esempio, '' ' ', '
a 'secondo l'opinione comune' [ ] e a 'relativamente a
, ''
noi' [ ], cio non secondo la natura stessa delle cose, , '', , [II 97.
la quale egli indica con l'espressione 'secondo verit' []
15 App.] .
ricavata da , che significa 'vero'. E tutto il senso di questo
discorso sarebbe il seguente: gli uomini credono che sia

qualche cosa di reale il bianco e il nero, il dolce e l'amaro, e
,
tutte le altre qualit del genere, mentre in verit ente e niente [vgl. B 156] ' ,
sono tutto ci che esiste, perch Democrito usava anche questi '' , '' .
altri termini, chiamando 'ente' gli atomi e 'niente' il vuoto. Cos [II
tutti quanti gli atomi, essendo corpi piccolissimi, non
97. 20 App.] , ,
posseggono qualit sensibili, ed il vuoto uno spazio nel quale
tali corpuscoli si muovono tutti quanti in alto e in basso

eternamente o intrecciandosi in vario modo tra loro o urtandosi ,
e rimbalzando, sicch vanno disgregandosi e aggregandosi a

vicenda tra loro in composti siffatti; e in tal modo producono
tutte le altre [maggiori] aggregazioni e i nostri corpi e le loro . '
affezioni e sensazioni. Suppongono, poi, che i corpi primi siano [II 97. 25] (
inalterabili (alcuni tra gli atomisti, e precisamente i seguaci di ,
Epicuro [p. 205, 28], perch li credono infrangibili per la loro [Epicur. p. 205, 28 U.],
durezza, altri, e precisamente i seguaci di Leucippo, perch
, ), ' '
indivisibili per la loro piccolezza), anzi che neppure possano ,
subire per qualche forza esterna quelle modificazioni a cui tutti ,
gli uomini (che traggono la loro scienza dalle sensazioni) li
,
credono soggetti; cio dicono, per esempio, che nessun atomo , [II 97. 30 App.]
pu riscaldarsi o raffreddarsi, e similmente disseccarsi o
' ,
inumidirsi, e meno che mai diventare bianco o nero o, in breve, '
ricevere alcun'altra qualit per qualsivoglia modificazione.
.
68 A 50. DIOG. OENOAND. fr. 33 col. 2 p. 41 William. A chi 68A 50. DIOG. v. OINOANDA fr. 33 c. 2 [p. 41 William Lpz.
seguisse la dottrina di Democrito, dicendo che gli atomi non
1907] ,
hanno assolutamente movimento libero (dato il loro continuo [II 97. 35]
reciproco urtarsi), e che di qui appare che tutti i corpi si
,
muovono per una legge di necessit, noi potremo rispondere: e ,
come non sai, chiunque tu sia, che negli atomi c' anche un
, [II 98. 1] ,
movimento libero, ignorato da Democrito, ma che Epicuro
,
mise in luce, e che si manifesta quale forza di declinazione,
, ,
come egli dimostra fondandosi sui fenomeni?

;
68 A 51. CICER. de nat. d. I 26, 73 [75 A 5]. Che cosa c',
68 A 51. CIC. de nat. deor. I 26, 73 [s. 75 A 5] quid est in
nella fisica di Epicuro, che non derivi da Democrito? Perch, physicis Epicuri [II 98. 5 App.] non a Democrito? nam etsi
anche se quegli ha apportato modificazioni nei particolari,
quaedam commutavit, ut quod paulo ante de inclinatione

come in ci che poc'anzi ho detto della declinazione degli


atomorum dixi, tamen pleraque dicit eadem, atomos, inane,
atomi, tuttavia la pi gran parte della dottrina ripetuta tal
imagines, infinitatem locorum innumerabilitatemque
quale, atomi, vuoto, immagini, l'infinit degli spazi e
mundorum, eorum ortus interitus, omnia fere quibus naturae
l'innumerevole moltitudine dei mondi, il nascere e il perire di ratio continetur.
questi, quasi tutti quei punti insomma in cui consiste la dottrina
della natura.
68 A 52. DIOG. LAERT. X 2. Ermippo per afferma [fr. 40
68 A 52. DIOG. X 2 ' [fr. 40 F.H.G. III 45]
F.H.G. III 45] che egli [Epicuro] faceva il maestro di scuola e [II 98. 10] [Epikur] ,
che in seguito, venuto a conoscenza dei libri di Democrito, si
diede con ardore alla filosofia.
.
68 A 53. PLUTARCH. adv. Col. 3 p. 1108 E. E invero per
68 A 53. PLUT. adv. Col. 3 p. 1108 E
molto tempo Epicuro si proclam democriteo, come attestano ,
parecchi; ed anzi Leonteo, uno dei migliori discepoli di
, '
Epicuro, scrivendo a Licofrone, dice che Democrito era
, ,
onorato da Epicuro come quello che prima di lui era giunto alla [II 98. 15 App.] '
conoscenza vera e che Epicuro per l'insieme della dottrina si
,
diceva democriteo perch quegli era stato veramente il primo
che si fosse dedicato allo studio delle cause fisiche. Metrodoro, .
poi, dice addirittura, nel suo libro Sulla filosofia, che Epicuro ,
non sarebbe davvero arrivato alla sapienza, se Democrito non .,
lo avesse preceduto. 68 A 54 G DIOG. X 8 [Epicuro
. DIOG. X 8 (Epikur nannte) .
chiamava] Democrito Lerocrito [giudice di chiacchiere].
68 A 54. DIOG. LAERT. X 8. [Epicuro chiamava] Democrito 68 A 54. DIOG. X 8 (Epikur nannte) .
Lerocrito [giudice di chiacchiere].
68 A 55. STRAB. XVI 757. Se si deve prestar fede a
68 A 55. STRAB. XVI p. 757 [II 98. 20 App.]
Posidonio, anche la dottrina degli atomi antica ed appartiene ,
ad un certo Moco di Sidone, vissuto prima dei tempi della

guerra troiana. SEXT. EMP. adv. math. IX 363. Gli atomi
. SEXT. adv. math. IX 363 .
furono escogitati da Democrito e da Epicuro, seppure non si
,
deve ritenere pi antica tale dottrina e, come scrive lo stoico
,
Posidonio, introdotta da un tal Moco fenicio. DIOG. LAERT. . DIOG. pr. 1
prooem. 1. La ricerca filosofica dicono alcuni che sia
[II 98. 25]
cominciata presso genti barbare... e che vi fu un Moco fenicio, . . .
un trace Zamolssi e in Libia Atlante.
.
68 A 56. CICER. de fin. I 6, 17. Quegli [Democrito] ritiene che 68A 56. CIC. de fin. I 6, 17 ille [Demokr.] atomos quas
gli atomi, com'egli li denomina, cio corpi indivisibili per la
appellat, id est corpora individua propter soliditatem, censet in
loro solidit, si trovino nel vuoto infinito, nel quale non esiste infinito inani, in quo nihil nec summum nec infimum nec
n alto n basso n centro n ultimo n estremo, e si muovano medium nec ultimum nec extremum sit, ita [II 98. 30] ferri, ut
in modo da incontrarsi e aggregarsi tra loro, producendo cos concursionibus inter se cohaerescant, ex quo efficiantur ea,
tutte le cose che esistono e che noi vediamo; e che necessario quae sint quaeque cernantur, omnia eumque motum atomorum
pensare che questo moto degli atomi non ha avuto principio,
nullo a principio, sed ex aeterno tempore intellegi convenire.
ma dura eternamente.
68 A 57. SCHOL. BASIL. 2 [ed. Pasquali, Gtt. Nachr.,
68 A 57. SCHOL. BASIL. 2 [ed. Pasquali Gtt. Nachr. 1910 p.
1910 p. 196]. Democrito [chiama gli elementi] 'idee'. [CLEM. 196] . . [CLEM.] Recogn. VIII 15 [Dox. 250 de
ALEX.] recogn. VIII 15 [Dox. 250 de principiis]. Democrito principiis] D. 'ideas'. [II 98. 35 App.] PLUT. adv. Col. 8 p.
[dice che i princpi delle cose sono] le 'idee'. PLUTARCH.
1110 F .;
adv. Col. 8 p. 1110 F. Che cosa dice infatti Democrito? Che
, '
sostanze infinite di numero, indivisibili e senza differenze, e

inoltre prive di qualit sensibili e inalterabili, si muovono nel ,
vuoto in cui sono disseminate; e quando si avvicinano tra loro '
o si incontrano o si intrecciano, si formano delle aggregazioni [II 99. 1 App.] '
di cui l'una si presenta come acqua, l'altra come fuoco, l'altra ,
come pianta, l'altra come uomo. E tutto costituiscono le forme ,
indivisibili, com'egli le chiama, e non esiste null'altro che

queste: perch non vi generazione dal non essere ma neanche
dagli esseri potrebbe nascere nulla poich non possono, per la . [II 99. 5 App.] ARISTOT.
loro solidit, n subire alcunch n trasformarsi: onde n il
metaph. A 2. 1069 b 22 . ,
colore pu provenire da ci che non ha colore, n la natura o , ' .
l'anima da ci che privo di qualit e inalterabile. ARISTOT.
metaph. A 2. 1069 b 22. Anche secondo quanto afferma

Democrito, c' tutto in tutto in potenza, ma non in atto.


68 A 58. ARISTOT. phys. 9. b 24. ... Dicono che tutto si
68 A 58. ARISTOT. Phys. 9. 265 b 24
muove a causa del vuoto: infatti essi affermano che tutta la

natura si muove di moto spaziale. SIMPLIC. phys. 1318, 33. . SIMPL. z. d. St. 1318, 33
Cio i corpi naturali primordiali e indivisibili: perch sono

questi che essi chiamano natura, e dicono che tali corpi, messi
in movimento dal loro proprio peso attraverso il vuoto che cede [II 99. 10 App.]
al loro passaggio e non oppone alcuna resistenza, sono soggetti
al moto spaziale: infatti essi dicono che si rimescolano. E
.
agli elementi essi attribuiscono questo movimento non solo

come primario, ma anche come unico, e tutti gli altri
,
movimenti li attribuiscono ai corpi composti dagli atomi:

dicono infatti che il crescere e il diminuire e l'alterarsi e il

nascere e il dissolversi dipendono dall'aggregarsi e disgregarsi .
dei corpi primi.
68 A 59. SEXT. EMP. adv. math. VIII 6. I seguaci di Platone e 68 A 59. SEXT. VIII 6 [II 99. 15]
di Democrito riconobbero come vero soltanto l'intelligibile, ma ,
Democrito perch la natura per lui non ha alcun sostrato
' . ,
sensibile, essendo gli atomi - che compongono ogni cosa - privi
di ogni qualit sensibile, Platone invece perch ritiene che le ,
cose sensibili son quelle che sempre divengono e mai sono,
, .
ecc.
68 A 60. ARISTOT. de gen. et corr. A 8. 326 a 9. Eppure
68 A 60. ARISTOT. de gen. et corr. A 8
Democrito dice che l'atomo pi pesante a seconda
[II 99. 20] .
dell'eccedenza [di volume]. ARISTOT. de cael. 2. 309 a 1. . ARISTOT. de caelo 2. 309 1
Quelli che affermano che [gli elementi primi] sono solidi hanno [nmlich in Gegensatz zu Platon]
pi ragione di dire che, di essi, quello pi grande anche pi .
pesante. Nei composti invece, poich manifesto che non tutti ,
hanno questa propriet41* anzi vediamo che molte cose di
,
volume minore pesano di pi, come ad esempio il bronzo in
,
confronto alla lana, alcuni filosofi pensano che ci dev'essere
[II 99. 25]
un'altra causa e dicono cos: che il vuoto racchiuso nei corpi
quello che li rende leggeri e fa s che talvolta a maggior volume ...
corrisponda minor peso, e cio quando contengono pi vuoto... ,
In questo modo si esprimono, ma necessario che essi alla loro ,
definizione aggiungano questo: un corpo deve non solo
,
possedere pi vuoto, se leggero, ma anche meno solido:
.
perch se sar oltrepassata questa proporzione, il corpo non
,[II 99. 30 App.]
sar affatto pi leggero. E per questo anche dicono che il fuoco .
leggerissimo, perch contiene moltissimo vuoto. Allora
,
accadr che molto oro, poich contiene maggior quantit di
. ARISTOT. de caelo 2. 309 b
vuoto che non un piccolo fuoco, sar pi leggero del fuoco, se 34 [nmlich ] (310 a)
non avr anche una quantit di solido parecchie volte superiore ,
a quella del fuoco. ARISTOT. de cael. 2. 309 b 34. Ma se [la '
materia ] un contrario (310 a), come per i sostenitori del vuoto .
e del pieno, non si spiega per qual ragione i corpi intermedi tra [II 99. 35 App.]
quelli semplicemente pesanti e quelli semplicemente leggeri
... '
siano pi pesanti o pi leggeri gli uni in rapporto agli altri e in '
rapporto a quelli che sono tali42* semplicemente. E il definire .
[il peso] secondo la grandezza e la piccolezza si addice alla
fantasticheria anche pi delle ipotesi precedenti... E [sono
costretti a dire] che non vi nulla che sia assolutamente
leggero e fornito di movimento verso l'alto e che invece si
tratta di corpi i quali ritardano o sono respinti dal basso; cos
pure che un gran numero di corpi piccoli fa un peso maggiore
di pochi corpi grandi.
68 A 60 a. ARISTOT. de cael. 4. 303 a 25. Se gli elementi 68 A 60 a. ARISTOT. de caelo 4. 303 a 25
sono atomi, terra aria e acqua non possono essere differenti per
grandezza e piccolezza, perch non possibile che [atomi
'
differenti per grandezza] nascano gli uni dagli altri; infatti gli [II 100. 1]
atomi pi grandi resteranno sempre eliminati, ed essi dicono
, '

che in tal modo acqua e aria e terra si generano l'una dall'altra. .


68 A 61. SIMPLIC. de cael. 569, 5. La scuola di Democrito e 68 A 61. SIMPL. de caelo 569, 5
successivamente Epicuro sostengono che gli atomi, i quali sono
tutti di ugual natura, hanno peso, e che, essendovi degli atomi , [II 100. 5
pi pesanti, quelli pi leggeri vengono spinti fuori dai pi
App.] '
pesanti (che formano un deposito in basso) e acquistano un
,
movimento verso l'alto [cfr. 67 A 24]; e cos avviene, essi
. SIMPL. de caelo 721, 27
dicono, che dei corpi sembrino leggeri e degli altri pesanti.
,
SIMPLIC. de cael. 721, 27. I seguaci di Democrito ritengono
che tutti i corpi hanno peso e che il fuoco, per la ragione che ha
un peso minore, venendo spinto fuori dalla pressione degli
.
elementi preesistenti, si muove verso l'alto e perci sembra un . [II 100. 10 App.] Gegen
corpo leggero. Essi sono dunque convinti che esiste solo il
Demockrit EPICUR. EP. I 61 [DIOG. X p. 18, 15 Us.]
pesante e che esso sempre portato verso il centro. In
,
polemica con Democrito EPIC. ep. I 61 p. 18, 15. Ed inoltre
necessario che gli atomi abbiano tutti velocit uguale, allorch
si muovono attraverso il vuoto senza che nulla opponga loro
, ,
resistenza; infatti n i corpi grandi e pesanti si muoveranno ,
pi velocemente dei piccoli e leggeri, qualora non si opponga . [II 100. 15 App.] Vgl.
ad essi qualche ostacolo, n quelli piccoli pi lentamente di LUCR. II 215 ff.
quelli grandi, ciascuno nella propria direzione, qualora neppure
a questi si oppongono ostacoli [cfr. LUCRET. II 215 sgg.].
68 A 62. ARISTOT. de cael. 6. 313 a 21. Quanto a tutti
68 A 62. ARISTOT. de caelo 6. 313 a 21
questi fenomeni [il galleggiare di laminette metalliche e simili [Schwimmen von Metallplttchen u. dgl. auf dem
sull'acqua], non giusto determinarne la causa nel modo
Wasser] .
seguito da Democrito. Infatti egli dice che le parti43* calde che .
si elevano dall'acqua sostengono alla superficie quei corpi
,
pesanti che sono piatti, mentre quelli stretti cadono al fondo
[II 100. 20]
perch poche sono le parti calde che oppongono resistenza ad . '
essi. Ma allora ci dovrebbe verificarsi ancor meglio nell'aria, , . '
secondo l'obbiezione che Democrito si fa da se stesso. Ma, fatta ,
l'obbiezione, egli la risolve troppo comodamente: perch
'' .
afferma che qui l'impeto [ ] non riesce a concentrarsi
in un punto, e con 'impeto' [] intende il movimento delle
parti [calde] che si muovono verso l'alto.
68 A 63. ARISTOT. de gen. et corr. A 7. 323 b 10. Democrito 68 A 63. ARISTOT. de gen. et corr. A 7. 323 b 10 .
soltanto, in confronto di tutti gli altri, si espresso in modo
:
originale: dice infatti che ci che agisce e ci che patisce sono .
la stessa e medesima cosa. Poich, egli dice, non possibile
[II 100. 25 App.] '
che cose diverse ed eterogenee subiscano l'azione l'una
, ,
dell'altra; piuttosto, se delle cose, pure essendo diverse,
' ,
agiscono in qualche modo l'una sull'altra, ci ad esse
.
possibile non in quanto diverse ma in quanto sussiste in esse
qualcosa di identico.
68 A 64. ALEX. de mixt. 2 [II 214, 18]. Democrito ritiene che 68 A 64. ALEX. de mixt. 2 [II 214, 18 Bruns] .
la cosiddetta mescolanza si abbia per giustapposizione di corpi,
supponendo che le sostanze mescolate siano divise in piccole ,
parti e formino la mescolanza per la posizione reciproca delle ' ,
particelle; e afferma che, secondo verit, originariamente non [II 100. 30] , '
esistono affatto mescolanze, ma che quello che sembra un

miscuglio una giustapposizione di corpi in piccole parti, dove ,
i componenti serbano ciascuno la sua propria natura qual era '
anche prima di entrare nel miscuglio, e sembra che siano

mescolati insieme solo perch, per la piccolezza dei corpi
. Vgl. oben 59 A 54.
congiunti, non possibile percepire [direttamente] nessun
singolo elemento del composto [cfr. 59 A 54].
68 A 65. ARISTOT. Phys. 1. 252 a 32. del tutto erroneo il 68 A 65. ARISTOT. Phys. 1. 252 a 32 [II 100. 35 App.]
supporre di dare un principio sufficiente col dire che sempre ,
o accade sempre cos: che la concezione a cui Democrito
, , ' .
riconduce le cause della natura, in base alla considerazione che
i fenomeni del passato si sono prodotti nello stesso modo di
.

ora; e la causa dell'eterno, poi, non ritiene di dover ricercare.


68 A 66. CICER. de fato 17, 39. Tutte le cose derivano dal fato 68 A 66. CIC. de fato 17, 39 omnia ita fato fieri, ut id fatum
s che il fato attribuisce loro una piena necessit: tale fu
vim necessitatis adferret in qua sententia D., Heraclitus,
l'opinione di Democrito, Eraclito, Empedocle, Aristotele.
Empedocles, Aristoteles [Anaxagoras [II 101. 1] Karsten] fuit.
ARISTOT. de gen. anim. E 8. 789 b 2. Democrito, lasciate da ARISTOT. de gen. animal. E 8. 789 b 2 .
parte le cause finali, riconduce alla necessit [meccanica] tutte , .
le operazioni della natura. AT. I 26, 2 [Dox. 321: sulla
AT. I 26, 2 (D. 321: ) .
essenza della necessit]. Democrito dice che consiste nella
. Vgl. A 83 und 28
impenetrabilit, nel movimento, e nell'urto della materia [cfr. A A 32. G AT. I 25, 3 [Dox. 321]
83]. G AT. I 25, 3 [Dox. 321]. Parmenide e Democrito
' '
affermano che tutto avviene per necessit: e che essa fato e . /
giustizia e provvidenza e produttrice del mondo. /
68 A 67. SIMPLIC. phys. 327, 24. Ma anche Democrito, l
68 A 67. SIMPL. Phys. 327, 24 [II 101. 5 App.] .
dove dice dal tutto si distacc un vortice di forme d'ogni
'
genere [B 167] (ma non dice come n per qual causa), sembra ' [B 167] ( ),
significare che il vortice si produce spontaneamente e
.
casualmente.
68 A 68. ARISTOT. phys. B 4. 195 b 36. Alcuni dubitano
68 A 68. ARISTOT. Phys. B 4. 195 b 36
anche se [il caso] esista o no: dicono infatti che nulla vien
[die ]
prodotto dal caso, ma che esiste una causa determinata di tutte , [II 101. 10]
le cose che noi diciamo prodursi spontaneamente o per caso. .
SIMPLIC. phys. 330, 14. La frase come quell'antica dottrina Vgl. zu 196 b 14 SIMPL. p. 330, 14 '
che negava il caso sembra detta in rapporto a Democrito;
'
questi infatti, bench nella sua cosmogonia paresse valersi del
caso, nei problemi particolari invece afferma che il caso non , '
causa di nulla e ricorre ad altre cause: cos per esempio, della ,
scoperta di un tesoro causa lo scavare oppure il piantare un [II 101. 15
ulivo, e cos della frattura del cranio del calvo causa l'aquila App.] ,
che getta la tartaruga affinch il guscio di essa si rompa. Cos ,
riferisce Eudemo [fr. 22 Spengel].
. . [fr. 22].
68 A 69. ARISTOT. Phys. B 4. 196 a 24. Vi sono poi di quelli 68 A 69. ARISTOT. Phys. B 4. 196 a 24
che attribuiscono al caso la causa dell'esistenza di questo nostro
cielo e di tutti i mondi: dal caso deriva il vortice e il movimento
che separ gli elementi e ordin nella sua forma presente

l'universo... E quel che fa veramente meraviglia che, mentre [II 101. 20 App.] ...
dicono che gli animali e le piante n esistono n nascono
, '
fortuitamente, sibbene hanno una causa, sia poi questa la
(
materia o la mente o qualcosa di simile (giacch da ogni
, '
singolo seme non viene fuori ci che capita, ma da questo qui , ), '
viene l'olivo, da quell'altro l'uomo ecc.), affermano per contro
che il cielo e tutto quanto vi di pi divino tra i fenomeni
, '
derivano dal caso e che non vi punto per essi una causa
[II 101. 25 App.] . Bezieht Simpl. Phys. 331,
analoga a quella che c' per gli animali e per le piante.
16 auf Demokr. Auf diesen hauptschlich bezieht sich auch
EPICUR. Pap. 1056 (ed. Gomperz Wien. Stud. I
p. 27 ff.) col. 25 '
,
, ,
,
[II 101. 30 App.] .
G 68 A 69 a. EPIC. pap. 1056 [ed. Gomperz,
68 A 69 a. EPIC. pap. 1056 [ed. Gomperz,
Wien. St., I, pp. 27 sgg.] col. 25. Quelli poi che spiegarono Wien. St., I, pp. 27 sgg.] col. 25. '
la natura nei princpi in modo adeguato e furono di molto

superiori non solo ai filosofi che li precedettero ma anche a
, ,
quelli che li seguirono, non si accorsero, bench ci sia loro
, ,
accaduto in molti casi, di aver scritto grandi sciocchezze col
.
riportare la spiegazione di tutto alla necessit e al movimento
casuale.
68 A 70. ARISTOT. phys. B 4. 196 b 5. Vi sono alcuni che
68 A 70. ARISTOT. Phys. B 4. 196 b 5
considerano come causa il caso, il quale impenetrabile alla
,
ragione umana, essendo qualcosa quasi di divino e di
. AT. I 29, 7 (D. 326 b, 7

straordinario. LACT. inst. div. I 2. ... cominciare da quella


n.; s. 59 A 66). LACT. Inst. Div. I 2 ... ab illa quaestione
questione che sembra essere per natura la prima, se vi sia una principium sumere, quae videtur prima esse natura, sitne
provvidenza che a tutte le cose provvede o se tutto nel mondo providentia quae rebus [II 101. 35] omnibus consulat an
sia stato prodotto e si svolga per opera del caso, opinione
fortuitu vel facta sint omnia vel gerantur. cuius sententiae
questa che ebbe il suo primo assertore in Democrito ed ebbe un auctor est D., confirmator Epicurus. G AT. I 29, 7 [Dox. 326
propugnatore in Epicuro. G AT. I 29, 7 [Dox. 326 b, 7 n.].
b, 7 n.]. .
Anassagora e Democrito e gli Stoici introdussero una causa
' ,
impenetrabile all'umano ragionamento: dissero infatti che vi ' , , ,
ci che dipende dalla necessit, ci che dipende dal fato, ci
. /
che dipende da deliberazione, ci che dipende dal caso.
68 A 71. ARISTOT. phys. 1. 251 b 16. Dicono che [il tempo] 68 A 71. ARISTOT. Phys. 1. 251 b 16 [II 102. 1 App.]
increato, e, appunto in forza di questo, Democrito dimostra , .
che impossibile che gli esseri tutti siano stati creati: poich il
tempo increato. SIMPLIC. phys. 1153, 22. Democrito
. SIMPL. Phys. 1153, 22 .
peraltro era cos persuaso che il tempo eterno che, volendo ,
dimostrare che tutti gli esseri non sono stati creati, prese a
[II 102. 5]
fondamento come verit evidente che il tempo non ha avuto
.
inizio.
68 A 72. SEXT. EMP. adv. math. X 181. Pare inoltre che sia 68 A 72. SEXT. X 181
da riportare ai fisici seguaci di Epicuro [fr. 294 p. 352, 32] e di [fr. 294 p. 352, 32 Us.]
Democrito una tale concezione del tempo: Il tempo
'
un'apparenza che si mostra sotto l'aspetto dei giorni e delle
'. Vgl. EPICUR. Pap. 1413 (Crnert
notti. Cfr. EPIC. pap. 1413 [Crnert Kolot. 104, 50]. Non
Kolot. u. Mened. 104,501) '
esiterei a dire che il tempo non altro che i giorni e le notti.
[II 102. 10 App.] .
68 A 73. THEOPHR. de ign. 52. Si incerti su questo fatto:
68 A 73. THEOPHR. d. ign. 52 ,
perch la forma della fiamma piramidale; e Democrito dice .
che, giacch le estremit della fiamma si raffreddano, essa si
contrae ivi in piccolo spazio e diventa acuta all'estremit.
.
68 A 74. AT. I 7, 16 [Dox. 302]. Per Democrito dio una
68 A 74. AT. I 7, 16 (D. 302) .
mente che ha sede in un fuoco di forma sferica. TERTULL. ad . TERTULL. ad nat. II 2 [II 102. 15 App.] cum
nat. II 2. Democrito suppone che gli di abbiano avuto origine reliquo igni superno deos ortos D. suspicatur, cuius instar vult
insieme con la rimanente parte del fuoco, quella superiore alla esse naturam Zenon [fr. 171 Arnim]. CIC. de deor. nat. I 12, 29
cui natura somigliante la loro anche per Zenone [fr. 171
quid D., qui tum imagines eorumque circumitus in deorum
Arnim]. CICER. de nat. d. I 12, 29. Non si trova forse in errore numero refert, tum illam naturam quae imagines fundat ac
grandissimo Democrito, il quale ora colloca nel novero degli mittat, tum sententiam intellegentiamque nostram, nonne in
di le immagini coi loro esili contorni, ora quella natura da cui maximo errore versatur? cum idem omnino, quid nihil [II 102.
le immagini emanano, ora la nostra stessa scienza e
20 App.] semper suo statu maneat, negat esse quicquam
intelligenza? E quando egli, d'altro lato, afferma che non vi sempiternum, nonne deum omnino ita tollit, ut nullam
nulla che sia eterno, poich nulla rimane stabilmente nel
opinionem eius reliquam faciat? CIC. de deor. nat. I 43, 120
medesimo stato, non viene forse a negare l'esistenza di dio in mihi quidem etiam D., vir magnus in primis cuius fontibus
modo cos completo da non lasciar sussistere pi nessuna idea Epicurus hortulos suos inrigavit, nutare videtur in natura
di lui? CICER. de nat. d. I 43, 120. A dir vero anche
deorum. tum enim censet imagines divinitate praeditas inesse
Democrito, uomo tra i pi grandi che vi siano stati, fonte a cui in universitate rerum, tum principia mentis, quae [II 102. 25
attinse acqua Epicuro per irrigare i suoi giardini, mi pare
App.] sunt in eodem universo, deos esse dicit, tum animantes
tentennante a proposito della natura degli di. Ora egli giudica imagines, quae vel prodesse nobis solent vel nocere, tum
che nell'universo vi siano delle immagini dotate di aspetto
ingentis quasdam imagines tantasque, ut universum mundum
divino; ora dice che sono divinit quegli atomi dell'anima che conplectantur extrinsecus quae quidem omnia sunt patria
si trovano sparsi nell'universo stesso; ora pensa a delle
Democriti quam Democrito digniora. Vgl. B 25. 166.
immagini animate solite a giovarci o a nuocerci, ora a
immagini enormi e addirittura di grandezza tale da abbracciare
dal di fuori l'intero universo; tutte supposizioni che, per vero,
pi che di Democrito, sono degne della patria di Democrito!
[cfr. B 166].
68 A 75. SEXT. EMP. adv. math. IX 24. Vi sono di quelli che 68 A 75. SEXT. IX 24
suppongono che noi siamo arrivati a concepire gli di in
[II 102. 30 App.]
seguito ai fenomeni sorprendenti che si producono
, '
nell'universo; e di questa opinione si mostra anche Democrito; . , ,
infatti, egli dice, gli uomini primitivi, nell'osservare i fenomeni [II 103. 1 App.]
celesti, come tuoni lampi e fulmini e aggregati di stelle44* ed
eclissi di sole e di luna, furono presi di terrore e credettero che
ne fossero causa gli di. PHILOD. de piet. c. 5 a p. 69 [Crnert . PHILOD. de piet. 5 a p.

Kolot. 130]. L'estate e l'inverno e la primavera e l'autunno e


tutte queste modificazioni [che si producono] sulla terra
derivano o dall'alto, dalle regioni celesti: di qui la venerazione
per quello [il cielo] che riconosciuto produttore di tutto ci. E
Democrito non mi sembra, come certuni, ... LUCRET. V 1186
sgg.
Trovavano quindi un rifugio nell'attribuire tutto agli di
e nel fare docili ai cenni loro le cose tutte.
E collocarono nel cielo le sedi e le alte dimore dei numi
perch pel cielo si vede trascorrere la notte45*e la luna,
la luna, il giorno, la notte e con la notte austere le stelle
e le faci notturne del cielo e le fiamme volanti,
e nuvole, sole, piogge, neve, venti, fulmini, grandine
e rapidi fremiti e murmuri gravi di minaccia.
68 A 76. PLIN. nat. hist. II 14. E veramente il credere
innumerevoli gli di ... o, come Democrito, due in tutto, Pena e
Beneficio ...

69 [Crnert Kolot. S. 130]



[II 103. 5]
. ' . . . . LUCR.
V 1186 ff.
ergo perfugium sibi habebant omnia divis
tradere et illorum nutu facere omnia flecti.
in caeloque deum sedes et templa locarunt,
[II 103. 10 App.] per caelum volvi quia sol et luna videtur,
luna dies et nox et noctis signa severa,
noctivagaeque faces caeli, flammaeque volantes,
nubila ros imbres nix venti fulmina grando
et rapidi fremitus et murmura magna minarum.

68 A 76. PLIN. N. H. II 14 [II 103. 15 App.] innumeros


quidem credere [nmlich deos] atque etiam ex vitiis hominum,
ut Pudicitiam, Concordiam, Mentem, Spem, Honorem,
Clementiam, Fidem, aut, ut Democrito placuit, duos omnino,
Poenam et Beneficium, maiorem ad socordiam accedit.
68 A 77. PLUTARCH. quaest. conv. VIII 10, 2 p 734 F
68 A 77. PLUT. Quaest. conv. VIII 10, 2 p 734 F (
(perch non prestiamo fede ai sogni d'autunno). Favorino ... a [II 103. 20] ).
un antico ragionamento di Democrito [cfr. B 166], ch'egli
...
trasse, per cos dire, dal fumo e dall'oscurit in cui era involto,
fu capace di ridare purezza e splendore. PLUTARCH. quaest. . PLUT. Quaest. conv. VIII 10, 2 p. 735 A
conv. VIII 10, 2 p. 735 A. Egli comincia col mettere innanzi .
appunto quel popolare principio enunciato da Democrito, e
'
cio che gli idoli attraverso i pori s'insinuano profondamente
nel corpo [dell'uomo] e quando ritornano in su producono le

visioni durante il sonno; e questi idoli entrano in noi
[II 103. 25 App.] ,
incessantemente, provenendo da tutte le parti, distaccandosi dai
mobili, dai vestiti, dagli alberi, e soprattutto dagli esseri viventi ' (
- per l'assidua agitazione ed il calore - e non soltanto
[fr. 326 Us.]
presentano la somiglianza di forma del corpo del quale serbano , ), '
l'impronta (come pensa Epicuro [fr. 326] che fino a questo

punto segue Democrito, lasciando andare poi il resto della

dottrina) ma anche ritengono e traggono seco le apparenze dei [II 103. 30 App.]
moti dell'anima e delle deliberazioni e dei costumi e delle

passioni: sicch, presentandosi con queste, parlano come
,
realmente animati e rivelano a chi li riceve [nel sogno] le

opinioni e i ragionamenti e i desideri di coloro da cui
.' '
provengono, quando per questi idoli ci avvicinano le
.
immagini conservandole bene articolate e non confuse. Ci , ,
avviene specialmente se l'aria da attraversare calma e

tranquilla, poich allora gli idoli compiono il loro tragitto
[II 103. 35]
veloci e senza impedimenti. Ma in autunno, quando gli alberi
perdono le foglie, l'aria, divenuta molto irregolare e aspra,
,
contorce e disvia in vari modi gli idoli s da diminuirne e
[II 104. 1]
renderne quasi impercettibile l'evidenza, che si va offuscando
per la lentezza con cui compiono il loro percorso; al contrario . Ebenda PLUT. Quaest. conv. V 7, 6 p. 682 F
gli idoli che provengono in gran numero e velocemente da
, , ,
individui adirati e infiammati trasmettono immagini sempre
,
nuove ed espressive. PLUTARCH. quaest. conv. V 7, 6 p. 682 , '
F. Quanto agli idoli di Democrito, disse [Gaio, il genero di
' [II 104. 5 App.]
Flotto], voi non ne fate alcun conto n menzione, come se si
, '
trattasse di Egiensi o di Megaresi:46* quegli idoli ch'egli dice
vengono emessi dai malevoli e che non sono affatto privi di

sensibilit n di desiderio, anzi sono pieni della malvagit e del ,
maleficio di coloro che li emettono e, imprimendosi e
.
stabilendosi e soggiornando nelle persone a cui il maleficio
diretto, ne turbano e danneggiano il corpo e l'animo: questo

invero io credo che voglia intendere, all'incirca, il filosofo con


la sua dottrina, espressa con tanta sublimit e magnificenza di
stile.
68 A 78. [IOANN. CATARES] Hermippus de astrologia I 16,
122 [p. 26, 13 Kroll-Viereck]. Non sarebbe giusto per
tralasciare l'opinione di Democrito, il quale li [i dmoni]
chiama idoli e dice che l'aria piena di essi [cfr. C 5].

68 A 78. HERMIPPUS de astrol. [IOANN. CATARES] I 16,


122 p. 26, 13 Kroll-Viereck [II 104. 10 App.]
,
[nml. ]
[vgl. C 5] .
68 A 79. CLEM. ALEX. strom. V 88 [II 383, 25]. Senocrate di 68 A 79. CLEM. Strom. V 88 [II 383, 25]
Calcedonia ha una certa fiducia che la nozione della divinit, in [fr. 21
generale, ci sia anche negli esseri irragionevoli, e Democrito, Heinze] [II 104. 15] , .
quand'anche non voglia, consentir in questo per coerenza ai , ,
suoi stessi princpi filosofici: perch egli ritiene che gli idoli

provenienti dalla natura divina si presentino ugualmente sia
.
agli uomini sia agli animali irragionevoli.
Vgl. A 116. 117.
68 A 80. CICER. ac. pr. II 37, 121. Eccoti inopinatamente
68 A 80. CIC. Ac. pr. II 37, 121 ecce tibi e transverso
Stratone di Lampsaco, che concede a questo dio la completa
Lampsacenus Strato, qui det isti deo immunitatem (magni
inoperosit (lo esenta da un lavoro veramente grande; e, dal
quidem muneris sed cum sacerdotes [II 104. 20] deorum
momento che i sacerdoti degli di si godono il riposo, quanto vacationem habeant, quanto est aequius habere ipsos deos)
pi giusto che ne godano gli di stessi!): dice che lui non ha
negat opera deorum se uti ad fabricandum mundum,
bisogno dell'opera degli di per costruire il mondo; e insegna quaecumque sint docet omnia esse effecta natura, nec ut ille
che tutto quanto esiste stato prodotto dalla natura, ma non
qui asperis et levibus et hamatis uncinatisque corporibus
come quel filosofo che afferma che tutto composto di corpi concreta haec esse dicat interiecto inani somnia censet haec
aspri e lisci, uncinati e ricurvi e che tra gli atomi interposto il esse Democriti non docentis sed optantis. ipse [Strato] autem
vuoto: perch questi, per lui, sono sogni di un Democrito che singulas mundi [II 104. 25] partes persequens, quidquid aut sit
non insegna ma va fantasticando. Egli [Stratone] invece,
aut fiat, naturalibus fieri aut factum esse docet ponderibus et
esaminando ad una ad una le varie parti dell'universo, pensa
motibus.
che tutto quanto esiste o viene ad esistere avviene o avvenuto
secondo proporzioni di peso e movimenti.
68 A 81. CICER. ac. pr. II 17, 55. E allora ti rifugi presso quei 68 A 81. CIC. Ac. pr. II 17, 55 dein confugis ad physicos eos,
fisici che principalmente nell'Accademia sono oggetto di
qui maxime in Academia inridentur, a quibus ne tu quidem iam
derisione, e neppure tu ormai ti asterrai dal citarli, e dici che
te abstinebis, et ais Democritum dicere innumerabiles esse
Democrito afferma che esistono mondi innumerevoli ed inoltre mundos et quidem sic quosdam inter sese non solum similes,
alcuni di questi tanto simili tra loro non solo, ma cos
[II 104. 30 App.] sed undique perfecte et absolute ita pares, ut
perfettamente e assolutamente uguali sotto ogni rispetto, che inter eos nihil prorsus intersit [et eo quidem innumerabiles],
non c' tra essi proprio alcuna differenza; e, come pei mondi, itemque homines.
cos per gli uomini.
68 A 82. SIMPLIC. de cael. 310, 5.
68 A 82. SIMPL. de caelo 310, 5 '
La disgregazione e la distruzione del mondo non riconduce
, [Alexander] ,
questo - dice Alessandro [di Afrodisia] - alla pura materia che , '
aveva la potenza di dare origine a un mondo, ma porta alla
,
formazione di un altro mondo, poich, essendo i mondi infiniti [II 104. 35]
e succedendo gli uni agli altri, non necessario che si abbia il '.
ritorno del medesimo mondo di prima.
...
Questa fu l'opinione di Leucippo e di Democrito ... ma i mondi
di Democrito si trasformano in altri mondi che son costituiti dai , .
medesimi atomi; sicch essi sono gli stessi quanto alla forma,
ma non pel numero che rappresentano.
68 A 83. SEXT. EMP. adv. math. IX 113. Sicch il mondo non 68 A 83. SEXT. IX 113 [II 105. 1] '
si muoverebbe gi, come pretendono i seguaci di Democrito, , ,
per necessit e mediante un vortice [cfr. 67 A 1].
.
68 A 84. AT. II 4, 9 [Dox. 331]. Per Democrito la distruzione 68 A 84. AT. II 4, 9 (D. 331) .
del mondo avviene quando un mondo pi grande riesce a
.
sopraffare un mondo pi piccolo.
68 A 85. AT. II 13, 4 [Dox. 341; intorno alla sostanza
68 A 85. AT. II 13, 4 [II 105. 5 App.] (D. 341;
costitutiva degli astri]. Democrito [dice che gli astri sono]
) . .
pietre.47*
68 A 86. AT. II 15, 3 [Dox. 344; intorno alla posizione degli 68 A 86. AT. II 15, 3 (D. 344; ) .
astri]. Per Democrito prima48* vengono le stelle fisse, dopo di , , '
queste i pianeti, tra i quali il sole, la stella del mattino, la luna. . Vgl. 59 A 78; 67 A 1 33. G AT.

G AT. II 16, 1 [Dox. 345]. Anassagora, Democrito, Cleante


ritengono che tutti gli astri si muovano da oriente a ponente
[cfr. 67 A 1, 33]. /
68 A 87. AT. II 20, 7 [Dox. 349]. Per Democrito [il sole ]
una massa di ferro incandescente o una pietra infiammata.
CICER. de fin. I 6, 20. Democrito ritiene che il sole sia grande,
come naturale da parte di un uomo colto e valente nella
geometria. G EUSTATH. in Od. XII 62 p. 1712. Altri pensano
che il sole sia Zeus... e i vapori siano l'ambrosia di cui il sole si
nutre, opinione seguita anche da Democrito. /
68 A 88. LUCRET. V 621-36 [moto di rivoluzione del sole e
della luna].

II 16, 1 [Dox. 345]. '


[cfr.
67 A 1, 33]. /
68 A 87. AT. II 20, 7 (D. 349) .
[nmlich ]. [II 105. 10] CIC. de fin. I 6, 20 sol
Democrito magnus videtur. G EUSTATH. in Od. XII 62 p.
1712 , ...
,
. /
68 A 88. LUCRET. V 621 ff.
DEMOCRITI DE SOLE
nam fieri vel cum primis id posse videtur,
Democriti quod sancta viri sententia ponit
[II 105. 15] quanto quaeque magis sint terram sidera propter,
tanto posse minus cum caeli turbine ferri.
[V. 625] evanescere enim rapidas illius et acris
imminui supter viris ideoque relinqui
paulatim solem cum posterioribu' signis,
[II 105. 20 App.] inferior multo quod sit quam fervida signa.

Poich pu ben essere pi probabile che avvenga


come Democrito afferma nella sua alta saggezza:
che quanto pi gli astri si trovano vicino alla terra
tanto meno rapidamente possono essere trascinati dal turbine
del cielo
si affievolisce infatti la rapida ed impetuosa
forza del turbine e diminuisce, e pertanto rimane
a poco a poco indietro il sole, raggiunto via via dalle
DE LUNAE CURSU
costellazioni successive,
et
magis
hoc
lunam
quanto
demissior eius
poich esso si trova molto pi in basso che le rapide
[V.
630]
cursus
abest
procul
a caelo terrisque propinquat,
costellazioni.
tanto posse minus cum signis tendere cursum.
E ancora pi indietro la luna: quanto pi basso il suo corso
[II 105. 25] flaccidiore etiam quanto iam turbine fertur
rimane e lontano dal cielo e vicino alla terra,
inferior quam sol, tanto magis omnia signa
tanto meno essa pu pareggiare nel corso le stelle.
hanc adipiscuntur circum praeterque feruntur.
Quanto pi debole infatti il turbine da cui trascinata,
[V. 635] propterea fit ut haec ad signum quodque reverti
trovandosi essa pi in basso del sole, tanto pi tutte le
mobilius videatur, ad hanc quia signa revisunt.
costellazioni,
che le girano intorno, la raggiungono e le passano oltre.
Avviene perci ch'essa sembri tornare a ogni costellazione
pi rapidamente, poich sempre tornano ad essa le medesime
stelle.
68 A 89. AT. II 23, 7 [Dox. 353; intorno ai solstizi]. Per
68 A 89. AT. II 23, 7 [II 105. 30 App.] (D. 353;
Democrito si spiegano mediante il movimento di rivoluzione ) . .
del sole.
68 A 89 a. PLUTARCH. de fac. in orb. lun. 16 p. 929 c. ...
68 A 89 a. PLUT. de fac. in orb. lun. 16 p. 929 C
bens [la luna], dice Democrito, intercetta [cfr. 31 B 42] e
, .,
riceve in s la luce solare allorch si trova proprio di contro alla [der Mond]
sorgente illuminante; ma allora sarebbe necessario che, quando . Vgl. 31 B 42.
c' la luna, trasparisse attraverso di essa anche il sole.
68 A 90. AT. II 25, 9 [Dox. 356; intorno alla luna].
68 A 90. AT. II 25, 9 [II 105. 35] (D. 356; ber den Mond) s.
Anassagora e Democrito [affermano che la luna ] un corpo
59 A 77. 30, 3 (D. 361; ) .
solido, infuocato, contenente in s pianure e montagne e

valloni. G AT. II 30, 3 [Dox. 361; perch la luna appare
. G AT. II 30, 3 [Dox. 361; perch la
simile alla terra]. Democrito dice che c' dell'ombra proiettata luna appare simile alla terra].
dalle parti alte che vi sono in essa: infatti essa ha burroni e
,
vallate. /
. /
68 A 91. ARISTOT. meteor. A 8. 345 a 25 [spiegazione della 68 A 91. ARISTOT. Meteor. A 8. 345 a 25 (ber die Milchstr)
Via Lattea] = cfr. 59 A 80. ALEX. meteor. 37, 23. Anassagora s. 59 A 80; ALEX. z. d. St. 37, 23 .
e Democrito affermano che la Via Lattea risulta dalla luce
[II 105. 40] .
proveniente da alcune stelle. Dicono infatti che il sole, di notte,
gira al di sotto della terra: ora, quelle stelle che stanno al di
,
sopra della terra e che esso illumina, non possono mostrare la [II 106. 1]
loro luce propria, impedita dai raggi del sole; quelle invece che ,
restano nel buio perch l'ombra della terra fa loro riparo, di
,
guisa che esse non sono illuminate dalla luce solare, lasciano , . AT. III 1, 6
vedere la loro luce propria e questa costituisce la Via Lattea. (D. 365; ) .
AT. III 1, 6 [Dox. 365; sulla Via Lattea]. Democrito dice che

un unico fascio luminoso composto da molte piccole stelle


. [II 106. 5 App.] ACHILL. Isag. 24 [p. 55, 24
contigue che s'illuminano reciprocamente per il loro
M. ]
raggruppamento compatto. ACHILL. isag. 24 p. 55, 24 [sulla
Via Lattea]. Altri poi dicono che costituita di stelle molto

piccole e fittamente raggruppate (che a noi sembrano formare ,
un tutto unico a causa della grande distanza dal cielo alla terra), .
come se qualcosa fosse cosparso di sale finissimo e
abbondantissimo.
68 A 92. G ARISTOT. meteor. A 6. 342 b 25. Quanto alle
68 A 92. G ARISTOT. meteor. A 6. 342 b 25.
comete ... Anassagora e Democrito dicono che le comete sono
l'apparizione simultanea dei pianeti quando questi, per essersi ,
avvicinati, sembrano tra loro in contatto. AT. III 2,2 [Dox.
. AT. III 2,2 [Dox. 366].
366]. Anassagora e Democrito [dicono che le comete sono] la
riunione di due o pi astri in modo da produrre una luce
. /ALEX. zu Arist. Meteor. [s. 59 A 81] p.
unica. /ALEX. meteor. 26, 11. Quanto alle comete, Anassagora 26, 11 [II 106. 10]
e Democrito affermano che la stella cosiddetta cometa una
. ''
'apparizione simultanea' dei pianeti: i quali sono Saturno,

Giove, Venere, Marte, Mercurio. Questi infatti, quando si

avvicinano tra di loro, dnno l'impressione di essersi congiunti . , ,
e di formare una sola stella, quella che si dice cometa. Col

nome di 'apparizione simultanea' designa infatti l'immagine che , . ''
proviene da tutti quei pianeti congiunti e che pare proveniente [II 106. 15 App.]
da un unico astro. SENEC. nat. quaest. VII 3 , 2. Anche
. SEN. Nat. quaest. VII 3 , 2 D. quoque,
Democrito, il pi acuto tra tutti gli antichi ricercatori, manifest subtilissimus antiquorum omnium, suspicari se ait plures
il sospetto che i pianeti fossero pi numerosi di quanto non
stellas esse quae currant, sed nec numerum illarum posuit nec
appaia, ma non determin n il loro numero n i loro nomi,
nomina, nondum comprehensis quinque siderum cursibus.
giacch in quell'epoca non si conoscevano ancora le orbite dei
cinque pianeti.
68 A 93. AT. III 3, 11 [Dox. 369]. Per Democrito il tuono
68 A 93. AT. III 3, 11 (D. 369) .
deriva dall'azione di un complesso irregolare di elementi, che [II 106. 20 App.]
costringe la nube che lo contiene, lacerandola, al movimento
verso il basso; il lampo un urto di nubi, pel quale i corpi
, '
generatori del fuoco, riunitisi in uno stesso luogo, vengono

filtrati, merc il reciproco sfregamento, attraverso gli interstizi ,
vuoti; il fulmine si produce allorch ad aprirsi la via del libero ,
movimento arrivino dei corpi generatori del fuoco
,
particolarmente puri, sottili, regolari e fortemente congiunti,
, [II 106. 25
com'egli si esprime; il turbine allorch dei complessi di fuoco, App.]
aventi molto vuoto nell'interno e contenuti in spazi vuoti,

formando corpo con sostanze variamente mescolate entro
.
propri involucri membranosi, prendano lo slancio verso il
basso.
68 A 93 a. SENEC. nat. quaest. V 2. Democrito dice che,
68 A 93 a. SENEC. Nat. quaest. V 2 D. ait: cum in "angusto
quando si trovano raccolti in un ristretto spazio vuoto molti
inani multa sint corpuscula quae ille atomos vocat, sequi
corpuscoli (che egli chiama atomi), ne segue il vento; e,
ventum. at contra quietum et placidum aeris statum esse, cum
viceversa, lo stato dell'aria placido e quieto, allorch vi siano in multo inani pauca sint corpuscula. nam [II 106. 30]
pochi corpuscoli in un vasto spazio vuoto. Infatti, anche in una quemadmodum in foro aut vico, quamdiu paucitas est, sine
piazza o in una strada, quando c' poca gente, si pu
tumultu ambulatur, ubi turba in angustum concurrit, aliorum
camminare senza confusione, quando invece la folla si accalca in alios incidentium rixa fit sic in hoc quo circumdati sumus
in uno stretto passaggio, avviene una vera e propria lotta tra i spatio, cum exiguum locum multa corpora impleverint, necesse
passanti che si urtano e si spingono: analogamente,
est alia aliis incidant et impellant ac repellantur
nell'atmosfera da cui siamo circondati, allorch numerosi
implicenturque et comprimantur, ex quibus nascitur ventus,
corpuscoli riempiono uno spazio ristretto, necessario che
cum illa quae colluctabantur, [II 106. 35] incubuere et diu
s'incontrino, si spingano e si respingano, s'intreccino e si
fluctuata ac dubia inclinavere se. at ubi in magna laxitate
comprimano; e da questi appunto nasce il vento quando i
corpora pauca versantur, nec arietare possunt nec impelli".
corpuscoli, mentre prima erano in conflitto gli uni con gli altri,
si precipitano insieme e, mentre avevano lungamente fluttuato
nell'aria senza una direzione determinata, si inclinano tutti in
un verso. Ma dove pochi corpi si aggirano in una grande
ampiezza, non possono n cozzare n essere urtati.
68 A 94. AT. III 10, 5 [Dox. 377; sulla forma della terra].
68 A 94. AT. III 10, 5 (D. 377; ) .

, . EUSTATH.
zu 446 p. 690
(v. 7 Geogr. min. II 105 M.)
[II 106. 40] , . . Vgl. 59 A 87
und 68 B 15. G EXC. ASTRON. cod. Vat. 381 p. 143
Maass. ...
. /
68 A 95. AT. III 13, 4 [Dox. 378]. Secondo Democrito la
68 A 95. AT. III 13, 4 (D. 378) [II 107. 1 App.] . '
terra da principio era in movimento a cagione della sua

piccolezza e leggerezza, ma col tempo, condensatasi e divenuta ,
pesante, si ferm.
.
68 A 96. AT. III 12, 2 [Dox. 377]. Democrito afferma che, 68 A 96. AT. III 12, 2 (D. 377) .
essendo meno consistente la parte meridionale dell'atmosfera, [II 107. 5]
la terra, crescendo, s'inclin in quella direzione: infatti, le parti ,
settentrionali sono rigide, quelle meridionali temperate, onde la ,
terra inclinata verso di queste, che sono assai propizie ai frutti .
e alla vegetazione.
68 A 97. ARISTOT. meteor. B 7. 365 a 1. Democrito dice che 68 A 97. ARISTOT. Meteorol. B 7. 365 a 1 .
gli scuotimenti della terra dipendono dal fatto che la terra

piena d'acqua e ne riceve molt'altra in forma di pioggia: infatti, [II 107. 10]
quando quest'acqua diviene troppo abbondante, dato che le

cavit della terra non sono pi in grado di contenerla, essa,
,
costretta a refluire, produce il terremoto; e poich la terra, dove
disseccata, attrae l'acqua dalle cavit pi ricolme agli spazi .
ancora vuoti, l'elemento liquido che muta luogo, precipitando,
la scuote.
68 A 98. SENEC. nat. quaest. VI 20, 1-4 [da Posidonio].
68 A 98. SENEC. Nat. qu. VI 20 [aus Poseidonios] (1) D.
Democrito sostiene che siano parecchie [le cause del
plura putat [Ursachen der Erdbeben] ait enim motum
terremoto]. Dice infatti che certe volte il terremoto prodotto aliquando spiritu fieri, aliquando [II 107. 15 App.] aqua,
dal vento, talvolta dall'acqua, talvolta dall'uno e dall'altra, e ne aliquando utroque, et id hoc modo prosequitur aliqua pars
d questa spiegazione: Una certa parte della terra cava: ivi terrae concava est in hanc aquae magna vis confluit. ex hac est
confluisce una grande quantit di acqua. Una parte di
aliquid tenue et ceteris liquidius. hoc cum superveniente
quest'acqua49* leggera e pi fluida delle altre. Quando pel
gravitate reiectum est, illiditur terris et illas movet nec enim
sopraggiungere dell'elemento pi pesante l'acqua pi leggera fluctuari potest sine motu eius, in quod impingitur ... (2) ubi in
viene respinta, essa va a urtare contro la crosta terrestre e la
unum locum congesta est et capere se desiit, aliquo incumbit
muove, perch non potrebbe agitarsi senza mettere in moto
[II 107. 20 App.] et primo viam pondere aperit deinde impetu.
altres ci contro cui va ad urtare ... (2) Quando l'acqua
nec enim exire nisi per devexum potest diu inclusa nec in
tutta accumulata in un luogo e non riesce pi a starci, fa
derectum cadere moderate aut sine concussione eorum, per
pressione verso qualche parte e si apre una via, prima col peso, quae vel in quae cadit. (3) si vero, cum iam rapi coepit,
poi coll'impeto; e certo, per essere stata a lungo rinchiusa, non aliquoiam rapi coepit, aliquo loco substitit et illa vis fluminis
pu uscire se non per una via in pendenza n cadere in linea
in se revoluta est, in continentem terram repellitur et illam,
retta moderatamente o senza scuotimento degli strati che
qua parte maxime pendet, exagitat. praeterea aliquando [II
attraversa e di quelli su cui va a cadere. (3) Se poi, quando
107. 25 App.] madefacta tellus liquore penitus accepto altius
l'acqua comincia a diventar travolgente, deve fermarsi in
sedit et fundus ipse vitiatur tunc ea pars premitur, in quam
qualche luogo e la forza della corrente si ripiega su se stessa, maxime aquarum vergentium pondus inclinat. (4) spiritus vero
l'acqua viene respinta verso la terra pi compatta e la scuote
nonnumquam impellit undas et si vehementius institit, eam
dalle parti in cui inclinata pi fortemente. Inoltre accade
scilicet partem terrae movet, in quam coactas aquas intulit
talvolta che la terra, divenuta molle per la grande quantit di
nonnumquam in terrena itinera coniectus et exitum quaerens
liquido che accoglie nel sottosuolo, subisce degli abbassamenti movet omnia [II 107. 30 App.] ut terra autem penetrabilis
e il fondo stesso si guasta: allora la pressione si esercita
ventis est, ita spiritus subtilior est quam ut possit excludi,
attraverso la parte su cui maggiormente agisce il peso delle
vehementior, quam ut sustineri concitatus ac rapidus. AT. III
acque impetuose. (4) Talvolta il vento spinge i flutti, e, se
15, 7 [28 A 44]. G AT. III 15, 7 [Dox. 380].
incalza con violenza, scuote naturalmente quella parte del suolo
verso cui spinge la massa acquea; altre volte, penetrato in
, '
cavit sotterranee e cercando una via d'uscita, scuote tutti i
:
luoghi circostanti; si aggiunga che, se la terra permeabile al . /
vento, il vento dal canto suo troppo sottile per poter essere
escluso dal sottosuolo, e troppo violento perch la terra possa
opporre resistenza al suo impeto e alla sua velocit. AT. III
15, 7 [Dox. 380]. G AT. III 15, 7 [Dox. 380]. Parmenide e
Democrito affermano che [la terra], essendo equidistante
Per Democrito la terra discoidale nel senso della larghezza,
ma concava nel mezzo. EUSTATH. in Il. VI 446 p. 690. Lo
stoico Posidonio e Dionisio dicono che la terra a forma di
fionda, Democrito che oblunga. G EXC. ASTRON. cod. Vat.
381 p. 143 Maass. ... che la terra n concava come pretende
Democrito [59 A 87] n piatta come vuole Anassagora. /

rispetto ad ogni parte [del cosmo], rimane in equilibrio, non


essendovi ragione che debba pendere pi da una parte che da
un'altra: perci essa soggetta solo agli scuotimenti del
terremoto; ma non si muove. /
68 A 99. AT. IV 1, 4 [Dox. 385; sulle inondazioni del Nilo].
Democrito dice che, verso il solstizio d'estate, sciogliendosi e
scorrendo gi la neve delle regioni settentrionali, si forma del
vapore acqueo che produce dense nubi: queste vengono dai
venti etesii spinte verso il sud e in particolare verso l'Egitto e
cos producono piogge impetuose, dalle quali vengono colmati
i laghi e il fiume Nilo.

68 A 99. AT. IV 1, 4 (D. 385; ) .



[II 107. 35]
:
[II 108. 1 App.]
, '
.
Ausfhrlicher DIODOR. I 39 (darin ...
,
). Anders SCHOL. APOLL. Rhod. IV 269f. Wendel
. ... [II 108. 5]
,

:
.
68 A 99 a. PAP. HIBEH 16 p. 62 [scritto all'epoca di Tolemeo 68 A 99 a. HIBEH PAPYR. 16 p. 62 Grenfell-Hunt [geschr.
Filadelfo, probabilmente fr. dell'opera di Teofrasto
unter Philadelphos, vermutlich Fr. des TEOPHR.
citata da DIOG. LAERT. V 45; cfr. 12 A 27; 59 A 90; DIOG. V 45; vgl. c. 12 A 27 (I 88, 11); 59 A 90; 70 A 19] [II
70 A 19] col. 1. Esiste la massima discordanza di opinioni circa 108. 10 App.] col. 1.
l'origine della salsedine marina: per gli uni sarebbe un residuo
dell'umidit primordiale, rimasto dopo l'evaporazione della

maggior parte delle acque; per gli altri, una secrezione della
' .
terra. Democrito pure ritiene che essa abbia origine da elementi
propri della terra: per esempio, sostanze saline e nitrose ***
... [5 Zeilen fehlen].
[lacuna di 5 righe].
col. 2. .. ... [II
col. 2. Quando della sostanza in putrefazione si depositata
108. 15 App.]
dappertutto, si separano (egli dice) nella sostanza umida gli
,
elementi simili, andando verso i simili, come in tutto
.
l'universo; e cos si formano il mare e tutte le altre sostanze

salate, per essersi raccolti insieme gli elementi omogenei. E
che il mare sia composto di corpi omogenei manifesto anche
da altri fatti: infatti n l'incenso, n lo zolfo, n il laserpizio, n . ,
l'allume, n l'asfalto, n alcun'altra delle sostanze importanti e [II 108. 20] , ,
straordinarie si trovano in molti luoghi della terra. Da ci

dunque, se non altro, facile vedere perch Democrito, che

considera il mare come una parte [di materia] del mondo,
,
afferma che esso si formato nello stesso modo che le cose
,
meravigliose e pi sorprendenti che vi siano in natura, poich ,
non esistono sulla terra molte differenze; ed infatti per uno
che fa derivare i sapori dalla variet delle figure e vuole che la [II 108. 25] .
propriet salina derivi da atomi grandi e angolosi non
illogico, in fondo, il supporre che la salinit nella terra si formi
nello stesso modo che si produce anche nel mare.
68 A 100. ARISTOT. meteor. B 3. 356 b 4. Intorno poi alla
68 A 100. ARISTOT. Meteor. B 3. 356 b 4 [II 108. 26]
salinit di esso [del mare] da chiedersi anche se esso rimane [nmlich ]
qual eternamente oppure se non esisteva prima e non esister ' ' , '
dopo, bens potr venir a mancare: come, infatti, stato detto .
da alcuni. Sembra dunque che questi convengano tutti su
, ,
questo punto, ch'esso si formato, posto che si sia formato
. [II 108. 30
tutto l'universo: infatti affermano che ha avuto origine
App.] ,
contemporaneamente. Cosicch evidente che, se si ammette .
l'eternit del mondo, la stessa cosa si dovr ammettere anche , ., ,
per il mare. L'idea che il mare debba diminuire di estensione (e [
cos appunto dice Democrito) e alla fine scomparire del tutto, ]. [II 109. 1] [vgl. fr. 19 Halm]
non proprio differente dalle favolette di Esopo. Questi infatti
racconta in una favola [fav. 19] che Cariddi, avendo ingoiato ,
[dell'acqua del mare] per due volte, alla prima fece comparire , .

le montagne, alla seconda le isole, e la terza volta che ne



ingoier render asciutto tutto quanto. Ora, ad Esopo che era ,
irritato col barcaiuolo si addiceva di narrare una favola di
[II 109. 5] '
questo genere, ma non altrettanto a quelli che ricercano la
, ..., ' ,
verit; ed infatti, ammesso che il mare si da principio fermato
[in luoghi adatti] per una certa causa, sia per il peso, come
. Vgl. 31 A 66.
dicono anche alcuni di questi.... per la medesima ragione
evidentemente deve di necessit rimanervi anche per tutto il
tempo restante [cfr. 31 A 66].
68 A 101. ARISTOT. de an. A 2. 404 a 27 [dopo 59 A 99].
68 A 101. ARISTOT. de anima A 2. 404 a 27 [nach 59 A 99]
Non certo, per, in senso assoluto come Democrito: questi
' .
infatti identifica senz'altro anima e intelletto, perch il vero, per [s. 28 A 45] [II 109. 10
lui, tutto ci che appare, sicch diceva che bene aveva cantato App.]
Omero che Ettore giaceva altro pensando50*; insomma non ' ' '.
considera l'intelletto come una determinata facolt, quella
,
mediante la quale si raggiunge il vero, ma afferma che sono la . ARISTOT. de anima A 2. 405 a 5
stessa cosa anima e intelletto. ARISTOT. de an. A 2. 405 a 5.
Alcuni ritennero l'anima composta di fuoco; perch il fuoco ,
tra tutti gli elementi quello composto di particelle pi sottili ed . .
il pi incorporeo; inoltre esso possiede come propriet
, [II 109. 15 App.]
originaria quella di muoversi e di mettere in moto le altre cose. . '
Democrito poi ha trovato una soluzione ancor pi sottile, per ,
spiegare perch [l'anima] possiede ambedue queste propriet.
Anima e intelletto infatti sono la stessa cosa e questo elemento '
sarebbe composto di corpi primi indivisibili e atto a produrre il . PHILOP. z. d. St. 83, 27
movimento a cagione della piccolezza delle particelle che lo
, (
compongono e della loro forma; aggiunge che, delle forme,
). ' .
quella sferica la meglio adatta a produrre il movimento; e
tanto l'intelletto quanto il fuoco hanno appunto questa
composizione. PHILOP. de an. 83, 27. Chiama incorporeo il
fuoco; ma non in senso assoluto (ch nessuno degli atomisti
ammette l'incorporeo), ma per significare che tra i corpi il
meno corporeo per la piccolezza delle particelle che lo
compongono.
68 A 102. AT. IV 3, 5 [Dox. 388; sull'anima]. Democrito dice 68 A 102. AT. IV 3, 5 (D. 388; ber die Seele) [II 109. 20] .
che l'anima un composto di elementi percepibili solo con la ,
ragione, aventi forma sferica e carattere igneo, giacch essa , ,
corporea.G AT. IV 5, 12 [Dox. 392]. Parmenide ed
. Vgl. 28 A 45. G AT. IV 5, 12 [Dox. 392]. .
Empedocle e Democrito identificano l'intelletto e l'anima,
, '
talch secondo loro non potrebbe esistere un animale che fosse . /
irragionevole in senso assoluto [cfr. 28 A 45]. /
68 A 103. MACROB. s. Scip. I 49, 19 [sull'anima]. Democrito 68 A 103. MACROB. in S. Scip. I 49, 19 (ber die Seele) D.
[disse che l'anima ] un soffio infuso negli atomi e dotato di
spiritum insertum atomis hac facilitato motus ut corpus illi
tale facilit di movimento da poter penetrare in tutto il corpo. omne sit pervium.
68 A 104. ARISTOT. de an. A 3. 406 b 15. Alcuni dicono pure 68 A 104. ARISTOT. de anima A 3. 406 b 15 [II 109. 25]
che l'anima muove il corpo in cui si trova, cos come si muove ,
essa stessa, per esempio Democrito, esprimendosi in modo
, .
abbastanza simile allo scrittore di commedie Filippo [fr. 22 II [fr. 22 II 172 K.].
172 Kock].51* Infatti Filippo dice che Dedalo aveva fatto in

legno una statua di Afrodite dotata di movimento, col versarvi ' .
dentro dell'argento vivo; e in modo analogo parla anche
,
Democrito: dice, infatti, che i corpuscoli sferici indivisibili
, [II 109. 30]
sempre in movimento, essendo di tal natura da non poter mai .
stare fermi, riescono a trascinare seco e a muovere tutto il
corpo.
68 A 104 a. ARISTOT. de an. A 5. 409 a 32. Democrito
68 A 104 a. ARISTOT. de anima A 5. 409 a 32 .
afferma che [il corpo] messo in movimento dall'anima... Ora, [namlich ] ...
se si concede che l'anima sia diffusa in tutto il corpo senziente, ,
saranno necessariamente due corpi in uno, se l'anima
, .
anch'essa un corpo.

68 A 105. AT. IV 4, 6 [Dox. 390; verosimilmente da una


68 A 105. AT. IV 4, 6 (D. 390; verm. aus epikur. Quelle) .,
fonte epicurea]. Democrito ed Epicuro ritengono l'anima
[II 109. 35] ,
composta di due parti: una, razionale, situata nel petto; una,
, '
irrazionale, diffusa per tutto l'organismo corporeo. AT. IV 5, . AT. IV 5,
1 [Dox. 391 n.; cfr. Teodoreto]. Infatti Ippocrate, Democrito e 1 (D. 391 not. Theodoret.) .
Platone [Tim. 69 C] ritengono che essa [la parte razionale
[nmlich ]
dell'anima] abbia sede nel cervello. PHILOP. de an. 35, 12.
. PHILOP. de anima 35, 12
Democrito afferma che essa [l'anima] non divisa in parti e
[n. ] . ,
non ha facolt diverse, perch per lui il pensare la stessa cosa [II 109. 40]
del sentire e cio l'uno e l'altro provengono dalla medesima
.
facolt.
68 A 106. ARISTOT. de respir. 4. 471 b 30. Democrito dice 68 A 106. [II 110. 1] ARISTOT. de resp. 4. 471 b 30 . '
che dalla respirazione viene una importante conseguenza pel ,
respirante, e cio viene impedito che l'anima sia espulsa dal

corpo; ben lontano, con ci, dall'affermare che per questo fine '
appunto, di mantener dentro l'anima, la natura produca ci: ch, ,
al pari degli altri fisici, anch'egli non giunge affatto a un tal
. ' [II 110. 5 App.]
genere di causa. Dice che l'anima e il calore sono la stessa cosa ,
e che i loro corpi primi appartengono a quelli sferici; e, quando .
questi corpuscoli vengono compressi dall'aria ambiente che li ,
spinge verso l'esterno, giunge loro in aiuto l'inspirazione.
.
Nell'aria, infatti, c' gran numero di quegli atomi che egli

chiama intelletto e anima: quindi, allorch si respira e l'aria

penetra in noi, gli atomi di questo genere, entrando insieme con .
essa e opponendosi alla compressione, impediscono all'anima, [II 110. 10 App.]
che contenuta negli esseri viventi, di dissolversi. E di

conseguenza, dall'inspirazione ed espirazione dipendono la vita
e la morte [cfr. 67A 28]: infatti, quando prevalga l'azione
, ,
dell'aria ambiente che comprime gli atomi dell'anima e l'aria

che entra dal di fuori non pi in grado di respingerli dentro,
allora, divenuta impossibile la respirazione, avviene negli
. ' ,
animali la morte: perch la morte non altro che la fuga di
, [II 110. 15] ,
questi atomi [leggeri e sferici] dal corpo per la pressione
, ,
esercitata dall'aria ambiente. Quanto poi alla causa per cui a
.
tutti necessario morire, ma non gi quando cpita, bens per
natura morire di vecchiaia, contro natura morire di morte
violenta, Democrito non d nessuna spiegazione.
68 A 107. SEXT. EMP. adv. math. VII 349. Alcuni ritengono 68 A 107. SEXT. VII 349 [nmlich
che [l'intelletto] sia diffuso in tutto il corpo, per esempio
], .
secondo certuni Democrito.
68 A 108. LUCRET. III 370.
68 A 108. LUCRET. III 370
E tu non potresti davvero a questo proposito accettare
[II 110. 20 App.] illud in his rebus nequaquam sumere possis,
quella che fu l'opinione del grande maestro Democrito, che gli Democriti quod sancta viri sententia ponit,
atomi del corpo e dell'anima,
corporis atque animi primordia, singula privis
disposti in modo che presso ogni atomo dell'uno ci sia un
apposita, alternis variare ac nectere membra.
atomo dell'altra,
si avvicendino alternamente e tengano cos connesse le
membra.
68 A 109. AT. IV 7, 4 [Dox. 393]. Democrito ed Epicuro
68 A 109. AT. IV 7, 4 (D. 393) .,
ritengono che [l'anima] sia soggetta a perire e che si dissolva [nmlich ] [II 110. 25]
insieme col corpo.
.
68 A 110. SEXT. EMP. adv. math. VII 369. Alcuni hanno
68 A 110. SEXT. VII 369
negato il valore di tutti i dati fenomenici, come i democritei
. SEXT. VIII 6 [s. A 59].
[cfr. SEXT. EMP. VIII 6, adv. math. A 59].
Vgl. aber 59 B 21 a.
68 A 111. SEXT. EMP. adv. math. VII 140 [ dopo B 11; cfr. 68 A 111. SEXT. VII 140 [nach B 11; vgl. 59 B 21 a, c. 76, 3]
59 B 21 a; c. 76, 3]. Diotimo riferisce che secondo lui
[s. c. 76] ' [Demokr.]
[Democrito] tre sono i criteri di giudizio: [1] i dati fenomenici, 1) [II 110. 30 App.]
per la comprensione delle cose invisibili ... ; [2] il concetto, per , ... 2) , ...
la ricerca scientifica ... ; [3] le passioni, per quel che si deve
3) :
desiderare o fuggire: perch ci verso cui ci sentiamo attratti , ,

da seguire, ci da cui ci sentiamo respinti da fuggire.


, .
68 A 112. ARISTOT. metaph. 5. 1009 b 7. Inoltre parecchi 68 A 112. ARISTOT. metaph. 5. 1009 b 7
animali, quando sono sani, ricevono impressioni opposte alle
nostre dinanzi ai medesimi oggetti; e a ciascuno di noi lo stesso , [II
oggetto non appare sempre identico nella sensazione. Quali
110. 35 App.] .
dunque delle impressioni sensibili siano vere o false, oscuro: ,
perch non sono affatto vere le une a maggior ragione delle
, ' . .
altre, ma tutte ugualmente. Perci appunto Democrito afferma ' .
che o non vi nulla di vero, o, almeno, resta a noi oscuro. In , '
generale costoro, partendo dalla premessa che il pensiero non ,
altro che la sensazione, e che questa una modificazione
.
[nostra], necessariamente affermano che ci che appare nella
sensazione vero.
68 A 113. PHILOP. de an. 71, 19. Se affermavano che
68 A 113. PHILOP. de anima 71, 19 [II 110. 40] (zur Ar. A 2.
l'intelletto muove il tutto, come potevano dire che la facolt del 405a 25ff.) ,
movimento appartiene anche all'anima? Risponde Aristotele
; , [II 111. 1]
che potevano, perch identificavano l'anima e l'intelletto, come ,
fa anche Democrito; e bench non troviamo espresso
. '
chiaramente nei loro scritti che intelletto e anima siano la
, '
medesima cosa, Aristotele con un sillogismo d la prova [che . ., ,
questo era effettivamente il loro pensiero]. E' evidentissimo,

egli dice, che Democrito vuole intendere questo: infatti egli
, [II 111. 5 App.]
afferm senza esitare che il vero non se non ci che appare, e
cio che non vi nessuna differenza tra la verit e l'apparenza ,
sensibile, ed anzi il vero precisamente ci che a ciascuno
, ,
appare e ci che ciascheduno opina, come diceva anche
,
Protagora, bench secondo la retta ragione ci sia gran
,
differenza [tra apparenza e verit], in quanto la sensazione e [B 11].
l'immaginazione si volgono a ci che appare, l'intelletto invece , ,
alla verit [B 11]. Se dunque l'intelletto s'indirizza alla verit, [II 111. 10] ,
l'anima invece all'apparenza, ma la verit non altro che
, .
l'apparenza, come ritiene Democrito, ne viene che anche
,
l'intelletto la stessa cosa dell'anima. Infatti, quale il rapporto ,
dell'intelletto alla verit, tale quello dell'anima rispetto al dato .
fenomenico; e dunque, inversamente, come il dato fenomenico ,
sta alla verit, cos l'intelletto sta all'anima; pertanto, se il dato .
fenomenico e la verit sono la stessa cosa, anche l'intelletto e
l'anima sono la stessa cosa.
68 A 114. SEXT. EMP. adv. math. VII 389. Non si pu
68 A 114. SEXT. VII 389 [II 111. 15 App.]
affermare che ogni apparenza vera, perch possibile
,
ritorcere l'argomento, come sostenevano Democrito e Platone .
confutando Protagora. Infatti, se ogni apparenza vera, sar
. ,
vero anche il contrario, e cio che non ogni apparenza vera,
poich si fonda su un'apparenza; e cos diventa falsa
,
l'affermazione che ogni apparenza vera.
.
68 A 115. AT. IV 10, 5 [Dox. 399; quante siano le
68 A 115. AT. IV 10, 5 (D. 399; ) [II
sensazioni]. Democrito afferma essere pi numerose le
111. 20 App.] .
sensazioni che i sensibili, ma che i sensibili ci sfuggono per la , [?]
sproporzione che c' tra essi e il numero delle sensazioni. Cfr. . Vgl. LUCR. IV 800 quia tenuia sunt, nisi se
LUCRET. IV 800. E, poich sono tenui [i simulacri delle
contendit acute, cernere non potis est animus.
cose], l'anima non capace di scorgerli, se non si sforza
acutamente.
68 A 116. AT. IV 10, 4 [Dox. 399]. Democrito afferma che le 68 A 116. AT. IV 10, 4 (D. 399) .
sensazioni sono assai pi [che non quelle dei cinque sensi], sia [nmlich s. B 11], [II 111. 25 App.]
negli animali irragionevoli, sia nei sapienti, sia negli di.
. Vgl.
SIMPL. de anima p. 173, 7. Vgl. 68 A 79. 23 B 4.
68 A 117. AT. IV 4, 7 [Dox. 390]. Secondo Democrito tutte 68 A 117. AT. IV 4, 7 (D. 390) .
le cose partecipano di qualche sorta di anima, e perfino i
, ,
cadaveri, perch manifestamente essi posseggono sempre un
certo calore e una certa sensibilit, anche quando ne hanno
[vgl. 9, 20]. ALEX. Top. 21, 21

esalato la parte maggiore [cfr. A 160]. ALEX. top. 21, 21. I


[II 111. 30 App.] , . Vgl. A
cadaveri, secondo Democrito, hanno senso.
160
68 A 118. CICER. ep. ad fam. XV 16, 1 [a Cassio]. Infatti ogni 68 A 118. CIC. Epist. XV 16, 1 (an Cassius) fit enim nescio
volta che ti scrivo qualche cosa, mi succede, non so come, che qui, ut quasi coram adesse videare, cum scribo aliquid ad te,
mi par quasi di averti presente, ma non per immagini prodotte neque id ' , ut dicunt tui amici novi qui
da idoli,52* come dicono codesti tuoi nuovi amici i quali
putant etiam spectris Catianis excitari
pensano che anche le intuizioni mentali siano suscitate dagli - nam, ne te fugiat, Catius Insuber Epicurius, qui nuper [II
spettri caziani - perch, bada bene, quelle membrane che il
111. 35 App.] est mortuus, quae ille Gargettius et iam ante D.
filosofo di Gargetto e prima ancora Democrito avevano
, hic "spectra" nominat - his autem spectris etiamsi
chiamato [in greco] idoli, ricevettero il nome [latino] di 'spettri' oculi possint feriri, quod velis <nolis> ipsa incurrunt, animus
dall'epicureo Cazio Insubre, morto di recente - ma quello che io qui possit, ego non video doceas tu me oportebit, cum salvus
non capisco come mai questi spettri, ammesso pure che
veneris, [II 112. 1 App.] in meane potestate [ut] sit spectrum
penetrino negli occhi poich vi arrivano sia che uno lo voglia tuum, ut simulac mihi conlibitum sit de te cogitare, illud
sia che non lo voglia, possano penetrare nell'animo: perci sar occurrat, neque solum de te, qui mihi haeres in medullis, sed si
necessario che tu mi metta in chiaro, quando verrai in carne ed insulam Britanniam coepero cogitare, eius mihi
ossa, se il tuo spettro sia in mio potere sicch esso mi appaia advolabit ad pectus.
ogni volta che mi aggrada di pensare a te, e se questo avvenga
non soltanto per te, che mi stai proprio nel cuore, ma anche per
l'isola di Britannia, poniamo, che io ci rivolgo il pensiero ed
ecco il suo idolo vola tosto dentro al mio animo.
68 A 119. ARISTOT. de sens. 4. 442 a 29. Democrito e la pi 68 A 119. ARISTOT. de sens. 4. 442 a 29 [II 112. 5 App.] .
parte dei fisiologi, nel trattare della sensazione, arrivano
,
all'estremo dell'assurdo, considerando come oggetti tattili tutti ,
gli oggetti sensibili. Eppure chiaro che, se le cose stessero
. ' ,
cos, tutti gli altri sensi si ridurrebbero ciascuno a una specie di . THEOPHR. de
tatto. THEOPHR. de caus. plant. VI 1, 2. La questione che
caus. pl. VI 1, 2. ,
innanzi tutto presenta qualche difficolt questa, se si debbano
spiegare [le varie specie dei sapori] con le modificazioni che [II 112. 10] .
producono in noi le sensazioni o - come vuole Democrito - con .
le figure da cui ciascuno di essi deriva.
68 A 120. SIMPLIC. de cael. 564, 24. Democrito, come
68 A 120. SIMPL. de caelo 564, 24 . ,
riferisce Teofrasto nella Fisica [phys. opin. fr.13; Dox. 491], [fr. 13. D. 491] ,
ritenendo che seguivano un procedimento grossolano coloro

che riponevano le cause prime nel caldo e nel freddo e simili, si ,
elev agli atomi, come analogamente i Pitagorei alle superficie,
reputando cause del caldo e del freddo le figure e le grandezze: [II 112. 15]
infatti le cose disgregabili portano con s la sensazione di

caldo; di freddo, invece, quelle compatte e compresse.
,
.
68 A 121. ARISTOT. de sens. 2. 438 a 5. Democrito, sin che 68 A 121. ARISTOT. de sens. 2. 438 a 5 . '
dice che l'acqua [ci per mezzo di cui vediamo], dice bene,
[nml. ], , '
ma sbaglia quando crede che il vedere consista nell'immagine ...
dell'oggetto... Gli che, in generale, non si aveva nessuna idea ,
chiara sull'apparire delle immagini e sulla loro riflessione, a
[II 112. 20] .
quel che pare. Ed strano poi, che non gli sia accaduto di
, , '
chiedersi perch soltanto l'occhio vede e non gi nessun'altra , .
delle tante cose nelle quali possono apparire le immagini.
68 A 122. ARISTOT. de an. B 7. 419 a 15. Mal si appone
68 A 122. ARISTOT. de anima B 7. 419 a 15
Democrito quando crede che, se lo spazio interposto divenisse . ,
vuoto, si vedrebbe distintamente una formica che si trovasse in , .
un punto del cielo.
68 A 123. ARISTOT. de gen. et corr. A 2. 316 a 1. Perci
68 A 123. ARISTOT. de gen. et corr. A 2. 316 a 1
[Democrito] nega l'esistenza [obbiettiva] del colore, dicendo [Demokr.] [II 112. 25 App.]
che il colore dipende dalla direzione [degli atomi].
.
68 A 124. AT. I 15, 11 [Dox. 314]. Gli atomisti, affermando 68 A 124. AT. I 15, 11 (D. 314) ,
che gli atomi di per s sono tutti quanti privi di colore, fanno ,
derivare le qualit sensibili da elementi conoscibili solo
.
mediante la ragione e privi di qualit sensibili.
68 A 125. AT. I 15, 8 [Dox. 314]. Secondo Democrito in
68 A 125. AT. I 15, 8 (D. 314) .
natura non esiste affatto il colore, giacch gli elementi sono
,

privi di qualit, sia i corpuscoli solidi che il vuoto; e nei


composti da essi risultanti il colore deriverebbe dal contatto
reciproco [], dalla misura [], dalla direzione
[], che corrispondono rispettivamente a ordine,
figura, posizione: all'infuori di queste differenze fondamentali,
non vi sono che apparenze. E le specie di questi colori secondo
l'apparenza sono quattro: il bianco, il nero, il rosso, il verde.
68 A 126. ARISTOT. de sens. 4. 442 b 11. Dice infatti
[Democrito] che il bianco ci ch' liscio, il nero ci ch'
aspro, e cos alle figure degli atomi riconduce pure i sapori
[cfr. A 135].

[II 112. 30
App.] ,

.
, .

68 A 126. ARISTOT. de sens. 4. 442 b 11


[Demokr.] ,
. [II 112. 35 App.]
Vgl. A 135 (II 118, 5ff.).
68 A 126 a. PORPH. in Ptolem. Harm. p. 32, 6 D ..

, , [II 113. 1 App.]
,
, ', .,
. , '
.

, ' [II 113. 5]
, '
,
.
68 A 127. SCHOL. DIONYS. THRAC. p. 482, 13. Epicuro,
68 A 127. SCHOL. DIONYS. THRAC. p. 482, 13 Hilg.
Democrito e gli Stoici affermano che la voce corporea.
. .
68 A 128. AT. IV 19, 13 [Dox. 408; sulla voce
68 A 128. AT. IV 19, 13 (D. 408; , vermutlich
(probabilmente da Posidonio)]. Democrito afferma che anche aus Poseidonios) [II 113. 10 App.] .
l'aria si sminuzza in tanti corpuscoli conformi e viene agitata in
ogni senso insieme coi frammenti della voce. Infatti la gazza . '' '
siede presso alla gazza egli dice e, come sempre, dio porta il ' ' ' [p
simile verso il suo simile.53* Ed invero sulle spiagge i ciottoli 218].
simili si raccolgono in un medesimo luogo, da una parte quelli ' , '
rotondeggianti, dall'altra quelli oblunghi; e cos, nel vagliare
[II 113. 15 App.]
granaglie, tutti i grani di ugual forma si raccolgono nello stesso
luogo, in modo che restano separate, per esempio, le fave dai ,
ceci. Si potrebbe per muovere un'obbiezione: come mai
. ' '
piccoli frammenti di aria possono riempire un teatro che
; Vgl. B
contiene migliaia di persone?
164.
68 A 129. THEOPHR. de caus. plant. VI 1, 6. Democrito, che 68 A 129. THEOPHR. de caus. plant. VI 1, 6 .
assegna una determinata forma atomica a ciascun sapore, fa
[II 113. 20 App.] [sc. ]
derivare il dolce dagli atomi rotondi e di discreta grandezza,
.
l'acre dagli atomi di figura grande con asperit e con molti
.
angoli e senza rotondit, l'acido o acuto - come dice il nome

stesso - dagli atomi acuti, angolosi, a curve, sottili e non
.
tondeggianti, l'agro invece dagli atomi tondeggianti, sottili,
.
angolosi e a curve; il salato, da quelli angolosi e di discreta
.
grandezza, obliqui ed isosceli; l'amaro, da quelli tondeggianti, [II 113. 25 App.]
aventi una curvatura uniforme e piccola grandezza; il grasso, .
da atomi leggeri, rotondi e piccoli.
[vgl. A 135 67].
68 A 130. THEOPHR. de caus. plant. VI 2, 1 [polemica contro 68 A 130. THEOPHR. de caus. plant. VI 2, 1 [Polemik gegen
Democrito]. Parrebbe dunque che anche i sapori fossero
Demokr.] ' , ,
senz'altro dipendenti dalle forme degli atomi: difatti egli,

analizzando in tal modo i caratteri differenziali delle potenze , '
in se stesse, s'immagina di spiegare la causa per cui una
[II 113. 30 App.] ,
sostanza acre e rende secco il palato e stringe, un'altra d un ,
senso di liscio, di dolce e di piacevole, un'altra fa uscire i
.
succhi e li diffonde e produce altri effetti analoghi. Tuttavia si ,
potrebbero sviluppar meglio queste ricerche sui sapori, in
. .
modo da dimostrare anche quali siano le qualit proprie del
, ' '
soggetto senziente. Perch necessario conoscere non soltanto [sc. ] ' .

l'agente, ma anche colui che riceve l'azione, tanto pi se si d [II 113. 35]
anche questo, che non a tutti il medesimo [sapore] appare
.
uguale, com'egli dice. Infatti nulla impedisce che ci che per
noi dolce per altri esseri sia amaro, e cos per le altre qualit.
68 A 131. THEOPHR. de caus. plant. VI 2, 3. opinione bene 68 A 131. [II 114. 1] THEOPHR. de caus. plant. VI 2, 3
strana anche questa, in coloro che spiegano [i sapori] mediante
le figure atomiche: che, restando simili in certe sostanze le

forme degli atomi, basti la differenza consistente nell'esser il .
corpo pi piccolo o pi grande a far s che le sostanze non
,
abbiano pi la medesima potenza. Perch allora le potenze
' , [II 114. 5 App.]
sono relative non pi alle forme ma ai volumi, dei quali si potr ,
ben dire che permettono ai corpi di agire gli uni sugli altri e
. ,
addirittura che portano ad azioni di maggior o minor forza, ma , .
non ragionevole che portino a potenze o ad attivit diverse,
dato che le potenze dipendono dalle forme degli atomi. E cos
ad uguali figure atomiche dovrebbero corrispondere corpi di
qualit uguali, come negli altri casi [in cui si deducono le
qualit unicamente dalle figure].
68 A 132. THEOPHR. de caus. plant. VI 7, 2. Altra questione 68 A 132. THEOPHR. de caus. plant. VI 7, 2
che lascia incerti questa: in qual modo per Democrito [i
[sc. ],
sapori] possano derivare l'uno dall'altro. Perch necessario .
che si dia uno di questi tre casi: o che gli atomi assumano una
figura diversa, trasformandosi da scaleni ed acutangoli in atomi , [II 114. 10 App.]
rotondi; oppure che, essendo presenti [in ciascuna sostanza]

atomi di ogni qualit, per esempio atomi dell'acre e dell'acido e ( ' ' , '
del dolce, alcuni di questi atomi vengano espulsi (poich in
' ), ,
ogni composto vi sono degli atomi che stanno alla superficie e ' . ' (
ve ne sono altri che sono propri di ogni altro sapore che pu
), '
manifestarsi), mentre gli altri atomi rimarrebbero; oppure, terzo ' .
caso, che parte degli atomi escano dal composto ed altri vi
[II
penetrino. Ma, poich impossibile che gli atomi cangino di 114. 15] . Vgl. VI 17, 11.
forma (infatti ci che indivisibile non pu subire alterazioni),
rimangono possibili soltanto gli altri due casi: o che alcuni
atomi penetrino ed altri escano, o che alcuni rimangano ed
altri escano dal composto. Ambedue questi casi, per, sono
assurdi: perch bisognerebbe completare la dimostrazione,
spiegando anche che cosa che opera e porta in atto queste
modificazioni.
68 A 133. THEOPHR. de odor. 64. Perch mai Democrito, che 68 A 133. THEOPHR. de odor. 64 .
spiega i sapori in rapporto al senso del gusto, non spiega
, '
analogamente gli odori e i colori in rapporto ai sensi loro
;
propri? Avrebbe dovuto infatti ricavare anche queste qualit
.
dalle forme atomiche.
68 A 134. SEXT. EMP. Pyrrh. hypot. II 63. Dato che il miele 68 A 134. SEXT. Pyrrh. h. II 63
pare ad alcuni amaro e ad altri dolce, Democrito diceva ch'esso [II 114. 20 App.] .
non n dolce n amaro.
.
68 A 135. THEOPHR. de sens. 49-83 [Dox. 513]. (49)
68 A 135. THEOPHR. de sens. 49-83 (D. 513) (49) .
Democrito non chiarisce, riguardo alla sensazione, se essa
,
avvenga per opera di contrari o per opera di simili. Perch, se .
egli spiega il sentire con l'alterazione, parrebbe ch'egli lo
,
facesse derivare dall'azione di cose differenti, dato che il simile '
non subisce alterazione dal simile; se, al contrario, spiega il
, [II 114. 25 App.]
sentire e in genere l'alterazione come un patire - ed
, , ,
impossibile, egli dice, che cose non identiche patiscano l'una ' ,
dall'altra, anzi, se sono diverse, agiscono non in quanto diverse . .
ma in quanto c' in esse qualcosa di comune - evidente che ' . (50)
spiega la sensazione col simile. Perci su questo punto si pu
fare l'una e l'altra ipotesi. Poi Democrito si adopera a spiegare ,
ciascun tipo di sensazione in particolare.

(50) Il vedere, dunque, secondo lui prodotto dall'immagine, [II 114. 30 App.]
sulla quale egli espone una teoria sua propria: e cio che

l'immagine non si forma direttamente sulla pupilla, ma che



l'aria frapposta tra l'organo della vista e l'oggetto veduto,
'
venendo compressa per opera dell'oggetto veduto e del
.
soggetto che vede, riceve un'impronta, giacch da ogni cosa
,
proviene in ogni istante un certo effluvio; quest'aria poi,
, ' [II 114. 35
divenuta consistente e improntata dai diversi colori, si riflette App.] ,
nell'umido degli occhi, e l'elemento denso non l'accoglie,
[II 115. 1 App.]
mentre l'umido la lascia penetrare. Perci gli occhi umidi, per ,
la capacit visiva, sono migliori di quelli asciutti, qualora la
,
tunica esterna sia estremamente sottile e compatta, la parte
. (51)
interna invece estremamente spugnosa, priva di carne compatta .
e resistente, e piena di umore denso e grasso, e le vene
,
nell'interno degli occhi dritte e prive di umidit, quando cio [II 115. 5 App.]
gli occhi siano tali da poter ricevere le medesime figure
.
atomiche che sono nelle immagini delle cose: perch ciascuno
conosce meglio ci che gli omogeneo. (51) Ora, prima di
, .
tutto, assurda questa formazione di impronte nell'aria; infatti
ci che riceve un'impronta deve possedere una certa
; .
compattezza e non sminuzzarsi come del resto riconosce egli (52)
stesso, col paragone che fa, dicendo esser tale l'impronta quale , [II 115. 10
si otterrebbe modellando un pezzo di cera. Inoltre, le immagini App.] ;
nell'acqua si potrebbero formare tanto pi facilmente quanto

pi l'acqua densa: eppure nell'acqua densa si vede peggio,
. '
bench si dovrebbe veder meglio. E, dato che egli ammette in . '
generale l'effluvio delle forme dei corpi, come si vede nei libri .
Degli idoli, a quale scopo serve la formazione delle impronte ,
nell'aria? Perch gli idoli sono gi, di per se stessi, immagini. ; [II 115. 15 App.]
(52) Ma, dato che questo avvenga, che cio l'aria venga
;
plasmata come cera premuta e condensata, come si produce
,
l'immagine e di qual natura essa? Intanto evidente che
' . . (53)
l'impronta sar rivolta di prospetto all'oggetto veduto, com' il ;
proprio di tutte le impronte. Ed essendo essa tale, impossibile
che l'immagine dell'oggetto presenti il prospetto a noi, se
' ,
l'impronta non gira su se stessa. Ma quel che bisognerebbe
. [II 115. 20
dimostrare per qual causa e in qual modo avverr questo
App.]
capovolgimento delle impronte: perch altrimenti il vedere non .
possibile. Altro punto: quando vediamo parecchi oggetti in un .
medesimo luogo, come mai potranno stare insieme tante
,
impronte diverse nella medesima aria? E ancora: com'
.
possibile che due persone si vedano reciprocamente? Perch le , []
impronte dovrebbero incrociarsi, essendo ciascuna di esse
,
situata proprio di faccia alla persona da cui proviene. Questi
' . [II 115. 25 App.]
problemi, dunque, attendono la soluzione. (53) E, oltre a ci, ,
perch mai ciascuno non si vede da se stesso? Giacch le
(54) ' []
impronte [che provengono da noi], come producono
,
l'immagine negli occhi di chi ci sta vicino, dovrebbero portarla . '
anche ai nostri stessi occhi, specialmente se l'altra persona ci ,
sta proprio di fronte e se [per le impronte che portano le
, [II 116. 1] .
immagini] siproduce il medesimo effetto che si ha nell'eco:
,
infatti egli dice che il suono si ripercuote anche verso quello
.
stesso che ha parlato. Eppoi la formazione di impronte nell'aria , '
assurda in via generale: perch da ci ch'egli dice viene come .
conseguenza necessaria che tutti i corpi produrrebbero le loro , [II 116.
impronte nell'aria e molte di queste si confonderebbero, e ci ci 5 App.]
impedirebbe di vedere ed inoltre cosa del tutto inverosimile. .
Ancora: nel caso, poi, che l'impronta fosse persistente, si
, .
dovrebbero vedere gli oggetti anche quando non sono n
(55)
visibili n vicini e, se non proprio di notte, almeno durante il .
giorno. E veramente non meno naturale che le impronte
' .
persistano di notte, quanto pi l'aria fresca; (54) ma forse
[II 116. 10 App.]
l'immagine prodotta dal sole col portare la luce in forma di , ,

raggio all'organo visivo, come parrebbe ch'egli intendesse


,
dire. Poich il dire, com'egli fa, che il sole, respingendo e
.
percuotendo incessantemente l'aria dinanzi a s, la condensa, , .
un altro assurdo, in quanto [il calore del sole] atto piuttosto a ,
rarefarla. Altro assurdo ancora il rendere partecipi del senso .
della vista non soltanto gli occhi ma anche tutto il resto del
[II 116. 15 App.]
corpo: infatti dice che l'occhio deve possedere un certo vacuo e , . (56) ' ,
una certa umidit appunto per questo, per ricevere meglio le
,
immagini e trasmetterle a tutto il resto del corpo. Ed pure

contraddittorio il dire che l'occhio vede soprattutto le cose
,
omogenee ad esso eppoi far derivare l'immagine da cose di

diversi colori, come se dunque da cose simili non potessero

venir prodotte immagini. Come poi si abbiano le immagini
, [II
delle grandezze e delle distanze, egli non riesce a spiegare, per 116. 20 App.]
quanto abbia tentato. (55) Per ci che riguarda la vista, dunque, . (57)
Democrito volle spiegare in modo originale varie questioni, ma .
molto pi quello ch'egli ha lasciato da indagare.
,
Quanto all'udito, egli lo spiega in modo suppergi uguale agli , , '
altri. L'aria che va a penetrare nel vuoto produce un
.
movimento, ma, bench penetri uniformemente in tutto il
, .
corpo, lo produce soprattutto e in grado molto pi alto entro gli [II 116. 25 App.] ,
orecchi, perch attraversa uno spazio vuoto molto pi ampio e , .
non vi rimane ferma minimamente. E questa la ragione per ,
cui, mentre nel resto del corpo non c' alcuna sensazione [di
. (58)
suono], c' in quella parte soltanto [nell'orecchio]. Quando

l'aria giunta nell'interno, per la sua velocit si diffonde: ed il
suono appunto l'effetto di aria che si comprime e penetra con , . '
forza. Egli spiega dunque col tatto anche la sensazione che si [II 116. 30 App.] '
ha nell'interno, come quella che si ha all'esterno. (56) L'udito . ,
poi acutissimo, allorch la tunica esterna densa, le piccole ,
vene sono vuote ed il pi possibile prive di liquido e ben
.
traforate anche in tutto il resto del nostro corpo, oltre che nel
capo e nelle orecchie; e occorre pure che le ossa siano
.
compatte, il cervello ben temperato e che sia asciutto il pi
(59) ,
possibile ci che lo circonda; allora il suono penetra tutto
, [II 116. 35] .
insieme, dal momento che penetra in un vacuo ampio, senza

umidit e ben traforato, e cos si diffonde velocemente e
, ,
uniformemente per tutto il corpo senza riversarsi fuori. (57)
,
Democrito dunque non differisce dagli altri quanto al
. [II 117. 1 App.]
determinare [la natura del suono] senza nessuna chiarezza.

Quello che c' di suo personale e di assurdo nella teoria che il ,
suono penetri in tutto il corpo, che cio, quando penetra
, .
attraverso l'udito, si diffonda per tutto il corpo, come se la
,
sensazione di suono potesse averla l'intero corpo e non
[31 A 69 a. B 94]. '
l'orecchio soltanto. Giacch, se anche il corpo partecipa di
, [II 117. 5] , '
qualche cosa dell'impressione che giunge all'udito, non per
.
questo si pu dire che oda:54*infatti il corpo similmente
. (60) .
soggetto a qualche modificazione in tutti i casi, e non soltanto , '
per quanto riguarda i sensi, ma anche per quanto riguarda
, .
l'anima. In quanto alla vista e all'udito, dunque, egli d queste .
spiegazioni, mentre concepisce le altre sensazioni suppergi
. '
come la maggior parte degli altri.
[II 117. 10] ,
(58) Quanto al pensiero, egli ha detto solamente che si produce . .
quando c' equilibrio nell'interna mescolanza dell'anima;
, ,
quando invece in uno si ha il prevalere o degli elementi caldi o , .
dei freddi, allora quegli sragiona: perci Democrito dice che gli .
antichi bene spiegarono questo fatto dicendo che un 'altro
.
pensare'. E cos si vede chiaro che egli fa derivare il pensiero (61) [II 117. 15 App.]
dalla mescolanza [degli elementi] del corpo, ci che forse
' '
anche logico per lui, pel quale l'anima corporea. Pressappoco .
queste e altrettali, dunque, sono le opinioni che si trovano
.

espresse dagli antichi intorno alle sensazioni e al pensiero.


' , ,
(59) Quanto agli oggetti sensibili, l'indagine sulla loro natura e (?). '
sulle qualit proprie a ciascuno tralasciata dagli altri filosofi. ,
Negli oggetti che cadono sotto il tatto, essi considerano il
. . (62)
pesante e il leggero, il caldo e il freddo, dicendo, per esempio, [II 117. 20 App.]
che caldo ci che dilatato e sottile, freddo ci ch'
. .
compresso e grosso; ed appunto cos Anassagora distingue
, ,
l'aria dall'etere. Pressappoco alle stesse cause riconducono
.
anche il pesante e il leggero, aggiungendovi per il movimento
verso l'alto o verso il basso. Inoltre, quanto al suono, dicono
.
che un movimento dell'aria; e, quanto all'odore, che un
,
effluvio. Empedocle parl anche dei colori, dicendo che il
[II 117. 25 App.]
bianco il colore proprio del fuoco e il nero dell'acqua [cfr. 31 , ,
A 69 a; B 94]; gli altri invece si limitano a dire questo, che il .
bianco e il nero sono i princpi dei colori e che tutti gli altri

colori derivano dalla mescolanza di questi due; ed infatti
, ' . (63)
Anassagora ne parl in modo superficiale. (60) Democrito e

Platone per lo pi sono d'accordo, poich hanno definito
.
ciascun senso separatamente, con la differenza che Platone non , , [II
nega la realt obbiettiva alle qualit sensibili [cfr. Tim. 50 A
117. 30 App.] .
sgg.], mentre Democrito le considera tutte modificazioni della ,
nostra sensibilit. Quale dei due abbia dato la spiegazione

conforme al vero, cosa che non richiede discorsi. Proviamoci , ' , '
invece ad illustrare fino a qual punto ciascuno dei due si sia
. '
spinto avanti nella ricerca e in qual modo abbia determinato le [II 117. 35 App.]
qualit sensibili: premettiamo per qual l'indirizzo generale , ' , '
della loro indagine. Democrito non si vale di un identico
, '
principio per spiegare tutte le qualit sensibili, bens ne spiega . (64) '
alcune con le grandezze, altre con le forme, altre con l'ordine e
con la posizione. Platone, invece, si pu dire che riporta tutte le .
qualit sensibili alle impressioni esterne e al senso. Cosicch . [II 118. 1 App.] '
parrebbe che ciascuno dei due contraddicesse poi la sua propria
ipotesi. (61) Infatti quegli che considera le qualit come
,
impressioni sensibili viene poi a determinarne l'esistenza
,
obbiettiva; l'altro, che le considera obbiettive e derivanti dalle
sostanze, le riconduce ad impressioni del senso.
.
Il pesante e il leggero, dunque, sono definiti da Democrito
[II 118. 5 App.] (65)
mediante la grandezza: se infatti tutte le singole sostanze
.
potessero venir separate, egli dice che, per quanto fossero
, '
differenti di forma, avrebbero per natura il peso proporzionale
alla grandezza. Invece nei composti pi leggero quello che

contiene pi vuoto, pi pesante quello che ne contiene di meno: .
cos egli afferma in vari luoghi. (62) Altrove, invece, dice
[II
semplicemente che leggero ci che sottile. E analogamente 118. 10 App.]
procede nello spiegare il duro e il molle: infatti duro ci che ' ,
denso, molle ci che raro, e il pi e il meno [nel duro o nel
molle] e tutte le possibili variazioni si spiegano in conformit
di queste premesse. C' per, se si confronta ci che duro o . (66)
molle con ci che pesante o leggero, una certa differenza

anche in rapporto alla posizione e alla interna distribuzione dei ' [II
vuoti. E' perci che il ferro pi duro mentre il piombo pi 118. 15 App.] ,
pesante: difatti il ferro ha una composizione irregolare e
.
contiene qua e l frequenti e anche notevoli vuoti, mentre in

certe parti fortemente compatto, in generale per ha in s pi
vuoto che non il piombo. Il piombo, che contiene meno vuoti, .
ha composizione regolare e uniforme in tutte le sue parti: per la , ' ' ,
qual cosa esso bens pi pesante, ma pi molle, del ferro. (63) , (
In tal maniera, dunque, egli spiega il pesante e il leggero, il
[II 118. 20 App.]
duro e il molle. Delle altre qualit sensibili nessuna ha realt ) ,
obbiettiva, ma tutte sono impressioni da cui modificato il

senso, dal quale proviene poi la rappresentazione. Cos non
'

hanno realt obbiettiva n il freddo n il caldo, ma vi soltanto


il cangiamento di forma, il quale produce anche la nostra
, .
modificazione: infatti ci che costituisce una massa compatta (67) ,
ha la forza di farsi avvertire da ciascuno, mentre ci che
. [II 118. 25 App.]
disperso in un vasto spazio non pi percettibile. La prova che
le qualit sensibili non hanno esistenza obbiettiva nel fatto

che una stessa qualit non appare uguale a tutti gli esseri
.
senzienti, ma ci che per noi dolce per altri amaro, per altri
acido, per altri agro, per altri ancora acre, e cos via. (64)
.
Inoltre i senzienti subiscono cangiamenti nell'interna
, '
mescolanza [dell'anima], a seconda delle impressioni che
[II 118.
ricevono e dell'et; e anche da ci risulta evidente che la
30 App.] . ' ,
disposizione [del senziente] causa della rappresentazione.

Egli ritiene, dunque, che le qualit sensibili si debbano
, [II
concepire in generale in questo modo. Tuttavia egli attribuisce, 119. 1 App.]
come le altre, anche queste55* qualit alle forme, tranne che
, . (68)
non determina le forme per tutti quanti gli oggetti sensibili, ma .
a preferenza per i sapori e per i colori; e, tra queste, con
'
maggior precisione definisce quelle dei sapori, riportando
,
all'uomo la rappresentazione di essi.
[II 119. 5
(65) Egli dice dunque che l'acido o acuto il sapore delle
App.] ,
forme atomiche angolose e molto sinuose, piccole e sottili.
.
Queste, per la loro penetrabilit, s'insinuano rapidamente e
'
dappertutto, e, come sono aspre e angolose, determinano una (
contrazione e uno stringimento per cui il corpo, producendo dei ),
vacui nel proprio interno, viene anche a riscaldarsi: giacch una ,
cosa tanto pi si riscalda quanto maggiore il vacuo ch'essa
.
contiene. Il dolce composto di particelle tondeggianti e non (69) [II 119. 10 App.]
troppo piccole; ond'esse si diffondono completamente per il
, ,
corpo e s'inoltrano dappertutto non violentemente e neppure

rapidamente; ma vanno a turbare gli altri sapori allorch,
'
penetrando attraverso le altre forme, le spingono fuor di posto e
le inumidiscono: e queste allora, inumidite e smosse dal loro ' ( ' [] ,
posto, colano tutte insieme verso il ventre, giacch questo offre )
un passaggio agevolissimo perch ha dentro di s moltissimo . [II 119. 15 App.] '
vuoto.
,
(66) L'acre risulta da figure atomiche grandi, molto angolose e , .
senza quasi nessuna rotondit; queste figure, cos, quando

entrano nei corpi, ostruiscono le piccole vene riempiendole e ,
impediscono loro di scolar gi; e in tal modo arrestano anche il
flusso del ventre. L'amaro risulta da atomi piccoli lisci e
. (70)
rotondi, e presenta un contorno rotondeggiante dotato anche di [II 119. 20]
sinuosit: per cui vischioso e appiccicoso. Il salato quello .
che risulta da atomi grandi e non rotondi, ma in piccola parte
scaleni, per la maggior parte invece non scaleni, per cui non ,
sono neppure molto sinuosi (con scaleni egli vuol significare .
quelli che hanno attitudine ad impigliarsi mutuamente, cio a ,
formare un complesso unico); sono atomi grandi, perch il
'
salato resta alla superficie, mentre, se fossero piccoli, una volta . [II 119. 25 App.]
sottoposti agli urti degli atomi del corpo in cui sono entrati, si .
mescolerebbero con tutto il corpo; non sono rotondi, perch ci , ; (71)
che salato scabro, mentre ci ch' rotondo liscio; non

scaleni, perch non s'impigliano tra loro, e perci il sale
' ,
friabile. (67) L'agro [l'atomo] piccolo, ora rotondo ora
.
angoloso, ma senza tortuosit. Infatti l'agro riscalda per la sua ,
asperit, essendo molto angoloso, e si diffonde per la sua
, [II 119. 30
piccolezza e per la rotondit o angolosit di forma: perch ci App.] ,
che angoloso ha queste attitudini. Similmente egli spiega
,
anche le singole propriet degli altri sapori, riconducendole alle .
figure atomiche. Di tutte queste figure, per, nessuna si trova , , ,
da sola [in ogni singolo sapore] e non mescolata con le altre, , .

ma ce ne sono molte a determinare ciascun sapore: il medesimo [II 120. 1 App.] ' .
sapore contiene del liscio e dell'aspro, del rotondo e dell'acuto e ,
viadicendo. Quella figura atomica che si trova nel composto in .
quantit prevalente ha la maggior forza nel determinare la
,
sensazione e la qualit sensibile, anche per secondo la
,
disposizione del corpo in cui entra: perch [per questo rispetto] . (72)
si hanno differenze non lievi e talvolta una sostanza pu
[II 120. 5 App.]
produrre con la medesima forma atomica effetti contrari,
, .
mentre forme contrarie possono produrre il medesimo effetto. []
(68) Queste sono le spiegazioni ch'egli ha dato circa i sapori. .
Ma quello che potrebbe parere strano , prima di tutto, ch'egli
non spieghi nella medesima maniera le cause di tutte le qualit ,
sensibili, ma per il pesante e il leggero, il molle e il duro,

ricorra al grande e al piccolo, al raro e al denso, per il caldo e . [II 120. 10 App.]
il freddo invece, e per altre qualit simili, alle figure atomiche. ,
N meno singolare che del pesante e del leggero in s, del
,
duro e del molle in s, egli affermi l'esistenza obbiettiva (infatti ,
il grande e il piccolo, il denso e il raro non sono relativi ad
,
altro), ed invece consideri il caldo e il freddo e le altre qualit .
simili come relative al senso, e ci malgrado ch'egli ripeta pi ,
volte che, per esempio, la figura atomica propria del caldo
, [II 120. 15 App.]
quella sferica. (69). Insomma la pi grande contraddizione e
.
quella che comune a tutta questa considerazione delle qualit (73) .
sensibili consiste nel dir contemporaneamente, da un lato, che . '
le qualit sono modificazioni del senso e, dall'altro, che
, .
dipendono dalle figure atomiche; eppoi dire che la stessa cosa .
appare amara ad uno, dolce a un altro, ad altri diversamente

ancora: perch non possibile che la figura atomica sia
[II 120. 20 App.]
un'impressione nostra, n che la medesima figura sia per alcuni ,
sferica e per altri diversamente (eppure ci sar ben necessario, ,
concesso che essa sia per gli uni dolce e per gli altri amara), n , '
che le figure atomiche cangino di forma secondo la
. ' ,
disposizione del nostro corpo. Invece la figura assolutamente ,
reale in s, mentre il dolce e in generale ogni qualit sensibile , '
sono relativi ad altro ed esistono in altro56*, a quanto egli dice. [II 120. 25 App.]
Ed assurdo il ritenere che quanti hanno la sensazione dei

medesimi oggetti ne ricevano tutti la medesima impressione e . (74)
che tale impressione provi la verit degli oggetti e tutto ci, pur . ,
avendo detto, poco prima, che le cose appaiono differenti a

persone di differente disposizione ed inoltre che non dato ad ' .
uno pi che a un altro di raggiungere la verit. (70) Assurdo

perch, logicamente, chi migliore la raggiunger meglio di
, [II 120. 30
chi peggiore, chi sano meglio di chi ammalato; il che
App.] .
assai pi conforme a natura. E ancora: se non hanno realt
(75) ' ,
obbiettiva le qualit sensibili per il fatto che non appaiono a
.
tutti identiche, evidente che non avranno realt obbiettiva
, . ' [II
neppure gli animali e tutti gli altri corpi: perch neppure su
121. 1 App.]
questi abbiamo tutti la medesima opinione. Eppure, se anche il ,
medesimo oggetto non produce in tutti la medesima sensazione .
di dolce o di amaro, ben certo che tutti concepiscono ad un
modo la natura del dolce e quella dell'amaro. E questo parrebbe .
confermarlo egli stesso. Giacch, come potrebbe quello che per [II 121. 5
noi amaro sembrare ad altri dolce o acre, se non ci fosse una App.] ,
ben determinata natura propria di questi sapori? (71) Ed egli lo .
rende anche pi evidente l dove dice che ciascuna [di queste [] .
qualit sensibili] si produce ed esiste veramente e, in
,
particolare per l'amaro, che ha l'attributo della percettibilit.
. (76)
Sicch, per questa ragione, pare ch'egli si contraddica col non
riconoscere una realt alle qualit sensibili; e, oltre a ci, come ,
si detto anche pi sopra, pare contraddirsi quando determina [II 121. 10 App.] .
bens la figura propria della sostanza amara come pure delle .

altre e insieme nega loro realt obbiettiva. Infatti, o nessun



oggetto percepito ha realt obbiettiva o l'avranno anche le
,
qualit sensibili, giacch, in quanto cause [del sentire], oggetti
e qualit operano nel medesimo modo. Ancora: il caldo e il
. ,
freddo, che essi pongono come princpi, da credere che
,
abbiano una qualche realt; se poi l'hanno questi, l'avranno
[II 121. 15 App.]
anche le altre qualit sensibili. Intanto, al duro e al molle, al
.
pesante e al leggero egli riconosce una certa sostanzialit,
' . (77)
mentre sembrava considerarli relativi a noi non meno delle
,
altre qualit sensibili; e non la riconosce invece n al caldo n ,
al freddo n ad alcuna delle altre qualit. Eppure, dato che egli ,
spiega il pesante e il leggero mediante le grandezze, ne viene di .
necessit che tutti i corpi semplici abbiano la stessa tendenza al , , [II 121. 20 App.]
movimento, cosicch sarebbero tutti di una sola materia e della ,
medesima natura. (72) Ma intorno a ci egli sembra aver
. '
seguito quelli che fanno dipendere direttamente il pensiero
,
dalle modificazioni fisiche, opinione questa che antichissima. ,
Infatti tutti gli antichi, sia poeti che filosofi, spiegano il
.
pensiero in dipendenza della nostra disposizione. A ciascuno . ,
dei sapori, poi, egli attribuisce una figura atomica, cercando di , [II 121.
stabilirla con una certa somiglianza tra essa e la potenza ch'essa 25 App.] . (78)
manifesta nella sensazione; ma la figura dovrebb'essere definita
non soltanto in conformit delle caratteristiche dei sapori, bens ,
anche di quelle degli organi dei sensi, dato principalmente che .
le sensazioni sono modificazioni dei nostri sensi. Perch non
tutte le forme sferiche hanno la medesima potenza e neppure le .
altre; di conseguenza si sarebbe dovuto definirle anche
, [II
secondo la sostanza, dire se essa composta di figure simili o 121. 30 App.]
differenti, dire in qual modo si produce quella modificazione in ,
cui consiste la sensazione, ed inoltre spiegare ugualmente tutte .
le sensazioni dipendenti dal tatto e non soltanto le sensazioni di .
gusto. Insomma, anche tutte queste altre sensazioni o hanno
(79)
qualcosa che le differenzia dai sapori, e bisognava determinare ,
questa differenza, oppure si potevano spiegare nello stesso
[II 122. 1 App.]
modo, ed egli le ha trascurate.
, '
(73) Quanto ai colori [cfr. 67 A 29], egli ammette quattro
.
colori semplici. Il bianco, pertanto, il liscio. Infatti tutto ci , '
che non aspro e non getta ombra ed facilmente penetrabile , .
anche brillante. Tutto ci che brillante, poi, deve offrire
.
passaggi rettilinei ed essere trasparente. Delle sostanze
[II 122. 5 App.]
bianche, quelle che sono dure sono composte di figure
, .
atomiche del genere di quelle che compongono la superficie

interna delle conchiglie: come quelle, infatti, sono senza
. .
ombra, son chiare, e hanno pori rettilinei; quelle invece che
,
sono friabili e si sbriciolano facilmente risultano da figure
,
atomiche rotonde, in posizione obliqua l'una rispetto all'altra e
collegate a coppie, ed hanno l'intera disposizione interna
[II 122. 10 App.]
uniforme al massimo grado. Cos ordinate nell'interno, sono
. (80)
friabili perch il contatto avviene su una piccola superficie; si ,
sbriciolano facilmente, perch le loro particelle sono disposte , ' ;
in modo uniforme; sono senz'ombra, perch lisce e piatte; e
.
sono pi bianche tra di esse57* quelle in cui le figure atomiche
sopra descritte sono pi regolari e meno mescolate e dove
, [] ;
l'ordine e la posizione di tali figure pi conforme a quello
, [II 122. 15
summentovato. (74) Il bianco, dunque, risulta da figure di tal App.] ,
genere. Il nero, da quelle di opposta natura, cio aspre,
.
tortuose, e fra loro differenti: poich in tal modo gettano ombra ' ,
e hanno i pori non rettilinei e non facilmente penetrabili. Anche ' ;
gli effluvi sono lenti e disordinati; e ne viene negli effluvi una
differenza di qualit in rapporto alla sensazione, la quale sar .
diversa a seconda dell'immissione d'aria [nei pori del

senziente]. (75) Il rosso deriva dalle medesime figure donde


[II 122. 20 App.]
deriva il caldo, soltanto pi grandi; perch anche nel caso che . (81) ,
siano pi grandi i composti [corpi], pur essendo le particelle

tutte uniformi, si ha un rosso molto pi vivo. Il segno evidente .
che il rosso deriva da figure di tal genere in ci: noi, quando ,
ci riscaldiamo, diventiamo rossi e cos pure gli altri corpi

infuocati, finch abbiano alcunch58* d'infuocato. Pi rosse
.
sono le cose composte di figure atomiche grandi, come ad
[II 122. 25 App.] ' [ ],
esempio la fiamma e il carbone delle legna verdi pi di quelli . (82)
delle legna secche. Cos pure dicasi del ferro e degli altri corpi ,
infuocati: i pi brillanti sono quelli che contengono un fuoco .
pi sottile e in grandissima quantit, mentre pi rossi sono
, '
quelli che contengono un fuoco pi grosso e in quantit
. ,
minore. E questa la ragione per cui i corpi pi rossi sono
,
anche meno caldi: perch caldo il sottile. Il verde, poi, consta , ' [II 123. 1 App.] ,
di solido e di vuoto ed come un miscuglio dell'uno e
.
dell'altro; e secondo l'ordine e la disposizione il colore che ne ,
risulta. (76) I colori semplici, dunque, hanno bisogno di queste
figure atomiche: e ciascun colore sar tanto pi puro quanto pi . .
risulter da figure non mescolate. Gli altri colori59* dipendono ,
dalle combinazioni di questi. Cos ad esempio il colore dell'oro, [II 123. 5 App.] .
quello del bronzo e tutti quelli analoghi, dalla combinazione
,
del bianco col rosso; infatti traggono il brillante dal bianco, il
rossastro dal rosso, giacch il rosso nella mescolanza va a
, ,
cadere proprio nei vuoti del bianco. Se poi a questi colori si
. (83) . .
aggiunge il verde, si ottiene un colore bellissimo, ma bisogna
che le aggiunte di verde siano piccole: perch grandi non
possibile, dato il modo come sono combinati il bianco e il
rosso. E i colori composti riusciranno differenti a seconda che
si piglier pi o meno dei semplici. Il purpureo deriva dal
bianco, dal nero e dal rosso mescolati, ma il rosso ha la parte
maggiore nel composto, piccola parte il nero, e il bianco vi sta
in proporzione media: anche perci gradevole la sensazione
ch'esso produce. Che nel purpureo vi siano il nero e il rosso,
manifesto alla vista; che vi sia il bianco, lo provano lo
splendore e la trasparenza, giacch queste sono le qualit
costitutive del bianco. Il blu di guado deriva dal nero intenso e
dal verde, per con maggior quantit di nero: il verdeporro60*
dalla porpora e dal blu di guado, o dal verde e dal purpureo:
infatti lo zolfo di questa natura e partecipa di una certa,
lucentezza. L'indaco deriva dal blu di guado e dal rosso-fuoco,
per da figure atomiche rotondeggianti e aghiformi, affinch
nel nero vi sia la lucentezza. (78) Il verde-noce deriva dal verde
e dall'indaco; se poi si mescolano il verde e il bianco si
ottiene il color fuoco, perch ci che privo di ombra elimina
anche la presenza del colore nero. E in generale anche il rosso
mescolato col bianco rende puro e privo di nero il verde: ed
per questo che i frutti degli alberi da principio son verdi, prima
che sentano il calore e divengano maturi. In complesso,
dunque, egli fa menzione solo di questi colori, ma ritiene che i
colori e i sapori siano infiniti, date le mescolanze che se ne
possono fare, togliendo o aggiungendo dell'uno o dell'altro, e
degli uni mescolandone pi, degli altri meno: perch non ne
risulteranno mai due colori perfettamente simili l'uno all'altro.
(79) Innanzi tutto, per, incontra qualche difficolt l'ammettere
parecchi princpi; e infatti gli altri [fisici] ammettono solo il
bianco e il nero, ritenendo colori semplici soltanto questi. Ed
inoltre incontra difficolt il non ammettere un'unica forma
atomica per tutti i corpi bianchi, ma una pei corpi duri e
un'altra per quelli friabili. Perch non davvero naturale che vi
sia un'altra causa [per il colore] nei corpi che sono differenti al

tatto; e, quand'anche, la causa della differenza non sarebbe la


figura atomica, bens piuttosto la posizione. Infatti possibile
che anche le figure atomiche rotondeggianti e in generale tutte
le figure si facciano ombra tra di loro. Una prova: e cio che lo
stesso Democrito ne convinto, per quei corpi lisci che
appaiono neri, poich dice che appaiono tali per la loro
coesione e per l'ordine delle parti, in quanto hanno la medesima
coesione e il medesimo ordinamento del nero; e, viceversa, per
quei corpi scabri che appaiono bianchi: dice infatti che gli
apparentemente bianchi derivano da figure atomiche grandi e
con raggruppamenti non rotondeggianti ma a scalini, s che le
forme degli atomi costituiscono una linea spezzata come i
ripari o i terrapieni innalzati a ridosso delle mura, perch un
corpo di tal fatta non produce ombra o non ostacola la
lucentezza. (80) E inoltre come spiega, e in base a quali figure
atomiche,61* il fatto che il bianco di certi corpi pu diventare
nero, qualora essi [corpi] siano disposti in modo tale da gettare
ombra? Insomma, pare che [in tal modo] egli spieghi piuttosto
la natura del diafano e del rilucente che non quella del bianco.
E appunto caratteristica del diafano il possedere la trasparenza
e il non avere i pori a disposizione alternata; ma nel genere del
diafano quante sono le sostanze bianche? Ancora: che i pori
delle sostanze bianche siano diritti e quelli delle sostanze nere
siano a disposizione alternata, una supposizione che vale nel
caso che una qualche materia debba penetrarvi. Ma egli spiega
il vedere mediante l'effluvio e l'immagine che si produce
nell'organo visivo; e allora quale importanza avr che i pori
siano disposti tutti in maniera uniforme o a disposizione
alterna? N facile ammettere che l'effluvio possa, in un modo
qualsiasi, nascere dal vuoto: per cui resta da determinare la
causa di ci; e pare difatti che egli faccia derivare il bianco
dalla luce o da qualche altra cosa; [e perci adduce anche la
densit dell'aria come causa per cui certe sostanze appaiono
nere]62* (81) Neanche facile da comprendere come egli
spieghi il nero: perch l'ombra qualcosa di nero e costituisce
un ostacolo alla visione del bianco, e perci appunto il bianco
per natura il primo colore. Ma egli attribuisce la causa del nero
tutt'insieme a parecchie cose, non soltanto al sovrapporsi
dell'ombra, ma anche alla densit dell'aria, al penetrare
dell'effluvio, al turbamento dell'occhio. Ma se ci accada per
mancanza di trasparenza o dipenda da altro e da quale altra
causa, egli non chiarisce.
(82) E' anche assurdo il non attribuire una forma propria al
verde, considerandolo costituito soltanto di solido e di vuoto,
giacch ci veramente comune a tutti i corpi, di qualunque
specie siano le loro figure atomiche; e bisognava invece, come
agli altri colori, attribuirgli una caratteristica particolare. E se
questo colore contrario al rosso come il nero contrario al
bianco, dovrebbe avere la forma contraria a quella del rosso; se
poi non contrario al rosso, ci sarebbe da meravigliarsi
appunto di questo, che Democrito non consideri i princpi come
contrari: poich tutti li ritengono tali. E soprattutto bisognava
esaminare con attenzione quali dei colori sono semplici, e
perch gli uni sono composti, gli altri non composti: poich la
maggior difficolt sta nel determinare i princpi. Ma una tale
indagine era, probabilmente, difficile. Poich, anche i sapori,
meglio di tutti saprebbe spiegarli chi riuscisse a determinare i
sapori semplici. Quanto all'odorato egli trascur di
determinarne le peculiarit, limitandosi all'affermazione che
l'odore prodotto dal sottile che emana dai corpi pesanti. Ma
egli poi non aggiunge qual sia la natura dell'essere che subisce

queste azioni dall'esterno - ci che forse era il punto principale.


(83) Democrito dunque ha, in questo modo, tralasciato
parecchie questioni.
68 A 135 a. G DIOG. OENOAND. fr. 5 col. 2 p. 10 William. 68 A 135 a. G DIOG. OENOAND. fr. 5 col. 2 p. 10 William.
Democrito di Abdera disse che le sostanze sono atomi,
,
spiegando le cose veramente in modo giusto; ma poich
,
intorno agli atomi s'ingann in alcuni punti, si giudicher poi di . DIOG. OENOAND. fr. 6
lui nell'esposizione della nostra [epicurea] dottrina. DIOG.
col. 2 p. 11. ' ,
OENOAND. fr. 6 col. 2 p. 11. Err, in modo non degno di lui, ' ,
anche Democrito, affermando che secondo verit negli esseri ? . ,
esistono soltanto gli atomi e che tutte quante le altre
, , '
caratteristiche sono soggettive. E davvero secondo la tua
, ? ? [ ]
dottrina, o Democrito, non si capisce come potremmo trovare ' ...
la verit, anzi neppure potremmo vivere, giacch non
sapremmo guardarci n dal fuoco n dalle ferite n...
68 A 136. TERTULL. de an. 43. Democrito [dice che il sonno 68 A 136. TERTULL. de anima 43 D. indigentiam spiritus
proviene dalla] insufficienza del soffio vitale. AT. V 2, 1
[nmlich somnum [II 123. 10 App.] esse]. AT. V 2, 1 (D.
[Dox. 416]. Secondo Democrito i sogni dipendono
416) .
dall'apparizione degl'idoli.
.
68 A 137. CICER. de div. II 58, 120. Crederemo, dunque, che 68 A 137. CIC. de div. II 58, 120 utrum igitur censemus
l'animo di chi dorme si muova di per se stesso mentre sogna, dormientium animos per sene ipsos in somniando moveri an, ut
oppure, come ritiene Democrito, che sia agitato da una visione D. censet, externa et adventicia visione pulsari?
esterna ad esso e accidentale?
68 A 138. CICER. de div. I 3, 5 [Dox. 224]. ...E mentre uno
68 A 138. CIC. de div. I 3, 5 (D. 224) [II 123. 15] cum...
scrittore autorevole come Democrito dichiarava in parecchi
plurumisque locis gravis auctor D. praesensionem rerum
luoghi di ammettere la previsione [cfr. B 10 a] del futuro, il
futurarum comprobaret, Dicaearchus Peripateticus cetera
peripatetico Dicearco neg ogni sorta di divinazione, tranne
divinationis genera sustulit, somniorum et furoris reliquit. CIC.
quella dei sogni del furore. CICER. de div. I 57, 131 [da
de div. I 57, 131 [aus Poseidonios] D. autem censet sapienter
Posidonio]. Democrito poi ritiene che saggiamente gli antichi instituisse veteres ut hostiarum inspicerentur exta quorum ex
stabilirono che si scrutassero i resti delle vittime, poich dal
habitu atque ex colore tum salubritatis tum [II 123. 20 App.]
loro aspetto e dal loro colore si possono ricavare gli indizi cos pestilentiae signa percipi, non numquam etiam quae sit
della salubrit come delle epidemie, e talvolta anche se vi sar sterilitas agrorum vel fertilitas futura. Vgl. ebd. II 13, 30.
sterilit o fecondit della campagna [cfr. CICER. de div. II 13,
30].
68 A 139. CENSORIN. de d. nat. 4, 9. Democrito di Abdera 68 A 139. CENSOR. 4, 9 Democrito vero Abderitae ex aqua
ritiene che gli uomini siano stati originariamente generati
limoque primum visum esse homines procreatos. AT. V 19, 6
dall'acqua e dal fango [cfr. B 5 a]. AT. V 19, 6 [Dox. 431 n.; (D. 431 n.; vgl. 645, 6] .
cfr. 645, 6]. Democrito dice che gli animali sono stati generati . [II 123.
dalla riunione di membra inarticolate, avendo primamente
25] LACT. Inst. div. VII 7, 9 hominum causa mundum et
l'umido generato i vermi [cfr. 31 A 72; B 57]. LACT. inst. div. omnia quae in eo sunt esse facta Stoici loquuntur idem nos
VII 7, 9. Affermano gli Stoici che il mondo e tutte le cose che divinae litterae docent. erravit ergo Democritus, qui
sono in esso furono prodotte per servire agli uomini; il
vermiculorum modo putavit effusos esse de terra nullo auctore
medesimo insegnano a noi le Sacre Scritture. E' dunque in
nullaque ratione.
errore Democrito, ritenendo che gli uomini siano sorti dalla
terra a guisa dei vermi senza nessun autore e nessuna ragione.
68 A 140. AT. V 4, 3 [Dox. 417-8]. Stratone e Democrito
68 A 140. AT. V 4, 3 (D. 417/8 .
consideravano corporea anche la forza [non soltanto la materia [nicht blo [II 123. 30] die ]
del seme genitale]: infatti essa costituita di aria.
.
68 A 141. AT. V 3, 6 [Dox. 417]. Democrito dice [che il
68 A 141. AT. V 3, 6 (D. 417) . '
seme genitale composto] di tutti gli elementi e delle parti

principali del corpo, cio ossa, carne, muscoli [cfr. B 32; 24 A [nmllich ]. S. B 32; vgl. CENSOR. 5, 3 (24 A
13].
13).
68 A 142. AT. V 5, 1 [Dox. 418]. Epicuro e Democrito
68 A 142. AT. V 5, 1 (D. 418) , .
affermano che anche la donna emette il seme genitale: possiede [II 123. 35]
infatti i condotti testicolari, disposti per in senso inverso [a

quelli dell'uomo]: appunto perci essa ha desiderio
. G NEMES. de nat. hom. c. 25 p. 247.
dell'amplesso. G NEMES. de nat. hom. c. 25 p. 247. Aristotele
dunque e Democrito non ammettono che il seme genitale della . /
donna contribuisca affatto nella generazione dei figli. /

68 A 143. ARISTOT. de gen. anim. 1. 764 a 6. Democrito di 68 A 143. ARISTOT. de gen. anim. 1. 764 a 6 .
Abdera dice che il differenziamento dei sessi avviene nell'alvo
materno; non ammette per che il feto assuma i caratteri di
,
femmina o di maschio per causa del caldo e del freddo, bens in ' , '
quanto sia prevalso il seme dell'uno o dell'altro dei genitori, il ,
seme cio proveniente da quella parte per cui sono differenti tra [II 123. 40] .
loro il maschio o la femmina. CENSORIN. de d. nat. 6, 5.
CENSOR. 6, 5 utrius vero parentis principium sedem prius [II
Democrito ritiene che i figli ricevono il sesso di quello dei
124. 1 App.] occupaverit, eius reddi naturam D. rettulit. AT.
genitori il cui seme sia attivato prima. AT. V 7, 6 [Dox. 420]. V 7, 6 (D. 420) . ,
Secondo Democrito le parti comuni possono derivare
' [] ' . Demnach unrichtig
indifferentemente dall'uno o dall'altro [dei genitori], le parti
NEMES. de nat. hom. 247 Matth.
differenzianti invece sono determinate dal predominare

dell'uno dei due. NEMES. de nat. hom. c. 25 p. 247. Aristotele .
dunque e Democrito non ammettono che il seme genitale della
donna contribuisca affatto nella generazione dei figli.
68 A 144. ARISTOT. de gen. anim. B 4. 740 a 33. Le vene si 68 A 144. ARISTOT. de gen. anim. B 4. 740 a 33 [II 124. 5]
attaccano all'utero come radici, e attraverso di esse il feto
'
riceve il nutrimento. Questa la ragione per cui l'animale
.
rimane nell'utero, e non gi, come dice Democrito, per
, ' . ,
conformare le proprie membra a quelle della madre che lo
.
contiene. ARISTOT. de gen. anim. B 7. 746 a 19. Errano
ARISTOT. de gen. anim. B 7. 746 a 19
coloro che ritengono che nell'utero materno i nascituri si

nutrano succhiando una qualche escrescenza carnosa. AT. V . AT. V 16, 1 (D. 426) [II
16, 1 [Dox. 426]. Democrito ed Epicuro dicono che l'embrione 124. 10] .,
nell'utero materno si nutre mediante la bocca; e che perci
.
appunto, appena nato, tosto egli si spinge con la bocca verso la
mammella, giacch anche nell'utero materno esistono specie di , ' .
mammelle e di bocche per mezzo di cui ci si nutre.
68 A 145. ARISTOT. de gen. anim. B 4. 740 a 13. Coloro che 68 A 145. ARISTOT. de gen. anim. B 4. 740 a 13
affermano, come Democrito, che prima vengono a
, .,
differenziarsi le parti esterne dell'animale e dopo gli organi
, , . G
interni, non ragionano rettamente63* G ma parlano come se si . / CENSOR. 6, 1 (D. 190] [II 124. 15
trattasse di fabbricare animali di legno o di pietra. /
App.] quid primum in infante formetur) D. alvum cum capite
CENSORIN. de d. nat. 6, 1 [Dox. 190: quale sia la parte che quae plurimum habent ex inani.
prende forma per prima nel feto]. Secondo Democrito il ventre
e la testa, le parti cio che contengono pi vuoto.
68 A 146. ARISTOT. de gen. anim. 4. 769 b 30. Democrito 68 A 146. ARISTOT. de gen. anim. 4. 769 b 30 .
sostiene che la nascita di esseri mostruosi conseguenza
,
dell'incontrarsi di due emissioni di sperma, avvenute l'una
' .
prima e l'altra dopo: la seconda penetra nell'utero e si
,
sovrappone alla prima, in modo che le parti dell'embrione si
. [II 124. 20 App.] '
formano insieme nell'una o nell'altra e si confondono. E
, '
aggiunge che, essendo per solito rapida negli uccelli la
. G [PHILOP.] de gen.
copulazione, sempre si confondono insieme diverse uova o i
anim. 186, 10.
diversi colori di esse. G [PHILOP.] de gen. anim. 186, 10.
, ,
Democrito diceva che anche le uova degli uccelli sono

mostruosit: giacch essendo rapida in essi la copulazione, egli ,
dice, e avvenendo parecchie volte in una sola ora, giungono
, . /
nell'utero parecchie eiaculazioni spermatiche, ed per questo
che una parte dell'uovo bianca e l'altra gialla. /
68 A 147. ARISTOT. de gen. anim. E 8. 788 b 9. Anche
68 A 147. ARISTOT. de gen. anim. E 8. 788 b 9
Democrito ha trattato di questo argomento [dei denti]... Egli
[Zhne] . ...
dice che i denti cadono perch, negli animali in genere,

spuntano prima del tempo; secondo natura, invece, dovrebbero
spuntare quando gli animali sono, per cos dire, nel fiore
[II 124. 25 App.] .
dell'et; e la causa che i denti spuntino prima del tempo
sarebbe, secondo lui, il poppare.
68 A 148. ARISTOT. de part. anim. 4. 665 a 30. Degli
68 A 148. ARISTOT. de partt. anim. 4. 665 a 30 '
animali senza sangue nessuno dotato di visceri. E non pare . . '
davvero che Democrito abbia dato intorno ad essi una
,
spiegazione giusta, se riteneva che i visceri fossero soltanto
. Vgl. LUCR. IV 116 ff.

invisibili, data la piccolezza degli animali senza sangue [cfr.


LUCRET. IV 116 sgg.].
68 A 149. ARISTOT. de gen. anim. B 8. 747 a 29 [31 A 82; B 68 A 149. ARISTOT. de gen. anim. B 8. 747 a 29 [vgl. oben 31
92]. Democrito dice che i condotti genitali delle mule sono
A 82. B 92] . [II 124. 30 App.]
guasti gi nella matrice, perch non traggono origine da

animali della medesima specie.
.
68 A 150. [ARISTOT.] hist. anim. I 39. 623 a 30. I ragni,
68 A 150. [ARISTOT.] hist. anim. I 39. 623 a 30 ',
appena nati, possono emettere il loro filo, non dal di dentro
,
come fosse escremento - secondo quel che dice Democrito - ma , ., '
dal corpo come una corteccia o come fanno quegli animali che ,
si difendono coi propri aculei, per esempio i ricci.
. [II 124. 35 App.] Vgl. PLIN. N. H. XI 80.
68 A 150 a. AELIAN. nat. anim. VI 60. Presso i Massageti,
68 A 150 a. AEL. N. H. VI 60 ,
come narra Erodoto [I 216], c' l'usanza che l'uomo, appesa la [I 216],
faretra dinanzi a s, si giace con la donna in luogo aperto, e, se , [II 125.
anche li vedono tutti, essi non se ne dnno affatto pensiero. Un 1 App.] , ,
accoppiamento di cammelli, invece, non avverrebbe mai
.
scopertamente e neppure se ci fosse gente che stesse a vedere .
con lo scopo di assistere. Ma, si parli poi di pudore o di un
,
dono di natura destinato al segreto, meglio lasciar la questione
a Democrito e agli altri, bravi a far dimostrazioni e a credere di [II 125. 5
dire le cause intorno alle cose di cui non si hanno indizi o con App.]
cui non possibile istituire confronti. Gi anche il pastore si
,
apparta quando si accorge che le sue bestie sentono lo stimolo ,
dell'accoppiamento, come se si ritirasse dinanzi allo sposo e
.
alla sposa che entrano nel talamo.
68 A 151. AELIAN. nat. anim. XII 16. Dice Democrito che il 68 A 151. AEL. H. N. XII 16 .
maiale e il cane sono bestie multipare e ne spiega la ragione col ,
dire che hanno molti uteri e molte parti atte ad accogliere lo
[II 125. 10 App.]
sperma. Cos l'eiaculazione non le riempie tutte quante in una .
sola volta, e queste bestie tornano a montare per due e per tre ,
volte, affinch la ripetizione possa riempire le parti atte a
,
raccogliere il seme. Dice poi che le mule non possono
.
generare, perch non hanno uteri simili a quelli degli animali, , ,
ma di forma affatto diversa e affatto inadatti ad accogliere il

seme, dato che il mulo non creazione della natura ma
,
prodotto artificiale e surrettizio dovuto a disegno umano e
[II 125. 15 App.]
all'audacia, per cos dire, di un adultero. Io ritengo, egli dice, . , ' ,
che la cavalla una volta sia diventata gravida per avere subito ,
accidentalmente la violenza dell'asino e che gli uomini, avendo
appreso questa sorta di violenza, di poi abbiano fatto diventare .
una consuetudine la generazione di siffatti animali. E dice che
specialmente gli asini della Libia, che sono grandissimi,

montano le cavalle, ma non quelle con la criniera, bens le
[II 125. 20 App.]
tosate: infatti se la cavalla avesse il proprio ornamento della
, . HIPPOCR. de
criniera, non si lascerebbe montare da un tale marito, dicono gli nat. inf. 31 (VII 540 L.) '
esperti di siffatto genere di matrimoni. HIPPOCR. de nat. inf. ,
31 [VII 540]. Che i gemelli siano prodotti da un solo atto di
' ,
copulazione, risulta da questo indizio: il cane e il maiale, e tutti
gli animali che partoriscono in seguito a una sola copulazione, ,
mettono alla luce in una volta due piccoli o pi e ciascuno dei [II 125. 25 App.]
nascituri nell'utero in una propria sinuosit e si trova ravvolto . [ARISTOT.] Probl. 10, 14. 802 a 38
da una membrana; e noi lo constatiamo quando nascono; e
, , , ,
questi animali partoriscono tutti quei piccoli, per lo pi, nella , ;
medesima giornata. [ARISTOT.] probl. 10, 14. 802 a 38.
,
Perch alcuni degli animali sono multipari, come il maiale, il . ARISTOT. de gen. anim. B 8. 747a 29 .
cane, la lepre, ed altri no, come l'uomo e il leone? Forse perch
gli uni hanno molti uteri e matrici che tendono ad essere
[II 125. 30 App.]
riempiti e tra i quali si suddivide il seme genitale, gli altri
(schon unter n. 149).
invece no.
68 A 152. AELIAN. nat. anim. XII 17. Dice Democrito che nei 68 A 152. AEL. H. N. XII 17
paesi meridionali gli embrioni abortiscono pi facilmente che . ,

nei settentrionali, e con ragione: infatti, per effetto del vento



caldo meridionale, i corpi delle partorienti si afflosciano e si
.
dilatano; cos, essendo ammollito e non contratto l'involucro [il
corpo], si vanno spostando anche gli embrioni e, sotto l'azione
del calore, vanno scivolando di qua e di l e abortiscono
[II 125. 35]
facilmente; se invece vi ghiaccio e spira vento settentrionale, , ,
l'embrione si fa compatto, ha difficolt di movimento e non
,
viene agitato come da mare mosso, ma, per essere immune

d'ondeggiamento e come in bonaccia, non solo acquista forza .
ma diviene assai resistente e dura sino al tempo stabilito da
, , , [II
natura per lo sgravamento dell'animale. Dunque nel freddo,
126. 1] .
dice l'Abderita, l'embrione resiste, nel caldo sovente abortisce.
E dice che una conseguenza necessaria del caldo eccessivo il .
dilatarsi delle vene e delle articolazioni.
68 A 153. AELIAN. nat. anim. XII 18. Egli dice, poi, che
68 A 153. AEL. H. N. XII 18
questa la causa per cui ai cervi ricrescono le corna. Afferma .
che il loro ventre caldissimo e dice che le vene che corrono , [II 126.
attraverso tutto il loro corpo sono molto porose, che l'osso che 5]
contiene il cervello sottile, membranaceo e poroso, e che le
vene di l e sino al vertice del capo vanno diventando sempre ,
pi spesse. Questa parte dunque [il capo] rapidissimamente ne
ritrae alimento e accresce la propria capacit riproduttiva; e il .
grasso in loro, egli dice, si diffonde dalla superficie verso
,
l'interno, mentre la forza del nutrimento spinta attraverso le , ,
vene sino alla testa. Di qui dunque nascono le corna, irrorate [II 126. 10 App.]
dall'abbondante umore. Il quale, essendo ininterrotto e
.
scorrendo sempre in su, riesce a spingere innanzi la sostanza .
cornea precedente. Cos questo umore sovrabbondante, una
,
volta fuori del corpo, si solidifica, poich l'aria lo rende
,
compatto e gli conferisce la durezza cornea, mentre resta molle
quello che ancora rinchiuso nell'interno; e il primo indurisce a , .
causa del raffreddamento esterno, l'altro resta molle a causa del [II 126. 15 App.]
calore interno. Dunque lo spuntare del nuovo corno ha l'effetto
di spingere innanzi il vecchio come corpo estraneo, perch

l'umore proveniente dall'interno fa pressione e vuole spingerlo .
in su e produce dolore e martellamento, come per la fretta di

uscire alla luce e di procedere oltre. Infatti l'umore, una volta
solidificatosi e innalzatosi, non pu restare stazionario: diventa .
duro anch'esso e viene spinto innanzi dalle sostanze che stanno , [II 126. 20 App.]
ancora pi sotto. Anche l'abbondanza delle ramificazioni

dovuta alla forza dell'umore interno; e gi si sa che l'animale . ,
inseguito, nella violenza della corsa, suole spezzarne alcune
.
quando s'impigliano nei rami degli alberi e lo impediscono
nella velocit della corsa. E mentre le une crescono a poco a
poco, la natura fa venir su le altre pronte a spuntare.
68 A 154. AELIAN. nat. anim. XII 19. I buoi castrati, dice
68 A 154. AEL. H. N. XII 19 , . ,
Democrito, le corna crescono loro64* ricurve sottili e lunghe, ,
mentre nei buoi provvisti degli organi genitali le corna sono

grosse alla radice, diritte e meno pronunciate in lunghezza. E .
questi ultimi dice che hanno la fronte molto pi spaziosa degli [II 126. 25 App.]
altri: perch, essendovi col molte vene, le ossa vengono
, '
ingrandite da queste. E la formazione delle corna, per lo
.
spessore che esse assumono, contribuisce anch'essa a

sviluppare in larghezza quella parte dell'animale [la fronte];

invece i buoi castrati, avendo come sede delle corna una
, .
piccola zona della fronte, le hanno meno larghe di base, cos
egli dice.
68 A 155. AELIAN. nat. anim. XII 20. I tori senza corna,
68 A 155. AEL. H. N. XII 20
poich non hanno l'osso alveolato (cos lo chiama Democrito ( .) [II 126. 30]
volendo intendere l'osso spugnoso) nella posizione della
( ' )
fontanella frontale ed hanno l'intero osso cranico impenetrabile

e inadatto ad accogliere gli umori che vi confluiscono, sono



ignudi [nella fronte] e privi di mezzi di difesa. Anche le vene .
che trovansi sopra a quell'osso, come quelle che ricevono meno
nutrimento, sono pi sottili e deboli. Perci deve essere anche .
pi secca la nuca negli animali senza corna: infatti le vene della . , [II
nuca sono pi sottili, e quindi sono anche meno forti. Nella
126. 35] .
razza poi dei buoi arabi ci sono delle femmine che tuttavia
, ,
hanno le corna bene sviluppate: e in queste l'abbondante
, ,
affluenza degli umori, dice [Democrito], che d nutrimento a .
un eccellente tessuto osseo per le corna. Ma anche tra queste
sono prive di corna quelle che hanno troppo duro l'osso
.
destinato ad accogliere l'umore e quindi del tutto inadatto a
[II
ricevere i succhi. E, per dirla in breve, l'afflusso di questi
126. 40]
[umori] la causa del crescere delle corna; e le vene che
.
convogliano questo afflusso sono numerosissime e molto
grosse e secernono tanto umore quanto ne possono contenere.
68 A 155 a. AELIAN. nat. anim. IX 64. Democrito [ritiene]
68 A 155 a. AEL. H. N. IX 64 [31 A 66 Mitte] . ...
che i pesci non traggono nutrimento dalla salsedine, ma
,
dall'acqua dolce che contenuta nel mare.
.
68 A 155 b. THEOPHR. fr. 171,12 Wimmer. Ma uno potrebbe 68 A 155 b. THEOPHR. fr. 171, 12 W. [II 127. 1 App.]
domandarsi questo, intorno a quei due generi di pesci, cio
'
quelli che possono vivere all'asciutto e quelli che scavano la

terra: se, qualora fossero mandati nell'acqua, potrebbero viverci ,
oppure cercherebbero in essa il loro proprio luogo e questo

sarebbe per essi come la loro natura, come hanno il proprio
[II 127. 5]
luogo i pesci che vivono nel mare e quelli che vivono nei

fiumi: neppure questi infatti vanno soggetti a modificazioni
,
[della loro natura], tranne pochi casi. Giacch, per quei pesci .
che si scavano una tana nella terra in seguito al disseccamento , , '
del luogo e per quelli che restano imprigionati nei ghiacci,
.. '
evidente che il loro luogo l'elemento liquido. E ci tanto pi .
da ammettere per quelli che scavano la terra e per gli altri, 65*
per i primi assolutamente e per gli altri in quanto anfibi, come
afferma Democrito.
68 A 156. SCHOL. HOM. T Il. XI 554. [Il leone], poich
68 A 156. SCHOL. HOM. T zu. 554
contiene in s molto calore, teme il fuoco; per cui non chiude [d. Lwe], [II 127. 10 App.]
gli occhi neppure quando dorme, n, a quanto dice Democrito, ', . , . AELI. H. N.
nell'atto di venire alla luce. AELIAN. nat. anim. V 39. Dice
V 39 .
Democrito che di tutti gli animali il leone il solo che venga
alla luce con gli occhi aperti, come fosse gi in qualche modo .
irritato e uscisse di fra i travagli del parto gi col desiderio di
compiere qualche atto ardimentoso.
68 A 157. ETYM. GEN. s. v. . La civetta... , tra gli
68 A 157. ETYM. GEN. ...
animali che possono vedere di notte, quello fornito di vista pi . . ,
acuta. Democrito riferisce che soltanto i piccoli della civetta, [II 127. 15 App.]
tra tutti gli animali carnivori e forniti di artigli, non vengono
,
alla luce ciechi, perch questo animale ha negli occhi molto
,
fuoco e calore, che, essendo assai acuto e penetrante, suddivide
eppoi mescola insieme66* la visione; e perci la civetta vede
.
anche nelle notti oscure, per il fuoco che contiene negli occhi.
68 A 158. CICER. de div. II 26, 57. Democrito almeno spiega 68 A 158. CIC. de div. II 26, 57 D. quidem optumis verbis
con belle parole la ragione per cui i galli cantano prima
causam explicat, cur ante lucem galli canant. depulso enim de
dell'alba: quando il loro stomaco liberato dal peso del cibo e pectore et in omne corpus diviso [II 127. 20 App.] et mitificato
questo si diffuso in tutto il corpo ed stato ben digerito,
cibo cantus edere quiete satiatos.
allora essi innalzano il loro canto, perch gi sazi del riposo.
68 A 159. SORAN. Gynaec. II 17 p. 314, 1 Rose. Il flemmone 68 A 159. SORAN. Gynaec. III 17 p. 105, 1 Ilberg
si chiama cos perch un'infiammazione, ma non perch,
, .
come dice Democrito, una combustione ne sia causa.
, .
68 A 160. CICER. Tusc. I 34, 82. Supponi infatti che l'animo 68 A 160. CIC. Tusc. I 34, 82 fac enim sic animum interire ut
perisca come muore il corpo: orbene, credi tu che il corpo provi corpus num igitur aliquis dolor aut omnino post mortem sensus

qualche dolore o in generale abbia la possibilit di sentire,


in corpore est? nemo id [II 127. 25 App.] quidem dicit, etsi
dopo la morte? Non c' davvero nessuno che affermi questo, Democritum insimulat Epicurus [fr. 17 Us.], Democritii
quantunque Epicuro [fr. 17 Us.] ne faccia rimprovero a
negant. TERTULL. de an. 51 Plato ... in Politia tamen [X 614
Democrito, ma i democritei lo smentiscono. TERTULL. de an. ff.]cuiusdam insepulti cadaver opponit longo tempore sine ulla
51. Platone... obbietta tuttavia nella Repubblica [X 614 sgg.] labe prae animae scilicet individuitate servatum. ad hoc et D.
che il cadavere di un tale, rimasto insepolto, si conserv lungo crementa unguium et comarum in sepulturis aliquanti temporis
tempo immune da corruzione, per l'individualit sempre
denotat. CELS. II 6 quin etiam vir iure magni [II 127. 30]
conferita dell'anima. Si aggiunga che anche Democrito parla di nominis D. ne finitae quidem vitae satis certas notas esse
crescita delle unghie e dei capelli in cadaveri sepolti da non
proposuit, quibus medici credidissent adeo illud non reliquit,
molto tempo. CELS. II 6. Ed anzi un uomo meritatamente
ut certa aliqua signa futurae mortis essent.
famoso come Democrito sostenne che neppure della cessazione
della vita vi sono segni abbastanza sicuri, tali che i medici
possano fidarsene; tanto meno, poi, ammise che vi potessero
essere segni sicuri dell'avvicinarsi della morte.
68 A 161. VARRO sat. Cynicus fr. 81. Per cui 68 A 161. VARRO Sat. Cynicus fr. 81 Buech.
pi savio Eraclide Pontico, consigliando di cremarli [i
quare Heraclides Ponticos plus sapit qui praecepit, ut
cadaveri], che non Democrito il quale consiglia di conservarli comburerent, quam Democritus qui ut [II 127. 35] in melle
nel miele. Se la gente avesse dato retta a costui, ci metto la
servarent. quem si vulgus secutus esset, peream si centum
testa se un bicchiere di mulso si troverebbe da comprare a
denariis calicem mulsi emere possemus. Vgl. A 29. Herod. I
cento denari!
198. LUCR. III 891 Heinze.
68 A 162. THEOPHR. de caus. plant. II 11, 7 sgg. [crescita
68 A 162. [II 128. 1] THEOPHR. de caus. pl. II 11, 7ff.
delle piante].
[Wachstum der Pflanzen] (7) .
(7) Non sembra nel giusto Democrito, quanto al modo onde

ripone nelle medesime necessit la causa per cui le piante a
(
fusto diritto hanno vita pi breve e germogliano prima di quelle ' ,
contorte, dicendo che nelle prime il nutrimento da cui poi
[II 128. 5 App.] '
dipendono il germogliare ed i frutti si diffonde rapidamente,

mentre nelle seconde procede lentamente perch non facile da ) . (8)
percorrere la parte di esse che emerge dal suolo e cos il
,
nutrimento va a profitto delle radici: ed infatti queste ultime

sono piante a radici lunghe e grosse. (8) Perch egli afferma

che le radici delle piante a fusto dritto sono deboli, pel
, ' .
concorrere di ambedue le ragioni per cui le radici si rompono e [II 128.
l'albero viene a perire; infatti dall'alto sia il freddo che il
10] .
caldo penetrano, per essere rettilinei i pori, sino alle radici, le
quali, essendo deboli, non vi reggono; e in generale molte di
,
queste piante cominciano dal basso ad invecchiare, causa la

debolezza delle radici. Inoltre accade che la parte emergente
. . Vgl. THEOPHR.
dal suolo, se viene piegata dal vento per la sua esilit, muove le de caus. pl. I 8, 2
radici; e, se accade questo, le radici si rompono e divengono
, .; ,
impotenti, sicch ne consegue la morte di tutto l'albero. Questo .
tutto ci ch'egli dice in proposito. Cfr. THEOPHR. de caus.
plant. I 8, 2. Si deve supporre che [il crescere] dipenda
dall'essere rettilinei i pori, come afferma Democrito, perch in
tal caso pi scorrevolmente e senza impedimenti avviene il
trasporto del nutrimento, com'egli dice?
68 A 163. THEOPHR. de caus. plant. VI 17, 11. Ma quello che 68 A 163. THEOPHR. de caus. pl. VI 17, 11 [II 128. 15 App.]
strano, come dicevamo anche prima, gli che abbia un odore ' , ,
attraente per esse [per le bestie] ci che per noi disgustante o [den Tieren] .
privo di odore. Eppure, in fondo, non strano. Vediamo infatti ' . ' '
che lo stesso effetto si verifica anche per altre cose, come
, '
addirittura nei cibi stessi, nei quali la causa si pu facilmente .
attribuire alle mescolanze, quand'esse escano dal normale:
, ,
poich, veramente, gli atomi di Democrito - che, secondo la
[II 128. 20 App.] [
definizione, hanno le forme appropriate a ciascuna sensazione - ] . ber die Pflanzenseele NICOL.
dovrebbero produrre conformi a quelle gli effetti [e le
[ARISTOT.] de plant. A 2. S. oben 31 A 70 g. E. G
sensazioni]. [ARISTOT.] de plant. A 1. 185 a 15 [= NIC.
[ARISTOT.] de plant. A 1. 185 a 15 [= NIC. DAMASCEN. p.
DAMASCEN. p. 5, 4 a]. G [ARISTOT.] de plant. A 1. 185 a 5, 4 a]. Anaxagoras autem et Abrucalis desiderio eas [plantas]
15 [= NIC. DAMASCEN. p. 5, 4 a]. Anassagora dunque ed
moveri dicunt, sentire quoque et tristari delectarique
Abrucali [Empedocle] dicono che esse [le piante] sentono
asserunt ... Abr. autem sexum in his permixtum opinatus est.
l'impulso del desiderio e asseriscono che siano dotate di
[ARISTOT.] de plant. A 1. 815 b 16 [p. 6, 17 M.] Anaxagoras

senso67* e che provino gioie e tristezze... Abrucali poi ritenne autem et Democritus et Abr. illas intellectum intellegentiamque
che in esse non vi sia distinzione di sesso. [ARISTOT.] de
habere dicebant. [ARISTOT.] de plant. A 1. 817 a 1 [p. 10, 7].
plant. A 1. 185 b [16 p. 6, 17]. Anassagora poi e Democrito e quod dixit Abr. videlicet si invenitur in plantis sexus femineus
Abrucali dicevano che esse hanno l'intelletto e l'uso
et sexus masculinus sive species commixta ex his duobus
dell'intendere. [ARISTOT.] de plant. A 1. 817 a 1 p. 10, 7. E' sexubus. [ARISTOT.] de plant. A 1. 817 b 35 [p. 13, 2].
da indagare ci che disse Abrucali e cio se esistano nelle
dixitque Abr. quod plantae habent generationem, mundo tamen
piante il sesso maschile e il sesso femminile oppure se esse
diminuto et non perfecto in complemento suo et eo completo
rappresentino una specie commista di questi due sessi.
generabatur animal. /
[ARISTOT.] de plant. A 1. 817 b 35 p. 13, 2. Disse Abrucali
che le piante ebbero generazione quando il mondo era assai pi
piccolo e non ancora giunto alla sua forma completa; e che,
quando esso fu completo, venne generato l'animale... /
68 A 164. ALBERT. MAGN. de lapid. I 1, 4 [II 213 b].
68 A 164. ALBERT. MAGN. de lapid. I 1, 4 [II 213 b Jammy]
Democrito poi ed alcuni altri dicono che gli elementi son dotati D. autem et quidam alii elementa tum dicunt habere animas et
di anime e che queste anime sono la causa della formazione
ipsas esse causas generationis lapidum, propter quod dicit
delle pietre, perch [Democrito] afferma che l'anima si trova animam esse in lapide sicut in quolibet [II 128. 25] alio semine
nella pietra come in qualsivoglia altro seme di cosa generabile; generandae rei et ipsae movere calorem intrinsecus materiae
ed esse [anime] muovono l'elemento calorifico nell'interno
in lapidis generatione eo modo, quo movetur malleus a fabro
della materia durante la formazione della pietra nello stesso
ad securis et serrae generationem. Vgl. 31 A 69. 89.
modo che vien mosso dal fabbro il martello per produrre una
scure o una sega.
68 A 165. ALEX. quaest. II 23 [II 72, 28; sulla calamita:
68 A 165. ALEX. Quaest. II 23 (II 72, 28 Bruns;
perch attrae il ferro]. Democrito poi ritiene anch'egli che si ) .
producano degli effluvi e che il simile sia attratto verso il
[II 128.
simile, aggiungendo per che ogni cosa portata verso il
30 App.] ,
vuoto. In base a queste premesse, suppone che la calamita e il . '
ferro siano composti di atomi simili, ma pi sottili quelli della ,
calamita, e che questa sia meno densa e contenga pi vuoto che ,
non il ferro; e che perci gli atomi della calamita, avendo una ' '
mobilit maggiore, sono attratti pi velocemente verso il ferro - (
giacch il movimento verso il simile - e, penetrati nei pori del ) [II 128.
ferro, muovono gli atomi di quello, riuscendo per la loro
35 App.] '
piccolezza a penetrare in mezzo ad essi, sicch gli atomi del
,
ferro, messi in movimento da loro, sono tratti fuori e le loro

emanazioni si dirigono verso la calamita, sia per la
,
somiglianza, sia perch questa contiene maggior quantit di
.
vuoti: a queste emanazioni va dietro addirittura il pezzo di
,
ferro, per la compattezza dell'aggregazione e per la forza che lo .
trascina, ed portato anch'esso verso la calamita. La calamita [II 128. 40]
invece non mai attratta verso il ferro, perch il ferro non ha ' , ; [II
tanti vuoti quanti ne ha la calamita. Ammesso per che si possa 129. 1 App.] '
dimostrare che la calamita ed il ferro sono composti di atomi , .
simili, come si potr mai dimostrare anche per l'ambra e la
,
paglia? E quand'anche per l'ambra e la paglia si potesse
. DERS. bei SIMPL. Phys.
dimostrare che questa la causa, resta che parecchi sono i corpi 1056, 1
attratti dall'ambra. Che se poi gli atomi [di cui composta
, ' [II 129. 5
l'ambra] sono simili a quelli di tutti questi corpi, questi a lor
App.] , ,
volta dovranno essere simili per composizione atomica anche . . .
tra loro e dovrebbero attrarsi reciprocamente. ALEX. quaest. II
23 ap. SIMPLIC. phys. 1056, 1. ... o invero vi sono delle
emanazioni materiali provenienti dai corpi che sono in quiete e
che cos sono capaci di attrarre: ed appunto perch queste
emanazioni raggiungono i corpi soggetti all'attrazione e vi si
impigliano - secondo certuni - che i corpi vengono attratti.
68 A 166 [3 Natorp]. EPIPHAN. adv. haer. III 2, 9 [Dox. 590]. 68 A 166 [3 n. Natorp]. EPIPHAN. adv. haer. III 2, 9 (D. 590)
Democrito di Abdera, figlio di Damasippo, afferma che il
.
mondo infinito e che situato sul vuoto. Afferma inoltre che .
uno il fine di tutte le cose e cio il sommo bene che la
,
tranquillit dell'animo, e che i dolori sono gli indizi del male; . ,
che quello che sembra giusto non giusto; ma ingiusto ci
. [II 129. 10 App.]
che contrario alla natura; e dice che le leggi sono una mala
'

invenzione [degli uomini] e che il saggio non deve obbedire , '. Vgl. A 1, 45
alle leggi, ma vivere da uomo libero. [cfr. A 1, 45].
[1 N.].
68 A 167 [2 N.]. STOB. II 7, 3 i p. 52,13 [da Ario Didimo].
68 A 167 [2 N.]. STOB. II 7, 3 i p. 52, 13 W. [aus Didymos
Democrito e Platone pongono ugualmente la felicit nell'anima. Areios] .
E il primo ne ha scritto cos: all'anima appartengono la felicit . ' ' ...
e l'infelicit [B 170], la felicit non consiste negli armenti e ' [B 170]. ' ... ' [B 171] [II
neppure nell'oro; l'anima la dimora della nostra sorte [B
129. 15 App.] '
171]. E alla felicit d il nome di [tranquillit
,
dell'animo], [benessere], [armonia],
. '
[misura], e [imperturbabilit]; e dice che , '
essa deriva dal discernimento e dalla sapiente scelta dei piaceri . Vgl. B 3 u. 4.
e consiste in ci che vi di pi bello e di pi giovevole per gli
uomini.
68 A 168 [4 N.]. STRAB. I 61. Aggiungono anche i
68 A 168 [4 n. N.]. STRABO I 61
cangiamenti di condizioni seguiti alle migrazioni dei popoli,
[II 129. 20]
volendo rafforzare in noi l'impassibilit,68* esaltata da
, .
Democrito e da tutti gli altri filosofi.
.
68 A 169 [4 N.]. CICER. de fin. V 8, 23. Quanto poi alla
68 A 169 [4 N.]. CIC. de fin. V 8, 23 Democriti autem
assenza di affanni di Democrito, che quanto dire la
securitas quae est animi tamquam tranquillitas, quam
tranquillit dell'animo, da lui chiamata , si dovette appellant , eo separanda fuit ab hac disputatione,
lasciarla da parte nella nostra discussione perch codesta
quia ista animi tranquillitas ea est ipsa beata vita. CIC. de fin.
tranquillit dell'animo non altro che la felicit appunto.
V 29, 87 [II 129. 25 App.] Democritus, qui (vere falsone
CICER. de fin. V 29, 87. Democrito, di cui si narra (se vero quaerere <nolu>mus) dicitur se oculis privasse certe ut quam
o falso non c'interessa ora di cercare) che si tolse la vista, minime animus a cogitationibus abduceretur, patrimonium
certo con l'intento che l'animo suo fosse il meno possibile neglexit, agros deseruit incultos, quid quaerens aliud nisi
distolto dalla meditazione, trascur il patrimonio, lasci
vitam beatam? quam si etiam in rerum cognitione ponebat,
incolti i propri campi; e che altro cercando, se non la
tamen ex illa investigatione naturae consequi volebat, bono ut
felicit? Perch vero ch'egli riponeva la felicit anche
esset animo. ideo enim ille summum bonum [II 129. 30 App.]
nella conoscenza della natura, ma tuttavia con quella
et saepe appellat, id est animum terrore
investigazione della natura egli voleva ottenere di vivere
liberum. (88) sed haec etsi praeclare, nondum tamen perpolita
con l'animo tranquillo. E perci infatti chiama il sommo
pauca enim neque ea ipsa enucleate ab hoc de virtute quidem
bene coi nomi di e di , cio assenza di
dicta.
terrori nell'animo. (88) Ma questi concetti, anche se furono
enunciati bene, non furono per [da lui] sviluppati in base a
quel principio: giacch sulla virt almeno disse poche cose
e non propriamente ricavate da quel suo concetto della
felicit.
68 A 170 [170 N.]. CLEM. ALEX. strom. II 138 [II
68 A 170 [170 N.]. CLEM. Strom. II 138 [II 189, 15 St.] [170
189,15]. Democrito sconsiglia il matrimonio e la
N.] .
procreazione per i molti dispiaceri che ne derivano e perch [II 129. 35]
si viene distolti dalla cura di ci che pi necessario. Ed
.
anche Epicuro concorda nel suo avviso [fr. 526].
[fr. 526 Usen.].
B. FRAMMENTI
B. FRAGMENTE [II 130. 1]
SCRITTI GENUINI
(NELL'ORDINE DELLE TETRALOGIE DI TRASILLO)

ECHTE SCHRIFTEN IN THRASYLLS


TETRALOGIEENAUSGABE

I-II. Libri etici

Als echt knnen die in Tetralogieen geordneten Schriften


zunchst nur insoweit gelten, als sie Kallimachos [A 32], dem
Thrasyll [A 33] folgt, [II 130. 5] als Corpus Democriteum d. h.
als Nachla der abderitischen Schule des V./IV. Jahrh. berliefert
vorfand, also im Gegensatze zu den alexandrinischen und
spteren Flschungen. Auf die Titel, die zudem oft variieren, ist
kein Verla.

68 B 0 a [Trasillo I 1]. Pitagora [cfr. A 1, DIOG. LAERT. IX


38].

I. II.

68 B 0 b [I 2]. Sulla disposizione d'animo del saggio.

68 B 0 a [II 130. 10 App.] [Thrasyll I 1]. . Vgl. c.


14, 6; 68 A 1 (II 82, 20).
68 B 0 b [I 2]. . Vgl. A

166.
68 B 0 c [I 3]. Degli Inferi [in almeno due libri?].
68 B 0 c [I 3]. ..?>.

ATHEN. VI 168 B. Democrito, sottoposto a giudizio dagli


ATHEN. VI 168 B. '
Abderiti per aver dato fondo al patrimonio, lesse loro la
,
Grande Cosmologia e i libri Degli Inferi e, avendo detto che [II 130. 15 App.]
aveva speso tutto per queste opere, fu assolto [cfr. A 1, 39; C , . Vgl. A
2].
1 39. C 2].
68 B 1. PROCL. in remp. II 113, 6. Alla narrazione dei casi di 68 B 1. PROCL. in remp. II 113, 6 Kroll
coloro che parevano morti e tornarono poi in vita rivolsero la
loro attenzione parecchi degli antichi filosofi, e tra questi anche .
il fisico Democrito nei libri Degli Inferi. E quel singolar tipo di .
Colote, il nemico di Platone, epicureo com'era in tutto e per
, [II 130. 20 App.] ,
tutto, non avrebbe dovuto ignorare le dottrine del precursore

dell'epicureismo n domandare, per questa sua ignoranza,

com' possibile che un morto torni a rivivere. Vuol dire che la , .
morte non era, evidentemente, estinzione dell'intera vitalit del , ,
corpo, bens il corpo era reso impotente per effetto di un colpo , ' [II 131. 1 App.]
o di una ferita, mentre i legami congiungenti l'anima col
,
midollo rimanevano ancora profondamente radicati e il cuore
conservava come sepolta nel suo fondo la scintilla della vita; ed
essendo rimasti saldi questi legami, il corpo, divenuto atto a

rianimarsi, pot riacquistare la vita che si era spenta [cfr. ivi
[II 131. 5 App.] .
117, 7].
Vgl. 117, 7.
68 B 1 a. PHILOD. de mort. 29, 27. Dal pensiero della
68 B 1 a. PHILOD. de morte 29, 27 Mekler '
putrefazione deriva poi che gli uomini si turbano all'idea di

questi [cadaveri] che mandano lezzo e al loro aspetto orribile:
ch [tutti] sono portati a tale cangiamento, come se [?] quelli
che muoiono grandi e grossi e floridi... PHILOD. de mort. 30, [II 131. 10]
1. E non pensano che tutti, morendo, anche quelli grandi e
. . . PHILOD. de morte 30, 1
grossi come Milone, in poco tempo si riducono a scheletri e
,
alla fine si dissolvono nei loro corpi primi; ma chiaro che
,
bisogna persuadersi anche di quelle altre considerazioni,

analoghe a queste, che si possono fare per la brutta cera e in

generale per l'orridezza di aspetto. E' pertanto cosa vanissima .
l'affliggersi nella previsione di dover avere una tomba non gi [II 131. 15 App.]
ricchissima ed ammiratissima, ma semplice e come cpita.
, .
PHILOD. de mort. 39, 9. E dopo, quando la spiegazione di essa PHILOD. de morte 39, 9 ' [nmlich
[della morte] si fa del tutto chiara, giunge loro come una
] ,
dottrina paradossale: per la qual cosa vengono sorpresi dalla
'
morte prima che si siano mai decisi a scrivere il proprio
'
testamento e, secondo le parole di Democrito, sono costretti a .
rimpinzarsi doppiamente.
68 B 1 b [I 4]. Tritogenia [la spiegazione del titolo in DIOG. 68 B 1 b [I 4]. Vgl. II 90, 23. [II 131. 20
LAERT. ad A 33, 46].
App.]
68 B 2. ETYM. ORION. p. 153, 5. Atena Tritogenia ritenuta, 68 B 2. ETYM. ORION. p. 153, 5 [II 132. 1 App.]
secondo Democrito, corrispondente alla sapienza. Perch

l'esser saggio produce questi tre frutti: il ben deliberare, il
.
parlare senza errori e il fare quel che si deve. SCHOL. HOM. , .
GENEV. VIII 39 [I 111]. Democrito, facendo l'etimologia del SCHOL. GENEV. I 111 Nic. .
nome [di Tritogenia] dice che dalla saggezza conseguono
[sc. ] [II 132. 5] ,
questi tre vantaggi: il ragionar bene, il parlar bene e il fare quel ,
che si deve [Cfr. SCHOL. BT Il. VIII 39].
. Vgl. SCHOL. BT zu 39.
68 B 2 a [II 1]. Della bont dell'uomo o Della virt.
68 B 2 a [II 1]. .
68 B 2 b [III 2]. Il corno di Amaltea [sul titolo cfr. GELL.
68 B 2 b [III 2]. ber den Titel GELL.
noct. att. XX 12 e PLIN. nat. hist. praef. 24].
pr. 6. I 8 PLIN. N. H. praef. 24. [II 132. 10]
68 B 2 c [II 3]. Sulla tranquillit dell'animo ovvero Il
68 B 2 c [II 3]. Vgl. A 1, 46.
benessere [oltre B 3 e B 4 cfr. ad A 1 DIOG. LAERT. 45;
166ff.; C 7.
cfr. A 166 sgg. e C 7].
68 B 3 [163 N.]. PLUTARCH. de tranq. an. 2 p. 465 C. Colui 68 B 3 [163 N.]. PLUT. de tranqu. an. 2 p. 465 C
dunque che disse: Chi vuol vivere con l'animo tranquillo non ...

deve darsi troppo da fare n per le faccende private n per le


,
pubbliche, ci presenta anzitutto come magnifica condizione la . . . [II 132. 15 App.] STOB. IV
tranquillit dell'animo, che si pu acquistare col non agire.
Flor. 39, 25 H.
STOB. IV flor. 39, 25. Chi vuol vivere con l'animo tranquillo , , ' ,
non deve darsi troppo da fare n per le faccende private n per [II 133. 1 App.]
le pubbliche n, qualora si assuma delle occupazioni, sceglier ,
quelle che sono superiori alle sue forze e alla sua natura; deve
invece esser sempre pronto a saper rinunciare, anche se gli si , ,
volge la fortuna e lo sospinge con le illusioni verso condizioni . [II 133. 5 App.]
pi alte, e a non accingersi a cosa che sia superiore alle sue
. G SENEC. de tranq. an. 13, 1. Hoc
possibilit. E' cosa pi sicura la grandezza moderata che
secutum puto Democritum ita coepisse:
l'esagerata gonfiezza. G SENEC. de tranq. an. 13, 1. E ritengo "Qui tranquille volet vivere, nec privatim agat multa nec
che Democrito appunto per questo cominciasse con queste
publice." SENEC. de ira V 6, 3. Proderit nobis illud Democriti
parole:
salutare praeceptum, quo monstratur tranquillitas, si neque
Chi vuol vivere tranquillamente, non si dia troppo da fare n privatim neque publice multa aut maiora viribus nostris
per le faccende private n per le pubbliche. SENEC. de ira V 6, egerimus. /
3. Ci sar utile quel salutare precetto con cui Democrito mostra
che cos si raggiunge la tranquillit, se non ci assumeremo n
privatamente n pubblicamente troppe occupazioni o troppo
superiori alle nostre forze. /
68 B 4 [3 N.]. CLEM. ALEX. strom. II 130 [II 184, 10]. Ma 68 B 4 [3 N.]. CLEM. Strom. II 130 [II 184, 10 St.]
anche gli Abderiti insegnano che nella vita esiste un fine:
.
Democrito, nello scritto Sul fine della vita, lo ripone nella
, .
tranquillit dell'animo [] che egli chiama anche
'
benessere []. E spesso aggiunge [B 188]:
[II 133. 10 App.] ' [B
188]
. [73
Infatti godimento e scontentezza stanno a segnare la linea
A 4]
divisoria tra le cose utili e le cose dannose
[75 B 3] [74 A 1]
sicch la scelta del fine chiaramente proposta alla vita degli .
uomini tutti, dei giovani e di quelli in et avanzata. Ecateo [73 [II 133. 15] Zugehrig vielleicht B 170, 171, 174, 191, 194,
A 4] pone come fine il bastare a s [] e Apollodoro 235, 285, 286.
di Cizico [74 A 1] il piacere dell'anima [], come
Nausifane [75 B 3] l'imperturbabilit [] che, egli
dice, quella che Democrito chiamava intrepidezza [].
[A quest'opera appartengono probabilmente i fr. B 170, 171,
174, 191, 194, 235, 285, 286.]
68 B 4 a [114]. Appunti di etica [forse in due libri? Il titolo non 68 B 4 a [114]. . . . ?.
deve far confondere quest'opera con gli Appunti
Nicht identisch mit den unechten Hypomnemata [B 299].
[] non autentici o spuri citati a B 299].
III-VI. Libri fisici
III-VI.
68 B 4 b [III 1]. Grande Cosmologia [cfr. 67 B 1 e
l'attestazione di Teofrasto in 68 B 33 a suo luogo].
Pap. Herc. coll. alt. VIII 58-62 fr. 1 [Crnert Kolot. p.147]. ...
scrivendo che ... le medesime cose erano gi state dette prima
nella Grande Cosmologia, che dicono essere opera di
Leucippo. Ed biasimato per essersi appropriato a tal punto le
dottrine altrui, non solo ponendo nella Piccola Cosmologia le
dottrine che si trovano anche nella Grande... [nel fr. 2, 7 si
trova il nome: Democrito].
68 B 4 c [III 2]. Piccola Cosmologia.
68 B 5. DIOG. LAERT. IX 41 [= 68 A 1]. Quanto ai tempi in
cui visse [Democrito], come dice egli stesso nella Piccola
Cosmologia, era giovane quando Anassagora era vecchio,
avendo egli quarant'anni meno di lui; e dice di aver composto
la Piccola Cosmologia 730 anni dopo la distruzione di Troia.
DIOG. LAERT. IX 34-35 [= A 1]. Favorino per, nella Storia
varia [fr. 33 F.H.G. III 582], riferisce che a proposito di
Anassagora Democrito diceva che non erano sue le dottrine

68 B 4 b [III 1]. .
[II 133. 20 App.] VOL. HERC. Coll. alt. VIII 58-62 fr. 1
[Crnert Kolotes S. 147] . . . . . . .
,
.
'
. . . fr. 2, 6
steht der Name . Vgl. oben II 80, 2ff. 91, 2.
68 B 4 c [III 2]. [II 134. 1 App.] .
68 B 5. DIOG. IX 41 [s. II 83, 9] [Demokrit]
, ,
,
. [II 134. 5 App.]

. DIOG. IX 34-35 [II 81, 16]
[F.H.G. III 582
fr. 33 ] ,

circa il sole e la luna, bens antiche, e che quegli se le era


semplicemente appropriate; e derideva le sue dottrine
sull'ordinamento del mondo e sull'intelletto, per spirito di
ostilit verso di lui, perch [Anassagora] non lo aveva accolto
tra i suoi discepoli. [Il principio di questo libro rappresentato
da B 165?]

,
, [II 134. 10 App.]
,
, .
Anfang der Schrift: B 165?

[Il contenuto della Piccola Cosmologia di Democrito


Inhalt des (Kosmologie und Zoogonie,
(formazione del mondo, origine degli animali, storia della
Kulturgeschichte [II 134. 15] des Menschen) zu erschlieen
civilt umana) per noi rappresentato dalle rielaborazioni di
aus den Bearbeitungen der Demokritischen Lehre durch
Ecateo di Abdera (che possediamo attraverso DIOG. LAERT. e Hekataios von Abdera (Diog. L. und Diodor I), Epikur (Lukrez
DIODOR. SIC. lib. I), di Epicuro (attraverso Lucrezio e Diog. V und Diogenes Oenoandensis) und dem Autor, den Katrarios
d'Enoanda), dell'autore utilizzato da Giovanni Catrario nel suo in seinem Hermippos und Jo. Tzetzes in den Schol. z. Hesiod
Hermippus e da Giovanni Tzetzes negli Scolii ad Esiodo: ci [II 135. 1] benutzen; Demokrit wiederum setzte die Arbeit des
stato esaurientemente dimostrato da K. REINHARDT in
Empedokles (vgl. unten Anm. zu Z. 24ff. u. II 136, 28) und
Hermes, XLVII, 1912, pp. 492 sgg.; cfr. anche UXKULL- Protagoras fort (vgl. zu 80 B 8b. C 1). Die wichtigsten Texte
GYLLENBAND, Griechische Kulturentstehungslehren,
sind:
(1924). Ecco i testi principali:]
1) DIODOR. I 7, 1
[II 135. 5 App.]
1) DIODOR. I 7, 1. Nella primitiva comunione, dunque, di
,
tutte le cose, dicono che il cielo e la terra avevano un solo
'
aspetto, essendo mescolata la loro materia; in seguito, poi,
, '
separandosi i corpi l'uno dall'altro, il mondo and assumendo
tutto quest'ordinamento che si vede in esso, l'aria ricevette un ,
movimento ininterrotto e la parte ignea di essa si raccolse nelle '
regioni pi alte dell'atmosfera, poich tale materia tendeva
[II 135. 10]
verso l'alto a causa della sua leggerezza: per questa ragione il
sole e la moltitudine degli altri astri furono presi nel vortice

generale; invece la parte fangosa e torbida, con mescolanza di (2) '
elementi umidi, si deposit tutta in un luogo per il suo peso; (2)
e, roteando e volgendosi continuamente su se stessa, con
,
l'elemento liquido form il mare, con le parti pi solide form . (3)
la terra, fangosa e del tutto molle. (3) E questa dapprima, sotto ,
l'ardore del fuoco solare, prese consistenza; poscia,
[II 135. 15 App.]
producendosi delle fermentazioni nella sua superficie pel

calore, in molti luoghi si andarono rigonfiando certe parti
,
umide, e si produssero intorno ad esse delle putredini, avvolte
da sottili membrane [cfr. A 139; PLAT. Phaed. 96 B]: ci che ,
negli stagni e in quei luoghi che sono paludosi si pu osservare
anche ora, allorch, raffreddatasi la localit, l'aria diventi
' . (4)
infocata all'improvviso, invece di mutar di temperatura a poco [II 135. 20 App.]
a poco. (4) E poich quelle parti umide producevano embrioni
per l'azione del calore, nel modo che si detto, questi di notte , '
ricevevano alimento dalla nebbia che calava gi dall'atmosfera, '
di giorno poi si consolidavano per il calore del sole; infine, via
via che questi feti cos rinchiusi avevano compiuto la loro

crescita e le membrane erano disseccate e si laceravano,
(5)
venivano alla luce le svariatissime specie di animali; (5) e
[II 135. 25 App.]
quelli di essi che possedevano pi calore si sollevarono nelle ,
regioni dell'aria, diventando volatili, quelli che avevano una

costituzione terrosa furono noverati nell'ordine dei rettili e
,
degli altri animali terrestri, e quelli che avevano sortito una
,
natura particolarmente umida, accorsero nell'elemento
. (6)
conforme alla loro natura e furono denominati acquatici. (6) La
terra poi, divenuta sempre pi dura per l'azione del calore

solare e dei venti, alla fine non fu pi in grado di produrre
[II 135. 30 App.] , '
nessuno degli animali maggiori, ma le singole specie dei
. Folgt 59 A
viventi cominciarono a propagarsi per mutua unione degli
62 (II 21, 23). G (7) '
esseri stessi. G (7) E pare che intorno alla generazione delle
,
cose non dissenta dal sin qui detto neppure Euripide, che fu
[fr. 484]

scolaro del filosofo Anassagora: giacch nella Melanippe [fr.


484] egli cos si esprime:
Cos cielo e terra mostravano un unico aspetto;
e, poi che si furono separati l'uno dall'altra,
generarono e diedero alla luce gli esseri tutti,
gli alberi, i volatili, le fiere, e quelli che nutre il salso mare,
e l'umana stirpe. /

,
'
' ,
,
, , , ' ,
. /

8, 1. Ed approssimativamente quanto ci stato tramandato


8, 1.
intorno alla prima origine delle cose. Dicono poi che gli uomini ,
di quelle primitive generazioni, conducendo una vita senza

leggi e come quella delle fiere, uscivano alla pastura sparsi chi
di qua chi di l, procacciandosi quell'erba che era pi gradevole [II 135. 35 App.]
di sapore ed i frutti che gli alberi producevano spontaneamente. . (2)
(2) Erano continuamente aggrediti dalle fiere, e l'utilit apprese
loro ad aiutarsi a vicenda; e, riunitisi in societ sotto la spinta ,
del timore, cominciarono a poco a poco a riconoscersi

all'aspetto. (3) E mentre prima emettevano voci prive di
. (3) '
significato e inarticolate, gradatamente cominciarono ad
' ,
articolar le parole; e, stabilendo tra di loro espressioni
[II 135. 40]
convenzionali per designare ciascun oggetto, vennero a creare
un modo, noto a tutti loro, per significare tutte le cose. (4) Ma . (4)
poich simili raggruppamenti di uomini si formarono in tutte le ' , [II 136. 1]
regioni abitate della terra, non ci pot essere una lingua di
,
ugual suono per tutti, poich ciascuno di quei gruppi combin i
vocaboli come capitava; ecco perch svariatissimi sono i

caratteri delle lingue e perch quei primi gruppi furono la
. (5)
prima origine di tutte le varie nazioni. (5) Quei primi uomini,
dunque, vivevano in mezzo ai disagi, perch nulla si era ancora , [II 136. 5] ,
trovato di quanto utile alla vita: erano ignudi di ogni
, '
vestimento, non abituati ad avere un'abitazione e ad usare il
. (6)
fuoco, del tutto ignari di un vitto non selvaggio. (6) Giacch,
non avendo idea che si potesse conservare il loro vitto agreste,
non facevano punto provviste di frutti per l'eventualit del
. (7)
bisogno: per cui, durante l'inverno, molti di essi morivano, e
'
per il freddo e per mancanza di vitto. (7) Ma non tard molto [II 136. 10 App.]
che essi, ammaestrati dall'esperienza, si rifugiarono d'inverno .
nelle spelonche e riposero quei frutti ch'erano atti ad esser
(8)
conservati. (8) Conosciuto poi il fuoco e le altre cose utili alla
vita, poco dopo si trovarono anche le arti e tutti gli altri mezzi . (9)
che possono recar giovamento alla vita in societ. (9) Cos, in
generale, maestro di ogni cosa agli uomini fu l'uso stesso,
,
rendendo familiare l'apprendimento di ciascuna abilit a questo
essere ben dotato e che ha come cooperatrici per ogni
[II 136. 15] .
occorrenza le mani e la ragione e la versatilit della mente.
Mit dieser, wie Reinhardt a. O. S. 492ff. erwiesen hat, aus
Hekataios von Abdera Aigyptiaka 73 B 6-13a geflossenen
Kosmologie, die der Demokriteer aus Demokrits
geschpft hat, stimmt teilweise der nunmehr sicher
dem Joh. Katrares (s. XIV) zugeschriebene Dialog [II 136. 20]
Hermippos berein, der auch 68 A 78 (w. s.) ein namentlich
bezeichnetes Fragment erhalten hat. Seine christliche
Kosmologie geht bei 6 deutlich in die Demokritische Lehre
ber, wie Norden zuerst sah (Jahrb. f. Philol. Suppl. XIX,
423). Auer den kehrt auch die Beobachtung, da die
Erde keine greren Tiere mehr hervorbringe ( 9. 10), bei
Hekataios - Diodor [II 136. 25] oben c. 27, 5 wieder. Die hier
weggelassene paradoxe Einrechnung der Pflanzen unter die
, indem die Wurzeln mit dem Kopf, die ste mit den
Fen der Tiere verglichen werden (Herm. 11), erinnert an

hnliche Metaphern des Empedokles, dessen Theorie Demokrit


benutzt zu haben scheint. Vgl. 31 A 72. Demokrits Theorie
legte Epikur zugrunde, [II 136. 30] wie Lukrez V 783ff. und
Diogenes Oenoandensis fr. 10 William zeigen.
2) [IOANN. CATRARES] Hermippus de astrologia II 1, 4
2) HERMIPPUS de astrol. [IOANN. CATRARES] II 1, 4 ff. p.
sgg. p. 33, 15 Kroll-Vereick. Riunite anzitutto le potenze
33, 15 Kroll-V.
proprie dell'universo e quelle superiori ad esso, [Dio] fabbric , '
quindi in tal modo il cielo e la terra e i pianeti e le stelle fisse,
senza aver bisogno n di tempo n di materia dal di fuori; e,
'
assegnato a ciascuno di questi corpi il suo proprio luogo, come [II 136. 35] ,
abbiamo ammesso da principio, infuse in ciascuno il
, .
movimento ad esso conveniente. Cos il cielo e i pianeti

cominciarono a muoversi in senso rispettivamente contrario e . (5) [p. 34]
con moto incessante. (5) La terra poi [p. 34], essendo
, ' ,
mescolata con l'acqua, dove era fortemente compressa da
, ,
questa divenne cava e profonda, mentre dove c'era poco o nulla . (6) '
di acqua lasci apparire le montagne. (6) Ma dopo che l'acqua , [II 136. 40]
ebbe occupato sulla terra il suo proprio luogo, la terra, essendo
tutta permeata di umidit, sotto l'azione del sole che la
,
riscaldava e la portava ad un grado di asciuttezza sempre

maggiore, andava a poco a poco assumendo la propria forma: e , '
cos da essa nacquero dapprima gli alberi e i vegetali tutti e poi ,
certe membrane simili a bolle d'acqua, le quali, venendo

riscaldate dal sole durante il giorno e tenute calde di notte dalla . (7)
luna e dagli altri astri, alla fine scoppiarono e diedero fuori gli [II 136. 45] ,
animali. (7) Di questi gli uni, giunti a una cottura sufficiente,
divennero maschi e pi caldi, gli altri, in contraria condizione, . (8)
assunsero invece la forma femminile per mancanza di calore. [II 137. 1]
8) E non fa punto meraviglia che la terra, mescolata coll'acqua,
producesse da principio animali e vegetali a volont del
, ,
creatore: giacch nell'acqua naturale che sia contenuto uno

spirito vitale ed in questo un calore animale, e lo dimostrano
anche i piccoli animali che si trovano nei buchi della terra e
.
anche quelli che nascono dalla putredine: i quali tutti, bench si [II 137. 5 App.] (9) ' '
formino cos, rivelano quella loro primitiva formazione. (9) Ma ,
credo che non si possa neppure avanzare questo dubbio, se non , '
potrebbero formarsene anche attualmente in questo modo:
. (10)
infatti n la terra si potrebbe ancora mescolare ugualmente con , ,
l'acqua n gli astri riunirsi nelle medesime congiunzioni. (10)
Quanto al fatto che [dei vermi] nascano in qualche luogo
' ,
[spontaneamente] sino ad ora, non mi v'indugio, per esigenza [II 137. 10] ,
di brevit; senonch [la terra] come avendo ricevuto allora da
lui [dall'artefice divino] l'avvio, non pi capace ora di
. (11) ,
produrre animali grandi, ma produce pascoli e alberi e piante e , '
frutti, e in essa gli animali quasi paralizzati irrigiditi dal freddo ,
si ristorano di calore e di forza. (11) La mescolanza degli
,
elementi non si ebbe in modo uguale, come gi sopra fu detto, ,
in tutti gli animali; ma quelli che contenevano la maggior parte ' [II 137. 15]
di elemento terroso divennero piante ed alberi ed ebbero il capo , '
radicato nella terra, con questa differenza soltanto dagli animali , . (12)
senza sangue e senza piedi, che questi invece sollevano il capo ,
fuor della terra muovendosi; quelli che contenevano pi
,
elemento liquido, abbracciarono la condizione della vita
, , '
nell'acqua ed ebbero una conformazione quasi uguale a quelli. , . (13)
(12) Quelli che contengono maggior quantit di elemento
[II 137. 20
terroso e caldo, poterono diventare animali terrestri; e quelli
App.] , '
che ebbero maggior parte di elemento aereo e caldo,
,
diventarono alati; ed ebbero alcuni eretto l'intero corpo, altri il '
capo che si solleva sul corpo, secondo la proporzione della

mescolanza degli elementi in loro. (13) L'uomo infine appare , '

partecipe dell'elemento caldo pi di tutti questi animali, poich .


la materia di cui composto il suo corpo pi pura ed ha
maggior capacit di ricevere il calore: sicch appunto per
questo e a differenza di tutti gli altri animali egli ha la figura
eretta e tocca la terra solo in piccola parte; e in lui fu infuso
anche qualche cosa di pi divino, grazie al quale l'uomo
dotato d'intelletto e di ragione e di riflessione e pot elevarsi a
speculare sulle essenze delle cose.
3) TZETZ. ad Hesiod. [P.G. M. III 58 Gaisford]. Dicono
3) Letzter Auslufer des durch Hekataios vermittelten
quanti tra i Greci affermano che il mondo stato generato, che, Demokritischen [II 137. 25] Diakosmos bei TZETZ. Schol. z.
dopo avvenuta la separazione delle tenebre del caos e formatasi Hesiod. [Gaisford Poet. gr. min. III 58 ]
l'aria e depositatasi la terra come sostanza fangosa e del tutto ,
molle, si sollevarono dalla terra delle membrane d'aspetto

purulento e dalla foggia quasi di bolle d'acqua; e, venendo

queste riscaldate di giorno dal sole e alimentate di notte

dall'umidit lunare, scoppiarono poi in seguito alla crescita e ,
cos avvenne che nascessero gli uomini e le varie specie di
[II 137. 30 App.]
animali a seconda della prevalenza degli elementi, cio della
prevalenza dell'elemento acquoso o igneo o terroso o aereo.

Quando poi la terra ebbe perduta la sua umidit per l'azione
,
prosciugatrice del sole e non fu pi in grado di generare, allora . '
dicono che ebbe inizio la generazione per mutua procreazione.
Che la terra sa generare animali, lo dimostrano con parecchi
. ,
esempi e particolarmente con quello dei topi che vengono
[II 137.
generati dalla terra in Tebe d'Egitto dopo il ritrarsi della piena 35]
del Nilo. Gli uomini di quei primi tempi, poi, pieni di
.
semplicit e di inesperienza, non conoscevano nessun genere
n di arte n di coltivazione n alcun'altra cosa n sapevano che ' ,
cosa si fosse malattia o morte, ma soltanto questo, che
, '
gettandosi sul giaciglio per terra si raffreddavano senza capire
che cosa capitasse loro, e, solo congiunti dal mutuo

attaccamento, conducevano vita in comune, uscendo a guisa di [II 137. 40]
pecore per i pascoli e cibandosi comunemente di frutta dal
.
guscio legnoso e di legumi. E si portavano aiuto

vicendevolmente contro le fiere e combattevano ignudi e con
sole armi le mani; e, trovandosi cos ignudi e bisognosi di un
riparo e di mezzi e non avendo idea alcuna della possibilit di ,
accumulare in ripostigli le frutta tenere e le secche, ma

limitandosi a mangiare quel cibo che trovavano giorno per
. [II 138. 1 App.]
giorno, molti perivano al sopraggiungere dell'inverno. In

seguito, a poco a poco la necessit fu loro maestra e

cominciarono ad avere come dimore i cavi degli alberi, il fitto
dei boschi, le spaccature delle rocce, le caverne, e, imparando
via via a discernere quali sono i frutti che si possono
, '
conservare, li raccoglievano tutti in una volta, riponendoli nelle . [II 138. 5 App.]
loro caverne e cibandosene poi per tutto l'anno. Vivendo

insieme in tali condizioni conducevano vita semplice, senza
, , ,
superfluo e in piena concordia, prima di conoscere il fuoco, e , , , ,
non avevano n re n magistrati n padroni e non conoscevano
n vita militare n violenza n rapina ma solo la concordia e
.
quella loro vita libera e senza superfluo.Ma dopo che, divenuti , ,
pi accorti e previdenti, ebbero trovato il fuoco, desiderarono , [II 138.
cose pi calde e quindi richiedenti pi industria e sostituirono a 10]
quella vita libera e senza superfluo quel divertimento e quella , '
condizione da cui il mondo trae ornamento e donde derivano a
noi i piaceri e le gioie e tutte le delicatezze che a guisa di donna ,
ci dilettano e ci rendono pi molli, ed ci appunto che il poeta .
chiama artifizio di donna.
68 B 5 a [III 3]. Cosmografia [cfr. C5].
68 B 5 a [III 3]. Vgl. C 5.
68 B 5 b [III 4]. Sui pianeti [cfr. A 40 (HIPPOL. ref. I 13, 4) e 68 B 5 b [III 4]. [II 138. 15 App.]
A 92 (SENEC. nat. quaest. VII 3, 2)].
Vgl. II 94, 40ff. 106, 16.

68 B 5 c [IV 1]. Sulla natura, libro primo o Sulla natura del


mondo [il sottotitolo supposto in base a SUIDAS, A 2; cfr.
pure C5].
68 B 5 d [IV 2]. Sulla natura, libro secondo o Sulla natura
dell'uomo ovvero Della carne [cfr. A 138 sgg.; cfr. pure C 6].
68 B 5 e [IV 3].
Sull'intelletto di Leucippo [cfr. 67 B 2] o Dell'anima

68 B 5 c [IV 1].
Vgl. A 2 [II 85, 3]; C 5.

68 B 5 d [IV 2].
Vgl. A 138ff., C 6.
68 B 5 e [IV 3]. [II 138. 20]
. Vgl. II 81, 1 [
[Vgl. A 100ff.]
68 B 5 f [IV 4]. Delle sensazioni [cfr. A 100 sgg.]. o
68 B 5 f [IV 4]. Vgl. II 81, 1
Dell'anima
[Vgl. A 100ff.]
68 B 5 g [V 1]. Dei sapori [cfr. A 129 sgg.].
68 B 5 g [V 1]. Vgl. A 129ff.
68 B 5 h [V 2]. Dei colori [cfr. A 123 sgg.].
68 B 5 h [V 2]. Vgl. A 123ff.
68 B 5 i [V 3]. Delle differenze di forma o Delle idee [cfr. A 68 B 5 i [V 3].
135, 63].
[II 138. 25 App.] Vgl. A 57. A 135 63ff.
68 B 6. SEXT. EMP. adv. math. VII 137 [dopo B 10]. Nel
68 B 6. SEXT. VII 137 [nach B 10]
libro Delle forme dice:
' , , ,
'.
L'uomo deve rendersi conto, per mezzo del presente criterio,
ch'egli [per effetto delle apparenze sensibili] tenuto lontano
dalla verit.
68 B 7. E pi oltre:
68 B 7. ' ,
[II 139. 1 App.] , '
'.
Anche questa considerazione appunto dimostra che noi non
sappiamo nulla conforme a verit intorno a nessuna cosa, ma
che l'opinione in ciascuno [una sorta di] nuova
configurazione.
68 B 8. E ancora:
68 B 8. ' ,
'.
E pertanto sar manifesto che vi grande difficolt a conoscere
conforme a verit come sia costituito ogni oggetto.
68 B 8 a [V 4]. Dei cangiamenti di forma [cfr. B 139].
68 B 8 a [V 4]. [II 139. 5 App.]
Vgl. B 139.
68 B 8 b [VI 1]. Libri probativi [cfr. la spiegazione del titolo 68 B 8 b [VI 1]. Vgl. A 33 (II 91, 9).
in DIOG. LAERT. ad A 33].
68 B 9. SEXT. EMP. adv. math. VII 135. Democrito talora
68 B 9. SEXT. adv. math. VII 135 .
rifiuta le apparenze sensibili e dice che nulla in esse ci appare
conforme a verit, ma solo conforme a opinione, e che il vero ' , ,
negli oggetti consiste in ci ch'essi sono atomi e vuoto. Infatti [II 139. 10 App.]
egli dice [B 125]:
'' ', [] ,
, , ,
Opinione il dolce, opinione l'amaro, opinione il caldo, opinione ' [B 125] (
, ' ,
il freddo, opinione il colore; verit gli atomi e il vuoto;
). (136)
vale a dire: si ritiene e si opina che esistano le qualit sensibili, , [II 139. 15 App.]
ma in verit non esistono queste, sibbene soltanto gli atomi e il ,
vuoto. (136) Nei Libri probativi, poi, bench avesse promesso . '
di attribuire valore di credibilit alle sensazioni, nulladimeno si ,

trova che egli condanna queste. Dice infatti:
'.
Noi in realt non conosciamo nulla che sia invariabile, ma solo
aspetti mutevoli secondo la disposizione del nostro corpo e di
ci che penetra in esso o gli resiste.
68 B 10. E altrove dice:
68 B 10. [II 139. 20 App.] '
,
Che dunque noi non conosciamo conforme a verit come sia o '.
come non sia costituito ciascun oggetto, stato in pi luoghi
dimostrato.
68 B 10 a [VI 2]. Degli idoli o Della previsione [?] [cfr. A. 77- 68 B 10 a [VI 2]. [II 140. 1 App.]

79 e B 166; 67 A 29 sgg.].
68 B 10 b [VI 3]. Dei ragionamenti o Canone, libri 3 [per il
titolo cfr. Epicuro, Del criterio o Canone, DIOG. LAERT. X
27]. SEXT. EMP. adv. math. VIII 327. Dei filosofi i
dogmatici... la ammettono [la dimostrazione], gli empirici la
negano, e probabilmente anche Democrito: questi infatti ne
contesta fortemente il valore nei suoi Canoni [il titolo al plur.
perch sono tre libri].
68 B 11. SEXT. EMP. adv. math. VII 138 [dopo B 8]. Nei
Canoni afferma che vi sono due modi di conoscenza, cio
mediante i sensi e mediante l'intelletto: e chiama genuina la
conoscenza mediante l'intelletto, riconoscendo ad essa la
credibilit nel giudicare il vero, mentre all'altra d il nome di
oscura, negandole la sicurezza nel conoscere il vero. (139)
Dice testualmente:

[?] Vgl. A. 77-79. B 166. 67 A 29ff.


68 B 10 b [VI 3]. .

Vgl. Epikur DIOG. X 27. SEXT.
VIII 327 [II 140. 5] ...
[nmlich ],
, .
. Der Plural des Titels wegen der 3
Bcher, ber die vgl. A 111, ferner c. 75 B und c. 76.
68 B 11. SEXT. VII 138 [nach B 8]
[II 140. 10 App.]
,

,

. (139) '
, [ 140. 15 App.] ,
, , ,
Vi sono due forme di conoscenza, l'una genuina e l'altra oscura; , , . ,
e a quella oscura appartengono tutti quanti questi oggetti: vista, '.
' '
udito, odorato, gusto e tatto. L'altra forma la genuina, e gli
oggetti di questa sono nascosti [alla conoscenza sensibile od [
140. 20 App.] , '
oscura].
Poscia, mostrando la superiorit della conoscenza genuina su [II 141. 1 App.] ,
.
quella oscura, prosegue dicendo:
Vgl. HIPPOCR. de arte 11
Quando la conoscenza oscura non pu pi spingersi ad oggetto , .
pi piccolo n col vedere n coll'udire n coll'odorato n col
gusto n con la sensazione del tatto, ma si deve indirizzar la
ricerca a ci che ancor pi sottile, allora soccorre la
conoscenza genuina, come quella che possiede appunto un
organo pi fine, appropriato al pensare.
Cfr. HIPPOCR. de arte 11 p. 16, 17. Tutto quanto sfugge alla
vista degli occhi cade sotto dominio della vista dell'intelletto.
68 B 11 a [V 4]. Aporie [in almeno due libri?].
Opere non classificare

68 B 11 a [V 4]. [II 141. 5 App.] [ ...?


].

[nicht in die Tetralogienordnung der Physika eingereihte


Problemschriften].

[Trattazioni di problemi particolari, rimaste escluse dalle


tetralogie della fisica nell'ordinamento di Trasillo.]
68 B 11 b [1]. Questioni astronomiche.
68 B 11 b [ . 1]. .
68 B 11 c [2]. Questioni atmosferiche.
68 B 11 c [ . 2]. .
68 B 11 d [3]. Questioni circa la superficie terrestre.
68 B 11 d [ . 3]. [II 141. 10] .
68 B 11 e [4]. Questioni circa il fuoco e i corpi in combustione. 68 B 11 e [ . 4].
.
68 B 11 f [5]. Questioni intorno ai suoni.
68 B 11 f [ . 5]. .
68 B 11 g [6]. Questioni intorno alle semenze, alle piante e ai 68 B 11 g [ . 6].
frutti.
.
68 B 11 h [7]. Questioni intorno agli animali, libri 3 [cfr. A
68 B 11 h [ . 7]. .
Vgl. A 146ff.
146 e sgg.].
68 B 11 i [8]. Questioni diverse.
68 B 11 i [ . 8]. [II 141. 15] .
68 B 11 k [9]. Questioni intorno alla calamita [cfr. A 165].
68 B 11 k [ . 9]. Vgl. A 165; zu II 91,
16.
Libri matematici

68 B 11 l [VII 1]. Sulla conoscenza differenziale [?] o sulla


tangente al cerchio e alla sfera.
68 B 11 m [VII 2]. Sulla geometria [cfr. B 155; 155 a].
68 B 11 n [VII 3]. Questioni geometriche [in almeno due
libri?].

68 B 11 l [VII 1].
[II 141. 20 App.] .
68 B 11 m [VII 2]. Vgl. B 155.
68 B 11 n [VII 3]. ?.

68 B 11 o [VII 4]. Numeri.


68 B 11 p [VIII 1]. Sulle linee e i solidi [?] incommensurabili,
libri 2.
68 B 11 q [VIII 2]. Proiezioni [di solidi sul piano].
68 B 11 r [VIII 3]. Il grande anno o Astronomia; con un
calendario astronomico69* [cfr. B 15, 5; B 115; e in DIOG.
LAERT. V 43 l'attestazione di un'opera di Teofrasto
Sull'astronomia di Democrito].
68 B 12. CENSORIN. de d. nat. 18, 8. C' anche l'anno di
Filolao [42 A 22] ... e quello di Democrito, che consta di 82
anni ed ha parimenti [come quello di Callippo] mesi intercalari
in numero di 28.
68 B 13. APOLLON. DYSC. de pron. p. 65, 15. E Ferecide
nella Teologia e anche Democrito nei libri Sull'astronomia e
nelle opere rimasteci usano con molta frequenza la forma
[cfr. B 29 a].

68 B 11 o [VII 4]. .
68 B 11 p [VIII 1].
.
68 B 11 q [VIII 2]. [II 141. 25 App.] .
68 B 11 r [VIII 3]. [II 142. 1 App.]
.
Vgl. B 14, 5; B 115; DIOG. V 43 Theophrasts Schrifts
.
68 B 12. CENSOR. 18, 8 est et Philolai annus [42 A 22] . . . et
Democriti [II 142. 5] ex annis LXXXII cum intercalariis
[nmlich mensibus] perinde [wie Kallippos] viginti octo.

68 B 13. APOLLON. de pronom. p. 65, 15 Schneid.


[7 B 10] ,

[II 142.
10 App.] . Vgl. B 29 a.
68 B 14. RESTI DEL CALENDARIO ASTRONOMICO [=
68 B 14. BERRESTE DES PARAPEGMA DER
PARAPEGMA] DELL'ASTRONOMIA SCRITTA DA
.
DEMOCRITO.
1. VITRUV. IX 6, 3 de naturalibus autem rebus Thales
1) VITRUV. IX 6, 3. Circa poi i fenomeni naturali, Talete di Milesius, Anaxagoras Clazomenius, Pythagoras Samius,
Mileto, Anassagora di Clazomene, Pitagora di Samo, Senofane Xenophanes Colophonius, D. Abderites rationes, quibus eae
di Colofone, Democrito di Abdera tramandarono le loro
res natura rerum gubernarentur [II 142. 15 App.]
spiegazioni sui modi onde tali fenomeni sono regolati dalla
quemadmodumcumque effectus habeant, excogitatas
natura e sul modo onde producono i loro effetti. Sulla base
reliquerunt. quorum inventa secuti siderum <ortus> et occasus
delle loro scoperte, Eudosso, Euctemone, Callippo, Metone,
tempestatumque significatus Eudoxus, Euctemon, Callippus,
Filippo, Ipparco, Arato ed altri con lo studio dell'astrologia e Meto, Philippus, Hipparchus, Aratus ceterique ex astrologia
con l'esperienza delle tavole astronomiche [parapgmata]
parapegmatorum disciplinis invenerunt et eas posteris
determinarono e il tramontare degli astri e le previsioni
explicatas reliquerunt. VITRUV. IX 5, 4 quae figurata
atmosferiche per le singole stagioni e ne tramandarono ai
conformataque sunt siderum in mundo simulacra [II 142. 20]
posteri la spiegazione.
natura divinaque mente designata, ut Democrito physico
VITRUV. IX 5,4. Ho esposto, sulle tracce del fisico
placuit, exposui, sed tantum ea quorum ortus et occasus
Democrito, le figure in cui le stelle appaiono nel cielo
possumus animadvertere et oculis contueri.
raggruppate dalla natura e disegnate da una mente divina, ma [II 143. 1] 2. EUDOX. Ars astron. col. 22, 21 [p. 25 Blass]
limitandomi a quelle di cui possiamo scorgere ed osservare coi
nostri occhi la levata e il tramonto.
.
EUDOX. ars astron. col. 23, 3
2) [EUDOX.] ars astron. col. 22, 21 p. 25 Blass. Per Eudosso e ,
per Democrito il solstizio d'inverno cade nel mese di Athyr,
...,
quando il 20 e quando il 19.
- , .
[EUDOX.] ars astron. col. 23, 3. Dall'equinozio d'autunno al 3. [GEMIN.][II 143. 5 App.] Isag. (Kalender etwa aus dem 2.
solstizio d'inverno vi sono 92 giorni secondo Eudosso, 91
J. v. Ch.) p. 218, 14 Manit [Skorpion]
secondo Democrito... dal solstizio d'inverno all'equinozio di
:
primavera vi sono 91 giorni secondo Eudosso e Democrito, 92 :
secondo Euctemone.
.
3) [GEMIN.] isag. p. 218, 14 [Calendario del II sec. circa a. p. 220, 5. -
C.]. [Scorpione] Al quarto giorno70* secondo Democrito le
: [II 143. 10 App.]
Pleiadi tramontano all'alba: si hanno generalmente dei venti
.
invernali e freddi, ormai, e suole aggiungersi anche la brina; e p. 222, 9 (Schtze). -
gli alberi cominciano a perdere del tutto le foglie.
:
p. 220, 5. Al tredicesimo giorno secondo Democrito sorge la .
Lira col levar del sole; e l'aria diviene per lo pi tempestosa.
p. 224, 5 (Steinbock).
-
p. 222, 9. [Sagittario] Al sedicesimo giorno secondo
.
Democrito sorge col sole l'Aquila; e suole dar indizio col tuono p. 224, 22 (Wassermann). [II 143. 15 App.]
e la folgore e la pioggia o col vento o nell'un modo e nell'altro, . - , .
generalmente.
p. 226, 4. -
p. 224, 5. [Capricorno] Al dodicesimo giorno, secondo
. .
Democrito, spira il vento di Noto, generalmente.
p. 226, 15 (Fische). -
p. 224, 22. [Acquario] Al terzo giorno secondo Euctemone vi [II 143. 20 App.] .
sar tempo piovoso; secondo Democrito giorno infesto,71*
p. 226, 23. - ,
tempesta.
, .

p. 226, 4. Nel sedicesimo giorno secondo Democrito comincia p. 228, 23 (Widder). -


a spirare lo zefiro e continua. Questo nel quarantatreesimo
.
giorno dall'equinozio.
p. 232, 16 (Zwillinge). [II 143. 25 App.] -
p. 226, 15. [Pesci] Col quarto giorno secondo Democrito si
.
iniziano quelle giornate variabili che son dette le giornate degli p. 232, 21. -
alcioni.
' .
p. 226, 23. Al quattordicesimo giorno secondo Democrito si
4. PLIN. N. H. XVIII 231. D. talem futuram hiemem
levano dei venti freddi, denominati i venti degli uccelli,72* al arbitratur qualis fuerit brumae dies et circa eum terni, item
massiffio per nove giorni.
solstitio aestatem. (Vgl. THEOPHR. q. f. de sign. 57.) [II 143.
p. 228, 23. [Ariete] Secondo Democrito le Pleiadi si
30] PLIN. N. H. XVIII 312. dein consentiunt, quod est rarum,
nascondono col levar del sole e restano invisibili per quaranta Philippus ... Democritus, Eudoxus IIII Kal. Oct. [28. Sept.]
notti.
Capellam matutino exoriri et III Kal. [29. Sept.] Haedos. Aus
p. 232, 16. [Gemelli] Al decimo giorno secondo Democrito si Plin. durch Apuleios Geopon. I 5, 3.
ha pioggia.
5. SCHOL. APOLLON. RHOD. B 1098 ' '
p. 232, 21. Nel ventinovesimo giorno secondo Democrito
,
comincia a levarsi Orione e suole dare indizio del tempo che lo '] , [II 143. 35]
seguir.
,
4) PLIN. nat. hist. XVIII 231. Democrito ritiene che l'inverno . [Phaen. 744].
sar quale lo promettono il giorno del solstizio invernale e i tre
giorni vicini; e parimenti l'estate sar secondo che fu il solstizio 6. CLODII CALEND. in LYDUS de ost. ed. Wachsm.2 p.
estivo [cfr. THEOPHR. q. f. de sign. 57]. PLIN. nat. hist.
157,18
XVIII 312. Inoltre concordano, cosa che abbastanza rara,
: , [II 144. 1
Filippo... Democrito, Eudosso nell'affermare che la Capra
App.] ,
sorge il 28 settembre di mattina e il 29 i Capretti.
, .
5) SCHOL. APOLLON. RHOD. II 1098 [ai versi: Zeus fece 7. PTOLEM. Apparit. epileg. ebenda p. 275, 1
spirare l'impetuoso vento di borea | Preannunziando con la

pioggia il piovoso corso di Arturo;]. Cos dice perch al
. . . . [II 144. 5 App.]
sorgere di Arturo cadono piogge impetuose, come dice
' . . . .
Democrito nell'opera Sull'astronomia e Arato [phaen. 744].
.
6) CLODII CALEND. in LAUR. LYD. de ost. p. 157,18. E

questo dice Clodio, testualmente, in conformit dei libri sacri , . . . . . ., '
degli Etruschi; e non lui soltanto, ma anche Eudosso per la pi .
parte, Democrito primo tra questi in ordine di tempo, il romano p. 213, 19. Thoth [14. Sept.] . . . -
Varrone ecc.
[II 144. 10] .
7) PTOLEM. astron. apparit. epileg. [ivi in appendice] p. 275, p. 215, 18. Thoth 29 [26. Sept.] -
1. E di questi io ho trascritto le predizioni meteorologiche e le .
ho ordinate secondo gli Egizi e Dositeo... e Democrito. Di
p. 217, 12. Paophi [5. Okt.] - : .
questi, gli Egizi fecero le loro osservazioni nel nostro paese... p. 220, 13. Athyr [29. Okt.] - .
Democrito in Macedonia e in Tracia. Per cui appunto le
p. 223, 14. Athyr [13. Nov.] -
predizioni degli Egizi si possono adattare meglio ai paesi che si . [II 144. 15]
trovano intorno a questo parallelo.... quelle di Democrito... alle p. 227, 5. Choiak [27. Nov.] -
regioni di quel parallelo dove la giornata pi lunga di 15 ore .
equinoziali. p. 229, 10. Choiak [5. Dez.] - .
p. 213, 19. Thoth 17 [14 settembre] ... Secondo Democrito di p. 230, 11. Choiak [10. Dez.] - , ,
Abdera < giornata che d indizio della stagione e> scompare , .
la rondine.
[II 144. 20 App.] p. 233, 8. Tybi [27. Dez.] -
p. 215, 18. Thoth 29 [26 settembre] Secondo Democrito forte .
pioggia e venti variabili.
p. 233, 15. Tybi [29. Dez.] - .
p. 217, 12. Paophi 8 [5 ottobre] Secondo Democrito comincia p. 234, 17. Tybi [4. Januar.] - .
il cattivo tempo: ora di seminare.
p. 237, 17. Tybi [20. Jan.] - .
p. 220, 13. Athyr 2 [29 ottobre] Secondo Democrito freddo e p. 238, 6. Tybi [24. Jan.] - .
ghiaccio.
[II 144. 25] p. 240, 12. Mechir [6. Febr.] -
p. 223, 14. Athyr 17 [13 novembre] Secondo Democrito
.
maltempo in terra e in mare.
p. 241, 6. Mechir [8. Febr.] - .
p. 227, 5. Choiak 1 [27 novembre] Secondo Democrito il cielo p. 243, 5. Mechir [24. Febr.] -
turbato e il mare come al solito.
.
p. 229, 10. Choiak 9 [5 dicembre] Secondo Democrito
p. 245, 1. Phamenoth [7. Mrz.] - :
maltempo.
[II 144. 30] .
p. 230, 11. Choiak 14 [10 dicembre] Secondo Democrito tuoni, p. 246, 16. Phamenoth [18. Mrz.] - ,
lampi, acqua, venti.
.
p. 233, 8. Tybi 1 [27 dicembre] Secondo Democrito forte
p. 247, 18. Pharmuthi1 [27. Mrz.] - .

maltempo.
p. 252, 2. Pharmuthi [24. April.] - .
p. 233, 15. Tybi 3 [29 dicembre] Secondo Democrito giornata p. 258, 10. Payni [28. Mai.] - .
da trarre presagi.
[II 144. 35 App.] p. 259, 9. Payni [3. Juni.] -
p. 234, 17. Tybi 9 [4 gennaio] Secondo Democrito
.
generalmente vento meridionale.
p. 262, 19. Payni [22. Juni.] - .
p. 237, 17. Tybi 26 [20 gennaio] Secondo Democrito piove
p. 263, 18. Epiphi [28. Juni.] -
dirottamente.
, .
p. 238, 6. Tybi 29 [24 gennaio] Secondo Democrito forte
p. 267, 4. Epiphi [16. Juli.] - , .
maltempo.
[II 144. 40] p. 268, 21. Mesori [26. Juli.] - ,
p. 240, 12. Mechir 12 [6 febbraio] Secondo Democrito
.
comincia a spirare lo zefiro.
p. 271, 22. Mesori [19. August.] -
p. 241, 6. Mechir 14 [8 febbraio] Secondo Democrito spira lo .
zefiro.
8. IOANN. LYD. de mens. IV 16 ff. (Kalender).
p. 243, 5. Mechir 30 [24 febbraio] Secondo Democrito giornate p. 78, 15 Wnsch [Jan. 15] -
variabili, che son dette le giornate degli alcioni.
.
p. 245, 1. Phamenoth 11 [7 marzo] Secondo Democrito venti [II 145. 1] p. 79, 5 [Jan. 18] -
freddi: i venti degli uccelli, per nove giorni.
[II 144. 45] .
p. 246, 16. Phamenoth 22 [18 marzo] Secondo Democrito
p. 79, 16 [Jan. 23] - .
giornata d'indizio, vento freddo.
p. 109, 3 [Mrz. 17] p. 247, 18. Pharmuthi 1[27 marzo] Secondo Democrito
.
giornata da trarre presagi.
p. 159, 16 [Sept. 2] .
p. 252, 2. Pharmuthi 29 [24 aprile] Secondo Democrito
[II 145. 5 App.] .
giornata da trarre presagi.
p. 258, 10. Payni 3 [28 maggio] Secondo Democrito tempo
p. 163, 10 [Okt. 6] -
piovoso.
.
p. 259, 9. Payni 9 [3 giugno] Secondo Democrito di nuovo
p. 169, 3 [Nov. 25] -
acqua.
.
p. 262, 19. Payni 28 [22 giugno] Secondo Democrito giornata
da trarre presagi.
p. 263, 18. Epiphi 4 [28 giugno] Secondo Democrito zefiro e
pioggia mattutina, eppoi venti settentrionali preannunziatori73*
per sette giorni.
p. 267, 4. Epiphi 22 [16 luglio] Secondo Democrito pioggia,
uragani.
p. 268, 21. Mesori 2 [26 luglio] Secondo Democrito e Ipparco
vento di sud, calura.
p. 271, 22. Mesori 26 [19 agosto] Secondo Democrito d
indizio con piogge e venti.
8) LAUR.LYD. de mens. IV 16 sgg. [Calendario].
p. 78, 15. [15 genn.] Democrito dice che si ha il vento
piovoso74* seguito da rovesci d'acqua.
p. 79, 5. [18 gennaio] Democrito dice che tramonta il Delfino e
che si ha generalmente un mutamento del tempo.
p. 79, 16. [23 gennaio] Democrito dice che spira il vento
piovoso.
p. 109, 3. [17 marzo] Democrito dice che nei giorni dei
Baccanali tramontano i Pesci.
p. 159, 16. [2 settembre] Democrito dice che in questo giorno
avviene una inversione dei venti e si ha prevalenza di umidit.
p. 163, 10. [6 ottobre] Democrito dice che sorgono i Capretti e
il vento di nord acquista forza.
p. 169, 3. [25 novembre] Democrito dice che il sole giunge nel
Sagittario.
68 B 14 a [VIII 4]. Gara della clessidra [?].
68 B 14 a [VIII 4]. [?].
68 B 14 b [IX 1]. Descrizione del cielo.
68 B 14 b [IX 1]. [II 145. 10 App.] .
68 B 14 c [IX 2]. Geografia.
68 B 14 c [IX 2]. .
68 B 15. AGATHEM. I 1-2. Poscia [dopo Anassimandro (12 A 68 B 15. AGATHEM. I 1. 2 [nach Anaximander (12 A 6.
6), Ecateo, Ellanico] (1) Damaste di Sigeo [F.Gr.Hist. 5 T 4] I 82, 27), Hekataios, Hellanikos] (1)
scrisse una Descrizione delle terre, trascrivendo in massima
[F.Gr.Hist. 5 T 4 I 153]
parte da Ecateo; in seguito Democrito, Eudosso ed altri
[II 145. 15 App.] .
composero carte geografiche e descrizioni di terre. (2) Gli
[fr. 1 Gisinger VI, 10]

. (2)
,

. . ,
[II 145. 20]

. Vgl. A 94.
68 B 15 a [IX 3]. Descrizione del polo [cfr. C 5].
68 B 15 a [IX 3]. Vgl. C 5.
68 B 15 b [IX 4]. Costruzione prospettica dei raggi. Cfr.
68 B 15 b [IX 4]. . Bezieht sich hierauf
VITRUV. VII praef. 11 [59 A 39]. Cfr. G Agatarco per primo VITRUV. VII pr. 11 [59 A 39] ? [II 145. 25] Anm. S. 28, 10ff.
in Atene fece una scena, in occasione che Eschilo
G primum Agatharchus Athenis Aeschylo docente tragoediam
rappresentava una sua tragedia, e lasci una memoria intorno scaenam fecit et de ea commentarium reliquit. ex eo moniti
alla scena stessa. Da ci appunto stimolati, Democrito ed
Democritus [68 B IX 4] et A. de eadem re scripserunt,
Anassagora scrissero sullo stesso argomento, cio come
quemadmodum oporteat ad aciem oculorum radiorumque
conviene che le linee, stabilito come centro un luogo
extentionem certo loco centro constituto lineas ratione naturali
determinato, rispondano in modo naturale alla potenza visiva e respondere, uti de incerta re certae imagines aedificiorum in
all'estensione dei raggi, in modo che nella pittura delle scene scaenarum picturis redderent speciem et quae in directis
immagini vere di cose apparenti rendano l'aspetto degli edifici planisque frontibus sint figurata alia abscedentia alia
e che le cose raffigurate su facciate diritte e piane sembrino
prominentia esse videantur. / Vgl. DAMIAN. Opt. Vgl.
alcune rientranti altre prominenti. / Cfr. DAMIAN. opt.
DAMIAN. Opt. ed. R. Schoene (Berl. 1897) Anh. S. 28, 10ff.
append. p. 28, 10 sgg. Schne.
antichi, dunque, descrivevano la terra come rotonda, dicendo
poi che al centro si trova la Grecia e al centro di questa Delfi:
per essi infatti Delfi occupa l'ombelico della terra. Per primo
Democrito, uomo di grande dottrina, si accorse che la terra
oblunga, avendo la lunghezza pari a una volta e mezzo la
larghezza; e con lui concorda anche il peripatetico Dicearco.

X-XI. Libri musici


68 B 15 c [X 1]. Dei ritmi e dell'armonia.
68 B 16. MALL.THEODOR. de metr. 19 [VI 589]. Crizia [88
B 3] afferma che l'esametro dattilico fu introdotto da Orfeo,
Democrito lo attribuisce a Museo [cfr. 2 A 10].

X-XI.
68 B 15 c [X 1]. .
68 B 16. MALLIUS THEODOR. de metr. VI 589, 20 Keil [II
146. 1 App.] metrum dactylicum hexametrum inventum
primitus ab Orpheo Critias [88 B 3] asserit, D. a Musaeo [vgl.
2 A 10].
68 B 16 a [X 2]. Sulla poesia.
68 B 16 a [X 2]. .
68 B 17. CICER. de orat. II 46, 194. Spesso infatti ho sentito 68 B 17. CIC. de orat. II 46, 194 [II 146. 5] saepe enim audivi
dire che non si pu essere grande poeta (questa opinione,
poetam bonum neminem (id quod a Democrito et Platone in
dicono, si trova espressa negli scritti di Democrito e di Platone) scriptis relictum esse dicunt) sine inflammatione animorum
senza infiammazione d'animo e senza un certo estro, per cos existere posse et sine quodam adflatu quasi furoris. CIC. de
dire, di follia. CICER. de div. I 38, 80. Dice infatti Democrito divin. I 38, 80 negat enim sine furore D. quemquam poetam
che senza follia nessuno pu essere poeta, e lo stesso dice
magnum esse posse, quod idem dicit Plato. [II 146. 10]
Platone. HORAT. de art. poet. 295. Poich Democrito stima HORAT. d. art. poet. 295 ingenium misera quia fortunatius
che sia miglior dote l'ingegno che non quella infelice arte ed
arte credit et excludit sanos Helicone poetas Democritus etc.
esclude dall'Elicona i poeti sani di mente, ecc.
Vielleicht identisch mit:
68 B 18. CLEM. ALEX. strom. VI 168 [II 518, 20]. E
68 B 18. CLEM. Strom. VI 168 [II 518, 20 St.] .
similmente Democrito:
[wie Plato Ion 534] B '
Bello assai tutto ci che un poeta scrive in stato di entusiasmo ' [ 146. 15 App.]
e agitato da un afflato divino.
, ...' Vgl. B 21. 112
68 B 18 a [X 3]. Sulla bellezza delle parole.
68 B 18 a [X 3]. .
68 B 18 b [X 4]. Sulle lettere dell'alfabeto: le eufoniche e le
68 B 18 b [X 4].
cacofoniche.
.
68 B 19. EUSTATH. in Il. III 1 p. 370, 15. La lettera gamma 68 B 19. EUSTATH. ad p. 370, 15
chiamata ghemma dagli Ioni e in particolare da Democrito, il [II 146. 20 App.] .,
quale dice anche mo invece di mi [da Fozio, di cui si conserva aus Photius, dessen Glosse :
la glossa: mo = la lettera mi per Democrito].
. erhalten ist.
68 B 20. SCHOL. DIONYS. THRAC. p. 184, 3 sgg. I nomi
68 B 20. SCHOL. DIONYS. THRAC. p. 184, 3 ff. Hilg.
delle lettere dell'alfabeto sono indeclinabili... ma in Democrito ...
sono declinati: egli dice infatti deltatos e thetatos.
.
68 B 20 a [XI 1]. Su Omero ovvero Sulla propriet
68 B 20 a [XI 1]. [II 147. 1 App.]
dell'espressione e le locuzioni dialettali.
.
68 B 21. DIO CHRYSOST. 36, 1 [II109, 21]. Democrito,
68 B 21. DIO 36, 1 [II 109, 21 Arnim] .
parlando di Omero, dice cos:

[II 147. 5 App.] ',

Omero cre un magnifico insieme di parole d'ogni genere,
. Vgl. B 18
perch ebbe il dono di un ingegno divino;

gli pareva dunque impossibile che uno componesse locuzioni


poetiche cos belle e dotte senza possedere una natura divina e
meravigliosa.
68 B 22. PORPHYR. quaest. hom. ad Il. XXI 252 [I274, 9].
Alcuni s'ingannarono a proposito del poeta [Omero] ritenendo
ch'egli avesse scritto [a proposito dell'aquila]
[dalle ossa nere], in una sola parola come , pel fatto
che anche Democrito riferisce a proposito dell'aquila che le sue
ossa sono nere, e in ci falsificavano la verit.
68 B 23. SCHOL. HOM. A Il. VII 390. E' da accettare l'una e
l'altra interpretazione del modo come devono essere
pronunciate le parole dell'araldo Oh fosse egli morto prima!:
o che l'araldo le pronunci dinanzi ai Greci ad alta voce perch
siano perdonati tutti gli altri Troiani, che egli cos mostra
adirati anch'essi [contro Paride]; o che egli le dica per s e a
voce sommessa, come ritiene verosimile Democrito, stimando
sconveniente che tali parole siano dette in modo aperto.
68 B 24. EUSTATH. in Od. XV 376 p. 1784. E' da sapere che
questo servo Eumeo cos affezionato fu ritenuto dagli antichi
degno di dissertazioni critiche al punto che essi arrivano a
scoprire persino la madre di lui; e Democrito la chiama Penia
[povert], Euforione Pantea, Filosseno Sidonio Danae.
68 B 25. EUSTATH. in Od. XII 65 p. 1713. I vapori
[sarebbero] l'ambrosia di cui il sole si nutre, opinione seguita
anche da Democrito.
68 B 25 a [XI 2]. Del canto.
68 B 25 b [XI 3]. Sulle parole.
68 B 26. PROCL. in Cratyl. 16 p. 5, 25. ... che Pitagora ed
Epicuro stanno per la teoria di Cratilo, Democrito ed Aristotele
per quella di Ermogene ... PROCL. in Cratyl. 16 p. 6, 10. Con
l'espressione 'quello che impose i nomi [alle cose]', Pitagora
alludeva simbolicamente all'anima, la quale immediatamente
subordinata all'intelletto; e le cose, di per s, non hanno una
esistenza originaria come l'intelletto, ma l'anima possiede le
immagini di esse e i loro rapporti essenziali con piena
chiarezza, a guisa di pitture [B 142] delle cose, qual sono
appunto i nomi, che sono imitazioni delle specie intelligibili e
cio dei numeri. L'essere dunque deriva a tutte le cose
dall'intelletto che conosce se stesso e che sapienza, la
denominazione invece dall'anima che imita l'intelletto. Non
dunque opera da chicchessia, dice Pitagora, l'imporre i nomi
[alle cose], ma solo di quello che contempla l'intelletto e la
natura degli esseri: [per lui] quindi i nomi sono per natura.
Democrito invece, il quale afferma che i nomi sono per
convenzione, sostiene la sua tesi con queste quattro
dimostrazioni: [1] quella dell'omonimia: cose differenti sono
designate col medesimo nome: dunque il nome non per
natura; [2] eppoi quella della molteplicit di nomi, dal
momento che si applicano nomi differenti ad un medesimo ed
unico oggetto, e nomi che si possono scambiare l'uno con
l'altro, il che impossibile [che sia per natura]. [3] Terza,
quella del mutamento di nome: come mai infatti potremmo
cambiare il nome di Aristocle in quello di Platone, quello di
Tirtamo in quello di Teofrasto, se i nomi sono per natura? [4]
Infine, quella della mancanza di nomi simili:75* come mai da
[saggezza] diciamo [pensare, essere saggi],
e da [giustizia] invece non ricaviamo
[analogamente] un verbo? Dal caso, dunque, non da natura
dipendono i nomi. E Democrito chiama la prima dimostrazione

68 B 22. PORPHYR. Quaest. hom. I 274, 9 Schrad. [zu 252]


'' (statt
) '
[II 147. 10]
.
68 B 23. SCHOL. HOM. A zu 390 ' '
'

, ' , .
, [II 147. 15
App.] .
68 B 24. EUSTATH. zu p. 1784

. .
, ,
.
68 B 25. EUSTATH. zu p. 1713 [II 147. 20 App.]
. . .,
, .
68 B 25 a [XI 2]. [II 148. 1 App.]
68 B 25 b [XI 3].
68 B 26. PROCL. in Crat. 16 p. 5, 25 Pasqu.
, .
. . . [II 148. 5] PROCL. in Crat.
16 p.6, 10.
[Pythagoras],
, '

[vgl. Demokr. B 142]
, [II 148. 10]

, '
. , ,
,
. .
[II 148. 15]



, ,
.
[II 148. 20] ,
,
;
,
; .
,
[II 148. 25 App.] ,
, .

'dei nomi polisensi' [], la seconda 'dei nomi


equivalenti' [ ], la terza 'delle denominazioni
soggette a maturare' [],76*la quarta 'dell'assenza di
nome' [].
68 B 26 a [XI 4]. Vocabolario [manca il numero dei libri].77*
XII-XIII. Libri tecnici
68 B 26 b [XII 1]. Prognosi.
[Nel cod. Vat. gr. 2304, del sec. XV o XVI, f. 6 r, si legge:
Democrito di Abdera, Intorno ai pronostici (cap. 1, Dei
tumori), verisimilmente retroversione dal trattato latino
Ypocratis Pronostica Democrito summo philosopho. Cos nel
cod. Sangallese 44, del sec. IX, f. 220. Prognostica Democriti
nel cod. lat. Augiense 120 (a Karlsruhe, prima nel monastero
di Reichenau) del sec. IX, f. 187 v. Ma la fonte non gi la
Prognosi di Democrito, bens uno scritto apocrifo
pseudoippocratico dell'epoca imperiale romana.]
68 B 26 c [XII 2]. Della dieta o Dietetico.
Cfr. HIPPOCR. de victu I [in principio; VI 466]. Se mi paresse
che alcuni degli autori i quali prima di me hanno scritto intorno
alla dieta che salutare per l'uomo avessero scritto sempre e su
tutte le questioni con retta conoscenza, ... mi basterebbe...
valermi dei loro scritti... Ora vero s che molti hanno scritto
ecc.
68 B 26 d [XII 3]. Sui giudizi dei medici.
68 B 26 e [XII 4]. Questioni intorno ai giorni sfavorevoli e
favorevoli.
68 B 26 f [XIII 1]. Dell'agricoltura o Georgico.
VARRO de re r. I 1, 8 [da cui deriva Columell. de re r. I 1, 7].
G quelli che scrissero in greco [di agricoltura]... tra i filosofi
Democrito fisico, Senofonte socratico, Aristotele e Teofrasto
peripatetici, Archita pitagorico. / COLUMELL. de re r. I
praef. 32. Si aggiunga che il perfetto agricoltore che noi
desideriamo, se anche non sar in possesso di una tecnica
perfetta, e se anche non avr raggiunto la penetrazione sagace
di un Democrito o di un Pitagora in tutte le parti della natura,
ecc.
68 B 27. COLUMELL. de re r. III 12, 5. ... lo stato del cielo; e
qui sorge la questione su cui c' sempre stato dissenso, verso
quale dei punti cardinali debbono essere esposte le vigne...
Democrito e Magone consigliano di esporle verso la parte
settentrionale del cielo, perch ritengono che le vigne cos
collocate divengano feracissime, quantunque cedano per
qualit di vino.
68 B 27 a. COLUMELL. de re r. IX 14, 6. Democrito e
Magone nonch Virgilio tramandarono che le api possono
essere prodotte dal corpo di un giovenco ammazzato.
68 B 28. COLUMELL. de re r. XI 3, 2. Democrito, nell'opera
che intitol Georgico, dice che agiscono poco accortamente
coloro che fanno fabbricare muri di cinta per i loro giardini:
perch un muro di mattoni, date le frequenti ingiurie delle
piogge e dei temporali, non pu essere di durata; e, a costruirlo
di pietra, verrebbe una spesa sproporzionata al valore della
cosa; se poi uno deve circondare un'ampia distesa di terreno gli
va tutto il patrimonio!
68 B 28 a [XIII 2]. Della pittura.
68 B 28 b [XIII 3]. Della tattica.
68 B 28 c [XIII 4]. Sui combattimenti ad armi pesanti.
FRAMMENTI GENUINI DA SCRITTI INCERTI

68 B 26 a [XI 4]. . [Buchzahl fehlt.]

68 B 26 b [XII 1]. [II 149. 1]


Im Vatic. gr. 2304 s. XV/XVI f. 6r
(Cap. 1 ) wahrsch. Rckbers.
aus d. lat. Traktat Ypocratis [II 149. 5 App.] Pronostica
Democrito summo philosopho. So Sangall. 44 s. IX f. 220.
Prognostica Democriti Cod. Augiensis lat. 120 (Karlsruhe,
frher Kl. Reichenau) s. IX f. 187 v. Pseudhippokr.
Schwindelschr. d. r. Kaiserzeit, nicht die , liegt
zugrunde.
68 B 26 c [XII 2].
[II 149. 10 App.] Vgl. HIPP. Anf. [ VI 466 L.]


... ...
... .
68 B 26 d [XII 3]. . Vgl. B 11 l m. Anm.
68 B 26 e [XII 4]. [II 149. 15 App.]
. Vgl. B 11 bff.
68 B 26 f (- 28) [XIII 1].
(). VARRO de r. rust. I 1, 8 [47 B 8]. G qui graece
scripserunt [de re rustica] ... de philosophis Democritus
physicus, Xenophon Socraticus, Aristoteles et Theophrastus
peripatetici, Archytas Pythagoreus. / COLUMELLA de r. rust.
I praef. 32 accedit huc quod illi, quem nos perfectum esse
volumus agricolam, si quidem artis consummatae sit et in
universa rerum natura sagacitatem Democriti [II 149. 20
App.] vel Pythagorae fuerit consecutus ..., ... profecerit, si ...

68 B 27. COLUM. de r. rust. III 12, 5 status caeli, cuius


regionem quam spectare debeant vineae vetus est dissensio ...
Democrito et Magone laudantibus caeli plagam
septentrionalem, quia existiment ei subiectas feracissimas fieri
vineas, quae tamen bonitate vini superentur.

68 B 27 a. COLUM. de r. rust. IX 14, 6 [II 149. 25]


progenerari posse apes iuvenco perempto Democritus et Mago
nec minus Vergilius prodiderunt.
68 B 28. COLUM. de r. rust. XI 3, 2 [II 150. 1 App.]
Democritus in eo libro quem Georgicon appellavit parum
prudenter censet eos facere, qui hortis exstruant munimenta,
quod neque latere fabricata maceries perennare possit pluviis
ac tempestatibus plerumque infestata, eque lapide supra rei [II
150. 5 App.] dignitatem poscat inpensa; si vero amplum
modum sepire quis velit, patrimonio esse opus.
68 B 28 a [XIII 2]. .
68 B 28 b [XIII 3]. .
68 B 28 c [XIII 4]. .
ECHTE FRAGMENTE AUS UNBESTIMMTEN

68 B 29. APOLLON. CIT. in Hipp. 6, 29. ... Bacchio78*


nell'opera Sulle locuzioni ippocratiche spiega la cosiddetta
[spatola leggermente ricurva] nel palo a foggia di leva,
dicendo che scritto nei lessici che i Rodii chiamano amboni
[] le sommit delle colline e in generale le salite. E
quivi dice inoltre: Vi si trova pure scritto che Democrito
avrebbe chiamato la cimasa dello scudo la quale
circonda la cavit [cfr. EROTIAN. q. f. lex. Hipp. p. 52, 10].

SCHRIFTEN
[II 150. 10 App.]

68 B 29. APOLLON. CIT. in Hipp. 6, 29 Schne




, '
, [II 150. 15]

'. [II 151. 1 App.]
' .
' Vgl. EROTIAN.
p. 23, 8 Nachmanson.
68 B 29 a. APOLLON. DYSC. de pron. p. 92, 20. Se anche nel 68 B 29 a. APOLLON. DYSC. de pron. p. 92, 20 Schn.
linguaggio corrente le forme plurali al nominativo sono, per gli [II 151. 5 App.] '
Ionici e gli Attici, , , , da ammettere pure
, , ,
che non si scioglie la forma contratta del nominativo negli
'
Ionici, in base a Democrito, Ferecide [7 B 11], Ecateo
, [7 B 11],
[F.Gr.Hist. 1 F 360 I 45].
[F.Gr.Hist. 1 F 360 I 45].
68 B 30. CLEM. ALEX. protr. 68 [I 52, 16]; strom. V 103 [II 68 B 30. CLEM. Protr. 68 (I 52, 16 St.). Strom. V 103 (II 394,
394, 21. Cfr. 64 A 8].
21). [II 151. 10 App.] Vgl. 64 A 8. 68 A 75. 76.

, ',
Alcuni pochi tra gli uomini sapienti, levando le mani verso
l'alto, dove noi Greci ora diciamo essere l'aria, dicono: Tutto , (?) '
delibera Zeus seco stesso e sa tutto, ed egli dona e toglie, ed '.
signore su tutte le cose.(?)
68 B 31 [50 Natorp]. CLEM. ALEX. paedag. I 6 [I 93, 15]. La 68 B 31 [50 Natorp]. CLEM. Paedag. I 6 [I 93, 15 Sthl.] [II
medicina infatti, secondo Democrito, l'arte che cura le
152. 1 App.]
malattie del corpo, la filosofia quella che sottrae l'animo al
, .
dominio delle passioni [cfr. C 6, 2].
68 B 32 [86 N.]. CLEM. ALEX. paedag. 94 [I 214, 9];
68 B 32 [86 N.]. CLEM. Paedag. 94 [I 214, 9 St.]; HIPP. Ref.
HIPPOL. ref. VIII 14 p. 428, 67 Gott.; STOB. flor. III 6, 28. VIII 14 (p. 234, 5 W.) [II 152. 5 App.] STOB. III 6, 28. Vgl.
Cfr. GALEN. in Hipp. epid. XVII A 521; XVII B 28; XIX
GAL. XVII A 521; XVII B 28; XIX 176 S. zu B 124.
176; PLIN. nat. hist. XXVIII 58. Cfr. anche B 124.

Il concubito come una breve epilessia: infatti un altro uomo .
esce dall'uomo e se ne distacca separandosi d'un colpo.
68 B 33 [187 N.]. CLEM. ALEX. strom. IV 151 [II 314, 12]; 68 B 33 [187 N.]. CLEM. Strom. IV 151 (II 314, 12 St.);
STOB. ecl. II 31, 65 p. 213, 1 [prima di B 182]. La natura e
STOB. II 31, 65 [II 213, 1 W.] vor B 182.
l'educazione sono assai simili: perch l'educazione trasforma [II 153. 1 App.] .
l'uomo e trasformandolo ne costituisce la natura.
,
.
79
68 B 34. DAVID prol. 38, 14. * E come nell'universo vediamo 68 B 34. DAVID Prol. 38, 14 Busse
alcuni esseri destinati soltanto a comandare, cio le divinit,
[II 153. 5 App.]
altri che comandano e sono comandati, come gli esseri umani ,
(infatti questi son comandati dalle divinit e comandano agli (
animali non forniti di ragione), e altri che sono soltanto
), ,
comandati, cio gli animali sprovvisti della ragione, nello

stesso modo queste tre forme si osservano anche nell'uomo,
.
che, secondo Democrito, un piccolo mondo. E vi son le parti [II 153. 10 App.] , ,
che solamente comandano, come la ragione, quelle che sono
...
comandate e comandano, come la facolt passionale, ... quelle . GALEN. de usu partt. III 10 (III 241 K., I
che solamente sono comandate come la facolt appetitiva.
177, 10 Helmr.]
GALEN. de usu part. III 10 [III 241 Khn]. Ma antichi
. Vgl. 68 B 165
filosofi, esperti indagatori della natura, dicono che anche
und ARISTOT. Phys. 2. 252 b 26.
l'animale sia come un piccolo mondo [cfr. 68 B 165 ed
ARISTOT. phys. 2. 252 b 26].
MASSIME DI DEMOCRATE 80*
B 35 - B 115
[L'asterisco indica inserzioni sicuramente spurie.]
[II 153. 15 App.]

*
bedeutet
sicher unechtes Einschiebsel
68 B 35. DEMOCRATES Orelli 1.

68 B 35. DEMOCRATES 1.
, '
, [II 153. 20 App.]
.
68 B 36. [18 Natorp] - 2 [= B 187; STOB. flor. III 1, 27]. G La 68 B 36. [II 154. 1] [18 N.]. DEMOKRATES 2. ...
perfezione dell'anima fa scomparire la deformit del fisico,
[ STOB. III 1, 27 S. B 187]. G
mentre la forza del corpo scompagnata dal raziocinio non rende ,
affatto migliore l'anima. /
. /
68 B 36 = B 187
68 B 37. [8 N.] - 3.
68 B 37. [8 N.]. - 3. [II 155. 1 App.]
Chi preferisce i beni dell'anima sceglie ci che ha pregio pi
divino; chi preferisce quelli del corpo, sceglie beni umani.
.
68 B 38. [154 N.] - 4.
68 B 38. [154 N.]. - 4.
Bello l'impedire agli altri di commettere ingiustizia; se non si , .
riesce a questo, almeno non aiutare a compierla.
68 B 39. [196 N.] - 5.
68 B 39. [196 N.]. - 5. [II 155. 5 App.]
Bisogna o essere buoni o imitare i buoni [STOB. flor. III 37, [STOB. III 37, 25; s. B 79. 245].
25; cfr. B 79 e 245].
68 B 40. [15 N.] - 6.
68 B 40. [15 N.]. - 6.
Gli uomini non sono resi felici n dalle doti fisiche n dalle
, '
ricchezze, ma dalla rettitudine e dall'avvedutezza.
.
68 B 41. [45 N.] - 7.
68 B 41. [45 N.]. - 7. ,
Astienti dalle colpe non per paura ma perch si deve [STOB. [ 155. 10 App.] [STOB. III 1,
flor. III 1, 95].
95].
68 B 42. [90 N.] - 8.
68 B 42. [90 N.]. - 8.
E' cosa grandemente ammirevole che un uomo, in mezzo alle [STOB. IV 44, 68].
sventure, continui a pensare al dovere [STOB. flor. IV 44, 68].
68 B 43. [99 N.] - 9.
68 B 43. [99 N.]. - 9. '
Il pentirsi delle brutte azioni la salvezza della vita.
.
68 B 44. [112 N.] - 10.
68 B 44. [112 N.] - 10. [II 155. 15 App.]
Si deve essere veraci, non loquaci [STOB. flor. III 12, 13; cfr. , [STOB. III 12, 13; s. B 225].
B 225].
68 B 45. [48 N.] - 11.
68 B 45. [48 N.]. - 11. [II 156. 1 App.]
Colui che commette l'ingiustizia pi infelice di chi la subisce. .
68 B 46. [218 N.] - 12.
68 B 46. [218 N.] - 12.
E' segno di animo elevato il sopportare con indulgenza gli
[STOB. IV 44, 69].
eccessi altrui [STOB. flor. IV 44, 69].
68 B 47. [141 N.] - 13.
68 B 47. [141 N.]. - 13. [II 156. 5 App.]
E' decoroso obbedire alla legge, all'autorit e a chi pi
[STOB. III 1, 45].
sapiente [STOB. flor. III 1, 45].
68 B 48. [119 N.] - 14.
68 B 48. [119 N.]. - 14.
Dinanzi ai biasimi di gente spregevole, l'uomo virtuoso non fa [STOB. III 38, 46].
motto [STOB. flor. III 38, 46].
68 B 49. [143 N.] - 15.
68 B 49. [143 N.]. - 15.
E' duro dover soggiacere al comando di chi val meno di noi
[ 156. 10 App.] [STOB. IV 4, 27].
[STOB. flor. IV4, 27].
68 B 50. [73 N.] - 16.
68 B 50. [73 N.]. - 16.
Chi cede sempre davanti al denaro, non sar mai uomo giusto. .
68 B 51. [104 N.] - 17.
68 B 51. [104 N.]. - 17.
Molte volte il ragionamento si dimostra pi efficace dell'oro a [STOB. II 4, 12].
produrre la persuasione [STOB. ecl. II 4, 12; IV 81, 11].
68 B 52. [113 N.] - 18.
68 B 52. [113 N.]. - 18. [II 156. 15 App.]
Getta la sua fatica chi vuole indurre a far uso dell'intelletto uno [STOB. III 10, 42].
che s'immagina di averne anche troppo [STOB. flor. III 10,
42].
68 B 53. [122 a N.] - 19.
68 B 53. [122 a N.]. - 19.
Molti, pur senza aver appreso che sia la ragione, vivono
.
secondo ragione.
Chi dar ascolto con intelligenza a queste mie massime,
compir molte azioni quali si convengono ad un uomo retto e
ne eviter assai di cattive.

68 B 53 a. [122 b N.] - 19.


68 B 53 a. [122 b N.]. - 19. [II 157. 1 App.]
Molti, pur compiendo le pi brutte azioni, vanno sdottorando [STOB. II 15,
con ragionamenti bellissimi [STOB. ecl. II 15, 33].
33].
68 B 54. [31 N.] - 20.
68 B 54. [31 N.]. - 20. [II 157. 5 App.]
Gli stolti mettono giudizio quando sono provati dalla sventura. .
68 B 55. [121 N.] - 21.
68 B 55. [121 N.]. - 21. ,
Bisogna dedicarsi con ardore a cose ed azioni81* virtuose, non a , [STOB. II 15, 36].
ragionamenti sulla virt [STOB. ecl. II 15, 36].
68 B 56. [186 N.] - 22.
68 B 56. [186 N.]. - 22.
Conoscono e bramano sempre ci che conveniente e giusto [ 157. 10 App.] .
coloro che vi sono inclinati per natura.
68 B 57. [17 N.] - 23.
68 B 57. [17 N.]. - 23.
Si loda la natura delle bestie da soma quando hanno un corpo ,
robusto, quella degli uomini invece quando hanno un carattere [STOB. VI 29, 18].
ben disposto [STOB. flor. VI 29, 18].
68 B 58. [102 N.] - 23 a.
68 B 58. [102 N.]. - 23 a.
Le speranze di coloro che pensano rettamente sono attuabili, [ 157. 15 App.] ,
quelle degli stolti hanno mire impossibili [STOB. flor. VI 46, [STOB. VI 46, 18].
18].
68 B 59. [188 N.] - 24.
68 B 59. [188 N.]. - 24. ,
N arte n scienza si pu conseguire da chi non apprende
[STOB. II 31, 71].
[STOB. ecl. II 31, 71 p. 214, 9].
68 B 60. [114 N.] - 25.
68 B 60. [114 N.]. - 25. [II 158. 1 App.]
meglio biasimare le proprie che non le altrui mancanze
[STOB. III 13, 46].
[STOB. flor. III 13, 46].
68 B 61. [14 N.] - 26.
68 B 61. [14 N.]. - 26. ,
Chi regolato di carattere conduce anche una vita regolata
[STOB. III 37, 25].
[STOB. flor. III 37, 25].
68 B 62. [38 N.] - 27.
68 B 62. [38 N.]. - 27. [II 158. 5 App.]
Vera bont non il semplice fatto di non commettere azioni
, [STOB. III 9, 29].
ingiuste, ma il non voler neppure commetterne [STOB. flor. III
9, 29].
68 B 63. [106 N.] - 28.
68 B 63. [106 N.]. - 28.
Tributare elogi per belle azioni bello: giacch il dar lode a

cattive azioni indizio di birbanteria ed imbroglioneria [STOB. [STOB. III 14, 8].
flor. III 14, 8].
68 B 64. [190 N.] - 29.
68 B 64. [190 N.]. - 29. [II 158. 10 App.]
Molti, pur possedendo una molteplice erudizione, son privi
[STOB. III 4, 81].
dell'intelletto [STOB. flor. III 4, 81].
68 B 65. [191 N.] - 30.
68 B 65. [191 N.]. - 30. ,
Bisogna sforzarsi per capire molto, non per avere una
. Vgl. Heraklit 22 B 40.
molteplice erudizione [cfr. 22 B 40].
68 B 66. [101 N.] - 31.
68 B 66. [101 N.]. - 31.
Meglio deliberare ponderatamente prima di agire, che mutare [158. 15] .
convinzione dopo.
68 B 67. [224 N.] - 32.
68 B 67. [224 N.]. - 32. ,
Non prestar fede a tutti, ma solamente a gente provata: perch : , .
l'un atteggiamento da stolto, l'altro da persona saggia.
68 B 68. [40 N.] - 33.
68 B 68. [40 N.]. - 33. [II 159. 1 App.]
L'uomo provato e quello non sperimentato si distinguono non ,
soltanto dalle azioni ma anche dai propositi.
.
68 B 69. [6 N.] - 34.
68 B 69. [6 N.]. - 34.
Il bene e il vero uguale per tutti gli uomini; ma il piacevole .
varia da uomo a uomo.
68 B 70. [62 N.] - 35.
68 B 70. [62 N.]. - 35. [II 159. 5] ,
L'aver desideri smoderati da fanciullo, non da uomo.
.
68 B 71. [54 N.] - 36.
68 B 71. [54 N.]. - 36. .
I piaceri fuor di tempo producono disgusto.
Vgl. B 235.
68 B 72. [58 N.] - 37.
68 B 72. [58 N.]. - 37.

Le bramosie violente per certe cose accecano l'anima riguardo


a tutto il resto.
68 B 73. [87 N.] - 38.
E' amore lecito il desiderare il possesso della bellezza [che si
ama], ma senza usare la violenza per possederla [STOB. flor.
III 5, 23].
68 B 74. [5 N.] - 39.
Non concederti nessun piacere, se non debba recarti utilit.
68 B 75. [144 N.] - 40.
Meglio per gli stolti essere sottoposti al comando altrui che
comandare [STOB. flor. IV 2, 13].
68 B 76. [32 N.] - 41.
Agli stolti non il ragionamento maestro, ma la sventura [cfr.
B 54].
68 B 77. [78 N.] - 42.
Fama e ricchezza, senza l'intelligenza, non sono possessi sicuri
[STOB. flor. III 4, 82].
68 B 78. [74 N.] - 43.
Procurarsi ricchezze non davvero inutile, ma la peggiore di
ogni azione procurarsele con l'ingiustizia [STOB. flor. IV 31,
121].
68 B 79. [195 N.] - 44.
Mal si sopporta l'atteggiamento di coloro che imitano i malvagi
e non vogliono neanche saperne di imitare i buoni.
68 B 80. [164 N.] - 45.
deplorevole darsi gran da fare per le faccende altrui
trascurando le proprie.
68 B 81. [125 N.] - 46.
Esser sempre sul punto di fare vuol dire non portar mai a
compimento ci che si vorrebbe fare [STOB. flor. III 29, 67].
68 B 82. [123 N.] - 47.
Imbroglioni ed ipocriti sono coloro che a parole fanno tutto e a
fatti non concludono poi nulla.

[ 159. 10 App.] .
68 B 73. [87 N.]. - 38.
[STOB. III 5, 23].
68 B 74. [5 N.]. - 39. ,
.
68 B 75. [144 N.]. - 40. [II 159. 15 App.]
[STOB. IV 2, 13]. Vgl. Plato Alc.
I 135 B 7.
68 B 76. [32 N.]. - 41. ,
. Vgl. B 54.
68 B 77. [78 N.]. - 42. [II 160. 1 App.]
[STOB. III 4, 82].
68 B 78. [74 N.]. - 43. ,
[STOB. IV 31, 121].
68 B 79. [195 N.]. - 44. [II 160. 5 App.]
, .
68 B 80. [164 N.]. - 45.
.
68 B 81. [125 N.]. - 46.
[ 160. 10 App.] [STOB. III 29, 67].
68 B 82. [123 N.]. - 47.
, .

* 48. , :
- * 48.
. [verkrzt aus Menand. fr. 14; III 34 K.]
Felice colui che possiede ricchezza e intelligenza: perch egli
se ne serve degnamente per fare ci che giusto [= MENAND.
fr. 114 III 34 Kock].
68 B 83 [28 N.] - 49.
68 B 83 [28 N.]. - 49. [II 160. 15 App.]
L'ignorare qual il partito migliore la causa degli errori.
.
68 B 84. [43 N.] - 50.
68 B 84. [43 N.]. - 50. [II 161. 1 App.]
Colui che compie brutte azioni deve innanzi tutto
[abgekrzte Form
vergognarsene seco stesso [cfr. B 244].
von B 244, vgl. B 264].
68 B 85. [108 N.] - 51.
68 B 85. [108 N.]. - 51.
Chi si compiace nel contraddire e chiacchiera molto non ha
[STOB. II 31,
attitudine ad apprendere ci che necessario [STOB. ecl. II 31, 73].
73].
68 B 86. [110 N.] - 52.
68 B 86. [110 N.]. - 52. [II 161. 5 App.]
E' una sorta di cupidigia metter bocca sempre in tutte le
, [STOB. III 36, 24].
questioni e non voler dare ascolto agli altri [STOB. flor. III 36,
24].
68 B 87. [152 N.] - 53.
68 B 87. [152 N.]. - 53. ,
Bisogna tener d'occhio da vicino il malvagio, ch'egli non riesca .
ad afferrare l'occasione.
68 B 88. [82 N.] 54.
68 B 88. [82 N.]. 54.
L'invidioso procura dolore a se stesso come ad un nemico
[ 161. 10 App.] [STOB. III 38, 47].
[STOB. flor. III 38, 47].
68 B 89. [39 N.] - 55.
68 B 89. [39 N.]. - 55. ,
Odioso non colui che commette ingiustizia, bens colui che la .

commette deliberatamente.
68 B 90. [137 N.] - 56.
68 B 90. [137 N.]. - 56.
L'inimicizia coi familiari molto pi tormentosa che con gli
.
estranei.
68 B 91. [223 N.] - 57.
68 B 91. [223 N.]. - 57. [II 161. 15 App.]
Non esser sospettoso verso tutti indistintamente, ma abbi
, ' .
cautela e fermezza.
68 B 92. [228 N.] - 58.
68 B 92. [228 N.]. - 58. [II 162. 1 App.]
Sta bene ricevere i benefizi, quando per si prevede di poter

contraccambiare con benefizi pi grandi ancora.
.
68 B 93. [227 N.] - 59.
68 B 93. [227 N.]. - 59.
Nel beneficare, sta in guardia che il beneficato non sia un
, '
briccone che ti renda poi male per bene.
.
68 B 94. [227 N.] - 60.
68 B 94. [227 N.]. - 60. [II 162. 5 App.]
Un beneficio piccolo, ma che giunga nel momento opportuno, .
grandissimo per chi lo riceve.
68 B 95. [149 N.] - 61.
68 B 95. [149 N.]. - 61.
Grande efficacia ha sull'animo delle persone di retto sentire
, .
l'onore che si tributa loro, perch esse intendono il valore di
quelle manifestazioni.
68 B 96. [226 N.] - 62.
68 B 96. [226 N.]. - 62.
Benefico non gi colui che mira al contraccambio, ma quello [ 162. 10 App.] , ' .
che preferisce comunque il fare del bene.
68 B 97. [210 N.] - 63.
68 B 97. [210 N.]. - 63.
Molti che ci sembrano amici non lo sono, e sono tali invece
, .
molti che non lo sembrano.
68 B 98. [211 N.] - 64.
68 B 98. [211 N.]. - 64.
L'amicizia di uno solo, che sia intelligente, val pi di quella di . Vgl. Heraklit 22 B 49.
tutti gli altri presi insieme [cfr. B 302 a; 22 B 49].
68 B 99. [209 N.] - 65.
68 B 99. [209 N.]. - 65. [II 162. 15 App.] ,
Non degno di vivere colui che non ha neppure un solo buon .
amico.
68 B 100. [216 N.] - 66.
68 B 100. [216 N.]. - 66. [II 163. 1 App.]
Colui che non riesce a conservarsi lungamente amici neppure , .
gli amici provati, certamente uomo di cattivo carattere.
68 B 101. [215 N.] - 67.
68 B 101. [215 N.]. - 67. ,
Molti voltano le spalle agli amici, se questi dall'agiatezza
.
cadono in povert.
68 B 102. [51 N.] - 68.
68 B 102. [51 N.]. - 68. [II 163. 5 App.]
Bella in tutte cose l'eguaglianza; l'iperbole e l'ellissi non mi .
piacciono.
68 B 103. [208 N.] - 69.
68 B 103. [208 N.]. - 69. ' '
Mi par logico che colui che non ama nessuno non sia neppure .
amato da alcuno.
68 B 104. [206 N.] - 70.
68 B 104. [206 N.]. - 70.
Amabile un vecchio che sappia e divertire e parlare sul serio. . [ 163. 10 App.]
68 B 105. [16 N.] - 71.
68 B 105. [16 N.]. - 71. ,
La bellezza del corpo una dote da animale, se non c'
.
intelligenza.
68 B 106. [214 N.] - 72.
68 B 106. [214 N.]. - 72.
Trovare un amico quando si nella prospera fortuna facile, , .
ma quando la fortuna avversa la cosa pi difficile che ci sia.
68 B 107. [213 N.] - 73.
68 B 107. [213 N.]. - 73. [II 164. 1 App.]
Amici non ci sono gi tutti i parenti, ma soltanto quelli che son , ' .
d'accordo con noi per quanto riguarda gli interessi.
68 B 107 a. [219 N.]. - 74.
68 B 107 a. [219 N.]. - 74. '
E' giusto, giacch siamo uomini, non ridere sulle sventure degli , ' .
uomini, ma commiserarle.82*
68 B 108. [27 N.] - 75.
68 B 108. [27 N.]. - 75. [II 164. 5 App.]

A coloro che cercano i beni riesce a stento di trovarli, i mali


invece vengono anche a chi non li cerca [STOB. flor. IV 34,
58].
68 B 109. [217 N.] - 76.
La gente proclive al biasimare non fatta per l'amicizia.
68 B 110. [173 N.] - 77.
Non si eserciti la donna nel ragionare: sarebbe una rovina.
68 B 111. [170 N.] - 78.
Dover stare ai comandi di una donna sarebbe per un uomo il
supremo smacco [STOB. flor. IV 23, 29].
68 B 112. [37 N.] - 79.
E' proprio di un intelletto divino il discorrere sempre seco
stesso di qualcosa di bello [cfr. B 18 (?)].

,
[STOB. IV 34, 58].
68 B 109. [217 N.]. - 76.
.
68 B 110. [173 N.]. - 77.
[ 164. 10 App.] .
68 B 111. [170 N.]. - 78.
[STOB. IV 23, 29].
68 B 112. [37 N.]. - 79.
.

- *80. [II 164. 15 App.]


- *80.
, [Vgl. DEI
Se uno crede che gli di sorvegliano tutto, non far il male n (Sentenzen des Dem., Epiktet., Isokr.) 9 = PORPHYR. ad
di nascosto n scopertamente [Cfr. DEI (Sentenze di
Marc. 20].
Democrito, Epitteto, Isocrate) 9 = PORPHYR. ad Marc. 20].
68 B 113. [116 N.] - 81.
68 B 113. [116 N.]. - 81. [II 165. 1 App.]
Coloro che lodano persone di scarso cervello, grandemente le .
danneggiano.
68 B 114 [117 N.] - 82
68 B 114 [117 N.]. - 82 ' '
E' meglio esser lodati da un altro che lodarsi da s.
.
68 B 115. [118 N.] - 83.
68 B 115. [118 N.]. - 83. [II 165. 5 App.]
Se non riesci a renderti conto delle lodi che ti fanno, ritienile , .
adulazioni.
- *84.
- *84. , , ,
Il mondo una scena, la vita una rappresentazione: tu vieni,
.
vedi e te ne vai.
- *85.
- *85. , [II 165. 10
Il mondo un continuo mutamento, la vita opinione
App.] [=MARC. ANTON. 4, 3 extr.].
[ =MARC. ANTON. 4, 3 in fine].
[35 N.] - *86.
[35 N.] - *86.
E' da preferire l'ultimo gradino della scala della sapienza
.
piuttosto che aver fama di star sul primo in quella della
stoltezza.
68 B 115 a. DIOG. LAERT. I 22-23 [Diogene Laerzio cita
68 B 115 a. DIOG. I 22-23 = 11 A 1 ( I 67, 8. 68, 3)
Democrito tra le fonti delle notizie biografiche su Talete: e
ricorda Democrito tra coloro (Eudemo, Senofane, Erodoto,
Eraclito) che testimoniano delle scoperte astronomiche di lui].
68 B 116. DIOG. LAERT. IX 36 [= A 1]. CICER. Tusc. disp. 68 B 116. DIOG. IX 36 [s. A 1. II 82, 6]. CIC. Tusc. disp. V
V 36,104. Questo dunque bisogna capire, che n si deve
36, 104 intellegendum [II 165. 15] est igitur nec gloriam
ricercare la gloria popolare per se stessa n si deve temere il
popularem ipsam per sese expetendam nec ignobilitatem
restare oscuri. Andai ad Atene - dice Democrito - e l nessuno extimescendam. "veni Athenas" inquit D. "neque me quisquam
mi conobbe. Uomo veramente costante e dignitoso, tanto da ibi adgnovit". constantem hominem et gravem, qui glorietur a
vantarsi perch si tenuto lontano dalla gloria! [cfr. A 11]
gloria se afuisse. Vgl. A 11 (II 86, 8).
Andai ad Atene e nessuno mi conobbe.
68 B 117. DIOG. LAERT. IX 72 [dopo 29 B 4]. Democrito
[vien fatto rientrare tra gli scettici] perch nega le qualit
sensibili, dove dice: Opinione il freddo, opinione il caldo,
verit soltanto gli atomi e il vuoto [B 9 e 125] ed inoltre:

.
68 B 117. DIOG. IX 72 [nach 29 B 4] [II 166. 1 App.]
. , ' ,
, ' [B 125]

Nulla conosciamo secondo verit; perch la verit nel


profondo.

Cfr. CICER.ac. pr. II 10, 32. Accusane la natura che, come


dice Democrito, occult la verit nella profondit pi remota.
68 B 118. DIONYS. [vescovo di Alessandria] ap. EUSEB.

[II 166. 5 App.] Vgl. CIC. Ac. pr. II 10, 32 naturam accusa,
quae in profundo veritatem, ut ait D., penitus abstruserit.
ISIDOR Etym. VIII 6, 12
68 B 118. DIONYS. Bischof von Alexandrien, bei EUS. P. E.

XIV 27, 4 . , ,


[II 166. 10]
preferiva trovare una sola spiegazione causale che divenir

padrone del regno dei Persiani.

E ci bench il suo ricercare le cause sia vano e senza causa, ,
,
dato che egli parte da un principio vuoto e da un'ipotesi
erronea, senza vedere n l'origine n la necessit che comune ,
alla natura di tutte le cose, e stima come la massima sapienza la , '
concezione di coloro che van d'accordo per scarso sapere e per , [II 166. 15 App.]
stoltezza; ed infatti egli pone il caso come padrone e signore di
tutto ci che universale e divino, ed afferma che tutto avviene .
praep. evang. XIV 27, 4. Lo stesso Democrito, a quanto si
riferisce, diceva che

per caso, mentre poi, bandisce il caso dalla vita degli uomini e
biasima come ignoranti coloro che lo tengono in gran conto.
68 B 119. [29-30 N.] DIONYS. ap. EUSEB. praep. evang.
XIV 27, 5. Iniziando dunque le esortazioni, Democrito dice:
Gli uomini... della propria mancanza di senno [cfr. il testo
qui sotto]. Per sua natura infatti il caso contrasta con la
saggezza; ed essi dicono che proprio quello che vi di pi
nemico alla saggezza domina su di essa; o piuttosto,
sopprimendo e facendo scomparire questa, mettono quello al
posto suo: infatti essi esaltano non la saggezza come fortunata,
ma il caso come sommamente saggio. STOB. ecl. II 8, 16. Di
Democrito: Gli uomini... sa dirigere le cose. EPIC. sent. 16
p. 74, 17. Solo per brevi momenti il caso riesce a insinuarsi
nella vita del saggio, mentre le azioni pi grandi e pi
importanti le ha dirette la riflessione e le dirige e diriger per
tutto il tempo della vita.

68 B 119. [29-30 N.] DIONYS. Bischof von Alexandrien, bei


EUS. P. E. XIV 27, 5 [II 166. 16 App.] . . . .
' . . . '.



, [II 166.
20 App.] ' . STOB. II
8, 16 - . . . . . EPICUR. Sent. 16 [p.
74, 17 Us.] ,

.
[
167. 1 App.] . ,
.

Gli uomini si sono foggiato l'idolo del caso come una scusa per
la propria mancanza di senno. Perch raramente il caso viene in
contrasto con la saggezza, mentre il pi delle volte nella vita
lo sguardo acuto dell'uomo intelligente quello che sa dirigere le
cose.
68 B 120. EROTIAN. q. f. lex. Hipp. p. 131, 12. Egli denomin 68 B 120. EROTIAN. p. 90, 18 N.
vene non quelle che sono per solito chiamate cos, ma le
, . .
arterie. E Democrito chiama [pulsazione delle
[II 167. 5] .
vene] la pulsazione delle arterie.
68 B 121. EUSTATH. in Od. II 190 p. 1441 [da Filosseno, Dei 68 B 121. EUSTATH. zu 190 p. 1441 [aus Philoxenos
comparativi]. Democrito dice [ =
] . '' .
appropriatissimo].
68 B 122. ETYM. GEN. [vuotare, spogliare] =
68 B 122. ETYM. GEN. :
[svuotare], verbo tratto dal nome del lapazio, erba . .
che ha la propriet di vuotare l'intestino. E Democrito chiama [II 167. 10]
'lapazi', a cagione appunto dell'essere vuotate, quelle fosse che . ANECD. BEKER LEX.
scavano i cacciatori. ANECD. GR. ed. Bekker Lex. VI 374, 14. VI 374, 14 .
Sicuramente Democrito dice che si chiamano lapazi quelle

fosse scavate dai cacciatori, al di sopra delle quali si versa della , ,
cenere fina dopo di avervi gettato una copertura di rami secchi .
perch le lepri ci vadano a cascare dentro.
68 B 122 a. ETYM. GEN. [donna]... o, come vuole
68 B 122 a. ETYM. GEN. [II 167. 15 App.] : ... , .,
Democrito, equivale a [seme genitale], cio quella che
, .
riceve il seme genitale.
68 B 123. ETYM. GEN. [immagine]: secondo
68 B 123. ETYM. GEN. : '
Democrito, un effluvio che mantiene l'aspetto esteriore degli .
oggetti rappresentati.
68 B 124. [GALEN] defin. med. 439 [XIX 449 Khn]. Lo
68 B 124. [GALEN] d. defin. med. 439 [XIX 449 K.]
sperma, come dicono Platone [Tim. 91 A] e Diocle [fr. 170 p. [Tim. 91 A]
196], una secrezione del cervello e della spina dorsale: invece [fr. 170 p. 196 Well.] [II 167. 20 App.]

secondo Prassagora, Democrito ed anche Ippocrate, lo sperma


deriva da tutto quanto il corpo, e Democrito lo afferma in
questo modo:
L'uomo proviene dall'intero uomo.
68 B 125. GALEN. de med. emp. fr. ed. H. Schne [Berl.
Sitzb. 1901] 1259, 8. Ed infatti, chi non pu neppure stabilire
principio alcuno senza tener conto dell'evidenza sensibile,
come sarebbe credibile costui qualora si mettesse a parlare con
alto spregio di quell'evidenza da cui ha attinto i suoi principi?
Ben conscio di questo, anche Democrito, quando svaluta i dati
del senso dicendo:

.
, .
' '[?].

68 B 125. GALEN. de medic. empir. fr. ed. H. Schne [II 168.


1 App.] [Berl. Sitz. Ber. 1901] 1259, 8 '
, , '
, ;
. , , [II 168. 5 App.]
' , , ', , '
' ',
' , '
Opinione il colore, opinione il dolce, opinione l'amaro, verit ;
'. Vgl. 59 B 21a, 68 A 49. B 9. 117.
gli atomi e il vuoto,
immagina poi che i sensi si rivolgano alla ragione con queste
parole [cfr. B 9 e 117]:
O misera ragione, tu, che attingi da noi tutte le tue prove, tenti
di abbattere noi? Il tuo successo significherebbe la tua rovina.
68 B 126. GALEN. de differ. puls. I 25 [VIII 551 Khn; sulla
pulsazione fluttuante e vermicolare]. Quello che hanno di
comune - e da cui prendono anche il nome l'una e l'altra - la
pulsazione fluttuante e quella vermicolare che la prima
consiste nel sollevarsi dell'un flusso sull'altro nell'arteria come
fanno le onde, mentre la seconda somiglia al movimento del
verme, giacch questo animale si muove fluttuando, come dice
anche Democrito discorrendo di quegli esseri che nel loro
movimento errano fluttuando. ARISTOT. hist. anim. E 19.
551 b 6. Anche i 'misuratori' e le falene geometre83* son
generati da altri di questi esseri che ondeggiano nel muoversi e
che riescono ad avanzare inarcandosi e procedendo con la
restante parte del corpo.
68 B 127. HERODIAN.
[Prosodia generale] ap. EUSTATH. in Od. XIV 428 p. 1766
[II 445, 9]. E Democrito:
Gli uomini provano piacere nello strofinarsi e ci provano lo
stesso godimento che si ha nel congiungimento amoroso.
68 B 128. HERODIAN. ap.
THEOGNOST. 79 [I 355, 19]. Nessun nome neutro, tra quelli
a un sol genere, possibile trovare che esca in o in
o in o in o in . Il neutro in Democrito
coniato arbitrariamente.
68 B 129. HERODIAN. [sulle variazioni dei
vocaboli] in ETYM. GEN. s. v. [1I 253 Lenz]. E
inoltre come fa , cos anche fa
. Democrito:

68 B 126. GALEN. de differ. puls. I 25 [VIII 551 K. ber den


und ] [II 168. 10]
, ' ,
'
,
, .
[II 168. 15 App.]
' '.
ARISTOT. Hist. anim. E 19. 551 b 6
,
.
68 B 127. HERODIAN. [II 168. 20] . . . bei
EUSTATH. zu 428 p. 1766 [II 445, 9 L.] . '

'.

68 B 128. [II 169. 1] HERODIAN. . . . bei


THEOGN. 79 [I 355, 19 L.]
.
- .
68 B 129. HERODIAN. in ET. GEN. s.
[II 253 Lenz]. [II 169. 5 App.] ,
, . .
. Vgl. B 18. 21. 112.

Cose divine pensano [] nell'animo.


68 B 129 a. HERODIAN. epimer. Hom. 396, 11 [II 224]. ... e 68 B 129 a. HERODIAN. Epimer. Hom. 396, 11 [II 224 n. L.]
da , in Democrito, [ stato piegato] senza il . - .
68 B 130. HESYCH. [?]: fermagli cavi, in
68 B 130. HESYCH.
Democrito.
- .
68 B 131. HESYCH. [impraticato]: ci che
68 B 131. HESYCH. [II 169. 10 App.] :
disposto in maniera non usuale, in Democrito.
- .
68 B 132. HESYCH. [ ? = non obliquo, 68 B 132. HESYCH. : - .
non zoppo]: equilatero, in Democrito.
68 B 133. HESYCH. [umido, molle, agg. m. e. f.]: 68 B 133. HESYCH. : . -

quella che umida e tenera. Democrito.


.
68 B 134. HESYCH. [capestro]: correggia [], 68 B 134. HESYCH. : - , , .
Democrito; capestro [], legame [].
68 B 135. HESYCH. [recipienti]: recipienti per
68 B 135. HESYCH. : ,
l'acqua; e nel corpo le vene. Di Democrito.
. [II 169. 15 App.] - .
68 B 136. HESYCH. [copre]: chiude con un coperchio, 68 B 136. HESYCH. : - . Vgl.
in Democrito.
: .
68 B 137. HESYCH. [comunanza di origine]:
68 B 137. HESYCH. : . - .
costituzione naturale []. Democrito.
Ohne Autorname:
68 B 138. [Senza attribuzione:] [cangiamento 68 B 138. [II 169. 20 App.] : .
dei mondi]: .
68 B 139. HESYCH. [cangiar di forma]:
68 B 139. HESYCH. :
modificare la propria composizione o subire una metamorfosi . Vgl. B 8a. - 68 B 139a.
[cfr. B 8 a].
: .
68 B 140. HESYCH. / [benessere]: ... [equivale a]
68 B 140. HESYCH. [II 170. 1] : ...
felicit, [vocabolo tratto] dallo star bene nella vita domestica . Vgl. II 90, 26. 129, 15. 132, 11.
[cfr. A 33 (II 4); A 167; B 4].
68 B 141. HESYCH. [idea]: la somiglianza, la forma,
68 B 141. HESYCH. : , , .
l'aspetto esteriore. Anche nel senso di corpo minimo [cfr. B 6]. . Vgl. B 6. A 57.
68 B 142. OLYMPIOD. in Plat. Phileb. p. 242. Perch questo 68 B 142. OLYMPIOD. in Plat. Phileb.2 p. 242 Stallb. [II 170.
s grande timore di Socrate di fronte ai nomi degli di? Forse 5 App.]
perch da tempo questi nomi propri sono consacrati loro
[vgl. Phileb. p. 12 C];
dall'uso patrio ed sconveniente andare a smuovere le cose

tradizionalmente immobili, o perch i nomi sono loro

appropriati per natura secondo la dottrina esposta nel Cratilo, o , [II 170. 10]
perch sono immagini parlanti anche questi degli di, come
.; [Vgl. B 26 II 148, 8]. HIEROCL. in Pyth. c. aur.25
vuole Democrito? [Cfr. B 26] HIEROCL. in Pyth. carm. aur.
25. Il nome di Zeus simbolo e racchiude nel suono

l'immagine dell'essenza creatrice, poich coloro che per primi
imposero i nomi alle cose per la superiorit del loro sapere,
'
vollero, a guisa di scultori eccellenti, valendosi dei nomi come .
di immagini, render manifeste le qualit delle cose significate.
68 B 143.PHILOD. de ira 28, 17. Sventure numerose e di ogni 68 B 143. PHILOD. de ira 28, 17 G. [II 170. 15 App.]
genere accadono e ad amici e ad altri congiunti, e talora a paesi
e regni, e non soltanto anticamente quando quell'ira famosa
, ' ,
infiniti addusse lutti agli Achei, ma ogni giorno, e poco ci
, ' '
manca che tutti i mali, quanti mente umana ne potrebbe
, ' , '
pensare non siano la conseguenza dell'ira smodata [cfr. 70 B ' ''
2].
[II 170. 20 App.] . Vgl. 70 B 2.
68 B 144. PHILOD. de mus. IV 36 p. 108, 29. Democrito
68 B 144. PHILOD. de music. 31 p. 108, 29 Kemke .
dunque, che fu non soltanto il pi profondo conoscitore della , ,
scienza della natura tra tutti gli antichi, ma anche non inferiore ,
per zelo d'indagine a nessuno degli empirici, afferma che la

musica pi giovane e ne spiega la cagione dicendo ch'essa
, [II 170. 25]
non fu prodotta dalla necessit, ma sorse dal lusso gi
.
sviluppato.
68 B 144 a. PHOT. lex. A p. 106, 23 Reitzenstein. 68 B 144 a. PHOTIUS LEx. A S. 106, 23 Reitzenstein. [II 171.
[risalir], Democrito: Mi rifar alle cose dette da principio 1 App.] .:
[cfr. HESYCH. s. v.].
. Vgl. HESYCH. s. v.
68 B 145. [105 N.] PLUTARCH. de puer. ed. 14 p. 9 F [cfr. A 68 B 145. [105 N.]. PLUT. de puer. ed. 14 p. 9 F [Vgl. A 1 II
1, 36]. Il discorso l'ombra dell'azione, secondo Democrito.
82, 14]. , .
68 B 146. [13 N.] PLUTARCH. de prof. virt. 10 p. 81 B. [Si
68 B 146. [13 N.]. [II 171. 5 App.] PLUT. de prof. in virt. 10
mostra con l'astenersi dai piaceri senza dar pubblicit ai
p. 81 A Durch Enthaltsamkeit zeigt man
propri atti, che] la ragione ormai educata nel suo intimo e

ben radicata in se stessa, e che, secondo il precetto di
.
Democrito, si abituata a trarre le soddisfazioni soltanto da se
stessa.
68 B 147. [23 N.] PLUTARCH. de sanit. praec. 14 p. 129 A. 68 B 147. [23 N.]. PLUTARCH. de sanit. praec. 14 p. 129
strano che noi facciamo tanta attenzione al gracchiare dei corvi, A [II 171. 10 App.]

al crocidare delle galline e alle scrofe che folleggiano nel


letame, come dice Democrito, per trarne presagi sui venti e
sulle piogge; e che invece non prevediamo n preveniamo i
movimenti e le agitazioni e i sintomi di malessere nel nostro
corpo e che non possiamo avere indizio di un accesso che ci
coglier e che imminente. CLEM. ALEX. protr. 92, 4 [I 68,
7]. Alcuni, a guisa dei vermi che si aggirano intorno alle paludi
e ai pantani, avvolgendosi nei flutti del piacere, si pascono di
inutili e stolte lussurie, certi uomini suini. I maiali, infatti,
godono nel sudiciume pi che nell'acqua pura [cfr. 22 B 13] e
folleggiano nel letame, come dice Democrito. Cfr.
[THEOPHR.] de sign. 49. E quello che popolarmente
dappertutto si dice indizio di cattivo tempo, quando i maiali
battagliano e si avvoltolano nel letame... ARAT. 1123. Le
scrofe folleggianti nel letame.


, .,
,


. CLEM.
Protr. 92, 4 (I 68, 7 St.)
[II 171. 15 App.]

, . , ,
[Vgl. 22 B 13. 37]
. Vgl.
[THEOPHR.] de sign. 49
,
. ARAT. 1123. [II171. 20 App.]
.

I maiali folleggiano nel letame.


.
68 B 148. PLUTARCH. de am. prol. 3 p. 495 E. Quando
68 B 148. PLUT. de am. prol. 3 p. 495 E
l'utero abbia ricevuto il seme genitale e l'abbia circondato, dopo
che esso abbia preso radice (infatti, come dice Democrito:
('
, ., [II 171. 25 App.]
per primo nella matrice si forma l'ombelico, che rappresenta un ,
) [II
ancoraggio contro l'agitazione e gli spostamenti, come un
172. 1 App.] .
ormeggio o un vinciglio per il frutto che verr generato e si
Vgl. PLUT. de fort. Rom. 2 p. 317 A.
svilupper),
l'organo genitale femminile chiude i condotti mestruali ed
espurgatori ecc. [cfr. PLUTARCH. de fort. Rom. 2 p. 317 A].
68 B 149. [49 N.] PLUTARCH. anim. an corp. aff. 2 p. 500 D.
E diciamo dunque cos a noi stessi: il corpo, o uomo, molte
malattie e sofferenze ti produce naturalmente da se stesso e
molte ne riceve di accidentali dal di fuori; ma

68 B 149. [49 N.]. PLUTARCH. Animine an corp. aff. 2 p. 500


D , , ,
[II 172. 5 App.]

,
se aprirai il tuo interno, troverai un magazzino o uno scrigno di , .,
, '
mali ben singolare e tormentoso,
,
.
come dice Democrito; e mali non affluenti dall'esterno, ma
come aventi nell'animo le proprie fonti sotterranee e naturali
che scaturiscono per impulso della malvagit, cos facile a
prorompere e pronta alle passioni.
68 B 150. [109 N.] PLUTARCH. quaest. conv. I 1, 5 p. 614 D- 68 B 150. [109 N.]. PLUT. Quaest. conv. I 1, 5 p. 614 D E [II
E. Cos le questioni facili muovono gradevolmente e utilmente 172. 10 App.]
gli animi, Ma bisogna evitare i discorsi degli attaccabrighe,
,
come dice Democrito, e degli avvolgitori di corde84* [cfr.
. Vgl.
STRAB. I 65 C, 85, 31 Meineke; CLEM. ALEX. strom. I 22 STRAB. I 65 C, 85, 31 M.; CLEM. Strom. I 22 [II 14, 25 St.].
(II 14, 25)].
68 B 151. [230 N.] PLUTARCH. quaest. conv. II 10, 2 p. 643 68 B 151. [230 N.]. PLUT. Quaest. conv. II 10, 2 p. 643 F
F. In un pesce in comune non ci sono spine, come dice
[II 172. 15 App.] ,
Democrito.
.
68 B 152. PLUTARCH. quaest. conv. IV 2, 4 p. 665 F.
68 B 152. PLUT. Quaest. conv. IV 2, 4 p. 665 F
L'elemento igneo che costituisce la folgore meraviglioso per ,
acutezza e per sottigliezza, per la ragione appunto che esso ha
origine da una sostanza pura e sacra e che la velocit del suo
movimento tale che pu espellere violentemente e totalmente . ' [
purificare qualunque sostanza umida o terrosa che con essa si 172. 20 App.] , ., '
trovi mescolata. Dice Democrito:
'.
Non c' folgore di Zeus che non conservi il puro splendore

dell'etere.
68 B 152 a. PLUTARCH. quaest. conv. VIII 10, 2 = A 77.
68 B 152 a. PLUT. Quaest. conv. VIII 10, 2 = A 77. [II 173. 1]
68 B 153. [150 N.] PLUTARCH. resp. ger. praec. 28 p. 821 A. 68 B 153. [150 N.]. PLUT. resp. ger. praec. 28 p. 821 A '
L'uomo politico non disdegner l'onore e il favore veri, fondati
sulla benevolenza e sulla memore disposizione degli animi, e ,
neppure, come pareva opportuno a Democrito, schiver,
[II 173. 5 App.]
tenendo in non cale la fama, di piacere ai vicini. PHILOD. , . PHILOD. de adulat. pap. 1457 col. 10
de adulat. pap. 1457 col. 10 [Crnert Kolot. p. 130]. E piuttosto [Crnert Kolot. S. 130]
anche i semplici privati guardano alle cose che posseggono
.
senza provare un tale desiderio di piacere agli altri. Si trova

pertanto, non so come, d'accordo con gli epicurei Nicasicrate85* [][] [] '
che loda Democrito perch questi biasima come dannoso il
[II 173. 10 App.] .
desiderare l'altrui favore [nella massima] intorno al piacere ai
vicini
68 B 154. PLUTARCH. de sollert. an. 20 p. 974 A. Noi siamo 68 B 154. PLUT. de sollert. an. 20 p. 974 A '
discretamente ridicoli, quando celebriamo le bestie come
, .
modelli per la nostra capacit di imparare, arrivando sino al
:
punto di Democrito che dichiara che:
,
, [II 173. 15 App.] ,
noi siamo stati discepoli delle bestie nelle arti pi importanti: , .
del ragno nel tessere e nel rammendare, della rondine nel
costruire le case, degli uccelli canterini, del cigno e
dell'usignuolo nel canto, con l'imitazione.
68 B 155. PLUTARCH. de comm. not. 39 p. 1079 E. Ed
68 B 155. PLUT. de comm. not. 39 p. 1079 E
ancora, vedi in qual modo [Crisippo] rispose, da fisico e con [Chrysippos]
successo, a Democrito. Giacch questi sollevava questa

difficolt:
,
, [II 173. 20] ;
Se un cono viene secato da un piano parallelo alla base, come [II 174. 1]

si dovranno immaginare le superficie di sezione? verranno
uguali o disuguali? Perch, se saranno disuguali, renderanno , '
irregolare il cono che verr ad avere tante incisioni e scabrosit ,
, [II 174. 5 App.]
a gradini; ma se saranno uguali le superficie saranno uguali
. Vgl. B 155 a.
anche le sezioni e il cono verr ad assumere l'aspetto del
cilindro, in quanto risultante dalla sovrapposizione di cerchi
uguali e non disuguali: il che sommamente assurdo.
68 B 155 a. ARISTOT. de caelo 8. 307a 17
. SIMPL. de caelo p.
662, 10 ... (ARISTOT. 307a
2) , '
, [II 174. 10 App.]
.
G ARCHIMED. de mechan. theor. ad Eratosth. meth. [ed.
G ARCHIMED. de mechan. theor. ad Eratosth. meth. [ed.
Heiberg, Herm., XLII, p. 245, 23]. Perci appunto anche
Heiberg, Herm., XLII, p. 245, 23] . . .
circa questi teoremi sul cono e sulla piramide, di cui Eudosso ,
ha trovato per primo la dimostrazione, e cio che il cono la , ,
terza parte del cilindro e la piramide del prisma che abbiano la ,
medesima base e uguale altezza, non piccola parte di merito , ,
da attribuire a Democrito che per primo formul, senza

dimostrazione, l'enunciato relativo alle figure suddette. /

. /
68 B 156. PLUTARCH. adv. Col. 4 p. 1108 F. Gli rimprovera 68 B 156. PLUT. adv. Colot. 4 p. 1108 F '
[Colote a Democrito] anzitutto che, col dire di ciascuna cosa [Kolotes dem Demokr.] ,
che non tale piuttosto che tale, ha sovvertito la vita. Ma

Democrito, in realt tanto lontano dal giudicare indifferente .
che ciascuna cosa sia tale piuttosto che tale, che anzi polemizz [II 174. 15 App.] ,
col sofista Protagora che ci sosteneva e scrisse contro di lui
molte cose assai efficaci; ma siccome Colote non ha mai
'
veduto quegli scritti neanche in sogno, si ingannato sul valore ,

dell'espressione democritea, nella quale si determina soltanto


che

,
[II 175. 1] , ,
.

l'ente [] non esiste a maggior ragione del niente [],


designando con ente [] il corpo, con niente [] il
vuoto, giacch per Democrito anche il vuoto ha una sua propria
natura e realt.
68 B 157. [133 N.] PLUTARCH. adv. Col. 32 p. 1126 A. ...
68 B 157. [133 N.]. PLUT. adv. Col. 32 p. 1126 A
coloro che sono vissuti secondo rette istituzioni familiari e

civili... E son proprio tutti questi, coloro che Colote vitupera. ; ' [II 175. 5 App.]
Tra di essi86* Democrito che esorta
. .

ad apprendere l'arte politica, come la pi alta, e ad affrontare , '
. Vgl. PLUT. adv. Col. 1 p. 1100 C
quelle fatiche da cui provengono agli uomini grandezza e
. . . , '
magnificenza [cfr. PLUTARCH. adv. Col. 1 p. 1100 C].
(?) .
68 B 158. [129 N.] PLUTARCH. de lat. viv. 5 p. 1129 E. ... il 68 B 158. [129 N.]. PLUT. de lat. viv. 5 p. 1129 E [II 175. 10
sole, sorgendo,... ridesta con la sua luce le opere e i pensieri di App.] ...
tutti, come dice Democrito. Gli uomini, che pensano ogni
, . '
giorno nuove cose, tirati dall'impulso che li porta gli uni verso
gli altri come da un canapo teso, si levano su, chi da una parte,
chi dall'altra, per ridarsi alle opere loro [Cfr. PLUTARCH.
. Vgl. PLUT. Qu. conv. III 6, 4 p. 655 D.
quaest. conv. III 6, 4 p. 655 D; VIII 3, 5 p. 722 D; 22 B 6].
[II 175. 15 App.] VIII 3, 5 p. 722 D und Heraklits Wort 22 B
6.
68 B 159. [22 N.] PLUTARCH. fr. de libid. et aegr. 2. Pare che 68 B 159. [22 N.] PLUT. fragm. de libid. et aegr. 2
sia abbastanza antica codesta querela87* del corpo contro

l'anima a proposito delle passioni. E Democrito, attribuendo
. .
all'anima la causa della infelicit, dice:
: '
, [II 175. 20 App.]
Se il corpo la [= l'anima] chiamasse in giudizio a motivo dei ,
dolori e delle sofferenze ch'esso ha provato durante tutta la ,
vita, ed io mi trovassi ad essere il giudice della lite, volentieri , '
, [II
condannerei l'anima per tutte queste cause, per aver essa
176. 1 App.] ,
danneggiato il corpo con le sue trascuratezze, per averlo
estenuato con le sbornie, per averlo rovinato e trascinato di qua
'. Vgl. PLUT. de sanit. praec. 24 p.
e di l con le bramosie dei piaceri,88*
135 E
come se, trovando uno strumento o un utensile qualsiasi ridotto . [II 176. 5 App.]
in cattivo stato, incolpasse colui che l'ha usato senza riguardo. ,
,
Cfr. PLUTARCH. de sanit. praec. 24 p. 135 E. ... 89* o per
calunniare altrui, o per invidia, o perch sono attaccabrighe, o .
perch van dietro a una fama inconsistente e senza frutto. E
credo che soprattutto guardando a costoro Democrito disse che,
se il corpo dovesse giudicare l'anima in un processo per mali
trattamenti, l'anima non sarebbe certamente assolta.
68 B 160. PORPHYR. de abst. IV 21. Il viver male,
68 B 160. PORPHYR. de abst. IV 21
stoltamente, nell'intemperanza, nell'empiet, secondo
.
Democrito non un viver male, ma un prolungato morire.
, .
68 B 161. SCHOL. APOLLON. RHOD. III 533. Anticamente 68 B 161. SCHOL. APOLL. RHOD. III 533 [II 176. 10
le maghe credevano di far discendere la luna e il sole. Perci, App.]
ancora sino ai tempi di Democrito molti chiamavano le eclissi .
'abbassamenti'.
.
68 B 162. SCHOL. HOM. AB Il. XIII 137. Democrito chiama 68 B 162. SCHOL. in HOM. AB zu XIII 137 .
'a rotolo' la figura cilindrica.
.
68 B 163. SEXT. EMP. adv. math. VII 53. Seniade di
68 B 163. SEXT. adv. math. VII 53 [II 176. 15 App.]
Corinto,90* del quale fa menzione anche Democrito [cfr. cap. , . . Vgl. c. 81.
81].
68 B 164. SEXT.EMP. adv. math. VII 116. ... antica...
68 B 164. SEXT. adv. math. VII 116 ...

... (117) '


. . '
, , [II 176. 20]
[ 177. 1 App.]
Anche gli animali, infatti - egli dice - si raggruppano coi loro
simili, come colombi con colombi, gru con gru, e cos via per . ,

tutti gli altri esseri privi di ragione; parimenti accade per gli
esseri inanimati, come possibile vedere nei semi che vengono
[II 177. 5]
passati al vaglio e nei ciottoli sulle spiagge;

,
infatti, qui per il vortice prodotto dal vaglio si dispongono

separatamente lenticchie con lenticchie, orzo con orzo e
frumento con frumento, l per il movimento dell'onda i ciottoli ,
[II 177. 10 App.]
oblunghi vengono spinti nel medesimo luogo degli altri
'.
oblunghi, quelli rotondeggianti nel luogo degli altri
' . [Vgl. A 128].
rotondeggianti, come se la somiglianza avesse il potere di
raccogliere insieme le cose.
l'opinione che i simili hanno la propriet di far conoscere i
simili... (117) Ma Democrito applica il suo ragionamento agli
esseri animati e inanimati.

Cos dunque Democrito [cfr. A 128].


68 B 165. SEXT. EMP. adv. math. VII 265. E quel Democrito 68 B 165. SEXT. adv. math. VII 265 .
che fu paragonato alla voce di Zeus e che in questa trattazione
discorre di tutte le cose tent bens di esporre la propria
[Anfang d. ? vgl. ordiri Z. 17]
concezione [il concetto di uomo], ma, al di l della pura e
[den Begriff ] ,
banale enunciazione, nulla concluse dicendo: L'uomo ci
[II 177. 15 App.]
che tutti sappiamo. CICER. ac. pr. II 23, 73. E che dir di
' '. CIC. Ac. pr. II
Democrito? Chi si pu paragonare con lui per grandezza non 23, 73 quid loquar de Democrito? quem cum eo conferre
solo d'ingegno ma anche d'animo? Giacch egli os cominciare possumus non modo ingenii magnitudine, sed etiam animi? qui
cos: In questa trattazione discorro di tutte le cose! Nulla
ita sit ausus ordiri "haec loquor de universis". nihil excipit de
esclude con l'intenzione di non occuparsene: infatti che vi pu quo non profiteatur, quid enim esse potest extra universa? ...
essere oltre tutte quante le cose?... Eppure egli non parla come atque is non hoc dicit quod nos qui veri [II 177. 20 App.] esse
noi, che non neghiamo che vi sia qualcosa di vero, bens
aliquid non negamus, percipi posse negamus ille esse verum
escludiamo che lo si possa conoscere: egli nega addirittura che plane negat sensusque idem non obscuros dicit, sed
vi sia il vero e per giunta chiama i sensi non gi oscuri, ma
tenebricosos [wohl vgl. B 11] sic enim appellat eos.
'involti nelle tenebre': perch proprio cos li denomina. Cfr.
Vgl. ARISTOT. de partt. anim. A 1. 640 b 29
ARISTOT. de part. anim. A 1. 640 b 29. E allora, se ciascuno
degli animali e cos le loro singole membra sono differenziati , .
per la configurazione e il colore, bisognerebbe dire che
. [II 177. 25]
Democrito ragiona rettamente: giacch tale sembra che sia il ,
suo concetto. Egli dice dunque che ad ognuno evidente che .
l'uomo caratterizzato dalla sua forma,91* dato che gli elementi , [II 178. 1 App.] '
che lo rendono riconoscibile sono la figura e il colore;
. EPICUR. fr. 310 [SEXT. VII 267]
sennonch anche il cadavere ha la medesima forma, quanto alla ' .
figura [esteriore], e tuttavia non uomo. EPIC. fr. 310 [SEXT. .
EMP. adv. math. VII 267]. L'uomo una figura cos e cos,
...
dotata di vita. [Presunto inizio della Piccola Cosmologia:]
In questa trattazione discorro di tutte le cose... l'uomo ci che
tutti sappiamo.
68 B 166. SEXT. EMP. adv. math. IX 19. Democrito afferma
che dei simulacri si avvicinano agli uomini e che ve ne sono
alcuni che portano bene e altri che portano male: quindi egli si
augura che gli capitino dei simulacri di buon presagio. Questi
simulacri sono grandi, di alta statura e si dissolvono
difficilmente, senza essere proprio immortali; essi
preannunciano agli uomini l'avvenire, apparendo loro ed
emettendo voci. Si spiega quindi come gli antichi, ricevendo le
rappresentazioni sensibili di questi esseri, immaginarono che
ci rappresentasse la divinit, non esistendo altro dio fornito di
natura immortale all'infuori di questi esseri [cfr. A 78].
68 B 167. SIMPLIC. phys. 327, 24 [= A 67].

68 B 166. SEXT. adv. math. IX 19 [II 178. 5 App.] .




.
, ,

[II 178. 10 App.] .
,
[]
. Vgl. A 78. C 2. 5.
68 B 167. SIMPL. Phys. 327, 24 [s. A 67 II 101, 5]

.
... dal tutto si distacc un vortice di forme [atomi] d'ogni
genere.
68 B 168. SIMPLIC. phys. 1318, 34 [= A 58]. ... perch sono
questi [gli atomi] che essi chiamano natura... infatti essi
dicono che si rimescolano.
68 B 169. [192 N.] STOB. II (ecl. eth.) 1, 12. Di Democrito.

68 B 168. SIMPL. Phys. 1318, 34 [II 178. 15 App.] [= A 58 II


99, 6]. ... [die Atome] ...
.
68 B 169. [192 N.]. STOBAEUS II (Ecl. eth.) 1, 12 Wachsm.
- . ,
Non sforzarti per sapere tutte le cose, perch c' rischio che tu .
[104 N.]. STOB. II 4, 12 = B 51.
finisca ignorante su tutte.
[104 N.] STOB. II 4, 12 = B 51.
68 B 170. [9 N.] STOB. II 7, 3 i [cfr. A 167].
68 B 170. [9 N.]. STOB. II 7, 3 i [II 178. 20] [s. A 167]
.
All'anima appartengono la felicit e l'infelicit.
68 B 171. [10-11 N.] STOB. II 7, 3 i [dopo B 170].
68 B 171. [10-11 N.]. STOB. II 7, 3 i [nach B 170] [II 179. 1
App.]
. Vgl. Heraklit B 119.
La felicit non consiste negli armenti e neppure nell'oro;
l'anima la dimora della nostra sorte.
68 B 172. [26 N.] STOB. II 9, 1. Di Democrito.
68 B 172. [26 N.]. STOB. II 9, 1 - . '
, [II 179. 5 App.]
Donde ci vengono i beni, di l stesso ci possono venire anche i ' ,
mali; ma contro i mali possono servire da rimedio appunto i .
beni .92* Cos le acque profonde sono utili sotto molti riguardi .
, .
e anche dannose: perch c' rischio di affogare. Si quindi
trovato il mezzo efficace: insegnare a nuotare.
68 B 173. [25 N.] STOB. II 9, 2 [cfr. III 4, 51]. Dello stesso. 68 B 173. [25 N.]. STOB. II 9, 2 [vgl. III 4, 51] .
[II 179. 10 App.] ,
'
Agli uomini dai beni possono venire dei mali, qualora uno i
. , '
beni non sappia dominarli e portarli con mano abile. Non
giusto, dunque, in questi casi considerarli come dei mali, ma
sempre come beni; ed possibile anche servirsi dei beni contro , , .
i mali, se uno volenteroso, come mezzo per respingerli.
68 B 174. [47 N.] STOB. II 9, 3.
68 B 174. [47 N.]. STOB. II 9, 3 [II 179. 15 App.]

93
[ 180. 1 App.]
L'uomo che sempre portato di buon animo * a compiere
'
opere giuste e conformi alle leggi, giorno e notte lieto e si
, ,
sente sicuro e sta senza affanni; ma chi non tien conto della
giustizia e non fa ci che si deve fare, ha nel proprio agire un , .
motivo di insoddisfazione ogni volta che ci rifletta sopra, e
vive nel timore e si tormenta da s.
68 B 175. [24 N.] STOB. II 9, 4. Gli di dnno agli uomini
68 B 175. [24 N.]. STOBAEUS II 9, 4
tutti i beni, ora e sempre. Tranne che tutto quanto male e
[ 180. 5 App.]
dannoso e inutile, questo poi n ora n mai un dono elargito .
dagli di agli uomini; ma sono gli uomini stessi che ci vanno a , '
incappare per cecit d'intelletto e per mancanza di senno.
, '
.
68 B 176. [64 N.] STOB. II 9, 5.
68 B 176. [64 N.]. STOB. II 9, 5 , '
, [ 180. 10 App.] :
.
La fortuna prodiga di doni, ma incostante, la natura invece
basta a se stessa: perci essa vince, col poco ma sicuro, il molto [122 N.]. STOB. II 15, 33 ... = B
53 a.
che la speranza pu offrire.
[121 N.]. STOB. II 36 = B 55.
[122 N.] STOB. II 15, 33 = B 53 a.
[121 N.] STOB. II 36 = B 55.
68 B 177. [124 N.] STOB. II 40. Di Democrito.
N un discorso buono cancella una cattiva azione n una buona
azione viene distrutta da un discorso calunnioso.
68 B 178. [198 N.] STOB. II 31, 56. Dello stesso.

68 B 177. [124 N.]. STOB. II 40 - .


[II 180. 15]
.
68 B 178. [198 N.]. STOB. II 31, 56 [II 181. 1 App.] - .

Il peggiore di tutti i mali per la giovent sta nell'educarla alla


leggerezza: perch proprio questa che alimenta quelle
passioni da cui deriva la malvagit.
68 B 179. [197 N.] STOB. II 57. Dello stesso.


,
.

68 B 179. [197 N.]. STOB. II 57 .


[ 181. 5 App.] '
'
I ragazzi, abbandonati a se stessi, alla maniera dei barbari, a
94
non faticare, * non apprenderebbero n il leggere e scrivere n ,
la musica n la ginnastica n ci che pi di tutto costituisce il .
vero fondamento della virt, il senso dell'onore: poich proprio
attraverso quelle discipline suol sorgere [nei giovani] il senso
dell'onore.
68 B 180. [183 N.] STOB. II 31, 58. Dello stesso.
68 B 180. [183 N.]. STOB. II 31, 58 .
La cultura , quando si felici, un adornamento, un rifugio
, .
quando si infelici.
[zitiert von Aristototeles [II 181. 10] b. STOB. II 31, 35.].
[Attribuzione dubbia, cfr. Aristotele in STOB. II 31, 35]
68 B 181. [44 N.] STOB. II 31, 59. Dello stesso.
68 B 181. [44 N.]. STOB. II 31, 59 . '

.
Riuscir meglio, volendo indurre alla virt, chi rivolge
,
esortazioni e cerca di persuadere col ragionamento anzich
[II 182. 1 App.]
colui che ricorre alla legge e alla costrizione. Infatti uno
portato naturalmente a sfogarsi di nascosto, se soltanto la legge .

lo trattiene dall'agire ingiustamente, mentre non punto
naturale che chi stato indotto con la persuasione a riconoscere .
[187 N.]. STOB. II 31, 65 - = B 33.
il dovere compia azioni scorrette n di nascosto n
palesemente. E perci uno che agisce rettamente perch
guidato dall'intelligenza e dal sapere diviene uomo di coraggio
insieme e di senno sicuro.
[187 N.] STOB. II 31, 65 = B 33.
68 B 182. [189 N.] STOB. II 31, 66. Dello stesso.
68 B 182. [189 N.]. STOB. II 31, 66 [II 182. 5 App.]
.
L'istruzione produce le belle azioni imponendoci sforzi, mentre , '
.
le azioni basse vengono da s senza fatica. E proprio queste,
spesso, costringono ad esser tale [cio ignobile] suo malgrado .
[II 182. 10] [188 N.]. STOB. II 31, 71 = B 59.
un uomo che ha da natura l'animo disposto a debolezza.
[188 N.] STOB. II 31, 71 = B 59.
68 B 183. [185 N.] STOB. II31, 72. Dello stesso.
68 B 183. [185 N.]. STOB. II 31, 72 .

, ' .
Vi pu essere intelligenza nei giovani e inintelligenza nei
[108 N.]. STOB. II 31, 73 = B 85.
vecchi: perch la saggezza non la insegnano gi gli anni, ma
l'educazione dell'et giovanile e l'indole naturale.
[108 N.] STOB. II 31, 73 = B 85.
68 B 184. [194 N.] STOB. II 31, 90. Di Democrito.
La continua compagnia dei cattivi fa aumentare nell'uomo la
disposizione al male.
68 B 185. [201 N.] STOB. II 31, 94. Di Democrito.

68 B 184. [194 N.]. STOB. II 31, 90 [II 183. 1 App.] - .


.

68 B 185. [201 N.]. STOB. II 31, 94 - .



Valgon sempre di pi le semplici speranze delle persone colte . [II 183. 5 App.] Vgl. A 17.
che tutta la ricchezza degli ignoranti [cfr. A 17].
68 B 186. [212 N.] STOB. II 33, 9. Di Democrito.
68 B 186. [212 N.]. STOB. II 33, 9 - .
.
E' la comunanza dei sentimenti che fa nascere l'amicizia.
68 B 187. [18 N.] STOB. (flor.) III 1, 27 [cfr. B 36]. Di
68 B 187. [18 N.]. STOB. (Flor.) III t. 1, 27 Hense [vgl. B 36]
Democrito.
.

[II 183. 10 App.] ,
E' conveniente che gli uomini facciano conto dell'anima pi

.
che del corpo: perch la perfezione dell'anima fa scomparire la [45 N.]. STOB. II 1, 45 - = B 47.
deformit del fisico, mentre la forza del corpo scompagnata dal
raziocinio non rende affatto migliore l'anima.
[45 N.] STOB. II 1, 45 = B 47.
68 B 188. [2 N.] STOB. II 1, 46.
Godimento e scontentezza stanno a segnare la linea divisoria
tra le cose utili e le cose dannose [cfr. B 4].
68 B 189. [7 N.] STOB. III 1, 47.

68 B 188. [2 N.]. STOB. II 1, 46


. Vgl. B 4.

68 B 189. [7 N.]. STOB. III 1, 47 [II 183. 15 App.]



Ottima cosa per l'uomo passar la vita serbando il pi possibile . ' ,
la tranquillit dell'animo e affliggendosi il meno che si pu. E .
si potrebbe vivere cos, se non si riponesse il piacere in cose
passeggere e mortali.
68 B 190. [107 N.] STOB. III 1, 91. 68 B 190. [107 N.]. STOB. III 1, 91 [II 184. 1 App.] - .
.
[45 N.] STOB. III 1, 95 = B 41.
Dalle brutte azioni conviene distogliere anche il discorso.
[45 N.] STOB. III 1, 95 = B 41.
68 B 191. [52 N.] STOB. III 1, 210. Di Democrito.
68 B 191. [52 N.]. STOB. III 1, 210 - .
[II 184. 5 App.]
'
La tranquillit dell'animo ci procurata dalla misura nei
godimenti e dalla moderazione in generale nella vita: il troppo
. '
e il poco son facili a mutare e quindi a produrre grandi
.
turbamenti nell'animo. E quegli animi che sono sempre
[ 184. 10 App.]
sballottati tra gli estremi opposti non sono ben fermi n
tranquilli. Si deve, dunque, rivolger la mente alle cose possibili
e contentarci di quello che si ha, poco curandoci delle persone
,
che vediamo invidiate ed ammirate e senza tener sempre il
, (?),
pensiero dietro a loro; e si deve guardare, piuttosto, alla vita
[II 184. 15
che conducono quelli che son carichi di guai, riflettendo
seriamente a quel che essi sopportano, e allora quel tanto che App.] ,
possediamo presentemente ci apparir grande ed invidiabile, e .
non ci accadr pi di soffrire in cuor nostro per il desiderio di
beni maggiori. Difatti, se uno ammira i ricchi e tutti quelli che
[II 185. 1 App.]
dagli altri uomini son stimati fortunati e ad ogni momento il
'
suo pensiero rivolto a loro, sar costretto a cacciarsi
.
continuamente in cerca del nuovo e persino a desiderare di
compiere qualche azione irrimediabile, una di quelle azioni che , ,
son proibite dalle leggi. Perci bisogna non cercare tutto quel
[II 185. 5 App.]
che vediamo, ma contentarci di quel che abbiamo noi,
paragonando la nostra vita con quella di coloro che si trovano ,
.
in condizioni peggiori, e stimarci fortunati pensando quanto
sopportano essi e quanto migliore del loro il nostro stato. E se
, .
tu effettivamente ti atterrai a questo modo di considerare le
cose, vivrai con animo veramente tranquillo e respingerai da te
durante la vita non poche funeste ispiratrici, come l'invidia,
l'ambizione e la malevolenza.
68 B 192. [115 N.] STOB. III 2, 36. Di Democrito.
68 B 192. [115 N.]. STOB. III 2, 36 [II 185. 10 App.] - .
,
E' facile lodare ci che non da lodare e biasimare ci che non .
da biasimare: l'una e l'altra cosa per sono indizio di un
cattivo carattere.
68 B 193. [153 N.] STOB. III 3, 43. Di Democrito.
68 B 193. [153 N.]. STOB. III 3, 43 - .
, []
E' segno di prudenza il sapersi guardare da un'ingiustizia che .
sta per colpirci, ma di insensibilit il non vendicarci di
un'ingiustizia subita.

68 B 194. [36 N.] STOB. III 3, 46. Di Democrito.

68 B 194. [36 N.]. STOB. III 3, 46 [II 185. 15 App.] - .



Le grandi gioie si provano quando si spettatori di opere belle. .
68 B 195. [172 N.] STOB. III 4, 69. Di Democrito.
68 B 195. [172 N.]. STOB. III 4, 69 - ...
,
.
Immagini magnifiche a vedersi per vestiti e ornamenti, ma
prive di cuore.
68 B 196. [100 N.] STOB. III 4, 70.
68 B 196. [100 N.]. STOB. III 4, 70 [II 186. 1 App.]
. Gegensatz B 43.
Il dimenticare i propri errori ingenera l'arroganza.
68 B 197. [33 N.] STOB. III 4, 71.
68 B 197. [33 N.]. STOB. III 4, 71
,
[II 186. 5 App.] .
Mentre gli stolti si regolano in base ai guadagni che offre la
fortuna, coloro che conoscono il valore di siffatti guadagni si
regolano in base a quelli che procura la sapienza.
68 B 198. [20 N.] STOB. III 4, 72.
68 B 198. [20 N.]. STOB. III 4, 72 ,
, .
L'uno [l'animale], quando ha bisogno, sa la misura di ci che
gli bisogna; l'altro [l'uomo] invece ha bisogno e non conosce la
misura.
68 B 199. [96 N.] STOB. III 4, 73.
68 B 199. [96 N.]. STOB. III 4, 73 (?)
.
Gli stolti, bench dicano di odiare la vita, desiderano di vivere
perch hanno timore dell'oltretomba.
68 B 200. [93 N.] STOB. III 4, 74.
68 B 200. [93 N.]. STOB. III 4, 74 [II 186. 10 App.]
.
Gli stolti vivono senza godere la vita.
68 B 201. [94 N.] STOB. III 4, 75.
68 B 201. [94 N.]. STOB. III 4, 75
.
Gli stolti desiderano una vita lunga, senza saper godere di una
vita lunga.
68 B 202. [60 N.] STOB. III 4, 76.
68 B 202. [60 N.]. STOB. III 4, 76
, [II 187. 1 App.]
Gli stolti desiderano le cose che non hanno; e quelle che hanno .
presentemente, anche se rappresentano un vantaggio su quel
che avevano prima, le lasciano andare in malora.
68 B 203. [97 N.] STOB. III 4, 77.
68 B 203. [97 N.]. STOB. III 4, 77
.
Gli uomini, mentre fuggono la morte, la inseguono.
68 B 204. [98 N.] STOB. III 4,78.
68 B 204. [98 N.]. STOB. III 4,78 [II 187. 5 App.]
' [?] .
Gli stolti, durante tutta la loro vita, non riescono a piacere a
nessuno.
68 B 205. [95 N.] STOB. III 4, 79.
68 B 205. [95 N.]. STOB. III 4, 79
[] .
Gli stolti desiderano di vivere, poich, invece95* della
vecchiaia, temono la morte.
68 B 206. [95 N.] STOB. III 4, 80.
68 B 206. [95 N.]. STOB. III 4, 80
[ 187. 10 App.] .
Gli stolti, per timore della morte, desiderano diventar vecchi. [190 N.]. STOB. III 4, 81 = B 64.
[78 N.]. STOB. III 4, 82 = B 77.
[190 N.] STOB. III 4, 81 = B 64.
[78 N.] STOB. III 4, 82 = B 77.
68 B 207. [4 N.] STOB. III 5, 22. Di Democrito.

68 B 207. [4 N.]. STOB. III 5, 22 - . ,


. Vgl. 67 A 37.
Si deve cercare non gi qualsiasi piacere, ma soltanto il piacere [II 187. 15] [87 N.]. STOB. III 5, 23 = B 73.

per ci che nobile [cfr. 67 A 37].


[87 N.] STOB. III 5, 23 = B 73.
68 B 208. [199 N.] STOB. III 5, 24.

68 B 208. [199 N.]. STOB. III 5, 24


.

La saggezza del padre la miglior sorta d'ammonimento per i


figli.
68 B 209. [67 N.] STOB. III 5, 25. Di Democrito.
68 B 209. [67 N.]. STOB. III 5, 25 [II 188. 1 App.] - .
(?) .
Per chi frugale nel mangiare, la notte non vien mai accorciata.
68 B 210. [65 N.] STOB. III 5, 26. Di Democrito.
68 B 210. [65 N.]. STOB. III 5, 26 - .
,
La fortuna ci procura la tavola sontuosa, la temperanza quella a .
cui non manca nulla.
68 B 211. [56 N.] STOB. III 5, 27. Di Democrito.
68 B 211. [56 N.]. STOB. III 5, 27 [II 188. 5 App.] - .

.
La temperanza aumenta il numero delle cose che ci possono
procurar godimento e rende maggiore anche il piacere nostro STOB. III 6, 26 = B 214 b.
nell'averle.
STOB. III 6, 26 = B 214 b.
68 B 212. [128 N.] STOB. III 6, 27. Di Democrito.
68 B 212. [128 N.]. STOB. III 6, 27 - .

L'esser presi dal sonno di giorno segno o di stanchezza fisica [II 188. 10] .
[86 N.] STOB. III 6, 28 - . ... ...
o di spirito abbattuto o inerte o zotico.
= B 32.
STOB. III 59-60 [ d. i. !] = B 232-3.
[86 N.] STOB. III 6, 28. Di Democrito.
Il concubito... dall'uomo [= B 32].
STOB. III 59-60 [dello stesso, riferito ad Epitteto!] B 232-3.
68 B 213. [127 N.] STOB. III 7, 21. Di Democrito.
68 B 213. [127 N.]. STOB. III 7, 21 - .
[II 188. 15 App.] .
La fortezza d'animo rende meno dolorosi i rovesci della sorte.
68 B 214. [63, 169 N.] STOB. III 25. Di Democrito.
68 B 214. [63, 169 N.]. STOB. III 25 - .
, .
, .
Valoroso non soltanto colui che vince i nemici, ma anche
quegli che sa dominare i propri desideri. Vi sono uomini che
dominano su citt e sono schiavi delle donne.
68 B 215. [46 N.] STOB. III 7, 31. Di Democrito.
68 B 215. [46 N.]. STOB. III 7, 31 [II 189. 1 App.] - .
,
.
L'esser giusti presenta questo pregio, che uno pu sempre
pronunciare il proprio giudizio con fermezza e con animo
imperturbabile; mentre dell'essere ingiusti la conseguenza il
continuo timore di qualche male che possa venircene.
68 B 216. [34 N.] STOB. III 7, 74. Di Democrito.
68 B 216. [34 N.]. STOB. III 7, 74 - .
[ ].
La sapienza imperturbabile vale tutti i beni [del mondo], perch [II 189. 5 App.] [38 N.]. STOB. III 9, 29 = B 62.
la cosa pi preziosa che ci sia.
[38 N.] STOB. III 9, 29 = B 62.
68 B 217. [41 N.] STOB. III 9, 30. Di Democrito.

68 B 217. [41 N.]. STOB. III 9, 30 - . ,


.

Solo coloro che aborriscono il fare ingiustizia sono cari agli


di.
68 B 218. [75 N.] STOB. III 10, 36 [IV 31, 50]. Di Democrito. 68 B 218. [75 N.]. STOB. III 10, 36 [vgl. IV 31, 50] - .

[II 189. 10 App.] .

[113 N.]. STOB. III 10, 42 - = B 52.


La ricchezza procacciata con l'esercizio di un mestiere
ignominioso rende pi manifesta la vergogna.
[113 N.] STOB. III 10, 42 = B 52.
68 B 219. [70 N.] STOB. III 10, 43. Dello stesso.

68 B 219. [70 N.]. STOB. III 10, 43 .


, ,
La cupidigia di ricchezze, se non trova un limite nella saziet,
molto pi tormentosa della estrema povert: perch quanto pi .
grandi sono i nostri desideri, tanto maggiori sono i bisogni che
noi sentiamo.
68 B 220. [76 N.] STOB. III 10, 44. Di Democrito.
68 B 220. [76 N.]. STOB. III 10, 44 [II 189. 15 App.] - .
.
I guadagni mal procacciati portano detrimento alla virt.
68 B 221. [77 N.] STOB. III 10, 58. Di Democrito.
68 B 221. [77 N.]. STOB. III 10, 58 - .
.
Lo sperare in proventi di cattivo genere comincia a macchiarci.
68 B 222. [200 N.] STOB. III 10, 64. Di Democrito.
68 B 222. [200 N.]. STOB III 10, 64 [II 190. 1 App.] - .

L'ammassare smodatamente ricchezze per i figli non che una .
scusa con cui l'avarizia attesta la sua propria natura.
68 B 223. [19 N.] STOB. III 10, 65. Dello stesso.
68 B 223. [19 N.]. STOB. III 10, 65 .
, [II 190. 5 App.]
:
Ci di cui il corpo ha bisogno, tutti lo troviamo facilmente
,
sotto mano senza pena e senza fatica; tutto ci invece che
, ' (?).
richiede pena e fatica e che angustia l'esistenza ce lo fa
desiderare non gi il corpo ma la fallacit della nostra mente.
68 B 224. [59 N.] STOB. III 10, 68. Di Democrito.
68 B 224. [59 N.]. STOB. III 10, 68 - .
[II 190. 10 App.]
Il desiderio di avere di pi ci fa perdere ci che gi possediamo [233 H.] .
e ci rende simili al cane di Esopo.96*
68 B 225. [112 N.] STOB. III 12, 13. Di Democrito.
68 B 225. [112 N.]. STOB. III 12, 13 - .
, . = B 44.
[ 114 N.]. STOB. III 13, 46 - = B 60.
Si deve dire la verit, ci che anche, oltre tutto, pi
vantaggioso [cfr. B 44].
[ 114 N.] STOB. III13, 46 = B 60.
68 B 226. [111 N.] STOB. III 13, 47. Di Democrito.
La franchezza del linguaggio compagna dello spirito libero,
ma il pericolo sta nella difficolt di scegliere il momento
giusto.
[106 N.] STOB. III 14, 8 = B 63.
68 B 227. [80 N.] STOB. III 16, 17. Di Democrito.
Gli avari hanno il destino delle api, di ammassare come se
dovessero vivere eternamente.
68 B 228. [202 N.] STOB. III 16, 18. Dello stesso.

68 B 226. [111 N.]. STOB. III 13, 47 [II 190. 15 App.] - .


,
.
[106 N.]. STOB. III 14, 8 - = B 63.

68 B 227. [80 N.]. STOB. III 16, 17 - .



.

68 B 228. [202 N.]. STOB. III 16, 18 [II 191. 1 App.]


. ,
Ai figli degli avari, quando siano tenuti nell'ignoranza, accade ,
,
come ai giocolieri che volteggiano sulle spade, che, se nel
, ( [ 191. 5 App.]
ricadere non azzeccano quel preciso punto dove si devono
posare i piedi, sono spacciati, ma difficile azzeccare giusto )
,
quello, perch d'intervallo [tra le spade] non lasciato che
quanto corrisponde alle piante dei piedi. E cos succede anche a , .
quelli: se non sanno seguir le tracce della sollecitudine e

dell'avarizia paterna, si procacciano di leggieri la propria


rovina.
68 B 229. [81 N.] STOB. III 16, 19. Dello stesso.

68 B 229. [81 N.]. STOB. III 16, 19 .


[II 191. 10 App.]
Utile la parsimonia e la resistenza alle privazioni, ma anche il .
saper spendere a tempo debito: la bravura sta appunto nel
conoscere qual il tempo debito.
68 B 230. [229 N.] STOB. III 16, 22. Di Democrito.
68 B 230. [229 N.]. STOB. III 16, 22 - .
.
Una vita senza divertimenti simile a una lunga strada senza
alberghi.
68 B 231. [61 N.] STOB. III 17, 25. Di Democrito.
68 B 231. [61 N.]. STOB. III 17, 25 - .
' , '
.
Saggio colui che non si cruccia per le cose che non ha, ma
gode di quelle che ha.
68 B 232. [57 N.] STOB. III 17, 37 [cfr. III 6, 59]. Di
68 B 232. [57 N.]. STOB. III 17, 37 [vgl. III 6, 59] [II 191.
Democrito.
15] - .
.
I piaceri che ci fanno godere di pi sono quelli che pi
raramente ci avviene di godere.
68 B 233. [55 N.] STOB. III 17, 38 [cfr. III 6, 60]. Dello
68 B 233. [55 N.]. STOB. III 17, 38 [vgl. III 6, 60] [II 192. 1
stesso.
App.] . ,
.
Se si passa la misura, anche la cosa pi gradevole ti diventa
sommamente sgradevole.
68 B 234. [21 N.] STOB. III 18, 30. Di Democrito.
68 B 234. [21 N.]. STOB. III 18, 30 - .
[II 192. 5] ,
Gli uomini invocano la salute dagli di con le preghiere, e non

sanno ch'essa in loro potere; ma siccome per intemperanza
.
operano contro di essa, sono essi stessi che tradiscono la
propria salute a causa delle passioni.
68 B 235. [53 N.] STOB. III 18, 35 [cfr. III 6, 65]. Di
68 B 235. [53 N.]. STOB. III 18, 35 [vgl. III 6, 65] - .
Democrito.

[II 192. 10 App.]
,
A tutti coloro che si dedicano ai piaceri del ventre e che
passano i limiti nel mangiare o nel bere o nei piaceri sensuali, ' ,
, .
sono concessi piaceri di breve durata e che anzi non
oltrepassano il poco tempo in cui si mangia o si beve, mentre
, [II
molti e lunghi sono per essi i dolori. Infatti essi tornano
192. 15 App.] ,
sempre a sentire questo inesauribile desiderio dei medesimi
godimenti e, appena conseguono ci che desiderano, nel rapido ' ,
.
istante gi il piacere se n' andato; e non ne viene loro alcun
altro vantaggio tranne il breve godimento; e subentra di nuovo
il bisogno delle medesime cose.
68 B 236. [88 N.] STOB. III 20, 56. Di Democrito.
68 B 236. [88 N.]. STOB. III 20, 56 - .
. [Vgl. 22
B 85]
Difficile combattere il proprio desiderio; ma il dominarlo
riesce solo all'uomo che sa fare retto uso della ragione.
68 B 237. [221 N.] STOB. III 20, 62. Di Democrito.
68 B 237. [II 193. 1] [221 N.]. STOB. III 20, 62 - .

La passione d'attaccar lite stolta in ogni caso: infatti uno mira .
al danno dell'avversario e intanto non vede quale sarebbe il suo
proprio vantaggio.
68 B 238. [145 N.] STOB. III 22, 42. Di Democrito.
68 B 238. [145 N.]. STOB. III 22, 42 - .
[II 193. 5 App.] []
.
Quegli che si paragona con chi vale pi di lui cade in una
deplorevole vanagloria.

68 B 239. [162 N.] STOB. III 28, 13. Di Democrito.


I bricconi non osservano i giuramenti che fanno nei momenti
della difficolt, una volta che siano usciti dagli impicci.
68 B 240. [131 N.] STOB. III 29, 63. 83 a [III p. 79]. Di
Democrito.
L'uso di affrontare volontariamente delle fatiche rende pi
agevole il sopportare quelle che ci toccano nostro malgrado.
68 B 241. [132 N.] STOB. III 29, 64. Dello stesso.

68 B 239. [162 N.]. STOB. III 28, 13 [II 193. 6] - .



, .
68 B 240. [131 N.]. STOB. III 29, 63. 83 a (III p. LXXIX H)
- . [II 193. 10]
.

68 B 241. [132 N.]. STOB. III 29, 64 .


.

La fatica continuata divien pi lieve per la consuetudine che vi


facciamo.
68 B 242. [193 N.] STOB. III 29, 66. Di Democrito.
68 B 242. [193 N.]. STOB. III 29, 66 - .
[II 193. 15 App.]
Son pi quelli che diventano abili con l'esercizio che quelli che .
[125 N.]. STOB. III 29, 67 = B 81.
lo sono per natura.
[125 N.] STOB. III 29, 67 = B 81.
68 B 243. [130 N.] STOB. III 29, 88. Di Democrito.

68 B 243. [130 N.]. STOB. III 29, 88 - .


,
Tutte le fatiche sono pi grate della tranquillit stessa, quando .
conseguono il risultato per cui si affrontano o hanno la certezza (?) [II 193. 20]
di raggiungerlo. Ma ogni volta che ci tocca un insuccesso, le .
fatiche sono dolorose e moleste tutte ugualmente.
68 B 244. [42 N.] STOB. III 31, 7. Di Democrito.
68 B 244. [42 N.]. STOB. III 31, 7 [II 194. 1 App.] - .
, , '
.
Non dire e non fare nulla di male, anche se tu sei solo; ma
apprendi a vergognarti molto pi dinanzi a te stesso che dinanzi Abgekrzte Fassung B 84, vollere Form des Gedankens B 264.
[II 194. 5] [110 N.]. STOB. III 36, 24 - = B 86.
agli altri [cfr. B 84 e 264].
[196 N.]. STOB. III 37, 22 - = B 39.
[14 N.]. STOB. III 37, 25 - = B 61.
[110 N.] STOB. III 36, 24 = B 86.
[119 N.]. STOB. III 38, 46 - = B 48.
[196 N.] STOB. III 37, 22 = B 39.
[82 N.]. STOB. III 38, 47 ( ) = B 88.
[14 N.] STOB. III 37, 25 = B 61.
[119 N.] STOB. III 38, 46 = B 48.
[82 N.] STOB. III 38, 47 = B 88.
68 B 245. [140 N.] STOB. III 38, 53. Di Democrito.

68 B 245. [140 N.]. STOB. III 38, 53 [II 194. 10 App.] - .


'
Le leggi non ci impedirebbero di vivere ciascuno con tutta la ,
propria libert, se gli uomini non si danneggiassero l'un l'altro; .
infatti l'invidia che suscita la discordia.
68 B 246. [66 N.] STOB. III 40, 6. Di Democrito.
68 B 246. [66 N.]. STOB. III 40, 6 - .

Soggiornando in terra straniera, s'impara a vivere bastando a se [II 194. 15 App.] .
stessi: tanto che un pane d'orzo e un giaciglio di paglia sono
gustosissimi rimedi contro la fame e la fatica.
68 B 247. [168 N.] STOB. III 40, 7. Dello stesso.
68 B 247. [168 N.]. STOB. III 40, 7 .

Ogni paese della terra aperto all'uomo saggio: perch la patria .
dell'animo virtuoso l'intero universo.
68 B 248. [139 N.] STOB. flor. IV t. 1, 33. Di Democrito.
68 B 248. [139 N.]. STOB. (Flor.) IV t. 1, 33 Hense - .

La legge ha l'intento di procurare vantaggio all'esistenza degli , [II 195. 1 App.]
.
uomini; ma pu procurarlo soltanto quando gli uomini stessi
vogliano adattarsi alle condizioni vantaggiose; ed infatti la
legge mostra la propria efficacia a coloro che accettano di
obbedirla.

68 B 249. [138 N.]. STOB. IV 1, 34 .



La guerra civile dannosa all'una e all'altra delle parti in lotta: . [II 195. 5 App.] .
perch ugualmente una rovina pei vincitori e pei vinti.
68 B 250. [136 N.] STOB. IV 1, 40. Di Democrito.
68 B 250. [136 N.]. STOB. IV 1, 40 - .

, ' .
Soltanto se c' la concordia, si possono compiere le grandi
opere e le citt riescono a vincere le guerre; altrimenti,
impossibile.
68 B 251. [147 N.] STOB. IV 1, 42. Di Democrito.
68 B 251. [147 N.]. STOB. IV 1, 42 - .
[II 195. 10 App.]
La povert sotto un governo democratico tanto preferibile al ,
cosiddetto benessere che offrono i governi tirannici, quanto .
da preferirsi la libert alla servit.
68 B 252. [134 N.] STOB. IV 1, 43.
68 B 252. [134 N.]. STOB. IV 1, 43
, ,
necessario porre l'interesse dello Stato al di sopra di tutti gli
altri, perch lo Stato sia governato bene, e non cercar continui [II 195. 15 App.]
. ,
pretesti di andar contro l'equit n permettersi di tentare
, [II 196. 1 App.]
sopraffazioni contro il bene comune. Perch uno Stato ben

governato il pi grande presidio, e quando vi questo vi
tutto, e se questo salvo tutto salvo e se questo perisce tutto .
perisce.
68 B 253. [165 N.] STOB. IV 1, 44.
68 B 253. [165 N.]. STOB. IV 1, 44

[ 196. 5 App.] .
Non vantaggioso pei buoni cittadini trascurare gli affari
propri per occuparsi di quelli altrui: perch altrimenti andranno , ,
.
male le cose loro. Ma se uno trascura un poco gli affari
pubblici, subito acquista cattiva fama, anche senza che abbia
rubato o commesso ingiustizia alcuna. Giacch il pericolo di ,
avere cattiva fama e magari di essere maltrattati esiste sempre, .
anche per chi non trascura il pubblico interesse e non
commette ingiustizia: infatti inevitabile errare, ma non
facile che gli uomini indulgano [agli errori altrui].
68 B 254. [151 N.] STOB. IV 1, 45.
68 B 254. [151 N.]. STOB. IV 1, 45 [II 196. 10 App.]

,
I cattivi cittadini che arrivano alle pubbliche cariche, quanto
pi sono indegni di occuparle, tanto pi si mostrano incuranti e .
pieni di stoltezza e di arroganza.
68 B 255. [146 N.] STOB. IV 1, 46.
68 B 255. [146 N.]. STOB. IV 1, 46
[ 196. 15 App.]
Quando i facoltosi si decidono a prevenire il bisogno di coloro ,
[II 197. 1 App.]
che versano in ristrettezze e ad aiutarli e a favorirli, ci vuol
dire gi tutto questo: aver compassione e non essere pi soli e ,
procurarsi degli amici e soccorrersi vicendevolmente eppoi la ,
.
concordia tra i cittadini e tanti altri beni da non potersi
[144 N.]. STOB. IV 2, 13 = B 75.
enumerare.
[144 N.] STOB. IV 2, 13 = B 75.
68 B 256. [156 N.] STOB. IV 2, 14.
68 B 256. [156 N.]. STOB. IV 2, 14 [II 197. 5 App.]
,
Giustizia il fare ci che deve esser fatto, ingiustizia non farlo, , .
anzi distogliersene.
68 B 257. [158 N.] STOB. IV 2, 15. Dello stesso.
68 B 257. [158 N.]. STOB. IV 2, 15 .

Quanto all'uccidere o non uccidere certi animali, la questione si ,
[II 197. 10 App.]
risolve cos: chi uccide animali che producono danno o che
. Vgl. B 140.
hanno tendenza a produrne esente da pena; e l'uccidere in
questi casi contribuisce al benessere [comune] molto pi che il
68 B 249. [138 N.] STOB. IV 1, 34. Dello stesso.

non uccidere [cfr. B 140].


68 B 258. [160 N.] STOB. IV 2, 16.

68 B 258. [160 N.]. STOB. IV 2, 16 [II 197. 15]



Bisogna uccidere a qualunque costo tutti gli esseri che causano (?)
(?) .
sofferenze ingiustamente; e chi li uccide godr in maggiore
misura, in qualunque condizione si trovi, tranquillit e giustizia
e sicurezza e sollievo.
68 B 259. [159 N.] STOB. IV 2, 17.
68 B 259. [159 N.]. STOB. IV 2, 17
[ 198. 1 App.]
Come gi stato scritto a favore dell'estirpazione delle fiere e ,
dei rettili dannosi, cos io sono d'avviso che sia necessario fare
anche nei riguardi degli uomini: e cio di uccidere secondo le ,
leggi patrie il nemico [dello Stato] in ogni caso in cui la legge [II 198. 5 App.]
non lo vieta; e la legge lo vieta se lo vietano i templi, sacri al .
culto delle singole regioni, i trattati e i giuramenti.
68 B 260. [161 N.] STOB. IV 2, 18.
68 B 260. [161 N.]. STOB. IV 2, 18

.
Se uno uccide un qualsiasi brigante o pirata, dovrebb'essere
[143 N.]. STOB. IV 4, 27 = B 49.
esente da pena, sia che l'abbia ucciso di sua mano, sia
affidando il mandato a un altro, sia votandogli contro in
tribunale.
[143 N.] STOB. IV 4, 27 = B 49.
68 B 261. [155 N.] STOB. IV 5, 43. Di Democrito.
68 B 261. [155 N.]. STOB. IV 5, 43 [II 198. 10 App.] - .

,
Bisogna difendere nei limiti delle proprie forze coloro che
.
patiscono ingiustizia e non lasciar correre: giacch un tale
atteggiamento giusto e coraggioso, mentre l'atteggiamento
contrario ingiusto e vile.
68 B 262. [157 N.] STOB. IV 5, 44. Di Democrito.
68 B 262. [157 N.]. STOB. IV 5, 44 - .
[II 198. 15 App.] , ,
Anche quelli che compiono azioni tali da meritare l'esilio o il [II 199. 1 App.] '
,
carcere o che comunque son degni di pena, bisogna
condannarli e non gi assolverli; chi invece li assolve, contro il , .
proprio intimo sentire, giudicando in base al guadagno o al
piacere che ne ritrarr, commette ingiustizia e necessariamente
ne sentir il rimorso.
68 B 263. [148 N.] STOB. IV 5, 45. Dello stesso.
68 B 263. [148 N.]. STOB. IV 5, 45 .
[]
[ 199. 5 App.] (?).
Possiede nella maggior misura giustizia e virt colui che
distribuisce le ricompense pi alte ai pi degni.
68 B 264. [43 N.] STOB. IV 5, 46. Dello stesso.
68 B 264. [43 N.]. STOB. IV 5, 46 .

Non ci si deve vergognare pi dinanzi agli uomini che dinanzi ,
' ,
a se stessi; e non si deve fare il male pi facilmente quando
[II 199. 10 App.] ,
nessuno verr a saperlo che quando lo sapranno tutti; ma
.
bisogna vergognarsi soprattutto dinanzi a se stessi ed
imprimersi nell'anima questa norma, onde non far nulla di
sconveniente.
68 B 265. [166 N.] STOB. IV 5, 47. Dello stesso.
68 B 265. [166 N.]. STOB. IV5, 47 .

.
Gli uomini serbano memoria pi delle colpe che non delle
,
buone azioni. Ed giusto che sia cos: perch, come non
[II 199. 15]
bisogna lodare colui che restituisce il deposito ma si deve
, .
biasimare e punire invece chi non lo restituisce, cos si deve
[ 200. 1 App.] , '
fare verso il magistrato. Giacch egli stato eletto non in
[vgl. B 253].
previsione del fatto che avrebbe potuto agir male, bens che
avrebbe agito bene [cfr. B 253].

68 B 266. [167 N.] STOB. IV 5 48. Dello stesso.

68 B 266. [167 N.]. STOB. IV 5 48 .


[II 200. 5 App.]
, .
* * *
' :
, ,
, ' [II 200. 10
App.] ,
.

Non vi alcun mezzo, data la costituzione vigente, per


impedire che sia fatta ingiustizia a coloro che ricoprono le
cariche pubbliche, anche se siano del tutto buoni. Perch chi
ha tenuto una magistratura non dovrebbe essere
responsabile dinanzi a niun altro che a se stesso e non gi,
dopo di aver esercitato autorit sugli altri, trascorso un anno,
cader lui stesso in potere degli altri.97* E bisognerebbe,
insomma, riformare la costituzione anche su questo punto, in
modo che colui [= quel magistrato] il quale non ha commesso
ingiustizia, anche se abbia smascherato senza piet gli ingiusti,
non debba poi cadere in potere di questi, ma ci sia una legge o
qualcos'altro che difenda chi serve la giustizia.
68 B 267. [142 N.] STOB. IV 6, 19. Di Democrito.
68 B 267. [142 N.]. STOB. IV 6, 19 - .
.
Il comandare si appartiene per natura a chi superiore.
68 B 268. [222 N.] STOB. IV 7, 13. Di Democrito.
68 B 268. [222 N.]. STOB. IV 7, 13 - .
, [II 200. 15] .
La paura pu spingere s all'adulazione, ma non pu
guadagnare benevolenza.
68 B 269. [126 N.] STOB. IV 10, 28. Di Democrito.
68 B 269. [126 N.]. STOB. IV 10, 28 [II 201. 1 App.] - .
, .
L'audacia l'iniziatrice delle azioni, ma arbitra del risultato la
fortuna.
68 B 270. [177 N.] STOB. IV 19, 45. Di Democrito.
68 B 270. [177 N.] STOB. IV 19, 45 - .
.
Srviti dei domestici come ci si serve delle varie parti del
nostro corpo, adibendo l'uno ad un ufficio, l'altro ad un altro.
68 B 271. [175 N.] STOB. IV 20, 33. Di Democrito.
68 B 271. [175 N.]. STOB. IV 20, 33 [II 201. 5 App.] - .
[?] .
Per i dispetti d'amore solo rimedio Afrodite.
68 B 272. [0 N.] STOB. IV 22, 108. Di Democrito.
68 B 272. [0 N.] STOB. IV 22, 108 - . . ,
,
.
Dice Democrito che chi fortunato nel genero ha trovato un
figliuolo, chi sfortunato invece ci ha perso anche la figlia.
68 B 273. [174 N.] STOB. IV 22, 199.
68 B 273. [174 N.]. STOB. IV 22, 199 [II 201. 10 App.] Di Democrito.
. .
La donna molto pi astuta dell'uomo nell'architettare il male.
68 B 274. [171 N.] STOB. IV 23, 38.
68 B 274. [171 N.]. STOB. IV 23, 38 - .
Di Democrito.
.
[170 N.]. STOB. IV 23, 39 = B 111.
Il parlar poco un ornamento per la donna; e bella in essa
altres la semplicit degli ornamenti.
[170 N.] STOB. IV 23, 39 = B 111.
68 B 275. [182 N.] STOB. IV 24, 29.
Di Democrito.

68 B 275. [182 N.]. STOB. IV 24, 29 [II 201. 15 App.] - .



,
.

Difficile impresa l'allevare i figliuoli: se uno consegue il


successo, vi giunge attraverso mille pericoli e preoccupazioni;
se uno sfortunato, non c' dolore al mondo che possa superare
il suo.
68 B 276. [180 N.] STOB. IV 24, 31.
68 B 276. [180 N.]. STOB. IV 24, 31 [II 202. 1 App.] - .
Di Democrito.

,
,

.
Non mi sembra che si debba cercare di aver figliuoli: perch io
vedo che, ad aver figliuoli, molti e grandi sono i pericoli, molti
i dolori, mentre pochi sono i vantaggi e piccoli e pieni
d'incertezze.
68 B 277. [181 N.] STOB. IV 24, 32. Dello stesso.
68 B 277. [181 N.]. STOB. IV 24, 32 [II 202. 5 App.]
. ,
Chi ha proprio desiderio di procurarsi un figliuolo, mi pare che .
far meglio a scegliersene uno tra quelli di qualche amico. E ,
allora s il figlio gli riuscir tale quale egli lo vorr: perch pu ,
sceglierselo come vuole; e quello che egli avr reputato adatto, . [II 202. 10 App.]
potr uniformarglisi il massimo, seguendo la natura di lui. E vi ,
, .
anche questa differenza: che, in questo caso, uno ha la
,
possibilit di scegliere tra molti il figliuolo conforme ai suoi
desideri, quale gli bisogna; mentre, se genera lui un figliuolo, , , .
vi sono molti pericoli, giacch, comunque riesca, bisogna
accontentarsi di quello.
68 B 278. [178 N.] STOB. IV 24, 33. Dello stesso.
68 B 278. [178 N.]. STOB. IV 24, 33 .
[II 202. 15 App.]
Gli uomini reputano che sia tra i doveri impostici da natura e
da un antico ordine sociale quello di generare dei figliuoli. E . [ 203. 1 App.]

ci manifesto anche negli animali tutti quanti: tutti infatti
' ,
procreano per natura e senza mirare, in verit, ad alcun
vantaggio proprio; anzi, quando nascono i figli, si soffre, e li si
cresce come si pu, e si trepida per loro finch sono piccoli, e , , , .
ci si affligge se succede loro qualcosa. A ci spinge la natura, [II 203. 5 App.]
che tale in tutti gli esseri dotati di anima; ma negli uomini ci
,
risponde ad una intenzione, di ricavare anche qualche
.
vantaggio dalla prole.
68 B 279. [203 N.]. STOB. IV 26, 25 - .
,
[II 203. 10 App.] ,
Bisogna ripartire il pi possibile le proprie sostanze tra i figli e
bisogna insieme vigilare su di loro, che non facciano qualche
, .
rovinosa pazzia, una volta che abbiano il denaro nelle loro
'
mani. Cos, infatti, [i giovani] diventano molto pi
parsimoniosi nell'uso del denaro e pi desiderosi di guadagnare , .
e fanno a gara tra di loro. Quando invece le sostanze sono in
comune, le spese non affliggono tanto come quando si spende
del proprio e anche i guadagni non rallegrano del pari, ma
molto di meno.
68 B 280. [184 N.] STOB. IV 26, 26. Dello stesso.
68 B 280. [184 N.]. STOB. IV 26, 26 [II 203. 15 App.]
. [II 204. 1]

possibile, senza spendere molto delle proprie sostanze,
educare i figliuoli e in tal modo costituire un baluardo di difesa
.
s per le loro sostanze come per il loro fisico.
[17 N.]. STOB. IV 29, 18 = B 57.
68 B 279. [203 N.] STOB. IV 26, 25.
Di Democrito.

[17 N.] STOB. IV 29, 18 = B 57.


68 B 281. [72 N.] STOB. IV 31, 49. Di Democrito.

B 281. [72 N.]. STOB. IV 31, 49 [II 204. 5 App.] - .


[] ,
Come tra le piaghe l'ulcera il male pi tremendo, del pari lo . . . [
].
nelle finanze la continua sproporzione [tra le entrate e le
spese].
68 B 282. [79 N.] STOB. IV 31, 120. Di Democrito.
68 B 282. [79 N.] STOB. IV 31, 120 - .

, [II 204. 10 App.]
L'usare il denaro con discernimento giova a mostrar l'uomo
(?).
liberale e amico del popolo, mentre l'usarlo senza
discernimento come una munificenza che finisce per costare [74 N.]. STOB. IV 31, 121 ( ) = B 78.

a tutti.
[74 N.] STOB. IV 31, 121 = B 78.
68 B 283. [68 N.] STOB. IV 33, 23. Di Democrito.

68 B 283. [68 N.]. STOB. IV 33, 23 - .



Povert, ricchezza, nomi che stanno ad indicare il bisogno e la .
saziet: non dunque ricco colui che ha bisogno, n povero chi
non ha bisogno di nulla.
68 B 284. [69 N.] STOB. IV 33, 24-5. Dello stesso.
68 B 284. [69 N.]. STOB. IV 33, 24. 5 [II 204. 15 App.]
. ,
Se non avrai desiderio del molto, il poco ti parr molto: poich
.
il desiderio moderato d alla povert quella medesima forza
[27 N.]. STOB. IV 34, 58 = B 108.
che ha la ricchezza.
[92 N.]. STOB. IV 34, 62 Vgl. B 297.
[27 N.] STOB. IV 34, 58 = B 108.
[92 N.] STOB. IV 34, 62 [cfr. B 297].
68 B 285. [84 N.] STOB. IV 34, 65. Di Democrito.
68 B 285. [84 N.]. STOB. IV 34, 65 [II 205. 1 App.] - .


E' necessario rendersi conto che la vita umana fragile e di
breve durata, e che continuamente sconvolta da tante sventure ,
[II 205. 5]
e difficolt, affinch l'uomo aspiri soltanto ad una moderata
.
ricchezza e sia moderato e non si abbatta di fronte alle
necessit della vita.
68 B 286. [71 N.] STOB. IV 39, 17. Di Democrito.
68 B 286. [71 N.]. STOB. IV 39, 17 - .
,
Felice colui che con modeste sostanze sta con l'animo sereno, .
infelice quegli che per le molte ricchezze ha l'animo turbato. [163 N.]. STOB. IV 39, 25 = B 3.
[163 N.] STOB. IV 39, 25 = B 3.
68 B 287. [135 N.] STOB. IV 40, 20. Di Democrito.

68 B 287. [135 N.]. STOB. IV 40, 20 [II 205. 10] - .


:
L'indigenza generale un male molto peggiore che quella che .
colpisce solo il singolo; perch [in tal caso] non rimane
speranza di aiuto.
68 B 288. [176 N.] STOB. IV 40, 21.
68 B 288. [176 N.]. STOB. IV 40, 21
Vi sono malattie della casa e dell'esistenza [quotidiana],
.
proprio come vi sono quelle del corpo.98*
*STOB. IV 41, 59. - .
*STOB. IV 41, 59. Di Democrito.
, [II 205. 15 App.]
Non vi per custodire la ricchezza una porta cos sicura, che .
un'occasione fortuita non possa riuscire ad aprirla.99*
68 B 289. [91 N.] STOB. IV 44, 64. Di Democrito.
68 B 289. [91 N.]. STOB. IV 44, 64 - .
.
E' irragionevolezza non adattarsi ai casi inevitabili che si
presentano nella vita.
68 B 290. [89 N.] STOB. IV 44, 67. Di Democrito.
68 B 290. [89 N.]. STOB. IV 44, 67 - .
.
Scaccia mediante la ragione la tristezza irrefrenabile dall'anima [90 N.]. [II 206. 1 App.] STOB. IV 44, 68 ( ) = B
42.
che ne quasi intorpidita.
[218 N.]. STOB. IV 44, 69 = B 46.
[90 N.] STOB. IV 44, 68 = B 42.
[218 N.] STOB. IV 44, 69 = B 46.
68 B 291. [83 N.] STOB. IV 44, 70. Dello stesso.
E' dell'uomo saggio il sopportare dignitosamente la povert.

68 B 291. [83 N.]. STOB. IV 44, 70 .


.
[II 206. 5] [102 N.] STOB. IV 46, 18 = B 58.

[102 N.] STOB. IV 46, 18 = B 58.


68 B 292. [103 N.] STOB. IV 46, 19. Di Democrito.

68 B 292. [103 N.]. STOB. IV 46, 19 - .

.
Sono sempre irragionevoli le speranze degli uomini non
intelligenti.
68 B 293. [220 N.] STOB. IV 48, 10. Di Democrito.

68 B 293. [220 N.]. STOB. IV 48, 10 - .


,
[II 206. 10 App.] ,
.

Coloro a cui arrecano piacere le disgrazie dei loro vicini non


solo non comprendono che i cangiamenti della fortuna sono
comuni a tutti, ma per giunta [si vede che] non trovano nessuna
contentezza in casa propria.
68 B 294. [205 N.] STOB. IV 50, 20. Di Democrito.
68 B 294. [205 N.]. STOB. IV 50, 20 - .
,
.
Forza e bellezza sono i pregi della giovent, mentre il dono
della saggezza appartiene alla vecchiaia.
68 B 295. [204 N.] STOB. IV 50, 22. Di Democrito.
68 B 295. [204 N.] STOB. IV 50, 22 - .
,
[II 206. 15 App.]
Il vecchio fu giovane, ma non vi sicurezza che il giovane
.
arriver alla vecchiaia: quindi il bene passato e goduto
preferibile a quello futuro ed incerto.
68 B 296. [207 N.] STOB. IV 50, 76. Di Democrito.
68 B 296. [207 N.]. STOB. IV 50, 76 - .
' .
* STOB. IV 50, 80-81 = HEROD. III 134.
La vecchiaia una mutilazione generale dell'uomo: ha tutto,
eppure manca di tutto.

* STOB. IV 50, 80-81 = HERODOT. III 134.


68 B 297. [92 N.] STOB. IV 52, 40 [IV 34, 62]. Di Democrito. 68 B 297. [92 N.]. STOB. IV 52, 40 [IV 34, 62] - .
[II 207. 1 App.]
Non pochi uomini, che non hanno idea della dissoluzione a cui ,
soggetta la natura mortale, ma che hanno coscienza del loro ,
male oprare nella vita, sono agitati per tutta la durata della loro ,
esistenza tra le angosce e le paure, poich si foggiano nella loro .
mente delle favole menzognere intorno al tempo dopo la morte.
68 B 298. SUID. s. v. . L' breve e con lo spirito aspro [cio 68 B 298. [SUID.] s. v. [II 207. 5 App.] .
] significa 'qualsiasi cosa' [] come in Ippocrate; in
(also ) ' ,
Democrito significa 'le cose proprie' [ ]; e in Omero 'le sue , ' .
proprie' [ ].
FRAMMENTO INCERTO
ZWEIFELHAFTES
68 B 298 a. DEMETR. LAC. de poem. B 20 [Voll. Herc.2 V 16 68 B 298 a. DEMETR. de poem. B 20 [Voll. herc.2 V 16 fr. 28,
fr. 28, 4; Crnert Kolot. 107, 130; Vogliano Atti Accad. Sc. di 4; Crnert Kolot. S. 107. 130. Neue Abschrift von Vogliano,
Torino 47, p. 98]. Raffrena, egli100* dice, decisamente la
vgl. Atti Acc. Scienze [II 207. 10] Torino 47, 98] ',
collera accumulata nel tuo petto e sta in guardia che il tuo
,
animo non si turbi e non prenderti libert di metter bocca

sempre in ogni cosa. Noi dobbiamo dunque sorvegliare quella ' .' ?
parte di noi in cui risiede la facolt passionale.
.
FRAMMENTI PSEUDODEMOCRITEI
UNECHTE FRAGMENTE
[II 207. 15] I. THRASYLLS '

I. APPUNTI CLASSIFICATI A PARTE


Vgl. II 92, 6.
NEL CATALOGO DI TRASILLO
101

68 B 298 b [1]. Sugli scritti sacri di Babilonia. *


68 B 299. CLEM. ALEX. strom. I 15, 69 [II 43, 13]. [Afferma
che Pitagora, Eudosso e Platone sarebbero stati discepoli dei
barbari]. Democrito invero ha fatto proprie le dottrine
babilonesi; e si narra appunto che, dopo di aver interpretato la
stele di Achicar, ne mise per iscritto il contenuto e lo pubblic
come suo. E si pu trarne testimonianza da lui stesso, che
scrive:

68 B 298 b [ . 1].
.
68 B 299. CLEM. Strom.I 15, 69 [II 43, 13 St.] [II 208. 1
App.] Pythagoras, Eudoxos und Platon seien Schler der
Barbaren: . [?]

.
' ' [ 208. 5 App.] '
. [nmlich ],
. ' '




Giacch effettivamente egli [parla] anche di s come si vede da
un luogo dove dice, vantandosi per la molteplice erudizione: [ 208. 10 App.] '
' [ 209.
1 App.] ' '.
Io sono, tra i miei contemporanei, quello che ha percorso

maggior parte della terra facendo ricerca delle cose pi lontane; .
e vidi cieli e terre numerosissime; e udii la maggior parte degli
uomini dotti; e nella composizione di figure geometriche con la
relativa dimostrazione nessuno mi super, neppure tra gli
Egiziani i cosiddetti Arpedonapti: e in mezzo a questi ultimi,
dopo [conosciuti] tutti [gli altri sapienti] io trascorsi cinque
anni in terra straniera.
Queste cose insegna Democrito.

Infatti egli si rec in Babilonia e nella Persia e nell'Egitto,


imparando dai Magi e dai sacerdoti.
68 B 299 a [2]. Sugli scritti sacri di Meroe.

68 B 299 a [ . 2]. [II 210. 1 App.]


.
68 B 299 b [3]. Descrizione delle coste dell'Oceano.
68 B 299 b [ . 3]. .
68 B 299 c [4]. Sulla storia [cfr. il titolo indicatoci da Suida
68 B 299 c [ . 4]. . Vgl. SUID. unter den
nell'elenco delle opere di Bolo: Sulle cose che richiamano la Schriften d. Bolos:
nostra attenzione nella lettura delle storie: cfr. B 300, 1].
[II 211, 1].
68 B 299 d [5]. Dottrina caldaica [cfr. B 298 b].
68 B 299 d [ . 5]. [II 210. 5 App.] .
Vgl. B 298 b.
68 B 299 e [6]. Dottrina frigia [cfr. i che vanno 68 B 299 e [ . 6]. . Vgl. [Diagoras]
sotto il nome di Diagora (cfr. A 10 a), falsificazione del III sec. Flschung d. III. J. Chr., zitiert in der
a. C., citata nel catalogo delle fonti di CICER. de nat. d. III
Katalogquelle Ciceros de nat. d. III 16, 42; TATIAN. 27.
16, 42; TATIAN. 28; SCHOL. APOLLON. RHOD. I 558;
SCHOL. APOLLON. RH. I 558; PLUT. d. Is. et Os. 29 p. 362
PLUTARCH. de Is. et Osir. 29 p. 362 d; DAMASC. de princ. D. DAMASC. II 154, 17 Ruelle. S. oben A 10 a [II 86, 3].
282 II 154, 17].
68 B 299 f [7]. Sulla febbre e sulla tosse di malattia.
68 B 299 f [ . 7]. [II 210. 10 App.]
.
68 B 299 g [8]. Questioni giuridiche.
68 B 299 g [ . 8]. .
68 B 299 h [9]. Rimedi artificiali [?], Problemi.102*
68 B 299 h [ . 9]. [oder ]
.
II. ALTRE FALSIFICAZIONI
II. SONSTIGES UNECHTES
68 B 300. BOLO. Rimedi artificiali. Rimedi naturali (Sulle
simpatie ed antipatie) [cfr. cap. 78].
1) SUID. s. v. Bolo Mendesio, pitagorico: Sulle cose che
richiamano la nostra attenzione nella lettura delle storie, Delle
cose meravigliose, Rimedi naturali; ha scritto pure Sulle
simpatie ed antipatie negli animali, nelle piante e nelle
pietre103* (in ordine alfabetico); Degli indizi (quelli che si
traggono dal sole e dalla luna e dall'Orsa e dalla fiamma d'una
lucerna e dall'arcobaleno). [Da altra fonte:] Bolo Democrito,
filosofo: Storia e Arte medica (tratta anche di guarigioni
puramente naturali, dovute a certe risorse che offre la natura
stessa).
2) VITRUV. IX 1, 14. Ammiro anche i libri di Democrito
Sulla natura [De rerum natura = ] e quel suo libro
d'appunti 104* che si intitola Rimedi artificiali,105*nel quale si
serviva anche dell'anello per apporre il suo sigillo ad
autenticazione delle ricette da lui ritrovate. PLIN. nat. hist.
XXIV 160. E' noto che c' un libro di Democrito intitolato
Rimedi artificiali;106*e l quale abbondanza di cose portentose
non ci racconta, egli che, dopo Pitagora, fu il pi appassionato

68 B 300. und
( [II 210. 15]
) Vgl. c. 78.
1. SUID. [II 211. 1 App.] .

, , :
. . .
, [II 212. 1 App.]
. Aus anderer
Quelle .
(
).
2. VITRUV. IX 1, 14 admiror etiam Democriti De rerum
natura volumina [II 212. 5 App.] et eius commentarium quod
inscribitur , in quo etiam utebatur anulo, <ut>
signaret cera molli quae esset expertus. PLIN. nat. hist. XXIV
160 Democriticerte Chirocmeta esse constat at in his ille post
Pythagoram magorum studiosissimus quanto portentosiora
tradit! ut aglaophotim herbam quae admiratione hominum
propter eximium colorem acceperit nomen, in marmoribus

discepolo dei Magi! Ad esempio, che l'erba aglaoftide, la


[II212. 10 App.] Arabiae nascentem Persico latere, qua de
quale a cagione del suo bel colore ha tratto il nome
causa et marmaritim vocari. hac magos uti, cum velint deos
dall'ammirazione degli uomini, nasce nei marmi di Arabia ai evocare. (167) adiecit his Apollodorus adsectator eius [vgl.
confini della Persia, onde vien detta anche marmaritide; e che unten c. 74] herbam aeschynomenen.
di essa si servono i Magi, quando vogliono evocare gli di.
(167) Il suo seguace Apollodoro [cfr. cap. 74] aggiunse a
queste [cose portentose] l'erba eschinmene [= la sensitiva].
3) COLUMELL. de re r. VII 5, 17.
3. COLUM. VII 5, 17 sed Aegyptiae gentis auctor
Ma Bolo Mendesio, famoso scrittore egiziano, le cui
memorabilis Bolus Mendesius, cuius commenta quae
invenzioni, dette in greco [Rimedi artificiali],
appellantur graece sub nomine [II 212. 15 App.]
vanno falsamente sotto il nome di Democrito, consiglia, a
Democriti falso produntur, censet propter hanc [pusula
proposito di questa malattia [risipola: pusula], di osservare
Rotlauf] saepius ac diligenter ovium terga perspicere, ut si
molto spesso e con diligenza i dorsi delle pecore: perch, se in forte sit in aliqua tale vitium deprehensum confestim scrobem
qualcuna per combinazione si scopre questo male, conviene
defodiamus in limine stabuli et vivam pecudem [II 213. 1
scavare tosto una fossa sull'ingresso dell'ovile e in essa interrar App.] quae fuerit pusulosa resupinam obruamus patiamurque
viva, a pancia all'aria, la pecora attaccata dal fuoco sacro, eppoi super obrutam meare totum gregem, quod eo facto morbus
lasciar passare tutto il gregge sopra quella interrata, perch egli propulsetur. COLUM. IX 3, 53 nos autem leviore opera istud
ritiene che con questo procedimento si allontana la malattia.
fieri apud Aegyptiae gentis Bolum Mendesium legimus, qui
COLUMELL. de re r. IX 3, 53. Ma noi abbiamo letto nello
praecipit aprico et stercoroso loco alternis ordinibus ferulas
scrittore egiziano Bolo Mendesio che ci si pu fare in modo alternis rubos [II 213. 5 App.] in hortis consitas habere.
molto pi semplice: egli consiglia di tener piantate negli orti
deinde eas confecto aequinoctio paululum infra terram secare
piante di ferule e rovi a filari alterni in luogo solatio e ben
etc. COLUM. XI 3, 61 veteres quidam auctores ut Democritus
concimato; poi, passato che sia l'equinozio, fender queste
praecipiunt semina omnia suco herbae quae sedum appellatur
piante un po' sotto il suolo ecc.COLUMELL. de re r. XI 3, 61. medicare eodemque remedio adversus bestiolas [Raupen] uti.
Alcuni antichi scrittori, come Democrito [= Bolo] insegnano a (64) sed D. in eo libro qui graece inscribitur
medicare tutte le sementi col succo di un'erba che vien detta
affirmat has ipsas bestiolas enecari, si mulier quae [II 213. 10
sempreviva e ad usare lo stesso rimedio contro gli animaletti App.] in menstruis est solutis crinibus et nudo pede
nocivi. (64) Ma Democrito in quel libro che in greco si intitola unamquamque aream ter circumeat post hoc enim decidere
[Sulle antipatie] afferma che questi stessi
omnes vermiculos et ita emori.
animaletti [i bruchi] cadono morti se intorno a ciascuna zona
[infestata dai bruchi] fa il giro per tre volte, a piedi nudi e coi
capelli sciolti, una donna mestruante: subito dopo, infatti, tutti i
vermiciattoli cadono a terra e cos muoiono.
4) SCHOL. NICANDR. Ther. 764. ... e Bolo democriteo nel
4. SCHOL. NICANDR. Ther. 764 ...
libro Sulle simpatie ed antipatie dice che i Persiani, reputando
velenoso quell'albero al loro paese, lo piantarono in Egitto,
'
nella convinzione che molti ne sarebbero morti, ma che questo
paese invece, essendo di natura favorevole, lo trasform
, [II 213. 15 App.]
dandogli qualit opposte e l'albero produsse frutti dolcissimi.
.
4 a) CRATEUAS 18, 14 Wellmann [Abh. d. Gtt. Gesch. d. 4 a. CRATEUAS 18, 14 ed. M. Wellmann [Abh. d. G. G. d. W.
Wiss. N. F., II, 1897, 1]. Le anagallidi, G di tutt'e due le
N. F. II 1] G ... ,
specie, sono utili come rimedi per le ferite e contro le
,
infiammazioni; servono per togliere le spine e per arrestare
.
l'azione corroditrice delle ulcere; il loro succo, versato nel
,
naso, fa cessare il mal di denti, se lo si versa nella narice

corrispondente alla parte che duole; esso libera anche dai
.
nefelii, mescolato con miele attico, e giova anche negli
,
indebolimenti della vista; e taluni dicono che quella specie di /
anagallide che ha il fiore azzurro... e quella che ha il fiore
.
rosso, applicata come empiastro, serve come eccitante; / e
questa [seconda specie di anagallide] usata anche nei rimedi
[artificiali] di Democrito.
5) PLUTARCH. quaest. conv. II 7, 1 p. 641 B. C'erano poi di
quelli che andavano cicalando sulle antipatie, e si poteva
sentire una quantit di storie intorno alle cose dotate di qualit
contrarie: che basta che un elefante infuriato veda un agnello
perch si ammansisca, ecc.
6) PLIN. nat. hist. XXV 23. [Dopo Pitagora, che compose un

5. PLUT. Quaest. conv. II 7, 1 p. 641 B


(?)
: [II 213. 20 App.]
.
6. PLIN. N. H. XXV 23 [nach Pythagoras, qui volumen De

libro Sugli effetti delle erbe] ne compose uno anche


effectu herbarum composuit] composuit et Democritus, ambo
Democrito, e ambedue dopo di aver visitato i Magi della
peragratis Persidis, Arabiae, Aethiopiae, Aegypti magis
Persia, dell'Arabia, dell'Etiopia, dell'Egitto; e l'antichit rest adeoque ad haec attonita antiquitas fuit, ut adfirmaverit etiam
cos attonita a queste loro esposizioni, da affermare poi anche incredibilia dictu. PETRON. 88, 2 priscis enim [II 213. 25]
cose del tutto incredibili.
temporibus, cum adhuc nuda virtus placeret, vigebant artes
PETRON. 88, 2. Ch nei tempi antichi, poich ancora piaceva ingenuae summumque certamen inter homines erat, ne quid
ignuda virt, fiorivano le arti liberali e vi era intensa gara tra gli profuturum saeculis diu lateret. [II 214. 1 App.] itaque
uomini per non lasciare lungo tempo ignota una qualsiasi cosa herbarum omnium sucos Democritus expressit, et ne lapidum
che potesse giovare alle successive generazioni. Cos
virgultorumque vis lateret, aetatem inter experimenta
Democrito distill i succhi di tutte le erbe e trascorse la vita tra consumpsit.
gli esperimenti perch non restasse ignoto il potere delle pietre
e degli arbusti.
7) GALEN. de simpl. med. I 1 [XII 250 seg.; cfr. n. 13 a]. In 7. GAL. de simpl. med. I 1 (XII 250 K.) [vgl. unten n. 13a]
modo analogo a Senocrate [di Afrodisia] scrissero, intorno agli
animali, vari altri da cui Senocrate appunto molto desunse pei , [II 214. 5 App.]
suoi scritti. Come infatti avrebbe avuto agio di fare esperienza .
da solo di tante e tali cose? In verit Attalo, che un tempo fu
;
nostro107* re, sembra avere scritto di meno pur avendo fatto

pregevolissime osservazioni sulla veridicit di siffatte notizie.
Uno dei miei discepoli, poi, lodando una trattazione della
.
medesima materia di Ermete mi diede l'occasione di prendere ,
in esame anche questa: una trattazione per, per quel che a me [II
sembra, compiuta senza osservazione diretta delle cose da parte 214. 10 App.] .
di colui che ne scrisse. Io quindi non far menzione n dei
' ' ...
basilischi n degli elefanti n dei cavalli del Nilo n di alcun . Gegen PLIN. N. H. XXVIII 112 chamaeleonem
altro essere siffatto... PLIN. nat. hist. XXVIII 112. ... il
peculiari volumine (!) dignum existimatum Democrito. usw.
camaleonte fu da Democrito stimato degno di un libro a parte wendet sich GELL. X 12, 1; vgl. 6. his portentis atque
[!]. GELL. noct. att. X 12, 1 [biasima Plinio per questa
praestigiis a Plinio Secundo scriptis non dignum esse
affermazione]; X 12, 6. Tutti quei portenti e quelle ciurmerie cognomen Democriti puto, vel illud quale est [II 214. 15] quod
che Plinio racconta non mi paiono degni del nome di un autore idem Plinius in decimo libro [ 137] scripsisse adseverat aves
come. Democrito, e cos quell'altro prodigio, comunque esso quasdam etc. ... (8) multa autem videntur ab hominibus istis
sia, che, secondo l'attestazione dello stesso Plinio nel libro X [ male sollertibus huiuscemodi commenta in Democriti nomen
137], egli avrebbe descritto, e cio che certi uccelli ecc. (8)
data nobilitatis auctoritatisque eius perfugio utentibus. (Doch
Molte invenzioni di questo genere, per, chiaro che furono zitiert er selbst GELL. IV 23, 2 viperarum morsibus tibicinium
poste sotto la paternit di Democrito da codesti uomini anche scite modulateque adhibitum mederi refert etiam Democriti
troppo maliziosi, i quali si mettevano al riparo dietro la nobilt liber [II 214. 20 App.] qui inscribitur *** in quo docet
e l'autorit di lui. [Eppure cita egli stesso uno di questi
plurimis hominum morbidis medicinae fuisse incentiones
prodigi:] GELL. noct. att. IV 23, 2. Che il suono del flauto,
tibiarum.)
quando sia abile e melodioso, serva di medicina al morso della
vipera, affermato nel libro di Democrito che si intitola
***,108* dove egli riferisce che in parecchi casi di malattia il
suono del flauto valse come farmaco.
7 a) [Come saggio:] ANON. ROHDEI [Kl. Schr. I 391 sg.].
7 a. Als Probe: ANON. ROHDEI [Kl. Schr. I 397] .
Democrito narra, come quello che aveva veduto coi propri
'
occhi questo animale:
( )
Il basilisco, questa bestia nociva (cos egli lo chiama), piccolo , ,
di corpo, tardo nei movimenti, con la testa appuntita, con un
, [II 214. 25 App.]
ornamento regale in forma di stella sul capo, con la pelle gialla, , ,
e ha una forza insuperabile e senza paragone. Si trova nelle
.
regioni al di l della Libia cirenaica, dove esiste pure quella
,
razza di uomini che si chiamano Psilli. E i Psilli sanno
.
medicare le morsicature dei rettili. L'antipatia pel basilisco
.
caratteristica della donnola domestica: esso infatti non sopporta
n l'odore n la vista di quella, ma subito muore; e la donnola [II 215. 1] , '
poi, anche se lo trova dinanzi alla tana, lo aggredisce e lo fa a . ,
pezzi.
'. .
Tale la forza dell'antipatia. [Utilit della lepre in
Fruchtbarkeit des Hasen bei THEOPHYL. Colloqu. 11, 2
THEOPHYL. colloq. 11, 2 (Physici ed. Id. I 178): egli cita
[Physici ed. Id. I 178], der Demokrit neben Bolos als Quelle
come fonte Democrito accanto a Bolo in quaest. phys. 27
zitiert Quaest. phys. 27 ed. Boiss.
Boiss.]
8. [Meraviglie della storia naturale e rimedi fondati sul
8. [II 215. 5] 8. [II 215. 5 App.] Naturgeschichtliche

principio delle simpatie, tratti da Democrito spesso in PLIN. Mirabilien und Sympathiemittel aus 'Democritus' hufig bei
nat. hist. VIII 61; XI 80; XIII 131; XIV 20; XV 138; XVII 23. PLINIUS: VIII 81. XI 80. XIII 131. XIV 20. XV 138. XVII
62 (cfr. il titolo di Georgico a B 26 f); XVIII 47. 159. 321 (con 23. 62 [vgl. d. Georgikon B 26f.]. XVIII 47. 159. 321 [mit
citazione di VERGIL. Georg. I 276 sgg.); XX 19. 28. 149;
Zitat von Verg. Georg, I 276ff.]. XX 19. 28. 149; XXI 62;
XXI 62; XXIV 156; XXV 13. 14; XXVI 19; XXVII141;
XXIV 156; XXV 13. 14; XXVI 19; XXVII141; XXVIII 7.
XXVIII 7. 118. 153; XXIX 72; XXXII 49; XXXVII 69. 146. 118. 153; XXIX 72; XXXII 49; XXXVII 69. 146. 149. [II
149. 160. 185. SOLIN. I 54 p. 13, 42 Mommsen; III 3 p. 45, 15 215. 10 App.] 160. 185. SOLIN, I 54 p. 13, 42 Momms.; III 3
(i due passi non dipendono da Plinio). AMMIAN. MARC.
p. 45, 15 (beides nicht aus Plin.). AMMIAN. MARC. XXVIII
XXVIII 4, 34. COLUMELL. de re r. VI 28; VIII 8, 6; IX 14, 4, 34; COLUM. VI 28. VIII 8, 6. IX 14, 6. XI 64 [s. II 213, 76; XI 64 (cit. in B 300, 3). PALLAD. I 35, 7. Inoltre in
9]; PALLAD. I 35, 7. Ferner bei ANATOLIOS in den
Anatolio nei Geoponica (che noi possediamo attraverso Cassio Geoponica (vermitteit durch Casaius Dionysius, Celsus,
Dionisio, Celso, Plinio, Giulio Africano ed Apuleio) citazioni Plinius, Africanus und Apuleius) beraus hufig (a. Beckhs
frequentissime (cfr. BECKH, Index, p. 531 ed altrove;
Index S. 531 u. bes. Oder Rhein. [II 215. 15 App.] Mus. 45,
particolarmente ODER, Rh. Mus. 45, 70), vuoi di predizioni 1890, 70; M. Wellmann Abh. Ak. 1921, 4ff. 1928, 31 ff.):
meteorologiche, vuoi di rimedi fondati sulle simpatie (contro le Wetterprophezeiungen, Sympathiemittel (gegen Unkraut,
erbe malefiche, gli insetti schifosi, le bestie feroci ecc.). Cfr.
Ungeziefer, wilde Tiere usw.). Vgl. Schol. Bodl. zu Epict. p.
SCHOL. BODL. ad Epict. 73, 2 Schenkl. Sul libro Di
LXXIII 2 Schenkl. ber das [II 215. 20 App.]
Democrito, L'arte di scoprire le sorgenti sotterranee, cit. in
GEOPON. II 6 vgl. Oder Philol. Suppl. VII
Geopon. II 6, cfr. ODER, Philol. Suppl., VII, 240 sgg.].
(1899) 240ff. SCHOL. BASIL. 21 [ed. Pasq. Gtt. Nachr.
SCHOL. BASIL. 21 ed. Pasquali [Gtt. Nachr. 1910, 200]. 1910. 200] ,
C' una trattazione di Democrito che si intitola .
[= L'arte di scavare i pozzi] e che altri designano col titolo
[= L'arte di scoprire le sorgenti sotterranee].
9) [Ad AELIAN. nat. anim. I 35-38, VII 7-8 e ad ANATOL. 9. Aus AEL. N. H. I 35-38, VII 7-8 und ANATOLIOS
(Geopon. XVII e XV) attinge la falsificazione bizantina Di
[Geopon. B.XVII e XV] sachpft die byzantinische Flschung
Democrito, Sulle simpatie ed antipatie, ed. W. Gemoll,
ed. W.
Striegau 1884].
Gemoll Striegau 1884.
10) [Nel libro Sulle antipatie di Bolo era evidentemente assai 10. Umfangreich war in der Schrift des Bolos
estesa la parte riguardante le malattie umane.] CELS. I
offenbar [II 215. 25 App.] der die
proem. p. 2, 11. E noi sappiamo che perci appunto molti
menschlichen Krankheiten umfassende Teil. CELSUS I proem.
filosofi furono esperti anche in questa arte [la medicina]:
p. 2, 11 ideoque multos ex sapientiae professoribus peritos eius
famosissimi tra questi Pitagora, Empedocle, Democrito.
[nmlich medicinae] fuisse accepimus clarissimos vero ex is
TATIAN. 16-17 p. 18, 6. Vi sono dunque, nella materia che c' Pythagoran et Enpedoclen et Democritum. TATIAN. 16-17 p.
in noi, e malattie e arresti delle funzioni vitali: e ne son causa i 18, 6 Schw.
dmoni, ai quali gli uomini sogliono attribuir la colpa quando i , [II 216. 1 App.]
mali capitano loro addosso, e che sopraggiungono quando la , , ,
stanchezza si sia impadronita di loro (certe volte, poi, l'uomo (
medesimo che, nel tumulto della sua stoltezza, indebolisce la
resistenza del suo corpo): questi dmoni, per, quando sono
)
colpiti dalla parola della potenza divina, fuggono spaventati, e , . (17)
il malato guarisce. (17) E infatti intorno alle simpatie e
[II 216. 5]
antipatie secondo Democrito che cosa possiamo dire se non
'
questo, che proprio abderologo nel senso comune della parola
il cittadino di Abdera? [Anche qui dei singoli capitoli appaiono ; Auch hier erscheinen einzelne Kapitel als
come monografie. Cfr. gli estratti da Sorano in Celio
Monographien. Vgl. die Excerpte aus Soran bei CAEL.
Aureliano.] CAEL. AURELIAN. morb. acut. III 14-16
AUREL. Morb. ac. III 14-16 Hydrophobie; chron. IV 1
[sull'idrofobia]; morb. chron. IV 1[sull'elefantiasi]. Nessuno (Elephantiasis) veterum autem medicorum nullus istius
per degli antichi medici stabil una cura per questo male,
passionis curationem [II 216. 10] ordinavit excepto Themisone
eccetto Temisone e fra i filosofi Democrito, se vero quel che atque ex philosophis Democrito, si vere eius de elephantiacis
si dice, ch'egli abbia scritto un libro sugli elefantiaci. ANECD. conscriptus dicitur liber. ANECD. PARIS [ed. Fuchs Rhein.
MED. PAR. ed. Fuchs [Rh. Mus. 49, 557]. Nessuno degli
Mus. 49, 1894, 557]
antichi medici fece menzione dell'elefantiasi, dei filosofi invece , .
ne parl Democrito nel suo libro Sull'elefantiasi. [Pi
. Schrfer als Soran Rufus
esplicitamente di Sorano, sulla non autenticit di questo libro, , woraus ORIBAS. XLV 28,1 CMG VI
si esprime Rufo nell'opera Intorno alle malattie esterne, cit. nel 2, 1 III 184 [II 216. 15]
luogo seguente di Oribasio.] ORIBAS. IV 63. Infatti il libro
[Elephantiasis]
attribuito a Democrito intorno a questo male [l'elefantiasi]
. Dagegen ohne Bedenken XLIV 14, 1
manifestamente apocrifo. [Al contrario inconsideratamente lo a. O. 131 ber Bubonen. Sympathiemittel gegen Fieber und
stesso Oribasio, III 607, 7 D., cita di Dem. un libro sui
Epilepsie bei THEODOR. PRISC. Phys. IV 3 p. 251, 1 Rose.
bubboni. Rimedi contro la febbre e l'epilessia, fondati sul
Vgl. B 26 b II 149, 2.
principio delle simpatie, in THEODOR. PRISC. phys. IV 3 p.

251, 1 Rose. Cfr. B 26 b, a proposito del titolo Prognosi].


11) Estratti nel cod. Vat. gr. 299, f. 304 sgg. [cfr. ROHDE Kl. 11. Excerpte im VATIC. gr. 299f. f. 304 ff. [ROHDE Kl. Schr.
Schr. I 383; e vedili editi da M. WELLMANN, Berl. Sitzb. I 383; [II 216. 20] ediert von M. WELLMANN, Berl. Sitz.
1908, 625 sgg.]. Di Democrate [sic] sul dolor di testa, Di
1908, 625 ff.] [so] ,
Democrito sugli occhi, Di Democrito abderita
,
sull'infiammazione d'occhi, Di Democrito per la flussione
, - , -
dell'occhio, Di Democrito sulla trichiasi, Di Democrito per le , . , .
macchie di sangue sull'occhio, Di Democrito della chemosi, Di , .,
Democrito dei nefelii, per le contusioni sotto gli occhi e le
, . ,
lividure, Di Democrito sull'infiammazione dell'ugola, Di
., [II 216. 25 App.] .
Democrito rimedi per il vomito di stomaco, Dell'Abderita sul AEL. PROMOT. C. 26 [nach. Marc. 295]
sedativo pel vomito. AEL. PROMOT. C. 26 [secondo il cod. . . .
Marc. 295]. Per le manifestazioni malariche e per il lividore

plumbeo della pelle... veramente c' un altro rimedio, tra quelli . Folgt Rezept.
di Democrito, per coloro che sono colpiti dall'aria di palude
[segue la prescrizione].
12) [I pi raccapriccianti tra i rimedi fondati sulle simpatie,
12. Die graulichsten Sympathiemittel scheinen in
esposti nel trattato Sulle simpatie ed antipatie sembra che
mit dem Namen des Magiers Ostanes [oder
fossero collegati col nome del mago Ostane (od Osthanes)].109* Osthanes] verknpft gewsen [II 216. 30] zu sein. TATIAN. 17
TATIAN. 17 p. 18, 15 [dopo il brano, gi citato qui al n. 10, p. 18, 15 [nach ob. Z. 6]
che finisce il cittadino di Abdera]. Ma come colui che fu
[Abderos,
causa della denominazione della citt110* per essere amico di Grnder der Stadt] , ,
Eracle, a quel che dicono, fu divorato dai cavalli di Diomede, ,
analogamente anche colui che esalta il mago Ostane sar

buttato, nel giorno del giudizio, in pasto al fuoco eterno... Il
. . . '
male che si patisce non distrutto per effetto di antipatia n
[II 216. 35 App.]
uno impazzito si guarisce con l'attaccargli delle fruste. APUL. . APUL. Apol. 27 ... eos
apol. 27 ... essi li chiamano volgarmente Magi, come se quelli vero vulgo magos nominent, quasi facere etiam sciant quae
sapessero anche fare certi prodigi, solo perch sanno che
sciant fieri, ut olim fuere Epimenides [3 A 6a] et Orpheus et
avvengono; e tali furono un tempo Epimenide [3 A 6a] ed
Pythagoras et Ostanes. Vgl. ZACHARIAS SCHOLASTICUS
Orfeo e Pitagora ed Ostane [cfr. ZACHAR. SCHOLAST. Vie Vie de Svre, ed. Kugener p. 62.
de Svre (trad. franc. della trad. siriaca a noi pervenuta), ed.
Kugener p. 62].
13) PLIN. nat. hist. XXX 8 sgg. Il primo che si sappia, per
13. PLIN. N. H. XXX 8 ff. [II 217. 1 App.] primus quod extet,
quanto o trovo scritto, che trattasse di quest'arte fu Ostane, che ut equidem invenio, commentatus est de ea [nml. magia]
accompagn Serse re di Persia quando questi port guerra ai Osthanes Xerxen regem Persarum bello quod is Graeciae
Greci, e fu come se spargesse sul suo cammino i semi della sua intulit comitatus ac velut semina artis portentosae sparsit
arte taumaturgica, imbevendone il mondo per ogni parte ove obiter infecto quacumque commeaverat mundo. diligentiores
passava. Autori pi diligenti collocano poco prima di costui
paulo [II 217. 5] ante hunc ponunt Zoroastren, alium
Zoroastro ed un altro di Proconneso [Aristea]. Quel che certo Proconnensium [d. i. Aristeas]. quod certum est, hic maxime
si che principalmente questo Ostane trasport le genti di
Osthanes ad rabiem, non aviditatem modo, scientiae eius
Grecia alla frenesia, ch dire bramosia ancor poco, della sua Graecorum populos egit. quamquam animadverto summam
scienza. Peraltro non ignoro che dall'antichit e quasi in ogni litterarum claritatem gloriamque ex ea scientia antiquitus et
tempo si cerc la massima eccellenza e gloria letteraria proprio paene semper petitam. (9) certe Pythagoras, Empedocles,
con l'esercizio di tale scienza. (9) Ed certo che Pitagora,
Democritus, Plato ad hanc discendam navigavere [II 217. 10
Empedocle, Democrito, Platone, si misero in mare, affrontando App.] exsiliis verius quam peregrinationibus susceptis, hanc
dei viaggi che meglio si direbbero esilii, per apprendere questa reversi praedicavere, hanc in arcanis habuere. D.
scienza, e ritornati in patria se ne fecero banditori e la
Apollobechen Coptiten et Dardanum et Phoenicem inlustravit,
professarono nel segreto della scuola. Democrito illustr
voluminibus Dardani in sepulchrum eius petitis, suis vero ex
Apollobeche di Coptos e Dardano e Fenice, dopo di aver
disciplina eorum editis, quae recepta ab ullis hominum atque
scoperto i volumi di Dardano nel sepolcro di lui, quindi
transiisse per memoriam aeque ac nihil in vita mirandum est
compose i suoi secondo la dottrina di quelli; e, se questi scritti (10) in tantum [II 217. 15] fides istis fasque omne deest adeo,
trovarono accoglienza presso parecchie persone e ne fu serbata ut qui cetera in viro probant haec opera eius esse infitientur.
memoria, ci non deve meravigliare, come non ci si meraviglia sed frustra. hunc enim maxime adfixisse animis eam
di nessuna cosa nella vita; (10) ma queste ricerche di magia
dulcedinem constat. plenumque miraculi et hoc, pariter
sono cos lontane dal credibile e da tutto ci che lecito, che utrasque artis effloruisse, medicinam dico magicenque, eadem
coloro che ammirano di lui [Democrito] tutto il resto negano aetate illam Hippocrate hanc Democrito inlustrantibus circa
che questi scritti magici gli appartengano. Ma inutile. Perch Peloponnesiacum Graeciae bellum, [II 217. 20 App.] quod
noto che specialmente costui adesc gli animi col fascino di gestum est a CCC urbis nostrae anno ... (11) non levem et
quelle ricerche. Ed argomento di gran meraviglia anche
Alexandri Magni temporibus auctoritatem addidit professioni
questo, che venissero in fiore ad un tempo ambedue le arti, la secundus Osthanes comitatu eius exornatus planeque, quod

medicina voglio dire e l'arte magica, giacch


nemo dubitet, orbem terrarum peragravit.
contemporaneamente l'una fu illustrata da Ippocrate e l'altra da
Democrito, intorno all'epoca della guerra del Peloponneso, che
dur dall'anno 300 di Roma... (11) Anche ai tempi di
Alessandro Magno aggiunse non lieve autorit all'esercizio
della magia un secondo Ostane che ebbe l'onore di
accompagnare il re e che percorse addirittura, non c' dubbio,
tutta l'estensione della terra.
13 a) GALEN. de simpl. med. X 1 [III 298 Khn]. Infatti
13 a. GAL. de simpl. med. X 1 [III 298 Khn]
alcuni di questi [rimedi] sono osceni e repugnanti, altri sono
[Arzneimittel] ,
proibiti anche dalle leggi: e non so come mai intorno a questi , [II 217. 25]
ultimi arriv a scrivere certe cose Senocrate, uomo non gi
, ,
vissuto anticamente bens all'epoca dei nostri nonni, esistendo , ,
sotto il governo romano la proibizione di mangiar carne umana, , '
mentre quegli scrive in modo del tutto credibile, come
,
avendone fatto lui diretta esperienza, quali malattie si possono
curare col mangiare o il cervello o le carni o il fegato di un
,
uomo, quali con le ossa o della testa o della gamba o delle dita, ' ,
da trangugiare [in appositi beveraggi] talora abbrustolite talora [II 217. 30] ' . PLIN. N. H. XXVIII 5ff.
no, quali infine addirittura col sangue. PLIN. nat. hist. XXVIII nec pauci apud Graecos singulorum viscerum membrorumque
5 sgg. E non pochi tra i Greci descrissero anche il sapore dei etiam sapores dixere omnia persecuti ad resegmina unguium,
vari visceri e delle singole membra, nulla tralasciando, sino ai quasi vero sanitas videri possit feram ex homine fieri
ritagli esterni delle unghie; come se davvero possa sembrare
morboque dignum in ipsa medicina, egregia, hercules,
giovevole alla salute trasformarsi da uomo in bestia feroce e
frustratione, si non [II 218. 1 App.] prosit. adspici humana
divenire degni di malattia nell'atto stesso di applicare questa
exta nefas habetur, quid mandi? quis ista invenit, Osthane? (6)
bella medicina - e con che razza di delusione, perbacco, se il tecum enim res erit eversor iuris humani monstrorumque
rimedio non giova! E' ritenuto sacrilegio il guardare le interiora artifex qui primus ea condidisti credo, ne vita oblivisceretur
dell'uomo; che sar dunque il divorarle? Chi escogit codeste <tui>. qui invenit singula membra humana mandere? qua
atrocit, o Ostane? (6) Perch sei tu in causa, eversore di ogni coniectura inductus? quam [II 218. 5 App.] potest medicina
legge umana e maestro di arti mostruose, tu che ne fosti il
ista originem habuisse? quis veneficia innocentiora fecit quam
primo creatore, credo, affinch della tua111* vita non si perdesse remedia? esto, barbari externique ritus invenerant, etiamne
memoria. Chi escogit di mangiare membra umane? Qual
Graeci suas fecere has artis? (7) extant commentationes
congettura ve lo indusse? Quale origine pu mai aver avuto
Democriti ad aliud noxii homini ex capite ossa plus prodesse,
codesta medicina? Chi fece s che i venefici divenissero meno ad alia amici et hospitis. PHILO BYBL. b. EUS. P. E.I 10, 53
delittuosi che i rimedi contro i veleni? Ammetto che barbari e (nach [II
stranieri abbiano introdotto questi costumi; ma anche i Greci 218. 10 App.] ber den
poterono adottare queste arti? (7) Restano trattazioni di
) '
Democrito, che insegnano che per un certo male giovano pi le . PEBECHIOS b. Berthelot
ossa del capo di un malfattore, per altri quelle dell'amico e
Chim. au moyen ge II 309 f.
dell'ospite. PHILO BYBL. ap. EUSEB. praep. evang. I 10, 53
[dopo: Il mago Zoroastro nel suo Sacro compendio Persiano
a proposito del dio con la testa di sparviero]. ... lo stesso dice
di lui anche Ostane, nel libro che s'intitola Ottateuco.
PEBECHIOS [in Berthelot Chim. au moyen ge II 309 sg.].
14) SENEC. ep. 90, 32. Si dice che Democrito, egli
14. SENEC. EP. 90, 32 "Democritus" inquit [Poseidonius]
[Posidonio] scrive, invent la volta, in modo che la curvatura "invenisse dicitur fornicem, ut lapidum curvatura paulatim
delle pietre parzialmente inclinate fosse saldata dalla pietra che inclinatorum medio saxo alligaretur". [II 218.15 App.] hoc
si pone al centro. E questo dir subito che falso: perch
dicam falsum esse necesse est enim ante Democritum et pontes
anche prima di Democrito dovevano ben esserci dei ponti e
et portas fuisse, quarum fere summa curvantur. excidit porro
delle porte, che hanno alla sommit sempre una certa
vobis eundem Democritum invenisse, quemadmodum ebur
curvatura. Per giunta, vi uscito di mente che lo stesso
molliretur, quemadmodum decoctus calculus in smaragdum
Democrito invent il modo di render molle l'avorio e il modo converteretur, qua hodieque coctura inventi lapides <in> hoc
di trasformare in smeraldo una pietruzza mediante la cottura, utiles colorantur.
sistema questo che si segue anche oggi per colorare pietre a ci
adatte. E sia pure che il filosofo abbia inventato questo sistema;
ma certo, non in quanto era filosofo, lo ha inventato.
__________________
__________________
15) [Al carattere gi in parte alchimistico dei o 15. [II 218. 20 App.] An den teilweise bereits alchemistischen
Rimedi artificiali (B 300, 14) si collega, sul finire
Charaker der (B 300, 14) knpft im Ausgang des
dell'antichit, la letteratura opocrifa degli alchimisti. Nello
Altertums die Literatur der Goldmacherzunft an. In der
scritto perduto (Libro delle verlorenen Schrift erscheint

propriet naturali e misteriose), Democrito appare come


D. als Adept des Magiers Ostanes, der ihn im Tempel zu
adepto del mago Ostane che nel tempio di Menfi lo inizia al
Memphis in die alten Schriften einweiht, aus denen dann D.
mistero degli antichi scritti, dai quali poi Democrito ricava
Auszge [II 219. 1 App.] mitteilt. Fnf Hauptschriften werden
degli estratti. Si trovano indicati cinque scritti principali: 1.
genannt; 1. , 2. , 3. , 4.
Sull'oro 2. Sull'argento 3. Sulle pietre 4. Sulla porpora 5. A
/, 5. . Exzerpte daraus bei:
Leucippo. Estratti da questi scritti in:]
16) SYNCELL. I p. 471 Dindorf. Era allora in fama Democrito 16. SYNCELL. I p. 471 Dind. .
di Abdera, filosofo e mago. Egli in Egitto fu iniziato ai misteri . [II 219. 5]
da Ostane il Medo (ch'era stato mandato in Egitto dai re

persiani di allora a presiedere al culto egiziano) nel tempio di
Menfi insieme con altri sacerdoti e filosofi, tra i quali vi erano
una tale Maria, sapiente ebrea, e Pmmene; e scrisse intorno
,
all'oro e all'argento e alle pietre e alla porpora, ma in modo
,
oscuro, come anche Maria. Ma questi due, cio Democrito e
, . '
Maria, furono lodati da Ostane per aver nascosto l'arte con
. [II 219. 10]
molti e sapienti enigmi, mentre fu da loro biasimato Pmmene ,
per avere scritto le cose apertamente.
.
17) [SYNES.] ad Dioscorum comment. in Democr. [Coll.
17. [SYNES.] ad Dioscorum comment. in Democr. [Berthelot
Alchim. Gr. I 56, 7 Berthelot]. Democrito, venuto da Abdera, Coll. d. Alchim. I 56, 7]. .
mago, il quale indag tutti i problemi naturali e scrisse sugli

esseri in conformit della loro natura. Abdera una citt della . [II 219.
Tracia; ma egli poi divenne espertissimo nelle scienze, giacch, 15] ,
andato in Egitto, fu iniziato ai misteri dal grande Ostane nel

tempio di Menfi dove c'erano anche tutti i sacerdoti dell'Egitto. .
Ricevuta da lui l'ispirazione, compose quattro libri sull'arte del
tingere, cio sull'oro e l'argento e le pietre e la porpora. E ripeto ,
che veramente egli li compose per averne avuta l'ispirazione
. ,
dal grande Ostane. Questi infatti fu il primo che scrisse che la .
natura si compiace della natura, e la natura domina la natura, e [II 219. 20 App.] '
la natura vince la natura112* ecc. [ = NECHEPSO fr. 28, 4;

RIESS, Philol. Suppl. VI, 379; Kopp, Beitr. z. Gesch. d.
' . [= NECHEPSO fr. 28, 4; RIESS Philolog. Suppl.
Chemie, I, 130].
VI (1891/3) 379. Kopp a. O. S. 130].
18) [Estratti da questo Tetrabiblo, sotto il titolo 18. Auszge aus dieser Tetrabiblos unter dem Titel
in Coll. Alchim. Gr. I 41 sgg. Saggio p. in Berthelots Coll. d.
43, 14]. Mentre dunque ci si trovava nel tempio, ecco che una Alchim. I p. 41 ff. Probe: p. 43, 14 [II 219. 25 App.]
colonna si spezza da s all'improvviso, e noi non vedevamo che [ ]
essa avesse nulla nel suo interno. Ma Ostane diceva che erano , .
in essa gelosamente conservati i libri dei nostri avi e tosto,

accompagnandoci in mezzo al tempio, ci port l presso: e noi,
chinandoci, ci meravigliavamo, perch, avendo osservato senza , ,
che nulla ci potesse sfuggire, non riuscimmo a trovare col che ' '
questo discorso, ottimo sotto ogni riguardo: la natura
.
[domina] la natura ecc.
[II 219. 30 App.] Es folgt in der Sammlung
[Segue nella raccolta del Berthelot il:] Libro V di Democrito a p. 53, 16 ,
Leucippo [p. 53, 16]. Ecco dunque, o Leucippo, che tutto
,
quanto vi era intorno a queste arti degli Egizi nei libri dei
,
profeti persiani io scrissi nel dialetto volgare, a cui esse [arti] si ,
adattano benissimo; ma il libro non volgare. Esso contiene
.
infatti enigmi mistici antichi e venerandi, che furono confidati (?) [II 219. 35 App.]
ai Fenici dai prischi e divini re dell'Egitto. Ed io, per l'amicizia .
che ti porto, esporr appunto quegli enigmi venerandi che sono (?) [II 220. 1 App.]
stati scritti per me dai figli degli Egizi. Ma non sar pago
. , ,
finch non avr introdotto te, o medico, apertamente in tutti
' .
questi misteri, anche per mezzo d'interprete. La trattazione

riguarda l'imbiancatura e l'indoratura, cio i sistemi di
,
ammollimento e di cottura del minerale di rame e cos via sino
alla colorazione di esso, poi [enumera] quante cose strane e
[II 220. 5 App.] ,
inopinate si possono in seguito ricavare dallo stesso rame e dal ,
cinabro, per esempio ricavare l'oro dalla calamina e da altre
. Vgl.
specie [di minerale], e inoltre quali meraviglie si ottengono con OLYMPIOD. das. p. 78, 12; 79, 3 ff.; 97, 6 usf.
la calcinazione e con la combinazione delle sostanze [Cfr.
ZOSIMOS a. O. II 122 aus Demokrit: '

OLYMPIOD. de arte sacra lap. phil. p. 78, 12; 79, 3 sgg.; 97,
6 ecc.]. ZOSIM. ivi II122 [da Democrito]. Prendi una pietra
che non una pietra, quella che non ha nessun pregio e il
massimo pregio, che ha tante forme ed priva di forma, che
sconosciuta ed nota a tutti, che ha tanti nomi e non ha alcun
nome, voglio dire la selenite [cfr. 119, 11 sgg.].
ZOSIM. II 159, 3. E queste sue trattazioni cos Democrito le
indirizza ai profeti egizi: A te, o Filarete, al quale si rivolge la
mia arte, io indirizzo questa trattazione dell'arte, condotta in
modo particolareggiato.
ZOSIM. III 448, 19 [pietra filosofica]. Democrito dice al re:
Se tu non impari a conoscere le sostanze e non mescoli le
sostanze e non intendi le specie e non congiungi i generi ai
generi, invano, o re, hai intrapreso questa fatica.
[Nell'indice del cod. Ven. 229 (manoscritti principali degli
alchimisti) gli scritti Sulla fabbricazione dell'oro e Sulla
fabbricazione dell'asem (propriamente elettro, ma qui argento)
sono citati sotto il nome di Democrito (pubblicati dal
Berthelot, 1, p. 49.]
19) [Gli esordi dell'arte di fabbricar l'oro si rivelano gi113*nel
n. 1 della raccolta di prescrizioni del testo seguente: Pap.
Lond. 121, III sec. d. C. C. 5 b, v. 168 (KENYON, Greek
Papyri in the British Museum, 1, 1893, p. 89)].
Passatempi di Democrito
1. Dare a vedere di trasformare il rame in oro: devi mescolare
dello zolfo vergine con della creta e impastarli insieme.
2. Fare che un uovo divenga simile a una mela: bollito l'uovo,
cospargilo di zafferano mescolato col vino.
3. Porre il cuoco in condizione di non poter accendere il fuoco:
mettigli nel focolare dell'erba sempreviva.
4. Mangiare aglio senza puzzare: mangiaci sopra delle radici di
bietola arrostite.
5. Perch una vecchia non chiacchieri molto e non beva molto:
scuoti un pino e fagliene cadere gli aghi nel bicchiere.
6. Far combattere tra loro dei gladiatori dipinti: giusto sotto di
loro affumicare una testa di lepre.
7. Perch possa riscaldarsi uno che abbia mangiato dei cibi
freddi: dargli una infusione di scilla in acqua tiepida per
lavarsi; da liberarsene quindi con olio.
8. [Mutilo].
9. Per non ubriacarsi quando si beve molto: mangiare del
polmone di maiale arrostito.
10. Per non soffrir la sete quando si viaggia: sorbire un uovo
crudo rotto nel vino.
11. Per poter ripetere molte volte l'amplesso: cinquanta pine
con due ciati di passito e berlo dopo avervi macinato venti114*
grani di pepe.
12. Poterlo avere eretto quando si vuole: ungiti l'estremit con
miele misto con un po' di pepe macinato.

, ,
, , [II 220. 10 App.]
, '.
Vgl. 119, 11 ff.
ZOSIM. II 159, 3
. ' , ,
, '.
ZOSIM. III 448, 19 [Stein der Weisen] .
' [II 220. 15 App.]

, ,
'.
Im Index des Venet. 229 [Haupths. der Alchem.] werden die
Schriften und [eig.
Elektron, hier Silber] [abgedr. bei Berthelot I 40]
unter Demokrits Namen besonders aufgefhrt.

19. [II 220. 20 App.] Die Anfnge der Goldmacherkunst zeigt


bereits Nr. 1 der Rezeptsammlung des PAPYR. LONDIN. 121
[III Jahrh. n. Chr.] c. 5b v. 168 [Kenyon Greek Pap. in the Br.
Mus. (I 1893) S. 89. Pop. Graec. mag. ed. Preisendanz II 7].

[II 220. 25 App.] .
.
.
' .
[II 221. 1 App.] .
.
. .
.
[II 221. 5 App.] .
. [so]
.
.
: .
[II 221. 10 App.] Verstmmelt.
. []
.
.
.
.


.
[II 221. 15 App.] .
,
[].

20. PAPIR. MAGIC. LUGD. 384 IV. Jahrh. n. Chr.


20) PAP. MAG. LUGD. 384, IV sec. d. C. [DIETERICH,
[DIETERICH Jahrb. f. kl. Ph. Suppl. XVI, 813. Preisendanz a.
Jahrb. f. Ph. Suppl., XVI, 813]. Sfera di Democrito,
O. S. 81] .
pronostico di vita e di morte. Guarda sotto qual giorno della
.
luna cadde malato e il nome personale di lui: aggiungi il
,
calcolo della luna e guarda quante volte ci stanno trenta giorni; [II 221. 20] ,
poi prendi il numero di giorni che avanza e conta tanti giorni ''
sulla sfera; e, se il numero viene nella parte superiore, vuol dire , , , . Darunter die Tabelle.
che quello vivr, se viene nella parte inferiore, che morr.
68 B 301. FULGENT. mitol. II 14. Dromocrites in
68 B 301. FULGENT. Mitol. zitiert II 14 Democrites in
Theogonia. FULGENT. mitol. III 7. Dromocrites in
Theogonia, III 7 Democrites in Fisiologumenon, wo
Fisiologumenon [dove si vuole l'emendazione Democritus. Democritus emendiert wird. Auf alle Flle Schwindel des Fulg.

In ogni caso, sempre falsificazione di Fulgenzio].


68 B 302. Manca ogni sicurezza per le
(Massime di Democrito) del Corpus Parisinum profanum [cod.
Paris. gr. 1168, secondo Elter; da questo Corpus provengono le
corrispondenti Democritea di Massimo]:
163 [= Sotade: Maximus c. 42; USENER Rh. Mus. 55, 334].

68 B 302. [II 222. 1 App.] Ohne Gewhr sind die


des CORPUS PARISINUM PROFANUM [Cod. Paris.
gr. 1168 nach Elter; aus diesem Corpus stammen die
entsprechenden Democritea des Maximus]:
163 . . . [= Sot. Max. c.
42.USENER Rhein. Mus. 55, 334 = Kl. Schr. IV 328] [II 222.
164 = B 209. 165 = B 234. 166. Col mutare delle circostanze, 5] 164 = B 209. 165 = B 234. 166.
anche quelli che sono assai potenti vengono ad aver bisogno

dei pi deboli. 167 [AESCHIN. 3, 147] = STOB. III 43, 35.
. 167 [AESCH. 3, 147] = STOB. III 43, 35.
168 Curare un morto e correggere un vecchio la stessa cosa 168
[cfr. Gnomica homoeomata ed. Elter I p. 41; 68]. 169 L'amico [cfr. Gnomica homoeomata ed. Elter I p. 41. 68]. 169
sincero deve essere presente nei momenti della gioia perch

chiamato, nei rovesci deve esserti sbito vicino senza bisogno , [II 222. 10 App.]
di chiamarlo = DEI 165 [
= DEI 165 [
. Stud. z. d. Floril p. 193: anche
ed. Wachsmuth Stud. z.
questa raccolta priva di ogni sicurezza]. 170 Il non poter
d. Floril p. 193; auch diese Sammlung ist ohne Gewhr]. 170
aiutare gli amici indizio di mancanza di mezzi, il non volere ,
segno di malvagit. 171 I veri amici rendono dolci le amicizie e . 171
pi lievi le sventure, dividendo con noi la gioia di quelle e il

dolore di queste. 172 [ISOCR. Demon. 23] = DEI 73. 173 = B . [II 222. 15]
47. 174 Scegli di essere amabile piuttosto che temibile, durante 172 [ISOCR. Demon. 23] = DEI 73 173 = B 47 174
la vita: perch, se uno da tutti temuto, certo che egli teme
tutti. 175 Bisogna proporsi molto sicure le mete, molto egregie , . 175
le azioni [homoeom. n. 142]. 176 [ISOCR. Nicocl. 38] = DEI , [Elter
87. 177 Colui che ha un comando deve avere capacit di
Homoeom. n. 142]. 176 [ISOCR. Nicocl. 38] = DEI 87. 177
riflettere dinanzi alle occasioni che gli si presentano, ardimento ,
di fronte ai nemici, benevolenza verso coloro che sono
, [II 222. 20]
sottoposti al suo comando. 178 Colui che vuol comandare agli . 178
altri deve cominciare a comandare anzitutto a se stesso. 179 Un . 179
beneficio piccolo, ma che giunga nel momento del bisogno, = B 94. 180 = B 180. 181.
grandissimo per chi lo riceve mentre nelle difficolt = B 94. = Homoeom. n. 19
180 = B 180. 181. Come in uno specchio si vedono le
a. 182 Vgl. STOB. II 31, 53 183 = B 272. 184
caratteristiche dell'aspetto esteriore, cos in una conversazione [II 222. 25 App.] .
appaiono quelle dell'anima [homoeom. n. 19 a]. 182 [cfr.
,
STOB. II 31, 53]. 183 = B 272. 184 Incessante in tutti gli
, . 185
uomini il desiderio della ricchezza: quando non la possediamo, [ fgt Max. zu] .
essa ci logora col desiderio; quando la possediamo ci tortura
186 ,
con le preoccupazioni; quando ci cpita di perderla, coi dolori. , vgl.
185 Ti render degno di Dio il non fare nulla d'indegno. 186
STERNBACH Wien. Stud. IX (1887) 200 187
L'uomo, di simile a Dio, possiede l'agire con giustizia, dal
[II 222. 30]
momento che l'agire con giustizia non merce che si acquisti al = Homoeom. n. 124 188 vgl. STOB. III 17, 30] 189
minuto, e cos pure il beneficare e il dire la verit [cfr.
, = Gnom.
STERNBACH, Wien. Stud., IX, 200]. 187 Anche il bravo hom. I p. 41 190 = B 185 191
pilota qualche volta fa naufragio, e cos l'uomo virtuoso va
. 192
incontro ad insuccessi [homoeom. n. 124]. 188 [cfr. STOB. III :
17, 30]. 189 Come la spada taglia, cos la calunnia divide gli , . 193
amici [homeom. I p. 41]. 190 = B 185. 191 L'ira dei buoni ha [II 222. 35]
questo di caratteristico: che giova a colui che sdegnato senza . 194 = B 218 195 = B 60
danneggiare colui contro cui si rivolge lo sdegno. 192
196
Preferisci donare il poco anzich promettere il molto: perch il . 197
pericolo lontano e colui che deve ricevere il beneficio ha
,
bisogno di fatti e non di parole. 193 E' adattissimo per
, ' ,
l'amicizia colui che sa ricevere ogni sorta d'ingiustizie e
' . 198
sopportarle. 194 = B 218. 195 = B 60. 196 Guardarsi dalla
[II 222. 40] .
fretta e dalla voracit quando si mangia: queste maniere, infatti, 199 = B 212 200 = B 214 201 = B 246 [II 223. 1] 202 = B 78
hanno un che di canino e convengono alle bestie piuttosto che 203 = B 75 204 = B 111 493 = B 41 563
agli uomini. 197 Come un profumo piace non tanto perch sia [wie die ff. aus Stob.] = B 41 588 = B 210 591 = B 214 b 595
delizioso o perch abbondante ma perch in buono stato, cos [STOB. 7, 31 u. 55] = B 215 691 = B 86 875 = B 294. 710 [wie
anche il cibo va bene non quando ghiotto n quando molto die ff. aus der Sammlung DEI] = Barocc. 190 [fehlt Wachsm.]
ma quando sano. 198 Chi stima la virt, apprezza prima di
. [II 223. 5] . 711 =

tutto e soprattutto la verit, reputando che essa sola iniziatrice DEI 216 = B 89 745 [fehlt Wachsm.]
di ogni opera virtuosa. 199 = B 212. 200 = B214. 201 = B 246.
202 = B 78. 203 = B 75. 204 = B 111. 493 Massima di
. 746-747
Democrate = B 41. 563 [tolta, come le seguenti, da Stobeo]= B = DEI 193-194. 748 [fehlt Wachsm.] = B 284 749 = DEI 189.
41. 588 = B 210. 591 = B 214 b. 595 [STOB. 7, 31 e 55] = B 749 a [fehlt Wachsm.] = oben 188 750-751 = DEI 190-191.
215. 691 = B 86. 875 = B 294. 710 [tolta, come le seguenti,
752 = DEI 200.
dalla raccolta DEI] = Barocc. 190 [manca nel Wachsmuth]
Democrito diceva che l'invidia una piaga della veracit. 711 =
DEI 216 = B 89. 745 [manca nel Wachsm.] Non reputare mai
felice un uomo per la ricchezza e per la fama che gode: perch
tutti i beni di questa sorta sono legati a una fiducia pi tenue
del vento. 746-747 = DEI 193-194. 748 [manca nel Wachsm.]
= B 284. 749 = DEI 189. 749 a [manca nel Wachsm.] = 188
qui sopra. 750-751 = DEI 190-191. 752 = DEI 200.
68 B 302 a. SENEC. ep. 7, 10. Democrito dice: un solo vale
68 B 302 a. SENEC. Epist. 7, 10 [II 223. 10 App.] D. ait unus
per me una moltitudine e una moltitudine quanto un solo [cfr. mihi pro populo est et populus pro uno [Vgl. 22 B 49].
22 B 49].
68 B 303. Massime greco-siriache ed. Ryssel [Rh. Mus. LI, 68 B 303. GRAECO-SYR. SPRCHE bers. von Ryssel
539] n. 33. [Democrito ha detto:] I saggi, quando si recano in [Rhein. Mus. 51, 1896, 539] n. 33 D. hat gesagt: Weise Leute
un paese straniero, che non il proprio, devono in silenzio e
mssen, wenn sie in ein fremdes Land geben, das nicht das ihre
con cautela comportarsi da osservatori, mentre indagano e
ist, unter Stillschweigen und in Ruhe die [II 223. 15]
porgono orecchio per sentire qual la fama intorno alla materia Kundschafter machen, indem sie zusehen und nach dem Rufe
di cui si occupano i saggi che vi sono l; e come sono quelli e hinhorchen, den die Sache der Weisen, die dort sind, hat: wie
se possono competere con loro; mentre nel frattempo essi entro sie sind und ob sie ihnen gegenber bestehen knnen, indem
di s tacitamente vanno paragonando l'insegnamento di quelli sie ihre Worte mit den ihren in ihrem Sinne heimlich abwgen.
col proprio. E quando essi hanno fatto il paragone e hanno
Und wenn sie es abgewogen und gesehen baben, welche Partei
veduto quale delle due parti superiore all'altra, allora debbono der anderen berlegen ist, alsdann sollen sie den Reichtum [II
manifestare la ricchezza del loro sapere, per essere stimati a
223. 20 App.] ihrer Weisheit kund tun, damit sie um des
causa del tesoro da loro posseduto, nel mentre che compartono Schatzes willen, der ihr Eigentum ist, gepriesen werden, in
agli altri questa loro ricchezza. E se il loro sapere troppo
dem sie andere aus ihm bereichern. Und wenn der ihre zu klein
piccolo perch essi possano donarne altrui, apprendano essi
ist, als da sie davon spenden knnten, so nehmen sie von dem
dagli altri e poi se ne vadano.
anderen und so gehen sie fort.
68 B 304. Massime greco-siriache n. 42 p. 542. Democrito ha 68 B 304. GRAECO-SYR. SPRCHE bers. von Ryssel
detto: Io so soltanto che non so nulla. cfr. GNOMOL. VAT. [Rhein. Mus. LI, 1896, 539] n. 42 D. hat gesagt: Ich allein
743 [Wien. Stud., X, 232] n. 56. Lo stesso [Democrito]
wei, da ich nichts wei. [II 223. 25] Vgl. GNOMOL. VAT.
disse: Una sola cosa io so, che non so nulla [cfr. 70 B 1].
743 [Wien. Stud. 10, 1888, 232] n. 56 [Demokritos]
' , .' Vgl. 70 B 1.
68 B 305. QIFTI ap. Mller Gr. Phil. in d. arab. Ueberl. p. 36. 68 B 305. QIFTI bei A. Mller Gr. Philos. in d. ar. berl. S.
Democrito, filosofo greco, autore di un'opera Sulla filosofia.
36 D. ein gr. Philosoph, Verfasser eines Buches ber die
Philosophie.
68 B 306. MASALA [Maschallah al-Misri, circa 800 d. C., in 68 B 306. MASALA [Maschallah al-Misri ca. 800 n. Chr.
greco, nel cod. Vat. gr. 1056: cfr. Catal. codd. astrol. gr. I
griech. im Vatic. gr. 1056, [II 223. 30 App.] S. Catal. codd.
(Bruxelles1898) p. 82, indice astrologico degli Arabi].
astrol. gr. I (Brux. 1898) p. 82, astrologischer Index der
Democrito scrisse 14 libri: cio Sui genetliaci, libri 6; Sui
Araber] . ,
,
quesiti principali, libri 4; Sulle congiunzioni degli astri, libri 2; , ,
Sul calcolo, in un libro; Sui climi, in un libro.
.
68 B 307. [ORIBAS.] in aphorism. Hippocr. [l'originale una 68 B 307. PSEUDORIBASIUS in Aphorism. Hippocr.
falsificazione bizantina] ed. Io. Guinterius Andernacus, Parisi [Original ist byz. Flschung] ed. Io. Guinterius Andernacus
1533, f. 5 v.
Paris. 1533f. 5 V. deinde dicimus [II 223. 35 App.] quod nemo
Inoltre diciamo che nessuno compose un'opera tale [gli
tale opus [Aphorismen] potuit facere quale Hippocras, quem
Aforismi] quale scrisse Ippocrate, che fu chiamato dai filosofi philosophi amicum naturae dixerunt. tentavit quidem D. tale
amico della natura. Tent Democrito, veramente, di scrivere
facere, non tamen ut Hippocras perfecit.
qualche cosa di simile, per non vi riusc cos bene come
Ippocrate.
68 B 308. COD. PARIS. 1630 (sec. XIV) f. 191 r [dopo 22 68 B 308. COD. PARIS. 1630 [nach 22 B 138]
B 138]. Del filosofo Democrito la sentenza contraria [e
. . = Anth. Pal.
segue l'epigramma che comincia: .,
IX 360 .
riportato in Anth. Pal. IX 360 sotto il nome di Metrodoro].
68 B 309. ALBERT. MAGN. eth. I 1, 3. Ci anche quello 68 B 309. ALBERTUS MAGNUS Ethica I 1, 3 (Vol. IV ed.
che dice Democrito, che l'uomo sapiente la misura di tutte Jammy p. 4) [II 224. 1] hoc est etiam quod dicit D., quod homo

le cose che sono [cfr. 80 B 1]. Per mezzo del senso infatti si sapiens est mensura omnium quae sunt (vgl. 80 B 1). per
ha la misura dei sensibili e per mezzo dell'intelletto la
sensum enim est mensura sensibilium et per intellectum est
misura degli intelligibili; giacch ciascun oggetto si misura mensura intelligibilium mensuratur enim unumquodque sui
con ci che primo e semplicissimo nel genere suo; e ci generis [II 224. 5] primo et simplicissimo primum autem et
che primo e semplicissimo in ciascun genere la virt. Il simplicissimum uniuscuiusque generis virtus est. virtus ipsius
principio quindi della conoscibilit di ciascuna cosa la
igitur est principium cognoscendi unamquamque rem cognitio
virt di essa; insomma la conoscenza di qualsiasi cosa si
igitur omnis rei perficitur in cognitione virtutis eius.
consegue nella conoscenza della sua potenza.
68 C 1. DAMOXEN. fr. 2, vv. 12-34, da I sodali (), 68 C 1. DAMOXEN. fr. 2 bei ATHEN. III p. 102 B
ap. ATHEN. III 102 B [III 349 Kock].
[III 349 K.].
Perci il cuoco, qualora tu lo veda
illetterato s che non conosce
o, a dir meglio, possiede di Democrito
(ah, tu ne ridi, tu lo credi inutile?)
i libri tutti ben da cima a fondo,
e non ha letto di Epicuro il Canone,
caccialo via, di sterco insudiciandolo,
come s'usa alle scuole dei filosofi!
Perch i cuochi bisogna che ben sappiano,
prima d'ogni ricetta, o mio carissimo,
qual differenza c' nelle sardelle
dall'estate all'inverno; e che conoscano
qual pesce il pi indicato da fidarcisi
nella stagione che calano le Pleiadi,
quale allor che s'approssima il solstizio.
Ch i cangiamenti e i movimenti, male
gravissimo per gli uomini, producono
alterazioni - non lo sai? - nei cibi;
solo le cose prese a tempo piacciono.
Ma chi ci bada? Ed ecco allor le coliche,
ecco i venti che sfuggono e ti fanno
sfigurar l'invitato! Ma, quand'uno
servito da me, quel che gli portano
buon cibo che nutre e che assottigliasi
nel digerire e piano piano evapora.
E allora il succo arriva in modo eguale
a tutti i pori. Ch, dice Democrito,
se le sostanze nutritive arrivano
in parte dove giunger non dovrebbero,
dnno la gotta con acuti spasimi.
- Dunque la medicina anche mi bazzichi!
- Fisico non sarei!115*
2-6. Epistulae Pseudohippocrateae [rientrano nella letteratura
romanzesca in forma epistolare; appartengono all'incirca al I
sec. d. C. Saggi:]

[II 224. 10 App.] [v. 12] ,

,
', (?),
[v. 15] , .
,
[II 224. 15 App.] ' , ,
,

[v. 20] ' .
,
[II 224. 20 App.] ,
, ;
' .
[v. 25] ;

[II 224. 25] . '

.
[v. 30] .
, ,
[II 224. 30] ' .
[II 225. 1 App.] - .
- .

EPISTULAE PSEUDHIPPOCRATEAE [Romanschriftstellerei


in Briefform, etwa s. I n. Chr.]. Proben:

68 C 2. HIPPOCR. 10, 3 [IX 322 L.] [II 226. 1 App.]


68 C 2. [HIPPOCR.] 10, 3 [IX 322].116* Egli [Democrito] indaga [Demokr.] [B 0c II 130, 12],
anche intorno agli inferi [B 0 c] e ne scrive.
[vgl.
B 166. A 78. C 5 ], .
68 C 3. [HIPPOCR.] 17, 15 [IX 356]. Sulla pazzia, egli disse 68 C 3. HIPPOCR. 17, 11 [IX 352 L.] Hippokrates erzhlt:
[sott. scrivo: il sogg. Democrito]... (16) E che scrivi intorno . . . , [II 226. 5 App.] [Demokr.]
alla pazzia? E che altro, rispose, se non quale sia la sua natura e '
come abbia origine negli uomini e in qual modo si possa
[vgl. B 18]. [354 L.] Aus dem Gesprch Hippokr.:
calmarla? Cos tutti questi animali che vedi, prosegu, per ci Demokr.: H. , . - . . .
appunto li vado sezionando, non per odio all'opera divina, ma , [Dem.] . . . (16) ; -
per cercare la natura della bile e la posizione sua propria. So
, , , ,
infatti che la causa della pazzia per lo pi la bile
,
sovrabbondante.
, [II 226. 10 App.] , ,
, ,


,
, ' , '
' . . . - [360 L.]
. (25) . . . . . . [II 226. 15 App.] ,
[vgl. B 282. 197ff.] , [vgl. B
195] ,
[vgl. B 76]
[vgl. B 223],
[vgl. B 70. 224. 234 u. .]
, ,
[II 226. 20 App.] [vgl. B 285] ,
[vgl. B 224. 191],

[vgl. B 170. 171] . . .
68 C 4. [HIPPOCR.] 17, 40 [IX 368]. Soltanto nell'uomo la
68 C 4. HIPPOCR. 17, 40 [IX 368 L.] '
conoscenza, merc la potenza della ragione, pienamente
,
limpida per quanto riguarda il presente ed capace di
. , [II
prevedere il futuro. E gli uomini sono scontenti di tutte le cose 226. 25] [vgl. B 166. 175].
e di nuovo alle medesime cose si avvicinano.
68 C 5. [HIPPOCR.] 18, 1 [IX 380]. Ho avuto agio di scrivere 68 C 5. HIPPOCR. 18, 1 [IX 380 L.] [II 227. 1 App.]
[sogg. Democrito] intorno all'ordinamento del mondo [B 4 b, 4 [Demokr.] [B 4 b, 4
c; 5; 5 a] e alla descrizione del polo [B 15 a] e agli astri celesti c; 5; 5 a] [B 15 a],
[B 11 r - 14]... e di tutte [le composizioni] che ci traggono in
[B 11 r - 14] . . .
inganno con le immagini giacch vanno cangiando

nell'attraversare l'aria [cfr. A 77], sia quelle che l'universo offre [Vgl. II 103, 32], [II 227. 5
alla nostra vista sia quelle che vengono a prodursi attraverso i App.] [B 8 a. 138f.] ,
cangiamenti di forma [B 8 a], di queste la mia mente svel la
natura con lunghe indagini. E ne fanno testimonianza i libri da ' .
me dedicati a questi argomenti.
68 C 6. [HIPPOCR.] 23, 1-11 [IX 392]. Democrito ad
68 C 6. HIPPOCR. 23, 1ff. [IX 392 L.]
Ippocrate sulla natura dell'uomo.
.
(1) ,
(1) Conviene che tutti gli uomini, o Ippocrate, conoscano l'arte , ( ),
medica (giacch non soltanto bello conoscerla, ma anche utile [II 227. 10
per la vita) e principalmente coloro che son divenuti provetti App.] . ((
nella cultura e nel ragionamento: perch io ritengo la scienza (2) '
,
medica sorella ed inseparabile compagna della filosofia. (2)
' [vgl. B 31]. ,
Infatti la filosofia sottrae l'animo al dominio delle passioni,
come la medicina libera il corpo dalle malattie [cfr. B 31]. E
l'intelletto si sviluppa quando c' la salute: di questa dunque ,

bene che siano previdenti custodi quelli che hanno senno,
pensando che, quando lo stato del corpo sofferente, l'intelletto , [II 227. 15 App.] .
non riesce neppure a infondere zelo per l'esercizio della virt: (3)
infatti la malattia che s'impadronisce di noi offusca fortemente ,
l'animo, facendo partecipare anche la mente alle sofferenze del ,
corpo. (3) Ora, la descrizione del fisico dell'uomo corrisponde ,
appunto a tale concezione. Il cervello posto a custodia della
sommit del corpo, della quale gli affidata la sicurezza: esso , . (4)
[II 227. 20
contenuto entro membrane nervose, protette da specie
particolari di ossa duplici, adatte all'uopo, che racchiudono il App.]
[]
cervello, signore e custode dell'intelletto, adornando la cute
[sovrastante] con acconcio rivestimento di capelli. (4) Quanto . ,
agli occhi, la facolt visiva, posta al sicuro entro molte tuniche , . (5)
e in uno stabile equilibrio di umidit, ha la sua sede nella cavit ,
.
posta sotto la fronte; e la causa del vedere, la sensibilissima
.
pupilla, in situazione favorevole sotto la protezione
[II 227. 25 App.] ,
dell'intreccio delle ciglia. Le due narici poi, che hanno la
.
funzione di discernere gli odori, pongono un distacco alla
vicinanza degli occhi. (5) Le labbra, formando col loro molle , ,

, . (6)
contatto la chiusura della bocca, producono e regolano il senso
,
e la esatta pronuncia delle parole. L'osso del mento termina
. ,
alquanto appuntito ed connesso alla mascella mediante le
, [II 227. 30 App.]
ossa zigomatiche. Poi l'artefice di quest'opera vi aperse le
.
orecchie quali recipienti atti ad accogliere i discorsi; e, se
, . (7)
l'animo che ad esse sovrasta non ben saldo, diviene servo
,
dell'irragionevolezza. La lingua, madre della favella,
messaggera dell'animo, portinaia del gusto, difesa dalle forti , [II 228. 1 App.]
, ,
barriere dei denti. (6) La trachea e la faringe, congiunte, si
.
accompagnano: l'una immette l'aria nelle vie respiratorie,
,
l'altra invia il cibo sino al fondo del ventre spingendo
fortemente. Il cuore, dalla forma di cono, il re [di tutto questo . (8)
regno]: esso la fonte dell'ira; ed cinto dal torace117* che lo ,
ripara da ogni minaccia. Nei polmoni le frequenti anfrattuosit, . [II 228. 5] ,
che vengono percorse dall'aria, fanno uscire il fiato che causa ,
della voce. (7) Ma quel che fornisce il sangue e lo trasforma in , . (9)
nutrimento, coi lobi che circondano a pi riprese la vena cava, ,
il fegato, da cui traggono origine i desideri. La bile verde ed .
ha la sua sede nel fegato; essa, se si spande fuori, corrompe il
, . (10)
corpo umano. Di faccia al fegato, poi, giace la milza,
pericolosa ed inutile ospite del corpo umano, non destinata ad , [II 228.
10 App.] , .
alcuna funzione speciale. (8) Sta in mezzo a questi visceri,
, ,
presiedendo ai loro movimenti, lo stomaco, che tutto riceve
entro di s; eppoi si distende regolando la digestione. Contenuti ,
nel ventre, ove si agitano in servizio dell'insieme, si avvolgono ,
gli intestini, con la funzione di ricevere e di espellere. (9) I due ,
reni, situati al di sopra delle anche e rivestiti di grasso, sono per . (11)
natura non estranei alla escrezione delle urine. Signore di tutto ,
, [II 228. 15 App.]
il ventre, il cosiddetto peritoneo avvolge tutto l'intestino,
, , ,
eccettuata solamente la milza. (10) Procedendo, si trova la
, . (12)
vescica, che di struttura nervosa : essa, situata allo sbocco
delle anche, per mezzo del suo complicato sistema di vasi la
causa [diretta] della escrezione delle urine. Sta vicina a questa , ,
[] .
la generatrice delle creature, quella che (tremendamente
dolorosa) la causa delle innumerevoli doglie della donna, cio ,
[II 228. 20]
la matrice, in posizione ben riparata: a chiuderne l'ingresso
emerge dall'interno delle cosce una carne che viene stretta dai .
[suoi] nervi e proviene dalla sovrabbondanza di materia del
ventre, cosa questa provvidenziale per il parto. (11) Sono poi
sospesi al corpo, occupando una loro sede all'esterno, i
testicoli, che servono per la procreazione dei figli e che sono
rivestiti di molteplici tuniche; il membro virile, poi, [composto
di] un intreccio di vene e di nervi e che compie l'escrezione
dell'urina, stato prodotto dalla natura come strumento della
copulazione e nell'et della giovinezza si circonda di fitti peli.
(12) Le gambe e le braccia e le estremit da esse dipendenti,
avendo in s raccolto il governo di ogni [azione da compiersi
in] servigio [del corpo], compiono con prontezza i servigi
comandati dai nervi. La incorporea natura, poi, cre nel nostro
interno le pi varie specie di visceri, i quali, quando la morte
s'impadronisce [del corpo], tosto cessano dalla loro funzione.
68 C 7. STOB. IV 44, 81. Dal libro Sulla tranquillit
68 C 7. STOB. IV 44, 81
dell'animo di Ipparco pitagoreo.118*
.
(1) Poich gli uomini, che hanno un brevissimo tempo da
(1)
vivere, sogliono paragonarlo all'eternit intera, la miglior cosa ,
ch'essi potranno fare nella vita sar di ritenersi come in breve '
viaggio in paese straniero, se vorranno conservare sino alla fine .
della vita la tranquillit dell'animo. E conseguiranno questa se [II 228. 25 App.] ,
cercheranno di conoscere e conosceranno pi attentamente
,
d'ogni altra cosa se stessi, [rendendosi conto] che sono mortali ,

e fatti di carne, che posseggono un corpo facilmente


. (2) '
danneggiabile e corruttibile, e che tutti i pi gravi malanni
:
incombono su di loro fino all'ultimo respiro. (2) Anzitutto noi
ci affliggiamo per i mali che ci cpitano accidentalmente: pel , :
corpo, pleuriti, polmoniti, pazzia, gotta, ritenzione dell'urina, [II 228. 30 App.]
dissenteria, letarghi, convulsioni, suppurazioni, e infiniti altri; : , ,
per l'animo, molto maggiori e pi gravi: dai mali dell'anima
,
infatti provengono tutti i crimini, le malvagit, le illegalit, le . (3)
empiet [che si vedono compiere] nella vita. (3) E proprio da ,
smoderate passioni contro natura parecchi furono gettati in

bala di impulsi irrefrenabili e non solo non si astennero dal pi ,
empio di tutti i piaceri, congiungendosi con le sorelle o con la , . [II 228.
madre, ma arrivarono anche al parricidio e parecchi persino a 35 App.] (4) ,
sgozzare i propri figliuoli. (4) Che dire poi dei mali dipendenti , ,
dalle cose esterne, le alluvioni e le siccit, gli eccessi di caldo e ,
di freddo, talmente [violenti] che spesso come conseguenza

dello squilibrio atmosferico vengono pestilenze, carestie, una ; (5)
variet di altri malanni d'ogni genere, e intere citt ne restano
spopolate? (5) Poich dunque pendono su di noi siffatti
,
pericoli, non esaltiamoci vantandoci perch ci concesso il
[II 229. 1 App.]
benessere fisico, che pu rapidamente, pel sopraggiungere di ,
una piccola febbre, venir meno a guisa di un fiore [che
,
appassisce]; e neppure [ci si esalti] per le cosiddette fortune
: ,
esteriori, giacch anche queste sono di natura tale che spesso ,
son pi presto perdute che acquistate: tutti questi beni, infatti, ,
instabili e malsicuri a guisa dell'uripo, li riceviamo attraverso [II 229. 5 App.]
numerosi e vari mutamenti, e niuno di essi permanente n
. (6) ,
immobile n saldo n tale da non poterci essere sottratto. (6)

Perci, se noi faremo queste riflessioni, e se stimeremo gi un ,
guadagno quando qualcuno dei beni presenti a noi concessi
. (7)
possa rimanerci anche per un tempo brevissimo, vivremo con
l'animo tranquillo, sopportando nobilmente i colpi della sorte. ,
(7) Ora, invece, molti s'immaginano che i beni presenti e
' ' [II 229. 10 App.]
concessi loro dalla natura o dalla sorte debbano andare sempre , ,
verso il meglio, e non li calcolano per quel che effettivamente :
essi sono ma per quel che potrebbero diventare se

raggiungessero il colmo: sicch, quando essi se ne trovano a un . (8)
tratto privati, il loro animo si abbatte sotto il peso di molti e

gravi e sregolati e insensati dolori; e cos ad essi accade di
.
avere la vita piena di amarezze e di difficolt. (8) Ed quanto [II 229. 15
avviene per la perdita di ricchezze, o di amici o figli che
App.] ,
muoiono, o di alcun altro di quelli che son reputati essere beni. ,
Allora [quelli che ne rimangono privi] dicono, piangendo e

lamentandosi, che sono essi soli i pi sfortunati e i pi infelici
di tutti gli uomini, non ponendo mente che le cose andavano e . (9)
vanno tuttora nella medesima guisa per tant'altra gente e non
sapendo riflettere sulla vita dei loro contemporanei e di quelli
che li hanno preceduti [e scorgere] in quali sventure ed incalzar , [II 229. 20 App.]
di malanni si trovano molti presentemente e molti si trovarono :
prima d'ora. (9) Se dunque considereremo che molti che
'
perdettero le ricchezze dovettero poi a tale perdita la loro
:
salvezza, perch a causa di quelle stavano per cadere sotto le ,
unghie dei briganti o di un tiranno: e che molti, che prima
,
amavano una persona e la trattavano con benevolenza persino
esagerata, nel tempo successivo finirono per odiarla
, [II 229. 25
grandemente; se tutte queste esperienze, che ci narra la storia a App.]
noi tramandata, accosteremo alle nostre, apprendendo che vi , . (10)
furono molti che perirono per mano dei figli o degli amici pi
caramente diletti, paragonando la nostra vita con quella di
, ' ,
coloro che vissero pi miseramente di noi, giudicando che i
. (11)
casi umani non cpitano proprio a noi soli, vivremo pi
, .

serenamente. (10) Non giusto, infatti, che chi anche lui


, '
uomo ritenga facili da sopportare le disgrazie altrui, ma
, [II
[bisogna ritener tali] anche i propri dolori, quando si vede che 229. 30 App.] ,
tante calamit vi sono naturalmente per tutta la vita. (11) Quelli . (12)
poi che piangono e si lamentano di non poter far nulla a

vantaggio di chi morto o di chi assente, spingono il proprio
animo, pieno di molte e sciocche abitudini connaturate, a
. [II 230. 1 App.]
sofferenze maggiori. (12) Conviene dunque detergersi con ogni
mezzo, facendo bagni e purgandosi, di quelle pustole che si son . . . . (13)
volte in tumore: e questo col ragionamento che la filosofia ci ,
insegna. E faremo ci con l'attenerci alla prudenza e alla
. . . ,
saggezza, col procurarci la tranquillit dell'animo, con
[II 230. 5 App.] ,
l'accontentarci119* dei beni presenti, e col non desiderare molte :
cose. (13) Infatti gli uomini che si procacciano una quantit di ,
cose, dimenticano120*che non dato di vivere oltre il tempo .
stabilito della vita e che non possibile esistere pi di una
sola volta. Perci si goda dei beni finch ci sono e si diventi
pure instancabilmente insaziabili di quelli che d la filosofia:
giacch, se diverremo insaziabili di quei beni [veramente] belli
e nobili che provengono dalla filosofia, ci libereremo anche
dall'insaziabilit per quegli altri che non hanno alcun pregio.
68 C 8. Nachbildung Demokrits im Hippokratischen Nomos: s.
Wilamowitz Herm. 54 (1919) 49.

69. NESSA

69 [56]. NESSAS
[II 230. 10App.]

A. VITA
A. LEBEN
69 A 1. EUSEB. praep. evang. XIV 17, 10 [dal suo compendio
biografico volgare, non da Aristocle]. Parmenide: di lui fu
discepolo Melisso, e questi [ebbe come scolaro] Zenone e
questi Leucippo e questi Democrito e quest'ultimo Protagora e
Nessa.1* Nessa poi [ebbe come scolaro] Metrodoro e questi
Diogene e questi Anassarco; di Anassarco poi fu discepolo
Pirrone.
69A 2. DIOG. LAERT. IX 58. [Anassarco] fu scolaro di
Diogene di Smirne; e questi discepolo di Metrodoro di Chio, il
quale diceva che non sapeva neppure questa stessa cosa, di
nulla sapere; e Metrodoro era stato scolaro di Nessa di Chio,
ma altri dicono di Democrito.

69 A 1. EUS. P. E. XIV 17, 10 [Aus seinem vulgren biogr.


Compendium, nicht Aristokles]
, , , ,
, [II
230. 15 App.] ,
.
69 A 2. DIOG. IX 58 [Anaxarchos]
, , '
' .
, .

B. FRAMMENTI
69 B 1. PORPHYR. quaest. Hom. ad Il. IX 378 I 137, 14 [da
Apollodoro]. Nesso di Chio allunga anche l', senza curarsi
punto del metro.

B. FRAGMENTE
69 B 1. PORPHYR. Quaest. Hom. I 137, 14 Schrader [aus
Apollodoros] [II 230. 20 App.]
[in I 378 ' ]
.
69 B 2. PROCL. in Hesiod. opp. p. 84 [da Apollodoro Sugli
69 B 2. PROCL. in Hes. p. 84 [aus Apollodoros ]
di]. Nesso di Chio lo chiama [accompagnatore]
dalla funzione di accompagnare le anime dei morti.
.
70. METRODORO DI CHIO
70. METRODOROS VON CHIOS
A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

70 A 1. CLEM. ALEX. strom. I 64 [II 41, 1; Dox. 244, 601].


Di Democrito furono scolari Protagora di Abdera e Metrodoro
di Chio,1* di Metrodoro Diogene di Smirne, di lui Anassarco,
di questo poi Pirrone, e di lui Nausifane: e di questo alcuni

70 A 1. CLEM. Strom. I 64 [II 41, 1 St.] (D. 244. 601)


.
, , , [II 231. 5
App.] ,

dicono che sia stato discepolo Epicuro. SUID. s. v. .


Pirrone... fu alla scuola di Brisone... poscia di Anassarco
discepolo di Metrodoro
di Chio, del quale era stato maestro Democrito di Abdera [cfr.
69 A 2].
70 A 1 a. ATHEN. III 100 D. Fa menzione della
[matrice] anche Antifane [fr. 220 II 108 Kock] nel Filomtore
con questi versi:

. SUID.s. v. ...
...
,
. Vgl. 69 A 2.
70 A 1 a. ATHEN. III 100 D
[II 231. 10 App.] [fr. 220 II 108
K.]
,
,

.

Se l'albero ha la sua midolla, ha germoglio;


la citt vien detta metropoli e non gi patropoli;
alcuni vendono il ventre di porco, carne gustosissima;
Metra di Chio caro al popolo.
70 A 2. AT. I 3, 17 [Dox. 285]. Metrodoro di Chio, figlio di 70 A 2. AT. I 3, 17 [Dox. 285] [II 231. 15 App.] .
Teocrito, [pose come principi] i corpi indivisibili e il vuoto. G (nml.
SUID. s.v. . Il retore Teocritodi Chio fu scolaro ). G SUID. s.v.
di Metrodoro, l'isocratico. /
. /
70 A 3. THEOPHR. phys. Opin. fr. 8 [SIMPLIC. phys. 28, 27]. 70 A 3. THEOPHR. Phys. Opin. fr. 8 [SIMPL. Phys. 28, 27]
Anche Metrodoro di Chio pone pressappoco gli stessi principi .
di Democrito, considerando come cause prime il pieno e il
,
vuoto, di cui l'uno rappresenta l'essere, l'altro il non essere;
, ,
sugli altri punti, procede con un metodo suo proprio [cfr.
[II 231. 20] .Vgl.
CLEM. ALEX. protr. 5, 66 (I 50, 15)].
CLEM. Protr. 5, 66 (I 50, 15 St.).
70 A 4. [PLUTARCH.] strom. 11 [Dox. 582]. Metrodoro di
70 A 4. [PLUT.] Strom. 11 (D. 582) .
Chio sostiene che l'universo eterno, perch, se fosse generato, , ,
sarebbe venuto dal non essere; e che infinito, perch eterno: ,
infatti non ha un principio da cui sia cominciato n un limite n '
una fine; e anzi l'intero universo non partecipa neppure del
.
movimento. Infatti non possibile che esso si muova senza
[II 231. 25 App.] .
mutar luogo: e sarebbe necessario che esso mutasse luogo o
*** ,
verso il pieno o verso il vuoto. <* * *> L'aria, condensandosi, ,
produce le nubi e poi la pioggia, la quale, cadendo sul sole, lo [vgl.. EPICUR. Ep. II 92 p. 39, 10;
spegne; e lo riaccende poi rarefacendosi [cfr. EPIC. ep. II 92 p. II 96 p. 42, 4 Us.]
39, 10; II 96 p. 42, 4]. Poi, col tempo, il sole si solidifica per ,
l'asciutto e mediante l'elemento luminoso dell'acqua d origine
alle stelle; e con lo spegnersi ed accendersi produce la notte e il .
giorno come pure generalmente le eclissi.
70 A 5. SIMPLIC. phys. 1121, 21 [probabilmente da
70 A 5. SIMPL. Phys. 1121, 21 [verm. aus Theophr. Phys.
THEOPHR. phys. opin.]. Anassagora ed Archelao e Metrodoro Opin.] ' [II 231. 30 App.]
di Chio sembra che affermino che il mondo esiste dal principio .
del tempo.
.
70 A 6. AT. I 5, 4 [Dox. 292]. Metrodoro il maestro di
70 A 6. AT. I 5, 4 (D. 292) .
Epicuro,2* afferma che sarebbe ugualmente assurdo che fosse [dieselbe Ungenauigkeit II 1, 3 unten S. 232, 5; vgl. ob. Z. 5]
nata una sola spiga in un vasto campo ed un solo mondo

nell'infinito. Che i mondi invece siano infiniti di numero,
[II 231. 35 App.] .
risulta evidente in conseguenza dell'essere infinite le cause.
, .
Infatti, se il mondo limitato, ma le cause da cui stato
, [II 232. 1] '
prodotto questo mondo sono infinite nella loro totalit,
, ,
necessario che i mondi siano infiniti: giacch, dove sono
, .
infinite le cause, debbono bene essere infiniti anche gli effetti. .
E le cause sono o gli atomi o gli elementi.
70 A 7. AT. II 1, 3 [Dox. 327]. ... Diogene, Leucippo,
70 A 7. AT. II 1, 3 (D. 327) . . . , ,
Democrito, Epicuro e il maestro di costui Metrodoro affermano , [II 232. 5 App.]
che vi sono infiniti mondi nello spazio infinito in ogni
.
direzione.
[Stob., Plut.] sc.
.
70 A 8. SIMPLIC. phys. 648, 14. [Affermavano che] anche
70 A 8. SIMPL. Phys. 648, 14 [nmlich
fuori del mondo [esiste il vuoto], appunto perch manifesto ], ,
che non esisterebbe spazio [per contenere il mondo] ma esso ' . .

sarebbe collocato su se stesso. Di quest'opinione fu anche


Metrodoro di Chio [cfr. 67 A 20].
70 A 9. AT. II 17, 1 [Dox. 346]. Metrodoro ritiene che tutte
quante le stelle fisse ricevano la luce dal sole.3*

. Vgl. 67 A 20 II 76, 34.


70 A 9. AT. II 17, 1 (D. 346) [II 232. 10] .
. Stellung
der Planeten s. 12 A 18 I 86, 30.
70 A 10. AT. II 18, 2 (D. 347) .
[nmlich
].
70 A 11. AT. II 20, 8 (D. 349b 10) .
. [II 232. 15] 20, 6 (D. 349 a 4); s.
59 A 72; 67 A 1, 33; 68 A 86.
70 A 12. AT. II 27, 5 (D. 358; Mond)
... . .
70 A 13. AT. III 1, 3 (D. 365) .
[nmlich ]
.
70 A 14. AT. III 2, 10 (D. 367; Sternschnuppen) [II 232. 20]
.
.
70 A 15. AT. III 3, 3 (D. 368; , ,
) .
, ,
, '
[II 232. 25 App.]
,
.
70 A 16. AT. III 4, 3 (D. 371) .
.
70 A 17. AT. III 5, 12 (D. 374 nach. Theophr.) .
[II 232. 30 App.] ,
, ' . SCHOL. ARAT. p.
516 Maa (D.231; Theophr. durch Poseid.) .

,
,
, .
[II 232. 35 App.] .

70 A 10. AT. II 18, 2 [Dox. 347]. Metrodoro afferma che [i


Dioscuri]4* sono splendori [formantisi] negli occhi che
guardano con timore e stupore.
70 A 11. AT. II 20, 8 [Dox. 349b, 10]. Parmenide e
Metrodoro dicono che il sole composto di fuoco [cfr. 20, 6
(Dox. 349 a, 4); 59 A 72; 67 A 1, 33; 68 A 86].
70 A 12. AT. II 27, 5 [Dox. 358; la luna]. Talete per primo
disse che viene illuminata dal sole... e similmente Metrodoro.
70 A 13. AT. III 1, 3 [Dox. 365]. Metrodoro dice che [la Via
Lattea prodotta] dal passaggio del sole: essa quindi il giro
compiuto dal sole.
70 A 14. AT. III 2, 10 [Dox. 367; le stelle cadenti].
Metrodoro dice che il violento penetrare del sole nelle nubi
spesso fa sprizzare delle scintille.
70 A 15. AT. III 3, 3 [Dox. 368; tuoni, fulmini e turbini].
Metrodoro dice che, quando il vento penetra in una nube
divenuta compatta per effetto di condensazione, nel
frantumarla produce il fragore, col colpo e con la scissione
suscita un bagliore, con la velocit del movimento acquistando
calore dal sole provoca il fulmine e, se il fulmine non ha forza
sufficiente, fa s che esso si volga in turbine.
70 A 16. AT. III 4, 3 [Dox. 371]. Metrodoro dice che le nubi
sono formate dall'aria mediante le esalazioni umide.
70 A 17. AT. III 5, 12 [Dox. 374; in base a Teofrasto].
Metrodoro dice che, quando il sole traluce attraverso le nubi, la
nube diventa turchina e i raggi del sole si arrossano. SCHOL.
ARAT. 940 p. 516 [Dox. 231; Teofrasto, attraverso
Posidonio]. Metrodoro, cercando di determinare la causa
dell'arcobaleno, dice: quando dalla parte opposta del sole si sia
formata una nube densa, allora, al penetrare dei raggi del sole,
la nube sembra divenire turchina per la mescolanza,5* la parte
di essa che si mostra proprio intorno ai raggi sembra arrossarsi,
e la parte inferiore appare bianca. Dissero dunque che ci6*
effetto della luce del sole.
70 A 18. AT. III 7, 3 [Dox. 375; i venti]. Metrodoro dice che 70 A 18. AT. III 7, 3 (D. 375; ) .
quando il sole infiamma l'esalazione umida si ha l'impeto dei
venti caldi; e che i venti etesii spirano quando l'aria

condensatasi nelle regioni settentrionali s'incanala dietro al sole
che si allontana [da noi] dopo il solstizio d'estate.
.
70 A 19. ALEX. meteor. 67, 17 AT. III 16,5 [Dox. 382; sul 70 A 19. ALEX. Meteor.67, 17 [59 A 90] [II 232. 40] AT. III
sapore amaro del mare]. Metrodoro afferma che, pel suo
16,5 (D. 382;
filtrare attraverso la terra, [il mare] assorbe da essa parte di
) .
sostanze dense, a guisa dei liquidi che vengono purificati
.
attraverso la cenere.G [cfr. 21 A 33, 4; 59 A 90] [pure da
Vgl. oben 21 A 33 4. 59 A 90. G [THEOPHR. phys. opin. fr.
THEOPHR. phys. opin. fr. 23; Dox. 495]. Una terza opinione 23; Dox. 495]
intorno al mare questa, che quella parte dell'acqua che filtra
nella terra, e la lava nel sottosuolo, diventa salata perch la

terra contiene in s succhi di tale qualit: e di ci ritenevano

che fosse un segno il fatto che dalla terra si scavano sali e
.
sostanze nitrose e che vi siano in molti luoghi della terra anche
liquidi acidi. Di questa opinione furono anche Anassagora e
. /
Metrodoro. /
70 A 20. AT. III 9, 5 [Dox. 376]. Metrodoro afferma che la 70 A 20. AT. III 9, 5 (D. 376) [II 233. 1 App.] .
terra il sedimento, anzi la feccia [], formato dall'acqua, ,
il sole quello formato dall'aria.
.

70 A 21. AT. III 15, 6 [Dox. 380; terremoti]. Metrodoro


70 A 21. AT. III 15, 6 (D. 380; Erdbeben) .
afferma che nessun corpo che si trovi nel luogo suo proprio si ,
muove, se non c' nessuno che lo spinga fuori o lo scrolli con la ' . [II 233. 5
forza. Per la qual cosa neppure la terra si muove, come quella App.] ,
che situata nel suo luogo naturale, bens certi luoghi di essa *** . SENEC. N. quaest. VI 19, 1. 2
<* * *> ritornano verso altri. SENEC. nat. quaest. VI 19, 1-2. Metrodorum Chium ... audiamus ... dicit "quomodo cum in
E' necessario che ascoltiamo Metrodoro di Chio... che dice egli dolii cantant os, vox illa per totum cum quadam discussione
dunque? Come quando si canta entro la bocca di un vaso, la
percurrit ac resonat et tam leviter mota tamen circumit non
voce corre rapida per tutto il recipiente con una certa
sine tactu eius tumultuque, quo inclusa est: sic speluncarum
vibrazione e vi risuona, e, bench emessa leggermente, tuttavia sub terra [II 233. 10] pendentium vastitas habet aera suum,
va aggirandosi non senza scuotimento e rimbombo del
quem simul alius superne incidens percussit, agitat non aliter
recipiente ov' rinchiusa, cos la vastit delle caverne che si
quam illa, de quibus paulo ante retuli, inania indito clamore
addentrano sotto il suolo contiene la sua propria aria che, non sonuerunt".
appena viene percossa da altra aria sopraggiungente dall'alto,
ne viene agitata in modo non dissimile da come risuonano quei
recipienti vuoti, su menzionati, per un clamore che si produca
nel loro interno.
70 A 22. AT. IV 9, 1 [Dox. 396]. Democrito, Metrodoro,
70 A 22. AT. IV 9, 1 (D. 396) , ., ,
Protagora e Platone affermano che le sensazioni sono fallaci. .
70 A 23. EPIPHAN. adv. haer. III 2, 9 [Dox. 590]. Metrodoro 70 A 23. EPIPHAN. adv. haer. III 2, 9 (D. 590, 35) [II 233.
di Chio disse che nessuno sa nulla, e per giunta tutto ci che ci 15] . , ,
sembra di conoscere non lo sappiamo in modo sicuro; e che
,
non si deve prestar fede alle sensazioni: perch tutto
. Vgl.
apparenza.
21 B 34, 4.
70 A 24. ARISTOCL. ap. EUSEB. praep. evang. XIV 20, 1. 70 A 24. ARISTOCL. b. EUS. P. E. XIV 20, 1
Alcuni per dicono che anche Omero, chiamando l'Oceano

principio di tutte le cose, allude appunto a questo, che tutte le , [II 233. 20
cose sono in continuo fluire; e, tra quelli di cui sappiamo,
App.] ' .
anche Metrodoro di Chio sembra aver detto questo, mentre
, '
Protagora di Abdera sostiene il contrario.
.
70 A 25. SEXT. EMP. adv. math. VII 87-88 [Cfr. 48]. E non 70 A 25. SEXT. adv. math. VII 87. 88 [vgl. 48]
pochi erano... quelli che dicevano che anche Metrodoro e
. . . ,
Anassarco, e inoltre Monimo, negarono l'esistenza del criterio , ,
di giudizio; anzitutto Metrodoro, perch disse: Nulla
' '
sappiamo, e non sappiamo neppure questa stessa cosa, che
[II 233. 25 App.] '
nulla sappiamo [cfr. B 1]. PHILOD. rhet. fr. inc. 3, 1 [II
[vgl. B 1]. PHILODEM. Rhet. fr. inc. 3, 1 (II 169 Sudhaus)
169]. Uno non direbbe davvero, pedissequamente ripetendo
'
Anassagora, che vi tutto in tutto, n converrebbe con
'
Metrone7* di Chio che noi non sappiamo neppure questa cosa ' . Vgl. B 1.
stessa [cfr. B 1].

B. FRAMMENTI

B. FRAGMENTE

DELLA NATURA


[II 233. 30]

70 B 1. CICER. ac. pr. II 23, 73 [dopo 68 B 165]. E questo


Metrodoro di Chio, che ebbe per lui [Democrito] la massima
ammirazione, al principio del suo libro intitolato Della natura
scrive:

70 B 1. CIC. Ac. pr. II 23, 73 [nach 68 B 165 II 177, 22] is qui


hunc maxime est admiratus Chius Metrodorus initio libri qui
est De natura "nego, inquit, scire nos sciamusne aliquid an
nihil sciamus, ne id ipsum quidem nescire aut scire scire nos,
nec omnino sitne aliquid an [II 234. 1] nihil sit". EUS. P.
E.XIV 19, 8 [aus seinem biogr. Compendium]
Io affermo che noi non sappiamo se sappiamo o ignoriamo
qualche cosa; e che non sappiamo neppure se sappiamo o non [mit den Aristippeern]
sappiamo questa cosa stessa n assolutamente se esista qualche
,
cosa o no.
[II 234. 5 App.] .

EUSEB. praep. evang. XIV 19, 8 [dal suo compendio
, ,
biografico]. Restano da esaminare insieme con questi anche
coloro che seguono la strada opposta e che affermano doversi .

prestare in tutto fede alle sensazioni del corpo: tra questi


troviamo Metrodoro di Chio e Protagora di Abdera. Metrodoro
dunque dicono che fu scolaro di Democrito; e che pose come
princpi il pieno e il vuoto, dei quali l'uno rappresenta l'essere e
l'altro il non essere. Scrisse appunto un libro Della natura, a
cui diede questo esordio:

' ' ,
' [II
234. 10] ( ) '
'.
[vgl.
72 A 1. 2.].

Nessuno di noi sa nulla e neppure questa cosa stessa, se


sappiamo o non sappiamo, n assolutamente se esista qualche
cosa o no.
Il quale esordio fu fonte di cattive ispirazioni a Pirrone,8*
Vissuto dopo questi tempi. Procedendo, poi, dice:
70 B 2. Tutto vuol dire tutto quanto si pu pensare.
STORIE TROIANE
70 B 3 [F.H.G. III 205]. ATHEN. IV 184. A. Metrodoro di
Chio nelle Storie troiane9* dice che Marsia invent la
zampogna in Celene, mentre prima di lui si suonava su flauti
composti di una sola canna.
70 B 4. SCHOL. HOM. GENEV. in Il. XXI 441 p. 208, 21
Nic. Metrodoro nelle Storie troiane: Dopo di ci dicono che
giunsero a lui due uomini, ma donde venissero e chi fossero
nessuno sapeva dire con sicurezza; e che, appena arrivati,
dissero che a Laomedonte che era re doveva essere riservata
nella citt l'acropoli, e che in essa conveniva ch'egli abitasse;
"Noi dunque - proseguivano - vogliamo costruire per te una
fortezza e vogliamo che tu abbia il comando".
70 B 5. [Cfr. cap. 61, 5, nelle testimonianze su Metrodoro di
Lampsaco: ivi PORPHYR. quaest. hom. ad Il. X 252,
attribuisce a un 'Metrodoro' una discussione grammaticale sul
valore di in Omero.]
STORIE IONICHE
[di Metrodoro di Chio?]
70 B 6 [F.H.G. III 205]. PLUTARCH. quaest. conv. VI 2 p.
694 A. E ne traevamo la testimonianza dalle Storie ioniche di
Metrodoro: egli narra infatti che gli Smirnei, i quali
appartenevano anticamente agli Eoli, sacrificano a Bubrosti un
toro nero e, tagliandolo a pezzi senza trargli la pelle, ne fanno
olocausto.

71. DIOGENE DI SMIRNE

70 B 2. ' , '. Vgl. 69 A 2 u. oben


A 25

70 B 3 [FGrHist. 43, 1 I 266, 3]. ATHEN. IV 184 A. [II 234.


15 App.] . '
[?] ,
. . .
70 B 4. SCHOL. HOM. GENEV. 441 p. 208, 21 Nic. .
'
, , [II 234. 20 App.]
,
,
'
'.
70 B 5. Vgl. zu c. 61, 5

[des Chiers ?]
70 B 6 PLUT. Quaest. conv. VI 2 p. 694 A [II 234. 25 App.]



.

71 [58]. DIOGENES VON SMYRNA

71 A 1. Cfr. EUSEB. praep. evang. in 69 A 1; DIOG. LAERT. in 69 71 A 1. [II 235. 1] S. EUSEB. II 230, 14; DIOG. das Z.
A 2; CLEM. ALEX. strom. I 64 in 70 A 1.
16; CLEM. das 231, 4.
71 A 2. EPIPHAN. adv. haer. III 2, 9 n. 19 [Dox. 591].
71 A 2. EPIPHAN. adv. haer. III 2, 9 n. 17 (D. 591)
Diogene1*di Smirne, o di Cirene secondo altri, profess la
, ,
stessa dottrina di Protagora.
.
72. ANASSARCO

72 [59]. ANAXARCHOS
[II 235. 5 App.]

A. VITA E DOTTRINA
A. LEBEN UND LEHRE
72 A 1. DIOG. LAERT. IX 58-60. Anassarco di Abdera. Egli
fu scolaro di Diogene di Smirne; e questi discepolo di
72 A 1. DIOG. IX 58-60 .


, ' '
,
. [II 235. 10 App.] '

[340-337]

,
, ' ,
O re, tutto magnificamente; vi sarebbe stato bisogno soltanto, '
per farlo completo, che ci fosse imbandita la testa di un certo . (59) [II 235. 15 App.]

satrapo
,

lanciando la frecciata all'indirizzo di Nicocreonte. (59) E
questi, che gli aveva serbato vivo rancore, dopo la morte del re, .
' ,
in occasione che Anassarco durante un viaggio per mare fu
costretto contro sua voglia a sbarcare a Cipro, lo fece prendere '.
, [II
e mettere in un mortaio, ordinando che fosse pestato con
235. 20 App.] .
pestoni di ferro. Ma il filosofo nulla curandosi della pena,
[Anth. P. VII 133]
pronunci quelle parole veramente famose:
Metrodoro di Chio, il quale diceva di non sapere neppure
questa stessa cosa, di nulla sapere; e Metrodoro era stato
scolaro di Nessa di Chio, ma altri dicono di Democrito.
Anassarco pertanto fu in rapporti di familiarit con Alessandro
Magno ed era in piena fama nella 110.a olimpiade [340-37] ed
aveva un nemico nel tiranno di Cipro, Nicocreonte; e una volta
in un banchetto, avendogli chiesto Alessandro che gliene
sembrasse del pranzo, dicono che rispose:

Pesta pure il sacco di Anassarco, tu non pesti Anassarco.


E' fama che, avendo allora Nicocreonte ordinato anche di
tagliargli la lingua, egli stesso se la stacc con un morso e
gliela sput davanti. E c' un mio epigramma su di lui, cos
[Anth. Pal. VII 133]:

, ,
' ' .
(?)
[II 235. 25 App.] ' '.

(60)

Pestate,1*o Nicocreonte, anche di pi: non che un sacco;
.
pestate: Anassarco da tempo nella dimora di Zeus.

E a te, facendoti lacerare sugli aculei, dir tra breve
, '
queste parole Persefone: Va in malora, cattivo mugnaio!
, [II 236. 1]
' [E 340]. [s. Z. 37] '
(60) Egli fu denominato Eudemnico per l'impassibilit ed il .
buon umore sempre dimostrati nella vita; ed era abile a
[s. II 238, 10]
indirizzare nel modo pi agevole sulla via della saggezza. Cos,
poich Alessandro riteneva di essere un dio, egli lo distolse da
quell'idea: vedendo una volta che gli scorreva sangue da una [Eur. Or. 271].
ferita, glielo accenn con la mano e gli disse:
Questo qui sangue e non icore, quale appunto scorre nei
numi beati.2*
E Plutarco [A 4] dice che la cosa fu raccontata da Alessandro
stesso agli amici. Ma anche in altra occasione Anassarco,
brindando al re, alz il calice e disse:3*
Sar colpito qualcuno degli di da mano mortale.4*
72 A 2. DIOG. LAERT. IX 61. Pirrone di Elide... fu scolaro di
Brisone figlio di Stilpone, come riferisce Alessandro nelle sue
Successioni dei filosofi [fr. 146 F.H.G. III 243], poscia di
Anassarco, che egli accompagn dappertutto, s da trattenersi
coi Gimnosofisti in India e coi Magi... (63) Egli si ritirava
lontano e viveva in solitudine, raramente mostrandosi ai
familiari. E cos faceva per avere udito un indiano che
biasimava Anassarco come uno che non poteva certo insegnare
nulla di buono ad alcuno, mentre era occupato a servire alle
corti dei re. Ed era sempre in ugual disposizione d'animo, al

72 A 2. DIOG. IX 61 [II 236. 5 App.] . . .


,
[fr. 146 F.H.G. III 243],
,
. . . (63)
, ' .
,
[II 236. 10App.]
, .
,

punto che, se uno lo lasciava mentre egli era a mezzo di un


, ,
discorso, egli portava a termine il discorso per se stesso, per
*** . ,
quanto fosse stato turbato5*<* * *> in giovent. Spesso, narra [Antigonos v. Karyst. S. 35 Wilam.], ,
[Antigono di Caristo, p. 35 Wilamowitz], egli se ne partiva
, . '
senza preavvisare nessuno e se ne andava alla ventura in
, [II 236. 15]
compagnia di chi gli piacesse. E una volta che Anassarco era ,
caduto in un pantano, egli pass oltre senza portargli aiuto: del .Vgl. c. 70 A 1.
che biasimandolo alcuni, lo stesso Anassarco lod
l'indifferenza e l'insensibilit di lui [cfr. 70 A 1].
72 A 3. PLUTARCH. Alex. 52 [da Ermippo, che si richiama al 72 A 3. PLUT. Alex. 52 [aus Hermippos, der sich auf den
racconto fatto da Strebo, lettore di Callistene, ad Aristotele:
Bericht des Stroibos, Vorlesers des Kallisthenes, an Aristoteles
cfr. cap. 67 in princ.]. [Dopo la morte di Clito] Callistene
bezieht, vgl. c. 67 Anf.] (nach dem Tode des Kleitos)
tentava, secondo le convenienze e con dolcezza, di riprendere il
suo [= di Alessandro] dolore, cercando d'insinuarsi con
[II 236. 20]
l'indurlo alla riflessione e circuendolo senza amarezza, mentre ,
Anassarco, che seguiva in filosofia una via del tutto propria e
che aveva acquistato fama di disprezzo e di noncuranza verso '
tutti quelli con cui aveva consuetudine, non appena entrato da ,
lui, cominci a gridargli: Ah, questo quell'Alessandro, verso
il quale ora tutto il mondo tien rivolti gli sguardi: ed egli si
,
getta a terra piangendo come uno schiavo che teme la legge e il [II 236. 25] ,
biasimo degli uomini, di quelli ai quali invece conviene che sia ,
lui stesso legge e norma del giusto, dal momento ch'egli ha
. , ,
vinto per comandare e per dominare e non gi per essere loro ,
servo, lasciandosi dominare da una vana opinione. Non sai, ;'
gli diceva, che Zeus tien sedute al suo fianco come ministre la
Giustizia e la Legge, affinch tutto ci che compiuto da colui ,
che comanda sia legittimo e giusto?. Con discorsi di questo , [II
tenore, Anassarco allevi il dolore del re, ma rese il carattere di 236. 30 App.]
lui pi orgoglioso e pi insofferente delle leggi in parecchie
.
circostanze e si insinu straordinariamente nell'animo del re e
gli rese sempre pi antipatica la compagnia di Callistene, la

quale del resto non gli era gradita a cagione della sua austerit.
E si narra che una volta, ad un banchetto, caduto il discorso
,
sulle stagioni e sulla temperatura sotto quel clima, Callistene '
condivideva l'opinione di quanti sostenevano che il clima di
[II 236. 35]
quei luoghi era pi freddo e rigido di quello della Grecia; e,
,
visto che Anassarco lo contraddiceva tanto per contrariarlo, gli '.
ribatt: Eppure, tu non puoi fare a meno di convenire che qui .
fa pi freddo che in Grecia: infatti l passavi l'inverno con un
mantello, qui invece, mentre sei a tavola, stai coperto con tre
tappeti. E ci irrit anche di pi Anassarco.
72 A 4. PLUTARCH. Alex. 28. [Non Anassarco, ma il re
72 A 4. PLUT. Alex. 28. Den Vers . [II 235, 29]
stesso, ferito una volta da una freccia, avrebbe ricordato il
sprach der Knig selbst.
verso .) citato ad A 1.] E una volta che, avvenuto un .
grande scoppio di tuono ed essendone tutti rimasti sbigottiti, il ' ;',
sofista Anassarco che era presente disse verso di lui: Non
[II 236. 40]' , ,
faresti anche tu qualcosa di simile, tu il figlio di Zeus?, quegli [II 237. 1]
ridendo rispose: Non voglio davvero divenire spaventevole
,
per gli amici come tu mi consigli, tu che disprezzi il mio
, '.
banchetto perch sulle mense vedi imbanditi dei piccoli pesci e
non delle teste di satrapi. Ed effettivamente si dice che
,
Anassarco avesse fatto il gi ricordato discorso in occasione

che il re mandava dei pesci ad Efestione, come disprezzando e [II 237. 5 App.] ,
schernendo quelli che con grandi fatiche e pericoli vanno in

cerca di imprese che dstino ammirazione, perch i loro piaceri . Vgl. SATYROS b. ATHEN. VI 250 E
e le loro soddisfazioni non sono affatto o solo di ben poco
[fr. 18 F.H.G. III 164]
superiori a quelli degli altri mortali. Cfr. SATYR. ap. ATHEN.
VI 250 E [fr. 18 F.H.G. III164]. [Satiro] dice che Anassarco, il , .
filosofo detto l'Eudemonico, fu uno degli adulatori di
PLUT. Alex. virt. I 40 p. 331 E
Alessandro e, mentre viaggiava insieme col re, una volta che [Alexander].

avvenne uno scoppio di tuono ecc. PLUTARCH. de Alex. fort.


I 40 p. 331 E ... che [Alessandro] teneva in grandissimo onore
tra tutti gli amici Anassarco, il filosofo detto l'Eudemonico.
72 A 5. ARRIAN. anab. IV 9, 7. Vi sono poi di quelli che
72 A 5. ARR. Anab. IV 9, 7 [II 237. 10App.]
dicono che il sofista Anassarco si rec presso Alessandro
'
essendo stato chiamato per confortarlo; e, trovatolo abbattuto e
in lacrime, cominci a deriderlo: dunque ignorava, disse, che , ,
appunto per questo gli antichi savi avevano immaginato la

Giustizia seduta al fianco di Zeus [A 3] come ministra, per
,
indicare che, qualunque cosa sia compiuta da parte di Zeus,
fatta secondo giustizia: e pertanto anche le azioni compiute dal [II 237. 15] ,
Gran Re dovevano essere reputate giuste, anzitutto da parte del .
re stesso eppoi da tutti gli altri uomini. Con questo discorso,

egli confort Alessandro per allora; ma fece un grande male, , ,
cos io penso, ad Alessandro, anzi un male ancora maggiore di
quello dal quale era allora oppresso: poich appunto allora

quegli apprese che tale era l'opinione di un uomo sapiente, e
,
cio che non occorre che il re compia quelle azioni che sono
[II 237. 20] ,
veramente giuste, scegliendo secondo virt, ma che, qualunque .
cosa faccia il re e comunque la faccia, questa si deve stimar
, ...
giusta. Poich diffusa la fama che Alessandro voleva essere ,
anche adorato come un dio,... non gli mancarono neanche in
'
ci coloro che per adulazione vi si piegassero, e tra gli altri
.
appunto anche dei sofisti, di quelli della cerchia dello stesso
Anassarco, e inoltre il poeta epico Agide di Argo.6*
72 A 6. ARRIAN. anab. VI 10, 5. E anche di questo diffusa 72 A 6. ARR. Anab. VI 10, 5
la fama, che egli [Callistene] resistesse ad Alessandro quanto [II 237. 25]
all'adorazione [da lui pretesa]. Era stato convenuto, una volta, .
da Alessandro coi filosofi e coi pi famosi tra i Persiani e i
'
Medi che lo circondavano, che si facesse menzione di questo
discorso [dell'adorazione] durante il bere; e cominci il
,
discorso Anassarco, sostenendo che Alessandro era ritenuto un
dio a molto maggior diritto di Dioniso e di Eracle, non solo a ,
cagion delle imprese tanto numerose e tanto grandi che
, [II 237. 30]
Alessandro aveva compiuto, ma anche perch Dioniso, essendo ,
tebano, non interessava affatto ai Macedoni, ed Eracle, essendo
argivo, non interessava neppure lui se non per quanto

concerneva la stirpe di Alessandro: infatti Alessandro era un

Eraclide; pi giusto era dunque che i Macedoni, a lor volta,
.
tributassero onori divini al loro re. Infatti, diceva, non vi era

alcun dubbio su questo, che l'avrebbero adorato come dio
[II
quando egli avesse abbandonato i mortali; e allora, quanto era 237. 35 App.] . c. 11
pi giusto onorarlo da vivo, che non da morto senza alcun

vantaggio di colui che riceve l'onore! (11) Essendo stati fatti

questi ed altrettali ragionamenti da parte di Anassarco, quelli
che ne condividevano l'idea lodavano il discorso e gi volevano .
cominciare a compiere atto di adorazione verso il re; ma i
' , , ,
Macedoni, che erano molti, infastiditi da questo discorso,

rimanevano in silenzio. E Callistene prese allora la parola,
.' CURT. VIII 5, 8 [II 237. 40] Agis quidem
dicendo: Io non intendo affatto dire, o Anassarco, che
Argivus, pessimorum carminum post Choerilum conditor, et ex
Alessandro sia indegno di alcuno degli onori quanti ve ne sono Sicilia Cleo ... hi tum caelum illi aperiebant Herculemque et
che si convengono a un mortale, ecc.. CURT. VIII 5, 8. Un Patrem Liberum et cum Polluce Castorem novo numini
certo Agide di Argo, autore di pessimi versi dopo Cherilo, e il cessuros esse iactabant.
siciliano Cleone... Costoro allora gli spalancavano il cielo e
millantavano che Eracle e il padre Libero e Castore e Polluce
avrebbero ceduto il posto al nuovo dio.
72 A 7. PHILOD. de vitiis IV C. 5-6 [Gomperz Comment.
72 A 7. PHILOD. de vitiis IV [Gomperz Comment. Mommsen.
Mommsen. p. 471; Crnert Kolot. Wessely's St. IV p.
S. 471; Crnert Kolotes Register S. 187] c.5. 6 [II 238. 1] ...
187]. ... non a caso, bens congiungendo abilmente alla
,
mordacit la dolcezza, come mescolando lode pi abbondante a ,
biasimo minore e l'approvazione alla contraddizione, quale
, ,

appunto quella [lode] di cui, a coloro che volentieri


[II 238. 5]
l'accettano, certuni [= certi incensatori] tosto largiscono una
.
dose pi spinta, prodigandosi in pi larga adulazione. E tale

dicono che era anche Anassarco: egli infatti, rimproverando
,
Alessandro perch aveva cari gli adulatori, gli faceva lodi a sua ,
volta: ma certo, diceva, che ci conviene a coloro che sono nati . ' ,
da Zeus: Dioniso godeva dei Satiri, Eracle dei Cercpi.
, [sc.
Talvolta poi anche, irritato, assumeva il tono amaro, ma,
Anaxarchos] [II 238. 10]
sempre memore di se stesso, lo addolciva, come quando il
ausgefallen , '
suddetto filosofo [Anassarco], poich il re con troppa insolenza '
lo faceva segno a lancio di frutta, lo minacci cos, alzando la '. (Eur. Or. 271) Vgl. PLUT. de adul. et am. 18 p. 60 B.
coppa: Sar colpito qualcuno degli di da mano mortale.
PLUT. Quaest. conv. IX 1, 2 p. 737 A . '
[Cfr. PLUTARCH. dea dul. et am. 18 p. 60 B]. PLUTARCH. ,
quaest. conv. IX 1, 2 p. 737 A. E Anassarco, che, fatto segno a ' ... '. Vgl. II 236, 4.
lancio di frutta da parte di Alessandro durante un banchetto, si
alz e disse: Sar colpito ecc. [cfr. A 1].
72 A 8. AELIAN. var. hist. IX 37. Anassarco, soprannominato 72 A 8. AEL. V. H. IX 37 [II 238. 15] .
l'Eudemonico, soleva deridere Alessandro che si considerava .
un dio. Una volta che Alessandro si era ammalato e il medico .
gli ordin di farsi preparare una farinata, Anassarco comment , . '
ridendo: Dunque le speranze del nostro dio stanno tutte in una ' ' '.
tazza di farinata.
72 A 9. ATHEN. XII 548 B. Intorno ad Anassarco cos scrive 72 A 9. ATHEN. XII 548 B '
Clearco di Soli nel quinto libro delle sue Vite [fr. 14 F.H.G. II [II 238. 20 App.] [fr. 14 F.H.G. II
308]:
308] '
Ad Anassarco soprannominato l'Eudemonico, arrivato a

ricchezza per la stupidaggine di coloro che provvedevano

largamente a lui, mesceva il vino ignuda una piccola schiava ,
adolescente, che era stata giudicata superiore alle altre, per
.
grazia, ma che rivelava in verit l'incontinenza di coloro che si
servivano di lei in quel modo. Il cuoco, poi, intrideva la pasta , [II 238. 25
con le mani inguantate e una museruola alla bocca, affinch
App.] '.
non gli colasse il sudore n giungesse ai pani impastati l'alito di
colui che li preparava.
72 A 10. TIMON fr. 58 Diels.
72 A 10. TIMON fr. 58 Diels:
, ,
' ,
Ivi, poi, animosa e furibonda dovunque si slanciasse,
,
appariva la forza canina di Anassarco; il quale, pur essendo
[II 238. 30 App.] ,
davvero sapiente,
.
come fama, era misero: ch lo traeva indietro una natura
avvinta dai piaceri, quale i pi dei filosofi paventano.
72 A 11. PLUTARCH. de tranq. an. 4 p. 466 D. Alessandro, 72 A 11. PLUT. de tranqu. an. 4 p. 466 D
udendo una volta Anassarco parlare dell'infinit dei mondi,

piangeva; e agli amici che gli chiedevano che cosa lo
, ' ', , ',
affliggesse: Non giusto piangere rispose se i mondi sono ;'
infiniti, e noi non siamo ancora divenuti padroni di uno solo?. Vgl. VAL. MAX. VIII 14 ext. 2 iam Alexandri pectus
VAL. MAX. VIII 14 extr. 2. L'animo di Alessandro era ormai insatiabile laudis, qui [II 238. 35] Anaxarcho comiti suo ex
insaziabile di gloria;e, una volta che Anassarco, che era del suo auctoritate Democriti praeceptoris innumerabiles mundos esse
seguito, gli esponeva, sull'autorit del suo maestro Democrito, referenti: "heu me" inquit "me miserum quod ne uno quidem
che i mondi sono innumerevoli: Ohim esclam me
adhuc potitus sum".
infelice, che non sono ancora divenuto padrone neppure di uno
solo!
72 A 12. STRAB. XIII 594. Questi [Alessandro] infatti
72 A 12. STRAB. XIII 594 [Alexander]
desiderava prendere dei provvedimenti in favore loro, per
[der Ilier
rinnovare il ricordo della parentela [cio in favore dei Troiani, wegen der Verwandtschaft der Aiakiden [II 238. 40] mit
a causa della parentela degli Eacidi con Andromaca] ed
Andromache]
insieme anche perch era grande ammiratore di Omero; e si
,
tramanda pertanto un'edizione dell'opera di Omero, quella detta ,
dello scrigno, come opera di Alessandro, il quale avrebbe preso ,
parte ai lavori degli studiosi diretti da Callistene e da
,

Anassarco e avrebbe fatto le sue annotazioni in vari punti,


.
riponendo l'opera in uno scrigno magnificamente lavorato che
aveva trovato nel tesoro persiano.
72 A 13 [Aggiunta ad A 1]. CLEM. ALEX. strom. IV 57 [II 72 A 13 Zu A 1 II 235, 18: CLEM. Strom. IV 57 (II 274, 13
274, 13]. Taccio quelle parole di Anassarco che gridava: Pesta St.) [II 239. 1] ''
il sacco di Anassarco, giacch tu non pesti Anassarco, mentre '
era fatto pestare dal tiranno con pestoni di ferro. [DIO]
',
Corinth. 37, 45. PHILO quod omn. prob. lib. 30 [= 462 Mang.; . [DIO] Corinth. 37, 45. PHILO Quod omn. prob.
insieme con Zenone, cfr. 29 A 8 e 9; donde la confusione in
lib. 30 p. 462 Mang. zusammen mit [II 239. 5] Zeno [s. 29 A 8.
VAL. MAX. III extr. 4]. ... quella lingua aveva tenute attonite 9], woraus die Konfusion bei VAL. MAX. III extr. 4, der
per l'ammirazione le orecchie di molti e principalmente quelle zusetzt: ... multorum aures illa lingua et in primis Alexandri
del re Alessandro, allorch spiegava con grandissima sapienza regis admiratione sui adtonitas habuerat, dum terrae
ed eloquenza la condizione della terra, la natura del mare, i
condicionem, habitum maris, siderum motus, totius denique
moti delle stelle, insomma l'ordinamento di tutto quanto il
mundi naturam prudentissime et facundissime expromit.
mondo.
72 A 14. [GALEN] hist. phil. 4 [Dox. 602; nomi delle scuole 72 A 14. [GAL.] H. ph. 4 (D. 602; Ursprung der Namen der
filosofiche] ... quella poi, dal fine [che insegnava, fu
philosophischen [II 239. 10 App.] Sekten) . . .
denominata] appunto come scuola eudemistica7*: Anassarco [ ]
infatti diceva che il fine della filosofia da lui professata era la '
felicit.
.
72 A 15. [GALEN.] hist. phil. 7 [Dox. 604]. Scettici furono
72 A 15. [GAL.] H. ph. 7 (D. 604)
Zenone l'Eleate e Anassarco di Abdera e quel Pirrone che si

ritiene abbia spinto eccessivamente nelle sottigliezze la
.
filosofia scettica.
72 A 16. SEXT. EMP. adv. math. VII 88 [dopo 70 A 25]. ...
72 A 16. SEXT. adv. math. VII 88 [nach II 233, 25]
Anassarco e Monimo, poi, perch riducevano la realt ad una [II 239. 15App.]
scenografia8* e ritenevano le cose reali non diverse da quelle
che ci si presentano nel sogno o nel delirio.
.
72 A 17. [La lettera di Epicuro ad Anassarco
72 A 17. Epikurs Brief [PLUTARCH. adv.
(PLUTARCH. adv. Col. 17 p. 1117 A; fr. 116 Usener) non Col. 17 p. 1117 A; fr. 116 Us.] ist nicht an den Abderiten
diretta all'Abderita.]
gerichtet.
B. FRAMMENTI
B. FRAGMENTE
DEL REGNO


[II 239. 20]

72 B 1. CLEM. ALEX. strom. I 36 [II 23, 22]; STOB. III flor.


34, 19;9*cfr. ATHEN. Mech. p. 4 Wescher.

72 B 1. CLEM. Str.I 36 [II 23, 22 St.] .


' . .
La molteplice erudizione pu essere molto utile, ma anche molto . ... .
,
dannosa, a colui che la possiede: utile all'uomo accorto, di
danno invece a colui che sempre pronto a buttar fuori qualsiasi ' '. STOB. III (Flor.) 34, 19 H. [II 239. 25App.]
' . . . . . . .
parola e in mezzo a qualsiasi genere di persone. Bisogna saper
conoscere i limiti dell'opportunit: e veramente questo indizio ,
sicuro di sapienza. Quelli che seguitano ad intronare le orecchie ' '.
Vgl. ATHEN. Mech. p. 4 Wesch.
altrui con una sentenza fuor di luogo, anche se la sentenza
,
molto saggia, si acquistano fama di stoltezza, perch alla loro
, [II
sapienza non congiungono il discernimento.
239. 30 App.]
. [ 240. 1App.]
.
, ,
.
72 B 2. AELIAN. var. hist. IV 14. Anche Anassarco nel suo libro 72 B 2. AEL. V. H. IV 14 (vgl. 59 B 24)
Del regno dice che difficile accumulare le ricchezze, ma ancor [II 240. 5]
pi difficile circondarle di buona guardia.
, .
73. ECATEO DI ABDERA

73 [60]. HEKATAIOS VON ABDERA

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

73 A 1. SUID. s. v. [da Esichio]. Ecateo abderita, filosofo, il 73 A 1. SUID. [aus Hesych.]


quale fu chiamato anche critico e grammatico, poich aveva
, [II 240. 10]
una ricca erudizione grammaticale. Visse ai tempi dei
, .
Diadochi. Opere di lui queste: Sulla poesia di Omero e di
.
Esiodo [cfr. B 15].
. . . Vgl. B 15.
73 A 2. STRAB. XIV 644. Gli abitanti di Teo, abbandonata la 73 A 2. STRAB. XIV 644
loro citt, emigrarono ad Abdera, citt della Tracia, non
,
tollerando le prepotenze dei Persiani... ma poi alcuni di essi,
, ... ' [II 240. 15 App.]
dopo un certo tempo, vi ritornarono di nuovo. E si dice anche
di Apellicone che fosse egli pure di Teo: e della stessa citt
nativo lo scrittore Ecateo.1* SCYMN. q. d. perieg. 869. ...
. SCYMN. q. d. perieg. 869
come diceva il teio Ecateo [a proposito del Tanai].
' [ber d. Tanais].
73 A 3. DIOG. LAERT. IX 69. Oltre a questi [Euriloco,
73 A 3. DIOG. IX 69 [Eurylochos. Philon]
Filone] furono scolari di Pirrone Ecateo di Abdera e Timone di .
Fliunte.
.
73 A 4 [fr. 20 F.H.G. II 396]. CLEM. ALEX. strom. II 130 [II 73 A 4 [fr. 20 Mller F.H.G. II 396] [II 240. 20] CLEM.
184, 14]. Ecateo pone come fine della vita il bastare a se stessi Strom. II 130 [II 184, 14 St.; s. II 133, 11] .
[; cfr. 68 B 246].
[nmlich ; vgl. 68 B 246].
73 A 5 [fr. 21]. PLUTARCH. quaest. conv. IV 3, 1 p. 666 73 A 5 [fr. 21 M]. PLUT. Quaest. conv. IV 3, 1 p. 666 E [II
E. Quei legislatori che energicamente si opposero al lusso 240. 25 App.]
eccessivo, limitarono in particolare il numero dei convitati
nei matrimoni.
. ' , [Sossios],

Quegli, tra gli antichi filosofi - diceva [Sossio2*] che parl .
,
della causa di ci,3* - Ecateo l'abderita, non ha detto, per

conto mio, nulla di persuasivo: dice che quelli che
' .
prendono moglie invitano molti al banchetto di nozze,
affinch molti ne conservino memoria e siano testimoni che
lo sposo uomo libero e sposa una donna di condizione
libera.
73 A 6. PLUTARCH. Lyc. 20 [ = apophth. Luc. p. 218 B]. 73 A 6. PLUT. Lyc. 20 [ = Apophth. Luc. p. 218 B] [II 241. 1
Archidamida, mentre taluni biasimavano il sofista Ecateo, App.]
perch partecipando ad un pasto in comune, non diceva
, '
nulla, osserv:
, , '.
Colui che sa, conosce anche il tempo e il luogo opportuno.
B. FRAMMENTI

B. FRAGMENTE
[II 241. 5 App.]

SUGLI IPERBOREI

73 B 1 [5 Meineke]. STEPH. BYZ. s. v. . Elissea, isola
degli
73 B 1 [5 M.]. STEPH. BYZ.
Iperborei, di estensione non inferiore alla Sicilia, sul fiume
.
Carambica. Gli isolani sono detti Carambici dal nome del fiume, , . [vgl. s. v.
secondo Ecateo di Abdera [cfr. s. v. ]. [6 M.].
]. [6 ]. STRAB. VII 299 [fr.
STRAB. VII 299. ... la regione Meropide in Teopompo [fr. 76
76 F.H.G. I 290] , ' [II 241. 10]
F.H.G. I 290], la citt Cimmeride in Ecateo...
.
73 B 2 [6 a M.]. PLIN. nat. hist. VI 55. Su questi [gli Attaccori] 73 B 2 [6 a M.]. PLIN. N. H.VI 55 de his [nml. Attacori]
Amometo compose un volume senza pubblicarlo, come Ecateo privatim condidit volumen Amometus, sicut H. de Hyperboreis.
sugli Iperborei. PLIN. nat. hist. IV 94. Oceano settentrionale:
PLIN. N. H. IV 94 septentrionalis oceanus Amalchium eum H.
Ecateo lo denomina Amalchio dal fiume Parapaniso e per tutto il appellat a Parapaniso amne qua Scythiam adluit, quod nomen
tratto ove bagna la Scizia, perch questo nome nella lingua di
eius gentis lingua significat 'congelatum' [= ].
quella regione significa 'congelato' [].
73 B 3 [4 M.]. AELIAN. nat. anim. XI1. Il popolo degli
73 B 3 [4 M.]. AEL. N. H.XI 1 [II 241. 15]
Iperborei e gli onori che col si tributano ad Apollo sono

cantati dai poeti e celebrati anche dagli storici e tra questi
, , .

, ' . Gottesdienst der Boreadan.


Apollons Schwne. Vgl. B 5.
73 B 4 [1 M.]. SCHOL. APOLLON. II 675 .
[II 241. 20 App.]
.
.
.
. . .,
.
73 B 5 [2 M.]. DIODOR. II 47, 1 sgg. Di coloro che raccolsero 73 B 5 [2 M.]. DIODOR. II 47, 1 ff.
gli antichi racconti mitici Ecateo ed alcuni altri dicono che
.
nella zona dirimpetto alla regione celtica in mezzo all'Oceano [II
vi un'isola di estensione non inferiore alla Sicilia. Essa si
241. 25] .
trova a settentrione ed abitata da popoli denominati Iperborei ,
pel fatto di dimorare molto al di l del vento di borea; ed

avendo quest'isola un suolo ferace e produttore di ogni frutto e '
godendo un'eccezionale mitezza di clima, produce due raccolti , ' , '
all'anno. (2-4) [Culto di Apollo. Abaris.] (5) Dicono poi che
. (2-4) Apollocult. Abaris. (5)
anche la luna da quest'isola appare assai poco distante dalla

terra e presenta delle alture visibili di aspetto simile a quelle
[II 241. 30 App.]
della terra. (6) Si dice pure che il dio si reca nell'isola ogni
. (6)
diciannove anni, quando giungono a compimento le rivoluzioni ' ,
periodiche degli astri; e appunto per questo il periodo di

diciannove anni chiamato dai Greci grande anno. (7) Durante
questa sua apparizione il dio tutte le notti ininterrottamente
. (7)
suona la cetra e dirige le danze dell'equinozio di primavera sino
al levar delle Pleiadi, godendo delle giornate serene da lui
[II 241. 35 App.]
stesso concesse. Regnano in questa citt ed esercitano l'autorit .
religiosa quelli che portano il nome di Boreadi perch

discendenti di Borea e si tramandano sempre le cariche di

generazione in generazione.
.
SULLA FILOSOFIA DEGLI EGIZI LIBRI I, II [...?]
[II 242. 1 App.]
(STORIE EGIZIE) [?].4*
[. . .?]
(?)
73 B 6 [19, 7 M.]. DIOG. LAERT. I 9-11. ... (9) questi
[Teopompo] inoltre dice [fr. 71 F.H.G. I 289] che, secondo i
73 B 6 [19, 7 M.]. DIOG. I 9-11 (9) [Theop. FGrHist. I 289]
Magi, gli uomini risusciteranno e saranno immortali e le cose
rimarranno [tutte quali sono] nei loro ritorni periodici. Ci
, [II 242. 5 App.]
riferito anche da Eudemo di Rodi [fr. 51 Spengel].5*Ecateo
.
dice inoltre che gli di secondo loro sono [esseri] generati.
[fr. 51 Sp.] .
Clearco di Soli nel libro Sull'educazione [fr. 28 F.H.G. II
' .
313]6* dice che anche i Ginnosofisti discendono dai Magi; ed [fr. 28 F.H.G. II 313]
alcuni dicono che gli Ebrei pure derivano da loro. Oltre a ci,
coloro che scrissero intorno ai Magi colgono in errore Erodoto: .
non avrebbe potuto infatti Serse lanciare frecce contro il sole [II 242. 10
n gettar catene sul mare, che dai Magi sono tradizionalmente App.] , '
considerati divinit. pertanto naturale da parte loro il
,
sopprimere le immagini degli di. (10) La filosofia degli Egizi . .
intorno agli di e alla giustizia cosiffatta: essi dicono che il (10)
principio delle cose la materia, che poi da essa si separano i .
quattro elementi e cos vengono prodotti gli esseri viventi
, ,
d'ogni sorta. Il sole e la luna sono divinit, quello designato col . ' [II
nome di Osiride, questa col nome di Iside: ed essi sono
242. 15 App.] , , '
simbolicamente rappresentati dallo scarabeo e dal serpente e
dallo sparviero e da altri animali ancora, come riferisce
,
Manetone7* nel Compendio della fisica ed Ecateo nel primo
.
libro Sulla filosofia degli Egizi. Innalzano statue e templi
.
perch non conoscono la forma della divinit. (11) Ritengono il . (11)
mondo generato, corruttibile, di forma sferica; gli astri sono,
per essi, [costituiti di] fuoco e per effetto del loro temperato
, [II 242. 20 App.]
calore cresce la vegetazione sulla terra; la luna si eclissa

anche da Ecateo, non quello di Mileto, ma quello di Abdera
[culto dei Boreadi; cigni di Apollo. Cfr. B 5].
73 B 4 [1 M.]. SCHOL. APOLLON. RHOD. II 675. Ecateo
dice che il popolo degli Iperborei esisteva ancora ai suoi tempi.
Egli compose alcuni libri intitolati Sugli Iperborei: [dice che]
presso gli Iperborei onorato Apollo: per la qual cosa fu
veduto recarsi anche col. Tre sono le stirpi in cui si dividono
gli Iperborei, e cio gli Epizefirii, gli Epicnemidii e gli Ozolii.

quando penetra nell'ombra della terra; l'anima sussiste [dopo la


morte del corpo] e passa ad un altro corpo; le piogge si

producono in seguito alle variazioni atmosferiche; e cos pure , .
tutto il resto viene spiegato in base a princpi naturali, a quanto ,
narrano Ecateo e Aristagora.8* Stabilirono anche leggi per la .
tutela della giustizia, leggi da essi attribuite ad Ermete; e
[II 242. 25 App.]
posero nel novero delle divinit quelli tra gli animali che ci
.
sono utili. Affermano inoltre di aver scoperto loro la geometria, .
l'astrologia e l'aritmetica. Questo ci detto sulle loro scoperte.
73 B 7. DIODOR. I 11, 1 sgg. Gli abitatori dell'Egitto che
73 B 7 [0]. DIODOR. I 11, 1 ff. ' '
vivevano nei tempi pi antichi, levando lo sguardo a

contemplare l'universo e rimanendo colpiti e meravigliati dal
complesso dei fenomeni naturali, concepirono due divinit
,
eterne e primigenie, il sole e la luna, e denominarono Osiride , [II 242. 30] ,
quello e Iside questa... I 11, 5-6. Ritengono che queste divinit . . . (5).
governano l'intero universo facendo crescere e sviluppare tutte
le cose mediante la tripartizione dell'anno nelle stagioni che

compiono con invisibile movimento il loro giro, primavera,
,
estate e inverno: e queste, pur avendo carattere nettamente
'
opposto l'una in confronto dell'altra, compongono l'intero

periodo dell'anno con bellissima armonia; e serve alla
[II 242. 35]
generazione di tutti quanti gli esseri viventi la natura pi

peculiare di queste due divinit, l'uno [Osiride] avente la natura , '
dell'elemento igneo e dello spirito, l'altra [Iside] quella
. (6)
dell'elemento umido e di quello secco, in comune l'uno e l'altra [II 243. 1 App.]
quella dell'aria: e per mezzo di questi son generate e si
,
sviluppano tutte le cose. (6) Perci dicono che l'intero corpo
,
dell'universa natura completamente costituito dal sole e dalla , ,
luna, e le cinque parti di esso sono le gi dette, lo spirito e il
'
fuoco e il secco eppoi l'umido e infine l'aria; e, come nell'uomo ,
enumeriamo il capo e le mani e i piedi e le altre parti, nella
[II 243. 5] .
stessa guisa il corpo del mondo composto tutto dagli elementi DIODOR. I 12, 1 '
suddetti. DIODOR. I 12, 1 sgg. E ciascuno di questi elementi
venne considerato come dio e ricevette una propria
'
denominazione, a seconda delle sue propriet, dai primi tra gli . (2)
abitatori dell'Egitto che usarono un linguaggio articolato. (2) . . . (3)
Lo spirito dunque venne denominato Zeus (traducendo il nome
in greco)... (3) Il fuoco lo chiamarono Efesto (tradotto in
[II
greco), considerandolo un grande dio e ritenendo che molto
243. 10 App.] . (4)
contribuisce per tutte le cose alla generazione e ad un perfetto . . . (5)
sviluppo. (4) La terra, immaginandola come un recipiente degli ' ,
esseri che da essa vengono generati, denominarono Madre... (5) . . . (7) '
L'elemento umido, dicono che gli antichi lo denominarono

Oceane [antico nome del Nilo], che tradotto significa nutrice... . . . (9)
(7) L'aria dicono che si denomina Atena (tradotto in greco)... [II
(9) Dicono poi che le cinque divinit suddette si recano in tutti 243. 15] , '
i paesi della terra, mostrandosi agli uomini sotto forma di
. . .
animali sacri e talora trasformandosi in figure di uomini o di
DIODOR. I 13, 1ff.
altri esseri... DIODOR. I 13, 1 sgg. Altre poi di queste divinit , ,
si dice che furono esseri terreni e che erano mortali, ma che per ,
la loro intelligenza e per i comuni benefici che largirono agli . (2)
uomini conseguirono l'immortalit; ed alcuni di questi furono '
anche re dell'Egitto. (2) Di essi alcuni risultano omonimi degli [II 243. 20] , '
di celesti (sempre traducendone i nomi in greco), altri hanno
portato come proprio nome Elio e Crono e Rea e anche Zeus ,
(che da alcuni vien denominato Ammone), e inoltre Era ed
, ' .
Efesto, e anche Estia e infine Ermete. Ed il primo che regn in '
Egitto fu Elio, omonimo all'astro del cielo.(3) Alcuni tra i
' . (3)
sacerdoti per dicono che abbia regnato per primo Efesto, che
fu l'inventore del fuoco... (4) In seguito regn Crono e, sposata .. . [II 243. 25] (4)


,
, '
. Die Theologumena gehen bis c. 27
(auer 15, 6-8. 17-20, 6). Es folgt Geographisches 30-41 (mit
Fremdem), Knigsgeschichte 43-68, Philosophie [II 243. 30
App.] () 69-98.
73 B 8 [9 M.]. PLUTARCH. de Is. et Osir. 9 p. 354 C-D.
73 B 8 [9]. PLUT. de Is. et Os. 9 p. 354 CD
Mentre molti ritengono che il nome peculiare di Zeus presso gli '
Egizi sia Amn ... dice Ecateo di Abdera che gli Egizi
. . . . '
adoperano questo nome anche tra di loro quando chiamano
,
qualcuno: perch un vocabolo che ha valore di appellativo. .
Perci essi, invocando e pregando il primo degli di (che
, [II 243. 35 App.]
identificano con l'universo, appunto perch invisibile e
,
nascosto) affinch appaia visibile e manifesto ad essi, lo

chiamano col nome di Amn [Ammone].
, .
73 B 9 [8 M.]. AT. II 20, 16 [Dox. 351]. Eraclito ed Ecateo, 73 B 9 [8]. AT. II 20, 16 (D. 351) [22 A 12]
che il sole una fiamma, dotata d'intelligenza, che sorge dal
. .
mare.
73 B 10. DIODOR. I 45, 2. [Menas introdusse il lusso] perci 73 B 10 [0]. DIODOR. I 45, 2 (Menas fhrte den Luxus ein)
raccontano che il re Tnefachthos [Technactis, secondo
[II 243. 40]
PLUTARCH. de Is. et Osir. 8, il quale pure trae la stessa
[ PLUT. de Is. 8 der wohl aus Hekat.
narrazione da Ecateo], che regnava dopo parecchie
dieselbe Gesch. erzhlt]
generazioni e fu padre del savio Bocchoris, una volta, mentre ,
faceva una spedizione in Arabia, si trov a mancare
,
completamente di vettovaglie sia per la solitudine sia per la

impraticabilit dei luoghi e fu costretto per una giornata,
,
trovandosi nel bisogno, ad accettare un vitto di estrema
'
semplicit presso certa povera gente incontrata per

combinazione: piaciutogli enormemente quel tenor di vita,
' [II 244. 5 App.]
impar a disprezzare il lusso ed imprec al re che sin da
,
principio gli aveva insegnato lo sfarzo e la magnificenza; e gli
stette cos a cuore questo cangiamento di cibi e di bevande e di . Vgl. ATHEN. X 418 E.
letto, da indurlo a fare inscrivere la sua imprecazione nei libri
sacri nel tempio di Zeus in Tebe [cfr. ATHEN. X 418 E].
73 B 11 [10 M.]. PLUTARCH. de Is. et Osir. 6 p. 353 A-B.
73 B 11 [10 M.]. PLUT. de Is. 6 p. 353 AB '
Quelli che attendono al culto del dio in Eliopoli non

introducono assolutamente vino nel tempio, ritenendo
, [II 244. 10 App.]
sconveniente bere di giorno, mentre il loro re e signore [il sole]
li guarda; gli altri sacerdoti ne bevono, s, ma poco. Hanno poi [nmlich ] ' , .
parecchie cerimonie di purificazione in cui non ammesso il ' ,
vino e durante queste essi trascorrono il tempo filosofando e
.
apprendendo e insegnando le cose sacre. I re, poi, solevano
,
bere anch'essi secondo una certa misura in conformit dei libri . , . Vgl. DIOD. I 70, 9 ff.
sacri, come racconta Ecateo, essendo essi pure sacerdoti [cfr.
DIODOR. I 70, 11].
73 B 12 [12 M.]. DIODOR. I 46, 8. Non soltanto i sacerdoti
73 B 12 [12 M.]. DIOD. I 46, 8 [II 244. 15] '
d'Egitto narrano ci [sulla dinastia tebana] desumendolo dai ' [ber
libri sacri, ma anche parecchi tra gli scrittori greci passati a
die theban. Dynastie],
Tebe sotto Tolemeo di Lago ed autori di Storie egizie, ai quali
appartiene anche Ecateo, concordano con le cose qui da noi
, ,
dette [cfr. capp. 47- 48- 49].
., ' . Vgl.
ebd. c. 47- 48- 49.
73 B 13 [13 M.]. DIODOR. XL 3, 8 [exc. PHOT. bibl. C. 244]. 73 B 13 [13 M.]. DIOD. XL 3, 8 [Exc. PHOT. bibl. c. 244] [II
[Dopo un brevissimo compendio della storia, della legislazione 244. 20] Nach einem Abri der jdischen Geschichte,
(Mos) e dei costumi ebraici:] Sotto le dominazioni sorte in
Gesetzgebung (Moses), Sitten:
tempi pi recenti, in seguito alla mescolanza con genti d'altra
razza, sia durante l'egemonia dei Persiani sia durante quella dei
Macedoni che abbatt la persiana, parecchie delle consuetudini
patrie furono scosse presso gli Ebrei. [Foziodice che la
. Das meiste davon sei falsch, sagt
la sorella Rea, gener, secondo alcuni mitografi, Osiride e
Iside, ma secondo i pi Zeus ed Era, che per la loro virt
regnano su tutto quanto il mondo, ecc.
[I Theologumena , vanno sino al C. 27 (esclusi C. 15, 6-8 e
CC. 17-20, 6). Segue la parte geografica, CC. 30-41; la storia
dei re, CC. 43-68; e la 'filosofia' (), cc. 69-98.].

maggior parte di questa narrazione falsa; ma che Diodoro


per copre le sue invenzioni dietro l'autorit altrui:] G PHOT.
bibl. C. 244. Aggiunge infatti: Queste cose intorno agli Ebrei
sono state narrate da Ecateo di Mileto [ma intende riferirsi
all'abderita]. /
73 B 13 a. STEPH. BYZ. s. v. . Diospoli la grande,
citt della Tebaide d'Egitto, chiamata la citt dalle cento porte,
fondata da Osiride e Iside. Prima che i Persiani la
distruggessero, narra Ecateo che essa aveva 33 3309* quartieri,
7 milioni di abitanti, un'area misurata di 3 700 arure di terreno,
cento porte artisticamente adorne, quattrocento stadi di
lunghezza. Ve ne sono10* poi anche quattro, piccole, in Egitto,
e in una di queste addomesticano i coccodrilli in antri e in
laghetti, venerandoli e non attingendo acqua dal fiume neppure
se si sentono ardere. PORPHYR. ad Il. IX 383 [I 138, 18]. Si
chiama ora Diospoli la citt che in antico si chiamava Tebe, e
dicono che vengono mostrate intorno a Diospoli vestigia di
molte porte. A quanto narra Ecateo, Diospoli la grande prima
di essere distrutta dai Persiani aveva 33 333 quartieri, 7 milioni
di abitanti ed era adorna di cento porte. Fu fondata dal re
Osiride. E alcuni dei sacerdoti dicono che aveva cento porte e
da ciascuna uscivano in campo diecimila opliti e settecento
cavalli.

DI ARGOMENTO GRAMMATICALE

Photius, [II 244. 25 App.] Diodor verstecke aber seine Lgen


hinter einem anderen: '
[gemeint ist ]
'. G PHOT. bibl. C. 244. "
". /
73 B 13 a. STEPH. BYZ.
, ,
, [II
244. 30 App.] ,
, ,

, ,
.

, ,
' [II 244. 35 App.] . PORPHYR.
Quaest. hom. (zu I 383) I 138, 18 Schrad.
,
[II 245. 1 App.] . '
,
,
, .
. ,
, ,
[II 245. 5] .
GRAMMATISCHES

SULLA POESIA DI OMERO E DI ESIODO

[Cfr. B 5. Le citazioni di Omero si trovano negli estratti di


Vgl. B 5. Die Homerzitate in Diodors Excerpten I 12, 2. 5. 10
Diodoro al 1. I 12, 2. 5. 10. e 15,7. Ad un'opera grammaticale und 15, 7. In ein grammatisches Werk gehrt
appartiene:]
73 B 14 [0]. EROTIAN. p. 55, 7 Nachm. [II 245. 10]
73 B 14. EROTIAN. q. f. lex. Hipp. p. 89, 16. = la . . ,
cosiddetta tiara. Ecateo dice che i comici chiamano cos il
.
berretto barbarico.
FALSIFICAZIONI
FLSCHUNGEN
SUGLI EBREI (SU ABRAMO)

( )

73 B 15 [14-18]. IOSEPH c. Ap. I 183. Ecateo di Abdera, che


non soltanto fu filosofo ma insieme anche espertissimo negli
affari, fiorito negli anni di Alessandro Magno e vissuto poi con
Tolemeo di Lago, si occup degli Ebrei non in modo
occasionale, ma componendo addirittura un libro intorno ad
essi. [Seguono estratti 184-204; IOSEPH c. Ap. I 214: Ecateo
scrisse anche un libro intorno a noi; similmente II 43 sgg.;
inoltre ant. Iud. XII 38 (quivi da Aristea ep. 31). ricordata
una monografia, o forse titolo speciale di un capitolo, su
Abramo.] IOSEPH. ant. Iud. I 158-59. Del padre nostro
Abramo fa menzione Beroso11*... Ecateo poi ha fatto anche
qualcosa di pi del semplice menzionare, giacch lasci un
libro su di lui. Cfr. CLEM. ALEX. strom. V 115 [II 402, 20].
Sofocle, come dice Ecateo, lo scrittore di storia, nello scritto su
Abramo e sugli Egizi...
73 B 16 [385 a M.]. ORIG. c. Cels. I 15. Anche allo storico
Ecateo attribuito un libro Sugli Ebrei, nel quale si mostra
incline all'ammirazione verso quel popolo per la sua sapienza
particolarmente e a tal punto che anche Erennio Filone nella
sua opera Sugli Ebrei prima di tutto resta in dubbio se quello

73 B 15 [14-18]. IOSEPH c. Ap. I 183 .


[II 245. 15 App.]

,
. Folgen Excerpte
184-204; I 214 . .
Ebensolche II 43ff. Antiq. Iud. XII [hier aus Aristeas Ep. 31].
Monographie oder Sondertitel eines Kapitels ber Abraham
Ant. I 158-59 [II 245. 20]
... .
.
Vgl. CLEM. Strom.V 115 [II 402, 20 St.] ,
. '
....
73 B 16 [385 a]. ORIG. c. Cels. I 15
[II 245. 25 App.] ,

,
,

scritto sia realmente dello storico [Ecateo] e in secondo luogo


dice che, se proprio di lui, verosimile che egli sia stato
conquistato dalla forza di persuasione posseduta dalla dottrina
degli Ebrei e abbia quindi finito per assentirvi [lo spunto alle
falsificazioni fu fornito dalla citazione degli Ebrei negli
, cfr. B 13].
73 B 17. [La menzione di Ecateo, riferita all'Abderita, in
AGATHARC. de mari rubro 64, si riferisce al Milesio. La
congettura del Mller invece di in DIOG.
LAERT. IX 61 non convincente.]

, ,
,
. Den
Anla zu den Flschungen gab die [II 245. 30] Erwhnung der
Juden in d. ; vgl. B 13.

74. APOLLODORO

74 [61]. APOLLODOROS

73 B 17. Die auf den Abderiten bezogene Erwhnung des H. b.


Agatharch. M. r. 64 meint den Milesier [FGrHist. I T 14 I 3].
Die Konjektur Mllers statt DIOG. IX 61
ist nicht berzeugend.

74 A 1. CLEM. ALEX. strom. II 130 [II 184, 14; cfr. 68 B 4].


Apollodoto [sic] di Cizico [ripose il fine della vita] nel piacere
dell'anima [].
74 A 2. DIOG. LAERT. IX 38 [68 A 1]. E anche Apollodoro
di Cizico1* dice che [Democrito] frequent Filolao.

74 A 1. CLEM. Strom. II 130 [II 184, 14 St.; oben II 133, 12]


[II 246. 1] [so]
[d. i. , ].
74 A 2. DIOG. IX 38 [s. II 82, 3]
[II 246. 5 App.] [Demokrit]
.
74 A 3. PLIN. nat. hist. XXIV 167. Il suo seguace Apollodoro 74 A 3. PLIN. N. H. XXIV 167 adiecit his [Mirabilien der
aggiunse a queste [cose portentose dei Rimedi artificiali
Cheirokmeta s. II 212, 11] Apollodorus adsectator eius [des
(); cfr. 68 B 300, 2] l'erba eschinmene [= la
Demokrit] herbam aeschynomenen.
sensitiva].

75. NAUSIFANE

75 [62]. NAUSIPHANES

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

75 A 1. DIOG. LAERT. prooem. I 15. ... Democrito, che ebbe 75 A 1. DIOG. prooem. I 15 [II 246. 10 App.]
parecchi discepoli, ma rinomato tra questi Nausifane [e
, ' [ ],
Naucide],a cui successe poi Epicuro.1*
.
75 A 2. DIOG. LAERT. IX 64. [Pirrone], sorpreso una volta a 75 A 2. DIOG. IX 64 [Pyrrhon]
discorrere con se stesso, a chi gli chiedeva il motivo rispose

che si esercitava a diventare buono a qualche cosa. Nell'esame . '
dei problemi non era tenuto da alcuno in scarsa considerazione,
data la sua abilit di parlare vuoi con metodo espositivo vuoi [II 246. 15App.]
con quello delle interrogazioni: e ne fu attratto anche
.
Nausifane, mentre era ancor giovanetto. E pertanto egli soleva , .
dire che bisogna arrivare all'atteggiamento mentale del

pirroniano, ma a ragionare per alla maniera sua [di lui

Nausifane]. E ripeteva spesso che anche Epicuro, ammirato del . [aus Antigonos v. Kar. S. 36 Wil.].
costume di vita di Pirrone, continuamente gli muoveva
domande intorno a lui [da Antigono di Caristo, p. 36
Wilamowitz].
75 A 3. DIOG. LAERT. IX 69. Fu discepolo di Pirrone [oltre 75 A 3. DIOG. IX 69 . . . [neben
ad Ecateo e Timone] anche Nausifane di Teo, del quale dicono Hekataios und Timon] [II 246. 20App.]
alcuni che sia stato discepolo Epicuro [cfr. DIOG. LAERT. IX , . Vgl. DIOG. IX
102].
102].
75 A 4. SUID. s. v. . Epicuro... essendo stato
75 A 4. SUID. ...
discepolo di Nausifane il democriteo e di Pamfilo discepolo di . . .
Platone.
75 A 5. CICER. de nat. d. I 26, 73. Ma questo filosofo
75 A 5. CIC. d. nat. d. I 26, 73 sed hunc Platonicum [nmlich
platonico [Pamfilo] Epicuro lo disprezza in modo inverosimile: Pamphilos] mirifice contemnit Epicurus: ita metuit, ne quid
tanto gli preme non essere sospettato di aver mai appreso
umquam didicisse videatur. [II 246. 25App.] in Nausiphane
qualche cosa. Quanto a Nausifane democriteo, non ci scappa; Democriteo tenetur, quem cum a se non neget auditum, vexat
ebbene egli, quantunque non neghi di essere stato alla sua
tamen omnibus contumeliis. atqui si haec Democritea non
scuola, ne fa strazio con ogni sorta di contumelie. E s che uno audisset, quid audierat? quid est in physicis Epicuri non a

si pu chiedere: posto che non avesse imparato queste dottrine


democritee, si pu sapere che cosa aveva imparato? Che cosa
c' nella fisica di Epicuro che non derivi da Democrito? [cfr.
CICER. de nat. d. I 33, 93].
75 A 6. DIOG. LAERT. X 14. Afferma Aristone nella Vita di
Epicuro che questi ricav il suo Canone dal Tripode di
Nausifane; ed egli2* dice che [Epicuro] fu anche discepolo di
costui, oltre che del platonico Pamfilo in Samo, e che cominci
a filosofare in et di dodici anni [= 328].
75 A 7. SEXT. EMP. adv. math. I 2. [L'avversione di Epicuro
contro gli studi liberali si spiega anche] con la sua inimicizia
verso Nausifane, il discepolo di Pirrone: quegli infatti
raccoglieva [alla sua scuola] parecchi giovani e si dedicava
con zelo agli studi liberali e principalmente alla retorica [cfr. B
1-2]. Epicuro, dunque, essendo stato discepolo di lui, allo
scopo di sembrare autodidatta e filosofo per naturale
disposizione, negava assolutamente di essere scolaro di
Nausifane, mentre si sforzava di cancellare la fama di lui e
diveniva accanito accusatore delle discipline in cui quegli
riponeva il suo vanto. Dice infatti nella lettera Ai filosofi di
Mitilene [fr. 114]:

Democrito? Vgl. ebenda 33, 93.

75 A 6. DIOG. X 14
[II 246. 30]
, ,
.
[328].
75 A 7. SEXT. adv. math. I 2 [II 247. 1App.] die Abneigung
Epikurs gegen die Mathematik erklrt sich auch


, .
[II
247. 5App.]
,
,
.
[fr. 114 Us.] '

',
Io credo veramente che quegli spiriti gemebondi riterranno che '' [II 247. 10App.]
io pure sia discepolo del mollusco, per averne sentito le lezioni

in mezzo a un mucchio di giovani avvinazzati,
' ,
chiamando quivi 'mollusco' Nausifane nel significato di
',
insensato; e ancora, proseguendo e movendo parecchie altre
accuse a costui, allude ai progressi di lui nelle scienze con le . - PAP. HERC. 1005 fr. 24 (verm. aus Epikurs Brief
) aus Philodem . .
parole seguenti:
Infatti era un uomo meschino e che si era dedicato a cose dalle . . . . [II 247. 15App.] (Voll. Herc.coll. alt. I 132ff.) '

quali impossibile pervenire alla sapienza,
intendendo appunto gli studi liberali. VOLL. HERC. 1005 fr. , '

24, coll. alt. I 132 sgg. [brani della lettera di Epicuro Ai
filosofi di Mitilene, riportati da Filodemo nell'opera Contro i ' '

(sofisti?)]. [Si potr credere] che io, prima di cominciare a
'.
filosofare, sia stato vittima delle gozzoviglie diurne di
quell'uomo, il quale teneva lezioni su Anassagora ed
Empedocle e continuamente spacciava ciarlatanerie su questi
argomenti; e ancora: Colui che riuniva intorno a s i
mutilatori delle Erme [allusione ad Alcibiade, per colpire i
platonico-peripatetici] a studiare secondo i princpi di
Democrito e Leucippo.
75 A 8. DIOG. LAERT. X 13. Apollodoro nelle sue Cronache 75 A 8 DIOG. X 13 [Epikur]
[F.Gr. Hist. 244 F 75] dice che egli [Epicuro] fu discepolo di [F.Gr. Hist. 244 F 75] [II 247.
Nausifane e di Prassifane;3* Epicuro, per, nella lettera Ad
20App.]
Euriloco [fr. 123] afferma che non di costoro, ma di se stesso , ' [fr.
fu scolaro.
123 Us.]. Vgl. 67 A 2 m. Anm.
75 A 9. DIOG. LAERT. X 7. Anche nei trentasette libri del 75 A 9. DIOG. X 7 [Epikur]
trattato Sulla natura [Epicuro] per lo pi non fa che

ripetersi e in essi polemizza principalmente contro

Nausifane ed esce in queste precise parole:
, '' (?)
[II 247. 25App.]
Ma basta di questo: poich colui, quando stava per partorire ,
[qualche pensamento], aveva la iattanza sofistica sempre ' [fr. 93 Us.].

pronta sulla bocca, come anche parecchi altri di questi
' ,
schiavi.
' [fr. 113 Us.].
E inoltre Epicuro, nelle Lettere, dice intorno a Nausifane: '' ''
'' '' [fr. 236 Us.].
Queste cose lo portarono a tal punto d'insania da rivolgermi

ingiurie e da affibbiarmi il soprannome di Maestro.


E lo chiamava 'mollusco' e 'illetterato' e 'turlupinatore' e
'meretrice'.
B. FRAMMENTI
TRIPODE

[II 248. 1App.] B. FRAGMENTE


[Cfr., per il titolo, ; (= Tripla guerra) di Ione di Chio Vgl. Ions c. 36 B, DIOG. X 14 [oben A 6] und II 140,
(36 B); DIOG. LAERT. X 14 (cfr. A 6) e, a proposito dei tre
7. GAL. Subfig. empir. 63, 12 Bonnet: Hippocras ... non utique
libri del Canone, di Democrito, 68 B 10 b; GALEN. subf. emp. per deum interrogans [II 248. 5App.] eum qui per tria
63, 12 Bonnet: Ippocrate... non interrogando davvero il
sermonem [d. i. ' ]
Ragionamento tripartito (eum qui per tria sermonem = sicut Serapio neque Tripodem sicut Glaucias. S. bes. Diotimos c.
) come Serapione n il Tripode come Claucia. Cfr. 76, 3. Die Fragmente sind nur auszugsweise erhalten.
in particolare Diotimo, 76, 3. I frammenti del Tripode ci sono
conservati soltanto in forma di estratti].
75 B 1. PHILOD. rhet. II p. 48 c. 34, 1. Qualcuno dir che,
75 B 1. PHILOD. Rhet. II p. 48 Sudh. c. 34, 1
secondo quanto abbiamo sin qui affermato, il fisico possieder
dunque l'abilit oratoria, anche se non ha mai pronunciato
, [II 248.
discorsi in pubblico perch alla vita pubblica egli non
10] .
partecipa. Ed infatti certo che l'arte del costruire noi non
'
diciamo che sia posseduta soltanto da colui che sta costruendo , ' '
n [la definiamo] solo in rapporto all'attivit stessa del
'
costruire, bens in rapporto alla capacit di prendere i materiali , ' .
e gli strumenti adatti a fabbricare un edificio in conformit
,
dell'arte, come [si fa] per la medicina e per le altre scienze.
, [II
Sicch come non diremmo che anche l'arte oratoria appartiene 248. 15]
a chi fisico, dal momento che questi, presentandosi questioni , '
in cui il politico e l'oratore sono abili a (per cos dire)
;
fabbricare un ben fatto discorso politico, sarebbe in grado di
discorrere acconciamente su di esse come qualsiasi altro?
75 B 2. PHILOD. rhet. II p. 5 C. 4, 10 [cfr. Arnim Dio (Berl. 75 B 2. Die weiteren Auszge Philodems sind noch weniger
1898), pp. 46 sgg.]. Donde non sfugg neppure Nausifane: dice genau: Rhet. 4, 10 [II p. 5 Sudh. vgl. Arnim Dio (Berl. 1898),
infatti che il saggio preferir l'esercizio dell'oratoria all'attivit S. 46 ff.] .
politica. PHILOD. rhet.II p. 33 C. 22, 2. Ma stimando che tutto . PHILOD. Rhet. II p.
quanto vi di pregevole e degno di considerazione stia nelle
33 C. 22, 2 [II 248. 20App.]
opinioni e nei ricordi dei molti intorno alle abilit politiche o
alle virt e perfezioni vantate a vuoto, egli presume che il

ragionamento migliore porti a questi risultati. PHILOD. rhet. II ,
p. 33 C. 37, 3. Insieme poi egli era portato ad occuparsi della . PHILOD. Rhet. II p. 33
legislazione. PHILOD. rhet. II p. 1 C. 11, 1. Anzi disse
C. 37, 3 ' . PHILOD. Rhet.
esplicitamente che il fisico e filosofo sar in grado di
II p. 1 C. 11, 1 '
persuadere gli ascoltatori su qualsiasi argomento: e non lasci
il filosofo [soltanto] al dubbio, ma profess di essere in grado [II 248. 25App.] ,
di condurre dov'egli volesse, coi discorsi, gli ascoltatori.
' ' [II
PHILOD. rhet. II p. 19 C. 15, 4. Giacch quando, sia pure per 249. 1App.] . PHILOD. Rhet. II p. 19 C. 15, 4
un anno, uno possa vivere in compagnia di un uomo tale e non
soltanto per brevi momenti udire le sue lezioni, acquister
,
pienamente tale facolt e ne diverr seguace. PHILOD. rhet. II . PHILOD. Rhet. II p. 19 C.
p. 19 C. 25, 1. Egli dice infatti che l'origine della facolt di
25, 1
persuadere non sta nella conoscenza empirica ma nella scienza , '
degli affari, in modo che il fisico riesce a persuadere come lui , ' [II 249. 5App.]
[Nausifane, che cos insegnava] gente di qualsivoglia paese.
. Diese Unterweisung
PHILOD. rhet. II p. 5 C. 14, 3. ... per uno che sia intelligente e erstreckt sich PHILOD. Rhet. II p. 5 C.14, 3
volenteroso. PHILOD. rhet. II p. 7 C. 15, 9. [Confutazione:] . PHILOD. Rhet. II p. 7 C. 15, 9
Ma quale conoscenza della natura umana deve possedere il
Widerlegung: '
filosofo per essere in grado di persuadere merc di questa gli ;
ascoltatori? forse di quali o di quali altri elementi sono
[n. die
composti [gli uomini]? E chi riuscirebbe, con l'aiuto di queste Menschen];

sole conoscenze, a persuadere gli uomini delle cose di cui


[II 249. 10App.] . . .
discorre, meglio che con...? PHILOD. rhet. II p. 8 C. 16, 2. ... PHILOD. Rhet. II p. 8 C. 16, 2 [das
il fine della vita che in noi innato [cfr. EPIC. p. 63, 1], il
angeborene Lebensziel; vgl. EPIC. p. 63, 1 Us.]
quale precisamente di godere e di non soffrire, anzi ciascun ,
uomo senz'altro portato a ci e per tutti quanti gli uomini non '
vi nulla n da cercare n da fuggire, sia irriflessivamente sia
con ponderato ragionamento, che non sia connesso con
, '
l'aspettazione di queste conseguenze [godere o soffrire]; e, per . PHILOD. Rhet. II p. 9 C. 7, 2
di pi, neppure gli animali si comportano altrimenti. PHILOD. [II 249. 15App.]
rhet. II p. 9 C. 7, 2. Infatti in tal modo [il filosofo], parlando di ,
ci che ha la massima importanza, riuscir a persuadere, dato , .
che anche la moltitudine pronta a rivolgere a un tale
[n. ]
argomento la pi grande attenzione, perch ci che produce la ,
persuasione il venir a conoscere donde ci verr l'utile. E gli . PHILOD. rhet. II p. 10 C. 8, 2 ,
uomini che, se non si ricorre a questo genere di persuasione che ,
mira al fine supremo della vita, divengono ingrati a quelli che [II 249. 20App.]
sono stati loro maestri, non si lascerebbero persuadere da
, . PHILOD. Rhet. II p. 16 C.
nessuno che volesse persuaderli per altra via. PHILOD. rhet. II 22, 2
p. 10 C. 8, 2. Soltanto il fisico, che di questo ha scienza, col

conoscere ci che la natura richiede e col dirlo e con lo
[nmlich ]. PHILOD. Rhet. II p. 17
spiegare, mediante il suo dire, proprio ci che conforme al
C. 23, 1
desiderio [degli ascoltatori], sar in grado di persuadere.
' ,
PHILOD. rhet. II p. 16 C. 22, 2. Si adoperano [i retori] a
. Stil: PHILOD. Rhet. II p. 27 C. 18, 3
persuadere [la moltitudine] appunto di ci che essi sanno che
quella desidera e di cui non si pentir, perch essa decide
[II 249. 25] '
conforme al proprio vantaggio. PHILOD. rhet. II p. 17 C. 23,
1. ... essendo [l'oratore] in grado di persuaderli di tutto, anche
di ci di cui essi erano anticipatamente persuasi da s, e capace
d'impadronirsi degli animi della moltitudine quando pure siano . Logik: PHILOD. Rhet. II p. 46 C. 33, 7
gi concordi. [Stile:] PHILOD. rhet. II p. 27 C. 18, 3. Mirabile
anche, in un fisiologo, [vedere] come l'espressione sa innalzarsi ,
ai massimi effetti col procedere semplice delle locuzioni usuali , ' .
(anche adoprando ottimamente metafore per designare qualche PHILOD. Rhet. II p. 47 C. 46, 8 [II 249. 30App.]
oggetto non ben conosciuto) e non vien fuori da artificio vuoto
e convenzionale ma dalla natura degli argomenti stessi e nel

modo consueto. [Logica:] PHILOD. rhet. II p. 46 C. 33, 7.
', ' ,
Poich il saper discernere nei discorsi e ci che consegue e ci ', ,
che si gi ammesso e da quali premesse derivano
. Unterschied von Philosophie und Rhetorik: PHILOD.
necessariamente certe conseguenze, si pu conseguire in tal
Rhet. p. 36 C. 24, 9
modo in base alla conoscenza generale dell'universo, e non [II 249. 35App.]
davvero da credere che si consegua in altro modo. PHILOD. ,
rhet. II p. 47 C. 46, 8. Tali conoscenze infatti si acquistano e
mediante il calcolo fisico e razionale degli elementi invisibili e ,
mediante la riflessione analitica4* sugli oggetti presenti,5* ma , .
non si otterranno affatto per altra via [se si vuole che esse
Widerlegung: ',
siano] tali da avere carattere [veramente] metodico e non gi ;
carattere di esperienze personali di gente che, come essa
PHILOD. Rhet. II p. 38 c. 26, 1
medesima ammette, ignora la natura delle cose. [Differenza tra [II 250. 1]
la filosofia e la retorica] PHILOD. rhet. p. 36 C. 24, 9. ... e
,
ritenendo che soltanto per la forma dell'espressione il

ragionamento del filosofo e quello dell'oratore politico
'
debbono avere un po' di differenza, in quanto appunto non per . Katechese und Vortrag: PHILOD.
il procedimento del pensiero coloro che si son dedicati alla
Rhet. II p. 43 C. 43, 1
conoscenza del vero nello studio della natura differiscono dagli [II 250. 5App.]
oratori politici, ma soltanto per la forma dei discorsi...
,
[Confutazione:] Ma allora che valore avrebbero il sillogismo e ,
l'induzione, se significassero lo stesso dell'entimema e

dell'esempio? PHILOD. rhet. II p. 38 c. 26, 1. Egli mostra che ,
giovevole sempre quel ragionamento che dalle cose manifeste ' '
e presenti argomenta intorno a quelle future; e che gli uomini .
politici pi abili usano sempre un tal modo di argomentare
Disposition: PHILOD. Rhet. II p. 43 C. 31, 3

intorno alle passate costituzioni, o democratica o monarchica o [II 250. 10App.]


qualsiasi altra costituzione fosse. [Metodo dialogico e metodo '
espositivo nel discorso] PHILOD. rhet. II p. 43 C. 43, 1. Colui ,
che sa adoperare il discorso lungo e continuato sapr usare
, . Vgl. PHILOD.
ottimamente anche quello che trae il suo nome [= erotematico] Rhet. II p. 42 C. 30, 2.
dal porre quesiti [all'ascoltatore], e chi usa questo secondo
,
user anche il primo: infatti anche il conoscere, per il discorso '
continuato, fino a qual punto si deve render noto agli
[II 250. 15App.]
ascoltatori ci che cade sotto un medesimo ordine d'idee la .
stessa cosa che il saper discernere fino a qual punto nel porre
quesiti non si lascer indietro nulla e non si porter l'interrogato
troppo al di l di quel che precede per ottenere il suo consenso
su una questione non ben conosciuta. [Disposizione:] PHILOD.
rhet. II p. 43 C. 31, 3. Solo colui che ha una preparazione
scientifica potrebbe proporre quesiti suddividendo l'argomento
in parti tali da poter pretendere la risposta affermativa o
negativa degli ascoltatori, non gi intorno alle cose manifeste,
come esse siano, ma intorno a quelle invisibili e non
percepibili. Cfr. PHILOD. rhet. II p. 42 C. 30, 2. Colui che
rettamente studia la natura non potr ragionare in quella forma,
della quale invece si vale assai nello scegliere secondo
l'importanza i singoli argomenti del suo discorso sino a fare dei
riassunti per sommi capi a profitto di coloro che sono riusciti
ad acquistare chiara coscienza di queste cose.
75 B 3. CLEM. ALEX. strom. II 130 [II 184,14; subito dopo 75 B 3. CLEM. Strom. II 130 [II 184, 14 St.] nach
nominato Apollodoro, cfr. 68 B 4]. ... come Nausifane
Apollodoros [s. II 246, 3] . [als
l'imperturbabilit [] che, egli dice, ci che
bezeichnet]
Democrito chiamava 'intrepidezza' [].
'' [68 B 4. 215].
75 B 4. SENEC. ep. 88, 43. Dice Nausifane che, delle cose che 75 B 4. SENEC. Ep. 88, 43 N. ait ex his quae videntur esse
sembrano esistere, nessuna si pu considerare esistente
nihil magis esse [II 250. 20] quam non esse.
piuttosto che non esistente.

76. DIOTIMO

76 [63]. DIOTIMOS [II 250. 21 App.]

76 A 1. AT. II 17, 3 [Dox. 346]. Diotimo1* di Tiro,


76 A 1. AT. II 17, 3 (D. 346)
democriteo, segui la stessa opinione2* di costoro [dopo [nach Metrodor und Straton
Metrodoro e Strabone; per Metrodoro cfr. 70 A 9].
vgl. II 232, 10].
76 A 2. CLEM. ALEX. strom. II 130 [II 184, 16; dopo 68 B 4]. 76 A 2. CLEM. Strom. II 130 [II 184, 16 St.; s. Z. 16]
Ed oltre a questi [Democrito, Ecateo, Apollodoro, Nausifane]
[Demokrit, [II 250. 25 App.] Hekataios,
Diotimo pose come fine della vita il pieno soddisfacimento dei Apollodoros, Nausiphanes] .
desideri,3* che fu chiamato [da Democrito; cfr. 68 B 4; B 140] [nmlich
benessere [].
68 B 4. 140], .
76 A 3. SEXT. EMP. adv. math. VII 140. Diotimo riferisce 76 A 3. SEXT. VII 140 . ' [Demokrit, 68 A
che secondo lui [Democrito] tre sono i criteri di giudizio: 111] , (1)
(1) i dati fenomenici, per la comprensione delle cose
(' [II 250. 30]
invisibili (i fenomeni infatti sono indizio visibile delle
', [59 B 21 a],
cose invisibili, come dice Anassagora [59 B 21 a], che
), (2) ('
Democrito loda per questo detto), (2) il concetto, per la
, , '
ricerca scientifica (infatti su qualsiasi argomento, ragazzo [PLAT. Phaedr. 237 B]), (3)
mio, uno sempre il punto di partenza, di sapere intorno a , ,
che cosa verte la ricerca [PLAT. Phaedr. 237 B]), (3) le , .
passioni, per quel che si deve desiderare o fuggire: perch
ci verso cui ci sentiamo attratti da seguire, ci da cui ci
sentiamo respinti da fuggire.
76 A 4. SCRIPTOR EPICUREUS INCERTUS fr. 5 col. 26, 1. 10 76 A 4. SCRIPTOR EPICUREUS [II 250. 35] ed.
sgg. [= Pap. Herc. 176, in Epicuri et Epicureorum scripta in
Vogliano (Berlin 1928) fr. 5 col. XXVI, 11: Ein Diotimos
Herculanensibus papyris servata ed. A. Vogliano, Berlin 1928]. E von Pythokles bekmpft.
[Pitocle] in modo opportuno scrisse per redarguire la futile
loquacit di Diotimo... dicendo che egli...

77. BIONE DI ABDERA


77 A 1. DIOG. LAERT. IV 58. Vi sono stati dieci Bioni.... il quarto
[lo precede nell'enumerazione il boristenita], democriteo e
matematico, abderita, che scrisse in dialetto attico e in dialetto
ionico: questi per primo disse che vi sono certe regioni dove per sei
mesi notte e per sei mesi giorno.

77 [64]. BION VON ABDERA [II 251. 1App.]

77 A 1. DIOG. IV 58 ...
[vorhergeht der Borysthenite]
, ,
,
[II 251. 5 App.] .
1
77 A 2. STRAB. I 29. E che due * siano i venti [certuni] lo 77 A 2. STRAB. I 29
affermano sulla testimonianza sia di Trasialce sia del poeta [c. 35, 2]
stesso,2* giacch questi attribuisce al Noto il vento
'
rischiaratore [= , il vento di est], l'orientale Noto ' [ 306; 334], '
[Il. XI 306; XXI 334], e lo Zefiro al vento di Borea, Borea , ' [ 5].
e Zefiro, che spirano dalla Tracia [Il. IX 5]. Posidonio per [F.Gr.Hist. 87 F 74 II 268] [II 251. 10]
dice [F.Gr.Hist. 87 F 74 II 268] che nessuno ha esposto in
questo modo i venti, tra gli scrittori famosi che si
, [der Admiral des Philadelphos],
occuparono di questa materia, come Aristotele, Timostene,3* ,
Bione l'astronomo. Anzi [chiamano] Cecia [= ]4* il ,
vento che spira dalla parte del cielo dove spunta il sole in

estate, e [chiamano] piovoso [= ]5* quello [che spira]
, '
dalla parte diametralmente opposta, cio dove tramonta il
[II 251. 15] . Vgl. c. 35, 1.
sole d'inverno; inoltre, [chiamano] Euro quello che viene
dalla parte dove spunta il sole in inverno, e rischiaratore [=
] quello opposto; e quelli intermedi Apeliota [=
, vento di est] e Zefiro.6*
78. BOLO

78 [65]. BOLOS
SUIDAS ber ihn s. 68 B 300, 1 (II 211, 1); daselbst zitiert

SULLE COSE CHE RICHIAMANO LA NOSTRA


ATTENZIONE
NELLA LETTURA DELLE STORIE
(SULLE COSE MERAVIGLIOSE)

APOLLON. mirab. [Il cap. I introduce, con l'attribuzione


'di Bolo',1*una serie di estratti da Teopompo e da
Aristotele su Epimenide, Aristea ed altri taumaturghi. Ivi
stesso, 31, una citazione da THEOPHR. hist. plant. IX 17,
4, riportata anche in STEPH. BYZ. s. v. ] 31. ...
vi anche una specie di questa pianta, su cui Bolo il
democriteo riferisce che Teofrasto scrive nel nono libro
del trattato Sulle piante:
Il bestiame del Ponto, che si pasce di assenzio, non ha
bile.

C. ANTICA SOFISTICA



[II 251. 20App.] ber seinen Namen, Zeit, Schriften s. zu
II 125, 2ff. 210, 14. 212, 2. Dazu APOLLON. Mirab. 31
Zitat aus Theophr. H. pl. IX 17, 4, zitiert auch bei STEPH.
BYZ. ] . . .
,
'
'.
[II 251. 25] Literatur: M. Wellmann Die Georgika des
Demokritos Abh. d. Berl. Ak. 1921, 4; ders. Die
des Bolos Demokritos und der Magier Anaxilaos aus
Larissa, ebd. 1928, 7; ders. Der Physiologos. Philol.
Suppl. XXII (1931); Kroll Herm. 69 (1934) 228.
Ein als Erfinder des
erscheint bei [II 251. 30] Atios XV 27 (p. 124, 5 ed.
Zerbos = Bd. XXI, 1909).

C. LTERE SOPHISTIK [II 252. 1 App.]


79 [73b]. NAME UND BEGRIFF

79. NOME E CONCETTO 1*


79 A 1. ARISTID. or. 46 [II 407 Dindorf]. A me pare che costoro
non conoscano non solo l'origine, ma neppure il significato e il

79 A 1. ARISTID. 46 (II 407 Dind.) '


'

valore della parola filosofia presso i Greci, n, in via assoluta, che ' [II 252. 5App.] ' .
abbiano alcun'altra nozione relativa a questo argomento. Erodoto
[I 29],
non ha chiamato sofista Solone [I 29] e poi ancora Pitagora [VI 95]? [VI 95; s. oben I 97, 10] ,
non d Androzione [scolaro d'Isocrate; F.Gr.Hist. 321 F 69]2* ai
[F.Gr.Hist. 321 F 69]
sette l'appellativo di sofisti, intendo dire i sette sapienti, e non
, ,
chiama poi sofista anche Socrate, il celebre Socrate? a sua volta
; '
Isocrate non chiama sofisti gli eristici e, come direbbero loro, i
,
dialettici [13, 1],3* mentre poi dice filosofo se stesso e filosofi gli
, [13, 1], '
oratori e quanti fan professione di politica? Non altrimenti usano
[II 252. 10]
questi termini alcuni suoi contemporanei. Lisia4* [fr. 281 O. A. II
;
219 a 9] non chiama sofista tanto Platone che Eschine? Si potrebbe . [fr.
obbiettare che per quest'ultimo in risposta a un'accusa. Ma nessuna 281 O. A. II 219 a 9]
intenzione d'accusa c' negli altri verso quelli che tuttavia danno loro ; , . '
il medesimo appellativo. Di pi, se anche fosse lecito chiamar

Platone sofista in senso di accusa, ai sofisti che nome si dovrebbe
. '
dare? Ma io credo piuttosto che la parola sofista fosse
,
semplicemente un epiteto generico, e che per filosofia s'intendesse ' [II 252. 15] ; '
una specie di buon gusto e passione per l'arte del ragionare, e non un
indirizzo specifico come oggi,5* ma solo cultura in generale...
' ,
certo, Platone sempre, pi o meno, d addosso al sofista; e se c' uno , ,
che soprattutto si dimostra avverso a tal nome, mi par proprio lui... . . .
tuttavia, si sa come a questa parola egli abbia anche dato un valore ,
di massimo elogio; infatti, quell'essere che egli concepisce come dio .
sapientissimo e sede dell'assoluta verit, lo ha chiamato in un luogo ' .
perfetto sofista [Cratyl. 403 E].
[II 252. 20 App.]
.
' ,
[Cratyl. 403
E].
79 A 1 a. G PLUTARCH. Them. 2.6* Piuttosto si potr tener 79 A 1 a. G PLUTARCH. Them. 2.
conto di coloro che dicono essere stato Temistocle seguace
di Mnesifilo di Frearri, che non era oratore, n uno di quei ,
filosofi chiamati 'fisici', ma faceva professione di quella che , ,
si chiamava allora sapienza ed era poi abilit politica e
,
intelligenza volta alla pratica, che egli conservava come una
tradizione risalente, per successione, a Solone. Quelli che in
seguito la mescolarono con le arti forensi e ne trasferirono
l'esercizio dall'attivit pratica ai discorsi, furono chiamati
, .
sofisti.
79 A 2. PLAT. soph. 231 D-E. Dapprincipio, si trov essere 79 A 2. PLAT. Soph. 231 D [nml.
il sofista un cacciatore stipendiato di giovani ricchi... in
] . . .
secondo luogo, una specie di trafficante delle scienze che
[II 252. 25 App.]
interessano l'anima... e in terzo luogo non ci apparve come . . .
un rivendugliolo di queste stesse cose?... e in quarto, uno
; . . .
smerciatore dei propri prodotti scientifici... e in quinto,... era . . . . . .
una specie di atleta dell'agonistica applicata ai discorsi, il
, . . .
quale si fosse riservato per s l'arte disputatoria... il sesto poi , '
era un punto controverso; tuttavia abbiamo convenuto di

ammettere che egli sia una specie di purificatore spirituale di . Vgl. Prot. 317 B [unten II 256, 13].
quelle opinioni che ostacolano all'anima il sapere [Protag.
317 B].7 *
79 A 2 a. XENOPH. mem. I 1, 11. N intorno alla natura
79 A 2 a. XENOPH. Mem. I 1, 11 [II 253. 1App.]
dell'universo o agli altri argomenti di cui s'occupa la maggior parte ,
discuteva Socrate, ricercando com' formato quel che i sofisti
, [Sokrates]
chiamano cosmo, n per quali cause necessarie si generano i singoli
fenomeni celesti.8* XENOPH. mem. 6, 13. [Socrate ad Antifonte]
. XENOPH.
Perch se uno vende la sua bellezza per denaro a chiunque la
Mem. 6, 13
desidera, lo chiamano prostituto; ... e analogamente, quelli che
, . . .
vendono per denaro la sapienza a chiunque, vengon chiamati sofisti,
che quanto dire prostituti. XENOPH. cyn. 13, 8. I sofisti parlano [II 253. 5 App.]

[ ] . XENOPH. Cyn. 13, 8.


'
,

' ,
, .

, [II 253. 10]
.
79 A 3. ARISTOT. soph. el. I. 165 a 21. La sofistica una 79 A 3. ARISTOT. Soph. el. I. 165 a 21
'sofia' apparente, non reale; e il sofista uno smerciatore di ' ,
'sofia' apparente, non reale.
' .
per trarre in inganno, e scrivono per il loro proprio guadagno, e non
giovano in nulla a nessuno; n v' alcuno di loro n vi fu mai che sia
'sofo', ma ognuno si contenta d'esser chiamato sofista, il che, presso
la gente assennata, suona come un'ingiuria. Raccomanda di
guardarsi dagl'insegnamenti dei sofisti, e invece, di tener in gran
conto i ragionamenti dei filosofi.

80. PROTAGORA

80 [74]. PROTAGORAS

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

80 A 1. DIOG. LAERT. IX 50-56. Protagora, figlio di


80 A 1. DIOG. IX 50 ff. [II 253. 15 App.]
Artemone, o di Meandrio, come dicono Apollodoro [F.Gr.Hist. , [F.Gr.Hist. 244 F 70 II
244 F 70 II 1040] e Dinone nel quinto libro delle sue Storie
1040] [fr. 6 F.H.G. II 90. Vgl. A 2],
persiane [fr. 6 F.H.G. II 90. Cfr. A 2], nacque ad Abdera, a
,
quanto afferma Eraclide Pontico nella sua opera Delle leggi [fr. [fr. 21 Voss],
21 Voss],1* aggiungendo che scrisse leggi per Turii; ma
' [fr.
secondo Eupoli, negli Adulatori [fr. 146 I 297 Kock. Cfr. A
146 I 297 K.], '
11], fu di Teo; dice infatti:
'. [II 253. 20]

[316 A]
C' Protagora dentro, quel di Teo.
. ' .
Tanto lui che Prodico di Ceo guadagnavano leggendo discorsi ( ,
da loro composti; e Platone nel suo Protagora [316 A] dice che [fr. 36 F.H.G. III 583, nml. Demokrit, vgl. oben II
85, 1. 87, 26]). (51)
Prodico aveva voce profonda. Protagora fu scolaro di
Democrito. (Era soprannominato Sapienza, come dice Favorino [II 253. 25
App.] [B 6a] , .
nelle sue Storie varie [fr. 36 F.H.G. III 583]).2* (51) Fu il
' . . .
primo a dire che su ogni oggetto ci sono due ragionamenti
' [B 1].
3
4
contrapposti * che applic anche, per il primo, al dialogo *
, [152 ff.],
Inoltre cominci un libro con queste parole:
.
' ' . .
Di tutte le cose misura l'uomo: di quelle che sono, per ci che . ' [B 4]. (52) [II
sono, di quelle che non sono, per ci che non sono [cfr. B 1]. 253. 30 App.] ,

Diceva inoltre che l'anima non nient'altro che le sensazioni, ' .
come attesta anche Platone nel Teeteto [152 sgg.],5*e che tutto [II 254. 1 App.]
vero. Un altro suo scritto cominciava cos [cfr. B 4]:


Riguardo agli di, non ho la possibilit di accertare n che sono

n che non sono: opponendosi a ci molte cose: l'oscurit

dell'argomento e la brevit della vita umana.
[II 254. 5 App.] ' '
(52) E proprio per questa frase iniziale fu cacciato via dagli
Ateniesi, e i suoi libri, sequestrati da un banditore a chiunque li ' [fr. 47 D.]. (53)
.
possedesse, furon bruciati nell'agora.
Fu il primo ad esigere un compenso di cento mine. Anche fu il ,
primo a distinguere i tempi del verbo, a spiegare la potenza del , ,
[286 C].
momento giusto,6* a istituir gare dialettiche, a fornir sofismi
agli amanti di contese; e astraendo dal pensiero sottilizz sulla ,
parola, creando cos quel genere di discorsi eristici ora tanto in . [II 254. 10 App.]
voga; al che allude Timone, quando dice di lui [fr. 47 Diels]: , '
, ,
[fr. 63 R.] ,
[s. 68 A 9],

.
, , , , [II
254. 15 App.] (54) ( , , ,
(53) Anche da lui prese le mosse la forma di discorso
7
cosiddetta socratica. * E quel ragionamento con cui Antistene , , , , ,
cercava di dimostrare che la contraddizione non possibile, ), . [fr. 8
O. A. II 155 b 36] , , ,
stato lui il primo a sostenerlo, secondo afferma Platone
, .
nell'Eutidemo [286 C]. Per il primo insegn il metodo di
, [II 253, 28]
confutare dei temi dati, come afferma il dialettico
8
Artemidoro * nel libro Contro Crisippo. Fu lui a inventare il ' ,
, ,
cosiddetto cercine, su cui si portano i carichi, come dice
Aristotele nel suo libro Dell'educazione [fr. 63 Rose]; perch [II 254. 20 App.]
faceva il facchino, come attesta in un luogo anche Epicuro [fr. . ' ,
172 p. 153, 2];9* e fu cos che Democrito, al vederlo legar con ' [fr. 67;
arte le legna, lo prese in stima. Distinse per primo nel discorso s. B 6]. (55) **
quattro modi: preghiera, interrogazione, risposta, ingiunzione; ,
(54) (secondo altri, sette: narrazione, interrogazione, risposta, [II 255. 1 App.] , ,
ingiunzione, relazione, preghiera, citazione) che egli chiam , , ,
cardini del discorso. Secondo Alcidamante [fr. 8 O. A. II 155 b , ,
, ,
36]10* invece si trattava di quattro specie di discorso:
affermazione, negazione, interrogazione, invocazione. Dei suoi , .
.
discorsi lesse per primo quello Degli di, di cui s' riportato
[II 255. 5 App.] .
sopra il principio; lesse ad Atene in casa di Euripide, o,
secondo alcuni, in casa di Megaclide; altri dicono nel Liceo; e [F.Gr.Hist. 328 F 217]
gli fece da lettore il suo scolaro Arcagora, figlio di Teodoto. Lo
[aufgefhrt 410-8, p. 490
accus Pitodoro di Polizelo, uno dei quattrocento; ma
N2]. ,
Aristotele dice che fu Evatio [fr. 67 Rose. Cfr. B 6].
. (56) [F.Gr.Hist. 244 F 71
(55) I libri che di lui si conservano sono: *** Arte eristica,
Della lotta, Delle scienze esatte, Dello Stato, Dell'ambizione, II 1040] , [II 255. 10]

Delle virt, Della costituzione originaria [dell'uomo ?],
[444-1]. Folgt Epigramm des Diog.
Degl'inferi, Delle azioni disoneste, Regolamento, Azione
giudiziaria per l'onorario, Antilogie, libri I e II. Questi sono i
'' '
libri a lui attribuiti.11*
'' , ,
Anche Platone ha scritto un dialogo su di lui. Racconta
Filocoro [F.Gr.Hist. 328 F 217] che, navigando egli verso la , '. [vgl. B 6 Spengel . . p. 26 ff.].
Sicilia, la nave affond; e che a questo allude Euripide nel suo [II 255. 15 App.]
Issione [p. 490 N2].12* Alcuni lo fan morire nel viaggio, a circa , [p. 31 Scheidweiler]
.
novant'anni. (56) Apollodoro [F.Gr.Hist. 244 F 71 II 1040]
dice a settanta; e che fece il sofista per quaranta, e fior nella
84.a olimpiade [444-1].13*
Si racconta che una volta chiese l'onorario al suo scolaro
Evatlo; e obbiettandogli questo: Ma io non ho ancora vinto
nessuna causa, gli ribatt: Ma se vincer io, dovr averlo
perch ho vinto; se tu, perch hai vinto tu. [cfr. B 6].
C' stato anche un altro Protagora, astronomo, per il quale
anche scrisse un epicedio Euforione; e un terzo, filosofo stoico.
G 80 A 1 a. PLUTARCH. Lampriae Catalogus [Bernardakis
VII 476] n. 141. Di Protagora: Intorno ai principi
[elementi].14*
80 A 2. PHILOSTR. v. soph. I 10, 1-4. Protagora di Abdera fu 80 A 2. PHILOSTR. V. soph. I 10, 1 ff. [vgl. oben II 85, 33] .
sofista e scolaro di Democrito in patria; ma fu in relazione
[]
anche coi Magi persiani, al tempo della spedizione di Serse
,
contro la Grecia. Infatti era padre suo Meandrio che superava . [II
in ricchezza molti signori della Tracia e che, avendo accolto
255. 20]
nella sua casa perfino Serse e offertogli doni, ottenne da lui per ,
il figlio l'insegnamento dei Magi. Poich i Magi persiani non
istruiscono i non persiani senza il permesso del re. (2) E quanto ' .
al dubbio che egli esprime se gli di esistano o non esistano,
, . (2)
pare a me che Protagora derivi tale empiet dalla dottrina
, , .
persiana; infatti i Magi invocano la divinit nei loro riti segreti,
ma poi aboliscono la pubblica credenza nel divino, perch non [II 255. 25 App.] ,
Protagora attaccabrighe, maestro nel disputare.

sembri che da questo derivi la loro autorit. (3) Per questo


'
motivo appunto fu dagli Ateniesi cacciato in bando da tutta la . (3)
terra, secondo alcuni in seguito a processo, secondo altri con un , , ,
voto di condanna senza processo. Mentre vagava tra il
.
continente e le isole per sfuggire alle triremi ateniesi

disseminate per tutti i mari, affond col piccolo battello su cui .
navigava. (4) Fu il primo a farsi pagare le lezioni, e a introdur (4) [II 255. 30] ,
quest'usanza tra i Greci; cosa del resto non biasimevole, perch ,
noi prendiamo pi sul serio gl'insegnamenti che ci costano di , .
quelli gratuiti. Platone, sapendo che Protagora si esprimeva in
tono solenne, compiacendosene e talvolta anche dilungandosi ,
oltre misura, ne riprodusse lo stile in un lungo mito [Protag.
,
320 C sgg. Cfr. C 1].
[C 1].
80 A 3. HESYCH. Onomat. ap. SCHOL. PLAT. resp. 600 C. 80 A 3. HESYCH. Onomat. bei SCHOL. PLAT. de rep. 600 C
Protagora figlio di Artemone, da Abdera. Egli era facchino, ma [II 255. 35] . .
imbattutosi in Democrito, si diede alla filosofia, dedicandosi ,
alla retorica. Fu il primo a inventare i ragionamenti eristici e a .
farsi pagar dagli scolari cento mine. Perci anche fu
[II 256. 1 App.] .
soprannominato Ragionamento. Furono suoi scolari Isocrate
.
l'oratore e Prodico di Ceo. I suoi libri furon bruciati dagli
. '
Ateniesi; infatti diceva:
. '
' [B 4].
Riguardo agli di, non ho la possibilit di accertare n che sono .
[II 256. 5 App.]
n che non sono [B 4].
, . SUID.
[aus A 1 u. 3 kontaminiert].
Su di lui Platone ha scritto un dialogo. Mor in un naufragio
navigando verso la Sicilia, a novant'anni, dopo aver fatto il
sofista per quaranta. SUID. s. v. [contaminazione da A 1 e A
3].
80 A 4. EUSEB. chron. ap. HIERON. Euripide... ritenuto
80 A 4. EUSEB. Chron. HIER. Euripides ... clarus habetur et
famoso e anche Protagora sofista, i cui libri furon arsi dagli
P. sophista cuius libros decreto publico Athenienses
Ateniesi per pubblico decreto [ ol. 84, 1 = 444].15* APUL. flor. combusserunt Ol. 84 [444-41]. APUL. Flor. 18 P. qui sophista
18. Di quel Protagora, che fu sofista di straordinaria cultura e fuit longe multiscius et cum primis rhetoricae repertoribus [II
oratore insigne tra i primi inventori dell'arte retorica, coetaneo 256. 10] perfacundus, Democriti physici civis aequaevus (inde
del 'fisico' Democrito suo concittadino (da cui egli attinse il suo ei suppeditata doctrina est), eum Protagoran aiunt cum suo
sapere), si dice che avesse pattuito col suo discepolo Evatlo un sibi discipulo Euathlo mercedem nimis uberem condicione
compenso esagerato, ma ad una condizione arrischiata etc. [cfr. temeraria pepigisse etc. Vgl. B 6.
B 6].
80 A 5. PLAT. Protag. 317 B [la scena nel 431 circa; parla
80 A 5. PLAT. Protag. 317 B [Szene um 431] Protagoras:
Protagora]. Io dunque ho preso la via del tutto opposta [a
[der verkappten Sophisten wie Orpheus]
quella di sofisti camuffati da poeti, iniziati, ginnasti, musici
, [II 256. 15 App.]
ecc.] e convengo d'esser sofista, e di educare gli uomini...
. . .
PLAT. Protag. 317 C. E s che da molt'anni sto nell'arte;
PLAT. Protag. 317 C
perch ne ho parecchi addosso! n v' alcuno tra voi, al quale
non potrei, quanto a et, essere padre... 16*. PLAT. Protag. 318 , ' . . .
A. Ragazzo mio, se tu frequenterai la mia scuola, gi il primo PLAT. Protag. 318 A , ,
giorno che verrai potrai tornartene a casa migliore; e il giorno , ,
dopo lo stesso; e cos ogni giorno potrai progredire verso il

meglio... PLAT. Protag. 318 E. Gli altri rovinano i giovani;
[II 256. 20] . . . PLAT.
sfuggiti questi alle scienze speciali, li riconducono loro
Protag. 318 D
malgrado e li ricacciano nelle scienze speciali, insegnando loro
e calcolo e astronomia e geometria e musica (e qui dette
,
un'occhiata a Ippia); mentre chi vien da me, non altro studier (
se non quello per cui viene. Materia di questo studio un retto ), '
discernimento tanto nelle cose domestiche quale sia il miglior .
modo di amministrare la propria casa quanto nelle politiche - in , [II 256. 25]
che modo si divenga abilissimi al governo, sia con l'opera, sia , ,
con la parola... PLAT. Protag. 319 A [Socrate e Protagora]. - . . .
Se ho ben capito, mi sembra che tu alluda alla scienza politica, PLAT. Protag. 319 A Sokr.
e che tu t'impegni a rendere gli uomini bravi cittadini. - Questa

appunto, o Socrate, la professione che professo... PLAT.


. - , , ,
Protag. 348 E [Socrate]. - E sei tanto sicuro di te stesso, che . PLAT. Protag. 348 E '
mentre gli altri esercitano questo insegnamento di nascosto, tu
ti sei fatto banditore di te stesso apertamente davanti a tutti i
[II 256. 30 App.]
Greci chiamandoti sofista, e ti sei esibito maestro di cultura e di ,
virt, pretendendo, tu per primo, di farti pagare per questo.
.
80 A 6. PLAT. Protag. 328 B. [Protagora:] - E perci, anche 80 A 6. PLAT. Protag. 328 B (Protag. spricht)
la faccenda dell'onorario l'ho regolata in questo modo: dopo

che uno ha sentito le mie lezioni, se vuole paga la somma che ' , ,
io chiedo; se no, va in un tempio, giura, e quanto afferma che ,
valga il mio insegnamento, tanto vi depone [ARISTOT. eth.
, [II 256. 35 App.]
Nic. K 1.].
, .
80 A 7. PLAT. Protag. 329 B. [Socrate:] - Invece, ecco qui,
80 A 7. PLAT. Protag. 329 B .
Protagora bravo non solo a tener lunghi discorsi,17* e belli - e , ,
il fatto lo dimostra -, ma anche a risponder in breve se
[II
interrogato, e se interroga, ad attendere e stare a sentir la
257. 1 App.] ,
risposta; pregio che solo di pochi [cfr. 334 D sgg.].
. Vgl. 334 Dff.
80 A 8. PLAT. Men. 91 d. [Socrate ad Anito:] - Io so d'un
80 A 8. PLAT. Meno 91 D
uomo, Protagora, che ha guadagnato lui solo pi danari con

questa scienza [la sofistica], che non Fidia, le cui belle opere , [II 257. 5 App.]
son cos celebri, e dieci altri scultori insieme... PLAT. Men. 91 , . . . PLAT.
E. Ma intanto, di Protagora, nessuno in tutta quanta la Grecia Meno 91 E
s' accorto che guastava i discepoli e li rimandava peggiori di
come li aveva ricevuti: e questo, per pi di quarant'anni! Perch
credo sia morto quasi a settanta, e abbia esercitato l'arte per
.
quaranta. E in tutto questo tempo fino ad oggi la sua celebrit ,
non mai venuta meno.
.
.
80 A 9. PLAT. Hipp. mai. 282 D-E. [Parla Ippia] ... recatomi 80 A 9. PLAT. Hipp. mai. 282 DE (Hippias spricht, s. 86 A 7)
una volta in Sicilia mentre vi si trovava Protagora, tenuto in
[II 257. 10 App.]
grande onore e gi avanti negli anni, mentre io ero allora molto
giovine, etc.
.
80 A 10. PLUTARCH. Pericl. 36 [da Stesimbroto; F.Gr.Hist. 80 A 10. PLUT. Pericl. 36 [aus Stesimbrotos, F.Gr.Hist. 107 F
107 F 11 II 519]. Capit nel pentatlo che un tale colp
11 II 519]
involontariamente con un giavellotto Epitimo di Farsalo, e lo [II 257. 15 App.]
uccise; allora Pericle stette un giorno intero a discuter con
, [Perikles]
Protagora chi, secondo il ragionamento pi giusto, si dovesse ,
ritener colpevole della disgrazia: se il giavellotto, o piuttosto il
lanciatore, o gli agonoteti.
. Vgl. Antiphon Tetr.
.
80 A 11. ATHEN. V 218 B. Anche il dialogo riferito nel
80 A 11. ATHEN. V 218 B
Protagora, avvenuto dopo la morte d'Ipponico, quando gi
''
Callia aveva ereditato il patrimonio, fa menzione di Protagora, ,
come arrivato per la seconda volta non molti giorni prima
[II 257. 20]
[Protag. 309 D]. Quanto a Ipponico, essendo stratego sotto
[Protag. 309 D]. '
l'arcontato di Eutidemo [431], tenne il comando insieme con [431 ?]
Nicia nell'attacco contro quei di Tanagra e quei Beoti che erano
accorsi in aiuto, e vinse la battaglia. morto prima, ma non
,
molto a quanto pare, della rappresentazione degli Adulatori di ' [421]
Eupoli, avvenuta sotto l'arconte Alceo... .18* In questa
[bei Delium] . . .
commedia dunque Eupoli rappresenta Protagora [cfr. A 1, 50] [II 257. 25 App.]
come dimorante ad Atene, mentre Amipsia, nella commedia
[s. II 253, 18],
Conno [fr. 11 I 673 Kock]19* rappresentata due anni prima, non ' [I 673 K.]
conta Protagora nella schiera dei pensatori; chiaro perci che [423]
il suo arrivo da porsi tra queste due date. ATHEN. XI 505 F.
Ma certo Paralo e Santippo, figli di Pericle morto di peste, non . ATHEN. XI 505 F
possono aver ragionato con Protagora nella sua seconda venuta
ad Atene, perch erano morti gi prima. EUSTATH. in Od. V , [II
490 p. 1546, 53. Si crede che Eupoli metta in caricatura
257. 30 App.] ,
Protagora come studioso della natura, quando dice:
. Vgl. EUSTATH. Od. 1576, 53

Empio spacciaimposture su cose celesti mangiator di terrene.


EUPOLIS fr. 147 [I 297 Kock] Protagora lo esortava a bere
[Callia], perch portasse dinanzi al Cane20* i polmoni
risciacquati.
80 A 12. SEXT. EMP. adv. math. IX 55-56. S'accorda con
costoro [cio gli atei Evemero, Diagora, Prodico, Crizia]
anche Teodoro l'ateo,21* e secondo alcuni, anche Protagora di
Abdera... per aver scritto testualmente cos: Riguardo agli di,
non posso affermare n se sono, n di che natura sono; perch
molte sono le cose che me l'impediscono [B 4]. A cagione di
ci gli Ateniesi lo condannarono a morte; riuscito a fuggire,
fece naufragio e mor per mare. Allude a questa storia anche
Timone Fliasio nel secondo libro dei Silli [fr. 5 Diels]:
al primo di tutti i sofisti, di prima e di poi,22*
di bella voce, d'acuto versatile ingegno, a Protagora.
Ma in cenere vollero ridurre i suoi scritti, perch
scrisse di non sapere, di non poter comprendete
gli di, chi sono, come e quali sono,
massima cura avendo d'un imparziale giudizio.
Non gli valse, e la fuga cerc, per non bere anche lui
la fredda bevanda di Socrate e scendere all'Ade.


'
, ' [fr. 146 b Kock, s. II
253, 18]. Vgl. EUPOLIS fr. 147 ' [Kallias]
', '
[II 257. 35 App.] '.

80 A 13. PLAT. Cratyl. 385 E sg. [Parla Socrate:] ... come


diceva Protagora, affermando esser l'uomo misura di tutte le
cose [B 1]; sicch dunque, quali sembrano a me esser le cose,
tali sono per me; e quali a te, tali per te.

80 A 12. SEXT. adv. math. IX 55. 56 [nach 88 B 25]


[Euhemeros, Diagoras,
Prodikos, Kritias] .
. . . '
'
[II 258. 1 App.] ' [B 4]. '

.

[fr. 5 Diels]
[II 258. 5 App.]
' ' '
. ,
' '
,
[II 258. 10 App.] .

', ,
.
80 A 13. PLAT. Cratyl. 385 E f. .
[B 1],
[II 258. 15 App.]
, ' , .

80 A 14. SEXT. EMP. Pyrrh. hypot. I 216-19. Ma anche


Protagora sostiene che misura di tutte le cose l'uomo: di
quelle che sono, per ci che sono, di quelle che non sono per
ci che non sono [B 1]; intendendo per misura la norma di
giudizio, e per cose, i fatti in genere; sicch il senso questo,
che l'uomo la norma che giudica di tutti i fatti: di quelli che
sono, per ci che sono, di quelli che non sono, per ci che non
sono. E perci egli ammette solo ci che appare ai singoli
individui, e in tal modo introduce il principio di relativit...
(217) Dice dunque questo filosofo che la materia fluida, ma
via via che fluisce, di continuo delle aggiunte compensano le
perdite, e le sensazioni si trasformano e cambiano a seconda
dell'et e delle altre condizioni del corpo. (218) Dice poi anche
che le ragioni [] di tutti i fenomeni risiedono nella
materia, per modo che la materia considerata in se stessa ha la
propriet di essere tutto ci che appare ai singoli individui. Gli
uomini poi percepiscono or l'una or l'altra apparenza, secondo
le diverse disposizioni in cui si trovano; cos un uomo in
condizioni normali percepisce, tra le varie forme insite nella
materia, quelle predisposte ad apparire agl'individui normali; e
cos l'individuo anormale, quelle per gli anormali. (219) Lo
stesso si dica riguardo all'et, e secondo che si dorme o si
svegli, e insomma, secondo ogni specie di disposizioni.
Secondo lui dunque, chi giudica delle cose l'uomo. Infatti,
tutto ci che appare agli uomini, anche ; e ci che non appare
a nessun uomo, neppure . Vediamo pertanto che egli ammette
come postulati la fluidit della materia e il risiedere in essa
delle ragioni di tutti i fenomeni; che sono argomenti oscuri, sui
quali non ci si pu pronunziare.
80 A 15. SEXT. EMP. adv. math. VII 389. Non ogni parvenza

80 A 14. SEXT. Pyrrh. h. I 216 ff. .



, [B 1],
,
,
, [II 258. 20 App.]
, .
,
. . . (217)
,


. [II 258. 25
App.] (218)
,
' .



,
. (219) [II 258. 30]
'
. '
.
,
.

[II 258. 35 App.]
, .
80 A 15. SEXT. adv. math. VII 389

si pu dir che sia vera, in forza della proposizione contraria,


,
come appunto obbiettavano a Protagora Democrito23* e Platone [Theaet. 171 A]
[Theaet. 171 A]; perch se si ammette il principio che ogni

parvenza vera, anche il principio contrario, che non ogni
, [II 259. 1 App.]
parvenza vera, sar vero, in quanto si fonda sopra una
, ,
parvenza; e cos diverr falso che ogni parvenza sia vera.
,
. Demokritr gegen Protagoras 68 A 113. B
11 l. 69. 156 m. Anm.
80 A 16. HERM. irris. 9 [Dox. 653]. Ma dall'altra parte24* sta 80 A 16. HERM. Irris. 9 (D. 653) ' .
Protagora, che mi attira col dirmi: limite e giudice delle cose [II 259. 5 App.]
l'uomo; e quelle che cadono sotto i suoi sensi, esistono

effettivamente; quelle che non cadono, neppure esistono tra le ,
forme dell'essere. G EUSEB. praep. evang. XIV 19, 8. Son da . Vgl. II 234, 4. G EUSEB.
mettersi con gli Aristippei anche quelli che seguono l'indirizzo praep. evang. XIV 19, 8.
opposto, che a tutto si debba prestar fede, limitando essi il tutto
alle sensazioni corporee; tra i quali c' Metrodoro di Chio e
,
Protagora di Abdera. /
. /
80 A 17. ARISTOT. metaph. 3. 1046 b 29. Ci sono alcuni, 80 A 17. ARISTOT. metaph. 3. 1046 b 29
per esempio i Megarici, i quali dicono che solo nell'atto che si , , ,
agisce, c' il potere; quando non si agisce, non c' potere. Per , ,
esempio, chi non costruisce, non ha il potere di costruire; ma s [II 259. 10 App.] ,
l'ha chi costruisce, nell'atto che costruisce; e cos per altri
,
esempi. Ora, non difficile vedere l'assurdit delle
. .
conseguenze. chiaro che in tal modo, quando uno non stia
, ' ,
costruendo, non sar neppur pi un costruttore;25* mentre

l'esser costruttore consiste proprio nell'essere capace di
.
costruire; lo stesso si dica per le altre arti. E allora, dato che [II 259. 15 App.]
impossibile tanto il posseder tali arti senza averle mai imparate , (1047a) (
o apprese, quanto il non possederle pi senza averle una volta
perdute (il che pu dirsi o per oblio, o per un qualche
), ,
accidente, o per il tempo; non tuttavia per il venir meno
, ' ;
dell'oggetto stesso dell'arte, poich esso c' sempre), se chi

smette di costruire, non possiede pi l'arte, come avr fatto a
riacquistarla, appena si rimette a costruire? Lo stesso si dica
.
delle cose inanimate; poich n il freddo n il caldo n il dolce '[II 259. 20] ,
n, insomma, alcunch di sensibile esister, per chi non lo
' .
senta: onde accadr loro di affermare il principio di Protagora.
Anzi, neppure si avr pi sensazione, se non nell'atto che si
sente.
80 A 17 a. G ARISTOT. metaph. K 1. 1053 a 31 sgg.26* Anche 80 A 17 a. G ARISTOT. metaph. K 1. 1053 a 31 sgg.
la scienza diciamo che misura delle cose, come pure la

sensazione, per lo stesso motivo, perch noi conosciamo per
, ,
mezzo di esse; ch altrimenti, anzich misurare, son esse che .
vengono misurate. Ci accade come quando uno ci misura, che
conosciamo la nostra altezza da quante volte ci viene applicata .
la misura del cubito. Protagora poi dice che misura di tutto
' ,
l'uomo; intendendo l'uomo nel senso di essere sapiente o
'
senziente. I quali dunque sono misura, in quanto posseggono ,
l'uno la sensazione, e l'altro la scienza, le quali noi diciamo
.
esser misure degli oggetti. Perci Protagora non dice nulla di .
straordinario, mentre sembra che faccia una scoperta.
80 A 17 b. G ARISTOT. metaph. K 6. 1062 b 12. Accanto alle 80 A 17 b. G ARISTOT. metaph. K 6. 1062 b 12.
opinioni suddette c' anche quella enunciata da Protagora, il

quale disse che l'uomo misura di tutte le cose; il che

nient'altro significa se non che quello che pare ai singoli
,
individui, anche con certezza assoluta. Se ci vero, ne

deriva che la stessa cosa e non , ed cattiva e buona, e cos ,
via tutto quanto si esprime in termini opposti, per il fatto che , ,
spesso a questi una cosa par bella, a quelli il contrario, ed

misura ci che appare a ciascuno. Questa difficolt si potr
, '
risolvere ove si osservi donde ha origine una simile ipotesi. Ad . '

alcuni sembrata derivare dall'osservazione dei naturalisti, ad


altri dal fa tto che non tutti quanti ricevono le medesime
, '
sensazioni circa i medesimi oggetti, ma a questi una cosa par
dolce, a quelli il contrario. Ora, presupposto si pu dire
.
universale, riguardo alla natura, che nulla nasce dal non essere, , ' ,
e tutto dall'essere. Se pertanto si nega che il bianco nasca solo
dal perfettamente bianco, e in nessun modo dal non bianco, si [
avr che, dato per esempio come esistente il non bianco, se
], '
nasce il bianco, verr a nascere dal non bianco; vale a dire che [] '
nascerebbe dal non essere, secondo costoro, se non si ammette ' , .
che la stessa cosa sia insieme bianca e non bianca.
80 A 18. TERTULL. de an. 15. [Che l'anima sia collocata nel 80 A 18. TERTULL. de anim. 15 (Sitz der Seele in der Brust
petto] anche Protagora, anche Apollodoro, anche Crisippo sono nach Zitat von 31 B 105, 3) etiam P., etiam Apollodorus, etiam
di questo avviso.
Chrysippus haec sapiunt.
80 A 19. PLAT. Euthyd. 286 B-C. [Parla Socrate:] Sebbene io 80 A 19. PLAT. Euthyd. 286 BC.
abbia sentito molte volte e da molti cotesto ragionamento [che [II 259. 25]
non possibile la contraddizione], sempre ne provo
.
meraviglia. Se ne serviva spesso Protagora e la sua scuola, ed
anche altri pi antichi [cfr. 22 A 7; B 42 a]; ma a me parso
[vgl. 22 A 7]
sempre strano, e tale da distruggere non solo gli altri
[s. II 254, 8].
ragionamenti, ma anche se stesso. ARISTOT. metaph. 4.
ARISTOT. metaph. 4. 1007 18
1007 b 18. E ancora, se su ciascuna cosa sono vere nello stesso ,
tempo tutte le proposizioni contraddittorie, chiaro che tutte . [II 259. 30 App.]
quante le cose saranno una. Per esempio, se di ogni cosa si pu ,
o affermare o negare alcunch, saranno lo stesso una trireme, ,
un muro ed un uomo; come necessariamente deve ammettere .
chi fa suo il ragionamento di Protagora. Poich se a qualcuno , ,
pare che un uomo non sia una trireme, chiaro che, perci, non . Vgl. ARISTOT. metaph. 5. 1009
una trireme; ma allora, anche , dato che la proposizione
6. G '
contraria vera. Cfr. ARISTOT. metaph. 5. 1009 a 6. G Da . . .
questa opinione deriva anche il ragionamento di Protagora... Se ,
tutte le opinioni e tutte le apparenze sono vere, segue
( ,
necessariamente che ciascuna insieme vera e falsa. Poich si '
danno spesso tra gli uomini opinioni contrarie, e chi non la
), ' ,
pensa come noi, reputiamo che s'inganni; sicch per forza la
' (
stessa cosa insieme e non . Ammesso questo, si deve anche
ammettere che tutte le opinioni sono vere. Per esempio, chi
, ). / SEXT. VII
mentisce e chi dice il vero sostengono due cose opposte; ma se 389 [68 A 114]. ARISTOT. metaph. K 6. 1062 b 13
la realt cos, [quale afferma Protagora], tutti dicono il vero. [Protagoras] [II 259.
/ ARISTOT. metaph. K 6. 1062 b 13. Egli [Protagora] diceva 35 App.] ,
che di tutte le cose misura l'uomo, nient'altro venendo a dire
che quel che a ciascuno sembra questo anche sicuramente; e ,
se cos , ne consegue che la stessa cosa e non , ed cattiva, ,
e buona, e tutto l'altro che puoi dire per contrapposizioni, per il ,
fatto che spesso una cosa ad alcuni pare bella, ad altri il
, '
contrario, e che misura ci che appare a ciascuno. G
. G ARISTOT. metaph. I 1. 1053 a 35.
ARISTOT. metaph. I 1. 1053 a 35.27* Protagora afferma che
' ,
l'uomo misura di tutte le cose, non intendendo dire se non che '
misura colui che sa o colui che percepisce; e questi, perch ,
hanno l'uno la percezione sensibile, l'altro la scienza, le quali .
noi diciamo esser misura del loro oggetto. Nulla dunque dice . /
d'eccezionale, pur avendone l'aria. /
80 A 20. CLEM. ALEX. strom. VI 65 [II 464, 14]. I Greci
80 A 20. CLEM. Strom. VI 65 (II 464, 14 St.) [II 260. 1]
affermano, e per primo Protagora, che si pu ad ogni

argomento contrapporre un argomento.
. SENEC. Ep. 88, 43. P. ait de omni re in
SENEC. ep. 88, 43. Dice Protagora che di ogni cosa si pu
utramque partem disputari posse ex aequo et de hac ipsa, an
discutere con pari attendibilit da punti di vista opposti; ed
omnis res in utramque partem disputabilis sit. Vgl. B 6 a.
anche di questo stesso principio, se cio ogni cosa si possa
discutere da opposti punti di vista [cfr. B 6 a].
80 A 21. ARISTOT. rhet. B 24. 1402 a 23. In questo appunto 80 A 21. ARISTOT. Rhet. B 24. 1402 a 23 [II 260. 5 App.]
consiste il cosidetto render pi forte l'argomento pi debole [B 6 b] '

[B 6 b] 28*[cio nel falso entimema]. E perci giustamente


.
l'opinione pubblica era ostile al principio professato da

Protagora; poich menzogna, e del vero non ha che
, '
l'apparenza; n in alcun'arte pu valer qualcosa, se non nella
. STEPH. BYZ. s. v. .,
retorica e nella eristica. STEPH. BYZ. s. v. . Di
[fr. 4 Gisinger, VI 78]
Pitagora, Eudosso [fr. 4 Gisinger, VI 78] racconta che [II 260. 10 App.]
aveva inventato il ragionamento pi debole e quello pi forte, e . Vgl. C
aveva insegnato ai discepoli a biasimare e a lodare la medesima 2.
persona [cfr. C 2].
80 A 21 a. PLAT. Theaet. 166 D sgg. [apologia di Protagora]. 80 A 21 a. PLAT. Theaet. 166 D ff. (Apologie des Protagoras)
Io, per me, sostengo che la verit sta come io ho scritto: esser
cio ciascuno di noi misura delle cose che sono e non sono;
,
certo che poi ci corre un abisso tra l'un individuo e l'altro, per , [II
la ragione appunto che, per uno, sono ed appariscono certe date 260. 15 App.] , .
cose, per un altro, altre. E che esistano la sapienza e l'uomo
, '
sapiente, son ben lungi dal negarlo; che anzi, colui appunto
, ,
chiamo sapiente, il quale ad uno di noi, a cui le cose
,
appariscano ed esistano come cattive, riesca, invertendone il
. G , '
senso, a farle apparire ed esistere come buone. G Perci non
.
confutare il mio discorso fermandoti alla lettera, ma cerca di
,
capire pi chiaramente che cosa intendo dire. Rammentati
,
quanto si diceva pi sopra [159 C- D], che cio per l'ammalato .
il cibo appare, ed , amaro, e per il sano, il contrario. Ora,
- -
nessuno dei due da ritenersi pi sapiente dell'altro, ch non ,
sarebbe possibile; e neppure da asserire che il malato sia un , '
ignorante, perch opina in tal modo, e che il sano sia sapiente, .
perch opina in modo diverso; ma s invece da scambiare il '
primo stato col secondo; perch, il secondo migliore. Cos
, .
anche nell'educazione bisogna scambiare uno stato con l'altro
migliore. Solo che il medico trasforma con le medicine, il
, '
sofista coi discorsi. Sicch io nego che qualcuno possa opinare , . / 167 B '
il falso, e che un altro poi gli faccia opinare il vero; perch non [sc. ]
possibile n opinare ci che non , n altrimenti da quel che , [ ]
si provato; e questo perci sempre vero. / 167 B Ma pure
, [II 260. 20 App.]
credo che se una difettosa disposizione d'animo fa opinare cose , .
ad essa conformi, una retta disposizione far opinare cose
... ,
diverse da quelle, e conformi a s; le quali alcuni, per
.
ignoranza, chiamano vere; io, per me, dico queste migliori di , ,
quelle: ma pi vere, per nulla. E i sapienti, caro Socrate, ... se ,
per i corpi, li chiamo medici, se per le piante, agricoltori.

Sostengo infatti che anche questi, cercano di ingenerare nelle . [II 260. 25]
piante, quando siano ammalate, utili e sane sensazioni e
' ,
disposizioni29* in luogo di quelle dannose; e cos i sapienti e
, '
valenti oratori fanno apparir come giuste alle citt le cose

oneste invece delle disoneste. Perch vero che quanto appar .
giusto e bello a ciascuna citt, tale anche per essa, finch lo
reputi tale; ma appunto il sapiente, in luogo di singole cose
.
dannose per i cittadini ne fa essere e apparire di utili. E

analogamente anche il sofista, per questa sua capacit di
, , [II 260. 30] ,
ammaestrare in quest'arte i discepoli, sapiente e meritevole di
molto denaro per quelli che ha ammaestrato. E cos vero tanto .
che ci sono i pi sapienti e i meno quanto che nessuno opina il
falso; e tu, o per amore o per forza, devi rassegnarti ad esser
misura; poich questo principio, fondato su questi argomenti,
salvo.
80 A 22. PLAT. Protag. 333 D. [Socrate e Protagora] 80 A 22. PLAT. Protag. 333 D ' . . . ' ,
Dunque... quelle cose son buone, le quali sono utili agli
; - ',
uomini? - Ma, per Giove, certe cose le chiamo buone, anche se [Prot.], ,
non siano utili agli uomini. PLAT. Protag. 334 A. - Come
. PLAT. Protag. 334 A , ' , ,
intendi, Protagora: quelle che non sono utili a nessun uomo, o , [II 260. 35]
quelle che non sono utili in modo assoluto? Son queste che
, ;

chiami buone? - Nient'affatto; ma io so che ci sono molte cose ; - , ' '


nocive agli uomini, come cibi, bevande, farmachi, e mille altre; ,
e ci son poi quelle utili; e infine, altre indifferenti per gli
,
uomini, ma utili per i cavalli, ... G 30* altre utili solo ai bovi,
, . Vgl. 22 B 61; 68 B
altre ai cani; altre a nessuno di questi, ma s agli alberi; e poi, 172; c. 90, 1. G ,
ci che buono per le radici dell'albero dannoso per i
,
germogli, come per esempio il letame, che gettato accanto alle , ,
radici di tutte le piante fa bene, ma se tu volessi buttarlo sui
,
virgulti e sui nuovi germogli, tutti li distrugge. Ed anche l'olio a '
tutte le piante funesto, e dannosissimo ai peli di tutti gli
,
animali eccetto a quelli dell'uomo; ma a quelli dell'uomo, e al
resto del corpo, giovevole. Ed poi il bene qualcosa di cos
,
svariato e multiforme, che anche in questo caso, per le parti
.
esterne del corpo utile all'uomo, ma per le interne, questo
,
stesso olio, pessimo; e per questo tutti i medici vietano ai
, '
malati di far uso di olio, tranne quel minimo in ci che si deve
mangiare, tanto solo da estinguere la nausea provocata dalle

sensazioni dell'olfatto nei cibi e nelle pietanze. /
' ,

. /
80 A 23. PLAT. Theaet. 162 D [Protagora per bocca di
80 A 23. PLAT. Theaet. 162 D [Protag. spricht]
Socrate]. Bravi voialtri, giovani e vecchi! vi siete messi qui
, [II 260. 40]
seduti ad arringare tirando in ballo gli di, sui quali io mi
,
astengo dal dire o scrivere che sono, o che non sono. 31*
,
CICER. de nat. d. I 24, 63. Protagora di Abdera, ... il pi gran , . CICER. de nat. d. I 24, 63 [II 261. 1]
sofista certo di quei tempi, avendo cominciato un suo libro
Abderites quidem P. ... sophistes temporibus illis vel maximus,
cos: Degli di non ho la possibilit di affermare n che siano, cum in principio libri sic posuisset 'de divis neque ut sint neque
n che non siano, 32* fu per decreto degli Ateniesi cacciato in ut non sint habeo dicere', Atheniensium iussu urbe atque agro
bando dalla citt e dalla terra; e i libri di lui pubblicamente
est exterminatus librique eius in contione combusti. CIC. de
bruciati. CICER. de nat. d. I 12, 29 [Dox. 535]. E per vero
nat. deor. I 12, 29 (D. 535) [II 261. 5 App.] nec vero P., qui
Protagora, quando afferma di non avere alcuna idea chiara
sese negat omnino de deis habere quod liqueat, sint non sint
circa gli di, se siano, o non siano, o come siano, non pare che qualesue sint, quicquam videtur de natura deorum suspicari.
abbia la pi lontana idea della natura della divinit. PHILOD. Aus derselben Quelle PHILOD. de piet. c. 22 p. 89 G.
de piet. C. 22 p. 89. ... o quelli che affermano esser
.
inconoscibile se ci siano degli di, o di che natura siano. DIOG. DIOGEN. V. OINOAND. fr. 12 C. 2, 1 p. 19 William .
OENOAND. fr. 12 C. 2, 1 p. 19. Protagora di Abdera sostenne,
come concetto, la stessa opinione di Diagora; ma la espresse
, [II 261. 10 App.] ,
con parole diverse, quasi per evitarne l'audacia eccessiva.
.
Infatti disse di non sapere se gli di sono; che come dire di
, '
saper che non sono.
. Vgl. B 4.
80 A 24. PLAT. Cratyl. 391 B-C. [Socrate a Ermogene:] - E 80 A 24. PLAT. Cratyl. 391 BC (Sokr. zu Hermogenes)
questi sono i sofisti, ai quali appunto anche tuo fratello Callia ,
ha pagato molto denaro, e perci si crede un sapiente. E poich .
tu non puoi disporre del tuo patrimonio, t' d'uopo supplicar tuo ,
fratello perch t'insegni la propriet delle parole su tali
[II 261. 15 App.]
argomenti, propriet ch'egli impar da Protagora. - Assurda
[nml. ]
sarebbe da parte mia la richiesta, o Socrate, se, mentre respingo . - , ,
in modo assoluto la Verit di Protagora, ricercassi poi, come ,
cose di qualche valore, dei princpi fondati sopra una tal verit. ,
.
80 A 25. PLAT. Protag. 339 A. [Protagora:] - Credo, Socrate, 80 A 25. PLAT. Protag. 339 A ...
che grandissima parte della cultura d'un uomo debba consistere [II 261. 20]
nella buona conoscenza dei poeti; cio nell'esser in grado di
'
capire, delle creazioni poetiche, quali sono composte a regola ,
d'arte e quali no, e nel saper analizzarle e darne ragione a chi ce . Folgt die Erklrung
ne domanda. 33* GNOMOL. VAT. 743 n. 468. Protagora, ad un des Simonides. GNOMOL. VAT. 743 ed. Sternbach n. 468 .
poeta che l'insultava perch non voleva stare a sentire i suoi

poemi: Amico - gli disse - preferisco ascoltare le tue ingiurie ' , ,
che i tuoi poemi.
[II 261. 25 App.]
'.
80 A 26. PLAT. Phaedr. 266 D sgg. [Socrate e Fedro:] 80 A 26. PLAT. Phaedr. 266 D ff. [Sokr. und Phaedr.]

L'esordio, mi pare anzitutto, cio il modo di cominciar



l'orazione. Son queste, non vero, le squisitezze dell'arte? 34* - ( ;) ; - . S. - In secondo luogo, la esposizione, cui fan seguito le
' ' ,
testimonianze; terzo, le prove; quarto, le probabilit; e la
,
conferma e la riconferma, come mi pare che le chiami quel
[II 261. 30 App.]
bizantino, ottimo artefice di discorsi. - Vuoi dire il valente
. -
Teodoro? 35* - Certamente! e la confutazione e la
; [s. 82 A 30]. - ;
controconfutazione, che son da farsi nell'accusa e nella difesa. .
E perch non tirare in campo lo stupendo Eveno [P.L.G. II 269 [PLG II 269 B.; ALG I 78
B.; A.L.G. I 78 D.] 36* di Paro, che fu il primo a inventare
D.] ,
l'allusione e le lodi indirette? c' anzi chi dice che egli abbia
; '
anche messo in versi gli attacchi indiretti, per aiutar la
[II 261. 35] .
memoria. Bravo davvero! E Tisia [cfr. 82 A 7; 85 A 2] e
[s. 82 A 7. 85 A 2] ,
Gorgia [cap. 82] li lasceremo dormire, essi che fecero la
,
scoperta come pi del vero sia da tener in conto il verisimile, e
che con l'efficacia della loro parola fanno apparir grande ci
, '
che piccolo, e piccolo ci che grande, e antico il nuovo, e ,
nuovo l'antico, e sopra qualsiasi argomento inventarono tanto ; [s. 84 A 20]
lo stile conciso, quanto i discorsi interminabili ? E di ci
, [II261. 40 App.]
appunto sentendomi una volta parlare Prodico [84 A 20] rise, e
disse d'aver trovato solo lui le regole dell'arte oratoria; e che i . - , . - [86 A
discorsi non devon esser n lunghi n brevi, ma di giusta
12] [II 262. 1 App.] ;
misura. - Benissimo, o Prodico. - E non citeremo Ippia [86 A . - ' ; -
11-12]? perch credo che il forestiero di Elide sarebbe
,
d'accordo con lui. - Come no ? - Che dire poi delle ingegnosit , ,
stilistiche 37* di Polo, che invent la diplasiologia, la
; gnomologia, la iconologia, e di quei termini scelti, che
, , [II 262. 5 App.]
Licimnio 38* gli insegn perch li applicasse al bel parlare ? - E ' ; - , ,
i princpi di Protagora, o Socrate, non eran di questo genere? - .
S, figliol mio, l'ortoepia 39* e molte altre belle cose; ma quanto
a discorsi commoventi sulla vecchiezza e sulla povert, mi pare [Thrasymachos; s. 85 B 6] ,
che per arte superasse tutti la forza del Calcedonio 40* il quale
era insuperabile nell'eccitar la folla all'ira, e poi, eccitatala,
,
placarla d'incanto, come diceva lui; e a muover calunnie e a
. [II 262. 10
disperderle, su qualsiasi motivo, abilissimo. Quanto poi alla
App.]
chiusa dei discorsi, pare che tutti si trovin d'accordo; solo che , , '
alcuni la chiamano riepilogo, 41* altri con diverso nome.
.
80 A 27. ARISTOT. rhet. 5. 1407 b 6. La quarta regola [per 80 A 27. ARISTOT. Rhet. 5. 1407 b 6 , .
la chiarezza dello stile] consiste nel distinguere, come fa
, .
Protagora, il genere dei nomi, maschili femminili e neutri.
80 A 28. ARISTOT. soph. el. 14. 173 b 17. Si pu avere il
80 A 28. ARISTOT. Soph. el. 14. 173 b 17 ()
solecismo anche cos: o, non facendolo, sembrar di farlo, o,
[II 262. 15]
facendolo, non sembrare; cos per esempio, se si usano al
, . ,
maschile, 'lo ira' e 'il celata' come diceva Protagora, allora, se ''
uno vi unisce l'aggettivo 'funesta' al femminile, solecizza
' , ,
secondo Protagora, mentre agli altri non pare; se poi dice
'' , ' . Vgl. C 3;
'funesto', pare agli altri che solecizzi, ma [secondo Protagora] PLATO Cratyl. 430 Dff.
non solecizza. 42*
80 A 29. ARISTOT. poet. 19. 1456 b 15. Chi mai
80 A 29. ARISTOT. Poet. 19. 1456 b 15
penserebbe che abbia sbagliato Omero in quel che
[II 262. 20] .
Protagora gli rimprovera, cio che, mentre crede di pregare, ' ';
comanda, quando dice: l'ira canta, o dea? Perch secondo , , , . Vgl. II 254,
lui, il dir di fare o no una cosa un comando. 43*
13ff.
80 A 30. AMMON. SCHOL. HOM. [P. Oxy. II p. 68] col. 80 A 30. AMMON. SCHOL. HOM. [Grenfell-Hunt Oxyrh.
XII 20 ad Il. XXI 240. Protagora dice, riguardo allo
Pap. II p. 68] col. XII 20 zu 240 .
svolgimento della battaglia, che l'episodio seguente della
lotta tra lo Xanto e il mortale ha luogo per introdurre alla ' ,
Teomachia, e forse proprio per dare risalto alla figura di
[II 262. 25]
Achille ... balzava non pi nella corrente ma nella pianura. (?) . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . ]
' .

B. FRAMMENTI

B. FRAGMENTE

LA VERIT O DISCORSI SOVVERTITORI.44*

80 B 1. SEXT. adv. math. VII 60 [II 262. 30]



,
[II 263. 1 App.]

.
'
, ,
[II 263. 5 App.] '. Vgl. II 253, 26.
Di tutte le cose misura l'uomo: di quelle che sono, per ci che 258, 13ff. 261, 17.
PLAT. Theaet. 151 E 152 A [Sokr. und Theaet.]
sono, di quelle che non sono, per ci che non sono.46*
, '
.
PLAT. Theaet. 151 E-152 A. [Socrate e Teeteto:] - Tu rischi
.
d'aver detto tutt'altro che una sciocchezza circa la conoscenza;
, [II 263. 10] ,
47
anzi, proprio quel che diceva Protagora. * L'ha espresso in un
. ; -
altro modo, ma il pensiero lo stesso. Dice infatti in un punto
che di tutte le cose misura l'uomo: di quelle che sono, per ci . - ,
che sono, di quelle che non sono, per ci che non sono. L'avrai , , ,
certo letto? - L'ho letto, e pi volte. - E non vuol dire con ci che ; . . . '
quali le singole cose appaiono a me, tali sono per me, e quali a te, , ' ; [II 263. 15
App.] , ; - . -
tali per te, perch uomo sei tu come son io?... ma non avviene
alle volte che, soffiando lo stesso vento, uno di noi sente freddo, '
e l'altro no? e uno appena appena, e un altro molto? - Sicuro! - O ,
allora, questo vento, come lo diremo in se stesso: freddo o non , ; - . -
freddo? o dovremo credere a Protagora, che per chi ha freddo ; - . - ;
- . - [II 264. 1 App.]
freddo, e per chi no, no? - Parrebbe. - Vale a dire che anche
appare cos, all'uno e all'altro? - S. - E dir che appare come dir . ' '
che si sente? - Lo stesso. - Dunque apparenza e sensazione sono , .
PLAT. Theaet. 161 C Sokr.
la stessa cosa, sia per il caldo, sia per altri casi analoghi. Quali
, '
infatti ciascuno sente le cose, tali anche probabile che esse
siano per ciascuno. PLAT. Theaet. 161 C. [Socrate:] Quanto al , [II 264. 5 App.]
resto, mi va proprio a genio la sua teoria, che cio quel che pare a

ciascuno, quello anche ; solo mi ha stupito il modo come
comincia: che cio al principio della sua Verit non abbia detto ,
esser misura delle cose o il porco o il cinocefalo o un qualunque ,
, '
altro pi strano essere tra quelli dotati di senso; cos avrebbe
cominciato a parlarci in tono solenne, anzi addirittura sprezzante, [II 264. 10 App.] ,
per dimostrarci che, mentre noi ammiravamo lui come un dio per . Vgl. A 21 a.
80 B 1. SEXT. EMP. adv. math. VII 60. Alcuni compresero
anche Protagora di Abdera nella schiera di quei filosofi che
aboliscono una norma di giudizio, per il fatto che afferma che
tutte le parvenze e opinioni son vere, e che la verit tale
relativamente a qualcosa, per ci che tutto quel che appare o
opinato da uno, esiste nell'atto stesso come relativo a lui.
Appunto egli comincia i suoi Discorsi sovvertitori45*
proclamando:

la sua sapienza, egli non si trovava ad essere, quanto a


intelligenza, niente di meglio d'un girino, nonch d'un altr'uomo.
DELL'ESSERE 48*


80 B 2. PORPHYR. b .
80 B 2. PORPHYR. ap. EUS. P. E. X 3, 25

EUSEB. praep. evang. X 3, 25. Scarsi sono i libri di autori
vissuti prima di Platone; se no, forse, di plagi del filosofo se ne ' [II 264. 15]
scoprirebbero molti di pi. Appunto m' capitato di leggere per
caso lo scritto di Protagora Dell'essere, diretto contro i sostenitori

dell'unicit dell'essere, e trovo ch'egli si vale di argomenti di
confutazione analoghi; perci ho cercato di tenere a mente le sue . Euseb. fgt zu '
parole testuali. [Eusebio aggiunge:] Dopo aver detto questo, ne .
porta pi ampiamente le prove.
GRANDE TRATTATO49*

[II 264. 20 App.]
80 B 3. ANECD. PAR. I 171 , 31 de Hippomacho B 3. Nel
libro intitolato Grande Trattato Protagora disse:
80 B 3. ANECD. PAR. I 171 , 31 de Hippomacho B 3 [Ed.
Due cose l'insegnamento richiede: disposizione naturale ed
Bohler Sophistae Protrept. fr. Lips. 1903, 5]

esercizio;50*
e:
Bisogna incominciare a studiare da giovani.
Questo non l'avrebbe detto, se egli stesso avesse cominciato
tardi, come credeva e affermava Epicuro riguardo a Protagora
[fr. 173; 68 A 9].
DEGLI DEI

. '
' '
'. [II 264. 25]
, ,
[fr. 173 Us.; 68 A 9].


80 B 4. EUS. P. E. XIV 3, 7 [II 265. 1 App.]
80 B 4. EUSEB. praep. evang. XIV 3, 7. Protagora, divenuto .
seguace di Democrito, si acquist fama di ateo; si dice infatti
che abbia cominciato il libro Degli di con questa introduzione: ' . . . [ 265. 5 App.]
'. DIOG. IX 51. ' . . . '. Vgl. A 2. 3. 12.
Riguardo agli di, non so n che sono, n che non sono, n di 13. , ' '
'
che natura sono. 51*
'
.
DIOG. LAERT. IX 51.
Riguardo agli di, non ho la possibilit di accertare n che
sono, n che non sono, opponendosi a ci molte cose: l'oscurit
52
* dell'argomento e la brevit della vita umana.
ANTILOGIE I E II 53*


[II 265. 10 App.]
80 B 5. DIOG. LAERT. III 37. Euforione [fr. 124 Meineke = 80 B 5. DIOG. III 37 [fr. 152 Scheidweiler]
152 Scheidweiler] e Panezio [fr. 50 Fowler] riferiscono che il [fr. 50 Fowler]
[Platons],
principio della Repubblica [di Platone] stato trovato
ricorretto pi volte: la quale Repubblica dice Aristosseno [fr. [fr. 33 FHG II 282] [II 266. 1]
. DIOG.
67 Wehrli] che si trova scritta quasi tutta nelle Antilogie di
Protagora. DIOG. LAERT. III 57. Che la Repubblica si trovi III 57 . . .

quasi per intero in Protagora, nelle sue Antilogie, lo afferma
Favorino nel secondo libro della Storia varia [fr. 21 F.H.G. II [fr. 21 F.H.G. II 580].
580].54*
TITOLI DUBBI
ZWEIFELHAFTE TITEL
[II 266. 5]

ARTE ERISTICA
[S.
II
254, 22]
[Cfr. A 1 55]
80 B 6. CICER. Brut. 12, 46. G Dice Aristotele [fr. 137 Rose]55 80 B 6. CIC. Brut. 12, 46 (aus Aristot. . fr. 137
che quando, abbattuti in Sicilia i tiranni, i beni privati furono R.) G itaque, ait Aristoteles, cum sublatis in Sicilia tyrannis
rivendicati mediante azioni giudiziarie a causa del lungo tempo res privatae longo intervallo iudiciis repeterentur, tum
intercorso, allora per la prima volta, essendo quella gente acuta primum, quod esset acuta illa gens et controversiae nata,
e per natura litigiosa, i siciliani Corace e Tisia composero un artem et praecepta Siculos Coracem et Tisiam conscripsisse ...
insieme di precetti ... / e da Protagora furono composte e scritte /scriptasque fuisse et paratas a Protagora rerum inlustrium
disputationes, quae nunc communes appellantur loci.
trattazioni su temi di carattere generale, che ora si chiamano
QUINTIL. III 1, 10 Abderites P., a quo decem [II 266. 10
'luoghi comuni'. QUINTIL. inst. or. III 1, 10. Protagora di
Abdera, dal quale si dice che Evatlo abbia imparato per 10 000 App.] milibus denariorum didicisse artem, quam edidit,
denari l'arte inventata da lui.56* QUINTIL. inst. or. III 1, 12. Di Euathlus. [s. II 254, 21. 255, 12. 256, 11] dicitur. QUINTIL.
III 1, 12 (84 A 10) horum primi communis locos tractasse
costoro, i primi a trattare i 'luoghi comuni' si dice siano stati
Protagora e Gorgia; la mozione degli affetti, Prodico, Ippia, lo dicuntur P., Gorgias, affectus Prodicus et Hippias et idem P. et
Thrasymachus.
stesso Protagora e Trasimaco.
80 B 6 a. DIOG. LAERT. IX 51 [cfr. A 1 51; 20].
80 B 6 a. DIOG. IX 51 [s. II 253, 23] (.)

Intorno ad ogni oggetto ci sono due ragionamenti contrapposti. .
80 B 6 b. ARISTOT. rhet. B 24. 1402 a 23 [cfr. A 21].
Render pi forte l'argomento pi debole.
DELLE SCIENZE ESATTE 57*

80 B 6 b. ARISTOT. Rhet. B 24. 1402 a 23 [vgl. A 21] [II 266.


15 App.] . . . . . . .
[s. II 255, 1]

80 B 7. ARISTOT. metaph. B 2. 997 b 32. E neppur questo 80 B 7. ARISTOT. metaph. B 2. 997 b 32 ,


vero, che la geodesia verta sulle grandezze sensibili e

corruttibili; poich sarebbe distrutta col distruggersi di
. [II 266. 20]
queste. E neppure tratta delle grandezze sensibili

l'astronomia, n di questo cielo che vediamo. Ch le linee
.
sensibili non sono tali, quali le definisce il geometra; nessuna
delle cose sensibili retta e curva a quel modo; cos il circolo
non tocca la tangente per un punto solo, ma nel modo come , '
obbiettava Protagora confutando i geometri [cio per un
, ... Vgl. A 5 (II 256, 20ff.). 15 m. Anm.
tratto].
80 B 7 a. G PAP. HERC. 1676 [J. Heidmann, Philodem. , diss., Bonn 1937,
col. I, pp. 12 sg.]. I fatti sono inconoscibili, le parole non accettabili, come dice Protagora a
proposito della matematica.58*
80 B 7 b. G SIMPLIC. phys. 1108, 18. Con questa spiegazione
80 B 7 b. SIMPLIC. phys. 1108, 18.
[Aristotele].59* risolve anche la questione che Zenone di Elea pose ,
al sofista Protagora. Dimmi Protagora, - gli chiese, - un sol grano . " , , ,
di miglio, o la decimillesima parte di un grano, fa rumore

cadendo? Avendo quegli detto di no: Ma il medimno di grani di ;" " ,
miglio fa rumore o no quando cade?; e alla risposta che il
, ;"
medimno fa rumore: Non c' dunque - riprese Zenone - un
" , ,
rapporto tra il medimno di grani e quell'unico grano, o la sua

decimillesima parte?; e alla risposta affermativa: Non ci saranno ;"
dunque anche gli stessi rapporti fra i rumori ? Come infatti stanno " , ,
fra loro le cose che fanno rumore, cos stanno fra loro i rumori;
; ,
dato questo principio, se il medimno di miglio fa rumore, far
,
rumore anche un grano di miglio e la sua decimillesima parte.
,
Cos Zenone trattava dialetticamente la questione.
".
.
DELLA LOTTA
[II 255, 1]
80 B 8. PLAT. Soph. 232 D E [II 267. 1 App.]
80 B 8. PLAT. soph. 232 D-E. [Forestiero] Riguardo poi a ,
,
tutte le arti in generale e a ciascuna in particolare, gli
argomenti, per poter confutare chiunque, fosse pure quello . -
stesso che la esercita, si trovano in opere scritte e divulgate [II 267. 5 App.]
dovunque, per chi voglia esserne informato. - Mi par che tu . . . PLAT. Soph. 233 A

alluda agli scritti di Protagora, Della lotta e delle altre
arti... PLAT. soph. 233 A. Ma come dunque potrebbe uno ' ; - .
discutere su cose che ignora, con chi e ne intende, e aver
ragione? - Impossibile!
80 B 8 a. Dello Stato [A 1 55]. Cfr. B 5.
80 B 8 a. [II 255, 1]. Vgl. B 5.
80 B 8 b. Della costituzione originaria [ivi]. Cfr. C 1.
80 B 8 b. [II 255, 2].
Vgl. C 1.
80 B 8 c. Dell'ambizione [ivi].
80 B 8 c. [II 267. 10] [II 255, 1]
80 B 8 d. Delle virt [ivi].
80 B 8 d. [II 255, 2]
80 B 8 e. Delle azioni disoneste [ivi].
80 B 8 e.
[II 255, 3]
80 B 8 f. Regolamento [ivi].
80 B 8 f. [II 255, 3]
80 B 8 g. Azione giudiziaria per l'onorario [ivi]. Cfr. A 1 56; 80 B 8 g. [II 255, 4]. Vgl. A 1 56. B
B 6.
6.
80 B 8 h. Degl'inferi [ivi]. Cfr. 68 B 0 c sgg.
80 B 8 h. [II 267. 15 App.] [II 255, 2].
Vgl.68 B 0 cff.
DA SCRITTI INCERTI
AUS UNBESTIMMTEN SCHRIFTEN
80 B 9. [PLUTARCH.] cons. ad Apoll. 33 p. 118 E. Pericle
80 B 9. [PLUTARCH.] Cons. ad Apoll. 33 p. 118 E
detto l'Olimpico per la sua straordinaria potenza d'intelletto e di
parola, quando seppe che i suoi due figli, Paralo e Santippo,
,
erano spirati entrambi, (ecco come lo racconta Protagora: ' ... ')
[II 268. 1 App.] ( .

Pericle dunque, appena ricevuto l'annunzio della morte dei due


figliuoli, nondimeno incoronato secondo l'uso patrio e vestito
di bianco, tenne un discorso al popolo proponendo utili
provvedimenti [HOM. Il. II 273], per incitare gli Ateniesi alla
guerra.
(I suoi figli eran giovani e belli, e in otto giorni morirono; ed
egli lo sopport senza dolersi. Lo sosteneva una tranquilla
serenit, che molto contribuiva giorno per giorno a creargli
buona fortuna, a preservarlo dal dolore, a dargli fama tra il
popolo; perch chiunque lo vedeva sopportar con tanto
coraggio i suoi lutti, lo riteneva animo grande e virile, e
superiore a s, ben sapendo quale sarebbe stato il suo proprio
smarrimento in simili circostanze).
80 B 10. STOB. flor. III 29, 80. Protagora diceva
esser nulla sia l'arte senza studio, sia lo studio senz'arte.
80 B 11. [PLUTARCH.] 178, 25 [Rh.
Mus., XXVII, 1872, p. 256]. Protagora ha detto:
Non germina la cultura nell'anima, se non si va molto a
fondo.60*
TESTIMONIANZA SPURIA

' . . . ')


' ' ' ' [HOM. 273]
.
[II 268. 5 App.]
,
, ,


,
[II 268. 10]
,
.
80 B 10. STOB. (Flor.) III 29, 80 .
.

80 B 11. [PLUTARCH.] 178, 25 [Rhein. Mus.


27, 1872, p. 256] [II 268. 15 App.] P. ferner hat gesagt: Nicht
sprot Bildung in der Seele, wenn man nicht zu vieler Tiefe
kommt.
SCHLECHTBEZEUGTES

80 B 12. Massime greco-siriache trad. Ryssel [Rh. Mus., 80 B 12. GRAECO-SYR. SPRCHE bers. von Ryssel
LI, 1896, p. 539, n. 32]. Protagora ha detto:
[Rhein. Mus. 61, 1896, 539 a. 32] Protagoras hat gesagt:
Mhsal und Arbeit und Unterricht und [II 268. 20] Erziehung
Fatica e lavoro e istruzione e educazione e sapienza son la und Weisheit sind der Ruhmeskranz, der geflochten wird von
corona di gloria, che viene intrecciata coi fiori di una lingua den Blumen einer beredten Zunge und denen aufs Haupt
eloquente, e posta sul capo a quelli che l'amano. Difficile, gesetzt wird, die ihn lieben. Schwer zwar ist die Zunge, doch
vero, la lingua; pure i suoi fiori sono copiosi e sempre
ihre Blten sind reich und immer neu, und die Zuschauer und
nuovi, e gli spettatori, gli applauditori e i maestri si
die Beifallsspender und die Lehrer freuen sich und die Schler
rallegrano, e gli scolari fan progressi, e gli sciocchi
machen Fortschritte und die Toren rgern [II 268. 25] sich s'arrabbiano - o forse non s'arrabbian neppure, perch non oder vielleicht rgern sie sich auch nicht, weil sie nicht
sono abbastanza intelligenti.
einsichtig genug sind.
C. IMITAZIONI
[II 269. 1 App.] C. IMITATION
80 C 1. PLAT. Protag. 320 C sgg. [mito di Prometeo]. Ci fu
80 C 1. PLAT. Protag. 320 C ff. (Mythos des P.)
dunque un tempo che esistevan gli di, ma non le stirpi mortali. , .
Come giunse anche per queste il momento fatale della nascita,
,
ecco che gli di le plasmano nel seno della terra mescolando terra
e fuoco e quanti altri elementi sono di fuoco e terra composti. Al [II 269. 5 App.] . '
momento di trarle alla luce, ordinarono a Prometeo e ad
,
Epimeteo di distribuire le facolt applicandole convenevolmente .
a ciascuno; chiede allora Epimeteo a Prometeo d'esser lui a
, '
distribuire: "E quando avr finito, - gli dice, - vieni a osservare". ,' , '' .
Riesce a persuaderlo, e cos si mette a distribuire. Ed ecco che ad (E) , '
alcuni esseri dava forza senza velocit, mentre forniva di velocit , '
i pi deboli; alcuni armava, altri faceva inermi, ma escogitando [II 269. 10] '
per loro qualche altro mezzo di salvezza. E a quelli che
. ,
rinchiudeva in piccolo corpo, dava ali a fuggire o sotterraneo
,
rifugio; e a quelli che dilatava in grandezza, con ci stesso dava (321) .
un mezzo di difesa. (321) E tutto il resto cos distribuiva, secondo
una legge d'equilibrio; per evitare che alcuna specie venisse
,
distrutta. Dopo che li ebbe provvisti dei mezzi di difesa contro le [II 269. 15
distruzioni reciproche, immagin delle comodit per proteggerli App.] ,
dalle stagioni; cos li rivest di folti peli e di spesse pelli,
, ,
sufficienti a preservarli dal freddo, e buone anche contro il caldo; (B)
e inoltre adatte a servir da coperta propria e connaturata a

ciascuno, per quando si mettessero a giacere. E sotto ai piedi, agli


uni pose zoccoli, ad altri unghie e pelli dure e senza sangue; e
. ,
poi, a chi procurava un alimento, a chi un altro; ad alcuni erba, ad .
altri frutti degli alberi, ad altri ancora radici. E ce n' cui ha dato , ,
per cibo la carne di altri animali; e ad alcuni assegn scarsa
, ' [II 269. 20
riproduzione, ad altri, divorati da questi, la dette abbondante, per App.]
assicurare la conservazione della specie.61*
, ' ,
Ma ecco che Epimeteo, che era un po' sciocco, senza
.
accorgersene spese tutte le facolt per gli esseri irragionevoli,
(C)
mentre gli rimaneva ancora da fornire il genere umano; e non

aveva che dargli. Mentre l nell'impiccio, ecco che viene
, .
Prometeo a esaminare la distribuzione; e vede gli altri animali
, [II 269. 25 App.]
forniti convenientemente di tutto, e l'uomo invece nudo, scalzo, ,
senza giaciglio, senz'armi; e gi s'era al giorno fatale, nel quale
doveva anche l'uomo uscire dalla terra alla luce. Allora
,
Prometeo, non sapendo pi qual mezzo di difesa inventare per
.
l'uomo, ruba la perizia tecnica di Efesto e di Atena insieme col (D) ,
fuoco (ch, separata da questo, era impossibile a chiunque o

acquistarla o servisene) e la regala all'uomo. In tal modo l'uomo ( [II 269. 30]
ebbe s la sapienza per la vita pratica; ma non possedeva la
) .
sapienza politica, ch questa era presso Zeus; n a Prometeo era ,
pi lecito entrare nell'acropoli, dimora di Zeus; (per di pi, le
.
guardie di Zeus facevan proprio paura). Invece, che fa? entra di
nascosto nella casa dove Atena ed Efesto lavoravano insieme, e ( )
rubata l'arte ignea di Efesto e l'altra propria di Atena, le d
(E) ,
all'uomo, che in tal modo si procur gli agi della vita. (322) Per , , [II 269. 35]
pi tardi Prometeo, a quanto si racconta, dovette scontar la pena
del furto. Dopo che dunque l'uomo divenne partecipe della
,
condizione divina, anzitutto, unico tra gli animali, credette negli , [II 270. 1 App.] (322)
di, ed eccolo a erigere altari e immagini sacre.62* Poi con l'arte [' ] , ,
ben presto articol63* la voce in parole, e invent case, vestiti,
. ,
calzari, giacigli e scopr gli alimenti che ci d la terra. In tali

condizioni da principio gli uomini vivevano sparsi, perch non ,
c'eran citt; sicch perivano uccisi dalle fiere, perch erano in
,
ogni senso pi deboli di quelle; e la perizia pratica, se bastava
[II 270. 5]
loro come aiuto alla produzione del cibo, era insufficiente nella .
lotta contro le fiere; ch non avevano ancora l'arte politica, di cui ' , (B)
la bellica parte. Cercarono allora di radunarsi e salvarsi

fondando citt; ma quando facevan tanto di raccogliersi, si
,
recavano offesa tra loro, appunto perch non possedevano l'arte ,
politica; sicch di nuovo si disperdevano, e perivano. Allora
, [II
Zeus, temendo per la nostra specie, che non andasse tutta in
270. 10] .
rovina, manda Ermes a portare agli uomini Rispetto e Giustizia, ' ,
perch fossero ordinatori della citt e vincoli conciliatori di
,
reciproco affetto. Domanda Ermes a Zeus in qual modo debba
. (C)
distribuire Giustizia e Rispetto agli uomini: Debbo distribuirli ,
come furon distribuite le arti ? Per queste si fece cos: un solo
, '
medico basta per molti ignoranti di medicina; e cos per le altre .
professioni. Anche Giustizia e Rispetto debbo assegnarli in
[II 270. 15] '
questo modo, o debbo darne a tutti? A tutti, - rispose Zeus, - e , ;
che tutti ne partecipino; ch se solo pochi li avessero, come
,
avviene per le altre arti, le citt non potrebbero esistere. E fa' pure
una legge a nome mio, che chi non capace di accogliere in s , ;' (E) ' ,'
Rispetto e Giustizia, sia ucciso come peste della citt.
, ' ,
ARISTOT. de part. anim. 10. 687 a 23. Quelli che dicono che [II
l'essere umano non costituito bene, anzi nel modo peggiore tra 270. 20] '
gli esseri viventi (perch, secondo loro, scalzo e nudo e
.' Vgl. Moschion fr. 6 Frag.
senz'arma di difesa), non hanno ragione.64*
Gr. Trag. p. 813 N.2 und ARISTOT. de partt. an. 10. 687 a 23

(
)

65

80 C 2. ARISTOPH. Nub. 112 sgg. *


Presso costoro, dicono, c' due
ragionamenti; il buono, e quale sia
vattelapesca, ed il cattivo. Ed uno
d'essi, il cattivo, dicono, d vinte
le cause pi spallate.
[Cfr. il Contrasto tra il Discorso Giusto e l'Ingiusto, 889 sgg.]
80 C 3. ARISTOPH. Nub. 658 sgg. [Socrate e Strepsiade].
Socr. Altro devi imparar, prima di questo:
Quali son fra i quadrupedi di genere
mascolino!
Streps. Eh lo so, che sono scemo?
Il capro, il becco, il toro, il cane, il pollo...
Socr. Vedi che ti succede? chiami pollo
la femmina ed il maschio al modo stesso!
Streps. E come?
Socr. Come? Dici pollo e pollo!
Streps. Pel dio del mare! E adesso, come devo
chiamarli ?
Socr. L'uno pollo, e l'altra polla!
Streps. Corpo dell'aria, bene! Polla! Voglio
riempirti la madia di farina
sol per questo problema!
Socr. Siam daccapo!
Il problema, ch' maschio, me lo fai
diventar donna!
Streps. E come te lo faccio
diventar donna!...
E d'ora innanzi, come devo dire?
Socr. Dirai problemo, come dici Sostrata.

. Vgl. auch 88 B 25.


80 C 2. ARISTOPH. Nub. 112ff. [II 270. 25] Vgl. A 21.
' ,
', , .
, ,
[114] .
Vgl. den Agon des und 889 ff.
80 C 3. ARISTOPH. Nub. 658 ff. [II 270. 30 App.] (Sokrates
und Strepsiades) Vgl. A 28.

' ,
' .

[660] ' ' ',


[II 270. 35 App.] .

;
.

';

; .

[665] . ;

[II 270. 40] , ' .

;
'
.

[670] ' '


[671] . . .
[677] [II 271. 5] ;

;
, .

Streps. Il problemo, maschile!


Socr. Ora va bene.
80 C 4. EURIP. Bacch. 199 sgg. [Cadmo, Tiresia].
Cad. Non spregio i numi, io che mortale nacqui.

80 C 4. EURIP. Bacch. 199 ff. (Kadmos, Teiresias). Vgl. B 1.


- ' .
[II 271. 10 App.] - ' .
, '
', ,
' ' .

Tir. N intorno a lor sottilizziamo. Le avite


credenze, antiche quanto il tempo stesso,
niuno argomento abbatter, per quanto
si stilli acume da sottili menti.
80 C 5. [ ? ] AESCHIN. SOCR. fr. 16 p. 50. Cfr. 84 A 80 C 5. [ ? ] AESCHIN. SOCR. fr. 16 p. 50 Krauss.
4 b.
Vgl. 84 A 4 b.

81. SENIADE

XENIADES
[II 271. 15 App.] 81 [75].

SEXT. EMP. adv. math. VII 53. Seniade di Corinto, ricordato


anche da Democrito [68 B 163], si accosta a Senofane [21 B
34] per il senso della sua dottrina; poich ha detto esser false
tutte le cose, e fallace ogni apparenza e opinione, e tutto
quanto si crea, crearsi dal non essere, e nel non essere
annullarsi tutto quanto si annulla. cfr. SEXT. EMP. Pyrrh.
hypot. II 76. G Tra quelli che discordan tra loro circa la norma
di giudizio, alcuni ne affermano l'esistenza, come gli Stoici e
molti altri; altri la negano, come per esempio Seniade di
Corinto e Senofane di Colofone. /

SEXT. adv. math. VII 53 ,


[68 B 163] , '


,
[21 B 34] . Vgl. SEXT. P. H. II 76 [II
271. 20] (Rhein. Mus. 64, 1909, 262). G
,
, ,
. /

82. GORGIA

82 [76]. GORGIAS

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

82 A 1. PHILOSTR. v. soph. I 9, 1-6. La Sicilia ci ha dato a


82 A 1. PHILOSTR. V. S. I 9, 1 ff.
Leontini Gorgia, al quale crediamo debba riportarsi, quasi
,
come a padre suo, l'arte dei sofisti; perch se si pensa ad
[II 271. 25]
Eschilo, di quante cose arricch la tragedia, provvedendola di ,
costumi, di palcoscenico, di figure di eroi, di messaggeri, di

nunzi, e di un'azione da svolgersi sulla scena e nel dietroscena,
si vede che Gorgia tiene lo stesso posto rispetto ai suoi
,
compagni d'arte. (2) Fu lui ai sofisti maestro di impeto oratorio, . . (2)
e audacia innovatrice d'espressione, e mossa ispirata, e tono

sublime per le cose sublimi, e distacchi di frasi, e inizi
,
improvvisi, tutte cose che rendono il discorso pi armonioso e , ' [II 271. 30 App.]
solenne. Inoltre lo ampliava con espressioni poetiche, per gusto ,
dell'ornato e del grandioso. (3) Come egli avesse estrema
. (3)
facilit d'improvvisazione, l'ho detto al principio del libro [cfr. , [A
A 1 a]; n fa alcuna meraviglia che, disputando in Atene, gi 1 a],
vecchio, suscitasse l'ammirazione della folla, se, come credo, , , , ,
riusc ad avvincere gli uomini pi famosi del tempo: Crizia e ,
Alcibiade giovani ancora, Tucidide e Pericle gi anziani. E
, [II 271. 35]
Agatone, il poeta tragico, che pur nella commedia si rivel
. ,
artista elegante e provetto, in molti luoghi dei suoi giambi imita [II 272. 1] ,
lo stile di Gorgia.1*(4) Si segnal anche nelle adunanze solenni . (4)
della Grecia, declamando l'Orazione pitica [B 9] dall'altare, sul [B 9]
quale fu anche posta la sua effigie in oro, nel tempio di Apollo , ' ,
Pizio; quanto all'Orazione olimpica [ B 7-8 a], fu da lui
, [ B 7-8 a]
composta in una circostanza pubblica gravissima: perch
. [II 272. 5 App.]
vedendo la Grecia travagliata da discordie, si fece esortator di
concordia ai Greci, incitandoli contro i barbari e persuadendoli
a proporsi come premio delle armi non le lor proprie citt, ma ,
la terra dei barbari. (5) L'Orazione funebre [B 6] poi, che
. (5) [B 6]
pronunzi ad Atene per i caduti in guerra, che gli Ateniesi
,
sogliono seppellire a spese pubbliche con parole di elogio,
,
una meraviglia di accorgimento; ch, pur incitando gli Ateniesi [II 272.
contro i Medi e i Persiani e pur svolgendo il medesimo
10]
pensiero espresso nell'olimpica, non parl loro affatto di

concordia verso gli altri Greci, perch si rivolgeva ad Ateniesi, ,
che aspiravano alla supremazia, la quale non potevano ottenere ,
se non imponendosi con la violenza; invece si profuse in elogi ,

per le vittorie sui Medi, svolgendo questo concetto, che le


, , ' ... ' [B
vittorie sui barbari vogliono inni, quelle sui Greci, canti funebri 5 b]. (6) . [II 272.
[B 5 b, cfr. ISOCR. Pan. 158]. (6) Si racconta che Gorgia sia 15] , '
vissuto fino a 108 anni, non logorato nel corpo dalla vecchiaia, .
ma in stato di perfetta salute, e nel pieno possesso dei sensi.
82 A 1 a. PHILOSTR. v. soph. I 1. Inizi la sofistica pi antica 82 A 1 a. PHILOSTR. V. S. I 1
in Tessaglia Gorgia da Leontini... Sembra che Gorgia sia stato [nml ] . . . .
il primo a improvvisare discorsi; fu lui infatti che, presentatosi . [sc. ]
in teatro2* agli Ateniesi, os dire: Proponetemi un tema, e fu ''
il primo a pronunciare questa frase arrischiata, mostrando cos [II 272. 20 App.] ,
che sapeva tutto e che poteva parlare su tutto, affidandosi
, '
all'estro del momento.3*
.
82 A 2. SUID. s. v. Gorgia figlio di Carmantida, da Leontini, 82 A 2. SUID. , ,
oratore, scolaro di Empedocle [cfr. A 3], maestro di Polo
,
d'Agrigento,4* di Pericle, di Isocrate, di Alcidamante nativo di
Elea il quale ne eredit anche la scuola. Fu fratello del medico ,
Erodico.5*
[II 272. 25 App.] [A 2a].
Porfirio lo pone nell' 80a olimpiade,6* ma da supporre che
fosse pi vecchio.

[460-457]
.

Egli fu il primo a dare efficacia espressiva ed elaborazione



tecnica all'aspetto oratorio della cultura; e introdusse l'uso di ,
tropi, metafore, allegorie, ipallagi, catacresi, iperbati, e
[II 272. 30]
anadiplosi e epanalessi e apostrofi e parisosi;7* faceva pagare a
ogni scolaro cento mine; visse 109 anni e compose molti scritti. .
. ,

.
82 A 2 a. PLAT. Gorg. 448 B. [Cherefonte a Polo:] Se per
82 A 2 a. PLAT. Gorg. 448 B
caso Gorgia fosse versato nell'arte di suo fratello Erodico [la ,
medicina], che nome sarebbe giusto dargli?
;
82 A 3. DIOG. LAERT. VIII 58-59. Dice Satiro nelle Vite [fr. 82 A 3. DIOG. VIII 58. 59 [s. I 278, 25ff.] [II 272. 35]
12 F.H.G. III 162] che [Empedocle] fu insieme medico e
Empedokles .
oratore valentissimo. Fu suo scolaro Gorgia da Leontini, uomo ,
eminente nell'arte oratoria, su cui ha lasciato anche un
. . .
Trattato8* ... Satiro racconta che egli affermava d'essersi
[fr. 12 F.H.G. III 162],
trovato presente a un incantesimo operato da Empedocle.9*
.
82 A 4. DIODOR. XII 53, 1-5 [arconte Eucles,10*427].
82 A 4. DIOD. XII 53, 1 ff. [Archon Eukles 427]
Frattanto in Sicilia i Leontini, che erano coloni Calcidesi e
[II 272. 40] ,
affini agli Ateniesi, si trovarono ad essere assaliti dai
,
Siracusani: travagliati com'erano dalla guerra, e, per la

superiorit dei Siracusani, rischiando d'esser presi di forza,
[II 273. 1]
mandarono ambasciatori ad Atene, ritenendo che il governo

popolare dovesse mandare aiuti al pi presto per ritrarre la loro
citt dal pericolo. (2) Era capo dell'ambasceria l'oratore Gorgia, . (2)
che per potenza oratoria superava di molto i contemporanei.
. , [II
Egli fu anche il primo a mettere in uso gli artifici oratorii, e di 273. 5] ' .
tanto superava gli altri per sottigliezza sofistica, che prendeva
dagli scolari un compenso di cento mine. (3) Arrivato dunque ,
ad Atene, e ottenuto di parlare dinanzi al popolo, tenne un
. (3)
discorso agli Ateniesi sull'opportunit dell'alleanza, e per

l'originalit del suo linguaggio sbalord gli Ateniesi, gente

raffinata e colta in fatto di lingua. (4) Perch mise in uso per
. [II
primo figure retoriche ridondanti e notevoli per la loro
273. 10 App.] (4)
artificiosit, come antitesi, isocolie, parisosi, omoioteleuti, e
,
altre di questo genere; che allora, per la novit delle trovate,

potevano meritare consenso, ma ora appariscono come
,
preziosit inutili, e il pi delle volte ridicole e stucchevoli. (5) ,
Alla fine, dopo aver persuaso gli Ateniesi ad allearsi coi

. (5)
[II 273. 15 App.]

. Nach Timaios; vgl. DIONYS. d. Lys. 3
.
'
' [PLATO Phaedr. 238 D]
,
. [II 273. 20 App.]
,
[fr. 95 FHG I 216] '

, ,
. Vgl. Proleg. Syll. Rhet. Gr. XIV 27, 11 ff. Rabe.
82 A 5. XENOPH. an. II 6, 16 sgg. Prosseno di Beozia fin da 82 A 5. XENOPH. An. II 6, 16ff.
giovinetto aspirava a diventare uomo capace di grandi cose; e [II 273. 25]
per questo suo desiderio prese lezioni a pagamento da Gorgia
Leontino.
.
82 A 5 a. ARISTOPH. Av. 1694.11*
82 A 5 a. ARISTOPH. Aves 1694
Leontini, e aver riscossa l'ammirazione di Atene per la sua arte
oratoria, se ne ritorn a Leontini. DIONYS. Lys. 3. Gorgia da
Leontini usa molte volte uno stile pesante e ampolloso, e talora
in tono non molto diverso da certi ditirambi [PLAT. Phaedr.
238 D]; e lo imitano, tra i suoi discepoli, le scuole di Licimnio
e di Polo. Anche presso gli oratori ateniesi fu in voga lo stile
poetico e figurato, introdotto da Gorgia, a quanto afferma
Timeo [F.Gr.Hist. 566 F 137], quando, andato ambasciatore ad
Atene, sbalord gli uditori in un pubblico discorso; ma, come
sembra pi esatto, anche da prima fu sempre in certa misura
ammirato.

Nella terra Spionia,12*


di Clessidra presso ai margini,
c' la perfida genia
dei Linguatici, che impingua
di calunnie, e miete, e semina,
e vendemmia con la lingua,
e ci coglie Fiorprocessi.
Son dei barbari, dei Gorgia,13*
dei Filippi: sol per essi
che la lingua a parte mozzasi;14*
e per l'Attica tal rito
si diffuse in ogni sito.

'
[II 273. 30] ,

'
[II 273. 35 App.] ,


.

ARISTOPH. Vesp. 420.


Han, per Eracle, anche i pungoli, o padrone, non l'hai scorto? E
con quei Filippo, il figlio15* di Gorgia, fu in lite morto!
82 A 6. [PLUTARCH.] vit. X orat. p. 832 F. [Antifonte
Ramnusio] nacque al tempo delle guerre persiane [480] e di
Gorgia il sofista, ma un po' dopo di lui. G VITA PTOLEM.
NEOPOL. [Enopide di Chio] era in fama verso la fine della
guerra del Peloponneso, nel tempo in cui fiorivano anche
Gorgia l'oratore, Zenone l'eleata, e secondo alcuni anche
Erodoto, lo storico di Alicarnasso. /

ARISTOPH. Vesp. 420 [II 273. 40]


' . ;
' .
82 A 6. [PLUT.]. vit. X or. p. 832 F [II 274. 1]
[Antiphon v. Rhamnus]
, . Vgl. c. 41, 1a I 393, 10. G
VITA PTOLEM. NEOPOL.
, '
,
, . /

82 A 7. PAUS. VI 17, 7 sgg. dato vedere anche [la statua di] 82 A 7. PAUS. VI 17, 7ff.
Gorgia da Leontini; afferma d'averne dedicato la statua in
: [II 274. 5 App.]
Olimpia Eumolpo nipote di Deicrate, il quale aveva sposato la
sorella di Gorgia. (8) Gorgia era figlio di Carmantida; si dice (8) .
sia stato il primo a rimettere in vigore l'esercizio dell'oratoria, ,
trascurato del tutto e quasi caduto in oblio tra gli uomini.

Anche si dice che si sia reso famoso per i suoi discorsi, sia
.
nelle feste olimpiche, sia in quella ambasceria di cui fu capo,
insieme con Tisia, presso gli Ateniesi... (9) Ma molta pi gloria ' [II 274. 10
di Tisia raccolse presso gli Ateniesi Gorgia; sicch Giasone
App.] . . . (9)
tiranno della Tessaglia [c. 380-70] faceva assai pi conto di lui . , [+
che di Policrate,16* sebbene questi non fosse degli ultimi nella 380-70],
scuola ateniese. Si dice che Gorgia sia vissuto pi di 105 anni. ,
PAUS. X 18, 7. [A Delfi] c' una statua dorata dono votivo di .
Gorgia da Leontini, che rappresenta lui stesso [cfr. ATHEN. XI . PAUS. X 18, 7 [Delphi]
505 D: (Dio) Corinth. 37, 28; A 1, 4]. CICER. de orat. III 32, . [II 274.

129. A Gorgia la Grecia tribut s grande onore, da decretare a


lui solo tra tutti una statua a Delfi, non indorata, ma d'oro.
PLIN. nat. hist. XXXIII 83. Primo tra gli uomini Gorgia da
Leontini pose a se stesso una statua d'oro massiccio nel tempio
di Delfi, circa la 70.a17* olimpiade; tanto era il guadagno a
insegnar arte oratoria!
82 A 8. EPIGR. 875 a p. 534 Kaibel.18*
Gorgia da Leontini, figlio di Carmantida.
a) La sorella di Gorgia spos Deicrate,
che da lei ebbe Ippocrate.
Figlio d'Ippocrate Eumolpo, che consacr questa statua
grato a lui di due cose: l'educazione e l'affetto.

15 App.] Vgl. ATHEN. XI 505 D: [Dio] 37, 28. CIC. de orat.


III 32, 129 cui [Gorg.] tantus honos habitus est a Graecia, soli
ut ex omnibus Delphis non inaurata statua, sed aurea
statueretur. PLIN. N. H. XXXIII 83 hominum primus et
auream statuam et solidam LXX [?] circiter olympiade G.
Leontinus Delphis in templo posuit sibi. tantus erat docendae
artis oratoriae quaestus.[II 274. 20] Vgl. II 272, 3.
82 A 8. EPIGR. 875 a p. 534 Kaibel [Anf. d. 4. Jahrh., 1876 in
Olympia gefunden].
.
a. ,
[II 274. 25] ' .
' , '
, .
b.
'
[II 274. 30 App.]

', .

b) Esercitare l'animo alle gare delle virt:


nessun mortale invent arte pi bella di Gorgia.
Anche nel tempio di Apollo eretta una sua statua:
non sfoggio di ricchezza, ma esempio di animo pio.
82 A 8. a. PLAT. apol. 19 E. [Socrate] Questa s mi sembra
82 A 8. a. PLATO Apol. 19 E [Sokrates]
una bella impresa, se alcuno fosse capace di educar gli uomini , ' .
come Gorgia da Leontini, Prodico di Ceo e Ippia di Elide.
.
82 A 9. AELIAN. var. hist. XII 32. Corre voce che Ippia e
82 A 9. AEL. V. H. XII 32 [II 274. 35 App.]
Gorgia andassero vestiti di porpora.
.
82 A 10. APOLLOD. F.Gr.Hist. 244 F 33 II 1029. Gorgia
82 A 10. APOLLOD. [F.Gr.Hist. 244 F 33, s. oben I 278, 28]
visse altri nove anni dopo i cento. OLYMPIOD. in Plat. Gorg. . PORPHYR. s. II 272, 26
112. In secondo luogo diremo che erano contemporanei;
OLYMPIOD. IN PLAT. Gorg. [Neue Jahrb. Suppl. 14 (1848)
Socrate era nato nel 30 anno della 77. a olimpiade, ed
ed. A. Jahn] p. 112 ,
Empedocle il pitagorico, maestro di Gorgia, fu in relazione con [II 275. 1 App.] ,
lui.
(470/69)
anche certo che Gorgia ha scritto il suo pregevole libro Della , , ' .
natura nella 84.a olimpiade [444-1]. Sicch Socrate gli era
.
maggiore di 28 anni, o poco pi.19* Lo conferma indirettamente [444-1].
Platone nel Teeteto [183 E], quando fa dire a Socrate:
. [II 275. 5]
[183 E vgl. 28 A 5]
'
Ero proprio giovane quando conobbi Parmenide ch'era gi
'.
molto vecchio, e lo trovai uomo di profondissima mente.

Ora Parmenide fu maestro di Empedocle, maestro a sua volta . .
, .
di Gorgia. Gorgia per visse pi a lungo; come si racconta,
Vgl. 82 B 2.
mor a 109 anni. Erano dunque contemporanei [cfr. B 2].
82 A 11. ATHEN. XII 548 C-D. Gorgia da Leontini, del quale 82 A 11. ATHEN. XII 548 CD [II 275. 10 App.] .
lo stesso Clearco racconta nel libro ottavo delle Vite [fr. 15
,
F.H.G. II 308] 20* che per il saggio metodo di vita visse fin
[fr. 15 F.H.G. II 308],
quasi 80 anni, in piena lucidit di mente. E chiedendogli uno [?] .
che regime avesse seguito per vivere tanto tempo, e una vita

cos armonica e sana, rispose: Non cedendo mai all'impulso , ' , ,
del piacere.21* Demetrio di Bisanzio, nel quarto libro
'.
dell'opera Dei poemi, racconta: Gorgia da Leontini, interrogato '., , [II 275. 15 App.]
a che cosa dovesse l'esser vissuto oltre i 100 anni, rispose: Al ,
non aver mai fatto nulla per causa di *** .22*
, ' [?] '.
82 A 12. CICER. Cat. m. 5, 12. Il maestro di Isocrate, Gorgia 82 A 12. CIC. Cato 5, 12 cuius [Isokrates] magister Leontinus
da Leontini, visse oltre 107 anni, senza mai smettere di studiare Gorgias centum et septem complevit annos neque umquam in
e di lavorare. Interrogato perch desiderasse di restar in vita
suo studio atque opere cessavit. qui cum ex eo quaereretur, cur
cos a lungo, rispose: Non ho nulla per cui debba accusar la tam diu vellet esse in vita, "nihil habeo", inquit, [II 275. 20]
vecchiaia.
"quod accusem senectutem".
82 A 13. PLIN. nat. hist. VII 156. fuor di dubbio che Gorgia 82 A 13. PLIN. N. H. VII 156 indubitatum est Gorgian
di Sicilia visse 108 anni. [LUCIAN.] macrob. 23. Degli oratori, Siculum centum et octo vixisse. [LUC.] Macrob. 23

., ,


[II 275. 25]
. Vgl. CENSOR. 15, 3
oben II 85, 18. G Vgl. Democritum quoque Abderiten et
Isocraten rhetorem ferunt prope ad id aetatis pervenisse quo
Gorgian Leontinum, quem omnium veterum maxime senem
fuisse et octo supra centum annos habuisse constat. /
82 A 14. QUINTIL. inst. or. III 1, 8 sg. I pi antichi scrittori di 82 A 14. QUINTIL. III 1, 8 f. artium autem scriptores
arte oratoria furono Corace e Tisia siciliani, ai quali segu un antiquissimi Corax et Tisias Siculi, quos insecutus est vir
loro conterraneo, Gorgia da Leontini, discepolo, a quanto si
eiusdem insulae G. Leontinus, Empedoclis, ut traditur,
dice, di Empedocle. A lui il privilegio d'una lunghissima vita discipulus. is beneficio longissimae aetatis (nam centum et
(visse 109 anni) permise d'esser contemporaneo di molti; e
novem vixit annos) cum multis simul floruit, ideoque et illorum,
perci fu emulo di coloro di cui ho parlato innanzi, e
de quibus [II 275. 30 App.] supra dixi, fuit aemulus et ultra
sopravvisse a Socrate.
Socraten usque duravit.
82 A 15. AELIAN. var. hist. II 35. Gorgia da Leontini, giunto 82 A 15. AEL. V. H. II 35 .
al termine della vita, e colto, per l'estrema vecchiezza, da una
specie di languore, giaceva, scivolando a poco a poco nel
, ' .
sonno. Avvicinatosi a osservarlo uno dei familiari, e chiestogli
che facesse, Gorgia rispose: Ecco gi che il sonno comincia a , . '
consegnarmi alla sua sorella.
'.
82 A 15 a. ATHEN. XI 505 D. Si dice che Gorgia, dopo aver 82 A 15 a. ATHEN. XI 505 D [II 276. 1]
letto lui stesso agli amici il dialogo che porta il suo nome,
.
esclamasse: Con che arte Platone sa prendere in giro!
' '.
82 A 16. QUINTIL. inst. or. III 1, 13. A questi primi oratori 82 A 16. QUINTIL. Inst. III 1, 13 his successere multi, sed
seguirono molti, ma il pi celebre degli scolari di Gorgia fu
clarissimus Gorgiae auditorum Isocrates. quamquam de
Isocrate. Sebbene le testimonianze non siano concordi circa il praeceptore eius inter auctores non [II 276. 5 App.] convenit,
suo maestro, noi tuttavia ci atteniamo ad Aristotele [fr. 139
nos tamen Aristoteli [fr. 139 R.] credimus. Vgl. A 12 .
Rose. Cfr. anche A 12].
82 A 17. [Plutarch.] vit. X orat. p. 838 D [la tomba di Isocrate, 82 A 17. [PLUT.] Vit. X or. p. 838 D [Grabmal des Isokrates,
secondo il periegeta Eliodoro]. C'era anche l accanto una stele nach dem Periegeten Heliodoros]
funebre a bassorilievo, rappresentante delle figure di poeti e di , ,
maestri di lui, fra i quali anche Gorgia, in atto di osservare una
sfera celeste, e con lo stesso Isocrate accanto.23*
.
82 A 18. ISOCR. 15, 155 sg. Chi guadagn pi di tutti [i
82 A 18. ISOCR. 15, 155 f. [II 276. 10 App.]
Sofisti], tra quanti se ne ricordano, fu Gorgia da Leontini.
, , . ,
Questi, vissuto in Tessaglia quando i Tessali erano i pi
, '
benestanti dei Greci, avendo poi avuto una lunghissima vita,
,
tutta dedicata a questa attivit rimunerativa (156) senza mai
, (156) '
dimora stabile in alcuna citt, senza spese per cose pubbliche, '
senza obbligo di tasse, e per di pi senza moglie e senza
,
figliuoli, e perci esente anche da questo carico, di tutti il pi [II 276. 15] , '
duraturo e dispendioso; nonostante avesse tanti vantaggi per

essere ricco pi degli altri, lasci solo mille statri.24*
,
,
.
82 A 19. PLAT. Men. 70 A-B. [Socrate:] - O Menone, prima 82 A 19. PLATO Meno 70 AB ,
d'ora i Tessali eran famosi tra i Greci e si ammiravano per l'arte
del cavalcare e per la ricchezza; ma ora, mi pare, anche per la ' , , [II 276. 20 App.]
sapienza; e non meno degli altri, i concittadini del tuo amico , ,
Aristippo, quei di Larissa. E questo lo dovete a Gorgia; perch, .
giunto col, ha fatto innamorare della sapienza i primi degli
.
Alcuadi,25* tra i quali anche il tuo amatore Aristippo, e degli ,
altri Tessali; e propriamente vi ha avvezzati a questo, a
,
rispondere senza esitazione e con aria d'importanza alle

interrogazioni di chiunque, come si conviene a chi sa; poich , ,
anche lui si faceva interrogare da chi dei Greci volesse, e su
[II 276. 25 App.]
quel che volesse; n lasciava alcuno senza risposta. ARISTOT. ,
pol. 2. 1275 26 [determinazione del diritto di cittadinanza]. . ARISTOT. Pol. 2. 1275 b 26
Gorgia, che alcuni chiamano sofista, visse 108 anni; mor
perch si astenne dal cibo; si dice che, interrogato sulla causa
della sua prolungata e sana vecchiezza, nel pieno possesso dei
sensi, abbia risposto: Per non essermi mai abbandonato alle
gozzoviglie degli altri. Cfr. CENSORIN. de d. nat. 15, 3. G
Anche Democrito di Abdera e l'oratore Isocrate si dice sian
giunti quasi all'et di Gorgia da Leontini, che si sa fu il pi
vecchio di tutti gli antichi, e visse 108 anni. /

Gorgia da Leontini, un po' per scherzo, un po' anche forse


[Bestimmung des Brgerrechtes] .
perch non aveva un'idea chiara, diceva che, come i mortai son '
fatti dai fabbricanti di mortai, cos anche i Larisei son fatti da ,
appositi operai, poich ci sono alcuni che fabbricano Larisei.26*
[II 276. 30 App.] .
82 A 20. PLAT. Gorg. 447 C. [Socrate e Callicle:] - Io vorrei 82 A 20. PLATO Gorg. 447 C [II 277. 1]
sapere da Gorgia in che consiste l'arte sua, e che cos' ci
' [G.],
ch'egli professa ed insegna. Quanto al resto della sua
,
esposizione, lo rimandi pure a un'altra volta, come tu dici. , ' , . Nulla di meglio che interrogar proprio lui, o Socrate; e anzi,
,
questo era uno degli argomenti della sua esposizione; appunto ' [II
ora stava invitando gli astanti a interrogarlo su qualsiasi cosa 277. 5] ,
volessero, dicendo che avrebbe risposto su tutto. PLAT. Gorg. . PLAT. Gorg. 449 C [G. spricht]
449 C. [Gorgia e Socrate:] - Appunto anche questa una delle ,
cose che affermo: nessuno sa dire le stesse cose in meno parole . - ,
di me. - Proprio quel che ci vuole, Gorgia; dammi ora una
, ,
prova solo di questo, di parlare conciso; il discorso prolisso, a .
un'altra volta.
82 A 21. PLAT. Men. 95 C. [Menone] O Socrate, di Gorgia
82 A 21. PLATO Meno 95 C , ,
questo soprattutto mi piace, che non ti capiter mai di sentirgli , [II 277. 10 App.]
fare una promessa simile [cio di esser maestro di virt], anzi [ ],
canzona gli altri, quando li sente promettere. Egli crede invece ,
che necessario formare buoni parlatori.
.
82 A 22. PLAT. Gorg. 456 B. [Gorgia a Socrate,
82 A 22. PLAT. Gorg. 456 B
sull'efficacia della retorica]. M' capitato spesso d'andare [A 2]
con mio fratello o con altri medici da qualche ammalato che [II 277. 15 App.]
non voleva bere la medicina, o farsi tagliare o cauterizzare ,
dal medico; e mentre questi non riusciva a persuaderlo, ci ,
riuscii io, con nessun'altra arte che con la retorica.27*
.
82 A 22 a. OLYMPIOD. in Plat. Gorg. 46, 11 Norvin. Conviene 82 A 22 a. OLYMP. in Plat. Gorg. 46, 11 Norv.
sapere che Gorgia si rec ad Argo, e quegli abitanti gli si
,
mostrarono cos ostili, che anche imposero una multa a chi

frequentava la sua scuola.
' .
82 A 23. ARISTOT. rhet. 3. 1406 b 14 [a proposito di
82 A 23. ARISTOT. Rhet. 3. 1406 b 14
metafore inadatte, perch danno o nel comico, o nel tragico]. , '
Per esempio, il motto di Gorgia alla rondine, che volando gli , ' '
aveva fatto cader addosso gli escrementi, un esempio tipico '. , , ,
di metafora tragica; perch esclam: Vergogna, o Filomela! . [II 277. 20]
Ora, per un uccello, quest'atto non era vergogna, ma s sarebbe , ' .
stato per una fanciulla. Quindi il rimprovero si adattava bene a
quel che Filomela era stata, non a quel che era presentemente.
82 A 24. PHILOSTR. v. soph. I 1. Cos Gorgia, per prendere in 82 A 24. PHILOSTR. V. S. I proem. p. 4, 4 Kays. .
giro Prodico che andava declamando cose rancide, dette e
,
ridette, si diede a improvvisare;28* n gli manc l'invidia degli ,
altri. C'era appunto ad Atene un tal Cherefonte29* ... costui, per ...
disorientare la prontezza di Gorgia, gli chiese: Come va,
'
Gorgia, che le fave gonfiano il ventre, ma non gonfiano il
, , , [II 277. 25]
fuoco? Ma quello, per nulla imbarazzato della domanda:
, ;'
Questo lo lascio considerare a te; per me, so gi da un pezzo ' , , ,
che la terra produce le ferule per tal sorta di gente.
,
'.
82 A 25. PLAT. Phaedr. 267 A [cfr. 80 A 26]. CICER. Brut. 82 A 25. PLATO Phaedr. 267 A [s. II 261, 35]. CIC. Brut. 12,
12, 47. Anche Gorgia compose dei 'luoghi comuni'; infatti di 47 communes loci [80 A 26]; quod idem fecisse Gorgiam, cum
ogni singolo argomento scriveva insieme l'elogio e il biasimo, singularum rerum laudes [II 277. 30] vituperationesque
giudicando egli esser questo il compito precipuo dell'oratore: conscripsisset, quod iudicaret hoc oratoris esse maxime
saper innalzare un argomento con l'elogio, e poi dopo
proprium rem augere posse laudando vituperandoque rursus
demolirlo col biasimo.
adfligere.
82 A 26. PLAT. Phil. 58 A. [Protarco a Socrate:] Udivo
82 A 26. PLAT. Phileb. 58 A . . . ,
spesso dire da Gorgia che l'arte del persuadere molto si

distingue da tutte le arti; in quanto tutto le si assoggetta
' ' , ' . CIC.

spontaneamente, non gi per violenza. CICER. de inv. 5, 2.


de inv. 5, 2 G. Leontinus, antiquissimus fere rhetor, omnibus
Gorgia da Leontini, il pi antico si pu dire dei retori, sostenne [II 277. 35] de rebus oratorem optime posse dicere existimavit.
che l'oratore capace di trattare con competenza qualsiasi
argomento.
82 A 27. PLAT. Gorg. 450 B. [Gorgia a Socrate] Nelle altre 82 A 27. PLATO Gorg. 450 B [G. spricht]
arti, la scienza consiste per cos dire tutta nel lavoro manuale e
in attivit analoghe; mentre nella retorica non v' nessun'opera ,
manuale di questo genere, ma invece, tutta l'azione ed efficacia ,
sua si esplica mediante la parola. Per questo io definisco la
. '
retorica l'arte della parola; e sostengo che la mia definizione , [II 277. 40]
esatta. OLIMPIOD. ad loc. p.131 Jahn. I grammatici citano le . OLIMPIOD. z. d. St. p.131 Jahn. [Jahns Archiv
due parole [lavoro manuale] e
Suppl. 14, 131]
[efficacia] come non dell'uso attico; ed vero infatti che non si [II 278. 1 App.]
usano.30* Si vede che, dato che qui parla Gorgia, Platone gli

mette in bocca espressioni del suo paese. Gorgia, si sa, era di . , , . , '
Leontini.
.
82 A 28. PLAT. Gorg. 453 A [Socrate a Gorgia]. Se bene
82 A 28. PLATO Gorg. 453 A , [G.]
intendo, tu dici che la retorica creatrice di persuasione,31* e [II 278. 5 App.]
che tutta la sua azione, e la sua essenza stessa ha questo per

fine. PLAT. Gorg. 455 A. La retorica quindi, a quanto pare, . PLATO Gorg. 455 A. , ,
creatrice di quella persuasione che atto di fede, non di quella , ' ,
capace di istruire, riguardo al giusto e all'ingiusto.
.
82 A 29. ARISTOT. rhet. 1. 1404 a 24 [sulla differenza tra 82 A 29. ARISTOT. Rhet. 1. 1404 a 24 '
poesia e prosa]. Poich sembrava che i poeti, anche dicendo

cose da nulla, riuscissero a conquistar la fama che godono
, [II 278. 10]
tuttora proprio per lo stile, per questa ragione la prima prosa fu .
di stile poetico; per esempio quella di Gorgia. E ancor oggi la . SYRIAN. in
maggior parte dei profani ritiene che quella sia la prosa
Hermog. I 11, 20 Rabe [DIONYS. HALIC. de imit. 8 p. 31, 13
perfetta. SYRIAN. in Hermog. I 11, 20 [DIONYS. HALIC. de Us.]
imit. 8 p. 31, 13]. Gorgia trasport il linguaggio poetico nei
,
discorsi politici, stimando esser diverso l'oratore dal prosatore. . . Ebend
Lisia invece fece il contrario [cfr. DIONYS. de imit. 7 p. 30,
DIONYS. de imit. I 10, 3 [7 p. 30, 20 Us.].
20].
82 A 30. CICER. orat. 12, 39. Si dice che queste figure
82 A 30. CIC. Orat. 12, 39 [II 278. 15] haec [Antisthesen,
retoriche [antitesi, parisosi ecc.] le usassero per primi
Parisosen usw.] tractasse Thrasymachum Calchedonium
Trasimaco di Calcedonia e Gorgia da Leontini; in seguito,
primum [85 A 2. 3] et Leontinum ferunt Gorgiam, Theodorum
Teodoro di Bisanzio e molti altri, che Socrate nel Fedro
inde Byzantium multosque alios quos appellat
chiama logodedali.32*
in Phaedro Socrates.
82 A 31. CICER. orat. 49, 165. In questa ricerca di una
82 A 31. CIC. Orat. 49, 165 in huius concinnitatis
composita eleganza stilistica sappiamo che Gorgia fu
consectatione Gorgiam fuisse [II 278. 20] principem
insuperato.
accepimus.
82 A 32. CICER. orat. 52, 175. Introdusse l'uso del ritmo
82 A 32. CIC. Orat. 52, 175 (Numerus) princeps inveniendi
Trasimaco, del quale tutto quel che resta scritto anche troppo fuit Thrasymachus, cuius omnia nimis etiam extant scripta
ritmicamente... Fu Gorgia a metter in moda le parisosi, le rime, numerose. nam ... paria paribus adiuncta et similiter definita
le antitesi, che da s, anche senza volerlo, hanno cadenza
itemque contrariis relata contraria, quae sua sponte, etiamsi id
ritmica; ma ne fece un uso eccessivo... (176) Gorgia ha pi
non agas, cadunt plerumque numerose, G. primus invenit, [II
tendenza per quel genere oratorio, e con pi intemperanza
278. 25] sed eis usus est intemperantius ... 176 G. autem
abusa di quegli allettamenti (ch tali li ritiene); mentre Isocrate, avidior est generis eius et eis festivitatibus (sic enim ipse
pur essendo stato da giovane discepolo di Gorgia gi vecchio, censet) insolentius abutitur, quas Isocrates, cum tamen
in Tessaglia, ne fece un uso pi moderato. DIONYS. Isae. 19. audisset in Thessalia adulescens senem iam Gorgiam
Osservando che nessuno superava Isocrate per stile poetico e moderatius iam temperavit. DIONYS. Isae. 19.
per sublimit e solennit d'espressione, mi proposi di lasciare ,
da parte coloro che sapevo inferiori in queste qualit; quanto a [II 278. 30 App.]
Gorgia di Leontini, lo vedevo deviare dall'uso tradizionale e
,
molto spesso cader nel puerile.33*
,

.
82 A 33. ATHEN. V 220 D. Il dialogo di Antistene che
82 A 33. ATHEN. V 220 D
s'intitola Politico contiene un'invettiva contro tutti i capi della [Antisthenes]
democrazia ateniese; quello intitolato Archelao, contro il retore , ' [II 278.

Gorgia.
35] .
82 A 34. CLEM. ALEX. strom. VI 26 [II 443,4]. Da
82 A 34. CLEM. Strom. VI 26 [II 443,4 St.] [II 279. 1]
Melesagora [F.H.G. II21] plagiarono Gorgia da Leontini ed
[F.H.G.II 21]
Eudemo di Nasso [F.H.G. II 21] storici, e oltre ad essi, Bione [F.H.G. II 20]
di Proconneso [F.H.G. II 19].
[F.H.G. II 19].
82 A 35. PHILOSTR. ep. 73 [II 257, 2 ed. Teubner]. Gli
82 A 35. PHILOSTR. Ep. 73 [II 257, 2 ed. Teubn.]
ammiratori di Gorgia erano moltissimi e illustri: anzitutto i [II 279. 5]
Greci di Tessaglia, presso i quali invece di dire: 'fare
, '
l'oratore' si diceva: 'fare il Gorgia' e poi tutto quanto il
, ,
mondo greco, dinanzi al quale in Olimpia pronunzi un

discorso contro i barbari, stando sulla base del tempio. Si .
dice che anche Aspasia di Mileto abbia affinato la lingua di ,
Pericle secondo lo stile di Gorgia; Crizia e Tucidide non

ignorano d'aver preso da lui il tono grandioso e la gravit ' [II 279. 10] ,
pur adattandoli al proprio stile, l'uno con la sua facondia, ' ,
l'altro col suo vigore. Eschine Socratico poi, del quale poco ,
fa tu osservavi [la lettera diretta a Giulia] come
(Iulia ist angeredet),
manifestamente egli sfrondi i suoi dialoghi, non esitava a ,
imitar Gorgia nel discorso su Targelia; dice infatti
[fr. 22 Dittmar; vgl.
pressappoco cos [fr. 22 Dittmar]:34*
Mnscher Philol. Suppl. X 536] '
[II 279. 15 App.]
Targelia di Mileto, andata in Tessaglia, divenne l'amante di .'

Antioco il Tessalo, che regna su tutti i Tessali.
.
Le frasi staccate e gl'inizi improvvisi, propri dei discorsi di
Gorgia, erano nell'uso di molti scrittori, ma soprattutto nella
cerchia dei poeti epici.
B. FRAMMENTI
DEL NON ESSERE O DELLA NATURA 35*

B. FRAGMENTE

82 B 1. ISOCR. 10, 3. E come sarebbe mai possibile superare


82 B 1. ISOCR. 10, 3 [II 279. 20]
Gorgia, colui che ha osato affermare che nulla c' di esistente, o , ,
quel Zenone che ha tentato di dimostrare che una stessa cosa

insieme possibile e impossibile! ISOCR. 15, 268 ... i
. ISOCR. 15, 268 . . .
ragionamenti degli antichi sofisti, di cui uno afferm esserci un ,
numero infinito di enti... Parmenide e Melisso, uno solo; Gorgia . . . , . [II 279.
poi, assolutamente nessuno.
25 App.] .
82 B 2. OLYMPIOD. in Gorg. p. 112 Jahn. anche certo che
82 B 2. OLYMPIOD. IN PLAT. Gorg. p. 112 Jahn [s. A 10 275,
Gorgia ha scritto il suo pregevole libro Della natura nella 84.a 3] .
olimpiade [444-1].36*
[444-1].
82 B 3. SEXT. EMP. adv. math. VII 65-87 37.37* Gorgia da
82 B 3. SEXT. adv. math. VII 65-87 37 .
Leontini fu anche lui del gruppo di coloro che escludono una [II 279. 30 App.]
norma assoluta di giudizio; non per per le stesse obbiezioni ,
che muoveva Protagora e la sua scuola. Infatti nel suo libro
.
intitolato Del non essere o Della natura egli pone tre capisaldi,
l'uno conseguente all'altro: 1) nulla esiste; 2) se anche alcunch , ,
esiste, non comprensibile all'uomo; 3) se pure
, ,
comprensibile, per certo incomunicabile e inspiegabile agli , [II 279. 35]
altri. (66) Che nulla esiste, lo argomenta in questo modo:
. (66) [II 280. 1 App.]
ammesso che qualcosa esista, esiste soltanto o ci che o ci ,
che non , ovvero esistono insieme e ci che e ci che non . , ,
Ma n esiste ci che , come dimostrer, n ci che non ,
. , , ,
come ci confermer; n infine, come anche ci spiegher,
, ,
l'essere e il non essere insieme. Dunque, nulla esiste. (67) E
. (67) [II 280. 5 App.]
invero, il non essere non ; perch, supposto che il non essere . ,
sia, esso insieme sar e non sar; ch in quanto concepito
, ,
come non essere, non sar, ma in quanto esiste come non
, .
esistente, a sua volta esister; ora, assolutamente assurdo che . ,
una cosa insieme sia e non sia; e dunque, il non essere non . E , ,

del resto, ammesso che il non essere sia, l'essere non esister , [II
pi; perch si tratta di cose contrarie tra loro; sicch se del non 280. 10 App.] .
essere si predica l'essere, dell'essere si predicher il non essere. . (68) .
E poich l'essere in nessuno modo pu non essere, cos neppure ,
esister il non essere. (68) Ma neppure esiste l'essere. Perch se
l'essere esiste, o eterno o generato, oppure insieme eterno e , .
generato; ma esso non n eterno, n generato, n l'uno e
( [II 280. 15] ),
l'altro insieme come dimostreremo; dunque l'essere non esiste. . (69) ' ,
Perch se l'essere eterno (cominciamo da questo punto), non .
ha alcun principio. (69) Poich ha un principio tutto ci che
. , .
nasce; ma l'eterno, essendo per definizione ingenerato, non ha , ,
avuto principio. E non avendo principio, illimitato. E se
'
illimitato, non in alcun luogo. Perch se in qualche luogo, [II 280. 20]
ci in cui esso , cosa distinta da esso; e cos l'essere non sar , ,
pi illimitato, ove sia contenuto in alcunch; perch il
. (70) ' .
contenente maggiore del contenuto, mentre nulla pu esser ,
maggiore dell'illimitato; dunque l'illimitato non in alcun
, (
luogo. (70) E neppure contenuto in se stesso. Perch allora
, ' ). .
sarebbero la stessa cosa il contenente e il contenuto, e l'essere [II 280. 25] . '
diventerebbe duplice, cio luogo e corpo; essendo il
, , , ,
contenente, luogo, e il contenuto, corpo. Ma questo assurdo. , . ,
Dunque l'essere non neppure in se stesso.Sicch se l'essere . (71)
eterno, illimitato; se illimitato, non in alcun luogo; e se
. ,
non in alcun luogo, non esiste. Ammessa dunque l'eternit
. ' ,
dell'essere, si conclude all'inesistenza assoluta. (71) Ma
[II 280. 30 App.] '
neppure pu esser nato, l'essere. Perch se nato, o nato

dall'essere, o dal non essere. Ma non pu esser nato dall'essere; .
perch in quanto essere, non mai nato, ma di gi ; n pu . (72)
esser nato dal non essere, perch ci che non , neppure pu
,
generare alcunch, per la ragione che il generante deve di
, , [II 280.
necessit partecipare di una qualche esistenza. Sicch l'essere 35] , , .
non neppur generato. (72) Analogamente, neppure pu esser ,
l'uno e l'altro, cio eterno e generato insieme; perch questi
.[II 281. 1 App.] (73) , ,
termini si escludono a vicenda; e se l'essere eterno, non
,
nato; e se nato, non eterno. E dunque, se l'essere non n . ,
eterno, n generato, n ambedue insieme, l'essere non pu
.
esistere. (73) D'altronde, se , o uno, o molteplice: ma non , ,
n uno n molteplice, come si dimostrer; dunque l'essere non [II 281. 5 App.] ,
. Perch, dato che sia uno, dev'essere comunque o quantit o .
continuit; o grandezza, o corpo. Ma allora, qualunque esso sia .
di queste cose, non pi uno: perch se quantit si divider, .
se estensione si scinder. Similmente, concepito come
. (74)
grandezza sar divisibile; se poi come corpo, sar triplice: ch . [II 281. 10] ,
avr lunghezza, larghezza e altezza. D'altra parte assurdo
' ,
affermare che l'essere non sia nessuna di queste propriet;
.
dunque, l'essere non uno. (74) Ma neppure molteplice:
,
perch se non uno, neppure pu essere pi, dato che la
. (75) ,
pluralit somma di singole unit; per cui, escluso l'uno,
, .
escluso anche il molteplice. Resta cos dimostrato che n
, [II
l'essere, n il non essere esistono. (75) Che poi neppure
281. 15 App.] .
esistano ambedue insieme, facile a dedursi. Perch ammesso ,
che esista tanto l'essere che il non essere, il non essere
. (76)
s'identificher con l'essere, per ci che riguarda l'esistenza; e ' ,
perci, nessuno dei due . Infatti, che il non essere non , gi , ,
convenuto; ora si ammette che l'essere sostanzialmente lo
, . . [II 281.
stesso che il non essere; dunque, anche l'essere non sar. (76) E 20] ,
per vero, ammesso che l'essere sia lo stesso che il non essere, , .
non possibile che ambedue esistano; perch se sono due, non (77) ,
sono lo stesso; e se sono lo stesso, non sono due. Donde segue , .
che nulla . Perch se l'essere non , n il non essere, n sono , , ,
ambedue insieme, n, oltre queste, si pu concepire altra
. [II 281. 25 App.]

possibilit, si deve concludere che nulla . (77) Passiamo ora a ,


dimostrare che, se anche alcunch sia, esso , per l'uomo,
,
inconoscibile e inconcepibile. Se infatti, come dice Gorgia, le , '
cose pensate non sono esistenti, ci che esiste non pensato. . (78)
Questo logico; per esempio, se di cose pensate si pu predicar '
la bianchezza, ne segue che di cose bianche si pu predicare la , '. [II 281. 30 App.]
pensabilit; e analogamente, se delle cose pensate si predica
( ) ,
l'inesistenza, delle cose esistenti si deve necessariamente
.
predicare l'impensabilit. (78) Per il che, giusta e conseguente , (79)
la deduzione, che se il pensato non esiste, ci che non
, ,
pensato. E invero, le cose pensate (rifacciamoci di qui) non . [
esistono, come dimostreremo; dunque, l'essere non pensato. , .] [II 281. 35]
Che le cose pensate non esistano, evidente: (79) infatti, se il ,
pensato esiste, allora tutte le cose pensate esistono, comunque .
le si pensino; ci che contrario all'esperienza: perch non [II 282. 1] . (80)
vero che, se uno pensa un uomo che voli, o dei carri che corran , .
sul mare, subito un uomo si mette a volare, o dei carri a correr ,
sul mare. Pertanto il pensato non esiste. (80) Inoltre, se si
. ,
ammette che il pensato esiste, si deve anche ammettere che
, . [II
l'inesistente non pu esser pensato; perch i contrari hanno
282. 5] '
predicati contrari; e il contrario dell'essere il non essere. E
.
perci in via assoluta, se dell'esistente si predica l'esser
. (81)
pensato, dell'inesistente si deve predicare il non esser pensato. ,
Il che assurdo, perch per esempio e Scilla e Chimera e molte ,
altre cose inesistenti sono pensate. E dunque, ci che esiste non ,
pensato. (81) E come, ci che si vede, in tanto si dice visibile, ( [II 282. 10 App.]
in quanto si vede; e quel che si ode, in tanto si dice udibile, in ' ' ),
quanto si ode; n noi respingiamo le cose visibili pel fatto che
non si odano, n repudiamo le udibili pel fatto che non si
, .
vedano (ch ciascuna dev'esser giudicata dal senso che le
(82) ,
corrisponde, non da un altro), cos anche le cose pensate, se pur ,
non si vedano con la vista n si odano con l'udito, esisteranno, . [II 282. 15 App.]
in quanto sono concepite dall'organo di giudizio che proprio .
di esse. (82) Se dunque uno pensa dei carri che corran sul mare, (83) , .
anche se non li vede, deve credere che ci siano carri che corron ,
sul mare. Ma questa un'assurdit; dunque l'esistente n si
,
pensa, n si comprende. (83) Ma se anche si potesse
,
comprendere, sarebbe incomunicabile agli altri. Posto infatti
; [II 282. 20 App.] (84)
che le cose esistenti sono visibili e udibili, e, in genere,
, ,
sensibili, quante almeno sono oggetti esterni a noi; e di esse, le
visibili sono percepibili per mezzo della vista, e le udibili per , .
l'udito, e non scambievolmente, come dunque si potranno
,
esprimere ad un altro? (84) Poich il mezzo con cui ci
,
esprimiamo, la parola; e la parola non l'oggetto, ci che (85) [II 282. 25 App.]
realmente; non dunque realt esistente noi esprimiamo al
. , ,
nostro vicino, ma solo parola, che altro dall'oggetto. Al modo ,
stesso dunque che il visibile non pu divenire udibile, e

viceversa,38* cos l'essere, in quanto oggetto esterno a noi,
,
non pu diventar la nostra parola. (85) E non essendo parola, .
non potr esser manifestato ad altri. Perch la parola, dice
, [II 282. 30
Gorgia, l'espressione dell'azione che su noi esercitano i fatti App.] , .
esterni, cio a dire le cose sensibili; per esempio, dal contatto (86)
col sapore, ha origine in noi la parola conforme a questa
, ,
qualit; e dall'incontro col colore, la parola conforme al colore.
Posto questo, ne viene che non gi la parola spiega il dato
. , , ,
esterno, ma il dato esterno d significato alla parola.39* (86) E ,
neppure possibile dire che, a quel modo che esistono
[II 282. 35] '
oggettivamente le cose visibili e le udibili, cos esista anche il ' .
linguaggio; sicch, esistendo anch'esso come oggetto, abbia la [II 283. 1]
propriet di significare la realt oggettiva. Perch, ammesso
, .
pure che la parola sia oggetto, egli dice, tuttavia differisce dagli (87)

altri oggetti; e soprattutto differiscono, dalle parole, i corpi


'
visibili; perch altro l'organo, con cui si percepisce il visibile,
ed altro quello, con cui si apprende la parola. Pertanto, la
[II 283. 5] .
parola non pu esprimere la massima parte degli oggetti, cos hnlicher Auszug in [ARISTOT.] d. MXG. 5. 6. 979a 11 come neppure questi possono rivelare l'uno la natura dell'altro. 980b 21. Aristoteles selbst hatte eine Monographie
(87) Di fronte a tali quesiti insolubili, sollevati da Gorgia,
geschrieben (Diog. V 25).
sparisce, per quanto li concerne, il criterio della verit; perch
dell'inesistente, dell'inconoscibile, dell'inesprimibile non c'
possibilit di giudizio.
82 B 3 a. G [ARISTOT.] de M.X.G. c. 5-6. 979 a 11- 980 b
82 B 3 a. G [ARISTOT.] de M.X.G. c. 5-6. 979 a 11- 980 b 21.
21.40* Gorgia afferma che nulla esiste; se poi esiste,
: ' , :
inconoscibile; se poi anche esiste ed conoscibile, non per , ' .
manifestabile ad altri.
(2) , ,
(2) E che nulla esiste, egli lo deduce cos: mettendo insieme le , ,
dottrine di quegli altri filosofi, che ragionando delle cose
, ,
esistenti, sostengono, a quanto pare, gli uni contro gli altri
, , '
princpi contrari - gli uni dimostrando che l'ente uno e non
, '
molteplice, gli altri, che molteplice e non uno; gli uni, che gli .
enti sono ingenerati, gli altri, che sono generati - contro gli uni
e gli altri egli trae la sua conclusione [che nulla esiste]. (3)
(3) , , , ,
Infatti, egli dice, se qualcosa esiste, sar necessariamente o
, .
uno o molteplice, e questi saranno o ingenerati o generati; ma , .
se accade che non sia n uno n molti, n ingenerato n
generato, allora nulla esiste; perch se qualcosa esistesse,
,
sarebbe o l'una o l'altra di queste possibilit. E che l'essere non , ,
n uno n molteplice, n ingenerato n generato, egli si
,
assume di dimostrarlo, parte secondo Melisso, parte secondo .
Zenone, dopo la precedente dimostrazione sua propria, nella
quale afferma che non pu darsi n l'essere n il non essere.41*
(4) , ,
(4) E infatti, se il non essere consiste nel non esistere, il non
. ,
essere per nulla sar meno dell'essere; perch il non essere
, .
non essere, e l'essere essere, sicch il fatto che le cose non
(5) ' , , ,
42
siano non vale meno del fatto che esse siano ... * (5) Se
tuttavia il non essere esiste, allora, egli afferma, l'essere, che . , []
. (6) , , ,
il suo contrapposto, non esiste; perch se il non essere ,
logico che l'essere non sia. (6) Nulla pertanto, egli afferma, pu . ,
esistere, se essere e non essere non sono la stessa cosa. Che se :
poi fossero la stessa, neppur cos alcunch esisterebbe; poich , .
.
il non ente non , e cos anche l'ente, dal momento che la
stessa cosa del non ente. Questo, pertanto, il suo primo
C. 6 (1) ,
ragionamento.
. , .
C. 6 (1) Ma in nessun modo risulta, dagli argomenti che ha
portato, che nulla sia; perch le dimostrazioni sostenute anche
da altri, cos vengono confutate.
(2) Se infatti il non essere , o in senso assoluto, oppure
anche, ugualmente, non essere. Ma questo n appare come un
dato reale, n una necessit logica; anzi, come quando si
hanno due enti, di cui uno , l'altro non : la verit che l'uno
esiste, l'altro no, perch l'ente esistente, mentre il non ente
non esistente. (3) Perch dunque non possibile n essere n
non essere? e l'essere ambedue, non o l'uno o l'altro, non
possibile? Infatti, egli afferma, per nulla il non essere sarebbe
meno dell'essere, ammesso che il non essere fosse qualcosa,
dato che nessuno sostiene che il non essere non esista in alcun
modo.
(4) Che se poi il non ente non esistente, neppure cos il non
ente esisterebbe in modo simile all'ente, perch l'uno non
ente, l'altro, per di pi, .43* (5) Se poi ci fosse vero in senso
assoluto (e come suonerebbe strana la proposizione il non
essere !), se cos appunto fosse, ne risulta forse che il tutto

(2) , ,
. ,
' , , ' , ,
' , .
(3) ,
' . , ,
, .
.
(4) , '
: ,
.
(5) , '
. ' ,
;
.
(6) ,

non sia, piuttosto che sia? Anzi, posta cos la questione, sembra . .
che debba accadere il contrario.
, ;
(6) Se infatti il non essere ente, e l'essere ente, tutto ,
.
poich sia gli enti sia i non enti esistono; poich dal fatto che il (7) ,
non ente , non segue necessariamente che l'essere non sia. (7) . .
Che se uno cos concludesse, cio che il non ente fosse, e l'ente , , .
non fosse, tuttavia non sarebbe men vero che qualcosa c':
(8) , ,
infatti i non enti esisterebbero, secondo il ragionamento di
, :
costui.
.
, ' [] .
(8) E se poi sono la stessa cosa l'essere e il non essere, nulla di , ,
pi ci sarebbe di quello che ci sarebbe, proprio come anche lui . ,
afferma, che se sono la stessa cosa il non ente e l'ente, e l'ente .
, . (9) :
non , allo stesso modo del non ente, sicch nulla esiste,
capovolgendo egualmente lecito dire che tutto : poich esiste , .
, [30 B 2]
tanto il non essere che l'essere, sicch tutto .
: ' .
(9) Dopo questo ragionamento, egli aggiunge: Se l'ente , o ' :
, ,
ingenerato o generato. E se ingenerato, lo suppone infinito
[cfr. 29 A 24].
per i principi di Melisso [30 B 2]; ma l'infinito non potrebbe
(10) ' ,
essere in alcun luogo.
. ' '
. , ' ,
N infatti potrebbe esser contenuto in se stesso, n in altro,
' , . (11)
perch ci sarebbero cos due infiniti, il contenuto e il
' .
contenente.
, : '
, ' ' , '
Ma se non in alcun luogo, non nulla secondo l'argomento di .
Zenone circa lo spazio [cfr. 29 A 24].
(12) , ,
, .
, , , : ,
(10) Per queste ragioni dunque non ingenerato, ma certo
neppur generato. Nulla certo potrebbe generarsi dall'ente n dal . ***.
non ente; perch se l'ente si trasformasse, non sarebbe pi per
se stesso ente, e cos anche il non essere, se diventasse
(14) ' . ,
[qualcosa], non sarebbe pi non essere. (11) Neppure
, , , '
dall'essere sarebbe possibile il divenire; se infatti il non essere .
non , nulla pu nascer dal nulla; se poi il non essere per se
(15) ,
stesso , per quelle stesse ragioni per cui nulla pu nascer
, , : ,
dall'essere, egualmente non pu dal non essere. (12) Se dunque, . (16) ' , .
posto che qualcosa esista, essa deve essere necessariamente o , , , ,
ingenerata o generata, e questo impossibile, impossibile che ,
qualcosa anche esista. (13) E ancora: se qualcosa esiste, dice, .
o uno o pi; ma se non n uno n pi, nulla pu esistere. * * * (17) , .
.44*
, , ,
(14) Neppure, dice, alcunch potrebbe muoversi. Che se si
.
muovesse, non pi sarebbe qual , ma l'essere diverrebbe non
essere, e il non essere sarebbe generato.
(18) ' , , '
(15) E ancora, se si muove e tutt'uno si sposta, non essendo
.
continuo l'essere si separer, n in questo punto ci sar pi
.
l'essere; e se si muove in ogni parte, in ogni parte esso si trova
diviso. (16) E se cos, l'essere non si trova dovunque, ma in
(19) ,
difetto, dice, l dove diviso, usando l'espressione esser
diviso riferito all'essere, invece di vuoto, come scritto nei : , '
,
ragionamenti detti di Leucippo. (17) Se dunque nulla, egli
. (20)
dice che le dimostrazioni ingannano. Poich tutte le cose
pensate devono esistere, e il non essere, se non , neppure deve , .
esser pensato. (18) Se questo vero, non esisterebbe il falso, ' , , .
neppure se, egli afferma, si dicesse che cocchi corrono a gara , .
(21) , , , ;
sulla superficie marina; poich tutto il pensato sarebbe
, , , ;
egualmente valido.
, ; 980b
(19) E infatti le cose vedute ed udite in tanto esistono, in

82 B 4. PLAT. Men. 76 A sgg. [Menone e Socrate:] - E il


82 B 4. PLATO Meno 76 A ff. [Menon und Sokr.]
colore, che cosa dici che sia, Socrate? - Sei prepotente,
[II 283. 10 App.] , ; -
Menone; a un vecchio imponi la briga di risponderti, mentre tu ' ,
poi non vuoi darti la pena di ricordarti e di dire come definisce , ,
Gorgia la virt... Vuoi dunque che ti risponda secondo la
. . . . (C)
dottrina di Gorgia, perch tu possa meglio tenermi dietro? - Ma , ; s: perch no? - Non ammettete voi [Menone e Gorgia] certi
; - [Menon und
effluvi dei corpi, secondo la teoria di Empedocle? [cfr. 31 A
Gorgias] [II 283. 15]
86. 92] - Certo! - E anche i pori, in cui penetrano e attraverso [I 307, 4]; - . -
cui passano gli effluvi? - Appunto. - E che, degli effluvi, alcuni ' ; - . -
corrispondono esattamente ai pori, altri invece sono minori o ,
maggiori? - cos. - E c' poi qualcosa che si chiama vista? - ; - . -
Certo. - Da ci dunque intendi ci ch'io dico diceva Pindaro ; - . - ' [II 283. 20 App.]
[fr. 105-6 Schrder]; cio: il colore quell'effluvio delle
', [fr. 105/6 Schr.3]
45
cose * che commisurato alla vista, e per essa percepibile. - . Ottima mi sembra la tua risposta, Socrate. - Forse perch
, ,
consona al tuo modo di pensare; e insieme, credo, tu comprendi . -
come in modo analogo potresti definire anche la voce, l'odore, , ,
e molte altre cose simili. - Certamente. - Infatti, Menone,
[II 283. 25] . questa definizione di stile tragico.
. - , , .
82 B 5. THEOPHR. de ign. 73 p. 20. La causa per cui dal sole 82 B 5. THEOPHR. de igne 73 p. 20 Gercke (Progr. Gryph.
si appicca la fiamma a una sostanza combustibile con la
1896) [II 284. 1 App.] '
riflessione [dei raggi] sopra un corpo levigato, mentre non si [ ] (
appicca dal fuoco, questa: la tenuit delle particelle che
), ,
costituiscono il sole, e la gradualmente crescente intensit del ['] [II 284. 5
riflesso, mentre il fuoco non pu, per esser costituito
App.] ,
diversamente. Pertanto il riflesso solare, trasmettendosi, per
.
effetto della sua concentrazione e tenuit, fino alla sostanza
, '
infiammabile, pu accenderla; mentre il fuoco non pu,
.
essendo privo di ambedue queste propriet. La fiamma si
,
genera poi dal vetro o dal bronzo o dall'argento perch sono
, . , [II
lavorati in un certo modo, e non, come afferma Gorgia e
284. 10 App.] .
qualche altro crede, perch attraverso i pori [di questi corpi]
passi il fuoco.
ORAZIONE FUNEBRE 46*

Vgl. A 1 II 272, 7ff. B 27


82 B 5 a [fr. 14 O. A. II 131]. ATHANAS. ALEX. Rhet. Gr.
XIV 180, 9 Rabe. La terza forma di retorica quella che per
82 B 5 a [fr. 14 Sauppe Orat. Att. II 131]. ATHANASIUS.
ridicole puerilit piglia un tono rimbombante, e non che una ALEX. Rhet. Gr. XIV 180, 9 Rabe
forma impudente di adulazione; la esercitarono nello stile e nei [II 284. 15 App.]
ragionamenti errati le scuole di Trasimaco e di Gorgia, i quali ,
abusarono della parisosi, senza distinguere quando fosse

opportuna e quando no; e nei concetti e nei traslati molti altri, ,
ma abilissimo tra tutti lo stesso Gorgia, il quale appunto nella
sua Orazione funebre, trovando, secondo tale indirizzo
,
oratorio, poco efficace dire semplicemente avvoltoi, li chiam [II 284. 20 App.] .
'sepolcri viventi'; e che degeneri nei concetti lo testimonia
,
anche Isocrate, quando dice: Come sarebbe possibile ecc. [B
1].

' .' [B 1].
[LONGIN.] . 3, 2
ANON. de subl. 3, 2. Perci fa ridere anche Gorgia da
[II 284. 25]
Leontini, quando scrive:
.
Serse: il Giove dei Persiani
e:
Avvoltoi: sepolcri viventi.
82 B 5 b [fr. 4 O. A. II 129]. PHILOSTR. v. soph. I 9, 5 [= A 1, 82 B 5 b [fr. 4 Sauppe Orat. Att. II 129] PHILOSTR. V. S. I 9,
5].
5 [II 285. 1 App.] [A 1 II 272, 14]

Le vittorie sui barbari vogliono inni, quelle sui Greci, canti


funebri.46*
82 B 6. PLANUD. in Hermog. V 548 Walz. Dionisio il
Vecchio, parlando di Gorgia nel secondo libro dei Caratteri,
scrive cos:

82 B 6. PLANUD. ad Hermog. V 548 Walz.


[II 285. 5]
'
,
Di lui non mi avvenne di leggere orazioni giudiziarie, ma solo , .
politiche, ed anche alcuni modelli retorici;47* invece, per lo pi, (
) [II 285. 10 App.]
orazioni epidittiche. Ecco un esempio dello stile dei suoi

discorsi (fa l'elogio degli Ateniesi segnalatisi in guerra):
; ;
, ' ,
Che cosa manc a questi valorosi, di quanto in un valoroso
, .
deve esserci? che cosa c'era, che esserci non debba? Ch'io
,
riesca a dir ci che voglio, ma ch'io voglia dir ci che devo,
schivando la nemesi divina, fuggendo l'invidia umana. Poich [II 285. 15 App.] ,
costoro possedevano, di divino, la virt, di umano, la mortalit;
anteponendo molte volte la mitezza dell'equit al prepotere del ,
,
diritto,48* la rettitudine della ragione alla pedanteria della
legge; questa ritenendo divinissima e universalissima legge: il , [II 286. 1
dire e il tacere, il fare e il tralasciare ci che si deve e quando App.] ,
si deve; e due cose soprattutto esercitando, di quante conviene , ,
esercitare: senno ed audacia: 49*quello per deliberare, questa ' ,
,
per eseguire; protettori degl'immeritatamente sfortunati,
, [II 286. 5 App.]
punitori degl'immeritatamente fortunati; senza scrupoli di
fronte all'utile, dignitosi di fronte al decoro; moderanti, con la , ,
prudenza del senno, l'imprudenza dell'audacia; insolenti con ,
gl'insolenti, gentili coi gentili, intrepidi con gl'intrepidi, terribili , ,
, .
in circostanze terribili. A testimonianza di ci innalzarono
, [II 286.
trofei sui nemici, ornamenti votivi a Zeus, monumenti a se
stessi;50* non inesperti n di Marte loro congenito, n di amori 10 App.] , ,

legittimi, n di lotta sonante d'armi, n di pace amica di
,
bellezza; rispettosi verso gli di, per giustizia; pii verso i
genitori, per ossequio; giusti verso i cittadini, per equit; devoti ,
verso gli amici, per fedelt. Onde, morti loro, non morto con , ,
loro il rimpianto; ma vive, di lor non pi vivi - in noi mortali, [II 286. 15 App.]
.
immortale.51*
, '
'.
ORAZIONE OLIMPICA
[II 287. 1 App.]
[Cfr. A 1, 4]

Vgl. A 1, II 272, 4ff.

82 B 7. ARISTOT. rhet. 14. 1414 b 29. L'esordio nel genere 82 B 7 [2]. ARISTOT. Rhet. 14. 1414 b 29
epidittico trae argomento da un elogio o da un biasimo; per
.
esempio, Gorgia comincia cos la sua Orazione olimpica:
[II 287. 5 App.] '
, '.
.
Degni dell'universale ammirazione, o Greci
e appunto loda gli organizzatori delle feste solenni.
82 B 8. CLEM. ALEX. strom. I 51 [II 33, 18]. E alla nostra
gara, come dice Gorgia da Leontini,

82 B 8 [0]. CLEM. Strom. I 51 [II 33, 18]


[]
,
, [II 287. 10 App.] (?)
sono necessarie due virt: audacia e sapienza: l'audacia, per
affrontare il pericolo, la sapienza, per svelare l'enigma; perch .
,
la parola come il bando dell'araldo in Olimpia chiama chi si
.
offre, ma incorona chi riesce.
82 B 8 a. PLUTARCH. coni. praec. 43 p. 144 B-C. Una volta 82 B 8 a [0]. PLUT. Coni. praec. 43 p. 144 B-C
che Gorgia l'oratore stava leggendo ai Greci in Olimpia un

discorso sulla concordia, esclam Melantio:


Costui ci d consigli sulla concordia, mentre non riuscito a
metter d'accordo in casa sua se stesso la moglie e la serva; e
son tre soli!
Pare infatti che Gorgia fosse preso d'amore per la servetta, e
che la moglie ne fosse gelosa [ma cfr. A 20].
ORAZIONE PITICA
82 B 9. PHILOSTR. v. Soph. I 9, 4 [cfr. A 1, 4].

[II 287. 15 App.] , ,


,


. Vgl. aber A 20.

82 B 9 [6]. [II 287. 20] PHILOSTR. I 9, 4 [s. A 1 II 272, 2].



82 B 10. ARISTOT. Rhet. 14. 1416 a 1
82 B 10. ARISTOT. rhet. 14. 1416 a 1 [esempio di esordio
come breve formula d'ornamento e d'uso]. Per es., l'Elogio agli '
Elei di Gorgia; che senza preamboli o battute iniziali, comincia '.
senz'altro.
ELOGIO AGLI ELEI

Elide, citt felice!


ENCOMIO DI ELENA 52*

[II 288. 1 App.]

82 B 11. (1) decoro allo stato una balda giovent; al corpo, 82 B 11. (1) , ,
bellezza; all'animo, sapienza; all'azione, virt; alla parola,
, ,
verit. Il contrario di questo, disdoro. E uomo e donna, e parola .
ed opera, e citt e azione,53*conviene onorar di lode, chi di lode [II 288. 5 App.]
sia degno; ma sull'indegno, riversar onta; poich pari
,
colpevolezza e stoltezza tanto biasimare le cose lodevoli,

quanto lodare le riprovevoli. (2) invece dovere dell'uomo, sia . (2) '
dire rettamente ci che si addice,54*sia confutare il contrario; e **
dunque giusto confutare i detrattori di Elena, donna sulla
,
quale consona e concorde si afferma e la testimonianza di tutti i [II 288. 10 App.]
poeti, e la fama del nome, divenuto simbolo delle fortunose
, .
vicende.55* Pertanto io voglio, svolgendo il discorso secondo [II 289. 1
un certo metodo logico,56* lei cos diffamata liberar dall'accusa, App.] ,
e dimostrati mentitori i suoi detrattori e svelata la verit, far
[]
cessare l'ignoranza.
.
(3) Che per nascita e stirpe fosse prima tra i primi - uomini e
donne - la donna di cui ora parliamo, non c' chi lo ignori. Noto (3)
infatti come sua madre fu Leda, e padre autentico un dio,
,
putativo un mortale: Tindaro e Zeus; di cui questi, pel fatto che . [II 289. 5 App.]
era, fu ritenuto suo padre; quegli, pel fatto che appariva, fu
, ,
messo in dubbio; l'uno il pi potente tra gli uomini, l'altro il
, ,
supremo dominatore di tutti gli esseri.
, ,
(4) Da tali generata, ebbe bellezza di dea, e, avutala, non
.
nascose d'averla. Ch in moltissimi moltissime brame d'amore (4) ,
suscit, e con una sola persona molte persone attir di eroi
[II 289. 10 App.]
superbi per superbi vanti: chi avea profusion di ricchezza, chi ,
lustro d'antica nobilt, chi pregio di innato valore, chi

superiorit di sapienza acquisita; e tutti vennero, indotti da
, ,
amore avido di vittoria e da invitta avidit di onore.
, ,
(5) Ma chi fu, e per qual motivo, e in che modo appag l'amore '
colui che conquist Elena, non lo dir: ch il dire, a chi sa, ci [II 289. 15 App.] . (5)
che sa, aggiunge fiducia, ma non porta diletto. E per, varcato '
ora, col discorso, il tempo d'allora, mi rifar dal principio del ,
discorso propostomi, ed esporr le cause per le quali era
, .
naturale avvenisse la partenza di Elena verso Troia.

(6) Infatti, ella fece quel che fece o per cieca volont del Caso, , , '
e meditata decisione di Di, e decreto di Necessit; oppure
[II 289. 20 App.]
rapita per forza; o indotta con parole, 57* Se per il primo
.
motivo, giusto che s'incolpi chi ha colpa; poich la

provvidenza divina non si pu con previdenza umana impedire. (6)


Naturale infatti non che il pi forte sia ostacolato dal pi
,
debole, ma il pi debole sia dal pi forte comandato e condotto; , , .
e il pi forte guidi, il pi debole segua. E la Divinit supera
,
l'uomo e in forza e in saggezza e nel resto. Che se dunque al
[II 290. 1 App.]
Caso e alla Divinit va attribuita la colpa, Elena va dall'infamia .
liberata.
,
(7) E se per forza fu rapita, e contro legge violentata, e contro , ,
giustizia oltraggiata, chiaro che del rapitore la colpa, in
. '
quanto oltraggi, e che la rapita, in quanto oltraggiata, sub una . [II 290. 5 App.]
sventura. Merita dunque, colui che intraprese da barbaro una , []
barbara impresa, d'esser colpito e verbalmente, e legalmente, e .
praticamente; verbalmente, gli spetta l'accusa; legalmente,
(7)
l'infamia; praticamente, la pena. Ma colei che fu violata, e della , ,
patria privata, e dei suoi cari orbata, come non dovrebbe esser .
piuttosto compianta che diffamata? ch quello comp il male, [II 290. 10 App.]
questa lo pat; giusto dunque che questa si compianga, quello ,
si detesti.
,
(8) Se poi fu la parola a persuaderla e a illuderle l'animo,58*

neppur questo difficile a scusarsi e a giustificarsi cos: la
;
parola un gran dominatore, che con piccolissimo corpo e
,
invisibilissimo, divinissime cose sa compiere; riesce infatti e a , .
calmar la paura, e a eliminare il dolore, e a suscitare la gioia, e (8) [II 290. 15 App.]
ad aumentar la piet.59* E come ci ha luogo, lo spiegher. (9) ,
Perch bisogna anche spiegarlo al giudizio degli uditori: la
. ,
poesia nelle sue varie forme io la ritengo e la chiamo un

discorso con metro,60* e chi l'ascolta invaso da un brivido di
spavento, da una compassione che strappa le lacrime, da una .
struggente brama di dolore, e l'anima patisce, per effetto delle [II 290. 20 App.] (9)
parole, un suo proprio patimento, a sentir fortune e sfortune di
fatti e di persone straniere. Ma via, torniamo al discorso di

prima. (10) Dunque, gli ispirati incantesimi di parole61* sono
apportatori di gioia, liberatori di pena. Aggiungendosi infatti, , '
alla disposizione dell'anima, la potenza dell'incanto, questa la
blandisce e persuade e trascina col suo fascino. Di fascinazione [II 290. 25 App.] . '
e magia si sono create due arti, consistenti in errori dell'animo e . (10)
in inganni della mente. (11) E quanti, a quanti, quante cose
, [II 291. 1 App.]
fecero e fanno credere, foggiando un finto discorso! Che se

tutti avessero, circa tutte le cose, delle passate ricordo, delle

presenti coscienza, delle future previdenza, non di eguale
. ,
efficacia sarebbe il medesimo discorso,62* qual invece per
. (11)
quelli, che appunto non riescono n a ricordare il passato, n a [II 291. 5 App.]
meditare sul presente, n a divinare il futuro; sicch nel pi dei .
casi, i pi offrono consigliera all'anima l'impressione del

momento. La quale impressione, per esser fallace ed incerta, in ,
fallaci ed incerte fortune implica chi se ne serve. (12) Qual
,
motivo ora impedisce di credere che Elena sia stata trascinata
da lusinghe di parole, e cos poco di sua volont, come se fosse [II 291. 10 App.]
stata rapita con violenza? Cos si constaterebbe l'imperio della .
persuasione, la quale, pur non avendo l'apparenza

dell'ineluttabilit, ne ha tuttavia la potenza.63* Infatti un
. (12)
discorso che abbia persuaso una mente, costringe la mente che
ha persuaso, e a credere nei detti, e a consentire nei fatti. Onde .
chi ha persuaso, in quanto ha esercitato una costrizione,
[II 291. 15 App.]
colpevole; mentre chi fu persuasa, in quanto costretta dalla
, .
forza della parola, a torto vien diffamata. (13) E poich la
[II 292. 1 App.] , ,
persuasione, congiunta con la parola, riesce anche a dare

all'anima l'impronta che vuole, bisogna apprendere anzitutto i . ,
ragionamenti dei meteorologi,64* i quali sostituendo ipotesi a
ipotesi, distruggendone una, costruendone un'altra, fanno
. (13) '

apparire agli occhi della mente l'incredibile e l'inconcepibile;65* [II 292. 5 App.] ,
in secondo luogo, i dibattiti oratorii di pubblica necessit
,
[politici e giudiziari],66*nei quali un solo discorso non ispirato '
a verit, ma scritto con arte, suol dilettare e persuadere la folla;
in terzo luogo, le schermaglie filosofiche,67* nelle quali si
,
rivela anche con che rapidit l'intelligenza facilita il mutar di
convinzioni dell'opinione.
, [II 292. 10 App.]
(14) C' tra la potenza della parola e la disposizione dell'anima ,
lo stesso rapporto che tra l'ufficio dei farmachi e la natura del . (14)
corpo.68* Come infatti certi farmachi eliminano dal corpo certi
umori, e altri, altri; e alcuni troncano la malattia, altri la vita;
cos anche dei discorsi, alcuni producon dolore, altri diletto,
.
altri paura, altri ispiran coraggio agli uditori, altri infine, con [II 292. 15 App.] ,
qualche persuasione perversa, avvelenano l'anima e la
, [II 293. 1 App.]
stregano.69*
, , ,
(15) Ecco cos spiegato che se ella fu persuasa con la parola, ,
non fu colpevole, ma sventurata. Ora la quarta causa spiegher .
col quarto ragionamento. Che se fu l'amore a compiere il tutto, (15) , , '
non sar difficile a lei sfuggire all'accusa del fallo attribuitole. , [II 293. 5 App.]
Infatti la natura delle cose che vediamo non quale la
.
vogliamo noi, ma quale coessenziale a ciascuna; e per mezzo ,
della vista, l'anima anche nei suoi atteggiamenti ne vien
. ,
modellata. (16) Per esempio, se mai l'occhio scorge nemici
, '
armarsi contro nemici in nemica armatura di bronzo e di ferro, . (16)
l'una a offesa, l'altra a difesa, subito si turba, e turba l'anima,
[II 293. 10 App.] []
sicch spesso avviene che si fugge atterriti, come fosse il
,
pericolo imminente.
, ,
Poich la consuetudine della legge, per quanto sia salda, viene ,
scossa dalla paura prodotta dalla vista, il cui intervento fa
.
dimenticare e il bello che risulta dalla legge, e il buono che

nasce dalla vittoria.70*(17) E non di rado alcuni, alla vista di
, [II 293. 15 App.]
cose paurose, smarriscono nell'attimo la ragione che ancora

possiedono: tanto la paura scaccia e soffoca l'intelligenza.
. (17)
Molti poi cadono in vani affanni, e in gravi malattie, e in

insanabili follie; a tal punto la vista ha impresso loro nella

mente le immagini delle cose vedute. E di cose terribili molte .
ne tralascio; ch sono, le tralasciate, simili a quelle anzidette. [II 293. 20 App.]
(18) D'altro lato i pittori, quando da molti colori e corpi

compongono in modo perfetto un sol corpo e una sola figura, .
dilettano la vista. E figure umane scolpite, figure divine
, '
cesellate sogliono offrire agli occhi un gradito spettacolo.
.
Sicch certe cose per natura addolorano la vista, certe altre
(18) [II 294. 1 App.]
l'attirano. Ch molte cose, in molti, di molti oggetti e persone
inspirano l'amore e il desiderio. (19) Che se dunque lo sguardo ,
di Elena, dilettato dalla figura di Alessandro, inspir all'anima
fervore e zelo d'amore, qual meraviglia? il quale amore, se, in . [II 294. 5
quanto dio, ha degli di la divina potenza, come un essere
App.] .
inferiore potrebbe respingerlo, o resistergli? e se poi
. (19)
un'infermit umana e una cecit della mente, non da

condannarsi come colpa, ma da giudicarsi come sventura;
,
venne infatti, come venne, per agguati del caso, non per
; ,
premeditazioni della mente; e per ineluttabilit d'amore, non
[II 294. 10
per artificiosi raggiri.
App.] ; '
(20) Come dunque si pu ritener giusto il disonore gettato su , '
Elena, la quale, sia che abbia agito come ha agito perch
, , ,
innamorata, sia perch lusingata da parole, sia perch rapita
, ,
con violenza, sia perch costretta da costrizione divina, in ogni .
caso esente da colpa?
(20)
(21) Ho distrutto con la parola l'infamia d'una donna, ho tenuto , [II 294. 15 App.] '
fede al principio propostomi all'inizio del discorso, ho tentato

,
;
(21) ,

,
, [II 294. 20 App.]
.

82 B 11 a. (1) Tanto l'accusa quanto la difesa non fan questione 82 B 11 a. (1)
di vita o di morte; poich la morte, gi la natura l'ha votata, con []
un voto manifesto per tutti i mortali, il giorno in cui nacquero; [II 295. 1 App.]
qui invece in gioco il disonore e l'onore: se io debba secondo ,
,
la legge comune morire72* ovvero col pi grande oltraggio e
'
sotto l'accusa pi infamante, di morte violenta perire. (2)
Essendo due questi casi, l'uno l'avete in pieno potere voi, l'altro . (2)
, [II 295. 5 App.] ' , ,
io; e cio, la giustizia, io; la violenza, voi. Uccidermi infatti
potrete, volendolo, facilmente; poich disponete di quei mezzi .
dei quali per nulla io dispongo. (3) Or dunque, se l'accusatore ,
Ulisse - o che sapesse con certezza aver io tradito la Grecia ai . (3)

barbari, o che ritenesse73* che le cose stessero cos - avesse
'
mosso l'accusa per amor della Grecia, sarebbe un uomo
perfetto; e come , dato che salva e la patria, e i genitori, e tutta ' [II 295. 10 App.] , []
la Grecia, e per di pi punisce il colpevole? Ma se per invidia o , , ,
,
per frode o per furfanteria egli avesse inventato una simile
;
accusa, come per i motivi anzidetti sarebbe un uomo ottimo,
cos per questi sarebbe pessimo.(4) Ma donde rifarsi per entrare , '
, . (4)
in tale argomento? che dire per primo? a qual punto della
difesa rivolgermi? Poich un'accusa non dimostrata ispira uno [II 295. 15 App.] ; ;
;
spavento manifesto; e a causa dello spavento, vengono per
,
forza a mancar le parole; a meno che non mi suggeriscan
qualcosa la verit stessa e la presente necessit, maestre ricche , '
pi di pericoli che di espedienti. (5) Pure, che l'accusatore mi ,
accusi senza saper nulla di certo, io di certo lo so; poich ho . (5)
[II 295. 20 App.] ,
coscienza ben certa di non aver fatto nulla di simile; n so
come qualcuno potrebbe sapere una cosa non avvenuta. Se poi
egli mosse l'accusa fondandosi sopra una supposizione, io vi ' .
dimostrer che non dice il vero con un duplice ordine di prove: ,

cio che n, volendo, avrei potuto, n, potendo, avrei voluto
mettermi in un'impresa di tal genere. (6) Comincio dal primo
. [II 295. 25 App.] (6)
argomento, come cio non avrei potuto far quest'azione.
, .
Bisognava infatti che del tradimento ci fosse qualche
precedente; e il precedente, sarebbe stato un colloquio; poich ,
[II
ai fatti devono per forza precedere le parole. Ma come ci
296. 1 App.] .
sarebbero stati colloqui, se non c' stato alcun incontro? E
;
come ci sarebbe stato incontro, se n lui mand qualcuno da
me, n alcuno and da parte mia presso di lui? Perch neppure ' '
un avviso scritto pu arrivare senza qualcuno che lo porti. (7) ' ;
. [II 296. 5
Ma ammettiamo che la cosa sia avvenuta mediante un
App.] (7) .
colloquio: io m'intendo con lui e lui con me, in qualche
74
modo. * Ma chi, con chi? Io, greco, con lui barbaro. E in che ; ; .
modo ascolto e parlo? forse da solo a solo? ma non ci
comprenderemo a vicenda. O forse con un interprete? ma allora ; ; '
egli divien terzo testimone di cose che van tenute nascoste. (8) . ' ;
.
Pure, ammettiamo anche questo, sebbene non sia stato. In
seguito a tali colloqui bisognava dare e ricevere un pegno. Qual (8) [II 296. 10 App.] ,
. .
pegno poteva essere? forse un giuramento? e chi avrebbe
creduto a me, al traditore? allora ostaggi? quali? per esempio, ; ;
; ' ; ;
io avrei potuto dar mio fratello (ch non avevo altri) e il
barbaro uno dei figli; e questo sarebbe stato il massimo pegno ' ( ),
'
di lui verso me, e di me verso lui. Ma questo fatto sarebbe
di annientare l'ingiustizia di un'onta e l'infondatezza di
un'opinione; ho voluto scrivere questo discorso, che fosse a
Elena di encomio, a me di gioco dialettico.

' [II 296. 15 App.] .


venuto a conoscenza di voi tutti. (9) Ma si potr dire che noi ci . (9)
, ,
siamo impegnati con denaro; lui col darlo, io col riceverlo.
. ; '
Forse per poco? ma non sarebbe ragionevole, in cambio di
grandi servigi, ricever poco danaro. Allora per molto? e in che .
modo fu portato? e come poteva portarlo? o furono in molti? ; ; ' ;
; [II 296. 20 App.]
Ma se furono molti a portarlo, molti furono testimoni della
,
congiura; se fu uno solo, il denaro portato non poteva esser
molto. (10) E lo portaron di giorno o di notte? Ma numerosi e . (10)
frequenti sono i posti di guardia notturni, alla cui sorveglianza ; , '
impossibile sfuggire. Allora di giorno? Ma la luce nemica a . ' ; .
tali imprese. Pure, ammettiamolo. Fui io ad uscire per ricevere . ' ,
il denaro, oppure chi lo portava riusc a penetrare? Ambedue i ; . [II 296. 25]
casi sono assurdi. Pure, una volta preso, come l'avrei celato ai ; '
; ' ; '
miei di casa e agli altri? dove l'avrei deposto? come l'avrei
, [II 297. 1 App.]
custodito? ch, adoprandolo, mi sarei scoperto; e non
' ; (11)
adoprandolo, che vantaggio ne avrei avuto? (11) Ma
. , , ,
ammettiamo pure come avvenuto ci che non avvenuto.
' , , .
Fummo a convegno, parlammo, udimmo, io presi denaro da
.
loro, lo presi di nascosto, lo nascosi. Doveva finalmente
. [II 297. 5 App.]
compiersi quello per cui tutto ci era stato fatto. Or questo
appunto ancor pi inesplicabile delle cose anzidette. Perch, ' ' .
agendo, o agivo da solo, o con altri. Ma non era impresa d'un ' ; ; .
; .
solo. Allora con altri? ma chi? Con i congiurati, evidente.
; . ;
Liberi, o schiavi? Voi, tra cui mi trovo, siete uomini liberi:
' '
parli, chi di voi sa qualcosa. Quanto ai servi, come non
. (12) [II 297. 10 App.]
diffidare di essi? Essi accusano o di loro iniziativa, per la
speranza della libert, o per imposizione, costretti da sevizie. ;
. ;
(12) L'impresa, poi, come si svolse? chiaro che bisognava
introdurre dei nemici pi forti di voi; ci che impossibile. E ; '
, ' . '
come poi li avrei introdotti? forse per le porte? ma non a me
spetta il chiuderle e l'aprirle, bens alle guardie addette a tale ; ;
. ; [II 297. 15 App.]
ufficio.
O forse dando la scalata alle mura? ma come non m'avrebbero .
( ) ' ,
visto? Ch le mura son tutte piene di sentinelle. O infine,
facendo una breccia nel muro? Ma ci sarebbe stato visibile a .
.
tutti; poich si vive a cielo scoperto (vita d'accampamento)
quando si in armi; dove tutti vedono tutto, e tutti da tutti son (13) .
[II 297. 20 App.] ,
visti. Mi era dunque impossibile, del tutto e sotto tutti gli
;
aspetti, il far tutto ci.
(13) Considerate insieme anche questo: a che scopo mi avrebbe
. ' ; (
giovato il voler compiere quest'azione, posto che ne avessi
' .) ;
avuto il pieno potere? Poich non c' nessuno che
gratuitamente voglia correre i pi gravi rischi, e neppure essere ; ' [']
cos scellerato, da compiere la pi grande delle scelleratezze. , [II 297. 25 App.] ,
Dunque, a che scopo? torno a chiedervi; forse per dominare? su , , ,
voi o sui barbari? Ma su voi, impossibile; ch tanti siete e tali, , . (14) ;
che tutti i doni pi grandi li avete: virt di antenati, abbondanza [II 298. 1 App.] ;
, ;
di ricchezze, gesta eroiche, arditi disegni, domini di citt.
(14) O forse sui Ma chi mi ceder il potere? o con quali mezzi ; ' , '
conquister, io greco, dei barbari; io solo, una moltitudine? con . '
, ;
la persuasione o con la forza? Ma n essi si lascerebbero
[II 298. 5 App.]
persuadere, n io riuscirei a costringerli. O forse si
sottometteranno, d'accordo loro ed io, dandosi in cambio come ,
prezzo del tradimento? Ma prestarvi fede e accettarlo sarebbe ; (15)
insigne follia; chi mai infatti preferirebbe il servire al regnare - .
all'ottimo stato, il pessimo? (15) Si potr dire che per cupidigia ,
di ricchezze e di beni io tentai quest'impresa. Ma, da un lato, io , ' [II 298.
posseggo una discreta fortuna; dall'altro, non aspiro a ricchezze 10 App.] , '

pi grandi. Infatti hanno bisogno di molto denaro coloro che
.
molto spendono; non quelli che comandano alla libidine dei

. ' ,

sensi, ma quelli che della libidine sono schiavi, e che con
, . (16)
l'aiuto della ricchezza e della magnificenza aspirano ad
acquistare onori. Ma nulla c' in me di questi desideri; e ch'io ' [II 298. 15 App.]
dica il vero, vi citer come testimone degna di fede la mia vita . ' '
passata, della qual testimone siete voi testimoni; ch vivete con
me, e perci sapete bene queste cose. (16) E invero, neppur per ;

brama di onori si metterebbe in tali imprese un uomo che
avesse solo un briciolo di senno. Ch gli onori vengono dalla , ' . (17) '
[II 298. 20 App.] []
virt, non dal vizio, e un traditore della Grecia che onore
. , ,
potrebbe ottenere? D'altronde, a me non mancavano onori,
poich ero onorato, per cosa la pi onoranda, dagli uomini pi , ,
, ,
onorandi: da voi, per la sapienza. (17) E neppure potrebbe
essere il bisogno di sicurezza la ragione d'un atto simile. Ch a , .
tutti odioso il traditore: alla legge, alla giustizia, agli di, alla , . (18)
[II 298. 25 App.]
moltitudine; perch viola la legge, infrange la giustizia,
corrompe la moltitudine, offende la divinit. E per chi vive una ;
vita simile, tra i pi grandi pericoli, non c' sicurezza. (18) Ma .
forse, con l'intenzione di giovare ad amici, nuocere a nemici? , .
Ch si potrebbe commettere la colpa anche per queste ragioni.
. (19) ,
Ma io avrei fatto il contrario: avrei nociuto agli amici, avrei
giovato ai nemici. Dunque, quest'impresa non avrebbe portato [II 298. 30 App.]
. ' [II 299. 1
nessun vantaggio; n c' alcuno che lavori d'astuzia per
desiderio di averne danno. (19) Resta se io agii per fuggire o un App.] .
timore, o una fatica, o un pericolo. Ma queste ragioni, nessuno ,
potrebbe dire in che mi riguardino. Poich due son le ragioni **
[] ,
per cui tutti fan tutto: o per conseguire un guadagno, o per
evitare una pena; e tutto quanto si macchina per ragioni diverse , , , [II 299. 5
da queste, reca del danno a chi lo fa.75* Che io avrei fatto del App.] , , ,
. ,
male a me stesso, oprando cos, fuor di dubbio: poich
. (20)
tradendo la Grecia avrei tradito me stesso, genitori, amici,
. ;
dignit di antenati, templi aviti, tombe, citt patria, la pi
; ;
grande della Grecia; e quelle cose appunto che a tutti stanno
; ' [II 299. 10
pi a cuore, io le avrei gettate in mano a gente ostile. (20)
Considerate ancora: che vita impossibile a viversi sarebbe stata App.] ;
; ,
la mia, se avessi fatto ci? dove rivolgere i passi? forse in
,
Grecia? per pagare la pena a quelli che avevo offeso? e chi
, '
infatti, degli offesi da me, mi avrebbe risparmiato? O se no,
rimanere tra i barbari? noncurante di quanto forma il massimo ; ' ,
bene dell'uomo, privato dell'onore pi bello, costretto a vivere , ' . (21)
in turpissima infamia, rinnegate tutte le fatiche sostenute per [II 299. 15 App.]
vivere virtuosamente nel passato? e questo, per opera mia! che ,
la massima vergogna per un uomo, essere infelice per propria , ;
colpa. (21) N invero pur tra i barbari avrei potuto vivere con .

fiducia; in che modo infatti, dato che essi avrebbero saputo
aver io commesso la pi grande infedelt, cio tradito gli amici
ai nemici? E senza fiducia, la vita non si pu vivere. Chi abbia . [II 299. 20 App.] '
'
perso le sostanze, o sia caduto dal potere, o sia esiliato dalla
patria, pu sempre ricuperar queste cose; ma chi abbia perso la , .
(22)
fiducia, non la pu pi riacquistare. Cos dunque resta
.
dimostrato che n avrei voluto potendo, n, volendo, avrei
potuto tradire la Grecia. (22) Voglio, dopo ci, discutere col ; ,
mio accusatore. A chi mai prestasti fede per muover l'accusa, . [II 299. 25 App.]
un uomo quale tu sei, contro uno quale son io? poich merita ; ,
.
che si sappia, tu che sei quel che sei, che cosa ti permetti di
dire, tu cos indegno, contro di me immeritevole. Quello di cui , , ,
mi accusi lo sai per prova, o solo lo supponi? Ch se lo sai per , , , [II 300. 1 App.] ,

prova, l'hai saputo o perch l'hai visto, o perch vi hai
partecipato, o perch t' stato detto da uno che vi partecip. Se , , , ,
l'hai visto, rivela a costoro il modo, il luogo, il tempo, quando .
e dove e come vedesti; se hai partecipato, sei implicato nella .

. (23) [II 300. 5 App.]


medesima accusa; se l'hai udito da uno che vi partecip, questo , , ,
.
stesso, chiunque sia, si faccia avanti, si mostri, testimoni.
Poich l'accusa, cos attestata, sar pi degna di fede; dato che ,
, ,
ora appunto n tu n io abbiamo testimoni da produrre. (23)
Dirai, forse, che il non produrre tu testimoni di cose secondo te ,
avvenute, equivale al non produrli io, di cose non avvenute. Ma [II 300. 10 App.]
,
non lo stesso; perch in certo modo impossibile
testimoniare di una cosa che non avvenuta; mentre di ci che . (24) ,
avvenuto, non solo non impossibile, ma anzi, facile; e non . ,
, ,
solo facile, ma anche indispensabile; a te invece non
riuscito di trovare non solo dei testimoni, ma neppure dei falsi , ,
testimoni; mentre a me non sarebbe possibile trovarne alcuno ; [II 300. 15 App.]
n degli uni n degli altri. (24) chiaro pertanto che tu non hai ;
,
le prove delle accuse che muovi; resta dunque che tu, senza
saper nulla di certo, ti fondi su congetture. Tu dunque, o il pi . '
temerario degli uomini, fidandoti sull'apparenza, la pi infida ,
delle cose, senza conoscere la verit, osi accusare un uomo di , . (25)
delitto capitale? che delitto di tal genere ti consta ch'egli abbia
, [II 300. 20 App.] ,
commesso? Vero che il congetturare comune a tutti, e su
qualsiasi cosa; n per nulla tu sei in ci pi esperto degli altri. .
,
Ma n si deve prestar fede a chi congettura, bens a chi sa di
, ,
certo; n da ritenersi pi degna di fede l'opinione che la
,
verit, bens, al contrario, la verit pi dell'opinione.
(25) Inoltre, nell'accusa che hai pronunziato contro di me, mi , , ' ,
' , [II 300. 25 App.]
hai attribuito due qualit, che sono diametralmente opposte:
.
accortezza e pazzia, le quali non possono trovarsi nella
,
medesima persona. Giacch in quanto mi definisci scaltro e

abile e ingegnoso, mi accusi d'accortezza, in quanto sostieni
; (26) ' ,
ch'io tradivo la Grecia, di pazzia; ch pazzia il tentar delle
imprese impossibili a effettuarsi, e inutili, e disonorevoli, con .
le quali si nuocer agli amici, si giover ai nemici, e si render , [II 300. 30 App.] , '
,
la propria vita esecranda e malsicura. Pertanto, come si pu

prestar fede a un tal uomo, il quale nello stesso discorso,
[II 301. 1 App.]
parlando alle stesse persone, sugli stessi argomenti, afferma
cose assolutamente contrarie? (26) Vorrei poi sapere da te, se . , ' ,
gli uomini accorti li reputi savi o pazzi; se pazzi, sar un modo . ' . (27)
nuovo di ragionare, ma non esatto; se savi, non certo si addice
a gente assennata il macchiarsi delle pi gravi colpe e preferire
il male al bene di cui pu godere. Se dunque sono accorto, non [II 301. 5 App.]
commisi colpa; se commisi colpa, non sono accorto. Sicch in . .
ambedue i casi tu saresti convinto di menzogna. (27) E sebbene (28) '
,
io potrei di rimando accusarti di colpe e molte e grandi, e
antiche e recenti, tuttavia non voglio farlo; ch non per i tuoi , .
[II 301. 10 App.]
demeriti, ma per i miei meriti voglio difendermi da
. ,
quest'accusa. Quanto ho detto, dunque, va a te.
,
(28) A voi poi, signori giudici, voglio parlare di me; sar
, '
antipatico, ma vero; e se forse non sta bene in chi non

accusato, a un accusato s'addice. Poich ora, rivolgendomi a
voi, voglio anche render conto della mia vita passata, vi prego, . (29)
se mai io vi richiami alla mente qualcuna delle buone azioni da , [II 301. 15] '
me compiute, di non far opposizione al mio dire, ma di ritener ,

necessario che uno, accusato di colpe orribili, e falsamente,
. '
possa citare qualcuna delle buone azioni da lui realmente
compiute, dinanzi a voi che le conoscete; la qual cosa per me
. (30)
sollievo grandissimo.
(29) La prima e la seconda, che poi anche la principale, son ' , [II 301. 20 App.]
queste: che tutta quanta la mia vita passata, dal principio alla ' ,

fine, impeccabile, pura di qualsiasi colpa; nessuno infatti
,
potrebbe dinanzi a voi rinfacciarmi alcuna accusa fondata di
, .
disonest. Tanto vero, che neppure l'accusatore port alcuna

,
prova delle accuse pronunziate; e cos il suo discorso equivale [II 301. 25 App.]
, []
ad una diffamazione senza argomenti di fatto. (30) E potrei
anche affermare - e affermandolo, n mentirei, n potrei essere , ,
[II 302. 1 App.] ,
smentito - non solo d'essere stato senza colpa, ma per di pi,
d'essere stato gran benefattore e di voi, e dei Greci, e di tutti gli ,
, ;
uomini, e non solo dei contemporanei, ma ancora dei
posteri. Infatti, chi altri avrebbe saputo rendere la vita umana ' ; (31)
, [II 302.
facile da difficile che era, e civile da incolta, inventando le
5 App.]
regole dell'arte della guerra, cosa essenziale per trovarsi in

condizioni di superiorit, e le leggi scritte custodi della
giustizia,76* e l'alfabeto strumento della memoria, e misure e . , ,
pesi, comodi mezzi di scambio nei rapporti commerciali, e il ' . (32)
numero custode dei beni, e i fuochi, efficacissimi e velocissimi ,
messaggeri, e gli scacchi, passatempo immune da affanni? Ma ' ' . [II
a che vi richiamo tutto questo alla mente? (31) Per dimostrarvi, 302. 10 App.] ,
, ,
da un lato, che di tal genere son le cose cui attendo; per
argomentarne, dall'altro, che dalle azioni turpi e malvage io mi ,
tengo lontano; ch chi attende a quelle, che attenda a queste '
impossibile. Onde sostengo che se in nulla io vi offesi, neppur ,
io debba esser offeso da voi. (32) N c' alcun altro lato della , .
mia condotta per cui io meriti che mi si faccia ingiuria, n da [II 302. 15 App.]
, ,
parte di giovani, n da vecchi. Ch ai vecchi non do noia, ai
. (33)
giovani non sono inutile; verso i felici non invidioso, verso
, .
gl'infelici pietoso; non spregio la povert, n antepongo la
ricchezza alla virt, anzi la virt alla ricchezza; non disutile nei
' [II 302. 20 App.]
consigli, non ignavo nelle battaglie, eseguo gli ordini,
obbedisco a chi comanda. Ma non sta a me il lodarmi; se non ,
che la circostanza presente mi costrinse, accusato come sono di ,
, ,
tali colpe, a difendermi con tutti i mezzi.
(33) Resta ch'io parli di voi a voi; dopo di che dar termine alla . (34)
difesa. La compassione e le suppliche e le istanze degli amici
son mezzi giovevoli quando chi deve giudicare la folla; ma di , , [II
fronte a voi, che siete e godete fama d'esser primi tra i Greci, 302. 25 App.]
,
non con soccorsi di amici n con suppliche n con gemiti
conviene ch'io vi persuada [cfr. Hel. 10]; bens con la forza del .
,
pi manifesto diritto, dichiarandovi il vero, non cercando
d'ingannarvi, debbo io liberarmi da quest'accusa. (34) Voi poi ,
non dovete por mente alle parole piuttosto che alle azioni, n . , [II
302. 30 App.] ' .
dar peso maggiore alle accuse che alle difese, n ritener pi
(35)
savio giudice il breve tempo anzich il lungo, n stimar pi
degna di fede la calunnia che la prova di fatto. Poich in tutte le [II 303. 1 App.]
,
cose le persone dabbene devono guardarsi attentamente
, ,
dall'errore; ma molto di pi nelle irreparabili che nelle
riparabili; perch ad esse pu rimediarsi con la previdenza, ma ,
sono del tutto irrimediabili col pentimento [cfr. ANTIPH. or. V . ,
[II 303. 5 App.] ,
91]. Un caso di tal genere appunto quando degli uomini
.
devono giudicare un uomo di delitto capitale; come ora qui
dinanzi a voi. (35) Che se per mezzo delle parole la verit dei ,
fatti apparisse all'uditorio schietta e manifesta, agevole sarebbe . (36) ,
,
ormai il giudizio, come risultato delle cose gi dette. Ma dal
momento che non cos, tenete pure in prigione il mio corpo, .
[II 303. 10 App.] ,
attendete pi a lungo, ma almeno giudicate ispirandovi alla
.
verit. Grave rischio correte col mostrarvi ingiusti, di
distruggervi una fama e di farvene un'altra. Ma per gli uomini ' .

dabbene preferibile la morte all'infamia; ch quella fine
della vita, questa un male che corrode la vita. (36) Che se mi , '
manderete a morte ingiustamente, molti verranno a saperlo; ch ,
, , [II 303. 15]
io non sono uno sconosciuto; sicch a tutti i Greci diventer
, ,
nota e manifesta la vostra malvagit. E la colpa, a tutti
.
manifesta, dell'ingiustizia, a voi sar attribuita, non

all'accusatore; poich in voi sta la sentenza. N potrebbe


esservi pi grave errore di questo. Ch non solo contro di me e
i miei genitori vi renderete colpevoli col giudicarmi
ingiustamente, ma anche verso voi stessi vi accorgerete di aver
commesso un atto terribile, empio, ingiusto ed iniquo, col
condannare a morte un compagno di lotta, utile a voi,
benemerito della Grecia - un greco, voi Greci; senza aver
provato di lui alcuna disonest manifesta, o colpa degna di
fede.
(37) Dette le mie ragioni, fo punto. Ch il riepilogare in breve
quanto diffusamente s' detto ha un motivo di fronte a giudici
di poco valore; ma che voi, primi tra i primi - e Greci tra Greci
- non abbiate prestato attenzione o non ricordiate le cose dette,
non neppur da pensarlo.
ARTE ORATORIA 77*

(37) ' , .


[II 303. 20 App.] '

.

Vgl. SATYR. A 3 [s. II 272, 37], DIODOR. A 4, 2 [s. II 273,


82 B 12. ARISTOT. rhet. 18. 1419 b 3. Diceva Gorgia che si 5], SCHOL. ISOCR. 13, 19, SOPAT. comm. Herm. Rhet. gr. V
deve disarmare la seriet dell'avversario col riso, e il riso con 6f. Walz.
la seriet.78* E diceva bene.
82 B 12. ARISTOT. Rhet. 18. 1419 b 3 .
[II 303. 25 App.]
, , .
82 B 13. DIONYS. de comp. verb. 12 p. 84. Nessuno finora n 82 B 13. DIONYS. de comp. verb. 12 p. 84
di retori n di filosofi defin l'arte dell'occasione;79*neppure

Gorgia da Leontini ci lasci nulla d'importante, sebbene sia
'
stato il primo a trattare questo argomento.
. ' [II 303. 30] .
82 B 14. ARISTOT. soph. el. 33. 183 b 36. Coloro che
82 B 14. [II 304. 1 App.] Zur Techne gehrten vermutlich
guadagnavano insegnando a fare i discorsi eristici usavano un auch die kleinen, heroisch stilisierten Musterstcke von
metodo d'insegnamento pi o meno simile alla trattazione di
Apologien wie Helena und Palamedes. ARISTOT. Soph. el.
Gorgia. Infatti alcuni davano da imparare a memoria dei
33. 183 b 36
discorsi retorici, altri dei questionari sugli argomenti intorno a [II 304.
cui gli uni e gli altri immaginavano che si sarebbero aggirate 5] ,
per lo pi le reciproche discussioni. E perci il loro
,
insegnamento era, s, celere, ma non diretto allo scopo; perch .
credevano d'insegnar bene, facendo apprendere non l'arte, ma i ' '
risultati dell'arte; come se uno si spacciasse capace d'insegnare .
il modo di non aver male ai piedi, e poi non insegnasse l'arte ,
del calzolaio e il modo di procurarsi l'occorrente, ma invece
[II 304. 10] ,
insegnasse molte specie di svariate calzature. Costui far pure '
una cosa utile, ma non insegna certo l'arte. PLAT. Phaedr. 261 ,
A-C. [Fedro e Socrate] - ... l'ho sentita definire [l'arte retorica] . Vgl. PLATO Phaedr. 261 B (Phaedr.-Sokr.)
come l'arte di parlare e di scrivere nelle cause giudiziarie, ed
anche di parlare nelle assemblee popolari; che ad altro si
,
applichi, non ho inteso. - Dunque, soltanto delle arti oratorie di [II 304. 15] . - '
Nestore e d'Ulisse tu hai sentito parlare, che nei loro ozi essi
,
composero ad Ilio; e di quelle di Palamede non sai nulla? - Ma ,
s, per Giove, quelle di Nestore! se pur tu non faccia di Gorgia ; - ' ,
un Nestore, e un Trasimaco e un Teodoro di Ulisse. G PLAT. ,
Phil. 58 A-B. [Protarco a Socrate:] O Socrate, udii spesso
. G PLAT. Phil. 58 A-B
Gorgia ripetere come l'arte del persuadere molto differisca da , ,
tutte le arti, poich essa rende soggetti a se stessa tutti gli esseri '
di loro spontanea volont e non gi con la forza, e come sia di ' ' ,
gran lunga la migliore di tutte le arti. /
. /
DA SCRITTI INCERTI
AUS UNBESTIMMTEN SCHRIFTEN
82 B 15. ARISTOT. rhet. 3. 1405 b 34. La freddezza dello
[II 304. 20 App.]
stile pu derivare da quattro cause: la prima l'uso delle parole 82 B 15. ARISTOT. Rhet. 3. 1405 b 34
composte... per esempio, Gorgia formava di questi termini:

'ingegnosipitocchiadulatori', 'falsogiuranti', 'verogiuranti'.80*
. . . .
.

82 B 16. ARISTOT. rhet. 3. 1406 b 5. Finalmente, la quarta 82 B 16. ARISTOT. Rhet. 3. 1406 b 5
causa della freddezza dello stile nell'uso delle metafore ... per [II 304. 25 App.] . . .
esempio, Gorgia applica alle cose gli epiteti: 'pallide', (tremanti . ()
ed esangui; 81* e dice anche: seminasti questo col disonore, lo ,
mieti col danno; e questo stile troppo artefatto.
.
82 B 17. ARISTOT. rhet. 17. 1418 a 32. 1418 a 32. Nel
82 B 17. ARISTOT. Rhet. 17. 1418 a 32 [II 305. 1 App.]
genere epidittico bisogna render vario il discorso con elogi,
,
come fa Isocrate, che ce ne ficca sempre qualcuno. Questo
. .,
intendeva Gorgia, quando diceva che non gli mancavano mai ,
cose da dire. Perch se parla di Achille, fa l'elogio di Peleo, e , , ,
poi di Eaco, e infine del dio; e similmente loda il valore, il
, [II 305. 5 App.]
quale fa compiere queste e quest'altre imprese, e dice in che
. Vgl. B 19
consiste, ecc.
82 B 18. ARISTOT. pol. A 13. 1260 a 27. Hanno molto pi
82 B 18. ARISTOT. Polit. A 13. 1260 a 27
ragione quelli che enumerano le virt, come fa Gorgia, di quelli , .,
che definiscono la virt in tal modo [cio in modo generico;
.
cfr. A 19].
82 B 19. PLAT. Men. 71 E [Menone a Socrate, riferendo il
82 B 19. PLATO Meno 71 E [Menon mit Berufung auf
pensiero di Gorgia; cfr. Gorg. 71 D]. E prima di tutto, se vuoi Gorgias 71 D] ,
sapere la virt dell'uomo, facile dire che la virt maschile
[n. ], [II 305. 10] ,
consiste nell'esser atto a svolgere attivit politica, e nello

svolgerla beneficare gli amici, nuocere ai nemici, e guardarsi , ' ,
anche dal ricever danno noi stessi. Se poi vuoi la virt della
.
donna, non difficile spiegare che ella deve amministrar bene , ,
la casa, custodendone i beni, ed essendo sottomessa al marito. ,
Ed altra la virt del fanciullo, e diversa secondo che
.
femmina o maschio, ed altra quella d'un uomo anziano,
, ,
secondo che sia libero o servo. Ed altre moltissime virt ci
[II 305. 15] .
sono, sicch non c' difficolt a definire che cos' la virt;
,
poich per ciascuno di noi la virt secondo ciascuna attivit '
che svolgiamo, secondo l'et e per ogni singolo atto; cos come, ,
credo, o Socrate, sia anche del vizio.
, , .
82 B 20. PLUTARCH. Cim. C 10. Gorgia da Leontini dice che 82 B 20. PLUT. Cim. C. 10 .
,
Cimone acquistava denaro per servirsene, e se ne serviva per .
essere onorato.
82 B 21. PLUTARCH. de adul. et am. 23 p. 64 C. L'amico non 82 B 21. PLUT. de adul. et am. 23 p. 64 C [II 305. 20]
far come sosteneva Gorgia, cio
.
, '
di chiedere l'aiuto dell'amico solo per cose giuste, mentre egli .
stesso disposto a servirlo in molte cose anche non giuste.
82 B 22. PLUTARCH. de mul. virt. p. 242 F. A me pare pi
82 B 22. PLUT. de mul. virt. p. 242 F
fine di sentimenti Gorgia, che vuole che della donna non la
. ,
bellezza sia nota a molti, ma la fama che gode.
[II 305. 25 App.] .
82 B 23. PLUTARCH. de glor. Ath. 5 p. 348 C. Fior allora la 82 B 23. PLUT. de glor. Ath. 5 p. 348 C '
tragedia e fu celebrata dai contemporanei come audizione e
,
spettacolo mirabile, poich creava con le sue finzioni e passioni '
, . , '

un inganno - dice Gorgia - pel quale chi inganna, agisce
82
meglio * di chi non inganna, e chi ingannato pi saggio di [II 306. 1 App.] .
'
chi non ingannato.
, ' '
.
82 B 23 a. G 83*PLUTARCH. de aud. poet. 1 p. 15 C.
82 B 23 a. G 83*PLUTARCH. de aud. poet. 1 p. 15 C.
Simonide [leggi: Gorgia] a un tale che gli chiese: Perch solo '
i Tessali non inganni?, rispose: Perch sono troppo ignoranti ;' ' '
per essere ingannati da me.
.'
82 B 24. PLUTARCH.quaest. conv. VII 10, 2 p. 715 E. Gorgia 82 B 24. PLUT. Quaest. conv. VII 10, 2 p. 715 E .
defin una delle tragedie di Eschilo, i Settecontro Tebe, piena [Aischylos] ,
di Marte [cfr.ARISTOPH. Ran. 1021].
. [II 306. 5] Vgl. ARISTOPH. Ran. 1021.

82 B 25. PROCL. vit. Hom. p. 26, 14 Wilamowitz. Ellanico


82 B 25. PROCL. Vit. Hom. p. 26, 14 Wil.
[F.Gr.Hist. 4 F 5 b I 109, 10] Damaste [F.Gr.Hist. F 11] e
[F.Gr.Hist. 4 F 5 b I 109, 10] [F.Gr.Hist. F
Ferecide [F.Gr.Hist. 3 F 167] fan discendere Omero da Orfeo... 11] [ebd. 3 F 167]
Gorgia da Leontini, da Museo.
[Homers] ... .
.
82 B 26. PROCL. in Hesiod. opp. 83. Non vero in modo
82 B 26. PROCL. in Hes. Opp. 83 [II 306. 10]
assoluto quel che diceva Gorgia, che l'essere privo di
.
apparenza, oscuro; l'apparenza priva dell'essere, inane.84* , .
82 B 27. SCHOL. HOM. T ad Il. IV 450 [p. 154, 29 Maass]. E 82 B 27. SCHOL. HOM. T zu 450 [p. 154, 29 Maa] .
Gorgia:
' '.
Epitaphios?
85
Mescolavansi a suppliche minacce, e a preghiere lamenti. *
TESTIMONIANZE DI DUBBIA VALIDIT
SCHLECHTBEZEUGTES
[II 306. 15]
82
B
28
[0].
GRAECO-SYR.
SPRCHE bers. v. Ryssel
82 B 28 [0]. Massime greco-siriache, trad. Ryssel [Rh. Mus.,
[Rhein. Mus. 51, 1896, 540 n. 34] Gorgias [?, syr. Gorgonias]
LI, 1896, p. 540, n. 34. Gorgia (? sir. Gorgonias) ha detto]
hat gesagt: Die hervorragende Schhnheit von etwas
eminente bellezza di qualcosa di occulto allora si mostra,
Verborgenem zeigt sich dann, wenn die weisen Maler es nicht
quando i bravi pittori non son capaci di dipingerlo coi loro
esperti colori. Poich il loro lungo lavoro e la loro grande fatica mit ihren erprobten Farben malen knnen. Denn ihre [II 306.
offrono una mirabile testimonianza di come esso sia stupendo 20] viele Arbeit und ihr groes Abmhen legt ein wunderbares
Zeugnis dafr ab, wie herrlich es in seiner Verborgenheit ist.
nel suo mistero. E se i successivi sforzi del loro lavoro
raggiungono un termine, con ci essi vengono a restituirgli la Und wenn die einzelnen Stufen ihrer Arbeit ein Ende erreicht
corona della vittoria, in quanto tacciono. Ma ci che nessuna haben, so geben sie ihm wiederum den Kranz des Sieges,
indem sie schweigen. Das aber, was keine Hand erfat und was
mano tocca e nessun occhio vede, come pu la lingua
kein Auge sieht, wie kann die Zunge es aussagen [II 306. 25
esprimerlo, o l'orecchio degli uditori apprenderlo?86*
App.] oder das Ohr des Zuhrers es vernehmen?
82 B 29. GNOMOL. VAT. 743 n. 166. L'oratore Gorgia diceva 82 B 29. GNOMOL. VAT. 743 n. 166 [ed. Sternbach Wien.
che chi trascura la filosofia, limitandosi alle discipline pi
Stud. X 36] .
correnti, somiglia ai Proci, i quali mentre aspiravano a
,
Penelope, se la intendevano con le sue ancelle.
,
.
82 B 30. GNOMOL. VAT. n. 167. Diceva Gorgia che gli
82 B 30. GNOMOL. VAT. n. 167 [a. O. 37] [II 306. 30] .
oratori somigliano alle rane: queste gracidano nell'acqua, quelli
presso la clessidra.
, .
82 B 31. SOPAT. in Hermog., Rhet. Gr. VIII 23 Walz.
82 B 31. SOPAT. Rhet. gr. VIII 23 W. .
Gorgia diceva che il sole una massa di ferro
...
incandescente.87*
C. IMITAZIONI
C. IMITATION [II 307. 1]
82 C 1. PLAT. symp. 194 E-197 E [discorso di Agatone su
82 C 1. PLAT. Symp. 194 E-197 E. Rede des Agathon auf den
Amore, parodia dello stile gorgiano di Agatone]. Cfr. PLAT.
Eros, Parodie des Gorgianischen Stils des Agathon. Vgl. PLAT.
symp. 198 C. [Socrate] Poich il suo discorso [di Agatone] m'ha Symp. 198 C [Sokr.]
fatto venire in mente Gorgia, sicch m' avvenuto proprio come , [II
dice Omero: ho avuto paura che alla fine Agatone non avventasse 307. 5 App.]
col suo discorso contro al mio discorso la testa di Gorgia,

quell'oratore invincibile, e cos mi rendesse muto di pietra.
. PLAT. Symp.
PLAT. symp. 185 C. Come Pausania fece pausa (cos
185 C (
m'insegnano i professori a far l'allitterazione) ecc.
[Apollodoros] ) .
82 C 2. XENOPH. symp. 2, 26. Se i servi con piccoli calici a
82 C 2. XENOPH. Symp. 2, 26
goccia a goccia ci aspergano, per parlare anch'io all'uso di
[II 307. 10] ,
Gorgia, ecc.
, .

83 LICOFRONE

83 A 1. ARISTOT. metaph. H 6. 1045 b 8. Alcuni1* parlano di


partecipazione, ma non hanno un'idea chiara quale sia la causa
della partecipazione e che cosa sia questo partecipare; altri, di
comunione, come Licofrone, che dice esser la scienza

83 [0]. LYKOPHRON
[II 307. 11 App.]
83 A 1. ARISTOT. metaph. H 6. 1045 b 8

[],
.

[comunione] del sapere e dell'anima. ALEX. metaph. 563, 32. ALEX. z. St. 563, 32. [II 307. 15 App.]
Altri dicono comunione dell'anima, come il sofista Licofrone , .
che chiama la scienza comunione di sapere ed anima. Pi
. '
corretta e pi chiara sarebbe la frase in questa forma: Esser la , '
scienza comunione del sapere e dell'anima.2* Interrogato
'.
infatti Licofrone quale fosse la causa per cui scienza ed anima ., ,
formano un'unit, rispondeva: La comunione.
.
83 A 2. ARISTOT. phys. A 2. 185 b 25. Gli ultimi degli antichi 83 A 2. ARISTOT. Phys. A 2. 185 b 25 [II 307. 20 App.]
[filosofi]3* si preoccupavano anch'essi che una stessa cosa non
risultasse insieme, dal loro modo di esprimerla, uno e molti.
.
Perci alcuni sopprimevano la copula ' ', come Licofrone;
, ., ,
altri cercavano di mutar l'espressione, dicendo che l'uomo non ...
' bianco' ma 'biancheggia' ... per non far s che l'uno diventasse . Vgl.
molti applicandogli la copula ' '.4*
PLATO Soph. 251 B. DAMASC. de princ. c. 126 II, 2 R.
83 A 3. ARISTOT. pol. 9. 1280 b 8. [La citt deve aver cura 83 A 3. ARISTOT. Pol. 9. 1280 b 8 [II 307. 25 App.]
della virt] altrimenti l'associazione civile simile a
. .
un'alleanza militare,5* differente solo topograficamente da

quelle formate da popoli tra loro lontani. La legge poi una
, . ,
convenzione, e, come diceva il sofista Licofrone, garantisce i , '
diritti reciproci, ma non capace di rendere buoni e giusti i
.
cittadini.
83 A 4. ARISTOT. fr. 91 Rose [STOB. flor. IV 29 p. 710].
83 A 4. ARISTOT. fr. 91 Rose [STOB. Flor. IV 29 p. 710 H.]
Questo intendo stabilire, se la nobilt propria delle persone di , [II 307. 30 App.]
merito e di elevato sentire, oppure cosa del tutto vuota, come (sc. ) , . [II
scrisse il sofista Licofrone. Questi infatti, contrapponendola
308. 1 App.] , .
agli altri beni, cos si esprime:
'
' ' , ',
Della nobilt, invisibile la bellezza, la sua maest tutta nella , '
.
parola,6*
intendendo dire che chi aspira ad essa ha di mira la fama, ma in
verit in nulla differiscono i nobili dai non nobili.
83 A 5. ARISTOT. rhet. 3. 1405 a 34 [cfr. 82 B 15, sulla
83 A 5. ARISTOT. Rhet. 3. 1405 a 34 [II 308. 5 App.]
freddezza dello stile causata dalle parole composte]. Per
,
esempio Licofrone dice: cielo dai molti-volti, terra dalle- , .
alte-vette, spiaggia di-stretto-passaggio... Questa una
[folgt
causa, un'altra l'uso di parole insuete, per esempio Licofrone Gorgias B 15, Alkidamas fr. 10 Sauppe] . . .
chiama Serse guerriero gigantesco e Scirone uomo
, , .
ciclonico.
[folgt [II 308. 10] Alkidamas
fr. 14]. Der ebd. 9. 1410a 18 genannte L. wird der Tyrann von
Pherai sein. Vgl. Vahlen Rhein. Mus. 21 (1886) 143 = Kl. Schr.
I 156.
83 A 6. ARISTOT. soph. el. 15. 174 b 32. Talvolta si deve
83 A 6. ARISTOT. Soph. el. 15. 174 b 32 '
anche argomentare pro e contro7*un tema diverso da quello
, ,
proposto, ma derivato da questo, se non si hanno argomenti per , .
il tema che era stato proposto; ci che fece Licofrone, quando . ALEX. z. St. 118,
gli fu proposto di fare l'elogio della lira. ALEX. soph. el. 118, 31 (nach einer falschen Erklrung) [II 308. 15] ,
31 [dopo una errata spiegazione]. O piuttosto, poich si
,
trovava costretto da alcuni a far l'elogio della lira ed era a corto ,
di argomenti, dopo aver elogiato brevemente lo strumento a

tutti noto, si rifer a quella celeste; c' infatti nel cielo una

costellazione formata da molte stelle e chiamata Lira, sulla
, .
quale seppe trovare molti e bei ragionamenti.
Vgl. ARISTOT. Rhet. 24. 1041a 15. 17. 1418 a 29ff.

84. PRODICO

84 [77]. PRODIKOS
[II 308. 20 App.]

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE

84 A 1. SUID. ,
, ,
,
.
[II 308. 25 App.] . Aus
HESYCH. Krzer SCHOL. PLAT. de rep. 600 C.
84 A 1a. PHILOSTR. v. soph. I 12. Prodico di Ceo acquist tal 84 A 1a. PHILOSTR. V. Soph. I 12
fama per la sua erudizione che il figlio di Grillo2* prigioniero ,
presso i Beoti, lo ascolt disputare, dopo aver dato garanzia
[] ,
della sua persona. Mandato ambasciatore presso gli Ateniesi, .
quando fu nella sala del Consiglio parve l'uomo pi adatto a
[II 309. 1]
quell'ufficio, ancorch si facesse male udire e parlasse con voce
bassa. Egli andava in traccia di giovani nobili o anche di
.
famiglie facoltose, sicch aveva anche dei mediatori in questa ,
specie di caccia; poich era avido di denaro, e dedito ai piaceri.
Quanto a quel suo racconto sulla scelta di Ercole, citato in
. , [II
principio, neppur Senofonte lo credette indegno d'esser
309. 5 App.] , ' ,
riportato.3* E non star a dire le peculiarit dello stile di
.
Prodico, avendolo assai bene riprodotto Senofonte.
84 A 2. PLAT. Protag. 315 C-D. [Socrate:] - E vidi appunto 84 A 2. PLATO Protag. 315 C D ff.
anche Tantalo4* poich era giunto anche Prodico di Ceo, e
.
stava in una stanza di cui si serviva prima Ipponico come di
[II 309. 10]
dispensa... Prodico era ancora a letto, ravvolto in certe pelli e ... .
coperte, numerose a quanto pareva. [Gli erano accanto

Pausania, Agatone ed altri:] Di che cosa parlassero, non riuscii , . Daneben Pausanias und Agathon u. a.
a capire stando di fuori, per quanto mi struggessi dalla voglia di
ascoltar Prodico, che mi pare un uomo onnisciente e divino.

Ma la sua voce profonda produceva nella stanza un rimbombo .
che non faceva capir le parole.
[II 309. 15]
.
84 A 3. PLAT. Hipp. mai. 282 C. [Socrate:]- Questo nostro
84 A 3. PLAT. Hipp. maior 282 C (Sokr. spricht)
amico Prodico venuto gi altre volte, e spesso, per pubblici .
incarichi, e anche ora ultimamente, venuto da Ceo come
,
ambasciatore, parlando nel Consiglio ha fatto colpo davvero; e '
in privato poi, tenendo conferenze e istruendo i giovani, ha

messo insieme una fortuna da sbalordire.
.
84 A 3 a. PLAT. Theaet. 151B. Alcuni poi, o Teeteto, che non 84 A 3 a. PLAT. Theaet. 151 B [II 309. 20 App.] ,
mi sembrano in certo qual modo gravidi, conoscendo che non , ,
hanno alcun bisogno di me, con gran premura cerco di
, ,
collocarli, e con l'aiuto, diciamo, di dio, molto facilmente
,
indovino a chi debbono congiungersi per ritrarne giovamento; e ,
cos molti di loro li ho consegnati a Prodico, molti ad altri
.
sapienti e divini uomini.
84 A 4. PLAT. apol. 19 E. ... bench dopo tutto, questa mi
84 A 4. PLAT. Apol. 19 E
sembri una bella cosa, che qualcuno sia capace di educare gli , ' [II 309. 25 App.]
uomini come Gorgia da Leontini, Prodico di Ceo, Ippia di
.
Elide. Costoro infatti, signori giudici, andandosene ciascuno
. , , [
nelle varie citt, persuadono i giovani, che pur potrebbero
' ] ,
frequentar senza spendere chi volessero dei loro concittadini, a ,
lasciar le lezioni di questi e ad andare da loro, pagandoli, e

ringraziandoli per giunta.
.
84 A 4 a. XENOPH. symp. IV 62. [Socrate] - So bene che tu 84 A 4 a. XENOPH. Symp. IV 62 [II 309. 30] , ,
[Antistene] hai attirato Callia, qui presente, presso il sapiente [Antisthenes]
Prodico, quando hai visto lui appassionato di filosofia, e
,
quell'altro bisognoso di denaro.
, .
84 A 4 b. ATHEN. V 220 B. Il dialogo di lui [Eschine
84 A 4 b. ATHEN. V 220 B [des
Socratico, fr. 16] intitolato Callia, tratta della discordia tra
Sokratikers Aeschines fr. 16 p. 50 Krauss]
84 A 1. SUID. s. v. Prodico Ceio, nato a Iulide, nell'isola di
Ceo, filosofo della natura e sofista, contemporaneo di
Democrito da Abdera e di Gorgia, scolaro di Protagora da
Abdera. Mor in Atene condannato a ber la cicuta come
corruttore dei giovani.1*

Callia e suo padre, e mette in ridicolo i sofisti Prodico e


Anassagora.5* Dice infatti che dalla scuola di Prodico usc
Teramene, e da quella dell'altro Filosseno figlio di Erisside e
Arifrade, fratello del citaredo Arignoto; intendendo dire che
dalla disonest e spregevole avidit dei suddetti, appar chiaro
l'insegnamento dei loro maestri.
84 A 5. ARISTOPH. Nub. 360 [Coro delle Nuvole].6*
Niuno ubbidir, fra quanti sofisti imbottan vento,7*
vorremmo, tranne Prodico, pel sapere e il talento;
e te [Socrate]...
ARISTOPH. Tagenist. fr. 490 Kock.

[II 309. 35
App.]
. , .
, '
[II 310. 1 App.]
,

.
84 A 5. ARISTOPH. Nub. 360 (Chor der Wolken; vgl. Av.
692)
'

[II 310. 5 App.]


, (Sokr.) . . .
ARISTOPH. Tagenistae fr. 490 K.
'
.

Quest'uomo, o l'ha corrotto un libro,


o Prodico, o un qualsiasi ciarlatano.
84 A 6. SCHOL. ARISTOPH. Nub. 361. Costui [cio Prodico] 84 A 6. SCHOL. ARISTOPH. Nub. 361
fu maestro anche di Teramene soprannominato Coturno.8*
(Prod.) [II 310. 10]
.
84 A 7. DIONYS. Isocr. 1. Isocrate fu discepolo di Prodico di 84 A 7. DIONYS. Halic. Isocr. 1 [Isokr.]
Ceo, di Gorgia da Leontini, di Tisia siracusano, i quali in quel
tempo godevano tra i Greci grandissima fama per la sapienza,
e, come alcuni raccontano, anche del retore Teramene, che fu ,
fatto uccidere dai Trenta perch sospettato di democrazia.
, ,
.
84 A 8. GELL. noct. att. XV 20, 4. Euripide fu discepolo del 84 A 8. GELL. XV 20, 4 [II 310. 15 App.] auditor fuit
filosofo della natura Anassagora e del retore Prodico.
[Euripides] physici Anaxagorae et Prodici rhetoris.
84 A 9. MARCELLIN. v. Thuc. 36. Tucidide imit in piccola 84 A 9. MARCELLIN. v. Thuc. 36 [Thukyd.] ' '
misura, come afferma Antillo,9* anche le parisosi e antitesi di , ,
parole di Gorgia da Leontini, che in quel tempo erano molto in ,
voga presso i Greci, come pure la precisione dei termini10* di '
Prodico di Ceo.
[II 310. 20 App.]
.
84 A 10. QUINTIL. inst. or. III 1, 12. I primi a trattare i
84 A 10. QUINTIL. III 1, 12 horum primi communis locos
'luoghi comuni' si dice siano stati Protagora e Gorgia; la
tractasse dicuntur Protagoras, Gorgias; adfectus P., Hippias
mozione degli affetti Prodico, Ippia, lo stesso Protagora e
et idem Protagoras et Thrasymachus. SCHOL. zu ARISTOPH.
Trasimaco. SCHOL. ARISTOPH. Av. 692. ... affinch, dopo Av. 692 . . . ' '
aver udito da noi tutta la verit sui fenomeni celesti... diciate da . . . '
parte mia a Prodico di andare a quel paese!11* [segue 1 A 12] A [folgt 1 A 12] [II 310. 25 App.]:
torto Callimaco elenca12* Prodico tra i retori; perch evidente
che in questi versi egli appare un filosofo.
.
84 A 11. PLAT. Cratyl. 384 B. [Socrate a Ermogene] - Non 84 A 11. PLATO Cratyl. 384 B (Sokr. spricht)
un insegnamento da poco quello che tratta delle parole. E se io .
avessi gi seguito alla scuola di Prodico il corso da cinquanta
dramme - che chi l'ha seguito, dice lui, pu far da maestro , ,
nulla vieterebbe che tu ora seduta stante conoscessi la verit
[II 310. 30 App.] ,
sulla propriet delle parole [cfr. A 9 e A 13-19]; ma io non ho
seguito quel corso, bens quello da una dramma sola.
, .
84 A 12. ARISTOT. rhet. 14. 1415 b 12 [modo di risvegliare 84 A 12. ARISTOT. Rhet. 14. 1415 b 12
l'attenzione degli uditori]. Sicch, quando siamo al momento , '
culminante, bisogna dire: Ora, qui, attenti! ch questo fatto
' '
non riguarda meno voi di me, e anche: Ora vi dir una cosa, ' ( ' ') '
la pi terribile che abbiate mai udito (o la pi stupefacente); , [II 310. 35 App.] .,
un far come Prodico, che quando vedeva gli uditori
, .
appisolarsi, gridava: Attenti, che ora v'espongo la lezione da Vgl. QUINTIL. IV 1, 73.
cinquanta dramme.
84 A 13. PLAT. Protag. 337 A-C. A queste parole di Crizia, 84 A 13. Synonimik: PLATO Protag. 337 A C

intervenne Prodico: - Mi pare che tu dica bene, Crizia; perch , , , , ,


chi presente a simili discussioni, deve essere uditore
[II 311. 1]
imparziale di ambedue le parti; indifferente, per, no; ch non
lo stesso. Si deve cio ascoltare imparzialmente ambedue, non , .
per spartire egualmente il giudizio per entrambi, ma al pi
,
sapiente di pi, al pi incolto di meno. Ed ora anch'io, o
, ,
Protagora e Socrate, penso bene che dobbiate consentire in ci, . ,
e discutere s tra voi, ma non contendere; perch si discute tra , [II 311. 5
amici, con reciproca cortesia, si contende invece tra avversari e App.] ,
nemici. E in questo modo la nostra conversazione potr riuscire ' ,
bellissima, perch appunto cos voi che parlate potrete esser
.
approvati da noi che vi ascoltiamo; non per lodati; perch

l'approvazione proviene dall'animo di chi ascolta, ed scevra '
d'inganno; mentre la lode non che parole di chi spesso

mentisce contro il proprio pensiero. E noi poi, gli uditori,
,
soprattutto cos potremo godere; non per gustare; perch il
[II 311. 10 App.]
godere consiste nell'imparare qualcosa, e nel partecipar della ' '
cultura per mezzo dell'intelligenza; mentre il gustare consiste ,
nel mangiare o nel provare qualsiasi altro piacere, per mezzo
del corpo. - A queste parole di Prodico, moltissimi dei presenti ,
applaudirono.13*
.
. Vgl. A 19
84 A 14. PLAT. Protag. 340 A-B. [Socrate a Prodico:] - A
84 A 14. PLATO Protag. 340 A [zu Prod.] [II 311. 15]
riabilitare Simonide ci vuol davvero l'arte tua, con la quale tu
distingui, come cose diverse, volere e desiderare... Credi che ,
sian la stessa cosa divenire ed essere, o diversa? - Diversa,
. . .
perdio! - disse Prodico. PLAT. Protag. 341B. Perch terribile, ; ', . PLATO Protag.
dice Prodico, significa cattivo... o Prodico, che intendeva dire 341 B , [Prod.], . . .
Simonide con difficile? - Cattivo, rispose.14*
, , ; , .
84 A 15. PLAT. Men. 75 E. [Socrate a Menone] - C' una cosa 84 A 15. PLATO Meno 75 E [II 311. 20] ;
che chiami fine? voglio dire limite, estremit,15* ch tutte

queste parole indicano per me la stessa cosa, sebbene forse
' . .
Prodico non sarebbe d'accordo.
84 A 16. PLAT. Euthyd. 277 E. [Socrate a Clinia] - E anzitutto 84 A 16. PLATO Euthyd. 277 E , .,
bisogna studiare quel che Prodico chiama la propriet delle

parole; il che appunto ti dimostrano questi due forestieri
(Euthydemos und Dionysodoros)
[Eutidemo e Dionisodoro]; perch tu non sapevi che il verbo ,
imparare si usa quando si viene a cognizione di un fatto del
[II 311. 25 App.] ,
quale antecedentemente non si aveva cognizione alcuna, ma si
usa anche quando, possedendo gi la cognizione, con l'aiuto di ,
questa riesaminiamo lo stesso fatto, sia esso un'azione o un

discorso. Veramente, questo si chiama piuttosto capire che

imparare, ma alle volte si usa anche imparare.16*
.
, ' .
84 A 17. PLAT. Lach. 197 B. [Nicia] - Ma, mi pare, il non aver 84 A 17. PLATO Lach. 197 B [II 311. 30 App.] ', ,
paura non lo stesso che l'aver coraggio. Ed io credo che il
.
coraggio unito a prudenza sia toccato ad assai pochi, mentre

audacia17* e ardire e mancanza di paura unite a imprudenza, a ,
moltissimi. PLAT. Lach. 197 D. [Socrate]- Non ribatter nulla, . Vgl. PLATO Lach. 197 D
Lachete; ch mi pare tu non ti sia accorto come questa teoria , ,
egli [Nicia] l'ha appresa dal nostro amico Damone, e Damone
somiglia molto a Prodico, il quale ha fama di esser tra i sofisti , [II 311. 35 App.]
il pi bravo a far di queste distinzioni di parole.
,
.
84 A 18. PLAT. Charm. 163 A-B. [Socrate] - Dimmi, Crizia, 84 A 18. PLATO Charmid. 163 A B , ' ,
non credi che sia la stessa cosa fare e agire?18* - No davvero; e ; ,
neppure operare e fare. L'ho imparato da Esiodo, il quale dice . '
che nessun'opera disonore.19* Credi forse che se egli con le , ['] [Opp. 311].
parole operare e agire avesse inteso tali opere quali tu dianzi
[II 311. 40 App.] ,
nominavi, come il fare il calzolaio, o il salumaio, o il
, ,
frequentatore di lupanare, avrebbe detto che non sono per

nessuno un disonore? Neppure pensarlo, Socrate; ma anche lui, ' [II 312. 1] ; ,
secondo me, riteneva il fare come qualcosa di diverso dall'agire ,
e operare; e il fatto alle volte pu essere disonore, quando non ,
compiuto con onest, mentre l'opera non mai un disonore; , ,
sicch egli chiamava opere le cose fatte onestamente e

utilmente, e operazioni e azioni le fatture di questo genere.
, [II 312.
PLAT. Charm. 163 D. [Socrate] Ho udito mille volte Prodico 5 App.] . Vgl. PLATO Charmid. 163 D
far di queste distinzioni di parole.

.
84 A 19. ARISTOT. top. B 6. 112 b 22. E ancora da
84 A 19. ARISTOT. Top. B 6. 112 b 22
considerare il caso che un concetto, accidente di se stesso, sia ,
posto come diverso per il fatto che diverso il nome; cos
, .
come faceva Prodico, che distingueva i piaceri in gioia, diletto ,
e letizia;20* e tutti questi sono nomi della stessa cosa, il piacere. , . [II 312. 10] ALEX. z. d. St. Top. 181,
ALEX. top. 181, 2. Prodico cercava di attribuire a ciascuna di 2 .
queste parole un significato suo particolare, come anche gli
, ,
Stoici, che chiamavano gioia una esaltazione ragionevole,
,
piacere una esaltazione istintiva, diletto, il piacere derivante
, ' ,
dall'udito, compiacimento, quello derivante dalle parole. Tutto . , '
ci da grammatici fissati con le regole, ma non ha nessun
. G SCHOL. PLAT. Phaedr. 267 B (
valore. G SCHOL. PLAT. Phaedr. 267 B. [1= HERM. in Plat.
Phaedr. p. 238].21* Costui [Prodico] trov l'esatto significato , , '
delle parole; per esempio, la differenza tra diletto, gioia e
, ,
letizia; chiamando diletto il piacere ottenuto mediante l'udito, . /
gioia il piacere spirituale, letizia quello mediante la vista.
84 A 20. PLAT. Phaedr. 267 B. [Socrate:] A sentirmi 84 A 20. PLAT. Phaedr. 267 B [II 312. 15 App.] [nach 82 A
parlar di questo [cfr. 80 A 26] una volta Prodico si mise 25] .
a ridere, e disse che lui solo aveva trovato l'arte di come
bisogna fare i discorsi; non devon esser n lunghi n
.
brevi, ma di giusta misura.
B. FRAMMENTI
B. FRAGMENTE
LE ORE 22*
84 B 1. SCHOL. ARISTOPH. Nub. 361. tramandato anche di
Prodico un libro intitolato Ore, nel quale immagina Eracle che
s'imbatte nella Virt e nella Corruzione; e invitandolo ciascuna
delle due ai suoi propri costumi, Eracle propende per la Virt e
preferisce gli sforzi di questa ai fugaci piaceri della Corruzione.
PLAT. symp. 177 B. E se poi guardi ai migliori sofisti, ne vedrai
che hanno scritto in prosa le lodi di Eracle e di altri, come ad
esempio l'eccellentissimo Prodico [cfr. Protag. 340 D].

84 B 1. SCHOL. ARISTOPH. Nub. 361 [II 312. 20 App.]


,

,

.
PLAT. Sympos. 177 B [II 313. 1 App.]
,
,
. Vgl. PLAT. Protag. 340 D.
23
84 B 2. XENOPH. mem. II 1, 21-34. *Anche quel sapiente che 84 B 2. XENOPH. Mem. II 1, 21-34 .
Prodico, in quella sua composizione su Eracle che egli va
[II 313. 5 App.] ,
leggendo a moltissime persone, manifesta un'opinione simile
,
circa la virt, esprimendosi pressappoco cos, a quanto mi
, , .
ricordo. Una volta Eracle, in quell'et in cui dal fanciullo erompe , ,
l'adolescente, nella quale i giovani, ormai divenuti padroni di se '
stessi, rivelano se sian per volgersi nella loro vita per la via della ,
virt ovvero per quella del vizio, avviatosi verso un luogo
[II 313. 10 App.]
tranquillo, l si pose a sedere, incerto quale delle due vie dovesse (22)
seguire. (22) Ed ecco apparirgli due donne di grande statura e
,
andargli incontro, l'una onesta in vista e di nobil origine, ornata , ,
di natural colorito in volto, nello sguardo pudica, nel portamento , ,
modesta, e vestita di bianco; l'altra ben nutrita alla opulenza e alla , '
mollezza, acconciata in viso s da sembrar pi bianca e pi rossa , [II 313. 15 App.]
del vero, di tal portamento da sembrar pi impettita del naturale,
con gli occhi grandi aperti, con un vestito da cui trasparivano in [] ,

sommo grado le forme giovanili; e ogni tanto si rimirava, e poi , ,


dava un'occhiata se mai alcun altro la contemplasse, e spesso

volgeva lo sguardo alla sua propria ombra. (23) Come furono pi , ,
vicine ad Eracle, la prima continu da Eracle e gli disse: - Io ti
[II 313. 20 App.]
vedo, Eracle, incerto a quale strada volgerti nella tua vita. Ora, se . (23) '
tu vuoi farmi tua amica e seguirmi, io ti condurr per la via pi ,
piacevole e agevole, n vi sar piacere di cui tu non gusti, mentre , '
di travagli vivrai totalmente inesperto. (24) Perch anzitutto tu
, ,
non avrai pensiero n di guerre n di affari, ma sarai sempre
.
occupato a cercare qual cibo o bevanda ti aggradi, o che altro ti , [II 313. 25 App.]
dia diletto alla vista, all'udito, all'odorato, al tatto, o da quali
, ,
giovani amori tu possa provare il massimo godimento, e in che . (24)
modo pi morbidamente dormire, e per che mezzo tutte queste , [II
cose senz'alcuna fatica ottenere. (25) Che se mai ti venga il
314. 1 App.] ,
sospetto che possano venire a mancarti i mezzi per procurarti

tutto ci, non temere che io ti metta al punto di procurarteli con , '
fatica del corpo e con travaglio dell'animo, ma tu ti servirai delle , ,
fatiche degli altri, da nulla astenendoti, da cui ti possa venire un . [II 314. 5 App.] (25)
guadagno. Poich io offro a chi mi segue la facolt di ritrarre da ' ,
qualsiasi parte il proprio vantaggio -. (26) All'udir questo, Eracle
esclam: - O donna, qual il tuo nome? - Ed ella: - Quelli che mi , '
sono amici, mi chiamano Felicit, ma quelli che mi odiano, per , ,
farmi dispetto mi chiamano Corruzione -. (27) Frattanto anche
.
l'altra donna sopraggiunse e disse: - Anch'io vengo da te, Eracle, [II 314. 10 App.] .
perch so chi sono i tuoi genitori e ho conosciuto la tua indole
(26) , ,
durante la tua educazione; onde spero che se ti volgerai per la via ; , ,
che conduce a me, tu diventerai egregio autore di belle e nobili ,
azioni, ed io apparir ancor pi onorata, e per opere buone pi
. (27)
illustre. N io cercher di ingannarti con promesse di piacere,
, ,
anzi ti esporr con piena verit la realt delle cose, cos come gli [II 314. 15]
di le hanno disposte. (28) Perch di ci che buono e bello,
, , ,
nulla gli di han concesso agli uomini senza fatica e studio; ma se '
vuoi che gli di ti siano propizi, bisogna che tu veneri gli di; se '
desideri che gli amici ti amino, devi far del bene agli amici; se
.
brami d'esser onorato dalla tua citt, devi esser utile alla citt; se , ' '
aspiri ad essere ammirato da tutta la Grecia per la tua virt, devi . (28) [II 314. 20 App.]
fare ogni sforzo per recar del bene alla Grecia; e se vuoi che la
terra ti produca frutti abbondanti, devi coltivare la terra; se ti
, ' ,
proponi di arricchirti col bestiame, devi prenderti cura del
, ,
bestiame; e se aspiri ad acquistar gloria con la guerra e vuoi esser ,
in grado di render liberi gli amici e soggiogare i nemici, devi
, ,
imparare le arti della guerra da chi ne esperto ed esercitarti nel ' , [II 314. 25 App.]
modo di servirsene; e se poi vuoi esser valido di corpo, devi
,
abituarlo ad esser soggetto alla mente, ed esercitarlo con fatiche e , ,
sudore -. (29) Allora la Corruzione, come narra Prodico, riprese il , ,
discorso: - Ci pensi, Eracle, com' difficile e lunga la via che

questa donna ti mostra per giungere ai godimenti ? Io invece ti ,
condurr alla felicit per una via facile e breve -. (30) E la Virt: [II 314. 30 App.]
- Sciagurata, che hai tu di buono? o che cosa conosci del piacere,
se non vuoi far nulla per conquistarlo? Perch non aspetti
,
neppure il desiderio delle cose piacevoli, ma di tutte te ne riempi . (29)
prima ancora di desiderarle; cos mangi prima d'aver fame, bevi , ,
prima d'aver sete, e per mangiare con gusto devi preparar cibi
, [II 315. 1 App.]
complicati, e per bere con gusto, procurarti vini costosi e andare ;
in giro d'estate in cerca di neve; e per dormire dolci e profondi
. (30)
sonni, ricorri non solo a morbide coltri, ma anche appresti dei
, ;
letti, e ai letti aggiungi cedevoli traverse; non per la fatica tu
;
desideri di dormire, ma perch non hai da far niente; e violenti
[II 315. 5 App.] ,
anche i piaceri sessuali prima del bisogno, ricorrendo ad ogni
, ,
artificio e usando uomini come donne; cos tu educhi i tuoi amici, , ,
svergognandoli di notte, e facendoli dormire le ore pi utili della , ,

giornata. (31) E pur essendo immortale, sei respinta dagli di, e ,


dagli uomini onesti spregiata; ignara tu sei della cosa pi dolce ad , ,
udirsi, la lode di te stessa, ed anche ignara della cosa pi dolce a [II 315. 10 App.]
vedersi, perch giammai hai veduto una bella azione compiuta da
te. Chi mai potrebbe prestar fede alle tue parole? chi darti aiuto in '
caso di bisogno? o qual persona di senno oserebbe unirsi al tuo ,
seguito? nel quale i giovani gi son fiacchi di corpo; divenuti
,
vecchi, sono infermi di mente, ed essendo stati allevati in
, '
giovent nel lusso e senza fatiche, faticosamente nello squallore . [II 315. 15 App.] (31)
trascorrono la vecchiezza; vergognosi delle azioni compiute,
,
oppressi da quelle presenti, hanno trascorso in giovent tutti i
, ,
piaceri, e han riservato alla vecchiaia tutte le afflizioni. (32) Io
,
invece convivo con gli di, convivo con gli uomini onesti; n v' . '
opera buona, sia divina che umana, che si compia senza di me. ; '
Sono sovra ogni altra cosa onorata, e dagli di, e da quegli
; ; '
uomini ai quali quest'onore si addice; amabile collaboratrice agli ; [II 315. 20 App.]
artefici, fedele custode delle case ai padroni, benevola assistente ;
ai servi, valida cooperatrice nelle fatiche della pace, sicura alleata , ,
nelle opere di guerra, e ottima compagna dell'amicizia. (33)
,
Godono poi i miei amici del piacere di cibi e di bevande anche ,
senza ricercatezze; poich se ne astengono finch non ne abbiano , ,
il desiderio. Scende su loro il sonno pi dolce che non agli oziosi, , [II 315. 25 App.]
n loro gravoso il lasciarlo, n per esso trascurano il loro
. (32) ,
dovere. E i giovani si rallegrano delle lodi dei pi vecchi, e i

vecchi esultano degli onori che a loro tributano i giovani; e con ' .
piacere si ricordano delle azioni passate, e si compiacciono di

compiere con decoro le presenti; cari agli di in grazia mia, diletti , ,
agli amici, onorandi alla patria. E quando sia giunta la fine
, [II 315. 30 App.]
destinata, non giacciono nell'oblio senza onori, ma fioriscono
,
celebrati con eterna memoria. Se tali prove, o Eracle figlio di
, ,
nobili genitori, sopporterai, ti sar permesso conseguire la
[II 316. 1 App.] . (33)
suprema felicit -. (34) Cos su per gi Prodico esponeva i

princpi educativi che Eracle riceveva dalla Virt; ma certo,
. '
adornava i suoi pensieri con parole pi solenni di quelle che ho ,
usato io.
[II 316. 5
App.] .
,
,
, '
, ,
, [II 316.
10 App.] ,
. ,
,
. (34)
'
.
DELLA NATURA

[II 316. 15]
84 B 3. GALEN. de el. sec. Hipp. I 9 [I 487 Khn]. G Tutte le 84 B 3.GALEN. de elem. I 9 [I 487 K.; 54, 21 Helmr.; vgl. 24
opere degli antichi sono intitolate Della natura: di Melisso, di A 2] G
, , ,
Parmenide, di Empedocle, di Alcmeone, di Gorgia, di
24

Prodico, * e di tutti gli altri. / CICER. de orat. III 32, 128.
. / CIC. de orat. III 32, 128 quid de
Che dire di Prodico Ceio, di Trasimaco Calcedonio, di
Prodico Ceo, de Thrasymacho Chalcedonio, de Protagora
Protagora Abderita? Ciascuno dei quali ragion e scrisse in
Abderita loquar? quorum unusquisque plurimum temporibus
quei tempi moltissimo anche sulla natura.
illis etiam de natura rerum et disseruit et scripsit. Vgl. II 310,
4. 24 m. Anm. [II 316. 20]
84 B 4. GALEN. de virt. phys. - II 9 [III 195 Helmreich; cfr. 84 B 4. GALEN. de virt. phys. II 9 (III 195 Helmr.; vgl. XV
XV 325 Khn]. Quando Prodico nel libro Della natura
325 Khn] . '
dell'uomo chiama 'flegma', dal concetto del verbo

[ardo], l'infiammazione e quasi l'essiccamento degli umori, usa


questo termine in un senso diverso, pur accordandosi con gli , [II 316. 25]
altri sul significato della cosa.25* Del resto, com'egli fosse un . '
innovatore di termini, ce ne d sufficiente prova anche Platone [A 13ff.].
[A 13-19]. Ma quel che da tutti quanti s'intende per flegma,

bianco d'aspetto, e che Prodico chiama 'blenna' [catarro],
, , .,
l'umore freddo e umidiccio, che si accumula in notevole

quantit sia nei vecchi, sia in chi comunque si sia raffreddato; e [II 316. 30 App.]
non c' alcuno, neppure un matto, che lo chiamerebbe
,
altrimenti che freddo e umido.
. Vgl. A 44 27 [I 406, 8], 68
A 159.
DA SCRITTI INCERTI
AUS UNBESTIMMTEN SCHRIFTEN [II 317. 1]
84 B 5. PHILOD. de piet. 9, 7 p. 75. Evidentemente Perseo fa 84 B 5. PHILODEM. de piet. 9, 7 p. 75 G.
sparire la divinit, o non ha alcuna idea chiara su di essa,
. . .
quando nel suo libro Sugli di dice che non gli pare
,
inverosimile la teoria enunciata da Prodico, che siano stati

dapprima ritenuti e onorati come di i nutrimenti e le cose utili, [II 317. 5 App.]
e dopo questi, gli scopritori sia di cibi, sia di ripari, sia di altri ,
ritrovati, come, per esempio, Demetra e Dioniso... CICER. de
nat. d. I 37, 118. E che? Prodico di Ceo, che afferm esser state . . . [Vgl. MIN. FEL. Oct. 21, 2 ] CIC. de n.
annoverate tra gli di le cose utili alla vita dell'uomo, quale mai deor. I 37, 118 quid? P. Cius, qui ea quae prodessent hominum
religione lasci? CICER. de nat. d. I 15, 38. Perseo... afferma vitae deorum in numero habita esse dixit, quam tandem
che furono ritenuti come di coloro che scoprirono qualcosa di religionem reliquit? CIC. de n. deor. I 15, 38 Persaeus ... eos
molto utile alle comodit della vita, e che queste stesse cose
esse [II 317. 10 App.] habitos deos, a quibus aliqua magna
utili e salutari sono state chiamate con nomi di di [cfr. anche utilitas ad vitae cultum esset inventa, ipsasque res utiles et
73 B 7, 3 sgg]. SEXT. EMP. adv. math. IX 18. Prodico di Ceo salutares deorum esse vocabulis nuncupatas. [Vgl. auch 73 B
poi dice: Il sole la luna i fiumi le fonti e in genere tutte le cose 7II 243, 8ff.]. SEXT. adv. math. IX 18 [Vgl. oben II 103, 1f.]
che giovano alla nostra vita, gli antichi le ritennero divinit per . ', ,
l'utilit che ne deriva; come fan gli Egizi per il Nilo;26* e cos
il pane fu ritenuto Demetra; il vino, Dioniso; l'acqua, Posidone; ' [II 317. 15]
il fuoco, Efesto, e cos via ciascuna cosa di cui ci serviamo.
, ',
SEXT. EMP. adv. math. IX 51. Che non esista divinit lo
,
affermano quelli chiamati atei, come Evemero... Diagora di
, ,
Melo, Prodico di Ceo e Teodoro... SEXT. EMP. adv. math. IX . SEXT. Adv. math. IX 51
52. Prodico poi dice che ci che utile alla vita fu concepito [sc. ] ,
come una divinit, come sole, luna, fiumi, laghi, prati, frutti, e . . . .
cose di questo genere. THEMIST. or. 30 p. 422. Ci
. . . SEXT. Adv. math. IX 52 .
avviciniamo gi ai sacri misteri e noi mescoleremo alle nostre , [II 317. 20 App.]
parole la sapienza di Prodico, il quale ricollega tutti i sacrifici
fatti dall'uomo e i misteri e le iniziazioni ai frutti
. THEMIST. Or. 30 p. 422 Dind.
dell'agricoltura, convinto che anche il concetto degli di sia

provenuto di l agli uomini ed anche ogni forma di culto.
,
,

*** .
84 B 6. PLAT. Euthyd. 305 C-D [Socrate a Critone, sugli
84 B 6. PLATO Euthyd. 305 C [II 317. 25 App.]
svalutatori della filosofia]. Critone, di costoro diceva Prodico , , .
che sono un che di mezzo tra il filosofo e il politico, e credono , '
d'essere i pi sapienti di tutti gli uomini... credono d'essere
. . . D ,
molto sapienti, e s'intende: sanno mediocremente di filosofia, , .
mediocremente di politica.
84 B 7. STOB. flor. IV 20, 65. Di Prodico:
84 B 7. STOB. IV 20, 65 [II 318. 1] .
,
Il desiderio raddoppiato amore, l'amore raddoppiato diventa .
follia.
TESTIMONIANZE DUBBIE
ZWEIFELHAFTES
84 B 8. [PLAT.] Eryx. 397 D sgg. [Socrate:] Appunto questo 84 B 8. [PLATO] Eryxias 397 D ff. [II 318. 5 App.]
discorso, dissi io, lo teneva poco tempo fa nel Liceo un uomo , ,
sapiente, Prodico di Ceo, e ai presenti faceva l'effetto che
, ,
dicesse tali sciocchezze che nessuno egli riusc a persuadere
, ,

che diceva sul serio... gli aveva chiesto il giovinetto in che


. . . ,
senso egli pensava che fosse un male esser ricco, e in che senso '
un bene; ed egli di rimando rispose, come appunto tu ora, che , , ,
per gli uomini onesti e buoni, che sanno come si debbono usar [II 318. 10 App.]
le ricchezze, un bene, mentre per i disonesti e sconsigliati, un , ,
male. E cos, soggiunse, anche di tutte le altre cose; quali
, . ',
sono le persone che ne fanno uso, tali di necessit son le cose ,
in rapporto ad essi.27*
,
.
84 B 9. [PLAT.] Axioch. 366 B sgg. [Socrate:] Tu affermi di 84 B 9. [PLATO] Axiochos 366 B ff. [Sokr. spricht] ,
me cose non vere, Assioco, e credi, come il volgo ateniese, che [II 318. 15 App.] ,
pel fatto ch'io sono un curioso indagatore delle cose, possegga ,
non so quale scienza. Ma volesse Iddio ch'io possedessi anche , .
solo le conoscenze pi comuni! Tanto sono lungi dal possedere .
quelle pi elevate. Ed anche queste cose che dico ora, son echi (C) , ,
di Prodico, il saggio, e l'ho comprate parte per mezza dramma, ,
parte per due dramme, parte per quattro. Perch, per nulla,
.
costui non insegna a nessuno e ha sempre in bocca quel detto di [II 318. 20 App.]
Epicarmo [23 B 30]:
[23 B 30] '
, '.

Una mano lava l'altra; dammi qualcosa e piglierai qualcosa.
,
, .
Appunto tempo fa, tenendo egli in casa di Callia figlio di
Ipponico una conferenza, ne disse tante contro la vita, che per
poco io non me la soppressi, e da allora la mia anima desidera
di morire, o Assioco.28*
FALSIFICAZIONI

FALSCHES
[II 319. 1 App.]
84 B 10. PLUTARCH. de sanit. praec. 8 p. 126 D. Ben trovato 84 B 10. PLUT. de sanit. 8 p. 126 D
, .
sembra il detto di Prodico, che il miglior condimento il
29
fuoco. *
84 B 11. GALEN. de meth. med. X 474 Khn. Certamente il 84 B 11. GALEN. de meth. med. X 474 K.
latte ottimo, se venga succhiato direttamente dalla femmina, , ,
come ritengono Eurifonte, Erodoto e Prodico.30*
[II 319. 5]
.
85. TRASIMACO

85 [78]. TRASYMACHOS
[II 319. 7 App.]
A. LEBEN UND LEHRE
A. VITA E DOTTRINA
85 A 1. SUID.
85 A 1. SUID. s. v. Trasimaco [?] Calcedonio, sofista, nato a (
Calcedonia in Bitinia, insegn per primo le regole del periodo e , [II
della proposizione, e introdusse lo stile oratorio ora in uso;1* fu 319. 10 App.] [?]
discepolo2* del filosofo Platone e dell'oratore Isocrate; scrisse ) ,
, , .
Orazioni deliberative, Arte oratoria, Esercizi
dialettici,3*Spunti retorici.
85 A 2. ARISTOT. soph. el. 33. 183 b 29. Coloro che ora
fioriscono [nell'arte retorica], l'hanno ereditata da molti che
successivamente la svilupparono a parte a parte, e cos l'hanno
ampliata: Tisia seguto ai primi, Trasimaco dopo Tisia, e dopo
Trasimaco Teodoro4* e molti altri, ne hanno messe insieme
molte parti.
85 A 3. DIONYS. Lys. 6. Oltre a questi pregi, io ne trovo in
Lisia uno davvero mirabile, che Teofrasto [ . fr. 3
Schmidt] afferma iniziarsi con Trasimaco, ma io credo con
Lisia; perch mi pare che, cronologicamente, questi preceda
quello...5* e qual questo pregio? L'espressione concisa e ben
tornita dei concetti, qualit propria e indispensabile ai discorsi

85 A 2. ARISTOT. Soph. el. 33. 183 b 29



, [II 319.
15 App.] ,
,
.
85 A 3. DIONYS. Lys. 6
, [ . fr. 3
Schmidt] , '

[II 319. 20] '
. . . ' ;

,

.
85 A 4. ARISTOPH. Daitales fr. 198, 5 sgg. [da GALEN. lex. 85 A 4. ARISTOPH. Daetales [aufgefhrt 427] fr. 198, 5ff.
Hipp. XIX 66 Khn; dialogo tra padre e figlio].6*
[aus GAL. gloss. Hipp. XIX 66 K. Dialog zwischen Sohn und
F. - Ma forse tu sarai atterrato col tempo.
Vater].
P. - Questo sarai atterrato preso dai retori.
[II 319. 25 App.] .
F. - Dove andranno a parare coteste tue parole?
- .
P. - di Alcibiade questo andranno a parare.
-
F. - Che insinui e che male dici di uomini che sono specchi di - ' .
probit?
- '
P. - Ohim, Trasimaco, chi spaccia queste frottole sugli
[II 320. 1 App.] ;
avvocati?
- ', ,
;
85 A 5. ARISTOT. rhet. 11. 1413 a 7 [a proposito della
85 A 5. ARISTOT. Rhet. 11. 1413 a 7
comparazione con metafora]. Altro esempio: Nicerato7* un ,
Filottete morso da Pratis, similitudine fatta da Trasimaco, a
. [II 320. 5 App.]
veder Nicerato tutto arruffato e stralunato ancora, dopo esser , .
stato vinto da Pratis nell'arte rapsodica.
85 A 6. ARISTOT. rhet. B 23. 1400 b 19 [uno dei luoghi
85 A 6. ARISTOT. Rhet. B 23. 1400 b 19
dell'entimema, ricavato dal nome]. Cos Conone chiamava

Trasibulo 'trasibulo', ed Erodico diceva a Trasimaco: tu sei
' ' '
sempre 'trasimaco' e a Polo: sei sempre 'polo' .8*
'.
85 A 7. IUVENAL. 7, 203. Molti sentirono il disagio
85 A 7. IUV. VII 203 paenituit multos vanae sterilisque
dell'inutile e meschino mestiere, come prova la morte di
cathedrae sicut Tharsymachi [?] probat exitus. SCHOL.
Trasimaco.9*SCHOL. ad loc. Retore ateniese che s'impicc.
rhetoris apud Athenas qui suspendio perit. [II 320. 10 App.]
10
85 A 8. ATHEN. X 454 F. Neottolemo di Pario, *nel suo libro 85 A 8. ATHEN. X 454 F
Delle iscrizioni, dice che sulla tomba del sofista Trasimaco a
Calcedone era scritto questo epigramma:

.
Il nome, theta, rho, alpha, sigma, ypsilon, mi, alpha, chi,
omicron, sigma - la patria, Calcedone, la professione sapienza [II 320. 15] .
[oratoria].
85 A 9. CICER. de orat. III 32, 128. Dei quali [Prodico,
85 A 9. CIC. de orat. III 32, 128 [Prodikos, Thras., Protagoras,
Trasimaco, Protagora] ciascuno discusse e scrisse moltissimo, s. 84 B 3] quorum unus quisque plurimum temporibus illis
per quei tempi, anche intorno alla natura delle cose.11*
etiam de natura rerum et disseruit et scripsit.
85 A 10. PLAT. resp. I 336 B [definizione della giustizia e del 85 A 10. PLATO de rep. I 336 B .
giusto]. Pi volte Trasimaco, mentre noi parlavamo, era balzato [II 320. 20]
su per interloquire obbiettando, ma poi n'era stato impedito
,
dagli astanti, che volevano star a sentire il discorso sino alla

fine; ma come sostammo un momento dopo ch'io ebbi detto
' ,
queste cose, non pot pi reggere, e ravvoltosi in se stesso
,
come una fiera, si slanci su di noi, come per sbranarci. Io e
' ,
Polemarco dalla paura restammo agghiacciati; ed egli nel
. ' ',
mezzo urlando: Che sciocchezze andate dicendo da un pezzo, , , ' . [II 320. 25
o Socrate? grid.PLAT. resp. I 338 C. G Io [Trasimaco]
App.] Vgl. PLATO de rep. I 338 C [B 6a]. G
affermo dunque essere il giusto non altro che l'utile del pi
.
forte.12*/
/
85 A 11. ARISTOT. rhet. 8. 1409 a 2. Resta il ritmo
85 A 11. ARISTOT. Rhet. 8. 1409 a 2 ,
peonico,13* che entr nell'uso a cominciar da Trasimaco, senza ,
tuttavia che qualcuno ne sapesse dare la definizione.14*
.
85 A 12. CICER. orat. - 13, 40. Isocrate... sembrandogli
85 A 12. CIC. Orat. 13, 40 Isocrates ... cum concisus ei Th.
ritmato in troppo brevi cadenze il periodare di Trasimaco e
minutis numeris videretur et Gorgias, qui tamen primi
anche di Gorgia, i quali tuttavia son ricordati come i primi che traduntur arte quadam verba vinxisse, [II 321. 1] Thucydides
abbiano collegato insieme le parole con una certa arte, e troppo autem praefractior nec satis ut ita dicam rotundus, primus
spezzato quel di Tucidide e non abbastanza, per cos dire,
instituit dilatare verbis et mollioribus numeris explere
rotondo, si propose per il primo di distendere i pensieri in frasi sententias.
ampie e svolgerli in ritmi di pi largo respiro.
85 A 13. DIONYS. Isae. 20. Fra coloro che ebbero il gusto 85 A 13. DIONYS. Isae. 20
della precisione della lingua e si esercitarono a vere gare

forensi e ad ogni seria gara oratoria.

oratorie, furono Antifonte Ramnusio, Trasimaco


, [II 321. 5
Calcedonio, Policrate Ateniese, Crizia che fu dei Trenta, e App.]
Zoilo che lasci gli Studi su Omero... Trasimaco, dallo stile
puro ed elegante, valente nell'inventare ed esprimere in
' . . . .
forma tornita e copiosa tutto ci che vuole, tutto nelle

trattazioni retoriche e nei discorsi epidittici, mentre non ha ,
lasciato orazioni giudiziarie; lo stesso si pu dire di Crizia e , [
di Zoilo, solo che differiscono tra loro per le qualit dello ] ,
stile.
[II 321. 10 App.]

.
85 A 14. SUID. s. v. . Vestino, chiamato Giulio, 85 A 14. SUID. .
sofista. Scrisse un compendio delle Glosse di Pamfilo di 94 ,
libri, una Scelta di vocaboli dalle opere di Demostene, e
,
una Scelta dalle opere di Tucidide, di Iseo, di Isocrate, del , ,
retore Trasimaco e di altri oratori.
[II 321. 15 App.] .
B. FRAMMENTI
B. FRAGMENTE
DELLO STATO
85 B 1 [2 Sauppe O. A. II 162]. DIONYS. Demosth. 3 p. 132, 3.
Il terzo stile oratorio era quello misto, composto di questi due
[cio il solenne e il dimesso]; chi sia stato il primo a foggiarlo e a
comporlo nella sua forma attuale, se Trasimaco di Calcedonia,
come pensa Teofrasto [ . fr. 4 Schmidt],o se altri, non
sono in grado di dirlo. Quelli che a loro volta lo usarono e lo
svilupparono quasi al punto da renderlo perfetto, furono, degli
oratori, Isocrate ateniese, e dei filosofi, Platone il Socratico; oltre
i quali non si riesce a trovarne altri, eccetto Demostene, che o
coltivino con maggiore efficacia le forme
necessarie ed utili15* dell'oratoria, o che meglio facciano mostra
di eleganza del dire e di elaborazione artistica. Quanto allo stile
di Trasimaco, se davvero esso era l'inizio di questa forma
intermedia, s'era proposto, come si vede, un oggetto degno di
studio; esso infatti in un certo modo una fusione dei due stili,
dai quali ha tolto sol quanto era utile; ma l'efficacia non risulta
poi pari alla sua intenzione, come si pu vedere, dal seguente
esempio, tratto da un'arringa popolare:16*

85 B 1 [2 Sauppe O. A. II 162] DIONYS. Demosth. 3 [p. 132, 3


Raderm. - Usen.]
[II 321. 20 App.] [nmlich und
]
, . ,
[. . fr. 4 Schmidt], ,
. '

[II 321. 25 App.] ,



.
, ,
[II 321. 30]
[II 322. 1 App.]
. ' ,

' , ,
Vorrei davvero, o Ateniesi, essermi trovato in quel tempo antico, [ ],
quando ai giovani bastava il tacere, perch lo stato delle cose non [II322. 5 App.] ,

obbligava17* a prender la parola in pubblico, e gli anziani
'
governavano bene la citt. Ma giacch la sorte ci ha posto in
tempi cos gravi, che dobbiamo udire che della citt, e noi intanto ,
le calamit - e di queste, le maggiori non son opera n degli di ,
, [II 322. 10 App.]
n del caso, ma di chi governa18* - bisogna per forza parlare.
Perch o un insensibile o estremamente paziente colui che sia , ,
,
disposto anche a commettere una colpa cedendo ad
,
un'imposizione, e che dell'altrui perfidia e malvagit voglia
sopportare egli stesso la responsabilit. Ci basta oramai il tempo
.
trascorso, e l'esser vissuti, invece che in pace, in guerra, e
attraverso pericoli esser giunti fino a questo momento - contenti [II 323. 1 App.]
dell'ieri, timorosi del domani -, e invece che alla concordia, esser
venuti alle inimicizie e alle sommosse intestine. E mentre gli altri , , '
, '
uomini son resi, dal troppo benestare, insolenti e sediziosi, noi
nelle prosperit eravamo temperanti, ma perdiamo la testa nelle [II 323. 5 App.] .
calamit, le quali sogliono far rinsavire gli altri. Perch dunque
dovrebbe esitare a dire quel che ha in animo uno che si addolori ,
dei casi presenti e creda di conoscere un mezzo, perch nessuna , ,
.
di tali cose pi avvenga? E anzitutto dichiarer il dissidio
, [II 323. 10

esistente tra gli oratori [politici] e gli altri; ai quali nei loro
App.] ,
discorsi accade reciprocamente quel che di necessit deve
;
accadere a coloro che contendono senza il controllo della

ragione. Perch, credendo di opporre l'un contro l'altro argomenti '
contrari, non s'accorgono che fanno la stessa cosa, e che
,
l'argomento dell'avversario contenuto nel loro proprio
[II 323. 15 App.]
argomento. Considerate un po' dal principio, a che tendano gli
,
uni e gli altri. Anzitutto, la forma di governo ricevuta dai padri19* .
offre ad essi occasione di dissensi, pur essendo essa a conoscenza , [II 324. 1 App.]
di tutti e accessibile a tutti i cittadini. Per quanto anteriore alla .
nostra conoscenza diretta, necessario consultare quel che ne

dicon gli antichi; per quanto videro direttamente i nostri vecchi, .
bisogna chiederne a chi ne informato.
, ,
[II 324. 5 App.] ' ,
Tale , pi o meno, lo stile di Trasimaco; una via di mezzo tra i . . .'
due, una fusione ben fatta, e un opportuno punto di partenza per ,

stabilire le peculiarit degli altri due stili.
.
20
PER I LARISEI *

85 B 2 [1 S.]. CLEM. ALEX. Strom. VI 16 [II 435, 16]. Avendo 85 B 2 [1 S.]. CLEM. Strom. VI 16 [II 435, 16 St.] [II 324. 10
App.] [aufgef. 438] '
Euripide detto nel Telefo Noi, Greci, saremo schiavi di
;' [fr. 719 N.2] .
barbari?, Trasimaco dice nell'orazione per i Larisei:
'
;'
Saremo schiavi di Archelao, noi Greci, di lui barbaro?
GRANDE TRATTATO 21*

85 B 3 [4 S.]. SCHOL. ARISTOPH. Av. 880. Le stesse cose di 85 B 3 [4 S.]. SCHOL. ARISTOPH. Av. 880 [II 324. 15]
Teopompo22* dice anche Trasimaco nel Grande Trattato.
[fr. 115 ber die Einschlieung der
Chier in das Gebet der Athener zu Anfang des pelop. Krieges]
. . [II 325. 1 App.]
Zu der Techne gehren auer den [s. II
319, 11] die folgenden mit Spezialtiteln angefhrten Frr.
85 B 4 [3 S.]. ATHEN. X 416 A. Trasimaco Calcedonio, in
85 B 4 [3 S.]. ATHEN. X 416 A . '
uno dei suoi Proemi narra che Timocreonte, recatosi presso il
Gran Re e invitato da lui a pranzo, mangi a crepapelle.
[II 325. 5 App.] '
Interrogato dal re che cosa avrebbe fatto dopo, rispose che
.
avrebbe abbattuto innumerevoli Persiani. L'indomani, dopo
.
aver vinto l'un dopo l'altro parecchi, si mise a gesticolare.
'
Richiesto della ragione di ci, rispose che gli rimanevano
.
altrettanti colpi, per chi si facesse avanti.
, , .
85 B 5 [7 S.]. ARISTOT. rhet. 1. 1404 a 13. Alcuni hanno
85 B 5 [7 S.]. ARISTOT. Rhet. 1. 1404 a 13 [II 325. 10
tentato di dire qualcosa [cio dell'arte scenica] come
App.] ' [nml.
Trasimaco nelle sue Perorazioni.23*
] , . .
85 B 6 [5 S.]. PLAT. Phaedr. 267 C. Quanto poi a tirate
85 B 6 [5 S.]. PLATO Phaedr. 267 C [Vgl. II 262, 7]
commoventi sulla vecchiaia e sulla povert, mi pare che

riuscisse assai pi potente la forza del Calcedonio; il quale era [II 325. 15 App.]
insuperabile nell'eccitar la folla all'ira, e poi, eccitatala, placarla .
d'incanto, come diceva lui; e a muover accuse e a sventarle, su ,
qualsiasi punto, abilissimo.24* HERM. in Plat. Phaedr. p. 239,
18. Il Calcedonio, cio Trasimaco, insegn in qual modo si
. HERMIAS z. d. St.. p. 239, 18 Couvreur
possa muover il giudice a compassione e strapparne
, ., ,
misericordia, cio con tirate lacrimevoli sulla vecchiaia,
[II 325. 20]
povert, figli e cose simili.
, , , .
85 B 6 a. PLAT. resp. 338 C. Io [Trasimaco] affermo dunque 85 B 6 a. PLATO de rep. 338 C . . [Thrasym.]
essere il giusto non altro che l'utile del pi forte.
.
85 B 7 [6 S.]. PLUTARCH. quaest. conv. I 2, 3 p. 616 D. [Per 85 B 7 [6 S.]. PLUT. Quaest. conv. I 2, 3 p. 616 D [bei der
stabilire l'ordine dei convitati] bisogna fare come chi si occupa Tischordnung] [II 325. 25]
di una ricerca comparativa, cio aver sottomano i Luoghi
[II 326. 1 App.] [

1ff.]
,

.
85 B 7 a. PHILOD. rhet. II 49 [Suppl. ed. Sudhaus, Leipzig
85 B 7 a. PHILOD. Rhet. II 49 [Suppl. ed. Sudhaus, Lps. 1895,
1895, pp. 42 sgg]. Anche Metrodoro,26* nel primo libro
S. 42 ff.] [II 326. 5] [fr. 20 ff. A Krte
dell'opera Dei poemi, pare che dimostri sufficientemente che la Jahrb. f. cl. Phil. Suppl. 17 (1880) 548]
retorica sofistica un'arte... basta parlare in pubblico di ci che
al pubblico utile, senza star a imparare il Trattato di
...
Trasimaco o di alcun altro... Trasimaco e gli altri non pochi che ,
han fama di possedere tali regole per i discorsi politici e
' [II
retorici, non mettono mai in pratica le regole che dicon di
326. 10] ...
sapere.

, ,
.
DA SCRITTO INCERTO
AUS UNBESTIMMTER SCHRIFT
85 B 8. HERM. in Plat. Phaedr. p. 239, 21. Trasimaco scrisse 85 B 8. HERMIAS z. Plat. Phaedr. p. 239, 21 Couvr. [zu
in un suo discorso qualcosa di simile, che gli di non badano p. 267 C s. B 6] [II 326. 15 App.] [Thr.]
alle cose umane; altrimenti non trascurerebbero il massimo dei ,
beni fra gli uomini, la giustizia; vediamo infatti che gli uomini
non l'applicano mai.27*

.
comuni di Aristotele e i Prodigi oratorii25* di Trasimaco,
bench cos non si faccia nulla di utile, ma s'introducano nei
convivi le vane formalit del foro e del teatro.

86. IPPIA

86 [79]. HIPPIAS

A. VITA E DOTTRINA

A. LEBEN UND LEHRE


[II 326. 20 App.]

86 A 1. SUID. s. v. Ippia figlio di Diopite, nato in Elide, sofista


e filosofo, scolaro di Egesidamo,1* pose come fine dell'uomo 86 A 1. SUID. ,
l'autarchia.2* Scrisse molte opere.
, ,
. .
86 A 2. PHILOSTR. V. soph. I 11, 1-8. Il sofista Ippia, di
86 A 2. PHILOSTR. V. Soph. I 11, 1ff. .
Elide, manteneva ancora, da vecchio, una memoria cos
,
potente, da saper ripetere nello stesso ordine anche cinquanta [II 326. 25 App.]
nomi uditi una volta sola;3*nelle sue conferenze trattava di
' ,
geometria, di astronomia, di musica, di metrica; (2) parlava
, , ,
anche di pittura e di scultura. (3) Questo in altri luoghi; a
(2)
Sparta per s'intratteneva di genealogie, di colonie, di affari,
(3)
poich gli Spartani, desiderosi com'erano di predominio,
(?) ,
amavano questo genere di discorsi. (4) C' di lui anche un
[II 327. 1 App.]
Dialogo troiano [B 5],4* di cui ecco l'argomento: Nestore in
. (4)
Troia conquistata suggerisce a Neottolemo figlio di Achille che [B 5],
cosa deve fare per acquistar fama d'uomo valente. (5)
,
Incaricato di ambascerie pi spesso d' ogni altro greco [A 6], . (5)
per conto della citt di Elide, non solo non gli capit mai di

diminuire la propria fama sia in pubblici discorsi, sia nelle
[II 327. 5 App.]
discussioni, ma anche acquist moltissime ricchezze, e fu
,
iscritto nelle trib di citt piccole e grandi. (6) And anche per . (6)
far denaro ad Inico [A 7], cittadina abitata da Siculi, ai quali
,
Platone accenna scherzando nel Gorgia [493 A]. (7) Il resto del ,
tempo poi, tenuto in grande onore affascinava la Grecia in
. (7)
Olimpia,5* con discorsi smaglianti e bene elaborati.

(8) Aveva eloquio non conciso, anzi copioso e spontaneo, e
. (8) [II 327.
poco ricorreva ad espressioni poetiche.
10 App.] ,
.
86 A 3. [PLUTARCH.] Vit. X orat. 4 p. 838 A. Quand'era gi 86 A 3. [PLUT.] Vit. X or. 4 p. 838 A '
vecchio, Isocrate adott da Platane, figlia dell'oratore Ippia, un [Isokrates]
figlio, Afareo,6* il giovane dei tre figli di lei. [PLUTARCH.] ,
Vit. X orat. 4 p. 839 B. Da giovane non si spos, invecchiando . [PLUT.] Vit. X or. 4 p. 839 B

poi, convisse con una etera, di nome Lagisca... pi tardi tolse in , '
moglie Platane figlia dell'oratore Ippia, la quale aveva tre figli, ... [II 327. 15]
di cui Afareo, come s' detto prima, fu da lui
,
adottato.HARPOCR. s. v. . Costui era figlio di Ippia, , , . HARPOCR. .
ma passava per figlio di Isocrate. ZOSIM. v. Isocr. p. 253 4 W. , .
Isocrate spos una certa Platane, figlia dell'oratore Ippia.
ZOSIM. V. Isocr. p. 253 4 Westerm. '
, .
86 A 4. PLAT. apol. 19 E. Bench questo mi sembri una cosa 86 A 4. PLATO Apol. 19 E
molto bella, che ci sia qualcuno capace di educare gli uomini , ' [II 327. 20 App.]
come Gorgia da Leontini, Prodico di Ceo [84 A 4] e Ippia di
Elide.
. . Vgl. 84 A 4.
86 A 5. ATHEN. V p. 218 C. Veramente Platone immagina nel 86 A 5. ATHEN. V p. 218 C
Protagora [cfr. 80 C 1] che sia presente anche Ippia di Elide
[] [vgl. C 1]
con alcuni dei suoi concittadini; i quali non verosimile che
,
potessero dimorare senza rischio ad Atene, prima della tregua
annua stipulata sotto l'arconte Isarco, nel mese Elafebolione.7* [] [II 327. 25] [423]
. Vgl. 80 A 11.
86 A 5 a. XENOPH. symp. IV 62. So bene - disse [Socrate] - 86 A 5 a. XENOPH. Symp. IV 62 [s. oben 84 A 4a] ,
che tu [Antistene] hai attirato Callia qui presente, dal sapiente , [Antisthenes]
Prodico [cfr. 84 A 4 a] ... e so anche, presso Ippia di Elide, dal ..., , '
quale ha imparato anche l'arte della memoria .
.
86 A 6. PLAT. Hipp. mai. 281 A. [Socrate e Ippia:] - O bello e 86 A 6. PLATO Hipp. mai. 281 A [Sokr., Hipp.]
dotto Ippia, da quanto tempo non approdi da noi, ad Atene! - , [II 327. 30 App.]
Non ho tempo, Socrate; perch quando Elide deve trattare
. - , .
qualche affare con un'altra citt, sempre, prima che ad altri

cittadini, si rivolge a me, e mi elegge a legato, certa com' ch'io ,
sia il pi esperto giudice e relatore dei colloqui che si tengono ,
nelle varie citt. E fui spesso ambasciatore in questa o quella ,
citt, ma soprattutto, e sempre per affari della pi alta
.
importanza, a Sparta. Ecco perch, come mi chiedi, non vengo , [II
spesso da queste parti.
327. 30] , ,
.
86 A 7. PLAT. Hipp. mai. 282 D-E. [Ippia:] Andato io una
86 A 7. PLATO Hipp. mai. 282 D E [Hippias spricht]
volta in Sicilia mentre vi si trovava Protagora [cfr. 80 A 9], gi [s. 80 A 9]
celebre e anziano, io che pure ero molto pi giovine, in poco
tempo guadagnai pi di centocinquanta mine; e da un solo
[II 328. 1 App.] []
paese, e assai piccolo, Inico, pi di venti mine. Tornato a casa
con questa somma, la detti a mio padre, tanto che lui e gli altri ,
cittadini ne furono meravigliati e sbalorditi. Quasi quasi credo
d'aver guadagnato pi io che altri sofisti in due, quali tu
,
voglia.8*
.
[II 328. 5 App.]
. Tracht s. 82 A 9.
86 A 8. PLAT. Hipp. min. 363 C. [Ippia:] Difatti sarebbe
86 A 8. PLATO Hipp. min. 363 C [Hippias]
strano da parte mia, o Eudico, se mentre al solenne convegno, , ,
degli Elleni in Olimpia, dove vado sempre da Elide quando si , ,
celebrano i giochi, io mi offro nel tempio sia di recitare a
[II 328.
richiesta un discorso gi preparato, sia di rispondere a
10]
qualsivoglia domanda, ora poi sfuggissi alle domande di
,
Socrate... PLAT. Hipp. min. 364 A. Da quando ho cominciato a , . .
cimentarmi nelle gare olimpiche, non ho mai trovato nessuno, . PLATO Hipp. min. 364 A
in qualsiasi campo, pi valente di me.

.
86 A 9. PLAT. Hipp. mai. 286 A. [Ippia:] S, per Giove,
86 A 9. PLATO Hipp. mai. 286 A [Hippias] ',
Socrate, anche di recente riportai l [a Sparta] un gran
, [II 328. 15 App.]
successo, parlando delle nobili occupazioni a cui conviene che ,
un giovane si dedichi. Io ho appunto su quest'argomento una .
composizione magnifica, soprattutto per la scelta dei vocaboli. ,
Lo spunto e il principio del dialogo su per gi questo [cfr. A [vgl. A
2, 4]: dopo la presa di Troia, immagino che Neottolemo
2 4] , ,

, ,

[II 328. 20
App.] . [in
Sparta] [in Athen]


.
86 A 10. PLAT. Hipp. min. 364 C. [Ippia:] Io dico dunque che 86 A 10. PLATO Hipp. min. 364 C [Hipp.]
Omero ha voluto rappresentare Achille come il pi valoroso di [II 328. 25 App.]
quanti andarono a Troia, Nestore come il pi saggio, e Ulisse , ,
come il pi versatile d'ingegno.
.
86 A 11. PLAT. Hipp. mai. 285 B. [Socrate e Ippia:] - Ma in 86 A 11. PLATO Hipp. mai. 285 B [Sokrates und Hippias]
nome degli di, di quali argomenti dunque ti lodano gli
, ,
Spartani, o Ippia, e quali godono di udire? Certo quelli che tu [die Spartaner] ;
conosci mirabilmente, cio la scienza degli astri e i fenomeni ,
celesti? 12*- Neanche per sogno! Di questi argomenti non ne
; [II 328. 30] - ' '
voglion neppur sentire. - Allora godono di sentir parlare di
. - ;
geometria? - Neppure; molti di loro non conoscono, per cos
- , '
dire, nemmeno i numeri. - Sono ben lungi dunque dal tollerare . -
che tu parli loro di calcoli? - Oh s, molto, per Giove! - Ma
. - , . allora, di quello che tu sai pi acutamente di alcun altro

analizzare, cio del valore delle lettere, delle sillabe, dei ritmi, , [II
degli accenti? - Ma che accenti, ma che lettere, amico mio! - O 328. 35 App.] ; - ,
allora, per che cosa mai ti stanno ad ascoltare con piacere e ti , ; -
lodano? Dimmelo tu, che da me non lo trovo. - O Socrate,
; ,
perch racconto le genealogie degli eroi e degli uomini, e le
. - , ,
fondazioni, cio come anticamente si fondarono le citt; in una ,
parola, essi amano ascoltare la storia antica,13* sicch per loro ,
sono stato costretto a studiare e a mettermi al corrente di tutto , ' [II 328.
questo. - Per Giove, Ippia, buon per te che i Lacedemoni non 40] '
amino sentir enumerare i nostri arconti a cominciar da Solone, . - ', ,
se no, avresti avuto un bel daffare a impararli! - Perch
, , [II
Socrate? Io, se sento una volta sola dire cinquanta nomi, li
329. 1]
ritengo a mente. - Hai ragione; non pensavo che tu possiedi
, ' . l'arte mnemonica, sicch comprendo che abbian ragione i
, ;
Lacedemoni di ascoltarti volentieri, giacch sai tante cose; e
. - , ' ,
che faccian con te come i fanciulli con le vecchierelle, che si '
fanno raccontar le fole.
[II 329. 5] ,

.
86 A 12. PLAT. Hipp. min. 368 B. [Socrate a Ippia:] Tu sei
86 A 12. PLATO Hipp. min. 368 B
assolutamente il pi esperto degli uomini in moltissime arti,
,
come appunto ti sentii vantare, una volta che in piazza, presso i
banchi dei cambiavalute, esibivi la tua grande e invidiabile
.
sapienza. Raccontavi d'esser andato una volta ad Olimpia
[II 329. 10]
portando indosso tutte cose fatte da te: anzitutto l'anello

(cominciasti da questo) che avevi, dicevi esser opera tua,
( )
poich tu sai incidere anelli; e un sigillo, anche opera tua, e un
raschiatoio e un'ampollina da olio foggiati da te; poi, i calzari ,
che portavi dicevi averli tu stesso lavorati, e aver tessuto il

mantello e la tunica; ma quel che a tutti parve pi straordinario,
e prova di sapienza somma, fu quando dicesti che la cintura
[II 329. 15 App.]
della tua tunica era uguale alle pi ricche cinture persiane, e
[], , ,
tale l'avevi foggiata tu stesso; oltre a ci dicevi di aver portato ,
con te delle tue composizioni poetiche, come poemi epici e

tragedie e ditirambi, e poi molti discorsi in prosa, sugli

argomenti pi svariati; e di essere venuto provvisto, pi di

qualsiasi altro, di dottrina in quelle arti che test nominavo,
, ,
cio nell'uso corretto dei ritmi, degli accenti e delle lettere, e di [II 329. 20 App.]
ancor altre moltissime cose oltre queste, a quanto mi par di
,
domandi a Nestore quali siano le nobili occupazioni alle quali
debba dedicarsi un giovane per farsi un ottimo nome.9* Dopo
ci prende la parola Nestore, che gli suggerisce moltissime e
bellissime norme. Io lo recitai l,10* e sto per recitarlo anche
qui doman l'altro nella scuola di Fidostrato, insieme a molte
altre composizioni degne d'esser udite; me ne preg Eudico,11*
figlio di Apemanto.

ricordarmi. Ah, ecco, dimenticavo quel tuo artificio


,
mnemonico, nel quale pretendi d'esser illustre davvero [cfr. 80 , , ,
A 26].
. Vgl. 80 A 26 (II 261, 41).
86 A 13. ATHEN. XI p. 506 F. Nel Menesseno non solo
86 A 13. ATHEN. XI p. 506 F
messo in ridicolo Ippia di Elide, ma anche Antifonte Ramnusio . , [II 329. 25]
e il musico Lampro.14*
.
86 A 14. XENOPH. mem. IV 4, 5-7. Io so che una volta egli
86 A 14. XENOPH. Mem. IV 4, 5-7
[Socrate] tenne anche con Ippia di Elide la seguente
[Sokrates]
conversazione intorno al giusto. Essendo giunto Ippia da un
.
certo tempo ad Atene, si trov presente mentre Socrate diceva ,
ad alcuni: che cosa strana mai questa, che se si vuol far
,
imparare a qualcuno l'arte del calzolaio o del falegname o del , , [II 329. 30
fabbro o dell'auriga, non si sta neppure a pensarci, dove si
App.]
debba mandarlo per ottenerlo; [e c' chi dice che se si vuole

educare al senso del giusto un cavallo o un bove, pieno

dovunque di gente che pu insegnarlo]; 15* ma se invece uno ,
vuole o istruirsi lui stesso nel giusto, o far istruire un figlio o . (6) .
uno schiavo, non sa da che parte voltarsi. (6) Il che udendo
, , ,
Ippia, con aria di canzonatura: - Ancora - esclam - vai
; [II 329. 35
ripetendo, o Socrate, quelle stesse cose che ti ho sentito dire un App.] , ,
secolo fa? - E Socrate: - E quel che peggio, o Ippia, non solo , ,
dico sempre le stesse cose, ma anche sugli stessi argomenti;16* '
mentre tu invece, forse perch sei molto dotto, sugli stessi
. , ,
argomenti non ripeti mai le stesse cose. - Certamente, - disse . (7) , , ;
Ippia, - io cerco sempre di dir qualcosa di nuovo. (7) E Socrate: ,
Come? anche su ci di cui hai gi un concetto ben chiaro? Per , ,
esempio, se uno ti domanda quante e quali sono le lettere della [II 329. 40] ; ,
parola 'Socrate' dirai prima in un modo, e poi cercherai di dire ,
in un altro?17* o anche se ti domandano se due per cinque fa
; , , , ,
dieci, risponderai la seconda volta diversamente dalla prima? - [II 330. 1 App.]
Ma Socrate, su cose di questo genere rispondo anch'io sempre , '
lo stesso, come te; ma circa la giustizia son convinto di poter ' .
dire ora tali cose, alle quali n tu n alcun altro potreste
contraddire.
86 A 15. TERTULL. apol. 46. Ippia, mentre tende insidie alla 86 A 15. TERTULL. Apolog. 46 [in einer Aufzhlung der
citt, viene ucciso.18*
Schandtaten heidnischer Philosophen] Hippias dum civitati
insidias disponit occiditur. [II 330. 5]
86 A 16. AMMIAN. MARC. XVI 5, 8. Se dunque vero 86 A 16. AMMIAN. MARCELL. XVI 5, 8 si itaque verum est
ci che vari scrittori riferiscono, cio che il re Ciro e il
quod scriptores varii memorant, Cyrum regem et Simonidem
poeta lirico Simonide e Ippia di Elide, il pi valente dei
lyricum et Hippiam Eleum sophistarum acerrimum ideo
sofisti, abbiano avuto memoria tenace, per averla ottenuta valuisse memoria, quod epotis quibusdam remediis id
col bere alcuni farmaci... [cfr. A 5 a. 11.12].
impetrarunt ... Vgl. A 5 a. 11.12.
B. FRAMMENTI
B. FRAGMENTE
[II 330. 10]
ELEGIE

86 B 1. PAUS. V 25, 4 [Naufragio del coro di 35 fanciulli
messeni diretti a Reggio]. Allora i Messeni fecero lutto per
86 B 1. PAUS. V 25, 4 [Untergang des messenischen
questa perdita dei fanciulli, e tra gli altri onori che ad essi
Knabenchores auf der Fahrt nach Rhegion]
tributarono, dedicarono loro, in Olimpia statue di bronzo, ed
,
anche al maestro del coro e al flautista. L'antica iscrizione
[II 330. 15 App.]
indicava esser quello un dono votivo dei Messeni dello Stretto; ,
pi tardi Ippia, che aveva fama presso i Greci di uomo dotto,
.
compose per essi una iscrizione in metro elegiaco. Le statue sono
opera di Calone di Elide.19*
.
'
.
DENOMINAZIONI DI POPOLI

[II 330. 20 App.]
86 B 2 [F.Gr.Hist. 6 F 1 I 156, 34]. SCHOL. APOLL. III 1179
86 B 2 [F.Gr.Hist. 6 F 1 I 156, 34]. SCHOL. APOLLON.

RHOD. III 1179. Ippia di Elide nelle sue Denominazioni di


popoli dice esserci stato un popolo chiamato gli Sparti.20*
REGISTRO DEGLI OLIMPIONICI 21*

[hinter 2 B 1] .
.

86 B 3 [2]. PLUTARCH. Num. 1. Stabilire il tempo in cui visse 86 B 3 [2]. PLUT. Num. 1 [II 330. 25]
difficile, soprattutto perch bisogna riferirsi ai vincitori

olimpionici, il cui registro si dice sia stato pubblicato tardi da ,
Ippia di Elide, che non si fond su alcun documento degno di '
fede indiscutibile.
.
RACCOLTA

[II 331. 1 App.]


86 B 4 [3]. ATHEN. XIII 608 F . . .
86 B 4 [3]. ATHEN. XIII 608 F. Fra le donne celebri per
22
,
bellezza ci fu Targelia * di Mileto, che spos quattordici
uomini, ed era non solo bellissima, ma anche scaltra, come dice ,
, . [II 331. 5 App.]
Ippia il sofista nel libro intitolato Raccolta. HESYCH. s. v.
. HESYCH.
.
' ,
Targelia, milesia di nascita, bella d'aspetto, e per ogni verso ,
cos scaltra, da riuscire ad abbindolare principi e citt. Perci .
.'
anche and sposa a moltissimi uomini fra i pi insigni.23*
DIALOGO TROIANO
86 B 5. PLAT. Hipp. mai. 286 A [A 9]. Cfr. A 2.
DA SCRITTI INCERTI
86 B 6 [4]. CLEM. ALEX. Strom. VI 15 [II 434, 19; come i
Greci sian proclivi al plagio]. Ebbene, citeremo di rimando
come testimone il sofista Ippia di Elide, le cui parole
confermano quanto ci siamo proposti di provare; egli dice:

()
86 B 5. PLATO Hipp. mai. 286 A [II 331. 10 App.] [A 9].
Vgl. A 2 II 327, 1.
AUS UNBESTIMMTEN SCHRIFTEN
86 B 6 [4]. CLEM. Strom. VI 15 [II 434, 19 St.]

,
,

Di questi concetti forse alcuni si trovano detti in Orfeo, altri in [II 331. 15 App.] ,
Museo; in breve, alcuni qua, altri l; alcuni in Esiodo, altri in ,
Omero, altri in altri poeti, altri in libri di prosa; e alcuni detti da ,
Greci, altri da non Greci. Io poi, scelti tra tutti i pi importanti ,
e affini tra loro, ne far questo nuovo e multiforme discorso.

.
86 B 7 [5]. DIOG. LAERT. I 24 [sul panpsichismo di Talete]. 86 B 7 [5]. DIOG. I 24 [II 332. 1 App.] ber die Lehre des
G Aristotele e Ippia dicono che attribuiva un'anima anche alle Thales von der Psyche des Alls 11 A 1 (I 68, 10). G
cose inanimate, argomentandolo dal magnete e dall'ambra [cfr.
11 A 1]. /
,
[cfr. 11 A 1]. /
86 B 8 [10]. EUSTATH. in Dionys. Perieg. 270. Ippia chiama i 86 B 8 [10]. EUSTATH. z. DIONYS. Per. 270 .
continenti [Asia ed Europa] dal nome delle Oceanidi Asia ed [nml. Asien und
Europa.24*
Europa] .
86 B 9 [6]. HYPOTH. SOPH. Oed. R. V. [Schol. II 12, 11
86 B 9 [6]. HYPOTH. SOPH. Oed. R. v. [Schol. II 12, 11
Dindorf]. singolare come i poeti posteriori ad Omero abbian Dindorf] [II 332. 5] '
chiamato i re anteriori alla guerra troiana tiranni, mentre questo
nome si esteso ai Greci pi tardi, ai tempi di Archiloco,
,
secondo che afferma Ippia il sofista. Omero chiama re Echeto, , ,
il pi iniquo di tutti gli uomini, e non tiranno [Od. XVIII 84]: . .
'
[II 332. 10 App.] ' [ 84].
Ad Echeto re, rovina dei mortali.


Dicono poi che la parola 'tiranno' sia derivata dai 'Tirreni';
.
alcuni di questi infatti furono temibili pirati.
86 B 10. PHRYNICH. ecl. p. 312. Si dice che Ippia e un certo 86 B 10. PHRYNICH. ecl. p. 312

storico della Ionia25* abbiano usato la parola per


dire fidecommesso; ma noi usiamo la parola ,
come Platone, Tucidide e Demostene.
86 B 11 [7]. PLUTARCH. Lyc. 23. Ippia sofista dice essere
stato Licurgo molto pratico di guerra ed esperto di molte
spedizioni militari.
86 B 12 [8]. PROCL. in Eucl. p. 65, 11. Dopo Talete, vien
ricordato Mamerco, fratello del poeta Stesicoro, per essersi
applicato allo studio della geometria; anche Ippia di Elide ne
parla come di un uomo divenuto famoso nella geometria [cfr.
PLAT. Hipp. mai. 281 C, 282 A; B 21].
86 B 13 [9]. SCHOL. ARAT. 172 p. 369, 27. Dicono Ippia e
Ferecide [F.Gr.Hist. 3 F 90 I 84, 33] che le Iadi sono sette.



.
86 B 11 [7]. PLUT. Lyc. 23 [II 332. 15 App.]
.
. . .
86 B 12 [8]. PROCL. in Eucl. p. 65, 11 Friedl. [s. oben I 98,
18] [Thales]

. [II
332. 20] .
86 B 13 [9]. SCHOL. ARAT. 172 p. 369, 27 Maa. [nach 2 B
18] . [F.Gr.Hist. 3 F 90 I 84, 33]
[nml. ].
G 86 B 14 [11]. SCHOL. PIND. Pyth. 4, 288. Costei [la
86 B 14 [11]. SCHOL. PIND. Pyth. 4, 288 [Stiefmutter des
matrigna di Frisso] Pindaro negl'Inni [fr. 49 Schrder] la
Phrixos] [fr. 49 Schr.]
chiama Demodice, Ippia invece, Gorgopide.
, . .
86 B 15 [12]. SCHOL. PIND. Nem.7, 53. La terza [Efira]
86 B 15 [12]. SCHOL. PIND. Nem. 7, 53 [II 332. 25 App.]
presso Elide, di cui parla Ippia.26*
[Ephyra] , . .
86 B 16. STOB. flor. III 38, 32. Di Plutarco, dal libro Della 86 B 16. STOB. III 38, 32
calunnia.
. ' . ,
Ippia dice che ci sono due specie di malevolenza: quella giusta, , ,
quando avversiamo i malvagi per gli onori che ottengono, e
.
quella ingiusta, quando avversiamo i buoni. E gl'invidiosi sono ,
rispetto agli altri doppiamente infelici: perch non solo sono
[II 332. 30 App.] .'
afflitti dai propri mali, come gli altri, ma anche dai beni altrui.
86 B 17. STOB. flor. III 42, 10. Di Plutarco, dal libro Della 86 B 17. STOB. III 42, 10
calunnia.
. ' . , ,
, '
27

Ippia dice che la calunnia una cosa terribile, * intendendo
dire che non c' nessuna pena scritta per loro nelle leggi, come ,
c' per i ladri; eppure i calunniatori rubano l'amicizia, che il [II 332. 35]
.'
migliore dei possessi; cosicch la violenza, pur oprando il
male, meno disonesta della calunnia, perch almeno opera
palesemente.
86 B 18. VIT. HOMERI. Rom. p. 30, 27 Wilamowitz. Ippia ed 86 B 18. VIT. HOMERI. Rom. p. 30, 27 Wil. . '
Eforo dicono Omero nativo di Cuma.
[nml. ].
28
86 B 19. PAPYR. PETROPOL. n. 13 col. 2, 11. * Di Ippia
86 B 19. PAPYR. PETROPOL. n. 13 col. 2, 11 [ed. Jernstedt
[manca il titolo].
Journ. des Unterrichtsmin. (russ.) Oktob. p. 51]. ;
Titel nicht erhalten.
SCRITTI DUBBI
ZWEIFELHAFTES
[II 333. 1 App.]
86 B 20. ARISTOT. poet. 25. 1461 a 21. Alle volte la difficolt
si risolve cambiando l'accento della parola; come per esempio 86 B 20. ARISTOT. Poet. 25. 1461 a 21
fece Ippia di Taso* nelle frasi e -
[nml. ] .
. ARISTOT. soph. el. 4. 166 b 1. Nei
' ' ' '.
discorsi orali non facile fare una questione d'accento; s
ARISTOT. Soph. el. 4. 166 b 1.
invece negli scritti in prosa e in versi, come per esempio alcuni [II 333. 5 App.]
riabilitano Omero contro chi lo accusa d'aver detto un'assurdit ,
con la frase esso non imputridisce alla pioggia;30* perch

risolvono la difficolt col dire che lo deve avere l'accento. E '
anche difendono quel luogo del sogno di Agamennone, col dire '. [ 328]
che Zeus non avrebbe detto di se stesso: concediamo a lui

gloria,31* ma ne avrebbe dato l'incarico al sogno.
,
' ' [B 15], [II
333. 10 App.] .
86 B 21. PROCL. in Eucl. p. 272, 3. Nicomede risolse il
86 B 21. PROCL. in Eucl. p. 272, 3 Friedl.
problema della trisezione dell'angolo rettilineo mediante le
,
linee concoidi, delle quali scopri la propriet, e determin la
,

genesi, l'ufficio e le qualit caratteristiche. Altri hanno risolto


lo stesso problema mediante le quadratrici di Ippia e di
Nicomede, che sono anch'esse linee miste.32*


.
[II 333. 15 App.]

.

C. IMITAZIONI

86 C 1. PLAT. Protag. 337 C sgg. Dopo Prodico, parl il dotto Ippia: - O voi qui presenti, io credo che siate tutti quanti
parenti e familiari e concittadini per natura, non per legge; perch per natura il simile parente del suo simile, mentre la
legge, tiranna degli uomini, commette molte violenze contro natura.33* Ora dunque indecoroso che voi, che pur
conoscete la natura delle cose, per essere i pi dotti degli Elleni, e perci stesso qui convenuti in questo direi quasi
pritaneo della sapienza dell'Ellade, e per di pi nella casa pi autorevole e pi facoltosa di questa citt, indecoroso,
dico, che non esprimiate nulla di degno di tanto prestigio, ma contendiate tra voi come volgarissima gente. Io dunque vi
prego e insieme vi consiglio, o Protagora e Socrate, di venire a un accordo dettato da noi, quasi mediatori ed arbitri; e
tu, Socrate, non esser cos pedante nel pretendere che il dialogo si svolga a brevissime domande e risposte, se a
Protagora non va a genio, ma lascia correre e allentar le briglie ai discorsi, perch ci appariscano pi solenni e maestosi;
e tu a tua volta, Protagora, non spiegar tutte le vele, non abbandonarti al vento, non te ne fuggire nel pelago delle parole
s da perder di vista la terra; ma tenete ambedue la via di mezzo. Fate dunque cos e datemi retta, scegliendo un giudice
e direttore e preside del certame, il quale regoli ad ambedue la lunghezza dei discorsi.
C. IMITATION

86 C 1. PLATO Protag. 337 C ff. , , , ,


. ,
, [II 333. 20 App.] , ,
, , '

, , ' [II 333.
25] . ,
, ,
, , '
, [II 334. 1 App.] , '
, , ,
. ,
. .

87. ANTIFONTE SOFISTA


87 [80]. ANTIPHON DER SOPHIST
A. VITA E SCRITTI
[II 334. 5 App.]
87 A 1. SUID. s. v. Antifonte ateniese indovino, poeta epico1*
e sofista; era soprannominato Cuoco di discorsi.
A. LEBEN UND LEHRE
Antifonte ateniese, interprete di sogni; scrisse Sulla
interpretazione dei sogni [cfr. B 78-81].
87 A 1. SUID.
.
[B 78-81]
[II 334. 10 App.] .
87 A 2. HERMOG. de id. B 399, 18 Rabe. Per parlar di
87 A 2. HERMOG. de id. B 399, 18 R.
Antifonte, bisogna premettere che, secondo l'affermazione di ,
non pochi, tra cui anche il grammatico Didimo, e anche
,
secondo le ricerche storiche, ci sono stati parecchi Antifonti, e , ,
di questi, due esercitarono la Sofistica,2*dei quali necessario , .
tener parola. Uno l'oratore, del quale ci sono tramandate le
, [II 334. 15 App.]
arringhe3* per cause d'omicidio, i discorsi politici, e altri di

questo genere; l'altro quello di cui si dice che sia stato anche ,
indovino e interprete di sogni, al quale sono attribuiti i discorsi , [B 1 Della verit [B 1 - 44], quello Della concordia [B 44 a-71], e il 44] [B 44 a-71]

Politico [B 72-77]. Io, per me, son disposto a credere che gli [ ] [B 72-77].
Antifonti sono stati due, se guardo alla differenza di stile che
c' tra questi discorsi. Infatti c' davvero una gran differenza tra [II 334. 20 App.]
quelli intitolati Della verit e tutti gli altri; ma se poi guardo
(
alla testimonianza di Platone [Menex. 236 A]4*e di altri, non ),
sono pi disposto a crederlo. Sento infatti dire da molti che
[Menex. 236 A] '
Tucidide [VIII 68] stato scolaro di Antifonte Ramnusio; e
.
sapendo che il Ramnusio l'autore dei discorsi per omicidio, e
vedendo d'altra parte che Tucidide si discosta di molto da lui, , [II 335. 1 App.]
mentre s'avvicina allo stile dei discorsi Della verit, non posso , ,
esserne persuaso. Ad ogni modo, o che ci sia stato un solo

Antifonte, il quale abbia usato due stili cos differenti tra loro, , . '
o che siano stati due, ciascuno dei quali abbia usato
,
esclusivamente o l'uno o l'altro, necessario che se ne tratti
[II 335. 5 App.] , ,
separatamente; poich, come dicevamo, tra i due stili la
, ,
differenza massima... [Parla prima del Ramnusio, poi segue
a 401, 12]. L'altro Antifonte, l'autore dei discorsi intitolati
. Folgt . Sodann p.
Della verit, non si occupa affatto di cose politiche, solenne e 401, 12 ' ,
cattedratico specialmente pel suo procedere per affermazioni e , ,
sentenze, il che proprio del discorso assiomatico e che mira '
all'effetto; nel parlare altezzoso e tagliente, s che quasi
, [II 335. 10 App.]
rasenta la durezza. Ed sovrabbondante a danno della
,
chiarezza, per cui anche rende confuso il discorso e riesce il pi , .
delle volte incomprensibile. Si preoccupa della costruzione
,
sintattica e si compiace delle parisosi, ma non ha nulla di
.
personale n di veramente caratteristico; direi anzi di pi, che .
la sua efficacia soltanto apparente, ma di sostanziale, nulla. Si ' , '
accosta a questo genere di stile anche Crizia; perci parleremo , [II
tosto anche di Crizia [cfr. 88 A 19].
335. 15 App.] .

.
87 A 3. XENOPH. mem. I 6, 1-15. Vale la pena che di lui
87 A 3. XENOPH. Mem. I 6, 1 ff. '
[Socrate] non si tralascino anche le dispute ch'egli fece col
.
sofista Antifonte. Volendo una volta Antifonte alienargli

l'animo dei discepoli, accostatosi a Socrate, presenti quelli, cos
gli disse: (2) - Socrate, io credevo che i filosofi dovessero
[II 335. 20 App.] (2) ,
essere pi felici degli altri; ma tu, mi pare che dalla filosofia

hai ricavato tutto il contrario. Perch tu vivi in tal modo, quale
neppure uno schiavo, se fosse mantenuto cos dal padrone,
. '
accetterebbe; mangi e bevi i pi vili cibi e bevande, e porti un
vestito non solo vile, ma sempre lo stesso d'estate e d'inverno, e , ,
stai sempre scalzo e senza tunica. (3) Di pi, non accetti
,
denaro, il quale non solo rallegra chi l'acquista, ma fa anche s . (3) [II 335. 25]
che chi lo possiede viva pi liberamente e comodamente. Se
,
dunque, come i maestri di qualsiasi attivit rendono gli scolari .
imitatori loro, cos renderai anche tu i tuoi discepoli, credi pure
che tu sei il maestro della miseria. E Socrate di rimando: (4) - ,
Mi pare, Antifonte, che tu supponga che io viva in modo cos , .
abbietto, che, son convinto, preferiresti mille volte morire che (4) , ,
vivere come io vivo. Allora, via, esaminiamo quale aspetto
,
della mia vita ti par tanto molesto. (5) Forse questo, che chi
[II 335. 30 App.]
accetta denaro costretto a fare quello per cui vien pagato,
.
mentre io che non ne prendo non sono costretto a parlare con . (5)
chi non mi piace? o forse disprezzi il mio vitto quasi che io
'
mangi cose meno sane delle tue e meno nutrienti ?... (10) Mi ,
sembra, Antifonte, che tu faccia consistere la felicit nelle
;
delizie e nel lusso; io invece stimo il non aver bisogno di nulla ,
esser cosa divina, e l'aver bisogno di quanto meno si pu, cosa ; . . . (10) , , [II
prossima allo stato divino; ora il divino il sommo bene, e lo 335. 35]
stato pi prossimo al divino anche il pi prossimo al sommo
bene.
' ,

(11) E una volta disse Antifonte ragionando con Socrate: - O , '


Socrate, io ti stimo s un uomo giusto, ma sapiente, nemmeno . (11)
un briciolo; e mi pare che tu stesso lo sappia, giacch non ti fai
pagare pel tuo insegnamento. Eppure il tuo vestito, o la casa, o , , '
alcun'altra cosa che possiedi, giudicandole tu di qualche valore, [II 335. 40 App.]
non le daresti a nessuno, non dico gratis, ma neppure per un
.
prezzo inferiore a quel che valgono. (12) chiaro pertanto che
se tu stimassi di qualche valore anche la tua conversazione, te [II 336. 1]
la faresti pagare non meno di quanto vale. Tu dunque sei un
, ' ' . (12)
uomo, giusto perch non inganni per avidit di denaro, ma non ,
sei sapiente, se sai cose di nessun valore. (13) E Socrate di
.
rimando: - Antifonte, da noi si pensa che tanto della bellezza , ,
quanto della sapienza se ne possa fare egualmente un uso
, . (13)
onesto e un uso disonesto. Perch, se uno vende la sua bellezza [II 336. 5 App.] ,
per denaro a chiunque la desidera, lo chiamiamo prostituto;
'
mentre un altro che stringa amicizia con una persona che ha
, .
conosciuto amante del bello e del buono, lo reputiamo virtuoso; ,
e analogamente, quelli che vendono per denaro la sapienza a , ,
chiunque, vengon chiamati sofisti, che quanto dire prostituti; , ,
mentre colui che, avendo conosciuto una persona ben nata, se
la renda amica insegnandole quanto egli possiede di buono, noi [II 336. 10 App.]
reputiamo che faccia appunto ci che conviene ad un onesto e , ,
bravo cittadino di fare. (14) Pertanto anch'io, o Antifonte, come , , ,
un altro si diletta o d'un bel cavallo, o d'un cane, o d'un uccello, , , ,
cos ed ancor di pi mi diletto dei buoni amici, e se ho alcunch , , ,
di buono, lo insegno loro, e li raccomando ad altri, dai quali
, . (14) '
ritengo che possano trarre del giovamento per la virt; e i tesori , ,
di quei saggi antichi, che essi ci hanno lasciato scritti nei loro , ,
libri, insieme coi miei amici io li vado svolgendo e spiegando; , , [II
e se ci troviamo qualcosa di buono, ce la mettiamo da parte; e 336. 15 App.] '
reputiamo un gran guadagno, se riusciamo a creare tra noi una ,
mutua amicizia. Io che stavo l a sentirlo avevo l'impressione ,
ch'egli fosse un uomo beato, e che conducesse i suoi ascoltatori . ,
alla vita perfetta. (15) E di nuovo riprese Antifonte,
,
chiedendogli come poteva credere di render gli altri esperti
.
politici, quando egli non s'occupava di politica, se pur se ne

intendeva; e Socrate: - Credi forse, o Antifonte, che io mi
. [II 336. 20 App.] (15)
occuperei di pi di politica se me ne occupassi personalmente, , ,
anzich procurando che vi sia il maggior numero possibile di ' ,
persone abili a trattarla?
' , , , ,

;
87 A 4. ATHEN. XV 673 E-F. Avendo costui [il peripatetico 87 A 4. ATHEN. XV 673 E F [der
Adrasto] pubblicato cinque libri di Questioni storiche e
Peripatetiker Adrastos] [II 336. 25 App.]
linguistiche trattate nei libri di Etica di Teofrasto ed un sesto '
di Questioni nell'Etica Nicomachea di Aristotele, ed avendo
,
composto ampie considerazioni sul Plessippo del tragediografo ,
Antifonte [F.T.G. fr. 1 a p. 792; cfr. ARISTOT. - rhet. B 2.

1379 b 15], e scritto quanto pi si poteva intorno allo stesso
[Nauck FGT p. 792]
Antifonte, Efestione se ne appropri, e ne compose un libretto ,
intitolato: Antifonte nei Memorabili di Senofonte, nel quale non [Hephaistion] [II 336.
c'era nulla di suo originale.
30 App.]
, .
87 A 5. DIOG. LAERT. II 46. Di Socrate era emulo, secondo 87 A 5. DIOG. II 46 [Sokrates] ,
che dice Aristotele nel terzo della Poetica [fr. 75 Rose], un
[fr. 75 Rose],
certo Antiloco di Lemno, e anche l'indovino Antifonte.
. .
87 A 6. [PLUTARCH.] vit. X orat. 1 p. 8383 C. [Antifonte
87 A 6. [PLUT.] Vit. X orat. 1 p. 8383 C [Antiphon der
Ramnusio] si dice che abbia composto delle tragedie, parte da Rhamnusier] [II 336. 35 App.]
s, parte insieme col tiranno Dionisio.5* Mentre si dedicava
'
alla poesia, compose anche un'arte del non soffrire,6* cio ,
una cura come quelle che i medici prescrivono agli ammalati; [II 337. 1]

messo su un ambulatorio a Corinto accosto alla piazza, band


che egli riusciva con le parole a curare gli afflitti, e, sentite le ,
cause del male, consolava i sofferenti. Ma ritenendo poi
,
quest'arte non degna di lui, si volse all'arte retorica. C' chi
. '
attribuisce ad Antifonte il libro Dei poeti di Glauco di Reggio . '
[F.H.G. II 23]. PHILOSTR. v. soph. I 15, 2. Antifonte [il
[II 337. 5 App.]
Ramnusio],7* abilissimo nell'arte del persuadere, e
[F.H.G. II 23]. PHILOSTR. V. soph. I 15, 2
soprannominato Nestore perch riusciva a convincere a tutto . [der Rhamnusier, wie auch Ph. glaubt]
quanto egli dicesse, dava pubblicamente delle lezioni sull'arte
di sopprimere il dolore, sostenendo che nessuno poteva
,
nominare un dolore cos terribile, che egli non riuscisse a
, . Vgl.
eliminarlo dalla sua coscienza.8*
die B 3.
87 A 7. LUCIAN. v. hist. II 33. [C' l'isola dei Sogni], e l
87 A 7. LUCIAN. V. hist. II 33 [II 337. 10] ( ),
presso due templi, della Menzogna e della Verit; dentro ad

essi, il sacrario e l'oracolo, cui presiedeva profetando Antifonte ,
l'interprete di sogni, il quale aveva ricevuto questa carica
.
onorifica dal Sonno.
.
87 A 8. CLEM. ALEX. strom. VII 24 [III 17, 18]. Arguto quel 87 A 8. CLEM. Str.VII 24 [III 17, 18 St.]
detto di Antifonte: poich un tale mal presagiva dal fatto che [II 337. 15 App.] ,
una sua scrofa aveva divorato i porcellini, Antifonte, che
,
l'aveva vista ridotta pelle e ossa dalla fame per l'avarizia del
',
padrone, Rallegrati - gli disse - del presagio, perch, pur
, ,
essendo cos affamata, non ha divorato i tuoi propri figli.
.'
87 A 9. GNOMOL. VINDOB. 50 p. 14 Wachsmuth.
87 A 9. GNOMOL. VINDOB. 50 p. 14 Wachsm. .
Antifonte, interrogato che cosa fosse l'arte divinatoria,
, , '
rispose: Congettura di uomo riflessivo.9* Si dice che
.' [II 337.
abbia composto tragedie, da s e insieme con Dionisio il
20] .
tiranno.
B. FRAMMENTI
B. FRAGMENTE
DELLA VERIT LIBRI I E II
I. Teoria della conoscenza e dottrina dei principi.
87 B 1 [81 a Antiph. or. p. 130 Blass; 99 a O. A. II 147 Sauppe].
GALEN. in Hipp. de offic. XVIII B 656 Khn. [A volte Crizia
contrappone il concetto di a quello di ],10*come
anche Antifonte, nel primo libro della Verit, quando dice:


Erkenntnistheorie und Prinzipienlehre

87 B 1 [81a Blass Antiph. or. p. 130; 99 a Sauppe Oratt. att. II


147]. GAL. in Hipp. de med. off. XVIII B 656 K. [II 337. 25]
nach Kritias 88 B 40: .
[II 338. 1 App.] '

Se hai capito questo, saprai che nulla di singolo esiste per esso [il
'. Dagegen HIPPOCR. de arte 2 [p. 36, 18 Gomp.2 =
logos?], n di ci che vede con l'occhio l'essere il pi
lungiveggente, n di ci che pensa col pensiero [] l'essere CMG. I, 1 p. 10, 1]. [II 338. 5]

il pi lungipensante.11*
2
HIPPOCR. de arte 2 [p. 36,18 Gomperz ; C.M.G. I, 1 p. 10, 1]. A
; '
me pare che nessun'arte esiste assolutamente pi, se non abbia
un'esistenza reale; poich assurdo pensar qualcosa di esistente, , ',
senza che esista; infatti di cibi che non esiste, quale essenza reale ,
. [II 338. 10 App.] '
si potrebbe avere sott'occhio, per affermare che quella cosa
,
esiste? che se ci che non esiste pu esser veduto al pari di ci
che esiste, non so con che criterio si riterrebbero inesistenti quelle .
cose la cui esistenza dato constatare con gli occhi e immaginare , , ,
col pensiero. Bando dunque a una tale teoria; la verit invece . [II
che ci che esiste si vede e si conosce sempre, quel che non esiste 339. 1 App.] '

n si vede n si conosce. Pertanto, ciascuna delle arti
suscettibile di conoscenza, quando se ne siano apprese le qualit []
, ,
specifiche, e non ve n' alcuna che non sia visibile per qualche
sua qualit. Ed io credo appunto che ciascuna derivi il suo nome .
dalle sue propriet, perch assurdo credere che le propriet
delle cose traggano origine dai nomi, oltrech impossibile;
perch i nomi sono convenzioni, mentre le propriet non sono

convenzioni, ma formazioni naturali.12*


87 B 2 [81 b B., 99 b S.]. GALEN. in Hipp. de offic. XVIII B
656 Khn [segue al fr. 1]. Dice anche:

87 B 2 [81 b B., 99 b S.]. GAL. in Hipp. de med. off. a. O. [nach


B 1] [II 339. 5 App.] '

In tutti gli uomini la mente [] che dirige il corpo e verso .'
la salute, e verso la malattia e verso tutti gli altri aspetti della
vita.13*
87 B 3 [102 B., 120 S.]. POLL. VI 143.
87 B 3 [102 B., 120 S.]. POLLUX VI 143 '
[con la mente impreparata] disse Antifonte nei libri
' . ,
della Verit, mentre nelle Arti retoriche (che non sembrano
[II 339. 10 App.] ( '
genuine)14* us la parola .
). Vgl. A 6. B 93 (II 369, 26 Anm.).
87 B 4 [86 B., 104 S.]. HARPOCR. : usato da Antifonte 87 B 4 [86 B., 104 S.]. HARPOCR. :
nel primo libro della Verit nel senso di invisibili [] , . .
e anche di cose non viste, ma che ci sembrato di vedere.
Auch POLL. II 58.
87 B 5 [87 B, 105 S.]. HARPOCR. : nel senso di
87 B 5 [87 B, 105 S.]. HARPOCR. [II 339. 15] :
fenomeni non effettivamente accaduti in Antifonte, nel
. .
primo, libro della Verit.
87 B 6 [161 B, 165 a S.]. POLL. II 58. [discernere], 87 B 6 [161 B, 165 a S.]. POLL. II 58 [88
usato da Crizia [88 B 53] e Antifonte; Antifonte dice anche
B 53] ., . .
[visibili].
87 B 7 [174 B, 178 S.]. POLL. II 57. Antifonte us le
87 B 7 [174 B, 178 S.]. POLL. II 57 .
espressioni [l'organo veggente], e [con [II 339. 20 App.] [B 1]
la vista] per dire: con gli occhi [B 1]; e
[d. Rhamn., d. caed. Her. 22] [B 4].
[sorvegliante]15* e [invisibili; cfr. B 4].
87 B 8 [173 B, 177 S.]. POLL. II 76. I termini e 87 B 8 [173 B, 177 S.]. POLL. II 76
[olezzo, fragranza] sembrano belli ai pi, ma sono poetici; nei ,
prosatori sono ionici ed eolici; soltanto in Antifonte si possono ,
trovare i termini e .
' [II 339. 25 App.]
.
87 B 9 [105 a B.]. AT. I 22, 6 [Dox. 318]. Secondo Antifonte 87 B 9 [105 a B.]. AT. I 22, 6 (D. 318) .
e Critolao, il tempo concetto o misura, non sostanza.16*
, .
87 B 10 [80 B, 98 S.]. SUID. s. v. . Colui che non ha 87 B 10 [80 B, 98 S.]. SUID. [II 340. 1 App.] :
bisogno di nulla, e possiede tutto. Antifonte nel primo, libro
. . '
della Verit:
, '
'. Vgl. HARPOCR. s. v.
Perci non manca di nulla n accoglie nulla di nulla, ma
illimitato e .
87 B 11 [89 B, 107 S.]. HARPOCR. : nel senso di
87 B 11 [89 B, 107 S.]. HARPOCR. [II 340. 5 App.] :
[mancanza], in Antifonte, Verit, libro primo.
. .
87 B 12 [98 B, 117 S.]. ORIG. c. Cels. IV 25. E se anche uno 87 B 12 [98 B, 117 S.]. ORIG. c. Cels. IV 25
fosse l'oratore Demostene con tutta la sua perversit e le sue

male azioni, o fosse pure Antifonte, un altro che ha fama di
, .
oratore e che nega la provvidenza17* nei suoi libri il cui titolo, [II 340. 10 App.]
Della verit, stato imitato da Celso, costoro non sono perci
meno vermi che si voltolano nel cantuccio fangoso
,
dell'ignoranza e dell'incoscienza.

.
87 B 13 [103 B]. ARISTOT. Phys. A 2. 185 a 14 '
, '
* SIMPLIC. phys. 54, 12. Dei molti che han cercato la
quadratura del circolo (cio costruire un quadrato equivalente a , [II 340. 15] , :
un circolo), han creduto di averla trovata Antifonte e Ippocrate
, ' . Vgl. Soph. el.
di Chio, ma si sono ingannati. Solo che l'errore di Antifonte
11. 172 a 7. SIMPLIC. phys. 54, 12
non spetta al geometra metterlo in luce, per la ragione che,
(
come dimostreremo, non muove da premesse geometriche...
) .
Antifonte, descritto un cerchio, vi inscrisse uno qualsiasi dei
[II 340. 20] [c. 42, 3] .
poligoni tracciabili in esso. Sia per esempio inscritto un
quadrato. Dimezzando poi ciascun lato del quadrato, condusse
dai punti di divisione sino agli archi periferici le perpendicolari , ,

ai lati, le quali evidente che tagliavano in due parti eguali il


corrispondente segmento circolare. Poi congiunse i punti di
divisione con gli estremi dei lati del quadrato, sicch dalle
congiungenti risultarono quattro triangoli, e l'insieme della
figura inscritta fu un ottagono. E proseguendo poi con lo stesso
metodo, dimezz ciascun lato dell'ottagono, condusse dai punti
di divisione alla periferia le perpendicolari ai lati, congiunse i
punti d'incontro con gli estremi dei segmenti divisi, e cos fece
un poligono di sedici lati.E cos via con lo stesso metodo,
dimezzando i lati dell'eccaidecagono, e tirando le congiungenti
e raddoppiando di continuo i lati del poligono inscritto, egli
credeva che, esauritasi una buona volta la superficie, si sarebbe
avuto per tal modo un poligono inscritto nel cerchio, i cui lati
per la loro piccolezza avrebbero coinciso con la periferia del
cerchio. E dato che si pu per qualunque poligono costruire un
quadrato equivalente, come dimostrato negli Elementi
[EUCL. II 14], e potendosi il poligono coincidente col cerchio
considerare eguale ad esso, saremo in grado di costruire un
quadrato equivalente a un cerchio.

. . . [II 341. 1] .
.
.
[II
341. 5]
, '
.
[II 341. 10]
, ,
.
,

[II 341. 15]
, '
,
,
.

[II
341. 20 App.]

,
.
,
[EUCL. II 14] , [II 341. 25]

, .

G Ora chiaro che la dimostrazione non parte da principi


geometrici; ma non, come dice Alessandro, perch il
geometra suppone come principio che il circolo tocchi la retta
[tangente] per un punto, mentre Antifonte non ne tien conto,
perch il geometra non lo suppone, ma lo dimostra nel terzo
libro. Meglio dunque dire che il principio [trascurato da
Antifonte] questo: essere impossibile che una retta coincida
con una circonferenza; ma se esterna, toccher il cerchio in
un punto; se interna, in due e non di pi, e il contatto avverr
secondo un punto. E certamente il geometra, secando via via la
superficie compresa tra la retta e l'arco di cerchio non la
esaurir, n mai raggiunger la circonferenza, se vero che la
superficie divisibile all'infinito. E supposto che la raggiunga,
con ci sarebbe negato quel principio geometrico, che dice che
le grandezze sono divisibili all'infinito. Anche Eudemo dice
che questo il principio di cui non tien conto Antifonte. /
THEMIST. phys. 4, 2. Non spetta pi al geometra confutare
Antifonte, il quale, inscrivendo un triangolo equilatero in un
cerchio e su ciascun dei tre lati elevandone un altro isoscele
che toccasse la periferia del cerchio, e via via procedendo cos,
credeva che alla fine il lato dell'ultimo triangolo, pur essendo
una retta, avrebbe coinciso con la circonferenza. Ma con ci

G
, '

, .'
, '
.
, '
,
,
.

,
' . ,
'
.
. / THEMIST. Phys.
4, 2 ' ,
[II 341. 30]
'


[II 341. 35 App.] .

egli negava il principio della divisione all'infinito, il quale


principio ammesso dal geometra.19*
87 B 14 [82 B., 100 S.]. HARPOCR. :... e infatti
alcuni usano il verbo nel senso di
[amministrare]; cos Antifonte nel primo libro della Verit:
Privata di mezzi, amministrerebbe [] in malo modo
molti beni.
87 B 15 [83 B., 101 S.]. HARPOCR. : vivace, che in
vita, per esempio Antifonte nel primo libro, della Verit: E la
putredine diventasse , cio viva, vivesse, non
s'inaridisse n morisse. ARISTOT. phys.B 1. 193 a 9. Pare ad
alcuni che la natura e l'essenza delle cose naturali sia la materia
prima che le costituisce, e che di per s informe: per esempio
la natura del letto il legno, della statua il bronzo. Segno di
ci dice Antifonte, il fatto che se si seppellisse un letto e la
putredine del legno acquistasse tale virt da metter germoglio,
non nascerebbe un letto, ma legno; vale a dire che la
disposizione secondo una certa regola ed arte inerisce alle cose
come qualit accidentale, mentre l'essenza quel che permane
costantemente, attraverso tali vicende.

' ,
.
87 B 14 [II 342. 1] [82 B., 100 S.]. HARPOCR. : ...
. .

.

87 B 15 [83 B., 101 S.]. HARPOCR. : . :


' . . . [II 342. 5] ' '
', ' ' '.
ARISTOT. phys. B 1. 193 a 9. '

' ,
, ' . .
[II 342. 10 App.]
,
, ,
, '
.
[II 342. 15]
, , .

Se si seppellisse un letto e la putredine del legno diventasse


viva non nascerebbe un letto, ma legno.
87 B 16 [156 B., 160 S.]. ANECD. GR. ed. Bekker Lex. VI p. 87 B 16 [156 B., 160 S.]. AN. BEKK. Lex. VI p. 470, 25
470, 25. lo usa Antifonte nel senso di .20* : . .
87 B 17 [88 B., 106 S.]. ANECD. GR. ed. Bekker Lex. VI p. 87 B 17 [88 B., 106 S.]. AN. BEKK. Lex. VI p. 472, 14.
472, 14. : nel senso di piaceri venerei. Cos
: . .
Antifonte nel primo libro della Verit.
.
87 B 18 [84 B., 102 S.]. HARPOCR. : nel
87 B 18 [84 B., 102 S.]. HARPOCR. [II 342. 20]
senso di cose indagate di nuovo, o anche cose ridette o
:
rifatte pi volte da capo in Antifonte, Verit, libro primo, [cfr. .
POLL. II 196].
. Vgl. POLL. II 196.
87 B 19 [85 B., 103 S.]. HARPOCR. : nel primo libro 87 B 19 [85 B., 103 S.]. HARPOCR. : ' -
della Verit di - Antifonte usato nel senso del semplice
[ giunto] o di [sal] e di [avanz]. . [II 342. 25] AN. BEKK. Lex. VI 403, 5 .
ANECD. GR. ed Bekker. Lex. VI 403, 5. usa Antifonte .
invece di [si estende].
87 B 20 [90 B., 108 S.]. HARPOCR. [alternative]: 87 B 20 [II 343. 1] [90 B., 108 S.]. HARPOCR. :
nel senso di [scambi] o [mescolanze] usa . .
Antifonte nel primo libro della Verit.
87B 21 [91 B., 109 S.]. HARPOCR.
87 B 21 [91 B., 109 S.]. HARPOCR. :
[protendersi]: nel senso di [desiderare] in
. .
Antifonte, nel primo libro della Verit.
II. Fisica, Antropologia, Etica.21
. Physik, Anthropologie, Ethik
*
[II 343. 5 App.]
87 B 22 [97 B., 116 S.]. HARPOCR. [cfr. PHOT. A p. 37, 18
Reitzenstein. [eterna stabilit]: l'usa Antifonte nel
87 B 22 [97 B., 116 S.]. HARPOCR. [vgl. PHOT. A Reitzenst.
secondo libro della Verit nel senso di perpetuit []e p. 37, 18] .
permanenza [dell'essere?], in un medesimo stato; cos come per ,
dire felicit dice [] dice .
. [Vgl. 68 A 167. B 4]
87 B 23 [94 B., 113 S.]. HARPOCR.
87 B 23 [94 B., 113 S.]. HARPOCR. [II 343. 10 App.]
[dimensionamento]: nel senso di ordinata disposizione
. . '
dell'universo usa Antifonte nel secondo libro della Verit
' .
quando dice:
Circa la ora dominante.
87 B 24 [144 B., 147 S.]. HARPOCR. : chiama
cos Antifonte ci che non ancora stabilito n determinato.

87 B 24 [144 B., 147 S.]. HARPOCR. :


. . PHOT. A p. 31, 17

[cfr. PHOT. A p. 31, 17 Reitzenstein. : come dice Reitz. : [? ] '


Antifonte [?]:
'.
L'edificio [instabile?].
87 B 24 a [160 B. 165 S.]. SUID. s. v.
87 B 24 a [160 B. 165 S.]. SUID. [II 343. 15] : . . . .
[disposizione]:... Antifonte usa la parola [cfr. B 63] [vgl. B 63]
nel senso di [intendimento] o di [intelligenza]. ,
La usa anche nel senso di , vale a dire esporre .
un ragionamento. Nel secondo libro della Verit la usa anche . [vgl. B 23].
nel senso di [ordinamento dell'universo; cfr. B
23].
87 B 25 [95 B., 114 S.]. HARPOCR. [vortice]: invece di 87 B 25 [95 B., 114 S.]. HARPOCR. [II 343. 20 App.] :
[con moto circolare] si trova in Antifonte, nel secondo . .
libro della Verit.
87 B 26 [103 a B]. AT. II 20, 15 [Dox. 351; dell'essenza del 87 B 26 [103 a B]. AT. II 20, 15 (D. 351) (
sole]. Secondo Antifonte, fuoco che si effonde nell'aria umida ). .
che circonda la terra; esso produce le levate e i tramonti perch ,
abbandona di continuo la parte d'aria bruciata, per riappiccarsi , '[II 343. 25]
a quella di nuovo inumidita.
.
87 B 27 [104 a B., 121 S.]. AT. II 28, 4 [Dox. 358]. Per
87 B 27 [104 a B., 121 S.]. AT. II 28, 4 (D. 358) .
Antifonte la luna ha luce propria, e il suo sparire non che un ,
occultamento dovuto all'accostarsi del sole: perch in presenza [II 344. 1 App.]
d'un fuoco pi intenso, il pi debole svanisce. Il che avviene
,
anche per gli altri astri.
:
.
87 B 28 [104 B.]. AT. II 29, 3 [Dox. 359; dell'eclissi di luna]. 87 B 28 [104 B.]. AT. II 29, 3 (D. 359;
Secondo Alcmeone [24 A 4], Eraclito [22 A 12] e Antifonte, ) [24 A 4], [22 A 12], .
avviene per il capovolgimento e le inclinazioni della cavit
[II 344. 5]
lunare.
.
87 B 29 [92 B., 110 S.]. GALEN. in Hipp. epid. III 32 [XVII 87 B 29 [92 B., 110 S.]. GAL. in Epid. III 32 [XVII A 681 K.]
A 681 Khn]. Cos anche nel secondo libro della Verit di
'
Antifonte si pu trovar scritto questo termine: , nel
periodo seguente [formazione della grandine]:
[nml. ] [Entstehung des
Hagels] ' [ 344. 10 App.]
Quando dunque nell'aria si generano piogge e venti contrari tra ,
'
loro, allora l'acqua in gran parte si coagula e condensa; e
, '
appunto quella che precipitando resta sopraffatta, viene

condensata e conglomerata, ravvolgendosi su di s
'.
[] per effetto del vento e della sua violenza.
[II 344. 15 App.]
Cos anche questo scrittore con la parola intende .
ci che si racchiude e ravvolge in se stesso.
NACHTRGE
Di queste cose io ti ho detto, che la bile le ha provocate, perch Galen ber die medizin. Namen (arabisch und deutsch,
c'era della bile nelle mani e nei piedi; invece quella bile che si Meyerhof- Schacht Abh. d. Berl. Ak. 1931, 3 S. 34, 9ff.) zitiert
aus Antiphon, und zwar aus dem "zweiten Buch von seinen
diffondeva fino alla carne, produceva, se la sua quantit era
notevole, febbre cronica; perch, quando essa giunge fino alla Bchern ber [II 426. 20]die Wahrheit" folgende Worte: "Von
carne, questa per opera sua si corrompe nella sua sostanza e si diesen Dingen habe ich dir gesagt, da die Galle sie hervorrief,
gonfia; il calore innaturale proviene cos da questo punto, ma la weil sie sich in den Hnden und Fen befand; diejenige
(Galle) aber, welche bis zum Fleische vordrang, erzeugte,
sua durata e continuit dipende dalla bile, quando si trova
wenn ihre Menge gro war, chronische Fieber; denn wenn sie
abbondante nella carne e non si riassorbe e diminuisce
rapidamente, ma rimane, poich essa insieme prolunga il calore bis zum Fleische gelangt, so entsteht darin durch sie eine
Verderbnis in seiner Substanz selbst und es schwillt an; [II
innaturale.25* - Tutto quanto di essa [bile] penetra fino alla
carne, produce febbre alta e di lunga durata. - Quando nei vasi 426. 25] die unnatrliche Wrme kommt also von dieser Stelle;
sanguigni scorre pi di quello che possono sopportare, allora si ihr Andauern und Kontinuierlichwerden aber kommt von der
Galle her, wenn sie im Fleische reichlich vorhanden ist und
aprono, e in essi si forma un'infiammazione []. E
sich nicht schnell verzieht und vermindert, sondern bleibt,
quando un'infiammazione si formata e comincia a causare
indem sie neben der unnatrlichen Wrme weiterbesteht."
dolori e mette radice, allora questa malattia si chiama gotta.

(Hierin heit die unnatrliche Wrme ). "Alles von ihnen


(nmlich den Gallen), was [II 426. 30] bis zum Fleische
vordringt, erzeugt heftige, lang andauernde Fieber." "Wenn in
die Blutgefe mehr hineinfliet, als sie vertragen, so ffnen
sie sich, und deshalb entsteht durch sie eine . Und
wenn eine daraus entsteht und dem von ihr
Befallenen Schmerzen zu verursachen beginnt und sich das
einwurzelt, so nennt man diese Krankheit Gicht."
87 B 30 [93 a B., 111 a S.]. HARPOCR. : Antifonte 87 B 30 [93 a B., 111 a S.]. HARPOCR. : .
nel secondo libro della Verit:
'
'.
[Il fuoco] ardendo e liquefacendo la terra la rende
[gibbosa, ondulata].
87 B 31 [93 b B., 111 b S.]. ETYM. GEN. s. v. .
87 B 31 [93 b B., 111 b S.]. ETYM. GEN. :
Scuotersi violento della terra e quasi aggrinzirsi per effetto del
terremoto; cos l'usa Antifonte.
.
87 B 32 [105 B.]. AT. III 16, 4 [Dox. 381; del mare, come si 87 B 32 [105 B.]. AT. III 16, 4 [II 344. 20 App.] (D. 381
formato e perch amaro]. Secondo Antifonte [il mare ]
) .
sudore...22* dovuto al caldo; la parte umida superstite si
[vgl. 31 B 55]
separ , il quale salso23* per via del riscaldamento che ha
,
subito, ci che avviene a qualsiasi liquido.

, [II 345. 1 App.]
. Vgl. auch 59 A 90. 64 A 17.
87 B 33 [96 B., 115 S.]. HARPOCR. . ... che si 87 B 33 [96 B., 115 S.]. HARPOCR. : . . .
usi la parola [cotenna] anche per la pelle dell'uomo, lo ' ,
mostra Antifonte nel secondo libro della Verit [cfr. ivi s. v.
. . [II 345. 5 App.]
].
87 B 34 [150 n. B.]. POLL. II 41. [dolor di testa] e 87 B 34 [150 n. B.]. POLL. II 41 .
[pesantezza di testa]... e anche, bevanda o cibo
. . .
[che d pesantezza di testa]. Per indicar questo . .
effetto Antifonte usa il verbo [stordire].
87 B 35 [150 n. B.]. POLL. II 215. [sanguigno];
87 B 35 [150 n. B.]. POLL. II 215 ,
Antifonte dice .
[II 345. 10] .
87 B 36 [150 n. B.]. POLL. II 223. Anche Antifonte ha detto: 87 B 36 [150 n. B.]. POLL. II 223 . ' '
, '.
La membrana in cui il feto si sviluppa e si nutre si chiama
placenta.
87 B 37 [150 n. B.]. POLL. II 224. [omento];
87 B 37 [a. O. B.]. POLL. II 224 . '
Antifonte usa questo termine tanto al maschile che al neutro. .
87 B 38 [148 B., 151 S.]. POLL. II 7. Si dice tanto 87 B 38 [148 B., 151 S.]. POLL. II 7 [II 345. 15]
[aborto] come Lisia [fr. 24 Sauppe], quanto come
[fr. 24 Sauppe] .
Antifonte.
87 B 39 [101 B.]. POLL. II 61. Antifonte nei libri della Verit 87 B 39 [101 B.]. POLL. II 61 . '
usa la parola [mutilazioni].
.
87 B 39 a. G Galen ber die medizin. Namen (arabisch und
Di queste cose io ti ho detto, che la bile le ha provocate, perch deutsch, Meyerhof-Schacht Abh. d. Berl. Ak. 1931, 3 S. 34,
c'era della bile nelle mani e nei piedi; invece quella bile che si 9ff.) ziticrt aus Antiphon, und zwar aus dem "zweiten Buch
von seinen Bchern ber die Wahrheit "folgende Worte: "Von
diffondeva fino alla carne, produceva, se la sua quantit era
notevole, febbre cronica; perch, quando essa giunge fino alla diesen Dingen habe ich dir gesagt, da die Galle sie hervorrief,
carne, questa per opera sua si corrompe nella sua sostanza e si weil sie sich in den Hnden und Fen befand; diejenige
gonfia; il calore innaturale proviene cos da questo punto, ma la (Galle) aber, welche bis zum Fleische vordrang, erzeugte,
wenn ihre Menge gro war, chronische Fieber; denn wenn sie
sua durata e continuit dipende dalla bile, quando si trova
bis zum Fleische gelangt, so entsteht darin durch sie eine
abbondante nella carne e non si riassorbe e diminuisce
rapidamente, ma rimane, poich essa insieme prolunga il calore Verderbnis in seiner Subatanz selbst und es schwillt an; die
unnatrliche Wrme kommt also von dieser Stelle; ihr
innaturale.25* - Tutto quanto di essa [bile] penetra fino alla
carne, produce febbre alta e di lunga durata. - Quando nei vasi Andauern und Kontinuierlichwerden aber kommt von der Galle
sanguigni scorre pi di quello che possono sopportare, allora si her, wenn sie im Fleische reichlich vorhanden ist und sich nicht
schnell verzieht und vermindert, sondern bleibt, indem sie
aprono, e in essi si forma un'infiammazione []. E

quando un'infiammazione si formata e comincia a causare


dolori e mette radice, allora questa malattia si chiama gotta.

87 B 40 [158 B., 162 S.]. POLL. VII 169. Antifonte dice:

neben der unnatrlichen Wrme weiterbesteht." (Hierin heit


die unnatrliche Warme ). "Alles von ihnen (nmlich
den Gallen), was bis zum Fleische vordringt, erzeugt heftige,
lang andauernde Fieber." "Wenn in die Blutgefe mehr
hineinfliet, als sie vertragen, so ffnen gie sich, und deshalb
entsteht durch sie . Und wenn eine daraus
entateht und dem von ihr Befallenen Schmeraen zu verusachen
beginnt und sich das einwurzelt, so nennt man diese Krankheit
Gicht." Zu "dir" ob. Z. 20 vgl. II 338, 1. 360,9.
87 B 40 [158 B., 162 S.]. POLL. VII 169 .
[II 345. 20] .

: [fusione] di bronzo e di ferro.


87 B 41 [159 B., 163 S.]. POLL. VII 189. [incapaci] 87 B 41 [159 B., 163 S.]. POLL. VII 189 ,
[incapacit] e, come dice Antifonte,
, .
[abili a procurarsi i mezzi per vivere].
87 B 42 [179 B., 183 S.]. POLL. IX 53: Antifonte usa
87 B 42 [179 B., 183 S.]. POLL. IX 53 -
[bilanciamento] nel senso di [peso].
.
87 B 43 [100 B., 119 S.]. HARPOCR. : Antifonte usa
87 B 43 [100 B., 119 S.]. HARPOCR. [II 345. 25 App.] :
col significato di chi ha molti mezzi per vivere, cos . ,
come Omero26* chiama foresta una foresta ricca di
( 55) . HES.
legname. HESYCH. : ricco, secondo Antifonte nella : . .
Verit.
87 B 43 a G [99 B., 118 S.]. HARPOCR. : [lo usa
87 B 43 a G [99 B., 118 S.]. HARPOCR. = ;
Antifonte nel senso di] [ritenere, stimare]; dice nella ' ' '
Verit: [se faccia gran conto delle ' . .
leggi], invece di .27*
87 B 44 [cfr. 99 B., 118 S.]. PAP.
87 B 44 [II 346. 1 App.] [cfr. 99 B., 118 S.]. PAP. OXYRH. XI n. 1364 ed. Hunt.
OXYRH. XI n. 1364 ed. Hunt.
Fragment A
Frammento A.
col. 1 (1-33 H.)
col. 1
. . . . . . . . .
. . . . . . . . .
. . . . . . . . .
. . . . . . . . .
[A col. 1. 5 App.] . . . . . . . . .
. . .
,
... giustizia consiste nel non
trasgredire alcuna delle leggi dello [A col. 1. 10] ,
Stato di cui uno sia cittadino;28*

____
'
____
e perci l'individuo applicher nel
[]
modo a lui pi vantaggioso la
[A col. 1. 15]
giustizia, se far gran conto delle
,
leggi, di fronte a testimoni; ma in
assenza di
testimoni, seguir piuttosto le norme
di natura; perch le
[A col. 1.20 App.] ,

____
____
norme di legge sono accessorie,

quelle di natura, essenziali; quelle di [A col. 1. 25 App.] ,
legge sono concordate, non native: quelle di natura, sono native, non

concordate.
-

[A col. 1. 30] ' ,


Perci, se uno trasgredisce le
col. 2 (34-66 H.) App.
norme di legge, finch sfugge agli [o>
autori di esse, va esente da biasimo e
da pena; se non sfugge, no.
]. ____

____
[A col. 2. 5 App.]
Ma se invece violenta oltre il

possibile le norme poste in noi da



natura, se anche nessuno se ne
accorga, non minore il male, n maggiore se anche tutti lo sappiano;
[A col. 2. 10 App.] '
____
____
perch si offende non l'opinione, ma la verit.29* Questo essenzialmente
l'oggetto della nostra indagine,30*di
ci che piace; n, perci, pu essere ,
pi utile il dolore del piacere. Perch [A col. 2. 15 App.] ci che utile davvero, deve recar ,
giovamento, non danno. Pertanto, ci
,
che giova per natura...
,
[A col. 2. 20 App.]
____

,
' .
____
[A col. 2. 25] ,


[A col. 2. 30 App.] ____

[],
col. 3 (67-99 H.) App.


,
[A col. 3. 5]
,


,
[A col. 3. 10]

____

, '
'
[A col. 3. 15 App.] ,

col. 5
... e quelli che, offesi, si limitano a
difendersi, e non pigliano essi
l'offensiva; e quelli che sono buoni
verso i genitori, anche se quelli li


.
____

[A col. 3. 20 App.] ' , '
,
' [A col. 3. 25 App.] . '
,

[A col. 3. 30]
,
____

col. 4 (100-131 H.) App.
.


[A col. 4. 5 App.]
,
' .
____
[A col. 4. 10 App.] []

____
[A col. 4. 15] '

____
[A col. 4. 20 App.]
, ' .
____

25. 26 App. fehlen
. . . . .. .
. . . . .. . .
. . . . .. .
[A col. 4. 30 App.] . . . . . . .
. . . . .




[A col. 5. 5] -

[A col. 5. 10] ,

Di tutti i casi suddetti, molti se ne


troveranno contrari a natura; perch .
____
includono sia una maggior
sofferenza, quando sarebbe possibile
una minore; sia un minore piacere, [A col. 5. 15 App.] '
quando sarebbe possibile uno
'
maggiore; sia un danno quando il
[]
danno potrebbe evitarsi.
Ora se chi accetta tutto questo avesse ,
[A col. 5. 20 App.] [], l'appoggio della legge, e chi non
l'accetta, anzi ne rifugge, ne avesse ,
,
danno,
,
.
[A col. 5. 25 App.]
[A col. 5. 30] ,
, ' ,
col. 6
col. 6 (165- 197 H.) App.
non sarebbe svantaggioso obbedire
alle leggi; invece
[] _____

notorio che chi l'accetta, la
____
giustizia della legge non basta a

proteggerlo.
[A col. 6. 5]

Perch anzitutto essa permette che
l'offeso venga offeso e che
l'offensore offenda; n in secondo
tempo impedisce che l'offeso patisca [A col. 6. 10] danno, o che l'offensore lo compia;
_____
e rimettendosi alla punizione, non si
mostra pi favorevole all'offeso che ____
all'offensore. Infatti necessario che [A col. 6. 15 App.]
quegli persuada del danno da lui
sofferto chi gli deve fare giustizia, e
che le sue ragioni siano vittoriose. ,
.
Ma anche all'offensore lecito
smentirlo,
[A col. 6. 20 App.]


[A col. 6. 25 App.] >
, ,
<>
maltrattino; e quelli che concedono
ad altri di accusare con giuramento,
ed essi stessi non giurano.
_____

col. 7
... e questo grave massimamente,
che, cio, quella medesima forza di
persuasione che l'accusa conferisce
all'accusatore, appartenga in egual
misura sia all'offeso che
all'offensore...

[A col. 6. 30 App.] . ____



col. 7 (198- 231 H.) App.
. . . .
2-4 fehlen
[A col. 7. 5 App.] . . . . . . . . . . . -
. .

[A col. 7. 10 App.]
.
[A col. 7. 15] . . . . .
. . . . . . .

[A col. 7. 20] . . . . . . .

____
Fragment B
col. 1 (232- 266 H.) App.

1- 4 nur Endbuchstaben
[B col. 1. 5] ..
. . . . . . .
. . . . . . .
. . . . . . .
. . . . . . .
[B col. 1. 10] . . . .
. . . . . . . . .
. . . .
. . . . . . .]
[B col. 1. 15] . . . . . . .
. . . . . . .
. . . . . . .. .
18-30 leer
31-34 nur Endbuchstaben
[B col. 1. 35 App.] -
Frammento B
col. 2 (266- 299 H.) App.
col. 2
... noi rispettiamo e veneriamo chi ,
di nobile origine,31* ma chi di
natali oscuri, n lo rispettiamo, n

l'onoriamo.
[B col. 2. 5 App.] _____
.
In questo, ci comportiamo gli uni
____
verso gli altri da barbari, poich di
natura tutti siamo assolutamente

uguali, sia Greci che barbari.
Basta osservare
[B col. 2. 10 App.] ,


_____
le necessit naturali proprie di tutti
[B col. 2. 15 App.] .
gli uomini ... nessuno di noi pu
____
esser definito n come barbaro n
come greco. Tutti infatti respiriamo
l'aria con la bocca e con la narici, e...

[B col. 2. 20 App.]

,
[B col. 2. 25]
[]

[B col. 2. 30 App.]

> > [B col. 2. 35] ? . . . .
[Da un altro libro della
[II 353. 15] Aus einem anderen Buche der (die Schrift und Schriftanordnung ist
sono pubblicate in PAP. OXYRH. verschieden von Pap. 1364) werden in Oxyrh. Pap. XV 120 (Pap. 1797) folgende 2
XV 120 (pap. 1797) le seguenti due Kolumnen verffentlicht (Kommentar Aly a. O. S. 137ff.):
colonne:]
Col. I
Col. I App.
... se la giustizia intesa
. . . . . .
seriamente,32* il testimoniare le

verit nei riguardi di altri ritenuto


cosa non tanto giusta quanto utile

agli scopi pratici degli uomini. Colui [Col. I. 5]
che lo fa non per questo sar giusto,
in quanto il giusto consiste nel non
recare offesa quando non si

ricevuto offesa.
.
[Col. I. 10 App.] ,
Ora necessariamente il
testimoniante, anche se testimonia il
vero, pure in qualche modo deve
recare un danno, ed egli stesso pi
[Col. I. 15] tardi deve ricevere un danno per
quelle cose che ha detto, in quanto , che, a causa delle cose da lui
,
testimoniate, colui su cui grava la

testimonianza viene condannato e
perde o denari o se stesso [la vita], a [Col. I. 20App.]
,
causa di colui al quale tuttavia egli
,
non ha recato nessuna offesa. In
' questo caso egli compie
un'ingiustizia verso colui contro il
[Col. I. 25 App.] quale ha deposto perch, senza
averne ricevuto un danno, lo fa a lui;

ed egli poi riceve a sua volta un
danno dall'imputato, perch odiato

da lui per
[Col. I. 30]

m
, [Col. I. 35] , ' , ' Col. II
Col. II App.
aver testimoniato il vero. E non solo per l'odio, ma anche perch per tutta
la vita deve guardarsi da colui contro ,
il quale ha testimoniato. Cos egli si
creato un nemico, capace di fargli [Col. II. 5] del male, se pu, con le parole e coi
fatti.
____

E certo, queste non appaiono offese ' da poco, n quelle che lui stesso
[Col. II. 10] ,
riceve, n quelle che compie; e
perci non possibile che queste
. cose siano giuste, e [che insieme la ____
giustizia consista] nel non far torti e
non riceverli; ma necessario che o l'una delle due cose sia giusta [e
[Col. II. 15 App.] ,
l'altra ingiusta], o che ambedue

siano ingiuste.

____
Ma sembra che anche il sentenziare e giudicare e esser arbitro delle
[Col. II. 20 App.] decisioni non siano cose giuste,
(?).
perch ci che avvantaggia gli uni '
nuoce agli altri; e in questo caso, se
gli avvantaggiati non ricevono alcun torto, lo ricevono per i
[Col. II. 25] . danneggiati...
____



[Col. II. 30]

[Col. II. 35] ,
. . . . . .
. . . . . . . . . . . . .
. . .. . . .
87 B 44 a. PHILOSTR. v. soph. I 15, 4. Parecchie sono le sue orazioni forensi, nelle quali si rivela la sua valentia e abilit
artistica; altre hanno carattere sofistico, ma pi sofistica di tutte quella Per la concordia, in cui si trovano sentenze stupende e
profonde, e tono solenne, fiorito di parole poetiche, e ampiezza di tratti espositivi, simili a molli pianure. [Sul titolo cfr.]
XENOPH. mem. IV 4, 16. E anzi la concordia appare come il massimo bene per gli Stati, e molte volte in essi le assemblee
degli anziani e le persone pi eminenti esortano i cittadini ad esser concordi; e dovunque nell'Ellade vige la legge che i
cittadini giurino che osserveranno la concordia, e tal giuramento viene prestato dovunque. Ed io credo che questo si faccia,
non perch i cittadini diano la preferenza ai medesimi cori, n perch elogino i medesimi flautisti, n perch scelgano i
medesimi poeti, n perch godano dei medesimi piaceri, ma perch obbediscano alle leggi. Giacch se i cittadini restano fedeli
alle leggi, le citt si fanno fortissime e godono del massimo benessere; ma senza concordia, n citt potr essere bene
governata, n casa bene amministrata. IAMBL. ep. STOB. ecl. II 33, 15. La concordia, come indica la stessa
parola, riunisce i significati di raccolta e comunione e unificazione in se stessa di un egual intendimento; da questo significato

originario si estende poi a citt e case e riunioni sia pubbliche che private, e a ogni sorta di stirpi e parentele anch'esse sia
pubbliche che private; anche esprime la coerenza di pensiero di un individuo con se stesso; perch, quando uno guidato da un
unico pensiero e principio, concorda con se stesso, mentre quando oscilla tra due ragionamenti opposti, in lotta contro se
stesso; e colui che permane sempre dello stesso intendimento pienamente unanime con s, mentre chi instabile nei propositi
e si lascia dominare ora da un'opinione ora da un'altra, un essere malsicuro e nemico a se stesso.33*
87 B 45 [117 B., 95 S.]. HARPOCR. : Antifonte nel 87 B 45 [117 B., 95 S.]. HARPOCR. [II 357. 1 App.]
libro Della concordia. un popolo della Libia [Sciapodi; cfr. : . . .
ARISTOPH. Av. 1553].34*
87 B 46 [116 B., 94 S.]. HARPOCR. :
87 B 46 [116 B., 94 S.]. HARPOCR. : .
Antifonte nel Della concordia. un popolo chiamato cos
. .
[Macrocefali].
87 B 47 [118 B., 96 S.]. HARPOCR. ;
87 B 47 [118 B., 96 S.]. HARPOCR. [II 357. 5 App.]
[esseri che vivono sotto terra] dice, Antifonte nel Della
(
concordia; (forse intende quelli chiamati Trogloditi da Scilace [fr. 2 Issbener p. 5]
nel suo Periplo [fr. 2 Issbener p. 5] e quelli chiamati Catudei da [fr. 60]
Esiodo nel terzo libro del Catalogo [fr. 60]).
): . .
87 B 48 [108 B., 86 S.]. PHOT. : cio che ha
87 B 48 [108 B., 86 S.]. PHOT. :
aspetto divino. Dice Antifonte nel Della concordia:
. [II 357. 10 App.] .
',
. . .
L'uomo, il quale si vanta d'esser tra tutti gli animali il pi
simile a dio []
87 B 49 [131 B., 130 S.]. STOB. flor. IV 22, 66 [cfr. III 6, 45]. 87 B 49 [131 B., 130 S.]. STOB. IV 22, 66 [vgl. III 6, 45] .
Di Antifonte.
.
. ,
[II 357. 15 App.] ,
Su via, proceda la vita pi oltre, e desideri nozze e donna.
Questo giorno, questa notte, a nuovo destino, a nuova sorte d . .
inizio. Gran rischio invero35* son per l'uomo le nozze. Che se ti , [II 358. 1 App.]
; ,
capiti una moglie non adatta, che rimedio trovare alla
disgrazia? Gravoso il ripudio: farsi nemici gli amici, dopo aver , ,
richiesto e dato promessa di vivere in concordia di pensieri, in
, [II 358. 5
concordia di sentimenti; gravoso anche il sopportare un cos
App.] . ,
gravoso acquisto e in cambio delle gioie sperate, non aver
, .
acquistato che dolori. Ma via, tralasciamo di dir
gl'inconvenienti, e parliamo soltanto dei massimi vantaggi. Che ;
vi di pi soave per l'uomo che una moglie a lui gradita? che ; ,
,
di pi dolce, specialmente se egli giovine? Ma proprio l
stesso, dove posta la contentezza, in certo modo vicina la [II 358. 10 App.] ,
' .
molestia;36* perch le gioie non vengon mai da s sole, ma
sono accompagnate da dolori e da pene. Cos anche le vittorie
nei giochi olimpici e pitici, e altre simili gare, e le cognizioni, e
qualsiasi altra soddisfazione, esigono d'esser conquistate con [II 359. 1 App.] , ,
grandi pene; e onori, premi, e ogni specie di allettamento che , ,
dio ha concesso agli uomini, debbono necessariamente risultare . ,

da fatiche e sudori. Certo 37* che se mi nascesse un altro
, , [II 359. 5
corpo tal quale son io rispetto a me stesso, io non saprei pi
come fare a vivere, con tante cose da provvedere a me stesso, e App.]
per la salute del corpo, e per l'allestimento del vitto giornaliero, '

e per la gloria e saggezza e fama e buon nome. Che cosa
dunque sarebbe, se mi si aggiungesse un'altra persona cosiffatta , ,
; , [II
la quale fosse cos bisognosa di cure da parte mia? Non
359. 10 App.] , ,
chiaro infatti che la donna, anche se sia l'ideale, non d
all'uomo meno motivi di premure e di affanni, di quel che non
darebbe egli a se stesso se avesse da provvedere alla salute di
[]
due persone, al vitto, alla saggezza, alla fama? Fa' poi che
nascan dei figli, e allora tutto un cumulo di pensieri: se ne va ; [II 360. 1 App.]
dall'animo la baldanza giovanile, e l'espressione del viso non

pi la stessa.38*
.
87 B 50 [133 B., 132 S.]. STOB. flor. IV 34, 63. Di Antifonte. 87 B 50 [133 B., 132 S.]. STOB. IV 34, 63 - .

[II360. 5 App.]
La vita assomiglia a un'effimera vigilia,39* la lunghezza della , ,
.
vita alla durata, per cos dire, d'un giorno; nel quale, appena
dato uno sguardo alla luce, lasciamo la consegna agli altri che
sopravverranno.
87 B 51 [132 B., 131 S.]. STOB. flor. IV 34, 56. Di Antifonte. 87 B 51 [132 B., 131 S.]. STOB. IV 34, 56 - .
, , []
Mirabilmente si presta ad accusa ogni forma di vita, mio caro, [ 360. 10 App.]
poich nessuna ha nulla di elevato, o di grande o di venerando: ,
.
ma tutto vi meschino, debole, transitorio, e mescolato a
grandi dolori.40*
87 B 52 [106 B., 84 S.]. HARPOCR. [ricollocare]: 87 B 52 [106 B., 84 S.]. HARPOCR. [II 361. 1 App.]
Antifonte nel libro Della concordia:
: . '
'
.
Non ci concesso ricollocare la vita come una pedina,
.
volendo dire che non si pu rivivere da capo, anche se ci si
pente della vita precedente. L'immagine tolta dal gioco del
tavoliere [Cfr. PLAT. Hipparch. 229 E; B 53 a].
87 B 53 [126 B., S.]. STOB. flor. III 10, 39. Di Antifonte. -

87 B 53 [126 B., S.]. STOB. III 10, 39 [II 361. 5] - .




Ci son di quelli che lavorano e risparmiano e stentano e
accumulano, godendo, figuriamoci che cosa! Ma se debbono .
spendere e far uso di quel che posseggono, ci soffrono come se .
si strappassero le carni.
87 B 53 a [127 B., S.]. STOB. flor. III 16, 20. Di Antifonte.
87 B 53 a [127 B., S.]. STOB. III 16, 20 [II 361. 10 App.] . ,

Ci son di quelli che non vivono la vita presente, ma si
,
preparano con molto zelo come se dovessero vivere non il
presente, ma una qualche altra vita; e intanto il tempo si perde e .
fugge via.41*
87 B 54 [128 B., S.]. STOB. flor. III 16, 30. Di Antifonte.
87 B 54 [128 B., S.]. STOB. III 16, 30 [II 361. 15 App.] . ,
Si racconta che una volta un uomo, avendo visto un altr'uomo
che portava con s molto denaro, lo preg di prestarglielo ad ' , '
, '
interesse; ma quello rifiut per diffidenza e poca generosit
verso gli altri, e tenutosi il suo denaro, lo mise in serbo non so [II 362. 1]
dove; del che accortosi un tale, glielo rub. Passato del tempo,
va il depositante del denaro e non lo trova pi. Desolato della .
,
disgrazia, soprattutto perch non l'aveva prestato a colui che
glielo aveva chiesto, la qual cosa non solo gliel'avrebbe serbato , [II 362. 5
intatto, ma ne avrebbe fruttato dell'altro, s'imbatte nello stesso App.]
uomo di allora, e con lui deplora la sua sventura, riconoscendo ,
, ' ,
d'aver sbagliato, e che ora si pente di non avergli fatto un
piacere, anzi d'essere stato scortese con lui; poich ora il suo . '
,
denaro irrimediabilmente perduto. L'altro allora gli dice di
non preoccuparsi, ma di riporre una pietra nello stesso luogo e , [II 362. 10 App.]
cos di continuare a credere che il denaro sia sempre suo, e non . ' ' , ,
.'
sia affatto perduto: Tanto, neppure quand'era tuo tu te ne
,
servivi in alcun modo, sicch anche ora puoi far finta di non
aver nulla perduto. Perch ci di cui non abbiamo fatto uso n .
lo faremo, o ci sia o non ci sia, non ci fa n caldo n freddo. E [II 362. 15]
quando la divinit non vuole colmare completamente di doni , , [II 363. 1 App.]
,
un uomo, gli d la ricchezza, ma lo fa povero di senno;
42
togliendogli questo, lo fa restar privo dell'una e dell'altro. * . Vgl. AESOP. Fab.
412. 412b H.
87 B 55 [100 B., 88 S.]. PHOT. : nel senso di [dove]. 87 B 55 [100 B., 88 S.]. PHOT. . .
Antifonte nel Della concordia:
.'

Esitare dove non giova esitare.


87 B 56 [139 B., 138 S.]. SUID. s. v. [indugio, esito]... 87 B 56 [139 B., 138 S.]. SUID. [II 363. 5 App.] : . . .
anche gli oratori non applicano questo verbo all'idea di vilt e
indolenza, ma all'idea di paura e di timore. Cos Antifonte:
, ' . .
' ' , '
Sarebbe un disonesto se, finch i pericoli son di l da venire,
facesse il coraggioso a parole e incitasse all'azione, e quando , ' , .'Zuweisung [II 363.
10 App.] zu . zweifelhaft.
poi il momento d'agire, esitasse.
87 B 57 [125 B., S.]. STOB. flor. III 8, 18. Di Antifonte.

87 B 57 [125 B., S.]. STOB. III 8, 18. . '


'. .

La malattia per i poltroni una cuccagna43*


perch cos non vanno al lavoro.
87 B 58 [129 B., S.]. STOB. flor. III 20, 66. Di Antifonte.

87 B 58 [129 B., S.]. STOB. III 20, 66 - .


,
Colui che, avendo l'intenzione di far del male al prossimo, sia [II 363. 15 App.]
preso dal timore che, per un suo errore, non riesca a compiere , . ,
,
ci che vuole, e al contrario compia ci che non vuole,

dimostra molta saggezza. Perch in tanto che sta nel timore,
, [II 364. 1 App.]
indugia; e in tanto che indugia, accade spesso che il tempo
.
interposto distoglie la mente dai suoi propositi; e mentre,
quando una cosa fatta, non si torna indietro, questo sempre , ' ,
possibile finch s'indugia. Colui invece che crede di poter far . '

del male al vicino, senza patirne danno, non uomo saggio;
, ' [II 364. 5 App.]
perch non sempre lo sperare riesce a bene; e molti da tali
speranze furon precipitati in irrimediabili sciagure, le quali essi , .
s'illudevano di macchinare al loro prossimo, e cos col subirle
si scoprirono da loro stessi. E nessun altro uomo da giudicare ,
pi saggio di colui che frena gl'impulsi immediati dell'animo ed
.
riuscito a dominare se stesso e a vincer se stesso. Colui
, [II 364. 10 App.]
invece che vuol dare soddisfazione immediata alla
.
passione,44*vuole il peggio invece del meglio.
87 B 59 [130 B., 124 S.]. STOB. flor. III 5, 57. Di - Antifonte. 87 B 59 [130 B., 124 S.]. STOB. III 5, 57 - .

Colui che non ha mai desiderato n accostato le cose turpi o le , '
.
malvage, non temperante; perch non ha da che cosa
astenersi per mostrar il suo dominio su se stesso.
87 B 60 [134 B., 133 S.]. STOB. ecl. II 31, 39 p. 208, 13. Di 87 B 60 [134 B., 133 S.]. STOB. II 31, 39 p. 208, 13 W. [II
Antifonte.
365. 1 App.] - . , ,

La cosa principale, credo, negli uomini, l'educazione. Perch ,
quando, in qualsiasi cosa, uno ha cominciato bene, verisimile [II 365. 5]
,
che finisca anche bene; cos per la terra, quale il seme che
:
uno ha seminato, tali dovr aspettarsi i frutti; e allo stesso
modo per una persona giovane, quando uno vi abbia seminato ,
una vigorosa educazione, questa vegeta e fiorisce per tutta la , .
vita, e n la pioggia n la siccit la distrugge.45*
87 B 61. [135 B., 134 S.] STOB. ecl. II 31, 40. Dello stesso.
87 B 61. [135 B., 134 S.] STOB. II 31, 40 [II 365. 10 App.]
. '

Niente pi dannoso agli uomini dello spirito di
,
indisciplina;46* ben lo sapevano i nostri antenati, i quali

abituavano fin dall'infanzia i fanciulli a stare soggetti e ad
obbedire al comando, perch poi, fatti uomini, non dovessero .
restar sbigottiti affrontando un troppo brusco mutamento.

87 B 62 [0]. STOB. ecl. II 31, 41.


Qual la persona con cui uno pratica tutto il giorno, tale
necessariamente deve essere anche costui nelle maniere.
87 B 63 [107 B., 85 S.]. HARPOCR.
[disposizione]: ... lo usa egli stesso [l'oratore Antifonte] nel
senso di [amministrazione] nel libro Della
concordia:

87 B 62 [0]. STOB. II 31, 41 [II 365. 15 App.]


,
.
87 B 63 [107 B., 85 S.]. HARPOCR. [II 366. 1 App.]
: . . .
' .'

Ma quando sono bene a conoscenza dell'amministrazione,


ascoltano... .47*
87 B 64 [135 a B.]. EXC. VINDOB. 44 [ STOB. flor. IV 293, 87 B 64 [135 a B.]. EXC. VINDOB. 44 [STOB. IV 293, 17
17 Meineke]. Antifonte:
Meineke; [II 366. 5 App.] vgl. H. Schenkl Floril. duo n. 62
(Wien 1888 S. 11)].
, .
Le amicizie recenti sono impegnative; le antiche, ancor pi
impegnative.
87 B 65 [109 B., 87 S.]. SUID. s. v. [adulazione].
87 B 65 [109 B., 87 S.]. SUID. .
Antifonte nel Della concordia:
' ' , '
.'
Molti non s'accorgono degli amici che hanno, mentre si
uniscono in compagnia con adulatori [] della ricchezza e
parassiti della fortuna loro.
87 B 71 [119 B., 97 S.]. HARPOCR. [frodi]: nel
87 B 71 [119 B., 97 S.]. HARPOCR. : .
senso di [inganni] lo usa Antifonte nel Della
: .
concordia. Infatti l'inganno una frode.
87 B 66 [136 B., 135 S.]. CLEM. ALEX. strom. VI 19 [II 438, 87 B 66 [136 B., 135 S.]. CLEM. Strom. VI 19 [II 438, 9 St.]
9]. Antifonte oratore dice:
[II 366. 10] . '
'.
La nutrizione del vecchio assomiglia alla nutrizione del
fanciullo.
87 B 67 [111 B., 89 S.]. HARPOCR. [non
87 B 67 [111 B., 89 S.]. HARPOCR. :
osservabile]: usato nel senso di [non visibile] da
' - .
Antifonte nel libro Della concordia.
87 B 67 a [112 B., 90 S.]. HARPOCR. [virilit]: nel 87 B 67 a [112 B., 90 S.]. HARPOCR. :
senso di et virile, Antifonte nel Della concordia.
. . [II 366. 15] .
87 B 68 [113 B., 91 S.]. HARPOCR. [accampati]: 87 B 68 [113 B., 91 S.]. HARPOCR. :
nel senso del semplice [giacenti], Antifonte nel
. .
Della concordia.
87 B 69 [114 B., 92 S.]. HARPOCR. [cancello, soglia]: 87 B 69 [114 B., 92 S.]. HARPOCR. .
Antifonte nel Della concordia, nel senso di [inizio].
. ETYM. GEN. . . .
ETYM. GEN. s. v. : ... alle soglie, per dire agli inizi. .
87 B 70 [115 B., 93 S.]. HARPOCR.
87 B 70 [115 B., 93 S.]. HARPOCR. [II 366. 20 App.]
[docilissimamente]: Antifonte nel Della concordia. Si dice
. .
[docile alle redini] una persona mite, tranquilla, non . .
irrequieta. Metafora tratta dai cavalli.
POLITICO 48*

[II 366. 25 App.]


87 B 72 [122 B., 81 S.]. ANTIATT. Bekk. An. 78, 20
87 B 72 [122 B., 81 S.]. ANECD. GR. ed. Bekker Lex. I 78,
: . .
20. [disobbedienza] : Antifonte nel Politico.
87 B 73 [120 B., 79 S.]. ATHEN. X 423 A. Antifonte usa nel
Politico il verbo [scialacquare in pranzi e cene],
cos:
Quand'uno s' divorato tutto il suo e quello degli amici.
87 B 74 [123 B., 82 S.]. HARPOCR. [propizio, di
buon augurio]: nel senso di: che coglie al volo nel segno,
cio pronto nell'intuire; Antifonte nel Politico.
87 B 75 [124 B., 83 S.]. HARPOCR. Antifonte

87 B 73 [120 B., 79 S.]. ATHEN. X 423 A [II 367. 1 App.]


. '

.'
87 B 74 [123 B., 82 S.]. HARPOCR. :
[II 367. 5 App.] ,
. . .
87 B 75 [124 B., 83 S.]. HARPOCR. : .

nel Politico: [raddoppiamento] e


[sesquialteramento] nel senso di calcolare il sesquialtero
[rapporto di uno e mezzo a uno].
87 B 76 [121 B., 80 S.]. PRISC. XVIII 230. I Greci dicono
e [cio con il gen. e con l'acc.: non
curarsi di una cosa, e non curare una cosa]; cos Antifonte nel
Politico:

' '
.
87 B 76 [121 B., 80 S.]. PRISC. 18, 230 illi [Griechen]
[II 367. 10 App.] . Antiphon
:
.

N esser chiamato beone, e aver l'aria di trascurar gli affari


[ ] perch reso impotente dal vino.
87 B 77 [137 B., 144 S.]. PLUTARCH. Anton. 28. Spendere e 87 B 77 [137 B., 144 S.]. PLUT. Anton. 28
scialacquare la moneta [], come dice Antifonte,
, . , ,
pi preziosa: il tempo.49*
. [II 367. 15 App.] Vgl. B 53a.
DELL'INTERPRETAZIONE DEI SOGNI 50*

Vgl. 87 A 1. 23 B 55
87 B 78 [De Antiph. or. p. 18 Sauppe]. ARTEMID. I 14 p. 109, 87 B 78 [Sauppe De Antiph. Gott. 1867 p. 18]. ARTEMID. I
10. Seppia. Questa da sola giova anche ai pesci che tentano di 14 p. 109, 10 H. .
,
sfuggire, servendosi del suo umore nero, col quale spesso si
. [II 367. 20] .
salva. Parla di questo sogno anche Antifonte ateniese.
.
87 B 79 [p. 17 S.]. CICER. de div. I 20, 39. Crisippo,
87 B 79 [S. a. O. p. 17]. CIC. de div. I 20, 39 [II 368. 1]
disputando dei sogni, pur di raccogliere molti sogni anche se di somnia, de quibus disputans Chrysippus multis et minutis
poco rilievo, fa come Antipatro, cio raccoglie quelli che,
somniis colligendis facit idem, quod Antipater, ea conquirens
spiegati secondo l'interpretazione di Antifonte, rivelano bens quae Antiphontis interpretatione explicata declarant illa
l'acume dell'interprete; ma sarebbe stato meglio citare esempi quidem acumen interpretis, sed exemplis grandioribus [II 368.
di maggior importanza. CICER. de div. 51, 116. Di qui nasce 5 App.] decuit uti. CIC. de div. 51, 116 hic magna quaedam
quella singolare invero, ma non naturale, bens artificiosa
exoritur neque ea naturalis, sed artificiosa somniorum
interpretazione dei sogni di Antifonte, analoga a quella degli Antiphonis interpretatio eodemque modo et oraclorum et
oracoli e dei vaticini. Costoro non sono che dei commentatori, vaticinationum. sunt enim explanatores, ut grammatici
cos come i grammatici sono per i poeti.
poetarum.
87 B 80 [p. 17 S.]. CICER. de div. II 70, 144. Le congetture di 87 B 80 [p. 17 S.]. CIC. de div. II 70, 144 ipsorum interpretum
cotesti interpreti non sono fatte pi per dimostrare l'ingegnosit coniecturae [II 368. 10 App.] nonne magis ingenia declarant
loro che l'evidenza e il consenso della natura? Un corridore che eorum quam vim consensumque naturae? cursor ad Olympia
si proponeva di recarsi ad Olimpia, sogn d'esser trasportato da proficisci cogitans visus est in somnis curru quadrigarum vehi.
un carro a quattro cavalli. Appena giorno, va dall'interprete; e mane ad coniectorem, at ille: 'vinces, inquit id enim celeritas
questi: Vincerai - gli dice -; perch questo vuol dire la celerit significat et vis equorum.' post idem ad Antiphontem, is autem
e vigoria dei cavalli. Da l si reca da Antifonte, che invece:
'vincare, inquit, necesse est: an non intellegis quattuor [II 368.
Sarai vinto - gli dice - per forza: non capisci che sono in
15 App.] ante te cucurrisse?' ecce alius cursor (atque horum
quattro a correre avanti a te?. Ecco un altro corridore (e di
somniorum et talium <interpretationum> plenus est Chrysippi
questi sogni, di tali interpretazioni pieno il libro di Crisippo, liber, plenus Antipatri), sed ad cursorem redeo: ad interpretem
pieno quello di Antipatro), ecco, dico, un corridore, che
detulit aquilam se in somnis visum esse factum; at ille 'vicisti;
riferisce all'interprete d'aver sognato d'esser diventato
ista enim avi volat nulla vehementius.' huic aeque idem
un'aquila; e quello: Hai vinto: perch nessun uccello vola con Antipho: 'baro, inquit, victum te [II 368. 20 App.] esse non
pi impeto di questo. E parimente a lui Antifonte: Stupido, vides? ista enim avis insectans alias avis et agitans semper
non vedi che sei vinto? perch quest'uccello, sempre dietro a ipsa postrema est.'
inseguir gli altri uccelli e a dar loro la caccia, sempre
l'ultimo.
87 B 81 [p. 18 S.]. SENEC. controv. II 1, 33. Giunio Ottone... 87 B 81 [p. 18 S.]. SENEC. Controv. II 1, 33 Otho Iunius ...
pubblic quattro libri Sui colori retorici, che spiritosamente il edidit quidem quattuor libros Colorum, quos belle Gallio
nostro Gallione chiamava libri di Antifonte, tanto son pieni noster 'Antiphontis libros' vocabat tantum in illis somniorum
di sogni.
est.
87 B 81 a. MELAMP. 18-19. (18) Se tremola
87 B 81 a. MELAMPUS [II 368. 25 App.] 18.
l'occhio destro, secondo Femonoe,51*gli Egizi, e Antifonte, 19 [Diels Beitr. z. Zuckungsl. I. Abh. d. Berl. Ak. 1907] (18)
segno che si avranno in potere dei nemici; significa anche
,
arrivo di forestieri. (19) Se tremola la palpebra superiore

dell'occhio destro, significa in generale guadagno; secondo
. (19)
Antifonte, affari e salute, e per uno schiavo, insidia, per una
, , [II 368. 30]
vedova, viaggio.52*
, ,
.
ZWISCHEN DEM REDNER UND DEM SOPHISTEN

FRAMMENTI CONTROVERSI FRA L'ORATORE

STRITTIGE FRAGMENTE
87 B 82 [180 B., 184 S.]. ANECD. BEKK. Antiattic. 114, 28
: . .
E IL SOFISTA
87 B 83 [II 369. 5] [143 B., 146 S.]. Lex. VI p. 345, 26
.
[I fr. 82-118, costituiti da citazioni di singoli vocaboli e
termini, hanno valore per un thesaurus della lingua greca, per [VI 8, 2. VIII 8, 4].
87 B 84 [147 B., 150 S.]. p. 367, 31 .
studi di lingua e di stile, ma isolati dal contesto a cui
.
appartenevano, sono difficilmente traducibili. Per questo
motivo qui ne segnaliamo soltanto la presenza in Vorsokr., II, 87 B 85 [150 B., 153 S.]. p. 418, 6 : .
.
pp. 369 sg.].
87 B 86 [152 B., 155 S.]. p. 419, 18 :
. [II 369. 10 App.] . [II 34,
2 u .].
87 B 87 [146 B., 149 S.]. HARPOCR. :
' .
87 B 88 [157 B., 161 S.]. : ., ,
.
87 B 89 [II 369. 15 App.] [163 B., 166 S.]. : .
, .
Vgl. 88 B 42.
87 B 90 [164 B., 167 S.]. : , .
.
87 B 91 [165 B., 168 S.].
.
87 B 92 [170 B., 174 S.]. MOERIS 203, 2 Bekk.
[II 369. 20 App.] [IV 69, 2 u. .], .
87 B 93 [0]. PHILOD. de pom. c. 187, 3 [V. H.2VI; Th.
Gomperz Wien. Sitz. Ber. 123, VI, 49]

,

, [II 369. 25
App.]

, '
' .
87 B 93 a [0]. PHOT. A p. 68, 4 Reitz.
[768 B] . .
[Andr. 470].
87 B 93b [0]. [II 369. 30 App.] p. 87, 25 R. :
. SUID. :
(sic).
87 B 94 [181 B., 185 S.]. PHOT. : .
.
87 B 95 [171 B., 175 S.]. POLL. I 34
-.
87 B 96 [176 B., 179 S.]. I 98 ...
' - ' [II 369. 35 App.]
.
87 B 97 [141 B.]. POLL. II 109 [II 370. 1 App.]
. .
87 B 98 [149 B., 152 S.], II 120 . .
87 B 99 [151 B., 154 S.]. .
[VII 29]. Dagegen HARPOCR.
[II 370. 5 App.] [fr. 23 O.
A. II 177]
.
87 B 100 [172 B., 176 S.]. II 123 ,
. .
87 B 101 [168 B., 171 S.]. II 228 . .

87 B 102 [145 B., 148 S.]. II 230 .


87 B 103 [II 370. 10] [182 B., 143 S.]. III 113
. .
87 B 104 [142 B., 145 S.]. IV 9 , ,
. . ' .
87 B 105 [162 B.]. , . .
87 B 106 [178 B., 182 S.]. IV 167 . . . .
.
87 B 106a [II 370. 15 App.] [142 B., 145 S.]. V 145 .
. . Vgl. B 104.
87 B 107 [155 B., 145 S.]. V 441 ,
, , . .
87 B 108 [175 B., 141 S.]. VI 163 .
.
87 B 109 [II 370. 20] [169 B., 173 S.]. VI 169
.
87 B 110 [167 B., 170 S.]. VI 183 . .
87 B 111 [153 B., 156 S.]. VIII 68
, .
87 B 112 [166 B., 169 S.]. VIII 103
[II 370. 25] , .
87 B 113 [177 B., 180 S.]. IX 26 ' -.
87 B 114 [140 B., 140 S.]. LESBON. p. 180 Valck.
[nmlich ]
. . .
.
87 B 115 [II 370. 30 App.] [154 B.]. SUID. : . . .
. [fr. 305 O. A. II
214a 23] . Vgl. HARPOCR. .
87 B 116 [138 B., 136 S.]. : . . . . '
.
87 B 117 [183 B., 187 S.]. : . . .
[II 370. 35 App.]
.
________________
87 B 118. ATHEN. XIV 650 E [?]
.

88. CRIZIA

88 [81]. KRITIAS
[II 371. 1 App.]

A. VITA E SCRITTI
A. LEBEN UND SCHRIFTEN
88 A 1. PHILOSTR. v. soph. I 16. Il sofista Crizia non tanto
da giudicare un disonesto, pel fatto che abbatt il governo
88 A 1. PHILOSTR. V. soph. I 16 ,
democratico in Atene (probabilmente la democrazia si sarebbe ,
abbattuta da s, essendo giunta a tal grado di tracotanza, da non ( ' [II 371. 5 App.]
obbedire neppure ai magistrati legittimi); ma perch favor
,
apertamente gli Spartani, consegn loro i templi, fece abbattere ), ' ,
le mura da Lisandro, proib a quanti esili da Atene di fermarsi , , '
in qualsiasi parte della Grecia, minacciando la guerra spartana
a quanti accogliessero l'ateniese fuggiasco [cfr. DEMOSTH. ,
23, 38-89]; e perch in sevizie e in crudelt super i Trenta e ,
cooper con gli Spartani a un'impresa nefanda, cio a che
[II
l'Attica, vuotata della popolazione umana, diventasse un
371. 10] ,
pascolo per i greggi. Per queste azioni a me sembra il pi

malvagio tra quanti han fama di malvagit. E se almeno fosse ,
stato un ignorante, quando commise questi atti, avrebbe valore , .
l'argomento di quelli che van dicendo esser egli stato guastato ,
dai Tessali, e dalla loro compagnia, poich un individuo

ignorante facilmente trascinabile a un errato tenore di vita;



ma poich aveva avuto ottima educazione, e soleva conversare , [II 371. 15]
di argomenti filosofici, e, di pi discendeva da Dropide, che
, ' ,
govern gli Ateniesi [593-2] dopo Solone, non potr facilmente [593/2],
sfuggire all'accusa dei pi: che cio abbia commesso questi
.
misfatti per innata malvagit. E del resto anche questo strano,
che egli non diventasse simile a Socrate di Sofronisco, ritenuto ,
il pi sapiente e il pi giusto dei suoi contemporanei, col quale ' ,
tante volte s'intrattenne di filosofia, e invece si conformasse
' , ' [II 371. 20 App.]
all'indole dei Tessali, presso i quali domina la tracotanza nella ,
sua violenza primitiva, e il potere si esercita tra i fumi del vino. . ' ,
E s che neppure i Tessali si disinteressavano della cultura; anzi '
tutte le citt, grandi e piccole, della Tessaglia, avean fisso lo
, '
sguardo a Gorgia da Leontini e lo imitavano; e si sarebbero
,
anche volte a imitar Crizia, se egli avesse dato loro qualche
' . , '
prova della sua dottrina. Ma egli non se ne curava; anzi
[II 371.
rendeva loro pi gravoso il governo oligarchico, mantenendo 25 App.]
relazione con gli aristocratici di l, e biasimando ogni forma di , ' ,
governo democratico, e calunniando gli Ateniesi col dirli gli
, .
uomini pi colpevoli di tutti; sicch, se si riflette, sembrer
.
piuttosto che sia stato Crizia a corrompere i Tessali, anzich i ,
Tessali Crizia. Mor ucciso da Trasibulo e dai suoi compagni, . '
mentre questi riconducevano ad Atene da File la fazione
,
democratica. parso ad alcuno che appunto con la sua morte [II 371. 30]
egli diventasse un uomo dabbene, perch serv di sepolcro alla ,
tirannide;1* per conto mio, mi sia lecito negare che alcuno
. '
possa fare una bella morte per una causa non giusta. E credo

che appunto perci la sua dottrina e i suoi scritti siano stati
,
meno studiati dai Greci; perch se le nostre parole non
, .
s'accordano con le nostre azioni, faremo l'impressione di parlar .
con la lingua altrui, come i flauti.
[II 371. 35]
Quanto allo stile, Crizia sentenzioso, concettoso, e molto
,
portato all'enfasi; non l'enfasi da ditirambo, n quella che
, '
ricorre alle espressioni poetiche; ma quella che risulta dalle
.
parole pi appropriate ai concetti, e che nasce spontanea. Vedo ,
anche che egli abbastanza conciso, e molto aggressivo nel
, (
modo di difendere. Atticizza, ma con moderazione, n fuori
), '
posto (poich ogni esagerazione nella lingua attica un
[II 371. 40
barbarismo); nel suo discorso le parole attiche rilucono come i App.] .
fulgori dei raggi. Crizia predilige l'asindeto tra membro e
, [II 372. 1 App.]
membro di frase; si sforza di essere originale nell'invenzione, , ' ,
originale nell'esposizione; la sua voce piuttosto debole, ma ,
armoniosa e dolce come un'aura di zefiro.
, .
88 A 2. DIOG. LAERT. III 1. Platone nacque ad Atene dal
88 A 2. DIOG. III 1 (
padre Aristone e della madre Perittiona (o Potone)2* la quale ), , .
discendeva da Solone. Solone ebbe un fratello, Dropide, da cui , [II 372. 5 App.]
nacque Crizia; da Crizia, Callescro, da Callescro, il Crizia che .
fu dei Trenta e Glaucone; da questo, Carmide e Perittiona, che , ,
da Aristone gener Platone, sesto discendente da Solone.
, . PLAT. Charm.154 B [Kritias
PLAT. Charm. 154 B. [Parla Crizia] Carmide, figlio di nostro spricht]
zio Glaucone, e mio cugino. PLAT. Charm. 157 E. [Socrate a , . PLAT. Charm. 157 E (Sokr. z.
Carmide:] Poich la fama della vostra famiglia paterna,
Charmides)
discendente da Crizia di Dropide, giunta fino a noi attraverso '
gli elogi di Anacreonte, di Solone e di molti altri poeti.
[II 372. 10]
SCHOL. AESCH. Prom. 130. Anacreonte si stabil nell'Attica, . SCHOL. AESCH. Prom. 130
perch innamorato di Crizia.3*
[Anakreon] .
88 A 3. PLAT. Tim. 20 A. Tutti quanti noi che siamo qui
88 A 3. PLATO Tim. 20 A '
sappiamo che non c' cosa di quelle che abbiamo discusso, di . PLATO Tim. D
cui Crizia non s'intenda. PLAT. Tim. D-E. [Critone:] Ascolta [Krit. spricht]
dunque, Socrate, una cosa strabiliante, eppure assolutamente ,

' [II 372. 15 App.]


,

,
, ',

. . . PLATO Tim. 21 A.
[II 372.20]
[der Grovater des Tyrannen] , ,
,
. SCHOL. z. d. St. .
, ,
,
.
88 A 4. XENOPH. Memorab. I 2, 12ff. [II 372. 25 App.] (12)
' ,

.
,

. (13)
', [II 372. 30] ,

. (14)
,
'
. . . (16) '

, [II 372. 35]
,
. . . . (24)
, ,

' ,

. . . . (29) '
[II 373. 1 App.]
, .
,
,

,
[II 373. 5 App.] ,
,
. (30)
,

,
. (31)
[II 373. 10 App.] ,

,
.
88 A 5. ANDOC. I 47. Su via, vi reciter i nomi dei personaggi 88 A 5. ANDOC. I 47 ,
che [Dioclide] not in quel suo elenco4* ... Crizia, cugino
. . .
anche lui di mio padre [Leogora]; le madri erano sorelle.
[Leogoras]
ANDOC. I 68. Si salvarono mio padre, mio cognato, tre cugini . ANDOC. I 68. , ,
e altri sette parenti, i quali stavano per andare a morte
, [II 373. 15 App.]
ingiustamente, e ora invece vedono la luce del sole per opera ,
mia.
' .
88 A 6. [DEMOSTH.] 58, 67. Trovandosi la nostra citt in
88 A 6. [DEMOSTH.] 58, 67
vera, secondo che la narr una volta il pi sapiente dei sette,
Solone. Egli era congiunto e molto amico di Dropide, nostro
bisnonno, come egli stesso dichiara pi volte nelle sue poesie;
e a Crizia nostro nonno raccontava - e a sua volta il vecchio
soleva ripeterlo a noi - che grandi e mirabili erano state le
antiche gesta di questa citt, le quali poi col tempo e con la
morte degli uomini erano cadute in oblio... PLAT. Tim. 21 A.
Vi racconter un'antica storia, quale la udii da un uomo non
giovane; ch a quel tempo Crizia [il nonno del tiranno] a
quanto diceva, era quasi sui novant'anni, ed io, al pi, sui dieci.
SCHOL. ad loc. Crizia era d'aspetto nobile e gagliardo,
partecip anche a riunioni di filosofi, ed era chiamato profano
tra i filosofi, e filosofo tra i profani. Anche lui esercit la
tirannide, essendo stato uno dei Trenta.
88 A 4. XENOPH. mem. I 2,12 sgg. (12) Ma, diceva
l'accusatore [Policrate], Crizia e Alcibiade, che han praticato
Socrate, han recato moltissimi danni alla citt: Crizia durante
l'oligarchia fu di tutti gli oligarchici il pi rapace e violento e
sanguinario; Alcibiade poi di tutti quelli della democrazia fu il
pi intemperante e prepotente e violento. (13) Io certo, se
costoro han recato qualche danno alla citt, non star a
difenderli; racconter solo come fu la loro familiarit con
Socrate. (14) Erano per natura questi due uomini i pi
ambiziosi di tutti gli Ateniesi, e pretendevano che tutto si
facesse per mezzo loro, e che essi fossero i pi celebrati di
tutti... (16) Essi si rivelarono con le loro azioni; poich, non
appena ritennero d'esser superiori ai loro condiscepoli, tosto
abbandonarono la compagnia di Socrate e si dettero all'attivit
politica, in vista della quale avevano cercato l'amicizia di
Socrate ... (24) E tanto Crizia che Alcibiade, finch
frequentarono Socrate, furon capaci col suo aiuto di domare le
loro brame disoneste; ma come s'allontanarono da lui, Crizia
fuggito in Tessaglia si accord col con gente che praticava
l'iniquit piuttosto che la giustizia... (29) Certo se egli
[Socrate], pur non facendoegli stesso alcuna azione disonesta,
avesse lodato costoro vedendoli commettere delle disonest,
sarebbe giusto biasimarlo; invece egli, accortosi che Crizia era
invaghito di Eutidemo e tentava di abusarne siccome fanno
coloro che si abbandonano ai piaceri venerei, cercava di
distoglierlo, ripetendogli che era un atto servile e non
conveniente ad un uomo onesto, far insistenza all'amato, al
quale vuol tuttavia apparire pregevole, e come un povero
supplicarlo e pregarlo di cedere, e tutto questo per niente di
buono. (30) E poich Crizia non dava retta n desisteva, si dice
aver detto Socrate in presenza di molti e dello stesso Eutidemo,
che gli pareva accadesse a Crizia quel che accade al porco,
perch desiderava di strofinarsi a Eutidemo come i porcelli alle
pietre. (31) Onde Crizia aveva tanto in uggia Socrate, che
quando, essendo dei Trenta, divenne legislatore insieme con
Caricle, gliene serb rancore e tra le altre leggi fece vietare che
si insegnasse l'arte delle discussioni.

guerra coi Lacedemoni, Aristocrate figlio di Scellia, autore di


molte e belle imprese, espugnata Eetionea, nella quale Crizia
coi suoi stava per far entrare i Lacedemoni [411; cfr.
THUCYD. VIII 92], distrusse le loro fortificazioni e ristabil il
governo democratico.
88 A 7. LYCURG. c. Leocr. 113. L'assemblea popolare per
bocca di Crizia decreta che il morto5*sia giudicato reo di
tradimento, e se risulti che, pur essendo traditore, sia stato
sepolto nella regione, le sue ossa siano dissepolte e disperse
fuori dell'Attica.
88 A 8. ARISTOT. rhet. A 15. 1375 b 32. [Del valore delle
testimonianze] Cleofonte si serv contro Crizia delle Elegie di
Solone, per provare che la sua casa era gi da tempo caduta
nella dissolutezza; poich Solone non avrebbe mai composto il
verso [fr. 18 Diehl]:

. . .

, [411]
, ,
. Vgl. THUCYD. VIII 92.
88 A 7. LYCURG. Leocr. 113 [II 373.20]
[Phrynichos, ermordet 411]
,
,
.
88 A 8. ARISTOT. Rhet. A 15. 1375 b 32
,
[II 373. 25 App.]
' ' [fr. 18
Diehl].

Raccomanda al biondo Crizia di dare ascolto al padre.


88 A 9. XENOPH. hell. II 3, 1-2. Nell'anno seguente [404-3]... 88 A 9. XENOPH. Hell. II 3, 1-2. '
l'assemblea ritenne opportuno eleggere trenta uomini che
[404/3] . . .
redigessero le leggi della patria, conforme alle quali avrebbero , ' .
governato la citt. E furono eletti i seguenti: Policare, Crizia, , .
ecc.
88 A 10. XENOPH. hell. II 3, 15. Sui primi tempi Crizia
88 A 10. XENOPH. Hell. II 3, 15
andava d'accordo con Teramene e gli era amico; ma dopo che . [II 373. 30 App.]
prese ad essere incline all'uccisione di molti popolari, perch
dal governo popolare era stato condannato all'esilio [407],
, [407],
Teramene divent suo oppositore... XENOPH. hell. II 3, 18. , . XENOPH. Hell. II 3, 18
Allora Crizia e gli altri dei Trenta, gi non poco sospettosi di .
Teramene, per timore che i cittadini si volgessero a lui, elessero ,
tremila cittadini che partecipassero al governo dello Stato.
,
XENOPH. hell. II 3, 36. [Discorso di Teramene:] Certo non mi . XENOPH. Hell. II 3, 36 [Rede des Theramenes]
stupisco che Crizia mi abbia trattato cos ingiustamente, perch [II 373. 35 App.]
al tempo di questi avvenimenti6* egli non si trovava qui, ma in [Arginusenproze],
Tessaglia, dove insieme con Prometeo organizzava il governo , '
democratico, armando i lavoratori contro i padroni.

.
88 A 11.LYS. 12, 43. Avvenuta la battaglia navale7* che fu un 88 A 11. LYS. 12, 43 [II 374. 1 App.]
disastro per la citt, perdurando tuttora il governo democratico, [Aigospotamoi] ,
fu costituita dai cosiddetti soci8* una magistratura di cinque , ,
efori, che furono il principio della rivolta, perch avrebbero
,
dovuto far da conciliatori tra i cittadini, ma in realt erano i
, ,
capi dei congiurati, e agivano contro il governo popolare. Tra [II 374. 5
essi erano Eratostene e Crizia. Costoro affidarono ai filarchi la App.] . .
sorveglianza sulle phylai [quartieri], incaricandoli dei

provvedimenti da votare e della nomina dei magistrati, con

pieni poteri per qualunque altra disposizione volessero.
.
88 A 12. XENOPH. hell. II 4, 8 sgg. Per questo9* i Trenta, non 88 A 12. XENOPH. Hell. II 4, 8 [Thrasybuls
stimando ancora sicura per loro la situazione, stabilirono di
Angriff von Phyle]
ridurre in loro potere la citt di Eleusi, perch al caso servisse [II 374. 10
loro di rifugio. Dato ordine ai cavalieri di seguirli, Crizia e gli App.] , ,
altri Trenta si diressero verso Eleusi [segue la presa di Eleusi]. .
(10) Frattanto Trasibulo, presi con s quelli che da File erano . (Gefangennahme
convenuti gi in numero circa di mille, giunge di notte al Pireo. der Eleusinier). (10)
Avendolo saputo i Trenta, immediatamente con i presidiari
,
laconici e con squadre di cavalieri e di opliti corrono a portar . . . (11)
aiuto ai loro... (11) Quelli venuti da File... in ordine serrato si . . . . .. (19)
concentrarono in Munichia... (19) Caddero l uccisi, dei
' [II 374. 15 App.] .
Trenta, Crizia ed Ippomaco [maggio 403].
[Mai 403] . . .
88 A 13. SCHOL. AESCHIN. I 39 p. 261 Schultz. Un
88 A 13. SCHOL. AESCHIN. I 39 p. 261 Schultz
documento del governo dei Trenta anche questo: morto

Crizia, uno dei Trenta, raffigurarono sulla sua tomba



l'Oligarchia che regge una fiaccola e d fuoco alla Democrazia, ,
e posero questa iscrizione:

Tomba questa di uomini valenti,10* che l'esecrato governo


popolare ateniese per poco tempo trattennero dalla violenza.
88 A 14. ARISTOT. rhet. 16. 1416 b 26. Le azioni famose,
basta solo ricordarle, perch i pi non hanno bisogno di
spiegazione; per esempio, volendo esaltare Achille, poich tutti
conoscono le sue imprese, basta solo citarle al momento
opportuno. Non cos se si tratta di Crizia, perch non sono
molti quelli che conoscono le sue gesta.
88 A 15. ATHEN. IV 184 D. Cameleonte l'Eracleota, nel libro
intitolato Protreptico, dice che Lacedemoni e Tebani
imparavano tutti a suonare l'aulo, e ancora all'et sua
l'imparavano gli Eracleoti del Ponto, ed anche i pi illustri
Ateniesi, come Callia d'Ipponico e Crizia di Callescro.

' ' ,
[II 374. 20] .
88 A 14. ARISTOT. Rhet. 16. 1416 b 26
(
), .
, .

88 A 15. ATHEN. IV 184 D


[II 374. 25 App.]

'
,
.
88 A 16. [PLUTARCH.]. vit. X orat. 1, 1 p. 832 D-E. Tutti
88 A 16. [PLUT.]. V. X orat. 1, 1 p. 832 DE
quelli che possiamo citare, riportandoci alla tradizione pi

antica, come cultori di questo stile oratorio, si trover che
[II 374. 30 App.]
hanno seguito le orme di Antifonte [il Ramnusio] ormai
,
vecchio; per esempio Alcibiade, Crizia, Lisia, Archino.
[dem Rhamnusier]
, , , .
88 A 17. CICER. de orat. II 23, 93. Agli oratori Pericle,
88 A 17. CIC. de orat. II 23, 93 consecuti sunt hos Critias,
Alcibiade, Tucidide tennero dietro Crizia, Teramene, Lisia;
Theramenes, Lysias: multa Lysiae scripta sunt, non nulla
molti scritti ci restano di Lisia, alcuni di Crizia. Di Teramene Critiae; de Theramene audimus; omnes etiam tum [II 374. 35]
sappiamo solo per sentito dire. Tutti conservavano ancora
retinebant illum Pericli sucum, sed erant paulo uberiore filo.
quella forza espressiva di Pericle, ma erano di stile un po' pi PHILOSTR. Ep. 73 .
ridondante.
' [Gorgias]
PHILOSTR. ep. 73. Crizia e Tucidide non ignorano di aver
, '
preso da lui [Gorgia] la grandiosit e il fasto dell'eloquio, ma di .
averli poi adattati alla propria indole, l'uno nel senso della
facondia, l'altro, della potenza espressiva.
88 A 18. DIONYS. Lys. 2. Limpido nell'espressione Lisia, e 88 A 18. DIONYS. Lys. 2 [Lisias]
ottimo modello di lingua attica, non dell'antica usata da Platone [II 374. 40]
e Tucidide, ma di quella in uso ai suoi tempi, come ci provano i ,
discorsi di Andocide, di Crizia, e di molti altri.11*
, '
, [II 375. 1]
.
[oben II 321, 5. 9].
88 A 19. HERMOG. de id. B 401, 25 Rabe. Di Crizia. anche 88 A 19. HERMOG. de ideis B 401, 25 Rabe .
questi solenne sul genere di Antifonte, sempre teso al sublime e
per lo pi sentenzioso; ciononostante, nell'espressione,
[II 375. 5 App.]
limpidissimo, e tale cesellatore di periodi, da risultare,
, ,
nonostante l'ampollosit, chiaro ed esatto. Raggiunge quasi
, , '
sempre, e soprattutto negli Esordi di discorsi pubblici, la verit
e la verosimiglianza. un po' troppo ricercato, tuttavia non fa .
uso soltanto di questa qualit, e neppure spinge all'eccesso la
precisione come Antifonte, ma solo quanto basta per

raggiungere il vero. Quanto alle altre propriet dello stile, quali , ' [II 375. 10]
la convenienza, la semplicit, e altre simili, non le osservava un . '
gran che [cfr. 87 A 2].

.
88 A 20. PHRYNICH. praep. sophist. [PHOT. bibl. 158 p. 101 88 A 20. PHRYNICH. Praep. sophist. [PHOT. Bibl. 158 p. 101
b 4]. Modelli, regole e paradigmi ottimi di puro e schietto
b 4 Bekk.]
linguaggio attico sono Platone, i dieci oratori, Tucidide,
...
Senofonte, Eschine il Socratico, Crizia di Callescro e
[Platon, 10 Redner, Thukydides, Xenophon, Aeschines [II 375.
Antistene.
15] d. Sokr.] .

88 A 21. PHILOSTR.V. soph. II 1, 14 [Herodes]


,

.
88 A 22. PHILOP. de anima 89, 8 [zu n. 23]
, [II 375. 20]
, , .
,
,

.
88 A 23. ARISTOT. de an. A 2. 405 b 5. Altri dissero che 88 A 23. ARISTOT. de anima A 2. 405 b 5 '
l'anima il sangue, come per esempio Crizia, partendo dal [nml. [II 375. 25 App.] ], .,
principio che la sensibilit sia la qualit peculiare
, '
dell'anima, e che tale propriet le derivi dalla natura del
. PHILOP. de an. proem.
sangue.
9, 19 [vgl. 89, 12] .
PHILOP. de an. 9, 19 [cfr. 89, 12]. Crizia, uno dei Trenta, . ' , ,
affermava che l'anima sangue. Dice infatti [CRIT. fr. 8
' [= Crit. fr. 8 Bach].
Bach]:
88 A 21. PHILOSTR. v. soph. II 1, 14. Erode12* si diede a
studiare tutti gli antichi; a Crizia specialmente si dedic, e lo
introdusse nel gusto letterario dei Greci, da trascurato e
spregiato che era prima.
88 A 22. PHILOP. de an. 89, 8. Se intenda il Crizia che fu dei
Trenta e che fu anche discepolo di Socrate, o alcun altro, non
possiamo dire. Dicono ci sia stato un altro Crizia sofista, al
quale apparterrebbero i libri pervenutici, a quanto afferma
Alessandro; perch il Crizia dei Trenta non avrebbe scritto
altro che Costituzioni in versi.

Il sangue che fluttua intorno al cuore la facolt pensante


dell'uomo.13*
B. FRAMMENTI POETICI
ESAMETRI
88 B 1 [7 Bach (1827), 8 Diehl]. ATHEN. XIII 600 D. [Eros]
Per i suoi canti ad Amore l'elegante Anacreonte corre sempre
sulle bocche di tutti. Cos si esprime su di lui anche il
valentissimo Crizia:
Lui che un tempo per donne canti melodiosi compose,
l'amabile Anacreonte, Teo qui sospinse in Grecia,
eccitator di conviti, ingannatore di donne,
ostile agli auli, amico della lira, lieto, privo d'affanni.
Giammai l'amicizia per te invecchier, n morir,
finch l'acqua nei calici col vino mescolata
porti il coppiere in giro, a destra versando pel brindisi,
e cori femminili celebrino le sacre feste notturne,
e il disco, figlio del bronzo, poggi in cima sull'alta
punta del cottabo14* sotto lo spruzzar di Bromio...

B. POETISCHE FRAGMENTE
HEXAMETER
[II 375. 30 App.]
88 B 1 [7 Bach (1827), 8 Diehl]. ATHEN. XIII 600 D [Eros]

. .
'
[II 375. 35] ' ,
[II 376. 1 App.] ,
,
, , , .
,
'
[II 376. 5 App.]

' ,
' '
. . .

ELEGIE

88 B 2 [1 B., 1 D.]. ATHEN. epit. I p. 28 B. Crizia elenca cos le 88 B 2 [1 B., 1 D.]. ATHEN. epit. I p. 28 B [II 376. 10 App.] .
cose caratteristiche di ciascuna citt: Il cottabo etc. e in realt [nml. ]
lodata la terracotta attica. ATHEN. XV 666 B. L'origine prima ' . . . '.
del cottabo un gioco siciliano, inventato dai Siciliani, come dice . ATHEN. XV 666 B
anche Crizia di Callescro nelle Elegie: Il cottabo ecc..
,
, .
' . . . '. Lex. BEKK. VI Anecd. I
Vien dalla sicula terra, mirabile opera, il cottabo,
382, 19 [Phot. A 73, 3 Reitzenst.] [II 376. 15 App.]
che poniam come mira allo spruzzar del vino;
. [v. 10].
e inoltre il carro siculo, su tutti bellissimo e splendido.
***
, ,
[5] Tessalica la poltrona, morbidissimo appoggio alle membra;
'
letti pel sonno, singolarmente belli
hanno Mileto e Chio la marina citt di Enopione.
Scolpita in oro la fiala Etrusca rifulge,
***
e ogni bronzo che adorna la casa ne' vari suoi usi.
[II 376. 20 App.]
[10] Fenici inventarono le lettere, ausilio del pensiero15*
e il sedile del carro Tebe per prima costrusse,
[II 377. 1 App.] ,
e le navi onorarie i Carii, sorveglianti del mare16*

La ruota poi, e la figlia della terra e della fornace,



la celebre terracotta, utile suppellettile, la diede
' .
[15] la citt che pose il glorioso trofeo a Maratona.

[II 377. 5 App.]
.
' '
' ,
' .
'
[II 377. 10 App.] ,
,
.
88 B 3 [33 B.]. MALL. THEODOR. de metr. VI 589, 20 Keil. 88 B 3 [33 B.]. MALL. THEODOR. de metr. VI 589, 20 Keil
Crizia afferma che il metro dell'esametro dattilico fu per la
metrum dactylicum hexametrum inventum primitus ab Orpheo
prima volta composto da Orfeo.
C. asserit. Vgl. oben II 146, i m. Anm.
AD ALCIBIADE

88 B 4 [3 B., 2 D.]. HEPHAEST. ench. 2, 3 p. 9, 6 [della
[II 377. 15 App.]
sinizesi].
88 B 4 [3 B., 2 D.]. HEPHAEST. 2, 3 ( )
O due brevi in una sola breve, il che ha luogo in tutti i metri... ,
tranne che nell'epico, dove usato di rado; cos Crizia
. . . .
nell'Elegia ad Alcibiade non credeva che fosse lecito introdurre
la parola 'Alcibiade'; dice infatti:

Ed ora incoroner l'ateniese figlio di Clinia,
Alcibiade, celebrandolo con inusati ritmi.17*
All'elegiaco metro non pu il suo nome adattarsi;
non disarmonicamente or poser nel giambo.
88 B 5 [4 B., 3 D.]. PLUTARCH. Alcib. 33. Il decreto di
ritorno in patria era stato ratificato la prima volta per opera di
Crizia di Callescro, come egli stesso canta nelle Elegie,
ricordando ad Alcibiade la grazia ottenuta:
La sentenza che ti ricondusse,18* io tra tutti
la pronunziai, la scrissi, e l'opera compii.
Suggello della mia lingua in questi versi resta.
COSTITUZIONI IN VERSI 19*

[II 377. 20 App.]


[II 378. 1] '
' .
88 B 5 [4 B., 3 D.]. PLUT. Alcib. 33

, [II 378. 5 App.]

' ',
.
' .
. Vgl. A 22.

Costituzione dei Lacedemoni


88 B 6 [2 B., 4 D.]. ATHEN. X 432 D. Fare il brindisi come
usiamo noi nei nostri conviti non era costume degli Spartani,
n bere alla salute l'uno dell'altro. Lo dice Crizia nelle Elegie:
costume di Sparta, e tradizionale osservanza,
bere ognuno il suo calice, colmo di vino,
e non, chiamando uno a nome, bere in suo onore e passargli il
calice,
n verso destra far tutto il giro dei convitati.
***20*
[5]
la mano lidia, di origine asiatica, invent i boccali,
e il porgerli verso destra brindando, e il chiamar forte
per nome, quello a cui si vuol brindare.
Poi per tali libagioni si abbandona la lingua
a turpi detti, e pi languido il corpo
[10] diventa, e sullo sguardo torbida nebbia si addensa.
L'oblio disf nel cuore la memoria;
vacilla la mente; si danno i servi a corrotto
costume; si va incontro a una spesa rovinosa.
[15] Invece i giovani Lacedemoni bevono sol tanto,
che basti a volger la mente a gaie speranze,
e la lingua a benevole parole, e a moderato riso.
Tal modo di bere utile al corpo,
e alla mente e alla borsa; ben si accorda all'opre di Venere,
[20] e al sonno, che il porto delle fatiche,
e anche alla Salute, delle dee la pi gradita ai mortali,
ed anche alla Temperanza, compagna della Religione.
Poi continua:
Vuotar i calici oltre misura, al momento
pu rallegrare, ma dopo affligge per tutta la vita.
[25] Invece gli Spartani hanno un regolato regime di vita,
moderati nel mangiare e nel bere, quanto basta
a reggere al pensiero e alla fatica; n vi riserbato
un giorno per avvinazzare il corpo con bevande eccessive.

[II 378. 10]


Vgl. B 32-37
88 B 6 [2 B., 4 D.]. ATHEN. X 432 D


. .
[II 378. 15 App.] '

,
'
'
***
[II 378. 20 App.] '

, .
[II 379. 1 App.] '

, '
' ' ,
' ,
[II 379. 5 App.] . '

' .
,
'
.
[II 379. 10 App.] '
' '
' , ,

.
[II 379. 15 App.]


' .
[II 380. 1 App.] '
,

'
' .
88 B 7 [36 B., 5 D.]. SCHOL. EURIP. Hipp. 264. di uno dei 88 B 7 [36 B., 5 D.]. SCHOL. EURIP. Hipp. 264 [II 380. 5]
sette sapienti la sentenza del niente di troppo, che alcuni,
' ',
come Crizia, attribuiscono a Chilone.
, . DIOG. I 41 [s. I 61, 12]
DIOG. LAERT. I 41 [senza il nome dell'autore]:
ohne Autornamen:
Fu il saggio Chilone spartano che disse:
niente di troppo:21* tutto, al punto giusto, bello.22*
88 B 8 [5 B., 6 D.]. PLUTARCH. Cim. 10. Crizia, che fu uno
dei Trenta, nelle Elegie si augura:
la ricchezza degli Scopadi, la magnanimit di Cimone,
le vittorie di Arcesilao lo spartano.
88 B 9 [6 B., 7 D.]. STOB. flor. III 29, 11. Di Crizia:

, , '
.
88 B 8 [5 B., 6 D.]. PLUT. Cim. 10 [nach 82 B 20] [II380. 10
App.] .

, ,
' .
88 B 9 [6 B., 7 D.]. STOB. III 29, 11

Crea pi uomini d'ingegno lo studio, che la natura.23*


[II 380. 15 App.] .
DRAMMI
DRAMEN
88 B 10. VITA EURIP. p. 135, 33. Dei drammi di Euripide tre 88 B 10. VITA EURIP. p. 135, 33 [Dramen des
sono considerati spurii: Tennes, Radamanto, Piritoo.
Euripides] , ,
. Vgl. unten S. 383, 18f. Als Satyrstck fgte
hinzu Wilamowitz [II 380. 20] (Analect. Eurip. p.
166).
TENNES
[II 381. 1]
88 B 11. Eponimo di Tenedo; cfr. CONON narr. 28 [PHOT.
bibl. 126 p. 135 b 19] = F.Gr.Hist. 26 F 1.24*
88 B 12. STOB. flor. III 2, 15. Dal Tennes di Euripide [fr. 695
T.G.F. p. 578 Nauck 2].
Ahi! non v' pi giustizia nella generazione d'oggi.

88 B 11. Eponym von Tenedos vgl. Konon 28 [Phot. 126 p.


135b 19 B.]
88 B 12. [EUR. fr. 695 TGF p. 578 Nauck2] STOB. III 2, 15
.

.
RADAMANTO

88 B 12 a. G (AGGIUNTE) [Castore fratello] di Polluce; fu


[II 381. 5 App.]
ucciso combattendo in duello. Rallegrandosi Radamanto per la 88 B 12 a. s. 'Zustze' !
vittoria, ma dolendosi per le figlie, Artemide apparsa ordin ad (NACHTRGE) Hypothesisschlu erhalten auf Pap.,
Elena che disponesse gli onori funebri ad ambedue i fratelli
verffentlicht von Gallavotti, Riv. di phil. n. s. 11 (1933) 179
morti, e proclam che le figlie di lui sarebbero diventate dee.25* vgl. Krte, Arch. f. Pap. 11 (1935) 258 G
. ' [II 427.
1] , ,


, '
.
88 B 13 [660 N.]. ANECD. GR. ed. Bekker Lex. I 94, 1.
88 B 13 [660 N.]. ANTIATT. BEKK. p. 94, 1
nel senso di [distruggere, eliminare]. Cos .
Euripide nel Radamanto:
. . .
Non c' nessuno che ci possa annientare.
88 B 14 [658 N.]. STRAB. VIII 356. Euripide nel Radamanto: 88 B 14 [658 N.]. STRAB. VIII 356 [II 381. 10 App.]
Quelli che tengon la terra Eubea, citt confinante.
. . .

88 B 15 [659 N.]. STOB. ecl. II 8,12; IV 20; II, 61. Il


Radamanto di Euripide:

' . . .
88 B 15 [659 N.]. STOB. II 8,12; IV 20; II, 61


,
[II 381. 15 App.] ' ,


'

'
[II 381. 20] .
[II 382. 1 App.] ,
.
PIRITOO (AGGIUNTE)
88 B 15 a. s. 'Zustze' !
Pap. Oxyrh. 17, 36ff. Fnf Bruchstcke des Pap. 2078 mit
88 B 15 a. PAP. OXYRH. 17, 36 sgg. [Cinque frammenti del Resten von [II 427. 5] 85 Versen, verffentlicht von H(unt),
vgl. K(rte) Arch. f. Pap. 10 (1932) 50ff.; Morel, Bursians
pap. 2078 coi resti di 85 versi, pubblicati da Hunt; cfr. A.
KRTE, Archiv fr Papyrusforschung, X, 1932, pp. 50 sgg.; Jahresber. 59 (1933) 159f. 1. Wohl aus dem Prolog, Sprecher
Peirithoos (K.). Von Vers 15 nur die Anfnge erhalten (1)
MOREL, Bursians Jahresberichte ber die Fortschritte der
26
(2) (3) (4) (5) (6)
klass. Alterthumswissenschaft, LIX, 1933, pp. 159 sg.]. *
7
Svariati son gli amori della vita:
chi si strugge d'avere nobilt di natali,
e chi non se ne cura, ma di molte ricchezze
vorrebbe esser chiamato padrone, nella casa.
A un altro piace con propositi insani,
perfidamente audace, ingannare il vicino.
Altri, turpi guadagni anzi che il ben dei mortali
cercano; cos va errando l'uman genere.
Io, per me, di nessuna di queste cose vo in cerca;
gloria d'ottima fama: ecco quel che vorrei.

[II 427. 10]



10 ,
'

[II 427. 15]

15

,
[II 427. 20] .

20 ' ' . . .
Hierin die Ergnzungen von H., nur 17 von K.; 15 hat Pap.
oder 2. 3. Gesprch Herakles-Theseus. Von Vers 2223 nur
die Schlsse erhalten, [II 427. 25] in 23 .
24. . . . . . . . . . . . . . . .
. 25 . . . , , ,
,
.
[II 427. 30] , , '
'
30 ' '
' .
,
[II 427. 35] ' ,
;
. 35 ' '
'
' .
[II 427. 40] ' . . . . . . . . . . . . . .
' . . . . . . . . . . . . . . . .
Die Ergnzungen von H., nur 25 und 26. 30 von K. Aus
diesem Gesprch wird auch 88 B 27 stammen. In den brigen
Versen noch kein Zusammenhang erkennbar; V. 47 bringt den
Versschlu [II 427. 45] (vgl.
Aristoph. fr. 673 K. Menand. fr. 65, 4K.). Caesars Wort beim
Rubikonbergang war also nicht Menanderzitat, sondern
sprichwrtliche Redensart.
88 B 16. IOANN. DIAC. in Hermog. p. 144 sg. Rabe.
88 B 16. IOANN. DIAC. zu HERMOG. ed. Rabe [II 382. 5
GREGOR. CORINTH. in Hermog. B 445, 7 Rabe. Questo
App.] [aus Vatic. gr. 2228 s. XIV Rhein. Mus. 63 (1908)] S.
verso27* [ ] si trova in due 144f. GREGOR. CORINTH. zu HERMOG. B 445, 7 Rabe
drammi di Euripide, in quello intitolato Piritoo e nella Saggia ( ', ' , '
Melanippe... L'argomento del Piritoo questo: Piritoo, che
' ):
aspira al possesso di Persefone, scende con Teseo all'Ade, ma l ,
lo coglie la pena dovuta: incatenato sopra una roccia a un
.
immobile seggio, custodito da gole spalancate di serpenti,
[II 382. 10 App.]
mentre Teseo, ritenendo cosa ignobile l'abbandonare l'amico, .
preferisce alla vita la dimora nell'Ade. Ercole, mandato a

catturare Cerbero da Euristeo, riesce a vincere con la forza la
fiera, libera, con l'aiuto degl'Inferi, Teseo e i compagni dalla

fatalit che li lega, e cos riesce con una sola impresa a
,
impadronirsi della fiera ostile, a conquistarsi la grazia degli di,
e a far opera pietosa verso gli amici disgraziati. introdotto in . [II 382. 15 App.]
questo dramma Eaco che dice ad Ercole:

,
,
Oh, che questo? vedo un che s'affretta

qui con premura e con animo ardimentoso.
.
Giusto sarebbe, o straniero, dir chi sei, che t'accosti

a questi luoghi, e quale n' la cagione.

Ed Ercole risponde [EURIP. fr. 591 T.G.F. p. 547 Nauck2]:


[5] Nessun indugio a rivelarti tutta la ragione;
patria m' Argo, ed Ercole il mio nome;
da Giove nacqui, padre di tutti gli dei.
Venne a mia madre, in onorando amplesso,
Giove, come si narra, e fu davvero.28*
[10] Son giunto qui per forza, agli ordini cedendo
d'Euristeo, che m'ha imposto di trascinar dall'Ade
il cane, vivo, fino alle porte di Micene:
non perch voglia vederlo, ma per impormi un'impresa
impossibile a compiersi; e crede d'averla trovata!
[15] Di tale impresa in traccia, ho fatto il giro di Europa
e d'Asia intera, e agli ultimi recessi eccomi giunto.

, ;
[II 382. 20] ' ' .
[II 383. 1 App.] , (),
' '
[TGF p. 547 EURIP. fr. 591 N2]:

'
[II 383. 5 App.] , '
,


, .
,
[II 383. 10 App.] , ' ()


, ,
' ' .
'
[II 383. 15] .
88 B 17 [17 B., EURIP. fr. 592]. ATHEN. XI 496 A.
88 B 17 [17 B., EURIP. fr. 592 N.]. ATHEN. XI 496 A
Plemochoe, vaso d'argilla a forma di trottola... usato in Eleusi . . . ( )
l'ultimo giorno dei misteri, il quale appunto da esso si chiama , '
giorno delle Plemochoe... lo nomina anche l'autore del Piritoo, . . .
o che sia Crizia il tiranno, oppure Euripide:29*

Affinch queste plemochoe gi nella voragine

della terra per buon augurio effondiamo.
[II 384. 1 App.] '
' .
88 B 18 [16 B., 594 N.]. CLEM. ALEX. strom. V 35 [II 349, 88 B 18 [16 B., 594 N.]. CLEM. Strom.V 35 [II 349, 18 St.]
18]. Le scene raffigurate sulla santa arca si riferiscono al

mondo intelligibile, che occulto e chiuso al volgo. Ed anche [II 384.
quelle immagini d'oro, con sei ali ciascuna, o significano, come 5 App.] .
vogliono alcuni, le due Orse, ovvero, come par pi attendibile, , ,
i due emisferi.
, ,
, ,
.
Il loro nome di cherubini vuol poi indicare profonda
'
conoscenza. Siccome poi insieme hanno dodici ali, questo
indica il mondo sensibile, simboleggiando il circolo zodiaco e .
il periodo di tempo che lunghesso si svolge. Credo che ne parli [II 384. 10 App.]
' ... '. SCHOL. ARISTOPH. Av. 179
anche la tragedia che tratta di fenomeni naturali:
,
. '
Instancabile il Tempo, di perenne
',
fluir rigonfio, circola, se stesso
' .
generando da s; l'Orse gemelle
velocierranti col vibrar dell'ali,
'
dell'Atlantico polo stanno a guardia.
Atlante, cio il polo impassibile, pu anche voler significare la [II 384. 15 App.]
sfera delle stesse fisse, ma meglio forse supporre che sia la , '

immobile eternit. G SCHOL. ARISTOPH. Av. 179. Gli
.
antichi non intendevano per polo il punto estremo dell'asse,
come i moderni, ma tutto l'involucro intorno alla terra. Euripide
nel Piritoo dice: e facendo la guardia all'Atlantico polo quasi
che anch'esso si muova in giro, e che per via di esso si muova , [II 384. 20]
tutto l'universo. /
. G SCHOL. ARISTOPH. Av. 179.

, . '

88 B 19 [15 B., 593 N.]. CLEM. ALEX. strom. V. 115 [II


403,14]. Nel dramma del Piritoo Euripide si esprime cos:30*
Tu, l'assoluto,31* che nell'etereo turbine
la natura di tutte le cose mescoli,
cui d'intorno la chiara luce, e l'oscura
notte cangiante, e l'infinito ammasso
di stelle danza, con assiduo giro.

Per assoluto intende l'intelletto creatore; quel che segue si


riferisce al mondo, nel quale anche c' conflitto di luce e di
tenebra.

88 B 20 [10 B., 595 N.]. PLUTARCH. de amic. multit. 7 p. 96


C. Ci sono alcuni che non avendo approfittato degli amici nella
loro prosperit, nella sventura son pronti a morire con loro. Di
questo son capaci soprattutto le persone colte e d'animo gentile
come Teseo, che a Piritoo punito e incatenato
si congiunse coi ceppi, anche se non foggiati col bronzo,
dell'onore.
88 B 21 [13 B., 598 N.]. STOB. ecl. II 8, 4. Nel Piritoo di
Euripide:
Non era un ignorante chi per primo
mise di moda il detto
che dei saggi alleata la fortuna.
88 B 22 [12 B., 597 N.]. STOB. flor. III 37, 15. Nel Piritoo:
Un onesto costume pi saldo della legge:32*
ch dissuadere da quello nessun oratore potrebbe;
questa invece, su e gi a forza di discorsi
tormentandola, spesso la fa in bricioli.

',
' . /
88 B 19 [15 B., 593 N.]. CLEM. Strom. 115 [II 403, 14 St. ]
[Eurip.]
' . . . '. (SCHOL. APOLL. IV 143
und zu EUR. Or. 982 zitieren 1. 2. SATYR. Vit. Eur. (Ox. Pap.
IX) p. 140 zitiert 1 . . . 4 [.)
[II 384. 25 App.] ,
',
[II 385. 1] , '
'
.

, ' [II 385. 5 App.]
, .
88 B 20 [10 B., 595 N.]. PLUT. de amic. mult. 7 p. 96 C

.
,

[II 385. 10 App.] .
88 B 21 [13 B., 598 N.]. STOB. II 8, 4


, ' ,
.
88 B 22 [12 B., 597 N.]. STOB. III 37, 15 [II 385. 15 App.]
.



, '
.
88 B 23 [14 B., 596 N.]. STOB. flor. IV 53, 23. Nel Piritoo di 88 B 23 [14 B., 596 N.]. STOB. IV 53, 23 [II 385. 20]
Euripide.

Non meglio il non vivere, che vivere miseramente?
' ;
88 B 24. [Dal Piritoo provengono secondo Welcker:] EURIP. 88 B 24.[II 386. 1 App.] Aus dem Peirithoos stammen nach
fr. inc. 865. La fama rivela l'uomo nobile anche nei luoghi pi Welker EURIP. fr. inc. 865
remoti della terra. EURIP. fr. 936. No; ma respirante ancor
, EURIP. fr. 936 : ' ' '
m'accolse l'Ade. [Secondo Wilamovitz33*:] EURIP. fr. 955 c e nach Wilamowitz 964 [s. oben II 14, 5] und PHOT. A
PHOT. A p. 91, : Euripide: Afidno, figlio di Gea, la p. 91, 18 ' ,
senzamadre.
'
SISIFO SATIRESCO 34*
88 B 25 [9 B., 1 p. 770 N.]. SEXT. IX 54 .
88 B 25 [9 B., 1 p. 770 N.]. SEXT. EMP. adv. math. IX 54.

Anche Crizia, uno dei tiranni di Atene, sembra appartenere al ,
gruppo degli atei, per aver detto che gli antichi legislatori

finsero dio come una specie di ispettore delle azioni umane, sia ,
buone che cattive, con lo scopo che nessuno recasse ingiuria a [II 386. 10] .
tradimento al suo prossimo per paura d'un castigo degli di.
' ' . . . '. AT. I 7, 2
Dice testualmente cos ... .
(D. 298)
AT. I 7, 2 [Dox. 298]. Euripide il tragediografo non volle
,
manifestare direttamente le sue idee, per timore dell'Areopago,

ma le fece capire nel modo seguente: mise in scena Sisifo



rappresentante di quest'opinione, e gli fece esprimere questo
' , , ' . . . ' [1.2].
giudizio: Tempo ci fu... violenza [vv. 1-2]. Sguita poi col [II 386. 15 App.]
dire che l'illegalit cess con l'introduzione delle leggi; e

poich la legge poteva bens impedire i reati palesi, ma di
, ,
nascosto molti continuavano a commettere azioni malvage,
.
allora un qualche saggio stabil che bisognasse con una falsa , . . . ,
leggenda adombrare la verit, e far credere agli uomini che c' ' ' ' [17.18]. AT. I 6,
... [vv. 17-18].35* AT. I6, 7 [Dox. 294]. Onde anche
7 (D. 294) ' '
Euripide dice: lo splendore stellato ... [vv. 33-34].36*
. . .[ 386. 20 App.] ' [33.
34].
Tempo ci fu, quando disordinata era la vita degli uomini, e
ferina, e strumento di violenza, quando premio alcuno non c'era , '
pei buoni, n alcun castigo ai malvagi. In seguito, parmi che gli ' ,
uomini leggi punitive sancissero, s che fosse Giustizia assoluta '
signora egualmente di tutti e avesse ad ancella la Forza; ed
' .
era punito chiunque peccasse. Ma poi, giacch le leggi
[II 386. 25 App.]
distoglievan bens gli uomini dal compiere aperte violenze, ma ,
di nascosto le compivano, allora, suppongo, dapprima un
'
qualche uomo ingegnoso e saggio di mente37* invent per gli [II 387. 1 App.] ' .
uomini il timor degli di, s che uno spauracchio ci fosse ai '
malvagi anche per ci che di nascosto facessero o dicessero o ,
pensassero. Laonde introdusse la divinit sotto forma di Genio, ' ,
fiorente di vita imperitura, che con la mente ode e vede, e con [II 387. 5 App.]
somma perspicacia sorveglia le azioni umane,38* mostrando
[]
divina natura; il quale Genio udir tutto quanto si dice tra gli ,
uomini e potr vedere tutto quanto da essi si compie. E se
,
anche tu mediti qualche male in silenzio, ci non sfuggir agli .
di; ch troppa la loro perspicacia. Facendo di questi discorsi, [II 387. 10 App.] ,
divulgava il pi gradito degli insegnamenti, avvolgendo la
, '
verit in un finto racconto. E affermava gli di abitare col,39* , '
dove ponendoli, sapeva di colpire massimamente gli uomini, l , ,
donde sapeva che vengono gli spaventi ai mortali e le
,
consolazioni alla lor misera vita: dalla sfera celeste, dove
[II 387. 15 App.] .
vedeva esserci lampi, e orrendi rombi di tuoni, e lo stellato
,
corpo del Cielo,40* opera mirabilmente varia del sapiente
[II 388. 1 App.] '
artefice, il Tempo; l donde s'avanza fulgida la massa rovente
del sole, donde l'umida pioggia sovra la terra scende. Tali
.
spaventi egli agit dinanzi agli occhi degli uomini, e servendosi
di essi, costru con la parola, da artista, la divinit, ponendola .
in un luogo a lei adatto; e spense cos l'illegalit con le leggi. [II 388. 5 App.] ' ',
' ,

E poco oltre aggiunge:
,
Per tal via dunque io penso che in principio qualcuno inducesse , '
[II 388. 10 App.] ,
i mortali a credere che vi sia una stirpe di di.
, ' ,
,

' .
[II 388. 15 App.]
,
'
[II 389. 1 App.] ()
,
.


[II 389. 5] .

DA DRAMMI INCERTI
88 B 26 [22 B., 2 N.]. STOB. ecl. I 8, 11.

AUS UNBESTIMMTEN DRAMEN


88 B 26 [22 B., 2 N.]. STOB. I 8, 11

Dietro l'ombra, veloce invecchia il tempo.41*


88 B 27 [20 B., 3 N.]. STOB. flor. III 4, 2. Di Crizia:

.
88 B 27 [20 B., 3 N.]. STOB. III 4, 2 . Vgl. B 15a
('Zustze')

Chi tratta con gli amici facendo di tutto per compiacerli, crea
dal compiacimento presente l'inimicizia futura.42*

88 B 28 [19 B., 4 N.]. STOB. flor. III 23, 1. Di Crizia:

[II 389. 10 App.]


, '
' .
88 B 28 [19 B., 4 N.]. STOB. III 23, 1 -.

Terribile, quando un pazzo sembra savio.43*


88 B 29 [21 B., 5 N.]. STOB. flor. IV. 33, 10. Di Crizia:

' .
88 B 29 [21 B., 5 N.]. STOB. 33, 10 [II 390. 1 App.] -.

meglio aver compagna nella casa


povert saggia, o ricca vanit?


;
Vgl. B 94 Anm.
PROSAISCHE FRAGMENTE
[II 390. 5 App.]

FRAMMENTI IN PROSA
<COSTITUZIONE DEGLI ATENIESI>
88 B 30. [A questa appartengono forse i frammenti 53-73
(Diels).]
COSTITUZIONE DEI TESSALI

88 B 30. Hierher gehren vielleicht B 53-73


88 B 31 [30 Bach, 7 Mller F.H.G. II 69]. ATHEN. XIV 663 88 B 31 [30 Bach, 7 Mller FHG II 69]. ATHEN. XIV 662 F
F.
' [ 390. 10] '

concorde opinione che i Tessali sono stati i pi sontuosi dei
,
Greci sia nel vestire, sia nel tenore di vita; il che fu per loro
'.
anche motivo dello spingere i Persiani contro la Grecia,
[II 390. 15 App.] .
essendo ammiratori ed emuli del loro lusso e della loro
.
magnificenza.
Sulla magnificenza dei Tessali s'intrattiene anche Crizia nel
libro che parla della loro Costituzione [cfr. ATHEN. XII 527
A].
COSTITUZIONE DEGLI SPARTANI 44*
88 B 32 [23 Bach, 1 Mller F.H.G. II 68]. CLEM. ALEX.
strom. VI 9 [II 428, 12]. Avendo a sua volta Euripide detto che
da un padre e una madre che facciano una vita disagiata
nascono figli migliori [fr. 525, 4-5], Crizia scrive:


88 B 32 [23 Bach, 1 Mller FHG II 68]. CLEM. Str. VI 9 [II
428, 12] '
[II 391. 1 App.]
' [fr.525, 4. 5], .

Comincio proprio dalla nascita dell'uomo:45* a che condizione ; [II 391. 5]
egli pu nascere ottimamente costituito e robusto di corpo? se

chi lo genera fa della ginnastica, mangia cibi sostanziosi e si
.
sottopone a dure fatiche, e se la madre del nascituro
rinvigorisce il corpo e lo esercita con la ginnastica.
88 B 33 [24 B., 2 M.]. ATHEN. XI 463 E. Ogni citt ha la sua 88 B 33 [24 B., 2 M.]. ATHEN. XI 463 E
particolare usanza riguardo al bere, come mostra Crizia nella , .
Costituzione degli Spartani con queste parole:
[II 391. 10 App.] : '
, '
L'uomo di Chio e di Taso, beve in grandi bicchieri, passando al ,
. '
vicino di destra; l'attico in bicchieri piccoli, anch'egli verso
destra; il tessalo in grandi tazze, passando a chi vuole. Presso ,
.'
gli Spartani ognuno beve nel suo proprio bicchiere, e il

coppiere gli versa quanto pu bere.


88 B 34 [25 B., 3 M.]. ATHEN. XI 483 B. Crizia nella
Costituzione degli Spartani scrive cos:
Oltre a ci, frugalissimo il regime; ottime le calzature
laconiche, e comodissime e adattissime all'uso le vesti; il
cothon, tazza laconica, la pi adatta in guerra, e si porta
benissimo nello zaino; e perch sia cos comoda, lo spiego
subito: spesso il soldato nella necessit di bere acqua non
pura; ora, anzitutto in essa non appare troppo chiara la qualit
della bevanda; in secondo luogo, siccome il cothon ha delle
scannellature nel fondo, quel che vi d'impuro vi resta dentro.
PLUTARCH. Lyc. 9, 7 [26 B.]. Perci anche dei mobili pi in
uso e necessari, come poltrone e sedie e tavole, c'erano presso
gli Spartani ottime fabbriche, e soprattutto pregiato in guerra
era il cothon laconico, come attesta Crizia; perch, dovendosi
alle volte bere un'acqua ripugnante alla vista, il colore della
tazza la dissimulava, e insieme cacciandosi nelle scannellature
del fondo la parte limacciosa e restandovi aderente, pi pura la
bevanda si accostava alla bocca. POLL. VI 97. Cothon: coppa
laconica.
88 B 35 [28 B., 5 M.]. ATHEN. XI 486 E. Crizia nella
Costituzione degli Spartani:
Letto milesiurgo e sedia milesiurga, letto chiurgo e tavola
reneiurga.46*

88 B 34 [25 B., 3 M.]. ATHEN. XI 483 B [II 391. 15 App.] .


' '
,

[II 392. 1 App.]

,
.
[II 392. 5
App.]
.' PLUT. Lyc. 9, 7 [26 B.]
,
, ' ,

, . [II 392. 10 App.]

,

. POLL. VI 97
[nmlich ]
[II
392. 15 App.] . Vgl. PHOT. .
88 B 35 [28 B., 5 M.]. ATHEN. XI 486 E .
'
,
. HARPOCR. (nach einem
Didymoszitat) [II 392. 20]

,
' ' .
.

HARPOCR. s. v. [cio Luciurghi; da una


citazione di Didimo]. Sembra ignorare il grammatico che
questa formazione aggettivale non si trova da nomi propri di
persona, ma invece da nomi di citt e di popoli; letto
milesiurgo dice Crizia nella Costituzione degli Spartani.
88 B 36 [29 B., 6 M.]. EUSTATH. in Od. VII 376 p. 1601, 25. 88 B 36 [29 B., 6 M.]. EUSTATH. zu 376 p. 1601, 25 [aus
Era antico costume divertirsi cos, e il gioco a palla, dicono, era Sueton [II 392. 25] ?]
originario di Sparta... nota poi ancora che era anche una specie , ,
di danza quel tale gioco a palla, detto 'thermaustris' [tenaglie] . . .
come spiega chi ha scritto: il thermaustris, danza ritmica a pi , [II 393. 1]
pari. Dice infatti Crizia:
.
.
'
Spiccato un salto in alto, prima di ricadere a terra facevano
,
rapidi movimenti laterali con le gambe, il che era chiamato
.' Vgl. ATHEN. XIV 629 D.
thermaustrizzare.47*
88 B 37. LIBAN. or. 25, 63 II 567. Gli Spartani si credevano 88 B 37. LIBAN. Or. 25, 63 (II 567 Frster) [II 393. 5 App.]
in diritto di uccidere gli iloti, e di essi dice Crizia che in Sparta
sono del tutto schiavi anche i liberi. Vale a dire, come spiega lo , . ,
stesso Crizia, che per diffidenza verso questi iloti,
. '
. ,
lo spartiata in tempo di pace toglie [loro] l'imbracciatura dello [II 393. 10
App.] .
scudo. Al campo poi non ha modo di farlo perch spesso
occorre sveltezza, e allora s'aggira sempre armato di lancia, per
essere almeno in questo superiore all'ilota, se mai egli tenti una , ,
,
rivolta col solo scudo. Fabbricano anche delle serrature, che
essi ritengono pi potenti delle insidie che temono da parte di . ,
[II393. 15] '
quelli [cfr. ARISTOPH. Thesm. 421].
. (64) '
Questa sarebbe la vita di quei che convivono con la paura e che '
. '

,
, ,
non hanno il tempo di respirare per i terrori creati dai loro
sospetti. Questa gente che la paura degli schiavi fa correre alle , [II 393. 20 App.]
armi mentre banchetta o riposa o muove a qualche faccenda, , ,
.
come vuoi, o figlio di Callescro, che possa godere della vera

libert! Contro di essi insorsero gli schiavi con l'aiuto di
48
[II 394. 1] ,
Nettuno, * e dettero la prova che in circostanze simili

avrebbero fatto altrettanto. Come dunque i loro re non erano
. Vgl. ferner B 60 (II 398, 24 Anm.).
affatto liberi, essendo dato agli efori di imprigionare il re e
mandarlo a morte, cos tutti quanti gli Spartiati, condividendo
l'odio degli schiavi, hanno distrutto la libert.
DA UNA COSTITUZIONE INCERTA
AUS UNBESTIMMTER
88 B 38 [B. p. 89]. POLL. VII 59. I calzoni di foggia persiana 88 B 38 [B. p. 89]. POLL. VII 59 [II 394. 5 App.]
[] si chiamano anche ; questo nome si

trova anche nelle Costituzioni di Crizia.
.
AFORISMI, LIBRI I, II...
...

88 B 39 [39 B.]. GALEN. in Hipp. de offic. I 1 [XVIII B 654 88 B 39 [39 B.]. GAL. in Hippocr. de offic. I 1 ( [II 394.
Khn; di ci che possibile percepire con la vista, col tatto,
10 App.]
con l'udito, con l'olfatto, con la lingua e con l'intelletto
). XVIII B
()]. Questa esegesi del significato di percezione stoica. 564 K.
GALEN. de offic. I 1 XVIII B 655, 7. Si dice che sia stato
[nml. ] .
Ippocrate ad usare il termine 'percepire' per la facolt

conoscitiva []... GALEN. de offic. I 1 XVIII B 656, 2. . . . GAL. in Hippocr. de offic. 1
citato anche per aver detto, circa la parola , che
XVIII B 655, 7 [II 394. 15 App.]
anticamente essa era usata nel senso di [mente], di
'' '' . .
[intelligenza], se non anche nel senso di
GAL. in Hippocr. de offic. I 1 XVIII B 656, 2
[riflessione]. Citer alcuni esempi, tra tanti che ve ne sono.
''
Crizia nel primo libro degli Aforismi49* scrive cos:
'' '',
'', .
. .
N ci che percepisce col resto del corpo,50* n ci che
' [ 394. 20 App.]
apprende con l'intelletto [].

.
E poi ancora:

'
Apprendono solo gli uomini usi ad aver la mente []
.'
sana.51*
CONVERSAZIONI LIBRI I, II

[II 395. 1 App.]
88 B 40 [40 B.]. GALEN. in Hipp. de offic. I 1 XVIII B 656 88 B 40 [40 B.]. GAL. a. O. [nach B 39, 23]
' ' ,
Khn [dopo B 39]. E nel primo libro delle Conversazioni:
, '
Se tu avessi cercato di mostrarti pronto d'intuito [], non ' [II 395. 5 App.]

saresti stato minimamente offeso da loro in tal modo

. [87 B 1].
e molte altre volte nel libro stesso; nel secondo delle
Conversazioni, invece, contrapponendo il pensiero alle
sensazioni, spesso usa il termine come anche Antifonte ecc.52*
88 B 41. HERODIAN. . . . 40, 14. n Crizia, nelle
88 B 41. HERODIAN. . . p. 40, 14
Conversazioni, la parola ha il significato di
''
[spinta].
.
88 B 41 a [0]. PLAT. Charm. 161 B [parla Carmide]. Mi
88 B 41 a [0]. PLATO Charm. 161 B [II 395. 10 App.]
tornato or ora alla mente quello che gi sentii dire da un tale, , ,
che la saggezza consisterebbe nel fare ciascuno i suoi propri
(vgl. 162 A).
interessi.53*
88 B 42 [37 B.]. GALEN. lex. Hipp. XIX 94 Khn. :

Crizia nel libro Della natura dell'amore o delle virt spiega
88 B 42 [37 B.]. GAL. Lex. Hipp. XIX 94 K. (zu Epid. III 17,
11 [II 395. 15 App.] [III 134 L.] )
Si dice [malinconico] un individuo che si affligge per .
le piccole cose, e per le grandi si affligge di pi e pi a lungo ' , [II 396. 1]

degli altri uomini.


ESORDI DI DISCORSI POLITICI
88 B 43. HERMOG. de id. B 401, 25 Rabe = A 19.


.'

88 B 43. HERMOG. de id. B 401, 25 R. oben II 375, 3.


AUS UNBESTIMMTEN PROSASCHRIFTEN
[II 396. 5]
88
B
44
[35
B.,
12
M.].
AEL.
V. H. X 13 .
88 B 44 [35 B., 12 M.]. AELIAN. var. hist. X 13. Crizia
rimprovera Archiloco, perch ha tanto detto male di se stesso. , . ' , ,

Dice:
,
Se costui non avesse divulgato fra i Greci tale fama di s, noi [II 396. 10 App.] '
non avremmo saputo che era figlio di una schiava, Enip, n '
che per la povert e le angustie abbandon Paro e se ne venne a
.
Taso, n che giunto qui si fece tutti nemici, e neppure che
, ' , ,
sparlava non meno degli amici che dei nemici.
, ' , [II
396. 15 App.] , ,
Aggiunge:
.

Oltre a ci neppure avremmo saputo che fu adultero, se non
'. ,
l'avessimo appreso da lui, n che fu sensuale e litigioso e, quel .
che la massima vergogna, che gett via lo scudo. Non fu
dunque a se stesso buon testimone Archiloco, lasciando tal
opinione e tal fama di s.
DA SCRITTI DI TITOLO INCERTO

Queste accuse ad Archiloco non son mie, ma di Crizia.


88 B 45 [31 B., 8 M.]. AELIAN. var. hist. X 17. Racconta
88 B 45 [31 B., 8 M.]. AEL. V. H. X 17 .
Crizia che Temistocle figlio di Neocle prima di cominciare la [II 396. 20]
carriera politica aveva di patrimonio paterno tre talenti; dopo
che fu a capo della cosa pubblica, e poi and in esilio e il suo , ,
patrimonio fu confiscato, gli vennero trovati pi di cento
[II 397. 1 App.]
talenti. Egualmente racconta di Cleone che prima di mettersi a .
capo del governo non possedeva nulla di suo disponibile, e
,
dopo lasci un patrimonio di cinquanta talenti.
.
88 B 46. ARISTID. ars rhet. II 15 [sul principio del Simposio 88 B 46. ARISTID. Ars rhet. II 15 Schm. [ber Xenoph.
di Senofonte, 1, 1: ' , veramente a me sembra]. Symp. Anf. [II 397. 5 App.] ' ]
Se egli avesse cominciato il suo discorso in forma affermativa, '
cio: ' [sembra a me invero], esso sarebbe
' ',
riuscito pi duro, e sarebbe sembrato piuttosto di Crizia o di
.
altri del suo genere.
88 B 47. ARISTID. ars rhet. II 50 [commento a XENOPH.
88 B 47. ARISTID. Ars rhet. II 50 [ber Xenoph. Symp. Anf.
symp. 1, 4: Piuttosto da persone come voi, che da strateghi,

ipparchi o politicanti]. Se tu al contrario, generalizzando,
] [II 397. 10 App.]
avessi detto:
' ,

Coloro che preferiscono certe persone, cio quelle che vedono ,
emergere sulle altre o per cariche, o per onori, o per altri simili ',
.
privilegi, non mi pare che agiscano bene,
questo giro di frase sarebbe sembrato piuttosto di Crizia o di
alcun altro degli antichi Sofisti.54*

88 B 48 [38 B.]. DIO CHRYSOST. 21, 3 [II 267]. Non sai che 88 B 48 [38 B.]. DIO CHRYSOST. 21, 3 [II 267 Arn.]
Crizia, quel dei Trenta, disse che
[II 397. 15 App.] ,
, '
nei maschi il fascino maggiore un aspetto femmineo, e nelle ;

femmine il contrario?
, .
Perci han fatto bene gli Ateniesi a nominarlo legislatore per
modificare le antiche leggi, perch egli non ne ha lasciata in
vigore nessuna.55*
88 B 49. [DIONYS.] ars rhet. 6 II 277, 10 [III sec. d. C.]. Dice 88 B 49. PSEUDODIONYS. Ars rhet. [3. Jahrh. n. Chr.] 6 II
il figlio di Callescro, quello che fu dei Trenta, che per l'uomo 277, 10 Us.-Rad. [II 397. 20 App.]
'
nulla v' di certo, se non, poich nato, il morire, e finch vive, ,
. . .
l'impossibilit di trascorrere la vita esente da sciagura.
88 B 50 [34 B., 11 M.]. PHILOSTR. v. soph. praef. p. 1, 9.
88 B 50 [34 B., 11 M.]. PHILOSTR. V. Soph. pr. p. 1, 9 K. [II
Certo io so che anche Crizia il sofista non usa citare le
398. 1 App.]
paternit, solo fa eccezione per Omero, poich non poteva
,
tacere un fatto cos insolito, che fosse padre d'Omero un
,
fiume.56*
.
88 B 51 [43 B.]. PLANUD. in Hermog. Rhet. Gr. V 484 Walz. 88 B 51 [43 B.]. PLANUD. in Hermog. Rhet. V 484 Walz [II
Per esempio, dire: Alla gara dei giochi Pitici il modo pi 398. 5 App.]
comune e naturale; ma Crizia inverte, e dice: Alla dei giochi , . '
Pitici gara.
'.
88 B 52 [32 B., 9 M.]. PLUTARCH. Cim. 16. Mentre Efialte 88 B 52 [32 B., 9 M.]. PLUT. Cim. 16
s'opponeva e protestava che non si dovesse soccorrere n
'
rialzare la citt rivale di Atene, ma si lasciasse che la superbia [II 398. 10] , '
di Sparta giacesse a terra calpesta, dice Crizia che Cimone,
,
anteponendo la salvezza di Sparta al vantaggio della propria
.
patria, persuase il popolo ad accorrere in aiuto con molti

opliti.57*
.
88 B 53 [44 B.]. POLL. II 58. [discernere] lo usano 88 B 53 [44 B.]. POLL. II 58 . [87
Crizia e Antifonte [cfr. B 6].
B 6].
88 B 54 [45 B.]. POLL. II 122. In Crizia l'oratore detto anche 88 B 54 [45 B.]. POLL. II 122 [II 398. 15 App.] [parlatore].
.
88 B 55 [46 B., 8 Nauck2]. POLL. II 148. [svelto di 88 B 55 [46 B., 8 Nauck2]. POLL. II 148 .
mano], Come disse Crizia.
88 B 56 [47 B.]. POLL. III 116. E, come dice Crizia, 88 B 56 [47 B.]. POLL. III 116 . .
[sordida spilorceria].
88 B 57 [48 B.]. POLL. IV 64. A Crizia piace chiamar i canti 88 B 57 [48 B.]. POLL. IV 64. -
al suon della cetra prosodie [propriamente: canti di
.
accompagnamento].
88 B 58 [49 B.]. POLL. IV 165. In Crizia si trova il termine
88 B 58 [49 B.]. POLL. IV 165 [II 398. 20 App.] -
[da due dramme].
.
88 B 59 [27 B.]. POLL. VI 31. Per il bere eccessivo Crizia usa 88 B 59 [27 B.]. POLL. VI 31
il verbo [sbicchierare].
. .
88 B 60 [50 B.]. POLL. VI 38. Crizia usa le parole 88 B 60 [50 B.]. POLL. VI 38 .
[approvvigionamento di viveri] e , e nel senso di
, .
[sovrintendere all'annona].
88 B 61 [51 B., 9 N.]. POLL. VI 152-53. In Crizia si trova
88 B 61 [51 B., 9 N.]. POLL. VI 152. 153 [II 398. 25]
detto: gli [falsi testimoni], e: lo , -
non so dove; e anche usa in un luogo il verbo '
[testimoniare il falso].
.
88 B 62 [52 B.]. POLL. VI 194.
88 B 62 [52 B.]. POLL. VI 194 ...
[disperdersi]... o anche [esser sbattuti qua e l], , .
come dice Crizia.
88 B 63 [53 B.]. POLL. VI 195. [Per indicare un rapporto di 88 B 63 [53 B.]. POLL. VI 195 [II 398. 30 App.]
relazione e limitazione] Crizia dice in un punto:
, ' , ' , '
, ' . . '
[ ] '.

Quanto all'essere persone oneste.


88 B 64 [54 B.]. POLL. VII 78. I venditori di vestiti o
, secondo il termine usato da Crizia.

88 B 64 [54 B.]. [II 399. 1] POLL. VII 78


-
.
88 B 65 [55 B., 7 N.]. POLL. VII 91. Quegli oggetti che Crizia 88 B 65 [55 B., 7 N.]. POLL. VII 91 [Vgl. II 196]
chiama , sian essi da intendere come calzari di feltro o . ,
come striscie di cuoio per avvolgere i piedi, Eschilo nei Frigi li , [II 399. 5]
chiama [fr. 259].
[fr. 259 N.].
88 B 66[56 B.]. POLL. VII 108. [incisori di 88 B 66 [56 B.]. POLL. VII 108
anelli]: questo termine si trova in Crizia.
- .
88 B 67 [57 B.]. POLL. VII 154. [venditore di
88 B 67 [57 B.]. POLL. VII 154 , . .
corde armoniche], come disse Crizia.
88 B 68 [58 B.]. POLL. VII 177. [preparatore di
88 B 68 [58 B.]. POLL. VII 177 . .
unguenti]: nome inventato da Crizia.
.
88 B 69 [59 B.]. POLL. VII 179.
88 B 69 [59 B.]. POLL. VII 179 , .
[intrecciatore di reti], come dice Crizia.
.
88 B 70 [60, 61 B.]. POLL. VII 196-197. Dei termini che
88 B 70 [60, 61 B.]. POLL. VII 196. 197 [II 399. 10 App.]
seguono la maggior parte sono usati da Crizia, e anche da molti ' . ,
che pi di lui hanno il gusto dell'eufonia:
,
[venditori di bronzo], [v. di ferro], , , . . . , . . .
[v. di erbaggi],... [v. di formaggio],...
, , ,
[v. di erbe purgative], [v. di
, . . . , ,
stoppa], [v. di lana], [v.
, [II 399. 15 App.] , ,
d'incenso],... [v. di radici], [v. di
, , . . . , . . .
silfio], [v. di cavoli], [v. di arnesi], , . . . . . . '
[raccoglitori di semente], [v. di . .
semente], [v. di pentole],... [v. di
farmachi], ... [v. di spilli],... [v. di
tavolette], ... questi per Crizia li chiama
[smerciatori d'uccelli] ecc.
88 B 71 [62 B.]. POLL. VIII 25. Crizia usa il verbo
88 B 71 [62 B.]. POLL. VIII 25 .
per dire: risolvere una causa, dichiararla
,
vinta; cos come noi diremmo [assolvere].
. ' [II 399. 20]
Egli stesso dice per dire: sedere in giudizio
' .
durante tutto l'anno.
88 B 72 [63 B.]. POLL. IX 17. In Crizia, la parola 88 B 72 [63 B.]. POLL. IX 17 -
[che vissuto sempre in citt].
.
88 B 73 [64 B., 6 N.]. POLL. IX 161. In Euripide [fr. 1100] la 88 B 73 [64 B., 6 N.]. POLL. IX 161 ' [fr.
parola [buona educazione], in Crizia, la parola
1100] - .
[perspicacia].
FRAMMENTI SPURI E DUBBI
UNECHTE ODER UNSICHERE FRAGMENTE
88 B 74. [I detti nelle Massime greco-siriache di Ryssel
88 B 74. [II 399. 25 App.] Die Sprche in Ryssels graeco-syr.
Rhein. Mus., LI, 1896, pp. 531 sgg.) n. 4, 11, 15 sono dubbi Sammlung [Rhein. Mus. 51, 1896, 531ff.] n. 4. 11. 15 sind in
nella forma del nome, e quanto al contenuto, non hanno niente der Form des Namens unsicher und haben im Inhalte nichts mit
a che fare col sofista.]
dem Sophisten zu tun.
88 B 75. PLAT. resp. II 368 A [Socrate a Glaucone e
88 B 75. PLAT. de rep. II 368 A ,
Adimanto]. O figliuoli di quell'uomo,58* non sbagli l'amante di ,
Glaucone [Crizia?] a indirizzare a voi, divenuti famosi nella
, [II 399. 30
battaglia di Megara, la poesia che dice:
App.] ,
Figli d'Aristone, stirpe divina d'un uomo famoso.
.

89. ANONIMO DI GIAMBLICO


89 A 1. IAMBL. protr. 1 p. 95, 13. (1) Qualunque cosa uno

89 [82]. ANONYMUS IAMBLICHI


[II 400. 1 App.]

89 A 1. IAMBL. p. 95, 13 Pistelli. (1) ,


,

,
. (2) [II 400. 5 App.]
, , '
,

. (3)
,
, ,
, [II 400. 10
App.] .
89 A 2. p. 96, 1. (1) Perci chi voglia acquistar fama tra gli
89 A 2. p. 96, 1. (1) ,
uomini e apparir tale, quale , deve cominciare subito da

giovane, e impegnarsi in modo costante, e non saltuariamente: ,
(2) perch ciascuna di quelle attivit, coordinata con le altre e . (2)
senza indugi intrapresa e sviluppata, ottiene alla fine salda

gloria ed onore, per queste due ragioni: perch riscuote fiducia [II 400. 15]
incontrastata e perch l'invidia degli uomini non fa a tempo ad ,
insorgere; la quale invidia fa s che alcuni non permettono che ,
uno acquisti fama n parlano di lui in modo rispondente al
, ' '
vero; altri, biasimando oltre il giusto, ricorrono alla calunnia. ,
(3) Perch non riesce gradito agli uomini riconoscere il merito . (3)
di altri (pare ad essi d'esser cos privati loro di qualcosa);
( ) ,
tuttavia, costretti alla fine dalla stessa necessit e indotti a poco
a poco per lungo tempo, si piegano alla lode, sia pur
[II 400. 20 App.]
controvoglia. (4) E insieme anche non tardano ad accorgersi se (4) ,
una persona proprio come sembra, ovvero se cerca
[II 401. 1 App.] ,
d'imbrogliare, e va a caccia di gloria con l'inganno, e se
, ,
abbellisce quello che fa per raggirare gli uomini. Invece la virt
esercitata nel modo che ho detto dianzi, suscita fiducia e buona , ,
stima intorno a s. (5) Perch gli uomini, quando sono
. (5)
sopraffatti con la forza, non possono pi ricorrere all'invidia n [II 401. 5]
sospettano pi d'essere ingannati. (6) Di pi, anche il tempo, se . (6)
s'accompagna molto e prolungatamente a qualsiasi opera o atto,
rafforza l'esercizio; ci che non pu operare un tempo breve. ,
(7) Se uno apprende e studia un'arte che si esplica per mezzo . (7)
della parola, baster poco tempo perch raggiunga il maestro;
ma la perfezione, la quale risulta da molte opere, non si pu
,
raggiungere cominciando tardi e neppure in poco tempo, ma
, [II 401. 10 App.]
bisogna crescere eprogredire con essa, astenendosi dai mali

discorsi e dalle male abitudini, ed alle cose degne volgendosi e ,
compiendole con molto tempo e con cura. (8) Del resto, anche , '
alla gloria acquistata troppo presto unito un certo svantaggio;
infatti la gente non fa buon viso a chi diventa ad un tratto o in . (8)
poco tempo o ricco o sapiente o buono o valoroso.

[II 401. 15 App.]
.
89 A 3. p. 97, 16. (1) Quando uno, dopo aver aspirato
89 A 3. p. 97, 16. (1)
ardentemente a una cosa, l'abbia finalmente conseguita, sia
,
l'eloquenza o la sapienza o il potere,2*conviene che se ne serva ,
a scopi buoni e legittimi; che se egli volge a scopi ingiusti e

illegittimi il bene che ha raggiunto, questo diventa il peggiore ,
dei mali, e meglio sarebbe stato per lui perderlo che trovarlo. [II 401. 20 App.] (2)
(2) E come raggiunge la perfetta bont colui che, possedendo
uno di questi beni, se ne serve a fin di bene, cos il colmo
,
della malvagit colui che se ne serve a fin di male. (3) Chi poi . (3)
aspiri alla virt in generale, deve ben meditare secondo qual
,
principio di pensiero o di azione possa diventar ottimo; e tale ' . (4)
voglia compiere in vista del pi alto dei fini, sia questo la
sapienza, o il valore, o la facondia, o l'eccellenza in genere, o
alcun aspetto di essa, ci riuscir alle seguenti condizioni.1* (2)
Anzitutto, bisogna aver la disposizione naturale, e questo un
dono di fortuna: ma quel che dipende dall'uomo, l'esser
desideroso delle cose belle ed oneste, e operoso e oltremodo
sollecito nell'applicarvisi, e disposto a dedicarvisi per molto
tempo. (3) Che se manca anche una sola di queste condizioni,
non sar possibile condurre a termine nulla; mentre chi le ha
tutte, a qualunque cosa si applichi, la porter ad altezze
insuperabili.

egli sar, ove riesca utile alla maggioranza. (4) Se uno benefica ,
il prossimo dandogli del denaro, sar poi costretto ad esser
[II 401. 25 App.]
disonesto per accumular altro denaro; n poi potr raccoglierne
in tanta abbondanza, che non debba smettere di dare e donare;
e questo secondo guaio conseguenza dell'aver accumulato

denaro, se capita cio che uno diventi povero da ricco che era, ,
e da possidente, non abbia pi nulla. (5) In che modo dunque, . (5)
senza elargire denaro, ma con un altro mezzo, si pu far del

bene agli uomini, e non con disonest, ma con virt? e qual
, ;
dono possibile, che pur donato di continuo, rimanga a chi
[II 401. 30 App.]
dona? (6) Ci sar possibile, se si divenga difensori delle leggi ; (6) ,
e del giusto; ch questo ci che riunisce e mantiene insieme
le citt e gli uomini.3*
.
89 A 4. p. 98, 17. (1) E appunto, ogni uomo dev'essere padrone 89 A 4. p. 98, 17. (1)
di s in modo assoluto; e tale soprattutto sar, ove egli sappia ' ,
esser superiore agli averi, per causa dei quali tanti si
, [II 401. 35
corrompono, e non risparmi la propria vita pur di applicare con App.] ,
ogni zelo la giustizia e di perseguire la virt; rispetto ai quali
due doveri i pi sono cedevoli. (2) E lo sono, perch sono
. (2)
attaccati alla propria anima, e l'anima come dire la vita; e
[II 402. 1 App.] ,
perci la risparmiano e l'hanno cara per amor della vita e per le
consuetudini in cui sono cresciuti; e poi sono avidi del denaro a
cagion delle cose che metton loro spavento. (3) Quali sono
,
queste cose? Le malattie, la vecchiaia, le perdite imprevedute, . (3) ' ; , ,
vale a dire non quelle applicate dalle leggi (queste si possono , [II 402. 5
prevedere ed evitare), ma altre come incendi, morti di familiari App.] (
o di animali, e altre simili calamit, che minacciano o il corpo, ), , ,
o l'anima, o le sostanze. (4) Per tutte queste ragioni ogni uomo , , ,
aspira alla ricchezza, per poter avere il denaro necessario a
, , . (4)
fronteggiarle. (5) Ed anche altre ce ne sono, le quali non meno ,
delle anzidette stimolano l'uomo ad arricchirsi: le rivalit
, . (5) '
reciproche, le emulazioni, i predomini, per i quali scopi i denari [II 402. 10
hanno somma importanza, perch concorrono a raggiungerli. App.] ,
(6) Ma chi onesto davvero, si serve per conquistare la gloria , '
non di un ornamento estraneo ed esterno a lui, ma del suo
,
proprio merito.
. (6) ,
,
.
89 A 5. p. 99, 18. (1) E quanto all'amor della vita, chiunque si 89 A 5. p. 99, 18. (1)
dovrebbe persuadere che se fosse dato all'uomo, ove non venga , , [II 402. 15 App.]
ucciso da un altro, di vivere per sempre immune da vecchiaia e '
da morte, si potrebbe molto scusare chi cerca l'incolumit della ,
propria vita; (2) ma poich al prolungarsi della vita connessa (2)
la vecchiaia, che male assai molesto per gli uomini, e il fatto , [(]
di non essere immortali, stoltezza grande e inclinazione verso
abbietti motivi e desideri il conservarla col disonore; il non
, ,
lasciare, in luogo di quella, una fama immortale; in luogo della ' [II 402. 20 App.] ,
vita che mortale, una lode eterna e sempre vivente.4*
.
89 A 6. p. 100, 5. (1) Inoltre non bisogna buttarsi alla
89 A 6. p. 100, 5. (1) ,
sopraffazione, e neppure credere che la forza messa a servizio ,
della sopraffazione sia virt, n che sia vilt l'obbedire alle

leggi;5* questo pensiero oltremodo perverso, e da esso si
,
genera tutto quanto l'opposto della bont, cio malvagit e
, .
danno. Perch se tale la natura degli uomini, che non possono ' [II 402. 25 App.] ,
vivere isolatamente,6*e si riuniron tra loro cedendo a un
,
bisogno istintivo, e si sono ingegnati a trovare i mezzi per
,
vivere e tutti gli artifici per render la vita pi comoda, e d'altro (
lato escluso che possano convivere insieme senza leggi che
regolino i loro rapporti (perch questo sarebbe per loro un
),
danno maggiore che non sia la vita isolata), per tutti questi

motivi inoppugnabili la legge e la giustizia debbono regnare tra [II 402. 30 App.]

gli uomini,7* n in alcun modo vanno rimosse da loro; ch sono . (2)


ad essi legate saldamente per loro natura. (2) Che se ci fosse
,
uno che dalla nascita avesse sortito tal natura, da esser nel
[II 403. 1 App.]
corpo e nell'anima intangibile da malattie, da passioni, un
,
essere eccezionale e adamantino, si potrebbe credere che a lui (
bastasse la sua superiorit per volgerla alla sopraffazione
),
(perch si pensa che un simile individuo, se anche disobbedisce (3) , ,
alle leggi, resti impunito); ma c'inganniamo. (3) Perch se

anche egli fosse tale, quale non pu darsi che sia, non potrebbe [II 403. 5 App.]
salvarsi se non a patto di salvaguardare le leggi e la giustizia, e ,
di rafforzarle, e di mettere la sua energia a disposizione di esse , (4)
e di quanto concorre a mantenerle; in caso contrario, non

resterebbe incolume. (4) Perch basta che tutti quanti gli
,
uomini si costituiscano nemici di un simile individuo, forti del
loro buon diritto, e la moltitudine o con l'insidia o con la
. (5) ,
violenza prevarr e riporter vittoria sopra un tal uomo. (5)
, [II 403. 10 App.]
Cos appare chiaro che anche la forza, in quanto forza, non si .
salva se non con la legge e con la giustizia.
89 A 7. p. 101, 11. (Val la pena anche di sapere quanto
89 A 7. p. 101, 11. (
differiscan tra loro il buon ordinamento delle leggi e la
, ,
mancanza di leggi; e come la buona legislazione sia il massimo ,
bene tanto in pubblico che in privato, e la mancanza di leggi il
peggiore dei mali; perch i pi gravi danni seguono
. ,
immediatamente alla mancanza di leggi. Cominciamo a
.)
spiegare i vantaggi di una buona legislazione, che sono pi
(1) [II 403. 15 App.]
importanti per noi.8*)

(1) Nasce anzitutto dalla buona legislazione la fiducia, la quale ,
giova grandemente a tutti quanti gli uomini, ed causa di
,
grandi vantaggi; poich da essa deriva la comunanza dei beni; i , '
quali cos, circolando dall'uno all'altro, basteranno egualmente . (2)
anche se pochi, mentre, senza la fiducia, non basteranno
, ,
neppure se siano molti. (2) E le vicende cui van soggette le
[II 403. 20 App.]
sostanze e la vita, parte buone e parte no, vengono regolate nel ,
modo pi utile agli uomini per effetto di una buona

legislazione; perch allora i fortunati godono di una fortuna
,
salda e senza insidie, gli sfortunati ricevono aiuto dai fortunati . (3)
per via dello scambio dei beni e della fiducia, la quale nasce
,
dalla buona legislazione. (3) Pertanto, dato il buon governo,
. (4)
diviene libero per gli uomini il tempo rispetto alle pubbliche
[II 403. 25 App.]
controversie, mentre operoso rispetto alle occupazioni proprie ,
di ciascuno.9* (4) Cos gli uomini sono liberati, in un buon
, . (5)
governo, dalla preoccupazione pi ingrata, e possono dedicarsi , ,
alla pi gradita; perch ingratissima la cura delle controversie ,
pubbliche, mentre graditissima quella del proprio lavoro. (5) ' ,
Quando poi si abbandonano al sonno, che per gli uomini la '
tregua dei mali,10* si addormentano senza timori, senza
[II 403. 30 App.]
pensieri dolorosi; e riemergendo dal sonno provano altre
,
impressioni simili; n si svegliano d'improvviso impauriti n si ,
aspettano che il nuovo giorno sia funestato da qualche

mutamento politico11* ma tranquillamente, maturando pensieri , . (6)
sereni intorno alle opere della vita, e alleggerendo le fatiche
,
con buone e fondate speranze di ottenere un ricambio di beni; ,
delle quali cose tutte causa il buon governo. (6) Ed anche ci , ' .
che procura le pi grandi calamit agli uomini, la guerra che
[II 404. 1] (7)
conduce alla catastrofe e alla schiavit, suole anch'essa colpire ,
piuttosto i popoli senza leggi che quelli retti da buone leggi. (7) '
E molti altri sono i vantaggi del buon governo, che da esso
. (8)
derivano come ausili alla vita quotidiana e sollievo nelle

difficolt. Quanto alla mancanza di leggi, i mali che ne
, ' , [II
derivano sono i seguenti. (8) Anzitutto gli uomini sono sempre 404. 5 App.] '
affaccendati e preoccupati della cosa la pi sgradita, cio delle ' , ,

controversie pubbliche, non dei loro affari; e il denaro a causa . (9)


della diffidenza e insociabilit reciproca vien riposto in serbo e
non messo a disposizione della comunit e cos sempre
' ,
scarso, anche se sia molto. (9) E le fortune tanto buone che
.
cattive si risolvono in avversit; perch la buona fortuna non (10)
duratura in un governo senza leggi, ma soggetta ad insidie, e [II 404. 10 App.] ,
la mala fortuna non viene rimossa, anzi si rafforza per effetto ,
della diffidenza e della insocialit. (10) Per la stessa cagione
, '
pi facilmente scoppia la guerra esterna e la lotta civile; e se

non avvenuta prima, tosto sopraggiunge; negli affari pubblici . (11)
poi la lotta permanente, per via delle insidie reciproche, a

causa delle quali ciascuno costretto a stare di continuo in
,
guardia per s, e a macchinarle per gli altri. (11) N allo
[II 404. 15 App.]
svegliarsi hanno lieti pensieri, n lieto il loro abbandonarsi al
sonno, anzi pien di spavento, e pauroso il risveglio, che
. (12)
atterrisce l'uomo riconducendolo repentinamente a ricordi
, ,
dolorosi. Tutti questi, con gli altri suaccennati, sono i mali che . ,
provengono dalla mancanza delle leggi. (12) Anche la
,
tirannide, calamit cos grande e grave, non da altro deriva, se
non dalla mancanza di leggi. Credono alcuni, ma una
, [II
congettura sbagliata, che il tiranno si imponga per diversa
404. 20] ,
ragione, e che gli uomini perdano la libert non per colpa loro, (13)
ma perch violentati dal tiranno che s' imposto; ma il loro

ragionamento non va. (13) Colui che crede che un re o un
, .
tiranno possano sorgere per un'altra ragione che non sia la
,
mancanza di leggi e la cupidigia del potere, uno stolto; perch . (14)
appunto allora ci avviene, quando tutti i cittadini si siano volti , ,
al male; non essendo possibile che gli uomini vivano senza
[II 404. 25 App.]
leggi e senza giustizia. (14) Quando dunque queste due cose, la . ,
legge e la giustizia, siano esulate dalla moltitudine, allora
; (15)
avviene che la tutela e custodia di esse si trasferiscano in un
,
solo: perch come altrimenti il governo si ridurrebbe nelle
,
mani di un solo, se non per l'abolizione della legge che difende ,
i diritti della moltitudine? (15) Deve pertanto colui, che si
(16)
propone di abbattere la giustizia e di abolire la legge che
[II 404. 30 App.]
comune ed utile alla totalit dei cittadini, essere un uomo di
,
ferro, se vuol riuscire a depredar di questi beni la cittadinanza,
essendo egli uno contro molti; (16) ma chi di carne e d'ossa .
come gli altri uomini, non pu esserne capace; al contrario, ove
mai egli ricostituisca quei beni negletti dalla moltitudine, potr
governare da solo; ed perci che quando questo avviene,
alcuni non se ne accorgono neppure.
90. RAGIONAMENTI DUPLICI 1*
1. DEL BENE E DEL MALE 2*

(DIALEXIS)
[II 405. 1 App.]
1.

(1) Un duplice ordine di ragionamenti si fa in Grecia dai cultori (1)


di filosofia intorno al bene e al male.3* Gli uni sostengono che .
, , [II 405. 5
altro il bene, altro il male; altri invece, che sono la stessa
cosa; la quale, per alcuni sarebbe bene, per altri, male; e per lo App.] , ,
stesso individuo, sarebbe ora bene, ora male. (2) Quanto a me, , ,
io mi metto dal punto di vista di questi ultimi; e ne ricercher le , . (2)
prove nella vita umana, le cui cure sono il mangiare, il bere, e i ,
piaceri sessuali; poich questi soddisfacimenti per l'ammalato
sono un male, ma per chi sano e ne ha bisogno un bene. (3) , .
Pertanto, l'abuso di essi male per gl'incontinenti, ma per chi li (3) ,
vende e ci guadagna, un bene. E cos la malattia per i malati [II 406. 1 App.]
un male, ma per i medici un bene. E ancora, la morte per chi . ,
muore un male, ma per gl'impresari di pompe funebri e per i .

becchini un bene. (4) E che l'agricoltura dia abbondante


, ' . (4)
raccolto, un bene per gli agricoltori, ma per i commercianti
male. Cos pure, che le navi onerarie si scontrino e si
, . [II
fracassino, per l'armatore male, ma per i costruttori bene. 406. 5 App.]
(5) E ancora, che il ferro si corroda e si ottunda e si spezzi, , . (5)
male per gli altri, ma per il fabbro bene. E che stoviglie si

rompano, per gli altri male, ma per i vasai bene. E che le
, .
scarpe si logorino e si lacerino, per gli altri male, ma per il
,
calzolaio bene. (6) E cos pure nelle gare ginniche e nelle
.
musicali e belliche; per esempio, nella gara della corsa allo
,
stadio, la vittoria un bene per chi vince, ma per chi perde un . [II 406. 10 App.] (6)
male. (7) Lo stesso si dica per i lottatori, e i pugilatori, e per gli
altri; e quanto alle gare musicali, la vittoria riportata nel canto
al suono della cetra per chi vince un bene, ma per chi perde , . (7)
un male. (8) E nella guerra (citer anzitutto gli esempi pi

recenti) la vittoria che gli Spartani riportarono sugli Ateniesi e ,
sui loro alleati, fu bene per gli Spartani, ma per gli Ateniesi e . (8) (
gli alleati, un male; e la vittoria che i Greci riportarono sul
) [II 406. 15 App.] ,
Persiano, per i Greci fu un bene, per i barbari un male. (9)
,
Ancora, la presa di Troia fu per gli Achei un bene, per i Troiani ,
un male. E lo stesso valga per i fatti tra Tebani e Argivi. (10) E , ,
la lotta dei Centauri coi Lapiti, fu un bene per i Lapiti, per i
, . (9)
Centauri un male. E cos anche la lotta e la vittoria che si
,
racconta tra gli di e i Giganti, fu bene per gli di, male per i .
Giganti. (11) Si fa poi un altro ragionamento, come cio altro . (10) [II 406. 20 App.]
sarebbe il bene, altro il male; e come differiscon di nome, cos ,
differirebbero anche di fatto.4* Ed io, quanto a me, mi spiego .
questo modo di vedere: poich mi pare che neppure
,
apparirebbe chiaro in che consista il bene e in che consista il . (11) ,
male, qualora fossero ambedue la stessa cosa, e non due
, ,
diverse; e ci sarebbe poi da stupire. (12) Perch credo che uno , .
che sostenesse tal cosa, non saprebbe neppur come replicare se ' [II
gli si chiedesse: - Dimmi, fin qui i tuoi genitori t'han fatto delle 406. 25 App.] , ,
cose buone? - E lui: - S, molte e grandi -. - Tu dunque sei loro ' .
debitore anche di grandi e molti mali, se vero che il bene la (12) ' ,
stessa cosa del male -. (13) - E senti, fin qui hai tu fatto alcun [] ' ,
bene ai tuoi congiunti? -- S, molti e grandi -. - Dunque,
[II 407. 1 App.] ;' '
facevi loro del male -. E ancora: - Fin qui facesti alcun male ai .' '
nemici? - - S, molti e grandi -. - Dunque, facesti loro i
, .
massimi beni. (14) - E via, rispondimi anche a questo: se vero (13) - , ;' '
che male e bene sono la stessa cosa, allora certo tu commiseri i .' ' .
poveri perch hanno molti mali, ma insieme li stimi felici,
, ;' '
perch godono molti beni? - (15) E allora, per esempio, il Gran .' [II 407. 5 App.] ' .
Re, nulla vieta che si trovi nelle stesse condizioni di un povero, (14) - .
poich i suoi molti e grandi beni sono per lui dei mali, molti e , ,
grandi; dato almeno che bene e male siano lo stesso. E questo , ,
valga per tutti i casi. (16) Ed anche ritorno ai singoli esempi
;' (15)
addotti in principio, cio il mangiare, il bere e i piaceri sessuali. .
Perch il soddisfarli per gl'infermi, male; ma se vero che
,
bene e male sono la stessa cosa, allora il farlo, per essi,
[II 407. 10 App.] .
insieme anche bene. E cos, per i malati, la malattia insieme . (16) '
un male e un bene, se vero che il bene lo stesso del male. .
(17) E secondo quest'esempio, cos anche per tutti gli altri di ,
cui s' discorso pi sopra. E in questo modo non definisco che ,
cos' il bene, ma questo m'ingegno d'insegnare, che il bene e il ,
male non sono la stessa cosa, ma ciascuno dei due pu essere . (17)
anche l'altro.5*
, [II 407. 15 App.]
. , ,
,
, ' .

2.
(1)
(1) Si fa un duplice ordine di ragionamenti anche sul bello e sul . , ,
, , [II 407. 20 App.] ,
brutto. Gli uni dicono che altro il bello e altro il brutto,
differenti, come di nome, cos di fatto; altri invece che bello e . (2)
brutto sono la stessa cosa. (2) Ed io cercher di spiegare questo , .
[] ,
secondo modo di vedere. Ad esempio, per un giovinetto il
[] . (3)
concedersi a un amante bello; ma ad uno che non sia suo
, (
amante, brutto. (3) E per le donne, fare il bagno in casa
bello, ma nella palestra, brutto. (Invece per gli uomini tanto ) . (4)
nella palestra che nel ginnasio bello.) (4) E accoppiarsi con [II 407. 25 App.] ,
l'uomo in un luogo remoto, riparata da muri, bello; ma fuori, , .
(5) ,
dove qualcuno possa vedere, brutto. (5) E ancora,
l'accoppiarsi col proprio marito, bello, ma con un estraneo, . ' [II 408. 1 App.]
bruttissimo; e cos anche per l'uomo, accoppiarsi con la propria , . (6)
,
moglie bello, con un'estranea brutto. (6) E adornarsi e
spalmarsi di belletto e cingersi di gioielli, per l'uomo brutto, , . (7)
mentre per la donna bello. (7) E beneficar gli amici, bello; i , .
,
nemici, brutto. E fuggire il nemico, brutto; ma fuggir i
. (8) [II 408. 5 App.]
competitori nello stadio, bello. (8) E uccider gli amici e i
concittadini, brutto; ma i nemici, bello. E cos via per tutti gli , .
. (9) ' '
altri casi. (9) Passo ora a quelle cose che le citt e i popoli
ritengono brutte. Per esempio, per gli Spartani, che le fanciulle .
facciano la ginnastica e si esibiscano in pubblico sbracciate e
. (10)
senza tunica, bello; per gli Ioni, brutto. (10) E per quelli,
bello che i fanciulli non apprendano la musica e le lettere; per . '
[II 408. 10 App.] . (11)
gli Ioni brutto non saper tutte queste cose. (11) Presso i

Tessali 7* bello per una persona prendere i cavalli o i muli

dall'armento e domarli, e prendere un bove e sgozzarlo,
scuoiarlo, squartarlo; ma in Sicilia brutto e opera di schiavi. ,
(12) Presso i Macedoni si ritien bello che le fanciulle prima di . (12)
sposarsi amino e si congiungano con un uomo, e dopo le nozze, , ,
brutto; presso i Greci, brutta l'una e l'altra cosa. (13) Presso i , , '
Traci, il tatuaggio per le fanciulle un ornamento; presso gli . (13) [II 408. 15 App.]
'
altri popoli invece, il tatuaggio una pena che s'impone ai
. , '
colpevoli. Gli Sciti 8* ritengono bello che uno, dopo aver
ammazzato un uomo e averne scuoiata la testa, ne porti in giro
, '
la chioma posta dinanzi al cavallo, e dopo averne indorato e

argentato il cranio, con esso beva e faccia libagioni agli di;
invece, presso i Greci, neppure si vorrebbe entrare nella casa di '
. (14) [II 408. 20
uno che avesse compiuto tali cose. (14) I Massageti 9*
App.] ,
squartano i genitori e se li mangiano, perch pensano che
l'esser sepolti nei propri figli sia la pi bella sepoltura; invece
se qualcuno lo facesse in Grecia, cacciato in bando morirebbe ,
. (15)
con infamia, come autore di cose turpi e terribili. (15) I
Persiani reputano bello che anche gli uomini si adornino come
le donne, e si congiungano con la figlia, con la madre, con la ,
sorella; per i Greci son cose turpi e contro legge. (16) Presso i . (16)
[II 408. 25 App.]
Lidi, che le fanciulle si sposino dopo essersi prostituite per

denaro, sembra bello; presso i Greci, nessuno le vorrebbe
sposare. (17) Anche gli Egizi non s'accordan con noi su ci che , . (17)
bello; qui ritenuto bello che sian le donne a tessere e filar
lana; l invece gli uomini, e che le donne facciano quel che qui ,
fanno gli uomini. Impastare l'argilla con le mani, e la farina coi , ,
[II 409. 1 App.] .
piedi, l bello, ma per noi tutto il contrario. (18) E io
credo10* che se si comandasse a tutti gli uomini di riunire in un , , , '
fascio le cose che ciascun di essi reputa cattive, e poi dopo di . (18) ',
togliere dal gruppo quelle che ciascun d'essi reputa belle, non , ,
ce ne rimarrebbe neppur una, ma tra tutti se le ripiglierebbero , ,
, .
tutte. Poich nessuno la pensa come un altro. (19) E citer
11
[II 409. 5 App.] . (19)
anche un brano poetico: *
[TGF 844 adesp. 26]
2. DEL BELLO E DEL BRUTTO 6*

Se analizzi a fondo, vedrai che cos l'altra legge dei mortali:

(20) Per dirla in una parola, le cose che capitano a tempo, son (20) , ,
belle; quelle fuori tempo, brutte. Che cosa dunque abbiamo
' . ;
fatto? Dissi che avrei dimostrato che bello e brutto son la stessa ,
cosa, e l'ho dimostrato con tutti questi esempi. (21) Ma circa il . (21) ,
bello e il brutto si afferma anche che siano due cose diverse.
. ,
Perch se si chiedesse, a chi sostiene che la stessa azione
[II 409. 15 App.] ,
insieme bella e brutta, se egli abbia mai compiuto alcunch di ,
bello, costui, nel caso che risponda di s, dovrebbe anche
, .
ammettere d'aver compiuto alcunch di brutto, se vero che
(22) ,
bello e brutto son lo stesso. (22) E se conoscono un uomo
,
bello, questo stesso per loro sar anche brutto; e se uno bianco, . ' ,
questo stesso per loro sar nero. Bello per certo venerare gli ,
di: ma poi anche brutto venerare gli di, se vero che bello . (23) [II 409. 20 App.]
e brutto son lo stesso. (23) E questo valga per tutti i casi
, .
analoghi. Per tornare al ragionamento che quelli fanno, (24) se (24) ,
bello che una donna si adorni, anche brutto che una donna ,
si adorni, se vero che bello e brutto son lo stesso; e cos via. . (25)
(25) A Sparta bello che le fanciulle facciano la ginnastica,
,
dunque a Sparta brutto che le fanciulle facciano la ginnastica; , . (26) ,
e cos via. (26) Se si afferma poi che se si raccogliessero d'ogni [II 409. 25 App.]
parte da tutti i popoli tutte le cose brutte, e convocati poi tutti, , ,
s'invitasse ciascuno a prendere quello che egli stima bello, tutte , , .
le cose si trasformerebbero in belle, io me ne stupisco molto; , ,
che cio, messe insieme delle cose brutte, queste se ne tornino . (27)
via belle, e non quali vennero. (27) Perch, se radunassero in , '
un luogo o cavalli o buoi o pecore o uomini, null'altro che
, [II 410. 1 App.] [], '
questi potrebbero riportar via; cos come neppure, se portassero , . (28) '
oro, potrebbero riportar via bronzo, o se portassero argento,
; ,
piombo. (28) E sar vero allora che invece di cose brutte ne
, ' ;
portan via di belle? Di' su, se uno portasse <un uomo>12*
, ,
brutto, lo riporterebbe via bello? Ma essi invocano come
.
testimoni i poeti, i quali, se fingono di tali cose, hanno per fine
il diletto, non la verit.
3.
[II 410. 5 App.]
(1) Un duplice ordine di ragionamenti si fa anche sul giusto e
l'ingiusto. E alcuni dicono altro essere il giusto, altro l'ingiusto;
certi altri invece, che giusto e ingiusto sono la stessa cosa. Io (1)
tenter di difendere quest'ultima opinione. (2) E prima di tutto . ,
dir in che senso giusto mentire e ingannare. Cos far questo
verso i nemici bello e giusto, mentre verso gli amici si
. (2)
direbbe brutto ed iniquo. Ma sar bello solo per i nemici e per .
le persone pi care no? Per esempio, i genitori: supponiamo
, [II 410. 10 App.] de\ filwj>
che il padre o la madre debba bere o ingoiare una medicina, e ,
non voglia; non giusto che gliela diamo o in una minestra o in ;
una bevanda, senza dirglielo? (3) Dunque, giusto mentire e , ,
ingannare i genitori. E cos anche rubare le cose degli amici, e
far violenza ai pi cari, giusto. (4) Per esempio, se uno dei
; (3)
familiari, addolorato e afflitto per qualche motivo, fosse sul
.
punto di uccidersi o con una spada o con una corda o con altro [II 410. 15 App.]
mezzo, non giusto sottrargli questi oggetti, se si pu, o se non . (4)
si fa a tempo, e lo si sorprende mentre li ha in mano,

toglierglieli di viva forza? (5) E come poi non sar giusto
, , ,
ridurre in servit i nemici, e magari un'intera citt, dopo averla , ; (5)
presa, rilasciarla a riscatto? E anche sembra giusto sfondare le
mura degli edifici pubblici. Se infatti il proprio padre,
;
sopraffatto dalla parte avversaria, sia tenuto in ceppi per essere .
mandato a morte, non sar dunque giusto sfondare il muro
[II 410. 20 App.] ,
della prigione per trarre in salvo il padre? (6) Ed anche essere , ,
spergiuri; cos se uno, catturato dai nemici, promettesse
; (6)
giurando di tradir la patria a patto d'esser lasciato libero,

sarebbe poi giusto che mantenesse il giuramento? (7) Io per me ,

non lo credo; ma piuttosto che salvasse, spergiurando, la patria ; (7)


e gli amici e la religione. Cos dunque giusto anche lo

spergiurare; ed anche lo spogliare i santuari. (8) Tralascio i
. [II 410. 25 App.]
beni particolari d'una citt; ma per quelli comuni di tutta la
. (8)
Grecia, quando lo straniero stava per conquistare la Grecia, e la ,
salvezza era posta solo nelle risorse finanziarie, non fu giusto ,
sequestrare i tesori dei templi di Delfi e di Olimpia, e destinarli ,
alla guerra?14* (9) Anche uccidere le persone pi care, giusto; ; (9)
per esempio, Oreste e Alcmeone; e la divinit sanzion la

rettitudine del loro operato. (10) Passiamo ora alle arti e alle
. (10) [II 410. 30 App.]
opere dei poeti. Nella tragedia e nella pittura, chi riesca in
.
sommo grado a ingannare creando cose simili alla realt, costui [II 411. 1 App.]
l'artista perfetto [cfr. 82 B 23]. (11) Ecco una testimonianza ,
tratta dalla poesia antica. Dice Cleobulina [fr. 2 A.L.G. I 47
. (11)
Diehl]:15*
. [fr. 2 Anth. lyr. I 47
Diehl]
Vidi un uomo che rubava e ingannava con la violenza; e il far ' ,
[II 411. 5 App.] .
ci con violenza, del tutto lecito.
(12) Questa per gli antichi; di Eschilo [fr. 301, 302] poi queste
(12) [fr. 301, 302]
altre:
Dio non ripudia l'inganno giusto;
Talora dio ammette l'opportunit del mentire.

' .

(13) Ma si pu fare anche qui il ragionamento contrario, come


(13) [II 411. 10 App.] ,
cio altro il giusto e altro l'ingiusto; differenti di fatto cos
come di nome. Per esempio, chiediamo a coloro che affermano ,
, .
che la stessa cosa sono giusto e ingiusto, se essi abbiano
compiuto qualche azione giusta verso i genitori; diranno di s. , ,
, .
Ma allora, anche un'azione ingiusta; giacch ammettono che
giusto e ingiusto sono la stessa cosa. (14) Ancora un esempio: .
se conosci un uomo giusto, costui perci anche ingiusto; e se . (14) ,
[II 411. 15 App.] ,
grande, perci anche piccolo, per la stessa ragione. E se si
. '
afferma: Chi ha commesso molte azioni ingiuste, sia
',
condannato a morte, allora anche: Sia condannato chi ha
commesso molte azioni giuste. (15) E di ci basta. Ritorniamo . (15) . '

agli argomenti coi quali i primi credon di dimostrare che la
. (16) ,
stessa cosa giusto e ingiusto. (16) Sicch rubar i beni dei
nemici giusto, ma insieme provato anche ingiusto, se vero , '
, . (17) [II 411. 20 App.]
il ragionamento di quelli, e cos per il resto.
(17) E citano esempi dalle arti, nelle quali non questione n , .
di giusto n d'ingiusto. Perch i poeti non in vista della verit, [] ,
.
ma per diletto degli uomini compongono i loro poemi.
16
4. DEL VERO E DEL FALSO *
4.
(1) Anche sul vero e sul falso si fa un duplice ordine di
(1)
ragionamenti: l'uno afferma che altro il discorso falso, altro il , , ,
vero; l'altro, che sono il medesimo. (2) Io ora affermo
. [II 411. 25 App.]
quest'ultima cosa; anzitutto, perch ambedue sono espressi con (2) ,
le medesime parole, e poi perch, quando si fa un discorso, se [II 412. 1 App.] , ,
ci che esso afferma si verificato, il discorso vero, se non si , ,
verificato, il medesimo discorso falso. (3) Supponiamo che , , . (3)
si accusi qualcuno di sacrilegio: se l'azione avvenne, il discorso ' ,
vero, se non avvenne, falso. E per chi si difende, il discorso , .
lo stesso; e anche i tribunali giudicano il medesimo discorso . [II 412. 5
vero e falso. (4) Ancora: se noi qui seduti in fila dicessimo: Io App.] . (4)
sono iniziato, tutti diremmo la stessa cosa, ma solo io direi il ' ',
vero, perch io effettivamente sono iniziato. (5) chiaro
, , . (5)

dunque che il medesimo discorso, quando contenga il falso, , ,


falso, quando il vero, vero (lo stesso come dell'uomo, che , , , (
fanciullo, adolescente, adulto, vecchio).
,
(6) Si sostiene per anche che altro sia il discorso falso, altro il , ).
vero, differenti di nome cos come di fatto. Infatti, se si
[II 412. 10 App.] (6)
chiedesse, a chi afferma che il medesimo discorso insieme
, ,
falso e vero, quale dei due sia quello che essi pronunziano, se ,
dicono: quello falso, chiaro che allora i discorsi sono
, ,
due; e se dicono: quello vero, esso deve essere anche falso. , '
E le cose vere che alcuno abbia talvolta detto o testimoniato, [], .
sono perci stesso anche false. E se mai si sia conosciuto un
, .
uomo veritiero, costui sar anche un mentitore. (7) Dal
[II 412. 15 App.] ,
ragionamento concludono che ove il fatto sia avvenuto, il loro . (7) ,
discorso vero, ove non sia avvenuto, falso. Dunque, non
,
differiscono di nome, ma di fatto s. (8) E se qualcuno
. , .
interroga17* i giudici sul loro giudizio (giacch non eran
(8) ,
presenti al fatto), (9) saran d'accordo nel dire anch'essi che quel ( ) (9)
discorso in cui si mescoli il falso, falso, quello in cui la verit, , , , [II
vero. E questo differisce totalmente...
412. 20 App.] , .
. . .
5. (1) Affermano poi alcuni che18* tanto i pazzi che i savi,
5. (1) '
tanto i dotti che gl'ignoranti, dicono e fanno le medesime cose. . (2)
(2) Anzitutto, chiaman le cose coi medesimi nomi: terra, uomo, ,
cavallo, fuoco ecc. E compiono i medesimi atti: seggono,
. ,
mangiano, bevono, dormono ecc. (3) Cos, ancora, la stessa
, .
cosa insieme maggiore e minore, pi e meno, pi pesante e (3) [II 412. 25]
pi leggera; e cos di tutto. (4) Il talento pi pesante della

mina, e pi leggero di due talenti; dunque, esso stesso
. (4)
insieme pi leggero e pi pesante. (5) E uno stesso uomo vive e ,
non vive, e una stessa cosa esiste e non esiste; perch ci che si . ***
trova qui19* non c' in Libia, n quel che si trova in Libia a [s. oben Z. Sf.] (5) ,
Cipro. E cos le altre cose secondo il medesimo ragionamento. [II 413. 1 App.] '
E perci dunque le cose nello stesso tempo sono e non sono.
,
(6) Certo, coloro che sostengono quel che s' detto, che tanto i . .
pazzi che i savi, tanto i dotti che gl'ignoranti compiono e
.' (6) ,
dicono le medesime cose, con quel che segue, non hanno

ragione. (7) Perch se si chiedesse loro: Differiscon tra loro , [II 413. 5
pazzia e saviezza, dottrina e ignoranza?, direbbero: S. (8) App.] ,
Ma allora dovranno pure ammettere che gli uni si distinguono . (7) ,
dagli altri per le azioni che compiono. Perch se vero che
, ''. (8)
fanno le stesse cose, allora i savi fan cose da pazzi, e i pazzi
, .
son savi, e tutto sottosopra. (9) Invece, il criterio da seguire , ,
questo, se siano i pazzi oppure i savi che sappian parlare al
, . (9)
momento opportuno. Essi alle nostre domande si limitano a
,
rispondere che gli uni e gli altri pronunziano le medesime
[II 413. 10 App.] . ,
parole. Ma i savi parlano a proposito, e i pazzi a sproposito.
,
(10) Essi mostran di stimar cosa da nulla l'aggiunta: a
, . (10)
proposito e a sproposito, mentre appunto in forza di questa

non son pi le stesse cose. (11) Quanto a me, io credo che le
, . (11)
cose mutino non pur aggiungendo una condizione cos
,
essenziale, ma anche solo spostando un accento; per esempio ' '' [II 413.
e , e , e . (12) 15 App.] '' '' '' ''
Queste parole differiscono per spostamento d'accento; altre, per ''. (12) ,
la quantit lunga o breve, come: e , e
. '' ''
; altre per metatesi, come: e , e
'' '',
.20*(13) Se dunque pu tanto cambiare il senso anche
'' '', '' ''. (13)
senza toglier nulla, che dev'essere, se si aggiunge o si toglie
, ,
alcunch? Ed ecco quello che avviene. (14) Se si toglie da dieci ; . (14) [II
uno, o se a dieci si aggiunge uno, non si avr pi n dieci, n 413. 20 App.]
uno; e cos via per altre cose. (15) E quanto al principio che un , ' , .

medesimo uomo esiste e insieme non esiste,21* io domando: la (15) ,


sua esistenza s'intende rispetto all'individuo o rispetto
' ;' ,
all'universale? Sicch se alcuno dice di quell'uomo che non
, .
esiste, dice il falso, perch viene ad affermare che l'universale .
lo stesso che l'individuale. Tutto, in un certo senso, esiste.
6. SE SI POSSANO INSEGNARE LA SAPIENZA
6. [II 414. 1 App.] ,
E LA VIRT

(1) Si fa poi un ragionamento n vero n nuovo:22* si dice cio (1) '


che la sapienza e la virt non si possono n insegnare, n
.
imparare. E chi afferma cos, si vale delle seguenti prove: (2) (2)
prima, che se alcuno comunicasse qualcosa ad un altro, non lo , , .
avrebbe pi per se stesso. (3) Seconda, che se sapienza e virt [II 414. 5 App.] . (3) , , ,
fossero insegnabili, ce ne sarebbero dei maestri dichiarati,
, . (4)
come per la musica. (4) Terza, che gli uomini sapienti che ha ,
avuto la Grecia avrebbero potuto insegnare la loro arte ai loro . (5) ,
familiari. (5) Quarta, che nulla giovato a molti l'aver
. (6)
frequentato i sofisti. (6) Quinta, che molti senza aver
,
frequentato i sofisti si acquistarono un nome. (7) Ma io giudico . (7) [II
questo ragionamento assai inconsistente; perch so che i
414. 10 App.]
maestri insegnano le lettere, ciascuno per quella parte che sa, e , ,
i citaristi la cetra. E quanto alla seconda prova, che cio non ce . ,
ne siano maestri dichiarati, che altro mai insegnano i sofisti, se ,
non sapienza e virt? (8) Che cosa furono gli Anassagorei e i ' ; (8) []
Pitagorici? E quanto alla terza prova, insegn pure Policleto a ; ,
far statue al suo figliuolo.23* (9) E del resto, se uno non ha
. (9)
insegnato non pu valer come prova; e se ha insegnato, segno [II 414. 15 App.] , '
che si pu insegnare. (10) Circa la quarta prova, che cio alcuni , . (10)
non diventino sapienti andando dai sofisti, ben vero che molti , []
studiano studiano, e non imparano nulla. (11) Ma qui c'entra
. (11)
anche la disposizione naturale, per cui uno, anche senza andar ,
dai sofisti, pu essere una persona d'ingegno, pronto ad
, ,
afferrare da s quasi tutto con facilit, dopo aver appreso un
, '
poco da un qualunque maestro elementare; e questo, pi o
[II 414. 20 App.] , ,
meno, chi dal padre, chi dalla madre. (12) Del resto, se abbia , . (12)
ragione chi crede che la lingua non s'impari, ma che si nasca
, '
possedendola gi, si vedr da questo: se un bambino appena
,
nato vien trasportato in Persia e l allevato senza mai sentire la ,
favella greca, parler persiano; e se uno di l vien portato qua, , ,
parler greco. Cos certo che la lingua s'impara, anche se non . ,
sappiamo chi ce l'insegna. (13) Ecco fatto il mio discorso: di (13) [II 414. 25 App.]
esso hai principio, mezzo e fine; non dico in che modo
,
sapienza e virt siano insegnabili, ma non mi sembrano
, , '
sufficienti quelle prove per negarlo.
.
7. (1) Dicono poi alcuni dei politicanti che le cariche
7. (1) ,
dovrebbero esser date a sorte; ma non giudicano nel modo
, .
migliore.24* (2) Perch a uno che ragiona cos si potrebbe
(2) [II 415. 1 App.]
chiedere: Perch tu pure non affidi ai tuoi servi le faccende a ,
sorte, sicch il bifolco, se gli tocca di fare il cuoco, si metta a , , ' ,
cucinare, e il cuoco a cacciare innanzi i bovi, e cos via?. (3) , , ;
Cos pure, raccolti insieme fabbri e calzolai, architetti e orefici, (3)
perch non sorteggiarli e costringerli a esercitare ciascuno non
l'arte che sa, ma quella che gli toccata in sorte? (4)
, [II 415. 5 App.] '
Egualmente, nelle gare musicali, sorteggiamo i concorrenti, e , ; (4)
ciascuno si produca in ci che gli toccato in sorte: l'auleta, se
gli tocca, suoner la cetra, e il citaredo l'aulo; e in guerra,
' [] ,
l'arciere e l'oplita combatteranno a cavallo e il cavaliere tirer []
d'arco, in modo che tutti facciano quello per cui non hanno n [] , ,
istruzione, n capacit. (5) Essi sostengono che sia un buon
, []
sistema, e soprattutto democratico; ma io non lo credo affatto . [II 415. 10 App.] (5)
democratico. Ci sono, vero, nelle citt degli uomini avversi .

alla parte popolare, i quali, come abbiano ottenuto il suffragio, ,


opprimono il popolo. (6) necessario invece che il popolo
, . (6)
osservi direttamente e scelga tutti quelli che gli sono
,
favorevoli, e che i capaci abbiano il comando militare, gli altri , .
sorveglino la osservanza delle leggi e il resto.
8. (1) Reputo proprio del medesimo uomo e della medesima 8. [II 415. 15 App.] (1)
arte il saper sostenere una conversazione a domanda e
,
risposta,25*e conoscer la reale essenza delle cose, e saper
,
giudicare rettamente, e esser bravo ad arringare il popolo, e
, ' ,
esperto degli artifici oratorii, e capace di istruire sulla natura e ,
genesi di tutte le cose. (2) E primieramente, colui che conosce , . (2)
la natura di tutto [cfr. 86 C 1], come non sar capace anche di ,
agire rettamente in tutto? (3) In secondo luogo, colui che
[II 415. 20 App.] ; (3)
conosce le risorse della parola, sapr anche parlare rettamente
su tutto. (4) Poich chi si propone di parlar bene, deve parlare . (4)
di ci che sa. Ed egli sapr parlare su tutto. (5) Appunto perch , , . '
egli conosce l'arte di tutti i discorsi, e non c' discorso che non [] . (5)
abbia per oggetto la realt. (6) Deve poi, chi vuol parlar
,
rettamente, conoscer bene le cose di cui vuol parlare; e con
. (6) [II 415.
giusto metodo insegnare alla citt a compiere le azioni buone, e 25 App.] , , ,
da quelle cattive, distoglierla. (7) Se sapr far queste due cose, [II 416. 1 App.]
sapr anche le altre; poich egli sar esperto di tutte, dal
, . (7)
momento che queste equivalgono a tutte; al loro momento

opportuno poi, far quel che da fare, se occorre. (8) E se sa ,
suonare l'aulo, sempre sar capace di suonarlo, ove occorra far , . (8) ,
ci. (9) E chi sa discutere una causa, convien che abbia una
, . (9)
retta nozione del giusto; ch su questo si fondano le sentenze. [II 416. 5 App.]
Se sapr questo, sapr anche il suo contrario e tutto il resto.
. ,
(10) Egli deve poi anche conoscere tutte le leggi; se dunque
. (10)
non ha un concetto esatto delle cose, non l'avr neppure delle
leggi. (11) Poich conosce la legge che governa la musica solo , . (11)
colui che conosca anche la musica; ma chi non sappia di
, ,
musica, non ne conosce neppure la legge. (12) Colui dunque , . (12)
che conosce l'essenza reale delle cose, evidente che conosce [II 416. 10 App.] ,
tutto. (13) Cos anche sa sostenere una conversazione a brevi , (13)
risposte su tutto, caso mai debba rispondere a delle domande; ,
onde conviene che egli sia informato su tutti gli argomenti.
, '
.
9. (1) Ma il pi grande e pi bel ritrovato la memoria, e per di 9. (1)
pi utile a tutte le circostanze, cos alla sapienza come alla vita , . (2)
[cfr. 86 C 1]. (2) Primo esercizio: se tu concentri la mente,
[II 416. 15 App.]
l'intelletto percepir meglio le idee che l'attraversano. (3)
, .
Secondo: ripensare a quel che s' udito; perch con l'udire e
(3) ,
ripetere spesso le stesse cose, ti ritorna alla memoria tutto

quanto hai imparato. (4) Terzo: riportare quel che si ode a
. (4) ,
nozioni che gi si hanno; per esempio, ci si deve ricordare il
,
nome ? Riportarlo a .26* (5) Altro
. (5
esempio: il nome riportarlo a e a . E . [II 416. 20 App.]
questo per i nomi propri. (6) Quanto ai nomi comuni, far cos: (6)
per il valore riportarsi ad Ares e ad Achille, per l'arte del fabbro ,
ad Efesto, per l'ignavia ad Epeo ...
, . . .

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