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DISTANZE E SPAZI EUCLIDEI Sia E spazio ane su V(K), equipaggiamo V con il prodotto scalare standard denito positivo, Allora

E si dice Spazio Euclideo. Deniamo una distanza fra 2 punti P, Q come d(P, Q) := P Q e deniamo langolo fra 2 vettori v, w V come cos[] := < v, w > v w

Distanza Retta-Punto in R2 Sia P E con P (p1 , p2 ) e sia la retta r E : ax + by + c = 0 Deniamo la distanza di un punto da una retta in R2 come: inf {d(P, Q) : Q r} Intuitivamente la nostra intenzione ` quella di procedere cercando il minimo percorso che collega il punto e P ad un punto appartenente alla retta r. Lesperienza ( e la disuguaglianza triangolare soprattutto) ci dicono che il minimo percorso giace sulla retta perpendicolare ad r passante per P . Procediamo su questa strada: sia E (R2 , <, >) piano euclideo con coordinate ani canoniche sia r = ax+by+c retta con giacitura v = (b, a), sia s =bx-ay+d tale che r s con giacitura (a,b) passante per P E = (p1 , p2 ) sia Q r generico e sia Q0 r punto di intersezione fra r e la retta s perpendicolare ad r passante per P con giacitura w. deniamo w := (w) tale che w = 1 dobbiamo vericare che |< P Q, w >|= P Q0 < v, w >= 0 bw1 aw2 = 0 w1 = a w2 = b w = (a, b) anch` sia w = 1 poniamo e (a, b) |< P Q, w >|=|< P Q0 + Q0 Q, w >| per lassioma 2 sugli spazi ani w = a2 + b2 inoltre |< QQ0 , w >|= 0 poich` QQ0 w per costruzione. e quindi |< P Q, w >|=|< P Q0 , w >| poich` P Q0 s allora P Q0 = w per qualche R e |< P Q0 , w >| = |< w , w >| = | | si noti che se P Q0 = w allora P Q0 = < w , w > =| | sfruttando lultima osservazione si ha che |< P Q, w >|= P Q0 come volevasi dimostrare La dimostrazione ci suggerisce una formula pratica per il calcolo della distanza: d(P, r) = | ap1 + bp2 + c | a2 + b2

questultima la si pu` generalizzare con la seguente formula per la o Distanza Punto-Iperpiano h: d(P, h) = | a1 p1 + a2 p2 + ... + an pn + b | a2 + ... + a2 n 1

sia E (R2 , <, >) piano euclideo con coordinate ani canoniche sia h = a1 x + a2 x2 + ...an xn + b iperpiano con giacitura v = (< (h1 , h2 , ..hn1 ) >), sia s retta Rn tale che s h con giacitura w := (< g1 >) passante per P E = (p1 , ...pn ) sia Q h generico e sia Q0 h punto di intersezione fra h e la retta s perpendicolare ad h passante per P con giacitura w. Deniamo w := (w) tale che w = 1 dobbiamo vericare che |< P Q, w >|= P Q0

Si verica facilmente che se < v, w >= 0 w = (a1 , ..., an ). Anch` sia w e w

= 1 poniamo w =

a2 + ... + a2 n 1 |< P Q, w >|=|< P Q0 + Q0 Q, w >| per lassioma 2 sugli spazi ani inoltre |< QQ0 , w >|= 0 poich` QQ0 w per costruzione. e quindi |< P Q, w >|=|< P Q0 , w >| poich` P Q0 s allora P Q0 = w per qualche R e |< P Q0 , w >| = |< w , w >| = | | si noti che se P Q0 = w allora P Q0 = < w , w > =| | sfruttando lultima osservazione si ha che |< P Q, w >|= P Q0 come volevasi dimostrare. Distanza Retta-Punto in R3 Si prende il punto P (p1 , p2 , p3 ) e si trova il piano H passante per quel punto, ortogonale ad r. si intersechi H con r trovando il punto Q. la distanza cercata ` banalmente P Q e Distanza tra due rette sghembe in R3 Cosa intendiamo per distanza fra due rette sghembe r, s R3 ? Per convenzione si intende la distanza che intercorre fra la coppia di punti N, N1 con N r e N1 s tali che la retta passante per N, N1 sia perpendicolare sia ad r che ad s Questa ` una buona denizione, perch` tale coppia di punti esiste sempre ed ` uinica, come dimostrato e e e dal prossimo lemma Lemma: ununica coppia di punti N, N1 con N r e N1 s tale che la retta q R3 passante per N, N1 sia perpendicolare ad r e s Dimostrazione: Sia r la retta passante per Q = (q1 , q2 , q3 ) e s la retta passante per Z = (z1 , z2 , z3 ) sia inoltre a la giacitura di r = (a, b, c) e b la giacitura di s = (d, e, f ) Allora la coppia di punti deve rispettare questa condizione: < N N1 , a >= 0 < N N1 , b >= 0 denisco: ON = OQ + t1 a ON1 = OZ + t2 b

(1)

dove t1 e t2 sono coecienti reali tali da vericare la relazione qui sopra. Applicando lassioma sugli spazi ani, otteniamo che N O + ON1 = N N1 N N1 = QZ + t2 b t1 a sostituiamo le relazioni appena ottenute in (1) < QZ + t2 b t1 a, a >= 0 < QZ + t2 b t1 a, b >= 0 applichiamo la linearit` del prodotto scalare alla (2) a < QZ, a > +t2 < b, a > t1 < a, a >= 0 < QZ, b > +t2 < b, b > t1 < a, b >= 0 (2)

(3)

Grazie al teorema di Rouch-Capelli sappiamo che questo sistema ` risolubile ed ha ununica soluzione se e e e solo se il determinante della matrice dei coecienti ` diverso da 0. e < b, a > < b, b > 2 < a, a > =0 < a, b >

< b, a > < b, b >

< a, a > = < b, a >< a, b > < a, a >< b, b >= < a, b > ab
2

=0

lultimo passaggio sfrutta le propriet` del prodotto vettoriale ed il fatto che a e b siano linearmente a indipendenti poich` giaciture di rette sghembe. e Torniamo alla ricerca della formula. Essa si ` ridotta alla ricerca della norma del vettore N N1 che sappiamo esistere ed essere unico. Ci e comporteremo in maniera analoga al caso di distanza di punto da una retta, o meglio, sfrutteremo la dimostrazione della formula adattandola ai nostri bisogni. ab la distanza d(r, s) sar` banalmente a Sia c := ab d(r, s) :=|< QZ, c >| Dimostrazione |< QZ, c >|=|< QN , c > + < N Z, c >|=|< N Z, c >| poich` c QN . e sfruttando le considerazioni fatte nella dimostrazione della formula della distanza punto-retta in R2 si pu` o concludere che N N1 =|< c, N Z >|. Da qui, tenendo conto della prima equivalenza, si ottiene che: N N1 =|< QZ, c >| Tenendo conto che QZ = (z1 q1 , z2 q2 , z3 q3 ) e che a b = ((bf ce)2 + (cd af )2 + (ae bd)2 ) la formula si pu` ricompattare in modo molto pi` elegante cos` o u : z1 q1 a d b e c f
2

z2 q2 b e + a d c f
2

z3 q 3 c f + a b d e
2

GEOMETRIA PROIETTIVA Denizione: Sia V un K-spazio vettoriale di dimensione nita. Lo spazio proiettivo associato a V ` linsieme e P(V) i cui elementi, chiamati punti di P(V), sono i sottospazi vettoriali di dimensione 1 di V. La dimensione di P(V) ` denita come dim(V)-1 e si denota con dim(P(V)). e Nota Bene: ogni v V \ {0} genera il sottospazio di V di dimensione 1: [v] = {v : K} Lintersezione P (W1 ) P (W2 ) ` ancora un sottospazio proiettivo, e precisamente e P (W1 ) P (W2 ) = P (W1 W2 ) infatti P (W1 ) P (W2 ) ` il luogo dei punti le cui coordinate omogenee sono soluzioni di entrambi i sistemi e lineari associati. Essendo sistemi omogenei, si dira che P (W1 ) P (W2 ) = se e solo se W1 W2 = [0] Formula di Grassman Proiettiva Siano S e T sottospazi proiettivi di PV. se dimS + dimT dimP V , allora S T = ; inoltre dim(S T ) dim S + dimT -dimP V , dove U, V sono sottospazi vettoriali di V . ` noto che e dimV dim(U + W ) = dimU + dimW dim(U W ) ne segue che dim(U W ) dimU + dimW dimV = dimS + 1 + dimT + 1 dimP V 1 = dimS + dimT dimP V + 1. Se dimS + dimT dimP V , questo dice che U W ha dimensione almeno 1, e quindi contiene almeno una retta. Ci` signica che S T = P (U W ) contiene almeno un punto. o Vediamo di denire un collegamento fra le usuali regole prospettiche e la geometria proiettiva. Sia J un sottoinsieme dello spazio proiettivo P e P P un punto qualsiasi. Il cono proiettante J da P ` lunione e CP (J) di tutte le rette che contengono P ed almeno un punto di J cio` e CP (J) =
QJ

L(P, Q)

Sia H P un iperpiano e p P \ H. La proiezione di P su H di centro P ` lapplicazione e P,H : P \ {P } H denita da P,H (Q) = L(P, Q) H dove L ricordiamo ` il sottospazio somma di P e Q ( dove P= P(W) e Q =P(Z) e corrisponde per denizione e ad P(W+Z). A parole P,H ` lapplicazione che associa a un punto Q = P il punto di intersezione di H con la retta congiungente e P e Q. Per ogni sottoinsieme J di P tale che P J si ha quindi / P,H (J) = H CP (J) cio` P,H (J) ` lintersezione con H del cono proiettante J da P. Linsieme P,H (J) viene chiamato proiezione di e e J da P in H. Loperazione di proiettare un sottoinsieme di P in un iperpiano ` la versione geometrica astratta e delloperazione graca di rappresentare un oggetto tridimensionale J su di un piano H cos` come esso appare da un punto di osservazione P. Questa ` la costruzione su cui si basa il disegno prospettico. e Geometria Ane e geometria proiettiva Gli spazi proiettivi furno inizialmente deniti come ampliamenti di spazi ani, ottenuti aggiungendo ad essi certi punti impropri . Per illustrare la costruzione geometrica su cui si basa tale denizione, consideriamo P1 (R), visto come linsieme di rette di A2 (R) passanti per lorigine. [x0 , x1 ], il punto (x0 , x1 ) descrive, al variare di R, la corrispondente retta per lorigine in A2 (R). In particolare il punto H0 = [0, 1] P1 (R) corrisponde alla retta di equazione X0 = 0 (basta ricordare la denizione di classe per convincersene). Si consideri in A2 (R) la retta r di equazione X0 = 1. Per ogni [x0 , x1 ] P1 (R) \ {H0 }, la corrispondente retta di A1 (R) non ` parallela ad r ed interseca r nellUNICO punto e x1 (1, ). Per vericarlo, basta scrivere le equazioni cartesiane di r e di una generica retta P1 (R)\{H0 } e metterle x0 a sistema. 4

X=1 x X = Y 0 x1 risolvendo il sistema si trovano le coordinate del punto di intersezione. X=1 x Y = 1 x0

(4)

(5)

ed abbiamo vericato lintersezione. Per trovare lequazione cartesiana di una generica retta proiettiva appartenente ad P1 (R) \ {H0 } scriviamola prima in forma parametrica, tenendo conto del fatto che passa per lorigine. X = 0 + (x0 ) Y = 0 + (x1 ) sostituendo il parametro R si ottiene lequazione cartesiana della retta. Esempio nel caso a 3 dimensioni Consideriamo P2 (R) visto come linsieme delle rette di A3 (R) passanti per lorigine. [x0 , x1 , x2 ] P2 (R) il punto (x0 , x1 , x2 ) descrive la corrispondente retta per lorigine di A3 (R) di equazione: X = 0 + (x0 ) Y = 0 + (x1 ) (7) Z = 0 + (x2 ) In particolare linsieme di punti H3 H3 := {x0 , x1 , x2 A3 (R) : x2 = 0} rappresenta il consueto piano xy. Si consideri ora in A3 (R) il piano := {x0 , x1 , x2 A3 (R) : x2 = 1} . Procediamo ora alla dimostrazione della biezione. [x0 , x1 , x2 ] P2 (R) \ {H3 }, la corrispondente retta di x0 x1 A3 (R) non ` parallela ad e quindi interseca nellunico punto ( , , 1) A3 (R). La verica ` immediata e e x1 x2 (ma non la lascio ai lettori perch` mi diverto a farla): e la retta generica in forma parametrica: X = 0 + (x0 ) Y = 0 + (x1 ) (8) Z = 0 + (x2 ) ed in coordinate cartesiane: x X = Y 0 x1 Z = Y x2 x1 imponendo lintersezione con il piano otteniamo il seguente sistema: x0 X = Y x1 x2 Z = Y x1 Z=1 che ha per soluzione x0 X = x2 x1 Y = x2 Z=1 5 (6)

(9)

(10)

(11)

Viceversa, ogni (x,y,1) identica una retta passate per lorigine, precisamente quella corrispondente al punto [x,y,1] P2 (R) \ {H3 }. Si ha quindi una corrispondenza biunivoca tra e P2 (R) \ {H3 }, ovvero fra {H3 } e P2 (R). In questo caso il piano H3 ` il cosiddetto piano allinnito anche se ` credo sia pi` corretto e e u chiamarlo piano improprio e rappresenta tutti i piani paralleli al piano . Tornando al nostro discorso, possiamo impostare anche una relazione opposta: Ad ogni (1, x) r appartiene ununica retta per lorigine, quella corrispondente al punto [1, x] P1 (R) \ {H0 }. Si ha quindi una corrispondenza biunivoca tra r e P1 (R) \ {H0 } ovvero tra r {H0 } e P1 (R). Possiamo pensare ad H0 come ad un punto allinnito o punto improprio che viene aggiunto a r per ottenere P1 (R). Infatti la retta [0,1] pu` essere considerata come la posizione limite della retta [1,x] quando | x | tende o a + o a -. Lidea generale risiede nel fatto che, volendo creare una relazione biunivoca fra le rette di un piano passanto per lorigine ed una retta s, ci si accorge dellimpossibilit` di rappresentare la classe di rette parallele alla retta a s. Aggiungiamo quindi una retta allinnito chiamata H0 la quale rappresenta tutte le rette parallele ad s. In soldoni, possiamo concludere che P1 (R) ` rappresentabile gracamente come r {H0 }. e Possiamo ulteriormente formalizzare la relazione introducendo al corrispondenza biunivoca j : A Pn (R) \ H0 tale che j(1, y1 , ..., yn ) = [1, y1 , ..., yn ] e j 1 ([x0 , x1 , ..., xn ]) = (1, xn x1 x2 , , ..., ) x0 x0 x0

Lapplicazione j induce pertanto una corrispondenza biunivoca tra A H0 e Pn . Si noti che gli elementi di H0 sono le direzioni delle rette di A. Indenticando A con An lapplicazione j diviene: j : An Pn (R) \ H0 tale che j(y1 , ..., yn ) = [1, y1 , ..., yn ] e j 1 ([x0 , x1 , ..., xn ]) = ( xn x1 x2 , , ..., ) x0 x0 x0

Da un punto di vista pi` prettamente rivolto agli esercizi, la ricerca dei punti-rette-piani ... impropri u si traduce in unomogeneizzazione del sottospazio ane e poi della ricerca delle intersezioni con liperpiano improprio desiderato. Dato il piano improprio X0 = 0 e la retta r A3 denita con A1 X + B1 Y + C1 Z + D1 = 0 A2 X + B2 Y + C2 Z + D2 = 0 (12)

il passaggio a coordinate proiettive comporta una sorta di immersione della retta in P3 il quale ha il pregio di eliminare il fastidioso problema del parallelismo. Tenendo conto dellapplicazione j : An Pn (R) \ H0 la retta proiettiva diviene: A1 X1 + B1 X2 + C1 X3 + X0 = 0 (13) A2 X1 + B2 X2 + C2 X3 + X0 = 0 che messa a sistema con liperpiano improprio denito allinizio da proprio una classe di punti in P3 che rappresenta il punto allinnito della retta. Il sistema, impostato ma non risolto si presenta cos` : A1 X1 + B1 X2 + C1 X3 + X0 = 0 A2 X1 + B2 X2 + C2 X3 + X0 = 0 (14) X0 = 0 Attenzione essendo una classe di punti, bisogner` assegnare ad uno di essi un valore arbitrario e trovare in a funzione di esso tutti gli altri.

Proiettivit` a Siano P=P(V) e P=P(V) due spazi proiettivi. Unapplicazione biunivoca f : P P ` un isomorsmo di e P su P se esiste un isomorsmo : V V tale che: f ([v]) = [(v)] [v] P se P coincide con P lisomorsmo si dice proiettivit`. a Proposizione Supponiamo che P=P(V) e P=P(V) abbiano dimensione n. Date comunque una (n+2)-upla ordinata P0 , ...Pn , Pn+1 di punti di P in posizione generale, e una (n+2)-upla ordinata Q0 , ..., Qn , Qn+1 di punti di P in posizione generale, esiste uno ed un solo isomorsmo f : P P tale che f (Pi ) = Qi , i {0, ..., n + 1}. In particolare, una proiettivit` che lascia ssi n+2 punti di P in posizione generale ` lidentit`. a e a Dimostrazione Supponiamo Pi = [vi ], Qi = [wi ] i = 0, ..., n + 1. Poich` dim(V) = n+1=dim(V), {v0 , ..., vn } e {w0 , ..., wn e sono basi di V e di V rispettivamente, e quindi si ha vn+1 = 0 v0 + 1 v1 + ... + n vn wn+1 = 0 w0 + 1 w1 + ... + n wn per opportuni 0 , ..., n , 0 , ..., n K che sono tutti non nulli per lipotesi che le due (n+2)-uple siano in posizione generale. sostituendo i vi al posto di vi e i wi , possiamo supporre che tutti i coecienti siano uguali a 1, cio` che si abbia: e vn+1 = v0 + v1 + ... + vn wn+1 = w0 + w1 + ... + wn Poich` {v0 , ...vn } ` un base di V, allora esiste unapplicazione lineare : V V tale che (vi ) = wi , i = 0, ...n. e e Si noti che f indotto da ` un isomorsmo con le propriet` volute. e a Supponiamo ora che f : P P sia unaltro isomorsmo avente le stesse propriet`. Consideriamo la compoa sizione g = f 1 f : P P, che supporremo associata a GL(V). Si ha g(Pi ) = Pi , i = 0, ..., n + 1, e pertanto (vi ) = i vi , i = 0, ..., n + 1 per opportuni i K. Quindi
n

n+1 vn+1 = (vn+1 ) = (v0 + v1 + ... + vn ) =


i=0

(vi ) =

= 0 v0 + ... + n vn . Daltra parte si ha n+1 vn+1 = n+1 (v0 + v1 + ...vn ). Confrontando queste ultime due uguaglianze deduciamo che 0 = 1 = ... = n+1 Quindi (vi ) = 0 vi , cio` = 0 Idv . Passando al proiettivo ` facile notare che g = Idp , cio` f = f 1 , e e e e lunicit` di f ` dimostrata. a e A riguardo dellesercizio proposto da Andreatta: Trovare lunica proiettivit` T : P1 P1 tale che T (Pi ) = Qi a P := {[1, 1] , [2, 0] , [1, 1]} Q := {[1, 1] , [1, 1] , [2, 1]} Soluzione poich lavoriqmo in P1 1 punto posso sicuramente scriverlo come combinazione lineare degli altri 2. Esplicito e gli opportuni rappresentanti delle classi in accordo con il teorema sullunicit` della proiettivit`. Nostro caso, a a sia v1 = [1, 1], v2 = [2, 0], v3 = [1, 1], allora 1 v1 + 1 v2 = v3 quindi i nuovi v1 , v2 saranno (1, 1), (2, 0). Inoltre denisco, per lo stesso motivo w1 = [1, 1], w2 = [3, 3], w3 = [2, 1], w1 + w2 = 2w3 il che va bene perch` e in geometria proiettiva ` tutto a meno di costanti. Ora iniziamo a progettare lapplicazione lineare richiesta. e Chiamer` base di partenza, (Bp ), la base formata dai vettori v1 , v 2, e base di arrivo (Ba ) quella formata dai o vettori w1 , w2 . Introdurr` per mia comodit` laggettivo formale per indicare cosa la matrice dice di fare mentre o a se lo ometter` indicher` cosa realmente fa la matrice (In breve, far` un p` di ordine alla Pignatelli, e laggettivo o o o o mi aggrada). Questa distinzione ` resa necessaria dallambiguit` che si cela dietro le matrici di cambio di base, e a

come spiegato chiaramente sullAbate. Deniamo i nostri strumenti: A :=

1 1

2 0

` la matrice che formalmente passa dalla base canonica (E) a Bp , mentre nella realt` converte le coordinate del e a vettore rispetto a Bp in coordinate rispetto ad E (riguardatevi al teoria sullAbate se non ci credete, cap 8.). B := 1 1 3 3

` la matrice che formalmente passa dalla base canonica (E) a Ba , mentre nella realt` converte le coordinate del e a vettore rispetto a Ba in coordinate rispetto ad E. a e La matrice associata alla nostra applicazione lineare T sar` quindi composta da T = BIdA1 , ed ` equivalente a B(Id(A1 (v))). Vediamo di capire il perch` analizzandone pezzetto per pezzetto: A1 trasforma coordinate e rispetto alla base canonica (detto volgarmente, i vettori veri e propri) in coordinate rispetto a Bp , B invece, trasforma le coordinarte rispetto a Ba in coordinate rispetto alla base canonica. Perch` ce lidentit` in mezzo? e a Diciamo che ` un modo furbo di fare meno conti, scaricando il peso dei conti alle matrici di cambiamento di e base. Per denizione la matrice A contiene per colonne le coordinate rispetto alla base di arrivo dei trasformati secondo T dei vettori della base di partenza. Ma se i trasformati dei vettori della base di partenza sono anche quelli rispetto ai quali vanno scritti, la matrice diventa lidentit`. Detta meno contortamente, la prima colonna a sar` formata da T (v1 ) scritta rispetto a w1 , ma T (v1 ) = w1 e quindi le coordinate associata saranno (1, 0)t . a ricapitolando, la nostra applicazione lineare creata passa si formalmente da Bp a Ba come richiesto, ma nella pratica va da E a E. Questo spiega perch` possiamo darli in input (1, 1) ed otteniamo in output (2, 2). e Vi lascio ragionare su che input bisognava dare, e che output si otteneva se lapplicazione lavorava realmente e non formalmente da Bp a Ba nel medesimo caso di v1 .

CONICHE Denizione Una curva algebrica di A2 (K) ` una classe di proporzionalit` di polinomi non costanti di K [X, Y ]. Se f (X, Y ) e a ` un rappresentante della curva, lequazione e f (X, Y ) = 0 si dice equazione della curva, oppure equazione che denisce la curva. Il sottoinsieme C A2 (K) costituito dai punti le cui coordinate soddisfano lequazione data ` il supporto della curva. Il grado di f (X, Y ) si dice grado e della curva. Le curve algebriche di A2 (K) di grado 1, 2, 3, 4, ... si chiamano rette, coniche, cubiche, quartiche ecc. Denizione Una curva algebrica di P2 (K) ` una classe di proporzionalit` di polinomi omogenei di K[X0 , X1 , X2 ]. Se e a f [X0 , X1 , X2 ] ` un rappresentante della curva, lequazione e f [X0 , X1 , X2 ] = 0 si dice equazione della curva, ovvero equazione che denisce la curva. Osservazione Per ogni reale c R++ , lequazione X2 + Y 2 + c = 0 non ha soluzioni reali, e quindi denisce un A2 (R) una curva piana che ha per supporto linsieme vuoto. Due valori di c 0 deniscono due curve aventi lo stesso supporto , e tuttavia diverse perch` i corrispondenti polinomi e non sono proporzionali. In questoe sempio la curva ha un contenuto esclusivamente algebrico, in quanto il suo supporto ` vuoto. e lequazione X2 + Y 2 = 0 denisce invece una curva di A2 (R) il cui supporto ` ridotto alla sola origine. Questo esempio, come il precedente, e ` molto lontano dal concetto intuitivo di curva da cui eravamo partiti. e Il fenomeno che si presenta in questi casi trattati dipende dalle propriet` algebriche di R, e precisamente dal a fatto che R non ` algebricamente chiuso. Se si passa al campo C stranezze del genere non appaiono. e Consideriamo unanit` T : A2 (K) A2 (K) denita da: a T (x, y) = (a11 x + a12 y + c1 , a21 x + a22 y + c2 ) e sia C la curva di A2 (K) di equazione f (X, Y ) = 0. Sia inoltre la curva D di equazione g(X, Y ) = 0 dove g(X, Y ) = f (T (x, y)) = f (a11 X + a12 Y + c1 , a21 X + a22 Y + c2 ) questa denizione ci suggerisce unimportantissima implicazione: Sia (x, y) soluzione del polinomio associato a g(X, Y ), allora possiamo scrivere la seguente equivalenza: 0 = g(x, y) = f (T (x, y)) = f (a11 x + a12 y + c1 , a21 x + a22 y + c2 ) T (x, y) {x, y R2 : f (x, y) = 0} Concludiamo in pratica che T (x, y) appartiene al sostegno della conica in forma canonica da cui siamo partiti. Se consideriamo invece la coppia (x, y) come soluzione di f , troviamo che la relazione che la lega alle soluzioni di g ` T 1 (x, y) = (x, y), che sappiamo essere soluzione di g. possiamo scrivere allora che G = T 1 (F ). Un e ragionamento analogo ma partendo dallinversa di T porta a concludere che C = T (G) Denizione Sia C una curva di A2 (K) (di E2 ; di P2 (K)). Una curva D si dice anemente equivalente (congruente; proiettivamente equivalente) a C se esiste unanit` (unisometria, una proiettivit`) T tale che C = T (D). a a

Classicazione di Coniche Ani Ogni conica di A2 (K) ` anemente equivalente a una delle seguenti: e K Algebricamente chiuso: X 2 + Y 2 1 = 0 conica a centro X 2 + Y 2 = 0 conica a centro degenere Y 2 X = 0 parabola Y 2 1 = 0 parabola degenere Y 2 = 0 conica doppiamente degenere. K= R: X 2 + Y 2 1 = 0 ellisse X 2 + Y 2 + 1 = 0 ellisse a punti non reali X 2 + Y 2 = 0 ellisse degenere X 2 Y 2 1 = 0 iperbole X 2 Y 2 = 0 iperbole degenere Y 2 X = 0 parabola Y 2 1 = 0 parabole degeneri Y 2 = 0 conica doppiamente degenere. Le coniche di ognuno dei gruppi precedenti sono a due a due non anemente equivalenti. Dimostrazione Sia C : a11 X 2 + a22 Y 2 + 2a12 XY + 2a01 X + 2a02 Y + a00 = 0 matrice ad essa associate: a00 a01 A := a01 a11 a02 a12 A0 := a11 a12 generica conica in A2 (K) consideriamo ora le due a02 a12 a22

a12 a22

Notiamo che A0 ` simmetrica e quindi M GL2 (K) tale che B0 = M 1 A0 M ` diagonale. Da qui si aprono e e due casi La conica C ` a centro. Quindi a11 a22 = 0 e Applichiamo la traslazione:

a01 a11 a02 Y =Y a22 Lequazione della conica diventa (conti alla mano) la seguente: X=X a11 X 2 + a22 Y
2

(15)

+ c00 = 0

dove c00 K si esprime per mezzo dei coecienti dellequazione di partenza. C non ` una conica a centro e Possiamo allora supporre, a meno di uno scambio fra le variabili, che a11 = 0, a22 = 0. La traslazione X=X a02 Y =Y a22 trasforma lequazione di partenza nella seguente: a22 Y
2

(16)

+ 2a01 X + d00 = 0

per un opportuno d00 . Se a01 = 0 otteniamo lequazione a22 Y


2

+ d00 = 0

mentre se a01 = 0, possiamo eseguire lulteriore traslazione X =X d00 2a01 Y =Y (17)

10

ottenendo la nuova equazione a22 Y


2

+ 2a01 X = 0.

Procediamo ora con la Normalizzazione dei coecienti Dobbiamo distinguere il caso K=R da quello in cui K ` algebricamente chiuso. e K algebricamente chiuso Se C ` una conica a centro possiamo supporre che c00 sia -1 oppure 0 (se c00 = 0 basta moltiplicare primo e 1 e secondo membro dellequazione per c00 ). Eseguendo la sostituzione: X X = a11 Y Y = a22 otteniamo rispettivamente la prima e la seconda equazione della lista. Se C non ` a centro possiamo supporre che d00 = 1 oppure 0. Mediante la sostituzione e X = X 2a01 Y Y = a22

(18)

(19)

otteniamo la parabola K=R Per farla breve, i casi sono analoghi, tenendo conto che i casi aggiuntivi sono dovuti al fatto che quando si divide per la radice di un valore, bisogna mettere tale numero in valore assoluto. Questo rende possibile lottenere anche valori negativi per la X o Y. Osservazioni Una conica a centro ` cos` chiamata perch` e e possiede un centro di simmetria, cio` esiste un punto C(x0 , y0 ) A2 (K) rispetto a cui la curva ` simmee e trica. Il centro di simmetria ` unico. e Se C ha equazione a11 X 2 + a22 Y 2 + 2a12 XY + 2a01 X + 2a02 Y + a00 = 0, il centro C ha per coordinate la soluzione (x0 , y0 ) del sistema a11 X + a12 Y + a10 = 0 a21 X + a22 Y + a20 = 0 Che ha ununica soluzione per lipotesi det(A0 ) = 0. Dimostrazione Per dimostrarlo si eettua la sostituzione X = 2x0 X Y = 2y0 Y (21) (20)

Si vede subito che il polinomio cos` ottenuto ` uguale a quello di partenza se e solo se (x0 , y0 ) ` soluzione e e del sistema scritto sopra. Ogni conica C P2 (C) ` proiettivamente equivalente ad una delle seguenti: e
2 2 2 X0 + X1 X2 = 0 conica generale

2 2 X0 X1 = 0 conica semplicemente degenere

2 X0 = 0 conica doppiamente degenere. Dimostrazione Applicando il Teorema di Sylvester, riusciamo a trovare una matrice M invertibile tale per cui A (matrice associata alla conica) sia congruente a B = M t AM tale per cui B sia una delle matrici seguenti:

1 A1 := 0 0

0 1 0

0 1 0 , A2 := 0 1 0

0 1 0

0 1 0 , A3 := 0 0 0

0 0 0

0 0 0

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I tre casi corrispondono a rC = 3,2,1 rispettivamente, e sono le matrici delle tre coniche dellenunciato. Se K non ` algebricamente chiuso, vi sono 5 possibili classi di equivalenza. e
2 2 2 X0 + X1 X2 = 0 conica generale

2 2 2 X0 + X1 + X2 = 0 conica generale a punti non reali

2 2 2 2 X0 X1 = 0 e X0 + X1 = 0 sistema di coniche semplicemente degeneri

2 X0 = 0 conica doppiamente degenere. Dimostrazione Utilizzando il teorema di Sylvester e ragionando come nella dimostrazione precedente, si deduce che ogni conica ` proiettivamente equivalente ad una delle cinque coniche dellenunciato. e

Nota Bene sugli esercizi Abbiamo 3 tipologie di esercizi, in abse se ci chiedono di trovare la forma anemente, proiettivamente o isometricamente equivalente di una conica data. Caso Ane. Il primo passo ` quello di calcolare il determinante della matrice A e della matrice A0 associate alla conica e Q e di valutare se sono uguali o diversi da 0. A meno dei segni avremo allora la forma canonica associata. Completiamo i quadrati ora e deniamo lanit` che va da (x, y)t ((x + a), (y + b))t Notiamo allora che a se possiamo scrivere Q come S(x)2 S(y)2 S(z)2 k = 0 e (x, y, z) Q allora, (S(x), S(y), S(z)) C dove C ` linsieme di 0 della forma canonica associata. Quindi essendo Q un insieme di 0 di Q, S(Q) = C e dove C ` la forma canonica associata (il suo graco). e Caso Proiettivo. In questo caso basta calcolare il determinante/rango della matrice associata e da li intuire la forma canonica associata. Completare i quadrati e procedere esattamente come nel caso ane. Caso Euclideo. In questo caso il ragionamento ` leggermente diverso. Come nel caso ane, vanno calcolati i 2 determinanti e A, A0 della matrice associata alla forma quadratica e da li va intuita la forma canonica isometrica. Questa volta, per` non possiamo completare i quadrati per poter ricavare lanit` cercata, poich` questultima o a e non sarebbe unisometria. Il primo passo consiste nelleettuare unopportuna rotazione. Cerchiamo quindi gli autovalori e gli autovettori che rappresenteranno la nuova base rispetto alla quale la conica avr` una forma migliore. Imponiamo che il determinante della matrice M di cambiamento di base (dalla a canonica a quella di autovettori) sia maggiore di 0, anch` essa sia una rotazione. Noi vogliamo scrivere e la conica in coordinate della base di autovettori quindi dobbiamo applicarci M 1 . (Poich` M trasforma e le coordinate rispetto alla base di autovettori in quelle rispetto alla canonica, ed allora la invertiamo).

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TOPOLOGIA La topologia in matematica ` lo studio delle propriet` di una gura o di una forma che non cambiano quando e a viene eettuata una deformazione senza strappi. Immaginate di giocare con il pongo, con lunica regola che non potete tagliare, strappare e bucare la vostra palla, ecco state facendo topologia. Unaltra bella introduzione a questa branca della matematica la si pu` trovare sul Topology-Dugundji e dice pi` o meno: Sebbene E 1 e o u E n sono ovviamente dierenti, questo non ` causato dal fatto che uno a pi` punti dellaltro perch` sappiamo e u e che le due cardinalit` coincidono. Geometricamente, ` evidente che i punti sono sistemati in modo dierente, a e cosicch dierenti sottoinsiemi sono vicini. Per capire meglio questo concetto di vicinanza, studiamo insiemi e in cui la nozione di distanza ` specicata, e quindi, insiemi in cui una topologia ` specicata. e e Denizione Sia X un insieme e P(X) una famiglia di sottoinsiemi di X con le seguenti propriet`: a , X Ogni nita intersezione di elementi di ` un elemento di . e Ogni unione di elementi di ` un elemento di . e Denizione La coppia (X, ) ` detta spazio topologico. Elementi di spazi topologici sono chiamati punti. Elementi di sono e chiamati insiemi aperti dello spazio topologico (X, ). Non vi ` nessuna denizione su cosa signichi la parola e aperto oltre a quella di soddisfare le 3 propriet` elencate prima! a Denizione Sia (X, ) uno spazio topologico. Si denisce un intorno di x X (su alcuni libri si trova anche scritto nbd neighborhood ) ogni insieme aperto (elemento di ) che contiene x. Esempi (X, P(X)): Topologia discreta (X, {, X}): Topologia grossolana o banale (X = Rn , ) U se e solo se ` linsieme vuoto, Rn oppure ununione di sottoinsiemi della forma e Br (p) := {x Rn : d(x, p) < r} Come viene mostrato dagli esempi, un insieme pu` avere molte topologie, e costituire con ognuna un dierente o spazio topologico. Denizione Sia X un insieme e 1 , 2 due topologie su X. Si dice che 1 ` pi` ne di 2 (1 2 ) se ogni aperto di 2 ` un e u e aperto di 1 . Chiaramente questa ` una relazione dordine parziale: due topologie diverse possono non essere e confrontabili. Basi di una Topologia Il compito di denire una topologia ` semplicato dalla possibilit` di dare solo abbastanza aperti da generare e a tutti gli altri. Denizione Sia (X, ) uno spazio topologico. Una famiglia B ` chiamata base per se ogni insieme aperto (cio` e e elemento di ) ` unione di membri di B . e Teorema Sia B . Le seguenti proposizioni sono equivalenti: 1. B ` una base per e 2. per ogni G ed ogni x G c un U B tale per cui x U G. e Dimostrazione (1) (2). Sia x G; poich G e B ` una base, G = U , dove ogni U B . Perci` c almeno un e e o e U B con x U G. (2) (1). Sia G ; Per ogni x G, trovo Ux B con x Ux G; Allora G = {Ux : x G}.

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Teorema Sia B una base per . Allora A ` aperto se e solo se x A ce un U B con x U A e Dimostrazione Se A ` aperto , allora si pu` applicare il teorema precedente e si dimostra la proposizione. sfruttando il e o teorema precedente troviamo che A = {Ua : a A}, dove ogni Ua B . Poich unione di basi, A ` aperto. e e Denizione Due basi B , B in X sono equivalenti se (B ) = (B ). Teorema 2 basi B , B in X sono equivalenti se e solo se le seguenti proposizioni sono entrambe vere: 1. U B , x U, U B : x U U 2. U B , x U , U B : x U U Dimostrazione Assumiamo (B ) = (B ). Poich ogni U B (B ) e B ha B come base, (1) segue dal teorema sulle basi e precedentemente dimostrato. Analogo ragionamento per (2). Al contrario, assumiamo (1) vera. Poich ogni e V (B ) ` un unione di insiemi appartenenti a B , segue dal fatto che anche B sia base che V (B ) mostrane do che (B ) (B ). Se, in aggiunta, (2) ` vera, troviamo che (B ) (B ) completando la dimostrazione. e

Costruzione di Nuovi Spazi Topologici Sia Y X. Se X porta una topologia, deniremo unaltra topologia per linsieme Y, chiamata la topologia indotta (o relativa) su Y. Limportanza di questa denizione risiede in questo: determinare quello che ogni concetto, denito per spazi topologici, diventa quando la discussione ` ristretta a Y X, noi trattiamo Y come e uno spazio con la topologia indotta e portiamo avanti la discussione verbatim. Denizione Sia (X, ) uno spazio topologico e Y X. La topologia indotta y su Y ` {Y U : U }. (Y, y ) ` chiamato e e un sottospazio di (X, ). In altre parole Se Y ` un sottoinsieme di uno spazio topologico X, la topologia indotta su Y dalla topologia su e X ` la seguente: un insieme U di Y ` aperto se e solo se esiste un aperto V di X tale che V Y = U . In altre e e parole, gli aperti di Y sono le intersezioni degli aperti di X (cio` gli aperti V) con Y. e Sebbene ovvia, dimostriamo che questa sia una topologia: Dimostrazione Dobbiamo vericare che le 3 condizioni di questa topologia siano rispettate: 1. e Y Y poich basta prendere U = , X rispettivamente, per ottenerli dallintersezione. e 2. ` chiuso per unione arbitraria di sottoinsiemi di Y, i quali al pi`, generano Y che come abbiamo vericato e u ` un aperto per Y e 3. per lintersezione abbiamo 3 casi semplici da analizzare. Banalmente lintersezione ` o Y altrimenti, e notiamo che presi due insiemi Y notiamo che possono essere scritti come Y (U U ) con U, U , il quale appartiene a sua volta ad Y . Teorema Sia (X, ) uno spazio topologico, e (Y, Y ) un sottospazio con la topologia indotta. Allora se {U : A} ` e una base per , {Y U : A} ` una base per Y . e Dimostrazione verichiamo che {Y U : A} sia una base: Sia {U : A} una base come da ipotesi, allora ogni aperto di pu` essere scritto come unione di elementi {U : A}. Poich` gli aperti di Y sono insiemi della forma o e {Y G : G } devo solamente dimostrare che Y ( U ) = (Y U ). : Sia x Y ( U ) x Y, x Ui : i A x Y Ui x (Y U ). : sia x (Y U ) x Y, x Ui : i A x Y (Ui ) x Y ( U ) Siano (X, X ) e (Y, Y ) due spazi topologici Denizione La topologia prodotto XY su X Y ` la topologia su X Y che ha come base BXY = {UX VY : UX e X , VY Y }. Un aperto della base viene detto aperto elementare della topologia prodotto. Si noti che la topologia prodotto viene denita a partire dagli aperti, quindi essi diventano a loro volta delle basi

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Funzioni Continue Abbiamo considerato no ad ora topologie su un dato insieme. Adesso vogliamo mettere in relazione spazi topologici dierenti. Dato (X, X ) e (Y, Y ) notiamo che la mappa f : X Y mette in relazione gli insiemi ed inoltre induce 2 mappe f : P (X) P (Y ), f 1 P (Y ) P (X). Di queste, solamente f 1 dovrebbe essere usata per relazionare le topologie, poich ` lunica che preserva le operazioni di unione e intersezione di insiemi e e utilizzate nella denizione di una topologia. Per capire meglio questo concetto, basti pensare a questi 2 esempi: Siano A1 , A2 X, B1 , B2 Y f : X Y f (A1 A2 ) f (A1 ) f (A2 ) a meno che f non sia iniettiva non c` modo di provare laltra inclusione e quindi e luguaglianza. f 1 (B1 B2 ) = f 1 (B1 ) f 1 (B2 ) linclusione ` ovvia, laltra invece (ovvia pure quella) si verica cos` Sia e : x f 1 (B1 ) f 1 (B2 ) y1 B1 e y2 B2 : x = f 1 (y1,2 ) ma poich` f invertibile, si ha che y1 = y2 = y e e quindi y B1 B2 come volevasi dimostrare Ecco che quindi solo linversa preserva la funzione booleana di intersezione, (lunione la preservano entrambe banalmente) e quindi la nozione di continuit` va denita tramite essa. a Denizione Siano (X, X ) e (Y, Y ) spazi topologici. Una mappa f : X Y ` detta continua se la controimmagine di ogni e aperto in Y ` un aperto di X e Propriet` elementari a 1. (composizione) Siano f : X Y e g : Y Z continue, allora lo ` anche g f : X Z e 2. (restrizione del dominio) Se f : X Y ` continua e A X ` preso con la topologia indotta, allora e e f A : A Y ` continua. e 3. (Restrizione del codominio) Se f : X Y ` continua e f (X) ` preso con la topologia indotta, allora e e f : X f (X) ` continua. e Dimostrazione (1). Abbiamo che (g f )1 = f 1 g 1 , la continuit` segue con una banale prova. a (2). Possiamo intendere loperazione di restrizione come la composizione di f con i : A X. Vericare la continuit` di i ` quasi tautologica, poich` per come ` stata denita i genera la topologia indotta su A. Quindi a e e e i1 : X A, U A U manda un aperto in un aperto (poich` A U A per denizione) e quindi i ` e e continua. Per (1), la (2) ` vericata. e (3) f 1 (U f (X)) = f 1 (U ) f 1 f (X) = f 1 (U ) X che ` un aperto poich intersezione nita di aperti. e e Denizione Unapplicazine f : X Y si dice aperta se se f (U ) ` aperto in Y oer ogni U aperto in X. Unapplicazione e f : X Y si dice chiusa se f (C) ` chiuso in Y per ogni chiuso C in X. e Teorema Le seguenti aermazioni di una mappa f : X Y sono equivalenti 1. f ` una mappa aperta e 2. f [Int(A)] Int[f (A)] A X, (con Int(A) intendo la parte interna) 3. f manda ogni elemento di una base per X in un aperto in Y. 4. Per ogni x X e intorno U x, esiste un intorno W in Y tale che f (x) W f (U ). Dimostrazione (1) (2) Poich Int(A) A, abbiamo che f [Int(A)] f (A) per ipotesi ( ` abbastanza tautologico, limmagine e e della parte interna di un insieme ` contenuta nellimmagine dellinsieme stesso, per convincersene basti pensare e ad A come aperto, allora le due immagini coincidono, se invece a ` chiuso o nessuno dei due, sar` comunque e a pi` grande della sua parte interna) u (2) (3) Sia U un elemento di una base. Essendo aperto, U = Int(U ) e cos` f (U ) = f [Int(U )] Int[f (U )] f (U ); perci` f (U ) = Int[f (U )] ed allora f (U ) ` aperto. o e (3) (4) Dato x e U x si trovi un elemento V della base per X tale che x V U e sia W = f (V ) 15

(4) (1) Sia U un aperto in X. Per ipotesi, ogni y f (U ) ha un intorno W (y) f (U ) tale che f (U ) = {W (y) : y f (U )} monstrando che f (U ) ` aperto. e Omeomorsmi Denizione Una mappa invertibile e continua f : X Y tale che f 1 : Y X ` anche lei continua, ` chiamata un e e omeomorsmo (o una biezione bicontinua) e denotato con f : X Y . Due spazi X,Y sono omeomor, scritto = X Y , se esiste un omeomorsmo f : X Y . = = Esempi visti a lezione Sia S n la sfera n + 1 dimensionale. Sia N il polo Nord di tale sfera, di coordinate N = (01 , 02 , ..., 0n , 1n+1 ) e deniamo unapplicazione p : S n \ {N } Rn+1 , detta proiezione stereograca. Tale Applicazione associa ad un punto P S n \ {N } il punto delliperpiano di equazione xn+1 = 0 ottenuto intersecando la retta per N e P con tale iperpiano. Facciamo il caso 3-dimensionale: Sia N = (0, 0, 1) il polo nord della sfera tridimensionale S 2 . Sia P = (x1 , x2 , x3 ) un punto qualsiasi della sfera diverso da N. Deniamo liperpiano H = X3 = 0. La retta passante per P ed N avr` equazione paraa metrica N +t(P N ) con t R. Mettendola a sistema con liperpiano H ed esplicitando le componenti si otterr`: a x1 = 0 + t(x1 0) x = 0 + t(x 0) 2 2 (22) x3 = 1 + t(x3 1) x3 = 0 x2 x1 , ) Isolando t dalla terza equazione si ottiene la proiezione stereograca cercata p(x1 , x2 , x3 ) = ( 1 x3 1 x3

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Note: Aggiunger` qua quello che aggiungo - sistemo ogni votla che aggiorner` il le, cos` se trovo errori o o lungo il percorso saprete cosa ho sbagliato. Sistemata la sezione sulla continuit` con spiegazione e dimostrazione sul perch` ` denita sullinversa di a ee una funzione e non su f e basta Aggiunte due precisazioni sulla topologia indotta (basi ...) Aggiunta la topologia prodotto

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